RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DAL DOTT. L. BUSCALIONI PROF. ORD. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA ANNO XXFIII — VOL. XXVIIE MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. CATANIA N‘ Wj STAB. TIP, « LA SICILIANA » CIURCA & STRANO ; T917 i | ‚4 MALPIGHIA “3 RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA $ REDATTA DAL DOTT. L. BUSCALIONI ProF. Orp. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA i | ANNO XXVIII — FASC. III VIE, 8 MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. CATANIA. STAB. TIP. LA SICILIANA » CIURCA & STRANO — 1917 CONDIZIONI — La MaLPIGHIA si pubblica ogni bimestre, in fascicoli di 6 fogli di stampa almeno oppure in fascicoli doppî corredati, secondo il bisogno, da tavole. ’abbonamento annuale importa L. 25, pagabili alla ricezione del 1. fascicolo del- l'annata. L’intiero volume annuale (36 fogli in 8° con circa 20 tavole) sarà messo in vendita al prezzo di L. 30. Non saranno venduti fascicoli separati. Agli autori saranno corrisposte 100 copie estratte dal periodico, 15 giorni dopo la pubblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior numero di esemplari, le copie”in più verranno pagate in ragione di L. 10 al foglio (di 16 pag.) per 100 copie. Quanto alle tavole supplementari occorrerà soltanto rimborsare le spese di carta e di tiratura. Le associazioni si ricevono. presso il Prof. L. BuscALioNI in Catania e presso le principali Librerie Italiane e dell’Estero. Ai Librai è accordato lo sconto. del 20 ojo. I manoscritti e le corrispondenze destinate alla VAGRICHA dovranno essere indiriz- zate al Prof. L. BuscaLioni in Catania. Si accetta lo scambio con altre pubblicazioni periodiche esclusivamente botaniche Per annunzi e inserzioni rivolgersi al Direttore Prof. L. Buscationi, R. Univer sità, Catania. | + Tariffa delle inserzioni sulla copertina per ogni inserzione. \ I pagina L. 30 112 pagina L. 20° 314 di pagina » 25 Ij4 di pagina » I5 In fogli separati, annessi al fascicolo, a prezzi da convenirsi “Studio ae sulle quin americane e del Gen * soir : m È (continuazione) Come carattere di un certo interesse rileveremo la comparsa della forma Veranii anche nell’ambito della $. scabra, il che vale maggior- | mente ad assimilarla alle altre specie del genere, malgrado la presenza. delle antere a rime allungate. E; L duopo pure far rilevare che nel gruppo dello Oligotrichae de- seriveremo talune forme indubbiamente derivate dalla nostra specie, le quali però sono quasi glabre e perciò valgono una volta di più a di- mostrare come nel genere che stiamo studiando non poche specie siano rappresentate da due tipi estremi gli uni riechi di peli e di sete, gli altri quasi sprovvisti di tricomi, congiunti fra loro da forme a scarsa. | pelosità o setosità. Un breve cenno merita, da ultimo, la denominazione che ha avuto la nostra specie. Essa è analoga a quella data da HBK a um altra specie di Saurauia dell’ America del Sud e perciò occorrerebbe modificare luna o l’altra. Trattandosi però di nomi ormai consacrati alla scienza, ci siamo astenuti dall’apportare innovazioni, per non erear maggior con- fusione nell’ambito pur troppo abbastanza impasticciato del nostro Genere, 39) Saurauia pseudoscabra Busc. n. sp. Esemplari studiati. Es. N. 842 dell’Erb. di Berlino, stato raccolto dal Dr. Weberbauer nelle formazioni a tipo di Schrub fra Sandia e Cuyocuyo del Perù i 27 aprile 1902) a circa 2300 m. d’altezza. a Es. N. 662 dell’Erb. di Berlino, stato raccolto pure dal Weber- bauer nella località sopra ricordata a circa 2400 m. d’altezza, ak nel mese di aprile (Exsice. Flora v. Perù). Frutex ad apicem setosus setis patentibus ad basim dilatatis. Pe- brevis setosus. Lamina coriacea serrulata denticulata: serraturis i ronulatis aut setosis:, apice foliorum acuto vel acuminato. Basi 7 eurrente acuta. - m Pagina superior scabrida mucronibus et setis minutissimis obtoeia: i inferior tactu mollis furfuracea secus nervos setosa; parenchimate tu- berculis et setis minutissimis hirto. Nervi subtus valde pranine ; = - PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO utrinque 13-14 recti dichotomi. Nervi tertiarii crassi in reticulum laxum desinentes. | Inflorescentia paniculata folium subaequans aut folio longior se- tosa; bracteis linearibus brevibus. Flores subsessiles parvi: calyce gla- brescente aut extus parcem pulverulento, setuloso, margine eiliolato: corolla calycem superante. Stamina 25, ovarium 5 stylis longis or- ~ natum. Frutice alto 4 metri eirca, a rami cavi, soleati, angolari, bruno-ros- sicei, glabrescenti nelle parti adulte, coperti invece nelle parti giovani da sete fulve, lunghe 3-5 mm. patenti, curve, decidue, molto dilatate alla base, sottili all'apice. Le stesse sete, ma più abbondanti ancora e di color intensamente ferrugineo si trovano sulle foglie giovani. Gemme grosse, villose, all’a- scella di cicatrici fogliari semilunari, brune, anellate. | Picciuolo discretamente robusto, un po appiattito dal lato superiore lungo 1,5-2,5 cm. colle stesse sete del caule, ma più brevi (2-3 mm.). Lembo disugualmente e ruvidamente serrulato denticolato, con denti mucronati o terminati da sete curve, in specie verso l’estremitä anteriore, molto coriaceo, scabro e rossiccio bruno, od anco verdiccio bruno sopra, morbido al tatto, giallo ferrugineo, d'aspetto pelosetto sotto, lungo 10-20 cm. largo 4-6 cm. tipicamente cuneato-obovato col- l’estremiti anteriore subacuta od acuta, talora anche terminata in punta brevissima, colla base acutissima spesso ni. siti di rado un po ottusa ristretta, Faccia superiore d'aspetto subglabro e liscio, o al più rugulosa di occhio nudo, irta per altro, ad un esame colla lente, sui nervi minori à e sul parenchima di sete minutissime e di numerosi mucroni, le une e gli altri giallicci. Sul'e nervature maggiori le sete raggiungono 0,3-0,5 mm. e si fanno più abbondanti: inoltre presentano una base n dilatata, un apice bianchiccio, mentre tendono a sdraiarsi. u la costa le stesse sete raggiungono 0,5-1 mm. , Faccia inferiore prevalentemente setosa. Sete abbondanti, lungh | 1-1,5 mm. dilatate alla base sulla costa; sete un po meno svilup- pate sui nervi di secondo ordine, sostituite sul parenchima da sete mucroniformi, talora un po curve, e da mucroni eretti, le une e gli STUDIO ao SULLE Brnon AMERICAN. ECC. altri non superanti 0,5-1 mm., A siffatti tricomi devesi ra, l'aspetto furfuraceo, ferrugineo-galliccia, o fulvo della superficie. Nervature poco appariscenti sopra, e ivi più che altro indicate dalle sete che si fanno più abbondanti, molto sporgenti invece sotto: | costa robustissima. Nervi secondari 13-14 per ‘lato, obliqui, diritti o pochissimo curvi, distanziati gli uni dagli altri, dicotomi verso l’ apice del lembo non sempre però raggiungenti il margine fogliare. Nervi di terz’ordine ro- busti, o fini, a decorso irregolare, distanziati o appressati fra loro, for- _ manti con quelli di 4' ordine un reticolo lasso. Ascelle dei nervi non barbate, 0 viceversa con barbatura, diffusa anche alle ascelle dei nervi secondari e terziari. (Es. 662). Infiorescenza piramidale, a pannocchia lassa, non molto ricca, più. lunga della foglia o subeguale a questa (15-16 em.) di rado molto | più breve (Es. N. 662) raggiungente appena 11 cm. = Peduncolo lungo circa 7-10 cm. robusto solcato, rossiccio-bruno, + Rami relativamente brevi (1-2 '/, em.) a lor volta ramosi, patenti, ni distanziati. Brattee basali lunghe 3-6 mm. strette, aciculari o triango- lari. Tutta l’infiorescenza coperta di sete patenti, curve, lunghe 1-3 mm., fulvo- ferruginee, più chiare alla base che è inoltre tozza. Fiori subsessili, piccoli, numerosi. Calice a sepali un po disu- guali, subtriangolari, ovati, acuti od un po ottusi, lunghi 3-4 mm., cigliati al margine, del resto glabri o gli esterni, ad un esame alla lente, minutamente e parcamente setulosi, talora anche un po pulve- rulenti sulla parte mediana della faccia esterna. Corolla più grande dei sepali. Stami circa 25. Ovario, nei fiori 9 tipici, globoso con 5 stiti lunghi, bruni, a stimma biancastro e grosso. Fiori sempre unisessuali ? periormente, per le celie dei nervi ‘secondari e terziari Er per i l’infiorescenza breve, più marcatamente setosa, pei fiori femminei e pel | calice glabro del tutto, salvo al margine. Il Weberbauer che raccolse le due si PROFF. LUIGI BUSCALIONI a MUSCATINLLO forme af che sono appartenenti ad un’unica specie, la al però sa- rebbe dioica. Gli studi da noi fatti, tuttavia su scarso materiale, ci fanno ritenere che più che di forme dioiche trattasi di individui poligamici, ` con tendenza forse alla dioicità. Ma ammesso questo principio e rite- | nuto valida l’idea del Weberbauer che si tratti di una forma sola dob- biamo inferirne che le differenze sono legate forse alla diversa costitu- zione sessuale, l'esemplare N. 842 essendo forse andromonoico. Si avrebbe in altre parole un interessante caso di dimorfismo inerente al predo- minio dell’uno o dell’altro sesso. Alle ricerche future la soluzione de problema. Qualcuno potrebbe ritenere che si tratti invece di specie d stinte, ma noi non possiamo sottoscrivere una tale opinione, troppo ras somiglianti fra loro essendo gli esemplari, La nostra specie differisce dalla S. scabra Poepp. pei seguenti ca ratteri: l'apice del caule e il piceiuolo sono coperti da sete più lunghe nor frammiste a pulverulenza: il lembo, più grande, presenta un margine ru | vido, più grossolanamente serrulato: inoltre è molto più coriaceo e me setoso superiormente, mentre è forse più lungamente setoso, almeno sulla costa, alla pagina inferiore: le nervature sono molto più robust alla pagina inferiore e non sempre barbate alle ascelle: 1’ infiorescenz: è spesso più grande della foglia e porta delle brattee un po più svi luppate: i fiori sono più grandi e dioici (?) a calice spesso pulveruler nelle parti esterne; gli stami infine non sono porieidi. i Dalla varietà Prainiana differisce per il picciuolo un po più lun pel lembo molto più coriaceo, più grande e non dolce al tatto alla pa- gina superiore; (essendo le setule molto più corte, mucroniformi), sete dilatate alla base, pei fiori più grandi, per le antere non deisce | por rima e per lunisessualità fiorale. Infine dalla varietà Boliviana si differenzia per il lembo più gran più ee, piü cuneiforme pei Spri più grandi, BASE, STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMBRICANB BOO. à Caratteri differenziali ; - x Caratteri comuni Saurauia peruviana |Saurauia pseudoscabra| Bu Buse. Apice del fusto co-| Apice del fusto co-| Picciuolo lungo 2-2,5 perto da sete lunghe 1-2|perto da sete lungheiem mm. miste a pulveru-|3 SS mm. dilatate allaf Pagina superiore del lembo scabra, rossiccia, di = Piesiaalo munito di gr sg setelaspetto subglabro, ma co-| = brevi sete pulverulente lunghe 2-3 m sparsa di mucroni e dij | jalla base e miste al Lembo at me-|sete breyissime.. | |peli stellati, o a tu-|nogrossolanamenteser-| Pagina inferiore minu-| berco li. rato. | |tamente setosa: ascelle dei | Lembo cartaceo, al Lembo grande, o di-|nervi secondari e terziari sereto. barbate. Nervi 13-14, Nervi di 3° ordine in Infiorescenza più lun-|reticolo. ga delle foglie, multi-|. Fiori non molto peu flora. Per Reas lunghe 3-6 - Sete BR ee dell’infiorescen-| visibili solo colla za distinte. i .| Fiori unisessuali | Calice glabro o pul- verulento. i pagina superiore, setoso alli ere colle. RER cs nervi nw sono $ nomani, Bitposersenze, multifiora, er eguale alla foglia, a brattee corte, il calice pulverulento setuloso nelle ‘parti scoperte, del resto subglabro, gli stami infine non molto numerosi. Caratteri differenziali Ä Caratteri comuni S. rubiformis Vatche |S. pseudoscabra Buse. Bi Piceiuolo lungo. Piceiuolo breve. Caule vestito all’apie Lembo cartaceo, al Lembo coriaceo, aldi sete si pure i base ottusa arrotondata, |base acuta cuneiforme | picciuolo. ovale. obov | Pagina inferiore irtal Pagi inferiore] Ascelle dei nervi bar- di sete e di peli stel-Isenza peli stellati, ma|bate o imberbi. lati (non sempre peròlsetosa. ina superiore setu: presenti !). Nervi 14. tulosa tubercolata e 4-20. Brattee minute, Margine dentato ser Calice pulverulento.|cetto al margine e sulle Infiorescenza ampia, s iori femminei ape-|parti scoperte. Fiori|tosa, subeguale alla fogli f ml. emminei non apetali.| Fiori dioici, a stami no America Centrale Perù |molto numerosi. Dalla 8. Ursina differisce per la setolosità meno forte, per la form: delle foglie e pel calice meno peloso e per la patria. Qualche lontana parentela può mostrare con la $. pseudoparviflo la quale però presenta, come caratteri differenziali, un caule finament setuloso pulverulento, un piceiuolo lungo, cenerognolo furfuraceo minute sete, un lembo cartaceo, scarsamente mucronulato pulverulent sulle due faccie, una infiorescenza breve portante dei fiori minuti calice glabro e a ovario con numero variabile di stili. Le affinità con sistono nella forma del lembo acuto alla base, serrato, | nei nervi nol molto numerosi, nelle brattee piccole e nello scarso numero di stami. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE EOC. Caratteri differenziali S. Rusbyi Britt. S. pseudoscabra Buse. Caratteri comuni | Apice caulinare co- perto da pulvinuli. Picciuolo minuta- mente setoso. _ | Lembo cartaceo, sub- "eoriaceo.. Pulvinuli e mueroni -sulla costa e sui nervi | Maggiori, tanto alla pa- st'ultima con placche tomentose Peduncolo sparso di pulvinuli, con poche |sete. . Fiori grandi. t: Stami numerosi. Perù ic e caulinare senza pulvinuli. Picciuolo rivestito di superiore. Sete alla pa- gina inferiore che è un di placche to- mentos Paduutalo setoso. Fiori discreti, o pic- i. Stami scarsi. Bolivia $ k * Caule coll’ MI co- superiore. Apice acuto, base acuta, margine serrulato mucro- nato setoso. Nervi secondari 12-15: nervi di terz’ ordine in reticolo. Infiorescenza subeguale Sepali o del tutto glabri o pulverulento-tubereolati | solo sulle parti scoperte) nel boccio. Ovario con stili forme, aspro alla pagina| Le affinità maggiori della S. pseudoscabra sono colla S. scabra e p- da cui differisce per un più imponente xerofitismo, o meglio an- a, per una modalità diversa di xerofitismo. In pari tempo non si può a che anche colla S. ee vi ne m injing e: E di ui condivide. la patrin. È PROFF., LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO . (40) Srdala scabra HBK. Hamb, .Bompl, n. sp et gen. PI, Sinonimia. S. brachybotrys Turcz. (pro parte), \ S. Humboldtiana Buse. (pro parte). S. excelsa Willd. (pro parte). S. Moritziana Turez. Tab. 649 Humb. Bompl. Humboldt e Bomplandt così deserivono la specie. 5 u. Suppetit speciem alterum (Tab. 649) a Mutisio cum Bom- plandio communicatum a mox descriptio nonnisi eo diversum, quae folia sunt majora. Descriptio sequitur: ` p Ramuli setoso-strigosi. Folia sparsa, petiolata, cuneato oblunga, sub- acuminata, basi ottusa, arguta denticulata, reticulato-venosa, nervis pr mariis approximatis subparallelis nervoque medio subtus prominentibus rigida utrinque scabra, subtus pallidiora nervo medio utrinque strigoso- piloso, octo pollicaria tres pollices lata. Petioli 9-12 lineas longi, setoso- strigosi. Stipulae nullae. Paniculae pedunculatae, adjecto pedunculo sub- quadripollicares, bracteatae, setoso-strigosae: ramis sparsis, fruetiferis lon gioribus patentibus. Flores magnitudine floris mox descripti (accennasi ai fiori della S. seabra=S. Humboldtiana). Calyx quinquepartitus externe setoso-strigosus foliolis aequalibus oblongis obtusiuseulis: duobus int ~. rioribus marginem versus glabris. Petala quinque receptaculo piloso in | i oblongo elliptica apice rotundata integerrima calycem paullo s perantia, aequalia. Stamina cireiter 35 ibidem inserta, corolla parum viora. Filamenta subulato filiformia, glabra, basi pilosa; Antherae neares biloculares profunde bipartitae lobis tubulosis conniventibus ae- - qualibus sursum spectantibus. Ovarium subrotundum, ovatum pent: | gonum glabrum quinqueloculare, loculis polyspermis (?) Styli 5 filifo glabri. Stygmata simplicia. Fructus (Fig. 1-2) subglobosus, glaber n — gnitudine fructus Pruni spinosae, calyce persistente suffultus et sty coronatus, quinquelocularis (fig. 3) apice loculicido (2) 5 valvis poly- spermis: placentae 5 axi centrali affixae. Semina (fig. 5-8) subangulato- globosa magnitudine grani Papaveris (fig. 4) reticulato-serobiculata > = 5a (fig. 7) fusca hilo puetiformi notata glabra, reliquiis membranulae te- ® | nùissimae albidae diaphanae laceratae obsita. Epispermum testaceum fra- STUDIO soxoGRAPICO $ SULLE SPECIE AMERICANE ao ` gile. Endospermum carnosum (fig. 9-19) fuscescens semini vira ra- mentis minutis complanatis albis linearis oblongis obsitum, ad extremi- tatem (acutiorem) hilum spectantem. tubercula fusco et ab uno latere supra basim foveolo umbellicali notatum. Raphae filiformis a tuberculo 3 ad foveolam decurrens (fig. 12-13). Embryo (fig. 14-15) in parte supe- ‘riore (acutiora) endospermis locatus (fig. 11) ipsoque triplo brevior, axilis, oblongo cylindraceus, utrinque obtusus rectus, bilobus extremitate radi- culari hilum spectans. E Proxima Saurauiae excelsae Wind. Esemplari studiati. > "A Es. del D. Karsten stati raccolti in Uoiumbia e Venezuela e più specialmente nella Colonia Tovar (Erb. di Vienna e Berlino). 2 I Es. del D. Karsten (N. 5414) Rent dalle Colonie dui N (Musco Palat. di Vienna). n) Es. del D. Karsten stato raccolto in- Columbia (1849), di pros ; delle Erb. di Berlino. | Es. di Engels stati raccolti nella Columbia e a Merida e deter- minati dal Vawre sia col nome di S. ewcelsa Willd. (e come tali rite- nuti dal Martius nella Fl. Bras.) sia sotto quello di S. scabra HBK. Appartengono all’Orto Bot. dell’ Univ. di Pietroburgo. Alberi fiorenti per lo più in ottobre i quali crescono isolati, o as- ti, nei pianori elevati e boscosi o sui monti. (1) È Fusto liscio, gialliccio bruno, cosparso di finissime ‘sete riali = essate, appena visibili ad occhio, oppure piü o meno lunghe (3-4 nell’Es. di Karsten (1849) (dell’Erb. Berlino) le quali si fanno ab- o danti all'apice e sulle foglie giovani. = Picciuolo robusto pulverulento, sordidamente binnchieci nie, versa I terragineo bruno, soleato, lungo 3-6 cm. 10 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO acuta ed anco terminata in punta lunga o breve. Margine denticul ii o anche serrulato serrato all’apice. (Es. 5414 e di Karsten an. 1849) serrature spesso sormontate da setula decidua curva. Pagina superiore coperta da brevissime granulazioni o da mim tubercoli, appena distinguibili alla lente, rossiccia: sui nervi secondar e sulla costa si notano inoltre delle minutissime setule o sete che qualche esemplare non mancano neppure ‘sui nervi minori e sul pare chima. Ad occhio nudo la superficie appare quasi sempre subglabra, granulosa (salvo in corrispondenza delle coste e dei nervi maggior Pagina inferiore d'aspetto pulverulento setuloso sulle nervatu e sulla costa. Su quest’ultima Ze sete raggiungono talora la lunghe di 1 mm. (Es. del D. Karsten (1849) Erb. di Berlino). La rimanenti superficie è rivestita di finissimi mucroni commisti a peli stellati gli uni e gli altri ben distinti solo alla lente, i quali danno appunte un aspetto granuloso alla parte. È 3 | Nervature secondarie in numero variabile da 22-25, poco distinte sopra, sporgenti sotto, benchè sottili ad eccezione della costa che è mol robusta. Nervi secondari distanti gli uni dagli altri, un po curv anastomotici fra loro, almeno in parte, alla periteria. Nervi di 3° 0 dine finissimi, distanziati, perpendicolari ai secondari, a decorso un po irregolare presso la costa. | Infiorescenza talora piü breve della foglia (10-20 cm. di lun ghezza per 6-9 cm. di larghezza), ma spesso subeguale alla stesi ampia e ramosa (Es. N. 5414). Peduncolo lungo 9-11 em. robusto. sottile, talora un po appiattito, striato solcato, bruno, subglabro al base (Es. 5414), pulverulento ferrugineo all’ apice, dove inoltre notano anche delle rare setule e dei mucroni, distinti però bene le ar e gli altri solo alla lente. Rami brevi, patenti od allungati (3 cm. circa), obliagi. lie, furfuracei per cortissime sete e mucroni ferruginei. Brattee basali lineari (Es. 5414), setulose, pulverulento-ferrugine lunghe 6-10 mm. larg. 3; quelle superiori e le bratteole per lo RER trian- golari, corte. Fiori brevemente o lungamente peiliai. discreti. Galit aci scente a sepali diseguali, lunghi 6-7 mm. piü corti della rl = STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO. Ah “rulento-cenerognoli dentro e fuori e inoltre minutamente tubercolato- setulosi (alla lente) sulle parti esterne scoperte nel boccio. Corolla a petali obovati. Stami circa 30-35, più corti dei petali, a filamenti bar- bati alla base, ad antere strette, corte o allungate, profondamente bifide, poricide all'apice, gialliccie. Ovario_globoso, bruno, glabro, sormontato da 5 stiti lunghi con stimma puntiforme o capitato (Es. 5414) Semi minuti, subrotondi, finamente alveolati. I) Forma Veranii Busc. Esemplari studiati. Es. N. 75 del D. Karsten, stato raccolto nella Colonia Tovar (Erb. Palat. di Vienna e di Berlins) ed altrove in Columbia e Venezuela. Caule scanalato, robusto, coperto all’apice di sete rufescenti-fer- ~ ruginee, appressate, miste a pulverulenza. Picciuolo fogliare rossiccio bruno, lungo da 4 a 7 cm. striato, scanalato, un po appiatito, pulve- rulento ad un esame ad occhio, ma alla lente anche cosparso di minuti tubercoli e di setule. Lembo ovalare (lungh. 17-31 em. largh. 9-16 e più em.) ottuso o brevemente acuminato all’apice, subacuto o arroton- . dato alla base, cartaceo, scabro, rigido, fulvo-brunastro sopra, verdastro | pallido sotto. Margine intero o più o meno nettamente denticolato ser- | rulato e persino serrato. Nervi secondari 11-20, dicotomi, curvi. Costa coperta alla pagina superiore da setule tubercoliformi e da pulverulenza: nervi secondari e terziari vestiti di tubercoli appena di. a stinti alla lente. Pagina inferiore sparsa di tubercoli, d'aspetto pul- verulento grigiastro, sulla costa e sui nervi, di mucroni stellati, visi- Wii distintamente solo alla lente, sul parenchima i quali rendono la superficie granulosa. — Infiorescenza N, o multiflora, breve 0 subeguale alla foglia, amidale o subcorimbosa, sorretta da un peduncolo lung. 9 em. circa, di scanalato, scabro, subglabro alla base, pulverulento-fulvo all'apice, dove notano delle cortissime sete appressate. Rami brevi, o lunghi, falvi distintamente o minutamente setoso-pulverulenti. Brattee basali, oppure qualcuna delle rameali, fogliformi, munite di picciuolo lungo 1-1,5. cm. e di un lembo ovale, lanceolato ottuso, od acuto, lungo da 26 - wi hy largo 5-8-15 mm., a margine denticolato, nervose, coi nervi | sporgenti alla pagina inferiore, conformate come le foglie per quanto -~ de 7 I altre Deal lineari o triangolari. Rami secondari lunghi 2-3 em 4 terminati in dicasi. Pedicelli corti, robusti, ornati di bratteole siro e setose paghe 3 mm. Eo 1 mm.) | acuti, minutamente setulosi e pulverulenti come nella specie. Pe a glabri. Stami non molto numerosi, barbati alla base, ad antere pog n= = damente bifide. Ovario a stili obsoleti o lunghi. - II) Forma Moritziana Buse. - Sinonimia: Saurauia Moritziana Turez. Saurauia (Palava) scabra HBK (pro parte). Il Turchzianinow nelle « Animadv. in secundam partem Herb 4 Turchzianinowiani, nune Universitatis Cesareae Charkowiensis. Bul Soc. Imp. di Se. Nat. Moscou 1858 >, sotto il nome di ©. Moritzia: ; descriveva. la nostra forma, da lui ritenuta quale specie - nuova, colla | seguente diagnosi: > Ramulis angulatis saperne cum petiolis, pedunculis calyoibasi | pilis adpressis sordide albicantibus vestitis; foliis oblongis, acutis, | saepe inaequalibus obtusis ad medium. integerrimis a medio ad ap | remote serratis, supra punctulis’ sparsis exasperatis, subtus rugulosis, costam et partim ad venas parce et breviter setosis, pedunculo solita ex axilla folii medii nascente, gracili, trichomato-paniculato, folio. bı — viore; petalis calycem parum excedentibus lamina subreniformi. Fo . paullo majora quam in precedente (allude alla 8. aspera Turez.), - duncali magis elongati debiliores. In Colonia Tovar Venezuelae Cl. Moritz. N. 290 sub nomine nullibi a me invento Palavae HBK. i | Esemplari studiati. - Es. N. 290 raccolto da Moritz (1 852) nella Colonia. Tovar di proprietà degli Erbari di Parigi e di Vienna. a 3 = E N. 290, stato raccolto da Moritz nella. Colonia Tovar e minato sia col nome di 8, excelsa Willd. sia con quello a: scabra HBK (Erbario di Cristismia), i a 290, dell’Erb. di o stato inci da Moritz a a > wal, anni 1844- 45. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE BCC, Es. del Museo di Ken stato raccolto da Kruger (a. 1859) nel Ve. È nezuela, sub nom. ©. exelsa Willd. ? Es. N. 290 dell’Erb. di Kew stati raccolti a Merida nelle regioni subalpine. (Erb. W. Sonder). | Es. N. 290 dell’Erb. del Kensington Museum, stato raccolto da Mo- ritz nella Colonia Tovar (sub nom. Palava scabra HBK). Albero fiorente in febbraio con fiori bianchi (Es. Sonder) a caule angoloso, fistuloso, solcato, sparso di cicatrici fogliari spesso promienti dal lato acropeto triangolari. Corteccia di color rossiccio ferrugineo, d'aspetto tubercolato, ma in realtà pulverulento setulosa. (Es. di Ber- lino: Merida). Setule caduche appressate, minutissime (1 mm. circa) fatta eccezione per l’Es. di Vienna (Col. Tov.) e per quello di Kew nei quali raggiungono 3-6 mm.), talora sottili, talora dilatate alla base, spesso sordidamente albicanti (Es. Kew), abbondantissime all apice. In taluni esemplari predomina la pulverulenza in altri le setule. Foglie giovani fulvo dorate, sia per le stesse setule e pei mucroni presenti sulle ner - = „vature, sia per la minuta pulverulenza rivertente il parenchima. Picciuolo lungo 2,5-4 em. robusto, solcato, brunastro o cenero- gnolo per pulverulenza commiata a sete minutissime, o lunghe 3-4 mm. (Es. di Kew), caduche appressate, ferruginee, gialiicie (Es. di Kew) rossiccie, talora dilatate alla base (Es. di Merida: Berl.). Lembo cartaceo o subeoriaceo, lungo 16-36 cm. largo 6-18 cm. | grande, terminato bruscamente in punta o semplicemente acuto più di rado ottuso, ovato od obovato cuneiforme, colla base quasi sempre acuta disimmetrica, talora un po decorrente (Es. Kew). Margine integro o — vunque (Es. Berl. Merida) 0 almeno alla base, oppure denticolato del mezzo in giù, serrulato serrato verso l’apiee ed anco grossolanamente serrato (Es. Christiania). Denticoli e serrulature mucronulate (Es. Me- rida: Berlino, Es. Christiania), 0 sormontate da sete curve, Soalito, ahy bastanza sviluppate per simulare dei denti. i -~ Pagina superiore rossiccio bruna, scabra, di aspetto ee di = Pulverulento, coperta da sete appena visibili ad occhio e da mucroni | discernibili per lo più alla lente. Mucroni e setule si fanno più ab- bondanti e più sviluppati sulla costa (sete lunghe 1-1!/, mm. nell’Es. = Kew) e sui nervi, venendo in parte sostituiti sul pona NPE da una | scarsa e minuta pulverulenza. PROFF. SCE BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 3 Pagina inferiòre liscia 0 meno kaba, della superiore, d’ aspetto AA giallo verdiccia, pure setulosa mucronulata sulla costa e sui nervi. Parenchima parcamente disseminato di mucroni, ta- luni dei quali stellati, di color giallo ferrugineo, ben distinti solo alla lente. Le sete dei nervi sono invece per lo più visibili ad occhio nud e alla lente mostransi pulverulente alla base che è anche un po dilatata. Costola molto robusta e sporgente alla pagina inferiore. Nervi se- condari numerosi, fini, distanti gli uni dagli altri, patenti od obliqui, un po curvi all’estremità libera, spesso dicotomi, în numero di 20-25 e più, non sempre fra loro paralleli (Es. di Christiania) e a decorso un po irregolare, di color più chiaro del fondo. Nervi di 3. ordine di- stanziati, perpendicolari ai secondari o alla costa, a decorso ondulato (Es. Kew) terminanti in un lasso reticolo ad ugual distanza dalle due ner- vature secondarie limitrofe. Le nervature sono poco distinte alla pagini superiore. Infiorescenza talora su quanto la foglia e più (40 cm. nel PEs. di Christiania), talora invece assai più breve (12-16 cm.) a pan- nocchia o subcorimbo, più o meno ampia, multiflora, di rado parvi- flora e contratta (infiorescenze brevi), ferruginea «rossiccia. 5 Peduncolo gracile o robusto, lungo 8-28 cm. sordidamente bruno, . subglabro alla base o pulverulento, vertito all’apice da sete ferrugineo- rossiccie, appressate, lunghe al più 1-1,5 mm. (Es. di Merida) talora dilatate alla base miste spesso a pulverulenza. Rami basali lunghi 3-5 cm. patenti, setuloso-pulverulenti, ferru- ginei, come anche i PR che per lo più raggiungono 1 cm. di lu ghezza, o un po meno. Brattee basali lineari, lunghe 6-10 mm. larghe 2-3 mm. fulve, sei all’esterno, rossiccie e glabre dal lato superiore. Bratteole dei pedi, celli e brattee minori deltoidi acute. Fiori discreti (15-18 mm. di diametro). Calice lungo 79 P sepali accrescenti, cenerognolo chiari all’interno o sulle parti co nel boccio della faccia esterna, fulvo ferruginei su quelle scope le prime pulverulente le seconde vestite di setule o mucroni ap} visibili ad occhio o al più lunghi 0,3 a 0,5 mm. A seconda della | sizione i sepali sono ottusi o subacuti, sempre un po diseguali. Corolla subeguale al calice (Es. di Kew) a are brano rossi ci STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO. allo stato secco (Es. Kew), nalanent divi a ottusi, caduchi cogli stami (Es di Vienna) Stami circa 25-35 (Es. Kew) bar- bati alla base, un po fulvo-rossicci: filamento discretamente lungo: antere minute o più meno sviluppate, strette, profondamente bifide, munite di un poro (ampio, cuoriforme nell’ Es. di Kew) all’ apice delle teche, di color grigio chiaro. Ovario globoso, a stili obsoleti o brevi (Es. d. Erb. di Berlino (Merida) e di Kew), o discreti (Es. di Christiania), o persino lunghi, robusti e capi- tati (Es. di Vienna: Col. Tovar). A quanto pare nello stesso esemplare possono incontrarsi dei fiori longistili e brevistili (Es. di Kensinston ?) Semi minuti, alveolati, subrotondi, bruno ferruginei. III) Forma Schlimiana Buse. Esemplari studiati. Es. N. 1615 dello Stabilimento orticolo di Linden (Luxemburg) provenienti dalla Provincia di Merida (Venezuela), dove furono raccolti a 7000 piedi di altezza (Sierra Nevada), o a 500 piedi (Valli di Merida). Fanno parte delle raccolte di Funk e Schlim (Erb. di Lipsia, Ginevra, Parigi, Bruxelles). Es. N. 611 provenienti dalla stessa località, stati raccolti dai sopra ‘citati esploratori, e presenti pure negli erbari sopra citati. N. 868 idem. N. 898 idem (raccolto nel sett. 1846). i esemplari dell’Erb. di Parigi (N. 898 e 611) furono determi- nome di S. floribunda sp. nov. Lind. ma ricorderemo in propo- tal nome e già applicato a una specie di Sprague ed inoltre | nov corrisponde sempre alla realtà. Frutiei a fiori bianchi (N. 898 e 611), o rossi (N. 1615), fiorenti da - Giugno a Settembre. Rami bruni solcati coperti da rare sete FREER variamente svi- _ luppate nei differenti esemplari, ma EN più o meno brevi, spesso dilatate alla base. Picciuolo robusto, lungo 3 cm. (Es. 898 di a a 4 cm. a sete u | costissime, appressate, tubercoliformi (lunghe al più 1-1 !/, mm. (Es. | Gin. 898). -Lembo cartaceo, ee (Es. Gin. 898), spesso di medioeri di- | PROFF. LUIGI BUSCALIONI E ia MUSCATELLO - mensioni, ma talora anche assai o (lungh. 9-32 em. larg. 5-13. ovale od obovato, terminato in punta breve ('/, cm.) od anche solo acuti . di rado ottuso, colla base diseguale, un po tonda o viceversa cunet forme acuta e persino un po decorrente (Es. Gin. N. 898). Margin di rado subintero, per lo più mucronulato denticolato e con mucro talora terminati da seta curva cortissima. Nell’Es. di Ginevra N. 89 è distintamente serrulato e persino doppiamente serrulato con serr lature sormontate da mucroni diritti o curvi: la base è però. qua P> sempre subintegra. Pagina superiore bruno rossiecia, d'aspetto talora sordido, gran lare o anche ruguosa (Es. di Ginevra 898), cosparsa abbondantem di corte sete rossiccie, o di mucroni sulla costa, di setule assai bi sui nervi maggiori, di rari mucroni e tubercoli setuliformi sul par chima. Questi, visibili soltanto alla lente, rendono la superficie scabra. Pagina inferiore verdiccio gialliccia, meno scabra al tatto della superiore, talora di aspetto reticolato (Es. Ginevra 898). La costa nervi secondari sono coperti da mucroni e da setole: gli uni e altre cortissime danno alla parte un aspetto pulverulento (Es. Gine 898). IL rivestimento si riduce ancor di più sugli altri nervi e venta appena accennato alla lente su quelli di 4° ordine. Alla 1 si notano pure dei piccoli punti rilevati e dei mucroni Bu i _ parenchima, cui devesi appunto la leggera ruvidezza. | Data la piccolezza dei mucroni le due pagine appaiono gu ab ad occhio nudo, fatta eccezione per la costa, ma occorre notare ch rivestimento pilifero va soggetto a variazioni da esemplare ad esempl: in specie alla pagina superiore. Nervi 15-24, appena marcati sopra distinti sotto, un po obliqui, cur subparalleli, distanti gli uni dagli altri. Nervi di 3° ordine più rilevi formanti un lasso reticolo. Infiorescenze per lo più ee: alla lunghezza del più brevi di questo (17 cm. circa), o subeguali (Es. Ginevra 868 forli grandi), molto ramose, piramidali, dotate di brattee lineari, l 8-15 mm. strette. Peduncoli e rami fulvo ferruginei per corti mu e setule minute appressate. Il peduncolo è più o meno lungo- in relazione colle dimensioni dell’infiorescenza. Pedicelli di aspetto muloso-furfuraceo-pulverulento, lunghi 1 cm. ~ PR STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO. Fiori del diametro di 2 cm. o meno, e in generale più I, nelle forme macrofille. Sepali '/, piü brevi della corolla, spesso glabri verso la parte basale della superficie interna che è rossiccia (Es. 898): sulle rimanenti parti pulverulento-cenerini e per di più tu- bercolati, o minutamente setulosi (setule e tubercoli ferruginei), sulle | parti scoperte della faccia esterna. Stami 25 (35 nell’Es. N. 611 a foglie e infiorescenza brevi) ros- sicci, barbati alla base con peli di color bianco sporco, con antere discrete, giallo chiare, bitide, poricide all’apice. Ovario a stili obsoleti, o per lo meno brevi (Es. 611), o viceversa più lunghi del calice (nel maggior numero degli esemplari), capitati. Caratteri differenziali o di affinità. I motivi che ci hanno indotto a fondere la S. Moritziana colla Scahra vanno ricercati nel fatto che tutte le caratteristiche segnalate dal Turezianinow per creare la nuova specie hanno un valore molto relativo. I peli albicanti del peduncolo del calice e -~ del picciuolo mancano in alcune foglie degli esemplari distribuiti dal | * Turezianinow, e lo stesso può dirsi per la base del lembo ottusa, per le > serrature ampie di questo, per l’infiorescenza più breve della foglia. A ci riguardo degli ultimi caratteri un esame di molti esemplari lascia facil- a mente riconoscere che le serrature sono più o meno pronunciate in rap- porto col diametro delle foglie e che poi l’infiorescenza in uno stesso esemplare può esser subeguale alla foglia, più lunga di questa, o all’op- posto più breve a seconda di un’infinità di circostanze, senza pregiu- enemplari autotipiei di Turezianinow She si conservano, erediamo, 'nel- VErbario universitario di Charcow, alla cui Direzione furono inutilmente Non per questo & il caso, almeno al presente, di fondere la forma ol Turezianinow in quella genuina della Scabra; delle piccole varia- | joni ci sono, e fra queste principalissima è il minor sviluppo del ri- timento tricomatoso nella forma del Turczianinow, rispetto a quella genuina. Perciò si son tenute separate le due forme, ma è nostra ferma. sonvinzione che molto probabilmente ricerche future, su materiale più | abbondante, non mancheranno di rintracciare tali e tante forme di pas- saggio ‘dall’una all’ altra da reclamarne la definitiva fusione in una — pass » all’apice del lembo e porta delle sete rossigne fulve, anzi sordidamente albicanti. Così pure un esemplare del Museo di Christi "presenta alcuni calici setolosi ferruginei nelle parti scoperte nel boe accanto ad altri che sono realmente albicanti come vuole il Tur ninow; un altro del ning di En mentre non mostra neppure i z verulento, le seconde coperte da sete lunghe 1 mm. e più, con basi a ‘Passiamo ora alle affinità colla forma Schlimmiana. Chi, avendo sot occhi alcuni esemplari di questa forma, li confronta con quelli di forma genuina o colla forma Moritziana non manca. di rilevare fisionomia leggermente differente; essa però rivelasi per complesso disposizioni numerosissime, ma secondarie, ognuna per se poco o pun afferrabile e suscettibile di una esatta descrizione, che, però associate dar | appunto agli esemplari un aspetto particolare. Fra i caratteri pi lienti merita di esser ricordato che le foglie non sono, in generale grandi e il rivestimento pilifero ha una colorazione fulvo chiara. generis. Anche qui poi troviamo tali e tante forme di passaggio che I sempre si può stabilire ove cessi la forma tipica Schlimmiana per d posto alla Moritziana, o alla forma genuina. Si è però rilevato © forma schlimmiana si avvicina molto per aspetto della setulosità, forma della foglie e per altri caratteri alla S, schlimmiana Sp perciò abbiamo rn ad essa un nome atto a ricordare affinità. | Telbändo ora in unico gruppo le varie forme sotto cui si la S. scabra HBK. vediamo quali rapporti contragga con altre s | STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri d ifferenziali S. Humboldtiana Buse. S. scabra HBK Caratteri comuni Sete del caule e del picciuolo dilatate alla ase. Picciuolo lungo circa cm. Lembo eoriaceo, non te "ati molto grande, forte- (AES satinciato infe- riormente Se in Base arrotondata leg- germente: margine mi- Inutamente .mucronu- . [lato denticolato. | | Pagina inferiore irta = |di sete lungh. 1 mm. sulla costa e di mu- -Jeroni sul mesto o di = igranulazi ion d Reticolo Stelle ner- - |vature minori assai fino. Infiorescenza breve subspicata a brattee cor- te, parviflora. Bratteo- e addossate al calice. * Pedicelli brevi. TO Sete per lo più sot- et — dna bas o + Pieciuolo lungo 3-6 cm. i Lembo grande, car- taceo subcoriaceo, poco o punto Pat in- feriorment Base Peuri pr acuta Margine spesso ser-| rato De. con ser- rulature setos Peli saltati mucroni e sete minute sulla pa- gina inferiore Reticolo delle ner- vature minori lasso. Infiorescenza multi- flora, grande, a brattee lineari, per lo più lun- ghe, non addossate al calice “Pedicelli lunghi. Fusto gialliccio bruno, coperto, all’a appressate, ie, o di- serete. Picciuolo minutamente setuloso pulverulento:| apice del lembo ottuso, od acuto: cron cuneiforme, SA Pagine setose mucro- Inulate: sete brevi anche) Fiori discreti, a calice pulverulento parzialmente dentro. e la perficie esterna. I se- pali sono inoltre setulosi| sulle parti scoperte nel boccio. 1j più grandi dei se epali. Stami eirea 25: ovari a stili corti. Venezuela Risulta evidente adunque che non vi ha tra le due forme quell’iden- ‘tità segnalata da Humboldt e Bomplandt, benchè non sia dubbia l'affinità. Le divergenze forse dipendono dalla circostanza che la 8. Humboldtiana abita le regioni costiere, la Scabra quelle discoste dal mare. Però non dobbiamo dimenticare che la var. Bomplandiana è to- mentona alla pagina inferiore, il che non ha luogo nella S. scabra, PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. Schlimmi Sprague S. scabra HBK Sete lunghe, caduche, all’apice dei rami. Sete del piceiuolo lunghe 4-5 mm Pagina superiore del embo poco o punto, cabra. Base del lembo ottusa. rari mucroni sulle altre nervature, del resto glabra. sina inferiore sparsa, sulla costa, di rare e lunghe sete, di minuti pulvinuli e di mucroni, visibili alla lente, sulle nervature. vestimento, tra le parti] scoperte e le viag: cigliati al margin mea nbeguale al Equador. ilcosta, di mueroni data per lo più mi- ci Se del piceiuolo iù corte. Pagina superiore scabra. Base del lembo A od ottusa. Pagina superiore irta di sete brevi sulla sul resto della superficie, Pagina inferiore| sparsa di sete brevi sulla costa, di mucroni e peli stellati minutis- uellì minori in reticolo lasso. nfiorescenza spesso ilsubeguale alla foglia, o più lunga di questa. Rami e pedunculi iù pulverulenti, setulosi, mucronati. Sepali setulosi tu- bercolati minutamente sulle parti scoperte nell boccio, pulverulenti al- trove: margine non ci- iato = Corolla superante il calice. Venezuela r lo più Fusto gialliccio- 0. Pieciuolo lungo 2- em. coperto di fina p en forragines a obovato ov va C Apice acuminato. gine dentato serrato, a rature setose. Nervi dicotomi, curvi es gli uni da, altr Bretten lunghe 6-7 m arghe 2-3 mm. Pedicelli Fiori disc - L’affinità è cranici e le LL; si riducono « ma più minuta pelosità in specie dei calici. ; | Dalla S. floribunda differisce pei seguenti caratteri: l'apice del fusto ‘è setuloso, anzichè pulverulento: il pieciuolo è setoso, non pulverulento- f tubercolato (alla lente); il lembo rossiccio sopra, non verde; il margine non solo tubercolato denticolato mucronato, ma anche serrulato; la pa- | gina superiore è più distintamente setulosa tubercolata, e lo stesso dicasi | per la pagina inferiore, mentre il rivestimento di pulvinuli è meno accen- tuato; l’infiorescenza è spesso più lunga della foglia o subeguale a questa, ed inoltre più distintamente setosa: i fiori non sono subsessili, ma pedicel- lati più o meno lungamente: il calice è più marcatamente setuloso tu- bercolato sulle parti scoperte nel boccio. I caratteri comuni non mancano — ‘e noi ricordiamo che in entrambe il pieciuolo è robusto e lungo, il lembo grande, obovato (però con tendenza alla forma allungata quasi lanceolata A nella. S floribunda), acuto od acuminato bruscamente: i nervi sono circa. 25 e quelli terziari formano un lasso reticolo: le brattee ‘allungate e rette: l ovario RN er stami infine poco numerosi. En PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. Sprucei Sprague S. scabra HBK Caratteri comuni ‘|all’apice e così pure il . Caule pulverulento picciuolo. lembo minutamente tu- bercolata. _ Pagina inferiore pul-ı e Pagina superiore del Caule setuloso all’a- pice e così pure il pic- iuolo. Pagina superiore del lembo turbercolato-se- tulosa. Pagina inferiore se- verulenti dentro e {fi e per peli stellati. Margine integro, o . Infiorescenza pulve- rulenta, più breve della fo gua Fiori sn e bre- vemente pedicellati. pali mucronati mi- nutamente nella parte scoperta nel boccio, pul- uori. Stami 50 e più. Equador inol- tre sul parenchima qualche pelo stellato minuto. Margine den- ticolato serrulato. Brattee per lo più lunghe. Infiorescenza pulve- rulento-setulosa, sub- eguale alla foglia (non sempre). Fiori discreti, su pe- dicelli lunghi. mente tubercolati se- tulosi sulle parti sco- p erte, pulverulenti entro e fuori. Stami 25-35. Venezuela pali più distinta-| (0) alla fog ia, con ram ung Picciuolo lungo. Orario a stili lunghi revi. Caratteri differenziali = Caratteri comuni S. Pittieri D. Sm. S. scabra HBK Fusto e pieeiuolo tu-| . Apice del fusto e pie-| Nervi 22, distanziati, |bercolati, pulverulenti.|ciuolo setulosi, pulve-|obliqui, curvi. Lembo ottuso all’a-|rulenti. Nervi di 3° ordine in [pice (non sempre però)| Lembo di varia reticolo lasso. acuto, cuneiforme allalforma, sia anterior-| Infiorescenza lunga base. - Imente che alla base. [quanto la foglia. . | Margine per lo più] Margine serrulato e| Sepali pulverulenti den-| | denticolato. perfino serrato. tro e teorh. EN tij Pagina inferiore pul-| Pagina inferiore nelle parti scoperte del Iverulenta sulla costa)sparsa di sete sulla|boccio. Corolla; più grande] — .|per minuti tubereoli,|costa, di mueroni e peli del calice. F del resto sparsa di pèli stellati altrove. Stami poco numerosi |stellati minuti. Pagina superiore] ovario e stili di varia ina superiore setulosa tubercolata. |forma. |sparsa di tubercoli mi-| Infiorescenza setu- |muti rossi. |loso-pulverulenta. . Infiorescenza pulve-| Brattee, PERN per lo rulento-tubercolata. più non spostate. Brattee piccole, tu Venez zaola bercolate, sine spo-| state. Guatemala | | Non ei soffermiamo. sulla Prendopittieri, poco ‘differente dalla Pit- jeri, per discutere le affinità colla S. eoroicana Buse. Questa differisce | lla nostra pel picciuolo ‘discreto, sottile, pel lembo breve, pel margine o mucronato, per i nervi meno numerosi (20) e per la patria. > Le affinità si riducono al rivestimento pulverulento-tubercolato della: ina inferiore e alla presenza di mueroni e sete alla pagina pupealore. ; | S S. flociffera Tr. e Pl. presenta, come caratteri differenziali, un caulinare più pulverulento che setoso, un picciuolo | più breve, più sottile, solo pulverulento, una pagina superiore molto pareamente coperta | pulvinali, una faccia inferiore pure più pulverulenta (pareamente x mucronata. Per gli altri caratteri, in specie pei sepali pulveralenti dentro e m rassomiglia alla nostra» Essa abita però sE differisce dalla nostra specie. Caratteri differenziali Caratteri comuni S. brachybotrys Turez.| g, scabra HBK (forma gi Base del lembo per) Base del lembo acuta,| Fusto coperto, all’apie lo più cuneiforme, a-jod opisi non sempre|da sete ferruginee, brevi. e È i cuneiform Picciuolo lungo 4 = ina superiorej Pagin | Lo scabra, coperta|meno nahe coperta Lembo obovato, grata di e ere o da mu-|da sete e mucroni. lo mediocre, acuto od ot- Ascelle dei nerviituso all’apice. ee dei nervi o-|non barbate. Pagina inferiore mor iscuramente barbate. RODI grande bida o scabra, coperta da nfiorescenza parvi-|multiflor sete, mucroni e peli stel- ora. Pedicelli lunghi. |lati. i Pedicelli brevissimi.| Fio Do LES conf Nervi 26: quelli di 33 Fiori grandi con 6025-35 s ordine in reticolo lasso. stami circa. E pulverulenti den ti r o $ Corolla sie più grano i del calice. Stili brevi. La var. scabra Buse. della Brachybotrye s'avvicina di più alla n stra specie, ma differisce tuttavia sempre per le brattee più brevi, fiori più grandi o più ricchi di stami, per la forma del lembo che cuneiforme, per la maggiore CRE di questo e infine pel PER prevalentemente denticolato. La 8. excelsa e la S. excelsa var. canthotricha, sì può din sono che forme della S. scabra a rivestimento di sete più abbonda e più sviluppate sul fusto, picciuolo, lembi, infiorescenza e calice. altri caratteri sono eguali, sebbene manchino i peli spiccatamente stel La S. pyenotricha differisce dalla S. scabra HBK pel calice g bro all’interno, per un maggior sviluppo delle sete ovunque, pel lon acuto, decorrente alla base. La patria è pure il lern STUDIO VONOGRAF co I AMERICANE B. Re È inutile insistere sulle differenze RR ad altre forme molto se- tose, quali l’Ursina la Isoranthotricha e via dicendo. $ * * Ci siamo indugiati alquanto a descrivere le varie forme sotto cui si presenta la S. scabra HBK (non sempre nettamente fra loro distin- guibili), sia perchè le-variazioni si presentano oltremodo interessanti dal punto di vista sistematico, e sia ancora perchè la specie fu variamente interpretata dai differenti autori. Innanzi tutto, dallo studio degli esem- plari e dalle descrizioni più accreditate è risultato che P area della S. scabra HBK coincide abbastanza bene con quella della 8. excelsa Willd., il che contribuisce ad affermarci sine che le due ee siano fra loro strettamente collegate. i L'esame poi di numerosissimi esemplari ci la un grande poli- | affetto nella specie che stiamo studiando, il quale pure si riscontra . nella 8. excelsa Willd. Le foglie infatti della S. scabra HBK sono in alcuni apai ad- | dirittura gigantesche, in altre invece mediocri, tanto che si potrebbero | separare le forme macrofille da quelle brachifille. La forma della foglia | varia pure notevolmente e non sempre corrisponde allo schema tipico tramandatoci da Humboldt e Bomplandt. L’estremo anteriore infatti è acuto od ottuso e così dicesi per la base, mentre il margine può essere — intero, denticolato, mueronato, serrulato, serrato e via dicendo e talvolta poi le differenti modalità dell’orlo si trovano riunite in un’unica foglia A che in tal caso presentasi, ad esempio, mucronulata alla base e serrulata | all'apice. In generale si osserva che le forme macrofille hanno tenden- mentre pole mierofille tendono ad avere za a sviluppare le dentature, un orlo integro. Collo sviluppo della foglia va di pari passo, in generale, du elle infiorescenze che sono macropode nelle forme macrofille, più corte, e di molto delle foglie, in quelle brachifille. Non è però questo un ca | rattere costante, poichè nello stesso esemplare possono trovarsi le due sorta di infiorescenze associate. Non è neppure da escludersi che infio- i “rescenze brachipode siano tali solo perchè non completamente mature, di guisa che rt diva: ea a sviluppo completo. ” i. frequente nelle Saurauia. Sarebbe opportuno esaminare lo stato de siamo arrivati ad una conclusione attendibile. Per quanto concerne gli stami non abbiamo trovato notevoli variazioni di numero nelle dif- sino i calici colorati in giallo bianchiecio sporco, od in grigiastro so = PROFF.. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nell'ambito dell’infiorescenza meritano di esser prese in considera zione le brattee le quali vanno soggette a tali variazioni in fatto di lun- ` ghezza e larghezza da servire altrettanto male, quanto la forma delle foglie, di guida per la diagnosi delle varietà. Le brattee basali talora sono minute, deltoidi, altre volte invece allungate, lineari e in questo caso. ricordano gli organi omologhi della S. Ruitziana: in taluni esemplari in- fine diventano fogliformi, sviluppando un piceiuolo più o meno lungo un lembo ovale lanceolato, rieco di nervi, conformato in altre parole, a prescindere dalla grandezza, sullo stampo delle vere foglie. Pe lo più sono le brattee basali che vanno incontro a quest’ultima varia zione (mutazione ?), ma non mancano i casi in cui invece si fanno fi gliformi quelle più elevate. In ciò la S. scabra HBK rispecchia una d sposizione reperibile in altre specie del genere (forma Veranii). Interessantissima è la struttura fiorale poichè accanto a forme de- cisamente brevistile ne incontriamo altre longistile. Abbiamo cercato se la maggior o minor lunghezza degli stili fosse in relazione col maggiore o minor sviluppo dell’infiorescenza (e quindi del lembo fogliare), ma non ferenti forme di fiori. Sta però il fatto che il dimorfismo nella costi- tuzione dell’ovario accenna ad una tendenza all’unisessualità la quale come già abbiamo altrove veduto e come vedremo meglio in seguito, polline nelle varie forme di fiori. Notiamo da ultimo, a proposito di questi che il calice è spesso acerescente, il diametro del fiore ‘discreto, infine la corolla talora rosea e talora bianca. Un certo interesse offre il colore della pianta. Talune forme hanno il fusto, i picciuoli, le costole, le infiorescenze (almeno in parte) e per dido, altre presentano le stesse parti brunastre, ma in generale il color predominante è ferrugineo e si manifesta tipicamente nei rami dell infiorescenze. Come è noto su queste differenze cromatiche, di incerto vi lore, il Turezianinow ha cercato di stabilire i caratteri specifici dell S. Moritziana. | Il colore della foglia è abbastanza uniforme nei vari esempl rossastro bruno sopra, verde gialliccio sotto. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE doge ogg La pelosità va soggetta a notevoli variazioni, tanto che alcuni e- semplari potrebbero passare nel gruppo della S. strigosae se non fossero legati da un cumulo di caratteri di affinità colle altre a rivestimento meno sviluppato. Molto probabilmente al vario grado di setosità vanno attribuite le differenti diagnosi degli autori per cui la S. scabra ora fu confusa colla S. excelsa, ora colla S. brachybotrys, ora colla S. Morit- ziana e via dicendo. In una forma del Museo di Kew abbiamo visto che la setosità è fortissima sul fusto il quale riesce così coperto di veri villi, ma nelle altre forme si attenua, per cui l’apice dei rami diventa brevemente setoso, mucronulato, pulverulento. Lo stesso può dirsi pel picciuolo e per l’infiorescenza. Però abbiamo notato che i rami di questa sono costantemente. coperti da minntissime s te appressate, anche quando altrove predomina la pulverulenza, o altra forma di rivestimento pili” fero. E questo è un ottimo carattere diagnostico e noi crediamo di ag- giungere che anche la setulosità e pulverulenza del calice offrono un carattere di primo ordine diagnostico, poichè nella S. scabra HBK sempre su un lato, nel mezzo, o su tutta la faccia esterna, a seconda del sepalo preso in considerazione, che noi troviamo delle minutissime sete mucroniformi appressate, visibili talora appena alla lente (mancanti ‘nell’affine S. floribunda), mentre il resto della superficie esterna ed in- terna del scpalo è pula come è di regola nel gruppo della S. excelsa. Particolare attenzione merita il rivestimento tricomatoso delle foglie, soggetto, come è noto, a grandi variazioni. Talora alla superficie supe- | riore incontriamo abbastanza rappresentate le sete, accanto ai tubercoli, DI: per cui gli esemplari acquistano un po la fisonomia della S. excelsa A (Es. di Kew). Altre volte tutta la superficie superiore è di preferenza z irta di mucroni, più o meno ben distinguibili ad occhio, od anche sol- tanto visibili alla lente, tanto che la superficie appare quasi glabra o al più granulosa, benchè, come di regola sui nervi è sulla costa lo svi- ; luppo del rivestimento sia sempre più accentuato. ~ La pagina inferiore si mostra quasi sempre, ad un esame ad osebi x nudo, minutamente granulare, specialmente sulle nervature e ciò per la > | presenza di minuti tubercoli commisti a pochi peli stellati (visibili solo A alla lente). Questo carattere, per quanto di una certa importanza dia” gnostica, si ritrova in altre forme, S. Pittieri ad es., che nulla hanno. È RR: LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO SB le colla nostra specie, mentre manca nella S. excelsa e formal affini strettamente collegate filozeneticamente colla S. scabra HBK. Me- rita, in proposito, esser tuttavia segnalato che nella ©. excelsa e forme affini esistono, alla pagina inferiore della foglia, delle sete. più o meno sviluppate, ferruginee, le quali sono barbate alla base. Da questo avrebbe È tratto origine il pelo stellato della nostra specie per riduzione della seta | mentre è rimasta immutata la barbatura basale. Anche i mueroni della | pagina superiore della Seabra sono derivati dall’ atrofia delle sete della Excelsa. Sulle nervature prendono il sopravvento le sete più o meno. lunghe e appressate e accanto a queste i tubercoli e la pulverulenza.. Queste due ultime forme di tricomi possono talora farsi predominanti. Non possiamo abbandonare l'argomento della foglia senza accennare alla nervatura. I nervi secondari sono sempre numerosi, qualunque sia la grandezza del lembo e per di più distanziati. Le nervature di terzo ordine poi formano spesso, negli esemplari macrofilli, un lasso reticolo nel mezzo del parenchima interposto tra due nervi secondari contigui. Tale struttura assimila la nostra specie alla Excelsa, mentre lall ontana dalla S. brachybotris in cui i nervi secondari sono appressati. Per quanto concerne le affinità filogenetiche i caratteri comuni, ma più specialmente l’accenno di un rivestimento setoso sul fusto (Es. = di Kew), ei indicano a chiare note che la nostra specie è imparen tata colla S. excelsa Willd. e forme affini, colle quali condivide la patria. Molti sono infatti i termini di passaggio dall’una all’altra: foglie denti- colate, integre grandi a tipo di excelsa, foglie serrate a tipo di, xantho- “trica, infiorescenze sviluppatissime e via dicendo. > Per converso noi vedremo fra poco che intima è pure l'affinità ne logenetica colla £. brachybotrys per mezzo dell'anello di congiunzion che ci offre la var. scabra Buse. di quest'ultima. Sulla posizione siste- matica di questa varietà siamo rimasti infatti oltremodo perplessi, tropp essendo i caratteri che la collegano da un lato alla S. scabra tipica dall’altro alla Brathybotrys genuina. Quest'ultima si può ritenere deriva ~ dalla S. scabra per ingrandimento del fiore e impieciolimento del lembo, col conseguente avvicinamento dei nervi secondari. Noi ci troviamo in- fatti di fronte ad un complesso di forme tutte quante viventi pressochè aga stessa ragione. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO. lento: S. floribunda, S. Schlimmi e S. Sprucei. A nostro parere anche queste sono collegate colla S. scabra, le differenze riducendosi a un minor - sviluppo del sistema pilifero che da setuloso tubercolato si rende pul- verulento. I caratteri comuni sono numerosi e noi li abbiamo altrove segnalati. Faremo notare che la S. Schlimmi offre una particolare ras» somiglianza colla S. scabra var. Schlimmiana da cui differisce quasi. soltanto per le sete e tubercoli un po più sviluppati, per cui abbiamo ragione di ritenere che a questa più che alle altre sia unita filogenetica- mente. All’opposto le S. scabra raccolte dall’Engel mostrano più spiccata ap È ‘rassomiglianza colla S. Sprucei e con la’ Floribunda. : © Riteniamo per converso, che la S. Humboldtiana e la var. Bom- plandtiana non siano così strettamente collegate colla nostra forma come vuole il Bompland che addirittura le ingloba assieme. Un’affinità si ha, ma è molto meno evidente di quella che collega alla nostra le forme sopra accennate. ; > i = Faremo notare da ultimo che la 5. scabra fu anche da taluni con- fusa colla S: Leoi, una forma derivata, è vero, dalla Brachybotrys, ma tuttavia poco affine. 41) Saurauia brachybotrys Turez. Bull. Soc. Nat. Mose. XXXI 1858. Sinonimia: we A Saurauia scabra (herb. Bompl.) HBK. (In Tr. et Pl. Prodi. ~ fl. granat.) pro parte. A | | ii Apatelia scabra HBK pro parte. | Arbor ramis petiolis pedunculis calycibusque setis brevibus rufis vestitis, foliis obovato-oblongis acutiusculis, basi in petiolum deeurren- : tibus, a basi ad apicem laeviter serrulatis dentieulatis, supra setis raris subtus multo densioribus tectis, scabridis; paniculis axillaribus petiolum : parum excedentibus folio multo brevioribus, trichotomis; petalis obovatis, integris, calyce vix longioribus; stylis brevissimis. Folia plerumque pe: dalia; styli subanthesi vix manifesti, post lapsum petalorum exerescunt, semper vero ovario multo breviores: Nuova Granata. Prov. Mariquita "ad pedem Tolimae, alt. 830 hexap. Linden 972. ~ a = A questa diagnosi del Turezianinow che parrebbe caratterizzare abbastanza bene la specie, se non fosse basata su criteri labilissimi, quali ee gli stiti obsoleti, l’infiorescenza più breve della foglia e via dicendo, me- È LI _obovato oblonghe, lunghe 1-1!/, cm. (?) acute alla base, brevemente acu- rufescente; tirsi ascellari più brevi delle foglie (?), pedunculati, multiflori, i Tolima (Prov. di Mariquita) a 1460 m. d’altezza, dal Linden (N. 972); ` il Hieronimus che nella schedula annessa agli esemplari fece le debite per cui verrebbe a raggiungere talora la lunghezza della foglia, come ne | 30°. . PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO rita di esser contrapposta quella di Triana e Planchon (Prodr. FI. Gra- nat. ete.) di cui riassumeremo, per altro, solo i punti più salienti. Albero a rami, picciuoli, infiorescenze, e calici aspro-strigillosi. Foglie minate all’apice od ottuse, minutamente serrulate, sopra parcamente pelose, scabre sotto, coperte da un tomento breve, molle, dolce al tatto fiori brevemente pedicellati, del diametro di circa 15 mm. Calice 5 par- tito a lacinie elittiche, ottuse; petali obovati, oblonghi, smarginati, più. lunghi del calice; peli staminali rufescenti. Ovario glabro. Raccolta a a Quindio alla Palmilla (Es. d. Erb. di Bompland). _ Evidentemente Triana e Planchon sono caduti in un lapsus ca- lami assegnando così esigue dimensioni alla foglia, e di tale avviso è anche correzioni (1-1'/, dem.). Prescindendo per altro da questo dato osserveremo che essi poi anche ritengono l’infiorescenza suscettibile di accrescimento — fa fede il punto di interrogazione posposto alle indicazioni relative alle dimensioni dell’infiorescenza. Da ultimo gli stessi autori assegnano 15 mm. : di diametro ai fiori il che rende oltremodo malagevole distinguere la Brachybotrys Turez dalla Scabra HBK. Ed invero nel nostro studio sul- = l'argomento ci siamo trovati molto imbarazzati nell’assegnare i limiti alle à due specie, tanto che abbiamo deciso di comprendere sotto la denomina- zione .di varietà scabra tutte quelle forme (fra cui il N. 972 di Lin- G den) a tipo più o meno distintamente di Brachybotrys, (lembo cunei- = torme scabro assai!) ma dotate di fiori mediocri, come la S. scabra | genuina, designando invece come varietà macrantha della Brachybotrys, | tutte quelle altre forme che presentano fiori grandi, costanti essendo le altre caratteristiche del tipo. Operando a questa guisa non seguiamo appuntino la diagnosi di Triana e Planchon basata sull’ esemplare 972 di Linden che diventa perciò la nostra varietà Scabra; una tale inno- vazione è assolutamente necessaria se non si vuole arrivare a una de- ‚plorevole confusione tra la Brachybotrys Turez e la Scabra HBK (di (1) Il caso nostro fu contemplato dal De Candolle nella sna « Phytographie sa STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. a) Saurauia brachybotrys Turez var. macrantha Buse. Esemplari studiati. Es. N. 57 dell’Erb. di Ginevra (Mus. Dilaik; stato raccolto da Langlassè nelle sue erborizzazioni in Columbia (1899). Arbusto di 3-5 «cm. a fiori bianchi, crescente nella Cordillera occidentale. Es. N. 57 dell’Erb. di Berlino, proveniente dalla stessa località, crescente a circa 1900 m. Fu pure raccolto da Langlassè il quale nota che si sviluppa, come il precedente, su un suolo argilloso. Es. N. 5537 dell’Erb. di Berlino, proveniente da località indeter- minata. Sul cartellino annesso all’esemplare si trova notato: Plantae Lehmanianae in Columbia et Equador collectae. Esso adunque proviene o dalla Columbia o dall’Equador, e più probabilmente dal primo terri- torio, non avendo noi trovato esemplari di Brachybotyrs provenienti dall’Equador nei molti erbari consultati. Es. N. 5 e a 5 b provenienti dalla Colonia Tovar dove .li raccolse il D. A. Flinder nel 1854 55 (Plantae Venezuelanae). Fusto irregolare bruno nericcio o ferrugineo, soleato, portante delle setule Zunghe !/, mm. scarse, rossiccie, appressate. Sulle parti giovani le settule sono più abbondanti ferruginee, miste a pulverulenza ed a mucroni. Le setule son ivi ben distinte solo alla lente. Cicatrici fogliari cuoriformi, poco rilevate (Es. N. 5537). Picciuolo lungo 2-5 cm. gracile o robusto, leggermente scanalato, ~ ferrugineo, tubercolato, setuloso pulverulento come il fusto. Lembo obovato-cuneato, grande o mediocre (lungh. 11-35 em). (Es. Ďe 6 di Flinder) largh. 5-10 cent.) ottuso all’ apice, ma spesso anche ferminato in punta acuta, attenuato o asimmetrico alla base che talora è tuttavia leggermente arrontodata. Pagina superiore molto scabra, rossiccia 0 rosso-castagno, d’aspetto Infatti a riguardo dell’ Empetrum nigrum (p. 78) osserva che essendosi trovate “due varietà a frutti rossi gli autori si son trovati nella necessità o di cambiare il nome alla varietà elevandola al grado di specie, e di creare, accanto alla specie tipica, a frutti n-ri, le due varietà B e ya frutti rossi, rimanendo sottintesa l’« per la forma tipica, o infine di creare tre varietà @, Bey rappresentando a l’Empetrum nigrum a frutti neri ß e y le varietà a frutti rossi. Il De Candolle ritiene che miglior cosa sia lo attenersi al secondo sistema, ma noi per ragioni di opportunità abbiamo dovuto scegliere l’ultimo. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO talora glabro (Es. di Flinder). Pagina inferiore giallo verdiccio, mor- bida al tatto, od anco un po scabra (foglie grandi). Lamina coriae subcoriacea (N. 55-37), finamente denticolato-mucronata, od anch quasi integra (Es. 55-37). Pagina superiore coperta, lungo la cola. da setule brevi ('/,-1 mm, nell’Es. di Flinder) spesso dilatate alla base, commiste a mero ea pulverulenza. Sui nervi e sul parenchima predominano i mucroni quali poi si rendono visibili solo alla lente. Pagina inferiore coperta sulla costa da setule lunghe `, mm. pur commiste a pulverulenza e mucroni. Pressochè lo stesso rivestimento sui nervi maggiori, mentre sul parenchima e nervi ‘minori incon transi dei peli stellati misti a pulverulenza e a mucroni. ; Nervi secondari patenti, un poco curvi, spesso subdicotomi alle stremo libero, non molto robusti, in numero variabile da 20 a 26, ai vicinati fra loro nelle foglie piccole, distanziati in quelle grandi, in ispecie gli anteriori. Nervi di 3° ordine perpendicolari ai secondari, | ritti, distanziati gli uni dagli altri, formanti spesso con altri un reticolo a maglie larghe diretto col maggior diametro trasversalmente. Nel punto di attacco delle nervature secondarie alla costa talvolta si nota un fa- scetto di peli che rendono le ascelle barbate. | Infiorescenza più breve della foglia e parviflora (Es. Flinder), ta- lora raggiungente appena 3 em. (immatura !), oppure lunga più della foglia (22 cm. nell’ esempl. 5537), o a questa subeguale, formante una pannocchia piramidale ampia. Peduncolo lungo 6-11 cm. robusto,- a piattito leggermente, un po solcato, non sempre diritto, Ferse ) bruno (Es. 5537), pulverulento setuloso verso la base, di preferenza | tubercolato setuloso all’apice. Le sete, lunghe 1-\/, mm. al più, in ta luni esemplari si mostrano dilatate alla base, quasi squamiformi e gial liccie. Rami basali lunghi 2-3 em. a lor volta ramosi, obliqui, forti, pari dei pedicelli coperti da sete gialle lunghe !/, mm. dilatate e miste a verulenza, cenerognole. Brattee dell’infiorescenza di rado assai lun e strette (1 cm.X2 mm.): per lo più oscillanti in lunghezza fra 3, mm., giallo fulve. setuloso-tubercolate, pulverulente. Pedicelli lun 3-8 mm. bratteolati, verso il mezzo o all’apice, sempre robusti. Fiori grandi (22 mm. di diametro), a sepali profondamente divisi. ; pezzi calicinali esterni ovali, acuti, gli interni ottusi, DUOETUPRO 1 quanti dentro e fuori. I sepali esterni sono inoltre tubercolati 0 brevemente setulosi (setule lunghe '/; mm. ed appressate) su tutta la faccia esterna, gli altri solo in un lato, o nel mezzo, a seconda della loro posizione nel boccio. Corolla '/, più lunga del calice, o subeguale a questo, a petali quasi subrettangolari, stretti, ottusi, talora smarginati. Stami circa 60 e più, un po più brevi del calice, (Es. 5537) ad antere giallo chiare o rossiccie, tozze, profondamente bifide, impiantate sul filamento a una certa distanza dalla base. Filamento lungo e sottile, barbato con peli rossicci alla base. Ovario glabro, tondo ovale, sormontato da 5 stili corti _o atrofici, o-lunghi (Es. Flinder). Probabilmente si hanno degli accenni di unisessualità. "a 8) S. brachybotrys Turez. var. scabra Buse. (1). - Esemplari studiati: Es. dell’Erb. di Parigi stato raccolto alla Palmilla (Quindio) da Goudot Justin (1884) (sub nom. in schedula: Saurauia Goudotiana: 8. biserrata. S. Brachybotrys). A, N. 972 della Collezione di Linden (a. 1843-1846), taluni dei | quali stati determinati, sotto il nome di S$. brachybotrys, Turez. altri con quelli di S. excelsa Willd. ed altri infine con quello di S. Goudo- tiana Tr. e Pl. mserp. È Gli stessi furono raccolti nella Valle di Tolima (Nuova Granata Prov. i ai Mariquita a 750-800 tese di altezza). Appartengono all’Erbario Delessert, al Museo Palat. di Vienna, all’ Erbario dell’ Univ. di Pietroburgo, al ‘Museo di Kensington (sub nom. in schedula: Gustavia? e Pirigara Aubl.) all’Erb. dell’Univ. di Lipsia, al Museo di Parigi e di Kew. Es. del Dr. Karsten stato raccolto nella Colonia Tovar, di pro- | prietà dell’Erbario di Gottinga (sub nom. S. scabra HBK). -Arbusto fiorente in gennaio con fiori bianchi (Es. N. 972), dal fusto . bruno ruguloso, talora un po genicolato, pulverulento setuloso all’apice. e setule sono per lo più appressate ferruginee sporco, lunghe 0,5 mm. mm. od anco più brevi, per cui si fanno mucroniformi. ed appena i i (1) E, a quanto pare, anche su alcuni esemplari di questa forma che il Turez, \ ha fondato la specie, Bo. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO N ben distinte alla lente. Non di rado poi sono alquanto dilatate al base. Lo stesso rivestimento sulle foglie giovani. Picciuolo solcato, lungo 2-4 cm. bruno, pulverulento setuloso (alla lente). Setule appressate di color brunastro sordido. Lembo lungo 11-31 cm., largo 5-15 cm., cartaceo 0 subcoriaceo, ovale od obovato, cuneato alla base che è per lo più acuta, decorrente, asim: metrica, di rado subacuta. L’apice è pure acuto o anche si prolunga in sgocciolatio breve appuntito od ottuso. Il margine si presenta mucronu- lato o subintegro alla base, denticolato dal mezzo in su. I mucron sono un po’ curvi e spesso sono persino sostituiti da minute sete. L pagina superiore è rossiccia bruna, d'aspetto opaco, granuloso: esa minata alla lente mostrasi coperta sulla costa e sui nervi maggiori di mucroni e setole bianchicchie gialliccie lunghe '/,-1 mm. (Es. di Pie troburgo): gli uni e le altre si fanno più rari e più brevi sui nervor minori e sul parenchima, per cui quest'ultimo RE cosparso di punti biancastri. Pagina inferiore spesso leggermente molle al tatto, di color falv gialliccio, d'aspetto grossolanamente pulverulento setuloso. Essa è ri vestita, sui nervi, da setule fulvo -ferruginee, lunghe !/,-0,3 mm. patent od appressate, un po curve, spesso caduche. Le setule si allungano sull costa dove abbonda anche la pulverulenza (Es. di Kensington). Sul pa renchima e sui nervi minori riscontransi infine anche dei minuti peli stellati misti a mucroni, gli uni e gli altri visibili solo alla lente. Nervi secondari 24-32, appressati e paralleli fra loro, in specie verso la base del lembo, obliqui o patenti, diritti o un po curvi, pe lo più dicotomi dal mezzo all’apice. Nervature di 3° ordine perpendi. colari alle secondarie, fine e numerose, appressate fra loro. Costa Een robusta. Infiorescenza ferruginea o sordidamente gialliccia, più breve della foglia o a questa subeguale (Es. di Kensington), parviflora o multi flora, a pannocchia, a tirso, lunga 7-15 cm., larga almeno 2 cm., a pe- duncolo spesso appiattito, lungo 3-10 cm., a rami corti 1-4 em., paten o più o meno fastigiati, robusti. Peduncolo e rami coperti da setule fer- ruginee gialliccie, minute, appressate, talora dilatate alla base, commiste a pulverulenza cenerognola ed a mucroni. Le setule si fanno più abbon- STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO. 35 danti sui rami e più lunghe, senza però quasi mai raggiungere il mil- limetro. Brattee e bratteole fulve, triangolari, ridottissime (2-5 mm. di lun- ghezza 2-3 mm. di larghezza) ite setulose, tubercolate ester- namente. Fiori di grandezza mediocre o piccoli (14 mm. di diametro Es. di Parigi, 20 mm. Es. Kensington), subsessili o portati da pedicelli. Di- casii brevi (di rado raggiungenti 1 em. come nell’Es, di Vienna). Calice a sepali lunghi 5-8 mm., gli esterni acuti, gli interni ottusi, tutti quanti pulverulenti fuori e dentro. Dal lato interno la pulve- rulenza occupa talora solo l'orlo. Le parti scoperte nel boccio sono inoltre rivestite da mucroni se- tuliformi visibili bene solo alla lente. Corolla subeguale al calice, 0 1/3 più grande, a lobi ottusi, subret- tangolari od obovati, talora smarginati, o profondamente divisi. Stami subeguali al calice, numerosi (30-40 nell’ Es. Kensington, 50 nell Es. dell’Erb. di Parigi) di rado pochi (?), a filamenti piuttosto lunghi, bruno nerastri, barbati alla base; antere non molto sviluppate, lineari, profon- damente bifide, poricide all'apice, di color rosso mattone o ferruginee. Ovario glabro con 5 stili corti o cortissimi. 1) Forma Veranii Buse. (Es. di Karsten Col. Tov.). ; Fusto bruno, o sordidamente bianchiccio, al pari del picciuolo «della costola e del peduncolo dell’infiorescenza. - |. Lembo grande (34-19 cm. in lung. X15-14 em. in largh.) granu- loso, pulverulento sopra e sotto, acuto agli estremi o anche un po ottuso, integro o denticolato od anco dentato setuloso (sete curve). Nervi | 22-24 distanziati: quelli di 3° ordine formanti un reticolo lasso. © 2 Entrambe le faccie coperte da tubercoli visibili solo alla lente, con qualche seta minuta sui nervi maggiori. Esistono pure i peli stellati. n Infiorescenza più breve della foglia (13 em. di lungh.) o sudeguale a questa, multiflora, a rami fastigiati. Peduncolo lungo 10-12 em. ro- busto. Rami minutamente strane ferruginei ed anco un po pul- verulenti. Pedicelli brevi (45 mm.). Brattee lineari lanceolate (6-8 mm.X = BE PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 2-3 mm.), pulverulento-setulose, cenerognole, brune, fatta eccezione per le basali che sono fogliacee. Fiori talora grandi. Corolla di poco più grande del calice, a petali ottusi o smarginati. Stami 25-40, brevi, barbati con peli rossicci, ad antere lunghe rosso brune. Stili brevissimi o lungi. | Caratteri differenziali e di affinità. La specie è stata da noi sud- — divisa in due varietà una macrantha e l’altra scabra, ma i caratteri dif- ferenziali tra le due sono pochissimi e si può dire ridotti alla costitu- zione fiorale, essendo la forma macrantha dotata di fiori grandi almeno 2 em. e ricchi di stami, l’altra invece rappresentata da forme a fiori. mediocri e con un numero discreto di stami. Il criterio diagnostico ha però solo un valore relativo poichè il numero degli stami e la grandezza dei fiori variano notevolmente da esemplare ad esemplare, di guisa che non sempre è facile stabilire il limite di ognuna delle due forme. La var. macrantha non vanta molta affinità poche essendo le forme a fiori notevolmente grandi; ricordereremo qui soltanto la S. Moritziana, la S. Spraguena, la S. Leoi, la S. Sprucei, la S. pulchra, la S. lati petala, la S. subalpina. La S. Ruitiziana Steud. differisce per il fusto notevolmente setoso, a sete lunghissime, pure presenti in copia sul picciuolo, lembo, infiore- scenza e calici, per la mancanza di peli stellati alla pagina inferiore, per l’infiorescenza per lo più brevissima e per la patria. Lo stesso di- casi per l’affine S. Laoeseneriana Busc. dalle foglie però quasi glabre. La S. Spragueana Busc. presenta come caratteri differenziali . foglie ottuse anteriormente, lembo molto abbondantemente vestito d sete lunghe, senza che compaiano i peli stellati: ascelle dei nervi oscu ramente barbate: fusto, picciuolo, infiorescenza notevolmente setosi: se- pali setulosi abbondantemente sulle parti scoperte nel boccio: stami 80-100. Differisce infine per la patria essendo propria dell’ Equador, ‘STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali S. Leoi Buse. S. brachybotrys Turez. var. macrantha Buse. Caratteri comuni Fusto glabro o pul- verulento all’apice. Fusto pulverulento setuloso all’apice. oglie tubercolato- Foglie grandi, subeo- riacee, denticolate mucro- nulate, a piccinolo robusto, Foglie glabre, eccetto il nervo mediano - Infiorescenza sube- guale alla foglia o più setulose pulverulente e inoltre munite di peli stellati alla pagina in- erlore. Infiorescenza più terziari distanziati. Infiorescenza parviflora, unga. . Pedicelli lunghi. setulosa, mucronulato-pul- Sepali solo parzial-|breve della foglia, di|verulenta. mente pulverulentijrado subeguale. Brattee piccole, trian- dentro (base rossiccia). Pedicelli brevi oigolari. Stami 0 unghi. Fiori grand grandi. Sepali pulverulenti den- tro e fuori, tubercolati sulle parti scoperte nel boccio. Corolla più lunga del mi Se pali totalmente pulverulenti dentro. Stami circa Cord. occidentale Popayan calice. Stili atrofici. La S. Sprucei Sprague dell’ Equatore ha un fusto pulverulento, al- l’apice, per cuscinetti minuti, come del resto anche il picciuolo: presenta un lembo mueronulato, ma molto parcamente, sparso di minuti pulvi- nuli e di peli stellati alla pagina inferiore, un’infiorescenza più breve della foglia, pulverulenta: infine ha stili lunghi o brevi. I caratteri di af- finità sono reperibili nel picciuolo lungo, robusto, nella lamina cartacea, ovale, ampia, scabra e mucronulata superiormente, acuta agli estremi, con 22 nervi circa, nei fiori grandi ‘a calice pulverulento dentro e fuori e nel grande numero degli stami. CE casi -= Nella Saurauia pulchra Sprague i rami sono tubercolati, il lembo serrato e sparso di rari pulvinuli e mucroni, appena visibili gli uni e gli altri ad occhio, che rendono punteggiata di bianco la superficie» la pagina inferiore glabra sul parenchima, coperta altrove = mu- croni e di pulvinuli costituiti da peli stellati, il calice a sepali glabri 38 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO all’ interno e sull’ orlo esterno, l’ androceo infine costituito da stami non molto numerosi. Per quanto concerne la Latipetala e la Subalpina pochissime sono le affinità e queste si riducono quasi soltanto ai fiori grandi, ricchi di stami, ai peli stellati alla pagina inferiore. Per ciò che concerne le di- vergenze, molto numerose, basta ricordare che le due specie sono proprie delle regioni messicane e centro americane per dimostrare la poca af- finità colla nostra spesie.” Studiamo ora le affinità della Var. scabra Buse. Essa fu inglobata | nella S. brachybotrys, perchè presenta per lo più un lembo coriaceo o subcoriaceo, a margine denticolato, a base cuneiforme acuta, decorrente, a pagina inferiore un po tomentosa e un’infiorescenza non eccessiva- ‚mente grande, nè molto ricca, a brattee modeste, a fiori brevemente pe- dicellati, molto vistosi, non ricchi ‘di stami e brevistili. È pure su questi. caratteri che il Turezianinow fondò lasua diagnosi, ma noi dobbiamo su- bito far rilevare che se in alcuni esemplari portanti il N. 972 di Linden le. 3 caratteristiche, diremo così specifiche, si mostrano evidenti, in altri si at- | tenuano, e talune di esse persino scompaiono, di guisa che una netta sepa- | razione tra la var. Scabra della Brachybotrys, la Scahra HBK e persino l’Excelsa Willd riesce difficile, se non addirittura impossibile. Non è quindi del tutto fuori di proposito se il Choisy. nelle sue Mem. sur les Ternestroem. inglobò nella S. excelsa appunto gli esemplari portanti il N. 972 di Linden, provenienti da Tolima, e quello del Museo di Parigi, subnom. Goudotiana, proveniente da Quindio. E vero che nella grande maggioranza di tali esemplari si incontra un lembo scabro più tuberco- lato che setoso, ma le traccie di derivazione dalla Excelsa o per lo meno di maggiore o minore affinità con questa non mancano, come si rileva | dallo studio dell’ abito delle foglie delle infiorescenze e della setosità. Ancor più difficile è distinguere la nostra specie dalla S. scabra 2a HBK quando la setosità si accentua leggermente e la base fogliare da decorrente si fa solo acuta o anche subacuta: in tali casi non rimane come criterio differenziale che il lembo meno ampio dal margine den- ticolato, le nervature secondarie appressate, l’infiorescenza depauperata, a fiori brevemente pedicellati e a brattee minute. I quali caratteri però sono anche essi troppo labili perchè possano aver valore decisivo. La i 3 Si o ddt confusione apparirà ancor maggiore quando si consideri che quasi tutti | I STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 39. gli autori, il Willdenow compreso, scambiano la S. scabra HBK colla S. excelsa Willd. Colla S. excelsa var. xanthotricha Buse. le affinità sono minori | pel fatto che le foglie nella var. scabra della brachybotrys si presen- tano quasi mai così nettamente serrulate serrate ai bordi come nella n | sopra ricordata varietà, le base fogliari inoltre sono acute (1) e Pin- fiorescenza infine più ridotta. Dall’ Aspera Turez. la nostra specie differisce in particolar modo per la base fogliare non arrotondata, per le ascelle dei nervi non barbate, per il margine fogliare denticolato mucronato, per le due pagine del lembo poco differenti fra loro rispetto al rivestimento pilifero, per la | pannocchia talora subeguale alla foglia e più di tutto per la patria. | Una lontana rassomiglianza si può incontrare colla S. strigillosa Tr. e PI., delle stesse località in cui eresce la S. brachybotrys. Infatti entrambe hanno l’apice fogliare minutamente setuloso, pulverulento Far eronulato, con sete spesso dilatate alla base; il pieeiuolo di Cinere di- mensioni, setuloso; il lembo di dimensioni mediocri, coriaceo o subcoriaceo, | acuto agli estremi e con base talora decorrente; l’infiorescenza subeguale alla foglia o più breve, ferruginea cenerognola per pulverulenza e sote 3 minute; i fiori di discrete dimensioni, a calice pulverulento dentro e fuori ed inoltre tubercolato o anche minutamente setuloso sulle parti a sure nel boccio: la corolla più grande del calice, gli stami non numerosi 25-80 e infine l’ovario breve o longistilo. Le differenze però non mancano, | sebbene scarse: la base del lembo è talora arrotondata, il margine ser- rulato serrato, i nervi poco numerosi distanziati fra loro, la pagina su- periore della lamina poco o punto scabra e subglabra sul parenchima, | l’inferiore non molto vestita di sete e priva di peli stellati, l infiore- scenza infine a rami dilatati. a La Pychnotricha si distingue subito per la lunghezza della sete sulle fglie e sui calici sebbene abbia la estremità del lembo acuta. — Non ARA sulla differenza colla S. scabrida poichè questa forms n .(1) Molti autori danno come caratteristica la base fo | anthotricha, ma il carattere non è costante, gliare ottusa della S, 40 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO A nari polimorfa, che si avvicina alla nostra pei peli stellati, per il lembo scabro | e per altri caratteri, ha nessuna affinità filogenetica colla nostra e pol è propria dell’ America centrale. | Noteremo da ultimo che la forma Veranii Buse. ha molti punti ail 3 contatto colla S. scabra forma Moritziana (mantello sordidamente bian- chiceio, foglie grandi, infiorescenze ampie e via dicendo), ma ne diffe- risce pel margine che non è « remote serrato » e per la base fogliare. acuta. Per altra parte la stessa ha pure una fisonomia che ricorda la Floribunda dell Equatore!, da cui differisce tuttavia per un più accen- tuato sviluppo delle setule e mucroni, in specie sul calice, che è pul- verulento nella Floribunda. i Ci troviamo di nuovo di fronte a una specie cosi polimorfa che la sua circoscrizione presenta spesso non poche e insormontabili difficoltà. ; Le variazioni si riferiscono principalmente alla pelositä, alla forma, grandezza e consistenza della foglia e all’infioreseenza. La setosità della Brachybotrys si accentua talora notevolmente, i specie all'apice del fusto e limitatamente a questo (Es. di Kruger), per cui si ha un dato importantissimo per poter affermare l’intima affinità tra essa e la Excelsa. Le setute nel maggior numero dei casi sono gialliccie fulve o ros siccie lunghe al più !/,-1 mm., ma talora assumono un aspetto curiosis- simo per una brusca dilatazione della base, oppure si fanno coll’ età mereggianti o all'opposto bianchiecie, ciò che ha indotto gli autori a stabilire erroneamente nuovi tipi. Alle setule si aggiungono mucroni, pul vinuli, pulverulenza diffusa e peli stellati che valgono vieppiù a sancire l'origine della Brachybotrys dal gruppo della Excelsa e Scabra BHK. La consistenza del lembo è variabile; quando il lembo è coriaceo. o subeoriaceo la specie si delinea abbastanza nettamente, in caso con trario trapassa alle forme cognate e in questo caso il margine mucro- nulato, che è quasi una caratteristica dei lembi xerofili coriacei del gen. — Saurauia, assume per lo più altra forma, si fa, cioè, serrulato serrato. Il numero grande di nervature ha un significato per noi altamente filogenetico. Trattandosi di foglie per lo più di mediocri dimensioni si AGI al STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. ‘dovrebbe sospettare che esso sia piuttosto esiguo: ciò che non è, di guisa che i nervi secondari appaiono spesso appressati fra loro. Or bene noi troviamo pure un numero rilevante di nervi secondari nel gruppo della S. excelsa, dove poi anche i nervi di 3° ordine formano un lasso reti- colo. Trattasi adunque di una disposizione avente carattere filogenetico. L'infiorescenza ci offre dati diagnostici di un certo interesse: il più delle volte essa è più breve della foglia (come nella Xanthotricha), a rami corti, patenti subspicati con piccole brattee. In questo caso la specie si stacca nettamente dalla 5. scabra HBK: in altri esemplari in- vece la infiorescenza diventa ampia, subeguale alla -foglia ed allunga più o meno le brattee, subendo in pari tempo notevole variazioni di ‘ colore a causa delle variazioni cromatiche cui va incontro il rivesti- mento peloso. E stata però notata una certa correlazione tra la gran- dezza dei lembi e quella delle infiorescenze e delle brattee. Il tipo fiorale ci ha portato ad uno sdoppiamento della specie, nel . senso che si è stabilito, come si è visto, una forma macrantha; nella stessa il numero degli stami aumenta notevolmente (60 e più), mentre il calice assume maggiori dimensioni. Noi non sappiamo se un così esuberante svi- luppo deil’androceo sia collegato con un accenno di unisessualità, come parrebbe dalla presenza (non costante però) di un ovario brevistilo nella forma macrantha. La singolare disposizione sta però ad attestarei che questa - che taluni potrebbero forse con buone ragioni elevare al- grado di specie — diventa filugeneticamente affine a certe forme della stessa regione, quali sono la S. Leoi, la S. pulchra, la S. Spragueana. Un aumento o una diminuzione nella setosità trasforma la nostra 8, brachybotrys var. macrantha nell’una o nell'altra di queste, non già nelle forme macrante appartenenti al tipo oreofilo, perchè queste sono proprie di altre regioni. Sta intanto il fatto che la forma macranta della” Brachybotrys (ad eccezione degli Es. 5 e e 5 d di Flinder che forse po- trebbero esser inglobati colla var. scabra) occupa una regione montagnosa più occidentale rispetto alla var. scabra. "ia ‘ Noteremo da ultimo che se la var. macrantha per depauperamento e è nostra opinion®; plasmarsi sul tipo della logo procedimento acquista la fiso- ndi un parallelismo colle varie del sistema pilifero può, com S. Leoi, la var. scabra per un ana nomia della Strigillosa Tr. Pl. Si ha qui 42 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO forme della Scabra HBK le quali, per depauperamento .del sistema pi- lifero, assumono il tipo della Pulverulenta, Floribunda ete. Talune di queste (merita notarlo !) hanno fiori grandi (S. Sprucei) . come la var. macrantha della Brachybotrys, per cui non può escludersi un rapporto filogenetico. 42) Saurauia Sprucei Sprague. Prelim. Rep. of Bot. Cap. Dawdin Co- lumb. Exped. 1898-99. Trans. Bot. Seet. Edimb. XXII 427. Petioli dense pulverulenti: lamina obovato oblonga; apice abrupte acuminata, 25,3-30 em. longa, margine denticulato, venis lateralibus utrinque 28-30 patulis tertiariis regularibus; pagina superior scabriu- scula; inferior pulverulenta; paniculae pluriflorae; flores 2,25 em. dia- metro. Sepala extra pulverulenta, intus pubescentia; stamina ultra 150: Styli minimi. Chimborazo; Equador. Spruce 6195. Es. del Museo di Berlino, N. 115, stato raccolto nelle Ande dell'E- quador presso S. Nicolas a 900 m. in siti selvosi, dal D. A. Sodiro. Es. N. 6195, stato raccolto da Spruce ‘PI. Exsic. aequatoreales) nelle Ande quitensi e contrassegnato come n. sp. affine a S. floribunda, Es. N. 6195 del Museo di Kensington. Es. N. 6195 dell’Erb. di Kew (tipico !) Caule irregolarmente solcato, bruno, cenerognolo (Es. 155) subglabro nelle parti adulte, intensamente pulverulento tubercolato all'apice che invece è ferrugineo cenerognolo (Es. di Parigi). Pulverulenza per lo più costituita da pulvinuli, fra cui si trovano dei tubercoli quasi sempre visibili solo alla lente, spesso tozzi alla base. Lo stesso rivestimento, ma ancor più compatto e costituito quasi soltanto da pulverulenza, sulle foglie giovani. Picciuolo lungo 3-4 em. (Es. di Parigi), o anche 5-7 em. (Es. N. 155), sottile (Es. di Kensington), o robustissimo, striato pel lungo, bruno ferrugineo d'aspetto pulverulento per minutissimi tubercoli e © pulvinuli submicroscopici. Lamina di dimensioni variabili (20-30 em.X8-15 a di color castaneo, sottile, cartacea, ovale od obovata, acuta anteriormente o fer- minata in breve punta (lungh. 1 cm.) assai larga; base acuta o de- corrente, di rado un po arrotondata; margine subintegro (Es. 115) den- ie Aa alla base: sui rami minori e pedicelli STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Fi A ticolato mucronulato, a denticoli e mucroni diritti ER (Es. di Parigi) o distanziati gli uni dagli altri. Pagina superiore rossiccio-bruna, scabra (molto nell’Es. di Parigi), d’aspetto liscio ed opaco, o oscuramente granulare. Mucroni abbon- danti, rossicci o giallognoli, sulla costa e sulle nervature, che restano così delineate; parenchima meno fornito di siffatte produzioni e quali di varie dimensioni, non sono sempre ben visibili ad occhio ed inoltre appaiono più bianchicci che gialli. La pagina inferiore, d'aspetto pulverulento cenorognolo, verde gialliccia, molle e liscia al tatto, è tutta quanta vestita da pulveru- lenza sotto forma di minutissimi cuscinetti che alla lente appaiono. formati da peli stellati o ramosi. A questi poi si associano dei pic- colissimi mucroni. Le nervature ne sono più abbondantemente fornite. _ Vene secondarie numerose (20-26), poco marcate sopra, robuste sotto, di color un po oscuro, distanziate le une dalle altre, quasi sempre patenti assai, un po curve verso l'estremo libero dove si dicotomiz- zano od anco tricotomizzano elegantemente. Nervi di 3° ordine curvi, se inseriti alla costa, del resto diritti, fra loro appressati, sottili, nume- rosissimi, perpendicolari ai secondari, ma aventi un decorso un po Ir- regolare e risolventisi in un reticolo lasso. Nervi di 4° ordine formanti un fino reticolo, talora però confondentisi con quelli di 3° ordine. Costa robustissima. Infiorescenza per lo più breve (5-6 em.) e allora pauciflora (Es. di Parigi), talora invece quasi lunga quanto la. foglia (14-20 cm.), a pan- nocchia, con rami distanziati od avvicinati, a seconda del grado di svi” luppo dell’infiorescenza, patenti od obliqui, lunghi 1-3 em., a lor volta ramosi. Molte volte l’infiorescenza è brevissima, ma sol pel fatto che è ancora immatura. Peduncolo robusto, quasi sempre finamente striato, un po torto, lungo 3-10 em. i | La infiorescenza è pulverulenta setulosa, cenerognola alla base, | piuttosto ferruginea ‘all'apice. Il peduncolo spesso si mostra subglabro | le setule si riducono a mu- croni appena visibili ad occhio, per cui la parte appare granulosa» furfuracea, molle al tatto. Brattee minute, triangolari (Es. di Parigi), acute all’apice (lungh. 44 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 2-3 mm. largh. 1 mm.), conformate, per quanto concerne il rivesti- mento di tricomi, come il resto dell’infiorescenza. Fiori grandi (22 cm.), subsessili 0 portati da pedicelli lunghi 5-10 mm. robusti, pulverulenti mucronati, bratteolati (2-3 bratteole alla = base di ogni pedicello). o Sepali 4-5, accrescenti (lunghi 8-10, mm. larghi 1 cm.), ottusi — o subacuti, ovali, brunastri sulle parti scoperte nel boccio, grigiastri altrove: sulle prime coperti da mucroni appena visibili alla lente (non sempre però presenti, come ad es. nell’Es. di Kensington), rivestiti invece sulle regioni coperte e sulla faccia interna da minuta pulverulenza, — da cuscinetti e da peli stellati submicroscopici. Petali lunghi 1 cm e più, ovali, subrettangolari, ottusi, O od integri, talora 5 talora 4, circa !/, più grandi del calice. Stami assai più brevi della corolla, numerosi (mai meno di 50), a filamento lungo (Es. di Kensington), barbato alla base: antere non molto allun- gate, giallo-ferruginee, poricide all'apice (molto ampiamente deiscenti nell’Es. di Kensington), profondamente bifide. Ovario a stili obsoleti, brevissimi o brevi (Es. di Parigi), più di rado lunghi (Es. N. 115): in quest’ultimo caso robusti, con stimma largo, un po a coppa, subbilobo. Re CINI ehe RE a N STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE BCC. Caratteri differenziali e di affinità. Caratteri differenziali S. scabra HBK Fusto cosparso, al- l’apice, di sete appres- sate. Pieciuolo setuloso. Nervi elegantemente dicotomi o tricotomi. Pagina superiore scabra per minuti tu- bercoletti. Pagina inferiore pe verulenta per ceusc netti di minuti peli stal- lati. Infiorescenza pulve- rulenta, al più pulve- rulento-tubercolata. sili, con moltissimi stami. Venezuela S. Sprucei Sprague Rn I Fusto pulverulento e un po nine tuber- colato vata apic Piceiuolo prison lento Caratteri di affinità E en Pieciuolo per lo più per lo pi denticolata serrulata: vene lari rose, quel Nervi non dicotomi. Pagina superiore scabra per sete e mu- croni. Pagina inferiore na di peli stellati, ucroni e setule. NER minu- tamente setulosa, tu- DUL P Brattee spesso li- neari lo più lunghi, con stami circa. Equador »1 le di 3° ordine in reticolo. Infiorescenza grande, O breve. Ovario a stili brevi, o lunghi. bercolato pulverulenta. l Fiori su pedicelli per | Dalla S. ei ‚var. ben differisce e A per gli si stessi caratteri pei quali si scosta dalla scabra HBK: per ciò che concerne i suoi rapporti colla forma macrantha essi sono abbastanza stretti, al- meno allorchè si hanno dei fiori ricchi di stami. Nessuna affinità si può rilevare colla S. villosa DC., per quanto ~ anche questa sia macrofilla e presenti dei peli stellati alla pagina in- Ri feriore. Basterà infatti ricordare che la S. villosa è propria del Mes- | delle brattee di varia lunghezza e infine ha fiori piccoli con pochi Pn = Una certa relazione si nota colla S. pulchra. Quali caratteri co- muni ‘noteremo: picciuolo cosparso di minuti pulvinuli: lembo spars nferiormente di pulvinuli (peli stellati) e di mueroni: fiori grandi. Le 3 differenze consistono nel minor numero di stami, nel calice a sepal: 3 parzialmente glabri dentro e fuori, nel lembo pochissimo vestito di tri comi, nella patria on ein altri caratteri ancora. # STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali -|S. floribunda Sprague| S. Sprucei Sprague Caratteri comuni al calice. < i TEE rire en i ic i da SII Lamho ovale lanceo-| Lembo ovale. Sepali 4-5, grandi. to. Fiori piccoli, a 5 se-| Corolla più grande . h 4 pali minuti. del calice. Corolla subeguale (?)| Stami numerosissimi. Stami scarsi. Fusto pulverulento tu- bercolato all'apice. Pieciuolo robusto, lungo cm., pulverulento tu- ibercolato. Lembo grande, termi-| ‘lo mucronulato dentico- lato. Nervi poco manifesti sopra, circa 25 per parte, curvi, dieotomi. Nervi di 3° ordine in reticolo. Pagina superiore tu- bercolata (alla lente): l’in- feriore cosparsa di pul- verulenza cenerognola mi- sta a sete, più o meno brevi, e a peli stellati. Infiorescenza più breve Stili brevi o ar quador | PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. Schlimmi Sprague S. Sprucei Sprague Caratteri comuni Apice del fusto co- |perto da lunghe sete |fulve. Picciuolo pulveru- {lento a, er lun- ghe ferru tusa Margine ‘dentato ser- rato, con sete agi a superiore co- [perta “di sete lunghe e di pulvinuli sulla costa, di mucroni e pulvinuli sugli altri nervi mag- giori, del resto glabra. | Sete lunghe sulla co- sta miste a pulveru- sulle altre parti della pagina in- feriore. Nervi 18-20. Brattee triangolari, un po me s setuloso- | pulverulente | Fiori con | pedicelli disereti.Calice solo pul- verulento e per di più parzialmente all’ inter- |no, "n pochi. N. Granata gn Base del ala ot- Apice del fusto pul- cenerogno Pieciuolo bern |pulverulento, cenero- nolo bruno. Base acuta o arro-| verulento . ce] punto scabro acuto od a-| ndata. Margine denticolato, senza sete. agina superiore mi- ulvinuli, mueroni e minute sete, oltre a peli stellati, sulla pa- gina inferiore. resto pulverulenti. Stami numerosi. Equador nutamente tubercolata. | Picciuolo lungo 4 em.! cuminato all'apice. Infiorescenza più o meno grande, pulverulenta, mu- cronata (continua) Prof. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Studio anatomo - biologico sul Gen. “ Saurauia „ Willd. con speciale riguardo alle specie americane (continuazione) , 5) Nello studio anatomico possono fornire buoni criteri diagnostici per la discriminazione delle varie specie di Saurauia 1°) la distribu- zione, l'abbondanza o viceversa la deficenza delle cellule cristalligere e in specie di quelle rafidiofore: 2°) la ricchezza delle borse mucillaginose, o la loro scarsezza, come pure la loro distribuzione nei vari tessuti: 3°) x la forma del fascio principale e di quello midollare: 4°) lo sviluppo del . collenchima e del parenchima, unitamente alla grandezza e alle altre par- ticolarità strutturali delle rispettive cellule: 5°) infine la struttura del- l epidermide, dell’ ipoderma, della guaina amilifera, oltre, ben inteso, alla costituzione dei tricomi, dei quali altrove si è tenue parola. VII. — Struitura dell’asse I rami, al pari del picciuolo, sebbene in minor misura, vanno s0g-. SI relativo. beroso, l'arco perieielico seleroso ed il mi riciclico nelle parti non ancora completamente diaballoblarti (1) (Durclasszellen degli autori tedeschi): infine il midollo RR E SSR I e VET E TR o i È PENA Si RS x RE i TA (1) Si è da noi proposto questo nome perch attraversare e f)xoTos indica vescicola, di siffatti elementi i quali si lasciano attraversare dai liquidi. getti a variazioni alle quali il botanico deve pure prestare attenzione potendo spesso dall’anatomia comparata dell'asse trarre degli utili inse- = gnamenti a vantaggio della botanica sistematica. Pur troppo però non sa è sempre dato allo studioso di disporre di sufficiente materiale di inda- gini, in specie quando si tratta di Exsiccata ed allora di necessità ne viene che i dati forniti dall’ anatomia comparata hanno solo un valore Nello studio delle Saurauia si è notato che tre tessuti, cioè il su- dollo vanno in particolar mo- A do soggetti a variazioni strutturali, a seconda del punto in cuì si pra- ticano le sezioni. Il tessuto suberoso può mostrarsi più 0 meno robusto e presentarsi formato da cellule ben diversamente costituite: l’ arco pe- evolute manca (raro), oppure non è ancora ben caratterizzato, presentando ancora sottili i è diaBxv in greco significa il chè corrisponde appunto alla funzione - 50 | PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO consta di cellule a pareti sottili od ispessite, liscie ó punteggiate, a se- | conda dell’età. ; A prescindere da questi tre tessuti la struttura dell’ asse è abba-. stanza uniforme nelle sue linee generali, almeno quando è giovane, co- me è il caso ordinario pei rami che fanno parte degli exsiccata. Nei rami dell’anno noi troviamo la seguente struttura: L’epidermide è costituita da cellule rettangolari o eubiche e porta quasi sempre dei tricomi di forma svariatissima, a riguardo dei quali abbiamo altrove tenuta parola. Al di sotto dell'epidermide vi ha perlo più un ipoderma che nelle parti molto giovani è fatto da cellule sottili, tramezzate spesso in senso periclino. Questo tessuto diventa ben tosto il fellogeno da cui trae origine all’esterno il sughero, all’interno un ridottissimo felloderma che talora può anche mancare. Il sughero consta di cellule per lo più rettangolari, | sottili, o viceversa ispessite sui lati e sulla faccia interna (ispessi- menti ad U). 3 A A questo tessuto sussegue il collenchima i cui elementi, esaminati nelle sezioni trasversali, appaiono tipicamente ispessiti in corrispondenza degli spigoli, oppure lungo le faccie tangenziali. Nelle sezioni longitu- dinali gli stessi hanno l'apparenza di fibre tramezzate, a pareti longitu- : dinali per lo più ispessite, a setti trasversali invece sottili, ad estremità > infine acute, ma solo di rado reperibili nei preparati. Il reperto miero- scopico ci lascia un po’ incerti’ sulla vera natura di tali elementi nel 3 bi senso che non ci è sempre dato sapere con sicurezza se si tratta di fibre tramezzate, o non più tosto di file di cellule collenchimatose. La | questione potrebbe essere più o meno facilmente risolta coll’esame degli elementi in formazione, o collo studio di numerose sezioni che ci per- mettano di stabilire se gli elementi abbiano costantemente la costituzio- ne delle fibre legnose o liberiane che sono pure tramezzate e terminano — con elementi appuntiti, mentre quelli intermediari sono rettangolari nelle sezioni longitudinali. ae Ben si comprende che tali ricerche non vennero effettuate da noi per non danneggiare eccessivamente il materiale di studio e perciò provvisoriamente descriveremo i controversi elementi quasi sempre | col nome di cellule collenchimatose. Al di sotto del collenchima, che talora contiene delle borse (cellule?) r STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA , WILLD. 51 mucilagginose, compare il tessuto corticale interno che nelle tabelle, per ragioni di brevità, verrà semplicemente denominato parenchima, come già si è fatto pel picciuolo: in questo tessuto troviamo quasi sempre le caratteristiche borse mucilagginose variamente localizzate, i meati intercel- lulari, i quali sono più piccoli negli strati interni, dove anche gli elementi sono di minori dimensioni. L’ultimo strato della corteccia presentasi spesso coi caratteri di una guaina amilifera, ma anche non infrequentemente non lascia riconoscere differenza di sorta rispetto agli altri elementi. Viene in seguito l’ arco seleroso perieielico, robusto o sottile, formato da due sorta di cellule, le une più piccole, allungate, che assai per tem- po lignificano, ispessiscono le pareti e sviluppano le punteggiature; le altre, per lo più di calibro maggiore, più corte, rettangolari, poligonali o rotonde, a seconda del lato da cui vengono esaminate, più ricche di punteggiature, che poi sono anche più grandi: le prime vennero da noi denominate fibre, le seconde, per le ragioni esposte nelle pagine prece- denti, diaballoblasti. (fig. 14 Tav. I ©. aequatosiensis Sprague). Il pe- riciclo sta addossato al libro propriamente detto, i cui. tubi eribrosi esterni, «ampî; sono forniti spesso di callo molto distinto. Nel libro, co- stituito secondo lo schema delle Dicotiledoni, incontriamo poi, non co- stantemente tuttavia, le borse mucilagginose. Il legno, che succede al libro ed al cambio (di cui non è il caso di parlare), consta in gran parte di prosenchima e di vasi. Il primo forma in alcuni tratti la massa principale del xilema: le cellule sono quasi sempre minutamente areo- . late e colle fessure che guardano verso i cavi cellulari quasi sempre incrociate od oblique luna sull'altra. . . = ? . i i i I vasi sono diversamente conformati secondo l’ età: quelli interni, primordiali, spiralati, formano spesso delle serie radiali continue, pre- sentandosi ai lati fiancheggiati da cellule di parenchima legnoso sottili, non lignificate (?): i vasi più esterni, per lo più maggiormente prilog pate, si presentano areolati sulle faccie longitudinali, sealariformi sui setti. obliqui: Le areolature sono di varia forma, trapassando talora al tipo reticolato, tal'altra alle punteggiature rotonde, semplici. Il midollo, consta per lo più di cellule abbastanza grandi verso la parte pena, di elementi più piccoli alla periferia, (v. Tav. II fig. 30 S. Tier D: Sm.) tanto che in aleune specie si forma una vera zona perimidol- lare, a piccoli elementi, la quale però a rigor di termine deve ancora 52 : PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO essere annoverata come una delle parti costituenti dal legno poichè le cellule non differiscono da quelle, pure sottili e piccole, che fiancheg- giano i vasi primordiali. (Tav. II fig. 30). Sono però anche analo- a ghe agli elementi dei raggi midollari ed in conse.uenza sotto questo - punto di vista dovrebbero esser del pari considerati come elementi omologhi E ai midollari. Lasciamo pertanto impregiudicata la questione. Le cellule del midollo hanno pareti sottili e cellulosiche, o più o meno ispessite,a seconda dell’ età; invecchiando quasi sempre esse si vanno ornando di , = | punteggiature sempliei, piecole o grandi, a seconda della specie, il che costituisce un ottimo dato di diagnosi. Le punteggiature cominciano a formarsi alla periferia del midollo e poi di mano in mano compaiono | nelle cellule più interne. Coll’ispessimento delle cellule midollari e colla _ comparsa in queste delle punteggiature ha luogo pure la formazione di — ispessimenti e di punteggiature semplici, molto piccole, negli elementi Ric della zona perimidollare. Le cellule midollari però, o perchè manca il potere di ispessirsi o per altre cause, si presentano in molte specie schiae- | ciate. In quasi tutte le specie esaminate abbiamo notato, nel midollo, la presenza di meati intercellulari, più o meno manifesti, e di borse muci- 2 lagginose variamente grandi, più o meno numerose, ma per lo più lo- | calizzate alla periferia del tessuto. (v. Tav. II fig. 30 S. Pittieri D. a Sm.) Dalla zona perimidollare si dipartono i raggi midollari primari 2 i quali arrivano fino a ridosso dell’anello seleroso periciclico e spesso si arrestano contro i diaballoblasti. Essi sono formati da 2-6 file radiali. accollate di cellule rettangolari (nelle sezioni longitudinali), più o meno lunghe, più o meno ampie, colle pareti leggermente ispessite e ornate di punteggiature semplici. Anche nelle sezioni trasversali appaiono o- scuramente rettangolari col maggior diametro in senso radiale. I raggi. NEK midollari minori, di ordine superiore, sono formati da una, 0 al più. ; da due file di cellule, ed essi in certo qual modo valgono a separare Puna dall’altra le file di vasi. > Nei rarissimi casi in eui nel legno osserviamo delle borse mucilag ginose queste sono localizzate nei raggi midollari. A complemento da questi dati noteremo ancora che nei vari tessut dell'asse si incontrano le cellule rafidiofore mucilagginose, come pure gli elementi contenenti altri tipi di cristalli d’ossolato calcico (isolati o in ammassi). Noi chiameremo quest'ultimo tipo di cellule semplice» mente col nome di cellule cristalligere, per distinguerle da quelle ra- fidiofore, per quanto si tratti di una denominazione un po’ impropria, — tanto più che spesso si osserva il passaggio da una forma di cristalli all'altra. Fra gli altri costituenti cellulari, facili a reperirsi quà e là a nei vari- tessuti, ricorderemo l’amido, in forma di granuli piccoli o grossi, ed il tannino e noi non mancheremo di ppi la loro pre- senza nei casi in cui tali. corpi furono ‘incontrati. = Passiamo ora allo studio delle singole specie, valendoci, all’ uopo, come si è fatto per le rogis, di tabelle di dda = PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 2 : . |Nome d. Spe-|Epider- | Ipoderma i ; Endodermide e = cha sit Collenchima Parenchima periciclica sole: e sughero k S. excelsa 0 Sughero for- Robus o, al Cellulesottilis-| Guaina amilifer Willd.\cellule mato da cel cole sia $ b = E a re c R < E E je c : le sottili ,|le in sezione rettangolari trasversale, |grandi, in specie| n iche. moltolunghe|le più interne. |non molto ispessi in sezione|Qualche borsa|lungate assai nelle longi tudi- muci lagginosa ni longitudinali, v Eo nale. nelle parti pro-|mente punteggia! fo > del hu punteggiature g 11 Diabolloblasti Pp uguali alle fibre. ut IS. excelsa| Schiac-| Schiacciato.| Schiacciato, Schiacciato: Willd.\ciata. rse mucilaggi-|ne manca di arc var. xan- nose grandi so. Non è rilevabili guaina amilifera. thotricha Busc S. Lehmanîi| Cellule| Ipoderma in| Cellule non Robusto. Cel-| Zona amilifera Hier.|piccole. |via di seg-|molto ipa lule sottili. Bor-|le cellule, mentazione. ste, più am-|se mucilaggino-|ancor discontinuo Mapa sotti- pie ice eri se numerose,|bre a lume amp li, più gran-|strati inter-|grandi o di di-|molto ispessite e min di di quelle|ni del tessu- mensioni discre-|mente punteggiate. epidermiche.|to, dove site, presenti in|balloblasti ancora trova pure tutto lo spessurelo ppure completa qualche bor-|del tessuto te en ata pas sa m = co a inosa cintallule un pd EE tegglati "elle fibre. a cellule un ferenziate. en- STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD. N : Cellule rafi- Fasci vascolari Midollo zona] 4 se a o diofore e raggi midollari po re mnao Tannino cristalligere | Libro ispessito, coi raggi| Cellule midol-| Nel pa-| Abbonda nel| Cellule ra- . [midollari distinti, costituitillari rettangola-|\renchima!|sugheru e li-|fidiofore nel jda 1-2 cellule accollate fra/ri, n moltolinterno. |bıo, più scàr-|collenchima. senso tangenzi te so altrove. i rse mucilagginose ? Nel I Abbondant nei ra cellule sr gnosi, Pra diotoré e cri- corteccia eistalligere nel più ancorajmidollo: le nel libroesu-|prime anche ghero nume nel libro e nel icollenchima. | Libro pieni dissemi Midollo svilup-| Nella| Abbonda nel Nel midollo rse, al -|pato; con cellu- guaina a- midollo e in|abbondano le] er. all’ esterno. le sit allun- milifera eltutta la cor-[cellule rafi- non molto! ga n a senso rg ia diofore, scar- ‚ in serie radiali con-|trasversale, hima su- seggiano le o discontinue e za tili a peara del perficiale. ; cristalligere. “tuite su tratti più o essuto, con Le due sor- stesi da prosenchima. rete ispessita tadi elemen- midollari primari seminata di ti presenti umerose e pi anche ne cole punteg gla-| peltmebims. ture negli strati |periferici. Zona| |perimidollare poco o punto di-| inta. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nome d. Spe-|Epider-| Ipederma : ; Endodermide e gu cie e o anigharo jSollenekime |. ‚Earenehimk periciclica Ri S.Prainiana| Cellule| Cellule su-| Non molto mo -| Guaina amnilifel i Busc.|d iscre-|gherose am |ispessito, con|busto. Cellule|ben distinta. Fibr tamente|pie, cer qualche rara|ampie, rettango-|guaina scle grandi elin più s strati.|bors uci-|lari cubiche,|e a ne no sottili. lagginosa.|o poligonali, a|pio. Diaballoblasti Cellule assai pareti un po’ i-|golari, allungati larghe, tra-|spessite. Borse|secondo l’asse mezzate ab-|m uc ilagginose lume largo, con p N bondan te-|non molo di-|buste, più fortem ente. stinte. abbondantemente giate dalle fibre. S. Loesene-| Cellule| Unsolostra-| Sviluppato, olto ro- | riana Busc.|m o l tolto (?) di su-|e formato busto, Cellule/di piccole cellule. grandi. |ghero, a cel-lelementilgrandi, sottili, [scl fibre € e con pa-/molto ampi,ja llun gate in|te molto ispessita, ret i sottili, ispessi iti senso ppoe: di punteggiature it. za .|lume cellulare s lato dellsulle re Borse PERE balloblasti mo fellogeno. |pericline. 'ginose poco ol cubici, ben distin punto distinte. |che per le punte semplici. inni lasti pi ora le paret ||S. Conzatti Non ben| Setta odotto| Non molto| Cellule non} Anello seler Buse. distinta! strati di cel-|s vi luppato,|molto di econtinuo 0 8 nei prepa-|lule sughero-|con elementi|formanti pochi|fatto da 2-3 str rati stu-|se, rettango-|poco ispessiti|strati. Bors ejlule. Fibre a I diati, ellari, allunga- agli angoli.\mucilagginose]stretto STUDI!) ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. |! SAURAUIA ,, WILLD. Fasci vascolar Midoll elule” rafi 1 1dollo e zona eq : i e raggi midollari perimidollare sido Tannino en cristalligere| Borse mucilag- ginose grandi o| i discrete di- : mensioni, cir condate da cel: r lule un po’ dif- ferenziate. Libro non molto ispess'to,| Zonaperimidol-| Scarso| Abbondanel| Cellule ra- disseminato di borse muci-|lare lignificata, |nella cor-|sugheroe nel fidiofore nel lagginose. Tubi cribrosi am-/a cellule piccole,|teecia. |libro, scar-!collenchi pi, lo più callosi, e con|ben distinte da 1 seggia spesso An ee, callo orizzontale. Vasi inter-|le midollari, altrove. in que |ni del legno grandi e spira- toltanbenia pu t'ultimo ab- -~ |lati. Nelle parti esterne del|teggiate Midol- fon xilema prevalgono gli ele- randi e Rare e cella Ai | enti prosenchimatosi, forte-|menti, allungati ciistalligare i te ispessiti. Raggi ro-|nel senso dellas- nel midollo. se, sotti - se n cata ma i, [poco ampie. Libro sro di borse| Zona pre Oltre che raaa nel| Cellule rafi- discretamente ampie. Legno|lare poco ın-| nella [libro su-|diofore nel- larghi Saat, ma scarsi sulto distinta. Mi-|guaina a-|ghero, pr Il ipoderma, i tratti. Cellule dei rag-|dollo con grandi|milifera|meno nel mi-|nel sughero, distinte, nelle sezioni|cellule sottili. anche nel|dollo, paren-|alla periferia trasversali, da quelle del pro-|Borse ni parenchi -|chima e col-jdel collen- senchima. iure delia deilin sperie alla pe -|ma inter-|lenchima. |chima e nel riformi o areola-'riferia, gra andi o no ollo te, più di Sano spiralate. |di discre ; mensioni, cena date da cellule ; un po’ ifferen- = ziate. : Lio o svilu o econ| Zona rimidol-, Nel pa-| Scarso nel) Rare cellu-| hop luppato n ben |lare ie sta, ar anahi ak] midollo, tan-|le rafidiofore| nti egno piccole cellule nd eitocheoccupa|nel mid è midollari ridotti re ‚al-nel mi-| gen. lungate nel s sen- dollo. PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Ipoderma Endodermide e guai. Epider- 3 ; laide e sughero CONPDI ISBN FarencAlzia periciclica sclerosa ; | spesso già|te secondo, Gli stes d p pria ricca d caduta. |l’asse e a pa- nelle sezio piccole eggiatu reti sottili. longitudinali Diaballoblasti lare miglia-| parete un po’ più è sottili n so cel- riccamente Punto lule sovrap- ‚poste in serie che a fibre] f tramezzate, tho-| Cellule| Ipoderma Schiaceiato| Schiacciato el Forte guaina perici grandi,jfatto di ele-le o -;poco sviluppato. |pressochė continua, sottili, [menti sottili,sto. Elementi Quà là delle fibre a lume ampio; p spesso pe-|e grandi. Su-|larghi, tra- borse mucilag-|delle cellule -pi rò collabi-|ghero b sa mezzati lgi grandi ,|sto ispessita ed attr te o non/|mario | più o meno ben|sata da canalicoli. D più pre-istit uu da inside, loblasti a lume anc senti cellule ret- ampio, parete tang olari, ol ispessita, molto ric enbia, 80t- punteggiature le qu tili. sono grosse. uattro o| Sviluppato.| Cellnle n uain osa p cinque strati “—. |lmolto grandi, clica are re di sughero a sottili. Bo le, e stret ellule re |mucilagginose] arete obuti Dial angolari,| di varia gran- blasti più grandi e sottili, allan-| dezza e-|fortemente punteggi gate nel e ttangolari, col dia so dell’as iore nel sen m, 15) ER er et = Eh NGI 5 UCENE Ù nta STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUTA ‚„, WILLD. Fasci vascolari e raggi midollari Midollo e zona | perimidollare Amido Tannino Cellule rafi- diofore cristalligere| sser) zioni ziale). Vasi assai rari, a pa- |rete robusta e a lume picco- lo. Prosenchima pure colle pareti ispessite. E- lementi disposti in bell’ordine radiale. Punteggiature dei vasi scolariformi, spiralate o areolate, ma piuttosto deli- te. ondante,| so dell’asse, a puntegg un en pento Midol cellu- le ar rt re- tamente ‘grandi, se mucilaggi; nose Scarso pure nei raggi le- gnosi. I Li ‘bro poco sviluppato, con [qualche borsa mucilagginosa. Legno primario fo: a cellule ‘nobili. . |ampie, ben distinte da quelle le . |del gni ima rmato dal grandi vasi: il resto prevalen- tem as ae lare più o meno sr gran se lego se alla peri Bin: o ' Nel libro nella corte; cia, meno ya d ve b el Qualche cel- lula rafidio- ra nel mi- lenchima. pata pid 5 listin-| ta. Midollo fatto Scarso nel midollo ab- nei raggi. nel sughero mi ollo. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Tpoderma Epider- mide e sughero \Collenchima Parenchima Endodermide e guaina. pericielica sclerosa Cellule| Ipo .|piccole,{molti strati ottili. jdi cellule grandi, ton- de, a paretii irregol al Ele i|molto larghi; nti tramezzati e spesso pu n- ilteggiati. r Cellule gran- di. Borse muci- lagginose u- merose e larghe. aina PO s tili, div giate- epeli Ri fibre 1\come nel-| Sughero non d.|la Specie. ancora f = ma or-|Ce di ı Robusto. Cellule gran-| e poco i- spessite. uppato. Svilu Cel'ule ampie. Borse non n andi e numerose. Guaina sclerosa periei-) clica conformata com nella specie tipica Più strati di i i e- on più i Fal 1 grand Kou lule degli 1 eCCessi- ajvamente svi-| ‘pi ager Cel-jte l -Cellule sottili, | po’ schiac catia re no: ro numer e; ggrup] in fascetti, a lume amp . = ll RA Se - ŠTUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA 13 WILLD. . ped ra e di- continua. i = pa T řafi- asci vascolari o e zona . CR, iofore e raggi midollari perimidollare\ Amido Tannino è eristalligere) ibro non molto sviluppato,| Zona perimidol- Abbondan-| Cellule rafi- senza borse (?). Vasi del legno lare poco o pün- tissimo l'a infore “ella spesso grandi, per lo più spi-|to distinta. Cel- midollo, ne er teccia ralati, scalariformi quellillule del midollo la corteccia e Cellule cri- iccoli quasi sempre areolati.|grandi, rettan- nei raggi:'stalligere in cano su estesi trat-|golari, coll’asse ma in questilquesta e nel ti ed ivi ha solo prosenchim ggiore tr ultimi solojmidollo. gi di 3-4 cellule forte-|sversale, sottili. vn linter- . mente punteggiate all’ester-|Bo o ue o del legno. no, Bee invece dal latolnumerose, eir- del midol condate da cel- lule un po’ ap- piattite. LL _ | Libro e legno peri Mido] Ilo ` cel- Abbondante; Cellule rafi- | |come nella passio tipica, ma|lule gian, ro- nel midollo ejdiofore ab- li vasi han pito tonde. Pa i nel libro; un'bondanti in le pareti Be rdimali areo-|delle cellule pe- po’ più scar-jtutta la cor- late, subscalariformi. riferiche ricche so nel paren-|teccia, nel li- larghe pun- chima e nelibro e nel mi- teggiature. Bor- collenchima. |dollo. ;. jse mucilaggino- R se grandi. Zona). |perimidollare ri-| o pi canti, Legno coi ra Cell si fan i evi-
fidiofore ha ni
più di discrete dimensi oni. tili, schiacciate, | ibro: ibro e nel
= — |Vasi numerosi e grandi, inja cellule perife- i Lella parenchima.
rs radiali, coniare: da pro-|riche în via i corteccia e
o, ROD un a u molto i-jispessimento e nei raggi le-
= pesait Vasi ni spira-jornate di pun- gnosi.
lati, E aei scalarifori. oj teggiature. sonei
per lo p ù reticolati-areola
Raggi di 1-3 cellule più so = poco o punto” >
tili di gaat del prosenchima. | vidente.
pN ridotto, disseminato) Zona perimi- Abbonda nel Cellule ra-
di andi o mediocri.|dollare in qual- |parenchima,lfidiofore ab-
|Vasi grandi, disposti in serieiche punto act- nel collenchi-|bondanti nel
radiali, al più due accollatilcennata e fatta ma e nel mi-|midollo, rare
{angenzialmente, nello spa-|di piccole cellule| dollo, malaltrove.
|zlo compre za due raggi.|a pareti un po’ non in tutte
|Pro dacia nterposto = er e pet: le cellule.
> ene talora ra talora|teggi È Diffuso nel
. . |abbondante, a cellule fto: Midollo cogli libro e Care
Ei liste i-pessite, gi fa ti|elementi col ni
i cellule più sottili di quelle|b dissemina raggi ate
a prosenchima, piccole elto di borse mu- si, in specie
eche di beso cilagginose di “A eu lato in-
mediocri dimen- o.
ho |sioni.
Libro notevolmente svilup- Zona a periidot | Nel libro, Abbond da nel den ille ra-
pato, istinte.|lare n u ilnella cor- fidiofere ab-
Lu ee grandi, nume-|tratti di teccia, nel bondanti nel
. più col callo.|stinta. P Midollolmidolloinel ollo, più
is lagho Telativamente pocola cellule sottili,ie nell’en-| rare assai
|sviluppato, formato in alcuni!re ttangolari, o|dodermi-|bro | nella cor-
tr at ti prevalentemente da jenbiene. Borse Fide: = ilteccla,
en ‚in altri da bbondanti 0-
ndi, í tiin Sgt, ink ae di
radiali, spiralati, o an-|rado grandi. i -
| scarso prose enchi-|
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSRPPE MUSCATELLO
Epider- Ipode erma . $ Endodermide e guaina
mide e sughero Collenchima | Parenchima periciclica scler
Più strati di] Elementi| Cellule discre-| Guaina periciclica r
cellulesughe-|a lume am-|tamente grandi.|busta, formata da 2 0
rose retta i {Borse mu ilag-|strati compatti di
ginose poco ojstrette, a ee n o
ma a
n-jpio e con
golari, sotti-|ispessimenti
I, È p
ipo” schiac-|Nelle sezioni vamente sposti bi; Diabal-
ciate. longitudinali loblasti rotondi o rettan-|
anno a- go ari ta Da prot
spetto di cel- lora pice li, in gru
lule sovrap- >» a) fo riemente punt
poste, anzi- mb
chè di fibre Fiibtonto sottile. Le pi
tra mezzate. teggiatur ;
ono spesso po-
co differenti da quelle dela
le
l sclerosa,
punteggiata,
i forma ret-
tangolare.
—
. © più| Elementi al Ce llule non| Anello scleroso u
strati di cel-|lume grande, |molto grandi, alclico soatini pui
|lulerettango-|ispessiti, ma pareti un po’|piccole
fori Ispessite|non eccessi- ispessite. Borse ar Diaballoblasti.
(9) í ie
punteggiate,|preferenzalnon distinte. te pu nteggiati, Tesla
o canalıcola-/sulle faccie| in Re gruppi, ret f
te dal lato in-|ta n genziali. golari o tondi nelle sezi
terno e sui sezione fongitadinali e perciò |
lati, sottilillongitudina-| - distintidallefibreches«
nteriormen-|le rassomi- anche piü finamente
toggiote e colle: paroi po
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ;; WILLD.,
Ra 305 Cellule rafi-
o vascolar Midollo e zona z $ diofore
e raggi RAT perimidollare Amido Tannino
e
| cristalligere
Libro robusto, con grandi] Zona perimi-| Nel pa-| Abbondante) Cellule ra-
cellule e disseminato = Se dollare distinta.|renchi-inel mene |fidiofore nell
menti sclerosi; talu dij Midollo a cellule;ma, neli(ma non pre-midollo.
questi simili alle tre ae poligonali, » libro e ne ie tutte
ai diaballoblasti dell’ anello/sezione trasver-|midollo. |lecellule),
periciclico, ma più grandi elsa, pere nel libro e in
con punteggiature più rare.|in sezione lon- tutta la cor-
sezioni longitu tudinali gitudinale, mi- teccia (in
gli sclereidi appaiono lunghi|nutamente pun- ‘specie nel su-
di forma irregolare. E’|teggiate e con ghero).Diffu-
dubbio tuttavia se siano co-|pareti legger- so anche nei
stanti. Legno formato inimente ispessite. raggi le-
gran parte da prosenchi-|Borse mucilag- gnosi.
ma. Vasi non molto grandi.|gin
Raggi ben distinti, costi- poco grandi.
tuiti da piccoli elementi di- n
sposti in 1-2 accollate
|tangenzialmente.
-Libro robusto, ma senzal Zona perimi-| Abbon-| Tracce. nel| Cellule
— Vasi nu legno nume- dollare zag [dante nelimi idollo, in Forre ne
o mar ovun midoll 0, specie al 1 albo bondanti inel
ar a ee ee, "Midollo alun (ri me- peri feria, e|parenchi ma,|
lato-reticolati. Pro nu na peggio rotonde|n e linei raggi le- nel libro e
[fatto da cellule LE robu- ttangolari,| collenchi: gnosi, ininel midollo.
=~ jste. Raggi di 1-2 cellule iac- sottili, eircoseri e neligrandequa
_ |coppiate 5 enzialmente, venti amp} mea- lpareno it nel
‚|piecole, ifferenti dalti. i ra- corteccia e
quelle del ee ma. odia ur gros-|nel libro
| PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Epider-| Ipoderma i i Endodermide e guaina
en è sigaro Collenehima| Parenchinia periciclica sclerosa
Sughero in) Poco svilup-| Poco sviluppato] Guaina een con-|
iù piani.pato. Cellulele non semprejtinua, poco o punto diffe
Cellule ret-|grandi, ispes-|nettamente di- rente da quella della f
golari, i-/site di prefe-|stintodalcollen g a
spessite dalirenza sullejchima. Oellu le|fibre
to interno|faccie tan-|allungatein sen-
e sui fianchi |genziali. so “tangenziale.
ed ivi canali- uà e là qualch
colate. Talo- elemento selero-|p
ra si alterna- so- punteggiato. |punteggiati
n> strati di rse mucilag-
cellule sotti- ginose man-
li ed ispessi- canti.
= oppure l
no gli strati
esterni.
4 !
Cellule Poco mani-| Poco sviluppa-| Diaballoblastirettango-
.|sottili. È festo per lelto, senza borse|lari, lunghi, s SISSA cO:
fibre mal dif-|muei en minute puinge ure ed
nziate e parete poco
larghe, Fibre larghe e Jogo
í
Cellule| Ipoderma al Elementi! Sottile, con] Guaina sclerosa, con
ja bbastan-{cellule ret- stretti, lu -|cellule p:colnua o discontinna. Fib
za svilup ri, ighi, non ol-| grandi, di forma
pate, a par |to ispessiti, ee a pa-|ı
reti sot- = [formanti aii o reti delicate;|molto i
z strato p oco spesso pieghet-
e . itate. Borse stia
istinte.
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ‚, WILLD.
Teori ua sn Cellule rafi- SEL
asci vascolari idollo e zona A diofore Osserva- |f
e raggi midollari perimidollare amigo Taaino e zioni
= eristalligere
Libro poco sviluppato, con na perimi- Abbonda Qualche] La pica
qualche rara borsa dal lato|dollare sottile. nel EEE cellula rafi-
interno. Vasi di dime a pan olle (ma non inidiofora nel
IMiereto, o "pintkoste piccoli rane un tutte le cellu- parench i ma
non o numerosi, sca- DI "inpensite e le), scarseg-|e n © mi-
riformi, areolati. nteggiate. gia nei raggi/dollo. ella for-
ima abbondante, a cellule] Cellule mmidolla- egnosi, tor- 3
i na a farsi ab- nuina,
bondante nel
libro, nella
guaina scle-
rosa, nel pa-
; ench a
nel collen-
|Borse non ben chima e nel
distinte sugher
= | Libro poco sviluppato. Le-| Cellul e midoli- ule rafi-
| |gno > cina “i De robusto|lar i un po schiac- diofore in di-
e con ti stretti. Vasilciateor screto
spiralati, sealaziformi, ar rod lari, a pareti so ro nella cor
ili, o vicever- teccia, nel
le ente libro e nel
ispessite e con midollo. In]
|punte ggiature) uest’ultimo
in formazione. sonvi anch
Borse numerose.| cellule eri-
talligere.
Libro ridotto e senza borse.| Zona pe Abbondanel' Cellule rafi-|
i scarso, coi vasi|dollare in midollo (maldiofore ab-
doro; disposti in punti distinta, n in tut ndanti nel
diali, spiralati nelle|ın poc le cellule è|collenchim a,
del tessuto Celle > midolle presente),nel parenchi-
: gi nel libro ma nel libro].
in tutta lale nel mi-
corteccia.|dollo. |
| |discreti. qua
[mesti picc
|Scarso nei
raggi.
| PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Ipoderma
e sughero .
Collenchima|
Parenchima
Fndodermide e gu
periciclica scle
| Bughero in
ee
ae
Più strati di
elementi a.
ispessiti.
di preferenza
das iali.
iep: no-
t Ey Ber
spessimenti
sulle faccie
Cellule disere-
ochè 0
(Fibre sn a lur 2
dot a pare reti no
- sessivamen nte
ora
Guaina periciclica
continua,
STUDI!) ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD.
di siti. Raggi di 1-2 cellule,
E
aci
spesso e, où ben di-
stinte da que
chima, o cina Pun
vasi
nteggia
e del prosen-
-|s
ei. scalariformi |
Po pempatan spiralate
rni). giatur
‘piccole o poco
‘distinte
juantitä poi
F T E, Cellule rafi-
asci vascolari tollo e zona È ; diofore
e dii midollari perimidollare hin. Tannino e
cristalligere
|colà si notano,
inelle membrane,
delle punteggia
di diser
t te dimensioni
Bo po i-
sti nelle se-
zioni trasversali
bene in quelle
pato Ritengo:
rafidiofore
Libro ridotto a piccole cel-| Z o perimi-| Raro nell Abbonda) Cellule ra-
Yale, senza borse. Vasi legnosi dollare. bal di-|parene hi-|nel midollo, fidiofore ab-
o più non molto grandi, |stinta, robusta, ma, nelinella zona'bondanti nel
in discreta quantità nel legno |fatta da piccole libro e nel perimidol la- midollo, un
più rari altrove :|cellule, tondejmidollo. più rare
enchima sviluppato e con in sezion - ee injnel libro, nel)
elementi forteme ispes-|sversale, rettan- arenchima)
tutte le cel-|
lule. In copia
anche nei
di bro, De
pa unte
e nel SER |
ilchima peri-|dosso del.
€ del. Sollen:
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
|Epider-
mide
Ipoderma
e sughero
ICollenchima
Parenchima
Endodermide
periciclica cold
Sughero non
ne e latera.
ed inoltre
sviluppano,
ovunque pre-
sente.
i,|agli angoli,
Cellule va-
“a sulle fac»
ci ngen-
ziali. Nelleit
sezioni longi-
tudin ur gli
ae :
nti
Ih
la forma di
fi genui-
.
-Icircoscriventi
Da sb. |
Un po’ schiac-
a cellule
‚ Guaina a di
dei meati piccoli,
o discreti. Borse p!
Spis cole, abbon-
da an tissime, in
specie nelle par-
ti sui
‘ess
presso‘
isolati
er
vj gota co evi; $
‘ .|qu
krole, a a quelle
nchir
del
| pros triangolari Nel-
Il prosenchima sostituisce|le sezioni lon-
e là, per tratti estesi, ijgitudinali le cel-
vasi i quali pila quasi]lule appaiono
sempre decorso irregolare eirettangolari, col
| |sono per più reticolato-| maggior diame-
| |areolati, salvo i primari ‘o di retto
sversalmente
mentre. quelle
della zona peri-
sono lunga
secondo lass e.
midollare, pure)
|rettangolari,
"n ar: wi Cellule rafi-
asci vascolar idollo e zona : è diofore
e veri adoles perimidollare eg Tannino
cristalligere
Libro spa ER A Zona perimi-| Abbonda| Nel midol-| Cellule ra-
pato; borse grandi, o medio-|dollare (a celluleinel mi- lo, ma n|fidiofore pre-|
cri Pepeta per lo più alla pe-|piccole, tondejdollo e in tutte lelsentì i,
riferia del tessuto. L eg n o|nellesezionitra-|più anco-|cellule, n in non in ecces:
ormato da vasi per lo più|sversali) quasilra nel pe-jeccessiva quantit
randi, n rosi unilsempre ben di-|rimidolla|quantità. weile. cortec-
punti ed in specie nel legno|stinta, ma non re. neilcia, abbon-/ti
primario, ove formano delle molto robusta.| E’ raggi legnosi danti nel li-
serie radiali. Nel legno se-|Es trapassa|pari pre- DAREBIOTE ab: bro e nel mi-
condari talora anche per di alleisente an- nelldollo. In
primario tre o quattro vasi|cellale dei rag-/cora nella libro, torna quest’ m
accollati P uno all’ altro inlgi osi in-|C-rteccia.|a scarseggia-|sonvi el
serie tangenziali stanno in-|terni con cui re vo paren- eellale | cri-
terposti fra du ggi pri-condivide 1l chima e col-|stalligere.
mari. Prosenchima a cellulelcaratteristi feine per a
molto ispessite nel legno se-|delle pareti poco aumentare
condario, sottili in quello|ispessite.Cellule| infine ne
primario. Raggi maggiori a|midollari di va- allega
cellul andi, punteggiatelrià forma a-|
rte e ben distinte da/reti sottil:, on
quelle del PESSOHFRDOR, Rag.|dulat on
gi minori a ule spesso|meati ercel-
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
jja pareti|sottili, in va
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BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
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STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN, ‘ SAURAUIA ,,
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| PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
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dollare poco o guaina a- midollo, piü diofore a
punto distinta ilifera:
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elle se- m eliperimi ride lla- e
zioni trasv cn midollo,|re, nel libro, collenchima
li, age eg raggi an ge chi-|Scarse nel
ma poco elevat nell nel col- parenchima.
in quelle longi-|corteccia hekimi a pe-
tudinali. Cellule riferico e nel
periferiche in sughero.
via di ispessi |Scarsissimo|
‚con am- nei raggi.
Salle ramificazioni del MASTIGOCLADUS LAMINOSUS (Cohn)
delle Terme di Valdieri
NOTA peL Pror. Lurer BuscaLIONI
Nel 1895 io pubblicavo (1) ur contributo allo studio del Masti-
gocladus laminosus (Cohn), uel quale, fra l’altro, descrivevo i rami
2 (flagelli, o tricomi degli Autori (2)) dell’Alga come formati assai spesso
da due cellule basali accollate, cui fa seguito una fila unica di elementi.
Questo tipo di formazione dei rami che va associato ad altri, come io
= stesso ebbi a rilevare nella mia pubblicazione, deriva dal fatto che la
~- Cellula iniziale del ramo (cellula madre), mentre si ingrossa rispetto
alle compagne, si allunga perpendicolarmente alla direzione del fila-
< mento di cui essa è parte, e al fine, dopo essersi segmentata in senso
trasversale (rispetto al proprio asse (3) di allungamento) per dar origine
a un elemento del flagello, si seinde per lungo (cioè parallelamente al
proprio asse maggiore) e così forma le due cellule basali sopra descritte.
| La cellula iniziale del tricoma può nascere in un punto qualsiasi
del filamento originario allorchè questo è diritto, di preferenza, invece,
ai vertici degli angoli quando il filamento è apparentemente spezzato
in monconi disposti a zig-zag e assumenti, nel loro assieme, la forma di
un V, di un M ete.
Del resto sono anche frequenti i casi in cui la cellula madre, dopo
essersi allungata, come si è detto, ad angolo retto sul filamento, si seinde
solo in senso trasversale (rispetto al proprio asse maggiore) per iniziare
la serie delle cellule del flagello: allora si ha solo più una cellula ba-
sale e tutto il flagello risulta costituito da un'unica fila di elementi.
Noi dobbiamo distinguere, per altro, i casi in cui si hanno, pel pro-
(1) Sulle Muffe e sull’ Hapalosiphon laminosus (Hauegirg) delle i di
i ari; Malpi ghia.
= (@® Flahault o Bornet osservano giustamente che i tricomi del Mastiyocladus
differiscono dai veri tricomi di altre Alghe affini per esser suscettibili di seg-
mentazione e per contenere abbondante protop'asma nelle cellule cilindriche.
(8) Molti autori adoperano i termini ‘ scissione longitudinale e trasversale ,,
in rapporto all’ asse del filamento originario,
a a si
da: PROF. LUIGI BUSCALIONI
cesso testè descritto, due cellule basali da quelli in cui due iniziali
collate si evolvono indipendenti per produrre, ognuna per proprio conto
un ramo o flagello del pari indipendente.
'eoppiate, non rappresentino sempre le iniziali del lie la cui o
gine dovrebbe in conseguenza andar talora ascritta al lavorio divisorio
della cellula che incappuccia le basali e di quelle successivamente for
matesi.
Le osservazioni che ora ho potuto fare all’uopo, sullo stesso m
tali, ma elementi dei monconi spezzati, confinanti colla vera cellu
madre del flagello e un po deviati dalla loro originaria direzione. Pe
nella grande maggioranza dei casi gli elementi basali vanno consi
rati tra le ae ae dalle nen e rappresentano conse
- ceae Parie II ISS pubblicati nel Nuovo Giornale ital n
(vol. XXIII e XXIV n. Ser. 1916-17) accennando, nella parte SA |
n fatto che le Prekini considerate come tali non provengono da une
| biamento nel piano di segmentazione, ma da un semplice spostamento
direzione di accrescimento di determinate cellule. Difatti, afferma egli
. guendo in tali casi lo svolgimento dei rami, così detti normali, acc:
soventi di osservare che il setto divisorio longitudinale (qui parall
all'asse del filamento originario), destinato a separare il segmento e
ramgieno di una determinata cellula del tricoma, si formi molto
quando, cioè, la cellula stessa si è accresciuta da un lato vene!
a) Nel mio lavoro non ho stabilito una netta distinzione fra trami
spurî; avendo però accettato (p. 19) le idee di Bornet-Flahault sulla ba vi
zione Lira ‚del aeg — l’ammetto,
SULLE RAMIFICAZIONI DEL MASTIGOCLADUS LAMINOSUS (COHN) ECC. 85
elemento faccia risalto perchè impedito di accrescersi nella direzione
normale longitudinale dalle cellule successive o ‘precedenti: quindi l’e-
lemento ramigeno è obbligato a volgersi lateralmente in modo quasi
brusco, dando un setto la cui direzione, come si è detto, è parallela
all’asse del filamento originario,
Come prova di quanto sopra l'A. osserva che spesso l’elemento ra-
migeno iniziale, appena ha fatto rialzo sul contorno del filamento, si
| - Segmenta dapprima obliquamente e poi parallelamente all’asse di questo,
: Siffatto genere di ramificazione (spuria) corrisponde a quanto ebbe ad
| Osservare il Bornet nel Gen. Brachythrichia.
= La cellula ramigena, segmentatasi nel modo sopra descritto, può
= dar origine anche a un ramo atrofico che si accolla a quello evolven-
| tesi normalmente. I disegni compresi nella fig. 6 della Memoria del
Prof. Borzi che dovrebbero illustrare quanto sopra mostrano quasi sempre
la base del tricoma formata da due ordini di cellule accollate, ma sor-
montate, osservo io, da un’unica cellula incappucciante, la quale molto
grossolanamente potrebbe esser paragonata a quella degli apici vegeta-
tivi di un Equiseto, o di una Felce, o meglio ancora di talune Alghe,
essendo su per giù cuneiforme lentieolare ed incastrata fra i due or-
dini di cellule sottostanti, cui è intimamente unita.
Se le accennate interpretazioni, per quanto concerne l’origine dei
rami, appaiono, nella parte generale della Memoria del Prof. Borzi,
eirconfuse di un po di dubbio, "questo viene bandito la dove l'Autore
illustra i generi dal punto di vista sistematico-biologico, poichè nel ca-
Pitolo consacrato al Mastigocladus tassativamente le ribadisce. Egli
però fa notare che, data la tenuità dei filamenti di quest’ Alga, lo
studio riesce difficile, per cui solo da confronti con altre Scitonemacee
; ši può riuscire ad un risultato nella ricerca. Ciò non di meno egli
| separa il Genere in questione dall Hapalosiphon pra esso manca ap-
punto, fra l’altro, di vere ramificazioni. |
Ä Giustamente il Borzi, seguendo in ciò altri autori, ne nel
| Mastigocladus i filamenti a cellule cilindriche da quelli ad elementi |
rotondi, gli uni e gli altri da me già deseritti, come pure è nel vero.
-quando afferma che nel punto di frattura di due filamenti disposti a
= zig-zag esiste spesso una cellula più grande delle altre, da me pure `
| descritta. Discutibile invece mi appare l'ipotesi da lui vagheggiata che
*
monconi del filamento originariamente allineati lungo un solo asse ret
‚un po alla legg-ra, una ve'a ramificazione solo quando la divisione avviene
ci ‘morfà. Resta a vedere se il poli morfismo va circoscritto, come io inclino a
= ae la cerchia del piso nelle ua
w = PROF, LUIGI BUSCALIONI
allo accrescimento di tale elemento debbasi sempre la dislocazione dei
tilineo, ma poichè su questo argomento ritornerò fra poco non zZ
qui insistere. i
In omaggio poi alle sue vedute sulla ramificazione (che del restii
confortano pure quelle di altri osservatori relativamente ad altre forme
di Alghe) il Prof. Borzi rileva che la cellula iniziale, per la mancanza
di rapporti organici colle altre, muta direzione di accrescimento, allun -
gandosi da un lato per dar origine alla formazione del ramo. Questa
condizione di sviluppo eselude che i rami provengano da segmentazione
longitudinale di determinate cellule, anche perchè non ha luogo la seg-
mentazione cellulare prima che sia interrotta la contiguità organica\nella
serie componente il tricoma, o prima che l'articolo presunto ramigen
si accresca nella direzione unilaterale (1). Nel Mastigocladus infine egl
vede ripetersi la formazione di due rami accollati, uno dei quali, ‚come
sopra & stato rilevato, resta atrofico.
Data una siffatta interpretazione di tutto il complesso di oe
reperibili nel Mastigocladus risulta evidente che il Prof. Borzi non condi-
vide alcune vedute da me esposte ed illustrate nel lavoro sull’argomen
Ma egli va più oltre, poichè, sempre in ossequio al suo modo di inter
tare la ramificazione, arriva persino a concludere che, a motivo delle
particolari condizioni di esistenza, il Mastigocladus si sarebbe conere-
tato in tipi o razze patologiche derivate forse da forme a segmentasi Ao
meno complessa.
Non insisterò di certo, sul valore che possono avere queste deduzi n
che mi paiono, più che altro, inspirate a concetti alquanto teleologici 2)
cellula iniziale in sen o longitud mals (rispetto. al filamento) e nn to in
samento dell’elemento.
(2) Il Prof. Borzi ammette meco che il Mavlipeciah sia una specie
dere, a poche forme, oppure esteso a molte. Solo rigorose prove culturali
ranno a decidere in merito. E però noto che oggi giorno si tende a fa semp
è
E
SULLE RAMIFICAZIONI DEL MASTIGOCLADUS LAMINOSUS (COHN) EOC. 87
o non da tutti accettati, o non suffragati da rigorose osservazioni, per
soffermarmi solo su quei fatti e quelle disposizioni accessibili ad un’e-
same diretto e suscettibili di una più persuasiva interpretazione. Prima
però di iniziare la discussione dei documenti farò rilevare che, in op-
posizione al Prof. Börzi, il quale ha dedotto le sue conclusioni sulle ra-
mificazioni del Mastigocladus quasi soltanto in base a considerazioni
su organismi a questo più o meno affini, ma meno tenui, ho desunto
tutti quanti i risultati dallo studio microscopico del Mastigocladus stesso
di Valdieri, valendomi all’uopo di un obbiettivo ad immersione semi-
apocromatico
Da una lunga serie di preparati esaminati sono venuto alla con-
elusione che spesso si presentano delle ramificazioni nel Mastigocladus
le quali ricordano più o meno da vicino quelle spurie, anzichè quelle
vere. Così, ad esempio, lungo un filamento originario ho visto due cel-
lule contigue accrescersi per dare origine a due flagelli, ma l una di
esse si evolveva da un lato, l’altra dall’altro dell’asse del filamento, e ciò
probabilmente perchè le stesse avevano dovuto scivolare l’una sull’altra
durante le fasi di accrescimento, per non intraleiarsi reciprocamente.
Il fenomeno è però oltremodo raro, come neppure è frequente che
la cellula madre od iniziale del pseudoramo si divida un po’ obliqua-
mente rispetto all’asse del filamento di cui essa è parte, comportandosi
così come le cellule madri dei pseudorami delle Scytonemaceae, oppure
che essa si incurvi a guisa di C, nel dar luogo al pseudoramo, quasi
dando la parvenza di esercitare uno sforzo per svincolarsi dalle cellule
vicine (1).
In tutti questi casi tuttavia trattasi, più che altro, di accidentalità
nello acerescimento, reperibili solo in seguito ad un attento e paziente
_ esame dei preparati microscopici.
Normale è invece un altro tipo di niifiuzione (in largo senso)
il quale, però, potendo, a volta a volta, esser interpretato, o nel senso
di una ramificazione vera, o in quello di una spuria, od anco di un quid
intermediario ha per la questione che stiamo studiando un certo inte-
Gao
_—
(1) Disposizioni so si osservano in molte altre Alghe (Cladophora ad
esempio) nelle quali ness, ino mette in dubbio la formazione dei veri rami.
A | e divisione della cellula madre, anzi varrebbe solo a mascherar
88- | PROF, LUIGI BUSCALIONI
resse. Esso è reperibile là dove i filamenti originari sono disposti a:
zag e le cellule madri occupano i vertici degli angoli. Queste
sono grosse, piriformi, al pari di quelle che avremo occasione di r
dalle due branche dei monconi o filamenti spezzati, anzichè dal lato i1
terno, o concavo, e ciò probabilmente in omaggio ad una ben nota legg
fisiologica stata messa in evidenza sia nelle piante superiori che inf
| riori dal Göbel, Noll ed altri autori, non che da me, almeno per |
che riguarda le Opuntia. La cellula madre talora è abbastanza b
allineata rispetto alle compagne, per quanto emerga da un lato, es
invece mostrasi più o meno spostata dalla sede ordinaria.
Questi due tipi di ramificazione incipiente, sottoposti ad una eritic
un po rigorosa, lasciano perplesso l’osservatore sulla loro intima essenz
potendo l’ interpretazione del fenomeno seguire vie differenti, caso p
caso. ue
Si danno infatti deli esempi in cui è d’uopo ammettere che
cellula madre ae al vertice Seh angolo formato dai due monco
da RN lato ha più spazio a disposizione ed è libera. u ramo
ne deriva non può esser nettamente differenziato da uno qualsiasi
nuino, “Altre ta come gia è stato detto, si ar avèr moti o
mento pone costilaita una di anioni tardivamente
rificatasi, che nulla ha perciò a vedere col fenomeno di accreseim
‘vero processo di ramificazione, qui ancora a tipo genuino. In altr
n infine si riceve l impressione che la dislocazione. sia contempo
all’ingrandimento della cellula madre dei rami od anco lo preceda,
cui si avrebbe un vero fenomeno di ramificazione spuria. Levi
di ae si manifesta ne in ee casi, negli altri è solo :
SULLE RAMIFICAZIONI DEL MASTIGOCLADUS LAMINOSUS (COHN) EC. = 90
dislocazione e ramificazione potendo esser affatto‘ indipendenti l’ una
dall’ altra e tutt’ altro che sincrone (1).
Ancor più a ragione valgono queste considerazioni per gli esempi
che ho in principio riportati i quali poi, per la loro rarità e per il dif-
ferente modo con cui si presentano all’esame, lasciano quanto mai nel-
l'incertezza l'osservatore circa la natura dei rami che ne derivano. Sta
però il fatto che dei rami spurî esistono nel Mastigocladus ed essi o sono
tali fin dall’inizio, oppure quasi lo diventano in seguito per un tardivo
scorrimento della cellula madre, o dopo che questa fu già scissa per
iniziar la formazione del flagello. Si avrebbe in altre parole un pro- dti
cesso che ricorda lontanamente il così detto « gleitende Wachstum ».
Non si va adunque errati ammettendo, che nel Mastigocladus si
abbiano ramificazioni spurie accanto ad altre che segnano il passaggio
alle vere, il che non deve recarci meraviglia qualora si consideri che
anche per altri due tipi di ramificazione, quello dieotomieo e quello
monopodico, il Göbel ebbe ad osservare tutte le forme di passaggio, e
ciò nelle piante inferiori.
Giunti a questo punto dovremo noi trarre la conseguenza che lo
ingrandimento delle cellule madri, o iniziali, provochi la dislocazione dei
monconi che stanno alla sua destra ed alla sua sinistra, determinando
così il decorso a zig-zag dei filamenti ? O non sarebbe più logico am-
mettere che avvenga l’opposto, nel senso, cioè, che il dislocamento di
questi, lasciando maggior spazio per talune cellule (cellule dei vertici),
fa si che queste vengano a trovarsi. in condizioni privilegiate rispetto
alle altre per cui si accrescono e diventano le cellule ramigen ? O in-
fine non potrebbe darsi che i due processi procedano l’uno dall’altro indi-
pendenti? Il Prof. Borzi ammette tassativamente la prima ipotesi e
Seat
3 ) Fra le paresi che vilizone ad avvalorare il sospetto che la formazione
‚del flagello sia indipendente dalla dislocazione della cellula madre, od abbia luogo.
senza questa, merita speciale menzione la direzione del flagello che per lo più.
è perpendicolare al filamento originario, (inclinato cioè di 90°), mentre se si trat-
tasse di uno spostamento della cellula madre precedente lu ramificazione questa —
dovrebbe aver varia inclinazione ea al vario eg di inclina-
zione della cellula madre dislocata =
LUIGI BUSCALIONI
x
forse per non poche Alghe che egli ha prese in esame sarà nel vero (1).
Ma se noi consideriamo solo il Mastigocladus rileviamo subito che una
conclusione così semplice ed ovvia in realtà non sempre corrispon de al
vero, avendo io più volte riscontrato dei filamenti foggiati a zig-zag,
o per lo meno curvi, destituiti in corrispondenza del vertice del V, di
qualsiasi cellula madre, o per lo meno questa non si era ancora ingran-
dita. Per converso è tutt'altro che raro imbatterei in una o più cellule |
ramigene abbastanza grosse lungo filamenti originari del tutto diritti.
Non si può quindi affermare che l’ingrossamento di dette cellule sia
sempre la causa della dislocazione dei fili. Tutto al più vate a favo-
rirla e ad accentuarla. Del resto pare strano che il tenue ingrossamento
‚ eui va incontro l'iniziale possa, da solo, produrre così forti spostamenti |
nei monconi. :
Nel Mastigocladus da me. studiato mancano (?) le eteroeisti: però
qualche rarissima volta mi fu dato di riscontrare lungo i filamenti delle |
minute cellule discoidali, biconcave (2). Dato pertanto, ma non concesso,
che fosse giusta l’ipotesi che le céllule madri ingrandendosi spostino i
filamenti esse in certo qual modo supplirebbero, nella funzione, le ete-
rocisti mancanti, ma è meglio lasciar impregiudicata la questione, non :
solo per quanto sopra si è detto, ma sibbene ancora perchè le eteroeisti,
cui il Prof. Borzi accorda valore di disgiuntori degli ormogoni, spesso |
non hanno alcunchè a vedere con la scissione di questi. (V. West Cambr.
Bot. Hand. 1916). un
Accanto ai casi teste descritti di ramificazioni spurie, o più o meno —
| presumibilmente tali, se ne incontrano nella nostra Alga alcuni altri che
devono esser indubbiamente ascritti alla vera. Per lo studio di siffatti
= tipi occorre fissar l’attenzione sui filamenti originari quasi perfettamente
rettilinei, o su quelle porzioni di questi non piegate a Zig-zag e nep-
pure curve. FR
Un esame un po attento di siffatti filamenti permette di rilevare,
qua e colä, la presenza di cellule iniziali, come al solito più grosse dell
ski
4) Del resto lo ammettono anche Bornet, Flahault ed altri autori.
Da (2) Le eterocisti furono da me e da altri riscontrate nelle forme provenienti.
| da sorgenti termali di varie cont.ade d'Europa. Che si tratti di razze differenti
SULLE RAMIFICAZIONI DEL MASTIGOCLADUS LAMINOSUS (COHN) ECC. 9
vicine, di aspetto lontanamente triangolare, a spigoli e vertici smussati,
o piriformi, le quali sono allineate in bell’ordine colle altre, e non già
spinte fuori dall’asse del filamento, od altrimenti incurvate: tutt’ al
più, data la loro maggior grandezza, protrudono spiccatamente sulle com
pagne da un lato del filamento.
L’allungamento successivo delie cellule ramigene ha luogo in dire-
zione perpendicolare a quella del filamento su cui stanno impiantate,
senza che tuttavia abbia luogo quella torsione, o brusca curvatura nel-
l'elemento, cui allude il Prof. Borzi. Raggiunto poi che hanno un certo
sviluppo le iniziali si segmentano, in corrispondenza dell’ apice libero,
mercè un setto trasversale (rispetto all’asse maggior della cellula rami-
gena, longitudinale rispetto al filamento originario, come avviene nei
casi di vere ramificazioni) dando così origine ad una delle prime cellule
del flagello.
Talora però lè segmentazioni posson aver origine più in basso, nel
punto in cui, ad ‘esempio, la cellula emerge dalle compagne. Ben di rado
ho notato che la cellula iniziale si divida prima di ingrandirsi, formando
un setto parallelo all’asse del filamento e quasi situato nell’asse stesso.
Il Prof. Borzi, allo scopo di far rientrare questo modo di divisione nel
quadro della ramificazione spuria, insiste, come si è visto, fra l altro,
sul fatto che l’iniziale prima si accresce e poi si divide, dopo essersi brusca-
mente volta di lato. Ma, a prescindere dal fatto che la presenza di un setto
longitudinale sull’asse del filamento originario, reperibile in casi in cui
mentazione abbia preceduto l'ingrandimento, osservo solo che è regola
generale per tutto il regno organico (salvo rare eccezioni: stomi di ta
lune piante grasse, germogli fogliari di Begonia (v. Intracellulare Pan
genesis di De Vries ed altri casi) che alla divisione di una cellula pre-
ceda il suo accrescimento. Nel caso nostro poi un ingrossamento precoce
è tanto più ammissibile in quanto che sui fianchi la cellula madre è
libera di acerescersi a piacimento, non essendo a contatto di altri ele-
menti. E singolare che, oltre il Prof. Borzi, anche altri osservatori diano |
peso ad una disposizione non solo più adatta a ingenerare. confusione
che chiarezza nelle distinzioni, ma suscettibile persino di svariate in-
terpretazioni. Per converso, se si vuole stabilire che si tratta, negli e- -
u en di vere njobo; devesi innanzi tutto rp in n sodo
la cellula madre si è già notevolmente evoluta, non implica che la seg-
ee pai ` È
PROF LUIGI BUSCALIONI
che la cellula madre, al momento in cui inizia lo as unilaterala
incorporata nel filamento ed allineata in bell’ordine colle altre, an
zichè esser spinta fuori di rango, e che inoltre, come sopra è stato detto
il ramo cui essa dà origine si accresce, almeno in origine, ad. angolo
retto sul filamento originario, anzichè sotto un angolo inferiore a 90°
come per lo più avviene quando trattasi di ramificazioni spurie di mol
Alghe. Io ho osservato dei casi veramente dimostrativi al riguardo: così
ad esempio mi occorse di constatare che la cellula madre, notevolmente
allungata col maggior asse nel senso del filamento (e ciò al pari di due
o tre cellule contigue), iniziava la formazione del ramo con un gavoe
cioletto in corrispondenza della parte mediana di una delle sue faccie
laterali, di guisa che il ramo pareva impiantarsi, ad angolo retto, su
un punto quanto mai circoscritto di queste. i 1
Parlare qui di curvature e di torsioni delle cellule madri è quasi
assurdo: l’elemento ramigeno non fa altro che dar origine ad una lieve
a : gibbosità laterale e poi si divide per formar il ramo là dove trova lo
È spazio libero (1). A scanso di equivoci debbo però notare che se- non.
si sorprendono le fasi iniziali del processo che porta alla proliferazione
della cellula madre si può esser frequentemente tratti in inganno, perchè |
talora hanno realmente joga degli spostamenti nella en aa
lulare.
x
Si tratta però di processi tardivi, i quali tuttavia mi opus lasciato
a lungo perplesso circa il loro significato.
(1) Senza voler dar ‘na peso a confronti con quanto avviene in eltri tip
più o meno affini a quello che sto studiando, portando siffatti giudizi spesso a
‘onclusioni fallaci, non posso tuttavia esimermi dal rilevare che il modo di ra-
|. mificazione descritto per il Mastigocladus ricorda molto da vicino quello offertosi
| al Prof. Borzi nello studio del gen. Thalpophila cossyrensis (Bzi), come chiungu
| può constatarı esaminando la fig. 24 del lavoro di quest’Autore. Anche in que-
| st’Alga, appartenente alle Stigonemaceae, cioè a tipi dotati di ramificazion
| vere, la ramificazione nasce da una cellula che, assai spesso, prima si allung
| 0 poi si divide parallelamente all’asse del filamento originario (fig. 24 della Me-
moria del Prof. Borzi), dando un setto che sta al di fuori della linea segnata
| dal contorno dell’Alga. In altri casi il setto è interno al filamento ed allora
| parrebbe precedere lo ingrandimento dell’iniziale (fig. 23). A titolo di curios
Si noterò ancora che sn vive pure in a siti veeni ad “e temperature.
SULLE RAMIFICAZIONI DEL MAS LADUS LAM OBN) eco. 98
Ma se queste interpretazioni possono apparire insufficienti farò an-
cora osservare che i pochi casi in cui ho, del pari, notato dapprima di
visione e poi accrescimento della cellula ramigena (qualunque sia Pin-
terpretazione che meriti il fenomeno) depongono ineluttabilmente a
favore del mio asserto, pur accordandosi collo schema dal Prof. Borzi
e da altri proposto per distinguere, in base, più che altro, a preconcetti,
i due modi di ramificazione, vera e spuria.
Queste considerazioni sulle ramificazioni mi portano ora ad analiz-
zare la costituzione ed i rapporti delle cellule basali dei rami (flagelli
o tricomi). Come sopra è stato rilevato, il Prof. Borzi sostiene che quando
(in Mastigocladus ed altre specie) si hanno due cellule basali accoppiate
esse sono derivate dalla segmentazione di una originaria cellula iniziale
e luna o l’altra diventa spesso un ramo atrofico che si accolla al compagno
‘in attiva evoluzione (1). A me pare che se la prima parte del ragiona-
mento è conforme al vero, non altrettanto può dirsi per la seconda, al-
meno pel Mastigocladus. Anzi dall'esame delle figure riportate nel mio
(1) Analoga interpretazione danno Bornet © Flahault nel loro studio sul
| Hapalosiphon laminosus, poichè dopo aver sostenuto (su di che convengo anch'io)
che talora i filamenti laterali obligui crescono per spostamento, ammettono che
non di rado due cellule contigue di un filo si accrescono lateralmente nello stesso
senso per formare dei rami disposti ad angolo retto sul filo originario (tipo di
ramificazione dei Scytonema) Nel qual caso, o restano accollati o si separano.
Se restano associati sono spesso sormontati da una cellula (cellula da me deno- —
minata incappucciante). Gli autori però, pur rilevando, a mio parere molto giu-
stamente, che les filaments parallèles nes simultanément de deux cellules sem —
blables sont quelquefois si exactement poreils. qu'on pourrait croire qu'i!s re-
sultent de la division longitudinal d'un filament, pel solo fatto che è impossi-
bile stabilire la realtà della divisione concludono che si abbia anche qui sma ;
falsa ramificazione, con rami abbinati. Noi observiamo in proposito che se i
sigg. Bornet e Flahault si sono trovati nell’impossibilità di distinguere l’accop- |
piamento di due rami da una divisione longitudinale delle cellule basali dal m 7
lo si deve al fatto che senza una tecnica microscopica rigorosa, Seppur Ogigzorao
| applicabile allo studio delle Alghe in questione, riesce malagevole venir ad una
|’ conclusione. Ma il fatto dell’incappucciamento delle due cellule basali mercè Pole-
|’ ’‘iento basoscopo dalla porzione ©niseriata del flagello avrebbe dovuto, metterli -
|’ sulla giusta via dell’interpretazione. Giova però notare che i Re.
| mettono nella nostra Alga anche la ramificazione vera. | o.
PROF. LUIGI BUSCALIONI
dio e di alcune fra quelle inserite a pag. 60 della Mem. del Pr
Borzi ritengo che non sia leeito arrivare ad una tale interpretazione
non potendosi distinguere, ad esempio, quale dovrebbe esser il ramo a-
bortito e quale il rigoglioso. Le ricerche fatte in proposito mi confer-
mano quanto ho altrove esposto al riguardo che, cioè, la cellula madre
del flagello, una volta protrusa dal filamento, dovette dividersi trasver:
salmente (rispetto al suo maggior diametro) per dar origine alla prime
cellula della porzione uniseriata del flagello e di poi scindersi nuova?
mente, ma stavolta in senso longitudinale (parallelamente cioè al propri 0%
asse maggiore) per formare le due cellule basali. Solo ammettendo questa
successione nelle segmentazioni si può comprendere come la prima cel
spesso strettamente aderente. Giammai mi fu dato di riscontrare che
- Funa o l’altra delle cellule basali terminasse liberamente e più o meno
al di sotto della cellula incappucciante, come dovrebbe invece avvenire
8e essa rappresentasse un ramo abortito. Capita talora, ma non troppo.
frequentemente, che si abbia tutta una serie più o meno lunga di cel-
lule basali accoppiate, ma la stessa, nei casi almeno da me osservati
termina pur sempre a ridosso di un’ unica cellula incappucciante. La
disposizione corrisponde abbastanza bene a quanto è rappresentato nella
fig. 8 F del lavoro sulle Stigonemataceae di Kirchner (V. Engler
Prantl: Die Natirl. Pflanzenfam.)
Non mancano tuttavia gli esempi in cui si ha una disposizione in
| Versa, vale a dire che il tricoma è costituito dall’ apice alla base
un’unica fila di elementi, non Posti la iniziale divisa longitud
nalmente.
Il primo caso per altro non va confuso con quelli in cui due
lule iniziali appaiate si evolvono indipendenti per dar origine & due
| tricomi che per lo piü restano pure indipendenti (V. fig. 4 del mio
| voro); qui si hanno realmente due veri rami accollati, ma non fusi.
come poi le cellule madri rispettive si scindono il più delle volte
x gitudinalmente (nel senso del loro maggior asse), mentre si allargano
allungano ne viene che la base di siffatti tricomi accoppiati è d’
nario molto più larga di quella di un tricoma unico, bicellulare a
base. Questa disposizione basta da sola, il più delle volte, a farci
tare nei casi un po dubbi.
SULLE RAMIFICAZIONI DEL MASTIGOCLADUS I
Per il complesso dei fatti posti in evidenza possiamo, da ultimo,
domandarci se il Mastigocladus debba ancora far parte, come vuole il
Prof. Borzi, delle Diplonemae, o non piuttosto meriti di esser inglobato
‘fra le Stigonemeae i cui rappresentanti hanno ramificazioni vere che
mancano (sempre ?) alle prime. Stando ai risultati delle mie osservazioni,
che collimano del resto con quelle di altri autori, sarebbe forse più lo-
gico ritenere il Mastigocladus, come una forma intermedia, per quanto, `
essendo fornita di vere ramificazioni, dovrebbe piuttosto appartenere alle
Stigonemeae. Ma io lascio la cura di assegnare all’Alga il suo vero
posto al Prof. Borzi, avendo questi anche insistito su altre particolarità
che essa presenta, le quali benchè, a mio parere, di importanza secon-
daria, potrebbero aver un certo valore dal punto di vista sistematico.
Ben ponderati i fatti, ritengu che il problema della ramificazione nel
Mastigocladus (e forse di molte altre Alghe a questa affine) sia più arduo.
di quanto appaia ad un esame superficiale e tanto. meno si possa ri-
durre a un paio di formule stereotipate. Reputo inoltre che se si potesse
applicare allo studio di siffatti organismi una tecnica citologica mo-.
derna e rigorosa nuovi fatti verrebbero in luce e quelli che ora ap-
paiono suscettibili di duplice interpretazione riescirebbero forse netta-
mente chiariti. Ma pur troppo, fino ad ora, le nostre cognizioni istolo-
giche di dette Alghe, in specie per ciò che concerne il nucleo (v. al
es. i lavori sul nueleo incipiente) sono ancor ben lontane dall’inspirarei
completa fidueia.
Pel momento & adunque giocoforza far assegnamento su quanto ci
informa l'esame dei fatti compiuti, cioè dei setti già completamente fors |
mati; ma non per questo i ragguagli che possono venir alla luce in
seguito ad un esame accurato non meritano di esser-ritenuti come suf-
ficientemente corrispondenti al vero e questo è il caso appunto per la
aa da me fatta delle ramificazioni nel Mastigocladus.
Un valido sussidio nelle ricerche si potrà pure avere dall’. impiego
dei processi culturali (non troppo facili tuttavia ad eseguirsi, trattan- :
dosi di Alghe viventi in acque termali, ad alta temperatura) e specie
se venissero integrati ig dei metodi moderni dell DISSE
microscopica.
> iui fatti concludiamo che nel tren laminosnt .
. (Cohn) si hanno ramificazioni vere e spurie; le prime però, per das
d
Della sooverta di due muore specie di EUPHORBIA
per la Flora Italiana (continentale) ®©
NOTA peL Pror. M. Lozacono Posero
Nello studio del Genere Euphorbia pel quarto vol. della Flora Si-
cula, ho potuto estendere le mie osservazioni su un ricco materiale dal
quale mi è riuscito constatare PLUS di due nuove specie non co-
nosciute in Italia.
~ E. oblongata Griseb. ed affini.
E strano che queste due piante furono trovate in località niente
affatto fuori mano od inesplorate, bensì nelle più prossime vicinanze
di Napoli, dov'è a supporre che da più di un secolo gran copia di
. valenti Botanici hanno dovuto aggirarsi. Ed è strano ancora che esse
furono trovate direi per caso nella più fugace gita che eventualmente
un giardiniere del nostro Orto Botanico faceva a Napoli per P incetta
di quel buon terriccio di quelle selve circostanti, per uso delle nostre
culture, che il compianto zelantissimo Prof. Todaro vi mandava; quasi
da far supporre che quelle due piante fossero là le più comuni.
I posti ove queste due Euphorbie furono raccolte sono: uno al
Vallone di S. Rocco vicino ai Camaldoli, una continuazione di Napoli
quasi, l’altra un pò più discoste nelle Selve di Castellammare di Stabia.
E superfluo il dire che per la soverchia mole di affari che avea
il Todaro esse piante non furono mai studiate e portano per buona ven-
tura, solo l’indicazione di mani del Todaro delle rispettive località: Eu-
phorbia... Vallone di S. Rocco; Castellammare di Stabia, senz'altro.
Ho determinato la specie di quest’ultima splendida selvosa località
per’ E. oblongata Griseb. Di questa specie greco-orientale e perciò di
vero interesse ne la sua esistenza nella Flora Italiana, io non ho visto
alcun esemplare autentico nè cosa alcuna che avesse una tal quale at- .
(1) Quest’articolo fu scritto nell’anno 1904 e d’allora non ho avuto agio di
verificare se mai altri si fosse imbattuto con queste gar piante e se se ne fosse
occupato,
5 ‘tendibilità nel hiosta Erbario: Però ci sono una quantità di saggi.
culture dei varii anni nel nostro Giardino, provenienti da semi dei var
Giardini esteri, molti con nomi variamente falsi, buon numero però con:
-cordi sotto il nome Grisebachiano.
Lin è solo su certi caratteri dei lobi dell’involuero proprio che |
non ho potuto constatare nella mia pianta per come Boissier li figura e i
li descrive.
Ne do qui la descrizione per uso di chi voglia riscontrare que
specie per lo studio di un genere così attraente come le Euphorbie.
E oblongata Griseb. spie. fl. Rum. 1 p. 136. Boiss. in DC Pro
XV post. p. 126 Boiss. FI. Or. IV p. 1102. E. erioelada Boiss.
Heldr. Diagn. Ser. I p. 88 E. pilosa Smith Prodr. I p. 329. 4
p. !) Bory et Chaub. Fl. pelop. (non Lin.)
Ic. Boiss. Euph. tab. 76.
Biennis, laete virens, caule simplex apice tantum sub fiorescenti
ramis fertilibus accessoriis in corymbo amplo dispositis munito, circa 5
‘cent. alto tereti vix basi lignescente, rubello valido patule denseque albo-
| cilioso villoso erecto, foliis sessil. imis ‘basi attenuatis (Boiss.) suc
| sivis omnibus basi rotundatis sublobulato-cordatis sub axillis dense.
liosis, nitidis carinatis subtus exquisite nervatis, margine nitido angu
y stissimo circumdatis, obl-lanceolatis, latis, apice rotundatis obtusissim
hi ibique v. versus medium subtiliter denticulatis, umbellaribus gra
bus sed omnino conformibus, conspicue deflexis, radiis 5 valde el
| tis, validis rectis, late divergentibus dense eiliosis, involucellis in
flavicantibus latissime ov-rotundatis: cuspide minimo terminatis, flo
e ad originem radiorum longe pedicellato (pedie, 1 ad e
lor | i
togris, opsla a coccis pia darle; verrucis et e
s p ein! ASMA | semin. ee ira
sylv vis. "alice a A di Stabia di s. en a Her
Leg. de Citarda Mense... |
a Grisebach reci eis: al certi caratteri riscontrati de
bella: nostra pianta « « glandu ni uniformes transverse ovatae, folia laete
viridia (laetissime !) membranacea apud nos utrinque glabrata, 6-8 ct.
longa, 2-2 '/, et. lata, illa involucellorum tenue nitideque marginata,
verrucae truncatae breviter eylindracea.
Habitus E. pilosa Lin. differt: caule rubescente pilis caulis dia-
metri haud aequantibus. © - i
Sarebbe desiderabile che i botanici di Napoli, procurassero di rin
tracciare sui posti indicati questa rara pianta, sebbene ci sia ogni rai
gione di ritenere che l Æ. oblongata di Castellammare debba essere
| stata raccolta da altri, prima o dopo del Citarda e tenuta, di certo molto
Se) torto, sotto qualche altro nome, confusa ora con E. pubescens Vahl,
o E. pilosa Lin, specie che a prima giunta, potrebbero scambiarsi, ma
mai confondersi essendone la E. S specie oprop ie distinta.
Se gni: E. bonifaciensis Reg. ed. affini.
> Aalen specie di eui dobbiamo constatare la presenza nella nostra
a Flora & quella del Vallone di S. Rocco presso Napoli, ritenuta una var.
PO della £ bonifaciensis Req. ed è ciò che noi ora abbiamo dovuto distin-
guere sotto il nome di E. Requieni var. dianthifolia per quanto ri-
guarda la specie napoletana.
Ciò ci obliga a diffonderci un | poco su le varie specie di questo
gruppo singolare che abbiamo dovuto compulsare, estendendo le nostre
osservazioni a forme affini di Barberia che si collegano con altre del
nostro Bacino mediterraneo, quali sarebbero Æ. bupleuroides, E. luteola
| vicinissime a E. Cupani, E. spartioides Jacq., alla loro volta colle-
| gantesi colla E. bonifaciensis e poi colla E. pithyusa sino nd; E. im-
bricata Vahl ‘della Spagna meridionale.
Furono i Sigg. Gren. et Godr. che nella E. Bons raccolta
e non pubblicata dal Requien (almeno per quanto ne sappia), in Cor-
sica ed in Sardegna, crederono vedere una var. della E. pithyusa e
che erederono chiamare var. procera 2 en. an stessa vi
nione emise il Boissier (Prod)
-` Anco Moris non eredè vedere nella pianta del ae aliri cosa
du una semplice var. della E. pithyusa chiamandola var. latifol
i (distintivo non meno improprio). Sotto tale nome- la par di ra
è corsa nelle Flore Italiane. =
EN
ur
De
4
La
M. LOIACONO POIERO
Spiacemi oppormi al parere di tanti illustri ‘Botanici.
scoverta or sono molti anni verso il 1874 da quello intelligente giar-
diniere che fu il Citarda nei pressi di Napoli conservata nell’ Erbarii
‘particolare del compianto Todaro è molta vicina alla Æ. ‘bonifaciensis
e come essa riproduce abbastanza esattamente l’abito della specie Sici
liana E. Cupani e della E. bupleuroides Desf. (non Jacq.) d’Algeria.
| | Essa non è in alcun modo affine per nessun riguardo alla E. pithyusa
== vuol dire ‘che tra E. bonifaciensis ed E. pithyusa ci si deve ricono-
scere un distacco che forse obligherebbe a non riconoscere nella Æ. bo-
nifaciensis il valore di semplice var. della E. pithyusa per come si-
nora si è creduto tenendo la Æ. bonifaciensis sotto il nome di E. pi-
thyusa var. procera o var. latifolia Moris.
=
Le affinità colla E. pithyusa si debbono cercare in Quell dietis
specie di Spagna che è lE. imbricata Vahl.
Questa specie ha modalità tali per conformazione di organi, (foglie
disposizione fiorale ete.) che specificamente costituisce una specie asso-
lutamente distinta dalla Æ. pithyusa, eppure per caratteri attinti agl
stessi organi vegetativi e con criterii che non si allontanano da quelli
che la descrittiva contempla ogni giorno per l’analisi specifica, e senza
menomamente ricorrere a caratteri istologi di struttura dei fusti o delle
foglie stesse, eriterii vanamente messi avanti da una certa scuola fran
cese, che nè noi nè alcuno in sistematica ha creduto seguire, risulta
chiaro all’oechio che una maggiore affinità genetica, una maggiore inti-
mità di rapporti esiste tra E. pithyusa ed E. imbricata che non fr
E. pithyusa ed E. bonifaciensis. 3
Infatti i caratteri dell’ E. imbricata desunti dalla struttura del Er
dal modo di vegetazione di essi, dal rapporto che hanno le foglie ci
fusto, costituendo con tal modo di essere a guisa di tronchi erassi, SON
| tipicamente organicamente identici della E. pithyusa condivisi, con un
serie per altro verso lontana da essa, quali sarebbero la E. bigland i
E. myrsinites, E. Broteri, E. corsica.
Forse per altre considerazioni attinte a dettagli fiorali si è potuto
e si potrà la E. imbricata collocarla in altro posto, ma ciò sarebbe,
discapito delle sue vere affinità en l
RER KAMAE AANE DONI DE. 5
DELLA SCOVERTA DI DUE NUOVE SPECIE DI EUPHORBIA ECC.
N re
Riportandoci ora alla E. honifaciensis ed affini, noi non troviamo
più nessuna cosa di tutto questo importante apparecchio vegetativo e
le differenze sul riguardo, nei due tipi sono considerevoli, potendosi dire
~ che questo gruppetto di specie della Æ. bonifaciensis riproduce l'abito
di certo T’hymeleae, ciò che basta per sostenere che fondamentalmente
non ci è nessuna affinità tra E. seal iii ed E. Bee dung come si-
nora si è creduto sostenere.
Questa asserzione che non è un ai la facciamo dietro la sco-
verta di questa var. della E. bonifaciensis dei pressi di Napoli che ci
porta a considerare questa specie sotto un punto di vista nuovo e più
naturale e come tipo specifico di cui la pianta del Vallone S. Rocco
sarebbe una varietà. E ciò facendo ci sembra che si riesce a mettere
in evidenza un fatto naturale quello di stabilire un tratto di unione o
| un transito tra il gruppo della E. pithyusa ed E. imbricata, col gruppo
della E. Cupani ed affini, strettamente poi collegati in considerazione di
caratteri fiorali, frutti, semi, ete. i
* * `
Ricapitolando la Æ. pithyusa ed E. imbricata hanno in comune:
‘1. Fusti a modo di vegetazione e di struttura della E. biglandu-
losa, E. myrsinites etc. ( Non trovo un termine per deo questo tale _
modo, in scienza). ia
2. Struttura del fusto in stretto nesso collo sviluppo delle appen-
dici colle quali fa unico corpo ed a causa della larga base di inserzione
| di esse, abbracciano una mettà del fusto e sono amplessicauli certa- :
mente per fatti organici diversi e non consimili al generale modo come
È tante foglie abbracciano il fusto, per l'espansione del parenchima lami- di
| nare anzichè per una tassativa dilatazione dei tessuti ‘vascolari del pic-
‘ciuolo. Fatti che sfuggono alla nomenclatura descrittiva rientrando nella
| parte istologica che tanta importanza acquista nello svariato modo di
a «conformazione dei fusti di tanto singolare genere come le Euforbie.
3. na foliare subordinato a tale struttura di fusto. Loro disposi-
zione fillotassica, che se non andiamo errati (i nostri studii si sono svo
su piante secche), è di tipo biseriato-parallelo come si direbbe quadrifari
| —4. Eterofillia spiccata: Come nell E. aleppica a noi pare chesforse
per precisi analoghi fatti di ambiente, la E. pithyusa ha lingo tratto
‘inferiore del fusto, coperto di foglie ben diverse di forma delle succes-
‘sive superiori, le infime restando piccole quasi subulate e leggerment
acerose e quel che è più disposte su una strettissima spirale, diversa
dalla seguente a foglie normali.
5. Struttura diversa bifaciale della lamina, che senza scendere ad
esami istologici è chiara e patente. La pagina superiore ha un aspeti
sui Seneris che poche Euforbie hanno. Essa sla un adattamer
i non è organico.
i: | le
Senza straripare nel campo istologico che non è il nostro mod:
compito di «florista », diciamo ora che la E. bonifaciensis e la È;
pani, massimamente, non hanno alcuno di queste caratteri organiel c
la tassinomia deve vagliare ed avvalersene.
E per completare il raffronto tra i due tipi e completare ai
di quest’ultimo, notiamo che in questo gruppo E. Cupani, E. bon
ciensis, E: bupleuroides Desf.): CA
1.1 fusti sono tipici di quelle torna Si e ioia
più calda regione mediterranea per lo spogliamento dei fusti per |
dueitä delle foglie che si avvera in està per gli eccessivi calori, an
per basse temperature al ‚sopravvenire della stagione invernale. Sono
de E. | Bivonae, E. dendroides, ed anco E. eriocarpa Desf., E f
pai a ed E. Gti nel Saip (ha ci are o
ciamo inci E che tale fatto è RN di più finito
P bbe quasi per un’azione misteri iosa e certamente si è per una mis
cia min i diaposizio: oni ataviche she le gemme, della E. dendroides, E. Biv
‘ „ ancorchè nessuna mutazione si verifichi | la
-gione e che in Settembre come. sempre da noi i avviene, Tants ana, so
sciutta e molto Lion tai che n nei mesi pri ente estivi estremamenti
Te ù k Feit SE ria gi ii Ap BAR: dani r ee F { ais
DELLA SCOVERTA DI DUE NUOVE SPECIE DI EUPHORBIA ECC.
2. Le foglie emergono da un punto di attacco circoscritto onde
. hanno un pulvino ed un picciuolo distinto in modo che sono facilmente
i caduche ed i fusti lignescenti o crassi ed erbacei portano le vestigie
loro in una quantità di cicatrici a spira fitta.
3. Il loro tessuto e coriaceo e la loro struttura non è affatto bi-
faciale. Nella pianta del Vallone S. Roco le foglie non sono gran che
coriacee, però è carattere speciale di esse, l’essere percorse da 3 nerva-
ture longitudinali per come vi sono e per la forma strettamente
lineare.
Infine crediamo per tutto quanto detto, dovere sostenere che non è
esatto considerare la E. bonifaciensis come var. della E. pithyusa e
dietro la cognizione avuta dell’esistenza di una forma che a me sembra
non dubbio dovere considerare come var. della specie corso-sarda, riesce
molto piü naturale ritenere la E. bonifaciensis come specie autonoma
| e rappresentata nei dintorni di Napoli dalla sua var. che chiamerei var.
| dianthifolia e poichè a quanto ne sappiamo la E. bonifaciensis da Re-
quien non fu pubblicata ma evulgata solo per gli Erbarii forse con-
=
viene chiamare E. Requieni la specie, colla sua var. dianthifolia.
Ad ogni buon fine do qui la descrizione della pane. del Vallone
S. Rocco. :
È Requieni mihi var. dianthifolia. E. bonifaciensis Req. exsice |
na caulibus pluribus rigidis rectis strietis crebre foliosis
svolgersi, iniziando la loro fase invernale di P A Ai 7 set- 5 :
ca del k 81 a Castelbuono alle falde delle rocce calcaree aridissime che rap-
presentano ls pendici piú basse dell’alto massiccio Nebrodico (Passo scuro, Peda-
bo Monticelli), ove Æ. eriocarpa fa gregaria delle grosse macchie, in una delle
ornate estive che seguivano quelle ancora. pià calde del mese ü Agosto, senza
che una goccia d’acqua, nè altra ragione at on lizioni
cl matiche e e tuttora perdurando perciò quelle stesse RER, che aveano fatto
adere in Giugno col sopraggiungere dei calori, le foglie di tali piante, senz’al-
pparente, a 7 Settembre r:
lie. Il fatto sembra misterioso, » hà in sostanza. È chiaro che all’umi-
basi ee foliis omnino oh feemihne adscendendo crebri
vix latioribus basi florescentiam fulerantibus, angustissime linear.,
riaceis rigidis patentibus (4 ct long., usque ad 5 mm. latis) acuminatis,
summis cuspidatis subtus parallele trinerviis nerv. approximatis basi-
fere in petiolum attenuatis, ramis florescentiae multis typice abbre-
viatis coadunatis paniculam thyrsoideam congestam formantibus, dense
creberrime folioloso-bracteatis, foliolis oppositis minutis rotund-orbie.
exquisite cuspidatis, glandibus transverse ellipticis sublunatis luridis
exappendiculatis ! Capsula minutissima (dimidia E. Pithyusae mi-
nore !) longe stipitata pendula valvis sub forte lente vix rugulosis
dorso carinatis, seminibus lividis fere laevibus (vix sub lente corrugatis). |
Caule 60. 80 ct. alto, Habitus Thymelearum nonnullarum. Tota planta
in charta nigrescit sed non ita tantum ut in Æ. Cupani cui a
sed diversa !
In... Vallone di S. Rocco non procul a Napoli v. s. a N. Citarda
ann. 1874 lecta et sine nomine in Herb. Todari servata.
Non cito alcun sinonimo per la ragione che non trovo! soleil
chiara tra E. pithyusa e E. bonifaciensis. Se si guarda ai saggi ita- |
liani di Etruria (Antignano) Liguria, la differenza tra E. pithyusa ed
E. bonifaciensis è profonda e tale da eliminare qualsiasi confusione (1).
Le piante di Francia (Port Vendres e delle Baleari si allontanano dal tipo
italiano e ne farebbero certo una var. ma mai, pur acquistandone m
parte l'abito, potrebbero ritenersi forme intermedie della E. bonifaciensis
E questa sola che ho visto di Sardegna (Cagliari) e che non oso t
nire alla E. pithyusa neanco come varietà, (2) sostenendo per come h
detto che le affinità le più strette ed evidenti della E. bonifaci
sono con la E. luteola e colla E. Cupani di Sicilia, e di Br
(1) La eterofillia in questa è estrema. I fusti sterili principalmente |
| stinguono per la strettissima spirale con cui son disposte le foglie, foglie e
sime e minute e tanto imbricate da meritare questi e il nome di vermitor
come stranamente appaiono.
(2) Non mi preoccupa gran che di ciò che di recente hanno scritto
Paolucci e Fiori nella loro Flora Italiana. Chi scrive oggi giorno ha molte
cupazioni di far presto, e per scansare le lunghe e pazienti analisi e produri
libro spesso associando cose ranno
il Moris porta nella sua ‘Flora e dà una figura che Boiss, e tutti gli
Autori riconoscono per tale. | ‘HE
Questa tale tavola lascerebbe all’ vsservatore non pochi dubbi, perchè
raffigura di certo cose diverse e che son cose diverse non ci è persona
che non saprebbe convenirne. La serie delle analisi degli organi sulla
detta tavola ha una serie numerica che a quanto pare non trova leggenda
a cui riferirla. Penso: sono variazioni che presenta la E. Cupani (di Sar-
degna) nel ciazio, nelle glandule, sulie corna, nelle capsule, nei semi, e che
Moris per tali intese illustrare ?, o sono e per come io tendo a credere,
dettagli della E. bonifaciensis nella struttura del ciazio nelle pine
| Senza appendici, nella capsula, nei semi, che lIllustre Autore confuse
; | come variazioni di struttura della E. Cupani, o come genuini analisi
E della E. bonifaciensis che gli sfuggì di dichiarare nella leggenda omessa ©
per semplice svista? e che l’A. mise là appunto per confronto delle
due? Tendo a ritenere più probabile il secondo caso.
Tanto la E. pithi yusa che la E: Cupani presentano allungamentj |
tali Mei rami fioriferi, da formare una pannocchia lassa più o meno ap”
lungata o espansa da permettere ad alcuni Autori di confonderla colla
CE, nicaensis. L’inflorescenza densa, strettamente globosa, per raccorcia-
mento dei rami, tipica è nella E. bonifaciensis, ma potrà non ‘esser eo- ©
stante. Estrema diffusione dei rami si osserva nella rarissima. forma,
certamente di Sicilia, che nella mia Fl. Sic. portai per var. spartioides
= Boiss. Prodr. E. spartioides Jacq. H. Schoenbr. tab. „286 ! che direi
riproduce | la | fiorescenza della E. Paralias.
n
i
Lr
M. Losacoxo Porro
Malpighia -Vol. XXVIII
Malpighia -Vol. XXVIII | Tav. Il
MALPIGHIA
RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
PROF. OrD. pr BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
ANNO XXVIII — FASC. HULE LTT
MARCELLO MALPIGHI
1627-1604.
CATANIA
STAB. TIP. « LA SICILIANA » CIURCA & STRANO
_
1917
CONDIZIONI
La MALPIGHIA si pubblica ogni bimestre, in fascicoli di 6 fogli di alli ‘almeno,
‘oppure. in fascicoli doppî corredati, secondo il bisogno, da tavole.
L'abbonamento annuale aaa 3%; pagabili alla ‘ricezione del r. nin del-
T intiero lie annuale è 66 wei in 18° con circa 20 er sarä messo in vendit
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I manoscritti e - iui destinate alla Matzionta dovranno essere Lene
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SÌ ‘accetta lor li con altre nea, periodiche” OZ botaniche
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Tae de delle | e inserzioni sulla copertina per da inse rzion e
= | pagina — io sg i ici ap niie i, 20.
314 di pagina Bee n di Pagina » 15
a fog separati; annessi A fascicolo, a prezzi c da convenirsi.
LPIGHIA
RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
- REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
PROF. Orp. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
ANNO XXVIH — VOL. XXVIII
MARGELLO MALPIGHI
1627-1694.
CATANIA
STAB. TIP. «LA SICILIANA » CIURCA & STRANO
1917
Studio monografico sulle Specie americane del Gen, “Saurauia,, Willd.
(continuazione) MER u
Colla S. floccifera Tr. e PI. abbiamo í segnati rapporti di affinità:
l’apice del caule porta dei minuti pulvinuli e delle sete pure esilissime,
LI
barbate: il picciuolo è quasi analogamente rivestito: la lamina fogliare
è mueronulato-dentata al margine, colla pagina inferiore sparsa di eusei-
netti pulverulenti: l’infiorescenza di varia lunghezza e tubereolato-pul-
verulenta: le brattee piecole e triangolari: il calice pulverulento dentro
e fuori e inoltre tubercolato sulle parti scoperte nel boccio.
Le differenze sono però anche notevoli: basta ricordare che il lembo
nella S. floceifera è di più modeste dimensioni, che la pagina superiore
è sparsa di cuscinetti pulverulenti,. che le nervature sono meno abbon-
danti, che i fiori, infine, non sono molto grandi e poco riechi di stami.
$
* *
Nor crediamo di andar errati affermando che la nostra specie ha un
nesso filogenetico colle S. del gruppo della Excelsa, colla S. scabra
HBK e colla S. brachybotrys. La forma del lembo, la presenza di peli
| stellati alla pagina inferiore, il margine denticolato, le nervature ab-
- bondanti e l’infiorescenza sviluppata ei portano a questa supposizione,
3 contro la quale sta però il fatto del fiore notevolmente grande, quale
3 solo si riscontra nella S. brachybotrys var. macrantha. Dati però i
rapporti di parentela tra questa e la Scabra si può comprendere come
la S. Sprucei possa : aver fiori grandi unitamente a strutture che riecrdano |
la $. scabra HBK. È vero. che da questa differisce per il sistema pi-
lifero ridotto più che altro a pulvinuli, giallo-ferruginei, ma noi faremo
osservare che le due specie ‘abitano territori differenti. Anche colla 8.
pu'chra pare che vi siano accenni di parentela, poichè in fondo questa
differisce, più che altro, per un minor sviluppo del sistema pilifero. Meno
chiara è l'affinità colla S. Leò, mentre intensissimi sono i. rapporti fi-
he una forma, di-
n tici colla 8 floribunda la quale non è altro e die
Dr peri j nta e anche un m mierofilla della > Sprucei. ee
A
È
E°.
La n
sa)
AR
a
È ai
ini fatt le stesse ragioni. a
Infine anche oN rd ‚Schli on "st hanno non a caratteri simi-
y i l'affinità è assai fata evidente. |
-~ granulare alla parte.
`
peso agli stili che sarebbero brevi: ora il criterio non è sempre valido, |
avendo noi trovato degli esemplari longistili, o per lo meno dotati di
stili mediocri.
E questo diverso comportamento degli stili lo si osserva, si può —
dire, in tutte le specie del genere, per cui non si può dar molto peso |
alla lunghezza maggiore o minore di detti organi. ;
43) Saurauia floribunda Sprague (Ex Benth. mser.) Prelim. Rep. of
the Cap. Dowding Columbia Exped. =
» Ramali füsei, internodiis elongatis; petioli strigulosi paler p
lamina oblanceolata, apice ottusa interduum brevissime acuminata 28-34
em. lata, margine minute denseque denticulata, venis lateralibus Tn
trinque 19-23, tertiariis irregularibus; pagina superior scabriuscula in- a
ferior pulverulenta; paniculae floribundae longepedunculatae: flores 1,25
em. diam. Sepala utrinque dense pubescentia. Stamina 42-44, Palla-
tanga: Equador. Spruce 5540.
Esemplari studiati:
Es. del Museo di Pietroburgo N. 5540 raccolto da Spruce sulle
‘Ande dell’Equador (an. 1857-89). a
‚Es. del Museo di Kensington (laid), È
mai Ero
Ar 2
GE
Es. dell’Erbario Delessert (Idem). n
Es. del Museo di Parigi (Idem) (anno 1861!) Coll. Spruce. ` en
Es.’del Mus. Palat. Vienna (Idem). ci
Es. dell’Erb. di Kew (Idem), contrassegnato, nel cartellino annesso, w
come un piccolo albero (18 pedalis) vage subramosa: ramuli crassi longi
secus apicem subdistantes foliosi: floribus albis. (i quali emanerebbero ~
odore analogo a quelle delle Primule).
Fusto solcato, bruno grigio, pulverulento per minutissimi cuscinetti
commisti a sete gialliccie, appressate, ben distinte solo alla lente.
Picciuolo robustissimo, o sottile (Es. di Kensington), soleato-striato,
grigio cenerino o bruniceio, pulverulento, lungo 2-4 cm. (9,5 cm. nel-
PEs. di Kew), tubercolato mucronulato, con mucroni rosso-giallieci o gri-
| giastri, appena visibili alla lente, è quali danno x vole un aspetto
Lembo sottile, cartaceo o Sabcorianoii ovato od obovato-lanceolato,
scabro da ambo i lati, lungo 16-36 em. largo 6-12 cm., terminato bru-
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
scamente in punta acuta, cortissima, denticolata, o solo acuto (Es. M. De-
lessert), un po asimmetrico alla base che è gradatamente cuneata, acuta.
Margine integro alla base, o minutamente tubercolato denticolato, gros-
solanamente denticolato, od anco doppiamente od irregolarmente ser-
rulato dal mezzo in su (Es. di Parigi), con dentature e serrulature
distanziate od appressate, sormontate da mueroni diritti.
1 Pagina superiore verde, opaca, oppure castano bruna, granulosa
alla lente sul parenchima, sparsa di mucroni e sete cortissime, tozze
gialliccie, rare, sulla costa, dove si incontrano pure dei pulvinuli (Es.
di Parigi), e sulle nervature, mentre si mostra coperta, sul parenchima,
da minutissimi tubercoli. Le produzioni pelose sono solo ben distinte
alla lente, per cui la superficie ad occhio nudo appare subglabra.
Pagina inferiore verde chiara, d’aspetto pulverulento o granulare
grigiastro sul parenchima, ferruginea sulle nervature. Il rivestimento di
tricomi, caduco, appare costituito, sulla costa, da minuti pulvinuli ce- |
nerognoli commisti a setule appressat? gialliceie, ingrossate alla base,
ben distinte solo alla lente, o lunghe al più 1 mm. Solo nell’Esemplare
di Vienna le setule si allungano notevolmente verso la base fogliare,
raggiungendo 3 mm., ed ivi si fanno curve, bianchiccie, robuste.
Sulle nervature si incontrano pulvinuli cenerognoli e tubercoli, ra-
rissime essendo le sete. Tutti questi elementi sono distinti solo alla
lente. Il parenchima è disseminato di peli stellati e di tubercoli gial- |
licci, gli uni e gli altri straordinariamente minuti. Nell’ Esemplare di
Kew la pelosità della pagina inferiore è tuttavia abbastanza intensa. . È
Nervi secondari poco manifesti sopra, più o meno numerosi (15 nel-
| PEs. Deless., 20-25 nell’Es. Kensing.) distanziati fra loro, almeno all’apice
del lembo, molto o poco sporgenti, assieme alla robusta costa, alla pa-
gina inferiore, paralleli fra loro o a decorso vario, subdicotomi ante-
riormente, obliqui. Nervi di 3° ordine pure fra loro distanti, spesso for-
manti un reticolo a maglie larghe nel mezzo del parenchima interposto
fra 2 nervi secondari, perpendicolari; all'origine, a questi ultimi o alla
come pra di pd r Mipginiigonte ni 7 ‘ la en della
| foglia, più di rado :subeguale a questa (Es. di Parigi e Kensington), o
; Sa mi (20 em. di lung Hess per 9 di ee aavichia pi
midale ramosissima (Es. di Parigi) portata da un peduncolo al più lungo.
9 em., con rami lunghi da 1 (Es. Delessert) a 8 cm. (rami basali del-
VEs. di Parigi), obliqui, fastigiati (Es. Parigi), o patenti (Es. Delessert).
Peduncolo bruno rossiccio, cilindrico, 0 un po appiattito, rugoso 0
striato per lungo, finamente pulverulento per un rivestimento cenero-
gnolo, in parte deciduo, costituito in parte da minutissimi tubercoli
tozzi e giallastri, in parte da pulvinuli di peli stellati (?). I rami ei
pedicelli sono di preferenza coperti dai tubercoli, per cui appaiono = Er
licci cenerognoli.
Brattee triangolari, allungate (8 mm. nell’Es. di Parigi) o brevi (2- 3
mm.) strette (2 mm.) acute, diritte, o curve (Es. d. Erb. Kensingt.), pu-
bescenti come il resto.
Fiori un po stipati, piccoli (almeno nel boccio maturo) (1), o discreti y
(15-18 mm.) subsessili, o portati da brevi pedicelli ornati da 2 0 3
minute bratteole basali, o spostate verso il mezzo (Es. di Parigi). Li
Calice di 5 sepali lunghi 4 mm., ovali, un po acuti od ottusi a se-
conda della posizione nel boccio, tubercolato-mucronulati (tubercoli gial-
licci) nelle parti scoperte nel boccio, pulverulento-cenerognoli all’esterno, i
totalmente, o solo verso lorlo (Es. di Deless.) all’interno, ciliolati al-
margine (Es. di Parigi). Il rivestimento è ben distinto solo alla lente.
Corolla più grande del calice (?) a petali ottusi, smarginati, o in-
tegri. Stami più o meno numerosi (30 circa nell’Es. Delessert e oltre a 50. j
in quello di Kew) barbati alla base con peli biancastri, ad antere lun-
ghe. Ovario sormontato da stiti corti (Es. Deless., Vienna), o discreti.
Caratteri differenziali e di affinità. La grande affinità che pre-
senta la S. floribunda colla S. Sprucei ci permette di esser brevi nella
rassegna delle affinità. Queste infatti sì riferiscono pressochè alle forme |
che sono affini alla Sprucei. L’affinitä colla S. scabra HBK appare .
| amcor più evidente pel fatto che la floribunda ha fiori più piccoli della
S. Sprucei e quindi più conformi a quelli della 8, scabra HBK.
56
r
de
ai 3 een non SER hanno fiori simili a dis di. altre specie i
affini all
Caratteri differenziali
S. foccifera T. e PI.
S. floribunda Sprague
Caratteri comuni
i |di 8°
Stami
Piceiuolo lungo 2-3
Aem., er pulverulen-
to setu ;
ene: rossiccia s0-
vieinati fra loro: quelli
ordine distinti]l
4°.
da quelli di
20-25.
Colombia
Piceiuolo talora as-
sai lungo, robusto, pul-
verulento tubereolato.
| Apice del fusto coperto|
Pagina superiore ver-
Aitei- bruna, l’inferio-|
Pagina inferiore co-
sparsa di sete, mucroni,
pulvinuli e peli stel-
ti.
Nervi AE di-
stanziati: quelli di 3°
ordine poco distintl da
di 4°
o-|pulverulenta (pulvinu-
i). le
lenti dentro
noltre
ar
peli bianchi. Stili corti.
Alquanto meno affine è la S. pulchra Sprague, pure della Columbia, i
dai ubi es a calice in ‚Dante Be sia Neo che ai meme
tata, serrulata, acuta o a-
cuminata.
Nervi secondari 20.
nfiorescenza pulve eru-
nto-tubercolata, più o
meno sviluppata.
.. piecole, trian-
golar
" Piori discreti, Pure
e fuor e i-
tabefesiaci Sata
coperte nel boe-
"Petali più grandi, di
L’alto SeN di ate che Sk tuttavia lo get a
qualche pulvinulo, della S. laevigata Tr. e Pl. ci impedisce di confon-
dere queste due forme. La Laevigata inoltre ha un minor numero di nerv
secondari e questi sono sottili. Dobbiamo De
. caratteri di affinità: così entrambe . hanne
pulvinuli, piceiuoli lunghi 4 cm., mi
infiorescenza svilu]
ta, minutame De
notare che molti sono
Pps
l Ba fiori mediocri con brevi pedicelli, stami 25 A Koo
Lg sa Smithiana Buse, e n pure * caule ed il piece
alla base, con punta all’ apice, l’ infiorescenza pulverulenta (in parte,)
subeguale alla foglia e portata da un lungo pedunculo, infine le brattee
minute, triangolari, ma differisce pel margine cuneato, per il lembo
quasi glabro e poco ricco di nervi, pei fiori piccoli a 4 sepali glabri-
dentro e fuori, per gli stami poco numerosi, e infine per la patria.
Nella Pseudoparviflora troviamo pure i rami e le foglie giovani
coperte da un tenue indumento, ma le sete sono più sviluppate. Le foglie
poi sono serrulate e i calici glabri.
Per quanto concerne le differenze colla S. Sprucei vedasi quanto
abbiamo detto a riguardo di questa.
Caratteri differenziali
i Caratteri comuni
S. Schlimmi Sprague |S. floribunda Sprague
Apice del fusto uo Apice coperto da pul-| Picciuolo lungo 4 em,
perto da lunghe sete|vinuli e minutissimi|robusto.
fulve. tubercoli. Lembo
discretamente!
Picciuolo setoso. Picciuolo pulveru-|sviluppato, acuto all'apice
Base del lembo ot-\lento, tubercolato. ed alla base.
tusa. Base del lembo ua N En più o me-
Pagina superiore ed|od ottus
o grande, pulverulenta.
sth poco o punto Pagina superiore sca-
bra.
Brass spesso allungate,
triangolari.
Br fogliare ser- aa denticolato.| Fiori disereti.
erv :
i 18-20. Minute sete, muero-
Peli Tüngki sulla co-|ni, pulvinuli e ‘peli stel-
sta, misti a pulve rù-|lati alla pagina inferio-
lenza, mueroni sui ner-|re del lembo fogliare.
vi secondari, pulvinuli] Tubercoli minuti alla o
sulle altre parti della|pagina superiore.
[pagina inferiore Fiori subsessili, o bre-
Sete e pulvinali sulla|vemente pedicellati.
pagina superiore. Calice tubercolato|
Pedicelli discreti. jsulle parti scoperte nel
Caliee pulverulento.|boccio, pulverulento al-
Stami pochi. trove.
N. Granata Stami 20-50.
| Equador
BE depualorieneis si hanno i rami, i piceiuoli e le vene metalli
la lamina inoltre è breve, quasi glabra superiormente, oscuramente pul-
verulenta sotto, i fiori infine sono grandi.
sa
La S. floribunda non è altro che una forma aberrante della $.
Sprucei, da cui differisce quasi unicamente pei fiori più piccoli. Essa
uindi condivide le affinità di questa. E il caso di domandarsi ora se
dla una specie realmente buona, o non piuttosto fo essere conside-
rata come una varietà della Sprucei. La risposta è difficile, ma noi os- >
serviamo che fra i vari esemplari della Floribunda provenienti da Pal-
latanga e portanti il n. 5540 quello di Kew porta più di 50 stami,
vale a dire quanti ne hanno taluni esemplari della S. Sprucei.
Ciò starebbe a provare adunque che le due specie non sono tanto
differenti quanto parrebbe dalla descrizione dello Sprague.
a) Saurauia floribunda ii var. laevigata Busc.
Esemplare studiato.
i Es. dell’Erb. di Parigi, stato raccolto da Iustin Goudot (an. 1844)
nella N. Granata e più precisamente alla Palmilla (Iboque), dove fu
trovata in fiore tra Novembre e Dicembre. Sub nom. S. laevigata
= Tr. EL
Caule esile pulverulento, in specie all’apice, ferrugineo: fra i pul-
vinuli si notano dei mucroni setuliformi, appena sone di ad occhio.
Lo stesso rivestimento sulle parti giovani.
| Picciuolo breve (1-2,5 cm. } solcato, cenerognolo, fangen, por-
tante lo stesso rivestimento del fusto.
Lembo lungo 10-18 em. largo 5-7 cm. ovale obovato, sottile, verde
bruno sopra, verde chiaro sotto, terminante in breve punta acuta, cu.
neiforme alla base che talora è anche decorrente, più di rado ottusa.
Margine finamente mucronato denticolato, a mucroni diritti o curvi.
Pagina superiore, liscia, ma alla lente parcamente vestita sul pa-
renchima di peli chiari appressati; sulla costa si nota un rivesti-
mento di brevissime sete, miste a pulverulenza ferruginea. I nervi
secondari sono pressochè glabri. Di qui l'aspetto liscio della ne
ad un esame ad occhio nudo. 7
5 Pigias ihfarions oseuramente gn per ern peli
- (visibili a forte ingrandimento) sparsi sul parenchima. Le nervature,
ed in specie la costa, portano anche delle setule mucroniformi, appena
visibili ad occhio. |
Nervi secondari in numero variabile da 12 a 18, curvi, patenti,
spesso anastomotici fra loro ai bordi della foglia: quelli di 3° ordine
finissimi, diritti, o curvi, distanziati fra loro, granulosi.
Infiorescenza più breve della foglia (8 cm.) parviflora, a rami
brevi (2 cm.), patenti. Peduncolo bruno, non molto robusto, lungo &
cm., al pari dei rami pulverulento tubercolato. Rami però ferruginei
per maggior sviluppo delle setule tubercoliformi, le quali sono appres-
sate e sempre distintamente visibili solo alla lente.
Brattee brevissime ze mm. lunghe, 1 mm. larghe) pure pules
rulento-setulose.. |
Fiori del diametro di 14 mm. portati da pedicelli lunghi 103
_ mm. Calice a 5 divisioni, ottuse od acute. Sepali lunghi 5 mm., glabri
all’interno, pulverulento- tubercolati all’esterno, ma limitatamente alle
regioni scoperte nel boccio essendo il resto dalla Lele glia glabro. Mar-
gine cigliato.
Corolla di poco più ampia del sala (7-8 mm.), glabra, a lobi ot-
| tusi, ovali. Stami 25 subeguali al calice, ad antere lunghissime, bifide,
fine. Filamento subeguale all’antere, rossiccio e barbato alla base con
peli er corti. Ovario a 4- 5 stili ninga Ä
s
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
Caratteri differenziali e di affinità.
Caratteri differenziali
S. floribunda Sprague
S. floribunda Sprague
var. laevigata Busc.
Caratteri comuni
Picciuolo robusto,
ungo da 2 a 9 cm,
Pagina superiore gra-
nulosa per minuti
bercoli o mucroni se-
tuliformi sui nervi e sul
| parenchima
Pagina inferiore pul-
verulenta per sete, mi-
nuti mucroni, pulvinuli
e peli stellati piccoli.
Lembo spesso grande.
Peduncolo talora
Infiorescenza multi-
ora.
Fiori discreti (14-
181
Sepali pulverulenti|em
del tutto all’ interno,
solo sulle parti scoper-|
te nel boccio all’ester-
no: inoltre tubercolati.|
mi 2
5-50. Stili
Equador
Picciuolo pulveru-
lento e minutamente se-
Pagina superiore li-
Caule all’apice pulve-
rulento ed inoltre ornato
i minutissime setule mu-
eroniformi.
Lembo di eolor verde
bruno verde chiaro
scia, alla lente parca
mente disseminata da
peli bianchi, appressati.
etule mueroniformi
sui nervi.
Pagina inferiore o-
scuramente
lenta» per
peli stellati, visibili alla
si misti, sulla costa
ui nervi, a mucroni
iei tortol, i
Lembo piccolo (10-
18xX7-
ee lungo 3
Der
Infiorescenza parky.
ora.
Fiori piccoli (14 mm.)
Sepali glabri allin-
terno, pulverulenti al-
‘esterno solo nelle parti
scoperte nel a ci-
gliati al margin
tami 25; stili lun-
ghi (4-5).
N. Granata
pulveru-|
minutissimil
bruno sopra
sotto, obovato, sottile, ter-
minato in breve punta.
Base acuta, decorrente od
ottusa. Margine denticola-
to. Nervi secondari curvi,
Infiorescenza pulveru-
'lento-tubereolata
Brattee mune
Fiori brevemente pedi-
cellati. Pedicelli bratteo-
lati
tl.
Corolla più lunga del
calice, glabra
ami ad antere lunghe
col filamento barbato
alla ase.
Dalla pseudoparviflora Buse. della Bolivia differisce pei seguenti ca-
ratteri: il caule è pulverulento setuloso, anzichè solo setuloso ed ha setule
più brevi: il pieciuolo non porta delle sete dilatate alla base, ma è solo
tubercolato; il lembo non è molto dilatato anteriormente e neppure ser-
ito: la pagina inferiore non mostra delle setule barbate alla base, ma
solo dei minuti mueroni e peli stellati: l infiorescenza è tubercolato-
pulverulenta, anzichè setosa. I fiori sono mediocri per grandezza (minuti
lla S. pseudoparviflora) e inoltre non solamente cigliati al margine
e subglabri: l’ovario infine ha più di 3 stili.
«Le affinità con questa specia sono però notevoli: entrambe hanno un
caule pulverulento setuloso all’apice: un lembo sottile, verde bruno sopra,
più chiaro sotto, non molto grande, acuto alla base, terminato in punta,
colla pagina superiore scabra, mentre l’inferiore è d’aspetto pulverulento: i.
nervi secondari sono poco numerosi e alla pagina superiore mostransi
bianchicci per le sete che li ricoprono: quelli di 3° ordine decorrono
ra loro distanziati: la pagina superiore è coperta di sete appressate e
di mueroni setuliformi (giallicci però nella S. pseudoparviflora !): Vin-
fiorescenza non è molto grande e porta delle brattee poco sviluppate,
triangolari: i fiori infine sono subsessili.
-~ La Pseudoleucocarpa differisce pei pieeiuoli solo mueronati: pel
siga) subcoriaceo, ruvido, terminato in lunga punta; pel margine cre-
i per le nervature più numerose: per e pagina inferiore priva
i stellati (la superiore presenta pure dei peli bianchieei !): per le
lineari: per l’infiorescenza meno vestita: pei fiori più piccoli, a
calice variamente pulverulento ed a gli stiti atrofici.
UN
er too
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Caratteri differenziali
S. Stapfiana Buse.
S. floribunda Sprague
var. laevigata Busc.
Caratteri comuni
Apice del fusto pul-
verulento, setoso. Sete|
lunghe, ferruginee.
Sete dei picciuolo
lughe 2
ber ani fer-
rugineo sotto, rosso s0-
pra, see la
N spada co-
perta di sete tozze, ros-
pert.
da Rel: stellati. I nervi
vestiti di croni e
pulverulenza.
Nervi 16-22.
Infiorescenza a brat-
tee grandi, deltoidi,
\pulverulento-setosa.
| Fiori on o su
pedicelli brev
Stili aioe..
Apice del fusto pul-
verulento-mucronulato.
Mueroni del piceiuo-
lo brevissimi.
Lembo sottile, verde
bruno sopra, piü chiaro
sotto, ovale obovato.
Pagina superiore li-
scia, coperta, sul paren
chima, da peli bian
chieci. Nervi maggiori
setoso-pulverulenti.
Nervi 12-18
Infiorescenza a brat-
tee triangolari, poco
to-tube colata.
Fiori talora su pe-
dicelli lunghi.
Stili lunghi (4-5).
‘sviluppata, pulverulen-|
Picciuolo Be pulve-
rulento setu
Apice del le ter-
minato in punta.
Base del lembo acuta:
margine denticolato mu-
cronato
Lembo non molto gran-
Nervi di 3° ordine fini.
Infiorescenza più breve
della foglia.
Fiori Taal, discre-
tamente sviluppati
epali minutamente se-
tulosi nelle parti scoperte
nel boccio, del resto gla-
bri, o cigliati al margine.
Stami 25
Palmilla
La S. floccifera Tr. e PI. differisce per le sete più lunghe all’apice
del caule pulverulento, pei faseicoli di peli bianchicci del picciuolo, pei
minuti e rari pulvinuli bianchi alla pagina superiore. del lembo, pei
pulvinuli all’inferiore, per le nervature più numerose ed appressate, pel
lembo discretamente grande (non sempre 1), per l’infiorescenza più grande,
e infine pei sepali pulverulenti dentro e fuori.
Nella ©. Smithiana Buse. troviamo anche l’ apice caulinare e il
picciuolo pulverulenti per cuscinetti minutamente setulosi, un lembo
spesso non molto grande, bruno verdiceio sopra, più chiaro sotto, pochi
nervi secondari, una infiorescenza più breve della foglia, pulverulento-
setulosa, brattee minute triangolari, pochi stami e stili lunghi, ma essa
differisce per il lembo erenulato, quasi glabro, pei fiori piccoli, glabri
` dentro e fuori e solo eigliati al margine.
Caratteri differenziali
Caratteri comuni
È floribunda Sprague
S. laevigata Tr. e PI. ar. laevigata Busc.
Apice del fusto co-! Apice del fusto co-| Lembo ovale obovato,
perto di rari cuscinetti|perto di pulvinuli e mi-/terminato in breve punta,
nuti mucroni. cuneiforme alla base che
lungo 4 Picciuolo breve, ce-|è acuta decorrente.
cm., rossiccio bruno, nerognolo, coperto dil Nervi secondari 12-18.
|glabro, o con qualche |pulvinuli e mueronijNervi di 3° ordine fini,!.
| a nulo. . minuti. distanziati, sparsi di mu-
| Lembo subeoriaceo-, Lembo sottile, bruno|eroni.
cartaceo, rosso bruuo|verdiccio sopra. Infiorescenza spesso
pr Lembo di discrete |parviflora, più breve della
Lembo breve, o gran- dimensioni, fimamente!foglia (non sempre nella
denticolato mucronato.|S. laevigata !).
Lembo col parenchi-} Rami pulverulenti, s se-
nti. |ma disseminato di peli]tosi,
mbo granuloso alla!chiari Brattee minute trian-
pagina superiore, fina- ta di mi |golari.
mente incavato all’in-|} gi Corolla più ampia del
|feriore, glabro. inferiore sparsa di peli calice. `
Peduncolo glabro, o stellati e mueroni mi-| Stami circa 25.
|con qualche cuscinetto. nuti
Fiori su pedicelli Peduncolo tubereo-
lato pulverulento.
| Fiori subsessili, o su
\brevi pedicelli.
Apo Stili ridotti. |
Qui ndio
margine. Stili i Lunghi.
; La Palmi
Dalla s. E Tr. ‘PL loan pel. fatto. che.i rami, i pic-
einoli « e le maeneene non ‚sono de come il ia Perno stri. ©
q diis, dei. Le Ca minuti alla pal gr La "i è ca
3 ifferente. Per ‘quanto. riguarda le affinità colla S. coroicoana vale
> pressochè q quanto si „dirà a riguardo della 8,- floribunda var. persmionar
La caratteristica principale di questa forma sta nella presenza, sulla
pagina superiore del lembo, di peli bianchicei, minuti, appressati: questo
vale subito a farla distinguere dalla S. floribunda. nl
Non è quindi del tutto improbabile che la S. floribunda var. lae-
vigata non costituisca una mera varietà di questa, ma rappresenti una
specie a se, come l’attesta anche la patria alquanto differente. In tal
caso la nostra specie sarebbe quasi intermediaria tra la S. floribunda
e la S. pseudoparviflora, ed anzi per alcuni caratteri si accosterebbe
persino più a questa che a quella.
Dal punto di vista filogenetico si può pertanto affermare che la var. |
laevigata della S. floribunda si collega, oltrechè a questa, anche alla
Pseudoparviflora. Meno intimi sono i legami filogenetici colla S. lae-
vigata, con cui tuttavia condivide la patria. Non erediamo adunque che
gli autori abbiano colpito nel Be assimilandola completamente a que‘
st'ultima.
b) Saurauia floribunda Sprague var. peruviana Busc.
Esemplari studiati.
Es. stato raccolto da Mathews nel Perù, presso Chacapoyas (Bab,
Kew). i
Caule pulverulento alla sommità, con tubercoli numerosi, ferru
| ginei come la pulverulenza, ben distinti solo alla lente.
Picciuolo fogliare lungo 3 cm. e più, pulverulento ferrugineo ad
= delle, ma in + nadia REN; di minuti. tubercoli PAR alla base.
uni rosso ER alla pagina daprriore, verde sai» e
molle al tatto all’inferiore. Margine denticolato mucrosato, ‚con mu-
| croni curvi, spesso setuliferi. di
| Pagina superiore. un po ruvida per minuti mucroni a gialla,
“ei alla taie si osserva però ri i nervi sono vestiti ‘n minute
sete fulve e da pulvinuli, mentre sul parenchima sonvi a stellati
minutissimi, per quanto più sviluppati che nella var. laevigata. Le
ascelle dei nervi secondari sono infine lievemente barbate.
Nervi secondari poco distinti, al pari della costa, sopra e anche.
poco rilevati sotto: in numero di 20 circa, spesso subdicotomi, in specie
nella metà anteriore del lembo. Nervi di 3° ordine finissimi, distanti.
gli uni dagli Sr poco marcati e formanti un reticolo lasso. Costa
robusta.
Infiorescenza a pannocchia puleni alla base, Lr
tubercolata all’apice, più breve della foglia, rosso bruno o ferruginea,
a rami lunghi o discreti. Brattee sottili minute. «SA
Fiori portati da pedicelli lunghi 2-4 mm. e ornati di nina
bratteole. Calice a sepali lunghi 4 mm., ottusi o pulverulenti, o persino.
subglabri all’esterno, cigliati al margine, glabri all’interno. Petali non
visti e neppure gli stami (nel cartellino però sta seritto « antherae vix
congruunt »). Ovario glabro, a 2 5 stili lunghi, fini, a stimma punti-
forme. i
Caratteri differenziali e di affinità. Colla S. fori | tipica ha
comuni i seguenti caratteri:
L’apice del caule è pulverulento tubercolato, al pari del picciuolo:
il lembo terminato in punta obovato, lanceolato, scabro e tubercolato su-
periormente, cosparso di pulvinuli, sete minute, mueroni e peli stellati
alla pagina inferiore; i nervi secondari sono cirea 20 e quelli di 3°
ordine formano un lasso reticolo: l’infiorescenza è ramosa, più breve.
della foglia, pulverulenta tubercolata, infine i fiori sono piccoli, porien 7
da breve pedicelli ornati da 2 o 3 brattee basali minute.
I caratteri differenziali vanno cercati nel margine fogliare che il
è serrato nella nostra varietà, la quale poi ha le ascelle dei nervi se-
condari barbate, le brattee più piccole e i fiori a calici glabri o sub-
~ glabri all esterna ed all’interno.
Caratteri differenziali
S. floribunda Sprague
var. laevig
S. floribunda
var. Peruviana
Caratteri comuni
Lembo sottile, verde
vp Regio ovale od
obov
Pagina ere li-
scia, spar i pulvi-
nu uli (o Ara "alle setule
le mucroni).
Ascelle dei nervi se
perficie appaia pulve-
rulenta.
Fiori portati da pe-
dicelli lunghi, o brevi.
a Palmilla
` Lembo subeoriaceo,
bruno rossiccio sopra,|
er lo più obovato lan-
ceolato.
Pagina superiore leg-
germente ruvida,
cosparsa di pulvinuli
e minute sete. Ascelle
dei nervi secondari bar-
bate
Pagina i a co-
perta nuti cusci-
netti pilveralenti, ol-
tre ai peli stellati e
alle setule.
Pedicelli brevi.
Apice del caule pulve-
rulento tubercola
Picciuolo breve, collo
stesso rivestimento d
Pagina superiore sparsa
di mucroni e minute se-
E
e.
Pagina inferiore vestita
i minuti 424 ..
Infiores ram
payerülonto- kb doo |
a brattee minute.
Calice subglabro o gla-
bro all interno ed all’e-
sterno, ad eccezione delle]
parti scoperte nel bon
Stili fini,
Caratteri ‘differenziali
.S. peruviana Buse.
= eis Sprague
. peruviana Buse.
Caratteri comuni
Apice del caule co-
perto da sete lunghe
1-2 ` mm., brune, miste|
‘cm., largo 7-10. Margi-|
|ne, serrato e anche dop-
|piamente, all'apice. Fra
le serrature si anae
[delle sete.
sete minute e mucroni|
sul parenchima, le une
e gli altri appena vi
sibili ad occhio. Sete
della costa ca a
|mm., miste |
‚irulenza. Sete più bna,
- jsui nervi.
Pagina inferiore co-
rta da sete eisa
Jalla base, lunghe 1 mm.
|sulla costa, fuly
rea Vins
Irulento-setosa.
. Pagina superiore sr
Apice del caule tu-
bercolato pulverulento,
ferrugineo.
Picciuolo pulveru-
lento tubercolato.
Lembo più breve..
Margine mucronula-
to denticolato, od da
denticolato-setulo
agina superiore È gra-
nulosa per minuti mu
eroni gialli. Sulla costa
i hanno dei mucroni
oche sete minute,
\appressate.
Pagina inferiore co-
perta da piccoli pul-
vinuli, peli ‚stellati e
minute se
Infiorescenza tuber
colato-pulverulenta.
‚Pieeiuolo lungo 2,5-3
c
Lembo un po
ruvi
sopra, pulverulento sotto,
riormente in
molto grande. $
Ascelle dei nervi
‘condari barbate.
Nervi 18-20. |
Infiorescenza dotata di
brattee minute, più breve
della foglia.
Sepali non molto grandi,
pulverulenti tubereolati!
nelle parti scoperte ne
boccio, del resto glabri
5 stili lunghi.
punta, non
se-
Perù
Uno degli esemplari della S. peruviana, stato del pari raccolto dal i
Mathews, rassomiglia ancor di più alla nostra varietà ‚per aver il pie-
eiuolo e il caule (apice) tubercolato-pulverulenti, i i sepali piccoli (4 mm.)
l’infiorescenza pulverulenta e il lembo mueronulato alla pagina superiore. i
| La S. Schlimmi Sprague differisce per le lunghe sete dell’apice del
caule e del picciuolo, pel lembo sottile, serrato, a base ottusa, a pa-
gina superiore subglabra sul parenchima, setosa sulle nervature, a pa-
gina inferiore pressochè analogamente rivestita, pei fiori p gran di, a
E pulverulenti esternamente. —,
ias ne Bic: della Bolivia non può andar con-
fusa colla nostra per il caule e il piceiuolo setulosi, pel lembo cartaceo,
serrato, vestito alla pagina superiore ed inferiore da sete, bianchiccie sui
nervi o gialliccie, barbate alla base, ma non simulanti peli stellati, per
le brattee più lunghe, per l’infiorescenza setulosa, pei fiori molto più
piccoli, a sepali subglabri e a stili brevi. Le ascelle dei nervi secon-
dari, poco numerosi, non sono inoltre barbate.
‚La S. floccifera Tr. e PI. ha il caule coperto, all'apice, da pulvinuli
e sete, la lamina cartacea, talora serrata dal mezzo in su, sparsa supe-
riormente di pulvinuli bianchicci, mentre presenta la pagina inferiore |
| coperta, ‚molto parcamente, di pulvinuli e mueroni. L’ infiorescenza è
| Spesso subeguale alla foglia e porta dei fiori dal calice priremi dentro
ua soon e dagli stili corti.
Caratteri differenziali
Caratteri comuni
N Civici S. floribunda Sprague
; | var. Peruviana Buse.
ce
Caule pulverulento-| Caule tubereolato- pala lungo 3 cm.
setuloso all’apice. \pulverulento (alla Jen-|c %
Piceiuolo collo stesso|te) verso la sommità. ER cuneiforme, at
|rivestimento del caule.) Picciuolo collo stesso cuto agli estremi, ‚subco-
agina superiore ed|rivestimento del caule.'riaceo si
inferiore della foglia Pagina superiore del Pagina superiore ros-|
lembo. scabra, P infe-|siccia bruna, l’ inferiore].
Apice del lembo a-|riore molle al tatto. gialliceia, verdiccia o fer
Apice fogliare ter-[ruginea,
Sira bo piccolo, ser-|minato in punta. agina superiore co-
rulato-mucronulato. Lembo discretamen-|perta di setule e
2. Nervi 12-15: Nervilte sviluppato, dentico-/eroni.
= |di 3° ordine perpen {lato mucronulato.
dicolari ai secondari. | Nervi circa 20: quel
Ascelle dei nervi se-|li di 3° ordine in re-
eondari non barbate. |ticolo.
Pagina inferiore di) Ascelle dei ee se-
aspetto pueverulento eondari barbat
per ee minute e Pagina WIE -
muer sparsa di setule, mu-
likoran tuber- jeroni, pulvinuli e peli
la stellati minutissimi.
Fiori minutissimi,| Infiorescenza pulve-
glabri sulle faccie. |rulento-tubereolata.
Coroico Fiori non minutissi-
mi. Calice pulverulen-|
to o sub-glabro. A
Perù | >
Infiorescenza più breve
della foglia, con brattee
minute, je
Ovario a stiti in nu-
mero variabile.
cola
+
* *
| Qui ci troviamo di fronte ad una forma la quale, da un lato ha i
| caratteri della 8, floribunda, dall’ altra quelli della S. Peruviana e >.
cialmente di alcuni. esemplari raccolti dal Mathews.
Si tratta quindi di un tipo intermediario : non divenuto tale acci-
vena ma a perchè crescente in località, (1 ) quasi situata a mezza
(1) Cordillera Centrale, a poca A dall’ yssit,
via da quello che hanno visto sorgere da una parte la S. floribunda,
dall’ altra la S. Peruviana. z
Non abbiamo ereduto opportuno di elevare la var. Peruviana al
grado di specie buona, o di fonderla piuttosto colla Peruviana, troppi.
essendo i rapporti colla 8. floribunda tipica. Ma ammesso giusto il no-
stro criterio sistematico ne deriva conseguentemente che la S. floribunda
è una specie oltremodo polimorfa la quale contrae rapporti con parecchi
tipi affatto differenti, quali sono la S. scabra HBK e la Peruviana Buse.
44) Saurauia pseudostrigillosa Busc. n. sp. (Tav. VI fig. 11).
Esemplari studiati.
Es. N. 152 raccolto da A. S. I. Sodiro nelle foreste subandine del-
Equador presso “onzacoto, a circa 2000 m. d'altezza (Maggio 1882).
Es. N. 152 b (idem).
Ramuli ad apicem pulverulento - setosi : setae squamiformes ad-
pressae elongatae : petiolus ut ramuli pulverulento-setosas: setae attamen
longiores. Lamina chartacea, maiuscola vel discreta obovata, utrinque
acuta aut ad basim obtusa, antice saepe apiculata, margine serrulato
denticulato : serraturis distantibus mucronatis. Pagina superior fusca
tuberculis minutis instructa, attamen nervi setosis.
Pagina inferior nigrescens lutea secus costam pulverulento - sai i
nervis setoso - tubereulatis en vero pelis stellati ornato. Tu-
. berculi pulverulenti.
Nervi secundari multi obliqui intdichotami
-Inflorescentia multiflora, valida - ramosa folium Bre zine setis
patentis aut adpressis et pilis stelliformibus instructa. Pedunculus pul-
verulento-setosus. Braeteae minutae aut elongetae a ramulorum divisio-
ne remotae vel ad pedunculi apicem insertae.
Flores discreti, calice setoso in parte ad aere exposita in gemmu-
Sele; ‚ Caeterum pulverulento, Corolla sang rn Serra multa.
"IRINA tis ornat
“Fusto b ra solcato e coperto apici da sete gialliceis: squami-
; inghe 1-2 mm., appressate (un po’ riecie nell’esempl.
-152 b, non molto abbondanti è ae immerse in un rivestimento pulve
rulento. cenerognolo. — |
Picciuolo "P 1- 2, em. La anco 3-4 (Es 152 2.5) see sordi- |
damente ferrugineo cenerognolo, leggermente solcato sopra, coperto dello T
stesso rivestimento del fusto, colla differenza però che le sete, pur
dilatate alla base, sono più lunghe (2-3 mm.) e patenti.
Foglie cartacee o subcoriacee (152 b), obovate, cuneate dal terzo
anteriore alla base che è acuta, talora però anche un po’ decorrente (Es. po
152 5) od ottusa (raro). Lembo acuto all apice od anco terminato bru-
scamente in breve punta. Le foglie sono lunghe 16-32 cm. larghe 10-6,
col massimo diametro trasversale verso il 3° anteriore.
Margine serrulato-denticolato, mucronato, a denticoli e serrula-
ture distanti 3-4 mm. fra loro, più sviluppati all’apice del lembo.
Pagina superiore rosso bruna, d’ aspetto glabro, opaco, 0 anche
granuloso ad un esame senza lente, (Es. 152 b), salvo le nervature mag-
giori che appaiono un po’ strigose. Superficie un po scabra per tuber-
coli visibili solo alla lente, abbastanza numerosi sulle nervature terzia- |’
rie e sul parenchima: Nervature secondarie coperte da rare e minute x
setole, miste a mucroni giallicci, discreti; costa rivestita abbondante- z
mente di sete lunghe 2 mm. appressate, grattata fine, miste a un po
di pulverulenza e a qualche mucrone.
Pagina inferiore giallo verdiccia, o cenerognola, poco o punto ru:
vida, d'aspetto pulverulento-strigoso sulla costa che si presenta ad un i
esame alla lente rivestita, sui fianchi, da rare sete appressute, sottili, ;
lunghe 1 mm. o più, gialliccie, mentre porta lungo la linea mediana
dei peli stellati e dei pulvinuli minuti cenerognoli. Sulle altre nerva-
ture si incontrano sete minute e mucroni (taluni di questi setuliformi) =
commisti, talora, a un po’ di pulverulenza (Es. 152 b). Tanto il pa-
renchima quanto i nervi minori appaiono finamente granulosi per mi-
nutissimi peli stellati, cuscinetti e mucroni, ben distinti gli uni e le
altre solo con una lente discreta.
Nervature poco distinte sopra, fini o robuste, leggermente rilevate.
sotto, ad eccezione della costa che è assai robusta e sporgente. Nervi
. secondari 16-20 nell’Es. 152 b, del resto 21-23, curvi a decorso obliquo
alla base, un po’ patenti verso l’apice dilatato del lembo dove si ren-
dono anche distanziati l’uno dall’altro, spesso subdicotomi all'estremità
i libera. Nervi di 3° ordine sottilissimi, a decorso irregolare, spesso ter-
minanti in reticolo in seno al ei perpendicolari, NEAR, ai =
secondari od alla costa.
Ne
Da
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. DR: n
Infiorescenza multiflora, ramosa, piramidale, lunga 14-23 em., larga
8 10 cent. subeguale alla foglia o di poco più breve, a rami un po’
fastigiati. Peduncolo lungo 12-14 cm. circa, robusto o sottile, spesso e
un po’ dilatato all'apice, scanalato solcato. Rami relativamente svilup-
pati (1-2 cm. e più), terminati in dicasi (non sempre però). Pedicelli =
lunghi 1 cm. e più. Brattee basali (Es. 152 b) lineari, triangolari, |
acute, lunghe 4-7 mm., larghe 2 mm., reperibili a varia altezza sul pe-
duncolo ove sono appaiate'o isolate, le altre (o tutte quante nell’esempl.
152) minutissime, spesso inserite più o meno lungi dalle biforcazioni,
od anco mancanti in talune di queste.
Infiorescenza pulrurulenta setosa: il peduncolo è però subglabro
alla base perchè il rivestimento è deciduo. Sui rami e pedicelli le sete
si fanno più corte e più numerose, mentre diminuisce la pulverulenza,
di guisa che le parti acquistano un aspetto piuttosto furfuraceo. Le
sete sono gialliccio-ferruginee, lunghe 0,5-2 mm., appressate sul pe-
duncolo e sui rami, un po’ patenti sui pedicelli. Ovunque, ma in specie |
verso l’apice della infiorescenza, si nota un fitto rivestimento di pul- ai
vinuli giallo - ferruginei o cenerognoli e di minuti peli stellati. Anche
TETE
n i ca
uit Pe ER e LL
le brattee sono pulverulento-setose.
Fiori discreti, a calice bruno cenerognolo, setuloso tubercolato (tu-
berculi però appena visibili ad occhio !) sulle parti scoperte nel boc-
cio, pulverulento cenerognolo sulla rimanente superficie, compresa la
faccia interna, cigliato lungo il margine. Sepali lunghi 6 - 7 mm., pro-
fondamente disgiunti, ottusi od un po’ acuti, disuguali ma leggermente.
Corolla a 5 petali arrotondati all'estremità, obovati, oblonghi superanti
il calice in lunghezza. Stami (visti solo, al pari della corolla, nell’esem-
plare N. 152 b) numerosi, barbati alla base con peli bianchi, con ante-
re di discrete dimensioni, poricide. Ovario glabro, sormontato da 5-6
stili lunghi a stimma mediocre.
Ara
=
Caratteri differenziali e di affinità.
Caratteri differenziali
S. strigillosa Tr. e Pl.
S. pseudostrigillosa
Buse
Apice del fusto se-
080.
Piceiuolo collo stesso
rivestimento del caule.
embo lanceolato o-
|valare, obovato.
= | Pagina superiore PO.
co o punto scabra.
Pagina inferiotel
.|chiazzata.
quasi del tutto glabra,
o con rare sete sulla
costa e
| |erone. Parenchima gra-
nuloso.
| Pagina inferiore gla
bra, eccetto sui nervi
maggiori e sulla costa
-Jehe Sinti mucroni e|
sete
L'embo fogliare bali
go 12-16 cm., largo
4.6 cm.
Quindio
na superiore|
Apice del fusto se-.
d
oso pulverulento,
Pieeiuolo collo stesso
rivestimento del caule,
me con sete più hat
ghe S
abe distintamente
ovato.
Pagina superiore
scabra.
Pagina inferiore
senza chiazze.
Nervi 16-23.
Sete ben distinte sul-
la costa, mucroni sui
nervi e sul parenchima;
costa anche polvera-
lenta.
Pagina inferiore con
lunghe sete sulla costa,
gg a pulverulen-
a. Mucroni sui nervi
|
minori. Pulvinuli e peli
stellati nel parenchima.
Lembo lungo 16-32
em. largo 9-10 cent.
d
‚quador
11/, più lunga del calice
Caratteri comuni
Apice del fusto coperto
i sete dilatate alla base.
Piceiuolo lungo 1-2 em.
Base del lembo acuta,
oglia acuto o bruscamen-|
te appuntito.
agina superiore ros-
siccio-bruna, granulare, 0
iscia, opaca
Pagina in.feriore gra- |
nulare, gialliccia.
Nervi poco distinti so-
pra, sporgenti sotto, curvi,|
obliqui, distanziati, subdi
eotomi.
un po dilatato all’apice,
virolet. ta:
Infiorescenza subeguale ;
alla foglia, o più corta, bru-| |
no-ferruginea, a peduncolo|.
rattee|.
, Piori su pedicelli lun-|
ali
sochè per fa stessi caratteri.
Stili talora lunghi.
Della var. we lla de della stessa specie differisce o ;
sA
EM
Ri
F
y
Osserviamo tuttavia pi in dd varietà se da un lato il calice è
anche pulverulento all'apice come nella nostra specie, per converso il
lembo è coriaceo, spesso crenato, con pochi nervi secondari e con quelli
di 3° ordine poco distinti da quelli di 4°, ed ha inoltre la pagina su-
periore quasi del tutto glabra. Nell'ambito dell’infiorescenza si accentua .
un pochino la rassomiglianza -colla nostra specie per la comparsa di due
brattee lungo il peduncolo e per il rivestimento pulverulento setuloso.
Però mancano costantemente i peli stellati, per cui il distacco dalla
| Pseudostrigillosa è anche quì evidente.
Nella Columbia trovasi la S. pseudoleucocarpa che potrebbe esser
| scambiata forse colla specie che stiamo studiando, per quanto differisca
pei seguenti caratteri: l’apice del caule è pulverulento tubercolato : il
piceiuolo porta delle rare sete : il lembo è lanceolato, stretto, non molto
| ampio, con rari tuberculi setuliformi alla faccia superiore e con non meno
rare setule e tuberculi alla faccia inferiore: l’infiorescenza subglabra o
pareamente setuloso- -pulverulenta : i sepali subglabri all’esterno e glabri
| all’interno, gli stami poco numerosi e infine gli stili in numero variabile.
| Colla 5. Pittieri, munita di minuti tuberculi stellati alla pagina
inferiore, e colla S. Zeueocarpa Schl. var. angustifolia Buse., entrambe
| delle regioni centro americane o messicane, non è il caso di far con
en Noteremo solo che l’ultima ha un lembo subglabro sul parenchi-
| ma e un calice glabro, per cui sarebbe facilmente riconoscibile se non |
| presentasse, al pari della nostra, delle brattae lungo il peduncolo fiorale.
Caratteri differenziali
S. Rusbyi Britt.
S. peudostrigillosa
Buse.
Caratteri comuni
SE
Pagina superiore del
osta.
Dee inferiore collo
stesso rivestimento del-
la superiore, inoltre
Pagina superiore ab-
bondantemente tuber-
colata sul parenchima
e nervi minori,
losa sulle nervature
maggiori setoso-pulve-
rulenta sulla costa.
Pagina inferiore se-
toso - pulverulenta sui
setu-!c
pulverulento. Lo stesso
rivestimento sul picciuolo
he è bre
embo obovato eunei-
forme, discreto, o grande,
scabro sopra e granuloso,
Apice del caule setoso|
sera Da
a base acuta, a margine]
serrato irregolarmente, ad|
TESE Se sede di A PRE:
NEN ei Be Br a i > Ge e ent ER aA E Be
sparsa di placche to-|nervi maggiori, mu-|apice acuto o acuminato.|
cronata e anche di Nervi terziari in reti-|
Nervi 12-15. seminata di peli stel-|colo lasso e
„Fiori grandi. Sepali|lati altrove. Infiorescenza subeguale =
subglabri anche sulle| Nervi 16-23. alla foglia (non semprej |
parti scoperte nel boe-| Fiori discreti. nella S. Rusbyi). Rami) |
Sepali pulverulenti pulverulento - furfuracei,|
cio o pulverulenti, gla-
bri altrove. d
Petali lunghi il dop-
pio se calice.
tami 40-50.
Jungas
setulosi. Brattee minute. |-
Pedicelli talora lunghi.
Stili lunghi.
entro e fuori, tuberco-
lati minutamente sulle
parti scoperte nel boc-
cio. Corolla di »0
più lunga del calice.
Stami meno nume-
rosi.
Equador |
A riguardo dei rapporti colla var. glabrata della S. Rusbyi vale
quanto si è detto per la forma generica: solo rileviamo che vi ha mag
gior somma di affinità essendo anche nella var. glabráta i fiori di mi-
‘ nori dimensioni e i lembi non coperti di beso tomentose e le ner-
vature secondarie più numerose.
Dalla var. spectabilis, all’ opposto, la nostra differisce ancor di più
perchè quella ha un lembo meno setuloso pulverulento.
| La S. Humboldtiana presenta, quali caratteristiche aci
|. seguenti particolarità: il fusto è solo cosparso all'apice di sete dilatate:
la lamina è coriacea scabra, reticolata fortemente alla pagina inferiore,
‚ colla base un po’ arrotondata, sebbene cuneiforme, e col margine denti-
colato mucronato o integro; la pagina inferiore porta solo delle sete e
dei mueroni: la pannochia è pauciflora, '/, più breve della foglia: i
fiori subsessili o brevemente pedicellati: infine gli stili brevi, od atrofici.
Li: Nella S. Stapfiana di Quindio, come nella nostra specie, si ha: il
_ fasto pulvurulento setuloso all’apice : il pieciuolo breve, collo stesso ri -
vestimento; il lembo terminato in punta, irregolarmente serrato, colla base
= -~ acuta: la pagina superiore setulosa mucronulata, l’inferiore, pulverulenta
= setulosa sulla nervatura mediana, tubercolata altrove, con molti peli stel-
7 lati sul parenchima; i nervi 22 circa: infiorescenza infine pulverulenta aA
~ setulosa. Ma a questi caratteri di affinità si possono contrapporre i se-
guenti che valgono subito a distinguere le due specie: nella S. Stapfiana
| il lembo è breve, oblanceolato, coriaceo, rosso bruno sopra, ferrugineo
| | sotto: le due pagine sono scabre e coperte da setule più brevi: i nervi
|
a
‘tei
| secondari appressati: l’infiorescenza più breve della foglia, fornita di
|». brattee subfogliacee, setose sui margini che appaiono serrulati: i fiori
— brevemente pedicellati a sepali minutamente setulosi nelle parti scoperte
nel boccio, del resto subglabri: gli stili infine ridotti. \
La S. Coroicoana Buse., dal fusto pulverulento setuloso all’apice,
dal pieciuolo collo stesso rivestimento e non molto lungo, dal lembo
cuneiforme, membranaceo, setuloso mucronato alla pagina superiore e al-
l’inferiore, dall’infiorescenza setosa pulverulenta, dalle brattee dell’infio-
rescenza spesso spostate e sempre piccole, non può esser confusa colla
nostra pel lembo più piccolo e privo di peli stellati, pel minor numero
di nervature, per l’infiorescenza più breve della foglia, pei fiori minuti
‘e a calice pressochè glabro, pei pochi stami e per gli stili brevi. Inoltre
ha una patria diversa. |
| Per quanto riguarda la S. floccifera osserviamo solo che il picciuolo
è cosparso unicamente di pulvinuli, che il lembo presenta solo dei cusci-.
netti pulverulenti, per lo più bianchicci, reperibili pure ee
dove mancano del pari le sete.
Nella S. pulchra Sprague il oo + è breve, il lembo cartaceo
| obovato, acuto alla base, con 20 nervi circa, infine la pagina inferiore
-sparsa di pulvinuli di peli stellati e di mucroni. La specie differisce
tuttavia dalla nostra pei fiori grandi, a calice glabro internamente, per-
il lembo disseminato di pulvinuli e mueroni alla pagina superiore, sa
fusto e ge infine pure pulverulenti per cuscinetti.
Caratteri differenziali |
S. ee
Buse.
S. pseudostrigillosa
Buse»
Caratteri comuni
Picciuolo lungo 3-4
lem. setoso. i
Nervi secondari cir-
ca |
.
Picciuolo più breve,
setoso pulverulento.
Nervi secondari16-23.
Costa alla pagina su-
È 1 1
>
Caule setuloso pulve-!
rulento all’apice.
Lembo cartaceo obovato,
a base acuta, decorrente;
ba
- [del lato sparsa m tu-
Infiorescenza ferru-
ginea per sete appres-
sate, più breve della
|foglia.
Fiori
subsessili
Calice cigliato al mar-
el resto sub-|
minutissimi,
Qq
DU
olto dilat tato in avanti,
TEE il STET della super
ficie del lembo sparso di
minute sete e mucroni,
Pagina inferiore se
toso-tuber.:olata ed i-
noltre sparsa di peli
stellati minuti.
Infiorescenza setoso-
pulverulenta, muerona-
ta subeguale alla foglia.
Fiori DES lunga-
mente pedice
esterne scoperte n el
iboccio. Corolla più lun-|
ga del calice. Sti li
hi
lunghi.
Bolivia
o a
serrature setulose) termi-
nato in i T
Pagina superiore d’a-
spetto punteggiato, scabra,
ds pulveru lenta. |
rattee lineari o trian-|
golari sa talora mi-|
ute. "LI
Caratteri differenziali
S. scabra HBK
S. pseudostrigillosa
Bu
.
Caratteri comuni
Apice del caule co-
perto da sete più o
meno lunghe
Pieciuolo robusto lun-
go pulverulento.
amina acuta od ot-
tusa alla base, ovale oc
obovata.
arina inferiore con
pulvinuli.
Brattee lineari lun-
ghe, Ao triango-|
. Le prime non spo-
lie e "dì presenti
sul peduncolo.
Venezuela
peli stellati non fusi ini
Apice del caule se-
toso pulverulento.
na
te obovata, acuta alla
base
Pagina inferiore con
peli stellati, spesso fusi
eu minute spo-
state lungo i rami v
sul peduncolo.
Equador
Pieciuolo discreto, bre-|
In alcune forme di Sca-
bra HBK il caule e il
pieeiuolo sono pulveru-
lenti poor come nella
nostra speci
Lembo dato alla pa-
ina superiore che è gra-
nulosa.
Margine serrulato ser-
rato dal mezzo in su
Pagina superiore tuber-
\colato-setosa.
Pagina inferiore pulve-
rulento-setosa sulla costa,
parsa di mueroni e peli
stellati altrove
Nervi 22- 95, distanti
fra loro: quelli di terz’or-
| Le varie forme sotto cui si proven la 5. scabra si allontanano
più o meno dalla nostra, o viceversa si avvicinano peo o meno a questa
= a seconda del grado di setositä delle varie parti.
erta Brachybotrys, nella forma macrantha non può andar y
colla nostra specie a causa dei fiori grandi, mentre invece la confusio-
ne è possibile colla forma scabra la quale ha pure un lembo tipica-
% mente obovato e brattee talora minute. Il lembo però è più setoso ue
N
`
pagina inferiore e più ferrugineo, come più ferruginea è l’infiorescenza
la quale poi d’ordinario è parviflora, con pedicelli brevi è più corta
assai della foglia.
La S. Schlimmi Sprague differisce per le lunghe sete dell’apice cau-
linare, dove poi manca la pulverulenza, pel picciuolo più lungo, pel
lembo poco o punto scabro sopra, a base ottusa, a pagina superiore sparsa
di pulvinuli e mucroni, a pagina inferiore coperta di pulvinuli, sete e
mueroni, ma senza peli stellati, per l infiorescenza pulverulenta con
qualche mucrone, per le brattee più lunghe e non spostate sul pedun-
colo, Rassomiglia per converso alla nostra specie per i fiori discreti, &
calici pulverulenti dentro e fuori, a stami abbastanza numerosi, per Pin-
fiorescenza grande dai pedicelli allungati, per il lembo sviluppato rieeo
di nervi secondari, per il reticolo dei nervi terziari, per il margine ser-
rulato, serrato e per altri caratteri ancora.
Colla 8. aequatoriensis, con cui ha comuni i sateni, l'affinità è ©
- quasi nulla essendo questa pressochè glabra, in specie sul calice.
Non staremo a discutere le affinità colla S. Sprucei troppo faeil-
mente riconoscibile ai fiori e foglie grandi, al caule e pieeiuolo pulve-
rulento-tubercolati e conformati pel resto pressochè come la S. flori-
bunda della quale invece dobbiamo ora occuparci.
i
A
i Aa ETA
perderanno e
Caratteri differenziali
| S. floribunda Sprague
S. pseudostrigillosa
Buse.
Caratteri comuni
Picciuolo pulveru-
lento tubercolato, lungo
le robus
Infiorescenza quasi
sempre assai più breve
[della foglia, pulveru-
lenta, o pulverulenta
tubercolata.
+ Brattee non spostate
il peduncolo, o
rami.
Pedicelli brevi.
Calice pulverulento
dentro (talora solo in
parte) e fuori, tuber
colato sulle parti sco
erte.
Stami 30-50. Stili
corti o discreti.
Pieciuolo setuloso pul-
verulento, breve.
Infi»rescenza per lo
più subeguale alla to-
glia, pulverulenta, se-
tosa, setulosa, tuberco-
lata
mn
lo più) lungo il pe
duncolo o sui rami.
Pedicelli lunghi.
Calice con setule vi-
sibili ad occhio e tu-
bercoli sulle parti sco-
perte nel boccio, pul-
verulento altrove. Sta-
mi meno di 50. Stili
lunghi,
*
$ E
Brattee spostate (per
m
Fusto coperto all apice
da setule e pulverulenza.
m
superiore bruna granulosa,
setulosa sulla costa, tuber-
colata altrove. Pagina in-
feriore coperta sulla costa
di pulvinuli e sete, altrove
ca distanziati; quelli di
3° ordine in reticolo lasso.
Pannocchia pira arami
obliqui, con peduncolo
lungo. Brattee triangolari
non molto sviluppate.
Equador
Dalla lunga rassegna fatta della nuova specie appare manifesto che
essa è una forma intermedia tra la S. scabra, la S. pulverulenta, e
la S. Schlimmi e la S. Sprucei senza tuttavia aver caratteri ben decisi,
| tanto che, se si fa astrazione dalle brattee spostate lungo il peduncolo i
o i rami, presenta ben poche caratteristiche differenziali. E queste vanno —
| cercate quasi unicamente nelle sete più lunghe di quelle che ricoprono
| la S. floribunda, in un maggior sviluppo di pulvinuli e nella forma del
lembo rispetto alla S. Schlimmi, nei fiori più piccoli a riguardo della
à er I criteri diagnostici sono dunque alquanto incerti e solo se
Li
si hanno le forme affini di confronto si possono metter in rilievo. An
‘che qui si può dire che le differenze dipendono piuttosto dalla somma
‚di numerosi caratteri secondari differenziali, ciascuno per sè però i
| manifesto.
A quanto pare anche colla S. strigillosa, colla S. Rusby e colla
S. pseudoparviflora esistono delle affinità, ma meno intime di quelle che =
collegano la nostra ces con quelle sopra accennate.
45) Saurauia Schlimmi Sprague Prelim. Rep. of the Bot. of Cap.
= Dowding Columbian Exped. 1898-99.
Sinonimia: Saurauia spectabilis Hook (pro. parte) ?
Ramuli fusci ut petioli longe ferrugineo setosi: lamina obovata apice
breviter acuminnta 16 20 em. longa; margine setuloso serrulato; venis
lateralibus utrinque 17-21 tertiariis setis regularibus; pagina superior mi-
nuta tubercolata inferior pulverulenta, venis setulosis, paniculae pauci- i
flora: sepala extra dense pubescentia. Stamina cirea 40. Styli longi sty-
gmatibus majuseulis. Sierra Nevada, da S. Marta. Schlim 789, (Sprague).
Esemplari studiati.
Es. N. 789 dell’Erbario Delessert (Ginevra) provenienti dall’Eta-
blissement Bot. et Hort. da Linden (Lusemburg e Bruxelles), stati rac-
colti da Schlim (anno 1852) nella N. Granata, più precisamente nella
Sierra Nevada a circa 6000 piedi d'altezza, sul Rio Hacha (h a fiori
bianchi. Fior. in Marzo).
Es. del Museo di Parigi, senza indicazioni di sorta.
Es. del Museo di Parigi (sub nom. 8. Goudtiana Tr. e PL) è n
dubbia provenienza (N. Granata ?) e con dubbi accenni riguardo al mal
coglitore (Schlim ?)
Es. dell’Erbario di Kew provenienti dalla Sierra Nevada di S. Marta
(6000 p. di altezza) e dal Rio Hacha raccolti da Schlim. (Sono gli e
-semplari autotipici n. 789 sui quali lo Sprague formulò la sua diagnosi!)
-- Fusto fistoloso subglabro nelle parti ‘adulte. che sono giallicei |
rossiccie, pelose per lunghe sete, fine, fulve-ferruginee rare, decidi
all’ apice. Le sete raggiungono ivi 6 mm. Le foglie giovani sono av-
a olte dallo stesso rivestimento, ma le. sete sono DE abbondanti e an po
Corte.
Pieciuolo lungo 2, bi 48 em. robusto rossiccio-bruno solcato coperto
da una fina pulverulenza ferruginea, ma in pari tempo irto per fine ui
sete gialliccie, rare, spesso dilatate alla base (Es. di Parigi) lunghe
4 5 mm. caduche. Alla lente è cuscinetti appaiono costituiti da fini
mucroni barbati o da ciuffi di peli.
Lembo ovale obovato sottile rossiccio castagno sopra, verde chiaro
sotto, poco o punto scabro sopra, liscio sotto, lungo 15-22 met largo
8-11 cm.
Apice del lembo brevemente acuminato od anco ottuso (Es. Kew):
base di rado subacuta per lo più ottusa, talora persino leggermente
cuoriforme (Es. Kew) larga, alquanto dissimetrica. Margine denticolato
alla base (Es. di Parigi) dentato-serrato sulla residua porzione, con _
denti spesso diseguali sormontati per lo più da seta fina, fulva lunga
1-2 mm. curva decidua.
Pagina superiore aspra soltanto lungo il decorso dei nervi mag:
giori e sulla costa, granulosa (Es. di Kew) opaca ornata di rari mu-
croni e pulvinuli sulle nervature principali, di sete finissime lunghe
45 mm., di mucronuli e di pulvinuli (visibili solo alla lente) sulla
costa, del resto glabra ma finamente punteggiata alla lente.
| Pagina inferiore pure punteggiata ad un esame colla lente, ma
limitatamente al parenchima, ‘sulla costa irta di rare sete lunghe, assai
fine, e di pulvinuli appena visibili ad occhio, mentre sulle nervature
secondarie si hanno pochi mucroni visibili solo alla lente e nel pa-
renchima oltre a questi anche dei pulvinuli e peli stellati (Es. di Kew)
solo visibili con forte ingrandimento.
Nervi secondari 18-20 distanziati gli uni dagli si patenti, un
po curvi verso l'estremo libero, gli anteriori anche subdicotomi, fini poco —
‘distinti sopra poco prominenti sotto. N ervi di 3° ordine distanti fra
loro perpendicolari ai secondari diritti curvi od anco Genin quelli
di 4° ordine formanti un finissimo reticolo. i
~ Infiorescenza grande piramidale o subeorimbosa più breve della
= foglia ('% circa) ramosa lunga 14 em. larga 10: a rami patenti od o-
bliqui lunghi. da 14 em. Non mancano però gli esemplari in cui essa
È pauciflora gracile (Es. di Parigi) e perciò en sole 48 e
in lunghezza e 4 cm. in larghezza. 0°
Peduncolo lungo 2-8 cm. pulverulento setuloso ferrugineo verso
Y apice subglabro alla base.
Rami pure pulverulenti setosi ma alla lente si mostrano anche
disseminati di mucroni ferruginei (Es. di Parigi).
Brattee triangolari lunghe 6-7 mm. larghe 3 mm. pulverulento
setoso ferruginee 0 cenerognole. Brattee minute. Pedicelli fiorali lun-
ghi 8 mm. o più brevi (Es. di Kew) bratteolati alla base o verso il
mezzo conformati come il resto per ciò che concerne il sistema pilifero.
Fiori discreti o sviluppati (circa 18 mm. di diametro) ermafroditi
o con accenno di unisessualità (?) Calice a 5 divisioni lunghe 8 mm.
‘ovali, obovate, ottuse od acute pulverulente ferruginee all’esterno ed
in parte anche all’interno. La faccia esterna dei sepali non presenta
notevoli differenze tra le parti scoperte nel boccio e quelle che non lo
sono per ciò che concerne il sistema pilifero. Margine dei sepali leg-
germente cigliato. Corolla subeguale al calice o di poco più ampia, ;
glabra a petali obovati o subrettangolari. Stami circa 25 ad antere
lunghe giallo-chiare bifide poricide all’apice e a filamenti barbati alla
base. Ovario glabro sormontato da 5 stili robusti lunghi con stimma
largo bilobo.
Caratteri differenziali e di affinità.
Una certa rassomiglianza la S. Schlimmi presenta colla S. flocci- Ä
fera Tr. e Pl. Sprague: questo però differisce pei seguenti caratteri: il
caule e setuloso ma le sete sono più corte e miste a pulvinuli: il pic-
eiuolo è più breve e porta solo dei pulvinuli bianchicei: il lembo pre-
senta una faccia superiore soltanto coperta, e scarsamente, di pulvinuli,
e una base per lo più acuta: il calice è tubercolato sulle parti esterne
scoperte nel boccio, pulverulento del tutto all’interno: gli stili corti. I
caratteri comuni si hanno nel lembo che è grande, obovato, cartaceo, ter-
minato in punta acuta e col margine serrulato serrato anteriormente;
nella pagina inferiore sparsa di pulvinuli e mucroni (più abbondanti È;
però gli uni e gli altri nella S. Schlimmi); nel numero delle nervature;
| nell’infiorescenza setulosa ferruginea dotata di brattee triangolari; nel ca
lice pulverulento dentro e fuori; nel numero degli stami.
Minore è l'affinità colla S. pulchra Sprague poichè su questa i
cuy è pulverulento all'apice come del resto anche il picciuolo; il lem-
| bo & minutamente serrulato-serrato e presenta una base acuta, una
| te bia mero ser per rari pulvinuli misti.
È na pagina inferiore pressochè glabra: —
(continua) |
PEPE on
LARE A e
Sat
con mh riguardo alle specie americane
(continuazione)
Ipoderma |
e sughero
Collenchima |
Parenchima
Endodermide e guai
periciclica sclerosa
trati
Più
spessite del-
le altre,
-| Grandi cellu-
-\le, sottili. Borse!
mucilaggino se,
merose
ndi assai.
.|Qua e colà qual-
che cellula scle-
rosa punteg-
e-|giata.
dini
Guaina perio e
busta, fatta di fibre pic-|
gruppi, mpi, & p
rete poco ispessita. Fibri
e diaballobasti pres È
Iugualmente ponesse
Cellule n
-molto grandi,
Cellulenoni Schiacciato
con
distintamen-
ite
e
i
grandi, colla parete
di punteggiature ass
larghe.
i
gran
le sakiai o formato
Cellule
ttili
oc
u|spessito e le, so
da/poco peo
t-le rafe. .
Cellule rafi-
ollo e zona diofore
Fasci vascolari Mid
perimidollare
e raggi midollari
Amido Tannino
e
cristalligere
Libro discretamente svi-| Cellule del mi- formia Abbondal Cellule ra-
{luppato con See grandi oldollo grandi. 1 mi-{nel midollo,|fidiofore nu-
|mediocri, numerose. Qua e là| Borse anane dolle, neilnel libro;|merose
prece cellula : ca un-|ginose abbo raggi le- scarseggia|midollo, rare
teggiata. Legno sviluppato.|danti e Gand osi {nei raggi mi-|nella cortec-
asi numerosi, in serie con-|Zona perimidol-|maggiori|dollari e nel-|cia e nel li-
tinua dal )ato interno, al-lare non di-le nellajlaguaina pe-|bro. Cellule
rove invece soliti » =. stinta. |corteccia|riciclica. ‘cristalligere
i i lv i a. i
raro
|ni si cla snai gli nel libro grossi cri
|esterni scalariformi-reticola- le nel col- stalli isolati,
|ti, areolati. In qualche punto rel joaggruppati.
|le cellule del prosenchima son
ja tots da quelle A i raggi,
in i poco yA pun f
Libro poco robusto, con| Zona perimi-| Sc o bonda| Cellule rafi-
grandi borse mucilagginose. dollare POR nel libro, ne! midollo,|diofore nel
Le alcuni punti col|cellule le.| nella inel libro, nel|midollo e nel
p if-| Midollo Bien dilguaina a-;collenchi ibro, ma o-
r | di rselmilifera,'esterno,|vunque non
ri; Imucilagginose.|nel mi-‚scarseggia in|molto abbon-
ispessite. Raggi maggiori a|Cellule midol-|dollo enel quello inter-|danti
llule assai pie. dispo-|lari per lo più|parenchi- no, nel pa-
ste in 3-4 file radiali. Vasi]schiacciate ma. enchima €
sso di ra ag- Abbondainei raggi
nei raggi.
o sviluppa
[vaste questi ila
i. Prosenc
hima colle «
nel lib
t
Abbonda
nel midollo,
ro
Cellule ra-
fidiofore nel-
corteccia, |
scarse,
Scarso nei
raggi.
men
iata da que dei raggi le
uali parete sottili
q
e poi sono pit piccole. Vasi]
ome d. Spe-|Epider-| Ipoderma | MUT as Endodermide e guaina
cie Me mile e sughero (Collenchima |: Parenchima periciclica sclero
reti più sottili, ma più for-
temente ed abbondante-
[mente punteggiate
spetto alle fibre.
Cellule| Sughero al Robusto.| Cellule grandi Guaina periciclica scle.
ijcellule pidt- Fibre tra-|e sottili. Borse|rosa continua o disconti
schiaccia t Sl aan cel piccoli gruppi,
l di s lunghi assai, più dell n
ue o tre = c punte ti de
strati di fel- egla È
logeno in
segmenta-teggiata
zione.
Cellule] Cellule| Robusto,| Sviluppato el Guaina periclica scle
piccole, |grandi, sot-|formato da fo beon-
rettango-|tili, Botta! AN ndi fi
lari. golari. ispessite agli|
angoli., tra-|
mezzate.
Cellule rafi-
Fasci vascolar Midollo e zona : pt dioföre
e raggi sa idellari perimidollare Amido | Fannino e ioni
|cristalligere Er
interni spiralati, gli esterni vw
reticolati-a’eolati o subsca- A
lariformi. |
Libro een con un: Zona perimi-| Abbondal Abbonda}| Cellule ra-
che borsa non molto grande. dollato distinta:|jnel mi- fidiofore ab-
sostitufiti, su per tentti Midollo a
da p prosenchima: gli i
Cellule del prosenchima mol-|t au g o
to ro ume non ecces-|quelle longitu-
sivamen e ampio. dinali, a ti
rmi, o
uste,
1.
tonde ispessi
er Bess dollo, nei
S
nel sughero,
nel collen
chima (ma
,
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le cellu e),
nel parenchi-
(non i
njl
tutte le Ry
un po ispessi
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dollari.
Libro discretamente
i lule sottili,
| Midollo a cel-
grandi,
Nella
aina
milifera.
Fio
Endodermide e guaina
Epider-| Ipoderma | ; i n
ar pod |Collenchima | Parenchima serieselica eni a
e sughero
Cellule Sapto in Senet mg Cellule art Guaina sclerosa a fibre]
rettango-juno piùtang non molto gran-|piccole col lume ridotto,
lari non finti a cel- poco Ispesi di. Borse so molto ispessite. Diaballo-
olto|lule rettan ra cole. blasti grandi, fortemente] |
grosse. |golari Molte]: |punteggia Ta
«pi.
Rare
sottostante
in se n
ion
Cellule Saltate ret-| Poco svi-| Poco svilup-
pi
iccole,jtangolari,|luppato. Fi-|pato e schiic-
tan ee assai,|bre tramez-|ciato Borse mu-
lari. forma/ntilzat», grandi,|cilagginose ab-
uno o pi ùlispessite agli bastanza grandi.
strati. Quan-|angoli,
do il tessuto|talora pra i-
è ispessito le spessimenti
cellule silpoco mar-
lrre-|Catl,
na
‚Bella li 6 ee Ang a| Molto svi- Ran di
col i cellu-]luppato, a fi- e sottili, delimi-|
di i dei ti
Seta: le rettango-|bre li ,jtanti dei meati
lari. lari, “ ‚uno |ispessite. piuttosto ampi.lall’i
o du e pianì. : Borse sparse ir-|đdi 8-1 loblast
Fellogeno in |regolarmente|pure in gruppi di 2-8, 1
i sicu hei più | scarse, erg] 4
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> in esame, a diametro discre-!d:nali essi hanno for:
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STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD.
‚lcollabite. Li povar formato
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Fasci vascolari
e raggi midollari
Midollo e zona
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Amido
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(fig. 69|
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-|site.
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Rarissi-
Nella cor-
timo abbon-
dante.
Rare cellu-
ijle rafidiofore
-inel midollo.
ro.
asì mancano però su al-
lagginose
Libro poco sviluppato, al Zona perimi-] In di-| Abbondanel|
Solinie po schiacciato,|dollare ben di-scretajlibro e nel
disseminato di piccole borse, |stinta, ma poco/quantitälsughero: u
neppur ben distinte.|estesa e fatta dijalla meno dif-
m grandi e nu-|piccole lie, feria delifuso nel col-
merosi (talora però mancanti midollo,|lench j
ti i nel libro ps n chima
rie i co e nellale midollo
’|mno, discontinue | guaina a-|Scarseggia
|Prosenchima a cellule for- milifera. |pure nell’a-
semente ispessite. - nello perici-
dollari a cellule piccole, ben clico e nei
te. Vasi interni LE raggi le-
lati = altri retico k osi.
Libio notevolmente svi-| Zona perimi | Abbon i| Cellule ra-
luppato, con borse di di-|dollare fatta dalin tutto il -|fidiofore nel
yore alla peri-|piccole celluleitessuto parenchima,|
Legno di vasi:|scl te. Mi-fonda- nei|più rare nel
questi grandi o mediocri, di-/dollo a grandilmentale, raggi, nelllibro e nel
in serie radiali lungo|elementi sotti-|nei raggi|libro, in mol-|collenchima.
quali sono separati. glillissimi e disse-/le gnosi,|te ce del} Nel midollo|
uni dagli altri da poco eu nel libro|parenchimae|tornano a
chima a parete robusta. -je nel col-|in tatte leifarsi abbon-
-'lenchi
chima.!cellule del'danti e ivi!
Endodermide e guaina
[poderma ; i
Collenchima| Parenchima periciclica sclerose <
Epider-
RI z e sughero
to, rare le gran-|ma tinang o subi Di:
di. pess ha died.
raggi gira pr na con
fibre e pia i,
Cala Ary ret-| Più strati] Celluleampie,| Arco perieiclico scler
ottili,tangolari,ldi gran andi so a pareti sottili.|so discontinuo, a fibre con!
A i sottili, nonbre tramez- Borse non ben|lume ne A h pr a
) molto ampie. zate, col | e|distinte. i ssiva
no in pareti ispes-
segmenta-isite agli an-|-
zione nell’e-|goli
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servato,
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punt: Paya. roton
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STUDI!) ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN, ‘f SAURAUIA ,, WILLD.
Cellule rafi-
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e raggi midollari perimidollare Amido Tannino
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e del prosenchima non molto aa sono |collenchima. Ben, solu:
bbas nosi
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stinte ga une dalle stre pei iva vi nelle se-
pr so ispessii zioni longitudi-
ni spiralati, gli ae, a- a.
Hol reticolati.
Libro TA acolluléi Hank a perimi- i-| Abbon Cellule ra- Mo
basas gran Spa con qual-|dollare dist nta,|s c r € i fidiofore rare
asila cellule picco- 1 collen-|nel collen- Ex
le, sottili dap- nella ester-chima e nel
pe-|no: un po più|midollo, un
po più abbon-
| mancante | ; danti nel li-
1 cal corteccia nell brò te
lenchima)|midollo e nei
e|nei raggi|raggi.
ci >
pessite. Vasi interni spira-|piü vonlar
gli altri areolati-reti-!da cellule un po
re: en differenti ri-
spetto alle altre.|
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Endodermide e guaina
Epider-| Ipoderma a ;
Lode f Collenchima | Parenchima periciclica sclerosa
e sughero
-| Cellule Sughero al Cellule Sviluppato.| Arco periciclico qua ej
sottili. Delete spa en co n|Cel i
io-|gli
eri, sottili. ir- host "Hideo
regolari, ta-|Strato robu-
lora schiac-|sto.
ciate. A
cellule speciali.
raie
o| ToMule sot- Svilupp tol Molto svilup-
|e fatto di fi-|pato. Cellule
-|bre ispessite|sottili, ampie, a
agli angoli,
darei
ampie.
*
DO; e
„Fellogenoj
ndi o o
medio, nume-
sol
|zione nei
ian e- ni i n puntegg at ri
nati. ubligue Digballoblasti
De ku tonde e nu-
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ;, WILLD.
È i iA Cellule rafi-
asci vascolari o e zona x i i diofore
e raggi midollari perimidollare Amido Panino e
cristalligere
Libro molto chini Lic con} Cellule midol-| Ne f la| Abbond
um ra orse lo- ii gran andi, a pa-|guaina a-Inel collen-
negli|rete un po ispes- milifara. |chima, nel
strati pa Vasi del le- sita, tipicamen= par renchima e
no grandi e numerosissimi. te colata.
gi a ari 4 serie tangen- Bor spie 0-
= di cellule, dite ri-|[vunque, ma
tto a quelle robuste del ra all’inter-
ne: per la. grande|no, grosse e
sottigliezza (e dirai e|merose alla
per za di pentog] iferia
Biteri forman-|do
re le pa-
zZ ona perimi
en ridottia:
sima, a piccole
cellule
| Libro. arinaa ® kepes Zona perimi- | Abbondal| Cellule ra-
ag borse, v0-|dollare, distinta, nel nuidollo, i
asi del’ legno er
- |®CCess Be gran nu-|un po 1
; merosi. - Cellule | bo prosen-
i
|reti robust». ( Cellule dei Bag i
ja cavi s
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Vome d. Spe-|Epider-| Ipoderma | : ; Endodermide e guai
tc; CIE 3 mide e sughero | Collenclims } Parenohima periciclica
ule Cohena poco| Robusto.Fi-| Non molto
e, bre non mol-|sviluppato e co-
parann stituito da cel-
po-|t mezzate,|lu = discreta-|
co a. ispesite agli me ‚grandi,|
oli, ma sottili, circoscri-|
i con un meato|venti dei piccoli
lineare oton an Borse ab-
do nel centro bastanza nume-
della zona i- rose, di
spessita. 'dezza mean per punteg,
lo più cinte da/delle fibre, ‘corti; ret
natio ia br po|golari.
\differenziate.
Cellule Cellule. ret- Sviluppato Robusto. Cel-| L’anello zz
ubicheitangolari,piü | Fibre grandi,|lule Ditra ta-|roso non dan
un grandi delle ispessite i mente vere: nei siii DS
con vesse|epidermiche,|angoli. Qualsottili. Bors
all’ ester- sottili. e la qualche
no. a lora muci-|medio
pi E più o meno nu-
-|merose.
grande
cond aa da
cellule un po
diffenziate.
o ret Fibre non| Celluleapare-| Guaina scleros
lari,|m molto a ampio, ti sottili, pf nua o uhren,
i
rer ileottili pille
aevigatallari,sotti sotti piùjin via Borse formazion
Busc. li, relati-!grandi "delle elapessimento, nie o di me. Dio discreto,
E : STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA , WILLD. ©
Cellule rafi-
Fasci vascolari Midollo e zona i i diofore
e raggi midollari perimidollare Anes Tannino A
\cristalligere
Libro molto sviluppato, con nen con| Abbon-| Abbonda| Cellule ra-
grandi cellule e ampie borse. cellule ndil|da nel pa-|nel libro, nel|fidiofore ab-
|Vasi legnosi di discrete di-|molto sottili ne e nia bona nel
mensioni o grandi, molto alcuni punti, uniprofon-|profondo e|midollo.
pesate Scipio ,|po ispessite tà do e nellainel sughero:
l secondo altri.Le pareti i-| guaina a- un iù
le ine. Talora dub y vasi Sodi spessite ornate|milifera:|.scarso nel
lati n L
interposti fra due raggi. Neijcolature. Borse|ca neppu-|collenchima
raggi maggiori costituiti da|di pamona e nelie nei raggi.
T e
ug [BO FR Eingee | e le cel-iza alla era maggiori
ule sono in ispondenza del tessuto. Zo-le nel li-
di esse sottili, cellulosi che.|na périmidolla-|bro.
nchima a cellule robu- re poco ni-
ste, distinte da quelle dei festa, .
ti e
pa arenchima a cellule sottili,
gli altri tag ormi retico-
lati-areolat
Libro rido tto, schiacciato,| Zona perimi-| Nella| Scarso nel) Cellule ra-
contenente qu leche borsa dollare o olguaina midollo, ove fidiofore rare
ande o mediocre. Le punto distinta.|endoder-|manca in ta- nella he
primario costituito da una Midollo a cel- mica. lune cellule. cia, pi
‘|serie quasi continua di vasi lule grandi e Presentasi in) bondanti na
spiralati. Prosenchima e rag-[sottili. Borse ` Imaggior co-|midollo
gi a cellule ancora sottili. |ampie e nume- pia nel libro,
rose, circondate nei raggi mi-
da cellule spe- dollari le-
gnosi e negli
7 ti esterni
x della cortec-
en
quelli in-
i terni.
ES 4
| Libro ispamito; ma con Zona perimi- sii Nella! Quaelänel|
rare agio este A go ARE ofore
stinte. Legno a vasi piut-|stinta, a uk amili parte in-iriss
tosto numerosi, grandi. Cel-|lule : sottili. Mi-| [ma scarso. lterna dei
P. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
E ider-| 'poderma i . j ; Fndodermide e guai
eimi e sughero |Collenchima| Parenchima periciclica sclero
vamente Pe formanti uno/diocri dimen-ite. Diaballoblasti non
sviluppa-|Nel prepar rato abba-|sioni. cora ben caratterizza
te. to i nza robu-
wre
pressochè uguali
metro a queste.
Ri io al Robusto. E-| Cellule ada Guaina periciclica
formazione, discon im
enbiche « o sottili.
rett logeno n|caratteristi-| i pianti. Diaballoblasti
lai * |segmentazio- ci. ancora ben differen
Halef 8 ughero| Fibre perlo Cellule non
i Kar al da più picco’ \e;|molto grandi,|
e sot- M pier p sotti Berl
e grandi, sem
re g golari, vai neh di o ea
‘tangenziali e ri
formanti più i pati delle fibre.
-| stra W
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD.
3:
t
; i i REE Cellule rafi-
ci vascolar ollo e zona ; : diofore
| e raggi midollari perimidollare Amido Panpino e
| cristalligere |
| lu e dei raggi piuttosto pic-|dollo con cellule raggi legno-|po più fre-
i cole, quelle del prosenchima Hg e sottili. ‚Si. uenti nel
| e non molto grandi, ma|Bor mpie, | Abbondaimidollo,
|più ispessite. Vasi interni ceci dimen- inel lib e
spiralati, gli esterni mn sioni o nel collen-
[lati-areolati, scalariform piccole, dici .. "e
i ose. no:
gia sell re-
sidua cortec-
cia.
à Libro con qualche borsal Zona perimi-] Scarsoj Abbondaj Cellule
äi en eg Le egno dollare „pochis= -|nella gua-|nel libro, nel|fidiofore nel-
andi mediocri ina endo-|midollo, neilla corteccia,
Cellule vi. “raggi e del pro- a perdi picco- dermi raggi e neglilma rare;
ima i rmazione, majle. Midollo con strati esterni|po più abbon-
3 Da; prime già più so sottili.Vasilgrandi cellule, della cortec-|danti nel mi-
i interni spiralati, gli altriitonde, 7 parete cia: più raro o.
sotti 08- i i in-
ina areolato-retico-|
e gr
solanamente re-
apreni rse
in nu di-
secreto, Tgr andi 0
medioc
. Libro Babes
{nato di borse grandi n
Zona perimi-
dollare poco o
punto distinta.
Midollo a cel-
lule fortemente
i Bee u:
av.
erose
a cellule ap ispessite
che so
ate ST o dei
Abbonda
nell’ epider-
"if pure
re pre-
sente nel li-
bro.
mide, sughe-
renato po differen- dollo.
discretamente svi- idollo a cel- ring, Presente,| Cellule ra-
luppato con qualche borsa|lule sottilieam-nel m non in/fidiofore ab
eri no to|pie, ricco di bor-|dollo, nel tutte le cel-|bondanti nel
con i re-|se s rg per raggi, neljlule, del mi-|[midollo e
iccoli, ma nu-|lo en lib-o enel|dollo. libro; più
merosi. Cellule dei raggi non parench - Abbondan- scarse nel pa-
sempre ben distinte da quel- ma inter-|te nella par-|renchima e
le del prassi chima, er quan-| ; no.Amidojte internalnel collen-
to esse s meno ispessite per lo più]dei raggilchima
` je un pò più he Vasi grossi|del legno e
N Sgr areolato-reticolati. ; granuli. |in quelli li-
$ 1; -
nte pure in
= copia nella
h cortecci
. Libro pese ARTS, Sai ui Zona hai Nel cen-| Abbon dl Cellule rafi- |
qualche borsa di'dollare distinta,|tro dellin molte cel-|diofore scar-
iccole cellule. ıl
idollo nine
A ari TEN fi j m cà 4
ure dei vasi intern‘ spi- mente pun
È degli altri i reticolato. gi
ongitu
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
| punteggiati
omed.Spe-|Epider-| Ipoderma | ah: . Endodermide e guaina |
ci mide e sughero [Gellenonuba: Parenchima periciclica sclerosa |
. pseudo- Sottile, a Uno o più) Fibre tra-| Sottile, con) Guaina sclerosa sa
plingleanalcellulejstrati diimezzate,pareti le egger- |da peer aggruppam:
Bu rettango-|grandi cel-|strette, atag mente ispessite,|di fi
lule r -Isite di orse mucilag-
golari, ispes-|ferenza soila Kane, rarissi-
f site a U, cioè|faccie tan- non benjri
sulle faccie genziali. distinte
\laterali e
fonde le qua-
li poi son
, |punteggiate.
parete robusta, dis
pure in gruppi di 3-4 ce
lule, È
| pres Cellule| Sughero a| Cellnle Non molto| Guaina sclerosa peri
) ingleama piccole. cellu e gran- a AER di |ispessito. , Cellule [clica continua o disco
| | di, sottili,|preferen ran di, sottili,|tinua,
fio viatilio Herde ps nto freie, talora un po col-|lo pi
Buse. le Rip labite. ra Pen
man tujnon moltolscarse e nonle quali
strati. Fello-|grandi e molto svi un cer
geno in seg-|pure -|te. nendosi
mentazione, |ti un robu- gruppi.
to, ri,
gruppi n
molto
grossi delle fibre, ma
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN, ‘t SAURAUIA ,, WILLD.
Fasci vascolari
e raggi midollari
Midollo e zona
perimidollare
Amido
Tannino
Cellule rafi-
diofore
cristalligere
reti sottili e
Borse piccole e
rare.
sono schiacciate.|
i ro poco sviluppato con) Zona perimi-| Nella| Scarso nel lule
- Cosio rara borsa poco.am-|dollare molto|guaina a-|midollo, un|diofore in di-
i n vasi non mo istinta, almilifera. |poabbondan-|screto nume-
epp nghe te nei rag i nel mi
| e nella zona|dollo e nel
perimidolla-|parenchima.
| re: abbon-
idantissimo
uel libro, nel
| |teggiat ei vasi $ o NS, ne
|formi, reticolato-areolate. |lule non molto collenchima
m g i, tonde in e nel paren-
sezione trasv chima.
sale rettangola-
ri in quelle lon-
orig) a p
un
i duiate fece de
i venti piccoli
; |meati. po-
co
Libro abbastanza svilup-| Zona perimi Ovunque} Cellule ra-
pato, con Fe rare'dollare abba-{nelmidol-[scarso: fidiofore ab-
borse situate cage . pariferia. stanza distinta, lo, abbon-|sent |bondanti nel
Vasi nume os llule strette e|dante nel-|alla periferia]parenchimne
dimensioni wen gli in-|rettangolari nel-|la guaina del aitidollo, ancor di più
[terni disposti in serie pres- le sezioni longi- amilifera: nel libro e- Da: libro e|ma
sochè con gli esterni in]tud torna ajsterno, nella|n nel midollo.
ser me di Ragg ben si BUG fello Wr i
lo a lisa mi so nelinica e n
i nchi- cir Font
|ma e indeira, -
| Der le-|
- qualche dol
raggio. gnosi.
I
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
quan
e,lun-
o | ispessit
mal distinte.
però forma-'ghe o strette. m. e colà qual-
dotto ma a pare
screto, spessore. Diaballi
$
Epider-| Ipoderm s : Endodermide e guaina | |
mido gui |Collenchima |. Parenchima periciclica Be 13
vi
ughero| Fibre Ne Cellule grandi, aina sclerosa peri-| |
ormante piülmezzate, inlsottili, un po|ciclica dalle fibre per lo 7
piani di cel-|qualche sito sci iacciate, o a più a lume ridottissimo| |
lu irrego molt ampie, pareti on ulate. led a a par i ispessite Dia- A
lari o r in altri stret-|Borse in alcuni balloblasti rari, isolati, oj —
golari, talora|te, di prefe- pi rare-in al-|in piccoli gruppi, piutto-| ~
un po schiac-|renza ispes = abbondanti e sto gross', punteggiati.| |
ciate taloralsite agli an-|talora anche as-| elle ni longitudi-|
invece ispes-|goli. Lo stra-|sai larghe. li le fibre sono parca-|
site dal lato|to che esse mente est colle| |
interno e suilformano punteggia lineari ef
anchi ed ivilpiù o meno fine, m PA ‘i dinballobla: z
tanon iM spesso secon sti. appaiono rett: ıngolari, I
do i siti. fortemente ed abbondante-| |
mente punteggiati. Ta- A
lora però le fibre rasso-|
migliano, per ricchezza di] |
A ca dani ai diabal-| |
' loblas T
Cellule ughero al Strato non! Schiacciato Guaina sclerosa peri- E
sottili,/cellule ret-|molto robu- turgescente, dis-|ciclica continua o discon-| |
rettango-|\tangolari, do SS di ejseminato di bor- tinua, a
. sottili, 5 ate,|se grandi o me-|gruppi di fibre non molto
di. Felloge- er sen ildioeri. sse, a lume rid
no in divi-angoli, areti i
sione nel pre-Inon eccessi- balloblasti in gr
parati esami-|vamente. 3-4, od is
u ultimo caso gran
altrimenti di dimensio
iocri. N
longitudinali le due sorta
di cellulesono molto bene,
distinte essendo i diabal-
` loblasti tondi or
ari, grandi, f
unte Coi di r
2 Lasa ici strette e con a
T punteggiature. |
{ ne
| Saghero a svi-| Pochissimo| Guaina pericielica. for.
|cellule ret- Luppa ato e sviluppato,a cel- mata da uppi, più o
ee e fibre allule non r fieno riecht, di Abr te
DE t pan rid i. Borse|strettissime, a lume
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUIA ,, WILLD.
4 = dal e rafi-
; - Fasci vascolari idollo e zona i î iofore
È e raggi midollari perimidollare Anto Faonino e
\cristalligere
D
ni Libro discretamente svi-| Zona Scarso;| Abbonda| Abbonda-
. |luppato, con grandi borse al- Sollen dotti- nel. mi-|nel libro, nel|no le cellule
| |l’esterno, tto in|sima. o poco di-|dollo pe- sugheroeneiirafidiofore
igran parte da prosenchima.| aper a cellulelriferico e|raggi. nel midollo;
Vasi piccoli e rari su talunijrettangolari,jin qual- scarseggiano |
tratti della metà.interna dai punteggiate, re-|che rag- nel parenchi-
xilema. Raggi a cel ule pun-|ticolate. Midol-|gio legno- ma, nel col-
teggiate poco Alpen, ate ejloacel ulegran-|so. lenchima e
non sempre ben distinte daldi e sottili. Bor- ancor agile
quelle del prosenchima. Ab-|se grandi, o di nel libro
bondano i grossi vasi spira-|discrete dimen-
lati all’interno, mentre quelli|sioni, non molto
sterni sono per più re-|numerose, loca-
e so
ticolato - areolati o sca'ari-|lizzate
formi. iù a
del legno
|
‚Libro sviluppato, con bor-| Midollo a cel.| Nel mi-| Abbondan- Molte cel-
se grandi o mediocri, localiz-|lule sottileldollo eltenelcollen-|lule rafidio-
zate per lo più dal lato in- schiacciate. Bor-|nella gua-'chima ester-|fore alla pe-
terno. ves i nel su-|riferi
Li
E
rn i talora ee se di discrete ina ami-|no, riferia del
|talora scarsi, per lo è gran- dimensioni. lifera, in|ghero e nel|midollo, più
di, ad he perö di quelli qualchelibro. Piü/rare nella
interni. Raggi a cellule non raggio le- scarso nellcorteccia.
molto ampie, ben distinte gnos pi segui e nei|Cellule cri-
da quelle del prosenchima nel pa- raggi, nel]stalligere nel
che sono piuttosto ie renchima nl a midollo ‘in
PURE ure dei profondo. e nel Mit rr alla
tern Da spirale, quelle | degl chima periferia) e
esterni scalariform nel libro. I
la uest’ultimo
commiste
cellule con-
tenenti sab-
Midollo a cel-| Nell’en-| Abbonda| Cellule ra-
nai lle non molto gi ermi- siga cortec-|fidiofore ab-
grandi z colle nel libro Lepre nel
rn MA se srl erst Um ato, i raggi © idollo,
uni li altri per mezzo eireosoziventi| nel ollojscars i ssime
l'isole di prosenchima. Que-'dei piccoli mea- (qui peröjnel libro e
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Epider-
midi
Ipoderma
e sughero
Collenchima]
Parenchima
Endodermide e guaina
periciclica sclerosa
no più strati
Qua colà
che cellula scle-
blasti più rari, isolati o
sono spesso) rosa punteggia-|in picc uppi, molto
schiacciate. |lula rotondalta. ù larghi, in specie quel-
rettang lì isolati, "delle fibre. Fi-
lare, ;sclerosa bre e diaballoblasti di- i
|punteggiata. | |versamente punteggiati.
Cellule Sughero a| Fibre tra-| Cellulegrandi| Guaina sclerosa perici-
rettango-|cellule ret-|mezzate, non |sottili, formanti|clica a fibre molto picco-
lari di-|tangolari,|molto ampie uno strato non|le, a lume per lo più ri
screta-;grandi, sotti-e neppur i-|molto totista dottissimo, a parete 1-
mentejli o colle pa-|spessite no-|Borse poco di-|spessita e poco punteg-
sviluppa- rete interne/tevolmente,'stinte. ta. Esse formano dei
te, sottili.|ispessite. Es- formanti uno! ii i hann
Si Be -piar sot- -18 elementi., rg
1-2 stratiffig.|tile bist isolati i, 0
19 Tav. ra de più piccoli
1 di sotto, | i punte iati]
nei preparati ma salle a, non molto
esame, il lispessite (fig. 28 tav. II).
fellogeno è
in seg
zione
| ——— —_—_Òt—_—t_tmÉ—r——_———_——_—_——mm@@—@"@@@@@
Sugheroin Un po schiac-| Guaina periciclica a fi-
due o piùlsviluppato,alciato ed attra- I gr randi, robane a lu-
piani, gli in-‚fibre po colversato da bor- mpio co'te in pic-
terni a c ndi tra- se mucilaggino- aiy gruppi. ‘ Diaballoblasti|
lule rettan-|mezzate e po-|se grandi e nu-|molto grandi, di-
"praga 1spes-|co Trma a me mensioni medi n
site e pun-jagli ango i; od ruppati (2-3). Non
teggiate pe er Pha una
fianchi e dal|presso. Qual- vole differenza, nelle pun-
lato interno. che borsa teggiature, tra l
gli strati in- ta di cellule.
=
da
4
È
se e RENE TA LET SERI
rioni cià
en = RE
= PED
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUIA ,,
all ER | "i
Sd i ai IE rafi-
as ci vascolari idollo e zona . è lotore
e raggi midollari perimidollare Amido Tanning e
cristalligere |
stoacellule ispessite e grandi. jti. Borse? Zona manca ininella cortec-
Elementi dei raggi. invece|perimid ollare] molte cellu-|cia
piccoli. Abbondanoi vasi s«a-|presente. le)
lariformi, a eoat eraot.
Libro poco sviluppato, c Zon mi- pd gr ee ra-
crete eni o TRAGICI distinte. dollaro aletinte: dollo, majte nel sughe- |fidiof:
i gros disc cellule pigri issimo ssi libro: | Miccinesi ma
dissociati, nelle sero gara rotonde ret- iù scarso|disseminate
per la presenza del prosen- dica a se nella cortec-|nei vari tes-
ee ern primari acel-|conda della di- : scarsis- |suti.
lule di, gli ia cel-|rezione del ta- simo nei rag-
lule piü piccole, distinte dalglio, m in u t a- legnosi e
quelle del prosenchima as n FEF nel midollo
iù ispessite. Vasi i pnr giate. Midollo In quest’ul-
SERI gli altri areolato di cel- nme dype
reticolati. e, dall i ellula i
ondulate, sottili contie
po - tuttavia una
site e minuta- quanit-
sellal
giate (cellule
dollari
feriche).
Libro discretamente . svi- rimi-| N e lla| Abbondan-| Cellule ra-
luppato, i borse di reg distinta, |guaina a- tissimo nel|fidiofore ab-
o mediocri. Vasi del el xilema fatta piccole|mi lifera, libro, un po|bondanti nel
chi-\cellule tonde in/raro al-!più scarsolmidollo,
sezi cri -|trove. nella cortec-|scarse o nu-
se, golari ‚nel mi-|merosenelli-|
-|nelle longitudi- dollo e a bro, Mt
: |raggi legn hi
si, near na Seeland si
- jso la s p
Foort ho;
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
mide
Epider-
Ipoderma : ; Endodermide e guaina
e sughero |Collenchima |. Parenchima periciclica Di
Sugheroin| Collenchi-| Parenchima al Guaina stro, re
ü piani, a poco 0 cellule un po busta, formata gran `
cellule ispes-|punto svi-|schiacciate e con parte dai iaballoblast En
site sui latijluppato fatto pareti legger-|che sono volui 1,
ed all’inter-|di cellule ret-|mente ispessite. un |
o ed iviltangolari,|Borse poco o
punteggia-|anzichè di fi-|punto distinte.
te (fi re, le qu»li
Vv. : no lieve-
mente ispes
site sulle
faccie tāu-
genziali, ovi
ceversa po
punto in-
grossate,
cui si con-
fondono co-
gli elementi
renchi-| | poco punteggiate.
da cui
differiscono
tuttavia pel
color più ia-
tato della
membrana.
Più ti molto| pa tratti dove| Guaina pericielica an-|
di sughero; robusto e equajè poco robusto cora dea fatta di
gli esterni ale la mancan-|consta di cellu-|fibre a pareti ispessite, |
[cellule am-Ite. Cellule le grandi e sot-|per lo più discretamente
pie e sot di, un poltili, nelle parti (ampie. Diaballoblasti man-
|gli interni a stah ia ceis .|ispessite invece |canti o rarissimi, E,
cellule non molto .i-!presenta ele- punteggiati ce
(continua)
i.
=:
ves
Sui tricomi delle Felci con particolare riguardo alle Parafisi.
NOTA peL Pror. L. BuscaLioni
(Tav. III).
La ricca collezione di Felci che costituisce una parte non indiffe-
rente delle raccolte botaniche fatte da S. A. R. la Duchessa Elena
d’Aosta nell’ Africa Australe-tropicale nonchè quella dell istituto botani-
co di Berlino mi ha dato occasione di fissare l’attenzione sulle Parafisi
e sugli altri tricomi delle Felci.
Lo studio un pò accurato di siffatte produzioni epiteliali, ma in
specie delle parafisi mi è parso non privo di interesse, in particolar
modo per la botanica sistematica, inquantochè anche nei migliori trattati,
quali quelli di Hooker, di Christ, di Engler e Prantl, Müller, Kienitz-
Gerloff, Ito e Gardinet, Prantl, Göbel, Otkiezon, Kundig, si trovano solo
accenni sommari di siffatte appendici, e molte volte le parafisi non
vengono neppure menzionate in quei generi o in quelle specie in cui
| sono presenti.
Sotto il nome di Parafisi si comprendono tricomi di forma e co-
stituzione disparatissime. Il tipo più semplice è rappresentato da un pelo
unicellulare; una prima complicazione si ha quando il trieoma diventa
pluricellulare colle cellule disposte in un’ unica fila, o si segmenta in
una parte basale cilindrica (peduncolo o piede) ed in una terminale fog-
giata a capocchia, a nastro, o ad imbuto. Da questo tipo elementare
si passa al tricoma ramificato in cui quasi sempre si ha pure la parte
terminale dei rami altrimenti conformata rispetto a questi, o al piede co-
mune. Nei preparati microscopii capita però spesso che i rami si separino
del piede ed allora l'osservatore può esser indotto in errore e scambiare
per ‘peli semplici dei tricomi ramosi. Una forma molto elegante di
questi è data dalle parafisi foggiate a stella.
Una complicazione maggiore si ha quando il tricoma septato in grossa
alquanto un pò al di sotto dell’estremità, per dividersi ivi in un complesso
irregolarissimo di cellule ricordante quasi un protonema. Al di la dell’in-
grossamento intercalare il tricoma si riduce di nuovo a un sottile flagello
` fatto da un’unica fila di cellule. Più comune è il caso in cui il tricoma
dà origine ad un piede septato e spesso costituito da più cellule giusta-
poste, sorreggente una porzione terminale di aspetto laminare, o foggiata
a coppa, e costituita da numerose cellule variamente conformate : molte
volte siffatta porzione terminale si presenta quanto mai irregolare,
164 SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE PARAFISI ©
Quasi sempre i tricomi, anche se non appartengono al gruppo delle
parafisi, sono organi secretori ed in tal caso portano le cellule desti-
nate a siffatto ufficio in cima ai rami, o alla periferia della porzione
espansa, sulle dentature. Le cellule secretrici, in generale, sono confor-
mate un pò differentemente delle altre.
Nel presente studio passerò in rassegna i principali tipi di tri-
comi, per lo più parafisi, che caddero sotto la mia osservazione ;
faccio tuttavia rilevare che le ricerche, non contemplando tutti i
generi di Felci, sono ben lungi dall’essere complete. Esse sono tutta-
via sufficienti per dimostrare la grande varietà di forme che siffatte
appendici presentano e per autorizzarci a dedurre qualche conclusione
di pratica applicazione.
LI
La tecnica adoperata nella ricerca è quanto mai semplice; espor-
tata una porzione di un soro, qualche squama, o parecchi peli, si ebbe
cura di esaminare i preparati in una miscela di glicerina e cloralio,
previa bollitura. Con questo semplicissimo metodo le parti rese rattra-
pite dalla dissecazione (costantemente si è trattato di materiale d’erbario)
tornano a distendersi, assumendo una notevole trasparenza ; la miscela
di glicerina e cloralio inoltre penetrando, a caldo, con facilità nelle
cellule scaccia l’ aria ivi contenuta e contribuisce così a rendere più
nitide le preparazioni.
*
È *
Hymenophyllum tumbridgense (Smith). Nell’ interno dell’ indusio,
ma in specie verso la base di questo, si incontra qualche parafisi co-
stituita da due cellule I’ una basale, cilindrica, breve, l altra conica e
allungata, ricca di sostanze giallastre e dalle pareti sottili (fig. 1).
Nephrodium cicutarium (Baker). Parafisi ramose, segmentate, ter-
minate da una cellula conica. Esse sono per lo più in vario numero
attaccate al piede degli sporangi o degli sporangiastri, vale a dire de-
gli sporangi incompletamente evoluti e più o meno profondamente al-
terati nella struttura. Le parafisi rassomigliano assai a quella dell’ O-
leandra articulata che fra poco illustrerd; esse però, al pari di molte
altre aderenti agli sporangi e sporangiastri, per ragioni che chiarirò
in seguito, meritano piuttosto il nome di pseudoparafisi, anzichè di pa-
rafısi.
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PROF. LUIGI BUSCALIONI 165
Nephrodium Filix mas (Rich.) Piccole parafisi coniche, septate e
secretrici, aderenti al piede degli sporangi (fig. 40-b).
Oleandra articulata (Cav.) (Fig. 2). Nei sori si incontrano peli ra-
mosi; al piede, costituito da più serie di cellule giustaposte, si attacca
un ciuffo di peli secondari articolati, ognuno dei quali termina in una
cellula conica secretrice. Sul piede dello sporangio, ma in vicinanza
della porzione capsulare, si incontrano quasi sempre da due a cinque
peli, (talora anche uno solo) articolati, terminati del pari da una cellula
conica, secretrice, più grande delle altre (fig. 2-a). In questo caso le
parafisi sono formate soltanto dalla parte terminale del tricoma (fig. 2-b)
rappresentando il piede dello sporangio il piede stesso delle parafisi, ciò
che non deve recarti meraviglia, poichè il piede delle parafisi aderenti
‚al ricettacolo ha la stessa struttura di quello degli sporangi.
Blechnum blechnoides (Laz.). Peli parafisari semplici o ramosi,
formati da un’unica serie di cellule lunghe, cilindriche, a pareti sottili,
salvo le trasversali che qualche volta sono rinforzate da masse bruna-
stre. Anche nella parte sterile della fronda si notano gli stessi peli, i
quali però sono assai più sviluppati (fig. 3).
` Pterozonium reniforme (Mart.) Fee. Poco al di sotto della capsula,
sul piede dello sporangio, si incontrano numerosi e grossi peli articolati,
tatti da 7-10 cellule, l’ultima delle quali probabilmente secretrice. Le
pareti cellulari sono sottili ed il lume cellulare mostrasi pieno di sostanze
bruno-giallastre. I peli si presentano inoltre curvi colla concavità ri-
volta verso la capsula, di guisa che quest’ultima, allo stato giovane, ne
riesce quasi del tutto involucrata. Gli stessi peli sono reperibili sugli
sporangiastri.
Molte volte nel campo del microscopio si incontrano peli semplici,
articolati, liberi; ma questi non sono altro che i sopra accennati tri-
comi staccatisi dal piede dagli, sporangi, o dagli sporangiastri per effetto
delle manipolazioni.
Syngramme alismifolia (Pr.) I. Sm. Peli secretori aderenti al piede
degli sporangi, o degli sporangiastri. Essi sono in numero vario (da uno
a quattro al più) e constano di poche cellule sovrapposte, l’ultima delle quali
si presenta rigonfiata a clava e piena del tutto, od in parte, di una s0-
stanza bruno-rossiccia, probabilmente di natura resinosa. (fig. 5-b). Ana-
166 SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE PARAFISI
loghi tricomi sono disseminati sul ricettacolo e questi presentano spesso
la estremità a capocchia costituita da due o tre cellule giustaposte (fig. 5-a).
Gymnogramme hirta (Desv.) (1). Fra, gli sporangi sonvi peli fatti
da 3 articoli lunghi e a parete robusta.
Gymnogramme elongata (H K.) Parafisi nastriformi, formate da
una cellula basale cilindrica e da un’altra terminale ovale. Entram-
be le cellule sono molte lunge e grandi, per cui allo stato secco spesso
riescono ad avvolgersi a spira. i
Gymnogramme glanduligera (Hieron.) Papafini. nastriformi, fatte
da 4-5 cellule sovrapposte, lunghe e larghe assai. Spesso alle pareti
trasversali stanno addossate delle masse brune.
Gymnogramme pumila (Spreng.) In questa minuta Felce fra gli
sporangi, che occupano gran parte della fronda, si notano delle bellis-
sime parafisi ramose. Dal piede o parte assile di questi organi, formato
da un’ unica serie di cellule cilindriche e sottili, si staccano, a de-
stra od a sinistra, delle grandi cellule coniche, piene di sostanza bruno-
gialliccia, le quali sono avvolte a spira e terminano con una fronte
frangiata (nei preparati di erbario !), o pianeggiante.
Anche l’estremità della porzione assile è sormontata da analoga
cellula, per cui l'organo presenta l’aspetto di una minuta infiorescenza
(fig. 6). Le cellule terminali facilmente si staccano dall’ asse per cui
nei preparati si incontrano anche dei peli semplici.
Gymnogramme sp. Piccole parafisi capitate dal piede uni-o pauci-
cellulare e dalla cellula terminale globosa, secretrice.
Jamesonia robusta (Karst) Fra gli sporangi lunghissimi peli septati,
ondulati, o torti a spira, con parete robusta e contenenti delle masse
brune che si addossano di preferenza alle pareti trasversali.
Jamesonia nivea (Karst.) Peli articolati un po ispessisti in corri-
(1) Nel nostro studio sui tricomi di Gymnogramme ed altri tipi affini non ci
siamo soffermati sulle interessanti part'colarità che presenta l'abbondante secreto
dei tricomi, poichè tale studio è stato fatto da più di un autore, fra cui occorre
citare il Zopf il quale ha potuto dimostrare che in taluni Gymnogramme il secreto
anzichè di resina o di cera, consta di particolari sostanze cui diede il nome di
ceroptene (G. triangularis) e calomelana (G. Colomelanos). Alla stessa conclu-
cione del resto era già arrivato il Blasdale per ciò che concerne il G. triangularis.
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PROF. LUIGI BUSCALIONI 167
spondenza dei setti trasversali. Essi ricoprono tutta quanta la fronda
e le parti giovani dell’asse. Allo stato giovane sono bruno giallicei, in-
vecchiando assumono invece una colorazione bianeo-grigiastra. Tra gli
sporangi vi hanno gli stessi peli, ma per lo più meno lunghi: essendo
torti a spira essi formano un fitto intreccio attorno agli sporangi.
Jamesonia bogotensis (Karst) Ovunque sulla fronda e fra gli spo-
rangi peli pluricellulari avvolti a spira o torti, robusti e allo stato secco
anche un po rigonfi in corrispondenza dei setti trasversali (fig. 9).
Ceropteris peruviana (Desv.) Link. Piccoli peli secretori capitati
e pedicellati fra gli sporangi.
Hemionitis arifolia (Burm.) Nei sori sonvi peli articolati formati
da un’uniea fila di cellule, o al più da 2 serie (Fig. 8). L’estremitä del
pelo è costituita da un’unica cellula secretrice. Il pelo si impianta sul
ricettacolo mercè una cellula basale più corta delle altre. Molto singo-
lare è il modo con cui le cellule distali si incastrano su quelle prossi-
mali, in quanto che ogni elemento si insinua quasi a guisa di cuneo in
quello sottopo:to, o in mezzo alle due cellule inferiori. Tanto in un caso
che nell’altro ogni cellula riesce abbracciata alla sua base da un col-
laretto ed abbraccia nello stesso modo a sua volta l'elemento sovrastan-
te. Questa forma di incastro cellulare si incontra qua e la tra i tricomi
delle felci (o come, ad esempio, nei peli terminali delle squame di
Cyathea).
Sulle parti sterili della fronda di Hemionitis arifolia si hanno gli
stessi peli, ma questi sono alquanto più sviluppati e presentano pareti
più ispessite.
Hemionitis palmata (L.) Tanto alla superficie della fronda, quanto
fra gli sporangi sonvi peli formati da un’unica fila di cellule. Quella
basale è breve, le altre invece lunghe, cilindriche e colla parete ispes-
sita. Qui però la cellula terminale, anzichè esser rigonfia, si mostra
appuntita. È singolare che talora sulla superficie esterna dei peli, in
corrispondenza dei setti trasversali, si hanno spesso delle masse brune
che altrove impregnano solamente le pareti. Tali ammassi però non ven-
nero da me riscontrati nei peli interposti fra gli sporangi.
Trismeria trifoliata (L.) Diels. Fra gli sporangi sonvi peli set-
tati, formati da circa 3 articoli, l’ estremo dei quali ovale, gli altri
cilindrici, lunghi ed a pareti sottili.
=
168 SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE PARAFISI
Pellaea sp. Qualche parafisi costituita da una catenula di cellule.
Nei sori, oltre agli sporangi, abbondano anche gli sporangiastri.
Aspleniopsis decipiens (Mart.) In questa specie troviamo delle pa-
rafisi articolate, semplici, o ramose. Le prime constano di una fila di
cellule cilindriche sormontata da un elemento ovale, probabilmente secre-
tore. Le seconde presentano un piede dal quale, verso la sommità, si
staccano le catenule di cellule sopra descritte, per cui si ha una strut-
tura che ricorda la forma di uno staffile a più lacinie. Non è improba-
bile che molte delle parafisi semplici siano dei prodotti artificiali dovuti
alle manipolazioni. Notevole è il fatto che la membrana è più ispessista
su un fianco delle catenule cellulari che dall’altro e ciò per apposizione
di una speciale sostanza bruna, presente del resto pure, in tenue quan-
tità, in tutto il lume cellulare. A quanto pare tale sostanza fa si che
il pelo si incurva presentando la concavità dal lato ove ha luogo
l'apposizione (fig. 10).
Ochropteris repens (C. Chr.) Invece delle parafisi, nei preparati,
abbiamo solo incontrato numerosi sporangiastri in vario stato di svi-
luppo.
Ochropteris Barklyae Œ. K.) Anche qui abbiamo visto solo spo-
rangiastri più o meno evoluti. La porzione capsulare è piena di sostanze
brune, che rendono indistinti spesso i contorni delle cellule. Talora però
Panello è accennato da un cordone più bruno. In qualche caso si è
notato tuttavia che tutta quanta la capsula è formata da un’ ammasso
centrale di piccole cellule poligonali attorno al quale si straficano degli
elementi più grandi.
Acropteris exagona {?) Le parafisi hanno forma di peli articolat
in cui è riconoscibile un piede e una porzione terminale. Il primo ha
cellule lunghe e sottili, la seconda elementi brevi, colle pareti traversali
piuttosto robuste. Il pelo trattato colla glicerina e cloralio, a caldo, non
si ineurva come fanno molti altri peli similari.
Vittaria remota (Feè) Come è noto tutta la metà anteriore delle
fronde fertili è occupata dagli sporangi i quali, nei preparati osservati,
si trovavano in vario stadio di sviluppo, a cominciare dalle forme di
semplici peli capitati, in cui è distinto un piede, per arrivare a quelle
‘ di sporangi maturi e aperti. Quà e colà qualche sporangiastro in cui
l'anello era poco o punto ispessito e le ‘spore atrofiche. Fra gli sporangi
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PROF LUIGI BUSCALIONI
parafisi numerose, formate da una cellula apicale foggiata ad imbuto,
o a cono, colla parte basale rivolta in alto, e da un piede pluricellulare
formato però di poche cellule (2-5). Nella cellula terminale conica le
pareti sono brune e tutto quanto il lume cellulare è occupato. da so-
stanze gialliccie che mancano alle cellule del piede.
Vittaria guianeensis (Feè) rePssocchè la stessa costituzione, per
quanto riguarda le parafisi, della V. remota (fig. 11).
Vittaria elongata"(Sw.) Le parafisi sono foggiate sullo stampo di
quelle testè descritte, ma colla differenza che vi ha un piede pluricel-
' lulare ramoso, con 4-5 rami, ognuno dei quali consta di 2-3. cellule
cilindriche e di un elemento terminale assai grande, conico, colla base
rivolta in alto ed appiattata (fig. 12). Non è improbabile che la stessa
struttura si osservi nelle V. guineensis e nella V. remota: noi lo de-
sumiamo dal fatto che i rami facilmente si isolano, per cui si ha anche
qui la presenza, nei preparati, di peli articolati semplici sormontati dalle
cellule coniche o imbutiformi (a secco !).
Anthrophium reticulatum (Kauft.) Le parafisi sono formate da peli
unicellulari, isolati, o uniti a due a due per la base. Esse sono lunghe,
nastriformi e quasi sempre avvolte a spira. Nell’ interno si incontrano
degli ammassi di sostanze bruno-gialliccie (fig. 13).
Anthrophium immersum (Mett.) Le parafisi sono per lo più ramo-
se; nel campo del miscroscopio si notano tuttavia dei peli sempliei i
quali però probabilmente non sono che rami isolati. Le parafisi tipiche
constano di un piede spesso pluricellulare, ma fatto di un’unica fila di
cellule sul quale si impiantano lateralmente delle cellule cilindriche,
sormontate a loro volta da un’elemento conico o imbutiforme colla base
assai larga rivolta in alto. La cellula terminale è piena di sostanze
rosso brunastre : talora essa ha forma bernoccoluta ed in tal caso il
contenuto appare quasi nerastro e resiste all’azione combinata dell’acido
eromico e solforico (fig. 14).
Anthrophium semicostatum (BL) Pressochè la stessa costituzione
del precedente, ma colla cellula terminale molto grande, foggiata a
salsieeiotto curvo e piena di materia rossa che talora appare reticolata
alla periferia. |
Drymoglossum: piloselloides (Presl.) Nei sori e alla superficie delle
fronde, oltre alle squame, sonvi peli stellati pluricellulari, il cui piede
| 170 SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE PARAFISI
presenta le pareti trasversali ispessite per apposizione di masse brune.
x
Drymoglossum carnosum (H. K.) Nei sori si incontrano delle squa-
me, come del resto, anche alla superficie della fronda. Le prime sono
però più piccole. Sulle parti sterili della fronda si hanno inoltre peli
-stellati.
Drymoglossum micropyllum. Analoga costituzione del picasa
Taenitis blechnoides (Schw.) Gli sporangi e gli sporangiastri sono —
immersi in un fitto feltro di parafisi pluricellulari le quali constano di
un piede e di una parte terminale: il primo è formato da una catena
di cellule cilindriche, lunghe, poco ricche di contenuto che è per lo
più brunastro, delimitate da pareti sottili. La parte terminale del pelo è
foggiata a clava, o per lo meno leggermente appare più rigonfia del piede
e risulta costituita da una fila di cellule brevi, pressochè rettangolari,
col maggior diametro trasversale, riempite del tutto da una massa bruno- |
gialliccia che si addossa in grande quantità sulle pareti trasversali.
Esaminati nella solita miscela di glicerina e cloralio i peli si presen-
tano dapprima diritti (fig. 15-a): dopo però qualche ora, o subito se sì
fa bollire il preparato, la parte ingrossata terminale delle parafisi si in-
curva a pastorale (fig. 15-a a sinistra e 15-b); ed allora si osserva
che la parte ripiegata presenta le membrane alquanto più ispessite dal
lato concavo che da quello convesso e che inoltre fra le cellule rettan-
golari se ne interpongono talora alcune cuneiformi colla base rivolta
quasi sempre dal lato diventato convesso (fig. 15-b). Se si trattano le
parafisi coll’acido cromico e cloridrico (a caldo) si rileva che il conte-
nuto cellulare della porzione avvolta a pastorale fuoresce parzialmente
dal lato convesso, previa rottura della sottile parete; dopo di che il
pelo si avvolge ancor di più a spira, mostrando maggiormente nette le
differenze nello spessore delle pareti longitudinali. |
Ho pure studiato i peli situati nelle parti sterili delle fronde,
senza tuttavia riscontrare le singolari formazioni testè descritte. All’op- :
‘posto presso la base del pieeiuolo si notarono dei lunghi peli plu-
| ricellulari, i quali presentano una base larga fatta di cellule rettango- i
lari o cuneiformi, col maggior diametro trasversale: a questi elementi |
ne succedono degli altri cilindrici ed allungati nel senso dell’asse: infine È
il pelo risulta sormontato da una cellula ovale, secretrice. Le pareti
delle cellule, fatta eccezione per quelle dell'elemento seeretore, sono
PROF. LUIGI BUSCALIONI 171
ispessite e brune (fig. 16). Trattato col cloralio e glicerina, a caldo, il
pelo non si incurva, per cui nulla ha a vedere colle parafisi.
Taenitis augustifolia (R. B.) Le parafisi numerose constano per
lo più di un piede e di una o due cellule terminali (fig. 17). Il primo
risulta costituito da due o tre cellule sovrapposte, sottili, cilindriche.
Ognuna delle cellule terminali è invece molto grande, nastriforme od
ovale-lanceolata, quasi sempre avvolta a spira (materiale di erbario !), o
pieghettata e a contenuto giallo bruno. In qualche caso anche sui lati
del piede si staccano dei rami costituiti talora da un piede secon-
dario e da una cellula terminale foggiati l uno e l altre secondo lo
schema indicato.
Platytaenia Requiniana (Kuhn.) S’incontrano dei peli fatti da una
unica serie di cellule cilindriche e sottili, sormontata però da un elemen-
to otricoliforme, piano di masse brune e per lo più incurvato (fig. 18).
Tali peli sono presenti su tutta la fronda fertile che, come è noto, porta
gli sporangi disseminati su tutta quanta la faccia inferiore.
Hymenolepis spicata (Presl.). Sulla parte terminale della fronda,
del tutto ricoperta, dal lato inferiore, dagli sporangi, le parafisi sono
numerose. Queste poi hanno forma svariatissima. Nel caso più semplice
si tratta di peli septati colla parte terminale fatta di cellule più piccole
e colle pareti trasversali ispessite per la solita apposizione di sostanze
brune. Molto più comuni sono i peli ramosi e questi presentano le mag-
giori variazioni di forma. Per lo più ad un piede pluricellulare, fatto
però di un’unica serie di elementi cilindrici e sottili, si sovrappone la
porzione terminale irregolarm-nte ramosa, fatta da cellule grandi, va-
riamente septate e coi setti ora sottili. ora ispessiti e bruni. Le cellule
della porzione terminale differiscono inoltre da quelle del piede pel con-
tenuto gialliccio, o giallo bruno. La colorazione è più intensa nelle cel-
lule estreme dei singoli aggruppamenti i quali per le forme che assu-
mono talora ricordano certi micelii. Un tipo analogo di peli avremo
occasione di riscontrarlo in taluni Polypodium, come ad esempio nel
P. revolutum. |
Polypodium sinuosum (Wall.) Le parafisi sono oltremodo semplici,
constando unicamente di una serie di cellule in cui non si annoverano
più di due o tre elementi, l’ultimo dei quali è conico, mentre gli altri
sono cilindrici e a contenuto gialliecio (fig. 20).
172 SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE PARAFISI
, Polypodium phlebodes (Kze.) Le parafisi sono squamiformi e molto
eleganti. Vi ha un piede formate quasi sempre da una sola fila di cel-
lule o al più da due, salvo in grande vicinanza della porzione squamifor-
me, poichè ivi le cellule si fanno talora più numerose. La parte termi-
A nale (squama) è foggiata quasi a cerniera e si attacca al piede per lo più
; in vicinanza d: uno dei margini, per cui il piede risulta spesso eccentrico.
Essa consta di cellule poligonali od irregolari, le quali nella parte mediana
della lamina presentano pareti alquante ispessite e brune, mentre verso
la periferia si mostrano più trasparenti e più sottili. L’orlo della’squama
è frangiato e taluna delle frangie (per lo più due o tre, talora una sola)
termina in una cellula conica, a parete sottilissima e a contenuto jalino.
Riesce adunqu> evidente che quest’ultima rappresenta un elemento se-
eretore il quale spesso si separa dal resto della squama per l’interposi-
‘zione di un piede unicellulare, tabulare (fig. 21).
Polypodium macrosphaerum (Berk.) Squame conformate come nella
Bic specie precedente, pure secernenti, ma più piccole, si trovano nei grandi
= sori di questa specie.
Polypodirm oligolepis (Bak.) Anche qui parafisi squamiformi, pel-
tate, pedicellate. Le squame sono però più piccole che nel P. phlebodes,
per quanto si presentino del pari secernenti. Le cellule sono molto gran-
di, con pareti non eccessivamente ispessite e brune. Cellula terminale
secretrice, presente solo in qualche frangia, conica, sottile, piena di
masse jaline (fig. 22). Le squame delle parti sterili della tronda sono
alquanto più grandi di quelle dei sori.
i Polypodium boninense (Christ.) Molti sori roibit arrestati
F nello sviluppo, si presentano quasi soltanto in forma di squame piccole
le cui cellule presentano la cavità pressochè obliterata per il grande i-
spessimento che subiscono le membrane di color bruno oscuro, Qualche
squama è glanduligera e la parte secernente risulta costituita da una
cellula marginale posta quasi a cavaliere dell’estremità delle membrane
| radiali delle cellule periferiche (fig. 23).
Polypodium maculosum (Christ.) Sporangi abbondantemente eir-
| condati da squame peltate, frangiate, con una o più ghiandole margi-
nali. Anche qui si osserva che le cellule secernenti, situate all'estremità
delle frangie, sono in continuazione di una delle pareti radiali delle cel-
lule periferiche dell’organo. Le squame constano di elementi variamente
PROF. LIUGI BUSCALIONI 173
conformati, non molto piccoli e dalle pareti brune. Queste sono più
ispessite in vicinanza della parte assile della squama. Il piede è pure
presente.
Polypodium asterolepis (Bak.) Squame dei sori peltate, pedicellate,
piccole, con cellule dalle pareti brune e non molto robuste. Alla peri-
feria delle squame qualche cellula secretrice, dal piede pluricellulare, è
quasi sempre presente.
Polypodium plebeium (Schlecht.) Accanto agli sporangi normali
sonvi molti sporangiastri in vario stadio di sviluppo (fig. 25), in cui
però quasi sempre è già accennato l’anello, mentre le spore non sono
ancora formate ed al loro posto si incontrano delle cellule piene di
masse brune. Esistono pure le squame, frangiate, colle pareti brune e
robuste. Esse sono però ridotte a pochi elementi.
Polypodium Fraseri Mett e Kuhn. Sporangiastri più o meno nu-
merosi e in vario stadio di sviluppo. Alla periferia dei sori vi ha qual-
che squama munita di lunghi flagelli a base triangolare. Le squame
sono piccole e colle cellule assili più robuste.
Polypodium escavatum (Bory) Entro ai sori grandi squame pedi-
cellate e peltate, foggiate a coppa molto espansa. Le cellule hanno pa-
reti poco ispessite e poco pigmentate, fatta eccezione per quelle degli
elementi prossimi al piede. Questo ultimo pluricellulare.
Polypodium Stoltzi (?) Dentro ai sori si incontrano delle squame
abbastanza sviluppate.
Polypodium Preussii (?) Squame dei sori di dimensioni diserete,
pedicellate, colle pareti delle cellule fortemente ispessite e brune. Mar-
gine delle squame frangiato, con qualche cellula secretrice.
Polypodium Milbraedti (?) Squame frangiate, peltate, spesso però
di aspetto soltanto laminare, fatte da larghe cellule rettangolari colle
membrane brune striate ed ispessite. e di qualche frangia si in-
contra un elemento ovale, secretore.
Polypodium loriforme (Wall) La forma delle parafisi varia straor-
dinariamente, tanto che si può dire, si hanno tutti i passaggi del pelo
semplice articolato alla forma squamosa (fig. 26). Nella loro più semplice
espressione le parafisi si presentano, come si è detto, allo stato di peli artico-
. lati, le cui cellule, per lo più disposte in una sola fila, vanno accorcian-
dosi gradatamente a misura che si avvicinano alla sommità dell’organo. La
174 SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE PARAFISI
cellula terminale, ovale'e piena di contenuto, è secretrice, come lo attesta
il fatto che spesso è incappucciata da masse Jaline. I setti trasversali
| delle cellule, nella porzione terminale del pelo, sono spesso ispessiti
per la presenza di masse brune sovrapposte. Una leggera complica-
zione si ha quando il tricoma, verso l’apice, diventa bernoccoluto pel
fatto che talune cellule segmentandosi in varia direzione danno origine a
brevi prolungamenti. Non mancano i casi in cui la segmentazione ha
luogo in più punti ed in una data direzione; allora nascono dei veri
rami laterali, brevi o lunghi. In questo caso si nota che i setti delle
cellule situate lungo i rami sono notevolmente più ispessiti di quelli
delle cellule del piede. Quasi sempre all'apice dei rami si incontra una
cellula secretrice. Le forme più complesse sono quelle in cui al piede
si attacca una porzione terminale. squamiforme, laminare, variamente
larga e variamente conformata lungo i margini. Per lo più questi sono
muniti di frangie le cui celluli terminali sono secretrici. Le cellule che
formano il corpo della porzione laminare sono di dimensioni discrete e
presentano pareti ispessite. Sotto l’azione dell'acido cronico associato al-
l'acido eloridico le masse di ispessimento a poco a poco scompaiono.
Oltre a queste singolari produzioni nei sori si incontrano anche
sporangiastri.
Polypodium revolutum (5. Sm.) Gli autori assegnano a questa spe-
cie delle parafisi peltate, il che ben di rado corrisponde al vero. Come
nel P. loriforme abbiamo tutta una serie di passaggi dalla forma di
pelo semplice a quella di organi squamiformi (fig. 27). Quando la para-
fisi ha la forma di un pelo articolato per lo più consta di cellule lun-
ghe, spesso molto fra loro diseguali. All’apice del pelo vi ha una cel-
lula secretrice, ovale. Talora sono pure ovali le cellule che formano il
corpo del pelo, ma le une piccole le altre assai grandi. Una prima com-
plicazione si ha quando il pelo assume la forma ramosa. I setti che
separano le cellule dei rami sono per lo più di due sorta gli uni sot-
tili, gli altri ispessiti. Siffatte parafisi rassomigliano, nella porzione termi-
nale, ad ammassi di saccaromiceti molto grossi. Da ultimo compare la |
forma più complessa di tutte rappresentata da una lamina, o squama #
portata da un piede pluricellare. La porzione squamiforme ha i setti
ispessiti, oppure in parte robusti e in parte sottili. Più di una cellula,
infine, del margine frangiato si mosta secretrice.
PROF. LUIGI BUSCALIONI 175
La conformazione delle parafisi ricorda adunque quella degli organi
omologhi di P. loriforme. A quanto pare la presenza però di setti sot-
tili nella regione laminare, grazie ai quali le parafisi della nostra specie
differiscono da quelle del P. loriforme, starebbe forse, ad indicare che la
squama, nel momento in cui la pianta venne raccolta, era ancora in via
di evoluzione. Gli sporangi maturi indicano tuttavia che dette parafisi
sono tali perchè arrestatesi probabilmente nello sviluppo.
Polypodium oblongisorum (C. Chr.). Anche qui si trovano spo-
rangiastri e parafisi, queste ultime conformate come quelle del P. lo-
riforme.
Polypodium dictyopteris Mett. Fra gli sporangi si incontrano lun-
ghissime parafisi (fig. 28), di forma varia. Molte di esse non sono che
dei semplici peli curvi formati da due serie di cellule in cui i setti
trasversali si fanno quasi sempre più avvicinati gli uni agli altri a mi-
sura che le cellule si approssimano.all’apice dell'organo. Tanto le pareti
longitudinali centrali quanto quelle trasversali sono notevolmente ispes-
site per la presenza di masse bruno-rossiccie. Frequentemente la cellula
terminale è secretrice e perciò più ricca di contenuto. Molti peli hanno
una struttura più complessa poichè un pò al di sotto dell’apice le cel-
lule si espandono perpendicolarmente all’asse mentre si accorciano
nel senso opposto per cui i setti trasversali riescono notevolmente av-
vicinati. A questa forma tiene dietro, da ultimo, un’altra caratterizzata
da ciò che nella regione espansa, a motivo della formazione di setti
in varia direzione, si organizza un complesso cellulare d’aspetto quasi
laminare, più o meno chiaramente frangiato. La parte terminale a questa
sovrapposta, torna come nel caso precedente ad assottigliarsi risultando
così costituita, al pari della base, da una doppia fila di cellule, l’ultima
delle quali è secretrice. Nella porzione espansa tutti i setti sono ispes-
siti, per quanto lo siano un po meno quelli diretti alla periferia.
Anche questa forma abbastanza singolare di parafisi si presenta in-
curvata ad uncino.
Polypodium Brownii: (Wickstr.). Ho trovato soltanto sporangi in
vario stadio di sviluppo.
Niphobolus varius Bl. La sui è coperta di peli stellati, o ra-
mosi i quali presentano quasi sempre distinto il piede (fig. 31).
He Mr:
ESTER i $
176 SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE PARAFISI
Polypodium vulgare L. Parafisi ramose, septate, ghiandolari all’a-
pice, con un lungo piede.
Elaphoglossum Wrightii (Mett.). Moore. Gli sporangi sono per lo
più muniti di un pelo secretore situato presso l’apice del piede.
Elaphoglossum sporadolepis (Kze.) Moore. In questa specie gli spo-
rangi sono diffusi su gran parte della superficie inferiore della fronda
la quale è ricoperta, ma in scarsa misura, da squame, tanto nella parte
sterile quanto in quella fertile.
Le squame sono singolarissime a motivo dei vari aspetti che pre-
sentano. Le più piccole sono costituite da poche cellule formanti delle
catenule ramose simili ad ammassi di giganteschi saccaromiceti. Le cel-
lule sono brune, hanno pareti trasversali alquanto ispessite ed abbon-
dano di contenuto. Solo gli elementi terminali dei rami mostransi ialini
ed accennano perciò ad una costituzione ghiandolare.
Ingrossandosi la squama compare una porzione centrale costituita
da un ammasso di cellule piccole, poligonali, brune con forti ispessi-
menti del pari intensamente colorati. Dai bordi dell'ammasso si dipar-
tono dei lunghi rami indivisi, o biforcati, i quali terminano quasi sempre
con una grossa cellula ialina secretrice. Le squame maggiori presentano
la regione centrale più sviluppata ed assumono perciò l’aspetto delle
squame che più ordinariamente si rinvengono sulle fronde delle felci.
Analoga costituzione presentano le squame della porzione sporangifera,
ma in generale non arrivano a grandi dimensioni (fig. 29)
Cheiropleuria bicuspis (Bl.) Pr. Parafisi formate da poche cellule
disposte in serie. La cellula terminale è ingrossata, bruna e secernente:
talora però anche la sottostante assume eguale colore (fig. 30). Anche .
qui gli sporangi sono disseminati su tutta la superficie dorsale della >
fronda. l LA
Schizaea Sp. Regione sporangifera disseminata abbondantemente 3
. di peli unicellulari lunghi, spesso torti a spira, giallicei, i quali i man-
cano altrove. ;
Lygodium Sp. Qualche pelo nella regione sporangifera. — n:
Mohria caffrorum. Desv. Costituzione analoga a ata del genere: i
sopra citato, per quanto concerne i peli. j
PROF. LUIGI BUSCALIONI 177
sa
La presenza di sostanze brune o rossiccio-brune nello spessore o
alla superficie delle membrane cellulari, sia delle parafisi, sia delle squa-
me e dei peli mi ha indotto a tentare qualche reazione per analizzare
la costituzione di siffatti corpi e precisarne la localizzazione. Debbo
per altro confessare che per mancanza di materiale adatto, di tempo
ed-anche di reattivi le mie osservazioni risultarono quanto mai mon-
che e solo possono servire come indagini preliminari di uno studio più
accurato, il quale, a mio parere, non mancherebbe di riuscire inte-
ressante.
Nelle parafisi le sostanze brune assumono quasi costantemente una
tinta pressochè nerastra quando vengono a contatto del cloruro di ferro,
il che è indizio che esse contengono dei composti tannici. Questi però non
formano la totalità delle masse brune: col Sudan III infatti ho spesso
ottenuto una non dubbia colorazione rossiccia, talora persino più o meno
intensa (Polypodium dictyoides), il che indicherebbe che accanto al tannino
devono trovarsi delle sostanze di natura grassa, lipodea, o resinosa. Coll’al-
cool e col cloroformio associati si è ottenuto soltanto un’incompleta dis-
soluzione delle sostanze in questione, sebbene il reattivo fosse stato portato
all’ebollizione. Col bleu di anilina si ha talora una colorazione bleu, ta-
lora invece nessuna reazione, mentre le membrane che non contengono
siffatti corpi assumono talora una bella tinta bleu la quale ci informa
sulla costituzione di dette pareti cellulari.
Interessante è l’applicazione di questo reattivo, in unione al clo-
ruro ferrico, sulle squame di Polypodium sinuosum poichè ivi le pa-
reti ispessite delle cellule centrali si colorano col eloruro ferrico in ne-
rastro a causa del tannino di cui sono impregnate, mentre le membrane
- sottili delle cellule periferiche diventano di un color bleu più o meno
intenso. ‘Il colore appare localizzato di a pegenn negli strati secondari `
delle pareti cellulari.
Da ultimo si è anche tentata l’azione dell’acqua di Javelle la quale
ha in gran parte decolorato le sostanze brune che impregnano le mem-
brane assili delle parafisi di Polypodium dictyopteris e permesso di ri-
levare, tuttavia soltanto con una relativa sicurezza, che tali sostanze fanno
parte della parete cellulare anzichè esser semplicemente alle stesse: ad-
178 SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE PARAFISI
dossate come parrebbe alla semplice ispezione al microscopio dei pre-
parati inclusi in glicerina-cloralio. L’ ultima parola in proposito si
potrà tuttavia dire soltanto quando si saranno studiate le cellule in
vario stadio di sviluppo e su materiale convenientemente fissato. Ho
per altro osservato che a ridosso delle masse di ispessimento, dal lato
della cavità cellulare (Polypodium dictyopteris), esiste una sottile la-
mella la quale indicherebbe appunto che le sostanze brune fanno parte
integrale della membrana cellulare. Se i fatti corrispondono realmente
a quanto ho un po superficialmente rilevato si dovrebbe ammet-
tere che vi sia una certa analogia tra la costituzione delle parafisi e i
peli secretosi che si trovano negli spazi intercellulari di alcune Felei
(Dictyopteris Filix mas). Le ricerche che si sono fatte su questi peli,
specialmente per quanto ha riguardo il fenomeno di produzione e di
eliminazione delle masse resinose, avrebbe portato qualche autore alla
conclusione che tali sostanze si formino nello spessore della parete cel-
lulare per effetto di uno speciale mutamento nella costituzione chimica
della parete stessa. Le opinioni sono tuttavia alquanto discordi in proposi-
to; a me, per altro, basta far rilevare che anche nelle parafisi le masse, pro-
babilmente di natura resinosa (o almeno in parte tali), appaiono, a quanto
sembra incorporate nello spessore della parete cellulare analogamente
ai prodotti di secrezione dei peli interni di Dictyopteris Filix mas.
Valgano queste incomple'e ricerche ad invogliare altri a prose-
guirle e ad estenderle poichè sono persuaso che il risultato delle ri-
cerche sarà fecondo di dati interessanti.
*
* *
Dallo studio delle parafisi nelle Felci è risultato che la costitu-
zione di siffatti tricomi varia spesso da genere a genere e talora da
specie a specie; che inoltre si passa da forme abbastanza semplici ad
| altre relativamente complicate e che infine tipi di parafisi differenti pos-
sono trovarsi associati in uno steso soro.
Le forme più semplici di parafisi non sono che peli articolati, per .
lo più a capocchia. Da questo tipo si passa ai peli ramosi e di poi a
quelli coll’estremità libera o colla parte prossima a questa irregolar-
| mente conformata per disordinata segmentazione cellulare, di guisa che
ne nascono delle lamine e delle squame.
(continua)
Prof. Sac. LUIGI MELPIGNANO
DOTTORE IN SCIENZE NATURALI
La disseminazione delle piante con speciale riguardo alla flora libica
x
PREFAZIONE
Poichè in un precedente lavoro ho trattato degli adattamenti fio-
rali delle piante di Libia, ho creduto altresì opportuno di estendere
le indagini sugli adattamenti disseminativi delle piante della mede- î
sima regione. |
Non m’illudo di apportare nuovo incremento al capitale dell’os-
servazione scientifica, essendomi stati impossibili i rilievi in loco; ma
mi lusingo che questo lavoro giovi a divulgare nozioni finora riser-
vati ai Dotti, e a destare l'interesse per l'argomento ai Colleghi, men-
tre per i Maestri, oltre che una prova di studio modesto, può rap- s
presentare un’ordinata sistemazione di quanto altri hanno osservato
sparsamente, e costituire un solido precedente ad ulteriori ricerche.
Ostuni agosto 1917.
180° LA DISSEMINAZIONE DELLE PIANTE CON SPECIALE RIGUARDO ECU.
Origine della vegetazione Libica
Non vè dubbio che in antico (1) la Libia era ricca di vegetazione. 5
di foreste, di laghi, di fiumi, con un clima piü mite ed uniforme, con
preeipitazioni acquee piü abbondanti e piü normalmente divise.
Ma in seguito vi fa un graduale cambiamento, aumentando la
secchezza dell’aria, l’aridita del suolo: l’acqua venne a mancare, la
vegetazione scomparve.
Ora si domanda: la vegetazione attuale di Libia, rappresenta gli
ultimi avanzi della flora che in altri tempi ricopriva il paese, oe una
nuova flora venuta dalle circostanti regioni? Per dare una risposta. ;
adeguata a questo quesito occorre fare un confronto minuzioso di tutte
le attuali specie vegetali di Libia, rilevandone la loro area geografica, e,
coordinatamente ai loro mezzi di disseminazione, indagare quale via di
diffusione possano aver tenuto, e se la loro, penetrazione: in Libia è av-
venuta probabilmente da questa o da quella regione e per mezzo di
quali agenti.
= Intanto si può preliminarmente affermare con sicurezza che alcuni
tipi della flora libica rappresentano certamente gli ultimi depauperati
discendenti dell'antica vegetazione. Si tratta di specie, oramai divenute.
rare, accantonate quà e là, sulle rupi, ove l’azione del vento sopratutto
non le ha potuto svellere, mentre al contrario ritengo che tutta la vegeta-
zione della regione sabbiosa e predesertica sia venuta posteriormente. Tro-
vando terreni scoperti, aridi, privi di vegetazione, vi si sono fissate ©
propagate tut'e quelle specie che si adattano ai luoghi meno favoriti,
contrarî alla vegetazione della maggior parte delle piante, ove la con-
correnza vitale, almeno in un primo periodo, è ridotta ai minimi termin
E di tali luoghi in Libia ogni anno si formano di nuovi, per lo spo
mento ua sabbie dovuto all’azione del vento.
A o) Non si può certo precisare l’epoca, ma da prima che si formasse
il deserto: > è ee da illustri autori e se ne hanno pe nei fiumi ora
disseccati
PROF. SAC, LUIGI MELPIGNANO 181
Da ciò forse dipende il fatto che mentre in Libia si ha un certo
numero di generi endemici o quasi, per solito monotipiei, si ha per gli
altri generi una grande deficienza di specie endemiche. Con ogni veri-
simiglianza i generi endemici stanno a rappresentare gli ultimi resti
dell'antica vegetazione. La mancanza quasi assoluta di specie endemiche
è dovuta al breve tempo dacchè la novella flora si è impadronita di
quel territorio: non è trascorso tempo sufficiente an la ee
di tipi ben caratterizzati.
Appunti storici
Il grande riformatore delle Scienze Naturali, Carlo Linneo, rico-
nobbe con molta esattezza i principali processi disseminativi delle
piante, e ne trattò piuttosto a lungo, illustrandoli con appropriati esem-
pî. Egli così aveva aperto un campo di investigazione a belle ricer-
che biologiche: ma i botanici che seguirono Linneo, preferirono la
sistematica, e, tutti intenti alla ricerca dì specie, non ancora descritte,
ben poco si curarono di relazioni biologiche, anzi con arte le trascura-
rono se non le derisero. Sono quindi ben rari gli accenni che sopra
un tale argomento trovo negli autori che immediatamente successero
al celebre svedese : il Gaertner, pur trattando magistralmente della
morfologia dei frutti e dei semi, quasi nulla dice dei loro adattamenti
disseminativi : poco vi aggiunge il Targioni Tozzetti. Anche A. P, De
Candolle, che tanto incremento apportò alla morfologia ed alla. fisiolo-
gia vegetale, quasi sorvola sulle funzioni per quel che riguarda la dis-
seminazione,
Per trovare notizie più precise, più estese, Conviene passare a tempi
più recenti, quando, circa un quarant’ anni fa, Federico Hildebrand,
pubblicò un accurato studio sulla disseminazione delle piante : egli, con.
somma cura passò in rassegna i diversi apparati biologici dei frutti e
dei semi, fece profonde. indagini sul valore morfologico delle diverse
| parti che concorrono a formare % detti. apparati, ne rilevò con molta
esattezza il loro modo di agire, le loro relazioni con.i diversi ‘agenti di
esterni: può dirsi che con Hildebrand le nozioni sulla disseminazione
assursero a vera scienza. Da allora ad oggi molti studî furono conti-
` nuati intorno ai diversi adattamenti disseminativi, sia come studî par-
182 LA DISSEMINAZIONE DELLE PIANTE CON SPECIALE RIGUARDO ECC.
ticolari di singoli adattamenti, sia come studî parziali degli apparati
disseminativi presso speciali famiglie, sia infine come studî limitati a
distinte regioni, in rapporto alle condizioni d’ambiente. Dei principali È
apparati disseminativi si hanno non solo studi morfologici, ma` ancora
istologici, e per molti casi si hanno ancora esperimenti che meglio star
biliscono la potenzialità dei detti apparati. Da tutti questi studî di in-
dagini si sono dedotte illazioni sullo scopo ultimo della disseminazione,
sulla efficacia che questa ha avuto ed ha nella distribuzione dei vegetali
sul glodo, nella formazione dei diversi consorzî di piante nelle singole
regioni.
Generalità sulla disseminazione
La riproduzione normale delle piante avviene, come è noto, per
mezzo dei semi: ogni individuo vegetale, o una sol volta in tutta la
sua vita, o per più volte consecutive, produce semi, poi finisce per
morire: lo spazio da esso occupato viene ceduto ad altri individui
della stessa specie. Con la produzione dei semi la pianta ha prov-
veduto alla continuazione, alla persistenza della specie. Ma non basta
che
i semi siano prodotti, conviene che questi cadano in luogo. pro-
pizio per germinare e che le giovani piante trovino ambiente adat-
to per crescere, per ricostruire nuove piante simili a quelle da cu
provengono. Intanto se i semi cadono perfettamente al piede della
pianta madre, sono evidentemente da questa ostacolati nel loro sviluppo:
quindi s’intravede già una necessità, per cui debbano venire sparsi &
qualche distanza, ed ecco una prima ragione della disseminazione, forse
la principale. Ammesso che possano giungere a qualche distanza, ben
pochi arriveranno in luogo realmente appropriato al loro sviluppo, anzi
la maggior quantità andrà dispersa, in luoghi non adatti, restando F
cosi esposti a perire. A ciò provvedono le piante producendo spesso
un numero veramente enorme di semi. Per citarne alcuni esempi, se
condo le indagini riportate da diversi autori, ecco il numero di semi
prodotti da un solo individuo delle seguenti specie :
Sisymbrium Sophia - Semi n. 730000
Ulmus campestris - » » 529000
Nicotiana Tabacum - >» >» 360000
PROF, SAC. LUIGI MELPIGNANO 188
Papaver somniferum - Semi n. 300000
120000
Erigeron canadense - »
Capsella Bursa-pastoris » » 64000
Poa Abyssinica - » » 40000
Plantago major - =» 14000
Raphanus Raphanistrum » » 12000
Hyosciamus niger - » » 10000
Heliantus annuus - » >» 4000
Zea Mays - di 2000
A questo riguardo il Kerner osserva :
« Se per esempio una pianta di Giusquiamo produce in un anno
« 10000 semi, se ognuno di questi semi dà origine nell’anno successivo
« a 10000 piante e se ognuna di queste piante produce alla sua volta
10000 semi, dopo cinque anni dovrebbero esistere 10000 bilioni di
« piante di Giusquiamo : essendo la intera superficie della terraferma
« di 136 bilioni di metri quadrati e potendo in ogni metro quadrato
« trovare posto cirea 73 piante di Giusquiamo, tutta la superficie emersa
« nel globo terrestre sarebbe dopo cinque anni coperta di piante di
« Giusquiamo, se tutti i semi maturati si sviluppassero. Il Sisymbrium
« Sophia avrebbe persino bisogno dopo tre anni di un’ area 2000 volte
superiore alla superficie terrestre, se nessun ostacolo si opponesse
« alla sua propagazione ».
Ora è evidente che, per necessità stessa di natura, la maggior parte
di tanti semi prodotti, andrà dispersa in luoghi non adatti alla germi-
nazione o non adatti alla persistenza della specie : forse uno per mille
riuscirà a sopravvivere. A questo proposito giova avvertire che una
disseminazione troppo longinqua è più nociva che favorevole alla ripro-
duzione, onde è facile comprendere che oltre certi limiti l ambiente
trovasi talmente mutato per condizioni di clima, di flora, di fauna, che
una pianta di regioni lontane difficilmente può adattarvisi: quindi, se
da una parte la pianta, con la disseminazione, cerca di allargare il suo
dominio, dall’altra deve curare di non allontanarsi troppo dal suo luogo
di origine, anzi deve far di tutto per persistervi. Per cui nella grande
maggioranza dei casi si ha una doppia disseminazione, che si esplica
. in diversi modi, e persino con una spiccata eterocarpia, cioè con la
produzione di apparecchi adatti alla disseminazione longinqua e di ap-
A
CS 184 LA DISSEMINAZIONE DELLE PIANTE CON SPECIALE RIGUARDO ECC.
parecchi adatti alla disseminazione in loco, e ciò in una medesima spe-
cie, anzi, per solito, in un medesimo individuo.
Morfologia degli apparati disseminativi
L'unità disseminativa è il seme: ciascun seme potenzialmente è |
capace di riprodurre una nuova pianta. Perciò ogni seme dovrebbe ve-
nire disperso isolatamente, perchè le pianticelle germinate non si osta-
colassero a vicenda con il crescere troppo vicine. A questo scopo nel
maggior numero dei casi, i frutti che dapprima racchiudevano e pro-
teggevano i semi, giunti questi a maturità, si aprono e li lasciano li- a
beri : così il frutto, divenuto inutile, cade o si dissecca, mentre ciascun
seme viene separatamente da diversi agenti allontanato. Qualche volta. :
il frutto non si apre naturalmente, ma l’allontanamento dei semi avviene
per opera di agenti intermediarî, come nel caso di molti frutti polposi,
a più semi, esempio le bacche che sono ingerite da animali frugivori, |
ed i semi restati liberi sono dispersi. Non di rado però il seme’ resta
sempre incluso nel frutto, fino alla germinazione : in tal- caso si ha la
riduzione dei semi a pochi, e spesso ad un solo, per ciascun frutto. d
Quando ciò avviene, il frutto monospermo, indeiscente è biologicamente —
analogo ad un seme isolato, e si presta a formare identici apparati
disseminativi ; anzi è da notarsi che il frutto semiforme (1) ha maggiori
vantaggi sul seme, potendo usufruire di un maggior numero di orap
attigui per la costituzione dell’apparato disseminativo.
Quando i semi sono isolati, è per solito il perisperma che "ann
diverse trasformazioni a scopo disseminativo : può divenire appiattito,
formare margini membranacei, o anche vere ali costituenti apparecchi
(1) In questo lavoro userò moite volte la parola Semiforme anche per indi-
| sare certi frutti monospermi, indeiscenti, che in realtà hanno la forma e la fun-
| zione dei veri semi. Ciò dipende dal fatto che riguardo al significato biologieo
degli apparecchi disseminativi, è priva-di importanza la la loro natura morfolo-
gica. Tanto che siano frutti oligospermi o monospermi, indeiscenti, quanto siano
veri semi, la loro finalità è la medesima, e viene nua con espedienti ana-
loghi.
PROF. SAC. LUIGI MRLPIGNANO 185
| aereonautici (come nei Pinus), può assumere consistenza spugnosa a scopo
di galleggiamento, o può. trasformarsi. in polpa zuccherina (come in
Punica) mangiata da animali: qualche volta. la sua superficie, se ba-
gnata, acquista consistenza gelatinosa o vischiosa (come in diverse Cro-
cifere, in Linum) più spesso si hanno produzioni epidermiche cotonose
i
LIA RN I
rivestenti tutto il seme (come in Gossypium) o solo il suo apice (come
nelle Apocinee ed Asclepiadee): infine può presentare appendici, carun-
cole, arilli, che spesso sono ricercati dalle formiche, per le sostanze |
oleose che contengono.
Nei frutti semiformi si ha una ancor maggiore variabilità. di adat-
‘tamenti disseminativi. Possono anzitutto essere produzioni epidermiche,
‘come nei veri semi, lanose, aculeate, uneinate, viscose. Possono con-
corrervi loggie di ovario, sterili, vescicolose, funzionanti da gallegiante:
possono essere stili persistenti alati caudati (come in Clematis) od un-
einati: possono essere corolle persistenti e membranacee. Spesso è il
calice che si trasforma in doppio che diviene o membranoso, alato,
uncinato o viscoso. Possono eoncorrervi ancora le brattee avvolgenti il
capolino (come in eerte Composte) od anche una brattea sola in parte
saldata all’asse dell’infiorescenza : in luogo di brattee possono essere
glume, rivestite di peli o di uncini o con reste spineseenti o caudate.
| ‘Possono altresì essere peduncoli persistenti ingrossati e spugnosi, o alati
«© uneinati, ed infine possono intervenirvi, per fare un apparato unico,
altri fiori vicini, sterili e ridotti ad uncini o a piumini. |.
Da questa rapida rassegna si può giudicare di quale variabilità
debbono risultare gli apparati disseminativi presso le piante. e come si
DIES conseguire scopi identici con mezzi diversissimi.
Disposizioni coordinate ale protezione dei semi
Avvenuta la fecondazione, gli Prali racchiusi nell PINS; vanno
| trasformandosi in semi...
In tale periodo essi binde bisogno dex massima ‘| protezione : > Ver
| gorosamente concorre a proteggerli l’ovario con le sue pareti, che spesso
assumono. ‘consistenza coriacea o- legnosa, 0 che accumulano, nei loro
tessuti, sostanze ingrate 0 velenose, come tannino, alcaloidi. I nemici
però dei giovani semi dei frutti giunti, o quasi, a Maturità sono nume-
186 LA DISSEMINAZIONE DELLE PIANTE CON SPECIALE RIGUARDO ECC,
rosi : dai mammiferi e dagli uccelli che tentano cibarsene. quando non
sono ancora atti alla disseminazione, agli insetti gallicoli che procurano
di introdurvi le loro uova, alle formiche che fanno il possibile per tra-
seinarli nei loro nidi: contro queste cause nemiche le piante oppongono
valide difese. Spesso l’ovario diventa rigonfio, vescicoloso, quasi a pal-
loneino, per cui rimane un certo spazio fra i giovani semi e le pareti
ovariche, spazio sufficiente per impedire che ‘l’ovopositore di insetti gal-
licoli penetri fino ai semi: il medesimo effetto è ottenuto da brattee
concave quali si riscontrano in diverse piante ; ma il più delle volte è
il calice che persiste, si accresce e s’ indurisce, provvedendo ad una
difesa. Contro i bruchi ed altre larve che potrebbero corrodere i giovani
ovarî si hanno ciuffi di setole retrorse ai nodi del caule, che ne impe-
discono l'avanzare : qualche volta invece di setole sono aculei, con la
punta volta in giù, che ottengono lo stesso scopo. Contro le formiche
si hanno di preferenza, sotto i fiori, nei peduncoli o alla base delle
infiorescenze, peli glandolosi o superficie vischiose, che le formiche non
possono attraversare senza rimanervi impigliate: parimenti si hanno |
superficie lisce, levigate, ricoperte di cera, sulle quali le formiche non
possono passeggiare, scivolando ben tosto a terra.
Ma anche quando il frutto ed il seme maturo è pronto ad essere
disseminato, ha bisogno di particolari protezioni contro agenti non ap- |
propriati. Molte produzioni spinose impediscono che frutti semiformi
siano inghiottiti da uccelli granivori, come gallinacei ece:, non adatti
ad effettuarne- la disseminazione. Allo stesso scopo tende il mimismo:
certi semi e certi frutti semiformi assumono l’aspetto d’insetti, di larve, `
di frammenti di legno, di pietruzze: qualche volta la somiglianza è tale
da restarne realmente ingannati. Ora è probabile che anche animali
avvezzi a cibarsi di semi, ne restino ingannati e quindi trascurino di
becearli.
Disposizioni coordinate a facilitare il deposito dei semi
Una disseminazione troppo longinqua può essere più dannosa ch
utile alla specie, come si è detto, per cui si vedono in molti casi dispo-
sizioni atte a limitarne la portata.
Le correnti ascensionali diurne, dovute al riscaldamento dell’ at-
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2 PROF. SAC. LUIGI MELPIGNANO 187
mosfera e del terreno, cessano di agire col sopraggiungere della notte,
e però i semi da queste sollevati ricadono nel terreno; ma appunto di
notte si ha la rugiada che li bagna col terreno stesso, di modo che
questi non possono più essere sollevati; così tali semi hanno un sol
volo, e la distanza cui possono giungere non è molta, stante la tran-
quillità dell’atmosfera nella quale esplicano la loro azione. Sembrerebbe
che.i semi adattati a forti venti dovessero giungere molto lontano, ma
in realtà ciò non è: i venti, anche i più impetuosi, non spirano uni-
formemente, ma a sbalzi, e basta che il frutto o seme roteante si trovi
in uno spazio di minore violenza, per non potersi più sostenere, e do-
ver precipitare a terra: una volta caduto non può più essere sol-
levato. Si aggiunga che, in molti casi, l’ala si distacca facilmente dal
seme (come in diverse specie di Pinus ece.) o il pappo si distacca dal-
l’achenio (come in diverse specie di Carduus, di Cirsium ; ecc.), quindi
quest'ultimo precipita tosto. Similmente gli animali pascolanti procedo-
no adagio, soffermandosi anche qualche giorno nei luoghi ove trovano
pascolo e quivi, curando la loro nettezza, si liberano dei semi che tro-
vavansi aderenti al loro vello. Anche gli uccelli acquatici, che portano,
aderenti ai loro piedi cumuli di terra con inelusi semi, di tanto in
tanto pensano al loro abbigliatoio, e così accuratamente si liberano
della detta terra.
Forse la maggior potenzialità disseminativa, longinqua, è affidata
‘agli uccelli migratorî, però anche in questo caso conviene non esage-
rarne la portata. È vero che nella loro emigrazione superano grandi
distanze, ma è anche vero che la loro digestione si compie rapidamente,
si che dopo parecchie ore i semi ingeriti sono evacuati: prova ne è
che gli uccelli che giungono da re viaggio hanno l’esofago pone)
tamente vuoto.
Disposizioni coordinate a facilitare la presa dei semi
Quando il seme è giunto a maturità, conviene sia posto nelle con.
dizioni migliori per poter essere disseminato.
Queste condizioni possono riferirsi anzitutto all’ epoca di matura-
zione dei semi. Generalmente i frutti ed i semi maturano in estate o
in autunno, qualche tempo dopo la fioritura, ma in molti casi l epoca
| (188 LA DISSEMINAZIONE DELLE PIANTE CON SPECIALE RIGUARDO ECC.
di maturazione può essere anticipata o ritardata, in vista di particolari
ah
agenti disseminativi. Per citarne alcuni esempi gli apparati leggieri,
anemofili, sollevati dalle correnti ascensionali, trovano le migliori con-
‘ay apparecchi, maturano i loro semi, o frutti semiformi, durante l’ estate,
quando la calma atmosferica permette i loro piccoli voli, mentre un
vento violento li porterebbe troppo lungi e li farebbe disperdere m
mare. Al contrario gli apparati più pesanti, capaci di movimento rotik:
` torio, che trovano la loro forza in quella stessa dei venti, maturano in
autunno, in qualche caso in primavera, in coincidenza dei venti alisei
autunnali o primaverili, i quali nelle nostre regioni provvedono appunto
al loro trasporto. Gli apparati poi eriofili, adattati ad attaccarsi al vello
i degli animali pascolanti, maturano per solito quando i pascoli stanno
per esaurirsi, cioè quando gli animali stessi si accingono a trasferirsi
verso regioni più montuose, ove possono trovare pascoli ancora freschi:
allora trasportano seco involontariamente, aderenti al loro vello, i frutti
semiformi ad adattamenti eriofili. I frutti poi formati ad apparati orni-
tofili coincidono nella maturazione con le epoche delle emigrazioni degli
che li hanno ingeriti, evacuarli nei paesi che vanno attraversando.
Ma altre contingenze si aggiungono per facilitare la, presa dei
+
solo a ‘quell’altezza trovare le condizioni adatte per il. loro funziona;
mento. Infatti per cominciare a roteare debbono essere lanciati dall’alto;
perchè solo dopo un certo tratto di discesa incontrano sufficiente resi-
stenza nell’aria, che trasforma il loro movimento di caduta in movi-
zontale potrebbe agire per metterli in movimento. Del pari la maggior
parte dei frutti ornitofili sono portati da piante fruticose e arboree, ed
anzi per solito si trovano localizzati nelle estremità più elevate dell’al-
haro e ove aiy uccelli egli usano sostare per pochi. momenti, . por
la maggior parte delle Composite e di altre piante presentanti simili
mento rotatorio: se fossero vicino al suolo, le correnti ascensionali non
i potrebbero sollevarli, per il troppo peso, e neppure un forte vento oriz-
-~ semi. Gli apparati destinati ad essere spinti in alto dalle correnti ascen-
sionali sono per solito portati da pianticelle umili, alte da pochi centi |
metri ad un metro al massimo, mentre quelli destinati ad essere coin-
volti dai forti venti, sono sempre portati da alberi piuttosto alti, potendo —
dizioni di loro espansione durante i periodi estivi di calma, ed appunto —
uccelli, cioè nell'autunno e nella primavera, potendo così gli uccelli,
e ir SÈ
-
gna
RER
PROF. SAC. LUIGI MELPIGNANO _ 189
beccare qualche fruttino, e riprendere il volo, Al contrario gli apparati
eriofili sono tutti portati, senza eccezione} da piante di piccola statura,
alte al massimo un metro, mancando affatto in piante arboree: ciò è
in relazione con la statura degli animali pascolanti, al cui vello deb-
bono aderire.
Altre contingenze si riferiscono alla facilità di distacco dalla pianta
degli apparati disseminativi. Quelli solleva i dalle correnti ascensionali
diurne si distaccano al menomo soffio, essendo appunto la forza di queste
lievissima ; anzi spesso piccoli movimenti delle palee che rivestono il
| ricettacolo o delle brattee che lo contornano, movimenti facilitati dalla
asciuttezza dell'atmosfera, operano il distacco di questi apparati, spin-
gendoli in fuori, in alto, per trovarsi in posizione da essere più facil-
mente sollevati. Al contrario gli apparati più pesanti, che possono ro-
teare sotto l’impulso di forti venti, restano per bene attaccati ai più
alti rami, ed occorre che la violenza stessa del vento li strappi: in
alcuni casi però si trova una disposizione che permette una doppia disse-
minazione. Poichè per opera dei venti autunnali che di preferenza spirano
verso nord e di quelli primaverili verso sud, spesso da uno stesso albero
non tutti i frutti sono strappati in autunno, ma alcuni restano» così
aderenti, che sono staccati solo in primavera. Anche i frutti ornitofili,
benchè meno validamente aderenti ai rami, non si staccano natural
mente, ma vi persistono a lungo fino a tanto che qualche uccello, bec-
candoli, li strappi: invece i frutti mastozoofili, disseminati da grossi
mammiferi, si staccano a maturità e cadono a terra, non potendo i
detti mammiferi arrivare ai rami per raccoglierli. I frutti eriofili re-
stano pure a lungo aderenti alle piante, occorrendo che qualche ani-
male, dal corpo velloso, li urti nel passare, per ottenerne il distacco e
‘l'aderenza al vello stesso.
In Re RE si hanno ass disposizioni per il lancio
dei semi a distanza : mediante particolari disposizioni anatomiche, cioè
| per la presenza di due sorta di tessuti, aventi diversa tensione, la
.
deiscenza del frutto avviene con tale forza e rapidità, che i semi in
esso racchiusi, sono lanciati violentemente a qualche distanza, la quale
190 LA DISSEMINAZIONE DELLE PIANTE CON SPECIALE RIGUARDO ECC.
però così raggiunta, è sempre limitata: può variare da un metro ad
un massimo di quindici metri, quindi si ha una diffusione della specie
in loco, ma non certamente una disseminazione longinqua. Per quanto
poi riguarda la Libia, noto che scarse sono lo piante autodinamiche ivi
indigene, e che vi mancano i migliori apparati autodinamiei, quali sa- =
rebbero quelli di Ecballium, di Hura ecc. Così pure si può ritenere |
manchi alla Libia il tipo rappresentato dal genere Oxalis: l’unica spe- |
cie che fu indicata per la Tripolitania è la Oxalis cernua, pianta, come
è noto, non indigena della regione mediterranea, ma esotica, essendovi
stata introdotta dal Capo di Buona di Speranza, sua patria, e nelle |
nostre regioni, come in Libia, benchè eresca rigogliosa, non produce
seme, perchè v’& rappresentata da una sola forma, la mierostila, inca-
pace dell’autofeeondazione. La sua moltiplicazione avviene necessaria-
mente anche in detta regione per via agamica.
Riguardo al tipo rappresentato dal genere Viola, non si ha in i
Tripolitania alcuna specie, mentre in Cirenaica si trova la sola Viola
scorpiuroides, che con la sua presenza attesta. una maggiore affinità
della Fiora Cirenaica con la Flora Eurcpea, essendo in Europa nume- A
rose specie del genere Viola. Il frutto della Viola scorpiuroides agisce |
allo stesso modo dei frutti delle specie nostrane di Viola, come si
può dedurre da tutti i caratteri che si rilevano da accurato esame.
In Libia si trovano pure autodinamiei gli apparati di alcune specie di i
Geranium, cioè tre in Tripolitania e cinque in Cirenaica. Sono tutte.
specie comuni anche in Italia, quindi il loro modo di disseminazione è
ben studiato
Anche nella Buniglia delle Euforbiacee si hanno apparati dll
namiei: questa famiglia è bene rappresentata in Libia, cioè in Friot
tania con i seguenti generi e specie.
Euphorbia specie 13
1
Andrachne »
Chrozophora » 2
Mercurialis #0]
Ricinus > 1
PROF. SAC. LUIGI MELPIGNANO 191
Ed in Cirenaica :
Euphorbia specie 11
» 1
Andrachne
Chrozophora » 1
Mercurialis » 1
Ricinus » 1
Il loro apparato autodinamico è molto semplice : si tratta di frutti
capsulari, tricocchi, con tre semi, aderenti ad una piccola colonnetta
centrale. Per la diversa igroscopicità dei tessuti, a maturazione si for-
ma una fenditura lungo la nervatura mediana dei carpidî, i quali nello
stesso tempo si separano dalla placenta per i loro marginì interni. Al-
lora le due metà si ricurvano in dentro, producendo una leggiera esplo“
sione, e lanciando lontano il seme corrispondente.
Infine apparati autodinamici si trovano in molti generi di Legu-
minose. Il loro frutto, come è noto, è un Legume che si apre per due
fenditure, una in corrispondenza alla nervatura mediana, l altra alla
sutura ventrale, in modo che ne risultano due valve, aderenti solo
per la base. Le pareti delle valve presentano due strati ben distinti:
uno esterno formato di parenchima molle e limitato verso l’esterno del-
l'epidermide : la parte interna si compone di fibre quasi perpendicolari
alle cellule dell’epidermide esterna, e tanto più sottili ed allungate
quanto più si avvicina all’interno. A maturità si produce una differen -
ziazione assai marcata in certe cellule: le pareti esterne delle cellule
epidermiche, presso la linea di deiscenza, si lignificano rapidamente,
mentre quelle interne e laterali restano indifferenziate. Allora, quando
la disseccazione dei tessuti è completa, sì effettua una sorta di esplo-
sione: le due valve si distaccano violentemente luna dall’ altra, arro-
tolandosi a spirale come un nastro, e facendo pressione sui semi, che
sono duri e sferici, li lanciano a qualche distanza. Secondo la lunghez- dA
za dei frutti e il numero dei semi, la torsione può essere limitata ad
un solo giro di spirale, oppure a due o tre giri. Moltissime Legumino-
se prestano questo apparato:
In Libia di gui offrenti un tale apparato si AGR per la
Tripolitania, i seguenti generi e specie :
Lupinus specie
Calycotome »
enista
»
»
1
2
SE,
i |
di,
Lathyrus
SI
| 21.
E per la Cirenaica T
Spartium specie
Calycotome »
»
»
»
»
1
1
1
ANA
7
6
1
st (> se 24 Poo
| Riassumendo la disseminazione autodinamion sii trovasi: attuata,
in Libia, ato per: la Tripolitania : Fossa. i
violi. genere 1 A specie 3
Euforbiacet : a 5, ».18
os Mapa | tai
PROF. SAC. LUIGI MELPIGNANO 198
Cioè in Tripolitania si ha un totale di generi 12 e specie 42 e
per la Cirenaica 14 generi e 45 specie. La proporzione risulta quasi
la medesima e non vi è particolare prevalenza nell’ una o nell’ altra
regione.
Disseminazione a breve distanza
Con gli apparati autodinamici si consegue nelle piante lo spargi-
mento dei semi a breve distanza: solo qualche metro dalla pianta ma-
dre, quando non intervengono altri agenti che ne promuovono una
ulteriore dispersione. Tuttavia, anche l'allontanamento di pochi metri,
è sufficiente per ottenere, con il succedersi delle generazioni, la espan-
sione della specie in una area vieppiù estesa. Tanto una specie dotata
di potenti mezzi disseminativi, quanto una specie che ne sia priva, ca-
pitate entrambe in uno stesso territorio, finiranno da ultimo per pareg-
giarsi totalmente, e per occupare tutti gli spazî favorevoli al loro svi-
luppo. Si devono quindi considerare come mezzi disseminativi, benchè
di potenza limitata, tutte quelle disposizioni tendenti ad allontanare
anche di poco i semi della pianta madre.
A questo proposito, oltre agli apparati autodinamiei, è d’uopo con-
siderare gli apparati a balista. I più tipici sono quelli che si riscon-
trano nelle Labiate, in cui gli achenî sono inclusi nel calice, rigido e
spinescente, e questo è orientato orizzontalmente : il peduncolo che lo
porta è nello stesso tanpa rigido ed elastico, per cui se un animale
nel passare lo urta, esso si curva, poi appena cessata: la ‘pressione, per
elasticità riprende la posizione di prima, facendo con un tal movimento
uscire gli achenî che sono così lanciati a qualche distanza. |
+ Anche in parecchie Composite si hanno apparati analoghi, mercè —
2. Ja presenza di brattee rigide, appuntite, ‘contornanti il ricettacolo. €
a In altre famiglie si hanno altresì analoghe disposizioni, ma quivi
non sono. più achenî che vengono lanciati lontani, bensì veri semi, con- -
‘tenuti in capsule che restano aderenti al peduncolo, spesso munite di.
punte contro cui urtano gli animali nel passare: se ne hanno esempi
nelle Ranuneolacee, | Papaveracee, Cariofillee, Malvacee, Ipericinee,
Campanulacee, ni Solanacee, Scrofulariacee, SA Ge.
1% LA DISSEMINAZIONE DELLE PIANTE CON SPECIALE RIGUARDO ECC,
gliacee, Iridee, Giuncacee, ecc. In molti generi di queste famiglie si
hanno trutti capsulari, rigidamente eretti, con apertura più o meno api-
cale, contenenti numerosi semi, piccoli e leggieri: l uscita di questi i
semi si rende difficile, e può solo avvenire quando qualche causa esterna, È
vento, passaggio di animali, faccia oscillare fortemente il fusto, il quale È
tosto per elasticità riprende la posizione primitiva; ad ogni scossa esce 359
un certo numero di semi, che si espandono ai due lati della direzione =
della scossa stessa. Se i semi sono molto leggieri, o provvisti di qualche |
mezzo di allegerimento, ad esempio pappi o piumini, e se la scossa fa
causata da un vento piuttosto forte, si potrà avere una disseminazione ;
a qualche distanza, altrimenti i semi cadono a pochi metri. È
Tuttavia anche nel caso di semi assolutamente privi di mezzi ri- |
ferentisi ad una disseminazione ‘attiva, si deve considerare che spesso,
; quando trattasi di roccie o di terreni inclinati, questi semi, massime se A
sferici, come in molti casi, possono rotolare lontano : bisogna anche |
tener presente che le forti pioggie, improvvisando torrentelli possono
trascinarli per lungo tratto, ed infine che animali, come formiche ece. |
possono raccoglierli e portarseli verso i loro nidi.
Devo quindi ritenere queste piante come prive di particolari ap
parati disseminativi, ma non incapaci ad essere disseminate. Perciò in |
questa categoria riunisco tutte quelle specie che mancano di veri ap,
parati disseminativi: poichè la loro enumerazione sarebbe troppo lunga-
posso ricavarne il loro numero per esclusione, cioè sottraendo il numero
delle specie con particolari apparati disseminati vi, dal numero totale
delle piante libiche (1). In tale modo risulta che in Tripolitania si hanno .
444 specie senza veri e proprî ‘apparati disseminativi, ed in Cirenaica
392. Però in tutte queste, come ho detto, la mancanza di vera disse-
minazione è più apparente che reale, potendo i semi sempre, in qualche .
momento, venire eventualmente spostati ed anche trascinati a distanza, _
da qualche improvvisa causa estranea.
(continua).
(1) Attitudino nel fiore delle piante della Libia alla Stauragomia 0 arse: .
togamia Tip. « Ennio » G. Tamborrino. Ostuni 1915,
I superstiti della paleoflora mediterranea
2 $ 4. Le piante australiori. gr:
Nella parte di questo mio lavoro, publicatasi ultimamente, non che -
mancar di avvertire, che ne sarebbe venuta subito appresso la conti-
— nuazione, dissesi ne fosse giunta la fine; mentre era agevole del resto
il vedere, che l’argomento suo ne fosse appena sfiorato. Ma io confesso,
| che avrei, profittando di questa mancanza tipografica, troncato la trat-
stone dello stesso, in vista delle difficoltà da sormontare per conti-
nuarla; se la voglia di far conoscere pienamente quanto già era stato
. da me affermato rudimentalmente, fin da quando imprendeva a discor-
rere delle disgiunzioni floristiche mediterranee, (1) non m'istigasse a
| proseguire nell’iniziata operetta; e se lo scoraggiamento da me avvertito
«non fosse stato vinto da benevola ed autorevole parola, che m’accertava
| poter io così concorrere nel servizio da prestarsi all’amabile scienza.
Ora un altro concordante lavoro ò impreso anzi, Br sulla flora
adriatica: (2) esso completa questo che qui pubblico, e ne è è completato,
trovandosi nesso tra entrambi, come fra parte e tutto.
| Quel che andrò esponendo nel presente $, mentre serve sempre
quale ‘proseguimento dell'analisi avviata nel precedente, mira in ispecie
al complemento delle considerazioni da farsi sulla somma di elementi
floristici orientali, estranei al distretto adriatico, collegati strettamente
agli australiori. Dissi che confonderli col resto delle entità annuncianti
nell’occidente un preludio di flora orientale tsecondo l'elegante espres-
sione di F. Parlatore) sarebbe un errore, trattandosi di categori e diffe-
nti per tipo, per espansione geografica, per valore storico. Qui essi
trovano l'opportunità di venir considerati come è g uopo, mentre si
rea di approfondire lo studio tanto importante delle piante australiori.
Poi lo insistere sull’analisi. della flora mediterranea è reso utilissimo,
cessario più. che mai, dalla natura stessa; di tal gis ui di co-
E ompieeaisnima -s > d’orig
i a) Keen gi pit vi a)
2 Adria e rp: pa adr. egli atti È Acc. va 1815).
I Pra L- NICOTRA
ci prepariamo il terreno alle discussioni storiche venture, e intanto sa
remo obbligati ad entrarvi fin da ora, stante l’opportunità di all
specie nuovamente introdottesi, nuovamente originatesi; stante le
sità di riconoscerle distinte dalle vissute primitivamente, dalle già e
stenti alle tante perite o emigrate ;sicchè meglio apparirà, che qu
analisi nostra ci conduce immediatamente a una sintesi; che essa, 8
lendo categorie statiche, mette in evidenza le dinamiche, le loro gen
trici, sia pure soltanto in massima, essendo talora non chiaro un
rilievo.
Una tal categoria è quella delle piante australiori appunto,
essa parmi sia da porsi a titolo di parte fondamentale della flora.
diterranea. Grisebach così va ancora corretto; poichè, intesa più lar
mente essa flora, (1) costituito da essa quel dominio esteso, cui voli
tieri darei il nome di dominio di Boissier (intitolandolo dall’emin
| botanico, che tantala vi stese), resta a fissarne più convenientemi
la divisione. Le due correzioni fatte a Grisebach (luna spettante
delimitazione del dominio, l’altra alla sua partizione) eoll.mano all’a
cinamento, al rilievo dei nessi fra le parti naturali estreme della |
mediterranea, dei paesi ove per lo più s’indovano le specie disgi
ove l'osservazione del fitografo ginevrino si è esercitata del pari; si
la botanica
x
. . . + pi
è ben riuscita (contemplando due vegetazioni, lontan
ispazio, ma vicine per affinità) qual comentario della poesia di Vi
minio, il riconoscimento .della N Hunone oriekion mediterrane
può essere I e panne KERA d'una flora ansta
delle affinità svolgentisi in senso meridiano, già apparsa col Vivi
col | Panolan (3) mere& Foblio di. quelle svolgentisi in senso lo
; A 1) Come avean fatto Fenzl, Chavanne, De Candolie, e come po
; Engler, Drude ed altri.
| (2) L’Espagne c'est encore Vorient, U pg est: a demi africaine,
que est à demi asiatique (Les orientales).
(8) Viviani vi accenna nel Florae lybiae specimen; e Blanchard ne È
x
n
N
sue idee è
nale e ben più gravi. Ora, dando il dovuto rilievo a queste ultime,
parmi si possa fare un passo avanti in questo punto di geografia bota-
nica. E già notabilissimo emendamento a Grisebach apportò P Engler,
riguardando |Italia come divisibile in due proviucie, e spianando cosi
la via a sostenere l'ipotesi dell’ Adriadite.
Però, il riconoscimento d'una flora australiore del Mediterraneo,
come parte fondamentale di dominio è ancora più notabile progresso
d'analisi, felice pei suoi sintetici risultamenti, pel suo valore verso l’in-
duzione storica, per la portata sua; onde riesce a sanzionare il concetto
unitario del dominio mediterraneo, stante l’attinenza di essa parte con
l’essenza di esso dominio, cioè con esso concetto. Tale essenza risiede
nello stato originario (antecesso alla comparsa delle modalità, sulle
quali risiedono le altre divisioni); quindi più davvieino dev’esser legato
alle cause determinanti il dominio ‘stesso. Ora, se le affinità, scorte fra
le parti estreme, per via delle disgiunzioni, muovono dall unità, dall’u-
niformità primigenia del dominio, debbono chiarirei quel concetto; quindi
mal non ’mi apposi a tentare prima un’illustrazione dei problemi relativi -
alle forme vegetali disgiunte, affin di porre i cardini, su cui fondare lo
studio intento a scoprire i rappresentanti paleofloristici. Aspettisi intanto
che, continuandu in questo mio discorso, venga chiarito meglio il rap-
porto intimo intercedente fra disgiunzione e zona australiore nella flora
mediterranea.
Ma può sin da ora parlarsi di un’ anzianità della flora spettante
| cotale zona; poichè basta a ciò una prima convinzione dell’ esistenza
d’un tal rapporto, e dell’anzianità delle forme disgiunte. L’indovazione
~ africana, in ambi i casi frequentissima, è per lo più sicura ragione,
| sicuro indizio di anzianità, quando sappiamo, che di genio tropicale
o subtropicale dovettero esser gli elementi paleofloristici mediterranei,
| dato il nascimento pre o almeno la lore ordinaria esistenza nel ter-
ziario. (1)
n ou ai J se to as ir ma è stato criticato da For-
ma
Pr
Ciò emerge > di LI facendo Maio soltanto di argomenti aere da
fatti statistici; emergerà poi più eloquentemente da fatti sfuggenti be
alla statistica, ma poi rivelantisi innumeri mercè la comparazione dell
forme affini; che ci occuperà più tardi, e non lascerà alcun dubbi
sull’autonomia della detta flora australiore, massime se potrà ess
confortata da probabili conelusioni dell’induzione filogenetica. (1) Allor
infatti ci troveremo a contemplare gruppi sistematici d’ordine superiore,
e le connessioni fitogeografiche, che se ne rileveranno, dovranno di
necessità accennare ad uno stato primevo di cose. Però noi siamo gi
sicuri, che un grado cospicuo di vetustà spetti agli elementi africani in
massima, come agli orientali; che del predetto genio tropicale essi v
dano insigniti; già sappiamo inoltre quali strette. relazioni fra Marocco.
ed Abissinia si diano, e fra Spagna ed Africa, quanto bene |’ odierni
flora canariense rappresenti la paleoflora del Medìterraneo. (2) Noi pos-
siamo adunque valutare tutta l’esattezza e l’importanza della veduta di
Unger (cui Grisebach è per azzardata e fantastica) intorno alla dipen-
denza dei dominii floristici dall'età geologica di lor nascimento. (3) Ben.
essa invece è profonda e soddisfacente. Essa collima con le idee teste |
esposte, e ci conduce ad una razionale definizione di dominio, pere
toccante l'essenza, l'origine di esso; ci persuade perciò a procurarei I
più precise e larghe informazioni paleogeografiche, per fare indi alla =
botanica un migliore servizio di quello fatto con le comuni ed empi
riche contribuzioni. Ora è da cotali insegnamenti paleogeografici, che
sorge l’idea dell’antica esistenza d’una zonu continentale ininterrotta
nella porzione più australe dell'odierno Mediterraneo; zona oggidi rap-
presentata quasi integralmente nel nord africano, o almeno ivi assai
meno alterata di quanto ne sia stata nel sud d'Europa.
Le comunanze botaniche molto cospicue rilevantisi in queste €
(1) Fido nel conforto, che se ne à da solenni maestri (Cfr. p. e. Engler, Ver-
such etc. nelle preposte Leitende Ideen e nel corpo dell’opera, come quando av-
vicina le congeneri viventi di due loca'ità, o le viventi con le fossili).
(2) E un’altra tesi oggimai irrecusabile: vi convengono le più stimate
torità. Naturalment», l’affinità deve sorgere in prima linea fra la vegetazion
| delle Canarie con quella dell'Europa e dell’Africa occidentale. E anche qui
appalesa la validità di argomenti che scappano alla mera statistica ordinaria
; Ricordinsi i ì generi Drusa, Retama, Spartocytisus, Aizoon, Woodwardia ete.
| (8) Grisebach (La reg. d. globe T. I pp. 604).
SUPERSTITI DELLA PALBOFLORA MEDITERRANEA
direzioni, fra loro parallele, ce ne rendono testimonianza, ed a loro
volta confermano i risultati geologici; quantunque gl’isolamenti recati
dalle diverse incursioni marine e le ulteriori saldature varie delle terre
abbian dato luogo allasdiversità di legami assunti dal suolo, ed anche
a differente sviluppo dei prodotti vegetali, alterando così differentemente
l'omogeneità primitiva, rompendo quell’unîtà, cui ora dobbiamo indovi-
nare attraverso le reliquie, che se ne presentano tuttora. Ma europea od
africana è solo oggi possibile che si chiami una terra sull’area di essa
~ zona: prima delle incursioni plioceniche, ed anche prima delle pleisto-
eeniche unico era il territorio australiore, era afreuropeo, e neanche
avrebbe potuto dirsi, a rigore, mediterraneo (non avendosi ancora un
Mediterraneo; albergava la flora vetusta, che fu in pieno rigoglio nel
mioceno, che andò poi ad impoverirsi, a lasciare i suoi resti sui resti
di esso territorio. Se intanto è nell’ Africa, che una tal flora ei si pre-
senta non alterata; possiam dire che basti la flora nordafricana a sor-
‘reggere e dimostrare l’autonomia d’una flora australiore del Mediter-
raneo: mancasse pure ogni traccia d’essa in Europa, con la semplice
esistenza del numero di forme vegetali grandissimo diffuso sulla vasta.
area, che dalle Canarie si stende sino all’Arabia, all’ India (rimanendo
estraneo all’Europa), quest'autonomia sarebbe sempre innegabile. e miglior
appoggio riceverebbe l’idea esatta d | dominio nostro. (1)
Parmi che fra queste piante australiori sian da tenersi come più
importanti (perchè più idonee a farci scoprire quel passato, cui miriamo
qui; tutte quelle, che riescono immediatamente a farci carpire lo scopo
nostro: sono esse naturalmente le diffuse e in modo continuo o sub-
continuo per tutta ‘a longitudine della zona or contemplata. Esse sono
. talora estraeuropee soltanto, tal’altra europee affatto od afroeuropee. La
loro importanza è affermabile; poichè evidente è la difficoltà, onde una
così dice ein pa attribuirsi a cause esercitatesi in temp
(1) Siia oami i teie a ‘questa. ‘considerazione generale into:no sita; -
| forme. ‘sparse dalle Canarie allo Seinde; in cui àn molta parte le dısgiunte (come
era da aspettarsi), ` strettamente connesse. perciò alle accennate nella nota prece- =
“al Dalla cospirazione di queste prove attingono forza le idee principali, su
cui voglio di più insistere in EB confortando ua se ne trova esposto
in Sr $
relativamente recenti; difficoltà, che a sua volta trova ragione nell
istanza (non negletta da Grisebach) della assai limitata capacità dell
presenti condizioni geografiche mediterranee a permettere migrazioni di,
vegetali; (1) sicchè la vasta diffusione è da tenersi quale evento acea-
duto remotamente. Si à così la prima categoria delle piante, che stiamo
| a considerare. i
La seconda a mio modo di vedere, non gode di minore importanza, |
se obiettivamente si cosidera: è la categoria delle forme disgiunte. Pe
esse non occorre, che un facile lavoro d’integrazione, affinchè appaia
non differente in essenza da quello della prima categoria il caratter
loro geografico: non’ occorre, che risalire infatti dallo stato presente ai
uno prossimo passato; nel quale la or successa disgiunzione non eras
ancora avverata. E, ad avverarsi essa, avrà potuto bastare un muta
mento geografico magari lieve, o una locale estinzione, avvenuta nell:
specie vegetale studiata, indipendentemente da siffatto mutamento. qui
sarebbe stata !a prodotta da una vittoria delle specie concorrenti,
quella avverse, da decimazione della stessa, procurata conscienteme
0 proveniente come conseguenza involontaria di volute od occasional
perturbazioni superficiali del terreno vegetale. Non ostante la medi
zione di lavoro induttivo domandata dalle piante disgiunte (perchè fos
riconosciuta la loro appartenenza al novero delle australiori‘, la disgiun
‚zione stessa, una volta questo riconoscimento sia stato fatto, parla ancor
meglio della continua diffusione, a favore dell'autonomia d'una flor
mediterranea australiore, riuscendo essa più toccante, più mirabile, 8
cialmente, come si farà chiaro per quel che verrà detto fra poco, ov
trattisi di monotipi. Dallo studio di questa seconda categoria di piaı
se convenientemente condotto, si raccoglie, che una più larga parte.
| flora dovette rappresentare prima delle ultime espansioni del Medi
| raneo. La disgiunzione ‘adunque accusa indubbiamente uno stato fi
geografico antico; e tanto più valore a quest’ indizio, generalmente
. lando, quanto più grande è la distanza fra le sedi attuali d’una disgi
i kia più grande. l’importanza tassinomica d’una forma cotale.
i. Per ora non mapie er in Pron, ia le dine
y
zioni effettuate per distanze. assai grandi, fra le quali è naturalmente
primeggiinte quella, che occorre considerando le due estremità del do-
Pe tre categorie primarie di forme vegetali restano a contem-
Tiari, le centrali, le. occidentali, le orientali. Due altre. sono da
‘riguardarsi in seconda linea, come partecipanti di centrale e di estrema
indovazione : sono perciò le centroccidentali e le centrorientali, cui
appartengono buona parte delle già avvisate da Parlatore, e dianzi
| ricordate. Credo però che il numero di cotali categorie potrà essere
ben, altro; quando invece di considerare tutto il territorio afroeuropeo
e le categorie osservabili sempre (proprie cioè tanto dell’Africa quanto
dell'Europa), si considera la porzione africana soltanto; ove la conti-
mità del suolo rende più facili gli scambii innegabili, e quindi riescon
diverse per numero e determinazione le analoghe possibili combinazioni
dei siti occupati dalle piante.. Il frastaglio europeo invece non potrà
x aver cancellato facilmente Poriginaria indovazione una volta prodottasi;
2 er le precise categorie rassegnate qui si son mantenute intatte.
— Occorre però l’analisi di questo. fenomeno geologico avvenuto nel
SARE mediterraneo, occorre la guida della cronologia sua, per apprez-
zare bene l’importanza, il significato d’ogni fatto cospicuo, esteso, pre”
| sentatoci dalla fitogeografia, riferendolo alle varie fasi di esso fenomeno,
all’età dell'avvenuto frastagliamento, Le complicazioni sudette, osserva-
bili oggi sul continente africano, potevano benissimo darsi ovunque,
prima. che esso frastagliamento si desse; ma questo, o cancellò forse
sà
| quelle, che avrebbero potuto compiersi in seguito,
taluni si disprezzi questo mezzo di progresso fitogeografico, inaugurato
forza, il chiamare tal. credenza ayei più
quelle. che già esistevano, o certamente impedì, o almeno difficultò,
L’analisi geologica dianzi esposta è necessario adunque tenere in
costante considerazione allo scopo nostro, ed è deplorevole, che da
con i DL del “ord botanico da Alfonso. De Candolle. Vuol
' geografiche per ottenere responso —
| semplice, il credere, senza
| L. NICOTRA
buone ragioni, si trovi nella semplicità il segnale della verità? Do
infatti può desumersi l’esattezza di una tale tessera del vero ? La se
plicità delle ipotesi reca una maniera spiccia di considerare la reali
non una maniera congrua a farcela comprendere tal quale essa è.
natura invece (occorre non dimenticarlo, e, pur troppo, si dimen
cosi sovente!) è complicata; e noi, facendoci ingannare, sedurre (vo
usare il vocabolo dei miei contradittori. da una fittizia sempliciti
foggiamo teorie fantastiche, di facile comprensione bensì, ma fals
‘condanniamo la nostra scienza a un regresso, e ci preeludiamo la
ad ottenere lo scopo, cui la nostra mente per benefico istinto aspir
Vuolsi dire seducente idea; ma ella è invece una necessaria i
Come, dati i frastagli, si potrà spiegare con le semplici migrazioni 0
~ indovazione di vegetali, sien essi della più svariata indole biologica?
| Come spiegare le disgiunzioni magari, e (ciò che riesce più stran
quelle di monotipi? L’ipotesi delle migrazioni, assunta di un m
. esclusivo, applicata senza critica, è davvero insoddisfacente; sicchè,
| domanda altri ausilii il nostro- bisogno di trovare soddisfacente spieg
zione, non può dirsi ci faccia cedere a seducente idea; ma deve d
invece, che faccia forza a noi, ci tragga a soddisfare una logica esigenz
qual’ è quella di respingere quanto urta al nostro intelletto, di accetta
quanto si trova in armonia coi fatti, e coi prineipii di ragionamen
me . Rannodiamo alle fasi paleogeografiche il compiersi delle disg
| zione. La storia dei rivolgimenti tellurici occorsi nel Mediterraneo
apprende, che esso dovette compiersi ivi più volte. Una vetusta disgi
zione dove'te derivare certamente dalle condizioni stabilitesi nell’eocen
ed essa manifestasi tutt'oggi, mercè le assenze ben numerose, che
viamo nella penisola italiana, purchè esse sianv legittimamente rife
bili a tali condi ioni. Sieguono le tante disgiunzioni derivate da rive
gimenti pliocenici; fra cui (per l’Italia più importanti) quelli, che -
rono i guasti profondi dell’Adriatide e della Tirrenide. Ultimamen
si offre a considerare la disgiunzione estesissima apportata, all’inizi
tempi pleistoceniei, dalla distruzione del continente afrogrecoit
= donde si ebbe una frammentazione multipla del territorio mediter
; australiore, appena risarcita dalle saldature prodottesi nelle ultime
[ii Ora, in seguito agl’isolamenti così avveratisi, l’evoluzi
flori Pa la ne ed l’africana ee: un
rE SERIA
E Reato RO ge en
Rita o ne TERREI SIT A a
I SUPERSTITI DELLA ‘PALEOFLORA MEDITERRANEA s 208
dipendenza caratteristica, arricchendosi di forme svariate, differenziandosi .
più o meno profondamente. Tutto ciò a parte delle trasformazioni, che
esse flore poteron subire per altre cause. Le ultime fasi quaternarie
intanto, come le mioceniche ultime e le astiane, tendendo a ristabilire
la distrutta continentalità, non furono bastevoli a cancellare del tutto
gli accantonamenti e le disgiunzioni, che già avean trovato luogo: le
disgiunzioni massimamente dovettero più che altro permanere; sicchè
ancora sì rivelano per lo più integralmente, come dalle catastrofi plei-
stoceniche furono determinate: ma in buona parte esse sono state modi-
ficate mercè le successive migrazioni; siechè lo stato loro presente non
potrà che di rado essere il primitivo, ed ecclissata da sopravvenienze
varie ne è talora l’evidenza. e
Questi insegnamenti della ua sogliono oggi essere gran fatto.
dimenticati (come già dissi precedentemente); suol essere relegata fra le
favole la creazione di un mare sahariano, che ha tante ben solide
prove, e che ci spiega tanti notabilissimi fatti fitogeografici. I fanatici,
Cora Ze
i desiderosi di calcare vie nuove nella scienza chiudono gli occhi sopra
esse -prove, ed usano del ripiego di esagerare le modalità di quel mare
sino a renderne incredibile l’ammessione. Ma io non posso astenermi
dal seguire una logica seguita già da autorevolissimo naturalista, ne-
gletta da questi novatori; e tengo, che Ze cause dell’aridità riunite non
sarebbero forse state sufficienti per cambiare i piani dell’ Africa in
un desolato mare di sabbia, se un’irruzione dell'oceano non avesse
levato a questa superficie le piante e la terra vegetale. (1) E non mi
basta. Stimo, che il paradosso, della modernità d’una flora con forte ende-
mismo, sia rimovibile, accettando la moderata idea di Pomel intorno
all'estensione del detto mare; nè parmi ciò inconciliabile (come a qual-
cuno è parso) con l’idea emessa dal Martins: la contradizione emerge,
solo, se adottansi ipotesi eccessive (onde ò fatto cenno di già, e contro :
+
A Humboldt, Table, n Maire R Un voy. bot. au Sahara, Gand 1808)
erede poter confermare, che l'ipotesi di un mare sahariano sia favola, col fatto
dell’esistenza eccezionale di regioni depresse, nel deserto da lui esplorato, e della
non esclusiv ı presenza. di Abbia È facile scorgere l’inettitudine della conferma,
che poggia tutta su o dell’ipotesi combattuta, sopra un std
en che rende facile. il trattarne come di una vera favola,
a ei è intanto mentre un’invasione marina, che non avesse tolta
alle piante ogni superficie da loro occupata, s’aceorda col grande ende-
| mismo africano e con le disgiunzioni; ci dà ragione dell’ allontanamento
-grande, che tra loro presentano qui i centri di creazione vegetale, del
| numero limifatissimo di località, che abbian dato luogo a possibili :
| immigrazioni, dell’ habitat ristretto, che è proprio delle più caratteri- 5
stiche piante. (1) Quest’invasione marina non distrusse d’altronde nell’Eu-
ropa australiore tutto il continente rimasto nel pliocene, estendentesi in
guisa da congiungerla a terre africane; sicchè i resti di esso avran indi
potuto estendersi a loro volta, facendo emergere le formazioni postplio-
| ceniche, Così sonosi certamente originate aleune delle isole facienti corona
alla Sicilia, o analoghi resti avran potuto saldarsi ai vicini continenti
(come non ò tralasciato di ricordare in altro luogo) ed ora mostrarsi
sotto forma di promontorii. (2)
I vòti, che nell’antica vegetazione mediterranea si son prodotti per
i | via delle incursioni marine sono stati riconosciuti da recenti botanici, _
che ne han visto l’importanza per procurarsi una ‘razionale notizia.
della mediterranea moderna. Mi piace qui di citare Engler; il quale.
| in questo sparir di terre vede giustamente la causa dello sperdimento
di molte piante, e quindi la genesi della disgiunzione, comunque non,
. escluda egli le migrazioni. (3)
Consegaenze gravi sorgon poi da queste riflessioni: la fl ra austra- |
liore vien così a chia irsi come più ampiamente insediata, più ricca»
mente costituita pr ma dell’ul ra espansione del Mediterraneo; le
lacune in essa presentantisi ad oriente si accusano di data relativa-
(4) Griseb. (Op cit. T. II pp. 138, 499). Studi posteriori ci apprendono che
poco. ‘ufficio nella dissemina-ione delle piante sahariane esercitino gli agenti a-
| nimali e le disposizioni eriofile. Al vento devesi la quasi totale attività disse-
engen. ma i semi non si l:berano ordinariamente durante la siccità.
(2) Cfr. l’accenno fatto nel $ precedente. L'importanza dello studio dei p
. cit. I Abach, VI se I Th:
A
Ve TI
=
alla fisonomia d'una flora assai vetusa per quei membri, che la na
parso sempre chiarissimamente presentarsi, considerando le piante orien-
| fatto. cadere parecchi valorosi botanici in errori o per lo meno. in poco.
n di, pinnte mia e propriamente nel periodo astiano, quando nè 3
i SUPERSTITI DELLA PALEOFLORA MEDITERRANEA a 2p en
mente f esca; ad occidente tale flora dovette subire perdite ben più
limitate, sicchè non dovrà sorprendere lesser qui in essa. manifesto
più largamente il suo stato anteriore, il darsi rapp-rti afroeuropei
multeplici, intimi, estesi; e l’aver concesso il tempo lunghissimo del
quasi indisturbato sviluppo autonomo quivi una procreazione splen - È
dida di f rme ndemiche numerosissi» e; l’esser il carattere della flora
predetta insignito di note accennanti spessissimo, anzi in massima,
rannodano all’asiatica, all’africana, all iberica, all’afroeuropea ce -
tral, mentre i membri relativi ad un’evoluzione posteriore, indipen- ta
dente, accennano al predominio di quella zerofilia e psicrofilia, che di
venne indotto dal ritiro ultimo del mare, e dal sollevamento delle ie
terre (predominio incontestabile, più palese ed esteso nella dizione italo-
ellenica); l’associarsi. di frequente a tali stimmate biologiche la. poco
alta posizione sistematica delle forme, l'accantonamento stretto e co-
mune » certe congeneri. Questi ultimi fatti accedenti nella flora austra-
li re sono un portato evidente della direzione presa dal processo evolu-
tivo- di essa nel periodo sahariano. Le stesse entità, trovantisi. già
diffuse precedentemente, ora dovettero subire qua -e l: diversi ultimi
ritocchi; sicchè un grandissimo numero di forme pochissimo importanti
per valore sistematico si generarono, una politipia ebbe campo di mo-
strarsi, che tormenta i più sagaci fitografi, moltiplica le creazioni dei
mieromorfomani, e intralcia eccessivamente la sinonimia.
Adunque collegasi a queste conseguenze. la distinzione, che mi è
tali protraentisi fino a noi, cioè la distinzione di una categoria di esse |
asiana e veniente a noi per l’ordinaria via dell’Africa, da un’altra, che
è sopratutto caratteristica della Grecia, e che solo eccezionalmente mo-
strasi sopra terra africana. Il manco di questa: capitale distinzione ha
esatte enumerazioni, © perciò poco. usufruibili.a deduzioni rigorose. e
importanti assai. L’èra glaciale io eredo abbiaci apportato questa varietà.
di prodotti floristici, essendg I prim a delle dette. categorie. anteriore ad
essa @ra, posteriore alla stessa la seconda. Io vorrei pensare però, che
magari prima. del quaternario siasi potuto iniziare questo secondo gruppo.
TOET. L. NICOTRA
l'umidità mancava, nè una certa altezza di livello terrestre, perchè
principii dei fenomeni glaciali si dessero. Intanto la somma delle form
disgiunte mostrandosi quasi totalmente composta di forme appartenenti
alla prima delle dette categorie, possiamo conchiudere sia così provata.
abbastanza l'anzianità di esse forme, Invece un polimorfismo aecennante
indubbiamente a modernità ci viene offerto dalle forme della seconda
categoria. Possiedono ristretto areale per lo più; ed hanno per questo
impressionato gli studiosi della flora orientale; i quali non mancano
(come fa il Boissier) a notare per questo fatto i generi Erysimum, Sis
lene, Dianthus, Cousinia, Centaurea, Cumpanula, Scrophularia ete.
Notanvi essi il predominio di entità spinose, di suffrutici, di erbe vivaci,
di formazioni pulviniformi ete. Ma l’esempio, che più è impressionante
a questo riguardo, senza dubbio ci vien dato dagli Astragalus: essi
dovettero moltiplicarsi considerevolmente nel periodo steppico, e l’ele-
vazione quaternaria dovette esser causa dell'avvento loro non infre-
quente sulle vette alpine. Con che parmi si connetta il rîsultato stati- |
stico cavato dalla contemplazione della flora ellenica, cioè che l’ellenico
i endemismo sia in parte rilevantissima costituito da specie alpine.
en La centralità propria della flora italiana è la ragione, per cui sta
in questa flora riposta un importanza grandissima per le considerazioni
qui imposteci a tema. Il mezzodì d’Italia vuol essere in esse ricercato
profondamente; dacchè, oltre alla sua posizione nel bel mezzo del Medi-
terraneo, è qui avvenuta parte della demolizione del ecntinente ceno-
genico, sui cui frammenti leggiamo le testimonianze idonee a farci
rintracciare i superstiti della paleoflora, che desideriamo scoprire. L’aver
l'occidente subito meno rivolgimenti geologici perturbatori di una flora,
l’averne subito l'oriente più notevoli assai di ‘quelli subiti dal centro
mediterraneo, fa sottostare entrambe le due prime porzioni di domi
per importanza fitogeografica alla regione italica; poichè un grandissimo
= rimutamento geografico, e tale da apportare la perdita di rilevantissima
_ ‘somma dei rapporti floristici afroeuropei nell’oriente, tale da
"abbrivo a un indipendenza dello sviluppo ellenico floristico, dovette.
scemar di molto il valore, che la vegetazione europea orientale avrebb
vantato. nell’esibizione dei documenti testificatori d'una flora di e
> TOTP IE US e E ARE Ry
$
= del dominio mediterraneo è stato con grande
| come causa della decimazione d'una popolazione vegetale vetusta; ma.
ad un tempo può venir segnalato come archivio malmenato, pressocchè
distrutto bensì, ma ancora custode di pochi fogli, su cui è dato leggere
qualcosa, che ci parli di essa popolazione. E facciasi ragicne, che nei
x casi, in cui l’indigenato africano coesiste con l’ellenico, abbiamo l'indice
i d’una più alta vetustà (eccetto quelli di rec nte invasione, che son ra-
~ Fissimi, mancando in Africa di regola la neonaturalizzazione); mentre
£ ad una vetustà sempre, ma meno alta, è da pensarsi in massima, nei casi
= jn cui la Grecia viene esvlusa dall’abitato di piante afro-italiane. Ciò
perchè al tempo, in cui già la connessione territoriale afroeuropea era
già rotta nella porzione orientale (e la Grecia così restava isolata dal-
Africa), era ancor mantenuta per via della Sicilia, della Sardegna e
dell'estremo meridionale dell’Italia peninsulare. E tal fatto geologico
parmi ottenga una conferma dalla statistica botanica; poichè così viene
spiegato il non trovarsi in Africa rappresentati i generi, che in Europa
lo sian soltanto in Grecia, e che quindi attestano un guadagno flori-
stico ulteriore. Il mare -però ottenne, al momento delle sue trasgressioni |
pleistoceniche, di irrompere sull’Africa tripolitana e tunisina, dando poi s
a qui luogo (in seguito ai ristabilimenti eontinentali posteriori) ad una
vegetazione subdesertica; mentre la Cirenaica si appalesa essenzialmente
mediterranea, le barriere formate da ultipiani (sappiamo già mancano
con lo sprofondamento delle Sirti, o mai no" sono esistite; e quindi
i rapporti floristici eretocirenaici (rilevati, se non erro, modernamente)
. debbor tenersi come dirette affinità fitogeografiche. ;
; Quest’'importanza ‘massima è facilmente riconoscibile. Spesso nel-
l’Italia meridionale, in Sicilia, in Malta, in Sardegna è la sede unica,
che elimina una specie dal numero delle disgiunte, aceusandosi l’areale
vastissimo da essa un tempo occupato, persuadendoci della facilità, onde —
e-sa per poco potrebbe esser compresa ın tal numero. Spesso qui sie-
dono specie african» ignote al resto. d'Europa, facendoci. comprendere, —
che possibilmente. tante altre trovantisi ora esclusivamente africane
St a e ee
penetrazione segnalato
a , pel passato posseduto anche un’indegenato europeo nell’unà o
| l’altra delle terre italiane predette. Naturalmente è anche qui il punto
ove è segnato il confine di moltissime specie del resto occidentali affatto,
‘o affatto orientali, fra le quali ultime sono da segnalarsi quelle tante,
che ‘compongono la flora jonia. Qui finalmente, meglio che altro;
sono avvenute quelle insulari saldature, onde testè parlavamo; pe
quali avviene, che qualche grande isola o qualche lembo continent
presenti ad un occhio’ non superficiale di naturalista il significato d
arcipelago: il che accade, quando unica terra siasi formata saldandosen
altre già trovantisi fra loro isolate. (1)
L’osservazione del botanico potrà confermare il responso dato
dal geologo; e, fermato botanicamente questo carattere arcipelagico, U
grave conseguenza se ne avrà, su cui torneremo fra poco, giovandc
essa a sostenere la nostra tesi capitale. Il botanico aiuterà il geologo
Ma, del resto, senza riguardo a.tale evento genitore di nuove di
‘stribuziori geografiche, nuovi rapporti fra terre e mari, fu avvertito di
Parlatore, che le isole cel Mediterraneo occidentale e quelle della pro
vincia tirrenica offrissero entità floristiche di genio tropicale. Ora l'a
viso del nostro chiarissimo fitogeografo riceve qui una spiegazio)
concorda a meraviglia con quanto ora mi studio di dimostrare; poie
appunto sono le isole da lui contemplate quelle che dico essersi origi
nate dal disfacimento d’un continente un tempo sede di flora tropicale
Però non vuol dire che un tal carattere inerisca solo alle flore insulari:
esso di necessità vi inerisce, laddove l’isola è un frammento di cont
nente, su cui una flora insignita di tal carattere abitava; ma, se
x
frammentazione non è avvenuta (o se è avvenuta in guisa da res
Bert
ER
ghi
RR,
1
quasi intatto esso continente), questo carattere sarà mantenuto da U
flora continentale. Il caso si è avverato per la penisola iberica. (2
La "pagna, che è solcata da zone popolate da una vegetaz
alofitica, che presenta enormi differenze di ricchezza endemica fra vi
punti esorbitante, non è certamente un ‘territorio rimasto intatto
incursioni marine; ma certamente è il più ricco di affinità floristic
”
(1) Questa sagace intuizione può assai giovare per compiere l’analisi
flora mediterranea; il che mi sono ingegnato di mostrare con qualche G
sia nel $ precedente, sia in qualche altro mio scritto. 4
(2) Che tal fatto si avveri in Ispagna è provato da quanti ànno proto
mente Brini quella forn HEAO con eo mezzo giustificativo,
pot
Fenian a cause vigenti » le effetto, cui To stoo pea i rileva cp.
K Ip. 502). . De
con l’Africa, e quindi è sede dei rappresentanti di un tappeto vegetale
antico assaî magnifica. Forse le differenze, che in moltissimi casi Pabi- a
tato delle specie e dei generi presenta, nella comparazione col Porto-
gallo, dovranno anche aggiudicarsi a invasioni marine come a loro
causa parziale, altra causa essendone l’influenza del regime oceanico, e
le connessioni contratte col resto della costa atlantica. E una prova non
dubbia della massima affinità floristica iberoafricana parmi di trovarla nel
maggiore numero di piante iberiche contemporaneamente abitatrici del-
l'Africa, qualora esse siano in Buropa esclusivamente possedute dalla
Spagna. Mi trovo di aver notato, che la partecipazione de'l Af ica al 1A
possedimento di piante iberiche ed italiave sia frequente; ma che,
laddove è uguale la quota che esprime- nei due casi, sia maggiore
quella, che esprime il. valore di tal partecipazione, se i raitasi di spe-
cie esclusivamente iberiche fr le europee, di quella, che Tesprime, se
trattasi di esclusivamenrte italiane. Or questo divario può bene spie- > |
garsi mercè l'isolamento più profondo, che l’Italia subì nella separa-
‘zione dell’ Europa dall'Africa, come nel regime insulare più esteso e più
protraito nel Mediterraneo centrale.
E ‘ancora un altro carattere e da notarsi, posseduto già dätesamnehlte
dalla flora mediterranea di un tempo, ed or conservatosi più o meno,
qua e là a seconda delle condizioni nuove incontrate: è il carattere di
steppa salina, lasciato in eredità dalla vegetazione tanto dominante nelle
lagune degli ultimi tempi miocenici, quando nel Mediterraneo vigeva il
regime, oggi caratteristico delle coste araboegiziane. Intanto non dimen-
tichiamo, che il clima steppico sia essenzialmente, originalmente conti-
mentali; sicchè le isole, che albergano elementi steppici nella veg
zione loro, si tradiscono con più forte ragione derivato di continente
(il che è importantissimo per la tesi qui caldeggiata). Trattasi però di
steppa alofitica, cioè ben divatua da quella, che vario con Poe
glaciale: essa collegavasi alla stragrande salsedine medi d’al
amava il terreno argilloso piuttosto, il gesso, il solfato magnesiaco
ha lasciato fndubbi, resti nelle M a BAR spie in formazioni Ma lì
| trai superstiti di tal vegetazione; ma qui non posso astenermi dall’ac-
cennare allo sviluppo delle erocifere mediterranee e sahariane, che pro-
babilmente è dipeso dalle condizioni geografiche qui toccate. Me ne è
caro l’accennarvi, dacchè ciò riguarda un punto culminante di questo mio
discorrere, un punto ove conviene. l’affermazione di un mare sahariano
con la riconosciuta genesi della sahariana flora come dovuta a una ema-
| nazione dell’antica mediterranea. (1)
| Vemamo ai monotipi, generi, che già si son visti di alto momento
per eoneluderne l'autonomia d’una flora e la sua anzianità, e che sono
stati segnati come oggetto di ulteriore esame. Non ci intratterranno
TIR,
però adesso, che in linea di considerazioni sommarie, che interessandoci -
della loro genesi.
Mentre un tempo breve, concesso alle creazioni vegetali non è ca-
| pace di darci forme gerarchicamente superiori, anche un tempo relati-
vamente brevissimo può indurre lo sperdimento di forme sistematica-
| mente elevate, indurlo tanto men difficilmente, in tanto minor tempo,
© per quanto più le forze disperditrici abbiano agito su forme coordinate.
% Ciò è agevolmente comprensibile. Data p. e. la distruzione di tutte le
specie congeneri meno due, la distruzione di una delle due preservate
non esigerà in media più tempo di quello reclamato dalla distruzione
di una delle specie già perite; ma intanto con quest'altra perdita verrà
> ragguardevole, per certi aspetti, di uno politipo.
Intanto un'ulteriore perdita di specie, che avverrà (sempre in media)
con una facilità non minore, condurrà allo sperdimento di un genere,
que di forze creatrici e forze deleterie, durata per uno stesso tempo, si
eili le creazioni e relativamente facili le distruzioni. Insisto ancora un
poco. Le specie vanno estinguendosi con lu stessa facilità o difficoltà
:(3) Importerebbe un lungo discorso questo peculiare avvento di crocifere. Si
nerale la flora mediterranea ne ricetta,
fuori qualcosa di rilevante: un genere monotipo, che è un genere più
che è un risultato assai più sensibile. Nell’azione contemporanea adun-
avrà uno scemamento d’importanza in una flora; dacchè saranno diffi-
media tanto se buone quanto se cattive; tanto se appartengono a generi.
igotipi o monotipi anche, quanto se a politipi. Si possono dunque.
| ‘pensi soltanto al predominio di tal famiglia nelle regioni steppiche dell’Asia; al
umero grande di monotipi ch’essa vi offre; alle forme endemiche, che in ge
>
sa
I SUPERSTITI DELLA PALEOFLORA MEDITERRANEA
anche in breve tempo ottenere oligotipie, e meglio ancora monotipie.
Però e’& un alto grado d’improbabilità a che, nell’estinzione delle specie,
vadano colpite sempre, o anche più frequentemente, le specie d’uno
stesso genere, o le specie di due generi oligotipi; quindi la produzione
di molti monotipi è un risultato che esige, per esser compiuto, tem
i ? P ? po
grandissimo; val quanto dire una flora. ricca di monotipi è una flora
| anziana assai. |
4 Non & cosi per una flora, che possieda un alto grado di endemismo
d’altra indole, quale sarebbe quello, che giace sull’esistenza di molte
specie, tanto più se esse sian di piccolo momento tassinomico; sicchè
nell’apprezzamento dell'anzianità d’una flora non sarà buona cosa il
confondere ogni sorta d’endemismo. Chi commette quest’errore è un
fitogeografo, che vuol restarsi alla buccia del soggetto trattato, che non
| ha genio di addentrarsi tanto da guadagnare scienza vera. E poi più
miserando chi si scalmana a dimostrare, che non ci sia bisogno di tale
scienza, che questa pre esa scienza vera sia. piuttosto un acquisto inde-
bito, un tradimento verso la scienza positiva; anzi, se così fa, si chia-
risce per naturalista di poco conto, e per filosofo di niun conto. E che
meraviglia allora, se, non comprendendo Darwin (che era naturalista di
grande conto, filosofo geniale nato), l’osteggi, lo lasci come roba non sua?
Io mi fermo sul fatto mirabile della monotipia, appunto per diffe-
renziarne la portata da quella di una esuberanza di specie endemiche
appartenenti a generi più o meno politipi. Vedendo intanto la grande
improbabilità della produziore immediata d’un monotipo, ritengo, con
la maggioranza dei botanici, che essi siano residuo di vegetazione pri-
| meva, immisereritasi dopo lungo volger di tempo. L’esser frutto d'una
‘estinzione di forme fa avvicinare (per l'unicità della causa loro effi-
ciente) la monotipia alla disgiunzione: trattasi nell’un fatto dell’estin-
zione totale di forme specifiche (totale ‘nel senso geografico, cioè nel
‘senso di estinzione di esse in ogni punto dell'abitato loro); nell'altro
| trattasi di ch zion avvenuta in tutti i punti situati /ra due estremi.
6 I due fatti intanto possono coesistere; il genere
Sri disgiunto reclama dunque per doppia ragione un'anzianità
notabile; ed essendoci, nella. flora da noi qui considerata, e mönotipi in
gran numero, e in gran è numero disgiunte, non ci si “lascia più aleun
dubbio sulla vetustà predicata d di essa. i
È NICOTRA
4
7
I eredo, che, calbolnto* con la diversità dei titoli d’ endemismo’
vetustà d’una flora, si possan trarre conclusioni, relative al vario grado
di vetustà delle parti in quella da noi considerata qui, concordanti con
quelle, che abbiamo dedotto la dati paleogeografici. Non dubito-che questa |
ci sarà una soddisfacente contruprova. Griscbach intanto, notisi bene,
non solo si affida a semplici dati statistici ‘ai rieavabili da discussion
filogenetiche non è di suo genio il pensare), ma cade in quella 'eonfu-
sione fra endemismi di vario titolo, cui dianzi s'è toccato, e cui con-
viene sfuggire, per giungere a importante conseguenza. Essa quindi, come
vedremo, sfugge al Grisebach. Ma questi non manca intanto (mercè la
| sua grande dottrina e malgrado i suoi pregiudizii) di presentarci osser-
vazioni esattissime.' Egli nota già che isole antichissime sian poco rieche
(sicchè è tratto a negare il rapporto diretto fra tempo e ricchezza); ma
la sua obiezione non ha valore, avendo egli trascurato di apprezzare |
‘una riechezza non risultante da elevazione da grado gerarchico. (1) Egli
riconosce. bene però il carattere di meridionalità e’ d’accantonamento
‘ordinario nei monotipi, benchè ricusi di vedere in questi reliquie d’an-
tichissima produzione: vuol vedervi invece tante neoformazioni. Ma aiu-
| tato da criterii così invalidi, non può aspettarsi ch’ei giunga a con-
elusioni esatte, ed è inoltre obligato a eontradirsi. (2) Vediamolo brev
mente. Le modalità geografiche delle forme monotipiche e delle disgiunte
sono in verità sorprendenti; ma a chi si è jasciato incatenare da un
falso supposto, e si studia con tutte le grandi risorse della‘ propria eru-
dizione a mantenerlo, devono riuscir tali da costringerlo a chiudersi
(1) Op. cit. TI 498.
(2) Ta. T. r pp. 494, 499, 502, 674. Riconosce (cosa notabile !) Vindovazione
di un POE pO mediterraneo. quale un residuo di antica ‘e più estesa distri!
‘ zione dendo una declinazione nell'esistenza di esso, una passata abitazioni
Le
Io non soffro, che talora i bat non volendo: per qualche pianta rico
scere questa riduzione d'area, cerchino dissimulare la. disgiunzione (molesta
essi); n» di una tale er cui in uni uer estremi. abitat va
senza la E AAA a come casuale (pirola ruota di seas Tale cosa y occorre.
ad Senpi Lasi SR a mboka + Bas. raccolta . a prada. +
unè cerchia di paradossi, . insormontabile specialmente ‚per chi ha, già
assentito, come Grisebach, a certe verità cardinali; specialmente per chi
ha visto la difticoltà opposta, dal Mediterraneo alla migrazione delle
piante. Quel che il Grisebach si ostina intanto a respingere, come un’il-
lusione, è un’antica ed indi dismessa continentalità, connettente un
tempo i due luoghi, in cui il inonotipo ora si mostra. (1) Ma, nondime-
«no, egli è costretto a fare delle confessioni contrarie, accorgerdosi di
una prımor(ialitä delle differenze floristiche, sentendosi insufficiente a
spiegarle. (2) Davvero a me fa impressione il vedere così degni maestrj
impacejati. fra un groviglio, di tesi, che non può essere espressione di
verità e risultamento di. visione chiara della questione studiata; fa gran
peso il vederli come scontenti di sè stessi, come rimproverati tacita-
mente dalla propria coscienza scientifica. Non può essere altrimenti:
irretiti da un pregiudizio introdottosi di furto nei loro ragionamenti,
ma informati di una non meschina quantità di fatti, non possono, riu-
scire a trovarvi quell’aceordo, che naturalmente vi si dà, nol possono
| stante la posizione viziosa in cui si trovano per via dell’ accettazione.
gratuita, supina. di una tesi falsa. Il Drude stesso, che confessa non
valere la mera simiglianza delle condizioni compatibili con l’esistenza
di una specie a render conto del suo avvento in due luoghi, fra i quali
tal simiglianza si dia; che vede nei deserti tante barriere, si lascia
libero, corso ad immaginare, scambii, magari, impossibili fra paesi tanto
fra ‘oro lontani, quanto l'Africa nordica e l'Asia centrale. Cozzano
queste supposizioni. con la notizia positiva, che la biologia della. disse
minazione ci fornisce intorno alla scarsezza degli organi migratorii- pre-
sentata dalle piante desertiche, e si resta meravigliati di fronte a questa
sfrenata ammessione di peregrinazioni dei vegetali, alla eccezione (ere-
duta senza sufficienti ragioni), che i deserti ‘dell’Africa settentriona
farebbero verso la generale legge della vegetazione desertica, la legge
dei loro ristretti. endemismi. Il cozzo pare sentito però ‘dallo stesso
autore, il quale s'affretta ad aggiungere che se le piante del Turkestan
si trovano nel Sahara. e nel deserto di Gobi, non è a pensare che a
da neità mit) od. male: così. tutto, è citi
a T Ippe DA 2... n
cd Ta. T, I, pp: we
(3) ito cit. pp. 1234. L'endemismo a; Dai A egli fa buono pei
Drude è felice: non ricalcitra alle idee trasformiste; e se ciò aument
nostra meraviglia nel riflettere sulla contradizione osservabile nel suo de
tato, non gli rende impossibile l’uscita felice in una quistione tanto ardu
Non è così invece per Grisebach. Trovandosi agli antipodi d
principio, che à fatto la fortuna della nuova fitogeografia, che spiega
il presente mercè il passato, e non sogna pel passato leggi dismesse
nel presente, egli non poteva fare buon viso alla teoria di Forbes;
trovava ad ogni piè sospinto fatti fitogeografici ostili alla teoria di |
Darwin; aveva per inesplicabile la legge della coacervazione geografica
delle forme affini, vista l’ugual natura dei luoghi limitrofi. (1) E for-
zato a smentire però sè stesso (tanto è parlante il fatto della disgiun
zione !), confessando che, nella disgiunzione siasi di fronte a un fatto
enimmatico, onde le influenze fisiche non bastano a dare ragione. Esse |
—
però non bastano a render conto delle istanze fitogeografiche tutte.
Or come questo eccellente botanico, questo insigne autore può dar vist
di non essersi accorto, che una stazione conveniente non sia tutta I
ragione per aversi ivi la pianta, dalla quale essa è reclamata? ch
altro sia necessità d’una condizione altro causa sufficiente ? Com'è pos-
sibile che non gli ripugni un fatto non sufficientemente spiegato €
principii da lui ammessi, non gli ripugni sol perchè ne trovi altro ;
simile condizione, come se un assurdo àbbia capacità di cancellarne U
altro ? Ciò gli accade, quando vuol imprendere la spiegazione di un
disgiunzione grande, qual’è l'esistente fra piante russe e spagnuole;
a dissimulare la difficcltà trovatavi, allega che se ne dia disgiunzion
non minore fra alcune piante alpine e norvegesi. In quest’ultimo cas
| però egli può allegare l’esistenza in località intermedie, come prova d
avvenuta migrazione ? Egli l’allega bensì ma senza addarsi, che essa
non sia prova decisiva; potendo essere del pari spiegabile questa in-
| termediarietà per via dell’ammessione di un meno raro habitat primi
patti in generale, lo vuole come paralizzato dagli scambii ammessibili iè dc
si dia una continuità geografica (ciò che è logico).
(1) L’antidarwinismo del Grisebach si rileva da molti nghi della cla
: opera qui piü volte citata. La ritrosia di lui ad ammettere ipotesi geolog
| spiegatrici dei fatti fitogeografici vedesi qua e là (Cfr. T. 1 p. 265; T. U
295 ©
UT Im 499, 502.
I SUPERSTITI DELLA PALEOFLORA MEDITERRANEA du 215
tivo, escluso da lui, suggestionato eom’egli è dalla teoria (onde talora
non pare certo) dell’unicità del centro crzatore (1). Impacciato dagli
ostacoli che le sue idee incontrano da ogni lato, ricorre, per legitti-
mare ogni migrazione, ala violenza dei venti mediterranei (2), e final-
mente ama sperare in future scoperte (il solito salvataggio!) anche
quando trattasi di casi, in cui esse siano inattendibili, come lo sono,
trattandosi di piante cospicue, quali i pini, i cedri, i rododentri (3).
Si sente che la causa sia disperata. Si vuol ricorrere per soste-
nerla alla decimazione indotta da concorrenza vitale. Ma chi la nega ?
Deve negarsi bensì l'esclusiva influenza della stessa: in quest’ esclusi-
vismo giace la condanna di Grisebach, e di quanti ancora volessero se-
guirlo in un’opinione cotanto ingiustificabile. La disgiunzione di tutta
una massa di forme, la distruzione di numerosissime piante di varia
indole biologica da riguardarsi come avvenimenti indotti dalla lotta per
l’esistenza, e affatto da essa! Credat judaeus Apella...... Occorre mi
pare una causa comune, prevalentemente comune almeno. Ed è poi
provato, che i paesi intermedii siano disadatti ad albergare le forme
disgiunte? Grisebach vuol dare ad un’immigrazione sperimentalmente
provata un valore positivo, quando sostiene l’ influenza spiegata dal
vento sulle immigrazioni; ma essa non può averne mai uno generale.
Un valore positivo ànno pure del resto tutte le recenti invasioni, che
nei paesi intermedii si compiono da parte di questa o quella disgiunta,
e che provano non essere reale l'influenza deleteria di essa lotta.
Egli chiariscesi trovarsi in una posizione falsa, quando non arriva
a capire il significato della differenza fra due modi di endemismo su
memorata, essendo egli impedito così di vederla concordante con un
principio filogenetico evidente assai, e con le deposizioni della paleo-
geografia (dal quale fatto vedonsi confermate certe particolarità impor-
tantissime per la geografia botanica del Mediterraneo, da me molto av-
visate); quando mostrasi impressionato giustamente dall’ inferiorità nu-
merica delle endemiche eccessiva rapporto ai monotipi indovati nella
penisola pirenaica, proprii talora solo ad aleuni cantoni della stessa;
ma, vittima della don fazione fra vent: titoli di endemismo, mentre
(1) Ivi pp. 517-19, 524.
(2. Ivi pp. 524-5
(8) Ivi p. 520.
L. NICOTRA ©
i
rileva il contrasto, che c’è fra Spagna e littorale anatolicosiriaco
questo riguardo. (ove invece il numero delle specie endemiche è alto
cessivamente rapporto a quello dei generi monotipi), se la cava spic
meravigliandosi, e parlandoci come di un’eecezione spagnuola i1). |
questo fatto fitostatieo è documento validissimo a farci: riconosce
quella vetustà floristica della porzione occidentale del Mediterraneo;
relativa modernit: propria di varii paesi orientali, giusta quanto.
trovo di aver RN ed è deplorevole, che la conclusione precli
sia scappata ad un famigerato descrittore della flora mediterranea
Deplorando tale defezione, deplorando che ancor si abusi da ~
geografi, non più famosi, ma più recenti (il che è più deplorevole d
vero), mi consolo dell’essere io restato fedele agl’insegnamenti, "ont
‘deve far tesoro la moderna fitogeografia; e confidomi, proséguendo»
mio cammino, di prestar più’ fondamento alle mie idee fitogeografie
se arriverò a profittare dei lumi offerti dall’indagine filogenetica, se a
riverò a seguire pienamente il consiglio datomi dal più em
recenti botanici d’Italia. (2)
(continua)
(1) Ivi p. 497.
(2) Il quale consiglio, muovendo dalla buona accoglienza che egli fel
: ‘qualche mia pubblicazione, lo ricordo con doppio piacere. ~i dev'essere cont
del ticevere le buone aecoglienze fatteci da uomini eminenti, e del ric
‘quando ci tocchino) anche: le censure; come si deve essere non curanti ©
lodi e dei biasimi dei non eminenti, massime quando questi si dànno senza
t rne, Se poi i biasimi ci sono largiti in modo screanzato, si deve aver
dei largitori. Ora mi accade di vedere appuntata la critica, che ò fatto 1
mente a un botanico italiano riguardo all’ipotesi dell’ Adri”, e giusto co)
nata l'assistenza, che in trattar'a ò domandato alla geologia, e domandata
geologi, i cui pareri è raccolto, ordinato ed esaminato solo per vedere ov
dassero fra luro d'accordo. ‘ii si fa giusto intanto l’appu::to di uscire dal £
mio, dal campo botanico: mi si ricorda il famoso ne sutur........ Sutor, V
ultra crepidam, no. É una grossolanitä il paragonare la distante fra b
geologia a quella, che c'è fra una scarpa e un dipinto; e a tanta pinne
verrebbe la voglia di zittire, o al più rimandare a Gioberti, che per
di etica e di ‘estetica rovista opere di erudizione orientale, senza det
‘un orientalista, Sentasi come il grand’uomo ragiona sul dovere che si.
sultare la letteratura di rami affini, delle opere donde si, potranno. attin
- risultati, occorrenti alle ricerche, cui attendiamo trattando lay scienza
professata. Ma Gioberti à scritto indarno per certi botanici nostrali !}
GI MONTEMA
— Alcuni recenti lavori" sopra ‘il funzionamento delle “vie acquifere
I delle piante (D
a (recensione critica)
La questione oggi più dibattuta. in riguardo al: problema delia. sa-
lita: dell’acqua nelle-piante, è questa: hanno wo non hanno, ole cellule
vive del legno, una parte ‘attiva nel fenomeno ?
Secondo ‘Strasburger, Askenasy, Dixon; Renner; Steinbrinck ed
altri, che hanné' visto l’acqua salire; in determinate» ‘eondizioni; anche
atträverso porzioni di fusto completamente::morte, «la partecipazione di
tali elementi ‘al’ fenomeno è da escludersi. (11 Dixon, vil quale. insieme.
‘ai suoi collaboratori, ci ha dato in questo senso la teoria. più completa
colla indicazione precisa di una forza certamente: importante, opensa che
sieno le cellule fogliari in traspirazione ad esercitare una: specie di azione
assorbente (Suugkraft) che, trasmessa da eellula:in cellula» fino ‘alle.
\ vie ‘acquifere, vi agirebbe non come forza aspirante: e. in concorso col.
; la pressione atmosferica; ma come forza di trazione «sulle piccolissime |
+ colonne di acqua che dentro alle vie tracheali formano un sistema. con-
tinuo dalle foglie alle radici e che si lascierebbero sollevare senza
spezzarsi, tenute insieme dalla coesione dell’ acqua medesima (onde la
denominazione di teoria della coesione ‘dell’ acqua P che è stáăto: dimo-
strato essere, in tali condizioni, fortissima.
Però mentre da una parte non rimasero senza critiche e obbiezio-
ni le esperienze dello Strasburger relative alla salita dell’acqua attra-
| verso a e di ‘fusto. mante; dala ‚parte molti autori. (basterà ri-
E Met
i
AF phm m Mi e prae wi «Ri al Osmotic-pressures. i in plants;
tra tion of the epr: in the.
+ from the Bot. =
Jona, 1016, dare VII, pag. 150)
ALCUNI RECENTI LAVORI SOPRA IL FUNZIONAMENTO ECC.
cordare Godlewski, Ursprung, Reinders, Smith, ece.) furono indotti i
dare importanza e al fatto che normalmente ľ acqua sale negli anelli |
esterni e ancor vivi del legno i quali sono essi soli necessarii alla vita
dell’ albero, e ai tanti ed intimi rapporti anatomici e fisiologici (1) che
si sono sempre constatati tra elementi vivi ed elementi conduttori del
legno, rapporti che non poss:no essere considerati come casuali, ma
devono ritenersi connessi alla funzione predominante del legno che è
appunto quella di sollevare F acqua dalle radici fin» alle foglie.
Ora nel primo dei lavori che sono qui in esame, il Dixon e PA-
tkins prendono anch'essi in considerazione i rapporti fisiologici ed i fè-
nomeni di scambio tra lè cellule vive del legno e gli elementi condut-
tori dell’acqua; non li negano, ma anzi li confermano ed illustrano,
Constatano anzitutto la presenza costante, nelle trachee dei legni, di
zuccheri (monosacearidi e disaccaridi) provenienti dalle cellule del pa-
renchima legnoso; studiano le variazioni nella concentrazione di tali,
zuccheri in relazione alle trasformazioni, nelle varie stagioni dell’anno,
delle sostanze di riserva accumulate nel legno; osservano l’azione della
traspirazione e dello sviluppo delle foglie sopra la concentrazione me-
(1) In un mio recente lavoro pubblicato negli Atti dell’Istituto Botanico di.
Pavia (Ser. II, vol. XII, 1915, Ricerche anatomo- -fisiologiche sopra le vie acqui
fere delle piante) ho dimostrato che devono avere importanza anche le varis
. zioni che in tali rapporti si verificano coll’altezza. Così riassumevo infatti le mie
numerose osservazioni in proposito:
« Le modificazioni quantitative e qualitative che hanno luogo nel legno allo
« diverse altezze di un organo o di un sistema di organi, combinar.dosi tra loro.
« nei modi più diversi a seconda delle specie e, in una stessa specie, & seconda
« degli individui ed in relazione alle condizioni esterne, talora sommandosi ne
« loro effetti e talora neutralizzandosi, tendono nel loro complesso ad aument:
: « verso l’alto la parte viva del legno e più precisamente la parte di esso che
| « in rapporto più intimo cogli elementi vascolari morti, misurata appunto
« numero di tali cellule che toccano direttamiente tali elementi. Contempor:
< mente la struttura dei singoli elementi ed il loro contenuto si modificano |
« venendo indici di scambi più attivi, in alto, tra vasi e cellule che li ci
«< dano. E tutro ciò (tanto l'aumento numerico degli elementi vivi. |
« verso l’alto, quanto gli indizi di scambi più attivi tra essi ed i vasi) èi
wu
T
lesima. Per essi lo strato di -cellule amilifere che circonda i singoli vasi
può essere considerato come una guaina glandolare (1) secernente idrati |
di carbonio -solubili (specialmente sucrosi) destinati. ad essere. portati BE
rapidamente verso l’alto colla corrente traspiratoria,. ed i raggi. midol- Pa
lari avrebbero la funzione di condurre gli idrati. medesimi dalla cor-
teccia. verso tali guaine glandolari: e così la circolazione. normale degli
idrati di carbonio entro i vasi e colla corrente traspiratoria, quale venne
già affermata dal Fischer fin dal 1890, deve ormai essere ritenuta. si- ‘A
eura.ed acquisita alla scienza. É a favorire questa funzione che sono
destinate le. cellule vive del legno, non.a collaborare al sollevamento
dell’acqua, pel quale gli autori insistono sulla. teoria della coesione, so-
stenendo che durante la traspirazione nella maggior parte dei vasi del
. legno primaverile attivo le colonne d’acqua sono continue e non inter-
rotte. da bolle d’aria. Esplicita a tale riguardo è la loro dichiarazione:
« il riconoscimento della funzione glandolare del parenchima legnoso,
l’attività. conduttrice dei raggi midollari e la ireolazione degli idrati
di.carbonio nelle trachee danno una sufficiente spiegazione della pre-
«.senza di. elementi vivi tra gli altri tessuti non vivi del legno ». (2)
Giova però rilevare le conclusioni 8° e 10° del Javoro,
Nella 8° gli autori affermano che la presenza di larghe quantità
di idrati di carbonio solubili nel succo del..legno delle radici -è forse la ti
causa, per la pressione radicale che ne deriva, di una corrente osmotica.
attraverso la corteccia che funziona come membrana semimpermeabile.
"Con ciò essi vengono ad ammettere che versando degli zuccheri nei
vasi..le. cellule -vive del legno possono. determinare condizioni di pres-
| sione: tali da provocare, almeno localmente, correnti. e spostamenti di
acqua, di
sn LI
Pei E
has, A
(1) La formazione di. vere. guaine. di. cellule ngi. distinte. anche‘ pel
mel; i ‚eerti.legni, fu.
5 of the elements of the wood of trees trees
dal ir FML
cells in sap. 1
ALCUNI RECENTI LAVORI SOPRA IL FUNZIONAMENTO ECC.
Nella conclusione 10* poi gli autori affermano che, fatte le dovut
eccezioni, in generale la concentrazione degli idrati di carbonio è mag
giore nelle trachee del fusto che in quelle delle radici. (1)
Il medesimo fenomeno fu constatato pure nelle altre due pubbli
cazioni che stiamo esaminando dei medesimi autori.
Esse riguardano la composizione ed il potere osmotico dei succhi
naturali (estratti dopo avere congelati gli organi in aria liqu da), conte
È nuti nelle foglie e nei legni di diversi alberi ed arbusti. Viene in esse
ancora dimostrato che il potere osmotico di tali suechi è dovuto per l
massima parte agli idrati di carbonio solubili (specialmente, in certe
piante, sucrosi) e varia per le grandi fiuttuazioni degli idrati medesimi
nelle cellule, raggiungendo nelle foglie il suo massimo (che nelle foglie
dei lillà può arrivare fino a 18 atmosfere) ne!la tarda primavera 0 ins,
estate, e presentandosi più alto negli individui cresciuti in piena cam-
pagna che in quelli tenuti in luoghi chiusi, più al sole che all'ombra. (2)
E alla conclusione 3° dell'ultimo lavoro si dice: « in principio del
« primavera il succo si arricchisce di una larga quantità di zucche
« proveniente dalle cellule di riserva del parenchima legnoso e dei
< raggi midollari, di conseguenza la pressione osmotica sale rapida-
« mente dalle radici alla sommità e l’aumento è particolarmente for!
« nelle regioni superiori ». (3)
(1) Osservazioni in tal senso furono già f«tte in Italia dal Cavara (Risultatt
di una serie di ricerche crioscopiche sui vegetali; Contrib. d. Biol. Veg., Palern
1905), dal Trinchieri. (Su le variazioni de la pressione osmotica negli organi —
della Salpichroa rhomboidea; Boll. d. R. Ort. Bot. di Napoli, a dalla Sig.
Mameli (Sulla conducibilità elettrica dei succhi e dei tessuti vegetali; A! ti Di
Bot. di Pavia, Vol. XII, 1908), dal Nicolosi-Roncati (Ricerche su la condu
| elettrica e la pressione osmotica nei vegetali; Boll. d. R. Ort. Bot. di Nap '
l 1907). Io stesso (loc. cit., conclusioni 6 e 7), adottando i metodi proposti e
scritti dal’ Cavara, ho confermato il fenomeno ed ho potuto por che (
| riesce più sensibile in condizioni di forte traspirazione
(2) Le relazioni tra il potere osmotico dei succhi delle piante e le condiz i
esterne di traspirazione furono illustrate anche dal Gola (Saggio di una te
osmotica dell’edafismo; Ann. di Bot., 1910) e da Fitting e Livingston (The
of the osmotic pressure of the cell sap in plants to e habitats;
World, 1911).
6) Ciò va posto in relazione. sof fatto, osservato dal Fischer (Bale
I
Leila eta ae
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3
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4
3
3
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PROF. LUIGI MONTEMARTINI 221
Se ne può dunque dedurre che se la concentrazione dei succhi
nelle foglie conferma e dà ragione, in appoggio alla teoria del Dixon,
di una maggior forza assorbente (Saugkraft) che le foglie stesse devono
esplicare nella stagione e nelle condizioni nelle quali più attive sono la
traspirazione e la corrente traspiratoria; il variare di tale concentra-
zione uei legni e lungo le vie percorse dalia corrente medesima devono
esse pure avere una influenza, come già fu ammesso per le radici, nello
spostamento delle masse d’acqua. E poichè tali variazioni sono conse-
guenza dell’attività delle cellule vive del legno, è impossibile che que-
ste, come vorrebbe il Dixon, funzionino indipendentemente dal feno-
meno tanto importante sul quale influiscono.
La Saugkraft intesa come forza di trazione esercitata dalle foglie
indubbiamente esiste ed ha gran parte nel fenomeno della salita del-
l’acqua nelle piante, ma non è la sola e si deve ammettere che essa,
come pensano il Janse e lo Schwendener, agisca in concorrenza con altre
forze quali la pressione delle radici e la forza di sollevamento (Hebun-
gskraft) sviluppata dalle cellule vive del legno distribuite lungo il
percorso delle vie acquifere. `
A questa conclusione si giunge anche col lavoro del Jost pubblicato
contemporaneamente a quelli del Dixon.
In questo lavoro sono esposti dati numerici e misure tanto sulla
quantità di acqua che viene spremuta fuori dalla base di un fusto che
sia stato tagliato, quanto sulla quantità che viene assorbita dalla parte
aerea del medesimo fusto immersa coll’estremitä inferiore nell’acqua. Il
sistema radicale dà una quantità maggiore o minore d’acqua a seconda
che le condizioni esterne favoriscono o meno l’attività sua vitale, può
essere sensibilmente aiutato da una forza aspirante applicata sulla base -
tagliata del fusto che esso alimenta, ma non dà mai tanta acqua quanto
verrebbe consumata, in un medesimo tempo, dalla pianta in traspira-
zione, se intatta. D'altro lato la parte aerea della pianta assorbe in
Physiologie der Holzgewachse; Pringsheim’s Iahrb. f. w. Bot., 1890) che alla
primavera l’amido scompare dalle cellule del parenchima legnoso, trasformandosi
in zuccheri solubili, prima in alto che in basso. E’ impossibile che questo non
influisca provocando un richiamo di acqua verso l’alto.
ALCUNI RECENTI LAVORI. SOPRA. IL FUNZIONAMENTO Boc.
ie. una maggiore quantità di acqua di: quella che, in. je m
avrebbe traspirato se lasciata intatta, ma poi ne assorbe: sempre me
Poichè dunque nè l’uno.nè l'altro. processo potrebbe. bastare, al fabbi
sogno. della. traspirazione, queste ricerche. quantitative fanno pens
f
E
a
*
che, vi sia una forza intermedia che completi..e.l’uno e l’altro.
La esistenza di. forti tensioni negative anche negli arbusti bassi:
la facilità colla. quale le tensioni diverse possono equilibrarsi attrav
i legni inducono l’autore a dubitare della-teoria del Dixon. Egli e
pure. difficile la esistenza di colonne continue. di acqua nelle piante
ti respinge l’ipotesi, avanzata ıdal Dixon, dal Renner'e dall’ Holle. che
sieno nel legno elementi a pareti permeabili. all’aria, (i vasi) che set
‘rebbero da magazzeni di acqua, ed. elementi a pareti permeabili
all’acqua: (le tracheidi) che. sarebbero i.veri. elementi. conduttori:
| ipotesi urta col fatto che come vi sono dei legni che. contengono &
mente delle. tracheidi, ve ne sono di. quelli che hanno. solo dei vas
di Per tutte. queste ragioni, conclude l’autore, «io non posso
« starmi al. modo di vedere di Renner il.quale pensa. che- la |
« della coesione sia Voga fusa vera e sia..solo.. ancora nece
dove .sono..i fili d’acqua continui;.i0 p
« dimo + + d
< 4 piuîtoato che si debbaso fare ancora molte esperienze. per: y
« detta- teoria è o non è. giusta ».
| Pavia, 14 ottobre 1917.
PA
Lav. BL
Malpighia Vol. XXVIII.
SOMMARIO
Lavori originali :
* - ; È
Lursi BuscaLioni E GIUSEPPE MUSCATELLO — Studio monografico sulle Specie a
ricane del Gen. “ Saurauia „ Willd. (Decuria II, mem. VIII) ( contin.) Pag.
Ù È i
Lurci Buscaiioni E Giuseppe MuscatELLO — Studio anatomo-biologico sul
Gen. * Saurauia ,, Willd, con speciale riguardo alle specie americane (De-
curia II, mem. IX — continuaz.
Lurci BuscaLioni — Sui tricomi delle Felci con particolare riguardo alle
| Parafisi (con tav. III)
Luc MeErpIGnano — La disseminazione delle piante con speciale. riguardo —
alla flora libica... >
. . . . . . . u . g y
LeoPoLDO Nicorra — I superstiti della paleoflora mediterranea (contin)
Luici MONTEMARTINI — Alcuni recenti lavori sopra il funzionamento delle
vie acquifere e zer
PT
r =
. . . . . . . * *
MALPIGHIA
RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
PROF. ORD. pi BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
ANNO XXVIII — FASC. V-VI D
MARCELLO MALPIGHI
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RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
»PROF. ORD. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA '
ANNO XXVIII — VOL. XXVII
i MARCELLO MALPIGHI
1627-1694. r
CATANIA
STAB. TIP. € LA SICILIANA » CIURCA & STRANO
T917. È Ben
TEUR MAMA)
i fiori poi sono al: con molti stami, col calice ee glaio al:
l interno e in parte anche all’ esterno, cogli stili atrofici.
Il calice pulverulento, o tutto al più oscuramente mucronato; po~
trebbe far sospettare una certa affinità colla ©. pedunculata Hook.
| Ma, prescidendo dal fatto che questa è propria del Messico, noteremo: che
il fusto adulto è glabro e nelle parti giovani è coperto da sete brevi: che
il pieciuolo porta soltanto delle corte sete appressate e qualche. mu-
erone: che il lembo, non molto grande, è obovato lanceolato, colla pagina
-superiore ed inferiore subglabre sul parenchima, parcamente setuloso-
tubercolate sulla nervatura principale: che le ascelle dei nervi sono
barbate: che I’ infiorescenza è piuttosto setulosa che pulverulenta setu-
A losa: che infine i calici sono pulverulento-cenerognoli nelle parti sco-
perte nel boccio, cigliati al margine, del resto glabri.
Nella var. fluviatilis il pieciuolo è pulverulento, o al più setuloso
alla lente; il lembo, assai più spiccatamente glabro, porta solo pulvinuli
e mucroni (qualche seta sulla costa dal lato superiore): le ascelle dei
nervi sono barbate: l infiorescenza è pure pulverulento tubercolata : il
calice infine glabro, o con qualche pelo stellato.
Pressochè le stesse differenze corrono per la var. pringleana, men-
tre la var. s 'rigillosa presenta, come caratteri distintivi, delle sete brevi,
rossiccie sul caule e picciuolo, dei mucroni sulle due pagine del lembo,
dei fascicoli di peli alle ascelle dei nervi secondari e presso che tutte
le disposizioni notate per le altre forme.
Non è il caso di insistere sulle affinità colla S. barbigera e ‘colla
S. leucoca» pa del Messico, avendo entrambe i calici glabri, le basi fo-
gliari acute, i lembi piccoli, barbati per lo più alle ascelle dei nervi. |
si
aratteri differenziali `
\
S. laevigata Tr. et Pl.|S. Schlimmi Sprague
Fusto coperto da mi-, Fusto coperto all’ a-| Lembo di diserete |
i i pice da lunghe sete: mensioni, o anche quas
lo stesso rivestimento grande, terminato in.
ieisulle foglie giovani eita: 25 stami.
sul picciuolo. . Grana
embo sottile, a base
ottusa.
alla base che è acuta.| Margine s errulato,
Margine intero, o ser-
[rato-serrulato. Super-|
ficie delle foglie quasi
setulosa, pulverulenta.
Nervi 18-20.
Infiorescenza pulve-
rulento-setulosa.
rattee brevi.
Calice pulverulento|
a Snai Brattee brevis- dentro (in parte) e fuori,
itubercolato all’ esterno
" Calice nessi = parte). Stili lunghi.
kevi, atrofici.
Nella Pseudostrigillosa all’apice del caule si hanno sete più
| il picciuolo è più corto: il lembo presenta una base acuta ed una
mità molto dilatata; il margine è meno fortemente dentato-sé
la pagina superiore è disseminata di minuti tubercoli, a anche sul
china, l’ inferiore difetta di
che su tutta la faccia interna:
è in entrambe la specie pulverulento setoso: la pagina folio. del
è pulverulento - setosa, tubercolata e così pure l’ infiorescenza: |
secondari variano da 16-20: gli stiti infine sono lunghi.
La S. strigillosa presenta, come caratteri differenziali:
base ata MENS
o ricco sdi nervature seco Da z
riore meno fornita di rivestimento peloso; pagina nifertofe | priva a di pul-
vinuli. Le affinità si riferiscono al lembo appuntito anteriormente, al
margine serrato, all’infiorescenza lunga, pulverulenta, setulosa, colle brat-
tee lanceolate discretamente sviluppate, al calice tubercolato sulle parti
scoperte nel boccio, pulverulento dentro e fuori, agli stili lunghi (non
sempre però nella S. strigillosa) e agli stami in numero di 25-30.
Caratteri differenziali
S. scabra HBK
S. Schlimmi Sprague
Caratteri comuni
Fusto coperto, all’a-
pice, da sete appena vi-
sibili ad occhio, talora
h
bili alla lente: costa e
nervi “giò setosi,
e tellati man-
canti
dentro e fuori, tuber-
perte nel boccio.
Stami 30-35.
Calice pulverulento|
colato sulle parti. sco-|
Sete dell’ apice cau-
linare lunghe.
del lembo Ste
tusa.
Pagina superiore dell”
setoso- mucro-
su entrambi anche co.
sparsa di pulvinuli, o
di pulverulenza.
Pagina inferiore con
qualche pelo stellato,
minuto.
Calice pulverulento|
dentro e fuori, ma non|
distintamente tuberco-
lato sulle parti scoper-
te nel cio.
Stami 25.
Sete del fusto talora
unghe.
Piceiuolo RO più
meno lun
Lembo atele grande,
o discreto, scabro alla pa-
gina superiore. Pagina in-
feriore punteggiata, per lo
al tat
sta, fornita di tubercoli e
pulvinuli altrove.
EN rvi secondari 20 circa
ee quelli di terzo
ordine e pure disco-
sti fra
mente sviluppate, lineari.
se lunghi. Fiori
Per an riguarda la var. sbnlinimiana della Scabra € e i suoi rap- i
discre
loro
Infiorescenza civ
Orario a stili lunghi.
— porti colla nostra vedasi il capitolo relativo a quella.
Colla 8. pron var. macrantha i i rapporti sono pli. dalle.
A
astrazion ed dai i grandi che val
guere detta var. della Brachybotrys dalla nostra specie.
Per quanto, invece, riguarda la var. scabra Buse. della S.
botrys le affinità sono quelle della S. scabra HBK sopra ricordata,
la differenza tuttavia che in quella il fusto è coperto di sete mueror
| formi, il lembo più decisamente subeoriaceo, a base decorrente acuta,
margine solo mucronulato denticolato (persino subintegro in quale
esemplare), la pagina superiore decisamente mucronata e sparsa sol
sete brevi sulla costa, l’ inferiore pulverulento-setosa, più che mueron
lato pulverulenta, i nervi più abbondanti e appressati, essendo il leml
più breve, le nervature di terz’ordine poco distanziate fra loro.
infiorescenza più ridotta, con brattee più piccole e con petite
i fiori infine meno numerosi, a brevi stili.
La S. aspera Turez., delle regioni messicane, ha il fusto mint
mente setuloso, il lembo non molto grande subeoriaceo, colle
dei nervi secondarii barbate, col margine mucronato colla pagin
| feriore setulosa mucronulata e infine l’infiorescenza, breve portante
fiori subsessili, a calice glabro parzialmente all’esterno e quasi del ti
all’ interno. Le affinità adunque si riducono a poca cosa (lembo otti
alla base, infiorescenza pulverulento- setulosa, nervi numerosi).
Qualche carattere comune troviamo nella $. Rusbiy Britt..
sta infatti ha il caule pulverulento setoso, il pieciuolo collo stesso |
vestimento del caule, il lembo granuloso, col margine serrato, colla i
gina superiore mucronulato-setulosa, coll’inferiore pulverulento-setosa,
eronata, l’ infiorescenza pulverulenta, setulosa, furfuracea, terrugino
stili lunghi; essa però differisce dalla nostra per gli stami numeros
il calice glabro o subglabro, per l’ infiorescenza più breve della
per il minor numero di nervi e per la patria differente.
7 Il Turezianinow nelle sue Animadvers. in secund. part. Herb. Tun
zian. nunc. Univ. Caes. Chark. Bull. Imp. d. Natur. Moscow 1
riguardo di un esemplare di Linden, stato raccolto da Schlim nella
vincia di Rio Hacha (Novae Granatae) e portante il N. 789 così si
Sprime:.... altera species ad definutionem Sauraviae spectabilis
ne invenitur in sol, Schlim et. eh stessa BR. accenn
= 2i $ £ 7 ; * di d ”
PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO —
da, a 7000 piedi di altezza ed a riguardo di questo nota: «Saurauia
spectabilis Hook?. Cum definitione in Walp. repert. 2 pag. 801 ad-
dueta quadrat, praeter folia basi ottusa nec cuneata et petala calycem
parum nec duplo superantes; Sed folium unicum tantum in meo spe-
cimine datur pedem exedens. Panicula trichotoma magna folium fere
subaequans ramis longis, bractrae lineares acutae sub ramis ramuslisque
paniculae ».
= A quanto pare il Turezianinow non era troppo sicuro della sua dia-
gnosi e ne aveva ben d'onde poichè la S. spectabilis (S. Rusby Brit.
var. spectabilis Buse.) è della Bolivia e poi non presenta le foglie
| arrotondate alla base, mentre questo carattere è proprio appunto della
5. Schlimmi. Non avendo potuto aver sott’ocehi l’esemplare N. 1616 _ x
non possiamo dar un giudizio definitivo in merito al medesimo, mentre .
per quello portante il n. 789 non abbiamo dubbio alcuno che non si 2.
tratti della 8. Schlimmi Spragne. la quale nulla ha a vedere colla #8. +
spectabilis Hook. Infatti:
| STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
Caratteri differenziali
ti
È BR, glabro sulla ri-
ualche breve mucrone
dilatato alla base.
iceiu
mucronulato.
Lembo cori aceo, o
subcoriaceo, distinta
mente obovato, con ba-
se acuta
rie 15-18 (talora però
anche più).
Nervi di terz’ ordine
[disseminati di minuti|
alveoli alla pagina in-
mbo, di
e qualche seta sulla
costa. Analogo rivesti-
mento alla pagina in-
feriore, dove però i mu-
|eroni sono del pari so-
lo visibili alla lente.
Infiorescenza talora
più breve della foglia.
Calice tubercolato
sulle parti scoperte nel
[pre però). Bolivia,
nolo non molto]
Nervature seconda-
bvi B Caratteri comuni |
S. Rusbyi Brit. var BE
spectabilis Buse. Regina Bpragag
Apice del fusto coni Apice del fusto co-| Lembo un po’ sca
perto con sete lunghe.
Pieeiuolo discreta-
mente unge RR
pulverule
sube ‘sottile ovale-
obovato, con base o
tusa.
Nervi secondari a
so
>
Pagina auperiore con
ulvinuli e sete sulla!
costa. Mucroni e pulvi-
nuli sui nervi secon-
dari. Pagina inferiore
coperta di mucroni, se
te, pulvinuli e peli stel-
lati minuti.
Infiorescenza più bre-
ilve della foglia
Calice pulverulento
all’ esterno, in rte
anche all’interno, Parte
scoperta nel boccio poco
diversamente costituita
“gin a quella coperta
ciò che riguarda
il sventato
tili lunghi.
Marta,
(non sempre però), grai
o mediocre obovato, ros
Pelicelli lunghi. Brati
triangolari, più o me
strette e lunghe, quasi
neari, tubercolate. Fio
discreti. di
Petali più grandi
sepali.
Stami 25.
€ ” i Dia ® EM x x $ i di È
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO —
Non pochi caratteri di affinità sihanno colla S. peruviana. Buse.
ma questa differisce manifestamente pei seguenti : la base fogliare è acu-
ta, le ascelle dei nervi barbate, il calice subglabro nelle parti coperte
sul boccio, la patria infine è differente.
e
La S. Schlimmi è una specie, a nostro parere, non sempre ben defi-
nita, troppo intimi essendo i legami che la collegano,sia alla S$. scabra
e più precisamente a certe forme di questa che noi abbiamo denominato
appunto coll’epiteto di Schlimmiana per farne rilevare le analogie sia
anche a certi esemplari del Karsten (appartenenti alla S. scabra HBK
genuina) nei quali le sete del caule diventano oltremodo lunghe.
Si può quasi affermare che le differenze per cui la Schlimmi si
allontana dai varii tipi della Scabr« HBK vanno ricercate nel contorno
della base togliare, nella diversa costituzione del sistema pilifero che
sul calice non acquista, nelle prime, la forma di tubercoli, ma solo di
una pulverulenza, mentre poi sulle foglie determina una ruvidezza al-
quanto differente.
Noi però sappiamo quanto siano infidi i criteri basati sul maggiore
o minore sviluppo del sistema pilifero e sulle variazioni della base fo-
gliare, quando si tratta di forme viventi pressocchè nelle stesse regioni:
ed invero nel caso nostro ci troviamo di fronte a una specie che con-
divide, a grandi tratti la patria con l’altra affine taelora vegeta,
si può dire, nella stessa località di questa. Basterà ricordare che gli e-
semplari del Funck e Schlimm portanti i n. 1615 e 611 e appartenenti.
alla Scabra forma schlimmiana forono raccolti in quella stessa Sierra
nevada dove vegeta la nostra!
Il minor sviluppo del sistema pilifero della S. Schlimmi rispetto
alla Scabra HBK (genuina) è molto probabilmente in rapporto colle
differenti condizioni esterne sotto le quali essa vegeta. Si direbbe che
la S. scabra sia niente altro che una forma un po’ più xerofita della
nostra specie, forse perchè dimorante un. po più Magi dalle coste mari- -
ne e in siti di più scarsa precipitazione.
Tenendo conto pertanto di questo criterio e dini la begin im- x
portanza alla presenza di una forma Schlimmiana della 8. Seabra meno —
zaroties della specie genuina, si sy arrivare alla conclusione che la 8,
x
~ &chlimmi, forse più che una specie buona, è una varietà della
di HBK.
y Al pari di questa essa, infatti, contrae anche molti rapporti di
nità colla S. floribunda, colla S, pseudostrigillosa e colle forme
dell’ Equador.
È probabile che si colleghi, ma molto lontanamente, con altre f
me di località non molto lontane, quali sono ad es. la SS. floccifera, 1
Spectabilis e via dicendo che sarebbero da considerarsi come forme
sistema pilifero più depauperato,
Le differenze però sono troppo notevoli perchè il giudizio p
essere tassativo. i
Prima di abbandonare l’argomento della S. Schlimmi devesi poi
levare che i varii esemplari corredati dello stesso numero e stati
fusione. Così ad es l’ esemplare su cui lo Sprague ha-fatto la diagn
(789 di Schlim.) sarebbe proveniente dalla Sierra Nevada di 3. Ma a,
quelli di Ginevra dal Rio Hacha nellaSierra Nevada di S. Marta. Al
biamo ragione tuttavia di ritenere che la denominazione S. Maria $
puramente dovuta a un lapsus calami, ed infatti, malgrado Pe
indicazione nei cartellini, noi abbiamo, nella sinonimia oi le di
località. ss
Saurauia peduncul.ta Hook. Icon. Plant. or figures, London, 184
Tab. 331-332.
; Sinonimia:
Saurauia serrata DC. Mem. Soc. Gen. I 1882, 420 T. II (M
Ternstroem). Prodromus p. 526.
Davya serrata Moc. et Sessè.
‘Leucothea serrata Moe. et Sessè Mserp. fd. Men.
Saurauia montana Seem. Tr. et Pl. Prodr. fl. Granat: e Ch
Mem. Ternstr.
Tavole. DC. Mem. Ternstroem, Tav. III, Hookt 1, e. |
S. foliis elliptieis basi attenuatis, acutis, serratis, glabris, 1
petiolio pedunculisque tomento ferrugineo velutinis. Mexico N.
Rami adulti glabri fusco refescentes juniores tomento brevi fe
gines velutino. Folia eliptica (fere obovata, basi attenuata, apice.
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
irregulariter grossesque» serrata, glabra. Petioli abbreviati, tomentoso -
ferruginei. Pedunculi eodem tomento velutini, axillares erecti, folio bre-
viores panieulati. Bractae lineares. Flores albi. Corollae lobi ovato rotun-
di, obtusi. (Tab. III DC. Mem. Teraustr).
Appartengono a questa specie, oltre gli esemplari da noi studiati dei
quali si parlerà fra poco, anche i seguenti che non caddero sot o la
nostra osservazione; l’es. N. 4198. del Franco (Coll. Galeotti (stato rac-
colto a Oaxaca (Vera Cruz), les. di Andrieux N. 199, stato raccolto al
Messico , l es. Iurgenses N. 898 e infine l’Es. 70 di Bilineck. Quest’ ul-
timo RR è stato ascritto alla S. pedunculata Hook, dall’ Hem-
sley, gli altri dal Choisy.
Esemplari studiati:
`... — Es. N. 327 dello Schiede, stato raccolto al Minnie più precisa-
mente nelle selve di Ialapa. (Sub nom.: 8. serrata DC. e Palava).
Si trova negli Erb. dell’ Univer. di Pietroburgo (Reliquie Lederbauer)
e di Vienna, di Lipsia, (mis. Schlecht), di Berlino a Ganjuge leg. Schie-
de mis. Shlecht 1853) e di Parigi.
Es. 327 di Schiede e Dieppe dell’Erb. di Kensington e’del Museo
Delessert (mis. Schlecht). |
Es. d. Erbario Bernhardi (Erb. Berlino), sub nom. S. serrata DC.
stato raccolto al Messico. :
Es. d. Erb. Fischer (sub nom. Palava), stato raccolto nella foresta
di Ialapa (Messico) e di proprietà del Museo Imp. di Pietroburgo.
Es. N. 456 stato raccolto da Schiede alle falde del M.te Macultepec..
Es. del Museo di rada, stato raccolto da F. Crepin a Ia-
lapa.
\ Es. N. 1068 delle RER di S. M, Maiaillano, one da
di Be Erb. Palat. di Vienna (D. Wawre). |
s. 5409 del Sartorius, proveniente dal Messico (Erb. Berlino) a
Pal N. 95 stato een ge D. Dre a na ee d. . Coll.
E at Er
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sante del Pacifico) ove è conosciuto sotto il nome di Polo de Cuc
ed è utilizzato nelle industrie.
Es. N. 248 stato raccolto da Botteri a Tenango (Erb. di Kow |
È: Washington) e distribuito dall Istit. Smithson. A matita sul carte
| sta scritto S. pedunculata Hook? |
> Es. N. 5177 nile raccolto da Seler nella Regione di Huatus
. (Erb. Berl.) a
Es. N. 75 di Ghiesebrecht raccolto a Huatusco e a Orizaba ne
Es. N. 75 di Iouin stato raccolto nel 1867 a Vera Cruz (Erb
-‘' Kew). na
Es. del Museo Palat. di Vienna (sub nom. S. spectabilis Hook? N.
Es. N. 908 di Botteri, stato raccolto a Orizaba nel 1845 hic
Washington e Kew).
Es. dell’Erb, Harris, proveniente del Messico (Erb. Kew).
Es. N. 2225 stato raccolto da le Pierpus a Zacuapan (Vera
= nelľ ottobre 1906, Erb. di Kew (sub nom. S. serrata DC.) i
Er Es. N. 903 stato raccollo da Meissner a Orizaba fide Muller).
di Kew. i
Es. di Bilimeck stato raccolto nel 1867 a Orizaba. (Erb. Kew.
Es. N. 3221 stati raccolti a Orizaba(Erb. di Bruxelles) e determin:
da Hamsley, sub nom. S. scabrida Hemsl. Inoltre gli stessi esem]
Erb. del Museo di Monaco) stati determinati dallo Schultz, parim
= Sotto il nome di S. scabrida Hemsl.
| = Es. N. 3221 di Hustusco, dove fu raccolto da Bourgeau (Ce n
= Scient. du Mexique. a
Es. N. 3221 di Orizaba, pure stato raccolto da Bourgeau i
ottobre 1866. (Erb. del Museo di Washington). Esso proviene dal
di Hanca nel quale porta il N. 19723.
. Fs. dell’ Erb. di Washington e di Berlino (proveniente dall
Parigi) e formante parte delle Collezioni della Commis. Scient.
xique. Raccolto da M. Bourgeau negli anni 1865-66.
Es N. 2241 dell’ Erb, di Leida (N. 908252-1052 commod.
4911-3), ma proveniente pure da quello di Parigi e formante parte
=, BIER, della Comm. seient. du Mexique. Fu raccolto il 2 april
| | ea valle di Cordova ae nom. S. eri
eee e Ren i
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 233
Albero grande o medioere (N. 2225), od arbusto (Es. Pringle) a fu-
sto rugoso, solcato, fistuloso, sparso di lenticelle, a cicatrici fogliari
ovali o semilunari (1068) non molto grandi, spesso bianchiccie un po”
rilevate (n. 1068), od imbellicate nel mezzo e gibbose (Es. Bernhardi)
Nelle parti adulte il fusto è glabro, o porta dei residui di rare setule o
sete non sempre ben visibili ad occhio, talora bianchicce (Es. di Schiede
e Dieppe del Museo Delessert) mentre all’ apice è nericcio, con qualche
seta fulva, appre sata lunga è mm. o meno, sottile o dilatata alla base
(Es. Pringle).
Foglie giovani rossiccio-brune (Es. Sartorius), abbondantemente ri-
coperte di sete, in ispecie sui nervi e sulla costa-(sete parzialmente de
cidue), colle ascelie dei nervi secondarii distintamente barbate (Es.
Sartorius). Barbatura circoscritta nell’ es. 1068. Non avendo peli stel-
lati le foglie giovani servono ottimamente a far distinguere la $. pe-
duneulatı dalla S. scabrida Hemsl. i
Picciuolo lungo 1.5-3.5 cm., robusto o sottile (Es. Schiede e Diep-
pe di Ginevra) bruno rossiccio, liscio, solcato o verrucoso per lenticelle
e ‚roduzioni surberose, sparso di sete conformate come quelle del fu-
sto, appressate, ferruginee o brune, lunghe 1 mm. (Es 1608), o 2
mm, più di rado quasi glabro (Es. 456).
Lembo sottile (Es. 1068. Es. di Pringle), cartaceo o subcoriaceo (Es,
del Bernhardi), o quasi coriaceo (Es. 456), cuneiforme vd ovato (talune
‘ foglie dell’ Es. Pringle). Pagina superiore un po’ scabra, oppure liscia
(Es. 908), od anco un po’ lucida (Es. 1068, Es. Pringle, Es. 903, Es.
Geleotti), rossiccio-bruna, gialliccia o di tinta giallo-castanea, talora anche
di color vu rdiecio più o meno carico (Es. Pringle, Es. 908): pagina infe-
riore di color verdiccio (Es. Pringle), o gialliccio (Es. 456), quasi sem-
pre liscia (scabra leggermente nell’es. 456).
Base talora acutissima (Es. Bernhardi), quasi decorrente, disvgua-
le, oppure acuta, subacuta(Es. 456, Es. di Crepin, Es. di Pringle), non
di rado però anche leggermente arrotondata da 1068, Es. Galeotti,
Es. 248).
Apice acuminato e talora bruscamente (Es. 1068), acuto a Prin-
gle), subottuso e non di rado persinð ottuso (Es. Bernhardi, Es. 908).
- Margine per lo più denticolato alla base, più di rado su tutta la
estenzione (Es. Bernhardi, Es. Fischer, Es. 908, Es. 903, Es. Galeotti),
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STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
oppure denticolato-serrulato (Es. 456, Es. 319, Es. 248 di Kensington),
serrato (Es. 248) e persino doppiamente ed irregolarmente serrato, al-
meno all’ apice (alcune foglie dell’ Es. 456), ma non di rado anche în
tutta l’ estensione (Es. Crepin, Es. 1068, Es. 5409, Es. 95, Es. 5177
Serrature spesso distanziate, terminate da mucroni (Es. 456) o da sete
curve, decidue (Es. 1068). Solo nell’Esemplare di Bilimeck si son trovate
delle foglie a margine per lo più erenato.
Pagina superiore talora del tutto glabra (Es. 456), punteggiata.
alta lente, più di frequenti però portante sul parenchima qualche mu-
crone appena visibile alla lente, o discretamente visibile ad occhio nu
do (Es. Pringle).
i Mucroni alquanto più numerosi è più o meno sviluppati, talora.
setuliformi sulle nervature principali (Es. 1068). Poche, o numerose 8
| te sullu costa, lunghe 0.5-1'/, - 2 mm. (Es. 248), appressate (Es
di Bilimeck). Eccezi:nalmente il rivestimento della pagina superiore
| può apparire piuttosto pulverulento, anzichè setoso-setuloso (Es. 248 di
Washington), ma però occorre notare che esso varia da esemplare
esemplare portante il medesimo numero e proveniente da un unico rac
coglitore.
Rivestimento analogo si trova alla pagina inferiore, dove però
| Sete sono più numerose sulla costa. Questa si mostra sempre setos
| anche quando le due faccie sono glabre (Es. 456), o è tale il pare
della pagina inferiore.
Ascelle dei nervi secondarii intensamente barbate (Es. 5177,
Bilimeck, Es. 95. Es. 1068, Es. Sartorius ete.), o leggermente (Es. Ber
nhardi, 903-908, Galeotti), talora anche solo oscuramente pelose (Es.
456) o quasi nude (Es. 908, Es. 5409). Spesso su uno stesso esempla
un lembo è più peloso dell’ altro, o le differenti ascelle sono variamen-
~ te pelose. Peli di color gialliccio-sordido, (Es. Pringle) formanti
| che volta una barbatura un po’ diffusa anche ai lati della costa
- 1068, Es. 248, Es. 75). |
o) Il lembo raggiunge la lunghezza di circa 11 (Es. Fischer)
È (Es. 319) cm. e una larghezza di 45 - 10 cm. (Es. 319).
—_ Nervature maggiori accennate pel colore bianco gialliccio alla }
2 a en Co er rilevate, depent o viceversa sottili (B
Faß
~
E ul
Sartorius Es. 95) Eat la quale poi è percorsa da una costa
robustissima, dello stesso colore dei nervi.
` Nervature secondarie circa 15 22 (Es. Pringle), oblique, leggermen-
te curve, o quasi diritte, subdieotome al margine e talora ivi anasto-
motiche, a seconda della grandezza dei lembi, distanziate (Es. 95) o,
appressate (Es. Fischer), ma più d’ordinario distanti fra loro all’apice
avvicinate invece alla base del lembo (Es. Schiede e Dieppe di Gine-
vra), non sempre parallele reciprocamente all’apice, dove presentano tal-
volta un decorso un po’ irregolare.
Nervi di 5° ordine fini o finissimi (Es. Sartorius), per lo più di-
stanziati gli uni dagli altri, quasi sempre perpendicolari ai secondari,
più di rado a decorso un pò irregolare.
Reticolo dei nervi di 4° ordive tino, poco o punto distinto.
Infiorescenza variamente grand» nei differenti esemplari di una
stessa forma (Es. Pringle), ridotta, o all’opposto grande, ramosa (Es. 95),
multiflora, submultiflora, a pannocchia piramidale, più breve della fo-
glia (Es. + ‘artorius, Es. 456) o subeguale a questa (Es. Fischer, Es. 248),
od anco più lunga (Es. 908). La lunghezza varia da 14 a 22 cm. la
larghezza da 4 a 8 cm.
Peduncolo robusto o gracile (Es. 1068), lungo da 8 a 12 em. circa,
solcato, rossiccio giallastro, glabro o subglabro alla base, disseminato
a'l apice di sete e setule più o meno corte (0.50 1 aston più o meno
rare, appressate.
Rami opposti od isolati, lunghi circa 2-4 em., obliqui o patenti
terminati in dicasi o più spesso in tricasi, pulverulento-setulosi (Setule
lunghe 0,15-0,3 mm.) ferruginei, o cenerognoli chiari (Es. di Pringle,
Es. 908). Jo
| Brattee setulose, pulverulento-fulve, triangolari o lineari, di varia
lunghezza (4-6-7 mm. X 2-3 mm. (Es. Pringle), acute: talora le la-
terali diventano ‘assai, lunghe e larghe (1 cm. X 3 cm.) come nello
Es. di Pringle e in quelli portante il n. + 327. Le on sono en
piccole.
Pedicelli brevi (Es. Sohdede e > Dieppe di Ginevra), o lunghi 3-5- 10
mm. (Es. Fischer) e persino 2 em., spesso bratteolati a metà. n;
000 Fiori bianchi, discretamente sviluppati (17-18 mm. di diametro
nell’ Es. di Pringle), o con tendenza all’impicciolimento (15 mm. di.
i ehr Sn si
etro al più nell’ Es. 496). Calice a 5 divisioni lunghe 4-6 m
vali, ottuse o subacute, pulverulento cenerognole (Es. 456), ed alla 1
anche spesso un po’ tubercolato-s: tulose all’esterno, ma limitatam 7
alle parti «coperte nel boccio e perciò per una estensione variabile e
in parti differenti nei diversi sepali (Es. Bernhardi, Es. 1068, Es. P n-
gle etc.) IZ resto della superficie interna ed esterna è glabro, salvo
‘margine che è cigliato (Es. Pringle, Es. 327 ete.). Corolla molto pi
lunga del calice (6 mm., 1 cm.) a petali obovati, o subrettengolari ,
smarginati glabri, Stami 25-30 circa, ad antere allungate, strette, g
lo chiare (Es. Pringle), o giallo bruniccie, profondamente bifide, con
poro apicale per teca. lilamento breve, tozzo (Es. Pringle), barbato
base con peli rossiccio ferruginei (Es. 5409), o bianchicci (Es. Fi
Es. Pringle). |
Ovario non sempre presente, od atrofico (Es. 95, Es. Pring
più o meno sviluppato, glabro, a 5 stili. Questi sono fini, robusti, lung
quanto il calice (Es. Bilimack, 5319, Es. 5409) o più (Es. 327,
=- Schiede e Dieppe, Es. Bernhardi ete.), con stimma puntiforme
capocchia (Es. Fischer), oppure brevi (Es. Sartorius, Es. Ghise
. Es. 75, Es. 908, Es. 2225, Es. 2241), od anco atrofici (Es. Gale
s. Crepin, Es. 456). Di
I) Saurauia pedunculata Hook. Forma Veranii, Busc.
Esemplari studiati:
Es. d. Erb. di Ginevra, stato raccolto a Ialapa (3000 a 4000 |
di altezza) il 26 aprile. N. 8105. ui
Es. stato raccolto da Rose e Hough (maggio 1899) a Ial:
portante il numero 4729. x |
~ Caule brunastro, solcato, coperto, all'apice, da sete appressate.
giovani abbondantemente fornite di questo rivestimunto. Picciuolo
no rossiccio, lungo 3 cm. vestito di sete fulve, appressate, fine o.
tate alla base, lunghe 0.5-1 mm. Lembo grande (17-23 cm.
cm.), cartaceo, levigato, lucido sopra o sotto, verde chiaro alla |
inferiore, bruno verdiccio superiormente, ovale od obovato, cunei,
| colla base acuta o un po’ arrotondata, coll’ apice subacuto |
Margine doppiamente ed irregolarmente serrato, con serratu?
+ mate, 0 sormontate da sete curve caduche. Nervi secondari ci ca #9
-~ distanti fra loro, obliqui, dicotomi, uniti fra loro da nervi di te
: > È
i
decorrenti perpendicolarmente o un po’ irregolarmente alle due nerva-
P g
ture che congiungono. Costa coperta da sete appressa'e, lunghe 1-2
mm. e dilatate alla base: nervature principali portanti dei tubercoli
setuliformi, bianchicci. Lo stesso rivestimento allu pagina inferiore,
ma più abbondante. Ascelle dei nervi secondari marcatamente barbate.
Infiorescenza molto ampia (17 em. lunga, 9-10 cm. larga), ramo-
sissima, multiflora, piramidale, ma un po’ più breve della foglia. Pe-
dunco!o lungo 12 cm. rossiccio bruno, solcato, parcamente setoso (sete
appressate). Rami lunghi 3-4 em., patenti, coperti da pulverulenza di
color cenerognolo chiaro commista a rare setule appena ben distinte
alla lente. Pedicelli lunghi 4-10 mm., rivestiti come i rami. Brattee
fogliacee, o conformate secondo norma. Nell’ esemplare N. 8105 sono
fogliacee quelle basali, nell’ altro quelle situate più in alto sull’infiore-
scenza. Si noti intanto che fra gli esemplari del Rose portanti lo stesso nu-
mero e contrassegnati dal Pringle non pochi presentano solo brat-
tee normali. Brattee fogliacee grandi, ovali, ottuse, r.assiccie brune sopra,
verdiccie sotto, cartacee, coperte parcamente, sulle nervature di ambo i
lati da rare sete appressate. Lembo lungo 5 em., largo 3 cm., denticol«to,
ottuso all’apice, decorrente alla base, percorso da circa 5 nervi per
lato obliqui, a decorso un po’ irregolare e non barbati alle ascelle.
Picciuolo lungo 1 cm. coperto di sete cortissime. Le brattee normali
sono lineari o triangolari, lunghe 3-6 mm., larghe 2 mm. e spiccano,
come nelle altre forme della specie, pel colore ferrugineo sul fondo
cenerognolo.
Fiori discretamente sviluppati (18 mm. di diametro). Calice con-
formato, per quanto concerne la pelosità e le dimensioni, analoga-
mente alla forma genuina. Corolla '/, più lunga del calice. Stami 25
ad antere giallo chiare, a filamento tozzo bruno, « con peli bianchi alla
base.
Ovario ?
a) Sourauia podunditate Hook. var. Leucocarpa Buse.
Fsemplari studiati :
Fs. del Sartorius proveniente dal Messico (Erb. Berlino).
Fs. N. 327 di Schiede e Dieppe (Erb. del Mus. Pal. Vienna).
Es. stato raccolto dal Bourgeau (Commis. Scient. du Messique 865-
66) in za nella Valle di Cordova. Erb. di Kew).
|. ‘Es. 5092 stato. ug maggio (anno N da C. ed E. Sel
| Huatusco (Prov. Mirador) e Vera Cruz.
- Albero a fusto rugoso, nericcio, o bruniccio, a rami sottili sp
dicicatrici fogliari piccole, rotonde, poco prominenti, fatta eccezione
quelle dell’ Es. di Bourgeau. Apice dei rami coperto da sete ferru
‚nee 0 fulve (Es. 5092), sottili, lunghe circa 1 mm. Lo stesso rivesti
mento, ma più copioso sulle foglie giovani. i
Pieciuo'o corto (1 cm. o meno), di rado raggiungente 2 adi
tozzo (Es. Bourgeau), bruno, coperto, come il caule, da sete appressat
fin, ferruginee, lunghe 6,5 mm. (Es. Bourgeau), ma talora ridotte í
1 mm., più o meno abbondanti.
Lembi cartacei, sottili, spesso diversamente grandi in uno st
esemplare (Es. 5092), lanceolati -ovali o lanceolati-obovati, più
no stretti, (lunghezza 6-12 cm., larghezza 3-4 cm.)
Base del lembo acuta; apice ugualmente conformato, odi anco te
minato in breve punta. Margine denticolato integro alla base, serr
doppiamente ed irregolarmente serrato dal mezzo in su (Es. 5
molte volte però anche grossolanamente serrato in tutta l'estensione;
viceversa ovunque solo denticolato, subintegro (Es. Bourgeau). Ser
re sormontate da un mucrone diritto. ud
Pagina superiore bruno- rossiccia, l’inferiore gialliceia, 0, ver‘
chiara (Es. 5092), poco o punto levigata, ma neppure scabra.
Pagina superiore se
giungono 1 mm. circa: sulle nsrvatare secondarie si hanno rari
mucroni, mentre il resto della superficie appare glubro.
Pagina inferiore analogamente conformata, ma con qualche. ‘
di più sui nervi.
Ascelle dei nervi secondarii barbate.
Infiorescenza talora cauliflora (?) e breve (Es. 5092, Es. Bonn
subeguale alla foglia o più lunga di questa (lunghezza 13- 15
3-4 cm.), pauciflora, piramidale, a pannocchia.
| Fica age per (11 e em. ) bruno , soleatór
fi, parcamente uni in specie PO La di Burgesa: sete di 7 : l
Lul aan
(con
atomo - blog sul
Gen. “ Saurania p
con speciale riguardo alle specie americane
ampi, en
[pon z mo.
(continuazione)
u a ua Cellule rafi-
asci vascolari idollo e zona i i diofore
e raggi midollari perimidollare pg Tannino
\cristalligere
(cellule perife- i
riche le quali
sono anche or-
nate da punteg
giature fine o di
aspetto fibroso
Borse gra i
‘ |med iocremente
abbondanti o-
vunque.
Libro non molto svilup- rimi- Nella Abbonda| Le cellule
pato, con qualche borsa. Le-|dolla-e distinta.| guaina a-|nel sughero,|rafidiofore
gno robusto fatto i idollo a cel- miilifera e nel libro : e ab ano
da senchima, a cel-|lule tonde, co taluni scarsalnel midollo,
lule ispessite e col lume poco|parete legger-|raggi mi-|quantità hl sì fanno più
io. Vasi grandi, ma di-|mente ispessita|]dollari/midollo e neilrare nel li-
stanziati gli uni dagli altri.|efinamentepun-|dellegno,|raggi del le-|bro e nella
Ra, ben distinti per lelteggiate, deli-|mainque-[gno: in di-|corteccia.
cel ie.|mitanted sti raro. |screta misu-
I maggio nstano di 3-4|ti(fig.49tav. X) ra infine nel-
cellule vpi in senso tan-|Borse mucilag- la corteccia.
genziale, pareti dei vasilginose mancan
«|sono per lo più areolato -|ti,
|reticolate.
sua
| Abbonda| Cellule ra-
[nel sughero, |fidiofore ab-
stipati o collen-bondanti
nr á si
asilre [libro e nellcia, nel libro
Siate e spiralati, Aula e|midollo el midol-
Ipoderma
Endodertaii ee 0 E
|\genzizli.
6 sughero ‚Collenchima | Parenchima periciclica seler 7
en i- spe eimenti più pic-|me le dont brevi
spessite ec cogli spessi coli. Le borse, | forma ettango olare
iaia men e|grandi o me-/sezioni poe itudinali, e;
dal lato in- iaia par diocri, localizza E
terno e sui|genziali. Nel-|te nell i
fianchi e sezionildove sil tessuto
; ongitudina-|è robusto.
li gli elemen-
ti hanno più
l’ aspetto di
cellule so
a po S vo
che di fibre
tramezzate.
Sughero al Pocoispes-| Un po schiac-| Guaina periclis,
ng o-|cellu -|sitò e un po|ciato e attraver-|scontinua, formata
lari rela- tangolari, inischiacciato.|sato da borse|isolate, es sE: i picco
|. [tivamen-|uno o duu/Fibre tra- grandi o medio-|pi, a lu n po BU
ilup-|piani, colle/mezzate, dileri, non Pn a questi ispesite a]
areti late-|preferenza i-|abbondanti, teggia Rariss
rali ed inter-|spessite palio lora Soliinogia (e Hiaballsblasti.
ne 18spessı accie tan
e punteg- i
a
er
a
LE Er A Er
Di
Fasci vascolar
e raggi ibidollari
Midollo e
zona
perimidollare
Amido
Tannino
e
cristalligere
Cellule rafi-
diofore
serie zen conti nue. Vasi
secondar
da quelle
tei raggi le quali sono meno
mpie.
-|zate
feria del tessuto.|in
Qua e là
ual-
che odia a pa-
re
ete reticolata.
mediocri, di pre-/ma ovun-
‘ferenza localiz- que e raro
alla ;eri-| neppure
t
utte
le cellule,
elena pda rr ti iaia a tenta OR o 2 eo i
BA Re a tto nee SEEN
È Sn S = catia Lena e k
Libro schiacciato con qual- a per rimi-| In qual- bbondaj Abbondaj Il
che pr > grande. Le- bila ben di- che cellu-|nel vago; nel libro; unidollo
gno formato da vasi ‘mo ta, a pice dellajnel collen iù rarolse
ampi e danera Prosenchi-|cellule punteg-|guaina a- china, e nel nel parenchi-
cor in via di sviluppo Midollo dilemma libro. Un pojma profondo.
Raggi già ben distinti dalle con cellule am scars
prosenchima pe Hole nel parenchi- ei.
piuttosto pi di r|mente lie ma. Presente par
o più aroolati petispiati di]giate. Qua e pure nella on
rado scalariformi: gli interni|qualche borsa. metà interna studia
sto dei raggi le- i
gnosi e
qualche cel-
lula del mi-
3 lo
ibro schiacgiato, con qual-| Cellule midol-| Nell Abbonda ;
che borsa di dimensioni di-jlari centralilguain el libro, in
screte. Vasi del xilema nu-|sottili, grandi,|milifera. |qualche cel
merosi, di dim i di-!ma rte lul
ete, od anco grandi. Haggi
piccole cellule, dis inte d
spiralati, sli: altri scalarifor-
Au (EM aro), nta er
$
punteggiate.
Borse grandi e)
numerose. Zona
ee
|non distinta.
Epider-
mide
Ipoderma
e sughero
'Collenchima
Parenchima
Endodermide e
periciclica scle
e| Parecchi| Poco svi-
istrati di aa: luppato, a fi-
lul -|bre non mol-
rose, ietian to grandi,
n
Cellule non) Gu
molto grandi, a
parete legger-
mente ispessita, |
e.|jun po colla bite,
-|Ispessimentilformanti uno
co marcati.|strato so ttile,
nel quale le bor-|
uaina pericieli
ascetti
piccolezza. n ben distinte.
Parecchi Celiule
Robusto, a cel-
e i
Guaina perieielica
e|mata da fibre piut
ampie, & lume largo
reti 1
ioni ti erg in
si gruppi separati
balloblasti larghi |
fas più non ancora
conformati.
| roitngolaii
quelli de
ban sm Borse
se, je
vinte m le
un po eren-
ziate
Fasci vascolari
e raggi midollari
idollo e zona
perimidollare
Amido
Tannino
C allale rafi-
diofore
cristalligere
vate ="
= |con Rigo poco
istin
è
Libro non ra se
punto di-
Zona perimi-
dollare sottile,
istinta per lem
punte lo lt ar
Mancao
Aparen
è In -|in qu
are “del (
Cellule ra-
| un pö|
differenti
P fel a vasi piccoli, per dna midollo. nel|rare, localiz-
jlo più separati gli uni dagli|che ornano lesu libro, nel su-|zate nel mi-
altri da masse di prosenchi-|cellule. ipite ro, nelldollo.
hna. Quest elementi ro-|tonde nelle s collenchima,
{busti, ma poco ampi, come|zioni trasverse, nel parenchi-
del resto lo ne anche quelli|rettangolari nel nei rag-
i raggi minori. ggi|le longitudinali gi legnosi.
maggiori mare invece di|Midollo a cellu-
cellule larghe. Vasi per lojle periferiche
più areolati-reticolati. - un ispessite
e non grossola-
amente pun-
teggiate. Ele-
menti ce..trali
sottili. Qua
e la qualche pic- :
cola borsa mu-
cilagginosa.
ibro molto bet con na perimi-| Granuli| In tutta la| Cellule ra-
mes canali poc» i, si- Gua ab ossi nel corteccia, het fidiofore,non altro
i per lo piü sita pn rife- ist nza Mtma. imidollo, libro, pedi sia 2 fre- sem pl
ria. "Ra e là qualche cel ula|fatta da piccole nei raggi|gi legnosi elqu nel |!
|sclerosa. Legno c ee va -|cellule. Midollo legnosi e|nel midollo; midollo libro
di o mediocri, a alcuni|a cellule grandi liberiani, 'qui però nonle cortec sa
punti, abbondanti (> altri.icolle pareti un nelparen-|in tutte
Parenchima e i ben di- po ispessite chima e cellule.
tinti, conformati secondo gr lanamen-;nel col
norma. Vasi di ferenza te fibroso-reti- lenchima
jareolati-reticolati. 3 rse
grandi, circonda-| |
te per lo più daj
I DE
Br clero Collenchima|. Parenchima
Su aghero i in! Non molto| Cellule di di- Fibre delli d
più piani dirobusto, a e sms ar vip a lum
cellule sotti-|cellule gran-ni, n pio, €
li, rettango- dl di prefe- pò don
lati, =; ispes- Borse rare.
enz:
ie sul
faccie.
slot.
up-| G A
busta, con
ran-|tinua.
ti o. a
Po
Cellule rafi-
EIA,
| Fasci vascolari Midollo e zona| {mid Tanni di de Osserva-
i e raggi midollari Geri late da RESTO zioni
i sriatalligeni
|
BI.
| |
si ni
i
| Libro s sviluppato, con rare na perimi-| Raro alche| Cellule ra-
ee e piccole. Legno
i di dime
con dolla
nsioni discrete,
m
n qna
presente cellula del
tu ttav midollo.
egn osi,
b-
- nei raggi bonda nel li- [ra
nei rag-|e nell
Pupa
i. Mi
ita feti Biere)
deli dei }
imitanti
piccoli meati
Borse di dimen-
sioni discrete.
i je cor-
lto/longi ERDE
i o pe
ari)
un. ‘e
a pe'i-
oe del
midollo.
el parenchi-|
nt nel
ccia. Rare
ellule cri-
mi
stalligero nel|
idollo.
a rmati secondo n
u- trasv
rosi. Raggi e prosenchima trimenti
orma.|golari,
è
Zona pe
rimi-
-|ve
soprat: periferia
BE e P e là nel libro.
rso la Bern ah a. ia Pa
\bbon-| Abbonda| Cellule ra-
ite nelin idollo, un
midollo, nei i le- [molto abbon-|u
ejin specie gnosi e nella/da) ata nel
tro-
molte
velde
Le
carpi
i po
e Sucher
Collenchima
Parenchima
Endodermide
periciclica selet
|ni longitudi-
nali il carat-
iù distintamente
teggiati delle fibre.
Ripi
cellule pres-
hè cub
tale, sottili.
renchim
balloblasto.
Fibre tra-|
fibre hanno
fin
Sughero in] Schiacciato] Parimenti ri-
più piani dile ridottissi-|dotto e schiac- sg: a
cellule ret-|mo, con wir si ar a cellulelampa cavi
tangolari strette e con pareti sot-|molto ispessite.
larghe. tal N tili mano dei gruppi o d
un pò schiac-|o nto i-| Qualche gros-|lamine. Diaballoblasti
cian te, ‚alspessite, di-|s Ben e qualsai più rari, i
ete poco o|stinte però, qualche|gruppi e spesso a
Panto ispes-|per la specia- talala sclerosa, | lato interno d
rifrangen-| punteggiata, si-|si di fibre, o rpg
za, da gl e'e-|mil un dia- n libro, o nel age
menti o De
ro rota e er
te PUNIOERIE N. mentre
Span
ne.
Poco ispessito.
Cellule sottili,
grandi, un po
schiacciate, oa
%
Mens manife-|
|isolati o in pice
Guaina periciolica
ta.
non molto De PP
Fasci vascolari
e raggi midollari
dollo e zona ;
i
perimidollare
Tannino
cristalligere
{Cellule dei
set gran Vasi scalari-
interni spiralat
raggi però non |giati.
ndi.
mi, re nn. areolati, gli
meati. Borse i
|discretonumero,
ma piccole.
Midollo a
cellule cri-
stalligere, »
nella cortec
st (rare as-
ai!)
Libro scarso, con
piecola bor e qualch
a abbond
Raggi ac
eher e sottili, distintel
- tebginte, Midol-
\ a-i a pu nigi ost da
Birate secondo no
ualche
Zona Dt.
-|dollare confor-
mata
-| mente, che vg 1
pi on oe
io a ı cellule pa
andi,
spessite. a
piccoli. Borse
poco distinte.
corteccia,
5 fi
in specie nella
a ampio, o stretto, a se-
dell’ importanza del
Zona |
i. ie “= di
nijstinta. llu!
Inden MODE;
DI
bro, più scar-
re e nel mi-
ollo.
dante nel li-
so nella. zona
perimidolla-|
Abbonda! Cellul
in tutta la fidiofore. i
rissime
midollo.
abbonda
nella cortec-
-Igi legnosi
je nel midollo
|midollari
|molto grossi.
re le ra-| i
p i :
collenchima.
|Taluni rafidi
Janae]
Ipoderma | Be £ ; Endodermide e g
gene | Collenchima| Parenchima periciclica selerosa
Sottile, ge in| Paretimol- Schiacciato, uaina periciäln
cellulelu più|to ispessite,|con cellule sot-|scontinua. Fibre gran
batti: a cel- le fibre|tili. Borse jran-|con 1
lule grandi,|alquanto col-|di. pareti
ispessite ellabite. Lo spessite.
unteggiate|strato è ro- aggrupp
Bl Bri bust Diaballoblast
fondo. rari, is
lume
pareti pi
te punte
x alle fibre.
inoltre punteggiaturi
lo più lineari oblique.
Cellule a| Sviluppato. IE grandi, |
ettango- celle Finde um ampie, at pom
lari, svi-|g olari, sot-| talora eròli i i
luppate. |tilî: le ester-|un po nia mente fra loro
n po più ciate e pocoļ|unito non |spes
grandi, per|ispessite. Thea merin
“saga siano
ovunque
pe svilup-
pat
llule| Cellule su- Robusto e| Cellule grandi,| Anello scleroso per:
gherose inlformato da delimitanti dei clico discontinuo, a.
più piani,fibre a lume piccoli meati.|pressochè uguali fra 10
rettangolari, |ampio, ispes-|Borse scarso elcon cavità ridottissi
o cubiche, ta-|site spesso|non molto svi- au pareti robu
lora anche een we per solanamente punt
un poschiac-|agli angoli. ù addossate|
. a guaina pe-|
OA E RETI ADR
Cellule rafi-
diofore
tern! scalariformi spiralati,
gli altri reticolati-areolati.
ampie, situate
alla periferia del]
tessuto. t
to
u-|alla stes-
elsa
dossa
Fasci vascolari Midollo e zona Aia ans
e raggi midollari perimidollare | 140 VER i
cristalligere |
ibro schiacciato, ricco di] Zona perimi- e Scarso nel| Cellule ra-
bor o mediocri. Vasi|dollare E chaea a-|m dollo. nei|fidiofore non
| relativamente piccoli, distan-|con cellule pun-|milifera, |raggi e nella|molto abbon-
ziati gli uni dagli altri nelle fer Midol- e un polcorteceia; un danti e lo-
serie radiali, t mancan-|lo c pi nel paren-|po abbondan-|calizzate nel
i su estesi tratti. Rapporti ea a parete chima ad-|te nel libro. la corteccia
isp
o molto ispessito, con
molto
Libr
peo rara borsa non
ste dim
causa dell’, “abbondante be
Isenchima i
[per lo più è a 43) lule
Punte ture dei Lon con-
formate secondo n
tili
deg ;
bonda n
9 bro
perimi-| In qual-|
dolla o. Fan che cellu-
ag i ce guaina a-
con ti -Imilifera,
ili, eccezionejdel li
le cel-jedeiraggi
‚del legno.
uni |
e
Scarso nel
midollo, nei
raggi è nella
corteccia: ab-
l li-
farsa sviluppato, con ampie
Legno co
iuttosto rari, pun iati, re
icotstto.streolatà, ti orlo
seconda della loro
co»
n piccoli v vasi|do ollar
ae ae
‘distinta: Vellu-
‚le
N;
esa.
mi idoll ari Hi
Zad
Cellule ra-
nel parenchi-
ma intern
0,
Endodermide eg
|Collenchima| Parenchima periciclica seler
Epider- Ipoderma
mide e sughero
Più stratil Fibre lun-| Robusto, acel | Guaina sclerosa p
di cellule su-|ghe,ispessite, pe sottili ,gran-|clica. continua, con
gherose, ret-|tramezzate, là|balloblasti robusti e fo
tangolari, i-|formanti ur qualche cellula|mente punteggiati.
spessite suilrobusto stra-|pietrosa punteg-|invece poco punte
fianchi e dallto. Qua e lalgiata. ben distinte percit
lato interno/qualche cel- diaballoblasti.
ed ivi pun-|lula sclerosa sd
teggiate. punteggiata. 34
/ E
Cellule| Sughero| Non ovun-| Cellule grandi,| Guaina pericoli
grandi,non ancoralque svilup- pur lo più schiac-|formazione. Fibre is
ttango-|formato. Ipo-|pato, ma coi|ciate. Borse ab jo associate, con lumer
lari. derma a cel-| ee bastanza evi-|to ampio, a pareti
lule poligo-|ispessimenti.|denti. ispess:te. Diaballo!
nali, un po x mancanti. ;
ondulate,sot-
tili e grandi.
Cellulej Uno o due] Robusto.| Sviluppato, a
rettango-|strati di RI Cellule mol- iiiaio sottili e
lari, sot-|lule sughero-|to gran ndi. Bor:e di
i, di-se molt o|spessite 2 li randezza me-
r.pt.a-/grandi, cu un Be o o A
te ongi-|m oltoirr
a in tudinali pei Av ri
pes-jelem
ilhanno più x
xyipretto di cel-
i pit vrap-
cli di
i ria er
ac-la agli an ;
Fasci vascolar
e raggi DiAgiari:
na
idollo e zo :
perimidollare datato
3 Cellule rafi-
Tannino diofore
cristalligere|
Osserva-
zioni
Rn cost ae . Legno
e -
Nei rag-
scarseg-
ia
po nei] Rafidi nel
- raggi nidalo libro.
ari del le-
L’esem-
pla
Libro disseminato di borse ell
i nie caga nai
me Legn he
le punteggia-
etieolato -areolati ie
- ta PURIeggiata; |
Nella
guaina de
milifera
DILILIIUI[ 4a
mi-
ndi;|
eri
ALCL i
ule
gran
nari
È:
vi
minutamen
co distinte.
Cellule ra-
n|fidiofore nel
-|libro e nella
corteccia
rain
ridotto, disseminato|
cole borse. Le-
A Miela,
an son cellule die
rari. ame
igran SAL
in gia
í cellu
/
Abbon-
perimi-
nel pa-
abba- ur
distinta
Zon
dollare
stanza
interno e
n os i
(i rai ua
uelli
ate. en Nation di
assailin
A shi imaje
| nel midollo.
raggi
co Oka
se/grandi, con pa-|maggi
.|reti ne un
‚po‘ ondulate, o
in via col
e nel paren-
im
simento e allora ma
'ninutamente|
Ipanteggiate. vi
Borse
Ite Rena È
alla periferia del
“PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Endodermide
Nome d. Spe-|Epide r-| Ipoderma . : ;
` cie r Fide E Eero Collenchima | Parenchima periciclica sel
S. ‘aequato-| Cellule __Sughèroi inf Poco robu-| Ridotto: cel-| Guaina. sel
jenstîs|rettango-|piùstrati; glilstoe formato|lul» non molto|ciclica a fibre m
Sprague lari, non esterni a cel- ldi pipole cer grandi, sottili.|ampie di
var, gla-\molto e- lule grandi,!lule,non m orse mucilag-|della forma ge
ata Buse. on in/simili a quel-|to dobteratn: ginose poco di-|sposte in
senso ra- ledellaforma|te ispessite. |stinte loblast
iale, sot-| genuina., sottile, per lo
8. een Cellule Sughero aj Cellule non| Poco vobust».| G
rtensisrettango-|cellule ret-|molto grandi|Cellule picc le,jrosa a
Sprague tori, sot-\ta lari,je neppurelsottili. Borse|sirette, con Im
rar, gebbo-\tili. ampie, eon|molto :spes Inon ben distin-|e parete ‘sp
» sa” Buse. pa'etisottili |site,formanti]te „ano dei
uno strato scetti separa
robusto gl altri d
Questi pi
„Più
§. a Cellule
ren 8? re ttango-|d
Spraguellari, sot-
var. longe-|tili.
petiolata
Busc
st
di cellule su
Air dia
angolari od
irreg DI ari,
pi uttosto am-
pie e sottili.
t
gite dei diabal)
Poco
en es ptas
lule sottili.
Cellule gran-
di. sottili, dan
poco distinte.
Guain a perie
bre Are
ballobiasti Potti
gran a |
teggia
lo pù
Amido
Cellule raft-
poco manifeste.
| Fasci vascolar Midollo e zona Tanni diofore Osserva-
Er annino
e raggi nice! perimidollare e zioni
\cristalligere
poco sviluppato e| Zona perimi-| Nel li-; Abbonda| Rare cel-| Per la
ae borse. Vasi del legno dollare non bene|bro e un|nel midollo,|lule rafidio-|struttura
nsioni disere- distinta. Midol-|po nel mi-|nel libro e|fore nel col-|ricorda la
d lo a cellule sot |dollo. nel parenchi-|lenchima. ma ge-
tili, grandi. Bor- ma. Più scar- ina,
se di vara di- so sal collen- ssendo
llejmensione, loca- chima, ne molto lie-
lto più lizzate di prefe- sughero e nei le di-
renza alla peri- raggi. vergenze
eria del
ollo.
Zona perimi-| Abbon-| Abbonda| Rare cel-| Differi-
distinte. Vasi aa di. ag a di-|da nel mi-|nelsugheroejlule rafidio-|sce dal
e dimensioni, od an tinta, a picco-'dollo pe-|nel libro: un|fore nel col-|forma ge-
ndi, separati gli uni dagli le a "fina riferico.|po più scarso|lench'ma, uina pel
dal prosenchima le cui|mente teg-|Presente|nel col ‘nor svi-
ale sono robuste e collgiate. Midollo a pure chima, luppo del-
sai ridotto. Raggi|cellule schiac-|raggi le-|parenchima, le cellule
le cellulelciate, turge- nei raggi = dei vari
'esse però poco|scenti, colle p ggiori,|gnosi e moran e
i at iļreti un po nel pa- E ar
ajdulate delimi chima ualche PER
> gl altri tanti dei meati| pro o fondo|e er di o deficien-
i dimensioni di- e qua e lälquesto). za di bor-
screte. Borse;nei raggi se muci
mucilagginose liberieni. laggino-
o con rare bo: Vasi
unteggiature dei va-
ormate come nelle
-'ondulata. Borse?
ona perimi-
are a cellule
?
sottile e un po
=] opilpgsbizia,
paren
|chima e nei
raggi.
:\len
nel
Nel pa- bbonda| Rare cel-
renchima|nel sughero,|lule rafidio-
profondo,|nel libro e|fore nel col-
el ‚ın chima
Ipoderma
e sughero
Collenchima
Parenchima
En dodermide
periciclica
©
gen le
i pic-
cole e sot-
tili.
Sughero a
cellule ret-
tangolari,
più o meno
schiacciate,
Sughero al
"rega: i
i, sot-
ili, fra
in più piani.
Sviluppato:
elementi as-
sailarghi ed
ispessiti agli
angoli.
Molto robusto,
a cellule non ec-
aadi, a pareti
un delimi-
Z
parti interne.
cessivamente|p
talora ugua
di a balloblasti.=
Abbastan
za sviluppa-
to, cogli ele-
alii ro ses ti
feren
sit
Ho
Sviluppato e
a cel-
lule piccole, sot-
siti da [and o unit
cie tangen-se d
in. tutto il tes-
sputo,
Guaina periei
mata da fibre
Fasci vascolar
e. raggi inidollari
M
perimidollare
idollo e zona
- Amido
Tannino
Cellule rafi-
diofore
e
cristalligere
we asi n
retam Da gran-
interni, spiralati. for-
» di
ilspesso ondu-
i- late, delimitanti
oli mea-
pareti: sottili,
Zona perimi-
dollare poco di-|
stinta. Midollo a
pie.
Sca
inel libro
interno,
nel paren-
chi
e nel Il a
guan
milifera.
ama. a-
'Abbonda
scarso nel ri
alrenehi
nel libro, n nei
raggi
nel: sega (fidi
iù|bondanti
Cellule; TE)
oO
nel mi-
o
e nel libro.
pun teggia
o|do
-|non molto gran
pa
alla parete
peri
cellule
e.Mi-
llo a likile
olto
Zon mi
| dollare suttile, alda
Abbon-
un nei
gi le-
gnosi e nel
Sca nel
nel mi-|col chi
e ne ve
chima: ab-
im
di,
un po ondulata,
| tercellulari ri pie- #
‚[eoli.-
ùsi, no
riani e legno:
È doll.
bondante nei
ibe-
onchè i ini tane
Quale
cellula rafi-
iofora nel
collenchima,|
nel parenchi-
ba a libro!
mi-
| Teodora '‚Collenchima | Parenchima
odermide e gui
periciclica scleros
Cellule Uno stratoj Cellule un] Schiacciato ej Guaina periciclica
ottili,|di sughero a schiaccia-|disseminato ab-|scontinua, in via adi:
piccole. |cellule mala te, non molto bondant t costi
sottili e di di-|ispessite agli di borse per lo
i di-|angoli, for- pe molto gran-|me molto
crete. i uno/di. Cellule a pa-
reti sottili. e
e
più o
senso tangenziale.
ro a| Sviluppato:| - Discretamente| Guaina sclerosa
et-|elementi for- saline Cellule ra formata da
temente i-|poco sviluppate, |parte robuste, In
lila pareti sottili Sottili: le pese a
o
mentazione. interno.
Fasci vascolari
e raggi midollari
llo e zona
Mido :
perimidollare Amido
Tannino
\eristalligere
Cellule rafi-
diofore
e
zioni
a elementi notevolmente] le, rettangolari
e i inve
borse ampie
ped vasi e questi di rotonde in se-
tipi-
nt ormi, altri/di Diego duet
ralanti (gli interni), 'o reti- > su solito,
ER.
Zona perimi- Un po
gno dollare a cellule|nel libro.
-|zione trasv
co ’ asse.
Cellule midolla-
| rettangolari, col
gran diametro o-|
riszontale, nelle
longit t udinali.
Pareti. LALA asta
olanamen
ssut
condate da cel-
lule un po dif-
ferenziate.
Abbonda
nel libro e
nei geggi le-
AR ecien vasi
lcollenchima
e nel paren-
chima: torna
farsi
zi
i ab
ondante in
qualche cel-
lula del mi-
dollo,
Rare cel-
lule rafidio-
fore nel m
do o nel li-
bro e nel col-
lenchima.
Bibro discretamente svi-| Zona perimi-| Scarso
Pero, ricco di borse spesso|dollare ridotta einel col-
Vasi o nu-|con cellule pic a
ioni.|cole, Midollo con|più ab-
elemen * ws A +
Abbonda
nel sughero
a
e nel hli al
Più scarso
nel paren-
zioni longitudi-|chima pe-
nali, ma col
ma, n IR
renohima,
dia-|riferico e-
tangenziali. ;
reti sottili, on- cellula
Pnidar
GPU
mide
Ipoderma
e sughero
Collenchima
Parenchima
Uno o più
ellule
DI strati di ele-
menti cubi
ci o rettan-
„Cellule schiac
te perlo più
a | sla a periferia del|
di ispessi-;tess
mento.
ma colle cel-
Sviluppato,
(uaina pericicli
s|rosa non ancora
o mancante (?)
nidi. lc
i-|te, formanti uno!co
li| stra molt
to ro-
busto. Borse po
co distihte,
© Fasci vascolari
| e raggi midollari
ollo e zona
perimidollare ei
Cellule rafi-
diofore
cristalligere|
Osserva-
zioni
pia a
c
©
dulate, o ispes-|amilifera.
e fornitell i
site
di Minute pun-|presente
teggiature. Bor-
se più r meno ma
grandi, in specielgranuli
alla parita del|arrossano
to . [colla tin-
tura di
iodio
B
B
D
—
pui
=
Uni
2
dito schiacciato e conf Cellule mi Scarso| In qualche| Cellule ra-| Forse
e i o injdollari schiac-|nel libro.|.cellula dellfidiofore nel
a d formazione. Vasi pri-|ciate, sottili. midollo e dellmidollo, neilu
ari formanti delle lu: ghe|Borse ampie e | parenchima ‚|raggi legno-
e radiali, spiralati. Pro-|numerose. . in tutto ilisi, nel libro
Er pareti collenehima , sa prenchi-
sottili e perciò non nel sughero pat
tinti nelle sezion tra e nel libro. er mosto
i. Grandi borse lungo
raggi maggiori legnosi.
ro sch! PEN Be: Zona perimi-| Nella} Ovunque, En 00
. Legn i di-|dollare poco di-|guaina a-|ma abbon |lule rafidio-
De © is tinta. Midollo milifera. |dante in spe- fore nel mi
per lo DI .. ti-|a cellule schiac-| cie nel su-|dollo, nel li-
ati a degli ciate, rettango- ghero, libro|bro e_
eni salat. “Cellule Filme col dia- e raggi mi-|corteccia.
e del prosenchima non to maggiore|. dollari woo i
| ben differenzi ate. trasversale (nel | |gnosi.
le sezioni longi
tudinali). Bor
|discretamente|.
sviluppate. |
ndodermid
Ipoderma | ; i
|Colleuchima | Parenchima er sclero
e sughero
Epider-
mide
Cellule Due o più| Cellule a) Tre o quattro Guaina perieicljen
rettango- strati di pic-|pareti poco i- piani di cellul»|mata da gruppi di
ela-[cole cellule Re: for-|grandi, sottili, grosse, a lume ri
tivamente |sugherose di- unidelimitanti am-}a membrana is
sposte in bel- robusto stra-|pi n.eati. Borse|cosparsa più o m"no i
sottili, ordine et poco o punto di- bondantemente di |
fortemente stinte. teggiature per lo più
spessite dal neari. Diaballoblasti
DE | ato interno. i di, isolati, oppure
o Zona ispessi- pati variamente, un
ta ri i meno ispessiti cool
x \punteggiat| fortemente punte
Eoo ‚re. Fello e col lume cellularea
e. in attivilà.
A
- Cellule| | Sughero| Robusto e| Molto svilup-| Endodermide con g
rettango- in due o ie formato da pato, a cellule|di cellule sottili. Gi
ari, sot- strati, a cel-|piccoli ele- ogg di Een un format
Er medi ili
è
2
B
(e
D
et
=
B
(e)
+,
fer
(mp)
A
S
rR
iccol iocri, Sr
rettangolari molto ispes-[limitanti dei elle quali a lume.
schiacciate: siti agli an-|meati più o me-|e a parete non annoi
in alcuni goli. Eviden|no ampi. Borse|to ispessita, le altre!
punti però te è il tipo|poco distinte. |me ridotto. Nelle sez
conformate di fibre tra- longitudinali le pun
: come quelle mezzate. giature sono lineari,
i della S. Bri- ue. Mancano ano
sum ‚ Fello- diaballoblasti. n
|geno in seg-
| nea one,
Ve ci
A pr A P ve va
“Ae 1% = N =
Be er rafi-
Fasci vascolari idollo e zona : 2 diofore Osserva-
e raggi midollari perimidollare Amido Tangina e zioni
cristalligere
Dic discretamente svi- perimi- Grossi o nil) Cellule ra-
, con borse non molto|dollare a Shan granuli|midollo e nei|fidiofore nel
pie iui del legno pic-|cellule tonde ojedabbon-|raggi legno-|libro e nel
rari. Prosenchima ajretta Pe a venti nells: abbonda/midollo (in
ilule obuste, ma’ a lumejseconda della e Dal nel collenchi- quest’ ultimo
stretto, ben distinte dalrezione dei api spenta ma e nel pa-|però pi
elle dei raggi. Vasi per!gli. Cellule mi-)alla peri-|renchima. |scarse‘,
Jlo più re reticola-|dollari ampie,|feria), DM
nde, o poligo-{raggi l
nali, o rettango-|gnosi
i lari, col maggi el c
metro neljlenchima:]|
senso dell’ asse, |s car seg-
eircoscriventilgianti nel
‘dei piccoli men. libro, nel-
ti. Pareti minu-|la gu
mente pun-|e nel pa-
teggiate. Borse|renchima.|
n ben disti
|te, o mancanti (?)
Libro robusto con borse| Zon perimi-| Abbon-| Abbonda| Scarse cel-
poco o punto distinte. Legno dollare sclerosa|da nel mi-\nel sughero, lule rafidio-
| di vasi e questi di|colle celluleldollo, nei|nel libro e in|fore nel mi
dimensioni discrete, o picco-|punteggiate.Mi-|raggi le-|qualche cel-|dollo, nel li-
Vasi interni stretti, spi-|dollo a cellule|gnosi: più|lula del mi-|bro
ralati con Spire larghe, gli ampi ottili|scarso nelidollo. Scarso! corteccia.
terni ee a o o,\circoscriventi]libro Se nei raggi le-|
di rado, scalariform ` [dei meati d'sere- ster ae en
tamente larghi.|torna Sad parenchima.
Qua e là qualchejabbonda-
cellula periferi- re nel col-
a già lenchima
; tà punteggiata. interno e
i oc e nel pa-
punto distinte. renchima
T Ipoderma rA 5; ._ _ - | Endodermide e
e sughero |Collenchima| Parenchima perieiclica. so
parer Cellule] Spina os Ilule i-{ Molto svilup-i Guaina pericili
‘vi ifto alrettango-|l’ipo alspessite agli|pato. Cellule di sole fibre a
lari o cu- Ana li, spes-|non molto gran- sposte in seri
biche, un mp e. di, a pareti sot- in gruppi. Fibre a
po. Go n- rse rareltili, ondulate.lampio, ma co
sse al- - Liga pe rr numero-|ancora un
l’ esterno. | i mediaj|balloblasti in via di |
er pi idonea. luppo, sottil
to. Qua e
la inve
| qualche cel-
x punteggiata.
Cellule! Cellule| Schiacciato:| Srhiaceiato.| Pareti cellulari d
sottili,|schiacciate. [pareti cellu- gigi pale. guzina sclerosa
collabi te. di ari poco i-|te e non molto ancora Oh:
spessite edi a
i n alcun
punti ia
sottili. |
ad ia SEN 3 È gi ) Ne. na
ì ali Ce Hale” rfi- o
asci vascolari idollo e zona i í di T sserva-
e raggi midollari perimidollare BERND. Tanaino zioni
drietelligerd
diversa
A età de
parti stu-
x diate.
bro non molto svilup-| Z perimi-| Qua e| Abbondan-|. Cellule r
di borse. ampie. dollare a gens HA: là nel col-| -^ nel collen-|fidiofore nu-
o costituito ancor pre-|le no do P ccole.|lenchima| :ima, nelimerose nel
la vasi prima- Millo njedi renchima|libro, nel mi
spir.lati, disposti in serie El: clementi. sa quan tta ecce-|dollo nel pa-
diali quasi continue. Vasi a e an- ine per lerenchim
non mol ampi di epici nell: lul fondo e
ari ormi reticolato-areo-|e pun tnpa} midollo. alligero).jnel collen-
vulla di. notevole. nei per lo più inve- esente ma. Nel
e nel prosenchima selce a pareti elle cel-|midollo son-
ttua che i pr mi hanno dulate o schiac- e intern elvi in re
cellule a nell'ambito dei|ciate . circoseri- er raggi le-|cellule eri-
si spirala venti dei meati iosi. stalligere
|di mediocri di- Cristalli in
.|mensioni. Borse forma di dru-
grandi o medio se isolate, O
cri disseminate in ammassi.
Crue ias A ma di
prefere alla
7 periferia del tes-
bro discretamente svilup- Midollo a cel.| Nella bonda| Cellule ra-
‘ ma aelem are RA te, guaina a- nell’epider-|fidiofore di-
Borse grandi: ponga -|salvo qu neloka milifera e'mide e nellscretament
leg Spiralati; gs cellula ag in s ‚libro; me sone
1 reticolati scala:|ca fin ntelquantità/seggia ee midollo: più
in fo: - SCR ‘nella cor-!corteceia e|ncarse nella
seg epit dotti e dan WER.
Borse di disere-
[te dimensioni.
re ma
non un-
q
nel midollo.
corteccia.
d.S lepiaer-| 1 derm i i Endodermide e gu
cie n. kaido Snakes ahar Collenchima | Parenchima perieiclica scel
Cellule] Uno strato| Molto Molto svilup-| Guaina solenne pe
ettango-|di sughero a|busto, ad' de pato. Cellule di e ca a ffbre
1 ari, sot-|cellule ret-|menti roton-|di ioni. di- e i nde
tili, un potangolari,|di o poligo- m Di ontoban “isolati
iacciaą-| grandi, talo-|nali, ispessiti
ra anchejagli angoli.
ischiacciate.
di 1 ae in
= visi
z bo sott
Borse numeros e più sono aggruppate
di di sion i
eriahl. "tuto
grandi,
nerina a
_ Rusbyi| Cellule| Cellule! Robusto.) Robusto. . Cel- Guaina periciclie
Britt. var.|sottili. sottili. bre grandi, |lu mata da file radi
labrata ispessite agli
FUSC. au goli
:byi Cellule) Sughero a Robusto, a ea gran: Guaina perieicli
ar. \rettango-;cellule gran-|cellule ‚a pareti sot- m valentemen
pan, sot-|di, rettango di, debolmen- tili, disposti i i
| |tili, spes-.lari, colla pa-|te ispessitea-|più piani, ma g
so 5 x internalgli iena,
ciate. i- n po|se mucilaggino-
€ Eeh ia dalio, se numerose,
i a: Qu alche bor-| grandi o di di-
le cel-isa mucilag-| mensioni di- radialmente
u = [me di ge ge Bent serete. ron pi
AI ue o rti profon-| ete ro
e ‘pini, sono de © i
qua e la!
ottimo.
sa N O En È å
TU 0-B10] N. “ Co
A VIE rafi-
T Fasci vascolari Midollo e zona 4 . iofore
e e raggi midollari perimidollare Atala RARO |
ca cristalligere
È
| Libro poco sviluppato el Zona perimi-| Abbon-| 0Abbonda} Cellule ra-
icon borse poco ER, Vasi|d ;llare non ben|da nel col-|nel libro, nel|fidiofore di-
[più o meno n i a se-|distinta. Midol- lenchi-| sor nchima scr etamente
[conda delle ioni I vasijlo a cellule dijma, nellale sughe anti
‘ Iso i iocri: gli ensioni di-|guaina a- ali "Scares al- a ssaa
| |interni spiralati, in serie qua-|screte,, sottili ‚jmilifera:|t ma e mi-
{si continue “geh a vi da/delimitanti deilscarseg- dollo; più
|[prosenchi raggi le cui|piccoli meati.|gia nel li- scarse nel
[cellule haus He sottili,) Borse non molto|bro e ne collenchima.
È gli esterni reticolato-areolatilgrandi e neppur|midollo
. |mostransi »vvoli sen-|numerose. ‘qua e colà
. |chima dalle cellule a pareti ei raggi
| |ispessite, ,ma non molto dif- legnosi.
fe enziate rispetto a quelle $
dei r gese!
Libro sviluppato ao borse] Zona perimi-] Nellal Abbonda| Cellulecri-
grandissime e e. Le- dollaro poco di-|guaina a-|in tutta la EU i
der filelstinta. Midollo|milifera rege nelldiscereta|
continue, ra i, dija cellule di di-jin scarsallibro, an Poteri nel
piralati o scalariformi,|screte dimensio-|quantità|raggi legnosi|midollo, çol-
circondati da elementi deilni delimitanti|nella cor-|e nel midol-|lenchim
cor sottili. Prosen-|dei piccoli meati|teccia in-|lo. riferico ed i-
i vasi secon-|tondi. Le cellu-|terna oder
cellule ispessite no-|le sono rotonde Scarse
lume pe sezioni |parenchima
ampi o, distinte perciò pene trasversali ret- i 0.
cellule dei r raggi. Qua làltangolari o cu-
alche borsa ne Mi in-|biche in gene
eitudinali
Borse grandi e
diseretamente
abbondanti alla
| periferia vi tes-
con pareti alquanto
7 end lo p etico-
i
Libro sviluppato, = borse!
Le
n disti nte. robusto
mato da vasi di ‘ealibro
numerosi, se-
i dagli altri ridi
ee Er
site. posto
eggia
Sa o Re
liscreta-|
lo le soltak
rali hanno]
sottili.
Zona perimi- bbon
da
-| Abbonda
liovnnque.
hi-
Ipoderm-
e sugher
|Collenchima
Parenchima
Endodermide e
periciclica ‚scle
:|schiacciate.
gpaighe cela
lol
a selero
| dita |
giature delle . fibre
scarse. 2
„ Sughero in Strato ro-| Cellule BER
one .=|busto. à fibre ste in più pian
“di-|cellule ret- larghe, a. Resto ari pie.
i tangolari ‚o|site agli an- a pareti sottil'
vi po ir i, ma non |oadulate, circo-
jregolar „esagerata scriventi dei
schi acciate. ‘mente. piccoli meati.
Fellogen o -|Borse, situatel
gmentazi “per lo più dal/bl
ne > attiva, lato interno del
tessuto, non ab-
ondanti, ma ta-
lora grandi.
| Sughe Robusto, al Sviluppato
ee | *e[elementi i-|Cellule non mol.
1: |spessiti aglijto grandi, deli-|j
scri di c-. |spgoliosulle| Bit, dei pie-
lulerettan: | accie tan-jcoli meati, talo
lari, dise- venziali. persi un po
tamen ua e :colalcollabite. -Bo
grandi, a] osi cel |grandi o di me-
reti. sclerosa|dio calibro
spesso un Pics iata.|
schiacciate. Le te
Fasci vascolari
e raggi as
/
Midollo zona
“perimidollar e
Amido
Tannino
x x Y $ 4 i
Cellule rafi-
\cristalligere
diofore , »
di discrete di-
nei raggi
differenziate.
ale
dollo.
rosene
robusti, piccoli.
Li
perimi-
lla
guaina, a-
milifera e
i iù
scarsa
quantità
D
atilnella cor-
-|teccia.
Abbonda,
nel libro: più fi diofore
De carse nella
BR e corteccia, nala
idollo. {libro nel
nellajs
asi mido
='
Cellule ra-| Simil
È Libro dlstretamenta | oper:
lare o da
Di
©
‘numer n molto|
pdi; gli interni, spiriti,
e, gliin
serie radial: co
.Zonä pe
-|dollare
rmi-
abba-
stanza distinta, |
Scarso
nella cor-
Cellule rotonde, i
abbon
deg rs
dels
sezio-
rsale, |
Gira ra
la
| poan, aat: m
P
& Ba ae
ilari
i SINO
parte schiaccia-
to;
sottili, inj'
ine
tu
però. s spesso tra
vpe por Ti
h rtijdelmid
cia;
&
bbonda|
ro
nella n
scarseg-
Di
Cell ule ra-
l’ultimo.
Ipoderma
e sughero
\Epider-|
mide
'Collenchima
Parenchima
Endodermide e
periciclica sele
Cellule
iccol
Molto ;
lari.
Schiacciato.
Ters iacciato
non ancora
Schiacciato Sh
en di
randi borse.
Sottile|
e con pic-
cole cel-
ule.
chi
pina a cel-
i schi iacciate. ango
Robusto,
form:
lule sughe-, ne elementi
rose rettan- no; non moltole
golari, sotti- gra
li, spesso T ag
andi,
Ispessito, ma a|
[elementi schiae
3 Fasci vascolari Midollo e e zonà/ nido | Tannino
e raggi midollari aeea E pen
y \cristalligere
ibro un po schiacciato,| Zona perimi-| Nelcol-- Abbonda Rare
aversato da ampie borse. |dollare ben er cortec- lule rafidio-|
stinta, con cel-|e nel li- na e fore nella
chela Rini bro, SN nidi ro, corteccia.
ia
altrove.
s-|[tang
ma-|quelle (SABER
a, ss ae e
“a regista. ° idol-
Šolal e, più
spiralate. Spire assai
en
ente
tegginta. Bora
piccole rse
| perimidollare,
-l“Mancantò nel-| Nel pa- Ce llu
-|nelle sezioni. |renchima
en: ione fi pure rivolta alle spet “Soli vate nelle q q
ini sughero in formazione e costituito da cellule sottili, re
; Wagon; pin ee in strato sottile con Somena larghi, p co
on costituita in gran parte da fibre ampie, a pasa non . molto fi
ee con rarissimi. Aa i quali poi sono Magni ugu
vasi “ndo larghi e nulnördsi! nn matita areolat; zona perimi
-dollare distinta, ma ridotta; midollo a grandi cellule, ch: sprovvisto
pa amido presente nella guaina amilifera, nel libro (in scar
quantità) e nei raggi legnosi (pure scarso); tannino abbondante nel lib
‘e nella corteccia, scarso nel midollo; cellule rafidiofore nel midollo, n
libro (scarse), nel parenchima e nel -collenchima.
Questa differisce dalle varie forme del ciclo della 8. Fillosu, cui proba
bilmente appartiene, per la mancanza di borse mucilagginose del midolle
: S. villosa DC. Po a cellule rettangolari, sottili: sughe
con elementi per lo più sottili, ampi, rettangolari: collenchima formanti
“uno strato robusto di cellule ispessite fortemente agli angoli ed assal
ampie: parenchima a grandi cellule, sottili, delimitanti dei piccoli meati,
| disseminato, ma in parca misura, di borse poco sviluppate: ‘guaina se i
rosa perieieliea ‘discontinua, formata solo da fibre a lume largo ed»
| pareti. poco ispessite: libro con borse poco ampie: legno in via di fo
mazione coi vasi. grandi, separati da abbondante prosenchima: zona \
rimidollare formata da piccole cellule: midollo cogli elementi. sch
ciati, disseminato di numerose borse di dimensioni discrete. Amido ne
guaina ‘amilifera;. tannino ovunque abbondante, fatta eccezione | ‘tutte
m raggi, ee nei goal rn Cellule rafidiofore numerose
i È corteccia. L’esemplare corri
o cal cielo della S. villosa.
intern as: iaia e punteggiata.
ERS
( ani
NOTA peL Pror: L. Buscationi
ai (Tav. III e IV
Data siffatta variazione nella costituzione morfologica degli organi
in questione è lecito domandarci se non vi sia un rapporto filogenetico
tra le parafisi dei sori e le squame che ricoprono le fronde e l’asse
nelle Felci.
In qualche caso la risposta è del tutto negativa, poichè squame e
parafisi sono, nella stessa specie, del tutto differenti e ciò ha luogo, ad
esempio, quando le seconde sono foggiate sullo stampo di un pelo arti-
= colato, o capocchiato (parecchie specie di Vittaria, T'aenitis ete.). Però
molte volte si osserva che la fronda difetta di squame e porta invece dei
d peli analoghi a quelli rappresentanti le parafisi, ma quasi sempre più
i “grandi, per cui una certa correlazione vi ha tra il rivestimento pilifero
della fronda e quello dei sori.
Un rapporto filogenetico o morfologico abbastanza evidente si ha
nei casi in cui sulla fronda vi hanno squame più o meno sviluppate,
talora però ridotte quasi allo stato di peli pluricellulari, mentre nei
sori si incontrano parafisi variamente conformate, quali sono quelle del
Polypodium revolutum (I. Sm.), in cui dalla forma di semplici peli
| pluricellulari si passa a quella di squame frangiate e pedicellate.
Ancora p'ù evidente appare il rapporto quando in seno ai sori si
incontrano parafisi foggiate esclusivamente a squame, come nd esempio
nel Polypodium oligolepis (Bak). In questo caso si osserva quasi sem-
pre che le squame dei sori sono più piccole di quelle della fronda.
Interessante è il. caso in cui gli sporangi sono disseminati più o
meno ampiamente sulla fronda come nell’ Elaphoglossum sporadolepis,
“anzichè concentrati in sori, poichè quivi non si può più, a rigor di ter-
mine, distinguere. le parafisi. dalle squame. La fronda è ovunque più
o meno abbondantemente coperta di queste ultime ed in conseguenza
molte squame vengono di necessità ‘ad esser incorporate tra gli sporangi x
disseminati un po’ dappertutto. Quando si verifica questa condizione
‘cose non si ha più differenza. di sorta tra la costituzione morfologica \ |
| istologica delle squame della regione fertile. e quelle della sterile. O
E analogia tra squame, e parafisi, siano queste conformate come ;
uelle o siano differenti, si ha pure nel fatto che tanto-le une quanto le
altre & sono ‘bloom di cellule secretici per lo La situate EN dei
ra gie,
pareti sällulart radiali Bereiche: per di piü tanto le squame quanto
le parafisi hanno le membrane sui sempre ispessite e impregnate di-
sostanze brune.
Esiste anche un’affinità tra parafisi e sporangi? La risposta a prio- 2
ri parrebbe affermativa, poichè noi sappiamo che le une e gli altri, o
per lo meno parafisi ed organi di riproduzione banno radici filogene-
tiche comuni, nascendo entrambe come peli e trovandosi con grande
frequenza associate in tutte le classi di Crittogame (1).
Sta però il fatto che gli sporangi subiscono una complessa evoluzione
quale non ha luogo nelle parafisi delle Felei che pure sono quanto mai
evolute: in essi si nota un involucro (capsula p. d.), un anello, uno stomio, un
ipostomio ed altre parti che indarno si cercherebbero nelle parafisi. Tali,
complesse strutture, o almeno alcune di esse che sono in relazione colla
funzione dello sparangio, già appaiono, più o meno modificate, nelle classi =
inferiori di Crittogame (Muscinee), dove le parafisi sono invece quanto. $
‘mai semplici: gli sporangi inoltre presentano talora nel picciuolo (Hel- |
minthostachys, Botrychium) traccie di fasci vascolari, accennando così.
ad una disposizione che doveva esser diffusa nelle Filicinee delle passate
epoche geologiche (Zygopteris ete.), mentre mai si è riscontrata nelle
parafisi. Noi faremo però subito rilevare a questo proposito che la pre-
senza di un fascio vascolare nel piceiuolo degli sporangi non significa A
che questi non debbano più esser considerati quali produzioni tricoma- i
tose poichè peli dotati di fasci vascolari sono stati segnalati qua e lá
nel regno vegetale. Anche di questa opinione è il Göbel per quanto,
ragione, egli osservi che se morfologicamente lo ‚sparangio equivale
un pelo nella sua intima essenza è tuttavia qualche cosa di sui generis.
Coi dati della moderna tecnica istologica noi possiamo chiarire me-
glio i rapporti di affinità considerando l evoluzione degli sporangi da
un lato, delle parafisi dall’ altro.
Non vi ha dubbio che nelle Filicinee leptosporangiate gli uni e le
‘altre si differenziano dalle cellule epidermiche, sotto forma di un trico-
u»
(09) Nei Muschi infatti le parafisi sono associate agli organi della generazione
Fe ee no),
"ma. Nello sporangio però, ben tosto s' forma una cellula centrale, dalla
| fatto da De separato,
quale poi nascono le cellule di tappet, l archesporio, le cellule madri
delle spore e queste ultime. (V. in proposito Kiindig Entwichelung. d.
Polypod. Sporangium. Hedwigia 1887 e 1888.) Ora è in questo gruppo
cellulare esclusivamente che secondo gli studii moderni ha luogo il fe-
nomeno delle cariocinesi di riduzione, per cui il complesso di dette
cellule interne nulla ha a vedere con quelle che costituiscono le para-
fisi in cui, sino a prova contraria almeno, non deve aver luogo un
processo di cariocinesi riduttiva.
Ma se la parte centrale dello sporangio nulla ha a vedere con un
pelo, la parte periferica presenta invece molti punti di contatto con que-
sto poichè nasce, cresce e si comporta’ nelle divisioni cellulari come un
tricoma od una squama. Solamente essa, come è noto, va soggetto ad una
ulteriore evoluzione per cui nascono delle disposizioni e delle strutture
abbastanza complesse quali sono l’anello, lo stomium ete. (1). Non si può
tuttavia affermare che indizî di talune di queste strutture, ed in specie
dell’ anello, non si riscontrino anche in alcune parafisi. Innanzi tutto
faremo rilevare che queste, quando mostrano distinto il piede dalla par-
te terminale, presentano nel primo una struttura cellulare che ricorda
quella: del pedicello degli sporangi. Cosi pure la porzione terminale del-
le parafisi è fatta quasi sempre da cellule più piccole di quelle del pie-
de, ciò che si riscontra spesso anche negli sporangi: oltre a ciò traccia
di curvatura nella porzione terminale, ricordante quella che è proprio
dell'anello, si trova frequentemente nella parte terminale delle parafisi,
ed anche in queste la curvatura va associata, come nelle cellule dell’a-
nello, ad un diseguale accrescimento della parete cellulare dell'organo,
o della parte incurvata che è sempre più ispessita dal lato concavo.
Molto istruttivo a questo riguardo sono le parafisi della Taenitis
blechnoides (fig. 15). Qui abbiamo un piede diritto formato da cellule
lunghe: a questo succede un appendice terminale fatta da una unica
(1) Le differenziazioni cellulari e le SE che portano alla forma-
zione di siffatte produzioni furono da più di un autore studiate minuziosamente —
senza che tuttavia siasi raggiunto l'accordo fia i botanici. Sta però il fatto che |
l anello talora nasce in continuazione dal peduncolo dello sporangio, talora af-
f
noi, la porzione ade si incurva a bastone ia, nme i
| così un ‘intima analogia, se non addirittura una omologia, colla struttura.
‘e colla costituzione di un anello di sporangio. Analogo incurvamento.
abbiamo pure osservato nelle parafisi di alcuni Drymoglossum in cui il
lato del pelo divenuto concavo si presenta, non solo più ispessito di quela
lo convesso, ma anche più resistente all’acido eromico.
In molte parafisi squamiformi le cellule centrali hanno. pareti più.
robuste di quelle periferiche e questo fatto ricorda la struttura di certi
sporangi in cui non vi ha un anello fatto da un unico giro .di cellule
| ispessite, ma bensì una placca piü‘o meno ampia su un quadrante della 1
capsula, nell’ambito della quale le pareti an sono più robuste delle
altre (Osmundaceae, Schizaeaceae).
La tendenza, in molte parafisi, ad espandersi in un dato punto a
foggia di lamine per poi terminare in una specie di flagello unicellu-
lare ricorda anche un po’ da vicino la costituzione e il modo di svi-
luppo degli sporangi in cui la porzione sottostante ‘allo stomium, fog-
| giata a guisa di becco, potrebbe essere assimilata alla porzione flagelli-
forme terminale di dette parafisi, mentre il grosso della capsula eorri-
sponderebbe .alla regione espansa laminare di questa ultima.
| La differenza sta in ciò che nello sporangio la regione eapsulare è
| chiusa fin dall'origine, nelle parafisi la porzione espansa non introflette
i bordi per chiudersi.
Noi vogliamo per altro arrestarci a an punto en enumera-
zione delle analogie (per quanto qualche cosa avremo di nuovo da ag-
giungere quando tratteremo della costituzione ghiandolare degli sporangi
da un lato, delle squame dall’altro), persuasi che se un’affinità esiste tra
— Ammesso, per altro, che una. lontana analogia. od anco omologia
, parafisi e sporangi sussista ne viene di conseguenza che gli sporan
un cucchiaio o sacculo (fig. 32), per cui ricordano abbastanza da vicino
la forma di una capsula sporangiale.
' Nella Taenitis angustifolia, nel Polypodium sinuosum Wall. (fig. 35),
nel P. plebeium (fig. 33 e 34), nel P. Twectianum, nell’ Alsophila
sp. nell’Hemitelia horrida ed in altri ancora le squame del fusto
presentano ‘una regione assile estesa dalla inserzione al piede fino all’a-
pice della lamina in cui le cellule sono fortemente ispessite sulle pareti
trasversali, un po’ meno. sulle profonde, mentre offrono dal lato esterno
una membrana sottile: esse inoltre ‘presentano le parti ispessite della
membrana anche fortemente impregnate di sostanze brune, per cui si ha
quivi un complesso di strutture e di disposizioni "quali sono reperibili
‘ nell’anello -degli sporangi (fig. 41). In altri casi (Polypodium crisole-
pis) (2) le cellule ispessite e brune formano soltanto un anello più o
meno largo attorno al punto in cui il piede della squama si attacca
-alla porzione laminare di danste; ma ciò non ostante l'analogia do
evidentemente. A
In molte specie (Polypodium oligolepis (fig. 36). Polyp. excava-
tum) le cellule della: porzione laminare sono uniformemente ispessite,
ma questo non:infirma le nostre osservazioni poichè anche molte specie
di Felci hanno sporangi* privi di anello o per lo meno coll’ anello mal
distinto, oseremo dire diffuso. ;
In talune specie sulle squame sonvi dei piccoli wli; per lọ più stel-
lati o ramosi, per cui si ha un. tricoma secondario impiantato su uno
primario (Gymnogramme Totta. (fig. 37) Dryopteris Poiteana (Bory)
Urban (fig. 38) ed altre specie ancora). In.tali casi si trovano pure g gli “
stessi peli impiantati sulle pareti dei rispettivi sporangi (fig. 37-b), e
persino sugli sporangiastri arrestati assai presto nello sviluppo, per cui.
siffatti peli deveno comparire già nelle prime fasi di divisione delle
cellule Pe a produrre. le capsule sporangiali. Interessante, al via
guardo, è l'esempio. del Dryopteris Poiteana, poichè mentre i peli delle
squame sono sempre ramosi, stellati, | coi rami fra loro subuguali, quelli
i pra superficie degli sporangi sono invece semplicemente genieolati.
| Però il pelo, nel punto in cui si piega bruscamente per formare da
s porzione gonicolata, - “omette dal lato opposto 2 a questa | un minuscolo pi
ni lungamento il quale; rappresenta u un ramo o atrofizzato (er 38 ita Lomo
logia fra i peli della fronda e Dali della capsula è così resa evi
dente. È i
Singolare è del pari il fatto ehe sulla fronda sonvi anche peli unicel-
lulari, ma questi sono tricomi curvi, molto più lunghi di quelli delle squa-
me e degli sporangi, di guisa che le affinità riescono meno evidenti.
| Analoghe differenze tra i peli delle squame e degli sporangi da un lato |
e quelli della superficie della fronda dall’altro furono pure da noi riscon- —
trate oltre che nel J°ryopteris Porteana (fig. 38 c), nel Gymnogramme
Totta (fig. 37 c) ed in altra specie. Nel Gymnogramma villosum
(fig. 39 a) si sono trovati soltanto i peli in questione sulla parete dello —
sporangio ai lati dell'anello, essendo le squame glabre. Gli stessi sono =
unicellulari, o irregolarmente septati e si impiantano colle basi fra le
cellule delle faccie laterali della capsula. Per converso sulla superficie |
della fronda sonvi lunghi tricomi pluricellulari (fig. 39 b) (1). x
Da ultimo ricorderemo che le squame e gli organi analoghi (para
fisi) sono apparati secretosi e tali pure si presentano qualche volta gli ;
sporangi e gli sporangiastri. Nelle parafisi la secrezione ha luogo da
una cellula apicale quando l’organo ha la forma di un pelo, dalla cellu- ;
la terminale delle frangie quando esso è squamiforme: nelle squame la
secrezione ha luogo da una cellula terminale di un flagello sormontan-
te la squama Cyathea aurea (fig. 32) e Polypodium maculosum (fig. 24). ;
o da quella terminale delle frangie e dei lobi Dryopteris Filix mas l
(fig. 40 a) Polypodium phlebodes etc. Forse una differenza nel processo |
di secrezione, tra squame e sporangi, si ha nel fatto. che sulle prime
le differenti cellule ghiandolari possono emettere ‘secrezioni differenti
(1) Il Durand ha pure, in una brevissima nota, studiati i peli delle si
nelle felci venendo alle seguenti conclusioni: Su 200 specie esaminate solo
presentarono tricomi sulle pa-eti laterali dello sporangio, presso l’ anello: fra
| queste 8 portano peli ghiandolari capitati, 5 hanno peli acuti semplici, f (Fe
| è pure reperibile su altre parti della fronda. Secondo il Durand i peli degli sp”
rangi hanno ufficio protettivo ed infatti appaiono su specie sfornite di indu
| sio. Lo stesso autore poi ebbe ad osservare, sul peduncolo dello sporangio sui
| Pteris cretica, la presenza di un tricoma che per la forma rassomigliava ad u
sporangio abortito.
\ (resina o mucillagini), mentre. sui singoli sporangi le cellule secretrici
=~ secern no probabilmente un’unica sostanza. Il quesito però non è stato
| ancora definitivamente risolto in questo senso mancando gli studi al ri-
guardo,
E duopo pure aver presente che negli sporangi l’ organo secretore,
sotto forma di pelo talora corto talora lungo, è quasi sempre localizzato
sul piede in più o meno grande vicinanza della capsula, mentre nella
squama lo stesso organo non venne da noi mai riscontrato sul piede.
Ma queste differenze sono troppo esigue per infirmare le nostre vedute.
Intanto giova aver presente che non sempre le cellule secretrici delle
squame sono reperibili nei preparati microscopici poichè in generale
siffatti organi secretori sono presenti ed attivi solo nelle squame giova-
ni e nelle parti in via di sviluppo, più tardi si atrofizzano, seccano e sì
staccano. Lo stesso, a quanto pare, avviene per le cellule secretrici di
molte parafisi mentre noi non sappiamo se questo accada anche per
‘ quelle di molti sporangi.
Data l analogia tra sporangi e squame - la presenza di organi se-
cretori sui primi non può adunque più recar meraviglia. Noi dobbia-
mo tuttavia far rilevare che gli autori i quali si sono occupati delle
cellule seeretriei degli sporangi le hanno denominate del pari parafisi
il che, forse, non sempre corrisponde al vero. Esse infatti possono piut-
tosto esser omologate alle cellule seeretriei, pure peduncolate, delle fran-
gie delle squame per le quali nessuno ha mai proposto la denominazio-
ne di parafisi (v. fig. 40 Dryopteris Filix mas). Ciò non di meno
nelle precedenti pagine, in omaggio alla nomenclatura dominante, anche
noi le abbiamo contrassegnate collo stesso nome, per quanto sarebbe
miglior cosa appellarle pseudoparafisi. A nostro favore sta il fatto che.
siffatte appendici non presentano mai la costituzione di squame 0 di
accumuli cellulari irregolari e polimorfi, quale si riscontra nelle para-
fisi genuine di Polypodium dictyoides, revolutum e loriforme. Solo |
nell’ Oleandra articulata, nel Syngramme alismaefolia e nel Pte-
| rozonium reniforme le pseudoparafisi sono lunghe, numerose e alquan-
to specializzate, per cui difficilmente possono distinguersi dalle vere pa
| rafisi, tanto più che lo stesso tipo di trieomi si trova talora impianta-
to sul ricettacolo (Syngramme). ‘Faremo tuttavia notare che nell’ Olean-
| dra le vere parafisi interposte fra gli sporangi hanno un piede, mentre.
r
il stesso
sporangio > loro base di i RR ha due sorta di piedi hanno
la stessa struttura, di guisa che parrebbe che le parafisi genuine
siano che sporangi in cui la capsula non si è sviluppata (1).
Rimane da ultimo a studiare i rapporti tra parafisi e sporangiast
;Qaanto abbiamo detto a riguardo degli sporangi vale pure per glis
rangiastri. Questi ultimi però essendo sporangi arrestati più o m
| precocemente neilo sviluppo e più o meno profondamente modificati
spetto agli sporangi dovrebbero aver una costituzione quanto mai affi
alle parafisi.. Le nostre ricerche in proposito ci inducono tuttavia a
tenere che ciò non ha luogo, o per lo meno la trasformazione in par
-fisi di tali organi è tutt'altro che. chiara. In qualunque stadio cui sian
|. arrestati nello sviluppo si può infatti sempre rilevare che presentan 3
-sula (fig. 25), di guisa che è lecito affermare che la. differente a i
zione degli sporangi da un Jato, delle parafisi dall’ altro si inizi
4 ‘presto, vale a dire non si tosto sono ‘avvenute le prime segmentaz
nelle cellule: epidermiche del ricettacolo destinate a produrre gli org
| dì riproduzione. In qualche caso tuttavia in cui si è trovato un cor
costituito da un piede prodotto da poche cellule formanti un ammas
- irregolare siamo stati in dubbio circa la natura della produzione.
a
Le nostre ricerche sulle parafisi sono ben. lungi dalla aver. preso
n) vai tutti quanti i generi di Felei provviste ditali organ
non di meno i risultati che dalle stesse vennero in luce hanno dimost
che i sistematici, anche moderni, hanno avuto il grande torto di rasch
rarlı alquanto. Essi infatti si sono limitati quasi sempre a segnalare 1
ro presenza o al più ad indicare che le parafisi hanno forma di
di IRE E non up le. > indicazioni diana al ves,
Si
i Se s si ammette che : i tricomi. del piede dci sporangio sono parafisi d d
necessità anche ritenere ché siano tali i peli impiantati. sulla capsul
imme villosum e di altre VERE npe tuttavia nessuno ha attribū
un significato.
$
pa: ‚lt Agr come une non sor |
di Felei per le quali non è fatta menzione degli organi in aee ne
sono a dovizia fornite. .
À La poca importanza che si è accordata alle parafisi-ha: fatto sì che
i, quasi nessuno ha mai pensato di studiarle un po’ attentamente per in-
; dagare se all occorrenza potessero fornire qualche elemento diagnostico,
|‘ mentre maggior attenzione si è prestata, in proposito alle squame.
i Su questo punto pertanto noi abbiamo anche un po’ fissato l’atten-
zione e le nostre ricerche in proposito, per quanto incomplete, ci por-
tano a ritenere che, entro certi limiti, le parafisi siano in grado di for-
nire d.i dati non del tutto trascurabili dal sistematico.
E stato infatti assodato che in alcune specie, o generi, le parafisi
‘hanno forma di peli pluricellulari ‘talora capocchiati (Gymnogramme),
| ‘con un numero spesso vario di articoli a seconda delle specie; in altri
| tipi assumono l’aspetto di peli ramosi (1), colle cellule terminali dei
rami foggiate a cono (V ttaria, Antrophium), o nastriforme (Taenitis):
In qualche specie sonvi dei peli stellati (Niphobolus), mentre in altre
si incontrano in. uno stesso soro tutte le forme di passaggio dal pelo plu-
ricellulare alla squama (alcuni Polypodium), 0 infine si. hanno delle
squame genuine (Polypedium phleboides).
Tutte queste modificazioni di forma correlative alle varie specie o
ai vari generi non devono esser trascurate dal sistematico, ma all’ op-
posto analizzate con tutto il rigore della tecnica istologica, a anche pel fat-
- to che in un dato genere, dove vi ha un determinato tipo di parafisi,
queste, mostrano spesso delle differenze grandissime, nelle varie specie. -
Trattasi di peli. plurieellulari con un numero variabile di articoli, come,
del resto, è variabile la grandezza e la forma delle loro cellule e via
dicendo. Lo stesso dicasi per le parafisi. squamiformi, in specie per `
quelle quanto mai singolari, pel loro polimorfismo, di alcuni Polypodium.
i Nal P. revolutum e nel Pe lëri abbiamo aa anea ‘ultimo
-
t
(1) Ausleihe erh ramose farono. ET da Hill del Biim: roseum.
Be a iride in adatti mezzi potè osservare che si al'ungano e sì fanno più
nl per eui hanno carattere e funzione di protonemi. “Non ottenne. però
tessi la ‘e ciò in cart a . ‘ebbe
osservare il Uoriene nella. Funaria. ua
` i 4 pa
parafisi, ma quinto sono Persia” le differenze tra le Hei
His alla forma e costituzione loro! Basta al riguardo dare un
chiata alle figure 26 e 27 per convincersi di quanto affermiamo. —
Nel P. loriforme le cellule delle parafisi hanno infatti setti robusi
nell’altro sottili: nel. primo la cavità cellulare è piccola, nel secondo grand
Così pure enorme è la differenza di grandezze fra le squame parafisat
delle differenti specie. Piccole, fatte di cellule minute a pareti robus
nel Polypodium boninense, grandi e a pareti cellulari sottili nel Pol
podium phleboides, mediocri infine, ma con cellule piuttosto ampie è
con membrane sottili, nel Polypodium oligolepis. Quando si hanno d
peli enormemente differenziati, come è il caso per quelli ramosi e te
minati con una cellula imbutiforme, conica o nastriforme, je differe
che quest’ ultima presenta sono pure notevolissime da specie a 8
come chiunque può rilevare esaminando i rappresentanti dei gen. "
taria, Gymnog»amme, Anthrophium ete.
duopo tuttavia notare che le differenze «puis svidisi
nel caso che si adatti il sistema da noi eseguito di disegnare wi
mera lucida e ad un identico ingrandimento le parafisi delle varie spe
cie. Con questo mezzo, che ancor più opportunamente può esser sosti-
tuito dalla microfotografia, le differenze di forma, di struttura, di gra
dezza degli elementi parafisari appaiono quanto mai evidenti e peri
utilizzabili come elementi di diagnosi.
Un esempio varrà a provare quanto affermiamo : nella ricca col
zione del Museo botanico di Dahlem si trovano parecchi esempt
di An'rhophium reticulatum cui, come è noto, taluni autori anche più in
voga non assegnano neppure delle parafisi. I vari esemplari present
no pochissime differenze fra loro, o per lo meno le caratteristiche diff
renziali sono evanescenti e non sufficienti per indurre il botanico a
parare le differenti forme. All opposto l’ esame microscopico dei sori
ha dimostrato che alcuni esemplari hanno parafisi ramose, costituite
cellule terminali nastriformi, altri parafisi pure ramificate, ma con
lula terminale conica od PETRER
I primi appartengono adunque al tipo, sono in altre parole dei
nuini Antrhophium reticulatum, i secondi invece non sono che esé
pisri dell’ affine Anthrophium immersum, Noi abbiamo Bi Pr
| U prop. Ltd: BOSCAL NI
kongar una terza specie éhe trapassa facilmente nike een;
semicostatı'm Bl. grazie pure ad un accurato esame delle parafisi.
In conclusione da uno studio minuto delle parafisi si possono ri-
cavare dei dati di grande importanza per la botanica sistematica. In
molti casi si potrà colla scorta di questo elemento diagnostico distin -
guere specie da specie (T’aenitis blechnoides e Taenitis angustifolia
fig. 15 e 17), in altri per lo meno si arriverà a separare i differenti
generi o differenti gruppi. Non occorre aggiungere che il criterio delle
parafisi non può, da solo, risolvere il problema delle specie.
A questo proposito giova notare che un criterio analogo fu adotta-
to, con più o meno successo, dal Prof. Hieronymus, avendo egli osser-
vato che anche le squame le quali hanno tanti punti di -contatto colle
| parafisi, possono servire come elemento di diagnosi (1). Fsse infatti va-
riano parimenti da specie a specie, nell’ambito di una data parte delle
piante. Egli perciò si è giovato delle squame del rizoma per descrivere
le varie specie africane di Felei (Engl. Iahrbuch.) avendo rilevato, il più
delle volte, degli ottimi dati diagnostici differenziali.
sa
Esposta per sommi capi la costituzione delle parafisi nei differenti ge-
neri di Felei rimane a studiare la loro funzione. A questo riguardo le
nostre osservazioni, essendo state fatte su materiale di erbario, ben poco
hanno da aggiungere a quanto venne da altri segnalato. Le parafisi so
no organi secretori ed il secreto è talora di natura resinosa, talora mu-
| cilagginoso. Nel primo caso le sostanze emesse possono servire benissi»
mo come mezzo di protezione degli sporangi i quali, in specie allo stato
giovane, essendo eostituiti da cellule rieche di eontenuto rappresentano
invece vengono ostacolati
Le secrezioni
atmosfera
un ottimo nutrimento pei parassiti, i quali
nello sviluppo dai prodotti resinosi secreti delle parafisi.
di natura mucillagginosa hanno lo scopo di intrattenere una
abbastanza umida attorno agli sporangi, in specie durante lo sviluppo
a questi, essendo noto che le mucilaggini trattengono egea pato
(1) Anche il Cristemicn trova. che i tricomi, le squame e le sio servo- >
| no spesso per distinguere i gruppi. (V. Classif. delle mi di Dryopteris).
ga nelle specie sii; in ER xerofite o infine fornite
rangi diffusi su una porzione più o meno grande della fronda
vanno soggette a forti perdite di nequa.
Sotto questo punto di vista le parafisi si comportano come l
‘me delle parti vegetative, le quali, avendo pure I ufficio di p
i tessuti giovani contro l’essieeamento, come lo prova anche il
‘assorbono. acqua e sopo del pari aeeratrici; si accumulano di pre
in vicinanza degli apici vegetativi. Il Nephrodium. callosum è
‘degli ‘esempi più classici di questo genere (V. Kühn Flora 1889)
‘erediamo di andar errati affermando che si ha qui una stretta”
cogli Equiseti in cui il Ludwig segnalava la presenza di peli
erezioni mucilagginose situati in vicinanza dell’apice vegetativo,
| faciliterebbero così la penetrazione di questo nel terreno.
Per converso, dato il loro numero rilevante attorno agli spo
Sera possono anche servire «come mezzo di difesa contro m
eccessiva e la pioggia, impedendo che l’acqua penetri ‘fra. le
ristagnando così come entro ad una spugna. In pari tempo
gono attorno agli sporangi un ambiente ad aria immobile, quant
adatto ad impedir l'evaporazione, la qual funzione spetta pure all
me, in specie quando sono numerose e quasi imbricate.
Anche la colorazione della parafisi può avere un significat
l gico, Esse sono quasi sempre ricche di sostanze brune, rossie e,
che: ora noi sappiamo che le sostanze così colorate sono degli
filtri per la radiazione. Non è quindi improbabile che le para
le quali circondano, quasi a guisa di un fitto feltro, le capsule
rangi di. Pterozonium reniforme servano a regolare l’accesso
radiazioni agli organi di riproduzione in via di sviluppo.
Bi costituirebbe una difesa chimica di questi (1).
Anche un BE | meccanico pub esser ee nelle pa
a): m Demelins: trova che nella Collisia radicata vi sono eistid
zione sarebbe analoga a quella delle parafisi delle F'elci, Dr: senso chè
- impedir l'ingresso agli animali.
a Suri poi che ‚gu eistidi, o some; (nello Felei, sono di duess
gli. uni dagli altri gli sporangi Li che può tornar utiles in spoeie;; cai mo-
mento della deiscenza della capsula e della disseminazione delle spore,
le quali non vengono così a cadere al: piede degli sporangi, dove reste-
rebbero incarcerate. Specialmente evidente appare quest’ ufficio nelle
parafisi terminate da una cellula conica .0 espanse a guisa di. lamina,
Così ad esempio noi vediamo che in alcuni. Niphobolus: le parafisi. for-
mano un vero pavimento al di sotto della capsula degli sporangi ma-
È
| turi, mentre ricoprono a guisa di volta quelli immaturi. Forse analogo
| ufficio compete ai peli che sormontano le capsule sporangiali di talune
Felei, i quali pure servono ad allontanare le une dalle altre le capsule
e a regolare la direzione di sviluppo degli sporangi.
Per converso un fitto intreccio di parafisi attorno agli sporangi può
T servire a trattenere le sporê;: staccandosi poi esse a poco a
poco dalla superficie della fronda trasportano nella. caduta. le spore e
così ha luogo una graduale e intercorrente disseminazione di queste. Tali
parafisi poi, in specie quando hanno la forma di peli torti, circonvoluti,
‚che facilmente si intreecinno fra loro quando si staccano, offrono larga
| presa al vento e riescono quindi a disseminare a distanza le spore, a
guisa quasi di paracadute.
È: È probabile che molte parafisi eseguiscano dei movimenti per effet-
to della igroscopieitä di cui sono dotate le pareti. Non abbiamo tutta-
via. prove sicure al proposito, ma la frequenza con cui si incontrano
parafisi dalle cellule terminali lunghe, avvolte a spira allo stato secco,
distese e diritte se poste in adatto mezzo, ci porta a credere che siffatti
‚aovimenti non siano rari-e abbiano pure lo scopo di disseminare gra-
Indubbiamente a l ufficio più colei è quello della prote -
ione in largo senso, poichè in quasi tutte le specie dove le parafisi sono
3)
| Basidiomiceti sono degli. idatodi semplici o ramosi, con creazione localizzata:
inoltre essi hanno funzioni secondarie, talune delle quali meccaniche.
(DIO Buller ritiene che i cistidi di diiis atramentarius servono pure, i
oi loro movimenti, alla dispersione delle spore e a preparar la via alle «cellule. 5
roduttrici, il che è conforme alle nostre. vedute sulle parafisi delle Felci. Co- Do
pure conformi sono le osserv* zioni di Knol F. il quale osserva che i cistidi ia
p soonte sieoprono i ; gioa
diffusi ( Luo N: iphóbotas etc.). Quivi, quando gli sporangi sc
cora giovani, non vediamo che un feltro di parafisi: più tardi, qua
organi di riproduzione sì approssimano alla maturità, le capsule
versano il feltro per mettere le spore in condizione da esser facili
asportate dal vento. Questa è la ragione principale della grand:
fusione delle parafisi nelle specie a sporangi diffusi.
È evidente adunque che parecchie sono le funzioni delle par:
che le stesse si possono compendiare in un’azione di difesa mecca
fisica e chimica, a vantaggio degli sporangi, ma più ancora delle «
Nou è improbabile che molte delle funzioni assegnate alle parafi
tino anche agli sporangiastri. Essi contengono parimenti delle
resinose, sono spesso colorati da sostanze brune, e portano infin:
quentemente delle cellule secretrici, o dei peli. Mancando peraltr
| prova sperimentale non vogliamo dar alle nostre vedute, circa luf
|. sia degli sporangiastri che delie parafisi, altro valore che que
una pura ipotesi più o meno na da dati ed attendibile.
(continua
TE
sa Ft RE EE ET EEA EET
oe en
La disseminazione delle nino con speciale riguardo ala fora Tibica
(continuazione)
Diverse sorta di agenti di$seminativi.
Molti sono gli agenti che possono operare la disseminazione delle
7 piante, conviene quindi vedere quali sono i principali.
Anzitutto alcune piante, in realtà poche, provvedono da loro stesse
all’ allortanamento dei semi, mediante movimenti rapidi, vere esplosioni
dei frutti (come nelle Oxalis, in molte Euforbiacee ecc.) Ma in questo
modo, se è raggiunto un piccolo allontanamento, non si ha una vera
| disseminazione, se non intervengono altre cause che facilitano una mag-
giore dispersione dei semi stessi.
I veri agenti disseminativi si possono dividere in tre categorie,
|. cioè vento, per cui si hanno semi (e frutti semiforıni) anemofili, acqua
per cui si hanno semi (e frutti semiformi) idrofili, ed animali, per cui
| si hanno semi (e frutti) zoidiofili.
Il vento è certamente la forza di maggiore importanza per la dis-
| seminazione: non manca mai in alcun luogo nè in alcuna stagione, e,
mentre può spostare piccoli semi a pochi metri di distanza, può ancora
all’ occorrenza portare a molti chilometri grossi e pesanti semi. Perciò
non fa meraviglia che siano numerosissime le piante che affidano i loro
semi alla forza disseminativa del vento Da semi piecoli, leggieri, im-
palpabili, come pulviscolo, innalzabili dalle correnti ascensionali diurne,
sì passa a semi vieppiù pesanti con apparati perfettissimi per restare e
per navigare in aria: dai pappi a paracaduta, si passa alle superfici
| complanate che slittano sugli strati aerei, come veri aereoplani, per
giungere alle produzioni aliformi, asimmetriche, con centro di gravità la-
terale, capace di assumere un movimento VERS, che li mantiene so-
spesi.
Dove poi si hanno vaste ob piane, liseie, prive di vegetazio»
> ne, come nelle arene marittime e specialmente nei deserti, l’ azione del
vento è utilizzata in altro modo, quivi si hanno piante intere o parti x
di piante, o semplici. frutti, che assumono una forma globosa, per cui
il vento può rotolarli e fare così loro incon SN distanze, senza
sollevarli in aria.
i; straripamenti e le innondazioni giovano a depositare, all’ es
limite cui giungono le acque, numerosi semi. Altre, le piante tala
si avvalgono delle acque del mare: nei grandi oceani si hanno di
non molti, adattamenti perfettissimi, di frutti o semi con rivest
legnosi che preservano l'embrione dall’ acqua del mare, e con
lacunosi o spugnosi che servono mirabilmente da galleggianti.
nostre regioni tali adattamenti sono scarsi: è vero che molti se
portati in mare, o dai fiumi o dal vento, ma per la massima pa!
A pagg ota; va anche ri che gallegg
all’ altra. i i
Il vento e l acqua FEN. come forze inanimate, incoscie
con maggior precisione ed irradiar verso tutte le direzioni dello
Per questo in molti casi fu utilizzata anche la forza degli animali
la disseminazione ; ma questi possono agire contro loro volontà e
sono anche agire e SA, Ad esempio i piccoli semi gallegg
sui laghi, possono facilmente aderire con il fango alle zambe. degli
celli acquatici, e da questi essere trasferiti da un lago ad un altro.
importante però è è quella disseminazione che viene chiamata erio;
cioè si. Toe gi a muniti di uneini, o di altri appi
Da e da questi involontariamente sono portati a distanza,
riuscendo facile il loro distacco. Poco dissimile è |’ apparato
frutti semiformi con punte aguzze, robuste, volte verso l’alto,
| quali, restando i detti fruttini posati sul terreno, si conficcano nel
‚ghie o negli zoccoli dei mapitet che vi passano ETE
pur disseminati.
Molti frutti e semi invece sono volontariamente ricercati du
wali frugivori: sono da questi mangiati, ed i semi, che con pa
. Elio possono resistere a azione dei succhi gastrici, sono
| istanza con gli escrementi, giungendo in luoghi opportuni
. disseminazione. Esperienze di diversi autori hanno dimostrato che in
molti casi anzi la germinazione difficilmente avviene se questi semi non
hanno prima subito l’azione dei succhi gastrici. Ma perchè gli uccelli
e gli altri animali frugivori possano funzionare da genti disseminativi,
occorrono varie contingenze, che appunto vediamo attuate in questi
frutti: conviene che siano facilmente veduti dagli animali, e ciò si ot-
tiene con bei colori, fra cui predominano il rosso ed il giallo, che be-
ne risaltano sul verde del fogliame: spesso è utile che vi si aggiunga
qualche odore gradevole. E poichè occorreva una utilità reale per gli
animali, un compenso cioè all’ opera loro, questo è dato dalla polpa
| zuccherina che avvolge i semi, e che serve appunto di nutrimento a
i molti animali.
Gli animali che operano la disseminazione dei fratti polposi sono
specialmente gli uccelli, che, con le loro migrazioni, possono portare
anche a molta distanza i semi: i frutti ornitofili sono per solito di me-
die o piccole dimensioni, e restano a lungo aderenti alla pianta, quasi
| sempre arboree, che li hanno prodotti, (come in Juniperus, Rhamnus,
= Myrtus, Phillyıea, Lonicera, He era, Ephedra ecc.). In altri casi la
disseminazione può essere operata da grossi mammiferi, pecore, capre,
cervi, cavalli, buoi, camelli e perfino elefanti: i frutti che vengono da
questi ingeriti, detti mastozoofili, sono per solito grossi, duri con polpa
È compatta, doleiastra, con semi durissimi, quasi ossei, e cadono pronta-
| mente a terra, ove sono dai detti mammiferi reccolti (come nel caso dei
Datteri, delle Carrube, in Chamaerops, Diospyros, Zizyphus ece.)
Qualche volta sono le seimmie che operano la disseminazione, ed
i frutti pifecofili sono contornati da grossa scorza, per cui necessita lo ;
intervento di essere muniti di mani e di dita per sbucciarli (come nei
Banali, nei Fichi d’ India, negli Aranci, nei Melograni ece.). Anche i
sauri possono concorrere alla disseminazione, ed allora i frutti saurofili
‘sono prodotti in vicinanza del terreno, anzi per solito poggiano sulle
rocce ed a maturità si spaccano mettendo in evidenza i semi (come nej
pperi). Controversa infine è la questione dell’ azione che possono» a-
ere le formiche come agenti disseminativi: questi portano nei loro nidi
teriale da costruzione ed anche riserve ‘alimentari, raccolgono e tra-
sportano molti semi: in realtà pare che le appendici, caruncole, arilli
‚alle formiche: ma per uo si riferisce alla disseminazio
che tutti questi semi sono accumulati in uno spazio ristretto
un nido di formica, non sembra contingenza molto propizia
luppo delle pianticelle. Per qualche pianta acquatiea anche i
sono avere qualche azione disseminativa, ma piuttosto per
guarda crittogame (Alghe) che non per fanerogame.
Da questa rapida rassegna resta confermato come la di
bilità, che si riscontra nei frutti e nei semi di tante piante, tro
relazione con i diversi adattamenti disseminativi da questi assur
Disseminazione anemofila.
Le vie aeree sono così vaste e di tanta importanza,
essere utilizzate ampiamente per diffondere da regione a regio
vegetale. Mentre la superficie terrestre è piena di ostacoli che
ed arrestano il diffondersi della specie, l’ atmosfera presenta
sempre libero, attraverso il quale i semi potrebbero possibilmen
sare da un continente all’ altro.
Che realmente si abbia una diffusione di corpuscoli, or
inorganici, a grandissima distanza, è confermato dallo studio.
sidette Polveri meteoriche : queste di origine sahariea, cadono
camente in Europa, spinte dai venti africani di Sud-Ovest,
anche strati di sensibile spessore. Ad un attento esame risu
mate da corpuscoli in prevalenza minerali, di un peso medio
mi 0,009; ma vi si rinvengono ancora Diatomee ed altre
cellulari, la Spore di Crittogame, Polline di Fanerogo
polveri meteoriche cadute a Lione, il Lortet constatò la
| Crostacei Ostracodi appartenenti al genere Ci VRR ciò che
ma la origine Saharica di tali polveri.
Per quanto riguarda la disseminazione conviene distin |
| Adattati a volteggiare nelle arie quasi tranquille e quelli
| la loro forza dalla violenza dei venti. Per riguardo ai PE
| rilevare che, nelle regioni calde, l'atmosfera ogni giorno,
diventa uan leggiera sa; assumere un continuo mg er:
corpi leg ggieri. 5a
‚del suolo, sono innalzati, e restano in aria tutto il giorno, tacendo
a terra solo dopo il tramonto, quand» cioè l'atmosfera torna a raffred-
darsi : l’ atmosfera però, per quanto calma, non è mai completamente
ferma, ma ha sempre qualche movimento orizzontale, cui obbediscono
tutti i corpi da essa sollevati, quindi anche i semi non ricadono nel
punto stesso da cui furono tolti, ma a qualche distanza.
Molte sono le piante con frutti e semi innalzati dalle correnti a-
scensionali diurne: per quanto riguarda la Libia si possono distinguere
i seguenti tipi. :
Tipo microspermo. Semi minutissimi, quasi in forma di vero ‘poli a
viscolo, senza alcuna espansione o altro apparato di alleggerimento.
Questi semi sono tanto leggieri che si sollevano al menomo soffio, e
quasi non ricadono. Riferisco i pesi assoluti di alcuni di essi:
Umbilicus pico 0.000006
Campanula
Erythraera i. 0.0001
Saxifraga RG, - 0.0006
Hypericum . — » 0.0007
Linaria
lm. WR
Ma non si può assegnare un limite di piccolezza. o di leggerezza,
; perchè. stai di Linaria e di Silene (in alcune specie
stat pittandi è essere ai alle AT iR ‘Quindi,
irda la Libia, non posso fare che un calcolo ap-
2 semi ge > care alle seguenti famiglie: L
Ara Pr
Alsine
Cistacee
Ipericinee
Crassulacee » 5
Campanulacee 1
Genzianaree 1 (Erythraea)
Ser. fulariacee ` 4 (Linaria)
Orobancacee
Orchidee 4
Giuncacee 4 (Iuncus)
58
i tutto 58 specie, calcolo certamente inferiore al vero, perc
anche altri semi, sebbene non così minuti come quest, in deter m
circostanze potranno essere sollevati.
E in Cirenaica trovo:
specie 15
» 4
Crassulacee
Sassifragacee
EEE WELEHE
Gi
1 (Bryihraen) —
9 (Linariù)
8
8 ic
4 (Iuncus) 5
e
Sa i Ca. tipo di a pure semi
me epici © e cinti da una sottile sign membranacea, par. Sa
Crocifere specie Lobu :} pa
inee » 6 (Spergularıa) CA
14
In Cirenaica:
=
Crocifere specie - (Lobularia ecc.)
Alsinee » 5 (Spergularia)
u
> . Anche questi calcoli sono certamente inferiori al vero, potendovisi
forse aggiungere qualche altra Crocifera e qualche Ombrellifera, benchè
= ~a semi o frutti di peso certo superiore.
Tipo Salicaceo. — Frutti o semi ricoperti da breve lana, assai
| piccoli e leggieri, per cui sono facilmente sollevati in aria. Trovo in ©
Sa tania:
Tumariscinee “specie 2 (‘l'amaria)
Composte > 1 (Mieropus. bombycinus)
Tifacee | n» 1 (Typha)
i
: In Cirenaica :
~> Tamariscenee specie 1
: -e Selicacee so Wr
Tifacee |
Tipo a pappo. — Beine raggio sormontati dal un pippo;
sono costituiti tanto da frutti (Dipsacee, Composte) quanto da sem
(Apoeinee, Ascepiadee), vi vi include ‘anche alcune Ombrellifere e Gra
y panne il a sia a sostituito Hai è appendici sno. ranos
; peltis)
Leguminose 1 (Trifolium)
Ombrellifere 9
| 3 (Scabiosa)
44 (caleolo minimo)
1 (Micromeria)
Graminacee 21 (calcolo minimo)
77
7
Numero certamente inferiore
i altre Composte e Graminacee, da
EN meno perfetti, possono Be essere qui incluse.
hr Cirenaica : :
a -` specie 2 (Trifolium)
Ombrellifere ET i
+3 (Scabiosa)
35. (calcolo minimo)
1 (Nerium)
2
-~ 1 (Micromeria nervosa)
15 (calcolo minimo)
.
»
»
er
»
»
In Cirenaica:
È Clematis specie 1 i
È Erodium 6 18
k Stipa » 5
3 intrambi i calcoli sono esatti. ;
) Riassumendo di apparati leggieri, sollevabili dalle correnti ascen-
ionali diurne, trovo come calcolo minimo, per la Libia, 165 specie in
ripolitania e in Cirenaica 166.
Apparati roteanti. — L’ anemofilia ua disseminazione si mani-
festa, non solo con apparati leggieri, ma ancora con apparati robusti,
‘pesanti, che forniti di un’ ala asimmetrica e con il seme situato eccen-
tricamente, mediante la curva elicoidale dell’ala stessa, possono roteare
in aria, sotto I impulso di un forte vento: tanto veri frutti quanto soli
semi sono improntati a questo tipo.. Numerose Malpighiacee, Sapinda-
cee, Oleacee, Proteacee, Casuarinee, Conifere ecc., hanno frutti o semi
con attitudine a questo tipo.
Im Libia, regione forse più di ogni ultra battuta da forti venti,
ove il Ghibli raggiunge la velocità di 80 Km. all'ora, parebbe che que-
sto tipo di disseminazione dovesse essere ben rappresentato. Invece
manca quasi completamente: unica specie con semi rispondenti a que-
sto tipo è il Pinus halepensis, indicato di Cirenaica. Difficile è inda-
gare la causa della deficienza di questo tipo biologico in Libia : la ra-
gione più ovvia parebbe quella che, tutte le specie, improntate a que-
sto tipo, sono necessariamente arboree, perchè tali apparati non possono
mettersi in movimento, se non cadono dall’ alto, per cui mancando in
Libia una vera vegetazione arborea, questo tipo non può ivi attuarsi.
futtavia altre ragioni possono pure concorrervi, la cui snc ci Pa 2
rebbe troppo lungi dall'argomento propostoci. — ©
Apparati rullanti. -— Invece in Libia si ha un- Foia! sviluppo di
\pparati ru nti, cioè di i piar telo parti di piante, distaccate dal terre- n
no, che assumono con il disseccamento una forma sferica, e che si pre-
. stano ad essere rotolate dalla forza n venti sulle sabbie denertiche,
È assai ‘noto il caso della cosidetta Rosa di Gerie
di eguale forza, raggianti tutti attorno. Compiuto il ciclo vitale.
simo, alla maturazione dei frutti, cadono le foglie, i rami si dis
mo un piccolo gomitolo sferico, nel quale restano inclusi i fru
semi: in questo stato la pianta è atta ad essere rotolata. Sradie
vento, per la forma assunta, offre la minima resistenza possibile,
to al piano, quindi il massimo profitto per ciò che riguarda la vel
rotola con grande facilità, e, superando i piccoli ostacoli, può
spinta a notevole distanza. Appena ritorna la pioggia, i rami si dis
dono, i frutti sì aprono, i semi cadono sul terreno, ove germinan
pidamente.
Altre piante si comportano allo stesso modo: noto anzitutto
sembryanthemum nodiflorum, che, disseccando assume una forma
rica, e, sradicato dai venti, rotola a lungo per il deserto.
Con le nuove pioggie i rami si distendono, le capsule si
ed i semi ne escono e germinano; si ha pure l Asteriscus pygn
che rotola alla stessa maniera: in questa specie però non sempri
intera pianta che viene rotolata, ma spesso i singoli capolini
che si staccano a maturità; le loro brattee si ripiegono verso F
imprigionandovi gli achenii: con la pioggia le brattee si distende
| gli achenii rimasti liberi possono uscirne. Anzi si nota in que
cie una variante assai curiosa: mentre nella totalità delle Com
pappi sormontanti P achenio si distendono con il secco e si T
no con l’umidità, quivi avviene il contrario, distendendosi sotto
Anche alcune specie di Emex a quanto pare possono essere
stesso modo rotolate dal vento e così pure alcune specie di Plan
Qualche volta non sono intere piante ma solo parti di pia
vengono rullate dal vento. Nelle diverse specie di Paronychia i
frutti sono contornati da numerose brattee membranose, di color
argentino : a maturità si distaccano pezzi di infiorescenza, a
gomitolo globoso, consistenti in un grosso inviluppo di detta
così rotolano con ‘grande velocità ad ogni leggiero soffio di V
Rotolano altresì, sotto l impulso dei venti i frutti vescicol
” s dl.
SS * Physanthyllie cia dei Trifsglium tomentosum, r upinatun
frugiferum, di Atriplex ece. gh i
Si ha infine un caso tipico di frutti rullanti nel Citrullus Colo-
eynthis : questa Cucurbitacea produce frutti sferici, grossi come aranci,
che restano sulle sabbie anche dopo la maturazione, non essendo ricer-
cati dagli animali per l’eccessiva amarezza della loro polpa. Da ultimo
anche la polpa si dissecca ed allora sono ripieni di un tessuto spugnoso,
che li rende leggerissimi, e nel quale trovansi annidati i semi: staccan-
dosi prontamente dal peduncolo, sono con facilità rotolati dal vento ed
in tal modo spinti a distanza. ;
Riassumendo si hanno perla Libia, di specie con apparati rullanti,
circa 15 in Tripolitania e circa 11 in Cirenaica.
Disseminazione idrofila.
Si è già in precedenza notata l’ esistenza di frutti capsulari che si-
aprono sotto l’ azione dell’ umidità o della pioggia, restando chiusi in
tempo asciutto. Questa è una disposizione per facilitare l uscita dei
semi durante il periodo della pioggia, periodo propizio al loro germo-
gliamento, mentre restano chiusi e difesi nelle capsule durante la sta-
gione asciutta. 3
Però non è mezzo diseminativo se non intervengono altre disposi- p
zioni adatte a trascinare i'semi a qualche distanza: posso tuttavia ere-
dere che nei paesi. caldi le pioggie sono sempre assai impetuose, per
cui, massime ove si ha poco vegetazione, si formano torrenti Sgr ;
nei, che trascinano tutto ciò che trovano nel loro percorso. i
- Per la Libia di capusule aprentesi all’ umidità si possono citare lo
seguenti in Tripolitania:
nasiatiai La ee 1
Fagonia (al
Z vodbligilun um »; 1
RN. >»
Fagoni specie
Zygophyllum »
. Mesembryanthenum
Sedum
Aizoon
Bulliarda
Veronica
| nai
Nasturtium
Lythrum
Samolus
> pane
eirpus
Cladium
In Cirenaica:
Ranunculus specie
Nasturtium »
Elatine ie »
Lythrum rT
Helosciadium
Samolus
. Veronica
1 (R. acquatilis)
9 4
1
2
1
1
` 1
Damasonium 1
1
3
4
3
1
2
(V. Anagalis) |
Zannichellia
Patamogeton
ITuncus
Cyperus
Heleocharis
Scarpus
24
Però la disseminazione di queste ante ni feiterebbe ET
alle diverse sponde dello stesso lago o della medesima palude, se non
intervenissero altri agenti a farne una dispersione longinqua. Questi |
sono gli uceelli di-palude, massime le diverse speeie di Anitre selvati-
che che facilmente portano ‘aderenti : ai ioo ilo he con se fango, i somi ;
zia, ove però non possono vegetare, perchè non trovano cond
- datte di clima, À
Ma per le nostre regioni, compresa la Libia, non si ha svilu
tale di isole come negli Oceani, che permettano la a.
specie talassofile.
In realtà i fiumi ed il vento RR in mare molti frutti e
ma questi, non essendo muniti di veri galleggianti, subito affonda
Diversi autori, fra cui Darwin, Martius ece., hanno tuttavia
trapreso indagini per accertare la resistenza di molti semi e
l’acqua di mare.
Darwin ha trovato che su 87 specie, ben 64 hanno germinat
fettamente dopo una: immersione di 28 giorni e qualcuna ha soppi
l immersione fino a 137 giorni. Esperimentando frammenti di p
portanti frutti, ha trovato che sopra 94 specie, 18 hanno galleggiato
28 giorni, ed i loro semi furono trovati atti a germinare. Da
esperimenti risulta che almeno il 14 per cento delle piante di |
gione può sopportare 18 piorni di navigazione, e così raggiuager
trade lontane ove, deposti in luoghi favorevoli, potranno ger
— Ammettendo la velocità media delle correnti marine‘di 33 migli
giorno, in 23 giorni avrebbero pe. corso una distanza di 924 n
(circa 1.500 chilometri).
Resta però a vedere quali. possono essere i semi ed 1 frutti
di navigare, ed ancora atti a svilupparsi nei luoghi ove il mare
positerà. Devo in primo luogo escludere tutte le specie dell'in
continenti, perchè germinate sulle spiaggie, non resisterebbero i
reni troppo ricchi di eloruro di sodio: bisogna quindi limitarsi.
piante, marittime, a quelle che formano la flora del litorale. Fra
cie esperimentate da Darwin e da Martius trovo appunto che |
| marittime conservarono le loro facoltà germinative dopo 45 e pi
di galleggiamento : fra queste vanno segnalate: Cakile maritim í
l cratium. maritimum, Crambe maritima, Beta maritima, Salsola
| Tamima macrocarpum, Atriplex sp. ‘Eryngium maritimum eee
code anche potranno selleria per sufficiente tempo. _—
del. ab a fosti: kon che | presto si disarticolano conservando a-
derenti frutti e semi, come molte specie di Statice, parecchie Cheno-
podiacee, Polygonum ece. ma mancano osservazioni in proposito.
i Volendo fare un calcolo approssimativo posso ritenere, per la Li-
bia, come talass file, una diecina di specie tanto in Tripolitania quanto
in Cirenaica, essendo la vegetazione del litorale ovunque molto uniforme. 5
Disseminazione ornitefila.
COSE SR OE
i Gli uccelli dopo il vento sono i migliori agenti per la dissemina-
=- zione a distanza: perciò molte piante affidano alla loro opera la disper-
sione dei loro frutti. Infatti nelle piante eriofile la dispersione avviene
entro limiti piuttosto ristretti, non potendo gli armenti pascolanti attra-
versare fiumi e tanto meno stretti o canali marittimi, nè potendo pas-
sare da un’isola ad un’altra: il che è facile per gli uccelli. Quindi la
| potenzialità di disseminazione longinqua è assai maggiore nelle piante
= ornitofile che nelle piante eriofile. Ma, mentre con la eriofilia sono uti-
lizzati gli animali per sorpresa, o meglio senza che‘ vi concorra la loro
= volontà, con la ornitofilia gli uccelli sono attratti; adescati, a cibarsi
dei frutti loro adattati; e ciò avviene con eolori appariscenti, che bene
| risaltano sul verde del fogliame, con odori gradevoli, massime con polpa
zuecherina, ottimo cibo per gli uccelli stessi. Se si considerano e si
comparano molti frutti ornitofili, appartenenti a diverse famiglie vege-
tali, si trova che la polpa di cui constano ha differenti origini morfo-
logiche : ciò conferma l’importanza della funzione, ottenendosi con mezzi
| diversi una stessa finalità. i
Non tutti gli uccelli però sono atti a disseminare Dita e molto
sbagliarono quegli autori che credettero ritrarre conseguenze in propo-
sito, facendo delle esperienze con uccelli domestici, gallinacei ecu. Ino
. fatti da agenti disseminativi si Monna escludere tutti i granivori; que-
e la forza del loro ventricolo e dei |
vece ritenere come buoni agenti. disseminativi gli uccelli. insettivori :
questi, oltre a cibarsi di insetti, ricercano anche con avidità tutti i
frutti polposi, e ne i pol i semi, con gli escrementi ‘ancora N
i migratori, mentre i en sono in massima pira sede
‘ Non si hanno dati sufficienti sulla fauna ornitologiea de
ma sicenme nella regione mediterranea le migrazioni degli ue
dirette da sud a nord e viceversa, certamente anche colà s
stesse specie di uccelli, che da noi effettuano la dispersione.
ornitofili. Ecco pertanto lé piapie: a frutti ornitofili della Tri
Capparidee specie .
Ramnacee
Anacordiacee »
Leguminose »
Rosacee »
Mirtacee »
Rubiacee © »
Cucurbitacee a (Bryonia)
»
1
3
3:
1
1
1
1
1
1
» 6
sd
1
1
2
3.
1
4
» (Prasium)
»
»
»
3
»
»
30
Cucurbitacee >
1 (Bryovia) l
Oleace ns » 2 F
Solanacee » 3
Labiate » 1 (Prasium) $
Vajnacee » 1 er
Laurocee » 1 ci
Moracee » 1 7
Conifere a CASE ;
Gnatacee » 2 3
Aracee » 4 è
i ] Asparagacee tt) a
Dioscoreacee — » 1 Pt
I frutti e semi di diverse piante acquatique possono anche essere
disseminati in altro modo, cioè per mezzo dei pesci: è noto come questi
animali inghiottono con avidità tutto ciò che trovano galleggiante: quin-
di non è strano che inghiottano anche frutti o semi, e che questi, p
tetti dai loro duri invoggi, resistano all’azione della digestione. Ad esem-
pio i frutti e semi delle piante acquatiche sommerse, come Potamoge
ton, Ruppia, Posidonia, Zannichellia, Cymodocea, Najas ece., eoid
pure di quelli che crescono vicino alle aeque, sulle sponde delle paludi
Così le Ephedre (1) crescono vicino. al mare: i loro frutti polposi anz;
sono vere noti con il nome di a di sparo, e Es) essend
a a Fo piante snai peri uti ri mare possano. Godi)
ore vini da esso, ma ciò non annulla l'adattamento : non sarebbe stato a
Al nome Uva di i mate ai frutti di Epl re; se non si trovassero di P ei
sto grossi, poco appariscenti, bruni o nerastri, poco odorosi, e con semi.
durissimi. Appena maturi cadono a terra ove subiscono subito un pri
cipio di fermentazione : ivi sono raccolti e mangiati dai detti anima
. che ne rilasciano i noceiuoli insieme con gli escrementi.
Gli uccelli hanno poca azione sopra tali frutti, sia perchè irop
| grossi per essi, sia perchè cadono subito dall’ albero: forse gli struzzi |
potrebbero concorrere ad una tale disseminazione.
| Attualmente in Libia esistono pochi animali atti ad ingerire ques
frutti, se si accettuano forse i camelli (1): ma dovevano certamente
servene in tempi passati. Poche tuttavia sono le piante Libiche, tanti
di Tripolitania che di Cirenaica, con frutti di questo tipo: posso citai
il Dattero ‚(Phoenix dactylifera), il Carrubbo (Ceratonia Siliqua), e:
| Loto (Zizyphus Lotus) e forse anche la Palma nana (Chamaerops
| milis). Anche una Leguminosa, la Retama Raetam con frutti polposh
bruni, che cadono presto, potrebbe trovare posto in questo tipo, bene!
la piccolezza dei loro frutti li renda atti ad essere ident) cito”
uccelli, ad esempio da Otarde. |
Disseminazione eriofila.
ir pn Be en muniti he asia o ur ba
tratti. È ESTE per ‘essere strappati ani animali stessi, 3A, lore: passag- z
gio. Se molti sono i frutti improntati a questo tipo non si conosce aleun
seme con uncini, e ciò è spiegabile in quanto che i semi, uscendo dalle
capsule, cadono a terra, quindi presentano maggiore difficoltà ad aderi-
re al vello degli animali.
5 Per la Libia numerose sono le specie eriofile, ma nel seguente
calcolo considero quelle sole con frutti muniti di aculei’ o di uncini,
- tralasciando molte altre, massime Composte e Graminacee, che eventual-
| mente possono intrigarsi nel vello di animali.
: Trovo per la Tripolitania: |
RER speeie
ii a
Paronichiee >»
Lilli ct
Ombrellifere »
Rubiacee Ss
Valerianacee >
»
vw vw
li
o È
a
1,0
»
gti
Chenopodiacee wi
Urticacee OE
Alismacee.
finti
— Graminacee
%
9
i
9.
1
6
T
8.
LO
'Valeriakdore o RO
Composte >»
Borraginee
Labiate
Poligonacee
Chenopodiacee
Graminacee
Nella categoria delle piante eriofile possono includersi quell
hanno frutti pesanti sul terreno, con aculei diritti e robusti ‘in me
da conficcarsi nelle unghie o negli zoccoli degli animali; potranno ©
sere ovini, equini, forse gazzelle, ed anche struzzi: un esempio , ben
è quello del Tribulus terrestris. In Libia anche una Rosacea ha
rispondenti a questo tipo, cioè la Neurada procumbens : casu
anche frutti di Emex e di Salsola paranan essere disseminati
stesso modo.
Disseminazione Saurofila.
Il Darwin, il Beccari, ed altri autori, hanno pat in ev
za ľ azione che possono avere i Sauri (Lucertole) nella disse
= zione di, certi frutti. Essi sono golosi di sostanze zuccherine
geriscono volentieri la polpa, con relativi semi, di quei frutti che
vano a loro portata. Ma non potendo volare, occorre che i fr
adattati siano posati sul terreno, sulle rupi, o aderenti a grossi
la caulocarpia di molte piante ha per principale scopo questa | di
nazione. Occorre altresì che i frutti a maturità si aprano © che
avvolga ad uno ad uno i singoli semi. Un bello. esempio
Fico d’ India (Opuntia Ficus-Indica) : forse anche i frutti di
no (Punica Granatum) che pare a maturitä si aprano, lasciand
i semi, almeno nelle varietà ritenute selvatiche. Forse anche i
Fico (Ficus Carica) che, nella forma selvatica, è ridotto &
addossato alle rupi (Caprifico). Ma l'esempio più caratteristico è
del Capparo (Capparis rupestris) i cui frutti maturi poggi S
Ci
ernia
ERREN SEEN
Y
&
=- tissime altre piante hanno analogamente due o più modi di dissemina-
cano, ‘e mettono in evidenza i semi polposi, che” sono vida onto ricer -
cati dalle Lucertole. Anehe nell’ Arum italicum i frutti, oltre che i
uccelli, possono essere asportati da Lucertole, tanto più che lo scapo
della fruttescenza, a maturità dei frutti, s'incurva verso terra, rendendo
così i frutti accessibili alle Lucertole stesse. La Libia è ricca di Sauri,
tuttavia solo queste sono le specie che posso con qualche probabilità
ritenere atte ad essere disseminate da tali animali. uti
Disseminazioni multiple.
Difficile è fare un computo esatto di tutti gli adattamenti disse-
minativi nelle piante Libiche, non solo perchè per alcune specie ci
mancano conoscenze esatte sui loro semi o frutti, ma ancora perchè
spesso nella stessa specie si trovano più adattamenti disseminativi, e
contemporanei, e successivi. Contemporanei quando sullo stesso indivi-
duo o sopra individui distinti si ha la produzione di due o più sorta di
semi, come negli acheni delle (alendulae in cui aleuni sono anemofili,
altri idrofili, altri ancora mimetici. E come le Calendulae anche mol-
zione. Tutte queste piante dovrebbero quindi necessariamente, per quan-
to riguardo i loro modi di disseminazione, figurare in due o più classi
diverse. i
Altre piante invece hanno due modi di disseminazione con il me-
desimo apparato: ad esempio i semi polposi di vega possono essere.
mangiati tanto da Uccelli quanto da Lucertole.
Infine altre piante hanno spesso due modi di disseminazione suc-
cessivi: così molti semi autodinamici (Viola, Euphorbia ecc.) dopo es-
sere stati lanciati a qualche distanza, sono raccolti dalle formiche, per
le BERTI oleose di cui sono muniti. ee
«Giova notare in proposito un adattamento speciale di “abit ‘semi
In parecchie. piante i semi 0 i frutti. semiformi presentano gli strati
più esterni del perisperma con la cellulosa convertita in una sostanza
| isomera, di consistenza cornea, allo stato secco, che sotto l’ azione del-
l’acqua forma una sorta di gelatina o- mueillagine vischiosa e molto
srt Tali sono i semi ed i frutti. semiformi di diverse sechs con
i
es sea Anne: così pure i semi di di di
specialmente quelli di molte Crocifere, come Teesdalia, Sisyi
Cardamine, Lepidium, Malcolmia, Diplotaxis ecc. Questa so
gommosa serve assai bene a fissare i semi nel luogo definitivo
| germinazione, rocce ecc. :Ma può anche avere un altro,scopo, m
negli. apparati a balista, si. osserva che i semi o frutti ‚semiformi
lanciati, aderiscono alle foglie delle piante vieine: ora non.è.
che siano ingeriti dai piccoli erbivori, lepri, conigli ecc., che si ci
di tali foglie, e, protetti.come sono dalla .mucillaggine che lir
siano espulsi, anche in grado di germinare, con gli escrementi.
Eterocarpia
Nelle. piante è spesso utile l’attuazione di due sorta di diss
zione: una,a breye distanza, cioè in loco per fare persistere la
‚nei, luoghi, ove ha già vegetato e a ciò basta l'allontanamento di.
metri, dalla. pianta madre : l’ altra a discreta distanza, cioè longt
per,invadere nuovi.territori.. Queste due sorta di disseminazione i
date. da apparati morfologici diversi: infatti nella stessa pianta, © i
«frutti o semi di due forme, gli uni in prevalenza atti alla dissen
zione longinqua, gli altri alla disseminazione in loco. -Questo da |
nomeno della eterocarpia e della eteromericarpia, attuato. in.
«piante : forse in alcune si ha anche quello della eterospermia.
ciò avviene si hanno frutti.o semi con ali (anemofili), con. unei
riofili) o con altri mezzi disseminativi, accompagnati da :frutt
„privi affatto di qualsiasi apparato disseminativo.
Questo fenomeno avviene specialmente in due famiglie
cioè nelle. Composte e nelle Crocifere : tuttavia se ne hanno
anche i in altre piante come in qualche Ombrellifera ecc.
Composte. Numerose. sono le Composte eterocarpiche. .
famiglia per solito i diversi acheni di uno stesso capolino pre
‚due sorta di struttura, i più interni con (pappo o con altro 8
y iraniano, i più, esterni, Peri solito Pen aleun mezzo -di d
Filago spathulata e F con specie ‘affine,
| lifolia, Pallenis spinosa. Sr
Anacyclus clavatus, e specie affine, Anthemis ed Ormenia, tutte
le specie; Chrysauthemum coronarium e. specie affine; Pyrethrum
trifurcatum ; Matricaria aurea; Carthamus lanatus; Hyoseris ra-
diota; Crepis ; Hypochaeris glabra e specie affine; Kalbfussa Mùl-
leri; Zollicaferia; Calendula arvensis ed altre specie congeneri.
Crocifere. Molte specie di questa famiglia sono eteromericarpiche,
cioè il loro frutto si divide in diversi modi, provvedendo alla dissemi-
nazione longinqua ed alla persistenza in loco. Per la Libia si hanno
esempi nelle seguenti specie:
Sinapis alba ed arvensis ; Rebondia ie Cakile mariti-
ma; Rapistrum rugosum ; Didesmus bipinnatum ed aegyptium; E-
narthrocarpus clavatus ed altre specie congeneri.
Oubrellifere, Relativamente poche sono le Ombrellifere eterome-
ricarpiche. In esse avviene che, dei due mericarpi costituenti il frutto,
uno porta apparati disseminativi, mentre l altro ne manca. Ad esempio —
nei generi Thapsia, Torilis, Turgenia ece.
Alive Famiglie. Sono pure eterocarpiche tutte le specie di Fedia
ed. aleune -Valerianellae della famiglia delle Valerianacee, la Portulaca
oleracea delle ‚portulacacee e qualche altra.
stage one mirmecofila.
Molti, ‚semi, o frutti semiformi, hanno piccole appendici, variamente
| formate, contenenti più o meno sostanze oleose: queste appendici, ca-
runcole o arilli, esercitano una grande attrazione per le formiche, che
raccolgono in modo particolare tali semi, per portarseli ai loro nidi.
P ARA però di un tale mezzo di manii DARNE pari; ee
tri
Lu probabilmente con specie a semi o Feine me
| maria, Reseda, Viola, Moheringia, tolygal:, Fedia, Amberbo
taurea, Carduus, Cirsium, Borrago, Anchuso, Lycopsis, Nonn
sotis, Veronica, Lamium, Rosmarinus, Ajuga, Cyclamen, |
Parietaria, Mercurialis, Euphorbia, Gagea, Scilla, Orni
Allium, Carex; Melica ecc.
Mimismo
Troppo poco si sa sul vero scopo del mimismo di molti
‘semi, per cui non posso trattarne che brevemente.
Non si può negare che spesso questi rassomigliano in mod 1
bile a pietruzze, a frammenti di legno, e perfino a bruchi, ad
© ad escrementi. In molti casi può “essere una somiglianza forti
che in realtà manca di qualsiasi funzione; in altri però l’ im
“tanto perfetta da fare ritenere trattarsi realmente di qualche
mento utile alla pianta. Se ciò è, non può essere ‘adescativ?
difficilmente un uccello si lascierebbe ingannare al punto da ing
semi o frutti credendoli insetti: può essere piuttosto protettivo nel
che uccelli granivori trascurino quei semi o quei frutti” bio
presentano sotto la maschera di insetti. i
Noto poi che tutti i frutti o semi presentanti apparati di
tivi, anemofili, eriofili, idrofili, ornitofili ece. non presentano may
$ formazioni mimetiche, mentre queste sono assai frequenti nei f
fe
nei semi mancanti di particolari apparati disseminativi : a coi
ciò, nelle piante eterocarpiche, si ha mimismo nei semi destinat
stare in loco, ma non in quelli adatti alla disseminazione long
Come mimetici, posso citare, rassomiglianti a pietruzze,
Lithospermum ece. ; a pezzetti di carbone, Pancratium ma
ad escrementi parecchie Composte ; a Chiocciole, Medicago He
scura, ed altre. specie congeneri; a larve Calendula ; a zece x
nus; ad insetti, Euphorbia, Polygala Be o =
Si deve però andare cauto nell’ ammettere il mimismo, ;
molti casi diversi vegetali o parti di vegetali, possono rasson
anche. in modo nio, o essere simili ad altri oggetti o viv
| zione live una identftk di foan senza però ‘ohi queste rs abbia
aleun vantaggio reeiproco, potendo vivere e funzionare isolatamente,
Cosi si trovano frutti o semi alati, anemofili, in quasi ogni regione
| della terra, ma non posso dire che siano fra loro mimetici, quantunque
| spesso somiglianti, perchè la loro forma è dovuta alla migliore espli-
` cazione della funzione che debbono adempiere.
Il vero mimismo invece ha il carattere dell’ inganno, specialmente
a scopo di protezione: con il mimismo un essere, o una parte (come
un frutto o un seme) può assumere i caratteri dell’ ambiente in cui
trovasi, per meglio sfuggire ai suoi nemici; può del pari assumere
| l'aspetto di qualche animale temuto o evitato, per scanzare altri animali
che ne fanno ricerca: e questo è il caso dei frutti e. semi mimetici.
Infatti la imitazione di sassolini, di pezzetti di legno o di carbone, di
| gusci di chiocciole, di escrementi, di pezzi di insctti, non può certo a-
. descare gli uccelli, siano pure granivori, ma può essere un mezzo ef-
Dea per trattenere che questi se ne cibano.
Sup È
Pe:
MT N, VEE ES
Ex
3
ati
s
Ki
j
Piante Autofossorie
In diverse Graminacee (Aegilops) in alcune Composte (Crupina),
in qualche Leguminosa (Trifolium s ellato m) si hanno i cosidetti frutti
| striscianti o saltellanfi, i quali, poichè hanno gli involueri provveduti
di setole dure, rigide, volte da una sola parte, possono pense
spinti dal vento, in una sola direzione, restando loro impossibile ogni
movimento retrogrado. Così avviene che penetrati in una fenditura del
terreno non possono più uscirne appunto. pashs ivi sono trattenuti
sla dette setole.
> Ma in altre piante. sì hanno apparati anche più perfetti : : cioè ap-
| parati di sotterramento, mediante i quali i i fruttini penetrano per forza
propria nel terreno. Un bello esempio si osserva in molte specie del
genere Avena: come in Avena barbata, Av. fatua, Av. sterilis, Av.
pubescens ece. In queste | de- spighette ‚sono. molto. grandi, misurando
fino a due centimetri di lunghezza, con reste più lunghe del doppio :
le Teste, in numero di due. “sono degree BR fra lora e diven-
due: ani di cui I’ uno poco p altro molto igroscopico : la ba
‘ della spighetta presenta un indurimento a punta, ricoperto da peli
gidi e volti verso l’ alto. Quando le spighette sono bagnate, là T
della resta avvolta a spira tenda a distendersi, facendo girare
. larmente la parte superiore libera: ne avviene che le due reste si
contrano, si incrociano, e quando finalmente riescono a liberatsi,
terminano uno scatto violento, che fa avanzare la spighe'‘tà” pi
forte salto: ciò si ripete più volte. Se poi una resta, od entrail
impigliano in qualche oggetto, allora il movimento eireolare, « h
guisa di trapano; fa penetrare la spighetta nel terreno. In un m
nell’ altro, quando la spighetta è riuscita a fissarsi, non può pi
starsi, impedendolo i peli di cui è munita. Molte altre Gramin
| presentano questo adattamento, principalmente dei generi Tris
Chrysopogon, Avenella, Aira, Anthoxanthum, Arrhevatherum, Lug
Gastridium, 0410 DOGON, AR Stipa "Oas: In molti Cal; s]
Successivo alla disseminazione infatti le lunghe reste Pan die
sono munite le a servono en rd emin anem
È spighetta; portata a distanza dal vento, viene abbandonata in
propizio; ove, alle prime pioggie, la resta incomincia & vie T
cendo così penetrare la spighetta nel terreno. i
| Oltrè che’ nelle Graminacee si hanno pure appa aut tofo
per la Libia si notano otto specie in Tripolitania e nove in Ci
tutte a frutti Bahn conformati per l’ interramento.
i è collegata co n
casmogami e staurogamici, che danno frutti a disseminazione er
gli altri cleistogami ed omoganici, che danno frutti a riproduzione in loco,
% Poche sono le piante Libiche presentanti questo fenomeno. Posso
| notare la Vicia amphicarpa, della cui ipogeocarpia già trattò l’Ascher-
son, P Emex spinosa e la Scrophularia arguta giá bene studiate dal
Murbech, la Catananche lutea segnalata prima dal Battandier, e qual-
che altra. ;
Conclusioni
Dal precedente studio risulta che in tie EY, adattamenti
| disseminativi bene accertati molte specie, così distribuite : :
Per la Tripolitania : -
Disseminazione autodinamica specie 42
> anemofila - » 180
» idrofila » 39
» ornitofila e mastozoofila » 35
» |. eriofila » 136
432
i Poichè le specie, già in per la Tapeliai; sono 852 (1) ee
(852-432-420) restano 420, cioè cirea la metà a disseminazione incerta
o per dir meglio con frutti o semi privi di veri aa disseminativi..
Per la Cirenaica: :
Disseminazione ER specie 45
»...... . anemofila » 179
ni idrofila Ber 37
Em ornitofila e mast. Mi cl Sal
Sn n A eriofila dii eo
7 (1) Vedasi iio lavoro citato. |
P
anno 388 a disseminazione incerta.
| Da questo riassunto posso concludere che circa la
| piante di Libia manca di particolari apparati disseminativi; del
A
fe
questa è la proporzione che si riscontra anche nelle nostre regioni,
Ma, come ho fatto notare in precedenza, la mancanza di
lari apparati non vuol dire impossibilità assoluta alla dissemin
in certi casi anche tali frutti o semi potranno essere sollevati ı
correnti aeree, o travolti dalle acque torrenziali, o portati in mare
altri galleggianti. Inoltre potranno esservi altri modi disseminativi
‘a me ora sfuggono, in rapporto alle particolari condizioni local
tenga presente che il vento cola è capace di sollevare e traspor
lontano, non solo sabbia, ma anche pietre di grandi dimensioni, €
fino alberi: nei periodi quindi in cui spira il Ghibli, veniente d
| maturazione dei semi e dei frutti, chi sa quanti semi e quanti
| prima sparsi sul terreno saranno da esso sollevati, e portati lu
sero particolari mezzi di disseminazione, il loro sollevamento s
| ostacolato. E la maggior parte dei frutti e semi così sollevati, I
in aria a lungo; essendo questi ad ogni modo più leggieri del
riale minerale, cadranno da ultimo, assieme alla sabbia piü fina, ©
resteranno facilmente interrati, cioè nel modo migliore per ci ni
alle prime pioggie.
> La potenza del vento in Libia come agente dissomina@ia0 €
confermata dal numero rilevante di specie adattate ad esso,
tre disseminazioni restano non poco inferiori. Ricerche più mi
in base ne osservazioni loca eg colmare le laou che fui
ila alla dui dei semi e dei frutti di molte piante. 4
ed alla impossibilità di fare osservazioni a ricerche in loco. a
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Malpighia Vol. XXVIII
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MALPIGHIA
RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
PROF. Orp. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITA DJ CATANIA
å.
ANNO XXVIII — FASC. VII-VIII
MARCELLO MALPIGHI
1627-1694.
CATANIA
STAB. TIP. « LA SICILIANA » CIURCA & STRANO
1918
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= Man si pubblica ogni bimestre, in fascicoli di 6 fogli di Stampa
ppure in fascicoli doppi corredati, secondo il bisogno, da tav
L'abbonamento annuale we L. 25, pagabili alla ricezione e del ut
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Non saranno venduti fascicoli separati.
Agli autori saranno ‘corrisposte 100 copie estratte dal periodico, 15 gi
pubblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior n
m lari, le copie in più verranno pagate in ragione di L. 10 al foglio (
er 100 copie. Quanto alle tavole supplementari occorrerà ee rimbors
i carta e di tiratura. :
Le associazioni si ricevono presso il Prot. L. BuscaLIoNI in Catania e
Si accetta lo scambio con altre puliblicazioni periodiche ee
af annunzi « e inserzioni Boat al Direttore Prof. L. BUSCALIONI, R
elle inserzioni i sulla copertina Ber ogni inserzione.
1 pagina = no ie pagina L 2
34 di pagina = Bu, 114 di pesi sis.
gli separati, annessi al | fascicolo, a a prezi da convenirsi.
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PROF. Orp. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITA DI CATANIA
ANNO XXVIII — VOL. XXVIII
MARCELLO MALPIGHI
1627-1694.
CATANIA
STAB. TIP. « LA SICILIANA » CIURCA & STRANO
1918
Studio monografico sulle Specie americane del Gen, “Saurana, Will,
(continuazione).
Pedicelli e brattee rivestite come i rami, î primi non molto lun-
ghi, le seconde minute, lineari, lunghe 3-4 mm., larghe 1 mm.: le
basali però nell’ Es. 5092 diventano subfogliacee.
Fiori non molto grandi (12-15 mm. di diametro). Calice acerescen-
te (Es. Bourgeau), a 5 sepali lunghi 34 mm., larghi 3 mm., acuti,
subacuti, od ottusi, un po’ disuguali, pulverulento-tubercolati (alla lente)
sulle parti esterne scoperte nel boccio, ma in varia misura nei diffe-
renti esemplari (pochissimo in quello di Bourgeau) e coi tubercoli talo
ra barbati minutamente alla base (Es. 5092): margine cigliolato : il
resto della superficie esterna ruta e così pure la faccia interna che
è rossiccia.
Corolla 1, più grande del calice, a petali subrettangolari, ovati
ottusi. Stami 25-30, ad antere lunghe, ferruginee, poricide all’apice, a
filamento breve, barbato alla base.
Ovario mancante o ridotto (Es. 5092): talora però normale e
contenente dei semi minutamente alveolati,
Fiorisce da Aprile a Giugno. `
I) Saurauia pedunculata Hook, var. leucocarpa Buse. forma Ve-
ranti Busc.
Esemplare studiato.
Es. stato raccolto da Bourgeau nella Valle di Cordova (12 Marzo) ed
| appartenente all’Erbario di Parigi (Erb. de la Comm. Scient. du Mexique).
Fusto con cicatrici fogliari sporgenti, poco setoso all'apice che è
nericcio. Foglie lanceolate o subovali, subcoriacee, molto grandi (18-22
em.X5-8 em.) Margini per lo più grossolanamente serrati e persino
lobati (almeno all'apice del lembo). Superficie fogliare superiore ed .
inferiore poco o punto setosa ed ascelle dei nervi secondari Ar DA
| prive di barbatura. Nervi secondari 15-17, molto distanziati.
con molti stami.
> I nfiorescenza più breve della foglia, tunga circa 18 cm., con wit
| tee spesso fogliacee, ae Fiori grandi, "ao nora So. i
Caratteri differenziali e di affinità.
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE
Caratteri differenziali
S. leucocarpa Schlecht.
S pedunculata Hook.
Caratteri e
Apice del fusto setu-
Se sete dilatate alla
RAS coperto di
sete minute e pulvi
Inuli.
Lembo obovato cu-
{neiforme, non molto
infiore-
scenze pulverulenti.
Calici a divisioni va-
riabili da 4-5, glabre.
La var. stenophylla della Leucocarpa differisce prote
le sete lunghe dell’apice caulinare è del picciuolo, pel lembo assai
per maggior tendenza alla glabradine della lamina che porta inolt
che minuta seta bianchiceia, per le ascelle dei nervi mai ba
le granulazioni reperibili alla lente nelle maglie delle nervature
per l’infiorescenza più breve della foglia e pauciflora, infine ]
| caratteri testè segnalati a proposito della Leucocarpa tipica.
2 La 8. leucocarpa Schlecht. var. Willdemannii presenta
| barbate all’: apice del caule, il pieciuolo coperto da sete e
il lembo stretto, a punta lunga, con pochi nervi, il calici
pressochè tale. Come le altre sopra ricordate presenta una
di finità CoA: nostra specie per DI raro rivestimento di gode e.
Apice del fusto gl
tuloso: sete fine.
Pieciuolo coperto dils
sete per lo più sottili.
le, discreto
a superiore se-
Nervi
Rami setuloso- pul-
verulent
Brattee di varia lun-
ghez
Pedicelli
lunghi.
Cali ice a 5 divisioni
pulverulento e tuber-
eolato sulle parti sco-
ne ccio, ci-
brevi o
gliato al margine.
Lembo obovato ova-
o
un po sul parenchima.
15-22.
Fu
n
sto. rugoso
tulosa sulla costa. A
Ascelle dei nery
o meno barbate
Margine fogliare de
lato serrulato, o sé
o meno irregolari
Infioreasen ee a pal
a di varia lung
chi pi
SEE per le mal dei nervi secondari barbate, per il margine Seo
i L’Anisopoda del Turez. (S. leucocarpa var. anisopoda Busc.), men-
. lora lungo, portante delle lunghe sete, pure presenti sul lembo le cui
ascelle sono manifestamente barbate, per l’infiorescenza costantemente più
| breve della foglia, per i calici setosi distintamente sulle parti scoperte
nel boccio, per l’ovario, infine, sormontato da 4-5 stili.
| La var. angustifolia da ultimo differisce per il margine talora erenu-
Ne pei pochi nervi secondari del lembo che è lanceolato, stretto, per
| le brattee spostate spesso lungo il puduneolo, pei fiori brevemente pedi.
| cellati e per gli altri caratteri che abbiamo segnalati nelle altre forme
di S. leucocarpa.
serrulato, per i fiori con 25 stami circa e per altri caratteri secondari.
| tre offre le stesse caratteristichè delle altre forme di S. leucocarpa, dit-
ferisce più specialmente per le lunghe sete del caule, pel pieciuolo ta-
et
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE
1 i
Caratteri d
ifferenziali
S. Rusbyi Britt.
S. pedunculata Hook.
Caratteri comuni
Apice del fusto spar-
so di sete appressate
e di pulvinuli.
Picciuolo minuta-
mente se
rulento; setule spesso
barbate.
Lembo aspro al tatto
anche sotto er lo
più coriaceo-reticolato|
jalla pagina superiore.
agina inferiore co-
sparsa di placche to-
mentose, del resto, ad
occhio nudo, pressochè
labra.
Ascelle dei nervi non
barbate.
Nervi 10-15.
dell’infiorescenza pul-
verulento-furfuracei,
con qualche rara setula.
iori del diametro
idi 23 mm.
Peduncolo e rami |
Apice del fusto co-
sparso di sete appres-
s
e.
Pieciuolo setuloso.
` Lembo spesso sottile,
superiore.
Pagina inferiore se-
tulosa sulla costa, tu-
bercolata altrove.
Ascelle dei nervi se-
condari barbate.
Nervi 22-15.
Peduncolo dell’infio
escenza setuloso; rami
Ipulverulento- -setulosi.
ve un po piü pic-
Kan 25.
Messico
non aspro sotto e non;
reticolato alla pagina, Pagi
i c
Fusto sparso di
celle e cicatrici fog
Q
.
Infiorescenza variami
te lunga.
Brattee minute.
celli brevi, o lunghi.
Sepali pulverulento-
bercolati sulle par
perte nel boceio, del i
A
gla di
Corolla 1]3 plug
dal e alice.
Stami numerosi,
Bolivia
3 La var. glabrata della S. Rusbyi ha in comune colla nostra le
dell’apice caulinare, il pieeiuolo disereto pure setoso, il lembo di ©
dioeri dimensioni e dal margine serrato, le vene secondarie in n
20 circa, le due pagine coperte da minute sete sulla costa, da
ltrove, l’infiorescenza di varia lunghezza (più breve però della
etulosa, i pedicelli non ecressivamente lunghi, le brattee lung
mm., i fiori discreti, pulverulento-mueronulati sulle parti
boceio, del resto glabri, salvo il margine calicinare che è cigliato
| stami poco numerosi. Differisce tuttavia sempre notevolmente per le
ascelle dei nervi non barbate e per la patria.
Gli stessi caratteri valgono a distinguere,
mare la var. spectabilis della Rusbyi alla nos
o viceversa ad avviei-
tra.
Caratteri differenziali
S. barbigera Hook.
S. pedunculata Hook.
Caratteri comuni
Caule e pieeiuolo pul-
verulento-setulosi.
Picciuolo sottile, bre-
ve.
e piccolo, per
[lo più grossolanamente
serrato. _ i
a 8, distanziati
fra lor
.Pa Nea superiore sub-
glabra sul parenchima,
mucronata parcamente
sui nervi. Lo stesso
|rivestimento all’infe-
riore.
| Infiorescenza pauci-
flora, breve.
| Calice glabro, ad ec-
aule e picciuolo di
Kiel setulosi.
Piceiuolo robusto, di-
+ ta owılnnnain
Lembo rosso bruniccio
sopra, giallicio sotto, obo-
vato, cuneato alla "base,
Lembo discreto o an-
che quasi grande, talora
serrulato serrato, o den-
ticolato e integro (alme-
no alla bas
Nervi molto più nu-
merosi, ma distanziati,
in generale, se all’a-
pice del lem
agina superiore se-
tuloso-mucron sui
nervi e un mucro-
nata sul parenchima.
jall inferiore.
nfiorescenza per lo
Pe: REN lunga e
Calice pulverulento-
|tubercolato sulle part
Lo stesso rivestimento!
term in ato ta
.
Nervi di ee ’ordine for-
manti un minuto reticolo.| |
Ascelle dei nervi bar-|
bate
nfiorescenza novi
alla gini caga: a
brattee min
Fiori su "pedicelli di-
secreti.
Messico
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. |
poco o punto barbate, pei nervi poco numerosi, per l’infiorescenza.
| povera di fiori e sparsa di pulvinuli, pel calice glabro.
Per quanto concerne la var. crenata della Pauciserrata vale Li.
è detto per la var. Kegeliana.
Colle S. oreophilae e forme affini, ma più pirika i co
Pringlei la nostra specie ha comuni il caule e il picciuolo setul
lembo sottile, cartaceo, scabro sopra, acuto agli estremi, anei
f rato, setuloso, il grande numero di nervi secondari (18-22), 1
7
superiore mucronata setulosa, le ascelle dei nervi bla
dell’infiorescenza brevi e lineari, i pedicelli lunghi, l’infiorescenza setos
pulverulenta, i fiori di diametro discreto, la corolla più grande del
lice, gli stami in numero di 20-25, l’ovario a stili lunghi 0 brevi e
| fine la patria. è
| A queste moltepliei caratteristiche di affinitä si ‘aotitrappongi
poche, ma importanti caratteristiche che valgono ad allontanare.
dall'altra le due specie. Nella S. Pringlei noi troviamo infatti i
guenti caratteri affatto peculiari: le sete barbate alla base sul pi
il lembo provvisto abbondantemente di peli stellati alla pagina
| riore, l’infiorescenza sempre più breve della foglia, il calice spa
minuti peli stellati alla faccia esterna, o subglabro.
= Non pochi caratteri comuni troviamo nella S. strigill
apice del fusto setuloso, piceiuolo breve pure sparso di sete, I
-~ puntito all'estremo anteriore, acuto alla’ base, col margine serrator.
fiorescenza lunga quanto la foglia, fiori lungamente
secreti, con 25 stami e ovario a stili obsoleti o lunghi. Pe
differisce per il lembo quasi glabro superiormente, meno setoso
colato alla pagina inferiore, pei nervi senza barbatura ascellare, So
‘nor numero di nervi secondari, per le brattee quasi sempre | >
te, pei calici pulverulenti su tutta la faceia esterna e auch
all’interno, più distintamente tubereolati ketulosi sulle per
boccio e infine per la patria. | |
La Pseudoparviflora Buse., differisce innanzi tutto, pei he
calice subglabro e per le ascelle. dei nervi secondari non bé
| ‘ondariamente sr per i caratteri che rendono distinta la
"Non: Log spondor molte ‘pensio m dimostrare) lav pn
della 8. floccifera colla nostra specie; diremo solo che una è quasi gl
brescente e al posto delle sete presenta dei rari pulvinuli e pochi tu-
bercoli: i calici poi sono pulverulenti dentro. z
La £. laevigata Tr. e PI. di Quindio differisce pel picciuolo co-
sparso di rari pulvinuli, pel lembo erenulato-dentato, con pochi nervi
e pressochè glabro, per l’infiorescenza quasi glabra e a brattee minu-
tissime, pei fiori brevemente pedicellati. Un carattere di rassomiglianza.
l'abbiamo nel calice un po pulverulento e nel numero degli stami.
Quasi per gli stessi caratteri differisce la S. Yasicae del Centro.
America, la quale poi ha foglie più piccole, punteggiate in incavo alla
pagina inferiore, con pochi nervi, mentre presenta un ‘infiorescenza. pul-
verulenta, a fiori piccoli, dal calice con 4-5 sepali glabri air
racchiudenti pochi stami.
Se ora passiamo alla S. aspera Turez. troviamo che le affinità si
riducono, si può dire, al calice glabro sulle parti non scoperte ‘nel boc-
cio, alle ascelle barbate dei nervi secondari ed infine alla patria, poichè
il caule è ferrugineo, pulverulento-setoso all'apice, le foglie per lo più
‘. discrete o piccole, a base molto ottusa, a pagina inferiore molto setosa,
‘a margine solo denticolato, l’infioreseenza ER PERNO i fiori,
e a brevemente pedicellati.
MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE EOC.
Caratteri differenziali
Saurauia pseudoprin-
glei Buse
S. pedunculata Hook.
Caratteri comuni
Apice caulinare rico-
perto da pulverulenza
|ferruginea, con qualche
mucrone e rare setule,
appena visibili alla
lente. -
Lo stesso rivesti-
mento sulle foglie gio-
vani e sul picciuolo
che talora però è quasi
labro
Lembo sottile.
nervi e sulla costa.
Pagina inferiore gla-
bra sul parenchima clie
jè punteggiato.
portante delle minutis-
sime sete barbate.
i Ascelle dei nervi se-
|condari barbate per pe-
Jli ramosi.
- Nervi secondari 10-12.
| Nervi di 3° ordine for-|
T un lasso reticolo.
a sem
er pulveru-
Costa
rescenz pre
; pin: der della foglia.
Apice caulinare co-
perto da sete fulve.
Lo stesso rivesti-
mento sulle foglie gio-
vani e sul picciuolo.
Lembo talora subeo-
riaceo o coriaceo.
Pagina superiore par-
camente mucronata sul
riore
cerne il rivestimento di
sete e mucroni. Sete
della costa non barbate.
Ascelle dei nervi se-
amo
Nervi ea 15.22.
ervi di 3° ordine
non e duet un lasso
retico
Infiorescenza più il
Brutto triangolari. li-
Calıce pulverulento,
i Talnsolato sulle parti
‘scoperte nel boccio, del
resto glabro: margine
però cigliolato.
Corolla 173 più gran-|
jde del calice
-Stili heeri, o lunghi.
Cicatrici fogliari a
so doppiamente da
in su, denticolato
base. en
Infiorescenza grand
ramosa & pedune colo ro
ei a rami pulverul
etulosi.
Stami 25.
| PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Caratteri differenziali
S. pseudopringlei Busc.
var. fluviatilis Buse.
S. pedunculata Hook.
Caratteri comuni
Apice del fusto co-
perto da cuscinetti pul-
verulenti, misti a poche
|sete dilatate e barbate.
Foglie giovani rico-
perte da mucroni ros-
sicci, simulanti quasi
peli stellati, e da sete.
Sp lungo 1-5
m., pulverulento-
scabro da|
i lati.
rari mucroni sulla co-
sta e sui nervi; qualche'v
breve seta e pulvinulo
| |sulla costa (sete pulve-
rulente): mueroni bian-
chieei sul parenchima.|
Pagina inferiore a
mueronato.Mucroni sui
rvi.
. Costa sets
| Ascelle dei h nervi se-
condari più o meno
ibarbate.
| Nervi di 3° ordine
| [in reticolo lasso.
Infiorescenza po bre-
e della fo
Pai superiore con |
[parenchima glabro o|
Apice del fusto co-
perto da sete appres
sate, spesso dilatate.
Wabe gi ;
erte da sete.
5 em., sparso di len-
o I
Cicatrici fogliari pic-
cole, rilevate dal. lato in-
eriore.
Foglie giovani colle a-
scelle dei nervi secondari
|barbate.
Lembo di varia dimen-
a lan } s
liscio alla pagina in-
feriore.
Pagina superiore sub-
glabra sul parenchi-
ma, tubercolata sui ner-
, setulosa sulla costa
idove vi ha anche un
po di pulverulenza.
Fini cuscinetti e mu-
alla
\pulverulenti: parenchi-
ma i gla ro o granuloso.
celle up nervi ta-
dei nervi
più: lunga, o per
2
r lo piùļfor
) del calice.
E e talora
lo
subeguale alla|
„,Peduncolo spesso s0- : a i
ovale od obovato-cunei-
rme. Margi
lato setuloso,
serrato, 0
ervi ci
ne mucronu-
Infiorescenza grandea ra
mi Si setulosi.
Brattee linear
Pedicelli tonali 0 Rus
l’impicciolimento.
Corolla 13 più grande
Stami 25. Ovario asti-
li brevi.
| Messico
lo ee almar-|
|gine, del
Fiori talora tenden -
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE
Caratteri differenziali
Is. pseudopeduneulata
B
S. pedunculata Hook.
Caratteri comun
Fusto quasi rossigno,
|sparso di mueroni ros:
sicci e ica: misti a
s Pieeiiolo collo stesso
della foglia scabre.
| Mueroni setuliformi)
jappressati, scarsi, ros-
i renchima|
della pagina superiore. |
{Gli stessi sui nervi ed
sul
sicci
in copia. Costæcoperta
da sete a base dilatata.
Ascelle dei nervi gla-
_|bre, o oseuramente bar-
Nervi 15-16
Pe
‚ Calice cosparso di tu-
La i inferiore:
minori. Sete su quelli
maggiori e sulla costa.
Infiorescenza | più bre-|
|ve della foglia.
duneolo cosparso dij
|mueroni tozzi e sete|B
| |barbate. Brattee spes-|
|s0 spostate. Fiori bre-
vemente pedicellati.|
Fusto bruniccio, co-
sparso sg di sete
wem
oto costituito,
pel ivi come
ule.
Pagina inferiore po-
co o punto scabra.
Pagina superiore sub-
setulosa sulla costa do
ve vi ha spesso un po
di pulverulenza.
Fini cuscinetti pul- ti
verulenti sulla costa e
sui nervi alla pagina
su questi ul-
timi anche qualche mu-
erone; parenchima gla-
bro o granuloso.
Ascelle dei nervi se-
condari barbate.
Nervi 15-22.
Infiorescenza talora
più grande della foglia.
Pedunéolo setuloso.
pa
catia nel boccio i tu-
rti
i sono però bar-
te nel
glabra sul parenchima,|
tubercolata sui nervi,|dale
Cicatrici fogli
vate inferiormente
Lembo discreto, 0
sottile, rosso-castag
pra, più chiaro
en: den
rulato, o serrato,
do o wu Alan
dent
Tokoroa |
forma e non semp:
lato sulle Per scoper-|
sente.
Caratteri differenziali
Caratteri comuni
S. pauciflora Rose |S. pedunculata Hook.
-Apice del fusto co- Apice del fusto eo-| Picciuolo breve, setoso,
perto da lunghe sete perto da sete brevi. Lembo verdiccio e sca-|
lappressate, miste a pul- Sani fogliare spes |bro sopra, molliecio al
|verulenza. so doppiamente serrato.|tatto sotto, terminato in
- Margine fogliare tut-| Lembo assai più punta acuta, colla base 0-
tal più serrulato al-|grande di quello della bovata.
Lamina non §. pauciflora. Ascelle T Sea se-|
ervi secondari/condari barb
Pa 22. In forescenza subeguale
Pagina superiore par-|alla fo
camente tubercolata| Pedale setoso-pul-|
sul parenchima e sui SR Rami furfa-|
nervi, setoso-pulveru-|race
lenta sulla costa. Biafise lineari.
Pagina inferiore con Stili lunghi.
i'cuscinetti pulverulenti Messico.
e setule sulla costa, con
mueroni sui nervi. Pa-
{renchima subglabro
senza peli stellati. Sete
ee pauci.[non barbate |
Infiorescenza multi-
Foda ıneolo dissem -flora. |
Peli semplici sul pe-
ai diametro duncolo.
i Fiori iu diametro
D: coperti de mi-15 18 m
ute sete ‘salle parti) Sep ali gi ti
! e eh tuber-
Era ti sulle parti sco.
=~ |perte nel boccio. Lel
altre parti come. un
. par Bora ie come carat
l'apice del caule e sul picciuolo; lembo den-
to, p colo, molto dilatato ı anteriormente; pagina inferiore coperta
di peli stellati sul | Pa di sete a. o meno eagle altrove; note
STUDIO TT SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
infiorescenza più breve della foglia, a peduncolo breve, furfuraceo,
verulento setoso. Rassomiglia invece alla nostra per il calice tuber
sulle parti scoperte nel boccio, glabro sulle rimanenti parti, per i
mero degli stami, per le brattee lineari.
= La 8. reticulata Rose differisce dalla nostra specie pel fust
sparso, all’apice, di pulverulenza ferruginea (senza sete !) presente
sulle foglie giovani e sul picciuolo di quelle adulte. Il lembo è
da ambo i lati, colla base arrotondata, col margine mueronulato,
ticolato, serrulato: la pagina superiorè presentasi disseminata di 1
pulvinuli, mentre l’inferiore offre, accanto ai pulvinuli, anche qualch
L'infiorescenza è pulverulenta e con i fiori infine relativamente {
Le affinità si riferiscono ai seguenti caratteri: pieciuolo breve: lem
dimensioni variabili, cartaceo, verde pallido sopra, più chiaro
oblanceolato, tubercolato sulle nervature minori della pagina inte
nervi secondari 18-21; barbati alle ascelle: infiorescenza piramidale,
tiflora, a peduncolo robusto, a pedicelli brevi o lunghi, a brattee. i
triangolari, piccole: calice pulverulento tubercolato sulle parti 8
nel boccio, del resto glabro: corolla più ampia del calice: sta
Per quanto concerne la S. pedunculata forma Veranii le
èle divergenze, a prescindere dalle brattee fogliacee, sono que
gnalate per la forma tipica; non occorre pertanto insistere sulle
i La nostra attenzione merita invece di fissarsi sulla forma leu
la quale, presentando foglie ristrette, ovali lanceolate, od obova
ceolate, può esser scambiata colla S. leucocarpa Schlecht. |
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Caratteri differenziali
Caratteri comuni
S. pedunculata Hook.
S. leucocarpa Schlecht.
i var. leucocarpa Buse
Apice del fusto dis-| Apice del fusto se-| Piceiuolo subglabro o
| Įseminato di rare seteltuloso. EROI,
. |pulverulente alla base.| Picciuolo setuloso co-| Lembo rossiccio sopra,
È; Piceiuolo spesso co-|me il caule. gialliccio e liscio sot-
perto con qualche pul:| Lembo molto più|to, serrulato o serrato al
vinulo € seta. grande e per lo più|margine, con serrature ir-
Lembo piccolo (11-13|seabro sopra. regolari, mucronate.
em. di lunghezza: 4-5| Margine setoso. Mbao. ec gti cine
em. di larghezza), liscio] Apice prolungantesi| Ascelle dei nervi se-
sopra. in punta breve, neppur er barbate.
Margine. talora as-|sempre presente.
|sai setoso Rivestimento di sete alla belt, o più lunga, o|
Apice del lembo pro-|e di pulverulenza sulla|più corta
de am in punta a-|costa, di mueroni sui Brattee talora fogliacee. |
cuta, lun nervi. Parenchima gla-
rg inporione ed|bro, o con qualche mu-
inferiore quasi del tutto |crone.
glabre, o con qualche] Nervi 15-22.
rarissimo mucrone sui] Peduncolo setoso. Ra-
nervi e qualche raralmi furfuraceo-setulosi,
sete sulla costa, itubereolati, pul veru-
Nervi 15. |lenti.Brattee minute, li-
Peduncolo dell’infio: neari, ma talora lunghe
rescenza subglabro. (quasi 1 cm.
Rami pulverulenti. | Calice a 5 divisioni|
rattee minutissime.|pulverulento - setuloso|
Calice glabro, a 4-5|sulle parti scoperte nel
divisioni. boccio. 2
Non ci soffermiamo sulle affinità e divergenze nei rigua di delle altre.
specie o forme, valendo all'uopo quanto si è detto a proposito della S*
| pedunculata tipica. Non possiamo per altro tacere che per molti caratteri
» nostra varietà si avvicina. anche alla var. anisopoda e alla var. an:
gustifolia della 8. ( Dalla prima differisce per l’infiorescenza
lunga, per i calici non ‘setosi;. per le ascelle dei nervi barbate, dal
seconda si stacca per il peduncolo non brattonto verso il mezzo e dig
| Fami un po più ampi, barbati alle ascelle. |. © |
Dalla forma en differisce Ricco imicametite. pe la fotoni Ko)
lembo il quale, invece di esser grande, obovato-ovalare, è invece discreto
(talora però anche grande), stretto tanto da assumere piuttosto la forma
lanceolata obovata, o lanceolata ovata, qual'è quella appunto della 9.
leucocarpa a cui si intitoia.
A causa del polimorfismo cui va soggetta la S. pedunculata Hook.
non fu sempre diagnosticata esattamente dagli autori che ci precedettero,
o per lo meno venne assimilata ad altre forme che con essa nulla hann
a vedere. Forse molti di siffatti errori si sarebbero potuti evitare con
uno studio più accurato della specie. Citeremo i casì principali. L’Esem-
plare di Schiede e Dieppe dell’Erb. di Ginevra fu determinato solo du-
bitativamente come S. pedunculata Hook. perchè (così sta scritto nel.
l'annesso cartellino) gli stili sono lunghi, mentre l’ Hooker assegna a si
fatta specie stili brevi. L’osservatore aggiunge che forse Hooker fü
tratto in errore per aver esaminato un esemplare a fiori difettosi ! Om:
bene dalle nostre ricerche è risultato che i vari esemplari di S. pedun- f
culata possono aver stili brevi, langhi, o mancanti essendo la specie rap- |
presentata da individui (o rami?) maschili e femminili.
Il cartellino annesso all esemplare 248 di Botteri dell’Erb. di Kew
porta, a lapis, la seguente indicazione: S. pedunculata Hook ? L’Hemsley
che studiò l'esemplare rileva che trattasi veramente di questa specie:
solo nota che il medesimo differisce per la setosità ferruginea in cor
rispondenza delle ascelle dei nervi, per la forte serratura, per la base
ottusa del lembo, per le sete lunghe 2 mm. sulla costa dal lato super
riore della lamina, per la lunghezza eccessiva dell’infiorescenza. Noi ;
possiamo fara meno di condividere l'opinione dell’ Hemsley, anche perchè
abbiamo trovato nell’Erbario di Washington un altro esemplare del Botte
recante il medesimo numero il quale presenta una setosità ridotta 9°
o meno Serra”
w
e w quasi allo stato di pulverulenza, un margine molt
e infine una infiorescenza assai più corta. Chiunque abbia infatti
sa certo numero di S. pedunculata trovasi costretto a dar poco P
siffatti caratteri hella determinazione della specie. Dobbiamo però qu
tare che nello stesso Erbario di Washington si trova un terzo esemplar?
della
del Botteri, stato pure raccolto a Orizaba, il quale ‚per la forma
cad. dei Lincei, Roma 1911) nel quale, mentre non si ‘incontra. alcun: |
accenno. sulle osservazioni del Buscalioni e del Trinchieri,si tendea ri-
mettere i in onore, per quanto concerne la. caulifloria, alcune delle antiche |
ipitesi, Il ‚Prof. on avendo osservato. che taluni. animali (Rettili ote.),
divorano i frutti delle piante cauliflore, conclude che la caulifloria.
_tuisce un fenomeno biologico in intima relazione colla disseminazio
per mezzo da ct le intesi ici
animali striccianti, deambulanti, o rampicanti .dei boschi sono tali quali
unicamente pel fatto, che servendo agli animali di nutrimento, danno
ai semi l'opportunità di esser poi convenientemente dispersi.
o Per quanto concerne il colore poco vistoso dei frutti delle piar
eauliflore e alla funzione vessillare in tal modo degradata si può
rilevare che anas più che in dini m ERDE vita anim Be
nanti nel folto delle foreste vergini.
i Più in armonia colla vita animale della foresta è la roca
| dei frutti sui tronchi, sugli stoloni e via dicendo, ma però anche
| gli esempi riportati dal Prof. Borzi a sostegno della sua ipotesi ale
sono poss raga a | convalidarla, PU non poche dello piante” cauli
| potrebbero esser raggiunti dai rettili ed altri animali affini, o per
meno lo sarebbero assai più facilmente qualora si trovassero nella
sizione ordinaria all’ascella, cioè, della foglia. D'altra parte molti reti
| che si cibano di frutta fanno vita eminentemente arborea, nascosti
mezzo alle fronde degli alberi. = E
| Ma, a prescindere da questo, noi abbiamo altre ragioni ben.
gravi per poter affermare che la caulifloria solo in via secondari:
| subordinata può perpetuarsi per mezzo degli animali, mentre la
vera origina va ricercata nelle ragioni sovra esposte le quali, per
sole, sono atte a perpetuarla.
Se la caulifloria fosse unicamente, o per lo meno essenzialme
| collegata alla disseminazione zoocora e da questa avesse tratto ori
non si comprenderebbe come essa sia diffusa soltanto tra le specie €
Malesia e manchi in quelle dell’ America tropicale. Tanto nell’una che
l'altra regione abbondano i Sauri, per cui la disseminazione 2006074
i be assicurata, ma ciò non di meno la cauli floria manca, almeno per
ci consta nelle forme americane. Il fenomeno è in evidente contr
ce dice del Prof. Borzi, mentre riesce chiarito se sì considera
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 339
nelle regioni americane, dove crescono le Saurawia, l'umidità è piutto-
4 sto scarsa, abbondante invece nei territori dell’ Antico Continente dove
crescono le forme cognate.
i Si ha dunque in questo dualismo di struttura e di comportamento
= biologico una prova di più a favore dell’ipotesi nostra che collega la
i caulifloria all'umidità. Con questo -non vugliamo negare che i Sauri ed
altri animali possano, mangiando i frutti e disperdendo i semi delle
-piante cauliflore, contribuire alla perpetuazione della disposizione biolo-
| gica; solo vogliamo affermare che l’azione dei rettili e di altri animali
è secondaria. (1)a
“È Passiamo ora allo studio del fiore. Questo presenta una costituzione
|. degradata come l’attestano il numero ragguardevole e variabile degli
stami, la policarpia, la moltiplicità degli stili, la dialipetalia quasi com-
pletà (o la gamopetalia appena incipiente), il colore della corolla gial -
liccio o bianchiecio ed altri caratteri ancora. Data una tale organizza-
zione la fecondazione deve esser autogama, o avvenire per mezzo di in-
setti degradati. Almeno tale è il giudizio che si può dare, a priori, in
base a quanto si osserva in altre specie. Le nozioni che però posse-
diamo a questo riguardo sono troppo monche perchè si possa pronun-
ciare un giudizio sicuro. Nell’Handbuch d. Biologie del Knuth, Vol, III,
sono indicati come pronubi della Saurauia dell’ Antico continente alcune
specie di Muscidi (?) i quali si attaccano ai fiori per raccogliervi il pol-
line (osservazioni del Knuth) e taluni Thrips (Ortotteri). Furono per altro
| anche osservate alcune forme più evolute di insetti, cioè delle piccole
Vespe appartenenti probabilmente al Gen. Podal:rius le’ 'qualisattaccan-
ilosi, al fiore, dal lato inferiore, fanno pure incetta di polline.
(1) Recentemente il Klebs, nei suoi studi sulla caduta delle foglie, ascrisse
la caulifloria all’accumulo di nutrimento nel fusto, ma neppur questa teoria, a
nostro parere, spiega il singolare fenomeno poichè tale accumulo è ovunque re-
peribile nelle piante tropicali, mentre la caulifloria è accantonata nei siti piovosi,
in modo eccessivo umidi.
| Sull’interpretazione data dal compianto Prof. Terracciano al fenomeno della
cnaliforia non crediamo di dover insistere, persuasi che l’autorè intravide il feno-
meno sotto un’ aspetto ben differente da quello da noi considerato, tanto che certi
| tipi di caulifloria da lui ‘egnalati hanno a nostro parere, nulla a vedere con
I siffatta disposizione. i
In Sironi manca una base comune per discutere le origini, del processo,
340 STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUIA ;, WILLD
Il Knuth però afferma che l’autogamia è del pari assicurata,
distaccandosi la corolla questa trascina seco i numerosi stami i
strisciano così contro gli stimmi e vi depositano sopra il polline.
Se la impollinazione può avvenire per mezzo degli insetti,
autogamia, ciò non esclude che essa possa effettuarsi anche per
del vento. Le piante vivono infatti sulle montagne ‚love domir
venti forti; i fiori uniti in gran numero nell’infiorescenza più
allungata sono pertanto soggetti a scuotimenti che facilitano Peli
.. zione del polline, il quale in tutte le specie da noi osservate di
e sorte da un foro situato all'apice delle teche.
E molto probabile che la deiscenza delle antere per mezzo
poro sia in relazione con questo mezzo di impollinazione; infatti
line ha agio di sortire poco alla volta, quando, cioè, il vento sc
pianta e cosi il processo di impollinazione si effettua grad:
senza contare poi che i flori vanno sbodeiando gli uni dopo gli
senso acropeto. Nelle ricerche da noi fatte è risultato che le an
tengono ancora del polline in abbondanza sebbene da tempo apé
che è appunto in correlazione colla graduale emissione dell'ele
| fecondante. Depongono pure a favore dell’anemofilia la tenden
| dioicismo o al monoicismo, il numero e la disposizione degli st
altre caratteristiche. (1)
(1) Alcuni anni or sono l’Harris avendo studiato la dietribuaiot.
tica dei tipi forniti di antere poricide, dopo aver rilevato che gli stessi
tengono a famiglie svariatissime; fa notare che la grande maggio
specie sono proprie delle regioni tropicali asiatiche ed americane.
La peculiare distribuzione di dette forme sarebbe in rapporto í colla
buzione geografica di taluni insétti pronubi, raccoglitori di polline. |
seguenza di questo rapporto l'A. fa rilevare che i fiori sono per lo più
mente aperti e presentano dor: ‘inario le antere basifisse. Non vi ha l
i queste. disposizioni sono quanto mai adatte a favorire le visite di ce
ma appunto perciö noi faremo notare che le Saurauia si allontana
tipi ad antere poricide per averle anche dorsifisse. Questo "carat!
termina una facile oscillazione delle loggie, mentre mal si concilia. colle
insetti pronubi, i quali non trovano un saldo punto di appoggio |
m obili, costituisce all'opposto un ottimo strumento per la bibi
. mofila. E noi tura eey che esso sia al servizio autaa
Nelle nostre ricerche abbiamo, pei primi, posto in evidenza che
relle Saurauia americane vi hanno due tipi di pollini, l'uno rap-
esentato da granuli piccoli, l’altro da grossi. Abbiamo pure notato
rebbe escludere la esistenza di così profonde differenze nella costitu-
ione del granello pollinico. Lo scarso materiale avuto a disposizione
Ion ci ha permesso di addentrarci maggiormente nell’analisi del sin-
golare fenomeno e non sappiamo pertanto se le differenti forme di gra-
uli costituiscano un carattere specifico, o non piuttosto siano collegate
olle altre particolarità fiorali rinvenute nelle Saurawia.
= Ci limitiamo pertanto a far notare che questo: Genere conta in
imerica, accanto a molte specie decisamente ermafrodite dal punto di
ista morfologico, altri non pochi rappresentanti dioici e monoici, o po-
gami. In altre parole vi ha in moltissime specie una più o meno marcata
ndenza alla separazione dei sessi, per cui non ci recherebbe meraviglia
e si venisse a stabilire che la differente costituzione del polline è in
r lazione con questa tendenza. Sta intanto il. fatto che molte specie
contengono a antere, appareniamente pormat dol granuli poruzie:
non da tutto in accordo colle nostre supposizioni, pure aprioristiche, ©
ulla costituzione del polline in rapporto colla sessualità, merita tuttavia.
richiamar. l’attenzione dei botanici i quali per la loro residenza si
vino in grado di far ricerche su non poche specie americane.
In tempi recenti, specialmente dopo le classiche osservazioni del
Vries sugli ibridi di Oenothera, è stato da più di un autore rile-
to BR, la iahercenzs del cepas pua: e esser na di perar tra forme
do che tale principio è è applicabile anche alle Sauraua ; americane
A
4 pro hal Bolliniet sono pini St Wei p
che ENG, a "si ha notato la singolarità di costituzione delle A
l Me nn (senza tiittayia accennare alla costituzione dei granuli ©
, 0 a rilevarne l’importanza.
ta ST
psi m z } x x i 5 k
Ber | STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD.
le cui specie crescono spesso associate. Ci manca tuttavia la prova
rimentalo, per avvalorare l’asserto, la quale è tanto più necessaria
quanto che, or non è molto, da alcuni botanici americani si è cercato
di sminuire l’importanza dell’ibridismo come fattore di sterilità del
polline. |
È ri pure eg osservare Ta rapporto vi sia tra
stami varia sai ne di una stessa specie e fore anco nei nr:
|’ renti fiori di uno stesso individuo e abbiamo cercato di mettere il feno
i i meno in correlazione appunto colla tendenza all’unisessualitä, poie
gli individui, o i fiori a stami poco numerosi sono quelli che, in gen
rale, tendono a sviluppar l’ovario e a diventar femminei. L’opposto d
casi per gli individui e i fiori a stami numerosi che evolvono verso.
| maschilità. Nessuna osservazione abbiamo, per altro, potuto fare per 8
bilire se nelle forme a stami scarsi il polline si presenti piuttosto gran
; | piccolo, di preferenza pieno o vuoto.
xi Il problema della costituzione fiorale nel Gen. Saurauia, se inte:
| ressa il biologo, ha pure un’alto significato pel sistematico. Ed im
qualche specie venne fondata, più che altro, in base al numero degli
i stami, alla riduzione dell’ovario e alla brevità degli stili (S. Sprucei
` etc). Ora noi abbiamo dimostrato che i criteri sovraesposti non g
-attendibili poichè le specie a stili brevi sono pure rappresentate da to
mme a stili lunghi e ciò pel fatto, appunto, che le forme brevistili
di preferenza dotate di tendenze maschili, quelle a stili lunghi evo
vono verso la femminilità. Noi ignoriamo se i fiori brevistili si trovin
| associati a quelli longistili nello stesso individuo. Dall’esame di sio
esemplari la cosa parrebbe possibile, ma non osiamo affermarlo in m
i reciso, consei che una grandissima. importanza avrebbe la dimostrazi
| tassativa della coesistenza delle due forme di stili in uno stesso
di viduo.
Colla coneretazione dell’unisessualitä si va anche modificando
: tevolmente la costituzione degli apparati vessillari, vale a dire @
| corolla. «Questa, come è noto non ha colori molto evoluti nella s
‚ Tomatis, predominando il giallo, il bianco ed il roseo: oltre. ciò
Prescaia=oteneli variazioni di. grandezza nei differenti tipi, essendo
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 843 °
infatti segnalate delle specie a fiori assai grandi e vistosi (8. Leoi, $.
Spragueana, 8. latipetala ete.), accanto ad altre forme micrante (8.
parviflora, S. orrophila ete.). E si noti che talune forme o specie dif-
feriscono da altre quasi unicamente pei fiori grandi, o viceversa piccoli
p (S. latipetala, S. oreophila, S. pseudoparviflora var. Rusbyiana e 8.
| Rusbyi. Il sistematico è per questo autorizzato a ritenere che le due
forme siano indipendenti, vale a dire rappresentino due specie buone,
ma il biologo ha invece il dovere di domandarsi se la mieroanzia o la
| macroanzia non siano invece collegate, o colla stazione più o meno ele-
| vata in cui vivono i diversi tipi, o con altri fattori, fra cui la unises-
sualità che si va concretando. La uniformità degli apparati vegetativi
A reperibile in alcune specie, che perciò si differenziano soltanto per la
-grandezza dei fiori, deporrebbe in questo senso, ma la prova non si avrà
| che dallo studio del materiale vivente.
a
be
pr
Na
funzione nettarifera o quali apparati di cattura del polline e via dicendo. Noi
li troviamo presenti costantemerte nelle Saurauia americane e probabil-
mente in tutte le specie del Genere, ma non abbiamo dati sufficenti per sta-
bilire se essi compiano un ufficio di protezione rispetto a qualche speciale
organo nettarifero che fino ad ora nessun autore avrebbe segnalato. Qua-
lunque possa esser la funzione di detti peli staminali merita di esser
rilevata l'intima struttura loro, in quanto che venne da noi posto in
sempre fino a contatto della sottilissima cuticola rivestente il tricoma.
Qual'è la ragione di tale disposizione ? Panteggiature sulle pareti e-
scono. piuttosto una rarità e dove vennero rilevate hanno per lo più luf-
i errebbe a mettere in luce una nuova funzione dei tricomi presenti
ell’interno dei fiori, Noi non abbiamo ricerche in proposito, ma so-
e varie specie di Saurauia americane in siti aridi, o per lo meno poco
Nell'ambito dell’apparato fiorale i peli staminali hanno pure un ufficio ©
importante, forsecome organi di protezione al servizio di una presumibile =
‚sterne delle cellule periferiche a contatto, cioè, del mezzo esterno costitui-
spettiamo che le nostre supposizioni non siano fuori di luogo vivendo.
luce che essi presentano quasi costantemente delle numerose punteggia-
. ture sulle membrane, e per di più che tali canalicoli arrivano pressochè
foio. di assorbire acqua (Epidermide di Bambusa ete.). Se pertanto nel =
caso speciale della Saurauia lo studio del materiale vivente portasse a
dimostrare ‘che anche tale è la funzione delle punteggiature staminali si
-
con sit possono penetrare nell’interno dei fiorì En giati a con 4
| quasi sempre ampiamente aperti, fissandosi così sui peli staminali. L'as-
‚sorbimento per parte di questi si effettuerebbe di poi con facilità non
offrendo la sottile cutitola una notevole resistenza al passaggio dei li-
quidi. L’acqua così assorbita verrebbe di poi accumulata negli stami -
più ancora nell’ovario, dove l'anatomia ei ha svelato la presenza di cel
Jule rafidiofore ripiene di mucilaggine e di elementi succulenti che ren-
‘dono polposo il tessuto circostante ai semi. Se, oltre allo assorbimen
di Ji quidi, le punteggiature servano ancora allo scambio dei gas è que
‘stione quanto mai oscura, sebbene la presenza di bolle d’aria nell
terno Si ae peli possa deporre a ei una tale ipotesi.
ER sulla forma del pelo, o reciprocamente, essendo cati più v
rilevato che esse sono quasi sempre localizzate dal lato concavo allo p-
chè i peli sono incurvati. Anche per questo fenomeno si potrebbe.
tare una spiegazione in base alla così detta morfoestesia del Noll,
varie fas.
senza uno studio più accurato delle cellule tricomatose nelle
di sviluppo non si può sperare «li arrivare ad una conclusione plausi-
bile e sicura, |
Poco ei rimane a dire sulla disseminazione e sulla cia
si semi, come sopra è stato detto, sono immersi in una specie di polp l
ce l’ovario stesso ha spesso le pareti leggermente succulenti, di
| che i frutti costituiscono un discreto alimento per gli animali e per. p
mo stesso, essendo stato da taluni segnalato che le bacche di i
specie malesi sono mangiate dagli indigeni di quelle isole. Data una
Coatituzione. è è evidente che la disseminazione zoneora a distanza riese
icurata. Il seme poi essendo riechissimo di cellule rafidiofore, cont
nenti perciò molta mucilaggine, e presentan lo un tegumento a &
Li nai fornite a numerose POWER avaro, può facilmente as
ži
i
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO |
II. — Biologia degli apparati di v getazione.
Se, abbandonato ora il sistema fiorale, ci rivolgiamo allo studio
dell'apparato vegetativo troviamo non poche disposizioni biologiche
quanto mai interessanti. Bee:
Cominciamo la rassegna dai trieomi. Nella parte anatemica venne
posto in evidenza che il sistema pilifero delle Saurauis, si straordina- |
‘riamente vario e polimorfo e talora anche assai complesso, può esser
| riportato, dal punto di vista filogenetico, a un unico tipo che dalla più
semplice espressione (papilla e pelo unicellulare) per successive compli-
cazioni raggiunge, a poco a poco, la forma complessa delle sete barbate,
dei massicci e via dicendo. Non si è del pari mancato di far rilevare
che il criterio del maggior o minor sviluppo del sistema pilifero, sul
quale fanno cotanto assegnamento i sistematici per la classificazione
delle varie specie di Saurauia, sia piuttosto infido pel fatto che il me-
desimo è straordinariamente sensibile all’azione del mezzo esterno, di
guisa che va incontro a notevoli variazioni, non solo da specie a specie, È
ma anche da individuo a individuo, ciò che può facilmente condurre —
il sistematico ad erronee conclusioni allorchè s’aceinge a separare gli
uni dagli altri i differenti tipi. | : H
Molte volte il sistema pilifero si accentua o viceversa si atrofizza
nelle forme viventi in località contigue, per cui ne nascono delle specie
od entità geografiche rappresentative. L'aumento 0 la diminuzione dei
tricomi è collegato indubbiamente al fattore umidità, più o meno domi
nante in una data regione. A priori si potrebbe credere che le forme
viventi nei siti aridi siano più dotate ‘di tricomi: il fatto è vero nella
grande maggioranza dei casi, ma noi possiamo enumerare più di un
esempio in cui i peli si atrofizzano, come conseguenza di una vita in
ambiente arido. In tal caso però si rileva che la pianta supplisce alla
Do deficenza dei trieomi con altri mezzi (ispessimento della cutieola, for
i; “mazione di più strati di epidermide acquifera, sviluppo delle mucilag -
Ria ni ete.) atti parimenti i a salvaguardare le parti contro una perdita
RR ET mali i ae
=~ Intanto per effetto di siffatta tendenza alla variazione, diremo co
~ fluttuante, nel sistema pilifero capita non infrequentemente che una spe-
| cie assuma la fisionomia di un’altra. Noi abbiamo a suo tempo segna-
| jato più di un esempio, per cui qui ricorderemo solo che la £.
assume la fisonomia della ©. pedunculata. Trattasi di veri fenom
= convergenza motivati da una causa oltremodo banale i quali hanno
| tavia portato i sistematici ad erronee determinazioni (S. laevigata
| similata a qualche forma della 8. Yasicae). i +
Se nelle Saurauia viventi in siti aridi grandissima è l’importa
del rivestimento pilifero, come mezzo di protezione contro un’ecee
traspirazione, possiamo, per converso, anche affermare che le cu
particolarità che noi abbiamo messo in evidenza nel detto sistema
biano anche lo scopo di assorbire l’acqua di pioggia, o l'umidità al
sferica.
»
~
Molte. Saurauia americane vivono, è vero, in regioni pinso
che, ma dove si formano abbondanti le così dette Garuas o nebbie
portatrici di umidità; questa, depositandosi sulla superficie della p
«può riuscire utilissima all'organismo, ma a condizione che venga:
bita. Ora è nostra ferma convinzione che la grande maggioranza.
trieomi e specialmente quelli delle specie xerofite siano costituiti
. modo da assorbire facilmente la rugiada, a misura che questa si depo
sita sulla pianta. Depone a favore di questo nostro modo di interp
tare i fatti la singolare barbatura, la pelosità, le papille che riscont
«sulle sete, sui massicci e su altri tipi di tricomi più o meno svilup
| «io. nonchè le. stesse papille, i peli semplici che rivestono da soli, oi
| sociazione ad altri tricomi, Vepidermide delle varie parti della pi A
‘L'esame. microscopico, sia dei tricomi primari, che di quelli second
‘cioè inseriti in un altro tricoma, ci ha dimostrato che ovunque.
Rasa tali appendici presentano, per lo più, una cuticola straordi
mente sottile; inoltre le cellule epidermide, in corrispondenza dei
= sono fornite, al pari dei peli staminali, di punteggiature numerose;
Ci
si aa poi diventano: sera evidenti alla base dei peli nen i
im come organi suli sono spesso sdoppiate, questio non
piata l’intera epidermide. Si aggiunga ancora che molti peli cont
delle cellule mucilagginose rafidiofore alla loro base, vale a dire
an siedono degli. elementi quanto mai adatti a trattener l’acqua ha
»: massicci e sete hanno anche le cellule superficiali attraversate. da
ma BEN per le Ha tutti quanti gli elementi del: mé
la cuticola è sottile in tutto l’ambito del tricoma, fatta qui eccezione
per la base, e ciò evidentemente allo scopo di impedire che l’acqua
assorbita dall’apice del pelo venga di nuovo a sfuggire dalla base
questo: da ultimo i peli sono in particolar modo abbondanti lungo
nervature fogliari, cioè lungo le linee dove più a lungo, per ovvie
| gioni, deve soffermarsi l’acqua piovana, o dove questa si raccoglie
| maggior copia.
Noi siamo pertanto in presenza di organi a doppio ufficio i quali
prio, da; un lato proteggono la pianta contro la perdita dell’acqua, dal-
. l’altra hanno il compito di assorbire l'umidità atmosferica che si fissa
alla superficie della pianta, o Ne goccie di pioggia le quali vengono fa-
cilmente trattenute in mezzo al fitto feltro di peli primari e secondari.
Non si potrebbe spiegare altrimenti la ‘singolare struttura dei peli
delle Saurauia e noi crediamo adunque che gli stessi appartengano al no-
vero di quelli illustrati dal Volkens, dallo. Schimper, dall’ Haberlandt e
dal Lundstrom nei loro studi sull’assorbimento dell’acqua per parte dei
tricomi. La grande analogia che i tricomi delle Saurauia hanno coi
peli del Cerustium- mollissimum, sui quali ha richiamato l’attenzione il
Correns, ci induce a sospettare che anche questi peli, pure dotati di pro-
minenze laterali, abbiano l’ufficio di assorbire acqua (1), per quanto il
Correns non sia di tale avviso a causa della cutinizzazione della base
dei tricomi.
A riguardo dei trieomi rimane ancora un’altra questione EN
insolnta e che richiede pure il controllo sul materiale vivo. Molte Sau-
uia presentano, come è stato più volte rilevato alle ascelle delle ‘ner
ature secondarie e talvolta anche di quelle di 3° ordine, in eorrispon-
nza della faccia inferiore del lembo, dei ciuffi di peli. Questi per la
abbondanza, per il loro sviluppo e per esser alquanto differenti da
uelli pata sana le altro T DIA Rena ricordano i | i tricomi dei do- *
si fanno: Velia ORA Portals, Gini; PREC Canna-
Papilionacee, Melastomacee, Umbellifere, C mposite, Apocinacee, Amaran-
acee ed altre famiglie, i i cui rappresentanti vivono spesso in siti aridi, (v.
ae zn a en
mazi di non poche piante. Sj tratta per lo più di peli stellati
rami, che noi abbiamo contrassegnato col nome di peli flagelli,
adatti a compiere ufficio di peli assorbenti, grazie al piede cos
da più cellule accollate e ricche di punteggiature. La sede di sil
| peli sarebbe quanto mai adatta per far assorbire l’acqua che corre
le nervature, ma la stessa ci sveglia il sospetto che i peli in que
abbiano una più intima relazione colla presenza di domazi, di pai
o di simbionti. |
Le poche ricerche instituite al riguardo non ci hanno rivelato
presenza di organismi alla superficie della foglia, ma ciò non to
uno studio più accurato, in ispecie sulle piante vive possa rivelarli.
intanto il fatto che i peli flagelli, nelle forme barbate alle ascelle
nervi secondari, sono pressoch® costanti in tutte le foglie, di gu
alcuni autori li hanno presi in considerazione per stabilire liden
una data specie (S. barbigera). Qui sarebbe il caso di domand
il carattere è veramente specifico, o se i tipi affini a quelli
alle ascelle, ma privi di siffatti peli, rappresentino soltanto dell
rietà o forme, o non siano che degli individui depilati alle 1
nervi per cause accidentali, o per la mancanza di quegli organ
rassiti o simbionti che provocano le barbature delle ascelle, i
‘ed altre analoghe formazioni. La risposta non è tanto ovvia e
ci siamo trovati più oltre perplessi di fronte alle conclusioni ©
vevano trarre, ni;
. Come fenomeno abbastanza singolare è duopo far rilevare
lorquando le brattee fiorali, per ragioni che ci sfuggono, si svili
esageratamente ‚liventando fogliformi, il che si verifica con =
| frequenza nel nostro genere, esse portano quasi mai i fascetti ll
i alle ascelle delle nervature, sebbene le foglie normali ne sia
Questo ci indurrebbe a ritenere che la costante presenza di
ascelle delle nervature, in alcune specie, sia un fenomeno #
mente acquisito, per eui la mancanza degli stessi alle ascelle ©
delle brattee fiorali non significherebbe altro che il ritorno &
| dizione di cose normali primordiali. we
see L'abito xerofitico delle Saurauia si rivela anche, ©0
| stato detto, all’epidermide a più strati, alla cuticola talora 18
dicendo. © ©‘. ul )
N
altri tipi di cristalli d’ossalato di calce sono straordinariamente diffuse
nel fusto, nel piceiuolo (borse) e negli altri organi delle piante (cel-
Jule rafidiofore e cristalligere), tanto che noi vediamo comparire i rafidi
anche in quelle parti che nella grande maggioranza delle piante ne
sono sfornite, quali sono i tegumenti seminali e le teche staminali; per
‘Quando trattasi di rafidi questi possono esser semplici (unici)
o ammassati; in questo secondo caso il fascio si mostra avvolto da
na mucilaggine, nel primo i cristalli (stiloidi), pure immersi spesso
nella mucilaggine, sono, per lo più veramente colossali per cui anche
„ie eellule acquistano delle dimensioni indubbiamente enormi, come è-
stato osservato in molte foglie, dove talune cellule rafidiofore attra-
versano a tutto spessore il mesofillo, rendendosi così quasi visibili ad -
occhio nudo e determinando una speciale ruvidezza delle parti che
e contengono. Non vi ha dubbio che in siffatti elementi riechi di mn-
cilaggine la pianta trova le condizioni per trattenere una grande quan-
tità di acqua; ma se questa condizione di cose. può. giovare eminente-
mente all'organismo vivente in siti più o meno aridi, il modo con cui
son disposte le cellule rafidiofore nel parenchima fogliare ci indica anche
che, oltre al trattenere acqua, le stesse servono anche ad attingerla dal-
esterno e quindi giovare ancor di più alla pianta. È stato infine più di una |
volta ssi che le seltala pedine contenenti pat) i più un unico
ENER della faccia superiore del lembo stesso in di ingl bila.
warme en Aarkrando: fin sotto la SUROAIA Qualche volta ci è persino
uh sua suini per aprirsi SATIRE
he. lo studio” di. cosi euriose formazioni non abbia potuto |
materiale vivo, abbiamo tuttavia ‘conegpita la persuasione
a fare ton. Sa toda affatto singolare, per l’assor
che cade sulla foglia e la lade I si tina
te a contatto dei pori probabil- _ |
| gine nni l’esile cuticola la quale non è in fee di
notevole resistenza alla diffusione.
La grande ricchezza di cristalli di ogni forma nelle Saura
indica anche che il ricambio fisiologico in queste piante deve effe
secondo determinati principi: essa indica parimenti che la pianta
. vale dell’ossalato di calcio come difesa contro il morso degli an
in base a quanto ebbe ad osservare lo Stahl in altre piante p
“nite a dovizia di ossalato ealeico. Ed è appunto nelle grandi
‚delle piante viventi nei siti aridi che noi troviamo veramente
| nente il ee Babe aa eristati di ogni a: a quanto le ini
nel siasi e noi sappiamo pure che là dove ha liogo isp
- delle epai cellulari è moe a reperirsi lossalato. di rn
stoni di Padhane Dunque riesce abbastanza spiegata, dal p
| vista dei fattori determinanti, la presenza dell’ossalato calcico
-blasti mucilagginosi. A priori non si può tuttavia dir nulla
circa il supposto ufficio meccanico di siffatti cristalli, Lins ;
‘quasi contro a una tale interpretazione la friabilità dei ©
Ba vn: aver presenta che il grande numero loro e
w v. in proposito il lavoro di A. Schneider: The EN fun
cium oxalat crystals in plants in Bot. Gaz. XXXII 1901, assegnan
da tore una funzione meccanica a tali cristalli.
A,
x
|. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
una forza meccanica, ad un tempo elastica e resistente, non del tutto
trascurabile; in secondo luogo è duopo considerare che se in seguito
alle brusche o esagerate torsioni cui può andar soggetto il lembo (per
il vento od altri fattori) può capitare la rottura di uno o più rafidi,
ciò non toglie che questi non possano ben tosto rimarginarsi per de-
posito di nuova sostanza eristalligera. La presenza di cristalli defor- ;
mati nell'interno di molte cellule lascierebbe supporre che cristalli stati
rotti possano realmente rimarginarsi, ma a questo riguardo occorrereb-
bero esperienze dirette per assodare il fatto.
; È d’uopo intanto menzionare che le cellule rafidiofore, quando sono
| allineate in serie, possono fondersi in un’ unica cavità, previa distru- |
zione delle pareti trasversali di separazione. `
Infine vedremo ben tosto nelle conclusioni che la presenza di cri-
stalli nelle foglie delle Saurauia può aver un significato filogenetico di
non poca importanza, per cui, se dette formazioni da una parte rap-
presentano delle disposizioni biologiche, dall’altra costituiscono un re-
perto che il sistematico non deve trascurare.
Per quanto riguarda le altre particolarità anatomiche poste in evi-
denza nei differenti organi delle Saurauia poco abbiamo qui ad aggiun-
gere: perciò ci limitiamo a far rilevare soltanto che la presenza di un
fascio inverso midollare nel pieeiuolo mentre da una parte è in rapporto
vol processo di assimilazione (che nelle grandi foglie di piante viventi in
| siti tropicali è sempre intenso, per cui si richiedono numerose vie di
conduzione, in specie centripeta) dall'altro è collegato con peeuliäri con
-dizioni di indole filogenetica sulle quali più di un autore che si è de-
dicato allo studio dei pieeiuoli avrebbe insistito.
Cenclusioni.
Ha abbastanza a; ma accanto Sh un alito mono-
tona noi troviamo pure delle piccole variazioni strutturali e queste
oa ripo invaginato, o infine aio costituito in un modi
. nell’altro.
(ASTA il carattere dei soauli polliniei non col
| sempre con quello che ci viene offerto dalla costituzione fogliare; pi
‘mento caratterizzati e distinti.
«Caratteri di non poca aporia ci hanno offerto i tricomi,
forme di tricomi ent le une dalle altre derivate, di |
che il sistema pilifero, king, più che a separare la specie, vale a
— _ fratellarle.
meno iiia dei caratteri ppi del valore sistemai
di ognuno di essi; qui vogliamo solo far rilevare che le ricerche.
5 rimentali sulla mutazione e sulle varietà fluttuanti se hanno p®
molta luce sui ‘problemi filogenetici e su quello della specie. non h
tuttavia risolta la questione dei limiti di quest'ultima, per cui is
tici. continueranno a considerare la specie con criteri loro propri;
biettivi e ritenendo per lo più come entità specifica buona ogni
che per habitat, per area sua di distribuzione differisca da un pio
caso er delle Saurauia la distribuzione delle varie forme su
| a e dll specie Hasen, caratterizzate, fra ‘l'altro e gui à
dal maggior o minor sviluppo dell’apparato tricomatoso.
s Per naet a altri ‘caratteri che ci offre ba aupa fc
nostro genere — come ni, resto in bl altri. e epinome
i > Bee alle classi più basse del regno Lia
LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
perficie della pianta è per lo più maggiormente differenziata rispetto
alla costituzione interna. Quante varietà di forme esterne ‘nelle. alghe
e quanta uniformità nella interna struttura! Ciò dovrebbe indurre i
botanici a ritenere che non sempre la mutazione o la variazione (per '
attenerci a un concetto più vasto) è motivata da cause esclusivamente
interne poichè se così fosse non ci sarebbe ragione che varii più la su-
perficie o costituzione esterna morfologica del vegetale, anzichè la co-
stituzione interna, o anatomica. Il mezzo esterno adunque deve aver
anche la sua parte, e forse più grande di quanto ammettano taluni, nella
ereazione delle specie. E poi se il mezzo esterno non avesse un’azione
| preponderante rispetto al mezzo interno o costituzionale della pianta,
o per lo meno non ne avesse una uguale non si dovrebbe trovar diffe -
renza di sorta nella distribuzione dei tipi alla superficie del globo.
All’ opposto vediamo che le specie tendono aumentare ‘dal polo al- |
l’equatore (sia in numero assoluto che relati vo) e che P equatore è la “n
vera sede delle forme e dei tipi più singolari ed aberranti, il che indica
che un mezzo quanto mai favorevole alla vita ha pure eccitato questa
a manifestarsi sotto modalità diversissime che costituiscono appunto la
ragione precipua della esistenza, o della comparsa delle specie.
Premessa questa ‘breve digressione se torniamo ora alla rassegna
dei vari caratteri reperibili nelle Saurazia vediamo che una somma
non indifferente di piccole caratteristiche divergenti si rinviene nei eri-
| stalli di ossalato di calcio, nella costituzione del fascio vascolare del
‘ picciuolo, nel sughero, nelle borse mucilagginose del pieeiuolo, della
| corteccia del libro e del midollo del fusto, nella guaina periciclica sele-
rosa, nella costituzione del legno e del midollo e via dicendo. Il si-
stematico potrà spesso far assegnamento su una o su parecche di esse
| nella discriminazione delle varie forme. ed invero nelle nostre ricerche,
‘colla scorta dei sopracitati criteri, abbiamo: potuto metter in evidenza
b poca affinity di certi tipi ritenuti dai nostri protonen f come iden-
tici fra loro, o o ‘similari (ad es. S. laevigata es. Yasicae).
ee a mentre da altri, fn ‘cui l’Hallier, inglobato in quello delle
Ternstroemiacee „an uni e gi altri hanno cercato i criteri Mena
‘tassinomici nella morfologia e più specialmente nella struttura fic
poco o punto essendosi essi preoccupati della costituzione morfol
anatomica delle altre parti. Ora sarebbe il caso di domandarci se quei
non posa canvalonate piuttosto il concetto degli uni, anzichè quello
Per risolvere, o per lo meno dilucidare il problema, è duogi
lizzare pas e ua caratteri sag ” Sanna in comune
| La struttara delle specie che costituiscono le Dilleniaceae ci è nota
“grazie alle ricerche di Vesque, di Steppuhn, di Miiller, di Gilg, di B
lon, di Solereder, di Hitzemann e di altri autori. 3
Nelle foglie si trovano come caratteri comuni colle Sau auia
| seguenti particolarità: la struttura è è per lo più dorsoventrale o bifaciale;
nel parenchima fogliare abbonda l’ossalato di calcio, e questo si pi
senta: costantemente sotto forma di rafidi che rendono talvolta ruvi
la superficie (Baillon): i tricomi hanno forma di scudo, di ammassi
bati, di papille, di peli stellati, mentre non si presentano mai soti
forma di peli secretori: i peli stellati poi mostrano spesso i singoli T:
unicellulari e forniti di un piede bruscamente ripiegato ad- angolo
%
sul ramo libero.
Per quanto riguarda l’asse si nota che nelle Dilleniaceae il sug!
nasce sotto l'epidermide (Dillenia); le cellule sugherose sono sottili,
un po ispessite dal lato interno ( Tetracera): il tannino abbonda”
corteccia e nel midollo: la corteccia è. abbastanza nettamente ©
scritta per la presenza di una guaina selerosa pericielica continua,
mista (Dillenia, Tetracera secondo Hitzemann): nel midollo vi I
delle caratteristiche cellule seeretriei allungate: i vasi sono assai
isolati e presentano dei
setti obliqui scalariformi, mentre poi i P
sen shima che
li circonda presenta delle punteggiature arcolate (E n
‘raggi midollari legnosi sono variamente larghi, constando talora d
rie di cellule (Acrotrema), e contengono molto tannino: inoltre I
a dei raggi sono allungate nel senso dell’asse, per quanto non
en mai una notevole altezza, il che è indizio di una eostit
LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
nica (ve Boot Studies in fossil. Botany. London -1909); il m
legnoso infine è poco sviluppato.
Accanto a questi caratteri di affinità troviamo le seguenti caratte-
istiche differenziali. Nelle Dilleniaceae le pareti laterali delle cellule-
idermiche sono spesso ondulate; nel parenchima fogliare si notano
lora delle cellule sclerose, ramose che vanno da un’epidermide al-
l'altra (Hibbertia); i fasci vascolari fogliari sono spesso eoneentriei (1;
a silicizzazione invade spesso i contenuti cellulari (Davillaea) e le
llule ssilicizzate si aggruppano attorno ai tricomi. Per quanto riguarda
l fusto osserviamo: che vi hanno spesso delle cellule secretici a con-
tenuto speciale ed a pareti selerosate (le quali però furono negate dal
ilg): che abbondano spesso le cellule pietrose, isolate o in gruppi (Ou-
‚ratella e Davillea), le quali però, occorre notarlo, sono pure reperibili,
none n un e ee nelle Saurauic; nr il molla N, esser
ne fra cilindro centrale e corteccia; che il sughero può formarsi più
Leno ER ‘nello ne dehas ana dag se-
e E i
5 Esisterebbero ancora altri caratteri di divergenza, o TERE di
can onie DEBIR ma ie non vennero presi in consi-
) Tali è aono dia ire NE SE Wa ieoi Dar
Eon
856 STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘‘ SAURAUIA ,, WILLD
pa): l'epidermide è spesso papillosa ed inoltre molte volte rafforz
ipoderma: l’ossalato di calce è frequentemente in forma di rafidi ,
gravia) o di stiloidi (Pelliciera): i peli sono unicellulari, sem
(Camellia), o pluricellulari ramosi, talora stellati, mentre mai assi
il tipo ghiandolare: qua e là nei varii rappresentanti della Fan
incontrano dei cuscinetti suberosi, localizzati per lo più sulla |
inferiore della foglia (Camellia, Eurya): abbondano le'seerezioni
sotto forma di mucilaggini: il legno consta di vasi i quali pre
setti obliqui, per lo più scalariformi, mentre ci rivelano la p
punteggiature areolate (Marcgravia) o semplici, ma con tende
l’areolatura, lungo le parti longitudinali (Cariocar): questi due tip
punteggiature sono pure presenti nel prosenchima del legno: il
si forma per lo più dallo strato sottoepidermico; il pericielo, i i
circoscritto da una guaina sclerosa mista o continua che lo separ
corteccia.
Per quanto concerne più particolarmente la struttura dolo
parti si osserva che nelle foglie, stando ai lavori di Solereder, V
Iuel, Blenk ed altri, che però analizzarono solo poche forme; i
fillo è bifaciale, il palizzata colonnare, lungo o breve (Maregra
un solo strato (Gordonia), l'epidermide fornita ‘di pareti. diritte
volta sdoppiata (Pelliciera). Aggiungasi ancora che i nervi sono ace
pagnati da sclerenchima, l’ossalato di calcio è in forma di rafidi
da mucilaggine, i tricomi mostransi allo stato di papille (Ca
lunghe cellule (Gordonia), v sono stellati, o infine si presentat
forma di ammassi pelosi, mentre non sono mai secretori, Be
presenza di peli ghiandolari sia stata ammessa dal Wittmack
per altro aver confuso con questi le produzioni sugherose.
Il fusto fu studiato da Solereder, Molisch, Hi tzemann, ed
quali hanno rilevato che i raggi midollari sono spesso larghi
lule in serie tangenziali nella Noranthea); che le pareti Jon
dei vasi hanno: ‘punteggiature areolate o semplici, ma con
l’areolatura, almeno là dove i vasi ven gono a contatto. colle ce
prosenchima legnoso ( Cariocar); che i setti obliqui dei vas
di punteggiature scalariformi (Ternstroemia, Freziera, Cley
i che il parenchima è poco o punto sviluppato, mentre il prosen
= bonda e presenta delle pinteggistare get od. areolate ur nn
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
nelle Ternstroemia, Eurya ete il fellogeno è sottoepidermico, e le cellule
spessite talora dal lato interno (Cleyera), o sottili (Stuartia): che esiste
| pure il felloderma (Aaploelatra); che il pericielo è seleroso alla periferia
| per la presenza di un anello unito, continuo, cogli elementi molto ispes-
siti.(Ac‘ynidia, Freziera, Eurya); che il midollo contiene, alla periferia,
delle piccole cellule le quali evidentemente, secondo noi, corrispondono
agli elementi della zona perimidollare delle Saurauia (Stuartia e Ca-
mellia), mentre al centro è formato da grosse cellule; che frequente è
la comparsa di cellule pietrose nella corteccia, isolate o in gruppi; che,
È infine, si trovano dei canali secretori nel midollo, nella corteccia primaria
(Bonnetia, Kielmeyera, ed altre), e persino nelle parti esterne del libro
(Caraipa, Mac'urea), oppure degli otricoli rafidiofori (Maregravia) e
cellule cristalligere. i
Per quanto concerne i canali secretori è dubbio che ci sia una
reale identità, o per lo meno rassomiglianza colle Saurauia, avendo
noi altrove fatto rilevare come dallo studio di dette formazioni in questo
Genere, (per quanto sia ovvio che ricerche fatte su materiale essiccato
‘e scarso possano spesso condurre a conelusioni siamo stati mal fide)
indotti a ritenere che abbia luogo fusione di elementi dapprima sepa-
tati, il che farebbe escludere che le formazioni in questione sieno date da
semplici cellule rafidiofore mucilagginose come vorrebbero alcuni autori.
Se passiamo ora allo studio dei caratteri differenziali troviamo
che nelle Ternstroemiaceae i fasci sono spesso immersi nel parenchima
i liare rar mentre sono N ir N ramose è aelanse
lirette e più o meno iu (Blenk).
A riguardo degli sclereidi er Plorar il singolare rapporto n
calce è e un ik di CERAR il dia però a causa della pre-
nza del calcio è è pure in uno stretto rapporto colla formazione delle
embrane cellulari. Queste riceverebbero il materiale per l’ispessimento
| strati dai pectati di calcio. (o da altri sali solubili di questo corpo)
lanti nella pianta, ma mentre le sostanze pectiche si depositerebbero
seno alle membrane la calce si unirebbe ai sali deil’acido ossalico,
atisi sotto l’azione. del metabolismo cellulare, rendendoli così inso-
loro collegati da un intimo nesso fisiologico, grazie la er g
possono sostituire vicendevolmente gli altri.
Tornando ora ai caratteri differenziali troviamo che nelle
stroemiacee è piuttosto rara la comparsa di un palizzata ramoso
raro a rinvenirsi nelle Dilleniacee), frequente invece la presenza |
cilaggini nelle cellule epidermiche (Zurya, Freziera) ed ipoderu
(Bonnetia), o nel mesofillo (Bonnetia). Molte specie portano alla pa
‘inferiore del lembo delle ghiandole nettarifere (Marcegravia, Nor
o contengono nel parenchima stesso degli elementi secretori e de
vità resinifere, spesso però inglobate nelle nervature maggiori (i M
gravia).
Fra i caratteri differenziali del to o della foglia rileve
cora: che il sughero può formarsi dall’epidermide, o dalla cortece!
terna, o dal periciclo (Camellia); la-guaina selerosa pericielica può
coin o viceversa costituita da fibre isolate: la struttura della
è talora centrica (Pelliciera): le foglie si mostrano talora dimorfe (1
gravia) e contengono solo cristalli in druse o altrimenti for m
non già rafidi (Ternstroemia, Camellia): i peli, stando almeno all
il ER DI è sviluppato (Stuartia): il iron sl
tramezzato (Cariocar): u sughero pra esser fatto di strati di cell
uu esser solo variant snberificato (Kielmeyera): il ‘midollo
Vase PERA é libera talora, al a della cortogni&y
Ro sentai EEE, alla lu da si RPS al centro
sottili (Actinidia). A riguardo di quest'ultima disposizione: ei
di far rilevare che in molte Saurauia può incontrarsi la 8
sizione allorchè il fusto esaminato non ha raggiunto lo stato adul a
do noto che nelle en giovani, l’ispessimento della parete delle
m ollari, il Asa ha luogo pressochè Verna N dalla pe
riferia verso il centro,
Ben ponderati i fatti si può coneludere che le Ternstroemiacee a-
vendo molti caratteri di affinità colle Dilleniacee debbono di necessità
presentare anche una certa analogia di costituzione colle Saurauia, ma
queste ultime rivelano senza dubbio una maggior copia di caratteri comuni
colle Dilleniacee. Esse sarebbero quindi delle forme di passaggio dal-
un tipo all’altro; ma più intimamente imparentate con quest ultima
Famiglia.
Le conclusioni di indole generale che si possono ricavare dallo
studio biologico delle specie sono poche. Il polimorfismo del sistema pi-
lifero ci dal parecchi ragguagli sulle condizioni di vita cui stanno sot-
toposte le varie specie, ma nello stesso tempo ei dimostra quanto sia
complesso il problema della specie allorchè esso si impernia su carat- ;
teri cotanto labili quali sono quelli che ci offre l'apparato trieomatoso ;
di rivestimento e di protezione. | Li
Prima però di chiudere la presente rassegna anatomica compara-
tiva dobbiamo far' rilevare che le caratteristiche segnalate dallo Step-
puhn e da altri autori nei vari Generi e tribù di Dilleniacee non co-
stituiscono un reperto sicuro di diagnosi differenziali. Tutti gli autori,
ma in particolar modo lo Steppuhn, hanno avuto il torto di studiare
una Famiglia molto estesa fissando l’attenzione su un numero di specie.
troppo limitato, in particolar modo per quanto concerne il gen. Sau
rauia. Di qui è venuto che i i caratteri specifici riscontrati valgono unica
mente a distinguere le specie esaminate; non già l’intero Genere. Molti
dati poi di altissima importanza, come, ad esempio, la struttura del po i
line, la costituzione del palizzata nelle varie specie di Saurauia son
| del tutto sfuggite agli autori in questione che hanno solo preso in consi-
= derazioni pochi tipi e spesso soltanto malesi (Steppuhn). Non si p
neppur escludere che la mancanza di taluni organi, come ad es. del
5 Vanello seleroso nel fasto, sul quale carattere più di uno ‘ha insis
lità wen unicamente in un p
NOTA
Per una questione di priorità.
Nel 1895 uno di noi PUAA anr nella Malpighia i s
Studi sui © pani di oaingo di calcio > taali, basati sull’ imp
lei casi divora esser di natura Liù aniic cellule ;
argo so Nar vi da dubbio che il Kobl ignorava le e peet
a o constatare dk le dotto giaine, a seconda delle specie studiate
lorano coll’uno o eoll’altro di detti reattivi, indicando così la l
tura mucilagginosa pectica, o callosica. E si noti che le osservazi
Buscalioni, se non si riferiscono alle specie state studiate dal
iguardano però non. poche monoeotiledoni. Ad ogni modo possa 2
esser di, natura protoplasmatieo l’involuero perieristallino dei
mpre il fatto pib esso fu se dal Buscalioni en
l ti dar 1899 i a oi e Zalenski palbliceva no
, menti \un loro lavoro dal titolo « Ueb. ‚eine besonde
| pub licazione del Busealioni. Anih qui appare Manifesto che i suddetti
kdr ne ignoravano lesistenza, poichè accennando ai veli perieristal-
lini dei rafidi vengono alla conclusione che gli stessi sono di natura
cellulosica (in largo senso) anzichè protoplasmatica, e talora poi persino
suberificati.
Essi hanno dunque confermato pienamente le opinioni del Busca-
lioni senza preconcetti e quel che più monta anche senza conoscere un
altro lavoro di quest’autore, dal titolo « Un nuovo reattivo per listo-
logia vegetale (Malpighia 1898) ». Ed invero i sigg. Rothert e Zalenski,
credendo di esser stati i primi a metter nettamente in evidenza invo-
lueri perieristallini di natura suberosa accennano, di sfuggita, ai lavori
dei predecessori sull’argomento, più che altro per dimostrare che questi
| non avevano che sfiorata la ‘questione. Ora a pag. 13 del sopra ricor-
dato lavoro il Buscalioni (non citato dal R. e Z.) dimostra come nelle
Agave, nelle Funkia e nelle Aloe le cellule eristalligere abbiano ap-
punto una membrana suberosa poichè fissano energicamente il Sudan III
© Gili autori in questione sono poi caduti in errore affermando che
le guaine perieristalline non possano, che difficilmente, esser rilevabili
nei preparati in cui siano sezionati trasversalmente i pacchi di rafidi,
| poichè le stesse facilmente si rompono. Se essi avessero, come il Busca-
lioni, fatto uso dei sali di rame per metterle ia evidenza avrebbero
constatato che si possono con tutta facilità ottenere dei preparati. mi-
eroscopiei quanto mai dimostrativi (in specie se opportunamente colo-
rati) di dette guaine, anche colle sezioni trasversali delle- cellule rafi-
diofore. Le tavole annesse al lavoro sull’ossalato di calcio del Bus ai ;
lioni ne sono la prova; del resto R. e Z. non citano neppure il Kohl
che di detta guaina si era occupato arrivando a risultati ben differenti
dai loro. Per converso si soffermano a lungo per combattere l'opinione
del Payer che aveva trovato delle ipotetiche guaine sicilizzate attorno
s Emani; e che perciò appunto era già stato combattuto dal Buscalioni.
0. Nel lavoro dei sigg. Rothert e Zalenski si discute se le cellule
fidiofore molto allungate | siano ‘divenute tali sotto la spinta dei eristal
in via di accrescimento. Gli autori, dopo aver riportato le opinioni
quanto controverse dei. predecessori, concludono che l’esagerato acer
i seimento di dette cellule & ‘inerente all’attività del protoplama ed indi
Lc; Bas de) dalla presenza. dei cristalli, A conferma del loro asserto
` o
362 STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUIA ,, WILLD.
essi fanno -rsservare: 1° che le estremità delle cellule cristalligere sono
spesso separate per mezzo di uno strato protoplasmatieo-mueilagginoso
dai cristalli inclusi i quali perciò non possono premere sulla membrana;
2° che molte volte le cellule eristalligere hanno finito di crescere quando
ancora i cristalli endocellulari si allungano; 3° infine che la eccessiva
lunghezza delle cellule cristalline (che può raggiungere 1 mm.) dipende
unicamente dalla circostanza che siffatte cellule crescono senza divi-
versi, mentre quelle circostanti, raggiunto un certo sviluppo, si seindono
in due cellule figlie.
Qui:non è più questione di priorità e noi non mettiamo in dati
che l’ipotesi degli autori russi sia giusta, almeno in molti casi; però —
non possiamo far a meno di notare che la conclusione ci pare alquanto
nebulosa. Non vi ha dubbio che, in ultim analisi, sia sempre il protos |
plasma (in largo senso) la parte della cellula che regola l’acerescimento
di questa, salvo ben inteso i pochi casi dì distensione degli elementi
effettuata a spese di cellule vicine, ma non possiamo per altro eselu-
a ii
dere che talora il contenuto endocellulare — anche di natura non
smatica — rimanga non del tutto passivo nel fenomeno dell’ acere= ;
scimento.
Noi sappiamo che nelle cellule cristalligere, oltre l'elemento vivo,
si trovano dei corpi, quali le mucilaggini, che per la loro natura pos-
sono assumere acqua e distendere le cellule; inoltre si incontrano o We
arrivano i componenti dell’ossalato caleico i quali accumulandosi — sia
pure per attività del protoplasma : — riescono del pari a distendere le a
cellule, in specie per il loro potere osmotico.
È chiaro adunque che nel caso di accrescimento delle cellule eri-
stalligere-mucilagginose noi non possiamo far astrazione dei contenuti
sopra ricordati, quali fattori di-acereseimento. Le prove vennero @ noi
fornite dalle Saurauia, le cui cellule eristalligere, quando nascono ino
seno al mesofillo, erescono al punto da ocenpare non solo tutto lo spes:
sore di questo tessuto, ma da riuscire ad insinuarsi fra le cellule epi
dermiche . raggiungendo la cuticola che talora sollevano. Un così esage-
rato sviluppo non è reperibile nelle cellule a mesofillo, le quali poi non
si insinuano mai fra gli elementi dell’ Į ide, di guisa chè è duop?
ammettere che i cristalli da soli o in unione alla mucilaggine deter
cessi vo ia collare: di infatti molte Volta: le pins di
dei crista li raggiungono la cuticola ! Si
| Ricorderemo ancora che se i sigg. R. e Z. avessero letta la me-
moria del Buscalioni sai cristalli di ossalato caleico avrebbero trovato
nella stessa non pochi dati a riguardo della specificità delle cellule cri-
‚stalligere, avendo il Buscalioni riscontrato nelle stesse delle sostanze `
sui generis capaci di fissare i sali di rame, le quali funzionano come
centri di formazione dell’ossalato caleico.
Infine per quanto concerne la distinzione fra cellule a rafidi e cel-
lule a pseudorafidi stabilita da Rotherst e Zalenski noi osserviamo solo
he la stessa è buona, ma di difficile applicazione in moltissimi casi,
LARIO A
li occorre menzionare quelli delle Saurauia.
=
È STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN, © SAURAUIA ;;
LETTERATURA DELL'ARGOMENTO
Baillon — L’Anat. d. Dilleniac. in Adansonia VII 1866-67 e C. R. 1867
Buscalioni L. e Muscatello G. — Studio monografico sulle specie amer
gen. Saurauia Willd. Malpighia 1912-13. (In quest'opera.
| colta la letteratura dell'argomento, anche per quanto co:
Haberlandt — Physiol. Pflanzenanat. Leipzig. 1876. i
Harris Art. — uhe deiscence of anthers by apical pores. Missouri "Bot.
1905 (XVI R.)
Hitzemann — Vergl. Anat. d. Ternstroemiaceen. Dissert. Kiel. ‘1886.
Juel — Anat. d. Marcgraviaceae. K. Sv. Akad. Hardling. 1887.
Kunth — Handb. d. Blütenbiol. Leipzig. 1898.
Möller — Rindenanat. 1882,
Id. — Holzanat. Denkschr. d. Wien. Akad. 1876.
Id. — Engl. Bot. Jahrb. Bd. II. I
Pitard — Caract. Anat. generaux d. Ternstroemiacees. Act. d. 1. Soc
Bordeaux T. VII LXXI. i
Radlkofer — Abhand. naturwiss. Ver. Bremen VIII 1893.
Solereder H. — System. Anat. d. Dicotyled. Stuttgart. 1999.
Id. °— Holzstruetur 1885.
Steppuhn — Vergleich, Anat. d. Dilleniac. Bern. 1895.
Szyszylowiez — in Naturl, Pflanzenfam, (Engl.) III 1883.
- Vesque Eurya. — Bull. Soc. Bot. France 1895, ne
| Wittmack — Maregraviac. Verh. d. Prov. Brandenburg. XXI 1879.
| PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE, MUSCATELLO,
SPIEGAZIONE DELLE FIGURE
TAvOLA: V
Fig. 1 S. scabra Poepp. Cellule ‘dei raggi midollari legnosi fortemente punteg-
>;
>
>»
>».
D.
>
n
>»
>
giate. Ob. E oc. 2 Zeiss.
2 S. pseudoleucocarpa Busc. Peli staminali. curvi con. le punteggiature dal
ato concavo. Ob. E oc. 2 Zeiss.
3.8. Weberbaueri Bosc: Peli staminali colle pareti munite di punteggiature
lineari oblique. Ob. E oc. 2 Zeiss.
4 S. Smithiana Busc. Cuscinetto peloso del picciuolo. Ob. CC. oc. 2 Zeiss
sh ‚pseudoparviflora: Bus’. Seta semplice rafidiofora della. foglia. Ob. AA
oc. 2 Zeiss. (A Cellula rafidiofora). i
6 S. aequatoriensis Sprague var. gibbosa Busc. Epidermide della pagina
superiore della foglia fatta di più strati. Palizzata colonnare. Cel-
lula rafidiofora; a direzione anticlina, penetrante nell’epidermide. Ob,
CC. oc. 2 Zeiss. i
7.8. Waldheimia Busc. Seta. uniformemente pelosa, rafidiofora, rigonfia
sopra il punto di impianto all’epidermide del picciuolo, Obb. AA
| 0c. 2 Zeiss
88. Hsibeldiiona Busc. var. Bomplandiana Buse. Peli vescicoliformi
della foglia. Ob. CC. oc. 2 Zeiss.
9 S. rubiformis: Vatche. Tricoma pluricelulare ramoso; segnante il pas-
saggio alla seta (foglia). Ob. CC. oc. 2 Zeiss.
‘10.8. tomentosa. HBK. Pelo flagello (del RATEN portato da, un. lungo
piede. Ob. CC. oc. 2 Zeiss.
11 Sì Rusbyi. Britt. var. spectabilis Busc, Monitor. tricomatoso semplice,
punteggiato (Picciuolo). Ob. CC: oc. 2 Zeiss. `
12 8. scabra Poepp. (Picciuolo) Piccola seta Pa alla base. Obb.
+ 0c. 2 Zeiss,
136 Waldheimia, Buse; Sughero sottoepidermico (Fusto) colle. cellule a
parete sottile. Obb. E oc. 2 Zeiss.
, H 8. eg. es Sprague. paia. aclozone: periciolica, del. fusto, in se-
zione sale. Fibre |
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘‘ SAURAUIA „, WILLD.
TavoLa VI
Fig. 17 8. floribunda Spr. Piccolo granulo di polline, vuoto. Ob. E Oc. 2
» 18 8. peruviana Busc. Pelo staminale ricco di punteggiature nel tr
curvato. Ob. E Oc. 2 Zeiss. ì
218 S. pauciserrata Hemsl. var. Kegeliana Buse. Pelo flagello ridoti
solo ramo (foglia) Obb. CC. Oc. 2 Zeiss.
» 20 8. villosa DC. Peli staminali con numerose punteggiature su
senso trasversale. Ob. E Oc. 2 Zeiss. sh
» 21 8. parviflora Tr. e Il. Massiccio barbato-papilloso da un uio co
lule centrali fortemente punteggiate (Picciuolo). Obb. AA. 0c.2
» 22 $. leucocarpa Schlecht var. Willdemanii Busc. Grosso granulo
line, vuoto. Ob. E Oc. 2 Zeiss. :
> 28 S. Pringlei Rose var. micrantha Busc. Paa giranti
spessore della membrana di un pelo staminale. Ob. E Oc. 2i
» en S. Rusbyi Britt. Punteggiature sul lato concavo della membro
| pelo staminale. Ob. E Oc. 2 Zeiss.
> 25 8. isoxanthotricha Busc. Epi lermide sdoppiata della pagina | sup
della foglia. Obb. CC. Oc 2 Zeiss.
» 268. Rusbyi Britt. (Picciuolo) LE Vasi del xilema: LI libro: GU
periciclica: PA Parenchima corticale: CA Borsa mucilaggino
parenchima corticale: COL Collenchima: FU Fascio corticale
dato dalla guaina pericitlica sclerosa. Ob. CU. Oc. 2 Zeiss. C
» 27 8. scabrida Hemsl. Punteggiature nei peli staminali. Ob. E Oc. 21
> 28 S. Waldheimia Busc. Grandi diaballoblasti Pe e più
del fusto, Ob. E Oc. 2 Zeiss.
» 29 8. Spragueana Buse. (fusto). Peli semplici. ob. CC. Oc. 2 Zeiss.
» 308. Pittieri D. Sm. Midollo e zona perimidollare del fosto.. n
cellule grandi e disseminato di borse mucilagginose: la
elementi più piccoli. Ob. CC. Oc. 2 Zeiss.
> 818. Briqueti Buse Sezione trasversale della foglia. Epidermia
tramezzata. Palizzata colonnare. Ob. CC. Oc. 2 Zeiss.
> 82 8. pauciflora Rose. Pelo stellato col piede fortemente puni
i ciuolo). Ob. E Oc. 2 Zeiss.
> 33 S. aequatoriensis Sprague var. glabrata Busc. Grosso granu
pieno di protoplasma in cui sono inclusi dei peri
AS sotto l’azione del KOH. Obb. E Oc. 2 Zeiss. RIE
BE & reise; Buse. Pelo flagello. Ob. CC. Oc. 2 Zeiss.
TavoLa VII
Fe 35 8 Rusbyi Britt. var. glabrata Busc. Stiloide a irzine
traversante tutto convert il mesofillo. Ob. E go
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
rie 36 8. aequatoriensis Sprague var. glabrata Busc. Massiccio papilloso del
fusto. E Epidermide, S Sughero, C collenchima. Obb. CO. Oc. 2 Zeiss.
» 378. pseudoparviflora Busc. var. Rusbyiana Busc. Cellula rafidiofora at-
traversante il mesofillo e colla estremità incastrata fra le cellule
dell’epidermide della pagina superiore della foglia. Obb. E Oc. 2
Zeiss.
>» 38 S. pseudoscabra Buse. Sezione longitudinale della guaina sclerosa peri-
ciclica del fusto colle fibre e coi diaballoblasti pressochè uniforme-
mente punteggiati. Ob. E Oc. 2 Zeiss.
> 39 S. Sprucei Sprague. Pelo ramoso papilloso e papille isolate del fusto.
Ob. E Oc. 2 Zeiss.
» 408. Pittieri D. Sm. Gigantesco stiloide attraversante il mesofillo con di-
SERA rezione periclina. Palizzata della foglia a tipo invaginato. Ob. E
Oc. 2 Zeiss
'TavoLA VIII
Fig. 41 S. pseudostrigillosa Busc. Cellule midollari del fusto colle pareti is
site e munite di punteggiature fibroso-reticolate. Fra le cellule si
incontrano due borse mucilagginose circondate da elementi legger-
. mente modificati. Ob. E Oc. 2 Zeiss.
> 42 S. Rusbyi Britt. var. macropylla. Busc. Peli staminali con punteggia-
i ture numerose dal lato concavo. Ob. E Oc. 2 Zeiss.
> 43 S. Maroni D. Sm. Grossi granuli di polline. Ob. E Oc. 2 Zeiss. a
> 44 S. reticulata. Rose. Piccole punteggiature nei peli staminali. Ob E Oc.
iss
È
5
a
| Papille formate dalle cellule superficiali di una seta, Nella
fig. 45 nascono dai fianchi dell’elemento; nella fig. 48 dall’apice dello
stesso. Ob. E Oc. 2 Zeiss,
46 S. Spragueana. Busc. Fascio principale del picciuolo, fascio midollare
- e fascetti corticali. Tra il fascio midollare e l’estremo anteriore del
principale si nota un piccolo cordone orientato normalmente (De-
bole ingrandimento).
47 S. pedunculata Hook. Piccolo granulo di palias ob. E Oc. 2 FRE
tata S. postarla Hemsl. var. Kegeliana Busc: Cellule midollari del fusto
a pareti ispessite, finamente punteggiate e colle araa un
pò più grandi nel centro delle faccie. Ob. E. Oc. 2
__> 9 8. intermedi Buse. Pelo flagello col piede ricco di punteggiature e c i
ee dei rami tramezzati (Foglia). Ob. CC. Oc. 2 Zeiss ui
o 51 s Prot Rose var . micrantha Busc, Lp > pluriosllulare ramoso-
i. | flagellifero del Pieoibolo, Ob. CO. Oc. 2
T Pringlei Bore va, Mhierdniho Buse. Pelo pani con una cellula; :
`
»
4
STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN, ‘ SAURAUIA ,, WILLD
ricca di punteggiature, l’altra invece priva di queste. Setto
sversisle pure punteggiato. Ob. E Oc. 2 Zeiss.
Pig, 53 8. rubiformis Vatche. Seta uniformemente barbata (foglia), Ob. AA |
eiss,
54 e.56 = pseudastrigillosa Bone, Fasci principali conbipmi; e midollari
(Debole tendini) (1).
(Deb. inyyrand.)
intermedia Busc. Fascio principale del picciuolo avente le estremità
bruscamente ripiegate. A queste sta accollato il fascio midolla
Loeseneriana Busc. Fascio vascolare del picciuolo colle estremità
vaginato. Ob. E Oc. 2 Zeiss.
59 S. strigillosa Tr. e Pl. pair di un pelo staminale colle punteggiati
Ob. E Oc. 2 Zeiss
a S. peruviana Busc. Podnio col fascio principale avvolto a apir
emettente dai lati un fascetto corticale (Debole ingrand.)
Tavora IX
Pig. 61 S. Pittieri D. Sm. Sezione longitudinale, della guaina poziole! on solo
del fusto. Fibre parcamente p
5 danti. Ob. E Oc. 2 Zeiss,
in vece ab
62 S. Briqueti Buse. Stilóide ponotrante nella. cuticola della, pagina
zu in queste dai TESI come nelle altre rappresentanti il greca ao tutta
per le figure in. HEN. la faina IE
j La Arms * i
"PROFF. LUIGI susdattoni E GIUSEPPE MUSCA TELLO ©
riga "8. pauciserrata Hemsl. var. Kegeliana Busc. Sezione trasversale della
guaina periciclica sclerosa del fusto. Fibre poco grandi, a lum
stretto, a parete assai ispessita e poco punteggiata. re
ampi, a lume largo e a pareti ricche di punteggiature. Obb.
© 2 Zeiss,
» 65 8. peduncularis Tr. e Pl. Veraniana Busc. Foglia col palizzata a tipo
invaginato. Nel palizzata sporge l’estremità di una cellula rafidio-
fora diretta obliquamente attraverso il mesofillo Ob. E Oc. 2 Zeiss.
> 65 S. Maxoni D. Sm. Sezione trasversale della foglia: cuticola granulosa
e stratificata. Palizzata in due riani, a tipo colonnare. Lacunoso
‘in più strati con cellule a direzione periclina. Epidermide ‘inferiore
‘a grandi cellule. Obb. CC. Oc. 2 Zeiss.
» 678. Rusbyi Britt. var. macrophylla Buse. Grossa cellula con stiloide di-
i retta obliquamente attraverso il lacunoso e raggiungente la cuticola
della pagina inferiore. Ob. E. Oc. 2 Zeiss.
> 68 S. pauciserrata Hemsl. var. Kegeliana Busc. (Fusto). sagre sottoe-
pidermico a cellule colle pareti interne molto ispessite e punteg-
‘giate. Sotto al sughero due o tre strati di cellule fatoganiahe. Ob.
E Oc. 2 Zeiss. |
> 69 S. scabra Poepp. Elemento di prosenchima del fascio vascolare con pun-
teggiature areolate. Ob. E Oc. 2 Zeiss.
TavoLa X (1)
Tig. 29 S. Maxoni D. Sm. Piccinolo fogliare col fascio principale rafforzato dal
lato superiore (infer. nella fig.) da un arco seleroso periciclico. Borse
ben distinte solo nel libro e nel midollo. (Deb. ingrand.)
> 80 8. Pringlei Rose var. micrantha Busc. Picciuolo fogliare col fascio prin-
. cipale foggiato a C chiuso superiormente da un fascio midollare.
Midollo e corteccia senza borse mucilagginose. Epidermide fornita
di differenti sorta di tricomi. Fasci corticali minuti. (Deb. ingrand.)
> 81 S. Radlkoferi Buse. Fascio principale del piceiuolo ineludente due fa-
scetti midollari inversi, quasi fusi in un solo. Borse mueilagginose
poco distinte. (Deb. ingrand.)
» 82 S. leucocarpa Schlecht var. Stenophylla Buso. a Collenchima con
qualche cellula sclerosa. Parenchima ua
; o Bor an vor del i | litografo de T in fotcelltipia cominciano col numero 29 anzichè
1 70 come lo ri . delle figure nelle Tavole,
qu ia e colla zona perimidollare a piccoli
distinte- -(Deb. ingrand.)
È Fig. 33 S. brachybotrys Turez. Piceiuolo del fascio principale foggiato a (
È dollo, libro e corteccia disseminati di borse mucilagginose
ingrand.)
34 S. pauciserrata Hemsl. Picciuolo col fascio principale foggiato.
colle estremità bruscamente introflesse, inoltre due fascetti c
(Deb. ingrand.)
Yasicae Loesen. Fascio principale del a toggie. a c
scio corticale per lato. (Deb. ingrand.)
pseudopittieri Busc. Fascio principale del pissiualo foggiato a 7
un doppio fascetto fra le due branche. Un piccolo. fascio c
per lato. (Deb. ingrand.) —
| Weberbaneri Busc. Picciuolo fogliare col fascio pricipali ad
coi fasci corticali collaterali e col midollare inverso foggi z
mina. (Deb. ingrand.) |
Lehmanüä Hieron. Piceiuolo fornito di borse acilia
| corteccia, nel libro e nel midollo. Fascio principale pr i
. colle estremità avvolte a spira. (Deb. ina
re
k | -INDIOE a
` Parm I. i
Anatomia comparata — Generalità . . Vol. riy fasc. I-II pag. 49
Classificazione delle Saurauia americane . RIA E
I Anatomia del seme . . N = W Aa.
DI a dell'apparato sessuale maschile di SA
II Peli staminali .
IV Trieomi della foglia e ‘del feat: SE IAS
V Struttura del lembo fogliare . . . > pipi
sati » del picciuolo fogliare PP a ta XXVII » HI
il» dell’asse . È REA EA a N O a TI
Parce II. - | uch u
Brevi cenni sulla biologia del Gen. Saurauia, con speciale riguardo
ie americane. © . > VOL, XXVII, fasc. VEC
I Biologia degli Sen di riproduzione. » a
U > di vegetazione a EM > >
Ocean è i » É è O>
Nota: Per una puede di priorità a a o
| dell’argomento. u Try rg >
Spiegazione delle figure (T av. Vi. sl Aa A Ri
Malpighia Vol. XXVIII un Tav. V
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alpighia Vol. XXVHI
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Malpighia Vol. XXV
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Malpighia Vol. XXVIII
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SE
MALPIGHIA
RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
PROF. ORD. pi BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
Pe e
ANNO XXVII — FASC. {X-X
MARCELLO MALPIGHI
162 27-1004.
€ ATA NI A
STAB. TIP. «LA sici. IANA » > CIURCA & stRANO |
De it
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eE a 1]12 pagina L. 20
£ 25 ~- 14 di pagina » 15
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In fogli separati, annessi al ey a prezzi da convenirsi.
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RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
ProF. ORD. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
ANNO XXVII — VOL. XXVIII
MARCELLO MALPIGHI SR | da
1627-1694.
CATANIA
STAB. TIP. « LA SICILIANA » CIURCA & STRANO
1959
(continuazione)
> Proff. LU I BUS i LIONI e GIU: e GIUSEPPE MUSCATELLO
Studio monografico sulle Speciè america americane del Gen. “Saurauia, Willd.
Caratteri differenziali
S. scabrida Hemsl.
Es. 1747
8. pedunculata Hook.
Caratteri comuni
Fusto coperto, all’a-
maggiori sparsi
pulvinuli, scarse sete!
tubercoli (sete visibili
L occhio
il Nervi secondari 18-22.
iipiü multiflora, varia-
ililmente lunga e spesso
|subeguale alla foglia, o
| gme glabro altrove,
Fusto coperto, all’a-
pice, da sete sottili, o
dilatate alla base.
Piceiuolo fogliare se-
tuloso, 0 quasi glabro.
ase del lembo per
o più acuta.
agina inferiore li-
\parenchima; sparsa di
imueroni e tubercoli se-
tuliformi minuti sui
nervi: disseminata di
poche e brevi sete sulla
costa: ascelle dei nervi
secondari barbati e ta-
ilora con diffusione dei
eli al bordo della costa.
|egrossolanamente de
jserrato dal m
Fusto adulto glabro, ru-
goso, striato.
Lembo cartaceo o sub-
coriaceo, lanceolato, ovale
cuneiforme, acuto o ter-
mente.
Margine irregolarmente
mezzo in su,
denticolato alla base, od
po integro dal mezzo
alla base; serrature mu-
Sila setulose (con sete
curv
siecjo-gialliceia, scabra.
em.; ; largo 6
Pag
Infiorescenza per lo
più lunga. Peduncolo
abro o setoso.
Calice pulverule
Gubeteoiase (alla, Kal
alsul e parti scoperte nel
cio, € eigliato al mar-
nieicoste
alleli, poco dis
i gti sopra. Nervi di |
ente) scarsamente
arsa di mueron
minato in punta anterior-
dia
ntato-|
Lembo lungo circa 16
7
Pioli na superiore ros- sa
e bada
gina superiore (alla a
mu,
eronata sul ee Li
sp e t-j
bercoli detulifovii minuti]
sui nervi: disseminata dif
oche e brevi sete pai la
ie
sia distanz
>
S. scabrida Hemsl,
var. Hemsleyana Buse.
Es. 3236 Bourg. Es. 3041
‘ .Bourg Es. 858 Bott.
S. pedunculata Hook.
Caratteri comuni
Apice del caule co-
perto da sete fulve,
lun dba: caduche, miste
a pu verulenza
Pieeiuolo robustissi-
mo, con sete lung
mm., dilatate alla base.
Lembo fogliare molle
| jal tatto sotto, distinta-
| |mente setuloso sopra, di
aspetto cenerino tomen-
|toso alla pagina in-
eriore,
| Margine ricco di sete
‚fra i denti. ;
Pagina superiore se-
tica ovunque (sete lun-|
. |ghe, caduche parzial-
mente). Mucroni di
a
- |giori, da peli barbati,
. [sul resto da peli stel-
: [lati, gialli.
do Le ascelle dei nervi
i secondari sono barbate,
|ma nn oscura-
| “Keni di 3°
or
perta
| setoso-pulveru-|n
ta sulle parti bopa
Apice del caule mi-
nutamente setoso.
Pieeiuolo minuta-
mente dii o sub-
re robust
mbo een liscio
dio. d’ aspetto quasi
glabro sopra, pressochè
tale anche sotto.
Margine senza sete
fra i denti.
agina superiore tu-
erdolat minutamente
sul parenchima e nervi
mino Ei minutamente
setosa silla costa.
agina inferiore col-
lo stesso rivestimento
della superiore. Ascelle
barbate nettamente
Nervi di terz’ordine
distanziati.
Infiorescenza grande,
or subeguale alla
oglia, o più grande.
sposta
“PIATTA eta
sul peduncolo, furfu-
racea altrove.
e fuori, fatta eccezione
|pel margine che è ci-
iato e la parte
na cheè pulveru
ee
Brattee per lo più non|
| Calice glabro dentro|
della faccia ani |
ento- p
Lembo discretamente
grande, cartaceo, un
scabro superiormente
ivi ke olor giallo
Apice fogliare acuto e
base pure sssottiglita |
Margine denticolato ser-
rulato, 0 grossolanamente)
dentato serrato. Denti ter-
poco marcati sopra,
sporgenti > I
rattee dell’infiorescen-
za lineari, piccole.
Huatuseo
dai due specchietti che se la var. Hemsleyana della Sca-
sì aa notevolmente dalla Pedunculata per avvicinarsi alla
peli stellati che formano le ERS alle ascelle dei nervi EN
per un’infiorescenza più breve e per una maggiore pelosità del lembo.
3 Passiamo ora allo studio dai caratteri degli Esemplari di Bour- =
eau a cui abbiamo sopra accennato: E
Caule rossiccio, finamente rugoso, sparso di lenticelle e di cicatrici `
gliari attraversate da un solco orizzontale. Parti giovani rosso brune
tte da sete rare, fine, appressate, presenti pure sulle foglie in via
sviluppo. Picciuolo lungo 2 '/, em. circa, striato, parcamente setösó.
embo: fogliare obovato cuneiforme, liscio, gial'o bruno sopra, ie |
tiaro s>tto (diametri; 13-18 em. X 4 '/,-9 mm.) |
Apice appuntito e base acuta. Margine denticolato serrulato, od aneo
oscuramente erenato. Denti terminati da mueroni o sete curve. Nervi di- .
ti, o un po curvi (15 18 perlato), distanziati gli uni dagli altri, paralleli
loro, prominenti, robusti sotto, subdicotomi, giallicei. Quelli di 3° ordine
simi e in reticolo. Pagina superiore sparsa, sulla costa, di rarissi-
setule appıessate, appena visibili ad occhio, il resto della ‘superficie
ro, o al più portante qualche minuto mucrone setuliforme sulle ner-
re maggiori. Lo stesso rivestimento alla pagina inferiore, dove
dle ascelle dei nervi secondari sono barbate. Nelle foglie giovani
setole sono distribuite sui nervi come nelle, foglie adulte, ma il
timento è più ricco: inoltre nelle stesse troviamo del EE, le ascelle
nervi secondari barbate. . to
Infiorescenza ramosa, multiflora, più BR della ec lippi de Eo
cm., con peduncolo rossiccio, striato, lungo 10-11 cm. Rami disere-
nente cara, LE o. patoas, a Pedicelli sini è em
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE
Corolla lunga 9 mm., a petali obovati, subquadrangolari, ta )
smarginati, ottusi. Stami 30 e più, barbati alla base con peli giallo» |
chiari. Antere rossiccie, lunghe, strette, poricide all'apice. Ovario ?
Dall’esposta descrizione appare evidente ehe molti degli Es. 3221
di Bourgeau, stati raccolti a Huatusco, presentano tutte le caratteristiche
della S. peduneulata Hook., anzichè quelle della S. scabrida Hemsl. E’
perciò manifesto che l’Hemsly è stato, a riguardo degli stessi, tratto in
errore, per cui deve ritenersi come assodato che, oltre agli esemplari
N. 1747 di Bourgeau, stati raccolti nella valle di Cordova e quelli por-
tanti il N. 1474 (1) stati raccolti dall’Hahn nella stessa località, solo
una parte degli esemplari di Huatuseo portanti il N. 3221 (Bourgeau)
andrebbero assegnati alla S. scabrida Hemsl.
Le nostre vedute appaiono più che giustificate dall'esame degli esem-
plari del Musco di Leida (N. 908251-1052 commod. sub. 4911 3) stati
distribuiti dal Museo di Parigi, portanti il N. 2241 e pure formanti
parte della Collezione della Commissione scientifica del Messico, essendo
stati raccolti il 2 aprile 1866 dal Bourgeau nella Valle di Cordova,
cioè in un sito non lontano da Huatusco. L’Hemsly assegna gli stessi
alla S. pedunculata Hook.,e come tali sono appunto contrassegnati, nella
schedula annessa agli esemplari, per quanto i caratteri diagnostici di
questi corrispondano a pennello con quelli degli Es. N. 3221 di Bour-
geau testè descritti!
Ricerche recentissime poi NR uno di noi (Buscalioni) ha potuto ef-
fettuare nel Museo di Kensington ci hanno portato a conoscere un'altro
esemplare di Bourgeau (3221), stato raccolto a Orizaba nell’ottobre 1866.
| Esso è paueifloro come la 8. scabrida, brevistilo, ma non porta i peli —
stellati propri di questa specie ed inoltre ha le ascelle tipicamente bar- x
bate. L’esemplare proviene dall’ Herb. Hauce (N. 19723).
| Da ultimo noteremo ancora che un esemplare del Museo di Washin- |
| gton, sempre contrassegnato col N. 3221 Bourgeau e determinato come
S. scabrida Hemsl., ma che abbiam passato alla S. pedunculata di Hook.
porta le seguenti indicazioni sull’annesso cartellino: « This does not
+
109) Che non si tratti forse degli stessi esemplari del REN ? La rassomi- —
glianza delle cifre starebbe ad indicarlo.
thicket of the 8. pedunculata Hook N. 2241 misplaced with a speci-
men of Ternstroemia belogs here. At any rate it seem to be that spe-
2. ’clas.>.
‘08 Dai fatti esposti è lecito trarre le seguenti deduzioni:
| 1°) Che la S. scabrida Hemsl. possa, per un esagerato depaupera-
mento del sistema pilifero (in specie dei peli stellati), assumere la fisio-
nomia della S. pedunculata Hook: il che non parrà strano a chi si
occupa di classificazione di forme critiche. Ma, ammesso il principio,
esso dimostrerebbe come due specie differentissime possano aceidental-
mente fondersi in una, forse apparentemente per convergenza di carat-
n teri. Non e però da eseludersi che vi sia stata confusione nella nume-
i | razione degli esemplari al momento della raccolta, o dopo.
| 2°) Se non si vuol accettare l’ipotesi delle convergenze di carat-
teri è necessario ammettere (escluse ben intese le accennate cause di
errore) che la S. pedunculata, la S. villosa e la S. Scabrida formino
| Solo una catena di forme, collegate fra loro appunto dalla scabrida di
Hemsley. Un tal modo di interpretare i fatti ci pare molto arrischiato
essendo troppo notevoli le differenze fra la Villosa e la Pedunculata,
mentre per converso tra la prima e la Seabrida vi hanno molti punti.
di contatto. La specie collettiva che ne risulterebbe sarebbe troppo po-
| limorfa, in specie nei riguardi della forma dei peli. ;
018°) Gi potrebbe da taluni anche con buone ragioni sostenere che
la S. scabrida e la S. pedunculata formino una specie collettiva, Puna
Potendo derivare dall’altra, ma contro un tale modo di vedere sta il
| fatto della grande rassomiglianza della S. scabrida colla S. villosa e
della poca o nessuna affinità di questa colla S. pedunculata. ni
A proposito della fisionomia e delle affinità e duopo che ei soffer-
miamo alquanto nella terminologia adottata. La.specie che abbiam descritto
è Stata probabilmente prima dell’ Hooker segnalata dal De Candolle il
quale l'avrebbe denominata 8. serrata. Adunque, in omaggio alle leggi di
priorità avremmo dovuto attenerci a questo nome nella nostra descrizione»
o: motivi invece ci hanno indotto, col er ad adottare il nome
Infatti cosi A; la a «Ss. pilia ellipticis Vasi itenati acutis
serratis glabris ramis petiolis pedunculisque tomento ferrugineo veluti-
. nis, Messico fi » i quali caratteri si trovano realizzati, ad esempio, nella
_ Laevigata, o in altre forme affini dell’ America meridionale e centrale.
| A ragione perciò il Choisy abbandonò la denominazione De Can-
dolleana per seguire quella di Hooker.
In secondo luogo crediamo utile far notare che ngll’Erbario di A. L
Jussieau, esistente a Parigi, trovasi un esemplare segnato col N. 11958 il’
quale, sebbene proveniente da Giava, porta la denominazione di Van Alpi-
nia (Saurauia) serrata DC. A quanto pare è lo stesso esemplare che per un
|. errore, cui abbiamo altrove accennato, il DC. descrisse sotto il nome di AZ-
~ phinia lanceolata, confondendolo colla S. ruitziana Steud. del Perù.
Ed invero sopra uno dei cartellini annessi all’esemplare questa seconda,
we
determinazione & stata da qualcuno alla meglio cancellata. Per colmo
J
di confusione l'esemplare porta un secondo cartellino in cui la pianta.
è descritta come Saurauia serrata W. Cand. Prodr. 1 526 N. 3 DC.
i Un’ulfimo motivo che ci ha indotto a ripudiare il nome di Serrata
DC. l’abbiamo nella scoperta di nuove forme appartenenti al cielo della
~ Pedunculata le quali hanno il calice glabro come vorrebbero molti
l i autori che si attengono alla denominazione De Candolleana, ma che cer-
-~ tamente non caddero sotto losse :rvazione del De Candolle essendo state _
solo recentemente acquistate alla scienza.
Ci siamo soffermati alquanto a lungo a trattare della S. seha i
lata Hook: poichè questa specie è rappresentata da un grandissimo nu-
mero di esemplari in quasi tutti i maggiori erbari g Europa, mi più
di tatto perchè la specie va soggetta a notevoli variazioni nelle | ca-
ratteristiche.
Propria, ma non esclusiva della S. pedunculata, è la a al
l’ascelle dei nervi sec ondari, in corrispondenza della pagina inferiore del
lembo. Questo carattere che, fenomeno singolare, è frequentissimo nelle.
forme del Messico e del Centro America, più raro in quelle delle do
I n hast
SERI
A Alonni autori danno alla S. serrata come carattere specifico, | il Tie
glabro! perchè forse non si son presi la cura di osservarlo alla lente, ciò DIE
aumenta la confusione. |
far assegnamento per la diagnosi.
Il margine fogliare nella nostra specie è sempre accidentato, ma
mentre in una forma abbiamo appena delle denticolature, in altra s’in-
| Notevoli sono le variazioni di grandezza cui va incontro la foglia
e fra le variazioni di questo genere meritano di esser segnalate quelle
he danno al lembo una fisonomia ricordante la S. leucocarpa pure del
Messico. Quando si hanno tali forme sott'occhio riesce oltremodo ma-
gevole stabilire se si ha a fare con quest’ultima specie, anzichè colla
nostra. Si tratta però di un carattere avente un valore filogenetico ?
La cosa è possibile, ma mi mancano i dati per affermarla.
Particolarmente interessanti sono certe forme ‘a foglie lucide le
quali segnano quasi l’anello di congiunzione colla Pseudopringlei Buse.
; colla sua varietà fluviatilis, o persino con altre forme,
Degno pure di menzione è il rivestimento pilifero per le grandi
ariazioni a cui va incontro: in talune forme si riduce a una semplice
ulverulenza, mentre in altre è rappresentato da sete e setule appres-
te, più o meno minute, presenti lungo il re le coste einervi
maggiori, l’apice del fusto e l’infiorescenza.
~ 5. ra è asa geo assai a pi dalla forma Veranti, —
ra alle ascelle dei nervi REN non & una caratteristica primor-
e della mein, ma bensi in a nt recente stata ._. in
E però necessario, ‘prime: sar reati ehren h i
>, studiare la struttura SETA ed streng non w A
i delle ascelle. barbate. <
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE OR? IE ECC.
. Indubbiamente non sce delle variazioni cui abbiamo testè accennato
‚sono inerenti al mezzo in cui vivono gli esemplari, quelli dei climi
aridi avendo foglie più coriacee e pelose, mentre quelli dei siti umidi
assottigliano il lembo e riducono le setosità. Vedremo che da questo
stato di cose devono esser sorte la S. fluviatilis e la Pseudopringlei.
Indipendenti dall’azione del mezzo sono probabilmente le varia-
zioni nella sfera di riproduzione: noi abbiamo visto che il calice ha una
costituzione abbastanza fissa (pulverulenza e tubercoli sulle parti sco-
perte nel boccio, glabredine nelle altre parti), tanto da servire come ot-
timo reperto diagnostico. Non così gli stami e l’ovario: i primi variano
in numero, il secondo è talora atrofico, talora sviluppato, talvolta fornito
di stili brevi, altre volte di stili lunghi. Molti autori credendo alla fissità
nella forma dell’ovario si sono trovati un po imbarazzati ad asse.
gnare alla ©. pedunculata talune forme a stili lunghi, ma noi abbiamo
fatto rilevare come nell’ambito degli stili le variazioni sono notevoli. Ri-
sulta pertanto da questo che nella S. pedunculata, come in moltre altre
Saurauia, vi ha tendenza all’unisessualitä. Esistono forme ibride? Non
abbiamo potuto accertarlo, ma è probabile e non crederemmo di
andar errati affermando, colle debite riserve, che talune forme di S. scabri-
da a fisonomia un po incerta non sono che ibridi tra la 8, peduneiatà
e la Villosa, o tra la S. pedunculata ela Scabrida Hemsl.
Per quanto riguarda le affinità della S, pedunculata abbiamo già al-
trove accennato, e diffusamente, ai vari rapporti colla Scabrida e al singo- —
lare fenomeno di eteromorfismo, ei si permetta la parola, che presentano í
alcuni esemplari di questa quando, per depilazione più o meno progre-
dita, assumono la fisonomia della 8. pedunculata. Qui ci limiteremo a ri-
levare che la S. pedunculata offre delle lontane affinità colla $. lew- =
cocarpa, colla S. pseudopringlei e colla var. fluviatilis di questa, e forse
anco colla Oreophila, tutte quante viventi nelle regiohi messicane. i
47. Saurauia Pseudopringlei Buse. n. sp. 4
~ Esemplari studiati. di
| Es. N. 2467 raccolto da Hugo e C. ‘Conzatti e Caucino Gomez
‘ nello stato di Oaxaea, tra Coyula e Cuyamalco Die, di ee il
10 aprile 1909 (Erb. Buscalioni).
= Ramuli pulverulento einerei apice ferrugineo mucronato aut t minute
| 8et050; Po gracilis pulverulento-cinereus. Lamina ovalia, sunenis,
ilis a viridis, ad apicem et basim acuta. Mareas ad basim .dentieu-
lato anteriore parte grosse subduplicato serrato. Pagina superior laevis,
4 . . da
parenchimate parce mucronulato; mucronuli secus costam et nervi ma-
Jores copiosi lutei. Pagina inferior cum axillis nervorum barbatis, prae-
‘ter nervos et costam setis pulverulentis parum obteetis glabra. Nervi
secundarii 10 12 curvi et inter se distantis ut tertiarii qui in reticu-
lum laxum desihuntur. Inflorescentia foliis brevior ramosa. Pedunculus
z pulverulento cinereus, ramuli minute setulosi aut puberuli. Bracteae
parvae saepe a ramorum basi remotae. Flores mediocres; calyce luteo-
albido subglabro post anthesim aucto. Corolla maiuscola. Stamina 25 i
antheris albidis. Ovarium stylis brevibus ornatum. n
Fusto glabro, o pulverulento cenerogno'o sporco, cilindrico, solcato |
per lungo, a cicatrici fogliari un po sporgenti, in specie dal lato in-
| feriore, semilunari, con centro chiaro. Apice del fusto ruguloso, pul-
_ verulento ferrugineo, con qualche setula o mucrone appressato e visibile
solo alla lente. Lo stesso rivestimento sulle foglie giovani. Picciuolo.
non molto robusto, lungo da 15 mm.a 4 cm., pulrerulento cenerognolo
| per lo stesso rivestimento del caule.
Lembo lanceolato, ovale, talora cuneiforme, lungo 8-17 em. largo
6-8 cm., sottile, di color verde oscuro superiormente, verde chiaro in-
feriormente, acuto all’ apice od anco terminato in breve punta, gra
ıtamente ristretto alla buse che è acuta e talora anche un po de-
rrente.
Margine serrulato od anco molto irregolarmente e grossolana-
Mente subduplicito serrato dal mezzo in su, mentre la base è integra
al più denticolata serrulata, a denticoli e AP curvi sormon-
tati da un mucrone, 0 seta caduca. i :
Pagina superiore ed inferiore liscie e talora la seconda lucida.
agina superiore con qualche mucrone bianchiccio, appena. visibile —
| ‘occhio, sul parenchima; sulle nervature e sulla costa si hanno in-
ece dei mucroni abbondanti i quali danno «ai nervi una colorazione
lliecio chiara. Pagina inferiore, alla lente, spesso minutamente gra-
loso punteggiata, del resto glabra, ad eccezione tuttavia delle ascelle
le
in su, poco distinte sopra esili, e ER sporgenti sotto, OR curve,
subdicotome. Nervi di 3° ordine finissimi, anch'essi distanziati gli uni si
dagli altri, perpendicolari ai secondari ed alla costa, talora a decorso»
irregolare, formanti un lasso reticolo. |
Infiorescenza piramidale, lassa, lunga 14 15 cm., larga 5-9 mm.,
molto più lunga del picciuolo, ma sempre un po meno lunga della
| foglia, racemosa. Peduncolo fino, lungo 8-9 cm. un po soleato, striato,
| pulverulento cenerognolo. Rami distanziati, pulverulenti, setulosi ma a
setule brevissime (*/, mm.). Brattee minute (lunghe 1-3 mm., larghe
1-2 mm.) setulose, pulverulenti, cenerognole, spesso spostate dalla sede.
normale. Pedicelli brevi o lunghi (1 cm. o meno), pure a O
verulenti. x
Fiori di dimensioni discrete (13-15 mm di distro), di color
bianco gialliccio chiaro. Calice accrescente a 5 sepali subeguali fra
loro, subglabri, ovali, ottusi o subacuti, un po cigliati al margine, lunghi
all’antesi circa 4 mm., più tardi, a frutto maturo, 8 mm.
Corolla grande il doppio del calice, a 5 petali ottusi, obovati ovali,
smarginati, caduchi assieme agli stami.
Stami circa 25 a filamento dilatato e un po barbato alla bale con
peli bianchicci, corto e roseo. Antere chiare, non molto dead bifide,
‘a teche poricide all’apice.
Ovario globoso a 5 stili brevissimi, ma un po accrescenti nel, inni |
per quanto sempre poco lunghi. Semi piccoli o rugosi.
a) Saurauia Pseudopringlei Buse. var. fluviatilis Buse.
Sinonimia Saurauia fluviatilis Ross n. sp. (in schedula! )
Esemplari studiati.
Es. d. Erb. Buscalioni (proveniente da Coyula e sh Cui-
« .catlan: Oaxaca).
; Es. N. 10122 degli Erb. di e R Pietroburgo, Parti Ber:
ino, Kew, Kensington, Monaco, Vienna e Leida, stati raccolti da G. C. i
Pringlei il 15 Nov. 1905 lungo i torrenti di Serup Memi. Stato
di Michoachan) a circa 5000 p. di altezza.
Albero di 15-25 piedi, a caule fistuloso, gialliccio, Db solcato, ;
porto presso l'apice di cuscinetti pulverulenti, o di - pulverulen sul
usa, ferruginea, commista a sete dello stesso colore, minute E ì
| PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
A meno di 1 mm.) appressate, dilatate alia base che è leggermente bar-
bata. Le sete adulte diventano brune.
Cicatrici fogliari spesso con cerchio chiaro internamente e piccole,
| rilevate verso il basso. Gemme finamente setuloso- pulverulente, fulve.
Foglie giovani rosso-brune coperte da mucroni rossicci (simulanti
| quasi minuti peli stellati) e da sete sui nervi e sul parenchima e
| portanti inoltre un fascio di peli giallo-fulvi alle ascelle delle nerva-
ture, dal lato inferiore delle foglie. Le sete e i mueroni sono assai più
abbondanti che nelle foglie adulte. x
Picciuolo fogliare lungo 1,5-4,5 em. robusto, rugoloso, scanalato,
alla lente pulverulento setuloso, grigio ferrugineo, con sete conformate
-~ Lembo di dimensioni notevolmente variabili (lungo da 13 a 30 cm.
a da 3-5a 10 cm. ), sottile, cartaceo od anco subcoriaceo (1), ver-
| diccio sopra e sotto, o bruniccio rossiccio superiormente, leggermente
scabro da ambo i lati o levigato, d'aspetto opaco o sublucido.
Per quanto concerne la forma esso sì presenta ovale, allungato,
elittico, ta'ora obovato, cuneiforme, all'apice acuto o sormontato da
breve punta, talora invece ottuso, colla base per lo più acuta e anche
un poco decorrente, più di rado leggermente dei quasi sempre
Margine subintegro, ondulato, denticolato o irregolarmente e dop-
inaite serrato-serrulato all apice, denticolato o integro alla base.
Denti muniti di sete 0 di mucroni curvi e brevi.
Pagina superiore presentante lu costa e i nervi principali drei .
minati di rari mucroni: la prima e anche coperta sia di sete brevi, ap- |
essate, fine, a base pulverulenta, sia di cuscinetti pulverulenti (basi. H
le sete cadute): sul parenchima si incontrano invece dei rari mu- =
croni bianeo-giallicei, minutissimi. i
. Pagina inferiore colle ascelle dei nervi bene più 0 meno net-
tamente we Ber mezz) di per grigie o viceversa cine patri ner-
1) Le differenti foglie di uno stesso esemplare presentano. spesso diff
e grado di consistenza. =
882 _____ STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO. ni
vg sparsa soltanto di rari mucroni minuti che appaiono però ‘spesso pul- s
verulenti; parenchima liscio, o (alla lente) qualche volta granulosa.
í Nervi secondari patenti o un po obliqui, per lo più dicotomi, di-
stanziati, 16-18 circa per lato, alterni od opposti, curvi, poco sporgenti
alla faccia superiore sulla quale spiccano pel color gialliccio, sottili,
ma prominenti sull’inferiore. Nervi di 3° ordine distanziati gli uni
dagli altri, a decorso un po irregolare, perpendicolari od ‘obliqui ai se-
‘condari, formanti spesso con quelli di 4° ordine un reticolo lasso.
| Infiorescenza pauciflora o multiflora, lunga 9-15 em. relativamente
I ampia (5-6 cm.) piramidale, più breve de'la foglia, talora assai ramosa.
2 Peduncolo lungo 5-12 em. robusto, solcato, finamente striato ruguloso,
| a subglabro o con rare sete commiste a un po di pulveruleı za. A
o Rami obliqui, lunghi 2-3 cm., molto pulverulenti ed anco fina-
E° mente e parcamente setulosi (alla lente). Brattee lineari o- triangolari,
i eaduche, le basali lunghe 6 mm. e più, le altre da 3 a 1 mm., spesso
spostate dalla loro sede normale. |
Fiori su pedicelli brevi (2-5 mm.) o lunghi (15-20 mm.), del
diametro di 15-12 mm. Calice di 5 pezzi, ovali, ottusi 0 subacuti, lunghi
45 mm. cigliati al margine, del resto glabri, o al più con un po di
| peluria (peli stellati?) verso il punto di attacco. Corolla giallo chiara,
o -breve (!/, più grande de! calice), o sviluppatissima (lunga una volta
i «e mezzo il calice),a 5 divisioni profonde, obovate, subrettangolari, ot-
| . tase, smarginate, glabre. Stami 20-25, piuttosto lunghi, subeguali al ca--
lice, con filamento sviluppato, roseo, un po espanso alla base che è
barbata per peli bianchicci corti. Antere lunghe e strette, giallo chiare,
bifide, con un poro apicale per teca. Ovario mancante ‘0 senza cu cs
glabro.
Caratteri differenziali e di affinità. La forma tipica differisce sail
var. fluviatilis per pochissimi caratteri d’ordine secondario. Entrambe
presentano una pulverulenza ferruginea e fiori giallo chiari a calice
quasi del tutto glabro, ad ovario con stili obsoleti o brevi, ma la Flu-
viatilis ha i peduncoli fiorali molto robusti, i piceiuoli tozzi, le foglie più
ispessite, le ascelle dei nervi secondari meno barbate e i nervi secon-
dari infine più numerosi, essendo i lembi anche più sviluppati.
- Molto puri è la rassomiglianza colla 8. PEACE ma noi ab-
ir
A
N
i
si
i
biamo altrove esposti i caratteri differenziali fra cui rileveremo i calici
pulverulenti e i peduncoli setosi nella specie di Hooker.
Nella forma genuina la. S. pseudopringlei si presenta. come una
forma del gruppo della S. oreophila, ma le sue affinità non sono eguali
colle diverse specie di questo gruppo. Dalla S. latipetala si distingue
| subito per i fiori molto più piccoli. La S. Willdemanii differisce dalla
= mostra pel caule setuloso all’apice, pel lembo fogliare non molto grande,
È distintamente cuneiforme e perciò molto dilatato all'apice, psi. color gial-
3 | liecio della pagina inferiore coperta abbondantemente, come è la regola
| perla Oreophila, di peli stellati bianchicci misti a setule, pel calice
‚parcamente coperto di peli pure stellati. La S. oreophila ha un
. lembo cartaceo, solo mueronato denticolato, pure coperto inferiormente
di peli ‘stellati e poi presenta il calice del pari sparso di rari peli stellati.
Molto grande è l'affinità colla S. Pringlei la quale ha pure caule
| pubescente cenerognolo, un picciuolo sviluppato, un lembo sottile verde
4 bruniccio ‘cartaceo liscio, a margine serrulato dentato e talora grossola-
| namente serrato dal mezzo in su, con apice acuto ed a base analo-
5
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| gamente conformata, un’infiorescenza più breve della foglia, piramidale
multiflora, a peduncolo sottile, a brattee brevi, lineari, spesso spostate, e
infine i fiori del diametro di 15 mm circa, a calice subglabro. Le diffe-
| renze però sono non meno marcate: nella S. Pringlei il caule è co-
| perto all'apice da lunghe sete, il pieciuolo robusto, il lembo pulveru-
lento setuloso ‘alla pagina inferiore, coi soliti peli stellati, Vinfiorescenza
A E n trae a ia
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| PROFF.-LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO © © 288
| setuloso furfuracea e i sepali talora cosparsi di peli stellati. Si aggiunga
TATI,
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EEE Fe
Caratteri differenziali
S. paueiserrata Hemsl.
(var. Kegeliana Buse.)
S. pseudopringlei Busc.
Caratteri comuni
den solcati, cenero-
o’con qualche rara seta
minuta, dilatata alla
base e pulverulenta, di
rado pulverulento.
Picciuolo robusto
bruno, sugheroso, sub-|
glabro o con qualche
rara seta.
Lembo subcoriaceo,
stretto e breve.
Pagina superiore gla-
bra, o con rarissimi
mucroni setuliformi sui
nervi principali.
Ascelle dei nervi secon
glabre, o poco
Ra
scenza brevi, come pure
il peduncolo.
Infiorescenza pauci
flora.
| Peduncolo subglabro,
|o con pulvinuli « di peli
stellati. Rami cosparsi!
di pulvinuli bianchi.
Re ia lineari
sud bratteolati
sotto il calice.
SE „Fio ori del diametro
8 mm.
Messico
gno
ea del fusto glabro,|
dari allapaginainferiore|
narbate.|
mi dell’ infiore-|
Rami reticolati ros-
sicci.
Apice del fusto pul-
verulento ferrugineo,
con qualche seta o mu-
crone appressato, appe
na visibile ad occhio.
Pieeiuolo sottile o
robust 10 EIER
cenerog
Le SI sodio; di di
imensioni discrete.
Nervi e costa abbon-
Lean di
mueroni giallo
Parchehaäe con ra-
rissimi muceroni,
e dei nervi se-
* barbato alla
fai
rami
dell’ ‘infiorescenza lun-
ghi.
aerea multi-
Pediat pulveru-
lento. Rami pulveru-
lento-setulosi.
rattee minute.
Bratteole alla
del pedicello.
' Fiori del diametro
di 15 mm,
Guatemala
i - Colla S. levigata Tr. e PI, e colle. tonno BR della |
| ande del Sud America non si può far confronti, ini di pian
dantemente forniti, alla]
‚pagina
base
Fusto glabro
Cicatrici fogliari a fer-|
ro di cavallo.
Lembo fogliare di color|
verdiccio sopra e sotto, 0
vale,lanceolato. Base ad a-
pice acuti.
Margine fortemente ser-!
rato (duplicato, con ser-
rature terminate da seta)
NO la base fogliare
però per lo più solo den-
ticolata.
Pagina superiore pe
gata, come l’inferiore.
Pagina inferiore con
qualche mucrone o sete
sui nervi e sulla costa.
Nervi 10-12, =
Infiorescenza più RESTA |
della foglia.
Pedicelli discreti.
Calice subglabro, o ci-
liato al margine
| Corolla grande il dop-|
o del ca
"Su per 2A più atrofici.|
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ` N i
viventi -in siti troppo discosti l’uno dall’altro: del resto le affinità e le
divergenze sono pressochè quelle della $. Yasicae Loesen.
A La S. Yasicae presenta, al pari della nostra, un fusto glabro con
| cicatrici fogliari chiare, con l’apice pulverulento setuloso, un piceiuolo
conformato come 11 caule, un lembo acuto agli estremi obovato serrato,
| pochi nervi secondari e quelli terziari formanti un reticolo, le brattee
i dell’infiorescenza minute, l’infiorescenza multiflora, pulverulenta setulosa,
a pedicelli brevi o lunghi. Differisce per la patria, per le foglie pres-
| sochè glabre o con qualche pulvinulo, disseminate alla pagina inferiore,
7 di alveoli minuti e per l’infiorescenza subeguale alla foglia, a fiori piccolii
| spesso un po pulverulenti sul calicee a pochi stami coll’ovario a 3-5 stili
| € infine per il calice a 4 5 divisioni.
| La 8. Zahlbruchneri del Guatemala presenta uu lembo ottuso alla
ui base, coriaceo, quasi integro, glabro, ad eccezione delle ascelle dei nervi
che son barbate; l’infiorescenza ha brattee sviluppate un peduncolo setuloso
e fiori infine fortemente cigliati al MARA LEI IN
all esterno. ;
Vo
f
=- Colla S. Smithiana, dal fusto e pieeiuolo sparsi di pulvinuli, dal
lembo liscio, spesso fortemente serrato, sparso di mucroni lungo i nervi,
dalle nervature secondarie poco numerose, dall’infiorescenza furfuracea e
‚un po anche pulverulenta per pulvinuli, dalle brattee minute le affi-
nità sono più apparenti che reali, poichè la S. Smithiana, oltre che esser
propria di regioni più meridionali, ha una pulverulenza formata quasi
esclusivamente da pulvinuli, i lembi spesso crenati, sparsi alla pagina
Inferiore di alveoli e senza barbature alle ascelle, i calici non sempre
glabri all’esterno, con un numero variabile di sepali, l’ovario infine sor-
montato da numero variabile di stili. us
i Per quanto riguarda la Floccifera basterà ricordare che questa è
lelle regioni sud americane e manca di barbatura alle ascelle dei nervi
e poi ha pulvinuli isolati, anzichè una pulverulenza diffusa. Lo stesso
; dicasi per la $S. aequatoriensis pure delle regioni più meridionali (Egas,
dor), la quale poi presenta i calici setulosi.
| La S. intermedia non può esser confusa colla nostra per le sete di-
ate e birbate dell’apice caulinare, pel picciuolo subglabro o con qualche a
auerone, ma non pulverulento, per gli scarsi mucroni presenti sulle ner-
ature della BE: superiore fogliare, per l’infiorescenza pauciflora, per
886 STUDIO MONOGRAFICO SULLE: SPEOIB AMERICANE BOO: 00
il calice cosparso, all’esterno, di mucroni barbati alla base e per la faccia
interna dei sepali in parte pulverulenta. ` a
La S. leucocarpa ha un piceiuolo quasi glabro, o al più sparso di |
rari pulvinuli misti a poche sete, Il lembo di questa specie poi non è
molto grande e termina in lunga punta: le due faccie della lamina sono,
molto più glabre; i fiori presentano un calice con 4-5 dino e un o- |
vario con 4-5 stili.
Le affinità si riducono al calice pulverulento-setuloso all'apice, al È
` lembo serrato, barbato alle ascelle dei nervi secondari (almeno nelle. foglie, |
giovani della S. Zeucocarpa), percorso da pochi nervi, all’infiorescenza
più breve della foglia e a pochi. altri caratteri. comuni. È
Qualche carattere similare presenta la S. barbigera. Hook, pure dal, | |
Messico, e noi ricorderemo all’uopo il caule adulto glabro, ma coll’apice |
giovane pulverulento setuloso, il pieciuolo, fornito pure di analogo ri. i |
|
|
|
3
vestimento, il lembo sottile, obovato cuneato, acuto agli. estremi, il mar
gine integro alla. base, grossolanamente serrato all’apice e con serrature
setulose, i nervi secondari scarsi (8), le ascelle dei nervi barbate, i pe-
dieelli *discreti pulverulenti, setulosi, il calice glabro sulle faccie, ma
col margine cigliato, l’ovario a 5 stili. Le differenze della S. Bardigera
vanno ricercate nel piceiuolo più breve, nel lembo assai più glabrescente
finamente alveolato alla pagina inferiore, molto meno lungo e. diversa-
mente conformato, nell’infiorescenza pauciflora subeguale alla. foglia, se'
tosa, nelle brattee più lunghe, infine. negli stami poco numerosi.
Pei rapporti colla S. reticulata: Rose vedasi il capitolo relativo a
questa specie.
Nella 8, pseudopringlei troviamo. di nuovo una forma di collega-.
mento fra due tipi che probabilmente hanno un’affinitä molto discutibile.
L’aspetto degli esemplari noi studiati ricorda molto da vicino le S. del |
_ gruppo Oreophila e più particolarmente la S. pringlei; Non. ‚erediamo.
| pertanto di andar errati affermando che nella S. Pseudopringlei ‚ abbia-
mo nient’altro che una forma depilata della Pringlei. Col depilamento
è avvenuto. un fenomeno molto singolare, già altrove rieordato, & ri-
guardo della S. scabrida, che, cioè, una specie appartenente ad un dato
LIA Lp EEE ee N Li
| PROFF. LUIGI BUSCALIONI B GIUSEPPE MUSCATELLO 387
ciclo ha assunto la fisonomia di un altro. Nel caso attuale la S. Prin-
glei del gruppo Oreophila è divenuta straordinariamente affine alla 8.
3 pedunculata Hook. Valgono ancora a separarle le caratteristiche del
calice glabro nella 8. pseudopringlei, pulverulento nella S. pedunculata.
Quasi lo stesso ragionamento si può fare per la var. fluviatilis la
quale però ha una fisonomia un po’ sui generis, sufficiente ad allontanarla
| tanto dalla ©. Pringlei, quanto dalla S. pedunculata Hook. Xa-
rebbe forse il caso di affermare che nel cielo della $ pseudopringlei
vi hail vero tipo della S. serrata di DC. cui più di un autore asse-
gna appunto il calice glabro? Non lo crediamo per la semplice ragione
| che le due forme della Pseudopringlei sono state solo recentemente
| scoperte.
| Le ragioni del depilamento vanno ricercate nell’Habitat delle spe-
cie: infatti la var. fluviatilis è stata trovata lungo i corsi d’acqua, ed
ha perciò assunto una fisonomia meno'xerofila delle altre viventi in
siti aridi.
Ben ponderati i fatti riteniamo che la S. pseudopringlei sia stret-
tamente imparentata colla S. pedunculata da un lato (forse per mezzo
= della var. fluviatilis) e colla S. Pringlei, dall’ altro, per mezzo della
forma genuina.
Saurauia reticulata Rose Contr. Nat. Herb. Unit. Stat. Nat. Mus. VIII.
Albero basso o frutice. Rami ruvidamente pubescenti, un po’ pe.
losi ai nodi: foglie munite di breve picciuolo, oblonghe od oblanceolate,
arrotondate all’apice: le adulte pressochè glabre, ad eccezione di un fascio
li peli ramosi all’ascella delle nervature secondarie, lunghe da 1a 2,5
decim., larghe da 5 a 10 cm., finamente serrate con le serrature sor-
montate da sete decidue, fortemente reticolate alla pagina inferiore.
Peduncolo lungo portanti dei fiori a sepali orbicolari, copan di peli
| paleacei, cigliati al margine. Petali bianchi.
Raccolta da ©. R. Pringle nei Canòns di Quernavaca ee) nel
febbraio 1899 (N. 7862). i
La specie sarebbe affine alla S. serrata DC., ma ha foglie diffe-
renti, i sepali pubescenti e cresce ad altezze maggiori (Rose). se
= Esemplari studiati. i
Es. N. 7862 stato raccolto da C. G. Pringle nei Canòns di Que .
w STUDIO tagumik; SULLE SPEOIR “Atac aoo. 3
Li
navaca (Stato di Morelos) a circa 6500 p. (25 febbraio 1899). ie
tiene all’Erbario di Washington, (tipico !).
Rami di color giallo fulvo un po’ irregolari, torti, coperti all’ a-
pice da finissima pulverulenza ferruginea che riveste anche le foglie
giovani. Alla lente non sì riscontrano traccie di setule, salvo che sulle
foglioline. i
Picciuolo breve (1,5 cm.), non molto robusto, pure pulverulento
gialliccio e senza. sete.
Lembo di dimensioni variabili (12-24 em. di lunghezza X 5-9
cm. di larghezza), cartaceo, verde gialliccio sopra e sotto, ma più chia-
ro alla pagina inferiore.
Entrambe le pagine leggermente scabre, per quanto d’ aspetto
glabro. A
Base del lembo leggermente arrotondata e diseguale: apice acuto,
più di rado ottuso; margine finamente serrulato serrato con serrature
mucronate, 0 sormontate da sete decidue.
Lembo ovale od oblanceolato colla pagina superiore cosparsa di
minutissimi pulvinuli sulla costa e sulle nervature maggiori, i quali |
danno un aspetto punteggiato alle stesse; il resto glabro. n:
Sulla pagina inferiore si notano dei pulvinuli sulla costa, dove. ;
però sono commisti a qualche setula appena visibile alla lente, men- |
tre sui nervi maggiori non si hanno che tubercoli e mucroni setuli
formi bruni, pure pressoché invisibili ad occhio nudo. Qualche raro
tubercolo anche sui nervi minori. In talune foglie la costa è sempli- —
cemente fornita di mucroni setuliformi. p
Le ascelle dei nervi secondari sono barbate. i
Nervature 17-21, distinte anche alla pagina superiore sulla pelli
spesso è pure distinto il reticolo dei nervi minori. La costa è robusta
e î nervi secondari, discretamente sviluppati, mostransi piuttosto pro-
minenti alla pagina inferiore. Essi sono distanziati, od appressati a
| seconda della grandezza del lembo ed inoltre presentano un decorso.
| obliquo, terminando spesso dicotomici. Nervi di 3° ordine fini appres-
| sati gli uni agli altri, a decorso vario e distinti da quelli di 4° ordine
Infiorescenza piramidale, multiflora, più o meno lunga e larga
(10-17 cm. X 5-6 em.). Peduncolo robusto, lungo 7-10 em.‘ um
| po’ piatto, bruniccio, disseminato di pulvinuli grigiastri con qualche
ment: Sulcesileati Prali me naai iti 0.5- 10
mm., largh. 1-2 mm.) finamente setuloso-pulverulente, spesso spostate
— dalla sede normale. Pedicelli brevi (lungh. 4-5 mm.), 0 lunghi (raro !),
sepali drindi (5 mm.) arali ottusi, leggermente cigliati al margine, de:
verulento cenerognoli e (alla lente) anche tubercolati sulle parti della
aceia esterna scoperta nel boccio, del resto glabri. Corolla molto più
impia del calice. Petali lunghi 1 em. e più, obovati, smarginati, bian-
chicci. Stami 25-30 ad antere allungate, strette, bifide, poricide, bian-
iccie e a filamento barbato alla base. Ovario ?
‚ Caratteri differenziali e di affinità. Nel capitolo relativo alla S.
E scutata abbiamo rilevato le differenze le quali si possono riassu-
mere in una maggior setulosità di detta forma rispetto alla reticolata
più decisamente pulverulenta e presentante inoltre i fiori più grandi.
erò va notato che anche la 8. pedunculata va soggetta a notevoli.
iazioni nel grado di setulosità, potendo talvolta assumere un aspetto
Pche decisamente pulverulento.
La 8. leucocarpa presenta, al pari della nostra specie, un n picciuolo
sparso di pulvinuli e rare sete; un lembo serrato mueronato, scabro su-
Periormente, ad apice acuto e ad ascelle dei nervi barbate, un infiore- a
nza coi rami pulverulenti: Differisce tuttavia per il caule setuloso all’ api-
(setule pulverulente alla base !), per il lembo più breve e più stretto,
to alla base, terminato in punta lunga; per la pagina superiore gla-
a e linteriore subglabra, notandosi spesso qualche mucrone sui i nervi
giori pel peduncolo subglabro, per le brattee più piccole, pi Lusi
Hi ivilunpeti. a calice glabro e con 4-5 Arjaan. i
+
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
Caratteri differenziali
Caratteri comuni
S. pseudopringlei Buse.
S. reticulata Rose
cosparso all’ apice di
pulverulenza e rare
e.
Piceiuolo discreto,
pulverulento setuloso.
Lembo lungo Er
cm., largo 6 8 c
Base del Kae acuta
‘ Fusto 6ändroghols,
Fusto giallo fulvo,
(cosparso all’ “Be di
|pulverulenza.
Pieciuolo Deva pul-
verulento.
Lembo lungo 12-24
em. largo 5-9 cm.
Base del lembo ot-
Pagina inferiore par-
sulla costa e anche un
po’ sui nervi maggiori.
Pagina superiore spar-
sa di mueroni minuti
sul parenchima, (scarsi
però !), sui nervi mag-
giori e sulla costa.
Nervi 10-12, distan
ziati, poco distinti so-
lento- cenerognolo.
Brattee lunghe 1-3
mm.
Fiori discreti, a cali-
ilsparsa di ‘pal vinali sul-
pra to
Peduncolo pulveru-
tusa, es
agi inferiore
la costa a, di mucroni
sul nervi italora però
mueroni invece di pul-
vinuli anche sulla costa)
Pagina superiore co
sparsa di pulvinuli sul-
la gee e sui nervi
aggı
‚Bere 17- 21, distan
pulvinuli e setule rare.
Se o. N pul-
rulen
“Battes lunghe 5-10
‘Fiori grandi, a calice
ce glabro all’esterno. pe tubercola-|
ne
Nella $. barbigera
Lembo sottile, verde
mente. Apice del lembo
per lo piü acuto. Margine
serrato, mucronato setulo-
so. Ascelle dei nervi bar-
ate. _
Se obliqui subdico-
om
Tuleoiosiina lunga eir-
ca 15 cm., larga 6 cm
Calice glabro all’inter-
no cigliato al margine.
Corolla più grande del
calice.
Stami 25.
Messico
Berg scabro superior-|
SETE
to sulle e scoperte
bo
il fusto è
all’ apice setuloso pulveruleùto, con
sete dilatate, il picciuolo per lo più setuloso, il lembo piccolo, a base
acuta, percorso da pochi nervi, glabro alla pagina superiore O con
qualche mucrone, setuloso alla pagina inferiore, ma limitatamente alla è
costa, l’infiorescenza pauciflora, setulosa parcamente, i fiori piccoli a ca-
$
n
A
i
La
i
;
N Be
ni
sulle faccie. L’affinitä si riduce, si può di
rassomiglianza colla nostra avendo, al pari della $. barbigera, ascelle
lei nervi barbate, margine serrato, Differisce però dalla specie che stia-
studiando pei seguenti caratteri: apice pel fusto setuloso o setuloso
verulento; picciuolo subglabro, o con qualche setula: lembo acuto alla
>, pressochè glabro o parcamente setuloso sui nervi maggiori: nervi
condari poco numerosi : infiorescenza sparsa di rari pulvinuli fatti di
i stellati: calici per lo più glabri sulle faccie.
| STUDIO MONOGRAFI
SULLE SPECIE AM
Caratteri differenziali
S. intermedia Buse.
S. reticulata Rose
Caratteri comuni
Apice del fusto co-
memente pulverulento:|
qua e là qualche pelo]
stellato.
Piceiuolo vango, gla
bro o subglabro: in
quest’ ultimo caso per
lo più con rari mucroni
bt o
pulverulenti.
Lembo rossiccio alla
` [pagina superiore, liscio.
Base del lembo acuta.
Pagina inferiore gla-
bra, o al più con qual
che mucrone sui nervi.
Nervi secondari 12-
SE distanziati,
orescenza pauciflo-
ra, te, con rami dis
|seminati di peli stellati.
Brattee isla 4
mm. linea
[senza peli stellati.
-5lfu
Apice del fusto co
perto da pulverulenza,
Picciuolo breve, mi-
nutamente pulverulen-
Lembo fogliare ver-
diecio sopra, scabro da
ambo le faccie.
Base ca lembo ar-
rotondat
Poi inferiore del
lembo cosparsa di pu
vinuli e rare sete sulla;
costa, mentre sui nervi
si hanno solo rari tu-
bercoli.
Nervi secondari 17-
21, appressati o distan-
ziati.
Infiorescenza malti-
flora, lunga, con rami
urfuracei.
„Brattee raggiungenti
hanan f 11
Calice cosp
| |parti scoperte nel boc-
= |cio) di mucroni minutie
barbati con peli bianchi
alla base: faccia interna]
parzialmente pulveru-|
lenta: margine eigliato.|
uatemala
Sep ali” ‘cigliati
margine, glabri al
parti
esterne scoperte nel
boccio
Messico
Caule gialliccio.
Lembo lun
car-
taceo, verdiccio sotto, acuto
anteriormente e col mar-
gine serrulato mucronato-
setuloso. Minuti pulvinuli
o sete barbate sulla faccia|
superiore del lembo lungo
le nervature maggiori.
Ascelle = nervi secon-|
dari barbat
Peduncolo pulverulento
s
S
Pedicelli di
ghezza. i
prer setuloso-pulve-
rulent
Fiori gran
Petali oil Stami
circa 25.
=g
varia lun-|
Caratteri differenziali
: Js. leucocarpa Schlecht.
| Apice del fusto sparso
[di sete dilatate e pul-
lente.
Picciuolo subglabro,
o portante qualche seta
‚je pochi pulvinuli.
Lembo lungo 11-13
em. largo 4-5 cm.,
rossiccio sopra, giallic-
cio sotto, scabro alla
pagina superioro; liscio
all inferiore.
Base del lembo acuta;
ice terminante in
lunga punta.
T Eagins superiore
glabra.
Pagina inferiore gla-
o con we
e mucroni sui
ervi ent
. Nervi 15, poco distin-
i sopra. Nervature di
rz’ordine fuse in reti-
olo con quelle di 4,
— Infiorescenza. pauci-|(
eh a brattee minu-
satin
S "Calice con 4- 5 divi-
sio
S. retieulata Rose
Caratteri comuni
Apice del fusto uni-
formemente pulverulen-
to. Piceiuolo uniforme-
mente pulverulento.
Lembo lungo 12-24
cm. largo- 9- 9- cm,
yeino, sca bro da
ambo i lat
Base del Temba ottu-
sa, ein acuto.
na superiore
sparsa di pulvinuli sulla
costa e sui nervi mag-
giori
Pagina inferiore con
PI e sete sulla
costa, con re mi-
nuti sui nerv
Nervi 17- 91 distinti
alla pagina superiore.
Quelli di 3° ordine di
stinti da quelli di 4°.
Infiorescenza multi-
nel boccio).
si ioni, glabro.
serrulato serrato con ser-|.
rature mucronate.
dari barbat
Pieeiuolo breve. Lembo
Ascelle nia nervi secon-
re pulvern-
enta.
l Messico
A prescindere della patria diferänte; la Ss S pseud le aa ci
napise: Bel; fusto er
Pri
Pan a
| 894 —’0’SIUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
stami. Va notato però che i calici, come nella nostra specie, sono pul-
verulenti allo esterno.
La S. laevigata Tr. e Pl. del Sud America presenta come caratteri
differenziali; a) il fusto coperto all’apice con cuscinetti pulverulenti; b)
il pieeiuolo lungo, subglabro, o con qualche raro pulvinulo; c) il lembo
subeoriaceo, rossiccio, glabro o con qualche mucrone, a base acuta, cre-
nulato dentato, con nervature poco manifeste sopra e non barbate; d)
l infiorescenza glabra o con qualche cuscinetto, munita di brattee mi-
nute assai; e) il calice glabro, o pulverulento parzialmente all’interno.
Pressochè per gli stessi caratteri differisce la S. Yasicae del centro
= America che ha pure } apice del fusto sparso di pulvinuli, i pic-
si ciuoli lunghi con qualche pulvinulo, 1 lembi acuti alla base, non
molto grandi, pressochè glabri, con leggeri e minuti incavi alla pagina
inferiore, poco riechi di nervi, i fiori piccoli, a calice di 4-5 neu
subglabri.
La S. Maxoni ha il fusto e il picciuolo glabri, il lembo molto co-
riaceo, glabro, a base acuta, a margine crenulato denticolato, con pochi
nervi non barbati alle ascelle, l’infiorescenza ed i fiori glabri.
Il caule coperto all’apiee con cuscinetti pulverulenti e minute se-
tule, il picciuolo lungo, cosparso di rari pulvinuli e di poche sete, il
lembo terminato in lunga punta, crenulato (non sempre), pressochè glabro,
DI con pochi nervi non barbati alle ascelle, le brattee minutissime, i fiori
5 piccoli, a 4 sepali glabri fanno flistinguere la S. smithiana Buse. dalla
nostra specie.
Il fusto e il picciolo setosi ma parcamente, il lembo pressochè
glabro sopra, poco setoso sotto, sulle nervature, 1’ infiorescenza
portante delle rare sete, del resto glabra, il calice setuloso sulla faccia
esterna dove sonvi inoltre dei peli stellati minuti non ci permettono
di scambiare colla S. reticulata la S. aequatoriensis la quale poi abita
altre ragioni.
La 8. Zahlbruckneri Buse., al pari della nostra specie, presenta
l'apice del fusto pulverulento, il lembo ottuso alla base, acuminato al-
l’apice, di color verdiccio, i nervi secondari abbastanza numerosi (16-18)
e quelli terziari distinti da quelli di 4° ordine, la pagina superiore co-
| sparsa di rari pulvinuli sulle nervature e di aspetto reticolato, il pe-
| duncolo dell’ infiorescenza disseminato di pulvinuli commisti a qualche
er,
| PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 395
| seta, le brattee minute, spesso spostate, i sepali pulverulento tubercolati
| sulle parti scoperte nel boceio, del resto glabri. Essa però differisce per
la pulverulenza dell’apice dei rami la quale è fatta da mueroni barbati
alla base, pel picciuolo lungo, coperto da radi mucroni pulverulenti, pel
lembo coriaceo o subcoriaceo, integro od oscuramente serrulato, per le
nervature poco distinte. superiormente, per la pagina superiore glabra
quasi sessili e non molto grandi.
e granulosa sul parenchima, per la pagina inferiore pure glabra, ad ecce-
«zione delle nervature che sono molto diffusamente barbate, pei fiori
Caratteri differenziali
DO Pseudopittieri Buse.
S. reticulata Rose
Caratteri comuni
Apice del fusto pul-
|verulento setuloso.
Piceiuolo lungo 3-5
y Margine fogliare in-
itegro o denticolato.
| Pagina superiore
rossiccia, liscia.
| Nervi 17-21,
barbati
non
Pagina inferiore co-
ulverulenti (sulla co-
sta) e da tubercoli non
barbati.
Ascelle dei nervi
Cesta Rica.
Apice del fusto pul-
verulento.
Picciuolo breve.
Margine fogliare ser-
rulato setuloso.
ervi 14 barbati.
Pag cina inferiore co-
perta da pulvinuli sulla
costa e da tubercoli
altrove, senza peli stel-
lati.
Anello barbate.
solo all’esterno.
essico.
Calice pulverulento
Lembo discreto.
Pagina inferiore scabra,
valige nervi distinti
sopra e sotto.
Tubereoli privan aci
sulla costa, mueroni al-
trove, ma rari.
lenta.
Infiorescenza es
Caratteri comuni
S. parviflora Tr. e Pl.
S. reticulata Rose
Fusto ge pnl:
Fusto pulverulento
verulento, co
minuto tn
Pieciuolo lungo, pul-
verulento, con qualche
tubercolo.
01 ualch
pa Seri
grande, con puntalunga,
dentato, o denticolato,
acuto alla base. di color
bruno.
| ‘Pagina superiore
|sparsa di minutissimi
pulvinuli.
Pagina inferiore dis-
seminata di pulvinuli,
i i ed
n
barbati alle ascelle.
Infiorescenza breve,
n
a peduncolo subglabro
4 rami disseminati
jdi pulvinuli.
Fiori minuti, a calice
Lembo non molto:
a brattee minutissime, |
all’apice
Pa
ata.
Pa
i
stellat
&
minutament®
1
g
sparsa di
di
FOE senza peli
rattee
lineari, a
Piceiuolo breve, pul-
\verulento.
Lembo ottuso -alla
base, serrulato serrato,
acuto all'apice, di color
verdiccio.
na superiore
tuberco-
na
ulvinuli
Nervi 17-21, barbati
alle ascelle
I nfiorescenza discreta,
triangolari]
peduncolo e
rami pulverulenti.
Fiori
sterno.
ue ro.
| N. Granata.
randi,
lice ii all’e-
Messico.
X
inferiore
Lembo obovato.
Nervi distinti anti
alla pagina superiore.
e
| La $. strigillosa Tr. e Pl. la il fusto setoso come il piceiuolo, il
‘bo fogliare acuto alla base, innervato da pochi nervi non barbati alle
e, colla pagina superiore glabra, l’inferiore setuloso- tubercolata;
ltre l’in fiorescenza setulosa coi calici pulverulenti anche in nter
Nella S. floccifera dell'America meridionale la pulv zeru
ice aew è commista a sete, il pieciuolo mostrasi | cosparso
i
PROFF. LUIGI BUSCALIONI P GIUSEPPE MUSCATHLLO 397
I caratteri d’ affinità sono molti: infatti nella S. floceifera vi ha
pure un lembo grande, spesso ottuso alla base, acuto all’apice, serrato,
sparso di cuscinetti pulverulenti e di mueroni (questi però limitati alla
pagina inferiore, quelli bianchicci), coi nervi numerosi. Aggiungasi ancora
che l’ infiorescenza è del pari pulverulenta suì rami.
n Per gli stessi caratteri differisce o, viceversa rassomiglia la S. pulchra
di Tolima, la quale poi ha, al pari della nostra, fiori molto grandi.
Da ultimo ricorderemo che la $. Schlimmi Sprague non ha le ascelle
dei nervi barbate, mentre: presenta il fusto coperto da lunghe sete, ed
il calice infine è pulverulento dentro e fuori. Ancor minori sono le af-
finità colla S. Rusbyi e colla varietà boliviana di questa
ag
La descrizione che abbiamo dato della S. reticolata differisce al-
quanto da quella trasmessaci dal Rose il quale accenna ai calici coperti
da peli paleacei; ma, a prescindere da questa lieve differenza è lecito
| affermare che i caratteri da noi rinvenuti concordano con quelli segna-
| lati dall’ autore americano. Il Rose ritiene che la specie sia affine alla
| Ñ. serrata DO., per quanto ne faccia una specie a se, perchè la Reti-
culata cresce ad altezze maggiori ed inoltre presenta i sepali puhe*
| scenti.
A questo riguardo faremo rilevare che la S. serrata ha pure i calici
_ pulverulenti tubercolati in varia misura, per cui verrebbe a cadere uno
| dei caratteri differenziali più importanti. Avendo potuto studiare com-
parativamente molti esemplari di 8. pedunculata ci siamo fatta la con-
vinzione che la S. reticulata di Rose si differenzi, più che altro, per una
somma di caratteri secondari, ognuno per se poco manifesto, di guisa
che forse più che una specie genuina dovrebbe avere il valore di una
| Varietà della S. pedunculata. La maggiore altezza cui cresce darebbe
ragione delle piccole variazioni osservate. |
La prevalenza della pulverulenza sulle sete renderebbe la nostra
Specie fors’anco notevolmente affine alla Pseudopringlei var. fluviatilis.
d ogni modo è ‘certo che la S. reticulata entra nel gruppo della
Peluncolata Hook, — | Wo:
di S:S
5
398 ; STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
49) Saurau'a pseudopedunculata Busc. n. sp. Tav. VII fig. 17.
Esemplari studiati.
Es. dell’ Erb. Delessert e del Museo Berlinese, provenienti dalle
Collezioni messicane di Langlassè. Furono raccolti il 5- XII 1898 nelle
Sierra Madre (Stato di Michoacan e Guerrero), su suolo granitico, a circa
--900 m. d’altezza.
Ramuli et petioli rufi tuberculati-setulosi; setulae adpressatae. La-
mina disereta, cartacea, obovata, apice acuto, basi rotundata, margine
serrulato mueronato Pagina superior scabrida, reticulata, mucronibus
minutis rubris instructa. Pagina inferior secus costam setosa, caeterum
mueronata, nervis secundariis inter se distantibus, cum aseillis barbatis.
Infloreseentia rufescens foliis brevior, pedunculata. Peduneulus tuber-
culato-setosus: ramuli furfuraceo-pulverulenti. Braeteae lineares, minutae
saepe iuxta internodium ortae. Flores breviter pedicellati, sepalis ex-
terne tuberculatis, caeterum glabris. Petali emarginati autintegri. Sta-
mina 25, ovarium carens aut stylis obsoletis superatum.
Albero a fiori bianchi, dal fusto rossiccio, quasi sanguigno, soleato
abbondantemente, cosparso di tubercoli pure rossicci, ben distinti alla
lente, commisti a poche sete appressate, fine all'apice larghe alla base,
ferruginee, lunghe 1 mm. e più. Cicatrici fogliari rilevate alla parte
inferiore.
Picciuolo non molto robusto, lungo 2,7- 3 cm., rosso bruno, par-
camente setuloso tubercolato come il caule.
Lembo obovato cuneiforme, sottile, cartaceo, lungo 17-21 cm.,
largo 7-8 mm. acuto all'apice o terminato in punta breve, colla base
leggermente arrotondata, o viceversa anche acuta, disimmetrica.
Pagina superiore di colore rosso castagno, discretamente scabra,
debolmente reticolata, l’inferiore di colore più pa'lido e meno ruvida:
margine dentato mueronato, serrulato serrato (all'apice anche un po’
irregolarmente), con serrature terminate da seta o da mucrone breve,
caduco.
Pagina superiore cosparsa sul parenchima di minuti mucront
setuliformi, rari, rossicci lunghi 0,5-1 mm., appressati, pure, presenti, .
‘quasi in egual copia, sui nervi secondari, mentre sulla costa si hanno
delle sete a base dilatata.
Pagina inferiore analogamente rivestità sulla costa e sui nervi
$
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
maggiori, ma colle sete un po’ più sviluppute, sempre appressate e
e. Qualche mucrone sui nervi minori, mentre le ascelle delle
| nervature secondarie sono glabre, o più 0 meno oscuramente barbate.
Il parenchima è glabro.
aa Nervatura mediana rilevata alla pagina inferiore e robusta, al
pari dei nervi maggiori, di color rossiccio. Nervi secondari 15-16, di-
alterni, subdicotomi, fini. Nervi di 3° ordine ben distinti dal reticolo di
quelli di 4° ordine, perpendicolari alla costa, o alle nervature secondarie,
sottili, a decorso un po’ ondulato ed irregolare, distanziati fra loro.
Infiorescenza d’aspetto un po’ furfuraceo, rossiccia, lunga da 11
a 17 cm. circa,ma più breve della foglia, ampia, piramidale o a pan-
| nochia ristretta, non molto ricca, portata da un peduncolo lungo 7-8
em., robusto, solcato, striato, cosparso di mucroni tozzi e di sete mi-
DA Queste barbate alla base e ferruginee.
i Rami lunghi 3-4 cm. più decisamente fürfwrack, pulverulenti.
| Brattee esili, lineari, lunghe 4-5 mm. pure furfuracee fulce, spesso
spostate dalla posizione normale.
Fiori brevemente pedicellati (pedicelli bratteolati, ferruginei fur-
furacei), del diametro di circu 12-15 mm. Calice a 5 divisioni lunghe
4-5 mm. diseguali, ovali, ottuse od acute, rossiccie, abbondantemente co-
sparse di tubercoli fulvi, tozzi, barbati, ma limitatamente alla super-
ficie esterna ed alle parti scoperte nel boccio, del resto glabre. Corolla
lunga 7-8 mm. a petali ovali o subrettangolari, spesso smarginati, ottusi,
Stami circa 25, barbati alla base con abbondanti peli bianco sporchi;
ntere lunghe, giallo chiare, profondamente bifide con due pori apiculi
spesso risolventisi in lieve fessura. Ovario cupuliforme, con stili ri-
dotti, non sempre però presente.
Caratteri differenziali e di affinità. A proposito delle sue affinità
colla S. pedunculata abbiamo già trattato accennando a questa specie.
i, ma non pulverulenti; il lembo non è arrotondato alla base e pre-
uua colorazione rossa anzichè verdiceia; la pagina superiore, com
Pseudopringlei, è mucronata, ma i mucroni sono rossicei ed abbon-
e lo stesso rivestimento, misto a sete mucroniformi, si ha all’infe
stanziati gli uni dagli altri fin dalla base del lembo, obliqui e curvi, -
| Dalla S. pseudopringlei Buse. differisce pei seguenti caratteri: —
l'apico del fusto ed il picciuolo sono setoso-mucronati con mucroni ros-
De nervi prete sono o Ra abbondanti, re Ders bar-
hd
bati alle ascelle); 1’ infiorescenza è più decisamente setulosa; il calice,
anzichè glabro, è marcatamente tubereolato sulle parti scoperte nel bocoio
ed infine l’ovario alia degli stili ridotti.
i Ancor minore è l affinità colla 8. reticulata Rose poichè nella S.
_ pseudopedunculata |’ apice del caule e il pieciuolo sono setoso-tuber-
colati (con tubercoli rossicci); entrambe le specie presentano dei mu-
croni sulle due pagine del lembo, ma nella pseudopedunculata, i tu-
. bercoli sono rossi e non associati ai pulvinuli. L'infiorescenza di questa A
infine è cosparsa di tubercoli e sete pulverulenti alla base, mentre in
. quella si ha una pulverulenza formata da minuti pulvinuli. pi
| Le affinità per altro non mancano e noi segnaleremo le ascelle de 2
nervi barbate, i calici pulverulento- -tubercolati sulle parti scoperte nel
boccio (ma molto più marcatamemente nella 9. pseudopedunculata !), il
numero discretamente grande di nervi secondari, la forma e il contorno
della foglia, per quanto questa sia. rossa nella Lug er, vr
i Vitala nell’al tra.
n ® Fr N ig È ki 5% ì ʻi E i a a Pa
| PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
Caratteri differenziali
S. aspera Turez.
S. pseudopedunculata
Buse.
Caratteri comuni
Apice del fusto co-
perto da sete ferruginee,
dilatate alla base, miste
a pulverulenza
Picciuolo tubercolato;
setuloso come il caule.
2
Lembo fogliare di
aspetto pulverulento e
molle al tatto inferior-
mente (di rado scabro).
Margine minutamente
dénticolato.
Tubereoli
te i Ia
vu
DS
e setule
inferiore
i 3° ordine
avvicinati fra loro, bar-
nile E e 0 Aa LISI (nel a li E
SEE PI MOSS
Apice del fusto co
sicci e sete ferruginee|
dilatate alla base.
Picciuolo pulveru
lento ferrugineo,
Lembo scabro ‘alla
pagina inferiore che
non presentasi pulve-
rulenta
Nervi di
(distanziati gli uni dagli
altri, non barbati alle
scelle.
Infiorescenza multi-
flora, a peduncolo non
(distintamionio pulveru-|
lento
Sepali non neran
3° ordinel:
Apice del fusto rossie- .
perto da mueroni ros-|cio
Cicatrici fogliari rile-
vate dal lato inferiore.
Pieciuolo lungo 1 3 em.
Lembo lungo talora 20
em. largo 5-9 cm., car-
taceo, scabro sulla pagina
superiore, obovato, cunei-
Margine serrulato|api
serrato, con: serrature!
isormontate da sete o
imuceroni,
Tubercoli e setule!
della faccia ‘inferiore
rossicel.
Infiorescenza piü breve
della foglia col peduncolo
disseminato di sete wis
alla base, ferrugine
Rami furfuracei. Dali
lenti all’inte
Ovario a stili iloblodi
| Dalla S. Barbigera differisce pel fusto rossiccio, non gialliceio fer-
| Tugineo, pel picciuolo assai più lungo, tubercolato, pel lembo notevol-
i mente più grande, rossiccio, a base acuta, p ricco di nervi, molto. pi
celli brevi ;
Fiori mediocri, tuberco-
abbondantemente provvisto di mueroni superiormente, i
geif poi sono
rossieci, per ľ infiorescenza ampia, mucronata, setosa, pei fiori breve-
mente pedicellati, pei calici tubercolati sulle parti scoperte nel boccio
| e per un maggior numero di stami. Le affinità si riducono alle setulo-
sità del caule, alle ascelle dei nervi barbate, al margine serrato, ed a pochi
altri caratteri comuni.
Caratteri differenziali
S. Pittieri D. Sm.
S. pseudopedunculatal
B
tubercolato all’a
che
ice
è di color y
Piceiuolo bruno, pul-
verulento tubercolato.
‘|Base del lembo fogliare
acuta.
Margine
del lembo
le
imueronulato, denticola-
to-serrulato
Nervi. 22.
Pagina inferiore co-
sparsa di peli stellati
e tubercoli, colle ascelle
be-
guale alla foglia, o più
grande di questa.
Sepali pulverulenti
dentro e fuori, tuberco-
lati all’ esterno sulle
parti scoperte nel boc-
cio
Ù
Costarica.
Caule pulverulento!
tubereolato.
tusa.
Caratteri comuni
Caule
setuloso all’apice che è
di color rossiccio.
Piceiuolo rosso bruno,
Base del lembo ot“
Margine serrulato
serrato, con serrature
setose.
Nervi 15 circa.
Pagina inferiore co-
sparsa di tubercoli e
sete, senza peli stellati.
Ascelle dei nervi bar-|
ate.
Infiorescenza 1
breve della foglia.
li tubercolati|
(tubercoli barbati) solo
sulle parti esterne sco-
perte nel boccio, glabri
altrove.
1u
Messico.
tubercolato|
Lembo discretamente
sviluppato, cartaceo, obo-|
vato piazza termina-
to in punta acuta.
Nervi dainak sub-
dicotomi,. curvi. ;
Nervature di 3° ordine
distanziate, perpendicolari
alle secondarie.
agina superiore sparsa
di minuti tubercoli.
Infiorescenza cosparsa|
di tubercoli (barbati però
alla base nella S. pseudo
Fiori non molto grandi,|
num su pedicelli|
talora brevi ar sempre
nella S. pittieri).
Corolla a “petali pe
lunghi del calie
25 Stami. Stili brevi.
La var. Kegaliana della 8 pauciserrata presenta come ‘caratteri.
differenziali un caule parcamente setuloso all’ apice, un picciuolo sub-
a un lembo breve glabro o subglabro con pochi nervi, un’ infio-
(continua)
Nuove osservazioni sulle cellule artificiali
NOTA peL Pror. Lurer BUSCALIONI
Come ho già, in parte, rilevato in una precedente pubblicazione
= sull'argomento (Buscalioni L. : Sulla formazione di zone nei mezzi col-
= loidali. Parte II. Sulla formazione delle cellule artificiali Malpighia 1916)
= una schiera di osservatori, fra cui meritano. di esser ricordati Ruffini,
| Traube, Rhumbler, Pfeffer, Hasting, Ostwald, Mounier e Vogt, Quincke,
Damiaccovich, Rose, Link, Herrera, Errera, Bottger, Reinke, Cohn, Fa-
| mintzin, Tamman, Beilstein, Vogelsang, Gad, Bütschli, Dubois, Burcke,
. Razzetti, Kuckuch, Felix, Schrön, De Vries, Lehman, e più di tutti Leduc
cercarono di ottenere, con mezzi artificiali e ricorrendo per lo più ai
| precipitati che si ottengono coll’incontro di due soluzioni, la produzione
di corpi aventi le caratteristiche delle cellule vive, o dei costituenti di
list i
=
MECE a Ta
SERED
a . . A . .
| queste (amido, cristalli, nucleo, centrosfere ece.), non che la riproduzione
delle forme vegetali ed animali (coralli, funghi, fusti, fiori, foglie ece.)
e persino taluni fenomeni della vita, quali la divisione cellulare e nu-
eleare, la pressione osmotica, l’irritabilità, le correnti plasmiche ete.
L’entusiasmo che hanno suscitato neglì esperimentatori siffatte ripro-
duzioni, in vitro, dei corpi viventi e delle manifestazioni vitali, ha in-
dotto, forse, gli autori stessi ad esagerarne l’importanza e ad accentuare
| troppo talune speculazioni dirette ad omologare tutte quante siffatte strut-
ture e manifestazioni con ciò che ha attinenza colla forma e colla vita
dei vegetali e degli animali (De Vries, Reinke ete.).
Ben si comprende pertanto come le conclusioni siano state accolte
«con un certo scetticismo da coloro che riconoscono nel regno degli ani-
mali e delle piante un modus vivendi che nulla avrebbe a vedere colle
2 modalità di forma, di struttura e di comportamento reperibili nei corpi.
inorganici, troppo incerti essendo i legami, affermano essi Kun po’ affret-
tatamente forse) fra i due regni della natura.
Taluni sono andati tanto oltre da guardare, oserei dire, con q
Sprezzo, quasi come giuochetti di laboratorio, le esperienze talvolta inte-
| Fessantissime e spesso anche geniali: il discredito si è riversato spe
NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
cialmente su quelle che vennero eseguite in atta ultimi tempi dal Le-
duc e dai suoi imitatori.
E’ tuttavia mia ferma convinzione che vi sia esagerazione e da un
lato e dall’altro. Forse avrebbero maggiormente giovato alla loro causa
i sostenitori della biologia sintetica e delle teorie fisico- chimiche della
vita qualora non avessero spinto le omologazioni e le deduzioni fino ©
all'estremo limite della dialettica, nello stesso modo che avrebbero fatto
opera più giusta i detrattori di questi sistemi qualora, consci che la, |
scienza è progressiva, che nessuna teoria, o concezione è eterna, e che
infine nel campo delle discipline sperimentali le speculazioni, a priori,
più assurde possono, tardi o tosto, trovare nella realtà dei fatti la loro
applicazione (come è il caso per la telegrafia senza fili ad es.), si fossero
At
curati di soffermare spassionatamente la loro attenzione su quegli espe-
rimenti di riproduzione, in vitro, di taluni processi e fenomeni vitali
che meglio corrispondono al peculiare comportamento degli esseri viventi |
e meglio ‘collimano con quanto ha luogo in natura. Il diniego e il di R
scredito tassativi, aprioristici a riguardo dell’esperimento di laboratorio Sa
appaiono ancor meno giustificati quando si pensi che i fermenti e gli
enzimi inorganici presentano un comportamento tale da, lasciar adito al
dubbio che tra i fenomeni vitali e quelli propri degli esseri inanimati |
vi sia un legame più intimo di quanto si appalesi a prima vista. |
A me pare, ad esempio, che talune osservazioni del Leduc (che è
indubbiamente uno dei maggiori esperimentatori in vitro), in quarito sono
impostate sui processi osmotici, sui centri dinamici e sui campi di forza
del Farady, siano riuscite a imprimere una certa attendibilità a molte
delle deduzioni cui giunse l’autore; perciò non poche di queste meritano :
di esser prese in considerazione anche da coloro che, impressionati sol- |
tanto dalle lacune e dai lati deboli del lavoro dell’autore francese, di- 5a |
chiarano, senz’ altro, erroneo e per lo meno affrettato tutto ne Nu: 3
scritto nei suoi, volumi. (1) $
| Ho citato qui a bella posta ed a lungo il Leduc, sulle cui ‘esperienze =.
= fra poco, non lesi per la ae iS che mi hanno inspirato —
n Q) V. ad es. le critiche del Bonnier ai lavori di Leduc i cui organismi ar-
tificiali sarebbero già stati ee come anche a me risulta vero, da altri autori pi
nad cui Quinke.
PROF. LUIGI BUSCALIONI i 405
alcuni suoi esperimenti, ma anche pel fatto che PA., oltre all’esser uno
dei più moderni cultori della biologia sintetica, è giunto in non poche
indagini a conclusioni che collimano con quelle emananti dalle mie ricer-
che aventi altro indirizzo sperimentale. Basterà ricordare la prepara-
zione delle cellule trasparenti che permettono di rilevare i movimenti
= dei liquidi inclusi (cellule al cloruro di calcio e carbonato di soda),
‘nonchè la segnalazione delle strie od onde di cristallizzazione. sg
Nelle mie precedenti osservazioni sulle cellule artificiali mi ero a
valso, oltre che dal collodio sciolto in alcool ad etere, di molte altre
sostanze (solubili in, questi due reattivi, nel benzol etc.) che io incor- ;
| poravo al collodio. Scopo dell’ aggiunta era quello di ottenere, nelle
| pellicole di collodio . appiccicate al vetrino portaoggetti, delle cellule. il
eni nucleo fosse costituito da sostanze quanto mai eterogenee, varia- Be
mente fra loro commiste e il più delle volte fra loro reagenti. a
Nelle presenti ricerche io ho modificato alquanto il procedimento e ; |
la teenica, e per lo piü mi attenni a due metodi. =
In una prima serie di esperienze, destinate a formare unicamente x
delle cellule artificiali fornite di membrane, protoplasma, nucleo e nu ci
eleo!o, ho impregnato il collodio ,di cautchouch sciolto nel Benzol, a
cui aggiunsi balsamo del Canadà, olio di ricino, sudan III e cloruro
di cobalto. In una seconda serie ho fatto uso anche del nitrato d’argento,
dell’ idrochinone e di altri reattivi, come deseriverd meglio a suo tem-
po, per investigare la distribuzione di taluni composti chimici.
1° Metodo. In una piccola provetta diluisco nell’aleool ed etere (50 |
di etere 12 di alcool) un poco di eautchouch disciolto nel benzol. La mi-
| scela va energicamente sbattuta per impedire la coagulazione del caut-
chouch: in una seconda provetta mescolo sudan III (quanto occorre per _
ottenere una colorazione rossa intensa) a uno o due cm. cubi di collodio.
Feiolto in alcool ed etere, cui aggiungo un po’ di benzolo. Finalmente
in una terza provetta unisco collodio (sciolto nei soliti mezzi sopra in-
dicati) al eloraro di cobalto in polvere, ottenendo così ‘una soluzione di
un bel colore bleu, cui aggiungo un po’ di acido cromico che fa cam-
biare la tinta in bruno caffè.
i Preparati così i reattivi inirsdaso i in ogni pai una o due goccie ;
di balsamo del Canadá sciolto nel benzolo e altrettanto di olio di ricino,
allo scopo di ottenere il così detto collodio elastico cristallino.
NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
Da ultimo unisco tutte quante le soluzioni, versando però quella
di cautchouch per ultimo e a goccia a goccia, per impedire una im-
provvisa e totale coagulazione del collodio e del cautchouch che quando
avviene rende quasi del tutto inservibile la preparazione. (1)
In date circostanze, in specie vi si vuole ottenere una spiccata va,
cuolizzazione del protoplasma, si può aggiungere anche uno o due goccie
d’acqua, procedendo però con estrema cautela per evitare l’ inconve-
niente della coagnlazione cui sopra ho accennato.
Qualora poi sì vogliano ottenere delle doppie o triple colorazioni
si può lasciar da parte l’acido eromico, e unire al sudan III un colore
d’ anilina a tinta complementare (bleu di anilina). L’‘aggiunta però è
talora superflua, potendo il cloruro di. cobalto dare già una pallida tinta 3
di contrasto. — |
Un ultima avvertenza è necessaria per eseguire a dovere la prepa»
razione; quando si aggiunge l’aeido eromico occorre impiegarne una dose
piccolissima (una porzione grande quanto un chicco di grano per 2-3.
centimetri cubi di collodio) e l aggiunta va fatta frazionatamente, per
evitare una troppo viva effervescenza del substrato. do
Preparata così la soluzione di collodio, che se è ben riuscita deve
esser fluente, ma un po’ densa, rosso bruna (per l aggiunta di acido
eromieo), o brunastra per la presenza di cloruro di cobalto, si può pro-
cedere allo allestimento delle pellicole. St
All’ uopo con un pennello si distende uno straterello della miscela |
sopra un vetrino porta oggetti in modo che risulti variamente ispessita
secondo i punti e poscia si alita sulla soluzione, tenendo la bocca in
più o meno grande vicinanza del vetrino. Si formano così delle minu-
tissime goccioline di vapore acqueo che concorrono non ver a di
eleganti i preparati.
a) Il fenomeno è in intima relazione colla costituzione dei colloidi, quale
è stata posta in chiaro dalle osservazioni di Quinke, Bütschli, Bechhold ed altri. >
Stando ai fatti simo ad ora assodati, i colloidi sarebbero cost tuiti da soluzioni
di differenti concentrazioni e di differenti viscosità, offrenti, al limite comune,
i fenomeni della tensione superficiale Quinke). Di quì la struttura. alveolare,
reticolare, lamellare, g'obulare degli stessi. I colloidi poi, secondo Grahm, rap-
rein lo stuto dinamico della materia, mentre i i cristalloidi a llo
| e finissimamente zigrinato: questa costituzione speciale delle pellicole è
sì può gar. a meno di alitarvi sopra, oppure sì eseguisce la
| operazione tenendo la bocca però alla distanza di 4-10 em. in modo
che il vapore acqueo arrivi sul vetrino in scarsa quantità e senza vio
lenza. -
Ciò fatto si lascia essiccare il preparato sotto il mieroscopio, poichè
solo dopo l essiecamento le cellule appaiono in tutta la loro bellezza.
Nei preparati ben riusciti lo strato di collodio essiccato appare sublucido
| dovuta in particolare modo all’ olio di ricino e al balsamo del Canada
| aggiunti, le quali sostanze impediscono che collo essiecamento dello
- straterello penetri aria fra le maglie dei protoplasmi, nel reticolo nu-
: ‚eleare e negli spazi intercellulari, il che renderebbe quasi inservibili
i le preparazioni a causa dell’opacità. I preparati, una volta allestiti, si
conservano tal quali indefinitamente : sarà tuttavia opportuno, sui punti
dove le cellule son meglio riuscite o vi ha qualche particolarità inte-
ressante, distendere un vetrino coprioggetti, previa sovrapposizione, sul
| preparato, di una goccia di glicerina o di balsamo di canadà sciolto in -
benzolo. Naturalmente per l inclusione in balsamo si richiede che il
| preparato sia ben secco, mentre poi è da sconsigliarsi qualsiasi passag-
gio in olio, od altra sostanza rischiarante come si usa nella tecnica mi-
pp topica.
L’esame dei preparati si può fare con gli obbiettivi a secco deboli,
‘medi e forti, ma quando le cellule sono piccole si. può anche ricorrere
agli obbiettivi ad immersione, in specie se trattasi di studiare la parti- -
colarità del nucleo, del protoplasma e della membrana ete. |
Dirò da ultimo che la confezione delle soluzioni eollodiali non è
difficile, ma non sempre si ottengono tali, per costituzione e proporzione
degli elementi, da dar risultati confortanti : occorre pertanto una certa
pratica, molta pazienza e pertinacia, nonchè buona volontà di provare.
e riprovare, variando la proporzione dei costituenti, o l ordine con cui
| si pratica la mescolanza dei differenti reattivi.
-Ed ora che ho deseritto il metodo di preparazione. mi sia permesso
di | passare in rassegna i principiati. risultati ottenuti.
ee: ver Li lia la soluzione le cellule ree sì ottengono
408° | NUOVE Fratino SULLE CELLULE ARTIFICIALI
un’unica pellicola si hanno vari tipi cellulari, per cui in un punto o 3
l’altro del preparato l’osservatore potrà trovare il fatto suo.
Le cellule ben riuscite sono regolari, poligonali, intimamente unite
in tessuto, o delimitanti degli spazi*intercellulari, di grandezza varia,
ma per lo più non più grosse d’una ordinaria cellula di albume di Fri-
tillaria e di Phaseolus, od anco più piccole, per citare pochi termini di
confronto. Il nucleo, che io ho ragione di ritenere per lo più formato
dal Cautchouch, è qualche volta vivamente colorato in rosso dal sudan
III, ma però non sempre è presente in tutte le cellule, o in tutti i pre-
parati. Talora il nucleo presenta dei vacuoli o dei cristalli rossi.
In moltissimi preparati i nuclei non mostrano traccia di membrana,
in altri questa è evidente e persino distintamente granulare (taluni pre-
parati ottenuti col metodo fotografico). Il reticolo nucleare (Tav. II
fig. 3 tav. I fig. 5) si ottiene con tutta facilità ed è molto elegante,
tanto da simulare quelle delle ordinarie cellule vegetali ed animali.
Non poche cellule poi sono polinueleate: nel qual caso per lo più gli
elementi sono assai grossi: il che collima coi reperti dell’ istologia. Le
pareti cellulari sono spesso leggermente bluastre per la presenza del
cloruro di cobalto; in altri casi invece essendo fatte esclusivamente da
collodio appaiono incolore. Esse poi si mostrano più o meno ispessite,
ed attraversate da briglie protoplasmiche (Tav. II fig 2 e 6).
Nei preparati cui si è aggiunto del bleu d’anilina il protoplasma
ha talora una colorazione bleu pallida che contrasta singolarmente col
colore rosso del nucleo. (Tav. II fig. 6). Il protoplasma poi è più ©
meno compatto, quando non si presenta vacuolizzato (preparati con ec-
cesso di alcool ed etere, o contenenti traccie di acqua).
Il numero delle cellule che si possono ottenere da una pellicola
lunga pochi centimetri è addirittura colossale, di guisa che si ha l’im-
pressione di aver sott’occhi un vero tessuto simile, ad esempio, a quello
di un albume.
Io non insisterò ulteriormente nelle descrizioni dei preparati otte-
nuti essendo questi conformi a quelli illustrati nella mia nota precedente,
per quanto più eleganti e dimostrativi, sia per la forma e struttura delle
cellule, sia per la doppia e spesso tripla colorazione di queste. (1)
(1) Cellule abbastanza ben conformate, ma troppo scarse (50-60 in un grap- P
i fissare
Le segmentazioni sono talora frequentissime nei preparati, talora
rare; in generale le ho trovate numerose in quelle pellicole cui si era
aggiunto un poco di acido eromico. Il processo della divisione nucleare
si inizia e si completa secondo lo schema già illustrato nella mia pre-
‘cedente comunicazione. Il nucleo, che talora è assai voluminoso rispetto
alla cellula is per eccesso di cautchouch), talora invece assai piccolo,
i sinistra dello strozzamento due setti che vanno FREIRE DA al centro sa
della cellula collo stesso ritmo con cui il nucleo va strozzandosi (Tav. II
| fig3e d)
Cariocinesi tipiche non furono ancora trovate. Però debbo dichia-
rare che in taluni preparati nei quali la formazione delle cellule è at-
tiva, ma nello stesso tempo prematuramente arrestata (forse per troppo
rapido essiccamento della pellicola) si possono trovare numerosi setti di
eg disseminati nel campo del microscopio, senza che tuttavia siansi
incontrati per delimitare nettamente i poligoni cellulari. In questi casi,
in cui si ha l'impressione di un’attiva formazione del tessuto d’albume,
quale si osserva nel Leucojum, nella Fritillaria etc., i nuclei appaiono
| spesso stranamente conformati e con tali caratteristiche da ricordare,
| sia pure lontanamente, i processi cariocinetici. Per lo più il nucleo è
dotto ad una lamina nel centro della cellula: talora due listerelle nu-
eleari si presentano più o meno appressate l'una all’altra.
| Le bende rappresentanti i nuclei sono granulari, o persino formate
da bastoneini, di guisa che si ha una lontana impressione di aver sot-
po) ho ottenuto preparando il collodio con alcool, etere, benzol, acido cromico,
eloruro di cobalto, sudan III, cautchouch, ferrocianuro di potassio o ferricianuro
dello stesso corpo. La pellicola deve esser un po’ ispessita altrimenti i nuclei
si formano e questi poi appaiono poco differenziati dal resto del protopla- 3
a. Immergendo però i preparati alternativamente in soluzione di solfato di
delimitato dal circostante plasma, pressochè incoloro, a mezzo di una delicata
Membrana formata A precipitato di Fonran di aie. La: sio» pareti divi
ed in specie là dove
più tumultuoso e rapido il processo formativo della membrana, si pre-
tocchi un aster, o un diaster. Qualche volta,
sentano delle figure nucleari foggiate a croce, le cui braccia in altre
cellule appaiono staccarsi appaiate, tanto da formare dei corpi nucleari
foggiati a V coi vertici opposti. A loro volta i segmenti nucleari si
scindono in tante sbarre nucleari diritte. Br
Il più delle volte mi è parso che la lamina rappresentante il nu- i
cleo in divisione indiretta sia orientata col maggior asse perpendicolar- si
mente al piano di segmentazione delle cellule, per cui la divisione nu- i
cleare si ridurrebbe, in ultima analisi, allo spezzettamento della lamina —
in corrispondenza della linea mediana La figura ricorderebbe quindi |
più da vicino la frammentazione trasversale di un cromosoma che la
scissione in due di una piastra equatoriale. Stando così le cose la cad
sione nucleare, presupposta di natura cariocinetica, si effettuerebbe in |
un piano perpendicolare a quello propri» delle mitosi genuine. Io ri |
tengo che un comportamento così antitetico stia in relazione colle ten-
sioni che devono di necessità verificarsi allorchè le cellule artificiali si y
dividono, le quali tensioni obbligano, innanzi tutto, il nucleo ad allun- —
garsi in una determinata direzione e poi scindono la lamina in due. $
Non credo tuttavia opportuno addentrarmi ulteriormente in questi —
ragguagli, sia perchè i loro rapporti colle cariocinesi sono troppo dubbi
e sia ancora perchè tanto la natura del processo, quanto le sue fina- |
lità mi sono apparsi circondati da troppi punti oscuri che richiedono
di esser ulteriormente studiati.
Sta il fatto che è frequente trovare delle fasi in cui due nuclei
tondi appaiono in grande vicinanza l’ uno dell’ altro, quasi che fossero
derivati da una scissione avvenuta prima ancora che si fossero formate
le membrane cellulari divisorie. Di rado si rilevano traccie di fili ac:
matici e quando occorrono appaiono molto confuse.
In qualche caso fortunato ho potuto assistere, sotto il microscopio,
alla secco delle cellule e dei nuelei colorati in rosso da vada: e
essendo costituito in gran parte di alial, aai e benzol EU i
damente. Poi ad un tratto o successivamente, ma sempre con una certa
rapidità, si formano le pareti divisorie che delimitano i poligon cell
lari. Molte cellule poi si staccano parzialmente le une dalle altre ed
allora nello spazio intercellulare si accumula un pò di liquido agitato
dal solito movimento vorticoso. Altre volte le cellule si separano del
tutto ed allora appare manifesto che il fenomeno si accompagna ad un
processo di contrazione dalla vescicola cellulare, il che ci indica come
la formazione delle pareti delle cellule, quando queste stanno unite
intimamente, dipende dalla tensione superficiale. Se poi infine nelle
cellule si formano vacùoli, alveoli e reticoli anche in questi si raceo-
glie del liquido in movimento.
Il processo che dà luogo alle alveolature e reticolature, analoga-
mente a quello che determina la formazione degli spazi intercellulari,
è collegato, in parte, colla espulsione dalla massa colloidale di certe so-
stanze che mal si adattano a stare in questa incorporate. Sotto questo
punto di vista le cellule artificiali corrispondono ‘abbastanza bene ai
concetti dominanti sulla costituzione dei colloidi ed illustrano quanto ha
luogo in quelle vere dove troviamo pure che i vacuoli sono formazioni
destinate a raccogliere quanto non può stare incluso nei reticoli prota-
plasmatici. Trattasi pertanto di una vera secrezione endocellulare che
come vedremo più tardi, appare in particolar modo evidente allorchè al
collodio si aggiungono determinate sostanze, come ad esempio i nitrati .
Io credo utile di insistere su questi rapporti poichè è noto che certe
sostanze nelle cellule genuine sono quasi sempre comprese nei vacuoli
(cristalli, tannini, sostanze coloranti etc.) come se fossero incapaci a far
parte della massa protoplamatica. E noto del resto che una delle pro-
prietä dei colloidi è appunto quella di poter eliminare certe sostanze :
nel nostro caso il processo va talora tanto oltre da determinare addi-
rittura lo spappolamento dei preparati (collodio al sublimato trattato
col nitrato di argento .
Per quanto ha riguardo infine il nucleo io ho notato che questo sì
presenta dapprima come un piccolo punto vivamente colorato, ma ben
tosto siffatto centro cinetico si rigonfia, assumendo quasi dar
mente forma e grandezza definitiva (1).
Bici,
i (1) Anche il Quincke ha ottenuto la fissazione delle sostanze coloranti in
| determinate zone delle sue cellule e dei suoi organis+i artificiali. Devo però —
notare che le cellule di questo autore sono ben lungi dall’ aver ET il
perfezionamento delle mie.
PROF. LUIGI BUSCALIONI | TI
=
Pes tia
=
© NUOVE OSSERVAZIONI SULLO CELLULE ARTIFICIALI sa
Le cellule in pochi secondi arrivano alla maturità che precede da
vicino la morte (mi si permetta la parola) del preparato.
Giunti a questo punto è lecito domandarci se tra le cellule che io
sono riuscito- a plasmare e quelle illustrate dal Leduc vi siano dei
rapporti.
A priori si può affermare che le condizioni della citogenesi da me
utilizzate sono affatto differenti da. quelle realizzate dall’ autore fran-
cese.
Per formare una o più cellule il Ledue prepara una soluzione di
gelatina al 5-10 °/, cui aggiunge una soluzione satura di salicilato di
sodio, poi distende il liquido su una lamina di vetro orizzontale. La-
sciata in seguito rapprendere la gelatina in forma di strato sottile semina
su questa delle goccie di solfato ferrico che ben tosto si diffondono nel
substrato. Egli ottiene in tal modo delle figure regolarissime, poligo-
nali, che possono anche presentarsi colorate, come avviene quando al
posto del salicilato sodieo si adoperi il ferrocianuro di potassio (colora-
zione bleu).
Seminando sulla gelatina al 5-10 "/, mercè un contagoccie, delle
goccie di ferrocianuro potassico in guisa che le stesse risultino distan-
ziate le une dalle altre per circa 5-6 mil., si ottiene un vero tessuto.
cellulare in seguito alla diffusione e solidificazione del ferrocianuro. Le
membrane si formano quì al punto di incontro delle goccie, mentre il
protoplasma e i nuclei sono dati dal ferrocianuro di potassio liquido.
Fino a che la gelatina non è completamente secca, le parti costi -
tuenti le cellule non si mostrano all'occhio, afferma il Leduc, ma si ha
invece una massa gelatinosa, come si può constatare colla rifrazione
della luce e proiettando l’ immagine, per trasparenza, su uno schermo.
Intanto durante il periodo citogenetico si hanno, nei poligoni in for-
mazione, delle correnti liquide che vanno dalla periferia verso il ©
degli stessi, o viceversa.
Con questo processo si possono ottenere delle cellule a nucleo varia:
mente conformato, od anco prive di nucleo, fornite di ‘membrana 0
sfornite, con o senza spazi intercellulari.
La forma delle cellule dipende dal numero e dalla posizione re
| ciproca delle goccie seminate sulla gelatina, nonchè dalle tensioni
os-
motiche che si generano per effetto della varia concentrazione
delle
entro
PROF. LUIGI BUSCALIONI i 418
$ sostanze adoperate. Il numero delle goccie poi determina il numero
delle faccie delle cellule ; la grandezza degli angoli diedri è invece in
correlazione colla posizione dei centri. Le membrane poi sono piane
se le soluzioni sono isotoniche, convesse invece dal lato dell’ elemento
ipertonico se le concentrazioni sono diseguali. Le cellule si formano tra
2 e 24 ore, a scconda del grado di concentrazione della gelatina, e lo
sviluppo loro avviene secondo lo schema proposto dallo Schwan.
Il Leduc ha ottenuto delle cellule liquide distendendo dell’ acqua
su un vetro orizzontale e seminando di poi sul substrato alcune goccie
di acqua salata e colorata coll’inchiostro di china. Le cellule periferiche
dei tessuti che ‘così si vengono formando presentano talora dei prolun-
gamenti che il Ledue omologa quasi alle ciglia. vibratili. Le goccie,
tinte coll’ inchiostro di china, dopo essersi diffuse si retraggono, anne-
riscono in corrispondenza del centro (formazione del nucleo) e si
segmentano lungo determinate linee di forza, di guisa che ne nascono
dei granuli che si raccolgono nella parte mediana della goccia : si hanno
così dei corpi moruliformi la cui comparsa va ascritta alla coesione.
Quando poi le goccie hanno uguale pressione osmotica delle soluzioni
impregnanti la gelatina esse non diffondono, o per lo meno, si sposta
solo la sostanza colorante (inchiostro di china) in modo da determinare
0 al fine un’ineorporazione delle goccie ner più piccole in quelle grosse.
Intanto per segmentazione del substrato si. forma pure una morula,
analogamente a quanto ottennero Loeb e Delage nelle ova di Echino -
| dermì state immerse in liquidi di speciale concentrazione e costituzio-
= ne e poi riportate in acqua di mare.
| Se su uno strato di acqua salata si depositano, seguendo una eir-
conferenza, delle goccie di soluzioni più concentrate, colorate al solito,
| all’inchiostro di china, si ottengono, afferma il Leduc, dei moti di dif-
|. fusione nel liquido diretti verso il centro del circolo: in seguito la
| massa si fa moruliforme e si segmenta per un processo ricordante la
| gastrulazione, mentre nelle nuove cellule compaiono delle strutture va -
cuolari, lamellari, del tutto simili a quelle descritte dal Büstschli. Tali
= cellule vanno a poco a poco restringendosi (1).
Elementi molto simili alle cellule vegetali ottenne il Ledue con
T—
(1) Fenomeni a aloghi furono osservati dal Quincke.
*
NUOVE red SULLE CHLLULE ARTIFICIALI È
goccie di inchiostro di china disseminate su una soluzione di carbonato
e fosfato tribasico dì potassio. Tali cellule, ehe invecchiando si rag-
grinzano, hanno pure il nucleo costituito dalla sostanza colorante che
si addensa al centro dei poligoni cellulari, Secondo il Ledue esistereb-
bero in siffatte cellule ed altre analoghe i granuli di Almann ei
mitocontri, senza che tuttavia la loro cemparsa, come del resto quella
dei nuclei, sia collegata a precipitazioni nel fosfato tribasico e nel
carbonato di soda. / corpi în questione sono perciò puramente di na-
tura fisica.
Nelle preparazioni del Leduc la formazione di un tessuto è occa-
sionata spesso da segmentazioni di un unica cellula gigantesca in una
pleiade di altre minori. Occorre poi notare che quando, il substrato ge-
netico è costituito da sostanze cristallizzabili gli sferocristalli che ne de-
rivano, assai spesso, ineontrandosi nel processo di ampliamento, finiseonc
pure per delimitare dei poligoni che ricordano la struttura di un tessuto.
Il Leduc da, all’uopo, una figura con cui illustra il fenomeno, pure stato
da me visto recentemente.
Le ricerche dell’autore francese sono quanto mai interessanti, a pre-
scindere, ben inteso, dall’interpretazione che loro si può dare, perchè l'A.
ottenne la ripetizione di non pochi fenomeni fisiologici, fra cui persino
il fagocitismo cellulare dovuto a ciò che una cellula in via di forma- -
zione quando venga in contatto di sostanze citogeniche le può inglobare.
Come si vede i procedimenti adottati dal Leduc, se ben mi appon-
go, sono del tutto differenti da quelli impiegati da me per ottenere le cel-
lule. Nel mio caso non si tratta di seminagione di goccie sopra un sub-
trato, le quali in certo qual modo rappresentano già da per sè stesse
un quid a costituzione, oserei dire, cellulare, ma bensi di formazione
di cellule da una specie di blastema omogeneo contenente da un lato
delle sostanze membranogene, fra cui meritano di esser ricordate il
cloruro di cobalto che assai spesso da un grande risalto alle stesse, e
dall’ altro delle sostanze generatriei del ni quale appunto è, ad
esempio, il caoutchouch.
La formazione della membrana per opera, se non esclusiva dorli ;
preponderante, del cloruro di cobalto, è forse collegata col fatto che
questa sostanza & una di quelle che tendono ad esser espulse dai reti-
coli di collodio. Infatti se si mette un eccesso di cloruro di cobalto je
PROF. BUIGI BUSCALIONI 415
membrane delimitanti le cellule: perdono la struttura omogenea per
seindersi in lamelle (analoghe alle lamelle mediane e agli strati secon.
dari delle membrane delle cellule vere), oppure diventano addiritura
schiumose, nel qual caso le cellule paiono fra loro collegate da briglie
e ponti protoplasmatici attraversanti una parete in certo qual modo
negativa (spazii chiari in cui il collodio o manca, o è in scarsa quantità).
Al Leduc fu fatta l’obbiezione che le vere cellule non si formano
per disseminazione di goccie: essa è giusta ed egli infatti ne riconosce
il valore e la portata, per quanto insista nell'affermare che l’ analogia
va intraveduta solamente prendendo in considerazione l’ intervento dei
centri dinamici quali fattori di formazione cellulari.
Egli è evidente che nessuno mi può muovere l’obbiezione che si è
accampata contro il metodo del Ledue poichè le mie cellule si formano
in ben altra maniera, cioè per un processo che ricorda da vicino quello
stato illustrato dagli istologi che pei primi (Schleiden et.) si occuparono
della questione della formazione delle cellule (formazione libera nei ble
stemi) Egli è vero che anche un tale processo non è perfettamente
| consono con quanto la tecnica istologica moderna va scoprendo a ri-
guardo della istogenesi e tanto meno ad esso si può applicare il principio
. del Wirkow che ogni cellula deriva da un’altra cellula, poichè il sub-
| strato omogeneo nel quale nascono le cellule di collodio non può esser
| paragonato ad una cellula primordiale (cellula madre). Ciò non pertanto
2 il processo da me illustrato ha tale affinità colle cosidette formazioni
cellulari libere dei moderni autori che può esser ritenuto come una
= variante dello stesso in cui mancherebbe la cellula primordiale dalla
. quale le altre dovrebbero esclusivamente derivare.
Indubbiamente presiede alle formazioni delle cellule l azione dei
| così detti centri dinamici di formazione. Sono tali, a mio parere, innan-
| Zitutto le particelle di cautchouch le quali, a quanto. pare, non stanno
| ‘tmiformemente distribuite nel substrato, ma attirandosi mutuamente
finiscono per addensarsi nel centro di ognuno dei poligoni cellulari.
Parimenti le minutissime vescicole di acqua che si formano sulle pel-
. licole ancora umide allorchè si alita su queste diventano centri di
attrazione delle sostanze poco solubili nel collodio, o per lo meno più
| solubili in acqua. Questa poi evaporandosi abbandona le sostanze che
| aveva precedentemente disciolte le quali restano così accantonate. Si
416 NUOVE RICERCHE SULLE CELLULE ARTIFICIALI
deve poi ancora aver presente che i vari corpi che possono esser in-
globati in una soluzione di collodio si uniscono fra loro, o viceversa
si separano gli uni dagli altri, a seconda delle affinità, o viceversa delle
loro incapacità ad associarsi. Noi vedremo ben tosto, quando tratteremo
la questione dei reticoli del Golgi, che in base a siffatta tendenza si
possono. interpretare certe localizzazioni delle sostanze endocellulari.
Segnaleremo da ultimo che le cariche elettriche dei vari componenti
delle soluzioni possono a loro volta aver un’importanza non indifferente
come fattori di distribuzione (1).
Con questo non credo di aver elencato tutte le condizioni che
provocano la formazione di centri di attrazione nelle cellule; ma intanto
dalle considerazioni esposte è lecito sospettare che nelle soluzioni col-,
loidali la omogeneità non sia che apparente tendendo le varie sostanze
che le compongon» a disporsi, oserei dire, con intenti quasi geometrici
in base alle reciproche affinità o ripulsività, per cui nella massa appa-
rentemente omogenea dovrebbe riscontrarsi o presupporsi, almeno virtual-
mente, una struttura cellulare, prima ancora che questa appaia al mi-
eroseopio. Altrimenti non si spiegherebbe la comparsa quasi improvvisa
di migliaia e migliaia di cellule nel collodio se il terreno non fosse
già preparato per la sua segmentazione in poligoni e con 1 relativi ac-
cantonamenti delle singole sostanze incluse,
Che in certo qual modo le sostanze siano preordinate nel pabulnm
apparentemente omogeneo lo prova il fatto che seccando la lamina di
collodio i nuclei appaiono spesso incompletamente seissi, quasi che la
‘ morte del tessuto in formazione avesse fissato una delle fasi del processo
che conduce alla accentrazione della sostanza nucleare,
Sotto questo punto di vista le mie osservazioni eollimano con quelli
del Ledue il quale ammette pure una particolare struttura ed organiz-
zazione nelle masse colloidali per effetto della peculiare distribuzione .
delle sostanze che le inquinano. Egli infatti rileva che lo strato liquido
in eui si formano le sue cellule nen è omogeneo, ma bensi differenziato
i)
(1) Che molti fenomeni vitali e non pochi di quelli comuni agli esseri ani
mati ed inanimati nel momento in cui si estricano provochino delle correnti
elettriche è cosa nota ed io mi riferisco qui, per quanto concerne i processi fi
chimici che stiamo studiando, ai lavori di Bose, Cybulski ete..
PROF. LUIGI BUSCALIONI 417
poichè là dove una soluzione si diluisce o'si concentra, si scalda o si raf-
fredda, viene in contatto con un corpo estraneo, si evapora e via di-
cendo si stabiliscono altrettanti centri dinamici di formazioni cellulari e
di correnti di diffusione. Abbastanza dimostratrive al riguardo sono le
sue esperienze con soluz oni di nitrato di Toomi e fosfato tribasico
. della stessa sostanza.
Per quanto concerne la formazione dei nuclei, le mie osservazioni
si allontanano alquanto da quelle del Leduc, pur tenendo fermi i prin-
cipi sovra esposti. In generale questi forma siffatti corpi mercè la con-
densazione delle sostanze che costituiscono le goccie (esperienze col
fosfato e carbonato di calcio, oppure coll’inchiostro di china): nel caso
mio trattasi, invece di nuclei aventi una costituzione fisico chimica spe-
ciale, ben distinti perciò dalla massa del colloide che forma il proto-
plasma e la membrana ed aventi talora in così alto grado una costi -
tuzione suj generis da colorarsi differentemente rispetto alle altre parti
della ‘cellula, o presentare almeno struttura e rifrangenza diversa.
Un’ ultima differenza si noterà tra le mie osservazioni e quelle del
Leduc qualora si consideri che le cellule da me preparate nascono sem-
pre entro un substrato almeno apparentemente omogeneo, mentre molte
delle cellule descritte dall’ autore francese si formano dentro a cellule
preformate e gigantesche, di guisa che si ha una specie di morulazione
© gastrulazione. È ovvio però che queste sono differenze di poco mo-
mento e secondarie rispetto a quelle sopra elencate.
A parer mio la discrescenza più importante sta nella distribuzione
dei centri cinetici. Il Leduc dispone arbitrariamente, colla disseminazione
delle goccie, i suoi centri dinamici per la fabbricazione di non poche
cellule colloidali, mentre queste sono fin dall’ inizio incorporate nella
sostanza Citogenica stessa, in tutte quante le mie preparazioni, per cui
| l’arbitrio dello sperimentatore resta eliminato riducendosi la sua opera,
in ultima analisi, unicamente a scegliere il materiale adatto per la for-
mazione delle cellule. ‘Si potrebbe obbiettare che alitando sopra le
Pellicole di collodio in modo da disseminarvi sopra delle finissime
goccio. d’acqua anch’ io determini, in certo qual modo arbitrariamente,
i centri cinetici per la distribuzione, forma e costituzione cellulare.
fatto è in parte vero, ma se si considera che ottime cellule si ot-
NUOVE RICERCHE SULLE CELLULE ARTIFICIALI
tengono anche quando non si alita sopra il preparato non si dovrà
dar troppo peso al procedimento.
Passiamo ora allo studio delle segmentazioni nucleari e cellulari,
allo scopo di mettere in evidenza le analogie, o viceversa le discrepanze,
tra le mie osservazioni e quelle del Leduc.
Questi accenna unicamente a processi cariocinetici che avrebbe
ottenuti tutte le volte che "ai poli opposti di una goccia pseudoplasma-
tica collocava una goccia della stessa sostanza pigmentata con sangue,
o con inchiostro di china e di poi metteva accanto a queste ultime due
altre goccie ipertoniche od ipotoniche un po’ più leggermente tinte colle
stesse sostanze. Grazie a questo procedimento e mercè la diffusione che
ha luogo si ottengono delle figure cariocinetiche che ricordano lo spire- l
ra
ma, le placche equatoriali, i diaster e la formazione dei nuclei secondari.
Le figure che illustrano il processo sono abbastanza dimostrative e
certamente superiori per fedeltà di riproduzione del processo cariocine-
tico a quelle che vennero descritte ed illustrate da altri Autori (1) con
altre disposizioni (poli magnetici ete.). Osservo tuttavia che, per quanto
concerne la figure delle piastre equatoriali, l'analogia strutturale non è si
stata raggiunta, a prescindere anche dalla circostanza che la divisione l
longitudinale dei cromosomi neppure appare indicata. ;
In tutte queste forme di divisioni mitotiche, talune delle quali sono
abnormi poichè a più poli e a più fusi (come del resto avviene anche —
in natura), le goccie colorate formerebbero i centri cinetici d'attrazione |
e di diffusione della sostanza nucleare e rappresenterebbero, pertanto, ii
centrosomi e gli aster delle centrosfere (2). | i
(1) Ricordano però da vicino quelle ottenute dal Bütschli nella gelatina rici
scaldata e impregnata di bolle d’aria che raffredAandosi e contraendosi danno —
luogo alla formazione di estar e di centrosomi. Nè gran chè dissimili sono da
quelle di Henking che fa cader delle goccie su un vstro affumicato producendo
gli aster mercè l’orientazione dei granuli li nerofumo.
(2) Non pochi A. che si occuparono dei processi cariocinetici accennano &
linee di forza, per lo più di natura elettrica (Gallardo) per quanto mal si con-
cilii la multipolarità di taluni fusi cromatici con a costante bipolarità delle li-
nee di forza magaetiche ed elettriche (Rhumbler). Perciò non pochi osservatori
cereano di interpretare il fenomeno colla teoria della fibra muscolare contrattile
che però a sua volta non vale a spiegare tutte quante le modalità del processo
cariocinetico.
ER A a
GDA
| PROF. LUIGI BUSCALIONI |
Come io feci precedentemente rilevare, nelle mie esperienze non ven-
nero riscontrate delle vere e genuine cariocinesi degne di esser fotografa-
te, per quanto talune figure nucleari accennino, più o meno vagamente,
siffatto processo. D’ordinario le divisioni a tipo cariocinetico decorrono
secondo uno schema che si allontana troppo da quello ordinario per
meritare di esser tenute in seria considerazione. Qui adunque sì affaccia
una notevole differenza rispetto alle osservazioni dell’ autore francese,
differenza che si accentua maggiormente qualora si abbia presente che
il processo più comune di divisione nucleare e di moltiplicazione cellulare
nelle mie ricerche è quello che ha per base la divisione amitotica, cioè
la forma più banale di divisione.
I motivi delle differenze vanno anche qui ricercati, con molta ve-
rosimiglianza, nella tecnica diversa adottata; il Ledue dispone arbitra-
riamente i centri dinamici (centrosomi) per ottenere la cariocinesi: io
lascio alle energie inerenti al substrato la cura di stabilirli. È vero
però che in qualche caso anche il Leduc constatò la presenza di forme
nucleari allo stato di aster (mai ebbe a seguire l’intero processo cario-
cinetico) entro cellule artificiali non state sottoposte ad alcuna forza
fisica esterna, ma non per questo le divergenze esistono. Ciò non ostante
convengo col Ledue che lo stimolo alla divisione cariocinetica sia ine-
rente alle modificazioni che avvengono nella costituzione delle cellule e
che si localizzano, di preferenza, ai poli di queste, diventando così delle
vere forze cinetiche. Il che non esclude che tali forze possano venir
dall’ esterno, come è il caso citato dal Leduc (e prima di questi dal
Fischer ed altri autori) dello spermio che, penetrato nella cellula ovo,
predispone questa alla eariocinesi, allo stesso modo che il parassita (dato
che esista realmente) del cancro non si tosto si è introdotto nella cellula
epiteliale provoca pure la segmentazione di questa. In conclusione un
determinato indirizzo di metabolismo in un dato settore della cellula
| può provocare la cariocinesi, diventando esso un centro cinetico o di-
| namico atto a rompere l'equilibrio cellulare. è
H Ledue ha pure ottenuto la gemmazione (in cellule li
| maeroscopiche) introducendo un frammento di un sale solubile di calcio
(cloruro, o nitrato) in una soluzione concentrata di carbonato e fosfato
tribasico di sodio. Il cloruro veniva all uopo impiegato tal quale, o
prima impastato con sapone amigdalino e glicerina. Con questo pro-
cesso le cellule in gemmazione compaiono a centinaia. I risultati, che
concordano con quelli ottenuti da Bastian, Benedickt, Schaffer, Schròn,
Butler, Hartig e Dubois ed hanno indotto gli autori a rimettere in onore
la teoria della genesi spontanea delle cellule (teoria degli eobi e radio-
bi), non vennero mai da me raggiunti.
Ben ponderati i fatti, se io non ho ottenuto le forme di attività
cellulare presentatesi negli esperimenti del Leduc che riuscì persino ad
ottenere una ritmica pulsazione delle cellule, ho per converso riprodotto
degli elementi cellulari molto più perfetti, più completi e più rigorosa-
mente affini a quelli vivi, non solo per forma, specializzazione del nu-
cleo, colorabilità di questo (doppie colorazioni !), ma sibbene ancora per
il modo di dividersi, per la presenza di tipiche membrane e vacuoli, per
la regolarità con cui le cellule si associano in tessuti e più di tutto
per l esatta corrispondenza nella grandezza dei singoli elementi con
quella che è propria delle cellule dei più ordinari parenchimi o tessuti
animali e vegetali.
Per completare il quagro storico e comparativo sarebbe conveniente
riportare qui i principali risultati ottenuti da non pochi altri autori che
sì occuparono dello stesso argomento. Devo però confessare che le idee
e i risultati di non pochi di essi mi paiono così paradossali da richie-
dere solo poche parole di cenno. 3
Il Benedickt, dopo aver accennato alle tensioni positive e negative
e ai centrì di potenzialità (termica, elettrica ece.), su di che siamo di
accordo, e dopo di aver esposto delle assennate considerazioni sulle ten-
sioni superficiali che si manifestano al limite tra due soluzioni e dalle
quali ne deriva la configurazione degli elementi cellulari, interpreta
in modo molto curioso le onde di cristallizzazione del Quinke, Busca -
lioni, Leduc e Liesegang, ammettendo che siano l’espressione di un mo-
vimento ondulatorio speciale inerente alla vita !
Non meno singolari sono le sue idee su quest'ultima, poichè da un
lato la vita sarebbe assolutamente indipendente dal protoplasma e dalla
cellula non avendo questa un’entità speciale, dall'altra sarebbe intimamen-
te collegata alla presenza, nel plasma, di sali inorganici, di colloidi ed.
altre sostanze. Non vi ha dubbio che anche i corpi inorganici concor- |
rono a intrattenere i fenomeni vitali, ma è parimenti certo che il col-
loide omni comp'esso form ante il diro deve aver parte pred
ee
ae TE
POF. LUIGI BUSGALIONI 421
dominante noll’ attuarli. Con un maggior rigorismo di vedute il Be
nedikt avrebbe più facilmente avvinto i lettori alle sue idee, nessuno
potendo disconoscere un intimo legame fra le sostanze inorganiche ed or-
ganiche (lo attestano i fermenti inorganici) : ma se si può discutere i suoi
principî che todo vive o nada vive, che natura non facit quam geome -
triam, per dirla col Newton, non lo sì può più seguire nelle specula-
zioni quando arriva a proclamare l’esistenza «seres con celdillas cere-
brales de cuarzo y cuyas sensaciones serian trasmitidas por las ondas
Hertzianas que son capace da propagar ». (1)
Ancor più in contrasto col momento scientifico attuale sono le
curiose esperienze di Schrön sui cristalli di Bacterium coli (che io non
arrivo a comprendere come rappresentino tali corpi proprio il B. coli,
piuttosto che un altro microrganismo trattandosi di cristalli minerali)
i nonchè quelle sullo strato precristallino, sui petroblasti, sul deutero e
protolitoplasma, sugli inclusi sporangiali minerali e via dicendo. Tali
| vedute allontanandosi, d’un balzo, da quanto è vero e reale patrimonio
scientifico di oggi, e non avendo quindi quasi più alcun legame con
questo non possono essere discusse, mancando alla critica la base. Potrà
darsi che in avvenire appaiano geniali concezioni, ma non è neppure
da esel udersi che non arrivino alla posterità. (2)
Un po meno paradossale è Harting, per quanto pure poco attendi-
bili siano le sue ricerche sulla trasformazione delle sostanze inorgani-
che nel passaggio dallo stato liquido al solido, durante il quale si for-
merebbero dei corpi simili agli organismi. Se si pone a contatto, s0-
stiene ’ A, del carbonato di potassio, o di sodio, con un sale solubile
calcio si forma del carbonato di caleio che precipita allo stato colloi-
dale, gelatinoso. Bentosto però compaiono, nella massa, dei corpi dotati
®
+
(1) Traduzione spagnuola del testo Vaghi
= (2) Non intendo con questo demolire tutto quanto è stato posto in sodo sui
così detti cristalli liquidi e sui rapporti che intercedono fra i fenomeni da questi
Presentati e quelli reperibili nella sostanza organica vivente. Interessanti e per-
Suasivi al riguardo sono gli studi del Lehmann, avendo potuto questo autore
bilire su basi veramente scientifiche delle analogie singolarissime nei riguardi
F
azione, della omotropia, della AARE ecc.
germinazione, dell’accrescimento, della nutrizione, della forma, della rige- 00
422
di moto Browniano i quali si uniscono per formare una membrana. a
corpi più grandi, oltre al protoplama granuloso, possiedono anche un
nucleo e sono capaci di dividersi e per un processo che. ricorderebbe |
quanto avviene nelle mie cellule, poichè il setto divisorio attraversa il È
nucleo. ;
Mettendo dell’albumina in una capsula e poi facendo arrivare su |
punti opposti della massa un po di eloruro e di bicarbonato sodico |
Harting ottiene, per diffusione, un precipitato di carbonato calcico in .
forma di pellicola piena di corpiceiuoli grandi circa 150 œ, poliedri-
ci se uniti, altrimenti tondi. Essi sono i così detti Conostatos che però, ..
ar
essendo stati illustrati con disegni, lasciano riconoscere che l’autore ha.
abbandonato la via maestra del buon senso per spaziare nel dominio |
della pura fantasia e della poesia più sbrigliata. Basterà dire che i
suoi organismi hanno una struttura radiata e concentrica e poi portano
una specie di cono impiantato su un nucleo di forma quanto mai biz-
zarra. L’Harting ammette pure di aver visto le cariocinesi in queste
produzioni zoologiche o botaniche quanto mai peregrine, ma poichè non
ne da le figure non staremo neppure a discutere il processo.
Noteremo infine che anche quest’autore, basandosi, più che altto,
sulle ricerche di Haeckel e di Cienkowski sulle cellule primordiali
senza Nucleo, viene alla conclusione che non esista una sostanza vitale
particolare.
Più cauto nelle deduzioni è l’Herrera del Messico, ma in atei
analisi la sua opera è del pari assai spesso improntata ad un entusia-
smo eccessivo.
Egli, ripetendo con nuovi metodi antichi processi, trova che la
eido oleico, solo od addizionato di soda, messo a contatto dell’acqua d
calce, o dell’acqua pura da delle produzioni plasmiche alveolate, forni
di nucleo rinfrangente e contenenti dei leuciti. Analoghi prodotti me:
pure in evidenza ricorrendo al tannino che polverizza sulla gelati
o facendo agire la corrente elettrica. I protoplasmi così ottenuti, com
quelli che egli prepara col metafosfato di calce, hanno la proprietà
fissare taluni colori di anilina (bleu, o verde di metile), sono dotati
movimento per correnti osmotiche, si circondano di parete, mentre.
contengono dei nuclei Con membrana più o meno evidente e divident
per cariocinesi. È
rivare a condividerne le idee. Taluni disegni sono affatto indecifrabi-
altri non raggiungono la prova, e non pochi non hanno alcunchè
a vedere coll’oggetto che vorrebbero rappresentare. Intanto mancano le
illustrazioni di taluni processi che per la loro importanza le reclame-
bbero, qual è il caso per le cariocinesi state segnalate.
Malgrado questi numerosi lati deboli nelle differenti pubblicazioni
ll’Herrera qualche dato merita di esser preso in considerazione. Così è
gel giusto quando l’ A. afferma che il protoplama è un colloide com-
lesso in condizioni. osmotiche ed elettriche speciali. È pure possibile
che, come egli sostiene, il fosforo ed i suoi composti (fosfati in ge-
ere) abbiano una certa parte nell’esplicazione dei processi vitali; quan-
do però egli non intende accordare importanza alcuna al protoplasma
nei processi vitali e ciò per dar maggior risalto all’ ipotetica opera del
metafosfato di calce, come agente vitale, torna a battere una via sulla
quale è un pò difficile seguirlo. Per me il protoplasma è vitale in quanto
ha quella determinata costituzione e non già perchè è unito piuttosto a
questo o a quell’altro elemento minerale, pur non disconoscendo la parte
Che possono avere i singoli corpi di cui esso è costituito nell’intrattenere
l'energia vitale. L’unilateralitä di vedute, quando si tratta di problemi
cosi complessi come è quello che ha per oggetto il protoplasma, porta
concezioni indubbiamente erronee. Del resto l’accettare le idee del-
Herrera e del Benedikt equivarrebbe a sostenere che il jone H abbia
pi ı importanza di quello O (1) nel produrre le caratteristiche che il
fisico riscontra nell’acqua (2). |
..(1) Non mi dissimulo tuttavia che in alcuni composti determinati gruppi
atomici esercitino realmente una influenza predominante nelle caratteristiche
i stessi. Le qualità coloranti del Benzene-azofenolo sono appunto dovute al
Ppo cromoforo ed all’auxocromo OH: così pure la fluorescenza dell’antracene
Pas: ai due nitimi atomi. dh hd ehe uniscono il residuo benzonico: in-
i servito di guida all'Ebrlich per biagi ix teoria giglio sala laterali. 1
9 Non ho r in za le istruttivo osservazioni ed “ae
II. Metodo. In una seconda serie dì esperienze mi sono proposto
di riprodurre, per quanto evidentemente lo concede il ecllodio la cui
costituzione è diversa di quella del protoplasma, talune delle più singo-
lari e più discusse strutture cellulari che attualmente sono oggetto di
studi, in ispecial modo per parte della scuola del Golgi, del Ramon y
Cajal e di altri naturalisti italiani e stranieri.
Intendo qui parlare dei così detti reticoli endocellulari, per lo più
attornianti il nueleo, stati incontrati con grande frequenza nelle cellule
del Danilewski e del Pealzow esorbitando queste dal tema che mi sono prefisso
di studiare per quanto esse meritino di essere conosciute. Mi soffermerò invece
brevemente su quelle del Ruffini, poichè questo Autore riproducendo, con un
metodo particolare P Ameba di Ostwald e di Beilstein ha potuto portare l'espe-
rimento nel campo della microscopia. Siffatta ameba, analoga a quella di Gad,
ottenuta con olio ed acqua alcalinizzata, riesce ottimamente con mescolanze di
mercurio e acido nitrico al 20 0/,, cui sia aggiunto un poco di bicromato potas-
sico. Or bene il Ruffini, mettendo a contatto il mercurio, ridotto allo stato di
emulsione, coll’acido nitrico e col bicromato di potassa ottiene la produzione di
Corpuscoli animati da vivacissimi movimenti, hei quali sotto il microscopio, si
Possono studiare non pochi processi aventi attinenza colle più spiccate funzioni
della cellula animale e vegetale.
Le sue amebe, le sue comete mercuriali, le sue semilune corrono nel campo
del mieroscopio, reagiscono al chemiotropismo positivo 0 negativo, subiscono, a
secondo delle circostanze, notevoli variazioni nello stato elettrico e nella ten-
Sione Superficiale, si incistidano entro capsula di cromato di mercurio che poi al
momento Opportuno espellono, infine manifestano molte altre particolarità che
fino ad o.a sono state ritenute quasi esclusive degli organismi viventi,
Il lavoro è adunque quanto mai interessante ed inspira la massima fidacia,
inquantochè il Ruffini, malgrado il notevole contributo apportato alla biologia
Sperimentale cellulare, in specie per ciò che riguarda il movimento, non si la-
Scia trascinare, nelle conclusioni, da quel cieco entusiasmo che ha condotti molti
altri autori ad esagerare, fuori posto, la portata che possono avere le esperienze
in vitro nei loro rapporti con quanto succede Negli organismi viventi. È da au-
gurarci che queste ed analoghe ricerche vengano continuate, anche con altri in-
tenti fisiologici, come ad es. quello di analizzare l'influenza che può aver l’ os-
Sigeno sui movimenti del protoplasma, avendo il Fromman creduto di poter sta-
bilire una netta distinzione tra i fenomeni vitali e quelli ottenuti sperimental-
mente (moviventi nei protoplasmi ottenuti coi processi del Biitschli) nel fatto
| che i primi sono grandemente influenzati dalla ee o assenza di ossigeno,
si i secondi insensibili.
PESTE
e funzione. Essi vennero paragonati ai centrosomi ed alle centrosfere
(Heidenhein e Ballowitz), ai cromidi, all'apparato mitocondriale (Gold-
jal videro in essi un apparato canalicolare (trofospongio): altri autori
riscontrarono dei rapporti col nucleo (Goldschmit) che però furono più
pescano per una certa incostanza nei risultati. In generale però si ri-
corre alla riduzione dei sali di argento, o colla formalina o coi soliti
rivelatori fotografici, ma anche altri metodi, in cui tuttavia interviene
‘azione di un metallo (Heidenhein, Kopsch ete.), vennero adottati. Re.
centemente il Golgi ha dato la preferenza al metodo di Raymon y Ca-
al, più o meno modificato, come quello che provoca la riduzione quasi
elettiva sul reticolo, lasciando più o meno inalterati gli altri costituenti
cellulari. All’uopo egli fissa colla formalina, acido arsenioso e aleool i
zì da studiare che poi passa nel nitrato di argento per sottoporli,
infine, all’azione del rivelatore (idrochinone, solfito di soda e formalina)
ed al viraggio al cloruro d’oro. Per dar maggior risalto ai reticoli il
— Golgi fa subire al preparato il rischiaramento' col permanganato di po-
tassio ed acido solforico, cui fa seguire il lavaggio in'acido ossalico. >
= Con questi ed alti metodi è indubbio che il reticolo ‚delle cellule
mali appare in tutta la sua bellezza, tanto che il Golgi e la sua
| Nelle cellule vegetali il reticolo fu intraveduto da Pensa (nel li
ium e nel Ricino) e da Smirnow (nel Hyacinthus), ma, a quanto pare,
| più che dubbio, almeno secondo Pensa, che possa essere assimilato a
che i protoplasmi vegetali sono spesso in attivo movimento mal
iliantesi con la presenza di un organo rigido, a struttura reticolare.
"O se.ondo tipo di reticoli inerenti allo
10 della sostanza antocianicä, o di altri corpi similari. Sono però
di e derivano da smistamento, od ina del pesa;
i
426 NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
stituzione dei colloidi e come tale offre marcata tendenza ad assumere
strutture reticolari (V. lavori di Bütschli).
Se dai reticoli passiamo alle formazioni mitocondriali da taluni,
come si è detto, state a quelli assimilati troviamo che le stesse, sotto
varie denominazioni, come condriomiti, condrioconti, mitocondri, ete.
furono riscontrate dal Pensa, dal Lewitschi e da molti altri (V. la let-
teratura nei lavori del Pensa) in non poche cellule vegetali. Ma dai
lavori del Pensa appare manifesto che l’omologiä delle formazioni in
questione col reticolo golgiano sarebbe quanto mai incerta, almeno per
talune forme di mitocondri.
Interessante è il fatto, stato messo in evidenza dal Pensa, che la rea-
zione cromoargentina riesce bene nei cloroplasti (i quali come si sa hanno
una relazione genetica coi ‚mitocontri), ma a condizione che contengano
clorofilla. È arduo dare la spiegazione del singolare fenomeno: però se si.
considera che la funzione assimilatrice del cloroplasto è, in fondo, di na-
‘tura riduttrice si può aver una guida per interpretare al suo giusto
valore il singolare comportamento. Bisogna poi ancora considerare che
nei cloroplasti vennero da me segnalati speciali lipoidi pei quali non è
da escludersi un’attinenza con quelli che, secondo il Regand, formereb-
bero il substrato dei mitocondri, e, secondo il Willstatter quello del
cloroplasto (1) (V. lavori di Willstätter, Hoppeseyler, Mayer, Regand etc).
Ora essendo stato da me rilevato che a tali lipoidi spetterebbe, con mol-
ta probabilità, il compito dì fissare l'ossigeno, per cui si comporterebbero
‘del pari come riduttori, si avrebbe un argomento di più a favore delle
mie vedute.
La grande frequenza con cui avvengono delle riduzioni di sali di
argento in seno al protoplasma, o direttamente pel contatto di questo,
o sotto I’ azione di determinati reattivi, mi lascia supporre ed avanzare
l ipotesi che tra le ricerche di Ramon y Cojal, di Golgi, di Pensa edi
altri zoologi e medici, da un lato, e quelle dei Bokorny e Löw, Iun
(1) Per esser più esatti i lipoidi da me studiati e che fanno parte integrante =
del cloroplasto, aumentando o diminuendo nel corso dell’ anno, costituirebbero,
forse, solo una parte delle sostanze lipoidee studiate dal Willstätter poichè il
lavoro di questi è di natura chimica, il mio istologico: egli studiò in blocco il- o
cloroplasto, io invece localizzai la sede di taluni lipioidi cloro e cromoplastici.
A Ar;
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GET En ALERT OI
i SEN N IA I del N a E.
Fy
a mo, Pfeffer, Klemm, W isseling, Kzapeck, Hennegui, Pollacci ed altri
tanici, dall’ altro, ci sia una più o meno stretta relazione. i
Löwe Bokorny trovano che il protoplasma vivo ha la proprietå
ridurre i sali d’ argento, grazie alla formazione di speciali corpi, i
così detti proteosomi, che compajono sotto l’azione di taluni alcaloidi,
a a condizione ohe il plasma sia vivo. Queste ricerche furono oggetto
critiche da parte di Klemm, il quale riduce il processo ad una pura
semplice reazione di fronte a soluzioni Pit o meno concentrate, nonchè
‚Pfeffer, Wisseling ed altri che dànno una certa importanza ai tan -
Mni, come fattori della reazione. Anche recentemente il Pollacei ha com- )
battuto le idee del Low e Bokorny avendo rilevato che ai proteosomi,
persistenti nella cellula anche dopo la morte di questa, spetta l’ azione
iduttrice dei. sali d’ argento.
Di fronte ai fatti riscontrati nel regno vegetale non mi pare per-
nto di andar errato formulando 1’ ipotesi che tanto nelle cellule ani-
ali che vegetali esistano, come del resto è noto, sostanze riduttrici di
iata indole (oltre all’ aldeide formica), le quali, occupando un de-
minato territorio cellulare o raccogliendosi in date zone delle cellule
dopo la morte di queste, producono la precipitazione e riduzione dei
ali d’argento. I precipitati poi potrebbero acquistare struttura speciale
(reticoli di Golgi ad es.) nel caso che entro le cellule, per azione di
ni reattivi, si formino dei corpi analoghi, o identici ai proteosomi. U
teosoma che si forma, o qualche corpo analogo, darebbe pertanto una
"enza strutturale, istologica, al precipitato, senza che tuttavia da
to debba eoneludersi che la struttura preesista nelle cellule vive,
0 forma di un corpo fissatore. Ben’ inteso farebbero eccezione a
a regola i casi studiati dal Pensa ed altri analoghi, nonchè quelli,
al rari, in cui il reticolo fu intraveduto in vita e senza l'intervento
n nf
EEE HN ee
E da notarsi intanto che i mitocondri (in largo senso) iii cia
colorano col metodo Raymon y Cajal-Golgi, mentre poi i reticoli.
i si comportano in modo abbastanza sui generis di fronte alle
ze coloranti, tanto da avvalorare sempre più il sospetto che se
© formazioni endocellulari non vi sia una vera identità struttu-
© e costituzionale. Lo stesso può dirsi qualora si paragonino i sini
li del Golgi colle produzioni ergastoplasmiche, an
428 NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
Ricorderò da ultimo che i reticoli spesso si dividono prima del
nucleo nel processo eariocinetico (Perroncito) e che ai mitocondri fu-
rono pure attribuite svariatissime funzioni, non sempre però chiaramente
dimostrabili. i |
Di fronte all’incertezza dominante, sia sulla natura dei reticoli e
delle produzioni mitocondriali (in largo senso), sia sulle loro. funzioni,
mi è parso utile iniziare qualche ricerca per vedere se con adatti pro
cessi si potesse ottenere, nelle cellule artificiali al collodio, qualche
struttura che avesse una più © meno grande rassomiglianza colle pro-
| duzioni in questione. A questo nuovo indirizzo nelle mie ricerche io, più
che altro, sono stato indotto dal sospetto che i sali d’argento possano
eventualmente entrare in combinazione, previa doppia decomposizione,
con determinati composti chimici presenti nelle cellule (eloruri ad es.,
come è stato messo in evidenza dalla sig. Greenwood (1) per le cellule
della mucosa gastrica) quando non si voglia ammettere che talune so-
stanze, dotate di priorità riduttrici, siano pres»nti nelle cellule ed ab-
biano l’ attitudine a scindere i sali di argento fissando quest’ ultimo,
di guisa che attiverebbero in modo speciale l’analoga azione che spiega
il bagno fotografico di fissaggio proposto dal Cayal e dal Golgi. Non è
da escludersi infine che le albumine stesse, costituenti la parte essenziale
del protoplasma cellulare, pei loro complessi aggruppamenti molecolari
presentino più o meno spiccata affinità pei sali d’argento. (2) Egli è
ovvio che qualora le mie vedute trovassero la- conferma nei fatti- ne
avverrebbe, come logica conseguenza, che il reticolo non dovrebbe più
essere considerato come un vero e proprio organito endocellulare, ma
semplicemente come un particolare atteggiamento fisico-chimico di una
data parte del protoplasma cellulare.
Per portare un po di luce su questa intricata questione, pur a-
t
(1) Citato da Laciani: Tratt, di fisiol. d. uomo Vol, II, p. 98.
(2) Noi siamo ancor molto all’oseuro a riguardo delle reazioni che avvengono —
tra i sali d’argento (specialmente cloruri e bromuri) da un lato e i colloidi dal-
l’altro. Sta il fatto che secondo il Quincke e l’ Harwich taluni colloidi (gela-
tina) si comportano in senso opposto a quanto sopra è stato esposto, ostacolando
le precipitazioni di questi sali, il che corrisponde a ciò che ho riscontrato io
stesso nelle mie ricerche con altri sali pure precipitabili. i
PROF. LUIGI BUSCALIONI 429
vendo sempre presentie che la costituzione delle cellule al collodio ha
solo pochissimi punti di contatto con quella delle cellule genuine (es-
sendo le affinità piuttosto d’indole fisico-chimica), ho cercato di ridurre
il problema alla sua più semplice espressione introducendo nel collodio
delle sostanze atte a produrre, presumibilmente, coi sali d’argento, quei
“composti che possono di poi esser ridotti col metodo fotografico di Ra-
«mon y Cayal
; Dapprima io sono ricorso al sublimato corrosivo e all’acido cromico
per ottenere, col nitrato d’argento, la formazione del cloruro e del cro -
mato d’argento. All’uopo ho addizionato uno o due centimetri cubici di
eollodio, sciolto in benzol, con un po’ di acido eromico (un mucchio di
i cristalli grosso quanto un piccolo chicco di grano, o forse meno), con
che ottenevo una colorazione bruniceia del reattivo ed un partico-
lare stato di fluidità (non eccessiva), quanto mai adatto alla preparazione
delle cellule, Preparata così la miscela vi aggiungevo un po’ di cloruro
di cobalto in polvere, il quale reattivo, come ho potuto convincermi e
come ho altrove esposto, rende più nette le cellule, ed in seguito
diluivo il tutto con un centimetro cubico, circa, di una soluzione satura
di sublimato corrosivo seiolto in alcool ed etere (alcool 16, etere solfo-
rico 50). Per render poi il collodio elastico farevo cadere nel miscuglio
Qualche goccia di olio di ricino o di balsamo del Canadà sciolto in
benzol e infine completavo la preparazione aggiungendo (con grandi
cautele, a goccia a goccia, ed agitando la soluzione continuamente) un
o di cautchouch sciolto nel collodio al benzol e addizionato di sudan
III. Questa è la manipolazione più delicata di tutto quanto il processo,
poichè spesso il cautchouch, a contatto del sublimato, coagula e fa a sua
Ita eoagulare il collodio, nè torna più a sciogliersi completamente
ol sussidio dell'alcool ed etere, o del benzol. L’inconveniente riesce in
parte o del tutto evitato colla pratica e variando convenientemente la
Successione delle mescolanze, per quanto al riguardo io non abbia po-
o formarmi ancora un chiaro concetto.
` Se la preparazione è ben riuscita la soluzione collodiale deve costituire
massa fluente, non troppo liquida però, di color bruno rossiccio,
to mai adatta, quando venga spalmata, con un pennello, in sottile
Una pellicola finamente granulosa, lucida, rossiccia, impermeabile “al
© sul vetrino portaoggetti ad assumere essiccando la configurazione
l’aria, simulante al microscopio un tessuto cellulare elegantissimo. Oc-
corre tuttavia alitare sullo strato durante il suo essiccamento se si vuole
ottenere un preparato veramente dimostrativo.
Formatesi le cellule immergo il vetrino nel nitrato di argento (so-
luzione acquosa al 5°/,) per pochi minuti e poi, previo rapido lavag-
gio in acqua distillata, trasporto il preparato nel bagno di sviluppo (i-
drochinone, metol, solfito anidro di sodio, carbonato di sodio, bromuro
di potassio).
In questo bagno avviene rapidamente la riduzione di parte dell’ar-
gento, per cui il preparato annerisce quasi uniformemente, se l’impre-
gnazione del sale di argento è ben riuscita, altrimenti a chiazze. Lavo
di poi il vetrino in acqua, valendomi di una boccetta munita di schizzetto,
ma avendo cura di spruzzare il liquido con delicatezza, a causa della
grande fragilità acquistata dalla pellicola di collodio, e al fine osservo
al microscopio. Il preparato, una volta secco, può esser montato in bal-
samo del Canadà sciolto nel benzol, senza che abbia a subire alcun
passaggio in olii rischiaranti, od altri reattivi. Coperta con vetrino copri-
oggetti la preparazione si conserva a lungo, ma neppur si guasta se
non è stata montata in balsamo e tenuta scoperta.
5
Ho pure provato, come riducenti, i vapori di idrogeno solforato e
il bagno in questo stesso reattivò, come pure la riduzione colla for-
malina.
Il primo dei due reattivi testè indicati dà ottimi risultati, ma ha
l'inconveniente di sviluppare vapori disaggradevoli e tossici, ed inoltre
di formare sulle pellicole di collodio uno strato di argento speculare
che altera alquanto i preparati. Talora poi precipita l’argento nelle ca-
vità cellulari, sulle membrane, sui reticoli plasmiei ete., che pertanto |
assumono uno splendore metallico particolare. La formalina non mi ha
dato buoni risultati, non provocando alcuna riduzione, anche se lasciata
agire per qualche ora. | i
Coi metodi testè descritti, e specialmente coll’uso dell’idrochinoné, E
ho ottenuto delle preparazioni quanto mai interessanti, ma il risultato ; |
veniva il più delle volte compromesso dalla circostanza che le cellule |
si isolavano le une dalle altre (forse a causa del nitrato di mercurio
che si veniva formando), rendendo talvolta inservibili le preparazioni.
L
‘Ad ogni modo nei punti dove la reazione è ben riuscita si vedono.
Ra ME se
il sublimato, essendomi potuto convincere che il eloruro di cobalto, pur-
PROF. LUIGI BUSCALIONI 431
P le cellule artificiali ricoperte, verso la periferia del protoplasma (nell’e-
l’eetoplasma), da un denso strato di sostanza nera, omogenea, granulare,
o anco reticolare. Analogo ammasso si incontra verso il centro degli
elementi e quivi la struttura grossolanamente granulosa-reticolare è spes-
so quanto mai evidente (Tav. II fig. 2). y
Esaminando con forti ingrandimenti il preparato si vede che la
massa nera centrale è addossata quasi sempre ad un nucleo più’ forte-
mente colorato in rosso dal Sudan III rispetto al resto del contenuto
cellulare e completamente privo di precipitato di argento. In molte cel- —
lule talune briglie nere, oltre all’avvolgere il nucleo in questione, colle-
gano l’ammasso centrale col periferico.
Il protoplasma compreso tra i due ammassi, o tra le brina non
mostra che pochissimi granuli d’argento, per cui apparisce dì color roseo
o incoloro, finamente granuloso, trasparente.
Questa struttura è frequente ad osservarsi nei preparati trattati,
- come dissi, all’idrochinone, ma il lettore che volesse ripetere l’espe- |
rienza deve aver presente che i risultati non sono costanti: giova quin- SI
di ripetere le preparazioni e talora variare la manipolazione della mi-
scela.
Impiegando i vapori di idrogeno solforato io ottenni invece assai. —
spesso (specialmente dalle soluzioni di collodio cui avevo aggiunto, con i
estrema precauzione, qualche goccia d’acqua) dei preparati a protoplasma
manifestamente schiumoso e nel quale l'argento precipitava, sotto forma
di granuli o bastoncini (mitocondri), a ridosso del nucleo centrale. Il
nucleo anche qui appariva pries di precipitati, i quali, a forte ingran-
dimento, mostravansi per lo più inclusi nelle. maglie dei reticoli pla-
smici perinucleari. |
Il plasma periferico e Ja membrana cellulare apparivano invece.
quasi del tutto liberi di granuli, o questi erano presenti solo in seno
‘alle pareti cellulari. (Tav. I fig. 2).
Noterò di passaggio che analoghi risultati ottenni lasciando da parte
chè in eccesso, è più che sufficiente per dare i preci pitati in questione
col nitrato di argento. Debbo però confessare che i preparati otten
col solo cloruro di cobalto sono meno dimostrativi, essendo forse più
difficile r riscontrare i filamenti ramificati c o i reticolati di argento che si
ottengono col sublimato corrosivo.
quello principale di favorire la coagulazione del cautehouch e della
massa colloidale, sono ricorso ad un altro processo che, praticato colle
debite cautele, permette di ottenere delle soluzioni più stabili (perchè
$ il sublimato venne ridotto a poca cosa), mentre fornisce delle pellicole
a cellule veramente belle.
Innanzi tutto la ricetta :
Allestisco un certo numero di provette che io, per ragioni di espo-
sizione, indicherò coi numeri. Provetta I: contiene collodio sciolto in
benzol ed acido eromico. Provetta II: contiene cloruro di cobalto e col-
lodio in benzol. Provetta III: contiene cautehouch al benzol e Sudan III
(il primo in quantità sufficiente per dare una soluzione molto densa).
Provetta IV: collodio in benzol, olio di ricino e balsamo del Canadá
sciolto parimenti in benzol. Provetta V: soluzione satura, in alcool ed
etere (12 di alcool; 50 di etere), di cloridrato di chinino; infine nella
Provetta VI la stessa miscela di alcool ed etere e hapii
(soluzione pure satura).
corrosivo
In una provetta ben pulita mescolo cautamente le soluzioni, avendo
cura di agitare continuamente il liquido e di versare i reattivi a goccia
a goccia. Specialmente occorre procedere molto eircospetti quando si
versa il cautchouch ed il sublimato corrosivo. In generale io mescolo
queste soluzioni per ultimo in quanto che mi è parso che la presenza
di olio di ricino e di balsamo del Canadà ostacoli alquanto la coagu-
lazione del collodio sotto l’azione della gomma del Para. Particolar-
mente grandi devono esser le precauzioni quando si versa il sublimato:
mente la miscela la quale nel punto in cui viene a contatto col reattivo
si fa schiumosa e lattiginosa, per tornare limpida collo scuotimento. Una
o due goccie di sublimato sono in questo caso più che sufficienti per la
tivo e lo rende inservibile. All’opposto un preparato allestito in propor-
A causa degli inconvenienti offerti dal sublimato corrosivo, fra cui
questo va aggiunto per ultimo, a goccia a goccia, sbattendo energica-
bisogna, quando si voglia preparare appena da uno a tre centimetri cubi
di soluzione atta a dar le pellicole. Oltrepassata la misura, o limite cri-
tico, il sublimato provoca una improvvisa coagulazione di tutto il reat-
zioni esatte si conserva per settimane. Anche un po di precauzione oc-
rre, infine, nel versare la soluzione satura di cloridrato di chinino,
la quale va naturalmente aggiunta in dose assai più rilevante, Ritengo
del pari opportuno che anche questo reattivo vada aggiunto dopo l’olio
di ricino e il balsamo del Canadá. ©
i Se si. procede colle dovute cautele si ottiene un liquido bruno caffè,
o un po rossiccio, cui si può aggiungere, senza inconvenienti, una goccia
‘acqua distillata allo scopo di rendere le cellule più conformi agli
ordinari elementi animali e vegetali, poichè i p'asmi si fanno elegante-
mente vacuolizzati, sebbene talora tendano alquanto ad isolarsi gli uni
dagli altri.
m
Con questo metodo, rieorrendo inoltre al solito bagno nel nitrato di
| argento al 5°/ e all’idrochinone, ho ottenuto dei preparati quanto mai
dimostrativi. i
| Però giova far rilevare che in un preparato o pellicola lunga cir
a 3-4 cent. e larga 1-2 cent. solo alcuni millimetri quadrati o al più
un cent. quadrato forniscono delle figure cellulari veramente eleganti;
Nel resto si incontrano delle cellule mediocri, o scadenti, o persino» dei
tratti privi di qualsiasi struttura cellulare.
Sta intanto il fatto che là dove la reazione è riuscita bene (e il
modo con cui si alita sul preparato vi influisce anche in parte) tutte
Quante le cellule si presentano meravigliosamente belle: il che indica
che la riuscita di un preparato è subordinata a determinate condizioni,
non ben note. Basti dire che se in un punto si è alitato un po troppo
roppo poco, se la pellicola è ivi eccessivamente spessa, o viceversa
| Ssageratamente sottile, l’aspetto delle cullule varia ben tosto correlati-
Vamente, e ciò in bene o in male per il preparato. La grande sensibilità
delle pellicole di collodio è perciò la prova più bella della labilità
delle condizioni istogeniche e questa disposizione forse ci chiarisce al-
cuni punti della fisiologia cellulare, essendo noto che le cellule ge-
Ruine sono pure sensibilissime, essendo esse dei colloidi, a qualsiasi
cambiamento del mezzo che le circonda. A conferma di questo si può
rilevare che la dove le condizioni per una buona riuscita del preparato
Sono tutte quante realizzate ivi le cellule elegantissime, col nacleo ben
confor to, col plasma vacuolizzato, colle membrane nettamente distinte,
ha una cellula in divisione si è sicuri di trovarne molte altre nella
sì contano quasi a centinaia (Fig. 3, 4, 5 Tav. III. Nei siti poi dove |.
stessa condizione:
anche molte altre cellule circostanti, o talora un'intera fila, ne ‘sono
prive (fig. 5 Tav. III). A
Basta pertanto che in una regione venga meno o luna o l’altra
delle ipotetiche condizioni opportune all’istogenesi perchè si abbiano |
delle cellule, o incomplete, od eleganti solo da punti unilaterali di vista :
{o delle membrane, o del nucleo, o del protoplasma).
Passiamo ‘ora ad illustrare i preparati più istruttivi che mi è stato i
dato di esaminare e dei quali riporto qui aleune microfotografie.
Le mierofotografie 3 e 4 della Tav. III mostrano un tessuto di pic-
cole cellule poligonali, non più grandi di quelle dell'epidermide di Ros
per citare un esempio di confronto abbastanza comune. Il nucleo, fatto —
probabilmente di cautchouch, è omogeneo e appare, (nei preparati) co- 3
lorato vivamente in rosso dal Sudan III. Il plasma è cosparso di gra- i
nulazioni nere che si fanno sempre più addensate a misura che ci av- :
viciniamo al nucleo cellulare. Però l’aceumulo si arresta ad una certa
distanza da questo corpo che riesce così circondato da un alone inco- N
loro. La parete ‘cellulare è fatta di un precipitato giallo rossiceio do- a
vuto forse a cromato d’argento unito a Sudan III. Le cellule sono
talora a contatto fra loro mercè interposizione di una lamella mediana l
quasi incolora, ma spesso, ed in ner agli angoli, presentano dei meati
intercellulari.
Il preparato che ho qui illustrato era bellissimo, sia per la piace
delle cellule e il loro numero enorme, tanto da ricordare esattamente un
vero tessuto (pareechie centinaia in pochi millimetri quadrati), sia per la
esatta riproduzione del nucleo e delle pareti cellulari genuine, sia infine.
perchè anche a forti ingrandimenti le cellule della pellicola mantene-
vano la loro rassomiglianza cogli elementi istologici genuini. Non si
poteva però riconoscere la presenza di veri reticoli golgiani nell a
masse di argento precipitato. Talune cellule erano in divisione. Ace santo |
ad un tessuto così ben conformato si aveva un esteso tratto di pellicola
in cui mancava il nueleo, o questo era solo segnato da un disco bianco,
o pallidamente rossiccio,
(continua)
Dott. M. RONCAGLIOLO
Descrizione anatomica e comparata degli ‘organi epigei A
di cinque specie di mimosa. e
a
©
specie prese in esame sono:
Spegazzini.
Pudica.
Velloziana.
Sensitiva.
Denhardtii.
Nel presente lavoro tutti gli organi epigei delle specie suddette
furono studiati e messi a confronto, cosa che credo non sia ancora
stata fatta; avendo avuto sott'occhio descrizioni parziali ‘specialmente
fatte in relazione allo studio fisiologico della trasmissione degli stimoli
Una differenza che debbo notare tra le conclusioni di Haberlandt
nel lavoro citato (Das reizleitende Gewebesystem der Sinnpflanze) e
quelle del presente, sta nella lunghezza dei tubi del libro tenero detti
di Haberlandt, pei quali il predetto autore dà una lunghezza media. di
micromillitri 700-1000; menire sia per la ! udica, sia per le altre specie
le mie osservazioni mi portano ad assegnare in modo assolutamente
SR
SRR
certo una lunghezza media di micromillimetri 200.
A ESAME DEGLI ORGANI EPIGEI
Furono studiati nel seguente ordine:
Caule.
Pulvino primario.
Picciolo primario.
Pulvino secondario.
Picciolo secondario.
Foliola e sue parti.
Della Mimosa Pudica furono anche indiati i cotiledoni.
Caule.
Sezione trasversale. Forma della sezione:
M. Spegazzini: Rotonda più o meno regolare.
4360 ‘DESCRIZIONE ANATONI: SA E BEER DEGLI ORGANI EPIGEI
M. Pudica: ‚id.
M. Velloziana: Rotonda o poligonale con rilievi e depessioni.
M. Sensitiva: Id. come Spegazzini.
i MU. Denhardtii: Forma arrotondata ovale ae
Epidermide.
M. Spegazzini. Uno strato di cellule a forma rettangolare o qua-
drata, senza spazi intercellulari, con pareti anteriore e posteriore ispes-
site, la prima in grado maggiore e inoltre cutinizzata. Parecchi peli
unicellulari di forma lineare partono dalla epidermide stessa; inoltre
alcuni peli ghiandolari pluricellulari a forma di fiasco.
M. ‚Pudica. Nessuna differenza notevole. Non furono osservati peli
Epa eS
M. Velloziana. Id. Spegazzini.
. M. Sensitiva. La parete anteriore delle cellule epidermiche, più
Spam che nelle altre specie.
„M. Denhardtii, Id. Spegazzini.
‘Un carattere comune a tutte le specie è la grandezza varia degli
elementi epidermici: sono più piccole le cellule che coprono i punti dove
nell'interno sono sviluppati i fasci legnosi.
In sezione longitudinale, per tutte le specie, gli elementi epidermici
appaiono di forma rettangolare o quadrata colle pareti anteriore e po-
steriore convesse. |
Corteccia Primaria
M. Spegazzini. Quattro o cinque strati di cellule di forma. arro-
tondata od ovale. Lo strato ad immediato contatto coll’epidermide è
formato da elementi di forma elittica con pareti piuttosto spesse e p ic
coli spazi intercellulari: in grado minore questo carattere si. verifica
per lo strato più interno. Numerosi e più grandi sono gli spazi inter-
cellulari negli strati intermedi: le pareti più sottili. na
In sezione longitudinale questi elementi appaiono di forma elittica |
rettangolare o quadrata cogli angoli smussati. Molti cristalli di ossalato =
calcico nello strato più interno. È
M. Pudica. 1a. caratteri. Si osserva un maggior numero di cri- =
li sparsi anche negli strati più interni.
M. Velloziana. Id. id.
M. Sensitiva. Id. Id.
„M. Denhardtii. Le pareti cellulari sono più spesse in questa Si
n latte le altre specie. I cristalli di ossalato sono poco numerosi.
Libro duro.
M. Spegazzini Questo tessuto nel suo complesso ha forma di un
nello a decorso sinuoso con spessore assai vario nei diversi punti: in
a stessa sezione il numero degli strati di fibre varia ad es. da 8 a 3,
a 5 a 2. Gli elementi hanno forma poligonale più o meno allungata
Ito variabile: lo stesso si dica per ‚le dimensioni, Le pareti sono
olto spesse e il lume cellulare in molti casi. ridottissimo. Questo tes-
ito è lignificato. Non esistono spazi intercellulari, e quanto più il caule
iventa adulto tanto maggiore si’ fa la differenza di spessore tra i vari
ati di uno stesso anello. Sopra questo. strate si distende il parenchima.
allogeno formato da cellule rettangolari a pareti sottili, contenente
suna un grosso cristallo di ossalato calcico.
|M: Pudica. Lo spessore delle pareti cellulari
ore che nella Spegazzini.
x
è RER mag-
_M. Vel'oziana. I singoli elementi nei vari i punti hanno dimensione
ù uniforme che nelle altre specie.
M. Sensitiva. Le pareti cellulari sono meno spesse.
M. Denhardtii. Spesso l'anello di libro duro a qualche 1 liane i
In sezione longitudinale per tutte iu specie e quest gni appa-
10 come fibre assai prolungate fusiformi a pareti. AR forte- 7
Mente “agli le une contro le altre.
488 | DESCRIZIONE ANATOMICA E COMPARATA DEGLI ORGANI EPIGHI
riale a cui stiamo per accennare) e che perciò chiameremo senz’ altro:
tubi di Haberlandt. Le cellule del parenchima libriano hanno forma
varia e molto irregolare e pareti sottilissime. Nei cauli adulti il libro
secondario formato dall’attività del cambium ha naturalmente gli ele-
menti disposti con maggior regolarità. I tubi di Haberlandt si trovano
variamente disposti nel tessuto: nei cauli adulti confinati piuttosto verso
l'esterno; le pareti sono notevolmente più spesse che quelle degli ele-
menti del parenchima libriano: calibro uguale a quello dei vasi di legno
di dimensione media. In sezione longitudinale partendo dall’esterno verso
l'interno abbiamo: Cellule rettangolari allungate con pareti di medio -
spessore; quindi tubi o vasi piuttosto lunghi con pareti longitudinali
alternativamente spesse e sottilissime. Alcuni di detti vasi nel punto di
contatto tra Puno e l’altro sono rigonfi. Esaminando moltissime di queste
pareti divisorie a forte ingrandimento si scorge in alcune un aspetto
finemente cribrato. Accanto ad essi abbiamo cellule rettangolari non
molto allungate colla parete trasversale che presenta una piega caratte-
ristica. A contatto col legno poi cellule rettangolari di aspetto identico
alle più esterne ma in genere più corte.
M. Pudica. Qui i tubi di Haberlandt occupano circa la metà del-
l’area totale del tessuto. In sezione longitudinale appaiono di inn
più che tripla di quella degli altri vasi.
M. Velloziana. I tubi di Haberlandt sono in numero molto mag-
giore che nelle altre specie (media 80-100). Il calibro raggiunge il più
delle volte quello dei più grandi vasi legnosi. In sezione longitudinale
sì osserva raramente la caratteristica alternanza tra pareti spesse e sot-
tili? moltissimi hanno parete longitudinale uniforme.
M. Sensitiva. Tubi di Haberlandt poco numerosi: num. medio: 25-40.
Le pareti longitudinali sono uniformi. Nell’interno di molti di questi
vasi; anche dopo una lunga permanenza nell’acqua di Javelle, rimane
una sostanza coagulata, fatto che contribuisce a farli individuare subito
sotto il microscopio. In questo tessuto vi sono inoltre alcune file di
cristalli sparsi, isolati: i singoli individui sono pi piccoli di quelli os- .
servati negli altri tessuti.
M. Denhardtii. Pochissimi tubi di Haberlandt: 4-6 ogni sezione
di calibro uguale a quello dei vasi di legno di dimensione media. Questi
ubi, dato il loro piccolo numero, sono assai difficilmente osservabili
in sezione longitudinale.
Legno.
M. Spegazzini. Nei cauli giovani dove i fasci sono ancora divisi
il loro numero è costantemente di 15 di grandezza abbastanza uni-
forme, forma triangolare colla base rivolta verso l’esterno. Abbiamo
fibre, vasi e internamente le piccole cellule poligonali della guaina ami-
lacea di dimensione varia con qualche piccolo spazio intercellulare. Vasi
e fibre a pareti spessissime: in alcune di queste ultime il lume cellu-
lare è ridotto ad una semplice fessura.
Numero dei vasi di alcuni fasci: 13, 15, 13, 14; 14, 12, :16,:11,
4, 17, 16.
~ M. Pudica. Id. id.
M. Velloziana e Sensitiva. Lo a dei vası rispetto alle fibre
minore che nelle precedenti due specie.
= M. Denhardtii. I vasi occupano circa i due terzi dell’area totale
del tessuto.
Per tutte le specie in sezione longitudinale si osservano vasi sca-
lariformi, spirali a spirale larga e stretta, ed anulari, questi ultimi
meno numerosi: i primi si trovano verso l’esterno, gli spirali interni.
Midollo. pi
M. Spegazzini. Nel caule giovane occupa la maggiore “parte della
sezione, nel caule adulto viene secondo dopo il legno. È formato da
| parenchima a cellule rotonde o poligonali, più grandi quelle al
Niro, a pareti sottili con spazi intereellulari triangolari. Tra queste,
Sparse senza ordine e poco numeruse, alcune cellule di forma poligo-
nale molto più piccole delle precedenti, contengono ciascuna un cristallo.
‚Per le altre specie le differenze sono: La Sensitiva ha Bun cel
ri sottilissime.
| La Denhardtii cellule > poligonali grand con pareti notevolmente
spesse che nelle specie e 7 |
PULVINO PRIMARIO.
Nelle varie specie la sezione trasversale di questo organo ha una
forma più o meno arrotondata,
Epidermide.
M. Spegazzini. Uno strato di cellule spesso di forma trapezoide
di dimensioni variabili entro limiti abbastanza lati. La parete esterna
è assai ispessita. Su tutta la periferia dell'organo si trovano peli uni-
cellulari, lineari e pluricellulari a punta Non esistono spazi intereel-
lalari. Questi elementi in sezione longitudinale appaiono di forma più
‘o meno regolarmente rettangolare. |
M. Pudica. Lo spessore della parete esterna delle cellule epider-
miche è circa doppio di quello delle altre pareti; molto uniformi.
M. Velloziana. M. Sensitiva. M. Denhardtii: Stessi caratteri.
Corteccia primaria.
M. Spegazzini. Molto sviluppata: occupa i 4/5 dell’ area totale
dell’organo ed è formata da un parenchima a cellule rotonde con spazi
intercellulari triangolari: la dimensione è varia e sono più piccoli. gli
elementi degli strati rispettivamente più esterni e più interni. Nello
spessore delle pareti vi è una differenza notevole tra le cellule dell’e-
misfero dorsale (volto verso il basso) e ventrale: le prime hanno le
pareti sottilissime di spessore che è circa la metà di quello degli ele-
menti dell’emisfero ventrale. Pochi cristalli di ossalato calcico sparsi.
Molte preparazioni presentano in parecchi punti presso la periferia degli
ammassi di cellule poligonali a pareti spesse lignificate che hanno tatti
i caratteri di elementi legnosi avventizi: alla base di queste formazioni -
vi è sempre un ammasso più o meno grande di cristalli. In sezione
. longitudinale questi elementi appaiono di forma quadrata o poligonale. |
M. Pudica. A volte gli spazi intercellulari si fanno molto grandi.
I cristalli di ossalato sono specialmente confinati negli strati più interni.
~ M. Velloziana. Non vi sono peli sulla superficie, non. formazioni
i Aan di tessuto legnoso. Altri caratteri su rar
M ensite. I crintalli di ossulato molto grossi si ‘trovano spe-
mente negli strati più interni. Altri caratteri id. id. Spegazzini.
M. Denhardtü. La differenza tra lo spessore delle pareti nell’emi-
è
sfero dorsale e ventrale qui è molto minore che nelle altre specie. Si
può calcolare una proporzione come: 6: 8.
Libro duro.
Mm. Spegazzini. Anello sempre ininterrotto di spessore notevole. La
rma elittica nel suo complesso, è abbastanza varia. I singoli elementi
anno gli stessi caratteri che pet il eaule; non sono però lignificati.
M. Pudica. Lo spessore dell’anello nel complesso è minore che
ella specie precedente, e abbastanza variabile nei diversi punti.
M. Velloziana. Anello ininterrotto di forma elittiea con spessore
i costante (3-4 strati di fibre). Le pareti dei a clamenti ap-
sg iono meno spesse che negli altri organi.
M- Sensitiva. Anello di forma irregolare, spessore debolá (3-4
‘ati di fibre. Non lignificato. ;
M. Denhardiii. Anello elittico il «quale verso la parte dorsale del
lvino manda una propaggine a mo’ di ponte che unisce due punti
pposti della elissi, e divide la massa legnosa in due dA wu. ele-
menti non sono lignificati.
‚In sezione longitudinale per tutte le specie aspetto uguale a quello s
ritto per il caule, presentano i singcli elementi.
Libro. tenero,
442 DESCRIZIONE ANATOMICA E COMPARATA DEGLI ORGANI EPIGEI
metri: 173; 220; 300. Nel complesso si può calcolare una media oscil-
lante intorno ai 200 micromillimetri.
M. Pudica. Aspetto generale come la Spegazzini. Nelle pareti
longitadinali di molti tubi di Haberlandt abbiamo parvenze varie, i-
spessimenti ed assottigliamenti notevoli ed anche soluzioni di continuità,
Misurati molti di questi elementi al mierometro risultarono di lunghezza
oscillante tra un minimum di 135 ed un maximum di 300 micromilli-
metri.
M. Velloziana. I tubi di Haberlandt sono molto numerosi in file
abbastanza regolari. In media 60-70. In sezione longitudinale si os-
servano parvenze varie nelle pareti. Lunghezza di alcuni tubi misurati:
240; 300 micromillimetri.
M. Sensitiva. Gli elementi del parenchima libriamo presentano in
vari punti pareti leggermente più spesse che nelle due specie prece-
denti. I tubi di Haberlandt sparsi nel tessuto con poco ordine hanno
un calibro più grande di quello dei vasi di legno. Persiste la sostanza
coagulata nell’interno di molti tubi per cui si possono esaminar molto
bene. Le pareti longitudinali hanno spessore uniforme. La lunghezza
media di questi elementi è di micromillimetri 150. |
M. Denhardtii. Parenchima libriano con molte cellule cambiformi.
-Pochissimi i tubi di Haberlandt: in genere 4 o 6 per sezione, molto
difficili ad osservarsi longitudinalmente. |
Legno.
M. Spegazzini. Forma una massa compatta che oceupa la parte
centrale dell’organo. Nei pulvini giovani si vede ancora la divisione in
quattro fasci di cui il più ricco di vasi è quello centrale dorsale. Nei
pulvini adulti vi è maggior fusione e maggior sviluppo dei vasi ri-
spetto alle fibre. In sezione longitudinale appaiono fibre, vasi scalari-
formi e spirali.
Le stesse parvenze presentano le altre specie eccetto la Denhardtii
in cuì il legno come si è già notato è diviso in due masse. Qui i vasi
occupano circa i */, dell’area totale del tessuto.
DOTT. MARIO RONCAGLIOLO 448 Dei
PICCIOLO PRIMARIO
La forma della sezione trasversale dell'organo nelle varie specie
| e arrotondata o elittica a contorno irregolare.
Epidermide. — Vo
M. Spegazzini. Uno strato di cellule epidermiche cogli stessi ca-
ratteri di quelle degli altri organi; molti peli unicellulari.
M. Pudica. Le dimensioni delle cellule epidermiche sono molto
| varie.
M. Velloziana. M. Sensitiva. Stessi caratteri.
M. Denhardtii. Manca il picciolo primario. Devesi notare però che
il pulvino primario nella sua parte superiore mostra la disposizione dei
tessuti interni un po’ modificata. L’epidermide e la corteccia primaria
anno l'aspetto tipico dei pulvini; ma nel legno sono nettamente dih-
stinti i quattro fasci e in mezzo ad essi, cosa che non succede mai nel
pulvino, lasciano un po’ di parenchima interno. Potrebbe dunque con-
siderarsi il pulvino nella sua parte superiore vome un abbozzo di
Corteccia primaria.
M. Spegazzini. Molto varia è la dimensione delle cellule: le più
piccole si trovano ruht tra i due gruppi libro- -legnosi laterali e
quelle Da tra l'epidermide e il NI libro - legnoso centrale, sono
maggiori quelle che si trovano nella parte più. allargata dell'organo. |
M. Pudica. Notevoli qui grandi lacune nei punti che si trovano”
tra i gruppi libro-legnosi laterali e il gruppo centrale.
M. Velloziana. Lo strato che si trova immediatamente sotto la
GA ha cellule con pareti di spessore quasi doppio degli altri,
T gli altri caratteri id. Spegazzini.
~ M, Sensitiva. In molte sezioni si vedono Dea: file di cristalli
cello Strato più interno di corteccia lidia
444 DESCRIZIONE ANATOMICA E COMPARATA DEGLI ORGANI EPIGEI
. Tessuti interni.
Il picciolo primario presenta costantemente un gruppo libro-legnoso
centrale e due gruppi laterali che si trovano ai due lati della. parte
allargata dell’organo.
Libro duro.
.
M. Spegazzini. Anello di forma triangolare, spessore assai vario
con soluzioni di continuità nei punti che guardano i due gruppi libro-
legnosi laterali. Sia in piccioli giovani sia in adulti dette soluzioni di
continuità sono più piccole in sezioni fatte alla meta dell’ organo in
confronto di quelle operate alla base o alla sommità. Questo per il
gruppo centrale.
Nei due gruppi laterali il libro duro è formato da due semicerchi
aperti verso l’interno, di forma semilunare e spessore molto notevole
che raggiunge nei punti di mezzo la spessezza assoluta dei punti più
grossi del gruppo centrale. Sia l’uno sia gli altri sono lignificati.
M. Pudica. Anello di spessore vario ma senza soluzioni di con-
tinuità: sopra di questo è disteso il parenchima cristallogeno. Lignificato. _
I due gruppi laterali hanno gli stessi caratteri di quelli della Spegazzini.
M. Velloziana. Forma sinuosa, grosse soluzioni di continuità, spes-
sore vario: nei punti più grossi 6-7 strati di fibre Nei gruppi laterali
lo spessore è maggiore anche in via assoluta. Sia luno sia gli altri
sono lignificati.
M. Sensitiva. Apik generale ibli somigliante a quello della 3
Velloziana. Lignificati.
| Libro tenero.
M. Spegazzini. Molto sviluppato il parenchima libriano. I tubi di
Haberlandt di calibro maggiore che nel caule, in piccioli giovani si
trovano ammassati piuttosto vicino al legno, in piceioli più adulti sparsi
in tutto il tessuto meno regolarmente. Nei gruppi laterali si vede una
| piccola porzione di libro tenero con due e raramente tre tubi di Ha-
berlandt.
M. Pudica. Parenchima libriano, cellule cambitormi e tubi di Ha-
= DOTT. MARIO RONCAGLIOLO
300 mieromillimetri. E° notevole che ciò concorda con quanto si verifica.
relle altre specie osservate.
M. Velloziana. Qui i tubi in questione occupano la maggior parte
dell’area del tessuto: il calibro, quasi costante per tutti, è maggiore di
quello dei più grandi vasi legnosi. Nei gruppi laterali il libro tenero è
| quasi tutto occupato da detti tubi che spesso giungono al numero di
= sei, Osservati in sezione longitudinale molti di questi tubi presentano
le pareti longitudinali con ispessimenti e assottigliamenti alternati a di-
stanze molto piccole. Pareti trasversali col solito aspetto.
M. Sensitiva. Nel suo complesso il tessuto appare più sviluppato
. che nel caule; i tubi di Haberlandt più grandi: rimane in molti una
| sostanza coagulata di cui si può seguire il passaggio attraverso i cribri.
\ Le pareti longitudinali hanno spessore uniforme.
Legno.
. M. Spegazzini. Quattro fasci ben distinti di eui tre a ravvicinati
tra di loro; qualche volta tra questi e il rimanente un abbozzo di.
.. fascio legnoso con fibre e un vaso. Il fascio più grande è quello che
| guarda la parte allargata dell organo. Nel complesso dello sviluppo non
vi è grande differenza tra piccioli giovani ed adulti mentre tale diffe-
3 renza era molto notevole nel caule. Numero dei vasi in alcune sezioni:
E o, 6, 10--17 ‚6, 8, 14--13, 6 6,. 13. Nei gruppi laterali esiste.
= Qualche volta un boato di legno. Gli elementi oltre le fibre sono i
Soliti, vasi scalariformi e spirali.
~ M. Pudica. Quattro fasci cogli stessi caratteri. . ap ingl:
M. Velloziana. Quattro fasci id. id. In varie sezioni fatte ala T
strema base del picciolo nei punti in cui quest’organo si «trasforma per
Poi passare al pulvino, si segue molto bene lo spostamento graduale
dei tessuti: il contorno esterno va facendosi sempre più, regolare, ; spa-
riscono le convessità e Je BOOTE la forma si i avvigiaznalie poings:
Hari rispetto agli altri tessuti; i due popii moli si, Lavwicimano
Sempre più al Pe col quale nel quizinae dovrana fondersi e con-
Bader, ’ ; et DI
berlandt dei quali molti misurati non oltrepassano mai la lunghezza di
| DESCRIZIONE ANATOMICA E COMPARATA DEGLI ORGANI EPIGEI
M. Sensitiva. Stessi caratteri. Qui ì vasi legnosi occupano la mag-
gior parte dell’area del tessuto.
Segue in tutte le specie una porzione più o meno grande di pa-
renchima interno formato da elementi a pareti sottili di dimensioni
varie, essendo più grandi generalmente quelle nella parte centrale; gli
spazi intercellulari sono triangolari.
PULVINO SECONDARIO
Forma della sezione trasversale: assai prossima alla rotonda per
tutte le specie.
E pidermide.
In tutte le specie: Gli stessi caratteri del pulvino primario.
Peli.
Spegazzini. Unicellulari lineari e pluricellulari a punta.
Pudica. Unicellulari lineari.
Velloziana. Peli pluricellulari in molte- sezioni.
Sensitiva. Unicellulari lineari e pluricellulari a punta:
Denhardtii. Peli delle due sorta.
SSBSKSK
Corteccia primaria.
M. Spegazzini. Qui la differenza tra lo spessore delle pareti cel-
lulari nell’emisfero dorsale e ventrale dell’organo, pur esistendo, è molto
meno sensibile che nel pulvino primario. Molti cristalli sparsi irrego-
larmente sia isolati sia a gruppi.
M. Pudica. Stessi caratteri. Si nota anche una maggiore unifor-
mità nella forma delle sezioni operate alla base, alla metà, o alla som-
mità dell’organo.
M. Velloziana. Proporzione tra lo Apre delle pareti negli emi-
sferi dorsale e ventrale: 1-1 !/,.
M. Sensitiva. Proporzione id. id. 1-1'/,.
M. Denhardtii. Gli strati di corteccia primaria più vicini al librò
cellule con pareti più spesse: questo sia per l'emisfero dor-
il ventrale. La differenza poi nello spessore delle pareti
LI
è piccolissima, minore che in tutte le
Libro duro.
Spegazzini. Anello a forma di ferro di cavallo.
Pudica. Apa rotondo; molti cristalli nel parenchima cristal-
lValtiziina. Forma rote con spessore assai vario: oscilla
5-6 strati di fibre, e un solo strato.
M. Sensitiva. Forma rotonda; spessore in alcuni punti assai ridotto
M. Denhardtii. Tre, cinque strati di fibre; forma eg ar-
Ben con una propaggine spinta verso l’interno.
Libro tenero.
Mu Spegazzini. Sono molto evidenti i tubi di Haberlandt con ca-
bro assai maggiore dei più grandi vasi del legno.
M. Pudica. Nella disposizione dei tessuti non si osserva ee
a pulvini sezionati alla base o alla sommitä, come accadeva pei pul-
vini primari.
M. Velloziana. In confronto del hi primario la superficie oc-
pata dal libro tenero è più grande. I tubi di Haberlandt molto nu- |
merosi occupano i ‘/,, dell’area totale: in sezione longitudinale appaiono
pareti di spessore uniforme. =
„M. Sensitiva. I tubi di Haberlandt ı sono più numerosi mule parte È
tessuto che guarda l’esterno. 5
M. Denhardtü. I tubi di Haberlandt sono poco numerosi ma a
bili con calibro leggermente minore dei più grandi vasi del legno.
n sezione in ein “appel colle agi are Be er
Legno.
LI
‘In tutte le specie questo tessuto è riunito in una massa interna
compatta di forma e dimensioni un. po’ varie,
PICCIOLO SECONDARIO
Forma e costituzione nel complesso.
M. Spegazzini. Sezione trasversale. Alla base: quasi ovale.
A metà e alla sommità: claviforme, Nei punti dove si inseriscono —
le .foliole la parte ristretta o manico della clava e più sviluppata. Nelle
sezioni di base i gruppi libro-legnosi laterali. sono due, nelle sezioni
alla metà ed alla sommità si tiducono costantemente Aia uno Er
il collo della clava.
M. Pudica. Forma a dita con un solo gruppo ORE late-
rale che possiede l’anello di libro duro aperto verso l’esterno.
M. Velloziana. Sezionato alla base, forma a calotta allargata; alla
metà e alla sommità forma a pera. Nel primo caso due . EP libro
legnosi laterali, nel secondo un solo gruppo.
X
M. Sensitiva. Sezionatv alla base, forma a calotta schiacciata; più E
in alto si avvicina alla forma rotonda. I gruppi libro-legnosi laterali
sono costantemente due.
M. Denhardtii. Base: forma a pera. Sommità forma a clava. U
-solo gruppo libro-legnoso laterale.
x
-Epidermide e corteccia primaria. _ lo SEO
i. A N A . i
M. Spegazzini. Molti peli unicellulari, più frequenti nelle sezioni
operate alla base. La corteccia primaria ha gli stessi caratteri del pic:
ciolo primario.
M. Pudica. Lo spessore delle pareti anteriore e posteriore delle
cellule epidermiche è quasi uniforme. Nei punti che si trovano tra
| gruppo libro-legnoso centrale e il laterale la ‘corteccia primaria present
. spazi intercellulari piuttosto grandi; mancano però le vaste lacune
se nel picciolo ash Il Preno strato di cellule che o tro "0
DOTT. MARIO RONCAGLIOLO — RIACE a
Be een e il gruppo libro legnoso laterale assume aspetto di-
rso dagli altri elementi della corteccia primaria. Sono queste cellule
Baroti sottilissime senza spazi intercellulari di forma rettangolare colla
mensione antero-posteriore media di circa 40 mieromillimetri per 15-20
ieromillimetri di dimensione trasversale.
M. Velloziana. Peli, epidermide e corteccia primaria cogli stessi
M. Sensitiva. Parete anteriore delle cellule epidermiche molto più
‘che la posteriore. Nella corteccia primaria le ‘cellule che si tro-
nella regione curva della calotta hanno parete assai piü spessa
Ts rimanenti, forma vicina alla poligonale e assenza quasi assoluta
pazi intercellulari. Negli strati più interni molti cristalli.
M. Denhardtii. Le cellule che si trovano tra il gruppo laterale e
idermide hanno aspetto simile a gan notato per la « Pudica ».
Libro duro.
Mi Spegazzini. Anello ininterrotto, spessore notevole e quasi uni-
e. Lignificato quello del gruppo centrale soltanto. Nei gruppi o
gruppo laterale questo tessuto ha forma semilunare e forte spessore.
M. Pudica. Anello id., x
M. Velloziana. In alcune sezioni l'anello di libro duro è ininter-
in altre presenta una piccola soluzione di continuità nella parte
arda la base. Spessore massimo: 5 strati di cellule. Il gruppo
e è lignificato, i laterali no,
M. Sensitiva. Lignificato il libro duro del sia centrale « ‘e’ del
u. Spegazzini. M. Pudica. Aspetto iam a piccolo primato.
| a oani Lon Lea fe Ed baia vare altri or-
=
metà dell’area del tessuto. . /
formando un reticolato. Generalmente le più esili nervature sono for -
| stalli che accompagnano non solo le nervature principali in tutto il loro
percorso, ma anche le più sottili. Si trovano cristalli anche alla base
dei lunghi peli che, nati sull’orlo della foliola, piegano verso l'alto e
M. Sensitiva. Il tessuto occupa un’area molto grande. Nei gruppi
laterali vi sono tre o quattro tubi di Haberlandt. A
M. Denhardtii. Aspetto come nel picciolo primario.
Legno.
M. Spegazzini. Tre dei fasci legnosi generalmente sono molto rav
vicinati e quasi fusi. Il quarto può mancare.
M. Pudica. Fasci molto ravvicinati anche nei piccioli giovani. Nu-
mero medio dei vasi di legno: 26-30. g
M. Velloziana. Poco sviluppato; fasci riuniti in una massa a forma
di C. =
M. Sensitiva. I fasci riuniti formano un anello quasi circolare che |
racchiude un po’ di parenchima interno. I vasi oocupano la maggior De
parte dell’area del tessuto: numero medio: 40-50. AS
M. Denhardtii. Fasci riuniti a semicerchio. I vasi occupano la
c
FOLIOLA E SUE PARTI.
M. Spegazzini. Foliola nel suo complesso.. Trattata coll’ acqua di |
Javelle ed osservata «in toto». Forma allungata; dimensioni medie,
6-8 mm. di lunghezza per 2 1/, di lunghezza. |
: La disposizione delle nervature è la seguente: Una principale rete
tilinea-attraversa la foliola in tutta la sua lunghezza ed è sita nel
mezzo della foliola stessa. Tre secondarie hanno origine nello stesso
punto e s’incurvano verso gli orli; di queste la maggiore finisce prima
della metà della foliola. La CA complessiva delle nervature è
palmata. Da queste ultime nominate é dalla principale partono nerva-
ture sempre più piccole che si intrecciano e si uniscono variamente N
mate da due vasi spirali ravvicinati. Notevole il gran numero di eri
corrono quasi paralleli all'orlo medesimo. La foliola è incontestabilmenta
DOTT. MARIO RONCAGLIOLO
gano più ricco di cristalli. Sulla pagina inferiore nella regione
ina alla sommità si trovano alcuni peli rivolti. parallelamente ai
colla punta verso l’alto ed aventi un ammasso di cristalli alla loro ra-
dice. Oltre a questi che sono pluricellulari, lungo gli orli e su tutta la
pagina inferiore vi sono molti peli unicellulari lineari. L'aspetto delle
due epidermidi è il seguente: Nella epidermide superiore vi sono cel-
; il taglio di apertura
lo stoma è parallelo all’asse maggiore delle cellule annesse e paral-
lelo agli orli della foliola. Gli stomi sono più numerosi nella parte ba-
sale che in quella apicale. Nella pagina inferiore il numero degli stomi
ona alla sommità della foliola e si riuniscono alla principale. Peli
l ricellulari sugli orli formati da molte cellule a parete assai spessa
Gran numero di cristalli nelle nervature; lungo la centrale in ge-
here ve ne sono quatto file. Le due nervature rasentanti l’orlo ne sono
totalmente riempite. Le cellule stomatiche ed annesse hanno lo stesso
etto di quelle osservate nella Spegazzini. La frequenza degli stomi
ìl va diradando verso la sommità della foliola. Molto maggiore
nero degli stomi nella pagina inferiore.
M.Velloziana. Le foliole sono euoriformi con dimensione varia che
10 raggiungere mm. 25 per 15; alcune piccolissime hanno una di-
ione media di ram. 1,!/, per 2. Nervature: Una principale retti-
parte dal picciolo e attraversa la foliola fino alla sommità teneu-
più vicina all’ orlo meno curvo della stessa. Hanno origine dallo
punto altre tre di cui una giunge con decorso obliquo fin verso
metà, le altre più esili si avvicinano presto all’ orlo e lo seguono
breve tratto. Da queste partono nervature più piccole a disposi-
pennata e s’ intrecciano in vario modo. Numerosissimi Sri;
i Jango tutte le nervature, Agli orli peli pluricellulari lunghi con
. Nelle due epidermidi cellule stomatiche e annesse RE
dispo te come nelle altre specie ; pa numerosi gli stomi nella peira
M. Sensitiva. La disposizione delle nervature è molto somigliante
a quella della Velloziana. Vi è un grandissimo numero di cristalli :
; tutte le nervature ne hanno parecchie file compatte e serrate che le
seguono per tutto illoro percorso. Notevole che i cristalli sono soltanto
lungo le nervature, anche le più esili. Un gran numero di peli uni-
cellulari lineari si trova sulle due pagine della foliola: più numerosi
nella inferiore; questi peli sono lunghi sottili, rivolti parallelamente
agli orli della foliola colla punta verso la sommità. Le cellule stoma-
tiche e annesse sono del solito tipo. Sono più numerosi gli stomi presso
la base che in prossimità dell’ apice della foliola: nella pagina supe-
riore la fessura dello stoma è quasi sempre rivolta parallelamente all’orlo
della foliola ; nella pagina inferiore a volte è parallela, a volte orto-
gonale, a volte più o meno inclinata sull’ orl») medesimo. Esaminate
alcune folioline mostrano gli stessi caratteri : il numero degli stomi ap- `
pare relativamente maggiore. i
Della Sensitiva fu esaminato iche il pulvinulo che si trova alla
base di ogni foliola, o pulvino terziario. La forma complessiva è di
un’ elissi abbastanza schiacciata. La epidermide e la corteccia primaria
circondano i tessuti interni formati da due gruppi arrotondati, a con-
tatto. Notevole che il libro duro quì è appena accennato in alcuui
punti. Nel libro tenero vi sono i tubi di Hab, ben visibili sparsi in
tutto lo spessore del tessuto con calibro uguale a quello dei più grandi.
vasi di legno. Il legno è formato da una massa centrale con molti vasi
che occupano la maggior parte dell’ area.
.M. Denhardtii. Forma lineare. Le nervature sono rettilinee paral-
lele fra di loro e parallele agli orli della foliola: quattro principali
esistono sempre; in forme adulte anche una quinta. La principale va
dalla base alla sommità passando per il centro dell’ organo. Due gros-
| se nervature rasentanti gli orli non hanno origine come le altre nel
pieciolo ma sugli orli medesimi : si congiungono all’ apice. La quinta.
nervatura quando esiste ha origine dal picciolo e finisce verso la metà
x della foliola. Da queste non partono, come succedeva nelle altre specie, 5
| nervature gradatamente più esili, ma subito dopo qualche breve tronco
grosso sì giunge alle esilissime formate da due vasi spirali ravvicinati
le quali si intrecciano variamente a maglia. Parecchie file di cristalli
lungo le nervature grandi, non lungo le esilissime, Le cell ule ione
presentano Le Pasti con forti ingrossamenti alternati a ponti sottili,
ı non vista in nessuna delle altre specie, Le cellule annesse hanno
vece gli Stepa caratteri. Stomi molto numerosi : la pagina supe-
Sezione trasversale della foliola
. M. Spegazzini. Lo strato epidermico superiore è formato da cel-
rettangolari colla maggior dimensione nel senso antero-posteriore ;
arete anteriore esterna ha uno spessore doppio delle altre. Nei punti
e coprono le nervature, le cellule. sono più piccole ed a parete più
ssa. Nella epidermide inferiore la parete esterna è un pò meno i-
ssita. Seguono due strati di cellule a palizzata a pareti sottilissime,
an golari, colla dimensione antero posteriore circa quattro volte la
versa, assai rieche di granuli elorofilliani. Quindi un tessuto lasso
arenchima lacunoso formato da cellule a pareti assai sottili, di for-
dimensioni irregolari con spazi intercellulari piuttosto grandi.
o a palizzata e questo ultimo nominato. La nervatura sezionata
nta: Una porzione di libro duro di forma semilunare, aperta co-
emente verso l’alto e una piccola porzione di libro tenero con ge-
Imente tre tubi di Hab. Segue. una piccola massa di legno con
ed attorno ad esso raggruppati molti cristalli. Nello spazio tra il
ibro duro e la epidermide inferiore vi è uno strato di cellule poligo-
a pareti spesse, con caratteri affatto Se dal er ee che ;
va nelle altre parti della foliola. : DI
. Pudica. Le cellule dello strato epidermico superiore: sono più i
ole che le corrispondenti dello strato epidermico inferiore. Il tes-
parenchima spugnoso vi sono grandi lacune notevolmente maggiori
Pella: ini ee mia mortale: en due
di cellule. Il parenchima spugnoso ha spazi intercellulari ma non gra-
di lacune. Corrispondentemente alla nervatura principale il libro duro
forma un anello di spessore vario e interrotto in più punti. Interna-
mente ad esso: Libro tenero con tubi di Hab. molto evidenti e di gran
calibro ; occupano la maggior parte dell’ area del tessuto ; corrisponden-
temente ad una sola nervatura se ne contano age 28. Segue un
abbozzo di legno.
M. Sensitiva. Le epidermidi hanno i soliti caratteri. Due strati di
cellule nel tessuto a palizzata. Il tessuto spugnoso ha le pareti cellulari
più spesse che nelle altre specie; molti cristalli. Corrispondentemente —
alla nervatura principale il libro duro è formato da due semicerchi . È;
separati da un breve tratto, Nel libro tenero i tubi di Hab. hanno un i
calibro quasi doppio di quello dei vasi del legno. Il legno è abbastanza -
abbondante con numerosi vasi. i
M. Denhardtii. Nelle epidermidi la parete esterna delle solita è
molto ispessita e le altre sottilissime, più che in tutte le altre specie.
Due strati di cellule nel tessuto a palizzata di cui il primo è formato
da elementi a dimensioni più grandi con differenza più pronunziata tra
la dimensione antero-posteriore e la trasversa. Seguono due strati di
cellule di eui il primo ha gli elementi di forma rotonda, dimensioni
varie e si trova esattamente ad uguale distanza dalle due epidermidi ;
il secondo a contatto colla epidermide inferiore, possiede cellule di forma
esagonale. Corrispondentemente alla nervatura principale un grosso se-
micerchio di libro duro aperto verso la pagina superiore ; attorno ad
esso molti cristalli.
APPENDICE
COTILEDONI DELLA MIMOSA PUDICA.
Sezione trasversale del gambo
eseguita a varie altezze
Forma ovale. L’epidermide benchè non molto differenziata dal
tessuto interno presenta i soliti caratteri: forma delle cellule qu È
sempre quadrata, parete esterna solo leggermente più spessa delle
tre; non esistono spazii intercellalari e le Simanoni di en elemen ti
sono più grandi di quelle dei corrispondenti elementi dei pulvinuli ter-
| ziarii a cui l'organo nel suo complesso è somigliante. Segue uno strato
di parenchima con elementi a pareti di spessore diverso nei due emi-
sferi benchè la ‘proporzione non raggiunga 1, 2 le cellule sono di va-
. ria dimensione : maggiori quelle nella parte media dell’organo ; spazii
| intercellulari triangolari. Internamente un tessuto a pareti assai spesse
con cellule poliedriche senza spazi intercellulari di aspetto in tutto si-
mile alle fibre di libro duro o di legno. Nessun accenno ad altri tessuti.
Sezione trasversale della foglia cotiledonare a varie altezze
La epidermide superiore è formata da uno strato di cellule ret-
tangolari molto allungate colla parete anteriore esterna spessa circa due
| volte l’ opposta della epidermide inferiore, cellule rettangolari meno al-
lungate, a pareti molto esili. Seguono, partendo dall’alto, due strati di
cellule a palizzata zeppe di clorofilla. Quindi un tessuto a pareti esi-
lissime con pochi granuli elorofilliani nelle cellule, che sono di forma
ovale col diametro maggiore trasverso, di dimensioni varie che vanno
facendosi più piccole verso gli strati inferiori. Sia in questo sia in al-
cuni degli elementi del tessuto a palizzata ogni tanto apparisce una
grossa drusa cristallina formata da molti individui prismatiei colle
punte convergenti in un centro comune: sono essi che nella foglia e-
saminata « in toto » si vedranno sparsi su tutta la superficie con una
certa regolarità.
Foglia nel suo complesso (trattata coll’ acqua di Javelle ed esami-
nata « In toto »). Forma ovale appiattita colla base molto larga. Più
spesse verso la metà della foglia, e mancanti nell’ estremo lembo su-
Periore, risaltano le druse cristalline grandi e piccole. Le nervature
principali sono già accennate; ma quì a differenza di quanto succede
nella foliole delle piante adulte, ì cristalli si trovano sempre fuori del-
le stesse. Le due epidermidi hanno aspetto un pò diverso : nella pa-
osservate nelle foliole adulte ; il numero degli stomi è maggiore verso
' cellule stomatiche sono simili alle accennate; le cellule annesse,
` DOTT. MARIO RONCAGLIOLO = >= = ` 455
Parallele col loro asse maggiore alla fessura dello stoma, possiedono le
gina superiore le cellule stomatiche ed annesse sono simili a quelle
la sommità della foglia in confronto della base. Nella pagina inferiore -
ti con piccole propaggini P int
stessa ; la forma lero è poligonale ‘0 anche” rettangolare,
| vano pareti sinuose. Non esistono queste propaggini verso l’ estremo
~ lembo superiore e nei primi micromillimetri di base.
Genova, Ottobre 1914.
R. Orto Botanico |
BIBLIOGRAFIA
erlandt : Das reizleitende Gewebesystem der Sinnpilanze.
» Sinnesorgane im Pflänzenreich zur Perception mecha ni-
„scher Reize (pag. 79-87 (ed. Lipsia).
ffer : Physiologische Untersuchungen. (pag. 3-68) (Lipsia).
I. Solereder : Systematische Anatomie der Dicotyledonen. Mimosee.
Borzi: P apparato di moto delle Sensitive.
Millardet : Étude sur les mouvements periodiques et paratonigues |
de la Sensitive.
alioni e Muscatello: Sopra un nuovo processo di tecnica istolo-
gica per la colorazione delle serioni in serie e la sua applica-
zione all’ anatomia e fisiologia vegetale con particolare riguardo
gli organi motori (pag. 293-310 studio su « Mimosa > « Pudica
di « Spegazzini >).
wendeuer: Die Gelenhpolster ve von Wna Pudica. Stitr d. pruys.
A. Rad. d. Wisserych. — Berlin 1897 p. 228. ;
| Dott. GIUSEPPE COLOSI |
Contributo alla conoscenza dei Licheni della Sardegna
‘ Durante gli anni 1910 e 1912, trovandomi a Cagliari, ebbi occa-
sione di eseguire numerose escursioni sia nei dintorni di Cagliari, sia
nell’ interno della Sardegna.
Uno dei gruppi di vegetali più degno di studio mi parve quello
dei Licheni, la cui raccolta era stata relativamente poco curata nell’ i-
sola. Di esso infatti mi occupai, e parecchie notizie ho potuto aggiun-
gere a quelle che già si avevano per opera precipua di “aglietto, il più
accurato dei lichenografi dell’ isola.
: Numerose forme nuove per la Sardegna ho raccolto e studiato, cer-
cando di potere stabilire le varietà con la maggior precisione.
Una varietà di Ramalina capitata e una varietà di Parmelia ti-
liacea sono descritte per la prima volta. ;
Le località da cui provengono gli esemplari studiati sono le seguenti:
a) Cagliari e dintorni. Parecchi esemplari sono stati presi entro
P Orto Botanico; due dei quali sopra un fusto di Sophora. Altri furono
raccolti presso il Manicomio di Villa Clara e presso il Monte S. Mi-
chele, altri a Capo S. Elia, altri presso Caputerra e a S. Barbara, qual-
cuno a Sinnai. La raccolta nelle vicinanze di Cagliari non tu però se-
guita con vero criterio di indagine, ma gli esemplari furono presi even-
tualmente durante le passeggiate.
b) Cuglieri; presso la costa occidentale della Sardegna. I dintorni
sono coltivati principalmente ad uliveti. Nella mia dimora di pochi
giorni non mi fu possibile che raccogliere pochissimi esemplari.
e) Isili e dintorni, a sud del Gennargentu, presso il fiume Mannu,
luogo rupestre a circa 600 m. di altitudine, di natura schistosa, assai
ricco di quercie. Assai numerose sono le forme prese in questa localit,
che potei battere lungamente e attentamente. i
d) Tonará, prossima al Gennargentu. I luoghi percorsi, ricchissimi
di sorgenti, variano da 800 a 1000 metri di altitudine, e sono comple-
tamente coperti da folti boschi di castagno; abbondanti pure le quercie È
e i noccioli. Credo che ben poco mi sia sfuggito della flora lichenolo-
| gica del luogo.
e) Buddusò, presso Ozieri. Regione boschiva ricca sopratutto di
reus suber. Le poche forme studiate mi furono comunicate assai
gentilmente dal caro amico, l’ ing. Aldo Satta.
Come si vede, le località da me percorse, eccetto i dintorni di Ca-
liari; non erano state precedentemente esplorate dal punto di vista Ji-
chenografico. E però i miei dati recano un notevole contributo alla
onoscenza della distribuzione geografica dei licheni.
a nomi con cui indico le varie > forme sono in er quelli am-
ne generico.
| Per le sinonimie rimando alle opere abaicha di Nylander, Jatta,
tel, ed anche alla memoria sui licheni sardi di Baglietto.
Il compianto lichenologo Antonio Jatta: ebbe la bontà di rivedere
n parte delle mie diagnosi e talvolta di emendarle.
Al Prof. Baccarini, che mi ha offerto larga ospitalità nell’ Istituto Hi
| diretto, e che mise liberalmente a mia disposizione tutti i mezzi
studio, onde mi fosse possibile ultimare questa nota, vadano i miei
più ati ringraziamenti. i
| Passo indi all’ elenco delle forme raccolte e studiate, le quali pos-
essere consultate nell’ Erbario generale dell’ Orto Botanico di Fi-
e, a cui ne ho fatto dono.
USNEACEAE
`
Usnea
Usnea ceratina Acharius. A sha comune sui ibi di val a
| e specialmente della quercie. Tonara, settembre 1910; Isili, agosto.
e 1 miei iz gni sono tutti sterili. Per la eg si iaia
sterile. È specie diffusa in tutta l isola, ed è stata »trovata fruttifera,
‘ ma scarsamente, ad Orri.
Ramalina
3. Ramalina calycaris Fries. Sparsa in tutta l'isola, ma poco ab-
‘ bondante. Ne posseggo due soli piccoli esemplari, uno proveniente dal
Buddusò (settembre 1912), l’ altro da Tonara (settembre 1910); il primo
ha apoteci con disco bianco pruinoso, il secondo con disco concolore.
4. Ramalina calicaris Fries, var. canaliculata Fries. Un esem-
plare preso in vicinanza di Capo S. Elia, presso Cagliari (giugno 1912).
Simula straordinariamente l’ aspetto di R. cuspidata Acharius.
5. Ramalina farinacea Linneo. Sui tronchi di castagno e di quer-
cia, assai abbondante. Tonara, settembre 1910; Isili, agosto 1912.
6. Ramalina fastigiata Acharius Assai abbondante sui tronchi e
sui rami degli alberi a Cuglieri (agosto 1910), Tonara (settembre 1910);
Isili (settembre 1912).
7. Ramalina fastigiata Acharius, var. exasperata Delise. Sui troni
chi, in compagnia della forma tipica. Isili, settembre 1912. Mai men-
‚zionata per l'isola.
8. Ramalina Requienii De Notaris. Assai rara nell’ isola; trovata
precedentemente una sola volta nel Sulcis. Ne posseggo un campione
preso sopra un ramo di Quercus Suber a Buddusò (settembre 1910).
9. Ramalina fraxinea Acharius var. ampliata Schaerer. Molto abe
bondante nei boschi di Quercus Suber di Buddusò csi wW
Qualche esemplare di Isili (agosto 1912).
10. Ramalina fraxinea Acharius var. luxurians Delise. Un solo
' esemplare di Isili (agosto. 1912). Sopra un tronco. Non segnalata per ja
Sardegna, nè registrata da Jatta.
11. Ramalina fraxinea Acharius var. angulosa Massslongo. Un solo
esemplare di Buddusò (settembre 1910). Devo alla bontà di A. Jatta la
determinazione di questa forma. Essa è alquanto aberrante dalla R.
| fr. angulosa tipica, in quanto il suo tallo è estremamente ramificato. —
12. Ramalina Duriaei De Notaris. Sopra un vecchio tronco abbar
tuto. Caputerra (presso: Cagliari), giugno 1912.
13. Ramalina capitata Nylander var. sardoa n.. var. Tallo sa
alto circa due centimetri, con lacinie compresse, sovente espanse
in lamina; talvolta erette, poco ramificate, terminate in rigonfiamenti
con Bed bianco- PeRnpAl; gi nase, assai variabile; talvolta Deng:
ine ingrossato, elevato; disco un po’ più chiaro del margine, spesso
ruınoso. Spore diritte; dimensioni p.10, 5— 12,5 X 73,5 — 4,5.
suna reazione con idrato potassico.
. Numerosi esemplari sopra una roccia. Isili, agosto 1912.
CETRARIACEAE
Platisma
14. Platisma glaucum Linneo var. coralleideum Waliroth. Un solo
ione di Tonara; sopra un tronco, . (settembre mie), Precedente-
„gonoseiuto per igiene.
CLADONIACEAE
Rocralia
. Roccella piyon Acharius.. Sulle rocce di S. ‚Barbara presso &
i, maggio 1910. ;
oo Pygmaea Norte Sulle» rocce di Carat, presso ;
giugno 1912. Li a
T
-Cladonia
| CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI LICHENI DELLA SARDEGNA
20. Cladonia pungens Acharius, var. nivea Floerke. Assai comune
nelle zolle muscose, negli ericeti. Tonara, settembre 1910; Isili, seo
1912. Varietà non ancora segnalate in Sardegna. È
21. Cladonia ‘pungens Acharius, var. foliosa Floerke. Comune sulle.
zolle muscose. Isili, agosto 1912. Varietà non ancora segnalata in Sar-
degna.
22. Cladonia pyxidata Acharius, var. neglecta Floerke. Comunis- |
sima sui margini umidi delle strade presso Cagliari. Maggio 1912.
23. Cladonia fimbriata Linneo, var. scyphosa Schaerer. Comune
sulle zolle muscose. Isili, agosto 1912. |
24. Cladonia fimbriata Linneo, var. tubaeformis Hoffmann. Comune i
sulle zolle muscose, negli ericeti. Tonara, settembre 1910. Segnalata 3
per la prima volta in Sardegna. N
25. Cladonia fimbriata Linneo, var. a Schreber. Comune |
sulle terre umide, fra i muschi. Tonara, settembre 1910. Già conosciuta |
per Arizzo e il monte Sette fratelli. di
26. Cladonia fimbriata Linneo var. abortiva Floerke. Sulle votle]
muscose, negli ericeti; comune. Tonara, settembre 1910. Segnalata per
la prima volta in Sardegna. ! >
27. Cladonia aleicornis Floerke, assai comune negli ericeti. To- p
nara, settembre 1910; Isili, agosto 1912. =
28. Cladonia endivaefolia Dickson. Assai comune negli ericeti-
Tonara settembre 1910 ; Isili, agosto 1912. | ;
PELTIGERACEAE
Peltigera
29. Peltigera canina Acharius. Sulle zolle muscose, comune. Tonara
settembre 1910. '
30. Peltigera canina Acharius var. leucorrhiza Floerke. ‘Sulle sal
. muscose. Isili, agosto 1912.
31. Peltigera spuria Acharius. Sulle bolle muscose ; abbastanza
comune. Tonara, agosto 1910. a
32. Peltigera polydactyla Acharius. Sulle zolle muscose ; abl
stanza comune. Isili, agosto 1612. €
rediata Delise. Sulle zolle. museose, non comune.
sili, agosto 1912. Questa forma è segnalata per la PERA volta non
olo in rn ma anche in Italia.
STICTACEAE
Lobaria
34. Lobaria pulmonacea Acharius. Sui tronchi di quercia e di 3
castagno, non troppo comune. Tonara, settembre 1910.
; kobarina
35. Tobartia serobiculata De Candolle. Sui tronchi
ber. Baddusò, ‘agosto . 1910.
| Ricasolia | p
=
| ‘36. Ricasolia glomulifera Leighton. Rara; sui EN di Quercia. “=
Tonara, s settembre 1910.. S |
UMBILICARIACEAE
$ redini
87; Umbilicaria pastulata Hoffmann. Abbastanza comune. sull
PARMELIACEAE
Parmelia
40. Parmelia perlata Acharius. Abbastanza comune sui grossi
tronchi, Isili, agosto 1912. Col nome di P. perlata furono indicati da
Moris degli esemplari che Baglietto ascrisse a P. perforata Acharius.
Se veramente tali esemplari sono di P. perforzta, il che richiederebbe
conferma, la P. perlata sarebbe da me indicata per la prima volta
per la Sardegna.
41. Parmelia tiliacea Acharius. Comune sui tronchi degli alberi.
Tonara, settembre 1910. Isili, agosto 1912.
42. Parmelia tiliacea Acharius var. scortea Acharius. Abbastanza |
comune sui tronchi. Tonara, settembre 1910. La $
43. Parmelia tiliacea. Acharius var. alba n. var. Il tallo è infe- .
riormente biancastro in tutta la sua estensione, anzichè nero o scuro,
e possiede scarse rizine anch’ esse bianche. Nessuna reazione fra il mi-
dollo e l’ idrato potassico. Abbastanza comune sui One x castagno
dr Tonara. Settembre 1910,
44. Parmelia caperata De Candolle. Un solo esemplare sopra un
tronco di ulivo. Cuglieri, luglio 1910. | |
45. Parmelia conspersa De Candolle. POR, comune sulle
rocce e sui sassi. Tonara, settembre 1910. Isili agosto 1912.
È 46.. Parmelia conspersa De Candolle, var. isidiata Anzi. Insieme
con la forma tipica a Tonara. Settembre 1910.
47. Parmelia sawatilis Linneo. Estremamente comune sui sassi e
sui tronchi. Tonara, settembre 1910. Isili, agosto 1912. i do,
48. Parmelia acetabulum Duby. Comune sui tronchi di castagno.
Tonara, settembre 1910. i
49. Parmelia exasperata Acharius. Coinne sui tronchi di casta-
gno. Tonara, settembre 1910. a
> 50. Parmelia prolixa Kohariné var, PE Schaerer. Comune a
sulle rucee schistose di Tonara. Settembre 1910. i sn
51. Parmelia vaga Adani: Sui ‘tronchi di quania; 3 non n
tici È rara. Tonara, settembre 1910. La varietà labrosa è se-
jalata per la prima volta.
PHYSCIACEAE
Anaptychia
7 È 53. Anaptychia ciliaris Acharius. Assai comune sui tronchi. To-
a ‘a, settembre 1910, Isili, agosto 1912.
54, Anuptychia aquila Nahata: Sopra un tronco. Non comune.
nnai, giugno 1911.
i: Anapiychia subaquila Nylander. Sopra un tronco di quercia ai
rgono. Settembre 1913, Nuova per la eig
Physcia
| Physcia stellari) anliaziui var. aipolia Acharius. Comunissima
chi i ita Tonara, settembre 1912.
do Acharige var. leptalea Acharius. Conun iis
caesia Acharius. Comune sui tronchi degl alberi Isi-
venuata Kokain, Gili sui ronchi. Tonara, set-
pulverulenta Schreber. a li ma non troppo
Sn Agomo, 1912. IR ;
Xanthoria
LECANORACEAE
a | Leproloma
64. Leproloma lanuginosum Acharius. Abbondantissimo sulle zolle
d umide, terroso calcaree. Cagliari, maggio 1912.
via agg | x 4
` zolle dersohk, comune. Isili, agosto 1912. Sabre per la en, volt:
- per la aa
ne mila zolle terrose- argillose. April nin
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Placodium
68. Placodium saxicola Pollich, var. diffractum Acharius. Sak
schisti, molto abbondante. Tonara, settembre 1910.
69. Placodium canescens Acharius. Sui sassi e sulle rocce, | ab
bondante. Isili, agosto 1912.
Le canora
70. Lesers subfusca Acharius. var. rugosa Nylander. Sui ti
chi. Isili, agosto 1912. Questa varietà non era stata trovata nell isola
T1. Lecanora subfusca Acharius var. allophana Acharius. Sul
corteccia di vari alberi, non troppo comune. nei, settembre 191
. Riscontrata per la prima volta.
72. Lecanora subfusca Acharius var. dii Acharius.
corteccia di Ficus carica. Tonara, settembre 1910.
| T3. Lecanora sordida Persoon. Abbondante sulle roece schist
Tonara, settembre 1910. Era. conosciuta soltanto per Caputerra.
T Lecanora apia Hoffmann var. | tumaidula esi
sce lkiie. Tonara, settembre 1910. fi var. fumidula non abita
esclusivamente le rocce calcaree.
‚ Aspicilia
ER REP
PD go i) et
15. Aspicilia cinerea Acharius var. trachitica Massalongo. Abbon- |
te sulle rocce schistose. Tonara, settembre 1910. Ss
|
Ochrolechia
6 Ochrolechia tartarea Acharius var. arborea arrapar. Tronchi a
EE Dekpoleinie parella Kali. Rocce schistose. Tonara, settem-
1910. Rocce e tronchi ; Isili, agosto 1912.
Sarcogyne
18. Sarcogyne simplex Davies. Sulle rocce schistose. Tonara, set.
embre 1910, Questa forma è ora segnalata per la prima volta per la
Sardegna; in Italia è limitata a pochissimi luoghi: rupi granitiche
delle Alpi Sondriesi e Retiche, della Liguria, della Toscana e della Cor-
forma tipica); sassi oolitiei di M. Baldo nel Veronese (var. deci-
; arenarie presso Treniniaco nel Veronese (var. strepsodina).
Caloplaca.
sr P iier, abbonda Tonara, P S 1910.
81. Caloplaca citrina Acharius. Zolle een SE molto ;
ee, giugno 1912.
a RER athrocarpa Duby. Sopra « un ‘tronco di Sophora japonica
| nell’ Yro botanico di E maggio de
un
Dirina
83. Dirina ceratoniae Acharius. Sui tronchi di Ceratonia siliqua.
Cagliari, maggio 1912.
Pertusaria
84. Pertusaria amara Acharius. Sui tronchi d’ albero. Comune. |.
Cagliari, giugno 1912.
85. Pertusaria communis De Candelle. Molto abbondante nei tronchi
degli alberi. Tonara, settembre 1910. Isili, agosto 1912.
86. Pertusaria variolosa Koerber. Sui tronchi degli q non
troppo comune. Isili, agosto 1912.
| 87. Pertusaria multipuncta Turner. Abbastanza comune sui tronoh
` di castagne. Tonara, settembre 1910. Era conosciuta solo per il monte
Sette Fratelli. |
5 Acarospora
88. Acarospora smaragdula Koerber. Sulle rocce schistose di Isili;
comune. Agosto 1912.
89. Acarospora glaucocarpa Koerber. Sulle rocce schistose di Isili;
comune. Agosto 1912. Non registrata nel catalog» di Baglietto.
f
Urceolaria
90. Urceolaria deeliata Villars. Sulle rocce schistose, abbastan +
- comune, Isili, agosto 1912. |
91. Urceolaria soroposa. Acharius. Salle rocce e sulla terra, c0-
mune. Tsili, so 1912.
a vegetali er di fing go. Tsili, agosto 1912.
LEOIDEACEAR
98. Psora DOTE TRO var. dealbata Massalongo. Ge nol
sui i margini terrosi e ig delle MA Ta N maggio I 192.
Lecidea
94. Lecidea (Lecidella) enteroleuca Acharius, var. melaleuca Koer-
A Sui tronchi di castagno, abbondante. Tonara, settembre 1910, Questa
varietà non è segnalata da Baglietto.
99. Lecidea (Lecidella) elabens Fries, var.? proxima Anzi. Abba-
za comune sui tronchi di castagno. Tonara, settembre 1910. La
ecie era conosciuta solo per le selve alpine della Lombardia e del
'e neto.
96. Lecidea contigua Floerke var. convexa T. Fries. Comune sulle
ce. Isili, agosto 1912.
97. Lecidea platycarpa Acharius. Abbondante sulle rocce schistose,
mara, settembre 1910.
98. Lecidea platycarpa Acharius var. trullisata Arnold. Sulle rocce
aree, abbondante. Cagliari, giugno 1910. La varietà trullisata non
Mpare nell’ elenco di Baglietto.
99. Lecidea platycarpoides ue Non troppo comune ; ; sulle
sece schistose. Isili, agosto 1912. E lichene esclusivamente a pre-
dentemente noto per le rupi granitoidi di Pula e di Saroce.
100. Lecidea en Acharius. Comune sulle rocce schistose.
101. Lecidea Saeta Floerke. Sulle rocce schistose, comune. To-
embre 1910.
agosto
7 a per la prima VE in Sardegna.
03. Lecidea immersa Koerber. Lecanora tithofraga (Massalongo)
Sulle rocce schistose di Isili. suv 1912. Non contenuta nello
neo di Baglietto.
Thalloedema
- Diploia
05. Diploicea aa Di et ui ET RR TU Ai Sophora dell’Orto
di Cagliari. Giugno 1912. ;
Buellia
106. Buellia badio-atra Schaerer. Comune sulle rocce schisto
Tonara, settembre 1910, ;
Rhizocarpon
107. Rhizocarpon TERE Acharius. Abbondante sulle roca
schistose. Tonara, settembre 1910.
108. Rhizocarpon geographium SE var. contiguum T. Fries
Abbondantissimo sulle rocce schistose. Tonara, settembre 1912.
GRAPHIDACEAE
Melaspilea
109.
cie degli alberi. Cagliari, BR 1912
VERRUCARIACEAE
Cyrlidula
110,
graphoides, sulle corteceie degli alberi. Cagliari, giugno 1912. La
terminazione è di Jatta, ma data peraltro con qualche dubbio. Era p
cedentemente conosciuta in pochissimi luoghi, e precisamente sui p
giovani rami di quercia della provincia di Pavia, al m. Rosa e in
tellina. az $
Arthopyrenia
111. Arthopyrenia analepta Acharius var. lentisci Baglietto. So i
un tronco di Sophora nel R. Orto Botanico di Cagliari. Mee
5 agiva con Lecania rocon, m
U fara caldi here n i
delle strade. Cagliari, ma gg u » Baglitt. argint terroso-
COLLEMACEAE
Koerberia
113. Koerberia biformis Massalongo. Rara. Sopra un tronco di
quercia. Buddusò, settembre 1910. Questa interessante specie era cono-
i pe i italia solani nella provincia di Ser ove la si rin-
Collema
Malpighia - Vol. XXVIII.
Tav. AL
ı - Vol. XXVIII.
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>. Lavori originali; 5 0° RR
Faar BUS E GIUSEPPE Muscareı1o — Sn ar e sulle Ro
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RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
PROF. ORD: pI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
ANNO XXVIU — PASC. XI-XII y
è
MARCELLO MALPIGHI
1627-1694. >
STAB. TIP. € LA SICILIANA » CIURCA & STRANO
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La MALPIGHIA si pubblica: ogni bimestre, in fascicoli di 6 fogli di stampa Aero
appie in fascicoli Spp orfodi as il Sg ae tavo DE
7 _ Pannata.
L’intiero volume suoni: 66 fogli in so con, circa 20 tavole) sarà messo in vendita
al prezzo di L. 30.
Non saranno venduti fascicoli separati.
li autori saranno corrisposte 100 copie è estratte dal seat 15 giorni dopo
1a Bubble del fascicolo. Qualora fosse: da loro richiesto un maggior numero di
esemplari, le copie in. più verranno pagate in in ragione di L. 10 al foglio (di 16 pag
per 100 copie. Quanto alle tavole ua ‘occorrerà soltanto rimborsare le spese
di carta e di tiratura.
u, Le associazioni si ricevono presso it Br. L Buscazioni in Catania e presso le
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RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA
REDATTA DAL
DOTT. L. BUSCALIONI
PROF. ORD. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
ANNO XXVIII — VOL. XXVIII-XX1X
MARCELLO MALPIGHI
1627-1694.
CATANIA
STAB. TIP. « LA SICILIANA » CIURCA & STRANO
1920
Proff. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO -
Studio monografico sulle Specie americane del Gen. “Saurauia,, Wild,
(continuazione)
| rescenza pauciflora, con calice glabro. È affine, si può dire, solo per le
ascelle dei nervi fogliari barbate.
Nella S. Zeucocarpa, dalle ascelle dei nervi fogliari barbate, tro-
_ viamo un fusto cosparso all’ apice di pulvinuli setulosi, un picciuolo
subglabro, un lembo glabro, un calice pure glabro. La presenza di pul-
| vinuli più o meno scarsi sulle foglie e sull’ infiorescenza ci permette
| subito di separare dalla nostra la S. smithiana, la S. floccifera, la 8.
> pulchra, le quali poi abitano regioni lontane dal Messico: da ultimo
il lembo pressochè glabro della 8. laevigata © della S. Yasicae vale 5
"distinguere. queste due specie.
Non mi soffermo a parlare degli prata rapporti colla 8. apec-
tabilis Tr. e PI., colla S. Rusbyi e colla $. strigillosa, non essendo questi
.tipi messicani e avendo troppo scarsi caratteri comuni, entre poi di-
fettano di ian alle ascelle dei nervi fogliari.
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
Caratteri differenziali
. Saurauia
|pseudoleucocarpa Buse.
S. pseudopedunculata
Buse
Caratteri comuni
Apice. del fusto dis
nervature 16-20,
Rariss tota
3° mu alla pagina
superio
Den inferiore col-
le ascelle dei nervi non
barbate.
| Infiorescenza a
duncolo e rami basali
poco setoso-mucronati.
Fiori iaa, a calice
pulverulento all’ester-
no, 0 sibelaioi sera
linternamente, cigliato
al margine.
Stami 20
pe- sa di
Apice del fusto co-
perto di tubercoli ros-
sicci e di poche Er
E
È
ressate.
Lembo fogliare a
vato, sottile, rossiccio,
brev
ac
punta
Margine serrato.
Nervi 15-16.
Puglia superiore ab-
bondantemente tuber-
colata EN rossi).
Ascelle dei nervi
barbate. a
Infiorescenza eospar-
tozzi
‘Fiori discreti. Sepali
tubercolati all’esterno.
Stami 25.
to . Messico
Colombia
screto, setu
gl
lembo
la
multiflor
Sepali “gb alla su
al mar
Brattee lineari.
.
Piceiuolo Boa o di-| z
embo pea ottuso) |
la ses
Pagina . inferiore del n
setuloso tuberco-|
Pa hnocchia sviluppata A
perfcie interna, eigliati i
gine.
Ovario a stili obsoleti
sg: | PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPTE MUSCATELLO 475
Caratteri differenziali
Caratteri comuni
S. pseudopittieri Busc. S. pseudopedunculata
i : Buse
| Apice del fusto pul-| Apice del fusto dis| Lembo discretamente]
verulento, con qualchejseminato ‘di tubercoli; sviluppato, acuto ante:
in Era con .qualche|riormente (non sempre nel-|
Fato Banh S a- S. pseudopittieri).
| Picciuolo lungo, pul Fasto rossiccio, Infiorescenza grande e
|verulento-mucronato. | Piceiuolo ee a fiori disereti.
| Margine fogliare in-|tuloso tubercolato.
| SI o finamente den-| Margine one ser-
'ieolato rato.
Pagina superiore del
D
=
bercolata altrove.
[scelle dei nervi secon-
i.dari barbate.
Base fogliare ottusa.
= ber
| |lento-cenerognola, tu-|colata, setulosa.
reolata. Calic
Calice pulverulento|sulle parti scoperte nel!
P e fuori, ae a. del resto glabro.|
scoperte nel boc Messico
si sosta Rica
z ‘ La riduzione delle sete allo stato di “bei e la patria non ci
ermettono di confondere la nostra specie colla S. ewcelsa var. zantho-
z triche ‚del Sud America, la quale ha poi foglie e infiorescenze o
ndi, i, fiori con calici pulverulenti dentro e fuori e infine Prona :
non barbati alle ascelle.
#76. | STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, -
Caratteri differenziali |
Caratteri comuni
S. pseudopeduncolata ;
S. scabra HBK. Bu
Apice del fusto co | Apice del fusto co-| Picciuolo lungo 3 em.,
sparso di sete appres-|perto di sete e di mu- setuloso tubercolato.
' isate. eroni sanguigni. Lembo sottile, acuto al 3
‘| Lembo fogliare gran-| Lembo fogliare di l'apice, a base ottusa.
de assai, ovale. screto, cuneiforme. Pagina superiore ros-
Margine fogliare mu-| Margine serrato, se- siccia, sparsa di mucroni |
eronulato-setoso, ta-|toso, i isetuliformi e di tubercoli, È
lora serrula Pagina inferiore se- scabra
abra.
Pagina inferiore ab-|tuloso-tubereolata, sen | Nervi distanziati, obli-
bondantemente setu |za peli stellati. ; |QuI. gp.
loso-tubercolata ed i | Nervi secondari cir-| Infiorescenza setuloso-
noltre disseminata dica 15, colle ascelle bar-|tubercolata.
tubercoli stellati. ate.. a
Nervi 15-24, non bar-| Infiorescenza meno
bati alle ascelle. grande: brattee più pie n
Infiorescenza moltoleole, pedicelli più corti. 2 del
ampia e lunga, a pe-| Calice tubercolato ;
dicelli lunghi 1 em.Inelle parti scoperte nel |
e brattee lunghe 8-25|boccio, del resto glabro.
em. lineari. essico
li pulverulenti| |
fuori e dentro, tuber
colati sulle pareti sco
perte nel boccio.
. America
La S. brachybotrys tipica differisce pei seguenti caratteri: le sete. :
all’ apice del fusto sono spesso più lunghe, il pieeiuolo è pulverulento
setoso, il lembo acuto alla base, il margine mucronato, la pagina infe- =
riore porta dei peli stellati, i nervi secondari molto più numerosi onon &
barbati, l’infiorescenza pulverulenta, setulosa, gialliccia, infine i fiori grandi )
e subsessili, con molti stami, a calice pulverulento anche all’ interne, —
La var. Scabra della S. brachybotrys differisce pressochè per gli
stessi caratteri che valgono a distinguere la Scabra HBK. i
Finalmente la 8. scabrida Hemsl.
| msl. differisce per le sete squami- |
formi del fusto che & gialliccio, pel picciuolo setuloso pulverulento, pel
il lembo ovale, per P l
infiorescenza pauciflora, a peduncolo pulverulento,
HE
PROFF., LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO È > AA
pei fiori a calice pulverulento su tutta la faccia esterna. Le affinità
sono molte ed infatti in entrambe troviamo un piceinolo di discrete
dimensioni e brevemente setoso, un lembo cartaceo, acuto all’apice, un
po’ arrotondato alla base, un margine serrato, setoso e una pagina su-
periore rossiccia, scabra, setosa, tubercolata, una pagina inferiore pure
cogli stessi caratteri ancor più accentuati (per di più però pulverulenta
nella 8. scabrida !), le ascelle dei nervi barbate (per quanto nella 8,
scabrida i peli siano tipicamente stellati !), i nervi secondarii circa 15,
distanziati come distanziati sono quelli di 3° ordine, un’ infiorescenza
sviluppata, a rami furfuracei, a brattee minute, i calici glabri interna-
mente, tubercolati all’ esterno salle paa penpe nel boceio, infine gli
DER brevi,
k
$ $
la 8. pseudopeduncolata presenta una fisonomia che ricorda la
— Pedurcolata Hook, e per ciò appunto ha avuto tale denominazione, ma
più che di caratteri di parentela comune trattasi, forse, di convergenza di
| caratteri. La vera affinità. della nostra specie deve invece ricercarsi
| colla S. aspera Turez. di cui non sarebbe che una forma a tricomi
2 meno sviluppati, Essa abita la stessa regione, ed al pari di questa . ha
‚na colorazione rossiccia particolare che | giammai riscontriamo nella $.
Non si può CEE come carattere di affinità con questa le ascelle.
dei nervi barbate, essendo noto che tale carattere è pure reperibile nella
>v aspera Turez. Potrebbe l’ affinità estendersi anche alla 8. Pittieri?
la “= la distribuzione, la colorazione dei tubercoli pene ad
.
i Sa come risulta dalla tabella, appaiono ne più problematiche per
Maito la 8 scabrida Hemsl. vanti non pochi caratteri comuni colla
Pe,
Saurania leucophylla Ch. et Schl.
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE poco.
Sauravia kegeliana Schlecht. Bot. Zeit. 1853.
Saurauiu setosa Mart. et Gal. (in Schedula).
Ramulis petiolis peduneulisque pubescentio setosis, foliis obovato-
lanceolatis acuminatis, basi attenuatis mucronatis serratis utriuque (sub
lente) punctato scabris, subtus ad axillas nervorum dense barbato la-
natis, calycibus glabriusculis. Xalapa. Messico Galeotti. I
Frutex ramis vetustioribus glabris. Folia tactu et sub ioni i pune- >
| tis minutis elevatis scabrida. Panicula sublonga pedunculata corym- iù
bosa. Calycis sepala subrotunda, ciliata, dorso glabriuscula. Stamina nu-
merosa ad basim petalorum subpolyadelphia. Filamenta basi paullulum
latiora, hirsuta. Antherae lineares versatiles loculi superne poro dehi-
scentes. Ovarium glabrum 5 loculare loculis ad angulos interiores p 3
riovulatis. Styli 5 subtorti (Hook .Icon. et). i x
Esemplari studiati. E
Es. N. 3088 della Collez. Galeotti; provenienti dalla Cordillera di
Vera Cruz (Oaxaca) dove furono raccolti a 8000! sul livello del mare. —
Erb. d. Stato, Bruxelles, Erb. di Kew sub nom. S. leucocarpa Schlecht:
(secondo Hemsley) = S. barbigera Hook, 2
2 Es. 3088 stato raccolto lungo i torrenti di Jalapa (altezza 1000) e A
formante parte della Collez. di Galeotti. Erb. di Kew. Lipsia, Bruxelles, 3
Parigi, Vienna, Pietroburgo (Ace. Sci), Delessert (sub nom. 8. setosa. A
Mart. (?) e S. leucocarpa Schlecht).
2
s
. Es, N. 399, del Botteri, stato raccolto in Aprile a Orizaba, Erb. di |
Kensington.
Es. N. 8201 stati raccolti da S. C. Pringle, il 19 Maggio 1899, 1 sa
burroni boscosi presso Jalapa (stato di Vera Cruz) a circa 4000' d
tezza. Erb. di Vienna, Dellessert, Parigi, Berlino, Pietroburgo, Mens
Washington.
Es. N. 83 stato raccolto dal Sartorius (Aprile 1856) a Mirador
. (Vera Cruz) ad una altezza di circa 12000. p. Erb. d. Mus. Palak äi
Vienna. |
~. Es. N. 9201 (?) dell’Unit. Stat. Nation. Herb. (Smithson. Inst.
Washington), stato raccolto a Gialappa il 15 Maggio.
Es. N. 652 dello stabilimento botanico di Linden a Luxemburgo,
stato raccolto da Linden (aprile 1838) a Jalapa (4000’ di altezza).
E
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 479
Es. 999 del Botteri, stato raccolto a Orizaba. Erbarii di Kew e di
Parigi, |
Es. dall’ Hahn, stato ee nel 1866 a ER Es. dall’ Erb.
di Kew.
Piccolo. albero (Es. 8201) dai rami, coperti spesso di muschi eli-
cheni, glabri, cilindrici, striati, cenerognoli o bruni. Apice dei rami
‚pulverulento setulosi o setulosi: sete appressate, ferruginee fulve, allo
i stato giovane, poi E corte (1 mil.), dilatate alla base (ma non
; sempre), caduche.
Foglie giovani rossiccie, protette da analogo rivestimento assai com-
| patto: barbate però, in corrispondenza delle ascelle dei nervi secon-
| dari con peli bianchini, distintamente setulose sulle nervature.
Cicatrici fogliari piccole, ovali, brune con centro chiaro, un pò
| rilevate dal lato inferiore e sormontate da gomme minute, setulose,
fulve,
-~ Piceiuolo fino, lungo 1-3 cm. circa, bruno, parcamente setuloso è e
talora anche pulverulento: setule lurghe 1 mil. 0 più psp
poco distinte ad occhio nudo, appressate.
~ Lembo cartaceo subcoriaceo, ma più di frequenti sottile, berle od
obovato, più di, rado lanceolato e stretto (Es. -di Hahn) lungo da
õa 13 cm. largo da 2 a 4 cm. (13X3, 2 nello Es. di Hahn) rosso bruno 0
verdiecio scuro alla‘ p''gina superiore che é un pò scabra, gialliccio bru-
no, 0 verde chiaro all’inferiore che è liscia, o persino lucida, poco o punto
7 scobra, Base del lembo cuneato-acuta, di rado ottusa talora, um pò
decorrente, spesso poi disuguale; apice acuto, qualche volta terminato
in punta breve o discreta (0,5 1 cm. di lungh): margine serru-
lato in tutta Y” estensione, oppure denticolato integro alla base, ser-
rulato, o serrato, od anche grossolanamente duplicato -serrato dal
mezzo in sù. run e denti mucronato- setulosi, (mueroni ur. o
i Pa agina superiore glabra, ad eccezione della costa che porta dei
ucroni setuliformi lunghi 0,3 mm. appressati, presenti pure.
spesso, sebbene più brevi e scarsissimi, ‘sulle nervature di. se-
ordine
.
Parenchima d'aspetto oseuramente granuloso alla ‚late um
P, agina inferiore portante delle rare setule appressate, inse o5
hi ;
Si
: =
Sir
n:
s
ret. ua ere re
ai &
ata ANN
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
mm., sulla costa e dei rari mucroni setuliformi (visibili alla lente)
sulle nervature secondarie.
Le ascelle dei nervi secondari sono barbate fortemente (Es. 652
Es. 3088), o parcamente (Es. 399), od anco infine imberbi. In qualche
caso la barbatura, costituita per lo più da peli bianchicci, o stellati —
(Es. 8201) è più o meno diffusa (Es. di Hahn).
Il parenchima è glabro e punteggiato, fatta eccezione per l Es.
N. 83 in cui è anche setuloso come i nervi. Nervi secondari circa
8 14, obliqui o curvi, distanziati gli uni dagli altri, poco marcati 50-
pra, fini sotto, subdicotomi e anastomotici al margine. Nervature: di
3° ordine risolventisi in reticolo stretto assieme a quelle di 4° ordi
ne, pur rimanendo da queste distinte come cordoni distanziati fra
loro, perpendicolari, all’origine, ai nervi secondari. Nervi. minori di
color gialliecio o rossiccio.
Infiorescenza terminale o laterale, piramidale, subcorimbosa, sw-
beguale alla foglia, lunga da 3 a 9 cm. larga da 3 a 6 cm. pauci- |
flora, più o meno setuloso - pulverulenta, ferruginea. Peduncolo fino,
‘bruno, spesso parcamente setuloso (alla lente), lungo circa 2-5 cm,
Rami obliqui, brevi (1-3 cm.), bruni, tripartiti. Pedicelli lunghi 6-10
mm. e più, al pari dei rami pulverulenti e minùtamente setulosi (se
tule lunghe da 03 a 05 mm.), talora bratteolati verso il mezzo (Es.
3088), anzichè alla base; con bratteole lunghe 6 mm.
Brattee lineari, lunghe, da 2 a 8 mm. larghe 1 mm., alla lente
setulose,
Fiori in antesi tra Aprile-Maggio (Es. 652) di color roseo (Es
652), gialliccio o bianchiccio (Es. 9201, Es. 652), del diametro di g
(Es. 8201) 10-12-15-18 mm. Calice bianchiccio (Es. 920), glabro sulle
faccie, cigliolato al margine. Sepali ovali, lanceolati, ottusi, od acuti —
(gli esterni) per lo più diseguali, lunghi da 4-6 mm. Corolla '/;-'ls
più lunga del calice, a petali ottusi, ovali o subrettangolari, talora smar-
ginati. Stami circa 15 (Es. 8201), 25, 30, subeguali al calice o più
lunghi, ad antere giallo rossiccie o gialle brune, brevi bifide, colle te-
‚che portanti un poro apicale. Filamento alquanto dilatato alla base
che è barbata con peli rossicci. Ovario talora mancante (Es. 8201), =
a ser ridottissimi (Es. 83), 0 viceversa sormontato da stili brevi, 0
lunghi (Es. 652), filiformi, con stimma puntiforme.
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO > 481.
i Fra gli esemplari di uno stesso numero alcuni sono brevistili, altri
longistiti, come si verifica in quelli portanti il N. 652. (Es. di Kew
brevistilo). E evidente adunque la tendenza all’ unisessualitä.
a
1 I, Forma Veranii,
3 Es. studiato.
p N. 3088 di Galeotti, stato raccolto nei torrenti di Jalapa. Questo
LI
| esemplare è conformato come gli altri portanti lo stesso numero
provenienti dalle stesse collezioni, ma presenta le brattee basali fo-
| gliacee, a lembo ovale lungo 5 mm. largo 4 mm. di color verdiccio,
setulose sui nervi e sul miglio Il picciuolo delle stesse è lungo
_3 mm.
Carctteri differenziali e di affinità.
Col gruppo della Oreophilae, ma più lien colla 8. Pisa
e colla 8. oreophila le affinità si riducono, si può aferno, alle bar-
batute delle ascelle. Infatti nella S. Pringlei il lembo è più grande,
d’ aspetto setoso pulverulento, rivestito abbondantemente sopra e sotto
di sete ed inoltre di peli stellati, reperibili però solo alla pagina infe -
riore. I nervi poi sono più numerosi, i calici pulverulenti per peli stellati
sulla faccia esterna, ma limitatamente all’ inserzione sul pedicello. Quasi
gli stessi caratteri si hanno nella 8. oreophila, la quale poi ha un mar-
gine poco o punto serrato.
La,S. pauciserrata Hemsl. del Guatemala! presenta come caratteri
differenziali: caule molto rugoso, coll’ apice meno setuloso; foglie gio-
Vani alquanto meno ricche di setule; pieeiuolo subglabro; pagina su-
More ed inferiore più decisamente glabre, mentre poi la seconda è
x lo più imberbe all’ ascella dei nervi secondari; infiorescenza più
breve delle foglie, sparse di rari peli stellati: fiori più grandi e più
brevemente pedicellati. Molti sono i caratteri comuni ed io ricorderò;
il pieeiuolo sottile e non molto lungo; il lembo sottile, verdiccio, piut-
Lia ee. poco largo, acuto o terminato in punta, a base n a |
‘secondarie poco numerose: -gaia di terz'ordine formanti un fino
l’intiorescenza pauciflora, a peduncolo e rami fini; le brattee |
logliacee, o lineari, poco sviluppati: i calici cigliolati al mar-
e e gli stami circa 25: l’ ovario a stito obsoleti.
.
mo o STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
Caratteri differenziali
Caratteri comuni
S. intermedia Bank “S. barbigera Hook.
Cieatriei fogliari pia-| Cicatrici fogliari ri- du giallicio dpi
neggianti. levate dal lato inferiore |a cicatrici fogliari piccole.
Caule all'apice eo | Apice del caule co | Foglie giovani rossiecie,)
perto da setule e dalsparso di sete. barbate alle er dei
euseinetti pulverulenti. Foglie giovani dis- nervi secondar l
Foglie giovani. ‚setü-|seminate di s etule. Lembo Liegi sotto ej
lose e per r di più pre) Piceiuolo rs: oldi color rossiecio casta |
sentanti dei pelı stellati.|breve, setuloso, od anco|gno, o verdiceio, non molto
Picciuolo molto lungo, pulverulento. È grande, acuto agli estremi.
subglabro, o con rari] Margine fogliare ser-| Margine mucronato se:
mueroni pulverulenti. anca tuloso. due >;
Margine del lembo] Nervi alla pagina - Fagina superiore sub-|
fogliare, integro alla superiore. parcamente|glabra. ci
base, denticolato ser-|setulosi. Infiorescenza pauciflora,
rulato all’apice. Ascelle dei nervi bar-|pulverulento - setulosa,
Qualche - mucrone bate. pe scr sottile, a rami
barbato lungo i nervi] Pagina inferiore se |bre
della pagina superiore.|tulosa mucronata sui Bralte lunghe 4- 5 mm.
Ascelle dei nervi fo |nervi.
gliari barbate con pelil Infioreseenza sube «Maggio del calice ci
N stellati. guale alla foglia, setu-|gliato. È
di. en inferiore sub-{loso-pulverulenta. Petali !/, più. creo
=: glabra, o con qualche| Fiori piccoli, o di |dei sepali. LE
mucrone sul nervi sereti. Stami 25 e
Infiorescenza più bre| Calice glabro, ad ec-| Ovario a suli “capitati
ve della foglia, con mu-cezione del margine.
croni circondati da pelil . Messico
stellati. x i
Fiori grandi 2 em.; | ane
sepali cosparsi al-
r
D
+
©
»
+
®©
o,
camente pulverulenta. |
uatemala |
cs La var. granulosa della si intermedia si avvicina di più all
barbigera perchè ha un rivestimento più decisamente setuloso, ma pi
| senta sempre le caratteristiche peculiari del calice.
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO
; Colla S. laevigata Tr. e PI. le affinità sono poche, innanzi tutto he
questa specie è prôpria delle regioni Sud americane, ma poi perchè la
struttura è differente: il fusto infatti porta all’ apice dei minuti pulvi-
nuli, presenti pure sulle foglie giovani: il picciuolo è più lungo ed al
pari del caule parcamente cosparso di cuscinetti: il lembo è assai più
| grande, crenulato (talora però serrato), glabro; i nervi fogliari hanno
le ascelle imberbi; l’ infiorescenza è glabra, o con qualche ae
infine i calici sono pulverulenti tubercolati all’ esterno.
Caratteri differenziali
S. Yasicae Loesen.
S. barbigera Hook.
Caratteri comuni
LI
Apice del fusto co-
o con qualche cu-
Apice del fusto ve-
stito Hai sete appressate,
‘dilatate alla base
Lo stesso rivesti
mento sulle foglie gio-
vani che hanno le a-
scelle barbate.
Pieciuolo breve o di-
secreto, setuloso pulve-
ulento.
Lembo ovale, stretto,
però non molto grande.
Pagina superiore con
in
ma secondari poco
5
Fiori. AT o subglabri
salvo al margine del calice
che
è cigliato.
uper mucroni setuliformi sui
Pagina inferiore gla-|nervi.
granulare sui! Pagina inferiore seto A
sa sulla costa e sui
Ascello dei nervi im-|nervi.
Ascelle dei nervi
Reticolo allungato barbate.
13° ordine.| Ner 3° ordine| `
n grande, [formanti un reticolo
enta, o sparsa|stretto
allungate li.
Costa Rica
neari, ;
Messico
Binties minute, li-
STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
Caratteri differenziali
Caratteri comuni
S. leucocarpa Schlecht.| S. barbigera Hook. a
Lembo rossiccio bru-| Lembo di preferenza] Apice del caule co
no sopra, gialliecio sot-|verdiccio, ovale, ovato-|sparso di sete dilatate]
to, obovato cuneiforme.|lanceolato più distinta-|alla base e un po pulve ;
Pagina superiore ta |mente setoso sulle ner-|rulento. i
lora del tutto glabra,|vature maggiori e sullal Picciuolo sottile, lungo]
. © |l’inferiore con qualche|costa, in specie dall 2 cm. subglabro, o par |:
rara seta, visibile alla lato inferiore. camente setuloso.
lente, sulla costa e qual ‘Nervi secondari 8|. Lembo lungo 13 emj —
che raro mucrone suijcirca, per lo più bar (largo 5cm., serrato verso i
nervi maggio bati alle ascelle. l’apice, con serrature mu)
Nervi 15, non nni Infiorescenza sube |eronate.
barbati alle ascelle. guale alla foglia, setu | Base fogliare acuta, a-|
Pannocchia più lun. losa pulverulenta. pice del soa terminato|
‘|ga della foglia, o più xa ie spesso in pun y
reve di questa, a rami Nervi Lenga sottili,
eg ‚distanti, dieotomi, obliqui.
Infiorescenza pauciflora.
` Brattee minute.
Fiore a calice glabro.
essico
La var. stenophylla della S. leucocarpa condivide le caratteristiche
DE di questa, ad eccezione del lembo più stretto e lungo e della sostitu-
. zione delle sete ai pulvinuli, per cui non occorre passarla in rassegna:
non avendo, fra l’altro, le ascelle dei nervi barbate e presentando i mar- —
gini fogliari serrulati la varietà anisopoda differisce ancor di più dalla
S. barbigera, senza contare poi la presenza di sete sul calice: la var.
angustifolia presenta, come, carattere essenzialmente differenziale, le
brattee lungo il peduncolo ed una setosità più marcata; infine la var.
Willdemanii corrisponde alla Barbige,a pei seguenti caratteri: il fusto
porta delle piccole cicatrici fogliari a centro chiaro e presentasi all’a-
pice disseminato di sete appressate e corte: il picciuolo è pure setoso
e talora anche pulverulento: il lembo ovale-lanceolato, acuto agli estremi
e talora anche terminato in punta; le nervature alla pagina superiore Ed
ed inferiore sono setulose, mentre poi le ascelle dei nervi secondari!
‘sono barbate ed i margini spesso serrati doppiamente; l’ infiorescenza
PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 485
setulosa pulverulenta, con brattee minute: i fiori per lo più glabri con
25 stami. A questi caratteri di evidente affinità possiamo contrapporre
i seguenti che valgono a separare le due forme: nella var. Willdemanii
il caule è rugoso reticolo; il picciuolo è diseretamente robusto; il lembo
cartaceo o subcoriaceo, talora ottuso alla base: i nervi piuttosto numerosi
(11-18): la pagina superiore per lo più rossiceia, l’ inferiore gialliceia;
entrambe sono scabre ed orlate da un margine piuttosto denticolato
LI
serrulato: la infiorescenza è spesso più breve delle foglie e porta dei
pedicelli piuttosto brevi.
La S. Maxoni D. Sm. presenta fusto e sionit glabri, lembo più
grande, coriaceo, glabro, col margine appena denticolato e i nervi di
terz’ ordine disposti in lasso reticolo, infine ha l’infiorescenza quasi del
tutto glabra, i fiori grandi, con 30 stami.
Colla S. smithiana le affinità sono anche scarse ‘poichè questa ha
l'apice del caule cosparso solo di pulvinuli, il pieeiuolo lungo e provvisto
| di qualche cuscinetto e seta, il lembo fogliare più grande, talora lanceolato,
ma talora anche ovale, crenulato o serrulato, quasi glabro superiormente,
del tutto glabro inferiormente, l infiorescenza relativamente grande, co-
Sparsa di pulvinuli alla base, di pulverulenza diffusa mista a poche se-
tule sui rami, i fiori infine piccoli, con 4 sepali. Essa poi abita altre
| legioni,
La s. Zahbruckneri differisce per le cicatrici fogliari sporgenti,
‘operto di placche suberose e di pulvinuli, per il lembo grande, coriaceo,
- er» ovale, a base ottusa, integro od oscuramente serrulato, pei molti
Nervi (che però al pari da quelli della S. barbigera, sono barbati alle
sulla superficie esterna.
Nella S. strigillosa Tr. e Pl. del Sud america ! troviamo un caule
tolte fortemente setuloso all’ apice, un pieeiuolo robusto, ricco di sete
i ng he, un lembo grande, coriaceo, a pagina superiore del tutto glabra,
le nervature non barbate alle ascelle, i calici setulosi sino al-
l'esterno e pulverulenti all’ interno.
Nella S. Leoi Buse. di Popayan le foglie sono idr, grandi, un po’
RE
molto Vistosi, con numerosi stami e coi calici sonia La 8. floccife-
pei rami cosparsi all’ apice di mueroni pulverulenti, per il picciuolo robusto,
ascelle), pei fiori sessili, a calice polverone tubercolato reni i
denticolate con molti nervi non barbati alle ascelle, i fori
Li
E
K;
i
w
o
;
ne
no
486 STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC.
2 FR,
dei nervi secondari, dalla risoluzione in reticolo delle nervature di 4° ordin
ra Tr. e PI. presenta pulvinuli e sete all’ apice del ‘caule e sul robusto
picciuolo; ha il lembo grande, cosparso parcamente di pulvinuli bianchi
che spiccano col fondo rosso e presenta molti nervi: ‘oltre a ciò in
questa specie l’infiorescenza è è«pure coperta di pulvinuli e i fiori infine
sono pulverulenti sulle due faccie del calice. Quasi gli stessi caratteri
si hanno nella S. pulchra Sprague dai fiori grandi N,
Nella S. parviflora Tr. e PI. del Sud america troviamo i seguenti
caratteri differenziali; fusto coperto all’apice con pulverulenza associata
a qualche tubercolo; pieeiuolo disseminato di tubercoli minutissimi e di
pochi cuscinetti pulverulenti: lembo grande, subcoriaceo, denticolato, &
pagina superiore scabra per minutissimi mueroni sparsi ovunque, a pa- 2
gina inferiore disseminata di pulvinuli commisti a pochi maeroni e peli
stellati; infiorescenza pure vestita di pulvinuli e portante dei fiori pie» =
colissimi. ee
' Per quanto riguarda "i 8. peduncolata abbiamo, trattando di que- )
sta, rilevato le differenze e le analogie colla nostra specie: qui aggiun:
geremo che l affine S. reticoluta Rose differisce pei rami ruvidamente 2
setulosi, per i lembi reticolati alla pagina superiore, pei sepali pulveru- È.
‘lenti e per altri caratteri di minor momento. |
Una specie che per la forma della foglia rassomiglia-alla S. bar-
bigera è la. S. briqueti del Perù. Essa però differisce, a primo aspetto A
per esser del tutto glabra e per avere i fiori ‚molto piccoli.
$
* *
I differenti esemplari della 8. barbigera raccolti negli Erbari eu |
ropei ed americani presentano tutti quanti una fisonomia comune emer-
gente dall'aspetto del caule, dalla sottigliezza dei pieeiuoli brevi e se
tulosi, dalla particolare punteggiatura delle lamine -fogliari (che inoltre
sono ovunque ovate lanceolate e per lo più sottili, liscie, di non
dimensioni, barbate alle ascelle dei nervi secondari), dallo scarso numero — ;
Pon fregi APESS
FE che a ERS En Te Ln et
dalla poco accentuata setulosità dell’infiorescenza pauciflora e breve, dal
calice glabro sulle faccie, cigliato al margine, dallo scarso numero di
stami e dell’ovario spesso assente o sormontato da stili variamente lunghi.
Però accanto a tanta uniformità fondamentale di struttura vediamo
parire non poche variazioni. Innanzi tutto le foglie s sono variamente
| grandi e vanno soggette a notevoli differenze nel numero delle nervature se-
| condarie; queste poi sono talora quasi glabre alle ascelle, o viceversa molto
barbate; il margine si presenta in alcuni esemplari grossolanamente ser-
Tato in altre poco: la setulosità infine si modifica grandemente a se-
a degli esemplari, essendo in aleuni di questi assoeiata più o meno
pulverulenza, in altri presentandosi invece pressochè pura. Lo stesso
dirsi per la punteggiatura del lembo. Perciò si comprende come
uni autori, fra cui l Hemsley, si siano trovati nel dubbio allorchè si
di determinare certi esemplari un po’ ab-rranti della nostra specie.
Uno studio comparativo della 8. barbigera nei rapporti con altre
, del Messico e delle altre regioni propinque centro americane, fog-.
più o meno sullo stesso stampo mi ha dimostrato che la S. barbi-
‘a, se è ben distinta dalle altre forme ‘allorchè presenta . accentuati
i caratteri specifici, trapassa a queste per mezzo di non DOO 0
di passaggio dai caratteri più o meno evanescenti.
e principali affinità si hanno colla S. Zeucocarpa e colla 8. pau-
ta, ed infatti non pochi autori non hanno esitato a fondere Puna
tra di queste due specie colla 8. barbigera.. E’ evidente però che se
uniscono tutte e tre le forme in una unica specie bisogna ammettere
barbigera un polimorfismo addirittura eccessivo che mal si accorda.
colla fissità delle caratteristiche peculiari -di non pochi esemplari. Lo
dicasi, per quando in più debole misura, se si fonde la 8. barbigera
ate colla 8, leucocarpa, o soltanto colla S. pauciserrata. Sono
Nto di avviso che queste tre forme siano abbastanza ben distinte, per.
derivate I’ una dall’ altra; ma per attenerci a questo concetto che
Si Usto, perchè basato sull’ esame di moltissimi esemplari, devesi di
non dare eccessiva importanza alle forme aberranti che sem-
stabilire la concatenazione delle varie forme fra loro.- In con-
la S. peduncolate, la 8. barbigera, la 8. panoiserrata rappre- |
TO, prese assieme, una specie collettiva, mentre le singole-
Te daro le relative specie elementari. Ed io farò rilevare che È.
© della S. barbigera alla S. leucocarpa è dato stalle: forme
gera che l’ Hahn raccolse a Gialoppa. i
to meno intime e meno tangibili sono le affinità logas
.
asicae, per quanto questa sia i DEUNA FRASE, colla |
488 STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO.
S. leucocarpa. La ragione di ciò va ricercata, più di tutto, nella diffe-
` rente stazione.
La presenza nella S. barbigera di un calice glabra, di un lembo
fortemente serrato e poco setoso, di nervature secondarie barbate all’a-
scella, farebbe nascere il sospetto che la S. barbigera non sia altro
che la S. serrata del D. C. Questo però è da escludersi, poichè gli
esemplari stati studiati» dal celebre sistematico sono quelli della Ss.
peduncolata, che però PA. a causa dello scarso materiale avuto a dispo-
sposizione e per amore di brevità, ha edo BIER incompletamente
e succintamente.
51) Sauraia Waldheimia. Buse. n. sp. Tav. XVIII.
Esemplare studiato. N
Es. N. 389 dell’Erb. di Berlino alato raccolto da E. Rotschuch a
Maragua, nel Dipartimento di Matagalpa (Canadà IRA le fo: =
reste da pioggia, a circa 1000 m. sul mare.
Ramuli et petioli minute setuloso - pulverulenti. Lamina obovata
apiculata, aut àcuta, basi acuta margine serrulata. Nervi secundari 11-12
esigui subdicotomi. Pagina inferiore juxta costam et nerva majora
setulosa, parenchimate parce setulifero, Pagina inferior praeter costam |
et nerva majores setosi pilii albicontibus stellati obtecta, xillis nervo-
rum barbigeris.
Inflorescentia foliam subaequas paniculata setis et pilis stellatis |
parce ornata, braeteis lanceolatis linearibus. Flores albidi longe pedi-
cellati, calyce.externe setuloso, margine eiliolato, caeterum glabro. ad
rolla calycem superans. Stamina 25. Ovarium stylis longibus auctum.
Frutice di 2 m. circa di altezza a fusto cilindrico ramoso minu-
tamente setuloso, pulverulento (sete lunghe 0,5-1 mm. un po dila-
tate e pulverulente alla base, appressate ferruginee). Cicatrici fo-
gliari rotonde, piccole sormontate da una gemma minuta setulosa e fer- i
ruginea. Apice del fusto, dei rami e delle foglie giovanissime ferrugineo
chiaro per lo stesso rivestimento delle parti adulte. ;
Picciuolo breve (8-1,5 mm.) sottile, ferrugineo. fulvo per sete sot- i
tili, appressate, appena distinguibili ad occhio, lunghe 1 mm., miste
a un po di pulverulenza (pelli stellati °)
(continua)
Nuove osservazioni sulle cellule artificiali
NOTA pet Pror. Lurer BUSCALIONI
‚La figura I Tav. I presenta un tessuto cellulare in cui i nuclei
grossi, di color gialliccio (ben inteso nel preparato), omogenei, sono, forse,
ja gran parte formati da cromato di argento e eautchouch (oltre il col-
lodio). A ridosso dei nuclei si nota un accumulo di argento ridotto e gra-
nuloso, reticolare, che però nella fotografia non venne a dovere riprodotto.
Il circostante protoplasma è incoloro, o povero di precipitati, mentre le
membrane, fortemente ispessite e presentanti distinte più o meno la
lamella mediana e gli strati secondari, appaiono di nuovo colorate in
giallo bruno per mescolanza di argento ridotto a cromato di questo me-
tallo. Frequenti sono gli spazi intercellulari agli angoli delle cellule e
frequenti pure le divisioni cellulari, ma atipiche ed incomplete, forse
fatto che l’essiccamento della pellicola fu troppo rapido.
- Quasi analogo comportamento offre la fig. 5 Tav. III in cui l’alone
attorno al nucleo e assai più manitesto e più nettamente delimitato,
In questi ed altri preparati numerosissimi che si presentarono al-
| l'osservazione il precipitato perinueleare, che talora però occupa il posto
del nucleo quando questo è mancante (il quale caso non va confuso
con quello in eui il precipitato maschera quasi completamente il nucleo),
oltre al presentarsi granulare, come avviene di norma, lascia anche ri-
noscere di esser costituito in parte da bastoncini, taluni simili a chiodi,
în parte da filamenti ramosi, di color nero marcatissimo. Spesso poi vi
| Una struttura reticolare, grossolana, più o meno manifesta, nel qual
reticolo può esser dato tanto dalla fusione dei granuli, baston-
filamenti, quanto da una particolare attitudine del reticolo pla-
°, in cui stanno immersi i sopra indicati corpi, ad assumere, in vi-
za del nucleo, una colorazione nera coi sali d’argento. Però quando
a questo fenomeno la tinta non. è mai tanto carica quanto
assunta dai precipitati di argento racchiusi nelle maglie plasmi-
La colorazione nericcia del reticolo va sfumando più o- meno ra-
ate a misura che ci allontaniamo dal nucleo, per cui il proto-
' periferico della cellula, sebbene a sua volta reticolato, si presenta
0 tutt’al più contiene nelle sue maglie soltanto qualche raro gra- i
“argento. Fa eccezione tuttavia il simulacro di ectoplasma essendo
| NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
questo frequentemente sede di un’intensa precipitazione di argento che
poi invade con speciale predilezione la membrana cellulare, forse per la
. presenza. ivi, del cloruro di cobalto.
| Nella figura 4 Tav. I le grandi cellule sono delimitate da finissima
membrana nericeia: il plasma periferico è incoloro, o povero di granuli,
| quello centrale, invece, attorniante il nucleo, o a questo sostituentesi, è
tutto quanto costituito da un reticolo intricatissimo colorato in nero,
Nella fotografia la struttura reticolare, a causa dello spessore dell’am-
masso, è poco chiara, ma ciò non di meno in alcune cellule essa è an-
cora indicata da una fine punteggiatura bianchiccia del corpo centrale.
; Nel preparato invece la costituzione sopra descritta è molto evidente.
Risulta dai fatti esposti che provocando nelle cellule artificiali al
collodio la formazione di cloruro di argento e determinando di poi la
riduzione di questo, e fors’anco di altri composti non ben noti dello
stesso metallo, mercè il metodo fotografico si ottengono precipitati neri
quasi sempre aceantonati attorno al centro delle cellule, in vicinanza
del nucleo, i quali poi possono rivestire differenti forme. Talora trattasi
di granuli inclusi nelle maglie dei reticoli plasmici; altre volte sono ba-
stoneini uniformi o capocchiati; in non pochi casi i precipitati assumono
l’aspetto di filamenti diritti, curvi, ramosi più o meno tozzi: infine si
possono ottenere anche dei reticoli, o per fusione di filamenti, baston-
cini (fig. 2 Tav. I) e granuli, o per una più o meno marcata impre-
gnazione diffusa nerastra della porzione perinucleare dei reticoli pla-
smici. I reticoli così formati sono grossolani, irregolarissimi e spesso mal
delimitati alla periferia.
Noi possiamo quindi coneludere che nelle nostre cellule artificiali
l'argento ridotto, o qualche composto, pure colorato in nero, di questo
corpo tende ad accumularsi in determinati distretti della cellula, per
lo più attorno al nucleo. I costituenti degli ammassi in questione pre
sentano più o meno chiare quelle caratteristiche che da tutti gli isto
logici vennero designate come proprie dei mitocondri, degli apparati ero-
| midiali, ergastoplasmici e persino reticolari. i
Nel nostro caso si può parlare anche spesso di un reticolo esterno,
essendo . pure frequentemente l’ectoplasma sede di agglomerazioni d’ar- - -
gento ridotto, variamente conformate. Molte volte poi anche le membrane
cellulari assumono la colorazione nera.
PROF. LUIGI | BUSCALIONI
Ta presenza nel centro delle cellule, e fors’ anco in altri teritori
“di queste, di alcune sostanze (cautchouch, cloruro di cobalto ece.) può
chiarirei la singolare predilezione per i sali d’argento a ridursi, o ad
accantonarsi, precipitando, in determinati punti degli elementi cellulari
— artificiali. Intanto al lettore non potrà sfuggire la singolare analogia,
| per quanto riguarda la localizzazione dell’ argento e la costituzione del
precipitato, tra quello che si verifica nei miei preparati di cellule arti-
ficiali, le quali se sono di natura colloidale hanno tuttavia una costi -
tuzione indubbiamente molto semplice, e quanto avviene in natura le
cui cellule, o protoplasmi, rappresentano dei colloidi molto più com-
- plessi. Malgrado la differente costituzione in entrambi troviamo infatti
granuli, condriosomi, mitocondri e reticoli di argento ridotto sia a ri-
| dosso del nucleo che alla periferie delle cellule (reticoli esterni di na
tura condriosomica della sig. Prof. Rina Monti). {1)
Le presenti ricerche erano già state ultimate quando mi venne
sk lag di investigare se per avventura nelle mie cellule artificiali po-
(1) Sarebbe il caso di affrontare qui }” intricata e discussa quistione della rea-
zione intravitale di Loew e Bokorny stata recentemente trattata dal Pollacci,
ma poichè essa esorbita alquanto dal nostro EINEN mi Asien ad alcuni
cenni,
ha reazione in questione non sarebbe vitale, ma ige alla presenza di
teosomi, grazie all’attitud ne di questi a combinarsi col tannino, colle aldeidi
altri corpi (V. Wisseling, Pollacci, Pfeffer).
- Siffatti corpi proteosomici hanno poi la proprietà di coagularsi con gli acidi,
Alizzandosi di poi V. Ksapeck, Henneguy). Secondo alcuni non si formere
0 che colla morte della cellula (Pfeffer), oppure comparirebbero e scompuri-
'minano sono le ricerche di Pighini il quale trovò che elementi nervosi —
Spappalati quando vengono trattati col metodo di Golgi mostrano una struttura
a ‘e sebbene non sia più questione di cellule, trattandosi sol più di corpi
oidi allo stato di emulsione. È vero però she LEIRA ricerche dro un
Usse, ma questo non toglie che il tenomeno
di z% dolla vita.
+.
tutti i casi abbiamo a fare con sostanze BERT che rr
di Ag, come avviene nelle cellule &olgiane. È
NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CHLLULE ARTFICIALI
tesse effettuarsi la riduzione dell’ argento senza ricorrere alla preventiva
proceduto all’ allestimento di cellule assai più semplici delle precedenti
nella loro costituzione chimica. In un tubetto mescolavo, colle debite
cautele, collodio, cautehouch sciolto nel benzolo, sudan III, nitrato di
argento sciolto in alcool ed etere, olio di ricino, balsamo di canadà
sciolto pure in benzol, cui soggiungevo talora un po’ d’acido eromico.
Restavano così eliminati il sublimato, il cloridrato di chinino e il elo-
ruro di cobalto.
Distese le pellicole sul vetrino portaoggetti ed alitato sopra le
stesse per accelerare, tra l altro, l’ evaporazione dell’ etere ed alcool col
relativo essiccamento del preparato, passavo’ questo nell’ idrochinone,
| dopo essermi accertato, coll’esame al microscopio, che le cellule (per
lo più in forma di grandi otricoli delimitati da pareti, reticolati, con
| maglie più strette al centro, ma senza una netta figura coniare eransi
formate.
E ilfbelibone per lo più determinava soltanto un debole annerimento,
o meglio imbrunimento di talune regioni della pellicola che sottoposta al-
l'osservazione microscopica faceva riconoscere come nel centro delle cellule
e alla periferia di queste o non si fosse formato ammasso di sorta d’ar-
gento ridotto, o il medesimo si presentasse oltremodo scarso. Ad ogni modo
| era ovvio che il nitrato d’argento, forse aggiunto in quantità troppo scarsa
per dar una netta reazione, si localizzava nei soliti posti, o ivi si riduceva.
Allora variai alquanto lo esperimento facendo passare alternativamente
per due o tre volte i preparati nell’idrochinone e in una soluzione acquosa
stillata, dopo ogni passaggio.
Con questo sistema ottenni delle splendide preparazioni. Nelle grosse
cellule di cui consta ordinariamente il preparato la membrana appare
abbondantemente impregnata ‘di precipitato Tav. III fig. 1 e 2): il nucleo,
che ora risalta come un grosso corpo centrale finamente reticolare, si
| mostra di color grigio omogeneo; a ridosso di esso si hanno imponenti
trasformazione del nitrato di questo metallo in cloruro. All’ uopo io ho ,
‘ammassi in forma di reticoli, briglie, semilune, filamenti ramosi di ar- ` :
gento ridotto, i i quali indubbiamente rappresentano, in scala maggiore.
e più tren, i reticoli golgiani: finalmente il protoplasma periferi-
al 5 °/, di nitrato di argento, previo rapidissimo lavaggio i in cala di-
PROF. LUIGI BUSCALIONI ` i 498 n
co, reticolare o granuloso, spesso vacuolizzato, mostrasi . poverissimo, o
del tutto privo di precipitati neri.
| Poichè le fotografie riportate non danno che raramente la vera
struttura cellulare, ho disegnato alla camera lucida e colla massima
fedeltà compatibile col disegno alcune cellule nelle quali il reticolo
| golgiano. perinucleare, nonchè l’ impregnazione d’ argento. helle pareti
cellulari erano molto evidenti.
=- . La fig. I° (nel testo) riprodotta da siffatto disegno mostra chiaramente i
da ITA, è . . .
muclei circondati da una parete nera e parzialmente ricoperta dai ret-
i biagi
+
Nu
tico, mentre il protoplasma è povero di depositi di argento. Le pareti
. cellulari brune mostrano distintissimi taluni strati di spessimento neris"
| simi, irregolari, spesso interrotti, fiancheggianti, da un lato e dell’altro
delle cellule, la lamella mediana pure fortemente impregnata di depositi
di argento.
RD ai n E
Fig. I Oc. 2, Ob. 5 Reichert.
ubo d. microscopio ‘chiuso.
Disegno al piano del tavolo.
I nuclei sono ricoperti dal
reticolo golgiano che quà e là
emerge dai bordi nucleari: le
pareti cellulari mostrano taluni
stinta separa il nucleo dal ci-
toplasma: infine la lamella me-
diana è quasi ovunque ben di-
3 x A j
st nta. re
Nucleo.
Reticolo golgiano.,
Parete. —
Come ultima prova ho esperimentato con soluzioni di collodio .
ve di cautchouch, di cloraro di cobalto, di cloridrato di chinino e di.
limato, ma senz’ ottenere la ridùzione dell'argento localiazata. ur i
perimenti al riguardo però sono ancor troppo poco Dea, Liga a
Possa escludere, in modo tassativo, che sia necessaria la. attua
a delle formazioni in questione, sia per
sostanze, sia. per. Ja compars n fa
ntanto un fi
nere la loro speciale localizzazione. Degno di nota è 1
-
494 NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
sul quale voglio quì incidentalmente insistere. Se si fa rapidamente es-
siccare la pellicola, preparata col cloridrato di chinino e col sublimato,
ma con difetto, o mancanza di olio di ricino e di balsamo del Canadì
si forma prontamente una membrana chiara di cristalli di sublimato e
di sale di chinino, la quale all'esame microscopico appare costituita da
finissime arborescenze cristalline. Esportate le stesse con adatti solventi
la struttura cristallina, dendritica non scompare perchè resta improntata
nella pellicola di collodio. Fatti analoghi vennero segnalati dal Leduc
Ho pure cercato di riprodurre l ossalato di calcio nelle cellule
è sotto le sue varie forme, ma il tentativo non sortì che un risultato
molto limitato, Impregnando, all’uop?, le pellicole di collodio con cloruro
di calcio, o viceversa con ossalato di potassa (Puno e l’altro sciolti nel
l alcool coll’ etere) e aggiungendo, come al solito, cautehouch, Sudan III
olio di Ricino e Balsamo di Canadà, poscia passando le pellicole nello
ossalato di potassa, o viceversa nel cloruro di calcio, ottenni solo quà
e là qualche cristallo piccolo di ossalato calcico nelle cellule. Per lo
più si hanno dei preparati quanto mai strani e singolari pel fatto che
per l’azione del cloruro di calcio sull’ ossalato di potassa nel mezzo
colloidale si formano dei tubetti ramosi, o circonvoluti, grigiastri, gra-
nulosi che ricordano singolarmente i miceli di alcuni funghi e in specie
quelli della mucorinee. Sono miceli non tramezzati, a decorso tortuoso .
che camminano di cellula in cellula strisciando lungo le membrane che
poi attraversando in un punto qualsiasi, oppure percorrendo l’asse cel-,
Iulare, variamente ripiegandosi la dove incontrano un’ ostacolo. Per lo
più il micelio nasce da un corpo bruno, tondo, granuloso che ha tutto 3
H
- l’aspetto di una spora in germinazione. (1) Io non insisto su queste
singolari produzioni poichè, a quanto pare, entrerebbero nella categoria
dei « giuochetti di laboratorio », malgrado la grande loro rassomi-
glianza coi veri miceli: solo osservo che anche il Leduc ha ottenuto’
nel suol esperimenti col cloruro di calce delle formazioni tubulose.
(1) Analoghe strutture vennero segnalate, ad essinpio, dal Quinke nei num
rosi suoi esperimenti sulla tensione RR e sulle membrane di precipita-
zione.
en x
g
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Ray 20€ È AE Rt
Ey
Pe
PROF. LUIGI BUSUALIONI | | ` 495
| Esposti così ì principali iakat ottenuti nella fania delle
cellale e dei costituenti di queste ci resta a dire poche parole sulla pro-
Ben» dei tessuti che pure ha luogo nelle pellicole di collodio.
*
* *
In taluni preparati lo strato periferico risulta costituito da cellule 2
molto più grandi delle altre, simili perciò, sotto non pochi rispetto, alle —
cellule epidermiche ed epiteliali che, come si sa, differiscono quasi
mpre per forma, grandezza e contenuto da quelle del sottostante pa-
tenchima (fig: 5 e 6 Tav. I).
- Molte volte poi siffatte cellule epitaligli, che per lo più si mostrano
elegantemente disposte in un’ unica fila. regolare, hanno una parete
esterna ispessita, omogenea o stratificata, per cui danno l’ idea di un
x tpidermide sormontata da una ei cuticola. Il contenuto seilulape
A cellule del parenchima sottostante sono pressochè tutte eguali ;
ta loro, tipicamente nucleate, vacuolizzate, con membrane intimamente
Unite o lascianti degli spazi intercellulari. Molte volte però le cellule
periferiche, sottostanti pertanto immediatamente alle epidermiche, sono
sx piccole delle altre e più intimamente fra loro unite, come appare
dalla fotografia (fig. 5 Tav. II).
Splendidi preparati ho pure ottenuto di tessuto ebllonchimatoso con
caratteristici. ispessimenti delle membrane in eorrispoudenza del punto
tro di tre o più cellule. Gli ispessimenti appaiono nettamente di-
omogenei, o perforati nel centro. Quando gli stessi sono molto
allora Capita spesso che diventino alquanto rugosi per contra-
3 della massa collodiale (fig. 5 Tav. Il) La rassomiglianza con
to ha luogo nei collenchimi genuini si rende ancor più manifesta
lorano gli ispessimenti coll’ argento ridotto a mezzo del metodo
fico, ed infatti non poche cellule collenchimatose, contraddistinte ;
ti ispessiti. fortemente colorati in nero, caddero ‘sotto la mia os-
le nei miei studi di preparati sottoposti al metodo fotografico
in evidenza i mitocondri e i reticoli endocellulari.
‘selerenchimi sono stati più di una volta ottenuti, come appare
|
=
2
496 . NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
manifesto dalla fig. I Tav. I, le cui cellule hanno pareti notevolmente
| ispessite. Disgraziatamente però la fotografia riproduce solo in qualche
punto più o mero fedelmente il preparato che io conservo e nel quale
si può nettamente rilevare la presenza di una sottile lamella mediana cui
si addossano da un lato e dall’altro gli strati interni a costituzione gros-
solanamente granulosa. Gli strati in questione colorati in nero da un sale
d’argento, o da argento ridotto, poichè il preparato era stato trattato col
metodo fotografico, sono separati gli uni dagli altri da larghe bende più
© chiare, o gialliecio-brune, -costituite pure da granuli, ma assai più fini
di quelli che formano le lamelle interne. Non credo di esagerare affer-
mando che la riproduzione di una parete cellulare robusta a strati al-
ternativamente chiari ed oscuri, o diversamente costituiti, è stata in |
siffatta guisa con singolare esattezza riprodotta anche nei più minuti parti-
colari, assieme al plasma, al nucleo e agli altri corpi che essa circoserive.
i L’annesso disegno, eseguito colla camera lucida di Oberhauser, —
ie riproduce, per quanto è possibile esattamente, la struttura di una delle
cellule sclerenchimatose del preparato illustrato colla fig. 1 Tav. I, la
quale però non venne compresa nella figura riportata. e
si
f
Fig. II. Ob. 5 Oc. 2 miero- |
scopio Reichert. (Tubo chiuso)
Disegno al piano de: tavolo.
Lamella interna.
Lamella mediana,
;
zate, quali si riscontrano nel dominio dei fasci vascolari delle pis
piani.
PROF. LUIGI BUSCALIONI |
irni, terminati per lo più a becco di flauto ar due estremi, incastrati gli
uni negli altri mercè le faċcie oblique terminali. Essi sono più o meno lun-
ghi, tanto che in breve spazio del preparatò se ne incontrano di quelli
lunghissimi accanto ad altri ridotti a poche cellule elementari sovrapposte
Le pareti ‚che delimitano siffatti elementi fusiformi sono molto i ispes
site come è il caso per le g@nuine fibre tramezzate, o: concamerate. Per
converso le pareti trasversali che circoscrivono le piecole cellule qua-
pr o quelle triangolari (cellule apicali), da cui risultano formate
le fibrocellule, sono piuttosto sottili, come appunto avviene di norma.
I nuelei stanno al centro delle cellule, ma non ovunque sono ben
distinti, almeno nel preparato da cui ho tratto la fotografia.
La rassomiglianza colle genuine fibrocellule tramezzate è veramente
è impressionante.
Tutti questi tessuti furono da me ottenuti, al pari di quelli che
| verrò ben tosto illustrando, con le soluzioni di collodio al benzol addi- -
| zionate dei seguenti reattivi: acido eromico, cloruro di cobalto, sudan
x» III, cautehouch sciolto nel benzol, olio di ricino, balsamo del Canada
` pure sciolto in benzol. In qualche preparato, come ad esempio in quello
E scelto per riprodurre in microfotografia le fibrocellule, si. era inoltre
aggiunto sublimato corrosivo e cloridrato di chinino poichè lo stesso
Er Povera servire per la riproduzione dei reticoli di Golgi.
In non poche preparazioni ho ottenuto dello combinazioni istologi -
| che alquanto più complesse.
Così ad esempio la fig. 3 Tav. I rappresenta un tessuto simile a
| quello corticale di un fusto, in cui all’esterno si incontrano delle cel-
lule in attiva segmentazione tangenziale simulanti perciò un fellogeno,
3) per lo meno uno strato suberoso: al-di sotto compajono parecchi piani
di cellule di parenchima più o meno intimamente unite in tessuto com- |
patto, il quale a sua volta sormonta un altro strato di cellule pure pa-
tenchimatose, ma delimitanti dei lunghi spazi intercellulari: a questo
tessuto fa seguito, più profondamente ancora, un ee o
io, seguito infine da nuovo parenchima,
- Annovererà, da piso, come eoniforinato quasi analogamente, il
S
sche. le figure riproducono ea en, per difetto dell’ ap
= -
NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI ; 2
parato fotografico, i risultati ottenuti’ che all’ esame microscopico dei
preparati appaiono molto più persuasivi.
Ho insistito alquanto sulla produzione di tessuti artificiali perchè mi
è noto che il Bertrand ha pure cercato di riportare alla così detta « Lois
des surfaces libres » (V. Bull. d. 1. Soc. Bot. d. Franc., XXXI, 1884) le
modalità con cui si dividono le cellule nei tessuti lesi, mentre del pari
a condizioni. fisico-meccaniche si ispirarono Sachs, Errera, Plateau,
Meusbrugghe, Quinke ed altri per spiegare la formazione delle pareti
cellulari, in ispecie in base ai fenomeni di tensione superficiale. -
Conciuiio ni
Le ricerche di molti autori sulle cellule e sugli organismi uni-o pluri-
cellulari artificiali hanno .portato alla conclusione che molte strutture e
non pochi processi fisiologici propri delle cellule vive si possano in
quelli riprodurre.
Pur tenendo in debito conto che molto si è esagerato per effetto dell” en-
tusiasmo degli esperimentatori (V. Reinke), possiamo tuttavia ritenere
come assodate le seguenti scoperte nel campo della citologia artificiale:
a) La membrana coi suoi strati e cogli ispessimenti (Traube, Quinke,
Reinke, Damann, Leone), il protoplasma reticolare e vacuotizzato,
le comunicazioni plasmiche, il nucleo coi nucleoli e coi cristalli in-
clusi, rivestito assai spesso da membrana, come pure il reticolo nucleare
sono stati riscontrati nelle cellule artificiali (Ledue, De Candolle, Her-
. rera, Buscalioni ed altri). Talora si rinvennero persino i centrosomi colle
loro radiazioni (Fischer ed altri). Di molti costituenti cellulari si ot-
tenne infine la colorazione (Buscalioni, Herrera). =
Si è adunque riprodotta quasi tutta la.complessa struttura cellulare,
a riguardo della quale noi ci soffermeremo qui a discutere soltanto
quanto ha relazione colle fibrille cinoplasmiche, a cagione delle impor-
‘tanti conclusioni che il Fischer ne ha tratto e per la singolarità dei
metodi adottati da questi per metterle in evidenza
Il Fischer (1), per produrre delle cellule artificiali simili alle or-
dinarie, inietta il midollo di sambuco con albumose non "eat ed
in
ER
Dr ART I AO e SIP
(1) Esperimenti simili a y quelli del Fischer furono fatti dall’ Hardy sulla
"asgl che veniva pure sottoposta a fissatori di varia natııra. =
assieme alle soluzioni impiegate, o_con altri mezzi. Qui le cellule sono
in parte naturali, in quanto che constano dalle pareti stesse del midollo
disambuco e dei residui nucleari. Sotto questo punto di vista sono
-adunque assai meno perfette delle mie.
Ora il Fischer osserva che dai residùi nucleari si partono dalle
radiazioni le quali traversario tutto quanto l’ ammasso di albumose, di
guisa che quando in una cellula si hanno due o più nuclei devono for-
marsi delle figure che ricordano i fusi acromatici delle divisioni cario-
‘cinetiche. Tali radiazioni, che del resto compaiono anche attorno agli
accidentali vacuoli, diventano evidenti nei preparati montati in glice-
o nna, purchè vengano fissati coi soliti reattivi, fra cui merita il posto
i onore l'acido osmico che precipita, previa seissione, allo stato metallico
0s.) di preferenza sulle radiazioni. Occorre però che non si faccia agire
tutto quanto il protoplasto in nero. Noi possiamo quindi coneludere che
radiazioni hanno costituzione alquanto differente dal plasma dacchè
ma di questo provocano la scomposizione dell'acido osmico e la suc-
cessiva riduzione allo stato metallico (Os.) Il Fischer aggiunge ancora,
Questo è interessante per me, poichè collima coi risultati delle mie
‘osservazioni che per la formazione delle radiazioni occorre la pre-
corpo estraneo, nello stesso modo che lo spermio provoca le radia-
nella cellula ovo e l'aggiunta di un cristallo la precipitazione
ordinarie soluzioni pid piana Come si vede queste ig re
ice venga collocato all’orlo di un preparato ‘di albumose: in tal
raggi partono dall’apertura del capillare immerso nella soluzione.
un semplice cristallo di sublimato produce lo stesso effetto al-
viene immerso nelle albumose.
Da queste ad altre esperienze interessantissime il Fischer, trasci-
da un entusiasmo forse eccessivo, arriva a concludere che molte delle
a mio parere è .una esagerazione poichè non si può, senza
Applicare alla cellula i risultati in vitro. D'altra parte nulla ci
PROF. LUIGI BUSCALIONI 1 499
altre sostanze che fa penetrare, mercè la bollitura dei pezzi di sambuco
troppo a lungo il reattivo sul preparato perchè in tal caso esso colora `
del nucleo il quale agirebbe quale centro d’ attrazione, o come.
ni endocellulari sono un prodotto dell’arte e della tecnica istolo- .
NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
| vieta a credere che nella cellula. si formino temporaneamente delle |
sostanze atte a provocare, nel territorio cellulare in cui si organizzano,
delle precipitazioni plasmiche, quali sono appunto gli aster, i cino-
plasmi, destinate poi, in seguito alla scomparsa di tali corpi, a diventar — 4
evanescenti ‘a lor volta per effetto della reversibilità propria dei colloidi,
| per quanto non reperibile, per condizioni accidentali, negli co peri
in vitro del Fischer. |
Sarebbe pertanto interessante Sadiat quale azione spieghino le
albumose nelle mie cellule artificiali, il che cercherò di fare quando
mi si presenterà l’ opportunità di procurarmi tali sostanze. È
resti REA
EEE EI I
i
i Ritorniamo ora all’ enumerazione dei corpi e delle funzioni state i
rilevate nelle cellule artificiali. i
b) Furono scoperti degli sferoeristalli a struttura conforme a quella ;
dei grossi granuli d’ amido (Famintzin, Quinke, Roie, Butsehli, Busca- 7
lioni, Hansen, etc.), e come questi reagenti alla luce polarizzata.
c) Per quanto concerne i processi fisiologici che hanno la loro
sede nelle cellule genuine noi ricorderemo i principali stati riprodotti |
|
;
in quelle artificiali : fenomeni osmotiei e di diffusione Pfeffer, Ledue,
Quinke ed altri); divisione amitotica (Buscalioni) e mitotica del nucleo-
(Leduc, Herrera ed altri); divisione cellulare (Buscalioni ete.), con par
tecipazione della parete: formazione delle membrane (Leduc, Buscalioni,
Herrera): produzione di correnti endocellulari (Ledue, Quinke, Busea-
lioni et.): pulsazioni (Ledue il quale arrivò a contare nei suoi organismi
artificiali persino 1000 pulsazioni all’ ora): nutrizione e metabolismo cel
lulare in rapporto- alla tensione superficiale (Rhumbler): gemmazioni eel-
lulari (Leduc): germinazione di semi artificiali: formazione di capsule ed
altri tipi di ovari artificiali (Ledue); vita latente (Ledue); movimenti endo-
cellulari (Bernstein, Herrera, Buscalioni ete. ete.): esplicazione di feno
meni dipendenti dalla tensione superficiale e manifestantisi in particolar |
modo coi movimenti plasmici interni (Errera, Bernstein etc, etc.),0 con Sp
stamento dell’ intera massa (Ruffini): processi vari relativi alla variazio:
della tensione superficiale (Bernstein, Ruffini, Reinke) : chemotropismo
ed eliotropismo. (Ruffini, Quinke, (1) Leduc): irritabilità (Ruffini): ©
(1) Secondo il Quinke i fenomeni eliotropici sarebbero legati, negli org%
artificiali, a variazione nella viscosità'in rapporto alla variazione della temperat
PROF. LUIGI BUSCALIONI i _ 501
trazione del plasma (Geddes): sdoppiamenti dei cromosomi per vacuoliz-
zazione (Chodat, Valle) e molti altri processi su cui non insisto.
Cogli studi che formano oggetto della presente nota si è messa in
idenza, fra l’altro, una‘ struttura che ha molta analogia con quella
stata scoperta dal Golgi e da altri scienziati, ben nota sotto la deno-
| minazione di reticoli endocellulari delle cellule vive, ed inoltre si è
riprodotta, meglio di quanto siasi fatto nelle mie precedenti osserva-
i, la fisonomia di altri organiti similari, quali sono i mitocondri | in
o senso e gli ergastoplasmi.
Degno di considerazione è il fatto che tutte quante le particolarità
ra accennate furono messe in evidenza con un metodo pressochè
e a quello fotografico, stato proposto dal Ramon y Cajal e dal
Golgi per ottenere nelle cellule vive le stesse strutture.
Nelle ‘osservazioni del Golgi e della sua scuola il reticolo ard
i sempre come un corpo più o meno prossimo al nucleo e al cen-
soma, o per lo meno avente una determinata localizzazione nel’ pro-
lasma. Nelle mie ricerche si è verificato pressochè lo stesso feno-
no, essendo rari i casi in cui reticoli, i mitocondri e i filamenti (a pre-
Rdere dalle loro maggiori, o minori affinità genetiche) siano unifor-
mente sparpagliati nel protoplasma, come a priori sarebbe supponi-
e A questo proposito giova tener presente che io. adopero, in ul-
analisi, delle soluzioni, nelle quali, per legge fisica, i costituenti
ebbero essere sempre distribuiti in modo uniforme nella massa del
È litigio probabile che le sostanze sulle quali si fissa l’ argento
» © dalle quali il rivelatore all’ idrochinone. separa questo corpo,
‘o analogo di color nero, abbiano una determinata localizzazione
oplasma delle mie cellule: così pure per molte altre sostanze
lamo ammettere lo stesso principio, altrimenti non si potrebbe
la comparsa di un nucleo e di altri corpi endocellulari negli
i cellulari artificiali.
Ammesso il principio delle localizzazioni endocellulari di so-
costituzione chimica particolare, si affaccia la domanda se anche
ellule reali le produzioni parimenti accantonate, ed in specie
he vengono rivelate dal metodo del Golgi, siano da consi-
come corpi speciali nel senso morfologico, od EN: della
502 | NUOVE OSSERVAZIONI SULLA CELLULE ARTIFICIALI
parola, o non piuttosto come addensamenti di natura semplicemente
chimica, non aventi alcun che a vedere eolla struttura istologica.
Per alcune di esse non vi ha dubbio che trattasi di veri corpi
morfologici o istologici e questo è ‘il caso pei nuclei e per talune pro-
duzioni mitoċondriali, per citare solo pochi esempi. Per converso è più
probabile che i reticoli ed altre formazioni similari siano una manife-
stazione pura e semplice di particolari localizzazioni di composti ehi- |
mici, anzichè morfologici. La prova diretta di quanto affermo non si è
potuta avere dall’esame delle cellule vere: di qui i pareri discordi, ma _
il fatto che negli elementi cellulari artificiali corpi a struttura filamen- 3
tosa, granulare e reticolare si addensano in determinati punti di un |
colloide, morfologicamente ed istologicamente non differenziato, depone
a favore del concetto che la stessa interpretazione sia valida 2 retis |
coli Golgiani, o per lo meno per taluni di essi. 5
Fari
AI riguardo osservo che il Golgi, per lo meno nei j che mi
fu dato esaminare, si mantiene assai circospetto nell’ interpretazione
della vera natura dei reticoli; invero, per quanto accarezzi l idea che
gli stessi possano essere l’espressione di una determinata struttura isto-
logica, lascia, in ultima analisi, la questione impregiudicata e ciò con
ë
un criterio assai più sano rispetto ad altri autori.
Anche il Pensa è dello stesso avviso, almeno per ciò che concerne
molte formazioni che fissano l’ argento nei vegetali, accennando egli
soltanto il più delle volte a speciali atteggiamenti di determinate 80°
stanze, la quale parola, da me pure spesso adoperata in difetto di altre
più scultorie, è ben lungi dal concretare e circoscrivere nettamente.
un’idea a carattere morfologico. i
Appare pertanto manifesto che nelle cellule vive, come in quelle
artificiali, talune sostanze sono distribuite secondo determinate leggi, ;
forse in relazione alle loro cariche elettriche, per cui tendono a Ta
dunarsi attorno a determinati centri dinamici, o campi di forza, pe!
usare |’ espressione adottata dal Farady nei suoi studi sui magnetismo
e sull’ elettricità. :
In alcuni casi poi le sostanze accantonate diventerebbero & Joro
volta esse stesse centri cinetici, o di attrazione (rispettivamente di! ri
pulsione) per altre sostanze, di guisa che le affinità, di varia indoli
diventerebbero fattori di distribuzione.
PROF. LUIGI BUSCALIONI 503 -
3 Con questa interpretazione si può benissimo chiarire il singolare
fenomeno della divisione del reticolo interno golgiano prima della di-
visione del nucleo cellulare in alcuni spermi. Egli è infatti probabile
che la scissione nucleo-cellulare sia qui preceduta. da un accantona-
| mento polare di qualche corpo avente struttura morfologica, o di altri
| offrenti solo una peculiare costituzione chimica, come sarebbe il caso,
| ad esempio, per le sostanze che coll’ argento si rivelano sotto forma di
reticoli.
Non è da escludersi tuttavia che se una data localizzazione di un
) corpo a costituzione chimica determinata, ma difettante di organizza-
| zione morfologica, si trasmette di cellula in cellula per successive .ge_
x nerazioni, e ciò per migliaia e migliaia di secoli, come deve esser av.
Venuto per tutto qnanto ha relazione coi fenomeni dell'eredità nel mondo
organico del nostro pianeta, la fissazione di siffatte caratteristiche chi-
miche accantonate abbia finito per imprimere al substrato su cui esse
si plasmarono certe modificazioni particolari di struttura organica, grazie
alle quali costituzione chimica e costituzione istologica si sarebbero
fuse assieme per imprimere alla parte la fisonomia di un corpo sni
generis dal punto di vista chimico ed istologico.
Questo per quanto concerne, in linea generale, i fattori che determi-
nano la localizzazione di certe particolarità delle cellule. Se noi ora ci
facciamo ad analizzare più da vicino come avvenga -il fenomeno nei
singoli casì, ci troviamo non poco imbarazzati a dare la risposta. A
liguardo della osservazione del Pensa ho già altrove fatto rilevare come
gli idrocarburi presenti nella cellula e gli affini lipoidi potrebbero be-
Mssimo contribuire a render più chiara la reazione eromoargentica, Ja
„, occorre notarlo, può tuttavia avvenire senza l’uso del rivelatore,
ad esempio è stato osservato dalla signora Greenwood, la quale
imoströ che la precipitazione dell’argento avviene senza alcuna mani-
lazione (almeno se ho ben compreso il lavoso) nelle cellule della mu-
cosa gastrica secernenti acido cloridrico, e lo stesso fu osservato da me
lorchè immergevo le mie pellicole seeche nelle soluzioni di AgNO,
; acquose.
Credo che sino ad ora nessuno sia riuscito a dare una spiegazione
ile del processo che determina la precipitazione dell’ argento >
0 nelle cellule, sebbene il metodo adoperato per ottenerlo indichi 4
504 NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
che gli autori doveano intravedere un nesso con quanto ha luogo’ nei
processi fotografici,
L’incertezza è giustificata in quanto che, se ben mi appiglio, anche
per P intima essenza della fotografia non è ancora stata detta l’ ultima
parola. A quanto pare la luce provoca, là dove viene a contatto dei
sali sensibili d’ argento, una modificazione chimica, latente, in questi, |
grazie alla quale il sale viene più facilmente intaccato, o ridotto, dai
soliti rivelatori, la cui azione è basata specialmente sullo sviluppo di
idrogeno. L’ azione della luce sarebbe chimica secondo alcuni, chimico-
dinamica secondo altri e la stessa poi sarebbe rafforzata dai così detti
E
E ET T
sensibilizzatori, Il processo fu paragonato, non so se a torto od a ra-
gione, con quello della funzione clorofilliana. +.
Moi, u ER A S
Io ignoro quanta parte abbia la luce nel provocare la precipita-
zione localizzata dell’ argento nelle mie osservazioni non avendo fatto
esperienze in proposito, e quanta se ne possa attribuire alle sostanze.
impiegate, fra cui merita di fissare l’ attenzione il Sudan III per a
sua colorazione rossa che da un lato paralizza l’azione della luce, dal
l’altro potrebbe funzionare come un sensibilizzatore. Ritengo tuttavia È
che il Cautchouch, essendo un’idrocarburo, possa funzionare anche luiin |
quest’ultimo senso e nello stesso tempo avere una certa tendenza ad asso.
ciarsi ai sali d’argento. Di qui la deposizione di questo ultimo in massa
‚la dove vi ha il nucleo cellulare fatto probabilmente in gran parte da
cautchouch e la forte riduzione del sale che ha luogo attorno al nu
cleo. Io non voglio dar maggior valore di una semplice ipotesi alla i
mia interpretazione, ma non posso passar sotto silenzio che la stessa i:
spiegherebbe il comportamento della reazione eromoargentica nelle osser A
|
|
|
N = IRE:
vazioni del Pensa sui cloroplasti e chiarirebbe pure il comportamento dei 3
reticoli golgiani qualora si ammettesse l’esistenza di sostanze riduttrici
o sensibilizzatriei in vicinanza dei nuclei cellulari genuini portatori di 0.
Non posso, infine, passar sotto silenzio un’ ultima analogia che |
corre tra le mie osservazioni © quelle della scuola del Golgi per fi
spetto alla alla reazione cromoargentina. Il metodo golgiano si con-
| traddistingue per una certa incostanza nei risultati : ora lo stesso fe
nomeno si rivela nelle mie esperienze, poichè in uno stesso ‘preparato
ho ottenuti risultati differenti nelle diverse regioni della pellicola © ed
inoltre non ho ricavato hic tutte quante le ang risultati soddi i
PROF, LUIGI BUSCALIONI 505
centi: lo stesso può dirsi per le differenti soluzioni impiegate, sebbene
preparate pressochè allo stesso modo.
A Una tale analogia non può passare inosservata, anche perchè ci
addimostra quanto sia delicato e sensibile il -processo destinato a con-
durre a buoni risultati.
s Termino questa discussione sui reticoli endocellulari facendo notare
| che nessuno, prima di me, ebbe ad osservarli, od anco lontanamente so- `
= spettarli nelle cellule artificiali. Tutt al. più, come reperto storico colla-
= terale, merita di esser segnalato che il Ledue in uno dei suoi volumi
a | descrive e disegna delle cellule nervose, coi relativi prolungamenti ot-
tenuti mercè l’impiego del ferrocianuro di potassio, solfato di potassio
i e zucchero. Però ben altra cosa sono siffatti prolungamenti rispetto ai
_Teticoli golgiani.
Di
Mi sì potrà da alcuni obiettare che io non ho riprodotto che in
casi eccezionali quelle finissime ed eleganti strutture reperibili nei’lavori
del Golgi e della sua scuola, ma io osservo che ben diversa cosa è una
„cellula viva rispetto a una cellula formata di collodio e di altre so- _
| Stanze aggiunte il più delle volte in quantità eccessive, per cui si deve
restar più che paghi di aver riprodotto, sebbene grossolanamente, il
fenomeno e le disposizioni (in special modo l accantonamento) del pre-
eipitato d’argento. |
= Sulle altre particolarità venute in luce nei miei studi possiamo li-
A mitarei a poche considerazioni. ;
x Gli sferocristalli a tipo di amido, che anche ne} presente lavoro
— furono riscontrati nelle cellule, mi hanno dimostrato che gli strati con-
‘entrici sono fisicamente non omogenei poichè, essiccando, si intiltrano
in modo disuguale di aria. In più di un caso in fatti l'osservazione
microscopica, ha rivelato che strati ricchi d’aria fra i trichiti o mielle i
| cristalline si alternano con altri più compatti e quindi meno permeabili. =
Ciò indicherebbe realmente che i veli acquei interposti tra le micelle
Variano di importanza da strato a trato.e in modo alterno, come ebbe
Porre in evidenza il Nägeli nelle sue ricerche sull’amido, Concordano
miei dati anche indirettamente con quelli di Bütschli il quale toni
che gli sferiti di carbonato caleico alla luce polarizzata presentano strati
, ni positivi e negativi, dal punto di vista ottico. i
La formazione di strati alternanti ed a costituzione fisico-chimica
I
- testè indicato essendo più che dubbio che alla formazione delle strati-
mente cariocinetico non caddero sotto la mia osservazione, sebbene
i p
neppure esse accettabili come tali, avendo gli autori riprodotto più 0
| chiaro dalle descrizioni che questi ci ha fornito.
cerche, oserei credere, il massimo di perfezione, sia perchè spesso le
506 è NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
differente non è altro che una delle tante forme sotto cui si manifestano `
nel regno organico i fenomeni ritmici, fra cui meritano di esser segna-
lati i ritmi di cristallizzazione stati illustrati per la prima volta dai
Bunge (1885) e poi più dettagliatamente da me, dal Quinke, dal Lie-
segang, dal Leduc e da altri. Io le ho denominati col nome alquanto
improprio di « onde di cristallizzazione » mentre si dovrebbero chia
mare « onde di precipitazione » non verificandosi sempre la ceristalliz-
zazione nel precipitato.
In particolar modo per lamido la questione è stata risolta nel senso.
ficazioni partecipi l azione della luce e dell’ oscurità, come ammisero
Schimper ed altri autori.
La interpretazi ne che io ho dato dell’interessante fenomeno delle onde
il quale vale a spiegare certe particolarità del sistema nervoso perife:
rico state deseritte erroneamente come disposizioni istologiche, concorda
quasi a pennello con quella esposta recentemente dal Leduc, il quale
formulò la sua conclusione in base a studi fatti cogli stessi reattivi da
me impiegati. È singolare che questo autore, il quale, evidentemente, |
ignorava le mie ricerche, chiami pure col nome di onde il particolare
atteggiamento dei precipitati. Sulla peregrina interpretazione che da
delle stesse il Benedikt è inutile qui di ritornare. i
I processi di divisione nucleare da me segnalati non corrispondono i
a quelli indicati da molti altri autori. Le segmentazioni a tipo real-
abbia avuto occasione di esaminare delle figure di divisione che posso
no avere una più o meno lontana analogia col processo della mitosi.
Per converso frequentemente ho rilevato le divisioni amitotiche, che
come si sa, sono le forme: più banali di divisione nucleare. Osservo tut- i
tavia che le cariocinesi a cui accennano i miei predecessori non sono
meno -bene solo alcune fasi della divisione nucleare. Per citare un
solo esempio lo stadio di piastra equatoriale è ben lungi dal parere m
nifesto nelle figure che illustrano il lavoro di Leduc e neppure risulta
La formazione delle membrane cellulari ha raggiunto nelle mie ri-
PROF. LUIGI BUSCALIONI sur
pareti sì i mostrano differenziate in più strati, oltre alla lamella mediana,e
| sia ancora per i rapporti che intercedono fra la comparsa dei setti e
Ja divisione nucleare.
Le condizioni che provocano la comparsa dei setti sono ancora
| poco chiare: tuttavia ritengo che determinate sostanze presenti nel col-
lodio, avendo spiccata tendenza a portarsi al limite dei poliedri cellu-
| lari, concorrano a formare le pareti, ma è anche più che probabile che —
dei processi aventi relazione colla ‘tensione er ne regolino lo <
accantonamento’ (1).
`
(1) Qui sarebbe opportuno trattare la controversa questione della semiper-
meabilità di dett» menbrane, stata validamente sostenuta dal Pfeffer, ma com-
battuta con argomenti non meno persuasivi da altri autori (Quinke ad es.) Nelle
presenti ricerche io non ho posto attenzione al fenomeno: Debbo però dichiarare
| che nelle mie osservazioni (in collaborazione col D.r A. Purgotti) sulla dissocia-
zione e diffusione dei joni (Atti de!’ Univ., di Pavia 1905) avendo trovato che
i tachijonoscopio e nel tachijonometro, dopo la formazione del setto di precipi-
one in seno alla gelatina, si manifestano indubbiamente dei fenomeni osmotiei
_ rivelabili alla differente pressione nelle due colonne manometriche annesse al-
| l'apparecchio ho ritenuto come probabile che: il setto di neoformazione sia real.
mente semipermeabile, o per lo meno pochissimo permeabile.
Cogli attuali ingrandimenti, salvo che non si voglla ricorrere all’ ultrami-
| Sroscopio, non è possibile stabilire se tra i granuli di precipitato formanti molte
delle Pareti nelle mie cellule artificiali esistano degli spazi, o manchino questi.
ch però certo che il precipitato appare omogeneo per cui sarebbe quasi lecito
ammettere che funzioni realmente da vera membrana semi-permeabile. Dubito
© che le pareti semipermeabili, o pressochè tali, crescano sempre per intu-
scusceptione come vorrebbe il Pfeffer, poichè negli esperimenti col Tachijono-
pio, ma più ancora col Tachijonometro ho notato che Y accrescimento in
Spessore del setto per lo più avviene unilateralmente a causa della diferente
Velocità di diffusione delle sostanze membranogene, il che esclude a priori l'in-
susceptione e richiede invece l’ apposizione.
Il fenomeno dell’accrescimento del setto di precipitazione per sovrapposizione di
3 i Aad una delle faccie soltanto del sepimento primordiale, anzichè alle due
emporaneameute, deve, per le ragioni che esporremo- ben tosto, avvenire
= elle cellule del Pfeffer, il che escluderebbe la vera e propria semiper -
ilità, mentre ci porterebbe ad ammettere che per la grande vicinanza delle
i elle Precipitate venga aumentata la resistenza al passaggio di certi corpi
© permessa solo in misura ordinaria quella” delle molecole acque, Late c
dai
Se
ei.
È
Joi
S
r
NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
In particolar modo questi processi devono intervenire. allorchè nei
preparati si formano i così detti collenchimi coi caratteristici ispessi-
menti, inquantochè la dove abbiamo un ispessimento parietale, come
avviene al punto di incontro di parecchie pseudocellule, i valori delle
tensioni superficiali devono esser ben diversi di quelli che determinano
riuscirebbe spiegato l'aumento di pressione segnalata nei nostri esperimenti, e
più ancora in quelli di Pfeffer, dalle colonne manometriche
A questo riguardo frattanto voglio qui accennare ad un er che si è
manifestato nelle mie esperienze col tachijonometro e col tachijonoscopio, al quale
non ho, prima d’ora, prestato troppa attenzione e data perciò quell’ importanza
che esso forse merita. Quando si fanno diffondere, negli apparati sopra indicati,
due corpi che danno il setto di precipitazione per il loro incontro nella ge-
latina, (Ag NO, e CINa ad es.) il punto di incontro ha una posizione fissa
quando le soluzioni sono equimolecolari. Il comportamento è analogo se al CINa
si sostituisce un altro cloruro monovalente, o bivalente, purchè sia conservata
l’equ'imolecolarità. Così ad es. facendo reagire attraverso la gelatina, a volta
a volta soluzioni di C! ‚Mg, o di CIK, o di CILi et. in soluzioni equimo-
lecolari col AgNO, impiegato per ottenere il setto di Cl Ag l’incontro del Cl
‘coll’Ag avviene in un punto uniforme e costante per tutti i sali adoperati. Ciò
indica adunque che il jone Cl cammina dissociato da quell» Na, K, Li et. e lo
+ stesso può dirsi per il jone Ag rispetto all’NO,. Fin qui nulla di nuovo poichè
già si diede, nelle mie ricerche sulla dissociazione dei joni, tale interpretazione.
Neppur di nuovo si può aggiungere al fatto che aumentando la concentrazione
di una delle soluzioni e perciò il numero delle molecole e dei joni di uno dei
sali rispetto all’altro il setto si forma verso il sale più diluito, spostandosi così
dalla primitiva posizione di equimolecolarità; lo spostamento è tanto più sen-
sibile quanto più grande è la differenza di concentrazione delle soluzioni. Il fe-
nomeno è dovuto al fatto, ben noto, che le soluzioni pa, concentrate diffondono
più veloci.
Interessante invece e non ancor stato spiegato fino ad oggi & il fatto che
temente in un determinato punto dello spessore del cilindro di gelatina di una
data lunghezza quando le soluzioni sono equimolecolari, si sposta tuttavia &
misura che la reazione determinante la precipitazione del ClAg si va evolvendo.
ho we (V. mio lavoro sopra citato).
HC 39 5 TT D spostamento del setto verso la soluzione di HCI:
; "nt m
= CILi 1 AgNO, 10: spostamento verso la soluzione di CILi.
nelle mie esperienze, come in quelle di Pringsheim, il setto, se si forma costan-
Citerò solo alcuni esempi al riguardo, scegliendoli fra quelli ottenuti col tachi-
F
+
PROF. LUIGI BUSCALIONI
le azione del setto lungo la nea che separa solamente due pseu
docellale Puna dall’altra.
Lo stesso fattore fisico-meccanico deve, a mio parere, influire sulla
t formazione degli ispessimenti nelle cellule collenchimatose genuine,
pi» qui abbiamo a fare con tessuti a protoplasma attivo, a dat
NE, Cl 5 AgNO; — 5 spostamento verso la soluzione di CINHy,
Na u AgNO; Secca spostamento vers. la soluzione di (INa. © a
100° 100 a
Quale è la ragione di un tale comportamento? La risposta è ardua ed io
ton ho fatto esperimenti per arrivare ad un risultato. Credo tuttavia di non an-
dare errato affermando che lo spostamento è dovuto alla progressiva diluzione
! vanno incontro le due soluzioni diffondenti, per effetto evidentemente della
ontinna precipitazione e doppia "scomposizione dei componenti loro. Ora noi
mo che la velocità relativa di diffusione dei joni è proporzionata al nu-
0 relativo delle molecole o joni (quando si tratta di due soluzioni reagenti
loro, come nel caso dei miei esperimenti) delle differenti soluzioni. Sappiamo
che aumentando la diluzione la dissociazione tende ad aumentare, ma in ;
grado per ogni soluzione. Colla scorta di questi due dati possiamo conce-
e che diluendosi le due soluzioni (AgNO, da un lato, i sali di CI dall'altra) —. a
SA Brado di dissociazione assuma a poco a poco valori differenti per le due so-
azioni reagenti e che forse dissociandosi di più l’AgNO; rispetto ai sali del CI
stabilisca a poco a poco una pressione osmotica maggiore (corrispettiva ad
rispetto alle molecole = ai ‘joni della. soluzione di Cloruro contenenti
numero di molecole indissociate ad una data diluzione. Di qui lo spo-
to del setto di precipitazione verso la soluzione dei cloruri.
Però pel fatto stesso che la dissociazione elettrolitica non mantiene sempre -
stessi rapporti di proporzionalità quando due soluzioni vanno soggette a di-
Via via crescente, ‘può avvenire che ad un dato grado di diluzione la
atrazione relativa si inverta diventar do maggiore dal lato dei cloruri ri-
AP AgNO, (V. in proposito le tabelle di dissociazione in funzione pra
3 a pag. 14 del lavoro, qui riportate, di Hollard) nel qual caso si avreb-
un dato momento uno spostamento in senso i Verso (cioè verso la soluzione
D ) del precipitato. Ed invero ciò mi occorse più volte di constatare nei
Cos eseguiti col Dott. Purgotti.
la mia ipotesi, non suffragata, come dissi, da esperienze; è giusta,
il tte ~-
agio wi tognalara il grado di dissociazione relativa di due soluzioni a |
=
essa
| 510 NUOVE ORKERVAZIOR! E CELLULE ARTIFICIALI
molli, rieche di acqua, elastiche, Hiensibili: : vale a dire ci troviamo di,
fronte a un complesso di disposizioni che possono permettere il. giuoco
del fattore in questione, mentre ben diversamente va la faccenda al-
lorchè trattasi di cellule che formano delle pareti prontamente rigide, |
legnose, quali sono quelle degli sclerenchimi.
a dar un precipitato allorchè reagiscono fra loro, 11 metodo sarebbe doll sem-
plice e dimostrativo poichè basta controllare la posizione del setto iniziale in
correlazione-alle differenti soluzioni impiegate, per confrontarle poi fra loro, È:
Perciò noi lo proponiamo agli studiosi di problemi fisico-chimici, per quanto. 3
esso non abbia la precisiune dei metodi finora adoperati dai fisicc-chimisi, A
conferma di quento. »ffermo riporterò qui un esempio:
Dalla tabella dell’Hollard sulla variazione del grado di disso-iazione.in fun-
zione della concentrazione risulta quanto segue:
Numero d’equi- Nat 1° i
valenti per litro i ber BAOIAE
BO 0,52 0,42 0,41
1 0,69 0,59 0,68
E
Io 0,85 ‚0,82 0,84
> 0,94 0,94 0,94
f 100 : 3 Aa
pi T 5
1000 0,98 0,99 0,98
Dai quali valori (calco'ati in base alle conducibilità elettriche) risulta ad
‘que che mentre i tre, composti si dissociano sempre più a misura che le sol
zioni diventano più diluite, PA gN03 è assai meno dissociato n forti concen
zioni rispetto all’NaCI e all’HCl: poi supera quest’altimo, in fatto di dissocia-
zione, alla concentrazione di 1 e 10: torna al fine a presentarsi un minor get
di dissociabilità alla concensesuione di -— = no dopo esser passato per uno stadio
di perfetta eguaglianza alla concentrazione di — e
Il cloruro di sodio alla ‘concentrazione di 3, L 5 equivalenti, è più d
*
PROF. LUIGI BUSCALIONI
In Bordo col Leduc e con altri autori chea si occuparono del com-
portamento dei colloidi, dai molti esperimenti fatti colle cellule artifi-
ciali parmi di poter asserire che nello stesso modo che alcune sostanze
incluse nel collodio tendono a portarsi alla periferia dei poliedri cellu-
hri, altre, -aventi parimenti poca affinità col uu sì separano e ven-
ciati dall’AgNO3 di pari concentrazione: diventa eguale a questo alla diluzione
1 i >
1000 ed a quella. di Tuo:
I risultati sono pertanto abbastanza conformi a quelli previsti dalla mia
ipotesi poichè diminuendo il valore relativo di dissociazione sia dell’HC1 sia del
CINA rispetto all’AgNO3 , quando si esperimenta.o soluzioni che ces diluzione
A k aÍ 1
n p sui . i
dell i) arrivano a quella di mn T di necessità
avvenire che il sale d’argento, aumentando il numero degli elementi dis-
, attraverso alla diluzione di
LARE Lan 1 1
sociati (joni) rispetto all’HCl e al NaCl nelle soluzioni comprese fra 7 e 10007
determini la formazione di un setto di AgCl sempre più TER verso la solu-
ione di NaCl e di HCi. Solo coll’ HCl in soluzione all’ —— si poträ aver una
m
cessione del setto di AgCl, essendo a tale diluzione maggiore la dıssocia-
le di detto corpo rispetto alla AgNO3” ugualmente diluito. Ed invero in una
le esperienze da me e Purg tii eseguite parrebbe che una retrocessione del
o di AgCl debba aver luogo. -
Non Misisto ulteriormente su questi dati nat gli stessi ancor So
e kai spostamento avviene in direzione di KCI.
n° K, Fe Cys » > > > E; Fe Cys.
è Cy e Zn SOI > > » >» Zn S0.
9 Ba Cl, > > > > a Ch.
Pringsheim non sa con sicurezza quale sia il fattore che determina lo
mento, presupposto, ben inteso, le soluzioni equimolecolari: ciò non di
SOSpetta che possa esser in relazione colla pressione osmotica, per quanto
i riesca a comprendere, afferma egli, con questa ipotesi come talora abbia
un singolare spostamento in’ senso inverso alla direzione di ispessimento
si ge la quale direzione è in stretta armonia colle ARE, rela-
® due soluzioni. A
fia constataziene che le seluzioni NES vanno soggette ad un
x
solidificati che gli spazi intercellulari sono pieni di liquido- in attivo
512 NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTFICIALI
gono così a raccogliersi, o nei vacuoli, o nelle maglie del reticolo pla- >
smico, o infine negli spazi intercellulari.
Con tutta facilità si può infatti vedere nei preparati non ancora
movimento vorticoso, e lo stesso si ha nelle maglie dei reticoli colloi-
variabile grado di dissociazione relativa si può, come sopra ho accennato, com-
prendere non solo lo spostamento in un dato senso del setto, ma anche la ul-
teriore retrocessione. Quest'ultima però non è sempre palese negli esperimenti o
col tachijonoscopio e col tachijonometro poichè il precipitato che si forma in i
senso retrogrado riesce mascherato da quello formatosi durante la progressione _
dello stesso precipitato.
Le mie osservazioni presuppongono, per altro, inesorabilmente che nella dif- 7
‘ fusione delle soluzioni attraversò la gelatina abbia luogo il fenomeno della |
dissoc'àzione dei joni. Purgotti ed io l’abbiamo affermato in còns derazione
della circostanza che nei casi di equimolarità (per citare un solo esempio) e ad
una data concentrazione delle soluzioni di AgNO3 e di CiNa il precipitato di
Cloruro di Argento si forma costantemente in un determinat- punto del Cilin- |
dro di gelatina nel tachijonometro. Solo variando le concentrazioni dei sali ge-
tigri si ottengono dei lievi spostamenti del setto di precipitazione, e ciò PES
16 ragioni S»vra esposte.
Alla stessa conclus'one sarebbero arrivati. per altra via, taluni autori che pa
rimenti studiarono la diffusione nella galatina. Per converso i Prof. Bruni el u
Vanzetti, avendo ripetute le nostre osservazioni sulla diffusione, da un dato dell
Solfato di Argento e dall’ altro del Cloruro di Bırio giunsero a supposizioni al-
quanto differenti dalle nostre. 2
Premettono i due autori in questione che se si fanno diffondere nel tachijo-
nometro solfato di argento e Cloruro di Bario il precipitato di cloruro di
gento e quello di solfato di Bario, originst si per doppia decomposizione,
compaiono mes olati, ma in un cilindro di gelatina lungo 10 cm. circa distanziati
l’uno dall’altro di 1 cm. o poco meno,
1 risultati collimano adunque perfettamente con quelli ettenuti dal papi
a da me, ma mentre noi ammettiamo che la separazione dei due precipitati
sa effetto di dissociazione dei joni CI, Ag, Bı etc. i Proff. Vanzetui e Br
trovando | fenomeno difficilmente interpretabile colla teoria in questione, | |
feriscono ascrivere la separazione dei precipitati ai processi di soprasatura
Grazie a questi i sali neoformatisi per doppia decomposizione si manterreb!
per uu certo tempo disciol:i (mentre continuano a progredire attrav ‘rgo il
lindro di Golatina) sebbeue abbiano superato lo stato critico di solubilità; !
cessar,amente aduuque la precipitazione del sale più a lungo solubile avve ri
PROF. LUIGI BUSCALIONI 518
dali. Quando poi il collodio coagula il reticolo, Kran 4 omogeneo e ri-
gido, rassomiglia quasi ad una spugna piena di liquido in agitazione.
Molto probabilmente pertanto anche nella cellula vera-la forma-
zione dei vacuoli ripete la stessa origine: anche qui dei corpi speciali
vengono ‘espulsi dal colloide protoplasmatico, o nucleare assieme ad una
he jà una certa distanza dall’ altro meno atto a mantenersi disciolto non si
tosto ha raggiunto detto stato critico.
L’interpretazione dei Proff. Bruni e Vanzetti, per quanto esposta da questi
‘autori in modo tutt’altro che tass tivo, sarebbe accettabile incondizionatamente
qualora si riuscisse a dimostrare:
1.) Che facendo diffondere nel tachijonometro due sali atti a dare, per dop-
pia decomposizione, il solfato di Bario, quest’ ultimo si accumula (precipitan-
9) nello stesso punto dove precipita il Cloruro di argento (qualora si fa-
cesse diffondere, puta caso, AgNOs e CINa), presupposto, ben inteso, 1’ equi-
lecolorità nelle due esperienze e una concentrazione sufficiente nei sali ge-
neratori del solfato di Bario per impedire la soprasaturazione.
2.) Che variando, in successive esperienze, la concentrazione dei sali pro-
attori, per doppia decomposiziore, del Solfato di Bario, viene- pure a variare
a posizione del precipitato di quest’ultimo rispetto alla posizione che il precipi-
= tato di Cloruro di argento ha nelle esperienze col Cloruro sodico e Nitrato di ar-
; gonto, avvicinandosi, o sovrapponendosi a forte ‘concentrazione (esperienze con
i equimolecolari) al setto di Cloruro di Argento, allontanandosene negli
ssperimenti con soluzioni diluite e tanto più quando più forte è la diluzione.
= esta prova, veramente decisiva, che non fu tentata dai Proff. Bruni e Van-
i, venne da me e Purgotti presa in considerazione ed ora posso affermare,
ag esperienze all’ uopo istituite il preeipitato di solfato di Bario, qua-
è siano i sali usati per produrlo per doppia decomposizione e qualunque
Mizzi degli stessi (purchè equimolecolari i due generatori), non si
ei a ridosso del precipitato di Cloruro di argento originatosi per doppia
One di due sali generatori equimolecolari qualsiasi (come ad es. CINa
Ciò posto è ovvio che non si può attribuire alla sola soprasaturazione il fe-
della separazione dei precipitati di Solfato di Bario e di Cloruro di ar-
nelle. nostre esperienze e in quelle di Bruni e Vanzetti (fatte cogli ap-
i stessi da me usati). Il Solfato di Bario (nelle esperienze con sali equi-
i) ha sempre una posizione fissa nel cilindro di gelatina, come lo ha il
"adi argento; perciò è duopo ammettere che nella gelatina talune solu-
tendano a Procedere coi joni dissociati, ed in conseguenza i precipitati nati per
* decomposizione delle stesse si separano gli uni dagli altri. Il fenomeno
più Accentuato in seguito all’ intervento dei processi di soprasaturazione,
' non sono la causa unica della separazione dei setti di precipitazione.
514 NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
certa quantità d’acqua. Si formano così i vacuoli ed i tonoplasti da cui
dipendono i valori osmotici della cellula, a loro volta in stretta ia:
zione colla natura dei corpi espulsi (1).
Le tensioni osmotiche, la segregazione dei corpi inclusi nelle pseu-
do cellule, la distribuzione dei centri dinamici, la tendenza nei colloidi
a espellere certi corpi, assieme all'acqua, ed altri fattori regolano la forma-
zione delle cellule, in seno ad un colloide apparentemente omogeneo quale
è il collodio liquido. Ma tra le mie esperienze di istogenesi e quelle de-
gli altri osservatori, ed in specie del Leduc, corre non poca differenza:
io lascio alle forze inerenti al substrato di produrre gli elementi, il
Ledue, per citare un solo autore, stabilisce, invece, ad arte i centri
di attrazione e di diffusione che regolano il processo. L’ artifiziosità
è quindi assai più accentuata nelle esperienze di questo autore, per
quanto talvolta egli segnali che ottenne delle cellule (morulazione e |
gastrulazione) senza alcun estraneo intervento dei centri nigi e |
ciò per una specie di formazione cellulare endogena.
Il substrato ha indubbiamente una grande influenza suli costitu, )
zione delle cellule e basta variarlo alquanto perchè subito varino, di pari |.
passo, la forma e la organizzazione cellulare, quando mai sensibili e
cambiamento del mezzo. In ciò sono pure d’accordo col Leduc. i
Le energie che provocano nel mezzo, dapprima omogeneo, del solda
la formazione delle ċellule entrano indubbiamente nel novero di quelle =
che concorrono a plasmare le cellule genuine. Ma io non voglio esser
frainteso e tanto meno esser posto fra coloro che omologano, senz raltro, 2
quanto avviene in vitro con i prodotti della natura. Tra le cellule artifi-
zione della tensione superficiale delle pareti dei tonoplasti e di qualche altro
| fattore fisico-chimico reversibile. Stando ai dati di Quinke e di Graham ripo
tati in nota a pag. 4 si pa supporte che il ‘Jalore della tensione superficiale.
del tutto sconosciuti. Ora in virtù delle stesse il liquido ‘dei vacuoli verrebbe | i
volta a volta espulso, o viceversa riassorbito, dando così origine al fenomeno
della pulsazione. È una semplice ipotesi che io prospetto, la quale però trova U
cleare, come fattore fisico-chimico dello sdoppiamento dei cromosomi, e con que
del Gallarate sulla tensione superficiale, quale fattore di formazione delle i
PROF, LUIGI BUSCALIONI '
ciali e quelle genuine vi ha solo una analogia, non una omologia di
"costituzione e di funzionalità quando si considerino in blocco la strut-
tura e le funzioni cellulari. Il protoplasma ed i suoi derivati hanno una
costituzione chimica assai più complessa di un banale collodio impregnato
di poche sostanze e queste mescolate quasi a caso. Ma la più complessa
costituzione chimica del primo implica a sua volta una maggior somma
di energie. fisico-chimiche e perciò si comprende come i processi vi-
tali siamo ben più complicati di quelli che vediamo compiersi sotto il
microscopio nelle cellule artificiali. Però anche queste sono di natura
colloidale e come tali godono di alcune proprietà fisico-chimiche che
evecano alcune manifestazioni nelle cellule viventi.
Se noi pertanto riusciamo a produrre in una pellicola di collodio
lo membrane, il protoplasma vacuolizzato, il nucleo ete., egli è segno
che questi corpi si formano nelle cellule vive, parimenti colloidali, in
parte almeno, in virtù di quelle stesse energie che noi mettiamo in at-
tività nello esperimento e che abbiamo segnalato, come ad es. pressione
osmotica, centri dinamiei, tensione superficiale, cariche elettriche, affi-
a e via dicendo, È i
: Solo nel ristretto limite di questa concezione fisico-chimica noi
possiamo trovare una omologia fra cellule vere e cellule di collodio,
sendo illogico andare al dilà. Ma restando nei limiti che ci sono con-
si dall’ applicazione dei soli principii fisico-chimici per. tentare di
fare ad una spiegazione e ad una omologazione noi non facciamo
Un giuochetto da laboratorio, come sogliono affermare taluni, bene
ttiamo un Piccolo e modesto contributo alla fisiologia cellulare. Indi-
do il nostro studio ad altri colloidi più complessi e variando gli
"menti potremo forse trovare altra e più. mirabile analogia fra la,
artefatte e le reali, ma ciò non di meno la cellula artificiale nen
10 complesso funzionale e strutturale, soltanto analoga alla cellula
: per lo meno fino al giorno in cui noi, penetrati più addentro nelle
dei fenomeni che costituiscono la vita (1), potremo con maggior
Chi avesse vaghezza di conoscere le principali t BR
4 tori meccanici © NSICO-
Presi
eorie sui fenomeni vitali —
ae
516 NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
fiducia e successo o'sipretanli tutti quanti in corpore vili della cellula
artificiale.
Malgrado questa limitazione nella portata delle mie ricerche osere
affermare che queste non siano prive di interesse per la fisiologia cel-
lulare. Basterà ricordare che con una tecnica identica a quella proposta
dal Golgi per la ricerca dei reticoli io sono riuscito a mettere in evi-
denza queste formazioni nelle cellule artificiali, portando così un certo
. contributo alla conoscenza dall’ oscuro processo formativo, o per lo meno
indicando i pericoli cui si va incontro quando si voglia applicare ad
ogni particolarità strutturale reperibile al microscopio il concetto di
organo endocellulare. i w
Se poi lẹ mie ricerche tornano da questo lato utili al blasi
al zoologo, al medico esse presentano maggior importanza, oserei rde i =
quando siano prese in considerazione dal punto di vista della moderna
fisico chimica, inquantochè illustrano certe forze che si trovano latenti
nei colloidi e dimostrano come in questi le sostanze incluse possano
distribnirsi secondo determinate linee e centri di forza. L’ argento me-
tallico che si raduna quasi esclusivamente attorno al nucleo e nelle =
membrane, l’ acido eromieo ed il Sudan che colorano (spesso !) soltanto =
i nuclei e via dicendo, sono le più belle conferme di quanto affermo.
E mia ferma convinzione che provando e riprovando con metodi .
` variati le cellule al collodio potranno, in avvenire, contribuire non poco 5
ad illuminare nuovi problemi di fisiologia cellulare, in quanto questi —
hanno per substrato condizioni fisico-chimiche.
Se i fenomeni e le disposizioni offerte dalle cellule artificiali ri- |
chiamano la nostra attenzione, altrettanto può dirsi anche per talune
strutture presentate dal substrato colloidale ehe ricordano più © meno =
da vieino questi aggruppamenti cellulari noti col nome di tessuti.
Qui il ‘processo che aggruppa le cellule artificiali, modificandone.
opportunamente la forma a seconda della reciproca posizione degli ®-
lementi e dei rapporti di questi col mondo esterno, non è certamente
omologo a quello che plasma i tessuti genuini aventi, come è il caso
per. le epidermidi, i parenchimi corticali e via dicendo, una grande. ras
somiglianza con quelli artificialmente ottenuti. Ma se di analogia dol ;
biamo unicamente parlare, è d’uopo ciò non di meno convenire che
quelle forze fisico chimiche che determinano la formazione dei tes
PROF. LUIGI BUSCALIONI sir: “ES
ri. concorrono, in parte più o meno grande, Nude a plasmare quelli
sperimentali. Se le cellule epidermiche nei. tessuti colloidali sono più
grandi delle altre sottostanti, se le fibrocellule artificiali sono tramez-
zate, se una cuticola riveste gli elimenti periferici, se infine gli ispessi-
menti si formano agli angoli dei poligoni collenchimatosi non possiamo
attribuire tutto ciò puramente al caso. Non credo pertanto di. andar
errato affermando che le formazioni similari vadano - ascritte. in parte
a fenomeni similari, fra eui meritano di esser però in considerazione pati...
ticolare la costituzione colloidale e le variazioni nella tensione super-
ficiale (Rumber) (1).
-~ In conclusione è lecito affermare che le soluzioni colloidali, grazie
alla loro labile costituzione, grazie al potere di reversibilità, grazie al
O peculiare comportamento di fronte agli agenti chimici e fisici e al
Stesso comportamento di tal natura, grazie infine alla loro strut-
tura, quale si intravede coll’ ultramieroseopio e ad altre proprietà, si
no considerare come il substrato più adatto per estrinsecare una
e almeno di quel complesso di fenomeni che la nostra ignoranza
dia. sotto il nome di vita.
AOLO S
Chiarito così alla meglio e per quanto è suscettibile di delucida-
un concetto così oscuro quale è quello delle analogie e delle o~
gie da un lato e delle antinomie dall’altro che si affacciano allor-
paragona il comportamento del collodio nell’ esperimento e quello
li albuminoidi nei grandiosi e complessi processi vitali più nessuno mi
à tacciare di essermi lasciato trasportare dall’entusiasmo nel campo
perio (2), come è accaduto a De di uno dei miei predecessori.
4
a. insiste ad es. sulla tendenza che hanno i setti a Ba
me artificiali, secondo gli nia 120° e 90° e olo per effetto della ten-
er ora l’homunculus non è ancor stato trovato ‘negli re +.
o e non so quando lo si ritroverà, malgrado gli importanti stu. N.
i
515 NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
Mi lusinga la speranza di non essermi allontanato, sia nella ricerca,
sia nelle deduzioni che da questa emanarono dal dominio del più ri-
goroso controllo scientifico, o per lo meno di aver posto le quistioni
sul terreno dei fatti e perciò accessibile alla discussione. Questa è
stata la mia costante preoccupazione ed i risultati riportati mi permet-.
tono, se non erro, affermare col Ruffini che le esperienze in vitro, quali
sono quelle oggetto della presente nota e di non pochi altri osservatori,
devono di necessità condurci a sostenere « che molti dei così detti fe-
nomeni vitali delle cellule trovano la loro ragione di esistere nei risul-
tati sperimentali della fisico chimica. Occorre però vincere la rilut-
sostanze di natura albuminoida, Ammesso però che le mie ricerche, nella peggiore
delle ipotesi, non abbiano alcun valora positivo tanto nel caso che si tratti di
stabilire alcune relazioni tra la natura colloidale degli albumino'di e le organiz-
zazioni cellulari di questi, quanto in quello che si voglia metter in evidenza taluni
fattori che provocano la segmentazione cellulare nei colloidi, rimane pur sempre
a loro favore un significato, negativo diremo così, ma di una certa importanza poi-
chè dalle stesse risulta che costituzioni ritenute prettamente cellulari, organiche,
istologiche (reticoli di Golgi, nuclei di globuli rossi:del sangue del Petroni, strie
delle fibre nervose etc.) vanno considerate probabilmente come reperti chimici
in correlazione ai trattamenti cui si assoggettarono le cellule. A questo riguar-
do nessuno vorrà contestare un certo interesse al mio scritto. Oso tuttavia spe-
rare che forse più di un benevole lettore non vorrà esser così pessimista da ri- |
pudiare a questo anche un significato positivo, quale venne da me prospettato.
Io so benissimo che ancor grande è l’abisso fra le cellule vere e le mie ar-
tificiali, ma non credo di allontanarmi molto dal vero ammettendo che la prin-
cipale differenza sta in ciò che mentre le varie cellale (macro e microcellule) 4
proposte dai differenti autori, me compreso, (V. cellule del Traube, Pfeffer, Leduc
etc.) mettono in evidenza solo uno o pochi fattori, una o poche delle caratteri- a
stiche cellulari (p. e. le cellule di Pfeffer ci informano solo sui processiosmotici, È
quelle di Ruffini sul movimento plasmico e sul chemotattismo, le mie sulla tensio-
ne superficiale, sui centri l’attrazione, sulla segmentazione e su qualche altro fat-
tore), le vere cellule albuminoidee viventi ci forniscono dei dati su una quantità +
enorme di fattori e di processi fisiologici ad un tempo (osmosi, diffusione, divi
sione, chemotattismo, eliotropismo, nutrizione et. et. ). Le cellule artificiali sono
in certo qual modo più o meno analitiche, quelle reali più o meno sintetiche.
In questo sta la grande differenza che solo potrà, forse, venir colmata quando —
avremo a disposizione gli albuminoidi di laboratorio e processi speciali per evo
care in questi la struttura cellulare. Ma passerà ancor molto tempo prima che
un tale risultato venga raggiunto, se pure lo verrà. i
PROF. LUIGI BUSCALIONI | 519
tanza di coloro, e sono i più, che non arrivano a comprendere che si
| possa riprodurre ad arte qualche fenomeno vitale, ma nello stesso
tempo è duopo non lasciarsi trascinare dalla foga dell’ entusiasmo che
ha portato a conclusioni esagerate non pochi costruttori di cellule ed
| organismi. Lo studio delle funzioni elementari, aggiunge anche il Ruf-
fini, trae dalla fisico-chimica larga messe di esperimenti, per cui è
ingiustificato l’ epiteto. « di trastulli » concui si sogliono battezzare
dagli incredul: le prove di laboratorio. Certo anche noi ammettiamo
che ognuno di tali esperimenti non spiega le funzioni della vita,
na non per questo il risultato ottenuto è meno eloquente. Ognuna
delle varie forme di attività vitale e d’ atteggiamento cellulare stata
riprodotta sperimentalmente non risolve affatto, separatamente presa,
problema: sommati assieme però i vari risultati, questi forniscono
indubbie prove che le manifestazioni vitali si possono in gran parte
ricondurre a processi fisico-chimici e quindi sono accessibili all’ espe-
illustre collega perchè essò collima colle mie vedute ed è impron-
ad un alto spirito di moderazione e di scrupolosità scientifica. |
= Ma giunto a questo punto dobbiamo, come necessaria conseguenza,
domandarei se si deve ancor considerare come troppo ardita, se non
| Addirittura erronea, l’antica ipotesi, oggigiorno presentata da più di un
€ sotto veste nuova, della generazione spontanea.
Secondo questa ipotesi la vita dovette sorgere in seno a uno dei
t eolloidi, più o meno complessi, che si venivano formando sulla
allorchè, nelle antiche epoche geologiche, le condizioni divennero
zie alla sua estrinsecazione e forse sorge incessantemente tuttora
qualche territorio del nostro pianeta.
La ipotesi, è vero, è stata strenuamente combattuta dal genio del
ur e in conseguenza dalle maggioranze, sia degli scienziati che dei
i. Ritengo tuttavia che siasi un po affrettatamente negata la pos-
della generazione spontanea, poichè il non aver trovato orga-
n un palloncino sterilizzato non ci autorizza a trarne la illa-
che mai sulla terra abbia potuto trame origine la vita da un
de, o da altra sostanza analoga. Sowo due questioni solo pp w
fra loro collegate, in realtà indipendenti. Comprendo che l'an-
520 -~ NUOVE OSSERVAZIONI SULLE CELLULE ARTIFICIALI
dar contro n è cosa ardua, ma oggigiorno gli scienziati comin-
‘ciano a non pensare più colla testa di un Pasteur e lo prova Pinteres- |
sante e recentissima pubblicazione del mio carissimo ed illustre collega il x
‚ Prof. Sacco sull’ Universo. D'altronde, affermo io, un'ipotesi che fa nae
scere per generazione spontanea, verificatasi in illo tempore, gli orga- —
nismi parmi che meriti maggior considerazione di quella, pur da taluni
accettata, che i corpuscoli cosmici vaganti per l’infinito abbiano potuto
servire di veicolo per trasportare dai pianeti e dai soli sopra il nostro 2
globo terrestre i primordiali e più semplici esseri viventi. ` È
Giunto al termine del lavoro mi sia concesso di esternare al chia-
rissimo collega ed amico il Prof. A. Russo direttore del locale Istituto
zoologico universitario le più sentite azioni di grazie per avermi aiutato x
in tutti i modi a condurre a termine le esperienze, per avermi messo
‘a disposizione il materiale, gli strumenti e la biblioteca del suo labo-
ratorio ed infine per aver integrato la modesta opera mia col consiglio
di persona molto addentro nelle questioni di istologia animale,. in specie
per quanto concerne i mitocondri, i reticoli golgiani ed altre analoghe
strutture. Anche all’esimio Prof. Grassi G. B. della nostra Università,
il quale pure mise cortesemente a mia disposizione il laboratorio di
Chimica, mi è caro esprimere i miei ringraziamenti,
Catania Maggio 1918.
Spa
ER:
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Il plasma, per quest’A. è un colloids idrofilo allo stato di sol (uova di
protozoi), ma alla sufipercie è allo stato di gelo.
La zona di protezione che si forma attorno al protop'asma uscito dalla
cellula ha pure natura di gel.
L'aster deve la sua rigidezza al plasma, allo stato di sol, interposto fra
le fibrille,
In talune cellule si passa dallo stato di gelo a quello di sol ada
mente, per cui trattasi di fenomeni reversibili e la trasformazione comincia
all'equatore per estendersi ai poli della cellula (V. all’uopo le osservazioni
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In questo lavoro si vede lo sforzo per omologare la costituzione dei corpi
‘organici a quella degli organismi viventi, nel senso che anche nei primi,
Passano dallo stato liquido al solido, si può aver la parvenza di una
tura cellulare, la quale, come nelle mie esperienze sulle cellule artificiali,
te soltanto la dove la sostanza in via di raffreddamento ha un certo
f
È
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TA
p
i
p
a
3
È
AE
er
STAR inorganiche si formano per effetto di speciali vortici cellulari,
ienze di Benard), si moltiplicano per scissiparità, hanno un nuclea e in-
' presentano isolate, o in colonie.
524 BIBLIOGRAFIA
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Devo perd far rilevare che tali elementi inorganici hanno ben pochi punti
di contatto con le mie cellule al collodio, anche perchè richiedonono speciali .
disposizioni ottiche per essere messe in evidenza e le cellule poi sono di di-
mensioni colossali.
Cellule abbastanza ben confermate ottenne PA coll’acciaio puro e colla cri-
stallizzazione di non pochi corpi. Colla cristallizzazione si formano degli spazi tra
un elemento cristallino e l’altro e tali linee di demarcazione sono poi riempite da
sostanze speciali amorfe che ricorderebbero le membrane cellulari. Le impurità
del mezzo, come vide anche il Chartaud, favoriscono la formazione di membrane
divisorie ed io credo che a questa condizione di cose debbansi le bellissime
membrane, cogli strati di ispessimento, da me osservate nelle cellule al collodio, | —
enormemente più perfette di quelle ottenute dal Dauzere R
L’autore spiega l'origine delle cellule coi fenomani della tensione superfi:. —
ciale; per di più fa intervenire l’azione delle « onde di cristallizzazione 2, ari-. <
guardo delle quali da una spiegazione che in parte collima colle mie. Egli però, —
come già fece il Liesegans, non si preeccupa delle mie osservazioni in proposito, =
sebbene usi la stessa terminologia.
Aggiungerò da ultimo che le osservazioni del Dauzere, a vola ai Thomson, È
Guetard e Jantzen sui fenomeni di convezione sono di gran lunga anteriori a a
quelle del Prof. Capparelli sullo stesso argomento, sebbene questi si ostini ari-
tenere che i fatti da lui studiati siano affatto nuovi nel campo della fisico-
chimica, per cui li battezzò col nome di fenomeni di igromipsia. i
Dauzer L. — C. R. T. 162.
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Danilewsky — Ueb. chemotropische WORE d. Quecksilbers. Arch. Anat.
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ments et. C. R.. 66. Sez. Soc, Helv. Sc. Nat. Zurik 1883.
147, Sa
Della Valle — Le analogie fisico-chimiche della forgiazione e della dissoluz. d.
cromosomi. Monit. Zool. 20
Id. La morfologia d. Ofomatiak dal Punto di va fisico, Arch. Zool. Ito
6, 1912 Napoli.. e
Il compianto Prof. Della Valle va indubbiamente annoverato fra coloro ie:
fisico-chimiche. È al nucleo ed ai suoi mutamenti che l'A. cerca di applicare
le sue vedute, cominciando dall’asserire che il nucleo in riposo è un corpo la
cui membrana si formerebbe per effetto di precipitazioni di colloidi aventi ca.
riche elettriche opposte, analogamente a quanto si ha nelle membrane aptogene
(Lillie).
I processi cariocinetici sarebbero poi in- gran parto accessibili ad una ner
BIBLIOGRAFIA
gazione avente per base le tensioni superficiali ed i fenomeni di smistamento dei col-
loidi, la ripartizione dei geli e sol ed infine i passaggi dall’uno all’altro di questi Be
Persino la scissione longitudinale dei cromosomi (ritenuti analoghi dall’A.
‘ai cristalli fluenti), sebbene rappresenti un fenomeno eminentemente vitale per
la maggioranza dei botanici e zoologi, sarebbe spiegabile colla scissione longitu-
dinale che ha luogo in cristalli allorchè hanno raggiunto una data lunghezza.
Le torsioni facilmente reperibili nei cromosomi vennero pure riscontrate in ds:
‘altri corpi colloidali, o cristallizzati. Esse avvengono lungo uno stesso cromoso-
main senso inverso, il che, a mio parere, potrebbe esser indizio che i cromosomi
| sono fissati alle estremità, (come i cirri che han fatto presa) qualora non avessi
‘constatato analoghe doppie torsioni in scapi fiorali del tutto liberi di Plantago.
Secondo il Della Valle la disposizione di granuli disposti in fila nell'interno
dei cromosomi si osserva in molti altri corpi assoggettat: alla tensione su -
ciale: la costanza nel numero dei cromosomi delle varie specie vegetali ed ani-
na trova la sua spiegazione in analoga interpretazione e colle considerazioni =
3 sul peso molecolare strettamente collegato alla tensione superficiale.
Il Della Valle ha affrontato anche i complessi fenomeni che accompagnano
lee riocinesi di riduzione, come ad es. la molteplicità polare, le quadriglie cro-
Mosomiche et. el egli basandosi sulle ricerche di Nemec che ottenne le fasi di
cinesi sessuale coi nuclei vegetativi soggetti ai vapori di benzina, ne trae
onelusione che anche qui agenti fisico-chimici intervengano per alterare il
Processo cariocinetico. Ed io non credo erronea l’interpretazione, dacchè nell’al-
; della Vicia Faba soggetto a trazioni meccaniche e ad alterata nutrizione,
cariocinesi vegetative assumono spesso la fisonomia di quelle sessuali (mul-
olarità dei fusi, tetradi cromosomiche et.), come ho io pel primo constatato.
In un prossimo lavoro cercherò ancor meglio e più dettagliatamente di di-
trare che appunto ad un’alterata nutrizione nucleare si possono ricondurre le
della cariocinesi di riduzione. i
Dopo aver raccolto in un grosso volume un cumulo
Mostrare l’importante parte che i fenomeni fisico-chim
ə il Della Valle conclude che all'indirizzo vitalistico si debba n con-
porre quello fisico-chimico per spiegare i processi cellulari, come già Danno
i to di fare Giglio-Tos, Bütschli, Hartog, Gallardo, Giardina, Enriques,
aoid, Lehmann ed altri.
Talune delle teorie del chiaro istulogo sono forse ur
no, a mio parere, di esser pure im considerazione, 0
EE ata
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p3 - n SR
POE GO gr SL TE PER dl
di dati e di prove atte
ici spiegano nella vita
mi
pò ardite, ma non poche
per lo meno ulterior-
alizzate senza preconcetti. ; i
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altri corpi (amido, zucchero, olio) diamagnetici. Le cellule per lo più dispon-
gono il loro maggior asse parallelamente allelinee di forza nel campo magnetico.
Lo stato emulsionale favorisce il passaggio della corrente elettrica. o
I movimenti delle piante dipendono dalla tensione superficiale in rapporto
alla corrente elettrica che da essa ne deriva, la quale agisce sulle particelle bi
polari del plasma riducendo la tensione da un lato, aumentandola da quello op-
posto: di qui il moto e la direzione di. questo,
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cariocinetica, nonchè la scomparsa della membrana nucleare sono in rapporto
colla tensione superficiale. Non tutti i fenomeni della divisione nucleare sono
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Ch. 75, 1 191.
R a rficiale
assorbimento acqueo inerentemente alla diminuita ER *
cellule più permeabili. Anche gli anestetici (te ce a che alla
probabilmente in virtù del mani pensi (
La
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affini per effetto degli elettroliti e di condizioni speciali si smescolano dando
apparato reticolare a tipo golgiano, Levi da cellule coltivate in vitro conchiu 1-
de che il plasma è un colloide in fase meno densa rispetto al condrioma £8
nuloso. Lo stesso ammette la Sig. Monti per talune figure condriosomiche
smescolamento. Nei liquidi di Flemming e di Hermann le figure che si otter
gono sono differenti da quelle dei condriosomi. La varia struttura cellu'a
real da differente. RE dei colloidi. Gli ergastoplasmi son i
BIBLIOGRAFIA 1 525
~ che compaiono per effetto di correnti plasmiche e di assorbimento d’acqua. Zone
-~ concentriche si ottengono in paranuclei trattati con sali di argento e talora
| rivelano persino la presenza di onde di cristallizzazione. L’apparato interno re-
ticolare del Golgi è, infine, un colloide in fase più densa, e lo stesso si verifi-
cherebbe per il condrioma, Forse entrambi sono atnoleghi e rappresentati da
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SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
TAVOLA I
È Fic. 1.
‚Da un preparato così allestito: acqua, cautchouch, alcool, etere, benzol, olio
di ricino, balsamo del Canada, sublimato corrosivo, cloruro di cobalto, collodio,
. acido cromico, cloridrato di chinino, Sudan III
Obb. AA Oc. 2 Zeiss. Mantice dell’apparato fotografico chiuso.
dfn
, Preparato ottenuto coll’inetustoné nel collodio dei seguenti reattivi: Alcool,
etere, benzol, acido cromico, cloruro di cobalto, sublimato corrosivo, olio di ri-
o | cino e di oliva, balsamo del Canadà, acqua (traccie) e Sudan III. Esposizione della
| pellicola ai vapori di idrogeno solforato, dopo averla immersa per pochi minuti
in soluzione di AgNO; al 5 °/o. Le pareti cellulari sono alquanto impregnate di
‘argento che forma poi un grosso ammasso granulare al centro delle cellule.
I nuclei racchiusi nell’ammasso spiccano qua e là, nella fotografia, sotto
forma di corpi a tinta uniforme, gugia, pallida. Il protoplasma & nettamente
schiumoso.
Oc. AA Obb, 2. Mantice dalla inierofotografico chiuso.
i
= er 2.
=
Fre. 8.
®
| Tessuto corticale. All’esterno una zona a tipo sugheroso, poi al di sotto un
parenchima lacunoso sovrapposto a un tessuto cambiale di cellule tabulari che
più profondamente trapassano di nuovo nell’ordinario parenchima. . ;
Obb. AA Oc. 2 Zeiss. Mantice dell apparato fotografico chiuso.
_ Fra. 4.
-
lia ottenuto coi seguenti reattivi: Sudan III, ik. cautchouch,
balsamo del Canadà, olio di ricino, acqua, eloruro di cobalto, cloridrato di chi-
, acido cromico, collodio, nleool, etere, benzol.
Fra. 5. I
a cuticola ispessita, I vasi delle un for'emente reticolati, sono bea: (
' stinti solo nel parenchima.
Obb. AA Oc. 2 Zeiss. Mantice dell’apparato fotcgrafico chiuso,
‚Fi. 6.
> Tessuto dui a rina: cellule sormontate da una robusta ontienle
Esso poggia sopra un parenchima a cellule intimamente unite in tessuto e coi
nuclei distintamente reticolati.
Obb. AA Oc. 2 Zeiss; Mantice dell'apparato Beni: chiuso,
in | TAVOLA II š
Fia. Li s
Fibrocellule tramezzate. I setti trasversali sono sottili, quelli longitndin
ispessiti. Nel centro delle singole cellule si Hota un precipitato: nero di ar
ridotto. Nuelei poco, o punto evidenti.
Obb. AA ei 2 Zeiss, Mantice dell'apparato fotografico chiuso.
WS Se Fra. 2.
3 Preparato allestito coi seguenti reattivi: Sublimato, balsamo del Cana
alcool, etere, cautchouch, benzol, Sudan III, olio di ricino.
La preparazione è stata trattata all’ idrochinone, previo passaggio ne
l'AgNO,.
Cellule isolate lo une dalle altre col ta di argento alla perif
‚del protoplasma ed a ridosso del nueleo
Comunicazioni plasmiche,
Obb. AA, Oc. 2. Zeiss. Mantice dell'apparato fotografico chiuso,
; Se 0/47
Cellule in eni il reticolo nucleare è molto ben distinto, così pure lai
brana: qualche cellula in divisione mostra i nuclei strozzati e la membrana
netrante nella strozzatura.
« Obb. AA. > 2. Zeiss. Mantico er Leis fotografico chiuso. .
See e Pro. 4 RI
| Tessuto con or cellule i in via di dviaiolio amitotica.
I nuclei sono rina e finamente fetisolati. Il protoplasma ha pas
struttura.
_Obb. AA Oc. 3. Ba Mantico dell’ ‘apparato fotografico chiuso,
Collenchima. RS fo
Gli ispessimenti delle membrane agli angoli delle cellule sono rugosi e di
‘eolor bianco-cartilagineo. Le cellule (senza nucleo), alveolate.
Il preparato è lacerato in più punti.
Obb. AA Oc. 2. Zeiss. Mantice dall’apparato fotografico chiuso.
=PIG:6.
Cellule nucleate clle pareti cellulari attraversate da plasmodesmi, Nel pre-
parato i nuclei erano colorati in rosso (nella fotografia in nero).
Obb. AA. Oc. 2 Zeiss Mantice dell’ apparato fotografico chiuso.
TAVOLA II.
Fia. 1. i
| Passaggi alternati della pellicola dell’ idrochinone alla soluzione al 5 °/o (in
qua) di AgNO, 2a :
I nuclei cellulari, molti dei quali sono visibili nella fotografia in forma di
nmassi centrali grigio-pallidi, sono circondati da un intenso precipitato di
ento ridotto, sotto forma di reticoli e filamenti ramosi nerissimi. Le mem-
ne cellulari sono pure nere per la presenza dello stesso corpo. :
Fio. 2.
| Preparato allestito col collolio in benzol, acido cromico, nitrato d’ argento
uzione satura in alcool ed etere), cautchouch, Sudan III, olio di ricino e
amo del Canadà sciolto nel benzol. |. 7
| Ammassi e reticoli golgiani nerissimi addossati ai nuclei grigio-oscuri.
Fio. 8.
Preparato al cloridrato di chinino (oltre gli altri composti).
Il nucleo della cellula era colorato in rosso dal -Si
da una zona chiara. i
Obb. 5. Oc. 2. Mantice chiuso dell’ apparato mierofotografico.
Analoga a quella precedente, ma vista a più debole ingrandimento per
ter in evidenza il grande numero di cellule formatesi ed i
= porti, :
loro reciproci rap- |
Fia, B. ~
Costituzione del preparato analoga a quella indicata nella precedente fotu-
d
Ob. AA. Oc: 2. Zeiss. Mantice dell’ apparato fotografico chiuso.
i XÑ
KR N z i ER x à Fio. 6. í
Tessuto corticale. dee
Sui tricomi delle Pelei con particolare riguardo alle Parafisi
NOTA peL Pror. L. BUSCALIONI
(continuazione)
SI . -
| Le presenti ricerche erano già pronte per la stampa quando ei fu
«dato di consultare l'interessante opuscolo del D.r G. De Gasparis sulla
ee Bogis delle Felci
In questo lavoro, inspirato evidentemente a concetti Delpiniani,
= PA, trova che i peli stellati ricoprenti le fronde di talune Felci. (Pla-
— tycerium aleicorne Desv.), dal lato ove si impiantano gli | sporangi,
. staccandosi facilmente dal lembo fogliare possono disseminare a di-
stanza le spore accidentalmente cadute sui loro rami.
Il concetto è attendibile e collima con quanto fu da noi osservato
sulle fronde di Niphobolus e di altre Felci ricche di peli.
| Non altrettanto conforme al vero ci pare l’ipotesi del De Gasparis
sulla funzione dei peli secernenti reperibili sulle capsule di alcune Felci.
(Gymnogramme aspidioides ? (Hook)). Egli. ritiene, che secernendo sif-
fatti organi delle sostanze resinose, possono tenacemente attaccarsi agli
animali i quali allontanandosi di poi dalle fronde strapperebbero le
capsule, le cui spore verrebbero così disseminate a distanza.
oi faremo rilevare che siffatti peli pericapsulari. secernenti, molto
più diffusi nelle Felci di quanto ebbe ad osservare il De Gasparis, sono
spesso presenti su sporangi ricoperti dall’ indusio e quindi poco sog-
getti a venir a contatto di animali. Inoltre ci pare che le viscosità dal
secreto non sia stata fino ad ora sufficientemente conclamata, e qualora
venisse accertata ostacolerebbe forse il funzionamento degli sporangi
che verrebbero facilmente invischiati gli uni cogli altri e non potreb-
bero probabilmente più aprirsi.
.Da ultimo non possiamo tacere che siffatti peli funzionano, più
che altro, durante il periodo di sviluppo degli sporangi ed è pure pro-
blematico se siano sufficienti, sia pel numero loro, sia per la natura del
loro secreto, a determinare lo strappamento della capsula da parte
degli animali e eui essi dovrebbero aderire
Riteniamo pertanto che la funzione dei peli capsulari sia quella’
da noi altrove indicata, tanto più che la localizzazione dagli stessi non
fissa, ‘potendo assai spesso comparir sotto la capsula, sul peduncolo
dello sporangio. (1) 3
® Sulla funzione dei peli nell’ ambito degli .. di Een, ai
546 sur mRıconte DELLE FELCI con PARTICOLARE RIGUARDO ECC.
Nel caso poi che i peli ‘pericapsulari siano uncinati come quei
del Meniscium sp. noi non siamo alieni dall’. ammettere col De Ga-
| sparis che valgano a disseminare le capsule per mezzo degli animali, i
per quanto solo in via molto subordinata. È duopo infatti aver pre-
sente che molte volte i peli sono diritti e poi si trovano spesso in spo-
rangi ricoperti dall’indusio e quindi protetti contro lo sfugamento det
gli animali. Perciò anche per questi peli è duopo ritenere che proba-
bilmente la funzione principale sia quella da noi altrove indicata. `
Infine non ci pare attendibile l'ipotesi che i peli ghiandolari pre-
senti sulle squame di Thamnopteris musarfolia Mett., di T. midus, di
| Diplazium viviparum Presl. siano da considerarsi come analoghi ai
corpuscoli di Belt e di Müller, insomma ai cosi detti fruttini di cui ei
nutrono le formiche viventi in società con molte piante. Noi dissentia- —
‚mo dall’ egregio autore per le seguenti ragioni:
1. Siffatti peli ghiandolari sono presenti sulle squame di un gran:
dissimo numero di Felci che non albergano formiche. (2) |
2. Essi sono anaipa ai pi che A da ola sporangi e molte
parafisi.
3. I peli funzionano in particolar’ modo quando la parte su cui si
| trovano è in via di accrescimento, ed infatti è stato da più di un au- ;
| tore assodato che essi hanno il compito di mantenere un ambiente ut
mido attorno agli organi in via di sviluppo.
4. Non contengono soltanto sostanze alburainoidi, ma resine, olî sli
quali gli autori assegnano il nome di parafisi ci ha dato non pochi interessanti
ragguagli recentemente il Magnus, per quanto il lavoro di questo insigne Bo-
-tanico abbia di mira unicamente le parafisi dei funghi. Le parafisi di alcun:
` Uredinee avrebbero lo scopo di mentener umido l’ambiente attorno alle spore
e di sollevar l'epidermide per dar posto a queste durante il loro sviluppo.
PROF. LUIGI BUSCALIONI
«altri corpi e spesso poi i differenti peli di una squama hanno differente
O e segregano sostanze diverse.
i
. Che fino ad ora nessuno ha mai visto le formiche cibarsi di
a peli. All’opposto osservazioni recenti avrebbero assodato che nei,
casi di mirmecofilia conclamata, quale si incontra in talune Felci, nelle
gallerie che percorrono il rizoma, le formiche che ivi stanno insediate
allevano un vero Pilzgarten, su More: a quello delle formiche ers
foglie.
Ora questi giardini fungini renderebbero probabilmente inutili i
peli sopra indicati, insufficienti certo a mantenere uno stuolo così im-
ponente di formiche, quale si incontra nelle gallerie dei rizomi delle
| sopra indicate Felci.
Riteniamo pertanto che i peli delle squame abbiano la funzione
da noi sopra a: Essi PI ci trovano Sua gompre: sul prolunga-
Ei
F altri Felci, ed a riguardo delle er abbiamo richiamato»l’atten-
zione dei votante,
CONCLUSIONI
Le parafisi delle Felei sono organi di forma svariatissima, i quali,
virtù appunto della loro peculiare costituzione nelle varie sui
ssono fornire utili ragguagli al botanico sistematico. (1)
Tra parafisi e squame vi ha spesso una stretta affinità, per quanto
guarda la loro struttura e la funzione di organi secretori.
Assai meno evidente è l’ affinità tra parafisi e sporangi, ma non
ancano tuttavia le caratteristiche comuni, come ‘ad esempio lontano
i i
DS
1) Aa analoga conclusione è giunto il Buch H (Mannliche Pflanzen von
thecium humile (Ruthe) Liudb, Meddel. of. Soc. F. FI. fennica 1907), il
‘avendo trovato che la parafisi dell’ A. rufescens differiscono da quelle
"humile, rileva che lo studio della parafisi nelle Muscinee pot: ebbe g o-
sistematico. x
SUI TRICOMI DELLE FELCI CON PARTICOLARE RIGUARDO ECC.
accenno di un anello in eo parafisi, costituzione delle pareti ce
lulari e via dicendo.
Per gli intimi rapporti che [toreszonto fra parafisi e squame an-
. che queste ultime devono aver dei rapporti per lo meno di analogi
cogli sporangi. Noi vediamo infatti comparire anche nelle squame, e
spesso in una-determinata regione di queste, una costituzione cellulare Ù
omologa, o almeno analoga a quelle degli anelli sporangiali.
derebbero invece agli elementi delle faccie degli sporangi, essendo
pari di queste, fornite di pareti sottili. L’affinità, o meglio l’ analog
della regione assile a pareti ispessite delle squame appare poco evidente
allorchè confrontiamo la stessa coll’anello delle Felci . Leptosporang
più moderne e più evolute, avendo in queste Panello assunto una costi-
tuzione ben definita e specializzata. Alquanto più evidente, appare ii
vece l'affinità coll’anello degli sporangi delle forme arcaiche come
Gleicheniacee, o con quelle trapassanti al tipo di Felei eusporangiati
- in cui P’anello è formato da più serie di cellule e ispessite giustaposte.
non formanti perciò un organo ben individualizzato (Osmunda). B
E vero però che moltissime squame difettano di una parte, 0 re
gione, fornita di cellule più ispessite, ma anche in talune Felei. fos
(Diplolabis) gli sporangi sono sforniti dalle cellule a parati robu
che costituiscono 1’ anello. pod
La costituzione delle cellule deik parafisi, e specialmente
membrane cellulari meriterebbe nuove ricerche di indole mierochim |
le quali indubbiamente porterebbero a interessanti risultati.
Spesso le parafisi aderenti al piede degli sporangi, od alla ca
stessa (parafisi capocchiate di Dipteris Lobbiana (Hook) Moore) h
più stretti rapporti colle appendici secretorie delle squame che
genuine parafisi e perciò meriterebbero il nome di pseudoparafisi,
ziehe quello di parafisi, i
Le parafisi infine compiono un’ importante fnnzione di dif i
(1) Augho nella Todites Williamsonti studiata dal Thomas e prop!
terreni giuresi manca un vero anello essendovi solo all’ apice dello s]
un gruppo’ di cellule più ispessite dalle altre,
No agli sporangi, sia per lá presenza delle sontaziai che contengono,
o secernono, sia meccanicamente. Non è improbabile che servano anche
regolare la disseminazione delle spore. (1)
o%
* *
Giunto al termine delle presenti ricerche sento il dovere di rin-
graziare, oltre che il Prof. Engler direttore del celebre Istituto botani- .
o berlinese, anche il Prof. Hieronymus ‘ed il Ten. Col. Brause per gli
iuti ed i consigli di cui mi furono larghi durante l esecuzione di que-
. Tengo intanto a far notare che questo mio primo saggio di ricer-
he sulle Pteridofite sarà quanto prima seguito un Er lavoro sulle
Megoniato,-
Dahlem (Bot. Inst.) 31 Ort. 1912.
T9 A sone di queste. figata sulle Parafisi è- duopo ripete qui’
uni dati relativi alle osservazioni di Dihm sull’anelio delle Muscinee (Unters,
b d. Annulus, d. Laubmoose. Sitzungsber. d. Bot. Ver. München 1895, ref. in
ot. Centralbl. p. 45 LXII Bd. 1895). Dalle stesse risulta che nei Muschi, al
i che nelle Felci, si nota un perfezionamento nella costituzione dell’anelloa _
conda dei generi e delle specie; oltre a ciò I’ apparecchio in questione pre-
a molti punti di contatto con quello delle Felci e colla costituzione delle
afisi e squame, Innanzi tutto le pareti dell'anello sono ispessite, in secondo
go le cellule che lo costituiscono. contengono spesso una mucilaggine poco
la quale in certa misura ricorda gli strati di ispessimento
pareti degli sporangi, delle squame e delle p rafisi nelle Felci, da ultimo-
secrezione di sostanze di indole mucilagginose, così frequente a riscontrarsi
apparato di riprouzione da Muschi trova una analogia nelle secrezioni della
a batura che hanno luogo nella parafisi e nelle squame ‘all’ estremità dei
doni di cellule a pareti ispessite, sulla capsula stessa o sul piede di questa
Felci.
A questo riguardo osser ceremo, da ultimo, che le afficità tra Briofite e Felei
nophyllaceae) in base alla costituzione dallo sporangio fu pure messa in
a dal Mettenins. van de Busch, Prantl, Göbel e Lühne (V. Lühre Viet. `
porogon von Anthoceros und dessen Homologien mit d. Sorus der Farne.
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SPIEGAZIONE DELLE FIGURE
. F.g. 1 Hymenophy'lum Thumbridgense Smith. Parsfisi.
» 2 Qleandra reticulata. Parafisi (a) e pseudoparafisi (b).
» 3 Parafis' di Asplen'um blechnoides.
>» 4 — Pterozonium reniforme ipa Fee. Pseudoparafisi siena al piede
dello sp rangio,
5 — Syngramme alismifolia (Pr.) S. Sm. Parafisi ʻa) e pesudoparafici (w:
queste ultime aderenti agli sporangi ed agli sporangiastri.
6 — Gymnogramme pumila Spreng. Parafisi.
© — Hemionotis palmata. Peli fra gli sporangi.
8 — Hemionitis arifolia. Parafisi. |
. 9 — Jamesonia bogotensis. Parafisi.
10 — Parafisi semplici e ramose queste incurvata col lato c concavo dal lato
- in cui la membrana è più ispessita. Aspleniopsis decipiens. Mart.
_11 — Parafisi di Vittaria guinens's. Desv,
12—- >» di Vittaria elongata
18 — >» di Anthophium TER, a >
14 — >» di Anthophium immersum Mest
15 — diritte-a) ed incurvate sotto an della glicerina al elo-
ralio. Vacnitt blechroides (Willd.) Sw.
» 16 — Taenitis blechnoides Sw. pelo della base dell» Sesia siliito di cel
à lula secretrice apicale.
7 — Parafisi di Taenitis angustifolia R. Br.
18 — Platitaenia Requiniana (Gaud.) Kuhn. Parafisi.
19 — Hymenolepsis spicata Presl, Parafisi.
‘— Parafisi di Polypodium sinuosum Wall.
— Polypodium phleboides Parafisi squamiformi con cellule ‘secretici.
2 — Parafisi di nica e : 3
Í > : boninense.
> maculosum Chri st. et
.
_ Elaphoglossum sporadolepis (it Moore. Squame delle fronde fer-
tili e sterili, i
SPIEGAZIONE DELLE FIGURE
— Peli stellati della fronda di Niphobolus varius.
» 82 — Squama a cucchiaio e flägellifera di Cyathea aurea.
>» 38 — >» del rizoma di Polypodium plebeium. La regione assi
della squama consta di cellule a pareti ispessite e brune.
» 34 — Id. i 3
» 35 —- Porzione di squama iu di Polypodium sinuosum Wall. La part
centrale della squama è formata da cellule colle pareti brune, pda
e mun te di forti eg
> 87-b — Be » nacia peloso.
> 87-c — Peli della fionda di Gymnogramme Totta.
» 38a — >» stellati delle squame di Dryopteris Poiteana Far Urban
> 38-b — >» genicolati dello sporangio » » 2
> 88-c — » della fronda di Dryopteris Poiteana (Bores) Urban: dh,
>» 899-a — Sa viscosum Sporangio peloso Be
— » —— Pelo settato della fronda.
usa FERN fili mas ina Schott. Porzione di ch con cello
secretrice tenane,
x
È
e
5
è
- Polypodium sinuosum Vall.
N.B. — Tutt» le figure furono disegnate sul piano del tavolino, alla
mera lucida, Oc. 3 Obb. 8 Leitz. i
= [a cristallizzazione negli organi vegetali
Nora pr AURELIO SERRA
Vari autori si occuparono della. forma cristallina dell’ ossalato di
calcio nelle piante: a questo scopo furono dirette le ricerche dell’ Ar
cangeli (1) del Boradin (2) del Kohl e del Poli.
ne e ii a E e
di tali produzioni e lo stesso Rosanoff, (3) che a lungo ha meditato su
. tale oggetto, dichiara di non essere riuscito a scoprirne il legame gene-
| tico, opina, però, che debbano avere la medesima origine.
3 Gli studi compiuti- ‘dallo Schimper, dal Monteverde, dal Penzig
| tendono a dimostrare che la luce esercita una notevole influenza nella
- formazione e distribuzione dell’ ossalato calcico. Il Buscalioni (4) obietta
al riguardo che piuttosto che all’azione diretta della luce solare si debbono
| attribuire siffatti fenomeni alla maggiore o minore evaporazione cui sono
esposte le piante. Poichè non si hanno concetti sicuri su quest’ argo -
mento, mancando qualsiasi dato di fatto all'infuori delle esperienze i-
stituite dal Buscalioni, mi pare interessante di occuparmene ed assai
opportuno di estendere l’ osservazione ai vari fenomeni di eristallizza-
zione che si verificano nei diversi organi vegetali, risolvendo la que:
| stione dal punto di vista puramente eristallografico.
i Le ricerche vennero segnatamente rivolte alle foglie di oxalis, di
citrus, di arancio, di ricinus, ai tuberi di dalie e di barbabietole.
Mediante queste si potè verificare che i cristalli si rinvengono con
ente l’ evaporazione influisse su questo fenomeno, eseguii con molta
| accuratezza numerose sezioni sottili delle specie su indicate che tenni
al riparo dalla polvere e misi al disopra dell’ esile fiammella di una
icrolampada, protetta da uno schermo di amianto per renderne molto
cos la evaporazione. -
(1) Arcangeli: a) Sull’ossalato calcico Gripiocrizialiine: b) Sulla polvere cri-
li a dell'ossalato calcico. `
: Sur les depots diffus d’oxalate de chanx dans les feuilles. ;
: Ueber Krislalldurrsen in Marke von kerria japonica D. C.
Ricinus comunis i
4) Buscalioni : Studi sui cristalli di. ossalato calcico. . ta aaa
Mancavano però esperienze sistematiche volte a stabilire la causa.
aggior frequenza negli organi aerei, Allo scopo di accertare se effettiva-
uk ORISTALLIZZAZIONE NEGLI ORGANI VEGETALI ;
Le sezioni delle foglie % oxalis, di eitrus, di arancio, diedero Foa
salato di calcio in forma di eleganti cristalli monoclini in cui si ren- .
dono evidenti i prismi di 3° e 4° ordine e offrono l’ immagine dei così
detti, impropriamente, ottaedri. Talvolta si ottengono forme tetragonali |
e ciò dipendentemente dallo stato di idratazione. Di frequente si ren- |
dono visibili granuli e globuli avviluppati da una esile membrana, non-
chè druse ed aggregazioni cristalline. I preparati si resero più atti al-
l'osservazione bagnandoli leggermente con glicerina: in questo modo fu
possibile ottenere un visibilissimo schiarimento del preparato. «dl
Le foglie dî ricinus mi rivelarono l’aleurone come agg regato aio
Sottoposte a lenta evaporazione diedero forme nreno ia con
marcata birifrangenza.
Le sezioni dei tuberi di dalia per lenta e REN evaporazione
rendono evidenti cristalli sferoidali, con sensibile birifrazione, riferibili.
all’inulina, che aumentano col progredire della evaporazione. “A
Dai tuberi di barbabietole non si ottengono forme cristalline defi
nite. Le osservazioni compiute inducono a ritenere che il glucosio si
trovi in essi in forma idrosolica e che, in seguito, per evaporazione lenta,
si passi alla forma idrogelica; mano mano che la evaporazione progre
disce la massa gelatinosa si deposita in seno “alle pareti delle cellule
Si ottengono in tal modo riunioni amorfe e forme globulari, anziechè
cristalli ben definiti, come sarebbe lecito ottenere da soluzioni acquose:
infatti, se si sottopongono i preparati all’azione dell’ acqua ed indi si
evapora, si nota che la .eristallizzazione avviene meglio: gr con
cura è possibile ottenere qualche cristallo monoelino.
Il liquido contenuto nelle barbabietole sottoposto a lenta evapora
zione assume consistenza sciropposa e lascia riconoscere aggregati che
si acerescono gradualmente, i quali mostrano distinta birifrazione
| potrebbero paragonarsi ai cristalli liquidi osservati dal Lehmann. (1)
Costantemente si verifica che durante ‘la evaporazione i crista
| gradualmente aumentano; si osserva anche che il contenuto cellulare
in seguito ad eliminazione di acqua attraverso la membrana — si
stringe, come DES restringe u Te ee a (
PROP. Avino Salem
in tutto I andamento del contenuto cellulare. Per DA si tiferince
alla pressione osmotica questo fatto si spiega con i principii di termo-
dinamica ed- apre un seducente orizzonte alle indagini fisico- chimiche
che vertono la economia vegetale, . SE
Le ricerche compiute permettono di uni se i fenomeni di
i localizzazione cristallina si verificano con maggior frequenza negli or-
gani aerei; che la eristallizzazione — in seno alle piante — avviene,
oltre che per processo osmotico e per assimilazione della massa succosa `
in causa dell’ adiacente tessuto organico, per graduale evaporazione pro
mossa dalla temperatura e dalla ventilazione, che pure in tal fatto e-
sercita notevole influenza; elementi” tutti che concorrono al medesimo.
x
“Microcristailogratta. - Applicazione dei metodi microeristallografici.
al u gi elementi minerali contenuti nei MEA
` Fra le sostanze minerali elica si rinvengono negli organismi vegetali
occupa il primo posto l’ ossalato calcico che spesso mostrasi eristalliz-
zato: riguardo la dibattuta questione riferentesi alle cause che determi-
nano i fenomeni della cristallizzazione, già mi occupai esaurientemente |
|. nella nota precedente. Nel protoplasma pur si riscontra il carbonato ed
il solfato di calcio, come pure nitrati di calcio, solfati e nitrati di ma-
gnesio e di litio ecc. Per quanto concerne il riconoscimento di piccole
| quantità degli elementi minerali, questo campo — sinora trascurato —rima- |
ne aperto alla ricerca. Con risultati incerti il Pfefter (1) adottò la miscela -
magnesiaca, il reattivo molibdlico 1’ Hausen (2); per questa ragione Li-
bienfeld unitamente al Monti (3) proposero un nuovo metodo basato
sulla colorazione miero-chimiea dei tessuti riechi di fosforo, metodo che
ancora venne modificato dal Pollacci (4). L Arcangeli (5), però, rileva
l inapplicabilità di tale metodo, opponendo difficoltà circa |’ estrazione
| del reattivo dai tessuti, che idrolizzato, si combinerebbe con questi.
me pare di risolvere la questione in un modo molto semplice, ponendo
cura di trattare una piccolissima parte degli organi in esame con rea
tivo molibdlico e facendo bollire: dopo lungo riposo filtrando, con lav-
vertenza di lavare il contenuto del filtro con acqua contenente qualche
goccia di molibdato ammonieo, indi trattando lo stesso accuratamente
con ammoniaca auge, che seioglie il fosfomolibdato ammonico torai
ch
di 1° ordine [011], di 2° [101] e di 3 [110], il A PU [010
nonchè il presa ed il macrodoma.
(1) Palatina über die Proteinkörner ı und die Patrian des
beim Keimen der Samen.
(2) Hausen: Ueber Sphaero-Krystalle.
48) Ueber die mikrochemische Localisation des Phosphors in den Ge
(4) PoLLACCI : Sulla distribuzione del fosforo nei tessuti vegetali.
© ARCANGELI: Sulla ricerca re del Fosforo nei tessuti
DEI METODI MICROCRISTALLOGRAFICI 559
Spesso si ottengono lamine cen distinte sviluppo del brachipinacoide
; [010] e tavole rappresentanti la faccia di base [001].
Tutti i cristalli mostrano visibilissima birifrangenza. Il metodo è
Ensibite abbastanza poichè gr. 0,02 di sostanza sono sufficienti per de-
terminare la reazione.
Invogliato dai risultati ottenuti per il fosforo, credetti opportuno
di estendere le ricerche ad altri elementi. Per questo scopo operai di-
_ rettamente sulle ceneri, valendomi di esigua quantità di semi di mellone.
| Per la valutazione del sodio trattai le ceneri con acqua distillata
appena acitulata con HCI: una goccia della soluzione fatta zia
. lentamente mi diede risultato negativo.
Altra goccia della soluzione trattata con H, Ptel, e fatta eva-
porare su un vetrino mi fornì numerosi cristalli tetraedrici, più spesso
combinazioni del tetraedro destre x [111] col sinistro x [111], evidente-
Dopo aver sciolto completamente le ceneri in acido nitrico diluito
), in una goccia accertai la presenza del ferro trattando con fluoruro
di ammonio e lasciando evaporare lentamente: dopo alcune ore ottenni
iplendidi cristallini di Auoferrito di ammonio, dati dal tetraedro destro
[111] in conbinazione col sinistro x [111] e da cubi [100], cristalli che
sarono al giallo per aggiunta di ammoniaca.
Il calcico lo ricenobbi mettendo in una goccia della soluzione un
nellino di ossalato ammonico : dopo evaporazione lenta su un ve-
o, apparvero piccoli cristallini di 000 Ca. Evwidenti i primi di
4 ordine raffiguranti i cosi detti — impropriamente — ottaedri. In
uni preparati eseguiti a diversa temperatura ebbi modo di rieönoscere
e forme tetragonali.
Per l’allunfinio ottenni una reazione molto distinta portando piccola.
one della soluzione a secco e trattando con debole eccesso di H, SO,;
una goccia immersi un granelline fuso di cloruro di cesio, dopo lenta .
orazione ebbi distinti tetraedri di alluminato di cesio. Forme ri-
iute x [111], » [111] in combinazione..
j magnesio lo precisai mettendo in una goccia della dios
ıtemente trattata con NH, e NH, Cl, un granellino di fosfato-
Li
. AURELIO SERRA
‘sodico ammonico: ottenni cristalli molto simili a quelli che accenti
per il fosforo, in seguito a formazione di Mg NH, PO,,
Trattando piccola porzione dei semi con HN O, (1:3), filtrando
evaporando per eliminare |’ eccesso di acido, potei accertare la presen
in essi dell’ H, SO, e dell’ HCl. Per il riconoscimento dell’ H, $
aventi un solo piano di simmetria con sensibile sviluppo del pin
[010] e cristalli a forma di X. i
Per l’ HCI trattai con Ag NO; dopo l’ evaporaziene ottenni
[100] 6 forme di ottaedri [111]. i
Ò Già da tempo è nota la proprietà che hanno le piante di assim
i metalli, che talora per mezzo della clorofilla passano allo stato
stanze organiche: ciò si verifica per il’fosforo che viene mutato i
posto fosfoorganico sulla cui natura non tutti sone di accordo: d
si. ritiene probabile la seguente costituzione :
; CH — OH — 0. P 7 OH
x Ö 5
CH- OH — 0. PÄ O OH in cui
sidrili possiedono funzione alcoolica. oF
La proprietà selettiva di certe piante si mostra spiccata per
elementi: la viola calamina, è caratteristica dei giacimenti di z
carlina acaulis nei terreni calcarei, la calamogradis arenaria, n
reni silicei; certe piante richiedono la presenza del cloruro di &
DE,
Ordinate valutazioni degli elementi minerali nei vegetali
no portare maggior luce sui rapporti fra suolo e vegetazione è,
| tutto, condurre a stabilire se debbano attribuirsi influenze app:
alle azioni meccaniche già sostenute dal Turman, o meglio all
‘chimiche efficacemente propugnate dal ‚Contejan ed offrir modo
cisare le dipendenze che si intravedono fra lo stato patolo
cune piante ed in terreni, ed in base a rigorose disanime intro
e notevoli innovazioni nel trattamento di at |
Ossi (Sassari) 4 agosto 1920,
i questi.
Lavori originali:
; : BUSCALIONI Luici E MUSCATELLO GIUSEPPE — Studio monografico sulle
Specie americane del Gen..‘‘ Sauraia;, Willd. (Dec. IImem. VIII) ci
Id. i a Ca id. >
Id. id... + id. >
"Buscauıonı Luri — Sulle ramificazioni del Mastigocladus laminosus Cohn. »
~ Buscauıonı Luigi — Sui Tricomi delle Felci, con pre riguardo
‚alle Parafisi. : «ra rac ; vi a i ‘ £ >
Id. id. + FE HE. »
1a. SM w Rs
: BUBÖALIONT Lurgi — Nuove osservazioni a: cellule artificiali i 3 >
id. id.
CoLosi ones = Contributo alla conoscenza cani Licheni della PIA » #80
Losacono POJERO M. — Della scoverta di due nuove specie di Euphorbia » 97
| Menrignano Luigi — La disseminazione delle piante con speciale ri- i
ve alla flora libica . ì x . . ; u 5 si,
Id. id. Me. š
MONTEMARTINI Luigi — Alcuni recenti lavori Le bia il funzionamento col
delle vie | acquifere delle piante eo
Nona LropoLpo — I superstiti. della paleofiora aa
ROoNCAGLIOLO MARIO — Descrizione anatomica e comparata degli seas
epigei di cinque specie di Mimosa . = ;
SERRA AURELIO — La cristallizzazione dagli organi ini ad
SERRA AURELIO - Microcristallografia — Applicazione dei metodi mi
stallografici i al riconossimenti de elementi Busi RR
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SOMMARIO
Ah ‘Luri fuscationi È GIUSEPPE MuscatELLO — Studio monografico sulle Specie a
i cane del Gen. “ Sauraia „ Willd. (Decuria U, mem. VIII) (contin.) Pag
ua Buscarıoyt — Nuove osservazioni sulle cellule artificiali (cont. e nun
(con t tavola) ,
Lui BUSCALIONI — Sui Tricomi delle Felci con sini riguardo. ale
Parafisi (contin. e fine) .
| AugeLIO Serra — La ER negli da EN; ee
è » Microcristallografia — Applicazione dei metodi a:
sallogralic al riconoscimento degli elementi minerali contenuti nei digg n