DI PATOLOGIA VEGETALE SOTTO LA DIREZIONE DEI PROFESSORI Dott. AUGUSTO NAPOLEONE BERLESE Libero docente di Patologia Vegetale e Prof. di Botanica nella Università di Camerino E Dott. ANTONIO BERLESE Prof. di Zoologia generale ed Agraria nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici VOL. VIII. Num. 1-6, Marzo-Luglio 1899 Gioraale onorato della sottoscrizione del R. Ministero di Agricoltura Industria e Commercio FIRENZE "TIPOGRAFIA DI FERDINANDO MARIANI _— | Piazza Santa Croce, 23 d'abbonamento annuo L. 18. SOMMARIO del Fascicolo I., Volume VIII. — 1899. (Pubblicato, 30 Settembre 1899) A. Berlese. — Osservazioni sopra fenomeni che avvengono du- rante la ninfosi degli insetti metabolici. Parte I. (Con tavv. I-VI.) Pag. 1 C. Ribaga. — Descrizione di un nuovo genere e di una nuova Spello di Paocidi (Tav. VID... .-. » 156 G. Cecconi. — Danni dell’ Hylastes tr {fot Mal. Seiten in piante legnose a Vallombrosa (Tav. VII). . . . ° >» 160 A. Berlese. — Osservazioni circa proposte per Hosaue i pa- rassiti delle piante mercè iniezioni interorganiche: . . . . . >» 166 Rassegne-di -Botituea-applcata, <- -. 0. a nd Bibliografia (Entomologia agraria). LITOGRAFIA DEI RICORDI DI ARCHITETTURA dî A. RUFFONI Litografo Gel R. Istituto di Studi Superiori e di Perfezionamento di Firenze Laboratorio apposito, con } opera di provetti disegnatori e litogra- fi per la riproduzione dei disegni in nero e a più colori per pubblica- zioni d’ indole scientifica ed. artistica. Officina di incisione chimica a riproduzione diretta dai disegni. — Firenze, vena S. Croce N. 20. | Deposito delle pubblicazioni dei Proff. Antonio ed PARTE Berlese. e dei loro assistenti. — Si RIVISTA DI PATOLOGIA VEGETALE s SOTTO LA DIREZIONE DEI PROFESSORI Dott. AUGUSTO NAPOLEONE BERLESE. Libero docente di Patologia Vegetale e Prof. di Butanica nella R. Università di Sassari E Dott. ANTONIO BERLESE Prof. di Zoologia generale ed Agraria nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici Libero docente di Zoologia nella R. Università di Napoli VOL. VIII Mo. Bot. Garden, 1901. FIRENZE — TIPOGRAFIA DI FERDINANDO MARIANI 1901 INDICE DEL VOLUME VII Lavori originali. A. Berlese. — Osservazioni sopra fenomeni che avvengono darante la nintosi degli insetti metabolici. Parte I. (Con tav. I-VI). A. Berlese. — Osservazioni circa proposte ‘per allontanare i parassiti delle piante mercè iniezioni inte- rorganiche. A. e — Gli Acari agrari (Cont. v. anno csi n. 9. 12 e fine). G. Leonardi. — Sistema delle Parlatorie; A G. Leonardi. — Saggio di sistematica degli Aspidiotus (Cont. v. nn. prec. e fine G. Leonardi. — Una nuova specie di Trombidinm et. G. Cecconi. — Danni dell’ Zy/astes trifolîn Mill. veritica- tisi in piante legnose a Vallombrosa (Tav. VII. G. Cecconi. — Casi Ù ii | a pianta: legrinse, causati dal Morimus asper Sulz. e Lamia fegion L. .. i L. Montemartini. — La Monitia Aruiebibena Pork sit G. Mottareale, — Su di un caso di fasciazione ili nel Lanum strictam Li. <-.°, C. Ribaga. — posi di un nuovo genere e di una uova specie di Psocidi (Tav. C. Ribaga. - Una nuova specie di Psocide trovata in Italia C. Ribaga. — Osservazioni sana anatomia del 7yichopcus Daliî M. Lac C. Ribaga. — “sn page conoscenza dn Psocidi Italiani nni li ©- Rassegne di Botanica applicata. . . Bibliografia (Entomologia agraria) . Giornali che si cambiano colla Rienia » ‘Pato: logia Vegetale. . . . Pag. 190. 387 Rivista di Patologia vegetale e zimologia. Questo giornale fondato nel 1892, è ag nel suo quinto «anno di vita e prossimamente entra nel sesto. sso contiene lavori di sistematica, biologia ed anatomia delle forme che attaccano i vegetali utili, nonchè lavori originali e rasse- gne di zimologia, tutto ciò sia con indirizzo teorico che pratico. Il giornale stesso è ricevuto in cambio dalle redazioni di circa cento periodici di scienze natura I direttori si penso sottoporre alla S. V. i sommari delle annate già pubblicate. La pregano di volerli esaminare. in Portici. Vi sono ancora poche copie di tutte le annate trascorse. La collezione completa, compreso l’abbonamento all’annata 5* ormai presso al suo fine costa L. 90. e Sommario Vol. I. Numero 1° Marzo 1892, Num. 2-5, Aprile-Luglio 1892 Num. 6-12 Agosiò 1892 — Lebbraio 14393. A. N. Berlese — Rapporti tra Rossellinia e Dematophora (con tav. 3). A. | Sri — Contro l’Ocneria dispar. rea i Cocciniglie degli agrumi e al modo di mbatterle. A. N. Berlese — La Giposri del pero (con una tavola). A. F. Sannino — Intorno ad una maniera efficace di combattere la Schi- oneura del melo. V. Peglion — La distruzione degli insetti nocivi all’agricoltura per ezzo dei funghi parassiti. A. Berlese — La tignuola del melo e il modo di combatterla (con una tavola A. Peglioo —La ticchiolatura del pero (con una tavola). A. Beriese — Della azione di alcuni O insetticidi sulle larve di Cochylis ambiguella A. N. Berlese — Osservazioni critiche iulia: Ciresgiora Vitis (Lév.) Sace. A. Berlese — Sulla azione delle soluzioni di Rx5i#a sopra insetti e piante diverse V. Peglion — Studio anatomico di alcune ipertrofie indotte dal Gysto- pus cendigar in alcuni organi del Rapkarus rapha- A. N. Berlese — Sopra na, nuova malattia fungina del Leccio. Pil Li Sa vie o i a e int Ri e die RETTA, IRE AGIO SIT RIETI IRE 7 CTR ONZANIO DO NOPOO I RIEN N I pe A pren: hr i RO TI po SA A. Berlese — pure di Entomologia agraria. Piccole comunicazion Rassegna di lavori di “deri e Patologia vegetale. neo; tr dei lavori di Patologia vegetale e teratologia apparsi ne= gli anni 1891 ; Sommario Vol. Il: Num. 1-4 Marzo-Giugno 1893; Num. 5-9 Luglio-Novembre 1893; N. 10-12 Dicembre 1893-Febbraio 1894 A. N. Berlese — Alcune idee sulla predisposizione delle piante all’ in- fezione parassitaria ed alla « vaccinazione » delle medesime. ; A. Banti _ mgrinione e figure dello Aspidiotus Ceratoniae Colv. 3 con 2 tavole V. Peglion — Ricerche. anatomiche sopra i tumori delle foglie e dei rami di 0 causati dal parassitismo della Roesfelza cellat, A. Berlese — Sulla Mytilaspis fulva Targ. Tozz. e mezzi per com- atterla. A. N. Berlese — Un’ alterazione parassitaria della corteccia del castagno A. Berlese —Le cocciniglie pregi viventi sugli agrumi, Parte I. I i copiata 4s (con incisioni intercalate nel testo n tre tavole litografic e A. N. Berlese — Sopra dol parassiti del melone. A. N. Berlese — Di Mienni ioeicigi recentemente impiegati in Italia e di tman per ne; e notizie sulla invasione verificatasi in pro- ila di Firenze (Brozzi) nella estate del 1893, (con 1e). e ta V. Peglion — Salle struttura e sullo sviluppo di due melanconiei arassiti imperfettamente conosciuti. A. N. Berlese — Relazione sull’ infezione della peronos ora in Italia nel i 1593 e sui risultati ahi sa intrapresa allo scopo di combattere il paras A. N. Ber _ Peglion — Piccole conti Russrone sistematiche. Rassegne di lavori di patologia vegetale. Sommario Vol. TL Num. 1-4 Marzo-Giugno 1894; Num. 5-12 Luglio-Dicembre 1894 Gennaio- Febbraio 1895. V. Peglion. — “= Diagaosi di funghi parassiti nuovi. > » ser vi critiche ed esperienze sopra l'efficacia dei omposti cuprici contro la viagra del pero. » » — I noce della Flora Ave eIlin 3 Oscar Visart — Contribuzione allo studio delle fees ciripare delle c Risso e Ceroplastes ruxt). (con una tav. litografic a) A. Berlese — Le o pi italiane viventi sugli agrumi, Parte II, i Lecca con 12 tavole cromolitografiche A. N. Berlese e L. Sonia — Ricerche sul comportamento di alcuni sali d e in ia s terreno e alla A Berlese _ ci. e Tri ae alcuni insetti S ialm ontro l Coeli par il Dacus 0- ii E - » Carso i pomonana. W. G. Smith e A. N. Berlese — Ricerche morfo- APGIOMIche sulle de- formazioni prodotte dalle Exoascacee nei germogli e nelle foglie, (con 18 incisioni Lan testo ed una a . G. Leonardi — Elenco dei Fitoptidi europei A. N. Berlese — Un nuovo marciume dell’ insalata A. Berlese — Metodo per esaminare sollecita mente terreni supposti inquinati da fillossere e raccogliere questi. A. Berlese e G. Leonardi — Diagnosi di cocciniglie nuove. Piccole comunicazioni. A. E rntogh tar ilgnerie ce gelso vecchi e Lo stat rt so Cep Diplodiella. (Rot. Blan nc gi lla A.N. i — Gommosi Dacifiate della vite . Due parole - ana alla controcritica del Dottor G. del Guerc . A. Berlese e G. Eoonardt: — Di una cocciniglia che attacca la vite (47y- tilaspis Pomorum). Rassegne di lavori di Palotogia vegetale. Sommario Vol. IV. Num. 1-6 Marzo-Agosto 1896; Num. 7-12 Settembre 1895- Febbraio 1896. A. N. Berlese — Prima contribuzione allo studio i Rca e bio- lo ia di Cladosporium e Dematium (con 6 tav). F. Saccardo — Pe di cocciniglie raccolte in rina a di Avellino. P. A. Saccardo ed A.. Berlese — Una nuova malattia del frumento ( per 2 tavole V. Peglion — Sopra i trattamenti antiperonosporici. A. Berlese — Le CR, italiane viventi sugli Agrumi. Parte III, I die (con 200 incisioni intercalate nel testo e av. in cromolitografia). U. Brizi cn Una de malattia (Antracnosi) del mandorlo (con tav. in cromolitografia). A. Berlese e G. Leonardi — Notizie intorno all'effetto degl’insettifughi contro la Cockylis ambi: » » » Disyatt di cocciniglie nuove (con 5 incisioni in- ar te Piccole comunicazio Rassegne dei lavori di Patologia vegetale. _— 4 ce Sommario Vol. V. - Fascicolo L Num. 1-4 Marzo-Giugno 1896; Num. 5-8 Luglio 1896. A. Berlese — Le cocciniglie italiane viventi De agrumi Parte III. I Diaspiti cr ce pn e A. N. Berlese — coeni e Dematiu L. O. Howard — a la a Seatoltata e) iipusità. Motsch (con 1 tavola). A. N: Berlese pts e rie “ni del frumento sviluppatasi nel 1895 in degna A. N. Berlese — — La del "n prodotte dai rsa vegetali A. Berlese — Ricerche sugli organi e sulla funzione della dige estione negli Acari (con due tavole e 36 incisioni intercalate). A. Berlese — Rapporto fra la vite e i saccaromiceti. F. Cavara _ agi ed anomalie nucleari in se se di Leno, smo vegetale (con 17 incisioni interc V. Porcelli — Contritrzioni allo studio delle ipertrofie frodone peg roestelia lacerata sulle foglie, sui rami e sui fior del Crataegus oxyacantha, Piccole comunicazioni (con 4 tavole). Rassegne di lavori di patologia SR Patologia generale e parassiti veget Lavori di Entomologia a garia. Fascicolo III (sotto stampa). A, N, legione Beto Gr delle Peronosporacee. (con numerose. inci- O. Ribaga seco "Parco animali del gelso (con incisioni). Am. Berlese — Sulla diffusione dei Saccaromiceti (con molte incisioni ed una tavola). A. Berlese — Acarii Agrarii (con circa 90 incisioni nel testo). G. Leonardi — pra una specie di a - danneggia l'Arax- caria excelsa (con sat 4 ANTONIO BERLESE OSSERVAZIONI su fenomeni che avvengono durante la ninfosi degli insetti metabolici : FPALrCe1? È Tesstito adiposo (TROFOCITI) Lo studio dei fenomeni che avvengono durante la ninfosi degli insetti metabolici è stato seguito da pochi cultori, ma in generale con grandissima diligenza e pari fortuna. La difficoltà del soggetto sembra avere avuto influenza circa il numero degli studiosi di questo argo- mento, perchè non vi ha dubbio che ben poche sono le ricerche rela- tive alla anatomia e fisiologia degli insetti che accolgano in se tanta difficoltà, quanta è quella che si incontra ricercando le modificazioni degli organi e dei tessuti durante il periodo ninfale, negli animali sopraddetti. Non vi ha dubbio che a descrivere tutte queste modificazioni, sono necessari volumi, più che brevi note, poichè, anche a voler trat- si trasformazioni della Caliphora erythrocephata, che è l’insetto meglio conosciuto sotto questo punto di vista, e si è ben lungi dal sapere an- che una piccola parte dei fenomeni complessi che avvengono durante la ninfosi, poichè, ad es., del solo tessuto ipa per altro di soverchio trascurato, si si vedrà, che, da parte mia, non potrò essere breve, meri- tandolo È ne e per tutti gli altri tessuti ed organi, un non mi- FENOMENI DELLA NINFOSI es La Calliphora poi, non può rappresentare che una forma unica di modificazioni, valevole per le specie della stessa famiglia, ma per tutti gli altri insetti, sono così variati e tanti i fenomeni complessi che ca- donò sott'occhio, che la mole stessa del lavoro spaventa chi vi si ‘accinge. Per conto mio, giacchè in queste ricerche sono entrato con ar- dore, conto di proseguirle con tutto quel tempo che richiedono e sarà molto, ma spero di trarne vantaggio di osservazioni nuove e degne i nota. Per ora mi limito alle modificazioni che subisce il tessuto adi- poso, non soltanto nella CaZiphora, ma ancora in molti altri insetti metabolici degli altri ordini Adunque, nel ricordare gli autori che hanno detto dei fenomeni che più mi interessano, mi limiterò a quegli scrittori che hanno fatto cenno, più o meno esteso, del tessuto adiposo, considerato per quelle modificazioni che subisce durante il periodo ninfale Il Weismann, nel classico suo lavoro sullo sviluppo dei ditteri (1) parla brevemente del tessuto adiposo nella larva della Sarcophraga e delle modificazioni che subisce durante la ninfosi. gli osserva che il tessuto grasso si forma già nell’uovo, ma le cellule non hanno ancora grasso, e si formano dal tessuto profondo cel-. lulare dell'embrione ; riconosce la povertà del detto tessuto, quanto a Footenzio nelle givnati larve (pag. 82). ciò che riguarda il tessuto adiposo in stadii successivi della | larva, Pio re sopralodato (pag. 127, 128), riconosciuta la posizione dei. corpi grassi e la loro particolare disposizione, rileva che egli non potè mai riconoscere moltiplicazione alcuna delle cellule cresciute in gran- dezza, a passare dalla giovane larva a quella matura. L’A uerbach, citato dal Viallanes, dice ben poco (2) circa il tessuto adiposo delle larve di insetti, del quale tessuto studia le mo- dificazioni che esso subisce nella larva. dalla schiusura dell’uovo fino al momento di trasformarsi in pupa. Egli constata che, durante la vita (Ita mei: RI larvale, le cellule del corpo adiposo non si moltiplicano come ip S ; molti altri tessuti, ma che esse soltanto crescono in v che la larva cresce, avvengono modificazioni nel nucleo dele colle 1) A, WEISMANN, Die Entwicklung der Dipteren (Zeitschr. far wissen: suda Zoologie XIII unb XIV Bd.) (2) AUERBACH - Organologische Studien - Breslau 1874, tizi: II, p. 149. et seg. tav. III; fig. 1-7. ANTONIO BERLESE 8 4 del corpo adiposo, cioe che da un nucleolo (1) ne sorgono due, poi molti, 3 ed egli crede che questi nucleoli sieno altrettante cellule figlie, che sor- tiranno più tardi dal nucleo in cui esse sono state, come in una camera 5 incubatrice. Non molto parla nemmeno il Anche! d' Herculais intorno a que- sto argomento del tessuto adiposo e delle sue trasformazioni (2) e si i contenta di emettere una sua opinione, per la quale egli ritiene che le cellule del tessuto in discorso, muoiano e degenerino durante la nipfosi e che i materiali che esse avevano raccolti nella vita larvale, servano di alimento alla ninfa e quindi non diversamente da quel che farebbe il vitellus di nutrizione nell’uovo, in rapporto ai tessuti nuovi che si formano. L'autore poi nota che alcune di queste cellule larvali sì conservano ancora nella ninfa, quando già sono fatti i muscoli imma- ginali delle ali. Il Ganiîn (3) a pag. 34 a seg., tav. II, fig. 18, e tav. III, fig. 19-20, avverte che al principio della vita ninfale le cellule del corpo adiposo ingrossano molto e diventano rotonde, da poligonali che ‘erano ‘e sì staccano l’una dall’altra. il nucleolo del loro nucleo sparisce, ma prima che sparisca affatto, si vedono apparire nel nucleo dei filamenti che anastomizzano fra di loro. Nel protoplasma, poi, delle cellule, si mostrano clobuli di grasso, di colore giallo oscuro e molti globuli di grasso ordinario ed una grande quantità di corpuscoli con movimenti ameboidi. Più tardi il protoplasma delle cellule adipose si trasforma in un liquido vischioso, molte cellule si distruggono in particelle distinte, di mezzane dimensioni, composte di gocciole grasse, di bollicine di co- lore giallo oscuro e di sferoidi bruni. In alcune di queste parti sepa- rate si incontra, alle volte, il grosso nucleo reticolato, non modificato, «contornato dalla sua membrana, ma che non possiede nucleolo. L’autore osserva inoltre che non tutte le cellule del corpo adiposa spariscono nel medesimo tempo, e che molte si trovano tuttavia nel- l’immagine. Così l’autore pensa che le cellule grasse sono destinate a (1) Per gli autori di quel tempo, como ancora per il consi erano detti nucleoli i frammenti del nastro ei del quale allora | peva, prima che il Balbiani lo dimostrasse nelle ghiandole PATIRE "della | Chorethra, che il nastro stesso fosse un dinautio continuo. pi il nueleolo, secondo i detti autori non ha lo stesso significato che per n (2) KuNcHEL D’HERCULAIS - Recherches sur Porno di le dévelop- pement des Volucelles. Paris 1875. (3) GaNIN - Materiali per la conoscenza dello np postembrionale degli insetti (In lingua o Warschau 1875. do FENOMENI NELLA NINFOSI morire ed i loro detriti servono di materiali nutritivi ai tessuti che sf formano di nuovo nella ninfa. Il Vialtanes (4) a cui piace far capo, giacchè nel suo insigne la- voro vi sì incontrano vedute che raramente hanno dovuto subire seria opposizione e molto spesso ha inteso le cose assai più correttamente di aleuni che Io hanno seguito in questo studio, si diffonde lungamente sulle modificazioni’ alle quali va soggetto il tessuto adiposo durante la ninfosi, appunto nella CazZphora. cominciare dalla pag. 159, dove sono descritte bene le cellule adipose larvali, delle quali è detto che sono esagonali, provviste dì sottile membrana e con granuli di grasso piccolissimi, distribuiti per entro il protoplasma, e col nucleo ricco di nucleoli, segue dicendo, che se nelle stesse condizioni (di fissazione etc.) si esaminano le cellule del corpo adiposo, ad uno stato di sviluppo più avanzato, quando, cioè, la larva è già divenuta immobile, ma non ha peranco Ja tinta bruna ca- ratteristica della pupa, si vedono le cellule adipose molto ingrandite e da esagonali divenute ormai sferiche e che facilmente si staccano luna dall’altra. Le granulazioni grasse che esse contengono, sono divenute: abbondantissime, così che se non si tratta il pezzo coll’etere, l’osser- vazione riesce impossibile. I nuclei sono più voluminosi, non conser- vano l’aspetto degli stati precedenti, però i nucleoli sono meno nume- rosi. Ma il punto più interessante si è che ora, nel protoplasma che presenta raggi attorno al nucleo, disposti come intorno ad un centro, sì trovano numerosissimi granuli sferici, colorabili col carmino. Di qui in poi è necessario praticare delle sezioni per riconoscere le cellule nel loro contenuto. La membrana cellulare persiste ; il nucleo egualmente: persiste ma non ha più forma circolare, bensì esso è irregolarmente ellittico e con nueleoli ancor più ridotti di numero. Le cellule adipose acquistano, in seguito, dimensioni colossali ed i granuli che contengono sono molto ingrossati, perfettamente sferici, con aspetto rifrangente e- sembrano omogenei. I nucleoli sono ancor meno numerosi, Già a questa. epoca, se si guardano a forte ingrandimento i granuli, si vede che cia-. scuno di loro si mostra. come una piccola sfera, fortemente colorata in rosso, misurante 6 # e circondata da una stretta marginatara chiusa, netamente limitata all’esterno. Così ciascun granulo di protoplasma (4) VIALLANES - Recherches sur l’histologie des insectes et sur les phé- noménes histologiques qui accompagnent le développement postembryonnaire:. de ces animaua. (Aun. Science. naturelles, Zoolog., serie 6, vol. XIV, 1882). ANTONIO BERLESE 5 sembra divenuto il nucleo di una vera cellula completa. Un poco più tardi la membrana cellulare si rompe e si spargono ì globuli. Si vede ciò facilmente in pupe del 2.° giorno. La membrana non sembra rom- persi che in un solo punto, da cuì fa uscita un gruppo di granuli. stadio più avanzato non si vede più la membrana avvolgente la cellula, ma questa « n’a pourtant point encore perdu son autonomie, car les granules, bien que s’etant peu écartés les uns des autres, re- stent encore groupès, et leur ensemble constitue un’amas sphérique, au «centre duquel se trouve le noyau de la cellule mere non encore detruit ». Non si trova traccia del protoplasma della cellula madre; i granuli sono separati da spazii chiari e sembrano immersi nel liquido strata Il nucleo non ha variato, salvo che si mostra più chiaro e con minor numero di nucleoli. La dispersione dei granuli succede presto. Prima di essere messi in libertà i granuli contengono da una, tino a quattro sfere rifrangenti, interne, che si colorano in rosso col carmino. Qui all’autore si presentano due ipotesi. O i granuli contenuti nelle cellule-sono elementi cellulari figliati dalla cellula in seno della deo si sono visti nascere, oppure sono formazioni analoghe ai granuli lini, cioè corpi inanimati, semplici prodotti elaborati dal lavoro al della cellula adiposa. Discusse queste due ipotesi, l’autore si attiene alla prima. Egli rileva inoltre che le cellule adipose cefaliche sono le prime a scomparire, ma che nell’addome persistono cellule adipose anche nell’adulto; alcune si atrotizzano e sono riassorbite senza «che sì rompano. L’autore sopralodato conclude in fine: 1.° La distruzione delle cellule del corpo adiposo è dovuta a .ciò che nel loro protoplasma si formano dei granuli che ingrandiscono ‘e sono messi in libertà in seguito alla rottura della membrana di invi- luppo. I granuli appariscono in maniera simultanea e senza che il nu- cleo della cellula adiposa sembri prendere alcuna parte alla loro for- ‘mazione. 2.° I granuli prodotti dalle cellule adipose sono costituiti cia- scuno de una sfera colorabile col carmino, somigliante ad un nucleo contornato da un’area di sostanza non colorabile, limitata da un contorno netlo e somigliante ad un protoplasma. In appoggio a quest’ultima osservazione l’autore fa rilevare an- cora che non sì possono distinguere nettamente i detti granuli dalle . «cellule embrionali che costituiscono i primi getti dei muscoli alari del- : l’immagine. 6 FENOMENI NELLA NINFOSI Nel 1884 (1) e nel 1885 (2) sono apparsi due lavori del Van Kees, nei quali, parlando dello sviluppo postembrionale della Musca v07m- toria, molte cose riferisce a proposito delle modificazioni che subisce il tessuto adiposo durante lo stato larvale; però siccome queste osser- vazioni sono riprodotte in un lavoro più lungo dello stesso autore, del ‘quale apolit sarà il caso di dire largamente, così rimando il lettore a iù inn a Toto. nel 1885 appariva un lavoro, esteso abbastanza, del Kowa- | levsky (3) nel Zoolog. Anzeig. ed ancora in altro giornale (4) nei quali lavori non è detto molto del tessuto adiposo nelle sue trasformazioni negli insetti (muscidi), ma si afferma che gli amebociti penetrano, assai per tempo, nelle cellule adipose e le distruggono. È così esteso, oltre assai i confini del vero, questo intervento dei fagociti nella ninfosi, meutre non si potrà dabitarne che pel solo caso della distruzione di alcuni muscoli larvali, e occorreranno migliori argomenti di quelli “a dal Kowalevski e dal Rees per persuaderlo altrui. I suddetti autori, specialmente quest’ultimo hanno esagerato siffattamente l'attività fi fagociti che molti e maiuscoli errori sono venuti di poi. ntanto, recentemente, il Korotneff (5) studiando un lepidottero (Tinea) ed il Karavaiew (6) dicendo di un imenottero (Lasius), riducono a molto più modesti contini l’opera del fagocitismo nella ninfosi degli insetti metabolici e questo se ne andrebbe senza più a terra se n ‘fossero questi muscidi a dargli appiglio di esistenza, sia pure tuttavia «da dimostrarsi comple etamente, ma il lic come si vede, è tutt’al- tro che dimostrato, generale e diffus Ho Snia che questa esagerazione del principio ha condotto ad errori rilevant Ecco, infatti. quanto il Rees in un lavoro (7), più recente dei ri- Vax Rees. — Over intra-cellulaire spijsverteering en over de be- teelcenis der witte reiti api An (Maandblad voor Naturwetenschappen, 1984, Jaarg. 11, Aug., Oct. u (2) pr — OveER de Pod ontwikkeling von Musca vomi- toria — (Ibidem, Juli 1885 p. 67-77). (3) KowaLEvsKy, Beitrége zur nachembryonalen Entwicklung der Musci- den prg: Anzeiger, Bd. 8. pag. 98-103; 123-128; 153-157). (4) Idem in Zeitschr. f. wissensch. Zool, Bd. 45. (5) KoRoTNEFF — Hystolyse und dana des Muskelgeceba bei der Metamorphose der Insekten. (Biolog. Centralbl. 1892. N. 9 e (6) KARAVAIRW — Die nachembr, yonale Entwiklung von tica flavus- ) . aging f. wissensch. Zoologie, 1 (©) I. Vax Rees — Beitrége zur Kenntniss der inneren Metamorphose von Mini vomitoria. ‘Zoologische Jahrbiicher 1888). ali ian DN ANTONIO BERLESE td cordati, afferma, a proposito del tessuto adiposo nella Ca/liprora vomi toria (pag. 76). Riporto integralmente lo scritto del Rees (pag. 77-83), sebbene un po’ lungo, perchè non sarebbe molto facile riprodurlo per sunto e d’al- tronde nulla io voglio alterare a queste affermazioni, dalle quali io do- vrò scostarmi diametralmente, come, del resto, nella mia breve nota preventiva ho già fatto. « Die Zerstorung der Fettzellen durch Vermittlung der Leucocy- ten nimmt friiher ihren Anfang als diejenige der Speicheldriisen, er- reicht jedoch bei sehr vielen Fettzellen erst viel spàter ihren Abschluss. Letzteres folgt schon unmittelbar aus der bereits von Weismann (1) und spiiter von Ganin (2) beobachteten Thatsache, das eine mehr oder weniger grosse Anzahl von larvalen Fettzellen noch in der aus- geschliipften Imago — und zwar vielfach noch Tage lang — aufzufinden ist. Auch Kinckel D’ Herculais (3) sah sie noch unveriindert bei Pup- pen, in welchen die Brustmuskeln bereits angelegt waren. Die zwei ‘erstgenannten Forscher und ebenso Viallanes (4) und Kowalevsky (5) “ nehmen indessen an, das die Hanptmasse des Fettkiòrpers in den ersten Tagen der Metamorphose als soleche zu Grunde geht, wenn auch die diesem Vorgang gegebenen Deutuugen sehe von einander abweichen. Meine eigenen Erfahrungen gehen dahin, dass zwar in sehr frilen Stadien, etwa gegen die Mitte oder das Ende des ersten Tages, der Zerstòrungsprocess der Fettzellen eingeleitet wird. dass jedoch die Auflòsung der Zellen nur sehr allmàhlich und fiir den weitaus gròssten Theil von ihnen erst wihrend der zweiten Hiilfte des Puppenstadiums stattfindet. Doch mògen die meisten Zellen schon viel friiher derart verîindert sein, dass bei einer Priparation, wie sie Weismann als cin- ziges Untersuchungsmittel zu Gebote stand, ein Zerfliessen ihres In- haltes und die Bildung einer feinzertheilten Masse von Fettkòrnchen _nothwendig erfolgen musste. chon im Anfang meiner Untersuchung sab ich an Friibjakrs- puppen vom dritten und vierten Tage, dass auch den Fettzellen gegeniiber die Leucocyten eine Rolle spielen. Was ich in meiner ersten vor- laufigen Publication dariiber mitgetheilt habe, lasse ich hier in wértlicher | Uebersetzung folgen, wobei ich bemerken muss, dass sich die Be- (1) Weismann, l. c., p. 22L (2) Ganin, |. c. p., 84 fig. (8) Kinckel D’ Herculais, ]. c., p. 198. (4) Viallanes, 1. c., p. 162. (5) Kowalevsky, l c., p. 101. Ni: | FENOMENI NELLA NINFOSI obachtungen ausschliesslich auf die erwéhnten im Marz gezichteten Puppen beziehen. Die Stelle lautet folgendermaassen : « Es sind aber nicht die Muskeln der Larve allein, welche von den Leucocyten der Puppe als Nahraung benutzt werden. Ich habe ge- funden, das auch die Fettzellen von ihnen heimgesucht werden, ihnen zur Nahrung dienen und mindestens theilweise von ihnen zum Zerfall gebracht werden. Dieser Process verliuft gleichzeitig mit dem von den Muskeln geschilderten, jedoch in ganz verschiedener Weise. Der haupt- siichlichste Unterschied besteht darin, dass der Zerfall bei den Fettzellen viel spiter und in anderer Weise vor sich geht als bei den Mu- skeln. Am dritten Tage, wenn der dunkle Inhalt der Fettzellen sie firr die Untersuchung im lebenden Zustande ganz ungeeignet gemacht hat, konnte ich an Querschnitten von weniger _!_ mm Dicke die An- 100 wesenheit einer geringen Zahl von Blutkòrperchen im Innern dieser Fettzellen mit Sicherheit erkennen. Die von Viallanes in den Fettzellen aufgefundenen Elemente, welche er jedoch im Protoplasma derselben entstehen ltisst, sind auf jene Blutkòrperchen aller Wahrscheinlich- keit nach zurickzufiihren. Die meisten von ihnen lagen in unmittel- barer Nihe des Kernes, einige wenige im Protoplasmanetz der Fett- zelle, zwischen den kleinen Fettkòrnchen. In einzelnen Blutké6rperchen traf ich zwei bis drei Kerne an, ja sogar bis sechs oder vielleicht noch mehr, in welchem Falle die betreffenden Blutkérperchen bedeutend gròsser waren als die einkernigen; es ist also nicht unwahrscheinlich dass sie (wie die friiher besprochenen Riesenzellen) durch Verschmelzung von mehreren einkernigen entstehen. Am fiinften Tage hatte sich ihre Zahl in vielen Zellen bedeutend vergrissert; am sechsten waren sie zu mehr als hundert um den Kern gelagert, der an farbbarer Substanz fortwàhrend verliert, so dass der Gedanke nahe liegt, dass dieselbe sich lòst und auf osmotischem Wege den Blutkòrperchen zugefiihrt wird. Erst nach mehreren Tagen zerfàllt ein Theil der Fett- zellen, ein anderer noch spiter. Auch die Leucocyten zerstreuen sich nun in die Kérperfluùssigkeit, und man ist dann an sehr diinnen und passend gefirbten Schnitten im Stande neben einkernigen Leucocyten auch solche zu erkennen, welche mehrere Kerne bis etwa zwòlf, besitzen. Fettkòrnchen habe ich in diesen Ze!len nie beobachtet. >» Seitdem ich dies geschrieben habe, hat nun Kowalevsky uns seine interessanten diesbeziglichen Beobachtungen an lebenden aus- geschàlten Puppen vom drittem und vierten Tage mitgetheilt, bei welchen er das Eindringen der Leucocyten, resp. Kérnchenkugeln im Kopfe sub oculis zu Stande kommen sah. Meine Deutung der in den Fett- TE e ST O n i RA fi pe 29 e a e ANTONIO BERLESE 9 zellen entdeckten Zellen fand darin eine vollkommene Bestiitigung, und die in der Einleitung erwéahnte Anfassung Viallanes’, als seien diese Elemente in den Fettzellen durch Endogenese gebildet, mag durch unsere damit nnvereinbaren Befunde als widerlegt betrachtet werden. Doch auch mit Kowalevsky kann ich nicht in allen Punkten iibereinstimmen. Wie sehr man auch seine bei der Beobachtung der lebenden Puppen wieder einmal an den Tag gelegte Gewandtheit be- wundern muss, so glaube ich doch, dass die in dieser Weise gewonne- nen Priparate kaum geeignet gewesen sein werden, iiber die feine- ren Beziehungen zwischen Fettzellen und Leucocyten aufzukliren, Namentlich kann ich mir nicht denken, dass die SIIT Fettzellen bis zum Moment dieser Beobachtung am dritten und vierten Tage’ von Leucocyten verschont gewesen sein i. um dann wàhrend einiger Stunden den ganzen Process bis zu ihrer vollstiindigen Auf- losang durchzumachen. Thatsàchlich findet die erste Einwanderung der Leucocyten in die Fettzellen bei Sommerpuppen schon im Laufe des È ersten Tages statt, und von dem Zeitpunkt an ist nach meinen Er- fahrungen keine einzige Fettzelle mehr aufzufinden, welche nicht mehrere Leucocyten im Innern enthiilt. Und auch bei Friihjahrspuppen ‘ist dieser Zustand lingst eingetreten, bevor es zur Ausstillpung des Kopfes kommt. Auch in Bezug auf Kowalevsky® s Angabe, dass die Kérnchen- kugeln unter seinen Augen in die Fettzellen eindrangen und nach kurzer Frist sich zerstreuten, so dass auf diese Wiese eine « Auflòsung der Fettzellen > zu Stande kam, kann ich mich nach meinen eigenen prada seiner Deutung dos Gesehenen nicht anschliessen. Niemals, er in jungen noch in ilteren Puppen, habe ich im Imnern der tata ina Leucocyten beobachtet, welche bereits Fremdkòrper in sich aufgenommen hatten. Man kéònnte nun zwar mit Kowa- levsky 1) annehmen, « dass der ganze Act der Verdauung (nimlich innerhalb der Kérnchenkugeln) eigentlich sehr schnell vor sich gehen MUss > — Was indessen, wie wir spàter sehen werden, durchaus nicht bewiesen —; die Abwesenheit von Fremdkòrpern in den | tretfenden aeeni liesse sich dann so erkliren, dass bei der Wanderung in die Fettzellen die Kornchenkugeln durch Verdauung der au fee: nommenen Kérper sich wieder in « leere » Leucocyten umgewandel* hétten. Kowalevsky hat in der That gemeint auf einen solchen Vorgang bei — den Speicheldriisen schliessen zu miissen. Doch wirde uns diese Erklérung fir die Deutung des vorliegenden Falles, nîmlich Kowa- 1) È Cc. p. 103. 10 FENOMENI NELLA NINFOSI levsky' s Beobachtung inber die Autlisung der Fettzelle, nichts nitzen, da K. selbst ausdrùcklich erwihot, dass man nach einer gewissen Zeit anstatt der Fettzelle einen Haufen von Kòrnchenkugeln findet, welche sich nach allen Seiten zerstreuen » 1), In diesem Falle miîisten die Kòrnchenkugeln doch wohl auch auf Schnitten im Innern der Fettzelle zu beobachten gewesen sein. Ich vermuthe, dass bei der besprochenen. Beobachtung die Kòrnchenkugeln sich nur an der Oberfliche der Fette. zelle befunden haben 2), um so mebr als Kowalevsky selbst nach der. citirten Stelle also fortfàhrt: « der centrale Haufen bleibt etwas làn- ger an der Stelle liegen, wo die Fettzelle war, aber auch er zerstreut. sich bald. » Dieser centrale Haufen mag also wohl die Fettzelle selbst gewesen sein, die im Zerfall begriffen war. i Ueber das Verhalten der Fettzellen, welche in den ersten Tage der Metamorphose noch nicht zerfallen, hat Kowalevsky keine Angaben gemacht. Dariber muss ich meinen oben mitgetheilten Beobachtungen noch Einiges hinzufiigen. In erster Linie will ich bemerken, dass ich in der Doppelfirbang mit Picrocarmin und Himatoxylin ein îîberaus wichtiges Hùlfsmittel zum Auffinden resp. zum Erkennen der Leucocyten innerhalb der Fettzellen gefunden habe. Wihrend der Kern und die wohl nicht aus jauter Fett bestehenden Kigelchen der Fettzellen sich bei einfacher Firbung stirker mit dem Himatoxylin a mit dem Carmin tingiren, findet mit den eingewanderten Leucocyte genau das Gengentheil statt, ja ihre Affinitàt zum Himatoxylin eine ausserst schwache geworden, so dass sehr starke und anhaltende Tinetion nòthig ist, um die Kerne deutlich zu machen. Dagegen farben sie sich rasch und lebhaft mit dem Picrocarmin. Wo beide Stoffe nun gleich stark eingewirkt haben, bekommt mar das ganz frappant Bild eines Haufens von schwach ròthlichen ovalen Zellen mit dunke rothem Kern, welche in einer mehr oder weniger ausgedehnten Schich den dunkelblanen grossen Kern der Fettzelle umgeben — dessen Kern- saft indessen gleichfalls roth gefàrbt erscheint — und welche ihrerseiti von ziemlich stark gefàrbten blauen oder Violetten Fettkigelchen um- geben sind. Die neben den Fettzellen gelegenen Leucocyten zeigen wie die Kérnchenkugeln einen blauen Kern. Es miissen also mit den Lew cocyten bei der Einwanderung in die Fettzellen gewisse chemischi Umanderungen stattgefunden haben, welche zu verfolgen nicht 1 Rahmen dieser Arbeit lag. 1) l. c. p. 101. 2) Man vergleiche hiermit das Verhiltnis von Fettzellen (F) and ‘ Kérnchenkugeln (Kk) in meinen fig. 10, 14 und 15. ; ANTONIO BERLESE Ea Fùr die Erkennung der eingewanderten Leucocyten ist mir diese Fàrbung nicht nur durch den sprechenden Contrast der gefàrbten Ele- mente von grossem Nutzen gewesen — und wie gross dieser ist, tritt bei einer Vergleichung von doppeltgefàrbten Fettzellen mit z. B. nur durch Picrocarmin gefàrbten scharf hervor, — sondern namentlich, weil sie mit der Sicherheit eines Reagens auftritt und sofort erkennen lasst, ob man es mit eingeschlossenen oder mit freien Leucocyten zu thun hat, auch in den Fallen, wo an den dùnnsten Schnitten der Con- tour der Fettzellen nicht mehr allzuscharf zu erkennen ist. Hier gerade ist das Farbenbild iberaus zierlich und klar, und ich bin ùber- zeugt, dass Viallanes bei Anwendung dieses Firbemittels nicht in seinen Irrthum einer endogenen Zellbildung in der Fettzelle verfallen sein wiîrde. Zur Erliuterung der oben mitgetheilten Beobachtungen an den Fettzellen und zur Demonstration der mit der erwàhnten Me- thode erhaltenen Bilder mògen die fig. 21 bis 23 sowie theilweise auch die fig. 9, 10, 14 und 15 dienen. In fig. 21 aus einer Puppe vom Ende des ersten Tages sieht man schon eine betràchtliche Anzahl Leucocyten um den Kern der Zelle angesammelt. Bei Vergleichung mit den ausseralb der Zelle befindlichen Blutkòrperchen bemerkt man, dass diese sich in dem Innern der Fettzelle merkbar zusammen- gezogen haben, dass sie geschramptt sind. Die regelmassige, ziemlich grobe Kòrnelung ist bei den Leucocyten in den Fettzellen noch genau so deutlich wie bei denen ausserhalb derselben; sie bildet einen der Haupt- zige, welche die Annahme rechtfertigen, dass beide ein und dieselbe Art von Elementen sind. Der Kern ist gleichfalls etwas geschrumpft; theilveise sieht maa auch schon mehr als einen Kern in einer Zelle liegen. Die Leucocvten liegen in den jingsten Puppen dermaassen ge- dràngt um den Kern; dass die Kernmembran auf dem optischen Schnitt gezàuht erscheint, weil die Leucocyten der innersten Schicht wie in dieselbe eingebohrt sind. Die Grenzflàchen dieser inneren Schicht sind dabei natùrlich radiàr gestellt: es mògen diese radiàren Grenzlinien gewesen sein, welche Viallanes vor Augen hatte, als er in dem o- toplasma der Fettzellen beobachtete « des striations rayonnantes autour du noyau comme autour d’un centre » 1). Die gleichfalls in den Fett- zellen der jangen Puppen aufgefundenen « très nombreux granules sphériques colorables en rouge par le carmin >» 2) sind wohl die Kerne® der nicht erkannten Leucocyten gewesen. 1) 1. c. p. 162. 2) 1. c. p. 167. 12 FENOMENI NELLA NINFOSI Die Bedeutang dieser anfinglichen Anhàufung um den Kerm d Fettzelle scheint vorliufig noch im Dunkeln zu liegen. Zu meiner obe mitgetheilten Vermuthung, das die sich losende chromatische Substa des Kernes von den Leucocyten aufgenommen wird, bin ich auf Gru der Beobachtung gelangt, dass niemals Fettkòrnchen incorporirt werd wàhrend die sich bald vermehrenden, wenigstens bedeutend vergròsse den Leucocyten doch irgendwoher ibre Nahrung erhalten miissen © ein Schwund von Fettkòrnchen vor der Hand auch nicht zu bemerk È ist. Ich muss jedoch jetzt annehmen, das die Leucocyten hauptsàchli DE von diesen Kòrnchen zehren, weil der Kern der Fettzellen sich noch lange, nimlich bis zum Zerfall dieser Zelle selbst, beinahe un -’verindert erhàlt. si Nicht lange verhalten sich die Leucocyten in der eben beschriebenen Weise. In den Puppen vom zweiten und dritten Tage bemerken wi | eine weniger enge Lagerung der Leucocyten um den Kem Fettzelle; im Thorax, wo der Zerfall der Fettzellen frùher em als im Abdomen, sind in den meisten Zellen die Leucocyten sch gròsstentheils mehr oder weniger gleichmassig zwischen den Fett kòrnern vertheilt ‘fig. 10 und 14, l); auch hat die Anzahl Kerne in den Leucocyten hier schon zugenommen (fig. 23, lb "n mehr ist dies nach dem firaften Tage der Fall; manchmal habe ich îiber 20 Kerne im Innern einer einzelnen Zelle gezàhlt (fig. 15, 17; È von den Kernen liegen in diesem Schnitt). Dabei hat bis dahin d Zahl der Leucocyten selbst in einer Fettzelle bedeutend abgenommen ahrend ich friiher geneigt war, diese Erscheinung als eine Bildun von Pseudo-Riesenzellen dureh Verschmelzung vieler Leucocyten at Zzufassen, glaube ich jetzt, dass eine grosse Anzahl derselben allmablich. die Zellen verlisst, wihrend die zurickbleibenden sich vergròssert | und durch Theilung der Kerne, dann auch der Zelle selbst, fiv weiteren | Nachschub Sorge tragen. È 12, Ich beobachtete nimlich am Ende des zweiten Tages, zu einer Zeit, wo « leere » Leucocyten im Rumpf sehr selten und bei der Anwesenheit so vieler zerfallenden Muskeln im Abdomen anch kaum | zu erwarten sind, dass dennoch eine geringe Anzahl solcher Leucocytet in der unmittelbaren Nahe der Fettzellen, im Kopfe und im Thorax gelegen waren. Diese Beobachtung, verknipft mit. der peripherischeb | Lage vieler Leucocyten in den Fettzellen tig. 10, I’ oben), rec hfertigt. gewiss meine Vermuthung eines Auswanderung. Wir werden UDASRE: sehen, welche Rolle den ausgewanderten Leucocyten ferner vorbehal- ten ist. A Im Thorax erscheinen zu dieser Zeit die Fettzellen dermaassen ANTONIO BERLESE 13 an einander gadràngt, dass man kaum noch die Membran der Zellen' erkennen kann; doch làsst sie sich in den meisten Fallen nachweisen. Indessen nimmt almahlich die Zahl der Fettzellen hier ab, wie dies bei dem bedeutenden Wachsthum der neu gebildeten Organe wohk nicht auffallen kann. Im Abdomen geht dieser Zertòrungsprocess lang- ‘samer vor sich und vollzieht sich hauptsichlich erst in den letzten Tagen der Puppe sowie in den ersten Wochen nach dem Ausschlùpfen der Fliege. In diesen letzten Tagen sieht man in den noch ùbrig gebliebenen Fettzellen vielfach eigenthimliche Lòcher, als wenn gròssere Kòrper ausgetreten wàaren. Wahrscheinlich findet ein Austritt von Leucocy- ten zu dieser Zeit in grossem Maasse statt. Eigenthimlich fàrbbare Kòrper bleiben dabei zwischen den Resten der Fettkòrner in den Zel- len zuriek; ich konnte sie nicht als normale Leucocyten erkennen, vielleicht sind es degenerirte Formen derselben. Ob sich in diesen letzten Tagen die ausgewanderten Leucocyten noch an besonderen Gewebsbildungen {etwa an der riesigen Vermehrung des bereits an- gelegten neuen Fettkòrpers) hetheiligen, wage ich nach meinen bishe- rigen Erfahrangen noch nicht zu SERI Ich hoffe in einem spàteren Capitel hierauf zurickkommen zu kònne Il Lowne, nel suo grande lavoro sulla Catlinhora erythrocephala (1) I parla brevemente del tessuto adiposo della larva, per quello che ri- guarda le sue trasformazioni e la sua fine. Egli descrive le cellule sottocutanee, multinucleate. Dice che ne- gli insetti sono state descritte tre maniere di cellule grasse, cioè: cel- lule grasse, cellule intercalate (Zingesprengite Zellen, Intercalated cells, Oinocytes) e cellule citogeniche (B/ut-heerde). e cellule grasse larvali, diventano citogeniche nella pupa per via della immigrazione di leucociti che si moltiplicano nel loro interno. Nella Cazliphora gli enociti sembrano diversi dalle cellule del grasso. Forse gli enociti dell'immagine sono cellule grasse i cui gra- nuli sono stati assorbiti per la nutrizione dei tuorli delle uova. L’au- tore ritiene abbastanza provata la origine del corpo grasso larvale - (secondo Schàffer) dall’involuero peritoneale delle trachee. Quanto al- l’immagine, ricorda che il Biitschli, il Claus ed il Bolles Lee, ritengono g la le coroncine di cellule adipose multinucleate dell’adulto, dai rosarii di cellule grasse larvali ed egli concorre in questa idea. 1) T. Lowne. — The Anatomy, Physiology, Mosphology, and deve- sec, lopment ot the Blow-fly (Calliphora argirizipaal la) — Londo: on, 1892 ( = SR pag. 274. cato del contenuto di esse salita. ne avevano ancora disconosciute le funzioni ed. il fine ultimo. Ecco le mie parole: dono, da parte mia, ad iniotii di ordini diversi: fra i ant e mi | sembrano assai diffusi, perciò rimetto una più larga esposizione a quando avrò completato lo studio del materiale ora preparato ed in gran parte già visto, limitandomi ora a trattare della Ca4liphora eryihrocephala, sulla quale primamente ho osservato le cose infrascritte e che non -farono peranco intese nel giusto significato, se non erro, sebbene lo v Sviluppo postembrionale dei muscidi sia stato oggetto di accuratissime ricerche da parte di molti osservatori, come, tra i primi, il Weismann. il Ganin ed il Kowalevscky ». È Detto che dal tessuto adiposo larvale prendevano origine le grandi cellule delle ninfe, libere nel corpo tra gli organi tutti, io mostrai come. -queste cellule venissero, a maturità della pupa, distrutte da amebociti, | i quali riparavano, carichi di sostanza, o sull’ipoderma o sul tessuto | grasso di nuova formazione, iinmaginale e finalmente concludevo: « 1.9 Durante la ninfosi i detriti albuminoidi degli organi larvali “dostinati a scomparire, non si perdono affatto, ma sono immagazinati da speciali cellule libere e vaganti che si trovano in grandissimo nu-- mero tra gli organi tutti, della ninfa e dell’adulto, nei suoi primi DI i vita. 2.0 Questo complesso di cellule si può considerare come il nuovo d tmotlo; quello, cioè, del deutovo o pupa che dire si voglia e serve alla È. sua nutrizione ed a quella dell’adulto nei primi momenti, come an È vitellus, giacchè la pupa può essere considerata come un vero uovo. i I trofociti trovano riscontro esatto nelle cellule epiteliari. È i ‘a A Ì 3.0 dell’intestino di molti aracnidi (Ragni, Scorpioni, Cheliferi, Falen i (nali Mesostigmati etc.) e, come colà, anche qui provvedono al giorni di astine Io sito adunque Patania dei fagociti, nei loro rapporti col tessuto adiposo larvale, alla sola epoca ultima della ninfa, cioè La fine del ciclo di Der cellule adipose e ciò è ben diverso da quel che î (1) A. BerLEsÈ — Osservazioni sopra particolari fenomeni che avven- gono nella ninfosi dei muscidi — (Rivista di Patolog. vegetale, anno VI Fasc. 1.0). eee ad FEE A ANTONIO BERLESE 15 affermano il Kowalevscky ed il Rees, il quale ultimo fa nascere i fago- citi nelle cellule e le distrugge in gran parte in principio dello stadio ninfale D'altronde, io dirò cosa poi sono questi tagociti dell'ultimo mo- mento, che sono i soli che veramente possano essere messi in campo, e si vedrà che le cose sono lontanissime da quello che il Rees ha as serito, e quelle cellule libere che io ho giustamente classificato per leucociti, non hanno a che far nulla coi leucociti od amebociti del Rees, che sono invece le gocciole di albuminoidi raccolti dalle cellule adipose larvali e la vera fine di queste e stata ignota fino alla pubbli- cazione della mia nota preventiv el che avvenga ceca dei corpi grassi fotti più o meno sollecitamente, ha creduto avvertire, contemporaneamente a me, ancora il Karavaiew, nel lavoro succitato, il quale attribuisce la distruzione dei corpi grassi, all’opera di /ewcocéli, i quali però vengono dal di fuori, e non sono di origine endogena come vorrebbe il Rees, ed in ciò sem- rerebbe convenire esattamente con quanto io ho detto nella mia nota, se questi dell’ autore fossero veramente leucociti e in realtà esauris- sero le cellule adipose larvali, il che gli nego fino da ora, mentre, in fine di questa memoria, dirò cosa sono i leucociti grossi del Karawaiew e quale la loro attività. Ma quello che veramente sieno e che di poi. avvenga di questi fagociti, che hanno, nelsuo Lasîus favus, distrutto parte dei corpi grassi assai per tempo, l’autore intanto non dice, e con- verrà a me di dirlo in sua vece. Questo è lo stato delle cognizioni nostre in questo momento e mi sembra che vi sia posto alla presente memoria, nella quale mi assumo di dimostrare le conclusioni espresse nella nota preventiva, lavoro questo lungo ed arduo per la moltiplicità delle ri-. cerche necessarie e del tempo occorrente a lire tante cose che si vedono, ma di sicuro esito, come non può non essere la ricerca della verità, quasdo non vengano a turbare preconcetti o false ipotesi. Metodo del lavoro acchè io avevo creduto, fino dal principio n queste indagini, che “Srna di tanto riliero e conseguenza nella vita degli insetti metabolici non potessero essere limitati alle sole oe ma pid bero dovuto trovare un riscontro ancora in altre forme, COS sono | deciso di vedere insetti di tutti gli ordini, e più specialmente quelli a metamorfosi completa. Certamente io - dovevo esaminare ancora gli ametaboli, inquantoché sarebbe stato conveniente il confrontare la fa- brica del tessuto adiposo loro comune con quello degli insetti metabo- 16 FENOMENI NELLA NINFOSI lici nei diversi stati di loro vita. Inoltre ho esteso il confronto ancora ai miriapodi, trascurando gli Aracnidi, sia perchè questi si trovano4 troppo discosti dagli insetti, sia perchè, negli Aracnidi stessi, almeno nel carnivori, io non ricordo di aver veduto tessuto grasso alcuno. Come forme intermedie ho ancora studiato i pseudoinsetti e ne è venuto cosi un tanto grande materiale di osservazione che avrebbe potuto distorre altri da un così lungo lavoro, ma io ho creduto neces-. 2 sario questo largo esame alla esatta cognizione dei fenomeni. P nfatti io posso e debbo rimproverare a molti fra i citati autori | | l’essersi ristretti all'esame di una sola specie, per trarne poi delle con= - clusioni che, sebbene date obbiettivamente, non possono non avere par- venza di generalità e certo gli apprezzamenti degli autori stessi sareb- | I bero riusciti diversi da quello che sono e più conformi al vero, se più | Di largo fosse stato l’esame dei fenomeni loro occorsi e dei quali hanno E ni & Ho voluto mettermi al riparo da questa censura, e qualunque fosse. la mole del lavoro, pel quale condurre a termine ho già occupato molte e molte centinaia di preparati, tutto questo ho fatto. L'enorme massa di preparazioni è riuscita necessaria anche perchè, per ciascuna specie | 3 di insetto impresa a studiare, ho dovuto fare preparazioni di ogni mo- mento, quasi, della vita sua e, ad es :, per la CaZZiphora, che 6 a svie luppo sollecito, ho dovuto studiare le larve in ciascun giorno, per ven-. ticinque giorni, e finalmente per quattro giorni l’adulto, tutto ciò com un corredo di preparazioni sufficiente, cioè tagliando da ar, a fondo. ciascuna forma, che, per essere frvisolta. richiede molti veti Ho cominciato dai ditteri, poichè vi si occlude Ja ca drndni ery- bce: che è poi la Mica vomitoria (1 di taluni autori che mi. hanno preceduto nelle stesse ricerche ed è il tipo meglio conosciuto @ che meritava il più attento esame, per comprendere così quello che gli autori stessi avevano descritto e voluto dire, onde avere di là ap- piglio buono al paragone verso gli altri insetti metabolici. Noi vedia- mo infatti, che, per i fenomeni inerenti alla ninfosi, solo poche forme F sono state studiata e sono, oltre alla Ca/liphora silice. il Tenebrio motitor (Ganin, Rengel), una specie di Tignuola (Korotneff) ; il Bom bix mori (Casagrande, Verson) il Lasius flavus (Karavaiew); e quelle Anlhomya, Formica, Myrmica, Lithocolletis e Chrysomela che assai brevemente e per poche cose sono state vedute dal Ganin. d ea [ (1) Probabilmente si tratta sempre della C. erythocephala, che è molto | più comune della C. vomitoria. ANTONIO BERLESE 17 Però io, dei ditteri, ho preso otto specie in esame, scelte fra i brachiceri, i nemoceri ed i pupipari (!); dei neurotteri due, e spero di oter raggiungere l’esame completo d’ altre; degli imenotteri quattro; teri, emitteri ed eterotteri, e tra ì pseudoinsetti le Machyis e Zepîs- ma, mentre fra i miriapodi ho visto drain Scolopendra, Geophilus, Lithobius, Julus e Polydesm Intanto, ricercando circa il tessuto pri ho, «dalle preparazioni appreso molte cose relative ancora alla trasformazione di altri organi e tessuti e di tutto ciò mi riserbo di dire in altra occasione. a ricca messe di osservazioni non può essere accolta in poco, spazio, ‘anéhie perchè, come si è veduto da quanto è stato detto finora, le cose esposte con molta verbosità, ma poche in se, lasciano lacune grandissime, per le quali tutta l'essenza del fenomeno sfugge, mentre le cose concisamente dette, come ho fatto io nella nota pre- ventiva, lasciano aperto l’adito al dubbio che nulla vi sia di nuovo od interessante nelle ricerche eseguite e conclusioni raccolte. erciò mi sono sforzato, questa volta, di non essere su fuori del necessario, ma neppure conciso a scapito della chiarezza, ma con ciò figure e pagine occorrono in numero notevole, di guisa che io ho nta frazionare il lavoro in più memoriette e sia la presente la prim sin questa io esamino esclusivamente i ditteri, con metodi dei quali” mi sono servito anche per le altre specie e dei quali dico subito. L'esame del grasso a fresco è stato necessario per riconoscere l’aspetto «generale del corpo adiposo e le misure esatte delle cellule. Ho poi trattato i lembi di tessuto con acido osmico all’1 p ta per an- nerire il grasso, ma ho anche incluso i detti pezzi in ; lungo soggiorno in benzolo, per essere sicuro, vedendola stogiional. che la sostanza annerita fosse veramente da ascriversi ai grassi. Rare volte ho pratieato sezioni del panicolo adiposo separate, ma il più spesso ho sezionato gli interi insetti, sia con fette di piano, sia DE sia transverse, ed in generale dello spessore da tre a sei a nove w. i “ana al fissare gli insetti, ho rilevato che il più opportuno fis- sativo è il liquido di Frenzel, in cui mettevo l’insetto vivo. Poscia scal- davo alquanto il liquido, senza però farlo bollire, e tinalmente lasciavo (1) Calliphora erythrocephala; Ci yrtoneira stabulans; Drosophila ita bris; Mycetophila Se Culex spathaepalpis; Diplosis sp.; Diplosis B. Melo, CE ovinus olti altri fissativi, eccetto il liquido SR mi diedero risultati — meno nine 3: Colorai sempre le sezioni e non mai în toto. Tra i colori adoperai il carmino boracico, il pierocarmino, il para- carmino, l’emallume, la safranina e molte volte ho ricorso al metodo Heidenhain Per le doppie colorazioni mi sono servito dell’emallume. e safranina, delle fette tinte col metodo Heidenhain e poscia passate ,in safranina, della miscela Biondi e del metodo proposto dal Galeotti ; tutto ciò “ riconoscere la natura di certi contenuti intracellulari dal quali d x i mi sono servito spesso, con molto utile, del doti di . metile, senza previa fissazione dei pezzi, il quale colore agisce, come | è ben noto, specificamente sulla nucleina.e rende i nuclei molto evi- enti. Quanto al metodo Heidenhain, me ne sono servito, con cruel È vantaggio, per mettere in evidenza, entro le cellule, gli enzimi, le so- stanze elaborate in confronto di quelle ancora allo stato di albumine ete. Per ricerche analoghe a quelle del Galeotti, circa i*contenuti cel- | lulari, mi sono servito appunto del suo bel metodo di colorazione e per confronto ancora del metodo Biondi ed ho sempre avuto eccellenti ri- sultati dal primo e talora anche dal seco ndo. saggi chimici, del resto pochissimi, per riconoscere la natura di certi contenuti cellulari, saranno ri a lor malo e di mano in mano. (SA alla Calliphora, riconoscendo che il sùo sviluppo di estate i; è troppo sollecito. ho lavorato piuttosto di inverno, e da Novembre & Marzo di questo hanno ho fatto sviluppare più volte il detto insetto su | carni putrescenti, e si è ottenuto un cielo evolutivo ritardato per la scrupolo, il ciclo di ciaseun organo, sistema di organi ete., ciò che non ; sembra sia stato fatto, peranco, da altri. iascun giorno io esaminavo, a fresco, un certo numero di larve, come di ninfe ete., ed una. dozzina o più ne fissavo perle sezioni. Ora ANTONIO BERLESE 19 ho una serie completa e molto ricca di tagli in tatti i momenti della vita dell’insetto, da larva ad adulto di 5 giorni. Cosi ho potuto seguire il progresso del tessuto adiposo immagi- nale fino alla forma che si ha comunemente nelle mosche che si in- .contrano libere. o poi sezionato ancora larve morte di fame e ninfe piccolissime per cibo scarso ricevuto dalla larva, così che ho potuto vedere quello che avviene del tessuto adiposo in questi casì. Mi sembra di essermi così premunito contro il pericolo degli errori «che vengono per fretta o per esame insufficiente. /Calliphora erythrocephala 1.0 PERIODO (Larva immatura) Io credo che sia conveniente dividere lo studio del tessnto adi- poso, nella vita degli insetti metabolici, in più periodi. Nel caso spe- ciale poi, della CaZliphora erythrocephata e. forse anche della maggior parte degli altri muscidi sarcofagi, il primo stadio, cioè dalla origine nell’uovo, del tessuto adiposo, non può essere Roe oltre il momento in cui la larva è matura e cessa di nutrirsi. Infatti, nella larva che più non si nutre, ma si i dispone a racco- gliersi su se stessa, avvengono le più importanti modificazioni nel tes- .suto adiposo, od almeno nel contenuto suo, di gnisa che questo è net- tamente distinto dagli stadiì precedenti, che sono quelli nei quali la larva si nutre tuttavia, mentre, nei processi che avvengono nel tessuto grasso, non sarà possibile trovare modificazioni saltuarie dalla larva matura fino all’ adulto, ma tutti avverranno per gradi, in modo assai lento ‘e continuo. Quei mutamenti che avvengono intanto nella larva immatura, per ‘’.ciò che riguarda il tessuto adiposo, si riducono a poca cosa, cioè al- ‘l'aumento, in dimensioni, delle cellule grasse ed al loro continuo ar- riechirsi di grasso vero, non così come gli autori che mi hanno pre- ceduto in questo studio vorrebbero, ma in co certo pae sebbene sempre sensibilissimo ed anzi notabile. i Ora, sul di dove sorga, nell’uovo, il o adiposo, non intendo | pronunziarmi ora, anche per non entrare, con scarsa preparazione, nella | grande disputa esistente tuttavia fra gli sato. circa il foglietto embrio- esporre le mie osservazioni intorno all’origine del grasso nell'adulto, che potranno dar lume cirra lo stesso fenomeno nella larva, anzi ne l'embrione; ma comincierò a dire del tessuto adiposo della. larva recente nata, cioè da pochi minuti, per dimostrarne in seguito le mo- | dificazioni. aa La disposizione generale delle masse di grasso nella larva della | specie di cui ci occupiamo ora è stata pririeramente accennata dal | Weismann, il quale avverte che le cellule di yrasso, riunite assieme in uno strato unico, e contigue per tutti i lati, formano delle estese: lamine o falde, come io le chiamo, interposte fra lo strato muscolare e gli organi più interni e che avvolgono questi, pressochè completamente. : Rimane libero solo uno stretto spazio lungo la linea longitudinale me-,- diana, al dorso ed un'altro a quella ventrale. Le principali falde di grasso si trovano ai lati del corpo ed una ve ne ha mediana, collocata al di supra delle masse nervose e che io chiamo epicefalica ed è pre- sente anche in molti altri ditteri. Così le ghiandole salivari sono larga= mente marginate da grasso (1) disposto a falde estese. Però vi hanno dei tratti di unione fra le più larghe falde di grasso, i quali risultano da rosarii di cellule e comprendono quindi larghe maglie, formando: — come una rete, cc Ricchissimo adunque è questo panicolo adiposo, libero affatto da n qualsiasi aderenza, di guisa che ad un grande taglio longitudinale, preso ticato sul dorso e sul ventre della larva, tutto esce assieme ai visceri 5A i e nell’acqua si dilatano bene le larghe falde sopraindicate. ; va appena nata. (Tav. 1. fig. 1,9 e 13). ) Le falde. di grasso sono piccole ed angolose e comuni molto sono i rosarii di | cellule, e Le cellule stesse si mostrano assai delicate, semitrasparenti 0 Pics colissime. Esse non misurano (a fresco) più di 30 a 35 # di diame-rag tro e sono rotondato-poligonali (fig. 9). Le linee di confine tra cellula e cellula sono assai poco marcate e se non fosse che quivi si dispon- gono alquanto più dense le gocciole di grasso contenute nelle cellule stesse, i contorni loro sfaggirebbero all’occhio. Il citoplasma (fig. 13) è composto di una massa semifluida, che sembra omogenea, non mostran- do vacuoli di sorta. I nuelei, che possono raggiungere circa 10 fin diametro, sono sferici, ed alquanto più chiari, ossia più trasparenti del ® 7 " (1) Vedi fig. 1 nelle tav., che mostra due lobî inferiori i quali compren- dono la ghiandola salivare; la grande falda superiore è quella cefalica. 0 (2) Le citazioni di figure con cifre in carattere marcato si riferiscono & | disegni intercalati nel testo ; le altre, in carattere semplice, alle tavole. abati cani, para ANTONIO BERLESE 21 citoplasma circostante, Essi mostrano, nel loro interno, uno 0 due gros- sissimi nucleoli sferici. Trattate queste cellale di grasso coll’acido osmico all’1 P- °[o, Si vedono chiaramente, nell'interno del citoplasma, disseminate alcune pic- colissime gocciole di grasso, (fig. 9), le quali sono assai rare, e discoste, l’una dall’altra, per larghissimi intervalli, ma alquanto più fitte verso i confini della cellula. Le colorazioni delle sezioni, coll’ emallume etc. (fig. 13), mostra- no che veramente compatta è la massa di citoplasma, nè vi si rileva struttura di sorta, oltre ad una fittissima punteggiatura. Il nucleo poi, «oltre al nucleolo od ai nucleoli, si vede contenere un assai stipato go- mitolo di sostanza cromatofila. Larva lunga 4 millimetri, (di due giorni, Marzo). Non trovo, per ora, diversità alcuna tra questa forma e la precedente, per me questa parvenza si conser- 22 199 FENOMENI NELLA NINFOSI ‘ narla mi limiterò a dire che le cellule, nei punti di contatto, p esenta no un margine pellucido, nel quale non saranno mai gocciole di grasso od altro contenuto. de” el complesso adunque, questo tessuto, in questo momento, trat- tato coll’acido osmico, riceve una tinta leggermente terrea. * Nelle sezioni, (colorate con emallume, fig. 14) il plasma cellulat mostra delle differenze in confronto di quello clie si è visto per l'i nanzi. E qui, appunto, le sezioni fanno rilevare una certa differenza, tuttavia poco sensibile, ma certo abbastanza apprezzabile, tra le cellule della regione anteriore del corpo, che può essere detta cefalica, e quell della regione posteriore, assolutamente addominale. | Infatti, si vedono, negli stati che intercedono fra il presente ed i ; precedenti, formarsi, a poco a poco, dei vani ovali o circolari, nella massa omogenea del protoplasma, e questi sono veri vacuoli, non riem- piti di grasso, poichè questo sarebbe messo in rilievo dall’acido osmico e si vedrebbero delle gocciole nere assai più grosse di quelle che in- vece si sono ricordate e che stanno tutto affatto alla periferia. E pro- babile, che questi vacuoli sieno pieni di un liquido acquoso, il quale st perde nelle manipolazioni. Certo è che questi vacuoli sono tutti, rego- larmente disposti attorno alla. periferia della cellula e sono abbastanza: discosti dal nucleo ed ancora si mostrano tutti di grandezza presso & poco eguale, nelle cellule cefaliche, di circa 6, 7 » di diametro. Il ci ‘ toplasma si raccoglie in. grosse colonne fra i detti vacnoli, e molto ne sta attorno al nucleo, ed ancora ùn grosso strato è a contatto colla membrana cellulare, la quale sembra così molto spessa, oltre il vero. Questo citoplasma si tinge assai intensamente e sembra tuttavia una massa omogenea attorno ai vacuoli. Nel nucleo si vede molto’ denso il filamento nueleinico ed, in mezzo, uno o due grossi nucleoli sferici. ; | n Le cellule addominali presentano esse pure molti vacuoli, ma questi sono pit piccoli, più spessi e in più file attorno al nucleo, quello che non sia nelle cellule cefaliche. e È Le cellule, pci, del corpo di mezzo, mostrano parvenze intermé die fra le anteriori e le posteriori. = ua; 3 Larva di 10 mill. di lunghezza (fig. 3, 11) (5.° gio no, marzo). Le cellule adipose, conservando sugli orli di contatto le” esse parvenze, si mostrano però cresciute in grandezza notevolmente, ed all’acido osmico si tingono di più, tanto che assumono un colore terreo, con tendenza al fuligineo, mentre i loro orli rimangono pressor chè incolori. a ghi Lo i ANTONIO BERLESE 23 “ Di qui in poi il nucleo si nasconde alla vista a chi esamini în tolo questo tessuto, sia come sta, fresco, sia trattato coll’acido osmico. Con questo reattivo (fig. 3, 11), le gocciole di grasso sono messe in rilievo e si vedono più grosse che non sieno negli stati precedenti, ed alcune ve ne ha, intercalate, tuttavia piccolissime. Esse sono unifor- memente sparse, appena al di sotto della membrana cellulare, ma an- cora abbastanza discoste l’una dall’altra per intervalli che superano tre a quattro volte il dlanictre loro. sezioni, colorate nei soliti modi, mostrano differenze tra le cellule cefaliche e le reati con parvenze ii nelle mez- zane, le quali si richiamano a quelle sopra indicate, ma sono anche più sensibili, poichè maggiori sono i vacùoli delle cefaliche e molto re- | golarmente disposti sotto la membrana cellulare, discosti dal nucleo, e più sottili le trabecule interposte del citopiasma. Inoltre si vede bene la massa del HE rn dapprimo omogenea, cominciare ad assumere una struttura fibrillare, che sarà meglio manifesta in seguito Le cellule Preto li, esse pure si avvianò a co onsimile modifica: zione nella struttura del citoplasma, però occludono vacuoli di molto minori che non sieno quelli delle cellule anteriori, ed anzi si vede che i più ampli, si trovano piuttosto verso il nucleo che verso la periferia, ma sono da pressochè eguali in volume e piccoli Ù imi. Larva lunga 15 millimetri, (fig. 4, 12) (quasi ma- tura, 6.° Sa marzo). Quivi le falde di dat lano già raggiunto una grandissima estensione, ben rare sono le coroncine di cellule, ma, invece, l’adipe è disposto in larghi lembi estesi, e cogli orli rotondati. Le cellule sono già notabilmente cresciute in grandezza, bianchissime ed opache affatto. Tuttavia rimane sempre pellucido il tratto di con- fine fra calina e cellula Mercè l’acido osmico, queste cellule anner scono assai, tanto che assumono una tinta, per verità, fuligineo-terrea. A. lib’esame con più forte ingrandimento, si scorgono, sotto la membrana cellulare, disposte in grande numero delle goccioline di grasso, le quali sono ormai gros- sette, avendo da uno a due px di diametro e sono così titte e regolar- mente ita che tra l’una e l’altra decorre a mala’ pena |’ inter- vallo di n-loro diametro. Perciò le cellule appaiono (acido osmico) molto Voli La sraadori delle cellule, poi, raggiunge ormai i 20 ai 30 p, per 175, Nelle sezioni, si ha un aspetto del citoplasma il quale è interme - dio fra quello altimo descritto ed il seguente, sul quale insisterò dav- Mu hi matura che sta per cessare di nutrirsi (fig. intercalata. 1, e figg. tavola 5, 15, 16). Questa larva, la ebbi 24 FENOMENI NELLA NINFOSI in marzo, a capo dell’8° giorno, ma di estate si può avere, anche al 4.° giorno. Essa si distingue da quella che si avvia allo stato di pupa, perchè mostra ancora turgidissimo e bene pieno il sacco esofageo (stomaco succhiante etc.) il quale è così grande che occupa quasi tutta la cavità viscerale, ricacciando sopra e specialmente dietro a se il rimanente degli intestini. Que- sto sacco, contenente sostanza bruna, spicca bene sul fondo bianco del circostante tes- suto adiposo. Questo forma un largo man- tello a ridosso dei visceri e nell’ acqua si estende in larghissime falde candide. Le cellule, affatto opache, (fig. 5) sono così grandi che si vedono bene ad occhio nudo, ed infatti esse misurano non meno di 300 a 850 p. per 250 a 300. Col soccorso dell’acido osmico le cellule anneriscono totalmente, di guisa che non si possono più distinguere le gocciole di grasso, le quali sono fittamente disposte le une ac- canto alle altre sotto la membrana cellulare. Inoltre è scomparso l’ orlo pellucido al con- fine delle cellule dove queste si toccano, e per tutto confine vi a la linea di divi- sione nettissima e diri Nelle sezioni, per effetto della costrizio- ne, le cellule si mostrano molto più piccole delle misure indicate, e, difatto, le maggiori misurano, tutto al più-170 x. per 140., si sono adunque ridotte di più che metà. Nettissima è la distinzione, per via della struttura del citoplasma, fra le celluie della regione anteriore del corpo o cefaliche, e quelle della regione veramente addominale. . Infatti, le prime (fig. 15) mostrano dei gran- dissimi vacuoli, alcuni ovali, più grandi del nucleo, altri circolari, ed altri minori an- cora e disposti radialmente attorno al nucleo centrale. Fig. 1 Larva matura che sta per cessare di nutrirsi (Calliphora), sezione di piano. (10/1). (Lettere come a Fig. 2 e 3.) ANTONIO BERLESE 25 1] citoplasma compreso tra questi vacuoli è tutto ramificato in fibrille, e la rete loro è più densa intorno al nucleo, più rada alla peri- ‘feria della cellula. Le celiule addominali (fig. 16), invece, mostrano una assai ele- gante e regolare rete protoplasmatica, nella quale le fibre circoserivono dei vacuoli poligonali rotondi ; che decrescono di dimensioni a partire dal nucleo ed avviandosi alla periferia, dove sono, le maglie stesse, assai piccole, ma le maggiori non misurano mai oltre ad un sesto od un’ot- tavo del diametro del nucleo. Inoltre tutti questi vacuoli o maglie, sono assai uniformi per dimensioni, salvochè decrescono, come si è detto, per ampiezza, procedeado verso la periferia. e cellule che stanno a metà del corpo, mostrano parvenze in- termedie tra le estreme, cioè hanno, in generale, una: aria wu lata del citoplasma analoga a quella delle addominali, ma pis qua e là alcuni ampii vacuoli, simili a quelli delle cellule aliche. È ben degno di osservazione questo fatto evidente della diversità, quanto a struttura del citoplasma, tra le cellule delle diverse regioni del corpo, poichè si vedrà che si raccorda con un diverso modo attività negli stadii successivi, eatina cioè il tessuto adiposo assume le sue più importanti funzioni. l’esame delle cose sino a qui vedute si può concludere che il tessuto adiposo nella CaZliphora, nun merita che pochissimo questo titolo, inquantochè è sempre assai povero di grasso. Si vedrà a propo- sito di altri insetti vegetariani, come ad es. sono i lepidotteri, che colà veramente il tessuto adiposo merita il suo nome, poichè si mostra ric- chissimo di grosse gocciole adipose, ma non così è negli insetti carni- vori, e in minimo grado in questi muscidi sarcofagi. La ragione di ciò sta nel fatto che le mosche carnivore non di- vorano grasso affatto, e si può farne sperimento assai bene. E bensì vero che le gocciole di adipe intanto si mostrano nelle cellule, e, come si è asini crescono di numero e di grandezza coll’aumento della larva, ma ciò si può spiegare e si è spiegato infatti con una trasforma- zione dell albumina in grasso, e sono note universalmente le osserva- zioni dell’Hoffmann in proposito appunto di queste larve di mosca, mediante le quali osservazioni si è potuto mettere tra le cose dimo- - strate le affermazioni di Pettenkofer e Voit, le quali ancora tendevano a ritenere come possibile una trasformazione, entro l’organismo, di sostanze albuminoidi in grasso. Ciò concorda colle osservazioni del Burdach su gasteropodi (Linnaeus stagnalis) nell’uovo, e con quelle che si ricavano dalla putrefazione delle sostanze albuminoidi che ap- 26 } FENOMENI NELLA NINFOSI punto reca con .se la formazione di acidi grassi (butirico, valeria- nico) etc. L'osservazione diretta, adunque, viene in aiuto alle osservazioni chimiche, per quel tanto che accennano all'aumento di grasso nelle larve col loro accrescimento. noltre, l'aumento incredibile delle cellule adipose, le quali in principio della vita post'embrionale sono piccolissime e, certo, appunto mille volte minori, in volume, di quello che saranno poi nella larva matura, mentre le cellule di nessun’altro tessuto incorreranno in un’au- mento, a gran pezza, così notevole, accenna al concetto che qui si tratti di un tessuto tutto affatto immaturo ed embrionale per molta mu della vita larvale. Il tessuto grasso negli insetti ametabolici non subisca modifica- zioni sensibili, quanto ad aumento delle cellule adipose, dall’uovo in poi, se non per quel tanto che queste aumentano coll’impinguarsi di guttule grasse, ma nulla più. Qui, invece, noi abbiamo l’aumento della cellula per accrescimento straordinario delle sue parti, compreso il nu-- cleo, il quale accrescimento si opera anche d’accordo con una moditi- cazione essenziale del citoplasma, nella struttura sua. uesto citoplasma, dapprimo è omogeneo, solo in seguito assume struttura reticolata, e quando questa è giunta al suo apogeo, allora si vede che concorda coll’aumento definitivo della larva. É singolarissimo poi il fatto, il quale esplicherò lungamente, che dalla larva matura in poi, il tessuto adiposo muta completamente di funzione, talehè quella sua funzione larvale affatto, mediante la quale viene ac colto dalle cel- | lule alquanto grasso, non è la priacipale nè costante, ma un'altro ufficio di assai maggior rilievo, deve questa sesto compiere durante la ninfosi.. In altri insetti, wai i logia, il tessuto adiposo mantiene it suo ufticio larvale, almeno in parte, ma così non è in queste mosche. Ueste però ci apprendono il vero significato del -tessuto adiposo larvale e noi lo possiamo esplicare ammettendo che esso tessuto, è, nella larva în via-di aumento e di formazione, cioè tutto affatto giovanite ancora embrionale, mentre, maturo ormai nella fine della vita larvale, di qui comincia ad assumere le sue vere funzioni, che cessano affatto colla ninfa, mentre nell’adulto sorge separatamente un’altro tessuto adiposo Speciale, che dal larvale non riceve che solo nutrimento, e que- sto definitivo tessuto immaginale, esso solo può essere paragonato a ob degli insetti ametabolici e dei agraria Il tessuto grasso dei metabolici, è dunque, più che altro caratte ristico dla: ninfa, ‘poiche in ARONA assume le sue vere, ‘importantissi- AREA ND I) Vi NE IT ii vel ati % % ANTONIO BERLESE 27 me funzioni, e queste sono tali che meritano alle e e quel nome di trofociti che altra volta ho loro (o) Da questo momento, in cui la larva cessa di nutrirsi, tino all’adulto,. il tessuto adiposo assume nuovo e diversissimo ufficio © altre speviali parvenze, come ora io diro. II. PERIODO (Larva matura) Larva matura II° stadio (figg. 6, 17). I processi, me- diante i quali si modificano grandemente, nel contenuto loro, come nelle dimensioni, rapporti ete., le cellule del tessuto adiposo, nel passaggio da larva a ninfa, sono, in questa specie, di ora in ora così notabili e rilevanti che non si può, con un solo passo, da larva matura procedere alla ninfa, quando. non si voglia correre il rischio di ignorare la ge- nesi di alcuni di questi contenuti cellulari e delle altre modificazioni delle cellule stesse. D'altro canto dalla larva matura, la quale cioè cessa dall’ingerire: cibo, fino al momento in cui la pupa è formata perfettamente, vi ha un ‘intervallo così notevole, se non di tempo, almeno per via del pro- cesso delle modificazioni che avvengono nell'organismo, che il non te- nerne conto significherebbe voler trascurare il più interessante momento delle suddette modificazioni L'osservatore, anche superficie; non può non rimanere stupito dal fatto’ che quasi tanto ne ds larva richiegga dalla sua sortita dall’uovo a divenire matura, quanto, da questo punto, cioè dal mo- . mento in cui cessa di alimentarsi dallo esterno, fino alla sua completa trasformazione in crisalide. E per verità, durante almeno la fredda sta- gione, non sono meno di quattro o cinque giorni quelli in cui rimane immobile la larva matura e via via più si raccorcia, assumendo la forma. di pupa, prima di essere veramente pupa formata. All’esame esteriore la progressiva modificazione è contrassegnata, non solo da un sempre maggiore accorciamento, secondo le forme della pupa, ma ancora da variazioni nella tinta dell’insetto. uesto infatti, mentre è tuttavia allo stato di larva matura ed ancora si locaimuove facilmente, allungandosi a suo piacimento nella. forma conica speciale, si vede essere tutto bianchissimo ed assoluta- mente opaco, con questo ancora che presenta più o meno sfumata, a chi la riguarda dal dorso, una lunga e larga macchia ovale, rosso-bru- na, la quale corrisponde alla borsa del prointestino, occupante tuttavia - è 28 FENOMENI NELLA NINFOSI «grande parte del corpo internamente, anzi la massima, e che, essendo ripiena di cibo ingerito di recente, si mostra così tinta attraverso la semitrasparenza dei tegumenti. Il contorno, anzi i contorni della detta Quanto più diminuisce la prima macchia rispondente alla borsa ed aumenta la trasparenza dei tessuti circostanti, tanto più la larva ‘acquista l'aspetto, per la sua tinta, quasi di cera, che è così caratte- ristico anche per altre larve d’altri ordini. i-pari passo con queste modificazioni relative alle tinte, corrono 4 altre da riferirsi alla generale forma dell’insetto, che corrispondono poi con altre non meno rilevanti, da notarsi nella interna fabrica degli organi, Per quel che riguarda Ja forma del corpo, si vede che la larva, abbandonata la sua mobiltà e la primitiva forma conica, si raccoglie su - Se per acquistare quella ovale propria della pupa, si accorcia quindi ed anche ingrossa alquanto, e per quello che riguarda gli organi interni, dirò ora brevemente, salvo a discorrerne più a lungo a suo luogo, che ‘tutto il tubo digerente perde, insieme colla sua attività, ancora delle sue dimensioni, circa il diametro delle singole sue parti, e mentre la borsa sì vuota e si raccoglie totalmente su se stessa, il resto dell’intestino diviene così esile, che assai più difficile è il ritrovarlo per entro il corpo, di quello che non sia nella larva anch3 molto più giovane. a anche così raccolta su se, per quanto rimanga volentieri im- mobile, non è da credere che la larva stessa non possa, volendolo, nei primi momenti da che si è data al riposo che precede la ninfosi, ri- ‘prendere, più 0 meno bene, la sua mobilità e la primitiva forma conica caratteristica. Si può forzarnela a ciò, sia inquietandola meccanicamente, sia immergendola in acqua bollente 0 ad alta temperatura, come ad 80 gradi ete. Allora si vede la larva riprendere la sua forma e tentare di fuggire. Però questo è possibile solo nei primi giorni (nella stagione rigida) da che è avvenuto l’accorciamento colle altre modificazioni, ma .non è più possibile in uno stadio prossimo alla ninfa. iccome in ciascun momento il tessuto adiposo ha le sue appa- ‘renze speciali, così io ho creduto conveniente di dividere questo stadio 3 LAZISE di di Sha posa SRI SI PARE RAERNVRE RE RL SE ORE RO STANTST PORI, SEO MPI TON SERRE ANTONIO BERLESE 29 preninfale (da non confondersi con quello di proninfa che è posteriore) in più cp cas ed i principali sono i seguenti. .°. Larva monia che ha finito di nutrirsi, si locomuove e si dispone. ad Liga ° Lar rage E che cessa di locomuoversi e comincia a rac- Fogtiani su se ra Quivi il tubo digerente è ormai quasi tutto vuoto e ridotto di ca- libro. Pero. in questo momento, l’acqua bollente rimette facilmente la larva nella da primitiva form 3. rva matura ohi è è già raccolta su se stessa, e la quale, mercè Ta bollente, si distende bensì alquanto a cono, ma rimane tutta grinzosa trasversalmente. arva matura che è ormai da tempo raccolta su se stessa - ed affetta giù la forma di pupa. In questo stato il tubo digerente è affatto vuoto e molto esile, mentre la borsa è ormai completamente vuotata, e l’acqua bollente non ridona più a ga larva la sua forma conica allungata, nè più si muove altrimen Di qui si patti poi alla ninfa, dapprimo bianca, di poi rossa, ti-- nalmente rosso bruna, come è bene noto. Discorrendo ora del primo stadio che segue a quello di larva ma- tura bene mobile e che per graduati passaggi si connette col prece- dente e coi seguenti, dirò che in questo momento la borsa è del tutto © vuota e raccolta in Selen vicinanza degli organi nervosi centrali, ce- falici, appena dietro ai due grandi gangli, e che il resto dell’intestino, vuoto ed esilissimo, ha un diametro di molto minore di quello della larva matura. Discorrerò a suo tempo delle altre modificazioni di questo © sistema. Per ora mi è necessario osservare che tutto il contenuto dell’in- testino stesso è ormai stravasato di fuori ed in una sezione si vede benissimo (sia essa trasversa che in piano) tutto questo plasma larga- mente intercalato fra gli organi interni, sieno essi il tubo digerente colle molte sue circonvoluzioni, sieno i muscoli ed il tessuto adiposo. Per ora, quello che più ci interessa sono le modificazioni che in questo tessuto appunto avvengono, ed ecco in che consistono. Tessuto adiposo (tig. 6, 17, 18). A partire dalla larva. matura precedentemente vista e nella quale il tessuto adiposo mostra cel- lule, nelle sezioni al microtomo, di cirea 170 per 140 x, tutte contenenti un citoplasma finamente reticolato, con vacuoli più o meno ampli Lai seconda della regione in cui le stesse cellule si trovano, procedendo in questo primo stato di larva raccolta su se, è facile constatare due im- ti fatti portan ‘atti. 30 FENOMENI NELLA NINFUSI In primo luogo le cellule stesse sono notevolmente cresciute di dimensioni, in secondo luogo, il contenuto loro è diverso. Per le dimensioni, sempre ricorrendo alle misure ottenute dalle sezioni (che sono di molto inferiori a quelle sul fresco etc.) si nota tut-_ tavia s55) le cellule stesse sono in media iche 200 per 150: Addominali 170, 180 per 150. Ne sv fra le cefaliche ancora di maggiori, ed una persino che misurava via # per 200, ma la media è quella più sopra indicata. Le differenze, quanto a struttura del citoplasma, già rilevate nella larva i fra le cellule pertinenti alla regione cefalica e quelle che sono proprie dell addome, si conservano anche in questo stato, salvo che dal contenuto cellulare sopravvenuto e molto meno cospicua la differenza anzidetta. Pure, i grandi vacuoli proprii delle cellule ce- falotoraciche, sono qui pure presenti, ma, come ripeto, alquanto ma- rati. Iotanto, il tessuto adiposo stesso, al debole ingrandimento (fig. 18) fa vedere zone che variamente si tingono colle diverse tinture; in- fatti il nucleo si trova ad essere circondato da una larga zona pellu- cida, incolora, larga quanto il suo minor diametro, e questa e circon- d a una zona che si tinge abbastanza intensamente in violetto, e da questa alla periferia della cellula, il fondo è mediocremente violetto, ma tutto radialmente traversato da fascie più colorate. ‘esame a forte ingrandimento (fig. 16) fa rilevare quanto segue : Il nucleo è di forma _rotondegg riante od ovale, ma la membrana sua si trova quasi stirata in più punti della sua superficie, dalle prin- cipali colonne del citoplasma disposte a reticolo, e questo citoplasma, ‘costituisce una fitta rete, tanto più fitta quanto più è discosta dal cen- tro. Rimangono intercalati nelle maglie dei vacuoli più o meno ampii, a seconda che la cellula è nella regione cefalotoracica, dove sono am- plissimi, oppure nella regione addominale, dove sono assai piti minuti ‘e spessi. Ma sulle maglie di questo citoplasma, cominciano a scorgersi de- positate infinite piccolissime sferette, molto rifrangenti la luce, così pic- .cole che appena l’obbiettivo semiapocromatico ad immersione può de- finirle e che costituiscono come una. ce fitta di tutto il con- tenuto pro I La tin a, però, di queste Sferette varia a seconda della regione della Ei in cui stanno Infatti, attorno al nucleo; nella zona incolora. i granuli anzidetti sono bensì alquanto maggiori degli altri, ma affatto incolori, mentre colorati i abbastanza coll’emallume si vedono i che col loro com- bc ce e io ii ine gii ia e ANTONIO BERLESE © paiolo” | plesso costituiscono la zona colorata periferica alla pellucida, e così tinti sono ancora quei molti che si impigliano nei filamenti maestri, radianti del citoplasma e molti altri che, più diffusi, ingombrano i va- cuoli tra le maglie. L’origine poi di queste granulazioni, che così inopinatamonte com- paiono, si comprende tosto esaminando con molta attenzione, le dipen- denze della cellula. . Questa infatto, meno che nei punti di contatto colle cellule vi. cine, è, tutto all'ingiro, circondata dal plasma stravasato in abbondanza dal tubo digerente, e questo si vede in forma di sostanza minutamente granulosa (a) e che non si tinge affatto colle tinture di emallume (Heydenhain etc.). Ora, esaminando con cura l’orlo delle cellule in contatto col detto plasini ambiente, si vede che esso orlo, per buon tratto all’interno, non si tinge affatto, ma è occupato da una sostanza granulosa, affatto simile alla ambiente che si trova al di fuori della mem- brana cellulare. Di più, nella parte più interna di questo orlo incolorato, si vede la sostanza stessa, che possiamo dunque arguire come venuta di fuori, raccolta ormai in piccole sferette, che sone le granulazioni so- praindicate, e si comprende che queste si recano al centro, circondando il nucleo e facendo così quella zona pellucida, o meglio incolorata, che circonda largamente il nucleo. a zona che si tinge è, invece, L'ini di granulazioni analoghe, ma più piccole, più dense e quindi più rifrangenti e che coll’emallume si tingono meglio in violetto. Da quello che si sa circa il lavoro degli enzimi dipendenti dal nucleo e dei quali si dirà abbastanza quando si discorrerà d’altri stati dove la loro presenza è più convincentemente dimostrata ed:il modo loro ancora di agire, noi dobbiamo ritenere chela zona pellucida periferica sia compo- sta di sostanza ingerita dalla cellula, di recente, e che, raccolta poi in gra- nulazioni ARS dia alimento di se alla zona incolorata circondante il nucleo. Queste granulazioni incolorate, PRA la massa di sostanza . assorbita dalla cellula, sottraendola al plasma ambiente, ed una volta poi elaborate dagli enzimi nucleari, mentre si comportano allora diversamente di fronte alle colorazioni di emallume, etc., inquantochè si tingono bene 0 discretamente, si allontanano poi centripetamente e si arrestano giore o minore distanza dal nucleo, a seconda del progresso della funzione, | costituendo, per intanto, quella zona più tingibile che è interposta fra la incolorata e la periferia della cellula ed inoltre disponendosi tra le ramiti- cazioni del citoplasma e nei vacuoli, ma con preferenza a ridosso delle pri- Me sì che queste spiccano meglio colle colorazioni. 32 FENOMENI NELLA NINFOSI Devesi dunque notare questo principale fatto e di grande rilievo, che ci è per la prima volta manifesto nella larva, cioè l’entrata del tessuto grasso in una nuova fase, ben diversa dalle precedenti, nella quale il tessuto stesso, non più si limita a crescere per se e ad imma- gazzinare tutto al più ‘gocciole di grasso, ma da ciò che sorte in grande abbondanza dall’intestino, si arricchisce, assorbendo sostanze le quali sono albuminoidi, e mentre le cellule, stesse aumentano così la grandez- za loro, inglobano e trattengono il plasma emesso dal tubo digerente. Un secondo fatto è messo in rilievo dalle reazioni e tinture. Que- sto si è che mentre il plasma ambiente e quello di recente raccolto dalle cellule, come quello ancora che circonda il nucleo in larga zona non si tingono nè coll’emallume nè col metodo di Heidenhain, si tin- ono invece le granulazioni di mezzo. Si devono, quindi trarre due conclusioni importanti. La prima si è che non esistendo per lo avanti granulazioni nelle cellule ma comparendo queste solo coll’eccesso della sostanza ambiente nello stadio che segue subito quello di larva matura e bene mobile, si deve inferire che queste granulazioni dipendono dall’assorbimento della sostanza ambiente. Ciò si vede anche diretta- mente, poichè l’estrema periferia della cellula è occupata da sostanza affatto identica a quella ambiente, cioè amorfa, ma subito più all’inter- no questa è già raccolta in minute granulazioni incolorate. La seconda conclusione si è che essendo queste granulazioni pe- riferiche affatto identiche a quelle centrali che circondano il nucleo; vi ha dunque un processo centripeto della sostanza pi vcolta dalla cellula dal di fuori, e che da questa dipendono poi le granulazioni che si tingono, le ‘quali invece hanno direzione centrifuga, e per intanto st arrestano in una zona intermedia. Più tardi, cioè in stadi più avanzati, sarà facile dimostrare che la sostanza che non si tinge rappresenta albuminoidi non elaborati, ma. elaborata dall’ attività nucleare diventa facile a colorarsi colle tinture all’ emallume, con quella Heidenhain etc. Ciò avviene solo dopo l’azione degli enzimi nucleari, sicchè anche per questo stadio possiamo ammettere che la cellula si carica di sostanza 210% elaborata ambiente, la richiama attorno al nucleo, la elabora e la rimette | poi, ormai completamente modificata, verso la periferia della cellula. Con ciò noi abbiamo ammesso che la sostanza ambiente, cioè stravasata dal lume dell'intestino sia tuttavia da elaborarsi ed è questo . un fatto di grande rilievo il quale noi esplicheremo meglio e commen- | teremo a suo luogo, senza interrompere ora la descrizione dei fatti per- tinenti al solo tessuto adiposo. ) * 3 prat Be x: SO GRES ES PI gii È ni SE ia CAR gi ATI I I IO SE I UNDER SIRENE DIGO I IL Vi er EEA IU RIE IE 00 e E LIU nti DTA SLA I EN SE PMF] SE 1-10 fae ESRI REESE PT tt a PERRIN sà ANTONIO BERLESE 33 Larva matura III° stadio (fig. intercal. 2) (fig. 19). Ho già detto che la larva, quando sia da tempo sufficiente raccolta su di se, in presenza del- l’acqua bollente o molto calda, si distende alquanto, ma non già totalmente come quel- la dello stadio precedente e, d’altronde, mo- stra una certa rugosità transversa dei seg- menti, appunto per questa mancata com- pleta estensione, Inoltre, i segmenti cefalici estremi, quelli recanti gli organi della bocca, non protrudono affatto, ma rimango- no, cogli organi stessi , compresi nel segmen- to. Ora, questo stadio che è intermedio fra il precedente e quello che segue, in cui la distensione non è più possibile per nulla, è molto importante, per riconoscervi un singolare naar di cui dirò Se In o luogo avverto che vi sono, come è incile: comprendere, molti asa passaggi tra il presente stato ed il prece- dente e seguente, di guisa che anche nelle variazioni allo interno si notano stati in- termedi. Si nota intanto che la borsa (vedi fig. saga 2) (Cc) è più che mai rac- colta e affatto vuota e grinzosa, tra la esta pe i gangli sopraesofagei (e). più che altro, si interpone tra questo e l'orlo anteriore del corpo. Il fatto cardinale è che di quel pla- —. Larva matura di Calliphora, già raccolta su se stessa e che Fig. coll’ acqua cai si stende incompletamente. (Sezione di piano, 10/1). (a faringe ; d apice dello sbocco delle salivari; e borsa esofagea; d saliva nr e ganglio sopraesofageo ; 7 dischi immaginali; 9 esofago ; ” tessuto adiposo ad- . dominale; h tessuto Lain cefalotoracico ; î rudimenti dei genitali interni ; 3 di ans FENOMENI NELLA NINFOSI sma, il quale si era veduto così abbondante nella precedente forma e si disse derivato dal tubo digerente, qui non vi ha più traccia. Tutti gli organi nel torace e nell’addome sono isolati, non circondati da sostanza coagulata, e può essere che se vi ha liquido ambiente questo sia acquoso © tale che scompare la sua traccia nelle manipolazioni per le sezioni. Certo si trovano stadi intermedi tra questo ed il precedente, in cui vi ha tuttavia del plasma così fatto, intercalato sopratutto tra il corpo adiposo e la periferia dell’insetto, mentre il centro dell'insetto stesso è vuoto, ma se si ha la ventura di incontrare una larva abba- stanza avanzata, si vede che tutto il plasma ambiente, nel torace e nel- l'addome, è scomparso e solo rimane quel poco il quale deriva dalla ecomposizione degli organi cefalici ed è collocato, come si è detto, tutto affatto anteriormente. Tessuto adiposo. Di pari passo sono aventi notabili modifica- zioni nel aa adiposo, e subito spice appena si confronta con quello dello stadio precedente Ora, infatti, si vedono le cellule in generale ancor più voluminose di quelle dello stadio precedente, perchè i diametri loro medii sono di 200 a 250 # per 150 Inoltre, si può dire che il citoplasma si LS è siffattamente diradato che assai difficilmente se ne scorgono minute sd fra le grosse . siluro: delle quali dirò tosto (fig. Il nucleo è pur sempre bene ovale o rotondeggian da le granulazioni le quali erano così piccole sara stadio prece- dente, che appena si potevano risolvere con fortissimi ingrandimenti, qui invece sono di assai maggiori e ve ne ha di più grandezze, a seconda. della posizione della cellula. Le cellule cefaliche, le quali sono di poco maggiori delle addomi- nali, presentano dei globuli o gocciole, al loro interno alquanto più pic- cole di quelle addominali, e sono tutte di dimensioni uniformi, ed «an- che molto più rade di quello che non sieno nello addome. Invece, le cellule addominali presentano molto fitte granulazioni grossette e tra queste si vedono, abbastanza comuni, certe altre grosse gocciolone sferiche, le quali, insieme colle piccole, si colorano abbastanza bene coll’emallume ete. Non ho potuto rilevare che verso il centro i globuli o gocciole sieno par chiari o più voluminosi che presso la periferia Da queste osservazioni è facile Lomeliiaite quanto segue: In questo stadio le cellule grasse cefaliche sono meno ricche di sostanza assorbita albuminoide che nor quelle addominali, e ciò si spie- ATI Ie È > RR sio ia È i - sii z 2 TS PIPE I LIA ERI 1 Za co FILTRI. CARI LE UA RA RO RS SER I IAA NA LITE e rg i SR le VERSI" SMOVETAI I Pia NERI I i LATO SEA E DTT int rr i i Se aa trai ae e a it en * da ia ISS Si rane aid, SIISTRIOI * ANTONIO BERLESE 35 ga pensando che nell’addome appunto risiede la più grande massa di intestini (vedi fig. 2) e che quindi in questa regione è più abbondante il liquido dora dagli intestini stessi. In secondo luogo, il vedere tutte le granulazioni o gocciole ormai «elaborate È ea, perchè tutte egualmente si tingono ed hanno, tanto al centro che alla poriferia della cellula le medesime dimensioni e pro- prietà, deve far ritenere che questo stadio sia di riposo, nel quale tutta la sostanza dalla cellula assorbita è ormai elaborata (giacchè non ve ne ha più che non si tinga) e questa è tutta quella. che dagli intestini era Di n ita. gnerà quindi che a questo stadio uno ne segua, nel quale, in nnt modo, sopraggiunga, fra le cellule del corpo adiposo, altra nuova sostanza da elaborarsi e questa si ritrovi in via di ingresso nelle cellule, 0 ua pervenutavi. si può affermare, con tutta sicurezza, che il contenuto dell’ infestio, messo în serbo dalla larva nei suoi ultimi momenti di vila larvale è già tutto assorbito dal tessuto adiposo ed etaborato prùna della formazione della pupa rosse gocciole che si vedono sparse tra le minori, nelle cel- lule addominali, mostrano, nel loro interno, delle parti sferiche, le quali si tingono più intensamente e possono simulare quasi dei nuclei. Ora, queste gocciole appunto, così fatte, sono quelle che dal Viallanes e dal Rees sono state scambiate per elementi cellulari, per via di queste’ parti centrali più oscure, interpretate per nuclei. Io insisterò abbastanza su questo punto cardinale per dimostrare l'errore di detti autori, mentre nulla più abbiamo dinanzi dei conformi globuli di sostanza ingerita dalle cellule del mesointestino degli aracnidi, delle quali a lungo ho discorso in altra mia nota, e le parti centrali che meglio si tingono s son dovute :ad enzimi, dipendenti dal nucleo. Ma di ciò a suo tempo. E certo che di qui in poi le gocciole elaborate debbono sortire dalla cella. per dare posto a nuova sostanza da elaborarsi, e così av- «viene Fepaiai Vediamo infatti lo stadio successivo. Larva matura, IV stadio (fig. intercalata 3e fig. ta- vola II, 20), ud ultimo stadio, che precede di poche ore quello della ninfa, mostra la larva ormai del tutto raccolta su se stessa e così ‘ovale e di statara precisamente come la pupa a cui darà origine. Solo, in confronto della pupa bianca, si distingue questa larva pel fatto che si vedono ancora molto profondamente marcati i solchi che separano - Puno dall’altro segmento, assai più di quello: ehe seno por essere più | tardi nella pupa e così, questa superficie più scabra e meglio solcata fa tosto riconoscere questo stadio. 36 FENOMENI NELLA NINFOSI In tale momento l’acqua bollente non ha effetto di ricondurre più la larva alla sua forma conica o di allungarla pur di poco, ina an- che di fronte a cosifatto trattamento essa rimane ovale e delle dimen- sioni di una pupa. Ora, l’esame di questo stato dimostra quanto segue : Avvenuta la completa o quasi totale distruzione dei mu- scoli periboccali, ed essendo in- coata quella di molti altri, come del tubo digerente etc., si trova che il corpo è tutto pieno, nuo- vamente, di un plasma coagu- lato, però più grossamente gra- nuloso . di quello proprio alla. larva nei suoi primi stadii. Que- sta nuova sostanza ha dunque la sua origine in questo momento, cioè poche ore prima della forma- zione della pupa. La cavità visce- rale e le lacune fra gli organi. sono riempiuti di plasma, deri- vato, questa volta, dalla decom- posizione di organi interni. Il ve- ro lavoro ninfale, adunque, di qui ha principio. In questo plasma sono s0- spese le corone di cellule adipose, delle quali si dirà tosto. Tessuto adiposo. La tigu- ra (3) che si unisce, dimostra chiaramente una diversità di tinta fra il tessuto adiposo addo- minale, a cominciare dal sestulti- segmento in giù, e quello tora-. cocefalico che occupa la parte anteriore del corpo, fino alla re-. i Fig. 3 — Larva matura di Calliphora, che nell’ acqua bollente più nom si distende ; sezione di piano (Ultimo stadio. Lettere come a fig. 2 solo ® stigmi anteriori). (15/1). ANTONIO. BERLESE al gione delle grandi masse cerebrali. Questa differenza di tinta accenna ad una reale differenza quanto al contenuto ete., tra le anteriori e mezzane cellule e quelle posteriori. Tale differenza, del resto, appa- risce assai nettamente anche nelle preparazioni, essendo le cellule po- :steriori assai più intensamente colorate delle anteriori. Dirò subito la ragione di ciò. Per ora avverto che le cellule tutte ‘sono di assai diminuite, quanto a grandezza, in confronto di quello che -sono nello stadio precedente, dove, certo, raggiungono il su72771v72 delle Joro dimensioni. Infatti, qui troviamo una media di 150 in diametro per le cellule .cefaliche e di 70 a 130 in diam. per quelle addominali, rimanendo con dimensioni intermedie quelle toraciche. Si è avuta adunque una notevole costrizione nelle cellule stesse, le quali erano, per l’innanzi, tante distese ed ampie. noltre il contenato cellulare è molto modificato. Nelle cellule cefaliche (fig. 20) non si hanno più che in scarsis- sima misura gocciole di modeste dimensioni (b’’’), di aspetto omogeneo ‘e che si tingono bene, come erano tutte quelle dello stadio precedente; ‘cioè del contenuto cellulare di questo, poco è rimasto nel presente stato. Invece è necessario rilevare l’apparsa di sostanza che non trova .analogia presso gli stadii anteriori. Ecco di che si tratta: Dolla decomposizione della massima parte dei muscoli cefalici, è venuta libera nella cavità viscerale, particolarmente anteriore, una certa quantità di sostanza fluida, per opera, specialmente, dei muscoli, e tutta questa sostanza si trova infiltrata fra tutti gli organi rimasti in sito nella anteriore regione del corpo. Ora questo plasma, che si incontrerà anche più abbondante nei successivi stadii, fino a quello di pupa di tre o quattro giorni, ha una apparenza, nelle sezioni, assai caratteristica, dimostrandosi esso granu- loso, o meglio punteggiato, colle punteggiature fitte tanto meno quanto più fluida è la sostanza stessa. La grande analogia di aspetto tra questa sostanza e quella che se ne viene dalla decomposizione dei muscoli, e che dovrebbe rappresen- tare il plasma muscolare, può far dubitare che appunto essa derivi, per la massima parte, dai muscoli della regione anteriore del corpo, che sono i primi ad avviarsi alla istolisi ed a raggiungerla. Intanto, questo aspetto granuloso, giacchè nessuna reazione ap- propriata abbiamo al momento, per riconoscere questa sostanza e la sua origine, serve però bene a riconoscerne la fine ed a rintracciarla anche nelle sue suecessive peregrinazioni e modificazioni, come si dirà tosto. Se è vero il presupposto, che queste cellule arricchiscano il loro 38 FENOMENI NELLA NINFOSI contenuto assorbendo i liquidi ambienti da elaborarsi, noi dobbiamo trovare traccia dei liquidi stessi nelle cellule medesime e però ancora di questa sostanza granulosa, che, venendo dai muscoli, circonda le cel- lule stesse, ed ancora dobbiamo poter seguire le sue modificazioni per entro la cellula stessa e ciò con maggiore chiarezza e ricchezza nelle cellule della regione dove le più abbondanti dissoluzioni di muscoli e& altri organi sono avvenute di quel che non altrove. Nelle cellule, adunque, della regione cefalica, il nucleo non subi- sce modificazioni notevoli, esso è poco o punto compresso dalle circo- stanti masse di sostanza raccolta, le quali sono tuttavia fluide o semi- fluide ed il suo contorno è, quindi, presso a poco ovale. Esso contiene, assai bene conspicui, il solito filamento nucleinico e la gocciola 0 nu- cleolo per così dirlo, più o meno evoluta o intera o divisa in gocciole minori, variamente foggiata. +9 i Ma chiaramente si può riconoscere che il restante contenuto cel © lulare è molto variato da quello che si vedéva nei precedenti stati. Anzitutto, del citoplasma si ha così grande penuria che non dovrebbe dubitare a dichiararlo mancante affatto, se qua e là non si scorgessero, quasi filamenti o traccie di un’ampia reticolazione. In que- sta sono impigliate sostanze diverse, che molto diversamente reagiscono alle varie tinture. Colle colorazioni al semplice emallume si notano globuli. perfet- tamente circoscritti, assolutamente sferici vd appena ovali, mediocri nelle loro dimensioni o piccoli (di 4 o 5 # di diam.) i quali si tingono- abbastanza intensamente in violetto e di questi, aleuni pochi sono com- posti di sostanza omogenea, ma sono in misura scarsissima, e questi si vedono costituite esse pure da sostanza granulosa, ma a punteggia- ture più rade che non siano nelle goccioline prima vedute. Il diametro loro è maggiore di quello comune alle gocciole pre- cedentemente descritte, anzi è di circa il doppio, in media, cioè da’ In terzo luogo si vedono, in ampi spazii, disposte delle masse più grandi (0) a contorno circolare o più comunemente ovale, o senza con- forno bene definito (a°) le quali risultano composte di una sostanza più Li IR ili iti die Sri 5 dI ct ne Ie LOR PI 9 IUAAI SSA ANTONIO BERLESE 39 grossolanamente granulosa di quella delle precedenti e che non si tinge affatto coll’emallume, ma rimane del suo colore, quasi gial- lastro od appena terreo, come è quello della sostanza granulosa am- biente della cellula. Queste masse occupano indifferentemente varie parti della cellula, ma il più di frequente si vedono disposte verso la periferia della cel- lula ed ancora largamente addossate alla membrana cellulare. Anzi le meno bene definite, quanto a forma, sono appunto quelle in contatto colla membrana stessa (2°), solo per questa separate dal plasma gra- nuloso esterno /@) e mostrano con questo rapporti diretti, interrotti solo per quel tanto che vi si interpone la membrana cellulare. Queste osservazioni provano un nesso certo fra il plasma circo- stante (a), composto, come si è detto, di sostanza grannlosa, e queste masse informi le quali si dispongono fra tutte le altre a contorni me- glio regolari e detiniti. Non sembra adunque possa cadere dubbio alcuno circa Ja origine dei contenuti cellulari in questo momento, poichè, astrazione fatta dalle prime o più piccole guttule che si debbono riconoscere per residui dei precedenti contenuti, per tutte le altre gocciole comprese nulla cellula il progresso è evidente, a cominciare da quelle masse amorfe (a’) che stanno appena dentro la membrana cellulare e di la si infiltrano per entro ‘a cellula tra il restante del contenuto suo, progredendo poi per quelle grosse gocciole rotonde od ovali (d), le quali hanno dunque or- mai acquistato una forma e mostrano la granulazione alquanto più serrata, e sono certo meno fluide delle prime, per passare poi, attra- verso a gradazioni (5”) tino a quelle sferiche masse più piccole che segnammo in b”’, le quali si tingono alquanto coll’emallume e mo- strano una punteggiatura assai serrata e fine. Inoltre è bene considerare un fatto di grande rilievo. È certo che la sostanza granulosa, col modificarsi, come si è detto, entro la cellula, ancora alquanto si costipa e ristringe, come lo dimo- stra la punteggiatura più serrata, ma non tanto certamente che debba diminuire di metà in diametro la gocciola di sostanza, passando dallo stato di d in quello di d””; adunque è d’uopo convenire che le goc- ciole piccole segnate in d”” e che sono più vecchie di quelle di recente raccolte a sfera, sono state, fin dal principio di loro formazione, 0 ve- nute entro la cellula, molto più piccole di quelle che più tardi si rac- colgono, cioè, in altri termini, l’ingresso della sostanza granulosa nella cellula è aumentato gradatamente coll’età della larva matura, il che importa ancora un’aumento della sostanza granulosa ambiente coll’età stessa. da EER E RE SENO] AR METTI BIMILEROOR PERE I IO IRA IRAN RENE Va GE el AT LE: $ À, v Viva si 40 FENOMENI NELLA NINFOSI Significa ciò, che la sostanza granulosa, al principio della istolisi degli organi e specialmente muscoli cefalici, era in piccola misura, e per- ciò piccole sono e poche le masse raccolte allora entro le cellule, masse ora ormai vecchie (0) perchè si tingono ete., ma che questa sostanza granulosa è andata ora aumentando in quantità, assieme al progresso / della istolisi stessa, ed aumerterà tuttavia perchè, nel futuro prossimo stadio di ninfa appena formata, vedremo assai maggiori le masse ro tonde od ovali di recente ingresso e formazione nelle cellule, ciò che aiuterà a dimostrare che esse sono in rapporto diretto colle sostanze derivate dalla dissoluzione dei muscoli, talchè a mageior grado di/dis- soluzione corrisponde, subito dopo, la maggiore quantità e grandezza e masse rotonde od ovali, granulose, contenute nelle cellile ce- faliche. Per queste cellule possiamo dunque concludere che in questo momento della larva, prossima a divenire ninfa, comincia ed è già vene avviato l'assorbimento di sostanza granulosa derivata dalta dîs- soluzione dei muscoli cefalici, probabilmente dunque del plasma inu- scolare degli organi anzidetti. passaggio tra le cellule cefaliche od anteriori e le toraciche oc- cupanti il mezzo del corpo, è graduato, per ciò che riguarda la natura del contenuto loro. Infatti le cellule del mezzo del corpo, si vedono ripiene di goc- ciole a vario grado di alterazione, le quali sono bensì della stessa s0- stanza granulosa sopraricordata, ma raggiuagono dimensioni uniformi e tali che sono intermedie fra le massime e le minime riconosciute nelle cellule cefaliche, cioè tra i cinque micri ed i dieci. Si nota inoltre che queste cellule sono assai più densamente stipate di gocciole, di quello che non sieno le anteriori e più compresso ne è quindi anche il nucleo. Ma il passaggio tra le cellule toraciche e le addominali è marca- i tissimo e per nulla meno di quello che non apparisca (a piccolo in- grandimento), anche dal disegno che io do (2). uesta netta distinzione si manifesta ancora meglio ad un esame più accurato. È singolare come vi sieno rosarii (1) di cellule pretta- mente toracali, col contenuto sopraindicato, i quali si distinguono net- tissimamente da rosarii confinanti, di cellule con tutt'altro contenuto © (1) Dico rosarii o coroncine, riferendomi alle sezioni, ma si comprende che queste sono appunto sezioni pertinenti a quei grandi lembi composti di un solo strato di cellule, ma larghissimi e che ricoprono tutti i visceri, come si è già veduto. REIT RI, sg ar i ii i PA RA }: ANTONIO BERLESE 41 «he appartengono al gruppo delle addominali. Può essere ancora che alcune di queste coroncine di cellule penetrino anche profondamente fra le toracali, ma però mantengono sempre tutti i loro caratteri. piccolo ingrandimento il distacco riesce palese per un subito aumento di intensità nel colore, specialmente se si è ricorso al pro- cesso Heidenhain, ma a più forte ingrandimento se ne vede meglio la cagione. Infatti le cellule, per così dire, addominali, sono tutte fittamente ripiene di gocciole (vedi fig. 21 che rappresenta una cellula addomi- nale dello stato seguente) le quali si presentano . composte di sostanza omogenea e molto rifrangente la luce e le prossime alla membrana cel- lulare sono piccolissime, quando quelle vicine al centro sono circa dop- pie in diametro, ed il passaggio tra le periferiche e le centrali è graduato. Alcune di queste gocciole maggiori, che sieno abbastanza discoste dal centro, si vedono incolore, ma nell’interno contengono uno 0 più centri che bene si tingono e che significano appunto i centri di alte- razione dei globuli stessi. Le gocciole vicine al nucleo sono ancora incolore, come di sostanza appena raccolta e che deve attendere la sua volta per alterarsi. Mancano affatto gocciole di sostanza gra- nulosa. Come si vede, adunque, queste cellule addominali, rappresentano ano stadio antecedente, rispetto alle cefaliche prima descritte, e ciò perchè non ancora nell’addome sono avvenute vaste istolisi, od, in altri termini, queste cellule addominali, contengono tuttavia, a varii gradi di elaborazione il plasma fuoriuscito dall’intestino alla maturanza della larva, e perciò sono molto più addietro nel loro processo e nel loro ciclo di quello che non sieno le cefaliche e toraciche le quali, invece, hanno già elaborato ed emesso tutto quello che è loro venuto dal pla- sma derivato dall’intestino. È bensi vero che, come si è fatto osservare, le cellule cefaliche e toraciche, poco si arricchiscono, in contronto delle addominali, dal plasma che viene dall’intestino che si vuota, mentre le addominali se ne rimpinzano, ma è ancora vero che queste cellule addominali sono sempre più tardive, nel compiere il ciclo loro, delle cefaliche e toraciche “e questo si conserverà sempre, finchè nella immagine troveremo ormai distrutte le cellule cefaliche mentre le addominali sono sempre in ec- .cellente stato e le toraciche in uno intermedio. Questo è quanto si osserva nello stadio in discorso; e qui finisce la larva, per dar posto alla lunga serie delle pupe o ninfe. ie NE Me RIS. "E TR > si MOI n I e Vel A ESE E TR IE AO MOT a Re SA E ARI AO AE Siete MI II 42 FENOMENI NELLA NINFOSI III. PERIODO (Ninfa giovane) Per conoscere bene le modificazioni a cui va soggetto il tessuto | adiposo durante lo stadio ninfale, è necessario conoscere, anche, esatta mente l’età della ninfa Ora a ciò si presta egregiamente la Calliphora che abbiamo in esa- me, poichè sollecito assai è il suo ciclo evolutivo ninfale. Infatti se di inverno, qui in Portici, durante il mese di febbraio, nel quale ap-. punto ho fatto allevamento di tale insetto, esso ha impiegato ben ventidue giorni circa nello stato di ninfa, si vede che di estate non ne impiega più di otto, ed in ogni caso è sempre molto sollecita la sua trasforma- zione. Ciò permette di avere sezioni di ciascun giorno e compararle fra i loro. Nello stadio ninfale abbiamo tre distinti periodi, che ‘sono i se- guenti : : ; 1.° Pupa appena fatta, cioè entro il primo giorno e questa può essere o debolmente colorata, se assai giovane, oppure gradatamente sempre meglio tinta dal rosso al rosso bruno. Si osserva che in questo stato, non si può staccare la grossa epidermide dipendente dalla larva, dagli organi sottostanti, perchè non ancora si è formata una pellicola ninfale che permetta di togliere completa e sana la ninfa di dentro il pupario. 2.° Proninfa. Questa, a seconda della stagione, si ha più o meno presto nel secondo giorno od a metà del terzo da poi che la pupa si è formata. 3.9 Ninfa. Di qui in poi, tutta Ja forma della proninfa è mutata nè più varia, o di poco, fino alla schiusura dell'immagine. Si vedrà già formata la ninfa nel terzo giorno, e sempre meno. molle nei giorni successivi, finchè, in quello o quei due che precedono la schiusura dell'immagine, la ninfa stessa assume una tinta grigiastra e gli occhi sono rosso bruni. Ora, quando io perlerò di ninfa, ad es., del terzo giorno intenderò compresi nel computo tutti i giorni dalla prima formazione della pupa, allo stadio in discorso, e per la proninfa sarà la stessa cosa così chia- marla o ninfa di due giorni. Ninfa 1° giorno). In questa ninfa, mentre l’ipoderma larvale è (1) È data più innanzi una figura d'insieme della sezione di piano, & proposito della Curtoneura stabulans. ANTONIO BERLESE ! 43 tuttavia in posto, è ormai avvenuta larga decomposizione dei muscoli periboccali ed altri cefalici, ma la maggior parte dei rimanenti del re- stante corpo sono peranco in buono stato. a tensione moderata dei muscoli longitudinali, tra un segmento e l’altro, ha condotto la pelle alla forma ovata propria della pupa, men- tre i liquidi contenuti nel corpo e gli altri organi così Lan orme determinato il gontiamento della ninfa stessa, così che la ider- mide non si mostra più come nello stadio precedente, ceolidanint impressa fra due segmenti, ma appare alquanto più liscia. Intanto però, i ialiscoli obliqui e quelli dorso-ventrali accennano a decomporsi, secondo il consueto metodo, nel quale il plasma musco- lare fuoriesce attorno al muscolo o si diffonde tra le fibre ed anche molto se ne raccoglie attorno ai nuclei, e lo stroma comincia a fran- gersi, ossia a suddividersi in frammenti. iò deve condurre a variazioni anche nel contenuto del tessuto adiposo. Tessuto grasso (tig. 7, 21). All'esame diretto, il tessuto grasso mostra le cellule sue tuttavia riunite in iarghe falde, e si toccano fra loro, secondo linee diritte, che limitano così aree poligonali. Però in queste, il contenuto cellalare è raccolto su se alquanto discosto dalle linee di confine in masse rotondeggianii. L'orlo, adunque, delle cellule è pellucido e vuoto mentre, più in- ternamente al contorno stesso, sta la sostanza contenuta nelle cellule. Queste, fissate con acido osmico (fig. 7) misurano da 250 a 280 per 180 a 200 (nella pupa ancora bianca) e l'acido osmico stesso le tinge saromezonie in nero cda calorzione scompare, in gran parte, coll’impiego dei sol- venti del grasso, ma non totalmente, Si vede che ciò deve dipendere dal fatto che minute e fitte goccioline di natura grassa riempiono le cellule stesse fra i molti globuli albuminoidi che non si tingono, e queste guttule di grasso, anneriscono coll’acido osmico, ma poi si sciol- gono coi solventi del grasso stesso né più mostrano la forma sferica definita ma pure parte della sostanza annerita rimane accolta fra il ri- manente ia della cellula. same delle sezioni si vedono leggiere variazioni fra gli stati di pupa bianca e pupa rossa, e per la prima il contenuto gi mentre non varia, quanto a natura, da quellò se si è visto nello sta» dio precedente e si vedrà ancora nel successivo, pure. quanto ‘alle di- mensioni delle guttule contenute nelle cellule nolan si vede che queste sono leggermenle aumentate dall’ultimo stato larvale a quello di pupa” bianca e da questa a quello di pupa rossa. 44 FENOMENI NELLA NINFOSI Io dirò di quello che si vede in quest’ultima, che di poco differi- - sce. da ciò che si osserva nella pupa. Al solito varia il contenuto a seconda della posizione delle cellule nel corpo. Le cellule cefaliche, (le quali nelle fette misurano da 150 fino a 200 & di diametro) si mostrano alquanto più ricche di gocciole ormai elaborate, perfettamente sferiche, e che bene si tingono coll’ emallume etc. Ma queste sono anche più grossette che non sieno state le corri- spondenti assai scarse, vedute nello stadio precedente (D’’). Queste guttule elaborate si raccolgono di preferenza verso la periferia della . cellula, ma ciò non toglie che non ve ne sieno anche più interna- mente. Quello che più risalta in questa epoca è la grande quantità di so- stanza granulosa, raccolta 0 meno in masse sferoidali, che ocenpa la cellula stessa. Tutte queste masse sono, certamente, molto più vistose @ voluminose di quello che non sieno nello stadio anteriore, ed anche più chiaramente dimostrano di derivare dalla sostanza granulosa cir- .condante le cellule stesse. Vedasi, a questo proposito la fig. 22 e quindi il passaggio dalle masse di sostanza granulosa esterna @ in quella in- terna a° senza forma definita, quindi în d e più innanzi in d’ dove ormai è raccolta in guttule ovali, ma tuttavia incolore, o che cominciano a tingersi ed alterarsi, come si dirà, in punti definiti della loro Massa, _@ nelle quali la granulazione o punteggiatura è già più fitta, per arri- vare a quelle segnate in 3” che sono ormai tutte alterate ed assai fit- tamente punteggiate, si colorano discretamente coll’emallume e sono di . dimensioni più piccole delle precedenti. i Queste gocciole segnate in d” corrispondono, per grandezza, a . quelle che nello stadio precedente (fig. 20) seznammo già in b’, sì può anzi dire che sono le stesse, salvo che nella pupa rossa, hanno già subìto quelle alterazioni, mediante le quali esse sono riuscite meglio -tingibili coll’emallume etc; meglio sferiche e con punteggiatura più fitta. nvece, le masse di recente introduzione, come sono dimostrate dalla nessuna tingibilità ete.: hanno dimensioni di assai maggiori, poichè | giungono perfino a diametri di 35 per 25 &, ma le più comuni sono di 10 a 15 & in diametro. Anche in questo stadio si nota la tendenza -centripeta di queste grandi masse granulose, da poi che sono passate dall'esterno all’interno e tutte concorrono verso il nucleo della cellula. qui tempo di dire come si alterano queste masse di sostanza _granulosa dopo che si trovano nell'interno della cellula. Le tinture coll’emallume e meglio ancora col metodo Heidenhain ,Mmostrano chiaramente come avvenga il fenomeno, RE AGLA ARA TIE ZA STORE IR US REST ANTONIO BERLESE 45” Il processo è secondo due metodi affatto distinti (tig. 28, 29, 30). Nel maggior numero di casi, la alterazione della gocciola è uni- forme (fig. 28) per tutta la sua massa, vedendosi essa acquistare per gradi e colla massima uniformità, la affinita per le sostanze coloranti, così che, mentre aumenta fino alla perfezione la sfericità sua, e diviene: più fitta ancora la granulazione o punteggiatura, intanto anche la na- tura sua si altera, perchè da intingibile (fig. 28, a) diventa tale che col- l’emallume riesce discretamente violetta e col metodo Heidenhain tutta nera affatto (fig. 23, 2). In altri casì, la alterazione della sostanza si effettua per centri che possono essere multipli e diffusi in tutta la massa, oppure circo- scritti al suo mezzo e scarsi, Nel primo caso (fig. 19) si vede la guttula contenere delle parti che si tingono coll’emallume (fig. 29, c che passa in 4) etc., le quali, per la disposizione loro, danno quasi l’aspetto di una marmorazione, in altri casi, invece, e sono meno rari, la guttula è occupata nel suo in- terno, sia da una o due, raramente da più gocciolette minori, che si tingono bene ed anche sono di sostanza omogenea, ed attorno a que- ste, come segnammo nella fig. 30 @, si accoglie la sostanza granulosa, colle punteggiature che quasi indicano zone concentriche attorno alla gocciola centrale che si tinge, e questa parte, a poco a poco, aumenta (fig. 30 da Din c in d) a spese della circostante incolora e granulosa, finchè le gocciole che si tingono rappresentano la massima parte della massa o la totalità infine. In questo caso però, anche la punteggiatura - scompare affatto. Se io at*ribuisco alle gocciole interne, omogenee e tingibili, la qua- lità di enzima, ritengo di non discostarmi dalla verità. È qui ancora il caso di richiamarci a quello che si vede in molti, arac- nidi dove sono così frequenti nelle cellule del mesointestino, gocciole con- simili, con punteggiatura delicatissima, come il Bernard, il Bertkau ed io le indicammo e segnammo diligentemente, a queste grosse masse che si trovano in queste cellule. Anche il modo di alterarsi è conforme. Io dissì già, a proposito dei ragni : (1) € È poi degno di attenzione quello che si osserva nei globuli con- tenuti nelle cellule a diverso grado di digestione. Infatti, mentre quelli ormai peptonizzati si tingono in nero uniforme, e quelli ancora non- elaborati non si tingono affatto, si vede che quelli che stanno subendo l’opera dei fermenti mostrano, nel loro interno, su un fondo non colo- ; rato, delle macchie nerissime (Heidenhain), talora puntiformi e diffuse (1) (Riv. di Patolog. vegetale, anno VII pag. 239). 46 RESA FENOMENI NELLA NINFOSI “uniformemente, tal’altra sferule*nere più grosse e tal’altra ancora una figura nera allungata e spia e tale che può essere scambiata con un filamento di nuclein Le cellule sciiti della regione mediana del corpo, (fig. 23) si assomigliano molto, quanto a natura del contenuto, a quelle della re- gione cefalica, ma ne differiscono per le dimensioni delle gocciole con- tenute. Infatti, mentre vi sono le guttule di sostanza omogenea e tutte tingibili (4°) ma poche e molto piccole, si osservano ancora molte masse, più o meno rotondeggianti, di sostanza granulosa a diversi gradi di tin- gibilità, e le meno tingibili (b’) stanno attorno al nucleo più che altrove, mentre la periferia è più volentieri occupata da quelle gocciole che or- mai si tingono, ovverosia sono già alterate. Ma le masse granulose sono molto piccole in confronto di quelle cora iche e, per lo più, non oltre- passano i 12 a 25 # di diametro. Diversissime invece sono le cellule della regione addominale, le quali misurano (nelle fette) da 150 # circa di diametro. ueste, secondo quello che dimostra la fig. 24, sono densamente stipate, al loro interno, da globuli in così gran numero che il nucleo ne è compresso e risulta quindi angoloso, ed i globuli con specialmente i centrali, sono in assoluto contatto fra di loro. Ora, non troppo diverse sono, per i contenuti loro, ie cellule addominali Deatiicnti alla pupa bianca, da quelle che spettano alla pupa rossa, e la fig. 21 mostra ‘appunto una tale cellula tolta da una falda adiposa della pupa bianca. ell’un caso e nell’altro si vede chiaramente che la zona cen- trale, immediatamente vicina al nucleo, è occupata da globuli incolori od in parte almeno incolorabili ed inlini (fig. 24, f), i quali, però, sono, nella maggior parte delle cellule, costituiti da sostanza omogenea. Bensì è vero che in altre cellule, sia pure contigue alle descritte, si trovano, no al nucleo, solo globuli di sostanza granulosa. Pare adungle che “ato cellule di questa sola si riempiano, forse perchè vicine a qualche luogo d’origine della sostanza medesima, altro invece, e sono in grande maggioranza, solo si riempiano di sostanza omogenea nella sua strut- tura. N ellon caso o nell’altro, ripeto che attorno al nucleo stanno, in massa, i più grossi globuli ed essi sono o perfettamente intingibili, o in parte loro interna tingibili in alcun modo. uì ci troviamo adunque di fronte, per la prima volta ed in modo evidente, a quei contenuti cellulari che hanno deviato dal retto giudizio delle cose non solò il Rees ma ancora il Viallanes che altrimenti ha veduto, il più speBo, e giudicato assai bene. Sono questi globuli centrali, che per ora non hanno più di 7 od 8 p di diametro e che nel loro interno mostrano dei centri più oscuri # ANTONIO BERLESE 47 ossia o n. che sono stati dal Viallanes ssd con ele- e ellulari, senza che l’autore di più ne dica poi, e dal Rees con- fusi con bvcla Sinai nella cellula a distruggerla fino a consumarne tutto il nucleo oltrechè il resto, e che poi, forniti perfino di venti nu- clei, uscendo al di fuori, avrebbero dovuto altrove recarsi a distruggere altri organi, per giungere poi a complicare siffattamente la cosa che l’autore sioneo; di fronte a tante decine di migliaia di leucociti in co- struzione e costrutti ormai entro il corpo delle ninfe anche mature, non avrebbe saputo più in quale luogo opportuno collocare questi elementi in così sterminata quantità e con aspetti così svariati. on vi ha dubbio alcuno, e basta una osservazione anche super- ficiale per convincersene, che questi globuli centrali intingibili contengono tutti uno o più centri, fino a venti, sia pure, che, invece, si tingono egregiamente, e queste gocciole così tingibili possono avere un con- torno en oppure un contorno bene definito, ed, insomma, simu- lare perfettamente un nucleo 0), ma da ciò all’ esserlo realmente, vi ha grande nin Del resto la discussione si lea gro a suo tempo essendo il car- dine di tutto il presente lavoro Ordunque, oltre questo ammasso perinucleare e centrale di globuli intingibili totalmente o tingibili solo in determinati punti, vi ha, nelle cellule, una larga zona periferica, composta tutta di globuli minori e mi- nori quanto più è vicina la membrana cellulare, ma che si tingono in violetto coll’emallume, in nero col metodo Heidenhain ete. ed alcuni dei quali, per grossezza, come per le paiti loro interne più tinte etc. | sì mostrano intermedii fra i centrali schietti ed i periferici ed insomma si.vede graduato il passaggio dai primi negli ultimi. Ho osservato che nella pupa bianca (fig. 21) è poco difforme la grandezza. tra i periferici ed i centrali, ma assai maggiore disparità si osserva nella pupa rossa (fig. 24) in cui i globuli centrali sono tre 0 quattro volte, 0 più ancora, superiori in grandezza ai periferie Ancora è degna di osservazione un’altra differenza nei due stati. Di fatto, nella ninfa rossa, non sono rare delle grosse gocciole di sostanza gimaitosa. isolate e sparse nelle cellule sebbene in parchissi- ma misura o (fig. 24), le quali si tingono ormai bene coll’emallume e che (1) Salvo che non si tingeranno mai col ver di metile nè mostreran- no mai, in confronto della sostanza in cui stanno, le caratte ristiche reazioni ‘ della nucleina, ma non differirà il loro modo di colorarsi da “quello della so- stanza in cui sono compresi ed accolti. STRA ti (Ie Re elia È ; LATI di Td 48 FENOMENI NELLA NINFOSI trovano le corrispondenti loro in grosse gocciole intingibili, altrettanto: rare nelle cellule addominali della pupa bianca. Qui comincia adunque la prima fermentazione dei globuli raccolti in abbondanza nella regione centrale della cellula, poichè negli stati precedenti, i globuli stessi sono tuttavia affatto intingibili nè presen- tano cosi abbondantemente parti interne che meglio si tingono. Accenno qui, che queste parti tingibili, nucleiformi, io le consi- dero come enzimi derivati dal nucleo della grande cellula, coinglobati colla sostanza costituente la guttula e che cominciano ad ifterab a. B o chiamo questi centri: pseudonuciei. Nella ninfa ormai rossa all’esterno è degno di nota il fatto che gran parte delle cellule adipose larvali sono ormai libere, cioè si sono . | staccate l’una dall’altra e queste sono precisamente quelle che occu- ] pano la regione cefalotoracica. Quelle addominali seguono più tardi S: questo processo di separazione l’una dall’altra e si trovano ora, tutta» via riunite fra loro, almeno per la massima parte, però non costituen- do una falda contiona, ma una specie di reticolo a larghe ‘maglie, es- sendo riunite in nin neine. È bene intanto osservare quello che avviene degli estremi globu- | letti, collocati na periferia della cellula, subito sotto la membrana cel- lulare e che sono i più piccoli e quelli che megli» si tingono Ora si vede, con tutta chiarezza, da questo stadio in poi, che vi ha un continuo esodo, attraverso alla membrana cellulare, di queste guttule, ormai elaborate e che cadono finalmente (fig. 24, 72) fuori. della cellula, nel liquido ambiente dove si dissolvono in una speciale sostanza Ho detto speciale. Infatti, essa mostra caratteri che la fanno tosto riconoscere, in confronto di quella granulosa e di altro plasma che si. vide già diffuso fra gli organi negli stati antecedenti al presente. Le differenze consistono in diversa struttura, (quasi direi) e in diverso modo di comportarsi, rispetto alle sostanze coloranti, come l’emallume la colorazione Heidenhain etc. Quanto alla struttura, si vede che anche questa sostanza coagu- labile, in cui si diffondono e disfanno le guttule che fuoriescono dalla cellula, è bensì granulosa, ma segnata non da punteggiature fitte ed uniformemente distribuite, come sono quelle del plasma muscolare etc. | ma da tratti minutissimi, vermicolari, che danno a tutta la massa un aspetto molto più grossamente granuloso. Di fronte alle tinture, la sostanza si comporta poi in modo affatto opposto a queilo notato pel plasma muscolare, per la sostanza fuori- uscita dall’intestino della larva ormai matura ete. Cioè, mentre in que- VR TI SRO DE gti ca CA Mi * È; ROOT SRO IRENE TE ANTONIO BERLESE © 49 sti casi non si tinge affatto il plasma che circonda le cellule, in- vece, nel caso di quello che si ottiene dalla dissoluzione delle guttule fuoriuscite dalle cellule, le tinture tutte agiscono egregiamente e la detta sostanza se ne carica gagliardamen Ì unto accade anche negli svacnidi. secondo quello che in due memorie sull'argomento ho già detto. unque dalle cellule fuoriesce sostanza elaborata, ed elaborata non diversamente da quello cha fanno le cellule dell’epitelio del meso- intestino e questa sostanza appunto è destinata alla vu n degli organi che nella ninfa si vanno formando o si accrescon Infatti, la ninfa rossa, contiene ormai tutta la avi viscerale e gli interstizii fra gli organi, ripieni di questo plasma tingibile, mentre pochissimo ve ne ha ormai dell’altro non elaborato e solo quanto ne viene via via dagli organi larvali che si dissolvono. Queste reazioni sono di tanta chiarezza che impongono e per la loro costanza e per la loro liner né dall’osservatore diligente si possono in aliun modo trascurar Potsiadi adunque dire che nella pupa del 1° giorno, ormai rossa, il plasma lacunare è composto, per la massima parte, di sostanza as- similabile, elaborata dalle cellule del tessuto adiposo e di qui dunque può cominciare la costruzione ed aumento di organi ninfali od imma- ginali Proninfa. (Pupa del 2° giorno). Il Lowne descrive a lungo la formazione di questa prepupa che disegna inoltre bene a fig. 4, tav. XX. Del resto già il Weismann ne aveva egregiamente detto. Questa forma si può isolare dal suo involucro larvale, ormai ras- sodato, tra il secondo e terzo giorno da poi che l'involucro stesso è divenuto bruno. Nel mese di febbraio io ho avuto questa proninfa precisamente nel secondo giorno da che il pupario erasi annerito. Però l’aderenza dello strato ipodermico larvale e della cuticola ninfale di re- cente formata al pupario medesimo, rende difficile ottenere intera que- pre gita per ciò raggiungere, trattare con acqua bollente, per qual- che minuto, tutta la pupa, e quindi, procedendo con molta delicatezza, sì può staccarne dal di dentro la proninfa intera. Si può allora consta- tare la notevole sproporzione tra la regione addominale e quella cefa- lotoracica che è assai poco evoluta e non raggiunge la quarta parte del rimanente corpo. Il capo è ancora assai male distinto dal torace e piccolissimo, mentre le zampe e le ali rudimentali raggiungono a mala pena il ao: anello addominale. o degli organi interni, più profondamente soggetti a varia- zioni, è î or 4 Mo. Bot.Garden, 1901. 50 “FENOMENI NELLA NINFOSI Nel capo, la maggior parte dei muscoli sono interamente disfatti, ma, nel torace e nell’addome, ancora persistono in buona condizione i longitudinali, e comincia la distruzione dei dorso-ventrali. La massima parte o la totalità dell’ipoderma larvale, nella regione cefalica ed in parte di quella addominale è scomparso, per dar luogo all’ipoderma immaginale. Circa al tubo digerente, nella parte anteriore del mesointestino, ” al disotto dell’imbuto, l’epitelio immaginale è già fatto, ma basso e po- vero, e questa parte dell’intestino è dilatata notevolmente, per virtù del liquido giallo derivante dalle ghiandole salivari (corpo giallo). In questa larga cavità nuota, entro il detto liquido, l’epitelio in- testinale larvale, modificato nella nota maniera, ma pur sempre rac- colto in una specie di tubulo. Il rimanente intestino, di qua all’estre- mo anale, è tutt'ora in via di modificazione, seguendo quella maniera di trasformazione che già la sua prima parte sopradetta ha subito. Le ghiandole salivari sono assai abbreviate, colle cellule loro male divise l’una dall’altra, col citoplasma perforato da molti vacuoli, e colla intima assai ingrossata. Questa parte delle salivari si colora tuttavia as- sai intensamente coll’emallume e colle tinture carminiche. Persistono nelle cellule delle dette ghiandole i nuclei grandi e bene cospicui. La parte anteriore delle salivari è dilatata in grossa ampolla e tutta ripiena di un liquido giallastro e granuloso, il quale penetra ancora nei sottili canali di sbocco e li dilata. Gli avanzi della borsa, dove primieramente risiede il cibo ingerito, sono raccolti in una massa sferoidale, collocata subito dietro i sottili tubuli di sbocco delle salivari e tra questi ed il ganglio sopraesofageo. La parte centrale di tale massa è costituita dall’ intima della borsa, @ la porzione avvolgente risulta dall’ epitelio stesso della borsa, ormai raccolto su se, più stipato che non si vegga nella borsa dilatata nor sE: malmente, come è nella larva, ma occupante assai minor volume. Sono aumentate, in misura notevole, quelle sferule di granuli - le quali, nella fine del precedente stadio, si notavano solo nella regione cefalica ed ora sono diffuse in tutto il corpo, fra gli interstizii lasciati | dal tessuto adiposo e dagli altri organi. È bensì vero che nella regione cefalica esse sono già numerose, ma pure altrove ancora si trovano. Queste sferele di granuli, che secondo gli autori più recenti (Kowalevsky, Rees ete.) rappresentano fogociti che hanno inglobato frammenti di mu- scoli ormai distrutti (il che, sebbene alle apparenze sembri chiarissimo è invece meritevole di seria discussione), sono in gran numero nella regione cefalica e di là soltanto sono scesi nel resto del corpo, Infatti, nella proninfa si nota un fatto rilevante ed è questo la costrizione di tutto CART SIIMBEI ATE Di SA, 35 "Pre, Lefe pani Ra ANTONIO BERLESE 51 ‘îl vano cefalico, il quale, occupato dalla faringe larvale e dai primi seg- menti cefalici, dalle ghiandole salivari ancora grandi ed ingrossate, come si è detto nella regione anteriore, nonchè dai dischi immaginali già enormi ma poco ancora estroflessi, lascia assai piccolo spazio agli .organi interni, di guisa che quelli che possono essere rimossi dalla te- «sta, come sono appunto le cellule libere del tessuto adiposo, sfuggono tutti nel torace ed, a mala pena, poche di queste cellule rimangono nella testa, che, del resto, è molto piccola, mentre |’ addome è assai lungo e grosso. Vedremo poi come la contrazione ultima dei muscoli longitudinali dell’ addome accorci quest’ organo alla proporzione che mantiene poi sempre nella ninfa e ricacci all’ innanzi tutto quel che vi ha di mobile nel corpo, di guisa che la testa si allarga assai, assume forma che manterrà definitivamente e si riempie nuovamente di cellule adipose, le quali sono, si comprende bene, di preferenza le anteriori, sia perchè più vicine alla testa, sia perchè mobili affatto. Con ciò si viene a spiegare il fatto che nella gino sono molte sferule di gra- nuli anche nell’ addome, mentre quivi non è ancora avvenuta una estesa distruzione dei muscoli, e così ancora, gran parte del plasma granulo- .s0, derivato dai muscoli cefalici, è entrato, per la ampiezza del vano cefalico, nel restante corpo, di guisa che se ne sono caricate egregia- mente le cellule anche dell’ estremo addome. Le cellule cefaliche si de- yono adunque ricercare, in questa proninfa, nel torace e si mostrano al solito diverse da quelle posteriori, per avere più grandi e vistosi gto- buli di sostanza granulosa, tutto affatto come si è visto negli stadi pre- .cedenti, mentre le addominali vere ne hanno assai più, ma di metà più piccoli. Concorre a questa diversità delle cellule adipose, ancora quella del citoplasma, il quale, avendo più ampie lacune nelle cellule cefaliche in confronto delle altre, può accogliere masse assai più voluminose di sostanza ambiente e quindi raccoglierla e trattenerla in gocciole più grosse, mentre nelle cellule toraciche, le lacune essendo minori ed an- cora più piccole nelle addominali, queste gocciole che si formano nel- l’ interno delle cellule non possono essere che più picce cole. Le cellule adipose, le quali possono essere dette cefaliche, sebbene solo una piccola parte ne sia ancora nel capo, presentano un contenuto affatto simile a quello già veduto per lo stato antecedente e non oc- corre dirne parola, nè di quelle addominali si direbbe se non mostrassero assai più regolare la distribuzione dei globuli contenuti (fig. 25), es- sendo quelli intingibili e più grossi disposti regolarissimamente attorno al nucleo, e quelli piccolissimi e bene tingibili alla periferia, mentre dal centro a questa è graduato il passaggio, quanto a grandezza e tin- ‘% 52 FENOMENI NELLA NINFUSI gibilità dei globuli stessi, che impiccioliscono sempre più e sempre più riescono SE quanto più dal centro si procede alla periferia. to della immissione del plasma g grannloso venuto dalla regione cefalica sr mn del corpo, come si è detto, si vede bene in queste cellule addominali, nelle quali, moltissime, non solo hanno i globuli at- torno al nucleo affatto intingibili, in tutte le loro parti, e perciò si de- vono ritenere appena raccolti, ma ancora composti di sostanza granulosa, della quale ancora, se non fosse venuta dal capo, non si potrebbe avere: sufficiente quantità. Il nucleo è molto stipato dai globuli circostanti, e perciò ha forma 6 molto angolosa. a 3° giorno. Dopo la proninfa si ha la forma definitiva. — Nin della ninfa vera, salvo un’ aumento progressivo, in lunghezza, degli arti, e qualche altro carattere di minore rilievo. La forma definitiva, per cui il corpo è diviso in tre regioni, presso a poco di lunghezza eguale fra di loro, si ottiene mediante la contiazione dei muscoli longitudinali È dell’ addome, i quali sono tuttavia in condizioni da potersi contrarre, anche quando ormai gli altri obliqui e quelli dorso-ventrali sono in via. © di distruzione, come accade appunto nel terzo giorno della vita di ninfa: (febbraio). Ho già detto che per questa contrazione 1’ addome si accorcia ed aumenta invece in grandezza il capo, e molte cellule adipose ven- gono spinte nel capo stesso assieme a molto plasma ed a gran DUM di sferule di granuli. Gli arti, cioè i dischi immaginali, ormai assai grandi, sono spinti gagliardemente all'infuori, e si ripiegano all’ indietro. Tutto il capo, x che è conico pertettamente, è ripieno, stipato di cellule adipose e sferule di granuli, nè vi ha muscolo di sorta, non rimanendo d’ altri organi che, pressochè solo, il sistema nervoso neh. Anche il torace, — che non hà altri organi all’ infuori del cordone nervoso e del tubo di 2 gerente e delle salivari, ma nessun muscolo (1) è esso pure pieno assal di cellule adipose e delle sferule di granwti. Di qui in poi, essendo | libere le cellule adipose e se pure senza movimenti proprii, certo in moto costrette dai muscoli addominali, succede un poca di confusione fra quelle puramente cefaliche o abfalotoraciohe e le addominali, tanto | che si trovano le une mescolate alle altre, ma pure, nell’ apice d del Sai e nell’ estremo addome i due tipi sono ancora distinti coi soliti caratteri “i Si Il Rees ritiene che rimangano tre paia di muscoli larvali. Io non i ciò dra e E IINARI, ta TE Ni ANTONIO BERLESE 53 L’addome ora corto ma assai largo, reca all’intoroo un rivesti- mento spesso dei muscoli longitudinali suoi contratti, ma questi co- minciano a disfarsi e dopo pochi giorni saranno tutti disfatti completa- “mente. Il tubo digerente mostra bene definita la colonna centrale com- posta di cellule ninfali, di cui aleune sono grandi e con grosso nucleo. altre molte fusiformi le avvolgono, ed attorno a questa colonna centrale viene a trovarsi abbondante un liquido giallastro, derivato dalle ghian- -dole salivari che si disfanno, e per i condotti loro penetrato in una ca- vità, formata dal sottilissimo epitelio immaginale del mesointestino, molto disteso, nella quale cavità ed entro il quale liquido nuota libera la co- lonna di cellule che nel loro complesso costituiscono il fudo digerente ninfate. (1) Tessuto adiposo. La maggioranza delle cellule cefaliche mostra contenere le solite grosse gocciole di sostanza granulosa, per la mas- ‘sima parte alterate così che si tingono bene coll’emallume. Certo però sono più voluminose assai quelle che fortemente si tingono delle altre ‘che rimangono ialine. Ciò significherebbe che, cessata la furia della de- ‘composizione dei muscoli ed altri organi cefalici, da ora in poi le gut- ‘tule assorbite sono di dimensioni minori di quello che per lo innanzi .sÌ è veduto, Ma, nella testa, si trovano ancora parecchie cellule adipose, le quali «debbono, senza dubbio, avere appartenuto all’addome, e sono venute nel modo anzidetto. Queste, con quelle addominali, sono . molto simili a quelle precedentemente descritte per la proninfà, solo mi pare che, nelle estreme addominali, ancor maggiore sia il numero di guttule piccolis- sime e che si tingono intensissimamente, le quali stanno alla periferia «della cellula (fig. 26). Ninfa 4° giorno. In questo momento, la distruzione dei mu- scoli longitudinali dell’addome è al suo apogeo. Degli altri organi, dei quali si è tenuto parola tino a qui, all’infuori delle cellule adipose, non ‘è ormai più il caso di dire, inquantochè cessano di avere importanza nelle presenti ricerche. Per ciò che riguarda il tessuto adiposo, è d’uopo rilevare che, da ‘ora in poi, le cellule manterranno dimensioni pressochè costanti, con (1) Non essendo qui luogo, parlo in altra nota di queste modificazioni «dei muscoli, cioè distruzione dei larvali e costruzione degli immaginali, come ancora delle modificazioni che subisce il tubo digerente, nelle quali cose sono costretto ad allontanarmi assai dall'opinione più recente e specialmente dalla ipotesi del fagocitismo r 54 FENOMENI NELLA NINFOSI variazioni tenuissime, e nelle sezioni non oltrepasseranno i 150 a 180 # di diametro. Ma, mentre le cellule addominali si conserveranno sempre conformi.a quelle già vedute nella proninfa e nella ninfa di tre giorni, quelle cefaliche mostreranno delle modificazioni assai degne di rilievo. “Per le addominali, a ciò che se ne parli ormai poco, dirò subito che: esse si mostrano sempre assai piene di globuli a vario grado di ela- ! borazione, ed anzi molto stipate, così che non rimane lacuna di sorta. nel loro seno, ed i globuli di recente formati sono poco tingibili o pun- to, 0, se in via di alterazione, raostrano dei centri tingibili, nucleifor- i mi, come si è altra volta detto. Questi globuli stanno di preferenza at- torno al nucleo, mentre più discosti stanno quelli sempre minori, fino ; e i minimi e meglio colorabili sono alla periferia e di là si vedono: Bi. fuoriuscire e disfarsi in una sostanza fluida, quale si descrisse altra volta. Questo lavoro e queste parvenze continuano fino all’adulto. d: Ma le cellule cefaliche mostrano ora e continueranno a mostrare fino a pupa molto matura, alcune singolari cose le quali meritano tutta l’attenzione. Queste cellule (fig. 27) si trovano immerse in un liquido che si tinge, in parte, in violetto coll’emallume (12) e deriva dalla dissolu- | parte vuote ed allora mostrano in questi larghi spazii la struttura del citoplasma, il quale è disposto a rete, con maglie molto ampie e poli- gonali, assai conformi nell’ampiezza, inquantochè misurano »all’incirca.. 4-5 # di larghezza. La trama di queste maglie è fatta di filamenti assai spessi e si rappresentano come sezioni di pareti le quali dividono tutto il corpo della cellula in tante loggie, nelle quali hanno potuto capire: bene i globuli che vi sono giaciuti fino allora. Può essere che si tratti ancora di semplici filamenti, ma, in ogni modo, essi sono assai più co- spicui e regolari di quello che non si vedeva negli stati larvali. I globuli elaborati si vedono chiaramente fuoriuscire attraverso’ alla membrana cellulare, sebbene essi sieno relativamente grossetti, ma ciò forse avviene non tanto perchè passi senza più la gocciola intera, quanto perchè può accadere un frazionamento della gocciola stessa, me- diante il quale, per via osmotica, ‘passano le minime guttule, derivate dalla frammentazione della maggiore, e poi si raccolgono al di fuori | insieme o si stemperano in quel liquido colofabile che più innanzi ab- biamo descritto. Certo è che la massima parte delle cellule mostra queste grandi lacune le quali accennano ad un largo esodo delle guttule, o globuli. che si vogliano dire, per l’innanzi contenuti. | ANTONIO BERLESE 55 l nucleo riacquista, potendo stare più a suo agio, non essendo- pressato da globuli vicini, riacquista, ripeto, la sua forma ovale e ciò colla massima evidenza. Insisto su questo punto perchè contrasta dia- metralmente la mia affermazione attuale con quello che il Rees riferi- sce. Questo autore afferma, con tutta sicurezza, che quei suoi -tali fa- gociti, dopo avere costipato il nucleo, lo distraggono completamente, a poco a poco. Evidentemente l’autore è stato molto corrivo nell’ esame dei fatti e la sua affezione alla ipotesi del fagocitismo lo ha trascinato alla distruzione di questi nuclei i quali, invece, rimangono sempre vi- vissimi e ben portanti fino all’adulto, e così pure le cellule adipose in cui va il Rees non vide il nucleo in qualche cellula, ciò dipende dal fatto - il taglio ha interessato solo la parte della cellula attorno al nucleo stesso. Io ho potuto convincermi benissimo di ciò. Quel che sieno poi quei fagociti del Rees, io ho già avvertito, sono nè più nè meno che gocciole di sostanza albuminoide raccolta dalle cellule, non diversamente da quello che fanno le cellule del me- sointestino degli aracnidi e dei chilopodi, ed i supposti nuclei, veduti dal Wiallanes e dal Rees, null’altro sono che i centri di fermentazione i) ° dei globuli stessi. Ma su tutto ciò ritornerò abbastanza ‘a. lungo nelle conclusioni. er ora avverto che il nucleo mostra sempre, ed assai grossa, la. gocciola (nucleolo) di paranueleina, che risiede nel centro del filamento nucleinico, che sta più alla periferia. Ora, dal nucleo appunto mi sem- ra derivare un particolare contenuto del citoplasma, poichè si vede fuoriuscita, attraverso la membrana cellulare, in tutti i sensi, una gran- issima quantità di minutissime gocciole, le quali, più spesse attorno al nucleo, fanno come una atmosfera circostante che si diffonde alquanto lungo i tilamenti del citoplasma. Questo fatto, il quale si vedrà anche meglio nei successivi stati, fino alla distruzione del tessuto adiposo larvale, è molto importante. Io procurerò di darne le ragioni ampiamente nelle conclusioni, per ora si può ritenere che queste gocciole si debbano riferire al nucleolo della cellula, il quale. in moltissimi casi, si vede, non solo addossato alla membrana nucleare e frazionato in gocciole identiche a quelle che circon- dano il nucleo, ma ancora in parte fuoriuscito, secondo una gocciola grossa, ed insomma, convenendo io nelle conclusioni del Galeotti, per quel tanto che sono al nucleo attribuite granulazioni le quali si vedono entro il citoplasma, come esplicherò meglio più tardi, riferisco queste minutissime gocciole che circondano il nucleo, al nucleo stesso e le con- sidero come da quello derivate e fuoriuscite dalla membrana nucleare. 56 FENOMENI NELLA NINFOSI Ora, siccome l’emallume tinge intensissimamente queste guttule, non meno del nucleolo, ed ancora col metodo Heidenhain tanto il nu- cleolo che queste guttule riescono nerissime assai stabilmente (1) ed inoltre si vedono i globuli fermentati, o quei centri loro di fermenta- zione, tingersi egualmente bene in nero, così io ritengo che queste mi- nute gocciole sieno appunto gli enzimi, i quali penetrino nelle gocciole di sostanza da elaborarsi e la alterino e dipendano dalla gocciola cen- trale del nucleo, o nucleolo che dire si voglia, come accade ancora nei | ) ragni anzidetti (2), ermato ciò, debbo avvertire, per ciò che si riferisce a questo stato, — che noi possiamo considerarlo come in un momento nel quale eccede l’e- sodo del materiale contenuto nelle cellule adipose in confronto di quello che via via si va raccogliendo, e ciò conviene colle necessità dell’ora, nella quale l’ipoderma, i muscoli e le trachee, che si vanno costruendo ed il sistema nervoso che aumenta, richiedono un grandissimo mate- riale nutritivo, il quale loro giunge ormai elaborato, per opera del tes- suto adiposo. Ninfa dei giorni successivi. Di qui in poi le cose non mutano notevolmente, fino agli ultimi momenti della ninfa e perciò i0 credo che potrò sbrigarmene col riferire, una volta per tutte, le succes: sive variazioni del tessuto adiposo, larvale e ninfale, fino a quando co- | mincerà quello immaginale, su cui molto avrò da dire. Subito dopo lo stadio ultimo ricordato, comincia un grandissimo lavoro nelle cellule adipose, mediante il quale l'assorbimento di sostan- | ze da elaborarsi, la loro elaborazione ed escrezione finale, sono attivis- simi e così cospicui che tutte queste funzioni si dimostrano, all’esame diretto, colla massima facilità. La quantità di sostanza ambiente che circonda le cellule, special — mente quelle cefaliche, gialla e minutissimamente granulosa, è al suo massimo, ed in questa sostanza immerse e natanti stanno le cellule stesse, oltre a moltissime sferule di granuli e pochissimi amebociti (1) Dico ciò, perchè, prolungando abbastanza la decolorazione coll’allu- i me ferrico, scompare la colorazione nera della nucleina, assai prima di quella del nucleolo e delle gocciole circondanti il nucleo, nonchè dei globuli elabo- | e rati o delle parti loro ormai fermentate. cune di queste granulazioni derivate dal nucleo crede il Galeotti, ma sareb- po lungo e fuori di posto il dare ragione del mio modo di vedero, # mentre nelle conclusioni finali, a proposito di tutti gli insetti sarà più facilò il recarne eonvincente dimostrazione, Non posso credere si tratti qui di sostanza escretiva, come, per al si ANTONIO BERLESE 5T werî. Si vedono le cellule adipose, emettere dei corti e grossi prolun- gamenti, pseudopodiformi, come disegniamo a fig. 4, i quali sono ri- pieni tutti della stessa sostanza che circonda le cellule, le quali presentano in principio (fig. 27) larghe lacune, negli spazi del citoplasma areo- liformi, ma poi in questi appunto la sostanza di recente raccolta si dispone, in forma di goc- ciola sferica. La reazione migliore colorante, in questo momento, è quella col metodo Hei- denhain, e successivamente colla safranina. In questo caso la sostanza ambiente e quella di recente raccolta dalle cellule, sia essa ormai raccolta in gocciole sferiche o meno, si tingono solo colla safranina in rosso, mentre i globuli elaborati o i centri di fermentazione loro, i fer- menti circondanti la cellula, la nucleina ed Fig. 4 il nucleo si tingono intensamente in nero. Ora, ‘Trofocito con prolunga- qui, si ha una inversione della disposizione mento pseudopodiformeo delle gocciole contenute nella cellula, in con- «di assorbimento. fronto di quello che si è visto negli stadii pre- cedenti, poichè, da ora in poi, la sostanza da elaborarsi si accoglie in gocciole tutto affatto periferiche, mentre attorno al nucleo sta la sua tm pettantiti Rito 4 . n Ò ei * ‘atmosfera di minutissime gocciole fermentizie e questa è talora così «densa e larga che perfino sembra scomparire la membrana nucleare, o meglio questa rimane nascosta e confusa, tingendosi poco, nella massa nera delle gocciole fuoriuscite dal nucleo (vedasi la fig. 21). Ma un’esame più accurato dimostra che la membrana nucleare «esiste sempre ed il nucleo è sempre ovale ed in perfetto stato. | - 0) a maggiore quantità di enzimi in gocciole minutissime è ‘mandata fnori dai nuclei delle cellule cefaliche, e si vede con ‘chiarezza queste goccioline penetrate entro le gocciole di sostanza di recente raccolta, le quali, adagio, adagio, si alterano fino a divenire ‘tutte nere. Qui, più che mai, la parvenza di elementi cellulari entro la cellula adiposa, aventi nuclei multipli, può trarre in inganno, e non si conoscesse, come io ho tentato di fare e di dimostrare, tutta la genesi di queste gocciole e l’analogia assoluta con quello che si vede megli aracnidi, certo che l’aspetto sarebbe molto suggestivo, ma l’esa- me seguito ed il ragionamento più semplice, nonchè la fine di queste gocciole dimostrano subito com quali corpi si ha da fare ©. (1) Le reazioni col metodo Galeotti e con quello Biondi, negano affatto la presenza di nucleina in questi pseudonuclei. 58 FENOMENI NELLA NINFOSI xo sono disposto a credere che gli enzimi penetrino veramente nelle gocciole raccolte, od anche attorno a queste minute guttule enzi- matiche si accolga in globo la sostanza di recente entrata nella cellula, Però, per quello che ho veduto e descritto negli aracnidi, dove le gut- — tule di sostanza appena raccolta si accolgono in gocciole e si circon- dano di membranella (sostanza albuminoide densificata), prima che i fermenti le occupino, giacchè questi sono tuttavia loro esterni, mi fa credere che veramente le goccioline fermentizie penetrino nelle gocciole di sostanza raccolta solo dopo che questa è ormai inglobata in sfera, — ancora perchè se ne vedono più d’una di queste goccioline, entro una È sola gocciola di sostanza da elaborarsi, che sono poi quelle che il Vial- lanes ed il Rees hanno scambiato con nuclei. do Iatanto, nelle cellule adipose cefaliche, tutte le gocciole contenute è sono in minor numero e meno stipate di quelle che non sieno nelle ad- dominali, ma, il più spesso, alquanto più grosse. 00 Quanto al numero delle cellule adipose, io non so trovarne dimi- | nuzione, come non potrei ammetterne aumento, inquantochè non le ho mai vedute moltiplicarsi. Io bensì qualche volta ne ho viste con due nuclei, ed erano esse cellule assai grandi, ma è caso rarissimo, nè mai, in migliaia e migliaia di fette, praticate in tutti gli stadii e quasi & tutte le ore, ho potuto vedere una sola volta un nucleo di queste cel- D° di mitosi od in condizioni tali da poter credere ad una divisione iretta. 5; DI Rei - i Forse in altri insetti il sospetto di una divisiene e quindi molti- Ù plicazione delle cellule del tessuto adiposo, in dati momenti, è possibile, sebbene sempre la misura ne sia ristrettissima, ma qui, in questa Cal liphora e negli altri ditteri da me veduti, debbo escludere tale cosa: , Però nemmeno si può credere ragionevolmente che vi sia dimi a nuzione numerica nelle cellule del tessuto adiposo, poichè queste, fino agli ultimi stadii ninfali, sono sempre moltissime e tante che riempiono, Stipate, tutti i vani interorganici, e sono tutte in eccellente stato. È “ Sebbene il Viallanes dica che scompare la membrana cellulare ed 1 globuli contenuti nella cellula si sperdono nelle lacune tra gli organi, ciò non è affatto vero, ed il Viallanes è stato tratto in errore da non buone preparazioni. Infatti, se gli insetti non sono bene fissati o nel. taglio si frarfgono le fette o per altra cagione aflatto anormale il con-. tenuto delle cellule (che è molto stipato) fuoriesce dalla membrana, al-. lora sì può avere la parvenza che questa sia rotta, ma con preparati allo inanisolasiohi. cs SO pure per condizioni anormali dipenden Pola EEE de iL I A E a DE nai Sip E iN RA AO de n E ee i nt ali ANTONIO BERLESE i 59 Quanto a quello che afferma il Rees, circa la fine di queste cel- lule che egli fa distruggere in buona parte durante l’apogeo dello stato ninfale, io non saprei dire quanto egli si scosti dal vero, se non ricor- dando che le sue affermazioni sono, al vero, appunto affatto diametral- mente opposte. A ciò conduce spesso una idea preconcetta. dove egli fissa la mente al fagocitismo, di cui contrasta il pri- mo pensiero al Kowalevsky, colà certamente lo attendono errori, per- chò questo preteso fagocilismo se pure esiste, si limita ai Brachiceri ed ai soli muscoli, ma non per altri tessuti, poichè se da altri (Karawaieff) e da me è stato invocato per la fine del tessuto adiposo larvale, si vedrà che le cose sono assai diverse da quello che il Rees, il Kowalevsky, il Karawaieff ed io stesso allora abbiamo creduto (1). Se qualche cosa merita il nome di fagocito, questo potrebbe me- glio addattarsi al tessuto adiposo, le cui cellule, in questo momento e già da tempo, sono tutte libere, indipendenti, ed ognuna provvede ad assumere sostanza da elaborarsi e digerirsi, e di poi emette peptoni solubili; queste cellule potrebbero dunque essere veramente dette fago- citi, se non meritassero meglio il nome di trofociti che io ho loro dato e che evita le confusioni. IV PERIODO (Ninfa matura) Se le cose procedono pressochè invariate per tatto il periodo nin- fale, dal terzo giorno in poi, e, cioè, avvenendo- da parte delle cellule adipose, di continuo, una ingestione di sostanza da elaborarsi e la emissione di sostanza elaborata, e questo processo si mantiene fino al- l’apparsa dell’adulto, è, però, necessario distinguere nello stato ninfale un estremo periodo, che e quello, durante il quale apparisce primiera- mente il tessuto adiposo proprio dell'adulto e che è molto diverso da quello larvale di cui fino ad ora abbiamo detto. e prime traccie di ammassi cellulari da cui si svolgerà, in se- guito, il tessuto adiposo dell’adulto, si hanno, nella Cazliphora, soltanto nella pupa che già mostra colorati in rosso i grandi occhi, pur essendo tutto: il rimanente del suo corpo affatto bianco. Questa età corrisponde circa al diciassettesimo 0 diciottesimo’ giorno nelle pupe che si sono fatte sviluppare in febbraio, e che ri- (1) Le mie conclusioni odierne completano, non contraddicono o modi- ficano quelle esposte nella nota preventiva, bensi si sostano in gran parte da. quelle degli altri citati autori. 60 FENOMENI NELLA NINFOSI mangono allo stato di ninfa durante ventidue giorni circa, e in quelle sviluppate in marzo, che già al .18° giorno sono adulte, corrisponde «circa al 16° giorno dd al quindicesimo. Or qui, prendendo una di queste ninfe, si vede, nell’addome, al- l’attento sine, che alcuni dei « Kòrnchenkugeln » () ossia sferule di granuli, sono rimaste intercalate fra le grandi cellule del tessuto adi- poso, quando ormai tutti i muscoli sono formati, quelli almeno {che ritraggono la loro origine appunto da queste sferule, come in altra pod io ho riferito, od almeno la massima parte, e solo pochi tuttavia atten- dono ad essere costrutti. Queste ultime sferu/e di granuli sono molto diverse da quelle che assai prima di questa epoca si sono vedute affollate nei luoghi | | dove i muscoli immaginali dovevano sorgere, poichè quelle sferule, racchiudevano un nucleo ciascuna o due, assai piccolo, e delle dimen- sioni appunto dei nuclei propri agli amebociti larvali ed affatto simile, (1) Io non descrivo qui la origine di quei singolari ammassi di detriti «d'organi larvali, accompagnati da un nucleo per ciascuno d’essi am che già dal Weismann sono stati descritti e figurati col nome di iracheigl parola che io tradurrò coll’altra di sferule di granuli. La loro origine da amebociti che hanno distrutto i muscoli larvali è stata ampiamente dsseritta dal e dal Kowalevsky, nè mi farò a dubitarne qui, per quanto molte ni mi spingerebbero a dare una interpretazione molto diversa al feno- meno. Intanto, oltre all'origine sopraindicata, è fuori di dubbio che un'altra è ovvia, mentre alcune di queste sferule di granuli derivano certamente da nuclei muscolari che si sono staccati dai muscoli larvali assieme a frammenti di stroma muscolare, m entre il plasma muscolare se ne é già andato prima ‘ed è ormai nelle cellule adipose larvali. Di ciò parlo abbastanza in altra nota che intitolo « Storia dei Kirnchenkugeln negli insetti metabolici. » ‘er ora, invece, mi piace di far notare che quanto io dico in seguito risponde ad un desiderio già espresso’ dal Rees, là dove dice (pag. 115) « Sehr erWiinscht also misste uns eine sichere Kunde iiber irgend eine Art des Untergangs eines Theiles der unerhért vielen Leucocyten sein. » rimieramente, se togliamo dal numero dei leucociti, cal quelle sfe- rule contenute nelle cellule adipose larvali, che null’altro sono che gocciole di albuminoidi da elaborarsi od elaborate, facciamo una grandissima tara allo sterminato numero di leucociti voluti dal Rees e di cui egli desidera ponga la fine, rante i giorni di mezzo dello stato ninfale, si ruafolti o i nu scolare immaginale e gli ultimi danno origine, come dimost dé 0 iposo dell’adulto. Si comprende bene che es, essendo sfug- gito tutto ciò, quello che egli dice sulla fine dei leucociti è tutto inesatto o discostissimo dal vero. Bons egli non ha difficoltà ad Nconttate l’o- se re oli e a dt ig STE » pena ANTONIO BERLESE 6I anche nelle parvenze, cioè non molto rieco di cromatina e non più tin- gibile del circostante citoplasma. Di quelle formazioni sì è già detto” ed a questa epoca tardiva dello stadio ninfale non vi ha più traccia. Invece, le attuali sferwle di granuli ancora rimaste, si mostrano, per la massima parte, arricchite di un globulo assai grande e talora grandissimo, per lo più sferico a puntino e che tutto od in massima parte sì colora colle tinture (emallume, carmino etc.) intensissimamente, senza che mostri nel suo interno struttura di sorta, ma la tinta acqui- stata si diffonde, sfumandosi, fino al sno orlo. Talora, il centro di colo- razione intensissima è laterale, ed occupa un punto della periferia, e di là la tinta si sfuma al resto della sfera, che pero riman» sempre co- lorata assai gagliardamente esto della sferula di granuli è occupato da frammenti ovali 0 rotondeggianti, di varia grandezza che ricordano assai bene i fram- menti di muscolo proprio a tutte queste sferule di granuli, e presen- pinione del Kowalevsky che, cioè, i fagociti possano poi concorrere alla for- mazione di tessuti nuovi, ma non ne specifica aleuno, nè afferma sicuramente: il fatto che ammette per sola ipotesi non ripugnante. Questa inscienza trae il sullodato autore anche ad altre ipotesi fuori della verità, come quella che gli fa vedere, nel concorso di sferule a granuli in organi che si stanno formando, una nuova lotta, nella quale però, questa volta, i fagociti rimarrebbero perdenti, e rimetterebbero tuta battaglia il bottino dei frammenti d’organi degenerati, prima conquistato. Si vedrà in- vece che questi frammenti vengono abbandonati dalle coli nucleate che concorrono esse stesse nu formazione d’organi nuovi, come i muscoli, il grasso e tutti i rivestimenti di origine mesenchimatica. oltre, l’altra chi Ù lla digestione, da parte dei fagociti, dei fram- menti di muscoli ete., raccolti in principio, è affatto falsa. Non vi pro- cesso alcuno, in seno alla sferula di granuli, che faccia sospettare di questa digestione, così palese invece nelle ig adipose larvali. D'altronde i frammenti raccolti sono ormai così wa per virtù pro- pria, da essere se enza più pianta Ciò spiego più minutamente nella nota « Storia ete. » anzidet Il concorso, in gbta ratti luoghi, come nella ipodermide etc. dei leu- cociti carichi, ha la sua ragione, della quale pure dico nella nota sopraricor- data, e non è quella di recare solo nutrimento ai tessuti neoformantisi. Una quantità poi di inesattezze minori, che con queste accennate sono incluse nell’ultimo capitolo del làvoro del Rees (da pag. 113 a pag. 118) io- non ricordo qui, perché vengono tolte via dal contesto del presente pensate spiacemi solo di dover riconoscere che tanto il Rees è stato esatto e pro nella descrizione obbiettiva delle cose, quanto poco felice nella interpretazione: di fatti cardinali. 62 FENOMENI NELLA NINFOSI tano ancora traccie di striatura. Ciò vale pei maggiori, i quali anche sono leggermente tinti in giallastro e assorbono poco emallume, men- tre i globuletti minori sono composti di una sostanza più omogenea, meno densa e si colorano alquanto meglio coll’emallume. Colle colorazioni secondo il metodo Heidenhain, tutti questi glo- buli, compreso quello che assorbe così avidamente anche le altre so- stanze coloranti, si tingono completamente in nero assoluto. Perciò questo metodo di colorazione poco insegna intorno alla varia natura dei globuli contenuti entro la sferula di granuli. erò, colle colorazioni secondo il metodo Galeotti e seni quello Biondi, si vede che la pallottola, la quale si è detto assorbire con gran- de intensità le tinture di emallume, si colora gagliardamente in verde, mentre il resto delle pallottole lg gn “mia assume un vVi- vacissimo colore rosso, dipendente dalla fue Adunque noi Ep a che ia sferula di granuli, la ‘parte che si tinge così efficacemente coll’emallume, contenga in se un nucleo o per lo meno abbastanza di nucleina per fare questo effetto, ma, sia per la troppa intensità della colorazione, sia perchè in effetto la nucleina stessa stia raccolta in nastro molto stipato, od altro, non e possibile scorgere struttura di sorta entro questo globulo così gagliar- «damente colorato. Si possono trovare ancora delle sferule di granuli nelle quali manca affatto la pallottola che si tinge intensamente e queste noi le possiamo chiamare sterzli, inquantochè non daranno origine a tessuto di sorta. Per lo contrario, si trovano molte e talora grossissime sferule che si colorano gagliardissimamente e che non sono affatto accompagnate da frammenti non nucleati, poco o punto tingibili come nelle prime descritte. Già il Rees aveva parlato di queste speciali sferule di granuli ed aveva detto che esse derivano dai nuclei grossi dei muscoli che si sono staccati durante la distruzione del muscolo, e per conto proprio erano caduti nella cavità viscerale. erò il Rees non aveva avvertito che moltissimi di cosifatti nu- clei recano con se frammenti di muscoli, in modo tutto affatto analogo a quello che si è veduto per gli amebociti dopo la distruzione dei mu- scoli, ed ancora egli ritiene che più tardi, questi nuclei debbano soc- combere alla aggressione dei fagociti e quindi scomparire. Nulla di ciò avviene. I nuclei muscolari, ormai liberati dal mu- seolo a cui appartenevano, recando o meno con se anche frammenti muscolari, si conservano per tutta la vita ninfale affatto vivi ed inco- lumi dall’attacco dei fagociti, ma in tutti il nastro nucleinico si costipa it 4 PS e cali cdi dica ep Se “Joe Vi a spille SI Li An Una ANTONIO BERLESE 63 e stringe siffattazionte da riuscire un globulo che si colora intensissi- mamente, isolato entro la membrana nucleare dapprimo, ma poi quasi disciolto o certo sfumato nella sua tinta, entro sostanza densa che riem- pie ed inturgidisce tutto il nucleo, formando quelle sferule che si colo- rano fortemente, delle quali ho detto sopra. In questo stato, intercalati agli altri tessuti rimangono i nuclei muscolari, fino a che viene la-loro volta di essere messi in opera, sia a formare muscoli immaginali, sia a formare il tessuto adiposo apr Della formazione dei muscoli ho detto in altra nota e qui non è il luogo di ritornare sopra questo ar- gomento, bensì è a suo aaa "o studio della formazione del tessuto adiposo. È d’uopo intanto notare che, nel torace delle ninfe prossime a ma- turazione, queste ultime sferule a granuli sono assai rare per non dire che mancano affatto, ed assai rare ancora, per quanto in minor grado che non nel torace, sono nel capo. Ma nell’ addome esse si trovano in numero rilevante e specialmente nell’estremo addome, più che nella parte basale, ed è appunto nell’apice dell'addome che comincia pit at- tivamente lo sviluppo del grasso immaginale. Io ho veduto sempre le sferule stesse in maggior quantità raccol- te in vicinanza dello esterno involucro dell’addome, però non contigue all’ipoderma, almeno non sempre, bensì intercalate, più che altro, fra un sottile strato unicellulare di tessuto adiposo larvale, ed il resto delle cellule adipose larvali, tra le quali finalmente si dispongono in buon numéro. Inoltre esse si addossano al tubo digerente e circondano an- cora gli organi sessuali. Ripeto che, ni ninfa, nella quale appena cominciano ad arros- sare gli occhi composti, queste sferu/e di granuli mantengono tuttavia la loro consueta forma e natura. Però, subito dopo, in ninfe con occhi bene rossi o che cominciano già ad oscurarsi (giacchè gli occhi sono la prima parte della ninfa che si tinge), si vedono già alcune delle sferule di granuli notevolmente mutate. In particolar modo ‘ principia la alterazione in quelle più esterne, cioè più vicine all’ ngi del- l'addome, e particolarmente quelle situate nell’estremo addome, per entro a quelle appendici che lo terminano, e dove, del resto, le cina stesse sono in gran numero. La prima mutazione sensibile si manifesta nella pene di asa grossa sfera che si tinge gagliardamente coll’emallume ete., e q mutazione può avvenire, tanto nelle sfere libere quanto in quelle in- globate con altri frammenti, come si è detto. In tutti i casi però la mutazione sembra es re preceduta da un fenomeno degno di nota, quale si è quello dello ‘stretto addossamento ia SAL datano 413 a 64 FENOMENI NELLA NINFOSI delle sferule di granuli contro la parete delle grosse cellule adipose | larvali. Io ritengo fermamente che, da parte delle sferu/e di granuli si abbia un deciso succiamento ilelle sostanze elaborate contenute entre le cellule adipose larvali. Ben inteso che da questo lavoro debbono es- sere escluse le sfernle s/er27, perchè queste rimangono affatto inattive e disseminate in varii punti e solo per caso e senza scopo addossate . - alle cellule adipose larvali. Ma per le sferule, dirò così, nucleate, che, cioò, contengono la grossa pallottola assai tingibile, o per questa pal- lottola isolata, le cose corrono diversamente, inquantochè si vedono esse assai bene aderenti alla parete delle cellule adipose larvali e queste diminuiscono gradatamente nelle dimensioni loro ed ancora nel nu- mero di gocciole che contengono, fino, come si dirà, ad esaurirsi del È tutto Inoltre, le sferue di granuli o le pallottole tingibili assai, pene- di trano così profondamente a ridosso della membrana delle cellule adi- pose larvali che sembra perfino rompano la membrana stessa ed en. trino nel corpo delle cellule, sebbene ciò veramente non sia e solo | si tratti di una pressione energica, dal di fuori, determinante un pro fondo infossamento. «Jo . Io ritengo che dipende appunto da questa nutrizione delle sfernle — di granuli se esse cominciano ad alterarsi ed a crescere, ma perchè | questa nutrizione cominci solo così tardivamente e non. prima, ciò di pende da quelle cause che informano e dirigono tutto lo svolgimento 3 dell’insetto e che sfuggono alla ricerca. Lo Siccome questo che io dico, trova riscontro, nelle sue linee fon- damentali, con quello che lungamente ho studiato anche in altri insetti, e nei particolari ancora molto spesso il fenomeno si corrisponde a c8 pello, così io non posso essere non sicuro di ‘quanto: affermo. Le Le modificazioni che subisce la pallottola molto tingibile sono di due specie. i Le pallottole più grosse, evidentemente assieme alla sostanza che | assume gagliardamente le tintura anzidette, contengono una 10n8 provvista di un’altra sostanza densa, giallastra fondamentalmente, ma che riceve con grande forza la sfumatura violetta (nei casi di tintur@ | coll’emallume) derivata da quel centro che più se ne tinge fino quasi al vata Questa sostanza io non la credo diversa da quella che in gt@ SO occupa le sferwle di granuli, dirò così, tipiche, e Si pat, re ragionevolmente che le sfere senza il loro contorno di granul | ma però grossissime, corrispondano in tutto a quelle in cui sono Loi I Meer dd A072 taglio, solo che la sostanza dei granuli di | colorabile e di qui risulta la notevole dir “ ms fi ve e n RA e Ra Re gli o Rie PR E bei pi ANTONIO BERLESE 65 mensione della pallottola unica ed anche la tingibilità parziale della so- stanza che ha inglobato in se. Si trovano però anche piccole sfere tin- Fig. 5 molto avanzata (16° giorno, feb- ai) di Cali iphora. (Sezione di piano). (17,1) gibilissime e queste sono li- ere, cioè non hanno, all’ e- sterno loro, granuli coinvolti, nemmeno entro È loro par- ticolare membran Nelle pallottole tingibili, grossissime si vedono appa- rire dei vacuoli più o meno complicati (®, i quali però, interessano solo la sostanza acquisita e non toccano la parte tingibilissima. Questa si modifica altrimenti. In tutte le sferwude di gra- nuti, come nelle pallottole li- bere minori, come nella parte più tiota delle maggiori, si ede, a poco a poco scemare la tingibilità, la quale però resta intensissima tuttavia, ma intanto permette di rile- vare un nucleo distinto, tinto al massimo grado (tav. III, fig, 32, a), quasi nero, im- merso in un ambiente appena. di poco più chiaro. Coll’avanzarsi del proces- so, si possono distinguere, entro la sferula tingibilissi- ma, già più di uno di coppa . nuclei (stesse figg. 4°), ed ancora tre o quattro, i quali poi, se la sferula non sia troppo colorata, lasciano in- ii prima alterazione, vedi la pag. 54 A, a secon della Mycetophila signata. Non ho Lenin fare due volte la stessa figura e siccome nella Calliphora il processo è identico, così rimando il lettore alle figure anzidette. 66. FENOMENI NELLA NINFUSI travvedere, intorno a se, una membrana da loro abbastanza discosta ; insomma, si ha la convinzione che la prima pallottola tingibilissima si è scomposta in un certo numero di cellulette, nelle quali però il nu-. cleo ha la sua parte colorabile ancora così stipata che riesce tutto uni- formemente colorato con assoluta intensità. n questo momento, nel maggior numero dei casi, dalla sfera di granuli, i granuli stessi sono espulsi (vedi fig. 32 o D; i granuli sono figurati in 4°), e rimane solo la sferetta tingibile, la quale proce- de nel suo sviluppo. Questo è accompagnato da una progressiva dimi- nuzione della tingibilità, in tutto ciò che circonda il nucleo od i nuclei, così ;. si giunge, finalmente, a scorgere per entro la pallottola, dap- ì intensamente tinta, la presenza di un certo numero di pie- coli si cellulari, che tutta la riempiono e ciascuno dei quali ha il suo particolare iicleo, sempre però stipato nel Do, nastro e quindi molto colorato e apparentemente omogeneo (fig. 32, a questi elementi cellulari cominciano a ci l’uno dal- l’altro ed ordinarsi in serie, e così si formano brevi file di elementi. cellulari contigui (fig. 32 5), tra cui non è difficile trovare, qualche volta, ancora di quei frammenti inerti di tessuti distaccati (4) che però, nel maggior numero di casi, sono espulsi già prima e giacciono appunto attorno alla colonnetta (fig. 32 A, 2) di cellule nuovamente formatasi. Questa si accresce per due modi: primieramente perchè le si annettono altre sferule di granuli, come è il caso a fig. 32 A, che intanto comin- ciano a svolgersi nel modo anzidetto e accrescono la prima serie di cellule, ed inoltre vi ha anche un’aumento, il più notevole, per molti- plicazione degli elementi cellulari. o riconosciuto facilmente che questi elementi cellulari (d) i quali. sono dapprimo molto piccoli, molto tingibili e forniti di un solo nucleo che si colora assai vivacemente, questi elementi dico, si moltiplicano, dividendosi i loro nuclei per via cariocinetica. Le figure mitotiche sono comunissime ed io disegno, a fig 34 e, quattro cellule nelle quali i nu elei si apprestano alla atiottiblicazione come si riconosce dalla partico- lare disposizione del filamento nucleinico, ed a fig. 35 e, si vede una di queste cellule in piena mitosi. noltre, le colonne di cellale non sono costituite soltanto da ele- menti colloiari come quelli testò descritti, ma ancora di altri disposti quasi a regolari intervalli fra i più piccoli, e che sono di grandezz@ a. maggiore (fig. 32. 34, 36 c), si tingono meno, cioè il citoplasma r mente rotondeggiante od ovale e presentano due nuclei od anche più. quasio cellule multinucleate sono caratteristiche del tessuto adi- WSOP AIR I è meno denso ma pur sempre omogeneo, lianno forma regolar- | iii Er Bn REEF A VENZORE fee Sa nesto i pan TE ANTONIO BERLESE | 67 poso in questo stato, e continuano a mean ancora nell’adulto, fino al momento in cui questo si nutre da s Fig. 6 Addome di ninfa del 20° giorno Lian di Marsi tagliata in iano, mostrante nelle grosse linee nere, interro (gi) le colonnette di di cellule adipose inumaginali che si stanno ratio e di granuli derivate dalla distruzione dei muscoli larvali; gì colonnette di cellule del nuovo tessuto adiposo immaginale ; gf cellule sparse del tessuto adiposo larvale ; ip; retto ; m ovario e frammento di ovi- otto ; n intestino ; 0 appendice addominale da cui è stata tolta la fig. 34, tav. III. Nella metà sinistra di questo disegno non furono messe le cellule adipose larvali per far vedere meglio le colonnette di cellule nuove). Tutta la colonna di cellule (fig. 32 A, B, fig. 34 A) è ancora ri- vestita da una esile membranella che né tiene assieme gli elementi e Lala DR dele iaer ia = LA Là A 68 FENOMENI NELLA NINFOSI che deriva forse dalle antiche membrane reo a ciascuna sferula dò globuli. Ora, via via che la ninfa si tinge nella sua epidermide, aumenta- no di numero e dimensione le colonne di cellule di nuova formazione ed alcune si dispongono parallelamente all’involuero dell’addome, da questo discoste per causa di elementi adiposi larvali, altre penetrano, con direzione centripeta, fra le cellule adipose larvali e sempre vi si addossano strettamente. ntanto, quei frammenti, per lo più ovali (fig. 32, 34, 35, d 4), che derivavano dalla distruzione di organi larvali e facevano parte delle sferule di granuli, si vanno essi pure alterand» ed esaurendo. Essi sono ormai composti tutti di sostanza assimilabile, come lo dimostra la loro solubilità nell’acqua, il loro colore, il Joro tingersi in nero assoluto col metodo Heidenhain etc. e si vedono i più grossi (d) contenere, internamente, piccole vacuolazioni, le quali sono piccolis- sime, dapprimo, e stanno al centro del globulo, ma poi ingrandiscono alquanto e si diffondono nella massa. Non ho visto che si proceda oltre, poichè intanto il corpuscolo viene distrutto, essendo esaurito an- che dal di fuori. Però il metodo, come si vede, di distruzione di pal- lottole di sostanza assimilabile è sempre lo stesso, sia per le gattule contenute nelle cellule adipose larvali, sia per questi detriti di. mu- scoli, e si vedrà che trova esatto riscontro ancora negli ammassi albu- minoidi nell’intestino nelle ninfe di Me/ophagus. Tutti questi frammenti si sciolgono via via lentamente, diventando sempre più piccoli e più trasparenti /d°) e finiscono poi coll’essere Sigali del tutto, scomparendo nel liquido cavitario. Questa è la loro non dissimile ma identica anche per quei frammenti apparve alle” sferule di granuli che hanno dato origine ai muscoli. e successive modificazioni da rilevarsi nella fabrica e disposi zione del tessuto adiposo immaginale, riflettono, d’ora innanzi, | aumento continuo delle primitive serie di cellule, derivate, nel modo anzidetto, dalle ultime sferulé di granuli. e l'indiénto di ogni singolo elemento loro. vi lulto appena nato. Questa forma, oltre ad avere le ali raccolte ancora su se stesse, presenta l'addome piccolissimo, in con fronto di quello che sarà più tardi, perchè solo dopo la schiusura dalla pupa, l’ addome gradatamente si allarga ed ingrossa, conforme dev® essere e stare definitivamente. di L’ aumento è solo derivato da aria che riempie i sacchi aerei @. non certo per altri aumenti di parti interne. erò grande diversità corre solo fra le parvenze del tessuto adi- ANTONIO BERLESE 69 poso immaginale in questo stadio e quello che sarà poi nell’adulto or- mai tutto conformato, come deve essere definitivamente ed ancor più nell’ adulto tale già da parecchi Dirò prima delle condizioni dell sanità adiposo larvale e dì poi di quello immaginale. Lo stato del primo dipende dal grado di nutrizione ria larva prima di disporsi a trasformarsi in ninfa, insomma dal grado di ric- chezza, qua a contenuto, delle cellule adipose larva normale, quando, cioè, conforme alle Soopiatit sia stata la ai della larva: il tessuto adiposo larvale, nell’ addome, è molto ricco (fig. intercal. 8) di elementi cellulari, i quali, nelle cavità lasciate Qagli organi, sono ormai così stipati, pur essendo grandissimi, che hanno forma poliedrica e si trovano a contatto stretto fra loro Inoltre, nel capo, come nel rimanente del corpo, essi elementi sono tuttavia abbondanti. Certo nel capo lo sono assai meno che non nell’addome e nel torace sono molto scarsi, se ne togli un certo nu- mero alla regione ventrale, ma, in ogni modo, non è scemato il nu- mero n confronto di quello che si vedeva negli stati precedenti. i disegniamo (fig. 8) questo momento e si vedrà così come sia una Fatti }’ affermare che il numero degli elementi del tessuto adiposo larvale vada scemando durante la ninfosi e sia quasi nullo nel- 1’ adulto, come troppi autori vogliono, i quali ciò hanno pensato che debba essere per dare ragione ai loro presupposti (come quelli che fanno divorare intrinsecamente le cellule adipose larvali da leucociti nativi per entro o sai a; di fuori), i quali presupposti sono falsi, come le AMATO ass Il ero gua “nico adipose larvali scema solo in ragione della scarsezza a cibo preventivamente assorbito dalla larva; in questi casi î tessuti si debbono pur nutrire ad ogni modo e scemano e consumano prematuramente il contenuto in serbo delle cellule adipose larvali; ma nei casi normali questi elementi non diminaiscono per nulla di numero bd in modo insignificante e dubbioso e nell'adulto neonato ed ancora più tardi si trovano a loan tutto il corpo fra gli organi e sono molto ‘bene pieni di gocciole nutritiv i Di cellule adipose vali ‘che si incontrano nel capo, sono poche, come si è detto e tutte tinte, anche nel loro contenuto, di colore ros- signo, quello stesso che pigmenta i grandi occhi dell’ adulto. Ciò signi- fica che questa colorazione è diffusa nel capo prima di restringersi al pigmento degli occhi soltanto, e così tinge tutti gli organi cefalici al- l'interno, fuorche gli ultimi ad apparire, tra i quali il tessuto adiposo immaginale. Così, coll’ emallume si ha, senza più, una doppia colora- zione bellissima ed assai cospicua. 70 FENOMENI NELLA NINFOSI Intanto, questa tinta naturale aiuta a mostrare evidente l’altra va- nità da autori diversi portata in campo, che, cioè le parti interne sfe- roidali (pseudonuctei), dico interne alle gocciole contenute nelle cellule adipose larvali durante la ninfosi inoltrata, fino alla loro fine, sieno elementi nucleari, perchè si tingono bensì più intensamente del resto della gocciola colla tinta naturale sopra descritta e con ciò molto più appariscono, ma non ricevono affatto l’emallume e la tintura naturale non differisce da quella del carmino, safranina ete. ete. Così nelle co- lorazioni doppie, queste gocciole e le parti loro interne nucleiformi ri- cevono solo fuesina e non mai verde di metile. Quanto a quello che contengono le cellule adipose larvali in questo stato, ciò dipende da quei gradi di nutrizione della larva e della ninfa di cui sopra ho detto. n casi normali le cellule addominali non sono per nulla diverse da quelle che si vedono negli stati precedenti, mentre le cefaliche di poco ormai differiscono da quelle addominali, salvo per ciò che mo- strano gocciole interne alquanto più grosse. uanto al tessuto adiposo immaginale, esso ormai è comparso ancora nella regione cefalica e si può studiare egregiamente in partico- lare modo addossato all’ipoderma dell’occipite, dove vi ha un certo nu- mero di cellule larvali, più o meno completamente circondate dalle serie del tessuto adiposo nuovo. ‘erò in questa regione appare più spiccatamente un fenomeno nuovo ed assai interessante. Mentre nell’addome, specialmente estremo, le serie di tessuto adi- poso immaginale neoformato, abbracciano (vedi fig. intercal. 6) e cir- condano esse, come in una fitta maglia, gli elementi cellulari del tessuto adiposo larvale e si incaricano di esaurirli, nella regione dell’addome anteriore, nel torace e più nel capo, le cose corrono alquanto diversa- mente. Infatti, non vi ha dubbio che le serie cellulari del tessuto nuovo, ormai addossate all’ipoderma e, non da questo discoste come in prece- denza, si infiltrano esse pure per certo tratto fra le cellule adipose lar- vali, ma questo che nell’addome, specialmente estremo, è fenomeno assai esteso e marcato, nel torace, poco, ed ancor meno nel capo è manifesto e solo in via di eccezione. Nel capo, invece (fig. 40 a tav. IV), al di sopra dell’ipoderma . viene a formarsi uno strat ANTONIO BERLESE 71 nota preventiva sopraricordata, ho, senza più, classificato per amebociti. Quello che si vede nel capo, mostrerebbe adunque di grandemente scostarsi con È che io ho detto avvenire per l’addome specialmente, perchè colà, da serie di cellule adipose, ma da amebociti distinti sarebbero AE le cellule adipose larvali. uesto il punto che io debbo meglio esplicare nella discussione di questi fenomeni, oltre quello che ne ho detto nella nota preventiva, e là ho parlato con dubbio e succintamente, per timore di correre troppo affermando, con scarso esame, quello che oggi invece affermo sicura- mente, dopo esami lunghissimi. Che le cellula ion dii alla fine del loro ciclo, cioè nell’a- dulto sieno esaurite, nel capo, nel. torace e nell’addome apicale estre- mo da elementi cellulari sparsi, oltrechè da colonnette o serie di cel- lule adipose immaginali, è fuori di dubbio, ma che questi elementi cellulari sparsi sieno @m2ebociti, non può esser detto se, contempora- neamente non si accetta la conclusione che gli amebociti di qualsivo- glia età dell’insetto abbiano i più stretti rapporti genetici con elementi del tessuto mesodermale, sieno, insomma, cellule sparse del mesenchi- ma, originate da tessuti detiniti e che in questi od in altri consimili tessuti possono facilmente modificarsi. Dato questo significato ai leu- cociti, non è errore quello che io ne ho detto, nella nota preventiva. Ae sia, sieno questi elementi cellulari liberi veri leucociti di origine autonoma o sieno essi derivati da elementi delle serie di cel- lule adipose immaginali, liberatisi dalla serie stessa e vaganti nelle ca- vità fra gli organi, o sieno infine prodotti dalle cellule adipose imma- ginali, è certo e fuori di alcun dubbio che con questi ultimi elementi essi hanno strettissimi rapporti di derivazione. ell’addome esterno apicale è un fuor d’opera ricercare consimili elementi liberi o si possono solo trovare molto rari, verso il centro del corpo, cioè molto discosto da quella periferia, lungo la quale stanno addossate, abbondanti, le serie del tessuto adiposo di nuova formazione. La ragione di questa scarsità fu sopra esposta. i Ma, alla base dell’addome e più ancora nel torace e più che mai nel capo, eccedono in numero gli elementi liberi, di fronte a quelli fissi, lungo le pareti tappezzate di ipoderma. Evidentemente, giacchè le cellule adipose larvali debbono essere esaurite a tutto profitto del tessuto grasso di nuova formazione, dove quelle sono discoste troppo dall’ipoderma, sul quale si adagia volen- tieri il nuovo tessuto, come è nel capo e nel torace, mentre quivi sì trovano disperse fra i molti organi, é necessario un veicolo per tra- sportare la sostanza esaurita dalle cellule stesse al nuovo tessuto. 72 FENOMENI NELLA NINFOSI x Ora, il veicolo è rappresentato dalle cellule vaganti che io ho al- tra volta considerato, senza più, per amebociti, ma è anche facilissimo il riconoscere che non soltanto questi amebociti « riparano... sopra un © particolare tessuto a cellule con citoplasma fittamente e minutamente areolato, con moltissimi nuclei ciascuna, il quale tessuto sostituisce il vero adiposo che manca nella ninfa e non compare che dopo quattro 0 cinque giorni nell’adulto, quando le cellule anzidette si sono moltipli- È cate conforme il numero dei nuclei ed il citoplasma ha acquistato una i trama molto più rada » come io ho detto prudentemente altra volta, | = Ma con questo tessuto (che è poi l’adiposo immaginale neoformato) hanno strettissimi rapporti di parentela. o disegno, a fig. 33 una porzione dell’epidermide toracale estre- ma, dove il metatorace penetra lateralmente nell’addome e di quà reca i grossi muscoli abbassatori delle ali, di là l’ipoderma addominale e si vede chiaramente che il sottile strato (c) di cellule adipose immaginali Ri non con cellule adipose grossette (9) ed elevate e l'estrema è in arte li- era e forma una coroncina di elementi (d) dei quali gli estremi (e) stanno per istaccarsi ed hanno prolungamenti pseudopodiformi come amebociti che si apprestano a vagare. Il preparato è tolto da un’adulto appena schiuso, € a figura 40 (tav. IV) mostra, poi, una parte dell’occipite (sezione sagittale) presso il vertice, dove si vede il tessuto adiposo neoformato, già molto ricco e rilevante i quali alcune sonò anche ormai libere, ad una cellula del tessuto adi- poso larvale (4), per esaurirla. Inoltre, nella figura, si vedono dei pie- coli elementi, non più grossi di quelli vaganti, ormai (0) penetrati fra le cellule grosse del tessuto neoformato e là stabilitisi a riempire i vani fra le cellule stesse. ca Nel capo, si trovano ancora ammassi (fig. 40, 5”) di elementi li- beri, piccoli e rotondeggianti, unicleati, e che evidentemente sono alla ricerca di cellule larvali da esaurire ancora è comunissimo l’esempio di ammassi (fig. 36 A°) di consimili elementi, i quali hanno già succhiato nutrimento dalle anzi- dette cellule, ed allora questi sono di as grosso e talora con due nuclei, gibile, e il più spesso con gocci ole della sostanza suechiata nel loro interno (a). Così carichi, questi elementi si infiltrano tra cellula e cellula del i tessuto adiposo immaginale fissato all’ipoderma (fig. 39, 40, 2) e quivi a si svolgono in cellule, conformi alle contigue, in tatto. è semplice, ma a tre lamine, delle quali la mediana si contorna e che manda propaggini nucleate, delle sal maggiori, con nucleo pie; con citoplasma più ampio e meno tin- = EA VA Pi PRE ANTONIO BERLESE 73 Infiniti esempi di questi fatti ed altri analoghi si desumono dal- l’osservazione anche di una sola testa di adulto nato da due giorni, ma credo sia inutile moltiplicare le figure. Che questi elementi vaganti, dovunque sieno, si trasformino poi in cellule di tessuto adiposo immaginale io ritengo fermamente dimo- strato e fuori di ogni dubbio, ma io credo ancora che essi abbiano ori- gine dallo stesso tessuto adiposo, come tenderebbero a provare le infi- nite parvenze conformi alle due figure 39 e 40 che si incontrano, di continuo, nell’esame di questi insetti, nelle parti anzidette. Inoltre, la fig. 38, mostra una porzione di sezione sagittale nella regione dell’occipite, in un’adulto appena nato, ma in assai infelici condizioni di nutrizione. Infatti le cellule adipose larvali (8) mostrano i globuli tutti esauriti, non ne rimane più (come ‘accade finalmente) che l’involucro esteriore, una specie di pellicola più resistente. Orbene, in questo caso, perfino le serie di cellule adipose (A) dell’adulto si sono sollevate distaccandosi dall’ipoderma (2) e sono penetrate profon- damente fra le dette cellule larvali (8), alle quali sono addossate tena- cemente e molti loro elementi sparsi (2°), si riconoscono per cellule vaganti, affatto conformi alle riunite in catena, con tutte le possibili forme di passaggio; ma gli uni e le altre sono assai poveri di conte- nuto, poichè il citoplasma è ridotto a pochi e radi filamenti diraggianti dal nucleo e la membrana cellulare è molto spessa. . In tutti i casi, adunque, l’osservazione dell’origine del tessuto adi- poso immaginale, in questi muscidi conferma quello che l’Hyemons as- serisce circa l’origine del tessuto adiposo degli insetti, mentre lo fa derivare dal mesoderma e ciò nelle sue osservazioni sulle sviluppo em- brionale e dà torto a coloro che affermano, invece, pel tessuto adiposo una origine ectodermica. ‘ 3 L’ipoderma non ha mai rapporto di sorta colle origini del tessuto adiposo immaginale. Primieramente l’ipoderma. stesso, durante la vita ninfale, è separato dal resto degli organi interni per mezzo di una ro- busta membrana basale, che non è forzata che dalle sferule di granuli che debbono fissare al tegumento i muscoli immaginali, ed in secondo luogo le nuove formazioni mesodermali trovano sempre questa mem brana basale che le divide dall’ipoderma e sulla membrana stessa il grasso immaginale si stende. di i ; «È facile, inoltre, riconoscere che tutti gli altri rivestimenti grassi sia dei genitali (che, come © noto, sono ricchissimi in questo tore invo- lucro) sia insomma tutte le altre produzioni mesodermali dell adulto hanno sempre origine da sferule di granuli della ninfa, che si modi- ficano conforme il caso; în altri termini © mesoderma, nella ninfa, EIN gi I SIERO! QAR o VEDE RETI VE Ma 74 FENOMENI NELLA NINFOSI è frammentato in elementi liberi e vaganti durante gran parte della "vita ninfale. A questa conclusione sono arrivato, d’altronde, collo studio dell’o- rigine dei muscoli immaginali. Però, oltre il tessuto adiposo non è qui luogo di parlare. Aumento del tessuto adiposo immaginale. Dal primo momento in cui apparisce, nel corpo delle ninfe, il tessuto adi- poso immaginale, esso va aumentando per numero di elementi e per grandezza loro, fino all’adalto ormai schiuso da tempo. S ig. 34 e 37 delle quali la prima mostra una colonna di cellule adipose immaginali entro una delle appendici dell’addome po- steriore, e la- seconda, invece, una porzione del dorso dell’addome, nel suo mezzo, segnando in .4 la colonna di tessuto adiposo immaginale; tolta la prima da una ninfa di sedici giorni (marzo) e la seconda da un adulto appena nato (18 giorni, marzo) mostrano ad evidenza questo aumento, non solo, ma ancora quello dei nuclei, che sono cresciuti in dimensione e si vede egualmente (fig. 38, A) che il tessuto grasso im- maginale si è già addossato all’ipoderma. erò, anche nell’adulto appena nato, gli elementi cellulari del nuo- vo tessuto adiposo contengono più nuclei e questa particolarità si cone serva anche più tardi, Infatti le figure 39, 40 che si riferiscono ad adulto ormai nato da due giorni mostrano non solo un ulteriore aumento delle cellule (fig. 39 4; tig. 40 a), in grandezza, ed ancora assai più grandi i nuclei, ma anche questi in notevole numero. i Ciò dura finchè non sieno esaurite tutte le cellule larvali adipose e l’adulto non abbia cominciato a nutrirsi, dopo di che ogni singolo nucleo appartiene ad un solo elemento cellulare, cioè il tessuto adiposo Immaginale assume l’aspetto definitivo, che si rileva nelle mosche cat- turate e che ragionevolmente si può supporre sieno nate da tempo; come nelle femmine dimostra lo stato degli ovarii. Tessuto adiposo dell’ adulto, ormai avanzato — di età. Di assai poco rilievo sono le differenze che si osservano nel tessuto adiposo tra gli individui nati da molto tempo e bene nutriti, | come sono, ad es., le femmine che vengono a deporre le uova sulla carne e quelli che sono di recente schiusi. Il tessuto adiposo immaginale si compone di due forme di cellule ti = re Ie e (vedi fig. intercal. #), che diversificano per dimensioni e per struttura | s( del citoplasma, come anche per numero dei nuclei. Le maggiori (2) che superano di poco i 100 in lunghezza, han- e OR EE IRE VIDE STELE RP OOO ANTONIO BERLESE (07 no un citoplasma reticolato, a maglie molto ampie, uniforme e conten- gono un solo nucleo sferico; di 7 micri, circa, di diametro, Ma ie minori sono più piccole di circa la metà (®) hanno un ci- toplasma denso, che si tinge discretamente ed in apparenza omogeneo. Queste mostrano e nuclei od anche più, appena più piccoli di quelli delle tg anzidet è facile iui un nesso genetico tra le due forme di cellule, perchè le più sia si dividono in altrettanti elementi, a seconda del numero dei nuclei che conten- gono e quindi, ciascu- — DE 43 n maggior parte almeno, rimanendone alcuna intesa a proliferare nuovamente. Fig. 7 Ho potuto ricono- Cellule adipose di un’ adulto di Ca/liphora nato Sora i che alcuni di da più giorni e contenente uova mature nel corpo quegli elementi liberi 600 /1). del ra adiposo im- maginale, i quali si so- no visti esaurire le cellule adipose larvali nei loro ultimi momenti di vita, rimangono liberi nel corpo e si meritano il nome e qualità di amebociti immaginali. La loro origine, io la ho potuta dubitare nell’ adulto del Melophagus, oltre che in questa Calliphora, come ho detto, e dal Me- lophagus ho tolto appunto la figura 75, nella quale gli amebociti c sem- brano sfreri dalle cellule è adipose. o ragione adunque di credere che gli amebociti larvali, della cui’ origine da) tessuto grasso larvale io dico abbastanza parlando o del Me- lo , dove si può seguirne la comparsa dall’embriene in poi, sor- gano dal: tessuto adiposo larvale o dal comune stipite degli elementi mesenchimatici primordiali, ma poi, nel corso della ninfosi scompaiano, richiamati alla costruzione diretta di organi immaginali, mentre, gli amebociti dell’adulto abbiano una origine molto più tardiva, derivata. dal tessuto adiposo immaginale e questi rimangano. Va da se che nei nemoceri che studieremo, non essendovi rinnovazione di tessuto adi- poso, cade un momento, nella vita ninfale, in cui gli amebociti sono’ assai scarsi. Ad ogni modo; se qui fosse il luugo, io potrei annoverare’ na nuova cellula o la acquista i caratteri delle cellule maggiori, DSS MEET 76 FENOMENI NELLA NINFOSI le molte e grandissime differenze che decorrono tra gli amebociti Jar- vali e quelli immaginali, in quegli insetti nei quali il tessuto adiposo .si rinnova tutto, durante la ninfosi. a quel che qui accenno ed in seguito dimostro, si può conclu- .dere che gli elementi mesenchimatici, come i tessuti, non solo hanno tutti una comunanza di origine e sono diversissimi da quelli che di- | pendono dall’ectoderma ete., con cui non convengono mai in rapporti di parentela, ma essi possono, nella loro sfera di organi di origine mesodermale, trasformarsi gli uni negli altri facilmente o direttamente 0 spesso essendovi delle forme di passaggio, libere, che sono quelle finora male definite col generico nome di amebociti, leucociti, fagociti ett., e questa è conclusione generale, che non può ne deve essere limita ai soli insetti. Fin L. e delle cellule adipose larvali e del loro con- ‘tenuto. Si è veduto come si sono venute formando quelle sferule di — sostanza varia che riempiono le cellule nelle ninfe, e dalla origine di que ste gocciole ognuno può ben comprendere come l’ ipotesi che esse rap presentino dei fagociti è affatto da scartarsi. Su ciò credo inutile insistere. erto è che lo studio della fine di queste sferule e delle cellule «che le contengono confermano, a tutta evidenza, quello che si è franca | mente asserito già ancora nella nota preventiva, che, cioò si tratti di | globuli albuminoidi raccolti dalle cellule stesse, immagazzinati ed elabo- rati entro le medesime cellule. ca Anche nelle ninfe ormai mature e negli adulti neoformati e talora | anche in quelli che hanno due o tre e fino quattro giorni, le cellule. ‘dipose larvali o trofociti che dire si vogliano, esistono in gran NU mero e l’addome ne è normalmente ripieno. (Vedasi fig. intercal. 8) Di . Esse cellule contengono un grande numero di gocciole, per È assai voluminose, come le più grosse comuni, nelle ninfe, attorno al ; nucleo delle cellule, e scarseggiano assai le guttule piccole periferiche, | de quali debbono ormai essere state esaurite. i Tra queste guttule più grosse, moltissime contengono tuttavia un0 | 0 più pseudonuclei, che, come si è detto, rappresentano i centri (È fermentazione; altre mancano di cosifatti centri più oscuri. Indifferet" temente ora cotali cellule larvali, con simili contenuti, si trovano entro il corpo come nel torace, come nell’addome, ma tutte hanno, molto visibile, la loro membrana e moltissimo ancora il nucleo. sa: È (1) Si può confrontare anche la figura del Lowne, tav. 21, che modo, “na ninfa assai avanzata, che deve poco tardare ad uscire. ANTONIO BERLESE TT Mancano invece, affatto, es a granuli tingibili e piccolissi- che nelle niafe formano come una atmosfera attorno al nucleo e che io ho classiticati per enzimi. Inoltre la sferula nucleolare, nel nucleo, non più si vede e solo e- siste il filamento nucleinico. iò concorre a dimostrare che l'opera digestiva delle cellule è ormai finita, non più trovandosi, nella cavità del corpo, sostanza che debba essere assorbita ed ela- borata per opera delle cellule stes- se, ma queste rappresentano ormai solo magazzini di deposito di s0- stanza elaborata. Più tardi o più presto comin- cia la distruzione di questi mate- riali, specialmente per opera del nuovo tessuto adiposo immaginale, come si è detto. In generale, nell’ultimo giorno di vita ninfale, la distruzione stessa è bene avviata, poichè i piccolis- simi granuli perinueleari scompa- iono tosto che comincia ad apparire il tessuto adiposo immaginale. Ora questa distruzione od esaurimento delle ria seiner nei tro- fociti, si effettua per tutte allo” stesso modo, sieno esse 0 meno apro al loro interno, di quei eudonuciei di cui si è già detto. Lo fig. 36, da a inee da a” in e’, mostrano come si esauri- scono siffatte gocciole. Dapprimo, nella sfera che sem- bra composta di sostanza omogenea — Adalto che sta per nascere, Calliphora, sezione sagittale me- Fig. vas ne esofago; e borsa esofagea; 9 ganglio glio toracico ; h tessuto “i stra eta n Cosio (16/1.) sopraesofageo; 9 gang glio’ to: adiposo larvale addominale ; 78 FENOMENI NELLA NINFOSI {a) e poco ormai si tinge coll’ emallume, ma nerissima diventa col me- todo Heidenhain, e che è molto rifrangente la luce, solubile nell’acqua e nella glicerina etc. si vengono a formare (0) delle minute punteggi ‘ture centrali, le quali si vedonv essere altrettanti piccoli vacuoli sfe- rici; questa @ncaolizzazione aumenta, con direzione centrifuga, fino che occupa ed invade tutta la gocciola (c), tanto che questa sembra «composta di sostanza reticolata. Crescendo l’esaurimento della gocciola, mentre la sua superticie | ‘esterna mantiene sempre la stessa dimensione, si forma, quindi, un var cuolo più ampio degli altri, di solito eccentrico (c) il quale aumenta @ e cresce tanto che vuota tutta la gocciola, di cui non rimane più ch una specie di pellicola, che allora perde anche la. forma sferica (e) la quale poi finalmente essa pure scompare del tutto. I Ora, per le gocciole contenenti i pseudonuclei (da @° in €), av | viene lo stesso processo, salvochè la vacuolizzazione comincia eccen- trica, in regione dove non risiede il pseudonucleo (a’), e procede pd verso questo, che e l’ultimo a scomparire e si dissolve, finalmente, quando — tutta la gocciola è ormai vuota, come si vede a figg. d’ e C° LI In quest’ultima figura già la pellicola stessa sta drstragooni i Questi processi dimostrano che la parte superficiale delle guttule | . contenute nelle cellule adipose larvali, è più densa della centrale, poEd, .chè si rassoda quasi in una specie di membrana, ia del resto, c0- mune sempre nei globuli albuminoidi immagazzina Ultime ad essere esaurite sono le cellule odi pose dell’ estremo | addome. Noi seo a fig. 31 una cellula adiposa larvale tolta su capo di un adulto neonato, la quale è ormai in gran parte esaurita. Contattociò la cellula adiposa conserva ancora la sua vitalità e deve ‘essa pure essere distrutta dalle cellule vaganti di cui si è pareti ; To ho descritto e figurato il fenomeno già nella nota preventiva © qui dico solo che le cellule vengono infatti esaurite, sia dagli strati di tessuto adiposo immaginale, sia dalle cellule vaganti che ne dipendono, | ‘sono esaurite anche nel loro nucleo ed ho detto ancora che rarissiAf è il caso di rottura della membrana cellulare. Vedasi di quanto errano gli autori che affermano rompersi DI membrana già assai per tempo, nelle ninfe di pochi giorni. a alcune poche cellule, le quali non sono così intensamente agi gredite dalle cellule vaganti lo) dal tessuto adiposo fisso, si esauriscono | nel loro contenuto immagazzinato, a poco a poco, ed allora mantengon0, non solo integra la cellula ed il nucleo, ma ancora tutto il citoplasm@ - .che si vede regolarmente reticolato, e rimangono tuttavia viventi. > RS x TAR PAR EA I i OA ANTONIO BERLESE 79 Non sono rari questi casi, ma quel che avvenga di queste cellule così ancora viventi, se sieno in seguito distrutte od altrimenti perisca- no o si conservino e vadano a formare esse pure strati adiposì imma- ginali, io non so dire, poichè non sono riuscito a vederne il progresso, inquantochè tutte le mosche natemi, che io ho curato di far vivere in ampie moscaiole, offrendo loro sostanze zuccherine, fichi secchi bolliti, carne fresca ete., sono morte di fame, sdegnando il cibo loro dato. Sono, queste mosche, insetti molto restii alla cattività, nè si pos- sono mantenere a lungo Per conoscere il successivo sviluppo del tessuto adiposo imma- ginale ho dovuto ricorrere all’esame di adulti già vecchi, presi al- l’aperto. Cyrrtoneura stabulans Su alcune patate, le quali io avevo lasciato marcire a ciò che ne venisse qualche insetto, si posarono, infatti, aleune Cyrtoneura stabu- lans, in Gennaio, e se ne ebbero una ventina di larve, le quali si sono nutrite esclusivamente della sostanza indicata. Io avevo osservato, esa- minando la Sarcophaga carnaria che nessuna differenza di rilievo ve- niva fuori dal confronto di questa ultima specie colla CaZliphora, di guisa che io ritenni comuni ai muscidi sarcofagi quei fenomeni, in tutte le loro particolarità, che avevo visto già nell’insetto preso per tipo. Pensava però che nei muscidi, invece, vegetariani le cose potessero essere diverse. Io avevo esaminato a questo proposito una assaì pigra larva spi- nosa di mosca, ma l’insetto male si presta poichè è difficile conoscer- ne l’età e neppure si comprende bene quando si tratti di ninfa 0 quan- do di larva. La Cyrloneura, invece, è un’insetto utilissimo per queste ricerche ed io ne ottenni preparazioni eccellenti, con molta maggiore facilità che non le ebbi dalla Cazliprora e ciò perchè l'epidermide della larva, nella prima, è molto meno spessa che nella seconda. Larva che sta per mutarsi (I° stadio). Ho sezio- nato dapprimo larve che tuttavia camminavano, ma nelle quali la borsa esofagea si mostrava ormai vuota come parte dell’intestino. Queste larve, adunque, corrispondevano a quelle che nella Caliplora ho de- scritto come pertinenti al primo stadio. Io disegno a fig. 4I l'estrema parte del corpo (al dorso) in una sezione segittale, nella regione di uno stigma, da cui parte la grossa trachea (€). Si vedono le cellule adi- pose (9), e tra queste un sottile plasma congulato (@) in cui nuotano moltissimi amebociti. Però questi sono sempre raccolti in estese masse, 80 FENOMENI NELLA NINFOSI come si vede in e e molto più nella regione posteriore del corpo, anzi quasi esclusivamente qui che non altrove. di: Questo che io dico al presente degli amebociti, è chiaro che non si limita esclusivamente alla specie qui intestata, ma io ne parlo ora, cadendomi acconcio, mediante la tigura che io ne ho fatto, tolta dalla Cyrtoneura e che non ho voluto ripetere per la Caziphora. Ì Adunque riesce molto interessante questo fatto, che, cioé, nelle | larve ormai mature, sieno esse immobili 0 meno, gli amebociti stan: no tulli raccolli in masse, specialmente nella regione posteriore del A corpo. È questo sia presente per chi, senza più, paragona gli amebo- citi a globuli del sangue, con solo ufficio nella nutrizione, i quali au- tori (che sono la grande maggioranza) troveranno difficile a spiegare | come mai in un’insetto, tuttavia in piena attività delle sue funzioni, gli amebociti non sieno diffusi in tutti i vani interorganici, assieme al pla- Sma, ma si raccolgano all’estremità del corpo, più che altro, e sempre . in masse estese. Si vedrà poi come, invece, si disperdano pel corpo p solo più tardi, a principiare dalla pupa bianca in poi, e, d’altra parte, chi osserverà che nelle larve giovani i detti amebociti sono molto più | scarsi che non nella larva matura, dove, di subito compaiono in nu mero grandissimo, dovrà attribuire loro un’ufficio importante, piuttosto durante la ninfosi che non per la vita, in generale, dell’insetto. to ho | I anche studiato questi amebociti e ne ho ricavate molte singolari 08° servazioni, ma non essendo qui luogo loro conveniente mi riserbo ® parlarne in altra occasione. i Cellule adipose. Queste dimostrano che il procedimento di modi- | ficazione del loro contenuto è molto più sollecito che non nella Cal liphora. Infatti, le cellule adipose addominali, in larve che sono mature ma camminano ancora benissimo, il citoplasma (fig. 42) forma una fitta trama, con vacuoli molto piccoli, tra i quali però si annidano, in gran numero, piccole goccioline di sostanza albuminoide, tutte in via di al terazione mediante piccolissimi pseudonuclei (tre 0 quattro o più per clascuna) e queste gocciole raggiungono, a mala pena, il diametro di uh micromillimetro. Questo stadio, nella Cyrtoneura, corrisponde adunque ; a quello successivo della Calliphora, vi ha cioè una anticipazione sen sibile nelle nuove funzioni del tessuto adiposo. È Le cellule, come quelle disegnate in f, che sono meglio investit@ dal circostante: plasma, mostrano una larga zona periferica tutta ripi@- na di sostanza affatto identica al plasma ambiente e che solo presso il 3 nucleo si accoglie nelle gocciole anzidette. 5 ra vedono bene coloro che, col Rees, pensano a fagociti per que- — ste sferule che sembrano avere nuclei, quanto sarebbe loro disagevol@ Vee ANTONIO BERLESE 81 il dimostrare che si tratta veramente di elementi cellulari, vedendone l'origine ed in questo momento l’estrema piccolezza e con tutto ciò il grande nu- mero di corpuscoli interni dall’aspetto di nuclei ed il successivo aumento delle goc- ciole stesse negli stadii seguenti. Io disegno a fig. 9 una larva di Cyr- loneura presa in uno stadio più avanzato e nella quale si vede in % il tessuto adi- menti ed i fasci muscolari, ma la massa maggiore sta nell’ estremo addome, come è dimostrato dalla figura annessa. Così adunque si mantengono gli ame- bociti fino al momento di entrare in fun- zione. Ma se si esamina una ninfa appena formata, come è quella la cui sezione di- segniamo a fig. 10, si vede, con tutta chiarezza che gli amebociti (72) si sono diffusi per tutto il corpo. Inoltre, la stessa sezione dimostrerà che il plasma interorganico è di molto scemato, veden- dosi ora dei vani larghi. È dunque ini- ziato l’assorbimento gagliardo, da parte del tessuto adiposo X, tutto affatto come nel caso della CaZiphora. esto momento, le cellule adipose mostrano un’ aspetto come si vede a fig. 43, che è tolta appunto da una pupa bianca. DE Il citoplasma è tuttavia visibile e for- ma il solito reticolato, nel quale stanno moltissime gocciole, molto più grosse di quelle che si sono vedute prima e con- tenti tutte da due a moltissimi pseu- donuclei. Fig. 9. — Larva di Cyrtoneura stabulans già raccolta in parte se se stessa, sezione di piano (16 /1). (a faringe ; € ganglio sopraesofageo ; f paga i e nali; g porzione di esofago; & tessuto adiposo ; intestino retto ; m amebociti, 6 Re gt ce ia "RTAARAR et ni" ani LI 82 FENOMENI NELLA NINFOSI All’osservatore diligente non può sfuggire quello che la fig. 43, confrontata colla fig. 21 a cui corrisponde, dimostra, che, cioè, nella Cyrtoneura la quantità di sostanza raccolta in gocciole è assai meno che non sia nella CaZliphora dove, a quest'ora, la cellula è ormai così piena, che il citoplasma più non si vede e le gocciole sono ‘ assoluta- mente a contatto fra loro. ‘ Inoltre, nella Cyrtoneura, viene meno la zona perinucleare di recente raccolta. Tutto ciò dimostra che la sostanza da assorbirsi, in questo primo inizio della pupa, è assai meno nella Cyrtoneura a. )ra, siccome nella pupa appena fatta non si può trattare d’ altro plasma che di quello feoriuscito dall’intestino, poichè grande distruzione dei muscoli è iniziata solo nella parte anteriore del corpo, così, si deve ammettere che questa differenza nella quantità di sostanza raccolta dalla cellula grassa in questo momento, dipen- de solo dalla diversità del cibo assunto, e là dove la Calliphora, come mosca sarcofaga contiene molta sostanza albu- minoide nel suo intestino, all’ inizio delle ninfosi, in questa Cyrtonevra, per quanto |’ immagazzinamento di sostanza albuminoide, da parte delle cellule adipo- se si sia iniziata prima che non nelia Caltiphora, pure, nell’uitima grande nu- trizione, per essere la sostanza ingerita nulla più che vegetale, la sostanza pu- ramente albuminoide e molto più scarsa. Tutto ciò io ho voluto rilevare perchè Fig spiegherà il processo ovvio in altri hi Pupa bimnza di Caio: SR puramente vegetariani, nel qua lans in sezione di piano (15 /1). la deposizione di albuminoidi nel grasso (a faringe; e ganglio soprae- ©Omincia subito colla vita della larva sofageo ; f dischi immaginali; ® continua ed aumenta sempre, ciò che h tessuto adip.; m amebociti permette ancora a queste ultime larve (come ad es., sono quelle di molti coleot- teri) dei periodi lunghissimi di astinenza. Tutto ciò dimostrerò in seguito, ricordando ancora le esperienze da me seguite. Da ep GR IMATS TE NIE gene ANTONIO BERLESE 83 Drosophila funebris Negli stessi depositi di patate putrescenti, nei quali io avevo messa molta acqua, si sono formati, in numero sterminato, altri ditteri, tra cui, in gran numero, la Drosophila cella- ris ed un’altra specie più grossetta, cioè Dro- sophila funebris Fab. Ho voluto studiarla, per vedere se incon- travo gli stessi dati avuti per la Cyrtonewra. Le larve (fig. 11), bianche e lunghe, mi- surano, mature, circa un centimetro, sono molto singolari, poichè possono mandar fuori o ritirare a piacimento, gli stigmi, sieno gli anteriori che i posteriori. Il corpo è fusiforme, dinanzi, e di dietro termina acuto. All’innanzi degli angoli del terzo articolo possono essere cacciati fuori due prolungamenti cilindrici, di- retti all’innanzi, i quali sono guaine che con- tengono un ciuffo di peli stigmatici. Quando queste guaine sono ritirate all’in- terno, più non si scorgono, ma se prolungate, sembrano due cornetti molto cospicui. Dallo stigma poi, parte un grosso ramo tracheale, che, scorrendo lengitudinalmente ai lati della linea mediana, va a congiungersi col cornetto stigmatico posteriore. La larva porta nell’estre- mità posteriore del corpo, quattro appendici corniculate ; ma dall’ultimo segmento possono | essere prodotte due lunghe appendici stiliformi, diritte, molto avvicinate fra di loro, sulle quali è aperto lo stigma posteriore. Queste larve nuotano nel liquido putrido e respirano facilmeute, esponendo all’ aria spe- cialmente gli stigmi posteriori. Quanto agli organi interni non ho trovato gran che diverso dai muscidi sopradescritti, solo è molto singolare la regione cefalica, mer- | — Larva di D. funebris vista dal dorso (16 /1). % tessuto adi- i Fig. 1 poso; 0 cornetto dello stigma anteriore. 84 FENONENI NELLA NINFOSI cè quelle appendici retrattili che racchiudono lo stigma. Il complesso de- gli organi situati nella regione anteriore de ue apparisce dalla. fi- È gura intercalata 12, nè gioverà dirne di Allorquando la larva sta per Crocs in ninfa, essa si fissa su un corpo prossimo all’a- equa putrida in cui è vis- suta, ma, però, abba- stanza asciutto. Sta ade- rente al corpo stesso colla sua faccia ventrale e vi È lano una specie di fiore, col suo peduncolo lun- ghetto e cilindrico e colle setole divaricate all’apice appunto come altrettanti Ss Mr aperti, ma con una Mi nuta ampollina di tessuto chitinoso assai esile, al di mezzo ingrossa ed in- turgidisce di guisa che la ninfa diventa ovale. L’a spetto di questa forma si r- vede a fig. intercal. 13. "a Fig. 12. — Organi interni della parte anteriore del corpo in una larvy® — matura di Drosophila funebris. i faringe coi suoi muscoli; d sbocco delle salivari; d salivari; e ganglio raesofageo, per evitare confusione non 8 4 sono dimegiato le sue codette indelioni & di ngi immaginali, di cui un paide. ; l'anteriore non si é disegnato ; 4 anifago 1.1 grasso che circonda le salivari; n intestino; n’ inbuto; n” ciechi cardiaci; 0 guaine td stigmi anteriori | che sali per irispa ni le setole ; tr traehee ANTONIO BERLESE 85 Noto che molte larve, per trasformarsi, si mettono in lunghe file, l’una accanto all’altra, toceandosi coi fianchi. Dopo pochi giorni escono gli adulti. Tessuto adiposo. In questa specie si ha una deposizione di goc- ciole albuminoidi nell’interno delle cellule adipose anche più precoce di quello che si vide nella Cyrtoneura. Ciò può essere perchè que- st'ultima forma è onnivora, mentre la Drosophila è sinceramente vegetariana. Esaminando una larva quasi matura, si vedono le cellule adipose (fig. 44) non soltanto ripiene di grosse gocciole di grasso, che melle sezioni scompaiono e lasciano i vacuoli indicati nella figura, ma ancora di molte gocciole, alvune delle quali notevolmente grosse, di sostanza albuminoide, impigliata nel citoplasma. È questo un fatto nuo- vo per le larve e si deve ascrivere a precocità di depositi, essendo la forma fitofaga. Adunque il deposito comincia assai presto e continua fino a maturità della larva. Si può riconoscere, per verità, che nella larva matura (fig. 45), ma che tuttavia si muove benissimo, le cellule del tessuto adiposo sono tutte piene, stipate, entro un citoplasma che ancora, però, si scorge, di gocciole grossette albuminoidi, tutte con due o più centri di alterazione e sono tutte eguali, per grandezza come per spetto, siano le più vicine al nucleo che le più discoste. Questo stadio corrisponde a quello di pupa bianca della Calliphora, salvo che nel dittero delle patate putrescenti, attorno al nucleo, non si trova la zona di sostanza da elaborarsi, almeno in questa larva, come nella pupa ancora bianca. Valgono, adunque, anche in questo caso le stesse considerazioni messe innanzi a proposito della Cyrioneura. La figura 46 è tolta da una ninfa bianca, cioè di recente forma- tasi e mostra il progresso delle gocciole albuminoidi, le quali sono di assai pocu. ereseiute, non essendo ancora iniziata la grande distruzio- ne di organi n Tutto il progresso, adunque, risulta solo da quella non molta sostanza che è fuoriuscita dal tubo digerente, quando la * va si accorcia su se stessa e si vede bene che esso sendo le gocciole di poco NT # volume, mentre nella Call phora ed altre mosche sarcofaghe, il progresso della larva matura del 2° stadio, a quella del terzo è enorme, come lo mostrano le fi- gure 17, 19. Invero, repentinamente, cioè alla distruzione di organi larvali già bene avviata, come è nella pupa di tre giorni, si vedono le cellule adi- pose (fig. 47) ricche di goceiole enormi, anche maggiori di quello che sc nella Cadliphora, sebbene le cellule che le contengono sieno molto più piccole. È evidente adunque il gagliardo assorbimento di sostanza pt a ae e A e FI dc o a i % Pi 20 MPN MEP EAT È a IE, ; ni Ti ) VARA A a 86 FENOMENI NELLA NINFOSI derivata dalla distruzione di organi larvali, anche a questo solo esame. In questa cefalica, compaiono anche grossi vacuoli rotondi, che io debbo ascrivere a vani già occupati da gocciole di grasso. Infatti, l'esame & fresco, dimostra la esistenza di molte e grosse gocciole di grasso, le quali non si vedono cosi abbondanti che nei soli insetti vegetariani. | bbene io abbia studiato va dittero in tutti i suoi stadii, pure — i limito a riferirne solo la parte sopra- ua poichè, pel resto, non trovo molto da aggiungere a quello già osservato per la Calliphora. x L’esame anche di altre forme vege-. Lì tariane, per quanto ristretto a poche @ frammentario, mi convince che nei mM scidi vegetariani le cellule adipose sono ed inoltre lo immagazzinamento di sostanza albuminoide sottratta al pla- sma circolante, ha luogo assai solle- | citamente nel periodo larvale e si at cresce di continuo fino alla cessaz zione — di nutrimento. ; n seguito comincia l’immagazzi namento di sostanza albuminoide de- rivata dalla aa di organi | larvali, come di consueto. bastino dani i di Brachi-. ceri, , Fig. 13. — Ninfa, dal dorso di i Drpseptilo funebris. (Siccome ess@ Li messa alquanto inclinata per mostrare la convessità del dorso, così ho indicato la linea mediana mercè una serie di punteggiature che però in natura DE esistono). (16 /1). Myeetophila stente Tra i Nemoceri, ho studiato alcune interessanti forme e vi ll i nare per quello che si riferisce al ciclo del tessuto adiposo durante lo-stato larvale e la ninfosi, così grandi differenze, che non si Foa certamente fra i brachiceri, almeno fra quelli che io he Mc: Infatti, mentre alcuni Nemoceri si accordano in tutto ® ANTONIO BERLESE 87 che si vede nei Muscidei (che io prendo come tipo) altri, invece, si scostano, tanto, che non solo la struttura generale del tessuto è assai diversa, ma ancora il ciclo suo più non si accorda con quello così va- riato e complesso dei Muscidi e rientra, piuttosto, fra quelli di altri or- dini e più somiglianti alla stabilità del tessuto adiposo propria degli ametaboli. Io darò dunque esempi di tutti questi variati modi di comportarsi del tessuto adiposo, ed ecco perchè comincierò da questi ditteri piccoli dei funghi, i quali si accordano così bene coi Tipulidi ete., e richiamano davvicino quello che si è detto a proposito della CalZiphora e degli altri Brachieri. Io ho esaminato tre specie, pertinenti tutte genere Mycelophila e sono di tre di- verse grandezze; una molto piccola, di cui la larva non sorpassa, quando sia matura, i sette millimetri di lunghezza, ma ordi- nariamente non ne ha che sei, una assai più grande, che raggiunge certamente i dodici o tredici millimetri, ed una inter- media. Questa è la M. signata Mgn. Tutte queste larve sono cilindriche no, fatto, ed abbastanza gracili, mostrano capo piuttosto piccolo e corneo, nerissimo, mentre tutto il rimanente del corpo è molle e bianco. Il corpo stesso è diviso în do- dici segmenti, pressochè eguali, salvo che i primi e gli ultimi sono alquanto più piccoli e l’ ultimo termina ottuso. AI ventre, si vedono dieci tubercoli o- vali, rilevati, a mo’ di labbra, e provvisti Fig. 14 di uncini neri e fitti. Sono false zampe e Larva di Mycetophila si- tranne il primo e l’ultimo segmento, tutti gnata. A dal ventre; B dal gli altri articoli hanno cosifatte armature, dorso. (10 /1). salvo che nel secondo segmento vi ha un solo arco con uncini e nel penultimo, l’ar- co unico è decisamente bilobo; in tutti gli altri segmenti vi hanno due archi armati di uncini, e si guardano colla loro concavità. Ai lati del corpo si notano aperture stigmatiche, ma i segmenti secondo e terzo, ultimo e penultimo ne sono sprovvisti, e gli stigmi del primo paio FENOMENI NELLA NINFOSI sono molto maggiori degli altri, che si mostrano fra di loro tutti eguali. Queste larve vivono nei funghi sani o che cominciano a marcire e vi sono in gran- dissimo numero. Allorchè incrisalidano, escono dai funghi che ormai si spappolano tcon molto liquido, e su qualche corpo meno umido ed accidentato, vicino, intessono un assai fine bozzoletto di seta bianchissima, però non troppo regolare e che somiglia piuttosto ad groviglio di cotone bianco, € quivi dentro, in due o tre giorni si tra- sformano in ninfa ed in cinque o sei rie- scono adulti. In autunno, anche avanzato, fino a di- cembre e gennaio, quando è grande il nu- mero dei funghi, se ne ha, di tali insetti, in assai abbondanza; più tardi non se ne tro- vano che molto di rado. Così mi è oc- corso di non avere che pochi adulti, non avendo avuto cura di raccoglierli a loro tempo, e ricercandoli inutilmente di poi. erò ho potuto investigare moltissime larve in tutti gli stadi e ninfe sino alla maturità, il che è sufficiente alle presenti ricerche. Quanto agli organi interni delle larve essi appaiono dai disegni uniti. Si vede che | la catena nervosa non presenta alcunchè di speciale e gli organi genitali sono al solito presenti in forma di corpi ovali nelle larve avanzate. Il tubo digerente della larva si scosta abbastanza dal tipo comune ai brachiceri e si raccorda invece con quello del Ceropla- tus tipuloides disegnato dal Claus a tav. Fig. — Sezione sagittale di una larva di M. stà: mostrante, in sito, gli organi interni cioè; d ghiandole sericipare (salivari); f dischi immaginali ; np malpighia- ni; n intestino; n° imbuto; n” tasche cardiache ; r retto. (16 /1). ANTONIO BERLESE 89 XV degli Jcones Zootomicae. Però vi hanno delle discordanze. L’esofago è brevissimo e non giunge certamente entro il secondo i (nale A SIR MEO — pel cp RM n RN en e O MI N 1 n M ur 16. Sistema digerente e ghiandole APT della larva di 3. int sparati dl raro del opa (Latir come a 6g presento ol ice i revitaronii ndo 90 FANOMENI NELLA NINFOSI segmento in cui i corpo è diviso ed al principio del terzo, Ingro notevolmente dove penetra nell’inbuto. Adunque io trovo che l’esofago è molto più breve di quello die segnato per il Ceroplatus ci Snvnna ed ancora esso è assai esile, in | confronto di quello del Ceroplatu ò Al principio del terzo punito del corpo, l’esofago penetra nel ui l’imbuto, parte questa abbastanza grossetta ed ovale, sebbene molto meno sviluppata che non è nei muscidi. Subito sotto l’imbuto vengono a sboccare due grandi tasche cieche, così grandi che si prolungano fino in mezzo il corpo. Esse sono stiche, verrucose di fuori in . grazia dell’epitelio che fa dei rilievi, sporgendo; colla sua membrana, di mezzo alla trama muscolare esterna. 1 Questo epitelio. differisce di ben poco da quello del restante met senteron. Le due tasche cieche si trovano ai lati del mesenteron e di- scendono un poco verso il ventre e sono molto più grosse di quello che non si veggono disegnate pel Ceroplatus. a Il resto del mesenteron è rappresentato da un tubo diritto, pres: È sochè tutto dello stesso calibro, fino ai malpighiani. I Questi sono quattro, semplici, nè si biforcano altrimenti, e sono — | poco più brevi del mesenteron tutto. ch Segue il. postintestino, più sottile del mesointestino, e che fa una grande ansa verso il terzo posteriore del corpo, quindi decorre diritto di fino all’ano. Molto grandi e vistose sono le ghiandole salivari, le quali sono rappresentate da due lunghissimi tubi (2), molto più luoghi di tutto il corpo dell’insetto e sempre di eguale calibro, ma però tutti vernid 2 all’esterno, in grazia delle cellule che fanno rilievo. - Queste grandissime ghiandole salivari, potranno forse meglio es 5. sere dette sericipare, poichè realmente contengono la seta di cui la larva i si forma il bozzolo, e questa si vede pei ci entro il lume delle hit” e dole stesse, i Essendo questi tubi così lunghi, ricorrono continuamente pelle sezioni in qualunque senso, e vedasi appunto la sezione sagittale è i . 177, dove se scorgono frammenti compresi tra il mesointestino ela vi faccia ventrale. de Le cellule di cui sono formate queste ghiandole, sono molto v0 luminose, con un citoplasma denso, senza struttura bene definibile @ contengono un grosso nucleo, nel quale il nastro cromatinico si meravigliosamente bene. cellule stesse si tingono con tanta vivacità che subito spicnto nel rimanente dei tessuti, che si colorano meno. EA tai O RO IE IRE SRI PIER OTT CRONO REN NOMU RIE SIONI I dA Ha Y=34 è; ANTONIO BERLESE 91 Adunque, in confronto del Ceroplatus, si vede che negli insetti a me studiati, i malpighiani sono quattro, anzichè due, e semplici anzichè biforcati, ed inoltre, le ghiandole salivari o sericipare, sono, nelle larve da me vedute, assai più grandi che non sieno nella larva da altri studiata e so- pra riferita. E noto che queste larve di Nematoceri sono attissime a dimostrare egregiamente la struttura nucleare e meglio che altri il nastro nucleinico. Non solo i nuclei assai voluminosi delle ghiandole salivari, come il Balbiani di- mostrò nei Chironomus, fanno vedere, con grande chiarezza, benissimo il detto nastro, ma ancora tutti gli altri, perfino quelli dei mu- scoli. Inoltre assai grossi sono i nuclei delle cellule adipose e quivi pure il nastro di nu- cleina e manifesto, colla massima chiarezza. Di più si vede composto di strati alternati più chiari e più bruni, trasversi, come altrettanti > dischi sovrapposti. Anche tutti gli organi si fissano e colorano assai bene e con molta precisione, talehè questi ditteri sono molto acconci allo studio diligente, ancora dei feno- meni che abbiamo indicato già nella Callipho- ra, poichè nel muscide, essendo grande la quantità di corpi contenuti entro le ninfe, durante la trasformazione e molto stipati in- sieme organi ed elementi varii, l’ occhio sî perde più facilmente nella ricerca dei feno- meni di cui qui si dice, di quello che avvenga in larve e ninfe dove minor ressa vi ha di elementi varii nel corpo loro e più accomo- datamente e ad agio si possono considerare. Insomma questi ditteri, per quanto di mole VARZI ) Vivo a «St De, - RAS. CASERTA x ET = ABI Pa SX me, fe RN. sic 9°, uo x ì, \ È io) » ALI o x © Pi belt! È 4 I SI 1 D$ ; on A pen ta } 3 Fg’ VR F part POISOLIO Ù sr, Fig. 17. — Sezione sagittale mediana della Ber stessa larva matura di M. signata. (Lettere come n a fig. 15, solo & tessuto adiposo). (16/1). 92 FENOMENI NELLA NINFOSI «modesta, assai bene si prestano a cosifatti studi e ad altri ancora. on tuttociò, io sarò molto sollecito nell’ enumerare le principali "fasi del tessuto adiposo nelle larve e nelle ninfe, poichè le cose decor- | piuttosto una conferma, nè importano differenze essenziali. - arva fino alla maturità. Nelle larve che sono ormai abbastanza cresciute, nè troppo distano dalla ninfosi, ma che tuttavia | si cibano, il tessuto adiposo forma, al solito, un mantello che avvolge tutti gli organi ed è compreso tra il tessuto muscolare dermico ed il -tubo digerente. ca Questo largo involucro è costituito di un solo strato di cellule 8 ciò si vede bene nella sezione mediana, come mostra in % l’annessa figura 17. È Ciascuna cellula poi, (fig. 49) si mostra di circa 80 & di dia-- metro, irregolarmente rotondeggiante, e fa vedere verso il centro un «grosso e bel nucleo, con un nastro di cromatina molto ricco ed assai con- luto. Non si vede, nel maggior numero dei casi, nucleolo alcuno. 3 Il citoplasma forma un reticolato a maglie assai larghe, special- | “mente nella zona compresa tra il nucleo e la periferia, e queste maglie sono egualmente ampie in quella regione della periferia stessa dove questa tocca altre cellule vicine, ma là dove essa è libera, la trama de citoplasma è assai più fitta e le maglie molto strette; però le trabecule -che le circoserivono si vedono esili e debolmente colvrabili. Ma attorno al nucleo, la trama riesce fitta oltremodo, assai grosse le trabecule e queste così stipate che il citoplasma stesso si tinge assai : riccamente colle ordinarie tinture. Così, a piccolo ingrandimento, (fig. 48) queste cellule mostrano attorno al nucleo una zona molto tinta, .anche più del nucleo stesso. Ora, in queste maglie non è compresa sostanza che non sia aspot- ‘tata da solventi dei grassi o dai liquidi acquosi. O __ È quindi molto abbondante, assai più di quanto si è visto nei mu- -scidi carnivori, il grasso ed è raccolto in grosse gocciole, per entro al ‘vacuoli del citoplasma. Larva che si dispone a filare. Cessata l'assunzione «dei cibi, la larva si vede vagare in cerca di luogo addatto per costruire il bozzoletto. In questo tempo l’esame del tessuto adiposo dimostra .che nelle cellule è avvenuto un notabile mutamento, sia nella fabrica del citoplasma, sia nel contenuto. Infatti, mentre si vede il nucleo col nastro di cromatina alquanto raccolto su se stesso, e scostato quindi i «dalla membrana cellulare, il citoplasma dimostra una reticolazione più ‘uniforme che non negli stadi precedenti. Non si trovano più grandis- . ANTONIO BERLESE 93 simi vacuoli, ma i maggiori ora non eguagliano la metà, in diametro, - di quelli che prima si riscontravano nello stesso tessuto. Non ho po- tuto neppure notare serie differenze tra la struttura delle cellule situate nella regione anteriore del corpo e quelle della parte posterore, ma tutte mi sembrano eguali fra di loro. Or dunque, anche i piccoli vacuoli periferici e quelli circondanti il nueleo, hanno dato luogo ai vacuoli più grandi assai ed eguali quelli della zona mediana della cellula. Insomma tutti questi vacuoli sono, fra di loro, di ampiezza eguale e le trabecule che li circoseri- vano appaiono, se nof più delicate, certo meno colorabili di quello che erano per lo avanti, specialmente attorno al nucleo (vedi fig 50) )ra, l’ esame attento e diligente, mostra che tutti questi vacuoli sono occupati da larghe gocciole di sostanza tingibile debolissimamen- te, le quali gocciole però, per la tenuità della materia di cui sono composte, appena si possono scorgere, quantunque occupino in ispazio, quasi tutto il vacuolo. Però, quelle periferiche, fino quasi attorno al nucleo, sono composte di sostanza anche meno densa, e mostrano an- cora molto male definito il loro contorno che non si può quindi dire se sia circolare, ma tale non sembra. I vacuoli che sono più vicini al nucleo, mostrano, invece, di con- tenere una sostanza analoga, ma più densa, inquantochè si tinge al- quanto di più, ed inoltre è raccolta in maggior numero di guttule, più piccole e certamente a contorno sferico, le quali sono in numero di una, fino a quattro e più, per ciascun vacuolo. Adunque, intorno al nucleo la sostanza raccolta dalla cellula à già - più densa e meglio coagulata. L'esame dell’epitelio del tubo digerente e specialmente dei suoi gran- di diverticoli anteriori, (fig. 51), dimostra che tra cellula e cellula rimane” un vano molto ampio, il quale solo in questa età della larva è così manifesto ed è occupato da una sostanza albuminoide, simile affatto a quella che già si vede raccolta nelle cellule del tessuto adiposo. Ciò serve a provare che vi ha, in questo periodo, un grande stravaso di sostanza albuminoide dell’intestino nella cavità viscerale, che è poi quella sostanza che subito raccolgono le cellule del tessuto adiposo, mentre, allo scopo, modificano la trama del loro citoplasma. Siccome questi fatti si raccordano pienamente con quelli riferiti a proposito dei muscidei, così li ho ricordati anche qui, tanto più che verranno ri- chiamati nelle conclusioni. 1 Adunque, in questi ditteri dei fanghi, la modificazione della” struttura cellulare nel tessuto adiposo larvale e quella delle sue fun- zioni, cioé, l’assorbimeuto di sostanze da immagazzinare, comincia” pere TS 94 po FENOMENI NELLA NINFOSI assoiî per consi ossia appena che la larva cessa di nutrirsi e si di- .spone a filar, ss La trasformazione avviene sollecitamente, non oltre due Fig. 18 Ninfa, molto avanzata, di M. s {.gnata, sezione di piano. & cellalo ‘adipose larvali; i ovario ; n retto ; .8p spermoteca. ‘16 11) pra giorni dal principio del bozzoletto decorrono fino all’ apparsa della ninfa. Durante questo tempo, nel tessuto adiposo avviene un sempre maggiore deposito di sostanza al- buminoide e questa sempre meglio si coagula in guttule sferiche, tut- te, presso a poco eguali, fra di loro in grandezza e che si tingono sempre meglio. Io ho disegnato intanto una cellula, ormai libera, giacchè la scomposizione del tessuto adiposo in cellule libere avviene subito appena la ninfa sta per sorgere, ho disegnato, ripeto, una di queste cellule in una ninta assai recente, ciè del primo giorno. Le si v@- dono intorno anche quattro sferule diyranuti appena formate. (fig. 52). In questo momento è molto facile vedere la bella struttura del filamento nucleinico, e, nel nucleo, ancora un grosso nucleolo sferico. Il citoplasma è ormai ridotto a trama così tenue che sfugge alla vista in mezzo alle guttule abbon- danti e bene colorate. isegno qui uno stadio più avazato (fig. intercalata 18) di f: formati tutti gli organi immagina e che non può ns oltre due 0 tre giorni a nascere. Essa mostra le cellule del ana adiposo libere ed un sa numero di sferule a granuli disseminate fra gli organi tutti. seguono mutamenti degni di molto rilievo, di quà fino all'a- dulto, nai che aumentano di numero e alquanto ancora di grossezza ANTONIO BERLESE 95 le guttule di sostanza albuminoide per entro alle cellule del tessuto adiposo larvale e le stipano completamente. Così si mantengono fino nell’adulto. Debbo intanto rilevare che in questi ditteri, la alterazione della sostanza componente le guttule, secondo quello che minutamente si è già riferito nella CaZiphora, non avviene mai in gnisa da far vedere quei pseudonuclei in campo chiaro, che hanno dato tanto da - pensare ed argomento di errore al Viallanes ed al Rees, delle quali parvenze sopra ho lungamente riferito; ma, l’alterazione procede per gradi ed in tutta Ja massa della guttula, come ho detto avveniva nella CaZliphora, il più spesso per quelle guttule di sostanza granulosa che sembra de- rivata dal plasma dei muscoli larvali in distruzione Inoltre debbo osservare che in questi Nematocerì come negli al- tri che ho veduto, non ho mai trovato guttule elaborate o meno di quella sopradetta sostanza granulosa, ma tutte si sono mostrate compo- ste di sostanza omogenea, come le più comuni nell’addome della Cad phora. Ciò io credo dipenda dal fatto che in questi bassi ditteri sono pochissimi i muscoli larvali soggetti a distruzione e quindi assai poca e non molto diffusa la sostanza plastica granulosa che ne deriva. Il massimo interesse deve essere rivolto al momento in cui appa- risce il tessuto adiposo immaginale, poichè in questi nemoceri dei funghi, molto bene si riscontrano quegli stessi fenomeni che sì sono ricordati a proposito della CaZiphora, con ciò, però, che quivi la for- mazione del tessuto adiposo immaginale è molto sollecita e avviene tutta in un momento solo, assieme alla formazione di alcuni muscoli affatto immaginali ed alla distruzione di altri larvali. Però, la modesta quantità di elementi nella cavità del corpo della ninfa e la loro note- vole grandezza e chiarezza, aiuta molto a riconoscere con precisione il fenomeno. Formazione del tessuto adiposo immaginale. Si può dire che, negli ultimi due spe di ninfa di questi insetti il fenomeno ha luogo colla massima attiv Le sferule di lai delle quali si sono veduti esempi nelle ninfe più giovani, in questi nemoceri sono assai grandi, sebbene non molte come nella Cazliphora e i detriti raccolti, perfettamente ovali o roton- deggianti, hanno un contorno nettissimamente definito, e si tingono colla massima intensità. Non è difficile vedere il piccolo nucleo în molti di essi. Ma quando prende a formarsi il tessuto adiposo peo quelle di queste sferule di granuli che sono sopravvanzate dalla costruzione dei ‘muovi muscoli, e sopratutto quelle che col nucleo grosso Gieicolire delle pieaissime di guttule, cominciano, con grande attività, a prole risolversi. Sono molto comuni quelle grosse sfere che, derivate dal | nucleo dei muscoli larvali distrutti, recano con se o meno detriti | muscoli stessi, oltre al nucleo. Si vede, con tutta chiarezza, che qu ultime sferule, le quali si tingono al massimo grado, cominciano ad in- turgidirsi ed assumere forma sferica. Evidentemente si rigonfiano, ma in principio il contenuto loro è molto uniforme e, tutto al più, si può | distinguere, nella grossa sfera, due qualità di sostanza, una più dell’al- tra tingibile, sebbene molto ambedue, e quella più tinta, sfumata nel- l’altra în questa ultima appaiono ben presto dei vacuoli di varia gran: dezza, sferici, i vacuoli non debbono esser vuoti, ma ripieni di liquido | più finido del circostante. Adagio, adagio, tutta la parte meno tingibile | della sfera assume una trama e sembra composta di sostanza Spugnosa, | si sono originati a spese della parte tingibilissima della sfera, la quale rappresenta il nucleo muscolare della larva. nucleo molto colorabile e senza parvenza di struttura, ed un citopla sma che, adagio adagio, va acquistando una struttura reticolata e St tinge ognora meno. Così la sfera grossa primitiva è trasformata in specie di cilindro più o meno contorto, tutto composto dei 8 elementi n gt , crescendo al grado voluto, formano una prima coron di cellule,” con un nucleo che ormai mostra îl nastro cromatico ed ut citoplasma bene reticolato, nelle cui maglie rimangono, qua e là, de guttule abbastanza tingibili di sostanza della quale protitta Ja nuov& cellula per nutrirsi e che deriva da quella molta che col nucleo mu scolare larvale costituiva la primitiva grossa sfera Poco diversamente si comportano le sferule di granuli che tengono molti detriti di muscoli. Nella fig. 53, 54, 55 si vedono alcune di queste sfere ci via di scomposizione e proliferazione, mentre abbandonano i detriti ni | magazzinati ed il loro nucleo si moltiplica attivamente. tuttavia raccolti nella loro membrana comune; in B una sferula d nuli, e nella quale questi sono ormai espulsi ed in via di disfac ANTONIO BERLESE 97 (in è), mentre il nucleo primitivo ha dato origine a nuovi elementi cellulari i quali stanno liberandosi (c, c, c) per dare quegli elementi liberi, da considerarsi come amebociti, che si recano poi a fondare colonie di tessuto adiposo immaginale, succhiando intanto i depositi di quello larvale, come per la CalZiphora ho descritto. In C, si vede una sfera derivata dal nucleo larvale muscolare, in cui parte della sostanza di nutrizione è tuttavia intatta e racchiude il nucleo, rappresentato dalla parte più tinta, mentre una porzione della sferula, (0°) è già trasformata in elementi cellulari distinti, propri al nuovo tessuto grasso immaginale ed alcuni dei quali si liberano (F) e cominciano a formare le coroncine di nuove cellule; in 2 si vede una consimile sfera, tutta ormai trasformata in cellule adipose immaginali, ed in E un’altra in consimile processo, ma meno avanzato. Queste cose, che assai bene si vedono, e di cui avrei potuto re- care infiniti esempi, se il presente non bastasse e fosse superfluo mol- tiplicare le figure, dimostrano, con tutta chiarezza, il fenomeno e con- fermano quello che nella Caliphora si è già visto. Più tardi, nella ninfa che sta per nascere, il tessuto adiposo (fig. 56) immaginale (A) è già fatto, nel suo aspetto quasi definitivo, e si vede com- posto di cellule uninucleate, recanti cioè un bel nucleo rotondo, ma con citoplasma sparso di assai grandi vacuoli, che disposte a coroncine si intercalano fra le cellule del tessuto adiposo larvale (4) in via di esau- rimento e tendono, per intanto, ad addossarsi all’ipoderma. nche in questi insetti il processo è più avanzato nella regione estrema dell'addome e meno quanto più si procede all’innanzi. Debbo osservare che neppure in questo periodo, per quanto le cellule adipose larvali sieno tutte circondate dal tessuto adiposo di nuova formazione che tende ad esaurirle, vi ha rottura. della cellula larvale o moltiplicazione del suo nucleo od altro, mentre il processo decorre affatto come nella CaMiphora, per ciò che riguarda l'esaurimento della cellula larvale e delle guttule di riserva che essa contiene. A questo punto si arrestano le mie osservazioni su questi insetti, perchè i pochi adulti appena nati, che pure ho sezionati, sono troppo scarsi in numero per consigliarmi ad esporre cose che possano pren- dersi come generalmente occorrenti. È certo però che nei miei esemplari io veggo il tessuto adiposo nuovo bene addossato, in forma di strato continuo, sull’ipoderma, veggo che le cellule nuove hanno un solo nucleo e le cellule, pochissime, larvali, rimaste qua e là, sono in via di essere del tutto, esaurite, per poi perire, probabilmente nel modo già indicato per la Calliphora. 7 i SRO FENOMENI NELLA NINFOSI Culex spathaepalpis L’esame di questa specie, venuto dopo quello della seguente, e ciò per ragioni di opportunità nella stagione, mi ha insegnato ben poco, oltre a quello che ho veduto nella Dip/osis vivente nei letami. Con tutto ciò, per le sue dimensioni, come per la facilità di avere, specialmente in estate, larve e ninfe di Cu/ex, è bene tenere questa specie per tipo di quei nemoceri bassissimi, nei quali il tessuto adiposo larvale si man- : tiene da larva ad adulto e di poco modifica le attività sue e le sue funzioni, durante la ninfosi, insomma di assai si avvicina al corrispon- dente tessuto degli ametaboli e più ancora dei miriapodi. . Dal notevole grado di complicanza negli organi e nelle funzioni, quale noi abbiamo già veduto presso i brachiceri così alti, fino a que- sti nemoceri, i gradi sono molti e discendono assai verso quelle più basse forme che ho indicato. Vediamo ora specialmente il Culex spathaepalpis Rod. I Tessuto adiposo. Non parlo di altri organi poichè sono abbastanza noti e non interessano direttamente la questione. Nella larva, il tessuto adiposo è molto povero e si limita ad uno esile involucro, collocato sotto i muscoli periferici, ma che, nel to- race soltanto, molto ampio, acquista alquanto maggiore estensione. i i tratta, non già di cellule riunite in un solo strato, bene ro- tondeggianti e voluminose, ma di piccoli elementi, a contorno molte irregolare, lunghi non oltre i 50 # e strettamente addossati gli uni agli altri, in più strati od in uno strato solo, a seconda dello spazio. ambiente (fig. 60). Sa nuclei sono molto piccoli, e di certo non superano i 9 # dii diametro. a Il citoplasma è reticolato, però presenta assai grandi vacuoli sfe- rici (9), molto frequenti, nei quali si raccoglie una gocciola di grasso ordinariamente più voluminosa del nucleo stesso. e Nelle larve ormai prossime a maturanza o mature (tav. V, fig. 60) i si vedono altri corpi intercalati nel citoplasma, e questi sono di pet n: specie. Gli uni, sferici, minuti, molto rifrangenti la luce, tutti, ad WB dipresso di eguali dimensioni (circa due p di diam.) e composti di $9° stanza omogenea, si riconoscono per guttule di sostanza albuminoide — (c), di deposito e questi circondano i vacuoli e vi si interpongono, alto, ancor più piccoli, di forma poco definibile, ma alcuni sferoidali, si Y°B” gono come piccoli granuli (a) di un colore bruno-olivastro, molto N° frangenti la luce e di questi poi ve ne hanno di sferici a puntino, ma de. inse ANTONIO BERLESE 99 piccolissimi. Essi mi richiamano alla mente le concrezioni escrementi zie degli aracnidi e dci miriapodi e per tali le ritengo, tanto più che cogli acidi forti, ad es. acido acetico, scompaiono, per dar luogo a cri- stalli tabulari etc., che io ritengo di acido urico. Il grasso è adunque tutto pigmentato da questi minuti corpuscoli bruni. Nelle ninfe, in tutti gli stadii, il tessuto adiposo varia di poco. Le tig. 61 e 62 si riferiscono ad una ninfa del 1.° giorno e le cose si corrispondono anche nei giorni susseguenti, fino all’a- dulto. Le cellule sono divenute sferiche o sferoidali c meglio definite nel loro contorno. Il nucleo non sembra avere mutato, come neppure le dimensioni delle cellule. La fig. 61 rappresenta una cellula della regione anteriore del cor- po. Si vede che i vacuoli sono tuttavia presenti (b) ma, sono assai cre- sciute in diametro, quasi del doppio, le guttule di sostanza albuminoide (c, c’) delle quali ve ne ha grossissime (c’) almeno tre volte più (in diametro) che non erano nello stadio antecedente, e queste sono di so- stanza omogenea, altre, di nuova origine (c) sì mostrano alquanto più piccole, oppure anche grosse, ma sono tutte composte di sostanza gra- nulosa, come quelle che per la CaZipRora si è detto derivare dalla disso- luzione dei muscoli larvali. Inoltre sono assai scemati, di numero e di dimensioni, i depositi escretivi (a) che sono pochissimi ed assai piccoli. La fig. 62 mostra una cellula dell’estremo addome, tolta dalla stessa ninfa. Quivi è facile vedere che i vacuoli sono molto più nume- rosi e che scemano, in conseguenza, gli altri contenuti. Così le guttule albuminoidi sono poche e piccole e per la massima parte composte di sostanza granulosa. . i Per darci ragione di queste parvenze è bene considerare che le alterazioni nei muscoli e negli altri organi, sono, in questi nemoceri assai piccole. Scompaiono pochissimi muscoli larvali e precisamente alcuni po- chi nel capo e nel torace. I nuclei loro si vedono, in queste forme, for- se meglio che in altre, tutti dividersi prima di essere messi in libertà per la distruzione del restante muscolo, appena dopo liberi, ed i nu- cleetti minori, riusciti da questo lavoro, farsi centro di elementi cellu- lari che corrono alla costruzione dei grandi muscoli toracici, senza che ne rimanga per dare origine a nuovo tessuto grasso immaginale. Ma nell’addome non avvengono variazioni notevoli, quanto a muscoli. Or dunque, la sostanza granulosa, derivata dalla distruzione dei muscoli del parte anteriore del corpo e meno ve ne ha nelle regioni posteriori. > In seguito, il tessuto adiposo non subisce variazioni ulteriori. Si vede che esso, a poco a poco, si impoverisce del contenuto di gocciole | albuminoidi, le quali, nell’adulto appena nato, sono del tutto scomparse, come sono scomparsi i depositi urici. ‘SY Nell’adulto quindi, il grasso, che del resto è pochissimo, somigl affatto a quello delle giovani larve e così rimane. = uei depositi escretivi che ho indicato sono speciali di questi ne- moceri e richiamano quelli conformi degli Aracnidi e dei Miriapodi che vedono nelle cellule del mesenteron. Se si deve fare un paragone fra due tessuti, lo si deve fare scegliendo questi nemoceri a preferenza. Essi, essendo vegetariani, accumulano ed elaborano, per molto tempo, durante la vita ninfale le sostanze albuminoidi che debbono poi servire loro durante la ninfosi. io si vedrà comune in molti altri insetti. Intanto, da questo la- voro identico a quello delle cellule del mesenteron degli aracnidi, si ot- subito asportati, come è il caso di quei brachiceri ecc. che più su ab- | biamo veduto, Oppure possono rimanere in sito, come avviene it questi nemoceri e negli aracnidi e scompaiono poi solo lentamente. Questo è quel poco che mi conviene dire sulle zanzare. Dipiosis sp. Nel concime di stalla, mi è occorso di trovare, abbastanza scarsa= mente, alcune piccole larve rosse che io ho subito esaminato © che, guardate più attentamente all’interno, hanno così attratta Ja mia atten- zione, per alcune particolarità di cui diro, che ne seguii alcune ricerche, delle quali qui terrò parola. Esse però sono abbastanza frammentarie: e si riferiscono alla larva matura ed alla ninfa nei suoi primi temp, poichè, per tutto il resto, mi è venuto meno il materiale. +0 Le larvette sono di un colore schiettamente miniaceo e sono molto: allungate, affatto fusiformi e nude. | Esse misurano, al massimo due millimetri di. lunghezza e si mf strano non troppo agili. Io le ho incontrate nel concime di bue e di cavallo, anche molto umido e sempre in mezzo agli esere menti. . i cu © Io veggo il corpo diviso in 16 segmenti, dei qual però, il primo l’ultimo sono i più piccoli, seguono poi, quanto a piccolezza, il secon cala cniittat re e A Le RENEE et E nti d'ilie n alen Lli ife ilaele ce e n - E PESTO, ANTONIO BERLESE 101 & «do ed il penultimo e, così, via via, crescono verso il centro del corpo «ed in mezzo appunto sono massimi, sempre circa una volta e mezzo più larghi che lunghi. Tutto l’insieme della larva ricorda benissimo le Cecidomie, però ne è diversa non solo pel numero di segmenti, ma ancora per la fabrica degli organi interni. Il capo, piccolissimo, somiglia assai a quello delle Cecidomie e non credo vi sia per essere note- vole diversità nelle sue parti. Si nota anche, nei primi segmenti del corpo, al ventre, la spatola tri- forcuta, che esiste in tutte le Cecidomie. uanto agli organi interni, dirò che il ganglio sopraesofageo (fig. 19; e) è distintamente bilobato, ed i lobi sono piriformi e risiedono, non nel capo, ma nella regione del terzo e quarto segmento e man- dano due robusti nervi all’innanzi, dei quali il paio esterno entra nei brevi palpi. Il ganglio sottoeso- ageo si continua con una catena di al meno sei gangli, però limitati al terzo anteriore del corpo, come nelle Cecidomie. Il tubo digerente (fig. 20) è ben diverso da quello che si conosce delle Cecidomia e Diplosis eccone brevemente la descrizione. L’esofago, esile e discretamente lungo, penetra, circa all’ origine del 6° segmento, entro uno stretto imbuto, ovale, il quale subito si allarga in una camera più ampia, dove vengono a sboccare due grosse e grandi tasche cieche, ovali allungate (@?’) le quali si trovano, l’una di quà e l’altra di ]à della linea mediana, e sono dirette all’ indietro, per quasi tutto il settimo segmento. Dipoi, il mesointestino procede diritto, e tutto di eguale calibro, fino a cir- ca due terzi del corpo, e forma un tubulo grossetto, con robusti annelli muscolari trasversi, però esso si allarga a circa due terzi della sua lunghezza, in Fig. 19. — fLarva di Diplosis sp. vista dal dorso, mostrante alcuni or- esaurite, questo è ciò che non ho potuto investigare, ‘tacendomi di Tetto il materiale, e tuttavia me ne duole. Diplosis Buxri ‘Ho ereduto opportuno di studiare questo piccolo Nemocero, che; può avere in grandissima abbondanza, d’inverno allo stato di larva in tutte le età, in fine di Marzo allo stato di ninfa e nei primi giorno di aprile allo stato adulto. Parlo sempre di questa latitudine di Portici. Ne ho avuto van taggio di eccellenti risultati, i quali, non solo confermano le osserva» zioni seguite nei ditteri superiori, ma le allargano ancora sotto più ost punti di vista. La larva, gialla o giallo-ranciata, non oltrepassa i tre a quattro millimetri di lugo, e si trova rinchiusa i in una specie di galla, 4 le due pagine fogliari del Burus sempervirens e la ho trovata nel set tentrioné come nel centro d’Italia, come qui a Napoli, assai | mune. uo- corpo è è leggermente più largo nella regione anteriore di quello “e sia nella posteriore ed è il terzo articolo quello più ped Ho trovato leggiere diversità, quanto agli organi interni, tra le. cidomie egregiamente studiate dal Marschal (1) e la presente, cosicé dirò alcuna cosa del tubo digerente, sopratutto. uesto organo comincia con un’esile (fig. intercal. 23 ge | che si approfondisce nel corpo, certò oltre il 4° articolo. Quivi St 8° larga alquanto in un piccolo imbuto, che malamente si distingue. mesointestino, il quale rappresenta "A più larga e grossa parte di Îl sistema. Questo mesenteron, adunque () è un sacco cilindrico, pas appena più largo posteriormente che non all’innanzi e lascia vedere be nissimo le aree delle grosse cellule epiteliari. Esso finisce in Commis denza del nono segmento, presso a poco, e corre sempre diritto la linea mediana dell’insetto.. |. "a Ma al piloro, il tubo in discorso si restringe subitamente, i assai sensibile, poichè deve attaccarsi al postintestino che è Kc: (1) Ball. Soc. Entomol. del France, 1897. de: ANTONIO BERLESE i 107 gracile dell’intestino di mezzo, Questa parte posteriore (7) del tubo di- gerente, non è diritta, ma do breve tratto all’indietro, forma una grande ansa e ritorna all’ innanzi, quasi al punto di origine, dove si ripiega novellamente piccone e senza troppo estese ripiegature, ma attra ondulato, corre ve. ni malpighiani (7727), nascenti, come di consueto, al piloro, sono molto brevi, grossi ed in numero di due; essi si dirigono all’ insù ed internamente, oltre che all’ in- dietro, in modo da formare tra loro una specie di forcipe, ma però non si toccano altrimenti, anzi coi loro apici stanno fra loro discosti. ori igine dei malpighiani stanno anche i rudimenti degli or- gani sessuali (almeno quelli masco- linì) in forma di due pere a rove- scio (£) e con un lungo peduncolo che si salda agli ultimi segmenti del corpo (vedi anche fig. int. 24 Notevoli sono le ghiandole sa- livari e ni i quelle delle Ce- cidomie anzid Queste sliandole (fig. 23 d) si compongono di due parti distinte, ì’ una è piriforme e quindi globosa ed è la prima che si trova ; l’altra, che segue a questa globoss è, in- vece, cilindrica e si dirige indie- tro, discosta dal mesointestino ma a questo parallela, fino quasi al suo mezzo, dove, bruscamente, si ri- piega verso l’innanzi, fino a quasi Fig. 23. — ‘drabo digerente di larva matura di Diplosis Buxi, dal dorso” (un poco Lacie » condotto di scarico delle salivari; @ ghiandole salivari ; e ganglio sopr ,; g esofago; i testicoli ; n mesentern. ; mp malpighia- ni; r retto; s testa. sibi (1) 108 FENOMENI NELLA NINFOSI - toccare la regione mediana, nella quale, per mezzo di un’esile fila- mento, la ghiandola si fissa alla faccia inferiore del mesointestino. Le porzioni piriformi anteriori, mettono ciaseuna un piccolo tubulo cilindrico, e ciascun tubulo si dirige verso l’altro, passando al dorso dell'esofago, finchè, finalmente, toccatisi i due tubi singoli, si fondono in un condotto unico di scarico (0) lun- ghetto e che passando tra i gangli cere- brali superiori (e) mette finalmente nella bocca tessuto adiposo, è facile, guardando la vi per entro delle grosse masse gialle, che sono quelle che colorano, appunto, l’in- setto. do una certa disposizione, che si richia- ma alla segmentazione del corpo, poichè di masse adipose. Queste si vedono sco- fonde insenature, in corrispondenza della Ifhea di divisione dei segmenti, @ sì vedono abbracciare i fasci muscolari Tessuto adiposo. Ora, venendo al. larva vivente o da poco uccisa, scorger= | Queste masse sono distribuite secon si può dire che, presso a poco, per cia- scun segmento vi ha un certo cumulo state, ciascuna dalle successive, per pro-. t È: mella fig. nrecedente). dorso-ventrali-laterali, ed avvolgere tutto | a l’intestino, fino alla fine. I primi due segmenti non mostrano di possedere masse adipose, ma, negli altri, esse sono largamente disposte ai lati della linea m@- «diana, che, al dorso rimane, per molto spazio, libera e in fascia più ri-. Solo in corrispondenza del quarto segmento e parte del precedente e seguente, è disposta, lungo la linea mediara, una grande massa (cefalica), adiposa che serve ad unire le due laterali ino .quel punto e si trova, il più spesso anche in altre larve. Ta figura 25 mostra cotale disposizione, avvertendo che la por- che le impediscono. Così è, del resto anche nelle altre Cocidomie, se debbo credere ANTONIO BERLESE 109 alla generalità di siffatta organizzazione, considerando le specie studiate dal Marschal, dietro la scorta dei suoi disegni, nonchè la Cecidomya Pyri che io vidi ed esaminai. ipose, (brune nere) in sito (35 /1) (anche astrazione ueste masse gialle, (fig. 26) alla osservazione semplicemente nell’acqua, si vedono di varia forma, rotondeggianti e lobate e raggiungono dei diame- tri di circa 600 per 450 #; oppure di 680 per 500 etc. e queste nelle larve di febbraio che sono già pressochè mature. Nell’ acqua poi rigonfiano, cioè l’esile pellicola, .., senza apparente struttura, da cui sono limitate, sì di lata ed allora le masse assumono forma sferica. Si mostrano tùtte piene stipate, tranne forse nell’e- stremo limite sotto la membrana, di gocciole abba- stanza minute di grasso, tutte di uniforme diametro e, come ho detto, piccole e di colore ranciato 0 giallo vivace. L’ aeido osmico all’ 1 per 0j0, dopo soli cinque minuti di azione, annerisce affatto, cioè in nero assoluto, le dette gocciole, che coi solventi del grasso, rapidamente sono disciolte. Si tratta a- dunque di vero adipe e nulla più. Ma le sezioni dimostrano cosa assai singolare. Si vede che queste masse (fig. 63) sono composte da una membrana periferica, la quale racchiude un citoplasma reticolato ed un gran numero di nuclei sparsi tra questo, rotondi e molto piccoli. Siccome non si vedono affatto cellule distinte, ma anzi è fa- cile riconoscere. che i nuclei sono affatto liberi entro la massa unica, perchè alcuni si trovano avvicinati fra loro ed a contatto, altri discosti etc., così si vede che qui si tratta di un vero sincizio, del quale non si ha esempio in altri ditteri discosti dalle Cecidomie, almeno fra quelli che ho veduto io. L’annessa figura 26 intercalata. mostra come ap- paiono dette masse in una sezione di piano. Ora, durante il periodo larvale, queste masse adipose aumentano di volume, perchè molto minori fatta dal volume della: larva) sono quelle pertinenti a larve uccise nel mese di dicembre, che non quelle di febbraio, ma la struttura non varia affatto. Ho detto che si tratta di un citoplasma molto rado. Infatti esso è tutto vacuolato ed i vacuoli, pressochè uniformi di grandezza, sono’ vg ANTONIA EDE LINS SERENA ott pa ala 110 FENOMENI NELLA NINFOSI ‘sferici e contigui. In questi vacuoli appunto si raccolgono le gocciole .di grasso. Così, nelle sezioni, dopo che il grasso è tol- to, si comprende bene che assai diafana e po- co tinta è la massa adi- posa, ed egregiamente vi spiccano per entroi nuclei. Questi sono sferici, mersione apocromatico oco posso afferrare della loro struttura, per Masse adipose della fig. precedente, ma più quanto non mi sembri ‘ingrandite, separate nel liquido del corpo e trat- vi sia nulla di speciale. tate con acido osmico all’ 1 p. 0j0. Ora i nuclei certa- Fig. 26 mente possono tramu- tare di luogo per entro la massa adiposa, perchè, molte volte, come dirò in seguito, sono raccolti in maggior numero in un punto piuttosto che in un altro. Però, nello stato di quiete del tessuto, i nuclei stessi sono, nella massa, ibbastatik uniformemente distribuiti. Le variazioni però che si effettuano nel contenuto delle masse adipose, anche durante lo stato larvale, sono ben degne di osservazione e di rilievo. Quella porzione di massa adiposa che io dipingo a fig. 63 si ri ferisce ad una larva giovane, colta in decembre, ma già in fine di gennaio le eose sono alquanto diverse. Infatti, fra la sottile trama del citoplasma, si vedranno depositate molte piccole granulazioni, a guisa di punti bianchi e molto rifrangenti la luce, le quali si vedono ingros- sare coll’età, e sono i primi depositi che si formano nel grasso, adun- rimangono sempre le gocciole di adipe, ma intanto, fra loro, pella trama stessa del citoplasma si vanno formando depositi d’ altra natura. Quando la larva sta per trasformarsi in ninfa, i granuli albumi- noidi di deposito sono già molto grossi ed appariscenti. Nella ninfa poi essi aumentano ancor più, come si dirà. Questa nuova sostanza di deposito si vede provenire direttamente dal tubo digerente. Infatti, entro il mesenteron tutto, in qualunque .età della agito. si vede abbondante una sostanza granulosa coagulata, ANTONIO BERLESE 111 ri grigiastra, nella quale stanno molti e fitti globuli piccolissimi, assai intensamente colorati in carmino scuro. Ora questa sostanza, però senza i globuli scuri che debbono essere solo prodotti escretivi dipendenti dall’opera que il plasma circolante è molto ricco di sostanza albuminoide, perchè se ne ha un coagulo denso, ed in questo coagulo, avvertirò che è inutile ricer- care leucociti, perchè non se ne trova affatto e solo di rado qualche elemento isolato si incontra che può far sospet- tare che si tratti di un leucocito. Ma di ciò dirò poi. Per ora mi basta di far notare e rilevare che è deposito di sostanze albuminoidi, per entro le masse adi- pose, comincia, nelle Cecidomie, a cir- ca due terzi della vita larvale ed au- senza più fino nella ninfa, e che, questi depositi derivano dal pla- sma circolante nella cavità viscerale, esso stesso derivato direttamente dalla sostanza elaborata nel mesenteron. N: È noto che le Diplosîis Buxi si trasformano in ninfa entro la loro cella, dove sono vissute allo sta- to di larva, senza pensare a formarsi altri involucri o puparii od altro. Sic- come la ninfosi succede, per tutte le larve quasi contemporaneamente, così non è difficile procurarsi una certa masse ni; n tubo digerente (mesenteron) (60 /1). 112 FENOMENI NELLA NINFOSI serie ordinata di ninfe, dal primo loro formarsi fino all’ adulto. ; ontuttociò questa sarebbe cura più che altro superflua, perchè leggiere sono le modificazioni a cui il tessuto adiposo larvale va sog- getto in questi insetti. Se consideriamo la ninfa da poco formata, noi troviamo che il tubo digerente ha subìto una modificazione degna di nota, nel senso che il mesenteron è ripieno tutto di un liquido coagulato dai fissativi, e che si mostra così di aspetto finissimamente granuloso. Io debbo parlare di queste modificazioni in altri sistemi per poter farmi inten- dere bene circa le modificazioni che avvengono nel tessuto adiposo. È certo intanto che le pareti del mesenteron larvale non si disperdono subito 0 presto come in altre specie, ma rimangono (1) e solo cellule singole si staccano, mentre già è molto innanzi anche la formazione dell’epitelio immaginale. In ninfe che ormai hanno quasi terminati di costruire i forti muscoli toracali, si vede facilmente (fig. 64) lo strato epiteliare immaginale (a) già tutto fatto, però ancora qua e là rimangono, internamente, (2) grosse cellule larvali, sollevate dal nuovo epitelio ma con questo a contatto. Il certo si è che tutta questa sostanza coagulata per entro il tubo digerente e che forma il corpo giallo, più volte ricordato dagli autori | e comune nelle ninfe di tutti i metaboli, deriva, in parte dalla distru- zione delle ghiandole e tasche. Queste ghiandole, comunicando col tubo digerente possono introdurvi il prodotto della loro distruzione, liquido, esso si raccoglie entro la tunica propria delle ghiandole, — derivando esso dalla distruzione dell’epitelio, di lì poi scorre entro (1) Due sono i modi, con molte gradazioni intermedie, di rinnovazione delle ne del mesenteron. Rinnovazione radicale, come nelle Mosche, Le-. pidotteri etc., dove cca larvale, o meglio un’epitelio neoformato e quin di ninfale, si stacca tutto intero da un nuovissimo strato epiteliare, che di- venterà quello dell’adulto. Otello ninfale si raccoglie nel centro del nuovis- simo e vi sta raccolto; sia in una massa cilindrica od altrimenti. Le par muscolari si distruggono nel solito modo. Invece, nei nematoceri e più che mai nelle Cecidomie, lo strato di epi- telio ninfale si stacca in cellule isolate, che cadono nel lume dell’intestino di nuovissima formazione o immagina!e. Nell’un caso o nell’altro però, ife ninfale sia in massa compatta od in cellule separate, non muore fino a co assai avanzata e per intanto elabora il contenuto del sacco nuovissimo, d corpo giallo degli autori. Se esso epitelio è in massa compatta centrale, si ricopre tenti di di. una peritrofica. L’epitelio immaginale non può fanzionare che assai sh Dia Vara c è ea corpo giallo è fatto più che altro dal disgregamento delle ghiandole 5%, ANTONIO BERLESE 113 il mesenteron, mentre non può stravasare attraverso la tunica pro- pria della chindela. finchè questa non si distrugge, il che avviene assai tardivamente. Questa è l’origine del corpo giallo che viene ela- borato dall’epitelio del mesenteron larvale, o meglio ninfale % quest’ul- timo poi, come di consueto, cade nella cavità viscerale. Ora, in questi bassi ditteri. dove tutta la ninfosi segne senza che si scompongano muscoli larvali cà altri organi, all’infuori di qualche parte del tubo digerente, la sostanza nutritiva, che deve concorrere a formare i nuovi organi immaginali, deve essere presa tutta: soltanto da quella immagazzinata allo stato di larva e da quella che deriva dalla decomposizione dei pochi organi anzidetti. N i ha costruzione grandiosa molto estesa di organi nuovi, come nella CaZiphora si vede, ma pure, anche nelle Cecidomie qualche organo deve essere accresciuto (come i muscoli toracali), altro nuova- mente fatto (come gli arti etc. 23 e ROBI un notevole dispendio, anche di sostanza azotata, vi deve ess Le masse adipose, sonno bensì, all’epoca della trasformazione in ninfa ed anche molto prima, un buon deposito di sostanza albumi- noide, ma ag si deve accrescere di continuo. o che altri insetti, in condizioni analoghe, cominciano, già molto per pr allo stato di ‘larva giovanissima, a rimpinzare il loro tessuto adiposo, non di grasso, ma di sostanze azotate, così possono sopportare lunghissime astinenze e compiere comodamente le loro tras- formazioni. Adunque, appena formata la ninfa, vi ha uno stravaso, chiaramente visibile, della sostanza costituente il corpo giallo, attraverso l’epitelio del mesenteron, nella cavità viscerale e quindi il tessuto adiposo larvale se ne può striechire. da Tutto quanto ho detto spiega due fatti importantissimi. Il primo si è che nelle Cecidomie, che abbiamo sott'occhio, la so- stanza raccolta dalle masse adipose non viene da queste elaborata, poi- chè non si vedono mai quei prodotti speciali che si considerarono per fermenti, attorno ai nuclei, e d’altronde le reazioni che ci possono guidare su questo punto confermano l’asserzione. La sostanza proteica MÈ: noto, infatti, che poco prima della muta, od appena jon questa, i dischi immaginali (cellule, cioè, del tubo. digerente che daran nuovi epitelii) prolificano gagliardamente e danno un nuovo strato di ine lio, oltre a quello larvale, x ra quindi, appartiene alla ninfa. Ciò ho espo- sto brevissimamente perchè non potevo esentarmene, ma ne DS altrove, appositamante, molto più a logo È - È. 114 FENOMENI NELLA NINFOSI è elaborata dal tubo digerente, le cui cellule ninfali del mesenteron conservano la loro attività fino quasi all’adulto, e così elaborata viene espulsa nella cavità viscerale e solo immagazzinata dalle masse adipose, uindi, quelle caratteristiche variazioni delle sferule contenute nelle cellule adipose larvali, che io ho lungamente descritto nella Caliphora ed altrove, non si possono ricercare qui. i Il secondo fatto, anche più rilevante, si è che le larve di Cecido- mia matura, sono così scarse di leucociti che quasi si può dire ne manchino. Ciò, del resto, é anche per molti altri insetti. Vedremo più tardi come non essendovi muscoli da distruggere, nè molto materiale da portare in giro, ed avvenendo la fabbricazione di fibre muscolari in modo tutto speciale, in questa fine dello stato lar- vale e inizio di quello ninfale non vi ha, evidentemente, grande biso- gno di leucociti. Quelle imponenti masse di leucociti che si videro già nei muscidi, qui si ricercherebbero invano, anzi con molta difficoltà se ne potrà ve- dere forse alcuno isolato, ma io ne ho visto ben pochi, se pure non ho scambiato con altri elementi. ulto. A differenza di quanto si è visto per altri insetti del- l'ordine, in questi bassi ditteri non vi ha formazione di speciale tes- suto adiposo immaginale. Anche adulti di due o tre giorni mostrano soltanto masse adipose da riferirsi a quelle Jarvali, di cui sono il resì- duo, ma nulla più, nè a ridosso dell’ipoderma, né altrove. | Si può dunque affermare che il tessuto immaginale qui non si forma. Nell’adulto, si vedono, nell’addome più che altro e pochissimo altrove, delle estese masse rotondeggiarti, (fig. 66), tutto affatto simili a quelle | delle giovani larve, cioè contenenti un citoplasma fittamente reticolato, senza che nelle maglie vi sia deposito di sostanza albuminoide ma solo di grasso, e in questa trama è sparsa una grande quantità di s0- liti piccoli nuclei, più stipati, però, che non nelle masse larvali, Spe cialmente della larva già avanzata. Kvidentemente il numero dei nuelet er ciascuna 1 è : ò : » i P ascuna massa non è variato, ma è mutata invece la dimensione della massa medesima che essendosi fatta più piccola mostra i nuclet suoi più densamente stipati. | _Altreattività del tessuto adiposo. Io non posso pass re sotto silenzio alcune osservazioni che mi sembrano importanti. La prim® — sì è che queste Cecidomie sembrano confermare quello che nei ditteri più alti abbiamo veduto, circa l’origine del tessuto adiposo immaginale, por ché qui, non essendovi nè amebociti abbastanza, nè sferule di granuli in nessun tempo della metamorfosi delle cecidomie, non vi hanno gli ) elementi primi di origine del tessuto adiposo immaginale. E dass: onu ANTONIO BERLESE 115 Ma questo tessuto delle Cecidomie ha ben altre singolari at- tività. Non vi ha dubbio che nelle ninfe, appena cominciano le restau- razioni e formazioni di organi nuovi, cioè non appena si richiede la presenza di un abbondante strato mesodermale, si vedono, in quantità grandissima, gli elementi mesodermali vagare fra i vani interorganici e addossarsi ordinatamente ai luoghi opportuni. Questa subita apparsa impressiona, poichè si vede bene, anche ag larva matura, che i dischi immaginali toracali ed addominali ete. non mostrano traccia alenna di strato mesodermale e sono composti Caaugiiiaie dello strato ecto- dermico. Il mesoderma viene solo più tardi. Inoltre, i muscoli toracali che debbono crescere enormemente, in confronto di quello che erano nelle larve, si vedono arricchirsi di nuclei per extraposizione, in modo molto esteso. Tutti questi elementi mesodermali di subita apparsa non possono adunque essere riferiti a nessuno strato. preesistente e che prolitichi con grande attività, poichè questo non si vede affatto e non è. D'altro canto, fino a poco prima i leucociti facevano, nel corpo, aassolutaniente diffetto ed -è facile il convincersene. Meraviglia adunque l’esame di sezioni di larva o rinfe appena formate, in confronto di quello di ninfe appena successive, poichè in quelle gli elementi meso- dermali mancano affatto, in queste, come ho detto, abbondano. I leuco- citi, che non vi sono, non vi hanno adunque parte alcuna. D'altro canto a nessun altro organo o sistema di ed può essere riferita la subita apparsa, se ne togli il tessuto adi ueste considerazioni, sebbene e: non mi avrebbero ab- bastanza persuaso, tanto, cioè, da attribuire al tessuto adiposo questo speciale ufficio di fornaio interamente lo strato mesodermale, se l’os- servazione diretta non togliesse il dubbio, nel modo più chiaro e sicuro. masse adipose sono a contatto con tutti gli organi, e dove questi dabbino rivestire un’involucro mesodermale (come sono i geni- tali e le loro vie di sbocco, il tubo digerente ete., e più ancora nei muscoli che vanno ingrossando, si vede chiaramente colà i nuclei raccogliersi in abbondanza, nelle masse adipose, a contatto cogli orga- ni anzidetti ed i nuclei moltiplicarsi gagliardamente, liberarsi in seguito dalle masse adipose e riuscire in elementi mesodermali liberi, rotondeg- gianti o variamente allungati ed apicolati ancora evidente l’alterazione del contenuto delle masse adipose lungo la periferia, in contatto cogli organi o nelle regioni dove si deve formare lo strato mesodermale. Questa alterazione consiste nella dis- soluzione, in sostanza granulosa minutissimamente punteggiata, delle Li » Ù 3 FMI e TU e er SE è 116 FENOMENI NELLA NINFOSI sferule raccolte prima, durante gli stati precedenti, nelle masse adipose. Inoltre, mentre queste sferule non si tingono affatto colle tinture, ad es., di emallume, la sostanza granulosa che deriva dal disfacimento, si colora invece abbastanza. In questa sostanza colorabile e eranulosa, che però conserva, anzi aumenta la ampiezza di quei grossi vacuoli i quali comprendono le gocciole di grasso, si veggono, in grandissima quantità, i nuclei del tessuto adiposo, anzi essi ingrossano e moltipli- cano gagliardamente, presentando frequenti figure mitotiche, come ho indicato a fig. 65, d. Sopra l’ipodermide e sui genitali ete., vengono a disporsi soltanto elementi mesodermali liberi, i quali formano il loro strato e così pure nei dischi immag:nali ; qui, adunque, è più difficile riconoscerne l’ori- gine, poichè si comprende bene che non può essere afferrato il mo- mento preciso di uscita di un elemento, che si libera dal seno della. massa adiposa e, d’altro canto, il vedere un così fatto elemento in parte fuoriuscito non può convincere sicuramente, che non si tratti invece di un elemento di tutt’altra origine, che stia per penetrare, a nutrirsi, nel tessuto adiposo. Ma vi sono regioni ed organi nei quali il processo è così chiaro e di sicura interpretazione che ogni dubbio scompare. Il migliore esempio si trova nella costruzione dei muscoli tora- cali, ad es., dei longitudinali (abbassatori) i quali debbono crescere straor- dinariamente, in confonto di quelle che sono nella larva. Io non intendo di entrare qui in merito alla formazione dei mu- scoli, perchè questa è cosa fuori del mio compito attuale e riserbo tutta la questione ad altra nota. Però non voglio tacere affatto l'esempio delle Cecidomie, perchè si collega strettamente col ciclo del tessuto adiposo. Esaminando adunque, ninfe in cui i muscoli anzidetti stanno for- mandosi, si vede chiaramente (fig. 65), che tra le masse muscolari (4) im ormai piccoli, fino ad un certo limite, dove le fibre si confondono im Ora, nella parte che è tuttavia massa adiposa inalterata (a) i nu- clei non sono per nulla in maggior numero di quello che non sieno in perfetta quiete; invece, nelle porzioni delle masse stesse nelle quali il ANTONIO BERLESE 117 contenuto è ormai diffluito in sostanza granulosa, i nuclei sono assai più, e si vedono figure mitotiche (4) ed altri già sdoppiati (e) e quelli discosti l’uno dall’altro per spazii determinati, come sono poi nei fasci muscolari. In questi, ormai formati da tempo, si vedono poi i primi- tivi nuclei grossetti, scindersi in molti piccoli, che si ordinano a distanze regolari, come avviene sempre nella formazione del tessuto muscolare, Adunque è evidentissimo e se ne possono ritrarre infiniti esempi, che la massa grassa, in queste regioni si trasforma in muscolo, i nuclei suoi diventando nuclei muscolari e tutta la sostanza sua proteica imma- gazzinata ete., concorrendo a formare il resto della sostanza muscolare, Dopo ciò non può esservi difficoltà a ritenere che altrove ancora lo strato mesodermale derivi da elementi liberi, i quali alla loro volta provengono da nuclei delle masse adipose, soggetti a moltiplicazione e fuoriuscenti poi dalle masse. uali sieno le ragioni prime del fenomeno, ciò si deve richiamare alle forze ed attività dell’organismo e non si possono indagare. Il certo si è che il processo comincia sempre con una dissoluzione dei depositi ‘albuminoidi che in forma di gocciole punteggiate arricchiscono la massa, ‘e quivi, in questi /e/tî, i nuclei della massa stessa ingrossano e si mol - tiplicano, dando origine ad uno strato mesodermale o ad elementi che poi si liberano. Spiegherò meglio questo ultimo fatto che ora solo an- mnuncio, quando dirò altrove della formazione dei muscoli. Intanto rilevo che i vacuoli propri delle masso adipose, le quali, ‘come nell’esempio indicato si risolvono a formare altri tessuti, sempre più ingrandiscono, tanto che tutta la massa adiposa vien consuma nella formazione, ad es., dei grossi muscoli sopra ricordati, e perciò, delle masse adipose che ingombravano l’addome nelle larve e nelle ninfe, prima della formazione dei grossi muscoli toracali, quando questi sono ormai tutti fatti, non si trova più traccia. Solo nell’addome persi- stono, essendo quivi minore l’opera di costruzione od aumento di nuovi " Qui cade acconcia una considerazione. Si è visto che nelle Cecidomie mancano leucociti è sferule di gra- muli, come si è visto che nei ditteri più alti, l'ufficio di - costruire il nuovo tessuto adiposo immaginale ed i muscoli nuovi, è riserbato alle .sferule di granuli colà ovvie ed abbondanti. Adunque bisogna ammet- tere che per le Cecidomie, le masse adipose larvali corrispondono a puntino alle sferule di granuli degli altri ditteri superiori. Rimangono, in questi, senza riscontro verso le Cecidomie, le vere cellule adipose larvali che sono semplicemente destinate alla nutrizione 118 FENOMENI NELLA NINFOSI . bassi. ‘ Siccome però anche in questi il tessuto grasso ha funzioni ana- loghe, quella almeno di immagazzinare detriti albuminoidi se non di elaborarli, così si deve ammettere che nei ditteri superiori vi ha un maggior grado di differeaziamento di organi e di funzioni, poichè, men- tre nelle Cecidomie il grasso fa da magazzino, riforma lo strato meso- dermale e finalmente rimane a formare il tessuto adiposo dell’adulto, nei ditteri superiori, invece, le funzioni sono divise e quella di imma- gazzinamento spetta ai trofociti, che poi muoiono e scompaiono, quella di ricostruzione del mesoderma è riserbata alle sferule di granuli che formano poi oltre a muscoli ete., ancora il tessuto adiposo dell’adulto. Vedremo, nello studio di insetti d’altri ordini, come questa grande dif- ferenziazione propria dei ditteri superiori trovi raramente riscontro, mentre il caso delle Cecidomie incontrerà molti altri esempi, anche în quelle forme che ordinariamente si pongono assai alte o in. cima alla scala degli insetti. e ad essere esaurite, cioè i veri trofociti non si trovano nei ditteri più Melophagus ovinus Mi è sembrato che i pupipari dovessero essere del caso per mo- strare accorciato e quasi compendiato, tutto il processo di evoluzione del tessuto adiposo, che così lungamente si svolge in altri ditteri e spe- cialmente nei brachiceri, (1) D'altro canto, i pupipari avrebbero dovuto recare luce intorno al significato fisiologico del detto tessuto, ed io avevo già espresso le mie idee, a proposito della Calliphora. o ho dovuto certamente pentirmi di aver studiato il Melopha- gus otinus, per quanto io abbia dovuto impiegarvi assai tempo per (1) La specie è stata la prima volta studiata, per ciò che riguarda la nt forma di riproduzione, dal Reammur, con l’ordinario mirabile acuméz quindi assai meno bene dal Dufour, dal Blanchard ed in fine egregia” pr dal Leuckart (Die Fortpflanz. und Entwikl. der Pupiparen; Halle , Merita che io accenni brevemente ai principali fatti messi in buon ri lievo nell’eccellente lavoro del sullodato autore ted ANTONIO BERLESE 119 riuscire molto addentro nella anatomia e nello sviluppo di molti organi, onde avere esatta nozione della evoluzione di quello che a me più interessava. Debbo adunque premettere, che io sarò costretto a diffondermi al- quanto intorno a cose, che potrebbero sembrare torse fuori di mano, nella questione che ora mi occupa, ma si vedrà, che tutte si collegano abbastanza a chiarire il soggetto, perchè non si debbano, nè si possano trascurare. Organi sessuali. Ho dovuto cominciare ad occuparmi di questi organi, per rintracciarvi per entro l’uovo e la larva, fino alla upa. ae Ho trovato conveniente studiare le forme larvali, entro gli organi materni, poichè il levarnele è opera difficile, inoltre si spostano e mal- trattano, mentre si può benissimo sezionare l'addome della fem- mina e farne tagli, quanto si voglia sottili, con tutto ciò ‘che con- tien 0. Se si tengono per due o tre ore gli adulti in liquido dì Frenzel a 50 gradi, e poi se ne toglie il capo e torace, rimane |’ addome, con quanto contiene, assai bene fissato Esso mostrerà, il più spesso, le ninfe in posto. Gioverà praticare gittali. nelle femmine le uova o le larve 0 sezioni di piano, come ancora sa- Nel primo ca- SO so si deve avver- A tire che giova me- PR DI vo Dig glio cominciare le È) PAIA} IN sezioni dal derso tutto 1’ addome, poichè, nelle ul- time sezioni sol- tanto compari- ranno i sessuali, essendo questi ig. 28 alla pelle ven- Organi sessuali femminili di Melophagus ovinus trale. (Dal Leuckart). A atrio; Ga ghiandole accessorie; 0 Gli organi ses- uovo immaturo: Ov uovo maturo ; U utero; V vulva. ì : suali sono già stati descritti; ne io differisco essenzialmente, nelle mie osservazioni, da quello che ne disse il Leuckart. 120 FENOMENI NELLA NINFUSI In confronto degli altri ditteri, in particolar modo dei brachiceri, si può dire che l’ovidotto comune (fig. 28 %) si mostra assai ampio, e molto dilatabile ed e quello che chiamerò utero (1). Mancano le spermo- teche le quali sono invece tre, in molti altri ditteri, e le ghiandole ac- cessorie, piccolissime e semplici nelle mosche, sono, in questi Melo- hagus assai sviluppate (Ga), composte di tubuli che si dividono den- driticamente, e si riuniscono poi in due tubi basilari, che essi pure sboccano in uno unico brevissimo, che si apre all’apice dell’utero. Queste ghiandole accessorie occupano molta parte della cavità viscerale e penetrano fra il corpo adiposo e fra il tubo digerente, span- dendosi dovunque. Le loro pareti (vedi fig. 36 C) mostrano un’ epite- lio composto di cellule assai grosse, rotondeggianti e quindi i tubi si mostrano, al di fuori, bernoccoluti ed, all’interno, lasciano un’assai stretto vano, nel quale si raccoglie il prodotto delle ghiandole me- esime. Dall’apice anteriore dell’utero si eleva adlunque un tubercolo, il quale riesce subito bifido, mentre un ramo, più dorsale (fig. 39 Ga} va a formare il prodotto escretore comune delle ghiandole accessorie ed il ramo anteriore (fig. 39 40), esso pure brevissimo, ma più largo del precedente, si dirige verso il dorso, ma tosto si biforca in due grossi tronchì che mettono ciascuno ad un piccolo ovario. La struttura dell’ovario è molto particolare e meriterebbe una lunga descrizione. Infatti differisce assai da quella della comune dei ditteri, non solo, ma ancora di quasi tutti eli altri insetti. Qui, in questi Melophagus le capsule ovariche sono conglobate assieme, 0, meglio, le nova nascono le une accanto alle altre, non or- dinatamente, di seguito, ma in mucchio, senza ordine. Ciascun ovicino, più o meno sviluppato, presenta le sue cellule vitellogene a nuclei grossissimi, in numero di due o tre e queste pure sono maggiori 0 minori a seconda dell’età. In generalé però, in ciascun ovario, un’uovo solo anticipa sugli altri e si sviluppa completamente, fino a maturanza, mentre gli altri piccolissimi stanno attorno alla sua capsula ovarica @ quando il più grande esce dall’ovario per entrare nell’utero, nn’altro uovo accelera il suo sviluppo gagliardamente, oltre tutti gli altri. Ri- tengo che gli ovari agiscano alternatamente, cioè l’uno mandi il suo (1) Vagina del Lenckart — Preferisco chiamare utero quest'organo, non soltanto per confronto alla analoga camera dei Muscidei, ma ancora perchè l'ufficio dimostra che non si tratta soltanto di una camera di accoppiamento, — ma ancora di incubazione, ANTONIO BERLESE 121 uovo nell’utero mentre l’altro lo matura, e quando quost’altro è pronto, nel primo ovario ve ne sia uno nuovo, in via di maturanza. Gli ovarii stanno ciascuno ai lati dell’utero, e sono rivolti all’in- dietro, poichè l’utero, col suo apice a fondo chiuso, raggiunge l’ad- dome. Particolare menzione merita uno speciale tratto dell’ovario che segue subito all’ovidutto comune o con questo si ran egregia- mente descritto dal Leuckart e figurato a a tav. I, fig. 9. La parete epiteliare (fig. 29 ep.) di questa regione è ricca di Sirio rotonde e Fig. 29 Sezione dell’ atrio allo sbocco dei due ovidutti (ov). In A si vede un’ uovo quasi maturo ; Ov è l’ ovidutto dell’ altro ovario : ep epitelio ; m, mtr fibre muscolari trasverse ; sp sper- ma racccolto in matassa ; s spinette dell’ intima. turgide, ma è ancora rivestita da una intima chitinosa, la quale reca, | molto ite ed alte, moltissime appendici stiliformi, non articolate, le quali assieme ostruiscono il passaggio dell’ovidutto, dalla parte che guar- da verso l’ovario. Il rimanente dell’ovario non presenta cosifatta cuti- cola in vicinanza delle uova. Ora, siccome tra l’utero e il principio dell’ovidutto comune, 1’ epitelio dell’ovidutto stesso forma un rigonfia- mento annulare a guisa di sfintere, si comprende, che tra questa val- vola (ovarica) e quella formata dalle spinette sopraricordate, rimane uno porge bicorne, dilatabile più o meno, e che io chiamerò atrio a camera spermatica, poichè là appunto annida lo sperma atteso per / fecondazione dell'uovo. Su ciò tornerò più tardi. 122 FENOMENI NELLA NINFOSI pe Quanto all’utero, esso è molto dilatabile ed amplissimo, tanto che può occupare, se disteso, la massima parte dell’ addome (vedi fig. 40). Le sue pareti sono esili, con un’intima, un basso epitelio pavimentoso e un’involuero di fibre muscolari annulari esterne, al quale però si so0- vrappone ancora uno di fibre longitudinali, molte delle quali si prolun- gano nell’addome, all’innanzi ed all’indietro e si fissano alle pareti anteriore e posteriore dell’addome stesso. Noto alcune pliche longitudinali nel terzo posteriore (regione della vagina) dell’utero, le quali permettono maggiormente la dilatazione dell’organo. La vulva è circondata di labbra chitinose ed è molto ampia @ dilatabilissima. Gli organi sessuali maschili sono molto semplici, ma ancora vo- luminosissimi. Si tratta di un paio di testicoli in forma di tubi, divisi dendriticamente, cilindrici e tutti aggomitolati, in modo da riempire la massima parte dell’addome, laterale ed anteriore. Questi tubuli (fig. 30, Fig. 30 Sezione sagittale mediana di un’ addome di Melophagus maschio. A ano ; Df deferente ; Ga ghiandole accessorie ; In intestino; M muscoli proprii del pene; P pene; R retto; 7 testicolo. (35 /1). LI T) haono pareti pigmentate in rosso. Contengono spermatozoi 2 diversi gradi di sviluppo, nel fondo dei tubi, ancora molto addietro nel loro progresso; ma più innanzi, sono pieni di spermatozoi del tutto formati. Si vede che la quantità di sperma è adunque grandissima, per quanto | in questa specifi debba notare piuttosto un’eccesso di maschi sul nu mero delle femmine, anzichè il caso contrario. (ati Siae didnt ita Sa i i n nta era Pag ANTONIO BERLESE 123 I tubuli di questi testicoli si riuniscono, finalmente, in due defe- ferenti (Df) abbastanza lunghi, dello stesso calibro dei tubuli testico- lari, ma mostranti una ben singolare struttura nel loro epitelio. Le cel- lule di questo si elevano, assai alte, in tanti cilindretti che, rimangono in gran parte liberi nel lume del tabulo, a guisa di alte e lunghe pa- pille e sono rivolti tutti verso l’indentro, cioè verso i tubi testicolari. I due deferenti corrono poi, quasi iv linea retta, entro il pene (7). Oltre a ciò si notano due altre grandi ghiandole, egualmente tu- bolari, e di poco più ampie dei tubi dei testicoli, ma meno lunghe e che sono collocate ai lati della fessura, per la quale il pene può uscire. Queste ghiandole (Ga) secernono, in grande abbondanza, uno speciale prodotto fluido, denso, incoloro, che coi fissativi si coagula bene in una massa granul»sa. Si tratta insomma di una sostanza albumi- noide. Queste ultime adunque, saranno le ghiandole accessorie e rilevo ‘che le loro pareti non sono pigmentate Quanto all'organo copulatore (2) si tratta di un pezzo chitinoso falciforme, abbastanza complicato. del quale però sembra inutile una minuta descrizione. Ordunque ecco quanto avviene: Entrando l’uovo nell’utero, essu, nel suo passaggio asporta con se tutto il contenuto di sperma che si trova nell’a#r%0 (1). Quivi gli sper- matozoi ho detto che stanno in belle matasse, strettamente aggrovi- gliati (fig. 29 sp.) fra di ioro e con disposizione per lo più parallela per quanto flessuosa. Che avvenga questo trasporto è facile il ricono- scere osservando il guscio dell’uovo, il quale reca, alla sua parte infe- riore, rivolta verso la vulva e corrispondente alla futura regione anale della larva, porta dico, sempre, moltissimi spermatozoi, come è facile vedere fino a sviluppo totale dell’embrione. Adunque molti spermatozoi sono rimasti fuori dell’uovo, ma alcuno degli altri lo ha penetrato e fecondato, come si riconosce dal fatto che l’uovo comincia a svolgersi. Io disegno appunto (fig. 31), la parte posteriore dell'uovo in via già di evoluzione e sul corion del quale, ancora moltissimi spermazatoi (Sp.) stanno aderenti. Ciò è sempre. ppenférmigs Fiden dieser Masse sind nach allen Richtungen hin unregelmissig durch einander geschlungen und verfilzt, so dass keine Aehnlichkeit mit dem obern Samenpfropfe iibrig bleibt. » ®, i e ee Di ae Ai 124 FENOMENI NELLA NINFOSI Intanto, nel maggior numero di casi (vedi fig. 32) l’utero è - perfettamente vuoto, nè vi ha altro che le asgl sue intorno all'uovo od intorno all’ embrione, che si sta svolgen ; alla più lunga quando l’embrione per è ormai maturò. e Subentta lo stato di larva, si vede che, seguìto un’accoppiamento, tutto l'utero è ripieno, turgido di sperma a (ig. =3) acquistato nell’ accoppia- «mento, o, meglio, della sostanza, che deriva dal maschio, composta, in parte di spermatozoi, in par- te della secrezione delle ghiandole accessorie. È @& norme, la quantità di sostan- za che riceve la femmina nell’ accoppiamento, ma è proporzionata, non solo alle dimensioni ed attività degli. organi sessuali mascolini, ma ancora a necessità da parte pesci femmina e del I’ embrion lapidi ‘questa grande massa di sperma, nell’utero, avviene, che una piecola E parte di spermatozoi si li bera dalla massa risultante di spermatozoi e del segreto Fig. 31 delle accessorie @,. poi DI rn di utero (U) contenente un’ uovo donate gp Podi . Ai recente sceso, nel quale è cominciata la penetrare nell'atrio, dove "> evoluzione, e che mostra ra guscio (G) fissati trattiene, ripeto, ad atten- » molti spermatozoi (0). B blastoderma: pr dere il novello uovo da fe- > blastema ; V vitellus condarsi. Ma la parte mas | sima, senza confronto, dello Sg sperma contenuto nell’utero (come si vede a fig. 33) viene, invece, -Sollecitamente Soa dalla larva, che in questo mentre è di recente schiusa dall'uov DI È molto facile dimostrare questo fatto e la osservazione anche più superficiale lo conferma. Primieramente, si potrà bensì drovato delle femmine con utero pieno di sperma, il quale utero non invece l’embrione o l’uovo ancora arretrato nel suo sviluppo, ma ma no «sì potrà trovare un’embrione ormai perfettamente formato e pronto all 00 che non giaccia in un ricco letto di sperma, come ho ine , 0 Ù 3 \ si 4 dA o ANTONIO BERLESE BI e Inoltre di tutta questa grande massa di spermatozoi, che contiene” l’utero € circondano la larva, subito che questa comincia a svolgersi,- Fig. 33 Sezione di piano di un’ utero’ l embrione maturo rma. Fig. 32 Sezione di piano di un’ ‘utero contenente l’ uovo appena € entrato uovo ; Ut utero ; V vulva ; ct Uo cuticola dell’ estremo addome ; m muscoli che P addome anteriore. (50 / 1). dall’utero vanno ‘al con tutto circondato | Ut utero; E embrione ancora avvolto nel guscio dell’ uovo; Sp. sperma. (stesso ingrandimento del- la en vata iù si ema 0 a questo dopo brevissimo vissimo tempo, tanto. che riesce” assai raro il caso di poter trovare stadi intermedi fra la larva appena nata. 10 che [Le iall pas, e Jul che ormai cresciuta assai enne FENOMENI NELLA NINFOSI ; l’utero e non è circondata da sperma, cioò uno stadio intermedio alle figg. 3Be 34. Questo significa che la scomparsa dello sperma. Utero, sezione di piano, rato una larva che si incammina alla ninfosi. pa intestino : Im imbuto ectoderma ; senchima ; Ut utero : ; ms mascoli Pancarana) ; dm dischi bocca; R ritici; «PE tracheo în «via di. costruzione. (Stesso i ing. delle figg: o % i 7 AS ) ! CARON I ES di È A cesti idea ne ae * 6” case dre go. gg sle Si ; ORI ANTONIO BERLESE 127 rapidissima, e se raggiunge questa rapidità, dopo molta inerzia del seme nell’utero, solo in presenza della larva che si svolge, a questa si deve richiamare la causa dell’effetto e non ad altro. uesto sperma, che così subito scompare, se non si voglia rico- scerlo come ingerito dalla larva, bisogna ammettere che, o venga ri- gettato all’ esterno della femmina, con cammino inverso a quello seguito nell’ingresso, o che venga dalla femmina assorbito per proprio conto. La prima ipotesi è assurda, poichè contrasta coll’economia delle cose naturali, dove non si fa quello che, subito dopo, deve essere di- sfatto, nè si getta via tanta e così utile quantità di buona e nutrien- tissima sostanza albuminoide, e ciò in presenza di una larva, che deve crescere rapidamente in poche ore e deve raggiungere di subito un’au- mento meraviglioso. i La seconda ipotesi è ancor meno sostenibile, poichè, per praticare questo assorbimento, occorrono organi speciali e complessi come io ho dimostrato, per gli emitteri, e d’altra parte la logica impedisce di rite- nere, che lo sperma se ne giaccia inerte per molto tempo in utero vuoto od attorno ad uovo che si svolge e poi, di subito, appena l’novo è svolto, senza che ciò abbia connessione o rapporti col fenomeno della scomparsa dello sperma, questa sostanza venga assorbita rapidissima- mente dalla femmina. Questi sono i ragionamenti, che consigliano a ritenere, che la Jarva profitti di questo grosso deposito di sostanza albuminoide, che la lubricità dei genitori le appresta in tempo. uesti ragionamenti mi sono fatti io stesso, i quali però ho suffragato facilmente con l'osservazione. Infatti, quando si riesca a cogliere uno stadio intermedio, mentre la larva si sta nutrendo ed attorno ha tuttavia avanzi dell’antico deposito di sperma, si vede parte di questo, penetrato già nelle vie della bocca e dell’esofago, incamminato grande sacco mesointestinale e non ancora abbastanza alterato così che non vi si possano riconoscere gli spermatozoi per entro il bolo. Nel mesenteron però Ja sostanza è tosto alterata e si raccoglie in grosse pallottole (vedi fig. intercal.. 35 e fig. 73 nelle tavole) irrego- lari, quasi moriformi, perchè a contorno ondulato, che derivano dall’ag- | gregarsi di minute goccioline, le quali si formano dalla attrazione della sostanza ingerita già fino nell’imbuto ed ancora se ne trovano nel sacco intestinale. Si deve riconoscere che gli avanzi del vitellus, nell’embrione or- mai bene sviluppato, come nella larva, che sta per schiudere, sono assai poca cosa in confronto dell’enorme massa, che, repentinamente, subito 128 3 FENONENI NELLA NINFOSI dopo dilata i mesenteron della larva e si conserva anche nei primi. P i momenti della ninfa, e basta, per ciò riconoscere, confrontare tra loro le due figure 33, 34. Inoltre la struttura della sostanza prettamente vitellina è molto diversa da quella, che si forma poi nella larva, per ingestione del cibo anzidetto. Infatti, nel vitellus si hanno le solite. minutissime gocciole uniformi in grandezza e straordinariamente fitte, Sd formanti una massa omogenea. Invece, nel mesenteron della larva che x si è nutrita, come della ninfa nei suoi primi stadii, si trovano quegli ammassi, che ho ricordati e che disegno a fig. 73. Fig. 35 Sezione di piano, profonda, della parte anteriore di una proninfa di Me/ophagus. Co canale faringeo ; C# cuti- cola; D dischi immaginali ; faringe; /m imbuto; /p ipoderma ; In intestino (mesenteron) ; M muscoli dorso- ventrali; Mn masse nervose sopra-esofagee ; Ms mesen- chima ; pi parete del mesenteron (60 / 1). Può essere obbiettato, che questo sollecito aumento e la nutrizione della larva, che lo determina, si deve ascrivere al prodotto delle ghian- dole accessorie materne e questa è la ipotesi fino ad ora ricevuta da coloro, che si sono occupati dei pupipari, sotto questo riguardo. Io avvertirò due fatti, che si debbono tener presenti. n primo luogo è tuttavia necessario dare ragione della presenz& di tutta quelle sostanza immessa nella femmina dal maschio, e il tirare In campo l’attività delle ghiandole accessorie femminili, non mi spiega il perchè di così grande concorso di sostanza mascolina e della sua subità i È ù x “i E iagiico, Sani ra REA ELI PRC SNOREST TELI VANO Me a i VT Moni, : ; Ù È Vauie da ANTONIO BERLESE 129 scomparsa, coincidente coll’aumento della larva; inoltre le ghiandole accessorie femminili, per quanto voluminosa e ricche, contengono però assai poco prodotto, perchè il lume delle ghiandole stesse è assai ristretto e trascurabile in confronto di quello dei testicoli e delle ghiandole ac- cessorie mascoline. Vedansi le sezioni, collo stesso ingrandimento a fig. 36 Jo ritengo, invece, che le ghiandole accessorie femmi- nili segreghino solo una so- di aderire ai peli dell’ospite, log quando viene emessa dalla Fig. 36 madre, oni trasverse allo stesso ingrandi- superficie È notevole, do "delle ghiandole accessorie femmi- quanto ad estensione, della nili (C), del testicolo (A) e delle ghiandole pupa stessa richiede molta accessorie maschili (8). sostanza per spalmarla tutta ed i eso, non certo paragonabile a quello di un’uovo d’altro dittero, domanda ancora ab- bastanza di questa colla, per avere una adesione tenace e perciò le ghiandole accessorie femminili, pur conservando lo stesso ufficio che hanno in altri ditteri (Brachiceri etc.), sono però più voluminose e più ricche. Inoltre, la grande dilatazione della ninfa (fig. 3'?) ormai formata o matura, che comprime, nell’addome della madre, tutti gli altri organi e quindi anche le .ghiandole accessorie, come si vede bene a fig. può determinare forzatamente l’efflusso nell’utero di questa colla, pre- cisamente nel più opportuno momento. Insisto adunque su questo fatto, che, cioè, alla nutrizione della larva, nell’ingefto in discorso (e forse ancora negli altri pupipari) tanto che entro il corpo stesso della madre la larva possa compiere solleci- tamente il suo sviluppo fino a ninfa, provvede solo il maschio, mercè i prodotti delle sue ghiandole genitali, dei quali prodotti, una minima parte, composta di soli nemaspermi, è messa in serbo, dalla femmina, la fecondazione dell’uovo, e la massima parte, invece, composta | del secreto, oltrechè dei testicoli (cioè degli spermatozoi) ancora di quello delle ghiandole accessorie mascoline, è destinato a nutrire Ja i i Lee BPACIIOO RE MELA Calf E Vga n] las y Ma È DR P 130 FENOMENI NELLA NINFOSI Di 7 larva precedente, per tutto il periodo larvale, dalla nascita della lersdi tina fino alla formazione della ninfa, ed ancora, durante tutta la nin- Fig 37 Ninfa di apice in È eran del suo sviluppo (proninfa), sioni di piano (stesse lettere e stesso ingrandimento delle figg. 32, 33, 34). A dasi che il mesenteron sembra diviso in due parti, cio è frequente © di melo tr una profonda strozzatura che segna il punto di fusione dei due cachi primi RE x f | ANTONIO BERLESE 131 fosi, si vedrà che è appunto questa grande riserva di sostanza nutri- tiva, dipendente dal maschio ed ingerita dalla larva, che permette alla ninfa stessa di formare tutti i suoi organi e riuscire finalmente al- l’adulto. (1) Intanto, si vede che i MeZophagus sono molto inclini all'amore. Si sa che dopo due giorni, al massimo, dacchè sono tolti al loro ospite e non lo hanno a portata, essi muoiono tutti; eppure, durante questo tempo infelice, essi trovano pur modo di accoppiarsi ripetutamente e (1) Nelle memorie che su questo argomento intendo di pubblicare, in seguito a quelle due, circa i fenomeni che accompagnano la enni DACZIO à : De ca i SUO. } pg SAGA 4 Gi A; G SE, GSIGGE NI dg Fig. 38 — Sezione sagittale mediana di un’ addome di femmina con- tenente l’ embrione circondato da sperma. 4 ano; C vaso dorsale; CP cel; lule pericardiali ; Ao ovidutto contenente lo sperma per la fecondazione pE di: embrione ; Ga ghiandole accessorie ; Gr ghiandole rettali; In mesenteroni E retto ; S sperma; Ut utero; Vu vulva. (35/1). ì SAURO DIO FIERE RICEVERE. SAI FISSI RE TV ao Aia e da VR uan! L "R ANTONIO BERLESE 133 suto adiposo se non avessi prima detto della condizione di tutti gli altri «organi larvali e del come si accrescono fino nella ninfa. Fig. 39 Sezione sagittale mediana di addome di femmina, recante una larva com- pletamente evoluta (E). Lettere ed ingrandimento come a fig. 38. L’embrione, giunto a maturanza (fig. #1), non differisce note- volmente da quello degli altri ditteri, specialmente dei Brachiceri, ite D accoppiamento. poni sostanza di della larva. Sì vedono gli sper- ‘matozoi impigliati nella mas- sa di sostanza. ciò, giacche altri ne ha parlato a lungo, mi taccio io. Ma dal momento in cui la larva esce dall’involucro dell’novo, in poi, i fe- nomeni evolutivi nella larva stessa si sco- stano notabilmente da quel che si vede in altri ditteri. Qui, nei pupipari, è d’ uopo considerare che nella evoluzione, 1’ em- uova più ricche e perciò continua la sua evoluzione, senza essere formato abba- stanza bene per la vita libera, come avvie- «po manca questo supplemento, come possono fa uova di quegli animali che, fino dal principio, dispongono di una scorta di sostanza nutritiva sufficiente alla completa evoluzione. » 134 FENOMENI NELLA NINFOSI Perciò, la larva dei pupipari si troverà a mostrare uno stadio in- termedio fra gli embrioni:delle uova meglio provviste e le larve desti _ nate a vita libera, cioè mostrerà deficienza assoluta .0 notabile negli organi di relazione, e ciò in con- fronto alle larve (che debbono provvedere èsse a se stesse) ma invece un più avanzato sviluppo degli organi di nutrizione, ed un progresso grandissimo in confron- to agli embrioni che hanno pronto il vitellus sufficiente alla loro com- pleta evoluzione. Perciò, gli organi di relazione saranno tutto affatto embrionali ed in via di evoluzione, la quale non sarà raggiunta che nell’ adulto, ma gli organi di nutrizione avrane no, presso a poco, lo sviluppo sufficiente delle larve che possono — nutrirsi, o quel tanto almeno che basti perchè le funzioni degli or- gani anzidetti si possano compiere ; per assumere e conservare, se non per elaborare, il supplemento al vitellus che ad un dato momento viene in aiuto della forma che sì svolge. Quindi, mentre noi vediamo nelle larve di forme anche affini, un completo sistema nervoso, il | quale subirà solo modificazioni dia aumento etc. nelle larve che pos sono vivere liberamente, e questo Fig, 41. Sezione sagittale > mediana di un’ embrione maturo di si Melophagus. b orifizio boccale; 9 catena ganglionare in via di svilupp® ; ct cuticola larvale ; es esofago; “ epitelio del mesenteron ; gs masse ganglionari sopraesofagee, in via - di svi: luppo ; ip ipoderma ; M mesenchima; ms mesenteron; pr proctodeum; 5 introflessione del sacco esofageo. (140 /1). ANTONIO BERLESE 135 sistema nervoso si mostrerà immutato durante tutto lo stadio larvale, coi suei organi del senso ete.; invece, nei pupipari, si troveranno, assai tar vi, bensì i rudimenti delle grandi masse nervose, ma il sistema prgn a svolgersi senza interruzione e con progresso continuo, dai primi mo- menti della sua evoluzione nell’uovo, fino nell’adulto, senza la classica tappa, alle volte lunghissima, dello stadio larvale di altre forme. Gli organi del senso poi, come i nervi ete. non saranno in grado di fun- zionare che nell’adulto e non prima. Inoltre, il sistema muscolare mancherà notevolmente nelle larve, ero non se ne avrà che quel tanto che sia necessario agli uffici del. tubo digerente e della respirazione, mentre tutti gli altri muscoli comin- cieranno a comparire durante stadi ninfali corrispondenti a quelli che si. osservano negli altri ditteri, ad es., nei brachiceri. Gli organi della respirazione subiscono analoghe vicende. Durante tutto il periodo larvale e ninfale essi attendono a svol- gersi, ma pure fungono assai per tempo in un stadio veramente lar- vale. Ciò vide béne già il Leuckart. Da introflessioni dell’ectoderma, i tronchi tracheali cominciano assai per tempo, nell’embrione, a svolgersi, e i tubuli maestri ed i secondari, ancora impervii (i primi derivati da introflessioni dell’ectoderma del segmento estremo addominale) si dispongono riccamente, in modo non diverso da quello che si vede nelle larve dei brachiceri, ma non mutano troppo nella loro generale dispusizione, fino nell'immagine, ed è singolare la disposizione tuttavia larvale del sistema anche nell’adulto, i cui massimi stigmi sono nel- l’ultimo segmento addominale. Questo fatto, che dimostra come lo sche- ma della disposizione del sistema tracheale, il quale, viene posto egual- mente per i pupipari e per i brachiceri nell’embrione, mentre nei secondi si compie e funziona già nella larva, ma poi si altera del tutto e si modifica essenzialmente durante la ninfosi, invece, nei pupipa ri muta ben poco dalla disposizione generale, poichè sarebbe fuori di proposito, una modificazione radicale nello schema fondamentale, fatto a mezzo dello sviluppo di un’organo che già funge; invece il sistema si mo- difica durante la evoluzione ma non così essenzialmente che non ‘mantenga anche nell’adulto la fondamentale disposizione larvale di altri insetti con particolari proprii degli adulti dei gruppi affini. Degli arti, sono posti già nell’embrione i rudimenti dei dischi mmaginali ma ‘nulla affatto mai degli arti larvali SPARTA a quelli delle larve dei brachiceri. È noto, che nelle forme a larve libere, questi dischi rimangono inattivi nel loro sviluppo, durante tutto il pe- riodo larvale, mentre organi di locomozione larvali si sviluppano invece nell’embrione, e questi giungono a maturanza ed all’ufficio loro. Ora è 136 FENOMENI NELLA NINFOSI chiaro che nei pupipari, questi organi larvali di locomozione non si debbono svolgere affatto e quindi i dischi immaginali seguono un pro- gresso non interrotto, dal loro primo apparire nell’embrione fino al- l’adulto, ma, per il resto, si possono sempre richiamare ad un corr ) è) spondente stato dei brachiceri, e quindi, siccome di questi ultimi assai è stato detto da autori molti e di grande valore, non monta che io me. ne occupi di proposito L’ipo derma subisce vicende speciali. La prima assisa di cellule deve preparare la cuticola larvale e perciò in nulla questo strato ditfe- rirà da quello comune a tutte le larve, anche libere, che pure debbono egualmente rivestirsi di una pelle; ma là esso è molto precario, suben- trando, con progresso costante, l’evoluzione dei dischi immaginali, sia cefalici, che toracici, che addominali Perciò, anche per questo sistema è meno saltuario il processo evolutivo. . ene e precocemente formati sono invece gli organi di nutrizione, nei quali io includo anche il corpo adiposo, poichè la sua evoluzione | ed i suoi uffici non si scompagnano da quelli del tnbo digerente. Il mesenteron si forma assai precocemente nell’embrione, ancor prima che l’introflessione determinante l'intestino posteriore sia iniziata, ma quella pertinente allo stomodeum è già molto evoluta. Io ho ben notato che due, opposti, sono i centri di evoluzione del mesenteron, come da tutti è stato riconosciuto sempre, ma nei miei tagli io sarel disposto a riconoscere parvenze piuttosto simili a quelle ricordate dal- l’Hyemons, peri rapporti tra il proctodeum ed il mesenteron, che non la presenza di una netta parete divisoria fra il fondo del pro94 od stesso ed il mesenteron. Ad ogni modo io non intendo qui certo entrare nella grossa questione dell’origine del mesenteron, ed anche può essere semplicemente che la parete divisoria anzidetta sia molto x sollecita a scomparire fra due cavità di origine pure affatto diversa, con ciò le due disparate opinioni possono trovare un’accordo. Certo che il mesenteron è ormai tutto formato, come sacco chiuso mentre A ancora nel tuorlo si trovano le cellule vitelline libere ed il proctodeum comincia a formarsi mentre lo stomodeum è appena alle sue prime fasi di invaginazione. In questo stadio, non essendovi nell’embrione che lo strato ectodermico colle sue invaginazioni tracheali, il mesen- teron, abbracciante tutto il vitellus, ed un notevole strato mesenchimatico compreso fra i due anzidetti, è molto facile riconoscere l'origine del corpo adiposo che, senza verun dubbio, dipende solo dallo strato Meso- dermale e se ne puo seguire l'origine e lo sviluppo con tutta facilità, più tardi e solo a larva ormai formata. - mentre gli enociti se ne vengono nella massa mesodermale alquanto È È à Ae pod » #5: PAG ANTONIO BERLESE 137 Ma l'evoluzione del tubo digerente si arresta qui fino alla ninfa. Ciò è degno di nota. Lo stomodeum rimane bensì permeabile fino a mesenteron e forma alcune modeste anse che si vedono nelle sezioni sagittali mediane, ed ancora si riveste di una leggiera cuticola come deve fare, ma non si complica altrimenti ed è solo molto innanzi nella evoluzione della larva che si può riconoscere alla meglio differenziato l’imbuto. Ho osservato ancora che lo stomodenm stesso si biforca nel suo ramo profondo ed il ramo decorre direttamente al mesenteron, men- tre l’altro superiore rimane a fondo chiuso, nè credo che si svolga al- trimenti. Contuttociò è precisamente questo ramo più dorsale quello che dovrebbe rappresentare la prima fase evolutiva del sacco esofageo, così sviluppato nelle larve dei brachiceri etc., ma qui non sembra che raggiunga uno stadio definitivo qualunque. Anche tutte le parti accessorie della bocca ete. non si vedono svolgersi se non tardi nella ninfa, ma allora solo con indirizzo imma- ginale. Così noi abbiamo qui uno stadio affatto embrionale della prima parte del tubo digerente e che potrebbe accennare alle condizioni della stessa regione nelle larve che sono libere. Non faringe, non esofago, non pezzi duri chitinosi, mascelle cte., compiono la evoluzione dello stomodeum, che solo rimane a guisa di tubulo, fornito internamente di intima e comunicante all’esterno con un foro che si scava nella cu- ticola all'apice anteriore 0) ed è la bocca, affatto rudimentale. Quanto alle ghiandole annesse al tubo digerente, io non ho mai veduto ghiandole salivari nè Joro rudimenti e, nel caso, non possono essere che di evoluzione assai tardiva ed affatto immaginale. I malpi- ghiani poi, si sviluppano assai tardi, da estroflessioni del proctodeum, ma non funzionano affatto, essendo immaturissimi, se non nelle ultime fasi della vita ninfale. uanto al mesenteron, esso è adunque un grande sacco, con pa- reti esili, composte di. un sottile strato pavimentoso epiteliare, e una tunica propria e di pareti muscolari deboli, all’esterno (fibre trasverse sembra) tra i pochi muscoli che in mi abbia veduti. ‘Vediamo ora le funzioni del mesenteron, su di che trovo fatti degni di rilievo e importanti per la dimostrazione delle mie tesi. (1) In tutte le sue fasi, il giovane, sempre immobile sta nell’utero colla parte cefalica rivolta verso il fondo dell’utero stesso, cioè verso il capo della madre, mentre l'estremo addome della pupa e della larva evoluta, quasi rag- giunge la vulva. i n ire TR I (0 EN AO IRA a iu aa È a e e i i a ene dii dti 138 FENOMENI NELLA NINFOSI x Un fatto colpisce subito e questo si è che l’epitelio del mesen= ; teron, per tutto il tempo in cui esiste, sioni gli elementi cellulari | come io li ho descritti, cioè bassi, nè mai si alterano nella loro par venza, nè emettendo tigli nè sollevandòsi i in calici ete., come è sempre in tutti i tubi digerenti che funzionano, e come è nell ‘adulto, dove si. d ha esempio di bellissime cellule del mesointestino che emettono di sa numerosissimi ed altissimi, tanto quanto non vidi spesso in altri in- SI setti. SI Ma nel mesenteron larvale, nulla di tutto ciò e neppure il più ì piccolo accenno a modificazione alcuna delle cellule epiteliari, in alcun senso, le quali rimangono con una parvenza embrionale per. tutta .la loro di Dico per tutta la loro esistenza, perchè questa si mat | tiene solo fino ad un certo stadio della vita ninfale, mentre si viene; nella ninfa, formando al di fuori del mesenteron larvale, il mesente- ron immaginale, quindi con processo identico a quello visibile in tutti gli insetti metabolici. Or dunque nessuna attività digestiva si può at- tendere dal mesenteron larvale (1) in nessun tempo, ma solo attività w- gestiva la quale si ottiene con moti peristaltici, molto bene visibili. — per trasparenza nelle larve e ninfe bianche, estratte dal corpo della | i madre e sono questi i soli moti di queste larve-embrioni oltre ad uh piccolo moto respiratorio della parte anteriore del corpo, già veduto da Reamur e Leuckart. In questi pupipari, adunque, il tubo crete non compie digestione alcuna e questo è un fatto fuori di dubbio. Siccome però, la sostanza ingerita non è assimilabile, ma deve. essere elaborata (giacchè nessuno può credere che gli spermatozoi cin - sieno solubili nell’acqua) così altri organi debbono compiere la dige: gestione, facendo diffetto anche ine salivari etc. e perciò, quando. i io richiamerò in campo le attività del tessuto adiposo, avremo Un vir: lido argomento per attribuigli ancora quelle paris che la osserva” zione ci ha confermato nei brachiceri sopra vedut Ed ecco perchè lo sviluppo del tessuto a è così scien ino queste forme, in confronto di tanti altri organi. ‘cose anzidette dimostrano, contrariamente 'opiiani del Let ckart e d’accordo con quella del Resort, che i pupipari partoriscon0 veramente una pupa, e non una larva, cioè una pupa affatto corrispo=. DE RETRO Pa SE I gi ci i RDS LR TRI N il SI RD ge 5 (1) Ho sempre detto che il mesenteron conserva uno stato tarvale, però ciò non è esatto; si dovrebbe piuttosto dire che lo stato suo è ninfale corrispondendo esso, nel suo epitelio, a quella fugace assisa di cellule che È rma nell’intestino delle larve al principio della ninfosi e deriva da nur straordinaria proliferazione degli elementi immaginali e questo epitelio € subito nel saga dell’intestino immaginale che, intanto, si è formate. a e SE “e ni RAIN o) spe sla Hora h (Ri ao ANTONIO BEBLESE 139 ‘dente allo stadio di prominfa nei brachiceri; ma ancora si vede, con ‘ tutta chiarezza, che questa pupa è un vero voro, in cui l'embrione è ‘già a buon grado di evoluzione e qui certamente non si può parlare p di vera larva, ma al massimo di embrione-larva, uno stadio cioè inter- medio tra le forme a sviluppo diretto e quelle a sviluppo con meta- , morfosi. Brevemente riassumendo la storia della evoluzione della larva-em- brione diremo che : La larva, uscita dall’uovo, si trova circondata da molta sostanza albuminoide, prodotto delle ghiandole genitali maschili. Essa la assorbe rapidissimamente e se ne inturgidisce a dismisura, tanto da raggiun- gere un volume da otto a dieci volte maggiore e come avrà in defini- ‘tivo anche nella ninfa. Però questa sostanza ingerita non è elaborata dal mesenteron della larva, ma serve come deposito, ossia un supple- mento al tuorlo, troppo povero per permettere la evoluzione completa ‘dell’insetto. A questo momento deve entrare in campo, colle sue atti- vità, il tessuto adiposo, e per le escrezioni dei prodotti di deassimila- zione derivati dal lavoro larvale, fino a che i malpighiani non sieno maturi e atti a fungere, altri organi che li sostituiscono nel loro ufti- ‘cio. Ora, dirò del tessuto adiposo, ed il lettore può convenire con me ‘che io non avrei potuto spiegarmi chiaramente a proposito del tessuto stesso senza questa lunga premessa, che forse, però, non è priva di interesse. Tessuto adiposo. Ho comiaciato a studiare lo sviluppo di questo tessuto fino dall’embrione, avendo io avuto sezioni di tutte le età, dall’uovo, in tutti i suoi stadi di formazione, fino a quando era già penetrato nell’utero, e quivi, poi, durante tutta la sua evoluzione. anque, nei suoi primordi, il tessuto adiposo male si distingue dagli elementi mesenchimatici e questi formano nel loro insieme, un’ag- gregato di cellule molto piccole, riunite assieme poco strettamente, tanto che si vedono congiungersi per prolungamenti di diverse dimen- sioni e che lasciano quindi, nella trama, molti vuoti di varia forma. Così io ho disegnato queste cellule a fig. 67 (tav. VD. I nuclei sono perfettamente sferici e recano, oltre ad un nucleolo grossetto ed egual- mente sferico, ancora il filamento nucleinico, generalmente raccolto ai poli del nucleo, e questo carattere si conserva sempre in queste cel- lule. Esse sono lunghe circa 7 ad 8 # in diametro. ‘Larva. È bene notare che, sebbene abbreviati, noi abbiamo” qui in questo Mel/ophagus, sott'occhio, gli stessi stadii, a puntino, che si sono lungamente descritti nella Calphora. Così lo stadio larvale & contrassegnato dalla ricchezza della sostanza grassa e la scarsezza, od SOSIO SRP RIOT RIE SRO RIEN OR TÀ RAI PARA E gi 1 1, N Ma 3 DI sa ì; up oti der Lie Sai ra sai * È ME ETRO L el sha h 5 140 FENOMENI NELLA NINFOSI assoluta deficienza, di quella albuminoide in depositi. Intanto, però, le cellule aumentano in dimensioni, sebbene qui, nel Me/opRagus, non se-. guano una progressione così rapida come si è visto nella Calliphora. «Così, a fig. 68 è segnato, un gruppo di cellule (a, d) tolte da una larva appena dilatata, ed esse mostrano i nuclei alquanto maggiori, e nel citoplasma contenuto, delle gocciole grasse, a significare le quali, non sono rimasti, nelle preparazioni, che i vacuoli. In uno stadio della larva il quale dovrebbe corrispondere a quello della larva di CaZliphora definitivamente raccolta od a quello di pupa bianca, si vedono ancora aumentate, in volume le cellule (vedi fig. 74 a) ma, oltre alle deposizioni di grasso, non si scorgono, peranco, depo- | siti albuminoidi. ca) Eppure dall’embrione uscito in poi, si è visto sempre molto pla sma, finissimamente granuloso, certo fuoriuscito dall’intestino, for- mante un’ambiente continuo attorno agli elementi mesenchimatici ed agli altri organi. Contuttociò, come per la Calliphora, V assorbimento e deposito di albuminoidi non avviene, nelle cellule del tessuto adiposo, .che al principio della vita ninfale. A Infatti, in una pupa nella quale comincia a restringersi il tubo .digerente ed è già, in gran parte formato quello immaginale, che con- tiene nel suo interno il cilindro di epitelio larvale, si vede che in que- | sto ultimo cilindro, sono compresi tuttavia quei grossi frammenti sub- «sferici, bernoccoluti, che derivano dal cibo ingerito dalla larva, ma | essi sono già vacuolizzati nel centro, come lo indica la fig. 76,0 quindi cominciano a disfarsi. Inoltre, tra le pareti dei due intestini, larvale ed immaginale, è occluso uno spazio abbastanza ampio, ripieno — «di un plasma finamente granuloso, che deriva certo dai frammenti sub» | sferici contenuti nell’intestino larvale e che si disfanno. Ora, nel suo complesso, anche l’intestino esterno o immaginale è molto più stretto di quello che non lo fosse il larvale nel suo massimo inturgidimento: ‘Quindi molta sostanza è fuoriuscita dall’intestino e riempie la cavità viscerale, mostrandosi a guisa di plasma: finamente granuloso, sparso fra gli organi. 3 Ao Ora, in questo momento appunto avviene gagliardamente l'assohi, bimento degli albuminoidi, per parte delle cellule del tessuto adiposo; e la loro deposizione, in forma di granuli o guttule. Le cellule confe scono 0 per lo meno si uniscono a gruppi, in guisa che i loro o più non si veggono, e, nel citoplasma, oltre ad alcune grosse goee jual si Adi grasso, per le quali non rimangono che i vacuoli (fig. 70 4) 81 ves. «dono deposte moltissime guttule di sostanza albuminoide, omogenea * molto rifrangente la luce (2). ARIANO Rene NI CRCR OT e ANTONIO BERLESE 14) Finora, adunque, le cellule mostrano tuttavia una certa tendenza a din in gruppi, se non in falde estese, come negli altri ditteri si è veduto, ma, da ora in poi, le cellule tenderanno invece a separarsi l’una dla, per riuscire perfettamente libere ora in poi, del resto, le modificazioni ate. sono tanto conformi a rta do si sono viste nei muscidi che si può essere molto solleciti a riferirne. Così, la fig. 72 mostra due cellule adipose tolte da una pupa ab- bastanza avanzata e che mostrava bene detiniti tutti gli organi esterni dell’adulto, corrispondente, presso a poco, da una pupa del quinto o sesto giorno di CaZliphora. Si vedono le cellule, sferiche affatto, di circa 80 a 40 di dia- metro e recanti, Ha che vacuoli, ancora grosse e numerose guttule di albuminoidi depost n età più Pasi ad esempio in pupe nelle quali comincia a formarsi il tessuto adiposo immaginale, in modo tutto affatto analogo a quello veduto per la Calliplrora, le cellule adipose larvali, sono tutte piene, stipate, di grossi coaguli albuminoidi, per lo più non bene sferici e di molti minutissimi ed altri mezzani. Non si vedono più vacuoli, il che starebbe ad indicare che non vi ha pit grasso (fig. 73). Da questo Me/ophagus si vede risaltare un fatto di grande rilievo. La larva, non ha organi larvali da distruggere, almeno così ricchi. ed estesi come per le altre mosche. Non tessuto muscolare, ed i soli dodici muscoletti dorso ventrali e gli altri pochi sono poca cosa, non ghian-” dole salivari, non altri organi accessorii, di guisa che tutto il contenuto delle cellule adipose, deve tutto derivare esclusivamente da quella so- stanza che la larva, al suo nascere, ha ingerita in soccorso del troppo povero vitellus e raccogliendosi assieme al vitellus embrionale entro la cavità a ciò destinata. Si vede inoltre che, man mano che fuoriesce dal mesenteron la sostanza contenutavi, tanto maggiormente si arric- chiscono i depositi del tessuto adiposo Ques to adunque elabora bensì la sostanza albuminoide, come lungo si è detto nella Caziprora ma ancora la trattiene in deposito, non Arne da quello che fa il mesenteron. Ora se questo deposito nel mesenteron embrionale ha nome di vitellus io non veggo come non lo possa avere ancora nel mesenteron larvale e nel suo sistema sussi- diario, il tessuto adiposo. Qui, nel np non si può dire che i depositi albuminoidi abbiano altra origine, e, postembrionale, da ques del vitellus e sebbene il vitellus, dirò A larvale, nei .Me/ophagus sia di origine cen noi dobbiamo rammentare che molti casi si 142 Ù FENOMENI NELLA NINFOSI conoscono, negli insetti, di uova che accrescono la loro massa vitellina ‘mediante assorbimento di sostanza nutritiva dal di fuori ed intanto au- — mentano di volume e maturano Questo embrione dei Melophagus ingerisce per apertura speciale 0 ‘bocca che sia, ed accresce così il suo vitellus, senza che si sappia bene .se si abbia a che fare con una larva o con un’embrione. Adunque, quando io ho detto, nella mia nota preventiva, che i de- positi del tessuto adiposo ninfale corrispondono al vero tuorlo, come la pupa al vero uovo, si vede, anche da questo solo esempio del Medo- . phagus, che io non ho commesso un troppo grave peccato in filosofia, - perchè si è veduto che la ninfa del Me/opragus, come la sua larva, sono veramente embrioni, con solo alcuni organi abbastanza e preco- cemente evoluti Adulto (fig. 75). Il grasso immaginale compare e si dilata negli stessi modi indicati già a lungo per la CoZliphora, nè giova qui riferirne di più. Dirò invece dell’aspetto del tessuto grasso dell’adulto. Esso si compone di lunghe e fitte coroncine, diramate fra tutti gli or- gani, specialmente addominali, le queli risaltano composte di due spe- cie di elementi, ben diversi tra loro, giacchè alcuni (9), che sono maggiori {da 50 a 70 4) assumono forma sferoidale, mostrano un citoplasma assai finamente areolato, ma così spesso che assume una tinta molto carica (colle tinture) e sembra quasi omogeneo. (Queste cellule non hanno mai un solo nucleo, ma ne mostrano almeno due, ordinariamente | quattro e più. 3 Gli altri elementi sono, in generale, più piccoli (d), mostrano un ci- toplasma reticolato, a maglie larghette ed uniformi e presentano uno 0 due o più nuclei, di poco più piccoli di quelli precedenti. Con tutto | ciò si può riconoscere agevolmente che queste due sorta di elementi hanno rapporti di parentela, giacchè quelli a citoplasma reticolato non sono che una ulteriore modificazione dei primi, nei quali (come me- stra la fig. (5) il citoplasma comincia a formare maggiori vacuoli, Spe cialmente attorno al nucleo, quindi la parte vacuolizzata, aumentata anche di volume per questa dilatazione del citoplasma, si arricchisce | di uno o più nuclei e diventa vera cellula adiposa immaginale. Non ho mai visto però il nucleo in divisione, il che deve pur essere nel primi elementi più foschi. * ti. Non è qui certo il caso di esporre quello che S1 8 e dovrebbe intendere per amebociti e quanti e quali elementi hanno ra- | gioni di parentela con queste cellule, ci basti il ritenere che essi 500 elementi mesenchimatici, pronti a tramutarsi in tessuti dipendenti dal nica res Però qui intendo parlare di speciali amebociti proprii del Melophagus, allo stato immaturo, x de diodi FIERI t ate és î SE SALI I ITER ERE SI i PE CNR gt CAL RA ka 3 CENE RO RR ne a EA Devo Va Mur REI CRI sii Nella pupa ormai avanzata, ma che corrisponderebbe pur sempre alla proninfa dei muscidei, si vedono alcune cellule 0 gruppi di cellu- le adipose, (fig. 68) specialmente alla periferia e dovunque si trovano in vicinanza di centri dove deve sorgere qualche tessuto mesodermale, gi vedono cosifatti elementi, non ricchi di depositi albuminoidi, ma solo di guttule di grasso, che li vacuolizzano largamente. Ora non è difficile il riconoscere che da questi elementi appunto provengono altri più pie-. coli, (74, b; 71) con nucleo, infatti, alquanto minore, liberi e che sono di- stesi da grosse gocciole di grasso. Nelle pupe fresche assai bene ciò si vede. Adunque gli amebociti in queste pupe sono carichi di grasso e possono simulare quelle sfere di granuli che nei Melophagus non si trovano che assai tardivamente e scarse, come nei ditteri inferiori, giacchè nè in quelli nè in questi vi sono molti muscoli che si distrug- gono. Si vedono, i primi muscoli (toracali, cefalici etc.) formarsi nei capi di attacco, mercè elementi come quelli sopraricordati, intiltrati ormai sotto la membrana basale, tra l’ipoderma, tutto affatto come nei mu- scidei fanno le sferwle di granuli vere. L'origine poi, di questi elementi liberi da potersi chiamare ame- bociti, si riconosce fino dai primi stadii larvali (fig. 68, 74, ) come dipen- dente dalle cellule adipose o direttamente dagli elementi mesndermali. In altri termini è bene fin d’ora asserire che degli elementi mesoder- mali liberi, in tutti gli insetti da me veduti, alcuni si mantengono nella loro prima natura e tapezzano strati ipodermali, di dove devono sorgere ricchi tessuti dipendenti dal mesoderma, come, ad es. a ridosso della parete interna dei dischi immaginali ete.; altri, senza più, atten- dono a trasformarsi in tessuto adiposo (come altri formano i muscoli larvali etc.) ma, sia dai muscoli larvali che si disfacciano, sia del tes- suto adiposo, possono staccarsi nuovamente elementi liberi, cioè ame- bociti di seconda formazione e questi concorrere alla costruzione di un nuovo strato mesodermale e nuovi organi mesodermici proprii dell’a- dulto. In altri termini, in questi insetti metabolici, gli elementi meso- dermali e gli organi derivati dal mesoderma sono in continua oscilla- zione tra stato libero (amebociti) e stato di aggregazione (muscoli, tes- suto adiposo, involucri peritoneali ete.) e l’un tessuto può, passando i suoi elementi per uno stato di provvisoria libertà, come mi sembra di avere dimostrato, sia coll’esempio degli elementi muscolari larvali nella | Calliphora, di cui alcuni prima fanno muscoli immaginali ed altri re- tip siduali fanno il tessuto adiposo immaginale (e sono le sferule di gra- nuti degli autori); sia coll’esempio delle Cecidomie, dove lo stato di libertà degli elementi del tessuto adiposo, che sono destinati a formare 144 FENOMENI NELLA NINFOSI i muscoli toracali è assai rapidamente transitorio; sia coll’esempio del Mel ioila dove elementi liberi derivati dal tessuto adiposo larvale a formare muscoli immaginali etc. come può essere chiarisce VE aa la nei dischi immaginali che si allungano. er ciò che riguarda l’epitelio del mesenteron non è qui il caso di dire, perchè è questione complessa ed a discutere la qoEf occorre apposito lavoro non breve, al quale del resto io attendo. Enociti. Mi è d’uopo dire qui poche cose intorno a questi singolari elementi che ricevettero il loro nome dal Wielow ejoki, e dal Graber sono stati detti fessuto emosteatico. Sono stati studiati ancora a dal Korotneft (nella GryZiotalpa); dal Tichomiroff e dal Verson nel i Bombix mori; dall’Heider nell’Hydrophilus, dal Pantel nel rd L’Hyemons, col Korotneff e con altri li fa derivare dall’ectoder- silla tunica propria del mesenteron, all’este moltiplicano ‘No, mai, penetrando però all’interno, prolificano pigri sotto l’epitelio vecchio, dando origine ai nuovi mazzetti di cellule. Nel secondo caso Si 8% benissimo che leucociti entrano nell’epitelio del mesenteron e ciò è dimo- | 3 strato nei Melito e nei molluschi. È 5 E È [e°) È ed ui e) ‘af Lo) [amo = = D B 3 s [=] ®» ue) n [e] usi ni: Fo [e°) o o (e) e) Q. si < ® ria ix "Pi iù ardua è la d'ibizazicne a i nuclei i ata si i Gndono (ed il Biz to zozzero lo ha dimostrato egregiamente) che si vedono, ripeto, moltiplicarsi» r via cariocinetica, nell’ epitelio dic dei rettili, anfibi e pesci, ® nel fondo delle ghiandole del Galeati nei vertebrati superiori, sono leucociti quelli a nucleo minore, con nastro. pato, sono appunto quelli destinati a cosifatta moltiplicazione. Questo lavoro, a cui attendo, è già molto innanzi, e dimostrerà, io credo, che l’epitelio del tubo asgl (almeno del mesenteron) deriva tutto da elementi prima li beri, confusi cogli amebociti, e che pot splacnociti. In cose assai diverse, almeno pel loro destino, e come si sono separati i così altri elementi possono esserne distinti. (1) Io sono completamente della opinione del Davidoff, il quale affer- ma una relazione genetica tra i leucociti e l’epitelio del mesointestino. Si n conoscono due fatti che, considerati isolatamente, come fino ad ora si e fatto, nulla concludono, ma assieme coordinati danno ragione alle idee del Davidoff. i Negli artropodi, si sa di certo che pes immaginali (del Ganin) sparsi si trebbero bene meritare il nom® dr somma, in questi elementi mesodermali si debbo distinguh?. o i ANTONIO BERLESE 145 ma, ed io, per quanto abbia pochi dati circa la loro origine, sono egualmente di questa opinione. Nei muscidi sono grandissimi e tante volte descritti che non giova di riparlarne. Ma occorre invece dirne abbastanza ora proposito del .Melopha- gus, dove compaiono distintamente nella giovane larva. Nella fig. intercalata 42, si vedono appunto questi elementi cellulari liberi, ammassati in gruppi per cia- scun segmento (0e). Più tar- di il loro numero aumenta. Si tratta di cellule subsferi- che, libere, di circa 40 & di diametro, che aumentano al- quanto di dimensioni, pro- cedendo da larva a ninfa, si modifica il loro citoplasma, che, areolato in gioventù (68), come ha già accennato il Pan- tel nella sua anatomia del . Thrixion, diventa più com- patto in seguito. Ne dico qui perchè sono assai abbondanti questi ele- menti tra le cellule adipose nelle larve e nelle prime ninfe Fig. 42 del Melophagus. Nelle ninfe Sezione di piano di utero di Melo- più. vecchie essi “cpr phagus, mostrante una larva avanzata a poco a poco, cominciando nell’ interno, più un uovo maturo (7) nel- il citoplasma a farsi più tra- l’ovario. Or. A atrio ; 0e enociti ; il resto sparente e producendosi dei delle lettere come a figg. 34, 37. (stesso vacuoli. Siccome consimili ingrandimento delle dette figure). fenomeni e parvenze vedremo nelle ninfe dei coleotteri e de- gli imenotteri, così sarà bene richiamarci a questi del Melophagus. Il Pantel non ha mai potuto riscontrare attività fagocitiche in queste cel- lle, nè io mai ho potuto vedere attività di sorta. Però concorro nella opinione comune che si tratti di elementi escretivi. Il caso del Medopha- gus, dove i malpighiani vengono solo assai tardi nella ninfa, appunto quando scompaiono gli enociti e questi sono abbondantissimi invece in 10 146 FENOMENI NELLA NINFOSI precedenza, mi conferma nell’idea che si tratti appunto di organi. escretivi. . ; Ciò può essere forse dimostrato dallo studio d'altri insetti. Ho voluto parlarne qui anche per togliere di mezzo l’errore del'@ Karawaieff, citato in principio della presente memoria. L'autore anzi- — detto ha considerato gli enociti per amebociti, supponendo nel corpo del suo Lasîus flavus due specie di amebociti, l'uno minore (e questi. sono realmente elementi mesodermal) l’altro di assai maggiore e questi | sono invece enociti, come io ho costatato, non soltanto nel Zasius an: zidetto ma in Lepidotteri, Coleotteri ed altri imenotteri. L'attività fagocitica poi che il Karawaieff attribuisce a questi ele- menti, solo per averli trovati aderenti alle cellule adipose, è un. vero errore. La dimostrazione del resto è insufficiente. + (ili enociciti non hanno mai consimile attività, ma sembrano sem- pre elementi molto inerti. i E possibile che la loro funzione, quella cioè di raccogliere i pro- si dotti eseretivi del lavoro delle cellule d’altri tessuti, non si possa bene mettere in luce. A me è riuscito sempre negativo ogni conato in que- sto senso, (1) Conclusioni Singole conclusioni ho tratto, qua e là, nel corso della memoria. Altre io dovrò attendere a portare innanzi quando avrò compiuto tutte il lavoro, e saranno quelle generali relative all’attività del tessuto adi- poso e alla comparazione del suo significato fisiologico negli insetti Ls metabolici durante la ninfosi, con tessuti ed organi d’altri animali. Però, nel campo dei ditteri e per questi soltanto, posso concludere, tutto affatto obiettivamente, che: Si 1.° Nei ditteri meno elevati (Tipulidi, Culicidi) il tessuto adi poso larvale si conserva anche nell'adulto. scia 2.° Nei Brachiceri e Pupipari, nonchè nei più alti nemoceri, il. tessuto adiposo immaginale è di nuova formazione, e deriva da ele menti mesodermali, cioè da elementi del tessuto muscolare larvale che sì è disfatto. di, 3.° In tutti, il tessuto adiposo è sede di depositi di sostanza 3 albuminoide, durante la ninfosi, derivata, sia da cibo ingerito nell'ur ; (1 Di disegno del Leuekart a tav. III, fig. 18, è inesatto, perchè fa gii encciti saldati al tessuto adiposo; le cellule sferoidali superiori del © sono appunto gli enociti che, invece, sono sempre liberi. i | timo momento di vita larvale, sia derivata dalla distruzione di organi | 4.° Nei carnivori il deposito della detta sostanza è molto tardi- vo e comincia solo allorche la larva cessa di nutrirsi e si dispone alla trasformazione in ninfa. 5.’ Nei vegetariani il deposito stesso è molto più precoce e si inizia colla maturanza della larva, più precocemente nelle forme vi- venti di vegetali freschi, che non in ue vhe si nutrono di vegetali ricchi di alimento azotato, in pu E per i ditteri bastino questi pieni: Portici, dal Laboratorio di Entomologia Agraria, Aprile 1899. PINNA NEI NIN * SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tav. L Calliphora ervthrocephala Figg. I3 a 19 (esclusa la 18), emallume, sezioni; ingrandimento 600/1). Fig. 1. — Falda adiposa cefalica e circondante la ghiandola salivare, 1 larva appena nata; Fig. 2. — Frammento di falda cefalica in una larva di sette millimetri. di lunghezza (2° giorno dalla nascita); È Fig. 3. — Frammento di ang in una larva di dieci millimetri di lun-. ghezza (3° giorn ; Fig. 4. — Frammento di sui in una larva di 15 millimetri di lunghezza quasi matura Fig. 5. — Frammento di falda in una larva ormai matura e che cessa di nutrirsi; Fig. 6. — Frammento di falda in una larva ormai raccolta su se e che non si distende nell’acqua bollente; Fig. 7. — Frammento di falda in una pupa bianca; Fig. 8. — sieata di falda in una Proninfa minfa di due giorni). oblarate solo alcune sile ma, come queste) sono tutte le altre di cui si è fatto il solo contorno ed il nucleo). Fig. 9. — Cellala a fig. ], denari maggiormente. sid A » Pig. 1a 3, » » Fig. 3. Parte ai. cellula della fig. 4 » Fig. 13. — Due cellule della fig. 1, come si vedono nelle sezioni. Fig. 14. — Una cellula della fig. 2, come si vede nelle sezioni. Fig. 15. — Collula sogni safaliva di larva matura. Fig 16, — 4% addominale » Fig. 17. — Cellula sini di larva ormai “a su se ma che nell'acqua: ollente si stende bene (2° stadio). Fig. 18. — La stessa cellula, ma ingrandita assai meno (75/1). Fig. 19. — Cellula adiposa adiposa di larva raccolta su se stessa © nell'acqua bollente si distende poco (3° stadio). AV: LI: Cattiphora erythrocephala | Figg. 20 alla 27, emallume, esame nelle sezioni, 600 /1. 28 a 30, emallume, sezioni, 800 /1). ANTONIO BERLESE ” 149 (N.B. Nelle figg. 20 a 27, le lettere significano: a sostanza granulosa interorganica, punteggiata; a’ la stessa so- stanza ormai penetrata nelle cellule e disposta in masse amorfe; d la stessa sostanza che ha già acquistato una forma rotondeggiante; d’ ancor più stipata e meglio sfe- rica; B’ comincia ad alterarsi e quindi e tingersi coll’e- mallume; d’” ormai tutta alterata, vecchia e da riferirsi ad assorbimenti da parte della cellula, antecedenti allo ranulosa ed ormai alterata in gran parte, con pseudo- nuclei (enzimi) all’interno; d’ gocciole minori di identica origine ma più vecchie; e lo stesso come d’ ma mostrano un pseudonucleo all’interno; / gocciole appena raccolte che cominciano a fermentare; g più avanzate, come d; m sostanza elaborata dalle cellule e fuoriuscita, contenente anche gocciole elaborate e fuoriuscite’. Fig. 20. — Cellula adiposa cefalica di larva ormai completamente rac- colta su se e che non si distende coll’acqua bollente (4° | stadio). . — Cellula adiposa di pupa bianca; estremo addome. Fig. 21 Fig. 22. — Cellula adiposa cefalica di pupa rossa (1° giorno). Fig. 29, — >» » di mezzo del corpo » sali dA, — > d » dell'estremo addome » Fig. 2bD. — >» » » » di proninfa (pupa di due giorni). Fig. 26. — » » » » di pupa del terzo giorno. Big M.-— cefalica di pupa del quarto giorno. Fig. 28. — Gocciole di sostanza granulosa, come si vedono nelle cellule cefaliche; a di recente raccolta, non elaborata; d ormai più stipata, sferica ed elaborata (alterazione uniforme). Fig. 29. — Gocciole di sostanza omogenea, come si vedono nelle cellule; terazione multicentra); c gocciola che comincia ad alterarsi; d ormai alterata. i Fig. 30. — Gocciole di sostanza granalosa, come si vedono nelle cellule e che si alterano per i (pseudonuclei) interni (alterazione per pseudonuclei); a ì centri di alterazione in numero di due sono discosti fra loro; d i centri sono avvicinati; c i centri si sono fusi assieme in uno solo; d la parte alterata ha ormai occupata quasi tutta la gocciola, (seguiterebbe la figura della gocciola tutta alterata ma la ho creduta superflua). . Nelle figare delle grandi cellule, tanto in questa tavola che nella precedente, come in qualcuna delle seguenti, ad es. nella 4%, si è fatta solo una parte della cellula, per Le Fig; 32. — Fig. 33. — Strato di cellule del tessuto adiposo immaginale, tolto + dalla SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE riguardo allo spazio, ma si comprende come il rim ommesso debba corrispondere alla parte disegnata). Tav. III Calliphora erythrocephala ultimi di una grande praga e vacuoli rimasti per la scom-. parsa delle gocciole (600 /1 Modificazioni delle sferule di granuli (originate dal nue! pagansanoa lar vale). #2 mai hanno due nuclei e sono più ndi; d detnti (granuli) muscoli che stanno disfacendosi; d’ conformi detriti in Re avanzato disfac mento. si Loti ai due apici, ma la cellule Made a col nucleo 1 scolare larvale è ancora nel suo primo stato. (Stesse lettere della fig. precedente 4). i C- Sferula di granuli in cui il nucleo muscolare ha prolifi I detriti muscolari (d) sono stati espulsi. (Stesse lettere. come in A). D- Sferula di granuli in cui principia la evoluzione e i de triti sono in via di essere espulsi. Si vede in a’ il nucleo del muscoli larvali già risolti di guisa che ne sono ri rg cellule. (Lettere come in A). sa E- Una sferula di granuli non avente detriti muscolari, si è già risolta in sette cellule, di cui una binucleata. F- Sferula di granuli originata dal nucleo muscolare larvale in cui * nucleo stesso ha già dato origine a tre cellule, ma i detriti muscolari sono Vattavia in posto. (Lettere i in pra fl: Tutte 1000 /1 (Dall'addome di Pupa di 16 giorni, Marzo). pice anterio:e dell'addome di un’adulto appena nato, Si no tre strati di cellule grasse, di eui il più interno sn ; Fig. 34. — Fig. 36. — | Fig. 36. — Fig. 87. — ANTONIO BERLESE ve ADI elementi liberi. (a ipoderma; cellule adipose immaginali, grandi; c altre più basse; d strato più interno che si stacca in elementi liberi, e; m cuticola). (600/1). Sezione di piano di una delle appendici dell'estremo addome in una pupa di 16 giorni (marzo) che mostra la colonnetta di tessuto grasso immaginale già formata. A colonnetta di grasso immaginale; B cellule adipose larvali col loro solito contenuto; C sferule di granuli a diversi gradi di evoluzione. 3 a nuclei muscolari larvali non ancora modificati; b cellule uninucleate di recente formazione; c cellule binucleate più anziane; d detriti muscolari ancora uniti alle sferule di gra- nuli: d’ detriti muscolari ormai liberi e in via di disfacimen- to; e cellule primitive uninucleate il cui nucleo sì dispone alla moltiplicazione per via cariocinetica; ip ipoderma; m cu- ticola; ms muscolo longitudinale, in cui i nuclei grandi di prima formazione si moltiplicano dando i piccoli nuclei defi- nitivi; ms’ fibre muscolari trasverse. (700 /1). Una colonnetta di tessuto adiposo immaginale appena for- mata, tolta dall’estremo addome di una pupa di 20 giorni (febbraio) colle lettere come in Aa 82, ma che fa vedere un nucleo di una cellula (e) di nuova formazione, in via di di- visione mitotica. ( tl Diverse apparenze delle gocciole elaborate contenute nelle cel- lule adipose larvali, in via di esaurimento (adulto appena nato). Il processo di esaurimento è descritto nella memoria e sono citate una ad una le dette figure. (1000 /1). Porzione del dorso di un’adulto appena nato, in sezione sagit- tale. Si vede il tessuto adiposo immaginale già ingrossato e addossato all’ipoderma. È A tessuto grasso immaginale; 8 cellule adipose larvali; D ipo- derma; .M cuticola; cp cellule di nutrizione di un grosso pelo p. (700/1). Tav. IV. Calliphora erythrocephala (38, 40); Cyrtoneura stabulans (41-43); Drosophila funebris (44-47) | Fig. 88. — | suto adiposo Calliphora erythrocephala Porzione dell’occipite, sotto il collo, in sezione sagittale di . me- adulto appena nato e male nutrito. Si vede il tes- larvale pressochè esaurito € quello immaginale che si infiltra altamente fra le cellule del larvale per nutri sene. 152 . SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE A cellule adipose immaginali; 8 cellule adipose larvali; pill derma; M cuticola; a’ elementi liberi del tessuto adiposo im- | maginale. (500 /1). (dl Fig. 39. — Porzione dell’occipite poco sopra il collo, in sezione sugittale, in un’adulto di due giorni bene nutrito durante il pe: rvale. A tessuto adiposo immaginale; A° ammassi di elementi Liberi derivati dallo stesso tessuto; D ipoderma; M cuticola; a lemento libero binucleato e che presenta una gocciola di so stanza esaurita dalle cellule adipose larvali; d elementi già sui che vanno a formare nuove cellule imita nei val asciati dalle maggiori e già fisse. (700 / 1). Fig. 40. — ui dell’occipite, al ventre, in sezione sagittale o ed i un altro adulto di due giorni, bene nutrito allo stato larva. A parte di cellula adiposa larvale (intera in natura ma se ne è disegnata solo una parte), B tessuto grasso immaginale or- | mai addossato all’ipoderma. a cellule adipose immaginali vecchie e fissate al loro posto; 5 altre cellule più recenti, uninucleate, che si Remi nei vani delle precedenti; %’ elementi liberi o sem adiposa larvale; D ipoderma; M cuticola. (700 /1) Cyrtoneura stabulans Fig. 41. — Porzione di estremo addome, al dorso, in sezione sagittale, nella regione degli stigmi, in una larva matura, però sempre mobile. a epidermide; 5 cellule ipodermiche; c trachea: d plasma colante fra gli 1 organi; e ammassi di amebociti; f part adi a che stanno assorbendo il plasma; g cellule adipose ordi- rie. (95 /1) Una cellula Sa della precedente mostrante il plasma già raccolto in piccole gocciole con pseudonuelei (600 /1). 1 Fig. 43. — Cellula adiposa di una pupa appena formata, ancora bianca | (addome). (600/1). ri Fig. 2, — Drosophila funebris Cellula adiposa cefalica di una larva “ago che però si muoso ; in a gli amebociti. (600 ;1 Fig. 46. — Celiula adiposa ‘ addominale in una 220 matura. (600 / 1). vi Fig. 46. — Cellula adiposa addominale nella pupa ancora bianca (600, Fig. 47. — Cellula adiposa cilalion in una mat ormai tutta formata metà del suo sviluppo. (600 /1). Fig. 44, — ANTONIO BERLESE 153 LI Tav. V. Mycetophila signata (48-56); Diplosis sp. (57-59); Culex spathaepalpis (60-62) Mycetophila signata Fig. 48. — Frammento di falda adiposa in una larva matura, un giorno prima di disporsi a filare. (600 /1). Fig. 49. — Una cellula del detto frammento, più ingrandita. (600 /1). Fig. 50. — Cellula adiposa in una larva che sta filando il bozzolo (600 / 1). Fig. bl. — Frammento di mesenteron (tasche cardiache) della detta larva matura, mentre attende a filare, nel quale si vedono le lacuue intercellulari per cui stravasa il contenuto del mesenteron. 60 /1). Fig. 52. — Cellula cefalica di pupa ormai formata da due giorni. In a si . vedono le sferule di granuli, (600 /1) Fig. 58. — Alcune sferu/e dî granuli tolte dall'addome di una ninfa pres- sochè matura e che si alterano dando origineal tessuto grasso immaginale. A sferula ancora limitata dalla sua membrana; Bilcontenu to delle sferule è, in parte, diftluito; C sferula nella quale è ri- masto solo la massa di sostanza avventizia ed un ‘alt tra parte ha già dato origine a nuovi elementi cellulari (C*); D, E sfe- rule ormai trasformate in elementi cellulari; elementi sorti nel modo indicato e liberi, a sostanza nutritiva, avventizia (detriti di muscoli larvali); è la stessa che si altera e disfà; e elementi cellulari di nuova formazione, liberi, cioè amebociti dell'adulto ; d granuli (detviti di muscoli, espulsi dalle sferule) 10001). Fig. 54. — Varie sferule di granuli in via di sviluppo per dare il tessuto grasso immaginale. A, B, contenenti bolla avventizia (detriti del muscolo lar- vale); C, D, aventi la sola parte nucleare germinante. (1000/1). Fig. 55. — Come 54, solo A mostra una sferula nella quale la parte nu- tritiva (avventizia) è raccolta al centro e la germinante alla periferia, dove è già trasformata in 4 elementi cellulari. La fig B mostra la parte germinativa di una sferula di granuli che ha abbandonato la parte nutritiva (detriti muscolari) ma S ancora avvolta nella membrana comune; € sferula piccolis- ma, di un solo nucleo che a a germinare. (10001). Pi 56. — dato adiposo immaginale (A) già bene svolto e ancora com- preso tra due cellule larvali, 2 (600 /1). | Diplosis sp. ®. : e 57. — Un corpo grasso in una larva a mezzo sviluppo, trattato coi . solventi del grasso e colorato. (160 /1). tag. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Fig. 58. — Apice dello stesso, i ingrandito (600 / 1). Fig. 59. in una larva matura. Nella luo) (©) S o dD (e°) [=] (eri [oi ah et n o Ò [e] roi ° _ n ° rma 3a seta ssimi granuli si trovano addossati alla rel crezioni uriche. Il grasso è Eolalo tolto. (600 ‘1 ulex spathaepalpis Fig. 60. — Frammento di falda adiposa, nella larva matura. In a si ve. dono le concrezioni escretive; in d vacuoli iii dal grasso; in c i depositi sferoidali di albuminovidi. (600 / Fig. 61. — Cellula adiposa cefalica in una ninfa del primo giorni; lette- re come nella fig. antecedente: solo e sono guttule di sostanza | albuminoide punteggiata (derivata dalla distruzione di muscoli rvali; e’ sono guttule di sostanza albuminoide omogenea, | (derivata dal mesenteron) 600 /1). Fig. 62. — Cellula adiposa addominale della stessa ninfa (stesse lettere 6 stesso ingrandimento). Tav. VI. Diplosis Buxi (63-66); Melophagus ovinus (67-76) Diplosis Buxi. Fig. 63. — Massa adiposa cefalica in una larva quasi matura. ( (600 /1). Fig. 64. — Una massa adiposa, addossata alla parete del mesenteron on (a. parete immaginate; b cellula dell’antico epitelio larvale), in una ninfa in cui stanno ancora costruendosi i muscoli imma- ginali del torace. Nella massa si vedono le guttule di sostanz® i albuminoide depositata. (600 /1). Fig. 65. — Costruzione dei muscoli longitud. toracali, direttamente dal za del tessuto adiposo che si diffonde e diviene pun per accrescere il muscolo che si forma; € muscolo ormai . ‘mato in fibre; d nuclei del grasso in via di divisione per © riotinesi; e nucleo ormai diviso in due; f vacuoli primitivi ‘ grasso, molto aumentati ormai in volume. (700 /1). È * 66. — Massa adiposa di adulto maschio del torace. (600 /1). sfido ovinus l'oeiteton a ormai maturo. (600 nh 68. — Le stesse cellule nella larva siva collo stesso ingrani mento; a riunite ormai in colonna; D elemento libero se ANTONIO BERLESE bocito); c cellule di origine ectodermica, ossia enociti. (600 / 1). ui: Fig. 69. — Le stesse cose in una pupa bianca, appena formata; @ cellule adipose in colonne; c amebociti già aumentati in volume (600 / 1). Fig. 70. — Ammasso di cellule adipose in una pupa alquanto più avan- ta (corrispondente al 2° o 3° giorno di Calliphora); d goc- }iole albuminoidi di depositi; a vacuoli in cui stanno le goc- ciole di grasso. (600 /1). Fig. 71. — Un’amebocita fresco, (pieno di gocciole di grasso), dalla pupa Ma precedente. (600 / 1). da Fig. 72. — Cellule adipose da una pupa più avanzata, (corrispondente al ei s 5 giorno di Calliphora); a vacuoli pel grasso; d gocciole di albuminoidi. (600 /1). Fig. 73. — Cellula adiposa in una ninfa più avanzata (corrispondente al 17 giorno di Calliphora), mancano i vacuoli; d grasso e pic- cole guttule di sostanza albuminoide di deposito. (600 /1). Fig. 74. — Cellule adipose della pupa a fig. 70, più vicine agli strati ipo- Re. dermici, ai dischi immaginali ete. Non contengono depositi cn albuminoidi, ma prolificano amebociti come sono disegnati in ca b, con molto grasso; c enocito. (600 /1). 4 Fig. 75. — Tessuto adiposo dell’adulto. a cellule a citoplasma omogeneo, veli multinucleate; d cellule a citoplasma areolato, derivate dalle sa prime; c amebociti liberi (immaginali) derivati dalle cellule ES: adipose. (600 /1). | i Fig. 76. — Corpi di sostanza ingerita (sperma. alterato), contenuti nel a mesenteron della pupa a fig. 70, che sî stanno alterando, cioé da. disfacendo, come lo dimostrano i vacuoli al centro. (600 /1). NANI NANI NINE DESCRIZIONE di un nuovo genere e di una nuova specie di Psoeidi TROVATO IN ITALIA NOTA DEL Dottor COSTANTINO RIBAGA Assistente al Laboratorio d’ Entomologia Agraria in Portici Psocathropos nov. gen. Oculi (ce corneis hexagonis compositi) ad capitis angulum po- .Slicum dispositi. Antennae segmentis usque ad 42 (quamvis plerum- que numero segmentorum minore) constitutae. Mesothorax atque melathorax intersese minus bene distincti. Mesothorax alarum par sustinens; secundum alarum par nullum. Alae ultra dimidium abdomen satis productae, venis bene auctae, sive: Vena mediana în | ramulos duos divisa, ex quibus externus non in plterostigma desi: nens, quod omnino caret, sed in ramulos duos ‘ad costam oblique excurrentes divisum; interior autem cum exteriore venne submedia- | nae lransverse bene confluens, deinde subrecte indivisus, in subapicem simpliciter excurrens; cellula postica haud (ul în Peripsocinis) con-. fecla. Vena analis et dorsualis praesentes. Venula quaedam tran- sversa ramulum secundum rami externi venae medianae cum eius dem ramo interiori coniungit. Palpi maxcillares articulis quinque — compositi; postremus sat longe risi Ocelti nulli. Tarsi triarti | culati. Corpus ad dorsum cone. Il genere trova riscontro in de istituito da S. Frank Aaron, per una forma trovata primieramente in America e quindi in Germa- nia, intendo dire il genere Dorypterya Aaron; le affinità risiedono pri- _mieramente nella presenza di un unico paio d’ali (anteriori) e nel nu mero degli articoli dei palpi. Il presente differisce però dal ReosS 157 i i COSTANTINO RIBAGA ‘ Dorypteryx Aar. per i seguenti rilevanti caratteri: Primieramente per la forma del corpo, decisamente convessa, e gibboso al dorso, per le ali discretamente sviluppate ed assai ricche di nervature, per il diverso numero dei segmenti delle antenne e per molti altri caratteri di minor rilievo. Al genere appartiene la specie seguente: Psocathropos Lachlani nov. spec. (Tav. VIL.) Corpus pilis longiuscutis seluliformibus obsitum. Clypeum per- converum rvillosum. Oculi parvuli. Antennae filiformes villosutae, corpore valde longiores. Color pallide flavescens. Caput abdomen= que ad dorsum rufobrunnea. Antennae tibiaeque fusciores. Questa specie ha un corpo molto convesso al dorso e coperto di peli lunghi e forti, setoliformi; color bianco gialliccio. Testa bianca gialliccia con numerose macchiette bruno rossiccie simmetriche. Clipeo molto sporgente e peloso, fronte piuttosto depressa. Occhi piccoli bru- no-neri, con numerose faccette e posti all’angolo posteriore della testa. Mancano gli ocelli. Antenne tiliformi, pelose, specialmente alla metà basale, molto più lunghe del corpo, e di quarantadue articoli. E diffi- cile però trovare esemplari con articoli così numerosi ed a me è riu- scito solo due volte, ed io credo che ciò dipenda dal fatto, che le an- tenne, per la loro gracilità, facilmente si spezzano. I due primi articoli sono brevi e molto larghi. Le antenne sono di un color bruno scuro, il loro primo articolo però è giallo. Se si osservano al microscopio i singoli articoli, si vede che portano delle spinette minutissime, dispo- ste a verticilli (4); di questi verticilli, ve ne sono da venti a trentacin- que per articolo. i e mandibole sono internamente sinuate, cosicchè ne risulta una parte apicale stretta ed una basale larga. I processi mascellari sono lunghi e disugualmente tridentati. Palpi bianco-sporchi, di cinque ar- ticoli, coll’ultimo articolo lunghetto. securiforme, più oscuro: primo, se- condo e quarto articolo brevi, tanto larghi che lunghi. Protorace di- stinto, un leggero solco trasversale segna il confine fra il mesotorace ed il metatorace. Le ali coprono circa due terzi dell'addome, sono tra- sparenti, un po’ oscure, con nervature brune, portanti numerosi peli (1), - dei quali ve n’è anche una frangia lungo il margine dorso-apicale, e (1) Per non far confusione colle nervature, non si sono disegnati i peli del mezzo della lamina, nascenti sulle nervature stesse. . ‘ed un altro perfino e fra l’ala destra e la sinistra del me..in:o indi. PSOCATHROPOS LACHLANI N. gen. ; n. Sp. 158° iunghe setole. Non in tutti gli esemplari la ramificazione delle vene è identica a quella che è stata più sopra descritta e che è la più co- mune, la tipica; ma, come succede pure per le altre specie di Psocidi, | anche in questa si riscontrano, con una certa frequenza, delle diffe renze nella nervatura delle ali, abbastanza grandi, fra un esemplare viduo. L’addome è poco distinto dal torace, è ovale e fortemente con- vesso al dorso, superiormente è bianco gialliccio, inferiormente più pallido ed è macchiato di rosso, in modo speciale sui fianchi. Gambe bianco gialliccie, colle tibie più oscure. Tarsi di tre articoli, il primo è è. lungo il doppio degli altri due presi assieme e nel terzo paio ancor di | più. Tarsi e tibie del terzo paio molto più lunghi che negli altri, ciò che spiega l’attitudine di queste bestiole al salto. Le unghie portano Verso l'estremità un piccolo dente. e zampe, specialmente tarsi e tibie, osservate al microscopio, presentano una superficie, che sembra rivestita di nastri o fasce sversali (fig. 5) tutte rigate trasversalmente. ona del corpo mm 1.20 — 1.44 media mm 1.34 elle ali PROT — 0 >» 0.83 » antenna di 42 articoli » » 2.13 » tibia e tarso III paio i » » 0.90 > setole all’apice delle ali > > 0.20 Trovai la specie, numerosa, durante gli scorsi mesi di Primavera ed’ Estate, sui muri di aleune stanze a Portici (Napoli); vi erano adulti assieme a molte ninfe. na volta trovai maschio e femmina accoppiati. Questi Psocidi indisturbati, stanno quasi sempre fermi nei muri, o si muovono lenta- mente, ma, invece, quando si cerca di prenderli o se si disturbano ia. fnalsiasi modo, allori essi corrono abbastanza velocemente allargando — è un poco anche le alette, oppure cercano di mettersi al sicuro con ul. salto. Non m’è stato mai possibile di vederne le uova specie è dedicata all’insigne neurotterologo inglese R. Mae Lachlan. Portici, Giugno 1899. Fig. 1. — Psocathropos Laclani, veduto in profilo (40 / 1). Fig. 2. — Sun ala più ingrandita. Fig. 8. — Palpo. I Fig. 4 — Porzione di segmento delle antenne, colle spinette disposte a ver- Fig. 5, — Porzione di epidermide di una tibia. | Dott. GIACOMO. lata DANNI DELL’ < HYLASTES TRIPOLI > NULL — VERIFICATISI IN PIANTE LEGNOSE A VALLOMBROSA Nella mia nota dal titolo Beitriige sur Fauna von Vallombrosal®) facevo notare che |’ Mylastes trifoliù Miill., mentre si era considerato fino allora come dannoso al trifolio, quassù dal sotto ispettore forestale signor Pietro Rizzi, era stato trovato sul Cytisus di cui aveva fatto perire parecchi fusticini che avevano raggiunto qualche metro d’altezz e ripetevo questo anche nel mio Contributo alla Fauna Vallombrosanar Invertebrati- (2) precisando appunto il Cytisus Laburnum come daro, neggiato da questo scolitide. Quest'anno restai meravigliato nel trovare una quantità rilevante di legna da ardere data appunto da tronchi abbastanza sviluppati @ Cytisus alpinus danneggiati dall’ Z7y2astes trifotii Mill., mentre i danni lamentati sul Cytisus Laburnum si erano avuti nel Piantonaio; dove di anzi quest'anno, come mi faceva osservare il Prof. Perona, anche URALI pianta di Cytisus alpinus fu attaccata dallo stesso insetto, in modo da risentirne un intristimento non lieve. ; Desideroso di far meglio conoscere la biologia di questo coleottero feci le più ampie ricerche bibliografiche dalle quali mi risulta che D è la prima volta che 1’ Z7y/astes trifolii Mill. si ricordi sul Cytisus poichè il Nérdlinger (8) lo trovò nelle Alpi francesi dimorare sul Cyl8W alpinus e il Bertolini sulla stessa pianta a M.* Baldo e sul Cyl$ Laburnum a Piné : da nessuno però fino ad oggi, tanto in Italia © fuori, fu ricordato come dannoso a queste piante e quindi FIBeB, “und qualche interesse, dopo aver dato l'elenco dei lavori nei quali è po ‘ (1) Entomologische Zeitschrift, VII Iahrg., Guben 1894. sa (2) Bullettino della Società entomologica italiana, anno XXIX, trim. p. 145-224, 1897; a: XXX, trim. I, 1898, ; (3) Lebensweise von Forstkerfen, p. 26, 1880. WE GIACOMO CECCONI 161 dato questo scolitide, indicare i caratteri della larva e dell’insetto per- fetto, accennare al suo sviluppo, descrivere le gallerie, vedere le piante sulle quali vive, ricordare la sua distribuzione geografica e valutare i danni che arreca, tanto più che fino ad ora si restava meravigliati come questo coleottero facesse eccezione alla regola vivendo di preferenza sul trifolio comune, mentre tutti i suoi congeneri si sviluppavano sulle piante legnose, anzi venne considerato ancora come un insetto utile dal lato forestale, come più avanti si vedrà Hylmnstes trifolii Mill. Bibliografia e sinonimia J. Ta. Ca. RarzesuRo. Die Forst-Insecten etc. Erster Theil. Die Kiifer. weite Auflage. Berlin 1839, p*. 222. [My/esinus (Hylastes) trifolii Mùll.] Dr. NérpLinceEr. Nachtriige za Ratzeburg's Forst Insektèn. Stuttgart, 1856, p. 41, 42 [HMylesinus trifolii Miill.] S. De BertoLINI. Catalogo sinonimico e topografico dei coleotteri d’Ita- lia. Firenze 1872, p. 199. [Hy/astes trifolii Miill.] C. G. CALWERS. n der Kifer Europas. 4 Auflage. Stuttgart 876 p. 339. Saggi trifolii Miill.] Dr. N5RDLINGER. fit von Forst Kerfen etc. Stuttgart, 1880, p. 26 [Hylesinus trifoli Miill.] Dr. B. Arrum. Forstzoologie - III - Insekten 1 Abth., 2 Auflage. Berlin 1831, p. 234 [Hy/esinus trifolii). W. Eicunorr. Die europaeischen Borkenkifer. Berlin 1881, p. 74 e 97. [Hylesinus (Hylastes) trifolii). An, Tarcioni-TozzertI. Relazione della R* Stazione di regem ray di Firenze. Annali di Agrico 1884, “taglio (Hylastes) rante BepeL. Faune des er pa du Bassin de la Seine. Ann. Soc. Ento Fr. sirio p. 390 e 408. [Hylastinus ine Bedel]. FLaminio Baupi. Catalogo dei coleotteri del Piemonte. Ann. della R. Accad. di Agricoltura di Torino, Vol. XXXII. Torino 1889. [Hy/astes obscurus Marsh. = trifolii Mill. ] G. A. O. HexscÒen. Die Schaedlichen Forst - und Obstbaum-Insekten 3.... Auflage. Berlin 1895, p. 136. [Mylastes trifolit i Mill] ll . scuro 0 colore di pece, fatta eccezione delle antenne che rimangono fl | allungata, dentato spinosa alla sua estremità allargata, con un tal lungato e provvisto di due unghie ricurve. Elitre larghe alla base ) I ratamente alla base, tantochè il protorace in questo punto Sl de | HYLASTES TRIFOLII MiiLL. Vi Iupeica € Nirscne. Lehrbuch der Mitteleuropaeischen Forstinse kunde. Band I, Wien 1895, p. 454 e 488, [H | stes trifolii Miill.| sa Frank, Dr. A. B. Die Krankheiten der Pfianzen. 3 Band. Breslau 18 p. 258 [Hylesinus (Hylastes) trifolii Mill] Larva. Capo coriaceo, convesso, retrattile, di colore giallastro con le parti boccali rossiccio-scure, il resto del corpo di un colore gialliccio più chiaro di quello della testa. i orpo ricurvo, completamente apodo, molle, traversalmente rugoso, tozzo, lungo mm. 2,5 circa, quasi cilindrico con un diametro di un po” più di un millimetro ‘nella regione toracica e di un millimetro nella. regione addominale, fatta eccezione degli ultimi anelli, i quali gradata- . mente vanno restringendosi, tantochè il corpo termina in una punta conica, ottusa, 4: Insetto perfetto. Corpo lungo due millimetri e mezzo circa, di forma ovale allungata, da principio di color nocciuolo chiaro tm forme che va facendosi gradatamente più scuro, fino a divenire castagno quel colore, specialmente all'estremità ingrossata, e delle zampe le quali, all'apice specialmente, rimangono un po’ meno scure Testa abbastanza > sviluppata, senza rostro distinto, inclinata verso il basso ; antenne id serite presso la base delle mandibole e composte di undici articoli, tre paia di zampe sono quasi uguali fra di loro, compost quattro articoli, il terzo dei quali è cuoriforme e l’ultimo ristretto. un millimetro, prese insieme, e all’apice un po’ più, arrotondate isinuoso ; queste elitre hanno i margini esterni ripiegati sotto e abbr: BS EL, CAPI E PRO, Ro REI NETTI GIACOMO CECCONI cianti per breve tratto la parte ventrale dell'addome ; sono ricoperte di folti e lunghi peli di colore grigio gialliccio che le ricoprono intera» mente e sono attraversate longitudinalmente da larghe e profonde righe di punti con intervalli abbastanza ristretti, punteggiati e granulosi. Mesosterno piatto, senza sporgenze, molto largo e perciò le anche intermedie assai distanti fra loro. Sviluppo. In marzo e in aprile trovai lungo le gallerie larve e insetti perfetti e questi tanto appena sviluppati, quanto già maturi ; in agosto rinvenni ugualmente questi stadi di sviluppo. Si può quindi ritenere coll’ Eichhoff che questo insetto abbia almeno due generazioni all’anno. s L’insetto, raggiunto il suo completo sviluppo, generalmente non esce fuori, come ho potuto notare nei pezzi di tronco che misi in con- dizioni opportune per ottenere un certo numero di coleotteri, ma rimane sotto la corteccia : infatti mentre all’esterno vedevo pochi fori di uscita e solo qualche raro insetto, sollevando la corteccia trovai numerosissimi individui già completamente sviluppati. Gallerie. Le gallerie che questo coleottero scava sulle radici del trifolio sono, secondo il Nòrdlinger, irregolari ; secondo lo stesso autore, quelle che scava nella ginestra, sul fusto e vicino al suolo, sono gallerie orizzontali a due braccia, ora con poche, ora con numerosis- sime nicchie larvali, correndo sulla superficie del legno, sotto la. cor- teccia. Le gallerie che trovai sui Cylisus vengono scavate nella zona fra corteccia e legno e si può dire nella zona cambiale, approfondendosi da una parte nell’alburno dall’altra nel libro. La stessa galleria quindi interessa tanto l’alburno che il cambio e il libro. Essendo essa alta circa un millimetro e nei tronchi e rami osservati gli anelli d’accrescimento essendo ridotti a frazioni di millimetro, la galleria interessa più di un anello annuale e non si può dire perciò se l’insetto nel suo percorso preferisca più la zona primaverile o quella autunnale. Queste gallerie si compongono di una camera nuziale quasi ovale e da questa partono generalmente due gallerie materne quasi sempre ad angolo più o meno acuto fra di loro, raramente quasi ad angolo 164 HYLASTES TRIFOLII MiiLI,. oltre un anno, non si vede altro che un fitto intreccio di gallerie lar- vali e materne. 3 Scoparium L.) in fusti della grossezza di un braccio ; il Bertolini dice. soltanto di averlo trovato sui tronchi di Cytisus alpinus e Laburnum, come pure quassù fu trovato sn queste due piante , il Bedel oltre che pel trifolio e per la ginestra lo ricorda ancora per |’ Ononis natria @ per l Ulex europacus. ione. Fuori di Europa è ricordato questa specie a Ma- dera, nelle isole Canarie sin Europa fa ricordata per l'Austria, la Francia, la Germania, l’Inghilterra e l’Italia (Trentino, Lombardia, Piemonte, Vallombrosa). 6 Danni. Il chiarissimo prof. Targioni Tozzetti dice che questo insetto fu osserrato più volle in Germania e alle Canarie con effetti assat perniciosi al comune trifolio ; per piante legnose invece non sole non aveva dato motivo di essere considerato come dannoso, ma venne. ritenuto anzi come utile poichè l’Henschel. partendo dal fatto che a’ attaccato la ginestra, si esprime in questi termini : « sé rammenta ( dovute probabilmente al gelo ; sotto queste spaccature si trova semprò» come ho potuto notare in una pianta viva, una zona di legno più © sai GIACOMO CECCONI 165 S meno ampia, più o meno profonda, marcita e questo procura alla i pianta | mriagiz dopo il quale succede |’ invasione dell’ insetto. a Essendo i Cylisus piante di poca utilità, potendo servire come pianta ornamentale, come legname per piccole industrie e solo rara- mente formare boschi puri per la produzione di pali per viti, non occorre dare speciali norme di tutela pel caso di una invasione, ma basterà tagliare le piante infette e bruciarle. Dal Gabinetto di Storia Naturale del R° Istituto Forestale Vallombrosa Aprile 1899. i SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA (VIII). Fig. 1. Tronco di Cytisus colle gallerie scavate dall’ Hylastes trifolii. Fig. 2. Larva dell’ H. trifolii | Fig. 3. Adulto dello stesso | Fig. 4. Antenna dell’ adulto. Fig. 5. Zampa dell’ adulto. ingranditi. ANTONIO BERLESE OSSERVAZIONI CIRCA PROPOSTE per allontanare i parassiti delle piante MERCE INIEZIONI INTERORGANICHE AIA L’idea che i parassiti esterni delle piante si possano allontana intsducendo nella pianta stessa sostanze parassitifughe non è recen sima, per quanto non trovi riscontro in analoghi tentativi nel regno a male. La apparente diversità organica tra la pianta e gli animali € se ne nutrono può far supporre che agevole cosa sia molestare que ultimi senza che il vegetale ne soffra. a Meno ragionevole sembra intanto |’ ipotesi di cura consimile p ciò che riguarda i parassiti vegetali sul vegetale. Ciò non’ ostante, bedue queste idee o sono egualmente fallaci 04 egualmente hanno e ragione di speranza in buono risultato. Ambedue hanno avuto i fautori, e per non rammentare le proposte più vecchie, come quella, es., di introdurre dei chiodi nella corteccia dei meli per allontanare; forse coi prodotti ammoniacali che derivano dalle alterazioni del in presenza dei succhi vegetali, i bruchi che rodono il fogliame, nerò, invece, alla proposta del Pichi, che a suo tempo fece abbas rumore e fu discussa lungamente e con sperienze accuratissime, | diante il quale proposito, soluzioni di solfato di rame sparse nei te” in vicinanza dei tronchi della vite, da questa assorbiti, la avrebl dovuta rendere immune dalla peronospora. " Più recentemente il D.r Perosino proponeva di introdu cianuro di potassio solido nelle piante, per allontanarne gli insetti parà* La proposta del Pichi sembrava molto persuasiva, inquantochè noto che i sali di rame impediscono lo sviluppo della peronospora in altri termini, la uccidono alle sue origini. Ora, se la vue » potuto caricarsi, od almeno inquinarsi abbastanza dei detti sali, * vi ha dubbio che il parassita non si sarebbe sviluppato. Le esp poi dell’ autore, sembravano dimostrare appunto il deposito di sali entro i tessuti vegetali. Conformemente il Perosino affermava senza di cianuro di potassio entro tutti gli organi della pianta, @ Mr er, n ei dI de | è : Mr e elia ita Ri chit a; diga a ANTONIO BERLESE 167 sua iniezione e con ciò sembrava assolutamente certo ner gli insetti, nutrendosi di organi così avvelenati, avrebbero dovuto . Le pro- poste ed osservazioni del Pichi furono strenuamente ii mercè lunghe ed accurate esperienze da parte di due valorosi scienziati ed inane fu dimostrata la concetta e art Quanto alle proposte del Perosino, queste non hanno ancora avuto l’ onore di uno studio veramente scientitico, nè per la proposta nè per la discussione, ma intanto, ad una singolare conclusione guidano senza dubbio; poiché |’ affermazione recisa, mercè saggi chimici, che dopo poche ore dalla iniezione del cianuro di potassio, tutta la pianta, in tutti i suoi organi ne è così inquinata da darne la rea- zione al saggio chimico, ed intanto la pianta non ne muore, conduce a dichiarare, senza più, che il cianuro di potassio non è venetico, anche in dosi così alte, al protoplasma vegetale. Ciò contrasta con notissime esperienze e risultati ormai accolti in scienza. Sono adunque necessarie molte e bene accurate indagini chimiche, sulla natura della sostanza inorganica, la quale dà le reazioni che sono affermate dal Perosino, per conoscere che si debba realmente pensare di questa singolare resistenza delle cellule vegetali al cianuro di potassio ed all’ acido cianidrico, la quale non è ammessa da alenro a è mia intenzione di occuparmi quì specialmente della questione entomologica, dove mi sento assai meno incerto che nel campo chimico, a me pressochè buio affatto. In tesi generale, le nuove proposte devono avere, sulle vecchie e già in uso, un qualche vantaggio, per essere accolte in pratica, poichè altrimenti corrono pericolo di rimanersene come curiosità scientifiche, senza possibile applicazione. Ma quando si entra in questione di pura scienza, e molto opportuno che chi vi entra sia abbastanza al corrente di ciò che vuole, e di tutti gli elementi di studio coi quali deve tro- varsi alle prese, altrimenti troppo madornali errori, anche nel campo strettamente sperimentale e scientifico possono occorrere, e tali che tol- gono ogni virtù al lavoro. Adunque, proposte così fatte, se debbono restare come disquisizioni di scienza pura, richiedono cognizione este- sa dell’ argomento impreso a ricercare, se poi debbono avere uno scopo pratico, alla prima condizione si deve aggiungere quella ancora di por- tare un vero progresso verso quanto si sa e si pratica fino al momento. Ora, la proposta del Pichi ha naufragato incontrando tutte le difficoltà accennate. Non fu possibile dimostrare che le viti immagazzi- navano sali di rame, e ciò sia per le ricerche di pura scienza, e non si ebbe promessa di vantaggio pratico alcuno, essendo assai maggiore la spesa, a annaffiare il terreno attorno alle piante colle soluzioni 168 CIRCA INIEZIONI NELLE PIANTE ETC. #9 anticrittogamiche, di quello che non sia bagnandone senza più la pianta, Le proposte poi, intese contro gli insetti, alle quali prima ho accennato, per quanto certamente più pratiche di quella recente del Perosino, di. mostrano di essere campate in aria, poichè le esperienze che io stesso ne ho fatte non mi hanno dato risultato di sorta alcuna. — SS Quella poi del cianuro di potassio, così introdotto solido entro la pianta è di gran lunga più difettosa, sotto tutti i rapporti e Ammettiamo per un momento che le piante non soffrano per nulla da questa operazione e dal veleno. Ciò potrà essere mal volentieri accolto da coloro che si sono veduti morire le piante trattate nel modo anzidetto, ma io voglio, per un momento, concedere che questa diffi- coltà sia rimossa. Certo questo sarà argomento, come ho detto, di Tao cerche puramente scientifiche, ma in pratica, ad ottenere lo scopo che il Perosino si è prefisso, è necessario che il metodo risponda ad altre . condizioni. È necessario adunque, non solo che le piante non soffrano, ma che muoiano invece gli insetti, od almeno abbandonino stabilmente fi la piante, e queste saranno le due condizioni capitali, ed in secondo luogo, sia pure, è necessario che il sistema si comporti meglio, più fa cilmente, e con minore dispendio di quei mezzi che noi abbiamo oggi- dì in nostro potere per allontanare gli insetti o diminuirli sulle piante che vogliamo salvaguardare, si Ora, benchè la proposta del Perosino accenni alla sola fillossera, e benchè altri voglia estenderla a molti più insetti, è pur conveniente vedere quali animali si vogliono così combattere e gli effetti che se ne ottengono. Rs Gli insetti più dannosi e dei quali sarebbe pure desiderabile la di-. minuzione sì possono dividere in due grandi gruppi. Nell’ uno mettia- mo quelli stabilmente viventi sulle piante, nell’ altro quelli che sulle. piante vivono temporariamente, per un dato stadio più o meno breve della loro esistenza. cr Il nuovo metodo deve essere efficace a distruggere gli uni e gli altri od almeno ad allontanarli. sd Nel primo gruppo mettiamo la fillossera, gli afidi e le cocciniglie, che sono poi quelli che più sono stati oggetto di sperienza nel her di queste prove; nell’ altro gruppo stieno gli insetti di ordini più salti come lepidoteri, ditteri, coleotteri etc. ete., dei quali, specialmente 4 larve, offendono le piante in qualche loro organo, in qualche momento. Discutiamo del primo gruppo. ; leralmente ammesso, dagli sperimentatori del cianuro di por tassio che questo veleno, dopo due o tre giorni, è scomparso dalla pianta. Anzi i fautori del metodo Perosino insistono gagliardamente su questo i è © ch sa ez 3 fatto che a loro giudizio è RI lp alte persi Sca qualche Roo sulle greggi senza € ANTONIO BERLESE 169 RS uno dei principali pregi del sistema, poichè non lascia pericolo di avvelenamento nelle frutta etc. Questo, invece, è il gm difetto del metodo e lo dimostro colonie di insetti da conitiattofei: fossero tutte esclusiva- mente ee di forme semoventi e in attività di succhiare la pianta o nutrisene altrimenti, la proposta del cianuro dovrebbe avere maggior ragione di vitalità, od, altrimenti, se il cianuro, tanto si trattenesse nella pianta da poter abbracciare in un tempo conveniente tutti gli stadi del- l’ insetto, tanto che questo o prima o poi dovesse soccombere per la virtù mortifera, se ne potrebbe sperare vantaggio. Però, afidi e tillos- sera, depongono molte uova e le uova non succhiano, nè è presumibile che tutte schiudano appunto in quelle poche ore nelle quali il cianuro è diffuso nella pianta. Le uova che schiudono poi, sono più ehe suffi- cienti per ripristinare una allegra segiicno Mi si può obbiettare che nes- suno Slan la riinoculazione del Contuttociò io ritengo che il vitibultore: sarà per fare i snoi cal- coli e riconoscere che il vecchio metodo del solfuro di carbonio, è tuttavia il meno costoso ed il più efficace, agendo anche sulle uova, costando meno assai e Rio per la mano d’ opera e con minor pericolo della poste e degli opera ltre, è bene dire pà ‘d’ ora che gli insetti in genere non sono, perchè piccoli, così come può sembrare, elementarmente melensi da cibarsi, senza il debito riguardo, di una sostanza nociva alla loro salute, ma i casi di possibile avvelenamento di insetti per ingestione di cibo letale, sono pochissimi e molto rari, e si limilano solo ad insetti on- niîvori e assai poco scrupolosi nella scelta del cibo, come sono domestici, ad es. le mosche e le blatte; ma per gli altri che vivono su una determinata pianta, |’ alterazione del succo vegetale li allontana, non li Red; age vagano, piuttosto, digi Si può qui obbiettare che tanto vale Sinti queste fillossere quanto ucciderle, e che se non sono più sulla pianta ciò basta. Io non divido affatto questa opinione e so benissimo che insetti, anche piecoli, resistono grandissimamente al digiuno e possono benissimo vagare per cibarsi. mente seguito e per cui ho scritto qual- che memoria, “fn non didline di essere letta, mi ha dimostrato sem- pre che gli insetti in genere, hanno, nel loro tessuto adiposo, come gli aracnidi in particolari organi del sistema digerente, assai capaci ma- gazzini di riserva, non soltanto di sostanze adipose ma ancora di albu- minoidi in buon dato, mediante i quali i periodi loro di astinenza pos- sono durare tempi talora lunghissimi, come mesi ed Face ed alcune forme possono vivere non cibandosi mai per tutta la LI 170 CIRCA INIEZIONI NELLE PIANTE ETC. Ora, il processo scientifico delle ricerche in questo senso, avreb- be dovuto versare sulla durata possibile della astinenza. ad es., nelle fillossere e confrontarla colla durata del veleno negli organi della piaata, poichè finchè io so che per caldo eccessivo e per freddo grave le fil-. lossere possono, per lunghi giorni, astenersi dal nutrimento, anche senza. — altre ricerche io sono in condizioni di dubitare che anche per cibo i non addatto ciò possano fare agevolmente. Il credere di poter sorpren- dere gli insetti planticoli, somministrando loro una sostanza avvelenata; come un cane con una polpetta di stricnina od un topo con un cibo | fosforato, sono idee che possono appartenere a persone che non cono- scono abbastanza gli insetti, i loro sensi e la loro avvedutezza, ma non a chi ne ha pratica. Potrei citare molti esempi in proposito, ed anche occorsi a me, se ciò ne valesse la pena. Intanto, le testimonianze degli sperimentatori favorevoli al metodo delle iniezioni al cianuro, convengono che gli afidi, dopo la cura, si erano allontanati dalle piante, ma che queste, dopo qualche giorno, mo- stravano le colonie dei detti emitteri nuovamente ricche sulle parti aeree delle piante trattate. Se ciò conviene con quanto sopra ho espo- stu, vegga il lettore imparziale, mentre io potrò aggiungere qualche al- tra osservazione, quando dirò più sotto delle prove in senso analogo, condotte fino dal 1891, Yeniamo ora alle Cocciniglie che pure si sono trovate alle prese col metodo delle iniezioni di cianuro di potassio e che, per quanto possa affermare in contrario il Perosino e gli sperimentatori che ne appog- giano il metodo, pure è molto dubbio, anzi direi incredibile, che così facilmente cedano a questa inoculazione della venefica sostanza. ra le cocciniglie, vi hanno forme, come i Cocciti, Orteziti, Mo- noflebiti, Lecaniti ete., dannosissime e che si com portano, in vita, presso a poco come gli afidi, cioè libere e vaganti sempre, meno forse, negli estremi momenti della femmina, quando, ormai matura, attende a deporre. le uova. Per queste le stesse considerazioni si debbono fare che per gli afidi, colla aggravante che essendo le eocciniglie suddette, per. la maggior parte, ovipare, sulle uova ormai deposte e che stanno per schiu- — dere, non ha efficacia alcuna una passeggiera alterazione del succo delle piante. Scelgo due esempi e valgano per tutte le altre. I casi infatti da contemplarsi possono essere due, l’uno cioè comprendente le forme @ sviluppo simultaneo, come sarebbe ad es.: il Ceroplastes Rusci che è forse il migliore esempio, l’altro che accoglie le forme con sviluppo ad epoche variabili. come ad es.: il comune Dactylopius Citri, o la Gue- rinia Serratulae o la Icerya Purchasi ete. ete. Nel primo caso, vi ha a VESTA, Craps pi ANTONIO BERLESE 171 un’epoca nella quale, nel periodo di pochi giorni, tuite le larve sono schiuse dalle madri. Così pel Ceroplastes anzidetto, 1’ epoca cade, se- condo le regioni, con piccolo divario, in fine di Giugno. In questo tempo le piante di fico si veggono coperte uniformemente di una polvere ros- sobruna, semovente, diffusa su tutti gli organi della pianta, ciascun gra- nello della quale rappresenta una piccola larva che emigra in cerca di cibo. Le iniezioni di cianuro di potassio, potrebbero per queste coccini- glie avere adunque effetto, cogliendole qualche giorno dopo la schiusa, quando ormai sieno fissate. Però tutte le prove convengono in questo fatto che la cura non uccide per nulla gli insetti e la presenza del cia- nuro di potassio negli organi della pianta, anche quando fosse veramente accertata, non implica la necessità che gli insetti sopraricordati debbano appunto succiare gli umori avvelenati, ma, mobili ancora, possono vagare (ed io ricorderò l'esempio dei Lecanàw) in cerca di cibo non velenifero, od altrimenti astenersi dalla nutrizione, ciò che certamente fanno, fin- chè gli umori della pianta non sieno ritornati allo stato normale. Ognuno” però agevolmente vede che quando sia necessario por mente attenta al- l’epoca della schiusa delle larve, assai più agevole e meno dispendioso” è l’uso di un qualsiasi insetticida, anche debole (bastando anche l’acqua di calce o l’acqua di sapone) somministrato alla pianta mercè l’uso delle solite pompe a getto Aeg (delle quali ora si hanno esempi di grande potenza e che in pochi secondi irrorano piante anche altissime), mercè il quale lidaido: se dato bene, senza verun dubbio muoiono tutte le larve e la infezione è terminata così. Inoltre, ho auto altra volta occasione di dimostrare che questa avvedutezza &îi colpire le larve ap- pena nate è in rapporto ne ig coll’ opera della natura intesa a scemare il numero degli insetti in genere, specialmente di alcuni più proclivi ad una moltiplicazione doni. poichè colpendo le larve non si molestano affatto i parassiti (specialmente imenotteri e ditteri) che al- bergano nelle cocciniglie e ne fanno strage enorme. Questi parassiti, che talora riducono a nulla sterminate legioni di coccidei (come di afidi etc.) non entrano ad albergare nel corpo della vittima, che nella sua giovinezza. Così le uova dei parassiti, deposte nei corpi ad es.: dei Lecanili ete. lo sono solo in uno stadio notevolmente posteriore a quello larvale, ‘ma nelle larve non si trovano. Ordunque, posto che, come da osserva- zioni che io ho fatto risulta, Di le larve parassite si nutrano della so- stanza adiposa accumulata nel l'organismo della vittima dopo che questa è già grandetta, se essa vittima viene ad essere avvelenata od altrimenti | a perire, anche il parassita e compromesso e dere esso Ud: terr -0 in sula di a ND 172 3 CIRCA INIEZIONI NELLE PIANTE ETC, L’uccisione delle larve, invece, toglie di mezzo un gran numero di future vittime ai parassiti, di guisa che questi, aggrediscono in nu- mero esuberante e sproporzionato al loro bisogno, le vittime superstiti e queste sono indubbiamente condannate a perire, prima di essere ma- ture. Questo riguardo grandissimo verso i parassiti è del più alto inte- resse nella entomologia agraria razionale e coloro che conoscono il pregio dei minuti ausiliari dell’uomo, ne sono così rispettosi, che non solo curano lo sviluppo ed il progresso dei parassiti, ricercandoli ta- lora, come fanno gli americani, anche in altre parti del mondo ed in- troducendoli nei propri paesi contro insetti infesti, ma debbono combi- nare i metodi di cura in modo da colpire solo gli insetti dannosi, rispettando al massimo grado i preziosi parassiti. Il metodo di avvele- nare ogni cosa, anche quando fosse possibile è, adunque, da condan- narsi anche per ciò. Io insisto quanto piò so e posso su questa importante questione dei rapporti fra i parassiti e Je vittime nel camp» degli insetti agrarii, ed io credo fermamente che, solo colla cognizione profonda della biolo- gia delle specie che si vuol prendere di mira, si possa, senza tema di condurre l’entomologia agraria al più deplorevole empirismo, procedere con fortuna nella ricerca dei mezzi di difesa. Il metodo più sicuro per liberarsi di un certo numero di insetti non può mai dare assoluta cer- tezza di aver recato un vantaggio alle piante da difendersi, anzichè un danno reale e grande. Ho altre volte dimostrato, con esempi, questo fatto e non vi ritorno ora. Per quelle specie poi di coccidei, i quali hanno, come la maggior parte degli afidi, ripetute generazioni annuali, le quali si incrociano e confondono, dando origine ad una schiusa ininterrotta di larve, il me- odo delle iniezioni richiederebbe, o ripetuto, o continuato l’uso del cia- nuro di potassio, o la applicazione di una sostanza più stabile e più du- revole negli organi della pianta. Ripeto intanto che la speranza, la quale da troppo frettolosi spe- rimentatori è stata affermata come un fatto compiuto, che, cioè, le coc- ciniglie fissate muoiano, intanto, per 1’ ingestione di sostanza vegetale avvelenata, è assolutamente da rigettarsi, e ciò è dimostrato, non soltanto dalle forme capaci di vagare, delle quali ho già detto, ma specialmente ANTONIO BERLESE 173 Allorchè taluno ha affermato che il giorno dopo dalla iniezione di cianuro in una pianta di Eronymus, la Chionaspis Evonymi adulta, cadeva copiosa abbandonando la pianta e desquamandosene, non ho mancato di esporre tutti i miei dubbi in proposito e darne ragione. Quelle forme di cocciniglie fisse che appartengono ai Diaspiti sono, in processo di tempo, nella loro vita e per Ja massima parte di questa, rinchiuse in follicoli, mettiamo di seta, i quali sono poi quella squama o scaglia che si vede. Ordunque, morti o vivi che sieno gli insetti entro il follicolo, questo non ha ragione alcuna di abbandonare la pianta per l’ uno o l’altro dei detti stati dell’ insetto chiuso allo in- terno, ma la desquamazione, specialmente su foglie liscie, può avvenire solo per un forte appassimento delle foglie stesse, di guisa che, restrin- gendosi la superficie sotto il follicolo, questo viene smosso e può ca- dere, se la femmina ha, intanto, retratto il suo rostro dagli organi della pianta; altrimenti, nelle condizioni normali del vegetale, che sono poi quelle di perfetta salute voluta da chi insiste sulla innocuità del processo della iniezione del cianuro di potassio, l’affermare che i gusci delle coccini- glie, per questa morte degli insetti, sì staccano, non può non incontrare al- trettanta incredulità che se si affermasse che nel bosco, uccise le crisalidi del baco da seta entro i bozzoli suoi, questi cadono di per se a terra. La osservazione diretta dimostra, intanto, che le cocciniglie del’ gruppo dei diaspiti non muoiono affatto, nemmeno quando cusì sedi è stata la forza del cianuro di potassio nella pianta da uccidere que L'esperienza che io ho fatto su un mandarino, mi ha ciò dimostrato chiarissimamente ed io so che le Chionaspis dell’evonimo e le Diaspîs del gelso si comportano egualmente. La mia esperienza è anche assai più a carico delle altre verso il sistema dell’ iniezione del cianuro di potassio, poichè ognuno ben sa che in progresso di disseccamento della pianta, scemata in questa la attività vitale, l’ evaporazione delle parti aeree si conserva nella sua forza o si accresce; l'assorbimento passivo, per pura capillarità è oltremodo efficace e quindi più forte la dose del veleno che può scorrere entro gli organi della pianta e si può credere anche il bisogno negli insetti di nutrirsene, poichè tanto assorbirà di liquido un fiore od un ramo reciso, da un recipiente di acqua, che non assorbirebbe sulla sua pianta in condizioni normali di vita. Perciò, quando io riferirò le mie antiche prove in recipienti di acqua comun- gliame di piante trattate col cianuro di potassio? Questa semplicissima prova avrebbe messo sulla via di accurate ricerche in più sensi. Io che detti a man- - a topi e cavie baccelli di fave iniettate per le IR GIRA E pe giare tassio al 5 p. 0/00, vidi sempre sani questi mammiferi. Di GI | CIRCA INIEZIONI NELLE PIANTE ETC. que arricchita di sostanze varie, con effetti perniciosi sulla vegetazione, maggior valore dovranno avere i risultati ottenuti sugli insetti e se que- sti non sono morti, molto meno potrà ciò accadere su piante vive e -sane nella loro terra. Dal lato pratico adunque, non vi ha chi veda che se taluno avesse, ad es.: un vivaio di peschi da liberare dagli afidi o di agrumi da curare contro le cocciniglie, molto più sicuro, pratico e meno dispendioso sareb- be l’uso di quei metodi che fino ad ora si sono proposti, come una buona irrorazione colle emulsioni di petrolio, di sapone, prodotti del catrame .ete., le quali hanno efficace azione anche sulle uova etc. ete., che non la pratica di un foro per ciascuna pianticina, e l’introduzione del cia nuro di potassio, il mastice per chiudere di poi etc. etc. Cose che ri- chiedono maggior dispendio e più mano d’opera, ma conducuno a risultati molto più incerti. Sulle piante grandi poi, fatte le debite proporzioni, occorrerebbe una sterminata quantità di cianuro di potassio, ed io credo che per un grosso ed alto olmo, ad es.: che si volesse liberare o dalla GaMerucella o dalla Schizoneura 0 da altro insetto, occorrerebbero parecchi chilo- “grammi di cianuro di potassio, mentre, coi mezzi che si possono avere oggidì e che già gli americani impiegano largamente, l’opera di disin- fezione è sollecita, sicura e non troppo dispendiosa, ed il 1{2 a 2 p. 0100 circa di verde di Parigi, mescolato nell’ acqua, coll’aggiunta di altrettan- ta calce, è un’insetticida, colà usato, di gagliardia ed efficacia assoluta. Per tutti gli insetti delle piante erbacee, giacchè nessuno se ne è occupato nelle speranze della cura interna a base di cianuro. di potas- sio, non monta che mi occupi io, ma è certo che, tolti questi ultimi, ad una ben modesta falange si riduce quella degli insetti che il metodo delle iniezioni del cianuro di potassio, se realmente fosse efficace come si ebbe a sperare, potrebbe combatiere, poichè da quelli ancora delle piante perenni e di grande fusto, è d’uopo togliere quelle forme di le- pidotteri, ditteri, coleotteri, emitteri, imenotteri etc., che, libere all’aperto ‘0 sotterranee, insidiano le dette piante, e talora non leggermente, e che, facilmente mobili, vivaci od attive non abboccheranno senza dubbio al .cibo avvelenato. — a Tutto ciò per quanto riguarda il lato pratico della questione. Quanto alla parte più ‘strettamente scientifica, la idea della inie- zione del cianuro di potassio nelle piante per ucciderne i parassiti al di fuori, non ha esempio in altre cure consimili praticate nel campo Animale, come pure si vorrebbe. Non vi ha esempio di ectoparassiti ie | ist od allontanati da una forma animale per via di medicamenti intro= ye El 4 ANTONIO BERLESE La cura degli endoparassiti, sieno esse forme maiuscole come gli elminti od altro simile, o minime come i bacteridi, sporozoi etc. si fa, nel primo caso per azione di sostanze nocive, a contatto ed in ciò nulla vi ha di diverso dalla cura degli ectoparassiti; nel secondo caso per vie complesse, che possono richiamarsi od a veleni specitici verso la forma da combattere, o con metodi che si abbracciano col nome di sieroterapia, gli uni dagli altri forse non diversi, ma certo diversissimi da quello che si è proposto per la cura delle piante, dove la sostanza venetica, attraversato tutto l'organismo da difendere, dovrebbe uceciderne i parassiti esteriori. Se vi fosse un processo il quale dovesse alterare i in modo perma- nente 0 per ùn tempo abbastanza lungo i succhi del vegetale, tanto che questo rimanesse 77727727une dalla aggressione delle forme nemiche, questo processo potrebbe, in certo qual modo, comprendersi in uno stesso ambito con le cure sieroterapiche, profilattiche, ma da questo processo a quello della iniezione di sostanza venefica per ottenere una uccisione immediata degli ectoparassiti ognuno vede quanta diversità corre. Quest'ultimo concetto, ho dimostrato in quante difticoltà incorre, e l’esperienza ormai mi da ragione, mentre il primo, quello cioè di ren- dere immune la pianta (vaccinazione) che è poi quello messo innanzi primamente dal Pichi e discusso per altre ragioni lungam mente da. un valoroso cultore di Patologia vegetale, assai prima d’ oggi, è molto più razionale e può essere che abbia un’avvenire. Intendo rendere immune la pianta mercò cure interne, poiché per ottenere l’effetto mercè uso di sostanze al di fuori della pianta stessa, questo si fa già, con eccellente riseltato, non fosse altro che per i funghi più nocevoli all’agricoltura. Si vede facilmente quanto scrupolosi sieno la maggior parte degli insetti nella scelta del vegetale o della parte del vegetale da cui esau- rire il nutrimento e le forme fisse 0 poco mobili più di ogni altro. Io ho citato gran numero di esempi a proposito di cpl pica e non li ripeterò qui. Ricorderò solo un esempio classico. L’Howard narra di un’ albero di pero, su cui erano innestati due rami di munstite varietà diverse: |’ uno di questi si trovava coperto di Aspidiotus per osus, appartenendo ad una varietà volentieri attaccata dalla eran “gaia mentre l’altro, vicinissimo, pertinente a varietà di solito immune, si trovava affatto” esente da cocciniglie. Si può ritenere che in alcuni casi può ba- Stare una minima modificazione nella composizione del protoplasma ve- | getale per allontanare gli insetti dalla pianta su cui prima albergavano role ha in che la fillossera non n essere “com- 176 CIRCA INIEZIONI NELLE PIANTE ETC. presa nel novero. Ben inteso che l’alterazione deve essere permanente . per tutto quel tempo pel quale si desidera che l’insetto stia discosto ed in questo caso adunque per tutta la vita della pianta. ra tutte le considerazioni che io ho sopra esposto, con queste ultime che sono di maggior rilievo, sono state appunto quelle che, an- cora da tanto tempo, cioè dal 1891, miavevano indotto a ricerche in- torno al modo di immunizzare le piante contro 1’ aggressione di taluni insetti, appunto alterandone i succhi abbastanza per ottenere l’effetto in modo permanente e senza danno del vegetabile e di ciò che se ne richiede. È bensì vero però che io seguivo una via, la quale mi sembra, anche oggi molto più razionale allo scopo di quella seguita nella inie- zione del cianuro di potassio, per uno scopo diverso bensì, ma che alla gente grossa, può sembrare analogo a quello che io, d’accordo con mio fratello Augusto Napoleone, allora ad Avellino, mi proponevo. I quesiti ai quali si pensava, per parte nostra, di procurare ri- sposta erano i seguenti: 1.° Se particolari sostanze, somministrate in soluzione acquosa. alle radici, potevano essere assorbite e circolare in tutti gli organi della pianta. 2.° Effetti sulla vegetazione e sugli insetti di sostanze diverse, così fatte penetrare entro l’organismo vegetale. Fu subito messo da parte il metodo dell’iniettare sostanze in so- luzione acquosa per entro il fusto delle piante od i rami più grossi, poi- chè si era veduto che l’assorbimento era molto incerto e nemmeno co concorso di una pressione costante si poteva ottenere in grado rilevante. D’altronde il mezzo di spargere le sostanze sul terreno, perchè le radici le assorbissero, conduceva a dubbi d’ogni genere, poichè le sostanze po- tevano alterarsi nel terreno e d’altra parte mancava qualsiasi prova che queste fossero assorbite dal vegetale. i Dopo lunghissime prove con piante munite di loro radici e parti di piante, introdotte in bicchieri contenenti le soluzioni di sostanze di- verse al titolo voluto, si riconobbe che questo mezzo era molto impro- prio alla bisogna, poichè le piante soffrivano per mancanza di nutrizione e quindi tutto l’esperimento era turbato. sla Si procedette allora, secondo un metodo che sempre di pol Si è seguito nelle ulteriori esperienze e offriva dati sicuri. î Si è ricorso ad un tubo di vetro, del diametro di circa un centi metro e lungo da venti a venticinque centimetri 0 più ancora, ripiegato in basso ad uncino o meglio ad U, con questa avvertenza che delle due branche l’una era di assai più corta dell’altra e la più lunga era all’apic@ alquanto svasata ad imbuto. Alla branca più corta si annetteva, forzato, UD | ANTUNIO BERLESE 177 tubo di gomma (a), lungo una ventina di centimetri od anche meno . La branca più lunga poi era graduata per centimetri cubici. Vedasi ciò nella figura annessa in A. at ei Tra Ora, scelta una pianta carica di afidi o di cocciniglie o di altri insetti, talora si toglieva di terra ed allora veniva disposta colle radici sue immerse in un bicchiere di soluzione nutritiva, mentre una delle sue radici più gros- sette veniva recisa un poco obliquamente ed introdotta nel tubo di gomma che si trovava annesso alla branca minore del tubo di vetro. Disponendo la pianta, col tubo di vetro così annessole, in modo che il tubo stesso ri- manesse colla sua bocca apicale al di fuori del liquido nutritivo, si vede che in questo tubo di vetro poteva essere introdotto un determinato liqui- do che, venendo in contatto colla sezione della radice, poteva da questa 12 TB": CIRCA INIEZIONI NELLE PIANTE ETC. essere assorbito e penetrare così nel vegetale, ed essere anche misurata la quantità del liquido contenuto nel tubetto, penetrata nel vegetale in un dato tempo. Siccome si chiudeva, in parte, con un piccolo tappo l’orifizio libero del tubo di vetro, così la evaporazione TRPRICEA AE una perdita tras- curabile. Per molte piante in terra, senza cad dal posto, si è trovata una radice atta all’uopo e, recisala, si è introdotta a forza nel tubo di gomma, ricoprendo questo e parte di quello di vetro, in seguito, colla terra circostante di guisa che non rimanesse all’esterno del terreno che parte della lunga branca del tubo di vetro, come è mostrato a fig. B. Così si poteva introdurre nella pianta la soluzione acquosa voluta, senza altrimenti danneggiar il vegetale. Noto, che talora, per maggior precau- zione, si stringeva con un forte nodo di spago, il tubo di gomma attorno alla radice, essendo questa a sg così irregolare che avrebbe potuto il liquido filtrare. Il metodo raggiungeva lo scopo di mantenere per un tempo inde- finito la sostanza scelta, entro gli organi della pianta, poichè si poteva, ogni due o tre giorni, o quando se ne riconosceva il bisogno, aggiun- gere nuovo liquido nel tubo di vetro. Effetti analoghi si ottengono impiegando un ramo anzichè una radice. Le nostre prime ricerche furono inteso a riconoscere la diffusibi- lità di alcune sostanze, queste pero. furono poche, perchè era difficile trovarne che poi si potessero riconoscere entro gli organi del vegetale. osì, soluzioni al 5 per 0{00 di ferricianuro di potassio furono a più riprese impiegate e sempre si riconobbe che qualsiasi organo della pianta, dopo circa una ventina di ore, mostrava, con un sale di ferro, la caratteristica reazione bleu. Anzi, certe ‘piante, disseccando per ef-. fetto di questa sostanza, sitnrano qua. e. là le foglie chiazzate di bl À . Ma il ferricianuro di potassio 3 molto nocivo alle piante, assai pia del cianuro e il più delle volte le uccide. Senza ricordare tutte le sostanze minerali che si sono sperimentate, x dirò che la più perniciosa alla pianta ci è sembrata, fra le comuni, il cloruro di sodio, che in Guk: anche leggiere, fa danni gravi alla vege- Mione, ni Trascrivo qui, giacché ho potuto rintracciare questi ur di ni i moltissimi che ho. smarriti (poichè alla fine di tante prove mi era sembre î | chei risultati fossero insignificanti ed altrettanto credo tuttavia) trasci LI daga i risultati di alcune prove su piante in bicchiere contenente so i 3) 23 Maggio 1891 — s: DE Maggio, ore. 8 antim. osa vigono alta 40, 26 s53i ANTONIO BERLESE 179 luzione nutritiva. La sostanza da sperimentare era disposta nel tubo di vetro, salvo sa sana esperienza, che riporto solo perchè si tratta di cianuro di potass 1) 21 Maggio 1891 — Urtica urens; radici immerse in soluzione al 5 per 2000 di cianuro di potassio. Ore 1. pomer. Deperì subito e si avviò al disseccamento. 9) 18 Mavgio 1891 — Urtica urens; piena di afidi, lunga 70 centim. circa, molto rigogliosa e vivace. Radici a fittone circa 10 centim. Disposta per l’esperienza alle ore 5 pomer. Nel tubo, soluzione di cianuro di potassio al 5 per 0 19 Maggio 1891 — Ore 11; sono passati 3 centim. cubici del liquido nel tubo; se ne aggiunse altro. cl sn hanno abbandonato il loro posto e camminano sulla pian 20 Maggio 1891 — Ore 10 pain 771 La pianta comincia a soffrire. Gli afidi sono in parte morti, altri camminano. 21 Maggio 1891 — Ore 8 antim. Gli afidi camminano sulla pianta, però questa ha sofferto assai ed è vizza, d ore 10 antim. ho colto due rami di Limone coperti da Lecanium hesperidum, in grande abbondanza; li ho disposti, l’uno in acqua pura; l’altro in acqua con cianuro di potassio al 2 1{2 per 0/00. Il ramo messo in solnz. di cianuro ha mostrato che le cocciniglie fino dal giorno dopo (24) si erano staccate dal loro posto e penosamente, poichè sono molto pigre, vagolavano qua e là sul ramo; quindi caddero o si lasciarono cadere sulla carta, dove finirono per morire e dito. | Nell’altro ramo, che pure si è disseccato contemporaneamente al precedente, le cocciniglie sono rimaste in seni mi sono morte (7 Giugno erano tuttavia ‘in sito). Contemporaneamente, siccome era nostro concetto che lo scopo desiderato si potesse ottenere, non tanto mercè l’uso di sostanze mine- rali venefiche quanto con quello continuato di sostanze, Sei impero vegetali, di odore forte od altrimenti capaci di modificare il sma vegetale, tanto da costringere gli insetti parassiti ad allontanarsene © morire, così, si condussero altri esperimenti, con sostanze vegetali ‘odorose 0 velenifere; e sempre col solito mezzo mezzo del tubo di ve tro, .su piante in bicchiere con soluzione nutritiva. Eccone alcune: 4 21. Maggio, ore 1 pomerid. Urfica come a. num. 2, immersa diret- tamente in tintura di canfora al 20. De iva eni: vi a La. pianta deperì subito. cilliviga farono o messe insoluzione di è x o di : bicog ai CIO CIRCA INIEZIONI NELLE PIANTE ETC. S Deperì subito. 6) 21 Maggio, ore 8 antim. Bella pianta di Urtica; Tintura di canfora al 5 p. 0/0 nel tubo. Si è mantennta viva fino al 5 Giugno e gli afidi la avevano abbandonata del tutto fino dal 25 Maggio. 7) 21 Maggio, ore 8 antim. Pianta di Urtica come precedente. Estratto fenicato di tabacco al 50 0/0 nel tubo. Gli afidi sono scomparsi, il liquido è scemato poco nel tubo. Ancor viva al 5 Giugno. 8) 20 Maggio, ad ore 12. Bellissima pianta di Urtica, alta 70 centi- metri. Nel tubo fu introdotto un decotto di tabacco ottenuto fa- cendo bollire a lungo dieci grammi di trinciato forte in circa 100 centimetri cubici di acqua. 21 Maggio, ad ore 8 antim. il liquido nel tubo è scemato solo due centimetri, però vi deve essere stato scambio coi liquidi incolori dell'interno della pianta perchè il liquido del tubo è più chiaro. La pianta è in perfetta salute. Degli afidi alcuni pochi sono morti. 5 Giugno. La pianta è ancor viva, il liquido è scemato poco, gli afidi sono scomparsi. Le prove su piante in terra furono condotte in Giugno 1891 su alcu- ni mediocri peschi nel bosco di Portici, non più alti di un metro ed ottanta centimetri, carichi di afidi. Per quello che rammento dei risultati, giacchè non ho presenti, come ripeto i fogli dove ho segnato minutamente il pro- gresso delle esperienze, so che, usando sostanze le più diverse, rome solu- zioni di ferricianuro di potassio, cianuro di potassio, di estratto di tabacco, emulsioni di canfora, e pertino di solfuro di carbonio, giammai si è otte- nuto un risultato degno di essere apprezzato. Gli afidi sono rimasti a lor posto o se pure nelle prime ore dall’applicazione del tubo e del liquido, vagolavano sulla pianta, di poi si fissavano nuovamente a lor posto. ; o ho infatti notato che la discesa del liquido nel tubo è, nelle prime ore, abbastanza gagliarda, tanto che quattro o cinque centimetri cubici pas- savano entro la pianta, ma, in seguito l’assorbimento scemava tanto che dopo un giorno o due esso era quasi nullo. Così, gli effetti che si erano ottenuti sulle piante divelte da terra ® mantenute in liquido nutritivo, sembrarono dipendere dalla condizione anormale in cui le piante si trovavano. Più tardi, durante le vacanze autunnali dello stesso anno 1891, ho ner guitato le mie ricerche su belle piante di Evonimi, coperte di Chionaspis ‘ cianuro di potassio e di eloruro di sodio; ottemni, colle ultime due sostanze specialmente, fl deperimento delle piante o di ‘parte di esse ma non ollenné. ANTONIO BERLESE 181 nai la morte delle Chionaspis, che io esaminavo scrupolosamente ogni giorno, Questi resultati negativi furono quelli che appunto mi persuasero ad abbandonare cosifatte ricerche, mentre io pensavo allora e penso tuttavia che quegli insetti i quali allora avrei così voluto combattere, facilmente al- trimenti, con cure esterne alla pianta avrei potuto rimuovere del tutto. Le conclusioni che io penso di essere autorizzato a ritrarre dalle mie prove d’allora e da altre venute ora, in seguito alla proposta Perosino, credo che possano essere le seguenti. L.° Il sistema di iniezione od imbibizioni entro le piante per allonta- narne gli insetti può solo prendere di mira un’assai limitato numero di insetti fra i più sedentarii, ma per la sterminata falange degli altri è d'uopo ricorrere ad altri spedienti. 2.° Il metodo proposto dal Perosino pecca di semplicità somma, poi- chè non è necessario, per ottenere i modestissimi effetti analoghi, ricorrere ad una sostanza minerale di tanta virtù venetica ed invece sarebbe più ]o- gico pensare a qualche sostanza vegetale incomoda o dannosa agli insetti da combattere. 3.° Il detto metodo pecca perchè l’azione della sostanza da introdursi nella pianta non deve essere subitanea ma, nel caso, prolungata per lungo tratto, a seconda degli insetti da combattere. 4.° Rimane tutto un larghissimo campo da esplorare circa agli effetti sulle piante di sostanze diverse, poichè l’unico concetto plausibile allo sco - po, quello cioè di modificare sensibilmente per gli insetti il succo vegetale di cui si nutrono, non > » quali effetti possa indurre nella vegetazione e fruttificazione delle pia 5.° È molto seri e può essere creduto dal modo di comportarsi dei liquidi nei tubi dopo un certo tempo, che la pianta, mercè le sue radici, eserciti una vera azione elettiva e rifiuti le sostanze che possono in qual- che modo alterarla. Ciò si vede nelle piante in terra in condizione normale e questa è forse la principale difficoltà allo scopo. . A. BERLESE. Bullettino di Entomologia agraria, Febbraio 1899, Marzo alt Ea Ravizza F. Giornale di Agricoltura pratica, N. 268, vol. XV (1899) p.35. BIBLIOGRAFIA StupIaTI. In cron Dei Rame che può trovarsi nelle differenti parti vite. (Stazioni di. agrarie ital., vol. SV, fasc. II, pag. PicHi. Alcuni esperimenti fisiopatologici sulla vite ete. (Giorn. Bot. ital. 1891) A. N. BerLEse. Rivista di Patologia Vegetale, anno I, p. 325 * Ipem. Alcune idee sulla predisposizione delle piante all’ infe- zione parassitaria ed alla « vaccinazione » delle @ sime (Riv. di Patol. Veget. 1892, anno II p. 1). G. PeRosiNo. Lotta antifillosserica (Gazetta delle Campagne, anno XXVIII, 1899. N. 2, pag. 11, N. 8, pag. 58; N. 10, pag. 78; N. 11, pag. 83; N. 13, pag. 101; N. 14, pag. 106 ; N. 15, pag. 116 etc. etc. M. CoppoLa, C. Lumia, A. ALor. 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Krie Jaca indi quelli della Ù luce, i che a questo genere deve essere ascritto l’Oedomyces Zeproides Sace. et Matt. che determina il noto sviluppo ipertrofico della radice di barbabietola in Algeria. Come altrove dissi, 5 Reze ritiene chè l’Oedemyces sia piuttosto da ascriversi ad una mucorinea. Le specie di — si occupa il Magnus sono Lulu agnnan con numerose figu Magnus P., Ein es Aecidium Le Diazto sp. aus Bolivien (Ber. Deut. Bot. Ces; 1898, B. s, “XD. specie nuova, che l’A. descrive accuratamente e figura, è chiamata dal medesimo Aecidium Opuntiae. I peridii sono raccolti in pustole; i basidi differenziano all'estremità le spore, però non di rado si allungano le cellule prodotte all’apice del basidio, rimangono aderenti una all’altra e costituiscono una specie di filamento che l’A. Le alle parafisi. Le ecidiospore hanno sug liscia, ed oscillano fra queste dimensioni 20, 6 - 28, £4 v 12, 9 - 18, 1. gnus P., Der setta per Syringa vulgaris in Nordamerica (Ber. Deut. — Ges. 1898, Bd. L’A. dimostra che, Jk in Europa la Microsphaera Ehrenbergii dalla Lonicera tatarica passò alla Syringa vulgaris, nell'America Settentrionale una Microsphaera, molto affine alla M. Alni, dall’ Ilex sep o dalla lutea, o dal Corylus americana o da altre piante passò sulla Syri vulgaris. Magnus P., Eine neue Phleospora ( (Hedw. Bd. sed. 1898). È descritta ed accuratamente figurata la nuova sro Jaapiana. Se- condo l’A. esisterebbe, sotto l'epidermide, un peritecio emisferico, , alla parete interna del quale si inserirebbero gli sterigmi tant) che all'ontremità por-. tereb bero sporule baculiformi, 2-4 cellulari, 25 -28, 4. lunghe. Per me piuttosto che di un genunino peritecio, ritengo che si i tratti di un cubicolo stromatico quale rinviensi in altre specie congeneri. Maanas P., Ein kleiner Beitrag z. Kenntniss d. Puccinia paoli (Hedw. case ant ellittiche, tahò can hanno da 2 s0 184 KASSEGNE Magnus a > eber einen in Siidtirol aulgetretenen Mhlthau des Apfels (Ber. Deut. Bot. . XVI, 1898). L’A. ascrive la “eriifaceà rinvenuta sulle foglie di Melo a S. Michele, alla Sphaerotera Mali Burr., ngn conclude che questa specie non cresce soltanto in America, bensi an E Mugnus P., Ein bei "nei auf ani arbosesceus epidermisch sali "plain her, ui it Ges. XVII, seguito ad osservazioni onfronti fra le diverse erisifacee che cre- scono sulle aetialicee PA. viene a concludere che quella rinvenuta sulla Caragana arborescens appartiene al genere rano e costituisce una M. specie che l’A. considera nuova e chiama e. Noack F., Malattie della vite nel Brasile. ‘Zeitschrift fur Pflanzen- krankheiten, IX. pag. 1-10, con 1 tav.). gicbi Nel passare in rassegna le principali malattie provocate da funghi, ri- corda l’Aut. anzitutto che la Peronospora viticola d. By fece comparsa nel Brasile appena nell’ultimo decennio. Nel 1890 viene indicata dal paese di Minas Geraes, ma non era stata scoperta puranco a S. Paulo ; un anno più tardi venne segnalata la sua presenza a Campinas, donde si diffuse sempre più, tanto che oggidi non v'è parte del Brasile dove non si trovi la malattia causata da inn o fungo. Da più tempo sono note le invasioni della Cercospora viticola Sacc., che vi infierisce assai più che in Europa, dell’ Oidium Tuckeri Burk. e del Glaeo- ritenuto dal D’AmrIpA e dal Morra PREGO (1894) quale forma di sviluppo del Gloeosporium. Recentemente è stata notata dall’Aut. la presenza del Melanconium fuli gineum Cav. (« bitter rot ») sugli acini d’uva infetti dall’antracnosi. Le sue tivando il fungo in soluzioni nutritive si può avvertirvi il fatto che, quando il materiale di nutrizione è è prossimo ad essere esaurito, singole cellule ifiche . . , sì rigonfiano, ed assumendo un colorito più scuro, si arrotondano, dando l’idea di produzioni gemmiformi. Dopo 4 settimane circa vengono prodotte le spore le quali, quantunque un po’ più piccole, hanno l’aspetto di spore del Glaeo- m: queste rimangono anche più sotto dell’epidermide dell’acino, mentre le frattificazioni che erompono, dall’interno, attraverso l’epicarpio, spino al Melanconium. Sono state fatte anche delle prove d’inoculazioni artificiali, le quali avrebbero provocati sugli acini, spruzzati con acqua cart nte spore el Melanconium, la irenesmrarona puùtredine amara. In quanto all’infezione in natura, l’Aut. è d parere che questa avvenga in pra alle punture di insetti o per le vida gli austori della « Crittogama » praticano attraverso la epidermide. sone può avvenire dr saghe al punto di inserzione del frutto sul peduncolo, sviluppandosi le spore del fungo opportunamente dentro alle lenticelle 54 quest’ultimo. N. BERLESE 185 Da Ita dei miceli cscladerao il caso che si trattasse di uno dei noti parassiti radi- cicoli. Egualmen masero infruttuosi i tentativi di riprodurre la malattia in radici sane, per Lisio contatto con quelle card dalle ife miceliali. pra alcune HI fuligginose, molto frequentate dal Lecanium wviride, l’Aut. scopri un nuovo fungo, che egli denomina Furia brasiliense. Il micelio è foggiato a PC con gli articoli di color scuro olivastro, con protoplasma contenente da una a due gocciole brillanti; frammezzo si osser- vano però delle ife più sottili, cilindriche e più ri ice septate. Il fungo sviluppa picnidi e periteci. Quelli sono cilindrici, assottigliantisi a boccia verso l’apice, frangiati tagli orli e talvolta ramificati nel mezzo o alle basi : sviluppano conidi ellittici od ovali, 35 = 7.5 k, ciascuno con due gocciole lucenti. I periteci sono arrotondato-claviformi, assottigliati alla base, oppure piriformi e prolungati all’apice, larghi 50-60 x. ed altri 90-100 w. Essi dei- scono irregolarmente, ma sono di rado completamente sviluppati. Aschi cla- viformi, brevemente pediculati, 9-10 — 42 u., contenenti otto spore, ovato- allungate, quadrisette, 15-20 — 3.5 #, 5 gati danneggiamento singolare ebbero a soffrire alcune viti per parte di una siccità prolungata, accompagnata da vento forte Questi due agenti pro- ussero un essicamento parziale di tessuti, le foglie si presentavano « scottate » e ricordavano molto, nel loro aspetto, i fenomeni che vengono ascritti al itismo della Plasmodiophora vitis. Singolare è il “sog che le foglie protette da abbondanti pelurie ne andarono esenti. — (SoLL Oudemans C. A. I. A., Beitr. 2. Pilzfl. d. Pea II. (Hedw. XXXVII). i Sono accuratamente descritte le seguenti specie nuove: Ditiola Fagi, Phyllosticta persicicola, Phoma bufonii, Ph. descissen, Ph. Douglasii, Ph. Fran- gulae, Ph. sempervirentis, Ph. subtilissima, Rabenhorstia Salicis, Cytodiplospora Betulae, Ascochyta Myrtilli, Cytosporina Abietis, Sacidium Quercus, Clastero- Liga o. Heterosporium Avenae, Coniothecium Mughi, Fusarium Opuli. » Eine Beobachtung iiber Puccinia Malracearum Mont. hab: tschrift. pis gii nata VIII (1898) pag. 201). ncordemente con le indicazioni del WAGNER, su tale argomento, osservò Co; i anche l'A. la predilezione del ag che determina la « ruggine » delle mal- vacee (Puccinia malvacearum Mont.) per alcuue specie di questa famiglia. Tanto in natura (a Kaschan ed a AL ALE quanto nelle culture speri- mentali nei giardini botanici, vide il ParteR che, di diversi esemplari di Althaea rosea nigra, A. officinalis, Lavatera thuringiaca, Malva silvestris, M. crispa e Kitaibelia vitifolia, cresciuti uno presso l’altro. non vennero in- | taccate dal fungo che le piante di Althaea rosea soltanto. Singolare è poi il fatto che le piante di A. officinalis, sulla quale specie è stato trovato il fungo ". per la prima volta (dal BERTERO), ne erano perfettamente immuni. — (SoLLA'. Pezglion V., I! diradamento del grano e dell'avena nell’Agro romano a ” nella Maremma. (Roma 1898). ene Lan Ve art e a o pu pa he uri RUE Lia la malattia si presentava con sintomi, sul principio, diversi e si ripetevano 186 RASSEGNE ausa del male, secondo lA è l’Ophiobolus graminis. Allo scopo di pre- venire il diradamento l’A. consiglia : 1° Abbruciare le stoppie, mo eseguire un’aratura superficiale, seguita & breve distanza da una profonda ; fra le due arature sarà utile spandere circa 5 quintali Ra vena viva per etta 2° mare i ed in ispecie con concimi fosfatici, i ter- reni esauriti i dalle precedenti colture. 3° Rassodare il terreno prima della semina con opportune rullature, e ripetere l’operazione nei seminati, durante la primavera, non appena lo stato del terreno la renda possibile. Rathay E., Der gegenw. Stand der Black-Rot-Frage 1898. È una vizio esposizione delle cognizioni che si hanno circa il Black-rot.. a G., Rassegna crittogamica (Novembre 1837 a Ottobre 1898) In Nuova si È un n semplice elenco di funghi, per lo più parassiti, ma è assai lodevole l’intendimento dell'A. di far seguire questo aa catalogo da altri allo scopo di ape cre nota la flora micologica sic ore A., Sopra una nuova specie o di Oospora denominata 0. ini quale causa da Fioritura nei sigari forti etc. (Riv. Tecn, Amm. a i servizi privative finaziarie, 1899). n lavoro condotto con molta cura e serietà e ne va data lode sincera all’A., DI dei confermò, con rigorosi e molteplici esperimenti, che la fioritura, dei sigari forti e delle masse di foglie in fermentazione, è prodotta dallo sviluppo di una specie nuova di Oospora ( o Nicotianae). masse : disporre i cumuli di foglie in ambienti opportunamente riscaldati fra 30-409, 2° nei sigari: ridurre il grado di umidità al limite minimo (25 Oo) du- nte la prima essiccazione, e mantenere anche alla seconda sufficientemente ventilati i locali, e nei periodi piovosi ed umidi, evitando col riscaldamento di far riprendere ai sigari il grado di umidità necessario allo sviluppo del fungillo. La distruzione del germe si può ottenere portando i prodotti infetti alla temperatura di 60°-65° per 4-5 giorni, o sottoponendo le foglie infette alla stufa a vapore, a quasi 100°, per circa un’ora. La malattia dei gladioli. È: gladioli (le spadacciole) coltivate in Germa- nia hanno manifestato, in questi ultimi anni, dei sintomi singolari di malat- tia, specialmente al tempo che si apprestarono a fiorire. Invece di sbocciare ‘anche in alcune piante di giglio. Dalla minuziosa esposizione dei fatti noi rileviamo che, in molte piante, l’ annunziarsi della malattia era riconoscibile A. N. BERLESE Pdl nt DIPpe E all’ ingiallimento delle foglie, negli strati parenchimatici, fra le costole ; la ) è di clorofilla subiva un’ alterazione ed in sua vece si presentavano delle goccio- “Pa line gialle. Più tardi il tessuto mira: si faceva bianchiccio e subentrava il 2a disseccamento delle foglie, sia dall apice, sia La singole porzioni al margine. - s io Ùi Per solito si manifestavano contemporaneamente, ma non in tutte le piante, ni degli infossamenti bruni su porzioni della ia fogliare sotto terra. Dopo po- ta 3 chi giorni, per un processo di umificazione, la foglia era distrutta fino alle dr SA fibre del tessuto vascolare, uniche rimanenti. Diverse altre piante avevano i e: vi la parte inferiore dello scapo, sopra Iuga abbrunita, contratta e secca, men- i tre la porzione di esso sotto terra era umida, col tessuto parenchimatico mar- n 3 cito, e solo gli elementi del tessuto ibrorasolare apparivano conservati, ma. 3 per spezzarsi con tutta tig al di sopra bulbo. Su queste porzioni e marcite, ed intorno ad esse, erano annidati anicni ifomiceti, batteri, acari, ; nematodi ecc. I bulbi in dpi apparivano sani, ma le radici, all’ incontra- rio erano alterate ; generalmente queste apparivano secche, papiracee, ma - “DI nza tracce (o con pochissime) di fanghi. La loro calittra appariva conser- soi vata, distrutta o quasi ne era la regione pelifera, ed in corrispondenz za ded vi questa si potevano osservare degli abbrunimenti nelle pareti dei vasi. nare i vasi alla base delle foglie palesavano analoghi abbrunimenti delle» Lù foglie osservò il Sorauer più volte dei ciuffi nerastri dei conidio- fori di Cladosporium e di Alternaria, sporgenti dalle aperture degli stomi; mentre il micelio di questi fanghi serpeggiava nel compage fogliare. Là dove * due foglie erano addossate l’ una all’ altra, il micelio veniva a formare un’ capillizio fitto, lungo qualche centimetro, giallastro e poi bruniccio; e quivi l' Autore prelodato scoprì, per l’ addietro, anche esemplari di Botrytis. conclusioni del Sorauer sono le seguenti. I funghi riscontrati sulle spadacciole malate non possono essere la causa prima del deperimento delle d iante. Conviene cercare queste piuttosto nelle condizioni del terreno. I primi A veri sintomi della malattia sono dati dall’alterazione dei vasi, in conseguen-. n x za di uno scarso aeramento del suolo e di soverchia umidità in esso. In° Ò appoggio di questa supposizione sta il fatto che la malattia infieriva nelle ; piante coltivate su terreno compatto, oppure su terreno, sabbioso nel quale l’acqua del fondo arrivava molto in su. Dipendeva pure l’ intensità della ma- lattia, negli ultimi anni, dal decorso alquanto piovoso e freddo della prima- vera. Non resta esclusa la possibitità che alcuni bulbi non arrivino a perfetta maturazione, rimangano abbondanti d’ acqua ed offrano per tal modo un ter-" reno propizio allo sviluppo dei fermenti che alterano le pareti dei vasi nelle piantine sviluppate. Tali bulbi ammaleranno, mentre resteranno sani quelli ttamen i a do È na if La PP, ol Me o See ni | Salla Peronospora delle patate non s'è detto ancora l’ ultima parola.- * tico Snai i RASSEGNE - Abbiamo sott’occhio due lavori sull'argomento (#), i quali cercano di dimo- - strare in via sperimentale i rapporti genetici del fungo. Il primo lavoro, del WEHMER, su’ tentativi di infezione dei tuberi (in Bact. Central bl., II, Abt. 3. pag, 676 e seg.) non ci sembra eseguito con RE, richiesta dalla natura delle ricerche. Il concetto al quale l’Aut. s'è informato . nelle sue diverse esperienze, è di dimostrare se nei tuberi possa aver luogo . Una infezione diretta del fungo. rese, per lo studio, tuberi sani e li ricopri con funghi ammalati, ter gli p - tenendoli entro vasi di terracotta, muta con poca terra, parte senza atto. Altri tuberi vennero aperti un lato e nella ferita vennero inter ; su foglie ammalate, in altri LIL invece, per controllo, foglie sane di piante diverse ; anche questi tuberi si coltivarono come i precedenti, in vasi con o senza terra. Sopra tuberi sani vennero stese delle coltivazioni di Pero-' nospora, e li si conservò entro camere umide, ed aache senza camere umide negli stessi modi come gli altr Dalle otto diverse serie di ioérohé risulterebbe che un’infezione di tu- beri sani, per azione diretta degli esperimenti intrapresi è difficile a dimo- | strarsi: I tuberi aperti vennero invasi all’incontro da funghi diversi che . accompagnano ordinariamente le lesioni di piante o di organi vegetali, e primo fra gli altri il Fusarium. Nei casi, nei quali le colture di peronospora . erano & cala di una gemma (« occhio ») delle patate, si rese palese, dopo qualche tempo, la chiazza caratteristica della malattia. E sembra pertanto | accertato che nello sviluppo della malattia, ed in generale in una invasione . del fungo su’ campi, non sia il fungo l’ agente unico, ma che quello e questa dipendano molto da parecchi agenti esterni concomitan secondo lavoro, di L. Hecke, si occupa principatmment della biologia del fungo ed è il risultato di ricerche profonde ed esatte (cfr. Iourn. fur Landwirtsch. 1898., pag. 71 e seg.). L’ Aut. premette che n marciume, in se- | guito all’ infezione peronosporica, non è dovuto sempre all’ azione del fungo ; egli aggiunge inoltre che sv il Clostridium butyricum può presentarsi e- eo apri quale parass i hytophthora Li. ns d. By può coltivarsi in decotti di susine, ci- liege, na delle foglie di patata, e meglio di tutte sulla patata stessa. Nella gelatina non si sviluppa; e le decozioni non devono avere una concen- - trazione maggiore del 3 010; quanto meno è concentrato il sostrato nutritivo . e tanto meglio prosperano le colture Conidi giovani non sono capaci ‘di germinare subito, ma sviluppano sem- pre zoospore, mentre i conidi adulti non producono mai altro che tubi germi- nativi. La durata dell’ attività germinativa è molto limitata, e sembra que sto il momento, per il quale la malattia si arresta col subentrare di tempo tto. asciu { ) Dei quali sono date diffuse relazioni in Zeitschr. fiir Pflanzenl kh., vol. IX è - pag. 112 e 114. ’ a y each, * p° al st i ea S i E Ai RE VISE ua no ua), oa te mi Ta ei Fa STA rs A L’ internarsi del fango ne’ tuberi deve aver luogo probabilmente alla - inserzione delle gemme ; una volta introdottosi, esso non si limita ad alcuno - strato speciale del RS frequente nella zona corticale, può presentarsi . talvolta anche nel centro dotia patata. Poco dopo essersi impossessato el- l’ ospite, produce il fungo i conidi ; questi di sviluppati api aria, aven- do il fungo grande bisogno di ossigeno ; la luce non sembra essere indi- spensabile, è richiesta però una temperatura piuttosto elevata, l’ cano della quale starebbe fra i 20 e 26° C.; al di sotto , non vengono «vilup- i punti conidi. Nulla ha potuto asserire l'Aat intorno alla dispersione dal fungo ; resta sue accertato che la malattia si propaga dalle foglie. ualcosa è detto, per ultimo, sui modi di tutela contro l’ invasione e la diffusione della nodi. — (SOLLA). [e ata La durata dell'attività germinativa nella spora delle Uredinee che infe- stano i cereali, ed anche altre graminacee, sarebbe. secondo Eriksson, piutto- sto breve e non si estenderebbe oltre l’anno, a quanto risulta dalle sue ricerche. sso Aut. consiglia di distruggere, nell'autunno avanzato, oppure in primavera subito allo squagliar delle nevi, qualunque avanzo di “pini in- fetta dalla dernsi n impedire che, con la stagione mite, le spore del fungo” comincino a germ (Cfr. ipsrag fù Pflanzenkrankh., IX, 49). — (SOLLA) AIRIS BIBLIOGRAFIA (Entomologia applicata) Altum Dans massenhafie Auftreten des Kiefern-Buschhorublattwespen (Lophyrus p'ni L) in den preussischen Kiefernrevieren wédhrend der letstverflossenen Iahre. (Zeitschrift fiir Forst u. Iagdwesen XXX). Alwood W. B., Notes on the life history of Protoparce Carolina. 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Pia, el dI , ara 9 7} TINTI (Pe) e Y dì ito 2 x eli PIMS - ” fr er: S È R $ hr è Pa DS È È 3 3 È & St. = pr RT > MRO toi duet uni Sinne iii TANI A\ Ai Tera È @ ae e, so ar dn “Su. Pao“ A Berlese TAV.VI. RIV PATOL.VEGET. ANNO VIII. Srenze Lu A kiffoni Bozza S Grace ZA (CISL (4 ABerlese ed n6' del 04 ht RIV PAT VEG. ANNO VIII. nu Lan vaghonsssrioi dass RISVINIVIIIVIVIT9T91? A0006 " L'INCSISISUITUSTATVTATTI E SIDLLELPEPE TRNC £. 929 n da firenze LA Roffori Pazza $ Crocefl ILLE LULA TETTI TT IUMZZOI MINA tl HENTAI QULTANTENTTTNI di | ABerlese ne PSOCATHROPOS LACHLANI N GEN. N. SP_ RIV PATOL.VEGET. ANNO VIII. TAV.VIII. Da fotog dell'aut a w HYLASTES TRIFOLI MULL. SEU elia si RISE ARE LP *PCCRRIZA TESA cata fi; 3 Si È E |P: A et: s fi: le; i CHERMOTHECA ITALICA CONTINENS ericcata (în situ Coccidarum plantis, praecipue cultis, in Italia occurrentibus, obnoriarum. Il primo, secondo e terzo fascicolo di questa pubblicazione del Prof. Berlese e Dottor Leonardi, sono già usciti alla luce da tempo ed hanno incontrato il generale favore dei Botanici, Entomologi, e studiosi di Pa- tologia Vegetale. I fascicoli contengono ciascuno 25 specie di cocciniglie, in sito, sulla parte della pianta su cui stanno in natura, opportunamente dis- | seccate. È aggiunta, per ciascuna specie, la sinonimia e un breve cenno dei danni che arreca alla pianta, del modo di oraie circa all habitat preciso. I venticinque fogli in (4.0) sono assieme custoditi in mia cartolaro e disposti secondo l’ indice contenuto nel fascicolo. ‘Nel terzo fascicolo si sono introdotte anche due specie È psotiche: della ‘massima importanza, cioè l’ Aspidiotus (Aonidiella) per- ia cerya Purchasi che si sono fatte venire di fuori. pira di ciascun Fascicolo Lire it. 10 ri 'A DI PATOLOGIA VEGETALE 1 ; si occupa delle malattie delle piante, delle cause che le pro- | _‘’ducono, sieno queste dipendenti da parassiti vegetali od | °‘’‘’‘’‘‘animali, oppure da altre origini. | °»—’‘’’Seguono numerose rassegne dei lavori, sullo stesso |» _°‘’‘’‘arngomento, pubblicati altrove. RIVISTA — DI . PATOLOGIA VEGETALE SOTTO LA DIREZIONE DEI PROFESSORI Dott. AUGUSTO NAPOLEONE BERLESE Prof. di Botanica nella R. Università di Sassari, E Dott. ANTONIO BERLESE Prof. di Zoologia generale ed Agraria nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici VOL. VIII Num. 7-12, Agosto 1899-Febbralo 1900 FIRENZE TIPOGRAFIA DI FERDINANDO MARIANI Piazza Santa Croce, 23 ; Prezzo d? abbonamento annuo L. 18. SOMMARIO del Fascicolo II., Volume VIII. — 1900. (Pubblicato, 31 Agosto 1900) IINISL von ( ni e — (continuazione v. 1 a.) . . Pag. 193 » Leon — Sistema delle Parlatoriae. . e di L. pa — on Monilia Fructigena PA etc. » 210 G. Cecconi. — Casi di danneggiamenti a piante legnose, dini dal Morimus asper Salz. e dal Lamia textor L. » 219 G&. Mottareale. — Su di un caso di fasciazione spirale ni Li num strictum L. . Ren A. Berlese. — Gli ai agrari ‘(Co mi v. anno VII n. 9: 19) » 227 .G. Leonardi. — Saggio di sistematica degli aiar (cui V. n. prec.). : ic 5 SI C. Ribaga. — SA nuova sun di Phocido ui ad in ‘Ttalia Mae a G. Leonardi. — Una nuova specie di Trombidium ete. >» 364 C. Ribaga. — Osservazioni sull’anatomia del Drichipiocue Dalii M'Lachì. ..-—<*. e C. Ribaga. — Qsbibulo sila conoscenza dei Psocidi Italiani. . >» 299 Giornali che si cambiano colla Rivista di Patologia Vegetale. . . >» 38T LITOGRAFIA DEI RICORDI DI ARCHITETTURA di A. RUFFONI Litografo del R. Istituto di Studi Superiori e di Perfezionamento di Firenze Laboratorio apposito, con 1° opera ‘di provetti disegnatori e litogra- fi per la riproduzione dei disegni in nero e a più colori per pubblica- zioni d’ indole scientifica ed artistica. Officina di incisione chimica a riproduzione diretta dai disegni. Firenze, Piazza S. Croce N. 20. Deposito delle pubblicazioni dei Proff. Antonio ed Augusto Berlese e dei loro assistenti. e Froggat, nilo W., The Caterpillar Plague (Phlegetonia carbo du) (Agric. Gaz. N. S. Wales, vol. IX p. 71 : » » Economic Entomology. (Agricaltossi Gazette, New South Wales, vol. IX part. 3, p. 261) Garman o The Chinch Bug, (Kentucky Sta. Bull. 74, pp. 45-70, tigs. 1, ls. pis Gillette C. 2. sE successful lantern trap (Proc. 806 Prom, Agr. 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Scuola Sup. di Agric. in Portici Nella mia monografia del genere Aspidiolus, che ora vede la fine, a pag. 7 (estr.) ho separato, nella tribù Diaspiti, le PARLATORIAE dagli Aspipioti, avvertendo, come carattere differenziale, che le Parlatoriae recano pettini su altri segmenti oltre a quelli del pigidio. Ciò è vero, però, dovendo estendere il gruppo fino a quelle forme aberranti che costituivano una parte dell’antico genere Aonddia, io non posso più mantenere cotale definizione, perchè in queste ultime, venendo meno la parte filata della femmina adulta nella composizione del folli- colo, si comprende ancora che l'armatura del pigidio è ridotta e man- cano i pettini, sia sul pigidio che, a maggior ragione, sui segmenti. Quindi, a voler meglio circoscrivere il gruppo è necessario ricorrere ad altri caratteri. Distingueremo, adunque, le ParLaTORIAF dai LEUCASPIDES, particolarmente per la forma degli seudi di ambedue i sessi. Leucaspides sono singolari forme che mostrano maggiore affi- nità agli Aspidioti di quello che sia ai MytWaspides, con cui sembrano convenire solo per la forma dello scudo d’ambedue i sessi. Infatti la grande quantità di pettini nel pigidio e la mancanza di peli-filiere ne li separano nettamente. gruppi di Diaspiti recanti pettini nel pigidio, sono tre, cioè Aspidioti, Parlaloriae, Leucaspides e si possono appunto disporre in questo ordine, mentre due sono i gruppi recanti peli-filiere e che man- cano invece di pettini, cioè Mylilaspides e Diaspides e se la divisione è netta fra i due gruppi suddetti, è invece graduale fra l'una e l’altra delle suddivisioni, specialmente fra i Mytw2aspides e Diaspides. Ora la maggior difficoltà s'incontra appunto nel separare bene gli Aspidioti dalle Parlatoriae e questa occorre, non nelle forme tipiche aventi negli ‘scudi d’ambedue i sessi tutte le parti che in uno scudo completo si debbono osservare (cioè, in ordine, procedendo dall'esterno all’interno, per le femmine : scudo larvale, parte sericea filata dalla larva, scudo SISTEMA DELLE « PARLATORIAF > ninfale, parte sericea filata dalla ninfa ; parte sericea filata dalla fem- mina adulta) ma in quelle forme in cui la composizione dello scudo è ridotta, mancandovi la parte filata dalla ninfa e quella filata della fem- mina ; in altri termini per quelle forme dell’uno e dell’altro gruppo che’ insieme componevano il genere Aomnidia. A proposito di questo genere, nella mia monografia degli Aspidio- tus non ho mancato di osservare la sua condizione artificiale, poichè esso risulta evidentemente composto di forma da ricondursi a gruppi diversi (Par/atoriae, Aspidioti) ma che si erano assieme messe, special- mente per opera del (?reen, considerata la sola cumposizione degli scudi. Si deve osservare che il carattere della riduzione di parti negli scudi, certo in conseguenza dell’addattamento, è fenomeno che può riscontrarsi in generi diversissimi, per talune specie, le quali, obbedendo tutte ad analoghe condizioni ambienti etc., subiscono uno stesso processo di evo- luzione o di riduzione, ma conservano intanto altrove altri e più fon- damentali caratteri che palesano le loro vere affinità e ne segnano il luogo addatto nel sistema. I casi consimili sono tanto comuni fra gli organismi che non occorre affatto rammentarne alcuno ed ognun sa che per alcune forme erroneamente classificate più basse del loro merito, in conseguenza della riduzione di organi accessorii per virtù dell’addat- tamento (parassitismo ete.) solo l’embriologia ha potuto dimostrare la loro vera posizione sistematica ed a questa sono assurte, qualsifosse la definitiva parvenza degli adulti. er la storia del genere Aonidia, giacchè mi è giocoforza parlarne, dirò che questo gruppo, fondato dal Targioni per la Aonidia Lauri, è stato poi, dallo stesso, arricchito di altre specie, cioè Aonidia Gennadit Mskll. si è voluta introdurre nel genere Aonidia a grandissima violenza e non vi ha nulla che giustificasse, nemmeno per quel tempo, questa e una certa lontana reminiscenza della tipica A. Lauri, nel colore rossastro. Quando si fosse lasciata la A. Aurantti negli Aspidiotus, come tutti fecero di poi, si sarebbe giudicato con assai maggiore acume, nanto alla terza, Monidia Blanchardi Targ. il cui maschio dal Targioni è stato detto (erroneamente) attero, si vede chiaramente che essa è una vera e buona Parlatoria ed il primo che avvertì ciò (Berlese) ha perfettamente ragione, tanto più che la accosta, avvedutamente, alla P. Zizyphi. Il Targioni, adunque, il quale forse aveva, nel fondare il genene RENE GUSTAVO LEONARDI Aonidia, in mente i caratteri del genere desunti dalla particolare fabrica degli scudi, smarrì in seguito questo concetto ed addattò al genere suo, forme le più disparate, che non avrebbero potuto starsene assieme per nessun carattere. Green, coll’aggiungere all’unica forma di Aonidia (A. Lauri), che egli mantenne in quasto genere, parecchie altre forme, tutte con- venienti insieme per gli stessi caratteri di riduzione nelle parti dello scudo femmineo, viene a dimostrare che egli aveva bene afferrato il primitivo concetto informatore del Targioni, già messo in termini dal Signoret, e glie ne va attribuita lode. Però lo scrupolo‘ del Green non à si è esteso fino al punto da dubitare che il comune carattere, per tutte le Aonidia sue e per la A. Lauri. fosse di quelli che lo zoologo an- novera fra le conseguenze dell’addattamento ed hanno una assai mode- sta influenza nel sistema che deve avvicinare forme affini per caratteri di Siem ben più rilevanti. i: osì le stesse condizioni hanno agito su talune forme di Aspidioti, .» —»—» hanno recato identici effetti anche su talune Parzatoriae riae, ma i primi, x per il rimanente ed il più importante della loro organizzazione concor- rono sempre coll’antico genere Aspidiotus, o con qualcuna delle sue nuove sezioni (Zemiberlesia, Targionia) gli altri convengono colle an- * tiche Parlatoria, salvo che se ne dovrà fare un gruppo distioto ed AR anzi è stato appunto seguìto questo parere dal Newstead e dal Cockerell, È il primo fondando il genere Gymmnaspis, per la sua G. Aechmeae ; to, secondo aggiungendo al genere suddetto la Aonidia buZlata del Green, #i che diventa così Gymnaspis bullata (Green) Cockerell. È Ritornando per ora al genere Aonidia, così come è inteso dal Green, poichè è giocoforza per noi occuparcene, noi vediamo che esso racchiude le seguenti specie, allontanandone ormai la Aonidia Aurantii Maskll. e la A. Blanchardi Targ. che non hanno nessun diritto per accostarvisi : Le specie enumerate dal Green sono adunque : 2000) ; Aomaidia cornigera Green Di « bullata Green « —Loranthi Green obscura Green Ebeni Green (in Litteris) Messuae Green (in Litteris) planchonoides Green (in Litteris) Hacheae Green (in Litteris) A cui si deve sic la A. Lauri (Bouchè) Signoret. » ‘Ora, perchè il Green abbia introdotto nel genere Aonàéia la sua |A. cornigera, che ha così ampio scudo filato dalla sa, non si AGR CA i = SISTEMA DELLE € PARLATORIAE >» può spiegare. Il Cockerell, giudiziosamente, ne ha fatto un nuovo ge- nere, Greeniella. i Ma, studiando le altre sugli esemplari tipici che il Green, con somma cortesia, mi ha voluto inviare, tranne per la A. Loranthi ed A. obscura, per le quali il mio giudizio ora non può essere dato senza l’esame degli insetti, si vede, con tutta chiarezza, che le altre A. Lawri di Ebeni, A. Messuae, A. planchonoides, A. Hacheae, A. bullata, si dividono subito in due gruppi, distinti per taratteri salienti, cioè per quelli stessi che separano, a mio giudizio, le Partatoriae dagli Aspidioti, appunto in due gruppi, uno dei quali rientra precisamente fra le prime, il secondo nei secondi. « E qui è il caso di richiamare questi caratteri. Ho detto che non è sufficiente quello solo della presenza o man- canza di pettini su altri segmenti oltre al pigidio, e ne ho esposte le ragioni. ; Per giudicare, secondo i caratteri del pigidio, circa le atfinità di queste forme che costituivano il vecchio genere Aonzdia, è evidente che non si può certo prendere in considerazione il pigidio della femmina adulta, dove, essendo ormai inatili quelle appendici, come pettini, pe lette ete., sviluppatissime nelle forme a scudo tipico, in queste Aonidia (sensu lato) mancano affatto 0 sono rudimentali. Ma si può ricorrere e si deve infatti. all’esame del pigidio della ninfa femmina. Però si deve considerare la ninfa viva, non il suo scudo, dove il pigidio è ormat chitinizzato ed alterato. Ciò facendo noi vedremo che le forme dal ireen accluse nel genere Aonidia, escluse quella che ho indicato (A. cornigera), nonchè le 4. obscura ed A. Loranthi di cui non cono- sciamo il pigidio della ninfa perchè non fu disegnato, nè ebbimo esem- plari' tipici da studiare, le altre si suddividono in due sezioni, secondo ì seguenti caratteri : i 1. — Pigidio armato di palette in numero di tre paia al massimo, con pettini decrescenti in grandezza dall’apice del pigidio stesso, ai lati; mancanti poi troppo innanzi sull’orlo del Pigidio, lateralmente. — Tubuli chitinosi delle ghiandole sericipare, sboccanti nel | Pigidio, assai lunghi, tutto affatto come negli Aspidiotus, aperti altrove oltre che sull’orlo del pigidio fra le palette. — Colore delle forme giallo, delle spoglie larvale e. ninfale | Riallo rossastro, 2 = Pigidio amato di an numero di palette oltre le tre paia, tutte subeguali fra di loro. Pettini piccoli, larghi, tutti pres: | GUSTAVO LEONARDI sochè grandi egualmente e diffusi per lungo tratto sull'orlo laterale del pigidio. - Tubuli chitinosi delle ghiandole sericipare brevissimi, larghi, -D poco più lunghi che larghi ed aperti solo lungo l’orlo del (6 rientreranno fra le Par/atoriae, in un genere particolare, riali PUPA "i pigidio (o degli altri estremi segmenti addominali) ; tutto 3 v:. affatto come nelle Rarlatoria «a — Colore delle forme violetto ; delle spoglie larvali nero, più 20 spesso nerissimo. n Ora, i primi sono caratteri degli Aspidioti, i secondi delle Par/a- i toriae e perciò la Aonidia Lauri, A. Ebeni, A. Messuae, A. planco- cia noîdes, A. Hacheae rientreranno veramente nel genere pesto e He sal gli Aspidioti, mentre la A. vullata, assieme alla Gymmnaspis A si I dal Newstead. Avverto finalmente che per la Aonidia Hackeae che pre- i dè a senta aleune notevoli particolarità io ho fatto uno speciale sottogenere «9 (Cryploaonidia). Do i Ma il genere Parlatoria, così come è stato definito e circoscritto e Di dagli autori, racchiude specie che si distribuiscono immediatamente in 6 due distinti gruppi. = e specie sono le seguenti : di 1 Parlatoria Proteus Curti Sta » Pergandii Canile » Zizyphi Lucas > calianthina Berl. Blanchardiî Targ. » Parlatoriae Sulek » mytilaspiformis Green » ipso Green » onidiformis Green I due gruppi sono sn per lo PARO D° sp eo: > Mentre in alcune specie questa spoglia è pa una terza parte di tutto lo scudo femminile, in vin und essa da se assai estesa e forma la quasi totalità dello scudo femminile. Il Prof. e Berlese, in una nota che è bene rico cordare, dove onde ad una con- trocritica (inserita nel Bollettino della Società Entomologiea italiana, 1895, pag. 113) ad una controcritica ripeto, del Dr. Del Guercio, in Questa nota il Prof. Berlese (arena di Entomologia agraria. e. Pato- logia vegetale, 1 Novembre 1895, pag. 178) così suddivide .il genere Partatoria in due ‘sottogeneri : : - 1. Il gruppo 2. Zizyphi ha per caratteri : pri E DD Di Da N % dt P. Zizyphi. do spdizi poi, di tutto il gruppo delle ParZatoriae, vanno così 208 SISTEMA DELLE « PARLATORIAE > Follicolo subrettangolare ; scudo ninfale (rettangolare) esteso sopra la femmina che ricopre interamente. Parte filata dalla femmina medio- cre, sporgendo oltre lo scudo ninfale al di dietro, non ai lati. Femmina adulta subrettangolare o pentagonale, con due rilievi tubercoliformi ai lati della regione cefalica. Quattro gruppi di dischi ciripari perivulvari. di . Proteus, invece : Follicolo di scoidale o subdiscoidale, colla spoglia ninfale quasi centrale, ovata. Parte filata dalla {indi molto estesa intorno allo scudo ninfale. Femmina adulta ovale, senza rilievi tubercoliformi ai lati della regione cefalica. Quattro o cinque gruppi di dischi ciripari peri- vulvari. Ora, se il Prof. Berlese avesse dato corpo al sospetto che la pretesa mancanza di ali nel inaschio della Aonidia Blanchardi Targ. fosse un errore e nulla più, giacchè egli aveva riconosciuto le affinità della 4. Blanchardi colla P. Zizyphi (1) ed avesse conosciuto la P. aonidiformis, fatta nota al pubblico in questo anno, non vi ha dubbio che egli avrebbe tolto dai caratteri del gruppo P. Zizyphi il carattere dei due rilievi lubercoliformi ai lati della regione cefalica nella femmina adulta. Nel rimanente, i caratteri esposti dal Berlese, per la divisione del genere, sono quelli appunto che io stesso ora invoco. Il Sule, istituiva il suo genere Syngenaspis (®) perla sua S. Par- latoriae, il qual genere in nulla mostra differire dal genere Partatoria, gruppo P. Proteus. Ora, siccome il Targioni, nel 1868 (8) istituiva il genere: Par/atoria, in prima linea per la sua P. orbicularis, cioè la Diaspis Parlatoris dei suoi Studi sulle cocciniglie dell’anno precedente e che egli stesso considera come sinonima della LP. Proteus Curtis, © solo in seconda linea vi annette il Coccus Ziz zyphi di Lucas, così io, ne! mettere un nome ai due sottogeneri, come intendo di fare, chia- merò, Par/atoria (s. str.) il sottogenere di cui è tipo la P. Protews e chiamerò. con nome nuovo Websleriela, il sottogenere a cui è tipola suddivise ® Le co cocciniglie italiane viventi sugli agrumi — Diaspiti, pag. 209 in è detto < è qualora si potesse distinguere bene la Aonidia ... Cosice Blanchar di dello Parlatoria (gruppo P. Zizyphi, pel fatto della Reni i. della femmina entro follicolo ninfale, si dovrebbe, d’altro canto... pel car? tere del maschio attero, considerarla come tipo di un genere nuovo... > ete. (2) Studi o Coccidech, 1895, pag 2 8): alla seconda Memoria per gli studi sulle Cocciniglie ® talogo dei generi ete. p. 42. Ù Ie CERRI PI PR Ma s i a 1 Pi Se - RO; sE 3 > si Di A LA i i È "GUSTAVO LEONARDI (en. ParLatorIa Targ. 1868 Subg. Parlatoria (s. str.) A. Scudo della femmina orbicolare a) cinque gruppi di dischi ciripari. . . . . . . .P. calianthina b) quattro gruppi di dischi ciripari ‘| Orli laterali del pigidio e dei tre “ani precedenti armati di veri pettini, larghi, all'apice frangiat . P. Proteus +j Orlì laterali del pigidio e dei mi prscedeiti con pettini esili, senza frangia all'apice ma, invece, troncati. . . . . P. cingala B. Scudo della femmina allungato a) cinque gruppi di dischi ciripari . . . . . . . . P. Parlatoriae 6) quattro gruppi di dischi ciripari + Scudo molto allungato, come nelle Myt;laspis ; tre sole paia di pa- lette bene sviluppate. . mytilaspiformis ti Scudo pinniforme, come cielo Choi» patio paia di palette (il quarto dentato ma bene visibile). . . . . . P. Pergandii Subgen. Websterjella Leon. (1899). A. Spoglie larvale e ninfale nerissime . . . . . . . . .P. Zizyphi B. Spoglie larvale e ninfale giallo-rossas a) si gracili, i ai enti solo all’ apice rargiati. . . P. aonidiformis db) pettini triangolari, frangiati RT come negli Aspidiotus. . . INR IDA e Blanchardi Gen. Gvuxaspis Newstead 1898 A. Sendo circolare o da risicnia na e e ee A OO B. Scudo oblageneforme. . . . SIR e BRA Dal Laboratorio di Entomol. Agraria in Portici, Luglio 1899, Nota. Per chi avesse difficoltà a ricevere il mio sottogenere attuale LA MONILIA FRUCTIGENA Pers. ela malattia dei frutti da essa prodotta AAA RASSEGNA SINTETICA ed osservazioni del Dott. LUIGI MONTEMARTINI Caratteri esterni della malattia. — Durante 1’ estate avviene spesso, massime nelle annate piovose od umide, di vedere diversi frutti | carnosi caduti sotto gli alberi o ancora ad essi attaccati, diventare net raggrinzarsi e coprirsi, irregolarmente o in zone concentriche attorno - ad un punto di tante pustolette bianco cineree, quasi a guisa di piccole > perline delle dimensioni di 1-2 millimetri, che dànno talvolta ai fruttt | stessi l’aspetto di canditi. Per le proprietà antisettiche del fungo che 3008 li ha infestati (1 e 3), tali frutti non marciscono, resistono anzi al pro- he: cesso di putrefazione di cui dovrebbero essere sede dopo la maturanza. e rimangono sul terreno o attaccati all’albero (ove possono restare tutto l’inverno) accentuando solo il raggrinzamento dianzi accennato così da ’ ua uva, more, pomidoro, zucche, fichi, ecc. : si sviluppa però con tutti 1 suoi caratteri specialmente sulle Pomeae e Pruneae (3), preferendo, delle diverse specie coltivate, certe varietà a certe altre (2, 3, 32). Qualche volta però essa si estende anche ad altri organi della pianta : fiori, peduncoli e rami, ma in questa forma è meno comune (10, 28; 39, 41, ecc.) È — Il primo a richiamare l’attenzione dei fitopatologi #03 7), il quale, già fin da venti anni | = a la descrisse come una delle più diffuse e dannose dei frutteti. È. LUIGI MONTEMARTINI 211 Oltre le pesche, nell'America la malattia ha attaccato, talvolta su vasta scala, anche le prugne, le ciliege (brown-rot of the cherries 36) le pere 82) ed altre frutta. In Germania la malattia, nota col nome di Monilio-Krankheit, attaccò specialmente i ciliegi (frutti, fiori e rami) ed in particolar modo Je marasche, delle quali in certi anni ridnsse di molto il raccolto (16. 37, 38, 41, ecc.). Gravi danni ai frutteti si ebbero: a lamentare, in causa di questo malanno, anche in diverse provincie della Francia (24, 35). Il Prillieux (35) ne parla sotto i nomi di r'ot-brwn o momification ; impropriamente il Dangeard (24) la dice pourriture des fruîts, perchè, come si è detto non è mai accompagnata da fenomeni di marcescenza. In Italia, benchè la malattia non abbia ancora allarmato i frutti- cultori nè assunto, come in America ed in Germania, i caratteri di vera epidemia, pure è abbastanza comune e fu per diversi anni consta- tata in Lombardia da Briosi (6, sopra rami e frutta di pesche, susine, ecc.) e da Cavara (14) e pare comune nell’Avellinese ove fu riscon- trata da Berlese (23 e 26, su albicocche, susine, fichi) e da Peglion (27, albicocche, susine, ciliege, ecc » Come hanno rifamasaiali tutti gli autori che si sono occupati del- l'argomento, sono specialmente le annate umide e piovose, in cui si hanno di frequente tempi caldi ed umidi quelle che favoriscono lo svi- luppo del male. Il Sorauer (47) chiama queste annate Monilia-JaRren appunto per lo straordinario diffondersi della malattia. Il parassita che è causa della malattia. — Le pustolette bianco- cineree, cui si è sopra accennato, rappresentano gli organi Fregi # un micromicete del gruppo degli Ifomiceti, la Mondlia fructigena Ognuna di esse è costituita da un grosso intreccio di ife ottosfidetiina dal quale si innalzano numersissime ife fruttifere, strettamente unite le une alle altre e che si ramificano in tante catenelle di spore o conidi che vanno di mano in mano isolandosi dall’apice verso la base. Tali conidi sono di forma. elittica od ovale, con membrana liscia, con con- tenuto granuloso ; possono vivere anche due anni (15) e germinando ‘© producono il micelio vegetativo di un nuovo individuo, o per gem- mazione dànno luogo (41) ad altri conidi perfettamente simili ad essi, 0 (25) a piccoli microconidi capaci di riprodurre il micelio vegetativo del fungo. Tale micelio circola (24) tra le cellule della polpa specialmente | negli strati periferici del frutto e si addensa gradatamente intorno ai «corpi fruttiferi che va continuamente producendo. Dopo alcune settimane però la 0 delle spore cessa (10) ed il micelio addensatosi. sotto Mr: MONILIA FRUCTIGENA PERS, ai corpi fruttiteri passa allo stato di Dawer myce! (2) o per meglio dire entra in vita latente, formando delle specie di sclerozì che spesso, per l’aspetto esterno, assomigliano in tutto alle pustolette fruttifere onde il Woronin (39) ha distinto gli sporentragende e gli sclerotische Polster. Talvolta però il Davermyce! (2) si accumula in croste nerastre sotto epidermiche (17) o in strati superficiali più o meno estesi : io ne trovato fino più di un centimetro quadrato di superficie con uno Spessore di un millimetro. In questo stato il micelio passa tutto l’inverno (*) ed alla prima- vera seguente, quando vi si enna le condizioni favorevoli, torna. a produrre, nel solito modo, i conid i L’Humphrey, (15) il Woronin, ‘18 e 39) il Wehmer (41 e 46) ed: altri hanno cercato, facendo colture del parassita in condizioni svaria- i tissime, di ottenere una forma diversa di fruttificazione, quale si può: usservare in altre Monilia (**), però i loro tentativi non sono riusciti: ed in considerazione di ciò, come anche in considerazione del fatto: che il cielo vitale del fungo si completa senza che sia necesssario l’in- tervento di altre forme, si deve ammettere, collo Smith (10) e coll’Hum- phrey (15), che il parassita abbia a poco a poco perduto ogni altra forma di fruttificazione ed esista solo sotto sanno forma conidica. Tale opinione è ammessa anche dal Frank (45) (#* È ancora da dirsi che, secondo l’Humphrey (15), nelle fruttificazioni che durante la primavera sorgono dagli sclerozì, quando SOpraggiusgi condizioni sfavorevoli di vegetazione (siccità), si formano dei con speciali, colla membrana molto robusta, i quali possono vivere moli più a lungo e resistono alle condizioni esterne speciali. Sì è discusso se il fango che attacca i diversi frutti rappresenti una sola specie o diverse : il Thiimen ed il Tubeuf (ed anche il Behrens che (*) Notisi che pure in uno stato di vita latente il micelio può svernare anche sui rami lag Li ted i n proposito gli studi del Woronin sulla malattia dei mite tilli (8 e rea aa der gemeinen Traubenkirsche und der Eber “ali in Mem. d, l’Ac. Imp. d. Se. d. St. Petersbourg, 1888). Mirri anche Li Prillieux, Sur une maladie du cognassier (Bull. d. 1. Soc. Bot. de rance: 1892, p. 209); Ed. Prillieux et G. Delacroix, Ciboria prato, Linhar- tiana, forme ascospore de Monilia Linhartiana sace. (Bull. d. 1. Soc. Mye- de France, 1893, p. 196) ; Ed. Prillieux, Les maladies des plantes, ; p. 439. » :*#**) Per analogia colle altre Monilia e per la formazione degli stern È il Woronin (8), il Comes (17) ed il Welimer (4 e 45) la considerano com@ una Sclerotinia (Scelerotinia fructigena ?) che avrebbe perduto i frutti LUIGI MONTEMARTINI 213 ua sostiene la pluralità della specie) distinguono la Monilia fructigena Pers. e la M. cinerea Bon., di cui quest’ultima attaccherebbe i ciliegi, la prima gli altri frutti. Anche per il Woronin le due specie devono essere tenute distinte, benchè molto simili, e la distinzione si baserebbe specialmente su certe modalità dello sviluppo. È però da ricordare che lo Smith ha ottenuto di produrre artificialmente la malattia su pere, mele e pesche, con spore prese da susine infette, su ciliege e susine con spore prese da pesche e su pesche e susine con spore prese da ciliege. E la propagazione della malattia, da una specie di frutti ad un’altra, fu ottenuta anche dal Peglion e da me pure in Laboratorio onde, la- sciando per ora impregiudicata la questione se le Mon. cinerea Bon. e Mon. fructigena Pers. rappresentino o meno specie diverse e se le forme dei rami e dei frutti siano o no identiche, a me pare si possa n sicurezza asserire che la Monilia fructigena Pers. attacca tutti i frutti sopra menzionati. .Propagazione della malattia. — Circa il modo di propagazione della malattia, si hanno le opinioni più diverse. Mentre infatti v’ha chi inclina a credere che il fungo sia un semiparassita (17, 30, 37, 39, ecc ) che penetrerebbe nella cuticola dei frutti solo attraverso aperture praticatevi da altri funghi o da insetti; alcuni botanici lo considerano come un vero parassita. capace di attaccare anche frutti perfettamente sani (1, 2, 3, 6, 14, 15, 41, ecc.). Questa credenza è basata special- mente sulle esperienze dello Smith (10), ripetute poi da altri, il quale è riuscito ad infettare frutti completamente sani, facendo germinare sulla loro superficie delle spore di Momni/ia. Altri autori finalmente, pur | non negando che il micelio delle spore germinanti possa penetrare nel- l'epidermide di certi frutti, ritengono che, nei casi in cui la cutieola è grossa, questo fatto non sia possibile e tanto per questi casi come per gli altri pensano sia specialmente attraverso le rotture che, in natura, abbia luogo l’infezione. « C'est esentiellement sm notre climat un parasite de blessure > dice Prillieux (35, pag. 435), e della stessa Opinione sono press’a poco il Tubeuf (28) ed il Dangeard (24). Certi funghi, come il Cladosporium carpophilwim Thiim. (17, 18, 21) e la Cer- cospora bolleana Thiim (26) favorirebbero in modo speciale il diffon- dersi del male, ciò che del resto ammette anche lo stesso Smith (9). A me pare che se il fungo fosse capace in ogni caso di attaccare gli organi sani ed illesi, difficilmente si potrebbero spiegare le irrego- Jarità cui accenna anche il Wehmer (41). Pure quest'anno in cui l’estate. molto asciutto io lio avuto occasione di farne ricerca a Pavia, nello stesso Sato: 0 rea %) ‘> MONILIA FRUCTIGENA PERS. ‘boratorio nostro ed in cui negli scorsi anni, quando più quando meno, si era manifestato su diverse specie di frutti : pesche, albicocche, susine ece. Quest'anno solo le susine si mostrarono ammalate, e unicamente quelle di una pianta che si trovava in un angolo del giardino sopra un mucchio di foglie secche e di strame : le altre piante della stessa varietà ne erano immuni. Di più, la Monilia non aveva attaccato tutti i frutti di quella pianta, ma soltanto pochi e precisamente quelli che erano caduti al suolo per compiuta maturanza ed alcuni qua e là sulla pianta, senza che si potesse tra essi scorgere (poichò tutti gli altri organi del vegetale erano sani) alcun rapporto di posizione che spiegasse il passaggio dell’infezione dagli uni agli altri. Nè l'infezione si poteva attribuire ad altri funghi, perchè non se ne vedevano le tracce ed i frutti infetti saccavano perfettamente senza mostrare traccia di putre- scenza o di altra alterazione. Dove due o piiù frutti vicini erano con- temporaneamente infetti, gli è che essi si toccavano tra loro ed il micelio del fungo era evidentemente passato (come rivelava anche 1° esame microscopico) dall'uno all’altro. Seminate aleune spore del parassita in una gocciolina di acqua s0- pra susine o pere sane, ottenni di riprodurre la malattia soltanto mante- nendo il tutto in un ambiente saturo di umidità e ad una temperatura piuttosto elevata, condizione che, nei nostri climi, raramente si veri fica contemporaneamente. Anche Smith, e tutti gli altri che riprodussero in tal modo artifi- cialmente la malattia, sono riusciti soltanto mantenendo queste condizioni eccezionali. Invece l’infezione riesce, ed è riuscita anche a me, più facilmente, se si pratica una piccola rottura nell’epidermide del frutto che si vuole infettare. Anche secondo il Wortmann (31) il micelio può passare attraverso l'epidermide quando l’infezione si comunica pet con- tatto da un frutto ad un altro (come nei casi di contatto da me sopra accennati), ma non vi riesce quando non proviene dalla germinazione di una spora: pare dungne, opina il sopra citato autore, che il micelio: debba rinforzarsi prima di essere capace di rompere l'epidermide. L'opinione del Wortmann è secondo me confermata dal fatto che. l'infezione artificiale mi è riuscita, anche senza ferire i frutti da infet- tare né metterli in condizioni eccezionali di umidità e di temperatura, quando ho seminato le spore del parassita, non in goccioline di acqua ma in un po’ di succo di altro frutto : questo succo nutriente bastav® eine dare al micelio la forza necessaria per traforare l’epider- È Naturalmente il grado di robustezza necessario al micelio per potere attraversare la cuticola dell’organo nel quale va a vivere, © pei Mi it LUIGI MONTEMARTINI : ZIO conseguenza anche la bontà delle condizioni in cui la spora deve tro- varsi a germinare, variano a seconda delle condizioni della cuticola medesima e quindi a seconda della specie e varietà dei frutti attaccati. Non si può escludere che in certi frutti a buccia molto sottile il micelio proveniente dalla germinazione libera delle spore nell’acqua basti forse da solo a rompere la cuticola ; per altri sarà necessario che questo micelio possa trovarsi in condizioni di umidità e di temperatura molto favorevoli al suo sviluppo ; per altri finalmente si richiederanno delle fessure noia o artificiali, o quanto meno condizioni ottime di nutri- zione estern Non dimen si può spiegare la preferenza accordata dal paras- sita nei diversi anni e nei diversi luoghi alle differenti varietà di frutti che attacca. annate umide e calde favoriscono il rapido diffondersi della malattia sia perchè mantengono sulla superficie dei frutti condizioni favorevoli alla germinazione delle spore del parassita, sia perchè i frutti si gonfiano e meno resistente diventa la loro cuticola quando non pre- senta anche delle fessure naturali, sia finalmente perchè dai succhi screpolati può scolare del succo zuccherino che, cadendo sopra frutti ancora sani, porta l’infezione o diventa un substrato favorevele allo sviluppo dello spore provenienti da altri individui. ancanza di tutte queste condizioni ostacola, nelle annate asciutte, il diffondersi del contagio. In tali annate questo o si propaga per contatto (che è la via più certa, ma anche la più lenta), o la diffu- sione è affidata agli insetti, mezzo sul quale hanno già richiamato l’at- tenzione lo stesso Smith (10, il quale però non parla di morsicature), il Woronin (8), l’Aderhold (87) ed altri. Ed io credo sia appunto alle mo- sche che abbondavano sullo strame sotto alla pianta da me osservata, che si deve attribuire la malattia di alcuni frutti di questa. Sele mosche ed altri insetti, agiscano solo portando le spore ed aprendo ferite, 0 se colle loro secrezioni e con quelle che possono provocare nei frutti ma- turi forniscano anche un substrato nutritizio per le spore trasportate da esse e dal vento, è ancora ‘da ricercare. Rimedii. — I rimedì proposti contro la malattia della Monza sono parecchi, si Si consigliano per esempio (9, 20, 25, ecc.) le solforazioni ripetute dei frutti, oppure (11, 12, 20, 91, gi 42, ecc.) le irrorazioni con poltiglia bordolese da applicarsi ai frutti o sui rami prima che cominci l’apertura delle gemme, ma tanto questi che altri metodi di | cura si dimostrarono bene spesso di efficacia incerta. Converrà dunque curare l’igiene del frutteto e cioè asportare 216 MONILIA FRUOTIGENA PERS. subito da esso. ed in tutte le stagioni i frutteti sui quali comincia a ‘manifestarsi il parassita ; praticare abbondanti e razionali potature spe- cialmente dove il parassita attacca anche i rami, mantenere il frutteto in condizioni asciutte, ben aerate e libero da tutti gli oggetti che pos- sono albergare mosche od altri insetti frugivori. Anche i frutti che devono essere conservati staccati dall’albero dovranno essere tenuti in ambienti secchi, aerati e senza mosche. Con queste cure si è certi che la malattia andrà a poco a poco scomparendo (9, 24, 28, 31, 33, 34, 36, 43 ecc.) Pavia, Settembre 1899. ARIANNA RA NIMAN LETTERATURA 1 FP. v. Taumen: Der Grind oder Schimmel des Obstes, OrDiUM FRUOTE GENUM L. k. (Oesterr. landw. Wochenblatt, 1875. Nr. 41, p. 484). 2. E. HALLIER: Eine Pilzk rankheit des Steinobstes (Wiener Obst-und Gar- . eni 1876, p. 1272) 3. F. v. TauMEN: Fungi pomicoli. Monographische Beschreibung der auf en der “gemdseigien Climate vorkommenden Pilze (Wie 4. AB, Frank: Die Krankheiten der Planzen (1 Auf, Breslaa, 1880 © Il Aufl., 1896). 5. P. SoraueR : Handbuch der Pflanzenkraknheiten (II Aufi., II Th., Berlin; | ; 6. G. Briosi : Rassegne delle malattie delle piante osservate dal Laboratorio |_—‘“rittogamico di Pavia negli anni 1888, 1889, 1892, 1896 e 1897 (Boll. di Not. Agr. del Ministero d’ Agr. Ind. e Comm., Roma, 1883-1897). 7. F. v. TuumeN : Die Pilze des Aprikosenbaumes. Eine Monographie (Klo- LETTERATURA n. i; 8. M. WoRONIN : Veber die Sclerotienkrankheit der Vaccinien-Beeren (Mem. Ac, Imp. Sc. de St. Petesbourg, VII Ser., Txxxvi, Nr. 6, 1888). 85 e 98. :9. E. F. SmirH: Spotting of peaches (The Journ. of Mye, Washington, 1889, 2). dor . +1 Peach rot and peach blight (MoxILIA FRUCTIGENA Persoon) (sol srmcionta, p. 132). 11. F. L. ScRIBNER : Plum-rot, or the Monilia of fruit (Orchard and Garden o) 12. C.M WeEED: A seasons sot among the enemies of the horticulturist (Journ. Columbus Hort. Soc, Vol. IV, 1890). 18. E. F. SmitH: Fiel Notes-1890 (Iourn. of -Myù, Washington, 1891, p. 107). 14. G. Briosi ed F. CAVARA : I funghi parassiti delle piante coltivate od utili (Fasc. VI, Nr. 182, Pavia 1891). 15. J. E. HUMPHREY ; Veber Gollemididiaa und die Braunfiiule des Steinob- stes (Eigh. Annua! Report of the Massachussetts Agrie. Exp. Station, Nr. 33, 1891). 16. P. An : Monilia fructigena (Zeitschv. f. Pflanzenkrankh., 1891, p ; INA la Crittogamia agraria (Napoli 1891). 18. L H PammeL: New Fungus Diseases of Iowa (The Journ, of Mycol., ashington, 1892, p. 95) 19. E. F. SuitH: Field Notes (col precedente, p 88). 20. B. F. GaLLoway : Report on the experiments made in 1891 in the treat- ment of plant diseases ( T. “. Department of Agric. Divis. of_ Veget. Pathology, Washington, 1892). 21. I. CraiG: Report of the horticulturist (Exper. Farms Reports for 1832, Ottawa, 1893). 22. R. Farneti: Frutti freschi e secchi. Ortaggi (Milano. 1392). 23. A N RERLESE: Cronaca dei parassiti (Rivista di Patologia Vegetale, Vol. I, 1892, p. 141). i 24 PA. DaxGEARD: Les maladies du pommier et du poirier (Le Botaniste, II Ser., 1892, p 33). 25. J. E. HumpHREY: On Monilia fructigena (Bot Gaz. Vol. XVIII, 1893 26. A. N. % Sign .- Una nuova malattia del fico (Ficus carica) (Rivista di if Va II, 1893 p. 15 1). 29. V. Prazio» Contribuzione alla conoscenza della flora micologica avelli- Sosa ie 1894, p. 424). 28. Fav. v. ‘dx : Phanzenkrankheiten durch Kryptogame Parasiten verur- acht (Bertin, 1895). . 29. C. via ; Untersuchungen dber die Pruchtfcule (Obstfiule) (Beitr. 2. Kenntn. diuohat: Pilze ; II, Jena, 1895, p. 1). | 80. J. R. Bos: Kurze Mitteilungen iiber Pflanzenkrankheiten und Beschkdi- gungen in clp Niederlanden in Jahre 1894 (Zeitschr. f Pftanzenkrankh. 1895. p. 286 3180 SS LETTERATURA 81. I. WoRTMANN: Polsterschimmel des Obstes (Ber. d. k. Lehranst. È Obstt zu Geisenheim, Wiesbaden, 1895) n 32. B. D. HALsTED : lori of the botanical department of the New-Jersey e College Experiment. Station for the year 1894 (Trenton, 88. .G. eli Bordeaux mixture ar a Pa gicide (U. S. Dep. of Agri. Div. of Veg. Pathol.. Washington, 189 34. P. NIJPELS: Les champignons nuisibles aux E cultivées et les moyens de les combattre (Liège. 1896). 85. E. PriLLIEUX : Maladies do plantes agricoles T. II, Paris, 1897). n 86. A. > dir LBy : Some diseases of orchard and gard fruits (Ohio AgtS co ‘per. Station, (Bull. 79, Norwalk 1897). 37. R. =. Ueber die in den letzen Jahren in Schlesien psn hervorgetretenen Schiden und Krankheiten unserer Obstbiiume und ihve Beziehungen zum Wetter (Sitzsber. d. Section f. Obst-und dai tenb. von December 1897 der vaterl. Ges. f. schles. Cult.). 88. M. WoroxIx: Kurze Notiz. aa « Monilia fructigena » Pers. (Zeitschv. f. marta) 1897, p. 196). 39. Mitth,) (Bot. fan 1898, Bd. LXXVI, . J. BEHRENS: Beitrtige zur Kenntniss der paia ( e f. Bahte- riologie, Abth. II, Bd. IV, 1898). i 41. C. WrnMER : MONILIA FRUOTIGENA Pers. (— SCLEROTINIA FRUCTIGENA Me) und die Monilia-Krankheit der PORRE (Ber. d. deuts. bot. Ges» 1898, Bd. XVI, p. 298). À; 42. A. B. FRANK: Massregeln cage Monilia-Krankheit der Kirschbiwme (Deuts. landw. Presse, 1898, p 48. O. KiRCANER : Die ic und Beschidigugen unserer ladwiri nschaf- tlichen en (Stuttgart, 1898). 44. O. KrrcHNER und H. Bor, LTSHAUSER : Atlas der Krankheiten und Beschii- priv unserer landw. rprindea Và Ser. Obstbiume (Stuttgart, Berichtiyung zu C. Wehmer « Monilia fructigena Pers. » (Ber. d. deuts. bot. Ges, 1899, Bd. XVII, p. 40). di : Entge;mung auf die Berichtigung von B. Frank MONILIA | | Epidemie der Obstbéiume (Landwithsci P. 185). (Di questo lavoro ho potuto vedere soltanto il riassunto che Ne è dato nel Bot. Centralbi., Bl LXXIX) NILIA CNEREA Bon. und MONILIA o TIGENA Pers. (Vorl. Dott. GIACOMO CECCONI Casi di danneggiamenti a piante legnose CAUSATI DAL MORIMUS ASPER Sulz. e dal LAMIA TEXTOR L. ALLO STATO DI INSETTI PERFETTI Alla serie, purtroppo così numerosa di insetti che arrecano danni alle piante legnose, si debbono aggiungere due coleotteri, sparsi in tutta Italia, il Moràmus asper Sulz., fino ad oggi considerato come del tutto innocuo, e il Lamia teetor L., ricordato come dannoso allo stato di larva. l Morimus asper Sulz. poteva con ragione considerarsi ancora come insetto utile, poichè le sue larve vivono nei tronchi marciti o dentro le ceppaie e quindi, colle ampie e intricate gallerie, contribui- scono a che questi legnami vengano distrutti e non rimangano come centri di sviluppo di insetti e di funghi dannosi : e appunto quassù, dove questo coleottero è frequente e dove contribuisce alla distruzione. delle ceppaie di abete, si è mostrato per la prima volta dannoso. Pel gruppo al quale appartengono questi due cerambicidi riesce del tutto nuovo il loro modo di danneggiare, perchè debbo annoverarli fra quegli insetti che arrecano danni allo stato di perfetto sviluppo, mentre i Lamzini, che sono ricordati come dannosi, venivano, fino ad oggi, considerati come tali, solo durante la loro vita larvale. Il danneggiamento operato dal Morimus asper Sulz. l’osservai l’anno scorso, d’estate, sopra una piantina di pero, alta circa un metro e mezzo, crescente a ridosso di un muro, nel cortile di questo Istituto : consisteva in scortecciamenti visibilissimi, talora limitati ad una porzione di un rametto, talora estesi, per un certo tratto, al rametto stesso e non solo erano intaccati gli strati corticali, ma ancora i tessuti sotto- stanti. A prima vista si sarebbe detto opera di topi ; però, guardando” bene, non si notavano le traccie dell’azione dei denti incisivi, così caratteristiche per gli scortecciamenti di questi roditori. Mentre cagni navo quelle ferite ancor fresche, la persona che aveva riehiacanta..1e 220 MORIMUS ASPER E LAMIA TEXTOR mia attenzione mi fece gna che si trattava di un insetto grosso, nero, dalle corna lunghe ; aggiungeva ancora che più volte lo cacciò via, ma inutilmente, pe erchè duello ritornava sempre a rodere. Immaginai subito che si trattasse di un cerambicide e avrei potuto anche essere certo della specie, ma volli assicurarmene e non tardai a trovare su quella Ginabin un esemplare di Morimus asper Sulz., proprio nell’atto di rodere. L’ otto giugno di quest’ anno trovai uno di questi insetti sulla stessa pianta; rimasi ad osservarlo e, dopo qualche minuto, vidi l' in- setto che, salendo sul tronco e incontrando un rametto giovane, fece ‘un profondo taglio colle mandibole in direzione obliqua al rametto stesso e alla base di questo, divorando a poco, a poco, 1’ orlo staccato della ferita ; procedette così dal basso verso l’ alto, riposandosi a brevi inter- valli. Per una scortecciatura laterale su questo rametto, lungo circa cin- .que centimetri, impiegò circa un’ ora. a dimostrare come i lamiini, da insetti perfetti abbiano disposi: zioni favorevoli ad intaccare e lode la corteccia e gli strati sottostanti di piante legnose colle loro potenti mandibole, e a convalidare il fatto isolato, che io trovai quassù, un altro caso mi fu spedito dall’ amico Domenico Mariani, sottoispettore forestale a Velletri, che, con vera passione di stadioso. osserva nel suo distretto e ci spedisce continua- mente i casi fitopatolog ici. Egli ci inviò rametti di salice, raccolti nel podere della Cantina sperimentale di quella città, i quali per tratti abbastanza estesi e anche per tutta’ la loro superficie presentavano Un «visibile scortecciamento. Al desiderio dell’ amico, cioè di conoscere la causa del danno, risposi che, a prima vista, si sarebbe potuta ascrivere a’ topi, ma che, mancando le traccie caratteristiche lasciate dai loro denti, per dire qualche cosa di. certo, bisognava cogliere nell’atto il danneggiatore : e infatti, pochi giorni dopo, ricevetti un esemplare di Lamia textor L., con una lettera, da parte del Mariani, che mi diceva di averlo sorpreso proprio nell’atto di rodere. È vero che trattasi di casi isolati, ma, guardando bene i guasti «che questi due coleotteri avevano arrecato tanto al rametto di pero; «quanto a quelli di salice, credetti mio dovere di richiamare l’attenzione sopra questi due insetti, perchè i casi isolati potrebbero g veneralizzarsi : © se questo avvenisse, specialmente ‘in regioni dove si coltivano piante da frutto, e dove crescono rigogliosi i vincheti, i danni potrebbero es" Sere gravi. Alle brevi descrizioni quindi della larva e dell’insetto ppi aggiungo qualche notizia sulla loro biologia e descrivo i dann col- sl’indicazione dei modi di distruzione, attenendosi ai quali si pai avere GIACOMO CECCONI 221 quasi la certezza di ridurre di molto il numero di questi insetti e così, » avvenendo un attacco, non si avrebbero che dei casi isolati e quindi di poco valore. Morimus asper Sulz. Sinonimia : M. lugubris F. Larva : Molto sviluppata, quasi cilindrica, un po’ depressa, spe- cialmente nella regione toracica, lunga, a completo sviluppo, circa 50 mm., larga circa 10 mm. nel primo anello toracico, di colore bianco- giallastro, molle, col corpo formato di 12 anelli che dal primo toracico, che è il più largo e il più sviluppato, vanno gradatamente diminuendo in larghezza, fino all’ultimo che è il più stretto. La testa è retrattile, depressa, di colore rossiccio scuro ; i segmenti del corpo sono provvisti di peli radi, corti, di colore fulvo, e il primo anello toracico è un po’ depresso e di colore giallo arancione superiormente, per una placca che lo ricopre quasi del tutto ; gli altri segmenti nel lato dorsale non presentano che degli accenni di placche, di colore un po’ più scuro di quello degli anelli ; le zampe mancano completamente. Ai lati di ciascun segmento toracico e addominale si nota uno stimma .giallo-scuro, di forma ovale, ben distinto. Insetto perfetto: Di colore nero o nero grigiastro, quasi uniforme, - lungo circa 35 mm.; capo molto sviluppato, labbro superiore quasi quadrato, provvisto nel suo orlo anteriore di numerosi e fitti peli di . colore giallo rossiccio, poco sviluppati in lunghezza ; mandibole lunghe, - robuste, che terminano in punta rivolta verso l’interno e formano delle forti pinze taglienti; palpi mascellari provvisti di tre articoli, palpi labiali di due ; antenne lunghe, grosse alla base, si vanno gradata- mente assottigliando verso l’apice e sono composte di undici articoli, il primo dei quali è il più grosso e in lunghezza uguaglia la metà del terzo articolo che è il più lungo, mentre il secondo è cortissimo e della grossezza del terzo ; gli altri articoli sono press’a poco uguali in lun- ghezza e quello apicale è molto sottile. Ai lati della testa risaltano bene gli occhi neri, faccettati, lucenti, i quali, a guisa di nastro, ri- gonfio alle due estremità e ristretto nello spazio. di mezzo, circondano ‘ per un certo tratto le due bozze, donde nascono le antenne. Pro- noto un po’ più lungo che largo, di colore nero col margine anteriore | e posteriore provvisto di peli grigiastri che formano una linea che si distingue bene ; nella sua faccia dorsale, sullo spazio di mezzo, si no- tano dei piccoli tubercoli, simmetricamente disposti ; ai lati, nel punto- 222 MORIMUS ASPER E LAMIA TEXTOR «di mezzo, sorge una prominenza visibilissima, conica, terminante in punta sottile. Elitre colla prima metà più larga del pronoto e cogli orli laterali quasi paralleli ; dopo la prima metà cominciano a restrin- gersi e sono arrotondate posteriormente, lasciando scorgere una porzione dell’ultimo anello addominale. Queste elitre convesse, presentano alla loro base l’angolo esterno quasi retto e per breve tratto si presentano depresse ; hanno una scoltura granulosa e qualche volta, quando l’in- setto è da parecchio tempo schiuso dallo stato di ninfa, presentano delle macchie di colore grigio marrone scuro, generalmente sbiadite e talora anche poco visibili. Ali membranose ridottissime, non atte al volo, ani lunghe e robuste, colla coscia quasi uniformemente rigon- fia in tutta la sua lunghezza. Tibie generalmente rigonfie all’apice : le fe provviste di un corto processo spinoso, diritto, appuntito sul lato esterno ; le mediane con un processo simile, ottuso, sul lato in- terno. Tarsi tutti di quattro articoli : il primo e il secondo cordiformi, il terzo profondamente lobato, il quarto nasce dall’incavatura di questo, è clavato e provvisto di due unghie divaricate, robuste e ricurve. I primi tre articoli sono ricoperti superiormente da peli neri, inferior- mente gialli o grigio rossicci. | maschio differisce dalla femmina per avere le antenne molto più lunghe del corpo, mentre la femmina le ha lunghe quanto il corpo ; nel g' le zampe anteriori sono un po’ più lunghe delle altre, mentre nella 9 le tre paia sono tutte uguali in lunghezza. Sviluppo : Sui primi di maggio cominciano a comparire gli in ‘setti e, da quanto ho osservato quassù, mi sembra che questo coleottero abbia uno sviluppo biennale, trovandosi contemporaneamente larve ® insetti perfetti. L’insetto si trova fin verso settembre sulle ceppaie di abete o sui tronchi deperienti, dove deposita le uova ; si trova ancora lungo le strade. sione : È diffuso in tutta Italia (1); il Calwers (2)! oltre che per l’Italia lo cita anche per la Francia meridionale ; È gir (3) per - la Gallia media, meridionale e per la regione mediterra Danni: Colle robuste mandibole, allo stato di suda perfetto, può rodere la corteccia, il libro, mettendo così a nudo il legno di ra metti di giovani piantine, come avvenne quassù pel rametto di pero ( dine communis 5) di i a p detto sopra, fu rosicchiato in guisa (1) Ce Nn dei coleotteri d'Italia p. 209, a. 1872. (2) ALWERS, Kiiferbuch ete. Vierte Auflage. 1876. 301, fg x 1 Werse. Catalogus Coleopterorum Europae ete P. i g 4 i i ATE ai FER e ai gl ee Ae po d n Di Pb: ci i ie % ere’ e ui TIA Reina ai MOLARE 7) ASA or ITA eo If TO SAN n SE GIACOMO CECCONI 223 da essere quasi completamente scortecciato ; se questo si ripetesse nei nostri vir in grande, i danni potrebbero essere davvero molto gravi. Rimedi : Trattandosi di un insetto così grosso e che non vola, sarà. molto facile la sua distruzione; anche per questo insetto, come per moltissimi altri, è da curarsi la non mai troppo raccomandata pulizia dei boschi e dei campi, la distruzione cioè dei legnami deperienti © deperiti che, come a molti altri insetti dannosi, anche al Morémus Sulz., offrono asilo sicuro e adatto alla deposizione delle uova e allo sviluppo della larva, della ninfa e dell’insetto perfetto. Lamia textor L. Sinonimia : Lamia cephalotes Voet. » nigrorugosa Degeer. Bibliografia : M. Grrarp. Les insectes. Traitè élémentaire d’Entomologie. I, p. 744, Paris, 1873. B. ALrum. Forstzoologie. III. Insecten. 1 Abth. p. 4833-34, Berlin 1881. G. HexscHEL. Die schaedlichen Forst-und Obst-baum Insekten. 3 neubearbei- tete Auflage. Berlin 1895. JupEicH und NirscHe. Lehrbuch der mitteleuropaeische Forstinsektenkunde B. I p. 578-79. Wien 1895 K. Ecksrenn. Forstliche Zoologie. p. 489, 1897. Larva : è molto sviluppata, raggiungendo la lunghezza di 40 mm. ma un po’ meno di quella del Morimus asper Sulz. e solo per essere cilindrica e per altri lievi caratteri se ne differenzia. Non avendo po- tuto avere neanche una di queste larve, per farne il confronto, rimando alla figura che ne dà l’Altum. (1) o perfetto : Differisce dal Morimus asper Sulz. pei seguenti caratteri : conformazione più tozza, nei due sessi le antenne sono gene- ralmente più corte del corpo, o quasi come questo, ma non lo sorpas- sano mai, il primo articolo di queste antenne è quasi uguale al terzo in lunghezza, il pronoto è un po’ più largo che lungo, elitre più fitta- mente granulate e più convesse ; ali membranose sviluppate in modo da essere atte al volo. (1) Vedi lavoro citato, p. 844, fig. 52. dito Ei e AREA ni cei, ae o ea A dé % E È ‘4 ® SO) dr MORIMUS ASPER E LAMIA TEXTOR Diffusione : In tutta Europa. Danni : Tutti gli autori che parlano di questo insetto lo ricor- dano dannoso allo stato di larva ai Sa e ai tronchi di salici e di pioppi, facendo perire le piante sane che intacca, è ricordato come partico- larmente dannoso ai vincheti (1), i Velletri come si disse, attaccò, allo stato di insetto perfetto, piante vive di salici (Salix fragilis 2), rodendone a corteccia, se vuolsi in modo superficiale e non così profondamente come l’altra "pira Rimed + Raccolta degli insetti perfetti e distruzione dei tronchi e delle panne marcescenti. i Dal Gabinetto di Storia Naturale del R.° Istituto Forestale di Vallombrosa. LR TRA A VANI IA NANI (1) Per farsi una idea di 1 descrizione questi danneggiamenti leggasi la de Dai i di i gi figura. SU DI UN CASO DI FASCIAZIONE SPIRALE nel LINUM STRICTUM, L. Nota del Dott. G. MOTTAREALE Il 30 Aprile di quest’ anno guidavo so i giovani del 2.° Corso della R. Scuola Superiore d’Agricultura di Portici in e- scursione botanica a Capri. i Lo scopo era duplice, come duplici le branche d’insegnamento in quest'anno di studio ; conoscenza della flora e delle | son che colpiscono le piante colti- Trio nella località conosciu- di ta col nome dei « Faraglioni », in pros- + simità del viottolo principale, i sono ai: imbattuto in un bici teratologico > di Linum strictum L. o La pianta, st m. 0,48 ramificava fin dalla base in 5 assi secondari perfet- tamente normali. > L’ asse primario, cilindrico fino al- ui l’ altezza di 15 cent., cominciava a i schiacciarsi, presentando successivamen- ” , sulla sua lunghezza, una sezione dt presentava nella parte superiore a forma - i, nastro. c- Ma ciò non è tutto. Se la fascia- zione è il fatto teratologico più comune nelle piante e nel genere Linum (lo men- zionano il Detharding (1) pel L. wmbili- SI (1) icqpua deg > Asparago latocauli ob . Misceli. Ac. Nat. Cur. Dec. III anno 18, pena ws S1. 226 LINUM STRICTUM L. catum (?) ed il Moquin Tandon (1 ed il Masters (2) pel L. usitatissimum) nell’ esemplare da me raccolto, il fenomeno presentava anche una com- plicazione, poichè la parte terminale dell’ asse, fortemente fasciata, alla distanza di 12 cent. dall’ apice si svolgeva a spirale, compiendo 2 lun- ghi passi di spira. All’ apice ramificava con rami corti, contratti, fa- sciati, corimbosi, come un cavolo fiore (Brassica oleracea L. v. Botrytis) i scarto, cioe a palla nè stretta, nè piena. AI di sotto di questa ramificaziorie terminale capitata, sì notavano dei rametti fioriferi cilindrici e normali. Nel caso in esame, dunque, allo slargamento dell’ asse troviamo associata la torsione di esso, abbiamo, quindi, una fasciazione spirale. Le foglie, che conservavano nella parte inferiore cilindrica del- l’ asse l’ ordinario e riconoscibile indice di fillotassi, si spostavano, Verso l’alto, ora ravvicinandosi lateralmente (a volte quasi saldandosi alla base) ora disponendosi, sulla faccia dell’ asse, a mo’ di scala, ora sovrapponen- dosi. Data questa disposizione fogliare è perfettamente spiegabile 1’ in- serzione extrascellare di alcuni assi secondari fioriferi. Tutte queste anormalità Ripe sono evidentemente dovuti alla fasciazione spirale dell’ ass noto che la na dell’ asse alterato da fasciazione, devia ordinariamente dalla condizione normale diventando, ora più ora meno verde, ora porporino, a seconda delle diverse piante. Nel caso del Lé- num usitatissimum, secondo Moquin-Tandon, diventa verde scuro (8) però nell’ esemplare raccolto da noi, esso si mantenne di colore verde chiaro. Dal Laboratorio di Botanjea + della R. Scuola Sup. d’ Agricoltura, Portici. (1) Moquin-Tandon. (2) Masters. Vegeta mar, pag. 33. (B) Moquin-Tandon 1 c. p. 151. 9 Elements de tératologie végétale, ppg. 149. ble Teratology in Deutsche iibertragen von U. Dam- La E TE E A EER TINI COR AMORE PERO AR ARE RETRRTO NETTE PES EGAIOTTA ; ui bo. 3 ANTONIO BERLESE GLI ACARI AGRARI (Continuazione vedi Anno VII, N. 9-12) Cepheus latus Nie. non Koch (Hist. nat. acar. envir. Paris, p. 466, tav. 7, fig. 9) 1877 Cepheus latus CANESTRINI © FanzaGO, Acar. it. p. 87. 1885 G. CANESTRINI, Acarofauna it. I. p. 87. 1886 » » A. BERLESE, Acari dannosi piante coltivate, p. 13, 1888 » » Ipem, Ac. Mir. Scorp. ital. fase. XLIX, N. 1884» » MICHAEL, British Oribatidae, p. 295 tav. xv LE fig. 12(*) La specie è molto più rara della precedente, ed anco pit di rado sì trova sulle piante. Somiglia molto alla prima descritta, come del resto assai si somigliano tutte le specie del genere, ma ne differisce per alcuni caratteri molto con- spicui, cioè : Più grande del C. fegeocranus ; corpo più largo, quasi quadrato-rotondato ; setole o i margini ed il dorso dell’ sddomo. grin; Lungo circa 1250 yu. Fig. Anche questa forma vive sulle piante, ces Tegeocrainis latus è più facile incontrarla sugli arbusti che n nel musco ; io ne ebbi molti esemplari battendo i suffrutici alle Cascine, a turi ze, specialmente dopo una pioggia, e ciò in estate. Ritengo si incontri in tu italia, Di comune nella settentrionale e centrale, ma è molto più raro del precedent C) Si è ripetuta la intestazione e sinonimia di questa specie, già pub- blicata nel Vol. VII a a pag. 344, sembrando opportuno farne precedere la de- scrizione a ciò si sapesse di quale forma qui si tratta. 228 GLI ACARI AGRARI «FAMILIA LEIOSOMIDAE Berlese 1896 (Cryptostigmata II, p. 49). È composta dei seguenti generi (tutti europei) : Zetorchestes Berl. (1888) ; Dameosoma Berl. (1887); Oppia Koch 1819); Ferrario Mich, (1883); Leiosoma Nio. (1855); Oribatula Berl. (1895). GENUS Oppia Koch 1842 (Uibersicht des Arachnidensyst. Idem. C. M. A. Deutschl.) ui “vigone e: p.) HERMANN, Mem. Apt. 185 rcerette cr nat. acar. envir. Paris p. 446. pin Oppia cd e FAN , Acar. ital. no 1885 G. CANESTRINI, Ppawoiii ital: Ep. 188; A. BERLESE, Ac. Mir. Scorp. ital. dt XX, N. 10. 1887 Pata (ex p.) MicHaEL, British Oribatidae. Corpo globoso. Addome del tutto sprovveduto di ali. Epidermide levigatissima, lucida. Capotorace grande, conico, colle ali laterali assai bene visibili, talora prolungate all’innanzi liberamente, all’ apice for- nite di lunga setola. Zampo grandette, coi tarsi muniti di tre unghie, tra di loro pressochè esuali. Tutti i piedi sono marginali. Tectopedii del terzo paio piccolissimi, dentiformi. Colore generalmente castagno. Per i caratteri sopraricordati, il gruppo è nettamente limitato di fronte agli affini generi Dameosoma e Oribatula, coi quali ha di comune V habitus, del resto speciale della Lio Quanto alle lamelle che si scorgono sul ca- potorace, esse variano molto di dimensioni, a passare dalla 0. microptera Berl. ì a sono piccolissime, fino alla 0. bipilis, dove raggiungono il massimo o svi- PE Intanto il goniare, così Li” racchiude tuttavia un certo numero di a specie, delle quali, sei sono state venute tinora in Italia. Le specie del genere vivono nei muschi, una, della quale si dirà tosto, teccie, specialmente dopo la pioggia. Oppia lucorum (Koch) Berl. 1844 Zetes lucorum Koc4, C. M. A. Deutsch]. fase. 31, fig. 18. 1892 Oppia. » A. Ac. Myr. Scorp. ital. fase. LXIV N. la BERLESE, 1898 Notaspis bisignata CoGei, Deserizicne di specie nuove di Oribati i moggi P. 68, si può trovare anche sugli alberi e non di rado. Si può raccogliere sulle Figa: 1837 assi s» MicHaEL, British Oribatidae, p. 871, tav. XX& de STR SI por, O = TA RED Ge VALLE RE REBE ORA RIP di TOM Ir) ERO 1 ri Ni LEA Y DIE 5 Mb de € A. BERLESE 229 Colore del corpo castagno, talora traente al fuligineo, Addome obovato, anterior- mente rotondato, posterior- mente subacuto. - Margini uell’ addome, di quà e di là, ornati di nove setole robu- ste, dirette all’ indietro. Ca- potorace conico, colle ali rappresentate soltanto da una carena poco elevata e pic- cola, anteriormente prolun- gate solo fino a metà del ca- potorace. Setole pseudosti- ematiche clavate, barbulate. Tutte le setole del corpo for- nite di corte barbule. Tibie anteriori prolungate all’apice in un cornetto fornito di lun- ga setola. Dimensioni. Lungo cir- 750 L.. ca Hagirar. La specie è co- Fig. 53 mune fra i muschi e sotto le ppia lucorum pietre, però si trova anche su- 1 dal dorso; 2 suo capotorace; 3 la gli alberi, sulle cui corteccie stessa dal ventre; 4 sua setola pseudosti- si vede camminare, specialmen- gmatica ; 5 setola del corpo. te dopo una piogg Oss. La specie Notaspis bisignata del Coggi (Ball. Soc. entom. Ital., Tri- mestre I e II, 1898; p. 76) è fondata sopra un piccolo esemplare della O. Zu- corum (460 p di lunghezza). i ST N. B. Nel Napoletano e precisamente a Portici, appunto sui tronchi di Quercus robur, dopo la pieggia, si è trovata, in un certo numero di esempla- ri, l Oppia Berlesii Leon. (LeoxARDI, in Berlese, Atti Soc. Veneto-Trent. di Sc. Natur. 1895) la quale è molto più grande della O. Zucorum e per molti caratteri diversa. Infatti è lunga fino a 970 x ed oltre. Eccone una breve descrizione : - È la maggiore delle specie finora note. Addome ovale, posteriormente rotondato, crenulato-ondulato al margine. Notogastro anteriormente tagliato ad arco, convesso all’ innanzi. Epidermide del notogastro, tutta sparsa fitta- mente di punteggiature grossette. Si scorgono alcune setole robuste al dorso «d al margine, che sono biancheggianti. Il notogastro é anteriormente mar- cato da impressioni striiformi, longitudinali. Capotorace breve, conico, colle sat SAR I ACARI AGRARI lamelle corte e poco elevate, all’ apice terminate da una lunga setola, nom prolungate oltre la metà del capotorace. Setole pseudostigmatiche in forma di breve clava, villose. Piedi mediocri, di color rosso badio. Il colore del co è nero intenso. (Per la figura V. A. Berlese, A. M. 5. it., fasc. LKXVII, N. 4)e | GEN. Oribatula Berlese 1895 (Cryptostigmata II, p. 59) 1855 Oppia (ex p.) NicoLet, Hist. nat. Acar env. Paris. 1887 Notaspis (ex p.) MicHaEL, British Oribatidae. Tectopedii del primo paio non disposti in una linea quasi pa- rallela alle lamelle del tectum, ma del tutto mancanti, oppure di dub- bia presenza, rappresentati, tutto al più, da una linea trasversa, proce- dente dall’ apice delle tamelle al rostro. Tectopedii del terzo paio den- ticuliformi, però manifesti. Rudimenti delle ali dell'addome (pteromor- fe) visibili all’ angolo antero-laterale del notogastro. Per questi caratteri il genere si distingue dai Leiosoma. Piedi del terzo e quarto paio del tutto ventrali; perciò il genere è distinto dalle Oppia e dai Dameosoma. In virtù dei rudimenti delle pteromorfe il genere si avvicina ai Pterogasterinae. Animali di sta- tura piccola. Tipi Ori. tibialis ; O. exilis. > Il genere, così limitato, racchiude poche specie, io ne ho indicato cinque europee, di cui tre, O. fidialis (Nie.) Berl.; O. exilis (Nic.) Berl.; O. plantivaga; Berl. sono state trovate anche in Italia, ma le prime due specie 0. iuneta (Mich.) Berl.; O. similis (Mich.) Berl. sono state rinvenute finora solo in. Inghilterra Sulle piante poi si trova la seguente ; Oribatula plantivaga Berlese (Cryptostigmata ti. p.-60 1884 Leiosoma nitens TARGIONI-TOZZETTI, Annali di agricoltura (Relazi lavori R. Stazione Entomol. Agr. Firenze, anni 1879-82) p. 75. 887 Leisoma nitens Pexzio, S fini, p. BA7.. Colore del corpo castagno, più 0 meno chiaro. Addome obovato, anteriormente tagliato in linea retta, posteriormente acuto. Margini del side tudi botanici sugli agrumi e piante af ARL nai A. BERLESE corpo con alcune setole piccolissime, appena visibili. Capotorace conico, colle ali rappresentate da una piccola carena appena elevata, anteriormente Fig. 54 Oribatula plantivaga 1 dal dorso ; 2 var sicula ; 8. la stessa supina ; 4: setola pseudostigmatica ; 5. capo- torace di var sicula (a rudim. pteromorfe). non prolungate in dente e davanti toccanti appena l’ apice del capotorace. Setole pseudostigmatiche cortissime, clavate, quasi piriformi. Tibie del 1. pa- io allungate in un cornetto fornito di pelo all’ apice. var. sicula Berl. (loc. cit.) Coll’addome più lungo e del tutto nudo. Dimensioni. Lunga cir- ca 450 p. Hagitar. La specie vive nei muschi di tutta l’ Italia. ma nitens (loc. cit.) che col- la specie in discorso non ha nulla a che fare essendo, non foss’ altro, di assai più grande. Il Penzig (loc. cit.), ritenuta giusta la determinazione del Targioni, de- scrive e disegna, togliendo figura e diagnosi dalla mia pubblicazione (Ac. Myr. etc.), il vero Leisoma nitens. Però quest’ ultimo non si trova mai sulle piante, nè credo si trovi in Sicilia, quando non fosse sulle altissime cime dei monti. Dei danni possibili da parte della specie, nulla si sa. FAM. PTEROGASTERINAE MICHAEL 1883 (British Oribatidae, p. 202). La famiglia risulta composta di due soli generi (europei), cioè : Oribates Latr. (1807); Pelops Koch (1842). 232 GLI ACARI AGRARI GEN. Oribates Latreille 13907 (Genera Crustaceorum et Insect.) Acarus (ex p.) Linné, ScHRANK, DE GrER, GeoFFROY etc. 1804 Notaspis (ex p.) HERMANN, Mém. Apt. 1834 Oribates » Dueés, Rech. sur l’ordre des Acar. 18492 » » KocH, Uibersicht des Arachnidensyst. IL 1844 > » GERVAIS, Hist. nat. Apt. » NicoLer, Hist. nat. Acar. envir. Paris, p. 427. 1 9 aa 1886 >» A. BERLESE, Acari dann. piante coltivate, p. 12. 1893 » IpEM, Ac. Myr. Scorp. ital. fase. LXXIV, N. T. Corpo ovato. Addome bene distinto dal capotorace, col dorso con- vesso, il più spesso nitido, lucido. Notogastro (7) lateralmente con ali Fig. 55 Oribates globulus, visto di fianco. ; Per le lettere vedi nella descrizione del genere, inoltre 9 setole PSP dostigmatiche ; c ipostoma; m ano. A. BERLESE (pteromorfe e) chitinose, espanse, dirette in basso, che proteggono i piedi del terzo e quarto paio. Capotorace conico, nel mezzo pianeggiante (a) colle ali del fectwm laminari (2), longitudinali, parallele ai lati del capotorace stesso, tra loro riunite, oppure separate. Laminette laterali (tectopedii del 1° pa1o) al- l’apice acute, parallele ai margini del capotorace. Tectopedii del se- condo paio molto visibili (4). Setole del vertice (n) sempre filiformi (op- pure leggermente barbatule). Mandibole grossette, non mai assottigliate, cheligere, colle dita quadridentate. Ipostoma a forma di esagono largo, coi palpi filiformi, 5-articolati, col secondo articolo grossetto. Piedi medio- cri, all’ apice triunguicolati, raramente con una sola unghia. Larve esa- pode, simili alle ninfe. Ninfe pallide, nude, a forma di 7yroglyphus, però cogli organi pseudostigmatici visibili al dorso. Il Kock ne fece il genere Murcia e Canestrini e Fanzago il gen. C/aviceps. Le specie si distinguono fra loro, specialmente per l’ armatura del capo- torace, forma delle ali dell’ addome etc. Il genere è molto ricco di specie. ueste vivono nei muschi, sotto le pietre, nei luoghi umidi, e poche si Q ‘trovano sugli alberi. Oribates humeralis (Herm.) Koch ? Oribates castaneus Auct. veterum. 1804 Notaspis humeralis HermanN, Mém. Apter. p. 92, tav. 4, fig. d. 1842 Oribates » KocH, C. M. A. Deutschl. fase. 30, fig. 18 1877 » » CaxEsTRINI e FanzaGO, Acar. it. p ; 1883» » A. BerLESsE, Ac. Mir. Scorp. it. fasc. III, N. 4 1885. >» G CaxnesTRINI. Acarofauna ital. I, p, 15. 1886» A. BerLEsE, Acari dannosi piante coltiv. p. 13. LI Colore dell’ addome castagno, traente al fuligineo, con una mac- chia anteriore più pallida, ferruginea, colle ali e coi piedi di color race conico, colle ali sue in forma di carinule, ottuse all’ apice e prov- viste di lungo pelo nudo, fra di loro discoste e non riunite da carena versa. Setole pseudostigmatiche grossette, leggermente claviformi, molto piccole. Palpi coll’ultimo articolo armato di tre spine. Epidermide inutissi amente punteggiata, ciò che si vede solo a forte ingrandi- Ninfa di color rosso quasi sanguigno, posteriormente con due mac- chie fosche, una per lato, col- l’ addome subpentagonale, poste- riormente terminato in angolo a- cuto, molto der colla epidermi - e punteggiat Lorva ui simile alla ninfa. Dimensioni. Adulto lungo circa d DA Hapirar. È comune sugli alberi, comunissimo poi sulle conifere Io lo T aubYbpo dal ala; 4 palpo; d: eonital ed ano; domio.s B. 6 epidermide de ingr. GLI ACARI AGRARI Fig. 56 Larva dell'O. humeralis (Murcia rubra Koch.) » Dal dorso; 2. dal ventre. e Fanz.) Raccolsi molti pino: an: che sulla Vitis vinifera. Sembra parecchi autori abbiano "e dî questa specie, sotto il nome di Ort- bates castaneus, e sia stata accusata di danni alle frutta Il Targioni. T'onsote, nella Rela zione della sein di Entomologia agraria (1875) ser i « Rece diana il sig. Victor — Chatel, assai noto per lavori intorno all’orticoltura ed agricoltura, ha ri-o chiamato l’attenzione intorno alloro ua macchie nere circolari di molti frutti, come le pere Bonne Louise d’Ayrau pes Dovenné d’hiver, Saint-Germain, È rrè d’Arenberg, sulle piante col- tivato a piramide, poichè frutti delle piante tenute a spalliera o lungo Ul sare ti muro, n bero esenti uesto acaro, già conosciuto da He , solito a vivere per lo più. fra i licheni e le borraccine, secon il signor Chatel si fa vedere, e 0per® di notte, erodendo vajerticle togli l'epidermide del frutto, la quale rimane mor- tificata, e sottoposta all’infezione di una muffa sa quella stessa forse che sopravviene alla presenza delle Cocciniglie. La notte gli acari vanno per il peduncolo del frutto a nascondersi fino nei rami po pianta e nelle serepo- lature della scorza dei tronchi. Le erosioni si ripetono, ora a punti, ora a strie lineari, e son fatte appunto sulla parte del frutto, che è più esposta al sole nella giornata. La muffa nera, intanto, f>rma una piccola crosta e sotto’ di essa si accampano più tardi altri insetti, specialmente delle ura. ltri frutti a superficie levigata, come la mela calvilla bianca, Apirose, | Pigeomset, le albicocche, le susine sono pure, a cagion della morsicatura di altri acari, deturpati da punti neri, Sacra talora da un piccolo cerchio” rosso, sempre dal lato esposto al « Mentre il frutto procede alla ii questi punti e circoli si al- largano, il tessuto è preso da putrefazione superficiale, nasce altra muffa, la putrefazione va avanti, e il frutto finisce per andare a male, coperto di altre muffe e che si sostituiscono alle prime venute. ‘uva medesima può talvolta essere affetta, secondo lo stesso autore, molo equivalente, da acari particolari, che sono occasione di travasi, mundi cazioni di tessuto e comparsa di muffe. Con queste idee, da verificare, l'Autore insiste sulla diligenza di nettar bene le piante dai licheni, dalle foglie morte, dalle scorze di desquamazione e su quella di resecare ogni parte ulcerata. Consiglia di lavare e spalmare con bianco di calce, con sapone, solfuro di potassio, sterco di vacca le parti pulite e di adoperare tutte Lar, cure particolari, che possono applicarsi alle piante per togliere ogni gem ogni foglia ed ogni fiore imperfetto e che” probabilmente contenga uova o es d’ insetti. (1) Oribates orbicularis Koch. (C. M. A. Deutsch]. fasc. 3, N. 6) 1877 Oribates orbicularis CanestRINI e FanzaGo, Acar. it. p. 14. 1855 Oribata » NicoLET, Hist. nat. Acar. env. Paris, p. 435, tav. V, fig. 2. : 1884 Oribata orbicularis Micnart, British Oribatidae, p. 236, tav. VI, fig. 1 et 3-9 et tav. XI, fig. 18838 Ovibat erro A. BERLESE, Ac. Mir. Scorp. ital. fase. IX, N. 1, 835 G. CaNESTRINI, Acarofauna it. I. p. 18. 1886» » A. BeRLESE, Acari dann. piante coltivate p. 14. Addome orbicolare o quasi, di colore castagno-fuligineo, con una macchia alla parte anteriore dell'addome stesso, nel dorso, più pallida, (1) Victor Chatel, Dégàts causés aux végétaux par les Acarus. Soc. d'Agricolture de France 24 Marzo 1875. STRESS IRE BRE SIETE 236 GLI ACARI AGRARI rossa. Mancano affatto setole sull’addome. Epidermide con piccolissime . 2 punteggiature, visibili solo a forte ingrandimento, apotorace colle ali del {ectwm, in forma di lamelle, all’apice arrotondate, fornite di lunghe se- tole, tra di loro riunite da carena trasversa. Epistoma con due piccole setole apicali. Setole pseudostigma- tiche cortissime, clavato-piriformi, dirette all’indietro. Ninfa bianca, col capotorace conico, senza ene o lamine, colle setole pseudostigmatiche pi- Fig. 58 riformi, dirette all’innanzi, coll’addome ovale, alluo- ‘Oribates orbicularis g2t°, oppure di dietro più largo, con due sole longitudinali poco visibili. Piedi con una sola unghia. Colore bianco, con due macchie nere ai lati dell’ addome, poste- riormente. Piedi di colore roseo di carne. Larva esapoda, del tutto simile alla ninfa. Dimensioni. Adulto lungo circa 750 p. ; ninfa circa 500 p. HaBiraT. Si trova assieme all’O. ORTA sulle piante. Però è molto - più frequente dell'altro anche nel musco. Nota. Si dovrebbe escludere che sotto il nome di Oribates castaneus Si e saline anche questa specie, poichè questa, come la seguente, hanno sempre una tinta molto nera, mentre il colore castagno e speciale dell n humeralis. Inoltre anche le ricezanbia attribuite all’ O. castaneus da alcuni autori, sembrano meglio addattarsi all’ O. humeralis che non alla pre: sente specie ed alla seguente. È molto probabile che sotto il nome di 0. ca- staneus gli autori abbiano confuso tutte le specie di Oribates e forse anche il Pelops acromius che è molto frequente sulle piante, specialmente conifere, platani ete. certo non meno degli Oribates qui ricordati. Tutte le altre specie di Oribates vivono nei muschi o sulla terra umida. È da credersi che il Cla- | viceps laeviusculus di Canestrini e Fanzago, rappresenti la ninfa di questa . Specie, Oribates setosus Koc (C. M. A. Deutschl., fasc. 80, 9) 19). 1855 na setosa NicoLet, Hist, nat. acar. env. Paris, q. 486, taY- dh g. 4 1877 Oribates setosus CANESTRINI e FanzaGO, Acar. it. p. 16. 1834 Oribata setosa Micnart, British Oribatidae, p. 243, tav. VII ige 8-12; tav. XXIII, fig. 9. ‘ 1885 Oribates setosus G. CANESTRINI, Acarof. it. p. 19. 1886 ERLESE, Ac. dannosi piante coltiv. p. 2 1887 * » Tn DEM, Ac. Mir. Scorp. it. fasc. XLIII N. a Corpo di colore nero di pece o fuligineo. Sul dorso, nella parte . anteriore dell’ addome, si vede una macchia rotondeggiante, rossa. Piedk 1855 Pelo; 1877 1851 » » 1835 » » » Oribates setosus 2 capotor. 3 setola pseudostigm. 4 3.° articolo aei piedi anter. A. BERLESE 237 ali dell’ addome e carene del tectum di colore rosso badio. Ali laterali del tectum larghissime, all’ innanzi fra di loro riu- nite, anteriormente acute e fornite al- l’apice di un lungo pelo, coperto di bar- bule. Setole pseudostigmatiche corte, cla- vate. Addome alquanto più lungo che largo, all’ indietro rotondato, e sul dorso e sui fianchi fornito di peli lunghetti, distribuiti a regolari intervalli. Ninfa (Murcia trimaculata Koch, fasce. 3, tig. 21). Ovale, di dietro rotondato-acuta, tutta coperta di peli lunghetti e barbulati. Setole pseudostigmatiche clavate, dirette all’innanzi. Bianca con due macchie brune ai lati dell'addome posteriormente, coi piedi e rostro rosso carnei. Dimensioni. Adulto lungo 650 wp. Habitat anche sugli alberi, colle altre due specie congeneri. EN. Pelops Koch 1844 G (C. M. A. Deutschl. et pranzi des Arachnidensyst.) 1801 saggi (ex p) ti Mèm. Apt pt. NrcoLet, Hist. na . Acar env. Paris, p. 419. A. BERLESE, p. c. Myr. Scorp. tl fasc. XV, N. 5. A. BERLESE, aaa II, p. Corpo rotondo, alquanto depresso. Addome colle ali laterali ed ancora con una espansione laminare quadrangolare all’innanzi, lungo l’orlo anteriore del notogastro. Capotorace conico, sul dorso provvisto di molte appendici, cioè di un teclu72, ossia lamina larga, anteriormente bifida, coi margini alquanto elevati e colle due corna il più spesso | recanti un pelo semplice ; di 2amin? laterali, triangolari, acuminate, avvicinate al rostro e che proteggono i piedi del primo paio (fectopedia secunda Mich.) ; di due lamine interposte fra il rostro e le zampe del 1° paio paro (1 paia prima Mich.) ; di due lamine formanti |’ epistoma ; 238 GLI ACARI AGRARI «delle spatole, ossia peli del vertice spatoliformi, all’apice acuti, partico- lari a questo liteghi finalmente delle setole pseudostigmatiche, per lo più claviform Mandibole lunghe assai, esili, alla base ingrossate e poi cilindriche, con una piccolissima chela sipicalo, Labbro inferiore ovale, lungo. Piedi «con tre unghie. Vivono, per lo più, nei muschi, ma il P. acromios è molto frequente sugli alberi. ninfe (Cezaeno Koch) sono nude, piatte o scavate sul dorso, coll’epidermide tutta grinzosa per pliche trasverse, e cogli orli del (corpo provvisti di lunghe e robuste spine, disposte a regolari intervalli. ‘Tarsi con una sola unghia. Pelops acromios (Herm.) Koch. 1304 csv acrom:os HeRManN, Mém Apt. p. 91, tav, 4, fig. 1. 1855 P. » NicoLet, Hist. nat. acar. env. Paris, p. 425, tav. i: 6 È 1877 Pelops acromios CANESTRINI E FANZAGO, Acar. it. p. 1834 » MicÒÙart, British Oribatidae, p. 208, pe I, fig. 12 e 1884 “sia acromios A. BerLESE, Ac. Mir, Scorp. ital. fasc. XV, N. 6. 1885 +. CANESTRINI, Acarof ital. I, p. 10. 1886.» | A. BeRLESE, Acari dann. piante coltiv. p. 14. Sepe rotondo, ornato sul dorso e sui fianchi da 18 setole clavi- formi. Epidermide scabra per molte fossette. Ali dell’addome strette e rugose. Capotor ace con se- tole pseudostigmatiche clavifor mi, colle carinule del tetto elevate, all’apice fra di loro molto di-. scoste, con una setola su ciascuna delle due punte. Setole del vertice larghe, a forma di subula. C0- lore del corpo tutto fuligineo, talora molto nero; con una macchia sul dorso, colle ali dell’addome ed i piedi color giallo-rosso, traente al badio. Ninfa (Calaeno spinosa Koch, fasc. 3, N. 17). ego dea depresso, nel mezzo anche scavato, all’innanzi che non di dietro, coi mar- Vie. gini laterali elevati. Epidermide tutta rugosa per Larva di P. acromios. nese Pliche transverse. Capotorace largo, corto, Orso, minato all’ innanzi. Fori pseudostigmatici fra (Calaeno aegrota K) di loro avvicinati, con setole pseudostigmatiche ) rt SMEIPDE A. BERLESE 239 corte, piriformi. Due clave fra le aperture Sinni Addome Fig. 61 Pelo 5g acromios 1 Dal dorso; 2 suo capotorace dal dorso (a tectum ;d tectopedìi del 2° paio ; c lamina anter. del notogastro ; d tectop. del 1° paio ; e setola del capotorace ; f organo pseudostigm.; g epistoma); 3 mandibola ; 4 spatola del vertice. eriormente armato di sei iano spine, sostenute da un tubercolo, Vi sono con- corpo, precisamente sugliorli. Colore del corpo giallo- terreo ; piedi rosso-carnei. Dimensioni. Adulto lungo 650 p, circa; ninfa circa 500 p. HapirtaTr. La specie è comu- nissima sugli alberi. Durante la fredda stagione se ne trovano molti individui sotto le cortec- gran numero, in tutti gli sta- ti, sulle conifere, sui Platanus, —* Robinie e sui Morus. Essa compagna sempre il Neoliodes RS e le tre indicate specie di Oribates. ORDINE HETEROSTIGMATA BERL. 1877 Tarsonemini G. CanestRINI e FanzaGo, Acar. it. p. 126. 885 Tarsoneminae A. BERLESE, Acaror. Syst. spec. p. 5. 1886 Tarsonemina Ipem, Acari dann. piante coltiv. p. 9. 1886 Tarsonemidae Inem, La sottofamiglia dei Tarsonemidi. 1891 Tarsonemidae G. CANESTRINI, Abbozzo di sist. acarologi 1892 Tarsonemae Trovessart, Considér. générales sur la Classifio. des Acariens, p. 42. Dimorfismo sessuale assai cospicuo. Maschi sprovvisti di trachee e Mira # = 4 i; Ù ‘840 GLI ACARI AGRARI e di stigmi. Femmine con stigmi e trachee, quelli sono aperti al dorso | del rostro. Esiste un organo pseudostigmatico, fornito di clava pseudo- stigmatica, come negli Oribatini, però al ventre, ai lati del capotorace. Femmine coll’ addome diviso in cinque segmenti, esso può in- grossare FIS E quando contenga uova mature. Trasforma- zioni senza il passaggio attraverso ad una ninfa ottopoda. Talora lo svi- luppo è d'retto, cioè la femmina partorisce adulti d’ ambedue i sessi. Animali piccolissimi, liberi o parassiti sulle piante o su altri ar- tropodi. Nota. Questo gruppo è diverso da tutti gli altri ordini d’acari, PACO caratteri sovraesposti, principalmente per quelli riferentisi alla segmentazione dell'addome, allo sviluppo e alla diversa respirazione nei due sessi. Si bt di forme singolari, tutte piccolissime, delle quali alcune assai degne di rilievo. per ciò che riguarda la biologia. Crediamo che i detti caratteri giustifichino decisamente l’ istituzione di un’ dae separato. di gruppo fu considerato dapprima come Famiglia distinta da Canestri: ni e Fanzago, quindi da me (loc. cit.), come una sottofamiglia degli Oribatidi, dal Canestrini poi come una sottofamiglia dei Prostigmata (Trombididae) è finalmente dal Trouessart (loc. cit.) come una sezione della famiglia Che inae. Io avvicinai i visage agli Oribatidi, per la presen o comune del- | l'organo pseudostigmatico, e gli autori che avvicinarono i Tarsonemidi ai . . es- onsigliano meglio l’ istituzione di un’ ordine separato. L’ ordine può sere così diviso in famiglie : Piedi sorio nelle femmine muniti di ambulacro, SI come nelle altre paia. . . via . + Pediculoidida@ Piedi alan nelle VR terminati di ‘nl lunghe. ; na Tarsonemida@ | FAMIGLIA PEDICULOIDIDAE BERL. (1898) Si compone di acari nei quali la femmina, ripiena di uova, rio forma notevolmente, ingrossando 1’ addome suo fuori di misura ed Sn gidendo in globo. Sono tatte forme parassite di altri animali, speci mente insetti. Si conoscono alcuni generi e cioè : Pediculoides Targioni (1 70) } RAI Kramer ( (1876) ; de munita Rovelli e Grassi (1888). ra RERLESE 24I Noto che, dei Pigmephorus, di cui sono conosciute forme (femmine) viventi sulla Talpa ed una (P. aestivus Berl.) vivente sui Bombus, non sono, d’ altra parte, note nè le femmine ovigere, che devono trovarsi parassite nei nidi della talpa o sulle larve del Bombdus, nè i maschi. Forse il genere non differisce gran fatto dai Pedicudoides. Per noi, meritano speciale menzione le forme insetticole, perchè attive parassite, con effetti notevoli, sulle larve di insetti agrari nocivi. GEN. Pediculoides Targioni-Tozzetti 1875 (Relazione della Stazione di Entomologia Agraria). 1850 Heferopus NewPORT, Proceedings Soc. Linn. Lond. tom. 2, N. 42 p. 70 71. 1851 Acarus Lagréze-Fossor. Recueil agronomique de la Societé ete. tom. XXXII, n. 2. 1868 Physogaster LicHTENSTEIN in litt. 1875 Pediculoides TarGIONI-TozzeTTI Relazione della Stazione di Ento- mologia Agraria di Firenze 1876 dragon KRAMER, A chiv. f. naturgesch. p. 2. 1880 MicHaEL, Iourn. of the Quekett. mit Club. vol. VI, n. "107, N. 4A. CANESTRINI, Acari parass. insetti, p. 19. 1885 Sedlasroni LaBouLBENE et MéGNIN. Journal de l’ Anatomie et Physiolog., Tome XXI, p. (extr.) 14. 1886 Pediculoides et Figmephone A. BERLESE, La sottofamiglia dei 1889 Pediculoides et Pigmephorus G. CANESTRINI, Acarofauna it. Tarso- nemidi, p. a Moxrez, Revue biologique du Nord » » » de la France, VII, N. 4. 1895 Pediculoides et » A. BerLESE, Ac. Mir. Scorp. ital. >. ge Corpo allungato. Capotorace non prolungato in uno scudo proteg- gente il rostro ed i piedi anteriori. Rostro piccolo, apicale o subapicale, oppure sorto quasi da una papilla cefalica. Maschi molto diversi dalle loro femmine, a forma del corpo rom- boidale, con omeri bene pronunciati; posteriormente allungato in cono. Mancano le clave, pseudostigmatiche nel capotorace nonchè le trachee e gli stirmi. Rostro come nelle femmine, oppure deformato in appen- dice conica. Piepi posteriori diversi dagli altri, all’ apice provvisti di robusta unghia. Piedi anteriori forniti di una sola unghia ; quelli del secondo e terzo paio provvisti di due unghie e di ventosa. Femmina appena più grande del maschio (se non è ovigera). Ca- 16 * 242 GLI ACARI AGRARI potorace fornito nel dorso di due clave, sorte da fossette. Stigmi aperti ai lati del rostro i quali immettono in trachee. Piedi anteriori, del secondo e del terzo paio, come nel maschio, ma quelli del quarto paio affatto conformi ai precedenti. Tarso del primo paio fornito di una : ola unghia, gli altri tarsi biungui e provvisti di membranella ialina fra gli uncini. Corpo delle femmine generanti assai ingrossato in un globo sferico, contenente le uova e gli embrioni. Parassiti degli insetti. Il genere Pigmephorus non sembra abbastanza diverso dal genere Pe- diculoides. Differirebbe solo per avere il maschio (?) il rostro suo conforme a quello della femmina, anzichè modificato in semplice papilla (organo sensorio). Pediculoides ventricosus (Newp.) Berl. 1850 Heteropus ventricosus Nevport, Lirn. soc. tom. 2, n. 52, p. T0-T1. 1851 Acarus tritici Lacreze-Fossor et MonTANE, Recueil agronom. Soc. Sc. Agr. et belles lettres, tom. XXXII, N. 2. 1868 Physogaster larvarum LicHTESTEIN, in litt 1878 Pediculoides tritici TARGIONI-TOZZETTI, Hel; Staz. Entom. agr. 1875, 1885 Bpliairaginia ventricosa carie et Méenin, Iourn. de 1’ À- nat. et Physiol. T. XXI. p. 1886 Pediculoides ventricosus A. dii La sottofamiglia dei Tarso- nemidi, p. 1888 oo | » G. CanesTRINI, Acarof. it. (Tarsonemidi) 1895 Piani » A. BerLESE, Ac. Mir. Scorp. it. fasc. LXXV. N. 7. 1 dal dorso (0) 2 dal ventre A. BERLESE % 243 Rostro in ambedue i sessi abbastanza robusto e diretto all’ innanzi, fornito di palpi e mandibole. Piedi anteriori coi tarsi non ingrossati, e forniti di una sola unghia, sessili. Fig. 63 Ultimo paio di zam- pe del maschio di P. ventricosus. Fig. 64 orzo ventricosus temmina non ovigera, dal dorso, Maschio di forma romboidale, cogli omeri molto prominenti, posteriormente prodotto in cono. Esistono quattro peli sul dorso presso l estremo di dietro. Piedi dell’ ultimo paio più brevi degli altri, col tarso fornito all’ api- ce di piccola unghia, ricurva a ronca. Femmina allungata ; terminata ad angolo acuto, col dorso diviso in cinque parti, pro- tette ciascuna da uno scudo. Gli infundibuli degli stigmi concorrono verso la linea mediana, fino a toccarsi. Piedi anteriori coi tarsi non ingrossati, forniti di unghia sessile. Nelle femmine generanti l’estre- mo seg “ento addominale si deforma in un globo grandissimo, sferico (650 x diam.) che contiene le uova e gli embrioni ed è colorato di giallo o bianco. Dimensioni. Maschio lungo 230 », fem- mina, non generante, lunga 250 y. Colore bianco o leggermente terreo. Hapirat. Si trova dove si rinvengono minute larve di insetti diversi; tignuole, imenotteri, pic- coli coleotteri del legno etc. e vive succhiando mune quindi nel grano, nel granone e nel riso, ei granai, ed allora può riuscire proce agli individui che maneggiano questi sem el lavoro dei Signori Laboulbene e Meégnin, è fatta molto diffusamente la storia della scoper- ta e successive osservazioni circa il singolare a- caro in discorso. Io ne farò un breve sunto. Nel 1851, A. Lagròze-Fossot, descrive (loc. cit.) un acaro vivente sui grani di frumento e lo chia- ma Acarus tritici, e questo è quello che già il Newport, poco prima, aveva chiamato Heteropus rentricosus, trovato parassita su larve di Mono- dontomerus. Nel 1868, P. Gervais dà lettura alla Società Entomologica di Francia, di una lettera del Lich- 244 GLI ACARI AGRARI testein, relativa ad un acaro vivente sulle larve di Imenotteri e che appella Physogaster larvarum. T. M. Webster parla a lungo di an’ acaro vivente a spese della Ge/echiella cerealella e che riconosce per l’ Heteropus ventricosus: di frumento, ma che all'atto del trasporto dei sacchi, tanto» il misuratore che il compratore, furono cosi intensamente col- piti da prurito vivo su tutte le parti del corpo, che dovettero; dopo l’ operazione, correre bagnarsi nel fiume. Anche le persoue che sca- ricarono i sacchi di grano giun- ti a Bordeaux ed a Moisac, do- vettero abbondanare l’ opera- vano alquanto liquido. Analogamente il Prof. Tar: gioni (loc. cit. p. 274) riferisce e . « Questa forma di acaro Sl qualcuno di cui si è perduto il ricordo con la indicazione, tut- Fig. 65 tavia scritta sull’ involucro do- Pedicul. ventricosus femmina ovigera ve si contiene, in forma di ma- dal dorso. teria pulverulenta, designata com la nostra memoria rimane l’ avviso che codesta sulle spalle nude di un facchino, della pelle ». Ru Il Blanchard (Zool. medie. et Agricole, p. 286) riferisce anche il caso di Uger, analogo al precedente (1866). Io Sia che anche quei casi che sono riportati da parecchi autori ® tn el Tarsonemus monounguiculosus (Blanchard), il quale acaro, del » ancora male noto, non deve essere diverso da quello che qui si é determinasse rossore, tumefazione e dolore » Y A. BERLESE «scritto, per quanto De ricevuto nomi varii da autori diversi (1), sì possono tutti riferire al Pediculoides ventricosus. 11 Moniez, nel ‘1895 pubblicò una interessante nota intorno all’ haditat normale nei fusti dei Cereali, da parte del Pedicu/oides tritici (Revue biolo- gique du nord de la France. VII, n. 4, p. 148). Egli ricorda una memoria «dell Amerling, (2) interessante per le notizie biologiche che contiene circa l’acaro in discorso. L’ Amerling, in uua escursione nei dintorni di Praga, mel giugno 1861, avvertì certi gambi di grano le cai antere erano rimaste chiuse nel fiore. Il culmo era verde fino all’ ultimo sii ma di in s «compresa la spiga, esso era scolorito e gracile; la parte iniziale dell’ inter- medio era alterata e portava delle muffe; la parete del culmo era depre in certi punti e come schiacciata ed in certi luoghi, all’interno del culmo, , trovavano 4 o 5 corpi di aspetto mucoso che somigliavano a goccioline d' acqua. Non si vedeva in questi punti alcuna soluzione di continuità che potesse es- ‘sere stata prodotta da un insetto. L’ esame microscopico dei corpi in questione mostrava che essi non erano altro che piccoli sacchi bianehi, trasparenti, con- tenenti da 50 a 800 uova, di dove sortivano delle larve di acari, di color d’ambra, che mostravano, in prossimità delle zampe del secondo paio, degli ‘organi simili ai bilancieri dei ditteri. Amerling costatò i medesimi fatti su «culmi di altri cereali (grano, orzo, avena) provenienti da altre località dei dintorni di Praga, attaccati dagli stessi acari. Egli chiamò provvisoriamente -Siteroptes una forma di acari con que ci organi a; egli chiama bilancieri e Therismoptes la forma sprovveduta di cotali organ Come si vede, il sacco d’ uova non è rea che pr addome ingrossato delle femmine ovigere. Può dunque accadere, come si vedrà che avviene per il Tarsonemus oryzae che il Padicudoides tritici viva ancora a spese dei vege- ‘tali, coi cn poi passa nei granai. estione però non è bene definita e molti punti sono ancora oscuri «circa la Nar di questi minuti esseri, e sarebbe ancora da ricercarsi se questi -Pediculoides ‘viventi nei culmi delle graminacee, sono colà per aggredire al- ‘tri insetti, oppure per meritare realmente l’ accusa di parassiti dei preziosi ‘vegetali. Peiliculoides Mesembrinae (R. Can.) Berl. 1881 rici ra R. CANESTRINI, Acari parassiti degli in- de s tav, XXI_I fig. Bb 1882 ai ini HALLER, Beitr. Milbenf Wiirstemb p. 38. PEA (1) Chrithoptes monunguiculosus ui Bison Kritoptes monunguiculosus Geber 1884; Acarus hordei Geber (1884); Tarsonemus ius Flemming (1834); Tarsonemus intectus -Karpelles (1885). i . @) Gesammelte Aufstitze dem Gebiete der Naturikonomie und Physiocratie, Prag 11368 et Zeitschr. Lotos, t. IT. (1859) p- i del i 1° e : GLI ACARI AGRARI 1886 aio Mesembrinae A. BeRLESE, Sottofamiglia T'arconerbifà pel. 1888 » » G. CANESTRINI, Acarof. ital. (Tarsone- midi) p 1888 e i Ipem, IBipEM, p. 322, tav. 23, bis 1895 » Mesembrinae A. BERLESE, Ac più AA ital., fase. LXXV, N. 8. Rostro nelle femmine cilindrico, piegato in basso, sorto da una papilla; nei maschi esile, cilindrico-clavato, non costituito di palpi 0 mandibole, ma solo do: una papilla come negli # degli Histiostoma, alla apice con quattro pèli e composta di due articoli. Piedi ante- sati, forniti di una unica unghia con lungo peduncolo. (Però nella larva i tarsi s0» no biungui). Gli altri piedi armati di due unghie, sem- plici, falcate ed ancora di una membranella traspa- rente mediana, in forma di lungo triangolo. Maschio di forma romboi- dale, largo agli omeri, che sono acuti; di dietro termi- nato in cono, con due peli. robusti degli altri, pressochè di due sproni. Femmina allungata, p°- steriormente rotondata, col rostral su pura 7. 4 paio ; 8 tarso della pasa 4 io ; 9 suo organo pseudostigm. 10 suo am- }° addome diviso, al dorso, bulacro del 1.0 paio. da 4 solchi trasversi. Tarsi 2° paio fomiti di una spina robusta. Ciascun segmento del - riori coi tarsi non ingros- Piedi posteriori molto più Diane 1 ESITA ARE E CA ui È (ira a De e dra ta è e Finto one Sea A. BERLESE 347 dorso fornito di due lunghe setole. Stigmi poco visibili, aperti fra il rostro e la base delle zampe del 1 paio. elle femmine generanti, gli ultimi satielli dell’ addome si deforma- no in un grande globo che contiene le uova ed è di colore bianco o giallo. Colore terreo-ialino, uniforme. Dimensioni. Maschio lungo 220 «; femmina non ovigera lunga 330 £.. TAT. Ho raccolto moltissimi esemplari a Firenze, nei tronchi di salice vinti dalla Cecidomy yia saliciperda delle cui larve questo acaro era n quell’ambiente. Il Canestrini R. riscontrò le femmine non ovigere migranti sigii adulti di Mesembrina. È da ritenersi che questo acaro, prediligendo le larve di dittero, si comporti come per altre larve si vide fare il P. ventricosus. Oss. Quanto al genere Pigmephorus, esso fu istituito dal Kramer per una forma di acaro vivente sulla talpa, che esso chiamò P. spinosus ed il Michael una seconda ne descrisse, trovata sullo stesso ospite la quale egli conridera come un sesso della precedente. Io ho poi descritto un P. aestivus (Tarsonemidi), loc. cit. che si raccoglie sui Bombus. Debbo però avvertire che Co) su questo genere, sulle sue affinità ecc. pochissimo anche oggi è GEN. Podapolipus Rovelli e Grassi 1888 (Di un singolare acaride « Podopolipus reconditus ») Maschi forniti di tre sole paia di piedi e femmine con due sole paia. Piedi del secondo paio sprovvisti di ambulacro e solo armati all’ apice di spinette. Gli altri piedi nelle larve, nel maschio adul- to e nella femmina giovane provvisti all’ apice di sola ventosa a forma di imbuto. Zampe posteriori del maschio non diverse da quelle del 2.° paio. Femmine adulte ovigere inglobanti in grossa sferula, sprovviste delle zampe del 3° e 4° paio, solo con quelle del l° paio e quelle del | Secondo deformate in papille carnose. Parassiti degli insetti, sotto le cui ali si trovano in numerose colonie. Oss. Il genere racchiude due specie finora note, molto singolari e che vivono parassiticamente sotto le elitre, l’ una dei coleotteri del genere Akis (A. spinosa), l’ altra degli Ortotteri del genere Pachytilus. Le femmine si vedono molto voluminose e ripiene di uova e di embrioni pi rst Si deve che l’ azione loro itaria sia molto energica, trattandosi che Specie finitime si sa che uccidono del tutto ed esaurisceno i di insetti anche grossette. Non si menzionerà qui il P. reconditus che vive su insetti praticamente innocui, ma del P. Grassii Berl. vivente sui Pachytilus cioè in- setti agrari di notevole importanza, è bene dare la diagnosi e figura. 348 GLI ACARI AGRARI Podapolipus Grassii Berlese 1897 (Sopra una specie di Podapolipus. Riv. patol. vegetale, Vol. V. fase. 9-12, p. 875). Maschio. Corpo-ovale, trapezoidale, cioò più largo appena sopra delle zampe dell’ ultimo paio che non altrove ; posteriormente terminato in un mucrone ottuso e breve, appena rilevato fra i primi segmenti delle zampe posteriori. Sul dorso si notano un paio di setole omerali Fig. 67 Fig. 68 Podopolipus Grassii [e gran Maschio e ninfe. 1 nd dal ventre; 2 id. dal dorso ; 3 ninfa dal véntre ; 4 dal dorso. 68. — Femmina; i ovigera dal ventre ; 2 suo capotorace dal dorso; o; , capotorace dal dorso ingrandito (a piedi del 1° paio ; 5 del secondo); 4 e. dal ventre. 1 lunghe ed un paio all’ angolo più sporgente dell’ addome, in corrispod= | denza dell’ inserzione delle zampe dell’ ultimo paio ; queste setole s0n0 molto robuste e lunghe. Pil aac RR FEE Ata) n ER SNb ade eean A. BERLESE Il rostro è brevissimo e più largo all’ apice che non alla base. Gli epimeri del 1 paio sono riuniti ad Y; quelli col secondo paio si uniscono ai precedenti, nel centro del ventre. Le zampe del 1° paio sono piuttosto brevi; composte di cinque articoli, con tre spinette all’ apice del tarso e terminate da una specie di ventosa rudimentale, dificilmente visibile; quelle del secondo paio sono più lunghe e col tarso ornato di tre robuste spine apicali, mentre la tibia ne ha due conformi; una langa setola nasce al dorso della tibia ed una parimente lunghissima, quasi all’ apice del tarso, il quale reca inoltre una lunga ventosa a grosso peduncolo. Le zampe dell’ ul- timo paio sono lunghissime, quasi quanto il corpo, e molto avvicinate lla loro base, che è assai larga ; poscia divergono e recano sul terzo articolo, piuttosto lungo, tre robuste spine lunghe ; tre altre si vedono all’ apice dell’ultimo articolo, dove è anche inserita una robusta e lunga ventosa peduncolata. Due lunghissime e robuste setole nascono al dorso di questo paio di zampe ed una ne nasce alla tibia, una sul tarso. Al ventre sorgono due setole abbastanza robuste, |’ una sopra |’ inser- zione delle zampe dell’ ultimo paio, ed una sotto quelle del 2° paio. Manca qualsiasi traccia delle zampe del 1° paio. Colore terreo-pallido. Lunghezza, comprese le zampe posteriori, 280 # ; senza le dette zampe, dall’ apice del rostro all’ apice dell’ estremo addome 170 k. Femmina adulla. Addome globuloso, anzi cordiforme, larghissi- mo agli omeri, restringentesi gradatamente verso l° indietro e sull’ orlo posteriore profondamente inciso, bilobo; affatto nudo in ambedue le faccie. Il capotorace è separato dal restante addome in causa di una marcatis- sima e profonda incisione. Il rostro è breve, ovale, tanto largo che lungo e piccolo. Al ventre si vedono gli epimeri del 1° paio, congiunti assieme in forma di Y e riuniti ancora all’ apice di quelli del 2° paio. Le zampe anteriori sono molto piccole, però cilindro-coniche, oltrepas- santi, coll’ apice del tarso, il rostro e divise nettamente in cinque arti- «coli. L’ ultimo reca un’ uncino abbastanza robusto. Queste zampe sono infossate in una profonda ascella tra il rostro e l’ origine del secondo paio di zampe. Queste sono assai singolari e molto diverse da quanto sì vede nell’ affine P. reconditus. Infatti esse sono rappresentate da due assai lunghe prominenze coniche, le quali sorpassano di molto | apice delle zampe del primo paio. Ciascuna poi di queste zampe, in realtà si suddivide in due grandi branche, coniche e divergenti (fig. 68; 1, 2) e che sembrano simili fra di loro, per quanto quella diretta all’ innanzi sia alquanto più lunga dell’ altra; ambedue però sono coniche, molli e al- l’apice ottuse. Nessuna traccia di altre paia di zampe. GLI ACARI AGRARI All’ origine delle zampe del 1° paio, al dorso, si vede nascere lo stigma, prolungato a guisa di cornetto, diretto all’ innanzi e che mette, internamente, in un lungo condotto. Singolare è poi un tubercolo dor- sale, che sta sopra la base del rostro e che in alcuni esemplari si vede terminato agli angoli in una specie di mezza sfera delicata ; sembra che si tratti di un rilievo recante due ventose. Colore giallo ranciato 0 miniaceo. Lunghezza tino a 460 p. i Femmina immatura. Somiglia molto alla forma corrispondente del P. reconditus, descritta da Rovelli e Grassi, però è più corta. Il corpo infatti è ovale, piuttosto breve, con una profonda incisura in eia- scan lato, diretta all’ innanzi, sopra l’ origine dell’ ultimo paio di zampe. Il capotorace è separato dall’addome per mezzo di un solco diritto. L’addome finisce ottuso, con un leggiero mucrone, sul quale nascono due peli lunghi, che però, ad un terzo circa della loro lunghezza, si fondono in un pelo unico. Di qua e di là di quest’ appendice nasce un altro brevissimo pelo. Il rostro è molto ampio, assai più che nell’ adulto e molto più largo che lungo. Le zampe del primo paio, come le videro il Rovelli e Grassi nel P. reconditus, qui mancano affatto. Quelle ‘del secondo paio superano di poco il rostro, sono divise nettamente In cinque articoli, di cui l’ultimo reca qualche tubercolo all’ apice che può rappresentare un rudimento di ventosa. Le zampe del terzo paio. non sono più lunghe delle precedenti ma hanno una lunga ventosa al l’ apice. Le zampe delle ultime paia sono le più lunghe, però non Te cano peli lunghi ed all’ apice del tarso portano ia ventosa con lung® peduncolo, piantata fra due brevi spinette. Sul dorso si notano due brevi setole nella regione omerale, una lunga assai più bassa, presso il solco che divide il cefalotorace dall’ addome e due altre sugli angoli del terzo annello, ma sono molto brevi. Colore giallo-terreo ; lunghezza 200 . (senza il pelo estremo). TraT. Ho trovato questa singolare forma in colonie di sterminato numero di individui sul Packytilus migratorius a Capaccio, in provincia di si lerno. Gli acari occupavano, sull’ ospite, tutto il torace, ma erano specialmente raccolti, in gran numero, alla base delle elitre e delle ali, su queste ultime specialmente, lungo le nervature. Il maggior numero di individui era rap presentato da femmine giovani e da maschi, o | La specie differisce dal P. reconditus, sopratutto perchè rudimenti delle zampe del 1° paio, ed in questo caso, quelle d zampe delle femmine adulte sono assai diverse da quelle del 7. reconditu$ brevissimi mueroni papilliformi, semplici. nr rage ati uct i ne Sua cia i Molti altri caratteri distinguono i maschi delle due specie. Noto qui che la forma dal Rovelli e Grassi chiamata maschio giovane è, invece, un v maschio adulto. FAMIGLIA TARSONEMIDAE Can. et Fanz. 1877 Comprende forme appartenenti a due diversi generi, nelle quali le femmine, anche ovigere, non inglobano mai oltre misura, nè si defor- mano altrimenti. In questo gruppo stanno acari liberi, oppure viaggia- tori sugli insetti, ma, per quello che se ne sa, non altrimenti parassiti. Alcuni però si incontrano sulla piante dove vivono di sostanza vege- tale, e taluno produce anche delle galle speciali. I generi noti sono due, cioè ; Tarsonemus Canestr. e Fanzago (1877); Disparipes Michael (1884). Diremo solo di alcune specie del 1° genere, perchè nei Disparipes stanno forme parassite di insetti non agrari, od almeno forme su questi trovate in viaggio GEN. Tarsonemus Can. et Fanz. 1876 (Nuovi acari italiani, II. serie, p. 141) 1875 Chironemus CANESTRINI e Fanzaco. Nuovi Acari ital. I serie, p. 110. 1876 Tarsonemus » » Nuovi Acari ital, II. serie p. 141. 1876 Dendroptus Kramer. Ueber Dendroptus p. 199. 1877 Tarsonemus CANESTRINI e FanzaGO. Intorno agli Acari ital., p. 126. 1878 » Targioni-TozzetTI. Relazione della Stazione di Ento- mologia Agraria, p. ; 1881 Tarsonemus A. BerLEsE. Indagini sulle metamorfosi di alcuni Acari insetticoli, p, 21. 1885 Tarsonemus A. BERLESE. Acarorum systematis Specimeu. 1885 Cheylurus TrouEssART. Description d’ un nouveau genre de la sous famille des Cheylétiens, 1886 Tarsonemus A. BerLESE. Acari dann. piante coltivate, p. 9. 1886 » pEM. La sottofamiglia dei Tarsonemidi, p. 1. 1888 » G. CanESTRINI. Acarofauna ital. p. 513. » SicHER e LeonarpIi. Nuovi Tarsonemidi. » A. BerLEsE. Acari, Mir. Scorp. ital. fasc. LXXV, N. 1. Piedi anteriori in ambedue i sessi forniti di una sola unghi ia, quelli del secondo e terzo paio armati di due unghie. Maschio diverso” 3O2 GLI ACARI AGRARI «per la forma del corpo, dalla sua femmina. Rostro in ambedue i sessi” eguale. Maschio coi piedi posteriori più robusti degli altri, terminati da una robu- VA; o sta unghia. Pene collocato nell’ estremo addome, in forma di rilievo conico. Femmino ovata, coll’ addome non e- stensibile, ma diviso in anelli, protetti al dorso da 5 scudi, disposti ad embrice. Piedi anteriori forniti di una sola un- ghia e con ventosa; quelli del secondo e | terzo paio armati di due unghie e ventosa; quelli del quirto non provvisti di ambu- lacro, all’ apice forniti di una o due lunghe setole. Capotorace non dilatato a mo’ di clipeo. Al ventre nasce, tra i piedi del primo e secondo paio, una piccola appet- ii dice clavata, che vien su da una fossetta. io Fi Sulle piante ed altrove. een) Oss. Gli acari di questo gruppo sono ge 4 4 | neralmente accusati di recar danno alle piante d | iN od almeno di trovarvisi sopra anche in casi di malanni al vegetale. Intanto però non sono bene conosciuti i rapporti di queste forme co- gli insetti, dei quali alcuno potrebbe essere parassita e quindi utile all’ uomo giacchè mo- Fia. 69 lesterebbe la vera causa del male alla pianta. mina di Tarsonemus Ci asterremo dallo approfondire la questione, (Eirchneri) dal dorso. r ora rimettendoci al comune parere ed at- pe tribuendo ai Tarsonemus abitudini fitofaghe. - Tarsonemus floricolus Can. et Fanz. 1876 Tarsonemus foricolus G. CANESTRINI e Fanzaco, Nuovi acari ita- liani, Serie II, P. I4. (femm.). 1876 Dendroptus Robinii Kramer, Ueber Dendroptus, p. 199. 1877 Tarsonemus Horicolus CANESTRINI E FanzaGo, Acar. ital. P, ant inni 1888 » sa sk G. CANESTRINI, Acarof. ital. Tassonem idi, Vian va et vi e i A. BERLESE 353 1894 = macronychus ; T. Supinoi, Sicagr e LeonARDI, Nuovi midi, .6et9. 1895 reo DOSI A. BeRrLESE, Ac. Mir. Scorp. ital. fasc. LXXV, Corpo din: Maschio coi piedi del quarto paio ingrossati, ma F 70 Tarsonemus PETRA maschio (1) dal ventre e suo piede 4° paio (2). con un lungo pelo sul lato esterno, ed all’ apice armati di una unghia molto robusta, semplice. Epimeri del terzo e quarto paio davanti riuniti assieme poco fortemente. Femmina ovale, di dietro ro- tondata, con quattro setole corte e- robuste. Setole dei piedi del quarto paio mediocri. Dimensioni. Maschio lungo cir- ca 151) w. femm. 190 w. - HagiraT. La spe- cie fu dapprima rin- venuta nei fiori sec- chi, ma dipoi, si trovò non solo nel ma ancora sulle foglie di 1% te specie di pian e dal Canestrini an- 2 sui loro steli in parecchie specie di uccelli. È questo forse l’ acaro più comu- ne del genere, dopo il 7. Buri. Tarsonemus Kirchnerii (Kram.) Berl. 1876 Dendroptus Kirchnerii Kramer, Ueber Dendroptus, pag. 199, tav. VIE, ia 1882 Tarsonemus » cuni Acari insetticoli ; IDEM, (1885), La A. BerLESE, Indagini salle metam. di al- La sottofam. dei Tarsonemidi. 1888 Tarsonemus Kirchnerii CAnEsTRINI G. Acarof. ital. (Tarsonemini) pag. Sa Tarsopemas | gigas Sicrer e LronarDI, Nuovi taricniabli 10. < » Kirchnerii A. BERLESE, A. M. Sc. it. fase. Lixv N 3 354 GLI ACARI AGRARI Maschio perfettamente romboidale, tanto lungo che largo. Pene non prolungato nell’ addome posteriore. Rostro grossetto, cor- ad. to. Epimeri del terzo \ i. 4, > e del quarto paio tutti \ LL) sù, È i, all’innanzi insieme sal- I VÀ vd /S dati. Piedi abbastanza 1°. A) è, robusti; poco villosi. “ Piedi dell’ ultimo paio È RI sa” GA | lunghi, robusti, prolun- : A gati oltre 1’ orlo poste- riore del corpo con Fig. 71 Fig. 72 Tarsonemus Kirchnerii ‘maschio, dal ventre. parasole Ia maschio. tutti gli articoli. Il loro articolo secondo è molto più lungo degli altri, internamente provvisto di una larga lamella rotondata, ialina. Articolo terzo bene grandetto ; unghia alla base mucronata, robusta. Femmina simile a quella delle altre specie ma più grandetta. Colore giallo-terreo. Dimensioni. Lungo 280 p il maschio e 240 la femmina. Si trova sulle piante non troppo frequente. ; a ovale . Si avvertito che il T. gigas di Sicher e Leonardi si sli bce nti an lo esaminato gli esemplari tipici, riconobbi che ag ; pigrizia. nÙ membrana trasparente interna delle zampe ultimo PRE: + permise la istituzione di una nuova specie. A. BERLESE 955 Mi sfuggono tuttavia le differenze specifiche tra il presente Tarsone- mus ed il T. Canestrinii di cui dirò più sotto. Tarsonemus Buxi Can. et Berl. (Sopra alcune nuove specie di Acari italiani, p. 8, tav. V, fig. 6-8). 1886 Tarsonemus Buri A. BeRrLESE, La sottofamiglia dei Tarsonemidi, 1888 » » G. CANESTRINI, Acarofauna ital. Tarsonemidi, p. 318. Corpo breve. Maschio coi piedi del quarto paio molto ESROTE e dilatati, col secondo articolo internamente fornito di una lamina c tinosa, ialina, dilatata, rotondata ; esternamente provvisto di due ubi quasi semicircolari, ialine, ed inoltre di due spine robuste, corte, inter- ne e dirette verso la linea mediana del corpo. Articolo terzo con una TICO RE a OR Ta Fig. 73 emus Buxi Maschio (1) col suo piede del quarto paio (2). setola lunga esterna e con una spina cortissima, rigida interna, situata Presso 1’ unghia apicale, robusta. emmina come nelle altre specie. - Peanenzioni. Femmina lunga 270 p; maschio lungo 250 p. 3560 GLI ACARI AGRARI . Il Tarsonemus Buxi invade le foglie di Buxus sempervirens già Liù qui Diplosis Buxi ;. È comunissimo nell’ alta Italia. È curioso il tempo limitato in cui questa specie si presenta. I giovani si rinvengono. già in marzo, ma gli adulti non compaiono sg in maggio, per poi i disparire verso la fine di giugno. In autunno non se ne trova più traccia È probabile però che le molte uova deposte e che si astenia in giugno, rimangano sulle foglie sino all’ anno seguente. Gli adulti però non muoiono dentro le dono. È probabile che si diffondano nel terreno, presso a poco come fa il congenere 7. floricolus. Esaminando le foglioline Mura dalla Diplosis ba- sterà staccare (ciò che riesce facile) la pagina prints dalla inferiore, per vedere in ambedue le lamine i minutissimi acari va o però trovato la specie nel Veneto, in ina nell Avellinese e nel Napoletano. Numerosissimi esemplari ho raccolto nelle galle di Buxus fatte da un Phytoptus, che deforma 1’ apice dei rametti. Io credo che 1’ acaro viva in questi ambienti piuttosto a spese degli insetti che vi VEE, e son causa del male, che non con danno delle piante. Tarsonemus brevipes Sicher et Leonardi. 1894 Tarsonemus aequipes, T. brevipes SicHER et LEONARDI, Nuovi Tar: sonemidi, p. 8 et 10. i 1895 Tarsonemus brevipes A. BeRLESE, Ac. Mir. Scorp. ital. fase. LXXV, Nb Specie molto affine al 7. /foricolus, ma che si deve però consì- derare diversa, principalmente pel corpo molto ‘allungato, h5, gli epi- nori del into è quarto paio anteriormente non riuniti fra di loro. Del resto concorre in tutto col 7. /foricotus. Non potei studiare bene la femmina di questa specie ; |’ esemplare unico posseduto dagli autori essendo assai guastato ; però sembra presso a poco eguale @ quella delle altre specie. È stato raccolto sulle piante, ma non è detto dagli autori su quali, nè iv quali condizioni Tarsonemus Canestriniiì Massalongo alone all’ acarocecidio della « Stipa pennata L. »). ‘To non conosco questa specie, per la quale, del resto, 1’ Autore ri- corda solo i caratteri differenziali in confronto col 7. Xircknerd, quale, per mio conto, mi sembra |’ attuale forma assai affine. Ecco le parole dell’ Autore «Il PSR Canestrinii differisce dall’ affine 7. Adrchnerit IR LIO GI e STANTE LE fd i eh A. BERLESE 257 per il suo colore pallido (nè terreo), per la forma del corpo del maschio, subovata, essendo un poco più ristretta verso la estremità posteriore (nè romboidale e col diametro trasversale maggiore situato in corrispondenza della sua metà); ma specialmente per il secondo articolo del paio dei piedi posteriori, fornito al lato interno di un appendice jalina, ripiegata all’ indietro, molto sviluppata e sporgente, la quale presenta un profilo subovato (nè semicircolare), e limita un’ angolo acuto rivolto verso l’e- stremità dell’ orlo. A ciò si aggiunga il carattere biologico, cioè l’ atti- tudine o potere cecidiogeno che è sconosciuto pel 7. Kirchnerti. Dimensioni. Maschio lungo 280 # largo 140 p; femmina 220 & a 260 &. lunga, 84 p. larga. Uova 100 #. lunghe, larghe 60 w. (1 L’ Autore da notizia che questa specie si è trovata producente alterazio- niì ed ipertrofie in forma di tricorni, sulle foglie e sui culmi della Stipa pennata. Ritengo che questo sia 1’ unico caso, bene accertato, di cecidii pro- dotti da acari di questo gruppo. Tarsonemus Oryzae Targioni-Tozzetti 1878 (Relaz. Stazione di Entom. Agraria, 1878, p. 365). 1886 Tarsonemus Oryzae A. BERLESE, la sottofamiglia dei Tarsonemidi, pag. 6. 1886 » » A. BERLESE, Acari dann. piante colt. 1888 » » G.CANESTRINI, Acarof. ital. Tarsonemidi, p. 321. È nota la sola femmina, di cui riporto i seguenti caratteri : Corpo ovale allungato, posteriormente glabro, con sole due setole di quà e di là, tra le zampe del secondo e terzo paio. Tibie con due piccoli processi foliiformi esterni, ialini. Colore testaceo-baio. Lunga 217 &., larga 0.86 p. Si trova nei culmi del riso e sembra produca la malattia detta bianchella. Il Chiarissimo Prof. Targioni-Tozzetti. descrisse questa specie sugli stessi esemplari del Signor Negri, illustrati nella memoria « La malattia della Bianchella del riso coltivato (1873) » e da quest’ ultimo riferiti, con dubbio, al genere Uropoda o Hypopus. Non conobbe, il prelodato autore, che la fem- mina, di cui il Museo di Storia naturale di Firenze possiede parecchie prepa- razioni. Trovasi nel culmo dell’ Oryza sativa, che riempie di minuti fili. questo il solo esempio riportato dagli autori di Acari filanti in (1) Forse le misure della femmina non sono assolutamente esatte, nel caso di soverchio piccole, avvegnachè così la femmina riuscirebbe assai mi- nore e più stretta del maschio e di poco più grossa delle uova sue. I DES | 17 a 258 GLI ACARI AGRARI questa famiglia. Il Sig. Negri però sembra credere veramente questi fili come produzioni di questo stesso acaro. Credo che su questo punto vi sia d’ uopo ancora di qualche dilucidazione. Si distinguerebbe que- sta specie dalle congeneri per avere l’ orlo posteriore del corpo, nella femmina, nudo e i « due corpi elittici, ottusi, più corti dei peli stessi sul 5° articolo delle zampe anteriori ». 11 maschio è ignoto. Il Sig. Negri erede la malattia della Bianchella originata dalla presente forma. ORDINE MESOSTIGMATA Can. Gamasidae Auctorum ; Mesostigmata G. Canestrini ; A. Berlese (AM Ss. it.). L'ordine è suddiviso in due sottordini, dei Gamasida l’uno, degli Ixodida l’altro. Al primo gruppo soltanto appartengono poche piccole specie, viventi sulle piante dove sono a predare acari minori, più che a nutrirsi di succhi vegetali. Ne dò breve cenno : FAM. LAELAPTIDAE (Gen. Iphiopsis, Podocìdum, Neoberlesia, Laelaps (e Iphidulus) Seius (e Seiulus), Iphîis. GEN. Iphidulus Berlese Gamasus Kock., CANESTRINI E FanzaGo, Seius TARGIONI etc. Il gruppo è composto di forme che io ho ragione di ritenere come non definitive, ovvie sulle piante, cioè : Iphidulus vepallidus (Koch) Berlese Gamasus vepallidus Kocn; Laelaps stabularis, (Protonynpha) A Piccolo, ialino, ovale, rivestito di setole brevi sul corpo, però più lunghette s0n0 due eriori. Lungo circa 300 p. . 0 Si trova suino culle foglie, partiboltà mente quelle villose, alla pagina inferiore. frequente poi tra le produzioni fungin® piante attaccate da cocciniglie etc. Molte altre forme affini e molto simili alla specie qui ricordata, si trovano sulle piante; nr niuno si è preso briga di studiare accuratamer tutti questi piccoli gamasidi, di cui 1° Iphidwe® vepallidus è tipo, e che certamente dovranno 8} | partenere a molte specie. A. BERLESE 259 Iphidulus plumifer (C. et F.) Berl. Gamasus plumifer Canestrini e Fanzago. Corpo molto allungato, con sei setole po- steriori robuste, spiniformi, barbatule ; quattro altre scapolari e due al vertice conformi, ed una ancora sulle tibie posteriori. Ialino. Lungo circa 300 p. La presente forma è la più allungata tra quelle che vivono sulle piante e rientrano nel gruppo. Inoltre sono caratteristici i sei peli dell’ addome posteriori, lunghi e di cui quelli più dorsali sono rivolti all’ insù. Si trova col precedente, ma é più raro. Fig. 75 Iphidulus plumifer dal dorso. GEN. Seiulus Berlese (A. M. S.it. XLI N. 8). Il gruppo è stato disposto per accogliere le forme planti- cole corrispondenti ai Seîws che vivono nelle sostanze vegetali in decomposizione. Citiamo il : Seiulus hirsutigenus Berl. (A, M. S. it. XLI, N. 8) Quattro serie di setole ro- robuste, spiniformi, sul dorso. Seudo dorsale i impresso di areo- le rotondeggianti. Vertice con setole pressochè piumate, in numero di due. Ialino. Lungo pk. siti + Aia Mano e Ho trovato una sola volta la presente | singolare forma sulle pian ai altrove. ecente- mente però il Tietzte stra aver- ne rinvenuti non pochi esemplari sulle piante, al Lido di Venezia. Meritebbero di essere confermati 1 suoi rapporti genetici col Seius hirsutus K. dei muschi pie a A ie Aa i rei Fig. 76 Seius (Seiulus) hirsutigenus 260 GLI ACARI AGRARI Seins degenerans Berl. (A. M. S. it. LIV, N. 9) Di color rossobruno; quasi nero ; molto levigato @ nudo, con uno scudo ret- tangolare disposto nelle fem- mine, al ventre, fra il genitale e l’anale. Lungo 400 k. Si trova spesso sulle piante come nel musco. Sugli agrumi, specialmente se at- taccati dalle cocciniglie @ quindi coperti di produzioni fungine, esso è frequente © subito si riconosce pel colore suo pressochè nero e pe corpo globoso, quasi sferico. La presente specie acquista il suo nome dal fatto che lo scudo ventrale, interposto fra il genitale e l’ anale nelle fem- mine, non è del genere Seiusy come neppure l’ orlo ialino del- l’ estremo + addome. È QU degenerans ; dal ventre (femm.); 4. _.,_.; ‘vs spinitarsis Ta epistoma ; 5. mandibola (apice); 8. nat ei 6) 1. Dal dorso ; 2. fette di antraen tratti di una forma bene definita. Lo stesso Targioni-Tozzetti (Ann. . 1876), fondav Gnathodactylus e Raphilabium Sg hisp . i di per tipo l’uno il maschio, l’altro la femmina qualche Iphidulus, probabilmente dell’I. vepallidus. : EA EROI e n i co A. BERLESE 261 Seius obtusus (K.) Berl. Zercon obtusus ; Z. similis Z. ovalis ;} Z. pallens Koch ©. utschl. Zercon mucronatus i Z. furcatus ; Z. obtusus, Iphis ovum ; Notaspis ovum Canestr. e Fanzago. Seius obtusus A. Hogsna A. M. S. Se. it; LIV N.7 Corpo pressochè ovale, posteriormente quasi tronca- to. Dorso quasi nudo. Poste- riormente sei setole, di cui le due interne più brevi, lo quattro esterne lunghe quasi quanto il corpo. Una consi- mile setola scapolare ed una sul 4° articolo dei piedi po- steriori. Color rosso mattone. Fig. 78 Seius obtusus Lungo 380 w. 1. dal dorso ; 2. maschio dal ventre ; ; st 3. femm. dal ventre ; 4. mandibola ma- 1 nel musco raro schio ; 5. palpo ; 6. mandibola femmina. sulle piante. ORDINE PROSTIGMATA Kramer Trombididae Auctorum Acari con stigmi e trachee (negli adulti); i primi si trovano al dorso, alla base del rostro, al disopra delle mandibole. Esiste un corto peritre ema. Rostro con palpi da tre a cinque articoli, filiformi od appen- dicolati (coll’ultimo articolo pendulo). Mandibole potrattili e retrattili 0 solo mobili lateralmente, cheligere o stiligere o stiliformi o provviste all’apice di un’unghia rivolta all'insù. Piedi con articoli da 5 a sette. Ambulacri composti di uncini (2-4) e spesso con un pulvillo fatto a piuma, duplice, oppure con setole di adesione, assai raramente con memi . Occhi due 0 quattro (anche cinque) sessili o più raramen peduneolati : ; mancano di rado. 262 GLI ACARI AGRARI Larve esapode, per lo più simili all’adulto, nella sola famiglia dei Rhyncholophidae e Trombididae differenti dagli adulti. Sono ovipari, oppure ovovivipari. L’ordine contiene forme terrestri ed altre acquatiche. Tra le prime st contano molte viventi a spese delle piante e realmente dannose ; molte altre frequentano le piante per predare acari ed insetti minori o per vivere a spese delle produzioni fungine derivate per afidi, cocciniglie etc. Delle predatrici diremo brevemente. bene vedere meglio e che si Demo conside- rare o che realmente sono fitofaghe e si mettera Esse appartengono alle due famiglie mg e o Lphignathiae gi è molto importante dal nostro punto di FAM. PRETE Racchiude i seguenti gen ydeus Koch. 1842; voi Berlese 1883 ; Norneria Cane- strini R. 1886 ; Eupodes Koch 1842; ZLinopodes Koch 1842; Pen- thaleus Koch 1842 3 Halotydeus Her 1891; Notophaltus R. Cane- strini 1886. GEN. Pronematus R. Canestrini 1886 (Acarofaun. it. — Eupodini, p. 204) 1394 Pronematus A. BERLESE A. M. S. it. LXXIII, N. 14. Caratteri del genere 7ydeus, solo i piedi anteriori sono sprovveduti di ambulacri. Si conosce una sola specie : Pronematus Bonatii R. Can. (loc. cit. p. 227 1894 Pronematus Bonatii A, BERLESE, A. M. S. it. LXI, N. 3. Biancheggiante, ialino, 01- nato di setole lunghette, semplici. Tarso anteriore troncato in linea retta, cilindrico-clavato, termina- to all'apice da setole lunghette. Lungo 250 p. Si è trovato nel fieno e sulle piante, mescolato al Tydeus folio rum, di cui può bene essere UN& forma maschile. Si comporta, quan* to a genere rà vita, precisamente . come, i Tydeu Pig. 19 7 de notavsi però che questo Pronematus Bonatii acaro è molto più piccolo dei Ty 1. acaro dal dorso; 2. estremità del deus conosciuti, ma vive egual i «Lal SI tà del segg 1° paio; 3. tarso delle altre mente in società e non è raro salici. A. BERLESE 263 GEN. Tydeus Koch 1842 1798 CO yi p.) SCHRANK, lus. austr. 251. Linn, Syst. nat. p. 2933 etc. 1804 Trombidium (ex p.) cita; Mèm. apt. p. 42-44. 1842 inno: (ex p.) en Uibersicht etc. 877 G. CANESTRINI e FANZAGO, Acar. it, p 1876 >» Toi Pon Ann. agr. (Relaz. Staz. entom. dat. Firenze) 1876. p. 79. 1885 Foti A. BERLESE, Acaror. Syst. specimen, p. 12, N. b. 1886 R. CanESTRINI, Eupodini (in Acarof, ital.) p. 205. 1892» A. BERLESE, A. M. Sc. it, fase. LXIII, N, 1. Corpo ovato, prominente alle scapole. Derma quasi nudo, con pochi peli corti e sem- plici, tutto sottilissimamente striato, senza scudi. Piedi mediocri, più corti del corpo, fra di loro presso a poco eguali in grossezza, coi. femori non ingrossati, tutti provvisti di ambu- lacro ; gli ambulacri sono composti di due uncini e di un pulvillo mediano plumiforme. Palpi cilindrici, coll’ultimo articolo cilindrico, lungo, non pendulo. Abitano in colonie, talora numerosissime, sulle piante, ma forse vi si trovano, non già a succhiare le piante stesse, come troppo spesso si è detto, ma in cerca di produzioni fungine. Così sono comuni sulle piante abitate da cocciniglie. Si rinvengono, infatti, le stesse forme planticole, an- d che nelle case, in luoghi dove sono sostanze che i Fi 80 ammuffiscono. ; ì boccali di Ty- .Si conoscono pipa specie, ma molte al- i dg gr a corpo tre descritte dagli autori, specialmente di cose ; della mandibola ; df agrarie, debbono essere riferite al T. foliorum. dito fisso; dm dito mo- Il solo carattere del colore, sul quale par- bile ; m. mascelle; p ticolarmente sono fondate molte delle specie del palpi so articolo; hy Kock non ha valore, poichè esso varia colla qua- iposto lità del nutrimento ingerito dall’ acaro ; da ciò la stalli di specie fondate da autori diversi ed affatto insostenibili. Tydeus foliorum (ScHR.) C et F. wai Acarus foliorum ScHRANK. Beitr. Z Naturg. p. 33. Linné, Syst. nat. 1804 Trombidium celer HERMANN, Mii n p. 44, tab. 2, fig. 14. Tydeus croceus, T. parabolicus, T. albellus, T. olivaceus; Tetr mychus Vi- burni ete. Kocn, C. A. M. Deutsch. 264 GLI ACARI AGRARI 1877 Tydeus foliorum CANESTRINI e FANZAGO, Acar. it. P. 99,..tav. ‘VW fi g. 6. 1876 Raphignathus pellucidus TARGIONI-TOZZETTI, Ann. Ag. 1876, p. 69; tav. 4,4a,4 bd). 1878 Tydeus aurantii TARGIONI-TOZZETTI, Ann. Ag. 1878, p. 262, tav. 4, g.l: 1883 » foliorum A. BeRLESE, A. M. S, it. fasc. Vi Di dl Colore variabile dal bianco al terreo al ranciato, più raramente olivastro. Tre setole scapolari ed otto sul margine posteriore del corpo. Epidermide liscia, finissimamente striata. Rare setole nascono sul dorso e sono brevi. Setole tattili del capotorace appena il doppio più cultriforme. Lungo 400 y. Questa specie è comune sulle piante, durante la primavera, l’ estate e l'autunno. Nei mesi più freddi si trova nelle serre. Abbonda sulle piante di Nerium oleander, nelle stufe, e trovasi poco co- munemente alla pagina inferiore delle foglie vil- Fig. lose di Vitis vinifera, ma è frequente sugli pa Tydeus foliorum mi ecc. Danneggia le piante in modo analogo po dal dorso Tetranychus, sebbene forse con effetti meno sensi- bili. Trovasi specialmente lungo le nervature delle foglie, ivi abita in mezzo a glomeruli di spoglie ed uova. Il Prof. Tar- gioni lo rinvenne sulle foglie di limone, insieme a Tetranychus. È più raro sui frutti di questa pianta. Sembra che molti dei Tydeus, descritti dal Koch, debbano considerarsi come varietà accidentali di colorito della presente specie. Tydeus granulosus R. Canestrini i (Acarofauna ital. p. 235). 1894 Tydeus granulosus A. BERLESE, A. M. S. it. fase. LXXIII, N. 3. ; Si distingue da tutte le congeneri specie per avere la pelle rilevata în grossi tubercoli rotondeggianti. Non vidi questa specie che il Canestri- ni R. trovò nel Trentino, alla pagina inferiore delle foglie di Acer cam- Tydeus similis R. Canestrini (loc. cit. p. 236 1894 Tydeus simils A. BerLEsE, A. M. $. it. fase. LXXIII, N. 4. È onde affine al 7. foliorum ; io non lo vidi mai, nè s0 bene patito diva ica Deal autore, per quali caratteri si distingue Fu trovato nel Trentino, sugli alberi. lunghe delle altre. Dito delle mandibole retto, A. BERLESE 265 GEN. Eupodes Koch 1842 (Oliena des Arachnidensyst. p. 69) 1834 Megamerus (ex p.) Duès, Ann, Sc. nat. 2 Ser. Zool. t. 2 p. 50. 1877 eng G. CANESTRINI e FANZAGO, Acar. it. p. 93. 1885 RLE 1886 » R. si Eupodini, p. 204. 1891 » A. BERLESE, A. M. S. it. fasc LX, N. 6. iedi del primo paio più lunghi del corpo. Piedi del quarto paio .colle coscie fortemente ingrossate. Le specie del genere frequentano i luoghi umidi, stanno sotto le pietre «ete. e sono molto agili e veloci. L’ E. variegatus è comunissimo, anche du- rante l’ invern Una urta si trova sulle piante ed è la seguente: Eupodes fusifer R. Canestrini ° (loc. cit. p. 220) 1891 Eupodes fusifer A. BeRLESE, A. M. S. it. fase. LX, N. 8. Colore verdastro, coi piedi rosei. Setole del corpo fusi- formi, villosette. Ultimo arti- colo déi palpi subovale, lun- go il RS della sua lar- hez gne Miu 650 p. È comune su molte piante. Non lo ho trovato che di rado in terra. Molto più raro sulle piante è gior parte delle specie descritte dal Koch, fondate su variazioni di tinta che è mutabilissima. È da ritenersi che le specie di questo genere sieno preda- trici nè si nutrano di sostanze vegetali. Fig. 82 — es fusifer. — 1 Dal dorso; 2, 3 suoi peli del corpo 4 peli del capotorace grrero: 5 palpo; 6 suo ultimo articolo ; 7 chela. PIT PERE PRA ee 000 sia SERIA i e ae Cas OE ci A fe eni ce RIE 266 GLI ACARI AGRARI FAM. BDELLIDAE (Gen. Bdella, Ammonia, Scirus, Scirula, Eupalus) GEN. Bdella Latr. 1707 Acarus (ex p.) LinNÈ, FABRICIUS etc. Chelifer (ex p., GrOFFROY ; Scirus (ex p.) HERMANN, Bdella LamaRK, DuGÈs, KocH, CANESTRINI e FANZAGO, KRAMER, CANE- STRINI, BERLESE etc. etc. Mandibole a chela, palpi lunghi, cilindrici, coll’ ultimo articolo cilindrico o claviforme. Oss. Sulle piante si rinvengono, di frequente, parecchie specie del genere, LA predatrici, e vaganti. Le più ovvie sono : Bdella vulgaris (Herm.) Koch. Scirus vulgaris HeRMANN ; Bdella vulgaris, B. egregia, B. setirostri$, Koch; B. egregia, B. vestita CANE- strINI e Fanzago; B. arenaria KRAMER; B. vulgaris A. BEZLESE, (A. M. S. it. LXV, 7). Colore del corpo rosso, cinna- barino o sanguigno. Palpi col- I’ articolo ultimo molto corto, clavato, con due setole lunghe apicali. Lunga da 600 a 900 #. Bdella longirostris (Herm.) Lam ? Acarus longicornis Lei ce rus longirostris HERMANN; FanzaGo, KRAMER, pipe BeRLESE (A. M. S. it. XLV N. Colore del corpo r08s0, o ter” reo, con macchie rosse e nere. Palpi coll’ ultimo articolo ne Fig. 83 ° drico, eguale al secondo "a n Bdella lignicola ghezza, colle setole apicali pa 1 dal dorso; 2 suo rostro; 8 rostro di Corte dell’ articolo su cul n varietà ; 4 mandibola. piantate. Lunga circa 2 mill MATITE, e A. BERLESE 267 GEN. Eupalus Koch. (KocH., G. CANESTRINI, A. BERLESE) Mandibole ad unghia ; palpi di tre articoli, coll’ultimo terminato in forma di unghia, più o meno robusta Si trovano, le specie, nei muschi e” talora anche sugli alberi a predare acari Eupalus croceus Koch. Epalus croceus G. CANESTRINI Agna 1 it., A. BERLESE (A. M. S, it LXXI N. 7). Color rosso di minio. Palpi, piedi e rostro di mediocre robustezza. Lungo 450 & circa. GEN. Seirus Herm. 1 Scirus (ex p.) HERMANN, KocH, Ducks \ : GeRvaIS, CANESTRINI e FAnzAGO, BERLESE A. M. S. it. XXXIV, N. 10); Carteorena etc. * Mandibole terminate da unghia ; Fig. 84 palpi di 5 articoli, lunghi, coll’ultimo Eupalus brevirostris articolo conico, all’apice unguicolato. 2. mandibola, 3. palpo. Il genere contiene una specie (S. seti- rostris) che é molto frequente, sia nel musco, sotto le pietre, nel fieno etc. che sugli alberi. Si ‘trova comunissima su tutte le piante e si può raccogliere in abbondanza percuotendo le piante stesse sopra un foglio di carta bianco, sul quale poi i piccoli acari si vedono vagare, NE pel loro rosso colore. Le altre due specie del genere sono molto più Scirus setirostis Herm. Scirus strabulicola, Sc. paludicola, Sc. sagarx Kocn.; Se. elaphus DuGés, CANESTRINI E FANZAGO ete.; ; Se. setirostris CANESTRINI, BERLESE (A. M. S. it. XXXIV, ). re rosso di cinabro. Palpi lunghi, cogli articoli 3, 4, 5, in- ninna forniti di una (o dae) lunghe e robuste spine. Lungo circa Pb. Scirus Capreolus Berl. (A. M, S. it. LVII N. 9) Color rosso di cinabro. Palpi di sei articoli, coll’articolo terzo ‘268 GLI ACARI AGRARI internamente ornato di una appen- dice membranosa, a forma di scu- re, semitrasparente. Ho trovato questa specie, una sola volta ad Alessandria, sotto le corteccie di vite ; la credo molto rara. NotA. Certamente altre specie di questa famiglia possono trovarsi sulle piante, come, ad es. altre forme del genere Bdella, come la Bd. virgulata, più grande ancora della Bd. longiro striîs ed in alcuni luoghi più comune ; od anche specie del genere Ammonza Koch, come non troppo rara è la 4. latirostris, ma queste ultime forme sono, certamente, più comuni mo muschi, sotto le foglie putrescenti @ specialmente sotto i tronchi d’ albero giacenti in luoghi umidi. Tutte le specie però sono preda- trici nè ve ne ha alcuna di dannosa. Fig Scirus capreolus 2. suo rostro. FAM. RAPHIGNATHIDAE Derma per lo più molle, senza scudi, ornato di setole variamente foggiate, non densamente distribuite. Genitali maschili uscenti da una apertura disposta nell’estremo addome, al dorso, od in mezzo al dorso ‘Stesso. Occhi due o quattro. Rostro corto e largo, conico, subinfero. -Mandibole (fig. 86) per lo più cogli stipiti (572) assieme saldati, a manti un pezzo subovale in parte nascosto sotto il capotorace 0 cogli ‘Stipiti fra di loro separati (6 72) e del tutto interni (7enwipa!nus). — . Due diti della mandibola, dei quali uno fisso (st) molto brerè, ‘acuto, membranaceo, l’altro in forma di lunghissimo stiletto (sti), n dal mezzo dello stipite e piegato, scorrente fuori per l’ipostoma. pri scelle rudimentali, confuse coll’ipostoma (7). Palpi (7) molto corti, DO superanti l’ipostoma, spesso coll’articolo penultimo con robusta Un s_ © quindi appendiculati, oppure filiformi, minutissimi tri o quadriatt «colati. Piedi robusti, atti al corso. Ambulacri (7, 8, 9) fatti di due 0 tr8 A. BERLESE Fig. 86 rar biguadiday — 1 rostro prono d Tetr. : 2 rostro prono tobligno) di o quattro unghie (wu, w’)° e di peli di adesione (p) (peli capitati all'apice) o con due pulvilli pettinati. Larve esapode molto si- mili agli adulti. Alcuni emettono fili sericei «on cui fanno tele che li proteggono. Nei muschi, sotto le pietre ed ancora molti sulle piante, sulle quali recano, ta- lora, danni sensibili o gravi. Per questi ultimi la fa- perchè se ne dirà colla volu- ta larghezza. i Il gruppo contiene i se- guenti generi : Cryptognathus Kramer 1879; Raphignathus Dugès 1838; Caligonus Koch Stigmaeus Koch 1842; Eupalopsis Canestr. e Fanzago 1877; Tenui- palpus Doanadica 1875; Neophyltobius Berlese 1886: Tetranychopsis R. Cane- strini 1890 ; Bryobia Koch 1842; Tetranychus Dufour 1832. GEN. Caligonus Koch Caligonus (ex p.) KocH, CANESTRINI @ FanzaGo. HALLER etc. ze? LESE (A. M. S. it. XXX N. b). A. BeR-_ . Rostro non retrattile; stigmi semplici; palpi tentaculiferi ; piedi eguali in lunghezza al corpo o più brevi, pelle levigata ; capotorace non distinto dall’ addome per solco alcuno. te si trovano specie di questo genere sulle piante ; sono preda- trici. Talora occorre il seguente : REI ER) LT GIOT RIALTO MEPRE RE CE TY IRE 1, dei "i % 270 GLI ACARI AGRARI Caligonus robustus Berl. (A. M. S. it. XXII, N. 6) Colore rosso di cinabro. Corpo ovato, posteriormente acuminato, coi piedi corti, col rostro lunghetto. Lungo circa 500 w. GEN. Eupalopsis Canestrini 1886 Eupalus (ex p.) CANESTRINI e FanzaGO ; Eupalopsis Canestr. G. Aca- rof. ital, Mediolata R. CAanESTRINI; Eupalopsis A. BERLESE (A. M. S. it LXXI N. 8). Mandibole ad unghia lunghissima; palpi di cinque articoli, col- l’ultimo articolo cilindrico, tentacoliforme, lunghissimo. Si trovano di frequente sugli alberi le specie di questo genere, che sono, del resto, non troppo bene distinte fra loro. Sono predatrici. Eupalopsis maseriensis (C. et F.) Can. Eupalus maseriensis Can. et Fanz.; Mediolata arvensis R. CANESTRIM: Eupalopsis maseriensis, A. BerLesE (A. M. S. it. fase. LXXI N. 9). Colore rosso di minio. Corpo molto allungato, cioè quasi quattro volte più lungo che largo. Tentacolo dei palpi più lungo di ciascuno .degli altri articoli, Lungo circa 400 p. Si è trovata nel Veneto più volte, sugli alberi. Eupalopsis Pini (R. Can.) Berl. Mediolata Pini R. CanestRINI; Eupal. Pini A. Beruese, (A. M. 8 it fase. LXXI N. 10). Colore rosso di minio. Corpo a forma quasi romboidale, appena il doppio più lungo che largo, coll’ articolo ul timo dei palpi più corto del secondo. Lung® circa 280 p. Fu rinvenuto sugli alberi, nel Trentino e nel Veneto. Nora. Si conosce, del genere, una terza speci, la E. longirostris Berl. molto bene distinte dalle precitate, però non fu mai rinvenuta sulle piante, ma talora nel fieno, per quanto non vi 514 comune, Molto più importanti, dal lato agragrio, 3009 le seguenti forme di questa famiglia. ME A. BERLESE GEN. Tenuipalpus Donnadieu 1875 (Recherches pour servir a l’ Histoire des Tetranyques, p. 111). Brevipalpus IpEM, p. 115. 1877 Caligonus (ex p.) CANESTRINI e FANZAGO, Acar. it. p. 80. 1890 Tenuipalpus CanestRINI R. Acarof. ital. Tetranichiri, p. 481. 1886 . BERLESE, Acari dannosi alle piante coltivate, p. 17. 1894 » a BeRLESE, A. M, Sc. it. fasc. LXXII, N, 4. Fig. 88 1 Parte anteriore prona di 7. glaber ; 2 maschio dello stesso, supino; 3 giovane di 7. glaber ; 4 larva dello stesso, pronta alla muta. Corpo allungato, subovale più o meno posteriormente rotondato (7. oboratus) 0 subacuminato (7. cuneatus) o dopo i piedi del quarto paio subitamente ristretto, cioè subspatuliforme (7. pa? matus), tutto coperto di epi- dermide duretta, rugosa, a- revlata, od ornato di setole o ciliate o foliiformi, talora quasi nudo. Dorso diviso in due parti da solco transver- so (nei giovani diviso da due solchi (fig. 88, 3)). Capoto- race all’ innanzi prodotto in una lamina ialina (1 c). Ro- stro molto tenue e piccolo, coi palpi (1, 5, d) quadriar- ticolati, (sempre ?), coll’ arti- colo secondo più lungo degli altri, piccoli, cilindrici, non appendicolati, coll’ ultimo ar- ticolo munito di spine. Man- dibole (1, e, 6) profondamen- te infossate nel corpo, cogli stipiti conici, e colle spine (6, a) lunghissime, innumero di due per ciascuna mandi- bola. Di queste la mobile (6 a) è più lunga assai della fissa e sorte per un tubulo (5, 7) fatto dall’ ipostoma. Piedi robusti ma brevi, tutti LI 272 GLI ACARI AGRARI alla base ristretti, coi segmenti tutti trasversalmente rugosi. Amb fatti di due uncini grandi e due, in mezzo, più piccoli. Quattro occhi, Colore sempre rosso cinabarino, vivacissimo. n pigri, comuni sulle piante ed infesti, sebbene in grado mediocre Nota + Ho messo in sinonimia del presente genere, anche il gen. Brevi palpus del Donnadieu, poichè io non credo sia bene dimostrato il numero di articoli in cui il palpo è diviso e se questo varii realmente ed in quale mi- sura. Nel resto dei caratteri non si può trovare differenza di sorta. Anche il genere Caligonus, così come lo intendevano Canestrini e Fanzago, comprende specie che debbono rientrare nel presente. Tenuipalpus coronatus (C. et F.) Berl, 1877 Caligonus coronatus CANESTRI NI E Fanza6o, Acar. it. p. 81, A. fig. 1886 Tenuipalpus coronatus A. BER- LESE, Acari dann. paos col- tivate p. 19. 1887 Pigi, coronatus. IDEM . M. 8. it, XXXIV, Nd 1890 R. pai Acarof. ital. (Tetranichini) p. Color rosso di cinabro. Corpo molto lungo, specialmente dietro pr | zampe del quarto paio. Piedi c0 pa tissimi, specialmente quelli del e 4° paio. Pelle del dorso se; di rughe trasverse. Occhi pi in una fossetta. Sul nta e po steriore del corpo nascono 3 appendici foliiformi o) flabelliformi, da corte. Setole omerali picc issim@, semplici. n Dimensioni. Lungo 300 Pai = se ‘La i Tentipalpue e coronatus 2. dal i trova comune sulle conti . Si tro era 3. palpo; 4 squama del nell'Italia settentrionale © A. BERLESE 273 Tenuipalpus cuneatus (C. et F.) Berl. 1877 Caligonus cuneatus, CANESTRINI e FANZAGO, Acar, it. p. 85. 1886 Sia appari sses A. BERLESE, Acari dann. piante ei p. 17. 1887 Ipem, A. M. Se, it fasc. XXXV, Corpo diviso nettamente dal solco transverso, fino all’ origine del terzo paio di zampe trapeziforme, poi stretto, terminato a cono, tutto nudo. Piedi lunghetti con setole rarissime, corte. Derma se- gnato di areole poligonali. Episto - ma trapeziforme. Colore giallastro, macchiato di rosso e di bruno. Dimensioni. Lungo 320 p. La specie, per la torma del corpo ricorda gli affini 7. obovatus (Donn.) e 7. pereyer > che Le sono di Francia, nè sì sono an- na cora trovati in Italia, però “differi» i sce dalle due anzidette specie, precipuamente per essere sprovve- duta di spinette alla parte poste- riore del corpo. Inoltre le poche e rare setole che si osservano sul suo corpo sono semplici, e non piumate 0 imbricate come quelle delle due altre specie di Francia. Si trova comune su piante diver- Fig. 90 se, specialmente sugli arbusti nell’Ita- Temipalpus cuneatus lia settentrionale, media e centrale ed 2 dal ventre; 8. palpo; 4 setola è molto pigro. del corpo ; 5 epidermide; 6 porzione di cute del corpo. Tenuipalpus palmatus Donnadieu (Recherches, loc. cit. p. 140, tav. ] et 2) 1877 Caligonus calyea CaxestRINI E FanzaGo, Acar. it. p. 88. 1886 ra gian speci A. ron Acari dann. piante coltiv. n. 18, eli Ipex, A. M. Sc, it, fas. XXXIV, N. 4 1890 » R. CANESTRISI, sun ital. (Tetrani- chini) pag. 456. 18 affair ale ER eo RU i; sein | dA ù 274 GLI ACARI AGRARI Corpo largo, anteriormente discoide, di poi, alla origine del quarto paio di zampe, improvvisamente ristretto, posteriormente acuminato o subacuto. Peli del corpo folii- formi. Di questi uno, grandissimo, diretto all’indietro, sta alle pr un secondo poco sotto; di poi lateralmente e di dietro, vi sono, i quà e di là, quattro confor- mi appendici, simili a fogliette so- stenute da tubercoli, e fra la terza e la quarta di dette apper- dici nasce un pelo semplice, lun- chetto. Piedi peduncolati, corti; sul primo paio sono inseriti quattro peli foliiformi, internamente di- sposti, e due simili allo esterno ; nel secondo paio, di quà e di là ve ne sono tre; nel terzo paio stanno quattro esterni, e nei piedi posteriori vi ton un solo pelo così fatto, estern Sira rosso di cinabro viva- cissimo. Dimensioni. Lungo circa Fig. 91 Tenwipalpus palmatus 2 omero più ingrandito ; 3 appendici 300 p. foliacee del corpo ; 4 tarso 1° paio; 5 Si trova, non troppo frequente, dal ventre; 6 acaro supino su molte piante. Tenuipalpus glaber Donnadieu (Recherches etc. cit. p. 142, tav. 4, fig. 31-42). 1875 Tetranychus glaber TAarGIONI-TozzertI. Annali d’Agricoltura, p- 1887 Caligonus » ANESTRINI E Fanzaco Acar. it. p. 1886 Tenuipalpus » A. BeRrLBSsE, Acari dann. piante coltivate, è 18, tav. III fig. 5. 1887 Tenipatpus glaber Ipem, A. M- Se. it. fasc. XXXVI N 1891 » R. CANESTRINI, Acarof. ital. pa P. Corpo o obovato, per nulla ristretto nel mezzo, di dietro acuto-rotoD* - dato. Solco dorsale disti tinto. Derma distintissimamente areolato. Gli i n A. BERLESE 275 margini del corpo vi sono rade se- tole cortissime e coi margini ser- rulati. I piedi recano, sulle co- (ed una tarsale semplice). Rostro acuto. Epistoma terminato in quat- , tro spinette, di cui le mezzane sono maggiori. Al ventre, dopo le zampe del 4° paio le strie della pelle cireondano due spazi pun- teggiati, l’anteriore quadrato, il posteriore semicircol Colore rosso di cinabro, viva- cissimo. imensioni. Lungo 300 p. circa Larva esapoda, colla pelle pic e fornita di lunghe setole Tm ciliat SZ Ninfa ottopoda, simile alla larva. La È comune su molte piante, spe- Fig. 92 cialmente sul Rudus fruticosus, di Tenuipalpus glaber cui occupa la pagina inferiore delle 2. dal ventre ; 3. palpo; 4. epi- foglie, accosto alle nervature, ma si stoma. si trova così solo durante l'inverno. E degno di nota che sulla detta pianta lo trovarono sempre anche gli autori citati, Di inverno è facile raccoglierlo esaminando con cura la foglia al lato inferiore, lungo la nervatura mediana. Tenuipalpus pulcher (0. et F.) Berl. 1877 Caligonus pulcher CAnESTRINI e FanzaAGO, Acar. it. p. 3 1886 e pulcher A. BeRLESE, Acari dann' piante da p. 18. 1890 T. Lineola R. CaNESTRINI, Acarof. ital. (Te- iii p. 455, 458. 1894 Tenuipalpus pulcher A. BerLESE, A. M. Se. it. fase. LKXII, N. 3. Colore rosso di cinabro. Corpo ovato, appena più largo alle scapole, di dietro rotondato, coi suoi margini laterali paralleli. Dorso tutto i i, 276 GLI ACARI AGRARI impresso di strie, ma in mezzo il capotorace | e nel centro dell’addome è punteggiato. Mar- gini del corpo con sette setole, in ciascun lato, corte, a piccola clava piumata, disposte | a regolari intervalli. Nel margine posteriore stanno due cosifatte setole minutissime, e nel margine anteriore due semplici. Palpi gros- setti, quadriarticolati. Dimensioni. Lungo 280 wu. Fu trovato nel Trentino sulle piante. orta. Ho messo in sinonimia della presente | Fig. 93 specie il Tenuipalpus Lineola di R. Canestrini Tenuipalpus pulcher corrispondente al Ca/Zgonus Lineola di G. Car strini e Fanzago. Così credo che sia conveniente j però ho preferito il nome di pu/Zcher per la specie, essendo questo quello dato” all’adulto. Altre specie di TENUIPALPUS non peranco trovate in Itala Da parte del Donnadieu, sono descritte ancora le segneati specie, egualmente trovate sulle piante, in Francia : Tenuipalpus spinosus Donn. (Rech, loc. cit. p. 142, tav, 3, fig. 20 a 80) 1886 Zenuip. spinosus A. BerLESE, Acari dann. piante coltiv. p. 1°. Corpo ovato, al dorso convesso, vestito di peli spiniformi. Derne areolato. Posteriormente si notano tre setole molto grandi, delle quali le due interne superano le altre ed eguagliano quasi la metà della lar. ghezza del corpo. In vicinanza dei piedi del secondo paio nasce una’ setola molto lunga e piumata. Anche i piedi sono sparsi di setole corte e piumate. Rosso, coi piedi più pallidi. Lungo circa 400 #. Trovato snlle foglie villose, specialmente delle primavere. Tenuipalpus obovatus (Donn.) Berl. 3 1875 Brevipalpus obovatus DoxxapIEU, Recherches, loc. cit. p. 144 t8Y" a ° d b, * 43 Vai 1866 Tenuipalpus >» —A. Idem, A; M. Sc. ital. fasc. XXXVI, N. 9 1891 Tetranye. p. 440. hopsis horrida R. CANESTRISI, Acarof. ital. (Tetranichini » A. BERLESE Colore olivastro, più chiaro all’innanzi. Dimensi ni, Lungo P. Si è trovato sll'Ttalia centrale e meridionale, comune abbastanra sugli alberi n. Bryobia Koch 1842 visi des Arachnidensyst. p. 61) 1877 cigua igroo e FanzaGo, Acar. it. p. 80. sd 1888 A. BERLESE, A. M. S it. fasc. XLIX et 1891 » Ù bia 1 acaro dal Tiatré 2 id. di fianco; 3 rostro del dorso A epistoma; B, - colle stesse lettere, 5 ambulacro; 6 | Squama del c | sia come quello dei Tetranychus sebbene meno grave. o tele R. Ciotaebi, Acarof. ital. (Letranichini), p. 430. orpo depresso od anche esca- vato, rugoso, subcoriaceo, parca- mente ornato di appendici flabel- liformi. Capotorace appena distinto dall’addome, anteriormente pro- dotto in quattro laminette ialine, dentiformi, recanti ciascuna una squama conformata a ventaglio. Rostro infero, colle mandibole profondamente (basilare) infossate. ‘ Mandibole come nei Tetranychus. Palpi coll’articolo terzo fornito di unghia ed il quarto appendicoli- forme. Un’occhio in ciascun lato del capotorace. Piedi anteriori più luoghi sei ser tutti questi con setole pium Larve finiti Cali ‘adulti però esapode e globose. Vivono sulle piante come i Tetra- nychus, sono rari nei muschi. Si de- vono cer come abbastanza | dannos ori. È ricordata dagli autori nostre sugli alberi od anche fra i segni ed in taluni casi abbondantissime. Si deve ritenere che l’effetto loro Sono animali pigri, 286 GLI ACARI AGRARI Bryobia speciosa Koch (C. M. A. Deutsch]. fasc. 17, fig. 10) 1877 ? Bryobia speciosa CANESTRINI e FANZAGO, Acar. it. p. 91, tav. Ni fig. 4 1883 » * A. M; Se, it; fasc. LL NL Corbo subovato, più largo alle scapole, posteriormente acuto-roton- dato, quà e la, specialmente di dietro, ornato, di appendici a ventaglio. Dorso quasi pianeggiante o debolmente scavato. Laminetta anteriore Fig. 102 Bryobia speciosa 2 epistoma ; 3 squama del corpo; 4 secondo articolo dei piedi del 1.° dei piedi; 5 terzo articol - Rca ant.; 6 squama del corpo; T ialina, divisa in quattro lobi flabelliferi, i quali lobi sono anteriormente rokandati, più larghi di quelli della B. prae/zosa. Piedi anteriori apr quasi lunghi quanto il corpo, col femore internamente armato di cin ti i Ni Ù à sa Da w E TERRITO SPORE 4 RR le s it IR TI PATO Pe Ei ni dti e E: RRRRIR TA PR e re0 SETTI ERI PRO VO E PAIR Ù 4 Ù uo d « N92 en e A. BERLESE 287 | peli lunghi, spiniformi, disposti a regolari intervalli e diretti in dentro, ad angolo quasi retto col segmento che li porta. Derma tutto rugoso. Colore fosco, col capotorace e qualche macchia nell’addome rossi. Piedi anteriori rossi, gli altri pallidi. Dimensioni. Lunga circa 550 p. Trovasi questa forma abbondante sulle siepi a Vallombrosa nel Fio- rentino. Bryobia praetiosa Koch. (C. M. A. Deutschl. fase. 1, fig. 8) 1804 ? Trombidium lapidum Hermann, Mèm. Apt. 1842 Byobia gloriosa KocH, C. M. A. Deutschl. fasc. 1, fig. 9. 1877 » pretiosa CaNESTRINI E Fanzaco, Acar it. p, 9L. 1886 » » A. BERLESE, A. M. Sc. it. fasc. XXXIII N. 1. 1891» » R. CanestRINI, Acarofauna ital. (Tetranichini) p. 4Al. Corpo larghetto, alle scapole abbastanza prominente, posterior- mente rotondato-troncato. Addome al dorso scavato, coi margini elevati, sostenenti rare e sparse ‘squamette flabelliformi. Denti della lamella ialina stretti, appuntiti. Piedi anteriori Innghi quanto il corpo, esili e con brevissimi peli radi; rossi, specialmente all’apice. Gli altri piedi corti, pallidi. Colore del capotorace rosso di cinabro, dell’addome fuligineo, ap- pena variegato di testaceo. Dimensioni, Lunga 800 x. circa. È molto comune sulle piante in genere, talora si trova in gran numero e certo con danno del vegetale su cui vive. Gen. Neophyllobius Berl. 1886 (Acari dannosi alle piante coltivate, p. 19) 1887 Neophyllobius A. BERLESE, A. M. Se. it. fasc. XXXIV, N. 2. 1891 » R. CANESTRINI, Acarof, ital (Tetranichini); p. 482. Rostro brevissimo, nascosto sotto il capotorace. Palpi gracili e corti, di cinque articoli, di cui l’ultimo lunghetto, ricco di peli all’estremità, non a forma di tentacolo. Manca l’uncino dei palpi. Mandibole col corpo fuso insie- i me ma incospicuo, collo stilo alla base appena piegato, Fig. 104 esertile, acutissimo. Mascelle formanti coll’ ipostoma un Ne ius, tubulo all’ apice bilabiato, semplice; Piedi molto più rostro dal dorso, lunghi del corpo, con peli radi, grossi ed alla base sos= SERRE SRI TR 288 GLI ACARI AGRARI tenuti da tubercoli. Ambulacri fatti di due grandi unghie e di pelî capitati. Colore variegato di bianco e rosso. Si trovano, abbastanza rari, sulle piarte. Neophyllobius elegans Berlese (Acari dann. piante coltiv. p. 20, tav. III, fig. 3) 1887 inca elegans A. BERLESE, A. M. Sc. it. fasc. XXXIV, Nb. 1891 » RR. CANESTRINI, iussai ital. (Tetranichi- ni) pag. 457. Corpo rotondo, quasi tanto lungo che largo, poste- riormente appena più ristretto. Peli dorsali molti, biancheg- gianti, di media grandezza, airiciegea alla base soste- i da leggiero tubercolo, Piedi più lunghi del corpo; esilissimi, coi femori e tibie lunghissimi, tutti sparsamen” te arricchiti di lunghi peli piumosi, spiniformi, sostenuti da tubercolo. a piccoli, fusiformi, grosse ' } Color ‘e nella per ante- \ riore del corpo roseo, più + i sotto, nell’addome, di UM | ti (7g rosso cinabro bellissimo, 4P° ‘ ena con alcune puntegglà = ture fosche, e con ana mae . 106 chia mediana prolungata” fino eophyllobius elegans all’ano, larga, bianchissima. x pelpo; a mbulaero ; 4 pelo del corpo Piedi roseo ranciati, coi tatS! 5 peli sugli articoli delle zampe, più rossi. . Trovato nell’Italia tutta, sebbene non frequente. Si rinviene talora sugli agrumi molto attaccati da cocciniglie, < | BESTIE SR e PI Be A REI seri FO I, ai ; LAT Rd È A. BERLESE Neophyllobius superbus R. Canestrini (Acarof. ital. Tetranichini, p. 44, tav. 459, tav. 39, fig. 44) 1894 Neophyllobius superbus A. BERLESE, A. M. Sc. ital. fasc. LXXI, N. 8. Corpo obovato, posteriormente più o meno acuminato, nei maschi acuto. Dorso appena impresso da una linea trasversale. Peli del dorso } f Î Fig. 106 Neophyllobius superbus 2 pene ; 3 palpo. Trovato raramente nel Padovano e nel Trentino, mediocri, disposti in quattro serie longttudineli: tutti gros- setti e piumosi. Nella serie mediana si notano le setole frontali, alla base sostenute da un tubercolo mediocre, nonchè altre sei (tre di quà e tre di là) minori, dopo la linea degli ultimi piedi. In mezzo al dorso stanno erette quattro setole grandissime, lunghe quanto il corpo largo, grosse e piumate, na- scenti da altri tubercoli. Il tubercolo, che reca un paio di queste setole, è, alla base unico, poi si sdoppia. Per questo carattere la specie subito si distingue dalla precedente. Piedi tutti assai lunghi ed irti di setole lun- ghette, erette. Colore ranciato miniaceo, nel mezzo del corpo più pal- lido, nel resto rossastro © seo Dimensioni Lungo 270 u. (senza i piedi). sulle piante. FAMIGLIA ERYTHRZAIDAE (Gen. Gekobia, Actineda, E:rythraeus) Gen. Aetineda Koch 1842 Acarus (ex p.) ScHRANEK, LINnnÈ ete.; Trombidium (ex p.) HERMANN; 19 290 - GLI ACARI AGRARI Ducès; GervaIs ; Actineda Kock; CANESTRINI e FANzAGO, A. BERLESE (A. M. S. it. LXXII N. 10) Corpo breve, più largo posteriormente, trigono-globoso. Piedi estesi lateralmente, lunghi. Palpi quadriarticolati, col terzo articolo triungui- colato, col quarto lungo, cilindrico, non pendulo. Il genere cantiene una sola specie communissima fra le erbe dei prati sugli alberi ete, Actineda Vitis (Schr.) Berl. Acarus vi'îs SCHRANK, LixxÈ etc. Trombidium cornigerum HERMANN DuGks, GERVAIS; Act. cornigera. et aliae species, KocH; Act. cornigera Ca- NESTRINI e FANZAGO, Act. cornigera TARGIONI-TOZZETTI ; Aet. vitis A. BERLESE ‘A. M, S. it. fasc. 4 N. 6) Color rosso vivacissimo, più o meno sbiadito all’innanzi, 0 più 0 meno infoscato più verso l’addome. Lunga 1,20 mill. circa. a specie è comunissima, in esta te ed autunno, nei campi, negli orti ecc, dove frequenta, in particolare modo le erbe dei prati, sulle quali come uno dei predatori più mr ed 5. 10 efficaci di altri acari ed insetti mi Actined. a Vitis nori. FAMIGLIA CHEYLETIDAE (Gen. Chelonotus, Myobia, Cheyletus, Cheyletielta, Sai ‘copterus Syringophilus, Picobi, GEN. Cheyletus Latreille Acarus ha p.) ScHRANK, Lixné, DE GEER etc. Cheyletus GERVAIS, a CaxesTRINI E Fanzago, MranIN, BerLESsE (A. M. 8. it. XXVIII. N.7) ete- Palpi robusti, rivolti l'uno contro l’altro, formanti, nell’ insiem®, una tenaglia ; col penultimo articolo fornito di appendici pettinate. Gli acari di questo gruppo sono eccellenti predatori. Alcuni stanno nelle case, altri si rinvengono sulle piante. Questi ultimi hauno i peli foggiati a ventaglio. Citeremo le due specie più frequenti. : A. BERLESE 291 Cheyletus ornatus €. et F. CANESTRINI © FANzAGO; A. BERLESE (A. M. 8. it. XXXVIII, N. 6) Color ranciato pallido; con tutti ì piedi più corti del corpo, col- l'unghia dei palpi internamente multidenticulata, coi piedi anteriori prov- visti di ambulacro (due uncini). Tutti i peli sono flabelliformi. Lungo 450 Abbastanza frequente, specialmente sulle conifere. Fig. 108 Fig. 109 Cheyletus ornatus Cheyletus Saccardianus 2 rostro; 3 squama ; 4 tarso delle 2 rostro; 8 tarso del 1. paio ; 4 zampe 1. paio di tasto; id. id. di fac- squama, 5 pelle del corpo. gia ; 6 tarso delle altre zampe Cheyletus Saccardianus Berl. Ch. ornatus G. CANESTRINI Acarof. it.; Ch. Sace. A. BeRLESE (A, MM. Si \XXIHND Colore miniaceo-aranciato. Piedi anteriori sprovveduti di ambu- 2903 - GLI ACARI AGRARI lacro, col tarso cortissimo, fornito di due lunghi peli apicali. de ar a poco come nel CX. ornatus. ingo 400 &. circa. aa abbastanza sugli alberi, nella Italia settentrionale, centrale e nel Napoletano. FAM. RHYNCHOLOPHIDAE (Gen. Smaris, Smaridia, Rhyncholophus.) GEN. Rhyncholophus Dugès 1834 Acarus (ex p.) De GEER etc. ; Trombidium (ex p.) HERMANN, GeR- VAIS; Rhynchol. Auctorum (A. Berl. A. M. S. it. LIX N. 1). Rostro non retrattile entro il corpo. Il genere comprende bellissime specie ed ordinariamente di dimensioni notevoli. Allo stato di larva i Rhyncholophus vivono parassiticamente sugli insetti, più che su altri animali ; allo stato adulto sono eccellenti ed attivi predatori che si rinvengono sulla nuda terra, vicino alle prode erbose 0 aiberi ete. Si potrebbero citare più specie ovvie sulle piante, ma ci limite remo alle due più comuni, cioè; Rhyncholophus quisquiliarum (Herm.) K. Trombid. PEETIA: HERMANN ; RA. macilentus ? rd Bh. cardi nalis KocH ?; Rh. quisquil. Ax BERLESE, (A. M. t. XVI N.5)n Colore di cinabro vivo ; piedi lunghi quasi quanto tutto il corpo, coi tarsi Pu setti ; corpo piuttosto raccolto, coi - corti, a tentacolo minuto ; setole at corte. Lunghezza circa 1,50 #. È la specie più frequente sui ete. Se ne può raccogliere in gran poichè ama starsene in colonie gens» cialmente nelle vicinanze di piante attacca afidi, Si a la sua larva parassita comune degli afidi, perciò la forma adulta FEE le piante abitate dagli afidi stessi. È però comune sui muri specialmente in estate. #1» Rhyncholopl. quisquiliarum Non molto diverso è il RR. miniatus re si trova più di rado e fra le erbe. A. BERLESE 293 Rhyncholophus regalis Kch. R. regalis ; R. imperialis KocH ; R. regal. A. BERLESE (A. M. S. it. LXII, N. 6). Color rosso, macchiato di nero, con una fascia bianca o bianco-giallastra che spicca egregiamente sul mezzo del dorso. Setole del corpo iun- ghe, serrulate; quelle dei piedi quasi semplici. Lungo 2,50 mill. Si trova sulle piante rare volte, più sul tronco di grossi alberi che non altrove, è però assai più frequente tra le erbe, 5 sulla terra come il &R. pha/an- gioides. ) i Non ho trovato però que- | i sta forma altrove che nell’ Ita- ) ' / lia meridionale. Invece nel- / l’ Italia settentrionale la forma 4 3 più frequente è il RA. Phalan- più comune nelle erbe dei prati anziché sulle piante. Sono que- ste di questo gruppo le più specie del genere. Fig.111 Rhyncholophus regalis 2 palpo ; 3 tarso 1° paio; 4 tarso 2° 55, 6 peli del corpo; 7, 8 peli dei piedi. FAMIGLIA TROMBIDIIDAE (Gen. Trombella, Trombidium) ‘Gen. Trombidium Fabricius 1781 Acarus (ex p.) Linné, ScHRANK, DEGEER, GEOFFROY etc. Trombidium Auctorum (A. BERLESE, A. M. S. it.; LVII, N. 8) Capotorace al dorso recante una fascia chitinosa, variamente con- figurata, detta cresta metopica. Mandibole fornite di unghia apicale, non retrattili. Il genere contiene .molte specie, tutte terricole 0 muscicole; sugli alberi ; n molto comune la seguente: t; d 204 GLI ACARI AGRARI Trombidium gymnopterorum (L. BERL). Acarus gymnopterom Lisnnè ete.; Trombidium fuliginosum HERMANN, Kock, GervaIs, MEGNIN, CANESTRINI e FANZAGO, A. BERLESE (A. M. SG 3 XVIII, N. 8) ete. etc. ge Q Rosso di cinnabro, talora appena infoscato sull’addome. Cresta metopica a forma di anfo- ra. Occhi peduncolati; peli del corpo piumosi; ambulacro con un pulvillo piumato tra gle uncini. Lungo circa 3 millimetri. . ESE Si trova comunissimo dovunque, sulla terra, fra le erbé, sulle pietre, e va piante. D'inverno depone le nova sotto le pietre. Le larve aggredi: scono gli insetti o gear e vivono su questi seen ci sia sono pr pre c.o datori di altri a ed insetti min Nell’ Italia npritiaterio e pr ar si ls t ì trovare, talora molto comune, anche i n maia holosericeum L., più grosso e sopratatto più pe . Trombidium della forma qui descritta, ma non so se sì 1 gummopterorum sulle piante, avendolo incontrato sempre solo si i le erbe dei prati. i SE 3 A È Sofia ai legioni Gdl Ae E nun e BIBLIOGRAFIA (Principali lavori da consultarsi intorno agli acari) 1752-1778. — De GeeR Cart. — gico pour servir à l Niaicire des Insec- tes, Stockholm, Vol. 1762-1764-1799. — Grorrroy F. Lon — Historie abregée des Inséctes, qui e trouvent aux environs de Paris ete., Vol. 2, (Paris. 1763. — "send Jon. ANT. — Entomologia carniolica exibens ins. Carnioliae ecc. con 43 tav. — Vindobonae. 1700. — Linnée. — .Syst, nat, — Inscta aptera, T. I, Pars. V, edit. 18 (Vindobonae). 1781. — ScaranK Fv. v. PauLa. — Enumeratio insectorum Austriae indi- norum — Augustae Vindelicoram. ge 1796. — LATREILLE P. ANDRÉ. — Precis crt caractères generiques des In- sectes ecc., Ann. V — Bourdea 1804. — HEXMANN. — Mém. Rareitio (Strato an. er 1806-1809. — LATREILLE P. 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Foemina pygidio trullis numero variis varieque evolutis ; pectini- bus disculisque ciriparis circumvulvaribus nullis; poraphysibus rare praesentibus. Folliculus foemineus saepius circularis, rarius ovalis vel elonga- tus, conico-convexus, exuviis larvalibus centralibus vel subcentratibus. Ceterum ut in Aspidiotus. Il Signoret ha istituito questo genere, ed ecco quanto dice 1D proposito : « Ce genre, qui se rapproche beaucoup du précédent, (A0- nidia), s° en distingue cependant parfaitement. Ici c’ est une coque complète, dans laquelle le Diaspide est refermé. Dans le jeune dige il n'y a d’abord qu’une pellicule, comme dans tous les autres; mais, apròs la mue, il se forme aussi en dessous ùne.paroi, qui n’ est, croyons-nous, que la peau du Diaspide, la muée probablement. L’ insecte restant dans la peau primitive qui lui sert | alors de bouclier complet, c’ est donc une véritable galle, très DEL vexe en dessus, avec la première dépouille un peu sur la còté, très- noire, plus ou moins plate en dessous, suivant la surface sur laquelle l’ animale s’ est fix6. , Quant aux insectes, ils ne diffèrent pas des Aspidiotus, si © n’ est que nous n’ avons pu y voir de plaques de filières agglomérées ?- Però il Comstock si credeva in obbligo di non ammettere questo genere in seguito alle seguenti considerazioni. : e: < This species can not, however, be separated from Aspidioté. Several specîes of Aspidiotus have a well developed ventral scale 5° that it may be said thad they have a complete shell. Thus in 4. Iene bricosus the ventral scale closely resembles that of the species desco bed by Signoret as Targionia nigra. In A. aurantii it is more deli: cate, but in the adult it is so well developed and adheres 80 4° to the dorsal scale that it is very difficult to remove the insect. fr0® G. LEONARDI 299 ite shell. In A. rapax the ventral scale is usually entire and quite conspicuous. In fact we find that in the genus Aspidiotus the ventral scale varies from an imperceptible film to a thickness as great as in Targionia. And as it is impossible to separate those species having a thich ventral scale, or, in other words, those having a complete shell from those that do not, we are forced to the conclusion tha the genus Targionia is not a natural one; and that the species described as T. nigra must be placed in Aspidiotus. But the name nigra is preoccupied in this genus ; I therefore propose the name Signoreti in honor of the discoverer of this interesting species ». Un anno di poi anche il Targioni avvertiva che : « I generi 7'argio- nia Signoret, per esempio, e il genere Chionaspis sarebbero fondati collo stesso criterio, e in questo caso l'uno o l’ altro dei due dovrà cedere, persistendo quello che abbia la priorità. > Dal canto nostro però noi abbiamo trovato parecchie specie che si corrispondono perfettamente per più caratteri importanti, al di fuori di quelli offerti dagli scudi, ora a questi ultimi noi siamo disposti a negare un troppo grande valore per sostenere il genere, sia perchè si trovano analoghe disposizioni in altri Aspidiotus verì e in altri generi ancora, sia perchè anche le diverse specie che noi vogliamo incluse nel genere Targionia, in questi caratteri degli scudi, non vanno d’accordo, mentre lo vanno assai più in più importanti. Ora i precedenti autori, che dietro la scorta di questi soltanto si sono creduti autorizzati 0 fon- dare il genere o ad abbandonarlo non hanno posto mente abbastanza agli altri caratteri che agli occhi nostri sono importantissimi, mediante i uali crediamo, non solo che il genere Targionia merita di essere con- servato nella scienza, ma ancora riesca distintissimo da tutti gli altri generi dì Diaspiti, non escluso il genere Aspidiotus, con cui il Comstock e forse anche il Targioni, vorrebbe fosse riunito. Infatti la mancanza assoluta di peli filiere è un carattere per noi molto saliente, e lo è pure quello della mancanza di dischi ciripari perivolvari. Per quest ultimo carattere si distingue la Targionia dagli Aspidiotus veri e per il primo degli Aspidiotus stessi e dagli Aspidites. ‘SURGENERA. GENERIS TARGIONIA Trullae bene conspicuae, variae numero. Targionia (S. s.) Trullae nullae nel evanidae. ; ; . . Froggattiella 300 ASPIDIOTUS Subgen. Froggattiella n. Subg. Aspidiotus (ex. p.) Green, Cockerell. Pygidium trullis ommino evamidis. Il sottogenere che prende il nome dal Chiarissimo onto Froggatt, autore di notevoli lavori su insetti australiani, cone . sola specie seguente : 76 Targionia (Froggattiella) inusitata (Green) Leon. og DA Green, The Coccidae of Ceylon (Part. I, PI. XVI) pag. do. Cockerell, A Check-list of the Coccidae (Bull. of the Illinois State labor. of nat. hist. ; Urbana, Illinois, Vol. IV, 1895) pag. 339. » (n. subg.)» » The San Jose Scale and its acari allies, p. 27 Foem fava. Corpus obpyriforme, articulis abdominalibus propter rugosius epiderma duriusque în seriebus tribus longitudinalibus magis couspicuum, intersese melius distinctis. Pugidium densius chi .tineum, fusco-fiavidum. Trullae nullae vel ommino obsoletae. Mar 99 | pygidii in cristas chitineas elevatulus, crebre et minute denticulatus, hic et illic profundius incisus. Ex quatuor incisionibus interioribus «quatuor oriuntus paraphyses, sat longae, omnes intersese statura .subpares. Anus perparvulus, valde anterior, articulo penultimo pro i . Adsunt disculi ciripari peristig .3 mill. Folliculus foemineus per/atus, depressus, primilus ovalis, deinde elongatior ; exruviis centralibus, rarius in adultis vix eoccentrici8. | Velum ventrale non dorsuali minus robustum. Color grisescens vel favido-brunneus. Long. 3,500 u. ad 7,500 w. Habitat super Arundinaria sp. — Ceylon. Femmina, corpo piriforme, arrotondato tanto all’innanzi che al- l’indietro; regione addominale stretta, ovale. Segmenti addominali distinti e tanto alla faccia ventrale che alla dorsale le divisioni rinfortta da increspazioni dell’epidermide, chitinose, disposte in tre serie verti Lungo tutto il margine del corpo vi sono, inoltre, numerose strie, più .0 meno dure. La porzione ultima dell'addome è fortemente chitinizzata. dura ® G. LEONDARI 301. con tinta giallo brana. Mancano, o sono atfatto rudimentali, le palette e il margine si presenta a brevi tratti rialzato in leggiere creste chiti- nose, oppure minutamente dentellato. Lungo l’orlo del pigidio vi sono quattro insenature poco profonde, due verso il mezzo del margine, - poco discoste fra loro e una di fianco a ciascuna di queste, le quali dividono, quasi in due metà eguali, il tratto di margine che corre dal penultimo segmento fino all’asse longitudinale del corpo. Dalle leggiere incisioni sopra menzionate partono quattro rimarchevoli parafisi clavi- formi, tutte presso a poco di identiche dimensioni. Tanto sul margine del pigidio che su tutto il contorno del corpo si incontrano dei peli semplici, però sempre in numero esiguo. Ecco la disposizione di questi peli sull’ ultimo segmento addomi- nale: Ve ne hanno quattro, due piantati alla faccia ventrale e due a \\ “ Fig. 58 Pigidio, dal dorso, di femmina adulta di Targionia (Froggattiella) inusitata. quella dorsale, nel breve tratto di margine che è compreso dalle due incisioni mediane ; di questi i dorsali sono i più lunghi e robusti. Sulle cisioni, se ne hanno due per ciascuna, piantati, uno in prossimità del- l’altro. Apertura anale piccola, situata molto in avanti verso il _seg- mento preanale. Area del pigidio e margine del corpo seminati di nu- merosissimi orifici rotondi ; aperture di filiere sericipare isolate. Sopra- | stanti alle aperture stigmatiche vi sono dei gruppi di dischi ciripari. Nelle aperture anteriori, il numero dei dischi, per ogni gruppo, vama | dai 27 ai 32, nei posteriori, invece, dai 2tai 25 circa. | -302 ASPIDIOTUS Colore del corpo giallo. Dimensioni: Lunghezza del corpo 3000 i so 1600 Maschio, sconosciuto. Follicolo vada molto largo, piatto; al principio ha forma ae, in seguito si allunga assai, |’ allungamento avviene però nella porzione posteriore, la quale si mostra sempre più stretta che non l’an- teriore. Esuvie gialle, sempre più o meno coperte da secrezione, situate al centro in ciascuno stadio dell’ insetto, eccentriche però coll’accresci- mento ultimo del follicolo. Velo ventrale sviluppato quanto il dorsale e mostrante la faccia ventrale delle esuvie. Colore bianco bruno o fulvo bruno. Lunghezza del follicolo variante da 3500 a 7500 w. Larghezza massima del follicolo 3500 p. Follicolo maschile sconosciuto. Habitat sopra la pianta di bambou (Arundinaria sp.)nella Valle «di Kelani a Ceylon. Oss. La diagnosi fu compilata dietro 1’ esame di un preparato mi- «croscopico di femmina adulta comunicatami dal. Green e colla deseri- zione fornita dallo stesso autore. Subgen. Targioni (s. str.) Aspidiotus (ex p.) Auctorum. Diaspidiotus (ex p.) Cockerell. Pygidium trullis numero et fabrica vartis auctum. Il presente sottogenere comprende otto specie, le quali posson® «essere ripartite secondo la seguente tabella : SPECIES SUBGEN,. FPARGIONIA ; / Margo pygidii ultra trullas in cristas chi- tineas duriòres desinens, . Caput et tho- rax a cetero ab- Trullarum pari unico Margo Ned tan ultra trullas non ia domine male di- chitineus, sed tantum tenuiter et gen ve: stincta. ticulatus. . ; Trullarum paribus duobus. . A È ; \ ) o i © | Trullarum pari unico ; ; i i Ryo ì 5 : sii PBI ; Land (--] Ì 35) Es Trullae ad latera integrae; pili in pygidio © simplices, passim dissiti, rari. : i ; SA | Trullarum p P ì - Gi I aribus duo- È E Us. Poco ad latera incisae ; pe in pygno lon- sea , per paria dispositi i i s< ; rai wo / Metatorace magis quam ceterum Ea Trullarum ; So sio A paribus nu- \ corporis anterioris et posterioris e- e moro dusbne Trullarum | voluto ; adsunt paraphyses . . #5 | vel amplius. Troll aribus tri- da Qi ATRIA I DOS, Metatorace cum cetero corpore an- IE aribus tri. tico confuso ; deficiunt paraphyses Ca | us vel qua- ) Ou tuor. Mi Trullarum paribus quatuor. T. n p T. Vitis distincta Prosopidis Acaciae Eucalypti Eucalypti var, comata Moorei Casuarinae Artocarpi à 304 ASPIDIOTUS 77. Targionia Vitis (Signoret) Leon. ? Targionia nigra ge Essai sur les Cochenilles, 1870, pag. 106. TA viîtis » Ann. Soc. Ent. Fr., Bull., p. LII (1876). > ali sur les OGcheniilas, 1876, pag. 601. Po» Signoreli Colastooki Second Report of the Dep. of Entom., 1888, p.82 » Viti , Second Report of the Dep. of Entom., 1888, p. 8 » n Targioni. Tio, ibra dani di Agricoltura, 1884, p. 389, 390. » » » nali di Agricoltura, 1883, p. 126, 127, 190. » > Cockerell, A oncicli of the Coccidae p. 333. tic» reti >» Ibidem d5. alza Vitis Csctenii, The San Jose Scale and its nearest allies pag. 19. Foemina ovalis, subrotundata, postice acutiuscula. Trullat Spi thutiformes, apice subtri lobae;. ceterum pygidii alte denticutatum, fere trullis acutis, obsoletis, dentiformibus. minus bene distinctis aucium. | Color eco sinora: Ad 1780 L. long. Folliculus foemineus subcircularis, fuscogrisescens, subpiceus, 2180 » lon Habitat super Vitis vinifera Europa, Africa (Algeria). Femmina col corpo arrotondato, d’un colore grigio bruno molto | carico e con l'estremità addominale d’un giallo chiaro. Il pigidio porta Fig. 59 Pigidio, dal dorso, di femmina adulta di Targionia Vitis pi dhe palette mediane molto vicine, di dimensioni piuttosto piccole, le parte Pesa: ‘molto più paia che l'anteriore, la quale è $ vari ein i. lia ira die di SI ii to VR ARI ROIO TRE MER I E SEM SPE UE, Podi Ù, n 5 %. a G. LEONARDI e notevolmente lunga, così che la paletta sembra spatuliforme. Gli orli laterali di queste palette, tanto da una parte che dall’altra, procedendo verso il penultimo segmento, presentano una serie di creste chitinose, in numero di 5 a 6, che vanno diminuendo di robustezza, man mano che si allontanano dalle palette, così che l’ultima parte dell’orlo del pigidio corre liscia, presentando una uniforme e minuta dentellatura. I peli semplici del pigidio e del rimanente contorno del corpo sono brevi e di mediocre robustezza. Lunghezza del corpo 1780 p. Larghezza » >» 1320 Follicolo femminile quasi circolare, discretamente convesso, colle spoglie larvali d’un nero brillante, situate al centro o di poco eccen- triche. Colore del follicolo grigio oscuro, simile assai alla tinta delle vecchie corteccie della vite su cui vive l’insetto, Velo ventrale robusto, che rimane aderente interamente al follieolo superiore, quando l’ani- male riparato al disotto sia ancora in vita, e quello venga rimosso dal suo posto. I follicoli vecchi, che vengono asportati dagli agenti atmo- sferici, dall’organo a cui aderiscono, lasciano, al logo ove erano situati, una macchia biancastra, che facilita, in modo notevole, la scoperta del parassita. Diametro del follicolo 2180 p. Follicoto maschile ovale allungato, nel resto simile in tutto al fol- licolo femminile. Spoglie larvali verso un estremo, da un lato e di co- lor giallo arancio. Langhezza del follicolo 1100 #. Habitat. Sulla vite, in Europa, nelle provincie meridionali della Francia e in Italia nel Napoletano, nell'Agro romano ed in provincia di Avellino. In Africa fu raccolta in Algeria. 78. Targionia distineta Leon. ex Sign. Aspidiotus niger Signoret, Essai sur les Cochenilles, 1859, pag. 150. 0, » Comstock, Second Report of the Dep. of. Ent., 1888, pag. 79. Cockerell, A Check-List of the Coccidae pag. 333. i » > (Diaspidiotue) niger n The San Tose Scale and its nearest a s, pag. 19. e ‘Foemina ovalis, postice acutiuscula. Trullae subrectangulae, po- slice via prominulae, incisulae. Margo caelter pygidii integerrimus, 20 306 ASPIDIOTUS utrinque pilis simplicibus quinque, curtiusculis ornatus. Color sa- lurate favo-fuscescens. Ad. 900 w. long. Folliculus foemineus subcircularis, griseo-fuscescens ; ad1 mill. long. Habitat super Quercus robur — Europa. Femmina col corpo quasi circolare, conico posteriormente, coi mar- gini forniti di scarsi peli lunghetti, i segmenti addominali ne portano uno per ciascun lobo. Epidermide minutamente striata. Soli tubi di fi- liere minime, lunghissimi, scarsi sul corpo, numerosi e disposti a fa- scetti sul segmento ultimo. Pigidio armato di due palette Medien di Fi O Pigidio, dal dorso, di femmina adulta di argionia distincta. forma rettangolare, inclinate verso l’asse mediano del corpo, non conti- gue e con discrete incisioni ai margini. ; Di fianco alle palette sono piantati, vicino a queste, lungo l’orlo, dei peli, tanto al lato ventrale che dorsale e questi peli sono robusti @ piuttusto lunghi; due altri più brevi occupano lo spazio compreso fra le palette stesse. Contorno del corpo minutamente crenulato, così pure l'orlo ae riore del segmento anale, ma quì in maniera un pò più grossolana. $ segmenti dell’addome non sono molto bene visibili. Colore del corpo giallo citrino. Lunghezza dello stesso eguale a SE Maschio adulto sconosciuto. 0 Follicoto femminile circolare, Hiuveito: piccolo, bianco £ ib ù grigio uscuro, nascosto fra le screpolature della epidermide d Do) pianta su cui vive l’insetto. Esuvie appena eccentriche, ig artoot molto oscure; la larvale, che sta in cima al cono, forma un te le gobba tondeggiante. Velo ventrale bianco, che rimane aderente pianta quando si toglie il follicolo. G. LEONARDI impre diametro lungo circa 1000 Habitat . La specie descritta dal dina sotto il nome di Aspt- diotus niger, fu raccolta cha i salici piantati lungo la Senna, nelle vicinanze di Parigi. Noi abbiamo raccolta numerosa sopra mi di Quercus robur a a, nel parco annesso a questa R. Scuola. Abbiamo creduto opportuno di cambiare il nome di 7arg. nigra in quello di Targ. distincta, onde evitare confusioni, che facilmente potrebbero ingenerarsi, essendovi anche una 7arg: nigra Sign. 79 Targionia Prosopidis (Cook) Leon. Aspidiotus Prosopidis Cockerell, Some mis Insects (Supplement to Psyche) 1895, pag. » Xerophilaspis» >» The San Lane Scale E its nearest allies pag. 22. Foemina subdcircularis, antice în gibberem rotundatum promi- nula. Pygidium trullis quatuor ininusculis, vir chitineis, rotundatis, întersese subacqualibus, ceterum brevissime el parce pilosulum. Color pallide flavescens. Ad 490 ». long. i Folliculus PRATERIE subcircularis, colore piceo conspicuus. Ad pg. long. Habitat super Prosopis sp. America. Femmina piccolissima, circolare, avente, all’estremità cefalica, una larga protuberanza rotondata. Le divisioni del corpo sono poco appa- riscenti. Il colore è bianco o giallo bruno. Le parti boccali sono molto svi- luppate - Pigidio con due paia di palette molto piccole, trasparenti roton- date, e tanto Innghe che larghe. Al di là delle palette il contorno del Fig. 61 Pigidio, Jal dorso, di femmina adulta di Targionia Prosopidis. | segmento corre liscio, senza accenno ad alcuna cresta critinosa. Peli ne al lato ventrale, uno di fianco a ciascuna paletta; al dorso 308 ASPIDIOTUS invece ve ne sono tre su ciascuna metà dell’orlo posteriore, pis do grande distanza l’uno dall’altro, più altri due fra lo spazio compreso dalle palette mediane, tutti brevi e poco robusti. L'apertura sessuale è molto ampia. Epidermide reticolata nella regione cefalica, minutamente striata sul resto del corpo. Lunghezza del corpo 490 w. Larghezza » > 440 p. Follicolo femminile circolare, leggermente convesso e lucido, colle spoglie larvali al centro ; queste sono carenate e assai larghe in con- fronto delle dimensioni delle scudo. Colore del follicolo nero di pece; colore delle spoglie larvali nere o grigio brune. Togliendo il follicolo resta sull’organo della pianta una macchia circolare bianca, non contor=, nata da anello nero Diametro del follicolo lungo 500 Follicolo maschile ovale, bianco, eolie spoglie giallognole sita un poco verso un’estremità. Le esuvie di questo follicolo non sono ea- renate. îtat. Comune sul Prosopîs a Phoenix in Salt River Valley. le tipici mi comunicarono il Cockerell e il Newstead). SO Targionia Acaciae (Dtorgan) Leon. Aspidiotus Acaciae Morgan, Ent. Mo. Mag.. Aug. 1889, pag, 353. » » Maskell, Trans. N. Z. Inst. 1892, pag. 205. var. propinguus Maskell, Trans. N. Z. Inst. mc pag. 205. acac'ae Maskell, Trans. N. Z. Inst., 1894, pag. 1. var. propinquus Maskell, Trans. N. Z Inst., 1894, pag. 1 Cockerell., A check-list of the Coccidae. pag. 535. r. pro piniritus Ibidem pag. 335. (Subg.?) Fool, Cockerell. The agg Jose Scale and its nearest allies pag. 2 < > x V x » » » » » » m. Mavido-brunnea, lata ; cephalothorace ab abdomine per ipa profundiorem (Draecipue ad latera) distincium. Abdomme quam corpus anterius latiore. Pygidium trullis tantum duabus mediîs, intersese apice contiguis, obliquis. Pygidium utrinque WS sti incisura, tenuiter serrulatum. Pili semplices DARA gent n ; ad 900 Folliculus foemineus circularis, converns, esuriis. central se corticis plantae concolor. Euxvine lava aurantiaceae. Diam 1 Ù v Vi nie ci ia SIRIO i G. LEONARDI Habitat super Acacia pycnantha, Tasmania, nec non super Hakea saligna — Austratia. Femmina col corpo piuttosto largo, strozzato da profonda incisura presso la regione cefalica, così da seg gnare, in modo assai distinto questa porzione dell’insetto dal restante del corpo. L’addome si mostra più largo che la parte anteriore del corpo; in esso i segmenti sono molto bene distinti. Pigidio largamente rotondato, provveduto di due palette mediane bene sviluppate, di forma trapezoidale, larghe posteriormente, ristrette all’innanzi, avvicinate fra di loro e inclinate così che si toc- cano col loro vertice posteriore. Di fianco a ciascuna paletta vi è una > fi Fig. 62 Pigidio, dal dorso, di femmina adulta di Targionia Acaciae protonda incisione e successivamente, a discreta distanza l’una dall’altra, altre due, pure notevolmente profonde. Tutto il rimanente orlo del pi- gidio è finamente cronulato. Peli semplici pochi, brevi e delicati ; questi ve ne ha uno piantato esternamente a ciascuna delle quattro incisioni più interne. Sopra ciascuna apertura stigmatica, disposto ad arco di cerchio ‘sta un gruppo, discretamente numeroso, di dischi ciripari. Il numero dei dischi, pei ca anteriori, sale a circa quindici, pei posteriori invece è di circa diec . Colore del corpo giallo bruno. Lunghezza sua eguale a circa 900 &. Follicoto femminile circolare, convesso, colle esuvie situate al cSgs lette il margine del pigidio è ornato da una serie di peli G. LEONARDI 311 piuttosto brevi e discosti gli uni dagli altri. La superticie del segmento, lungo l’orlo marginale presenta più serie di orifici sericipari. Follicolo femminile circolare, leggermente convesso, bianco sporco ; esuvie centrali molto piccole. Follicolo maschile stretto, allungato, con le esuvie ad un’estremità. Habitat. Fu raccolta sopra una specie di Zuca/yptus e sopra una specie di Casuarina a New South Wales (Australia). Oss. Non vidi questa specie da vicino, come pure non potei, per mancanza del periodico in cui venne illustrata, consultare la diagnosi datane per esteso ; perciò dovetti addattarmi, per comporne la diagnosi, a raccogliere quei caretteri specifici che risultavano da confronti fatti da più autori onde distinguere altre specie a questa somiglianti. $82 Targionia Eucalypti var. comata (MIaslz.) Leon. Aspidiotus Eucalypti var. comatus Maskel, Trans. N. Z. Inst: 1895 (PI. fig. 11) pag. 885. » D » » Cockerell, A check List of the Coccidae, pag. 335. i Foem. corpore ut in typico. Pygidium trullis inediis bene ero- * lutis, inlegris; lateralibus trigonis, apice acutis, minoribus. Margo pugitii ultra trullas pitis utrinque decem, longis, per paria dispositis auctus Folliculus foemineus circularis, griseo albicans, leniter converus. Habitat super Eucalyptus viminalis—Awstrazia. Femmina nella forma generale, colore o grandezza non chè per la caratteristica e protonda strozzatura cefalica, simile alla specie tipica. Il pigidio è provveduto di due palette bene sviluppate, ma queste non sono incise lateralmente ; di fianco a queste palette, da ciascun lato, havvi ancora una piccola paletta triangolare acuta. Su ciascuna metà del pi- Bidio stanno piantati dieci peli delicati, alquanto lunghi, i quali sono disposti due a due, a differenza di quelli della forma tipica che sono isblati. Follicolo femminile circolare, grigio bianco, leggermente convesso, Come nel tipico. X Follicolo maschile stretto subellittico, bianco. Habitat sopra l'Eucalyptus viminalis a Melbourne (Australia). 312 ASPIDIOTUS a mancanza di incisioni alle palette e la lunghezza dei peli appaiati linnò distinguere questa varietà dalla forma tipica. ig. 63 F Pigidio, dal dorso, di femmina adulta di Targionia Eucalypti var. comata Abbiamo riportata la descrizione e il disegnu dati dall’ Autore, inte- gralmente, spiacenti di non aver potuto vedere l’insetto da vicino. 83 Targionia Moorei pepe n) Leon. Aspidiotus Moorei EA n° Indian Coccids (Repr. from the Entom. nt. Mag., Second Series, Vol.VII,) pag 199. È » Cockerell, The San Jose Scale and its nearest allies, c i, Foem. brunneo- ‘rufescens, dure chitinea, ad dorsum laevis. Corpus in partes tres distincliores (sive caput cum protorace, meso et metathorax, abdomen) per sulcos transversos et per incisur mia divisum. Adsunt disculi ciripari peristigmatici. Pygidium quatuor rotundatis et prominulis, nec non duabus (ut utringque una) parvulis, denlifermibus. Margo pygidii duriusculus et PODASSE Paraphyses duae inseruntur inter trullas medias et secundi li simplices. in quoque latere pygidii, tres. Anus partus, margin postico pygidii propinquus. Long. 1500 ad 2000 w. Folliculus foemineus parvus, rugosus, corticis plantae concolor, $ et opacus. Follicuti Minus margo quam n spissior. Exuviae brunneo rufescentes, parvulae, fan remo” vendae. Diam. 2800 Habitat super sio Gislaeae lormentosae. - India. G. LEONARDI 313 Femmina col corpo piatto, intieramente chitinoso, colla superficie dorsale liscia, diviso in tre porzioni disuguali, distinte per la presenza di due incisioni laterali profonde e di due fosse trasverse. Una incisione, con l’aiuto d'una delle fosse trasverse, limita la porzione cefalotoracica, l’altra con la fossa seconda, la porzione del corpo costituita dal metatorace. Queste tre regioni del corpo sono quindi così costituite; la prima, dalla testa e protorace, essa è anteriormente rotondata e più ristretta posteriormente che la porzione seconda, formata dal meso e dal meta- torace. La terza porzione è data dai segmenti addominali saldati assie- me in un sul pezzo formante il pigidio ; i segmenti soppressi però sono indicati da fascie ricurve trasversali superficiali, le quali non raggiun- gono il margine del corpo. Da ciascun lato del rostro, alquanto più in alto di esso, vi sono due aree larghe, a contorno circolare, ben definite, di colore più pallido che le parti circostanti. Disposti a semicerchio vi hanno due gruppi di dischi ciripari, composti di un numero mediocre di dischi, attorno a cia- scuna delle due aperture stigmatiche anteriori. Mancano le aperture di ghiandole sericipare, amenochè queste non sieno invisibili per la forte chitinizzazione del pigidio. Il margine del segmento anale, in via generale, porta quattro grandi palette, prominenti, arrotondate ; più una piccola paletta denti- forme da ciascuna parte del segmento ; è da osservarsi però che negli esemplari più vecchi le palette sono più o meno ridotte o meno appa- riseenti in causa dell’ingrossamento chitinoso del margine. Fra lo spazio che corre fra una paletta mediana e una del secondo paio viene a shoc- «are una parafisi molto bene sviluppata. Peli semplici tre, lunghi, su «ciascuna metà del pigidìo. L’orificio anale è molto piccolo e situato vi- «ino al margine posteriore del segmento. Colore bruno rossastro. Lunghezza del corpo da 1500 #. a 2000 #. Larghezza massima del corpo 1500 p. Folticolo femminile molto piccolo, rugoso e colorato similmente al ramo a cui è aderente, circolare, piatto al disopra, leggermente con- «cavo al disotto, molto solido ed opaco. Il margine del follicolo è più grosso che l’area mediana dello Stesso. i Esuvie bruno rossastre, piccole, qualche volta nascoste da un pic- piccolo strato di secrezione; spesso succede di non trovare che una sola spoglia e talvolta riscontrare la mancanza di tutte e due. L’insetto e posto in una depressione poco profonda, scavata nella Z1t ASPIDIOTUS corteccia e coperta da una secrezione biancastra o grigiastra, depositata in anelli concentrici distinti. Diametro del follicolo 2500 w. Follicolo maschile sconosciuto. sep i. sopra i rami di Grisiea tomentosa a Madras (India). . La diagnosi è tolta dalla descrizione pubblicata dall’ Autore; io og non vidi la specie in discorso. 84 Targionia Casuanrinae (MIzslz.) Leon. Aspidiotus Casuarinae uni Trans. N. Z. Inst. 1893 (pl. III, fig. 1-3) p.66. > » Trans. N. Z., 1894, pag. » Coke, A Lai list of the Coccidae pag. 395. » (Subg?) » » The San Iose Scale and its nearest allies, pag. 26. Foem. /Mavida, congeneribus elongatior, via ad rostrum ubrine que coarctuta. Pygidium trullarum paribus Iribus, ad margines s rotune lis. Pili siemplices inter trullas sunt insiti. In segmentis abdomi: | pull suntforamina glandularum sericipar., sed in pygidio în seri i | ebus pluribus longiludinalibus ad trullas medias conrergentibus sun! disposita. Ad rostrum, utrinque sunt disculi ciripari peristigmatici. Folliculus Fiemiugia circularis, converiusculus, fuscescens, vel brunneo - flavidus, exuviis flavidis. Diam. 1080 ». Habitat super Casuarina equisetifolia — Australia. Fig. 64 Pigidio, dal dorso, di femmina adulta di Targionia Casuarinae. Femmina di forma alquanto più allungata di quella normale nel Da nere. Precisamente sotto il rostro vi è una leggiera strozzatura Fotone sa. Il pigidio e provveduto di sei palette strette col margine libero 10 G. LEONARDI 315 dato, tra i vacui che corrono fra una paletta e l’altra stanno piantati molti brevi peli. L'ultimo segmento ha forma un poco conica e il mar- gine suo, lateralmente alle palette, si mostra leggermente seghettato. Su tutti i segmenti addominali vi sono numerosi e larghi orifici isolati di ghiandole sericipare, i quali, nel segmento anale, sono disposti in se- rie longitudinali, convergenti tutti verso le palette terminali. All’altezza del rostro vi sono due tag: gruppi di dischi ciripari, composti, cia- scuno, di circa sei disc Questi gruppi sono “sita uno a destra e l’altro a sinistra del rostro. Colore del corpo giallo. Ninfa maschile, questa può essere facilmente scambiata per l’adulto femmina di alcuni altri Diaspiti. Essa è giallo rossa o bruna, appena allungata, subcilindrica, con l’estremità posteriore conica, armata di sei piccole palette quasi contigue : inoltre vi sono, su quest’ultimo segmento, come nell’ adulto femmina, parecchie serie d° orifici sericipari conver- genti verso l’asse longitudinale dell’insetto, tre serie su ciascuna metà del segmento. La presenza, però, di una sola esuvia sul follicolo, dal quale venne tolta questa forma, dimostra, chiaramente, il sesso della stessa ; per di più, un’accurato esame, lascia vedere gli occhi e le ali in princi- pio di formazione. Lunghezza dell’insetto 420 #. circa. Maschio, sconosciuto. Follicolo Sor circolare, piuttosto convesso, oscuro, bruno giallognolo ; esuvie gia Diametro lungo ioni p. circ Follicolo maschile bruno, con Ra posteriore bianchiccia, di forma allungata, subcilindrica, leggermente convesso. L’ estremità posteriore è aperta, per modo, che il follicolo si mostra formato come da una piastra inferiore saldata allo scudo superiore per quasi tutta la sua lunghezza ; in questa porzione del follicolo chiusa sta riparato l’ insetto. Lunghezza del follicolo circa 1080 p. i Habitat sopra la Casuarina equisetifolia in Australia. Oss. Tanto il disegno che la diagnosi sono riportati integralmente dal lavoro del Maskell. 85 Targionia Artocarpi (Green) Leon. SEA Artocarpi ran New Indian Coccids (Repr. from the Entom. Mon ; Second Series; Vol VII, 1896) pag. 200. sf (Mycetaspis ?) p O Cockerell The San Iosè scale, and its allied, pag. 27. 316 ASPIDIOTUS Folliculus foemineus parvulus, upacus, nigrescens, perconterus, asperatus. Exwoiae centrales, larvalis elevatula, globosula; atiaeque «brumnescentes, ad marginem rufescentes. Interior pagina scuti dorsualis nigro - micans. Velum ventrale alhicans, foliae adhaerens. Diam. 500 p. ad 750 wp. Habitat super folias Artoca) pi integrifoliae. — India. Femmina avente il corpo con una profonda strozzatura laterale © trasversale dietro il cefalotorace. Sulla fronte si nota, inoltre, una no- tevole impressione. I segmenti mediani sono i più larghi. I segmenti addominali sono chiaramente distinti. Pigidio provveduto di otto palette «dentiformi, prominenti; di cui le quattro mediane sono più vicine tra loro che non le più esterne; le palette del secondo paio sono piccolissime. Peli semplici, tre su ciascuna metà del pigidio, brevi, così disposti : Uno tra una paletta del secondo paio e una del terzo, un’altro fra quest’ultima è quello del quarto paio e il terzo al di Jà di questa. Tubi sericipari maacanti od invisibili. La superficie del pigidio è attra- versata, alla sua metà, da una linea fortemente ingrossata ed in due punti quasi a ‘nodo, colle due estremità ricurvate all’indietro e quasi pa- rallele ai margini laterali del pigidio. Colore giallo. Lunghezza del corpo circa 600 w. ; ° Follicolo femminile piccolo, opaco, nerastro, molto convesso, ruvido in causa di minute particelle pulverulenti. É visibile una sola” esuvia, situata al centro, leggermente rialzata, bruno oscura, col margine r0s- siccio pallido, talvolta con un velo mediano di cera biancastra. Super- ficie interna del follicolo nera lucente, con un deposito biancastro, note- vole, all’apice. “ga Velo ventrale aderente alla foglia, formante una macchina bianca subrotonda, circondata da un anello nero. Sale ad | Diametro del follicolo da 500 x. a 750 w. . Follicolo maschile sconosciuto. ; Habitat. sulle foglie dell’Aytoca-pus integrifotia a Bombay (India). La diagnosi è tolta interamente dalla descrizione fornita dal Green. dcr ene sr n i di Si hi na a) i ) ARRE.» UTC RR AIRONE Son $i Soa : ic ai i 1 9) ta Re he si Mata (î. LEONARDI GEN. GREENIELLA COCKLL. Aonidia (ex part.) Green. Catalogue ot Coccidae, Ind. Mus. Notes, Vol. IV, N. 1, (1896). » Cockerell, A cli dia of the Coccidae, . BB, Greeniella » First supplement to the check- list ot the Coccidae, 1899, pag. 396 onidiformes, sive exuvia nymphali omnino foeminam prote Dente. gr folliculo sericeo foemine Pygidiuim foeminae minus ergo ecolubum quam nymphae suae. Scutum larvae dorsual?, processubus cereîs cormiculiformibus erectis vel radiatim divengentibus alte auctum. genere è stato istituito dal Cockerell, con molta ragione, per l’unica specie descritta dal Green nel genere Aonidia. Con questo ul- timo gruppo le Greenzea non hanno di comune che la dimensione dello scudo ninfale cha copre interamente la femmina senza che vi sia quindi bisogno di follicolo tilato dalla femmina stessa. Vi ha, dunque, anche una corrispondente riduzione nel pigidio da ninfa ad adulto (femm.). Però, in confronto delle altre specie del genere Aonidia, il gruppo Greeniella mostra delle singolari appendici corniculiformi, di cera, che si innalzano dallo scudo larvale e che sono esclusive di questo genere, fra tutti i Diospiti. 86. Greeniella cormigera (Green) Cook. Aonidia corniger Green, isegrn go of Coccidae, Ind. Mus, Notes, 1. IV, N. 1 (1896). È cu » A Coccidae of Ceylon; Part. I, London 1896, Dalau et Cp., pag. 51, Plates XVI e VILLA A » Cockerell, A check-list of the Coccidae pag. 338. Foem. antice purpureo-violacea, ceterum albidoflava ; pygidium cCorniculis quibusdam durius chitineis ornatum. Ad 500 p. long., 1000. n lat.; ; ergo latior. Nympha (foem.) pygidii trullarum paribus tribus; mediîs mino- ribus. Pectina inter trullas medias duo; denique tres in quoque Spatio inter secundas et tertias tru si Folliculus foemineus semicircularis, latior quam longus, depres- 318 ASPIDIOTUS siusculus, exuvia lar vali corniculos cereos ger enti; rufotestaceus. Ad 1250 p. long. ; 1750 lat Habitat super Psychotr ia thwaltesii et Lilzea zeylanica - Ceylon Ninfa. Pigidio, provveduto di tre paia di palette bene sviluppate, di cui le mediane, noncontigue, e che sono le meno sviluppate, mo- strano ambo i lati laterali incisi profondamente una sol volta, nonchè l'orlo posteriore rotondato. Le palette del secondo paio più sviluppate NL I pr AT n" Fig. 65 Pigidio, dal ventre, di ninfa di Greeniella cornigera «di quelle del primo paio, ma meno di quelle del terzo, portano una sola incisione al lato interno, mentre varie ne portano gli altri lati. Le pa: lette del terzo paio, in confronto delle altre, hanno una base assai più larga e sono disposte in modo da convergere rapidamente verso” l’asse longitudinale del corpo dell’insetto. Così fatte palette mostrano o l'orlo libero tutto minutamente dentato. Lateralmente ad esse, progre endo viso in tre o quattro tratti, per la presenza di profonde incisioni. Il Jato libero di questi tratti è irregolarmente dentato. Gli spazi, che corrono tra le diverse palette, sono occupati da pettini, più o meno bene den- teliati, e di questi ve ne hanno precisamente due tra le palette median®, tre tra usa di queste e la paletta del secondo paio e tre ancora questa e quella del terzo. me di G. LEONARDI 319 x Femmina. Questa è molto più piccola che la esuvia nminfale. Il corpo è alquanto turgido e molto più largo che lungo, così da rag- giungere in larghezza il doppio della lunghezza. Segmenti addominali assai contratti, talchè l’estremità posteriore sporge appena al di là dei segmenti toracici. Lobi addominali provvisti di numerosi e bene svilup- pati peli-filiere. Tutto il contorno del corpo è minutamente crenulato. Pigidio corto e sprovveduto affatto di palette, in mancanza di queste presenta, però, un numero variabile di processi, di differente sviluppo, disposti essi pure in modo irregolare. Qualcuno di essi, e ciò tra i maggior- mente sviluppati, mostra l’orlo esterno, talvolta, alquanto chitinizzato, ciò che può far credere tali processi quali avanzi di enormi palette. Fig. 66 Pigidio, dal ventre, di femmina di Greeniella cornigera Apertura sessuale ampia e disposta nel mezzo del segmento anale. Colore del corpo violaceo-purpureo, eccettuati i segmenti addominali che sono di color bianco-crema. Lunghezza del corpo 500 w. circa. Larghezza » =>» 1000p. > Follicoio femminile semicircolare, avente il diametro trasverso | più grande del longitudinale, leggermente convesso o piatto. Esuvia 320 ASPIDIOTUS larvale centrale o appena eccentrica, ornata, al lato dorsale, da parecchi processi a forma di corna, più o meno sviluppati, ed i quali, agri sono mancanti, perchè facilmente caduchi, stante lo loro estrema fragilità. Detta spoglia si presenta divisa in tre serie longitudinali di squame, bene distinte, di cuì due sono laterali e una mediana. L’esuvia ninfale è molto grande e larga, e mostra l’orlo anteriore arcuato leggermente all’indietro, il Hone invece, foggiato a punta. Velo ventrale intero e discretamente robust Inoltre si scorge verso la linea a da una parte e dall’altra della esuvia larvale, un gruppetto di 4 a 6 forellini, i quali non sono altro che gli slicechi di ghiandole ciripare. Colore del follicolo bruno rossiccio chiaro. Lunghezza del follicolo 1250 w. circa. Larghezza » » 1750 &. circa. Habitat. Si trova sulla pagina superiore delle foglie di Psychotra Inwvaitesit e Litzea zeylanica a Punduloya (Ceylon). Ebbi esemplari tipici direttamente dal Green. .GENUS AONIDIA TARG. Aonidia (ex p. >) Targioni-Tozzetti, Introduzione alla seconda memoria per gli studii sulle Cocciniglie, e Catalogo (Atti Soc. Ital. di Sc. Nat., vol. IX, Fase. I 1868 Bi ». » Annali di Agricoltura 1877-78, pag. 152; idem 1879-82, pag. 383. » I o SET Signoret. Essai 1868, pag. 102. » pi» Comstock, Second Report, 1883, pag. 128. » } T. Tangioni-Tozetti, Annali di Agficoltara, 1884. uf >» » Note sopra alcune cocciniglie eni Estr. Bull. Soc. Ent. Ital, Ann pag 1885. » a » » Annali di A gratia 1888, pag. 422. gi #-* » >» Cocciniglie degli agrumi in Italia © spe cialmente in Sicilia. 1891, pag. 14 » bp » Green, The Coccidae of ceylon, Part. I; London 1896, Daulau e Cp., pag. 50. Di ; : e erolu- Pygidium foeminae semper minus quam nymphae suae el mM. Disculi ciripari et parahyses nulli. ; e Folliculus foemineus r0/undatus, parvulus, ewurtis lar vglibus COP G. LEONARDI 321 centricis ; nymphatli scutum totum conficienti; velum ventrale per lenax, arcte dorsuali adnexum. Mas. uf in Aspidiotis. Il genere Aonidia è il solo che si regge sulla. particolar fabrica degli scudi e perciò si regge meno bene, mentre risulta costituito di forme con aftinità varie, giacchè alcune certamente inelinano alla Par/a- toria, altre agli Aspidzotus, altre, se non tradiscono i disegni che abbia- mo sott'occhio, ancora alle D:4sp?s, di guisa che il genere Aonzdia sem- bra riuscire artificialmente composto di forme variate, abberanti da grup- pi diversi e assieme tenute, con poca efficacia, da un comune carattere dipendente dagli scudi. Il carattere comune è l’assenza, nel follicolo, dì parte tilata dalla femmina sessuata ; ciò che importa, di rimando, una notevole riduzione nelle appendici del pigidio, siano esse pettini o palette o la loro assoluta assenza e ciò in confronto della ninfa femminile. Già il Berlese (1) ave- va esposto chiaramente i veri caratteri del genere e le ragioni per cui nè l’Aspidzotus Aurantii nè la forma vivente sulle palme del Sahara, dal Targioni introdotta nel genere Aonidia, sotto il nome di A. Blan- Cha:rdi possono realmente stare in questo genere, mentre la prima è di- venuta tipo del genere Aonzd/e/la e per la seconda, oltre a quanto il Ber- lese ha detto, qualche altra cosa mi è duopo aggiungere. Le parole del Berlese, a proposito di questa specie, sono le seguenti : <« Per l’Monidia Blanchardi, le cose corrono diversamente, quanto al Pigidio, ed infatti questo mantiene i suoi pettini e le sue palette, bene sviluppati anche nella femmina adulta, cosicchè, qualora si potesse di- stinguere bene la Aonidia Blanchardi dalle Partatoria (grappo P. Zizyphi) pel fatto della inclusione della femmina adulta entro follicolo Ninfale, sì dovrebbe, d’altro canto, per la presenza di dischi ciripari cir- cunvalvari, pel carattere del maschio attero etc. considerarla come tipo di un genere nuovo, pel quale proponiamo quì il nome di Apteronidia.» Ora il Berlese giudicava esattamente, dietro l’esame dei disegni | dati dal Targioni ed avendo questi avuto la cortesia di inviarmi gli esemplari tipici della sua specie ho potuto convincermi, dietro l'esame degli stessi, che in realtà Ja Aonzdia Blanchardi rientra egregiamente nel genere Par?a/oria, stando assai accosto alla P. s73yp%, in quel 8'uppo speciale che già limitò il Berlese. (2). A) Berlese, Le Cocciniglie Italiane viventi sugli agrumi, I ripa _ III, (Estratto dalla Rivista di Patologia vegetale, Anno IV, N. 1-12; ao V, N. 1-4) 1896, pag. ma l’esame, degli esemplari tipici, permessomi dalla cortesia del Targioni stesso, dimostra, invece, che maschi anche di questa specie, come di tutti. gli altri Diaspiti finora noti, possiedono ali, se non grandissime, certo — bene visibili, tanto che giungono a circa due terzi dell’ addome, come le ninfe mucronate presentano assai ben visibili guaine di ali e perciò l’Aonidia Blanchardi rientra egregiamente nel genere Parlatoria, nel gruppo della P. Zzzyphé e sarà bene chiamarla ParZatoria Blanchardi. Alcune altre forme, novellamente scoperte dal Green, sono, da que- sto Autore, incluse nel genere 40n74ia e sembrano starvi bene, a giudizio del sopracitato carattere relativo alla riduzione dell’armatura del pigidio nella femmina adulta, in confronto della sua ninfa e dalla conseguente mancanza di parte filata dalla femmina nel follicolo, ma sono Aonidie che appartenzono, piuttosto, ad altri gruppi all’infuori degli Aspidiohes. Così lAonidia bullata incorre nelle Par/atoriae, ed è ora inclusa nel È genere Gynnaspis, pur rimanendo accanto agli Aspidioti ; l’Aom@ha | cornigera è, attualmente, tipo del genere Gy'eenzella e quanto alle Aont- dia Loranihi ed obscura queste sono insufficientemente illustrate per- 3 chè dalle figure e dalla diagnosi si possa trarre sicuro giudizio circa la loro posizione sistematica. id Il passaggio, inoltre, fra le Aonidia vere (s. str.) e la Greeniela cornigera è segnato dall’ Aonidia Hackeae, la quale, per non avendo Ù estesa porzione di scudo filato dalla femmina adulta, ed essendo perciò “na vera Aonzdia ; per la presenza di filiere 0 sbocchi di ghiandole se- ricipare sul dorso dello scudo larvale, mostra un carattere che ricorda di: consimile particolarità anatomica sullo scudo ninfale della Greenzella, per cui, quest’ultima, produce delle corna cerose, erette, mentre la co nidia Hacheoe determina la produzione d’un esteso velo esile ricoprente, in comune, tutti gli individui sui rami, dal quale velo spiccano gli scudi gialli solo mercè lo sfregamento. 3. Intanto si vede che le ninfe delle Aonzdia (s. str.) corrisponde. per l'armatura del pigidio e per Ia lunghezza dei tubali chia generi che prima formavano il vecchio genere Aonsdia, secondo queste recenti proposte, sarebbe la seguente. Scudo con larga parte sericea fila- Manca del tutto la parte sericea ta dalla femmina nello scudo femminile. Hemiberlesia Aonidia (s. str). A. Lauri, té; A. plancho- Aspidioti noides ; A. Messeae. \ | Targionia - Greeniella Aonidia (©; vr ct ana (A. Hacheae) Parlatoriae | Websteriella (Parlatoria | Gymnaspis Zizyphi; P., Blanchardi). Subgenera-Generis Aonidia Scutum larvale dorsuale, foraminibus ot ?) Aaliquot in agmina dispositis perforatum. —. . Cryptoaonidia Scutum larvale etiam in dorso imperforatum. . Aonidia (s. str.) Subgen. Cry ptononiadia n. Subgen. Aspidiotus (ex p.) Maskell. ni Larrae ex scuto dorsuati cornua alta cerea conficientes. Di Tl sotto genere comprende l’ unica specie seguente : 87 Aonidia (Cryptoaonidia) Hnokene (Masl.) Leon. Aspidiotus Hackeae Maskell. -- Trans. N. Z. Inst. 1895, Vol. XVIII, fig. 1-6, pag. 3383. * Pa | (1) Il sottogenere Cryptoaonidia corrisponde alle Targionia per la fabrica del pigidio, ed alle Greeniella per le produzioni dorsali di rivesti- mento sopra gli scudi larvali. ASPIDIOTUS Nympha pygidio duabus tantum t;ullis medtis, esterne incisis, inter sese adprorimatis. * Ro — Foemina avurantiaea, suborbicularis, postice profundius ci lata. Av 700 ». long. ; 670 x. lat. i Folliculus foemineus cicularis, vin converus, G1ISOSCEns, 770 p. long. i Habitat super Hackea sp.-Australia. Larva. Forma del corpo ovale rotondata, segmenti addominali di- stinti ; pigidio armato di due paia di palette, le interne bretiEA portanti a lato dorsale due robuste setole, quelle del secondo paio, invece, > molto bene sviluppate, all’orlo esterno incise due volte profondamente. — i Fig. 67 Pigidio, del ventre, di larva di Aonidia Hackeae. Lateralmente alle palette di questo secondo paio, al lato dorsale, stanno piantati, lungo il margine, altri pochi peli robusti © lunghetti, però, più brevi dei mediani. Orlo marginale del segmento legg ondulato. Colore arancio scuro 0 rosso. imensioni lunghezza del corpo 350 &. uarghezza » wi 200 Ninfa - Il pigidio ninfa | sole palette rettangolari, piu «scuna um’'incision Da hanno altre su ciascuna metà dei pigidio, disposte in RE dividere lo stesso in più tratti, pressocchè eguali fra di loro. Sul St nota poi, ancora, qualche delicato pelo e ciò tanto dal lato dors su quello Vanna quelli, però, piantati al dorso sono un poco più ven G. LEONARDI 325 Femmina ; forma del corpo suborbicolare rotondata, tanto all’in- manzi che di dietro. Epidermide finamente striata, quasi glabra non por- nen Fig. 68 Pigidio, del dorso, di ninfa di Aonidia Hacekeae. tando che rari e brevi peli sul contorno del corpo; di questi peli, sei paia stanno sul contorno del pigidio, metà piantati al dorso e metà al ventre. L’orlo posteriore dell’ultimo segmento si presenta largamente rotondato ed ondulato e segnato, ancora, da leggere incisioni, più o meno ‘eguali fra loro in lunghezza. Contorno del corpo e del pigidio minuta- mente seghettato. Color giallo arancio. Lunghezza del corpo 700 p. Larghezza >» >» 670 p.. Fig. 69 j i Pigidio, dal ventre, di femmina Li ; di Aonidia Hackeae Follicolo femminile circolare, appena convesso. Colore bruno gri- i 3 | giastro, Esuvie centrali, di color rosso arancio molto oscuro, coperte, în origine, da secrezione grigia, facilmente caduca. Grandezza dei fol- licoli fortemente variabile. Diametro d’un follicolo di media dimensione eguale a 770 #. Follicolo maschile. Circolare anch'esso, ma più piccolo di quello della Di e più bianco. ‘ametro Habitat. i a nelle vicinanze di Sydney in Australia, bal una specie di Z/ackea. TRO RR I N RR E ig o a e TARE A Eri s AIR Ta ag 326 ASPIDIOTUS = Oss. La diagnosi della presente specie, è stata fatta su campioni | tipici dovuti alla cortesia del Maskell. i allo studio, accuratamente condotto, abbiamo rilevato come ’Au- tore abbia trascurata un pò la fattura dei disegni, giacchè il pigidio E delle spoglie larvali e ninfali, non presenta, in proporzione, palette tanto: grandi come risulta dalle figure date, nè con angoli così acuti, ma al- $ quanto più piccole e con angoli più smussati. " Così, per la larva, il disegno si discosta alquanto dal vero, giae- chè mostra l’ultimo segmento diviso in due grandi lobi terminati da palette fra le quali stanno piantate due setole, anche esse, più lunghe del giusto. noltre, non siamo riusciti a vedere .gli oritici circolari che, se- condo il Maskell, si troverebbero disposti in serie lineari lungo l’orlo | posteriore del segmento anale. - i Subgen. Sonidiz (s. str.) Aspidiotus, Aonidia auctor. (ex p.) n Larvae ceram dorsualem non conficientes. - TA specie del gruppo si possono disporre secondo la seguente tabella : SPECIES SUBGENERIS AONIDIA (s. str») ATENIESI AVIR SIR RR RR 1 ELISA Foemin Foem. pygid. | obsoletis veci A MOESSURE trullis nul- pesa cor- FIS culatis auctus | | Processubus istis Processubus istis Re bene evolutis. . . A. planchonioides f Foem. trullarum paribus duobus ex qui- ; bus mediis bene evolutis, ceteris obsoletis. A. Lauri { Ilarum ignari tribus sa Foem. pui dine acutis . A. obscura )larum :Trullaram pa- Ti sua duo | me di \ ribus quatuor . A. Loranthi \ i ra TELE Foemina trullis aliquot CODPRIOHIE us pari- } Trullis pluri- =» | bus in margine ì pygidii. . A. Ebeni G. LEONARDI 3 327 8$8 Aonidia Lauri Bouchè) Signoret Aspidiotus Lauri n Schald (1833), 53, 4. » Naturgesch. caga È = 4, pl 1, fig. Te 8. » Bormeiste, Handb. Ent. II, 1, 68, 3 Chermes isduval, Ent. Hort., (1867. 340. ia pur, oe Taogioni -Tozzetti, Catal. 1868), 63, 1. lar ignoret, ego "e les Cochenilles 1%6$8, pag. 103, PI ; (1869) fig. 7,7 a. Po » Comstock, second og of ui Depart. ot Entomol., g: 129, » Berlese e Leonardi, Ceo italica, fasc. 1, N. 24, 1895 a Cockerell, A check-list of the Coccidae pag. 338. eleagnus Maskell, Trans. ot the N. Z. Institut, Vol. XXX, 1897, PI. XXIII, fig. 2, 8, pag. 227. —_ Nymphae pygidiwm trullarum paribus tribus, ex quibus secun- ; el tertit subaequalibus. Pectina sunt inter trullas et ultra. Foemina /lavo-;ufescens, rotundato ovalis ; pygidio trullarum ribus ag a quibus secundi be omnino obsoletis. Long. 50 u. ;lat. 500 pw. —_ Folliculus E subcircuta;is, convexus; exuvia larvali centrali ; ‘ nymphali late obpyriformi, follicutum totum sistenti ; ru- po vel vufo-fe? ‘'UgIneus. Habitat spe; Laurus nobilis, pe;/requens in Ewropa et in Ame- Ninfa. Pigidio terminato da tre paia di palette, di cui quelle me- Fig. 70 Pigidio, dal ventre, di ninfa di Aonidia Lau dei secondo paio” sono, presso a poco, dello stesso pietro. profondamente, una sol Volta al lato esterno ; ani invece, del 328 ASPIDIOTUS terzo paio, meno appariscenti, mostrano il lato esterno, più volte in- ciso, ma le incisioni sono meno profonde ; lateralmente a queste, l’orlo del segmento mostra ancora parecchie e profonde insenature. Gli spazi, compresi tra le palette, sono tutti, indistintamente, oc- dine da 2 pettini, stretti e poco sviluppati. Di fianco alle pa alette del , e precisamente nella prima incisione che s'incontra, si notano altri le pettini, eguali tra loro. Femmina. Corpo ovale rotondato, d’un bruno carico, che assume forma ancora più rotondata coll’avanzare in età. Pigidio, con dne pa- lette mediane, bene sviluppate, assai vicine tra loro, quasi contigue, aventi i margini postero- Jaterali segnati da profonde. incisioni. Lateral- mente a queste, si hanno due altre palette, ma queste assai ridotte, pressochè rudimentali. Fig. 71 Pigidio, dal ventre, di femmina di Aonidia Lauri. Alcuni peli lunghetti ornano l’orlo del pigidio, e sono situati pre- cisamente in vicinanza delle iesanatare di cui va fornito da del segmento. - Lunghezza della femmina 750 & circa. Larghezza » 500 1 » Follicolo femminile quasi circolare, convesso, con la esuvia Jar- vale situata al centro, piccola, di color bruno carico, coperta in origine da escrezione biancastra. Esuvia ninfale, che occupa quasi tutto il follicolo, obpiriforme. Esse sono di colore arancio. | G. LEONARDI x | Diametro del follicolo 1000 K circa. «_—ZHabitat. Sulle foglie di Lawrwus nobilis, in tutta Europa, Ame- rica, Australia ecc. È specie diffusissima in 1 Italia 805. Aonidia Ebeni Green. _ Aonîdia ebeni Green, (In Litt.) $ Nympha. Pygidio trullarwn paribus tribus ; pectinibus ut in — Parlatoriis. Foemina albido- violacea, latior ; pygidio processubus votundatis pluribus brevibus, dense ci ‘enulato, pectinibus nullis. Ad 700 x. long; 750 L. lat. Folliculus foemineus semziczcula; ‘18, VIL CONVELUS ; ecuvia nYm- Seli maxima ; velo ventrali robusto, ii rufescens tel rufob unneus. Ad 900 ps. long.; 850 u. lat. Habitat supe; Diospyros sp. - Ceylon. Ninfa. Pigidio ornato di quattro paia di i toa le quali quelle del secondo paio sono le più sviluppate. Dette palette, per la forma, corrispondono, assai bene, a quelle delle Pa,/atoriae. “Sagli orli Intera di esse si osserva una profonda incisione. Pigidio, dal ventre, di ninfa di idia Ebeni ; I pettini sono anch’essi bene sviluppati, variamente dentati e di- pre nel pigidio delle Pardatoriae. Di questi ve ne hanno due ‘palette mediane, due tra queste e quelle del secondo e del pato "e tra quest’ultimo e quelle del quarto paio. Al di là dell’ul- letta, il contorno che va a raggiungere il Seo prea- 390 ASPIDIOTUS nale porta, ancora, da tre a quattro pettini, essi pure assai bene sviluppati. Femmina. Il corpo ha forma ellittica, più largo che lungo. La regione cefalotoracica, rotondata anteriormente, è molto sviluppata, non così i segmenti addominali i quali, per di più, sono ritirati l’uno dentro l’altro, per modo da sporgere solo leggermente ai lati del segmento anale. Il pigidio, lievemente frastagliato, presenta numerose insenature che lo dividono in altrettanti lobi irregolari, i quali alla base sono più ristretti che sulla porzione libera, che è allargata e che mostra, ancora, = Fig. 73 Pigidio, dal ventre, di femmina di Aonidia Ebeni l'orlo finamente crenulato. La vulva è posta verso l’alto del segmento, mentre l’apertura anale è collocata molto più indietro. Il colore è bianchiccio, leggermente violaceo, tale appare però. in esemplari già essicati nelle preparazioni al microscopio. SLA ferry del corpo 700 &. circa. Larghez » » 750 p. d pria pi Quasi circolare, un poco convesso, con le esuvie larvali situate al centro o appena eccentriche, coperto da un anello di secrezione bianca. La spoglia ninfale, grande, occupa quasi tutto il follicolo. Velo. ventrale, rubusto, bianco-grigio. Colore del folli colo rosso-bruno pallido. uughezza dello scudo 900 &. circa. hezza >» DIM» Habitat. Sulle foglie di FISSE sp. a Ceylon. Il sig. Green mi fornì esemplari tipici di questa specie. G. LEONARDI 331 50 Aonidia Messune Green Aonidia messuae Green, (In Litt). Nymphae pygidio truilaruim paribus tribus; pectinibus minoribus. °‘oemina aurantiaca, latior ; pygidio pluries angulatim sat pro» ducto, cete;rum pectinibus pilisve destituto. Ad 680 p, long.; 800 }. lat. Folliculus foemineus cércularis, convernus, brunneo-aurantiacus, exuvia larvali parvula, gibbosula ; velo ventrali robustulo, 9! ‘isescenti. Diam. 1200 Habitat Lr Messua ferrea - Ceylon. Ninfa. Pigidio terminato da tre paia di palette, di cui le mediane bene sviluppate, coll’orlo alquanto allargato posteriormente e che fini- | scono troncate, con linea quasi diritta ; gli angoli laterali posteriori sono | rotondati. Palette del secondo paio più brevi, ma più larghe, col lato poste- A ‘riore provveduto di qualche incisione, che limita delle punte si- Fig. 74 Pigidio, dal ventre, di ninfa di Aonidia Messuae. i di 0 si mostra diviso, ssa in più tratti ui per la La di profonde incisioni, i quali tratti, hanno lorlo libero leggermente e larmente seghettato. Pettini poco sviluppati, che occupano soltanto pazi compresi fra le palette. I lobi dei segmenti anali sono prov- di alcuni bene sviluppati peli - filiere | Femmina. Corpo più largo che tipo. e la larghezza lina 332 4 ASPIDIOTUS viene a cadere nella regione toracica, che è sviluppatissima in confronto _alle altre parti del corpo. Seymenti addominali ritirati, tranne l’ultimo, che è assai ben di- steso ed ha forma marcatamente di lancia. Pigidio, come si vede dalla - figura, quasi simmetrico, considerati i due lati, terminato al suo apice da due distinte e minute protuberanze a guisa di palette ; del resto quasi troncato. Sui lati di fianco, a circa la loro metà, si notano due protuberanze, una assai larga, l’altra molto meno sviluppata ; progredendo poi verso l’alto si vedono altre numerose e profonde incisioni, che dividono in più «porzioni l'orlo, non solo, ma che danno origine, ancora, a robusti denti. Le metà inferiori degli orli laterali, invece, mancano delle numerose in- cisioni e sono caratterizzate da una sola protuberanza conforme, piut- «tosto lunga, che divide in due parti, pressochè eguali, queste porzioni .degli orli laterali. Fig. 75 Pigidio, dal ventre, di femmina, di Aonidia Messuae. Pochi e brevi peli stanno piantati lungo l’orlo del pigidio. La vulva, molto ampia, si apre nel mezzo del segmento ; alla stessa ‘altezza viene ad aprirsi anche l'apertura anale. Colore giallo arancio rosso. Lobi dei segmenti preanali, provveduti, all'estremità, di vari peli filiere, assai bene sviluppati. Area del pigidio tutta fittamente striata 1D -senso longitudinale. Lunghezza del corpo 680 u circa. x G. LEONARDI 333 Larghezza » +: 800 fra Follicolo femminile circolare, convesso, colla spoglia larvale pie- cola, rialzata al centro in leggera gobba. Spoglia ninfale grande, che occupa quasi tutto il follicolo, di color giallo arancio molto oscuro; resto del follicolo, che non è altro che uno stretto anello attorno alla esuvia ninfale, piatto. Velo ventrale robusto, grigiastro. iametro del follicolo 1200 &. circa. Habitat. Raccolta sulla Messua ferrea a Oronwood-Ceylon. Ho ricevuti esemplari tipici direttamente dal Sig. Green. cl Aonicdia planchonioides Green Aonidia planchonicides Green, (In Litt.) Nimpha pygidio trullaruim paribus tribus, quae vitra pectina plura sunt, laciniatim late dispostta. oemina subalbicans, perparvula, pygidio processubus pluribus sat longis, dentiformibus aucto ; pectinibus nullis. Ad 800 ®. long. ; Folliculus foemineus delicatulus, depressus, flavidus, vel auran- __ biacus, exuvia larvali subcentrali. Ad 1030 p. long.; 900 p. lat. os, Habitat in epidermide cadem foliorum Ficus sp. infossus, ad Ceylon. Ninfa. Pigidio armato di tre paia di palette discretamente svi- Update, a lati quasi paralleli ed aventi un’incisione profonda nel lato esterno ; posteriormente rotondate. Le palette mediane sono avvicinate Fig. 76 i Pigidio, dal ventre, di ninfa di Aonidia planchonicides loro e convergono leg germente all’ indietro, per modo che, ad un erto punto, vengono a contatto. Pettini due tra una paletta mediana e secondo paio e due tra una di queste e una dèl terzo paio ; al là di quest’ultima paletta, lungo l’orlo del pigidio, fino al segmento” i e, et Ce I Fi La I e ASPIDIOTUS preanale si osservano dei pettini, piuttosto brevi, stretti, a lati petali leli, bilobi-dentati all’apice, che formano, per essere molto numerosi e avvicinati gli uni agli altri, quasi una frangia continua lungo l’orlo del segmento. Femmina piccolissima, elittica, quasi tanto larga che lunga, col ce- falotorace arrotondato all’ innanzi, sviluppatissimo in confronto alla regione addominale. Segmenti addominali ritirati, eccetto l’ultimo, l’anale, che mostra l’orlo libero largamente arcuato. Pigidio provveduto di numerosi processi, più o meno lunghi, digitati all'apice e variamente PI ti Pigidio, dal ventre. di Adonidia pianchonioides disposti lungo l'orlo del segmento. Vulva ampia, situata nel mezzo del segmento ; apertura anale posta circa alla stessa altezza. Colore del corpo, in esemplari già essicati, bianco trasparente. L’insetto scava delle piccole celle nell’epidermide delle foglie © in quelle si adagia, fissando stabile dimora. Sani - : Lunghezza dei corpo 800 w&. circa. Follicolo femminile. È costituito quasi esclusivamente della ate ninfale, che è piatta, assai delicata e fragile. L’esuvia larvale è situata al centro o vicino ad esso. Colore del follicolo giallo-citrino-rosso, molto lucente. Lunghezza ba follicolo 1030 w. circa ; larghezza 900 p. circa. Habitat. Sulle foglie di una specie di Ficus a Kendy (Coylonk (Su pete tipici avuti dal Green). G. LEONARDI 52. Aonidia Loranthi Green. Aonidia Loranthi Green, The Coccidae ot Ceylon, Part. I, Lon- don 1896, Dulau e Cp. pag. 56, Plate XIX, figs. 1.5. » » Cockerell, A check-list ot the Coccidae pag. 339. Larva ef nympha non dignoscuntur. Foemina pyg?dio ai octo parvulis, peclinibusque minoribus aucto. Ad 500 p. long. 750 p. lat. Follienlus mine Ma subcordatus ; velo ventrati ? vo: sto. Diam. 1000 Habitat lia in tuberculis ramulorum Loranthi ad Ceylon. Larve sconosciute. Femmina adulta semicircolare, segmenti addominali quasi com- pletamente ritirati. Il margine anteriore, alla sua metà, profondamente inciso. Regione marginale piatta e membranosa. Colore bianco crema, | —’sparso di vene purpuree. Il rostro è situato in mezzo ad una larga | area rotondeggiante e chitinosa. Pigidio piuttosto troncato, con 8 pic- cole palette, le quali sono, non pertanto, prominenti e leggerissimamente incise ad ambo i lati ; di queste, le mediane sono le più brevi. e talmente alle palette del quarto paio, e tra gli spazi compresi dalle Pr Fig. 78 Pigidio, dal ventre, di Aonidîa Loranthi ui put né stanno dei pettini molto delicati e puntuti. Alla base delle palette stanno piantati dei minuti peli, Al lato dorsale del pigidio ; notano quattro distinte callosità. i . pra del corpo da 500 &. a 750 p. 336 ASPIDIOTUS Maschio sconosciuto. Follicolo femminile situato in piccola cavità nel centro di rigon- fiamenti sferici situati sui ramoscelli di Loan/hus. Esso è circolare, piatto superiormente; convesso inferiormente. Spoglia ninfale rossa, subeordata, estesa quasi al margine estremo del follicolo. Esuvia larvale situata, presso a poco, al centro in una orali gobba. Le esuvie sono coperte da un molto fino strato, giallo, di seere- zione, che dà un’apparenza granulosa al follicolo. Follicolo, frequentemente, nascosto da frammenti dall’epidermide della pianta. Velo ventrale comple Diametro del follicolo circa 1000 Habitat. Sui fusti e sui rami di Lor anthus sp. Punduloya (Ceylon). Non potei esaminare da vicino alcun esemplare. La diagnosi e la figura sono tolti dal lavoro del Green. 53 Aonidia obscura Green Aonidia obscura Green, The Coccidae ot Ceylon, Part I, London, ci e Cp. 1896, pag. 57, Plate XIX, figs. gi e 6-9. » » Cockerell, A check - list of the Coccidae pag. 339. Larva e/ nympha wnotae. Foemina pallide flava; pygidium lrultarum paribus tribus, pectinibusque strictis, piliformibus. Long. 5 500 ph. Fig. 79 Pigidio, dal ventre, di Aonidia obscura Folliculus foemineus oralis, vir converus, ;ufo birunneo depiclus, eaucia nie centrali; velo ventrali integro. Ad 750 p. long. | t super ramulos AEHATE Ad Ceylon. G. LEONARDI Larva e Ninfa sconosciute. Femmina adulta molto piccola, occupante la metà anteriore della «spoglia ninfale, la quale, nella regione cefalica, si mostra largamente rotondata : segmenti addominali, ad un tratto, ristretti e coi margini la- terali raggiati; pigidio alquanto, prominente. Colore, negli insetti già morti Da Visicati, bianco crema pallido. Pigidio con sei palette prominenti ed appuntite, delle quali le più esterne assai piccole. 3 Palette mediane notevolmente discoste tra loro. Pettini stretti, i ottusi all’ apice, simili a peli e così disposti: due tra le palette media- «nei tre, che sono lunghi quanto il doppio delle palette, situati in ciascuno | spazio che corre tra una paletta e l’altra. e finalmente altri due più piccoli di fianco a ciascuna delle paletle più esterne. Alla base di cia- I scuna paletta stanno piantati dei corti peli, e altri, ancora, si trovano a circa la metà dell’orlo del pigidio, tanto da una parto che dall’altra, lungo il tratto che corre dalla linea mediana del corpo al segmento preanale. Lunghezza del corpo 500 p. Maschio sconosciuto e così pure il suo follicolo. ‘AN Follicolo femminile ovale, poco convesso, probabilmente coperto, din origine, da uno strato di secrezione. Spoglia ninfale assai sviluppata, così da occupare quasi tutto il follicolo. Colore rosso bruno brillante, margine regolarmente crenulato : esuvia larvale situata vicino al centro, leggermente depressa, più pal- Jia + Velo ventrale completo. ungezza massima del follicolo 750 w | Habitat. Raccolto sui fusti di Lananibi a Punduloya (Ceylon). - Dal lavoro del sig. Green ricavai la diagnosi ed il disegno. > L'on ae) RI rr A e e n ui Zi RE tn e nia e ii | VI, TRI VIBO PR AR ne SR IS I Bca PRIOECAIO ; ADDENDA Da quando io ho impreso la pubblicazione della presente memoria, che fu nel 1898, fino ad ora, sono state descritte, intanto, molte altre specie di Aspidiotus (s. 1.) delle quali io qui espongo, per ora, l’elenco, disponendole sotto i loro generi recenti, conforme ho potuto, per molte, constatare dietro l’esame dei campioni, cortesemente inviatimi dagli scopritori stessi delle specie. Per altre forme ho dovuto giudicare della loro posizione secondo le diagnosi, e qui il mio giudizio è meno sicuro. In seguito, se lena e materiale non mi verranno meno, come io spero, illustrerò, più largamente, anche le seguenti e quelle che, nel frattempo, potessero essere state pubblicate. GEN. SPATHEASPIS 94. Spatheaspis secreta var. lobulata (Maskell). Aspidiotus secretus var. lobulatus Maskell, N. Z. Trans, Vol. XXX, pag Raccolto nel Giappone a Miyanoshita, su una specie di Bambusa. Gex. HEMIBERLESIA Hemiberlesia bilobis (Maskell)). ia bilobis Maskell, N. Z. Trans., Vol. XXX, pag. 225, 1897. Raccolto a Hongkong (China) su una pianta erbacea. 56. H Iemiberlesia coniferarum (Cockerell). £ Aspidiotus (Diaspidiotus) conîiferarum Cockerel) ; ioreggt new Coccidae 0 the Subfamily Diaspinae (Psyche, pag. 201, Raccolto sul Pinus ponderosa v. scapularum, a Organ Mts., New Mexico. )7. HMemiberlesia CRETE (Cockerell). sith Aspidiotus Cupressi Cockerell, Notes on Central Ajratiani Coccidae, Wi f descriptions of coder es new species. (From the Ann. and Mag. © Nat. Hist., Ser. 7, Vol. III, pag. 168, 1899). aeso a Toluca Ne sul Cupressus. 98, Hemiberlesia dentilobis (Cockerell). Aspidiotus (Pacudodiaspis) dentilobis Cockerell, New Coccidae So Mexico (From the Ann. and Magaz. of Nat. Hist.. Ser. €, Vol 1, PE 438, 1898). Raccolto a Cuantla ( Mexico) sulla Mimosa. si SI o 3 Ù E Cia id PAVESE STE 05 ET REA I, GORI CR ret SIA A E TRISTE A e RE ATTO lai IA > I G. LEONARDI 339 99. Hemiberlesia Tatrophae (Townsend et Cockerell). Aspidiotus Iatrophae Townsend et Cockerell, On Mexican Coccidae (Journal n, New-York Entomological Society, Vol. VI, pag. 178, 1898). Raccolto a Frontera, Tabasco, sulla Zatropha sp. 3 i Subg. Morganella Cokll. 100. Hemiberlesia longispina var. ornata (Maskel)). prpidiotus coinina var. ornata Maskell, N. Z. Trans., Vol. XXX, pag. , 1897 0 L Raccolta su varie piante delle isole Sandwich. E; i OT c 101 miberlesia Maskellii (Cockerell). È x Aspidiotus Corno) Maskelli Cockerell, The San Jose Scale and its Jeoti | Morganella “stat odi A check-list ot the Coccidae. Raccolta a W. S. Wait, Kailua, N. Kona, Hawaii sull’ « Ohia tree ». 102. Hemiberlesia tricolor (Cockerell). (e)p È Raccolto a ie Spring, Organ Mts., (New Mexico) sulla Quercus aaa -. 117. Aonidiella calura (Cockerell). di (Chrysomph alus) calurus Cockereil, New Coccidae from Mexico 440, (1. c.) pag Raccolto a Orizaba (Mexico) sui rami e tronchi di Crataegus. 118. Aonidiella andromelas (Cockerell). tus (Diaspidiotus) andromelas Cockerell, The San Iose Scale ecc. (1c.) 18 perniciosus var. andromelas » A check-list of the Coccidae Xi: Lc.) p. 376. o to sulla Phoeson'a glauca. ri e i iii ei artt W (A a Z A 342 ASPIDIOTUS 119. Aonidiella subsimilis (Cockerell). Aspidiotus subsimilis Cockerell, Notes on Central-American Coccidae ecc. (1. c) pag. | Raccolto a Hermosillo sulla Caesal/pîna palmeri (2) e a Cuantla (Me- xico) sui tronchi di una pianta rimasta indeterminata. 120. midiella Ulmi (Iohns.. ng pia Tohns (Ball. Ill. Lab. N. H. IV, 3. 86). » Hunter, The Coccidae ot Kansas (1. c.) pag, 6. Raccolto a Urbana Illinois sull’Ulmus americana. GEN. CHRYSOMPHALUS. 121, Chrysomphalus Aesceuli (Iohns). Aspidiotus Aesculi Iohns (Bull. Ill. Lab. N. H. IV, 337). » (Diaspidiotus) Aesculi Cockerell, The "A Jose Scale (1. c.) p. 20! Diaspidiotus Aesculi Tohns - Cockerell, A check-list of the Coccidae (1 0.) [e Raccolto in Calitornia sull’Aeseulus californica. 122. Chryshomphalus Agavis (Cockerell). Aspidiotus Agavis Townsend et catari On Mexican Coccidae (1. c.) p. 187. Chrysomphalus Agavis » Notes on Central-Ameri ican. Coc- cidae ecc. (1 cc.) pai. 170. Raccolto a Toluca, Mexico, sull’Agave sp. 123 Chrysomphalus albopictus (Cockerell). Aspidiotus pra albopictus Cockerell, New Coccidae from Mexico lc) pag. 434 i RSI albopictus Cockerell, Notes on Central-American Coccidae ecc. 1. e.) p. 170. Raccolto a Cuantla (Mexico) sui rami di Rosa e di Myrtus. 124. CI 1 ul t r.Leonis Townsend et Cockerell.. Aspidiotus albopictus var. Leonis Lola: et Coekerell, On Mexican Coe- ae (1. c.) pag. 179 Raccolto a Linares, Nuevo Leon, sulle foglie di piante di Agrumi. 125. Chrysomphalus Koebelei (Towns. et Cockerell). Aspidiotus Koebelei Towns. et Cockll., On Mexican Coceidae (1. c.) pag: 199. Raccolto a Oaxaca (Oaxaca State) su foglie di agrumi. 126. Chrysomphalus longissimus (Cockerell). Gi. LEONARDI | Aspidiotus (Chrysomphalus) longissimus Cockerell, New Coccidae from Mexico l. c.) pag. 439 £ Raccolto a Frontera, Tabasco (Mexico) su toglie di Acer. ui E 127. Chrysomphalus reniformis (Cockerell). “i ca rn Cockerell, Some new and little-known Coccidae col- 7 by Prof. C. H. T. Townsend in Mexico (1. c.) pag. 265. $. iiioiae | Chryrom phalua reniformis Colla The San Jose Scale (1. c.) Li, o ; pag di Chr Baphazae scalfire Cockerell, A_check-list of the Coccidae (Le.) p. 396. i È° Raccolto a Tehuantepec City (Mexico) su toglie di un elbero rimasto di indeterminato, 128. Chrvsom pRalus Rnizophorre Cockerell, Notes on Central-Ame rican Coccid-e ecc. «l.c.) pag. 169. LALaSIe E Raccolto a Tabasco, Mexico, su foglie di « mangrove ». LE gen AI ate 7 De 129. Chrysomphalus Yoporii (Lidgett'. Aspidiotus cavità idgett, Description ot two new Australian Coccids. (Rep. om “ The Wombat ,, 1898-99). ret reni I ia E ALe ga LE TRI as x Tu Raccolto a Myrniong, Victoria, sul Myoporum deserti. Genus TARGIONIA 180. Targionia Bigeloviae (Cockerell). Aspidiotus pr eeerata) Bigeloviae Cockerell, The San Jose Scale ecc ( Lc.) e a ke i pas. is; Targionia Bigaloviae Cockerell, A_check-list of the Coccidae (Le.) pag. 395. Raccolto a Los Angeles (California) sulla Bigelovia brachilepis. 131. Targionia Cueroensis (Cockerell.) idiotus Cueroensis Cockerell, Four new Diaspine Casidea (1. c.) pag. 105. Raccolto a Cuero (Texas) sulla ruvida corteccia dei tronchi di Ce/tis. 2182. Targionia Dearnessi (Cockere rell). diotus Dearnessi Cockerell, A new Scale Insect found on Barberry {The Canadian Entomologist, pag. 268, 1569). Raccolto sui ramoscelli di Arcfostaphylos uva-ursi vegetante* sulle nde del lago Huron. x 188, Targionia Gntierreziae (Cockerell). 344 ASPIDIOTUS Aspidiotus Spr Gutierreziae Cockerell et Parrott, Contrib. to the wledge of the Coccidae. (The Industrialist, pag. 277, 1899). accolto a Greene, presso l’Agricultural College, Mesilla Valley, New Mexico, sui fusticini di Gutierrezia lucida. 134. Targionia Larreae (Cockerell). Aspidiotus (Pseudodiaspis) Larreae Cockerell, The San Jose Scale ecc. (L 0.) 21. PRO E Larreae Cockerell, A check-list of the Coccidae (1. c.) p. 306. Raccolto a Yuma, Ariz, sui gambi di Larrea #ridentata. Genus -ANOPLASPIS n. g. Trullae in pygidio nullae). Pectina mulla. Adsuni agmina (tria) disculorum cviparorum. Paraphyses bene munifestae. Typus Aspidiotus (Odonaspis) bambusarum Cockerell. Nella mia nota, Monografia del Gen. My/7/asp?s (1) (nota preven- tiva) a pag. 207, io avevo già istituito questo genere per la Myl7/aspis Metrosideri Mask. ritenend;, col Maskell, che la specie in discorso non avesse nè pettini nè palette. Ciò è erroneo, la Myti. Metosideri rientra nel genere Aspidiofus di cui presenta benissimo i caratteri. Ma il nome Anoplaspis, col quale io intendevo significare forme parallele al genere 7agionia, più specialmente al sottogenere GreeneZa, ma re- canti dischi ciripari, io lo conservo per questo Aspidiotus bambusarum, talchè la tabella che io ho inserito a pag. (estr.) 8 (2) della presente memoria, col ritrovamento di questa singolare forma, si completa nel modo seguente : poemi! Adsunt disculi ciriparì Deficiunt disculi ciripari | a Aspidiotus | Hemiberlesia Sogrraenzia 4 | Aonidia a | Gymmnaspis Chrysomphalus |. Aonidiella Anoplaspis Targionia Spatheaspis Chentraspis dal I resto , questa Anoplaspis, è molto atfine al gen. Spa/heasps quale, però, si distingue per l’assenza ‘totale di palette, e ciò secon G. LEONARDI 345 la testimonianza del Cockerell. Si ha quindi anche la segnente tabella, considerando lo sviluppo delle palette, nella quale i generi sono di- sposti, al solito, parallelamente. Adsunt disculi ciripari | Deficiunt disculi ciripari Mancano le palette . Anoplaspis Targionia (Greenella) Una sola paletta mediana | | Spatheaspis Chentraspis Due o più palette Riise Targionia (s. str.) » Chrysomphalus Aonidiella » Aspidiotus Hemiberlesia Generi aberranti Aonidia Gymnaspis 135. Anoplaspis bambusarum (Cockerell). Aspidiotus (Odonaspis) Bambusarum Cockerell, Two new Scale-Insects qua- rantined at San Francisco. (Psyche, pag. 191) Raccolto nel Giappone sui gambi di Bambu. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLE SPECIE RICORDATE NELLA PRESENTE MEMORIA dA SE ce | 25 dS 08 | 35 S3 de | Se Ss od |. Ma |a | AS E Ae | Aa Anoplaspis pena * Aonidia Laur + PP E Lor anthi * » scribi + » obse =" plan ch ninni # Aonidiell ir eropagy o mela » bia re Hi DE "È ui » var. citrina se t + » Bromilliae » calur ura * » cerata sE > Oladii n » fusca ‘i » lilacina * » Mimosae na » perniciosa (ik + » tata | Li » Smilacis » subsimilis > - » ona 2% sa Aspidiotus (Aspidiella) aa str » orbes + » > ossi # » > Howardi t » » Sacchari 3A » » Townsendi + ne » zonatus E Aspidiotio (Diaspidiotas) ancylus vi » » var. serratus 3 + Aspidiotus (Diaspidiotus) Hunteri ni » » Osborni > » » uvae t|+ G. LEONARDI 347 2 de o È e ® oe of o 3 si | #5 Gil sai] ga vs | da | #2 | SS | SE | Lf RE | RR | RS | AE | B5 | 88 Aspidiotus (Evaspidiotus) Abietis + » » Betulae + SE » » biformis » > britannicus » » color "atus + » » conv bia + = » » Cra 8G » » Cy ranophylli - + ua > » Cydoniae + +. L+ > >» Cvydoniae var. x tecta sf Aspidiotus >» destructor è » » duplex ag duplex var. | Poeoniae È + * aa >» @xCissus cp ih » fimbriatus sà » » Greenii » » ederae TAL ARR E » > implicatus 38 » > Tuglans-regiae si Iuglans-regiae var albus ; e + Aspidiotus > ITuglans-regiae var Kafkae «E Aspidiotus » Iuglans-regiae var Pruni + + a » Lataniae ca A » Latasti » ». erientalis Ne » » sbeckiae 2 PA » » almae » » patavinus EP * » » Persearum E » » Punicae » » Spinosus » > sabru bano x Li » » ea » » trilobitiformis n È x » » Vvirescens + » » articulatus 4 oroki + » » Chentraspis extensa 348 ASPIDIOTUS | | a to RE | RR | RS | sE | #3 | #8 La gf Chentraspis uniloba Chi rina ipa sco + + vis + » ii bopicino +t » » var. leonis + » Bow a + » degene | » e vosperti | t : de ge si a » fo "agli # » Koebelei ss » longissimas t » Mangiferae na + >» minor va » nigrapuncetatus + > obscurus . » erseae 4. » reniformis | + » Rhizophorae | ris » Rossi | si. » soutiformis | - » setiger i | » sphaerioides +1 orii + | reénleila cornigera 4 | Homens bilobis si +t » Camelliae ELA 4 » coniferaram - » upressi dii » dentiloba - » iffinis + » Tatrophae | + > —Iongispina | + » pera var. ornata | si x » maculat #..| i » Maskelli + >» inima He | » occulta Foa I » putearia Pica | ci » tricolor ide ; » . Yuecae | O - i > yucecarum + px tra G. LEONARDI Pipriraens ti) ìe ® o (Rs | dis | RS | ME | @i2 | RE | | | n Re | } Bpsthenspis nia I + | ecreta var. lobulata | “t Targionia A ina + ocarpi I fa ) veloviae E ) Casuarinae | + » ueroensis | * ) earnessi I I * » distineta + » Eucalypti E. » » var. ornata Î ani » (rutierreziae ' [oe > Larreae [or » Moorei SE | > nigra “+ | > Prosopidis + » Viti: + DEE | » (Frogattiella) inusitata Poi ELENCO SINONIMICO DELLE SPECIE RICORDATE NELLA PRESENTE MEMORIA Alcune poche specie, per le quali non si è potuto conoscere la. posizione vera o le affinità o possibile identità con altre quì ricordate, io ho disposto in fine del presente elenco, sotto la rubrica « 7-wrsus inquirendae ». Per quelle qui sotto citate osservo che i nomi segnati in carattere corsivo sono da abbandonarsi e da sostituirsi col nome disposto accanto, dopo le due lineette — che significano eguale. I nomi più convenienti, secondo il mio parere, sono scritti in carattere rotondo. Anoplaspis. Anoplaspis Bambusarum Aonidiz (se-lat):, Aonidia (s. str.). Aonidia aurantii — Aonidiella aurantii fra N.i134-135 » 135 fra N.i 86-87 Dal N.° 88 al 93 Aonidia Blanchardi = Parlatoria Blanchi ex Parlatoriis Aonidia bullata = Gymnaspis bullata (ex Parlatoriis). Aonidia (Cryptaonidia) Hackeae Aonidia corniger = Greeniella cornigera Aonidia Ebeni . pa ; i ; i Aonidia Elacagnus = Aonidia (Evaonidia) Lauri » fusca = Aonidiella fusca ; >» Gennadii == Aonidiella Aurantii Aonidia Lauri. È : a » Loranthi. >» Messuae . >» (?) obscura >» planchonioides ; ; 7 Aonidia purpurea = Aonidia Lauri , Aonidiella . . a . . Aonidiella albopunctata. » andromela . » Aurantii . < » Aurantii var. citrina N.o 54 87 >» 86 » 89 » 88 » 56 »_ C& » 88 » 92 »--.90 >» 93 » 9] » $8 fra N.i 49-50 N.° 59 >» 118 » 54 » 55 ARIE A LEA Aonidiella d Aspidiella G., LEONARDI Bromilliae calura . È è ì ; i . cerata . ° . Cladii fusca . ; ; ; ; “i lilacina Mimosae perniciosa personata é ; : Smilacis i : i PR ì ; È subsimilis tenebricosa Aspidiotus i ; ì È fra i Aspidiotus Abietis == Aspidiotus ii A Diess - » bose Galla i Acacae = lunigiana: Acaciae . Acaciae V r'opinquus = 'Pargiolia Acne: : Aesculi = Chirsomplialu» Aesculii . 1 affinis = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae : affinis = Hemiberlesia diffinis . . ; avis = Chrysomphalus Agavis Srbalicta var. leonas = Chrysomphalts albopi- tus var. leonis : Rig = ’Aopidiehe albopunctata è : a ves = Aspidiotus (Evaspidiutus) Hederae .. diana — Aspidiotus (Diaspidiotus) aneylus . ancylus var. serratus = Aspidiotus noe tus) anevlus var. ornatus di re, articulatus = Aspidi ] ) articulatus Artocarpi = ‘Targionia Artocarpi. i x Auwrantiî = Aonidiella Aurantii. Aurantii var. citrinus = Aonidiella dosi var. citrin 3 Belulae = = lia ‘(Evaspidiotus) Betu ae biformis = — Aspidiotus (Evaspidiotus us) bi È biformis var. SIA = ARIA, (cp diotus) biformis N DO VALLI » < 58 » 61 » 56 » 116 ; +57. » 60 >» DI » 119 > (DI >» 120 i 16-17 i 12-13 N.° 41 » 80 80 >» 121 >» 43 » 124 59 » 43 > «19 » 105 we ». 85. » 54 > 24 b:14 >» 37 Aspidiotus biformis var. Odontoglossi = Aspidiotus (Eva- Dictyospe:mi var. Arecae — Chrysomphalus ASPIDIOTUS spidiotus) biformis. ; È N bilobis = Hemiberlesia bilobis . : i è » Bossiae = Hemiberlesia Bossiae. * x È » Bouchei = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae . » Bowrei = Chrysomphalus Bowrei . » Britannicus = Aspidiotus (Evaspidiotus) britannicus » Bromiliae = Aonidiella Bromiliae - , » Budletae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae . » Camelliae = Hemiberlesia Camelliae . ; i » Caryodeti = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae. » Casuarinae = Targionia Casuarine . ; è Ceratoniae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae » ceratus = Aoniaielia cerata ; i : » Citrî = Aonidiellla Aurantii ; i i » Cladit = Aonidiella Cladii . ; ; ; » » coccineus = Aonidiella Aurantii. 3 . . » cocotîs = Aspidiotus (Evaspidiotus) dectructor . » coloratus = Aspidiotus (Evaspidiotus) coloratus » Comstocki = Aspidiotus (Aspidiella) Comstocki. » convexus = Aspidiotus (Evaspidiotus) convexus » Corinocarpi = ? Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae » Corokine = Aspidiotus (Selenaspis) Corokiae . » cueroensis = Targionia cueroensis . x . * Cupressi = Hemiberlesia Cupressi . ; . a Cyanophylti = Aspidiotus (Evaspidiotus) Cvanophylli > Cycadicola = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae » Cydonize = Aspidiotus (Evaspidiotus) Cydoniae . > Cydoniae var. tecta = Aspidiotus (Evaspidiotus) Cydoniae var. tecta . i ; a RS 9 Dearnessi = Targionia Dearnessi ò ì . “ degeneratus = Chrysomphalus degeneratus . > denticulatus = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae > destructo» = Aspidiotus (Evaspidiotus) destructor » Dictyosperini = Chrysomphalus Dictyospermi , Dictyospermi ; . 3 ; . . Dictyospermi var. Jamaicensis = Chrysompha- sed | diffinis = Hemiberlesia difins. . . . >» diffinis var. lateratis = Hemiberlesia diffinis . > a d 5 sia Wi a e dee a e ira pai al G. LEONARDI Aspidiotus duplex = Aspidiotus (Evaspidiotus) duplex e an = Targionia ( duplex var. Poeoniae = Aspidiotus (Evaspi- diotus) duplex var. Babele pavia ‘i = Aspidiotus (Evaspidiotas) Hederae icae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae . una —= Targionia Fucalypti Eucalypti var. comatus = — Targionia Foca: lypti var. comata. . . Evonymi = Haden Canali, ercisus = Aspidiotus (Evaspidiotus) excisus esctensus = Chentraspis extensa i Ficus = Chrysomphalus Ficus i fimbriatus = Aspidiotus (Evaspidiotus) fim- briatus i È Niavescens = = Hemiberlesia Camelliae fiavus = Aspidiotus (Evaspidiotus) Abietis fodiens = Chrysomphalus fodiens . Forbesi = Aspidiotus (Aspidiella) Forbesi Genistae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae Gnidii = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae Hackeae = Aonidia (Chryptoaonidia) Hackeae . Hartiî = Aspidiotus (Aspidiella) Hartii Hartii var. luntii = Aspidiotus (Aspiciell Hartii. Hederae = ‘ Aspidiotus (Evaspidiotus) RA PA go ten A (Evaspidiotus) ra ulae Howai di = Aspidiotus (Aspidiella) Howardi Hunteri = Aspidiotus (Diaspidiotus) Hunteri . Kocebelei = Chrysomphalus K Koebelei. ; Jatrophae = Hemiberlesia Jatrophae . Ilicis = Aspidiotus (Evaspidiotas) Hederae 5 ore — — Aspidiotus (Evaspidiotus) impli- pe) atus . Fr ‘ogattiella) inusitata Juglandis = agata (Evaspidiotus) Juglans- regia iuglana: regie = ie Aspidions (Evaspidiotus) da glans-regiae Juglans-i ade var. spidiotus) Juglans-regiae dia "e Aspidiotus Bre var. albus . % » » 34 ASPIDIOTUS Aspidiotus Juglans-regiae var. Kafhae = Aspidiotus Eva- spidiotus Juglans-regiae var. Kafkae uglans-regiae var. Pruni = Aspidiotus (Eva- spidiotus) Juglans-regiae var. Pruni Lataniae = Aspidiotus (Ev aspidiotus) Lataniae Latastei = Aspidiotus (Evaspidiotus) Latastei . Lauri = Aonidia Lauri . ; Lentisci = Aspidiotus (Ev aspidiotus) Hederae ; Limonii = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae . longispinus = Hemiberlesia longispina longîispinus var. ornatns = Hemiberlesia loupi. spina var. ornata . maculatus == Homiberlosia indienlata Mangiferae = Chrysomphalus Mangiferae. Mimnsae = Aonidiella Mimosae + minimus = Hemiberlesia minima minor = Chrysomphalus minor. Moore: = Targionia Moorei . Myricinae = Aspidiotus Rianidiole) Hederao Neriî = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae niger = Targionia distinceta . nigropunctatus = Chry asiiphalaò: alesopun- etatus . obscurus = < (hey somphalus obscurus occullus = Hemiberlesia occulta Oleastri = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hoderao: ordentalis = Aspidiotus (Evaspidiotus) orientalis Osbeckiae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Osbeckiae rnî = Aspidiotus (Diaspidiotus) Osborni ostraeformis (Curtis) (1) Oxyacanthae = Aspidiotus Ev aspidiotus) Be- tulae . Pelmae = Aspidiotus (Evaspidiotus). Palmae : palmarum = Aspidiotus (Evaspidiotus) He- palmatwn : st Aspidiotns (Eraspidiotas) Hederae avinus = Aspidiotus (Evaspidiotus) patavinus pata Aspidiotus? parlatorioides Comst. (Pseudoparlatoria, inter Diaspides). (1) E la Diaspis ostraeformis. < CRR0A ASTI G. LEONARDI Aspidiotus perniciosus = Aonidiella perniciosa . (1) È Perseoe = Chrysomphalus Perseae perscarum = Aspidiotus (Bvaspidiotus) Per- searum per ‘sonatus = = Aonidiella personata . Pini = Aspidiotus (Evaspidiotus) Betulaoi pyricota Del Guercio (1) Prosopidis == Targionia Prosopidis Punicae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Punicae . putearivs = Hemiberlesia putearia . Quercus = Aspidiotus (Aspidiella) zonatus rapax = Hemiberlesia Camelliae ; reniformis = Chrysomphalus reniformis . ossi = Chrysomphalus Rossi . . sabalis = Comstockiella sabalis Saccharî = Aspidiotus (Diaspidiotus) Sacchari . scutiformis = Chrysomphalus scutiformis. . secretus = Spatheaspis secreta. secrelus var. lobulatus = Spathieasis secreta var. lobulata . setiger = Chry somphalus setiger Signoreti = ? Targionia Vitis . i i x Smalacis = Aonidiella Smilacis. sphaer;-oîdes = Chrysomphalus sphaoroides spinosus = Aspidiotus (Evaspidiotus) spinosus. spurcatus = Aspidiotus (Evaspidiotus) Betulae . subi ga = dra ibm agiivry sub- ini = ‘Nonidiella solidiimilia ; Targionii Del Guercio (®) lenebricosus = Aonidiella tenebricosa . i eae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Theae. 4 Tiline = Aspidiotus (Evaspidiotus) Betulae Townsendi = Aspidiotus (Aspidiella) Townsendi transparens = rione (Evaspidiotus) La- taniae . tritobil'iformis = = - Aspid. (Evaspidiotus trilobi tiformis Uticis = Aspidiotus ( Evaspidiotus) Hederne : la Diaspis os gine (2) È una Parlator 356 Aspidiotus ASPIDIOTUS Ulmi = Aonidiella Ulmi unilobis = Chentraspis uniloba. uvae = Aspidiotus (Diaspidiotus) uvae uvae var. coloratus = Aspidiotus (Evaspidio tus) coloratus villosus = Aspidiotus Evaspidiotus) Hedurao 3 vitiensis Mask. (1) virescens = Aspidiotus (Kvaspidiotus) virescens Vitis = Targionia Vitis Vrisciae = Aspidiotus (Esanpidibtas) Hederae zonatus = Aspidiotus (Aspidiella) zonatus. Yoporit = Chrysomphalus Yoporii Yuccae = Hemiberlesia Yuccae yuccaruim = Hemiberlesia Yuccarum Aspidiotus (Aspidiella) Comstocki » > » (Aspidiella) Forbesi (Aspidiella) Hartii (Aspidiella) Howardi . (Aspidiella) Sacchari (Aspidiella) Townsendi (Aspidiella) zonatus Asp idiotus (00) albopictus * ine » albopictus . è (Chrysomphalus) bifor: nas a Aspiditus (Ev a- spidiotus) biformis APRO Boworeli = | Cheysomphalus Bowreyi a can e Apgidiella TI (Chrysomphalus) Cladit = Aonidiella Cladii (Chrysomphalus) degeneratus = Chrysompha- lus degeneratus . {Chi orione Dicipospermi : ne Vhmysonpla lus Dictyosperm (Cha di Hic — "Ss hrs somphalvs Focus Cari ara ziond fodiens = ola fo- RIE OI en Kowidielia liana (Chrysomphali 9 paga “ ce longissimus ; % È (1) È una Diaspis. Ni 120 v 16 40° 433 39 Ti 43 18 129 G. LEONARDI Aspidiotus (Ch) Lisa Mangiferae = Chrysompha- lus Mangifera (Chri HONOR Mimosae = ce A cinta xi- mosae i ( Cirio minor = Chy sims minor (Chrysomphalus) Perseae = Chrysomp ersea (Chi dvompaarii FOndnia ca Pea or saran reniformis . (Chrysomphalus) Rossi 2 Chet sormphalus Boa (Ch ta DA scutiformis = Chrysompha- ius scutiforn È 3 : ; (Chrysompratus) Simdlaots = Aonidiella Smi- lacis . (Chriompnae ) bip ostante se nuo + Choy Somnphadue sphaerioides i (Chrusoimphalus) lenebricosus - : Alqnidialia tenebricosa . (Diaspidiotus) Aesculi= ao Chry somphatus Aoscoli Aspidiotus (Diaspidiotus) aneylus . » Aspidiotus » » » var. serratus (Diaspidiotus) andromelas = Acnidielia an-” dromela (Diaspidiotus) coloratus = e = ‘Aspidiotus (Evaspi= | diotus) coloratus . x - A (Diaspidiotus) Comstocki = Aspidiotus (Aspi- diella) Comstocki. n i (Diaspidiotus) cite ‘arum = Hemiberlesia coniferarum A Co Faso puoi Aspitiotus Chspidtok: la) F (iaspit) Gi conti = ; Aspidiotus (Evepi diotus) Gree (Diaspegione s ) Howar di= Aspidiotu ( Aspidiel la) Howardi. x ; (Diaspidiotus) Hunteri ale tcis = Aspidiotu (Evaspidiotus Hederae ( Dinepitigi at Jugionida = Aspidiotu (Braspi diotus) Iuglans-regiae . » » 358 ASPIDIOTUS Aspidiotus (Diaspidiotus) Iuglans-regiae = o I spidiotus) Iuglans-regiae . » (Diaspidiotus) Iuglans-regiae var. die tor x spidiotus (Evaspidiotus) Iuglans-regiae var. albus » (Diaspidiotus) Iuglans-regiae var. Pruni = Aspidiotus rale Iuglans-regiae var. runi . * » (Diaspidiotus) niger = Tini ditincta » (Diaspidiotus) Oleastri = sone (Evaspi- diotus) Hederae . » (Diaspidiotus) Osbeckiae — nen = Aspidiotus GEvaspi diotus) Osbeckiae ; Aspidiotus (Diaspidiotus) Osborni . Aspidiotus (Diaspidiotus ) patavinus = Aspidiotus (Eva- spidiotus patavinus i : À ; » RR) perniciosus = Aonidiella per- » dali ) peiciosue var. aDbopunctata = Aonidiella albopunctata » (Diaspidiotus) punicae — Aspidiotus Cupi: diotus) Punicae . » (Diaspidiotus) Tornsendi — fi Aspidiotuo Casp diella) Townsendi i Aspidiotus (Diaspidiotus) uvae . Aspidiotus ea) villosus = gii (Evaspi diotus) Hederae » (Diaspidiotus) vitis = sa IATA Vitis » PRA arnie zonalus = ia ca ella) zonatt ; Aspidiotus iaia Abete. » » tulae » » biformis » » britannicus » » coloratus A Ù : } . DE » convexus —. ; i . » » urawli . ; ; ‘ . » » Cyanophylii . ‘ » » Cydoniae » » Cydoniae var. 'iveta » » destruetor - —. » » duplex . - ” G. LEONARDI Aspidiotus deri duplex var. Peoniae . excissus. i ; » fimbriatus » (rreenii » Hederae » implicatus > Iuglans regiae i » luglans regiae var. . albus » Iuglans-regiae var. Kafkae » Iuglans-regiae var. Pruni . : » Lataniae » Latastei » orientalis » Osbeckiae > Palmae » patavinus > persearum » Punicae » spinosus » subrubescens. » Theae . z » tr itobitiformis: ; i > : » virescens. Aspidiotus (Hemibertlesia) Bigeloviae=Targionia Pigelovine, » Hemiberlesia) converus = Aspidiotus (Evaspi- diotus) convexus. (Hemiberlesia) Crati = i Aspidiotus (Evaspidio- tus) Crawii. (Hemibe) ben Cudoniae = = Aspidiotus (Evaspi- diotus) Cydon (Hemiberlesia ) FRESE ‘ Aspidiotus Busi diotus) Palmae ( Hemibe;lesia) tricolor = = -Hemiberlesia tricolor (Mo:ganella) Maskello = Hemiberlesia Maskelli (Mycetaspis) Ar tocarpî = Targionia Artoearpi (Muycetaspis) personatus == = Aonidiella personata (Melanaspis) nigropunctatus = Chrysomphalus nigropunctatus C RAGNI ) di pe ‘ Chrysomphalus de rus. ce otonaspis ) Bainbusarm == - Anoplaspis bam- vu v vv RE i e o ti aa 360 ASPIDIOTUS - busarum ; : ; i . N.0-135 Aspidiotus (Pseudoaonidia) duplew = Aspidiotus (Evaspi- diotus) duplex . ; ; } é : » 49 » (Pseudoaonidia Theae = Aspidiotus (Evaspi- diotus) Theae È ; ì » 46 » (Pseudoaonidia) ti ilovitiformis = Aspidiotus (Evaspidiotus) trilobitiformis... >» 47 » (Pseudodiaspis) dentilobis = Hensiherienia don- tiloba . » 98 » (Pseudodiaspis) box reae = Tar ionia PES » 134 Aspidiotus (Selenaspis) articulatus J ? i î ; » «I: » (Selenaspis) Corokiae . Ù : >» 14 Aspidiotus (? subg ) ceratus = Aonidiella ‘cofata. i » 58 » » Lalastei = Aspidiotus (Evaspidiotus) Latastei. . i à ; » 34 » » orientatis = Aspidiotns (lapidi: tus) virescens. . ; ; i : i » » virescens = Aspidiotus (Evaspidiotus) virescens . i ; ; ; 7 » 39 » (Targionia) Gutierrez zine = Targionia Gutier- reziae, ; i ; » 153 » Ei xerophitaspi) Pi "osopiais = Targionia Proso- pic : i ; » 79 Aspidites edition = Homiberiesia minima. ; : RI A cChentraspis , CAR . prima del N. 1 Chentraspis extensa. . È i OE i 3 . die Chentraspis uniloba . x : > pile Aloes = Aspidiotas (Evaspidiotus) Hoderaò . é » 43 Camelliae == Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae . » 43 » . ©ycodicola = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae . » 43 » Epidendri = Aspidiotus (Evaspidistus) Hederae . » 43 » Ericae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae | . » #8 » — Laurti = Aovidia Lauri SA » Nerî = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hoderse:; P - » 43 Chrysomphalusi |. corale i Nole dbizonoa Aesculi ; --Nod24 Agavis LE i ; i . » 122 G. LEONARDI 361 Chrysomphalus albopictus. N.° 123 » albopictus var. Léoaia. » 124 » Bowregi . » 73 > degeneratus + AL » Dictyospermi . » 72 » Ficus ; » 68 » fodiens » 62 » elei ; » 125 Chrysomphalus incinta. to Aonidiella ‘Jilacina se » 116 Chrysomphalus longissimus i » 126 » Mangiferae » 70 » minor » 69 . nigropunctatus >» 66 » obscurus. » 65 » Perseae . » 75 > reniformis » 127 5 Rhizophorae. » 128 » si » 63 » scutiformis » 74 » setiger . » 67 » sphaerioides » 64 » oporii . » 129 Coccus Abietis = Aspidiotus (Eraspidiotus) Abita >» Al » arborum = Aspidiotus (Evaspidiotus, Abietis - » 4 » Hederae = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae. » 43 » pineti = Aspidiotus Sagan Abietis. » 4l Comstockiena |! Comstockiella sabalis ® 3 Cryptoaonidia. fra i Ni 86 e 87 Diaspidiotus . tra i Ni 14 e 15 Diaspidiotus perniciosus var. andromelas = Aonidiella N.0 118 andromela . Diaspis ancylus = Aspidiotus (Diaspidiotus) sienio 3 . » 15 ; Bouchei = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae. . >» 43 (1) Nei Diaspidi. (2) Nei Diaspidi. 362 ASPIDIOTUS Diaspis circulata = Hemiberlesia Camelliae ; 7 VE » fimbriata = Aspidiotus (Evaspidiotus) limbriaius e » obliguus = Aspidiotus (Evaspidiotus) Hederae . >» 43 Evaspidiotus - . È 5 5 * ; . frai N422 6.23 Froggattiella . è ; È i : i È » » 75 e 76 Greeniella . 4 ; ì ; ; ) » >» 85e 86 Greeniella cornigera i è ì : ; ‘ È È » 86 Hesmiberiesia . ? P à i . fra i Ni 8e4 Hemiberlesia biloba . > i 3 : a * i Na.90 » Bossiae > Di » Camelliae pi » coniferarum. » 96 » Cupissnl .--;- + i . ; ì ; i » 97 » dentiloba » 98 » diffinis. . ; o ? È » 12 » latrophae. . : ° ; ; : i » 99 » maculata. . È è ; i ; ; 3 + @ » minima È È ; i È di » (Morganella) ba . . . . pd » (Morganella) longispina var. ornata . {. . > 100 » (Morganella) Maskelli. /. . 0a A na occulta i ; è ; . ig » 10 » putearia a i ; 3 2 È i 3 » «LI » tricolor 3 ; È a : i x . » 102 Yuccae ; È : ; ì ; ; o. » yuccarum . ; . È - | ; F » 103 Morganella (!) . 3 $ ; .fra i N.i 1016102 Morganella Maskelli = Heuteriu Miualo Maskelli Ne e 101 Pseudodiaspis Larreae = Targionia Larreae . 134 Rael: | a, fra N si Spatheaspis . . : : ; è fra i Ni 2 e 3 Spathessgis goorebk.. 0; ; ae a - 1) Questo sottogenere, creato dal Cockerell per l’ Asp. Zon 7ispinus Ma- skell e A. (Morganella. Maskelli Cockll. specie certamente affinissime. G. LEONARDI Spatheaspis secreta var. lobulata Targionia È Targionia Acaciae . : . » Artocarpi . » Bigeloviae 5 . » Casuarina» ; » cueroensis : ; » Dearnessi » distineta . ; « Eucalypti . È ; » Eucalypti var. ornata «4A » Guterreziae . ; ; » Larreae . ; » Moorei . È A i » nigra : , » Prosopidis : is » itis. ut Targionia (Froggattiella) inusitata - Species rursus inquirendae 1. Aspidiotus Caldesii Targ.-Tozz. 4 2. » Camaerops Signoret. 5. 3 » Kennediae Boisd. 6. rame e-te Phormi de Brème. Vitis Schrank. . Aspidiotus Pandani Signoret- Una specie nuova di PSOCIDE TROVATA IN ITALIA NOTA del Dr. COSTANTINO RIBAGA Assistente al Laboratorio di Entomologia Agraria in Portici ECTOPSOCUS BERLESII nov. sp. Flavidus, opacus, villosulus ; capite terreo, oculis fusco-nigre- .scentibus ; antennis griseo-terreîs, quam alae brevioribus, articulo tertio quam quintus et quartus simul sumptis curtiori ; palpis ler;'eo- griseis ; thorace brunneo-flavido, abdomine terreo, apice pallidiori, alis hyalinis immaculatis, venis flavidis ; anticis margine inter pie- rostigmatis basim usque ad venam cubitalem breviter et distincie | piligero ; venis minus distincte piligeris : alis posticîs hyalinis, vinnino glabr'is ; pedibus flavido-grisescentibus. ng. corp. cum alis mm. 2.20 ». 0 GRi. » 1.54 »- “corp. esepl us » ‘1.55 antenn. » Ubi Habitat, had frequens, in agro Nenpoltitano (Portici). Colore generale, giallastro opaco. Testa pelosa giallo terrea, occhi nerastri, fronte giallo terrea. Antenne grigio terree, più brevi delle ali, coi due primi articoli di poco più oscuri e ben provviste di peli sparsi regolarmente. Dei peli alcuni sono abbastanza forti e lunghi e fra loro ve ne sono altri più brevi e sottili. Terzo articolo più breve del quarto e quinto assieme. Gli ultimi articoli eguali fra di Joro. Palpi grigio terrei pelosi, coll’ ultimo articolo subelavato, arrotondato all’ apice. Torace giallo bruno peloso. Addome giallo terreo, coll’ apice un po’ più chiaro, ingrossato sul primo terzo e poi uniformemente restringentesi verso :l’ estremità, che porta dei peli abbastanza lunghi. Ali ialine, immaco- ‘late, con nervature giallastre. Le anteriori al margine, dalla base del ‘pterostigma, fino alla vena cubitale esterna, portano dei peli brevi ma ‘bene visibili. C. RIBAGA 5365 Sulle nervature vi sono pure dei peli, più lunghi magari che quelli al margine, ma molto più sottili, sì che è ditficile vederli. Il pterostigma, come nell’ altra specie del genere, non è punto dilatato all’ apice e le spinette giallastre, brevissime ma fitte, che vi sono nel Figura Ali di Eetopsocus Berlesii suo interno, lo fanno sembrare più oscuro del resto dell’ ala. Le ner- vature che lo circondano sono ben provviste di peli ed il solito uncino alla base è più oscuro e bene sviluppato ; i rami interni della radiale e della cubitale si toccano per un breve tratto. Ali posteriori jaline, colle nervature giallastre più fini, del tutto senza peli. Il ramo interno del radio e l’ interno del cubito sono congiunti da una vena trasver- sale. Zampe giallo grigie, con peli oscuri. Tibie posteriori lunghe. Tarsi ‘ di due articoli, di cui il primo è poco più lungo del doppio del se- condo, Dimensioni. Lung. corp. colle ali pieg. mm. 2.20 » ali ant. >» L.bé » corp. *. bo » anten. 1.14 Questa bella specie mi fa regalata dall’ amato mio maestro Prof. 366 NUOVO PSOCIDE Antonio Berlese al quale, entomologo egregio, riverente io volli dedicata. Egli prese un solo esemplare, dal quale ho tratto la descrizione, nel Marzo dell’anno scorso, nella sua casa in Portici (situata vicino al parco reale). La specie, più che nel genere Perpsocus, trova, per la forma del pterostigma e per la vena trasversale che conginnge nelle ali poste- ‘riori i rami interni del radio e del cubito, il suo posto in quello, for- mato recentemente da R. M° Lachlan, per l’ Ecfopsocus Briggsi, quan- tunque nella mia specie il margine costale e dorsale non siano decisa- mente subparalleli. Questa specie si distingue subito dall’ E. Bri99s? M'’ Lachl. per la grandezza differente e per la mancanza delle macchie all’ apice delle nervature delle ali e per i peli sulle ali anteriori. Questi peli, contrariamente a quanto osserva Kolbe nella sua « Monograpnie der deutschen Psociden », a proposito del genere Peripsocus Hag. esistono pure nel Peripsocus phaeopterus St. e P. alboguitatus Dalm, però sono meno ago e non si vedono che con un forte ingran- dimento. Dal Laboratorio di Entomologia Agraria. Portici 27 Febbraio 1900 D.r GUSTAVO LEONARDI Assistente al Laboratorio di Entomologia Agraria, R. Scuola Sup. - Portici UNA NUOVA SPECIE DI TROMBIDIUM ( T. DEBILIPES) parassita, allo stato larvale, del Pachytilus migratorius L. Nel marzo ui quest'anno, si ebbero, dal Ch.mo naturalista K. Rossikoff, dell’Ufficio entomologico del Ministero di Agricoltura di Russia, numerosi campioni di larve e di adulti d’un 7r0mD diwm, in- dicato, nella lettera accompagnatoria. come parassita, allo stato larvale, del Pachytilus migratr us L., nella regione suddetta, ed infatti le larve sì trovarono abbondantissime su frammenti di ali di un Acr74i4eo, conservate in alcool. I molti adulti di ambedue i sessi mostrarono trattarsi di una bella e grossa specie nuova, della quale dò qui la deserizione, accom- pagnata da figure. Trombidium debilipes Leon. n. Sp. Rubens, longe ovatum; pedibus pareulis. Palpi articulo penul- limo interne spinulis decem vel undecim rectis. robustis praeter un- gues duas aucto, esterne spinis validioribus inferis duabus. Crista cephalothoracica vittiformi in medio areolata. Oculi sexiles. Selu- lae corporis plumosulae. Ad 5 mill. long. Adulto. Corpo ovale allungato, quasi cilindrico, salvochè più largo si vede alle spalle, alquanto più ristretto posteriormente, finchè termina rotondato-acuto all’indietro. i esemplari che io ho veduto, sono tutti molto turgidi e convessìi al dorso, tanto che mostrano solo due impressioni trasverse, assai poco marcate, delle quali una subito dietro alle scapole, ed una seconda nel mezzo del tronco compreso fra la prima impressione e l’apice estremo del corpo. Però, precisamente presso questa estremità, al dorso, vì sono alcune pliche della epidermide, molto fitte, le quali compren- dono uno spazio libero triangolare o trapezoidale, che è anche colorato 368 T. TROMBIDIUM DEBILIPES N. SP. intensamente e rivestito di pelle più resistente, quindi affatto come nel Trombidinm trigonum e Tr. ferox. Questa parte sporge sul contorno posteriore dell’addome a guisa di tubercolo. | capotorace (2) è piccolissimo, in confronto del restante corpo conico e reca gli occhi affatto sessili (0c) nonchè la cresta . metopica (Cm), foggiata a fascia larghetta, nel cui mezzo si apre una areola tra- pezoidale. I palpi hanno (3) una armatura caratteristica, poichè il loro penul- timo articolo, terminato da due robuste unghie, porta, sul dorso, alcune lunghe e robuste spine, ma ancora ne mostra altre 10 a 12 consimili, sulla faccia interna, (3 4), mentre sulla sua faccia esterna ne ha due sole (B) ma assai più forti e piantate presso l’origine dell’appendice. I piedi sono straordinariamente corti, poichè anche quelli del primo paio sono compresi oltre quattro volte nella lunghezza totale del corpo. I tarsi di quelli anteriori sono foggiati in ovale allungato. Tutto il corpo è rivestito da fitti peli piumati, come si vedono disegnati a fig. 6. Il colore, sbiadito ora per effetto dell’alcool, si vede che deve | essere stato rosso di cinabro. Gli esemplari più grossi arrivano fino a 5 mill. di lunghezza. I maschi hanno i piedi alquanto più robusti e sono più piccoli delle femmine. Larva (7, 8). Si sono ricevuti moltissimi esemplari di larve di questa specie, ammassati su parti del corpo dell’ Acridideo già ricor- dato, specialmente sulle sue ali. arve che sono tuttavia rosse di cinabro, ricordano benissimo quelle del 7. Rolosericerm, anche per la statura. Il rostro poi è affatto conforme. Il corpo è tozzo, ovale, forse il doppio più lungo che largo, di sopra poco convesso ed a superficie ondulata (7), con tenue impres- sione dietro le scapole, cioè circa a metà del tronco. Il capotorace (9) è rappresentato da un piccolo scudo (£».) semicircolare, a guisa di epi- stoma, fornito di quattro peli, a cui fa seguito un secondo scudo dor sale (Se.) meno bene definito. Il rostro è infero e tutto nascosto. I piedi sono piccoli ed armati come nelle altre specie di Trombidium. maggiori larve raggiungono circa 1,500 «. di lunghezza. La presente specie si avvicina al 7°. ferox Berl., al 7. t2gonum Herm.; ma più che altro al 7. armatum Kram. et Neum., da tutti i quali però differisce per caratteri notevoli, specialmente dei palpi © della cresta metopica. Dr GOD A 90 G. LEONARDI 369 SPIEGAZIONE DELLE FIGURE (Tav. 13) : Adulto dal dorso o Suo capotorace (Cpt.) ; A. addome; Cm. cresta metopica ; Oc. occhi ;. m. mandibole ; p. palpi; P! zampe del 1° paio; P? del secondo. Palpi; A veduto dal lato interno; B dal lato esterno, (a appendice). Tarso del 1° paio. » del 4° paio. Peli ; C del corpo; D dei piedi. Larva dal dorso. » dal ventre. » suo capotorace; 0ce. occhi; Ep. epistoma; Se. scudo dorsale. 24 OSSERVAZIONI SULL'ANATOMIA del 7RICHOPSOCUS DALII M'Lachl. Nota preventiva del Dott. COSTANTINO RIBAGA Assistente ai Laboratorio di Entomologia Agraria in Portici Ho avuto occasione di occuparmi dell’ anatomia interna del 7: chopsocus Dalii M’Lachl. e mentre sto redigendo la memoria relativa alle osservazioni fatte su questo insetto, credo conveniente disporre con brevità i risultati, che riguardano i principali sistemi ed organi, mentre del sistema tegumentale, scheletrico e muscolare dirò abbastan- za, come anche più diffusamente tratterò delle cose che quì espongo, nella nota definitiva, che sarà accompagnata da numerose figure e che vedrà la luce quanto prima. Tubo digerente Il tubo digerente non è molto complicato. Tralascio di parlare quì della faringe e passo subito all’ esofago. Questo non si distingue nettamente dalla faringe, altro, che per la mancanza di. quei forti muscoli propri di quella parte, non avendo esso che esili annulari, proprii del resto, di tutto 1’ intestino e quindi, giu- dicando da questo carattere, si può dire, che l’ esofago incomincia su- bito dopo il ganglio sopraesofageo. L’ esofago decorre diritto ed all’ e- stremità del metatorace ha una costrizione, che corrisponde al Cardias. Segue quindi il Mesenteron, che è in forma di sacco ovale allungato, che prima decorre dritto, ma poi, giunto a due terzi dell’ estremità addo- minale, ripiega in avanti raggiungendo quasi il Cardias per ridiscendere di nuovo in basso, ove, all’ altezza della prima ansa, si restringe rapi- damente nella regione pilorica, dalla quale partono quattro vasi malpi- ghiani molto allungati, senza avere nel suo decorso alcuna appendice cieca. Dopo questo restringimento segue il Postintestino, che è più o meno lungo secondo gli stadi e che può essere diviso in tre parti. Cioè nella prima, breve, rivestita di forti muscoli annulari, nella seconda lun- ghetta, mancante dei medesimi e di una terza che nel mezzo è dila- C. RIBAGA 371 ‘tata notevolmente in modo particolarissimo, per opera di sei robusti ‘fasci muscolari radiati. Questa parte dilatata è covpresa fra due por- zioni rivestite da forti muscoli annulari come nella prima parte, e 1’ ul- tima porzione, o retto, ha dei muscoli disposti in fasci a cono, che si possono considerare come retrattori del retto. Quanto all’ epitelio che riveste l’ intestino non vi ha niente di particolare. Le cellule sono pic- cole, depresse e sopra queste si estende un’ esile intima, rivestita, nel postintestino di minutissime spine rivolte all’ indietro. Nel mesointe- stino però le cellule sono cilindriche, molto alte e numerosissime. In quella regione dell’ intestino posteriore che è così allargata fra ogni due ‘fasci muscolari radianti sono compresi degli ammassi cellulari, da assomigliarsi a quelli tenuti dagli autori per Ghiandole rettali. Ghiandole salivali Ve ne sono due paia, quelle del primo paio o superiori sono ci- lindriche e nel prototorace formano un’ ansa a Z, cosicchè un’ estremità entra profondamente nella testa ove, mediante un filamento, è attaccata al cranio, e l’ altra arriva fino all’ addome. Nella parte anteriore della ripiegatura esse si restringono in un esile tubolo di scarico, che converge verso la linea mediana, senza congiungersi però con quello del lato op- posto, per sbuccare poi nel labbro. Le ghiandole del secondo paio 0 inferiori, pure tubuliformi, sono varicose e si prolungano nell’ addome più delle precedenti ove, mediante filamenti, si fissano al mesointestino. Queste non fanno l’ ansa a Z e appena passato il collo si assottigliano in un tubolo simile a quello del paio precedente e che allo stesso punto concorre; Le ghiandole del primo paio hanno una tunica propria spessa ed un epitelio pavimentoso. Nel secondo invece la tunica non è cosf ‘ spessa, le cellule dell’ epitelio invece sono molto grosse così, che de- terminano quella varicosità sopraricordata e sporgono anche all’ interno, cosicchè il lume della ghiandola appare ondulato. L’epitelio poi, in ambo le paia, è rivestito di un’ intima esilissima. Nei tuboli di scarico le cellule sono molto più piccole e depresse. Le ghiandole del primo paio segregano seta, quelle del secondo paio sembrano essere le vere salivali. Organi sessuali maschili Vi sono due testicoli ovali, addossati all’ addome e che non sono divisi in logge. I vasi deferenti sono brevi e si dirigono all’ indietro, fin quasi alla base dell’ addome poi piegano, ritornano in avanti e pe-. 372 TRICHOPSOCUS DALII netrano nel complicatissimo organo copulatore. Non ho trovato alcuna. ghiandola accessoria. L’ organo copulatore è nella parte estrema dell’ addome ed ab ventre, è piriforme e può essere diviso in due parti, cioè in una basale o anteriore ed una apicale posteriore la quale, immessa nella vagina, serve ad introdurre nella femmina lo sperma. La prima parte è circon- data da una capsula muscolare con muscoli circolari trasversali e lon- gitudinali, e si compone di quattro camere, divise per setti, il cui epi- telio sembra essere quello, che segrega uno speciale liquido, che si coa- gula con i fissativi in una massa pressochè omogenea e che si vede nelle camere. Di queste solo le due dorsali contengono gli spermatozoi e ive si capisce sboccano, vicino alla linea mediana, i deferenti, nelle altre: invece vi ha un liquido, che non ho potuto stabilire donde BIOVCARS, quando non sia prodotto solo dall’ IPO delle pareti, come ho detto prima, nè a che serva. Tutte le camere sboccano in un’ atrio, che si trova in sul davanti e che sta in souglataaie colla seconda parte del- l’ organo. Questa è costituita da un tubulo carnoso, conico, percorso: longitadinalmente da un condotto per il seme e da una robusta appen- dice spiniforme destinata a facilitare 1’ ingresso del tubulo nella vagina. Le pareti interne del tubulo sono rivestite di spinette chitinose,. dirette in basso e rivestono un foro a forma di largo 7, poichè la pa- rete anteriore sì rileva all’interno in due creste alte, longitadinali, che: chiamo lobi ventrali e che abbracciano 2 appendice anzidetta e se- parano ancora uno stretto.vano, in forma di doccia, corrispondente: alla base del 7. Questi due lobi si i nlito assieme nella linea me- diana ove sono rinforzati da una robusta squama triangolare, dentel- lata ai lati, che io chiamo radula, la quale viene a contatto dell’ ap- pendice spiniforme. La parte dorsale del tubulo, ossia le braccia del 7, viene chiusa da una parete arcuata, che racchiude i lobi ventrali e che, vista nelle sezioni trasversali, ha l’ aspetto di due lobi, che chiamo lobi dorsali, mentre invece in sezioni longitudinali sono rilievi rettili- nei. Anche questi lobi all’ apice induriscono essi pure in una robusta spina. Si comprende, che per la contrazione della parete muscolare, il. seme esce dalle camere, penetra attraverso iltubulo e quindi fuoriesce. Organi sessuali femminili Vi fono due ovari composti ognuno di quattro capsule ovariche, che contengono circa cinque uova a diverso grado di svileppo. Gli ovari hanno un breve ovidotto e questi ovidotti nella linea mediana si congiungono in un solo, che si apre nella vulva. Quivi sbocca anche: C. RIBAGA 373 'la spermoteca, che è sferica e munita di un condotto brevissimo chi- ‘tinoso, e si trova alla parte dorsale dell’ ovario. L’atrio vulvare è ricoperto dall’ arco ventrale prevulvare ridotto ‘a squametta. Ai lati di questo, procedendo verso l’ addome, havvi una squama larga, rettangolare, trasparente (vulva genitale), che ricopre un appendice spatuliforme (squama biforcata), che ha un processo stili- forme acutissimo e lungo, che nella linea mediana quasi si tocca con «quello dell’ altro lato, ed un altro processo esterno più breve. Dal- l’ estremo addome si partono ancora due processi lunghi stiliformi acuti, che passando sotto il penultimo arco ventrale si incontrano avanti l’atrio vulvare interponendosi fra le spine della squama biforcata. In questa regione vi sono tre paia di muscoli di cui uno tras- ‘verso dev’ essere un dilatatore della vulva, un altro un retrattore del retto e l’ altro un motore del)’ apofisi biforcata. Sistema nervoso Dal ganglio sopraesofageo partono i nervi, che vanno alle antenne «ed una grossa massa fusiforme che è il nervo ottico. Da questo ganglio ‘partono ancora dei nervi che vanno al labbro anteriore. Alla regione inferiore del medesimo prende origine il gran simpatico che manda ‘un grosso cordone impari mediano, che va a disporsi sopra la faringe ed altri filamenti nervosi, che vanno ai muscoli della faringe e del labbro. Segue il ganglio sottoesofageo, che in parte penetra anche nel collo, dalla faccia inferiore del quale ganglio parte un paio di nervi «che vanno al labbro inferiore, lateralmente si trovano altri tre nervi che vanno alle mascelle e mandibole. Due commissure congiungono questo ganglio con un altro grosso, ‘probabilmente composto di due, che sta fra il Meso e il Metatorace. ‘Questi due gangli, come al solito, innervano le zampe e le ali. A questo ‘segue un altro ganglio minore, piriforme, che sta alla base de!l addome, che manda all’ indietro due robusti e lunghi nervi, dai quali si dipar- tono dei filamenti, che si dividono in tre e che si distribuiscono sulle diverse parti dell’ addome. ; Nell’ addome non trovai altri gangli. Sistema tracheale Dal primo stigma toracico si dipartono due grossi tronchi tra- Lie _——m— Italia ACIREALE — Accademia di ca, Lettere ed Arti dei Zelanti. FirENzE — Accademia dei Georg > — Società Botanica Ttalinga. Gexova — Museo di Zoologia ed Anatomia Comp. della R. Uni-- versità. > —— Malpighia, Rassegna Mensuale di Botanica. >. — Museo Civico di Storia Naturale. Mirano — Società Italiana di Scienze Naturali ece. NapoLr — Reàle Istitutò d’ Incoraggiamento. » — Società dei Naturalisti. Papova — R. Stazione di Bachicoltura. , — Società Veneto-Trentina di o Naturali. Pisa — Società Toscana di Scienze Natura Parerwo — Società dei Naturalisti Salani Roma — Società Zoologica italiana. > — R. Istituto Botanico. > — R. Accademia dei Lincei. Austria Graz — da Verein fiir Steiermark. IxxsBruok -— Naturw. mediz. Verein. Paskau (Mahroa) — — Wiener entomologische Zeitung. Rovereto — Accademia degli Agiati. » — Museo Civico. Vienna — K. K. Zoologische Botanische Gesellschaft. » — I. R. Museo di Corte di Storia Naturale. Belgio a — Société Royale de Botanique de Belgique. — Société Entomologique de Belgique. lai — La Cellule. Francia Amreys — Société Linnéenne da Nord de la France. Lione — Sociétè Linnéenne. MarsigLia — Museum d’ Histoire Naturelle. Nantes — Sociétè des Sciences Naturelles de 1° Quest de la France. Naxor — Société des Sciences. Parisi — Société Entomologique de France. » — Société Mycologique. » — Ballettin anioni de la France et de la Belgique. » — Revue de Viticoltur » — Archives de Parstlgie (Raph. Blanchard). >» —— Journal de Botanique Porrrers — Le Botaniste. Remus — Société d’ Etudes des Sciences Naturelles. Rouen — Société des Amis des Sciences Naturelles. TovLouse — Revue Mycologique. > — Société d’ Histoire Naturelle. Germania _Anysrapr — Deutsche botanische Monatschrift. BerLmo — Hedwigia, Organ fiir Kryptogamenkunde. » — Lanawirthschaftliche Jahrbùcher. » — Naturwissenschaftliche Wochenschrift. » — Zeitschrift fùr Pflanzenkrankheiten. Boxx — Naturhistorischer Verein des preussischen Rheinlandes und Westfalens. BrauxscHaweIs — Verein fiir Naturwissenschaft. BresLavia — Verein fir schlesische Insektenkunde. » — Zeitschrift fir Entomologi e. «CASSEL — Beihefte zum botanischen Centralblatt >» — Centralblatt fiv Bakteriologie, Parasitenkunde und Infectionskrankheiten. » — — Verein fùr Naturkunde. _ELserrELD — Naturwissenschaftlicher Verein. FrancoFORTE #/x. — Senckenbergische naturforschende Gesellschaft. Fraxcororte 5/0. — Naturwissenschaftlicher Verein des Regierungs- Bezirks. Hacue a. S. — Die Natur. AxBurao — Verein fur Naturvissenschaftliche Unterhaltung. KieL — Naturwissenschaflicher Verein fiir Schleswig Holstein. Lipsia — Dott. L. Rabenhorst's Kryptogamen Flora von Deutschland. - >» — Zoologischer Anzeiger (Prof. Victor Carus). Moxaco — Forstlich Naturwissenschafliche Zeitschrift. Neupamm — Zeitschrift fiir Entomologie. Normerga — Naturhistorische Gesellschaft. Grecia ATENE — EM ysweyta. Inghilterra GLascow — Natural History Society. Loxpra — Entomological Society. > — Linnean Society » — Koyal Microscopical Society. » — The Entomologist’s Monthly Magazine. » — Queckett Microscopical Club. Olanda HarLeM — Archives Neerlandaises des Sciences esactes et naturelles.- Rorterpam — Nederlandsche entomologische Vereeniging. Portogallo Cormra — Boletin da Sociadade Broteriana. Russia Hersinerors — Societas pro Fauna et Flora F ennica. Prerrosurao — Archives des Sciences Biologiques. » — Societas Entomologica Rossica Spagna Maprip — Revista Trimestral Micrografica. i Svezia Srocxmorm — Entomologiska Foreningen. Svizzera Berxa — Naturforschende Gesellschaft. >» — Schweizerische entomologische Gesellschaft. Cnur -- Naturforschende (Gesellschaft. Givevra — Société de Physique et d’ Histoire Naturelle. Losanna — Société Vaudoise des Sciences Naturelles. Zoriso — Naturforschende Gesellschaft. Brasile Parì — Museu Paraense de Historia Natural e Ethnografia. Canadà HaLirax — Nova Scotian Institute of Science. Ottawa — Central experimental Farm. » — Geological and Natural History Survey of Canada. Messico Messico — Sociedad Cientifica ,, Antonio Alzate. ‘ Stati Uniti | Camerino Mass — Balletin of the Museum of Comparative Zoology. FrapeLria — Accademy of Natural Sciences. » — American Philosophical Society. Lancaster — Torrey Butanical Club. Mmwesora — Botanica] Studies. Wasmweroyn — Bulletins of Division of U. S. Department of Agri- culture. » — Experiment Stations Bulletin of U. S. Department of Agriculture » — Experiment Station Record of U. S. Department of Agriculture. » — Entomological Society. » — Famers Bullettin of U. S. Veparizioni of Agricolture. » — Smithsonian Institution. sifa — Americam Museum of Natural History. — Bulletin of the New-York Botanical Garden. Tv. HAVEN —- Su of the Connecticut Agricultural Experiment S. FRANCISCO — et of Sciènces. Uruguay Moxrevineo — Museo Nacional. Giappone Tokyo — Annotationes Zoologicae Japponenses. » — Botanical Magasine. Indie Olandesi Baravia — Koninklijke natuurkundige Vereeniging. Australia Sypxey — Agricultural Gazzette of New South Wales. x NI x \N eR ASINI 2 SN Ni 3 s, GA 4 FA si ASA VV ‘Li hf. \ N NN I BàÀ 206 A 4 DE PARINI dute VIN NR puri Ù i) ui darti pur N RI) MI AN A TA EE Ati N i x ie di NOR vt 24 A Berlese dd nat del et hth CHERMOTHECA ITALICA CONTINENS ericcata (in situ Coccidarum pilantis, praecipue cultis, in Itatia occurrentibus, obnoriarum. Il primo, secondo e terzo fascicolo di questa pubblicazione del Prof. Berlese e Dottor Leonardi, sono già usciti alla luce da tempo ed hanno incontrato il generale favore dei Botanici, Entomologi, e strìdiosi di Pa- tologia Vegetale. I fascicoli contengono ciascuno 25 specie di cocciniglie, in sito, sulla parte della pianta su cui stanno in natura, opportunamente dis- seccate. É aggiunta, per ciascuna specie, la sinonimia e un breve cenno dei danni che arreca alla pianta, del modo di evitarli e circa all’ habitat preciso. I venticinque fogli in (4.°) ‘sono assieme custoditi in apposito cartolaro e disposti secondo l’ indice contenuto nel fascicolo. Nel terzo ‘fascicolo si sono introdotte anche due specie esotiche della massima importanza, cioè I’ Aspidiotus (Aonidiello) per- niciosus e la Icerya Purchasi che si sono fatte venire di fuori. Prezzo di ciascun Fascicolo Lire it. 10 (dieci). A. BerLese E G. LeoxanpI % RIVISTA DI PATOLOGIA VEGETALE Î sì occupi delle malattie delle piante, delle cause che le pro- ducono, (sieno queste dipendenti da parassiti vegetali od animali! oppure da altre origini. Perciò gli studi di micologia ed entomologia occupano larga parte nel giornale. Seguono numerose rassegne dei lavori, sullo stesso argomento, pubblicati altrove. I Direttori Frof. Augusto Berlese, Mitglied der international, phyto- patrologischen Commission. — Prof. Antonio Berlese, foreign member of the Association of Economic Entomology, (AMMINI- STRATORE) - PORTICI.