RIVISTA DI PATOLOGIA VEGETALE SOTTO LA DIREZIONE DEI PROFESSORI Dott. AUGUSTO NAPOLEONE BERLESE Prof. di Botanica nella R. Università di Sassari E Dott. ANTONIO BERLESE Prof. di Zoologia generale ed Agraria nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici VOL. IX/ Num. 1-5 Marzo — Luglio 1900 FIRENZE TIPOGRAFIA DI FERDINANDO MARIANI Piazza Santa Croce, 23 Prezzo d°’ abbonamento annuo L, 18, SOMIMARIO del Fascicolo I, Vol. IX. — 1901. (Pubblicato, 20. Febbraio 1901) NATA Pm F A. N. Berlese. —- Monografia delle Peronosporacee . ... .<. Pag. 1 A. Berlese. — Descrizione e figura della Frombdella otiorum n. sp. <» 1 C. Ribaga. — Anatomia del Trichopsocus Dalii . <<... 0... » 150 LITOGRAFIA DEI RICORDI DI ARCHITETTURA di A. RUFFONI Litografo del R. Istituto di Studi Superiori e di Perfezionamento di Firenze Laboratorio apposito, con 1’ opera di provetti disegnatori e litogra- fi per la riproduzione dei disegni in nero e a più colori per pubblica- zioni d’ indole scientifica ed artistica. . Officina di incisione chimica a riproduzione diretta dai disegni. Firenze, Piazza S. Croce N. 20. Deposito delle pubblicazioni dei Proff, Antonio ed Augusto Berlese e dei loro assistenti, RIVIST DI PATOLOGIA VEGETALE SOTTO LA DIREZIONE DEI PROFESSORI Dott. AUGUSTO NAPOLEONE BERLESE Professore di Patologia vegetale nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Milano E Dott. ANTONIO BERLESE Professore di Zoologia generale ed Agraria nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici VOLA Mo. Bot. Garcer, 1903. PORTICI PREMIATO STAB. TIP. VESUVIANO INDICE DEL VOLUME IX A. N. Berlese. — Monografia delle Peronosporacee (Cont. vedi ol VIE Ob): e Pag 4 A. Berlese. — Descrizione e figura della Trombella le SRO SA i C. Ribaga. — Anatomia del Trichopsocus Dalii (con wi PVI LR A. Berlese. — Osservazioni su fenomeni che avvengono durante la mninfosi degli insetti me—- tabolici (con tav. VII-XIV). . . . » 177 A. Berlese. — L’accoppiamento della Mosca domestica » 345 A. Trotter. — Nuovo contributo alla conoscenza degli Entomocecidi della Flora italiana (con tav. XXV) i SATO MONOGRAFIA DELLE PERONOSPORAGEE MEMORIA DI AUGUSTO NAPOLEONE BERLESE (Cont. vedi Vol. VII, N. 1-4, 1898) Esposte la morfologia e la fisiologia delle Peronosporacee, riesce portuna, a complemento del lavoro, la illustrazione di tutte le specie conosciute, con particolare riguardo a quelle che vuoi dal lato scienti- co, vuoi da quello pratico, offrono speciale interesse Nelle ricerche che condussi per trattare adegunmente questa parte, ebbi soprattutto immenso gino: dal chiaro Prof. P. A. Saccardo, che, come altrove ricordai, mise a mia disposizione il suo ricchissimo erbario micologico, Gli esemplari “dello specie che nel presente lavoro figurano esaminate da me, e le quali furono già illustrate nelle Icones Fungorum, esistono quasi tutti nell’ Erbario suddetto, e spesso anche in gran copia e provenienti da località assai diverse e lontane, di guisa che si può dire che la parte sistematica venne elaborata quasi per intero sulla scorta delle preziosissime collezioni del celeberrimo Micologo patavino, il quale qui ancora, con quella riconoscenza che non verrà mai meno, quanto meglio so e posso ringrazio. Fra i diversi piani di classificazioni proposti dagli autori che in modo speciale si occuparono della sistematica delle Peronosporacee, più proprio, perchè raccoglie i generi secondo le affinità naturali, mi parve quello accettato dal Fischer. Presso a poco simile, ma forse ancora più semplice, è il piano che io qui sotto espongo. Peronosporacee De Bary Funghi microscopici che vivono per lo più parassiticamente sopra. piante erbacee, o sublegnose, raramente sopra piante legnose, determi- 2 PERONOSPORACEE nando malattie, o manifestazioni morbose (ruggine bianca, bolla, pel- lagra, Mildew, Mildiou, Melthau etc. Micelio annidantesi nell’ interno dei tessuti fra gli elementi anatomici, riccamente ramificato, sprovvisto di setti (almeno in principio) e provveduto invece spesso di organi speciali di assorbimento (austori, succiatoi.) xp o ramificati. Organi di riproduzione agamica dati : È pa pesta semplici, o più o meno profondamente ramificati, e che spuntano spesso dalle aperture stomatiche dell’ ospite e costitui- s una specie di lanugine bianchiccia, ordinariamente alla pagina inferiore delle foglie, oppure delle pustule pulverulente, in ambedue i easi in regioni più o meno evidentemente ingiallite, od in via di dis- seccamento. IL da conidi che sorgono quasi sempre all’ apice dei conidiofori, o delle loro ultime ramificazioni, e sono costantemente unicellulari, ovoidali o piriformi, spesso papillati e germoglianti o per tubo, o per zoospore, 0 per espulsione dell’ intero corpo protoplasmatico. Organi di riproduzione sessuale formantisi, come quelli agamici, sul micelio e costituiti . da oogoni che spuntano all’ apice di brevi rami miceliali, 0 più raramente sono intercalari, e contengono un plasma che si raccoglie costantemente in un’ unica oosfera, mentre un residuo di protoplasma (periplasma) rimane inutilizzato nella formazione dell’ oosfera. II. da anteridi che gf ordinariamente in numero di uno, alla base dell’ oogonio, si addossano a questo e versano, a contatto dell’ oosfera, parte del loro us. in seguito a che l’ oosfera si tra- sforma in oospora con doppia parete di cui 1’ esterna (perinio) è grossa, robusta, spesso papillata, o provveduta di costole salienti, e di colore giallo d’ oro carico, oppure manca ed allora è sostituita dal periplasma condensato, colorato in giallo bruno, e dall’ oogonio la cui parete si è notevolmente ispessita e colorata in giallo più o meno carico. CARATTERI DELLE SOTTOFAMIGLIE I. Planoblastae La riproduzione agamica ha luogo per mezzo di zoospore che si formano o in sporangi, che rimangono aderenti al micelio, oppure, più ipa ecuagorini in conidi RRdeDeraRi) caduchi. NERI È. A. N. BERLESE 3 II. Siphoblastae a riproduzione agamica ha luogo per mezzo di conidi i quali germogliano coll’ emissione di un tubo miceliale, e sono omologhi ai zoosporangi caduchi delle P/anoblastae. PROSPETTO ANALITICO DEI GENERI () A. Conidiofori, o sporangiofori, affatto indistinti dai fila- menti miceliali. Presenza di sporangi, o conidi, i dere puri per zoospore. I primi rigettano l’ in ro- toplasmatico, raccolto in massa Deb che si riveste di membra indi si “sibi in zoospore. 23 porangi, filiformi; “dia o glo ythium €) GE B. Conidiofori non profondamente Sani dai filamenti miceliali però bene distinti da questi, per posizione e forma, semplici o scarsamente ramificati. Assenza di sporangiofori e di sporangi. Conidiofori clavati, brevi, sottocutanei, da ultimo emergenti per rottura dell’ epidermide, strettamente addossati gli uni agli altri, mai ramificati. Conidi sferoidali, o cuboidei. Cystopus $$ Conidi "gr od in seguito anche pleurogeni, mai catenula Con oto sig lunghi, sorgenti ordinaria» mente attraverso le rture stomatiche, semplic oppure poco Lia mai con rami calca dito: tomiche. Conidi ovoidali, o piriformi. Phytophthora ‘C. Conidiofori assai i dai filamenti miceliali. $ Conidiofori non ramifice nidi inseriti fa apice di dentelli lunghett: esilissimi, la ti all'apice ingrossato di rene semplici, eretti. Basidiophora (1) Non figurano nella presente chiave i generi Ch/orospora e Drepa- | noconis che non furono fin qui largamente illustrati, ed a me sono noti sol- ro. (2) La trattazione di questo genere, farò allorquando avrò condotto a termine lo studio, sopra materiale vivente, almeno delle più interessanti spe- cie ad esso appartenenti, poichè dal materiale d’erbario non si e ottenere PERONOSPORAUEE $$ Conidiofori più o meno riccamente ramificati. ò Ramificazione non strettamente dicotomica. + Conidiofori persistenti. Plasmopara? + Conidiofori fugaci. Selerospora dò RASO strettamente dicotomica. Conidiofori i rami rigonfiati all’ estremità libera a guisa di timpano. Conidi papillati all’ apice. Bremia Conidiofori non rigonfiati all’ estremità libera dei rami. Conidi non papillati all’ apice. Peronospora r Alla sottofamiglia Planoblastae appartengano i generi Pythium, Cysto- Us, Phytophtora, Basidiophora, Plasmopora, Selerospora, i cui conidi o- sporangi germogliano spesso per zoospore ; alle ,Siphoblastae appartengono: soltanto i due ultimi generi Bremia e Peronospora che hanno conidi r- moglianti soltanto con un tubo, Gexere CYSTOPUS Léveillè (1847) Questo genere venne fondato dal Léveillé nel 1847 sopra la 7redo candida del Persoon, la U. Portulacae di De Candolle, la U.. cubica di Strauss e la U. Bliti di Bivona-Bernardi. Verne in seguito: accettato integralmente dal De Bary, dal Fries, dal Tulasne, dal Fuckel: indi da tutti gli autori viventi. In questi ultimi tempi il Magnus sollevò la questione che il genere A/bvg90 di è venne Bosso Pt i Cystopus candidus’ (Albugo candida) e quindi dov que e essere sostituito a quello di Cysfopus. Quifiche anfore ro Ton VE vedute del Magnus, però se queste sieno veramente attendibili, e tali da far abbandonare il nome: Cystopus, io altrove in questo lavoro ho dimostrato, per cui qui mi limito ad accettare il nome sancito anche dal lunghissimo uso. Il genere Cystopus ha rappresentanti non molti, ma però assai diffusi, i quali si limitano ad intaccare poche famiglie di piante. Così vediamo il C. candidus preferire le Crocifere, il C. Tragopogonis le Composte, il C. Blt: le Amarantacee. Mentre però da un lato la ma specie si spinge anche sulle affini Capparidee, il C. 7ragopogonis rinviensi pure sulle Convolvulacee. Molte specie, principalmente di Crocifere e di Composte, sono intaccate dai rispettivi Cysfopus, e so- prattutto esercitano questi parassiti una larga sfera d’ azione. Così in = semenzaio di Crocifere sul quale siasi sviluppata la ruggine bianca, non è troppo agevole, dopo ong tempo dall’ infezione, il rinvenire una- pianticella perfettamente sana x A. N. BERLESE 5 TI micelio del Cysfopus è costantemente intercellulare, riccamente È: ramificato. Troppo ho parlato di quest’ organo nella parte aree per È intrattenermi ancora su di esso qui. Basterà aggiungere e elle “parti in via di sviluppo esso esercita ca olta. un’ azione princi così da determinare nelle medesime uno sviluppo ipertrofico. In tal «guisa le silique della CapseZta e d’ altre dniita intaccate dal Cystopus mo una forma e dimensioni, che assai si allontanano da quelle , norma 3 a il De Bary, il micelio di AO almeno del Cysto- pus candidus, non si svolge se la zoospora non viene a trovarsi sui cotiledoni di quelle piante che sogliono esser assalite dal parassita. In e Bary seminando le zoospore di C. candidus sopra 9 foglie e gambi di Crocifere, ordinariamente infette dalla ruggine ‘bianca, osservò bensì la formazione del tubo di germinazione, ed ancora ‘constatò che quest’ ultimo penetrava attraverso gli stomi di questi «organi, però il micelio non si sviluppava, e l’ infezione non aveva se- «guito. Al contrario cospargendo con dette zoospore la superficie dei b. «cotiledoni della medesima pianta, 1’ infezione si manifestava, non solo «sui cotiledoni ma ben’ anco sulle foglioline, ed a poco a poco il micelio Bi invadeva tutta la pianta. 4 ì lettore tosto si affaccia l’importanza di queste osservazioni «anche per la cura contro le malattie prodotte dai Cysfopus, poichè la profilassi dovrà esser rivolta alle piantine embrionali, non alle piante adulte. Però è ancora da notare che il De Bary fece queste sue ricer- «che soltanto col Cys/opus candidus, e forse quindi come questo po- tranno comportarsi le. altre specie appartenenti a questo genere, mentre «è ben noto, e l’ osservazione giornaliera lo dimostra irrefutabilmente, che tutte le altre Peronosporacee possono determinare infezione in tutti i periodi di sviluppo della pianta ospite La stessa Peronospora murasitica che abbonda sulle medesime *Crocifere assalite dal Cysfopus, ce ne offre un buon esempio Io ho tentato con adatte colture di confermare il fatto esposto «dal De Bary, però fino ad ora non posso rigorosamente pronunciarmi poichè, mentre ebbi alcuni risultati che in apparenza danno ragione ‘De Bary, altri ne ottenni che si o opporrebbero ai dati esposti da questo egregio autore. Quanto mi pare che si possa asserire, senza tema di compromettere la verità, si è che | cage anche se non avviene rigorosamente pei soli cotiledoni, come il De Bary vuole, certamente ha luogo allorquando la pianta è giovanissima, mentre non si verifica, — anormalmente, nelle piante adulte. Ciò pu cir ariani il fatto da i parecchi a autori osservato che le piatto da a ystopus anche se © - 6 PERONOSPORACEE attorniate da individui della stessa specie, non trasmettono la malattia ai medesimi che si mantengono sani quantunque possano ricevere una grande quantità di conidi di Cysfopus, e si possano verificare intorno: ad essi condizioni favorevoli allo. sviluppo della malattia. I conidiofori si formano al disotto dell’ epidermide dell’ organo invaso, e da filamenti miceliali che in prossimità dell’ epidermide stesso si ramificano abbondantemente in senso perpendicolare, o quasi, alla superficie epidermica. Queste ramificazioni che a poco a poco si differenziano in altret- tanti conidiofori, producono al loro apice una catenella di conidi nel modo esposto nella parte generale di questo lavoro, conidi che facendo pressione sull’ epidermide, lo sollevano a volta, ed infine ne determi nano la rottura ; oppure questa avviene allorquando la foglia è dissec- cata, per cui le pustole in tal caso rimangono intere fino a sg età. I conidi, globosi o cubici, provveduti di un esosporio non troppo sottile, e non di rado anzi rinforzato trasversalmente da un anello di callosio, più o meno sviluppato, come vedemmo più sopra, sono costan- temente incolori, e germogliano per mezzo di zoospore bicigliate. L’ ul- timo della catenula, cioè il primo formato, è spesso srl Nine germina emettendo un tubo miceliale) e di dimensioni maggi Gli oogoni si rinvengono negli spazi intercellulari degli ‘organi infetti. Possono formarsi nelle foglie e nei cauli, od anche nei petali. In alcune piante però non si rinvenne fin qui che la forma conidiale. L’ oospora è quale la descrivemmo parlando in generale degli organi .sessuali. Dobbiamo dire qui che in qualche specie (C. Tragopogonis), la forma degli ispessimenti centrifughi di cui è provveduto l’ esosporio non è costantemente la medesima in tutti i casi. Infatti talvolta sono dei rilievi intrecciantisi a rete, così da limitare degli spazi esagonali abbastanza rego olari, gli ispessimenti che si osservano sull’ esosporio. In altri casi sono punte ggiature, ossia verruchette più o meno acute che tappezzano i il detto esosporio, dando al medesimo un aspetto assai diverso dal primo, e tale da giustificare l’ istituzione di una specie (C. spinulosus) se fosse costan Osserviamo in alcune specie (C. candidus, C. Portulacae), Van- teridio addosesto all’ oogonio, spesso anche quando la ocospora è ma- tura. In altre speeie invece (C. 27) (almeno nei casi da me osser- vati) quest’ organo sembra più fugace, per cui difficilmente lo si rin- viene negli organi che hanno portato a maturità |’ cospora. La pene- | trazione del tubo anteridiale nell’ oogonio è evidente qui, ed è pure evidente una divisione del plasma anteridiale in due parti (gonoplasma ed jaloplasma). Il tubicino anteridiale quivi è perforato. Come si com- A. N. BERLESE 1 portino i nuclei nell’ atto suddetto, ci è noto da quanto esposi nella È parte generale. a Do ora la diagnosi e Ja sinonimia del genere e di tutte le specie î conosciute corredando queste ultime di quelle osservazioni che lo studio diretto degli esemplari vivi e di erbario, ed il consulto delle opere mi suggeriscono. vigne Lév. Sur les Uredin. in stre Sc. Nat. 1847, p. 871. Berl. et ni in Sace. Syll. VII, p. 233 Schroet. Krypt. fl. Schles-Pilze p. 231 Fischer Phycom. p. 215. Berl. Icones dune -Phycomye. fasc. I, i Mycelium ramosum, inter cellulas plantae hospitis serpens, hau- storiis parvis, vesiculiformibus praeditum. Conidiophori prin spie cylindracei vel clavulati, obtusissimi, epidermide tecti, mycelicis fasciculati, in soros pulvinatos copiosissime di | sa catenulas conidiorum gerentes. Conidia globulosa vel subcuboidea, aut omnino conformia et per zoosporas germinantia, vel difformia, plurima 1 hyalina zoosporipara, pauca autem in monili terminalia membrana bi: crassiori, saepe lutescente cincta aut germinando tubum simplicem b. protundentia aut sterilia, membrana conidiorum hyalina laevi, aequali 9 vel in parte media ga cireumcirca intus annulatim incrassata. Oogo- s nia globosa, semper e membrana tenui, hyalina formata. Oosporae a globosae perinio sopito; reticulato, verrucoso vel papillato, exina F plus minus incrassata, vix lutescente. Anteridia clavulata. Sori epider- mide plantae nutricis primo tecti, dein epidermide erum mpentes et conidia matura, pulverulenta dispergentes, magnitudine varii, saepe confluentes, candidi vel lutescentes. i (1) Assai recentemente lo Stevens pubblicò (Bot. Gaz. Sept. 1899) un accu- rato lavoro sullo sviluppo degli organi sessuali e fecondazione in Cyst. Sing Questo egregio autore conferma in gran parte i risultati cui giungemmo il ager ed io circa lo sviluppo dell’ oogonio e dell’ anteridio, la pastore dell’ oosfera, la mitosi dei nuclei oogoniali etc. in altre Peronosporacee. Giun- ge però a conclusioni nuove allorquando tratta del comportamento dei nuclei anteridiali, i quali in C. Bliti si dividerebbero mitoticamente nell” anteridio sul quale conto sancire i risultati cui egli giunse; intanto, mentre gli invio ancora i miei migliori ringraziamenti, sono lieto di poter aggiungere nel mio lavoro la presente nota a complemento di quanto fu esposto circa i pra - intimi della sen nelle Peronosporacee. 8 PERONOSPORACEE CHIAVE ANALITICA DELLE SPECIE DEL GENERE CYSTOPUS A. Conidi con parete di uniforme es (Aequales) $ conidi tutti eguali tra di lor ira LIRE — Nelle foglie delle Croci- fere ovun C. candidus Conidi pera Nelle foglie delle Convol- vulacee in America, Francia etc. princi via Ip Conidi lenticolari. Nell’ Eupatorio in Brasile C. brasiliens Conidi LL In una Piperacea all’ Equato C. tropicus $$ Conidi difformi (i terminali sterili e diversi dagli altri Perinio reticolato. Nelle Porcellane ovunque. C. Portulacae Perinio papillato. Nelle Spergularie in C. Lepigoni TOpa. B. Conidi colla parete rinforzata e da una altri. Nelle Composte ovunque. C. Tragopogonis nidi sterili appena più lunghi degli altri. Nelle Spore ius in America. C. Convolvulacearum sterili minori degli altri che sono i inibutamente punteggiati. Nelle Boheraviae in Ameri C. Platensis $$ Conidi q quasi globosi, od obovoidei, o elittici. | Conidi sterili minori degli altri. Nelle Amarantacee ovunque. C. Bliti Conidi sterili maggiori degli altri. Nella Tillea in America. C. Tilleae Conidi con sun liscia. Nelle Soliva in America del Sud. C. Solivae Conidi colla parete. minutamente ilipetula: Nell’ Euforbia in Persia. C. Euphorbiae Le Le La membrana dei conidi conserva per tutta la sua superficie interna la medesima grossezza, non vi sono quindi ispessimenti, bensi essa è uniformemente sottile. A. N. BERLESE 9 CYSTOPUS CANDIDUS (Pers.) Lév. (1) (fig. 1 A. B)) Synon. Cystopus candidus Lév. in Ann. Sc. nat. 3 Ser. VIII, p. 371. De Bary Devel. Champ. paras. p. 130. Fuckel Syn. p. 72, Iourn. of Bot. V, p. 111. Wint. in Hedw. XVIII, p. 116. Lambotte Fl. Myc. Belg. II, p. 103. Zalewski Bot. Centr. 1883, p. 224. Berl. et De Ton. Syll. Phycom. in Sace. Syll. VII, p. 234 Schroeter Pilze Schles. p. 233. Comes Critt. Agr. p. 59. Berl. Parass. veget. p. 65, Fischer srt Flora-Pilze, p. 418. Mangin Desarticulat. des conid. Peronosporac. p. 5. Oud. Rév. Champ-Pays-Bas, II, p. 10. Berl. Ic. Fungor. Peronosp. p. 6, Tab, I et Tab. II fig. 1. Aecidium candidum Persoon Syn. Fung. p. 233. Gmelin Syst. nat. Linn. II, p. 1473. oa so "i, 5 9 CÈ È è E è s | Q “i so) ‘i Cystopus sphaericus Bonord. in Rab. Fungi eur. n. 186. Cana ia Schlecht. Fl. Berol. II, p. 117. Uredo Cheiranthi Pers. Syn. p. 224. Cystopus Alismatis Bon. in Bot. . Zeit. 1861, p. 193. Cystopus Capparidis De Bary. Devel l. c. p. 130. Berl. et De Ton l. c. p. 236. Uredo candida et U. Capparidearum Rab. Krypt. sn n da 13. Cyst. Alismatis Bon. Bot. Zeit. 1861 p. 192. C. cand. f. Ali- r. Com. Rel. Lib. p. 16 (2) C. sibiricus Zal. Bot. Centr. 1893, p. 222. pena "damit Magn. Per. Brand. p. 61 Swingle Per. Div. Pat: in Iourn. of Mye. VII, p. 110. EXSICCATA Albertini et Schweinitz n. 366, 367. — Desmazieres Pl. Crypt.Fr. Ed. II. n. 481, 1079. — Fuckel Fungi Rhn n. 44. — Krieger Fungi saxonici 838, 339, Linhart Fungi Hung. exsicc. n. 90, 292, 391. — Rabenhorst Herb. myc. ed. I, n. 792, 898, 899, 1097, 1098, ed. II, n. ‘368, — Schneider cgil Schles. Pilze. 66-75, 168-174, 285, 357, 358. — Sydow, Myc. march. 332, 2028. — pria exsic. fasc. 3, n. 125. Thuemen Fungi austr. ta 427-480, 640-642. — Thuemen Mycotheca Univ. n. 51, 621, 1016, 1214, 1314. Oudemans Fungi Neerland. "Exsico. n. 65, 66, 67. — Vize Microfanghi Brit. (Exsice.) n. 48 — Schroeter Pilze Schlesien (Exsicc ) n 345. — Spegazzini Dec. Myc. Ar- (1) Per questa, come per le altre specie, cito soltanto nelia sinonimia le opere principali, dove si trova descritta accuratamente e quelle nelle quali figura sotto nomi non ac i (2) Fra le piante ospiti non ago I Alisma poichè il Bonorden (e forse il Spr ntiverner ritenne appartenenti ad Alisma i grossi pezzi di foglie di e S aa Fischer pra p. 419 e > Zalew. Bot Centr: psoa ngi -; 10 PERONOSPORACEE gent. (Exsicc.) n. 35. — Cavara Fungi Longobard. exsic. n. 6. — Roumeguère Fungi Gall. exsicc. n. 149, 8109, 2147. — Saccardo Mycoth. Veneta n. 392. — Eriksson Fungi paras. scand. n. 49, 100, 333, a-b. — Cooke Fungi Brit. ex- sicce. n. 818, 529. — Ellis et Ev. North. Am. Fungi (Exsicc.) n. 2420. — Ra- benhorst Fungi eur. (exsicc.) n. 136, 186, 482, 4165 d, 1878, 2014, 2875, 3174, — Ellis North Am. Fung. (Ex) n. 204. — Allescher et Schnabl Fungi bavarici (Exsicc.) n. 174. — Kunze Fungi sel. exsice. n. 55. Br. et Cav. Fungi par. Piante colt. n. 201. Shear New York Fungi, n. 199 Soris erumpeatibus, albis vel pallidissime luteis, magnitudine for- maque variis, haud raro confluentibus; coniodiophoris, clavulatis; co- nidiis omnibus conformibus, globosis vel globoso-angulatis, 12-18 p. diam. membrana circumeirca aequali, hyalinis ; oosporis globosis, 30-50 p. diam., perinio verrucis crassis, irregularibus, subinde brevibus, saepius plus minusve elongatis, quandoque etiam confluentibus vageque curvis vel flexuosis ornato, luteo vel castaneo-brunneo. ab. 2n foliîs, caulibus, floribus, petiolis, pedunculis et radici- bus plantarum plurium praecipue Cruciferarum e. g. Barbareae vulgaris, B. strictae, B. Cyratae, rasi rupestris, Capsellae, Bursae=Pastoris, Cardaminis hirsuti, C. capensis, C. amarae, C. stylosae, C. africanae, O. pratensis, C. Livio Dentariae diphyllae, Thlaspeos per- foliatae, T. arvensis, T. alpestris, T. cepaefoliae di T. rotundifoliae, Brassicae nigrae, B. Napi, }}. oleraceae, B. Rapae, Raphani sativi, . Raphanistri, Cochleariae anglicae, C. La C. Armoraciae, Camelinae sativae, C. microcarpae, Nasturtii officinalis, N. sessiliflori, N. amphibii. N. palu ustr is, N. silvestris, N. austriaci, Lepidii sativi, L. runcifolii, L. virginici, L campestris, L. iramigioli Berteroae in- canae, Sysimbrii officinalis, S. Sophiae, S. Thaliani, S. linifolii, S. pannonici, S. tanacetifolii cult., S. Pg Afabidis alpinae, A. Turritae, A. arenosae, A. Gerardi, A. Halleri, A. hirsutae, Corono- podis Ruellii, Drabae vernae, D. sizoidis le D. elongatae cult. D. hispanicae cult. D. pyrenaicae cult., Alliariae officinalis, Alyssi caly- cini, Biscutellae Jlaevigatae, Cheiranthi Cheiri, Diplotaxis tenuifoliae, Erysimi cheirantoidis, E. hieracifolii, E. oriontalis, Hutchiusiae alpinae, Nesleae ser tagina Sinapia arvensis, $. Cheiranthi, Teesdaliae nudi- caulis, Cleomes graveolentis, Evacis pygmeae, Senebieraa pinnatifidae, iolae incanae, in tota Europa, Africa, Asia et America (boreal. et austr.) frequens. Osservazioni. Le piante attaccate dal Cystopus candidus sono fa- cilmente riconoscibili, in seguito alle pustole che si formano principal- mente sulle foglie, ma ancora sui cauli, peduncoli fiorali, fiori e frutta. | Alcune di queste parti sotto l’ azione del parassita assumono uno svi- A. N. BEBLESE 11 luppo ipertrotico, come tra poco vedremo. Le pustule sono di colore bianco d’ avorio, e sono costituite da un leggero rialzo dell’ epidermide che cela al di sotto una sostanza bianchiecia, che si vede per traspa- renza. La epidermide si mantiene intera per buon tratto, durante la formazione della pu- stola, indi si rompe e lascia uscire la sostanza bianchiccia, che, come è noto, risulta dai ger- cole dimensioni, se iso- late, cioè raggiungono appena 1-2 mm., ed hanno un contorno ro- tondeggiante ed ovoide più o meno regolare ma più di frequente esse sono notevolmente maggiori, poichè con- fluiscono, durante lo sviluppo loro, l’una col- l’ altra, ed allora assu- mono anche forme as- sai svariate, e contorno più o meno sinuoso. In alcune Crocifere, allor- quando l’ infezione è forte, si osservano mol- te di queste macchie B sulle foglie, di preferen- Fig. za lungo la nervatura rie, e |’ epidermide al disopra di i grandi pustole è stracciata per lungo tratto. Una trasversale del diachima fogliare interessato dal Cy- stopus Qui ci mostra un micelio riccamente ramificato che scorre. — . fra gli spazi intercellulari, introduce nelle cellule pesi na austori sfe n. 12 PERONOSPORACEE ‘roidali, e verso l’ epidermide della foglia produce dei numerosi rami .che si raddrizzano perpendicolarmente alla superficie fogliare, si ingros- sano a clava e vanno a costituire i filamenti sporiferi, o conidiofori. Le pareti di questi filamenti fertili sono piuttosto sottili verso l’ alto e vanno ispessendosi in basso. Questo ispessimento il più sovente è repentino. econdo gli studi del Mangin, che io ho ripetuti e confermatine i risultati, la membrana dei conidiofori manca di callosio ed infatti trattati .con una mescolanza di bleu solubile e di bruno vesuviano acido, essi conservano incolore la loro membrana, mentre sotto 1’ azione dell’ acido fostorico jodato acquistano una tinta azzurro-bluastra carica, meno al- l’apice che rimane quasi incolore. Un fatto ricordato dal Mangin, e rilevato da me pure, si è che gli ispessimenti interni sopra ricordati, e meglio visibili come dissi, alla base del conidio, od almeno nella feti inferiore, hanno un comporta» mento affatto contrario coi nominati reagenti, poichè essi si colorano in bleu con una mescolanza di bruno acido e bleu solubile e rimangono incolori al contatto dell’ acido fosforico jodato. Dobbiamo quindi rico- noscere che essi sono di callosio puro. Ciascuno di questi conidiofori peo all’ i una catenella di co- ‘nidi sferoidali, sviluppatisi successivamente che sono separati l’uno dal- di ch l’altro da quello speciale istmo caiidato che abbiamo altrove ricor- dato, e che essendo solubile nell’ acqua, scompare non si tosto questa venga a contatto colle pustole rotte di Cysfopus, di guisa che i conidi “vengono poi posti in libertà. Le iran possono comprendere un mag- gior o minor numero di membri, secondo 1’ età della pustola e lo stato della medesima. In quelle che sono ancora ricoperte dall’ epidermide sana della pianta ospite, una sezione trasversa, veduta nell’ alcool o nel- l’ acido acetico, mostra catenelle composte anche di 10-12 conidi. Quivi tutti i conidiofori sono in attività, per cui conviene concludere che non si arresti ai numeri citati la quantità dei conidi che un solo conidioforo può produrre. Però la formazione di conidi dopo un certo tempo cessa, ed il conidioforo vuoto di contenuto a poco a poco muore, come si può agevolmente vedere in sezioni, tratte da grosse pustole, vecchie e nelle quali l’ epidermide della pianta ospite che le copriva si è rotta da tempo. I conidi del Cysfopus candidus sono estremamente piccoli, poichè — misurano appena, in media 12-18 p. di diametro, hanno parete uniforme, vengono sparsi con grande facilità dal vento e si diffondono quindi ra- pidamente. Germogliano allorquando vengono in contatto con acqua, ed allora il contenuto loro si divide in 5-8 porzioni, ciascuna delle quali riceve uno dei nuclei che dal conidioforo è passato nel conidio. Queste porzioni, per rottura della parete conidiale, escono riunite in una massa A. N. BERLESE 13 unica, poi si separano e si vede allora che sono altrettante zoospore, hanno cioè forma rotondeggiante o più spesso ovoide, portano due cigli sottilissimi, uno rivolto verso la parte anteriore, |’ altro verso quella posteriore, nuotano vivacemente nell’ acqua per qualche tempo, indi si fissano, ed emettono un tubicino che se viene a contatto con uno stoma di un cotiledone di adatta pianta ospite, vi penetra ramificandosi poi riccamente e formando un nuovo micelio. A questa generazione conidiale, od agamica, si aggiunge nel Cy- stopus candidus quella cogonifera o sessuale, di cui già trattai a lungo nella parte generale. Mi basterà dire che gli oogoni si formano ordina- riamente nelle infiorescenze, ‘o nei cauli delle paseso attaccate. Gli 00- goni sono sferoidali, e contengono a maturità un’oospora provveduta di perinio grosso con riaba tubercolari, o con creste spesso sinuose. Queste oospore, di colore giallo dorato carico, non germogliano che nella pri- mavera dell’ anno seguente a quello in cui furono prodotte, e come al- trove ricordai, mediante formazione di un gran numero di zoospore si- mili a quelle prodotte nei conidi. iù sopra ho accennato agli sviluppi ipertrofici e deformazioni che induce talvolta il Cysfopus candidus in determinati organi della pianta ospite in via di accrescimento. Non è raro infatti il caso di os- servare in Crocifere o Capparidacee intaccate da questo parassita, o la. rachide dell’ infiorescenza o più frequentemente qualche fiore, o frutto, singolarmente desc ed irregolari nella forma. Più di frequente si-. mili alterazioni si notano in specie dei generi Capsella, Cochlearza, Brassica, Misia fini Senebiera, Raphanus, Sinapis,- Capparis etc. e furono dal lato morfologico ed anatomico studiate da parecchi autori fra cui Frank, (1) Criò, () Sorauer, (3) Rostrup (4) Wakker ©) Agg = nrtar 7) Magnus. (8) ‘ Siccome il Cysfopus candidus intacca le pianticine as- sai Pe come sopra si disse, così può recar danno nei semenzai (1) Frank Die Krankheiten der Pflanz. II Aufl. p. 83. (2) Criè Traitè de Botanique p. 1015. (8) Sorauer Handb. d. Pflanzenkr. p. 185. (&) Rostrup. in Rev. Mycol. 1886, Pp. 24. (5) Wakker Unters. ueb. d. Einfl. paras. Pilze auf ihre Nihrpf. (Prings:. Iahrb. Bd. XXIV p. 517). (6) Peglion Studio anat. ipertr. Cyst. cand. in Raph. deci (n Riv-Pat.. veg. Vol. I). (7) Tubeuf Pflanzenkrankheiten p. 147. (8) Magnus Ueber den einfluss den die vegetat. ciniger paras.. Pilzo in' dor Elttho eo. (erh. Bot, Ver. Prov. Brendob, XXIT, 1801); | 14 PERONOSPORACEE di cavoli ed altre Crocifere. Occorre perciò estirpare le piante ammalate e le Crocifere spontanee affette dal parassita, allo scopo di impedire la diffusione delle oospore le quali determinerebbero una nuova infezione all’ affacciarsi della successiva primavera. Nelle piante adulte la malattia prodotta dal Cys/opus candidus non reca danni rilevabili, anche pel fatto che è raro il caso che molti individui sieno affetti, e quelli che lo sono, non possono, a quanto sembra, trasmettere la malattia ai sani già in pieno sviluppo. così non è nemmeno il caso di invocare una cura profilattica a base di trattamenti con soluzione di sali di rame, poichè questi tratta- menti, allo scopo di riuscire veramente proficui, dovrebbero essere fatti nelle piantine appena svolte dal terreno, onde uccidere le zoospore che eventualmente venissero a formarsi alla superfice dei cotiledoni. Però se realmente in tutti i casi, e per tutte le piante sulle quali il Cystopus candidus suole vegetare, sia possibile 1’ infezione soltanto attraverso ai cotiledoni, non è ancora confermato, come dissi, anzi alcuni fatti da me rilevati deporrebbero in contrario, per cui ancora l’ argomento ha bi- sogno di nuovi studi. CYSTOPUS IPOMEAE-PANDURATAE (Schw.) Farl. Syn. Aecidium Ipomeae-paaduratae Schw. Syn. Car. n. 454. Cystop. cubicus f. Convolvuli Berk. in Grev. III, p. 58. Cystopus Convolvulacearum Otth sec. Zalew. Bot. Centr. 1883, p. 223, Fischer. Phycom. p. 419 (non Speg.) Cystopus candidus f. Convolvuli Berl. lc. Fung. Peronosp. p. 7 Cyst. Ipom. pand. Farl. in Bot. Gaz. 1889, Stew. Kansas Peron. p. 67. Stev. et Swingle List. Kans. Per. 2. Trans. 20 th. and. 21 st. meet. Kans. Acad, Sc. Vol. VI, p. 67. Albugo Ipom. pandur. Swingle Peron. Div. Pat. veg. in Iourn. of. Mye. VIL p.112. Soris albidis, rotundis, vel elongatis ; conidiis conformibus, cuboi- deis, 15-18 4. d., membrana aequali, levi cintis, hyalinis ; oogonis forma valde irregularibus, 45 4. d. pariete undique subtiliter papillata ; oosporis globosis, 25-50 p. d., perinio verrucis crassis, plus minusve elongatis, saepe sinuosis da tubere »uliformis praedito instructis, luteis vel brunneo-lutescentibus. ut da foliis calibusque Ipomeae hederaceae, I. lacunosae, I. , I. panduratae, I. leptophyllae, Conrolvali siculi, C. retusi, c, porn in pluribus locis Americae boreatis nec non in Galllia australi et < Guadalupa » (Cfr. Fischer et Svingle Il. ce.) Sono dell’ opinione del Farlow di porre in sinonimia del C. Zpo- meae il C. Convolvulacearum Otth, anche pel fatto che quest’ ultimà ae RARE SEI AO E RI ANA ce SETTA saio cla TR al nei gle oe PIA ER A. N. BERLESE 15 specie, almeno secondo Zalewsky e Fischer, appartiene alle « aequales » ed e provveduta di oospore con perinio a verruche tubercoliformi od allungate è sinuose, che l’ avvicinano assai al C. candidus, quantunque |. secondo il Farlow cite verruche sieno molto meno prominenti di quelle del C. candid L’ omonimo C. {AE dello Spegazzini poi, come più avanti sarà esposto e cioè nella trattazione del C. Tragopogonis, è una specie molto bene distinta dalla presente (almeno a quanto risulta dalla descrizione del C. Ipom. pand.) ed appartiene all’ altra sezione « annulati >, quindi si avvicina di più al C. 7ragopogonis. È bensì vero che la forma conidiale del C. Ipomeae-pandur. io non potei esaminare, però nella fede degli autori che ne trattarono, io ritengo questa specie a conidi con parete priva dell’ ispessimento anulare. Tut- tavia la forma cuboidea dei conidi ricorda il C. cudicus (C. Tragopogonis) mentre la struttura del perinio avvicina notevolmente la specie su descritta al C. candidus, così che il Fischer si espresse nel seguente modo a tale proposito (p. 419) «< Stehet dem C. candidus sehr nahe >. Nella suesposta sinonimia non figura il C. cudicus f. Convolvuli di Ellis ed Ev. (N. Am. Fungi exsicc. n. 1809) poichè dall’ esame degli esemplari pubblicati da questi egregi autori, mi risulta trattarsi piuttosto di C. Convolrulacearum Speg. (1 CYSTOPUS BRASILIENSIS Speg. n. Cystopus brasiliensis Speg. Fungi ne Pug. I, p. 101. Sace. Syll. dle; 341. Berl. Ic. Fang. Phycom. fase. I, p. Maculis amphigenis, minutis, 1-2 mm. d., saepe confluentibus, (1) Il Cystopus Ipomeae-panduratae determina delle ipertrofie (ed ecco altro carattere a favore della maggiore affinità con C. candidus) nei cauli; nelle regioni ipertrofiche si rinvengono copiose le 00s ; Sarebbe caratteristica di questa specie la conformazione della parete cogoniale. In nessuna Peronosporacea sono noti oogoni papillati: in questa specie il Farlow asserisce che la parete dell’ oogonio è rialzata in papille ottuse. Soltanto nella Plasmopara megasperma io rinvenni cogoni con parete fortemente ondulata, cioè provveduta di depressioni e rialzi assai pronun- 16 PERONOSPORACEE subindeterminatis, superne obscure fusco-purpurascentibus, inferne sor- dide subferrugineis ; acervulis hypophyllis, irregulariter suborbiculari- bus, minutis 0,5-1 mm. d., diu epidermide velatis, dein erumpentibus, subpulverulentis, albis, in maculis solitariis vel 2-3 gregariis, saepe con- fluentibus ; conidiis catenulatis, omnibus forma magnitudineque aequa- libus, lenticularibus h. e. e fronte discoideis, 20 &. d., e latere com- pressis, 10-14 p. crassis margineque crasse truncato, episporio hyalino, crasso, laevi vestitis ; oosporis non visi Hab ad folta viva Eupatorii obigoni in dumetis prope < Aphia- hy » Brasiliae aut. 1888. Non ho esaminati gli esemplari raccolti dal Sig. Dott. Puiggari e studiati dal Sig. Prof. Spegazzini, e perciò questa specie brasiliana mi è sconosciuta. La diagnosi suesposta però racchiude caratteri tali che fanno ritenere questa specie bene distinta da tutte le altre. Più special- mente è la forma dei conidi quella che caratterizza il presente fungillo. Infatti appartiene esso alla sezione delle specie 4eguales, non solo ma è la sola specie, almeno fra quelle che io ho potuto esaminare, che presenta conidi compressi lateralmente, così da riuscire lenticolari. Secondo il chiaro Spegazzini sarebbe assai affine questa specie al C. Tragopogonis, però da questo si staccherebbe sopratutto pei carat- teri dei conidi che sopra ho ricordato. CYSTOPUS TROPICUS Lager. Syn. Cystopus tropicus Lag. Bull. Soc. Myc. 1892. pag. 113. Sace. Syll. p: 242. Berl. Ic-Fung. Peron. p. 9. Soris hypophyllis, submagnis, numerosis, candidis ; conidiis ovoi- deo-globosis, 18-20 « 15-18, membrana tenui, aequali, glabra; oosporis globosis, 20-36 & d., perinio crasso, luteolo, verrucis magnis, parum ele- vatis praedito vel sublaevi. Hab. în foliis Piperaceae cujusdam « Puente de Chimb. Aequa- toriae. Io non ebbi occasione di esaminare gli esemplari studiati dal Sig. Laghereim, però dalla descrizione mi sembra che questa specie si avvicini al C. candidus dal quale si scosterebbe però sopratutto per le oospore più piccole e per il periniv talvolta quasi liscio. CYSTOPUS PORTULACAE (D. C.) Lévy. (Fig. 2 A B) ? Syn. Gr e ii nat. 3 Lev. VIII, p. 871. De A. N. BERLESE EL Bary Rech. sur le developp. etc. in Ann. Sc. Nat. 1863, IV, tome XX, p. 1831, tab. III, fig. 1-14. Schroet. Kryptog. fl. Schles. p. 2838. Berlese et De Toni Syll. Phycomye. in Sace. Syll. Vol. VII, pars. I, p. 235. Fischer in Rab. Krypt. Fl. II Aufl. Phycomycetes, p. 420. Oudem. Rèv. Champ. Pays-Bas. II, p. 10. Albugo Portulacae Magn. Per. Brand. p. 63 Swingle. Peron. Div, Pat. veg. in Iourn. of Myc. p. 111. Uredo Portulacae de Cand. FI. Fr. V. p. 88. Erysibe quadrata Wallr. Fl. Crypt. germ. II, p. 194. Uredo candida Pers. var. Por- tulacearum Rab. Kryptog. FI. I p. 13. EXSICCATA Fuckel Fungi rhen. 43. Raben. Herb. myc. I. ed. n. 1299. II ed. n. 799. Rab. Fungi eur. n. 481, 3775. Schneider Herb. Schles. Pilze 175, Thuemen Myc. Univ. n. 552 et 252 bis. Schroeter Pilze Schles. p. 346. Erb. COritt. it. Ser. II, n. 498. Ellis et Ev. North Am. Fungi Sec. Ser. n. 1808. Oudemans Fungi Nec. exsicc n. 68. Balansa P1. du Paraguay n. 8554. Ravenel Fungi Amer. exsice. n. 500 _ Fig.2 Cystopus Portulacae. Soris albidis vel vix lutescentibus, viibiotanidia vel vage sinuosis, cd cena sparsis, narra variis ; st. ioni coni- 18 PERONOSPORACEE diis difformibus, terminalibus caeteris maioribus, 20-22 4. d., episporio crasso luteolo, basi saepe umbilicata aut prorsus sterilibus vel per myce- liun germinantibus, caeteris late cylindraceis vel cylindraceo-clavulatis aut eylindraceo subovoides, episporio aequali hyalino, per zoosporas lentieulares germinantibus, 14-17 » 42-14; vosporis globosis 45-60 £ d., perinio regulariter reticulato, maclis potius regulariter penta-vel exacan- this, centro cristula, seu papilla saepe kommae ad instar formata, orna- tis, luteis vel luteo-brunneis. ab. #n foliis Portulacae oleraceae e? P. sativae #» Gallia, Italia, Germania, Belgio, Hollandia, Amer. bor. et australi (« Guarany, Pa- Len » Speg.!) et ‘Africa. uesta specie è molto diffusa, come‘lo indica |’ habitat. Fricilmente si riconosce poichè le pustole bianchicce, o traenti al giallo secondo l’ età, sono agevolmente visibili sulle foglie delle Porcellane sopra ricordate. CYSTOPUS LEPIGONI De Bary Syn. Uredo candida Pers. var. Car; yophyllacearum Rab. Krypt. Fl. F. p, 13. Erysibe sphaerica var. Arenariae Vallr. Fl. crypt. Germ. II, p. 198. Erysibe Arenariae marinae Vallr. in Rab. Krypt. FI. I, p. 13. Cystopus Le- pigoni de Bary in Rab. Fungi eur. n. 483 et Developp. ete. in Ann. Sc. Nat. Se Fung. Vol. VII, pars I, p. 235. Fischer Phycom. in Rab. Kryptog. FI. p. 420. Berl. Ic. Fung. Phycom. fasc. I, p. 7. Albugo Lepig. Magn. Peron. Brand. p 63. EXSICCATA Fuckel Fungi rhen. n. 42. Rab. Fungi eur. n. 480. Soris rotundato-oblongis, luteolis ; conidiis difformibus, terminali- bus globosis, 27-30 &. d., sterilibus ex hyalino vix brunneolis, mem- brana crassiuscula, 5 x. crassa praeditis, caeteris globulosis vel ovoiddie, 18-25 « 18-23, meno -levi, aequali, hyalina, subtili praeditis. Oospo- ris globosis, 54-63 «. d., perinio luteo-brunneo, subtiliter denseque pa- pillato. Hab. in foliîs et caulibus Spergulariae salinae (Lepigoni medii) A S.rubrae, Arenariae marinae 7» Belgio, Britannia, Germania el Austria. Osserv. I conidiofori si formano più specialmente sulle foglie, du- rante i mesi caldi (Maggio-Agosto) mentre le. ‘oospore abbondantemente si rinvengono, oltrechè sulle foglie, anche sui canli. Per la particolare conformazione del perinio questa specie ricorda il Cyst. Tragopogonis, principalmente la forma che vive sul Cirsium Co ricalca dà: ir Ce ie 1 i s Va GIRARAETTA :$ Siani C vani i+ TR E RITI Re RAEE RE FACIINE FERRO STRE I E PREIS I IBOTT SOLT TTT E VAIL IE TIE ORE A e I, NILO RO TE - ORTI OE PE Et ei co | RESSE Rao] siti vili: Dita, A. N. BERLESE 19 {C. spinulosus), però un più attento esame ci svela differenze degne di nota, mentre poi i conidi a membrana eguale offrono un carattere differenziale che agevolmente rende riconoscibile e distinguibile la spe- cie su descritta dal C. Tragopogonis Non ho avuto occasione di esaminare alcun esemplare di C. Le- pigoni, nni, esso sembri abbastanza diffuso. Quelli pubblicati negli Exrsiccata di Fuckel e di Rabenhorst non si prestarono ad un esame ei Il Chiaro Sig. Spegazzini pubblicò nei Yung? patagonici (p. 33) un Cystopus argentinus vivente sulla Spergu/aria grandis, che non vedo altrove ricordato. La diagnosi datane da questo egregio autore, corrisponde esattamente a quella della specie sopra pria se togli il carattere del perinio che finemente papillato nel C. Lepigoni, sarebbe invece Zaevissimum in C. argentinus. Siccome non ho ss a mia disposizione alcun esemplare nemmeno di quest’ ultima nese, così non mi fu possibile controllare le asserzioni del Sig. Spegazzini. Pertanto do qui sotto la diagnosi del C. argentinus che in tutti i gps vuol essere considerato come una varietà, od al più una una sottospecie del C. Lepigoni. CYSTOPUS ARGENTINUS Speg. Fungi Patag. p. 33 Soris subsuperficialibus, tumidulis, parvulis, ellipticis, 0,3-1 mm. xe gregariis, vel sparsis, diu epide ermide per aetatem Iaciniatim rupta, tobtis, albis, pulverulentibus; conidiis catenulatis, globosis vel obscure subcuboideis, 18-20 &. d., tenui tunicatis, levilros: hyalinis, granulo- so-farctis ; oosporiis in parenchymate folioram immersis, globosis, 50- 65 «. d., subopacis fuligineis, levissimis, protoplasmate hyalino, gra- nuloso e; : oogonio hyalino. Hab olia, nec non caules viros, san grandis 22 wli- ginosis “un « Bahia Blanca » Patfagoniae, aug. 18 Conidia et oogoria eodem tempore ac in colla folio vigentes. Fungilus oogonicus folio luci objecto ut macula opaca tantum conspici potest. B. Annulati. La membrana dei conidi presenta un ispessimento | ‘centripeto anulare nella regione equatoriale. CYSTOPUS rap (Pers.) Schroet. (Fig. 3 - PERE, Uredo candida B. CL ‘ers. Syn. sodi: stri La o senta Str. Wetterauer Ges. f. Naturk. Hb | Uredo obtusata sink. 20 PERONOSPORACEE Mag. Naturf. Freunde, Berlin. Observ. I, p. 4. Uredo Tragopogi Sini Cand.. FI. Fr. II. 237. Cysfopus cubicus Lév. in Ann. Sc. Nat. Ser. III, VIII, p. 871. De Bary Dév. in Ann. Sc. nat. Scr. IV, tom. XX, p. 182, va I, et II, Cystopus spinulosus D. Bary l. c. p. 133, Berl. et De Toni Phycom. in Sace. Syll. Fung. Vol. VII, part. I, p. 285. Schr. Krypt. Fl. Schles. III p. 285. Uredo candida b. Compositarum Rab. Krypt. Fl. I, p. 13. Cystopus Tragopogonis Gelincoi. Kryptog. Fl. Schles. p. 234. Berl. et De Ton. Syll Phycom. in Sace. Syll. Fung. Vol. VII, part. I, p. 234. Fischer Phycom. in Rab. Krypt. Fl. II Aufl. p. 421. Magnus Ueb. di Memb der Oospor. von Cystopus Tragop. in Ber. der Deutsch. Bot. Gesell. Band. XI Heft. 5, p. 827. Berl. Ic. Fung. Phyc. fasc. I, pag. 8, tab. V. Cyst. quadratus Kalck. et Cooke in iu Berl. et De Toni Il. cc, p. 237. Albugo Tragopog. Magn. Peron. Brandeb. p. 63. EXSICCATA Westendorp exsicc. fase. 14, n. 667%, et fasc. 7, n. 329. (C. cubicus). Ra- cubicus) n. 47 (C. spinulosus) isa er Fungi saxonici exsic. n, 146, È (C. cubicus), n. 94, 496, 496 (C. spinulosus) Schneider Herb. Schles. Pilze, 76-77, 177, 178, 359, 360 (C. cubicus) n. 78-79 (C. spinulosus) Sydow gie march. n. 2656, 3241. (C. cubicus) n. 1529, 1536 (C. spinulosus) Thueme Fung. austr. n. 431-483, 740, T41 (C. cudicus) n. 118, 4838 (C. cpinatoeno) Thuemen Mycoth. univ. n. 253, 620, 815, 1423, 1919 (C. cubicus) n. (C. spinulosus). Linhart Fungi hung. exsice. n. 392, 491, 492 (C. ar Cooke dl Fungi brit. exsice. Ed. II n. 815 (C. cubicus) n. 316 (C. spinulosus) Schroeter : Pilze Schles. exsicc. n. 348 (0. cudicus) n.3. Eriksson Fungi paras. scandinavi | n. 50-248 (C. Tragopogonis) n 849 (C. spinulosus). Spegazzini Dec. Myc. | Argent. (Exsicc ) n. 36 (C, cubicus) Spegazzini Dee. Myc. Italicae (Exsicc.) n. 99. (C. cubicus) apt et Everhart North Amer. Fungi (Exsicc.) n. 2208, 2421 (C. cubicus) n. 1809 (C. Convolvulacearum) Erbario Crittog. italiano Ser. IL n. 497 (0. Dr Vize Microfungi Britannici exsicc. n. 47 (C. cubi — cus) n. 46 (C. spinulosus) Oulemans Fungi Neerl. exsicc. n. 70 (C. cubicus) n. 69 (C. spinulosus) Roumeguère Fungi gallici exsicce. n. 1851 (0. cudicus) | Allescher et Schnabl., Fungi piero exsicc. n. 266 (C. spinulosus) Ravenel | Fungi Amer. exsicc. n. 501 (C. cudicu 0 Cid Soris magnitudine variis, subrotundis vel oblongis, albidis ver vix flavescentibus, demum pulverùlentis ; conidiophoris clavulatis ; nidiis difformibus, terminalibus ceteris plerumque maioribus, opaca depressis, ravian membrana crassà, subtus, saepe umbilicata, achroà, rarius lutescenti praeditis, ceteris zoosporiparis, breviter cylindraceis vel saepius cubi, membrana hyalina, ad medium annulo transverse 5 Fig. 3 Cystopus Tragopogonis A. N. BERLESE 21 - : incrassato praeditis, 18-22 «. d. ; oosporis perinio reticulato vel papil- lato, spinuloso h. e. tuberculis plus minus prominentibus, subinde ‘etiam vix prominulis, saepius acute spinescentibus et angulis maclaram insertis ornato, 44-65 #. diam., luteis vel luteo-brunneis. Hab. in foliis caulbusque plantarum plurium praecipue Compositarum, e. g. Tragopogo- nis pratensis, T. colorati, T. orien- talis, T. majoris, T. porrifolii, Centaureae Scabiosae, C. Taceae, C. rupestris, Artemisiae biennis, A. vulgaris, Ambriosae artemisiae- foliae, Scorzonerae hispanicae, S. humilis, S. strictae, Cirsii arven- sis, C. lanceolati, 0. oleracei, ©. palustris, C. rivularis, Filaginis apiculatae, F. arvensis, T. gallicae, F. germanicae, F. minimae, Podo- spermi laciniati, P. octangularis, Pyrethri Parthenii, Helichrysi are- narii, Inulae britannicae, I. ensi- foliae, I. salicinae, naphalii uligi- nosi, Matricariae persicariae, M.. Chamomillae, M. nobilis, Xeranthe mi cylindrici, Senecionis aurei, Tri- laciniati, Convolvali siculi, ©. retusi, C. Batatas, C. macrorrhizi, Ipomeae trichocarpae, I. hedera- ceae, I. lacunosae, I. leptophyIlae, I. panduratae, Sonchi oleracei etc. în tota Europa, Asia, Africa et America (bor. et austr.) Osservaz. Il Berkeley (1) rinvenne sulla Ipomeae trichocarpa e sul Convolvulus macrorrhizus un Cystopus che ascrisse al C. cubicus spia ro» però dal medesimo, così da fare la var. Convolwuli Nel 1883 l’ Otth (2) istituì il suo Cystopus Convolvulac ai iii alla varietà del Berkeley) sc un fungillo che (1) Berkeley in Grevillea III, p. 58. (2) Otth ssc. Zalewsky in Botan. Centralbl. 1883, XV, p. 223. ria PERONOSPORACEE crescerebbe nel sud della Francia, nella Guadalupa e nell’ America del Nord sopra varie Convolvulacee tra cui Convolvulus siculus, C. retu- sus, Batatas edutis alcune Ipomoea, come più oltre dettagliatamente vedremo. Sopra un Cystopus vivente pure sulle Convolvulacee, fondò il Rave- nel (1) la sua varietà Ipomeae panduratae del Cystopus cubicus mentre nel 1886 lo Spegazzini (2) creò il suo Cystopus Convolvu- lacearum, (ignorando forse che tale nome era stato anteriormente im- piegato dall’ Otth), sopra un fungillo da lui rinvenuto sull’ [pomea gossipioides nel Brasile, e considerato identico alla varietà del Rava- nel. E nel medesimo lavoro dello Spegazzini è pur fatta menzione e de- scritta una varietà 7727n0r di detta specie, abbastanza diffusa, come appare, anche nell’ America del sud. Alla specie Spegazziniana appar- terrebbe anche secondo me il C. cubicus f. Convolvuli pubblicato da Ellis ed Everhart nei North Americ. Fungi al n. 1909, il quale pos- siede conidi distintamente provveduti di ispessimento anulare, nè a tale proposito so spiegare le vedute del Fischer, osservatore cotanto scru- poloso, il quale nei suoi PAycomycetes (p. 422), a quanto sembra, avrebbe studiato il C. Convotwulacearum Otth sul fungillo pubblicato dai suddetti Ellis ed Everhart, rinvenendolo privo del sopra nominato ispessimento anulare, e osservazioni che io andai esponendo trattando del Cys?. Ipo- meae panduratae (che è il C. Convolvulacearum Otth) escludono che la specie Spegazziniana, per quanto omonima a quella dell’ Otth, sia. a questa eguale, per cui siamo di fronte a due tipi specifici diversi all’ uno dei quali vanno ascritti il Cyst. cubicus var. Convolvul di Berkeley ed il C'yst. Convoleutacearum dell’ Otth, (che come indietro conclusi, devono considerarsi una sola cosa e piuttosto riferirsi al C. candidus) mentre all’ altro tipo appartengono il Cysé. cubicus var. Ipomeae-panduratae di Ravenel ed il Cystopus Convolvulacearum dello Spegazzini. A tutto ciò dobbiamo aggiungere che lo Schweinitz sopra alcune specie di Ipomeae dell’ America del Nord rinvenne un (ystopus che ritenne nuovo e chiamò precisamente, da prima Aecidivm Ipomeae- panduratae poi, collo Stevenson, Cystopus Ipomeae-panduratae. molto probabile che questa specie sia del gruppo del C. can- didus poichè i precitati autori affermano che essa differisce dal C. Tragopogonis per le cospore provvedute di tubercoli sparsi (sparse (1) Ravenel Fungi Amer. exsice. n. 501. (2) Spegazzini Fungi Guaranitici, Pugill, I. p. 65. ct ahi de A * ci ia FOSSERO SN e SR PRIA A RIN) pl dI AR stop visi Ss FE SIRO ERI A. N. BERLESE 23 tuberculatae) e perciò io già l’ ascrissi al €. cardidus considerandola affine alla varietà Convolvuli del Berkeley, però siccome nè l’ uno nè l’altro dei due summentovati autori descrisse i conidi, così non si può stabilire nettamente la sezione alla quale la specie appartiene. Ad ogni modo anche considerando il Cyst. Ipomeae-pandur. di Schw. identico al fungo rinvenuto dal Pammel nel Missouri, e studiato dal Farlow, (5) si deve ritenere che esso sia bene distinto dal C. Tra- gopogonis, e quindi si giunge alle stesse conclusioni che cioè il fungillo Schweinitziano è ascrivibile al gruppo del C. candidus (aequales) piut- tosto ca a quello dèl C. 7ragopogonis (annulati). Siccome poi il Farlow nel citato lavoro ritiene il Cysf. Ipomeae pand. sdehico al C. Convoteulacearum di Otth, che come dissi è a sua volta eguale alla var. Convolruzi di Berkeley, del C. candidus, così è necessario, come già feci, porre queste due ultime specie in si- nonimia della prim a presenza dell ispessimento anulare nei conidi delle specie della sezione 0nnulalae, non è, a dir vero, un fatto così netto e reciso da non lasciare, in qualche caso, adito a dubbie interpretazioni. Io ho frequentemente osservato in esemplari di Cyusfopus Tragopogonis la maggior parte dei conidi mancanti, o quasi, del detto ispessimento. In altri casi, al contrario esso era evidentissimo, ed occupava quasi tutta la superficie interna delle pareti laterali. Ciò più precisamente rilevaî negli esemplari crescenti sui 7ragopogon. Però a questo fatto, apparentemente contrario Ra esistenza delle sezioni annulati ed aequales, non deve essere dato troppo valore, e quindi è giustificata la separazione delle due iginio che vivono sulle Convolvulacee. Per maggiore chiarezza io riassumo quindi qui le os- servazioni sopra esposte presentando il prospetto sinonimico delle due specie in discorso . Cystopus Tpoméat:pauduralae (Schw.) Farl. Sinonimi : Cystopus cubicus f. Convoleuti Berk. C. RAI Otth. (non Speg.) Cyst. Candidus f. Convoleut Berl. Appartiene alla sezione « gequales >». Cystopus' Convolvulacearum Speg. Sinonimi : C. Ipomeae-pandu- ratae Rav. (non Schw.) C. cubicus f. Convotvuli Ellis et Ev. Appar- tiene alla sezione « annulati >. Io ebbi l’ opportunità di esaminare la specie Spegazziniana, perchè gli esemplari autentici sono copiosamente pubblicati negli Ewsiccata Balansa, e confermai nei conidi la presenza di un ispessimento anulare distinto, forse (almeno negli esemplari da me cesartati) non sirmione. (1) Farlow Notes on Fangi in Bot. Gaz. August. 1889, i 24 PERONOSPORACEE come lo descrive lo Spegazzini, ma evidente con molta nettezza, di guisa che la specie deve indubbiamente essere ascritta alla sezione < annulati >». Lo Schroeter (1) ha mantenuto distinto il Cyst. spinulosus dal C. Tragopogonis, ed osservò in proposito : « Die Begrenzung dieser ((C. spiînul.) und der vorhergehenden (C. Tragop.) Art, ist etwas unsicher, da auf der meiste Nzhrpflanzen der Pilz nur in seiner Conidieform bekannt ist. De Bary erklàrt es sogar fiir noch zweifelhaft, ob C. spé- nulosus, wirklich specifisch von C. Tragopogon. verschiedenen ist. >» To nella trattazione delle Peronosporaceae che feci col De Toni nella Sy/oge Fungorum del Prof. Saccardo (2) parlando del C. spinulosus osservai « An species a Cystopode Tragopogonis satis distineta ? >» Il dubbio circa l’ identità delle due specie in discorso era già ba- lenato a qualche autore, tantochè il Fischer pose in sinonimia del C. Tragopogonis il C. spinulosus, osservando : C. spinulosus ist hier widerum mit C. cubicus vereinigt ; e spiega di essere giunto a questa conclusione dall’ aver trovato nel materiale autentico sul quale il De Bary fondò il suo C. spinulosus, cospore, in una stessa foglia, con ispessimenti assai variabili per forma, e cioè costituiti da verruche piatte, ottuse o da papille sottili acute, così da dare al perinio un aspetto punteggiato. Io ho altrove ricordato in fai lavoro gli studi del Magnus (4 a proposito della struitura del perinio in C. spinulosus ed in C. cubi- cus o per chiamarlo più correttamente, C. 7ragopogonis, studi che io ho pienamente confermati in buono ed abbondante materiale. Qui con qualche dettaglio espongo le osservazioni dell’ egregio Sign. Magnus (al quale si deve la dimostrazione esatta, scientifica della identità delle due specie) e le mie che quelle del Magnus confermano e completano. Il perinio del Cysfopus Tragopogonis ha una struttura veramente complessa e che non trova esatto riscontro in alcuna altra peronospo- racea. Vi si osserva anzitutto una rete a maglie esagonali, più o meno regolari, costituite da crestule salienti, rettilinee. Agli angoli formati dall’ incrocio di tre di queste costole, si avverte una verruchetta od una papilla, più o meno sporgente e rialzata sul piano della rete stessa. Oltre a ciò al fondo delle maglie si nota la presenza di una seconda (1) Schroeter Kryptogamenflora von Schles. Pilze, p. 234. (2) Berlese e De Toni Sylloge Peronosporac. in Sace. Syll. Vol. VIII p. 850. (3) Fischer Deutschl. Kryptog. Flora, pin p. 422. (4) Magnus in Berichte d, Deutsch. Bot. Ges, 1. c iii daghe e i Sita ra era aree a RCS, prec az PeR d x SETA PITTORE ZIORIN PETE nat N VAI ZA PE RE IE SIAE E MIO RARA a RO vee id dai Pi Si RZ NIE IN Et DRS I ARETOA MORANN 15 SEP Fis pe isti int A. N. BERLESE 25 ‘rete assai più sottile e delicata della prima, la quale è formata da de- ‘boli rialzi filiformi, o semplici impressioni, talchè a forte ingrandimento apparisce talvolta sotto forma di poco profonde foveole, rotondeggianti di grandezza non perfettamente uniforme, e disposte apparentemente senz’ ordine. Le papille sopra ricordate, che spuntano agli angoli della rete, dirò così, di primo ordine, sono acute all’ apice, mentre vanno sensibilmente allargandosi verso la base, Se dell’ oospora si guarda la parte che corrisponde all’ asse ottico, e questa parte è perfettamente in fuoco, allora le areole sono vedute di pieno prospetto, ed appariscono quindi esagonali o pentagonali, od anche semplicemente quadrangolari, anzi queste due ultime forme, sono le più frequenti. Se però dell’ 0o- spora si vanno osservando le parti che più si scostano dall’ asse ottico, essendo |’ oospora sferica, le areole si vedono sotto un angolo tanto maggiore quanto più sono vicine alla periferia dell’ oospora, regione in cui si vedono in perfetto profilo. Alla superficie convessa adunque del- l’ oospora le papille sì mostrano come un punto, se corrispondono al- l’asse ottico, e vanno via via allungandosi man mano che da questo si allontanano, e paiono addossate lè une alle altre, così chè scompare la rete che le sostiene. L’ oospora ha allora l’ aspetto spinuloso caratteri- «stico del C. spiînulosus bene evidente a 90° dall’asse ottico. tutto ciò si aggiunga che in qualche forma, come quella vi- vente sopra alcuni C?*s7%72, le papille sono piuttosto lunghette ed acute, laddove in altre forme, come per esempio quelle viventi sui 7;@a90po- gon, Filago, altri Cirsium, Scorzonera hispanica ete. sono sensibil- mente più brevi e più ottuse, e vanno a costituire il perinio caratteri- stico del C. cubicus o meglio C. Tragopogonis. CYSTOPUS CONVOLVULACEARUM Speg. (Fig. 4) Cystopus Convolvulacearum Speg. Fungi Guar. Pug. I, p. 65, Sace. ‘Syll. = p. 340, non Otth. EXSICCATA Cystopus cubicus f. Convolvuli E. et E. (non Berk.) North Am. Fungi n. 1909. C. cubicus f. Ipomeae Rav. Fungi Am. n. 501, Balansa PI. du Para- guay n. i. Maculis amphigenis, parvulis, 3-5 mm. d., vix determinatis, fu- scentibus ; acervulis amphigenis, saepius confiuentibus ambitu macula- rum insidentibus ac eas 0 cingentibus, al genza vel 26 PERONOSPORACEE subflavidis, primo epidermide tectis, dein erumpenti-liberis compatiuscule: pulvertientia = conidiis catenulatis, apica- libus vix aliis longioribus, omnibus e glo- boso-ellipticis vel globoso-cubicis, 15-20 15-13, anulo transverso latissimo ac cras- sissimo cinctis, hyalinis ; oogonis non visis. Hab. ad folia viva Ipomeae gossypioidis in pratis uliginosis prope « Paraguari > et Convolvuli Batatas « Pastoreo » prope « Caaguazu » Am. austr. et « Point a la Hache » Am. boreal. Osserv. Altrove (Cfr. C. Tragopogonis € C. Ipomeae-panduratae) ho esposto le ragio- ni che mi determinarono a distaccare la spe- cie presente dal C. Ipom. pandur. e quindi al Cc. Convoleulacearum Otth, il quale Fig. 4 ultimo nome non potendo essere conservato, olenacearum = Permette l’esistenza e l’accettazione di quello eguale creato dallo Spegazzini. Questo egregio autore pubblicò anche una var. 722n07° della specie su descritta, ed i caratteri ne sarebbero i seguenti : Cystopus Convoleulacearum var. minor Speg. 1. c. — Maculae nullae vel amphygenae, minutissimae, subindeterminatae, fuscescentes ; acervuli hypophylli, minuti, 150-300 w. d. densiascule sparsi, non con- Cystopus Conv fluentes, primo tecti dein erumpentes, sordide albescentes ; conidia ca- tenulata, omnia aequalia, e globoso elongato-cuboidea, parvula, 12-14% 9-11, anulo crasso, lato praedita, hyalina ; oogonia non visa. Hab. ad folia < -Ipomeso edulis #n arvis prope « Pastoreo de Caà guazù, > Am. Austr. Ian. 1882. Questa varietà venne pubblicata negli Exsiccata Balansa al n. 3049, però io, almeno negli esemplari che sotto tale numero si conser- vano nell’ ibario micologico del chiaro Prof. P. A. Saccardo, rinvenni un Cystopus che per nulla differisce dal tipico C. Convolvulac. quindi non posso dire se realmente l’ istituzione di tale varietà sia giustificata. CYSTOPUS CONVOLVULACEARUM Speg. var. SWERTIAE Berl. et Kom. Soris sparsis, ovoideo-rotundatis, parvis, 1}2-1 12 mm. 2 longis subinde confinendo longioribus vel sinuosis, hypophyllis, albido-lute- i % 1 ri e ice nn A. N. BERLESE 27 scentibus, demum epidermide rupta pulverulentis, inflatulis; conidiophoris clavatis, parallele dense stipatis ; conidiis e globoso cuboideis, medio annulo interno incrassato, distinctissimo praeditis, 12-16 » 11-13, hyalinis ; oogonis giobuloso-ovoideis, membrana tenui praeditis ; oosporis globosis, perinio amoene denseque reticulato-papillulato, 45-50 È. luteis. Hab. 7» foliis vivis Swertiae cognatae « Amur » Mandschuriae rossicae. Dal chiaro Signor Komarof mi venne spedito questo Cystopus unitamente ad altre Peronosporacee. Nelle foglie invase dallo stato conidiale rinvenni abbondante anche quello oogonifero e potei studiarlo in pieni Forse si potrebbe anche considerare la presente varietà come una specie, ma varie ra- gioni mi trattennero dal farlo. Anzitutto le dollaro presentano nel nostro fungillo un perinio finamente reticolato. a maglie piccole e rial- zate alquanto agli angoli in forma di papille, così che ricordano queste oospore, molto davvicino quelle del C. 7yagopogonis cui è pure affine il C. Convolvulacearum di Spegazzini. Oltre a ciò i conidi in questa varietà sono pure sferoidali o glo- boso-cuboidei, come in C. Convolvulac., e parimente provveduti di anello interno sporgente ed assai bene manifesto, allorquando si tratti il fungo coll’ alcool bollente, indi cop” n nitrico, e si osservi in gli- cerina. In fine anche le Genzianacee, cui appartiene la Swertza co- gnata, sono abbastanza affini alle pendio Per stabilire nettamente l’ identità specitica del C. Convolmulac. e del nostro fungillo mancano, a dir vero, le prove d’ inoculazione ar- tificiale, non solo, ma ancora le cognizioni circa la struttura del perinio in C. Convoteutac. del quale non ci sono note le oospore. Se le ulte- riori ricerche mostreranno che esiste tra la specie suddetta e la nostra varietà, maggiore distanza di quella da noi ammessa, la varietà potrà essere portata a specie. CYSTOPUS PLATENSIS Speg. Syn. Cystopus cubicus Speg. Fungi Arg. Pug. I, p. 68. Cystopus Ama- ranthacearum Zal. Gatt. Cyst. in Bot. Centr. 1883, p. 223. Cystop. platensis Speg. Phycom. Argent. Hist. nat. tomo I, 1891. Albugo platensis Swingle Peron. Divis. Pathol. veg. in Iourn. of Mye. VII, p. 113. Cystop. platensis Sace. Syll.XI, p. 242 (nomen et haditat.) Soris hypophyllis, macula primo peg dein purpurascente cinetis, irregularibus, minutis, 1-2 mm. d., sparsis vel hine inde laxe gregariis, vix prominulis, candidis, diu «oiceride 3 velatis, dein erum- 28 PERONOSPORACEE pentibus ac pulverulentis ; conidiis globoso-cuboideis, 20-22 + 18-20, hyalinis, catenulatis anulo brunneolo, distincto intus praeditis, minute densissimeque punctulatis {an tantum granuloso-farctis ?), supremis ovato obtusis, caeteris minoribus, basidiis obconico-turbinatis, 40-45 a 12-15, crasse funicatis, per actatemi flavescentibus, oosporis ignotis. ab. in foliis Boerhaviae hirsutae, B. sonorae, B. spicatae, B. viscosae, B. Xanthii, B. erectae, B. dillo; et Allioniae incarnatae, «in America boreali et australi. Osser. Lo Swingle nel citato lavoro asserisce di aver trovato questa J specie nel 1891 nella Florida, indi esaminando le Nyctaginee del- l’ Erbario della Divisione botanica presso il Ministero di Agricoltura fu gradevolmente sorpreso di rinvenirla nuovamente. Le ricerche rivolte allo scopo di determinare gli esemplari così ritrovati, lo condussero riferirli al Cystopus Amaranthacearum di Zalewsky che questo autore . avrebbe riscontrato in Nictaginee provenienti dalla Plata e da Ceylon. o studio poi dimostrò che la specie di Zalewsky erroneamente venne fusa col Cyst. Amaranthi di Schweinitz, o meglio col C. Bit di Léveilllé, e quindi doveva essere considerata nuovamente una cosa a sè. Nè poteva essere ad essa conservato il nome di C. Amaranthacea- rum. Sulla Boerhavia hirsuta nel 1891 aveva rinvenuto lo Spegazzini un Cystopus che nei Fungi argentini (Pug. 1 n. 68) ascrisse al C. .candidus, indi nelle Phycomyceteae Argentinae (p. 32) innalzò a specie — col nome di C. platensis. Secondo lo Swingle la specie spegazziniana | è identica al C. Amaranthacearum di Zalewsky ed al Cystopus tro- vato in più Boerhaviae etc. in parecchie località dell’ America del nord. Ben volentieri accetto le vedute di questo egregio autore. Come bene osserva il Fischer (1. c.) venne il Cysf. Blitz: dallo. i Zalewsky (1. c.) considerato come specie collettizia, e cioè ad essa appar- — terrebbero due tipi ad uno dei quali venne dallo Zalewaky conservato il nome di Cysfopus Btliti, mentre l’ altro ebbe il nome di C. Amaran- thacearum. Al primo apparterrebbero gli individui eureopei di C. Blité, | al secondo la forma extraeuropea. I caratteri differenziali delle due spe- cie l’ autore li desunse dalla struttura del perinio che in C. Amaranthac.. sarebbe reticolato, a maglie regolarmente penta-esagonali, e nel secondo | le strie di ispessimento sarebbero contorte, e formerebbero areole al- lungate e piccole. Inoltre le oospore in C. Bit si formerebbero soltanto | nei cauli. mentre in C. Amar. la formazione loro avrebbe luogo sola- mente nelle foglie. Lo Swingle però invano in molti esemplari viventi sopra diverse Boerhavia, ed Allionia cercò lo vospore, per cui non si può dire se quelle di C. Amaranthac., descritte da Zalewsky, appartengano real-. A. N. RERLESE 29 mente al C. platensis. Se ciò fosse si avrebbe una prova di più della. diversità delle due specie. Ad ogni modo anche a prescindere, per ora - dalle oospore, esistono abbastanza buoni caratteri differenziali per tener distinta la specie spegazziniana, e questi espongo brevemente qui sotto. Il C. platensis differisce dal C. BZti, al quale è assai affine oltre- chè per la matrice e per i caratteri che lo distinguono dal C. Trago- pogonis e che più sotto espongo, anche in causa dei conidi maggiori. Dal C. Tragopogonis poi si stacca per i conidi che in massa - sono giallicci, per le dimensioni dei conidi terminali, che sono minori degli altri, e per l’ ispessimento centripeto anulare che nella specie so- pra dendritta è brnniccio. Secondo lo Swingle (1. c. p. 115) i conidi mi- surerebbero 16-18 » 15-17, e quindi le differenze fra la specie spegaz- ziniana ed il C. Blilz si renderebbero minori. D’ altra parte la mancan- za assoluta di oospore in tutti gli esemplari esaminati, è ritenuta dallo Swingle un carattere differenziale. CYSTOPUS BLITI (Biv. Bern.) Lév. (Fig. 5). Syn. Uredo Bliti Bivona-Bernardi Stirp. var. sicul. fe p. 11. Cystopus Amaranthi Schw. sec. Berkel. in Grev. III, p. 58. Berl. et De Ton. Syll. Phyce. p. 236. Cystopus Bliti Lev. Ann Se. nat. Ser. III, er VIII, p. 373. De Ba- ry Developp. in Ann. Sc. nat. 1860, Ser. IV, p. 11. Schroet. Krypt. FI. Schles. pars. I, p. 336. Speg. Phyc. Argent. p. 23. Fischer Phycomye. in Rab. Krypt. FI. II Auflage, p. 422. Berl. Ic. Fungor-Phycomye. fasc. I, p. 7, tab. IV. Albugo Bliti Magn. Peron. Brand. p. 65. Stevens in Bot. Gaz. 1899. EXSICCATA inhart. Fu pori nigi exsicc. n. 91. Rabh. rien eur. n. 598, noli Am. “Buagi n n. 206, tori sed sel. Gall. exsicc. n. 50 et Fugi gall. exsicc.. n. 1348. Br. et Cav. Funghi par. Piante colt. n. 202. Shear New York Fungi n. 198. Acervulis magnitudine variis, plus minusve numerosis, ovoideis- vel rotundatis lutescenti-pallidis, primo tumidulis dein epidermide rupta pulverulentibus ; conidiophoris clavulatis ; conidiis difformibus, sterilibus- globosis, minoribus, membrana erassa Dimeditis, protoplasmate lutescente farctis, ceteris obovoideis, obpiriformibus, vel sphaeroideo-angulatis, basi truncatis, apice late rotundatis membrana ad medium intus saepe annula- tim incrassata, protoplasmate hyalino farctis, 15-20 « 14-18; oosporis” 30 PERONOSPORACEE globosis, 55-65 w. d., eximie clathrato-areolatis, areolis saepius penta-vel exagonis, 6-7 #. d. Hab. în folzis caulibusque Acnistae can- nabinae, Amaranthi Bliti, A. retroflexi, A. hybridi, A. chlorostachydis, Cyathulae lappu- tannia, Africa australi, Patagonia, Brasilia Argentina et Amer. bor. bitat, è molto diffusa ; facilmente si riconosce per la conformazione del perinio che è provve- duto di costole salienti che vanno a formare una rete a maglie penta-esagonali. Ma anche non avendo sott'occhio le oospore, si può egualmente conoscere la specie, oltrechè per la matrice (A- marantaree), anche per la forma e dimensioni dei conidi, come risulta dalla diagnosi suesposta. Le tre specie che sono descritte qui sotto, io le riferii alla sezione « annulati, > ma a dire il vero non sono sicuro che pel C. Euphor- biae e pel C. Tilleae la designazione sia esatta. Io non ho potuto di queste tre specie esa- Fig. 5 minare gli esemplari originali, per cui ho Cystopus Bliti dovuto soltanto attenermi alle diagnosi le quali er le due specie suddette non sono veramente troppo precise. Pel Cysf. Euphorbiae i Sigg. Cooke e Massee indicano nei conidi una membrana piuttosto grossa, e nel Cyst. 7illae il Lager- heim asserisce che « la membrane de la partie inférieure des conidies est plus épaisse que celle du sommet >». Ciò a dir vero non indica la presenza di un genuing ispessimento anulare, ma siccome nella sezione « aequales » i conidi sono a parete perfettamente uniforme, così ritengo che la specie del Lagerheim sia (almeno fino a più accurato esame) me- glio collocata nella presente sezione. Offro quile diagnosi delle tre specie C. Sozivae, C. Euphorbiae e C. Tilleae, desumendola dalle opere nelle quali queste specie furono descritte. CYSTOPUS TILLEAE Lag. Sin. Cystopus dr Lag. Bull. Soc. Myc. 1891 p. 167. Berl. Icon. Si Fungor. Peronospor. p. Osserv. Questa specie, come l’indica l’/a- e a A. N. BERLESE sl Soris hypophyllis, sparsis, parvis, candidis ; conidiis difformibus, ‘terminalibus maioribus, membrana crassiori, ceteris obovoideo-globosis, membrana hvalina, 20 24 « 20-21, inferne crassiore. Habit. în folris Tilleae rubeecvotis < Quito » Aequatoriae. CYSTOPUS SOLIVAE (Schr.) Cystopus Solivae (Schroet.) Sacc. El. Fung. nov. 1897, p. 8. Syll. XIV. p. 458 Berl. Ic. Fung. Peron. p. 7. A/bugo Solivae Schr. in Henn. Hedw. 1897, Pp. 260. Soriis amphigenis, sparsis vel aggregatis, albis vel subflavescenti- bus, pustulatis, 0,5-3 mm. d., cuticola vesiculosa tectis ; conidiis sub- globosis, 20-22 « 18-20, episporio hyalino, medio annulato-incrassato ; oosporis subglobosis, atro-castaneis, 60-66 x. d., perinio minute reti- culato. Hab. in foliîs Solivae anthemidifoliae < St. Cathar. Tubacao » Amer. austr. CYSTOPUS EUPHORBIAE Cooke et Massee. Syn. Cystopus Euphorbiae Cooke et Massee Grev. XX, p. 106. Sace. Syll. XI, p. 242. Berl. Ic. Fung. Peronosp. p. ©. Soris pierumque caulicolis, oblongis et confluentibus, in plagas atro-fuscas insidentibus ; conidiis subglobosis vel oblongis, 12 * $, achrois, membrana minute asperula. subcrassa ; oosporis subglobosis, levibus, succineis 15 « 12 (junior). Hab. in Euphorbia hebecarpa prope « Bachtiary » Persiae (Doct. Stapf). Osserv. Io mi sono deciso ad escludere dal genere Cystopus il C. pulcerulentus di Berkeley e Curtis, del quale non potei vedere gli esem- plari, e che dalla diagnosi mi sembra cosa tutt’ affatto diversa. Questa breve diagnosi io la presento al lettore il quala potrà formulare giudizio da sè : C. pulverul. B. et C. Cub. Fungi n. 602. WSoris pulverulentis ; co- nidiis oblongis, 1-8 #. longis, uno latere gemmatis. In foliis Composi- tarum « Cuba » E del pari troverei che il C. quadratus Kalck. et Cooke, caratteriz- zato da conidi quadrati, 18-25, con tutta probabilità è ascrivibile al C. Tragopogonis, fra i di cui sinonimi io lo colloco, almeno fino a che non si abbia più attendibile studio, condotto sugli esemplari originali. E così confortato in questo caso anche dall’ autorità del Fischer, io ascrivo il C. sibiricus di Zalewsky, che cresce in Siberia nia una Borraginacea non determinata, al C. candidus. i. Rega PERONOSPORACEE Genere BASIDIOPHORA R. et C. (1869) Una conformazione dei coniofori tutta particolare si riscontra in la P questo genere, ed è quindi giustificato l’ allontanamento della Plasmo- pora entospora dalle altre Plasmoparae e Peronosporae, e la sua si- stemazione nel genere proprio Bas:idiophora. Questo genere, a dir vero, venne fondato fino dal 1869 da Roze e Cornu, e la specie che ne servì di base venne ritrovata, oltrechè in Francia, in altre regioni e da ricercatori: Ù diversi, di guisa che attualmente sì può dire che essa fu raccolta in parec- chie regioni d’ Europa e d’ America. Il genere Basidiophora, come il nome stesso !’ indica, e caratte- rizzato da is che portano all’ apice dei dentelli o papille, sui quali sono inseriti i conidi. A differenza però del genere P/asmopara nel quale ode dentelli pure sono, i filamenti fruttiferi in Basidio- phora sono semplici, e rigonfiati alquanto all’ apice in una piccola ve- scica. I conidi sono ovoidali, papillati all’ apice che è più chiaro, ed allorquando si dispongono a germogliare, dividono il loro plasma in zoospore che, abbandonato il sacco conidiale; si mostrano di forma ovoide più o meno regolare, e provvedute di un’ area pellucida nell’ interno, che rassomiglia ad una gocciola ed è un grosso vacuolo, e di due cigli . uno all’ innanzi, l’ altro all’ indietro, che per qualche tempo dall’ uscita: suddetta dell’ oospora, si mantengono in attiva vibrazione, così da im- primere alla zoospora un vivacissimo movimento. Organi sessuali sono pure noti in questa specie, ed io ebbi agio di seguirne lo sviluppo. Così posso dire che 1’ oogonio, alquanto ovol- dale in principio, diviene poi piuttosto sferico. È sostenuto da un grosso: | ramo miceliale dal quale a poco a poco si differenzia assai nettamente. L’ anteridio ha la forma ordinaria. Il tubo fecondatore qui è assai bene manifesto. L’ oospora fecon= | data si circonda di una sola parete, robusta ed appena colorata in giallo. Un perinio bene organizzato manca in questa specie, ma al contrario” la parete dell’ oogonio si ispessisce notevolmente, si colora in ge @i resta aderente all’ oospora anche dopo la maturità di questa Il micelio nell’ unica specie del presente genere, è assai svi to e grosso, così da eguagliare, e superare anche, i diametri dei mag giori elementi cellulari degli organi che invade, attraversa gli spazi in- | tercellulari, ma per le sue dimensioni, e la poca compattezza dei tes- suti, sforma gli elementi cellulari stessi, nell’ interno dei quali introdu- ce dei piccoli austori vescicolari, bene protetti da una cuffia di parecchi strati. TREE IRIS O ARI RARA A. N. BERLESE 33 Riassumo i caratteri generici nella seguente frase diagnostica latina : Basidiophora Roze et Cornu in Ann. Se. Nat. 1869, p. 84.; Fischer Phycom. p. 423 Berl. Ic. Fung. Peron. p. 65. Mycelium ramosum, haustoriis vesiculiformibus praeditam. Co- nidiophori simplices, apice globoso-capitati, fere Aspergit? ad instar. Vesiculae sterigmatibus papilliformibus, eylindraceis ornatae. Conidia late ovoidea, apice papillata, basi stipitellata, per zoosporas germinantia. 0ogo- nia membrana crassa, perdurante praedita. Oosporae perinio vix a peri- plasmate distincto cinctae. Come dissi sopra, l’unica specie del genere è la Buetiobbora ento- spora della quale offro al lettore la diagnosi latina, la sinonimia e l’haditat. BASIDIOPHORA ENTOSPORA R. et C. Syn. Roze et Cornu 1. c. p. 84. Fischer 1. c. p. 425, fig. 68. Berl. l. c. Tab. VII. Magn. Peron. Brandeb. p. 67. Plasmopara entospora Schr. Krypt. FI. p. 237. Berl. et De Toni in Sacc. Syll. VII, Pars. I p. 587. Pe- rospora simplex Peck Hedw. 1881, p. 154. Gilletia spinuligera Sace. et Therry Mich. II, p. 587. EXSICCATA Rab. Fungi eur. n. 2468 Ellis et Ev. N. Am. Fungi I Ser. n, 1405, II Ser. n. 1405(0) Soris delicatis, pustuliformi- bus, albis, in maculis in pagina superiore foliorum effusis, lute- scenti oghraceis, demum brun- neis, in “inferiore expallentibus, conidiophoris solitariis vel pluri- bus e stomatibus exeuntibus, Na », i 1 ; (2-4 Ya { 2{{ PA] A 2 SI “SG simplicibus, 150-210 © 12-15 (et ante: \ usque 280-300 u. long.) apice / i} Malo © vesiculoso - incrassatis, vesiculis AL! 17-23 & d., sterigmatibus 5-15, a papilliformi-cylindraceis, diver- Fie. 6 gentibus, 6-8 « 2 Ù — pins ice i soli- Basidiophora entospora % e insertis, late ovoideis, apice papillatis, basi breviter carene vr da a 10-18, hyalinis ; oogoniis 3 34 PERONUSPORACEE ovoideo globosis, crasse tunicatis, persistentibus, luteis ; oosporis globo- - | sis, perinio a periplasmate vix vel non mutato formato cinctis, 40-50 w latescentibus. Hab. în foliis, praecipue radicalibus, Erigerontis canadensis ef Asteris Novae-Angliae în Gallia, Italia, Germania, Belgio, Britannia et Amer. bor. et austr. (Argentina ; Spegazzini). To ho esaminato parecchi esemplari dei due emisferi di questa specie, o non trovai differenze degne di nota. Abbastanza frequente Do Aprile al Settembre si rinviene lo stato conidico nell’ Erzgeron ca- nadense, meno frequente quello oogonifero. Questa specie è molto istrut- tiva per lo studio del micelio, il quale, per le sue dimensioni e la sua robusta parete, riesce agevolmente visibile nell’interno dei tessuti fogliari. Gexere PHYTOPHTHORA le Bary (1876) Quantunque il presente genere sia stato creato dal De Bary sol- tanto nel 1876, pure la specie principale, e sulla quale il genere stesso venne fondato, è conosciuta da tempo più lungo, poichè già nel 1845 il Montagne |’ aveva battezzeta col nome di Botrytis infestans. Della malattia poi di cui questa specie è causa, troviamo menzione, come a suo luogo vedremo, fino dal 1842. Attualmente si conoscono quattro specie di Phytophthora, cioè la Ph. omnivora, la Ph. infestans, la Ph, Phaseoli e \a P. Nicotianae, di cui le prime dus sono state bene studiate da autori diversi. Il micelio in questo genere è pare continuo e ramificato. Gli austori sono dimorfi (almeno ‘nella PR. infestans) e difficilmente vi- sibili, come ho altrove ricordato, in causa della refrattarietà che pre- senta il micelio alla colorazione. Negli organi carnosi (tuberi di patata, frutta di pomodoro) gli” austori sono vescicoliformi, laddove essi si pre- sentano sotto forma di sottilissimi filamenti semplici nelle foglie delle piante che sono invase dalla suddetta Phyfophthora. Pure particolare | è l organizzazione dei conidiofori. In P%. omnivora essi sono ordinariamente semplici e piuttosto brevi, e tali si rinvengono (a quanto ne dice il Thaxter), ‘anche nella i Ph. Phaseoli, però mentre nella prima specie essi sono di calibro uni- forme, nella Seconda‘ presentano qua e là dei rigonfiamenti. Nella Ph. Nicotianae non sono stati ancora descritti; al contrario ben noti, e seguiti nel loro sviluppo sono nella P?. infestans, la specie di questo genere sulla quale vennero condotte più numerose ed estese ricerche, come lo indica anche la citazione delle "opere che sulla mede- pi Menti gica ia iii uctelat: A. N. BERLESE 35 sima vertono, e che io più innanzi presento, cioè là dove di questa specie tratto in modo particolare. Circa al modo di formazione dei conidi, altrove feci un cenno, e questo fenomeno è troppo bene conosciuto nelle due principali specie, per dover qui spendere parole. uesti organi sono ovoidei, o limoniformi, e germogliano per z30- spore (più raramente assai per tubo), le quali escono attraverso ad un foro ehe si forma all’ apice del conidio, dopo che questo ha per qualche tempo soggiornato nell’ acqua sola Ph. omnivora vennero trovate le cospore. La annun- ciata scoperta di simili parti in PW. 2nfestans, come a suo tempo ve- dremo, è il risultato di un errore di osservazione e di interpretazione. resento ora la diagnosi latina del genere, indi quelle delle specie, corredandole delle osservazioni che lo studio del materiale abbondante che ebbi a disposizione, e delle numerose opere che trattano 1’ argo- mento, mi consigliano di fare. Phytophthora De Bary Res. pot. Fung. in Iourn. of Royal. Agrie. Soc. Ser. II, Vol. XII, Part. = 1876, a: zur Morph. und Phys. Pilze II et IV. Zur Kenntn. Peronospor in Bot. Zeit. 1881. Vergl. Morph. und biol. der. Pilze, p. 148. Schroet. Krypt. FI Schl. re I. p. 235 Berl. et De Toni in Sacc. Syll. Fung. Vol. VII, Pars. I, p. 237. Fischer Phycom. p. 410. Berl. Ice. Fungor. Phycom. fase. I, p. 9 Mycelium ramosum, plerumque eseptatum, haustoriis filiformibus, vix conspicuis vel vesiculiformibus instructum. Conidiophori solitarii vel plures e stomatibus exeuntes vel epidermidem erumpentes, primo sim- plices, dein irregulariter ramosi, numquam dichotomi; rami gerentes conidium acrogenum quod dein pleurogenum fit, nam ramus rursus apice ‘elongatur, dum sub conidio subinde vesiculose inflatur. Conidia ovoidea, apice papillata, zoosporipara. Oosporae, ubi notae, globosae, perinio taevi, brunneo tect CHIAVE ANALITICA DELLE SPECIE. DEL wai — A. Conidiofori semplici o Conidi limonifo cui, grandi. In piînte "divers, Hei in Germania Conidi ovoidei od ellissoidei.. Sulle soglio de 8, in Amer. bor. Ta Phoseoti 36 PERONOSPORACEE Conidi piriformi. piuttosto piccoli. Sul Tabacco, a Sumatra, Giava e Borneo Ph. Nicotianae (1) ‘ B. Conidiotori ramificati. Conidi limoniformi Sopra parecchie Solanacee, in Europa e Amer. Ph. infestans PHYTOPHTHORA CACTORUM (Cohn et Leb.) Schr. Syn. Peronospora Cactorum Cohn et Lebert Beitr. zur Biol d. Pfl. e p. 56. Syn. Peronospora Semvervivi Scheuv. Bot. Zeit. 1875, p. 691. Perono- spora Fagi Hartig Zeitschr. fiir Forst-und Jagdw. p. 117, et Unters. aus: Forst-bot. Inst Miinchen I 1830. Phytophthora omnivora De Bary Abh. den- ckenb. Ges. XII, et Bot. Zeit. 1831, p. 585. Fischer Phycom. p. 412 Berl. Icon. Fungor. Phycom. fase. I, p. 11. Phytophthora Cactorum Schr. Krypt. FI. Schles. Pilze I. p. 286. Berl. et De Toni Syll. Phyc. in Sacc. Syll. VII, Pars. 1 p. 258 Phytophihora Fagi Magnus Peron. Brandeb. p. 66. EXSICCATA (2) Rabenhorst Fungi europ. n. 377. Briosi et Cav. Fungi Paras. fasc. XII, n. 277 Soris tenuissimis, saepe vix distinetis, albescentibus ; conidio- phoris solitariis vel usque 8 e stomatibus exeuntibus vel directe epi- dermidem perforantibus, simplicibus, humilibus, unum, duo conidia gerentibus, prope conidium non inflatis ; conidiis limoniformibus, 50- * 85 (rarius 81-93 » 36-40) hyalinis, membrana laevi, subtili cinetis oosporis aprir 24-30 &. d. haud raro etiam minoribus, perinio brun- neo, laevi, cinctis. 1 Hab. ?în foliis plantarum variarum e gr. Cleomes violaceae, Fagopiri tatarici, F. marginati, Clarkiae elegantis, Schizanthi pinnati, Alonsoae caulialatae, et 2» plantulis (praecipue in cotiledonis) Venethe- rae biennis, Lepidii sativi, Salpiglossi sinuati, Epilobii rosei, vel plantis carnosis în primis Cereo giganteo, C. speciosissimo, C. peru- viano, Sempervivo albido, S. glauco, S. stenopetalo, S. tectorum, Melo-. cacto nigrotomentoso, vel demum în colyledonis plantularum arbo- (1) Di questa specie, a dire il vero, non conosco i conidiofori, ma l’Au- tore dice che essa è affine alla Ph. Phaseoli. To non vidi il lavoro originale (2) Il Sydow. nella Mye. March. n. 23380 pubblica mia il nome di Phyf. . una sitica e che vive nei cotiledoni della Brassica oleracea. ; racea che deve essere ascritta invece alla Per. para A. N. BERLESE di iescentivm nonnullarum et precipue Fagi silvaticae, Aceris platanoidis A. pseudoplatani, Fraxini excelsioris, Robiniae Pseudoacaciae, Pini silvestris, P. Laricio, P. Strobi, Laricis europeae, Abietis pectinatae sele. in Germania et in Italia, («< Boscolungo » sopra « Pistoja » Solla 1891 e Vallombrosa 1896. Cavani: Il fungo che sopra descrivo è conosciuto bene fino dal 1870, anno in cui il Cohn ed il Lebert pubblicarono sopra questa specie, che chia- marono Peronospora Cactorum, un accurato lavoro. () Come indica la sinonimia, venne questo fungo differentemente battezzato da varii autori ed in epoche diverse, mentre della malattia che esso produce, ‘specialmente sul Faggio, abbiamo notizie che risalgono a molti anni. «Già Ludwig (con Burgsdorf) () ne diede nel 1783 una particolareggiata «descrizione. In seguito ripresero ì’ argomento Schreger, (3) Hagen, (4) ‘Wilkomm, (5) i citati Cohn e Lebert, (6) il De Bary, (?) l Hartig, 8) il Comes, (9) il Sorauer, (19) il Frank, (11) il Tubeuf, 8) Prillieux, (13) il Briosi col Cavara, (14) e finalmente.io stesso in due diverse occasioni (15). Attualmente anche autori accreditati come Prillienx, Fischer, ‘Tubeuf, accettano per questa specie il nome proposto nel 1881 dal De Bary di PAytophithora ommnivora, in sostituzione di quello dato da Cohn e Lebert (Peronospora Cactorum) all’ atto della scoperta del fungo, cioè nel 1870. È vero che il nome di Peronospora Cactorum è disa- -datto, sia dal lato generico che da quello specifico, poichè gli studi po- steriori a quelli condotti da Cohn e Lebert, se da un lato dimostrarono (1) Cohn et Lebert. Ueber die Fiiule der Cactusstimme (In Cohn' s .Beitr. Biol. Pflanz I. 1870). (2) Ludwig von Sn citati dal Cohn e dall’ pu (3) cigni » (4) » » » (5) ” rina » » (6) Cohn et Lebert l. I A (©) De Bary Zur Kenntn. der Peronospor. in Bot. Zeit. 1881 n. 37 et 88. (8) Hartig Der Buchenkeimpilz. Untersuch. aus. d. Forstbot. Inst. Miin- .chen L 1830 et Zeitschrf. f. Forst-und Iagdwesen p. 117, et Lerb. d. Pflanz. Krank, III. Aufl. p. 42. 9) Comes Crittogamia agraria p. 4. (Napoli 1891). (10) Sorauer Handb. d. Pflanzenkrankheiten II. (11) Frank Pflanzenkrankheiten I e II aufl. (12) Tubeuf Pflanzenkrankheiten, p. 69. vor 1895.. (18) Prillieux Maladies des Plant. agrie. I p. 71. (Paris 1895). (14) Briosi e Cavara. Funghi Paras. Piante a fasc. XII, p. 277. (15) Berlese La Peronospora del Faggio in Eco dei campi, ist, p. 3 «e Parassiti vegetali, p 60. (Milano 1894). 38 PERONOSPORACRE che il genere Peronospora doveva essere smembrato, dall’ altro posero in luce che la specie di cui è quì parola cresce sopra piante parecchie di assai diversa famiglia ed in differenti stadii vegetativi, però la sop- pressione del nome specifico dato dai Signori Cohn e Lebert, sebbene giustificabile, non è pienamente da accettarsi in omaggio a quelle leggi di priorità che conviene sempre riconoscere. Nella classe dei Funghi, moltissimi dei quali vivono sopra piante superiori, e assai frequente la denominazione specitica tratta dalla pianta. ospite, e non di rado si osserva che un fungo designato con nome spe- cifico ricavato dalla matrice, e trovato successivamente in altre piante ospiti, conserva integro, il nome primitivo e Peronosporacee stesse il C. 7-agopogonis vive sopra molte Composite, e per molto tempo, ed in molti lavori figura sotto il nome di C. cubicus, 0 C. spinulosus, fino a che dimostrata. |’ identità, fu accettato il nome seniore, per quanto gli altri potessero sembrare più adatti. Di queste regole, io fui sempre serupoloso osservatore, ed è per inavvertenza che nella trattazione delle Peronosporaceae per le Icones Fungorwm, chiamai la Peronospora del Faggio col nome de baryano. Nella SyZoge Fungorwn, (Vol. VII Pars. I. p. 238) io avevo accettato le vedute dello Schroeter, e quelle tuttodì conservo. i Questo fungo produce, specialmente sulle piantine di Faggio, nei . semenzai una daletila che in Germania ebbe i nomi di cen lingskrankheit, Buchencotyledonkrankheit, Buchenstengelhrankheit ; i Francia venne denominata Ma/ndie des cotyledones du Hétre, in Ran prende il nome dal parassita, al pari di quanto succede per la Perono- spora della vite, e dicesi appunto Peronospora del Faggio I danni riesconu assai rilevanti quando la malattia si sviluppa nei semenzai. Ecco come essa si manifesta nelle piantine di Faggio. ne piccole piante in germinazione intaccate dal parassita, anneri- scono a partire dalla radichetta e terminano col morire prima di aver pinsto£ tutte le fasi della germinazione, come se fossero state colpite dal gelo. Altre volte l’ annerimento è manifesto soltanto allorquando si sono mostrati i cotiledoni, i quali pure risultano macchiati di nero. An- che le prime foglie possono presentare i sintomi della malattia, la quale procede tanto più rapida nella sua opera di distruzione, quanto più umido è l’ ambiente, Allorquando le piantine, sia di Faggio che di altre piante, ven- gono intaccate al loro apice, possono rimettersi e continuare a vivere, laddove esse sono irremissibilmente perdute se vengono intaccate alla base. In generale la malattia si diffonde per molto tempo dopo che le | piante sono uscite dal terreno, di guisa che i sintomi morbosi si ma- a: sla pra EC S pa < SIERRA HORA, 3 È rsa ai ; s La VER) visa: Queta PIE SRD ESS SFERE peri a x e; uo SIT RO RIE RS SCI AI ROS RR AI N RP SORTE NN RATIO SARO E PAIR ATE URTO ZIO DAIIPNTOI ISAIA I TA TR LARA OE EL RL EI PUO DE TE RE e TSO EE O A. N. BERLESE 39° nifestano nelle regioni epicotilee le quali marciscono senza presentare: alcuna lesione. Si formano così delle notevoli radure nei semenzai. Nei tessuti di una pianta malata i sintomi della malattia non si rendono manifesti soltanto per la speciale colorazione della parte offesa, ma ancora per la presenza del micelio del parassita. Scorre infatti esso negli spazi mtercellulari del caule e dei cotiledoni, cacciando nell’ in- terno delle cellule dei numerosi e piccoli austori rotondi. È interessante il fatto che il micelio suddetto presenta, con una certa frequenza, Setti trasversali così da sembrare veramente diviso in cellule al pari dei mi- celii degli altri fanghi. Quando la parte sotterranea della pianta viene uccisa dal fungo, allora il micelio esce dalla stessa spingendosi radial- mente nel terreno. Dall’ azione degli austori viene distrutto |’ amido che si trova nell’ interno delle cellule dei cotiledoni delle piccole piante in germinazione, ed il protoplasma stesso muore e viene confinato alla parete cellulare. Allorchè il micelio ha invaso buon tratto della pianta, e questa presenta sintomi di malattia, ha luogo la formazione dei co- nidiofori e dei conidi. Attraverso agli stomi, o direttamente dall’ epider- mide, spuntano delle ife che rimangono semplici, si rigonfiano all’ apice in un conidio ovoide e papillato all’ estremità, quasi della forma di un limone, che ben presto si stacca dal filamento stesso. Allora questo si allunga nuovamente e dà origine ad un altro conidio. Questo modo spe- ciale di comportarsi dei conidiofori nella produzione dei conidi è proprio delle Phyfophthorae, e tutti i successivi allungamenti devono essere con- siderati come ramificazioni nuove dirette nello stesso senso. conidi germogliano o direttamente per tubo, o per zoospore, Qualche volta le zoospore germinano quando ancora si trovano nel co- nidio, però più frequente e il caso di germinazione dopo che son» uscite dal conidio ed hanno compiuti i movimenti loro propri. Il filamento miceliale prodotto dalla zoospora può attraversare diret- tamente l’ epidermide dell’ organo invaso in un punto qualunque, oppure penetrare nei tessuti seguendo le linee di inserzione delle pareti laterali delle cellule stesse. Abbiamo anche in questa specie la produzione di oospore e l’ anteridio emette un tubo che perfora la parete oogoniale e si spinge nel periplasma. Non furono seguiti quì i processi intimi della fecondazione. elle radici delle piantine di conifere le oospore si formano nel parenchima corticale e nelle tracheidi. Nelle piante di faggio in germo- gliazione si formano copiosamente negli spazi intercellulari dei cotiledoni. libere nel terreno le cospore, in seguito alla distruzione dei tessuti dell’ ospite, esse conservano la vitalità anche si anni, come risulta da esperienze dell’ Hartig. 40 PERONOSPORACEE La malattia si diffonde principalmente per mezzo dei conidi du- rante la primavera e l’ estate, mentre le oospore, per la loro resistenza, hanno il còmpito di conservare la specie durante l’ influire di cattive condizioni di sviluppo. Rimedii. — Il trapiantamento delle piante infette da buoni risul- tati. Ad ogni modo, allo scopo di limitare i danni prodotti da questo parassita credo atilo e esporre le seguenti pratiche suggerite dall’ Hartig. Si devono distmggere tutte le piante morte o malate. Se esse sono molte e ravvicinate, si sotterrano in posto per arrestare al più presto la formazione dei conidi e delle oospore, e la loro diffusione. Se invece le piante ammalate sono isolate e poche, si tolgano con precau- zione si ripongano cautamente in una cassetta di legno, indi si distrug- gano per evitare la diffusione degli organi di riproduzione. Nell’ asportare le piante dal semenzaio, 1’ operaio avrà di mira di non passare sulle piante sane, onde sfuggire il pericolo d’ infettarle. In ogni caso dovrà però, come sopra dissi, riporre cautamente le piante infette, appena raccolte, in una cassetta chiusa a coperchio, la quale egli manterrà sempre chiusa e aprirà ogni qualvolta deve riporvi una pianta malata. Converrà ripetere quotidianamente |’ ispezione ai piantonai. sigg. Gerschel e Henry, consigliano Y uso della poltiglia bor- dolese allo scopo di prevenire 1’ infezione. Siccome però questa avviene in gran parte nelle piantine in germogliazione, quando esse non sono ancora uscite dal terreno e liberate del tutto dagli involucri seminali, non so se la pratica delle irrorazioni con poltiglia bordolese, possa impedire in modo asssoluto e completo 18 infezione. Le piantine che durante la germinazione riceveranno l’ infezione delle oospore annidate nel ter- reno, saranno perdute. Il trattamento quindi non potrà giovare che alle piantine scampate da questa prima infezione. Ora, nelle piantine infette il parassita sporifica assai per tempo, quindi all’ uscita all’ aria di tutte le piantine del semenzaio, sarà già buona parte di esse inqui- nata dai conidi del parassita prodotti dagli individui che subiscono l’ infezione per mezzo delle oospore, ed io dubito che si arrivi a trat- tare colla poltiglia le piante rimaste immuni, prima*che esse abbiano contratta |’ infezione. Egli è certo però che questi trattamenti varranno a preservare le piantine dalle ulteriori infezioni, per cui io ben volen: tieri li raccomando, anche a Lig di Caperinionto, a chi si trovi di fronte a questa malattia. Ciò che non deve essere trascurato è il destinare ad altra coltura, non attaccabile dal parassita, il terreno del semenzaio nel quale si è sviluppata la malattia, allo scopo di impedire così che le oospore in esso annidate possano germogliare e riprodurre il parassita. sà sn bic Sisiza SMI SPES ARTO A. N. BERLESE - 41 Queste semplici pratiche varranno a frenare l’ infezione nei luoghi dove essa si è manifestata, e a preservare le piantine di faggio, destinate all'impianto dei faggeti, dal molesto e dannoso parassita. PHYTOPHTHORA PHASEOLI Thaxter. Syn. Phytophthora Phaseoli Thaxter. Bot. Gaz. 1889, 1. Rep. Conn 1888 p. 167 Tab III, fig. 29-87. Sace. Syll. IX, i 841, ea ‘Phycom; p. 415 (nomen) Berl. Ie Fung. Peron. p. 11. EXSICCATA Seymour and Earle Economie Fungi n 9. Soris valde effusis, tomentosis, densis, pallide albo-lutescentibus, e conidiophoris (saltem in leguminibus) permultis dense intertextis per- sistentibus formatis, hyphis mycelicis ramosis, continuis, haustoriis inae- qualibus praeditis, intra cellulas raro penetrantibus , conidiophoris prope stomata subinflatis, solitariis vel saepius fasciculatis et basi e ramo mycelico unico pluribus . exorientibus, simplicibus vel semel di- visis, hine inde vesiculoso tumidulis, vinboria vel vage curvulis ; co- nidiis ovoideis vel ellipsoideis, basi papilla truncata, apice rotundata praeditis, h. e. limoniformis, 35-50 - 20-26, germinando nune zoospo- ras plerumque 15, nunc promycelium emittentibus ; oosporis ignotis. Hab. in foliis, petiolis, caulibus, sed praecipue in leguminibus Phaseoli lunati « New Haven, Connecticut » Am. bor. Io ho potuto esaminare gli esemplari autentici di questa specie esistenti nell’ Ewsiccata di Seymour ed Earle che possiedo, ed aggiun- si quindi alcuni dati alla diagnosi del Thaxter. Le ricerche da me intra- prese per rinvenire le oospore ebbero esito negativo. caratteristico, almeno negli esemplari a mia disposizione, il » modo sotto al quale si presenta questo fungo alla superficie del legume Nel mio esemplare una valva del legume è quasi per intero ricoperta da un tomento bianco gialliccio, denso, resistente, lanuginoso, che è costituito da una guwandissima quantità di conidiofori intrecciati tra loro È questo un buon carattere per riconoscere il presente fungillo, e che bene lo fa distinguere, anche di primo acchito, dalla PA. infesta ns che ha. conidiofori assai fugaci, e così dalla P%. cactorum nella quale pure questi organi non sono molto persistenti e numerosi. Del resto anche il Thaxter (1) asserisce che la malattia PRA questo i soimapgiei (1) Thaxter in Conn. Agrie. Experim. Stat. Rep 13, 1897, P. 167-170 tab, IT, fig. 29.37. - 42 PERONOSPORACEE fagiuoli di Lima (M?dear of Lima Beans o Downy-Mtidew) co- mincia con una macchia bianca alla superticie del legume, la quale ha un aspetto cotonoso, macchia che si estende rapidamente durante ib-g tempo umido, invadendo i due lati del legume, così che questo spesso Ù è interamente coperto da una densa lanugine bianca e comincia ad avvizzire ed annerisce. Anche i giovani getti vengono intaccati ed &® poco a poco si contorcono, mentre ne resta impedito lo sviluppo. Meno comunemente sono assalite le foglie, di cui sono invase le nervature maggiori ed i picciuoli. Il Thaxter aggiunge che presso New Haven, e per un raggio di 15-20 miglia, questa malattia cominciò ad essere un serio ostacolo alla coltivazione dei fagiuoli di Lima. Nel settembre del 1889 in qualche località i danni risalivano ad una larga percentuale del raccolto, ed @ quanto è riferito, essi si. sarebbero manifestati in qualche località due anni prima. Anche nel tardo autanno, secondo Halsted, (1) suole questa meo assumere un rigoglioso sviluppo. saminando i tessuti affetti dal parassita, è agevole vedere il micelio vio da ife irregolari, ramose, le quali scorrono fra le cel- lule raccogliendosi negli spazi aerei al di sotto degli stomi, e spingen- dosi verso l’ esterno attraverso a questi, in numero tale da ostruire l’ apertura stomatica stessa. Questi filamenti miceliali, nel punto in cui escono dall’ apertura suddetta, sono alquanto inigrossati e si dividono in un maggiore o minore numero di conidiofori che si dirigono verti- | calmente e producono la lanugine caratteristica della- malattia. Questi conidiofori possono essere anche divisi in due rami presso a poco. eguali e sono terminati all’ estremità libera da un conidio ovoide. Al- lorquando questo conidio è già bene formato, i apice dell’ ifa si stone ‘a teri | ulteriormente, al di sotto del primo conidio, avviene in PA. me | festans, secondo lo stesso asse latitadione. del filamento rimini . Come nella specie ora ricordata, anche qui l’ ifa si presenta. alquanto . | ingrossata nel punto di inserzione di ciascun conidio, e quindi, siccome ciascun conidioforo può portare 2-4 conidi, così si avvertono nei coni- “dg diofori che hanno cessato di crescere, altrettanti ingrossamenti. A maturità i conidi sono ovoidali e presentano alla base una pa- ‘pilla troncata, vestigio del peduncoletto di inserzione, ed all’ apice sono non di rado protratti in un’ altra papilla conica assai breve. Ger- mogliano bene questi conidi secondo i due modi ordinari ad altre specie del spa cioè per zoospore o per tubi miceliali. i possono formare perfino 15 zoospore biciliate. ina dbateaiia nella. (1) Halsted Mycological Notes in Bull. Torr. Bot. Club 1839, N 1p. 20° li ©: PERI A. N. BERLESE 43 germinazione per tubo, ha luogo la formazione di un filamento breve il quale all’ apice si rigonfia direttamente in un secondo conidio. Fatto analogo si riscontra anche in altre specie di Peronosporacee e più di frequente nelle Entomoftoracee. In qualche altro caso, invece, il corpo protoplasmatico del conidio esce interamente dal medesimo, rimane per poco tempo aderente all’ apice del conidio stesso, indi si stacca, e si divide in zoospore che compiono qualche movimento rapido, indi ri- tirano i cigli e germogliano. In fatto importante, circa il modo d’ infezione, è quello rilevato dallo Sturgis (1) circa l’ intervento degli insetti nella diffusione del pa- rassita. La conformazione del fiore del fagiuolo di Lima è caratteristica. (Phaseolus lunatus). La carena è ravvolta a spira e racchiude completa- mente gli stami e lo stilo, in modo che la fecondazione sembra ìmpossibile. Però le api, adagiandosi sulle ali, del fiore determinano un abbassamento delle medesime, e questo spostamento, a sua volta, produce la fuoruscita. dell’ apice stilare che a guisa di cornetto viene a stiorare allora il torace peloso dell’ ape. Ora se questa è uscita da un fiore ammalato, e nello stilo del quale il fango aveva fruttificato, sarà carica di conidi e questi depositerà nello stilo del nuovo fiore. Oltre a ciò noi vediamo che bene spesso anche la proboscide dell’ ape porta conidi del fungo, ed allor- quando |’ insetto protende la medesima per cercare il nettare alla base del pistillo, depone quivi agevolmente i germi della malattia. Per queste ragioni noi troviamo, allorquando cominciano a svilupparsi i legumi, dopo la fecondazione, l’ infezione più frequentemente all’ apice del le- gume, cioè in quella porzione di stilo che ancora si mantiene vegeta, ed sità base del legume stesso. Le regioni intermedie spesso sono sane. Dato ciò, riesce difficile il prevenire la malattia in qQ fiori, e dopo tutto se ciò si riuscisse ad ottenere si avrebbe | altro” svantaggio di ostacolare la fecondazione incrociata. Però si può sempre preservare dagli attacchi i legumi che non vennero infetti dalle api, e ciò gioverà a guarentire un buon raccolto, Egli è certo che nei legumi in via di sviluppo, come in quelli bene formati, l’ infezione avviene per conidi che sui legumi tras il vento. L' osservazione dimostra che riescono più agevolmente in- fetti quei legumi che sono esposti al vento, e più abbondante è l’infe- zione sul lato che si oppone alla direzione del vento, si pai ea in simili casi, proteggere i legumi con ad trattamento. (1) Sturgis in The Connect. Agrie. Exper. Stat. for 1893 p. 77 et for 1897 Part. III. p. 159. ii a 44 PERONOSPORACEE Parecchie esperienze esistono sull’ argomento, dalle quali risulta .che la poltiglia bordolese è il migliore rimedio. Occorrerà fare i trat- tamenti tutte le volte che i legumi si mostrano sprovvisti di poltiglia ed il tempo corre piovoso, oltre a ciò è di grande importanza scegliere un suolo leggero e piantare ì fagiuoli in modo che siano bene esposti alla luce ed al sole. PHYTOPHTHORA NICOTIANAE Breda Syn. Phytophthora Nieotianae Breda de Hann De Bibitz in de Deli- Tabak ver Soor. Phyt. Nic. (cum Tab.) in Meded. nit's Lands Plantet. XV 1896. Ref in Centr fir Bakter. Paras. Kunde, 1896, p. 466. Maculis primo pallidis, dein in sicco rubiginosis; caespitulis gri- seis ; conidiophoris. . . . ; conidiis piriformibus, 36-25, germinando 10-15 Staggia emittentibus. ab. in folzis caulibusque Nicotianae Tabaci « Sumatra, Iava ef Borneo » Sec. auctor. videtur affinis PX. Phaseoti. Come altrove ricordai non ho veduto il lavoro originale del Breda de Hann, e le notizie che qui sotto riporto le attinsi dal resoconto dettagliato fatto dal signor Behrens nel Centradbatt sopra citato. La pubblicazione del Sign. Breda de Hann espone dettagliata» mente i dati dal medesimo raccolti per parecchi anni sopra la malattia delle piantine di Tabacco ((Selzlinghrankheit des Tabaks) circa la quale già nel 1893 aveva l’ Autore stesso pubblicato un “et cenno nel « Voorloopig Rapport over de Bibitziehte in de Tabac Le foglie delle piante giovani soggiaciono molto fiian agli insulti del parassita e formano poi una massa di un verde grigiastro .ed appariscono come scottate, indi cadono a ricoprire il terreno. Nelle ‘vecchie piante apparisce la malattia nelle foglie sotto forma di macchie isolate che tosto disseccano. Vengono intaccate anche le radici e le parti del caule che rimangono immerse nel terreno. In tal caso la cor- teccia imputridisce ed il micelio del parassita che è causa della ma- lattia, penetra nei vasi e la pianta avvizzisce. Egualmente può il fungo — invadere il caule della pianta tagliata e che sta disseccando. Dagli studi del Signor van Breda de Hann, risulta evidente che il parassita di cui qui è parola appartiene al genere PAytophthora. Allorchè le piante sono vicine esso si diffonde da pianta a pianta diret- tamente, se vi è sufficiente umidità, poichè all’ aria e sul terreno produce | dei flbensnti micelici penicillati. Se l’ aria è asciutta questi filamenti Aisseccano, mentre il loro contenuto va raccogliendosi in singole gemme — da RS sic E - Pa p eee sie PI VSRRS PONI AED g PROT TREO Sa e SISI PURE MIRO A. N. BERLESE 45 le quali sì rivestono di una membrana cellulare ed in opportune con- dizioni possono nuovamente germogliare. llre a ciò si formano anche conidi da conidiofori che spuntano” dalle aperture stomatiche. Questi conidi germinano bene, producendo 10-15 zoospore, attorniate da muco e che escono dalla papilla apicale del conidio e si rendono libere. Dopo aver compiuti i consueti movi- menti germinano, emettendo un tubo miceliale. Simile modo di germi- nazione, cioè per tubo, si avverte pure in conidi che non hanno rag- giunta la piena maturità, ed in tal caso il tubicino differenzia ben presto all’ apice un conidio secondario che sermoglia nel modo consueto. nche oogoni ed anteridi vennero osservati in questa specie. Nella fecondazione l’anteridio verserebbe tutto il contenuto nell’ oogonio. L’ oospora rimane rivestita dall’ oogomio durante tutto il periodo di riposo ed emette alla fine un tubo di germinazione. a quanto è noto circa l’organizzazione dell’ oospora in questa e nelle altre specie di P/yfophihora nelle quali queste parti sono co- nosciute e descritte, risulta, a mio credere, una affinità fra le oospore di questo genere e quelle del genere P/asmopara ed anche Bremia e qualche Peronospora. Abbiamo un oogonio persistente che assume colorazione gialla, ed un perinio non bene organizzato in strato mem- ranoso. Anche secondo il Sig. van Breda, esiste una forte affinità fra questa specie e la P/y/, Phaseoli, anzi il Behrens afferma che « die Masse der Konidien legen di Vermutung nahe, dass der Pilz der Bit bitsenche mit PlRytoprihora Phaseoli identisch sei » tanto. più, conti- nua il detto relatore, che il parassita del Tabacco vive anche sopra altre piante che crescono nei campi di Tabacco e nelle vicinanze. Questo dubbio però non è confortato da ricerche di inoculazione artificiale e quindi, per ora almeno, si deve conservare al fungillo del Tabacco il nome ad esso dato dal van Breda. Le colture pure del fungo, ottenute in substrati nutritivi diversi, specialmente soluzione di zucchero di canna al 5.00, che si mostrò bene favorevole, posero in evidenza che la luce e la secchezza del- l’aria sono oltremodo dannose al suo sviluppo. Foglie di tabacco se- minate con spore del fungo soggiacquero al medesimo più prontamente” se mantenute all’ oscurità. I conidi e le zoospore in ambiente secco perdettero ben presto la vitalità ; le oospore al contrario Ioatttiora. La luce solare diretta uccide però anche le cena lente” > in breve tempo. Sopra questi fatti, e nella nota azione velenosa che i sali di rame” esercitano sui conidi germinanti e “enna di aleune Pe - 46. PERONOSPORACEE dannose, vennero ideate delle ricerche intese a prevenire la malattia od ostacolarne |’ allargamento. Aa osì nei riparti seminati a tabacco lo studio dimostrò, sia nelle esperienze in piccolo, che in quelle sul campo di coltura, che le pian- tine non ombreggiate, bensì bene esposte alla luce, possono venire sulle prime, intaccate dal parassita, ma questo poì scompare. ure allorquando il terreno di coltura è molto david la. malattia trova buono ambiente per svilupparsi. Tviltro le irrorazioni con poltiglia bordolese, che non si mostrano dannose alle piante, sono consigliabili per prevenire 1’ infezione, percui sarà utile tener presente, | nel seminare il tabacco (in quelle località almeno, dove suole manife- starsi la suddetta malattia) che è assai opportuno, con scarsi annaftia- menti, ripetuti soltanto ogni 2-3 giorni, e col riparo dall’ acqua di pioggia, mantenere piuttosto asciutto il terreno delle aiuole, dove viene semi- nato il tabacco ; inoltre sarà assai conveniente che queste aiuole riman- — gano bene iltirmninate dal sole. Da ultimo le irrorazioni con poltiglia i bordolese alle piantine, e così pure anche alle piante grandi, impedi- | ranno la infezione negli organi aerei della pianta. Le accurate ricerche del signor van Breda conducono quindi @- risultati che, in vista dei danni piuttosto gravi recati dal parassita, | specialmente in qualche distretto di Sumatra, hanno un notevole va- lore nella pratica, e dei quali induibitenehte: terranno il debito conto | i coltivatori di tabacco delle regioni nelle quali la malattia suole in- | fierire. I O I i PHYTOPHTHORA INFESTANS (Mont.) De Bary Botrytis infestans Mont. Mem. Inst. Fr. 1845, p. 113, Syll Gen. et ST crypt. 1865, Botrytis devastatrix Lib. sec. Duch, Rev. bot. I, p. 151, Botrytis fallax Desm. Crypt. Fr I, n. 492, Botrytis Solani Harting in Ann. Se. Nat. | ‘in Ann Se. Nat. 1863, ser. 4, tab. XX, p. 104, Peronospora devas'atrix Casp. Monatsber. Berl. Acad. 1895. Phytophthora infestans De Bary Research. nat. | | Pot. Fungi in Journ. Agric. Soc. Ser. II, Vol. XII, p. I, n. 28 et Jou rn. ok Bot. 1876, p. 105-126, 149-154. Unters ueb. die Peronosp. und Saprol. in "Belt A z. Morph. und Biol. d. Pilze 1881. Zur Kenntn. der drag in Bot. Zeit. | ‘1881, Schroet. Krypt. FI. Schles. Pilze I, p. 235. Berl. et De Ton. in Sacc. -Syll. VII, L p. 237. Fischer Phycom. p. 473, Berl. Ie. Fui Phycom. fasc. RE sagrato . Re See oge GINETE de ERI ie 00) A » A. N. BERLESE 47 EXSICCATA Fuckel Fungi rhen. n. 37. Krieger Fungi Saxon. n. 398. Rabenhorst Herb. myc. I, n. 1879, I, n. 174 Schneider Herb. Schles. Pilze I. Thuemen Fungì austr. n, 643 Briosi et Cavara Fungi paras. n. 26. Roum. Fungi gall. exsicc. n. 1369, Thuem. Myc. Un. n. 423, 926. Speg. Dec. Myc. it. n. 82 (sub Peron.) Cooke Fungi Brit. exsicc, II. n. 349 (sub. Per.) Erikss. Fungi par. scand. exsice. n. 239 a b. Oud. Fungi Neerl. Exsiccati n. 152. Lin. Fungi hung. n. 85. Ellis et Ev. N. Ann. F. II. n. 2204 (sub Per ) Sydow FI. March. 2760 (sub var. chilensis Hum). Maculis primo expallentibus, dein brunneis et demum fero nigre- scentibus, plus minusue effusis, subinde confluentibus et magnam par- tem folii, quae exsiccata vel fere fucata apparet, occupantibus; conidiophoris solitariis vel caespitulos albidos plus minusve effusos, molles, saepè vix conspicuos, evanidos efformantibus, vel 2-5 e singulo stomate egre- dientibus, vel epidermide erumpentibus, longitudine variis in hudore etiam l1 mm. et amplius altis, superne ramosulis, inferne stipite cylin- «draceo usque 10 x. crasso praeditis, ramis 1-5 plerumque indivisis, rarius in ramulos laterales breves hine inde vesiculoso-inflatos, et in ve- sicula conidium pleurogenum gerentes divisis ; conidiis ovoideis vel limo- niformibus, basì breviter stipitellatis, magnitudine variis, 22-32 v 16-24; eosporis ignotis. Hab. în foliis, caulibus tuberibusque Solani tuberosi, ef efiam in foltis ramisque et fructibus immaturis Solani utilis, S. etuberosi, S. stoloniferi, S. Maglia, S. demissi, S. verrucosi, S. Lycopersici, S. laciniati, S. Cardiophy li, S. Dulcamarae, Anthocercidis viscosae, neC non in chiliensi Serophulariacea e. 9. Schizantho Grahami n fere tota Europa et America. Il fango che ho sopra descritto, è noto già da molti anni, poichè determina una speciale malattia nelle piante di patate, la quale è da molto tempo diffusa in molte regioni Europee ed Americane. Quello e questa furono oggetto di studi da parte di molti autori, e si può dire che niuna malattia nel campo fitopatologico fu almeno più lungamente studiata di questa, però i numerosi lavori che sulla stessa, e sul pa- rassita che ne è causa, esistono, non sempre sono informati a que uel rigore scientifico ed a e onesta convinzione che viene sug; da bene intesi esperiment Io buona parte delle cose che andrò esponendo sul parassita @ (1) Gli esemplari pubblicati dall’ Vicuning nella Flora Marchica dell Sydow sotto il nome di Phyt. infest. var. Chilensis (n. 1760) e viventi sopra una specie di Solanum del Chili, non si possono staccare dalla forma tipica, 48 PERONOSPORACEE sulla malattia, ho verificata sulla scorta dei lavori di non pochi autori, non di rado i miei studi mi condussero a non accettare i risultati ‘cui era giunto qualche sperimentatore meno accurato. Di questi o non parlo, o tratto assai brevemente come l’ importanza dell’ argomento lo richiede. Va da sè che riferendosi gli studi miei a materia già ripetu- tutamente trattata, io non ho avuto la fortuna di trovare cose nuove rilevanti. Offro al lettore quanto di ben provato si conosce sopra il fungo in discorso, la malattia che produce ed i mezzi più opportuni per prevenire l’ infezione. Caratteri del paras- sita. Allorquando la malattia intierisce, nelle coltivazioni di patate, è facile rilevare nel fo- gliame delle macchie giallicce, brune o ne- reggianti, secondo la età loro. Un più attento esame, può far scorgere: alla periferia delle mac- chie non troppo vecchie, ba scarsamente ramificati, ti vescicolari cui sopra accennai. Abbiamo quindi i conidiofori ed i conidi della Phytophinora infestans, così ben noti da non dovervî altre parole. (Fig. 7, B. C.) 3 una lanugine bianca, molle, delicata, e che al microscopio si rivela. costituita da filamenti provveduti tratto tratto: di ingrossamenti vesci- \ coliformi, alcuni dei | quali possono talvolta | reggere ancora il loro conidio. Nel campo del | microscopio poi, non Fig. 7 mancano i conidi sotto Phytophthora infestans forma di corpi ovoidali od elissoidali assai re- | golari, ricchi di plasma molto rinfrangente, e provveduti alla base di | una pepila troncata, colla quale evidentemente erano inseriti sui rigone | sent i liti dit sa cat ta MESSI SRO APR iii A Ar zi Ai CINISI CERA ET È TA A. N. BERLESE 49 Nei tessuti fogliari o caulinari epigei della pianta ospite poi, è abbastanza agevole il rintracciare il micelio, il quale si mostra costituito da tubi di calibro irregolare e serpeggianti fra le cellule, nell’ interno delle quali spingono ud numerosi austori filiformi, assai delicati, e ri- levabili non senza diffi I conidi della sic infestans si formano, come altrove ho ricordato, all’ apice dei rametti, nei quali è diviso il giovane coni- dioforo. Allorquando il conidio ha raggiunto il massimo sviluppo, il rametto che lo regge entra in un secondo periodo di sviluppo, e si allunga al di sotto del conidio stesso che viene spinto lateralmente in posizione obliqua, che a poco a poco diventa perpendicolare, o quasi, all’ asse del ramo stesso, che si ingrossa vescicolarmente nel punto di inserzione del conidio. Questo, raggiunta la piena maturità, si stacca dal conidioforo, spontaneamente, 0 in seguito all’azione dell’aria, e dalla medesima viene trasportato altrove. periodo di sviluppo della /Aytophthora infestans varia secondo le conditi atmosferiche dell’ ambiente. Se l’ aria è secca, o la tem- peratura non è sufficientemente elevata, lo sviluppo e scarso e lento, laddove, allorquando l’ ambiente è umido e caldo, in pochi giorni dalla semina dei conidi si hanno lussureggianti Tnttificggicni del fungillo. E del pari un’ azione decisa sulla germinazione dei conidi hanno pure le suddette condizioni atmosferiche. Sotto buona temperatura, (18°-22°) e nell’ acqua i conidi, se sono maturi da poco tempo, germogliano dopo poche ore, producendo ciascuno 10-12 zoospore, soprattutto se sono mantenuti all’ oscurità. Non è quest’ ultima però una ragni assolutamente necessaria, poichè la germinazione avviene talv bastanza prontamente, anche immergendo i conidi in una goccia di acqua esistente sopra un portaoggetti collocato sul piano del microscopio ed attraversata dai raggi riflessi dallo specchietto del microscopio stesso. Con tale disposizione di cose, o con una camera umida a goccia pen- dente, è agevole seguire la formazione delle zoospore. Dopo circa un’ ora di immersione nell’ acqua, con una tempera ratora ambiente di 18°-22°, il protoplasma che riempie completamente il conidio, ed è divenuto assai rinfrangente e ricco di acqua, apparisce solcato da finis- sime linee che lo dividono in parecchie parti presso a poco uguali e di cui ciascuna ha un vacuolo piuttosto grosso al centro. Liga - queste parti si staccano dalla parete del conidio, e si con una massa unica, assai densa, al centro del conidio. Durante la ‘divisione del iran e 5* individualizzazione di ciascuna delle parti che ne risultano, vediamo gelificarsi l’ apice del conidio, non di rado foggiato a minuta sulla arrotondata, e si forma È 4 Mo. Bot. Garden 1903. 50 PERONOSPORACEE in tal guisa un foro, attraverso al quale passano le porzioni protopla- smatiche suddette. Appena rese libere queste porzioni, che sono altret- tante zoospore, ed hanno assunta una forma ovoide, alquanto attenuata in punta ad una estremità e schiacciata da un lato, si muovono assai vivacemente nell’ acqua per mezz’ ora circa, girando intorno al proprio asse, mercò i movimenti combinati e rapidissimi di due cigli vibratili, inseriti in corrispondenza della vacuola situata presso 1’ apice della zoospora stessa, e dei quali il più breve si dirige verso la parte ante- riore della zoospora, ed il più lungo verso la posteriore, sopravanzando questa per un buon tratto. Al pari di tutte le zoospore, sono anche queste sprovviste di membrana cellulosica, soltanto 1’ osservazione accurata rileva che il protoplasma alla periferia è più denso che al centro. Oltre al movimento rotatorio sovra indicato, le zoospore ne com- piono pure uno traslatorio, e tratto tratto si avanzano dirigendo 1’ apice acuminato in avanti. È assai raro che in questi movimenti la zoospora duri vivace oltre i 45 minuti. Talvolta si arresta dopo soli 15 minuti, più frequentemente dopo mezz’ ora o poco più. Cessato il movimento la zoospora si arrotonda a sfera mentre va differenziandosi alla pe- riferia uno stato cellulosico assai sottile. Poco dopo spunta un tubicino di germinazione, che, trovandosi in condizioni opportune, va a costituire il micelio di una nuova pianta. Diverso è il modo di germinazione del conidio nell’ aria umida, o quando non è completàmente maturo ed è appena staccato dal coni- dioforo, anche se trovasi nell’ acqua. Abbiamo allora direttamente la formazione di un tubo di germinazione, il quale può ramificarsi scar- samente e penetrare nel)’ ospite, oppure (come si osserva anche nella Ph. Phaseoli) dopo essersi alquanto allungato può rigonfiarsi all’ apice in un conidio secondario nel quale passa tutto il protoplasma contenuto nel primo indi si separa dal filamento mediante un setto di callosio. Questo conidio secondario poi germoglia per zoospore, oppure si com- . porta come il primo. e dà origine ad un conidio terziario che diventa poi un zoosporangio. I conidi della Ph. infestans, per quanto siano organi destinati alla rapida diffusione del fungo, e quindi inadatti alla conservazione della specie, pure possono conservare la vitalità per un tempo stanza lungo, ed io ottenni la germinazione anche da conidi che avevo | conservati in luogo convenientemente umido e fresco per 12 giorni. Ad analoghi risultati era giunto pure il De Bary. (1) Ciò che si osserva (1) De Bary Developp. p. 42. è csi ell aci ART TEORI tt i Andrei dii i i A. N. BERLESE 51 costantemente, si è che questi conidi, così conservati, come tutti quelli ‘che hanno passato qualche giorno in riposo, germogliano alquanto meno pecrnnin di Loss maturi, ma sempre per zoospore. Com sopra ho ricordato, nelle piantagioni fitte di Nzcotiana Tabacum, x la /Aytophthora Nicotianae diffondersi cm pianta a ianta, mercè il micelio stesso, il quale si sviluppa sul terreno l umidità ambiente sia elevata, sotto forma di filamenti penicillati, che spingendosi da una pianta ammalata ad una sana trasmettono a questa la malattia. L’ intezione per micelio, ben nota da tempo nei casi di marciume delle radici, è stata da me recentemente provata anche per lo Sphaeroderma damnosum che intacca, con tanto danno, i frumenti di qualche località della Sardegna Anche nella P%. infestans V infezione per miceli non è un fatto nuovo, poichè nei magazzeni dove si conservano i tuberi di patata, è noto che l’ infezione si trasmette da tubero a tubero. Però nel terreno i miceli di questa specie non si possono sviluppare. Una vita saprofi- taria, in via ordinaria, non sembra possibile in questo fungo. È bensì vero che il Brefeld, questo Maestro inarrivato nella coltura artificiale dei miceti, giunse ad ottenere dal tubo di germinazione delle zoospore le quali «emisero, collocate in adatto liquido nutritivo, un conidioforo con pochi conidi, però in natura ciò, a quanto è noto almeno, non avviene. Le espe- rienze che io condussi allo scopo di constatare se î conidi e le zoospore seminati nel terreno convenientemente umettato, davano origine a mi- .celio bene sviluppato e ramificato, ebbero sempre risultato negativo, perciò è giocoforza concludere che l’ infezione nelle piante di patata ‘avviene per germi che si devono trovare alla superficie di qualche ‘organo adatto della pianta stessa ed in buone condizioni di ambiente, che ne permettano la germinazione. Le esperienze ripetute e confermate già da parecchi autori, circa la penetrazione del micelio della Ph. infestans nelle piante di patata, hanno dimostrato che questa ha sempre luogo, sia che si tratti di foglie, di cauli epigei, od anche di tuberi. Il tubo di germinazione, prodotto da un conidio, o da una zoo- spora, che si trovi alla superficie di una foglia, o del caule epigeo, iperfora la parete esterna della cellula epidermica, mediante un sottilis- -simo tubo che si ingrossa ad ampolla nell’ interno della cellula stessa, indi si spinge verso la parete interna, attraversa pur questa e si insinua allora fra gli spazi intercellulari, ramificandosi variamente, e costituendo «così il noto micelio della peronospora. Talvolta avviene che il tubetto di germinazione, dopo aver attraversato la cellula epidermica, perfora pure le pareti della subepidermica, indi si spinge nei meati intercellulari 52 PERONOSPORACEE introducendo nelle cellule colle quali viene in stretto contatto, dei sot- tilissimi austori, semplici. Altre volte poi entra nel diachima fogliare: attraverso ad una apertura stomatica. In ogni caso noi vediamo che il protoplasma, dal conilio e dalla zoospora, e dalla porzione di tubo ger- minativo da questi organi emesso, e che rimane all’ esterno della pianta. ospite, passa attraverso alla sottilissima porzione di tubo racchiuso nella cuticola e nella parete esterna della cellula epidermica, emigra nel rigonfiamento ad ampolla intercellulare, indi aumenta di volume coll’ accrescersi del micelio che comincia ad esercitare la sua azione parassitaria nel protoplasma delle cellule della pianta ospite. E così i tubi di germinazione possono attraversare egualmente la corteccia dei tuberi, specialmente se questi non sono troppo vecchi, e meglio se giovani e freschi. Qui però |’ entrata avviene costantemente, in un unico modo. Il tubo di germinazione penetra fra due cellule della corteccia soverosa del tubero e sempre intercelluiarmente, si spinge ner meati dei tessuti profondi, come lo mostra | annessa figura. Allorquando il micelio è bene sviluppato nei tessuti fogliari, passa a fruttificare, cioè dà origine ai conidiofori, i quali spuntano direttamente dai filamenti miceliali che si trovano più prossimi alle aperture sto- matiche della pagina inferiore. Escono questi conidiofori dalle dette aperture, im numero variabile, raramente sono isolati. Più di frequente sono riuniti a due o più in un fascetto e divaricano dalla loro base al- quanto ingrossata. Anche in questa specie l’ umidità dell’ ambiente esercita un’ azione immediata sullo sviluppo dei conidiofori. Così, mentre essi in un ambiente secco, o scarsamente umido, sono piuttosto piccoli, e poco ramosi, così da raggiungere appena pochi centesimi di millimetro,. si innalzano sul substrato notevolmente e riescono assai bene visibili SG ad occhio nudo perchè raggiungono e talvolta oltrepassano un millime- tro di altezza, e si mostrano riccamente ramificati, allorquando lo stato L igrometrico dell’ ambiente è molto elevato. Vigorose vegetazioni di Ph. infestans si ottengono mantenendo sotto campana di vetro soscuro, alla volta interna della quale si adagia un foglio di carta bibula bene inzuppata d’ acqua, foglie di Patata, o tuberi interi, o meglio . sezionati, previamente infettati con zoospore vivaci del fungo, o meglio (specialmente se trattasi di sole foglie) da piante nelle quali da paras=. i sita mostrava tracce evidenti e copiose di sua presenza. A In natura, come nelle coltivazioni artificiali del fango, allorquando l’ organo invaso del micelio del parassita non è stomatifero, o lo è in troppo scarso modo, come sono i tuberi ed i fusti epigei, allora i co. nidiofori escono 0 aprendosi la via fra due cellule epidermiche attigue, A. N. BERLESE 53 ‘oppure nei tuberi, attraversando le pareti suberificate del guscio, più specialmente intorno alle gemm micelio annidato negli organi ibernanti, è vivace, quindi può mantenere la sua vitalità da un anno all’altro, e conservare in tal guisa la specie. Non vi é altro modo fin’ora per spiegare la riapparsa della malattia in località da ve si è mostrata una prima volta. Tutte le ricerche rivolte a porre in evidenza speciali organi iber- nanti in questa specie, ebbero risultato assolutamente negativo. È ‘troppo noto che le oospore rinvenute da Worsington Smith (1) e Ber- eley (2) in tuberi di patata, ed ascritte alla PRyfopht. infestans, sono invece, come chiaramente dimostrò il Sadebeck (8), da riterirsi al PylWém Equiseti. Del resto il De Bary (4) trovò nei vecchi tuberi anche altri Py- thium, gli oogoni ed anteridi dei quali probabilmente possono essere stati considerati quali organi sessuali della Phyfophtora infestans. rawski (5) avrebbe, a dir vero, osservato, ma una sola volta, ‘giovani oogoni in compagnia a conidiofori di PAytophthora infestans, ma questa unica esservazione, non confermata da altri autori, quantunque assai di frequente l’ argomento abbia formato oggetto di studi coscien- ziosi. non può avere un valore assolutamente decisivo. Forse in questa specie l’ adattamento dei miceli ad intaccare anche i tuberi e 1’ acqui- stata facoltà di svernare in questi organi vivaci condussero a poco poco alla gangsta degli organi sessuali non più necessari alla con- servazione della Caratteri sella mulattia. Le ricerche fatte, specialmente in questi ultimi tempi, sulla così detta malattia delle patate, hanno posto in chiaro che sono varii gli agenti che concorrono alla corruzione del tubero, e ciascuno caratterizza un’ alterazione particolare. Così il Fasi- sporium Solani, la Spicaria Sotani, la Rhizoctonia een il Tylen- ‘chus devastatrix danno uno speciale marciume. Il Bacillus Solana- ‘cearum ed altri bacteri provocano la gangrena umida cia che tanto spesso concorre colla PRyfophthora al disfacimento del tubero. Alcune di queste alterazioni, e quella prodotta dalla Prytophrthora in- festans, sono note fino dal 1830, col nome generico di malattia delle (1) ) Worsington Smith, Gardener Chroniele 1875. 10 Su n; 18761 VI; pag. v | del lavoro del Sig. Smith fatta dal Sig. Bar. Thuemen.. Sa O a ley ] Gardener's Chronicle 1876, V, 2408. O) De Bary das of Botan. 1887, Pi 105 et Bot Zeit. Pp. 617. dda hrb. XIX, 1890, p. 1 54 PERONOSPORACEE patate (Karsoffelhrankheit). Però più tardi ebbero nomi meglio definiti, cioè Male del secco, cancrena o marciume delle patate, Kraulfàule, Zullenfiiule der Kartoffeln, Potato mould, Maladie de la Pomme de terre, Nassféiule, Bakterien-Fiiule, Nematoden-Féiule o Wirm-Faule, Gangrene ete Noi non dobbiamo occuparci qui che dalla malattia prodotta dalla Phytophthora infes'ans. Egli è accertato che provenne essa dall’ Equa- tore. Ieosen ammette che essa esista da tempo immemorabile nelle Ande, nei dintorni di Quito, località che si vuole sieno la patria delle Patate e nelle quali la temperatura dolce e temperata, in causa del- l altitudine, è particolarmente favorevole alla vegetazione di questa pianta. Le esperienze del Jensen dimostrano che nna temperatura rela- tivamente non molto elevata ‘40°) basta ad uccidere il micelio nell’ in- terno dei tuberi, laonde questo egregio autore consiglia l’uso del ca- lore per sterilizzare i tuberi destinati alla semina. Questa poca resistenza del micelio al calore spiega come il trasporto dei tuberi da una regione tropicale ma assai elevata, come le Ande, a livello del mare sia al- l’ equatore che nell’ Europa meridionale, abbia potuto influire sui mi- celii annidati nei tuberi ed ucciderli. Però allorquando i viaggi divennero più brevi, in seguito alla navigazione a vapore, ed i rapidi piroscafi ebbero tutte le comodità per rendere ai passeggeri meno pesante il viaggio, è assai probabile che nei tuberi conservati in ambienti freschi della stiva, forse in vicinanza dei serbatoi di ghiaccio che non mancano mai nei piroscati bene equipaggiati, i miceli di Phytoprthora abbiano conservata la loro vitalità, e trasportati in Europa ed America abbiano ; quivi determinata |’ apparsa della malattia, che, in causa della larga coltura di patate già esistente in queste regioni, e del clima favorevole, potè in breve diffondersi straordinariamente e produrre danni estre- mamente gravi. Infatti questa malattia apparve dapprima in Prussia, intorno al 1840. Soltanto nel 1842 venne con sicurezza constatata nel Belgio, nel 1843 in Olanda, Inghilterra, Francia, indi nel 1844 in Italia, e nel 1845 si può dire Vai aveva invasa buona parte dell’ Europa, producendo danni assai gra Molti autori hanno trattato di questa malattia, ma non sempre con veri criteri scientifici. È inutile riportare in questo luogo le diverse opinioni emesse circa l’ origine della malattia, opinioni che, al pari di altre che si annettono alla storin di altri parassiti e loro manifestazioni nelle piante, sono desunte da osservazioni incomplete e mal suffragate dalle cognizioni scientifiche troppo scarse del tempo. Anche nel caso della malattia delle patate, la costante concomitanza del parassita e def ; AREE SE < ved Guia: ieri Pe e etc Re aio ra A. N. BERLESE 55 sintomi morbosi, e più ancora la riproduzione artificiale della malattia hanno trionfato sulle opinioni contrarie circa l’ origine del male, e se- condo le quali la causa vera del morbo era da rintracciarsi in condi- zioni sfavorevoli del suolo o dall’ atmosfera, o da una degradazione della pianta provocata dalla coltura. evole lavoro (almeno per l’ epoca) sui caratteri ed anda- mento della malattia delle patate, è quello del Martius (0 il quale, dopo uno studio particolareggiato, atferma che il male è prodotto da un fungo parassita. Questo però non fu riconosciuto che nel 1845, allorquando lo pose in evidenza Madama Libert ® in una lettera che resta classica nella storia di questo endofita e della malattia che produce. Il Monta- gne (3) sostenne vittoriosamente le idee di Madama Libert, e chiamò il fungo col nome di Botrytis infestans. È noto che lo studio microscopico dei funghi cominciò nella prima metà di questo secolo ed i pochi generi creati sulle proprietà desunte dall’ esame microscopico, dovevano riunire forme tra loro molto diverse per natura e costituzione intima. Perciò vediamo le Peronosporacee ascritte parte agli Ifomiceti parte agli Uredinei e talune specie anzi non solo riferite a generi (Botrytis, Uredo) che comprendono dei veri Ifo- miceti od Uredinei, ma confuse anche con qualche genuino ifomicete. Soltanto i lavori classici del De Bary hanno determinata la vera posizione sistematica di questi miceti, per cui non è da meravigliarsi se vediamo non poche Peronosporacee, tra cui la presente, ascritte, fino intorno al 1850 ai generi Botrytis, Uredo, Caeoma etc. staccate da questi e raccolte in famiglia distinta soltanto più di dieci anni dopo. La Phytophthora infestans venne dal genere Botrytis trasportata in quello di Peronospora dall’ Unger, nel 1847, però quest’ autore ne fece una specie a sè che chiamò Peronosp. trifurcata. La designazione specifica non poteva essere conservata, come non potevano essere conservati i nomi di Botrytis fallax, e Botrytis Solani, Peronospora Fintelmanni, di Desmazieres, Harting e Caspary, (4) per- chè posteriori a quello del Montagne. Dove forse potrebbe il sistematico soffermarsi alquanto, è sul no- me Botrytis devastatrix che secondo il Duchartre © la Sign. Libert (1) Martius Die Kartoffelepidemie der letzten Iahre Miinchen 1842. (2) Libert Lettre sur le maladie de la Pomme de terre 1845. (3) Montagne Mem. de l’ Instit. de France 1845. ; (4) Vedi per questi ed altri autori qui citati la « Biiograta » cdr del lavoro. LS e (5) Duchartre Rev. Bot. I, p. 151. da Sa 56 PERONOSPORACEE avrebbe dato al fungillo che quì ci interessa, e a quanto pare prima che | il Montagne lo designasse col nome di Bo/ry#z8 2nfestans. 1] Caspary nel 1855 anzi chiamò il fungo delle patate col nome di Peronospora devastatrix, ed il Lagerheim ®% nel 1890 rimise in onore questa denominazione. Però è così diffusa ormai la designazione specifica del Montagne, che qualunque modificazione, anche nel caso che fosse pienamente giustificata, forse non riuscirebbe bene accetta ai micologi ed la i MOROSA ; ad ogni mado io mi sento in dovere di ri- cordare la c Fatta pesa rapidamente la storia del parassita e della malattia che determina, passo ad esporre i caratteri di questa e le alterazioni che si riscontrano nei tessuti dei diversi organi invasi dal micelio. Molti autori esposero il quadro sintomatologico della malattia in discorso, o desumendolo da precedenti descrizioni, o da materiale am- malato. Un’ esposizione accurata e fedele ci offrono parecchi, ed il let. tore mi permetterà ch'io confronti le loro osservazioni con quelle che io pure feci desumendole da/ vivo, per poter meglio completare quella che farò, attorniato, come mi trovo, da abbondante materiale vivente. confronti minuziosi che io andai facendo tra le descrizioni date dal De Bary, Martius, Sorauer, Frank, etc. etc. ed il suddetto materiale, mi permettono qualche modificazione anche alle esposizioni più dettagliate e spero che queste modificazioni riescano a meglio completare il quadro suddetto. Infatti basta tener presente quanto più sopra fu detto circa la interpretazione che parecchi autori diedero al marciume dei tuberi, per essere convinti che qualche descrizione, sebbene dettagliata e fedele, non è del tutto corretta. Come dimostrano Reinke e Berthold, Rra- mer, Frank, Wehmer ete. il marciume delle patate è determi- nato da agenti diversi assai e che possono (anzi taluni sogliono) concorrere contemporaneamente alla corruzione del tubero. La PAy/oph- thora infestans anzi (a quanto conferma pure il Frank recentemente) è un fungillo che al pari di tutte le altre Peronosporacee predilige gli organi aerei e specialmente le foglie, e difficilmente intacca i tuberi. Or bene esso in annate ordinarie si mostra nelle foglie, mentre rispetta interamente i tuberi, e soltanto nei casi di infezioni fortissime, favorite e sostenute da speciali condizioni di umidità e calore sogliono i tuberi venire assaliti. D’ altra parte in certe annate la malattia non si mostra affatto sulle foglie, mentre apparisce soltanto nei tuberi. In tal caso essa però non è dovuta ala Phyfophthora, bensì ad altri fanghi e bat- teri. Occorre quindi, da parte dell’ agricoltore, una certa ocnlatezza la i Ss Lagerhein La enfermedad de los pepinos (Revista Equator. tom. IL p. 1-6). x ” RRNZLE AIAII RE TC SA E IIA A. N, BERLESE 57 quale, congiunta a qualche cognizione sui diversi parassiti che sogliono produrre il marciume delle patate, può additare il metodo di cura per revenire o combattere l’ infezione. Ma è certo che allorquando non erano state profondamente studiate le cause diverse che possono deter- minare il marciume dei tuberi, questo veniva attribuito al fungo più appariscente, cioè alla Prytophthora, quindi qualche descrizione di autore vecchio può essere non del tutto conforme al vero, per quanto concerne questo parassita, Nelle annate ordinarie, abbastanza asciutte, la malattia suole ren- dersi evidente soltanto nel pieno estate od al termine dello stesso, ma se la primavera è stata molto piovosa, ed il primo estate è pure umido, l’ apparsa del male anticipa sensibilmente. Gìà alla fine di Maggio ed in giugno si possono riscontrare, nelle colture di patata, i sintomi della malattia. I tessuti fogliari invasi dal parassita conservano per qualche tempo il loro colore verde cupo, indi cominciano a poco a poco ad a e si formano quindi sulla foglia delle macchie pallescenti e poi imbruniscono ed alla fine acquistano un colore nerastro e si dio Ordinariamente si avvertono una, due macchie per ogni lembo fogliare, ma se la stagione corre umida e piovosa, queste vanno aumentando di numero, e vengono a trovarsi così, vicine le une alle altre; poi collo sviluppo si fondono insieme le più prossime, talchè buon tratto della foglia annerisce. Moltiplicandosi in pochi giorni le macchie, come suole accadere nelle circostanze prima accennate, tutto, o quasi, il fogliame della pianta viene deteriorato : i giovani fusti epigei vengono del pari assaliti, e mostrano analoghe macchie allan- gate, ner cui dopo pochi giorni può una coltivazione, anche vasta di patate, e trasformata in piante più o meno rovinate dal male e nereggian I tari infetti mostrano pure caratteristici segni del male. La loro superficie, specialmente se si tratti di varietà a guscio liscio e sot- tile, offre delle macchie variabili per forma e grandezza, e di un colo- re brunastro. (1) Queste macchie non inibisce soltanto il guscio, (1) In un lavoro recente, notevole per numero di esperimenti Ligiannoi a socia (II e IV era il Wehmer asserisce che sempre queste macchie pos ssere prodotte dalla Phytophthora. Egli anzi ha tro- vato che |’ infesione è relativamente di dicile, sia che si cabala i conidi ed i miceli nei tuberi sani 0 sezionati, per cui, aggiunge, è necessario asso ; quali sono le i dis) Sci no i tuberi ng infezione nel terreno, e sache der ‘Pleo di ist, bis » cana nin eines saio entwicke ungsge gesch abitato Verfolges dieser hier noch ganz offen 58 PERONOSPORACEE poichè sezionando il tubero, in corrispondenza di una di esse, si avver- te che la colorazione bruna si spinge anche nel parenchina più o meno profondamente a seconda dell’ età della macchia. Il tessuto interessato nella macchia sembra più secco e più compatto del tessuto normale, amido però non è diminuito nè alterato, ove si tratti soltanto di in- fezione peronosporica. Nei tessuti alterati delle foglie, osserva il De Bary, è principal- mente il contenuto delle cellule del mesofillo che subisce le decolo- razioni ; le pareti acquistano una colorazione bruna meno pronunciata, sovente anche rimangono incolore. Al contrario le pareti delle cellule epidermiche offrono una tinta più carica. Se si seguono la penetrazione del micelio ed il suo progresso nei tessuti interni, si avverte spesso che la colorazione delle pareti cellulari comincia nel punto în cui av- venne la perforazione e da questo si estende alle altre parti della parete della cellula infetta, ed a quelle delle cellule vicine. Per questa ragione la tinta bruna si estende di frequente ad una distanza di qualche centi- metro, sia nel parenchima superficiale, sia nei fasci vascolari. Nei tuberi le macchie brune, che caratterizzano la malattia, sono costantemente occupate dal micelio della Phyfophthora, il quale però si può soltanto bene vedere, vegeto e ricco di plasma, nei meati in- tercellulari delle cellule nello quali ancora non è avvenuto |’ imbruni- mento delle pareti. ol procedere dell’ alterazione il tubero diviene un substrato fa- vorevole ad altri funghi e batteri, i quali compiono l’ opera distruttrice della peronospora, e riducono a poco a poco il tubero ad un completo disfacimento. Le esperienze di Speerschneider(!) hanno assodato che la malattia non solo è prodotta dalla Phyfophrthora infestans, ma ancora che vanno ad essa maggiormente soggetti i tuberi giovani e quelli a pelle sottile, ed inoltre che il micelio si mantiene vivace nei tuberi da un anno al- l’altro. Non è quindi il caso di invocare la eferoecia, secondo | ipo- tesi emessa dal De Bary, per ispiegare in qual modo il parassita si conserva da un anno all’altro. (2) E riuscirà del pari agevole com- (1) Speerschneider Das Faulen der Kartoffelknollen ete. (In bot. Zeit. 1875, p. 121). (2) E mio dovere ricordare qui le conclusioni cui giunge il Sig. Béhm in un lavoro piuttosto recente sulia malattia della patate. Alcune di queste conclusioni sono in aperta contraddizione ron quanto fu ammesso e confermato da autori parecchi, ed io stesso non mi posso adattare ad accettarle inte- gralmente. Il lettore ne giudichi da sé, e consulti anche il lavoro suddetto e eri clelia fa ara or A. N. BERLESE 59 prendere come la malattia si riaffacci ogni anno nelle colture di patata, qualora si consideri che comunemente non vengono affidati al terreno i semi delle patate nella coltivazione di questa pianta, bensì i tuberi. È noto, da esperienze già ripetutamente confermate, che i miceli anni- dantisi in tuberi infetti, emettono all’ esterno del tubero i conidiofori, purchè la temperatura ambiente sia abbastanza elevata. Ora nelle coltivazioni di patate può accadere, ed accade pengonia che i conidi prodotti da questi conidiofori sotterranei, vengano poi contatto, trasportati dall’ acqua di pioggia od altrimenti, di altri triberi sani appartenenti alla stessa pianta od a piante vicine, e questi infettino. Del pari, siccome i miceli che si annidano in un tubero possono mi- grare nei getti che questo tubero stesso emette, e seguirne lo sviluppo, così allorquando il getto esce dal terreno, esso già contiene il micelio della Phytophthora, il quale ben presto emette all’ esterno conidiofori che maturano rapiamionte conidi. E questi vengono diffusi per l’ambiente. V’ ha poi un’ altro fatto cui conviene prestare attenzione, e che io riuscii a constatare mercè ripetute osservazioni. Il mice elio che si nasconde nei tuberi, viene più di frequente a fruttificare in prossimità delle gemme, le quali come è noto, si trovano spesso in leggiere infos- sature = superficie del tubero. ne, i nuovi getti vengono quindi assai facilmente in contatto coi conidi che si sono formati dai conidiofori spuntati intorno alle gemme, e questi conidi, trovandosi in condizioni opportune per la ger- che ha per titolo: Ueber die Kartoffelkrankheit e venne pubblicato nei Zitzungsberichte d. k. k. zool.-botan. Gesellschaft di Wien nel 1892. (p. 23). i tag cy vera capo asta principia pe la chiusura delle e. Le in E epuegoeten iun della respirazione n fenomeno i sconto. da seguito alla totale esclusione dell’ aria ha luogo la Luini bu- 2 aa goa delle patate in stretto senso, nai uccisi i tessuti dalla faire infestans ; le ulteriori alterazioni alle quali soggiace la carne morta dipendono dalla intensità dell’ ariana dalla grandezza dei eb: dalla temperatura e dalla umi- dità dell’ aria ambi 3.° Sotto condizioni mona 6 allo sviluppo dei bacteri, i tuberi diventano puzzolenti, ne segue a poco a poco l’a iaia. e le cellule Lusia le Dean: Il tubero è affetto da gangrena secca. La suberificazione ha inte dall’ esterno verso l’ interno. 4° La infezione dei tuberi sul terreno non non segue mai allorchè i pi sono intatti, ma viene determinata dagli insetti e dalle Inmache. thora sverna in tuberi, e con questi viene poi trasportata nei campi, è inesatta. Il modo e la forma di svernamento del fungo, sono interam lente scosioneiuti. 6.° A 0° C il fungo non solo non si svi sviluppa più largamente nei tuberi infetti. ma an- cora a porto la carne aotnervrnta dal medesimo, la ciale e primieramente ha un aspetto indurisce (si suberifica-rerkorkt). > 60 PERONOSPORACEE ‘mogliazione infettano assai agevolmente i nuovi germogli, quando an- .cora sono tenerelli e delicati. Al loro uscire dal terreno questi per- mettono la fruttificazione del micelio che contengono e la diffusione della malattia. n altro punto saliente nella biologia di questo parassita, si è che nei tuberi infetti il micelio continua ad accrescersi anche allor- quando i tuberi sono in stato di riposo e conservati nei magazzeni, ed inoltre esso può anche passare da un tubero ad un altro che sia col primo a contatto. alle proprietà e dal modo di sviluppo del parassita, dal suo diverso comportamento di fronte alle differenti varietà di patata, ven- nero suggeriti dei metodi profilattici, che, adottati convenientemente, diedero dei buoni risultati. Attualmente gli esperimenti sull’ azione tossica dei sali di rame sui conidi delle Peronosporacee e di altri funghi, hanno notevolmente modificato il sistema di cura ed io esporrò brevemente le norme più opportune per combattere efficacemente questa malattia. Misure profilattiche per prevenire l infezione. Io mi limito ad esporre qui le pratiche suggerite per combattere l’ infezione peronosporica, però alcune, come è agevole comprendere, riescono opportune per com- battere il /mar:c2ume dei tuberi in genere. Sono queste pratiche altrettante misure profilattiche, poichè è impossibile uccidere il parassita nell’ in- terno dei tessuti. Alcune si riferiscono alla pianta ospite, e riflettono la «scelta di adatte varietà, ed i metodi di coltura ; altre hanno per oggetto di preservare le piante dalla infezione, adottando dei rimedi capaci di impedire }’ infezione mediante 1’ uccisione dei germi del parassita. Noi possiamo quindi dividere queste misure profilattiche in tre gruppi, cioè : . Scelta delle varietà più resistenti. IL Metodi più adatti di coltivazione. III. Sostanze anticrittogomiche e loro applicazione. Anche oggidi, specialmente in Germania, vi sono non pochi agri- «coltori i quali credono fermamente all’ esistenza di varietà di Patate le quali, specie nel tubero, offrono una notevole resistenza agli assalti .del parassita. Queste opinioni trovano in generale la loro ragione nel non essersi per diversi anni di seguito sviluppata gagliardamente la malattia in determinate località nelle quali la stagione procedette asciutta «e quindi sfavorevole al parassita. Perciò vanno esse accettate con molta circospezione. Pari valore hanno comunemente le asserzioni dei venditori di seme o di tuberi da semina, allorchè si riferiscono alla sperimentata immunità del genere dai medesimi posto in vendita In generale si ha che le parti erbacee di tutte le varietà di patata A. N. BERLESE 6l possono venire intaccate dal parassita, e specialmente allorquando sono” tenerelle. Allorquando la pianta cestisce, e si fa più robusta, la infezione non si diffonde tanto rapidamente. ei tuberi si osserva che le varietà a corteccia spessa sono meno facilmente assalite, ed inoltre quelle primaticce, avendo i tuberi già bene corticati di buon’ ora, sfuggono in generale meglio delle tardive agli insulti del fungo Migliori dati possono fornire il metodo di coltivazione, la natura del terreno, l’ esposizione ete. Anzitutto è necessario scegliere per la semina tuberi perfettamente sani, e raccoltì in località dove la malattia non si è mostrata. La di- sinfezione dei medesimi, mediante il calore (3-4 ore a 40° C), può essere invocata in quei casi in cui si teme che i tuberi sieno infetti, però non è del tutto necessaria. I tuberi devono poi essere immersi nel terreno ad una profondità almeno di 12-15 cm. Questa necessità è stata posta in evidenza dal sopracitato Jensen, il quale trovò che sono sempre i tuberi posti a poca profondità quelli che più di frequente sono assaliti dalla malattia. Le numerose esperienze condotte da questo antore assodarono che bagnando con acqua che conteneva approssimativamente 100,000” conìdi di Phyfophthora degli strati di terreno di diverso spessore, rac- cogliendo poi l’ acqua stillante dal terreno si avevano risultati assai differenti a seconda della grossezza dello strato stesso. Così se questo era di due centimetri, si raccoglievano oltre 6000 conidi, mentre già con quattro centimetri il numero si ridusse a 398, e fu di solì 18 conidi in uno strato di 8 cm. Strati di terreno di 10 cm. non lasciarono pas- sare alcun conidio. Questo faito è oltremodo interessante, e conviene tenerlo ben presente, poichè egli è soltanto con queste misure precauzionali che può essere preservato il tubero. tamenti cuprici hanno efficacia sulle parti aeree della pianta. (colle quali possono vanire a contatto) ma nulla possono contro |’ infe- zione degli organi ipogei, ed è quindi necessario invigilare affinchè la. malattia non possa manifestarsì in questi. È noto che nelle piantagioni. molto fitte, o nelle varietà di gran reddito, nelle quali i tuberi sono assai numerosi, e quindi molto ravvicinati, od a contatto fra di rad nel terreno, |’ infezione da tubero a tubero è abbastanza agevole anch se la parte epigea è perfettamente sana e prevenuta dagli attacchi del parassita, quindi si rendono necessarie quelle pratiche intese ad impe- dire l’ infezione ipogea, o la sua diffusione. Anche la natura dei concimi può esercitare una influenza più 0° o meno decisa sulla diffusione rapida del male. In generale i concimi” 025: PERONOSPORACEE ricchi di azoto, come sono i sali ammoniacali, i nitrati, il guano etc. favorendo lo sviluppo delle parti erbacee, e dando origine a tessuti ricchi in acqua, ed a cellule con pareti poco ispessite, determinano nelle piante delle condizioni favorevoli alla infezione, e diminuiscono la resistenza naturale delle piante. E del pari i terreni ricchi in acqua, bassi, circondati da colline o foreste, o confinanti con vaste superfici d’ acqua, sono assai propizi alla diffusione del parassita. Al contrario nei terreni soffici ed asciutti, modestamente concimati, le patate pro- sperano bene e non risentono gravi danni dalla Phyfophfhora. Parecchie sostanze vennero impiegate per combattere il parassita, come lo zolfo in polvere, il sale agrario al 10 0jo (cloruro di sodio im- puro) mescolato con calce viva, il solfato di rame al 5 0jg polverizzato ed unito a polvere di cabone, solfato di ferro e calce, poltiglia bordo- lese e diverse concentrazioni di rame e calce, semplice o con l’ ag- giunta di melasse (poltiglia al saccarato di rame) etc. E affatto inutile ch’ io esponga qui i risultati ottenuti colle singole sostanze, basterà dire che tutte cedono ora il campo alla poltiglia bordolese semplice od a quella al saccarato di rame, che presentando maggiore aderenza, meglio si presta all’ nopo. Però anche l’ impiego di queste sostanze non è da tutti gli spe- rimentatori sostenuto colla medesima energia, poichè alcuni non otten- nero dei risultati veramente assoluti. Così per esempio il Liebscher si iene che i trattamenti coi preparati di rame non possono del tutto impedire uno scarso raccolto, sebbene egli colla steatite cuprica Libre ottenuto nel 1891 un prodotto di tuberi eguale a 735 Cgr. per ha, e coll’ impiego della poltiglia bor- dolese il reddito sia stato di Cgr. 1102. Ad ogni modo anche questo autore, avendo constatato nel 1892 che di fronte a piante sane, ma non trattate, l’impiego della poltiglia bordolese diede risultati sensibilmente migliori di quelli ottenati dallo spolveramento con steatite cuprica, | conclude che i preparati di rame devono avere una applicazione generale. Un notevole lavoro sulla efficacia dei trattamenti antiperonospo- rici a base di sali di rame è quello del Sorauer. (2) Questo egregio autore fece una lunga serie di esperimenti che condussero a risultati assai interessanti, ed io ben volentieri li riporto qui. (1) Liebscher in Iourn. fiir Landwirtsch. 1893. (2) Sorauer P. Einige Beobachtungen bei der Anwendung von Kupfer- Krank. Band. mitteln gegen die Kartoffelkrankheiten Zeitschr. fiir Pfianz. III. 1893. c i e TER ERO ORE EEE EEE LIRA Re ie Aa AE ARTS ADI e MINI A RT IE A. N. BERLESE b3 Si tratta di esperienze comparative fra la solfosteatite cuprica e la poltiglia bordolese e dell’ azione dei rimedi cuprici sulla vegetazione e sul reddito delle patate. Interessante è il fatto constatato dal Sorauer dell’ arresto, o ritardo, nella vegetazione, in seguito all’ applicazione dei sali di rame. Nelle diverse parcelle trattate e non trattate, l’ accre- scimento si mantiene egualmente rigoglioso in principio, però in segui- to le piante che hanno ricevuta l’ applicazione dei rimedi, specialmente Ja solfosteatite cuprica, rimangono indietro. Le foglioline della stessa età, e staccate da cauli di eguale altezza hanno un differente spessore secondochè appartengono a piante trattate o meno. Sono più sottili quelle che subirono i trattamenti. Questa depressione sullo sviluppo influisce poi anche sui tuberi come lo dimostra il sottostante quadretto. A. Varietà « Sechswochen » Tuberi grossi peso Tuberi piccoli peso 843 gr. 102 pf Con poltiglia bordolese 28 4 gr. Con solfosteatite cuprica 33 669 gr. 119 912 gr. Senza alcun trattamento 38 11983 gr. 43 423 gr. B. Varietà « friie Blaue » - Con poltiglia bordolese 35 999 gr. 89 € gr. Con solfosteatite cuprica 25 557 gr. 49 472 gr. Senza alcun trattamento - 89 2898 gr. 4T 640 gr. Questi dati dimostrano che riuscirebbe dannoso trattare quelle piante che maturano i tuberi all’ epoca dell’ ordinaria comparsa della malattia. Riguardo all’ efficacia delle due miscele impiegate, il Sorauer ha trovato che la poltiglia bordolese è sensibilmente superiore alla sol- fosteite cuprica, il che risulta dal seguente quadretto. A. Varietà « Sechswochen » Tuberi grossi peso Tuberi piccoli peso Con poltiglia bordolese 45 1450.8 gr. 92 810,3 gr. Con solfosteatite cuprica 35 1192,3 gr. 101 998,2 gr. Senza alcun trattamento 33 1191,0 gr. dI 1191,0 gr. B. Varietà « friie Blaue » Con poltiglia bordolese 52 21110 gr. 97 1173,9 gr. Con solfosteatite cuprica 31 909,2 gr. © 73 764,6 gr. Senza alcun trattamento 53 2037,0 gr. 69 851,8 gr. . «.. L’ azione favorevole dei sali di rame si rileva anche dal per cento «dei tuberi ammalati nelle aiuole trattate e in n quelle non ea come Jo dimostra il | prospetto seguente _ | A. Varietà « Sechswochen » ’ i. Con poltiglia bordolese tuberi ammalati 0,00 ‘ou Con solfosteatrite cuprica » » i 1, 98 00 Senza alcun trattamento » wi =: Oro 64 PERONOSPORACEE B. Varietà « sriiche Blaue » Con poltiglia bordolese tuberi ammalati 1, 03 Oto Con solfosteatite cuprica » » 31,8 Oto Senza alcun trattamento » » 67,1 00 Il Sorauer osservò che le foglioline delle piante trattate avevano i margini rivolti verso l’ alto, ed erano meno distese di quelle non trattate, come se fossero state sottoposte a riscaldamento. Ciò era più evidente sulle foglie trattate con solfosteatite. I ripetuti impolveramenti durante l’ tyicni 1891 portarono la conseguenza che nei punti della foglia dove si era accumulata la soluzione di solfato di rame, successe un infiniti Nelle regioni dove comparivano le bruciature si notò una speciale senti del corpo fogliare dal Sorauer chiamato già « inlumescentia L’ epi idermide in queste regioni è bruno carico, il palizzata però è stirato a modo di un sacco, ed è povero di clorofilla. Non di rado le cellule sono divise da setti trasversi. Nei casi estremi la distensione è così forte che l’ epidermide rigontiato si rompe alla sommità della bolla, e in questo caso si sviluppano in quel luogo degli altri funghi. E prima del Sorauer, del Semplowsky, del Liebscher ete., cioè nel 1891 il Thuemen (! aveva sperimentata la soppressione della parte erbacea e l’impiego della poltiglia bordolese sulle piante di patata allo scopo di combattere la malattia di cui qui si tratta. Il reparto di con- trollo diede, all’ atto del raccolto, il 7 0{g di tuberi ammalati. Il reparto nel quale 1' 8 Agosto erano stati tagliati i cauli diede il 4 [{2 Oo di tuberi infetti. Nel reparto trattato due volte con poltiglia bordolese sol- tanto il 3 0jo dei tuberi presentava la malattia. Infine il 3 114 00 di tuberi ammalati si rinvenne nell’ ultimo riparto nel quale la parte Sa. l' 8 Agosto era stata calpestata da un rullo di legno. altro lavoro assai importante e che conduce a risultati del tutto divina è quello del Girard (2) fatto nel 1892, e dal quale riesce evidente l’ efficacia dei trattamenti a base di sali di rame. Piacemi riportare il sottoposto quadretto a meglio convincere il lettore. Superficie trattata: 2 are Superficie non trattata: 2 are D- _ Peso totale della raccolta Tuberi siijali Peso totale della raccolta Tuberi malati Vari e a nni ; arietà I Per 1 In peso Per 100° euxey. . . . . Kgr. 658 Kgr. 2,3 0,35 Kgr. 579,7 Kgr. 86,7 14,9 Gelbe-Rose vie. 006 #53 0,14 2 6 o 12,8 ed. Skinned 719 a) 0,18 n» 648 ISS. Richtr'sImperator , 911 s 099 0,09 n IT 266. SA Il Girard aggiunge che i trattamenti non sono soltanto caratteriz- ii e PRESSE RASTA CIA RR SINO EE TRONTO RIO SE I NOI PE E ci e A, N. BERLESE 65 zati dalla diminuzione nel numero dei tuberi malati, ma ancora da un serio aumento di peso dell’ intera raccolta Nel 1891 per la var. Ieuxey, questo aumento raggiunse il 41 0|o. Ma questo egregio autore nelle numerose esperienze condotte ri- levò che la comune poltiglia bordolese ha poca aderenza alle foglie delle patate, e fece quindi un’ altra serie di ricerche allo scopo di rinvenire delle mescolanze le quali meglio si prestassero all’ uopo. Gli esperimenti furono condotti oltre che colla poltiglia bordolese comune, anche con una poltiglia cupro-calcica povera di calce, con una cupro- calcica alluminosa, con altra cupro-calcica sodica, con una quinta cui era stata aggiunta della melassa, ed infine con una all’ acetato basico di rame. Dopochè le piante di patata vennero asperse colle dette poltiglie e queste eransi asciugate, il Girard assoggettò le foglie a pioggia diversa violenza, mediante un apparecchio speciale, e venne ai seguenti resultati che mi piace riportare : I. Le miscele cuprocalciche ìmpiegate hanno differentissima fa- coltà di adesione alle foglie delle patate. II. I sali di rame vengono asportati sopratutto in seguito a vio- lenti pioggie e per fatto puramente meccanico. III. Fra tutte le poltiglie quella meno aderente è la comune po/- tiglia bordolese, mentre quella che presenta la massima resistenza è la poltiglia bordolese zuccherata Questa poltiglia avrebbe la composizione seguente : Solfato di rame Chilogr. 2 Calce (pesata allo stato anidro) » 2 Melassa » 2 Acqua totale Litri 100 Non è il caso di parlare del modo di preparazione di questa pol- tiglia, che è analogo a quello della ordinaria poltiglia bordolese, e soltanto differisce per l’ aggiunta della melassa, aggiunta che può esser fatta all'acqua prima della soluzione del solfato di rame. Io ho insistito nel riportare i risultati ottenuti da eminenti pato- logi nella lotta contro la peronospora delle patate mercè 1’ impiego dî rimedi a base di sali di rame, allo scopo che il coltivatore si persuada della opportunità, anzi della necessità di introdurre questi trattamenti nelle ordinarie pratiche agricole. In Italia a dir vero non si da comu- nemente troppo gran peso alla malattia delle patate, quantunque le sta- tistiche non sieno tarde a dimostrare che essa, specialmente in certe an- nate, suole infierire in date località così gagliardamente da diminuire i 5 66 PERONOSPORACEE modo assai sensibile il reddito di questa importante coltura. Da parec- chi anni poi la malattia suole apparire anche in piante aftini alla patata e specialmente nei pomidoro, cagionando i mali conosciuti sotto i nomi di Bolla, Mal del nero, Pellagra, per cui riesce di primario interesse difendere anche queste piante dagli insulti del parassita. A dire il vero . siccome più comunemente i pomodori vengono coltivati da orticoltori dei dintorni della città, meglio informati in questioni di patologia vegetale, ed ordinariamente meno restii nell’ applicazione dei rimedi consigliati dagli uomini di scienza, così noi vediamo questa coltura più spesso con- venientemente preservata dagli attacchi del parassita in seguito a ben intesi trattamenti di poltiglia bordolese. ero e mi auguro, che, riconosciuta la identità della malat- tia e l’ efficacia dei sali di rame, il coltivatore di patate salvaguardi le sue piante seguendo le norme che qui sotto brevemente espongo. Siccome le foglie delle patate e del pomodoro, mutano continua- mente di posizione a seconda delle diverse ore del giorno! così e op- portuno ripetere il trattamento per essere sicuri che la pagina superiore di tutte, od almeno della maggior parte, delle foglie, ha ricevuto il rimedio. Non si può prescrivere in via assoluta il rumero dei rimedi, e le epoche della loro applicazione, variando questi colla natura del luogo è coll’andamento della stagione. In generale però due o tre trattamenti possono bastare. Siecome i sali di rame hanno per iscopo, come è noto, di prevenire l’ infezione, così è necessario applicarli prima che sia ap- parsa la malattia. Nel mese di maggio quindi, od ai primi di giugno, a seconda dello stato di vegetazione delle patate e dei pomidoro, ed a se- conda dell’andamento della stagione, si potrà fare un primo ed abbondante trattamento, ripetuto, come sopra dissi, in ore diverse, allo scopo suin- dicato. Un secondo trattamento poi si farà alla metà od alla fine di Lu- glio od in i: Se il svagier sv umido assai e piovoso fra i due nio: DA se ne interpone un altr i potrà pure impiegare ‘poltiglia bordolese all’ acetato ci rame, che, come è noto, ha maggiore aderenza di quella al solfato ® (1) n Baccarini nella traduzione del trattatello del Wolf Die KrankKkheiten der Kulturgewiichse aggiange di suo in nota (p. 149) che le foglie delle pa. tate e del pomodoro, a seconda delle diverse ore del giorno mutano continua- mente anche di forma. Però questo strano e poco concepibile fenomeno io non lo ho osservato nè in queste nè in altre piante. Lo stesso autore aggiunge che conviene applicare i rimedi alle due pagine fogliari affinchè rre | Nell esposizione della cura da seguirsi per prevenire la ROBEBNER A. N. BERLESE 67 Se in luogo di poltiglia bordolese si impiega solfosteatite cuprica, ‘0 qualche altra polvere contenente solfato di rame, allora conviene in- sistere maggiormente nei trattamenti, poichè la polvere ben presto ab- bandona Ile foglie, specialmente quando softia il vento. Il Millardet con- siglia l applicazione di questa polvere ogni 10 giorni per i pomidoro e ad intervalli più lunghi per le patate, servendosi sempre di un solfora- store il cui tubo è ricurvo in basso all’ estremità. La scelta accurata dei tuberi che si vogliono conservare, sia per ‘commercio che per semina, ed il loro svernamento in locali bene aereati ‘ed asciutti, completeranno le pratiche intese a prevenire i danni che ‘suole recare il parassita di cui tenni parola. Io ho insistito piuttosto lungamente circa l'opportunità dei trattamen- iti, e le sostanze da impiegare nella lotta contro questo parassita, quantunque mella parte generale abbia dedicato un capitolo speciale a quest’ultima parte, poichè mentre per la vite si può dire che i trattamenti antiperonospo- rici sono oramai considerati come una ordinaria pratica agricola, nella ‘coltivazione delle patate l’ agricoltore è restio a ricorrere a lavori intesi :a preservare le piante dal marciume. Quantunque la peronospora delle ‘patate sia malattia da molto tempo nota, pure l’ agricoltore mal si piega a combatterla con un rimedio che, trovato per un’ altra malattia, a nre esclusivamente sembra destinato. A persuadere il lettore circa l’ opportunità dei trattamenti antipe- roibeponiai nella malattia delle patate prodotta dalla Phyfophfhfora io riportai perciò i risultati dei più accreditati e diligenti sperimentatori. Gexere SCLEROSPORA Schr. Venne questo genere fondato dallo Schroeter (!) nel 1879, sopra un ‘fungo raccolto primamente dall’ Urban ® nel 1875 e dal Saccardo (®) nel «della Vite e dei rimedi da impiegare tratto in modo speciale della questione dell’acetato di rame e della opportunità di sostituirlo al solfato nella prepa- razione della poltiglia cupro-calcica. Rimando a quelle pagine il lettore desi- «deroso di conoscere la composizione della poltiglia all’acetato ed i modi e ‘tempi nei quali deve essere applicata. (1) Schroeter Protomyces graminicola Sace. In Hedw. 1879 p. 86. (2) Magnus Drei neue Pilze In Sitzungsber Bot. Ver. Prov. Brand. 1878. È descritta la Ustilago Urbani. (8) Saccardo Mycoth. veneta n. 496, Fungi Ven. non vel. crit. Ser. VI. mn. 91 in Nuovo Giorn. Bot. it. 1876, p. 172. 68 PE RONOSPORACEE 1876 e più tardi dall’ Ule®, dal Passerini ® ed in seguito da moltissimi altri micologi. Gli autori citati, ad eccezione del Passerini e dello Schroeter non rinvennero che gli cogoni e le oospore, abbondanti nei tessuti della piante ospite. Il Passerini fino dal 1876 aveva osservato la forma oogoniale e» nel 1878, avendo trovato la forma conidica, illustrò ambedue sotto il nome di /eronospora Setariae e ponendo in sinonimia il Protom. graminicola Sace. Lo Schroeter nello studio accurato che fece del fungillo, tenne parola anche di uno stato conidiale e si espresse nel modo seguente (I. c. p. 4) « .... ich auf Setaria selbst einem conidienpilz gefunden habe, dessen Zugehòrigkeit zu den beschribenen Oosporen mir kaum sweifelbaft erscheint ». Gli studi del Fischer ® specialmente, hanno con-- dotto ad una più dettagliata conoscenza dell’ apparato conidiale nella specie di cui è quì parola, cioè la Sclerospora graminicola ; esistono però altre specie (Scl. Magnusiana, Scl. macrospora) nelle quali i conidiofori ed i conidi non sono ancora noti, anzi in causa di ciò e nella possibilità che essi offrano dei dati differenziali anche in quei casi in cui vi è concordanza di caratteri negli oogoni ed oospore, io ritorno» sul mio operato e tengo distinta dalla Sc/erospora graminicola la Scl. macrospora, tanto pit che la diversa grandezza delle cospore nelle due specie può giustificare la separazione. Ciò che va osservato piuttosto circa al genere Sclerospora, si è che in seguito ai miei studi nella conformazione degli oogoni ed oospore in Plasmopara, Peronospora etc. esso perde notevolmente di impor- tanza, e si sostiene soltanto pei caratteri non pienamente noti dell’ ap- parato conidiale. Come sopra ho ricordato, soltanto nella specie più comune (Sc/. graminicola) è noto l’ apparato conidiale, ma le figure a-b date dal Fischer e che solo possono suggerire il concetto circa la conformazione di questo apparato, fanno balenare l’ idea che si tratti di conidiofori e’ conidi non ancora perfettamente maturi. D’ altra parte l’ aspetto gene- rale delle arborescenze ricorda abbastanza quello di una Plasmopara, (1) Ule Ustilago Urbani Magn. In Rab. Fungi Eur. n. 2498. Passerini in Rab. Fungi Eur. 2564, Grevillea VII, p. 99 et Rev. Mye. IF, p. I21. (3) Fischer Phycom. l. c. p. 437. A. N. BERLESE 69 ‘ed il Scroeter, nel già citato lavoro, parlando di questi organi disse i(p. 5) « Die par pri entspricht ganz der bei cleineren Perono- spora-Arten, z. B. Per pyymaea Ung., doch ist sie schon durch die sspitzen Endiate wohl unterschieden ». a ciò che più avvicina il genere Sclerospora a Plasmopara è la analoga conformazione degli oogoni ed oospore. Risulta dalle mie ricerche che in quest’ ultimo genere la parete dell’ oogonio si ispessisce e si colora in giallo più o meno intenso, analogamente a quanto si av- verte in Sclerospora, mentre l’ vospora rimane circondata da un solo tegumento, l'interno, ed un vero perinio organizzato in membrana ri- ‘coprente, manca affatto, bensì è rappresentato da un leggero rivestimento plasmatico risultante dai residui di periplasma che non vennero utiliz- zati nell’ accrescimento in ispessore della parte oogoniale. Cade quindi la caratteristica principale del genere Sc/erospora, tanto più che in qualche specie (.Scl. Magnusiana, Scl. Kriegeriana) gli cogoni e le oospore ricordano assai da vicino simili organi delle Plasmoparae "e cialmente 7. pygmaea, PI Geranii, PI. Epilobii, PI. nivea, PI. me «gasperma ete. e di parecchie Peronosporacee nonchè della Basidio- «phora entospora. Ma v’ ha di più! La Plasmapara pygmaea, la PI. pusilla hanno un apparato conidiale che rammenta quello della Sc/erospora grami- micola. Alla seconda è assai affine la P7. Gerani (che potrebbe anche essere una forma americana della P/ p?silla stessa) colla quale si entra nelle Plasmoparae decise, a conidiofori assai più sviluppati e ricca- mente ramificati. Non è quindi del tutto da escludere una forte vici- inanza fra i due generi Pfasmapora e Sclerospora, come non si può «escludere la possibilità che nelle Sclerospore, nelle quali I’ apparato co- ‘nidiale non venne ancora descritto, e che dalla conformazione degli cogoni ed oospore risulta una affinità notevole colle Plasmopare, il ‘suddetto apparato conidiale sia anche meglio affine a quello delle Plasmopare che più sì avvicinano a Sclerospora. È ben vero che nelle Sclerospore |’ apparato conidiale è fugace ‘per cui ordinariamente si rinviene soltanto 1’ oogoniale, ma oltre ad «essere questo un carattere negativo, si deve tener presente che, al- meno nella .Sc/erospora graminicola e nella Sclerosp. Kriegeriana, la matrice diventa rufescente nelle plagule occupate dagli oogonii allorchè «questi sono già bene maturi, quindi essa attira l’ attenzione del ricer- ‘catore quando i conidiofori sono già scomparsi. Nella Sclerosp. granainicola il micelio porta austorii vescicoliformi laddove sulla Sc/. Ariegeriana ne andrebbe privo, ed avrebbe invece «delle escrescenze (Auswiichsen, Saugwarzchen) che appresserebbe agli 70 PERONOSPORACEE elementi dei tessuti, specialmente del libro molle, dai quali esse trar-- rebbero il materiale nutritiz La specie meglio conosciuta è la Sclerospora graminicola, indi vengono le altre Sc/. Kriegeriana, Scl. macrospora, e da ultimo la Scl.Magnusiana di Sorokin della quale esistono uno schizzo schema- tice degli cogoni ed alcuni brevi cenni diagnostici. Le tre prime specie: crescono sopra Graminacee, (Setaria, Phalaris, Alopecurus) V ultima fu rinvenuta sopra un Equisetum. Sclerospora Schroet. in Hedw. 1879. p. 86, et Krypt. FI. p. 286. Berl.. et De Toni in Sacc. Syll. VII, p. 238. Fischer. Phyc. p. 437. Mycelium haustoriis vesiculiformibus ornatum. Conidiophori plus: minus ramosi, subinde ramis ramulisque paucis instructi, mox evane- scentes. Conidia late ellipsoidea, per zoosporas germinantia, apice pa- pillata. Oogonia globulosa crasse tunicata, persistentia, colorata. Oospo- rae globosae, perinio fere carentes vel a periplasmate immutato ef- formato. Genus oogoniis tunica crassa praeditis cum Plasmopara confluens, sed ab eo, saltem e conidiophoris Scl. graminicolae (tantum notis) videtur diversum. CHIAVE ANALITICA DELLE SPECIE DEL GENERE SCLEROSPORA Specie crescenti sulle Graminacee, Parete dell’ oogonio rubiginosa d. mn © Vospore 32-36 | Scel. graminicola- S$ Parete dell’ oogonio giallo-pallida Oospore 50-55 u. d. Scl. Kriegeriana' Oospore 60-65 u, d. Sel macrospora B. Specie crescente sopra Equisetum x Oospore 35-50 p. d. Scl. Magnusiana - SCLEROSPORA GRAMINICOLA (Sacc.) Schr. Syn. Protomyces graminicola Sace. Nuovo Giorn. Bot. It. 1876, p. 172. Peronospora Setariae Pass. in Rabb. Fungi Eur. n. 2564, Grevillea 1879 p. 99 et Rev. Myc. III, p. 121. Ustilago Urbani Mignie in Sched. (Cfr. Hedw.. XVIII, p. 19). Sclerospora graminicola Schr. in Hedy. 1879 p. 86, Kryptg. FI. Schles. p. 236. Berl. et De Toni in Sacc. Syll. VII Pars I, p. 238. Fischer Phycom. p. 437. Magnuns Peron. Brand. p. 67. Malbr. et Let. Champ. now. ete. Norm. II, p. 6 Swingle Some Peron. in si Div. Pathol. p. 116 Hal- sted Not. up. Peron. in Bot. Gaz. iva p. 338. vas ARIA aa Di 3 n SRI ERI Iene E SI o SE nen Di A ILE I STORNO LIETI I RE ia A. N. BERLESE TL EXSICCATA Krieger Fungi Saxon. n. 498, 499, Rabh. Fungi eur. n. 2498, 2564, Schnei- der Herb. Schles. Pilze, n. 553, Sydow Myc. march. n. 9, 244, Thuem, Mycot. univ, n, 1315, Ellis et Ev. N. Am. Fungi II Ser. n. 1803. Maculis effusis ; caespitulis mollibus, parvis, facile evanidis, coni- diophoris erectis, solitariis vel paucis fasciculatim coalitis, circiter 100 #. altis, 10-12 w. crass., superne ramosis, ramis paucis, brevibus, cras- siusculis, erectis ornatis. ramulis ultimis brevioribus, dichotome vel trichotome divisis; conidiis ovoideo-sphaeroideis vel late ellipsoideis 20 » 15-18, membrana hyalina, Jaevì praeditis; oogoniis sphaeroideis vel polvedricis, tunica usque 12 x. crassa, primo lutescente dein rubiginoso-flava 50-60 v 40-45; oosporis globulosis perinio nullo vel a pauco periplasmate formato cinotis, pallide lutescentibus, 32-36 #., d. Hab. i» folzis Setariae alice et S. (Panici) firidis in Italia, Germania, Gallia et Amer. boreal. Nelle osservazioni esposte trattando del genere Sc/erospora, ho già tenuta parola di questa specie, di guisa che poco ho da aggiunge- re ora. Come ho ricordato sopra, chi primo descrisse l' apparato conidiale in questa specie, fu il chiaro micologo Passerini, il quale nella Grevil- ler (Anno 1879) accuratamente espose le proprietà morfologiche dei conidiofori e delle cospore e parlando dell’ Rabilat nella forma oogo- niale disse: Ad folia juniora ut plurimum convoluta et ferruginascentia Setariae verticillatae prope Parma, jam ab aestate 1876 reperta absque ullo Peronosporae vestigio, et aestate nuper elapso iterum observata, vel solitaria, vel in formae conidiophorae consortio, in iisdem plantis et foliis. Lo Schroeter nel più volte citato lavoro asserisce che le oospu- re conservate convenientemente da Aprile a Giugno in ambiente umido non mostrarono alcun cenno di germinazione. Però il protoplasma, prima disseccato, prese un aspetto granulare e più tardi si divise molto spesso in 8-12 parti elissoideo-rotonde. Un ulteriore sviluppo non venne osservato, quindi non è certo se questo processo divisorio preludi a una fiertasione di zoospore. Le foglie che albergano l’ ospite mostrano un colore bianchiccio quacdo esiste lo stato conidico, indi disseccano ed i tessuti cellulari cadono distrutti, soltanto i cordoni vascolari per- sistono, tutto il resto si disfa in una polvere rossastra data da vogoni e detriti cellulari. Allorquando le foglie sono ancora fresche e vegete si rinviene nei tessuti un micelio continuo, che scorre fra le cellule del # Te PERONOSPORACEE diachima fogliare ed in direzione longitudinale. Negli irregolari spazi intercellulari si spingono dei brevi rami laterali che si rigonfiano a ve- scica e sì riempiono di protoplasma. Queste vescicole che sono gli oogoni in via di sviluppo raggiungono 30-45 pw. in lunghezza e 25 in larghezza, indi nell’ interno di ciascun oogonio si forma una oospora ; contemporaneamente si forma a lato della vescicola oogoniale una seconda più piccola (circa 1]2-2j3 della prima) che si addossa alla oogoniale’ Così si forma l’ anteridio che non di rado rimane per lunga pezza aderente all’ oogonio anche dopo che la ocspora è matura. In principio Ja parete dell’ oogonio è sottile ed incolora, poi si ispessisce a poco a poco, acquista una colo razione gialla che al fine diventa di un bruno castagno. Buone pre- parazioni, intese a mostrare i det- tagli di struttura degli oogoni ed ocspore in questa specie, si otten- gono trattando le foglie oogoni- fere colla mescolanza di acido cloridrico e clorato di potassa, fino a che sono bene scolorate, indi facendo agire sulle medesime la potassa alcoolica e da ultimo |’ a- cido fosforico jodato. Allora riesce anche bene evidente il foro che mette ad un cordotto ad imbusto pel quale è passato il tubo fecon- datore dell’ anteridio. Siccome la membrana oogoniale contiene molto callosio si può ottenere una bella colorazione trattandola con orseil- lina e bleu di anilina dopo aver fatta agire la potassa alcoolica nel precedente trattamento.' Secondo il Mangin (!) la superficie interna della parete oogoniale sarebbe rivestita da un sottile strato cellulosico, che tappezzerebbe anche il condotto imbutiforme sopra accennato però io non potei con- fermare questa asserzione Dei conidiofori i Sie. Malbranche e Letendre ® dicono: Hyphae densae gregariae, breves, continuae subhyalinae, 80-120 « 15-16, nunc Fig. S Schlerospora graminicola (1) Mangin Rech. Peronospor. l. c. p, 43. (@) Malbranche et Letendre l, c. p. 6. EER e e 17) IT mà A ile i I e E TE: OUR SE RE bi dii a A ri ai ari rai ic A. N. BERLESE 73 sursum tantum denticulatae, nunc ramulos trifidos exerentes: conidia ellipsoidea, hyalina, granulosa, 12-15 » 10-11. SCLEROSPORA KRIEGERIANA Syn. Sclerospora Kriegeriana Magnus Verhandl. d. Ges. Deutsch. Not. u. Aerzte 67. Vers zu Liibeck 1895. p. 100, et Bot. Centr. 1845, n. 43, Sace. El. 1897 ; p. XVI. Berl. Icon. Fungor-Phycomye. fase. I, p. 13, tab. IX, fig. 2. Macaulis nullis vel vix manifestis ; conidiophoris et conidiis igno- tis; oogonis tunica erassa praeditis, globulosis, in matrice in series longitudinales dispositis, 60-65 «. diam., pallide lutescentibus, oosporis globosis, perinio nullo vel a periplasmate pauco vix formato, 50-55 p. d. Hab. ?» fotliis Phalaridis arundinaceae 7n Saronia. Ho esaminati gli esemplari originali di questa specie, grazie alla gentilezza del chiaro Prof. Magnus. Come ho altrove ricordato, gli vogoni e le oospore sono molto simili a quelli di parecchie Plasmoparae. La mancanza di qualsiasi co- gnizione sulla natura dei coni- diofori ci impedisce qualunque considerazione circa la vicinanza o la parentela più o meno stret- ta che puo esistere tra questa specie e le Plasmoparae che più si accostano al genere Sc/e- Fig. 9 rospora. Schlerospora Kriegeriana Le foglie intaccate dal pa- rassita ne presentano appena traccia ;!) soltanto osservate contro la luce palesano l’ ospite poichè le grosse oospore appariscono come punti trasparenti. Il micelio intercellulare si spinge anche qui in direzione longita- dinale lungo i fasci. Questo micelio, secondo il Magnus, mancherebbe di austori. In vicinanza dei cordoni vascolari si trovano numerosi gli Se che a maturità hanoo parete spessa, e presentano due fori, dei q l'uno mette al canale formato dal tubo fecondatore, l’ altro segna il punto d’ attacco dell’ oogonio allo stipite. (1) Vedi Magnus Ueber das Mycel. und den Parasitismus einer neuen -Art. (Bot. Centr. 1895). 74 PERONOSPORACEE SCLEROSPORA MACROSPORA Sace. Syn. Selerospora macrospora Sace. in Kedw. 1890, p. 155. Syll. IX, pe 342. Cook. Austr. Fungi p. Scler. graminicola p. p. Berl. Icon, Fung. Ll. c. Status conidiophorus ignotus ; oogonis crebre parallele seriatis, te- etis epidermidemque foliorum laete rugoso-punctulatam et infuscatam red- dentibus ; oosporis sphaericis, magnis, 60-65 . d., episporio levi bi- stratoso, valido, hyalino-fuscello, intus crasse plurinucleatis, hyalinis, ex hyphis angustis, ramulosis, guttulatis, hyalinis orientibus. Hab. în folits inferioribus adhuc ‘civis Alopecuri, « Caromby > Australiae. Secondo il chiaro micologo P. A. Saccardo, differisce questa spe- cie dall’ affine ScZ. graminicola, quantunque |’ esame degli esemplari originali mi abbia condotto all’ identificazione che espressi già nelle Icones. Mi attengo ora a questa più prudente misura pel fatto che nella specie Saccardiana non ci sono noti i conidiofori, e questi potreb- bero eventualmente anche essere diversi da quelli della Scl. gramini- cola. In parecchie Peronosporacee abbiamo oospore simili, laddove l’ap- parato conidiale è evidentemente diverso, oppure ad una perfetta somiglianza di quest’ ultimo, non di rado non corrisponde una simile conformazione delle oospore. nche per questa specie giova ripetere quanto dissi per la prece- dente circa le affinità che può presentare col genere Plasmopara. SCLEROSPORA MAGNUSIANA Sorok. Syn. Selerospora Magnusiana Sorok. in Rev. Mye 1889, aa 143, Tab. XC. Sace, Syll. IX, p 841. Berl. Icon. Fung. Phycom. fase. I. 13. Mycelio filiformi ramoso, hine inde subinflato et oosporas et an- theridia gignente, oogoniis subplicatis ; oosporis tunica (oogonium) 4-15 f. crassa cinetis, globosis, 35-50 4. d., brunneis ; conidiis ignotis. Hab. in Se Equiseti prope « Orsk » in regione Uralensi et « Kazan >» Rossi Non ho sunto esaminare alcun esemplare di questa specie. Il ge- nere cui appartiene fu indicato al Sorokin dal chiaro Prof. Magnus cui il Sorokin spedì gli esemplari che aveva raccolti ad Orsk e nell’ orto botanico di Kazan, indi dedicò la specie stessa. È agevole rilevare la presenza del parassita negli Equiseti affetti dal fungillo, poichè la pianta si mostra ladbguente e letteralmente coperta da una polvere bruna che non si diffonde intorno, ne rimane attaccata alle dita. Al di sotto del- CRI i ciano ORI a ae RE n mr ee iii e le ca ni i irc a A. N. BERLESE 75 l’ epidermide il microscopio svela un ricco micelio che sì insinua fra i tessuti, mandando nell'interno delle cellule degli austori sferoidali. Gli oogoni sono vescicolari. Gli anteridi presentano un setto che separa tutta la parte apicale. Talvolta questo setto è ravvicinato all’ apice op- pure anche a notevole distanza da questo. Il Sorokin ha seguito lo sviluppo dell’ oospora ed asserisce che l’ oogonio ispessisce la parete, però questa rimane incolora. A dire il vero nelle Sc/erosporae è carat- teristica la colorazione che assume la parete oogoniale colla maturità, per cui sotto questo rapporto la presente specie si staccherebbe dalle congeneri. L’ apparato conidiale anche quì è ignoto. Gexere PLASMOPARA La formazione delle zoospore nelle Peronosporacee, anzi più esattamente in Cys/opus, venne primieramente avvertita da Prevost nel 1807, indîì descritta in modo dettagliato da De Bary, in più luoghi; Le ricerche incessanti sulla biologia di questi funghi posero in evidenza che ìl ricordato fenomeno avviene normalmente, o può avvenire, in pa- recchie specie, di guisa che il su citato De Bary sentì il bisogno di rac- cogliere in gruppo distinto le specie del genere Peronosgora che go- devano tale particolarità, e nel notevole saggio di una Synopsis di questa famiglia stabilì la sezione « Zoosporzparae » carattezizzata conidi papillati « germinando zoosporas plures, protoplasmatis parti lione ortas e papilla emittentia ®) > Una seconda divisione fece il De Bary col gruppo Plasmatoparae al quale appartenevano specie i cui conidi germogliando emettevano l’ intero corpo protoplasmatico, che, secondo il De Bary, sì rivestiva poi di membrana e germogliava per tubo. È risaputo ora che questo modo speciale di germogliazione dipende in via ordinaria da condizioni particolari d’ ambiente, e che le specie le quali di questo godono, germo- gliano più frequentemente per zoospore. Lo Schroeter ® quindi, racco- gliendo questi due gruppi in uno ct fondò il genere P/asmopara che è poi bene distinto anche da peculiari caratteri che si possono trarre dai conidiofori ® i quali hanno |’ asse principale ramificato secondo il A) De Bary Dev. p. 104. (2) Schroeter Kryptog. Fl. Pilze I. p. 236. ®) Soltanto in qualche specie a conidiofori simili a quelli che sì osser- vano in Peronospora, questi caratteri non sono manifesti. Io raccolgo quelle specie in un sottogenere (che potrebbe pure essere portato a genere) che de- nomino Perono plasmopara. “160 PERONOSPORACEE tipo monopodiale e le ramificazioni sono patenti cioè si staccano dal- l asse che le regge sotto angoli ordinariamente retti o quasi e si divi- dono in due o tre o più rametti il cui apice si allunga in parecchie papille assai bene manifeste, cilindriche, sottili che dànno al conidioforo un aspetto particolare, e ciascuna delle quali regge un conidio. questo genere la parete dell’ oogonio, come altrove dissi, con- -tinua a crescere dopo avvenuta la fecondazione, si ispessisce e rimane poi aderente all’ oospora durante la maturità di questa andando a so- stituire Ù perinio che viene a mancare. eechie specie sono conosciute, alcune limitate, almeno secondo le rat pra cognizioni, a determinate località e piante, altre meglio diffuse. Il Fischer) asserisce che pur accettando i criteri dello Schroeter riconosce che il nome di P/asmopara non rappresenta una scelta felice, poichè la particolarità che lo suggerisce è propria ad altre Peronospo- racee. Meglio sarebbe stato desumere un nome dai caratteri che pre- sentano i conidiofori, caratteri che si rilevano agevolmente confrontando un conidioforo qualsiasi di P/asmopara con una specie qualunque di Peronospora. Plasmopara Sehroet. Krypt. Fl. von Schles. p. 233, Berl. et De Toni «in Sacc. Syll. VII, p. 239. Fischer Phycom. p. 325. Berl. Ic. Fung.-Phycom. Fasc. I, p. 13. Mycelium ramosum, irregulare, haustoriis globosis vel ovoideis instructum. Conidiophori erecti, solitari vel fasciculati, e stomatibus egredientes, plus minus ramosi, ramis ramulisque plerumque non perfecte .dichotomis sed potius monopodice dispositis, patalis, apice in papillulas longiusculas vel denticulos recte truncatos productis. Conidia ovoidea, plerumque apice papillata vel late rotundata, hyalina, per zoosporas vel per tubum germinantia. Oosporae globosae, perinio saepe a peripla- smate parum mutato efformato, oogonio crasse tunicato, persistenti diu cinctae, lutescentes. CHIAVE ANALITICA DELLE SPECIE I. Conidiofori ramifieati secondo il tipo monopodiale. Conidiofori scarsamente ramificati e con rami piuttosto brevi. Conidiofori piecoli, divisi soltanto all’ apice in pochi rami. Sulle foglie delle Anemoni etc. in Europa ed America (Conidiof. 100-170 pw, L) PI. pygmaea (1) Fischer l. c. p. 427. Lietagene parete A. N. BERLESE Vari Sulle “an dei Geranium in Furopa (Conidiof. 70- 130 PI. pusilla $$ Cenialelii più lunghi con brevi rami. Sulle foglie di Geranium in Amer. (Conidiof, 90-350 u.l) PI. Geranii Sulle foglie di Impatiens in Amer. (Conidiof. 200- 300 p. 1.) Pl. Impatientisy Sulle foglie di A/ectorophus ete. in Eur. (Conidiof. 150- 280 p. 1 PI. densa Conidiofori riccamente ramificati e con rami lunghi. Papille conidiofore, lunghe, cilindriche, Sulle foglie dell’ Epilobium in Germania PI. Epilobii Sulle foglie di HMeliocarpus all’ Equatore Pl. Heliocarpi Sui cotiledoni di /mpatiens in Pri ed Am. bor. PI. obducens Sulle foglie della Viola in Amer PI. megasperma Sulle foglie delle Ombrellifere in dia ed America PI. nivea Papille conidifere brevi bidentelliformi, spesso legger- um Vip US ment Sulle foglie di Cucurbitacee in America bor. PI. australis Sulle foglie di Vite ed altre Ampelidee in “Europa ed America. PI viticola Sulle foglie di Viburno in E del Nord PI. sr Sulle foglie di Ribes in German PI. ribic i i PI. seri PI. Gonolobi Coniofori ramificati secondo il tipo dicotomico. (Pero- È noplasmopara). Sulle foglie di Celtis in America. PI. Celtidis Sulle foglie di Cucurbitacee a Cuba, in Giappone ed in America. PLASMOPARA PYGMAEA (Ung.) Schr. Syn. Botrytis pygmaea Unger Exanth. p. 172. Peronospora pygmaea” Unger in ; ok: Zeit. 1847, p. 315. Farl. in Bull. Buss. Inst. 1878, p. 233. Pe- ronosp. macrocarpa Corda Icones Fungor. V. 52. Peronospora macrocarpa Corda, forma elongata De Bary in Rabh. Fungi Eur. n. 374 Peronospora He- paticae Casp. Monatsber. Berl, Akad. 1855, p. 329. Peron. curta Casp. in = Outl. brit. Fungol. p. 349. Peron. alpina Iohans. Bot. Centr. XXVII, p. 393 Sace. Syll. IX. p. 343. Plasmopara pygmaea Schr. Krypt. FI. Schles. I, » Berl. et De Toni in Sace. Syll. VII, Pars. I, p. 240, Fischer Phycom. p. 430. Berl. Ic. Fungor. Phycom. Fasc. I, p. 13. Swingle Peron. Herb. Div. Pat. veg. in Iourn. of Myc. VII, p. 116. Halsted Not. up. Peron. for 1891 in Bot. Gaz. XVI, p. 338. Magnus Peron. Brand. p. 69. EXSICCATA Fuck. Fungi rhen. exsicc. n. 2 et 2642. Cooke Fungi Brit. exsicc. Ed. II, n. 175, Thuem. Myc. Un. n. 324, 1619. Fungi austr. 108 Vize Microfungi PL. cubensis 78 PERONOSPORACEE Ellis N Am. F. n. 211. a n. Hug Tra n. 191. Sidow. Mye. march. n. 325 et. 2971. Krieger Fungi saxon. n. 294, 295, 395. Rab. Herb. myc. ed. I, n 1972. Fungi eur. n. 374, 874, 792, 1281. Scheid. Herb. Schles Pilze, 6, 112. (sub. Peronospora). Macalis gori caespitulis effusis e, albidis ; conidiophoris 2-10 atibus exeuntibus, divaricatis, 100-170 » 8-15, cylindraceis vel cia “Maioritve, ad apicem aut in ramulos DI sim- plices breves, conidiogenos divisis, vel bis dichotomis, vel sub apice diviso ramos 1-4 breves, horizontaliter patentes, semel bis, terne dicho- tomos gerentibus, ramalis ultimis cylindro-conicis, truncatis; conidiis late ovodeis vel ellipsoideis, apice minute papillatis, 20-28 « 16-22; ‘oosporis globosis, oogonio crasse tunicato, luteolo, arcete diu a perinio vix a periplasmate distineto cinctis, per zoosporas germinantibus, 45- 55 p. d., lutescentibus. Hab. în folti Anemo- nes nemorosae, A. pensylva- nicae, A. alpinae, A. ranun- culoidis, A. trilobae, A. hepaticae, A. trifoliae, Aco- niti Napel!li, Thalictri alpini, Isopiri thalictroidis, în Ger- mania, Gallia, n Belgio, Fenmia et Americ È noto che la Jedi zione avviene mediante uscita dal conidio dell’ intero corpo protoplasmamatico, il quale rivestitosi poi di nuova pa- rete, emette un tubo mice- liale. Il Farlow nel sopra citato lavoro, ha dimostrato che ciò ha luogo allorquando il conidio si trova immerso nell’ acqua, laddove se gal- leggia emette direttamente un tubo miceliale. Altrove ho ricordato che i conidiofori in questa specie vagina quelli della Sc/e- agraminicvla, sia per Plasmopara pygmaea da loro piccolezza che per la ima pesa gli oogoni l’ avvici- SITI ZI SN o glt5 3 DE IMI MPT AO EROE ATE e E ASL eni PIE arie na A. N. BERLESE 79 nano al genere Sclerospora per la loro tunica robusta ed addossata all’ oospora. La Plasmopara pygmaea è una specie abbastanza frequente sulle ranuncolacee sopra nominate. Fu rinvenuta anche in parecchi luoghi dell’ America del Nord ed il chiaro micologo Farlow asserisce che il con- fronto degli esemplari americani cun quelli europei non rivelò alcuna differenza. lo ho esaminati gli esemplari originali della Peronosp. a? pina dell’ Johanson e dovetti convincermi che non si potevano rigoro- samente distinguere da quelli genuini di PZ. pygmaea. Secondo il Johan- son le differenze che esisterebbero fra le due specie risiederebbero nella . mole minore degli organi in P/. alpina, però il confronto condotto sopra molti esemplari di quest’ ultima specie autorizza a riunire le due entità. Il Fischer (I. c.) asserisce che tutt’ al più si potrebbe fare una forma minore della PI. pygmaea. Ed a questa specie mi pare pure, col Fischer suddetto, doversi ascrivere la Peronospora parvula di Schneider (in Sched. Herb. Thuem. et Berl. et De Toni Syll. VII, Pars. I, p. 264) raccolta sull’ Isopyrum fumarioides presso Minussinsk in Siberìa, però non avendo esaminato gli esemplari, non posso venire ad una riduzione definitiva Un fatto interessante di associazione parassitaria riferentesi a questa specie è quello osservato dal Vuillemin.® Se questa Perrin pora o \’ Aecidinm punctatum intaccano isolatamente |’ Anem i fiori deperiscono e rimangono sterili. Ai ostia se Ja iaia. è con- tomporaneamente assalita dai due parassiti, la pianta ospite porta fiori normali e frutta. Un austorio dell’ Aecidiun punctatum incontra talora quelli della Plasmopara pygmaea in una cellula della foglia dell’ Anemone gialla. Non appena questo succiatojo si trova vicino a quelli della P/asmopara senza contrarre aderenza con questi, nè contatto immediato, nè eserci- | tare una qualsiasi azione meccanica, esso si allarga alla sua estremità e prende un contorno ondulato. Il nucleo che esso contiene si allunga e si assottiglia. Evidentemente hanno luogo in questo caso dei feno- meni di irritazione di natura chimica, poichè non vi é nessun contatto fra i succhiatoi dei due parassiti. I prodotti della Plasmopara, distinti da quelli dell’ Aeci4iu7m, provocano pure una reazione diversa da quella del micelio e del semplice citoplasma. In questa triplice associazione, che ha luogo negli stretti limiti di una cellula, 1!’ Aecidivm è modifi cato simultaneamente dai suoi due commensali. La P/asmopara, il cui succhiatoio non è che una vescicola sprovvista di nueleo, non è alte- -—7.@) Vaillemin ‘în Bull. Soc. Bot. Fr. Vol XLI 80 PERONOSPORACEE rata. I due parassiti esercitano sulla cellula dell’ ospite influenze con- trarie le quali si compensano, l’ eccitazione determinata dall’ Aecidium, combinata coll’ azione deprimente della R/asmopara, riconduce le cel- lule ad un equilibrio prossimo allo stato normale, e la pianta ospite produce fiori e frutta. PLASMOPARA PUSILLA (De Bary) Schr. Syn. Peronospora pusilla De Bary Dev. p. 106 et Hedv. 1864, p. 132, Per. nivea Unger. Bot. Zeit. 1847, p. 315 (pro parte). Peron. pygmaea Fuckel. Enum. Fung. Nassov. n. 180 et Fungi rhen. n. 26. Plasmopara pusilla Schr. Krypt. Fl. Schles. Pilze I, p. 237. Berl. et De Toni in Sace. Syll. VII Pars. I. p. 251. Fischer Phycom. p. 428, Berl. Icon. Fungor. Phycom. fasc. I, p. 14, tab. XI, Magn. Peron. Brand. p. 67 EXSICCATA Thuem. Fungi austr. n. 422 et 1036. Myc. Un. n. 422. Erikss. Fungi paras. scand. n. 44, Fuck. Fungi rhen. n. 26. Krieg. Fungi Saxon. n. 196, 197, 340. Rabh. Fungi eur. n. 1371. Schneider Herb. Schles. Pilze 4, 5, 236. Stapf Flora austro-hung. exsicc. n. 778. Sydow Myc. march. n. 326 Briosi e Cavara Funghi Paras. Piante colt. fasc. XII, n. 278 Maculis effusis ; caespitulis albis, conidiophoris usque 20 fasciculatim coalitis e stomatibus ermergentibus solitariis 70-130 « 8-10, summo apice semel bisve furcatis vel pseudotricho- tome divisis, ramis altero bifurco, vel altero simplici, ramis omnibus bre- vissimis, 10-11 #. longis, erecto-pa- tentibus, secundariis rarissime iterum biftiroatia: ultimis e basi inflatula attenvato-truncatfi: conidiis ovoideis vel obovoideis, basi apiculatis, 29-35 v 18-24 (subinde usque 40 p. longis si 25 ». latis) hyalinis. Oosporas non vidi. E diagnosi partes hae sunt globosae, flavo-brun- neae, usque 40 w. Habit. si foliis Geranii palustris, G. phaei, G. silvatici, G. pratensis 2 Fip 15 Germania, Helvetia, Fennia, Belgio Ho esaminato molti esemplari di questa specie e provenienti da luoghi diversi e lontani, e non trovai sensibili differenze. Ter Ao vez Be Hi ie: dra si s, ca ORI QRSEIONA MORINI SRI est: IRE o O e daga nia 1 A. N. BERLESE SI Una distinzione abbastanza netta l’ abbiamo invece fra il fungillo presente e la 7. pygmaea soprattutto nella diversa conformazione delle ultime ramificazioni le quali sostengono i conidi. Infatti in 4. pusilla sono più lunghe e rigonfiate alquanto alla base, mentre in P/. Pyginaca sono cilindriche e più divaricate. PLASMOPARA GERANII (Peck.) Berl. et De Toni Syn. Peronospora Geraniî Peck 28 Rep. N. Y. St. Mus. p. 63. Farl. Bot. Gaz. IX, n. 3. p. 87 Peronospora nivea Farl. Bull. Buss. Inst! I. p. 426 (nec. Ung.) Plasmopara Geranii Berl. et De Toni in Sace, Syll. VII, Pars I, p. 242. Fischer Phycom. p. 482. Berl. Ic. Fungor. Phycom. fasc. I, p. 14, tab. XII. EXSICCATA Ellis North Am. Fungi n. 1404. (Peronospora ine Rab. Fungi eur. n. 3176 Caespitulis densis, effu- sis, albis ; conidiophoris plu- ribus e stomatibus exeunti- bus 90-200 * 9-12 (subinde usque 360-350 «. altis) parce ramis secundariis inordinate sparsis, fere horizontalibus, ramulos duos, tres rectangu- lariter patentes apicibus pa- pillato-elongatis, rectis, obtu- sis praeditos gerentibus; conidiis obovoideis, basi pa- pillulatis, 24-18 « 12-15, hya- linis; oosporis globulosis, perinio vix a periplasmate diverso cinctis, 25-35 &. d., oogonio crasso, persistenti praeditis, lutescentibus. Hab. in folîis Geranii Robertiani, G. maculati, G. caroliniani, în America boreali. 6 82 PERONOSPORACEE Il Farlow sulle prime credette opportuno non distaccare questa specie dalla P/. :vea di Unger, però, a parere nostro, quest’ ultima * specie è abbastanza lontana dalla presente. In seguito, di questa opinione si mostrò pure il Farlow, come l’ indica la sinonimia, e mantenne di- stinta la specie (Bot. (taz. 1. c.) corredandola della seguente osservazione: « La forma sul Geranzum Carolinianum, trovata dal Sig. Earle, sem- bra doversi ascrivere con dubbio alla presente specie. Gli esemplari rac- colti in Aprile mostrano una larga proporzione di conidi mostruosi ; gli altri raccolti nel Maggio hanno una proporzione minore di simili conidi, e finalmente quelli raccolti dal signor C. A. Hart in sr prg conidi eguali a quelli della forma normale di P. Gera Questi conidi di maggiori dimensioni io non rinvenni negli moi da esa- minai. Sembra che questa specie sia abbastanza diffusa nell’ America del Nord. Essa è affine alla 2/7. pusilla della quale può, a mio credere, essere considerata come la forma americana. Infatti fino al presente la PI. pusilla invano fu ricercata in America, PLASMOPARA IMPATIENTIS (E. et E.) Berl. Syn. Peronospora Impatientis E. et. E. Proc. Acad. Phil. 1891 p. 86, Sace. Syll. XI, p. 243. Plasmopara Impat. Berl, Ic. Fung.-Phycom. p. 15. Laxe caespitulosa, confluens, alba, hypophylla; conidiophoris 200- a 8-10, iterato-trifidis, ramis patentibus, apice 3-spiculosis ; conidiis dichia 12-14 & d. vel ellipsoideis, 15-17 « 12-14; oosporis ignotis. Hab. 27 foléis Impatientis fulvae « Wilmington Del. » Am. bor. Non mi riuscì di esaminare gli esemplari che suggerirono la dia- gnosi sopra riportata ; dai caratteri esposti dai chiari micologi ameri- cani però, mi sembra che si tratti piuttosto di una Plasmopara. In- fatti i rami < patentes apice 3-spiculosi » ed i conidi globosi indicano piuttosto quest’ ultimo genere. PLASMOPARA DENSA (Rab.) Schr. Syn. Peronospora densa Rab. Herb. viv. myc. ed. I, n. 1572. Per. nivea Ung. Bot. Zeit. 1847. p. p. Plasmopara densa Scht. Krypt. FI. Schles I, p. 234 Berl. et De Toni in Sace. Syll. VII, p. 248. Fischer Phycom. p. ss cosa te. CE fase. I, p. 15, tab. XIII. Magn. Per. Brand. p. 69 Mt] dig Sega e E eno ga mea 3 © ai n nie ict pt api e BILE OTIS E O A. N. BERLESE 83 EXSICCATA Rab. Herb, viv. myc. ed, I, n. 1572. edit. n, 178. Fungi eur. 195, 1363, 2016 et 2418. Lin- m. Myc. univ. n. 342, Cooke Fungi brit. exsice. II. n. 846 et 540. Thuem. Fungi austr. n. 113, 645, 1140. Oud. Fungi neerl. exsice. n. 63 et 270. Vize Micro-Fungi brit. n. 284 Fuckel Fungi rhen. n. 34. Krieger Fungi saxon, n. 147, 342. Schneider Herb. Schles Pilze n. 53, 118-115, 351. Sydow. Mycoth. march. 3243. Caespitulis late effusis to- tam paginam inferiorem folio- rumsubinde occupantibus, den- sis, primo albis dein lutescenti- bus: conidiophoris 10 vel amplius stomatibus egredienti- bus, 150-280 = 8-10, sursum parce ramosis, subinde apice tantum bi-trifurcatis vel saepius Fig. 13 ramis uno, duobus, vel tribus Plasmopara densa horizontalibus, in ramulos bi- trifurcatos divisis, praeditis; conidiis late ovoideis fere globosis, vel late limoniformibus, 17-23 « 12-16, hyalinis; oogoniis lutescentibus, tunica crassa praeditis diu oosporis adhaerentibus, 30-45 k.,; oosporis 25-83) pk. d. Hab. in foliis Alectorolophi alpini, A. majoris, A. minoris, Bart- schiae alpinae, sn pratensis, E. Odontitis, Pedicularidis silva- ticae, P. — palustri Germania, Britannia, Italia, Neerlandia et pponia I conidi germogliano emettendo l’intero corpo protoplasmatico, se si trovino nell’ acqua, il quale si circonda di membrana cellulosica, indi emette un tubo miceliale che perfora la parete delle cellule epi- dermiche fogliari della pianta ospite. Ho esaminato molti esemplari di ig speci, e di località di- | rerse, ma non trovai differenze degne di nota 84 PERONOSPORACEE me bene osserva anche il Magnus (I. e.) il fungo pubblicato: dal Sudan al n. 1530, della Mycot. marchica sotto il nome di densa è, al contrario, la Ramularia obducens. A ha & agi * i xa AVER PLASMOPARA EPILOBII (Rab.) Schr. Syn. Peronospora Epilobiù Rab. F. eur.in. 1747 Plasmopara Epilobit Schr. Krypt. Fl. Schles. p. 238. Berl. et De Toni in Sace. Syll. VII, Pars. i 434. tab. XIV. Magn. Per. Br. p. 70, Mang.. Desarticul. p. 9 tab IV fig. 7. EXSICCATA Rab. Fungi eur. n. 1747 Schenei- der Herb. Schles. Pilze, n. 356. Sydow Mye. march. n. 11837. Caespitulis albis, mollibus, laxis, plerumque maculiformibus, subinde hine illine expansis ; co- nidiophoris erectis, 300-500 » 8-10 in apicem bi- trifarcatum abeunti- bus, sub apice laxe ramosis, ramis 2-6 patulis, sub angulo recto vel acuto orientibus, ter-quinquies in ramulos apices bi- tri-furcatos divi- sis ; conidiis late ovoideis vel bre- viter ellipsoideis, basi papilla parva instructis 15-21 « 14-18; oosporis oogonio tunica crassa lutescenti: cinetis, globosis 25-35 w. d. pallide luteis. Ha». in foliis Epilobi parvi. flori, E. palustris et E. montani in Germania et Gallia. da Anche qui devesi osservare che il n. 2652 della Mycofheca marchica sotto il quale il Sydow avrebbe pubblicata questa specie, si riferisce piuttosto alla Spraer0- theca Epilobii e la pianta ospite è l’ Epilobium palustre non |’ E. parciflorum (Cfr. anehe Magnus |. e.) A. N. BERLESE 85 La Plasmopara Epilobii ricorda la P. densa, però ha un aspetto assai più gracile, i conidiofori sono meno avvicinati gli uni agli altri, e ne segue che i cespuglietti riescono lassi e delicati, lad- ddove nella P?. dexso essi sono più compatti ; oltre a ciò nella specie sopradescritta i conidiofori sono più lunghi, più riecamente ramificati, e le ramificazioni secondarie sono lunghe e gracili. PLASMOPARA HELIOCARPI Lagerheim Syn. Plasmopara Heliocarpi Lager. Bull. Soc. Myc. Fr. 1892, p. 123. Sacc. Syll. IX, p. 243. Berl. Ie. Fungor.-Phycom. fasc. I, p. 15. Caespitulis laxis, albis ; conidiophoris dichotome ramosis ad basim 15 &. crassis, ramis patentibus, ultimis reetis, truncatis, circiter 12 & longis ; CI ovoideis, 30-40 » 24-30, papillatis, membrana si : oosporis igno Hab. in pra Heliocarpi americani « Puente de Chimbo » Ae- quatoniae. Non ho veduto alcun esemplare di questa specie e quindi non posso che riportare la diagnosi del Lagerheim. È da augurarsi che nuovi studi completino le nostre conoscenze sopra questo fungillo. PLASMOPARA OBDUCENS Schr. Syn. Peronospora obducens Schr. in Hedw. 1877, p. 129 Farlow. Proc. Am. Acad, XVIII, p. 70 et Ball. Buss. Inst. 1878, p. 234. Plasmopara obdue. Schr. Krypt. FI. Schles. I, p. 238. Berl. et De Toni in Sace. Syll. VII, Pars, I, p. 242 Fischer. Phycom. p. 434 Berl. Ic. Fungor. Phycom. fasc. I, p. 16, tab XV. EXSICCATA Schr. Pilze Schles. n. 856. Rab. Fungi eur. n. 2344 Thuem. Myc. Un. mn. 49, 1917, Ellis N. Am. Fungi n. 207. Caespitulis densis, totam paginam inferiorem cotiledonum occu- pantibus, albis ; conidiophoris 4-8 e stomatibus exentibus, gracilibus, 330-500 » 7-12, in ramos patulos, exiles, subinde flexuosos, 5-6-ies di- visis ; ramis ter-quinquies divisis, ramulis quoque bis-terve divisis, extimis bey pna, patentibus ; conidiis late ellipsoideis vel ovoideis, pa- pillatis, 16-21 « 12-15; oogonis subsphaeroideis, tunica crassa, lute- Sila praeditis, 45-50 «. d., cosporis globosis 25-30 &. d., perinio a periplasmate vix mutato formato praeditis, oogonio diu adhae- rentibus. Hab. in folîis et cotyledonis Impatientis fulvae, I. Noli-tangere, I o in Europa et America boreali. 86 PERONOSPORACEE Io ho esaminato gli esemplari —- di questa specie al pari Fig. 15 Plasmopara obducens altre, mercè la gentilezza del srt Prof. P. A. Saccardo, al quale furono inviati dal bene merito Sig. Schroeter. Oltre a ciò, nel ricco Erbario Saccardiano, e nel mio rinvenni altri esemplari europei ed americani. Essa è bene caratterizzata, oltrechè dallo spe- ciale organo che spesso invade, anche dalla forma e grandezza dei conidiofori, come dettagliata- mente la diagnosi indica. Non è questo fungo legato ping ai cotiledoni delle piante che invade, bensì può svi lupparsi e sulle foglie gio- vani, come sopra quelle mature, a quanto osservò il Treleare. (1) Ordinariamente i cotiledoni sono letteralmente ricoperti nella pagi- na inferiore di conidiofori e conidi, però nelle foglie si presentano invece delle macchie piccole © sparse. Le oospore più frequentemen- te si sviluppano nei tessuti del picciuolo e del caule, sotto 1’ epi- dermide dei medesimi presso i cordoni vascolari. I conidi germinano bene, producendo 6-12 zoospore se mantenuti nell’ acqua. Il micelio è irregolare. Secondo Schroeter gli austori vescicolari si troverebbero soltanto nelle cellule dell’ asse ipocotileo il quale acquista uno sviluppo ipertrofico. I tes- suli lassi dei cotiledoni vengono facilmente attraversati dal micelio, che si mostra vigoroso, con diametro vario, da raggiungere anche 20 #. nei punti di maggiore grossezza, e riccamente ramificato. PLASMOPARA MEGASPERMA Berl. Syn. Peronospora megasperma Berl. Ic. Fungor. Phycom. fase. I. p. 21, (1) Citato da Farlow 1. ce. A. N. BERLESE ST tab. XXIV Peronospor. Violae Ell. et Ev. N. Am. Fungi exsice. II, ser. £ n. 2007 (nec De Bary). : EXSICCATA Ellis et Ev. North Am. Fungi exsice. II ser. n. 2007 : (sul Peron Violae). Caespitulis molliusculis, albescenticus, effusis ; conidiophoris erec- tis, 300-400 » 9-10, superne 3 5-ies ramosis, ramis ultimis elongatis, subeylindraceis, apice- truncatis ; conidiis ma- gnis, obovoideis super- ne late papillatis, 80-95 «40-45, hyalinis, 00- gonis globulosis, vel saepius pressione poly- hedricis, magnis, 48-54 g. d. tunica crassa, moa- en? lutea vel fusco-lu- tea, persistente; 0ospo- ris, globosis, 36-40 p. d. pallide lutescentibus, perinio a periplasmate sat concreto, lutescenti- fascidulo vel brunneo- falvescente formato te- etis Hab. in foliis Violae Tricoloris var. arvensis «Cobden lllinois >» Am. borealis. Quantunque non ab- bia potuto ottenere la Fig 16 germinazione dei co- Plasmopara megasperma nidi, pure mi sono de- ciso a porre questa specie nel genere P/asmopara per la conformazione speciale dei conidi medesimi, e per la ramificazione dei conidiofori. In- fatti i conidi papillati sono propri delle Plasmopare e nella nostra specie essi sono provveduti all’ apice di una larga papilla. Oltre a ciò i rami ultimi troncati rettamente all’ apice, o leggermente concavi, ed ingrossati a nodulo sono altrettanti caratteri che militano in favore di Plasmopara. Anche la scarsa ramificazione e l’ oogonio molto ispessito possono essere chiamati a maggiore giustificazione. Questa specie è nettamente distinta dalla Peronospora Violae ed 88 sf PERONOSPORACEE io la chiamai megasperma in causa della grossezza degli organi ripro- duttori agamici e sessuali. PLASMOPARA NIVEA Botrytis nivea Unger tssegn p. 171. Botr Cai palin Unger i Syn Le. 9178. Peronospora nivea Bot. Zeit. 1847, p. 314 p. p. Peronospo- i bofoiaon e Ung. ibid.. p. 315. Persa. macrocarpa Rab. Herb myc E d . . , Peronospora Coniî Tul. Compt. Rend. 1854, p. 1108. Peronosp. Um- datiferarum hug: Mon. Berl. Akad. 1855 p. 328; Peron. nivea De Bary Dev. mp. re n Ano, . Nat. 4 Serie XX. n 105” i Piane Crittog. agr. p. 54 De Toni in Sace. Syll. VII, E DL; p. 240. > Fischer Phycom. Pp. pet Berl. Ic. Fungi Phycom. fasc. I p. 21 t ab. XIX. Magn. Per. Brand. p. EXSICCATA Cooke Fungi Brit. Exsicc. Ed. bi n. 176 et 180. Oud. Fungi neerl. n. 150, 151, 271. Thuem. Fungi austr. n. 111, 419, 647, 235. Myce un. n. 528, 925. Linhart Fungi huns. n. 195, 185. Erikss. Fungi par. pr exsice. n. 94 Ellis N. A. F. n 218 Schroet. ca Schles. n. 355. Br. et Cav. Fungi par. Piante colt. n. 203. Fuckel Fungi r n. 27, 1505, 1601, 2402. Krieger Fungi saxon. 192 ogg e sel “essi n 687. Rabh. Fungi eur. n. 376, 1743, Herb. va myc Ed. I. n. 1172, ed. II. 169, 170, 585 Schneider. Herb. peg FR PS 51, 52. 110, du, ot 235, Sydow Myce. march. 524. Wart- et Win . Schwe iz Krypt. . TOL. Di: in pagina superiore folioram lutescentibus dein rufo-fuscis ; caespitulis densiusculis, albis, effusis, conidiophoris 3-5 e stomatibus exeuntibus, ima basi incrassatis, 150-300 « 8-9, in apicem desinentes aut simplicem, aut semel bis-terve breviter furcatum, sub apice ramis 1-4 horizontaliter patentibus praeditis, ramis inferis in ramos secunda- rios quoque 2-3 bifurcatos divisis, ramulis conico-subulatis, longiusculis praeditis ; conidiis late ellipsoideis, 25-32 v 12-22, vix papillatis ; 00g0- niis subgloboso-angulatis, tunica crassa lutescenti, diu persistente ; vix mutato, aureo-lutescen ti efformato praeditis. Hab. in foliis Aegopodii Podagrariae, Angelicae silvestris, Conii maculati, Heraclei Sphondylii, Anthrisi Cereifolii, A. silvestris. Archan- gelicae officinalis, Dauci Carotae, Pimpinellae Anisi, P. nigrae, P. magnae, P. Sexifmgne. Saniculae europeae, Selini carvifolii, Sii lati- folii, Helosciadii leptophylli, Leserpitii latifolii, Mei athamantici, Pa- stinacae sativae, Petroselini sativi, Peucedani palustris în Italia, Belgio, Gallia, Tyrolia, Britannia, Germania, Lappomia, Neerlandia, Suecia et America. Questa specie, di cui esaminai moltissimi esemplari, è molto dif- fusa, e facilmente riconoscibile per 1)’ aspetto dei conidiofori le cui ra- miticazioni estreme, tanto dell’ asse principale, che dei rami secondari terziari etc. sono piuttosto allungate e cilindriche. Per questo carattere Si si SO6 Cieste ME E C ss ii tiri in e dr ri Pet IA ZARE Tnt cai = SETT" A. N. BERLESE s9 essa si distingue bene anche dalla wr viticola colla quale presenta qualche affinità, non però troppo spicca Secondo il De Bary, la toa nivea ha un modo di pene- trare nell’ ospite che nice riscontro soltanto in Cystopus. Ecco come si n d din « Le zoospore, drrenite immobili, si fissano sopra uno stoma ed Sodi un tatto ristretto che immediatamente sotto |’ apertura sto- matica si rigonfia sotto forma di vescicola. Questa ben tosto si allunga in tubo cilindrico, che si appiattisce contro la parete interna d’ una delle cellule epidermiche vicino allo stoma. Poi la sua estremità atte- nuata, rivolta verso questa cellula, si approfondisce e prende la forma di una vescicola arrotondata e peduncolata. Questa non s’ accresce più. Essa è il primo succhiatoio del micelio nascente, e non differisce dai succhiatoi che spuntano più tardi, oltre che per la grandezza e la de- licatezza della parete. Bentosto dopo la formazione di questo organo, il tubo posto sotto l’ epidermide emette dei rami, che crescono nei meati intercellulari per prendere la forma del micelio. (1) » Anche le oospore sono zoosporipare. Alcuni autori parlano di danni che suole recare questa specie alle Ombrellifere colti- vate, specialmente al sedano, al prezzemolo, alla carote, al cerfoglio etc. ed il Schroeter ricorda la totale distruzione di un intero campo di carote per opera di questo parassita. Sulle citate piante, che si coltivano negli orti, come pure sopra le ombrellifere spontanee è cosa assai age- vole riconoscere la presenza del fungo. Nella pagina superiore delle foglie si formano dap- prima delle macchie gialla- stre, e corrispondentemente a queste nella pagina infe- Fig. 17 riore si sviluppa una lanu- Plasmopara nivea |’ gine bianca, data dai numerosi (1) De Bary Devel. p. 46. 90 . PERONOSPORACEE conidiofori, indi le foglie diventano di un bruno più o meno carico a seconda delle specie di piante cui appartengono, e si accartocciano 0 raggrinzano in vario modo. Le piante impoverite di foglie hanno una vegetazione stentata e tutta la coltivazione mostra un aspetto sofferente. Secondo il Comes dalle foglie la malattia passa nelle radici, ma io ciò non ho potuto confermare. Non di rado strappai dal terreno piante con molte foglie fortemente assalite dal parassita, cd anche profondamente malate, ma rinvenni sempre le radici perfettamente sane. Probabilmente l’ alterazione delle radici, specie nelle ombrellifere col- tivate, a radice carnosa, deriva da altre cause morbose chie possono influire allorquando la pianta, indebolita dalla perdita di molte foglie, non oppone una efficace resistenza ai parassiti radicali. Svellere accuratamente le piante ammalate e distruggerle, col- tivare le Ombrellifere da orto in terreni asciutti, e soprattutto non ri- petere la coltivazione in quelle ainole e campi nei quali ha infierito la malattia (allo scopo di evitare l’ infezione per mezzo delle oospore che si annidano nel terreno) sono pratiche le quali non mancano di dare risultati soddisfacenti. Per quelle piante di cui non si consuma la parte aerea per usi culinarii, si potranno anche invocare con molto profitto i rimedi antiperonosporici a base di sali di rame. Però questi rimedi che gioverebbero indubbiamente a preservare le piante dall’ in- fezione, mal si prestano in quei casi in cui vengono utilizzate le foglie od i cauli, come nel prezzemolo, sedano etc. Queste parti, per poter essere consumate crude dovrebbero venire lavate con moltissima cura allo scopo di asportare completamente dalle medesime il rame che vi può ancora essere aderente. PLASMOPARA AUSTRALIS (Speg.) Swingl. Syn. Peronospora australis Speg. Fung. Argent. Pug. IV, p. 36. Berl. ll VIII, p. 331. Berl. et De Toni ]. l. c. c. Plasmopara australis Swivg]. Kans. Peronosp. p. 72. Sacc. Syll. IX, p. 842. Berl. Is. Fung. Phycom. fase. 1, Pp. 15, tab. XV. EXSICCATA Ellis North Amerie. Fungi exsice, n, 1416, Maculis amphigenis, magnitudine variis, primo parvis dein saepe totum folium occupantibus, Seui vel fusco A irpini e sis ; caespitulis mollibus, albis ; MR EI e AR ro GER REN O Reg n Pi I, | ) A. N. BERLESE 91 rectis, 500-650 v 9-11, exilibus, apicem versus 5-7-ies ramosis, ramis patulis, fere horizontalibus, terve quaterve divisis, apice om- i nibus saepe parum incrassatis et ov in ramulos breves, cylindraceos P) truncatos, fere papillaram vel sterigmatum ad instar formatos, conidia late ellipsoidea, 14-17 » 10-13 gerentes, divisis ; oosporis ignotis. Habit. in folits Cyclantherae Hystricis et Sieyi angulati è America boreali et australi. Dagli studi del Farlow (1) ri- sulta l’ identità fra questa specie Fig. 18 e la PI. sycicola. Plasmopara au- Secondo lo Spegazzini (l. c.) stralis. 1 micelio è subtoruloso, e prov- veduto di austori quasi sferici, o subclavati, i quali spesso occupano tutto il cavo della cellula della pianta ospite invasa. Io però non osservai questa particolarità. Il Farlow (I. c.) asserisce che i conidi hanno un diametro longitudinale compreso fra 21-25 pw. laddove il trasversale sarebbe di 15-18 «. mentre le più comuni dimensioni sarebbero 25 e 18, questi conidi poi, lievemente papillati, a maturità avreb- bero un colore violaceo-bruniccio, però io ritengo che i conidi osservati e misurati dal Farlow appar- tengano piuttosto alla PZ cudensis alla quale deve appartenere quell’ esemplare che il Farlow ricevette dal Sig. Miyabe da Tokio. Ciò spiega l’ identità rilevata dallo stesso Mivabe fra il suddetto esemplare e gli originali di P. cubernsis con- servati nell’ Erbario di Kew, ciò spiega pure le idee del Farlow, che ritenne la PI. australis eguale alla P. cubensis. Certo si è però che la P. sycicola è da ascriversi alla PI. australis, come io potetti convincermene dall’ esame degli esemplari originali, e non si comprende quindi come il Farlow, osservatore così accurato e (1) Bot. Gaz. VIII, p. 189. 92 PERONOSPORACEE profondo, abbia potuto ammettere l’ identità tra questa specie e la P. ‘cubensis, mentre sono due tipi assai nettamente distinti. PLASMOPARA VITICOLA (Berk. et Curt.) Berl. et De Toni Syn. Botr. yils chi agin et Curt. in Rav. Fungi Carol. Exsice. Fasc. i, ns 10, Peron sui sn viticola Casp. rr Berl. Akad. p. 331. De Bary Dev. Champ. paras Se rh 186 1283. Cornu Etud. sur les Peronospor. Schroet. Kry vpi: ‘FL PA Pilze I, p. 1957 Viala Etude botan. sur la Peron. .de la vigne. Prillieux Malad. d. PI. I, p. 97 et Le Mildiou, Cubeni La Pero- nospora dei grappoli, 1887 e La Peronospora | della vite 1889. Pirotta I pa- rassiti dei vitigni. Plas cm ani viticola Berl. et De Toni in Sace, Syll. VII, Pars. I, p. 3988, Fischer Phycom. p. 485, Viala "falad. Vigne Ed. II, p DT. Berl. Ic. Fungor -Phycom. "sg LA p. 1%, tab. XV II-XVIIÎ. Magnus Peron. Brand, p. 64. Swingle Peron. Herb. Div. Path. veg. p. 117 EXSICCATA Rab. Vili Fungi eur. n. 2774 pa Fungi sel. exsicc. n. 599. Linhart Fungi hunsg. av. ngi Am sicc. fs 61. a North. Am. Fungi. .n. 208 et 1102 Thuem Mya, Univ. n. “817 è t 1511. Briosi et Sgt Funghi paras. piante coltiv. n. 1, 27, 102, 175. Sydow. iù march. Maculis in pagina superiore foliorum primo lutescentibus dein ochraceis demum rufo-fuscis (siccis) ; caespitulis densiusculis vel mol- liusculis et delicatis, albis, ambitu macularum limitatis, saepe angulos nervorum occupantibus, in floribus receptaculum vel pedunculos aut ovarios, rarius corollam tegentibus (forma manifesta), tructibus vero immaturis vel maturis extus haud manifestis et in his tantum mycelium ‘crassum, varicosum, haustoriis vesciculosis nec non ramulis flabelli ad instar dispositis praeditum serpens invenitur (forma larvata); conidio- phoris e stomatibus 3-6 egredientibus, mox divergentibus, basi incras- satis, 250-850 « 9-12, gracilibus, summo apice brevissime semel bisve dichotomis vel trifurcatis, sub apice ramos plerumque 4-6 (raro 2 vel 7) gerentibus, ramis primariis plerumque alternis et exacte distichis, omnibus pro stipitis altitudine brevibus, in ramos secundarios 2-4, rec- tangulariter divergentes fere oppositos, ramos tertiarios conformes, apice papillis vel ramulis 3-4 conico-subulatis brevibus, ornatis divisis; ramis -secundariis et tertiariis etc. stipitis aeque ac primaris sed gradatim minoribus, omnibus apice ramulos vol sterigmata papilliformia 2-4 ge- rentibus, conidiis late ovoideis (sec. Viala dimorphis h. est aliis duplo- triplo majoribus, elongato-obpiriformibus, hyphis conidiophoris crassis, minoribus productis (@macroconidiis), aliis minoribus, quae omnes auc- tores describent) magnitudine variis 17-30 “ 12-16 (saepius vero 20- 27 » 14-16) basi vix papillatis, hyalinis ; oosporis globosis perinio nullo vel a periplasmate vix mutato formato tectis, 30-35 4. d., pallide lute- «scentibus. Hab. in folris, ramis, racemis, floribus fructibusque Vitis vini- A. N. BERLESE 93 ferae, V. aestivalis, V. Labru- - scae, V. corditoliae, V. vul- pinae, V. ripariae, V. rupe- stris, V. Berlandieri efc., nec non in folris Ampelopsidis hederaceae, Cissus etc. ?n fere tota Europa, America, prae- cipue boreali, Africa etc. Se la Peronospora delle patate e la malattia di cui essa è causa prima, sono gli | argomenti di fitopatologia sui quali da più lungo tempo in- combono ie ricerche degli sperimentatori, la Perono- spora della vite e )a malattia dalla medesima prodotta co- stituiscono |’ oggetto degli studi più larghi che nel campo dei parassiti vegetali vennero fatti in questi ultimi tempi. Niun fungo ebbe dal lato botanico e fitopatologico una più estesa trattazione. V’ha chi sostiene che la Peronospora della vite è la più grave delle malattie a cui va soggetta la preziosa am- pelidea, vuolsi che maggiori danni arrechi della fillossera per la sua enorme estensione, e per l’ intensità colla quale suole manifestarsi, se trova buone condizioni di sviluppo. Certo è che in pochi anni la vite si vide minacciata. così seriamente da questo parassita, che pareva prossi- ma l’epoca in cui la viti- 94 PERONOSPORACEE anni allorquando l’ Oidium, fiero e vittorioso, ormai scarsamente com- battuto, ripeteva i suoi attacchi sulle viti di estese regioni europee di- .straggendone quasi totalmente il frutto. Una falange di studiosi e di pratici scese in campo contro la Peronospora della vite, e si può dire che relativamente pronto fu l'accordo circa il mezzo di lotta. Oggidi pure si continuano gli studi per meglio debellare il parassita, ma è nella ricerca dell’ opt od almeno del 7egZio che si studia, poichè il bene già possediamo, cioè ormai ci è noto un piano di lotta efficace, economico e pronto, di guisa che può il dir SO dire di non temere la peronospora. In avoro come il presente, il lettore riconoscerà 1° opportunità «che le diverse dust batanico-patologiche che si annettono alla Peronospora della vite, e quelle che si riferiscono alla terapeutica anco- ra, sieno largamente trattate, per cui io esporrò qui quanto di esatto si conosce ora sul parassita, sulla malattia che produce, sui mezzi di lotta ai e dividerò materia nei seguenti capitoli. . Caratteri morfo-biologici della Peronospora della vite. x Storia della malattia e caratteri degli organi della vite intac- .cati dal parassita. III. Norme intese a prevenire o combattere la malattia. IV. Resistenza dei diversi vitigni alla Peronospora. I. Caratteri morfo-biologici della Peronospora della vite Dalla diagnosi latina, e da quanto fu esposto nella parte gene- rale di questo lavoro, i caratteri morfo-biologici anche in questa specie sono abbastanza noti. Qui adunque io non farò che un richiamo ed una particolareggiata applicazione delle nozioni generali, suggerita dallo studio specifico e dall’ importanza della specie. Dal lato della sistematica il fungillo è parzialmente noto fino dal 1831, anno in cui lo Schweinitz studiò questo fungo, che ebbe dal- 1’ America settentrionale, e lo ascrisse, (per le imperfette conoscenze che sui funghi microscopici si avevano allora) alla Botryfîs cana del Link. Con maggior cura studiato fu dal Berkeley nel 1855, il quale lo ricevette dal Curtis, che |’ aveva raccolto in America nel 1848. Dal Berkeley fu chiamato Botrytis viticola. Ma meglio conosciuta e più scientificamente definita fu la natura | di questo fungillo dal De Bary, il quale, nel 1863, nel più volte citato e classico lavoro sulle Peronosporacee ed Uredinee, lo staccò comple- tamente dal genere Botrytis e dagli Ifomiceti, per ascriverlo a quello di Peronospora in vaio nettamente distinta. i las die ie O A. N. BERLESE 95 Però i lavori degli autori citati riflettono soltanto la mor fologia del noto fungillo, ed a quelli altri aggiungonsene nei quali a questa parte più o meno dettagliate notizie biologiche si connettono, talchè, mercè l’ opera di numerosi, intelligenti cultori delle discipline botaniche, già nel 1880 le proprietà morfologiche e lo sviluppo della Peronospora della vite erano abbastanza note e lo furono poi in modo assai dettagliato dieci anni dopo. (1) | Nel 1888 il Dott. De Toni ed io, avendo rilevato il fatto, già constatato anche da altri autori, che nella Peronospora della vite i co- nidi posti nell’ acqua germogliavano per zoospore, trasportammo questa specie nel genere P/asmopara, riduzione che venne accettata da tutti i botanici che comprendono |’ importanza dei caratteri differenziali e della sistematica, ed il. Viala (®) stesso, che tanto estesamente trattò anche di questo fungo dice in proposito « M. M. Berlese et De Toni ont rapporté, avec raison, le champignon du Mildiou è le genre, /a- smopara ; c'est donc sous le nom de Prasmopara vitIcoLA que le parasite, cause du Mildiou, doit ètre scientifiquement désigné. » E questo nome vedo accettato dai migliori scrittori di cose micologiche e patologiche, quali Fischer, Magnus, Swingle, Briosi, Tubeuf, nè so concepire a mo’ d’ esempio, come il Frank nella seconda edizione delle Malattie delle piante respinga il genere P/asmopara di Schroeter, ed accetti in quella vece la suddivisione Zoosporiparae del De Bary. È un concetto retrogrado, e disgraziatamente l’ opera del Frank, dal punto di vista sistematico e bibliogratico, e dal modo di trattazione della materia può sembrare un buon rappresentante di quelle nuove e rivedute edizioni le quali di veramente moderno non hanno, in via ordinaria, che la data di pubblicazione e... la prefazione. Come quasi tutti i funghi di questa Famiglia la Plasmopara vi- ticola svolge i suoi organi vegetativi nell’ interno dei tessuti molli della vite. Esiste un micelio riccamente ramificato che percorre gli spazi intercellulari, spingendo nell’ interno delle cellule degli austori vescicolari. Il diametro dei tubi miceliali è vario, secondo lo spazio nel quale essi si sono sviluppati. Nella parte generale io esposi sommariamente i caratteri morfo- biologici delle terminazioni miceliali lungo le nervature fogliari; qui aggiungo che nella specie presente esse sono riccamente ramificate in - (1) Veggansi principalmente i lavori di Engelmann, Farlow, Cornu, Prillieux, Cuboni, Canestrini, Massalongo, Millardet, rien «> Berlese, Viala etc. nella Bibliografia posta in fine al presente (2) Viala Malad. Vigne II Ed. p. 56. 96 PERONOSPORACEE sistemi dendroidei assai eleganti. Simili terminazioni a mano con molte dita irregolarmente disposte, od a frangie più o meno irregolari, che il Cuboni noma processi flabelliformi, erano già state rilevate dal Millardet (1) dal Prillieux (2) dal Cuboni 8) dal Cavara (4) dal Viala (P) nel micelio che scorre fra i tessuti dell’ acino. Il Mangin (6) poi le pose in evidenza anche nelle foglie ed io potei agevolmente confermare la cosa e nell’ uno e nell’ altro organo della vite. Oltre a ciò nella polpa del frutto il micelio suole talvolta presentarsi ripetutamente lobato, così da assumere un aspetto coral- loide, specialmente nella polpa dell’ endocarpo. Per studiare convenien- temente il micelio conviene ricorrere alla disgregazione dei tessuti, la quale con molta facilità si ottiene adottando i metodi indicati in prin- cipio del presente lavoro. È notevole il fatto del diverso spessore della parete miceliale nei filamenti semplici e nelle ramificazioni pinnatifide sopra ricordate. Nel micelio ordinario, sia degli acini che degli altri organi, la parete è ro- - busta, il contenuto è granulare e di colore giallo sporco. Nelle termi- nazioni pinnatifide al contrario, la parete è esilissima, il contenuto jalino è dato da un protoplasma assai finamente graivulare; Queste ra- mificazioni sono fortemente appressate alle pareti delle cellule e man- cano completamente di austori. Nella parte generale io esposi 1’ opi- nione che simili processi dendroidei possano avere lo scopo di aumen- tare la superficie del micelio, e se teniamo conto del fatto che in esse invano si ricercano gli austori, mentre ne è assai sottile la parete, si potrà convenire nell’ idea che possano agire esse medesime da organo assorbente, ed in tal guisa verrebbe ad essere notevolmente aumentata la superficie miceliale assorbente con vantaggio del parassita. Il micelio bene sviluppato suole portare gli organi fruttiferi, © questi sono di due specie, cioè conidiofori ed oogoni Parmi un fuor d’ opera insistere troppo sull’ esposizione dei ca- ratterì di queste parti, sia perchè esse sono ormai ben note, sia ancora, ed a maggior ragione, perchè delle medesime già fu detto” non poco in cs Se Per rendere completa questa parte io esporrò soltanto brevi cen . Laglio i conidiofori svilupparsi sulle foglie alla pagina inferiore, (1) Millardet Mildiou et Rot. (2) Prillieux Le Mildiou, maladie de la vigne etc. (3) Cuboni La Peronospora dei grappoli. (4) Intorno al disseccamento dei grappoli della vite. (5) Viala Malad. de la vigne I et II Ed. (6) Mangin Etud. sur le Peron. suda ESSI n " EN, REESE Se e ZA PEICSIS olearia rieti astro. TERE N RIO SIR NI DODO a ELE OR REESE OE SIE PELA RENI E PODI SE EI] VENTI III SIEBEN E RT E SR E a ai ent adi Sei eni i 2 iis SMR A E Re a a Te Pi ART i; É A. N. BERLESE 97 e quando queste già mostrano i sintomi della malattia. Più di rado li rinveniamo nei fiori ancora chiusi 0 da poco aperti, e più raramente ancora nelle bacche fra | miu ed il seme. In tutte queste parti offrono gli stessi caratteri, e sono soltanto più o meno sviluppati se- condo la maggiore o minore da dell’ ambiente. Nella foglia costituiscono essi una lanugine bianca, od appena grigia, corta, molle, delicata, alla pagina inferiore ed in corrispondenza a macchie giallastro o brune che si osservano alla pagina superiore. Escono essi dagli stomi e raramente sono isolati; più di frequente da un’ apertura stomatica si vedono uscire 4-6 e perfino 8-9 di questi or- gani filamentosi, i quali presentano verso |’ apice, o meglio nel terzo superiore, da quattro a sei rami che si staccano dall’ asse principale quasi ad angolo retto. Ciascuno di questi rami ne porta altri minori egualmente disposti come i primi sull’ asse. Ulteriori ramificazioni si rinvengono nei rametti che appartengono ai rami inferiori che sono più lunghi e meglio sviluppati degli altri. Gli ultimi ramuscoli poi di ciascun ramo si dividono in appendici conico-troncate, più o meno di- vergenti, ciascuna delle quali regge un conidio largamente sferoidale, papillato alla base ed incoloro. Il Viala calcola che ogni stipite produca in media 40 conidi, ma da ricerche mie risulta che questo numero è ben al di sotto del vero. Ad ogni modo anche ammettendo la cifra suddetta, e calcolando che per uno stoma escano 5 conidiofori, si avrebbero non meno di 200 conidi per stoma. Un calcolo approssimativo dà 2,100 per centimetro quadrato in una foglia di Aramon. ed una media di 113 centimetri torsi di superticie in tutta la foglia, purchè sia di ordinarie dimen- ni. Gli stomi quindi dell’ intera foglia sarebbero 237, dra su do che soltanto la centesima parte degli stomi dia passaggio a conidiofori, si avrebbero per la suddetta foglia non meno di 474,000 conidi. Secondo il Viala, la superficie totale delle foglie calcolata sopra diversi ceppi ha variato fra mq. 0,4990 e 2,2542. Se soltanto la mille- sima parte di questa superficie è invasa dalla peronospora si giunge ad RI sara per a ceppo da 2,000,000 a 10,000,000 conidi. Queste cifre non sono per nulla esagerate qualora si tenga conto che in altri fanghi (Ifomiceti, “Ustilaginee) la formazione degli organi riproduttori. è così abbondante da dare origine ad una notevole quantità di polvere che imbratta larga parte del substrato, o si solleva come un fumo nell’ aria. A tutti sono note le comuni vescie saggia e la polvere (data dalle spore) che abbandonano ripetutamente allorquando a matu- rità sono compresse tra le dita. Così quei grossi ammassi che si for-. mano non di rado sulle piante di granone, e che alla fine si disfan 98 PERONOSPORACEE in una polvere nerastra, sono una Ustilaginea, di cui la copiosa pol- vere suddetta costituisce le spore È quindi agevole immaginare, specialmente tenendo conto della ‘apidità colla quale suole germogliare e svilupparsi la peronospora, come la malattia possa agevolmente pai starsi in un vigneto. I conidi, che spuntano all’ apic delle papille sopra ricordate, sotto forma di minute sferule, ed in bi ‘ev’ ora raggiungono la maturità, sono gli organi destinati alla rapida diffusione del fungo. Prodotti in quella straordinaria quantità che sopra dissi, essì ven- gono agevolmente, per la loro estrema piccolezza, trasportati dal vento, ed allorquando questo cessa cadono pel proprio peso, posandosi sugli ostacoli che incontrano. Esperienze del Millardet provano che in 26 ore in un vigneto fortemente assalito dalla peronospora cadono per ogni decimetro quadrato in media 32.000 conidi, perciò saranno ben poche le foglie che rimarranno esenti da conidi. Però allo scopo che questi germoglino sono necessarie alcune condizioni che non sempre si verificano, e queste sono, o presenza di acqua, od almeno di grande umidità dell’ aria, e temperatura media almeno di 17°-18° C. Nel primo caso la germinazione avviene per zoo- spore ed assai prontamente se la temperatura è di 28°-30° C., e si formano nello spazio di mezz’ ora da 5 ad 8 zoospore che ben presto escono dall’ apice del conidio e muotano liberamente nell’ acqua. Oppure se la temperatura è al disotto di 20° C., tutto il corpo protoplasmatico può uscire dal conidio, sebbene ciò avvenga piuttosto raramente, circa in mezz’ ora, indi si ricopre di bea ed emette un tubo ‘miecliale. Nel secondo caso poi, ben più raro, il conidio emette direttamente un tubo miceliale, come fanno quelli delle specie appartenenti al genere eronospora. Il modo normale di germinazione quindi è per zoospore. Allorquando o nell’ acqua di pioggia, o di rugiada, o col tempo nebbioso, un conidio ha germogliato sopra una foglia di vite, le zoo- spore che ne risultano, dopo aver compiuti i movimenti caratteristici di simili organi, emettono ciascuno un tubo, che perfora la parete esterna della cellula epidermida, e da quest’ ultima si spinge nel dia- chima sottostante, dove abbondantemente si ramitica, come prima indicai, e fruttifica poi nella pagina inferiore. Anche nei peduncoli fiorali e nei fiorellini ancora chiusi, od aperti da poco, è abbastanza facile cosa, se la stagione corre umida, osservare la lanugine bianca caratteristica della malattia. Se però gli acini sono alquanto ingrossati, allora mancando di stomi non può aver luogo il o dei conidiofori. In qual modo avvenga |’ inigione negli acini, specialmente quando Du ER lina A. N. BERLESE 99 fa sono prossimi alla maturità, non sono d’ accordo gli autori. É ammis- sibile che allorquando gli organi fiorali sono poco sviluppati, ed i fio- rellini sono ancora chiusi, il tubo miceliale delle zoospore possa age- volmente farsi strada attraverso ai tessuti del cappuccio corollino, e del peduncolo ed indi i conidiofori trovino vie d’ uscita naturali, ma non è ‘altrettanto agevole ammettere che i medesimi tubi miceliali possano attraversare la spessa cuticola e 1’ epidermide robusta di acini bene sviluppati, o presso la maturità. Ciò potrà avvenire, ma io non sono riuscito ad infettare grappoli di uva immatura altro che quando per- mettevo, mediante piccole ferite, |’ entrata dei tubi germinativi delle zoospore svoltesi alla superficie degli acini stessi bagnati conveniente- mente e conservati in adatto ambiente, Al contrario sezioni accurate di peduncoli che reggevano acini ammalati, mi mostrarono i filamenti miceliali scorrenti fra i tessuti. Anche I’ andamento della malattia del grappolo, come bene osserva pure il Prof. Cuboni (!), depone in favore «di questo modo di vedere. Ad ogni modo è fuori di dubbio che qualsiasi organo della vite, purchè sia formato di tessuti molli, delicati, può venire intaccato, e talvolta si rinviene il an anche su tralci adulti che cominciano a ario sui quali possono apparire esternamente i conidiofori. Oltre alla forma riproduttiva eee, destinata, e per la poca vitalità dei conidi, e ve la loro pronta formazione ed il gran numero, alla diffu- sione rapida del parassita, esistono anche organi destinati alla conser- vazione della specie, e questi sono, come è ormai troppo noto al lettore, le vospore. Sono queste parti formate in seguito a processo sessuale mercòè l’ intervento di bene sviluppati cogoni ed anteridi. come sì vide ‘nella parte generale. L’ oospora, contrariamente a quanto fu più e più volte ripetuto, ha un solo involucro differenziato in membrana, ed il pe- rinio si riduce a poco peripiasma Lira ga coneretato alla su- perficie dell’ oospora stessa in rivestimento più o meno irregolare, e ricoperto a sua volta dalla parete ingrossata dell’ oogonio persistente. sosporio ed endosporio propriamente detti, tante volte descritti dai botanici e fitopatologi, in realtà non esistono. oospore della P/asmopara viticola si formano ordinariamente nei tessuti fogliari, più di rado nei tralci; non vennero riscontrate negli altri organi, specie i fiorali, e nelle bacche. Si ammette che esse si formino in autunno, rò -le ricerche continuate condussero alla scoperta di questi organi anche nel Luglio e nel Giugno. Realmente esse si formano, come in altre specie, non solo allorquando subentrano (1) Cuboni Peronospora dei grappoli, p. 9. 100 PERONOSPORACEE speciali condizioni meteoriche, ma ancora allorquando |’ organo invaso si avvicina a morte, dopo di aver permesso un. lungo e rigoglioso sviluppo del parassita. Quindi non si troveranno nelle foglioline che assalite intensamente in pochi giorni si accartocciano e disseccano, bensì nelle foglie ben mature nelle quali il parassita ha potuto svol- gersi per lungo tempo e vigorosamente, cosi da assorbire una notevole quantità di materiali nutritizi, e questi presentare in buona parte nel ricco micelio. Quindi più agevolmente si formano durante le infezioni ente, specialmente allorquando la temperatura bassa non permette un: rigoglioso sviluppo della forma conidiale. Le esperienze intese a constatare la durata del potere germina-. tivo nelle oospore di questa Peronospora, condussero a dimostrare che: esse possono attraversare uno o più inverni fra l umidità, o la sec- chezza eccessive, ad una temperatura di parecchi gradi sotto lo zero,. senza perdere il loro potere germinativo. Nemmeno vengono uccise dal succo gastrico degli erbivori che si cibano delle foglie di vite inquinate dalle medesime. Secondo il Frechou(?) le oospore poste nell’ acqua germinano per mezzo di zoospore, come succede specialmente pel genere Cysfopes: Secondo Prillieux (8) invece esse emettono un tubo che si ramifica al- l’ apice, producendo un piccolo conidioforo sul quale si sviluppano pochi conidi. Probabilmente |’ uno e l’ altro di questi modi si verificano se- condo le condizioni ambien Il Cornu (8) asserisce si nelle foglie adulte in causa dell’ intenso colore volgente al bruno, il micelio difficilmente si può distinguere, e la ricerca delle oospore diventa difficile ; però se si assoggettano le foglie ai trattamenti indicati nella parte generale il compito è notevol- mente facilitato. Siccome però le oospore si formano di preferenza in foglie grandi e bene mature, e quindi relativamente grosse, così è ne- cessario prolungare 1’ azione dell’ acido nitrico fino a che ésse sono scolorate totalmente, e se ciò non si ottiene, conviene ricorrere all’ a- zione dell’ acido cloridrico e del clorato di potassa. Nella soluzione di: questo in quello, le porzioni di foglia devono permanere fintantochè non appariscono bianche. Allora private dell’ acqua, mediante bollitura in alcool, possono essere o dissociate in una goccia di glicerina sul porta oggetti, o sezionate al microtom Anche il micelio può conservare ta vitalità nell’ interno di organi (1) Frechou Compets-Rend. Acad. Sc. 1885, p. 397. (2) Prillieux Bull. Soc. Bot. Fr. 1883, p. 228. (3) Viala Malad. Vigne II, p. 86 e 89. a Tue e e Ae FAO RE ROSA NOE ISF AIRIS EE A. N. BERLESE 101 ‘adatti, come sono le gemme, e passare poi nei nuovi germogli nella primavera successiva, però le osservazioni circa questo modo di sver- namento del parassita sono piuttosto scarse, e dalle medesime risulta che la vitalità dei miceli è conservata allorquando l’ inverno si man- tiene mite. Il Viala, oltre ai conidi e conidiofori normali, rinvenne, nelle tarde infezioni autunnali, conidiofori semplici, assai brevi, oppure divisi in poche braccia corte. Questi conidiofori ridotti, portano al loro apice, od all’ estremità di ogni ramificazione un conidio Folumiansi che raggiunge il doppio od il triplo dei conidi normali e di forma nettamente a pera un po’ allungata. Questi m20er0conzd; contengono un protoplasma denso ed assai granulare e sono inseriti in sterigmi assai allungati. lo ho più e più volte dal 1880 in poi, ogni anno, osservata al microscopio la Peronospora della vite, ma non mi riuscì di trovare nè questi macro- conidi descritti dal Viala, ne quei microconidi sai de parla il Sac- cardo (1) e che sarebbero « globulosi, 5-6 &. dia apicibus ramu- lorum capitato-congesta, longiusque stipitellata, pai: nubilosa. » ealmente conidi molto simili a questi così descritti io vidi, ma erano in via di sviluppo e ricordavano assai nettamente la figura data dal Viala (Malad. II, p. 87, fig. 24) la quale del resto si adatta bene anche alla suddetta dinguoni del chiaro Prof. P. A. Saccardo. Esposti così i caratteri botanici della P/asmopara viticola, ve- diamo quali sono quelli degli organi della vite nei quali sta svolgen- osi, o si è svolto il parassita. Storia della malattia e caratteri degli organi della vite intaccati dal parassita Storia della malattia. Cognizioni esatte circa la Plasmopara vi- ticola, troviamo come si disse, nel 1855, però questo fungillo e la ma- lattia che determina, erano conosciuti molto prima nell’ America del nord. Già nel 1834 Schweiniz aveva raccolto alcuni esemplari del tdi Non è esatto ritenere che le malattie rilevate anche anticamente in Europa, e che esteriormente si palesano come la Peronospora, siano «a questa ascrivibili, per cui ritengo errate le opinioni del Meldola e di altri, secondo i quali la Peronospera esiste da tempo remoto in Europa, -e così reputo inesatte le asserzioni di Borshard e di Krafft secondo le n la Peronospora avrehbbe esistito in Svizzera fin dal 1852. . Lu Saccardo in Michelia ) E Ma pi 246. 102 PERONOSPORACEE È noto che nell’ America del nord intorno al 1860 la Peronospora era assai diffusa, e determinava non lievi danni. Nel 1867 il Mead pubblicò una descrizione del 777/4ew che risponde esattamente alla Pe- ronospora, ma i rapporti del Ministero di Agricoltora di Washington già dal 1865 si occupano seriamente della questione. In seguito poi parecchi autori, parlarono dell’ infezione peronosporica e vennero esco- gitati rimedi. Venne constatato il fatto che la malattia infieriva nelle regioni umide e calde degli Stati Uniti, nei vigneti posti sulle coste del- l’ Atlantico, sulle rive dei laghi, sul golfo del Messico, cosi nella Pen- silvania, nello stato di New-York, nell’ Ohio, nell’ Illinois ete. dove distrusse perfino il 75 0 del raccolto. luropa notizie precise sull’ apparsa del male le troviamo sol- tanto nel 1878. Già nel 1873 il Cornu all’ Accademia delle Scienze di Parigi segnalò il pericolo che correva la Francia colla introduzione di viti americane, poichè con queste poteva essere importato un parassita per anco sconosciuto nei vigneti europei, ma che in America determi- nava seriissimi guasti. Ripeteva nel 1877 l’ esposizione dei suoi timori, mentre nel 1878 il Thuemen ne profetizzava l’ apparsa Primo a constatere la presenza dell’ infausto barassità in Europa fu il Planchon, che lo riconobbe nel 1878 sopra foglie di Jacques rice- vute dalla Francia meridionale dove più attiva era la importazione di viti americane. Nel settembre del 1879 il Therry ne raccoglieva presso Lione così buon numero d’ esemplari da permettere al Thuemen di pubbli- carli nella sua Mycotheca vniversalis (n. 1511). È giusto rammentare che secondo qualche autore il Frank avreb- be trovata la Peronospora in Ungheria fino dal 1877, però di questa notizia soltanto il Leunis parla, mentre il Frank stesso nella prima edizione del suo trattato sulle malattie delle piante, apparso nel 1880, non fa menzione di questa scoperta, e nemmeno ne parla nella seconda edizione, nè in altre pubblicazioni, e pare che si tratti di un equivoco. In Italia fu rinvenuta per la prima volta presso Voghera nel 1879 da Pirotta. Nel 1880 poi essa era diffusa nell’ Italia superiore e nella Toscana, nonchè sporadicamenie si mostrò in altre parti dell’ Italia. In Austria il Voss la riscontrava nel settembre dello stesso anno presso Rudolfswerth in Carnia, e quasi contemporaneamente 1’ Hugues ne avvertiva la presenza in Tirolo. Nel 1881 e 1882 s1 rinvenne in Svizzera, in Germania, in Spagna, in Germania, nella Turchia europea, nella Russia meridionale, sulle coste dell’ Africa e nell’ Asia minore, in una parola essa in brevissimo tempo invase quasi tutte le regioni del globo nelle quali è coltivata la vite. A. N. BERLESE 103 I dati statistici dimostrano che il parassita si è diffuso con grande rapidità, talchòè il Thuemen asserisce che già nel 1880 esso aveva var- cati circa 850 chilom. in linea retta, quant’ è Ja distanza che separa Lione dalla Stiria, superando in rapidità di diffusione di gran lunga la filossera ; però qui giovano alcune considerazioni. È vero che taluni fanghi sogliono diffondersi con rapidità, e ne è un esempio recente anche la Puccinza Malracearum che in pochi anni invase tutta l’ Europa, però data la scoperta contemporanea della Peronospora in regioni lontane, è piuttosto ammissibile che essa len- tamente sia andata invadendo ogni anno nuove regioni, ed aumentando annnualmente il numero di germi invernali, per cui ad ogni periodo vegetativo della vite essa prendeva più largo piede, fino a che fu av- vertita, e contemporaneamente in più luoghi, in causa dei suoi effetti ognor più manifesti. In tal guisa io spiego il fatto che nel 1880 il parassita fu rinve- nuto contemporaneamente in regioni assai diverse e lontane. È un fatto bene assodato che non solo in Italia, ma in altre re- gioni viticole la Peronospora andò anticipando ogni anno la sua apparsa. Nei primi anni essa si mostrò soltanto nell’ autunno avanzato, indi apparve anche alla fine dell’ estate, poi nel primo estate, e da ultimo in primavera. Le cause di questa anticipazione progressiva, secondo qualche autore, possono dipendere dal fatto che le infezioni autunnali, probabilmente erano prodotte da conidi trasportati da luoghi lontani, non da spore invernali, però a prescindere dalla sempre crescente quan- tità di germi invernali che ogni anno si andavano formando io ritengo che il parassita siasi reso ogni anno meglio adatto (e lo studio dello sviluppo ei mostra dei fenomeni assai spiccati di EROES adattamento in questi esseri) alle condizioni di ambiente nuovo, e quindi abbia po- tuto gradnalmente svilupparsi in condizioni meno favorevoli, quali sono quelle dell’ estate e della primavera di fronte alle autunnali. Del resto anche oggidì in cui la Peronospora è bene adatta a svolgersi in qual- siasi stagione ed a qualunque stadio di vegetazione si trovi la vite, noi vediamo che non di rado corrono delle primavere e delle stagioni esti- ve nelle quali il parassita non si manifesta affatto od a grande stento. E del pari durante i primi anni dell’ infezione peronosporica, noi vediamo che il parassita si svolgeva soltanto nelle foglie, talchè era opinione di tutti che non potesse intaccare altri organi. Nè poteva questa delimitazione del suo campo di azione essere attribuita a man- canza di oospore. In seguito attaccò pure fiori, frutta, peduncoli e tralci, come pure apparve in eg ed in estate. Questi due fatti per me sono manifestazioni parallele di un medesimo fenmiadino, cioè 104 i PERONOSPORACEE l adattamento del Parassita a nuove condizioni di ambiente, ri- flettano queste l’ ospite od il mezzo nel quale !' ospite si svolge Caratteri delle foglie nn penli Secondo | andamento della sta- gione è più o meno lungo (48 a più giorni) ii tempo che decorre dali’ infezione all’ apparsa dei salti della malattia. In ogni caso però esistono delle manifestazioni esterne che rivelano indubbiamente la presenza del parassita nell’ organo invaso. Nelle foglie sogliono apparire, alla pagina superiore, delle areole gialle pallescenti, rotondeggianti, a contorno sfumato, o confuso col verde fogliare, le quali vanno via via ingrandendo, cosicchè, se la stagione è propizia, raggiungono anche 1-2 cm. di diametro. Più specialmente si osservano in primavera ed in estate simili macchie sopra foglie an- cora in via di sviluppo e di un bel verde vivace. Quando la tinta di queste areole è decisamente gialla, o trae leggermente al bruno, se sì arrovescia la foglia. e se ne osserva la pagina inferiore, si nota che in corrispondenza delle macchie suddette la superficie fogliare è coperta da una lanugine bianco-grigiastra, delicata assai. Sono i conidiofori del fungillo che col loro insieme costituiscono questa lanugine, e si vedono questi anche quando la macchia dal giallo bruniccio è passata al bruno deciso. Se la stagione corre asciutta, poche macchie abbastanza grandi, ma isolate e distinte, si formano e non in tutte le foglie, mentre i coni- diofori al di sotto della foglia appariscono fitti assai ‘talvolta così da costituire una specie di feltro in corrispondenza della intera macchia) e bianchi, e risaltano allora assai bene sul tondo verde della foglia. Ma se al contrario la stagione è umida e piovosa, o nebbiosa, allora alle prime macchie altre ne succedono sui punti sani della foglia, e questa va via perdendo la colorazione vivace primitiva, i margini si arricciano e disseccano, tutta la foglia si accartoccia, appariscono punti di secco in corrispondenza delle macchie più vecchie, e talvolta }’ intera pagina dopo essersi variamente screpolata dissecca e cade. Può la foglia cadere al suolo (specialmente se d’autunn0) anche conservando ancora regioni non intaccate dal parassita, e non essendo dissecata in- teramente, bensì ingiallita in buona parte. I conidiofori in simili foglie continuano a svilupparsi rigogliosamente anche dopo che esse sono cadute. In queste foglie fortemente invase, e quando non ancora sul tralcio si possono pure formare in gran numero delle piccole macchie di secco, cinte ciascuna da un’aureola gialla, oppure macchie maggiori risultanti dalla fusione di due o più minori prossime, per cui la foglia assume un aspetto particolare, e la pianta cui essa aderisce, se molte di simili foglie bolatedai presenta un aspetto stentato assai e ‘malaticcio, la chioma appare n igrene ustionata. A. N. BERLESE 105 Io ho attentamente esaminato più e più volte foglie, che erano state colpite da una violenta e repentina infezione peronosporica, e trovai sempre che i margini per tratti maggiori o minori si presenta- vano completamente disseccati ed a cartoccio. La colorazione dei denti era spesso quella della foglia secca, il margine però fra il secco ed il verde era netto, la tinta però dei suddetti denti era quale si riscontra in una porzione di toglia che si è rapidamente disseccata, e non lento esaurimento, cosicchè talvolta era anzi di un bel colore rosso- bruno vivo. Inutilmente ricercai i conidiofori in simili regioni, mentre abbondanti essi erano in tutte le altre parti della foglia che mostrava- no sintomi di malattia Io ritengo che quel disseccamento non sia prodotto direttamente da infezione peronosporica. Allorquando una foglia è fortemente invasa dalla Peronospora, risente danno soprattutto perchè i materiali plastici che devono nutrire la foglia vengono dal parassita utilizzati, oltre a ciò questo assorbe una notevole quantità di acqua, che toglie alle cellule colle quali viene a contatto. È agevole cosa supporre che queste lottino contro | azione del parassita richiamando nuovi materiali, ora 1 acqua specialmente attraverso le nervature scorre in tutta la foglia, ed a stento e scarsa giungerà al margine fogliare se è in gran parte consumata per via. To ho voluto anche provare sperimentalmente se un modo simile di vedere rispondeva a verità, ed immaginai di coltivare la Peronospora in foglie che avessero acqua in sovrabbondanza. Perciò sotto campane alla volta della quale era adagiato un foglio di carta bibula bene in- zuppato d’ acqua, collocai altrettanti vasetti Pgin acqua ed in ciascuno dei quali pescava o un picciuolo od un ramo di vite tagliati colle dovute cautele. Sulle rispettive foglie la ni era rigogliosa, e trovandosi in un ambiente favorevolissimo, (essendo la temperatura ambiente di circa 25°) si sviluppò in breve notevolmente. Un più largo e rapido sviluppo provocai spruzzando la pagina superiore di molte foglie con acqua carica di conidi di Peronospora. Or bene le foglie furono letteralmente invase in pochissimi giorni assai copiosamente dalla Peronospora ; appassirono lentamente dopo di essersi ingiallite e qua e là disseccate, ma non mi presentarono mai quelle regioni marginali secche ed arricciate cui feci cenno anterior mente. Non voglio escludere con ciò che la Peronospora possa intac- care i margini al od i denti della foglia di vite, bensì affermare che oltre al disseccamento prodotto dal parassita, le foglie, specialmente ai margini, vanno soggette a parziali disseccamenti derivanti dal man- cato, o troppo scarso trasporto di materiali. GG. 0 _@ 106 PERONOSPORACEE Se la stagione corre asciutta, oppure se a qualche giorno di alto grado igrometrico, succedono giornate belle ed asciutte, si possono 0s- servare sulle foglie le macchie gialle o bruniccie non accompagnate inferiormente dalla lanugine bianca prima descritta. Allora vi ha la for- ma larvata della foglia, la quale in qualche regione, specialmente del- l’ Italia media e meridionale recò in date annate danni non indifferenti. Al contrario quando la stagione è oltremodo umida possono aversi delle infezioni così rapide che i conidiofori spuntano alla pagina infe- riore delle foglie, prima che siensi formate le macchie nella superiore, come io ebbi a constatare nel 1894. Caratteri dei tralco ammalati. Più rara è l’ infezione nei tralci, e ne variano le manifestazioni esteriori a seconda dell’ età del tralcio. Nei rami giovani erbacei, o nelle estremità molli, delicate, appariscono i conidiofori sotto forma di lanugine bianca, t talvolta così densa che l’intera estremità si mostra biancheggiante. Se però il tralcio è più sviluppato e comincia a lignificare, i conidiofori non si manifestano, e a malattia si rende palese sotto forma di pustole, o macchie livide, 0 brune, leggermente rilevate al margine, alquanto depresse al centro telo pochi millimetri e di lunghezza assai variabile. Talvolta AA molte macchioline che si formano, e ravvicinate le une alle altre. Al- lorquando il ramo è mo giovane, pae venire intaccato tutto il meri- tallo, il quale in breve si contrae, Zicca perde le foglie e muore, na si sviluppano al di sotto della porzione morta, per opera di me precoci nuovi tralci che possono alla loro volta subire la me- ia sorte. Anche quando l’ infezione non è così violenta, il tralcio ne soffre, e la parte intaccata lignitica incompletamente, cosicchè coi freddi invernali gli internodi mal maturi si disarticolano con grande facilità, o disseccano durante |’ inverno Ordinariamente sono soltanto gli strati superficiali della corteccia che si mostrano invasi dal micelio parassita, ma nei casi di forte infe- zione e di tralci assai succulenti e giovani, possono anche gli strati profondi venire intaccati e disorganizzati dal parassita che determina così rapidamente la morte degli internodi offesi, i quali perdono 1’ intera zona corticale, o diventano fragili così da rompersi al menomo urto. Come dissi anche le gemme possono venire infette, ma i conidiofori non si mostrano mai all’ esterno, bensì il micelio sverna nell’ interno delle medesime, e passa poi nei nuovi tralci che da queste si svolgono. Caratteri dei grappoli ammalati. Dobbiamo distinguere due forme di infezione, quella che si sviluppa nei grappolini a fiori ancora chiusi, od appena aperti, o nei giovani acini, e quella degli acini bene sviluppati che si avviano alla maturità. ci di $ siisvbafioiai ideato bbc ii ei A. N. RERLESE 107 Ordinariamente sui giovani grappolini si osserva la lanugine bianca formata dai conidiotori così abbondanti che i grapppoli stessi appari- scono biancheggianti. In tal caso l’ intero grappolo è perduto ed in pochi giorni dissecca. I conidiofori sono più frequenti alle estremità dei peduncoletti intorno al ricettacolo fiorale e sul cappuccio corallino. Di frequente, soprattutto se i grappoli sono in un grado più avan- zato di sviluppo viene invasa soltanto una porzione degli acini, i quali possono mostrare l’ eftlorescenza bianca più o meno abbondante, poi disseccano e cadono. Gli acini rimasti sani possono raggiungere la ma- turità, specialmente se vengono applicati efficaci rimedi per arrestare la malattia. Anche sui peduncoli può svilupparsi il parassita. a qualche autore fu chiamata la infezione nella quale i conidio- fori appariscono all’ esterno, col nome di forma palese per distinguerla da un’altra forma, la /arvata, nella quale i conidiofori non si mostrano all’ esterno. È da notare però che sotto il nome di male grigio (grey rot, rot gris) si comprende una forma che rientra più comunemente nella larvata, e si manifesta sugli acini, i quali portano qualche volta este- riormente, a livello dei pedicelli, le fruttificazioni bianche della perono- spora, la quale più spesso non sviluppa nella carne che il suo micelio. Altre volte, come scrive il Viala, (1) l’ alterazione non interessa punto l’acino, bensì si limita al peduncolo, gli acini allora disseccano, si vuo- tano e si staccano al menomo urto. Direttamente invasi da questa forma di infezione, gli acini presentano più spesso al livello del pedun- colo una decolorazione che si ditfonde, diviene grigiastra e invade a poco a poco tutta la bacca, che si vuota e prende definitivamente una tinta grigia più o meno pronunciata. In seguito gli acini disseccano e sì staccano. Il Cuboni (2) nel 1887 per primo in Italia studiò la forma larvata ict acini che si avviano alla maturazione e ne diede una illustrazione dettagliata, però questa malattia era conosciuta fino dal 1861, anno in cui l’ Engelman (8) la segnalò per la prima volta, e la ascrisse alla Pe- ronospora della vite. L’ "Hussmann (4) l’ osservò nel 1866, il Viala (5) nel 1884, indi peihegim altri la segnalarono in parecchie regioni di Europa, d Amer (1) Viala Malad. Il. c. p. 71. (2) Cuboni La Peronospora dei grappoli. (8) Engelmann in Journ. of. Proced. Trans. of the sia Lui 1861. (4) Hussmann in The cultivat. of native grasse. New York 1856. (5) Viala 1. c. p. 69 108 PERONOSPURACEE Dal Cuboni 0!) traggo la esposizione dei caratteri che presentano «gli acini assaliti dal parassita. La forma larvata della peronospora si manifesta nei grappoli so- lamente in estate, quando gli acini si avviano alla maturazione. L’ a- spetto presentato dai grappoli infetti varia notevolmente secondo lo stadio della malattia, l'epoca in cui gli acini vengono invasi, e in parte anche secondo la natura del vitigno. In generale però il carattere più saliente è questo che I’ acino infetto cambia di colore, assumendo una tinta rossa bruna simile al cuoio scuro, mentre nell’ interno dell’ acino la polpa diventa brana e marcisce. Il color rosso di cuoio, caratteristi- co della malattia, si riconosce assai bene quando si abbia È avvertenza di detergere l’ acino dalla pruina che ordinariamente lo ricopre. Nel primo stadio l’ infezione si manifesta sull’ acino con una macchia rossastra circoscritta, circolare od elittica, qualche volta anche el tutto irregolare, leggermente infossata. In questo momento» la malattia presenta una rassomiglianza grandissima col così detto colpo di sole, o scottatura, tale anzi da indurre in errore anche i più esperti, se gli altri sintomi, che verremo indicando in appresso, non valessero a far bene distinguere le due malattie. Qualche volta, invece di una sola macchia sull’ acino, se ne sviluppano due od anche tre contempo- raneamente. In molti così la macchia, o le macchie infossate, soprade- scritte mancano, e la malattia comincia a manifestarsi verso il peduncolo dal quale si diparte una tinta rossastra abbracciante la base del frutto. i Nel secondo stadio, le macchie, estendendosi, occupano tutta la ‘superficie dell’ acino che è divenuto rosso cupo, ma la buccia rimane liscia e tesa: in questo periodo il marciume, dapprima limitato, invade tutta quanta la polpa, che assume uu color caffè scuro quasi nero, di- «‘vonta molle e cade in isfacelo. Nel terzo stadio finalmente la buccia dell’ acino comincia ad av- vizzire e a raggrinzire, nello stesso tempo anche la polpa. oramai quasi .del tutto distrutta, finisce col disseccarsi completamente e 1’ acino ap- pare come abbrustolito dal fuoco La distinzione di questi tre differenti stadi è qui riferita sola- mente per dare una maggior chiarezza all’ illustrazione che ‘andiamo ‘tentando della malattia. Naturalmente non deve essere intesa in un senso troppo assoluto : spesso la malattia, soprattutto se la stagione è molto secca e calda, dal primo stadio salta bruscamente al terzo stadio, cioè a quello del disseccamentò; Più sovente ancora gli acini infetti si arrestano al secondo stadio, sia perchè si distaccano dal peduncolo © (1) Cuboni 1 c. p. 7. PRE SI RR, Till all Rea TAI: Merate ee A. N. BERLESE 109 perchè l’ infezione si arresta e menu E gzen senza ulteriori muta-- zioni, sd all’ epoca della vendemm n tutti gli acini di un ig vengono attaccati dalla malattia, li) "RR non lo sono contemporaneamente ; per cui in mezzo alle bacche infette se ne vedono delle altre, di un bel color verde, comple- tamente sane. Gili acini infetti raramente sono isolati, ma per solito vengono colpiti dalla malattia tutti gli acini dipendenti dalla medesima ramificazione e costituente un grappolino secondario .nel grappolo co- mune. Il caso più frequente è quello in cui nell’ insieme del grappolo composto si trovano due, tre grappoletti secondari ammalati in mezzo agli altri rimasti sani. ullo stesso, grappolo facilmente si osservano contemporaneamente acini colpiti dalla malattia nei tre differenti stadi sopra descritti ; ciò” dipende dal fatto che i detti acini non sono stati invasi dal parassita nello stesso tempo Quello che si è detto per un grappolo vaga sì può ripetere per l’ insieme dei grappoli nati sullo stesso ceppo ; a peronospora rara- mente si manifesta sopra tutti: alcuni rimangono immuni dal parassita, altri hanno pochi acini attaccati, mentre altri sono quasi del tutto di- strutti. Il marciume della polpa, che si riscontra distintamente sopra tutto nel secondo stadio della malattia, comparisce però dal principio dell’ in- feziore. Nel primo stadio appare molto evidente al disotto delle macchie brune infossate che abbiamo sopra descritto ; però non è limitato a quei punti, ma facendo delle sezioni trasversali e longitudinali, si può scor- gere come esso serpeggi entro la polpa e si estenda fino alla base dell’ acino pes SSR, si attacca col picciuolo. Quest’ ultima particola- rità è importante ed offre un criterio, come vedremo in seguito, per intendere lo ea della malattia, perchè mostra che |’ infezione, probabilmente, non comincia sull’ acino dove appariscono le macchie, ma invece penetra dal peduncolo per estendersì poscia fino all’ apice. dell’ acino. Nella forma larvata della Peronospora dei grappoli non è soltanto sugli acini che sì manifestano sintomi della malattia, ma anche i graspi mostrano segni evidenti di essere infetti dalla peronospora. Essi diven- tano gialli e poi bruni, e poco alla volta si dissecano ; allora tutti gli. acini dipendenti dal medesimo peduncolo annerito e secco, si disseccano anche essi e per solito cadono trascinando con sè porzione del graspo. I sintomi della malattia variano alquanto secondo la natura dei. vitigni e l'andamento della stagione. Questa variazione però consiste, più che altro, in un race di tinta dell’ acino true che, se” 110 PERONOSPORACEE .condo i casi, appare giallo-livido, olivastro-grigio, bruno, rosso-pavo- nazzo, ecc. Tuttavia l’ aspetto dei grappoli infetti della peronospora è così caratteristico che, una volta consciuto, difficilmente si può con- ondere con altre malattie. III. Norme intese a prevenire o combattere la malattia Nel capitolo IV di questo lavoro io ho abbastanza estesamente ‘esposto quali sono le sostanze che meglio si prestano nella lotta contro le Peronospore in genere, ora siccome le notizie ivi esposte si riferi- scono in massima parte a sostanze che vennero sperimentate contro la Peronospora della vite, così non trovo opportuno di trattare qui nuova- mente l’argomento, e riassumo col dire che fino al giorno d'oggi la poltiglia bordolese all’ uno per 100 di solfato di rame e calce, per efti- cacia ed economia riesce il rimedio pi opportuno per combattere la Peronospora. Ecco come si prepara la poltiglia bordolese : In un racipiente di legno, (un vecchio barile od altro) si versano 100 litri d’ acqua. Se ne prelevano poi 4-5 in un recipiente che si pone al fuoco, e 8-10 in altro recipiente nel quale si stempera un chilogrammo di calce spenta da poco, e di buona qualità, allo scopo di farne il /atte di calce. Quando 1’ acqua posta al fuoco è ben calda si versa in un recipiente di legno o di rame, se è stata riscaldata in uno di ferro o di zinco, e sì fa sciogliere nella stessa un chilogrammo di solfato di rame rotto in piccoli pezzetti. Ottenuta la soluzione completa di questo sale, si versa il liquido nel barile, e si agita l’acqua. Indi a poco a poco si versa il latte di calce, dopo averlo ben rimescolato, e si agita conti- nuamente il liquido con un bastone. Allorquando tutto il latte di calce è. versato nel barile, si può ritenere che la poltiglia sia fatta. Può succedere però, avendo adoperato calce assai magra e di cat- tiva qualità, o scarsa, che la poltiglia si conservi acida in così alto grado da riuscire dannosa alle foglie giovani della vite ed agli altri organi delicati. É perciò opportuno assicurarsi sempre che la poltiglia è fatta bene. A questo scopo giovano le carte di tornasole, le quali non perdono il loro colore azzurro allorquando vengono immerse in una poltiglia che ha una quantità sufficiente di calce. Anche il cambiamento repentino di colore del deposito che da verdastro diviene ad un tratto turchino, può essere un buon indizio che la poltiglia è fatta, ma più “esatta prova si ha colle carte suddette. A. N. BERLESE 111 Coll’ uso di queste carte si può anche omettere di pesare la calce, ma versare nel barile tanto latte di calce, a poco a poco, fino a che le carte azzurre immerse di quando in quando, non diventano più rosse bensì conservano il loro colore azzurro. Una poltiglia ben fatta, icsiata in riposo mostra il liquido, che rimane sopra la deposito, perfettamente incolore. Quando si voglia preparare una poltiglia che presenti una pronta azione, allora si aggiungono 125 grammi di cloruro d’ ammonio (sale ammoniaco) ad ogni ettolitro di poltiglia. Inoltre una poltiglia più efti- cace, da cca aper la stagione corre molto umida e piovosa, si ha aumentando a due chilogrammi, sa il solfato di rame che la calce. Più sn poi riesce la poltiglia coll’ aggiunta di uno o due litri di melassa, e si deve usare allorquando le ar pra e con- tinuate lavano troppo gli organi della vite che si vuol difen Prima che si rileva asse l” ua della poltiglia Tori. e 31° ap- plicazione di questa alle viti diventasse una ordinaria pratica agricola, furono escogitati i mezzi più diversi per combattere la malattia. Sono note le coperture alle viti praticate in America allo scopo di prevenire l’ infezione. Tutti ricordano i consigli di brnciare le foglie cadute alla fine di autunno, o di iniettare nel terreno al piede delle viti una certa quantità di solfuro di carbonio, o di bruciare dello zolfo sotto il foglia- me o iniettare nel tronco, o nel terreno soluzioni più o meno concentrate di sali metallici, tra cui anche il solfato di rame, o sostenere le viti con pali che furono primieramente imbevuti di questa sostanza, o spen- nellare i tralci con latte di calce denso, o zappare il terreno del vigneto per seppellirvi le oospore, etc. ete. E affatto inutile esaminare e discu- tere una ad una tutte le opinioni, (talune anche lontane da qualunque principio elementare di scienza teorica od applicata), che vennero ‘nese se in pochi anni circa la via da seguirsi nella lotta contro il parass per cui io passe ad esporre le norme da seguirsi nella Silvia della poltiglia bordolese, oltrechè dall’ esperienza mia di oltre 12 anni di prove, di confronti e di studi, anche dalla accurata esposizione che ne fece il chiaro e valente amico Prof. Carlucci, () col quale a questo proposito divisi sempre le ben provate opinioni. È necessario persuadersi anzitutto che i rimedi devono applicarsi preventivamente, cioè prima che la malattia invada le viti, se da da essi si vuol ottenere un effetto completo. (1) Carlucci La Peronospora della vite (Giorn. di Vitic. Enol. ed Agr. 1898, n. 10. 7112 PERONOSPORACEE Le irrorazioni eseguite dopo la comparsa delle macchie caratte- ristiche che distinguono la peronospora, certo riescono utili alla vite, inquanto preservano gli organi ancora sani, ma non valgono a guarire quelli già intaccati. i È necessario ricordare anche che durante il periodo d’ incubazione della malattia le foglie non mostrano delle traccie ben visibili del pa- rassita che trovasi al loro interno, e che, se in queste condizioni viene abplicati il rimedio, questo non ha la potenza d’ impedire che quella parte di organo invasa venga distrutta dal fungo. Ciò mostra la necessità di cominciare per tempo le irrorazioni e di non attendere che la malattia sia già sviluppata nelle vigne. isaminiamo ora come dev’ essere fatta la cura delle foglie e quella dei grappolini. Cura delle foglie. Son questi gli organi che la peronospora colpi- sce di preferenza negli anni in cui si sviluppa tardi, cioè dopo che i grappoli d’ uva si sono ingrossati. Invece quando lo sviluppo di essa ha luogo prima, durante o poco dopo la tioritura, cioè tra la tine della primavera ed il principio della estate, i danni maggiori sono sofferti dai grappolini perchè più teneri. Le foglie possono difendersi con relativa facilità, sempre che si abbia cura di tenerle ricoperte da un sottile strato di rimedio. Dato però il fenomeno dell’ allungamento dei tralci e della con- seguente produzione di nuove foglie, ne viene che il rimedio dev’ es- sere applicato a riprese collo scopo sia di difendere le foglie sviluppa- tesi dopo la precedente irrorazione, sia anche per applicare di nuovo il rimedio sulle foglie adulte che non fossero ben difese o per imper- fetta irrorazione precedente o per distacco e caduta della poltiglia secca, provocato dall’ allargarsi della lamina o delle pioggie frequenti e forti. raticamente però le irrorazioni si eseguono in numero di tre 2 quattro durante il periodo vegetativo, cioè tre negli anni normali, quat tro in quelli umidi e caldi. Nelle annate eccessivamente piovose o quando una irrorazione è seguita subito da pioggia se ne debbono fare anche cinque. | Difesa dei grappoli. La miscela calce-cuprica dev’ essere appli- cata non solo sulle foglie, ma anche sui grappolini, anzi principalmente su questi. E ciò perchè, se anche una piccola parte delle foglie è in- vasa dal parassita, le altre che precedentemente ebbero il rimedio © quelle che si potranno sviluppare e trattare in seguito, d’ ordinario sono sufficienti per alimentare e portare a maturazione l uva ed i tralei. i » SA See 5 Sr CI IRE TO EE a Spett og A È AZ È - ESRI E ie tri ce a ET) TT ER E CRI ie ALITO, RIONE RAPE Mole A. N. BERLESE 113 Le irrorazioni eseguite dopo la comparsa delle macchie caratteri- stiche che distinguono la peronospora, certo riescono utili alla vite, in quanto preservano gli organi ancora sani, ma non valgono a guarire quelli già intaccati. E’ necessario anche ricordare che durante il periodo d’ incubazione della malattia, le foglie non mostrano traccie ben visibili del pa- rassita che trovasi al loro interno, e che, se in queste condizioni viene applicato il rimedio, questo non ha la potenza d’ impedire che quella parte di organo invasa venga distrutta dal fungo. Ciò mostra la necessità di cominciare per tempo le irrorazioni e di non attendere che la malattia sia di già sviluppata nelle vigne. miniamo ora ome dev’ essere fatta la cura delle foglie e quella dei grappolini. Cura delle foglie — Sono queste gli organi che ia peronospora col- pisce di preferenza negli anni in cui si sviluppa tardi, cioè dopo che i grappoli d’ uva si sono ingrossati. Invece quando lo sviluppo di essa ha luogo prima, durante, o poco dopo la fioritura, cioè tra la fine della primavera ed il principio della estate, i danni maggiori sono sofferti dai grappoli perchè più teneri. Le foglie possono difendersi con relativa facilità, sempre che si abbia cura di tenerle ricoperte da sottile strato di ri medio, Dato però il fenomeno dell’ allungamento dei tralci e della conse- guente produzione di nuove foglie, ne viene che il rimedio dev’ essere applicato a riprese, collo scopo sia di difendere le foglie sviluppatesi dopo la precedente irrorazione, sia anche per applicare di nuovo il ri- medio sulle foglie adulte che non fossero ben difese o per imperfetta irrorazione precedente o.per distacco e caduta della poltiglia, secca, provocato dall’ allargarsi della lamina, o delle piogge frequenti e forti. Praticamente però le irrrorazioni si eseguono in numero di tre o quattro durante il periodo vegetativo, cioè tre negli anni normali, quattro in quelli umidi e caldi. Nelle annate eccessivamente piovose, o quando una irrorazione è seguita subito da pioggia, se ne debbono fare anche cinque. dei grappola — La miscela calcico-cuprica dev’ essere ap- plicata non solo sulle foglie, ma anche sui grappolini, anzi principal- mente su questi. E ciò perchè, se anche una piccola parte delle foglie è invasa dal parassita, le altre che precedentemente ebbero il rimedio, e quelle che si potranno sviluppare e trattare in seguito, d’ ordinario sono sufficienti per alimentare e portare a maturazione l’ uva ed i tralci. Invece i grappolini che vengono colpîti dal parassita sono ineso-. rabilmente distratti, e per l’anno in corso la raccolta è perduta, nè vi 114 PERONOSPORACEE è possibilità di vederla rinascere. Lo che dimostra che la cura dei grap- poli deve essere fatta con la maggiore attenzione possibile. Eppure d’ ordinario le cose vanno ben diversamente. Nel fare le irrorazioni, mentre si ha cura di bagnare completa- mente le foglie, non si cerca di fare altrettanto coi grappoli e se questi ricevono parte del rimedio, ciò avviene senza volontà di chi esegue l’ operazione e quasi per caso. Questo spiega perchè nelle annate ecces- sivamente piovose si ha perdita del prodotto e relativamente poco danno al fogliame. Il bagnare bene i grappolini colla poltiglia è cosa relativamente facile alla prima irrorazione. Allora le foglie non hanno raggiunto lo sviluppo normale ed i grappolini sono visibili specialmente sulle viti educate alte ed in quelle a spalliera poco fronzute ; invece essi si trovano coperti dalle foglie nel- l epoca della seconda e terza irrorazione, specialmente nelle viti che portano molti tralci riuniti e sovrapposti. In questi casi è utile che il trattamento sia fatto con maggior cura. A tale scopo il polverizzatore sele introdursi in mezzo alle foglie e giova anche di più se l’ operaio, dopo messa in pressione la pompa, itociza colla mano sinistra di sl le foglie per scoprire i grappolini e colla destra, dirigendo convenientemente il getto, ba- gnarli nel modo più completo possibile. La poltiglia aderisce perfettamente ai grappoli, quando sono pic- coli ed anche quando si sono allungati prima e dopo la fioritura. I grappoli, quando sono trattati colle avvertenze innanzi indicate, si salvano d’ ordinario anche nelle infezioni intense. Essi però hanno un periodo critico della loro esistenza in cui possono essere colpiti dal male, e questo periodo è quello della fioritura. Durante questa impor- tante funzione ciascun fiorellino perde la sua corolla e rimane perciò col tenero ovario scoverto indifeso qualche tempo contro il parassita. Ora la fioritura di un grappolo avviene in un periodo più o meno lungo, cioè di 3 a 8 giorni, quando il tempo è asciutto e la temperatura ele- vata, invece dura 10 a 15 giorni quando la stagione è fredda ed u- mida. — In qualche caso subisce delle interruzioni per cui può durare anche i più. Ora ciascuno vede che se la fioritura avviene con buon tempo, i giovani acinelli non corrono alcun pericolo, ed allora basta aver fatto un trattamento prima e farne un altro a fioritura compiuta per assicu- rare l’ esistenza normale dei grappoli. Al più facendo una solforazione, come di regola, durante la tioritura, invece di zolfo semplice si può adoperare zolfo ramato. aaa one IS n n RR a ir e e e et BILE RR di dani decitii iù REPAIR] 6 7 ti = adi È A. N. BERLESE 115 Ma quando invece le piogge sono frequenti durante tale funzione il trattamento polveroso, di cui sopra è parola, non è bastevole perchè dilavato facilmente dall’ acqua. Occorre invece un rimedio che persista e riesca quindi di efficacia e durata maggiori. Si raggiungevebbe |’ intento facendo due o più tratta- menti colla poltiglia mentre i fiori man mano si aprono, ma in pratica biso- gna contentarsi di farne uno durante il periodo della fioritura ed uno a fioritura completa. iò premesso è facile comprendere che le epoche assegnate per i trattamenti alle foglie riescono utili anche per la difesa dei grappoli. Qualora si dovesse osservare che le foglie sono in buono stato, mentre i grappolini sono presi dal male, si può fare un trattamento parziale ai soli grappoli come se ne fanno, alle volte, alle sole foglie di nuova produzione. E’ opportuno insistere sopra un altro fatto. — Im alcune annate, in cui il giugno (il mese più pericoloso pei grappoli) è piovoso, i pro- prietari rimangono inerti per aspettare che cessino le piogge per eseguire i trattamenti. — Ebbene, in questi casi succede spesso che, quando viene fatta la irrorazione, la malattia ha già invasi i fiori, per cui non ostante la spesa del trattamento, il prodotto si perde in totalità od in gran parte. Ed è allora che si afferma che la cura non giova. Invece quando si hanno condizioni così sfavorevoli, si deve rad- doppiare di attività e convien protittare degl’ intervalli che intercedono tra una e l’altra pioggia per fare le irrorazioni. Basta | ad 1 ora di buon tempo perchè la poltiglia si prosciughi e aderisca tenacemente agli organi trattati. Se subito dopo il trattamento viene una pioggierella, questa non arreca danno apprezzabile, anzi giova a distribuire meglio e. più uni- formamente il rimedio. Quando seguono pioggie forti, torrenziali, allora marne: la poltiglia viene asportata. Ma anche in questo caso una parte mane aderente e preserva, almeno parzialmente, il raccolto. E questo si ana in massima parte se sì ha la avvertenza di ripetere l’ irrorazione appena ciò riesce possibile. La maggior spesa che in tal caso si sostiene è largamente com- pensata dall’ uva che si riesce a salv. Chi segue le norme sopra indicate è sicuro di preservare le sue vigne dalla malattia, od almeno ridurla in limiti non dannosi. Ecco ora l’ indicazione delle epoche più propizie per fare queste irrorazioni nell’ Avellinese e provincie finitime. (® (1) Questa indicazione vale per molte altre parti dell’Italia, special- mente settentrionale e media. Per la bassa Italia, e nelle località non molto 116 PERONOSPORACEE Annate normali — 1.° trattamento: seconda decade di maggio (10-20 maggio) — 2.° trattamento: prima quindicina di giugno — 3.° trattamento : fine luglio. In questo caso torna utile alla fioritura fare la solforazione con zolfo ramato. nnate piovose — 4 irrorazioni : (1 1.* prima metà di maggio (5 a 15 maggio). 2.» dopo 15 a 20 giorni circa, ma prima sempre della fioritura. 3.3 durante o subito la fioritura. 4.» tra la fine di luglio e principio di agosto. Anpi piovosi in modo eccessivo. l.° e 2.° tratt. come nel caso precedente. se » durante la fioritura. 4 > nella prima metà di luglio. segni se » nell’ agosto. Anche queste indicazioni non hanno valore matematico, e deve servire di guida più sicura l’ andamento della stagione. In tutti i casi conviene ricordare che bisogna tenere accuratamente ditesi gli organi attaccabili, quando la stagione corre molto calda e secca e quindi st presta bene all’ applicazione del rimedio. Nei luoghi nei quali la Peronospora suole intaccare i grappoli al- lorquando si avviano alla maturità, è necessario sorvegliare il raccolto, o scopo di impedire l’ infezione’ con un pronto trattamento alla fine dell’ Agosto o nella prima metà del Settembre, se nel precedente trat- tamento non rimangono tracce sufficienti sulle viti L’ applicazione della, poltiglia boldolese rei esser fatta con buone pompe irroratrici, provviste di polverizzatori capaci di suddividere il liquido in goccioline minutissime. Con tal mezzo, facendo il lavoro con cura, si riesce a bagnare in maniera completa foglie e grappoli e s’ im- isce che si producano grosse gocciole che cadano al suolo senza alcun profitto. Io, per essere coscienzioso, dovrei parlare qui anche di altre mi- scele e specialmente di quelle a base di sali di mercurio, le quali hanno trovato nello scorse anno in Francia qualche sostenitore energico, però per quanta possa essere |’ efficacia di una miscela a base di sublimato corrosivo, sono troppi i pericoli di cui possono essere causa il possesso. elevate sul mare, occorre, nelle annate normali, anticipare di pochi giorni il primo trattamento, e così di seguito gli altri. in causa della vegetazione più sima (1) Le condizioni meteoriche hanno una importanza notevole sullo svi. luppo della parade e per questo argomento rimando il lettore al capitolo 3° di questo lavo (III DAL Eno LPP x i ” na Dial i ti at rrt= 19 SRI RITIRI E MIRO MOI SRI re e ii ai A. N. BERLESE 117 e l’uso da parte di agricoltori, di un sale così potentemente velenoso per non aggredire neppure, almeno per ora, questo argomento. E così pure mi astengo dal trattare della poltiglia borghignona, della soluzione di acetato di rame, dei sali di cadmio ecc., poichè sono con- vinto che pel momento almeno, sia più opportuno ribadire nella mente degli agricoltori l’ opportunità di combattere la peronospora della vite colle sostanze più facili ad aversi, di quello che presentare loro rimedi nuovi sui quali ancora la scienza e la pratica non hanno detto |’ ultima parola. La ordinaria poltiglia bordolese potrà essere modificata o sosti- tuita da altre sostanze più efticaci, o più adatte, o più economiche, ma per ora mi sembra che sarebbe prematuro il sostenere qualcuno dei nuovi rimedi a danno di quello che diede tin qui risultati buonissimi, e che entra ogni giorno più nel dominio del pubblico. IV. Resistenza dei diversi vitigni alla Peronospora Anche questo argomento è uno di quelli che subirono le più pro- fonde modificazioni man mano che procedettero gli studi e le osserva- zioni sull’ infezioni peronosporiche. ochi anni dopo che la Peronospora aveva fatta la sua comparsa in Europa, vennero redatti numerosi elenchi di vitigni che sembravano refrattari all’ infezione. Però l’ osservazione continuata dimostrò che molti di quei vitigni ritenuti immuni, a lor volta potevano essere più o meno fortemente assaliti a seconda dell’ andamento della stagione, del momento vegetativo ecc., di guisa che attualmente si riconosce che nes- sun vitigno è realmente refrattario agli assalti della Peronospora. Vero è che non tutte le varietà di viti vengono assaliti colla stessa intensità ; alcune vanno soggette ad infezioni precoci e violente, altre, poste nelle medesime condizioni, img minori danni, e mos sintomi morbosi in minore proporz Quali sieno le cause di uu aftto comportamento, non ci è dato sempre dire. Che alcuni vitigni precoci soffrano meno ai grappoli pel fatto che allorquando le condizioni meteoriche primaverili (specialmente per quanto si riferisce alla temperatura) emo lo sviluppo della Peronospora, i grappolini hanno già completata la fioritura, e gli acinelli sono bene sviluppati, facilmente si comprende, ma non possono questi fatti di re- sistenza passiva contrapporsi alla Compri che presentano altri vitigni all’ attaceo del parassita, 118 PERONOSPORACEE Ed infatti non raramente si osserva che i vitigni precoci, ì cui grap- poli sfuggirono all’ infezione primaverile, vengono poi largamente intac- cati in quegli organi e nelle foglie durante |’ estate o 1’ autunno. AI contrario una resistenza attiva noi troviamo in parecchi vitigni americani i quali fra varietà europee fortemente colpite, così da mostrare un’ aspetto desolante, conservano verde e rigoglioso il loro fogliame, e sono poco assalite dalla peronospera, o questa sopportano senza troppo soffrire. Quantunque non deva la scala della resistenza alla peronospora essere considerata come una verità assoluta, pure ritengo opportuno presentarla al lettore avvertendolo che come fu più volte modificata fin qui, così anche in avvenire potrà subire nuovi cambiamenti, i quali per lo più avranno il risultato di aumentare il numero dei vitigni più 0 meno, attaccati, e diminuire quello dei vitigni che fino al giorno d’oggi sì sono mostrati meglio agguerriti contro gli assalti del parassita. e specie e varietà che sono meno predisposte alla infezione Re ggiano le seguenti : Specie: Vitis Riparia. V. Rupestris, V. cordifolia, V. Berlandieri,, V. monticola, V. rotundifolia, V. cinerea. Varietà : a iui Greco bianco, Fer, Pardotte, Ugni-blane, Verdes Indi abbiamo un gruppo di specie e varietà che sono poco attac- cate cioè : V. vulpina, V. Arizonica : Latino rosso, ascolano, Trebbiano giallo, Lagarese, Cabernet, Sauvignon, Sirah, Aramon, Clairette, Gamay etc. Infine fra le specie e varietà più intaccate notiamo: Vitis californica, Othello, Canajolo, Colorino, Colombano, Malvasia, Corvino, Agostano, Pignolo, pe Barbarossa, Malbpe. Moscatello, Pineau, Chasselas, scato d’ urgo, etc. ete In uni le viti americane resistono meglio delle varietà europee agli assalti della peronospora. Fatto analogo si riscontra anche nell’ in- fezione fillosserica. In natura non sono rari questi fatti e trovano la loro spiegazione nei fenomeni di adattamento e di sopravvivenza delle specie che più proficuamente lottano per la loro esistenza. Non è im- probabile che a lungo andare anche le varietà europea più danneggiate, riescano a sopportare senza troppo soffrire l’ azione della peronospora, la quale potrà anche diminuire la sua virulenza trovando sempre in aumento quegli ostacoli naturali che traggono la loro origine ed il loro mag- giere incremento in un ben coordinato chimismo cellulare. Forse i trat- trattamenti a base di rame aumentando la attività delle cellule fogliari,. 8 preservando le viti da troppo forti e rovinosi attacchi peronosporici,. de Ro PARE ERI cale di SERIA TIA > FILI ZAIRE AMINA RI PETE SEIT) TIE ST iii A. N. BERLESE 119 potranno contribuire al msg di quell’ equilibrio tra parassita ed ospite che permetta, come in non pochi altri casi succede, ad en- trambi una esistenza profittevole. PLASMOPARA VIBURNI Peck. Syn. Plasmopara Viburni Peck 43 Rep. p. 8. Sace. Syll. IX, p 842. Maculis irrogalaribus indeterminatis, plus minusve secus nervos primarios confluentibus, brunneis vel rufo-brunneis ; conidiophoris shy- pophyllis, sparsis, ramulos 2-4 supius alternos, subhorizontales emitten- tibus, ramulis ultimis in 2-3 sterigmata subulata desinentibus ; conidiis subglobosis vel late ellipsoideis, subhvalinis, 15-20-12-15, rarius 30-40 K long. ; oosporis non visis. Hab. în fottis Viburni dentati, « Baiting Hollow Station, Long Island » Americae Corealis. Non ho veduto alcun esemplare di questa specie. L’ autore la ritiene affine alla PI. viticola, dalla quale dice ‘che si distingue per iconidiofori minori e per i cespuglietti non così densi, bensì più lassi e sparsi, cosichè non è agevole cosa rilevarli ad occhio inerme. Non rari si mostrarono i conidi assai maggiori dei normali, mentre in- vano l’ autore cercò le oospore. PLASPOPARA RIBICOLA Schr. Peronospora ribicola Schr in Iahresbericht. Schles. Gesell. 1883. p. 139. Syn. Plasmopara ribicola Schr. Krypt. Fl. Schles. p. 238. Berl. et De-Toni Sace. Syll. VII. Pars I. p, 243. Fischer Phycom. p. 433. Magn. Peron Brand. p. 69. Allescher und Schnabl Fungi bavar. n. 267. Schn. Bericht. Bayer- Botan. Ses. II. 63 Berlese. Icon. Fungor. Phycom. fase. I. p. 18. Caespitulis tenuibus, albis, maculiformis, conidiophoris rigide erec- tis 200-400. «. altis, ramis 3-5 patentibus praeditis, in apicem acutum ple- rumque abeuntibus ; ramis vero 3-5 ramulos laterales gerentibus ; conidiis breviter ellipticis, 15-20 a 11-13, papilla tenui instructis; oosporis ignotis. ‘Hab. în foliis Ribis rubri et R. Grossulariae în Germania. Non mi fu dato di esaminare alcun esemplare di questa specie. Il Sydow sotto il nome di Peronospora Ribis Schr. credette di pub- plicare nella Myc. March. sotto il n. 2865 il fungo di Schroeter ma al contrario non si tratta nemmeno di un micete. Ecco quanto osserva anche il Magnus (I, c.) a proposito : Das was P. Sydow in seiner Myc. March. n. 2865 als Peron Ribis Schroeter ausgegeben hat, ist ueber- haupt kein Pilz, sonderdas in Folge eines tierischen Angriffes, warschein- lich von Blattliusen, stellenweise pathologisch verinderte Blattgewebe. 120 PERONOSPORACEE La Plasmop. ricicola non è molto frequente, però fu rinvenuta, come appare dalla sinonimia.anche presso Monaco da Schnabl ed Allescher. PLASMOPARA HALSTEDII (Farl.) Berl et De Toni Syn. stag a mei Farl. Not on of Peer North. Am. Fungi, p. 72. Bot. Gaz. LX, 3, 37, Hedw. PSE 143. Plasmop. Halst. Berl. et De Toni in Sace. c. Spi 7 te pu Pars. I, p. gi Phycom. p. 453, Berl. Ic. Fungor e TA Set, Posa Herb. Div. Pat. veg. in Iourn. of. Mye. VII na ‘118 - EXSICCATA Ellis N. Am. Fungi n. 209, 210, et. 1403. a-d. Caespitulis forma magnitudine variis, densiusculis, albis ; conidio- phoris 2-6 e stomatibus exeunti- bus, 300-500 4 10-14 (subinde usque (00 4. altis) 4-9 ies pinnatis, apice saepius bifurcatis, ramis patentibus, ramos secundarios vel tantum in steriemata longiuscula (h. e. ra- mulos duos-tres subulatos) abeun- tes vel furcatos gerentibus, apice simplicibus vel furcatis praeditis ; conidiis late ovoideis, vix papilla- tis 25-30 « 15-20 :; oogonis, 30-40 p. d.; oosporis sphaeroideis, perinio va- ge plicato, lutescentibus, 23 30 x. d. Hab. in foliis Compositarum ca- riarum ex gr. Eupatorii purpurei, E ageratoidis, Ambrosiae artemi- siaefoliae, A. trifidae, Bidentis fron- dosae, B. connatae, Rudbeckiae la- ciniatae, Silphii terebinthacei, S. in- tegrifolii. S. trifoliati, S. perfoliati, Helianthi strumosi, H. occidentalis, . grosse-serrati, H. tuberosi, H. doronicoidis, Solidaginis Riddellii, S. canadensis, Erigerontis philadel- phici, Erechtitis hieracifoliae 7% Pluribus locis Americae borealis. Fig. 20 La germinazione dei conidi av- Plasmopara Halstedii viene per zoospore come osservò il Farlow negli esemplari pochi sull’ Ambrosia. Gli austori sono numerosi e vescicolari. META SAI PRE SERE laliia A. N. BERLESE 121 Rare invece si mostrano le oospore che il Farlow rinvenne in buone condizioni di sviluppo nelle foglie dell’ eliantus doronicordes. Mentre la Bremia Lactucae sembra prediligere le Compositae lyulifiorae, la specie presente si trova di preferenza nelle 7'ubuZ/forae. To ho esaminato parecchi esemplari di questa specie e provenienti da varie località, però non rinvenni mai le oospore. Il Farlow asserisce che esse sono simili a quelle della P/. viticola, però si presentano al- quanto maggiori e col perinio provveduto di meglio definite costole. Evidentemente anche in questa specie il perinio è poste dato da periplasma più o meno irregolarmente concretato, ma non differenziato in membrana distinta, quindi con ogni probabilità 1’ oogonio sarà per- sistente ed a parete ispessita. La Plasmopara Halstedii sembra una specie caratteristicamente nord-americana, poichè venne soltanto trovata, abbastanza copiosamente, in più luoghi dell'America settentrionale. PLASMOPARA GONOLOBI (Lager.) Swingle Syn. Peronospora Gonolobi Lagerh. in Iourn. of Mye. VII, p. 49, Sace. Syll..IX p. 243. Berl. Icon. Fungor. Phycom. fasc. I p. 24. Plasmopara Go- nolobi Swingle Per. Herb. Div. Path. Veg. in Iourn. of Mye. VIII p.-110. Conidiophoris arborum modo repetite dichotomis, ramulis rectis, basi parum inflatis 8,5-11 &. cr. ramis terminalibus rectis, 6-9 «. longis: conidiis globoso-ovoideis, pallide griseolis 18-30 » 16-21 ; oosporis ignotis. Hab. în foltiis Gonolobi suberosi în America boreali. Nelle Icones sopra citate io a proposito di questa specie, che non avevo potuto esaminare, scrissi « Meo sensu rursus inquirenda. » An Plasmopara ? Lo Swingle avendo avuto occasione di studiare esemplari freschi aveva constatato la germinazione per znospore. quindi è giusto riferire questa specie al genere Plasmopara. Nel citato lavoro il suddetto Swin- gle diede un quadro delle dimensioni massime e minime dei conidi, e da questo risulta che i detti organi oscillano tra le dimensioni seguenti : 16 1/2-42 » 15-26. L’autore però non dice quali sieno i diametri più frequenti dei conidi, quindi nella diagnosi latina le dimensioni di questi organi sono calcolate entro limiti alquanto più ristretti anche pel fatto che in molte Plasmopare è agevole cosa rinvenire conidi sensibilmente maggiori di 22 PERONOSPORACEE quelli che formano la più gran parte della massa conidiale, ma di questi non si può tener molto conto poichè altrimenti i limiti estremi sarebbero tra loro lontani e scomparirebbero le differenze tra specie e specie, le quali invece bene risaltano se si tiene conto delle dimensioni medie, cioè “quelle che presentano in ciascuna specie la maggior parte dei conidi bene sviluppati e normali. PLASMOPARA CELTIDIS (Waite) Berl. Syn. Plasmopara Celtidis Waite in Iourn. of Myc. VII, p. 105, tab. XVII, fig. 1-16. Manc. in Riv. di Pat. veg. Vol. II, p. 268; Sace. Syll. XI, p. 245. Berl. Ic. Fung.-Phycom. fase. I p. 16. Swingle Per. Herb. Div. Veg. Pat. in Iourn. of Myc. VII, p. 125. Maculis definitis, angulatis circ. 1 mm. d., dein contluendo ma- gnam partem folii occupantibus, primo fusco-purpurascentibus dein brunneis; caespitulis cinereis ; conidiophoris 200-320 #, altis, 4-5-ies ra- mosis ramis patulis, rectangulariter divergentibus, erectis ; conidiis elli- . psoideis, 26-30 © 14-20, pleramque 2516, apiculatis, per zoosporas germinantibus, oogoniis tunica subtili praeditis : ; oosporis perinio undu- lato, h. e. hinc inde magis incrassato, ut videtur, bene evoluto, pallide brunneo, cinctis, subglobosis, levibus, 36-44 v 28-30. Hab. 7n folis Celtidis occidentalis #n America boreali. Secondo il Sign. Waite questa specie è una forma eccezionale per molti riguardi, e colla PZ. austrazis, anche a quanto opina lo Swingle, dovrebbe essere raccolta sotto un tipo a sé, intermedio fra Peronospora e Plasmopara. Quantunque questi egregi autori abbiano ascritto questa specie al genere Peronospora, pure io ritengo che, pel momento al- meno, sia meglio collocata fra le Plasmopara cui va pure ascritta |’ af- | fine peronospora delle Cucurbitacee (2. austratis). I caratteri che mi decisero a questa induzione sono principalmente i seguenti : Direzione dei rami e germinazione dei conidi. Waite (1) asserisce che i conidiofori sono simili a quelli di una Pe- ronospora, però attenendosi anche alle figure si rileva qualche affinità anche con la specie del genere Plasmopara specialmente per i rametti quasi diritti e la tendenza del primo ramo ad uscir fuori quasi ad an- golo retto. Anche ]’ ingrossamento basilare del conidioforo bene si addice a quest’ ultimo genere, però è certo che l’ aspetto generale ed il modo di ramificazione sono quali si riscontrarono in molte Peronospore. 4 ac A eee cene Di nai A. N. BERLESE 123 Ma ciò che depone in favore decisamente del genere P2asmopara è la germinazione per zoospore dei conidi. D'altra parte è giusto os- servare che l’ oogonio a parete sottile, e le oospore con un perinio grosso denoterebbero piuttosto una Peronospora, però questa parte ha bisogno di ulteriori studi, tanto più che un perinio così grosso ed irregolare quale è disegnato dal Waite può ingenerare il sospetto che si tratti piuttosto di un accumulo di periplasma, quale si osserva costantemente nella specie ad oogonio con parete ispessita. Ad ogni modo è certo che abbiamo in questa specie un tipo intermedio fra i due generi. E non è il solo, poichè anche in P/. cubensis troviamo conidiofori decisamente di Peronospora, per cui queste due specie (e forse altre ascritte al genere Peronospora e non bene studiate dal Jato della germinazione dei conidi), potrebbero esser raccolte in un gruppo distinto. A dire il vero infatti non è assodato che in tutte le specie di Perono- spora la germinazione dei conidi avvenga esclusivamente per tubo. Non è troppo temerario l’ ammettere che questo fenomeno in qualche specie possa avvenire in modo analogo a quanto si verifica nelle Plasmoparae, e che quindi possano esistere altre forme che pei conidiofori sono da ascriversi al genere Peronospora e pei conidi a Plasmopara. Oltre alla Pi. cubensis abbiamo pure la P/. Celtidis, che come più sopra esposi si avvicina assai alle specie del genere Peronospora per la coformazione dè conidiofori. Non è quindi ingiustificato il raccogliere questi tipi, direi quasi intermedi, in un gruppo e che potrebbe essere pure un genere. Però” io mi limito per ora a stabilire soltanto un sottogenere che in vista dei caratteri delle due specie in discorso chiamo Peronoplasmopara, e del quale espongo la frase diagnostica latina come segue : Subgenus Peronoplasmopara Berl. Conidiophori pluries dichoto- mo-ramosi, ramis ultimis rectis vel arcuatis subulatis, sub angulo fere recto a ramis paenultimis orientibus. Conidia lato ovoidea, apice vesta) lata, sordide violaceo-lutescentia, per zoosporas germinantia. ubi nota globulosa, pariete subtili praedita ; oosporae ut videtur pirinlo crasso levi cinctae. Est pro conidiophoris Peronovspora ; pro conidiis Plasmopara. PLASMOPARA CUBENSIS (B. et 0.) Syn. Peronospora Cubensis B. et C. Cuban Fungin. 646 Berl. et De Toni in Sacc. Syll VII, Pars I, p. 261. Swingle Per. Herb. Div. Ves. Path. p. 625 Plasmo-” 124 PERONOSPORACEE para cubensis in Eighthi Ann. Kep. Mass. Agrii Enp. Stat. 1890, p. 211, tab. II. fig. 11-14. Selby Bot. Gaz. 1899. Maculis lutescentibus, irregularibus, magnitudine variis; caespi- talis laxis delicatis, affusis, lutescentis-griseis; conidiophoris 2-3 e quoque stomate exeuntibus, vel solitariis, erectis, rigidulis, exilibus, 400-600 si altis, 8-9 & crassis, superne quinquies ramosis, ramis sab angulo acuto orientibus, secundariis ter divisis. extimis rectis vel parum curvatis, a- cutis subaequalibus, rectangulariter, divaricatis : conidiis late ovoideis, :24-27-16-20, distinete violaceis lutescentibus, vel violascentis brunneis, basi breviter pedunculato truncatis, apice papilla distincta, condidea, pallidiori praeditis. Hab. in foltis Cucumis Anguriae, C. sativi, C. Melonis, C. odo- ratissimi, C. erinacei, C. moschatae, Cucurbitae Peponis C. Melopepo- nis, C. verrucosae (?) Citralli vulgaris, Lagenariae vulgaris, Coccineae fadicse, Bryoniopsis laciniosae; B. erythrocarpae, Mukiae scabrellae, Mo- nordica balsaminae, M. charantiae, Melothriae scabrae, Trichosanthes colubrinae, Sycios angulati, et Micrampelis lobatae « Cuba, Iapan» et pluribus loc:s Americae borealis. Questa specie venne descritta fin dal 1868 dai precitati Berkeley e Curtis, e come dice 1° Humphray, che della medesima si cccupò in modo speciale, rimase poi sconosciuta per circa 20 anni. Intorno al 1889 venne ritrovata al Giappone ed in diverse lo- calità dell’ America del Nord, dove anzi in qualche annata oltremodo sfavorevole al suo sviluppo, andò cagionando dei danni, talvolta assai ri- levanti nelle Cacurbitacee coltivate. Nell’ Amenca del Sud era già nota una Peronosporacea che soleva intaccare simili piante, e che lo Spegazzini aveva chiamata Peronospora australis. Secondo il Farlow queste due specie non avrebbero dovuto essere tra loro diverse, ma non mi sembra che le idee di questo egregio autore sieno del tutto accettabili. Avendo egli ricevuto dal Sign. Myabe, da Tokio, una Peronospora vivente sulle Cucurbitacee, 1’ ascrisse alla P. australis Speg. che secondo il Farlow stesso crescera anche nelle Cucurbitacee dell’ America settentrionale sulle quali egli l’ avrebbe rac- | colta. Siccome però dai confronti fatti dal Sign. Miyabe della specie dal medesimo raccolta cogli esemplari tipici della P. cubensis B. et. C. conservati a Kew nelle collezioni del Berkeley, risultava che queste due peronosporacee erano identiche, il Farlow ne concluse che la Per0n0- spora australis era da ascriversi alla 2. cudensis. Però la P. australis (1) Farlow in Bot Gaz. 1889, p. 189 ii A. N. BERLESE 125 tipica dello Spegazzini è ben diversa dalla specie raccolta dal Farlow e considerata tale. Questa è veramente la P. cubensis B. et C., mentre a P. australis è una cosa a sè Nel lavoro sopra citato |” Hamplaey mise bene in evidenza le dif- ferenze che corrono tra queste due specie, che quindi conviene mante- nere distinte. Al contrario la P. sycicoza del Trelease. come bene dimostrò lo stesso Farlow, deve © essere ascritta alla P. australis Speg. iò che interessa rilevare circa la PI. cu- bensis e la speciale conformazione dei conidio- fori, in rapporto al modo di germinazione dei conidi. La ramiticazione, la terminazione dei rami che sorreggono i conidi, indicano a prima giunta una Peronospora, ed in questo genere nella sezione In/ermediae ne troviamo alcune vera- mente somiglianti alla presente, così ad esempio la Peronospora Potentillae, \a P. Arthuri etc. Però la germinazione per zoospore, non può farci ascrivere la presente specie a quest’ ul- timo genere. i Specialmente nell’ America del Nord. suole la P. cubensis svilupparsi largamente sulle Cu- curbitacee coltivate, quando vi concorra una stagione calda ed umida, e determina in tal caso dei danni non indifferenti soprattutto in alcune specie del genere Cucumis. Nel 1896 - nel territorio di New York, si calcola abbia distrutto il 55 °%o delle Cucurbitacee coltivate. In america la malattia prodotta da questo parassita è conosciuta col nome di Downy Mildew of Cucumber. Parecchi autori trattarono di questa malattia e dei rimedi atti a salvaguardare le piante dall’ infezione, ma i lavori ne li dobbiamo . ; all’ Humphrey già citato, allo Stewart, al Selby.® (1) Stewart The downy mildew of the carne; at ib is and how to. vent New York State Stat. Bull. 119, et seg. a (2) Selby Prevalent discases of ppinsini It et tomatoes (In Ohio” LA 126 PERONOSPORACEE Risulta da numerose ed estese esperienze condotte da questi egregi patologi, che la poltiglia bordolese è atta a preservare le piante dalla ‘presente peronospora. I trattamenti furono eseguiti dal Giugno al Set- tembre, un maggiore o minor numero di volte anche secondo |’ anda- mento della stagione, ma nel maggior numero dei casi mostrarono una decisa efficacia, cosicchè le piante lasciate per controllo diedero non di rado un reddito assai inferiore a quelle trattate. (Continua) SATA INTE SEO E DCOENOOI GRAB IPRI FRIGOIARE. PERI SEIT SIERIRVE II RITIRARE SCORE ARTO TRI CONAI VEE STIONE O ST OE E pia era ua e Guilia ETTE À DESCRIZIONE E FIGURA DELLA TROMBELLA OTIORUM N. SP. Il genere 7rombella fu da me istituito nel 1887, per una singo- lare NERO di Acaride, simile ai T) ‘ombidium, il quale io trovai nel campo di granone. Mi v genere diverso dai 7rombidiwm, basandomi su tata caratteri im- ‘ portanti. Primieramente nella specie indicata manca affatto la cresta metopica nè ve ne ha traccia. Nel capotorace inoltre vi sono due (o tre come nella 7r. nothroides) rilievi tubercoliformi, che mostrano una fossetta centrale, dalla quale sporge un pelo più o meno lungo. Il ca ere fa poi, subito dopo (1888), arricchito di un’ altra molto bella specie, di cui ebbi numerosi esemplari dal Brasile, nuova essa pure, cioè la Trombella nothroides 0), molto diversa però dalla preceden- te, ma non tanto che non possa rientrare bene in un genere comune. In questo anno poi, in settembre, scavando ai piedi di un rc in quel di Firenze e più precisamente a Paterno nei dintorni di Vaglia (Mu- gello), io ritrovai, a qualche sog dg ct bell’ es Fn di un Trom- bidino, del quale subito sospettai che si trattasse di una 7rombe/la, re della 7° T. glandotosa, della quale non possedevo dhe un solo esem- plare. Ma l’ esame più attento, al inicosconio) mi mostrò che si trattava di specie molto diversa, non solo per le dimensioni, ma per altri impor- tanti caratteri. Infatti, quanto a statura, la 7”. glandolosa raGgignee il mìllime- tro e mezzo eos computare le zampe anteriori) e otiorum, in- i ila nghezza. Nella Tr. pt sono caratteri- stiche le sadici fossette dorsali simmetriche, (ghiandole ?) e conformi a queste otto se ne trovano al ventre e due sui fianchi in ciascun lato, con particolare struttura anche cpidermica. Di organi consimili non è traccia nella Tr. otiorum, nè al dorso nè al ventre. Nell ve : Argo è troncato ioni odi e reca ost foveole nel suo vece il ca capotorace è acuto all’ innanzi, e ne er ta sono tubercolo, in so sono scolpite due ‘foveole steal. al avvici- nate fra di loro e dal cui centro una vre; lunghissima semplice ed esilissima, diretta ai lati ed all’ indietro. : cie d | torace, Gina alle dette areole è tutta coperta cat brevi peli spiniformi non dissimili da quelli che coprono il restante corpo. (1) A. BerLESE. — Acari Austro-Americani pn Soc. Entom. ital., tomo RI p 10 et VI fg 2 ei al VIT Ag È 128 A. BERLESE Nella Tr. eng n i palpi recano una unghia lunghetta, alla quale sta subito sotto una spina lunga e robusta, quasi una second TI et Si a+ er ©) ande bj D (fel e (») Da D ni =! D =; ©) nei mi 5 e) Sd ° DI ‘© pas) 20 , D \ u sili, inoltre il tentacolo (ultimo arti- colo) è lunghetto e subclavato. Nella Tr. otiorum A vino articolo orta, al dorso, una larga ed alta 53 rin chitinosa, lam e, quasi come a cresta (fig. inoltre |’ unghia è breve, robusta (C) at il pelo lung o ed” esile che le il sta sotto non può esser ad una seconda ‘ngh a più gracile, ma è vero mplice ; il tentacolo (7) è breve ed ovale e rivestito di peli piumati n metà estrema, lunghi e gracili u ili. teriori che nella 7r. g/andulosa sono all’ apice più ri- stretti che non a Di ase e quindi subacenti, nella 7. o/4%0rwm invece sono lungamente ovali. oncordano le due specie nella forma delle spine che coprono il corpo, nel colore, nella forma degli occhi etc. diagnosi della nuova specie sarebbe la seguente: r. rufa, sive miniaceo-terrea. Abdomen subrectangulum, tamen humeratulum, po- stice subrotundato-truncatum, in medio dorso longitudinatiter profunde excavatum, ergo Ci- plicatum. Derma totum pilis Rin curtis, recurvis, hyalinis, obtectu Pedes, setis corporis similibus, sed Drain dense obsiti. Anticecm magnitudine mediocre, conicum, antice acutum, in medio dorso et undique dense spinis vestitum ; oculis utrin- que binis, ininoibus, sexilibus, lateratibus 5 nec non tuberculo in medio dor elevatulo, areolas Lira rotundas intersese appressas, setulam exillimam, simplicem longissimam ci occludenti. Palpi pa, gue robusto, ‘Irevi, unico ; penultimo arti- snbesg duodecim incisa ornato; tentaculo evi, parvulo, ovali. Derma areolis (glandu- tea an signatum. Genitalia longe ovata, disculis aucta. orporis longît. (exceptis pedibus) ad 2 mill.; cum pedibus pera ad 3,50 mill. ; eius latitudo ad scapulas 1 val. ae rg in agro Florentino (Piena in Mugello), dn terra infossa, mense s tembris (1900) collecta. “gr Ca iii allen DOTT. COSTANTINO RIBAGA OSSERVAZIONI CIRCA L'ANATOMIA DEL TRICHOPSOCUS DALII McLacenl. Il gruppo dei Psocidi, che ha trovato monografi altrove, non è stato studiato quasi affatto in Italia, e solo Disconz? (1) e Costa (A) ci- tarono nei loro scritti poche specie raccolte nel nostro paese. L’ interesse, anche agrario, che possono avere queste piccole forme, inquantochè sono ovvie sopra le piante, specialmente quelle affette da altri malorì, mi ha spronato ad occuparmene, per saperne qualche cosa di più circa le specie, nostrali. Ho già raccolto discreto materiale che già in massima parte classificato mi ha fruttato la cognizione di molte interessanti specie nuove pel nostro paese ed altre ancora nuove affatto per la scienza e delle quali diedi notizie in questo stesso giornale. (8) Però allo scopo di avere un concetto esatto di questi piccoli esseri ho creduto conveniente il cominciare dal conoscerli addentro, particolar- mente nella loro anatomia e ne è venuta la presente notizia, nella quale mi occupo di una specie comune qui nel Napoletano, cioè il Trichopsocus Dalii MeLachl. e che ho veduta intimamente e conside- rata anche in confronto degli altri ortotteri a cui i Psoczdi si debbono avvicinare. Su alcune parti della struttura di questo piccolo organismo sono sorvolato rapidamente, senza occuparmene troppo od almeno senza intenzione di pubblicarne troppo, giacchè non ebbi a rilevare soverchie differenze in confronto di altre specie in ciò ancora bene note: su al- tre particolarità invece insisto di proposito. Ecco la ragione del presente scritto. Però prima di entrare in materia, sento il dovere di esternare sil Sifcrenggi D.r Disconzi — Entomologia iS portoran Padova, Tip. G. B. Ran ai pri Costa — Geofauna Sarda Mem. IV, Napoli 1885. | (3) C. Ribaga — Descrizione di un nuovo genere e di una nuova specie di Psocidi (Riv. di Pat. Veg. Vol. VIII, pag. 156-159 Tav. VII geni ). Idem — Una specie nuova di Psocide trovata in Italia — (Ibidem g. 361 ( | [1900]). Idem — Contributo alla conoscenza dei Paocidi italiani (bidem pag. 375-386 |1900) 130 : C. RIBAGA pubblicamente i miei più sentiti ringraziamenti all’ egregio mio maestro Prof. Antonio Berlese, Direttore di questo Laboratorio, il quale molto 9’ mi aiutò col suo autorevole consiglio e coll’ opera a condurre a termine la presente memoria. * BO OSSERVAZIONI GENERALI Tra i Psocidi vi sono forme attere affatto allo stato adulto, altre poi recano solo rudimenti di ali, mentre i più, per i maschi e per le femmine portano quattro grandi ali membranose, le anteriori più grandi delle posteriori e tutte con poche nervature. La specie nostra è tra le alate, ma delle ali e loro fabrica e disposizione delle nervature non si tiene conto qui, poichè è cosa di cui si occupa ancor meglio la si- stematica. È bene notare che le larve e Ie ninfe, attere e più molli quanto al loro rivestimento cuticolare, si prestano assai bene alla anatomia, più che altro per sezioni e però io ne ho tenuto molto conto. Esse non differiscono gran fatto nella maggior parte degli organi dall’ adulto, se ne eccettui lo sviluppo delle ali e dei muscoli loro, quello dei sessuali e degli ocelli. Pel restu tanto giova allo studio una ninfa quanto un adulto. Il metodo poi che io ho seguito si è quello della sezione a mano fissato previamente l’ insetto ad un vetro e sott’ acqua, ma il migliore è sempre l’aiuto che ci recano le sezioni al microtomo, praticate in tutti i sensi, cioè longitudinali, sagittali, di piano e trasverse e taluna anche obliqua, specialmente nel capo. Il più difficile è fissare queste piccole forme ed io ho trovato che non sempre eguale è Y effetto dei varì fissativi, però il liquido di Frenzel, per venti minuti o poco più, a freddo, il liquido di Gharnoy ete. danno, spesso, eccellenti risultati e così io ho potuto fare ottime preparazioni. Quanto ai metodi di colorazione credo inutile far cenno. Per ciò che riguarda l’ anatomìa di questi insetti assai poco si è fatto ; il Bertkau(!) si occupa esclusivamente delle ghiandole salivari e brevemente ; e così pure in una breve nota H. I. Kolbe (2) parla del (1) Ùber die Speicheldrisen der Psociden. Verhandlungen der Natur- historischen Verein zu Bonn. 1882, 39 Jahrg. p. 130. (2) Das Tracheensystem des Kopfes der Biicherlaus (Atropos pulsatoria L.) (Berliner Entomol. Zeitschrift Bd. XXVIII. 1884, Heft. 1). TRICHOPSOCUS DALII 181 sistema tracheale di una delle forme più basse, e poche cose sono dette dal Burgess. Anche da questo lato adunque mi sono trovato ad avere il campo di ricerche si può dire inesplorato e per quanto non si possa pretendere di incontrare novità eccessivamente interessanti in forme i cui affini sono stati larghissimamente studiati, pure | averne nozione appunto pel confronto non è affatto cosa inutile. CAPO (Tav. 1 Figg. 1, 3, 4, Tav. II figg. 13, 16, Tav. lV fig. 27.) L’ aspetto generale di un Psocide ricorda assai quello di certi ortotteri veri e perciò la sua configurazione generale non se ne scosta molto. Il capo, grossetto e largo, si può dire emisferico, poichè ja enorme prominenza del ia serve a dargli una notevole. conves- sità. Veduto di faccia è però molto allungato, circa un terzo più lungo che largo, e questo si richiama alla notevole lunghezza del labbro superiore. La forma allungata del capo, non è però facile a rilevarsi, inquantochè esso è molto deflesso, ed anzi inclinato obliquamente dal- l’ innanzi all’ indietro e dall’ alto al basso, inoltre il clipeo, sporgentis- simo, impedisce, il più delle volte, di vedere bene dall’ alto }’ organo, che ne lle preparazioni di tutto |’ insetto, è, il più spesso, così disposto da mostrarsi di scorcio e però più breve. Avverto inoltre che nelle se- zioni, quando non sieno trasverse, non si può mai avere un taglio di piano del capo, o molto di rado, e ciò dico perchè brevissima invece, al contrario di quanto ho detto, può sembrare la testa dall’ esame della fig. I6, ma questa si riferisce a sezioni di piano dell’ insetto, ma tra- sverse pel capo che è declinato in basso. Si vede quindi il clipeo, fra le antenne più o meno tagliato trasversalmente e se ne riconosce la gibbosità notabile. La testa è poi resa più larga, in grazia degli occhi composti molto prominenti ed emisferici, che sono ai lati (fig. 3, 4 0). Il Clipeo (Figg. 4, 13, 27 CI.) si eleva, come ho accennato, in una rande bozza, situata nella regione mediana della fronte ed è del tutto emisferico, esso sta fra le inserzioni delle antenne. Il carattere è comune a tutti i Psocidi e ad altri ortotteri non veri, ma è degno di nota, poichè questo rialzo esiste solo per dare. ri- setto ed inserzione ai potenti muscoli sollevatori. della faringe. (3) Edw. Burgess. Anatomy of the head and. the strueture of the Ma-. xille in the Psocidae - Psyche II N.° 43 e Proc. Bost. Soc. XIX p. 291. e seg. Tav. VIII it C. RIBAGA Quello che è degno di rilievo, sono appunto questi muscoli così validi. Ma di ciò parlerò a suo Il vertice reca negli adulti tre ocelli a triangolo (0°). Il rimanente della faccia, dal confine inferiore del clipeo fino al-- l'orlo libero orale, è occupato dal grande labbro superiore (Ls). utto ciò, invece, che sta al di sopra del clipeo e tra gli occhi composti, rappresenta il vertice (Ve) che risulta di quelle due metà che il Berlese, dallo Strauss-Durckeim. chiama partetali, (come il fron- tale corrisponde a quello che io ho detto clipeo) e questo vertice si fonde posteriormente col pezzo occipitale (Fig. 3 Oc) che è poca cosa attorno ad un grandissimo foro occipitale (Foc). Apofisi interne nel capo. Il Berlese mostra, nel GryMus campe- strîs, una apotisi occipitale che ricorda, molto da vicino, quello che io- ritrovo qui in questo Psocide. nfatti, il contorno inferiore del foro occipitale, è rinforzato in una specie di cresta, a guisa di fascia, che abbraccia il foro occipitale ap- punto per la metà sua iugulare ; corta ciò a fig. 8 (0r). Quest’ orlo spesso del foro, darà attacco ai muscoli motori del labbro inferiore, ma dal centro suo parte.un robusto processo chitinoso, diretto, per il mezzo del capo, verso la faccia sua anteriore, che subito si biforca (come si vede a fig. 3, 4, 16, Po) e ciascun ramo, cilindrico ed esile, ara notabi Imente, si reca all’ angolo posteriore del foro anten- , dove si fonde colla cuticola del vertice, Ordunque quest’ apofisi a egregiamente con quella ale del GryUus ed io ne conserverò il nome. Inoltre il clipeo, colle guancze (Fig. 4 gc) che gli stanno accanto, forma una profonda insenatura, la quale si eleva internamente assai a guisa di argine molto alto e sottile, come si vede a figg. 4, 16, 27 (Ced) sul quale però prendono inserzione muscoli di poco rilievo ; io chiamo questa costola prominente Cresta del Clipeo. Nella fig. 4 si vedono le dette apofisi ambedue segnate come appa- riscono per trasparenza, ed ancora il punto dove I’ una si fonde coll’ altra. Sulle dette apofisi e su tutta la superticie interna del cranio si fissano muscoli motori delle parti boccali ete. Io non credo di poter procedere oltre nella descrizione degli or- gani compresi nella testa se non dico prima’ di quelli della bocca, mentre credo superfluo parlare delle antenne, almeno qui. APPARATO BOCCALE L’apparato boccale è masticatore così bene come quello dei veri ortotteri, ma presenta però particolarità singolari. TRICHOPSOCUS DALII 133 Il labbro superiore (Figg. 4, 5, 27 Ls) il quale viene a trovarsi ‘riunito al clipeo mercè la consueta stretta membrana, che gli permette ‘un modesto movimento dall’ innanzi all'indietro e viceversa, è nella nostra specie di dimensioni assai rilevanti, inquantochè non soltanto igiunge all’ orifizio boccale, ma ancora in parte sopra questo si inflette, essendo esso alquanto concavo a cucchiaio nella sua faccia interna, di «guisa che sembra poter coprire tutta la bocca. La forma sua è decisamente rettangolare in quanto chè 1’ orlo ‘suo superiore, a confine col clipeo è rettilineo, ed egualmente rettilinei ‘e paralleli fra loro sono i suoi margini laterali ed infine 1’ orlo inferiore “si mostra assai debolmente arcuato, cioè convesso all’esterno. Quest’orlo, ‘a dire il vero, sembra appena marcato da due incisioni, che lo rendono leggermente trilobo. Ora, mentre la faccia superiore di questo labbro, la quale si mostra come abbiamo avvertito, leggermente convessa, è ‘d’ altro canto levigata e senza accidentalità di sorta, l’ orlo apicale in- vece e la faccia interna, che guardano la bocca, presentano asperità, ri- ‘lievi, ete. degni di considerazione (Fig. 27). Infatti, l’ orlo mostra internamente due spessimenti chitinosi e ‘tubercoliformi, uno in ciasenna di quelle modeste incisioni, che abbiamo avvertito sull’ orlo stesso. Inoltre la parte dell’ orlo compresa tra le due suddette incisioni ‘reca tre piccole papillette che sembrano bulbi di peli, nelle quali io però non ho veduto giammai peli di sorta, mentre su due papillette ‘più esterne a queste tre ora menzionate e loro affatto identiche, stanno rrealmente piantati due cortissimi peli. La pelle interna del detto labbro superiore è molle più che 1’ e. ‘sterna e si eleva nella linea mediana abbastanza a forma di costola, ‘sulla quale specialmente è piantato un gran numero di peli fittissimi, molto brevi ed alquanto stiliformi, i quali sono tutti diretti all’indietro, ‘cioè verso il retrobocca. Così fatte appendici crescono notevolmente di numero ed alquanto ancora di dimensioni nella regione palatina ed ‘da ritenersi che facciano parte di un organo del senso, probabilmente, del gusto, inquantochè si connettono con la speci ciale modificazione ‘ dell’ipoderma, della quale si potrà dire più tardi. Mandibole. Circa alle mandibole figg. 4, 5(Md) io non trovo, per ‘verità, che vi sia cosa notevole, con tutto ciò dirò che questi organi sono foggiati, come di consueto, a piramide le cui basi si vedono corrispondere ‘all’ inserzione, e quivi le mandibole portano i due capi di articolazione ‘in forma di condili, dei quali !’ anteriore viene a trovarsi all’ angolo ‘più alto del labbro superiore e l’altro capo articolare, collocato DA 1394 ©. RIBAGA più posteriormente, viene a trovarsi all’ angolo inferiore dell’ occipite. Fra questi due condili, |’ orlo superiore artivolare della mandi- bola è rettilineo. La faccia esterna della piramide, che rappresenta la mandibola, non è piana, bensì a nel suo mezzo. Quanto allo spigolo interno, esso è particolarmente foggiato, perchè reca i denti, cioè la metà apicale è molto tagliente e divisa in due dentellature, delle quali l’ estrema è più lunga ed acuta, che non la subapicale e la metà basilare dell’ orlo è rilevata in una specie di tu- bercolo, che porta il grande dente molare molto robusto, la cui super- ficie molare (fig. 27 74) è tutt’ armata di un gran numero di dentelli piccoli, ma acuti, che sono disposti secondo serie trasverse, le quali in numero di circa dieci, danno un singolare aspetto striato alla faccia inolare che è ovale. Le mandibole non sporgono affatto oltre il labbro superiore e sono appena più lunghe delle mascelle. Mascelle, (Tav. I, Figg. 2, 3, 4, 5, 6, 7). Confrontando le mascelle di questi Psocidi, con quelle degli Ortotteri veri, si appalesa subito una notevole differenza quanto alla fabrica, specialmente della branca tra- sversa, la quale perde nei Psocidi affatto la sua indipendenza ed an- che la natura sua di un pezzo chitinoso articolato all’ occipite, poichè qui invece, nei Psocidi, è duopo riferire alla branca lransversa un’ estesa membrana, che continua l’ occipite facendo arco sul labbro inferiore. A questa membrana sono attaccati tutti gli altri pezzi della mascella e questo nei suoi margini laterali, dove viene ad inserirsi la branca i discendente della mascella stessa. Nell’ orlo inferiore poi della stessa membrana, rappresentante i insieme confusi |’ occipite e la suddetta bran- ca transversa, viene ad articolare ancora su una linea diritta, affatto io il labbro inferiore col suo corpo. emo un’altra diversità degna di nota relativa all’ inserzione della galea. Quanto alla dranca discendente (Figg. 6, 7 Md) si deve nota- re, che essa nel suo insieme forma un corto pezzo tronco, alquanto | più largo alla base che all’ apice, il quale in tutte le sue faccie è pro- tetto da un integumento duro e nella faccia esterna anche più resi- stente, che nell’ interna. Intanto questa branca può essere distinta in più parti. Primieramecte ai lati, dietro le guancie, si trova una squama chi- tinosa, di modeste dimensioni, pressa poco rettangolare od ovale, divisa in due parti da un solco longitudinale, visibile specialmente dal di dietro ed i due pezzi insieme vengono a formare quella squametta TRICHOPSOCUS DALII 135. che il Berlese, nell’ Anatomia del Grillo, chiama Pezzo palpifero (Fig. 8; 6h Veramente delle due parti della pr che si sono ricordate, quella esterna (Fig. 2) recante direttamente il palpo (P4), dovrebbe essere si tg piuttosto come parte integrante del pa/po stesso, anzichè come pezzo pertinente alla branca discendente, anche perchè racchiude muscoli es tr motori del seguente articolo dei palpi e con ciò i palpi stessi verrebbero ad essere formati di cinque articoli anzichè di quattro, come è detto dagli autori che particolarmente si sono occu- pati della speciografia dei Psocidi (1). Ma giacchè questo ultimo è |’ uso ormai invalso, così continuerò io pure ad ascrivere quattro soli articoli a questi palpi e saranno quelli affatto distinti dal resto della mascella come si dirà subito. Tutto il rimanente del corpo della branca discendente articola in- tanto nei suoi movimenti laterali mercè un’articolazione a ginglimo Fig. 2 «), situata alla radice del palpo e quindi di fianco e trasversal- mente e perciò può essere addotta mercè un muscolo speciale, che in- dicheremo più tardi, penetrando abbastanza nella cavità della bocca contro la mascella opposta e può esserne quindi scostata, sebbene per quest citano movimento non sembrino esistere muscoli. Del resto i movimenti stessi sembrano molto limitati. Le lamine chitinose, le quali svn il corpo della branca discendente sono, all’ apice libero, ispessite ed acquistano quivi, col maggiore spessore, una tinta assai più bruna così terminando troncate od in prominenze dentiformi. Inoltre vi ha qualche costola in forma di fascia, agita di chitina più spessa e quindi più bruna e queste costole (Fig. 2 c) per- corrono longitadinalmente |’ involucro chitinoso della branca discen-. dente, come particolarmente visibile è quella fascia, che decorre lungo la faccia anteriore del pezzo stesso e che si prolanga anche fin quasi all’ apice del corpo della mascella. Dirò inoltre, che le lamine chitinose anteriore e posteriore sono profondamente scavate ad arco concavo verso il basso e così nella faccia posteriore, tra questa concavità della lamina posteriore e I’ orlo inferiore della branca transversa della ma- scella, resta compreso uno spazio vuoto in forma di mezzo cerchio, attraverso il quale passa e protrude 7 apofisi sHiforme della PAGICAAa (lim) di cui si dirà tosto. All’ apice libero della branca discendente vengono ad innestarsi na Nei sica Dei A Aaron e Peocatropo: Ritaga i i palpi pani un articolo di pi ù, che dea altri Psocid 196 C. RIBAGA delle parti, le quali sarà duopo tentare di ricondurre ai pezzi tipici degli ortotteri veri, per quanto questo sarà pit difficile in causa delle notevoli modificazioni che i pezzi stessi hanno subito. Così, richiamandoci al Gry2us campestris, secondo la descrizione del Berlese, la branca discendente della mascella porta due appendici, ovverosia la galea ed il lobo mascellare, che corrispondono al lobo in- terno ed al lobo esterno degli altri autori. Ora, per comprendere la ragione della presenza di una parte, che sembra non trovare riscontro negli ortotteri veri è duopo tener presente il fatto, che in questi Pso- cidi, essendosi il lobo interno reso indipendente dal corpo della ma- scella, pur mantenendosi al lato interno della mascella stessa, ed essen- do il lobo esterno rimasto squamiforme ad occupare solo la parte apicale esterna della mascella, ne viene di conseguenza, che |’ apice interno deve forzatamente essere occupato da un pezzo di chiusura, che non trova riscontro negli ortotteri veri, dove l’apice del corpo della mascella reca i due lobi nella loro origine a contatto fra di loro e che occupano colla base esattamente il vano circoscritto dall’ invo- lucro chitinoso del corpo della mascella. Adunque nei Psocidi si tro- veranno bensì i due lobi interno ed esterno, ma ancora una membra- nella, che chiuderà | apice del corpo della mascella, distendendosi sull’ orlo dell'involucro chitinoso, che ne limita le pareti, Questa membranella (Fig. 2 722) è turgida a guisa di guancia- letto, trasparente, e molto esile ed inoltre ornata da serie lineari sinuose di minutissimi peli molto avvicinati fra di loro, brevi, che hanno la stessa apparenza delle consimili serie, che si trovano nel palato ed al- trove nella bocca degli stessi animali. Questo cuscinetto terminale non trova adunque parti corrispondenti negli ortotteri veri. Quanto ai due lobi, dirò che quello esterno, il quale è anche più difficile a vedersi, è difformato in una squama chitinosa, avvolta pressochè a cucchiaio, larga e quasi semicircolare, che, partendo dalla faccia esteriore della branca discendente, raggiunge il suo apice e sotto questo-si inflette, adagian- dosi sul cuscinetto carnoso sopraricordato, certamente a proteggerlo. 0 potuto constatare, che questo lobo esterno varia in dimensioni assai a pre delle specie ed in talune è anche assai ridotto, mentre in quella di cui ci occupiamo di presente esso raggiunge un notevole sviluppo. La apofisi stiliforme (tim) di cui si è tentato în precedenza di dare il significato mortologico, riesce intanto un pezzo abbastanza in- dipendente della mascella, poichè non si vede altrimenti articolato con questo organo. La detta appendice è un pezzo chitinoso, cilindrico, tubuliforme else dira dia dii arc api did ite ie rie inni TRICHOPSOCUS DALII br nella sua metà estrema libera, invece aperto a doccia nella sua metà basilare, che è poi quella che rimane ordinariamente nascosta sotto la branca transversa. ’ apice interno tinisce acuto e non sorpassa il limite superiore della branca transversa e quivi si attaccano i muscoli, che servono a protrarre il pezzo. Infatti 1’ appendice stessa sporge în parte dalla faccia posteriore della mascella ; l'apice libero termina troncato e con den- telli in varro numero ; della configurazione numero e disposizione dei quali, tien conto il sistematico. | palpo mascellare (Pa), lungo più che le mascelle stesse di almeno quanto è il suo estremo articolo, si vede essere filiforme, assai leggermente clavato e composto di quattro articoli dei quali il primo è il più corto e }' estremo il più Inngo, essendo di dimensioni mediane i due intermedi. Labbro inferiore. (Tav. I Figg. 3, 4, 5, 6, 7,8, 10 Tav. IV, ig. 27, Tav. VI Fig. 38 Fig. 44). Anche nel labbro inferiore, specialmente per la deficienza dei palpi labiali nonche per altri caratteri molti, sì notano serie differenze tra i Psocidi e gli Ortotteri veri. Il supers organo è, nel suo com- plesso, rappresentato da una squama press’ a poco trapezoidale, che sporge al di sotto del complesso delle branche irasvevrse mascellari ed all'indietro si allarga alquanto per terminare più o meno troncata, o meglio arcuata, con convessità rivolta posteriormente dove reca i lobi. i autori in generale ritengono che i lobi esterni apicali rappre- sentino i palpi labbiali, ma per verità |’ ipotesi è discutibile inquanto- chè sembra realmente, che i palpi labiali facciano del tutto difetto, mentre nessuna seria differenza può essere rilevata fra i lobi labiali di questi Psocidi e quella per esempio degli ortotteri veri. Comunque sia, le parti di questo labbro inferiore sono primieramente il corpo del labbro (Li) (mancando i pezzi basilari poichè, come si è detto, il labbro stesso fuoriesce disotto alle branche apra della mascella) nonchè i lobr labiali, che si trovano sull’ orlo estre e sono quattro, due maggiori esterni (o) e due minori interni (to ), non soltanto più ad- dentro secondo la linea mediana, ma ancora collocati più innanzi degli altri, quindi meglio nell’ interno della bocca. Tutti questi quattro lobi sono però piccoli, pressoché cilindrici, però piti larghi all’ apice libero, che non alla base e sull’ apice roton- dati, quivi provvisti di epidermide più sottile e ricoperta da minutissi- mi peli molto fitti (Fig. 38). Tutto ciò si vede facilmente considerando il labbro inferiore sulla sua faccia esterna, corrispondente cioè all’ occi- F _ 158 C. RIBAGA pite ; ma nelle sue altre parti l'organo stesso è molto complesso e merita una descrizione più lunga. Primieramente devesi avvertire, che, secondo il consueto, alla faccia anteriore del labbro, cioè quella rivolta verso 1 interno della bocca viene a trovarsi la lingua (Figg. 4, 27, 44 Lg) la quale è rappresentata da un grosso lobo carnoso, press’ a poco emisferico. Però il labbro infe- riore è separato, per i due terzi inferiori circa, dalla lingua, mercè uno assai stretto spazio, compreso tra una faccia, pressochè De del labbro inferiore e la faccia posteriore della lingua, la quale non è piana, ma si eleva in due gibbosità, quasi carene longitudinali, così che nelle se- zioni transverse di tutto V apparato boccale si ha - questa ragione la parvenza d’ un orlo bilobo, ciò si vede a fig. Chiameremo carene posteriori della lingua (Pie. cri) questi ri- lievi e si vedrà, che essi sono rivestiti da una epidermide robusta, assai più che quella della faccia anteriore della linguetta stessa, ed inoltre solcati per lungo ciascuno da una stria profonda, lineare, strettissima, chitinosa, che chiamerò : Syria delle carene del labbro, ciò s: vede a Fig. 10 (St ‘), la quale figura mostra appunto in piano la faccia poste- riore della linguetta con le dette accidentalita. Nello spazio compreso fra la linguetta ed il corpo del labro viene a trovarsi intercalato un tubulo (Fig. 5 #s), che decorre verticalmente, tutto affatto in piano ed impari, di cui si dirà abbastanza più tardi e del quale si può intanto avvertire subîto, che rappresenta lo sbocco d’ un paio delle ghiandole salivali, quelle che meriteranno più special- mente la designazione di ghiandole sericipare Bisogna sn dire doi. giacchè siamo a a proposito del labbro inferiore, che Q tubulo di scarico viene ad aprirsi finalmente tra i lobi del labbro dna sulla sua faccia mediana, in una papilletta appena rilevata, che si vede a Fig. 38 in f e che potrà esser detta Filiera. La faccia interna poi, della linguetta presenta organi speciali, che io ricordo subito. Primieramente avverto, che la epidermide di questa faccia si mostra, specialmente più verso la regione palatina, tutta ricoperta di spinette simili a quelle, che si sono vedute già rive- stenti la interna epidermide del labbro superiore, ed anche qui corri- spondono ps. ‘un epitelio interno, con analoga conformazione ; tantochè non può essere escluso il sospetto, anche qui per questa faccia della linguetta, di un analogo ufficio sensorio. Molto singolare e forse speciale ai Psocidi, si vede essere un par- ticolare organo, che si dispone in parte sulla linguetta ed in parte sulla volta palatina e di cui l’ ufficio non è ben spa quando non Mi. a CARTA TRICHOPSOCUS DALII 159 fosse quello semplicemente di rinforzare tutta la volta palatina e man- tenerne la sua forma particolare, poichè può trovare riscontro in un pezzo chitinoso, il quale egualmente fortifica il palato anteriore e sta in rapporto strettissimo con la faringe. Quello che ha relazione colla linguetta, e di cui intendo dir qualche cosa ora, è un pezzo chitinoso che chiamerò Processo palatino-linguate il quale (Fig. 5, p/, Fig. 8) si compone di parti distinte, di cui una centrale mediana impari, che per ora diremo brevemente emisferica, può essere chiamata corpo (a) ed a questa parte si annettono delle appendici delle quali, due procedenti dagli angoli superiori del detto corpo, a guisa di fascie chitinose, se ne vanno nella regione palatina, ed una, impari, mediana, inferiore, parte dal centro del dettò corpo, si dirige in basso e poscia si biforca. Io chiamerò le prime Apofisi patatine (app), e la seconda Tubulo-. linguale (41). Ritornando al corpo del processo, di cui ho detto provvisoria- mente, cne ha una forma pressochè emisferica, si deve invece avvertire, che questo grosso pezzo chitinoso, veduto di faccia, si mostra press’ a poco trapezoidale, più largo al di sopra e più ristretto al di sotto; ma nella regione superiore esso mostra |’ orlo concavo, mentre nella re- gione inferiore |’ orlo stesso è convesso. Ora è da notarsi, che la parte inferiore allargata è decisamente scavata verso la linguetta su cui poggia, di guisa che, questa parte, può essere assomigliata ad una specie di scodella. Nelle sezioni trasverse si vede questo vano occupato da un tubulo piuttosto ampio, che forse corrisponde allo sbocco delle glandule sali- vali tubaliformi. Ad ogni modo è certo, che, appunto dal centro di questa scodella, prende origine un singolare filamento chitinoso, esilis- simo (Figg. 8, 10 7#/)il quale si vede tutto per lungo perforato, dimo- dochè si può giudicare si tratti di un vero e proprio tubulo, tutto di egual calibro; me, come ripeto esilissimo, assolutamente chitinoso e di color rosso stre tanto che spicca egregiamente sul rimanente fondo, che è chia Ora questo tubulo si dirige risolutamente in basse, penetra nella lingua e facendo alcune poche ondulazioni dall’ innanzi all’ indietro arriva unico fino a circa metà della linguetta stessa, da questo puntò poi si sdoppia, le due branche divergono e si recano quasi fino all’ a- pice della lingua, di dove fuoriescono dirigendosi verso la faccia po- steriore, per congiungersi alle a delle creste linguali, là dove esse strie prendono origine in lo dunque ho pen le osservazioni e vi ho usato una gran- dissima ee per ri riconoscere on > Lug di congiunzione di 140 C. RIBAGA «ciascuna branca del tubulo con la stria chitinosa della cresta, vi fosse ‘orifizio aleuno mediante il quale si potesse giudicare che il tubulo stesso così si apre alla faccia posteriore della linguetta, ma io non ho potuto riconoscere orifizio di sorta, bensì il tubulo stesso sembra ristrin- gersi e perduto il vacuo interno, che lo perfora, trastormarsi poi grada- tamente nella stria, tanto che ho dato posto al concetto, che tutto questo apparato or ora descritto serva a nulla più che a sostenere la linguetta od a conferirle una certa elasticità, mercè Ja quale essa sia ricondotta alla normale posizione dopo cessata l’ azione dei muscoli che la muovono. Faringe. (Tav. II, Fig. 16; Tav. IV Fig. 27, Tav. VI Fig. 44) La epidermide che deriva dalla faccia interna del labbro superio- ‘te, accostandosi a quella che proviene dall faccia anteriore della lingua, concorre alla formazione della volta palatina, la quale è tutta tappez- “zata di quelle speciali produzioni dermiche in forma di brevi spinette, che abbiamo appunto rammentato a proposito del labbro superiore ed altrove, ma la faringe reca un’ intima, con tutt’altro aspetto, inquan- tochè si tratta ormai di una Lisa a non diversa quindi dal- l’ intima di tutto il rimanente prointestin Continuerò a proposito della prede della faringe allorchè avrò occasione di parlare del tubo digerente, per ora mi limito a conside- rare i rapporti della faringe stessa con gli altri organi cefalici. Il rivestimento cuticolare pertinente alla faccia interna del labbro superiore forma, nella faccia mediana, e questa volta nell’ interno del labbro stesso, un forte rilievo chitinoso, impari, precisamente a guisa fo; insite molto stretto, ma molto elevato, che io chiamerò Cresta an- ringea. In corrispondenza di questa cresta si vede la faringe cn lina ma poi subito si restringe notevolmente assai più «di quello che sarà per essere fino all’ esofago. Dopo questa costrizione, la quale avviene nel ramo ascendente della faringe, questa si piega per ottenere la posizione orizzontale, che conserverà sempre di poi € subito si adagia al processo occipitale in mezzo alle cui branche è pas- «sata e così raggiunge il foro occipitale. MUSCOLI DEL CAPO Tav. I, Figg. 1, 2, 6, 7,9, Tav. II Figg. 15, 16, Tav. IV Fig. 27, ‘Tav. vi Fig. 44). Tutto il clipeo, il quale si mostra al di fuori striato, con strie -disposte obliquamente sulle sue due metà laterali, esaminato all’ inter- no mostra che queste strie corrispondono precisamente ad altrettanti fasci muscolari, i quali nel loro complesso formano un assai robusto muscolo conico, come è segnato nelle figure 15, 16, 27, 44 in a. Questo TRICHOPSOCUS DALII 141 grande muscolo, che riempie tutto il clipeo, si assottiglia finalmente in’ un tendine esso pure molto robusto, che si reca a quella cresta ante- riore faringea, che di sopra s'è ricordata. Ora questo muscolo non trova affatto riscontro negli ortotteri veri, poichè in questi la faringe ha muscoli debolissimi ed assai tenuì, come il Berlese ha dimostrato a proposito del Grylus campestris. Se si voglia trovar riscontro in altri insetti, i quali mostrino così valido il dilattatore della faringe è necessario far capo principalmente ai succiatori, ma in questi ultimi si comprende che un muscolo tanto potente sia necessario per ottenere una notevole dilatazione della faringe stessa per praticare quel vuoto, che richiami gagliardamente gli umori da esaurirsi; ma in questi insetti masticatori, quando non si voglia am- mettere che all'occorrenza sappiano e possano nutrirsi ancora largamente di liquidi, non è facile spiegare altrimanti la ragione di questa particolar disposizione, tanto più che molti altri muscoli si vedranno intesi al me- desimo scopo. Questo potente muscolo Jo chiamerò il eran ditatatore della faringe. Infatti a sollevare e dilatare la faringe troviamo ancora un piccolo sollevatore (stesse figure 4.) il quale è composto di due tibre e si os- serva in ciascun lato della linea mediana, a questa però molto accosto. Esso si inserisce al vertice, appena al di sopra del grande solco tran- sverso, che separa il vertice stesso dal clipeo. Un terzo muscoletto, che sarà bene chiamare il piccolo dilatatore della faringe sì vede disposto (Figg. 15, 27, 44 Db) tutto affatto nella regione mediana, a) di sotto di quel grande che occupa il clipeo, ed esso pure si inserisce in questo, quasi al confine col labbro superiore : 6 composto d’ uno o due fasci di fibre del resto molto gracili e si at- tacca alla faringe precisamente all’ origine della sua cresta anteriore, al di sotto del robusto tendine pertinente al grande dilatatore sopra descritto. I dilatatori posteriori della faringe, i quali si trovano comuni negli insetti, sono anche qui rappresentati da piccoli fascetti, i quali: sono inseriti a regolari distanze 1’ uno dall’ altro lungo la linea mediana al dorso sulla faringe stessa, subito dopo il ganglio sopraesofageo. Io scorgo tre di queste fibre, che sono segnate nelle figure 15, 16, 27,. 44 in g. Esse si recano, dirigendosi molto obliquamente all’ tun ed 142 i C. RIBAGA serito all’ angolo anteriore della faringe al di sopra della retrobocca, precisamente nella linea mediana e questo dirigendosi obliquamente, va ad inserirsi a quella cresta laterale e rilevata (fig. 27 Ccz) la quale segna il confine, fra il clipeo ed i parietali. A questo piccolo musco'etto si oppone un retrattore della farin- ge (Fig. 27 rf) inserito alla faccia inferiore del processo occipitale, precisamente nel punto ove questo passa sotto la faringe e di là corre ad inserirsi alla faringe stessa, nella faccia posteriore del suo ramo perpendicolare, immediatamente al di sopra della retrobocca. Muscoli motori del labbro superiore. Il labbro superiore ha tre piccoli re/rattorio sollevatori che si voglia dire, molto gracili, in ab- pts ada lunghi, i quali sono composti di due fasci (fig. 1, 15, 27, 44 "ig. 16, 27 2), che si inseriscono al frontale, immediatamente i di he del clipeo e vanno ad attaccarsi, il cotrale all’ orlo superiore del labbro nella sna linea mediana ed i laterali ai lati di questa. La mem- brana interna del labbro superiore reca un tubercolo chitineo interno al quale si attacca nn brevissimo muscoletto, che traversa lo spessore del labbro superiore, nella faccia interna del quale si inserisce (fig. 27 7) e la sua contrazione deve avere per effetto la dilatazione della cavità boccale. Muscoli motori delle mandibole. L’ ordinario robusto - Grassa fore delle mandibole (tig. 15, 16, 27 4), forse composto di più mu- scoli, che nell’ insieme formano una massa conica. robustissima è in- serito all'angolo superiore della nuca e si attacca all’ angolo interno della base delle mandibole. L’abduttore è un gracile muscolo bipennato, inserito alle guancie ed attaccato allo spigolo esterno, della base delle mandibole. rita d’ esser ricordato un muscolo singolare, al quale sarà bene. di dare il nome di Aaa che inserito all’ interno della faccia anteriore della mandibola si reca verso il centro della bocca e si attacca ai lati della faringe, appena più in là della retrobocca. ki- tengo che serva esclusivamente alla dilatazione della faringe. Muscoli motori delle mascelle. Quanto a questi muscoli in or- gani così minuti non sono certo di averli tutti rinvenuti ; ma però ne ho osservato parecchi fra i più vistosi, che enumero ripetendo la stessa avvertenza per quel riguarda i muscoli del labbro inferiore. Primieramente è bene visibile una grossa fascia muscolare trasver- ale (Fig. 2, 7), la quale occupa tutta la branca trasversa della ma- scella e che, inserita all’ occipite, nella regione di questo pezzo, che si comprende fra l’ inserzione delle branche trasverse, decorre orizzontal- TRICHOPSOCUS DALIL 143 mente e si inserisce su tutta la superficie della prima parte del pezzo palpifero, quella cioè che non porta direttamente 11 palpo. Cotale robusto muscolo 6 un potente addutfore della mascella. Un secondo muscolo con analogo effetto (4°42°) e desso pure vi- goroso, sta avanti il precedente verso il centro della testa; si attacca all’ angolo esteriore e superiore della branca discendente, immediata- mente sotto all’ inserzione cel palpo e, quanto al suo luogo d’ inserzione, mi dover ritenere che esso sia all’ origine della forca del processo occipitale interno. i sono poi tre muscoli i quali si attaccano all’ estrema punta interna di quello speciale processo mascellare che chiamammo apofisi della mascella: ma questi tre muscoli evidentemente sono intesi a produrre la, detta apofisi, mentre a ricondurla in posto, cioè a retrarla, parmi che un solo muscoletto sia inteso, di cui però vedo il punto d’attacco (Fig. 2 rap), ma non quello d’i inserzione. Quanto ai profrattori sono tre: Uno largo e breve (Fig. 6 pap), inserito all’ orlo anteriore basilare del vero pezzo palpifero e questo è il pit breve e si attacca all’ anofisi mascellare, alquanto sotto alla sua estrema punta. Gli altri due sono muscoli gracili, dei quali uno, .che potrebbe essere chiamato il gracz/e protrattore (gp) si inserisce all’ e- stremo apice interno dell’ apofisi mascellare e si attacca con un sottile tendine all’ estremo orlo inferiore interno del pezzo palpifero. Final- mente il terzo muscolo, più lungo del precedente e più robusto, attac- cato all’ apice interno ed a a parte dell’ orlo estremo interno della sud- detta apofisi va ad inserirsi alla parte esterna del corpo della mascella verticale, molto sotto all’ inserzione del palpo (/p). Quanto al refrat- lore dell’'apofisi mascellare (Fig. 2 rap), io veggo un muscolo attac- cato all’ apofisi stessa, nella sua faccia esteriore nel punto dove questa diventa esterna e si dirige verso 1’ alto e verso |’ interno della testa; ma non posso afferrare il suo punto d’ inserzione. nfine noto un piccolo e gracile muscoletto nel lobo apicale della mascella, che deve servire certamente a retrarre alquanto il lobo stesso (Fig. 6 #0). Muscoli motori del palpo. Il vero pezzo palpifero è immobile; ma contiene i muscoli motori del primo articolo dei palpi, cioè alcuni muscoli grossetti, inseriti alla faccia posteriore del pezzo palpifero ed attaccati all’ orlo posteriore basilare del primo articolo del palpo. Questi muscoli servono senza dubbio a muovere il palpo dall’ innanzi all’ in-. dietro (Fig. 2, mp). Dall’ orlo anteriore basilare del vero pezzo pui pia procedono tre muscoletti, di cui quello superiore più breve va ad attaccarsi al- 144 U. RIBAGA l’ orlo superiore basilare del primo articolo e serve a scostare il palpo dalla linea mediana ; quindi esso è un vero abdullore del palpo (Fig. 6 abp'). AI’ ufficio cage serve certamente il più interno fascio dei muscoli precedenti Degli altri dua muscoli gracili, che hanno inserzione sulla stessa cresta dell’ abduttore, 1’ uno, il superiore (a0p? ) va ad inserirsi nel mezzo dell’ orlo esterno basilare del secondo segmento, quindi esso è un abdutlore del secondo articolo, \’ altro al punto di mezzo opposto dell’ orlo stesso e questo quindi è un addutfore del secondo segmento, con effetto quindi contrario del precedente (dp). Noto finalmente un lunghissimo muscolo, filiforme (Zad), il quale percorre tutta la lunghezza del secondo e terzo segmento e difatti si. inserisce alla base del secondo segmento sulla sua faccia esterna presso l’ orlo e va ad attaccarsi all’ interno dell’ orlo basilare dell’ ultimo seg- mento ; questo muscolo adunque è un addutltore comune dei due segmenti del palpo. {o non vedo muscoli però intesi alla funzione op- posta, che del resto io credo possa avvenire per elasticità. Muscoli del labbro inferiore. Quanto al labbro inferiore, nelle se zioni appaiono parecchi piccoli muscoli, ma questi si incrociano in più sensi ed -è quindi difficile il riconoscerne i rapporti. Certamente io veggo nelle sezioni piane un gracile muscolo, il quale si inserisce al corpo del labbro nel suo orlo anteriore e si reca all’ insù verso il centro della testa per inserirsi probabilmente ad una branca del pezzo occi- pitale rt questo può essere un so/levatore del labbro re "attacco di questo muscolo prende inserzione un secondo | fascio di fibre il quale percorre affatto diagonalmente tutta la metà del corpo del labbro, dall’ interno all’ esterno e dall’ alto al basso e va ad inserirsi al lobo esteriore nella sua base lungo | orlo esteriore; esso è dunque un abduttore del lobo. fo veggo inoltre un terzo muscoletto gracile che traversa il corpo del labbro, parallelamente al suo orlo inferiore, inserito nei pressi della linea mediana e che sembra vada ad attaccarsi D orlo esterno dello stesso corpo ; ma non comprendo con quale uffici Parecchi altri muscoletti si trovano bi in questa regione, ma, come ripeto, non ho potuto esattamente rilevarne i rapporti. ANTENNE Fig. 1 Fig. 9. — Le antenne di questo Psocide, che sono in- serite in una fossetta, che sta avanti gli occhi, fra il vertice ed il clipeo, sono filiformi, di tredici articoli cilindrici ‘eccetto I ultimo, il quale, verso la metà circa, si restringe, terminando con una pe di be TRICHOPSOCUS DALIE 145 nuovo cilindrica, d’ una larghezza della metà minore della prima parte dell’ articolo stesso, ed è arrotondato all’ apice. primi due articoli sono brevi e molto larghi, sis tanto larghi che lunghi, specialmente il primo. Il secondo all’ apice è in- cavato. A questi due articoli, che si chiamano articoli pot, se- gue il terzo articolo, il quale è notevolmente più stretto, meno ancora della metà, ed invece è il più lungo essendo circa tre volte più lungo dei due articoli basali presi insieme. Il quarto è circa la metà del terzo, ed i seguenti, man mano che si va verso |’ apice, sono sempre più brevi dei precedenti, fino che sì arriva agli ultimi, i quali sono press’ a poco della lunghezza di quelli basali. Il ‘complesso degli articoli delle an- tenne susseguenti ai basali vien chiamato /wmnicodo. Tutti gli articoli portano dei peli 0 setole più o meno lunghi e più o meno fitti, secondo le diverse specie ed il sesso. Sugli arti- coli basali, nella specie di cui ora si tratta, i peli sono più brevi, circa la metà che quegli sugli altri articoli e forse un poco più fitti. Tutti i peli sono piautati su di un tubercoletto. e antenne sono provviste di diversi muscoletti, che servono a ni in tutti i sensi. Nel mentre non mi fu possibile trovarne molti, che pur vi devono essere, che piantati nella testa si inseriscano negli articoli basilari, diversi ne trovai in questi; e viceversa non ne rinvenni punti negli articoli del funicolo. Nella fig. 1 sono segnati in 44, ed 4% due muscoletti abbastanza tubusti, brevi, conici, che si attaccano su una lista chitinosa del clipeo e si inseriscono, uno per parte, alla base del primo articolo basilare e che devono essere un addultore ed un abduttore del basila; La figura 9 mostra diversi muscoli intenti a muoyere il secondo articolo basale ed il funicolo. i Tali sono : un robusto muscolo conico (abs), che attaccato alla base interna del primo segmento basale traversa questo per tu ita la sua lunghezza e va ad inserirsi alla base interna del secondo ed è un abauttore del II articolo. Si vedono ancora due muscoli gracili, attaccati alla base esterna del primo ed inseriti alla base esterna del secondo articolo e che, con- traendosi, devono avvicinare |’ antenna al corpo e quindi sono addutto- ri del II articolo (as). i Vi sono ancora due paia di muscoli, decorrenti in opposte. dire-. zioni, che sono attaccati sulla metà inferiore delle pareti del primo basilare e si inseriscono, dopo aver attraversato obliquamente questo segmento, uno alla base superiore ed uno all inferiore del secondo ar ticolo. e saranno votatori del II sonate (a > ; si 146. ©. RIBAGA. Sul primo terzo inferiore della parete interna del secondo seg- mento si attaccano due muscoli, dei quali uno abbastanza robusto si inserisce alla base interna del terzo segmento e sarà un abdutfore del funicolo (abdf) e l altro si inserisce all’ orlo inferiore del medesimo articolo e sarà un rotatore del funicolo (r° ). Alla base interna del secondo articolo si attaceca un altro musco- lo che, attraversato obliquamente il segmento, va ad inserirsi alla base esterna del terzo segmento, ove pure concorre un altro muscolo robusto, attaccato alla base esterna del secondo articolo. Questi due muscoli sono adduttori del funicolo (af). TORACE PARTE TEGUMENTALE (Tav. II, Fig. 11, 12, 13, 17) Il torace dei Psocidi si unisce alla testa per mezzo d’una parte abbastanza sottile, molle, breve, che è il coZ/o. (1) Il torace può essere diviso, come negli altri insetti, in tre parti principali bene distinte fra di loro, almeno nella specie di cui qui si parla in modo particolare. Il Protorace (Fig. 13 17 Pr.) è molto breve, della larghezza del collo, del quale è la continuazione e difticilmente tibi le dal di sopra, foetiaida nascosto dai lobi sporgenti dal mesonoto, di cui diremo più 0) Il protorace superiormente è protetto da un pezzo chitinoso breve, largo, rilevato trasversalmente e che, seguendo la classificazione di Amans (2), chiamerò Anfedorsum (Figg. 13; 17 (Ad). A questo pezzo si attacca, in ciascun lato del protorace, un altro pezzo allungato e della larghezza dell’ Antedorsum e che, poco sotto il mezzo del collo, si allarga leggermente cacciando delle appendici, di cui una almeno determina |’ articolazione superiore dell’ anca del primo paio, ed un’ altra si allunga notevolmente all’ indietro, sporgendo fra i pezzi del mesotorace (P2). Questo pezzo. corrisponde alla Pleura degli altri insetti. ra le anche del primo paio vi dovrebbe essere il Prosterno, ma è così ridotto, che ben difficilmente si può rilevare. ) Le figure 22, 23, 25, 26, 27, 33 44 danno un’ idea inesatta della lun- su ‘dell fica poichè ivi, in seguito alle diverse manipolazioni per la fis- sazione etc. degli esemplari da tagliarsi al microtomo, questa parte venne allungata di molto, la sa vera del collo, colle altre parti vicine si vede. dalle fig. 13 e (2) Essai sur ca vol des Insectes. « Revue Sc, Nat. » T. 2, Fig 8. Mont pellier, 1888, dicem TRICHOPSOCUS DALII 147 Al protorace segue il Mesotorace (Msf., fig. 11) il quale è molto più sviluppato del protorace e dà, assieme col Metatorace a tutti i Psocidi alati un aspetto gibboso. Esso, ancora al confine col protorace, si allarga, raggiungendo una misura eguale quasi o quella della testa cogli occhi. Così pure al me- desimo posto si rialza tutto ad un tratto notevolmente, portandosi nel medesimo tempo in avanti (Fig. 17 a ciò viene, che se si guarda un Psocide dal disopra, non si scorge nè il protorace, nè il collo, ed il mesotorace sembrerebbe attac- cato al capo. mesotorace è costituito da molti pezzi chitinosi più o meno bene distinti fra di loro. Nella parte superiore o Mesonoto si vedono quattro grandi lobi, situati in forma di croce, che si chiamano dai siste- matici Lobi del Mesonoto. Uno di questi, |’ anteriore, che alcuni autori chiamerebbero Prescuto, visto dall’ alto (Fig. 13), ha una forma trian- golare, che si protende col vertice fra gli altri due lobi. La base inve- ce del triangolo piega all’ ingiù ed all)’ indietro, costituendo così la faccia anteriore di quella gobba a cui sì accennò prima e quindi si congiunge col protorace. Questo lobo costituisce l Ax/e4d0rs72 del Me- sotorace (Ad? ). Gli altri due /ob? Zaterali, che con alcuni antori si po- trebbero chiamare anche Mesoscuto, e clie io invece chiamo Dorswzni (D? ), tanto visti dal di sopra, che di fianco, hanno una forma quadran- golare, si toccano nel mezzo fra di loro ed ai lati del dorso piegano all’ ingiù per terminare all’ inserzione delle ali anteriori. Nella parte superiore del Mesotorace, oltre i tre pezzi ora descritti ve ne è un quarto più piccolo, il Postdorsum (Pd? ), il quale è situato nella parte mediana del dorso. Questo pezzo è più o meno arcuato in sul di dietro, ove termina, piegando all’ ingiù ed in avanti, in un’ appendice sollevata, che sì vede bene di fianco specialmente nelle sezioni longitudinali (Fig. 27). In sul davanti il Postorsum sì caccia fra i lobi del Mesonoto ed ai lati manda due processi. In continuazione dei pezzi ora descritti, vediamo, sui fianchi (Pleurae) del Mesotorace, anzi tutto un pezzo grande, che sta sotto al- l'inserzione dell’ ala anteriore e che dà una lista chitinea longitudinale, che va proprio dall’ inserzione dell’ ala all’ inserzione dell’ anca del secon- do paio di zampe, è diviso in due parti, una anteriore maggiore Anf7- pleura (Ap?) ed una posteriore allungata, che chiamasi Postpleura (Pp?). L’ Antipleura è divisa in due parti, da una striscia trasversale, di cui una superiore ed una inferiore, che si prolunga verso la parte sternale del torace e che posteriormente è limitata da un arco, entro dl cale gira ! anca del II° paio di zampe (a? ). # 148 C. RIBAGA Fra i pezzi ora descritti ed il Metatorace, nella parte pleurale, osservasi un pezzo irregolare, allungato, che come vedremo penetra anche nell’ interno e che si scorge pure come una fascia trasversale anche nella parte dorsale fra i pezzi già desertti del Mesotorace ed il Metatorace e che chiamasi Mesofr'agina (Ms Nella parte inferiore abbiamo un pezzo chitinoso della larghezza. del torace, tagliato in due nella sezione mediana, leggermente convesso che è il Mesosterno. Questo separa bene le zampe del primo paio, da quelle del se. condo e si prolunga anche con un’ appendice strettissima fra le anche di questo. Sui lati è limitato obliquamente da un solco dell’ antipleura. Ora segué | ultima parte del torace, ossia il Metatorace (MI e fig. 12). Questo è delle medesime dimensioni e , della medesima fabrica del mesotorace, solo un po’ più breve e termina colla sua parete po- steriore la gobba già menzionata. Nella sua parte superiore o Me/fanoto risaltano due lobi laterali (Dos) (D? ), convessi, che si avvicinano quasi a toccarsi nella linea mediana e che poi si piegano sui fianchi. Sul davanti di questi vi è un pezzo impari, mediano, poco chiti- noso avvicinato al Postorsum del Mesonoto del quale è più piccolo e che ne è diviso, come abbiamo detto, dal Mesofragma, e che di dietro si protende un poco fra i lobi ora nominati. iuesto pezzo rappresenta |’ Arn/edorsum del Metatorace (Ad? ). Subito dietro a questi havvi un altro pezzo chitinoso eguale al Post- dorsum del Mesotorace, per cui credo inutile ripetere qui la descrizione. Al dorso poi il torace termina con un pezzo trasversale, breve che nce sio piega all’ ingiù, formando la parete posteriore che la gobba e Sagra si attacca all’ addome e che si chiama Me- aaa a (Mtf, Fig. 12). I lobi lac “del metanoto, come abbiamo detto, si piegano sui fianchi fino a raggiungere le inserzioni delle ali posteriori. Sotto a questi sta un pezzo analogo a quello descritto per la Pleura del Me- sotorace e simile a quello per la forma, il quale è pure diviso in due parti da una lista chitinosa, che va dall’ inserzione dell’ ala a quelia dell'anca del terzo paio di zampe (a? ) e che si chiamano, quella ante- riore Antfepleura (. Ap? ), e la posteriore Pos/pleura (Pp} 37 In questa antepleura però manca quella striscia trasversale che a mesotorace la divide in due. Sempre vedono l’animale di fianco, dietro alle pleure si vede un pezzo rettangolare obliquo Dee) e seguendolo sì vede essere un Pao del Metafragma.. TRICHOPSOCTS DALII 149 Nella parte sternale del Metatorace manca quel pezzo largo, chi- tinoso, così bene sviluppato nel mesotorace, per cui le zampe del terzo ‘paio sono approssimate a quelle del secondo. Solo nella parte mediana posteriore sì scorgono due pezzi chitinosi, formanti assieme un triangolo, colla base abbastanza larga e che protendono due appendici saldate fra «di loro e che si restringono man mano sempre più, fin quasi a sparire fra le anche posteriori. ENDOSCHELETRO DEL TORACE (Dar. Li, Fig. tb; 12 To. HL.-Fip. 2) Il Protorace, non contenendo che i muscoli che servono a muovere il capo e le zampe anteriori, mostra assai ridotto lo scheletro interno e difatti non si scorge che una modesta apofisi (Fig. 20 a) dentiforme, situata alle spalle anteriori, poco al disopra dell’ anca del I paio, e la quale dev’ essere SOTTO del resto, come un semplice rilievo inte- riore dell’ Antedors Maggiore pa nidritamio i processi claviformi (6), vuoti internamente, che procedono dal centro del petto, cioè dal punto dove le anche anteriori sono più vicine fra loro sulla linea molini; il quale punto appartiene allo sterno anteriore, del tutto ridotto. uesti processi claviformi sono due, uno in ciascun lato. disposti trasversalmente ed al disopra dell’ anca del I paio, alla quale sono molto prossimi ; li chiamerò processi prosternali. Nel Mesotorace è d’ uopo primieramente osservare, che la faccia si dell’ Antedorsum, la quale si inflette all’ ingiù ed all’ indie- tro, come si e detto, serve, al suo lato interno, per attacco ai poderosi i motori delle ali. Ma una larga lamina, esclusivamente pertinente all’ Endoscheletro, chiude la parte posteriore. È il Mesofragma (Fig. 11 Msf= a+). esofragma raggiunge, in questi Psocidi, uno sviluppo conside- revole, fisiche disposto affatto verticalmente, ocecupando tutta la lar- ghezza del torace, penetra così profondamente nel torace stesso, da giungere, coi suoi lobi laterali, non molto discosto dall’ anca del III paio. eduto di faccia, ad es. nelle sezioni trasverse, questo Mesofragma si mostra composto di tre parti distinte, delle quali, una impari me- «diana (0) obpiriforme, intercalata fra le due laterali (4) molto più estese ‘e che si protendono anche sui fianchi, in questi mostrandosi con quella porzione intercalata fra la Postpieura del Mesotorace e l’ Antepleura del Metatorace, che sopra si è ricordata (Fig. 17, 2/sf). Inoltre, l’ orlo in- «feriore del Mesoftagma non è diritto, ma anzi profondamente scavat 150 C. RIBAGA nel mezzo, poichè le sue ali laterali scendono molto più in basso che non la porzione impari mediana. uesta escavazione permette un più comodo passaggio agli organi interni, quali sono il tubo digerente, il sistema nervoso, le ghiandole salivari. Il complesso di queste tre parti del Mesofragma costituisce ana lamina pressochè pianeggiante e isa in un piano perpendicolare alla 2, dorsale ed agli stern Cos orace è l Srofnaiionio diviso in due parti, cioè il Meso- torace ed il Metatorace, in forza del Mesotragma, per quanto le due parti stesse sieno strettamente addossate l’ una all’ altra. Il Mesosterno, che di tutte le lamine ventrali è il più sviluppato, manda all’ interno due processi claviformi, ventrali, simili a quelli già veduti nel protorace, vuoti essi pure e disposti poco innanzi ed al di sopra delle anche del II paio ; sieno questi i process? mesosternali Nel Metatorace è d’ uopo osservare che |’ Antedorsum, come le parti anteriori del Dorsum, si inflettono repentinamente, componendo una lamina “asini ge de faccia dorsale e che si addossa al Mesofragma, la quale lamina, pert e allo ta Soeri dà attacco ai poderosi muscoli indiretti se S Ile ali poste Anche la faccia posteriore del Meta ini è occupata da una larga lamina perpendicolare, che rappresenta il Metafragma, la quale non è certamente così alta come si è visto il Mesofragma, nè divisa in tre parti, nè incisa inferiormente nel suo mezzo, ma si mostra rettangolare con un solco longitudinale mediano, tagliato in linea retta nel suo orlo inferiore e poco alta nel senso perpendicolare (Fig. 12 M7 Quanto al Multi: esso pure manda due processi metasternati affatto analoghi ai corrispondenti delle parti del torace antecedentemente vedute. MUSCOLI DEL TORACE (Tav. II, Fig. 14. Tav. III Fig. 20, 22) Protorace. Ho già accennato che i muscoli i quali si tro- vano nel protorace, si limitano ai motori delle zampe del primo paio @ del capo, quindi essi sono in piccolo numero e di dimensioni modeste. In generale può esser detto che quei fasci muscolari i quali muo- vono il capo, sono gracili e diretti in senso longitudinale. I sollevatori si vedono inseriti alla faccia superiore del protorace ed attaccati all’ occi- pite, pi inferiori sa tutt’ affatto ventrali, procedono dall’ estremo apice libero dei processi prosternali e si recano all’ occipite, nel suo orlo in- fin, ovvero sia all’ origine del pezzo occipitale del processo interno. 4 TRICHOPSOCUS DALII 151 La Fig. 14 a mostra poi anche muscoli obliqui ventrali, che si inero- ciano ad .X sotto la commessura del ganglio sottoesofageo col ganglio del protorace e questi sono rotatori del capo. Non escludo però, per quanto non mì sieno caduti sott’ occhio, che vi sieno ancora dei rotatori dorsali, ma certo devono essere molto tenui. Quasi tutto il rimanente degli altri muscoli che si trovano nel corpo del protorace sono motori delle anche, o del troncatere dei primo paio. Infatti in una sezione trasversa apparisce un breve ma robusto abduttore dell'anca, che inserito alla spalla del pronoto si reca all’ orlo esteriore basilare dell’ anca stessa, ed è breve ma robusto (Fig. 20 d.); inoltre due fascie muscolari, inserite sul pronoto, più accosto alla linea mediana. vanno a metà dell’ orlo anteriore, dall’ indietro all’innanzi, e quindi possono essere dette profraltor: dell'anca (c). Ma i più vistosi fasci muscolari sono quelli che vanno al tronca- tere e che inseriti sui fianchi del prototorace, immediatamente al di- sopra dell’ anca, penetrano in questa ed essendo molto robusti, raggiun- gono il trocatere ; però l’ uno, il più interno (e) si attacca all’ orlo in- terno del trocantere stesso, l’ altro, quasi addossato alla parete esteriore dell’ anca (f), si attacca all’ orle esterno del troncantere. Il primo adun- que è un adduttore del trocantere, il secondo un abduttore ed am- bedue meriteranno |’ appellativo di grandi, per distinguerli dai piccoti, che hanno lo stesso ufficio, ma sono molto più corti e dei quali dirò tosto. i Entrando a parlare particolarmente dei muscoli propri ai singoli segmenti della zampa ed a questi soltanto inseriti ed attaccati, avverto, che le stesse cose, le quali riferisco per le zampe del primo paio, valgono anche per quelle delle altre paia e corrispondono a ciò che si vede ne- gli altri insetti in generale. Ricordo primieramente due piccoli motor: del trocantere. Questi sono composti di pochi fasci, inseriti nell’ interno dell’ anca ed uno, che sarà un @addulfore (9), occupa la faccia interna dell’ anca stessa e s’ inserisce accanto al punto di inserzione del grande adduttore, l’ altro, che sarà il piccolo abduttore (h), inserto alla faccia esterna dell’ anca, si attacca vicino al punto d'attacco del lungo ab- inttore n troncatere, nella sua metà terminale, dà inserzione a due lunghi fasci muscolari (n), che traversano per il lungo tutto il femore e vanno ‘ad inserirsi all’ orlo inferiore basilare della tibia, della quale sono /fes- sori ossia adduttori. Però la flessione della tibia è dovuta ancora a robusti fasci muscolari (72), che si inseriscono al femore nella sua sesta parte basilare e si attaccano assieme ai precedenti. La successiva patto 152 i C. RIBAGA della faccia dorsale del femore, per due buoni terzi, è occupata dall’ in- serzione di fibre muscolari, che, nell’ insieme loro, formano I° abauttore, ovvero l’ estensore della tibia (1), il quale si attacca invece all’orlo su- periore basilare della tibia, la quale, alla contrazione del muscolo, resta distesa Quasi per diritto alla coscia. La base dorsale della tibia, dà attacco ad un muscolo lunghissimo, - agi tutta la tibia e tutto il tarso ed alla sua metà è già ten- e raggiunge le unghie, che flette sul tarso. Questo stesso muscolo (0), contraendosi, deve flettere anche il tarso sulla tibia. ei segmenti tarsali solo il primo ha muscoletti propri inseriti al- l’ apice della tibia, che sono un abduttore ed un adduttore molto pic- coli e che si vedono segnati in p e g. Mesotorace. Il Mesotorace, come di consueto negli insetti vo- latori, è per la massima parte occupato dai grossi muscoli indirettamente motori delle ali. Io trovo una grande analogia fra la disposizione di questi muscoli in questi Psocidi e quella ricordata per i Trichotteri da parte del Dr. Lionello Petri (1) a pag. 9 degli estratti e figurata a pag. 38, però a me non è occorso di studiare con diligenza i muscoli diretti delle ali, i quali, si sa, sono assai gracili e facilmente sfuggono all’ occhio. Ma per quelli sive come per quelli che vanno alle anche, è molto più agevole l’ esame stante le loro dimensioni e per contras- isa io mi servo delle stesse lettere usate dal Petri nella predetta gura, cioè : Il Musculus “mesonoti (altrimenti grande abbassatore delle ali), segnato in Fig. 22, A, decorre da tutta la faccia anteriore del Meso- noto alla massima ‘parte del Mesotragma, specialmente verso il suo mezzo. Io lo veggo composto in ciascuna metà di sei distinti e grossi fasci paralleli. Il Musculus lateralis Mesonoti (E) con ufficio analogo al pre- cedente, va più specialmente dalla faccia anteriore del Dorsum del Mesonoto (spalla) agli estremi lati del Mesofragma ed è obliquo ri- spetto alla direzione esattamente orizzontale del precedente. I muscoli che hanno ufficio opposto e, pure sempre indirettamente, sollevano le ali, sono primieramente il Muscwulus lateralis mesothora- cis anterior, decorrente dalla spalla sotto l’ inserzione del precedente fino al mesosterno ed è segnato in B nelle mie figure ed in quelle del Petri. Un altro muscolo indiretto, rappresentato in C, cioò il Mwuscwls 1) La sia delle ali nei ditteri e negl’imenotteri — Estratto dal Bollettino della Società Entomologica Italiana, dn XXVI, 1899. TRICHOPSOCUS DALII 153 lateralis mesothoracis posterior è inserito fra i due precedenti e si at - tacca alla faccia interna dell’ anca, esso è molto robusto. Finalmente come appartenente al terzo strato, di quei muscoli cioè che nella loro inserzione si accostano di più alla linea mediana, ricordo il lungo PostariZlaris mesothoracis (4) inserito al centro del Mesonoto ed attaccato all’ anca nell’ orlo basilare esteriore. Metatorace. In questa regione del corpo, vi ha una copia, in quanto a disposizione dei muscoli, di quello che si è visto pel me- sotorace, salvo che gli indiretti longitudinali sono più brevi data la maggiore brevità di questa regione del co Così abbiamo un Musculus Metanoti A'; sun Musculus lateratis metanoti E°; un Muscutus lateralis Metathoracis anterior B’ un posterior C° ed un musculus postarillaris metathoracis 4. Esaminando il torace in piano nella sua faccia dorsale appaiono Fig. 14) molti fasci muscolari esili, aleuni dei quali, decorrenti in senso longitudinale (c) dall occipite al processo prosternale, da questo a quello mesosternale, da questo a quello metasternale e da quest’ ultimo all’ addome ; altri (4) radianti dagli stessi processi ai lati del torace ed altri ancora che irradiano da centri sternali impari, disposti lungo la linea mediana di tutti questi; senza nominarli specialmente ne dà idea la Fig. 14. Quanto ai muscoli dell’ addome si notano le consuste fascie dor- sali e ventrali e non presentano nessuna particolarità degna di nota. TUBO DIGERENTE (Tav. IV Fig. 26, 27 Tav. V Fig. 33) Di ciò che si riferisce alle parti boccali è già detto in precedenza, ritengo che ora meriti il conto di vedere più davvicino la partico fabrica del tubo digerente. I rapporti della faringe cogli organi che la cicondano, sono stati già in parte indicati, ma giova forse riassumerli qui brevemente. Or dauque, questo tubulo, uscito fuori dalla retrobocca come una sua con- tinuazione, passato attraverso alle branche del pezzo occipitale, acquista una direzione verticale ed, adagiatosi sulla faccia superiore del pezzo medesimo, esce finalmente dal capo, continuandosi coll’ esofago. Ritengo che una netta divisione tra la faringe e l’ esofago stesso non possa essere fatta senonchè avendo riguardo ai muscoli propri alla faringe; dove questi finiscono e il tubulo non ne ha altri, all’ in- fuori di quelli anulari molto esili, che appartengono del resto a tutto il rimanente dell’ intestino, si può dire che incomincia |’ esofago. Con 154 C. RIBAGA ciò si vede chel’ esofago (Fig. 26, Es) si inizia immediatamente al di là del ganglio sopra esofageo e prima ancora di penetrare nel torace. Intanto i muscoli anulari, molto robusti, i quali cireondano Ja faringe cessano di essere così vigorosi appena al di là del ganglio sopraesofageo. Le tibre anulari proprie all’ esofago sono molto più esili e non differiscono gran fatto da quelle che circondano ancora il Mesenteron. Delle altre fibre muscolari proprie all’ involucro esteriore della faringe, io dirò PS tardi parlando a proposito della struttura del tubo digerente medesim Intanto noto “e l’ esofago decorre diritto e dello stesso calibro, cioè abbastanza esile, fino nel metatorace ; ma nell’ estremo metatorace si allarga subitamente in modo sensibile, dando origine ad un’ ampolla subito ristretta all'indietro e questa costrizione corrisponde al cardias((C). Io devo adunque osservare che |’ esofago non fa alcuna dilata- zione, che possa corrispondere alla ingluvie. da cardias segue il Mesenteron (Fig. 26, 33 M) il quale è in forma di sacco ovale, molto allungato e da prima ristretto, poco più grosso, o grosso quanto la regione esofagea, che precede il cardias, di poi gradatamente allargato fino a riuscire un largo sacco come è nella sua parte estrema. Questo Mesenteron fa anche un grande arco, inquantochè la sua prima parte decorre diritta, tutto affatto al ventre ed alla dirittura del- Vl esofago; ma, giunta a due terzi circa dell’addome posteriore, subito si ripiega con un assai stretto arco e si dirige in alto ed a sinistra e quindi ritorna all’ innanzi allargandosi e raggiunge il cardias, cioè la parte anteriore dell’ addome, sopra il quale cardias si ripiega quindi passa nel lato destro dell’ addome e poscia molto allargato ridi- scende'in basso, fino all’ altezza della prima anca e quivi si restringe gica nella regione pilorica. Noto adunque, che nemmeno per questo mesenteron si vedono penali cieche, nè al suo estremo anteriore, nè a quello posteriore, conformi a quelle che si possono notare in inoltissitni insetti. Il Postintestino, ha lunghezza varia a seconda dell’ età dell’ in- setto, inquantochè nelle ninfe (Fig. 26) esso si mostra molto più breve ed anche più semplice che negli adulti. Nel caso di maggior sua com- plicazione esso apparisce a guisa di un lungo tubulo percorrente un buon tratto dell’ addome, mentre nelle ninfe esso è assai più corto e si dispone soltanto nell’ estrema parte dell’ addome, ma, ad esempio in un maschio adulto (Fig. 33), io veggo il tubulo in discorso occupare una lungheza pari a metà circa dell’ addome, però in questo maschio anche il mesointestino presenta qualche differenza da quel che si è ci RO RENO pen» vini "ME". TRICHOPSOCUS DALII 155” detto antecedentemente riferendoci colà ad una ninfa e la differenza, per quel che riguarda il mesointestino, sta in ciò che la sua più larga parte è precisamente quella prima diritta, mentre le due anse sono assai brevi e fatte da tratti di intestino poco allargati. Ritornando ‘al postintesino di questo adulto, si vede primeramente che esso decorre diritto all’ ano e può essere distinto in tre parti, cre- scenti in lunghezza dalla anteriore all’ estrema e differenti per la configurazione ed anche per la muscolatura. Infatti la prima regione è breve, cilindrica, tutta rivestita all’ esterno da robusti muscoli anulari. A questa, segue una porzione lunghetta, ma anche più larga e che mostra di poter essere dilatabile in un sacco piuttosto ampio, inquan- tochè non è più arricchita all’ esterno da quelle grosse fibre musco- lari anulari che di sopra si sono ricordate per la porzione e: A questa seconda parte segue la terza, (De Fig. e una molto speciale configurazione. Intatti essa, pur essendo cilindrica ai due estremi, sia in quello che segue alla porzione sacciforme ante- riore, sia nell’ ultima che mette nell’ apertura anale (4), nel suo mezzo però è dilatata (Fig. 32 e 43) in modo particolarissimo ed assai notevolmente e di subito per opera di sei o sette robusti fasci musco- lari, i quali irradiano dalla sua superficie e si dirigono in giro agli estremi archi addominali. Di questi fasci, che appariscono assai bene in sezione transversa, due si dirigono al ventre nea regione sessuale, due ai lati dell’ addo- me e due agli archi super Le due porzioni dell intestino posteriore, le quali comprendono quella dilatata nel modo che si è detto, sono rivestite all’ esterno di robuste fibre anulari muscolari, non diversamente da quello che sì è già veduto per la prima parte di tutto l’ intestino posteriore (Fig. 19). I Vasi malpighiani (9) sono in numero di quattro, molto esili ed anche notevolmente lunghi. Essi nascono tutti nella regione pilorica,. quindi immediatamente sotto al mesointestino e, variamente tortuosi, si dirigono indietro, avvolgendosi e circondando l’ intestino specialmente posteriore. STRUTTURA DELLE DIVERSE PARTI DELL’ INTESTINO Per ciò che si riferisce ai | fascetti muscolari, che rivestono ester- namente la faringe, se ne è già detto più volte in antecedenza. La Figura 27 mostra questa disposizione, sia per i longitudinali, che per i trasversali ed ancora fa vedere le inserzioni delle cinque paia di elevatori della faringe, le igni si dispongono su due linee di fianco 156 C. RIBAGA . della linea mediana, negli intervalli fra i sei grossi anelli muscolari fa- ringei e le fibre longitudinali più accosto alla linea mediana. Ma nell’ esofago queste fibre anulari perdono assai della lòro _grossezza e riescono anzi molto esili, tanto che difficilmente si perce- piscono e lo stesso può esser detto di quelle fibre longitudinali, le quali certamente più numerose di quelle che non sieno nel sottile esofago, percorrono ancora il Mesenteron e le quali non troppo facilmente visi- bili in piano, lo sono però abbastanza nelle sezioni transverse, come si vede indicato alla fig. 21 (2) nella quale il Mesenteron, in prossimità del Cardias, mostra un’ assisa di fibre muscolari anulari (#r): tatto affatto perisferica e le sezioni fitte delle tibre longitudinali. ra, giacchè il numero di queste ultime non sembra aumentare di troppo nella parte più larga del Meserteron stesso, così avviene che in questo esse fibre longitudinali sieno più discoste I’ una dall’ altra. Quanto al Postintestino si è già detto brevemente come sieno ordinati i fascetti muscolari, sia quelli annulari che i longitudinali, ma sara opportuno aggiungere che la parte estrema del retto, al di sotto della larga e speciale dilatazione già ricordata (Fig. 43), si trova in rapporto con molti fascetti muscolari, concorrenti in fasci a cono, i quali si dirigono all’ innanzi, per inserirsi tutt’ intorno al retto, però sugli archi penultimi ventrali e dorsali, di guisa che questi possono essere considerati come muscoli retrattori dell’ estremo retto (#7). Quanto all’ epitelio, che riveste |’ intestino anteriore, devo osser- vare che esso, come di consueto, s’ innalza nel tubo interno dell’ esofago in esili pieghe longitudinali, le quali, mentre permettono una notevole dilatazione dell’esofago stesso per la necessità dell’ ingestione, occupano cr il lume dell’ esofago medesimo durante lo stato di riposo, e quindi di costrizione, in modo tale, che alle sezioni transverse, questo tab, anche nella regione precardiaca si vede con quella consueta forma stellata nel suo lume, che è comune sempre in organi analoghi negli altri artropodi. Le cellule epiteliali intanto sono piccole, depresse e povere di contenuto. Al di sopra di queste si stende un’ esile intima, la quale io non veggo che abbia appendici chitinose di sorta alcuna. Inoltre è bene accennare che |’ epitelio su dell’ esofago non fa sporgenza di sorta sulla valvola cardiaca, ma ch» questa sembra formata tutta spese esclusivamente dell’ cpitetio del Mesenteron Il Mesointestino mostra un epitelio (Fig. 2 !) degno di nota, in- Aquantochè esso fa vedere delle cellule cilindriche molto alte e strettis- sime, di guisa che esse sono in grandissimo numero e, nelle regioni Si si TRICHOPSOCUS DALII 157 più strette, l’ epitelio stesso si eleva in alti mazzetti di cellule, secondo una disposizione raggiata alle sezioni transverse. Rilevo la presenza della peritrofica (pr) nel Mesointestino, come di consueto e non credo sia il caso di dilungarmi a riferire circa alla diversa parvenza delle cellule, circa la quale è ben noto che esse possono mostrarsi a calice o rivestite di tenue or/etto a seconda delle condizioni d’ ufficio in cui sì trovano. Queste diverse condizioni sono in rapporto colla funzione della digestione, conformi nei diversi insetti e non sembra quindi qui il caso di parlarne di proposito. Quanto all’ intestino posteriore io rilero che i’ epitelio suo non è ing dissimile da quello già veduto nell’ intestino anteriore ed anche l’ intima è egualmente esile, ma veggo però che essa è arricchita di pone e minutissime spine, quasi cigli, rivolti all’ indietro. Però in quella regione dell’ intestino posteriore, la quale è così notabilmente allargata quanto si è avvertito, per la trazione dei sei fasci muscolari raggiati, è bene por mente alla presenza di ammassi cellulari (Fig. 32, 43 C), ì quali sono dagli autori contrassegnati tenuti per ghiandole rettali e possono essere con ragione assomigliati ai con- formi ammassi, visibili negli ortotteri veri, come il Visart ha dimostrato. ui, queste cosidette yRiandole sono in numero di dodici e di queste, sei sì trovano sopra e sei sotto al più largo piano traverso che segna il lume della grande dilatazione. Ciascuna di queste g/zandole è com- presa fra due fasci di muscoli radianti e risulta come un tubercolo quasi emisferico, rilevato nel lume del retto e composto di cellule più esili e più alte di quello che non sieno quelle pertinenti al circostante epitelio. GHIANDOLE SALIVALI Di questo argomento si sono occupati, come già s’ è detto, Burgess @ Bertkau, il primo, dichiarando per ghiandole linguali speciali corpi elittici i quali si rinvengono in una specie indeterminata di Psocide nel labbro inferiore, ma in rapporto con quella lista chitinosa filiforme di- sposta sulla linguetta, come s’ è già descritto. l Bertkaun poi, nega a questi corpi l’ ufficio salivare ed afferma invece che le glandole salivali sono in numero di tre paja, cioè due Ppaja tubulitormi molto lunghe ed un paio brevi e sferiche e che queste tre paja verrebbero a sboccare nella bocca, in rapporto con quelle liste chitinee, che sopra ho ricordato, le quali, in questo caso, sarebbero adunque dei tubuli di sbocco. Ora, che tutto ciò possa essere nelle specie vedute dal Bertkau io non ho ragione di negare, come del resto neppure di affermare ; ma, nella specie, che forma oggetto del presente studio questo terzo pajo di 158 C. RIBAGA ghiandole globulose io non 1 ho vedato siammai, ammeno che, per ghiandole, non sieno stati considerati speciali ammassi di tessuto adi- poso (Fig. 23 gr.) intercalati nel collo, fra l' esofago e le ghiandole sali- vali tubulari, i quali aggregati di sfinlo possono venire scambiati con tessuto spione e, ma ghiandole non sono. mente, nella forma da me studiata, si trovano due paja di Salice ghiandole tubulari, salivali, le quali, percorrendo il corpo lon- gitudinalmente ai lati dell’ esofago, sono così lunghe da penetrare col loro capo posteriore nell’ addome e quelle del secondo paio possono spin- gersi particolarmente molto all’ indietro, fino circa a metà dell’ addome stesso, mentre alla parte anteriore esse penetrano nel capo, anzi quelle .del primo paio, molto profondamente. Io divido questa qualità di glan- «dule in due paja, tenuto calcolo soltanto della varia posizione loro ri- spetto al corpo, poichè nel torace, essendo un pajo di ghiandole disposte sopra l’ altro ne consegue che quello è il primo all apparire nell’ ani- male disposto sul ventre ed aperto al dorso, come più comunemente si pratica nella dissezione degli insettti. Ora, le due paia di ghiandole sono fra loro notevolmente diverse anche nella struttura; io ne dirò brevemente. Le ghiandole del primo paio (Fig. 26 82) sono cilindriche, pressochè dovunque dello stesso calibro e non si mostrano torulose. Esse percorrono tutto il torace longitudinalmente e finiscono, appena debolmente allargate, in principio dell’ addome e sono, oltrechè molto lunghe, ancora molto larghe e vistose. È singolare nmna notevole ansa (Fig. 26, 27 A%), la quale fanno queste ghiandole nel protorace, mediante la quale, pervenute esse nel capo, verso la sua parte posteriore, bruscamente si ripiegano in basso ed all’ indietro, per quindi, con una nuova piega, ritornarsene verso la parte anteriore : ma a volta prima di penetrare nel capo stesso il tubo si assottiglia i dando origine ad un abbastanza esile condotto di scarico, che converge verso la linea mediana, ma quello d’ De dn rimanendo sempre distinto da quello del lato opposto (Fig. 26, ; Questi tubuli penetrano realmente nel labbro Liù e precisa- mente nel seno interposto fra il corpo del labbro e la lingua e percor- rono questa regione totalmente fino al seno che Ja limita nel suo estremo più basso. Ora se questi tubuli sieno o no in rapporto con quelle liste chitinose proprie al labbro inferiore, che io ho già altrove indicate e come il Bertkau sembra affermare, a me non è riuscito di poter riconoscere, ma intanto l’ affermazione del Bertkau mi sembra poco probabile, perchè, come ho già avvertito, è bensì vero che di queste liste la parte comune mediana è perforata da un canale per s; Quanto esilissimo, ma il rimanente è impervio. Ritengo, che senz’ altro TRICHOPSOCUS DALII 159 gli sbocchi di queste ghiandole salivari si aprano nel mezzo del co del labbro sotto la lingua, come avviene in moltissimi altri insetti. Intanto devesi avvertire che quella parte della ghiandola salivare che nella testa fa la prima ansa, nel modo che ho precedentemente indicato e che viene a trovarsi al di sopra della porzione terminale del tubo di scarico, si allunga notevolmente, rimanendo però sempre dello stesso calibro della parte residente nel torace, e questo prolunga- | mento penetra profondamente nella testa, a dirittura fra la faringe, il | ganglio sopraesofageo ed i grossi muscoli adduttori delle mandibole € quivi poi finisce a fondo chiuso e da questa estremità procede un esi- lissimo filamento, il quale si reca ad inserirsi al cranio. (fs? fig. 27). Quanto alle ghiandole del secondo paio (822 ) queste sano decisa- ‘samente varicose ed egualmente in forma di tubulo lunghissimo. Infatti, almeno nelle ninfe, esse si prolungano nell’ addome assai più che non ion del pajo precedente, tanto che arrivano a mezzo addome e se stanno assolutamente ai lati del tubo digerente. Negli adulti però, pre ghiandole non appariscono così lunghe, e nemmeno quelle del pajo precedente, che ambedue giungono solo al principio dell’ addome e tanto l’ uno che l’altro pajo si fissa, per via di filamenti esilissimi, ai lati del mesointestino (Fig. 33 .S7, SP Ritornando alle ghiandole del secondo pajo sì vede che queste, nel loro terzo o nella loro metà anteriore, sono alquanto più grossette che all’ estrema. Quanto al loro decorso, esse bensì procedono paral- lelamente a quelle del primo pajo, cioè secondo l’asse longitudinale del corpo, ma in pari tempo ancora stanno alquanto lateralmente ed alquanto al di sotto di quelle precedentemente descritte. erto è però, che queste del secondo paio, non fanno, nel capo- torace quella notevole ansa in forma di Z strettissimo che abbiamo riportata per le glandole del primo pajo, nè io ho potuto vedere che sieno sospese al clipeo od altrove nella testa per via di un fila- mento, come per le altre si è già detto che avviene: ma esse fanno semplicemente alcune tortuose ondulazioni nel protorace e penetrano quindi senza più nel capo. In questo però non nella regione superiore, nella quale sono quelle del primo paio, ma in una regione più bassa e subito, scavalcato il collo, si assottigliano in un tubulo affatto simile a quello delle ghiandole precedenti e che allo stesso ta concorre, almeno per quanto io ho potuto riconoscere. STRUTTURA DELLE GHIANDOLE SALIVALI Le ghiandole del primo pejo mostrano di avere una tunica - propria abbastanza spessa e questa è forse la ragione per cui non ‘160 « -C. RIBAGA Riesco varicose ed anche perchè le cellule dell’ epitelio sono molto più depresse. ‘ Infatti l’ epitelio è composto di grossi elementi cellulari, i quali | però sono molto bassi, assumono forme poligonali e presentano un grosso nucleo rotondeggiante; insomma l’ epitelio è pavimentoso. erò nel tubulo di scarico le cellule sono molto più piccole, molto depresse, con citoplasma assai povero, e che si. colora insensi- bilmente colle tinture, mentre invece nel corpo della cellula il cito- plasma, reticolato finissimamente, si colora assai in modo particolare attorno al nucleo, dove del resto esso è molto più spesso. Tutto l’ epitelio, come di consueto nelle ghiandole salivali, è ri- vestito di una esilissima intima. Quanto alla struttura delle PRA del pins pajo, essa cor- risponde a quella delle precedenti, con queste differenze però, che la tunica propria è molto più esile e le cellule. dell’ Lplioho sono così grosse che sporgono fortemente, non solo al di fuori in forma di gobbe, determinando così la varicosità speciale sopra ricordata, ma ancora molto più all’interno, di guisa che il lume della ghiandola riesce stretto e moltissimo ondulato, rivestito esso pure da un’ esile intima. Quanto alla struttura del tubulo di scarico io non veggo che essa sia diversa da quella del tubulo corrispondente delle precedenti ghiandole. - SEGRETO DELLE GHIANDOLE SUDDETTE verun dubbio il segreto delle due diverse qualità di ghian- dole è è differente ; infatti, per quelle del primo paio si tratta di una sostanza densa che si coagula coi fissativi, adunque proteica, e che io non esito a giudicare per seta, tanto più che mi è occorso più volte, nello strappare queste ghiandole, di vederla allungarsi in fili i quali si raddensano all’ aria. Adunque, tenuto conto del loro ufficio, le glandole del primo paio possono essere realmente chiamate sericipare. Di qua orti procede quella seta, la quale è filata dai Psocidi per formarne i ioro nidi, conforme si vede chiaramente per ona specie che vi- vono sulle: piante. uanto alla secrezione. di quelle del ii paio, io non ho mai veduto sostanza alcuna ulata, per cui io ritengo che debba trat- salivali. tarsi di un lr nequoso e sn e so peru dee rn CHERMOTHECA ITALICA CON TINENS ericcata (în situ) Coccidarum p/antis, praecipue cultis, in Itatia occurrentibus, nima Il primo, secondo e terzo fascicolo di questa pubblicazione del Prof. Berlese e Dottor Leonardi, sono già usciti alla luce da tempo ed hanno incontrato il generale fore dei Botanici, Entomologi, e studiosi di Pa- tologia Vegetale. I fascicoli Met ciascuno 25 specie di cocciniglie, in sito, sulla parte della pianta su cui stanno in natura, opportunamente dis- seccate. --É aggiunta, per ciascuna specie, la sinonimia e un breve cenno dei danni che arreca alla-pianta, del modo di evitarli e circa all’ haditat preciso. I venticinque fogli in (4.°) sono assieme custoditi in apposito cartolaro e disposti secondo l'indice contenuto nel fascico Nel terzo fascicolo si sono introdotte anche di specie esotiche della massima importanza, cioò |’ Aspidiotus (Aonidiella). per- niciosus e la Icerya Purchasi che si sono fatte venirè di fuori. Prezzo di ciascun Fascicolo-Lire it. 10 (dieci). A. Beruese EG. LeoxarbI Altre pubblicazioni 1. A. BERLESE. — Cenni intorno alle Cavallette che in Italia Sa le campagne (con tre tavole e 833. incisioni nel L. 200 Ps x Bi i Là Viggiola ‘dei inélo sà il I ate com- atterla (con tav. color. ed incisioni) . 1.00 3. A. BERLESE e G. LeoxARDI. — Notizie istornò all’ etici delie miscele insettifughe contro la Cochylis am bieuella ».. 1,00 4. A. BERLESE. e G. I.zon ARDI. RETE sgicpicgni ne minacciano la frutticultura aan (con 47 incisioni » 2,00 nel testo) . 5. A. BERLESE. — Gu acari diari (enni 112; incisioni ii teralato) 8,00 RIVISTA DI PATOLOGIA VEGETALE si occupa delle malattie delle piante, delle cause che le pro- ducono, sieno queste dipendenti da parassiti vegetali od animali, oppure da altre origini, Perciò gli studi di micologia ed entomologia occupano larga parte nel giornale. Seguono numerose rassegne dei lavori, sullo stesso argomento, pubblicati altrove. I Direttori Augusto Berlese, Wiglind -der'-isternatiinti.- pinto: n Commission. — Prof. Antonio Berlese, foreign sit te Scese of Economie Entomology, one sa RIVISTA DI PATOLOGIA VEGETALE SOTTO LA DIREZIONE DEI PROFESSORI Dott. AUGUSTO NAPOLEONE BERLESE Professore di Patologia vegetale nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Milano E Dott. ANTONIO BERLESE Professore di Zoologia generale ed Agraria nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici VQda EX Num. 6-12, Agosto 1900 — Febbraio 1901 PORTICI PREMIATO STAB. TIP. VESUVIANO 1902 Prezzo d'abbonamento annuo L. 18. SOMMA RIO del Fascicolo II, Vol. IX. — 1900 (Pubblicato, 15 Febbraio 1902) C. Ribaga. — Anatomia del dora Dalii (cont. vedi n. prec. con tav. I-VI) . sc e IGP, A.Berlese.— Osservazioni su fenomeni che avvengono durante la nin- V fosi degli insetti metabolici (con tav. VIL-XIV). . . » È. A. Berlese.— L'accoppiamento della Mosca domestica . . . . (ac. S0000 A. Trotter. — Nuovo contributo alla conoscenza degli Entomocecidi della Flora italiana (con tav. XV-XVI) . . da » 359 LITOGRARIA DEI RICORDI DI ARCHITETTURA di A. RUFFONI Litografo del R. Istituto di Studi Superiori e di Perfezionamento di Firenze - E Laboratorio apposito, con l’opera di provetti disegnatori @ litografi per la riproduzione dei disegni in nero e a più colori, per pubblicazioni d’indole scientifica ed artistica. Officina d’incisione chimica a riproduzione diretta dai disegni RL. Firenze, Piazza S. Croce, N. 20 i fn BOI : Deposito delle Dub iirzione dei Proff. Antonio ed Augusto ; Berlese e dei loro assistenti. TRICHOPSOCUS DALII lol ORGANI SESSUALI MASCHILI SESSUALI INTERNI Gli organi sessuali maschili interni si mostrano di una grande sem- plicità tanto quanto sono complicati invece gli esterni. nfatti, mentre avremo molto da dire intorno all’ organo cupolature, ben poco potrà esser detto degli organi interiori, inquantochè si tratta sol- tanto di due testicoli (fig. 33, 36 7) non troppo grandi, di forma ovale, i quali si trovano compresi fra il dorso dell’ organo copulatore e |’ estre- mo dorso dell’ addome, e sono attaccati agli archi dorsali per mezzo di un esile filamento. uesti testicoli si vedono ripieni di spermatozoi a diverso grado di sviluppo, essendo maturi quelli prossimi al vaso defferente e meno od in via di formazione, quelli più innanzi verso |’ apice del testicolo. Questo è un semplice sacco e non si mostra diviso in logge. I vasi deferenti, che sono relativamente brevi, si dirigono dap- prima all’ indietro, verso I’ apice dell’ organo copulatore, ma poi ritor- nano alquanto ali’ innanzi per raggiungere il dorso della parte globosa dell’ organo stesso, verso il suo mezzo, nella quale finalmente penetrano. To non ho potuto rintracciare nessnna ghiandola accessoria. ORGANO COPULATORE (Tav. V, fig. 28, 29, 30, 33, 34, 36) É costituito da un pezzo assai complicato, risultante da varie parti assieme riunite, che formano, nel loro complesso, un organo conico, quasi piriforme, di cui la parte più larga è rivolta verso l’ innanzi del corpo e la più ristretta o apicale verso la parte posteriore. L organo squama. Per comprendere bene la particolare struttura dell’ organo è necessario por mente al fatto che esso è formato di parti alcune delle quali hanno l’ ufficio di introdurre lo sperma nelle vie sessuali femmi- nili, altre quello di facilitare l’ ingresso delle parti carnose nelle vie stess se, ed altre ancora quello di muovere i pezzi duri che danno questa facilità. Ordunque si troveranno in questo corpo conico parti molli circondanti |’ estremo canale deferente, bare dure che agevolano - l’ introduzione dell’ organo e finalmente i muscoli intesi, alcuni a muo- vere queste parti dure, altri a determinare la eiaculazione del seme. Intanto è bene rilevare che il seme stesso viene, alla fine del ;i 162 C. RIBAGA ‘ suo percorso nel deferente, a trattenersi in apposite camere, circondate da un robusto strato muscolare, di dove può essere ciaculato ; ma sic- come nel seme stesso, si distinguono due diverse sostanze, prodotte l’una dai testicoli, e sono gli spermatozoi, l’ altra dalle pareti basali dell’ or- gano stesso, e queste sostanze devono essere tenute distinte fino alla loro immissione negli organi sessuali femminili, così avviene che le camere di riposo dell’ una sostanza sono ben distinte e affatto separate da quelle dell’ altra, per quanto le une e le altre comprese nella mede- sima capsula muscolare avvolgente, per essere eiaculate contempora- neamente col medesimo sforzo, Ora si può dire che |’ organo copulatore così conico o piriforme, nel modo che si è sopra ricordato, può essere diviso in due metà tra- sverse delle quali la anteriore, più interna, che è la più larga, è costi- tuita dalle camere dove il seme riposa, nonchè dall’ involucro muscolare e la parte posteriore più stretta, che termina in punta, si compone del complesso degli organi destinati a penetrare nella vagina della femmina. A principiare dalla parte più larga, che può adunque prendere il nome di vescicola seminale, dirò che essa ha una forma di mezza sfera, anzi di più che mezza sfera, si potrebbe dire di due terzi di sfera. Questa parte è tutta ricoperta da un assai robusto strato muscolare (Fig. 36 7) a fibre striate, delle quali le più profonde decorrono circolar- mente in senso longitudinale, abbracciando così tutta la superficie sfe- rica ; le altre invece più superticiali descrivono cerchi in senso trasverso. Si comprende, che la costrizione di così fatti potenti muscoli deve de- terminare un’ assai energica compressione verso il liquido contenuto nelle camere abbracciate. Queste sono quattro e dividono per setti tra- sversi tutta la cavità emisferica (Figg. 28, 36, ca, sp.). Questi setti hanno la stessa struttura, a puntino, dello stra ito che internamente ri- veste l’ involucro dmnscolase + ; in altri termini, ciascuna cameretta è tutta cireondata da un involucro della stessa struttura e questo è appunto un epitelio molto robusto, a cellule alte, cilindriche, assai strette e molto stipate fra di loro. Nei luoghi dove due camere vengono a contatto tra di loro, la parete epiteliare divisoria è per conseguenza doppia, mentre è semplice nei punti di contatto con le pareti muscolari, come al confine, con tutto ciò che si trova nella metà più ristretta del pene, che come si è detto appartiene strettamente alla parte copulatoria dell’ organo stesso. La struttura di questo epitelio fa ragionevolmente sospettare che non si tratti di un semplice epitelio di rivestimento ed in questo sospetto conforta a rimanere ancora il fatto che il tessuto suddetto si colora colla massima intensità con le ordinarie tinture e ciò precisamente come bl TRICHOPSOCUS DALII 163 un epitelio secernente, in buona attività di funzionamento. Dirò subito, che io ritengo che uno speciale liquido, il quale si coaugula con i fissa» tivi, in una massa pressochè omogenea o minutissimamente punteggiata in sleupi luoghi e che si vede tanto nella nella camera destinata agli spermatozoi e precisamente intorno ai nemaspermi, come nell’ altra, sia DO secreto dal detto epitelio: non è però facile dire per quale u Link prima di passare"oltre, noto che gli spermatozoi (Fig. 36 Sp) si vedono risiedere sempre nelle due camere più dorsali (esp), che sono precisamente quelle che confinano col retto. uivi i nemaspermi se ne stanno avvolti in piccola matassa e tutti cireondati da un plasma speciale che è poi quello che io ritengo segregato dalle pareti epiteliari della cameretta stessa, poichè non trovo che ghiandole accessorie sboechino qui assieme ai deferenti. nfatti, i due vasi deferenti (fig. 36 def), che si veggono solo son molta difticoltà, poichè sono esili e compresi tra il retto e il dorso dell’ organo copulatore, corrono separatamente fin nelle camere ((csp) dove si devono aprire e vi penetrano attraverso la parete muscolare, per due fori molto avvicinati fra di loro ed alla linea mediana (fig. 29 7). ome poi le camere tutte si aprano per dare uscita al loro con- tenuto, ciò non può essere veduto che mercòè tagli sagittali, non preci- samente nella linea mediana, ma alquanto di fianco, tanto da interessare gli sbocchi appunto delle dette camere, i quali si trovano di quà e di là della linea di mezzo. Nella fig. 36 civ è fatto. Così si vedono le pareti epiteliari delle camere, e quivi, formati quasi due brevissimi canali (0, 0°), aprirsi in un piccolo atrio, il quale si trova molto presso alla faccia ventrale e compreso tra le due parti principali in cui abbiamo detto poter essere diviso 1’ organo copulatore. Si può chiamare a77%0 (a) questa cavità e sarà bene per comprendere il resto. In tagli discosti dalla linea mediana e saggittali si vede che l’ in- volucro muscolare si mantiene anche al di sotto delle camere sperma- tiche e si interpone quindi tra le camere stesse ed il complesso delle parti apicali veramente copulatorie. Vediamo ora il rimanente delle parti componenti 1’ organo ‘a latore, che sono quelle che occupano l’ apice del corpo piriforme descrizio one. Per comprenderne la fabrica, del resto abbastanza complessa, si deve pensare anzitutto che si tratta precisamente di un tubulo carnoso, conico, nel cui centro, secondo l’ asse longitudinale, si apre un con- dotto, a dida na r passare il seme ed ancora vi è una 164 C. RIBAGA robusta appendice spiniforme (Figg. 29, 30, 36 as) la quale scorre per tutta la lunghezza del tubulo ed è destinata a facilitarne 1’ ingresso nella vagina della femmina. Ho detto che si tratta di un tubulo carnoso. Ora, le pareti sue, specialmente quelle rivolte al vano interno, sono molli e flessibili, ma rivestite da molte piccole appendici spiniformi, chitinose, dirette in basso, che le rendono molto scabre e quasi striate di trasverso (Fig. 29 74). Inoltre, queste pareti, in sezione trasversa (Fig. 30) si vedono circoscrivere non già un foro circolare, ma uno spazio vuoto a forma di largo T(V) perchè la parte anteriore del tubulo si rileva all’ interno in due creste alte (Figg. 30, 34, 36 / ©,) longitudinali, che abbracciano la spina chitinosa e la comprendono per tutta la sua lunghezza come in una guaina (as). Ora, questi rilievi carinuliformi circoscrivono ancora sotto la spina. uno stretto vano (che corrisponderebbe alla gamba del 7) che io ho segnato in e? a fig. 30, considerando questa doccia come il canale eia- culatore, per quanto l’ eiaculazione venga fatta per virtù della grande capsula musculare, ma certo il canale corrisponde all’ estremo deferente. Queste due carene rilevate, sieno adunque i /obi ventrali, che si fon- dono poi nella linea mediana in una squama unica, che forma tutta la parete ventrale del tubulo e che nella linea mediana, presso |’ apice è rinforzata, internamente, da una larga e robusta squama triangolare (Figg. 34, 36 7°), dentata ai lati e nel mezzo, la quale io chiamo radula. La radula viene a contatto coll’ apice della apofisi spiniforme (Fig. 36) e la tocca. Ora, al dorso, le pareti del tubnlo abbracciano la apofisi spiniforme e circoscrivono il vano del tubulo (cioè le due braccia del T) con due altri larghi lobi che io chiamo /ob? dorsali (Figg. 29, 30, 36 24), rilievi carinuliformi longitudinali, che hanno aspetto di lobo solo nelle sezioni trasverse, come quelli ventrali, ma nelle longitudinali si mostrano come rilievi rettilinei. Anche in questi la epidermide interiore è tutta rico» perta e rinforzata da minute appendici spiniformi disposte in serie. Il più interessante si è che questi lobi dorsali all’ esterno induri- scono essi pure in una robusta spina ciascuno, non meno forte dell’ a- potisi spiniforme mediana, la quale spina (Fig. 29 sd) è solo dura- mente chitinosa all’ apice e fiancheggia la apofisi spiniforme impari odiana. Ordunque il seme, compresso dalle pareti muscolari della capsula, penetra nel vano mediano del tubulo e di là fuori esce. Questa è la fabrica di questo complicato organo copulatore. IE o E nre 3; TRICHOPSOCUS DALII 165 ORGANI SESSUALI FEMMINILI (Tav. V. Figg. 31 e 35 e Tav. VI. Figg. 37, 39, 41, 42) SESSUALI INTERNI Assai semplici sono questi organi, tanto per ciò che riguarda la parte interna che per quella esteriore. All’ interno si vedono infatti due vari (Fig. 37), situati ciascuno ai lati della linea mediana fiancheggianti il tubo digerente e diretti verso il dorso dell’ addome, composti ognuno di quattro capsule ovariche (co) le quali si riuniscono poi tutte in un unico filo, che si attacca ai primi archi dorsa Diafcn: tubo ovarico (Fig. 42) racchiude la cinque uova circa, «come di consueto a diverso grado di sviluppo. L’ ovario mette poi in un breve ovidotto che si dirige verso la linea mediana e questi due ovidotti si fondono poi insieme nell’ ovidutto comune (Fig. 37 00), bre- vissimo, che si apre nella vuiva (Fig. 35 ate.). Nell’ atrio che fa la vulva viene e sboccare ancora la spermoteca (Fig. 35), la quale si dispone cosi alla parte dorsale del)’ ovario. issa è una capsula perfettamente sferica. molto piccola (sp?) e munita di un condotto brevissimo, il quale decorre attraverso un ceppo in gran parte chitinoso, largo poco meno della spermoteca stessa e tanto largo che lungo. STRUTTURA DEGLI ORGANI GENITALI La spermoteca possiede una esilissima intima, semplice, sotto la quale sta un basso epitelio pavimentoso, il quale si continua ancora sulle pareti del ceppo ; al di fuori dell’ epitelio poi e della sua tunica propria si vede uno strato di fibre muscolari anulari le quali mancano mel ceppo. Conforme struttura mostrano gli ovidutti. Osservo che nelle ninfe (Fig. 40) I’ epitelio del ceppo come quello «quello dell’ ovario è molto più alto che non negli adulti e composto di cellule cilindriche alte. mentre l’ intima della spermoteca fa molte .grinze. Da quel che si e detto e bene rilevare che la spermoteca si «apre nell’ atrio vaginale e non nell’ ovidutto comune. 166 C. RIBAGA ORGANI SESSUALI ESTERNI L’ estremo arco ventrale perivulvare (Fig. 41 4) è ridotto ad una piccola squametta di forma trapezoidale, assai corta e non troppo larga, sotto la quale si apre l'a/rio vulvare. A ciascun lato di questa lami- netta, procedendo verso l’ estremo addome, è situata una larga squama rettangolare, che non raggiunge però la linea mediana, trasparente e che ricopre una singolare appendice, presso a poco spatuliforme, diretta obliquamente all’ indietro e verso la linea mediana. La squametta sopra indicata può essere detta valva genitale (Figg. 31, e 41 9), e V appendice sottostante squama biforcata (sb). Adunque queste due squame biforcate, giacchè ve ne ha una in ciascun lato, dirigendosi all’ indietro, concorrono nella linea mediana e quasi l’ una l’altra si toccano mercè un’ apotisi stiliforme, assai lunga ed acu- tissima, nonchè piegata leggermente a falce. L’ altra spina della forca, cioè più esterna, è molto più breve, meno acuta e provvista di peli all’ apice. Io debbo ricordare ancora un processo er (pst) molto lungo ed acutissimo, che, nato verso i margini dell’ e o addome sotto il penultimo arco ventrale, passa sotto anche all’ pet e colla parte sua acutissima, diretta verso la linea mediana, invade |’ atrio vulvare, inter- ponendosi fra le spine della squama, biforcata. Siccome queste appendici sono due in ciascun lato, così!’ atrio vulvare si vede occupato nel mezzo da quattro spine molto acute, delle quali, le dae superiori appartengono alle appendici anzidette e le due inferiori rappresentano la branca più acuta della squama biforcata. L’ arco ventrale che segue, procedendo all’ indietro, a queste appen- dici è 1’ ultimo dell’ addome, perché fosma il limite inferiore dell’ aper- tura anale, Rilevo in queste regioni (Fig. 39) tre paia di 72scoli, di cui uno, assolutamente trasverso, inserito all’ ultimo arco ventrale ed attaccato ai lati dell’ apertura sessuale femminile può essere detto diatatore della vulva (d), un secondo lunghetto ed esile, inserto alla base della squama biforcata ed attaccato a lato dell’ apertura anale (7) è certamente un 7r°e- trattore dell’ estremo retto ed un terzo finalmente, minutissimo, la cuì inserzione veramente sfugge, si attacca a metà dell’ orlo libero della squama. biforcata, compreso fra i due processi spiniformi ; questo deve: essere un retrattore cd abduttore della squama biforcata (a). ricettine ri ini ci pi È si; cha = RTS SI SE AMT UST RE DI bi sa Sl Si 4 ù è TRICHOPSOCUS DALII 167. SISTEMA NERVOSO (Tav. I Fig. 9, Tav. II Figg. 14, 15, 16, Tav. III Figg. 20, 24, Tav. IV. Fig. 25). Il Ganglio sopraesofageo (Sp) ha la consueta forma trapezoidale, più largo anteriormente dove la linea che lo limita e leggermente incavata all’ indietro. Così gli angoli anteriori rotondati danno origine al lungo nervo delle antenne (Fig. 25 Na}, il quale, dapprima unico e grossetto, non appena penetrato nel secondo articolo basale subito ingrossa in un ganglio vistoso (Fig. 9 9), dal quale poi si dipartono due nervi, che percorrono, paralleli fra di loro, l’ antenna per tutta la sua lunghezza. ciascheduno dei lati del trapezio si vede uscire, immediata- mente sotto il lobo anteriore antennale una grossa massa (Figg. 16, 25 loc.) fusiforme, assai grossa nel suo mezzo, ma ristretta all’ origine e quindi peduncolata, la quale massa è il /obo ottico e si dirige tra- sversalmente verso l’ occhio composto e, giunta nel centro della mezza sfera secondo la quale l’ occhio è foggiato, si divide, come d’ ordinario, nei singoli nervi ottici. l lato posteriore del ganglio sopraesofageo, molto più stretto del- l’ anteriore, è esso pure incavato ed agli angoli si arrotonda in due lobi poco prominenti. Intanto dal ganglio “Soprassbiagro partono altri nervi, come sono quelli che dalla sua faccia dorsale si dirigono agli ocelli. Noto inoltre che dalla faccia posteriore dello stesso ganglio sopra- esofageo si stacca un esile filamento nervoso, il quale, diretto lateral- mente ed all’ indietro, va a distribuirsi su delle cellule adipose (Fig. 23). Alla regione inferiore del ganglio in discorso e verso la sua faccia anteriore prende origine il sistema nervoso della vita vegetativa 0 gran simpatico che si voglia dire (Fig. 24) ed ha principio con due fila- menti piuttosto gracili, uno di qua e l’altro di là della linea mediana, i quali si dirigono all’ innanzi verso il clipeo ed ancora in basso e quindi l’ uno verso l’ altro, riunendosi fra loro mediante una lunghetta com- messura trasversale. Ne risulta quindi un arco (Nv), il quale si trova all’ innanzi della faringe e sopra vi passano ì muscoli sollevatori della parte anteriore della stessa. Da questo arco partono molti nervi dei quali è bene tenere parola. rimieramente un cordone impari, mediano (n), forse risultante di due filamenti assieme riuniti, il quale nasce dal centro della lin posteriore dell’ arco, che in questo punto è anche ingrossato (Fig. 27 N) e dipoi si dirige all’ indietro, formando il cordone che va a disporsi sopra la faringe Inoltre dagli angoli dell’ arco, i quali sono contigui alla parte del 168 C. RIBAGA ganglio sopraesofageo da cui prendono origine le radici dell’ arco stesso, sorgono tre filamenti nervosi, dei quali, a contare dall’ origine dell’ arco, il primo (Fig. 24 @) si reca direttamente all’ innanzi e penetra nella massa dei muscoli grandi sollevatori della faringe, biforeandosi anche per via. Il secondo (2) procede in direzione affatto trasversa, ma di questo ramo non ho potuto seguire la fine. Il terzo poi (c), molto breve, si dirige in basso e si attacca al piccolo dilatatore della faringe. alla parte centrale dell’ arco del gran simpatico procedono due esilissimi filamenti nervosi (Fig. 27 222), molto avvicinati alla linea me- diana, assai lunghi, i quali si recano ognuno dal suo lato a quell’ esile muscoletto interno del labbro superiore, segnato in 4 Ma altri nervi ancora il gran simpatico manda agli organi boccali 0 loro muscoli e precisamente dalla parte anteriore si eleva un lobo co- nico, in ciascun lato della linea mediana e di fianco all’ apice anteriore della faringe. Da questo lobo parte un grosso e robusto nervo, però brevissimo (Fig. 23 «), il quale subito si biforca ed un ramo procede in su ed all’ innanzi, distribuendo un lungo nervo ai poderosi milscoli dilatatori della faringe, riempienti il clipeo, che segnammo nelle varie igure in a nonchè due ramuscoli a quel piccolo sollevatore della fa- ringe che notammo colla lettera 4. Questi due brevi rami partono dalla base del nervo. Un secondo filamento nervoso, uscito esso pure dal grosso e breve tronco sopradeseritto, si dirige direttamente all’ innanzi, di fianco al muscolo sollevatore del labbro superiore, in cfg del qual muscolo si biforea, dando origine a due esili ne che non vanno a muscoli. Di questi uno, il superiore, finisce nell ident della base del clipeo e l’ inferiore si dirige in basso, accennando a penetrare nel labbro superiore, salvochè subito si biforca ed un rametto va a finire nell’ epidermide della membrana, che s° interpone fra il labbro supe- riore ed il clipeo ed un altro nell’ ipodermide della faccia superiore del labbro. Inoltre ancora dallo stesso lobulo basale del gran simpatico si stacca un nervo inferiore (8) diretto cioè totalmente in basso e late- ralmente, il quale penetra nella mandibola, biforcandosi alla sua origine. Il ganglio sottoesofageo (Fig. 25, 27, 44 S?) risiede in parte nel capo ed.in parte nel collo, poichè essendo esso di forma trapezoi- dale alquanto più largo all’ innanzi dove apparisce troncato ed appena più ristretto all’indietro, si vede che la maggior parte della porzione globosa anteriore giace nel capo, tra il pezzo occipitale, cioè ‘sotto a questo, ed il labbro later ma la parte sua posteriore si attenua © penetra nel collo, TRICHOPSOCUS DALIT 169 lo vedo partire dalla faccia inferiore del ganglio sottoesofageo un robusto paio di nervi (Fig. 23 6) ciascuno dei quali dapprima è sem plice, penetra nel labbro interiore dove si biforea mentre un ramo se ne va alla linguetta ed uno entra < corpo del labbro. Questo è no- tevolmente lungo e ro)»usto e si vede all'apice del labbro inferiore, precisamente dentro i lobi mediani bifora; sinche gli ultimi ramuscoli si espandono sull’ ipoderma dei lobi stessi. Intanto per via questo nervo ha dato origine a filamenti i quali si recano ai diversi fascetti muscolari moventi le varie parti del labbro inferiore. Da ciascun lato del medesimo ganglio (Fig. 25), procedono tre nervi diretti all’ intuori ed all’ innanzi, i quali si recano alle mascelle ed al palpo mascellare nonchè alle mandibole, ma questi non ho potuto seguire oltre minutamente. Due brevi commessure uniscono il ganglio sottoesotageo al pr7720 ganglio toracico (Gp) il quale è piccolo, ovale e risiede nel centro di quella porzione ristretta del torace la quale si chiama brevemente collo, ma che è certamente composta in parte della membrana ingulare ed in parte del protorace poichè anche reca al ventre le zampe anteriori. Questo ganglio manda da ciascun lato un grosso nervo alle zampe anteriori nonchè piccolissimi rami ai diversi muscoli che lo contornano. Quella massa rappresentante il grosso del torace e che risulta dal Meso- e Metatorace assieme riuniti, contiene al ventre un grosso ganglio (Gm), evidentemente risultante dalla fusione dei due gangli toracici e questa grossa massa, riunita per due brevi commissure al ganglio che la precede, manda, dalla porzione anteriore, nervi alle ali anteriori ed alle zampe del secondo paio e dalla porzione posteriore nervi alle ali ed alle zampe dell’ ultimo paio. ‘Due brevi commessure nervose congiungono la massa ganglionare centrale sopra descritta ad un ganglio piuttosto piccolo e che appar- tiene certamente all’ addome (Ga) e che sta al confine fra il torace e l’ addome stesso rella costrizione basilare di quest’ organo ed è il ganglio stesso rotondato al di dietro in modo che nel suo complesso assume la forma dì pera Dall’ orlo posteriore di questa massa nervosa procedono due ro- busti e lunghi nervi (Nad), i quali percorrono longitudinalmente 1’ ad- ome dapprima, alquanto spostandosi fra di loro, infine avvicinandosi l’uno all’ altro colle loro estremità in guisa da seguire un percorso dos; parallelo ai lati del corpo. Dalla linea esterna di questi filamenti nervosi partono tre nervi disposti fra di loro a regolari intervalli, di- retti trasversalmente ai margini del corpo e divisi poi ciascuno in tre 170 i C. RIBAGA rametti minori, i quali si distribuiscono sui muscoli costituenti le fascie dell’ addome. Io non ho visto alcun altro ganglio addominale. SISTEMA TRACHEALE Tav. IV. Fig. 25) Tl sistema tracheale può essere facilmente veduto, specialmente nei giovani, purchè sì dispongano in piano, fra il portaoggetti e co- prioggetti, con una gocciola di glicerina. Dopo alcune ore gli organi sono sufficientemente rischiarati e resi trasparenti mentre le trachee, rimaste piene di aria, spiccano in nero sul fondo trasparente e facilmente possono essere seguite nel loro decorso e nei loro rapporti coi vari organi. Oltre a ciò non ho mancato di considerare il sistema tracheale, 0 per lo meno i tronchi che mi venivano sott’ occhio, nelle diverse se- zioni ed ho potuto così avere un concetto sufficiente della disposizione di questo sistema. Incomincierò prima a parlare degli stigmi, che come al solito, sono aperti ai lati del torace e dell’ addome e poi passerò a dire delle principali trachee. si notano anzitutto tre grandi sliymi foracici (T!, T?, T8), i quali sono aperti ai lati e nella parte posteriore di ogni singolo seg- mento. Questi sono alquanto maggiori degli altri, ma neppure essi tutti di eguale dimensione, giacchè i due primi superano senza dubbio l’ ul- timo in grandezza. Tutti però ed ancora quelli addominali hanno figura rotonda ed ovale e sono molto semplici, cioè senza alcuna di quelle complicanze che pure occorrono in molti altri insetti. Gli sligmi addominali (A*%) sono, come si è detto, affatto late- rali ed aperti fra segmento e segmento. Io ne conto sei paia, ma può essere che me ne sfugga un ultimo paio. Il primo è interposto fra il 1° e 2° segmento e l’ultimo che i0 veggo tra il sesto e il settimo, ma non escludo che fra il settimo € l’ ottavo ve ne possa essere un estremo, che io non sono mai riuscito ad afferrare con sicurezza. Quanto al sistema tracheale avverto che esso, mentre è molto sviluppato nei suoi tronchi longitudinali, lo è assai meno in quelli tra- sversi, anzi io non veggo rami trasversi interi, che mettano in comu- nicazione l’ un sistema longitudinale con | altro, ma dirette trasver- F; i | | nà ie TRICHOPSOCUS DALII 71 salmente non vì sono che diramazioni secondarie e che si perdono in capillari nei pressi della linea mediana. I principali tronchi procedono dagli stigmi del I paio ed oltre ad un primo tronco che si dirige all’ indietro verso lo stigma del meso- torace ed intanto per via, dà un grosso ramo alle zampe del I paio ed uno alle ali anteriori, nonchè qualche altro più breve diretto verso il mezzo del corpo, si vedono due grossi tronchi diretti all’ innanz Questi 'atcpigin nel capo. Il più dorsale (a) nelle regioni "delle tempie si triforca e manda rami alla faccia superiore del ganglio so- praesofageo, i quali ra da anche oltre fino ai muscoli del clipeo, manda inoltre un ramo maestro diretto all’innanzi e che passa sotto il lobo oculare, spargendosi poi nei muscoli delle mandibole del clipeo e penetrando anche nel labbro superiore, e manda inoltre un tenue ra- metto laterale, che se ne va all’ occhio. l tronco ventrale (4) e più tenue si suddivide esso pure nella regione delle tempie entro ai muscoli delle mascelle e del labbro in- feriore ecc Lo stigtaa del Mesotorace è congiunto coi due laterali mercè un tronco longitudinale e manda rami alle ali ed alle zampe del 2° paio, nonchè altri rami agli altri muscoli motori delle ali ete. Lo stigma del Metatorace ha trachee di minor rilievo delle quali una penetra nelle zampe cell’ ultimo paio ed altre minori appartengono ai muscoli del torace. Quanto agli stigmi addominali il primo è congiunto all’ ultimo” toracico ed al successivo addominale, e tutti gli altri sono fra loro’ riuniti da tubuli longitudinali ed arcuati. Inoltre da ciascuno stigma addominale procede un rametto abbastanza lungo e robusto, diretto” verso la linea mediana del corpo e che poi si suddivide in rami mie nori. Questa è la configurazione essenziale del presenta sistema. Dal Laboratorio di Zoologia Portici, Giugno 1900. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAVOLA I. Fio. 1 si visto di fronte con alcuni organi interni veduti per trasparen- — 6 occhi composti, & muscoli adduttori delle >nandibole, Sp piglia sopraesofageo, An antenne, Pa palpi, C/ clipeo, c sollevatore del labbro, Ls labbro superiore, Ad adduttore, Ab abduttore del I ar- ticolo delle antenne. | Fic. 2. Mascella destra di Psocus netidone vista dal di dietro — Pa palpo, ; alfa-greco articolazione della branca discendente, e costole della branca discendente, lim apofisi stiliforme, md membranella che serve a chiu- dere l'apice del corpo della mascella, m adduttore della mascella, rap retrattore dell’ apofisi, mp motori del palpo Fre. 3. Capo visto dal di dietro — 0 occhi, Foc ima occipitale, O occipite, Po apofisi occipitale, Or Orlo del foro occipitale, Pa palpo, Li labbro inferiore, o’ lobo interno, Zo lobo esterno del medesimo, Mx ma- scelle, lim sua apofisi stiliforme. .FiG. 4 Capo visto di fianco — 0 Occhio, O’ ocelli, Ve vertice, C/ clipeo, i ge guancie, Cel cresta del clipeo, Po apofisi occipitale, An Antenna, Ls labbro superiore, md mandibola, Mx mascella, Pa palpo, Li labbro inferiore, Zo /o° lobo esterno ed interno del medesimo, Lg lingua, lim apofisi stiliforme delle mascelle. Fic. 5. Sezione trasversale delle parti boccali — Ls labbro superiore, Md mandibola, Mxd mascelle, p! processo palatino linguale, Lim apo- fisi stiliforme, Pa palpo, Lg lingua, Li corpo del labbro inferiore, #Is tubulo di scarico delle ghiaridole salivali. «Fic. 6. Labbro inferiore e mascella destra visti posteriormente — Mxd cor- po della branca discendente, Pa palpo, pap protrattore dell’ apofisi mascellare, gp gracile protrattore, fp lungo protrattore della ma- scella, rl retrattore del lobo mascellare, abp! abduttore del palpo, abp? abduttore del secondo articolo del palpo, adp adduttore del X medesimo, Zad adduttore comune dei due ultimi seguenti, lim apofisi [a mascellare, Le .Fie. 7. Parti boccali posteriori del Psocus nedbulosus — Mxt branca trasversa della mascella, Mxd branca discendente della stessa, pp pezzo pifero, Pa palpo, lim apofisi stiliforme, Li corpo del labbro inferiore lo lo” lobi esterno ed interno del agermana i ea e Sr e Ti Sgue sieeainalo ie di =: sd ii e art sFie. 8. Pezzo scheletrico della lingua — @ corpo del pezzo, app apofisi pa- latine, # tubulo linguale, tf Bisol. prata “irta ,F16. 9 Antenna destra — a primo, 6 secondo articolo basale, f primo arti- colo del funicolo, abs abduttore II articolo, as i Hello stesso, Fic Fic. Fic, Fis. Fig. FIG. 15. Sezione in piano del capo in ninfa — A adduttori delle mandi-" Fic. Fio, 17. A tegumentale del torace visto di fianco — C c.po, Pr proto- | n si d ani del labb SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE 173 r rotatori del II segmento, abdfe abduttore del fanicolo, r? rotatore ‘ del funicolo, g ganglio del nervo delle antenne, af adduttori del’ funie 10. Pa sui ia della lingua — cr? carene posteriori della lingua, str strie delle carene, #f filamento chitinoso perforato. (1) TAVOLA II 11. Mesotorace isolato dal Metatorace per mostrare la parete posteriore Ad? antedorsum, D? dorsum, Pd? postdorsum Msf mesofragma, a, a, parti del medesimo (N B. Il mesofragma fa un angolo retto col rso). 1 Metatorace — 4Ad3 antedorsum, D? dorsum, Pd? postdorsum, Mtf chi O’ ocelli, Ve vertice, Pr protorace Ad! antedorsum del protorace Mst mesotorace, Ad? antedorsum, D? dorsum, Pd? postdorsum mesotorace, Mt? metatorace, D* dorsum, Pd postdorsum del meta- torace, du inserzione delle ali anteriori, 4/? inserzione delle ali posterio 14 Parte fafestore del torace — € capo, Pr protorace, Ms? mesotorace, Mtt metatorace, Ad addome, a rotatori del capo, b sezione trasver- sale dei muscoli delle zampe, e muscoli longitudinali del torace, 4 E muscoli obliqui, Ps! processi prosternali, Ps: pr. mesosternali, Ps; pr. ì metasternali, Sp ganglio del protorace, Gm grande ganglio del meso ‘ e metatorace, Ga cu pagra ni le, O occhi, SZ ghiandola salivale del I paio, Sp ganglio sopraeso fageo, Zoc lobo oculare, e protrattori della faringe, g dilatatori Rata riori della faringe, d piccolo dilatatore della faringe, c sollevatore. del labbro, 4 piccolo sollevatore della faringe, a grande dilatatore della e f dilatatore della faringe. 16. Sezioni trasversali del capo (quasi perpedicolari a quelle di Sera: — An Ps ge guancie, Oc occipite, Pr protorace, Mst Meso race, Cel cresta del clipeo, Po apofisi occipitale, Sp ganglio pra # pressi loc lobo oculare, Gp ganglio del protorace, Fa faringe, a h e dilatatore della farine d piccolo sollevatore della faringe, rea laterale del labbro superiore, 7 dilatatore della faringe, g dilatatore posteriore della faringe, h adduttore della mandibola, i abduttori della mandibola, fre ramo inferiore fina hea SR antedorsum del protorace, P/ pleura, a! pic del ion (1) N. B. — Questo filamento resta nella parte anteriore della siga e gina ila e e Aaa epr ere la sua relazione culle strie delle C. RIBAGA paio, Pd? postdorsum, 4p? antepleura, Pp? postpleura del mesotorace, az anca del secondo paio, A/! inserzione dell’ ala anteriore, Msf me- sofragma, 4d3 antedorsum, D3 dorsum, Pd3 postdorsum, Ap3 ante- pleura, Pp3 postpleura del metatorace, 4/2 inserzione dell'ala poste- riore, 43 anca del terzo paio, M?f metafragma. TAVOLA III Fio. 18. Sezione trasversale dell'addome — M mesointestino, Ov uova a diverso grado di sviluppo, Od ovidotto comune, Gr masse adipose. Fic. 19. iran trasversale del retto, subito al di sutto della dilatazione — 1 intima, a muscoli anulari, dr dilatatori del retto, p parete del corpo, fad tessuto adiposo Fic. 20. Sezione trasversale dei protorace — Pr protorace, av anca, Tr tro- cantere, Fe femore, Ti tibia, Ta tarso del primo paio di zampe, @ apofisi della spalla, d processo prosternale, c protrattore dell’ anca, lo abduttore del trocantere, î muscolo trasversale, / estensore della tibia, m, n flessori della tibia, 0 flessore del tarso, , abduttore, 4 pronta del tarso, r VIA s salivali superiori, # salivali infe- nglio sopraesofa ori, v Fio. 21, Sui mec del Sica vicino al cardias — 2 fibre mu- scolari longitudinali, tr fibre muscolari anulari, pr itiolra e cel- lule epiteliali. Fi. 22. Muscoli del torace visti di fianco — Pr protorace, Mst mesotorace Mi i metatorace, Po! Processo prosternale, e muscoli longitudinali del torace, A Musculus mesonoti, B Musculus lateralis mesothoracis ris noti, B' Musculus lateralis metathoracis anterior, CM. |. m. po- Sterior, E’ M. l metanoti, 4° Postaxillaris metathoracis Msf me- sofragma. Fis. 23. _ ne quasi mediana del visa di Graphopsocus eru- d a grande dilatatore della faringe, d sollevatore del labbro, d picadlo dilatatore della faringe, £ adduttore della mandi bola, gr cellule adipose, 8 ghiandola sino del I paio, Sp ganglio sopraesofageo, a ramo nervoso che innerva i muscoli dilatatori della faringe, clipeo, labbro superiore e piccolo po see della faringe, B nervo inferiore che va alla mandibola, St gangli sottoesofageo, è nervo del labbro inferiore. Fio. 24. Sistema del gran simpatico — Nv commessura trasversale, nn cordo- ne impari, a nervo che va al grande sollevatore della faringe, c nervo che va al ai dilatatore della faringe, m commessure nervose dell’ anello esofageo. ROSA Ea FRA TISANA RETE 49° ARIES SI DV carni si orti I aulin disagi ee e SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE 175 TAVOLA IV. Fic. 25. Sezione in piano d’ una ninfa per mostrare il sistema nervoso e quello tracheale — Sp ganglio sopraesofageo, Na nervo delle antenne, 2oc lo- bo oculare, St ganglio sottoesofageo, Gp ganglio del protorace, Gm grande ganglio del meso e metatorace, Ga ganglio addominale, Nad nervi addominali, a tronco tracheale cefalico tie d tronco in- feriore, 7 1-3 I, II e III stigmi toraciei, A‘ stigmi addominali. Fic. 26. Sezione in piano della medesima ninfa per niro il tubo dige- 1 rente — £s esofago, € regione precardiaca, M mesointestino, Mg malpighiani, D dilatazione dell’ ultima parte del postintestino, A ano, rr retrattori del retto S/ ghiandole salivali del I paio, S4& salivali del II paio, 874 tubulo di scarico, An ansa del I paio di ghiandole, Ov ovario. Fio. 27. Sezione longitudinale quasi mediana del capo e torace di Graphopsocus eruciatus L. — CI clipeo, Cel cresta del clipeo, a grande e d piccolo | dilatatore della faringe, d piccolo sollevatore della faringe, e protrat- tore della stessa, g dilatatori posteriori della faringe, A adduttori della mandibola, Ls labbro superiore, c sollevatore del medesimo, n/ nervo labiale, q dilatatore della cavita boccale, md dente molare della ma x mascella, Li labbro inferiore, Zg lingua, # filamento chitinoso perforato della stessa, p/ processo palatino linguale, Po apofisi occipitale, rf retrattore della faringe, Fa faringe, S/ I paio di ghiandole salivali, ‘An ansa, fs? filamento con cui la ghiandola si attacca al vertice, $S74 tubulo di scarico, 4 II paio di ghiadole, Es esofago, Mst mesointestino, Gp ganglio protoracico Gm grande gan- glio del meso e metatorace nims nervo del II paio, nmt nervo del III i paio di zampe. TAVOLA V. Fic, 28. Regine trasversale delle camere spermatiche — m capsula muscolare, sp camere spermatica o dorsale, ca camere ventrali, ep epitelio. Fic. 29, “amate di piano dell'organo copulatore — ca camere spermatiche, f sbocco dei neri as appendice spiniforme, 24 lobi dorsali, sd spina dei medesim Fic. 30. Sezione iv ‘della parte subapicale dell’ organo copulatore — Id lobi dorsali, /v lobi ventrali, as appendice spiniforme, v vuoto dn tto dal tubulo carnoso, ei canale eiaculatore, sv squama e, pst processo stiliforme, sb squama biforcata, r retto, a ano. della Fia, 32. ssa tr. del retto nel mezzo dilatazione — m 'aetiga del corpo, pr parete dell’ intestino, 7 intima, C ammassi cellulari. Fi, 38. Maschio adulto di fianco per mostrare il tubo digerente, gli organi di salivali, M mesointestino, M ntrale. Fic. 31. Fstremit dell’ addome di femmina visto di fianco — vg vulva geni- sessuali ed il sistema nervoso ece. riitheziotntoeie s; . 176 C. RIBAGA Î 2 rr retrattori del retto, Or organo copulatore, # te- ticolo, def deferente, 1, 2, 3, 4, 5 gangli nervosi, Na nervi dell'addome. Fia. 34. patata di piano della parte inferiore e ventrale dell’ organo copula» re — m capsula muscolare, /v lobi ventrali, r radula. Fig. 35. pig sessuale femminile — sp? spermoteca, sp sperma, d condotto ella spermoteca, od ovidotto comune, atv atrio vulvare. Fic. 36. Disse copulatore — m capsula muscolare, ca camera ventrale, csp camera spermatica, Sp sperma, 0,0° sbocco delle camere, ep epitelio trio, v spazio circoscritto dal tubulo carnoso, ci canale eiaculatorio lv lobi ventrali, /d lobi dorsali, » radula, as appendice spiniforme, t te- sticolo, def deferente, Sv squama ventrale, sd squama dorsale, rt retto. TAVOLA VI. Fic. 87 — Ovario colle quattro capsule — co capsule ovariche, 0 uova, od vidotto comune, spt spermoteca, Fic. 38. Labbro inferiore visto dall’ rai — Li corpo del labbro, lo lobo rno, lo’ lobo interno, f filiera. Fis. 39. Organi sessuali femminili i di fronte, levata la valva genitale scoprire i muscoli che ricopre — spf spermoteca, sb squama bi ei d dilatatore della vulva, » retrattore del retto, « motore della squama biforcata Fia. 40. is oteca d’ una ninfa matura — i intima, e epitelio, ch ceppo chi- oso, 0d ovidotto, atv atrio vulvare ° Fio. 41. dei sessuali femminili esterni visti di fronte — @ ultimo arco —_-: pst processo stiliforme, sb squama biforcata, vg valva ge- Fig. 42. Capsat ovarica — 0 uova a diversi stadi di sviluppo, vg vescicola nativa, cv cellule vitellogene, f filamento apicale, che congiunge uesta capsula colle altre Fia. 43. Serio longitudinale iedinià della dilatazione del postintestino — C ghiandole rettali, rr retrattori del retto, Pi postintestino, D dila- tazione, 4 ano. Fic. 44. Sezione longitudinale quasi mediana della testa — (7 clipeo, a gran , d piccolo dilatatore della faringe, Ls labbro superiore, ! solleva- tore laterale dello stesso, 9g dilatatore della cavità boccale, tre tra chea, d piccolo sollevatore della faringe, f dilatatore della faringe MA mandibola, Mx mascella, g dilatatori iron della faringe, h adduttori della mandibola, Zi corpo del labbro inferiore, lo lobo esterno, Lg lingua, SZ I paio di salivali, SZ. II paio, S74 tubulo di scarico, Sp dei sopraesofageo, St sottoesofageo, Gp ganglio del pro- torace, npt nervo clan primo paio di zampe (Z°), Ve vertice, Oc occi- pite, Pt protora: pr ANTONIO BERLESE OSSERVAZIONI su fenomeni che avvengono durante la ninfosi degli insetti metabolici Parte 1 Tessuto adiposo (TROFOCITI) Memoria seconda (Lepidotteri, Imenotteri, Neurotteri, Coleotteri) Secondo la promessa contenuta nella prima memoria (1) a pag. 17. proseguo di presente la ricerca delle modificazioni alle quali va soggetto il tessuto adiposo negli insetti metabolici, studiando gli altri ordini, 01- tre ai Ditteri dei quali mi sono esclusivamente occupato nella prima memoria. Nella seconda parte tratterò inoltre delle modificazioni del tessuto muscolare (miolisi e miogenesi) e degli amebociti. Certamente però dal tempo in cui la prima parte della presente me- moria vide la luce, fino ad oggi, molti lavori sull’argomento sono ap- parsi ed io ne fo qui breve Fadenalone critica, occupandomi ora solo di quelli che versano sul tessuto adiposo, mentre rimando a più tardi ed a suo luogo la bibliografia relativa al tessuto muscolare ed agli ame- bociti. L. Terre (2) conviene coll’ Anglas, che nella sua ultima nota (C. (1) Rivista di Patol. Vegetale, anno VII, (2) Contribution a l'itude de l'Histolyse du ni adipeur chez l'Abeille. (Bulletin de la Societé Entomologique de France, 1900, N. 3, p 62). 12 178 FENOMENI NELLA NINFOSI rend. Soc. de Biol. 27 janv. 1900) afferma la regressione del tessuto adiposo avvenire, nell’ape, senza intervento di clementi estranei figurati, ma nega l’ influenza nella distruzione del tessuto adiposo alle cellule escretrici e non vede la necessità della nuova espressione Liocitosi, pro- posta dall’Anglas. L'Autore afferma di non aver mai veduto un leuco- cita penetrato nelle cellule adipose, mentre l’Anglas dichiara di averne riscontrati molto eccezionalmente ed il Perez sostiene di aver osservato nelle Formiche la penetrazione dei Leucociti nelle cellule del corpo grasso, le quali devono dunque subire una fagocitosi leucocitaria, « molto par- zialmente >». Fino a questo punto io mi sento totalmente della opinione del Terre. Per mio conto nego affatto l'ingresso di leucociti nell’interno delle cel- lule adipose e nego recisamente qualsiasi loro azione fagocitaria. Io pure ritengo che le cellule escretive non abbiano attività di di- struggere la cellula adiposa e nè comprendo bene la necessità di questa teoria della Liocitosi, nè credo che essa sia fondata su solide basi. Ma ho ragioni per non essere dell’opinione del Terre su altri punti. Primieramente il Terre ammette, senza restrizioni, che il tessuto adiposo debba degenerare e disfarsi in parte, durante la ninfosi, per dare mate- riale nutritivo ad altri organi in via di accrescimento. Egli insiste su questo fenomeno della lipolisi. Io ho sempre sostenuto e tuttavia affermo che nei soli ditteri su- periori il grasso larvale è destinato a scomparire durante gli estremi momenti della ninfa e più ancora nei primi momenti dell’adulto. Ma per tutti gli altri insetti il tessuto adiposo larvale si conserva anche nell’adulto, solo si modifica nel suo contenuto, in vario senso, e perciò non si può parlare di lipolisi. Io non ho mai veduto quello che il Terre afferma, cioè « Le noyatl présente d’abondantes figures de division directe, puis tous les signes caractéristiques de la chromatolyse. A un stade plus avaneé, la mem- brane cellulaire se résorbe par dissolution, le eytoplasme se désagrège en granulations graisseuses , le noyau, reduit à un boyau chromatique dense, baigne dans cette bouillie qui va servir d’aliment aux organes en voie d'’édification ». Queste, che sono cose le quali avvengono pel tessuto grasso larvale dei ditteri superiori, giammai mi è occorso vedere in alcuno degli altri insetti. convengo poi coll’ Autore circa la natura delle granulazioni con- tenute nelle cellule adipose, le quali pel Terre sono di natura grassa € provengono dal frazionamento delle grosse goeciole adipose contenute nei vacuoli in epoche precedenti. E facile riconoscere invece che esse ANTONIO BERLESE 179 sono di natura albuminoide e non hanno rapporto di origine alcuno colle guttule grasse, che pure si contengono nelle cellule adipose. Io più volte ho ciò affermato e dimostrato a proposito degli insetti, delle cellule epi- teliari del mesenteron. negli aracnidi ete. I. Anglas, in un notevole studio sulle metamorfosi interne della ve- spa e dell’ape (1) si occupa, a pag. 29 e seg., del tessuto adiposo, com- prendendolo nel novero dei tessuti congiuntivi. Al paragrafo 2 egli distingue, molto giustamente, i seguenti elementi liberi nella larva — 1. Cellule adipose; 2. Cellule esereto-secretriei, od eseretrici; 3. Leucociti varii per grandezza ed aspetto; 4. Cellule del setto pericardiale; 5. Cellule delle pareti del vaso pulsante; 6. Enociti: 7. Mio- blasti (Miociti) confinati alla base dei dischi immaginali. Nella giovane larva si cominciano già a distinguere le cellule esere- trici (che l'Autore ritiene di origine identica al tessuto adiposo), dalle cellule adipose. "Autore ammette che in età più avanzata avviene una moltiplica- zione degli elementi adiposi per via diretta. Non vide mai leucociti pe- netrati nell’interno delle cellule grasse. Quelle di queste che si trovano a contatto colle cellule eseretive mostrano di essere in cattivo stato, e 1’ Autore afferma che esse sono as- sorbite (per via di liocitosi) dalle cellule eseretrici e che molto spesso si vedono cellule eseretrici penetrate nell’interno di quelle adipose. Ma all’inizio della ninfosi « le contenu des cellules adipeuses subit une transformation chimique : il se fragmente et se résout en granules homogénes et sphériques, formés de substance de réserve, sans que le noyau change d’aspect ». A ninfa formata ciascuna cellula contiene un grandissimo numero di granuli, i quali distendono la cellula tanto che la membrana cellulare riesce difficile a vedersi ed i nuclei sono lineari e molto compressi. a cellula adunque subisce una degenerazione granulo-grassa. L’Autore afferma poi, vedendo delle masse granulari non contornate da membrana, che molte cellule adipose si distraggono, però alcune ri- mangono anche nell’ adulto, di modo che il tessuto adiposo imaginale non è che una continuazione di quello larvale. Le riserve accumulate nelle cellule grasse sono sparite, ma senza alcuna fagocitosi. Quanto alle cellule eseretrici esse corrispondono ai grandi fagociti del Karawaiew e sono ripiene di granuli di urati, che si depositano al- lorchè i vasi Malpighiani nella giovane ninfa più non drarioria» (1) IL AngLas. Observations sur les métamorphoses internes de la Guépe et de l Abeille. n scientifique de la France, et de la Belgique, Tom. ini Extraît. 180 FENOMENI NELLA NINFOSI Per ora di questa sola parte del bel lavoro dell’Anglas mi occupo, mentre di ciò che si riferisce ai muscoli, agli enociti ed ai leucociti si dirà poi. Per mio conto convengo nella massima parte delle affermazioni del- l’Anglas ; circa poche cose solamente ho altra opinione. grasso imaginale è veramente una continuazione del larvale in tutti gli insetti, ma nei ditteri superiori, come ho dimostrato nella pre- cedente memoria, esso deriva da altre origini e quello larvale si distrug- ge in modo particolare, che però io ho lungamente illustrato anche con figure (1) e ciò sia per avvertire 1’ Anglas che non è esatto Vaffermare che io non ho dato « pas de détails 4 ce sujet » (pag. 34). Non convengo coll’ Anglas nel considerare i granuli contenuti nelle cellule adipose durante la ninfosi come composti di sostanza grassa, e ciò perchè ragioni chimiehe si oppongono recisamente all’ affermazione del sullodato Autore. Le cellule adipose contengono bensì grosse gocciole di grasso, ma queste scompaiono nelle manipolazioni per la inelusione ed i tagli al mi- erotomo, e lasciano grandi vacuoli. Le granulazioni che rimangono sono più piccole e d’altra natura, anzi di natura esclusivamente albuminoide, come è facile riconoscere con prove chimiche dirette. Non convengo coll’Anglas in ciò che egli attribuisce alle dette gra- nulazioni una origine endogena e le fa derivare dal citoplasma così mo- dificato. Le granulazioni stesse hanno origine esogena, nè credo sia ne- cessario che io insista qui su questo punto, da poichè ho dimostrato 2 lungo in precedenza che esse derivano dal plasma interorganico il quale così, più presto o più tardi, si raccoglie nell’interno delle cellule adipose e vi si deposita, affatto come nelle cellule epiteliari del mesenteron de- gli aracnidi si raccolgono i succhi albuminoidi assorbiti nel mesenteron stesso. on convengo poi nella azione distruggitrice delle cellule eseretrici verso il tessuto adiposo, poichè essa certamente non ha luogo ed il tes- suto adiposo rimane integro, per numero di elementi, durante tutta la ninfosi, sino nell’adulto e quindi diventa imaginale. Il caso dei ditteri superiori, ripeto, è unico fra tutti gli altri insetti metabolici. Quello che esporrò nel seguito della presente memoria illu- strerà queste mie affermazioni. Quanto alla teoria della liocitosi, messa innanzi dall’Anglas io ne parlo in capitolo a parte, in fine del presente scritto. (1) Da pag. 68 a pag. 79 e figg. 38, 39, 40. ile e i lese Ne e i si x POTUTI CE RR o ANTONIO BERLESE 181 F. Supino. (1) Senza precisare la natura chimica dei granuli conte- nuti nelle cellule adipose della Calliphora, durante la ninfosi, riconosce che essi non sono elementi cellulari. L'Autore esprime dubbi circa al modo di origine da me affermato dei detti granuli. Nella parte afferma- tiva della sua memoria il Supino adunque conviene esattamente colle osservazioni da me fatte, per la parte dubitativa però egli non dà ra- gione alcuna del suo dubbio tranne quella che si tratta di ricerche dif- ficili ed ardue. Nella seconda parte del suo lavoro l'Autore attribuisce una diversa origine da quella che io ho indicato, al tessuto adiposo imaginale. Qui certamente l'Autore è in errore ed io ho dimostrato in un lavoro col quale ho impugnato le affermazioni del dott. Supino, che 1’ Autore ha chiamato, fuori di proposito, in gioco i miociti ed ha scambiato per colonnette adipose in via di formazione, gli aggregati di miociti intesi alla costruzione di un muscolo immaginale. Oltre a*tutte le considerazioni che io ho esposte largamente nella mia nota (2) in contrapposto a quella del Supino, prego il lettore di considerare attentamente quanto io riferisco nella seconda parte (Miociti) del presente scritto, per convincersi del come stieno veramente le cose e che la verità sta nelle affermazioni mie. In risposta alla mia nota il Supino mi inviò una lettera aperta (3) nella quale nega che gli elementi delle colonnette adipose al loro inizio sieno compresi tutti in una membrana comune, nega di aver confuso i miociti colle cellule mesenchimatiche ete. Non ho risposto alla lettera del Supino per non prolungare la que- stione, poichè di fronte a negazioni recise non vi ha che il fatto che possa essere opposto ed è un fatto ormai costatato che la detta mem- brana esiste ed è visibilissima e che i miociti sono la stessa cosa colle cellule mesenchimatiche del Rees come io feci osservare al Supino nel mio primo scritto e non potevo quindi rimproverare al Supino stesso una confusione (che egli respinge a torto) di due cose identiche fra loro, tanto che sono sinonimi di una sola. (1) Osservazioni sopra fenomeni che avvengono durante lo sviluppo o postembria- nale della Calliphora para In Rendiconti (R. Accademia dei Lincei, vol. IX, 1.° sem. 5-5, tase= 5, 1900; ed ancora in Bollettino della Società Entomologica Ita- liana, anno XXXII, pag. 192, 216). (2) Intorno alle modificazioni di alcuni tessuti durante la ninfosi della a x erythrocephala (Bull. Soc. Entomologica italiana, 1900, anno XXXII, p. : (3) Ibidem, pag. 375. 182 FENOMENI NELLA NINFOSI Questo che avrei dovuto dire a miglior suo posto, in proposito del tessuto muscolare, cioè nella seconda parte del presente scritto, ho in- vece riferito qui per non entrare più nella incresciosa quanto inutile disputa. A. Koschevnikov (1) afferma che durante la ninfosi dell’ Ape molte cellule adipose sono distrutte dagli amebociti per via fagocitaria. To credo che l'Autore ciò affermi più per seguire le opinioni solo di recente combattute che per proprio convincimento, dovuto ad esame di- retto ed attento. Le affermazioni dell'Autore infatti sono contraddette categoricamente dagli Autori francesi ricordati nel presente sguardo bibliografico (Anglas, Terre) i quali negano che i lencociti penetrino nelle cellule adipose e le distruggano. i C. Vaney (2) si occupa di modificazioni che avvengono negli organi interni ed esterni del Gastrophilus equi e del Chironomus dorsalis. A_pro- posito della prima specie, rileva che la massa rossa (organo rosso) la cui tinta è dovuta ad emoglobina, di cellule in cui si ramificano trachee è composta di elementi grassi che hanno perduto la loro riserva di adipe e tra i quali si sono ramificate delle trachee. L'Autore afferma che questi elementi sono distrutti da leucociti per via fagocitaria, la quale si estende ai tronchi Lepri all’ ipoderma ed ai muscoli. Chironomus \ Autore rileva la distinzione del tessuto adi- poso in interno ed rientra conforme le osservazioni del Wielowiejski. Il tessuto interno non subisce modificazioni durante la ninfosi. Il tessuto adiposo esterno si risolve, nella ninfa, in cellule libere, le quali rappresentano dei fagociti e si posano sulle trachee e sui muscoli tora- cici e su questi dice | Autore « nous avons pu, sur nos preparations, suivre leur action sur les museles qui, histologiquement, ne semblent pas modifiés, et les voir se charger de plus en plus de granules grais- Ses >. Finalmente alcuni di questi elementi, in fine della ninfosi, dareb- bero origine al tessuto adiposo dell’adulto. To non ho avuto occasione di studiare l’organo rosso del Gastro- philus equi e quindi non posso giudicare delle affermazioni del Vaney, ma parmi di poter convenire coll’ Henneguy il quale dubita si tratti di nn organo e tessuto che nulla ha da che fare col tessuto adiposo. (1) Uber den Fettkòrper und die gni der Honighiene (Apis mellifera L.) - praline ere i , 25 % > ntributions à l'etude des phenomenes de ‘metamorphose ches les Dipteres la Rendus de l’Academie des Sciences, 5 Nov. 1900, Tom. CKXXXI. N. 19, p. 758). CRT INS DE AU Ae ANTONIO BERLESE 183 Del resto il Prenant (1) affermava già prima che il detto organo è bianco e grasso nei suoi due terzi anteriori, rosso e non grasso nel suo terzo posteriore : vi penetrano numerose trachee, che si ramificano in modo speciale e che si tratta di enociti è quali si trasformano in cellule adipose. Quanto al Chironomus neppure questa specie ho studiato, ma eredo che ciò potrò fare in seguito. Per ora ho riportato testualmente le pa- role del Vaney perchè non veggo che si possa dedurne se si tratta di leucociti o di cellule grasse libere con attività fagocitica, da poi che i muscoli sui quali posano conservano la loro istruttura istologica. Per me ritengo si tratti delle solite cellule adipose, che durante la ninfosi divengono libere e si riaggregano più tardi nell’adulto, come di con- sueto negli altri insetti, senza però che assumano mai attività fagociti- che di sorta o ne subiscano gli effetti per opera degli amebociti. F. Henneguy (2) conviene con quanto esposi nella precedente me- moria nei ditteri, circa alle mie affermazioni che i granuli contenuti nelle cellule adipose durante la ninfosi non sono per nulla elementi cellulari o fagociti, come avevano voluto il Kowalevsky ed il Rees e che le cel- lule adipose stesse non contengono giammai, dall'inizio della ninfosi sino all’adulto, aleun elemento nucleare all’infuori del grosso nueleo proprio alla cellula. L'Autore conviene con me aneora circa la fine delle cellule adipose larvali nell’adulto, ciò che io esposi già fino nella nota preven- tiva. L’Henneguy ha studiato Calliphora e Lucilia. Inoltre 1’ Autore dubita delle affermazioni del Vaney, che descrive la istolisi dell’organo rosso nel Gastrophilus equi, per via fagocitoria, e ritiene che si tratti probabilmente di un tessuto ben diverso dal tessuto adiposo Ch. Perez (3) descrive brevemente il tessuto adiposo nelle larve, di Formiche pel quale afferma che i globuli grassi Leno) «setpraiazoo fra le maglie ed in seguito il loro numero aumenta via. Più tardi il numero dei granuli aumenta e si rende difficile ti visione delle trabe- cule protoplasmatiche. È descritta la deformazione del nucleo che da rotondo diviene raggiato e prende finalmente l’aspetto di un plasmodio (1) Zes cellules tracheales de la larve de l’OrstrE DU CHevaL. (Bull. des seances de la Société des Se. de Nancy - 1900, Tom. I, fase. III, p. 33). (2) Ze corps adipeux des Muscides pendant Phistolyse (Comptes Rendus de l’Aca- demie des Sciences, T. CKXXI, N. 22-1900, Nov., pag. 908). È x Sur quelques points de la Métamorphose des Fourmis ca Soo. Entomol. France, N. 2, 1901 — 23 Janvier, p. 11). 184 FENOMENI NELLA NINFOSI a contorno irregolare. In questo stadio di larva avanzata le cellule sono tuttavia aderenti fra loro. L'Autore afferma che nelle larve di insetti contenenti parassiti non si effettua la deposizione di globuli. AH’ inizio della ninfosi (come io ho già affermato per i ditteri) le cellule adipose si staccano l’una dall’altra, inoltre egli nega che avvenga mai rottura della membrana cellulare e fuoriuscita dei globuli. In ciò adunque l’Autore conviene con quanto io ho ripetutamente affermato e su cui ho nsistito abbastanza sia nel lavoro sui Trofociti, sia nella memoria preci tata nel Boll. Soc. Ent. 1900. Il Perez riconosce che in seguito, durante la ninfosi, i trofociti per- dono gradatamente i globuli e ritorna visibile il citoplasma. Nell’adulto le cellule ritornano ad uno stadio che assai ricorda quello della giovane larva, salvo che il nucleo mantiene la forma irregolare. 4 poco a poco i trofociti scompaiono senza intervento di fagocitosi. Durante la ninfosi si possono osservare raramente ed accidental- mente dei leucociti entro le cellule adipose. Conclude affermando che queste sue osservazioni convengono coi lavori di Berlese e di Henneguy sui muscidi. Si vedrà che quanto io diffusamente riferirò a proposito delle for- miche conviene esattamente con ciò che brevemente espone il Perez, salvochè io nego che i granuli dall’ Autore sempre considerati come di natura grassa, tali sieno veramente, poichè nè si sciolgono nei solventi del grasso nè si tingono in nero assoluto coll’ acido osmico. Essi sono di natura albuminoide. Le cellule adipose delle formiche, vedute a fresco, mostrano molte e grosse gocciole di vero grasso, ma questo scompare colle manipola- zioni per le inclusioni e rimangono larghi vacuoli. I granuli albuminoidi restano intatti a loro luogo. la LEPIDOTTERI Pieris Brassicae è P. Niarpi (Tav. VII, figg. 77-89) Ho studiato ambedue queste forme, però della seconda solo le prime larve. Non riconoscendo in questi stati differenza tra le due specie, mi sono limitato, per il resto, allo studio della P. Brassicae. Questo poi ho seguito lungamente e con cura, giacchè ritenni che potesse essermi tipo di molti Ropaloceri. Quindi io ho tutte le serie, da embrione maturo all’adulto = veti ri Sie Salo SOR PSI RE II TRIO RE SUORE CSI TERRE NOB Sa LE TRL SERATE OSO LI IO ET == ANTONIO BERLESE 185 Embrione maturo (fig. 43) (1). Credo che uno o due giorni al mas- simo lo separino dalla schiusura. Esso è lungo mill. 1,20 e si mostra come dal disegno. Il mesenteron è tuttavia chiuso ai due estremi e contiene ancora le cel- lule vitelline. Poco differenziati sono ancora gli elementi dei diversi tessuti. Tessuto adiposo. Altrove che sotto il tubo digerente, male si possono differenziare gli elementi adiposi dai leu- cociti. Questi e quelli sono liberi e in numero notabile sparsi attorno agli organi em- brionali. Però i leucociti ti- pici hanno, al solito, il cito- plasma omogeneo e bene co- lorabile. Io calcolo che essi sieno lunghi da 4 a 5 p.. ed hanno nucleo rotondo e mol- : omo- to tinto (fig. 77, a). Quelli che deum; M ago m frammenti di sine possono dirsi ormai elementi va proctodeum; ; B bocca; G» cellule adipo- adiposi (5) sono invece gran- li Fio. 43 brione maturo di Pieris Brassicae — G gan- D le) D tm D sh TO so har} = Dì so È a Er} is 3 V cellule ai della membrana embrionale pit sagittale). di il doppio e mostrano un citoplasma molto meno tin- gibile o pochissimo e con grossi vacuoli. Il loro nucleo mostra una struttura definita ed è ovale o rotondo. Ma tra questi elementi ed i leucociti tipici sono molte forme di passaggio, intermedie non "solo per dimensioni ma ancora per i caratteri del citoplasma ete. Io veggo molti di questi elementi di dubbio significato in via di mol- tiplicazione indiretta, come ho figurato (e). Per ora adunque gli elementi adiposi sono certamente isolati e sparsi. Larva neonata. Questa misura da 1,80 mill. a 2 mill. Nel mesente- ron non è aneora penetrato cibo di sorta, ma, mentre le cellule del suo epitelio segregano già goceiole di liquido digestivo e manca ancora la peritrofica di nuova origine, nel sacco del prointestino, molto dilatato, sta ormai una grande quantità di cibo ingerito. La larva adunque co- mineia l’opera sua di nutrizione. In questo momento si notano tuttavia elementi, certo adiposi, ancora liberi e questi sono in modo speciale nel capo e nella regione dorsale. (1) Le citazioni di figure con cifre in carattere marcato si riferiscono a disegni intercalati nel testo; le altre in carattere semplice, si richiamano alle tavole. 186 FENOMENI NELLA NINFOSI Anzi l’esame attento di cosifatti elementi nel capo e dei leucociti a cui sono mescolati avvalora Videa di un nesso genetico tra i leucociti stessi e gli elementi adiposi liberi. Si vede dalla fig. 78 che i leucociti (a) sono già maggiori ed alcuni vanno fino a 9 L di diametro maggiore. Però con questa stessa mi- sura si scorgono parecchi elementi che sono già vacuolizzati ed hanno il nueleo colla cromatina in forma definita (5). Anzi, di questi, aleuni sono anche più piecoli (79, 5) del leucocito tipico poichè misurano da 5 1. o poco più. Io rilevo poi assai comuni le figure mitotiche in questi elementi (78, e). Ma nei lobi ventrali, specialmente in corrispondenza delle zampe vere e false, vi hanno ormai aggregati di elementi adiposi, sebbene poco estesi. Questi (fig. 79, B) misurano già 10 ;. in media ed hanno nucleo rotondo e con cromatina a nastro bene visibile. Inoltre il citoplasma loro è tutto areolato molto uniformemente e con maglia fitta e regolare. Larva di 4 giorni. Essa misura ormai mill. 4,50 di lunghezza. Il tessuto adiposo è raccolto in masse, sia al dorso che al ventre. Tutta- via nel capo vi sono ancora molti elementi liberi di varia grandezza ed aleuni è dubbio che rappresentino elementi adiposi piuttosto che lenco- citi tipici. Tessuto adiposo (tig. 80). Nelle masse le cellule misurano circa da 17 1. ed hanno un nueleo di 5 f., rotondo. Esse sono ricche di vacuoli, molto ampie e di varia grandezza. I confini tra le cellule sono abbastanza marcati. Però io non iscorgo ancora una nuova membrana limitante cia- scuna massa, bensì sono portato a credere che il numero di elementi nelle masse dsmienti non per moltiplicazione degli elementi veramente grassi e conglobati nella massa, ma per aggiunta alla massa stessa di nuovi elementi, i quali deriverebbero dai leucociti. Infatti, mentre non veggo traccia di moltiplicazione fra le cellule nelle masse, veggo molti elementi liberi in via di moltiplicazione di- retta e molti concorrono accosto alle masse e sembra che a queste si aggreghino. Così per elemento sopraggiunto posso ritenere quello che i0 segnai a fig. 80 a. arva di 8 mill. di lunghezza. Quantunque io possieda una larva di dimensioni intermedie tra questa e la precedente pure non mi euro di descrivere il progresso e le parvenze del tessuto adiposo, da poichè di nulla più si tratta che di aumento in volume delle cellule adipose. Tessuto adiposo (fig. 81). In questa di 8 mill. io seorgo, intanto, non solo le cellule abbastanza aumentate di volume, e tutte raccolte in molte masse, ma ancora veggo che le masse sono tutte e ciascuna circondate da una distinta membrana. Quanto al resto le patvenze non variano, però io ere SUA SA e NODO TE IRR RPE SETTRI ANTONIO BERLESE 187 potrei atfermare che attorno al nueleo il citoplasma, nei suoi punti più densi, non è più esente da granulazioni, ma vi si possono scorgere, seb- bene difticilmente, alcune rare e minute punteggiature, che accennano a granuli in deposito. Le cellule misurano cirea 25 {.. ed hanno nuelei di 4, 5 ., roton- di. I vacuoli sono ampii e numerosi. Larva di 9,50 mill. Il progresso è poco, rispetto allo stato prece- dente, ma io osservo che questa larva è inquinata da una larva di Iehneu- monide, lunga più che metà dell’ospite. Con tutto che mi turbi il dub- bio che la presenza del parassita possa alterare il tessuto adiposo, almeno nel suo contenuto, pure non eredo che le variazioni possano essere no- tabili, poichè so che questo Iehneumonide poco malanno fa all’ ospite per ora, a differenza in ciò dalle larve di Braconidi. Del resto io con- fesso che fra dozzine di larve di questa grandezza, che pure ho tagliato e che ebbi in Agosto come in Novembre, non mi è ancora occorso di trovarne una esente dal parassita e perciò è pur necessario che io mi adatti a dire di questa così malata, sperando che le cose non sieno troppo diverse nella sana. Tessuto adiposo (fig. 82). Le cellule sono aumentate di volume assai, poichè misurano fino a 65 p. ed hanno grandi e notabili vacuoli. I nuclei, ovali, misurano da 12 a 15 u. Il citoplasma è molto colorabile. In esso scorgo, molto distintamente ormai, una decisa granulazione, cioè un’ini- zio sensibilissimo di deposito di granuli albuminoidi, per ora minutissimi e molto tingibili. Adunque il deposito comincia, nella Pieris, assai precocemente, ancor prima ni mezzo dello sviluppo larvale. ar ra. Il volume delle cellule adipose è andato sempre Melo gradatamente fino a questo stato. Tessuto adiposo (fig. 83). Le cellule ora sono riunite in grandi masse, contigue abbastanza, attorno al tubo digerente ed altrove; anzi si vedono larghe zone occupate tutte da cellule adipose, stipate le une contro le altre, mentre i confini delle masse svaniscono. Però i confini, invece, delle cel- lule sono molto netti. Le cellule stesse misurano sino a 60-65 p. di diametro maggiore da poi che sono tutte alquante allungate. Il loro nueleo, quasi sempre rotondo, misura da 13 a 15 u di dia- metro. To però scorgo, qua e là nelle masse, alcuni elementi cellulari, ngn maggiori, i quali o hanno due nuclei oppure ne hanno uno in via moltiplicazione. Adunque certo avviene una moltiplicazione di Pia . 188 FENOMENI NELLA NINFOSI Quanto al contenuto delle cellule esso mostra granuli ialini, ineo- lori, attorno al nucleo e che coll’emallume si tingono intensamente in violetto. Quelle cellule, che non contengono che searsi prodotti urici, sono più centrali e circondano il mesenteron. Intanto nelle più mancano affatto i granuli urici, e si vede il cito- plasma molto rado, formante un lasso reticolo con larghi e spessi va- cuoli alla periferia. Così queste appaiono, nelle preparazioni, ialine affatto o quasi ed incolore. Ma attorno al nucleo è raccolta una grande quan- tità di globuletti sferici, i quali si tingono con grandissima intensità a mezzo dell’emallume e formano una zona raggiata, più o meno estesa attorno al nucleo, molto colorata. Intanto la larva matura si dispone ad inerisalidare e forma la sua cintura di seta e si fissa. Così fissata io la ho veduta stare da tre a quat- tro giorni ed ho notato alcune variazioni in questo tempo. Larva fissata da due giorni — 7essuto adiposo. Si vedono due qualità di cellule adipose, che differiscono fra loro per la natura del con- tenuto loro. Infatti, una larga zona di cellule adipose periferiche è composta di elementi affatto simili a quelli con granuli albuminoidi descritti nello stadio precedente. Ma un’altra larga zona, che abbraccia il tubo dige- rente, specialmente il mesenteron, è composta di cellule con contenuto molto diverso. Per verità, alle sezioni colorate coll’ emallume , queste cellule ap- paiono pochissimo tinte in confronto delle periferiche , le quali hanno attorno al centro una larga zona di granuli intensamente violetti. Que- ste cellule pallide , trattate a fresco coll’ acido osmico mostrano aleu- ‘ne grosse gocciole nero - brune di grasso , entro vacuoli e tra questi molti più piccoli granuli rotondeggianti od ovali, affatto ialini ed in- colori. Nelle sezioni, coll’emallume cosifatti granuli si mantengono ineolori ed ineolore pure una zona di granuli conformi, ma molto stipati, che cir- conda il nucleo. Il nueleo stesso porta una o due grosse gocciole rotonde od ovali di una sostanza che ha un colore olivastro. Qualche minuto granulo, leggermente olivastro-violetto, si trova verso la periferia della cellula (fig. 85). Nelle colorazioni col metodo Heidenhain, si vede che la zona di granuli attorno al nueleo si mantiene incolora, mentre i granuli più di- stanti dal nucleo stesso si tingono gagliardamente in nero intensissimo0, come nere affatto riescono le guttule nell’ interno del nucleo (fig. 84). IIS NI ANTONIO BERLESE 189 Intanto si vede che il plasma fuoriuscito dal mesenteron e coagulato attorno alle cellule è sempre incoloro, con l'uno o con l’altro dei detti metodi. Per quella affezione ehe io ho alla mia ipotesi (a parte 1’ appoggio che le viene ancora da antorità in materia di citologia) mediante la quale io attribuisco al nueleo la produzione di sostanze elaboranti e ri- tengo che gli albuminoidi elaborati si tingano in nero col metodo Hei- denhain anche più tenacemente della nueleina e ehe le albumine inso- lubili non si tingano affatto, da poichè dal mesenteron veggo stravasato plasma non tingibile e diffuso nelle cavità del corpo attorno alle cellule seri ed in queste le parvenze suddette, concludo volentieri quanto segue: Im questo momento dalla ultima ingestione di cibo stravasa nella cavità viscerale del plasma non elaborato ed è raccolto avidamente dalle cellule prossime al tubo digerente, le quali intanto espellono i gra- nuli tingibili coll’emallume, dei quali esse erano, come si vide nel caso precedente, molto cariche. Il plasma così raccolto si dispone in sferule attorno al nucleo e man mano che esso ne è elaborato guadagna la pe- riferia per fuoriuscire. Le cellule adipose periferiche, invece, sono più tardive a questo la- voro, non avendo alla portata la materia prima e perciò sono tuttavia cariche dei granuli albuminoidi pertinenti ancora al periodo larvale di larva attiva. Adunque anche in questo insetto si avrebbe una digestione intra- cellulare, affatto analoga a quella che si vide già nelle mosche, almeno per questa sua parte. Le dimensioni delle cellule non sono variate dallo stato di larva matura, ma esse ormai si liberano luna dall’altra e si isolano ciascuna a se. Quanto al plasma che deriva dal mesenteron esso proviene non solo dalla ultima grande ingestione, ma aneora ed in maggiore quantità dalla dissoluzione di tutto il vistoso epitelio del mesenteron, la quale disso- luzione comincia col distacco dell'epitelio stesso, appena la larva si vuota degli eserementi e si dispone a fissarsi, ed aumenta poi in seguito fino nella ninfa anche avanzata. Questo plasma derivato dalla dissoluzione delle cellule anzidette non è elaborato dall’ epitelio nuovo (imaginale) che, come è noto, non ha attività digestive durante la ninfosi, ma passa inalterato all’ esterno e come tale esso si compone di albuminoidi insolubili, e deve essere ela- borato per tornare utile all’organismo, assieme a tutto quello che deriva lla dissoluzione dei muscoli, delle grosse salivari (sericipare) ete. 190 FENOMENI NELLA NINFOSI Larva che si dispone alla muta. Questa sta per gettare la spo- glia. Quindi deve essere di un giorno posteriore alla precedente. Non veggo che un maggior numero di granuli albuminoidi nell’in- terno delle cellule circostanti il mesenteron. Ninfa appena fatta. Io richiamo tutta 1’ attenzione di chi si 0C- cupa di questi studi e legge il presente scritto, su quelle parvenze che indica la ninfa di Pieris da appena fatta fino alla sua trasformazione ; Fig. dA Sezione trasversa di una ninfa giovanissima di Pieris Brassicae (se- zione addominale alla base). A', A” ali; D dorso; Vn ventre; Z zampe; V vaso. Gr distale; Grp. grasso prossimale Se seritterii in disfacimento; pl piasma granuloso oli; tr trachee; M mesenteron; Epl epitelio; ; MM mu larvale del mesenteron; nv sistema salva in adulto. Queste parvenze sono così salienti e dimostrative che discusse a fondo e bene non possono non dar ragione a molte delle vedute da me messe innanzi, assai meglio delle due specie di lepidotteri che stu- ANTONIO BERLESE 191 dierò più innanzi e che dimostrano ben poca cosa rispetto ai più im- portanti fenomeni. Tessuto adiposo. Ho detto che nella forma precedente due maniere di contenuto cellulare si rendono evidenti, l'una è di quelle cellule che circondano il mesenteron e vi si addossano (prossimali), l’altra è delle altre periferiche nel corpo (distali), alle quali non perviene il plasma stravasato dal mesenteron e derivato dalla dissoluzione dell’epitelio lar- vale del mesenteron stesso. Ora, fino nella ninfa appena fatta e più in quella di otto giorni si vede assai chiaramente che lo strato di cellule prossimali mostra gli elementi carichi di prodotti uriei in forma di minutissimi granuli sfe- rici, in grande quantità raccolti attorno al nueleo. Questa parvenza è così vivace che anche a piccolissimo ingrandimento si fa manifesta e tosto impressiona. Invece le cellule distali non hanno prodotti urici, ma solo globuli grossetti albuminoidi in molta abbondanza, attornianti il nucleo e che si tingono gagliardamente coll’ emallume. Ordunque per queste cellule poco è mutato in confronto delle stesse cose vedute nella larva e quindi più non ce ne occuperemo, dicendo però che le cellule periferiche o distali (fig. 44 G+d.) hanno contenuto albuminoide larvale, cioè panta da un periodo in cui la larva è libera e si locomuove (fig. Ma A alte cellule prossimali, si vede che di queste le più vicine al mesenteron (fig. 44 Grp. cellule con macchia nera centrale) contengono solo prodotti urici (oltre al grasso) raccolti in grandissima quantità attorno al nucleo, che offuscano e nascondono e lasciano liberi appena appena i vacuoli per sede del grasso. Adunque in queste cellule ormai è finita del tutto l’opera digestiva ed essa è stata completa poichè non vi sono più globuli albuminoidi non elaborati ed ancora è stata molto protratta ed attiva poichè molto abbondante è il deposito urico. er intenderci chiamiamo prossimali intime queste cellule (fig. 89). Esaminando quelle alquanto esterne a queste si vede che esse (fig. 88) hanno una minore quantità di prodotti urici attorno al nucleo ed alla periferia, fra i vacuoli contengono ancora molti globuli albuminoidi tin- ibili dall’emallume e pellueidi affatto. Adunque in queste la digestione è stata meno attiva ovverosia è tuttavia in corso, come cominciata di poi, che non nello strato intimo ed ancora perdura. Chiamiamo queste cellule prossimali medie (fig. 44 Grp. cellule con punto nero mediano minore). Finalmente lo strato assolutamente esterno (fig. 87) delle cellule attorno al mesenteron non mostra prodotti urici sensibili attorno al nueleo, ma solo molti globuli albuminoidi incolori o poco colorabili, affatto come si vide 192 FENOMENI NELLA NINFOSI in tutte le cellule attorno al mesenteron nello stato precedente (fig. 44 Grp. cellule esterne con piccolissimo punto nero centrale). sservo inoltre che le dimensioni del nucleo seemano dalle cellule intime alle esterne. Avverto però che tutte queste modificazioni nella. natura del contenuto di queste cellule sono graduali dall’ uno all’ altro strato e non saltuarie. Da tutto ciò si conclude quanto segue : Le cellule periferiche (distali) (fig. 86) non mostrano traccia di dige- stione intracellulare poichè non mostrano ma? prodotti urici residuali del- l’opera digestiva. Esse adunque hanno sempre contenuto di globuli di origine larvale. Dal fatto che essi sono ormai solubili (reazione Hei- denhain) si conclude che i globuli depositati nelle cellule durante il pe- riodo larvale, (larva locomobile da metà circa del suo sviluppo fino a maturanza) sono tutti di sostanza ormai elaborata e quindi sono peptoni che procedono come tali dall’intestino. Ma cessata Vattività digestiva dell’intestino e ciò col finire del pe- riodo larvale, il contenuto dell’intestino medesimo, sia esso derivato dal- l’ultima grande ingestione di cibo oppure dallo sfacelo dell’epitelio lar- rale del mesenteron, questo contenuto, risultante di albuminoidi inso- lubili stravasa nella cavità viscerale ed è raccolto dalle cellule adipose prossimali, le quali lo elaborano con digestione intracellulare, come si vede chiaramente dai residui urici abbandonati nelle cellule stesse. Si vede inoltre che prime a cominciare questa opera sono le cel lule più vicine al mesenteron, ultime le più discoste. Col lavoro digestivo il nucleo delle cellule si riduce di volume e men- tre esso è grande durante il colmo dell’ attività digestiva (fig. 87) sce- ma in processo di questa ed è molto diminuito colla digestione compiuta. Qui avverto ancora la evidenza di questo residuo urico dalla atti- vità digestiva e per me direi subito dalla chimica della digestione più che dalla biochimica della cellula. Nelle Pieris in cui (come in tutti i lepidotteri) poca cosa è il plasma che deriva dalla distruzione dei muscoli, la digestione intracellulare è confinata alle cellule più vicine agli organi maggiori in via di dissolu- zione. Questi lepidotteri danno adunque un ben dimostrativo esempio di tutto il processo, quale si è già riconosciuto nei ditteri superiori, per quanto essendo molto minori i globuli albuminoidi contenuti nelle cel- lule ed i residui urici molto meno bene o punto si possono seguire le singolari modificazioni nella composizione dei globuli già vedute nei ditteri. Osservo inoltre che mentre nei ditteri non si sono potuti riscon- trare residui uriei solidi dipendenti dalla digestione intracellulare e que- ANTONIO BERLESE 193 sto solo fatto mancava alla precisa identità di funzioni tra il tessuto adiposo larvale (degli insetti metab.) durante la ninfosi e le cellule del- l’epitelio del mesenteron nella maggior parte degli aracnidi, invece in questa Pieris, meglio che negli altri Lepidotteri, anche questa ultima ca- gione di affinità, anzi di identità nei processi e nelle sostanze contenute nelle cellule digerenti è del tutto messa in vista. Ninfa nei giorni successivi. Ho esaminato ninfe a varii giorni del loro sviluppo ma non ho trovato differenze generiche con questa ninfa appena fatta e solo di grado nella massa dei prodotti urici intracellu- lari. L’epitelio del mesenteron larvale impiega molto tempo a dissol- versi e per tutto questo tempo le parvenze delle cellule adipose sono sempre le stesse. Adulto. Il contenuto del tessuto adiposo non muta neppure nel- l’adulto nato di recente, solo le masse adipose sono più stipate dai di- versi organi, però i depositi urici digradano come nella ninfa dal centro del corpo alla periferia. Noto però che le cellule sembrano contenere molto minor numero di granuli albuminoidi che per lo innanzi non avessero in se. Ssericaria Mori Non ostante le notabili dimensioni del Baco da seta, pure per la facilità di avere l’insetto in tutti i suoi stati e momenti di vita, preci- samente definiti, mì hanno consigliato di rivolgervi la mia attenzione, come a tipo dei Maccolepidotari notturni. D'altro canto se le dimensioni vistose riescono abbastanza incomode nelle forme avanzate, poichè impediscono l’esame complessivo o lo ren- dono difficile, pure sono ben vantaggiose nello studio delle prime fasi larvali, avendo a che fare con insettini abbastanza grossetti per poter essere sezionati e divisi al mierotomo (figg. Così è che ho potuto assai agevolmente procurarmi eccellenti sezioni del bacolino neonato e di quà in poi, averne di intere, per tutto il corpo, fino quasi alla terza muta. Baco neonato. Lo studio del bacolino di recente schiuso dall’uovo assai mi premeva, poichè io avevo desiderio di controllare le osserva- zioni seguite nella larva di Pieriîs appena uscita dall’uovo e della quale si è già detto, che tenderebbero a dimostrare , originarsi i primi am- massi adiposi dai leucociti allora vaganti nel corpo. Però ho dovuto subito riconoscere che in ciò il Baco da seta è più innanzi che non sia la larva di Pieris quando nasce; ossia, in altri termini, il bacolino schiu- de in uno stato, quanto al progresso del suo tessuto adiposo, che per la Pieris è raggiunto solo dopo qualche giorno (tessuto adip. figg. 90, 91, 93). ; 13 194 FENOMENI NELLA NINFOSI Ciò non ostante le osservazioni che ho condotte in regioni dove il tessuto adiposo non era per anco bene esteso e formato, contribuiscono gagliardamente ad affermare appunto questa sua origine da elementi me- ; sodermali vaganti, ossia dai leucociti comuni. 0: Ho dovuto intanto, anche per questa specie, rintracciare il leucocita tipico, ma ne ho trovati assai meno che non nella Pieris e ciò confer- ma quanto sopra ho esposto. Intanto, mentre nella regione PI il tessuto grasso è già esteso notabilmente e riunito in falde od in un reticolato pressochè continuo, ancora, invece, nelle regioni del capo-libere da muscoli ed altri organi, si va formando e così pure nelle estreme zampe, sieno esse vere o false, certo più nelle prime che sono più lunghe che non nelle seconde. Adunque, il tessuto adiposo è bene avanzato attorno al tubo dige- rente, o meglio attorno al mesenteron e quanto più da questa parte del- l’intestino ci si scosta verso organi distali, tanto meno avanzato è il tessuto adiposo e più facilmente si può riconoscerne la origine dai leucociti. Per avere cognizione del leucocita tipico, io ho dovuto ancora ri- correre all’esame delle fasi posteriori, nelle quali, compiuto ormai il pa- nicolo adiposo, gli elementi liberi possono essere considerati come leu- cociti senza più, essendo tuttavia discosto il tempo nel quale sorgeran- no i nuovi muscoli immaginali. Adunque è di questi così fatti elementi, meno rari di poi, che io ho fatto ricerca anche nel bacolino neonato. Per verità è bene rintracciare qualche vano abbastanza esteso fra gli organi, per aver comodità di veder bene liberi gli elementi in di- scorso, ma a mezzo il corpo, tutto il tubo digerente comprime così gli organi circostanti, che nelle sezioni appare solo uno stipato ammasso di muscoli, grasso, trachee, ghiandole, compreso tra le pareti del tubo digerente e quelle del corpo. Meglio si può vedere nelle zampe verso l’apice e nel capo, particolarmente sopra la faringe e nelle labbra. Quivi si vedono ammassi di elementi liberi, abbastanza diversi fra di loro, oltre che per le dimensioni, anche per altri caratteri notabi- lissimi. Quelli che corrispondono ai leucociti tipici, che si incontrano sem- pre nella vita larvale e se ne vengono col sangue pungendo un baco più grossetto , sono in poco numero e liberi affatto od in contatto con altri molto diversi. Essi si presentano tutti (fig. 90 a) come rotondeggianti, È con un citoplasma molto denso, omogeneo e che si tinge assai, ed in | mezzo un nucleo rotondo molto tinto. Variano molto nelle dimensioni, poichè mentre i più piccoli misurano da 4 n. a 4,5 al massimo, quelli mezzani (a) raggiungono misure dai 7 ai 9 mill.j ve ne ha poi di mag- giori assai, ma questi è raro che mostrino il citoplasma omogeneo, bensì. ANTONIO BERLESE 195 lo fanno vedere già vacuolizzato, come è in d e questi hanno fino a 12 4. di diametro maggiore. La vacuolizzazione è più o meno accentuata, ed ho visto anche delle figure come in e (fig. 91), ciò dipende dallo stato di alterazione del leucocita verso l’elemento adiposo. Infatti, quando il citoplasma diventi vacuolizzato assai e nei va- cuoli intanto si depositino gocciole di grasso, allora non è più luogo di riconoscere il leucocita tipico, ma abbiamo già la sua modificazione avvenuta in elemento adiposo. È evidente che questa avviene accompagnata sempre da un notabile aumento in volume del citoplasma, poichè i vaemnoli, ossia le gocciole di grasso vogliono spazio. Intanto però, in modo particolare nell’ apice delle zampe e nel capo, si trovano elementi grassi ormai tipici, liberi tuttavia ed in numero assai grande, ma con dimensioni le più variate. a fig. 91, mostra elementi adiposi liberi, che si trovano nel capo e nelle zampe e ve ne ha taluni, in minor numero, assai piccoli (e); e questi misurano a mala pena da 4 a 5 {..; altri, assai più comuni (d) pos- siedono dimensioni mezzane, che si aggirano fra i 9 ed i 10 y. di diame- tro. Sono, per lo più sferoidali ed avvicinati fra loro in grandi am- massi. Più rari sono elementi più vistosi, liberi e sferici, come quelli segnati a fig. 93, f, che misurano circa 17 p. di diametro, e che corrispondono, per le loro dimensioni a quegli elementi ormai saldati assieme che for- mano le catenelle, i lembi e le falde (g) del tessuto grasso dovunque altrove nel corpo. Queste catenelle o lembi, non possono essere misu- rati, avendo le forme più svariate, ma sono, per lo più ammassi lineari, larghi da 18 a 20 1.; però anastomizzano fra loro molto complicatamente. È lecito ritenere che i leucociti piccoli, quali ho indicato in @ (90) dieno luogo ad elementi grassi mezzani, di 9 p.. circa di diametro, e che quelli segnati in f (93) derivino dai leucociti più grossi; ma i minimi ele- menti grassi, figurati in c (91) non so bene da quali leucociti derivino, poi- chè non ne ho veduto di abbastanza piceoli per congetturarne la paren- tela colle piccolissime cellule adipose sopraricordate. E ben vero però che queste sono poco frequenti, e che lo stadio del baco, del quale di- | scorro è avanzato ormai quanto ad origine del tessuto adiposo. Certo durante la vita embrionale si dovrebbe studiare meglio la origine stessa. Però, confesso che allorquando io potei avere dei bacolini neonati, sal 20 e le loro sezioni sotto al microscopio, erano ormai trascorsi stanza giorni dalla schiusa della larva, perchè io potessi più spe- rare di trovare uova non ancora dischiuse ed ho così perduta l’ occa- sione di partire da più ue er queste ricerche. 196 FENOMENI NELLA NINFOSI Intanto per le stesse ragioni non ho potuto afferrare quel momento importante della vita giovanissima larvale, in cui i leucociti veri sono in preda a moltiplicazione vivace e molto comuni sono le figure mito- tiche, appunto come si è potuto invece constatare per la Pieris sopra- ricordata. Giova affermare intanto che il solo contenuto delle cellule adipose d in questa epoca sono gocciole di grasso, che scompaiono, come si può ben eredere, colle manipolazioni precedenti il taglio al mierotomo, ma null’altro hanno inglobato e conservato le cellule medesime. aco in muta (primo sonno). Potevo ben credere che da par- te del tessuto adiposo non avrebbero dovuto essere notevoli o tam- poco sensibili le variazioni nella struttura sua durante il periodo di muta, ma questo io ho voluto vedere davvicino, considerando che altre modificazioni in altri organi e sistemi avrebbero potuto riescire degne di rilievo, nè ho dovuto ricredermi, poichè alcune variazioni io conobbi già ad altri note, ma che intanto appresi de visu, con soddisfazione, ed altre ne rilevai che non mi parvero accennate dagli autori. Perciò de- scrivo quello che mi occorre di rilevare in questo baco dormiente del x primo sonno. La parte principale all’esuviamento ed alla formazione della nuova cuticola è riserbata, come bene si comprende, all’ ipoderma, però se per quello che riguarda la formazione della nuova cuticola, esso solo vi ha parte colla sua secrezione, per quel che si riferisce all’ esuvia- ; mento, come atto, o meglio al distacco dell’ipoderma dalla antica cuti- u. cola, Copa in gioco altri elementi ed altre attività. la parte che vi prendono le cellule glaudulari delle mute, colle secrezioni e di liquido contenente prodotti urici. La teoria è che il baco, costretto cogli organi suoi entro troppo ristretto involucro, deve cessare dal cibarsi ed anzi vuotare |’ intestino per scemare la pressione degli organi stessi. Intanto le cellule anzidette stravasano il loro segreto , che serve a distaccare la cuticola vecchia dalla nuova e tra le due si interpone. Ma io eredo che entri in gioco un’altra attività, giacchè, anche durante le mute, la cuticola esteriore non è mai soverchiamente tesa come lo vorrebbe il caso quando il solo liquido sottostante dovesse colla pressione sugli organi interni e sulla vecchia cuticola, staccare questa da quelli, poiehè è convenuto che il baco stia a disagio entro la vecchia spoglia od altrimenti parlando la prema dal di dentro quanto più è possibile; adunque vi dovrebbe essere massima costrizione possibile degli organi interni e massima possibile distensione della cuticola vecchia, e siecome questa cede più agevol- mente dei primi, essa dovrebbe essere ben turgida e poco stipati invece | Li * | È at tata ar alia ee eo at A O ANTONIO BERLESF 197 gli organi rimanenti. Invece la cosa è de to inve deve aver luogo un’altra attività . e dirt Nigel asti Adunque dell’aspetto che assume l’ipoderma nà dea a dea PRON “ancora sola virtù del liquido intercuticolare > me ar nego: gene ie , puo essere spiegato, nè quello che assume la membrana basale, come dirò tosto. Io avevo sempre notati l si are e tn ‘at è la membrana RA Pergine ANI i ci per pio pig di sotto dell’ipoderma tra ( “ > la ci # ran s i 5a PRAIA ne , questo e la cavità viscerale, modifica il suo songo le modo molto apprezzabile, a seconda di circostanze diverse. Infatti, mentre nelle larve in piena attività o negli adulti, la membrana basale è così tenue che male si afferra all’occhio, ed inol- tre essa segue serupolorosa- mente le accidentalità dell’i- poderma ed a questo si ad- dossa strettamente, invece, durante le mute e per molta parte dello stato ninfale o per tutta, a seconda delle specie e delle regioni del corpo, la membrana basale è così spes- sa che assai bene si riconosce all’ esame ed appare nelle sezioni come una linea molto marcata. Inoltre, in queste circostanze, essa non segue affatto le accidentalità del- l’ipoderma, secondo una li- nea presso a poco parallela alla cuticola, ma si dispone per linee rette, che figurano Lisi sii Fig. 45 a cuticola. vecchia; d cellule ipodermiche; c membrana basale; d secrezione nuova (gocciole ano per cuticola nuova; a si aneo di insetto in piena attività; 8, lo stesso in un’ insetto che sta mu- landosi; C porzione di 8 più ingrandita. corde degli archi, più o me- no irregolari, segnati dalla cuticola. La annessa figura schematica mostra bene il fatto. Io ho cercato di indagare le ragioni di questo fatto meccanico, mediante il quale viene così notevolmente a scemare la su- perficie tutta della membrana basale. Si può sospettare, al primo pensiero, che la contrazione dei muscoli 198 FENOMENI NELLA NINFOSI insieme col liquido delle ghiandole delle mute, determinino il restringi- mento di tutto lo strato cuticolare, e conseguentemente il distacco della cuticola vecchia dall’ipoderma, e quindi la contrazione della membrana basale, ma due fatti si oppongono recisamente a questo modo di vede- re, per quanto i muscoli si mostrino in effetto molto contratti. Primie- ramente la maggiore contrazione dovrebbe avvenire nelle regioni oecu- pate dai tendini, mentre ciò non è, ed anzi il muscolo, per quanto con- tratto fa da cuscinetto ad una ulteriore retrazione dello strato ipoder- mico. La trazione maggiore della membrana basale si osserva invece appunto là dove, sotto, non sono altri organi o tessuti, come grasso, muscoli ete. che possano impedire alla membrana basale di contrarsi del tutto, disponendosi a superficie piana. Perciò, ad es. nel capo, dove non sono i grossi muscoli delle parti boccali, od il ganglio ete., come si può vedere nel labbro inferiore e nel superiore, od anche nel clipeo (dove non si inseriscono i dilatatori della faringe), la contrazione della basale è completa, così che essa assume una linea retta e talora, quella di una faccia, ad es. dorsale, viene a contatto coll’opposta. er ciò poi, che si riferisce al liquido intercuticolare delle mute io ho già avvertito come esso non possa affatto determinare questa par- ticolare contrazione della membrana basale. Adunque la contrazione della membrana basale è indipendente de; quella dei muscoli. Se altrimenti fosse, la membrana basale non avrebbe ragione di non seguire le cellule ipodermali nelle loro flessioni a ridosso della cuticola e quindi a questa decorrerebbe sempre parallela, specialmente dove non sono muscoli, nè avrebbe ragione di ispessire tanto da divenire visibile bene all’osservatore. Invece, accordando alla membrana basale una sensibile elasticità, tutto il fenomeno è meglio spiegato, poichè si comprende bene la sua disposizione piana in eonfronto di quella accidentata dell’ ipoderma ed ancora il suo aumentato spessore, scemando la superficie ed ancora la evidente trazione sulle cellule ipodermali, che diventano, nella loro parte rivolta all’interno, addirittura filiformi e stirate per lungo .in modo molto cospicuo, nelle più alte grinze dell’ipoderna (fig. 45, 8, C). - ra a permettere che la membrana basale eserciti la sua contra zione è necessario che diminuisca il volume degli organi in essa con- tenuti e che la distendono. Infatti ciò avviene sempre, e sia nelle mute larvali, sia in quelle da larva a ninfa, succede primieramente che l’intestino si vuota del tut- to o pressochè del tutto ed il corpo scema assai di volume e specialmente quindi il contenuto della basale (vedi quello che insegna la fig. ASI TR LE RS a ir: ZA EE RR ALOE RENI SRI ET, n ì is ho si x Ù MM. Fix iti, ANTONIO BERLESE 199 Ora, se ciò avviene quando le mute sieno discoste, e la cuticola vecchia non sia trattenuta da liquido interceuticolare sottostante e non abbia tendenza ad indu- rirsi e diventare poco flessibile, allora essa se- gue la contrazione di tutto quanto contiene e l’insetto così non fa che scemare di volume, ma se la euticola stessa in- durisce e diventa infles- A Sibile (come nello stato ninfale di mosca, come è nel esipo di molte lar- ve ete.) e trovi ancora liquido sotto a se, al- lora essa deve per forza staccarsi dal sottostante ipoderma che è stirato dalla membrana basale condo | unito schema (fie. 47). Gli insetti adulti, suppliscono alla defi- cienza di cibo nell’ in- testino, col distendere il corpo dall'interno in- troducendovi aria, e con 3 ciò l adulto può riu- È seire assai più . volumi- nile ae noso della sua ninfa. caria i trasverse. A di i STA B n di ta larva sa si giorno di bozzolo atte r l'agoni: Di leggieri pi si I nente ingrandite. M mesenteron; Z zampe; gs, gs se- prende che la maggior. «a tei tr 7_trachee; e; pr peritrofica; m muscoli; g grasso; contrazione e più sen 4 B vi asdia) Tarvalò del mesenteron; ep ibil "A iva. Male : î o sia aianie: in membrana basale; i ipoderma nin. sibile sl Osserv ; cn cuticol vafiraensiy cl cuticola larvale; (nel resto regioni del corpo. che. — srmedinie. sono meglio rivestite di cuticola più resistente e quindi meno flessibile, come è ad es. nel nel capo. della maggior parte delle larve molli ete. a ani le cui larve 200 FENOMENI NELLA NINFOSI tutte molli, non possono raccogliersi in pupa che allorquando la pelle larvale è notabilmente indurita, nè più cede all’azione degli stiramenti interni, ma siccome dapprima le larve molto si contraggono, così poco sensibile è l’allungamento delle cellule ipodermali ece. Fig. 47 Schemi. c cuticola; ip ipoderma; m& coprazicia ders en cuticola nuova; i intestino; pl plasma nella cavità viscerale, cre non in muta; € insetto in muta; / liquido. Ora, si comprende facilmente che le cellule ipodermali sono costrette a mutare di forma, poichè dove prima si trovavano distese, molto larghe e poco alte, ora, dovendosi disporre in più ritretto spazio, stirate dal di dentro dalla membrana basale ed al di fuori dagli archi elevati che fa la loro superficie esteriore e dalla nuova cuticola, si allungano in senso perpendicolare all’asse longitudinale del corpo e ciò in modo rilevantis- simo, così che all'apice interno diventano perfino filiformi. Ciò si vede ANTONIO BERLESE 201 nella figura 46 che mostra una larva in muta ed in quella 47 db, che fa vedere una larva che si stacca dalla pelle, ma per divenire ninfa. Ora, nel baco che ho sott'occhio e di cui qui parlo, veggo la mas- sima contrazione nelle pareti ipodermali del capo, delle zampe e dell’e- stremo corpo, essendo essa assai minore nel resto del corpo, ma però quivi, le cellule sono sempre assai più alte che non nello stato or- dinario. L’intestino, infatti, è vuoto di cibo, ma non d’altra cosa nè del tutto, poichè vi veggo entro un liquido tenue che lo tiene tuttavia abbastanza disteso. Fra le cellule dell’ipoderma, non è, intanto, difficile riscontrarne parecchie in atto di moltiplicare per via cariocinetica. I muscoli, specialmente quelli trasversi, come sono i motori delle mandibole e mascelle, si trovano molto contratti. Quanto al tubo digerente, anche quando io non volessi rimandare puramente il lettore a quello che con molta diffusione e competenza ne ha detto il Verson, nelle sue belle memorie sullo sviluppo postembrio- nale di questo sistema, non sarebbe qui il caso di parlarne di più, ri- serbandomi di trattarne a suo luogo, assieme ad osservazioni che sul medesimo soggetto si riferiscono a molti altri insetti. Avverto solo che io veggo i malpighiani, per la massima parte loro, assai dilatati e tutti stipatamente ripieni di minuti cristalli o conerezioni cristalline che sieno, allungate, bacilliformi, almeno quattro o cinque volte più lunghe che larghe, le quali non sembrano attenuate all’estremità e che nell’insieme hanno una tinta leggermente giallastra, ma vedute a specchietto arro- Vesciato si mostrano in una massa candidissima. i Tessuto adiposo (e leucociti). Il tessuto adiposo intanto, dallo stadio di bacolino neonato ad ora, ha acquistato un apprezzabile ineremento, del resto più nelle dimensioni degli elementi che nel loro numero. La fig. 94 mostra che le masse adipose (#) pur avendo lo stesso gene- rale aspetto di quelle vedute nel primo momento di vita libera del baco, sono però di dimensioni almeno doppie in diametro e d’altrettanto sono cresciuti i loro nuclei; quanto a numero e distribuzione delle masse adipose medesime io non veggo differenza da quanto si è già rilevato a proposito dello stadio precedente. Neppure ora si notano altre inelu- sioni negli elementi adiposi che non sieno di grasso soltanto. to ai leucociti, che pure ho disegnato in a, è notabile la scarsità e picciolezza degli elementi vacuolizzati (e), che sono ormai rari e minutissimi, e corrispondono del tutto a quelli segnati in e nella figura 91 che si riferisce al baco neonato. Non troppo rare sono figure mitotiche in questi elementi (c’). 202 FENOMENI NELLA NINFOSI Ma molto più abbondanti che per lo innanzi sono i leucociti tipici (a), per dimensioni non molto diversi da quelli già visti, ma ancora abbastanza comuni si ineontrano certi grossi lencociti (m), sferici a pun- tino, che pur avendo i caratteri e l'aspetto dei minori, li superano almeno tre volte in diametro e non trovano riscontro in alcun elemento del bacolino neonato, poichè eguagliano le dimensioni (17-20 p. ) dei più grossi, già vacuolizzati però, del giovanissimo baeolino. Vedremo che questi elementi così varii, pure nella stessa proporzione e negli stessi aspetti si conservano nel baco fino ad età molto avanzata. Io ho ancora avuto occasione di esaminare serupolosamente il baco nel periodo tra il 1° ed il 2° sonno ed ancora quello che in quest’ultimo stadio si trova, senza però poter rilevare modificazioni del tessuto adi- poso così cospicue da meritare che se ne faccia cenno speciale. Solo qualehe differenza dagli stati precedenti si manifesta più tardi. i recente mutato per la seconda volta. Una abbastanza | sensibile modificazione si osserva dall’ultimo periodo descritto, non già nelle dimensioni delle masse, ma in quelle, piuttosto, dei nuelei, che sono di poco cresciuti in confronto di quanto si è veduto nel baco dormiente della 1.* oltre, le gocciole di grasso sono divenute assai maggiori, ma lasciano molto spazio al citoplasma interpostovi, e quivi il citoplasma stesso si dispone in fitto reticolo, specialmente attorno ai nuclei. La fig. 95 mostra ciò benissimo. Baco dormiente della 3.* Ora i singoli elementi cellulari sono, lun dall'altro, benissimo distinti e formano cellule vistosette, poliedriche, aventi un nucleo assai ben grosso, rotondo od ovale e che non ha meno di 10-12 pi. in media di diametro. Il citoplasma all’intorno si dispone in reticolato denso, nelle cui maglie si comprendono le guttule di grasso, ma la reticolazione è molto uniforme e senza larghi vacuoli (fig. 96). uesto momento è bene degno di studio per le moltissime figure. mitotiche ed assai belle ehe si incontrano nel tessuto adiposo. Le cellule il cui nucleo è in divisione indiretta sono abbondantissime ed è la prima, volta che io le incontro ed in tal numero le veggo nella vita del baco. Baco che sta per mutarsi la 4° volta (fig. 97). Assai mostrano di essere aumentate le dimensioni delle cellule adipose. I nuclei giungono a 16 fino a 20p e le cellule che li contengono sono grandi. Pure esse hanno assai ampi vacuoli sferici, ma non più di uno o due per ciasei- na. In questi vacuoli sta il grasso ed il citoplasma attorno si tinge in violetto debolmente e mostra una reticolazione fitta ed uniforme. I nt clei, se non sono stipati dalle gocciole di grasso, si mostrano ovali 0 sferici, e la mueleina è in abbondanza e disposta in granulazioni fitte assai e minutissime, TANTO re aio ANTONIO BERLESE 203 Tutte queste masse adipose si veggono bene essere circondate cia- scuna da una membranella esilissima. Baco in muta la quarta volta. La dimensione delle cellule adipose e dei nuelei è notevolmente aumentata. Però meno stipata è la nuelei- na nei nuclei. Io dunque rilevo che durante le mute, non solo il nueleo ridiventa sferico a puntino, ma ancora la nueleina si dispone veramente a nastro e rado assai in confronto della massa stipata di punteggiature che mostra fra una muta e Valtra. Così si vide essere anche per le mute precedenti. Questa volta però, i nuelei in moltiplicazione, pur non essendo rari, non sono a gran pezza così comuni come si sono detti durante la terza muta. Ma certo il numero delle cellule è di molto aumentato nelle masse, di guisa che esse cellule stanno molto stipate ed allungate nel senso trasverso della massa adiposa. Quanto al contenuto delle cellule si vede che il grasso vi è più scarso che per lo innanzi non fosse e non si veggono più grandi va- cuoli, ma pochi e modesti. Di qui si comprende che il grasso tende a scomparire dalle cellule adipose. Baco maturo. La figura (98) mostra chiaramente le modificazioni avvenute nelle cellule adipose, poichè si vede che il grasso, almeno quello in gocciole grosse, è scomparso, e le cellule stesse hanno il cito- plasma loro tutto fittamente reticolato e denso. Il nucleo , ovale, è al solito riempito, molto stipatamente, dalla nueleina, con aspetto di punti minutissimi. Il citoplasma attorno al nucleo mostra delle trabecule molto colorabili e che abbracciano vani poligonali o rotondeggianti, abbastanza ampi ed uniformi per dimensioni, ma poco più in là le trabercule sono meno tinte e più fitte e circoserivono areole rotonde. L'ultima zona in vicinanza al limite estremo della cellula sembra composta di citoplasma omogeneo, senza trabecule pur minute. Manca qualsiasi sorta di inclusioni in queste cellule. Osservo final- mente che il tessuto adiposo è in quantità modesta, in queste larve, a confronto di quelle di molte altre specie anche fra i lepidotteri stessi. Baco nel 1° giorno in che fila (fig. 99). Considerando le cellule del tessuto adiposo del baco nel 1° giorno nel quale attende alla co- struzione del bozzolo, si: vedono, assai chiaramente, depositati ormai minutissimi, ma pur percettibili, granuli entro le cellule adipose. Il eito- Plasma mostra una trama assai rada, anzi questa appena di riconosce nelle sue maggiori trabecule ed è appunto lungo queste, che compren- dono larghi vacuoli, che vanno depositandosi i granuli minutissimi an- 204 FENOMENI NELLA NINFOSI zidetti. Questi sono tutti ineolori e così piccoli che appena si afferrano coll’ obbiettivo ad immersione, pure nel loro complesso sono molto appariscenti. Il nucleo comunemente è ovale, con nueleina non troppo fitta e mi- sura circa 16 p. nel suo maggior diametro, le cellule poi sono in gene- rale grandette, poichè le calcolo da 50 a 60 | nella loro maggiore lun- ghezza. Adunque nel baco che comincia a filare ha principio la deposizione di albuminoidi nel tessuto adiposo e non prima. he fila da due giorni. Osservo una riduzione nelle dimen- sioni delle cellule e soprattutto del nucleo ed un aumento in grossezza, se non in numero, dei granuli deposti nelle cellule (fig. 100). Si vede assai bene un plasma grossamente granuloso, il quale eir- conda gli ammassi di cellule adipose e lo si vede addossato e quasi at- tirato dall’orlo libero delle cellule stesse ed io dico inteso a penetrare in queste ultime. Il nueleo è ridotto ad un diametro pressochè pari a metà di quello che era nel giorno precedente e la nucleina sua è molto stipata in gra- nuli fitti. I vacuoli pel grasso male ormai si rivelano, ma sono limitati certa- mente da linee nelle quali più ricco è il deposito di granuli albumi- noidi. Questi sono irregolarmente rotondeggianti ed alquanto più gros- setti che non si sono visti nel giorno antecedente e tutti ialini ed incolori. Rilevo adunque che da questa epoca le dimensioni delle cellule e dei nuelei accennano sensibilmente a diminuire. Baco che da tre giorni è chiuso nel bozzolo. (fig. 101). Le diffe- renze tra questo e lo stadio precedente si affermano più che altro per le di- mensioni delle cellule adipose, che sono tuttavia scemate, come appare dalle figure ed inoltre pel fatto che il numero dei granuli albuminoidi è notabil- mente cresciuto, così che tutto il citoplasma ne è fittamente ripieno. I va- cuoli sembrano scomparsi poichè molto abbondante è la quantità di granuli che tutta la cellula riempiono. Questi non sono però molto aumentati di volume e sono sempre assai piccoli. I nuelei, pur essendo rotondeg- gianti od ovali, raggiungono a mala pena un diametro eguale a metà di quello che si vide già nel baco che fila da un giorno, così che non hanno in media più di sei o sette p. di diametro massimo. Essi mostrano la nueleina molto stipata in granuli fitti. Inoltre le cellule, pur mantenendosi entro la membrana comune @ ciascuna massa adiposa, tendono a staccarsi l’una dall’altra e, dove 10 spazio lo permette, si veggono libere. Aleune anzi sono fuori uscite dalle masse adipose. Negli spazi che così restano tra cellula e cellula, ed at- ANTONIO BERLESE 205 torno alle masse adipose nei vani del corpo si vede abbondante que] coagulo granuloso che già avvertimmo negli stadi precedenti. Avverto inoltre che i granuli i quali si trovano sui confini delle masse adipose, entro le cellule, cominciano ad assumere forma sferica, sono più piccoli degli altri ed acquistano una tinta giallastro-bruna. Inoltre essi non sono pellucidi, ma a luce riflessa si mostrano opachi e bianchissimi, mentre a luce diretta rifrangono questa energicamente. Adunque si tratta di residui urici che ora soltanto cominciano ad ap- parire. , Riassumo per questo stato: cellule adipose che tendono a divenire libere l’una dall’altra, e sono scemate di volume; granuli albuminoidi nel loro interno molto abbondanti e cominciano ad apparire, dapprimo sulle cellule di confine delle masse adipose, granuli di urati in numero discreto. Ninfa di un giorno (fig. 102) Nel quarto giorno dell’inizio del bozzolo io ho trovato formata la ninfa, dapprimo bianchissima, di poi, in processo di aleune ore assumente la caratteristica tinta giallo-rossastra. In questo Stadio noto che le cellule adipose, pur conservando le dimensioni notate nello stato precedente od essendo appena più piccole, hanno minore quantità di globuli albuminoidi al loro interno, tanto che i vacuoli in cui sta il grasso riescono definiti ed al loro confine si raccolgono i gra- nuli. Questi però sono in parte ialini e bianchi, mentre abbonanti sono pure quei granuli giallastro-bruni, rifrangenti la luce ete. che definii per urati. Il loro numero adunque è aumentato, seemando invece quello dei granuli schiettamente albuminoidi. Anche le cellule adipose hanno accentuata la loro tendenza a distaccarsi Vuna dall’altra, specialmente quelle che occupano le parti centrali delle masse adipose. In questo stadio adunque : le cellule adipose sono ancora scemate di dimensioni, Si vedono più distintamente libere, hanno una minor quantità di gra- nuli albuminoidi e maggior numero invece di prodotti urici. Il nucleo loro è piecolo come nei due stadii precedenti. Ninfa nei giorni seguenti. Non ho notato altre variazioni da quanto ho avuto occasione di rilevare, nello stato del tessuto adiposo quale è nella ninfa appena fatta. i possono solo notare due cose. La prima che il plasma coagulabile attorno alle cellule adipose va gradatamente scomparendo e la seconda che diminuisce anche per gradi il numero dei granuli contenuti nelle cellule adipose. Però i granuli ialini ed incolori se ne vanno più rapi- damente, poichè il loro numero decresce più sollecitamente di quello dei minutissimi granuli giallo-bruni, molto rifrangenti la luce. ua Stompaiono essi pure nello stadio ultimo. 206 FENOMENI NELLA NINFOSI Adulto. (fig. 103) In questo stato è notabile il fatto che le cellule adipose sono tutte nuovamente riunite assieme in masse, assai bene ed in modo che i contorni delle cellule male si afferrano. Le cellule stesse mostrano grandissimi vacuoli, specialmente attorno al nucleo, occupati da solo grasso. Esse sono stipate, adunque, da grosse gocciole di s0- stanza grassa. Quanto alle dimensioni, esse sembrano non molto diverse da quelle della ninfa da tre giorni in poi, ed anche i nuelei sono eon- formi, con circa 5 a 11 p. di diametro, mentre le cellule misurano ino media da 30 a 35 p.. Il citoplasma loro è molto povero e non, contiene affatto granuli di sorta alcuna. Nemmeno si vede plasma alcuno coagu- lato attorno alle cellule o vi è ben tenue e rado. L’adulto adunque in questa specie ha utilizzato tutti i depositi al- buminoidi, del resto non abbondanti, formatisi durante lo stadio di ninfa e fuoriuscendo dal bozzolo non ha in serbo più altro, nel tessuto adi- poso, che molta sostanza grassa. Hypononeuta malinella Il Korotneff ed il Perez hanno già studiato questa specie per ciò che riguarda le modificazioni dei muscoli durante la ninfosi. L' insetto si presta bene alle ricerche di questo genere, perchè è di dimensioni modeste, può essere quindi tutto compreso in piccolo spazio e tutto in- sieme veduto, come nei suoi particolari. Siecome è facile averne in nu mero grandissimo e molti individui nella identica età, così anch’ io ho voluto vederlo. i Però, senza occuparmi dei primi stadii, per i quali forse le dimen sioni troppo piccole mi sarebbero state di ligbari azzo, mi sono limitato a considerare la larva matura e la ninfa fino all’adulto. (figg. 104- 106) Larva matura (fig. 48 A). Questa nel giorno seguente filerà il bozzolo. È notabile il ricco panicolo adiposo, il quale è molto abbon- dante attorno al tubo digerente. Si tratta di larghi ammassi cellulari, definiti perfettamente, nei quali gli elementi cellulari sono assieme strettamente aderenti e quindi conforme poliedriche (fig. 104). Può essere calcolato che le cellule misurino in media da 45 a 70 p. Ciascuna ha 0 nucleo rotondo, di 5 a 7 p. di diametro e se ne sta pressochè al centro. Tutto il citoplasma, reticolato, abbraccia molte guttule di grasso, alcune grosse quanto il nucleo, altre minori, di rado maggiori del nucleo. stesso. Del resto, nelle cellule, per quanto attentamente si guardi, non si vedono affatto inclusioni albuminoidi, nemmeno puntiformi. ANTONIO BERLESE 207 SAN YPEEROTOTEI I TETEONPE NC LANCI OOO ITELCO) VR A I, PIE TAI Vooh SA E A ma AAA Ge Z Snare ge va / ELA. LIS ei A e DL: g A (368) IRR dee n! Ng! = È o = x (Fig (Fig. ed del 1 cpranzio vosa (manc dole salivari; Br borsa fagea (ingluvie) sl ia # grazso; N conio onere x il 1° ganelio “per ge intestino posteriore; Pn pene: R retto colle ia Le altre lettere anche delle figg. Be C, vst ad A 208 FENOMENI NELLA NINFOSI Però, quantunque il tubo digerente sia tuttavia ripieno di cibo in via di digestione, pure tutta la cavità viscerale, molto dilatata, è riem- pita, fra gli organi, di abbondante plasma, il quale si coagula coi fissa- tivi ed è leggermente giallastro. In questo plasma sono impigliati gli ammassi di cellule adipose, ed anche nuotano scarsi leucociti tipici, cioè col citoplasma loro omogeneo, non vaeuolizzato, rotondi od allungati. Nessuna differenza scorgo tra le cellule adipose della parte anteriore del corpo e tutte le altre. Larva che ha filato il bozzolo (fig. 48 8). Nel giorno seguente (circa alla fine di Giugno) la larva ha compiuto il suo bozzolo, ma non è peranco mutata in ninfa. Nelle sezioni si vede che la cuticola larvale è già staccata ed entro, in minore spazio, è accolta la nuova forma che sta per diventare ninfa. I muscoli cefalici, i primi toracici e gli estremi addominali sono già in via di dissoluzione attivissima, mentre gli altri del mezzo del corpo, tuttavia si mantengono distesi e non alterati. Quanto al plasma inter- organico, esso è ormai quasi totalmente scomparso nella regione cefa- lica e toracica e nell’estremo addome, però se ne trova in abbondanza nella parte intermedia del corpo, che intanto si è alquanto accorciato ed ingrossato. Quanto alle cellule adipose esse sono diminuite alquanto di gran- dezza, poichè quelle libere anteriori, misurano 25 a 35 p. di diametro massimo, ed hanno un nueleo di p. 4-6, rotondo. Ho detto libere, in- fatti si vede subito che tutte le anteriori, cioè quelle occupanti la re- gione toracica ed i primi annelli dell’addome, ed ancora quelle che si trovano nell’estremo eorpo posteriore o nell’ultimo e penultimo anello sono staccate fra di loro, cioè libere affatto Vuna dall’altra ed ancora, per altri caratteri, diverse da quelle del terzo di mezzo del corpo stesso. Essendo libere, esse assumono forma rotondeggiante od ovale, ed hanno il nucleo nel centro (fig. 106). Il citoplasma loro è occupato da moltissimi vacuoli sferici, grandi quanto il nucleo o poco più, ma molti ve ne ha ancora di minori. In questi vacuoli risiedeva il grasso scomparso nelle preparazioni. Ma nella sostanza stessa del citoplasma sono comprese moltissime mi- nute granulazioni albuminoidi, che mi sembrano sferiche 0 sferoidali, ma sono molto piccole, delle quali, quelle attorno al nueleo si colorano abbastanza intensamente coll’emallume, e fanno quindi attorno al nucleo stesso una zona colorata, quale non si vide per lo innanzi, nè si mino nelle cellule della parte mezzana del corpo. i Le altre granulazioni comprese nel citoplasma più discosto dal nueleo, Pata at ti RONTEPETTO ANTONIO BERLESE 209 sono intingibili, ed hanno un colorito proprio pallidissimo, appena debolmente terreo. Ma le cellule adipose che stanno nella parte di mezzo dell’addome, e ne occupano circa una terza parte o più, sono tuttavia riunite in grosse masse. Anzi sembrano scomparsi i limiti stessi degli elementi cellulari, e guardando queste masse sembrerebbe si trattasse di un sin- cizio, poichè non sembrano distinguibili in cellule (fig. 105). Im queste masse i vacuoli sono molto maggiori dei nuelei, ma forse in minor nu- mero che nelle cellule libere. Intanto, tra i vacuoli, nel citoplasma, sono compresi moltissimi granuli albuminoidi, piccolissimi, però tutti in- colori o con quella tenuissima sfumatura terrea che si è indicata già per i periferici delle cellule libere. Attorno a queste masse cellulari sta moltissimo plasma, nella cavità viscerale, granuloso, denso e con una tinta pallidissima terrea. Da queste parvenze adunque si deve concludere, per 1’ //yponomeuta, che gli elementi adiposi cominciano a divenire liberi nel primo giorno di bozzolo e prima che sia formata e libera la ninfa. Inoltre, che gli elementi cellulari della parte anteriore del corpo e della posteriore sono i primi a divenire liberi, mentre nel mezzo del corpo stesso le cellule sono tuttavia riunite in masse di varie dimensioni. Quanto all’assorbimento di albuminoidi è evidente che esso è stato attivo in tutte le cellule adipose, ma tra le anteriori ed ancora fra quelle del- l'estremo corpo, esso ha condotto all’esaurimento del plasma coagulabile interorganico, mentre così non è avvenuto per la parte di mezzo del corpo. Ancora, si deve notare che nelle cellule libere è già incominciata la elaborazione degli albuminoidi ingeriti, come lo dimostrano i granuli vicini al nueleo, che ormai si tingono in violetto coll’ emallume. Nelle cellule del corpo di mezzo, l’elaborazione non è ancora iniziata. egli stadii successivi. Le cose non mutano da quello ultimo descritto, salvochè anche i granuli compresi nelle cellule del mezzo del Corpo, si tingono, se sono attorno al nucleo specialmente, in violetto, Tutti questi granuli sono poi assai piccoli e rotondeggianti, nè si pos- Sono bene misurare. Noto inoltre che, durante lo stadio di ninfa vera, le cellule, anche anteriori e posteriori, tendono a venire in contatto fra loro, senza fondersi in masse grandi, così completamente come si è detto avvenire Per le masse del corpo nel suo mezzo. La quantità di adipe è notabile e riempie esso tutti i vani abbon- dantemente. Null” altro merita di essere rilevato. 210 FENOMENI NELLA NINFOSI Adulto appena nato (fig. 48 D). Il contenuto delle cellule non varia, nè il nueleo loro, da ciò che si è visto negli stadi precedenti di ninfa e perciò non merita il conto di parlarne espressamente. Però tutte le cellule adipose, Je quali misurano in media circa 30 p. sono raccolte in masse grandette, però di metà circa minori di quelle grandissime che pure si sono viste nello stadio di larva matura. Queste masse dell’adulto sono stipate e contigue fra di loro, ovato-poligonali, lasciando poco spazio qua e là libero al plasma sanguigno e misurano, in media, da 100 a 200 p. di diametro maggiore. Tutti i vani tra gli organi sono ripieni di cellule adipose. Queste contengono molti granuli albuminoidi, come nelle ninfe e perciò questa farfalla nasce con una abbondante scorta di sostanza nutriente, immagazzinata nel tessuto grasso. Erastria scitula Io ritenevo che dall'esame di questa forma carnivora, giacchè allo stato di larva si nutre di coccidei, e che io ho trovato più volte a pre- dare i Lecanium ed i Ceroplastes, fosse per venire fuori qualche spe- ciale fatto degno di rilievo. Sono rimasto però deluso, poichè dall’ esame di larve e di ninfe nulla ho trovato che differisca, in parte degna di rilievo, da quanto ho descritto nella Hyponomeuta sopraricordata. Conclusioni relative ai Lepidotteri 1.° Il tessuto adiposo larvale si conserva anche nell’adulto. 2.° È lecito sospettare una digestione intracellulare dei depositi albuminoidi, nel seno delle cellule adipose, per parte delle cellule stesse. 3.° I prodotti urici derivati da questo lavoro sono solidi e ri- mangono in posto entro la cellula per un tempo più o meno lungo. .° La precocità dei depositi albuminoidi è inversa alla intensità della facoltà sericipara: nelle forme filanti ricco bozzolo (Sericaria) la deposizione di globuli albuminoidi nel grasso si inizia solo nella larva che fila. - 5.° Sembra che la massima parte del deposito albuminoide po- stlarvale vada attribuito al disfacimento dell’epitelio larvale del mesen- teron, delle sericipare ete. 6.° I globuli albuminoidi depositati sono sempre molto piccoli, sebbene abbondanti. Non veggo alterazione per via di pseudonuclei.

:Eeee=e=eee :Hiii:io;’ °r—re_ i GS50I8e n at e i n sà + AI) % o e Tp I e » Li ANTONIO BERLESE 215 Autore rimando i lettori quando vogliano avere di questi organi notizia più diffusa. Io debbo avvertire che si tratta di due grandissime ghian- dole a grappolo, le quali fiancheggiano, per lungo, quasi che tutto il mesenteron, del quale stanno ai lati ed al ventre. Esse risultano composte di una tasca centrale molto dilatabile, cilindrica, variamente ondulata O plicata, nella quale viene a raccogliersi la seta. A questa tasca met- tono capo, o mercè canalicoli di varia lunghezza o appoggiandosi diret- tamente, le vere ghiandole secernenti, le quali, del resto, sono unicel- lulari (figg. 49, 50 cg). Si tratta di una sola grossissima cellula, la quale mette il segreto suo direttamente nella tasca anzidetta. La cellula se- cernente può raggiungere, nella /ylotoma, da 200 a 250 p. di diametro, ed è rotondeggiante od ovale Il citoplasma si vede contenere una grandissima quantità di goceiole minute, sferiche, tutte eguali in grandezza e a tutto contatto contigue fra di loro. Altrimenti può essere detto che il citoplasma forma una reticolazione molto fitta ed uniforme, con vani sferici, in cui sta una so- stanza liquida, raccolta in gocciole. Però nella Calliroa limacina (larva matura) le cellule sericipare sono molto più piccole che non nella Hyloto- ma, poichè misurano al massimo 100 p. di diametro e di più il loro nueleo non è così lineare come si vede nella forma precedentemente descritta, ma può essere ovale, oppure raggiato, però sempre avendo un largo lume centrale in cui sta la cromatina in granuli minutissimi. Anche il citoplasma mostra una fitta reticolazione, ma una zona meno tingibile è interposta fra quella prossima al nucleo e la periferica. Del resto , anche in questa specie le cellule sericipare si tingono assai intensamente. Rilevo inoltre che la borsa la quale accoglie la seta è molto più ampia nella Calliroa che non nelle altre due specie. In quella essa è così ampia come e più del mesenteron e fa molte pliche prima di giungere allo sbocco. Adunque la speciale fabrica delle cellule sericipare nella Hylotoma corrisponde bene a quello che il Cholodkovsky vide e descrisse pel Cimbex betulae, mentre quella delle corrispondenti ima della Calliroa conviene colle figure e deserizioni date dallo stesso Autore per le cellule sericipare del Loph _ I due condotti di ciascun grappolo vanno poi a sboccare , assieme riunendosi, in un condotto unico, al solito nel labbro inferiore (#8). Catena nervosa. Essa consta di tredici gangli, dei quali il primo o sopraesofageo (9) è notevolmente na non maggiore del sottoesofa- geo, almeno nel suo diametro trasverso. Esso manda un nervo al lab- bro superiore ed altri piccoli rami altrove. 216 FENOMENI NELLA NINFOSI Il ganglio sottoesofageo (gs) supera i seguenti, quanto a dimensioni, ed è foggiato a lunga pera. Tutti gli altri, rotondeggianti od ovali, sono fra loro presso a poco eguali, quanto a dimensioni. Rilevo un sistema nervoso della vita vegetativa (nv) il quale si adagia sulla faringe sotto il sopraesofageo ed è composto di un ganglio piccolo anteriore con branche laterali, e di un filamento nervoso il quale io seguo, impari, solo per un breve tratto al di sopra dell’esofago. Vaso pulsante. Si vede assai bene nelle sezioni mediane (V) poichè ha una tunica spessa ad arricchita di fibre annulari muscolari molto stipate, sebbene non troppo alte. Fig. 51 Schemi della disposizione del peritoneo. A Schem ntrezice gli autori. V va- s0; sd setto (pericardico) dorsale o diafragma Pannonia setto o diafragma tana n sistema nervoso; td tubo digerente (Sezione pari Fig. Be C. Schemi secondo le mie affermazioni; 8 in sezione trasversa (tesi olla figura 52); C in sezione sagittale. V vaso; sd setto dorsale congiunto con sv setto ventrale in un tubulo unico; cal enon sp peri- toneo splancnico; td tubo digerente; m ventre; n ca Il tubulo incomincia al penultimo segmento, almeno io lo scorgo poco più in la ed appoggiandosi al dorso decorre tra questo ed il tubo digerente, fino all’inizio del mesenteron. Quivi però si addentra nel corpo, te jR x vi i desse. TE RE Pe n tto gg cd edi icerni i iu id tc ce ANTONIO BERLESE seguendo davvicino la curva del mesenteron e si dirige 217 al di sopra - dell’esofago, per entro il capo tino al ganglio sopraesofageo , nel qual punto finisce aperto e svasato. Cellule pericardiali. Il reticolo delle pericardiali è molto interessante ed assai si accosta a quello ehe si vede nella larva del Baco da seta. Infatto si tratta, anche per le larve di tentredinei, di ammassi cellulari CE GS > > ”- 5% e ra Fig. 52 in un solo strato, disposti, più che sotto al vaso, ai suoi lati e compresi tra le due tuniche del peritoneo. A questo punto io deb- bo di necessità riferire al- cunchè riguardo a questi involucri peritoneali. Gli autori hanno già dimostrata 1’ esistenza di un diafragma, come lo si chiama o setto cardiaco , intercalato per lungo tra il vaso ed il tubo digerente ed un altro interposto tra questo ed il sistema ner- voso. In sezione trasversa si mostra una specie di setto che decorre tra i due lati del corpo sopra e sotto il tubo digerente. Così (fi- gur. 51, .4) gli autori sche- maticamente indicano que- sti setti. Però, ben si vede, spe- cialmente dallo studio di queste larve, che le mem- brane costituenti i setti e dette impropriamente dia- fragmi sono disposte di- versamente. Ecco come stanno le cose (fig. 51 B, ©). Niuna altra specie di insetto mi è occorsa, tra quelle non poche da me esaminate, la quale meglio si presti allo larve di Zylotoma Rosae e può essere che studio del peritoneo delle altre larve di Tentredinei egualmente bene facciano vedere le stesse cose. 218 FENOMENI NELLA NINFOSI La sezione sagittale (fig. 52) dell’estremo addome, in una larva ma- tura, mostra egregiamente l’andamento del peritoneo dorsale e quello dello splanenico, ma meglio che mai si prestano le sezioni trasverse della porzione addominale compresa nel terzo posteriore (fig. 53 La fig. 53 mostra come una tenue membrana (p) la quale ha rap- porti colle tuniche del vaso dorsale (V) abbraccia largamente il mesen- teron, e se ne sta abbastanza discosta dai fianchi, così che la presenza di due diafragmi distinti, dorsale e ventrale, come è supposta dagli au- tori, non è conforme al vero. L’adagiarsi del peritoneo lungo le pareti laterali in taluni casi, quando ciò sia bene dimostrato, non implica di- scontinuità tra le due lamine della membrana, ma, invece, è assai fa- cile riconoscere esempi come il presente, assai dimostrativi, i quali con- vincono che la membrana peritoneale forma un cilindro attorno a tutto il tubo digerente, tra questo e le pareti del corpo (vedi fig. 51, C), dal capo all’estremo addome e comprende, oltre che il tubo digerente, ancora una certa parte di tessuto adiposo. Sì vedrà anzi, nei Formicaleoni e nelle larve di Coccinella che il grasso contenuto entro il peritoneo, compreso tra questo ed il tubo digerente varia per natura od almeno per le inclusioni sue in confronto di quello che sta al di fuori del peritoneo, tra questo e l’involuero generale del corpo. In quei casì io chiamo grasso prossimale il primo e distale il secondo. È un fatto però che le tuniche peritoneali, le quali sono robuste @ visibilissime al dorso (diafragma dorsale degli autori) sono il più spesso. assai più esili altrove, certo sui fianchi sempre, ma non sempre al ven- tre poichè l'esempio delle larve di formica ne dimostra chiarissimamente il contrario. Il peritoneo è composto sicuramente di due foglietti addossati più o meno strettamente l’uno all’ altro, ma tra questi stanno comprese le cellule pericardiali (53, B, pr) le quali formano intanto un reticolo con- tinuo, come si vede nel baco da seta e nelle larve di tentredinei. Ma oltre a ciò, è assai robusto e cospicuo in questa regione del corpo, nella larva di cui quì si parla, il peritoneo splanenico (53, PSP) il quale forma un fodero strettamente addossato al mesenteron ed al retto e che abbraccia in se ancora i malpighiani alla loro origine. Non posso dire che questo peritoneo splanenico si componga di due foglietti addossati, perchè non mi riesce coll’occhio di scinderli, ma certo che esso è molto più robusto di ciascuno dei singoli foglietti del peritoneo prima descritto e che nel suo spessore contiene qua e là qualche esile elemento nuclea- re, molto schiacciato e che solo si appalesa alla forte colorazione. Non è difficile riconoscere ancora delle aderenze tra. questo peritoneo splac- nico ed il più esterno, specialmente al dorso. cima ai nità cain ANTONIO BERLESEF 219 Ma ciò che ancora più d’ ogni altra cosa meraviglia sì è il fatto che dalla tunica esteriore del vaso pulsante, procedono, senza verun dub- bio, parecchie lacinie o meglio tenui membranelle 583, br le quali, dirigen- dosi trasversalmente sui lati ed occupando lo spazio compreso tra il peritoneo esterno e l’involuero generale dell’insetto, coinvolgono gli ele- menti adiposi (9g) e sembrano essere esse membrane che trattengono riuniti assieme in falde i varii elementi del tessuto grasso, i quali si vede es- sere collegati fra di loro. Questi involucri dei singoli elementi grassi o di ammassi di ele- menti sono molto visibili in taluni insetti e ne sia esempio la larva del Baco da seta, conforme si è fatto vedere a suo tempo, ma in molti altri insetti siffatte membrane avvolgenti sono meno visibili, pur esisten- do senza dubbio, come è dimostrato dal fatto che in nessuna larva, ma solo nelle ninfe, le cellule del tessuto adiposo sono libere ed indipen- denti luna dall’altra Io sono d’opione che tutti gli organi contenuti nella cavità gene- rale degli insetti sieno impigliati e tenuti a loro luogo entro una trama di tenuissime membranelle, tutte in rapporto colle pareti del vaso sanguigno. e cellule pericardiali formano, in taluni insetti, degli ammassi dispo- sti sotto il vaso (Mosche, Formiche, Coleotteri ete.) ma in alcune larve di lepidotteri ed in queste di tentredinei esse invece mancano immediata- mente sotto il vaso pulsante, ma si distribuiscono ai suoi lati lungo il peritoneo, formando un fitto reticolo, che impropriamente forse gli antori chiamano ghiandolare. Non è quì il caso di insistere davvantaggio su queste cellule peri- cardiali, poichè io non ho potuto riconoscere che esse abbiano ingeren- za nell’opera della ninfosi, ma, pur crescendo di volume e di numero i loro elementi, durante le diverse età della larva, io sempre le vidi ri- manersi a se e con struttura costante, la quale mostra un grande depo- sito di guttule (albuminoidi) comprese nel citoplasma molto stipatamente. Finisco questo argomento richiamando l’attenzione sulla figura 53, che rappresenta una sezione trasversa del corpo di una larva di Hyloto- ma Rosae nel suo terzo posteriore e mostra bene le cose anzidette. Amebociti. 4 molto interessante il fatto che nelle larve di tentredi- nei gli amebociti formano già ammassi (fig. 50, 52, 54, fig. 53, @) molti in varie regioni del corpo e ciò ancora nelle prime età della larva. Questi ammassi (già descritti dallo Schifer nel lavoro che citerò a proposito dei leucociti dei ditteri) per la intensità della colorazione si vedono assai bene di mezzo agli altri tessuti. Dapprimo, nelle giovani larve gli accu- muli stessi sono scarsi, e composti di pochi amebociti, di poi essi aumen- | tano di volume e di numero e si riconoscono ie al “ventre. 220 FENOMENI NELLA NINFOSI ed ai lati del tubo digerente intercalati fra le cellule adipose, gli enociti e le cellule sericipare. bondano particolarmente nel torace e nell’estremo addome. Entro questi cumuli si veggono gli amebociti moltiplicare per via indiretta (tav. XI) mostrando frequentissime figure mitotiche. Molti amebociti in- Fig. 53 Sezione trasversa di larva di Hylotoma; B è un dettaglio di A, cioè parte della regione gine più ingrandita; V vaso; a ammassi di amebociti; ct cuticola ; #0 ipo- derma ; pr pericardiali; a’ amebociti = br ietuttà o lembi membranosi che pro- pria dal vaso; g cellule adipose; p oneo; m malpighiani; psp peritoneo splane- ico; ep epitelio del mesenteron; ms ca sco pia 2 1 mesenteron; M mesenteron; 9d grasso distale, 9) grasso prossimale: n catena nerv tanto sono anche liberi, ma gli ammassi tutti si risolvono dando libertà agli elementi, specialmente all’ avvicinarsi della maturanza della larva. e nella prepupa. Tessuto adiposo. In generale merita di essere rammentato il fatto che le cellule adipose sembrano libere specialmente nella maturanza della larva In realtà esse sono discoste fra di loro e solo Vuna all’altra riunite in catene o in falde, a mezzo di tilamenti più o meno lunghi. ANTONIO BERLESE 221 Del singolarissimo fatto già accennato bene dal Cholodkovsky che, cioè, le cellule adipose recano una o più (parti di se ?) distinte cellu- lette con nueleo speciale, dirò abbastanza più tardi. Ghiandole pedali. I falsi piedi non recano uneini di adesione, ma terminano con una esile membrana. Per verità si tratta di niente più che tubercoli rivestiti di epidermide chitinosa, dura, conicì dei quali le prime quattro paia sono grandetti e molto cospicui, le tre paia seguenti molto più piccoli e poco diversi da semplici tubercoli emisferici e mi- nuti. Il primo paio si inserisce nel 5 segmento (addominale) di modo che solo il 4, quello cioè immediatamente dopo i toracici, va esente. Ne sono quindi forniti il 5°, 6°, 7°, 8°, 9', 10’, 11°. Sull’ultimo articolo del corpo non stanno organi di adesione. Perciò queste larve tengono sol- levato l’estremo addome dal piano di incesso. L'adesione al piano stesso avviene in grazia di un liquido (coagu- labile) segregato da una ghiandola grandetta, pluricellulare, con epitelio rivestito da intima e quindi di origine eetodermica , che viene a sboc- care all’apice del cono di cui si compone la zampa, su una esile mem- branella. La ghiandola è piriforme o meglio fornita di sbocco lunghetto, a flessuoso e che decorre per entro il cono costituente la zampa. La part bursiforme della ghiandola è abbastanza ampia, depressa dall’ sani all’indietro ed occupa buona parte del lobo recante la zampa. L’epitelio di questa ghiandola è costituito di cellule rotondeggianti, con DECIRO rotondo grossetto e fra loro a confini poco distinti. i contano, adunque, al ventre, sette paia di così fatte ghiandole, disposte sui segmenti che io ho indicato come pediferi. Può essere che cosifatte ghiandole segreghino l'umore non solo at- taccaticcio ma ancora per qualche ragione difensivo all’ insetto, poichè questo, se aggredito o molestato, solleva, come è noto, l'addome arcuan- dolo sul dorso ed esponendo così il ventre all’aggressione. Concludendo dico che le larve di tentredinei rappresentano uno stato molto avanzato della larva degli altri imenotteri. Ciò, non solo perchè esse hanno aperta comunicazione fra il mesenteron e il postin- naz ma perchè il tessuto loro adiposo mostra il nucleo lineare nelle tà giovanissime, quando quello degli altri imenotteri tale non è prima della prepupa; inoltre le larve di tentredinei hanno molto per no ammassi di leucociti diffusi nel corpo tra gli organi ete. In altri ter- mini la larva degli altri imenotteri è, nascendo, assai più immatura dil Queste dei tentredinei, che si avvicinano, invece, pel grado del loro svi- c luppo, alle alte larve dei Tn ria FENOMENI NELLA NINFOSI Hylotoima Rosae Ho studiato tutte le fasi larvali e ninfali di questa forma, dall’em- brione maturo in poi (tav. IX, figg. 140-147 Embrione maturo. Esso misura circa 9 mill. e nell’uovo se ne sta ripiegato in due, esattamente come usano starsene le larve dei Lepi- dotteri. Tessuto adiposo. Rilevo che le cellule adipose sono riunite per fili esili in un fino reticolo di un solo strato, specialmente nei lobi laterali ed inferiori degli articoli (fig. 140 Vi sono però cellule di dimensioni varie. Alcune, più piccole (€) fusiformi, però larghette, riunite fra loro da filamenti raggiungono una lunghezza di circa 7 a 10 1 e mostrano il citoplasma areolato assai povero e contengono un nucleo sferico, molto piccolo. Altre (d), mezzane e periferiche, nei lobi sono alquanto maggiori, pure avendo le medesime parvenze quanto a contenuto e maggiore è ancora il loro nucleo. Esse infatti misurano da 12 a 15 p. Si mostrano però meno allungate e deci samente stellate. Ma qua e là intercalatamente alle cellule sericipare, spe- cialmente sotto il tubo digerente io rilevo la presenza di qualche cellula adiposa di dimensioni molto maggiori di tutte le altre. 3 Queste altre cellule sono rotondeggianti, hanno il citoplasma con grandi vacuoli e mostrano un nucleo che tende ad allungarsi, essendo già ovale. Esse misurano circa 25 u di diametro maggiore. Noto che allorquando io qui ed altrove, a proposito di larve in ge- nere, parlo di vacuoli, intendo che questi così appaiono nelle prepara- zioni di dove il grasso è scomparso, ma i detti vacuoli, in natura sono — occupati da grosse gocciole di sostanza adiposa ed attorno il citoplasma | forma una reticolazione più o meno fitta. Enociti. Si vedono scarsi enociti specialmente nei lobi ventrali € laterali dei segmenti, essi sono sferici o sferoidali, col citoplasma denso ed omogeneo e con nucleo esattamente sferico. Essi misurano da 11 @ 13 gu di diametro e sono isolati (fig. 140, 5). Leucociti. I leucociti tipici, con citoplasma non areolato, sono scarsi, assai piecoli,' isolati, sferici e misurano circa 3 p. di diametro (fig. 140, @): i alcuni più grandetti mostrano il citoplasma vacuolizzato. Larva neonata. Essa misura appena 2,20 mill. di lunghezza. Tessuto adiposo. Quelle cellule fusiformi le quali ho detto misurare nell’embrione maturo circa da 7 a 10 1 di lunghezza, qui sono molto A SI leo 9 Pe? I - TROIE, ON 1 ANTONIO BERLESE 223 cresciute, esse raggiungono da 11 a 16 p. di lunghezza, hanno un cito- plasma coi soliti grandi vacuoli e povero, e mostrano un bel nucleo perfettamente sferico. Sono fra loro riunite da fili (fig. 141,c). Veggo inoltre rade cellule maggiori sparse qua e là, specialmente al disotto del tubo digerente e che misurano certo da 20 a 30 mill.; queste hanno l’aspetto delle corrispondenti già vedute nell’embrione. Enociti. Gli enociti sono tuttavia scarsi e presenti solo nei lobi ventrali e laterali dei segmenti; essi sono isolati, sferici, col citoplasma molto tingibile, ma mostrano vacuoli molti nella massa del loro cito- plasma. Il nueleo è, al solito, esattamente sferico e con cromatina in nastro bene definito. Essi misurano da 25 a 30 mill. di diametro (fig. 141,0). Leucociti. Anche i leucociti tipici (a) sono aumentati di volume, però io li veggo tuttavia isolati. Essi sono sferici e misurano da 4 a 5 mill. di diametro. Il citoplasma è omogeneo. Larva di 4 mil!. di luaghezza. Dalla larva neonata in poi le mo- dificazioni che avvengono negli elementi presi a studiare consistono più che altro nell’aumento di volume degli elementi stessi. Perciò eredo inutile descrivere tutte le singole fasi, ma accenno a questa di larva ancora giovanissima per rilevare la modificazione avvenuta nella forma del nucleo delle cellule adipose, e che di qui si inizia. Tessuto adiposo. Considerate le più comuni cellule piccole adipose, Si vede che esse (fig. 142,c) sono non solo aumentate di volume poi che misurano da 25 a 30 mill., ma ancora hanno acquistata una forma più rotondeggiante, pur terminando coi poli in sottili fili pei quali si uniscono fra di loro. Il citoplasma sembra meno povero, ma sempre circoserive abbondanti e grossi vacuoli. Il nucleo si interpone fra questi e non è più rotondo od ovale ma si allunga si assottiglia ed anche si dispone ramoso nella reticolazione del citoplasma. E questa è la forma tipica del nucleo che nelle larve di tentredinei grandette sempre si vede nelle cellule adipose e nelle larve degli altri imenotteri solo nelle ninfe. Altre grosse cellule adipose, rare ed isolate, ovali più che con al- tra forma, io seorgo al solito sotto il tubo digerente e queste con grandi vacuoli rotondeggianti, misurano circa 75 mill. di. diametro maggiore. Enociti. Questi non differiscono troppo di quanto si è veduto nello stadio precedente solo sono appena più grandetti e misurano da 30 a 35 f. di diametro Larva dictara (fig. 54). “a non misura certo meno di 15 mill. di lunghezza e spesso anche più 224 FENOMENI NELLA NINFOSI Tessuto adiposo. Sono numerose molte belle cellule ovali (fig. 143), le quali sono abbastanza discoste le une dalle altre, tanto che a prima giunta sembrano isolate, ma più attentamente considerandole si vedono riunite fra loro per lunghi fili partenti dai poli. F'ig. 54 Larva di Jfylotoma Rosae matura; A mostrante al r, io SOpras: sof.; Md mandib.: Ss tubulo delle salivari: i tr \rache ni per arr È rg : > Sezione longitudinale mediana; / faringe; m mandibola ; ?. petti cs gp gh ghiandole ali; ci ciechi del mesenteron; co rrve MP malpighiani R retto; es escre- mento che sta per nappa Le altre lettere com g. 50 NB.— Nella fig A non svuno segnati tutti gli stigrai. Il citoplasma è molto ricco è forma una reticolazione spessa alla periferia e rada abbastanza più verso il cento. Quindi i vacuoli più grossi sono appunto verso il nucleo e sono tutti in gran numero € molto. grandi. Il nucleo è in forma di lunga lista, compreso strettamente fra. l È | > i; | ANTONIO BERLESE 225 i vacuoli, per lo più disposto secondo l’asse longitudinale della cellula e segue le accidentalità dello spazio che concedono i vacuoli nel mezzo della cellula. Si ramifica esso anche fra i vacuoli stessi. Però la strut- tura della nueleina non sembra ancora in granuli, ma direi che si tratta di un nastro molto stipato nello spazio lineare. Queste cellule misurano da 80 ad 85 mill. di diametro maggiore. Altre non ne scorgo altrove maggiori di queste. Leucociti. Essi, quando abbiano il tipico aspetto (143, a), cioè colla for- ma sferica ed il citoplasma denso ed omogeneo, misurano da 10 ad 11 mill. Dico di quelli isolati, poichè, come ho già avvertito nella genera- lità delle larve di tentredinei, ormai vi sono molti ammassi di leucociti stipati nei vani tra le cellule adipose, le sericipare ete. specialmente al ventre e nei lobi laterali dei segmenti. Però, sotto il retto, nell’estremo corpo, ad altrove attorno al retto, molti leucociti cominciano ad abban- donare le masse e liberarsene, di guisa che si vedono delle aree oecu- pate da leucociti sparsi, ma ancora molto vicini fra loro. Enociti. Essi, non variando molto dagli stadi precedenti, tuttavia liberi e sferici, misurano da 60 a 65 mill. di diametro e sono rari, ma sì scongono specialmente nei lobi centrali dei segmenti addominali. Larva nel bozzolo. Io ritengo che si parli molto "ii ii di prepupa in queste forme. Infatto non vi ha qui una distinta fort intermedia tra la larva e la ninfa, come può essere veduta in altri in- setti, ma solo di una larva più accorciata di quella libera, da poi che il tubo digerente si è vuotato, ma che della larva stessa conserva tutti i caratteri. Ciò come nei Lepidotteri. Siccome in questi Imenotteri, così come nelle farfalle, la larva entro il bozzolo subisce modificazioni notevoli nella struttura di elementi, così è bene studiarla ad intervalli, come io ho tentato di fare, tanto più che durante l’estate lo sviluppo della Hylotoma Rosae è molto sollecito e non dura certo oltre una dozzina di giorni, a quel che io desumo dalle mie note. Questo stato di larva inclusa nel bozzolo parmi non eeceda i sei o Sette giorni. Io ho esaminata la larva nel bozzolo in due tempi diversi, sia dopo tre giorni come dopo cinque giorni Larva da tre giorni nel bozzolo. nia è molto accorciata in con- Seguenza del vuotamento del mesenteron. Tessuto adiposo. Molto particolari modificazioni subiscono le cellule del tessuto adiposo e molto interessanti. Primieramente le cellule assu- mono forma più rotondeggiante e sono pressochè sferiche ed io eredo di poter affermare ancora che esse sono ormai libere, ma certo, colla co- Strizione di tutto il corpo, esse sono affatto contigue fra loro e sp 226 FENOMENI NELLA NINFOSI cogli altri organi ed elementi. Esse sono di poco maggiori che non nello 3 stato precedente, poichè misurano in media da 80 a 90 w. (fig. 144). Ora Sl le principali modificazioni che esse mostrano si riferiscono al conte- do nuto loro. ‘da Primieramente il nucleo ha ormai assolutamente forma lineare e può essere più o meno ramificato. La cromatina sembra essere disposta in co granuli entro lo strettissimo spazio che forma il nucleo. Si potrebbe du- bitare della esistenza di una membrana nucleare, ma io ritengo che essa esista, per quanto tenue, poichè in cattive preparazioni di larve male fissate, essendo avvenuta una anormale costrizione del contenuto nu- ; cleare e del citoplasma ho potuto notare una tenue membrana delimi- È tante il nucleo così singolarmente disposto. i Il citoplasma ormai forma una serie di areole più piccole e più uni- formi di quello che si è veduto nello stadio, anzi negli stadi precedenti, poichè i grandi vacuoli tendono ad essere periferici, mentre, avvicinan- dosi al centro il citoplasma definisce vacuoli sempre più piccoli. Nelle cellule prossime al tubo digerente la inclusione di albumi- noidi è scarsa, ma essa è molto più abbondante alla periferia, dove più abbondante è ancora il plasma coagulabile. Nelle cellule prossimali io veggo infatti con difficoltà minuti e scarsi granuli albuminoidi deposti attorno al nueleo e sempre verso il centro della cellula e questi granuli non si tingono coll’emallume. Ma nelle cellule distali, pur essendo i granuli sferici tutti attorno al nucleo (ed i vacuoli alla periferia) i granuli stessi sono maggiori, più abbondanti e si tingono bene coll’emallume. Adunque l’assorbimento degli albumi- noidi è più vivace nelle cellule distali di quello che non sia nelle pros- simali od almeno in queste è più tardivo. Ma la più mirabile modificazione riferentesi alle cellule adipose, è nella apparsa di uno o più elementi cellulari minori e distinti in seno alle cellule stesse. Già il Cholodkovsky (1) descrive egregiamente e figura, non senza dirsene meravigliato, gli elementi cellulari adiposi di larve di Lophyrus, per i quali mostra che oltre ad un grosso nucleo centrale ovale, esi- stono uno o più piccoli nuclei periferici. Si vedrà, a proposito della Calliroa limacina, che così appunto è du- rante lo stato di larva libera. Quì però, nella HMylotoma i piccoli nuclei non compaiono che nei primi giorni di inclusione nel bozzolo. | Ma ciò che il sullodato Autore non riferisce si è che non solo esistono piccoli nuclei periferici, ma essi risiedono in una parte della cellula ché, (1) Loc. cit. 1794, pag. 152, tav. II, fig. 6. iene ie irricit dra ddt csrl o coi Piena st 4 REN SERE TA ‘ TETI VI ORO, ORA DIE ANTONIO BERLESE 227 per la struttura del citoplasma, è molto diversa dalla grande cellula in cui questo elemento appendicolare è contenuto ed anzi è facìle ricono- scere quasi un limite netto, separante la cellula contenuta dalla conte- nente, quasi che la prima fosse un vero e proprio elemento distinto. Infatti il limite, quasi tenne membrana di separazione, si vede di- stintamente (fig. 144 cu) ed il citoplasma di questa cellula aggregata, mi- nore, è diversamente reticolato, affatto ialino ed assai poco tingibile e non contiene mai granali albuminoidi, nè, parmi gocciole di grasso. Ri- sulta quindi come una parte più chiara e diversamente reticolata in con- fronto della cellula contenente. Per ciò che si dirà in appresso, io chia- merò celluletta urica questa cellula annessa, Essa intanto mostra un assai piccolo nucleo molto differente da quello della cellula maggiore, sia perchè molto piccolo, sia perchè sferico od ovale Circa l’origine di questa cellula annessa, io nulla so dire di pre- ciso eppure non sono mancate da parte mia serie indagini e lunghe. Può essere che parte del nucleo maggiore si stacchi e guadagnando la periferia della cellula quivi si circondi di citoplasma a modo proprio ed infine ti membrana cellulare. ifficile parmi il credere che si tratti di elemento a sè, venuto dal È pra penetrato nella grande cellula adiposa e quivi fissatosi, co- me potrebbe essere un amebocito. Certo si è che in questo stato, cellule adipose con una 0 più cellu- lette uriche annesse e che stanno sempre alla periferia, sono molto fre- quenti ed in particolare modo nei pressi del tubo digerente e più nella parte anteriore del corpo. Più rare o mancanti sembrano alla periferia. Enociti. Un particolarissimo fatto si riferisce ancora agli enociti. Questi elementi, mentre negli altri insetti si mantengono pressochè in- vgriati durante tutto lo stadio ninfale e si trovano poi nell’ adulto, in questa ZMylotoma invece e in altre larve di tentredinei vengono a distrug- gersi appunto nei primi giorni di inclusione della larva nel bozzolo. Io disegno uno di questi enociti (144, 6) e tutti si mostrano con par- venze analoghe. Il citoplasma loro si attenua, alla superficie e si sfran- gia e si risolve (il citoplasma) per lo più in gocciole minute molto tingibili che fanno un’ aureola più o meno ampia attorno all’ elemento in disso- luzione. 11 nueleo, dapprimo rimane invariato, ma poi si trasforma in gocciola di sostanza molto tingibile ed omogenea e finalmente, distrutto il citoplasma, esso pure si dissolve. I pochi enociti larvali adunque non sopravvivono ai primi giorni di inelusione nel bozzolo. iti. I leucociti sono ormai tutti liberi, per quanto tuttavia rac- colti in aree limitate nei centri di loro moltiplicazione ed origine. 228 FENOMENI NELLA NINFOSI Larva dopo 5 giorni di inclusione nel bozzolo. Si accentuano le modificazioni sopraindicate ed altri fenomeni singolari appariscono. Tessuto adiposo. E mirabile il fatto che le cellule adipose sono an- zitutto cresciute enormemente di volume. Infatti, le prossimali misurano da 160 a 180 u. di diametro (da poi che si mostrano subsferiche) e quelle distali da 90 a 100 u. Sono adunque divenute doppie in diametro da quello che erano nella larva matura. citoplasma loro ormai poco si scorge, sia perchè più rado nella aumentata capacità della cellula, sia perchè questa è tutta ripiena, sti- pata di granuli albuminoidi sferici e tingibili, specialmente quelli vicini al nucleo (fig. 145 Questo è, al solito, lineare e fa vedere bene la membrana sua limi- tante. Quanto alla celluletta urica (cu), essa, per lo più si vede tutta ri- piena di un gran numero di corpi sferici, in forma di concrezioni con- centriche, giallastro-bruni, rifrangenti la luce ed a specchietto ar- rovesciato bianchissimi, cioè composti di un urato. Sono molto comuni e molto frequenti, in una sezione, questi ammassi urici localizzati nelle cellulette sopraricordate (fig. 145, m molto più ingrandito). Adunque conviene dire che le cellulette aggregate hanno utticio escretivo, e sottraggono dal seno della cellula più ampia tutti i pro- dotti urici derivati dal chimismo cellulare o dalla opera digestiva dei granuli albuminoidi contenuti nella cellula stessa. È, adunque, molto singolare questa differenziazione nel seno della cellula adiposa di una porzione sua, la quale si incarica di lavoro diverso da quello della cel- lula madre ed infatti si riserva quello di elemento renale. Un debole riscontro a questo fatto singolare può essere trovato nelle cellule epiteliari del mesenteron degli scorpioni ed araneidi, pel quale il Bernard ed io abbiamo riconosciuto la formazione di celle speciali entro la cellula epiteliare digerente, nelle quali vengono a raccogliersi i prodotti urici del lavoro avvenuto in seno alla cellula contenente. Però qui il caso è diverso, poichè il lavoro è, dirò così, attivo, da parte della celluletta urica ed è presieduto da un nucleo proprio, mentre, nel caso degli aracnidi suddetti, sembra trattarsi di una semplice regione della cellula in cui i prodotti urici concorrono, ma affatto passivamente que- sta regione li riceve, non avendo nucleo a se, distinto. È notabile ancora che queste cellulette uriche, quando sieno cariche di concrezioni eserementizie, si staccano ed abbandonano la cellula madre. Avverto intanto che il loro citoplasma ha sempre quella grande traspa- renza, poca colorabilità e fitta reticolazione che sono caratteristiche an- che nello stato precedente. PRETE e n ANTONIO BERLESE 229 Vedremo che negli altri Imenotteri la cellula urica od escretiva (dell’Anglas) è distinta dalle adipose e se ne sta a Enociti. Questi, a questa epoca sono ormai tutti distrutti. Ninfa. I molti Pteromalini che mi hanno ucciso gran parte delle larve di Hylotoma nel bozzolo non mi hanno lasciato troppo ricco ma- teriale di ninfe. Contuttociò io ho potuto rilevare che le differenze le quali si manifestano nel tessuto adiposo si richiamano, più che ad altro, ad aumenti o diminuzioni di elementi o parti diverse. Tessuto adiposo. Le cellule in una ninfa nella quale sono già for- mati i grandi muscoli delle ali, quindi abbastanza avanzata, si veggono piuttosto scemate di volume, inquantochè misurano circa 160 p. di dia- metro e sono, per lo più, rotondeggianti, ma molto stipate per l’ aumento degli organi imaginali. I granuli albuminoidi che esse contengono, sono alquanto più grossetti che non nella larva contenuta nel bozzolo (5° gior- no) ma sono anche in minor numero (fig. 146). Il nucleo ha le stesse parvenze dello stato antecedente, ma è anche meno visibile. Invece un notevole aumento si manifesta nelle dimensioni della cel- luletta urica e nei granuli che contiene. Ormai il nucleo della celluletta è nascosto in mezzo al ricco ammasso di sferule uriche. Queste conere- zioni sono tre o quattro volte più grosse, in diametro, di quello che si vide nello stato antecedente e sono anche più abbondanti. Inoltre la cel- luletta urica, molto cospicua, assume dimensioni notevoli, che variano da 40 rt. fino a 115. Abbondano questi ammassi urici nell’addome estre- mo, attorno al postintestino e più al ventre che non al dorso. Le masse di sostanza escretiva spiccano assai sul fondo poco colorato della cel- lula, come macchie brune a luce rifratta o masse bianchissime a spec- chietto arrovesciato. Adulto, Il grande sviluppo di organi nell’addome e specialmente dei vistosi ovarii nelle femmine, confina e stipa il tessuto adiposo nel- l’addome e specialmente nell’estremo. Io scorgo notabili modificazioni nella natura del tessuto adiposo. Vi hanno due maniere di cellule, tra le quali però sono molti e si- curi passaggi. ( ; Quelle che più somigliano alle ninfali, sono anche maggiori e si addossano agli organi addominali, meno però nella parte estrema. Esse si mostrano (fig. 147, B) di dimensioni assai varie. Le mag- giori hanno ancora misure simili a quelle della ninfa, cioè vanno a 160 1. di diametro, (a meno che non sieno in più riunite assieme, del che non sono certo) Le minori che si possono misurare bene scendono a circa 100 fu. Ora, nelle maggiori specialmente il nueleo è n D TI OSSO SI RASO EI NI v Li LA É % s RR 230 FENOMENI NELLA NINFOSI quasi invisibile ed è significato da una stria appena più bruna del ri- manente citoplasma. Tutte queste cellule intanto non si colorano affatto e nemmeno il loro nucleo, mostrano un citoplasma molto finamente reticolato e che contiene ancora molti minuti, ialini e pochissimo rifrangenti la luce, globuletti sferici, assai stipati. Deve essere questo un ultimo rimasuglio di depositi albuminoidi. La maggior parte di queste cellule possiede un grosso deposito urico, con conerezioni grosse poco meno di quello che si vide nella ninfa e contornato certo da un limite di membrana (fig. 147, B, cu). Le cellule minori (147, A) e che rappresentano certo il vero tessuto grasso allo stato normale, si trovano nell’ estremo addome e formano ammassi, sembrando essersi nuovamente riunite fra loro. Queste cellule misurano in media da 45 ad 80 f. e sono affatto simili a quelle della larva matura, cioè hanno nucleo lineare tingibilissimo, citoplasma abba- stanza colorabile e molti vacuoli riempiti di grasso. Ora tra questi elementi, che formeranno il grasso definitivo dell’adulto e quelli sopradescritti, rimasuglio della disposizione larvale, vi sono molti elementi in via di transizione, cioè che acquistano gradatamente i va- cuoli ed il grasso, perdendo intanto affatto i globuli albuminoidi e si tingono sempre più, sia nel citoplasma che nel nucleo. Adunque le cellule ninfali, perdendo i depositi albuminoidi ritornano precisamente al loro stato di partenza, quali esse erano nella larva. Così ritornate esse non hanno più depositi urici, nè celluletta urica. Siccome io veggo il retto di questi adulti molto pieno delle stesse conerezioni uriche che sono nelle cellule adipose tuttavia in stadio nin- fale è da credere che i malpighiani abbiano ripreso l’ufficio loro con- sueto e provvedano a liberare tosto l’organismo delle deposizioni uriche che lo inquinano entro il grasso. Ciò forse non può essere che a mezzo di ii delle concrezioni uriche, ma questo io non so. adunque compiuto tutto il lavoro del tessuto adiposo nel pe- riodo he e non si può negare che esso lavoro non risulti abbastanza complesso. Calliroa limacina Le mie osservazioni intorno a questa singolare specie cominciano dalla larva che ha già 3,70 mill. di lunghezza e non prima. Perciò ap- punto io non posso dire di quello che si rilevi negli stati antecedenti, ad es. nella larva neonata. Anche il resto delle mie osservazioni è interrotto, poichè non pro- cede oltre allo stato di larva da due giorni ocelusa nel bozzolo, ma di PRETI RE ICTE h) SPUNTATO TIE AA OI a. < x a È 6; rt Ala ù < Mi ; ANTONIO BERLESE 231 ciò si può accagionare la scarsità della specie quì, anzichè la insoffi- cienza delle mie indagini. Del resto io non so rilevare troppe cose es- senzialmente diverse da quanto pure ho notato nella ylotoma Rosae e quindi può accadere che le lacune nelle osservazioni sieno senza sover- chio rammarico. Larva giovane (mill. 3,70 lunga). Tessuto adiposo. Le cellule sembrano per verità libere, però è bene supporre che non lo sieno ma fra loro si raceordino a mezzo di tenui filamenti | i quali intanto sono cospicui sicuramente in determinati aggruppamenti. Noto però che il tessuto adiposo è scarso e discosti ne sono gli clamat fra loro. Questi mi si mostrano ovali, alcuni fusiformi e misurano, in media, da 15 a 25 w. di diametro. Il nucleo loro è tuttavia raccolto e subsferico. Grandi e piccoli vacuoli sono scavati nel citoplasma. Lo stato presente adunque conviene con quello corrispondente della Hylotoma Enociti. Scarsi, liberi, grandetti, subsferici od ovali e col citoplasma vacuolizzato parcamente presso alla superficie. Essi misurano da 30 a 35 u nel diametro loro maggiore. Leucociti. Veggo numerose masse di leucociti densamente stipate di elementi, sparse fra le cellule adipose e quelle sericipare, specialmente al ventre e nella regione anteriore del corpo. Esse sono addossate per lo più ad elementi adiposi o ad altre cellule. Pochi sono i leucociti liberi. Larva lunga 5 mill. Tessuto adiposo. Cellule lunghe da 25 a 50 u., con struttura analoga a quelle viste precedentemente ma con vacaoli anche maggiori e citoplasma più ricco Enociti e Leucociti affatto come sopra. Larva quasi matura. (lunga circa 8 mill.) Tessuto adiposo. Le cellule sono assai aumentate di volume, poichè possono raggiungere per- fino 70 e 90 1. di lunghezza. Esse sono decisamente ovali, con molti e larghi vacuoli ed il nucleo loro è raggiato o tende a diventare lineare. Enociti. Essi misurano circa 50 11. di diametro maggiore; nel resto non variano dagli stati precedenti. umentano di volume e di numero le masse di leucociti, specialmente ‘nella parte anteriore del corpo e sotto il tubo digerente. Larva matura (lungh 12 mill.) Tessuto adiposo. Già nello sta- dio precedentemente ricordato, ma più in questo si vedono le cellule adipose per la maggior parte fornite della celluletta urica e quelle che non la fanno vedere è da credere che ciò dipenda dalla posizione del taglio In questa specie, assai meglio che nella Hylotoma prima veduta, ap- | pare molto netto, anzi robusto, il limite fra le due cellule, la contenente e la contenuta, anzi appare più evidente l’esistenza di una membrana 232 FENOMENI NELLA NINFOSI propria intorno alla celluletta urica. Il suo nucleo poi è perfettamente definito e sferico ed è immerso in un citoplasma finamente reticolato e pochissimo tingibile. La cellula circostante mostra un nueleo ramoso, con dubbia membrana attorno e quasi diffluente nella rete del citoplasma e fra i vacuoli lunghi ed ampi. Queste cellule misurano da 90 a 100 p1. di diametro maggiore (fig. 148). Per il resto conviene questo stato col precedente. Enociti. Cominciano ad essere in via di disfacimento, conforme ho detto a proposito della Zylofoma. Leucociti. Le masse di leucociti cominciano a scomporsi, lasciando liberi gli elementi. Osservazioni circa le mute. Ho voluto darmi una ragione dello strato coso che riveste queste larve abitualmente e che le fa tanto dissimili dalle affini di altri Tentredinei. Sembravami strana tanta disparità, senza tratto d’unione alcuno, nè avevo letto cose abbastanza convincenti su questo argomento presso altri autori. Ho notato che lo strato mucoso non merita intanto questo nome per nulla, poichè la sostanza viscida avvolgente, in particolare modo al dorso, la larva non è nè muco (non si congula coi fissativi), nè mu- cosa, ovverosia densa ed appicicaticcia. Tutto il nodo della parvenza sta in ciò che la spoglia di una età precedente perdura intorno alla larva di età nuova e non cade e si rompe come sempre avviene in altre larve di insetti. Or dunque la vecchia spoglia inturgidisce in grazia del liquido che si interpone fra essa e la nuova cuticola, che riveste la larva e siccome questo liquido debolmente trapela attraverso alla vecchia spoglia, così avviene che questa sia umida alla superficie e che tutto l’involuero nel suo insieme appaia viscoso. Ciò è tanto vero che anche gli escrementi (fig. intercal.) rimangono compresi oltre l’ano, fra le due spoglie, fino alla muta. Io non ho veduto ghiandole delle mute al dorso ed ai lati delle larve e credo che potrebbe essere benissimo che le ghiandole pedali avessero anche questo altro ufficio. Però non so spiegarmi come il liquido se- creto tra le due cuticole, nuova e vecchia, non invada, pel suo peso, piuttosto il ventre dell’insetto stesso che posa sulla pagina superiore di una foglia. Larva dopo due giorni da che ha filato il bozzolo. (Lunga 6,50 mill.) La larva ha subìto adunque una notevole riduzione in lun- ghezza, mentre non ha variato di troppo in larghezza, nel vuotarsi del suo mesenteron. È singolare il fatto che non tutta la seta è stata uti- izzata alla costrnzione del bozzolo, poichè, pur essendo ormai il bozzolo ANTONIO BERLESE .. 233 compiuto, moltissima seta rimane ancora nel largo serbatoio della ghian- dola sericipara ed intanto le cellule sericipare cominciamo a dissolversi, Tessuto adiposo. È notabile l’ineremento delle cellule adipose quanto a dimensioni, poichè esse misurano ora, per la massima parte, da 100 a 140 n. di lunghezza, salvo che alcune periferiche sono molto minori. Anche il contenuto è totalmente modificato, poichè attorno al nucleo li- neare, e secondo la trama del citoplasma sono depositati moltissimi granuli albuminoidi, di dimensioni discrete e che si tingono molto inten- samente coll’emallume. Io scorgo la celluletta urica tuttavia vuota e che spicca bene sul rimanente della cellula molto tinta (fig. 149). Enociti. Gli enociti sono tutti per la massima parte disfatti. Leucociti. Scorgo grandi e belli ammassi di leucociti tra le cellule adipose e tra gli organi, specialmente al ventre e sotto il tubo digerente: alcune poche masse, dove lo spazio lo consente, sono ormai risolte in ele- menti liberi. Qui si arrestano le mie osservazioni su questa specie. (1) Tapinoma erraticum Credo non affatto fuori di luogo il conoscere esattamente l’anatomia delle forme giovanili delle formiche. Perciò ne ho impreso lo studio dalla larva giovanissima all’adulto e qui espongo i risultati. Questi ser- vano anche come esempio della anatomia delle larve di Imenotteri a piloro chiuso e delle ninfe loro, poichè si vedrà dai cenni che espongo sulla struttura anche di altre larve di Pteromalini, Cinipedi, Vespidi ed Apidi che il tipo fondamentale è lo stesso. Perciò, avendo io studiato le formiche meglio che non le altre larve, ho creduto di cominciare la de- scrizione delle particolarità anatomiche da queste formiche, e proseguire attraverso alle forme più affini, cioè, ordinatamente, Cinipedi, Pteromalini, Vespidi ed Apidi non tenendo conto dell’ordine sistematico, che è inutile invocare qui. La larva di Tapinoma che ho sott'occhio e che è certamente molto giovane (figg. 55, 56, 57), ha forma obconica, essendo più larga al- l’innanzi che all’indietro, dove è anzi attenuata per gradi ed è alquanto curvata ad arco sul ventre; essa misura circa 800 u. di lunghezza. Il capo, grandetto, è apicale, non sporgendo troppo, per ora, anzi punto sul capo stesso il primo anello del corpo, al dorso. La testa, ovale, Ho studiato ancora il Nematus gallarum (o viminalis che si voglia dire) dalla rva giovanissima all’adulto, ma non rilevo cose importanti nè troppo diverse da quello che ho detto per le altre due specie di Tentredini. DEI era 234 FENOMENI NELLA NINFOSI è provvista di un labbro superiore (7) carnoso, spesso e tagliato ad arco; di due minute mandibole (md) acutissime, gracili e dure, di un paio di mascelle (mx) larghe alla base, acute all’apice e sulla loro faccia esterna provviste di due papille, delle quali nna ia rappresentare il palpo, l’altra il lobo esterno, (mentre l’ interno è signi- ficato dall’ apice stesso delle mascelle) e dal lab- con due papille, una per lato, rappresentanti i pal- pi labiali. Queste papille e quelle mascellari sono brevi tubercoli tronco-co- nici, rivestiti di cuticola spessa, gialla con due 0 tre peluzzi minutissimi , apicali, sorgenti-da brevi areole di cuticola. meno spessa, ialina. 1 resto del corpo è diviso in dodici anelli, descrescenti di diametro del secondo, questo più del terzo -ete. L'ultimo segmento porta |’ apertu- Fig. 55 ra anale (a) in forma di Larva giovanissima di Tapinoma cienza vista di fessura trasversa, e deci- su) Pa gain ia ani interni meno la maggior samente ventrale. musco i 5 e vedi nel testo). ssi cer senitento cas Muscoli. I muscoli ce- falici sono : Alcuni brevi e pochi fasci, inseriti nel mezzo del clipeo ed attaccati alla faringe nella sua origine e nella sua faccia dorsale; rappresentano il sollevatore della faringe (ef) : asci più numerosi e più lunghi, inseriti al sommo del clipeo, presso il confine col torace (df) e che si attaccano alla faringe nella sua ulti ANTONTO BERLESE ma porzione endocefalica, al suo dorso. Questi rappresentano i dilata- tori della faringe : Poche e lunghe fibre le quali costituiscono un muscolo conico, in- serite ai lati del elipeo, presso il suo confine col torace (ad) e recantisi Fig. 56 stessa larva per mostrare specialmente i muscoli perierii ei principali "ronchi Piaisgegzine. edi gruppi di per le altre lettere vedi nel testo). o spigolo basilare inter- no della mandibola ed è oa muscolo l’adduttore della mandibola ; vil altri muscoli , ‘e questo è fatto singolare, che dall’ interno della te- sta e degli organi boccali vanno al torace e si po- trebbero chiamare insieme toraco-cefalici, cioè : Un lungo fascetto, che dalla metà della fronte, inserito alquanto lateral- mente alla sua linea me- diana (ct), si dirige obli- quamente e tra l’adduttore delle mandibole e la farin- ge si reca nel primo anello toracico, ad un nodo di muscoli (fig. 56, n) tutto affatto speciale. Questo no- do, il quale si trova a un terzo anteriore circa del primo anello del corpo; e circa nel mezzo del suo lato, risulta dal concorso di più fasci muscolari, cioè da quello che si è citato ultimo, più da quattro cor- ti e robusti fascetti, che partendo insieme dal no- do si dilatano a ventaglio sulla parete laterale della faringe, nel punto ove questa dal capo penetra nel torace (d, fig. 55) e saranno i dilata- tori laterali della faringe; da un lunghissimo ed esile fascetto (r7), che partito dal nodo si dirige obliquo all’innanzi, penetra nel capo e sotto la faringe entra nelle mascelle e nel labbro inferiore, quivi dividendosi 236 FENOMENI NELLA NINFOSI in tre esili fibre destinate a retrarre le mascelle ed il labbro inferiore medesimi; inoltre da un fascetto mediocre, cilindrico (pe), che dal nodo si dirige alla incisura interposta fra il primo anello del corpo ed il se- condo, più vicino alla faceia ventrale che alla dorsale, nel punto di dove prendono origine le fascie muscolari ventrali. Nel corpo, i muscoli (fig. 56) sono rappresentati da due fascie ven- trali, del resto molto discoste dalla linea mediana e sublaterali, che eo- minciano con un cefalotoracico (pe), che va dal confine tra il 1° e 2° an- nello del corpo, al capo, nel suo orlo laterale verso il mezzo, e si con- tinuano con fascetti, in numero di quattro o cinque per ciascun articolo, decorrenti da una incisura tra due segmenti alla successiva (/v). Queste fascie finiscono alla apertura anale, dove si avvicinano l’una all’altra e si attaccano al labbro superiore della detta fessura : Inoltre al dorso, consimili fascie (4) incominciano dal capo e si reca- no all’estremo segmento, una di qua, l’altra di là della linea mediana ; Meritano poi menzione speciale certi lunghi muscoli obliqui (cdl; I- VIII) laterali, che inseriti nelle incisure fra due segmenti, lungo la linea de- gli stigmi, si dirigono obliquamente verso il ventre ed all’innanzi, sca- valcano la incisura antecedente e si recano a quella che la precede. o di tali fasci, ad es., inserito nella commessura tra il II° ed il III° segmenti del corpo, va ad inserirsi al capo, alla base del labbro inferiore. Questo fascio è il più robusto, gli altri sono di robustezza de- crescente, fino all’ultimo (VIII) inserito all’ultima commessura. Ghiandole salivari. Ho veduto questi organi molto cospicui, non solo nella larva della presente specie ma ancora in altre ( Crematoga- ster scutellaris, Pheidole pallidula ete.) e con struttura conforme. sboeco delle ghiandole salivari cade nella bocca (#) o per me- glio dire all’apice del labbro inferiore. Il tubulo di searico (#) è unico, finchè è compreso nella testa e quivi è circondato da un alto strato di Ilule. Esso va ad aprirsi al di sotto di un modesto lobo che rappre no la linguetta, tra questo lobo ed il labbro inferiore propriamente etto Di poi, a sortire dal capo, il tubo di scarico delle ghiandole perde il suo spesso rivestimento cellulare, rimane esile (ste), di pareti sottili; chitinee e striate di traverso, quasi come una trachea, e nello stesso tempo si biforea in due rami, che si dirigono molto obliquamente, quasi trasversi, lateralmente , du nel primo segmento toracico, allargano etna in una e ampolla ovale (sls), molto ampia e di pareti esilissime, la quale, alla fine del secondo segmento o più in là, si re- stringe subitamente in un lungo tubulo (s/) varicoso , cilindrico , di- ANTONIO BERLESE 237 ritto, che DRCGRTO x corpo fino circa all’ 8° segmento, e si adagia sui lati del mes inando a fondo chiuso (1). Questa cana è pra quella secernente, mentre la grossa am- polla rappresenta il serbatoio della saliva. Ora, il tubulo secernente ha LI ; una struttura che ricorda assai be- | ne i malpigliani, essendo le sue pareti fornite di grosse cellule ro- tondeggianti, con grossi nuclei. Nelle sezioni è facile confondere questi tubuli coi malpighiani, i quali però sono altrove collocati e non decorrono diritti, ma fanno una grande ansa, come si dirà a suo luogo. Le ghiandole salivari riposano adunque sotto il tubo dirigente lateralmente a questo. ubo digerente. La faringe e l’esofago formano un tubo molto lungo, cilindrico e stretto, che giun- ge fino al secondo segmento del corpo, secondo un grande arco che segue, pressochè purallelamente, la curva del dorso. Dalla bocca, fin sotto il ganglio io prdentazioa. tut- ta la parte cioè compresa nella te- sta, può esser detta faringe (/) ed è distinta dall’ esofago per muscoli annulari molto robusti, mentre nel- l’ esofago lo sono assai meno. Fig. 57 L’esofago, più che la faringe La stessa larva dal ventre per mostrare (oe), possiede cellule abbastanza alte > i ig interni (stesse lettere delle nell’epitelio ed una assai robusta intima. à _ (1) Cotale d disposizione latero-ventrale delle ghiandole salivari, che sono così tubu- lari è conforme in tatti gli altri Imenotteri, eccetto i Tentred., non esclusi i Pteromalini ed Ieneumonidi, mentre i malpighiani si dirigono al dorso ed ai lati del mesenteron. Per. ciò ritengo che il Seurat (Ann. Se. nat. Zool. 8 e serie. TY. 1899) sia în errore quan- do dispone i malpighiani al ventre. Quelli che negli Imenotteri studiati dal Seurat sono da questo Autore indicati per malpighiani, sono invece le ghiandole salivari e l'Autore ha torto di farle aprire nell'intestino posteriore, il che non è certamente e di chiuderle all’innanzi. 238 FENOMENI NELLA NINFOSI Penetraado nel mesenteron , |’ esofago si allarga alquanto, in una regione che può essere detta imbuto (70), nella quale però, il più che possa essere veduto in confronto del rimanente esofago, si è che l’epi- telio, colla sua intima si eleva in pliche longitudinali, di guisa che in sezione trasversa il vano dell’imbuto appare stellato. Il cardias non presenta nulla di notevole, salvo che è sempre bene aperto per dar passaggio alla robusta intima, che nel mesenteron dà ori- gine a numerose e spesse membrane peritrofiche. Il mesenteron (im) forma un grande sacco ovale, molto ampio, € rivestito da cellule epiteliari piuttosto basse, certo più larghe che alte, con grossi nuclei. | Tutto l’interno del mesenteron è occupato dal cibo ingerito, cioè una sostanza giallo-brunastra, pressochè omogenea , involta entro molte tu- niche formanti la peritrotiche, molto spesse come bene afferma il Janet. In corrispondenza dell’ 8° arco circa, il mesenteron si ristringe as- sai, giacchè quivi è il piloro (p). uesta valvola è molto. più stretta che non il cardias e si può chiu- dere assai bene, non impedendolo costantemente le peritrofiche. A comporre il piloro concorrono cellule alte, pertinenti senza dub- bio al retto, poichè hanno parvenze molto diverse da quelle del mesoin- testino e sono protette dalla intima. Il retto, dopo il piloro (#4) è composto di pareti spesse, con robuste fibre annulari esterne, ma è anche molto dilatabile, così che dopo la costrinzione pilorica può dilatarsi tanto da riempiere tutta l'estrema ca- vità viscerale, restringendosi nuovamente all’ano. Nel complesso il retto è un tubulo, pressochè diritto, con poche on- dulazioni, non laterali, ma nel senso del piano longitudinale mediano. Precisamente nella regione pilorica prendono origine i malpighiani (m), che sono due grossi tubuli, uno in ciascun lato, i quali si dirigono tosto all’innanzi, si addossano al mesenteron nella sua metà posteriore ed al dorso di questo organo, poi, bruscamente si riflettono ad angolo retto, abbracciano il mesenteron e terminano alla sua faccia ventrale. Credo che distesi sieno di poco più lunghi del sacco mesointestinale. Vaso sanguigno. Questo, in forma di lungo tubulo, prende origine, dilatata ad imbuto, tra l’apertura anale ed il dorso dell’ultimo segmento e, grossetto, nonchè diviso in camere molte percorre tutto il dorso, ab- bastanza vicino alla strato epidermoidale; ma in corrispondenza del pri- mo anello del corpo, non solo si restringe notabilmente, ma abbandona il dorso, si dirige obliquamente verso l’estremo posteriore del ganglio s0- praesofageo e quivi, dietro a questo si svasa e si perde. Sembra quasi che abbracci la parte posteriore del ganglio stesso, ma non si può se ANTONIO BERLESE 239 "a guire oltre. Nella regione ristretta ed obliqua mancano i setti che nel restante dividono in più camere il tubo. Sistema nervoso. Il ganglio sopraesofageo (gs) è molto vistoso ed occupa non solo tutta la parte superiore del capo, ma ancora un buon terzo del primo anello toracico, cioè un terzo della sua lunghezza. Risulta di due lobi non troppo marcatamente divisi secondo la linea me- diana, i quali lobi, reniformi, ne recano ciascuno, uno anteriore, sepa- rato dal resto per una profonda incisura e questi lobuli anteriori io credo e si debbano considerare per ottici, cioè di qui prenderanno origine nell’adulto, i nervi degli occhi composti. Le commessure che uniscono il La FE sopraesofageo al sottoeso- fageo abbracciano la faringe nel mezzo del capo, il che significa che sì portano molto innanzi nel capo si quindi ritornano addietro e su- bito sotto la faringe si fondono nel ganglio sottoesofageo. Questo (gst) è, non solo bilobo, considerato di faccia, ma ancora nel mezzo reca un tenue ristringimento trasverso, come appare dalla figura. Anche il gan- glio sottoesofageo se ne sta colla metà anteriore nel capo, sopra la re- gione mascellare e labiale, ma con l’altra metà, ed ancor più, risiede nel primo anello toracico. La catena nervosa risulta composta di altri undici gangli, molto asprossimati l’uno all’altro, decrescenti in grossezza dall’innanzi all’in- dietro e descrescenti regolarissimamente e lentamente, ma tutti ancora sono assai più larghi in senso trasverso che non sieno alti, da guisa che riescono almeno tre volte più larghi che lunghi. L'ultimo però, che si trova nel 9° e 10° segmento, è-di forma co- nica, coll’apice rivolto posteriormente e lungo almeno quanto i due pre- cedenti presi assieme. Larghe e brevissime commessure uniscono i gangli fra di loro. Molto -spessa è la porzione ventrale del peritoneo, quella che sta al dorso del sistema nervoso nelle sezioni sagittali apparisce come mem- brana grossetta (vedi figg. 60, 61 mep). Sistema tracheale. Per verità nella larva neonata della presente spe- cie io ho contato sicuramente solo nove stigmi in ciascun lato del corpo, ma nella larva del Crematogaster scutellaris, dove questi organi sono di molto maggiori ed assai bene visibili io ne ho numerati dieci. Nel Cre- matogaster, il primo grande stigma, perfettamente circolare è sul secon- do segmento e tutti gli altri, che sono egualmente circolari, vanno de- crescendo in diametro e sono scolpiti ciascuno su ciascuno dei segmenti successivi, cosicchè il primo e 1’ ultimo segmento del corpo non recano stigmi. Nella specie invece di cui descrivo la minuta larva (Tapinoma erraticum) questa reca un piccolissimo ed appena visibile stigma (st?) sul 240 FENOMENI NELLA NINFOSI secondo segmento, uno eguale sul terzo, ma quello sul quarto è gran- dissimo, con un diametro almeno cinque volte maggiore di quello degli anteriori e perfettamente circolare come, del resto, sono tutti gli altri. Il seguente stigma è molto più piccolo, con un diametro eguale ad un quarto di quello del precedente e di poi gli altri cinque sono essi pure assai piccoli ed appena percettibili. Quello che dovrebbe trovarsi sul- l’undecimo segmento io non giungo a scoprire. Da questi stigmi partono esili rami tracheali (fig. 56, #), che si dirigono al ventre e dopo breve tratto sono tutti riuniti fra di loro da un tubulo longitudinale, dal quale procedono altri rami che vanno deci. samente al ventre. Più in là non ho ricercato intorno a questo sistema. Organi genitali. Già in questa minutissima larva, gli organi ge- nitali sono rappresentati da due corpi ovali, (fig. B5 gn) che si trova- no ai lati del tubo digerente nella regione del piloro, al tubo stesso ab- bastanza vicini: sono diretti obliquamente all’indietro ed in basso. nociti. Ho particolarmente studiato la sede degli enociti, giacchè di questi, avendo io negata la verità delle osservazioni del Karay raieff il quale io dissi aver scambiato i globuli del sangue cogli enociti, di queste cellule, ripeto era mio dovere parlare a sufficienza per convin- cere altrui delle mie affermazioni. Ora, in questo periodo della larva ed anche molto di poi, gli eno- citi sono fissi, ai lati dei segmenti e assieme compongono delle masse ovali (fig. 56, cen e tav. VIII, fig. 107, B) molto facilmente cospicue, in numero di sei in ciascun piano, e che stanno comprese nello spazio tra la linea degli stigmi e la fascia muscolare ventrale. La prima massa sta dietro al grande stigma (IV segmento ) ed è molto allungata , fusi- forme, si compone di una decina di enociti strettamente stipati gli uni agli altri. La seconda massa sta sotto e dietro lo stigma del V segmento e così si può dire delle altre masse, fino all'ultima che si trova dietro allo stigma del nono segmento. Quest'ultima però è molto più breve, quasi rotondeggiante ed ha soltanto sei o sette elementi. Le masse decrescono , adunque , di grane dezza e di numero delle cellule, procedendo dall’innanzi all’indietro. Considerati per toracici i primi tre annelli del corpo , si vede che gli enociti, in questo stadio, sono esclusivamente addominali, fissi € ri- siedono sui primi sei annelli dell'addome. Gli enociti si mostrano quali cellule di forma poligonale, è cito- plasma molto denso ed omogeneo e che si tinge abbastanza col l’emallume. Questi elementi misurano da 11 a 15 u. diametro e contel- gono un nucleo perfettamente sferico, di 6 1 di diametro, con un nastro ME n Sa RO i e e e n e aa n Ro e Le i ra si i È RI S ANTONIO BERLESE 241 nucleinico rado, molto nettamente definito e con un nneleolo grossetto centrale o subcentrale. Non vi ha traccia di enociti liberi nel corpo. Tessuto adiposo. Venendo ora a dire del tessuto adiposo in que- ste piccole larvette io debbo osservare che esso è notabilmente svilup- pato, giacchè invade tutti gli spazii fra gli organi e non lascia molti vuoti. Si tratta di ammassi di cellule molto bene definite, sebbene a contatto le une alle altre ed anche riunite assieme. Queste cellule misu- rano da 13 a 15 uz. ed hanno un nucleo di 4 1. eirea (fig. 107, 4). È bene por mente al contenuto cellulare. In questo momento il citoplasma, che sembra reticolato a larghissime maglie, comprende grandissimi vacuoli subsferici, assai più grandi del nucleo e questi sono occupati da una gocciola di grasso, della quale, naturalmente non si ha più traccia nel- le preparazioni al balsamo. Il citoplasma si raccoglie e si stipa fra le gocciole, a guisa di colonnette irradianti dal centro, o meglio dalla zona cireondante il nucleo. Ma in questo momento non vi ha traccia alcuna, entro le cellule, di granulazioni o gocciole albuminoidi di sorta. Qui fi- niscono le mie osservazioni su questa larvetta. Phneidole pallidula Molto più in là ho portato lo studio su di un’altra specie, la Phei- dole pallidula di cui ho potuto considerare tutta la serie di forme da larva fino all’ adulto. È ben vero che forse non mi sono abbattuto ad averne di così giovani come quelle precedentemente vedute, ma ho cominciato abbastanza presto nella serie di forme per aver cognizione esatta di tutto lo sviluppo. Le larve più piccole che mi sono cadute sott’ occhio, misuravano 1,350 u. Più grosse, più molli e carnose di quelle prima vedute, mo- strano ancora il primo segmento toracico molto prodotto all’ innanzi, così che il capo è infero o subinfero. Quanto agli organi interni io non veggo differenza sostanziale da quanto ho già detto a proposito della forma precedente. Ne tacerò adunque. Però, gli enociti, egualmente fissi in gruppi ai lati del corpo, sono assai più grandi e misurano (fig. 113) circa 25 1. di diametro, contenendo un nucleo perfettamente sferico, di circa 12 4. di diametro. Anche in queste cellule il citoplasma ha aspet- to omogeneo e molto si tinge coll’emallume. Così nei nuclei veggo bene il nastro nucleinieo rado e netto, ma non scorgo che un assai piecolo Nucleolo e non in tutti i nuclei. Tessuto adiposo. Abbastanza ricco è il panicolo adiposo, dovun- que diffuso e le cellule sono riunite assieme in falde. Noto che le cel- lule dell’ estremo addome si mostrano più piccole che non quelle del 16 949 FENOMENI NELLA NINFOSI restante corpo e ciò è indicato dalle figure 108. La struttura però è la stessa per tutte. La forma rotondeggiante è di poco alterata dal con- tatto. Il citoplasma, piuttosto scarso, è raccolto in trabecule irradianti centro avvolgente il nucleo e ciò perchè nella cellula sono com- presi dei grandissimi vacuoli , al solito riempiti da gocciole di grasso. Il nucleo è ovale, quasi sferico, perfettamente definito, si vede bene la membrana sua limitante e nell’ interno contiene un nastro nucleinico a gomitolo rado e bene definito. Le cellule dell’estremo addome misurano 27 p.. cirea ed hanno un nucleo di circa 8 1. di diametro, mentre le cellule del rimanente corpo misurano 45 u. ed hanno un nucleo di 13 p. circa. Larva di circa 2 mill. Le variazioni avvenute nella configura- zione generale si limitano alla maggiore protrusione all’innanzi del pri- mo anello del corpo, al di sopra del capo. Quanto agli organi interni non veggo differenza di sorta. Colpisce però un fatto e questo si è che mentre per le forme antecedenti non si trovava traccia di plasma alcu- no nella cavità viscerale, essendo questo scomparso nelle manipolazioni per i tagli, il che significa che esso doveva essere di natura acquosa 0 molto diluito, in questo stadio, invece, si comincia a vedere diffuso in tutti i vani interorganici un tenue plasma, che si coagula coi fissativi e rimane molto bene visibile nelle sezioni Con ciò troviamo una marcata dilesorza da quanto si è già veduto nei ditteri, nei quali il plasma coagulabile non si mostra fra gli organi che nella larva molto avanzata, prossima alla muta o già in muta, nel momento, cioè, che nelle cellule adipose comincia la deposizione di g0e- ciole albuminoidi. È bene tener conto di questo fatto, poichè siccome in questo stadio appunto della larva di formica cominciano a raccoglier- si nelle cellule adipose, minute gocciole di albuminoidi, così, anche le formiche concorreranno a provare che queste gocciole si depongono solo in presenza di plasma coogulabile nel corpo, od altrimenti che i due fatti sono concomitanti. Tessuto adiposo. Le cellule, sempre unite le une alle altre, sono al- quanto cresciute di volume (fig. 109). Noto tuttavia che le estreme ad- dominali sono le più piccole e misurano solo 30 p. di diametro, e con- tengono un nucleo di 8 1. circa. Le altre sono molto maggiori, poichè arrivano A 60 4. ed hanno un nueleo di 15 . In tutti i casi il cito- plasma è raccolto nelle solite grosse trabecule irradianti dalla massa che circonda il nucleo, ma sono più numerose e più fitte. I vacuoli compresi contengono, » solito, gocciole di grasso. Guardando attenta- mente, ora, la cellula, si vedono due essenziali modificazioni in confronto del precedente stato più giovane. In primo luogo, attorno al nucleo, VE RE a PRAIA Prog ANI da! n . sd ri Th È Pe -4 aC i ati. ANTONIO BERLESE 243 specialmente lungo le trabecule, si veggono raccolte minutissime gut- tule rotonde, appena percettibili, di sostanza albuminoide, ehe formano come una atmosfera attorno al nucleo stesso. DIO III {iù 520) i 120) f fi L LU pi Y gi gti fi ni. hi Fig. 58 Larva matura Pheidole, in sezione Mei ; pra a fageo; gs’. ganglio sottoesof.; ie il resto dei gangli eni gr grasso; v. vaso; ce esofago; îm. mesen- s per. peritrofiche; m. api (origine); r iter a. ano; dig. disco imaginale dei genitali. Ho già accennato alle modificazioni Questo, in secondo luogo, pur rimanendo sempre ovale e perfettamente detinito, ha molto modificato il suo con- tenuto. Intatti, non più il na- stro nucleinico è bene defi- nito ed a gomitolo rado, ma nulazioni, stipate densamente e che danno una fitta punteg- giatura al nucleo. È bene adunque assodare questo fatto che il nucleo si modifica profondamente nel contenuto suo in corrispon- denza alla deposizione di gut- tule albuminoidi nell’interno della cellula. ueste parvenze conti- nuano fino nella larva ormai matura, cioè di 2500 1. circa di lunghezza, ma di qui in poi mutano le cose assai. Modificazioni dei diversi organi dalla larva giovanissi- ma all’adulto. Non posso ol- tre procedere nella relazione delle condizioni del tessuto adiposo nei diversi stati del- .Vinsetto se prima non dico abbastanza, sia pure in suc- cinto, delle modificazioni più notabili che subiscono gli or- gani diversi durante lo svi- luppo fino all’adulto. quanto alla esterna configura- zione della larva e la fig. 5'7 in confronto delle altre pertinenti a specie 244 FENOMENI NELLA NINFOSI diversa nostrano come il corpo si modifichi nella sua fabbrica esteriore Le giovanissime larve anche della presente specie, non sono troppo di- verse dalle prime descritte, pertinenti al Tapinoma erraticum e quin- di è facile vedere dall’ esame della fix. 58 che il corpo si è notabil- mente prolungato all’innanzi al disopra del capo, il quale riesce ormai assolutamente infero, ed inoltre tutto il corpo stesso è divenuto più grosso, particolarmente nell’estremo posteriore, che ora è più voluminoso che non sia la parte anteriore. Lo strato ipodermico è tuttavia molto esile, fuorchè in quelle regio- ni dove risiedono i dischi immaginali i quali daranno origine ai nuovi arti. Nella fig. 58 che è una sezione sagittale , appare molto più alto l’ ipoderma cefalico attorno alla bocca e quello pertinente ai tre primi anelli ventrali, nonchè un disco isolato, ventrale, appena sopra l’ano (dig), il quale deve dare origine, introflettendosi e sviluppandosi, alla parte ectodermale dei genitali e dell’apparato velenifero. Già nella larva giovanissima, queste regioni ipodermali mostrano cellule più grosse assai di quelle del circostante ipoderma, ma sono li- mitate a strisce trasverse, situate all’orlo anteriore di ciascuno dei tre primi archi ventrali, e quanto all’istoblasto genito-velenifero ve ne ha ben poca traccia, come di quelli periboccali. Crescono adunque per gradi le cellule proprie ai dischi imaginali ed occupano ognor più superficie maggiore durante lo stato larvale. Cer- to però, ai lati della linea mediana, i dischi imaginali si svolgono più sollecitamente e più vistosamente, non già l’impari mediano genito-ve- lenifero, ma quelli specialmente delle zampe e delle antenne e meno i periboccali. Il progresso di questi dischi e continuo e non soffre balzi repentini. Infatti, se nella larva neonata sono appena accennati gli isto- blasti degli arti, si vede che in progresso di sviluppo essi aumentano di continuo e già nella larva matura si hanno, in ciascun lato della catena nervosa, molto cospicui mucroni papilliformi, che alla sezione si veggono grossolanamente divisi in segmenti stipati e che rappresentano i rudimenti degli arti, e tutto ciò senza che dalla cuticola ne sporga traccia o questa si sollevi altrimenti sopra i tubercoli medesimi. Io ri- chiamo l’attenzione sulla fig. 59 che mostra la sezione sagittale del capo di una larva ormai matura. Si vede quivi in dit l’ipoderma alto e ro- busto rappresentante il disco imaginale della testa o meglio del clipeo; in dil quella parte dell’ipoderma che sviluppandosi gagliardamente darà origine al lungo labbro superiore e che si fonde con quello del clipeo: in dix il disco imaginale del labbro inferiore e delle mascelle, ed in dip quello del prosterno, certamente in rapporto col disco del primo paio di arti futuri. Le antenne poi, pur sempre comprese nella, loro i 4 ANTONIO BERLESE 245 prima origine, entro la pelle larvale del capo, sono già notabilmente evolute e riconoscibilissime (a) e si mostrano col loro scapo distinto dal funicolo, l’uno e l’altro corti, il secondo con articoli stretti ed immessi strettamente gli uni negli altri, nel complesso, le due parti formando una appendice runcata, sita al di sopra ed ai lati del ganglio sopraeso- fageo che è abbracciato dall’ipoderma della base dell’antenna. A questo punto la vecchia cuticola larvale si stacca dal sottostante ipoder- ma e questo si arric- chisce di una cuti- cola nuova, esilissi- ma, che, come tale, si adatta perfetta- mente alla superficie dei nuovi organi de- rivati dai dischi im- maginali e li segue sempre nel loro svi- luppo. Ciò si vede be- ne a fig. 60, nella quale la cuticola lar- vale è ormai stac- cata, pure involgen- do tuttavia la forma compresavi. Di qui in poi, Sezione Pimittega del capo di una larva matura di Pheidole. : deeli ar La fetta é grossa e quindi mostra organi anche alquantc la- lo sviluppo ù ci terali, come nta ete. ti è sollecitissimo, e a antenna imnagin.; c ganglio sopraesofageo; ce de sottoe- tutto 1’ animale as- sofageo; 2, 3 altri gangli; Lai tubulo estremo delle salivari: m. mesenteron; v vaso; sofago; ms. dilatatore pube faringe; dit. disco imaginale del pes dit. del labbro superiore; dix. guenza, anche per del labbro og Sg del protorace; /. faringe; gs ghian- il diverso aumento dole salivari (?) R Fig. 59 duzione d’altre, una figura molto diversa da quella che aveva durante lo stato larvale. Si ha così quella che io chiamerei proninfa (figg. 60, 61), nella quale solo la regione cefalica è bene distinta dal resto del corpo, e que- sto non è ancora nettamente diviso in torace ed addome. 246 FENOMENI NELLA NINFOSI Se il salto da larva a proninfa è repentino e cospicuo, non lo è d’altrettanto il passaggio da proninfa a ninfa, poichè non vi ha forma- zione di nuova cuticola, nè di organi nuovi, ma quelli della proninfa si accrescono e modificano gra- datamente,fino ad assumere la. forma di quelli ninfali, che è poi la definitiva. Nella proninfa colpisce tosto il grande sviluppo della testa, senza confronto di as- sai superiore a quello della larva e che è avvenuto per la distensione dei dischi im- maginali del clipeo, del lab- bro superiore e degli organi boccali. Intanto le antenne sono protruse ailati di questa nuo- va testa e si vedono piegate ad arco, dapprimo all’insù, di poi dirette in basso. Così i i dischi immaginali delle zam- È pe hanno dato origine a lun- i ghi cilindri, i quali essi pure sono dapprima diretti in alto, al dorso, e tutto affatto late- ralmente al torace, di poi bru- scamente in basso e verso il mezzo del ventre. Si sa infatti che per le antenne lo scapo rimarrà così diretto all’insù, Fig. 60 ed il flagello in basso, bia Proninfa appena fatta di Pheidole. (Sez. sagitt.) inni a urla > ea sle tubulo comune di scarico delle pi vari cp ce- © per le zampe, il femore con Ò ; € fà s si à 3 preicea zioni gin. delle i segmenti basali è diretto în landole rettali; per le altre lettere vali testo. È È (Non è disegnato il grasso). alto, ed il ginocchio rappre senta il punto della brusca flessione , mentre la tibia col tarso sono diretti al ventre e questo stato si mantiene per tutto il periodo ninfale. Siccome le mie osservazioni sono cadute più che altro su forme at- tere, così non ho seguito lo sviluppo delle ali. RE SE IO VE PAURE fe NE oa, PI A E O E e pra La ripa 4 901-700 ANTONIO BERLESE 247 Progredendo nello sviluppo, comincia il torace a distinguersi, per via di un forte strangolamento, dall’addome, il quale rimane globuloso, mentre il torace si allunga notevolmente. Ho detto che lo strangola- mento cade tra torace ed addome, ma avrei dovuto dire piuttosto che esso si manifesta dopo il primo anello addominale , poichè l’ultima por- zione toracica risulta certamente anche da una parte addominale, come è dimostrato dal ganglio ultimo toracico, del quale dirò a suo tempo Intanto, il disco imaginale genito-velenifero si è sviluppato in due anse (fig. 61 dig), via via più profonde; che si dirigono verso il centro del corpo. Sistema nervoso. Si è già visto che nella larva neonata tutti i gan- gli nervosi della catena ventrale decrescono rat di volume, a passare dal primo fino al penultimo, mentre l’ ultimo è più del prece- dente lungo e vistoso. Inoltre essi gangli sono assai più larghi che lun- ghi. Nella larva matura ormai le cose non sono più esattamente così. I Primieramente la larghezza dei gangli è di molto scemata in confronto della lunghezza, le quali due misure quasi si corrispondono. Inoltre il ganglio sottoesofageo è di molto più lungo e voluminoso del primo to- racico , mentre i tre toracici convengono fra di loro abbastanza nelle dimensioni. Ma il 5° ganglio ventrale e già molto più piccolo del pre- cedente ed il sesto e settimo sono tra di loro eguali, ma meno panciuti del quinto e sono i più stretti della catena. I gangli seguenti vanno gradatamente crescendo di spessore, ma il 10, 11 e 12 si avvicinano l’uno all’altro, e l’ultimo rimane il più grosso di tutti gli addominali. Il ganglio dn. è sempre molto depresso ed addossato a gran parte dell’esofago, attenuato all’ innanzi, globuloso posteriormente, in sezione certo molto più lungo che alto. All’inizio della proninfa (fig. 60) ulteriori modificazioni mostra di aver seguito il sistema nervoso. Infatti, il ganglio sopraesofageo, riesce ormai subsferico, o meglio a contorno quasi circolare nella sezione sa- gittale. Ciò dimostra che esso si è sollevato, sporgendo all’insù e libe- randosi per gran parte dal contatto coll’esofago. Questo suo innalzarsi nella regione posteriore-superiore del capo ha fatto si che la nuca rie- sca prominente, come deve essere poi, e l'epidermide, introflettendosi dietro al ganglio, fra questo e la regione toracica, segna la costrinzione del collo e da forma alla testa superiormente. Non si può negare del pari che il ganglio sopraesofageo non sia di molto accresciuto e quanto ai suoi rapporti coll’ esofago , si vede che il centro nervoso quasi più non tocca questo tubo, solo lo abbraccia colla commessura strettamente. ganglio sottoesofageo, globuloso, è già più grosso che prima non fosse, e molto è pure aumentato il primo ganglio toracico il quale già y | ife, cine in in A tn AI a I si e a cn dt ri 248 FENOMENI NELLA NINFOSI è grosso quanto il sottoesofageo, ma meno voluminosi ed eguali fra loro sono quello del mesotorace e quello del metatorace, ossia quarto della catena. Il quinto, molto più piccolo del precedente, si è a questo assai avvicinato, così che la commessura quasi scompare. Il rimanente dei gangli addominali, fino al 10° sono tutti di eguale sviluppo e piccoli, disposti ad eguali distanze fra di loro. L’ 11° è piccolissimo e stretta- mente compreso fra il 10' ed il seguente, cioè l' ultimo che è tuttavia setto. Nella proninfa bene evoluta (61) il ganglio sopraesofageo non muta dallo stato immediatamente precedente, ma il sottoesofageo è molto più voluminoso e quasi eguaglia il superiore in grossezza, superando ormai i toracici. Questi, per dimensioni, si corrispondono. Il quinto ganglio, o primo addominale che dire si voglia è ormai i strettamente annesso al 4°in un unico centro e riesce così fusiforme e vo- luminoso. I gangli sesto, settimo, ottavo e nono sono eguali fra di loro e molto più piccoli dei toracici. Inoltre le commessure che li riuniscono sono assai allungate, poichè superano quasi del doppio la lunghezza di cia- scun ganglio addominale. undecimo, tuttavia molto piccolo, è strettamente immesso fra il decimo ed il dodicesimo, il quale è il più voluminoso degli addominali. Nella ninfa (fig. 62) poi, le cose sono molto diverse. I due gangli ce- falici si corrispondono per volume e molto breve e larga è la commes- sura che li riunisce, ma quella che congiunge il ganglio sottoesofageo al primo toracico è divenuta lunghissima. I tre gangli toracici , riuniti da commessure lunghe, come lo richiede l’allungamento del torace, sono grossi notabilmente ed in questa misura eguali fra di loro, ma il quarto reca sempre, come appendice posteriore, il quinto, col quale è ormai fuso. Dalla coda del quarto (col quinto) fino al sesto, e tra questo ed il settimo, come tra il settimo e l’ottavo, corrono commessure ormai lun- ghissime, nelle quali un ganglio addominale può essere compreso almeno tre volte o quattro. I gangli 6°, 7°, 8°, sono molto piccoli. Ma tutti i segmenti ormai sono strettamente avvicinati fra loro, così che le commessure scompaio- no del tutto, ed anzi, l’undecimo si è fuso completamente col duodeci- mo, risultandone una massa sferica, non soverchiamente grossa. Inoltre questa estrema catena si rivolge alquanto all’ insù. In pro- gresso di sviluppo, avviene che il ganglio sottoesofageo riesce grosso ancor più del ganglio sopraesofageo ; la fusione tra il 4° e 5° è ormai completa, e tra questa massa ed il sesto (addominale) che è piccolo, de- corre una lunghissima commessura, ed un’altra la quale va dall’estre- iuila e dr arri a sic E | | ANTONIO BERLESE 249 mo torace al terzo posteriore dell'addome unisce il 6° al 7°. Una com- messura lunghetta unisce poi il settimo ganglio alla massa termi- nale , clavata nelle ninfe mature , biloba negli adulti, Proninfa di Pheidole più avanzata che a fi- gura 59. Sezione sagittale. (Stesse lettere che a fi- te. Non è disegnato il grasso che m sono punti del torace al dorso per originare muscoli toracici. Se ne parlerà nella II° parte. oi E] DS (o° = la quale risulta dalla fusione dei gangli 8°-12° addominali (vedi fig. 64, n). Adunque è da ritenere che l’ estrema parte toracica com- prenda anche una porzione del- l'addome, come del resto è ere- duto dai più fra gli studiosi de- gli imenotteri. Sistema muscolare. Delle mo- dificazioni a questo sistema non discorro qui, poichè il poco che avrei a dirne, essendo cosa di minor rilievo, può trovar posto quando tratterò della istolisi dei muscoli larvali e costruzione de- gli imaginali. Sistema digerente. Ne dirò ora sollecitamente, poichè mi sa- rebbe necessario rich se che quì esporrò, quando, do- vessi anche trattare delle modifi- cazioni, in alcuni casi assai ri- levanti, che durante la ninfosi subisce il sistema digerente. Si è già veduto come nella giovanissima larva di altra spe- cie sia fabricato il tubo digestivo e con quali appendici. Nè in questa presente specie, nè nella larva del Crematogaster scutella- ris io ho notato diversità salienti. Inoltre le cose così si manten- gono durante tutto lo stato lar- vale e nella larva matura non s0- no diverse da quel che sieno in quella giovanissima. Ma, a partire dal momento in eui sì forma la proninfa, succedono variazioni assai notevoli. Anzitutto il mesointestino si vuota completamente (fig. 60) del suo contenuto, che è pl stato abbondantissimo 250 FENOMENI NELLA NINFOSI durante tutta la vita larvale e scompare questo contenuto nella parte sua non assimilabile, assieme alle robuste peritrofiche le quali l’hanno sem- pre avvolta. Così il mesointestino si restringe affatto diventando lineare. Ho dovuto rilevare che durante tutto il periodo larvale le cellule del mesointestino, assai grosse e pressochè tanto alte che larghe, si trova- vano sempre fornite di orletto molto basso ma perfettamente visibile. Siccome è riconosciuto che lo stato rappresentato dalle cellule con or- letto è quello di loro assorbimento, mentre quello di secrezione è signi- ficato dalla forma a calice con tutte le altre modificazioni successive fino alla morte della cellula, e siccome io maî ho veduto cellula alcuna a calice, cioè in attività di secrezione nelle pareti del mesenteron, così è d’uopo credere che la sostanza contenuta nel mesenteron sia assoluta- mente assimilabile senza più, cioè già elaborata abbastanza dagli adulti, che la trasmettono alle larve o che la elaborazione si faccia nelle cel- lule adipose dopo l’assorbimento. Ad ogni modo io ritengo che le grosse peritrofiche, di spessore addirittura inusitato, abbiamo appunto lo scopo di impedire un troppo sollecito stravaso del liquido contenuto nel me- senteron, nella cavità viscerale e regolino e moderino appunto l’attività assorbente dell’epitelio del mesenteron. Intanto constato questo fatto, che, cioè nelle larve di formiche da me vedute, non si trovano mai cellule a calice, o clavate od, insomma, in attività secretiva, nell’epitelio del mesointestino, ma le cellule stesse sono sempre provviste di orletto. Incominciata però la ninfosi, come si vede a figg. 60, 61; non solo il mesenteron scema assai di volume, ma ancora le sue cellule decrescono di dimensioni, 0 meglio si costipano i, guadagnando in altezza e di questa guisa sò diventano altamente situa. In pari tempo l’orletto scompare affatto e le cellule, invece, emettono un fluido molto tenue, però coagulabile, che dilata nuovamente abbastanza il mesointestino e rimane in posto (61). Per impedire l’esodo di questo liquido dal mesenteron, si formano due tappi, l'uno al car- dias, l’altro al piloro, e sono fatti di elementi cellulari. Quelli del tappo cardiaco sono molto piccoli e credo che derivino dallo stesso epitelio del mesenteron. Il piloro poi è occupato, ordinariamente, da ammassi di sostanza coagulabile molto densa e di cellule molte in via di distruzio- ne, giacchè la periferia degli ammassi cellulari è composta di elementi in cui è morto il nucleo ed il resto, nè il nueleo più si tinge nelle co- lorazioni. Le cellule centrali delle masse mostrano di essere in istato di disfacimento meno avanzato, ma pur morte od in via di morire. iapparso il tenue liquido già nella proninfa (fig. 61) e dilatato nuovamente il mesenteron, forse anche pel liquido che viene dalla di- struzione delle ghiandole salivari, le cellule del mesointestino , pur es- 4 39 IT tnt MRD siae ANTONIO BERLESE 251 sendo di assai più piccole che non sieno nella larva, si abbassano e riacquistano il loro orletto e così si mantengono fino nell’ adulto. Al momento che nella proninfa il mesenteron torna a dilatarsi dopo il re- stringimento conseguente alla espulsione del contenuto larvale, si ve- dono formate molte esili briglie, che dalla tunica propria del dorso del mesenteron si recano al vaso sanguigno, al quale si attaccano (fig. 60, o non ho potuto bene afferrare | origine ed il significato di tali briglie, che pure mi è sembrato riconoscere, sebbene assai meno in nu- mero e più brevi anche nella larva matura. Il certo è che esse esistono per tutta la lunghezza del mesenteron e sono obliquamente dirette in- nanzi ed in alto, verso il vaso pulsante. Fra queste esili briglie sono impigliati molti leucociti. Più tardi, e già nella ninfa, le briglie stesse scompaiono del tutto nè più mai si ritrovano. Intanto 1’ esofago si è notevolmente allungato e sempre più si al- lunga, fino nell’adulto, dove è lunghissimo. Le pareti sue diventano molto più esili che non sieno nella larva e seompare ogni traccia di dilatazione nella regione dell’imbuto. Così è nella proninfa. Ma in uno stadio avan- zato della ninfa (fig. 62) si vede che la porzione dell’esofago vicina al mesenteron si dilata alquanto e sotto alla dilatazione (in), tra questa ed il mesenteron, le pareti dell'esofago ispessiscono, formando come una valvola (0ev), finchè , crescendo sempre lo spessore di questo ingrossa- mento anulare, viene gradatamente a formarsi (fig. 63, A e fig. d’in- sieme) quella singolare valvola precardiale , chitinea e complessa , già descritta (Emery, Mayr) per gli adulti (fig. 64, ev). Adunque l’ingros- samento anulare è un vero e proprio disco imaginale dell’ esofago, e data la natura ectodermica dell’organo, corrisponde ai dischi ipoder- moidali. Ma la regione allargata, sovrapposta allo strangolamento anulare, allarga sempre più e straordinariamente; le pareti sue diventano esilis- sime, membranacee e così viene a formarsi l’ingluvie (fig. 64, 7n), che si trova al principio dell’addome. Quanto al postintestino , io rilevo che esso accenna, già nella pro- ninfa a distinguersi in due regioni; una prossimale, che occupa un primo terzo del tubulo ed una seguente distale. La prima rimane sem- pre cilindrica e di uguale calibro, però allunga abbastanza per poter dare nell’adulto qualche ansa. La seconda, che sarà il vero retto, assot- tiglia assai le sue pareti, che riescono molto dilatabili e va a formare l’esile ed ampio retto dell ‘adulto (64). Ma tra la parte prossimale, che meriterà il nome di intestino e la distale o retto vero, le pareti del postintestino ingrossano, non però ad anello, ma a rilievi isolati e da questi ingrossamenti, che aumentano per gradi ( ‘e sono molto alti in una wi 252 FENOMENI NELLA NINFOSI ninfa avanzata, si formano le così dette ghiandole rettali (figg. 60, 61, ghr; fig. 62, gr), comuni in molti altri insetti con varia fabbrica, che non sono certo ghiandole, ma che però godono impropriamente di que- sto nome. Quanto ai malpighiani (m), appena cessato lo stato di larva, io li veggo appassire e assottogliarsi già nella proninfa, mostrando di non avere più ufficio o di non compierlo più, e così male ridotti io li veggo conservarsi fino nell’adulto, dove io non so se riprendano forma ed at- tività primitive o vengano sostituiti da nuove formazioni consimili. n regresso analogo a quello dei malpighiani soffrono certamente le ghiandole salivari larvali, le quali già nei primi momenti della pro- ninfa (60, gs) si vedono col loro tubulo di secrezione ristretto e con cellule piccole ed in via di sfacelo, colla borsa serbatoio, floscia e rag- inzita, e col tubulo di scarico che nella regione della bocca ha per- duto il suo rivestimento cellulare. Ritengo che le grandi ghiandole tubulari, salivari dell'adulto, pren- ine da un corpo cellulare che già si vede nelle larve anche giovanissime (fig. 59, gs?) compreso tra la faccia inferiore del ganglio sopraesofageo e l’esofago, e, che ha un tubulo diretto all’innanzi verso la bocca. Proninfa. Tessuto adiposo. Quanto al tessuto adiposo, se ne è par- lato fino alla larva matura. Conviene ora procedere oltre. Nella pro- ninfa il liquido plastico stravasato dal mesenteron è assai abbondante e si vede coagulato dovunqne negli interstizii degli organi. In questo momento le cellule adipose si sono liberate l’una dall’altra o sono tra loro assai poco aderenti. Esse conservano tuttavia l’aspetto già veduto per la larva e di poco sono cresciute in volume. Nella proninfa giovane, (fig. 60) merita di essere ricordata la cellula adiposa per le modifi- cazioni, sopratutto, avvenute nel nucleo. Primieramente il citoplasma presenta le solite trabecule irradianti da una zona subeentrale in cui il nucleo è immerso, ma queste trabecule sono meno regolari che non nella larva e meno regolarmente disposte. Inoltre esse comprendono vacuoli marginali meno bene definiti e, in vicinanza della zona centrale, molte guttule sferiche albuminoidi, ormai grossette e che si tingono debolmente coll’emallume. (fig. 110). I grossi rami delle trabecule, vicini al centro, essi pure si tingono notevolmente coll’emallume, assai più di quel che avviene nella larva. I nucleo poi è aumentato di volume, poichè riesce quasi il doppio di quel che fosse antecedentemente Inoltre il contenuto suo, cioè la eromatina, si vede disseminata in mol- tissimi granuli, assai piccoli, come si è veduto nel precedente stadio, SLI VEBER ATRIA di è s repeat be EVE a e pini! arl NET TO al n RR RR ANTONIO BERLESE 253 ma qui molto più radi. Anche il limite del nucleo svanisce e difticil- mente si afferra anche alla diligente ispezione. Questo è un periodo di transizione tra il nucleo bene definito rotondeggiante od ovale, proprio delle larve e quello speciale alle ninfe ed agli adulti, di cui dirò tosto. Ninfa. Valga per tutte le epoche dello stadio ninfale quello che ac- cennerò qui appresso. Ciò dico perehè non è dato rilevare differenza aleuna nei diversi momenti della vita ninfale, quanto al contenuto delle cellule adipose ed al loro aspetto. Già nella proninfa avanzata (fig. 61) le cellule adipose riescono completamente libere ed intanto si sono straordinaria- mente arricchite di globuli albuminoidi, rotondi affatto e grossetti, i quali riem- piono completamente la cellula, lasciando solo pochi vacuoli grandi, sferici sparsi nella massa, e questi occupati da gocciole di grasso. Le cellule variano di grandezza appunto col numero e l'ampiezza dei va- cuoli, ma in media sono scemate di volu- me e non hanno più di 40 u. di diametro. I globuli albuminoidi contenuti nelle cellule adipose cominciano ad acquistare tinta giallastra ed alcuni anche mostrano molti piccolissimi vacuoli centrali, come punteggiature, carattere questo pel quale ci è noto, anche dallo studio delle iden- tiche alterazioni che avvengono nelle gut- tule albuminoidi contenute nelle cellule della ghiandola mesointestinale presso Fig. 62 gli aracnidi, e perciò che si vede nei co- leotteri ete., che le guttule sono in via di Ninfa giovane di Pheidole ope- é È raia (Sezione sagittale. Per le let- distruzione. ig vee testo. Non è disegnato Ma il nucleo si è modificato sin- golarmente. Ormai esso non ha più for- ma definita, nè è più possibile scorgere la membrana sua limitante. La sostanza nucleare si distribuisce nel centro della cellula con ramifi- cazioni multiple e complesse, ordinariamente su piani molto stretti, ed è contrassegnata da minutissime granulazioni fitte, tingibilissime, diffuse secondo superfici piane, però variamente complicate, fra le granulazioni. Così, in certi tagli, le superfici anzidette, venendo dinanzi all’occhio in FENOMENI NELLA NINFOSI piano, si mostrano larghe e variamente accidentate nel loro contorno; venendo di profilo si mostrano come strettissime linee taglianti la cel- lula nel suo mezzo e variamente prolungate alle estremità. È questa una particolare disposizione del nucleo propria a tutti gli Imenotteri che io ho veduto, durante il momento di quiete dopo |’ attività digestiva larvale e che può cadere durante lo sta- dio ninfale come in queste formiche od assai prima, come vedremo nelle forme parassite. Pure io non veggo le minute punteggiature colorate, diffondersi iso- latamente nella cellula, ma tutte insistere verso la grande massa centrale rappresen- tante il nucleo. Più innanzi, nelle ninfe avanzate, le cellule, a seconda della ampiezza dei vacuoli possono misurare anche da 75 ad 80 p.., ma non vi ha differenza ulte- riore nel contenuto loro. Adulto. Di qui fino all’adulto le cose si mantengono nel modo’ indicato, salvochè, avvicinandosi! lo stato defini tivo, le cellule perdono molta parte del contenuto loro di globuli albuminoidi , mpre ne rimangono assai anche nell’ ene di più giorni e da tempo at- tivo. Enociti. È bene riprendere la sto- ria di questi singolari elementi cellulari. Già si è veduto che nella larva giova- Fire. 63 Pheidole a metà circa a esofagea in uno asi il suo fig. 62 a 63. Sezione sagit nissima essi sono riuniti in sei masse ai lati del corpo, nella regione addominale. Nella larva di Pheidole le cose sono con- formi, perciò che riguarda il numero delle dette masse e quello delle cellule in cia- scuna, nonchè la fissità degli elementi ed il loro aspetto, ma essi sono di molto maggiori (fig. 113), poichè mi- surano circa 25 2. ed i loro nuelei 12 n. di diametro. Durante tutto il periodo larvale gli enociti sono in riposo ed immobili al loro luogo di origine. Appena però incomincia il periodo ninfale e già nella proninfa, an- che giovanissima, si rilevano due fatti degni di nota. Primieramente si PISTONI E ANTONIO BERLESE 255 incomincia a trovare qualehe enocito libero e compreso tra le cellule del tessuto adiposo, ma ancora in grande prossimità allo strato ipoder- mico, in secondo luogo il numero di questi elementi è certamente cere- sciuto. Si vede che negli ultimi momenti larvali, gli enociti fissi de- vono aver proliferato ed i loro rampolli non restano aderenti alla co- onia di origine ma si diffondono nel corpo Ritengo che questa migrazione avvenga non passivamente affat- to, ma per virtù intrinseca e con movimenti ameboidi proprii. Infat- ti, nella proninfa matura e nella ninfa giovane è facile riconoscere che la maggior parte degli enociti non hanno più l'orlo loro integro e de- finito da linee rette o leggermente curve od ondulate, ma mostrano dei prolungamenti pseudopoditormi (fig. 114, 115) nei quali, per lo più, il citoplasma è meno denso, poichè si tinge meno intensamente assai del restante cen- trale. Adunque queste cellule vagano con movimenti proprii in mezzo agli altri or- gani. Il loro nucleo però mantiene sempre perfetta forma sferica e la costante par- venza già descritta nel suo contenuto. Però, il citoplasma è molto denso, stipato e non mostra struttura di sorta, se non che una fittissima e quasi impercettibile punteggia- tura In questo momento ed anche molto di poi, come pure nell'adulto, gli enociti si tro- vano strettamente addossati ad organi di- versi e compresi tra le cellule adipose. È appunto così che il Karawaiew, vedendo queste cellule isolate, ed in contatto con Fire. 64 quelle adipose (nel Lasius flavus) le con- come globuli del sangue e quindi e. pren ammette due diverse specie di leucociti, oe enociti; cellule uriche car- l'una piccolissima, e questi sono i leuco- che ri sli concrezio- eiti veri, Valtra grandissima e questi sono nnt nnt vendesi MES invece gli enociti che qui descrivo. Quan- to poi alla sua affermazione che queste grosse cellule distruggano quelle adipose, ciò toccherà all'Autore anzidetto a di- mostrare, e non ne verrà a capo mai, in modo alcuno, non essendo certo sufficiente la costatazione del fatto che cellule adipose ed enociti sono a contatto fra di loro. Se l'Autore avesse studiato tutte le fasi e l’ori- gine di queste grandi cellule, è fuori di dubbio che avrebbe evitato un così grave errore. oma erraticum, adulto sid. D er: v 256 FENOMENI NELLA NINFOSI Nelle ninfe, specialmente in quelle avanzate , è agevole lo scor- gere, in mezzo alle molte cellule adipose, alle quali sono ormai commisti moltissimi enociti, anche nel centro del corpo, specialmente nell’addome, : e tutti colla consueta forma di quiete, alcuni pochi grossi elementi, par- ticolarmente nella regione anteriore dell’ addome, i quali sono intensa- mente bruni attorno al nucleo e sono molto più voluminosi delle cellule adipose e degli enociti comuni. Arrovesciando lo specchietto del miero- seopio e facendo oscuro il campo, questi elementi compariranno inten- sissimamente bianchi ed in modo assai spiccato. La opacità e la bian- chezza è data dalla natura del contenuto di questi elementi (fig. 117) cu, i quali mostrano un grandissimo deposito di conerezioni sferiche, giallo- gnole, che si riconoscono (alla prova della muresside) per prodotti urici, e ad altre reazioni come urati. In taluni altri casi è facile ritrovare dette grandi cellule ripiene invece di cristalli che, senza dubbio, sono di acido urico. Adunque queste sono cellule che ritraggono dal corpo i prodotti urici disseminativi. Io sono stato molto tempo in dubbio circa la natura di questi elementi cellulari, ma parmi di poter credere che essi sono enociti i quali così si sono cavie di prodotti di escrezione. Intanto però, se pure il nucleo in nulla ha variato da quello dei co- muni enociti, ma come in questi è sferico e col suo nastro nucleinico benissimo definibile, invece il citoplasma è modificato. Infatti, in questi elementi cellulari, che contengono prodotti di escrezione , il citoplasma è meno denso e si definisce in una fitta reticolazione molto bene cospi- cua ed uniforme. Questi grossi elementi si conservano anche nell’adulto e nella figu- ra 64 è disegnato un addome di adulto che mostra gli enociti comuni Lal intercalati fra le cellule adipose ed inoltre in cu le cellule escretive riche stanze uriche come ho detto. Rarissimamente mi sono occorse sezioni di ninfe che non mostrassero consimili fatti, e sempre, in una regione o nell’altra dell’ addome, ma più specialmente alla sua parte anteriore dorsale, ho veduto cotali cellule in numero vario, ordi- nariamente in gruppi di due o tre. Ora io ho tentato di spiegarmi il fenomeno pensando allo stato di riduzione e certo di inazione dei malpighiani durante lo stato di ninfa, conforme ho accennato più su. È molto probabile che durante questo periodo 1 opera della escrezione sia totalmente affidata agli enociti € che molti dei prodotti escretivi liquidi vengano assorbiti da quegli eno- citi che sono nello stato apparente di quiete, ma che, talora, in alcuni di questi elementi cellulari la sostanza escretiva fluida si concentri € dia origine a prodotti solidi, i quali sono subito percettibili. earn ie ANTONIO BERLESE 251 Queste osservazioni tendono a provare il concetto ormai invalso che gli enociti rappresentino cellule intese a raccogliere i pla di escrezione diffusi nel corpo, non diversamente dai malpighiani Cynips (tav. IX figg. 133-138). Ho avuto occasione di studiare alcune specie di questo genere, tra cui C. Tozae e C. Caputmedusae In tutte ho trovato affinità grandissime, quanto all’anatomia ed alla istologia, tanto che si può trattare di una sola specie, ad es. della C. To- zae, che ebbi in grande quantità e quel che ne dico ritengo che possa servire per le altre forme da me vedute. Non vi ha dubbio che se le Cymips presentano particolarità note- voli in riguardo alla istologia, ancora più esse ne mostrano nella di- sposizione degli organi loro e nella fabrica degli stessi. Però, giacchè ho in corso uno studio su queste forme, nel quale credo che dovrò dilun- garmi anche circa l’anatomia degli adulti, così, per ora, mi contenterò di essere sollecito nel parlarne, ancor più di quello che io sarò per le larve e ninfe. Ho esaminato tutti gli stati, da larva abbastanza giovane fino ad adulto ed ecco quello che ho osservato, sempre a proposito della C'. Tozae. (1) Come si vede io non faccio in queste formiche distinzione, se non per il cou- tenuto, fra gli enociti veri e questi elementi carichi di prodotti urici, i dra corrisp on- dono alle cellule escretire dell’Anglas, che sì conosceranno anche in seguito, nel c orso del presente scritto, presso altri imenotteri. Tuttavia può essere che Pigi sia diversa e che queste due maniere di elementi inporimadio due cose distinte sem Infatti, nei Tentredinei si vede che parte ssa cellula st osa si differenzia, nella arva matura o nella ninfa, e diviene un elemento a sè, en re compreso ne cellula pia del tutto simile per funzione e ui pastrag libere di altri ime- notteri. La origine di queste cellule escretive dovrebbe così attribuirsi al tessuto adiposo od almeno al mesoderma, mentre per gli enociti questa origine non è dimostrata tut- tavia. Pu) essere, in conclusione, che si tratti, tanto per gli enociti, come per le cel- lule escretive, come per quelle adipose, di una origine comune, con differenziamento di ufficio in seguito. Tutto ciò però è in via di ipotesi e per ora tanto può essere detto. che ciascuno di questi elementi ha una origine a se, quanto che le ur escretive sono enociti differenziati nell’uffizio, oppure cellule adipose o loro parti mo e nel stesso senso. Questo ho qui detto per evitare che altri sì meravigli se non sempre man- tengo una stessa opinione in TA ma la vario col variare degli aspetti e delle parvenze di affinità, a seconda dei ca 7 258 FENOMENI NELLA NINFOSI Larva di tre mill. Veramente tale cifra si riferisce all’arco for- mato dall’asse longitudinale mediano, giacchè la larva è curvata a mezzo cerchio, ma la corda non oltrepassa i due millimetri. (fig. 65) ra questa larva è così grande perchè poco di lei minore è il me- senteron che tutta la riempie, non rimanendo che uno strettissimo spa- zio periferico per gli altri organi. La fig. 65 mostra bene ciò. Così questa larva è giovane ed in essa vediamo che il prointestino 0e, molto breve è quasi indifferenziato dalla bocca al cardias. Nel mesenteron l’e- pitelio è molto basso, pavimentoso e le cellule hanno grossi nuelei rotondi. Il mesenteron stesso è tutto ri- pieno di una poltiglia, nella quale non si definisce bene la natura dei detriti che pur vi sono minutissimi e che debbono essere di origine vegetale. La peritrofica è certo molto esile e quasi incospicua. Il mesenteron (è) è poi chiuso al piloro e non comunica quindi coll’ intestino posteriore. Questo (r) è ripiegato su se stesso strettamente, essendo costretto in po- turni giovarimina di cvistpo Tasoe, spazio dalla grande dilatazione del in sezione lacune Per le lettere veai IMesenteron; è semplice e reca mu- tes ano; df dilatatore della fa- —scoli robusti annulari. suo" Spi i ganglio i pruct Li ‘priale Le ghiandole salivari (frammenti da 71 inclusa, sono ugualmente ingran- in gs) sono due tubuli composti di dite e ciò per mostrare l'aumento in vo- grossissimi elementi cellulari, ovali e Fig. 65. non potendo fare la presente e la fig. e Si distendono ai lati e sotto il mesen- più piccole, senza danno della ASA tero. ll loro tubulo di scarico (#0) è esi- è riuscita così grande la fig. 7 lissimo e serpeggiante, fuorchè pres- so lo sbocco. Si apre nel labbro infe- riore e vicino all’apertura è arrichito di epitelio più alto che nel re- stante tubulo. I malpighiani non si vedono nella figura, ma non variano dagli stati successivi, siechè ne parlerò allora. La catena nervosa ha questo di particolare, che tranne il ganglio sopraesofageo (gs) ed i due o tre primi ventrali, nonchè l’ultimo, tutti gli altri sono assai male distinti dalle commessure nervose che li uni- scono. Certo i centri nervosi ventrali debbono essere dodici, ma non è possibile contarli distintamente. vc Gel e e, e N e A RR AI ge Sa e ER TIRE REN i * To ANTONIO BERLESE Tessuto adipso (gr). Esso è stipato fra il mesenteron e le pareti del corpo. Si compone di uno spesso strato di cellule rotonteggianti od ovali, od altrimenti deformate per costrizione, le quali (fig. 133) mostrano nu- merosi ed assai grandi vacuoli, seavati in un citoplasma molto denso elcolorabile, nel quale non sono mai depositi albuminoidi di sorta al- EGET SI aa Eur . DA doi Pi) (Dei e fa (e pe Fig. 66. Larva matura di Cynips Tozae, in sezione sagittale. (Per le lettere vedi testo; inoltre dg dischi immaginali gen:ta- li; nm nuclei dei muscoli longitud. (se ne parlearà ne II. parte.) cuna. Le cellule misu- ‘ano in media 45 {1. Il nucleo e subsfe- roidale od ovale, contie- ne la eromatina disposta in granuli regolari, e- guali fra di loro e mol- to fitti. Esso misura da 10 a 12 p.. di diametro maggiore. Enociti. Ho veduto molti enociti sparsi e stipati fra le cellule. Es- si misurano in media circa 30 1 di diametro massimo, da poichè per lo più sono allungati. Il citoplasma loro è omo- geneo, molto colorabile e più intorno al nucleo che non alla periferia. Il nueleo è sferico ap- puntino, con struttura simile a quella del nu- cleo delle cellule adi- pose e misura 10 &. di diametro (fig. 153, a). Non ho mai veduto concrezioni uriche inglo- negli enociti. bate Larva matura. Passo direttamente alla larva matura (fig. 66) poichè sebbene io abbia visto anche gli stati intermedii, pure non trovo grandi disparità verso gli estremi, se ne togli 1’ inizio della deposizione dei globuli albuminoidi, il quale si effettua a metà circa del periodo arvale. La larva matura misura circa 4 mill. di diametro longitudinale ed 260 FENOMENI NELLA NINFOSI è molto grossa e reniforme. Il capo è assai piccolo, appena più gran- de di quello dello stadio precedentemente descritto, ma il corpo è assai più voluminoso, giacchè nella misura anzidetta non vi ha troppa parte il mesenteron, che qui è molto piccolo ed anzi assai più piccolo di quello già veduto nello stadio prima ricordato, poichè esso si è vuotato e le pareti sue si sono ristrette molto (im Non si può dire però che esso sia assolutamente vuoto, giacchè vi si vede, per entro, coagulato un tenue plasma che ne occupa buona parte e si tinge abbastanza coll’emallume. Certo però le cellule dell’epitelio sono diversamente fatte da quello che si vedeva negli stati precedenti di grande attività digesti- va, poichè le cellule so- no alte, quasi tanto che larghe, col citoplasma tutto fittissimamente re- ticolato, così che com- prende delle minutissi- me areole rotondeggian- ti, eguali fra di loro. I nuclei poi non sono più rotondi, ma tendono ad assumere forma stellata o meglio laciniata, con un contorno molto sfran- giato. Si vede che que- Fig. 67. B sto mesenteron si è Vuo- Piloro (2) della larva a st precedente, più ingrandito:Inm tato del suo primo con- A è figurato il mesenteron im, col malpighiano », e l’intesti- tenuto, ma io non credo no posteriore ip. » fig. a raprese senta la porzione trat- i : 5 teggiata della fig. A, più ingrandita e colle stesse ora che ciò sia avvenuto per mostrare la struttura dei diversi elementi. attraverso al piloro che è tuttavia ben chiuso, ma la sostanza ingerita deve essere stata tutta assorbita. Anzi questo as- sorbimento è graduale e sembra che la larva, dalle prime grandissime in- gestioni di cibo, arresti la sua voracità e si accontenti di assimilare la sostanza ingerita nei primi tempi della vita sua, poichè la diminu- zione del mesenteron è progressiva e non si vuota questo subitamente all’inizio della ninfosi, come per tutti gli altri insetti si vede accadere. Intanto, se il prointestino (ce) non ha subìto variazioni notabili, in- vece il postintestino (r) si è straordinariamente allungato ed assotti- ANTONIO BERLESE 261 gliato poichè raggiunge un terzo circa della lunghezza di tutto il corpo. Esso è tutto cilindrico e con un piccolissimo lume nel centro, ma si allarga alquanto al piloro e presso l'apertura anale. Anzi quivi ha i muscoli suoi annulari alquanto più robusti. I malpighiani (m) sono due, uno di qua ed uno di là del mesen- teron, essi sono grossissimi, affatto torulosi e piuttosto brevi, poichè sono lunghi circa un quarto od un quinto della lunghezza di tutto il corpo dell’animale. Essi nascono alla faccia inferiore del postintestino, nella regione pilorica, si dirigono in basso ed all’innanzi e fiancheg- giano il mesenteron. Non ho veduti in altre larve malpighiani così grossi. Le cellule di cui sono composti sono grandissime, con citoplasma quasi omogeneo , che non si tinge affatto coll’emallume. In esso giace il nucleo, fre e di figura speciale, poichè è tutto sfran- giato sul suo orlo e laciniato e senza forma definibile; sembra quasi che tenda a diffondersi nella massa della cellula, poichè non mostra nem- meno membrana limitante alcuna (1). ghiandole salivari (9sd) (che ho segnato punteggiate per la stessa ragione ricordata pei malpighiani) sono ampie, ma brevi e col loro tubulo sboccano, come si è detto, nel labbro inferiore. Nel sistema nervoso non veggo variazioni. Tutto il corpo è ripieno di un plasma piuttosto denso, omogeneo, che si tinge debolmente coll’emallume. Tessuto adiposo (gr, e fig. 134, A). Crescendo la larva, le cellule sono aumentate ed è venuto, via via, depositandosi un coagulo albuminoide in forma di globuli nelle cellule stesse. Nella larva matura le cellule sembrano staccate l’una dall’ altra e fanno grandissime masse (fig. 68), che occupano la massima parte del corpo, lasciando dei vani qua e là, piuttosto ampi. Il plasma circonda affatto tutte le cellule. Queste sono ovali o rotondeggianti (salvo dove per contatto diven- gono poligonali) e misurano, in media da 80 a 90 wu. Si veggono dei grandi vacuoli sferici, subeguali ed in modesto numero, i quali stanno più verso la per ttorno al rio vi ha uno spazio occupato largamente dal cito- plasma, il quale non si tinge e però non vi veggo struttura. In esso stanno, in notevole numero, dei globuli albuminoidi grandetti, subeguali, sferici a puntino e tingibili fortemente coll’emallume. Essi sono stipati (1) Nella fig. 66 ho delineato il malpighiano in parte punteggiato poichè nella se- zione mediana (rappresentata dalla figura esso non si vede intero, ma solo la parte basilare che è quella meglio circoscritta e coi suoi nuclei in posto 262 VIFENOMENI NEL NINFOSI attorno al nucleo e si diradano verso la periferia, nella quale non sono mai o ve ne ha pochissimi e raramente. Invece , alla periferia stanno sit globuli albuminoidi, della gran- dezza dei precedenti o più piccoli, ma che non si tingono affatto col- l’emallume. Il nucleo delle cellule non è più sferico, ma nel maggior numero dei casi esso è discoidale e così stipato nella materia sua interna che si tinge colla massima intensità, così che io non posso scorgervi strut- tura. Esso misura dai 12 ai 13 & di diametro. Enociti (fig. 134, C).In questa età gli enociti hanno un particolare aspetto. Il loro citoplasma non è aumentato, poichè misurano circa 25 /4. di diametro, anzi esso si è fatto più tenue, poco tingibile e molto va- cuolizzato. Per converso il nueleo è molto grande, esso misura circa 16 L. di diametro, è ovale o sferico e la cromatina si mostra disposta regolarmente in granuli molto piccoli e stipati. Ma oltre a questi enociti vuoti, si trovano diffusi specialmente nel- l’addome ed intercalati alle cellule adipose, molti elementi più grandi, carichi di concrezioni uriche (urati in forma di sfere a zone concentri. che) come si videro in altri esempi nelle larve di Imenotteri. Questi elementi (fig. 134, B) sono ordinariamente più piccoli delle cel- lule adipose, poichè misurano circa 45 fu. di diametro. Essi non hanno citoplasma tingibile e contengono molti granuli sferici di urati, attorno ad un nucleo centrale di 10 rn. di diametro, colla struttura di quello degli enociti (fig. 66 cu). Io sono di opinione che queste cellule uriche sieno nulla più che enociti, i quali hanno compiuto la funzione loro e sono ormai carichi di prodotti di escrezione. Così fatti elementi si troveranno sempre d’ ora in poi fino all’adulto. Ma in questo (fatto da tempo) non si rinveran- no più. Proninfa (fig. 68). Il disegno mostra la configurazione di questa forma, il progresso dei sessuali esterni e sopratutto la notevole restri- zione di tutto il corpo dalle dimensioni della larva. el tubo digerente, il cardias è chiuso e il prointestino tutto si è notabilmente allungato. 1 mesenteron tende a discendere nell’addome. Esso ha ormai get- tato l'involucro di epitelio larvale, per assumere quello imaginale, com- posto di cellule molto depresse. Si vede che tutto il mesenteron è ri- pieno di un plasma denso, molto tingibile ed esso deriva dalla distru- zione dell’epitelio larvale. Il piloro ora è aperto, ma strettissimo, e chi dicesse che esso non lascia passare cosa alcuna non credo che direbbe diverso dal vero. ANTONIO BERLESE 263 Il postintestino (r) si accorcia e comincia a curvarsi, però esso mo- stra tuttavia la struttura dello stadio precedente. E notevole che alla regione pilorica nascono i malpighiani ima- ginali, assai esili (mim), in numero di sedici, come saranno anche nell’adulto. Persistono tut- malpighiani larvali ml, a lor posto, ma essi, attraverso al piloro, vengono as- sorbiti nel mesente- ron. Nel torace co- minciano a formarsi i lunghi abbassatori delle ali (md) Nei genitali, il disco genitale, pro- ducendo al di fuori le tre lunghe appen- dici dell’ oviscapto solo si vede nella fi- gura, perchè impari, (ves) mentre uno du- adlicadarai plice fino dallo sboc- infa di Cynips Tozae ancora contenuta nella spoglia co (ovd) rappresenta ù big in sezione sagittale. ( Per = lettere vedi testo) inol- P 2 È Li tre: ie intima dell'esofago larvale; ir intima larvale del reito; i due ovidutti. (Que È i v vaso; ov ovario; ovd Sta a ano; c? cuticola larvale. sti però preesisteva- È | no chiusi). Es Nel sistema nervoso, oltre all’ingrossamento di tutti i gangli, spe- cialmente dei cefalici, si vede che il 4° ed il 5°, pertinenti al meso e s: metatorace, si fondono assieme. È Inoltre il 6° ed il 7° si mostrano bene definiti, ma l’ultimo, che deve Li risultare dalla fusione degli 8°, 9°, 10°, 11°, 12° (come mostrano le in- 264 FENOMENI NELLA NINFOSI troflessioni della crosta esterna nella polpa interna), è grosso e clavato e risiede all’origine dell’oviscapto. Nelle ghiandole salivari (982) il tubulo di scarico si è di molto allun gato ed assottigliato (#2). Tessuto adiposo (fig. 155). Tutto il corpo è ormai pieno stipato as- solutamente dalle cellule adipose, tra le quali non vi sono più vani. Di quel plasma così abbondante nella larva matura qui non si ha più traccia. Esso è stato tutto assorbito dalle cellule adipose. Non sono più percettibili i limiti tra cellula e cellula, almeno nelle masse maggiori, pure certo gli elementi cellulari sono distinti fra loro. Le cellule, là dove possono essere vedute isolate (in qualche pic- colo vano del capo) mostrano dimensioni eguali a quelle della larva matura ed in tutto a quelle cellule corrispondono, se non che il nucleo mostra ora la sua struttura, cioè granuli di cromatina fitti e regolar- mente disposti. Però le gocciole di albuminoidi raccolti non sono più tingibili, ma tutte sono ialine ed incolore, per quanto più grosse di quelle della larva matura. Si deve concludere che le gocciole di albuminoidi tingibili, che già si vedevano nella larva matura, sono fuoruscite e debbono essere state assunte dagli organi in via di formazione. Nelle cellule il plasma ambiente è penetrato tutto ed è raccolto in gocciole non colorabili. Quanto agli enociti, valgono le cose dette per la larva matura, ma quelli carichi di urati ne hanno assai più (cu) e formano grosse pallot- tole, talora molto più grandi delle cellule adipose , tutte stipate affatto di concrezioni uriche, in tal modo che il nucleo non si vede più se non cadè la sezione veramente nel loro mezzo. Ninfa giovane (fig. 69). Mostra la figura che le dimensioni del- l’animale sono aumentate, poichè il corpo si è dilatato , sortendo da quella forte costrizione nella quale si trova la proninfa e necessaria al distacco della spoglia larvale. La ninfa che si vede a fig. 69 mostra già la configurazione generale dell’adulto, salvo che tra l'addome ed il torace è tuttavia assai larga. Nel tubo digerente si vede che il prointestino (oe) è allungato, a$- sai, ed arriva quasi al confine del torace. Quivi esso si allarga in una camera ovale (in), la quale sarà la prima origine dell’ingluvie. Esso è tutto cilindrico ed esile. Il cardias, pur essendo permeabile, è chiuso per la costrizione delle sue pareti. Lo ho disegnato più in grande a fig. 69 B. Il mesenteron (im) è molto ampio, fusiforme e decorre dalla base del torace al terzo posteriore dell’addome. Nel prointestino veggo che i malpighiani larvali (m/) sono stati affatto assorbiti entro il mesenteron e quivi stanno disfacendosi (anche naro, ANTONIO BERLESE 265 . 69, C). Il piloro perciò è aperto. Sono cresciute le dimensioni dei i immaginali (mim). Tutto il postintestino si ripiega e diviene tortuoso (r), ma è già più largo assai di quello che era negli stati pre- Fig. 69 Ninfa -Apogia di ir Tozae in sezione sagitt Non é segni: ragliani ml che vengono Di biti e si disfanno), p postintestino. B e C sono più in- grandilti. cedenti. Quanto ai genitali, oltre all'aumento delle ap- pendici dell’ oviscapto , veggo che il lungo tubulo impari, segnato in ves nello stadio precedente, si è ora allargato alla sua origine, in forma di sfera cava, en- tro cui sta un liquido albu- minoide coagulato (ves). Nel sistema nervoso, la fusione tra il 4° e 53° gangli (toracici ) è com- pleta, ma anche il 3° si è avvicinato molto a que- du affatto come a a proninfa, ma però at- o al nucleo tornano a vedersi dei globuli albu- minoidi colorabili. Debbo adunque credere che essi sieno di quelli che, inco- lori nella proninfa, ormai, come più vecchi si tingono e non tarderanno a fuoriuscire dalla cellula per dare nutrimento agli organi in costruzione. Ninfa matura (fig. 70). Essa ha già del tutto le forme dell’adulto. Nel tubo digerente, l’esofago (oe) è lunghissimo e procede per una buona metà della lunghezza dell’ addome. In mezzo del torace esso si dilata BEST tei fe 266 FENOMENI NELLA’ NINFOSI sensibilmente (doe) e sempre più dilatabile si mostrerà in seguito , nel resto è sottilissimo. In contatto col mesenteron esso si svasa per dare origine ad una ingluvie (in) membranosa , tuttavia molto ristretta. Il Fig. 70 Ninfa quasi rale di Cynips Tozae in Espeon sagittale me- diana. Lettere co. nelle fig. precedenti. Inoltre ovd ovidutti variamente tagliati; oc ocello; df lauiGane della farinze. | grasso se non che in poche cellule libere nella testa. mesenteron poi (im) è ormai collocato in regione affatto dor- sale e nella parte po- steriore dell’addome. Esso è ovale e ripie- no di un liquido gra- nuloso e coagulabile. (Uno stadio più a- vanzato della regio- ne cardiaca è segna- to a fig. 70 Il Locat (n) è ormai molto convoluto nello stret- to spazio che va dal fondo del mesenteron all’ano e, a poca di- stanza da questo, l’e- pitelio del postinte- stino si eleva in quattro ghiandole ret tali emisferiche. I malpighiani i- maginali sono ormai bene evoluti (mim). Per quel che ri- guarda i genitali, si vede ormai grande ed ampiamente ovale la vescicola (ves), de- rivata da quella pri- ma origine tubulare osservata nella proninfa. Questa vescicola ha pareti sottili ed è piena di una sostanza coagulabile e molto tingibile. Qua anto al sistema nervoso, è avvenuto il contatto fra i gangli 3° e la massa 4° + 5° ed il tutto risiede nella regione del mesosterno. Quan- to al resto, tranne l’aumento notevole dei primi e dell’ ultimo ganglio ant ANTONIO BERLESE 267 e la fusione assoluta del 6° e 7°, il tutto corre come nello stato pre- cedente. Le ovaia (ov) hanno tubi ovarici ancor piccoli ed esili, con molti uovicini immaturi e tutti di eguale lun- ghezza Tessuto adiposo, Enociti ete. come ne- gli stadi ninfali pre- cedenti. Adulto (tig. 71). Dal disegno si rileva a sufficienza il pro- gresso e la definitiva fabrica e dimensione degli organi tutti. Tessuto adiposo (figg. 136, 137, 138). È notabile il fat- to che nel tessuto a- diposo ormai non vi è più traccia di de- positi albuminoidi. Infatti, sebbene le cellule adipose sie- no molto abbondanti e riempiano tutti gli spazi fra gli organi, essendovi anche mol- depositi albuminoidi. Da questo carat- tere infuori noi pos- siamo distinguere tre maniere di cellule a- SE cioè : Fig. 71. Adulto di Cynips Toza ttale. Letterecome a figg. preceden nii; inoltre po pezzo occipitale; md mandibola; tl tubulo delle salivari : ma gra randi ingr Satori delle ali; me grandi” elevatori; ov ovario; ip intestino posteriore; gr gra to grasso si sono fatte poche cellule soltanto per non complicare cosine il era ma esse formano un tessuto continuo in tutti i vani fra gli organi. 268 FENOMENI NELLA NINFOSI Le cefaliche (fig. 136), le quali sono le più piccole e si trovano ancora nel torace fra i poderosi muscoli toracali ete. Si vedono in masse poco estese e, non essendo compresse, hanno tuttavia una forma rotondeg- giante. Esse misurano da 46 u. di diametro e mostrano nuclei subsferici, di forma regolare. Il citoplasma loro è praticato da molti vacuoli, ma però è abbastanza ricco. Una seconda maniera si è quella delle cellule alla periferia del- l’ addome, abbastanza discoste dalle uova (fig. 137). Queste sono mag- giori, poichè misurano fino ad 80. y. di diametro, massimo ed hanno nuclei discoidali di circa 20 1 di diametro, però meno regolarmente configurati di quelli delle cellule precedentemente vedute. Il citoplasma è abbastanza ricco e si reticola intorno a larghi e spessi vacuoli, fino attorno al nucleo. Queste cellule, per contatto stretto, riescono tutte poliedriche. L'ultimo aspetto è dato dalle cellule comprese fra i tubi ovarici (fig. 138 c). Queste sono le più povere di contenuto, poichè, si può dire che sono occupate da un unico grande vacuolo, tanto che il citoplasma, col | nueleo, sono ricacciati alla periferia affatto. Le dimensioni variano poco : dalle precedenti. Anche queste ultime cellule sono. poliedriche. Il nucleo loro è di forma molto irregolare, talora allungato, talal- tra laciniato ete. Però la disposizione della nucleina è, in queste cellule, come nelle mt sempre in granuli molto piccoli e stipati, come già si è visto nelle ninfe. Enociti. “n le cellule anzidette si trovano strettamente compresi e fortemente stipati molti enociti, sparsi senza ordine, specialmente riferia ssi hanno il consueto sbietto degli enociti in riposo ed il cito- plasma è molto denso ed omogeneo. Sono spesso molto allungati per compressione ed io ne misuro di lunghi fino a 70 cent., con nucleo di sn a fan p.., il quale ha il consueto aspetto. veggo più cellule uriche conformi a quelle descritte nelle ninfe. 1) Per questa specie adunque bisogna convenire che esiste una alte- razione intracellulare dei globuli albominoidi assorbiti dalle cellule del (1) Le fig. 136, 137, 138, relative al grasso dell'adulto le ho fatte con eri mento molto minore di quite altre delle larve e delle ninfe, cioè pari a diam. 160 e perchè parevami inutile un’ ingrandimento maggiore, mentre giova vedere le masse cellulari in complesso. ANTONIO BERLESE 269 tessuto adiposo, i quali, dapprimo non tingibili, acquistano in processo di tempo la facoltà di tingersi gagliardamente coll’emallume ete. Ho ragione ei di credere ad una alterazione nell'interno della cel- lula adipo Il ua di albuminoidi comincia poi a metà circa del periodo larvale ed anche prima. Ssynergus sp. tav. IX, fig. 139) Mi è occorso talora, sebbene raramente, di incontrare nelle galle a ciuffo del rovere, non una sola larva di Cynips annidata nella sua ca- meretta, ma intorno ad una maggiore e più ampia, la quale racchiu- deva il solito insetto, altre camerette minori, in numero di due o tre ed in queste poi ho trovato iuclusa una piccola larva, affatto simile a quella più grandetta serrata nella nicchia principale. Dapprimo io ritenni che si trattasse della stessa specie (C. Tozae) e di più individui, dei quali i circostanti fossero più giovani. Però, essendomi avvenuto di sezionare al mierotomo una di queste larve minori mi avvidi che, non solo essa era ormai matura, ma certo diversa, almeno nella fine struttura di alcuni elementi, dalla maggiore larva più comune che di sopra abbiamo veduta a lungo Io eredo che la piccola larva della quale io parlo appartenga al genere Synergus, del resto compreso esso pure fra i Cinipedi e vi ho trovato particolarità istologiche le quali credo meritino una breve de- serizione. Gli organi, nel complesso e nella disposizione loro, non diversiti- cano gran fatto da quelli della larva matura delle Cynips già vedute, se ne togli una lieve differenza nel sistema nervoso, nel quale il terzo posteriore della catena è molto esile, ma finisce con un grosso ganglio apicale. Perciò io non ho riportato quì la figura d’insieme, che pure avevo fatta, non ritrovandola abbastanza diversa da quella segnata a fir. 66. Però le dimensioni di questa larva son minori, giacchè essa non giunge ai due mill. e mezzo di lunghezza ed è certamente matura, co- me è dimostrato dallo stato del mesenteron e delle cellule epiteliari sue, nelle quali la cariolisi è già incoata. tte le lacune fra gli organi sono ripiene di quel plasma omo- geneo, denso abbastanza e coagulabile, il quale si tinge delicatamente coll’emallume. Lo stesso plasma a puntino, ma più denso, occupa l’in- terno del mesenteron. n 270 FENOMENI NELLA NINFOSI In quello che invade la cavità viscerale stanno immersi gli elementi adiposi. Questi hanno particolare struttura (fig. 139). Essi sono ovali o rotondeggianti (da 60 e 70 uv di diam.) e si di- spongono in masse estese. Nel loro interno si veggono alcuni pochi vacuoli grandi, sferici e vicini alla periferia. Tutto il rimanente della, cellula si vede essere occupato, nel citoplasma, da granuli minutissimi e fitti, i quali debbono essere depositi albuminoidi, ma in forma di goe- ciole assai piccole e quelle vicine alla periferia sono ialine e non si tingono, mentre quelle che attorniano il nucleo sono più piccole, appena percettibili e si colorano abbastanza in violetto coll’emallume. Il passaggio da una maniera di granuli all’altra si fa per gradi e quindi la tinta apparisce come regolarmente sfumata, dal centro verso la periferia. Ma ciò che riesce più mirabile è il nueleo, per la forma sua. Esso non è nè rotondo, nè altrimenti conformato in figura piena, ma si di- spone ad anello, essendo vuoto nel mezzo. La figura 139 mostra questo anello di lato e in an lo si fa vedere in piano, di guisa che non vi ha dubbio si tratti veramente di un anello e non di una figura discoi- dale. Nello spazio abbracciato dall’anello sta il citoplasma, non diverso e colle stesse inclusioni che attorno al nucleo. Confesso che per la pri- ma volta io mi sono imbattuto in nuclei con forma così strana. Un'altra particolarità è data dai depositi urici. Questi risiedono in cellulette (a), le quali fanno parte delle cellule adipose, tutto affatto come è nelle larve dei Tentredinei. La parte urica delle cellule adipose ha il suo nueleo, il quale è ro- tondo od ovale, piecolo e colla eromatina disposta mmiformemente in granuli. Le concrezioni uriche esse pure hanno aspetto particolare, poichè si mostrano come conerezioni incolori, molto rifrangenti la luce, roton- deggianti, ma nel loro centro hanno un globuletto di forma varia, che molto gagliardamente si colora in violetto coll’emallume. Differiseono adunque esse dalle ordinarie conerezioni consimili che si veggono negli altri imenotteri e nella maggior parte degli altri in- setti. Non ebbi stati ulteriori di questa interessante specie e non so nep- pure di quale specie veramente si tratti; credo però che colle indica- zioni date circa all’habitat non sia malagevole il rinvenirla. ; î | ANTONIO BERLESE DI Monodontonmerus nitens (tav. VIII, figg. 119-123; tav. IX, figg. 150-132) Ho avuto occasione di raccogliere un gran numero di larve e di poi anche di ninfe e di adulti di un parassita comune della Chalico- doma muraria. Questo parassita si incontra in grandi colonie nei nidi dell’ospite. Evidentemente, dopo divorata la larva ospite, le larve paras- site se ne stanno tutte assieme racchiuse in un follicolo comune, seri- ceo e semipellucido, entro la niechia preparata per l'ospite. Se ne può trovare una trentina od una cinquantina assieme e sono tutte larve gran- dette, fusiformi, lunghe in media cinque millimetri, acute alle due estre- mità, ma più alla anteriore e bianche. Ciò durante l’inverno e la pri- mavera. Più tardi però questi insetti, nel comune follicolo, si trasformano in ninfe ed in piena estate si hanno gli adulti, i quali non so come rie- scano a fuoriuscire dal nido della Chalicodoma, ma non sempre a ciò pervengono, anzi, molto spesso muoiono in sito. Non mi è occorso di incontrare, nei tagli di larve di Chalicodoma, le larve giovani del parassita, solo vidi e sezionai quelle mature ormai fuo- riuscite dall’ospite, come ho detto. L’insetto mi ha mostrato molte bellissime cose ed è specialmente no- tabile la enorme dimensione delle cellule adipose. Larva matura (fig. 72). Descrivo brevemente la fabrica degli or- gani suoi. Il capo è piecolo, trasverso e conico. Molto semplici sono gli organi boccali ed affatto rudimentali. Per via di un brevissimo proin- testino, tubulare e semplice si passa in un grande mesenteron (im) fu- siforme, che occupa l’asse mediano di tutta la larva, terminando eirea al 9’ segmento. Esso è più largo di dietro che dinanzi. L'’epitelio di questo mesenteron è assai basso, pavimentoso anzichè cilindrico. In questa età tutto il mesointestino è riempito fittamente da una grande quantità di conerezioni uriche rotondeggianti, bianchissime a lu- ce riflessa, giallobrune a luce rifratta. Il mesenteron stesso null’ altro contiene e siecome è chiuso al piloro ermeticamente, così si può dire che esso è un serbatoio di prodotti urici, i quali sono rimasti dalla di- gestione delle molte cellule uriche diffuse nel grasso dell’ ospite e non derivano dai malpighiani che sboccano nell'intestino posteriore sotto il chiuso piloro. RIGA: Niioe PRA TI a dei de Ri e o I ti Seo re 272 FENOMENI NELLA NINFOSI L’epitelio basso dell’intestino medio può accennare alla nessuna sua attività digestiva oramai. Non mi pare neppure di vedere peritrofica intorno ai detti granuli 7 eta he) EEE, VAGO Si Fa Sa Pig. 72. pai se soltoesofageo; v vaso. Le figure 72, 73, 74 sono mi ingrandite urici. Segue il postintestino (») in forma di tubulo semplice, al piloro chiuso con dop- pio strato di cellule e nel mezzo alquanto di- latato. Presso l’apertura anale l’epitelio del mesenteron si assottiglia assai. Anche la tu- nica muscolare di questa regione è assai po- vera ed appena rilevabile. I malpighiani (m) sono due, molto gros- si e brevi e sboccano subito sotto il piloro, al dorso. Le ghiandole salivari (gs1) (sericipare ?) sono due, molto lunghe, giacchè superano la lunghezza del mesenteron a cui si addos- sano al ventre ed ai lati e si aprono in con- dotto che comunica sul fondo posteriore della bocca, là dove negli altri insetti sta la lin- guetta. Queste ghiandole tubulari, affatto ci- lindriche, risultano composte nel loro epitelio di grossi elementi cellulari, di guisa che si mostrano alquanto varicose. a catena nervosa consta di 12 gangli oltre al sopraesofageo. Questo è piccolo, nelle sezioni sagittali, ma risulta larghetto in senso transverso. Gli altri gangli sotto- intestinali sono tutti presso a poco eguali fra di loro in grandezza e più lunghi che larghi: l’ultimo poi è maggiore di tutti ed ovale. La catena ganglionare sta molto addos- sata al mesenteron e quasi a contatto, men- tre invece è molto discosta dalla faccia ven- trale dell’insetto. Noto che la catena stessa non giunge alla estremità posteriore del corpo, ma fi- nisce dove finisce il mesenteron, cioè al pi- loro, ossia circa nel 9° segmento. Ora, siccome i segmenti del corpo sono 12, si vede che non vi ha corri- spondenza tra la disposizione dei gangli e quella dei segmenti stessi, ma la catena nervosa si accorcia per suo conto in confronto degli articoli del corpo. e di toi 08 OTTO a MR TI RITORNA SER RT O RR I RA 0 ue Sii E Sal ig VIE a E n rio ET pe Fi ad a e a ANTONIO BERLESE © 273 i Gli archi 10°, 11°, 12° ventrali recano ciaseuno dischi immaginali, i quali daranno poi origine a tutto il complesso sistema di oviscapto (49). | Tessuto adiposo (gr). Tutto il rimanente della cavità viscerale, che è vistosa, si trova ripieno di cellule adipose. Queste meravigliano per le loro insolite dimensioni. Infatti, ve ne ha di minori, cefaliche e toraci- che le quali mostrano, essendo ovali, un diametro maggiore di 150 fino a 180 n. Però, tutte le altre, meno alcune nell’ estremo addome, assu- mono dimensioni anche più vistose, poichè giungono fino a 250 p. e quindi sono molto bene visibili ad occhio nudo. uò essere che tutte queste cellule ovali o rotondeggianti sieno as- sieme riunite in questo stato, ma certo assai delicatamente, poichè nel- l’esamne a fresco della larva tutte le cellule si espandono, rotto 1’ invo- luero euticolare dell’insetto, affatto liberamente. Il nucleo di queste cellule è, al solito, in forma lineare, esile ed al- lungato, o tortuoso o appena ramificato. Parmi la cromatina sia in gra- n fittissimi e piccolissimi. La membrana nucleare, estremamente esile, non si lascia definire bene. Il citoplasma mostra molti vacuoli subsferici, equamente disseminati nella sua massa, subeguali fra loro e non troppo grandi. Trai vacuoli vi ha depositata una grande quantità di globuli albuminoidi, rotondi af- fatto e per lo più incolori ed anche grandetti. Quelli vieino al nucleo sono i più piccoli ed affatto puntiformi. In mezzo a questi, particolarmente nelle cellule ventrali del torace, noto goeciole maggiori, sferiche affatto, giallo-brune a luce rifratta e che a specchietto arrovesciato mostrano di assumere colore bianco-latteo. Queste guttule, adunque in via di alterazione verso la fine urica, sono nel centro erivellate da grandissimo numero di minutissimi vacuoli sfe- rici, puntiformi. Ciò come di consueto avviene nel corso della detta al- terazione per gli albuminoidi inelusi nelle cellule digerenti in genere. Essendo queste cellule così grandi, ho dovuto disegnarne (anche per gli stadi successivi) solo una piccola parte col solito ingrandimento - di 600 diam. (fig. 119); ma ho disposto accanto una figura (118) con in- grandimento molto minore e ciò per far vedere le cellule stesse, nel loro complesso. © Tutti i vani interorganici sono occupati da abbondante plasma coa- gulato. Enociti. Io veggo liberi ormai ed intercalati fra le cellule adipose; aleuni-enociti. Questi sono ovali, hanno circa 35 n. di diametro mag- giore e -mostrano- le - solite parvenze. H: loro nucleo è subsferico, — contorno molto bene definito e cromatina in nastro; 13 2 274 FENOMENI NELLA NINFOSI Osservo che sono sempre contornati ed abbracciati da un disereto numero di leucociti (fig. 124), quasi tutti col citoplasma loro vuoto, quindi molto piccoli, ma alcuno reca anche molto materiale in se e quindi è maggiore, brunastro e subsferico. Del significato di questi leucociti colà garda sarà il caso di dire altrove. Prepupa (fig. '78). Dal disegno si ve- de ina si ali entro la cuticola lar- vale (c2) la prepupa o proninfa, abbando- nando la intima del prointestino (ie) e quella del postintestino (i). La prepupa è di di- mensioni molto minori della larva, da poi che sta col massimo agio e con esuberanza di spazio entro la cuticola larvale, anche raggrinzita. Ciò dipende, al solito, dal fatto che il mesenteron si è vuotato attraverso al piloro di recente apertosi. Ecco le principali mo- dificazioni avvenute ormai in questa forma, al confronto di quella precedente. La regione cefalica è aumentata, non solo per l'incremento evidente del ganglio sopraesofageo ma ancora per l’allungamento delle labbra. Nell’ intestino, il prointestino si è di molto accresciuto in lunghezza, mentre il mesenteron (im) è scemato in tutti i suoi diametri, ma molto più nella larghezza ed è ii a ormai vuoto affatto. Il suo epitelio (larvale) nitens compresa tuttavia ndr. si eleva in alti mazzetti. Le cellule sono spogia Lagione Sez. sagitt. adunque cilindriche ed alte e ciò dipende dal Aa cibo a ieri ione fatto che la superficie del mesenteron è sce- 98’ ganglio sopraesofageo; cp ce. Mata grandissimamente. Però questo epitelio lule pericardiali; v vaso; ov ova- è minato dal ninfale, che tende a farlo ca- dorso ventrale; r retto: @ ano. dere nel lume del mesenteron. vaso Il postintestino si allunga assai e si 1° curva ad ansa verso il dorso e di fianco. Il piloro è aperto e sotto & questo si iniziano quattro (?) malpighiani, tuttavia esilissimi ed imma- turi affatto, in sostituzione dei larvali che debbono scomparire. Le ghiandole salivari (frammenti in gs!) accennano ad una involu- zione. Le cellule sono modificate nel loro nucleo, il quale è lineare, 21° cuato ed ormai male definito Fig. #38 è | + Lola pre tn) ERA IE ANTONIO BERLESE 275 1 dischi immaginali dell’oviscapto (ocp) hanno dato luogo a lunghe appendici ensiformi, estese all’ indietro sugli ultimi segmenti. Nella catena nervosa (n) i gangli 4° e 5° si sono avvicinati e confusi tra loro. Tessuto adiposo (gr). Pur rimanendo, co- me nel caso antecedente, invariata la di- mensione delle cellule adipose, si deve os- servare che il nucleo è assai più ramificato e non mai in una sola linea come era in molte delle cellule larvali (tav. VII fi- gure 120, 121). oltre il deposito di albuminoidi è mol- to ricco e stipa energicamente i vacuoli per il grasso. I globuli albuminoidi sono anche di dimensioni maggiori che non nel caso antecedente e molto più comuni si mo- strano le grosse guttule in via di degene- razione urica (per dire brevemente). Enociti. (fig. 73 en e tav. VIII fig. 122) una singolare involuzione mostrano gli eno- citi i quali tendono a dimostrare che essi muoiono in questo tempo e si disfanno, od almeno perdono la massima parte del loro citoplasma. nfatti, pur essendo cresciuti di volu- me poichè misurano fino ad oltre 40 wu. di diametro, tuttavia il loro citoplasma si mostra in via di disgregamento e per lo più Sint di Mincio inarzi al hanno perduto la forma definita. Sembrano matura, în sezione s. AMmmassi di sostanza amorfa. Il nueleo loro gittale. pes ga sa vedi pata è lineare o pressochè lineare e si cireonda pon tuttavia di citoplasma più tingibile. Anche faringe; 7s labbro superiore; n il contorno di leucociti più non si vede. Se labbro inferiore; mz muscoli delle non si vedessero tutti i passaggi dagli eno- co citi larvali a queste masse mal definibili scapto; a ano. non si potrebbe credere si trattasse degli stessi elementi. | Ninfa (fig. 74). Prendiamo in esame una ninfa abbastanza avan- zata. Ormai essa ha le forme dell’adulto. Sono già formati i grandi Fig. 74 indiretti abbassatori delle ali e tra i loro fasci stanno molte cellule adipose. 276 FENOMENI NELLA NINFOSI Il prointestino riesce un tubo langhissimo cd affatto cilindrico. Esso decorre dalla bocca all'addome, passando attraverso al peduncolo. Però, prima di annettersi al mesenteron, esso si allarga in una ingluvie (d), come avviene nelle formiche. A questa ingluvie segue un cortissimo peduncolo del mesenteron, il quale poi allarga in un grande sacco (mi), con un epitelio non dissimile da quello già veduto per la larva matura. Questo mesenteron, obpiriforme, giunge fino all'estremo addome, poscia si ripiega alquanto all’ insù e forma il piloro. Noto che daccapo il mesenteron è pieno di prodotti urici, come nella fine dello stato larvale. In questo momento però i malpighiani potreb- bero avere comunicazione col mesenteron stesso, essendo aperta la via del piloro. Però i malpighiani si vedono essere tuttavia organi in co- struzione e quindi inetti al loro ufficio. Donde deriva adunque questa nuova massa di prodotti urici così grande nel mesenteron? La sua origine è facile sia rintracciata, inquantoechè non può deri- vare d’altronde che dal plasma circolante, il quale deve essere ricco di prodotti urici derivati dalle grandi cellule del tessuto adiposo. Infatti in questa specie si vedrà che gli enociti non hanno attività aleuna du- rante lo stato di ninfa ed anzi sono, se non distrutti affatto, almeno così impiccioliti e mal condotti da sembrare cosa inerte del tutto. Può essere ritenuto che i prodotti urici vengano separati, forse dall’epitelio del mesenteron , il quale li toglierebbe dal plasma ambiente. Altra spiega- zione non veggo possibile. Così essi si raccoglierebbero, al solito, nel mesenteron. Questa volta però è venuta meno una digestione intestinale. Il postintestino (ip) è più allungato e convoluto ad S. Nel suo terzo posteriore esso si allarga notevolmente ed in questa camera sporgono quattro grosse ghiandole rettali (gr), papilliformi, come quelle delle mosche. | Delle ghiandole salivari larvali non veggo più traccia, ma certo seorgo il tubulo (#) di scarico di ghiandole salivari immaginali, il quale si apre al solito posto, cioè tra la linguetta ed il labbro inferiore. ©» Notevolmente si è intanto allungato l’ovidutto (0vd), per risalire dall’estremo addome fino al ventre anteriore dell’addome stesso, dove deve aprirsi fra le appendici dall’oviscapto (0vp), già molto allungate e deflesse, su quasi tutto il ventre ed attorno all’estremo addome. Quanto al sistema nervoso, oltre al grandissimo ineremento del. ganglio sopraesofageo (g9s,) ed ancora di quello sottoesofageo (gst), Veg go tre grossi gangli nel torace, dei quali l’ultimo (4 + 5) deve risultare dalla fusione del 4° e 5° larvali. Però oltre a questi del torace nou ho, potuto. seguire il resto della catena nervosa, se ne togli i suoi gangli estremi. SEA ‘ANTONIO BERLESÈ ardri ‘Per quanta diligenza io abbia posto, non ho potuto vedere la com: messura dall’ultimo ganglio toracico ai due grossi che vedo nell’addome e che sono gli estremi. Può essere che le commessure, per dar postò alla base dell’oviscapto, sieno molto discoste fra loro e facciano insieme un. largo anello. Perciò io non posso vederle nelle sezioni sagittali, nè în ‘altre e quindi non posso dire nemmeno se nel tratto di unione so- pradetto vi sieno altri gangli. Certo computando sul modulo di imenotteri affini, ad es. delle For- miche, calcolando che i due ultimi addominali, che certo risultano dal complesso di più gangli larvali, significhino i gangli 8.+9+ 10; 114 12 mancherebbero i gangli addominali 6°, 7°, che potrebbero essere sulle commessure anzidette. . Intanto si vede che a ridosso del fondo anteriore del mesenteron stanno, dal lato ventrale, due grandi gangli, dei quali l’anteriore allun- gato, sembra dover essere fatto dagli 8°, 9°, 10° larvali fusi assieme, e l’altro, posteriore, globoso, sembra costituito degli 11° e 12° larvali. Di più non mi è riuscito saperne su ciò. Tessuto adiposo (fig. "74 gr. e tav. IX, figg. 130, 131). Le cellule si conservano colle stesse notabili dimensioni. Però quelle cefaliche e quelle toracieche, nonchè altre comprese strettamente in vani molto minori del diametro di esse cellule, sono assai minori. Le principali modificazioni e di maggior rilievo nel contenuto cellulare si riferiscono ai nuclei. Questi, nelle cellule specialmente quelle che sono costrette in spazi m tipli ma piecoli, si suddividono, dando origine a moltissimi piccoli nu- clei ovali (fig. 132) di guisa che le cellule sembrano ormai divenute ammassi cellulari o meglio sincizii, come si è già visto in altri Rsuotti (Diplosis Buri ete.) Questi piccoli nuclei così formati hanno il diametro minore pari a quello trasverso del nastro, secondo la cui forma era foggiato il nucleo maggiore da cui essi oe origine. Molti sono isolati, aleuni tut- tavia riuniti a rosari ma sì negli uni che negli altri la membrana Nueleare esiste e .. cospicua e nel carioplasma la nucleina si vede im piccoli granuli puntiformi. Bello esempio di cosifatte modificazioni si Vede nelle cellule intercalate fra i fasci degli indiretti abbassatori delle ali, nella testa, alla base delle zampe ete. erò, nell’ addome, in vani più ampi, le cellule sono rotondeggianti od ovali, come si erano già vinte nella larva e con quelle dimensioni tipiche. Quivi il nucleo non è frazionato od almeno per la massima Parte si raccoglie nel nastro consueto, per quanto assai notevolmente complicato e ramificato. Quanto al contenuto di deposito, debbo dire che i vacuoli per la 278 FENOMENI NELLA NINFOSI sostanza grassa sono ormai molto difficili a vedersi e certo in gran parte obliterati. Invece grosse gocciole di sostanza albuminoide, a vario grado di alterazione, occupano tutta la cellula e confluiscono talora in masse maggiori ed informi. Emwociti. Notisi il fatto della quasi totale scomparsa degli enociti. Io non ne veggo che rarissimi ed ho bisogno di molta diligenza per iscoprirli nelle sezioni, fra le cellule adipose dell’ addome ed anche di una discreta dose di buona-volontà per non definirli altrimenti. Ne ho disegnato un campione scoverto dopo molte ricerche (fig. 123, tav. VIII); esso misurerebbe circa 15 1. di diametro maggiore ed avrebbe un nueleo di cirea 9 L., però bene definito ed ovale. Il citoplasma, invece, ha con- torno irregolare, è molto scarso ed assai poco colorabile. Adunque se questo, con altri pochi elementi consimili che io vidi talora intercalati fra le cellule, è un enocito, bisogna convenire che non solo vi è stata una grande riduzione nel numero di queste cellule, ma ancora nelle di- mensioni loro, che sono ora così stremate. Le stesse cose ho sempre ve- duto in tutte le ninfe di tutte le età e ne ho sezionate assai. Non ammetto volentieri la totale scomparsa degli enociti, da poi che io li riveggo poi in grande onore presso l’adulto. Adunque potreb- besi ragionevolmente eredere che questi elementi perdessero quasi to- talmente ufficio ed attività e molto scemassero di grandezza, quindi, e di numero durante il periodo ninfale, per riprendere poi il loro posto nell’adulto. Si sono visti anche nei Tentredinei gli enociti andare a male nella fine del periodo larvale, perciò il fatto farà minore meraviglia. Ma intanto l’opera di depurazione dei liquidi plastici nel corpo a quali tessuti è affidata? Non agli enociti (0 cellule uriche ) perciò che si è detto, neppure ai malpighiani, poichè quelli larvali sono scomparsi e quelli immaginali sono in costruzione ed affatto immaturi. Adunque, le considerazioni fatte a proposito del mesenteron ninfale sembrano es- sere appoggiate anche da questo lato e ciò dimostrerebbe una nuova € singolare funzione di questo organo, durante lo stato di ninfa. Del resto si può credere che questa questione meriti maggiori indagini di quelle che io ho fatto e sia da considerarsi sempre sub iudice. Adulto appena libero. Osservo modificazioni degne di rilievo nel contenuto delle cellule adipose e negli enociti. Tessuto adiposo (fig. 132). Le cellule mantengono le dimensioni già osservate nello stadio precedente. Così quelle comprese in angusti spazi si ramificano, come già si vide nella ninfa; le altre, dell’addome ad es., sono rotondeggianti od ovali. 1 nueleo non è troppo frazionato, ma si può dire che esso, pur es E PA ANTONIO BERLESF 279 sendo in nastro continuo, si infiltri colle più capricciose convoluzioni, fra i vuacuoli, in modo da sembrare molto ramificato ed interrotto. Anzi, esso abbandona la parte centrale della cellula o quasi, preferen- do di distribuirsi verso la periferia. Veggo nuclei in forma di un solo nastro a spirale avvolto molto elegantemente nel seno della cellula. Non mi pare di vedere più nuclei frazionati, come nel caso di quella specie di sincizii sopraricordata. Quanto al contenuto di globuli albuminoidi, esso è ora scarsissimo. Infatti si vedono, intorno a vacuoli abbastanza abbondanti e non male definiti, moltissimi pron albuminoidi, ma così minuti, trasparenti e bieten, che è cile ravvisarli. unque buona na , anzi la massima parte del contenuto di de- posito di natura albuminoide è ora esaurito. I nuclei, ripeto, sono molto diversamente configurati e disposti da quelli della larva. In ciò consi- ste la massima differenza tra larva ed adulto. Neppure in questo insetto può parlarsi di distruzione del tessuto adiposo durante la ninfosi. Esso è rimasto, attaverso alle modificazioni descritte, incolume da larva ad adulto. Enociti. Qui veggo gli enociti più numerosi che nella larva, spe- cialmente nell’addome, ed anche più grossi e vistosi. Essi hanno l’aspet- to tipico già più volte descritto. Io ne veggo in masse, specialmente al ventre, sia nell’addome anteriore che alla parte estrema. Anzi nell’api- ce dell’ addome sono numerosi anche al dorso e si intercalano fra le cellule adipose. Essi appaiono, per disposizione e figura , tutto affatto come si è veduto già nelle formiche adulte, salvo che neppure qui essi mai sono carichi di prodotti urici solidi. Ne ho visti aleuni che misuravano da 40 a 50 u Lo stadio di questa specie si è mostrato adunque interessante: sia per le dimensioni delle cellule adipose ; sia per le modificazioni a cui va soggetto il nucleo di esse cellule che ad un dato momento, può fra- zionarsi in moltissimi nuclei piccoli, indipendenti 1’ uno dall’altro ; sia per i depositi urici del mesenteron nella larva e nella ninfa, i quali non possono avere che una origine speciale, come si è detto; sia perchè gli enociti perdono la loro attività e si riducono notevolmente nella ninfa, fino quasi a scomparire, per poi ritornare cospicui nell’ adulto ed essi mai sembrano avere ingerenza nel grandissimo lavoro di depurazione del plasma, nè mai contengono prodotti urici solidi; sia finalmente per la mancanza di cellule uriche, a differenza in ciò dagli altri imenotteri, di guisa che i globuli albuminoidi si alterano come nei coleotteri ete. 280 FENOMENI NELLA - NINFOSI Polistes gallica (tav. VIII, figg. 125 128) La specie è stata studiata lungamente e bene dall’Anglas, come. ha riferito, e da altri ancora e di più sono state vedute forme affini, ma certo più diffusamente per le modificazioni relative ai muscoli durante Fig. 75 larva giovanissima di Polistes, sezione sagittale; im mesenteron; ip intestino po- steriore, B eo aiar stessa, mol- to più ingrandi mesenteron ; » piloro (chiuso); ip pentita Bnmaranà nfosi anzichè per ciò che mo- stra r tessuto adiposo. Per mio conto, io avevo già compiuto le mie estone su questa forma quando è apparso il lavora dell’ Anglas. Perciò posso esimermi dal riferire molte cose: ma per al- tre, specialmente quando le mie conclusioni non sono affatto confor- mi a quelle dell’Anglas o in questo Autore parmi di riscontrare qualche lacuna, in questi casi le MaRbiRrà innanzi. i To ho seguito ricerche su i que- sta forma, dalla età sua più giovane fino all’adulto ed ecco quello che ho veduto. Larva giovanissima (fig. 25). Essa misura circa 1800 /. e eredo sia nata da poco tempo. Il capo .è pari, in volume, ad una buona metà del rimanente corpo. Nel tubo digerente, veggo l’am- pio esofago non bene distinto dalla faringe e tutto molto sinuoso e prov- visto di poderosissimi muscoli c0- strittori. Il cardias è bene manifesto e rappresenta una valvola robusta. Il mesenteron (im), in forma di am- pio sacco, occupa la massima parte del corpo, cominciando fino dentro la regione cefalica e di dietro è assolutamente chiuso. Io figuro in 75, B il punto del piloro (p) e si vede come il postintestino (ip) si addossi al purea dito rit Da 1 alti i ce casi - ANTONIO -BERLESE -- Paci i nresenteron (1), cconfondendo l’epitelio suo con quello del mesointestino; senza che tunica alcuna ne li distingua, ma, per opera delle cellule epi+ ai dell’una parte e dell’altra; il piloro intanto è assolutamente chiuso. uesta pi LE si conserva sempre durante tutto il periodo lar- 1 rale. L’ epitelio del mesenteron è molto alto e composto di cellule ci- È lindriche, le a si vedono in tutte le attività loro speciali, sia cioè di assorbimento (con orletto cigliato ) sia di secrezione (elaviformi, a calice ete.), e questo è sempre nelle larve tutte, di guisa che io debbo inferirne che le vespe, a differenza delle formiche, digeriscono veramente la sostanza che introducono nell'intestino, la quale non deve essere ela- borata previamente dalle madri. Io riconosco che il nutrimento dato Ei î alle larve, in questo primo momento, sembra essere quasi esclusiva- LA mente vegelalo, poichè rinvengo frammenti di granuli poNinici ete., ma LE subito dopo è in maggioranza il nutrimento animale, giacchè l'intestino di è ripieno di aan: di insetti, commisti a qualche grannello di pol- line. Tutto ciò è contenuto in una robustissima peritrofica, la quale pende dal cardias entro il mesenteron, come un sacco sospeso entro un'altro sacco esteriore e discosto , rappresentato quest’ultimo dal mesenteron. Lo spazio compreso tra i due sacchi è occupato da sostanza granulosa coagulabile, che certo è filtrata dal contenuto della peritrofica attraverso a questa e si imbeve intanto delle secrezioni dell’ epitelio mesointesti- nale e da queste elaborata viene assorbita dalle pareti stesse del me- senteron. Il postintestino è breve, ma molto convoluto e schiacciato affatto tra il fondo del mesenteron e 1’ estremo addome. Ha pareti con cellule alte, cilindriche, più piccole assai di quelle del mesointestino. Non veg- go din quanto alla struttura delle pareti, tra le varie regioni del postintestin 3; Feninn al sistema nervoso, la catena ventrale conta 12 gangli, presso a-poco eguali fra loro, salvo che il 1° (sotto-esofageo) e 1’ ultimo sono alquanto più grandetti degli altri e la catena finisce a contatto col po- stintestino, prolungandosi quindi fin sotto il fondo del mesenteron. Le salivari debbono essere molto ampie e vistose e probabilmente in forma di due lunghi e larghi tubuli, molto ondulati, e stesi’ ai lati La] sopra la catena ventrale, prodotti molto all'indietro, poichè io ne veggo sezioni molte lungo la linea mediana (fig. 76, s). Lo sbocco loro cade (1) Adunque l’ Anglas figura a torto (tav. XIX fig. 1) il postintestino staccato e | dal mesenteron, certo in qualche altra sezione dello stesso esemplare l’ Autore avrebbe riconosciuto il contatto fra le due parti dell'intestino. NRE pero ec pei pa 282 FENOMENI NELLA NINFOSI sotto la linguetta, tra questa e il labbro inferiore ed è comune per ambedue le ghiandole (76, #0). Tessuto adiposo. Esso è povero, sià per scarsità di elementi, sia per la piccolezza loro, ed è ancora stipato grande- mente fra le pareti del me- senteron e l’ipoderma (fi- Ras. 33 gura 125). tsgf0NY 0-0 Veggo gli elementi Li P mf ee lano cioè da 12 3 rode A a 15 vu. di diametro mag. ae angolosi, essendo riuniti fra loro in catene e comprendenti uno o due grandi vacuoli occupati da grasso. Il resto del cito- plasma sembra omogeneo e si raccoglie attorno al nucleo, che è sferico, poco tinto, con scarsa croma- tina è misura da 4 a 5 di diametro. Enociti (fig. 125, d). Negli stadi successivi gli enociti si distinguono sem- pre meglio dal tessuto adi- poso, ma il riconoscerli ora | entro gli ammassi di gras- | so è cosa assai malagevole, sia per le dimensioni loro, sia per la somiglianza colle MAr IIEz MAr pH Fig. 76 cellule adipose. Larva lunga 4 mill. di 7olistes (sezione sagittale) Pure io eredo che l’e- gs ganglio sopraesofageo; mf costrittore della faringe. lemento figurato alla figura 290903 labbro inferiore; n sistema nervoso; tb tu- ; È ; bulo di scarico delie salivari; s salivari; im saio precitata sia un enocito, ed ron; 4 ano; gr grasso; g genitali; v vaso; p? plasma; ©SSO tale sembra essere a- mini redini vendo dimensioni maggiori delle cellule adipose e mo- strando il citoplasma omogeneo e ben colorabile ed avendo un nucleo molto maggiore di quello delle cellule adipose, cioè di circa 9 ja. di diametro, però certamente ormai diviso in tre altri nuclei minori. È È; Rici x X ANTONIO BERLESE ‘283 Consimili elementi non sono radi entro la massa di cellule adipose. Larva di 4 millimetri (fig. 76). La figura mostra la disposizione e fabrica degli organi principali, come la fig. 126 (tav. VIII) fa vedere la forma delle cellule adipose. Esse sono aumentate di numero e di vo- lume e cioè misurano da 20 a 28 . nel diametro maggiore ed hanno nuclei di 6 a 12 u. di diametro, più ricchi anche di cromatina. Nel resto corrispondono allo stadio precedente. Enociti. Quanto agli enociti ora si distinguono assai meglio, poichè mostrano di essere almeno tre volte maggiori, anche nel loro nucleo, delle circostanti cellule adipose, in cui si trovano stipatamente compresi. Il citoplasma loro è omogeneo e molto tingibile, specialmente attorno al nucleo e questo, ovale o rotondeggiante, mostra la cromatina bene di- stinta ed abbastanza stipata internamente (fig. 126 @). Larva di sei mill. di lunghezza. Le cellule adipose sono aumen- tate di volume e molto sono mutate nel contenuto loro. Infatti esse mi- surano da 27 a 35 . di diametro maggiore ed hanno un citoplasma molto denso ed assai tingibile, di aspetto quasi granuloso e che com- prende molti vacuoli sferici, tutti più piccoli del nueleo, disseminati uniformemente per entro al citoplasma medesimo. I nuclei sono sferici o sferoidali, variabili nelle dimensioni, poichè alcuni giungono fino a 23 u. di diametro, ma altri assai sono di metà più piccoli. Tutti poi mostrano la cromatina ristretta in un denso gomitolo, di guisa che si tinge assai intensamente. Tutte le cellule sono assai stipate le une contro le altre, essendo compresse dall’enorme dilatazione del mesenteron, m i lobi dei seg- menti e specialmente nella codetta che fa l’ultimo siraical dell'addome (colla quale la larva aderisce alle pareti della cellula in cui sta) sono parecchi elementi adiposi liberi, discosti assai fra di loro e questi si mostrano sferici a puntino o leggermente ovali ed inoltre, per lo più, hanno un grande vacuolo sferico, oltre ai minori già notati nelle altre - cellule uesti spazii dei lobi si vede diffuso un plasma granuloso, a grossi granuli, leggermente giallastro, che è sparso per tutto il corpo, ma quivi solo meglio si vede, essendovi così ampi spazii liberi (1). (1) In sen momento veggo che nelle salivari stanno molte gocciole sferiche di sostanza albuminoide coagulabile, molto Vaie Dubito adunque che il secreto delle salivari sia un lire ad enzima che agisca sugli albuminoidi; altrimenti, se fosse solo acquoso non si troverebbe così coagulato; a meno che non si tratti di seta che comincia a raccogliersi. 284 FENOMENI NELLA 'NINFOSI | Enociti. Ora gli enociti sono stati raggiunti, quanto a dimensioni anche del nucleo, dalle cellule’ adipose a eni sono commisti. Infatti ne hanno la grandezza, ma si distinguono nettamente per la struttura del citoplasma, il quale è, al solito, pressochè omogeneo, salvo che ora mostra una densissima reticolazione , quasi una fitta granulazione , più densa e quindi più tinta, intorno al nueleo che non alla periferia. La forma degli enociti è variabile, per effetto della compressione che su- biscono dalle cellule adipose tra le quali sono mescolati. Il nueleo loro è sferico e grande quanto o poco più dei maggiori nuclei delle cellule adipose, ma negli enociti il nucleo è meno colorato, avendo la nueleina meno stipata ed anzi esso è meno tinto del circostante citoplasma. Da ciò si riconoscono gli enociti, anche a colpo d'occhio Questi poi sono abbondanti tra le cellule dell’ ig addome, ma radi li veggo nella parte anteriore del corpo e non ne veggo affatto li- beri nei lobi dei segmenti addominali. In una larva alquanto maggiore, cioè a circa metà della ereseen- za -sua, le cose non variano se non in ciò che parmi di vedere compresi entro il molto tinto citoplasma delle cellule adipose alquanti granuli sfe- rici, che mi sembrano di natura albuminoide e sono piuttosto grossetti, molto tinti e compresi in un vacuolo proprio. Gli enociti somigliano a quelli dello stato antecedente e si distinguono ora dalle cellule adipose perchè sono meno colorati ed inoltre la tinta loro tende alquanto al giallastro. Larva opercolata. Gli stati tra il precedente e questo sono ca- ratterizzati da due fatti degni di rilievo, a proposito del tessuto adiposo. Il primo si è che le cellule vanno man mano arricchendosi di de- positi abbuminoidi; l’altro che il nucleo si allunga sempre più e dalla forma sferica acquista quella lineare, che conserverà poi anche nelle ninfe. A fig. 128 si vede una porzione di ammassi di cellule del corpo adiposo, in cui le cellule grasse (eg) mostrano realmente il nucleo molto allungato, lineare a con tendenza alla ramificazione, come è. co- munemente nelle ninfe degli Imenotteri. i «Le cellule misurano ora da 60 a 70 u. di diametro maggiore ed io le -ho disegnate con ingrandimento minore ( 360 diam.) che non per gli senti antecedenti, essendo esse molto grandi. Si vede inoltre che queste cellule (cg) contengono depositi albuminoidi in grande abbondanza, in forma di gocciole sferiche, alcune delle quali, maggiori, sono più vicine al nucleo e molto si tingono coll’ emallume, altre, specialmente periferiche, sono molto più piccole ed intingibili.. Io ritengo che le maggiori sieno quelle già formate negli stati pre- cedenti, gradatamente e perciò siano più vecchie, mentre le minori, in- colore, sembrano doversi considerare di formazione recente. RF RE TE E * pp f fap od) a t ‘ cRAIOGOT ei là ‘* ANTONIO BERLESE © ° 585 Enociti (en). Ora è bene considerare gli enociti, giacchè se ne ve- dranno molti usciti da quello stadio di inerzia nel Gale sono ginciuti p* per lo innanzi, assumendo aspetto ed attività muovi. i Infatti, mentre molti ancora si veggono allungati, stipati e col loro i citoplasma granuloso € molto tingibile (en), altri, invece e non rari, (ca), si vedranno in forma di cellule rotondeggianti, e col citoplasma tutto reticolato delicatissimamente ed affatto intingibile. Anche il nueleo di questi ultimi varia dai precedenti, poichè è subsferico, ma per com- pressione laterale riesce angoloso e contiene pochissima eromatina, quindi È è assai chiaro. si « L'attività anche varia, inquantochè noi vedremo questi ultimi enociti caricarsi, in seguito, di prodotti urici concreti, e gli altri, non troppo dissimili da quelli descritti per gli stati antecedenti, gradatamente si 3 vedranno mutarsi in quelli pellucidi ed a citoplasma reticolato. Queste variazioni degli enociti corrispondono a quelle già Iunga- mente descritte per le formiche. Ninfa. Ho disposto un solo e piccolo disegno che raftigura un am- à masso di cellule a piccolo ingrandimento (127), pertinente al corpo adi- L poso di una ninfa già avanzata e ciò perchè negli altri stadi ninfali le È cose corrono egualmente (ingr. diam. 160 Inoltre, il contenuto delle cellule adipose e le cellule stesse non sono diversi da quanto si vide nella larva opereolata. Però in tutte le ninfe gli elementi cellulari adiposi, sono, al solito, liberi Vuno dall’al- tro e però assumono forma più correttamente sferoidale. Quanto agli enociti (cu), essi sono tutti della maniera prora per lo stadio precedente, a proposito di quelli sferici e ialini, e di più mo- strano, comprese nel citoplasma, abbondantissime conerezioni sferiche di natura urica, le quali si riconoscono per urati, come si può ben con- Statare colle reazioni. da e atei in Pedra Sitca i Non vi hanno più, a quel che giudico, negli stati = , enociti a citoplasma denso ete., come si sono visti nelle giovani larv Ho ereduto inutile dortsre le mie osservazioni sull’adulto: esse e quindi si arrestano alla ninfa matura (1). (1) Ho desiderato controllare le mie osservazioni su altri esemplari e precisamente su quelli stessi che l’Anglas usò pei suoi stuli; ciò perchè il div:rso metodo di fissa é zione poteva importare modificazioni nell'aspetto degli elementi. L'Anglas, da me pre- sa mi Li assai cortesemente, larve mezzane, opercolate e ninfe, di Francia, le nelle sue ricerche e da tempo fissate e conservate in alcool. All'esa Iv. iiuzin cogli esempiari miei. Colgo l’ occasione per ringraziare pub- Hina l’Anglas della sua squisita gentilezza. SE bo si gi, IRA x 2R6 FENOMENI NELLA NINFOSI Apis immellitfica. (tav. VIII, fig. 129; tav. X, figg. 150-155) Anche questa specie ebbe nell’Anglas un valoroso illustratore dei fenomeni che avvengono nella ninfosi. Ciò mi permette di essere molto sollecito nel parlarne, per quanto io abbia studiata la specie dalla na- scita all’adulto. Ho considerato solo la operaia. Fig. 77 stino posteriore; = grasso, che non è stato dise vunque per non in- tralciare il protone Qui accanto (fig. '77) dispongo la figura della sezione sagittale di una larva di Ape, che io credo prossima alla prima muta, lunga. circa 6 mill. Serva il disegno a mostrare la di- sposizione degli organi. Per verità le larve degli Apidae sono ben diverse da quelle dei Vespidae di cui si prese per tipo la /olistes, quantunque il modulo generale della disposizione de- gli organi sia conforme. Io ho anche considerato le larve di Chalicodoma, di Osmia e di altri apidei e veggo che convengono con quelle dell’Ape co- mune. L’esofago (es) ha muscoli costrit- tori assai esili e radi. Il cibo contenuto nella peritrofica (C) è granuloso e ne stravasa solo una parte poco coagula- bile. Il postintestino (ip) è più lungo che non nella Polistes e fa una bella ansa all’innanzi e di fianco. Tutto ciò fa bene vedere la fig. 77. Larva di 4, 5 mill. di lunghez- za. Essa è nata da poco tempo. A fig. 129 tav. VII ho disegnato le cellule adipose, i leucociti (a) e gli enociti (d). Tessuto adiposo. Le cellule del grasso sono in parte non ancora Va . » % Ù » . x, cuolizzate, in parte invece contengono grandi vacuoli. Tutte però sem- brano libere l’una dall’altra ed hanno nuclei rotondeggianti, con nu- cleina a nastro, di circa 4 n. di diametro. Il citoplasma non mostra struttura definibile, ma sembra omogeneo e bene tingibile. Le cellule non vacuolizzate (5) raggiungono i 10 u. di diametro e sono rotondeggianti, pa ‘ è poso > a Ce A RT SERATA NERI PE CRT RI E CA RE DAI i x ANTONIO BERLESE 287 le altre variano in dimensioni a secondo del numero e grandezza dei vacuoli ed alcune giungono fino a 25 u. I vacuoli però sono grandissi- mi e possono occupare la massima parte della cellula (c). Gli enociti (a) misurano circa 30 1. di diametro ed hanno nuclei rotondi affatto, di 10 1. di diametro. Larva lunga 6 mill. Una notevole modificazione è avvenuta nel contenuto delle cellule adipose ffig. 150, tav. X), le quali non solo sono aumentate di volume, poichè misurano da 16 a 20 ». di diametro mag- giore, ma ancora contengono un citoplasma che sembra omogeneo, molto abbondante e bene tingibile. In questo sono praticati dei piccoli e numerosi vacuoli sferici, più piccoli, ordinariamente, del nueleo. In ‘talune cellule però non veggo vacuoli. I nuclei misurano 5 /, di diametro e sono rotondi affatto e con nucleina a nastro. Alcune cellule mostrano due nuclei. Così sono fatte le cellule attorno al mesenteron, ma quelle distali e più vicine all’ipo- derma, specialmente al dorso, mantengono l’ aspetto di quelle vedute nello stadio precedente, solo sono maggiori, poichè misurano da 25 30 1. Tutte le cellule sembrano libere, sebbene sieno stipate assai l'una contro l’altra. Gli enociti hanno nuclei rotondi od ovali, con cromatina in granuli e molto tingibili e misurano cirea 45 4 di diametro. Larva di 9 mill. In questo moménto riconosco modificazioni de- gne di rilievo. Tessuto adiposo. Le cellule sono molto stipate, “sempre libere. Esse assumono forma rotondeggiante ed hanno in gene- Contengono un nucleo rotondo, con ma pure sembrano rale un diametro di 35 2. (fig. 151). un diametro di 10 a 12 pu. e non eccessivamente colorabile. La nuceleina sembra ‘disposta in fitti e piccoli granuli, disposti uni- formemente, Il citoplasma è poco tingibile e sembra risolversi in una struttura a fitto reticolo, comprendendo, molti e grandi vacuoli Però nel citoplasma cominciano a depositarsi delle minutissime gra- nulazioni sferiche, ma così piccole che appena si afferrano coll’obbietti- vo ad immersione ed esse sono più stipate attorno al nucleo che non alla periferia. Tutte queste cellule sono immerse in un plasma che si coagula in granuli minutissi . Al dorso vi hanno delle au adipose (fig. 151, £) di dimensioni molto maggiori , ma nel resto simili a quelle altre più comuni ora descritte. Aleune raggiungono fino a 70 n. di diametro ed anche 95 1. e sono staccate, libere od eggruppate in piccole masse. Gli Enociti, colla ordinaria struttura, misurano ormai da 70 a 73 wu. di diametro ed hanno nuclei rotondi, di 23 wu. cirea, ma nel resto con- vengono cogli stadii precedenti. ara 288 FENOMENI NELLA NINFOSI arva matura. Ormai non vi ha più divario tra le cellule di dorsali e tutte le altre. utte raggiungono in media circa 80 r. di lunghezza, ma non sono. ordinariamente rotonde, bensì ovali (fig. 152). Il citoplasma forma un lasso reticolo nella zona periferica della cellula, ma attorno al nueleo si costipa in una area, che quindi riesce più tingibile e che manda rami maestri nella porzione areolata, di guisa che apparisce raggiata. Attorno al nueleo, in questo citoplasma tingibile e denso, stanno doposrzne molte piccolissime granulazioni puntiformi.. I nuelei, ovali, colla struttura descritta nello stadio precedente mi- surano 15 n. di lunghezza media. | Poco plasma coagulabile circonda le cellule. Molte cellule, special mente fra le dorsali, mostrano due nuelei. Gli Enociti, conservando il solito aspetto, sono rotondeggianti, mi- surano circa 70 1. di diametro ed hanno un nucleo rotondo perfetta- mente, che misura 30 2. di diametro. i Larva matura. Non trovo molto divario tra le cellule adipose n questo stato (fig. 153) e quello precedente. Però esse (che sono tutte fra loro conformi nelle dimensioni e misu- rano da 70 a 90 1. di diametro) fanno vedere più ampia la zona reti colata, periferica, la quale è cresciuta a scapito di quella con citoplasma omogeneo circondante il nucleo. Adunque, gradatamente, tutto il cito- plasma tende a risolversi in una reticolazione. Questa è regolare, con vacuoli egualmente ampi, salvo che quelli centrali sono alquanto mas- giori e seemano verso la periferia, a gradi, regolarmente. Il nucleo è poco visibile nella rimanenza del citoplasma non areolato, ma mostra tuttavia la struttura dello stato precedente. Minutissime granulazioni sono difuse sulle maglie del citoplasma. Attorno alle cellule veggo coagulato molto plasma granuloso. AI dorso rieonosco parecchie cellule contenenti due nuclei. Gli Enociti sono conformi a quelli veduti nello stato precedente. Larva opercolata. Tessuto adiposo (fig. 154). D'un tratto avven- gono. modificazioni notevolissime nelle cellule adipose, al passaggio da larva matura a larva opercolata ed oltre a queste si inizia la deposi- zione di prodotti urici nelle cellule uriche o negli enociti che sieno (1). ---(1) L'opinione che le cellule uriche sieno enociti, che così si caricano di prodotti escretivi mi è radicata in mente dal fatto che esse non preesistono, vuote di urati, avendo in se granuli eseretivi ed invece io non vidi mai altro che cellule grasse vere ANTONIO BERLESE 2809 Le cellule adipose | 4), tutte staccate e libere , sono rotondeggianti, misurano da 70 ad 80 PA di diametro ed aleune raggiungono perfino i 100 u. Il citoplasma è ormai molto lassamente reticolato in tutte le parti della cellula. Nel citoplasma che circonda il nueleo , in una zona larghetta, sono depositati molti e minutissimi granuli rotondeggianti, assai fitti. Ma nella zona periferica si vedono in gran numero dei gra- nuli grossetti, rotondeggianti od a forma sé irregolare, dei quali i più grandi misurano fino a 10 1. di grandezza. Molti sono già più o meno vacmuolizzati e tutti si tingono abbastanza coll’emallume. I nuclei hanno una forma che tende al rotondo, ma non sono mai regolari e sembrano piuttosto poliedrici. Si colorano poco volentieri e mostrano la cromatina in granuli radi. e cellule sono circondate da poco plasma coagulabile Le cellule uriche ( cu) sono comuni, hanno forma rotondeggiante e misurano eirea 70 1. di diametro. Esse hanno un nucleo più o meno rotondato o poliedrico, che misura da 30 a 35 1. di diametro, si tinge poco e mostra la cromatina in reticolo uniforme. Tutto il citoplasma è assai finamente e regolarmente reticolato. Le concrezioni uriche sono sferiche, molto rifrangenti la luce, giallastre e tutte eguali in diametro da 2 a 3 f.); esse occupano una zona disposta attorno al nucleo e la- sciano libera la periferia della cellula. Si trovano disseminate fra le cellule adipose. Gli Enociti ( veri) sono grandi, poichè misurano da 90 a 95 p. di diametro, rotondeggianti od angolosi: mostrano il citoplasma omogeneo, granuloso e tingibile gagliardamente, anche più del nucleo. Questo è affatto rotondo, ha un diametro di 30 a 35 ;. e fa vedere la cromatina disposta in granulazioni puntiformi, molto regolarmente. Si trovano que- sti enociti abbastanza frequenti fra le cellule adipo fig. 155 mostra un gruppo di cellule in cui sono 3 elementi adi; posi (cg), una cellula urica cu) ed un enocito tipico (en), disegnati tutti allo stesso piccolo ingrandimento per vederne le differenze (160 diam.). Ninfa. Nella ninfa già avanzata le cose non mutano se non che perciò che le cellule uriche sono aumentate di volume, giacchè misura- no fino a 100 u. di diametro. Le cellule adipose sono in generale più Serna poiehè quelle di 100 f.. di diametro si trovano più frequenti; d granuli che contengono sono forse in maggior numero, ma ormai molti _——_—___————_—___ @ ed enociti e siccome questi corrispondono colle cellule escretive, in tutto fuorchè nel- l'assenza del deposito urico, così jo mi sento inclinato a credere che le cell iche sieno enociti adattati alla nuova funzione, almeno in tutti gli imenotteri, al di fuori dei Tentredinei i 290 FENOMENI NELLA NINFOSI più sono quelli vacuolizzati. Attorno al nueleo poi i granuli piccolissimi, puntiformi sono assai scarsi o mancano affatto. Molti nuelei di queste cellule sono anche più deformati, allungati o sublineari, compressi dal rimanente contenuto della cellula. Gli Enociti tipici sono più scarsi, ma affatto simili a quelli descritti nella larva opercolata. Consimili condizioni di cose si conservano fino nell'adulto. Adun- que nell’Ape la deposizione degli albuminoidi avviene gagliardamente solo nella larva opercolata, per quanto un assorbimento di plasma gra- nuloso si osservi parcamente già nella larva a metà sviluppo. Conclusioni relative agli imenotteri. Ho studiato ancora i seguenti Imenotteri: Chalicodoma muraria, Osmia sp. Bracon glomeratus, Limneria Kriechbaumeri, Rhodites ltosae, Aphidius sp. ed in tutti gli stati, ma non ho trovato nulla di partico- lare nella struttura ete. che non potesse essere riferito a qualcuno degli esempi deseritti, secondo le affinità delle specie. Si può adunque concludere quanto segue: 1. Il tessuto adiposo larvale si conserva anche nell’adulto. 2. Sembra che possa essere detto esistere una digestione intra- cellulare dei depositi albuminoidi in seno alle cellule adipose. 3. I prodotti urici derivati comunque sono raccolti entro cellule speciali a se o regioni specializzate delle cellule grasse e quivi si con- cretano in granuli. Esistono adunque delle cellule uriche od eseretrici, che dire si vogliano, le quali forse sono enociti adattati a questo ufticio, (Eccetto nel Monodontomerus). 4. La deposizione degli albuminoidi nelle cellule adipose av viene ad epoche varie, in generale piuttosto tardivamente, nella larva matura o nella prepupa, ma precocissimamente nelle formiche. L’epoca della deposizione anzidetta sembra in rapporto colla facoltà sericipara dell’ insetto (1); le forme assai bene sericipare ( Tentredinei) convengono sotto questo punto di vista con quelle che fanno seta assai i Lepidotteri. 5. I globuli albuminoidi depositati sono di dimensioni mediocri, ma non si alterano per pseudonuclei, come nei ditteri avviene. 6. Le cellule adipose contengono grandi gocciole di sostanza grassa (1) Turbano la regola gli imenotteri sociali, ma per questi si dovrebbe credere che il particolare cibo sia diverso da quello che si potrebbe trovare in natura 0 trovano gli _. <. Ad ogni modo si vede che quelle formiche le quali non fanno seta, depongono albuminoidi molto precocemente, in confronto dell: Vespe ed Api se prode: cono prat alquanta seta. 3 "9 È di i "i i i | pi | | teresse quelli più semplici. * ANTONIO. /BERLESE "7 291 7. Il nucleo loro tende rn deformarsi , più presto 0 più tardi, da rotondo od ovale divenendo lineare o racemoso e tale si conserva po; anche nell’ adulto , o se è grandissimo nella larva (Monodontomerus) si frammenta in alal molti minori, che occupano cellule grasse imaginali, più piccole delle larvali. 8. Durante lo stadio larvale le cellule adipose moltiplicano, ma non ho mai veduto i nuelei loro in via di moltiplicazione mitotica. Gli esempi tolti dai principali gruppi di Imenotteri mi sembrano sufficienti a dimostrare le sovraesposte conclusioni. COLEOTTERI (1) Aphodius terrestris (figg, 162-166, tav. X) ‘ Ho trovato una larva di Aphodius, che riferisco volentieri all’A. ter- restris Fbr., dopo di averne conosciuto l’adulto, che mi si è sviluppato nelle culture, in grande quantità, nelle concimaie di vino. Fino ad aprile si hanno le larve, ma più tardi sempre nello stesso ambiente od in terra. fimo equino e bo- succede la ninfosi, Io ho trovato queste larve molto quiete, entro nicchie scavate negli escrementi surriferiti e quivi se ne stavano, poco movendosi, e certo nu- trendosi di continuo. L’ insetto si presta egregiamente a rappresentare il gruppo dei Lamellicorni, poichè, per le sue dimensioni, può essere tagliato intero al mierotomo, in tutti i suoi stadii, non riuscendo nè troppo grande nè troppo piccolo, mentre non raggiunge, neppure la ninfa, il centimetro, 0 lo tocca appena nello stadio di larva matura. Anche nella larva, la dura pelle del capo, che è la sola così spessa nel corpo, non è ostacolo serio al rasoio, e si possono quindi avere fette, anche sottili complete e molto utili alle ricerehe di cui la presente nota è oggetto. L’ insetto, come si sa, è comune e questa facilità di averlo, lo rac- comanda come esempio. Non credo che valga la pena di riferire aleunchè dell’anatomia della larva, da poi che molto se ne sa, ed il digerente si scosta poco n tipo di quelli già descritti pel PhyZognathus ete. da parte del Min- (1) Più ordinatamente avrei dovuto disporre i Neurotteri dopo i Lepidotteri, od almeno dopo gli Imenotteri, ma modeste necessità tipografiche mi obbligano a disporre i N ini per ultimi. Del resto l'ordine sistematico non veggo che abbia molto in- ui. Bastami che dai casi più complicati dei Ditteri si discenda per ie a 292 FENOMENI NELLA NINFOSI gazzini, con alcune varianti però, cioè colla mancanza, in questo Apho- dius, di appendici piloriche agli apici del mesointestino, e coll’apparsa, solo nella ninfa, di appendici multiple, che rimangono abortive ed ac- cennano intanto a quei villi diffusi, che sono così grandi nei Carabidi, Stafilinidi ete. Ma di queste variazioni del tubo digerente non è il caso di parlare qui. Il sistema nervoso è ben singolare ed accenna ad una concentra- zione dei gangli, la quale sarà per acquistare il suo apogeo nell’adulto, aumentando, già nella larva in muta a ninfa, ed essendo molto avanzata in quest’ultima. Infatti, l’esame delle figure ‘78-82 dimostra che la catena nervosa, composta in tutto di tredici gangli, ha un ganglio sopraesofageo, di poco più voluminoso degli altri ventrali, e di questi, il sottoesofageo è più grossetto, a cui seguono altri undici gangli, poco distinti l'uno dal- i l’altro, e che nel loro insieme formano un cordone, che giunge a poco i più del terzo anteriore del corpo. Ma già nella larva che si dispone alla muta in ninfa (80), quando la pelle larvale tutta si è ormai staccata da ciò che sta sotto, il ganglio sottoesofageo, coi due primi toracici | riesce più distinto dalla rimanente catena e maggiori sono gli intervalli I 0 che intercorrono fra questi gangli, ossia più lunghe si mostrano le com- messure, mentre gli altri nove gangli, invece, più strettamente si addos- sano l’uno all’altro, riuscendone una catenella debolmente moniliforme e leggermente conica. Questa catenella si costipa sempre più nella ninfa, fino a riuscire (fig.82, B) un unico lungo ganglio, che risulta evidentemente dal terzo toracico e da tutti gli addominali (8) assieme fusi, € risiede sul metasterno, come si vede nell’adulto. Le mie osservazioni abbracciano il periodo che decorre da larve immaturissime , lunghe da due a tre millimetri, fino all’adulto. Io s0 bene che mi mancano i primissimi stadii, cioè dalla uscita della larva 23 dall’uovo, fino a quella prima giovanissima che ho ricordato, ma tutta- via non eredo che ciò debba molto influire sulla cognizione delle raria- zioni a cui va soggetto il tessuto adiposo, inquantochè, salvo l'aumento possibile nel volume delle cellule, quanto alle altre variazioni, che sono poi le più importanti, esse si mostrano in stadii posteriori al primo che io ho veduto, e ciò pare sufficiente al nostro scopo. larve giovanissime (78), lunghe da due a tre millimetri, fino a quattro al massimo, si presentano con una testa molto voluminosa in confronto del rimanente del rimanente corpo, il quale è assai più stretto del capo, e tutto cilindrico, salvo un leggiero ingrossamento nell’addome po- steriore, in corrispondenza della grande ansa intestinale. Si noti che io parlo di un’ansa ed è del mesointestino, e non di sacco, come si vede rasi È i rc MA e ANTONIO BERLESE 293 in altri lamellicorni, poichè qui le cose sono diverse, per quanto non giovi dirne di più. Ora, tutto questo corpo cilindrico è occupato dal- l’intestino e sopratutto dal mesointestino (M), rimanendo ben poco spazio agli altri organi. La figura, colle altre, indica assai bene ciò. Ma quello che colpisce anche più, si è la scarsezza del tessuto adiposo, il quale si trova intercalato e stipato tra l'involucro epidermoidale e l’intestino. Io ho disegnato, in nero assoluto, il tessuto adiposo in tutte le figure Pip. 76 ho dii us N saggho is ulte le figure dal 78 una 82 = egeiorri e ingran a 78 ad 82, per cui a colpo d’occhio appare il progresso del tessuto adiposo e la sua disposizione nella linea mediana longitudinale. Anche il plasma (P) tn ig nella cavità viscerale è assai scarso, e lo a solo in piccola quantità nei vani dna pavone fra gli organi Struttura del tessuto adiposo. — La fig. 78 dimostra che le cellule adipose sono riunite in catenelle od in lembi, attorno al tubo digerente. Ora, questi aggregati di cellule vp com- posti di elementi assai piccoli, bene tinti fra di loro e di forma rotondeggiante od nana e mi- surano da 30 a 35 1. di diametro massimo, con nuclei da 6 a 9 p.. Gli elementi cellulari compren- dono dei grandissimi vacuoli, disposti con poca simmetria attorno al nucleo, ed ampii quanto il nucleo stesso od anche più. Ora questi vacuoli, contengono grosse goc- ciole di grasso, il quale, naturalmente, nelle se- zioni è scomparso. Ma il citoplasma intercalato fra i vacuoli stessi è molto denso ed apparentemente omogeneo. Esso si tinge leggiermente in gri- giastro-violaceo coll’emallume e la sua particolare struttura sfugge al- bi esame Le cellule contengono generalmente un solo nucleo ma molte ve ne ha con due nuclei e talune ancora con tre. In tutti i casi, i nuclei, colle indicate dimensioni, sono sferici o subsferici e mostrano un filamento nucleinico esile e non troppo stipato, ma non presentano nucleolo alcuno chiaramente definito. Questi elementi sono figurati alla tavola X fig. 162. Non voglio lasciare la descrizione di questa forma senza prima aver accennato al fatto che il mesointestino suo e gran parte dell’ intestino Posteriore si vedono sempre ripieni, stipati di detriti vegetali desunti dal fimo in cui la larva vive, o meglio del fimo stesso più minutamente 294 FENOMENI NELLA «NENFOSI tritato. Nelle figure. 80, 81, quel contenuto che corrisponde a -cotale cibo di recente ingerito ed aneora riconoscibile, io ho contraddistinto con linee punteggiate entro l’intestino,e lo stesso avrei dovuto fare per le figure '78, '79, se non bastasse il dire che questo: solo è il contenuto del.tubo digerente in queste età, fino al momento, rappresentato dalla larva 81, in cui l’intestino si vuota di questo cibo ingerito, od in altri termini, la larva imprende a mutarsi in ninfa. n ‘Larva a metà sviluppo. Scegliendo larve vicine alla seconda muta, ed esaminando la struttura del tessuto adiposo, è facile ricono- scere quelle parvenze che ho disegnato anche a fig. 163. Quivi si vede che- gli elementi grassi sono già molto cresciuti ed il citoplasma si è distribuito più uniformemente, lasciando lo Sp: izio alle guttule di grasso, meno sentitamente circoscritto. Così il citoplasma appare uniformemente reticolato a maglie larghe. Però, in vicinanza del nucleo, il quale non ha mutato aspetto, si nota- no agevolmente dei piccoli, anzi minutissimi granuli o guttule sferiche, molto trasparenti e che non si riconoscerebbero affatto se il citoplasma attorno, debolmente colorato, non li delimitasse e rendesse sensibili al- l'occhio. Adunque, a questa epoca e di questa guisa incomincia la de- ‘posizione di guttule albuminoidi nella cellula adiposa e di poi continua rapidamente, con guttule sempre maggiori e più abbondanti, ed in tutte le cellule adipose, sieno esse attorno al tubo digerente o più discaste, sotto lo strato ipodermico. L completamente sviluppata (fig. 79 e figg. 164, tavola X). In questo stadio la larva misura certamente oltre il centimetro di lunghezza ed è notabilmente grossa, specialmente nella sua parte po- steriore. La sproporzione tra la grossezza del capo e quella del corpo è tolta via, in confronto a quel che si è veduto nella larva giovanissi- ma, poichè, in quella matura ormai, il capo è più stretto del corpo in dlialsindi regione. l tubo digerente è totalmente ripieno di detriti di fimo, perfetta mente riconoscibili ed il mesenteron occupa la massima parte della cavità viscerale, ed anzi del corpo tutto. Il plasma coagulabile , libero nella cavità viscerale, è tuttavia poca cosa, ed in così modesta quantità che ho trascurato di segnarlo nella figura. Struttura del tessuto adiposo. In questo stato le cellule sono ag- gruppate in masse più o meno estese e così strettamente addossate le une alle altre che gli elementi cellulari male ormai si possono cireo- serivere, dato ancora l’impedimento all’osservazione recato dagli abbon- danti depositi albuminoidi contenuti nelle cellule, come dirò tosto. In generale si tratta di gruppi rotondeggianti, di quattro a cinque sere lieti sus ANTONIO ‘BERLESE - ’ 505 eéllute ciascùno (in sezione), ma anche queste nìdsse sono assienmié Stret- tiimente stipate, particolarmente tra il mesenteron e la faceia' ventrale, appena più distinte altrove. Tuttavia, nell’estremo segmento addominale, non è difficile riconoscere delle masse isolate o pressochè isolate. In tutti i modi però è degno di osservazione che le singole cellule non sono mai libere, ma riunite, come si è detto, in masse di quattro < e) cinque ciascuna. pei ‘.. Può essere calcolato intanto che gli elementi cellulari hanno cià: scuno non più di 30 a 35 rm. di diametro e contengono un nucleo da 6 ad 8 f., in nulla diver- TE = Aaa îa sd 3 so da quanto si è veduto È dee antecedentemente. Anzi, Vs Pza; per non ripetere sempre le medesime cose, dirò che il nucleo non va- ria mai notevolmente , nè per dimensioni, nè per contenuto; è sempre sferico, molto piccolo , con nastro nucleinico abbastanza rado e sen- za mai nucleolo di sor- ta alcuna. Ma le principali e più salienti variazioni sono avvenute nel con- tenuto cellulare, mentre le dimensioni delle cel- Jule non mostrano di aver variato. Però, sic- Fe dan IS na Fig. 79 Aphodivs terrestris larva matura. Sezione sagittale. come il ‘corpo si è di razr; molto ingrandito, nè gli elementi eellulari sono cresciuti di dimensioni, mentre assai più di adiposi si vede esservi nelle larve mature (e basta confrontare le due figure 78, 79) forse dipenderà questa parvenza più dalle dimensioni acquistate. nuovamente dagli elementi cellulari che non dal loro numero. Infatti in tante centinaia di preparati che pure ho veduto di tutti gli insetti meta- boli, solo due volte ho potuto incontrare figure mitotiche nel nucleo delle cellule adipose, ma quì mi è giocoforza inelinare ad una diversa origine e solo alla moltiplicazione diretta del nes della quale ancora però io non ho veduto esempio alcuno. 296 FENOMENI NELLA NINFOSI Però, in questa epoca le cellule si vedono tutte ripiene, stipate, di grosse sferule o gocciole di sostanza albuminoide, varie di grandezza, alcu- ne alquanto più grossette del nucleo, in generale da 5 a 9 mieri di diametro. Queste pallottole stanno stipate assai dentro alla cellula Mi preme di far notare che in questi coleotteri (e negli altri, del resto) non si può mai incontrare nell’interno delle pallottole albuminoidi, i alcuna meglio tingibile coll’emallume, da ricordare quei pseudo- uclei che hanno originato il fondamentale errore nei ditteri. Quì, nè il era mai ha nucleoli nè emette gocciole minutissime tingibili, nè le pallottole di albuminoidi contengono mai pseudonuclei, ma tutte, a qualsivoglia distanza dal nucleo, appaiono con contenuto uniforme, sono molto rifrangenti la luce, debolmente tinte in giallastro-terreo uniforme e per ora non mostrano nel loro interno vacuoli di sorta. Larva che comincia a disporsi alla ninfosi (fig. 80). È cu- rioso il fatto di una notabile diminuzione di volume dalla larva matura in poi, ed è bene visibile nelle figu- re da 79 ad 82, le quali sono fatte tutte col medesimo ingrandimen- to (come del resto da 78 ad 82). Subito però il fatto si spiega, osservando che non lo spazio attorno al tubo digerente dimi- nuisce, che anzi aumenta, ma il mesenteron, particolarmente si restringe, perdendo del suo contenuto di detriti di fimo. Co- mincia adunque la grande eva- cuazione dell’ intestino che deve precedere la muta e si effettua nel tempo del riposo, tra la fine della ingestione di cibo e la for- mazione della ninfa. Consideriamo la figura 80 che rappresenta questo stato. Pig so Il mesenteron è molto ac- cpaglenbceine sat matura art si Pegi corciato e molto più stretto, con- ne a rami asa ng ri Fs dine tiene però sempre detriti di fimo, sma; (abbondante, recai Sezione n. in tutta la sua ampiezza. Però colpisce subito il fatto che la cavità viscerale e gli interstizi degli organi sono abbondantemente ripieni di plasma albuminoide coagulato, nè vi ha angolo della cavità che non i» PROIETTI uo, a i Ma % do ANTONIO BERLESF 297 sia ripieno di detta sostanza. Anche qui adunque ci troviamo di fronte allo stesso fenomeno a puntino già riscontrato nei ditteri e che io ho ricordato a pag. 29, nonchè altrove. Si deve ammettere che l’intestino non solo si è vuotato della parte da espellersi per via anale, ma, ancora, attraverso alle sue pareti è stravasata nella cavità viscerale tutta la parte assimi- labile, che è poi quel plasma di cui ho detto. Così, anche all’esterno la larva acquista una tinta giallastra ed una trasparenza di cera, carat- teristica Si moti che io non affermo già che anche durante la vita attiva larvale non vi sia stravaso di liquido elaborato dall’ intestino, poichè ciò contrasterebbe colle più elementari nozioni della nutrizione, ma lo aver detto scarso, precedentemente, il plasma nella cavità viscerale deve essere ritenuto perchè di quel tempo la vita attiva ed il o incremento degli organi assorbono tu to il plasma o quasi tutto, che forma via via. Però, negli ultimi momenti della vita larvale, il i vali dell’ultima grande ingestione di cibo, non va a profitto degli organi che ormai più non ne richiedono o scarsissimamente, ma tutto si stravasa nella cavità viscerale e quivi rimane a disposizione del tessuto adiposo che se ne impossessa in piccola parte e degli organi nuovi che andranno formandosi via via nella ninfa. Nello stadio adunque del quale si discorre al presente, si vede il grasso molto aumentato, od almeno così sembra, essendo disposto su minore spazio, da poi che la larva si è impicciolita. Null’altra modifica- zione è sensibile, salvo che la catena nervosa sembra più raccolta ed inoltre i dischi immaginali sono inturgiditi, come lo mostra quello estremo in Di, che prepara gli organi esterni della riproduzione ed ap- pare nel taglio secondo la linea sagittale. Struttura del tessuto adiposo. Questo tessuto non varia notabil- mente fino allo stato di ninfa e però ne dirò solo nella larva in muta (82,4) e basterà per tutte le altre precedenti forme, cioè 80,81, accennando però ad una piccola variazione nella parvenza delle pallot- tole albuminoidi contenute entro le cellule. Larva in uno stadio più avanzato (tig. 81). Ho voluto proce- dere con molta lentezza nello studio delle variazioni che precedono la ninfa e perciò ho anche esaminato uno stadio più avanzato della larva, prima che avvenga l’esuviamento. Questo stadio è disegnato a fig. 81. Quivi si vede che il tubo di- gerente è grandissimamente ridotto, ed importa così la diminuzione nelle dimensioni dell’ insetto, mentre invece aumenta lo spazio compreso tra la epidermide e 1’ intestino. IE FENOMENI NELLA NINFOSI -..Pur:tuttavia,; nell’estrema parte del mesenteron si mantiene: aneora mal -pitcola quantità del cibo ingerito, che sarà: però tosto espulsa. Quanto al sistema nervoso, si delimitano meglio i primi gangli della catena ventrale, in confronto degli ultimi. che, anzi, viemaggiormente sì stipano assieme. ‘La massa di plasma nella cavità viscerale è notevole ed oceupa tutti i vani tra gli organi. Io lo ho contrassegnato colla tinta grigia di fondo e si vede ancora che ne è pieno il mesenteron nella sua parte iniziale. . Le masse adipose si sono notevolmente accresciute e stipate attorno al tubo digerente; ma quanto alla struttura loro ed al resto, non veggo differenza in confronto a quanto si è già ricordato in precedenza, solo (fig. 164) devesi notare che nelle goeciole albuminoidi inglobate dalle cellule adipose, compaiono i vacuoli puntiformi, caratteristici delle i gocciole che cominciano a n sfarsi. Larva in muta (sonni (fig. 82 4). Questo è uno stadio che merita di essere molto bene considerato, per più ragioni. È ben facile riconoscere que- sto momento, poichè la larva non ha più quella sentita curva di mezzo cerchio che si vedeva già precedentemente, ma è quasi di- ritta, salvo che 1 estremo terzo del corpo, nella regione anale, è bruscamente piegato sul ven- tre. Inoltre questa parte, che corrisponde al sacco delle età an- tecedenti, è molto floscia, com- Fig. SI È si & posta di sola pelle vuota e de Aphodius t.rrestris, larva malura che ha già agi è: È rai ressa. Così la statura è ancol iniziato il vuotament ao. Lettere co- Do te sa a 5 N Jo me fine cosi mp plasma puro nel mesente- Più scemata in confronto de ron; cid sostanze ingerite negli stadio precedente ed il colore non stati radar 3 L leucociti; Cp cellule pericar- è più ormai bianco opaco , ma Sezione sagittale. giallo terreo, con una semipel- lucidità di alabastro. Le sezioni (fig. 82,4) mostrano poi, che entro la spoglia larvale, rimasta molto discosta e colle sue dimensioni precedenti o di poco mi- nori, è venuta a raccogliersi una nuova larva, cogli organi molto sti- pati, ma del tutto informe, non avendo più nè le fattezze della larva pi ai cieliatian imm PETE ** ‘ANTONIO -BERLESE- :- 299 nè: avendo ancora quelle della ninfa: Basti vedere eome- un-lobe supes riore (labbro sup.) ed uno inferiore, molto divarieati. abbraecino, del tutto aperti, ancora l'esofago o meglio 1’ intima dell'esofago, e come tutta la pelle della nuova forma sia stipatamente pieghettata e rugosa; come di corpo che, distendendosi, deve occupare molto maggiore spazio: L’intestino è del tutto vuotato di detriti di fimo, però è oecnpate nel centro da: poco plasma fluido, dello stesso che, in piecola misura circola fra gli organi, i ptt a STAI della 1 larva; C capo de la nuov forma. Le altre sie come a E venite B ninfa giovane. Non ho messo lettere per non intralciare il disegno. Ognuno può riconoscere gli organi delineati e confrontarli cogli stati indi Sezioni sa- gittali. I tre primi gangli della catena ventrale, sono bene distinti e di- scosti fra loro, mentre tutti gli altri formano una lunga massa appena moniliforme. Ma quello che vi ha di più notevole si è che tutto il tessuto ipodermico si vede sollevato in elementi allungatissimi e gracilissimi. 200 FENOMENI NELLA NINFOSI Cioè, in altri termini, Ie cellule ipodermiche , le quali prima erano as- sai poco alte e forse meno alte che larghe, ora, di subito, si sono in- nalzate straordinariamente, allungandosi fino a diventare, in taluni luo- ghi, fusiformi, e quasi flagellate all’apice interno. Anche il Ioro nucleo si è allungato. Da ciò viene che lo spessore del tessuto ipodermico è di molto cresciuto, appunto come si vede nella figura. Intanto anche la membrana basale che riveste internamente l’ ipo- derma, si mostra molto robusta ed assai ben visibile (1). In conseguenza di questo allungamento delle cellule ipodermali, pel quale tutta la superficie dell’ipoderma stesso, colla sua tenuissima pel- licola cuticolare, viene a scemare notevolmente in confronto della ca- pacità della spoglia contenente, questa si stacca dalla nuova forma su tutta la sua superficie, come si vede a fig. 82, A. Più tardi le cellule ipodermali, riprendendo la loro abituale forma, distendono la nuova cu- ticola entro la vecchia e quella si modella sulla figura della ninfa e rigetta, rompendola finalmente, la spoglia larvale. Struttura del tessuto adiposo. Mentre la forma in muta dovrà rie- scire oltremodo importante per l'esame di altri fenomeni e di altri organi ed elementi, specialmente per ciò che avviene dei muscoli lar- vali, quanto al tessuto adiposo non veggo seria differenza da ciò che si è già notato a proposito della forma precedente. Ninfa. (fir. 82, B) Per quanto io abbia attentamente confrontato fra loro diversi momenti della vita ninfale, che dura circa una ventina di giorni, pure non ho potuto notare serie differenze quanto a struttura del tessuto adiposo nelle diverse età e neppure nell’adulto neonato. Le po- che cose nelle quali si possono affermare appena sensibili differenze, si riferiscono alle dimensioni dei granuli contenuti nelle cellule ed al loro numero. È bensì vero che nello stadio di ninfa perfettamente formata , gli elementi cellulari del tessuto adiposo si rendono indipendenti l’uno dal- l’altro, ciò dura fino quasi nell’adulto. Il contatto, però, tra i singoli ele- menti, sempre esiste, ma, nelle regioni ove questi sono meno abbon- danti, si trovano molte sullale libere affatto ed isolate. Dunque anche in questo coleottero avviene la disgregazione del tessuto adiposo, in ele- menti singoli e ciò durante il periodo ninfale. Le dimensioni degli ele- menti stessi variano da 25 a 35 od al massimo 40 L. di diametro. Quanto al contenuto delle cellule, mentre il nucleo non varia mai, nè mai si vede contenere il nueleolo, ma solo un filamento nucleinieo (1) Vedi la spiegazione del fatto a proposito della Sericaria Mori, nelle pagine antecedenti, so pnl” > soiblieri pi è ANTONIO BERLESE 301 abbastanza rado, le guttule albuminoidi variano debolmente. Esse sono sferiche a puntino o sferoidali, di color giallastro e rifrangenti molto intensamente la luce, non hanno mai parti colorabili nel loro interno, ma molte se ne vedono, specialmente tra le maggiori, ormai esagal zate al loro centro, con vacuoli minutissimi, puntiformi (fig. 1 In processo di tempo molte si disfanno e scompaiono, i in uno stato di ninfa avanzata, (fig. 166) le cellule mostrano poche di queste guttule, le quali sono intensamente tinte di giallastro, molto vacuoliz- zate ed essendo poche lasciano grande parte della cellula ‘vuota, ed in questa parte vuota si mostra chiaramente la struttura reticolata del ei- toplasma. Tale ultimo stato perdura fino nell'adulto. Quanto al resto degli organi interni e specialmente per ciò che si riferisce al sistema nervoso, la fig. 82, B mostra abbastanza bene le modificazioni avvenute. A Saperda populnea 1 (figo. 174-177, tav. X). In un lungo ramo di leccio, morto da tempo io possedevo una nu- merosa raccolta di larve viventi, di questa specie, in tutte le età. Per- ciò ho avuto agio di studiare davvicino la fabrica del tessuto adiposo ed il suo progresso con quello della larva. Ho notato che questo cerambice può realmente essere considerato come tipo di quella maniera di tessuto adiposo per la quale gli elementi cellulari scno così assieme confusi che non si possono rilevare più i limiti fra cellula e cellula, ma le masse adipose coi loro molti nuclei sparsi simulano vari sincizii, non dissimili da quelli che si sono già visti nella Diplosis Buri. Adunque di questa disposizione sia tipo il ceram- bice in discorso. Larva a 6,50 mill. Questa è la più giovane che io potei tro- vare. Molto spazio della cavità viscerale è occupato dall’intestino e spe- cialmente dalla parte larga anteriore del mesenteron: ma nei vani tra Questo ed i muscoli stanno discrete masse adipos In questa età sembra che si possano ravvisare _ degl maggiori linee di divisione che distinguono parecchi tratti a regolari intervalli nella massa stessa e questi, nel maggior loro diametro misurano da 50 a 60 1. — Però io non posso considerarli per vere cellule a sè, da poichè general- mente presentano più di un nucleo (fig. 174, tav. XI). Il citoplasma è reticolato e comprende maglie assai larghe, nelle quali sta un abbondante deposito di grasso. Non vi ha traccia di de- È Positi albuminoidi di sorta alcuna. e e DL Le MI MITA Ti e Ra e n; a piro e Mr li e È di È RI = #- Ù Lab ‘a pia MO RE A pe ai Lasi dee de age Ti 3 di "a * dfn e È È Ja 302 FENOMENT NELLA NINFOSI ‘Inuelei sono rotondi od ovali e misurano da d a7u.di diametro. Larva lunga 11 mill. Il progresso della larva è è lentissimo, giacchè essa-impiega almeno due anni a divenire ninfa. Io credo che giunga alla misura di poco oltre i dieci mill. appunto, nella fine del 1° anno. Però non ho dati sicuri per affermare ciò recisamente. Tessuto adiposo (fig. 175). In questo momento, essendo il corpo au- mentato in proporzione più del tubo digerente, io veggo il tessuto adi- peso esteso in falde e masse molto più ampie e ricche. Però ormai qualsiasi traccia di suddivisione delle masse stesse in elementi o gruppi dî elementi cellulari è scomparsa, di guisa che d'ora i innanzi i nuclei si vedranno sparsi regolarmente entro le masse ed in gran numero. i -H citoplasma è egualmente reticolato, ma circoserive minor numero PE Vico ‘ovali o rotondeggianti, a contorno, però, male definito. Negli spazi tra i vacuoli si incomincia a scorgere depositata una finissima gra- nulazione di NA, in forma di guttule minutissime ed appena per- cettibili. Questi granuli corrispondono a quelli che formano il plasma eoa- gulabile (p) esterno, il quale è molto tenacemente in contatto cogli orli liberi delle masse adipose. Di queste, però, quelle prossime al mesen- teron si veggono, nel modo indicato, inquinate di granulazioni, ma. le più discoste, particolarmente quelle alla periferia del corpo ne sono quasi del. tutto sprovviste. Inuelei sono di poco aumentati, quanto a dimensioni, da quello che BI. «vide. gia nello stato antecedente. - Adunque il deposito di albuminoidi principia, in questa specie, molto per tempo e prima della metà del ciclo larvale. “i /Larva maturz. Essa misura da circa 2, 5 centim. ed oltre ,. è adurtadia assai ben grande. Io ne ho sezioni trasverse a mezzo il corpo. Intorno al largo mesenteron, che ha sezione circolare, si vede dap- primo un tenue spazio annulare, quindi un largo strato di masse adi- pose e quindi, verso la periferia, lo strato muscolare, tra il quale e la cuticola non mancano di interporsi altre. piccole masse adipose. Questa larva si presta assai bene per dimostrare l’esodo del plasma cimgitabile dal mesenteron alle masse adipose. A fig. 176 io ho rappresentato un settore del disco figurato dalla sezione trasversa, nel quale si può scorgere parte del mesenteron © delle sue tuniche sà il confine interno della massa adiposa. Il mesenteron (m) è tutto ripieno, stipato di detriti di legno, in via di esaurimento, tra i quali però, come conseguenza dell’opera digestiva, si raccoglie del plasma in granuli. La massa di sostanza ingerità è li ANTONIO BERLESE © 305 mitata da una robusta peritrofica (p), che lascia filtrare solo la sostanza fluida ed elaborata. Questa, in forma di granuli visibili, sì interpone tra la peritrofica e l’epitelio, in uno spazio (p4) non troppo ristretto. Segue l’epitelio, il quale (ep) è composto di cellule cilindriche, non molto alte e reca un distinto orletto ciliato. Adunque, nel punto ove è caduta la sezione, cioè nella porzione larga, anteriore del mesenteron , l’epitelio si trova, in questo momento, in piena attività assorbente. -. Tra la membrana propria e la tunica muscolare, nella quale le fibre più interne sono le annulari. (ma), mentre più esterne sono le longitu- dinali (m/), si interpone un esile spazio, il quale anche è ripieno di plasma granulare (p?*), che si comprende essere fuoriuscito dalla tunica propria, stravasato dal mesenteron o meglio assorbito dalle cellule e rigettato al di fuori. AI di là della tunica muscolare e quindi nella cavità viscerale è raccolto moltissimo plasma coagulabile (p2) il quale è composto, di gra- nuli minimi nei pressi del mesenteron e delle masse adipose, ma più grossetto in mezzo. I granuli di mezzo sono vistosetti ed io ritengo che tali riescano come per gocciole minime assieme confluite (vedi anche Attorno alle masse adipose (ad) il plasma è poi strettamente addos- sato contro la tunica avvolgente e risulta di granuli minuti. Però, nell’ interno di esse masse il plasma è anche penetrato .in buona quantità. i Tessuto adiposo (fig. 177). Infatti, il citoplasma delle masse mede- sime si vede essere tutto perforato da vacuoli perfettamente sferici e . molto bene definiti, spessi e quasi tutti di egual diametro, che è tre .0 quattro volte quello dei nuelei. In questi vacuoli sta, al solito, la s0- stanza grassa. Ma attorno ad essi. il deposito di albuminoidi è molto ricco e risulta di granuli subsferici, tuttavia assai piccoli. I nuclei sono molto diminuiti in grandezza da quello che erano negli stadi precedenti e sono ancora più piccoli di quanto si è visto nella larva giovanissima ricordata in principio. ‘Proninfa. Il passaggio da larva matura alla ninfa, è rappresentato da una singolare forma che merita il nome di proninfa. Essa è rieono- scibile anche a caratteri esteriori. Primamente le dimensioni sono mi- nori che non nella larva matura, ma, sopratutto, la parte molto larga del torace, che da il caratteristico aspetto claviforme alle larve dei ce- rambicidi, è grandemente più stretta, anzi non supera più per nulla il diametro del restante corpo. Adanque la larva da clavata è divenuta ormai affatto cilindrica. Ciò dipende non solo dal vuotamente del me- | Senteron, il quale fatto ha poca influenza nella modificazione della forma 304 i FENOMENI NELLA NINFOSI dell’ insetto (poichè la parte più larga del mesenteron succede subito alla parte larga del toràce) ma per la involuzione già incominciata dei poderosissimi muscoli compresi nei primi segmenti del corpo , i quali così lo allargano nella larva e ehe nella proninfa sono ormai in via di dissoluzione. Inoltre si conosce anche tosto questa proninta dal modo speciale con cui si agita. Mentre la larva ha movimenti vermicolari e vibra il corpo suo po- steriore con movimenti oscillatorii, da un lato all’altro, nella proninfa questi moti non sembrano più possibili ma solo uno speciale e singolare, mediante il quale 1’ insetto ruota rapidamente su se stesso, intorno al- l’asse suo longitudinale, quando sia inquietato. Questa si è la proninfa e mostra negli organi interni alterazioni co-_ muni allo stato che precede quello di ninfa. Tessuto adiposo. Quanto poi al tessuto adiposo noto che le moditi- cazioni si limitano ad una maggiore quantità di granuli albuminoidi nei depositi e ad un maggior volume dei granuli stessi. Infatti essi sono stipatamente intercalati fra i vacuoli, che intanto sono più scostati l’uno dall’altro : inoltre essi granuli sono alli, grossetti e quasi tutti della stessa grandezza. Le masse adipose, dunque hanno aspetto, nelle sezioni, di larghi strati di sostanza debolmente colorabile, tutti perforati da va- cuoli equidistanti fra loro e rotondi. Fra questi poi sono intercalati i nuclei rotondeggianti e col solito aspetto; essi sono di poco maggiori di quelli veduti nella larva matura. Nella i.infe, di cui sezionai esemplari di diversa età, le cose non mutano da quelle che sono nella prepupa, quanto al tessuto adiposo. Non esaminai l’adulto. Altre osservazioni. Avendo io così buon numero di larve, ‘ho voluto considerare quanto tempo avrebbero potuto bastare alla economia della larva i depositi di albuminoidi contenuti nel tessuto adiposo. lo presi adunque due larve prossochè mature e ciò nel giorno 22 di marzo e le eollocai in una scatola di legno, lasciandole così a Sé. Esse non cessarono mai dal contorcersi in tutti i sensi, e si movevano a tutte le ore del giorno e della notte, anche se non molestate. Con ciò il dispendio di sostanza doveva essere notabile. Non intaccarono il legno della scatola in nessun punto e mutarono invece due volte la pelle, entrando finalmente nell’ultimo stadio larvale. In giugno esse erano già ninfe ed in fine di luglio ne ottenni due adulti, lunghi in media, dal capo all’apice dell'addome, circa 17 millimetri. issero pochi giorni. ea i de ea MARI, Pigi E E I UR TOM e RT I gh: VIRA REN gr? Ce aio SANT DOSI v * pra LE - w ANTONIO BERLESE 5 L'ambiente nel quale le larve vissero per tanto tempo” era molto asciutto e la scatola, non sempre bene Quero spesso visitata dal sole. È Ciò dimostra che queste larve possono, quando ormai abbiano ae- Ca comodate le loro riserve di alhaminafA nel cellule adipose, vivere un tempo lunghissimo, attivamente muovendosi e in ambiente molto asciutto. Perciò non mi meraviglio più di averle trovate in legno affatto seeco e ridotto ormai in polvere dalle loro erosioni. n Una seconda considerazione viene fuori dal fatto del deposito sol- lecitamente iniziato di sostanza derivata dal mesenteron. Non sì deve è dubitare che essa non sia già elaborata e la nessuna variazione che su- ba biscono i granuli raccolti nelle masse adipose, dopo penetrativi, come il 1 é non mutare in modo aleuno dei nuclei e del contenuto loro mi fa ere- dere, quasi con certezza, che i depositi sieno solo di sostanza ormai ela- borata e quindi che le cellule adipose, nell’opera di digestione dei de- positi non abbiano parte alcuna. Sitodrepa panicea (fig. 162, tav. X) In certe fave secche e conservate da tempo in ambiente alquanto umi- do mi si sono sviluppate moltissime larve dell’insetto in discorso, le quali allo stato suddetto si mantennero per tutta l’invernata e la primavera e solo in estate divennero adulti. Però io non ebbi nè questi nè le ninfe in quantità sufficiente per istudiare le modificazioni del tessuto adiposo avendo fatto grandissimo consumo di larve per riconoscerne l’interna fabrica, specialmente del tubo digerente il quale è conformato in modo molto singolare ed ancora perchè iniziai e condussi esperienze varie e per ultimo buona parte della coltura anzidetta, essendosi rasciutte le fave, mi andò a male. Ho studiato però a lungo la larva e già mi accingevo a parlare separatamente del suo tubo digerente allorehè apparve su questo argo- mento uno scritto ed io dimisi il pensiero di occuparmene ulteriormente. Le larve mature sono lunghe da tre a quattro millimetri, molto ear- nose, cilindriche, grosse forse più all’estremo che al ventre e piegate alquanto ad arco sul ventre. Esse sono bianche e molli ed il capo loro, piccolo e bruno, è solo coriaceo e duro. figure che unisco 83, 84 e siano le sole di parecchie altre già incise, mostrano la maggior parte degli organi interni, come si vedono in una sezione sagittale di tutto l’insetto. + 306 FENOMENI NELLA NÎNFOSÌ Nella larva matura il tessuto adiposo (fig 169), non diversamente da quanto si vede anche in stadii molto più giovani, è raccolto in grandi masse, di forma irregolare e risultanti dallo aggregato di molte cellule poliedriche. Certo molto precocemente si inizia la deposizione di granuli albu- minoidi, ma comincia nelle cellule più vicine al tubo digerente e quindi prossimali. Anzi, le cellule periferiche, immediatamente sottocutanee sono molto povere di siffatti depositi (fig. 83, gr, e fig. 169 cd) e sembrano vuote del tutto, salvochè mostrano il nueleo al loro interno e poco cito- plasma denso attorno al nueleo radiante nella cellula. È importante questo fatto e si vede bene dalle figure annesse (83, 84). Ciò prova che il deposito di albuminoidi dipende dall’opera dige- stiva e questi sono immagazzinati anzitutto dalle cellule prossime al tu- bo digerente, fuoriuscendo da questo. Le cellule adipose distali e vuote mostrano spesso più nuclei. E bene avvertire anzitutto che gli elementi adiposi misurano in media da 30 a 35 n. edinuclei tutti hanno da 6 a 9 n. di diametro. Essi adunque sono molto piccoli, assolutamente sferici e mostrano la cromatina in granuli radi. Ho detto che nelle cellule distali i nu- clei spesso sono in più d’uno ed io ne vidi fino a quattro, tutti avvicinati fra loro e compresi entro il poco citoplasma tingibile e denso che sta al centro della cellula. Sic- come ho trovato qualche nucleo in molti- plicazione per via cariocinetica, così credo che per questa maniera aumentino gli ele- Sitodrepa pani Sezione sa . F. Po . menti cellulari adiposi. Ls di da matura per mo- porta È LIE 3 : e]l re le due m ra al grasso, Il più spesso attorno ai nuclei delle cioe il pernalinalà {nero, ga) c cellule distali vuote, si vedono piccole e o di depositi ed il distale ia l'iaimtazioni | inoidi ialine ed ro, ni vuoto di depositi poche granulazioni albuminoidi i incolore, subsferichee minutissime. Queste, colla colorazione secondo il metodo Heidenhain non si tingono in nero. Si colorano invece colla safranina, ma poco coll’ emallume. Ma av- vicinandoci al centro del corpo , cellule adipose perfettamente simili 2 quelle ora deseritte si vedono invece assai cariche di granuli albumi: noidi, anzi totalmente ripiene (figg. intercal. 83, 84 ga). Questi granuli sono rotondeggianti ed assai piccoli e non si tingono coll’emallume affatto, di guisa che rimangono pressochè incolori. Ma colla colorazione Heidenhain, essi acquistano una tinta assolu- ANTONIO BERLESE 307 mr tamente nera, mentre pochi granuli affatto attorno al nucleo non si tin- | gono in nero e solo colla safranina divengono rossi. Quindi sarebbe il istriani i nica Ò Oy Ta Lapiteo , Fig. S4 pride panicea larva matura, sezione sagittale: n mesenteron; n’ suoi ciechi anteriori ; g agi distale vuoto; ga grasso prossimale pieno di depositi altumi- noidi; "y testico caso di 0A per granuli peptonizzati ormai, quelli tingibili in nero ‘ che sono per la maggioranza grandissima e per granuli di albuminoidi 308 FENOMENI NELLA NINFOSI non elaborati quelli prossimi al nueleo e non tingibili che colla safranina. ‘ Siccome i granuli di deposito si scorgono anche in larve giovanis- sime, sebbene le cellule così arricchite sieno più scarse ed affatto cen- tradi, così si deve inferirne che molto precocemente si iniziò il processo i deposizione degli albuminoidi. Le larve stanno annidate entro piccole nicchie subsferiche, che esse stesse si sono scavate rodendo nella polpa dei semi. Però io sono fer- mamente di opinione che la massima parte dell’amido che esse ingoiano non venga altrimenti assimilato, poichè sarebbe soverchio, mentre deb- bono assumere molta sostanza per ritrarne gli albuminoidi dei quali hanno d’uopo per formarne i depositi. Quando poi questi sono ricchi abbastanza le larve possono tollerare digiuni lunghissimi e, non ostante questi, trasformarsi in ninfa. Io ho tenuto larve mature per due mesi in amido affatto privo di albumine (trattato a 37-40 lungamente con fa i, poi lavato ete.) ed anche in sabbia priva di sostanze organich In queste condizioni le dette larve si sono scavate la loro nicchia nel nuovo ambiente e se questo era al grado opportuno di umidità , si sono, a loro tempo, trasformate in adulti, senza che io abbia potuto ri- conoscere differenza di sorta tra questi adulti così ottenuti e quelli avuti. dagli ambienti normali. Coccinella #-—punetata (fig. 168, tav. X). Ho studiato questa specie in tutti gli stadi suoi, da larva giova- nissima, non più lunga di un millimetro e mezzo, fino all’adulto. Ciò ho fatto per conoscere intimamente un coleottero carnivoro , oltre a paree- chi Stafilini che pure io ho esaminati, ma che mi si sono mostrati af- fatto conformi a quell’Aphodius che ho sopradeseritto, ben inteso perciò che si riferisce al tessuto adiposo. Intanto questa Coccinella e forse le altre ancora (da poi che io ho veduto anche larve della C. variabilis e corrispondono a queste della C. 7- punctata), si scosta dagli Stafilinidi non tanto per la fabrica del tessuto adiposo, sia nelle larve che nell’adulto, ma per la natura ed il tempo dei depositi in esso tessuto. medesimo. Merita di parlarne perchè, veramente, le funzioni e gli aspetti del tessuto adiposo nelle Coccinelle corrispondono a puntino a a quello che si vede nei Formicaleoni, Chrysopa etc. e se non vi fossero esempi in ‘ ‘contrario, come mostrano ad es. gli Stafilini, si potrebbe dire che con: “vengono in talune particolarità tutti gli insetti entomofagi predatori. era re VELI ARI ETRE MRRIAET Ride Le Coccinelle (larve) in ciò convengono colle larve dei Formicaleoni che hanno il tessuto adiposo ricco di depositi urici, disposto alla peri- feria, al di fuori del peritoneo, e dentro a questo invece si comprende il tessuto grasso in cui stanno depositati solo granuli albuminoidi od in maggioranza. Questa condizione di cose non è negli Stafilinidi da me veduti, dove tutto il tessuto adiposo non reca depositi urici, nè quello distale, nè il prossimale dunque il fatto sopracennato non è comune degli insetti predatori, ma speciale a talune forme Larva di due mill. di lunghezza. In questa larva il tessuto adi- poso urico manca ed ancora mancano depositi albuminoidi nelle cellule del grasso. Queste corrispondono a puntino a quello che nelle larve più avanzate si vede, tranne che per le dimensioni minori e per questa de- ficienza di depositi albuminoidi. Larva matura (fig. 85). Non mi sono curato di esaminare stadi intermedii e quindi non so di preciso quando si inizii il deposito di al buminoidi e di prodotti urici nel grasso. Certo si è che nella larva ma- tura essi sono in grande abbondanza. La figura annessa 85 dimostra la disposizione dei principali organi nel corpo di queste larve e la fig. 86, .4 fa vedere la sezione sagittale del capo. Il tubo digerente comprende un brevissimo esofago, anzi dovrei dire che l’ esofago manca, poichè subito dopo la faringe (86, 4, f), cioè subito dietro al ganglio sopraesofageo si allarga il mesenteron. Anche la valvola cardiaca è poco accennata e poco sensibile. La farin- ge ha un grosso involucro di muscoli annulari costrittori, nonchè un dilatatore superiore ed un elevatore di molti fascetti. Il mesenteron (fig. 85 Ms, 86 A, M) è grandissimo, poichè occupa la massima parte del corpo e della cavità viscerale e decorre dal primo anello del corpo fino all’origine dell’ultimo. Esso rappresenta un sacco fusiforme. Il suo epitelio è cilindrico e molto alto e riparato contro il cibo ingerito da una robusta peritrofica. Il mesenteron è sempre pieno di detriti di insetti. Non riconosco la valvola pilorica, ma quella parte di intestino (ip) che deve essere considerata come posteriore , si piega all’insù ed in avanti, in forma di tubulo molto più stretto del mesente- ron e di poi, passando al lato destro, si dirige di nuovo indietro, dove finisce nel retto. L’intestino posteriore ha pareti esili, anche muscolari ed epitelio pavimentoso e con cellule piccole. Il retto (fig. 85 7, 86 » È) poi io lo veggo tutto grandemente grinzoso, per pliche molte in ANTONIO BERLESE. . 309. 310 FENOMENI NELLA NINFOSI tutti i sensi, e deve avere tuniche esili e si vede compresso, entro l’ul- timo segmento, dalle anse del postintestino. Nel sistema nervoso (85, 86, A) rilevo un ganglio sopraesofageo (99) molto piccolo, mentre grande assai più è il ganglio sottoesofageo (gs), in sezione di forma triango- lare. Segue una catena di undici altri gangli, piuttosto piccoli e di cui l’ultimo sta nel quart’ ultimo segmento addominale e non più in là. Adunque la catena nervosa 0e- cupa solo tre quarti della lunghez- za del corpo. Inoltre, il 4° e 5° gangli sono molto avvicinati fra loro, quasi senza commessura intermedia e così anche i due decimo ed undecimo. Una notevole distanza invece in- tercede fra il secondo ed il terzo ganglio. acchè mi cade acconcio io particolarmente nell’estremo poste- riore del corpo. Dalla figura 86, B, la quale rappresenta la porzione dorsale dei tre ultimi segmenti ad- dominali, si rileva bene la tunica splanenica che abbraccia tutto il retto, il postintestino, qualche pie- Fig. 85 cola massa adiposa e di poi si di- Coccinella Cri larva matura in stribuisce sul mesenteron ed inoltre gu gra cinte simale: n ;g grasso la tunica limitante la cavità visce- voning r peri i asale, nel eo {ventrale e dorsale) 4 porzione che è 1212 con saldature alla basale, stata alsegnata*più ingrandita a fig. 86, =. mezzo degli archi dorsali. Al di fuori di questa sta il grasso urico. Tessuto adiposo (tav. X, fig. 168). Lo spazio che rimane tra il me- senteron e l’ipoderma è piccolo e ristretto, specialmente al dorso ed al ventre, ma è più ampio sui lati. Le cellule adipose sono riunite in grandi falde molto complicate © stipate ed esse cellule perciò si mostrano poliedriche ed alcune, come nel caso più frequente, le quali sono allungate, possono essere misurate RE ANTONIO BERLESE SIL in u. 45 x 20. Esse mostrano un citoplasma molto vacuolizzato e retico- lato e sulle maglie sue, che sono assai fitte, esso reca molti minutissimi granuli ialini, ma così piccoli cheappena si discernono a forte ingran- dimento. Ora però è bene rilevare che il tessuto adiposo varia, come ho accennato in princi- pio, a seconda che esso è distale,ossia periferico ed, invece, prossimale. Dalla fig. 86 A ed anche B si rileva Ia dif- ferenza di aspetto, an- che a piecolo ingrandi- mento, poichè non so- lo le masse esteriori si scorgono più brune as- sai ed opache di quelle più interne, ma ancora così densamente ripiene di granuli fittissimi che più non si riconoscono nè il nucleo nè la reti- colazione del citopla- sma. A tav. X, fig. 168 sono disegnate parti di masse adipose delle due specie, cioè in cd le cel- lule distali (molto cari- Fig. 86 che di prodotti urici) ed Coccinella 7—punctata, particolarità della fig. prece- in cp quelle prossimali. toe Arrovesciando poi Capo (sez. sagitt.) d/ segna teo faringe ; sf sol- 3 | levalore: tr tronchi tracheali; mc costrittori della faringe; lo specchietto del mi- 9 ganglio sopraesofageo; gs Arr sottoesofageo; nv si- croscopio, tutte le masse so stema nervoso della vita vegetativa; V vaso; pc cellule pe- a SIERO È . ; o” DA ricardiali ; M mesenteron ; 7 faringe ; è bocca; s tubulo di distali SÌ Cari ee bian scarico delle salivali; @0 porzione del vezzo occipitale: chissime, di guisa che qu cr distale (urico); 9 grasso prossimale. la sezione della larva è ione di fig. 85 segnata in A, più ingrandita, colle a lettere della fig. 85. tutta contornata da una fascia irregolare, che così appare bianca e confina col contorno del corpo Anche i granuli urici sono assai piccoli ed ovali, però si scorgono meglio che non quelli inclusi nelle masse prossimali. I granuli urici delle distali hanno una tinta, come di consueto, giallastra, ma sono così dI FENOMENI NELLA NINFOSI minuti che non si può riconoscere se abbiano o meno una struttura a zone concentriche. I nuelei delle cellule (prossimali) si scorgono rotondeggianti od ovali con nueleina bene definita e sono pie- coli, giacchè misurano da 6 ad 8 fz. e forse 10, ma/non più. Amebociti (fig. 168, a). La specie in discorso (e credo altre affini se- condo qualche taglio della] C. bipun- ctata ete.) presenta una singotàre e particolare forma di amebociti, che non vidi mai altrove. Io ritengo che questa inusitata configurazione ed a- spetto mi gioverà molto nelle ricer- che a proposito della fine degli ame- bociti in"generale ete. (1). Essi sono sempre esattamente sfe- rici e di grandezza molto varia, ma i maggiori raggiungono dai 12 ai 15 /1. di diametro, mentre i minimi sono da 5 a 7. Tutti poi (fig. 168, a) si veggono molto oseuri, perchè inten- samente pigmentati, di color olivastro bruno, e col nucleo appena più*chia- ro. Il citoplasma loro sembra spugno- so. Nel centro del nucleo scorgo una larga macchia giallo-rossastra, ch° quasi tutto lo occupa. Talora mi è dinamento perdivenire imaginali (stesso occorso vedere qualche amebocito con agree, due nuclei a contatto. In questo caso il contorno dell’elemento è ovale e le dimensioni sono alquanto maggiori. (1) corn ne do tratto profitto per vedere se gli amebociti entrano a far parte deì muse in costruzione. La Coccinella mostra che ciò non è. I sarcociti che rn dai e muscolari larvali, sebbene questi sienopiuttosto voluminosi, essi sarcociti sono invece piccoli quanto i minimi fra gli amebociti, ma ne differenziano per- chè hanno un citoplasma ialino, rado e molto vacuolizzato, somigliano ai leucociti c0- parvenze che descrivo per la larva, se ne stanno a se e non vi ha modo di confonderli coi sarcociti. Avrei dovuto parlare di ciò nella II* parte, ma la mole ormai notevole del presente scritto mi consiglia a non moltiplicare gli esempi. - ANTONIO .BERLESE 313 . Ho sott'occhio una giovane ninfa (fig. 87). Non mi dilungo a SER que modificazioni che subiscono gli organi interni, anche per- chè, cor materiale così scarso, disporrei qui più lacune che osservazioni ordinate. Del resto la figura fa vedere alcune particolarità. 1 tessuto adiposo è ormai tutto distinto in cellule separate, le quali sono rotondeggianti, misurano in diametro circa 28-30 u. ed hanno un bel nucleo rotondo, di circa 7 u. di diametro. Aleune però sono ovali e di diametro, anche pel nueleo, alquanto maggior Il citoplasma conserva a puntino la pr; "nie cellule adipose prossimali già ricordata (e disegnata a fig. 168, cp) ed egualmente, nel citoplasma, specialmente presso il nucleo, è vi nti grande quantità di minutissimi granuli ialini, appena percettibi Queste cellule, si vedono nettamente dante nelle parti distali, nel capo, nel torace, nell’estremo addome ete., ma sono avvicinate molto fra loro e stipate nel mezzo del corpo (vedi fig. intercal.). A queste cel- lule sono frammisti moltissimi sarcociti (1) e molti leucociti. Il Plasma coagulabile, diffuso nella cavità viscerale e visibile nella larva è qui assolutamente scomparso. Duolmi di non potere insistere oltre su questa specie, ma riconosco di non avere ora sufficiente mate- riale. Lampyris noctiluoea (fisg. 170-173, tav. X) L’insetto il più singolare ed aberrante che mi sia mai occorso in queste ricerche è senza dubbio la Lampyris noctiluca. Por molti riguardi essa non trova riscontri, nè affinità con altre forme di insetti, peso non ne abbia con quelle della stessa famiglia, il che io non so. È certo però che come è sembrata al Targioni-Tozzetti degna di una monografia,zche si racchiude nella sua bella memoria sull’ Organo che fa lume nelle lucciole, così sembra anche a me, però io ho studiato bene la larva e pochissimo gli stadi successivi (non avendo che due ninfe) tanto che non ne posso dire quanto vorrei e, del resto, l’insetto mi offre troppi problemi perchè io mi senta in grado di affrontarli e di- scuterli. Dirò brevemente quello che interessa il tessuto adiposo nella larva «e nello stadio di ninfa giovane. (1) Questo esempio è utilissimo allo studio p>r coloro SI hp denis per leucociti immigrati nei muscoli, gli elementi che risultano invece dalla moltiplica- zione del nucleo muscolare larvale e sono sarcociti. La differenza wu questi cn ed i leucociti veri è, in questa specie, così grande che ogni confusione è impossibile. S14, FENOMENI NELLA NINFOSI Ho anche disegnato e qui espongo la figura della sezione sagittale del capo e primi segmenti del corpo. Essa fa vedere (fig. 88) la sin- golarissima fabrica dello strato dermoidale, la particolare trasposizione del 1° ganglio toracico (2°); la struttura dell’îmbuto, così fortemente ar- riechito di involuero muscolare in tre strati (me, me’, me?) ete. ete. Tessuto adiposo. Tagliando una larva matura o grandetta, a fresco, si vede che tutti gli organi interni sono avvolti da una tunica spessa, che si può svolgere in una larga lamina, la quale risulta composta di tante sferette assieme riunite ai quattro punti cardinali. Fix. 88 Lampyris noctiluca larva. Sezione rog della a sint e corpo. pr rotorace; îs labbro superiore; md mandibola tlin a; DI api labiale: f faringe: oe esofago ; g ganglio so pae he ageo; g 98 ‘ ganglio prin Lari ganglio secondo della catena sotloesofagea (1° toracico); 11m muscoli adduttori se espe ps prosterno; v, p peritoneo; me muscoli annulari dell’imbuto; me’, me altro stra st fibre muscoli annulari, eci ong dello stesso; m fascie mu- pag rali; gr grasso; M mese ntero ma nervoso della vita an 3 pesdbag fsb della catena nervosa een (2° toracico); c cardia Ciò vide bene e disegnò già il Targioni. Ora, ciascuna di queste sferette non è una cellula unica, bensì un ammasso di cellule, il cui numero varia a seconda della età della larva. Il colore del panicolo adiposo è roseo. Nelle sezioni adunque appa re il grasso disposto e configurato come in gr della fig. intercal., dove le falde, complicate fra gli organi, appaiono in sezione come rosarii. a giovane, 7 mill. lunga (fig. 170). È questa la più giovane che io sbbis veduto. Le fette, in qualsivoglia direzione condotte, mo- trano i vani degli organi intensamente stipati di elementi diversi, ma e A 54 ANTONIO BERLESE 315 più se ne veggono ai lati dei segmenti. Quivi si trovano intercalati agli ammassi (cg) sferici di grasso, ancora molti enociti (en) e molti ame- iti (a). Gli ammassi sferici di grasso sono di varia grandezza, conforme il numero di cellule di cui sono composti. Quelli che nelle sezioni mo- strano tre elementi cellulari, misurano un diametro di circa 45 pi. € quelli che sembrano composti di una sola cellula si vedono avere un diametro di circa 30 . Gli uni e gli altri mostrano il citoplasma degli elementi di cui ri- sultano sempre disposto in modo conforme. Esso è pian difficil- mente, ma attorno al nucleo irradiano esilissimi filamenti, che si tin- gono abbastanza perchè riescano riconoscibili. Però San la cellula è densamente stipata ed infarcita di minutissimi globuletti bianchi, sfe- rici e molto rifrangenti la luce, i quali io classifico per albuminoidi di deposito. A specchietto arrovesciato sembrano pellueidi od hanno, massa, appena una leggiera tinta debolissimamente lattea, le cellule con- tengono un bel nueleo rotondo, di cirea 4 1. a 6 di diametro, con ero- matina disposta a granuli molto fitti. Non ho mai veduto figure mitotiche in questi nuclei, di guisa che io ritengo la moltiplicazione delle cellule debba avvenire per via diretta. Gli enociti (en) sono appena più piccoli delle cellule, ma hanno nucleo rotondo, assai maggiore e con nucleina in nastro. Nel resto ri- cordano il comune aspetto di questi elementi. Non veggo siena coagulabile negli interstizii degli organi ed e- lementi, in questa forma. Col iiioa dell’età, non solo cresce la grandezza delle cellule adipose e quindi delle masse sferiche, ma ancora il numero di cellule per ciascuna sfera e varia anche il contenuto cellulare. Senza investigare le forme di passaggio, vediamo la Larva matura (fig. 171), ha infatti masse adipose che (nelle sezioni) misurano da 90-110-140 pu. in diametro (a fresco però debbono essere molto maggiori) e contengono molte cellule (nelle sezioni ne conto da 10 a 12 o più) che sono fra di loro strettamente a contatto e misurano in media da 25 a 30 1. di diametro. I nuelei, perfettamente rotondi e colla cromatina in granuli, mi- surano da 10 a 12 u. di diametro Il contenuto cellulare è lato a quello veduto in antecedenza, però i granuli albuminoidi sono maggiori del doppio e più ed egual- mente abbondanti. Osservo inoltre che, specialmente nella larva pros- sima alla muta, moltissimi di questi granuli sono giallastri ed a spee- chietto arrovesciato appaiono più o meno opachi e bianchi. TREES 316. FENOMENI NELLA NINFOSI Adunque comincia in questi ad essere manifesto il residuo urico. A luce rifratta questi stessi granuli appaiono di colore giallastro-bruno, come di consueto e spiccano molto nella massa degli altri che sono incolori. Le masse conservano tuttavia la loro forma sferica e non sono eccessivamente compresse l’una contro l’altra. Ciò come a fig. intercalata. Lo strato di cellule immediatamente addossato al mesenteron è composto di masse grandissime, che misurano (nelle sezioni) perfino 250 f. di diametro, mentre le masse distali (capo, ete.) non arrivano nemmeno ad un terzo in diametro, di queste intimamente prossimali. Si vede che le cellule più vicine al tubo ita hanno avuto agio di crescere più delle altre. Ma col crescere della larva è venuto anche for oi ar aumen- tando il plasma cougulabile interorganico, il quale, a larva matura, è molto abbondante e denso ed invade tutti i meati tra gli organi. Ninfa (fig. 173). Nella ninfa maschile giovane che io ho sezionato osservo che le masse adipose, pur conservando le stesse dimensioni che avevano nella larva matura, sono divenute poligonali (fig, 172) poichè, essendosi 1’ una dall’ altra staccate, si sono anche costipate € perciò perdono la forma rotonda. Il loro citoplasma ora apparisce discretamente, poichè è molto see- mato il numero dei globuli di deposito che, specialmente alla periferia della cellula, si mostrano abbastanza diradati. In queste regioni si vede che il citoplasma stesso si dispone a reticolo, con maglie diseretamente fitte ed abbraccianti vani rotondeggianti, fra di loro, per dimensioni, conformi. Sulle maglie di questo reticolo sono raccolti molti globuletti di sostanza depositata, piccoli, sferici, ialini, ma ancora rimangono dei globuletti più grossi, come nello stadio precedente, ma ormai urificati, perchè di color giallastro-bruno, a doppio contorno e granulosi nel centro. A specchietto arrovesciato si mostrano bianchi. Il plasma negli interstizii degli organi è scomparso. Si vede che, non ostante le singolari particolarità che presenta questa specie, pure essa conviene nel modulo dei fenomeni i al tessuto adiposo, con tutto il rimanente dei coleotteri già vedut Più in la su questa specie non dico, poichè le altre ernai sono frammentarie e non accennano a nulla di speciale. Conclusioni relative ai coleotteri Ho esaminato ancora molte altre specie, che ricordo qui. Ocypus olens (larva).Adipe in masse, come nella Coccinella 7-punctata cellule stipate, pianeggianti, con diametri medii di 60-70 = 15-20 p.. ete- nuelei rotondi o poliedrici, di 9-10 p.. — Grasso distale, assolutamente È ANTONIO BERLESE 317 periferico, in falde più strette, cellule più piccole, più colorabili. Cito- plasma con molti vacuoli piccoli. Grasso distale con minutissimi granuli puntiformi, radi, deposti sulle maglie del reticolo citoplasmatico; invece il grasso piaisstatalo contiene molti granuli di deposito, bianchi, ialini, grossetti ed uniformi. Nel grasso prossimale non veggo depositi urici. Tranne ciò la disposizione ete. ricorda 1’ esempio della Coccinella, ma i globuli di deposito sono più grossetti. Altri due Stafilinidi, molto più piccoli, comuni nel letame. Larva matura e ninfa, grasso come nell’ Aphodius terrestris. phyliognathms, s silenus — Larva di 13 millimetri, larva matura, ninfe in tutti gli stadi. Corrisponde al tipo Aphodius, salvo le misure degli elementi. Dermestes vulpinus. Tutti gli stati. Sul tipo dell’ Aphodius. Per i Coleotteri possiamo quindi concludere: 1.° Il tessuto adiposo larvale si conserva anche nell’adulto. 2.° Non sembra che esista digestione intracellulare nelle cellule adipose od essa è certo molto ristretta e di diftieile percezione. I globuli albuminoidi depositati nel grasso sembrano composti di sostanza già e- laborata dal tubo digerente. 3.° I depositi urici derivati dalla dissoluzione dei granuli raccolti nelle cellule adipose sono solidi per lungo tratto di tempo e rimangono abbastanza nella cellula adiposa, tanto da essere percepiti. 4.° Il deposito di sostanza di riserva nel grasso (albuminoidi) è molto precoce e si inizia in gioventù della larva, con poca differenza di tempo nelle varie forme vedute. 5.° Il deposito si deve attribuire, per la massima parte, a sostanza elaborata dal tubo digerente, durante lo stato larvale. 6.° I globuli albuminoidi depositati sono piccoli ed abbondanti , talora Licia 7.° Le cellule adipose contengono anche molto grasso in gocciole mediocri. 8.° Il nueleo delle cellule non varia mai quanto a dimensioni e figura. Rimane sempre rotondeggiante od ovale. on ho riconosciuto moltiplicazione del nucleo cellulare, per via indilretta. che nel caso della Sitodrepa panicea. 10.° Il grasso attorno al mesenteron è il primo ad arricchirsi di depositi albuminoidi, ultimo è il grasso distale o periferico, che spesso rimane vuoto di tali depositi. 1i.° Non esistono ‘cellule uriche, nè gli enociti (che non variano mai nel loro aspetto, contenuto ete.) si caricano di prodotti urici i solidi. 318 - FENOMENI NELLA NINFOSI tt 12.° Questi si depositano talora nelle cellule adipose medesime, particolarmente nelle distali. Scompaiono facilmente, e sono sempre in concrezioni minute, rotondeggianti. NEUROTTERI Myrimileon Formicalygnx (Tav. X, figg. 150-160) So che queste forme sono state brevemente studiate nella anatomia loro dal Dufour, dal Baker, dal Ramdohr (1) e. dal Redtenbacher (2) ma egregiamente dal Meinert (3). rvazioni che io ho condotto su Chrysopa in tutti gli stati e sul Formiedechs più comune qui, mi hanno dimostrato che questi generi convengono assai fra di loro nella fabrica degli organi, anche 4 interni, e perciò non sarà necessario che io mi occupi d’ altro che del da Formicaleone. ‘551 Intanto questi insetti sono così singolari nella loro anatomia ed in particolarità fisiologiche, da giustificare la pena che io mi do di ag- giungere le osservazioni mie a quelle altrui, per ciò che riguarda le modificazioni a cui vanno soggetti alcuni organi interni, specialmente il tubo digerente. Facendo capo alla bella memoria del Meinert, mi accorgo di non avere nulla da aggiungere a quello che egli dice della singolare dispo- sizione del tubo digestivo. Anzi, quelle particolarità che si riferiscono all’ intestino posteriore dimostrano chiaramente che il Meinert è assolutamente nel vero, quando afferma che questa ultima parte è trasformata in organo sericiparo, mene tre il retto funge da borsa per contenere la seta ed i malpighiani sono trasformati in ghiandole sericipare. Tutto ciò è perfettamente vero ed io me ne sono accertato, non solo con tagli a mano, ma ancora con Se zioni al mierotomo. Non credo però che qui sarebbe il posto per descrivere la minuta struttura di queste parti che, del resto, non presenta molte cose speciali. Invece io considererò le modificazioni che succedono durante la ninfosi, (1) Achandlungen uber die Verdauungswerkzeuge der Insekten. (2) Lebersicht der Myrmileoniden (Denskschr. math. naturw. Cl. Kais. Akad. Wiss.) (3) Contribution è l'anatomie des Fourmilions (Overs. Danske Vidensk. Selsk Forhandl. Ky5benhaven 1889, p. 43-66 con due tav). ANTONIO BERLESE 319 Comincio adunque da una larva che da otto giorni è occlusa nel suo follicolo (fig. 89). La cuticola larvale e già distaccata e internamente viene a racco- gliersi la nuova forma. La grande ingluvie (7ng9.) che nella larva matura occupa tutto il torace ed è foggiata a cono colla base lunghissima in basso, si vede in questa forma ormai vuotata e le pa- reti sue, da esilissime come erano in distensione, riescono ora abba- stanza spesse. Quindi poco è il di- vario di ampiezza tra questa parte e l’esofago vero. Ma circa all'origine del 3’ seg- mento del corpo, si allarga il gran- dissimo mesenteron, il quale non ha più nel suo epitelio una struttura uniforme in tutte le sue parti, ma varia nella metà anteriore in con- fronto della metà posteriore e le due parti sono distinte da un leg- giero strangolamento. | La parte anteriore, (Ms') asso- lutamente ovale, ha l’epitelio molto alto e disposto a rilievi fitti ed uni- formemente distribuiti. MD Nella parte posteriore (Ms) l’e- Myrmileon Formicalyna, larva da ollo pitelio è, invece, basso e quasi pavi- giorni nel bozzolo. Sezione I eil cu- mentoso, come si vedrà sempre di ticola larvale; oe esofago; 9g grasso prossi le; g x distale; r retto; 7 filiera; pate Prtrzzzioni poi negli stadi successivi, meno che hr mali tu nell'adulto. Tutto il mesenteron è ripieno di escrementi (Ex) avvolti in grosse peritrofiche e molto inquinati di prodotti uriei. In sezione si veggono come una area nera o bruna, molto cospicua. Il sistema nervoso (gg;gs;n) fa vedere, nella catena ventrale, ben di- stinti il ganglio sottoesofageo ed i toracici, ma elia, del metatorace si è certamente aggregato il 1° addominale (44 I gangli addominali sono presso a poco a di sviluppo, ma meno bene distinti fra di loro da costrizioni nelle commessure. Nel suo complesso la catena decorre per soli tre quarti del corpo e non più. 2 Calpe RA SIR 320 FENOMENI NELLA NINFOSI Il ganglio sopraesofageo è di poco più voluminoso del sottoesota- geo e dei toracici. Tessuto adiposo (1). Meraviglia il fatto che, alle sezioni spoctann il tessuto adiposo si osserva di due diversi aspetti. Infatti, le masse adipose esterne al peritoneo (9) e comprese tra que- sto e la superficie del corpo sono opache a luce rifratta e brune, ma a luce riflessa si veggono bianchissime. 4 Invece tutto il grasso contenuto dal peritoneo (9) è semitrasparente a luce rifratta e non si mostra bianco guardandolo al mieroseopio collo specchio arrovesciato. All’esame più diligente si riconosce che il grasso distale, cioè esterno al peritoneo, è inquinatissimo di granuli uriei, mentre assai meno o punto lo è il grasso prossimale. Si ha quindi una condizione di cose molto analoga a quello che si vide già a proposito della Coccinella septem punctata ed è mirabile questa concordanza di cose in due predatori di ‘altri insetti. L’ esame al microscopio dimostra che la concordanza stessa è quasi assoluta. Infatti, il grasso prossimale, che circonda tutto il tubo digerente (tav. X, fig. 158) si può dire rappresenti una unica grande massa , od almeno è raccolto in masse estese, nelle quali io non posso riconoscere limiti cellulari. Pare adunque si possa parlare di una specie di sincizio, giacchè per entro a queste masse sono diffusi moltissimi nuelei. Intanto si ve- dono anche molti vacuoli rotondeggianti, i quali contengono grosse g0l- ciole di grasso, che però se ne va nelle manipolazioni per i tagli. Il citoplasma comune è tutto pieno stipato di una grandissima quan- ‘tità di globuletti, minutissimi, sferici e di natura albuminoide, che sono ‘dunque trasparenti ed ineolori. Però tra questi sono mescolati ancora dei granuli urici, che si mostrano opachi e bianchi a luce riflessa, m@ ‘vi sono rari, e non alterano la generale trasparenza della massa. I nuclei, perfettamente ovali o rotondi, si colorano assai, ma fanno vedere la eromatina disposta a nastro e misurano da 9 a 10 /.. di dia- metro. ‘ Però le masse adipose alquanto discoste dal centro del corpo mo- strano una divisione in cellule bene cospicua (fig. 156) ed allora si ve- (1) n. cose che si riferiscono al tessuto on non sono esclusive di questa larva ‘în muta, ma convengono, non solo colla larv matura, ma ancora colla larva: giovane, poichè io Pa veduto le stesse parvenze subi in larve giunte appena a mezzo del loro sviluppo. dead EVE SR PAL IRE SMI E ASIA, 17° SERE N Sr n e IO e a n ate e e ii Rc) a si ERE rt cla Na gira ra > ao citato è * id i) ni ii ° ANTONIO BERLESE 35/5 de che si tratta di falde complicate, nelle quali le cellule sono compresse ed in sezione sembrano assai strette. Ciò ho potuto far vedere a fig. 156, la quale è fatta coll’ ingrandi- mento di 160 diametri, per mettere in rilievo il diverso aspetto delle due maniere di grasso, vedute a debole ingrandimento. i Ma le masse distali (figg. 156, gd: 157) sono assolutamente opache I e brune (a luce rifratta) ed è penoso il riconoscere nell’ interno delle cellule il nucleo, il quale è rotondo e colle stesse parvenze del nucleo delle masse prossimali, ma è anche più piccolo, poi- chè misura da 6 a 7 n. di diametro. Questo adipe è pieno stipato di con- erezioni uriche, in forma di minutissime sfere, con una zona concentrica ed un pun- to nel mezzo. iecome il peritoneo, specialmente al ventre, è molto bene visibile, così si può riconoscere che questo grasso forte- mente urico ne è al di fuori e si com- prende (come ho detto), fra 1’ ipoderna ed il peritoneo stesso. Queste larve, adunque, (e quelle di Chrysopa ete.) accumulano molti prodotti urici, che non possono essere espulsi du- rante la vita larvale, nel grasso e spe- cialmente nel grasso che sta al di fuori del peritoneo, tanto più che i malpighia- ni, almeno in buona parte della vita estrema della larva, non hanno più ufti- cio eseretivo. Proninfa (fig. 90). Le larve si so- setto Portoni. Pronin- e fa. "rin sagittale. Ms mesenteron = 0 CONSErvate, colla forma loro, per dieci (cogli escrementi); r retto; gn disco giorni nel bozzolo, di poi si trasformarono - rg 2 “ago gita in proninfa. Forse all’ aperto ed al sole del retto è staccata da quella che se- impiegheranno minor tempo.La proninta nella sezio “gr poichè così era è di poco più grande della larva, ma più tubul ada e Îl smilza ed accenna alla figura dell'adulto. dulato i ta reciso in due punti. Negli organi interni le principali mo- dificazioni sono le seguenti: I muscoli dorso-longitudinali del torace cominciano ad accrescersi per formazione di nuove fibre. Per ora sono tuttavia molto gracili e Poco più di quanto si vedevano nella larva si mostrano nn 322 | i FENOMENI NELLA NINFOSI I muscoli della testa, come i grandi adduttori delle mandibole ete. non si alterano quasi o tutto al più aumentano di volume al modo solito. Nel tubo digerente si vede che il prointestino (oe) si è allungato assai ed è tutto cilindrico, pressochè di egual calibro e larghetto, esso decorre fino alla estremità del secondo segmento addominale. Quivi leg- germente. si allarga ad ampolla, ma in modo appena sensibile, però le pareti sue sono più spesse qui che non altrove. DI Intanto il cardias è chiuso, non per opera del prointestino, i cui. estremi lembi rilevati fanno pure una costrizione, ma per le pareti del mesenteron, il cui epitelio si stende al disopra del cardias, uniforme- mente ed ottura l’orifizio. 1 mesenteron (Ms) è di forma ovale, molto ampio, e si prolunga fino quasi all’estremo addome, quivi egualmente il suo epitelio chiude l’orifizio del piloro. Il rivestimento epiteliare del mesenteron è basso è composto di cellule cilindriche, scarse di contenuto. Tutto il mesenteron è ripieno di quell’ammasso di sostanza escrementizia, nera o rosso san- guigna, mescolata ed involuta in molte peritrofiche concentriche, la quale si è vista sempre nella larva e si conserverà fino nell’adulto. Segue il postintestino, pressochè cilindrico, appena più largo del prointestino (r), ma con pareti più spesse, formante un tubulo ripiegato ed ondulato, fino al retto, il quale è appena più ampio del restante postintestino è reca internamente quattro piccole ghiandole rettali (gr), appena più alte che larghe. Il sistema nervoso mostra un aumento nel volume del ganglio s0- praesofageo ed i gangli quarto e quinto sono assai bene fusi assieme in un corpo piriforme, che risiede nel metatorace. Adunque il primo ganglio addominale si confonde coll’ultimo toracico. Segue poi una ea- tena di gangli minori, in numero di cinque. Adunque l’ultimo, che è alquanto più grossetto dei precedenti e si trova nell’ estremo addome, appena prima dei genitali in costruzione, presso 1’ orifizio loro, deve risultare dalla fusione del 10°, 11°, 12° della catena tipica. Il primo sel questi gangli toracici sta in corrispondenza del secondo segmento wo ominale. Tessuto adiposo. Corrisponde abbastanza a quanto si è visto nella larva. Ninfa giovane (tig. 91). La forma è cresciuta anche di dea ni, specialmente per l’ allungamento del torace e 1° ingrossamento dee capo. Anche l’addome è maggiore che per lo innanzi. " Le più notabili variazioni, avvenute nella fabrica degli organi. II” terni sono le seguenti : I robusti muscoli indiretti abbassatori delle ali (m) sono ingrossat!; . m siii alia n ANTONIO BERLESE i i rat come i sollevatori, per notabile ineremento loro portato dai numerosis- simi miociti che quivi concorrono. Invece i longitudinali dorsali del pro- torace rimangono pressochè stazionarii. Nel tubo digerente, il prointesti- no (oe) si è ancor più allungato ed ha pareti esili. Esso è perfettamente Fig. 91 Ninfa giovane di Myrmileon Formicalyna. Sez. sagit- tale. am adduttore delle mandibole ; / faringe ; 99 ganglio sito 3 at ritone l hiani imaginali; retto; li hiandole rettali; gn condotto dei genitali; a ano; V»p valvola del prointestino; 9 grasso prossimale ; gw grasso urico (distale). P protorace; / me- sotorace; Mt metatorace. cilindrico e tenue fino nell’ addome, ma nel punto in cui si salda al mesenteron il prointe- stino si allarga in una specie di ampolla sub- sferica (Vp), le cuì pa- reti sono alquanto più grosse del resto e sono rilevate all’interno in sei ripiegature o costole , dirette nel senso longi_ tudinale. Non ostante questa grande dilatazio- ne, pure il cardias è tuttavia chiuso e ciò perchè l’epitelio del me- senteron si stende sul- l’orifizio. Quanto al mesente- ron (Ms), non veggo che esso diversifichi , neppure nel suo conte- nuto, da quello che si vede per lo innanzi, solo l’epitelio è più ricco e composto di cellule de- cisamente cilindriche ed alquanto più alte che non sieno nello stato recedente. Veggo aperto il piloro, ma con orifizio strettissimo. L’intestino posteriore (7) tende ad allargarsi nel suo mezzo, mentre le pareti sue si assottigliano di molto, specialmente nella regione (colon) che precede il vero retto. esto, sacciforme, abbastanza ampio, con. tiene quattro gliandole rettali (gr), che sono certo più larghe che nello Stato precedente e più larghe che alte, discoidali. mAàe,t291] ari ni 324 FENOMENI NELLA NINFOSI Quanto al sistema nervoso, esso corrisponde a quello che si è ve- Guto nella proninfa, salvo che tutti i gangli toracici e cefalici sono di molto ingrossati. Tessuto adiposo (figg. 159, 160). Con molta evidenza spicca il pe- ritoneo nella sua regione ventrale ed in sezione appare come una linea immediatamente al dorso della catena nervosa. In questi animali il pe- ritoneo stesso è assai bene visibile, poichè è spesso e reso ancor più grosso da elementi molti, fittamente accostati gli uni agli altri. Ora, come negli stadi precedenti, tutto il grasso periferico (160), cioè compreso tra il vaso e l’ipoderma dorsale e tra il peritoneo e l’ipo- derma stesso è molto carico di prodotti urici, mentre ne è scarsamente inquinato il grasso contenuto entro il peritoneo stesso e eireondante il tubo digerente ete. (159). Vi ha però differenza in ciò che nella ninfa attuale, e maggior- mente in progresso di tempo, sembra che il tessuto adiposo sia fuso tutto in una unica massa od in masse grandissime , estese, nelle quali sono sparsi i nuelei piccoli e rotondi, e vacuoli maggiori che non quelli degli stati precedenti. Il citoplasma circondante cotali vacuoli si vede tutto inquinato da minutissimi granuli, subsferici, rotondeggianti e molto rifrangenti la luce, ma incolori affatto e che a luce riflessa non si mo- strano bianchi. Invece, il tessuto adiposo periferico, cioè compreso fra il peritoneo e l’ipoderma, pur corrispondendo nelle altre particolarità a quello s0- pradescritto, si vede essere tutto fittamente riempito da granuli minuti assai, rotondeggianti, rifrangenti la luce, ma di color bruno ed a luce riflessa candidi. Questi sono adunque granuli di concrezioni uriche e le cellule ne sono così ripiene che anche i nuclei non si scorgono più ed è molto se i vacuoli restano liberi. Ninfa matura (fig. 92). Della ninfa matura, la quale è anche mag” giormente cresciuta di dimensioni (1) io non dirò del tessuto adiposo, da poi che esso non sembra molto variare da quel che è nello stato pre cedentemente descritto, nè di altri organi dirò, mentre basta la figura x mostrare la fabrica di molti dei principali, ma accennerò ad aleune modi- ficazioni importanti del tubo digerente. anto al grasso infatti, non veggo differenza che in ciò che le cellule contenute nel peritoneo e comprese tra questo ed il mesenteron, come anche altrove, sono riunite in grandi masse rotondeggianti. (1) Questi aumenti appariscono bene dalle figure che sono tutte egualmente in- grandite. Al solito, non potendo fare le figg. 89, 90 troppo piccole, sono venute grandi la 92 e 93. ANTONIO BERLESE 325 Quanto al grasso urico periferico io non veggo diversità da ciò che ho detto della precedente forma. Big “# send ke; Muyrmileon gi Sezione pra fig. antecede gipo la ezzo pci tale; ubi tini della faringe; shoc: delle salivari; Zi labbro inferiore; si pilive abile; am nea: Li ati m muscoli indiretti delle ali; » rocesso mt processo metasternale; /, II, sara cata delle tre A Pi # (che non n dovrebb ero apparire nella sezione ma la figura mostra, non una fetta, ma*la metà destra della sa I muscoli indi- retti delle ali sono molto aumentati di volume e sono quali si conserveranno nel- l’adulto. I gangli toracici sono di molto aumen- tati in volume e di assai superano in grossezza gli addo- minali. Il 4° e 5°, fusi assieme, formano una grossa ed unica sfe- ra, risiedente al con- fine tra il mesoster- no ed il metasterno, subito dietro il pro- mesosternale grande e biforcuto. Ma nel tubo di- gerente, in primo luo- go l’esofago, lunghis- simo e cilindrico at- traverso a tutto il to- race, appena oltre- passato questo, nella base dell'addome si vede dilatarsi in una ingluvie, che così raggrinzita è tutta complicata di pieghe in tutti i sensi e si vede che, dilatanAo- si, dovrebbe occupare molto spazio. Essa, per ora, Nella ninfa, riempie tutto lo spazio circoscritto dal 1° e 2° annelli ad Di dominali e da parte del terzo. 326 Intanto si vede che anche il lungo esofago può essere dilatabile pur essendo cilindrico, mostra nel suo mezzo delle lunghe assai perchè, FENOMENI NELLA NINFOSI pliche Intiagodivait, e ciò specialmente nel meso e metatorace. Dopo questa ingluvie, così chiusa e raggrinizita, viene uno speciale apparecchio valvolare (+p), il quale corrisponde a non molto diversi or- gani veduti già nelle formiche ed altri imenotteri ed anche al ventriglio degli ortotteri veri. Certo si è che questo apparato valvolare, 93 A Capo ce e primi annelli dell’. addome per soin del* ua mileon dig icalyna. La fig. messa O per mostrare, siete grani mela ‘a naturale , le rti che line ingrandite, cioè il capo ete. ssendo “a latazione anteriore dell’esofa nel suo complesso, simula un’imbuto, svasato verso l’ingluvie, e ristretto verso il mesenteron, e risulta composto da un involucro esterio- re, come proseguimento di quello proprio dell’ ingluvie, al quale sono addossati, in- ternamente, sei pezzi conici, più larghi an- teriormente, acuti all’indietro, chitinosi e tutti ricoperti di minutissime e fitte spinette, dirette all’ indietro. esti sei pezzi sono disposti l'uno ae- canto all’ altro e formano la superficie in- terna dell’imbuto. Segue il mesenteron, ovale, ampio, le cui pareti, ora, sono molto spesse e l’epitelio si compone di cellule alte, ricche di conte- nuto. Il mesenteron si prolunga fino al quarto posteriore dell’addome dove è aperto nel piloro e contiene tuttavia quell’ ammasso di sostanza eseretiva larvale, che sempre rimane in tutte l'età di questo insetto, fuor- chè nell’adulto libero da tempo. Adulto (figg. 93, 94). Disegno la sola parte dell’ estremo addome ed un’abbozzo del capo, torace e primi due anelli addo- sc e ciò perchè l’adulto tutto è tropp® gran e, in proporzione alle sue ninfe, Di collo stesso ingrandimento, oceu- perebbe troppo spazio. Del resto gli organi tutti si vedono bene nella ninfa matura s0- pradisegnata e per questo adulto bastava far vedere come sta l’adipe nell’ estremo ad- dome e la dilatazione esofagea nella parte anteriore del corpo. Cominciando a dire del tubo digerente, avverto che l’esofago e l'in ANTONIO BERLESE 327 gluvie si veggono tutti enormemente distesi e ripieni d’aria. L’ adulto appena uscito dalla spoglia di ninfa non solo allunga le sue ali, ma provvede anche ad ingerire molta aria, mediante la quale soltanto esso dà la forma e dimensione voluta al suo corpo. In altri insetti sono i sacchi aerei dipendenti dalle trachee che ciò fanno, ma qui, nel Mormi- gu sbocco dei genitali; Y vaso. caleone, nelle CrAysopa ete. è aria ingerita nell’esofago e nell’ingluvie. Di aria ingerita io vidi esempi in molti insetti, ad es. le cimici domestiche, se di- giune hanno sempre molta aria nel tubo digerente; così ho già detto nell’anatomia, del Gryllus campestris, oltre venti anni fa, che l’ingluvie contiene sempre molta aria, tanto che i muscoli adduttori delle man- dibole non hanno trachee sulla faccia interna di dove passa l’esofago, ma giammai ho veduto una così grande quantità di aria in- gerita e presente nel tubo digestivo, tanto, che forma essa il maggior volume del corpo. À 5 io faccio vedere un adulto di Crhysopa, nato di recente, nel quale ancora i depositi escretivi larvali sono nel corpo : però nel retto anzichè nel mesenteron, ma esso fa vedere come e quanto d’aria 1’ in- setto ha già ingoiato, dilatando così enor- memente l’esofago e l’ingluvie, in modo da formare una grandissima bolla ovale, allun- gata dall’estremo capo all’apice dell'addome. Perciò questi insetti sono leggierissimi. Nel Formiealeone adulto, da me sezio- nato, e di cui mostro l’estremo addome (fig. 94) si vede che la parte posteriore dell’ ingluvie (Za) è tuttavia raggrinzita, nè ancora si è distesa coll’aiuto dell’aria. L’im- buto (ve) ed il mesenteron (4) non sono spostati in basso; ma ciò avverrà allor- quando anche questa ingluvie sarà dilatata a dovere rec) Invece, nella parte anteriore dot corpo, l’esofago fa ormai due grandi cavità (fig. 93, i) ed è quindi dilatato al massimo grado. Probabilmente in questo primo tempo anche il protorace è così lar- | g0 come io ho disegnato nella Chrysopa e nel Formicaleone, poichè l’eso- 328 fago si riempie tutto d’aria, NELLA NINFOSI FENOMENI più tardi il protorace si restringerà nuo- vamente al consueto modo. ; Si vede inoltre che il mesenteron (M) è ormai vuoto degli esere- Fig. 95 sen sp. adulto. Sezi sagittale per mo- pren si dilatazione(aerea) dell’ingluvie Cc capo; P protorace ; M mesotorace: Mt meta lo race; A addome; v valvola riore; pi dilatazione poste- riore dell’ingluvie; n cate- na nervosa. menti larvali e quindi si mostra come un cilin- dro a pareti molto grinzose ed alte. Il retto invece (/p) è ampio, sacciforme, a pareti esili assai. Anche in questo stadio è molto bene visibile il peritoneo (p), sia alla sua origine nell’estremo retto quanto più innanzi. Per ciò che riguarda il tessuto adiposo, io veggo che gli elementi cellulari, poliedrici affatto e con piccole dimensioni, minori che non nelle ninfe, occupano i vani fra gli organi, mante- nendosi a contatto fra loro. Però essi sono assai poveri di contenuto, tanto che le cellule sembrano vuote, certo non contengono assolutamente più globuli albuminoidi (9). Ma quelle cellule adipose che stanno subito sot- to dell’ipoderma, tra questo ed il peritoneo (9v),seb- bene formino uno strato non troppo alto, pure sono molto scure, a luce rifratta e candidissime a luce ri- flessa, perchè inquinatissime di prodotti urici, non meno di quanto si è veduto nelle larve e nelle ninfe. Riassumendo brevemente le osservazioni re- lative a questa specie e che si riferiscono al tes- suto adiposo, dirò quanto segue. 1.° Due maniere di cellule adipose si han- no, in riguardo al contenuto loro. Le periferiche, esterne al peritoneo, sono cari- che di prodotti urici, i quali mancano o sono searsis- simi nel grasso compreso entro il peritoneo stesso. 2.° Le larve, anche abbastanza giovani, contengono già depositi albuminoidi nel grasso ; in forma di minutissimi granuli subsferici. 3.° Questi depositi sono tutti esauriti nella ‘vita ninfale, ma non sono tolti via, invece, i pro- dotti urici, neppure nell’adulto (schiuso di recente). 4.° Le cellule adipose variano di poco, all’ infuori del contenuto loro, da larva ad adulto. IA af ANTONIO BERLESE 329 o Limnophila (è) Ho voluto ancora considerare un esempio dei Neurotteri acquatici e mi sono procurato, non senza pena, molte larve di un Friganide, che io credo appartenere al genere Limmnophila. Dico eredo e ciò per l'aspetto del follicolo larvale, poichè gli adulti non li vidi. Infatti, avendo la- sciato tre ninfe perchè mi si sviluppassero, queste, a lor tempo, diedero tre adulti, tutti nello stesso giorno, ma se ne fuggirono dall’acquario, nè mi fu più possibile di rinvenirli, talehè non conosco la specie con precisione. Però non credo di andare lungi dal vero coll’aserivere la forma da me veduta al genere Limmnophila e forse sarà la più comune L. fava. Ma l'esame degli organi interni, che sono semplicissimi (due grandi salivari a tubulo convoluto e che rappresentano due veri seriterii, un tubo digerente, tutto cilindrico, senza convoluzioni nell’ intestino, come nei Lepidotteri ete.) mi dimostrò che il tessuto adiposo assai si accosta a quello dei lepidotteri. Ho veduto la larva matura. Quivi le falde adi- pose sono larghe, estese e composte di cellule (fig. 161, tav. X), le quali hanno un citoplasma disposto a reticolo molto rado, nel quale si pos- sono seorgere, colla massima difficoltà, dei minutissimi granuli, molto radi, ed appena percettibili , che io eredo essere 1’ inizio della deposi- zione albuminoide. Le cellule misurano in media da 50 a 70 u. e sono poligonali per compressione. o nucleo è rotondo, con cromatina a nastro e misura da 9 a 10 mn. di diametro. Ninfa. In una ninfa quasi matura rilevo che le cellule adipose sono piene stipate di grossi granuli albuminoidi, affatto incolori, ovali o ro- tondeggianti o quasi poliedrici. Questo deposito è abbondantissimo. Le cellule sono separate l’una dall’ altra, ormai libere e quindi assumono forma rotondeggiante. Il nueleo, per la pressione delle deposizioni nel citoplasma, non è più rotondo, ma angoloso. Adunque, in questa specie, la quale è buona sericipara, la deposizione degli albuminoidi è molto tardiva e avviene solo all’inizio della ninfosi. Conclusioni relative ai Neurotteri, Per i Neurotteri concludo : 1.° Le cose sono molto diverse per i Neurotteri terrestri in con- fronto nu acquatici. I Neurotteri terrestri, essendo carnivori e predatori, hanno deposito di albumine molto precocemente nel tessuto adiposo. 330 FENOMENI NELLA NINFOSI 3.° Gli stessi, avendo chiuso il piloro fino nell'adulto e non agen- do i loro malpighiani come organi escretivi, hanno abbondanti depositi urici nel grasso, specialmente nelle masse distali. 4.° Le stesse condizioni di cose si conservano per tutta la vita ninfale, come erano nella seconda metà della larvale. 5.° Pei Neurotteri acquatici il tessuto adiposo sembra ricordare assai va dei Lepidotteri. ° In questi non esistono depositi urici, nè diversità fra il grasso REI o distale. T.° I nuelei sono sempre rotondi per tutta la vita dell’ insetto e ciò tanto nei primi che nei secondi Neurotteri. CONCLUSIONI RELATIVE AL TESSUTO ADIPOSO. È primo il Viallanes a riconoscere la presenza di granuli speciali entro il tessuto adiposo della ninfa di Calliphora ed ancora le peculiari modificazioni a cui vanno soggetti i grannli stessi, per i quali conclude finalmente che si tratta di elementi cellulari figliati dalla cellula adi- posa medesima. Il Rees ed il Koei fanno intervenire i leucociti nella distri zione del tessuto adiposo. Anzi il primo fa nascere i leucociti nell’ in- | terno della cellula adiposa, considerando per tali i granuli già veduti dal Viallanes, mentre il secondo si limita a ritenere che i leucociti pe- netrino dal di fuori. Nella mia nota preventiva (1898) io fui il primo ad affermare che quei tali granuli null’altro erano senonehè globuli di sostanza albumi- noide depositati nelle cellule quali riserve di sostanza nutritiva, che avrebbe trovato impiego nella ninfa e che le parti interne loro tingibi- li non erano nuclei, ma centri di alterazione verso la peptonizzazione. Questi centri ho chiamato più tardi pseudonuelei. Ormai, dopo anche quanto I Henneguy ed il Supino hanno ricono- sciuto, sembra che su ciò non sia più chi accampi dubbio e certamente i pretesi fagociti, nati entro le cellule o venutivi dal di fuori, non pos sono essere più creduti per tali. i Ma questi granuli di che natura sono essi ? Secondo il Terre ed il Perez essi sarebbero gocciole di sostanza grassa, ma le più facili rendko ni chimiche e la loro insolubilità nei solventi dei grassi dimostrano che hanno altra natura. Tutte le ninfe, di tutti gli insetti metabolici hanno sempre, in modo più 0 meno vistoso, le cellule del tessuto adiposo occupate da tali granuli 0 è RT nette = | 7 n ANTONIO BERLESE SIl gocciole, rotondeggianti, molto rifrangenti la luce, di varia grandezza ma non grandissime, di colore vario, dal bianco al giallastro, insolubili nei solventi del grasso. Talora anche le larve, più o meno discoste dalla ninfosi, hanno egual- mente oceupato il tessuto adiposo. Le larve giovani o giovanissime non presentano tali gocciole nel tessuto adiposo, eccettuate le Formiche e forse altri insetti. Nel mag- gior numero di casi il tessuto adiposo delle Reni giovani contiene solo gocciole di grasso. Per quanto anche recentemente il Terre, il Perez e 1’ Anglas, oltre ad altri più vecchi, affermino per grassa la sostanza componente queste guttule, pure le reazioni chimiche dimostrano ad evidenza che tali in- elusioni sono di natura albuminoide e corrispondono esattamente alle inclusioni analoghe, comuni nelle cellule della ghiandola del mesenteron nella maggior parte dagli Aracnidi. Studiandole quivi, nella loro ori- gine e perciò che ne avviene di poi, si può avere esatto concetto della condizione di quelle analoghe nel grasso degli insetti. È preferibile stu- diare bene così fatte inclusioni negli Aracnidi, anzichè, di prima mano, negli insetti, poichè nei primi sono spesso maggiori, ma certo le vicen- de loro sono meglio percettibili, inquantochè la digestione intracellulare nelle dette cellule degli Aracnidi è completa, mentre in molti insetti, nelle cellule adipose non vi ha digestione vera e propria di albuminoidi od essa è sempre alquanto meno évidente. Negli Araenidi si vedono i diverticoli del mesenteron ripieni di un liquido coagulabile, e ciò, ben inteso, quando il cibo è stato assunto da poco tempo. Ora, questa sostanza, che può essere considerata come de- rivante dal sangue sueciato dalle vittime, non è elaborata e quindi riesce insolubile nell’acqua. Come tale passa nelle cellule del mesenteron e si vede diffusa sotto la loro membrana nella superficie libera. Vi ha chi ha dubitato di questo passaggio. Io ho poi dimostrato la vanità di que- sto dubbio, per cui si mette in forse il principio generale che le cellule sì nutrano per assorbimento e quindi volentieri assumano quello che loro conviene, togliendolo dal liquido ambiente. Del resto più che il ra- gionamento vale 1’ osservazione del fatto e specialmente sezioni prati- cate nel mesenteron di scorpioni mostrano (come io ho disegnato da tempo ) l'ingresso del plasma raccolto nei diverticoli, fino entro alle cellule, attraverso alla parete cellulare. Il liquido adunque si fa strada nella cellula, essendo allo stato di plasma ricco di albumine insolubili, e si trova così diffuso immediata- mente sotto alla membrana cellulare, Scu Sa) a 332 | FENOMENI NELLA NINFOSI Ma subito dopo il liquido assorbito si raccoglie, nel seno della cellula, in gocciole sferiche, e precisamente come ho mostrato per gti Aracnidi (1) e come ho disegnato anche per le mosche. Pel caso degli Aracnidi è evidente anche una tenuissima membra- nella, o sostanza coagulata che sia, superficiale, che circonda la goeciola di albumina ormai fattasi sferica. In principio queste gocciole sono di sostanza poco densa e rifrangono la luce meno di quello che faranno di poi. Ma, in processo di tempo, si veggono avvenire speciali modifi- cazioni nella natura della goeciola raccolta, poichè questa si altera, tendendo a divenire tutta solubile. Io ho già espresso la maniera di questa alterazione , sia a proposito degli Aracnidi, sia a proposito dei Ditteri superiori. Il certo si è che, dopo un tempo più o meno lungo, tutta la gocceiola è divenuta più dales, più giallastra e solubile nel-. l’acqua, da insolubile che era prima. Dipoi, si vedono formarsi, nel suo interno, dei vacuoli centrali, i quali aumentano di grandezza , finchè tutta la gocciola, adagio adagio, si dissolve e scompare. Negli Aracnidi è evidente che l’alterazione delle goeciole albuminoidi dipende da uno speciale liquido assai bruno o nerastro, che in piccole goceiole è sparso nella cellula, fra i depositi di albumina. Il liquido è lo stesso che nel mesenteron degli insetti e nella ghiandola speciale dei crostacei, ma quivi fuoriesce, invece, dalle cellule dell’epitelio ed elabora la sostanza ingerita nel lume dell’intestino, secondo la più co- mune forma di digestione. Il liquido può essere raceolto in tale quantità da poterne studiare le sue attività e la natura chimica. Ciò del resto, per i crostacei, è stato fatto dall’Hoppe Seyler e per gli Aracnidi dal Pla- teau, mentre parecchi altri, fra i quali egregiamente il Verson , lo hanno studiato negli insetti. È noto che si considera tale sostanza come un succo tT° con attività sulle albumine e sui grassi, se non sugli ami due in piccola quantità e nell’ interno delle cellule, questo enzi- ma può essere agevolmente riconosciuto ai suoi caratteri. Si presenta in goccioline perfettamente sferiche, minute, densissime, e negli Araceni- di specialmente, di color bruno di oliva matura, di guisa che queste gocciole assai bene spiccano e si scorgono. Trattandosi di una sostanza albuminoide , essa eoagula coi fissativi ordinarii e quindi anche nelle sezioni si Ho le dette gocciole, per quanto meno spiccatamente che sul fresco, poichè quivi sono assai più brune. Il rimanente del con- tenuto della cellula è incoloro od assai meno tinto, quindi le goccioline di enzima sono spiccatissime. (!) Riv. Patolog. veget. anno VII, N. 5-8. ANTONIO BERLESE 333 Queste guttule non si tingono quasi, 0 poco coll’emallume, ma di- ventano invece assai nere col metodo Heidenhain. Anzi, così intensa- Es mente si colorano e tanto volentieri trattengono la tinta, che, seoloran- Deb do assai i preparati, si giunge a togliere il colore alla cromatina nel nucleo , di guisa che solo rimanga colorato nella cellula il liquido fer- mentizio, il quale scolora assai dopo la cromatina stessa. Col metodo Biondi ed altri mezzi di colorazione doppia, la eroma- tina, al solito, acquista tinta verde, ma queste gocciole riescono viva- | cemente rosse. Ora nel nueleo di queste cellule digerenti, come di quel- le adipose dei ditteri superiori, come in quelle del mesenteron degli Araenidi, sta sempre un nucleolo, più o meno voluminoso e di forma aria, il quale ha le stesse apparenze di colore e le stesse reazioni sp delle gocciole esterne. Non è possibile dubitare che questa paranu- Fo cleima rappresenti alcunchè di diverso dalle gocciole di enzima che E stanno fuori del nueleo , tanto più che alle volte sembra di vedere il passaggio di parte della grossa gocciola contenuta nel nucleo , attra- verso alla membrana nueleare, fino nel citoplasma. Perciò, quando io ho ritenuto possibile che gli enzimi procedano dal nucleo, io mi sono attenuto a questa ipotesi, in riguardo alle consi- 3 È derazioni anzidette, e quando altri ha dubitato della mia ipotesi, ciò ha fatto, non in vista di alcun fatto specifico, ma in seguito alla gene- rale considerazione che la dimostrazione di così minute e delicate affi- nità è cosa ardua per ora, in attesa di una microchimica più resolutiva. Ora io non nego che in avvenire si possa avere più sieura prova del come stanno le cose in questo argomento, ma affermo ancora che molti più fatti inelinano la bilancia in favore della mia ipotesi, che non ve ne abbia pel dubbio, mentre io sarei disposto a credere che mai ve ne sarà abbastanza o così forti per toglierle ogni verisimiglianza. Quanto poi alla dimostrabilità delle cose in genere, per quanto sia questione di relatività, è certo che niuna è dimostrabile sicuramente, neppure questa mia affermazione e che all’ infuori di quegli assiomi e teoremi di matematica pura, ai quali la nostra mente, solo perchè limi- tata, si acquieta, pel rimanente delle nostre certezze la fede e Vintuito hanno sempre una buona parte. Adunque , nelle cellule digerenti debbono contenersi e si conten- gono le seguenti inclusioni. 1° sostanza da elaborarsi (insolubile): 2° sostanza elaborata (solubile) : 3° enzimi, ossia gocciole di sostanza elaborante (succhi digerenti, solubili). ; 4° residui urici. 334 FENOMENI NELLA NINFOSI Eeco perchè nei leucociti (fagociti), dove mai si troverà l’ultima di queste sostanze e con grande dubbio la "prima, non è eredibile che avvenga digestione di sorta. Vediamo ora come da insolubile la sostanza diventi solubile e quello che ne rimanga. In qual modo avvenga il contatto e l’intima mescolanza della goc- ciola fermentizia colla albumina insolubile io ho potuto precisare, a proposito delle funzioni della digestione negli Acari (1) e quivi ho dimostrato la presenza delle guttule di enzima nell’interno dei globuli albuminoidi e ciò ho veduto bene nell’esame a fresco, per qnanto io mi sia meravigliato anche altra volta che la trasformazione ineominci dal centro della gocciola di albumina insolubile. Adunque il liquido fer- mentizio deve traversare e traversa infatti tutto il globulo da elaborarsi, per quanto esso sia ben denso. Il certo è che la alterazione incomincia dal centro della sfera di albumina e si può dire che sostanza fermentizia ed albumina si fondo- no insieme, dando origine ad una massa di sostanza giallastra, più chia- ra del colore del liquido elaborante, ma sulla stessa scala a puntino € questa alterazione si diffonde e pervade tutta la sfera, prima insolubile ed incolora, trasformandola in sostanza solubile, con quei caratteri che sopra ho indicato. Adagio adagio, la sfera di sostanza ormai peptonizzata si vacuolizza e. si disfà, ma non senza lasciare un residuo di sostanza urica, sia essa guanina o qualche urato, nel secondo caso in forma di concrezione è zone concentriche. Come intta questa trasformazione avvenga nella sua ragione chimica io non so dire e non credo che lo sappia altri agev ol- mente, poichè questa chimica di queste sostanze è, come ognuno 54, intricatissima anche ai più dotti specialisti. Per me io mi contento di affermare, col Bernard e col Bertkau quanto segue : « La sostanza albuminoide insolubile e di recente assorbita dalle cel- lule digerenti si mescola ad un enzima, da considerarsi quale un succo analogo a quello pancreatico od a quello delle ghiandole del Galeati. Ne risulta un peptone solubile, il quale si discioglie veramente a poco a poco e fuoriesce dalla cellula digestiva, ma da questa trasformazione si ottiene un residuo urico solido o liquido che 0 rimane nella cellula 0 viene espul so più tardi ». Questo residuo urico deve essere parte della guttula di peptone ed in essa trovarsi disciolto, poichè si trova anche nelle cellule non digerenti, ma che immagazzinano sostanza elaborata già, venuta dal- (1) Rivista di Patologia Vegetale, Anno V, N. 5-8, pag. 163, i È DI p ANTONIO BERLESE 3835 l'intestino. Ciò è ad es. nei Coleotteri da me veduti, quindi o esso preesisteva nella sostanza albuminoide prima della sua digestione e ciò può essere benissimo, oppure esso è un prodotto della digestione medesima. Per quello ehe ne vuole la chimica bisognerebbe forzata- mente riportarsi alla prima condizione e non sarebbe difticile adattar- visi quando si trattasse di forme carnivore, per le quali si può age- volmente credere che il succo esaurito dalle vittime, possa, essendo plasma circolante, contenere prodotti escretivi. Ma per le forme vege- tariane ciò non è supponibile : eppure il classico esempio della Pieris, nella quale le cellule adipose si arriechiscono cotanto di prodotti urici derivati dalla digestione della sostanza stravasata dal mesenteron , fa inclinare alla seconda ipotesi. Ma su questa questione, che ne importa una di chimica ardua e de- licata io non posso oltre insistere. Mi limito alla comunicazione del fatto già messa innanzi, sulla quale insisto di proposito e categoricamente. Nelle cellule digerenti del mesenteron negli Aracnidi io ho trovato tutti questi contenuti tipicamente rappresentati e finalmente i residui urici solidi, come ho dimostrato. Ma per le cellule del tessuto adiposo larvale ho notato che solo quelle dei Ditteri superiori sono evidente- mente digerenti, quindi vi si debbono rinvenire le due maniere di so- stanze segnate col num. 1 e 2, ed ancora quelle col n. 3 che sono gli enzimi, ma i prodotti residuali della digestione debbono essere fluidi , perchè giammai io ho potuto riconoscerli. Invece, nella maggior parte degli altri insetti, nei quali certo l’ope- ra di digestione intracellulare da parte del grasso o viene meno od è meno facile a riconoscersi, si trovano i peptoni ed i residui urici da essi abbandonati nel disciogliersi. Talora si rinvengono solo questi ultimi. Per questo può essere nata confusione da parte degli anatomici, che rinvenendo prodotti urici nel grasso di animali diversi considerano questo tessuto come sede di spe- ciali funzioni, le quali dovrebbero avere per effetto o la pulizia del san- gue, funzione quindi renale, o di deposito dei prodotti da espellersi. Può bene essere che si tratti invece di tutt'altra funzione, nel senso indicato di sopra. Quanto ho detto della differenza fra il contenuto delle cellule adi- pose dei ditteri superiori e quello degli altri insetti spiegherà perchè in questi ultimi le sferule o guttule contenute nelle cellule adipose stes- se non mostrino pseudonuclei, poichè questi rappresentano parti di sfe- rula d’albumina in via di peptonizzarsi, mentre negli altri insetti le sferule sono di sostanza ormai elaborata. Ecco perchè se prima di met- tere in piedi una così vistosa teoria fagocitica, a proposito della ninfosi, * 336 FENOMENI NELLA NINFOSI gli autori avessero veduto più in là della Calliphora e dei muscidi, ora non si dovrebbero lamentare quindici anni di ritardo nel progresso delle nostre cognizioni in proposito a questi fenomeni. In particolare fatto presentano i soli ditteri superiori, più che altro muscidi, fra gli insetti da me veduti, ed è quello di avere, l'adulto, un suo speciale tessuto adiposo, che non deriva da quello della larva e non li somiglia per nulla, ma è di origine ninfale. Diversità grandissime intercedono fra il tessuto adiposo dell’adulto e. quello della larva. Nel primo caso le cellule sono per lo più multi- nucleate, più piccole e con citoplasma, almeno in parte, denso ed omo- geneo, occupato però da grandi vacuoli in cui sta il grasso. Altre volte la reticolazione è più minuta ed uniforme. uesto tessuto adiposo è abbondante nell’ estremo addome, scarso altrove. Si può vedere bene in mosche già da tempo adulte e prese quando frequentano le sostanze putrescenti per deporvi le uova. Circa all’origine di questo tessuto immaginale , della quale io per primo mi sono occupato, quando altri dicesse che vi è questione io direi che non ve ne ha di sorta, poichè quel che ne è stato seritto di poi recentissimamente, io ho dimostrato, in altro lavoro, profondamente errato (1). pi de È fuori di dubbio che le colonnette del nuovo tessuto grasso si ori- ginano, nella fine dello stadio ninfale, da sferule di granuli, le quali con- tengono un nueleo muscolare larvale. Ciò è assodato nel modo più certo. Ora può cadere discussione se l’elemento attivo nella sferula di granuli fertile sia il nucleo muscolare o quello del fagocito che regge la sfe- rula stessa. Particolare cura ho posto adunque a questa questione ed ho dovuto convincermi, anche in seguito a nuove ricerche e nuove preparazioni, che realmente 1’ elemento fecondo è il nucleo muscolare larvale. Io ho trattato diffusamente questa questione ed ora riassumerò bre- vemente le mie conclusioni così: Dalla dissoluzione dei muscoli toracici e cefalici della larva pro- vengono, nei primi giorni dello stadio ninfale, molte sferule di granuli, come io le ho chiamate, cioè ammassi di frammenti muscolari 0 sarco- liti che si vogliano dire, conglobati o meno con un nueleo muscolare, da un leucocito; le prime chiamo carioliti e le seconde sarcocitoliti. ra la massima parte dei carioliti derivati dalla distruzione dei detti muscoli e così pure i nuclei muscolari larvali sono tutti impiegati (1) Intorno alle modificazioni di alcuni tessuti durante la ninfosi della Calliphora erythrocephala (Boll. Soc. Entom. ital, anno XXXII, 1900, p. 253-288) de e | SEMI UE HAGEN, E RETE O RE ESTATE 1 ARIUE, ARDO, alla costruzione dei muscoli immaginali toracici e cefalici. Per ques opera, il nucleo muscolare, assunti ormai caratteri e dignità di da moltiplica per divisione diretta e dà origine ad elementi minori, roton- di, assieme riuniti il più spesso tuttavia entro la membrana dell’ ele- mento madre e che io ho chiamato sarcociti e che poi allungano in miociti.. Nelle mosche, compiuti ormai i muscoli dell’adulto, entrano in dis- soluzione nella ninfa i muscoli larvali obliqui dell’ addome (1), dando origine a gran numero di sferule di granuli, particolarmente di quelle che si classificarono per carioliti. Ora, aleuni di questi determinano subito Ia formazione dei muscoli addominali (2) dell’ immagine, che sono composti di poche fibre e secondo il solito modo. È da attribuirsi a queste formazioni quella figura e quelle considerazioni ehe in una re- cente memoria sull’ argomento il Supino ha scambiato per colonnette adipose primitive, come io credo di aver dimostrato in altra memoria. Rimangono però ancora per un giorno o due, nell’addome, partico- larmente nell’ estremità posteriore, molti carsoliti intercalati al grasso larvale e questi non possono ormai più avere impiego muscolare, es- sendo già i muscoli immaginali tutti formati. Però i nuelei museolari del eariolito iniziano la loro moltiplicazione alla stessa guisa di quello che per lo innanzi si è veduto e danno origine ad elementi secondarii. Questi però, anziehè raggiungere la forma e 1’ ufficio di veri mvociti, ingrossano, si arrotondano e, col tempo, il loro citoplasma si vacnolizza in parte e nei vacuoli si deposita del grasso, mentre il nucleo molti- plica, senza però che la cellula si suddivida in un corrispondente nu- mero di elementi. Si potrebbe adunque dire che questa è una degene- razione adiposa di un elemento muscolare durante la sua formazione. Perciò il nuovo tessuto adiposo è molto diverso da quello larvale. Può essere dubitato che gli elementi della colonnetta derivino invece dalla proliferazione del nucleo dell’ amebocita che regge la sferula di granuli. Questa sarebbe dubitazione molto più razionale di quella già combattuta per lo innanzi, poichè in questo caso almeno non si urte- rebbe contro la sicura osservazione che le colonnette adipose derivano dalle sferule di granuli. Contuttociò vi sono argomenti i quali mostrano che non al nueleo del fagocita ma a quello muscolare deve essere at- tribuita la proliferazione nuova. E Ie n (1) Si st che quelli delle fascie invece si modificano in sito, per via diretta, disfars > pi Più se altro taniche muscolari dei genitali interni ed esterni, del postinte 22 ANTONIO BERLESE 337 338 FENOMENI NELLA NINFOSI Infatti, sia nel caso di formazione di miociti, quanto in quello di formazione di una colonnetta adiposa, sempre si vede il nucleo musco- lare larvale egualmente dare origine ad elementi secondarii. Inoltre, il caso di nuclei muscolari isolati affatto e certamente non accompagnati da leucocita, i quali egualmente, a loro tempo, moltiplicano, dando ori- gine alla colonnetta adiposa è fuori di dubbio e facile ad essere osser- vato. Molte altre considerazioni potrei riportare, ma le tralascio per revità. ediamo ora quale significato funzionale si deve dare alle inclusio- ni albuminoidi delle cellule adipose larvali durante il periodo di ninfa. Ho detto che esse si trovano sempre nelle ninfe. Io non vidi mai ninfa alcuna di insetto metabolico quale si voglia il cui tessuto adiposo non fosse più o meno oecupato, nell’ interno delle cellule, da un ricco deposito di cosifatte inclusioni albuminoidi. Bensì, talora (come nei Dit- teri superiori) può mancare, invece, il grasso vero. Non vi ha dubbio ché le dette guttule albuminoidi si trovano nelle cellule adipose venutevi in due diversi modi. Talora esse sono deposi- tate durante molto tempo della vita larvale, tal’ altra esse non com- paiono che nei momenti estremi del periodo di larva. Va da se che per ciascuna specie il momento in cui si inizia la deposizione è costante, ma esso varia notevolmente tra una specie € l’altra, anche se queste non sieno fra loro troppo discoste nella scala. In questi casi, le guttule ineluse dipendono da sostanze elaborate dal- l’intestino. Nella seconda maniera invece, le inclusioni derivano, per la mas- sima parte, da sostanza che se ne viene dallo sfacelo degli organi lar- vali. In questo caso ciò è soltanto nelle ninfe, come bene si comprende. Ora, nelle mosche ad es., non è difficile riconoscere entro le cellule adipose la diversa origine delle guttule albuminoidi che insieme vi si trovano, considerandone la diversa struttura. Infatti, mentre le prime, quelle originate dall’ultima grande ingestione di cibo, essendo derivate dal chilo, il quale fissato mostra una tenaissima struttura punteggiata, conservano questa struttura o sembrano omogenee affatto, mentre le seconde che provengono dallo sfacelo dei muscoli ossia del plasma mu- scolare, il quale, coagulato, mostra una struttura assai più grossolana- mente punteggiata, si veggono infatti fortemente punteggiate. Ancora, in linea generale, si nota che le forme le quali sono nu- trite allo stato di larva da sostanza assai ricca di albuminoidi, nou immagazzinano questi nel grasso che assai tardi, negli ultimi momenti della vita ninfale, mentre i vegetariani e più quegli insetti che allo stato di larva si nutrono di legno secco cominciano a deporre le so- tg e DA O ai o Ae a I E A aa ata ; 5 ‘ SA E I DI fi a ANTONIO BERLESE 339 stanze albuminoidi nel grasso, molto precocemente, circa a metà del pe- riodo larvale. Più precoci di tutti gli altri insetti ho veduto essere le larve di Formiche, le quali, quasi dalla nascita, cominciano ad imma- gazzinare albuminoidi nel grasso. Invece , il baco da seta, mi si è mostrato, con mia meraviglia, molto tardivo a così fatto lavoro, poichè il grasso non racchiude gut- tule albuminoidi che nell’ultimo momento di vita larvale, precisamente uando, dopo alcuni giorni di bozzolo, la ninfa è già definita entro l’in- volucro della larva. Sempre fra i Lepidotteri, la /yponomeuta del Melo, da me studiata, ha già depositato gocciole albuminoidi nell’ultimo periodo larvale, prima di filare il rado bozzolo e la Pieris assai prima, circa a mezzo dello DE stato di larva. ut Si potrebbe spiegare ciò pensando che questa seala è in ragione 4 inversa della facoltà sericipara, dicendo quindi che la deposizione di F albuminoidi nel grasso della larva è tanto più tardiva, quanto maggiore è la quantità di seta che l’insetto deve approntare per farsi il bozzolo. Non è strano il pensare che anche la seta è una sostanza proteica e quindi prima a questa si provvede nella economia della larva, di poi al deposito di albuminoidi nel grasso. Anche le larve di Tentredinei, almeno quelle che io ho potuto ve- dere (Zylotoma, Calliroa, Eriocampa), che filano bozzoli vistosi, si com- portano, quanto al tempo della deposizione degli albuminoidi, come il baco da seta E così pure le larve di Friganee ete. Si comprende poi che gli insetti carnivori possono attendere l’estre- ma grande ingestione di cibo durante il periodo larvale per preparare il deposito di sostanze albuminoidi, poichè ne hanno a dovizia, ma quegli insetti che allo stato di larva si nutrono di vegetali o di legno Secco, molto per tempo debbono iniziare questa deposizione, essendo opera lunga l’ammassare tanta sostanza albuminoide che basti alla for- mazione degli organi dell’ adulto. Anche il cibo delle larve di formica non sembra dover essere molto ricco di albuminoidi, od almeno vi deve essere grande consumo di questi, forse pel sollecito svilemipo della larva, se la deposizione è così precoce. Nella ipotesi più attraente, il cibo ap- prestato dagli adulti alle larve è assai bene composto di albuminoidi, grassi ed amidi o zuccheri, senza eccedenza inutile degli uni sugli altri, per cui tutto è subito utilizzato, mentre altri insetti, che assumono cibo ad es. vegetariano non prima modificato altrimenti, debbono gettar via molta sostanza zuccherina eccessiva ed anche grassa per scevrare è trattenere gli albuminoidi necessari al momento ed ai depositi, Non 340 FENOMENI NELLA NINFOSI ho veduto formiche formanti il bozzolo e quindi sarebbe utile ricercare sé in queste gli albuminoidi si depositano tardivamente nel grasso, comin- ciando intanto a formarsi la seta, come avviene delle api e delle vespe. Ciò appoggerebbe la mia ipotesi. noltre un coefficiente grandissimo alle variazioni circa il tempo della deposizione del grasso per ciascuna specie deve trovarsi nelle condizioni di nutrizione possibili a ciascuna forma, per cui una larva, alla quale può facilmente accadere di rimanere molto tempo digiuna, ha sempre dei vistosi depositi albuminoidi nel suo adipe, anche se car- nivora, così suecede dei predatori in genere (larve di Coleotteri, For- micaleone ete Ma è vero anche il fatto inverso che cioè, le larve le quali, pel loro speciale regime di vita hanno precocemente dei depositi albumi- noidi nel grasso, possono sopportare lunghissimi digiuni, come sono ad es. quelle che vivono nel legno secco et Le larve del cerambice che ho dla (Saperda) prese quasi ma- ture mi sono vissute ben quattro mesi senza cibo di sorta, e dopo questo tempo incrisalidarono , dando però origine ad una ninfa molto piccola, che poi si schiuse in adulto. Eppure non avevano cessato un- minuto dal contorcersi, durante il lungo digiuno, con che il dispendio deve essere stato assai più notevole dell’ ordinario. Larve di Sitodrepa panicea, ormai quasi mature, viventi nelle fave secche, levate di là @ tenute in sabbia sterile e priva di sostanza organica, oppure in amido purissimo, umettato, vissero due mesi circa e quindi inerisalidarono nello stesso tempo. Il divario notevole però, che decorre tra i predatori e queste ultime larve consiste in ciò che i primi impiegano pochi giorni a compiere lo. stato di larva, se hanno cibo abbastanza e le seconde invece non oceu- pano mai un tempo breve, ma alcune perfino due o tre anni o più. Tenuto conto di questo modo di vedere si può avere spiegazione di molti fatti riguardanti queste curiose e diverse longevità larvali, re- sistenze al digiuno ete. e ciò è gradevole. Le larve più fortunate sono EA quelle che vivono di continuo entro sostanze albuminoidi © anno a dovizia. Queste larve non hanno d’uopo di preparare per iaipo depositi albuminoidi, possono attendere l’ultima grande ingestio- ne di cibo e nello stesso tempo hanno uno sviluppo straordinariamente rapido, come ad es. avviene per le mosche sarcofaghe. Però esse non possono resistere lungamente al digiuno. Si può delineare nel seguente modo una specie di scala di taluni insetti, riferibile alla precocità della deposizione di albuminoidi nel grasso, durante il periodo larvale : -ANTONIO BERLESE + 383 1. Deposizione di albuminoidi quasi dalla nascita (Formiche) (1). 2. Deposizione poco dopo la nascita, a metà circa dello svilàppo della larva (Predatori: Coleotteri vegetariani o fimicoli: Lepidotteri non filanti il bozzolo). 3. Deposizione prossima alla fine della vita larvale, però durante il tempo in cui ancora la larva si nutre (Ditteri vegetariani ; Lepidot- teri filanti scarso bozzolo). 4. Deposizione appena cessata fa nutrizione della larva (Ditteri sarcofagi: Imenotteri parassiti). 5. Deposizione nell’estremo momento della vita larvale (Lepidot- 6 teri filanti ricco bozzolo: Tentredinei : Friganee i E quanto alla rapidità di sviluppo larvale la scala potrebbe essere la seguente : 1. Sarcofagi (Ditteri). i 2. Parassiti, Carnivori, Predatori. 3. Vegetariani a nutrimento fresco (Imen. sociali, Lepidotteri, Coleotteri, Tentredinei, Ditteri). Vegetariani a nutrimento secco, rieco di albuminoidi (Coleot- teri dei cereali etc). 5. Vegetariani a nutrimento secco 0 molto esausto (Xilofagi, fi- micoli ete). Adunque si può dire che questi depositi hanno un duplice scopo. cioè , essi provvedono ai possibili momenti di astinenza della larva e con ciò art a quelli che si formano nelle cellule del mesen- feron degli aracnidi e di alcuni miriapodi, ed inoltre preparano la so0- stanza utile alla formazione degli organi immaginali. In taluni insetti i depositi perdurano anche per alcuni giorni nel- l'adulto, per cui può avvenire che l’adulto stesso abbia in se sufficiente seorta di cibo, per quel tempo che gli è necessario alla sola opera della riproduzione immediata. Può quindi essere che in questo caso l’insetto stesso non abbia accomodati organi digestivi o non ne abbia affatto. Così è di molte forme adulte, le quali però non possono svernare 0 vivere troppo lungamente, poichè questi depositi presto si esauriscono. Quanto alla fine del tessuto adiposo larvale, alcune cose sono qua e.là trapelate, durante il discorso fin qui condotto e questa principal- mente che i fagociti non hanno parte nella fine del tessuto adiposo è non hanno nè la possibilità nè l'inclinazione di condurlo a fine. x ° s; È pre (1) Caso questo aberrante, come ho mostrato e da non tenersi in considerazione, | Fispetto all'ipotesi, perchè il nutrimento dei sociali è affatto particolare. S42 FENOMENI NELLA NINFOSI Del resto anche questo comune desiderio, da parte degli autori, di far finire, durante la ninfosi, il tessuto grasso larvale, pel quale desi- derio, quasi che non bastassero i leucociti minuti sono stati messi in campo ancora quelli più vistosi, che poi sono enociti, cioè tutt’ altra cosa, io non ho mai compreso. Infatti, il solo caso dei ditteri superiori io conosco, per i quali il tessuto adiposo larvale non si conserva per tutta la vita dell’ adulto o non vi è necessario, essendo sostituito da altro tessuto. Ma per tutti gli altri insetti che ho veduto , nè io vidi mai distruggersi il tessuto adiposo larvale, nè so che ve ne sia oppor- tunità, da poi che esso deve trovarsi anche nell'adulto. Quindi sarebbe conveniente, in rapporto alla verità, che fosse meglio regolata, se non soppressa questa inclinazione generale a voler distrutto un tessuto così importante (1). Avendo io scritti e pubblicati più fogli di stampa per dimostrare che i leucociti non hanno alcuna parte nella fine delle cellule adipose dei ditteri più alti, non aggiungerò pure una riga per negare, a mag- gior ragione, consimile intervento per gli altri insetti. Ma per la Callifora, che può essere presa come tipo dei ditteri su- periori, io ho mostrato che il grasso immaginale, coi suoi elementi fissi o liberi, esaurisce quello larvale con cui si trova a contatto. Più presto o più tardi vengono intanto tolti via i granuli albumi- noidi, che sono ormai peptonizzati e può succedere benissimo, special mente come io ho fatto vedere (tig. 38 della memoria prima), per le ninfe derivate da larve poco nutrite, che le guttule elaborate sieno esatt- rite. prima che la cellula contenente abbia perduto della sua vitalità. Allora rimangono in posto le cellule vuote, che io ho disegnato a fig. 31 della detta memoria. Ma nelle ninfe bene nutrite, l'esaurimento della cellula è molto tardivo e coincide colla morte della cellula stessa ed allora si hanno le parvenze disegnate nella nota preventiva e nella fig. 40 della memoria prima. ‘ Ma ciò è limitato ai ditteri superiori ed io eredo di averne afferrata - (1) Alcuni eredono che parte almeno del grasso larvale debba scomparire, Y vedendo più rade le cellule | adipose nell'adulto che nella larva. Vi ha errore in ciò che le cer Jule non sono diminuite di numero, bensì spesso sono scemate di volume per la per dita dei depositi albuminoidi ed inoltre sono distribuite in spazio assai maggiore, poichè spesso l'adulto è di assai più grande della larva e la statura dell’ insetto pren no- Cip e dal Fommisteone, i quali io ho desi è larva ad adulto, pm colo ingrandiment —s- intercalate a mem, II*, appunto per mostrare questo n0- sa aumento di statura dai ii di ke Rit bi RR | LP I 1 5 A e GS DE 2 Sp ANTONIO BERLESE 343 la ragione. Ho avvertito già che in questi specialmente vi ha una vera e propria digestione intracellulare, colla presenza di quello speciale èn- zima che io credo derivare dal nucleo e vi sarebbe rappresentato dalla grossa gocciola centrale o nucleolo, come imprecisatamente si direbbe. Si vede però sempre che la cellula adiposa ed il suo nucleo non sono aggrediti se non si trovano ad essere, non solo morti, ma ancora alterati poichè, come ho già altrove espresso, non vi ha modo di dimo- strare che vengano assunte dai leucociti o da altri dei tessuti, di cui qui si tratta, sostanze non elaborate. evidente però che allorquando la vita è cessata o la vitalità sce- mata nel nucleo e nella cellula adiposa larvale, gli enzimi che vi sono contenuti e che non debbono derivare da vita di sorta la attività loro, sono presenti con questa intatta ed agiscono sul contenuto della cellula, digerendolo. Im altri termini avviene la autodigestione della cellula adi- posa larvale, ormai morta, ed allora soltanto il suo contenuto è avida- mente raccolto ed esaurito dai tessuti o dagli elementi con cui si trova a contatto. Nel nucleo la grossa gocciola di liquido digestivo si me- scola col carioplasma e colla nueleina e ne riesce un liquido omogeneo, sempre tingibilissimo coll’emallume ete., conforme è facile vedere ed io ho disegnato nella memoria preventiva. Questo liquido, cioè sostanza ormai elaborata è esso pure esaurito, attraverso la membrana che lo avvolge tuttavia, dagli elementi liberi o fissi del tessuto adiposo ima- ginale. Si comprende però che tutto ciò avviene solo negli insetti in cui il tessuto grasso è composto di cellule digerenti, cioè ad es. nei ditteri su- periori, mentre in altri insetti, nei quali il tessuto grasso non ha queste attività, nè facoltà elaboranti, questa autodigestione non puo avvenire, tanto meno ancora inquantochè la cellula adiposa non muore. Per quel che riguarda il tessuto adiposo degli insetti metabolici si può ue concludere : cellule adipose larvali crescono di volume dalla nascita della larva, alla sua trasformazione in ninfa. 2. Si vedono aumentare di numero anche moltiplicando per via —e (V. Baco da seta durante le mute). . Più presto o più tardi, entro le cellule adipose larvali si de- ui guttule o granuli di sostanza albuminoide. Questi esistono sem- pre nelle ninfe. 4. I granuli o guttule non sono mai frammenti di muscoli (sarco- liti), ma gocciole che aumentano di volume entro la cellula stessa, as- sorbite dal plasma ambiente. 344 FENOMENI NELLA NINFOSI Per alcune forme, ad es. (ditteri superiori) la sostanza assor- bita dalle cellule appartiene al gruppo delle albumine insolubili: quindi nel seno delle cellule stesse avviene la sua trasformazione in sostanza assimilabile (digestione intracellulare). Per altri insetti sembra che la sostanza raccolta dalle cellule sia da considerarsi come ormai elaborata. 6. Il tessuto adiposo larvale può essere sede di depositi urici, cioè : a) derivati dal cibo ingerito (Ditteri inferiori viventi negli escre- menti ed orine di animali superiori) ; b) derivati dalle reazioni che avvengono entro il corpo; nei varii organi dell’insetto (Formiche, Zanzare ete.); c) dalla alterazione dei granuli albuminoidi entro le cellule (quasi tutti gli insetti metabolici). - 7. I leucociti non hanno parte alla distruzione del tessuto adiposo larvale e nei soli Ditteri superiori vi sono parvenze che possono giusti- ficare questo modo di vedere: ma le cose sono molto diverse da quanto è stato finora creduto. 8. La disgregazione delle cellule adipose, mediante le quale i gra- uuli silesbinoiai fuoriuseirebbero a spargersi nella cavità viscerale , non è cosa vera e dipende da preparazioni male eseguite. I granuli albuminoidi rappresentano un magazzino di sostanza uutritiva pronta: a) per i giorni di astinenza, sia della larva che dell’adulto: b) per la costruzione di organi nuovi durante la ninfosi. 10. Le cellule adipose larvali (almeno nei ditteri superiori) corri spondono, nel loro utticio, totalmente alle cellule della grande ghiandola (così detta) del mesenteron degli Aracnidi. FESSO pois CORRE E ISPA L'accoppiamento della Mosca domestica nota di ANTONIO BERLESE Da tempo mi venne curiosità di conoscere il modo di accoppiamento © della Mosca domestica (Musca domestica) e lo ricercai infatti, sezionando coppie di mosche nell’ atto in discorso. La maniera seguita mi parve singolare, Ma quando ricercai negli autori per vedere se altri avesse praticate cotali indagini non mi venne fatto di ritrovare che alcuno se ne fosse occupato e nemmeno della minuta fabrica degli organi sessuali d’ambedue i sessi. Nemmeno il Lowne (1), che pure studiò a lungo la i. Calliphora erythrocephala sembra si sia interessato alla maniera dell’ac- GL coppiamento, bensì egli descrive, sebbene non abbastanza diffusamente, i complicati organi sessuali del maschio e della femmina, nella specie che fu oggetto delle sue lunghe ricerche. Per mio diletto ho seguito 1’ argomento e parmi valga la pena di riferirne brevemente. I maschi sono più piccoli delle femmine, ne ho veduti di così mi- nuti che raggiungono malamente la metà in lunghezza delle femmine maggiori (1). Mi sembrano anche assai più comuni delle femmine, al- meno negli appartamenti, ma io credo che nei luoghi ove può farsi la deposizione delle uova, le femmine sieno più comuni dei maschi od al- meno più frequenti che nelle stanze. Organi sessuali maschili. Non è troppa la corrispondenza tra questa specie e la Calliphora, poichè mentre i sessuali esterni sono ab-- (1) Zhe dnatomy Physiology , Morphology and Development of the Blow-fly. Part. VI, 1895 Londo (1) Ho creduto poi questi minimi maschietti fossero incompleti nei loro organi ses- suali, stante la scarsa nutrizione che dovevano avere avuto allo stato larvale, ma così | non è; essi corrispondono in tutto ai maschi maggiori. - 346 ACCOPPIAMENTO DELLA MOSCA DOMESTICA bastanza diversi, in quelli interni non ho mai riscontrato le ghiandole accessorie, che pure si veggono nella Calliphora. Adunque, tutto il sistema interno si riduce a due testicoli e al lun- ghissimo deferente. I testicoli, obpiriformi, neri giacchè sono rivestiti di um robusto involuero chitinoso, misurano in media 600 v. di Innghezza, per 400 di larghezza. I deferenti sono brevi, esilissimi, cilindrici affatto ed in prossimità del testicolo, bruni: di poi divengono gradatamente ialini. Essi misurano 600 n. di lunghezza per 50 1. di spessore e si riu- niscono poi nel tubulo comune, il quale è molto più ampio e lunghissimo. Questo è più grosso assai allo sbocco dei deferenti che non alla estremità distale ed è molto lungo, e variamente convoluto, ma disteso misura 15 mill. Nella parte prossimale esso è più grosso, e misura circa 250 1. di diametro (allo sbocco dei deferenti), mentre nel resto ha uno spessore di 100 ;. cirea. Molte convoluzioni fa questo canale eiaculatore prima di entrare nel pene. Il Lowne ha già descritto una parte eiaculatoria alla fine del con- dotto eiaculatore; in modo analogo essa si vede nella mosca domestica, salvo che minore è la distanza tra la parte eiaculatoria e l'organo eo- pulatore nella mosca domestica di quello che non sia nella Calliphora. Adunque, in vicinanza di quel complesso di pezzi che risultano dalla modificazione speciale degli ultimi anelli addominali, dal 6° in poi e che hanno tutti rapporto coll’ opera della generazione , il tubulo eiaculatore variamente si ripiega, standosene al lato sinistro dell’ estremo tubo di- gerente. Quivi poi, del tutto a lato della linea mediana, dopo molte e strette couvoluzioni, il tubulo eiaculatore penetra in un organo (laterale a sinistra) il quale ha forma globulosa (fig. diverse, pei) perchè molte fibre muscolari dirette in senso longitudinale ed altre perpendicolari al centro compongono un complesso globuliforme. Nel centro poi decorre per lungo un pezzo chitinoso, a forma di cuechiaio (pe?) o di foglia di olivo, con un peduncolo rivolto verso 1 innanzi e la punta all’ indietro. Questo pezzo chitineo serve di appoggio alla eontrazione delle fibre muscolari e nella sua faccia concava decorre il tubulo eiaculatore (ed), il quale così può essere dilatato e ristretto dalle fibre muscolari che a&v- volgono tutto l’organo. Debbono dunque essere possibili dei movimenti di dilatazione e di successiva costrizione del tubulo ciaculatore in questa regione e sono questi movimenti che provocano la discesa dello sperma ed il suo erflusso nella estrema parte del condotto eiaculatore, la quale intercede fra questo organo eineulatore (pe) ed il pene vero od or gano copulatore. FE IETIE fscers ci cc rsrnnea ANTONIO BERLESE 347 Così fatti semplicemente sono gli organi sessuali mascolini interni. Organi esterni. Per parlarne debbo prima dire della particolare di- sposizione degli ultimi anelli addominali. Questi, dal quinto in poi, sono modificati nei loro archi dorsali ed in modo molto complicato e speciale. Per comprendere bene questa complessa disposizione è necessario assodare intanto che I addome si compone tipicamente di 8 segmenti, quindi con 8 archi dorsali ed altrettanti ventrali e V' apertura anale è compresa appunto fra 1 estremo (VIII) arco dorsale e 1° estremo (VIII) entrale. Adunque tutti i pezzi chitinei che si trovano, almeno colle in- serzioni loro, al ventre dell’apertura anale, rappresentano modificazioni degli archi ventrali e tutti gli altri collocati al dorso della detta aper- tura corrispondono ad archi dorsali, comunque modificati. L’ apertura sessuale poi appartiene al ventre e sarà compresa archi ventrali affatto. Ciò anche nella femmina. Così, procedendo ordinatamente nel considerare gli archi dorsali, si vede primieramente (fig. 1, 2) che il VI arco (segnato con VI d nelle _ "A dip. L. Fig. 2. Com so degli organi sessuali Estremi archi addom. del cong droni sea ventre a er visti dal ventre. e più ingranditi che a fig. pre figure) è ridotto ad una esile lamina falciforme, la quale si ds tras- versalmente su tutta la lunghezza del dorso, compresa e quasi nasco- Mt ape dica 348 ACCOPPIAMENTO DELLA MOSCA DOMESTICA sta tra il V_ ed il VII archi dorsali. Questa, a sinistra, è abbastanza larghetta e quivi articola col VI arco ventrale, ma a destra non giunge a toccare il detto arco, che si vedrà incompleto. anto poi al VII (VII, d) arco dorsale, bisogna convenire che esso è deformato in modo molto speciale, poichè viene a comporre due la- mine larghe, quasi spatuliformi, che si articolano all'VIII arco dorsale e di poi procedono libere entro l’atrio genitale, l’una contro l’altra, si- mulando, nel complesso, una specie di forcipe (fci). Queste lamine si veg- gono bene dal ventre e sono nascoste sotto ad una specie di cupola for- mata dai due archi estremi, dorsale e ventrale, dell'addome. Nelle se- zioni sagittali si comprende che se il taglio cade fra le due lamine, queste non si veggono, ma se esso intacca una delle dette lamine, allora essa wi come uno stretto pezzo faleiforme chitineo e molto bruno (fig. I aa il complesso di queste due lamine, secondo forcipe. L’arceo VIII dorsale (VIII, 4; ed anche pea) è intero, molto convesso, bruno assai e molto più largo ai lati che non nel mezzo. Esso fa parte, al dorso ed ai lati, di una calotta emisferica, la quale porta nel centro, su una membrana chiara ed esile, scolpita 1’ apertur: anale (4), che appare come una fessura longitudinale con labbra abba stanza rilevate. Vediamo gli archi ventrali. Il V arco ventrale è l’unico che sia bruno, spesso e fortemente chi- tineo. Esso rappresenta una lamina (fee = V, ©) trapeziforme, il cui orlo posteriore, molto rieco di piccoli peli, è rettilineo od appena concavo ed agli angoli si innalza in un dente acuto, alquanto rivolto all’interno ed insù, e questa parte acuta è mobile, nel senso che ciascun dente di un lato si può flettere verso 1’ opposto, di modo che anche questa lamina funge come un forcipe e sarà il primo forcipe AI di là dell’orlo posteriore di questa grido lamina si apre l'atrio sessuale, con una larga fessura trasversa, la quale ha le sue labbra na- scoste sotto il primo forcipe e sotto la squama ultima ventrale di cui si dirà tosto. Ma il labbro anteriore di questa fessura è rinforzato da una stretta lista chitinosa, falciforme, la quale rappresenta il VI arco ventrale (VI 7) e che margina tutto o quasi tutto l’atrio genitale, ma è incompleta, come si disse, poichè mentre a sinistra articola largamente bri VI dorsale, di poi riesce sempre più sottile e non raggiunge il lato Si passa quindi nel grande atrio genitale, che è una cavità molto ampia, come appare dalle sezioni sagittali nelle figure (fig. 9, 11). ANTONIO BERLESE 349 Quivi dentro troveremo il VII arco ventrale, molto modificato in modo da costituire la verga. Ne dirò poi. Per ora procedo all’VIII arco ventrale (epa = VIII), che è visibile all’esterno, ed è bilobo, cioè conformato a lamina con un orlo pressochè rettilineo anteriormente e parallelo al labbro posteriore della fessura genitale, che così è rinforzata e limitata all’indietro, ma posteriormente si divide in due espansioni triangolari, che finiscono acute e che ab- bracciano in parte la apertura anale. Adunque, VVVIII arco dorsale e 1’ VIII ventrale, più una membrana esile e chiara che unisce questi due pezzi e dove è scolpita l’aperturà anale, formano insieme una specie di cupula (fig. 1), come ho detto, più che emisferica, con la quale termina l’addome e fra la quale e l’areo ventrale V è scolpita la fessura genitale. Attraverso a questa si passa in quella grande camera (fig. 11) in cui ho detto che sta l’organo copulatore (VII arco ventrale) ed ancora le lamine del 2° forcipe (VII dorsale). Il pene (figg. 3, 4 e altre figg., p), si compone di un corpo, (cp) il quale è trasverso, arcuato e termina ai lati con due ali (acp), che vanno ad articolare ai lati dell'VIII arco dorsale. Inoltre, per via di membrana (mb) esso corpo è annesso ad un pezzo impari, mediano, che Fig. 3. 3 Pene della M. dom. visto dal ventre. Lo stesso visto di lato e supino. è la verga (©) la quale si risolve in tre processi sublineari, uno diretto all’innanzi (@sp) e termina acuto; il secondo diretto in alto, perpendi- colarmente, ed è piegato alquanto a ronea (gip) ed il terzo infine, mag- giore agli altri due, diretto in basso ed all'indietro, rappresenta la vera verga (v), è, cioè, un tubulo chitineo, bianco, breve, entro il quale de corre l’estremo canale ciaculatore, termina svasato, e si continua n 350 ACCOPPIAMENTO DELLA MOSCA DOMESTICA ù una membrana (che si potrebbe chiamare glande, g0) la quale è avvolta Ù a spira e finisce acuta. Quivi si apre il canale eiaculatore molto sem- plicemente. I soli muscoli che interessano il pene io li ho visti decorrere entro la parte centrale del corpo del pene, dalla lamina esterna ad una sua interna, come si vede a fig. 11. - Inoltre, alla base della verga si trovano due cornetti chitinei, ele- rati, tubercoliformi (en), molto bruni e diretti in basso. Organi sessuali femminili. Negli organi interni trovo anche le ghiandole accessorie, tre spermoteche (sp) ete., quindi una disposizione Menta a quella che è nella Calliphora, come descrive il Lowne. Di i più dei sessuali esterni, o meglio dell’estremo addome, per quanto le cose non sieno molto diverse da ciò che mostra la Calliphora. Gli annelli VI, VII, VIII formano, nel loro complesso, un ben lungo ovopositore, il quale, quando è turgido e tutto estroflesso (fig. 5) misura circa 3 mill. in lunghezza ed alla base 800 Lu. in larghezza. Questo poderoso organo risulta adunque dal complesso di tre an- nelli, e mostra che gli archi chitinei sono ridotti, al dorso, a due liste ci nere (nd) e dure, longitudinali, delle quali quelle del VI arco, si fondono insieme anteriormente, di guisa che ne risulta una specie di À greco; quelle del VII ed VIII sono discoste fra loro dovunque e leggermente tre convesse all’esterno. AI ventre, per gli anelli VI e VII, la lista chitinea è unica, me- diana, mentre per |’ VIII le liste sono due, subparallele. Tutto il resto del segmento, nella regione che dovrebbe essere 0€- cupata dagli archi chitinei, è invece membranoso e marcato di strie trasverse, brune, che dai lati procedono verso la linea mediana e non si toccano che al ventre, nell’ultimo segmento. Le membrane intersegmentali sono tutte arriechite di minute spine in gran numero, tutte rivolte all’innanzi, cioè ricorrenti. Inoltre, all’ estremo apice delle liste chitinee si veggono dei tt bercoli neri, rilevati e recanti peli lunghi; ve ne ha due dor sali e due ventrali, ed anche ai lati. L’apice dell’ovopositore è, inoltre, rinforzato, sia al dorso che al ven tre, da una larga squametta triangolare, bruna, dura, che sarà epia- nale (epa) al dorso ed ipoanale (ip) al ventre, ed ancora da due tuber- coli laterali, apicali, neri (co), lungamente piliferi. Tra la squama ipoanale e le liste chitinee ventrali dell’8° segmento si apre la vulva, in forma di fessura trasversa, mentre eg e aperto fra le due squame epianale ed ipoanale (vedi sez, sagitt. a fig. 8). + ESA ANTONIO BERLESE 451 Accoppiamento. Le mie ricerehe dipendono da ciò che io non potevo farmi ragione in quale maniera appunto la femmina mostrasse di avere un organo carnoso, che può ricordare quello copulatore di molti animali, 9a 4 , 4,9% 445 06%, avtro. AA ATAA A AAA s*% PELI Pa » AAT rs; AIBAAIERALA ALII = si Tarso " ang RAPAIAILAGAL, è 29 i: ALISITILIÀA & i © Se di cd Pre F 2) fd K pm a AITINTERITON Audi dAA ss i PISCESSEO LI x è NI È I 1 n mmnS$ d “ i teca TS 3 5 ei sai sa hd, ‘3 444 Sì 4 i 4 i È e bi! SUE: l di k Nei | ces Fig. 5. Ovopositore estroflesso e turgido della M. domestica. A visto dal ventre; 2 del dorso. ACCOPPIAMENTO DELLA MOSCA DOMESTICA ed il maschio nulla protendesse all’esterno, in niun momento, neppure in copula, contrariamente al modulo comune. Ciò accade perchè, per questa volta almeno, è la femmina che in- troduce parte cospicua di sè entro le vie sessuali mascoline a ricercare l'organo copulatore maschile, il quale nulla può fare più che attendere passivamente il contatto che la femmina procura per azione propria. Questo ovopositore è un organo veramente erettile e dallo stato di quiete (fig. 6), in cui è compreso entro l’addome in un atrio apposito, comunicante coll’esterno per una apertura ovale, limitata ca membrane seguenti al 5° anello addominale, da questo stato di riposo a quello di pro- trusione esso aumenta gran- dissimamente di volume. In quiete si vede a fig. 6, che è una sezione sagittale , e si riconosce, che non solo i di- versi anelli sono immessi cia- scuno nel precedente, come i tubi di un cannocchiale, ma ancora che essi sono molto - meno grossi e turgidi di quel- lo che non si veggano nell’o- vopositore protruso, come è disegnato, collo stesso ingran- i o, a fie. 5. Fig. 6. dimento, a fig. dig Sezione sagittale nell'estremo addome di femmina, La erezione avviene per- per mostrare l’ovopositore retratto ed in riposo. chè entro all’ovopositore Va a cacciarsi tutto 1° estremo retto, anche quella parte che comprende le quattro grosse ghian- dole rettali; inoltre tutto 1’ estremo ovidutto, colle spermoteche an- COFa; le quali, ad ovopositore eretto, si trovano nel VII anello (fig 5); sp). Per di più, la parte di ovidutto che rimane sotto l'inserzione delle Sspermoteche , assai ricca di muscoli trasversi e longitudinali, e com- pressa entro l’ovopositore, probabilmente dalla costrizione di tutti gli organi addominali, dipendente dall’azione dei muscoli dell'addome, assai inturgidisce l’ovopositore tutto, come si può ottenere artificialmente com- primendo il corpo di una femmina. Ancora, io ho trovato, ai lati dell’ovidutto, nella regione della ca- mera (fig. 7 cov) dove sboccano le spermoteche, ho trovato, ripeto, una ANTONIO BERLESE 853 p dai in ciascun lato, due borse assai vistose (tor), che sono membranacee ed assai estensibili e rappresentano quasi due corpi cavernosi, i quali, quando avviene l’inturgidimento dell’ovopositore, rigonfiano assai, forse per li- quido che se ne viene dall’ovidutto e dilatano nni sr l’ovo- * positore a globo, nel confine tra il VII ed VIII segme 5 Ciò si vede nelle sezioni sagittali a fig. 10 di un pula nel- l’atto della copula. dun SI a Pip. 7, Fig.8 Estrema parte dell’ovidutto visto Estremo ) ono o ein rizoao di lato. dai ventre. coll’ovidutto in parte estroflesso vulva (19). Sezione sagittale; stesso ingrand. prora a fig. 5 L'ovopositore è poi molto mobile e ciò per via di poderosi fasci muscolari trasversi, che sono a ridosso di ciaseuna delle membrane den- ticolate interposte fra i segmenti e per muscoli longitudinali tra 1 uno e l’altro segmento. Anche l’estremo ovidutto, molto muscoloso, come si è detto, comunica la sua grande mobilità a tutto l’ovopositore. Or dunque, questo organo della femmina è introdotto in gran parte nell’atrio genitale del maschio. Nella sezione sagittale di queste parti in copula (fig. 9) si vede (1) che tutto l’atrio ne è pieno, specialmente in causa al gonfiamento delle tasche ovariche (fo) di cui ho detto. I den- 1) Non ho voluto mettere le lettere alla fig. 9 per non complicarla oltre, ma le parti rispettivamente del maschio e della femmina, così come sono nella copula figu- 304 ACCOPPIAMENTO DELLA MOSCA DOMESTICA telli ricorrenti, diffusi sulle membrane intersegmentali dell’ovopositore, impediscono che esso esca facilmente (1). L’ estremo ovopositore , col- l'apertura anale viene a posare sul fondo dell’ atrio genitale del maschio. Fig. D. Sezione sagiitale degli organi d’ambedue i sessi in copula. rate insieme a fig. 9 ; sono distinte a figg. 10, 11 e quivi hanno le lettere che loro competono, Così si comprende anche, quali organi, nella intralciata fig. 9 sono di un sesso e quali dell'altro. (1) Perciò ho potuto procurarmi moltissime coppie di Mosche, nelle quali sono tuttavia uniti i due individui e le ho così potute imparaffinare e sezionare a mio talento, senza che si distaccassero i due soggetti, SO RE O A a TTT ET e OTO La n riserbata all’altro sesso, mentre, in questo caso, zio one che sembra sufficientemente passiva, ANTONIO BERLESE 355 Questo, mercè le lamine del secondo forcipe (fcò), ehe si vedono in sezione, stringe gagliardamente l’ovopositore sotto l'apertura femminile, e le lamine del forcipe affondano nella enuticola, che corrisponde all’ovi- dutto estremo. ì l’ovopositore è compreso strettamente anche fra il foreipe se- condo e la squama epianale (epa) del maschio, ed apppunto in questo stretto viene a trovarsi il condotto dell’ ovidutto e quindi anche Ja vulva (02). In questa viene a situarsi la verga, che ne è tutta involta e l’oritizio del deferente combacia quasi con quello dell’ovidutto. Fig. 10. nati Ovopositore della femina in co- sezione pros dell'atrio sessuale del maschio pula. (E lo stesso pa nella fig. 9, ma € degli or annessi e circostanti, durante la cu - è isolato). pula; Lo sun che a fig. 9, ma isolato. Intanto anche il primo forcipe { fce) stringe il dorso dell’ovo opositore. Così si effettua la copula, con poca attività degli organi esterni radi Da Ù dire dali cia grandissima dei femminei, coi quali, a ragione, si può dd DI ra è che la femmina si assume la principale parte attiva, che per lo più il maschio ha una fun- 350 ACCOPPIAMENTO DELLA MOSCA DOMESTICA La copula, che eredo duri poco tempo, si compie stando il maschio sopra la femmina (fig. 12), colle zampe anteriori distese sul torace, al dorso della femmina, colle zampe mediane posate sul piano di sostegno e colle posteriori ripiegate, colle tibie e coi tarsi, lungo il ventre del- l’addome della sua compagna. Vi ha anche un atto preliminare che il maschio, non affatto ignaro di quella attività che è speciale al sesso suo per ottenere 1’ amplesso, compie assai spesso, per invogliare la femmina all’amore, o meglio per tentare se essa si trova a ciò disposta. uesto atto si vede di frequente, quando il maschio sale improvvi- samente sul dorso di una femmina quieta e ferma, e sbattute rapida- mente le ali, inclinando il corpo all’innanzi, di subito poi lo piega al- l’indietro e coll’estremo suo addome tocca quello della femmina, per ri- Fio. 12. Sezione sagiltale di mosche in copula, per mostrare la disposizione degli organi sessuali etc. conoscere se il suo invito amoroso è stato accolto dalla femmina col protrudere abbastanza l’ovopositore. Il più spesso ciò non accade ed il maschio se ne vola via senza più, e la femmina rimane e sbatte al quanto le ali, come per iscrollarsi di dosso la traccia dell’importuno. Ma se la femmina acconsente alla carezza , allora essa espone al- quanto l’ovopositore, che viene afferrato strettamente subito dal maschio col primo forcipe, e quindi la femmina introduce l’ovopositore suo nel- l’atrio del maschio che gli sta sopra, come si vede a fig. 12 € V’atto si compie a dovere. Portici, 20 luglio 1901. io: Spiegazione delle lettere nelle figure ———___aeo Ano femmina maschio ovaia ovopositore spermoteche zampe del 1° paio, (Z F) della emmina zampe del 2° paio, ( Z* F ; della . femmina zampe del 3° paio della femmina; 7*M del maschio ali del corpo del pene apofisi inferiore del pene apofisi spinosa del pene cornetti del pene cornicoli dell’ovopositore . camera dell’ovidutto corpo del pene canale eiaculatore liste epivulvari (VII arco ventrale) pezzo epianale (VIII arco dorsale) I° forcipe ( V° arco ventrale del maschio) = II° forcipe (VII arco dorsale) gha = ghiandole accessorie gl = glande gr = ghiandole rettali ip = pezzo ipoanale (VIII arco ventrale) ib = membrana del pene mr = muscoli retrattori dell’ ovopositore mr = muscolo retrattore del pene mtr = muscolo trasverso (costrittore) n = liste chitinee ventrali (residui degli archi) . nd = liste dorsali ov = ovidutto ovd = canale dell’ovidutto pei = pezzo eiaculatore sp = spermoteche tov = tasche dell’ovidutto v = verga vg = vagina (origine dell'ovidutte) vl. = valva V d = 5° arco dorsale V » = 50 arco ventrale VI d = 6° arco dorsale VI » — 6° arco ventrale VII d = 7° arco dorsale VII v = 7° arco ventrale VIII d = 8° arco dorsale VIII» = 8° arco ventrale NB. Le fig. 1, 5, 6, 7, 8, 9, 10, fi sono egualmente ingrandite. ALESSANDRO TROTTER Nuovo contributo alla conoscenza degli Fntomocecidi della Flora italiana (con 2 tavole) Facendo sèguito a due mie precedenti pubblicazioni intorno agli Intomocecidi italiani (1), porto ora con la presente Memoria un nuovo e più copioso contributo di ricerche intorno a buon numero di così fatte produzioni patologiche, rinvenute in questi ultimi tempi nel dominio della nostra flora. La massima parte di esse furono scoperte da me, varie È altre invece mi furono gentilmente inviate da egregi naturalisti, di cui È sono ricordati a suo luogo i nomi, e che qui ringrazio con piacere e riconoscenza. La maggior parte di queste galle è nuova per la flora italiana, varie altre poi anche per la scienza ; di quest'ultime i nuovi substrati sono indicati con un asterisco (#) con due (#*) le nuove galle. Padova, « R. Istituto botanico », febbraio 1901. Ainus inceana Mel. 1. Perrisia Alni (Fr. Lòw) Kieffer 1898, Synopse des Cécidom. p..7, Ce enga A. Fr. Lòw 1877, Verh. zool. bot. Gesellsch in Wien, Bd. XXVII p. 2; Kieffer, Diptéroegeid. Lorr. n. 12; Hieronymus, Eu- rop. Zoocecid. p. 121 n. 377; Schlechtendal, Gallbildg., n. 85 e 92. — Cecidomyia tortilis Bremi 1847, Monogr. d. Gallmiiek. pag. 29, n. 33, taf. II fig. 34! (non 35) (galla); H. Liw, Dipterol. Beitr. IV, passim. - ERRO NOME a MNT A (1) — Contributo alla conoscenza degli Entomocecidi italiani con la descrizione di due ca nuove di Andricus (« Riv. di Patol. vegetale » an. VII, 1899, n. 9-12, con 2 tav.). _ pesi che intorno agli Entomocecidi della Flora italiana (« Nuovo Gior. bot. it» N. S.v. VII, n. 2, an. 1900, con 1 tav.). 360 ENTOMOCECIDI ITALIANI Deformazione delle foglie. Le larve di questa Cecidomia fissandosi sulla pagina superiore, in corrispondenza della costa, provocano una locale ipertrofia della costa stessa. La lamina contemporaneamente si increspa e si inflette attorno alle larve, cosicchè si forma una piccola tasca tondeggiante od allungata. Tale deformazione si riscontra nelle diverse regioni della foglia, cioè tanto all’ apice quanto in sul mezzo che alla base, però quasi sempre lungo la nervatura mediana. Nell’ interno vivono parecchie larve, prima bianche quindi rosse, le quali si trosformano in terra. Dintorni di Pontebba (Friuli), agosto 1899; (A. Trotter!). Aquilegia vulgaris LL. 2.** Cecidomyine. Segmenti fogliari increspati e ripiegati verso la pagina superiore, talora anche più o meno accartocciati. In corrispondenza della defor- mazione la lamina è un po’ ispessita, con le nervature leggermente i- pertrofiche, inoltre da principio decolorata, da ultimo brunastra. Benchè io non abbia potuto rinvenirvi delle larve, probabilmente per la stagione troppo inoltrata, credo di poter attribuire ad ogni modo per analogia questa deformazione al parassitismo di Cecidomie. Dintorni di Pontebba (Friuli), agosto 1898-99; dintorni di Vittorio (prov. di Treviso), agosto 1899; (A. Trotter!). Arteimisia cnumphorata LL. 5. Rhopalomyia Kiefferi Trotter 1900, Bull. Soc. Intomologigue de France, n. 14 p. 285. — Kieffer, Monogr. d. Cécidon, in « Ann. Soe. Entom. de France » v. LXIX, an. 1900, 35 fig. 10 (galla). Questo Dittero è l’autore delle galle già descritte e figurate nel mio precedente lavoro, Contributo alla conoscenza degli Entomocecidi italia ne {-.c.,.1l. d, tav. I fip. Queste galle , oltre che dalle gemme fiorali, come aceennai allora, si sviluppano gliele dalle foglioline ridotte della regione fiorale. Ho ottenuto l’insetto nei mesi di maggio-giugno 1900, da galle rae- colte dal Prof. P. A. Saceardo, nei dintorni di Vittorio Veneto, il preee- dente autunno. DI Artermisin onerulesceens l. 1.* Lepidopterocecid. ( Cochylis sp.?). i Ingrossamento del fusto, più frequentemente nella regione fiorale, cilindraceo o fusiforme, lungo 1-3 em., 4-6 mm. circa largo. A ST e AR i ia x 5 MEA "Bar: "4 rate RIONE ISETONE a i ALESSANDRO TROTTER 361 Un’analoga deformazione fu già osservata su Artemisia camphorata e campestris, sulla quale ultima specie è dovuta ad un lepidottero, l Cochylis hilavana H. Sch. (Cfr. Kieffer, Lépidoptérocéeid. Lorr. n. 2: Scehlechtendal, (Gallbildag. n. 1202: Massalongo, Galle FI. it. n. 169, tav. XXXIII, fis. 2, galla). a Isola di Torcello (Estuario di Venezia), /2 settembre 1899 ; (A. Trotter !), Atriplex hastata L. D+ TA ce Lai gero ingrossamento nei fusti, specialmente in quelli più sottili Dix lozione fiorale, talora in corrispondenza delle ramificazioni. È lungo da 4-10 mm., grosso un po’ meno del doppiò del fusto normale, e nell’interno vi ha una piccola loggia abitata dalla larva. Deformazione somigliante, prodotta dalla Stefaniella brevipalpis Kieffer, fu trovata sull’ Afriplex portulacoides (Cfr. : Baldrati, Appunti di Cecidiologia , in « Nuovo Gior. bot. it. » 1900 n. 1, p. 54 n. 129, tav. V, fig. 2, galla). La trasformazione avviene probabilmente nell'interno della galla. Valli salse di Piove nel Padovano, novembre 1899; (Prof. Adr. Fiori 308 Buphthaltmunsaaulicifoliuna L. ((.** Cecidomyine. I germogli ascellari e terminali, i fogliari più spesso che i tiorali, in seguito all’azione delle larve si deformano ; le foglie non si svi- luppano completamente, ma si mostrano più corte e più larghe, inol- ‘tre appressate le une alle altre e rivestite di leggera pubescenza bian- castra. Dintorni di Pontebba, verso Studena Alta (Friuli), agosto 1899; (A. Trotter!). Canmmnpanula rotunditfoliz L. (.** Asterolecanium sp °° Nella porzione terminale il fusto si mostra ipertrofico, leggermente contorto, cogli internodi appressati per 1’ incompleto e turbato sviluppo dell’ asse. Le cocciniglie sono fissate qua € là tutto all’intorno nella regione deformata, ed in corrispondenza dei loro seudetti il fusto pre- | Senta una colorazione bianco-giallastro e delle leggere depressioni un po’ allun van 362 ENTOMOCECIDI ITALIANI In Europa i cecidi dovuti a Cocciniglie sono assai rari. Fino ad oggi, di veramente accertati, non vi hanno che i seguenti : Asteroleca- nium Massalongianum Targ-Tozz. sull’ Medera Helix, Asterolecanium RPnamni Kieffer su Rhamnus Alaternus, Asterodiaspis quercicola (Bouchè) su Quercus Robur, Diaspis Visci Schr. su Viscum album, infine un cecido, su Ligustrum vulgare, appartenente ad una cocciniglia indeter- minata (Massalongo, Galle FI. it. n. 36, tav. IX fig. 4). Nella regione australiana invece le Cocciniglie sono protone di numerose e sva- riate galle, sugli Ewcalyptus e sulle Casuarina. Dintorni di Vittorio Veneto (Treviso), luglio 1899 (Prof. P. A. Saecardo!) Cirsiunn stellatuna All. 8.* Aphididae | Deforma le foglioline le quali si mostrano ripiegate verso la pagina inferiore, increspate e contorte. Gli Afidi vivono sulla pagina inferiore. Aphis Serratulae L. Aeforma in modo somigliante le foglie di Cirsium arvense. Presso Lagonegro (Basilicata), 8 giugno 1899; (Prof. Adr. Fiori !). Cpytisus scoparius Lk. 9. fava, Sarothamni H. Liw 1850, Dipterol. Beitr. IV, p. 27 e 38, fig. 22 (galla); Winnertz, Monogr. d. Gallmiick. p. 232 taf. i fig. 6, 15, 20 e taf. IV fig. 2 a-b (eecidozoo): Schlechtendal, Gal- bildg. n. 901; Kieffer, Diptérocéeid. Lorr. n. 150: id., Synopse des Céeidom. p. 20; id., Wiener Entomol. Zeitg., XI cen] 7 Heft 1892, p. 220 taf. I fig. 6 e 13 (cecidozoo); id., Monogr. d. Cécidom., in « Ann. Soc. Entom. de France » v. LXIX, an. 1500; pl. 36 fig. 3 (galla): isa, Verh. d. zool. bot. Gesellsch. in Wien, BA. XLII an. 1892, p. 60 fig. 10-13 (cecidozoo); id., Gallmiick. d. Kénigl. Mus. f. Naturk. VALI Berlin, in « Berlin. Entomol. Zeitsehr. » Bd. XXXVII p. 368 taf. XIV fig. 2 (cecidozoo). Produce, all’ascella delle foglie, una galla ovoide, lunga circa bmm., acuminata, verdastra, a pareti sottili, noventa all’interno di un'unica cavità perfettamente chiusa entro la quale vive la larva, che si trasfor- ma entro la galla stessa nei mesi di maggio - giugno. Nel su citato la- voro del Léw (p. 38) questa specie è indicata anche della Sicilia è del- l'Asia Minore. | Recentemente Kieffer annuncia (« Bull. Soc. Entom. de France » 1900, n. 19 p. 383) che questa specie di Liw fu descritta già molto prima, cioè verso il 1817, da Bose d’Antie, però non è ancora noto In qual pubblicazione. Presso Sondrio, maggio 1900; (Prof. M. Bezzi !). d 363 ALESSANDRO TROTTER Eupatoriunm cannabinunn |. 10.** Entomocecid. Nell’ estremità dei germogli V asse si mostra ingrossato, e più 0 meno ipertrofici e deformati si mostrano anche i piecioli fogliari e le foglioline che hanno origine dalla regione ammalata. Sezionato tale in- grossamento, d'uno dei tre esemplari a mia disposizione, ho osservato bensì una cavità ma senza potervi rinvenire alcun abitatore. Mi affretto intanto, essendo affatto nuova, a segnalare la deformazione, dovuta forse ad un Dittero, sperando che ulteriori e più fortunate ricerche pos- Sano metterci maggiormente in chiaro sul suo produttore. Presso Sondrio, luglio 1900; (Prof. M. Bezzi !). Euphorbia verrueceosa Lam. 11.€ Cecidomyine. Deformazione dei germogli. L’apice non segue il suo normale svi- luppo: le foglioline terminali sono più brevi, un po’ cueullate, appres- Sate le une alle altre, di guisa che costituiscono una galla gemmiforme entro eui vivono le larve del parassita. Galle somiglianti sono già note delle Fuforbie, la presente è segna- labile quale nuovo substrato. Colli di Casalgrande (prov. di Reggio Em.), sett. 1899; (Prof. Adr. Fiori!) Genista nethnensis DC. 12.#* Lepidopterocecid. (Tav. XV fig. 1). Ingrossamento leggermente unilaterale, subceilindrico 0 subfusi- forme, dei fusticini, lungo 1-2 em., grosso circa 3-5 mm. La parte centrale, interna, è percorsa da una stretta galleria entro cui vive la larva del cecidozoo. ): 42. Orto bota- M. Etna, Casa del Bosco (Sicilia) — (Prof. P. Baccarini ! nico di ERA 27 dicembre 1899 (A. Trotter!). Geun urbanunia |. . Cecidomyine. La lamina, lungo le nervature leggermente ipertrofiche , delle inerespature allungate, le quali limitano una stretta cavità, a guisa di doccia, aprentesi dal lato della pagina superiore. Entro questa doccia vivono in società le larve biancastre del cecidozoo che si tra- presenta sformano in terra. 364 ENTOMOCECIDI ITALIANI Una somigliante deformazione fu già descritta per il Geum wurba- num da Fr. Léw (Verh. zool. bot. Gesellseh. in Wien, 1877 p. 84 n. d), il quale avendo notato la rassomiglianza di questa, con quella prodotta dalla Cecidomyia plicatrix H. Lòw sui Aubus, e vedendo inoltre che le larve abitatrici di queste due deformazioni erano pure somiglianti, avan- zò il dubbio potesse trattarsi della stessa specie. Posteriormente Riib- saamen (Berlin. Entom. Zeitschr. 1891, Bd. XXXVI p. 404) scoprì di nuovo, su Gewmn urbanum e rivale, questa galla, ma le larve apparte nevano invece ad una Liplosis. Cfr. anche Sehlechtendal, Gallbildg. n. 764, e Gallbildg. Zweiter Naehtr. p. 30. Presso Verona in « Valdonega », 29 maggio 1900 (A. Trotter) !. Glieehonna hederacea L. var. nirsuta Wald. et Kit. 14. Aulax Latreillei Kieffer 1898, Wiener Entom. Zeitg. XVII Jahrg., X Heft p. 257; id., Les Cynipides p. 298. Due distinte specie di Axlar producono, sulla Glechoma hederacca, delle galle identiche per forma e struttura, galle notissime, già deseritte c figurate da Malpighi e Réaumur. Queste galle anteriormente alla pub- blicazione su citata del Kieffer, andavano sotto il nome di Aular Gle- chomae L. (Aulax Latreillei Kieffer = A. Glechomae Latreille nec Lin.) Alla fine di marzo del 1900, cioè del II anno, ho ottenuto da nume- rose galle della su citata pianta vari Aula» riferibili quasi perfetta mente all’A. Latreillei, da cui non differiscono che per il numero degli articoli antennari della 9, che sono 13 anzichè 14. Val Nogaredo nei Colli Euganei ( prov. di Padova), maggio 1899 ( Prof. Adr. Fiori!). Inulla salicinz: |. 15.#* Aphididae. Le foglie, specialmente le terminali, si mostrano, lateralmente alla costa mediana, ripiegate od accartocciate verso la pagina superiore. S. Mattia Extra, alle « Are », presso Verona, ottobre 1899 (A. Trotter I). Inutila viscosa Ait. 16. Myopites stylata (Fabricius) Rondani 1870, in « Bull. Soc. Entomol. it. » II p. 11, Stomoxys s. Fabricius 1794, in « Entom. sySt. ? IV p. 396, 11; Trotter e Cecconi, « Cecidotheca italica » fase. INI n. 65. Syn. Myopites Limbardae Schiner secondo la sinonimia stabilita da tondani ( M. Bezzi in litt.). — De Stefani T., « Nuovo Gior, bot_.it: > Sio Uh AM A re; ps i i lai di gi #* Mer TR pe ALESSANDRO TROTTER 365 (SU vol. VIII n. 3, an. 1901, p. 449, n. 23: Kieffer, « Illustr. Zeitschr. f. Entomol. » Bd. IV-V, fig. 1 (galla): Sehlechtendal, Gallbildg. n. 1281. I ricettacoli fiorali, in seguito ad una forte iperplasia, sono tra- sformati in una galla stitigiolioia! assai appariscente, pluriloeulare , del diametro di 8-10 mm. cirea, a perfetta maturità di consistenza sublegnosa, e con una colorazione bruno-scura (Tav. X HR: 2). La superficie di queste galle è per lo più glabra e liscia, solo alla sommità esse sono per lo più provviste di alcune appendici, sormon- tate talora da un piccolo ciuffo, e che rappresentano degli acheni de- formati. Ho ottenuto |’ insetto nell’estate del secondo anno, preceduto da vari e numerosi parassiti studiati dal De Stefani (1. « Bosco della Ficuzza , lung 90 la strada ferrata, presso Corleone ( Palermo ), DIi ue 1899 (A. Trot tter Lactuean viminea F. ct C. Presi. 17. Timaspis Phoenixopodos Mayr 1882, Dic curop. Arten det Uatleabeiroba. Cynip. p. 5; Kieffer, Les Cy aipidea p. 68 e p. 283-284: Sehlechtendal, Gallbildg. Zweiter Nachtrag p. 55. “orte iorcionivenio del fusto, lungo 3-4 ecm. 1-2 em. grosso, a su- perficie un po’ nodosa, dalla quale si diparte qua e là qualche rametto normale, e ricoperta da qualche tratto di lamina fogliare, che in questa Specie come si sa è lungamente decorrente. La parte fondamentale dell’ipertrofia è costituita da un tessuto mi- dollare, a cellule irregolari, tondeggianti od allungate, percorso qua e là da fasci, e con numerose celle larvali globulose , sparse irregolar- mente, e limitate da pareti con cellule poco differenziate da quelle del restante tessuto. ta rara specie fu scoperta dal Liechtenstein nella Francia me- ridionale (Montpellier) , descritta nel 1882 da Mayr, e di poi non era stata più trovata. Monte Etna, « Casa del Bosco » (Sicilia) — (Prof. P. Baccarini !). Lathyrus pratensis |. 18. Cecidomyine. (Tav. XVI fig. 12, spat. stern. della larva). Le giovani foglioline si accartoeciano , lungo i margini, verso la srt superiore, Quando l’accartocciamento si effettua lungo ambedue i lati, la fogliolina è trasformata in uno stretto cecido allungato, leg- germente ricurvo. nai Nell’interno vivono le larve sociali del parassita, di color bianca- | Stro, le quali si trasformano in terra. Pascoli del « Fortin » presso Pontebba (Friuli), agosto 1899 (A. Trotter!). ORE TA Do ET TE NI GEO TR È Sai Sete peri pet VI GERI RETTE i “ ai "ati EE HE E SINO I È x ; ; CM 366 ENTOMOCECIDI ITALIANI ILyebnis alba Mill. 19. Perrisia Lychnidis (Heyden) Kieffer 1898, Synopse des Cé- cidom. p. 11, Cecidomyia L. Heyden 1861, in « Herrich-Schéiffer'®s Cor- resp. Blatt f. Sammler » Regensburg, n. 15, t. II p. 98. (iemme fiorali chiuse, globose, pubescenti. NB. — Questa specie deforma invece per lo più i germogli, e fu già indicata in Italia. Dintorni di Verona, in Valdonega, settembre 1899 (A. Trotter !). Lythrunai salicaria LL. 3 20. Perrisia Salicariae (Kieffer) Kieffer 1398, Synopse des Cécidom. p. 13, Cecidomyia S. Kieffer 1888, Verh. zool. bot. Gesellsch. in Wien, p. 96; id., Diptérocécid. Lorr. n. 89; Sehlechtendal, Gallbildg. n. 705. — Dasyneura S. Martel, Les Cécid. des environs d’Elbeuf, II Liste n. 183. Produce , per lo più all’ ascella delle foglie, un cecido subeonico, accuminato all’ estremità, terminato talora da appendici fogliacee più 0 meno distinte (Tav. XV fig. 3). È di color verde o rossastro, lungo 5-10 mm., a pareti leggermente legnose, fornito di una cavità allungata, | abitata dalle larve sociali del eecidozoo , le quali si trasformano entro la galla, in un bozzoletto bianco, nel I o nel II anno. Dintorni di Milano, settembre 1900 (Prof. M. Bezzi !). Ostrya carpinifolia Scop. 21. Cecidomyine. — Trotter, Contrib. alla conoscenza degli Entomo- cecid. it., n. 7 e Nota (« Riv. di Pat. veg. » an. VII, 1899). La stessa galla da me già indicata altra volta su questa specie (1. . Nota) e, dubbiosamente, su Carpinus Betulus. Le larve del parassita, dalla fine di settembre ai primi di ottobre, vivono nell’interno delle gemme che dovranno svernare, e la loro azione, leggermente cecidogenetica, si manifesta con una antecipazione di svi luppo della gemma stessa, la quale perciò mostrasi sul prineipio turge- seente; in seguito , le foglioline, un po’ deformate, fuorescono dalle squammette protettive, che anzi quest’ ultime più spesso si staccano € cadono, finchè da ultimo le foglioline stesse, cessando l’azione delle larve (trasformantisi in terra) ed in seguito agli agenti atmosferici, es- sendo la stagione un po’ avanzata, si disseecano e muoiono. Qualche cosa di analogo ho segnalato anche per il Salix purpuret (ibid. n. 46), senonchè qui, trattandosi di una gemma fiorale , anzichè fuoruseire RARE fillomi , fuoresce lamento che avrebbe dovuto svernare, SEDE UP FD ai e oto ALESSANDRO TROTTER 367 A tale tipo di galle, non morfologico ma di sviluppo, assegno il nome di PROLEPSOCECIDI (da prolepsis e cecidum) (1), cecidi cioè che de- rivano unicamente dall'antecipazione di sviluppo di un organo (gemma), senza che quest organo offra altre modificazioni di maggior importanza. AS. Mattia Extra alle « Are », presso Verona, dalla fine di settembre ai primi 5 ottobre (1898-99-900) (A. Trotter)!. Osyrris alba LL. 22.#*? Hemipterocecid. Ingrossamento subgloboso o subeilindrico del fusto, lungo 6-10 mm. Non avendo potuto osservare nell’ interno aleuna cavità larvale, ma soltanto del legno compatto, propendo a eredere si tratti di un’alte- ‘azione dovuta a qualche Cocciniglia. Bosco della Ficuzza presso Corleone (Palermo), 3/ dicembre 1899 (A. Trotter!). Peucedanuni Cervaria Guss. 23.* Macrolabis corrugans (Pr. Lòw ) Kieffer. Le stesse galle da me già descritte e figurate per il /’eucedanum Oreoselinum (« Nuovo Gior. bot. it. » v. VII n. 2 1900, p. 187 n. 11, tav. IX fig. 5). «Al Bosco Mantico presso Verona, ultimi di maggio 1899 (A. Trotter!). Peucedanuni Oreoselinuni Minch. Schizomyia Pimpinellae. (Fr. Lòw) Riibsaamen 1896, Rus- sische Zoocecid. p. 57 n. 74, Asphondylia P. Fr. Liw 1874, Verh. zool. bot. Gesellsch. in Wien, p. 157 e 326 taf. II fig. 2 (galla). (Syn. Asphondylia Umbellatarum. Fr. Liw, Cecidomyia Thysselini H. Liw,:C. pericarpiicola Bremi,. C. Dauci Rud., C. Pimpinellae Il. Lijw nomen). Su tale substrato non era aneor stata indicata in Italia. Dintorni di Vittorio, prov. di Treviso, luglio 1899 (Prof. P. A. Saccardo!). Phnillyrea latitolia |. 25.#* Schizomyia sp. (Tav. XV fig. 4, galla). Deforma le drupe che diventano un po’ più grandi delle ordinarie, un po’ più allungate, e leggermente uncinate all’estremità. Inoltre Seme abortisce, e nell’ interno di conseguenza vi à una cavità Fran: ampia, abitata da una unica larva, bianco-giallastra, assai pro (1) Nel linguaggio botanico esiste già la parola « prolessi » che “A SI a A trial lo ;grteppo anticipato di un organo, specialmente di una gemm 368 ENTOMOCECIDI ITALIANI . n Questa galla fu già figurata inconsapevolmente dal Reichenbach fil 0 nell’opera « Ieones Florae germanicae ct helveticae » (v. XVII an. 1855 tav. 35 fig. 4), come ho già dimostrato in una mia precedente Nota nel « Bullettino della Soc. bot. it. » (an. 1900 p. 95). Presso Nicastro (Calabria), /4 giugno 1899 (Prof. Adr. Fiori!); Ventottene ;3 nelle isole Ponziane, sett. 1901 (Dott. A. Beguinot!—su hill. angustifolia L.) . Populus nigra |. 26. Sesia sp. og Il bruco di questo Lepidottero vive nell’ interno dei giovani rami, nella regione midollare, producendo tutto all’intorno un’ ipertrofia nel legno, cosicchè viene a formarsi un rigonfiamento subgloboso, non trop. po appariscente, poco dissimile, all’ esterno, da quello prodotto da uno ; coleottero, la Saperda populnea. : dG Ho ottenuto l insetto perfetto, durante il mese di giugno, da galle raccolte in aprile. * Una Sesia braconiformis (?) è citata anche da Kieffer come produt- trice di galle su Rumer Acetosella, per cui è forse probabile ehe questo genere di Lepidotteri, oltre le qui ricordate, possegga altre specie gal- n ; ligene. i " Dintorni di Mantova, primavera 1898 (A. Trotter !). PS. Durante la correzione delle prove di stampa di questo lavoro, leggo ; nel « Nuovo Giorn. bot. it.» v. VIII, 1901, p. 546 che il De Stefani da galle > analoghe rinvenute in Sicilia ottenne nna Sesia fabaniforme Rott. n Populus Treimmulsa |. 27. Aphididae. — Kieffer, Hémiptérocécid. Lorr. n. 50. La lamina fogliare, parallelamente alla nervatura mediana, € da una parte soltanto, si ripiega 0 si accartoccia verso la pagina superiore, e la sua superficie è al tempo stesso leggermente abbrunita € tutta & piccole bozze, la cavità delle quali corrisponde alla pagina superiore. Dintorni di Pontebba (Friuli), agosto 1899 (A. Trotter!). Prunella vulgaris |. 28. Perrisia sp. (Tav. XV fig. 5). 4 Di CA p nari n Alla fine dell'autunno, quanto della pianta non rimane d ordinario i che una piccola rosetta di foglie adagiate al suolo, alla base Appio è (e : oriali - . ij sì osserva una di queste foglioline, sia nella lamina che nel picciolo, si osserva NI‘ ALESSANDRO TROTTER 369 , notevole ipertrofia ed una colorazione più 0 meno rossastra. Queste . foglioline sono inoltre un po’ divaricate superiormente, e verso la parte centrale, in corrispondenza del punto di vegetazione essendo invece più appressate, vengono a formarsi tra luna e l’altra delle piecole concavità, nelle quali vivono parecchie larve biancastre, la cui trasformazione suppongo avvenga nel terreno, nella successiva primavera od estate. Talora anche, il cecido ha un aspetto gemmiforme, a colorazione rossastra, e più o meno pubescente. Tale cecido è forse un tuttuno con quello descritto dal Bezzi per que- Sta stessa pianta («Att I. R. Ace. Sc. Lett. Arti di Rovereto, » ser. HI, vol. V, fase. I, An. 1899— p. 39) e con l'altro, sulla Prunella grandi flora, già prima segnalato dal Thomas ( « Sitzungsb. d. bot. Ver. d. Prov. pro » XXIII, 1881, p. 50). Dintorni di Verona, a S. Mattia Extra alle « Are », ottobre-novembre 1899; dintorni di Vittorio (Trey iso), offobre 1901 (A. Trotter!). Ouerceus Ilex Ll. . Dryocosmus australis Mayr 1882, Die europ. Arten der Gal- 1 e Cvnip. p. 34; Kieffer, Les Cynipides p. 90 n. 82, pl. NNMI fig. 7 7 (galla). Galla subgloboso - allungata , lunga cirea 5-10 mm., situata per lo più sul margine fogliare, appariscente d’ ambo i lati della lamina , di color verde sul principio dello sviluppo, quindi a maturità bruno-seura. Nell” Interno, vi ha un’unica cavità centrale, la camera della larva, da | ui s’ irradiano delle fibre assai appressate che costituiscono il tessuto fondamentale della galla. Secondo Mayr l'imienò esce in giugno dello stesso anno. Pot reale di Caserta (1), 5 gennaio 1900 ; Giardino pubblico di Foggia, dicembre 1900 (A. Trotter !); Nizza, Belvedere del « Chateau » (Francia), 4 d> 1999 (Dr. Achille Forti!). 30. ##2 Neuroterus sp. (an Plagiotrochus Kifferianus Tavares ?). Irregolari ingrossamenti dei giovani rami, di forma per lo più suh- a o subcilindrica, lunghi 1-2 cm., forniti nell’interno di numerose Piccole cavità abitate dalle larve del cecidozoo. i ue Questa deformazione ci ricorda quella analoga della Quercus Cerris a prodotta dal Newroterus macropterus. Parco reale di Caserta, 5 gennaio 1900 (A. Trotter!). «i (1) Nel lavoro del Mayr è citata anche dell'Italia (Firenze). 1 ‘poli), 4 gennaio 1900 (A. Trotter! 370 ENTOMOCECIDI ITALIANI 31. Plagiotrochus Ilicis (Lichtenstein) Mayr 1881, Genera der Gallenbewhon. Cvynip. p. 32, Die europ. Arten. d. Gallenbewohn. Cy- nip. p. 33, Andricus I. Liehtenstein 1887, Bull. Soc. Entomol. de France . 102, e Annal. Soe. Entom. de Franee. sér. V t. VIL; Kieffer, Les Cynipides p. 91 n. 85, pl. XXI fig. 15 e 15 a (galla); Targioni-Tozzetti, Relaz. intorno ai lavori della R. Staz. di Entomol. Agraria di Firenze, per gli anni 1883-85, p. 44: De Stefani T., Produzioni patologiche delle do piante ete., in « Agrie. Calabro-Siculo » anno XXIII 1898. DA Forte ispessimento delle giovani foglioline, irregolare, subgloboso d o più o meno appiattito, pluriloculare, appariscente d’ambo i lati della lamina, talora interessante 1 intera foglia, quando questa però sia di piccole dimensioni. Il Plagiotrochus Cocciferae (Lieht.) Mayr, produce una galla somi- È gliante su Quercus coccifera. a Secondo Mayr l’insetto esce in maggio dello stesso anno. n (ee) 5 gennaio 1900) (A. Trotter!). Parco reale di Caserta, 32.? Trioza sp. Piccole fossette del diametro di circa 1 mm. disseminate irregolat- mente ed in vario numero sulla lamina fogliare, con la con cavità cor- rispondente alla pagina inferiore. Ogni fossetta è occupata da un unico cecidozoo. Recentemente il De Stefani descrive tale deformazione come prodotta dalla PsyMla ilicina n. sp. ( « Nuovo Gior. bot. it. > V. VII, Hd, BB: E90L, p. 446, n. 13, Una eguale deformazione è già nota per la Quercus Cl erris, cd an- che in Italia fu già segnalata dal Massalongo (« Nuovo Gior. bot. it. 1895 p. 45 al n. 33). — Cfr. anche: Sehlechtendal, Gallbildg. n. 197. Parco reale di Caserta, 5 gennaio 1990, Parco reale di Capodimonte (Na- VOuereceus peduneutata Ehrh. 33. Andricus hystrix Trotter 1899, Riv. di Patol. vegetale, al i no VII p. 381 n. 29, tav. XVIII fig. 13 (galla) fig. 7 fon ap- 3 parato sessuale ); Kieffer, Les ‘Cynipides p. 496 n. ; pl. I: fig. 5 (galla); De Stefani T., Nuovo Gior. bot. it. v. VII, n. ig an. 1901, p. 451, n. 29; Cecconi, Galle di Vallombrosa, IV Contrib. n. 15. Era nota più comunemente della Queres sessiliflora Sm. var. pie bescens Will. Al Bosco Fontana presso Mantova, marzo 1900 (A. Trotter !). 34.#* Andricus lucidus Hartig var. erinaceus Trotter 1900 , « Kieffer, Les Cynipides » p. 476 n. 49 bis, pl. XXV fig. 8 | Da i ALESSANDRO TROTTER 371 Galle somiglianti a quelle del tipo, differiscono per le dimensioni più piccole, per aver le appendici lunghe solo 2-4 mm., un po’ assot- tigliate all'estremità, e striate longitudinalmente. L'insetto differisce essenzialmente por le antenne di 12 art., anzichè di 15, e per la spinula ventrale un po’ più assottigliata. Al Bosco Fontana presso Mantora (1), autunno 1897 (A. Trotter!). Vuercus Pseudo-Suber Santi. 30. Arnoldia sp? Ingrossamento della costa o delle nervature fogliari, analogamente a quanto ho già descritto per la Quercus Cerris (Atti Soe. Nat. di Modena, an. XXXI, 1898, ser. III v. XVI p. 9 n. 39). Recentemente la stessa galla fu segnalata anche sulla Quercus ostryaefolia Borb. dal Baldrati ( Nuovo (Gior. bot. it., 1900 n. 1 p. 59 A kl Cage in a di Caprino, prov. di Verona, settembre 1890 A. Goiran pr: 36.*? Trioza sp. è Fossette fogliari simili a quelle già indicate per la Quercus Mew e, (n. 32) AL « Cerro » in prov. di Verona, settembre 1899 (A. Trotter!). Ouercus sessiliflora Sn. 57.**? Cynips Caput Medusae Hartig. Mi occupo di questa specie di galla, già trovata molte volte in Italia, ù per segnalare, non so se una nuova particolare forma, o pinttosto uno Stranissimo easo di deformazione. Come è noto, le appendici caratteristiche di questa galla, sono piut- tosto lunghe e sottili, verso l’apice anzi un po’ acuminate, e provviste inoltre lateralmente di altre più sottili appendici quasi filiformi. Orbene in un esemplare del Modenese, ed in parecchi altri, probabilmente del Napoletano, che ho recentemente osservati nel Museo zoologico della R. Università di Napoli, nella piccola collezione di galle del defunto Prof. Costa, le appendici sono invece assai più brevi, tutte più o meno saldate tra loro fin dalla base e conerescenti, inoltre poi, qua e là ri- gonfiate od altrimenti ingrossate. Oltre a ciò, le sottili appendici late- rali mancano quasi affatto, o sono più corte e più grosse che negli in- dividui normali (Fav.-XV fig. 6). # (1) Nel lavoro del Kiefter (1. e.) è per errore indicato « environs de Verone ». | i 372 ENTOMOCECIDI ITALIANI Dato che questa gallanon rappresenti una distinta forma della Cynips Caput-Medusae, od anche una nuova specie (1), potrebbe essere inter- bi pretata, o come una forma puramente teratologica, cioè come un caso CE di fasciazione delle appendici normali, oppure come dovuta all’influsso ? di qualche particolare specie di commensale, il quale, deponendo le uova nelle appendici ancora assai tenere ed alla loro base, provoche- rebbe delle locali ed irregolari ipertrofie nel tessuto gallare, cosicchè si avrebbe una galla in un’altra galla. Debbo inoltre aggiungere che nell’esemplare del Modenese, proba- bilmente sopra Quercus pedunculata , la galla si comporta, 1 rispetto al frutto, non come nella C. Caput-Medusae ma come nella €. calicis; per cui la prima volta, quanto mi capitò tra mano questo esemplare, pen sai subito ad un possibile caso di coesistenza dei due diversi cecidozoi e ad una conseguente mescolanza delle specifiche sostanze cecidogene- tiche, ad una sorta cioè di ibridismo. (Tav. XV fig. 7). Ouercus sessiliflora Sm. var. pubescens Will. 38. Andricus Kirehsbergi (Wachtl) Mavr 1882, Die curop. Arten der Gallenbewohn. Cynip. p. 23, Aphilothràr K. Waehtl 1876, Verh. zool.-bot. Gesellsch. in Wien, Bd. XXVI p. 714, taf. XIV fig. 3 a de d, A B © (galla) — Schleehtendal, Gallbildg. n. 209; Kieffer, Les Cy- nipides p. 111 n. 151 e p. 481, pl. XI fig. 10 ab (galla): De Stefani T., Nuovo Gior. bot. it., vol. VIII n. 3, an. 1901, p. 452 n. 32. — (ynips gemmea nomen Giraud 1859, Verh. zool.-bot. Gesellsch. p. 572; Mayr, x ._ Mitteleurop. Fichengallen in Wort und Bild. 1870, Erste Hilfte, p. 35 n. 44, taf. IV fig. 44 (galla). (Tav. XVI fig. 8). Galla non molto appariscente, globosa, del diame- tro di 3-5 mm., di un colorito, secondo l'epoca, bruno-rossiecio 0 bruno- scuro per lo più uniforme, la quale si sviluppa a spese delle gemme di ramoscelli giovani o aduici: Secondo Waehtl anche da gemme di grossi e vecchi tronchi La superficie di dfibaa galla è caratteristica per numeros® € pie- cole appendici regolarmente disposte tutto all’ intorno , alla sommità della galla qualche volta conerescenti, appendici che si attenuano un poco verso l’apice rimanendo però sem pre ottuse (2). Sono lunghe cine Mi viene or ora gentilmente comunicato dal Prof. Mattirolo, un altro esem- | plare n questa galla, raccolto dal Dott. F. Vignolo-Lutati a Castelletto d' Alba mo Piemonte. Questo accenno ad una larga ERROR geografica mi fa ognor più con. cuba si ai di una nuova specie di galla. Pe 2) In causa di tali appendici potrebbe venir scambiata per una galla di Andricus. : lucidus assai piccola, o abortita. ALESSANDRO TROTTER 375 I mm., ed osservate con leggero ingrandimento, si mostrano talora con qualehe solco o doccia longitudinale , e con l'apice un po’ tomentoso. Al di sotto del sottile tessuto esterno, provvisto delle qui deseritte ap- pendiei, e che talora disseccandosi si serepola, trovasi la camera lar- rale, assai ampia, limitata da sottili ma robuste pareti, costituite da 1-9 assise di cellule fortemente selerose. Benchè io non abbia mai potuto ottenere finora il vero produttore della galla, che mi sembra di difficile allevamento, non dubito si tratti della specie su citata, poichè i caratteri morfologici della galla vi cor- rispondono perfettamente. Al Bosco Mantico, dintorni di Verona, autunno-inverno 1898-99 e 1899-900; al Bosco della Fieuzza presso Corleone (Palermo), 3/ dicembre 1899 (A. Trotter!). 39.*#* Andricus sp. (Tav. XVI fig. 9). Assieme alla precedente, e più comune, ho trovato un’altra gal- - letta delle gemme che un attento esame mi fa convinto essere distinta da quella, malgrado che l'epoca della sua apparsa, una certa analogia nella interna costituzione, possano farla credere identica alla prima. Essa è pure globosa, del diametro di 3-6 mm., alta un po’ meno, | cosicchè appare come leggermente schiacciata ai due poli. Si differenzia dalla precedente per le seguenti particolarità. Anzichè aver delle ap- pendici a guisa di aculei , è fornita invece di piccole creste irregolari, dentate, di un aspetto soveroso, le quali partendo dall’inserzione della galla vanno a convergere in modo abbastanza regolare all’ estremità opposta , e talora il punto di convergenza di queste creste è costituito da un sottile apice acaminato. Queste creste sono ordinariamente in Numero di 10-15 e considerate singolarmente si mostrano sull’ apice sinuose , quasi dentellate , e spesso solcate nelle due facce. Istologica- mente, tra le due galle non ci sono differenze tali da saltare subito «ERIGERE a benhio: ad ogni modo mi sembra che il tessuto involuerale di que- Sta abbia delle cellule con pareti un po’ più spesse che nella prece- dente, ed il tessuto protettore seleroso, 1-2 assise cellulari di più. Neppure di questa galla ho mai potuto ottenere il produttore. Al Bosco Mantico, dintorni di Verona, autunno inverno 1898-99 e 1599-HW) (A. Trotter). 40. Cynips ambigua (Trotter) Trotter 1900, in « Kieffer, Les Cynipi- des » p. 556, pl. XXV fig. 4 (galla), Cynips corruptriv Sehl. var. ambigua iu 1899, Riv. di Patol. vegetale v. VII fase. 9-12 p. 381 n. + .- XVII fp. 8 (galla). — Cynips sp. Trotter 1898, Zoocecid. Flora n II Contrib., n. 24. 374 ENTOMOCECIDI ITALIANI Per uniformarmi anche al parere del Prof. J. J. Kieffer, tengo come specie a sè la Cynips corruptri» Schl. var. ambigua Trotter, deseritta in precedenti mie pubblicazioni. 41. Cynips conifica Hartig var. longispina Kieffer 1900, Les Cynipides p. 54I. Ho già descritta questa galla come, probabilmente, una varietà del- la Oymips conifica Hartig, nei « Zoocccidii della Flora mantovana, Se- condo contributo » al n. 23; di questa da ora alla tav. XVI una figura (fig. 10 e 10 a). Ho ottenuto l’insetto in marzo del IH anno. Differisce dal tipo per le antenne di 14 art., per la colorazione del corpo, e per la spinula ventrale più lunga (2). Io già fatto notare le differenze tra le due galle (.1. e. ): aggiun- i gerò che talora, però di raro, ho potuto osservare dei piccoli esempla- ri ad estremità quasi emisferica, come è rappresentato dalla figura 10 (lettera 2). Oltre che nel Mantovano (Bosco Fontana), 2 ho raccolta varie volte anche net Veronese (Bosco Mantico). 42. Cynips polycera Giraud var. subterranea ((irand) Kieffer sr 1900, Les Cynipides p. 523-24 pl. XII fig. 4-5 ( galla), Cynips subter- s ranea Giraud 1859, Verh. zool.-bot. Gesellsch. in Wien p. 341; Mayr, Mitteleurop. Fichengallen in Wort und Bild, Erste Hàlfte, p. 20-21, taf III, fig. 23 a (galla): Sehleehtendal, Gallbildg. n. 205: De Stefani T., Nuovo -Gior. bos. it., v. VIII, n. 3, an. 1901, p. 452 n. 33. Galle sviluppantisi dalle gemme dei rizomi, o da quelle del fusto nella sua porzione sotterranea, per lo più in pianticelle giovani 0 cespugliose: non sono quindi facilmente visibili, essendo ricoperte dalla terra 0 dal muschio. Sono d’ ordinario raggruppate in mazzetti di più galle : in “qualche caso ne ho contate sino venti. Quando sono fresche hanno bel colore rosso vivo, bruno-scuro invece quando sono secche. La loro forma può essere ricondotta a quella di im cono inserito per il suo ver tie, e con la base che si espande più o meno all’infuori in appendiet triangolari un po’ appiattite. Talora invece tutta l'espansione si inflette all’insù determinando una specie di coppa. È alta in media 5-10 mm. ed è costituita, quand’ è matura, da un tessuto lignificato. Nella por- zione centrale vi ha la camera larvale, limitata da un distinto tessuto protettore che costituisce la galla interna. Ho ottenuto 1’ insetto dalla fine di novembre ai primi di dice dello stesso anno. a mbre Verona, al bosco Mantico, novembre 1899 (A. Trotter !). Fà ALESSANDRO TROTTER 375 Ouercetus Suber |. 45.* Arnoldia s Ingrossamenti delle nervature fogliari analogamente a quanto ho già riferito per la Quercus Pseudo - Suber Santi (v. n. 35). Al Bosco della Ficuzza presso Corleone (Palermo), 81 dicembre 1899 (A. Trotter!). 44.# Lepidopterocecid. Rigonfiamento, per lo più unilaterale, dell’asse, all'estremità dei germogli, di color bruno rossiccio. Nell’interno, quando la galla è secca, si osserva una cavità più o meno ampia, determinata dalla corrosione del bruco. Una deformazione somigliante ho già indicata per la Quercus Cerris (« Ricerche intorno agli Entomocecidi della Flora italiana » n. 15, ta- vola IX, fig. 8 e 8 a) Al Bosco della Ficuzza presso Corleone (Palermo), 87 dicembre 1899 (A. Trotter!). Salix incamna Schr. 45. Cecidomyine. — Cfr. F. Liw, Verh. d. zool.-bot. Gesellsch. Bd. XXVII an. 1877 p. 36, taf. I fig. 15 (galla); Schlechtendal, Gallbildg. Zweiter Nachtrag p. 15 (n. 332). Rigonfiamento subfusiforme della costa — talora anche del piecio- lo — lungo 4-7 mm. 1.5-3 mm. grosso, appariscente d’ ambo i lati, nella pagina superiore però meno prominente ed un po’ colorito in rossatro. Nell’interno, vi ha una piccola cavità abitata da un'unica larva di color carneo , somigliante a quella di Cecidomyia Salicis. Analoga de- formazione , ma di proporzioni assai più piccole, si rinviene su Salire aurita, caprea , cinerea, purpurea, ed è prodotta dalla ('ecidomyia ner- vorum Rieffer (— noduli Riibsaamen). A Studena Bassa, dintorni di Pontebba (Friuli), agosto 1899 (A. Trotter !). 46. Perrisia marginemtorquens | Winnertz) Kieffer 1898, Sy nopse des Céeidom. p. 11, Cecidomyia m. Winnertz 1853, Monogr. der | Gallmiick. p. 223; Bremi, Monogr. der Gallmiick. p. 27 n. 31, taf. Il fis. 32 (galla); Kieffer, Diptéroeécid. Lorr. n. 143: Schlechtendal, Gallbilag. n. 338, e Gallbildg. Zweiter Nachtr. p. 15: Hieronymus, Si Europ. Zoocecid. n. 513, 526, 547; Riibsaamen, Berlin. Entom. Zeitschr. - Bd. XXXII an. 1889; Heft I p. 70; id., Gallmiiek. und Gallen des P'eesrlandes, an. 1890 p. 48 n. 170: Martel, Cécidies des environs d'El- ENTOMOCECIDI ITALIANI beuf, I Liste n. 98: Cameron, On the Galls of Mid-Cheshire, P. II p. 4, pl. IV fig. 14 (galla), in « Manchester Microscop. Soc. » an. 1892. Arrotolamento od accartocciamento marginale più o meno lungo della foglia verso la pagina inferiore. Nell’ interno vivono Po larve che si trasformano nello stesso anno entro la galla. Il Fockeu (« Réch. anatom. sur les galles » an. 1896, p. 102) cita questa galla dieendola comunissima in Italia; non so però dove abbia , attinta tale notizia che eredo errata. Dintorni di Pontebba (Friuli), agosto 1900 (A. Trotter!). 47. Grapholitha Servilleana Dup. — Kieffer, Lépidoptéroeéeid. Lorr. 1. 8; Sehlechtendal, Gallbildg. n. 329; Kaltenbach, Flanzenfeinde ete., da: p. 574; Corti, Galle della Valtellina, n. 76. ingr fusiforme dei giovani rametti, lungo 1-2 em. € del diametro di 4-8 mm. Nell’ interno, nella porzione centrale, vi ha un'u- nica camera larvale di forma allungata. Ad « Aupa » dintorni di Pontebba (Friuli), agosto 1899 (A. Trotter!) Salix Myrsinites |. 48. (1) Cecidomyia Salicis De (ieer 1782, Abl. zur (esch. d. Mmseet. t. VI p. 156 pl. XXVI fig. 7: Trotter, Riv. di Patol. vegetale v. VII 1999; p. S61 n. 45, Su tale substrato non era ancor nota in Italia. Ghiacciaio della Ventina a 2000 m. s. M., agosto 1899 (Prof. M. Bezzi !). 49,# Nematus gallarum Hart. (N. viminalis Zadd., N. Salieis ei nercae Retz.) E muovo substrato. Ghiacciaio della Ventina a 2000 m. s. M., agosto 1899 (Prof. M. 3ezzi !). Salix purpurea |. 50. Cecidomyia rosaria Il. Liw var. strobilina | Bremi 1847, in « Monogr. d. Gallmicken » p. 22 n. 19, taf. IT fig. 23 (galla), sub Cecidomyia strobilina; Corti, Galle della Valtellina, n. 74). — Kieffer, Mo- uogr. d. Céeidom. in « Ann. Soc, Entom. de France » v. LXIX, an. 1900, pl. 34 fig. 1 (galla). (1) Questa ed altre specie galligene dei Salici furono recentemente da Kieffer ascritte al vecchio gen. Rhabdophaga Westw. 1847. e n Mn ii eis Eta SERIES PR; \: Di » Billa Ng di ei Sla È lia SE PERE ASA 4 ap ALESSANDRO TROTTER HYK4 Ho già descritta un po’ diffusamente questa galla, che è simile : quella di Cecidomyia rosaria, in un mio precedente lavoro (Zoocecidii Flora Modenese e Boghiani, al n. 65). Ho ottenuto posteriormente anche l’insetto , il quale esce dalla galla dalla fine di marzo ai primi di aprile del secondo anno. Questi non differisce affatto dalla C. rosaria H. Lòw, ciò che del resto anche Giraud, già fin dal 1861, aveva potuto ve- rificare ( Fragments entom. II Dipter. gallicol. p. 481-482 (1)) per cui anche la galla dovrebbe esser chiamata con lo stesso nome. Siccome però questa è ben distinta da quella della predetta specie così non credo inopportuno distinguerla come varietà biologica, adottando il nome imposto già da Bremi all’ ra che lui riteneva però specifica- mente distinto. Alla località già indicata nel mio precedente lavoro aggiungo or: le seguenti : Lagonegro (Basilicata), giugno ser (Prof. Adr. Fiori !); ad « Aupa » din- torni di Pontebba (Friuli) , agosto 1899 (A. Trotter!) ; San Severino (Marche), luglio 1897 (Prof. M. Bezzi !): pei ni di Bologna, giugno 1899 (Sig. Attilio Fiori !) soceabioszaa sp. 51.* Cecidomyine. Accartocciamento marginale della foglia, specialmente alla sua base, accompagnato da leggera ipertrofia e da pubescenza biancastra. Questa deformazione potrebbe esser dovuta alla Perrisia Scabiosae Kieff. la quale deforma i germogli di Scabiosa columbaria che si rive- Stono pure di pubescenza biancastra. Pascoli del « Fortin » presso Pontebba (Friuli), agosto 1899 (A. Trotter !). Silene italica Pers. 52.2 Gelechia cauliginella Schmid. — Kaltenbach, Pfianzenfeinde cte. 1874, p. 51 n. 34; Massalongo , Bull. Soc. bot. it., 1897 p. 137 n. 57; Kieffer, Lépidoptérocécid. Lorr. n. 20; Sobibabianda), Gallbildg. n. 108: Trotter, Zoocecid. FI. mantovana. II Contrib. n. 66: Darboux et Houard, Cat. syst. Zoocécid. Europ. ete., p. 424 n. 3550 fig. 744 (galla). Ingrossamento fusiforme del fusto, in corrispondenza degli inter- i ii = 3 x j Li ic D nodii, lungo 1-3 cm. , provvisto nell’ interno di un’ ampia cavità entro (1) Verh, zool. hot. Gesellsch. in Wien, XI Bd. 1861. ENTOMOCECIDI ITALIANI cui vive il bruco che si trasforma entro la galla. In ‘corrispondenza della deformazione il fusto è decolorato, giallastro. Su tale substrato non era ancor stata segnalata in Italia. A Paola (Calabria), giugno 1899 (Prof. Adr. Fiori !). Famarix (? gallica L.) 53.**? Lepidopterocecid. (Tav. XVI fig. 11). Rigonfiamento dei giovanissimi rametti, fusiforme, lungo 4-10 mm. 2-3 mm. grosso, provvisto nell’interno di una cavità bruno-rossiccio, abbastanza ampia. Trovansi già descritte varie galle dei Zamarix teressante raccogliere qui sotto la bibliografia) in massima parte prodotte da Lepidotteri; nessuna però di queste mi sembra corrispondere alla (delle quali credo in- presente. Nel Regio Orto botanico di Catania, 27 dicembre 1899 (A. Trotter!). Alpino Prosp. — De Plantis Aegvypti, an. 1640, Cap. IX. Amblard L. — Note sur mme galle du Tamarix brachystylis (« Ann. Soc. Entom. de France » sér. III, t. IV, an. 1856, p. 169-172, pl. IV, « Mém. Soc. biol., III, Paris 1856, p. 163-166). Beauvisage G. E. Ch. — Les Galles utiles, 1883, p. 85. Bergenstamm et Liw — Synops. Cecidom., p. 77 n. 416, e p. 93 n. DIS. 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Vulture, valle del Nucelleto (Basilicata), giugno 1898 (Prof. G. Pao- Jetti !). Trifoliun purpureunai lois. 55.* Perrisia axillaris (Kieffer) Kieffer 1898, Synopse des Cé- . cidom. p. 7, Dasyneura a. Kieffer 1896, in « Wien. Entom. Zeitg. » Jahrg. XV, III Heft p. 87: id., « Berlin. Entom. Zeitsehr., » Bd. XLII, pag. 21. Deforma le gemme ascellari o terminali. Le brattee divengono iper- trofiche, e tra loro ravvicinate, ricoprono le parti più interne abortite. Questa deformazione ricorda quella prodotta dalla Perrisia ignorata (Waehtl, ) K. su aleune Medicago. i Nell’interno vivono aleune larve di color rosso - carneo le quali si trasformano in terra. Dintorni di Pontebba (Friuli), agosto 1899 (A. Trotter !). 'Trifoliunai subterraneunai l. 5. Tychius polylineatus (term. — Kicffer, Coleoptérocécid. Lorr. n. 34: Sehlechtendal, Gallbildg. n. 908 e 918: Kaltenbach, Pflanzen- «_ feinde cete. 1874 p. 125 n. 7; Hieronymus, Furop. Zoocecid. n. 802; Darboux et Houard, Cat. syst. Zoocecid. Furop. ete. p. 465 n. 3904, fig. 817 (galla). #0 90 ENTOMOCECIDI ITALIANI x È l’autore delle galle da me già descritte e figurate nel precedente lavoro « Contributo alla conoscenza degli Entomocecidi italiani » (n. 49 tav. II fig. 7), al v. VII di questo periodico. Questo Cureulionide, cortesemente determinatomi dal Prof. Andrea Fiori, fu già ottenuto da galle somiglianti su 7rifolium arvense e 1. pratense. La trasformazione ebbe Imogo fuori della galla l’insetto perfetto si mostrò nel marzo del secondo anno. Nicastro (Calabria), giugno 1899 (Prot. Adr. Fiori !). Vacciniun Myrtillus |. 57. near e e « Zeitschr. f. Naturwiss. » Bd. LXIV P x ligliothie, ela fivonio quelle dell’ estremità dei germogli , si mostrano ripiegate ed accartocciate verso la pagina superiore, e talora si ricoprono mutualmente le une con le altre come nelle galle del Pr- nus spinosa, prodotte dalla Perrisia tortri» (F. Low) Kieff. Questa deformazione, che ho raccolta troppo tardi per potervi rin- venire le larve, è probabilmente prodotta dalla Perrisia, Vaccinzi (Riibs.) Kieff. (1) e fu già rinvenuta in Italia, a Chavanis presso Cogne (Aosta agosto 1899 (A. Trotter!) dal Thomas (cfr.: Ribbsaamen, 1. e Sopra il Fortin, dintorni di Pontebba (Friuli), (1) Ruùbsaamen, « Entomol. Nachricht. » Jahrg. XXI n. 17 p. 258, an. 1895 (sub Dichelomyia); Schlechtendal, Gallbildg. Zweiter Nachtr. p. 38 (sub Dichel. Myrtilli Riibs. in litt.) — Kieffer, Synopse des Céeidom. p. 14. brio. * RE Nematus gallarum (Saliz Myrsinites) . INDICE DEI CECIDOZO! DITTERI (Cecidomyidne) PI ? geo sp. (Quercus DEE Suber) . a n Sp. (Quercus SU p A ‘ È Pi . ‘ asphomastia Sarotham i (Optics scopariu 5) pi Sd pieno var. lic bilina (Satie purpareni VE PUUR: icis (Salice artt) s i " - i è . aio prede Igaris) È È ” è È } A Atriplex hastata) È i . . ; , . crm mà salicifotium) P x È verr v oeuo e e v_p 2 = è & è Z sQa°l SER S D & sp.) on ‘ dersa racc Atyrittu ua È È x t * È ) " “ PRA ns (Peucedan Ceroaria) << Po\oiccia a ? Perrisia satin i Prot petto sat Alni ( hd aria) . = i Ma i Kiefferi (Artemisia camphorata) Schizomyia Pimpinellae (Peucedanum pate E] nei » sp. (Phillyrea latifolia e angustifolia) . A x o È È ( Trypetidae) Mvopites stylata (Iraula riscosa) . IMENOTTERI (Cynipidae) Andricus Iystrix (Quercus pedunculata) 5 ‘ é a Ce » Kirchsbergi (Quercus cn eni db). i » lucidus var. erinaceus (Quercus paconiaia) i * sp. (Quercus 1 var ni x è Aulax Latreillei (Glechoma heder. var. hirsuta) . . ; b. - è Lo » conifica var. msg (Quercus sess. var. pub.) » polyec. var. subterr. (Quercus sess. var. Qud) . |». . - Dryocosmus australis GUN New) . 4 Neuroterus » (Quercu dea 6 } Plagiotrochu Ilicis {quer en). Rep Sarre Phollitcopodos lista vibiinea) - i à (Tenthredinidae) VVSVIVEVIELVVVSvVvIVEssrvisvavye x vw s vw Vw YU wu vi » x peo ALI n avebbto 15 Aphididae a inc 1 ; 1 i . x s ; Ù $ A do E » (In cosa RE e AR ME ( ue rem 5 x ? î A : ; i : Ri. (Cam nula “round ; i) ? mipteocntà. (Osyr minc T » 22 pes st rewortwn Sbandiam). à ì è , È " Sta RE Fiona: x Joe ex). RAR SE AR ? Trioza sp. dirinari Psetudo-Suber). Srna >» 96, LEPIDOTTERI ? Cochylis sp. (Artemisia cacrulescans) . |... . +. 4-0 >» Geleenia ciiviaelta bela er » 52 rapholitha cc Figa acute mbgna) rn » 47 een sp. (Populus nigra) . DEIRA I i i E RAI E DR Lep oplerococid (Genista asthmensis) 3 SERA È 4 pe Meo cri, Quercus Suber) . i » i: U » (Ta ioni AE si A 4 Oa saw È s » 00 COLEOTTERI Tychius polvlineatus (Trifolium subterraneum) n - - , ; : È dt INCERTAE SEDIS » 10 EMITTERI Su Eupatorium cannabinum . i i R P 5 È è P > SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tavora XV. Fig. 1 — Galle di Genista aethnensis (gr. » nat. 2 — Galle di Myopi er su Inula ario a infiorescenza deformata, d infiorescenza normale (gr. n — Galle di Phode per ae: in a una di queste galle tagliata per il lungo, onde iostrare la camera agro (gr. nat.) bd w rai | TH 25 SE hizom » 5 — Galle di Prunelta vu dire x sae (gr. na ».7- - Altre galle anormali di Quercia che ricordano quelle della Cynips calicis (gr. nat.) - Tavora XVI. Fig. 8 — Tre rametti di Quercia con galle di Andricus Kirchsbergi (gr. na b). i cali ia der n di De con galle di Andricus sp.: in a si vede la superficie ester na a camera larvale (gr: nat.) nie calle di Curnsene conifica var. ioagumna: 10 a, una galla tagliata per il mezzo | (gr. nat.) » 11 — Galle di nà È z una galla sezionata pe » camera lar val » 12 — Spatula sternale delle larve di Cecidomyine d yrus pri tina Lane ingr.) » 13 — Spatmla sternale. den larve di Cecidomyine i cina rulgaris (molto ingr.). | omyia sp. su Phillyr.a latifolia: a galle, d frutti normali (gr. nat.) (gr. 6 — Galle singolari di Quercus sessilifiora che ricordano quelle di C,nips Caput Medw- ii gi n MAS PRETI SZIA TEC E A Fans DEE Di Me Wa Send LA x ai Sa e SregseliAfyfoni Asca Since? TAV IL RIV. PATOL.VEGET. ANNO IX. Neg % RIV PATOLVEGET ANNO RO TO CINA È Rebaga del RIV PATOLVEGET ANNO IX LA feffopi Hezza SLroced Y 4 6 Hibaga del firenze LitA Aagfoni LS late È aa Arne cavi di £ RR PRI pera ti x Sag CI SL ui . C; - . “ i » Li . CC Rbaga del. SregreltAhufgifaza Slncel TAV. VI pi al cala Pre H Lu] de] DI e tali 2 a er, > ek #91 09:90 s95 » ® o %000.* \e P, LTS \ TM SET N FAIR pa Va? op: DI Ah, FÀ Hi DE d Berlose dl nat del ef I \ I | TAV. VIII RIV PATOL VEGET. ANNO. IX. | dt, | P Fa ae firepze Lit A fuffogi lazzo $ Erove Îl A Berdese 54 n01 del et hth è E e: PE ITER | RIV PATOL. VEGET. ANNO IX. | TAV. IX. VIPECGE 400 c9Ds, PRAIA È A Berlese dl nat del 28 hf ; ; RIV PATOL.VEGET. ANNO. IX. O: ti scia TAV.X. RATTO LIOAI e! ld * ad DI ‘ RITI. DRY, 03093903040) Q gus 590%; va) 90. I Berlese ed n3t del 24 1A. e ni si ta rta ' supe fa » 4 sE rai a er: Gera Losi 1a | RIV PATOL. VEGET. ANNO IX ssa TAV: XI. I/O : 173 CA) DOGS it] LI AA ® A Berlose 4 13} del VAIZA TAV. XII. RIV PATOL.VEGET ANNO IX ; i saio ne CORTA VIE PA LIA ss soi SME MRI ba e ren Soa MIAO Ha Saar Die di . A Berlese od nat del et Kb RIV PATOL.VEGET. ANNO IX 247 an 248. ; A luffogi! A Berlese ad nat del et hh È DE RIV DI PAT VEG. ANNO Îx. TAV XV A Berlese ine. Firenze Lit A_Ruffoni ‘RIV.DI PAT. VEG. ANNO IX. A Berlese ine. Firenze Lt A Ruffoni GHERMOTHEGA ITALICA CONTINENS exiccata (in situ) Coccidarum plantis, praecipue cultis, in Italia occurrentibus, obnoriarum. Il primo, secondo e terzo fascicolo di questa pubblicazione del Prof. Berlese e Dottor Leonardi, sono già usciti alla luce da tempo ed hanno incontrato il generale favore dei Botanici, Entomologi, e studiosi di Patologia Vegetale. | I fascicoli contengono ciascuno 25 specie di cocciniglie, in sito, sulla parte della pianta su cui stanno in natura, opportunamente disseccate. | CER iunta, per ciascuna specie, dei danni che arreca alla pianta, del modo l'habitat preciso. | I venticinque fogli in ( ‘cartolaro e disposti secondo l’ la sinonimia e un breve cenno di evitarli e circa al- 4°) sono assieme custoditi in apposito indice contenuto nel fascicolo. Nel terzo fascicolo si sono introdotte anche due specie esotiche della massima importanza, cioò VAspidiotus (Aonidiella) perniciosus — e la Icerya Purchasi che si sono fatte venire di fuori. Prezzo di ciascun Fascicolo Lire it. 10 (dieci). A. BerLese e G. LEONARDI Altre pubblicazioni — Cenni intorno alle Cavallette che in Italia danneggiano le e 33 incisioni nel testo. . + ,00 odo di combatterla 1,00 . A. BERLESE. le campagne (con tre tavo 92. A. Beruese. — La tignola del. melo ed il m (con tav. color. ed ni e» 3. A. Bertese e G. LEONARDI. — Cocciniglie americane che mi- nacciano la frutticoltura Europea (con 47 incisioni nel testo) » 2,00 4, A. BERLESE. — Gli acari agrarii (con 112 incisioni intercalate). >» 8,00 - C. Ripasa. — Insetti nocivi all Olivo ed agli Agrumi (con 130 incisioni nel testo) . + . » 2,00 sì occupa delle malattie delle piante, delle cause che Je | producono, sieno queste dipendenti da parassiti vegetali od en oppure sa SS id I Direttori Prof. Augusto Berlese, Mitglied der international. phyto- pathologischen Commission. — Prof. Antonio Berlese, foreign member of the Association of Economic Entomology, (AMI i NISTRATORE) - PORTICI. i