rst trat stent tato Fa si, 3 face Dei : . tes ST ario -- . ù esta È: = > È dt e. - ian III ca HARVARD UNIVERSITY ri] IUS] LIBRARY OF THE Museum of Comparative Zoology ao i; ui Mo N Pac Ma AE Vi, VI Ù a i Di) PALE Mix rÀ par. k Call TATA N i | ATA 4 j y MIR, Ì I tb : 2) ; ATE VOI | A] | d “ À y Le ti Ù OA f Li RR ANO ui { } i be n ì DI, x ‘ w A è | 4 Ù È )) i x ‘ nata RIA i put Ret CANTA TOTI , DL, Ve LO ; 4 i AG NOA 7 tha Ri ) N U ù) RAY VIALI h 84% : Do ù i RIVISTA MENSILE “studi di scienza pura ed applicata. SUL MARE E SUOI ORGANISMI © c Commentario Generale per le alghe a seguito della NoTARISIA | Direttore: — Dott.. Dì LEVI- MORENOS Sommario del Numero 4 = i.-Gennaio 1894 ‘AI lettore (fuori testo). i Risultati della spedizione oceonografica del Pola (estate 1890) . » Rici S. A. I. il principe Alberto di Monaco 3 : ; se 24 RECENSIONI La fisica del Mare Platania G. — I fenomeni sottomarini etc. ; x CARI Pao Gli animali marini I Lavori divers, di Lockwood - Plateau - Famintzin - È e - 29 Le alghe del mare e d'acqua dolce, Daungear»d — Vari studi sugli organismi intermediari fra ‘piante ed animali ; » 40! Be Bruyne — Le Monadinee e le Chitridiacee parassite | delle alghe nel Golfo di Napoli i » 41 Bittscehli — Sull’accrescimento dei bacieri e d'altri organismi » 42 Geografia Bctanica, marina Hielimann — Orig. d. flora dei mari di Bering e d'Ochots. » 44 Kokowitz — La Vegetazione nel Golfo di Danzica . agi 45 Wiccone A. — Diversi studi sulla distribuzione batimetrica | di alcune alghe, sulla florula di Caprera, sulla costituzione Î mineralogica del suolo in PARROE to colla ricchezza delle piante marine . < È . >» 49-52 BIBLIOGRAFIA , Tani studi di Oceanografia fisica . : È Sr 53 Direzione ed Amministrazione della Neptunia DD: D. LEVI-MORENOS . SA S. Samuele, 3422 = Venezia 64, ©) Prem. stab. tipo-lit. Ferari, Kirchmayr e Scomgi E 9) T---+- dd {HE = _W0UAWOOREZE <Ò© @i:iiii]ixix @& Imhof — Notizie sulla fauna pelagica della laguna di Venezia Pag. 1 Eiaxmwéey — I Cistocarpi e gli Anteridi di Catenella Opuntia » 5) Levi-Roremos Db. — Sul nutrimento preferito dalle larve | di alcuni insetti ed applicazione pratica di questa cono- scenza all'allevamento dei Salmonidi. x x i Se 7 siazioni, istituti, laboratori marini. fer Laboratoire maritime de Lue-Sur-Mer . . È ; Dei dat: Stazione biologica marina a Sebastopoli » 21 ; spedizioni e Campagne Oceanografiche. So Pubblicazioni riguardanti le campagne scientifiche futte da I} LA NEPTUNIA Anno TI. 1. Gennaio 1891 INSSOE, Notizie sulla Fauna pelagica della lasuna di Venezia PEL Dott. Ottmar Emilio Imhof. L'acqua della Laguna di Venezia è poco salata. Studi fatti sopra alcuni fiumi alla loro entrata nel mare, pel dott. Lorenz, hanno dimostrato, che l’acqua dolce dei fiumi non si mischia poco a poco all’ acqua salsa, ma che al contrario si trova alla foce dei limiti abbastanza marcati fra le acque di differente salsedine. La corrente che viene lungo la Dalmazia e che trasporta molti organismi di pic- cola e grande dimensione dalla parte più profonda dal Mar Adriatico nel Golfo di Trieste, passa poi dalla parte di Venezia per continuare il suo viaggio lungo le rive del- l’Italia, fa rinnovare in modo costante l’acqua delle Lagune di Venezia, insieme col flusso e riflusso del mare. In questo modo nuovi organismi sono sempre trasferiti nelle Lagune. Si è per questa rinnovazione perpetua delle acque, che si trova nella Laguna una ricca, abbondantissima popola- zione di alghe e di animali, specialmente di dimensioni mediocri e sottili, popolazione che si può chiamare Fauna e Flora pelagica poichè vive sempre natante nel mezzo dell’acqua salsa. Le cognizioni sugli organismi microscopici delle La- gune di Venezia sono ancora molto ristrette. Nell’ anno 1880 il signor professore Maggi di Pavia'dava una lista dei Dinoflagellati di acqua dolce con note sulla distribu- zione geografica. Si vede da questa lista che una specie pie era sta ita nell ac — ticum di Sc onto: 9 ne; di specie viventi nell'acqua salsa St pochi vivono b: nell'acqua dolce. Tutta la serie abitante nel mare, mo- a 4 stra un’aspetto molto singolare e interessate ; per esempio: Cladopyaxis brachiolata Stein, Ceratocorys horrida Stein, Orilhocercus magnificus Stein. Sarca La bibliografia su questo gruppo d’animali mierosco- 1, pici è molto ricca. Già EQrenderg, e primo ancora altri, per esempio 0. Fr. Miller, hanno conosciuto alcune specie di Dinoflagellati. Dal tempo di Ehrenberg le conoscenze su questi Microzoi furono aumentate da tutta una serie di lavori importanti. Sono da ricordarsi gli autori Claparède e Lachmann, Bergh, Pouchet, Murray, e in modo speciale Federico Stein. Nei giorni 12, 13 e 14 di ottobre dell’anno 1885, mal- grado il tempo piovoso colla reticella di seta, a maglie strette, raccolsi materiali nel Camale Grande, nel x*orto di Lido e Porto di Chioggia, i quali ma- teriali mostravano allo studio microscopico alcune specie di questo gruppo di Dinoflagellati marini. Di più raccolsi di- verse specie d’un altro gruppo di Protozoi, delle Tintinnodea. Le Tintinnodea rappresentano una famiglia isolata che deve, secondo le conoscenze più recenti, esser riferita al gruppo Infusoria heterotricha. Il carattere speciale si trova nel possesso di membranelle frangiate e nella costruzione di conchiglie in gran parte somiglianti a quelle del genere Difflugia della classe: Rhizopoda. Nella bibliografia troviamo i nomi di: O. N. Muller, Schrank, Ehrenberg, Dujardin, Claparède e Lachmann, Stein, Haeckel, Leidy, Sterk, Fol, Saville, Kent, Entz. Due generi solamente contengono specie viventi nell’ac- qua dolce. Sono: Tintinnidium Sav.Kent(Tintinus Schrank) e Codonella Haeckel, Nelle acque salse la famiglia in que- SRRgO > PR stione è rappresentata da differenti specie dei generi: Co- donella, Dictiocysta e Cyttarocylis. Nelle Lagune di Venezia furono trovati nel mese di ottobre 1885 le seguenti specie di questi due gruppi su- nominati. Protozoa : Mastigophora : Dinoflagellata : Goniodoma acuminatum Stein. Peridinium :Michaelis EAg. » divergens Ehg. » dilatatum PoucA. Ceratium furca Ehg. » var. contorta Pouchet (dilatatum Gourrel). » hexacanthum Gourret. » tripes Ehg. » fusus Ebg. Dinophysis homunculus Stein. Nel Mare Adriatico si trovano, oltre alle dette specie sunominate secondo la monografia di Federico Stein: Dinopyxis laevis Stein. Cenchridium rugulosum St. Clathrocysta reticulata SH. Pyrgidium constrictum Sf. Quarnero Pyrgidium mitra St. » Ceratocorys horrida St. » Ceratium candelabrum St. » Phalacroma speculatum SI. Dinophysis sacculus St. Quarnero. Ornithocercus magnificus St.» I Dinofllagellati servono in parte alla nutrizione di animali, e si trovano in parte fissi al fondo, in parte vi- venti liberi, vicino alle rive e sul fondo o viventi natanti nella regione pelagica. Nominiamo le seguenti specie di diversi animali nei quali Stein ha trovato dei Dinoflagellati : Lr, Echinodermata: Crinoidea: Comatula mediterranea Lam. Asteroidea : Ophiotrix fragilis O. F. Miller. Vermes: Chaetopoda : Sabella Tosephinae Grube Serpula vermicularis ni Tunicata : Tethyodea: Cynthia microcsomus Cuv. Tante volte questi Dinoflagellati si trovano ancora non digeriti, onde il tratto digestivo degli animali sunominati e di molte altre specie di questi generi o della loro classe rappresentano luoghi ove si possono trovare i Dinoflagel- lati seguenti : Protozoa : Infusoria: Tintinnodea. Codonella campanula EAg. » ventricosa CI. e Lach. » radix Imh. Dictyocysta templum Haeckel. Una sola specie nuova fu da me caratterizzata : Codonella radix. La forma della conchiglia rassomiglia ad una ra- dice con incrostazione di piccoli fragmenti estranei, forse di sostanza minerale. La dimensione totale della lunghezza è di 0,480 mm. La parte anteriore è cylindrica ed ha un dia- metro di 0,048 mm. La parte posteriore ha la forma d’un cono molto allungato. Senza dubbio ricerche più profonde e con bel tempo, faranno trovare ancora diverse altre specie di Dinofia- gellati e di Tintinnodea nelle Lagune di Venezia in uno luogo così proprio, che credo molto ricco di animaletti microscopici. Spero che un’ altra volta avrò la desiderata opportu- nità di continuare colla mia reticella gli studi nelle La- gune di Venezia. Î Cistocarpi e gli Anteridi di Catenella Opuntia (Goodw. et Wood.) (rev. Del signor R. F. Harvey-Gibson, Professore di Botanica nel Collegio Universitario di Liverpool. I Cistocarpi della Catenella Opuntia, (Good. et Wood.) Grev. Sono pochissimo conosciuti e la loro intima strut- tura ed il loro sviluppo sono quasi affatto ignoti. Il 18 Dicembre 1890, communicai alla Società Lin- neana di Londra, su questo soggetto una monografia della quale la presente è una ricapitazione. Un abbondante prov- vista di materiale fu ottenuta, nell’ Ottobre 1890, dalla Sta- zione Biologica di Liverpool a Ruffin Island in Nord Gal- les, essendo le piante, fornite di Cistocarpi, Anteridi e tetraspore. I Cistocarpi si trovano sui rami eretti e sono immersi in ramoscelli, sferici, speciali che sorgono dalle articola- zioni o singoli ovvero a due a due facendo angoli .retti. Ogni ramoscello contiene dai 50 ai 150 procarpi, dei quali, però pochissimi vengono a maturità, sebbene i più sieno fecondati. Ogni ramoscello ha pure una grande cellula cen- trale, dalla quale si ramificano parecchi filamenti articolati. Questi filamenti formano una specie d’ epidermide pe- ricentrica e vicino alla superficie terminano in fili di pic- cole cellule simili a quelle che formano lo strato periferico di un ramoscello ordinario. Dai filamenti sorgono i sistemi carpogenici ciascuno nella sua condizione non fertilizzati consistenti di una cellula carpogenica, una cellula trichosfo- rica, ed un lungo lungo delicato trichogino che perfora lo strato periferico ed apparisce alla superficie come una corta projezione diritta o leggermente inclinata. Dopo la fecondazione ciascuna cellula carpogonica produce da 12 a 30 carpospori, un ramoscello maturo con- st aa tiene 12-20 Cistocarpi. — Molti cistocarpi rudimentali sono visibili vicino alla periferia, ì cistocarpi maturi es- sendo generalmente quelli formati dalle cellule carpogeni- che più vicine alla cellula centrale. Gli anteridi sono parimenti formati da ramoscelli spe- ciali. Ogni anteridio ha la forma di un minuto cumulo che sotto il microscopio mostra una parete di piccole cel- lule periferiche dalle quali si formano, specialmente alla base della concavità, cellule leggermente allungate, i di cui apici divengono disgiunti per convertirsi in pollinoidi. Questi cadono nella cavità sotto la cuticula, ed escono per mezzo di rottura o disintegrazione. Litteratura Goodenough et Woodward. Observations on the British Fuci. Linn. Soc, Trans. III, p. 219, Greville, Algae Britannicae, p. 167. Turner, Synopsis of British Fuci, p. 388. Harvey, Phycologia Britannica, PI. LXXXVIII. Crottau, Flornle Finisterie, p. 108. Tab. 10. 1. G. Agardh, Epicrisis Syst. Florid. 586. ilmmek, Meeresalgen. p. 186, Buffam, Antheridia of the Florideae. Iour. Queckett Mier. Club, 2. Sez. III, p. 207. Schmitz. Syst. ibers. d. Florid. Flora 1889, D. LEVI-MORENOS. Sul nutrimento preferito dalle farve di alcuni insetti ed applicazione pratica di questa conoscenza all’ allevamento dei Saimonidi. Da ‘alcuni anni, ricercando negli stagnetti formati dal Piave, in vicinanza di Belluno, materiali per i miei studi, ebbi campo di raccogliere e studiare più volte delle curiose larve d’insetti, che mi erano del tutto scono- nosciute. Avendole spedite una prima volta, nel 1888, al- l’illustre entomologo Targioni-Tozzetti direttore della R. Stazione d’Entomologia Agraria di Firenze, seppi per gen- tile e pronta risposta che dette larve appartenevano a Dit- teri e più specialmente alla famiglia dei Culicidi. La cat- tiva conservazione delle larve, causata forse da un liquido difettoso non permise una più specificata determinazione. « Ad ogni modo sono insetti, mi scriveva il Targioni Toz- » zetti, che si nutrono di piccolissimi animali acquatici, e » non attaccano minimamente le piante viventi nell'acqua ». Di poi, in una seconda spedizione fatta allo stesso Re- gio istituto di Firenze le larve, essendo assai meglio con- servate, poterono esser riferite al genere Chironomus, ed io stesso in seguito, avendo ottenuto dall’allevamento della larva l’insetto perfetto, potei accertarmi, per confronto su materiale favoritomi dall’illustre zoologo, mio amico P. A. Ninni, che si trattava del Chironomus plumosus 0 di specie assai affine. Trovai allora in alcuni miei appunti bibliografici che il Lefevre, un valente acquicultore della Somme, fa- ceva esteso cenno delle larve di Chironomus plumosus nel Moniteur de la Pisciculture dal 1886. Il Lefevre pone queste larve fra le più utili e le più facili a raccogliersi per la nutrizione degli avannotti,"che sì tengono prigionieri nei trogoli per poi seminarli nel- l’acqua libera. Detto autore soggiunge, senza alcuna espres- SS sione dubitativa, che le larve di questo dittero delle Tipularie culiciformi sono carnivore. Sembra perciò che dai zoologi sì ritenga con sicurezza essere il reggime di queste larve carni- voro. Ma dalle osservazioni ch'io ebbi occasione di fare per tre anni di seguito potei invece convincermi, che esse larve si nutrono esclusivamente 0 quasi di diatomee. Trovai uno straor- dinario numero di detti insetti negli stagni del Piave per lo più sul Hydrurus foetidus e sulla Oscillaria ni- gra ma queste due alghe servivano si può dire di sostegno ossia substrato ad una sterminata quantità di diatomee ap- partenenti ai generi Cymbella, Ceratoneis, Odontidium, Meridion, Navicula, il tutto unito insieme in un feltro mu- cillaginoso, che nell’Hydrurus tappezzava i sassi nell'acqua corriva, coll’Oscillaria invece rimaneva adagiato sul fondo in un'acqua piuttosto stagnante. Aggiungerò pure, non fosse altro che per la celebrità del sito, un’ altra stazione ma non bellunese, in cui rinvenni pure in gran copia larve di Chi- ronomus però frammiste ad altre di ditteri diversi per carat- teri morfologici che li allontanavano dal genere menzionato. Questa stazione è Piazza S. Pietro in Roma a piedi delle due fontane, opposte alla Basilica che tutta la Cristianità conosce. L'acqua delle fontane ossia spinta dalla sua pro- pria forza e dalle oscillazioni dell’aria, ossia rimbalzando sui marmi viene ad irorare le pietre circostanti. Su queste trovasi una splendida vegetazione di microfiti fra i quali abbondano le oscillariacee. Come predominante noto un Hy- pheothrix, forse VH. Leukherii K. (specie che rinvenni pure nel bellunese in analoghe condizioni di suolo e di acqua) ed altre schizofite aclorofilliche, ma sovra tutto eravi una straordinaria quantità di diatomee. L'analisi microscopica dei tubi gastrici di oltre due- cento di queste larve di Chironomus prese in mesi di- versi, dal marzo al luglio, negli stagnetti del Piave, e nel mese di ottobre in Roma, mi permise di constatare questi due fatti : 4 ar alti SAR ni I. Le larve di Chironomus sì nutrono soitanto di diatomee. e non di organismi animali che pure in non piccola quantità si trovano a portata delle larve. II. Quando assieme alle diatomee sono ci altre alghe o parte di queste (Scenedesmus, cellule d’Hy- drurus, tricomi d’oscillariacee, filamenti d’Ulothrix) deve ri- tenersi che ciò avvenga o accidentalmente o per nutrirsi del mucco involgente. E questo arguisco dal fatto che le cellule dell’Hydrurus, dell’Oscillaria etc. non vengono in- taccate nella loro parte endocromatica. .Nei filamenti di Ulothrix invece alcune poche cellule mostravano varia- mente intaccato il loro endoplasma ma la maggior parte sì presentava ancora in ottimo stato. Quindi reputo che le cellule intaccate lo fossero solo per avere nella membrana qualche soluzione di continuità, dovuta a cause traumatiche diverse. Il mezzo da me usato per raccogliere dette larve è semplicissimo, tale che potrebbe applicarsi con grande fa= cilità alla raccolta in grande, per uno scopo pratico. Presa, radendo il più possibile la superficie, una grande quantità della sostanza mucillaginosa che tapezza lo stagneto e le pietre la si lascia qualche ora in un recipiente qualsiasi: le larve variamente frammiste alla sostanza vegetale ven-. gono a poco a poco fuori verso la superficie o salgono sulle pareti del vaso fino a dove arriva l’acqua che deve essere in piccola quantità. Passando sopra a questo strato brulicante di larve con un penello o con una spazzola si viene ammuchiando gli insetti ai lati, potendosi in tal modo raccoglierne un grandissimo numero. Più sopra riportai le parole in un valente piscicultore, che trovò vantaggiosissimo di porgere di queste larve per nutrimento ai pesci gran- dicelli che si conservano nelle vasche ed anche agli ava- notti che si allevano nei truogoli. Venendo adunque al lato pratico della questione, ecco i vantaggi che presenta que- sto cibo vivente, per la nutrizione dei pesci che si allevano ie mediante razionale coltura, e specialmente pei giovani sal- monidi. I. La grande abbondanza delle larve laddove esse tro- vano condizioni opportune d’esistenza. II. La facilità della raccolta. III. Il poter somministrare agli avannotti preda vivente, la quale essi appetiscono assai più che le sostanze nutri- tive morte come cervella di ruminanti, sangue coagulato ecc. IV. Il poter disporre di queste larve in quei mesi (Febbraio, Marzo, Aprile, Maggio) în cui riesce maggior- mente difficile al piscicultore il procurarsi altri esseri viventi ; (come pesci di poco valore) per cibare gli avan- notti. Al piscicultore quindi non deve tornare indifferente la storia biologica d’un insetto che può, nello stato lar- vale riescirgli così utile. I fatti riportati più sopra sul nu- trimento del larve di Chironomus ci abilitano a procu- rare una moltiplicazione straordinaria dell'insetto laddove esso manca, creandogli quelle condizioni d’esistenza assai facili ad ottenersi e che sono necessarie per la vita della larva. Il Blanchard sino dal 1866 nella sua opera : « Le poiîssons des eaua doux de la France» parlando delle con- dizioni necessarie alla propagazione dei pesci, nota che il togliersi, come s’usa, le erbe acquatiche troppo spesso è una fra le non piccole cause che rovinano la piscicultura d'acqua dolce. Osserva questo valentissimo ittiologo che l’erbe acquatiche assicurano non solamente un buon esito alla fregola dei pesci ad uova aderenti, ma anche /a mol- tiplicazione degli insetti destinali a nutrire i pesci d'ogni genere. Ma noi oggi possiamo dire ancor più e meglio, poichè possiamo studiare quelli piante occorrano per lo sviluppo di quegli insetti che maggiormente sono appetiti dai pesci; possiamo indicare in quali condizioni si sviluppino queste piante e quindi le larve d’insetti. Il pratico deve quindi rivolgere l’attenzione sua non solo alle piante in ESRI E ga genere; ma anche a queste speciali, che gli possono tor- nar utili, potendo per. mezzo d'esse procurarsi con poca fatica un nutrimento abbondante e assai appetito dai sal- monidi ed in generale dagli avannotti carnivori, il che vuol dire, da quasi tutte le specie che s’ allevano nella pisci- cultura d’acqua dolce. Ragioni materiali, per l'ufficio in cui mi trovo, non mi permisero di fare un’esperienza alquanto estesa sull’alle- vamento di queste larve, perciò ho creduto conveniente render di pubblica ragione quanto sopra, nella speranza che qualche pratico voglia e possa fare un'applicazione in grande, creando se non vi si trovano già, in vicinanza dei corsi d’acqua le condizioni di terreno che permettono lo sviluppo delle alghe su nominate (1). D. Levi MoRENos. Belluno, Novembre 1890. (1) Vedi, per la bibliografia, i miei lavori : D. Levi-Worenos — Appunti algologici sulla nutrizione dei girini di Rana esculenta — Rendiconti della R Acc. dei Lincei. Vol. IV, fasc. 8; 2. semestre. Roma, 1888. Idem — Importanza dei vegetali nella vita degli animali acquatici Veneto Agricolo, N. 1-2. Venezia 1889. - Idem — Ricerche sulla fitofagia delle larve di Friganea — Notarisia anno IV, N. 15. Venezia, 1889. Edem — Elenchi di diatomee rinvenute nel tubo digerente di. ani- mali acquatici. Serie Ia = Notarisia, t. IV, N. 16. Venezia, 1889. Idem — Alcune idee sulla evoluzione difensiva delle diatomee in rapporto colla diatomofagia degli animali acquatici — Bollettino della Società Ital. dei Microscopisti. Vol. I. fasc. III Acireale, 1890. Laboratori, Istituti, Stazioni Marine. Laboratoire maritime de Luc-sur- «Mer. (Annexe de la Faculté des Sciences de Caen.) I. Historique. L’idée première de la création d’un laboratoire ma- ritime sur la còte du Calvados appartient à M. Eudes Deslongchamps, ancien professeur à la Facultè des scien- ces de Caen. En 1880, le Conseil general du Calvados, se rendant aux raisons invoquées par M. Deslongchamps, vo- tait l'acquisition de la propriètè de Caumont, è Luc-sur mer, moyennant une somme de 80.000 francs. La proprié- taire avait mis comme clause à la vente que l’Etablisse- ment projété porterait le nom de son mari, M.° Arcisse de Caumont, archéologue et savant normand, fondateur de l’Institut des provinces. Le 15 juin 1880. M-" le Ministre des l’Instruction publique confiait à M." Eudes-Deslongchamps la direction du Laboratoire qu'il a gardée jusqu’au mois de janvier 1883, epoque à laquelle il est passé, sur sa demande, de la chaire de zoologie à la chaire de géologie et paléontologie nouvellement créée. Du mois de javier 1883 au mois de novembre 1886 le Laboratoire de Luc a été dirigé par M- Delage aujourd- hui professeur à la Sorbonne. Enfin depuis le 7 décembre 1886 jusqu'à ce jour, c’est M.' Joyeua Laffine, professeur de zoologie à la Faculté des Sciences de Caen, qu’en a la direction. II. Description de Laboratoire. Le Laboratoire se compose de deux corps de bàti- ments. L’un d’eux est une grande remise dallée ou l'on depose le charbon et tous les objets encombrants. Le se- Pil e, La VA cond se compose d'une partie centrale à deux étages et de deux ailes qui n’ont qu@un rez-de-chaussée. L'une des ailes contient deux pièces et est affectée au logement du gardien. Le corps central et la seconde aile constituent le Laboratoire proprement dit. Le corps central comprend, au rez-de-chausée, deux grandes salles, une plu petite et un cabinet. L’une des grandes salles contient les Collections ; l’auntre est convertie en atelier. Les autres sont amenagées pour servir de salles de travail. ; Au premier étage se trouvent deux pièces et un ca- binet. L’une des pièces, garnie d’armoires vitrées, sert de bibliothéque et de magasin pour les instruments: délicats et les réactifs précieux. La seconde et le Cabinet servent de laboratoire au directeur de la station. Au deuxième, se trouve une vaste mansarde transfor- mée en magasin genéral pour la verrerie, les réactifs etc. L’aile qui fait pendant au logement du gardien con- stitue l’aquarium. Dans la cour, entourrée de murs, située derrière le laboratoire a été éleve un pylòne de 15 metres de hauteur qui sert de support à un moulin à vent à désorientation automatique, système nouveau qui lui permet de fonction- ner par les vents modérés et de résister aux plus furieu- ses tempètes. Ce moulin actionne une pompe et sert à puiser à la mer l'eau dépensée dans le laboratoire. Une tour cylindrique, de la hauteur d’un premier étage, bàtie à còte du pylòne soutient une cuve en ciment d'une contenance de 21000 litres. Cette, cuve regoit l’eau pompéee par le moulin et constitue une réserve suffisante pour les temps ou le vent est nul ou trop faible pour faire tourner le moulin. Par un vent moyen, le moulin et la pompe marchant sans interruption peuvent remplir la cuvé entièrement en moins de vingt heures. L'élevation de la cuve au dessus du sol permet de EST distribuer l’eau sous pression dans toutes les pièces ia l'ez- de-chaussée et du premier étage. i Les salles, aménagées pour recevoir une quindi de travailleurs, sont pourvues de plusieus prises d'eau de mer, au moyen desquelles il est facile de conduire celle ci dans tous les points de chaque pièce et d’entretenir une circulation continue dans les caisses de verre, baquets, cristallisoirs, etc, où sont conserves vivants les animaux soumis à l’étude. Chaque travailleur a son robinet spécial et peut distribuer à son gré l’eau de mer dans l’espace et les réservoirs qui lui sont attribués. Des déversoirs conduisent au dehors l’eau qui s’écoule continuellement. L’aquarium proprement dit est une pièce longue dont le sol est enduit de ciment. Quatre bacs à parois de verre d’une contenance de 200 litres environ sont construits de- vant autant de fenètres. L’eau leur arrive so::s une pres- sion de 1]2 atmosphère environ; distribuée par des pipet- tes coniques ayant l’orifice étroit, elle est lancée avec une force telle qu'elle emmagasine dans l’eau du bac un vé- ritable nuage de bulles d’air et entretient sans frais et sans grande dépense de liquide une aération excellente. L’eau qui circule dans ces bacs tombe dans des ré- servoirs cimentés, situèés au dessous d’eux au niveau du sol et qui peuvent servir à conserver les animaux qui recher- chent l’obscurite. Un appareil à pisciculture à cinq bacs, fonctionne dans un autre coin de la salle. Enfin, une table en pierre est dresée au milieu et sert aux dissections des animaux volumineux. A l’exception d’une seule, toutes les salles sont exposées au nord, avantage très apprécié de tous ceux qui s'occu- pent de recherches histologiques. Le laboratoire est d’ailleurs situé au bord de la mer SSA 1 dont il n’est sépare que par un chemin de quelques mètres de largeur. Enfiu la Station posséde une embarcation, le Nauplivs, chaloupe a demi pontée de 5,29, assez fort pour trainer au large par des profondeurs qui n’excedent pas 40 mètres, la drague, le fuubert et les divers engins destinés à la recolte des animaux. HIHI. Fravaux accomplis dans le ELaboratoire. Le Laboratoire maritime de Luc-sus-mer est fré- quenté par deux catégories de travailleurs; les elèves de la Faculté de sciences de Caen qui se préparent à la Science es sciences naturelles, et /es savanis qui viennent y faire des recherches originales. Les éleves de la Faculté s’occupent exclusivement de la determination des animaux marins qu’ils vont chercher sur la grève ou qui leur sont rapportés des dragages, et de la dissection des principaux types appartenants aux dif- ferents groupes zoologiques. Voici maintenant la liste des travaux originaux qui unt été entrepris au laboratoire de Luc depuis l'année 1883. 1883-1884 MM. Delage. 1.° Achévement d’un travail sur les Schizopodes marins paru la mème année das la Archives de Zoologie expé- rimentale. 2.° Continuation et achèvement d’un travail sur la Morphologie et l’Embryogenie des Cirripedes Rhizo- cephales, Il fit cette année là, à l’Académe des sciences les trois communications suivantes sur ce travail : a) Sur l’anatomie et la physiologie de la Sacculine A l’état adulte: ata b) Sur la Sacculine interne, nouveau stade de dè- veloppement de la Sacculina Carcini : c) Sur l’Embryogéne de la Sacculina Carciui, cru- stacé endoparasite de l’ordre des Kentrogonides. Le Roux. 3.° Etudie la glande du Canal du sable des Oursins, ce travail n'a pas encore été publié ; 4.° Il a commence des recherches sur le système ner- veux de Poissons. Le Sénéchal prèparateur, chargé de la collection. 5.° S’est attaché à l’etude de la faune cotière ; Letellier. 6.° a étudie les Glandes annexes du tube digestif chez les Gasteroprodes ; 7. et les Concretions du corps des Bojanus des Acè- phales. 1884-1885 Delage. — a fait paraitre les travaux suivants : 1.° Histoire de la Sacculine, 270 pages, 9 pl. dans: Archives de Zoologie experimentale; 2.° Sur la circulation des crustacés schizopodes (Zo- ologische Anz.); 3.° De l’existence d’un système nerveux chez Pe/to- gaster (Comptes renius); 4.° Sur la struciure et le mode d’accroissement des fanons de Baleénopteres (Comptes rendus). 5.° Sur le système nerveux des Planaires acoeles et sur un nouvel organe des sens de Convoluta Scul- tzii (Comptes rendus). 6.° Mémoire sur le Balanoptera muscùlus, echouè è Langrune, (21 pl.) 7.° Contribution è l’étude des Kentrogonides, avec 1 pl. 8.° Etudes histologiques sur les Planaires acoeles, avec 2 pl. 255 pe Le Roux. 9.° a continué ses recherches sur l’Histologie et les Ho- mologies du cerveau des poîssons osseux ; Denicker (Russe). 10.° a continue ses recherches sur les Singes anthro- poides. Letellier. 11.° a termine son travail Sur les calculs de l’organe de Bajanus chez les Lamellibranches ; Le Sènéchal. 12.° a dressé une première liste des Anmaua marins de la còte du Calvados i comprenant les Crustacés, les Brygozaires, le Hydraires et les Poissons. Topsent. 13.° a commencé un travail sur la Biologie et la morpho- logîe des éponges perforantes du groupe des Olionides : Dangeard. 14.° a commence des recherches sur les Champignons inferieurs parasites des Algues; Chevrel. 15.° a commence un travail sur le Système nerveua sym- pathique des Poissons : Debray. 16.° a fait une Collection d’Algues de la còte, offerte au Laboratoire. Thomson. (Ecossais) 17. est venu du laboratoir d’ Edimbourg à la station de Luc pour comparer la faune de la Manche avec celle des còtes de la mer du Nord. — 8B8_- 1885-1886. Delage. — a fait paraître dans les Archives de Zoologie experimentale: 1.° Sur le système nerveux et sur quelques autres points de l’Organisation du Peltogaster. 2.° Etudes histologiques sur les Planaires rhabdocceles acceles (Convoluta Schultzii). Leroux 3.° a terminé son travail sur le système nerveux des poissons; Dangeard a publie: 4.° Note sur le genre Vampyrella; 5.° Sur un nouveau genre de Chytridinées, parasite des Rhizopodes et des Flagellates, ; 6.° Sur un Chytridium endogène; 7.° Recherches sur les organismes inférieurs. Topsent a publie. 8.° Note sur les Spicules acérés fasciculés de la Cliona alata ; 9.° Note sur des Thallophytes perforants qui ont été pris pour des prolongements périphèriques des ésponges perforantes. 10.° Catalogue des ésponges recueillies sur les còtes du Calvados (1886). Le Sénechal. 11.° a entrepris l’étude de la faune du Canal de Caen à la mer et a signalé, en particulier, la présance près de Caen du genre Balanus. 1886-1887. Joyeux Laffuie. — a fait paraître les notes suivantes; 1.° Sur l’organisation des Chloremiens (Comptes rendus); 2.° Recherches sur l’organisation des Chetoptères; 3.° Sur le Chlorema Dujardini et le Siphonostoma di- plochaitos : MOR Letellier. 4.° a mis la deruière main à son travail sur les Calculs de l’organe de Bojanus; Leroux 5.° id. sur le Systeme nerveux des Poissons; Dangeard 6.° a continué ses recherches sur les organismes inféè- rieurs et a fait paraitre plusieurs communica tions dans divers recueils. Topsent © a presque achéve son travail sur les Cliones. 1887-1883. Joyeux-Laffuie. 1.° Sur le sistéme nerveux des Cheptoteres (Compts rendus). 2.° Sur le Delagia cheetopteri (Comptes Rendus) 3.° Un travail complet sur le Delogia (Archives de Zo- ologie experimentale). Huet. 4.° Note sur le Bucephalus Haimeanus. 5.° Description d’un parasite nouveau du Cardium edule. Le Roux — a publié sou travait sur l’histologie et la mor- phologie du système nerveux des poissons. 6.° Il s'est en outre occupé de recherches sur l’ana- tomie des Annélides Polychètes. Le Sénéchal. 7.° Note sur des monstruosités presentées par les Dé- capodes brachyures. i Dangeard a Continué ses recherches sur les animaux infé- rieurs et a publié entre autres: 9.° Note sur la gaine foliaires des Salicornieae; 10.° Observation sur la structure des Salsoleae; 11.° Les Pérediniens et leus parasites ; 12.° Recherches sur les Algues inferieurs etc. Loca Topsent. 13.° Note sur 2 crustacés: Paratania forcipata et Triatela gibbosa : 14.° Note sur les prétendus prolongements périphériques des Cliones : 15.° Sur un cas de différenciation remarquable d’un tube génital màle d'une holothurie (Cucumaria pontactes); 16.° Note sur les gemmules de quelques silicisponges marines. 17.° Publication de son travail Contridbution è l’etudes des Cliondes. Letellier Publication de son travail: Etude de la fonction urinaire chez le Mollusques acéephales. 18.° Note sur l’emploi d'une nouvelle masse à injection aux Vanadate d’'ammoniaque et à l’acide tannique (trouvée au cours de ses recherches au laboratoire): 19.° Etude sur la composition de la bile du Mîle. 20.° Note sur la formation des tubes calcaires du Ga- strochena dubie, ed du G. modiolina. 1888-1889. Joyeux. Laffuie. 1.° publie dans les Archives de zoologie experimentale un mémoire sur l’Organisation des Cheetoptères. Dangeard. 2.° continuent ses recherches, sur le algues inférieures. Topset. 3.° Idem sur les Eponges de la Manche. Letellier 4.° soccupe de la glande de la Pourpre des Mollu- sques au sujet de laquelle une note a été publiéèe dans la Comptes rendus, SAR) gara Stazione biologica marina a Sebastopoli. Sì sta progettando una stazione marina, che sarà della più alta importanza sorgendo in una regione sino ad ora non sufficientemente studiata sotto i suoi vari aspetti fisici, zoologici e tecnici. La stazione verrà fabbricata a Sedastopoli, la città famosa per il suo assedio durante la guerra di Crimea, e comprenderà tre piani, dei quali il primo viene destinato all’Aquarium, il secondo al laboratorio ed il terzo alla biblioteca, al Museo ed alle stanze private per abitazione del direttore. Le costruzioni saranno fatte, in generale, secondo il sistema seguito nella grande stazione Zoologica di Napoli ma in un piano assai ridotto. É aperta una sottoscrizione, la quale fu iniziata con una privata donazione di 500 rubi. Daremo a suo tempo maggiori notizie in questa sta- zione che auguriamo di veder presto aperta ed in attività di funzione. DEE: Spedizioni e Campagne oceanografiche ERtisultati della spedizione oceanografica del « Pola » (estate 1890). L’I. R. Accademia delle Scienze di Vienna organizzò nel decorso estate una vera Campagna talassografica che l'Accademia stessa ha intenzione di riprendere in quest'anno e negli anni venturi. La commissione scientifica era così composta : I. DL Maren Keller e D. Grobben per l’oceanografia, zoologia e botanica. Il DI Luksch per la fisica del mare. Lt Ore Il D.' Natterer per le ricerche chimiche. Il signor Lange — preparatore. Comandante la spedizione: il capitano Morth dell’I. R. Marina Austro-Ungarica. Per' l’allestimento della spedizione, che fu imbarcata sulla piro-corvetta governativa « Pola », venne assegnata la somma relativamente tenue di 18.000 fiorini. Il 20 Agosto il « Pola » salpò dal porto omonimo di- rigendosi da prima a Corfù poi a Zante ed a Cerigo, nelle quali località si fermò alcuni giorni per niiziare le prime ricerche oceanografiche. La spedizione si diresse in seguito verso la costa africana e si fermò alla distanza di 15-40 miglia dal continente verso Bengasi. Altre stazioni sì fe- cero in diverse località sino a che il « Pola » ritornò il 19 Settembre al porto di partenza. Il percorso totale fu di 2016 miglia marine; le sta- zioni fatte per lo studio batimetrico, la fauna e la flora etc. furono 48 di primo e 24 di secondo ordine. Quantunque questa campagna abbia avuto una breve durata, pure si fecero osservazioni parecchie e di non pic- cola importanza sulla profondità e composizione del fondo marino, sulle correnti e temperature a diverse profondità, e natura e sulla composizione delle sostanze disciolte nel- l’acqua sulla vita organica etc. Si fecero anche diverse osser- vazioni meteorologiche. Le ricerche batimetriche furono ese- guite coll’apparecchio di Jules Leblane di Parigi. La massima profondità riscontrata fu di 3700 m. fra Malta e Cerigo. Interessanti furono le osservazioni fatte sulla profondità a cui penetra la }Juce. Si usarono dischi proiettori e plac- che fotografiche: un disco bianco fu visibile solo sino a 43 m.; mentre piastre fotografiche reagirono ancora a 500 metri. Le temperature furono studiate con molta cura, e così pure si riscontrò la densità di differti strati del mare in 300 località diverse. Si ricavò che l’acqua del bacino cen- Egon trale del Mediterraneo è più calda, più densa e più ricca di contenuto salino dell’occidentale. Il chimico Natterer potè, durante il viaggio stesso de- terminare che il tempo non porta alcuna alterazione alla costituizione dell’acqua marina. A partire dalla superficie del mare la quantità d’ossi- geno da principio cresce a causa dell’abbassamento di tem- peratura, poi s'abbassa assai lentamente, così che a 3000 metri la quantità ritorna ad essere uguale a quella della superficie. In nessun caso fu trovato dell’ acido carbonico libero. Le sostanze azotate in soluzione sono in ragione inversa della profondità. L' ammoniaca varia entro limiti assai ristretti, tuttavia si trova in maggior quantità negli strati più profondi. I risultati zoologici e botanici non furono molto ricchi ed a causa della breve durata della spedizione e per le dif- ficoltà lella pesca, impedita dal mal tempo. Tuttavia si fe- cero drenaggi al fondo di differenti profondità ed alla su- perficie. A 680-1770 m. si rinvennero le varie specie ca- ratteristiche, come la Brisinza mediterranea, Polycheles typhleps, Bacthypterois longifilis, Haplosthetus mediter- raneus, Spinax niger. etc. Alla profondità di 2000 m. fu rinvenuta un’alga che sembra identica alla Halosphaeria viridis Schmitz del- l’ Atlantico. Infine, l’altezza delle onde non fu mai superiore a m. 4,5 e la loro durata periodica non ha mai sorpassati i 7 secondi. Gli anemometri, pluviometri ed igrometri fun- zionarono regolarmente e le osservazioni furono registrate con apparecchio automatico. Sua Altezza Reale il Principe di Monaco ed il di lui assistente barone de Guerne pre- senziarono le prime ricerche. Un esteso resoconto di questa campagna viene pubbli- cato negli atti della accademia delle scienze di Vienna. (D. L. M.) cupa Spedizione Norvegese. Da lungo tempo si sta progettando in Norvegia una spedizione al polo Nord. Ora il Dott. Nansen viaggiatore di bellissima fama avrà la direzione scientifica ed il capitano Sverdrup sarà il comandante nautico. Il parlamento Norvegese ha votato i fondi necessari per la spedizione polare, che salperà nella primavera del 1892. Pubblicazioni riguardanti le campagne scientifiche fatte da - S. A. S. Il Principe Alberto di Monaco (Résultats des Campagnes scientifiques accomplies sur son Yacht par S. A. S. Le Prince Albert de Mo- naco publiés sous sa direction, avec le concours de M. Jules Guerne, chargé des travaux zoologiques à bord). Richiamiamo l’ attenzione dei nostri lettori su questa importantissima pubblicazione, fatta con quell’abbondanza7 di mezzi e profondità di studi e ricerche che sono solo possibili data la posizione sociale del direttore dell’ opera, S. A. Reale il principe Alberto di Monaco, ed il di lui amore per la scienza. Il principe si propone di pub- blicare successivamente un seguito di lavori di natura di- versa ma riguardanti la navigazione, l’idrografia, la fisica oceanografica, nonche gli animali marini (sistematica, a- natomia comparata ete.). I materiali di studio furono per- ciò suddivisi fra diversi scienziati specialisti. La parte zoologica, la prima ad essere pubblicata com- prenderà : Se apvil Mollusque marins des îles Acores — Daulzenberg. Crustacés décapodes — Milne-Edwards. Amphipodes — Chevreaux. Cestodes et Trématodes — Moniesz.. Stellérides — Perrier. Spongiaires — Topsent. Bryosoaires — Julien. Alcyonnaires — Studer. Tunicies — Korotne]f. L’opera viene stampata a Monaco nella stamperia gover- nativa su carta di forma speciale fabbricata appositamente. La vendita è fatta dalla libreria G. Masson di Parigi, la pubblicazione si fa per fascicoli editi ad intervalli non prestabiliti ed a prezzi diversi. Il primo fascicolo (Mollusques marins des iîles Acores per Dautzenberg) che contiene pure 4 grandi tavole, di cui due colorate, fu posto in vendita al prezzo d’It. L. 20. Di Li M. RECENSIONI Platania Giovanni. — I fenomeni sottomarini du- rante l’eruzione di Vulcano (Eolie) nel 1888-89. — Atti e rendiconti dell’Accademia di Scienze, lettere ed Arti di Arcireale. — Nuova serie. Vol. I. — 1889 — pag. 16 e tre tavole. Le ricerche e notizie sulle manifestazioni subacquee delle forze vulcaniche sono piuttosto scarse, sia per la dif- ficoltà che presenta l’osservazione e studio del fenomeno, sia perchè esso passa assai volte inosservato, non arrivandone sempre la manifestazione alla superficie del mare. Però ogni < notizia su tali fenomeni marini è importante assai, e per ==" Lee la vulcanologia in generale e per la conuscenza talasso- grafica. Il 21-22 novembre del 1888, il 30 marzo e l’11 set- tembre 1889 vi fu interruzione nel cavo sottomarino che congiunge telegraficamente Lipari con Milazzo in Sicilia, passando a meno di 8 chilometri all’est dell’isola di Vul- cano. Il cavo fu, com'è naturale, raggiustato prontamente ogni volta, ma non si pensò, ed è a dolersene, di fare quella serie di sondaggi ed altre ricerche locali che avrebbero dato una sicura ed ampia spiegazione del fenomeno che originò lo spezzamento del cavo. Tuttavia le informazioni che l’autore della Memoria che analizziamo potè avere dall’ Eg. Cav. Emanuele Astor ispettore-capo della sezione telegrafica di Messina e che fu presente alla pesca e raggiustamento del cavo, nonchè la relazione, che il Platania stesso ebbe dal signor Robert Greey comandante del piroscafo « Amber » dell’Eastern Telegraph Company Limited, diedero sufficienti dati per lo studio del fenomeno. I fatti sono questi : La prima interruzione del cavo fu causata da rottura dello stesso a nodi 5, 924 da Lipari; il capo del cavo (ri- volto verso Milazzo) era schiacciato come per grave peso cadutovi sopra. Inoltre il cordone s'era approfondato fra pie- tre e fango; giustamente supponesi perciò che in quel punto il mare sia stato sconvolto. Le operazioni per togliere la II interruzione (30 Marzo 1889) posero in chiaro che il cordone non erasi rotto là dove gli esperimenti elettrici avevano segnalato il punto d’interruzione (a nodi 18, 4859 da Milazzo; 6, 327 da Li- pari) ma che la corrente elettrica sì disperdeva a terra per essere guasto l’involucro di guttaperca. Questa evidentemente era sottostata ad un calore tale da esserne rammolita in modo che non isolava più il filo conduttore. Inoltre, il cavo stesso a nodi 4, 997 da Lipari si trovò rotto. Un pri- SOT, mo sondaggio in questa località diede 133 metri di fondo, Essendosi sospese per il maltempo le operazioni per ri- prenderle dopo 43 ore, si trovò con un secondo sondaggio che la profondità del mare era diminuita notevolmente e precisamente di 68 metri. Successe in questo punto che nel tirare il capo del cavo elettrico verso Lipari si ruppe la go- mena del grappino il che sorprese’ d’assai i tecnici di bordo per esser detta gomena (fili d’ acciaio rivestiti di juta) per- fettamente nuova e stimata la sua resistenza di gran lunga superiore allo sforzo che doveva fare. Tirata su si trovò che la juta erasi logorata ed i fili d'acciaio erano rimasti scoperti e bruniti dall’attrito per una lunghezza di circa 90 metri. « In seguito con una gomena più resistente fu por- » tata alla superficie un gran masso di sostanza vulcanica » del peso di circa 56 Kg. del volume di circa 3 dm. e » del peso specifico della sostanza nota col nome di selce ». Così la relazione del comandante Greey. La terza interruzione (8 ore a. dell’11 settembre 1890) fu causata per rottura del cavo a nodi 22 da Milazzo, e nodi 3,427 da Lipari quindi la rottura avenne assai più vicina a quest'isola, che non negli altri due casi. I capi rotti del cavo si presentarono schiacciati come per gravi pesi cadutivi su, ma il sondaggio nulla presentò di notevole ; il materiale del fondo aveva il carattere del fango di cenere vulcanica. Il Platania non poté vedere nè un pezzo del cordone colla guaina danneggiata, né fram- menti del masso pescato la seconda volta, probabilmente un’ossidiana; nè avere maggiori particolari sui fatti notati quando si fecero delle riparazioni. Potè solo, per la co- municazione fatta dall’Ing. Ambrogio Picone di Lipari (1) sapere di un fatto assai importante constatato il 29 No- vembre 1888 cioè pochi giorni dopo il primo guasto del cavo (1) Boll. mensile dell’Osservatorio Meterol. del R. Istituto Nautico di Riposto XIV 11 Novembre 1888. Vedi pure: Miercalli G. L'isola di Vulcano e lo Stromboli. agri e che certamente si collega colle cause che produssero i guasti su menzionati. Il fatto è questo, e lo riferiamo colle parole stesse del Platania: « Alcuni marinari si trovavano » sopra la bilanciella Gennarino, proveniente da Milazzo, » ad oltre un chilometro all’est di Vulcano, verso la sua » parte settentrionale, alle ore 3 p. circa. Mentre il mare » era in perfetta calma, videro agitarsi la superficie del- » l’acqua tutta intorno, gorgagliando, come se bolisse e venire » a galla delle pomici. I marinari furono sul punto di nau- » fragare per la furia del mare, il quale si agitava sopra » uno spazio di circa 300 metri, mentre fuori di questo » si moveva in bonaccia. Durante questo tempo il cratere » di Vulcano lanciava pietre, lapilli e cenere copiosa ». In pari tempo si diffusero voci di fenomeni consimili osservati presso l'isola Vulcano da altre parti ma il Pla- tania non se ne occupa e neppure le riferisce non stiman- dole bene accertate. I fatti menzionati sono certamente da riferirsi ad azioni vulcaniche dipendenti dalla attuale fase eruttiva di Vul- cano od almeno in alcun modo in relazione con questa fase. Non riesce possibile stabile con certezza, per l’ insuf- ficenza d’osservazioni, se sia avvenuta una vera eruzione sottomarina di magma o se siensi solamente aperte delle fumarole sulla superficie del suolo marino. Le pomici os- servate galleggianti dai marinai della Gennarino tanto possono attribuirsi ad una eruzione di magma, quanto pos- sono essere prodotti di vecchia data, giacenti nel fondo e portanti a galla da una improvvisa fuga di gas che viene a formare le momentanee fumarole sottomarine. In questo caso le pomici, che imbevute d’acqua giacciono al fondo, verebbero trascinate a galla dal trasformarsi in vapore del- l’acqua che contengono nel loro interno, trasformazione prodotta dall'aumento di temperatura che le fumarole re- cano nell’acqua marina. Ma poichè una semplice fuga di gas non potrebbe, REA secondo il Platania, causar uno sconvolgimento sottoma- rino così forte da seppellire il cavo telegrafico fra le pietre ed il fango, né potrebbe sollevare il fondo marino, come fu osservato, di circa 68 metri, così l’Autore crede di po- ter concludere: « Che nel fondo marino di quella regione per cui passa il cavo Lipari-Milazzo e non lontano dall'isola Vulcano, si ebbe una emissione o iniezione di magma la- vico accompagnata da fenomeni secondari come fuga di vapore, aumento momentaneo di temperatura, mescolamento dei sedimenti etc. » D. Levi MoRrENOs. cd esnno Lockwood $. — Fungi affecting fisches. Au aquarium Study, Second Paper. Devaea — Journal of the New York Microscopical Socîety. Vol. VI. - N. 3 - Juli 1890. In parecchi articoli comparsi in «The American Natura- list » nel 1867 e 1887 sul cavalluccio marino l’A. avea parlato d'una malattia a cui va soggetto questo interessante pesce. La faccia dell'animale piglia un’aspetto che si può dire comico, si gonfia da ciascun lato; coll’aiuto d’ una lente l’A. vide che la gonfiezza era dovuta a vesciche bianche che finivano coll’ invadere tutta la superficie del corpo; era evidentemente questa una malattia della pelle simile ad uno scorbuto maligno. La cosa maggiormente strana era che la presenza di queste vesciche bianche impediva al pesce d’affondare. Coll’ aiuto del microscopio l’ A. potè accertarsi che la causa della malattia era esterna e dovuta esclusivamente a parassiti, come quella dei pesci d’acqua dolce dell’acquario. Dopo la morte del pesce Hypocampus l'A. osservò che sotto ad ogni vescica vi era una macchia di sangue travasato, riuscendo così assai verosimile l’ipo- tesi di un’affezione scorbutica. Nell’Autunno del 1889 l'A. potè procurarsi quattro fem- 2 SNCES mine vtventi del cavallo marino e le gnardò con ogni cura per preservarle dalla fatale malattia, potendo fare delle interessanti osservazioni suì costumi di questi esseri sin- | golari ed accertarsi che si nutrono degli organismi mi-. croscopici (?) dell’acqua. In capo a quattro mesi l’ A. vide delle variazioni di colore in detti pesci e le ascrisse dapprima a colorazioni mimetiche. Il colore naturale era un grigio -lievemente giallastro ; ma le variazioni di colore che erano macchie bianche, a poco a poco divennero le note vesciche bianche, con evidenti segni di malessere nel pesce. L’A. su tali soggetti malati intraprese lo studio dei parassiti che causarono questa affezione. Un fatto notato dall'A. fu che dopo la morte il blanco cenere della pelle spariva ritornando il colore naturale e ciò in seguito alla sparizione del fungo. Degli specimens montati furono inviati a parecchi emi- nenti micologhi tra cui il distinto specialista D." M. C. Cooke. Generalmente parlando queste minute piante hanno forma d’imbuto, terminando il corto stelo in un punto im- perforato. Sembra che sia per questo punto che il fungo sì fissi penetrando l’ epidermide del pesce; qualche volta queste piccole coppe sono così numerose e stipate da pre- sentare l'apparenza di una pianura di circoli. L'economia usuale di ur fungo è un’apparato di ra- dichette o micelio rizoidale ; un tale micelio non esiste in questo fungo, o almeno l’A. non potè scoprirlo e lascia indecisa la questione ritenendo come possibile l’esistenza di un micelio filamentoso sottilissimo circondante la base della pianta ; ciascun filamento rizoidale avrebbe alla sua estre- mità una piccola coppa che è sormontata da un coperchio od opercolo comparabile a quello di nna capsula di un musco. L'orlo della coppa è rigonfio, tanto che l’apertura nella quale s’accomoda il coperchio non è così ampio come il SE] diametro della faccia. In questa coppa ha luogo la frut- tificazione, e le spore in gran quantità sollevando l’opercolo sfuggono dall’ apertura; queste spore sono così piccole, che un ingrandimento di 900 diametri da solamente qual- che dettaglio di struttura. Così appare che il tallo o pianta intera è una genera- trice di cellule o capsula; si potrebbe infatti considerarlo come uno Sporangio composto. L'A. nota delle linee irregolarmente parallele nell’in- terno della coppa, e ad un’accurato esame queste linee si rivelarono per lamine, risultandone così una certa analogia con qualche agarico ; gli spazi tra le lamine sarebbero se- condo l’A. destinati alla sporificazione. Sembrò all’ A. che le spore di questo fungo fossero dotate di motilità, resta però ancora a conoscersi le fasi di sviluppo e se le spore generino un micelio rizoidale il . che sembra probabile. Evidentemente è questo una nuova specie di funghi formante pure un nuovo genere. L' autore chiamerebbe questo : Devonea (dedicandolo ad un suo collega della New York Microscopital Society) e la specie D. infundabilis Lockwood. BARONE. ee) pie e O Plateau Félix — Les Myriapodes marins et la rési- stence des Arthropodes à respiration aérienne à la submertion — Journal de l’Anatomie et de la Phy- siologie de G. Pouchet et M. Duval — 26"° année N. 3 mai-juni 1890 p. 236-269. Il nome generico di (Geofili, dato ad alcuni Miriapodi farebbe facilmente supporre che fossero inconsciamente seguaci del detto: loda il mare e tienti alla terra. Ma da questi studi dell’illustre scienziato di Gand, nonchè da quelli precedenti di altri autori risulta invece : che non solo vi sono più specie di Geofili marini, ma che anche Rena ato quelli esenzialmente terrestri possono assai bene rimanere per qualche tempo nell’ acqua senza timore d’ asfisia. Le conclusioni a cui arriva l’autore, sono così interessanti che ci sembra utile riportarle integralmente, tanto più ch’esse bastano a dare una chiara idea di questo lavoro : 1. Il existe le long des còtes d’ Europe (Suède, Dane- mark, Angleterre, France) deux Geophilides marins Geo- philus (Scolioplanes) maritimus Leach, et Geophilus (Schendyla) submarinus Grube, submerges à chaque marée. 2. La propriété offerte par ces Myriapodes marins n’a rien d’extraordinaire ; les Geophilides essentiellement terrestres peuvent résister dans l’eau de mer 12, 27, 65 et 72 heures, et dans l’eau douce 6, 14, 15 jours (1). 3. On connait actuellement un grand nombre d’ Ar- thropodes (Insectes et Arachnides) non nageurs, à respi- ration aérienne, frequentant les plages ou le bord des eaux et se laissant submerger. Le liste dressée (par M. Plateau) comprend 46 genres et près de 80 espèces. Il est probable que des observations ultérieures permettront de l’allonger encore. 4. La resistence des Myriapodes marins, des Insectes et des Arachnides halophiles ou paludicoles à la submer- sion ne tient ni à une structure speciale de l’ appareil respiratoire, ni À l’ existence d'une couche d’air adhérente qui peut manquer, ni à la présence d’un vernis procte- teur ; c'est une propriété generale aux Arthropodes non branchiés qui tous, ou presqne tous resistent remarquable- ment longtemps à l asphyxie. Ainsi nos coléoptères ter- restres peuvent rester sous l’eau douce pendant trois et (1) 11 faut ajouter que la temperature parait jouer un réle, puisque les résultats des experiences effectuées en septembre-october, alors que le thermomètre ne marquait que 15 à 17 degrés, sont en général plus démonstratifs que ceux des essàis faits au mois de juillet, au plus fort de l’été. i mème quatre fais vingtquatre heures sans autre inconvénient qu'un engourdissement profond. 5. Les insectes nageurs, que comme les Coléoptères dytisciens emportent avec eux une couche d’air, résistent moins longtemps è la submersion que les insectes exclu- sivement terrestres. La cause de cette inferiorité semble résider dans l’ac- tivité plus grand des Insectes aquatiques au sein de l’eau, activité qui determine une consommation plus rapides de la provision d’oxygene. 6. La couche d’air adhérente à la surface du corps des Arthropodes nageurs leur permet, pendant leur court séjour sous l'eau, de continuer des mouvement respiratoir energiques et d’éviter ainsi l’engourdissement qui saisit les Arthropodes terrestres submergées. 7. Enfin la couche d’air qu’ emportent les Arthropodes des plages les met seulement à mème de resister. aux pre- miéres vagues et de trouver le temps de gagner une re traite. Mais, ici, la submersion étant forcement assez lon- gue, la couche d’ aire ne suffit pas pour maintenir les animaux à l’abri d'un commencement d’asphixie se tra- duisant par un engourdissement plus ou moins complet. D. Levi-MoRENOS A. Famintzin. — Beitrag zur symbiose von algen und Thieren. Accademie des Sciences de St. Petersbourg Séances 12 février 1890. Cette apport à l’ histoire de la symbiose entre algues et animaux, que M. Famintzin a publié dans les Mémoiées de l’ Academie de St. Petersbourg, comprend deux parties. La première, ayant trait à la symbiose entre le Tintinnus inquilinus et une espèce de diatomée du genre Chaetoce- ras. Le seconde traite des « cellules jaunes » que l'on trouve chez les Radiolaires, les Actinis. 3 Das SI Ze C'est par M. Fol, que cette symbiose a été étudiée pour la première fois, mais Fol n’avait pas cherché è dé- terminer l’algue. M. Dadey rangait l’algue dans la Fa- mille des Ectocarpées, ce qui serait une erreur d’apréès M. Famintzin qui y voit une diatomée. T,es figures 1-3 de la planche, accompagnant le mé- moire montrent les rapports de position qui existent entre le Tintinnus et le Chaetoceras. Parmi les cellules jaunes, l’ auteur forme deux clas- ses, lune formée par le Zooranthella extracapsularis Hickel, l’autre par le Zooranthella intracapsularis. C’ est dans la première classe surtout que M. Famint- zin a pu étudier le plus grand nombre d’ exemplaires. Il a étudié le parasite végétal dans des espèces du genre Col- lozoum et Sphaerozoum, et a pu remarquer qu’ après la morte de l’ hòte, le parasite pourait encore s’ accroitre et se diviser. Le ròle principal joué par les cellnles jaunes serait pour M. Famintzin, qu’ il s° agisse de Radiolaires ou d’Ac- tinies, de servir de cellules nourriciéres aux animaux qui les hebergent. Ces algues ayant comme les autres le pro- priété de constituer leur corps au détriment des substen- ces inorganiques contenues dans les eaux de la mer, peuvent par consequence, en cas de manque de matériaux alimentaires extérieurs, tenir plus longtemps l’animal en vie. E. D. W. o a Bangeard -—— Recherches sur les algues inférieures. = Annales de Sciences Naturales. Botanique, t. VII. Ce travail comprend après un apercu historique, une monographie des Chlamydomonadineées, l’étudie d'un type nouveau, une étude des relations de la famille des CAla- mydomonadinées avec les familles voisines, et enfin la comparaison entre le modes de nutrition des deux règnes. On sait que M. Dangeard recherche dans le mode de nutrition le critérium qui lui sert à differencier les deux règnes, ces hypothèses ont déjà été émises par lui dans le travail qui a fait l’objet de so thèse « Recherches sur les organismes inférieures ». Le primier type étudié dans le premier chapitre est le Polytoma uvella Ehr. D’après les recherches de M. Dangeard cette espèce est très voisine de végétaux, car dit-il « il n'y a pas et ne peut y avoir ingestion d’aliment solides » l’organisme étant entouré d'une membrane con- tinue. Néanmoins l’auteur la place dans wne position iu- termediaire entre les deux règnes. L’ étude du Chlorogonium enchlorum Ehr., n’amene pas grand nombre de faits nouveaux, si ce n° est que l’auteur est tenté de fondre deux espéces diffèrentes dans les formes qui ont été décrites sous ce nom par les auteurs qui se sort occupés de ces organismes. Le genre Cercidivm gen. nov., à une seule espéce C. clongatum, a été trouvée dans une mare, sur laquelle elle formait une couche verte épaisse. Ce genre se rapproche- cherait par ses caratères de genre Chlorogonium, mais l’auteur y a trouvé assez de caractères différents, pour qu'il soit permis d’en former un genre nouveau. L’étude du genre Phacolus et de ses deux espèces telles que les admet M. Dangeard, lui donne l’occasion de discuter les opinions de Carter qui avait range la pre- mire espèce, Ph. angulosus, dans le genre Cryptoglena. (e ARI n L’auteur arrive ainsi à l étude du genre immédiate- ment supérieur. Le genre Chlamydomonas comprend d'a- près les recherches que l’anteur à pu faire, quatre espèces: Chi. multifides Ehr., Chl. pulvisculus Ehr., Chl. Morieri, Dang., Chl. Reinhardtii Dang. Quelques autres espèces decrites par Braun, et Perty ne sont pas suffisamment caractérisées le Pithiscus Klebsti, genre et espèéce nouvelle ne nous fournit pas grandes don- nées nouvelles. ]l en est de mème pour le ChRl/amydococcus pluvialis et le Ichoselmis cordiformis ; ces observation sont à lire par ceux qui étudient ces organismes. Le genre Polyblepharides, qui l’ auteur a trouvé dans les environs de Caen, est vert et se rapproche par beaucoup de ses caractes des Chlamydomonas; mais au lieu de deux cils, il en possède de 6 a 8; il est entouré d’une membrane mince qui entoure le protoplasme et qui est très fragile; par son mode de reproduction, simple division longitudinale il s’eloigne des types connus, c'est cela qui l’a fait ranger comme type d' une famille nouvelles par M. Dangeard. Les relations que l’auteur nous fait comaître entre les Chlamydomonadinces cet les autre groupes d’ algues ne sont pas très probantes, il reste d’ailleurs beaucoup è faire encore dans cette partie de la question, l’étude de ces dif- ferents groupes d'organismes n’ayant pas encore été faite d'une facon assez approfondie pour que l'on prime bien les comparer. Quant au dernier chapitre la conclusion qu'en tire l’au- teur reste conforme a celle qu'il avait déjà exprimée « A cha- que règne correspond une différence dans les mode de nu- trition, la digestion se fait differemment, l’assimilation se fait dans les deux règnes d’aprés les mèmes lois. ED. ME SIOE: Dangeard — Recherches sur les Criptomonadinées et les Euglenées. — Le Botaniste, I.a Serie, Iler fascicule pag. 238 — avec 1 plance — Caen 1889. Continuant ses études sur la difference entre le regne vègétal et le regne animal, M. Dangeard, reprend 1° étude du genre Crytomonas dans le quel il ne conserve que deux espèces, C. ovata et C. rosa qui sont étudiées successi- vement dans ce memorie. Ici également |’ auteur arrive à la conclusion qu’ il n’y a jamais introduction de substances solides à 1’ inté- rieur du protoplasme. Le protoplasme de ces algues est co- loré en vert par de la chlorophylle unie à un pigment violet, qui est insoluble dans l’alcool et l’éther. M. Dangeard signale, en terminant ce chapitre, un Chytridium parasite qui serait voisin du CA. Brauni Dang. Les Euglenes dont l’auteur s'occupe en suite se reu- nissent par intermèdiaire aux groupes inférieurs, comme l’auteur l'a montré pour les Chlamydomonadineées, c’ est le groude des Astasiees qui correspond ici au Polytoma. Dans la famille des Euglenées, l’auteur étudie les genres Euglena, Phacus (Ph. pleuronectes, alata, ovum, panula), Trachelomonas (hispida et volvocina). L’absence de tube digestif est prouvée, de mème que la non introduction de particules solides à l’ interieur de l’organisme, d’où d’ après M. Dangeard une nature végé- tale. D'autres auteurs prétendent cependant ranger ces organismes dans le regne animal, mais comme le dit tres- bien l'auteur du mémoire « on auvrait tort de juger la nature d'un organisme par une de phases de son dévelop- pement, on s'exposerait è commettre des erreurs graves ». Pour ce qui est de la chlorophylle, M. Dangeard en arrive a considérer, tous les organismes, sauf deux exce- ptions encore peu étudiées, qui contiennent de la chlorophylle comme des végetaux ; les protozoaires à chlorophylle ne Aulo seraient que des associations entre un animal et un végéetal; il aurait vu dans un cas la reproduction de l’algue. Quoi qu'il mette ici un point d’interrogation, il est bien possible que la chlorophylle liée à des corpuscules particuliers est un caractère du vegetal. BD VE Feel Dangeard — Mémoire sur les algues — Le Botaniste, I.a serie, 4. fascicule N. 127-174 — Caen, 1889. Dans les première partie de ce travail, M. Dangeard, emet quelques considérations générales sur les algues, et explique la differenciation qui s'est produite à la base de l’échelle vegetale entre algues et champignons de la ma- niére suivant. Il part d’on type flagellé qui, pour lui, de- vient l’origine des deux groupes. Supposons dit-il, qu’ un flizellé se trouve dans' un liquide qui s'appauvrisse ; com- ment à-t-il pu arriver à lutter contre les condition dé- favorables? De deux facons; ou en acquérrant en des points déterminés de sa surface des proprietés digestives forte- ment accusées, comme cela se pare dans les poils radicaux des plantes supérieures, ce qui nous conduit aux champi- gnons. Ou encore, si la digestion superficielle ne suffit pas, un nouveau facteur, la chlorophylle, est introduit. Cette hypothèse qui n'est pas encore demontrée d’une facon definitive, parait cependant présenter beaucoup de points conformes aux faits, on pourra peut ètre y faire bien des critiques, mais il faut bien avouer qu’ elle est assez séduisante. Après cet exposé l’auteur étudie une forme nouvelle Anîsodema viridis dont il donne la description et le mode de vie. La seconde partie du mémoire qui a pour but l’étude plus speciale de quelques familles d’algues inférieures, ren- Sep ata ferme, d'abord l’etude de la familie des PolybDlepharidees, créée par l’auteur dans le travail cité plus haut. Il range ici dans ce mème groupe le Pyromimonas tetrarhynchus Schmard, qu'il a pu suivre dans son développement. L'etude de la famille des Chlamydomonadinees offre à l’auteur l’occasion de faire quelques observations très in- téressantes. Puis vient l’ étude des Volvocinées, parmi lesquelles l’Endorina elegans, dont l’ auteur a pu faire une étude assez approfondie, et dans lequelle quelques noveaux faits se trvouvent signaleés. La famille suivante, Tetrasporees, donne l’occasion à l’auteur de créer un genre noveau, Schrammia, dédié è Schramm qui a fait connaître les algues de Cayenne et de Guadeloupe. Ce genre est très curieux, non seulement par sa forme extérieure, tout à fait differente de celle que l’on trouve chez les autres formes du mème groupe, mais encore par les caractères de similitude qu’ il présente avec formes de Cyanophycéees. Dans l’étude de la famille des Pleurococcacéees, nous trouvons la description de deux genres nouveaux, dont le premier surtout, Hariotina, est très intéressant. La Hariotina reticulata, a été trouvé dans un bassin au Jardin Botanique de Caen. C'est surtout le lacis formé, d’après l’auteur, par l’ épaississement de la membrane des cellulefmères, et qui retient en une masse les jeunes cel- lules, qui donne uu aspect très spécial à cette espèce. Ce genre viendrait se placer dans le voisinage des Dictyosphaerium. L’étude des genres Gomphosphaeria, Palmella, Pla- cosphaera, gen. nov., amene quelques observations; l’au- teur emet entre autres cette opinion que le genre Gom- phosphaeria pourrait peut ètre bien devoir extrait comple- tement du groupe des Cyanophycées, dans lequel on le range genéralement, pour rentrer dans les CAlorophycees, TUE La famille des Zydrodictycées, n'a pas fourni à l’au- teur l’occasion de faire un grand nombre d’ observations nouvelles, il ne nous donne d’ailleur principalement une serie d’appréciations sur les travaux qui se sont occupés de cette algue, d’après lesquelles il conclut à la. conser- vation du genre Polyedium. F. Di: LI DBangeard — Contribution è l’étude des organismes inféerieurs - Le Botaniste, II. serie, I. fascicule N. 7 pp. 62. Ce mémoire, ne s’adresse plus d’ une facon aussi di- recte aux botaniste, il a surtout pour but l’étude des quel- ques organismes assez inferieurs qui peuvent avoir certains rapports avec les algues inférieurs. L’Ophrydium versatile Bory est d’abord ètudiée assez longuement, quelques observations sur la constitution in- terne de la cellule ont été faites. L’auteur étudie alors d’ une facon approfondie les Zoochlorelles qui, comme on le sait, vivent en symbiose avec certains animaux, ce sont des algues du groupe des Protococcacées ; ce serait le Palmella hyalina qu'elles au- raient le plus d’analogie. Il émet encore une autre opinion, c'est celle que les Zoochlorelles auraient la propriété de sècréter de la géla- tine qui serait utilisée par l’ infusoire pour former des masses gelatineuses telles que l'on trouve chez l° Ophry- dium. L'etude des Acinetiens est plutòl du domaine zoolo- gique. Puis viennent quelques notes sur les flagellés, dans lesquelles l’ auteur cherche à prouver 1° homologie compléte entre les flagellums et les pseudopodes. Les observations sur les Vampyrelles qui terminent ce mémoire, car nous ne parlerons ici de la réponse de a e l’autenur à M. Kunstler, ont comme reésultant d’ amener quelques changements de détail aux deux groupes dans lesquels l’auteur avait faite rentrer les espèces de ce genre, dans son travail de 1886. Bio Die WE €. Be Brugme. — Monadines et Chytridiacées, pa- rasites des algues du Gulfe de Naples. — Archiv. Bio- logiques — Gand, 1890. Ce travail a été fait à la station zoologique de Naples, et contient la description de 10 monadines nouvelles : ce sont Pseudospora Benedeni, P. edax, Gfimnococcus Cla- dophorae, Gym. Licmophorae, Ectobiella Plateani (n. g.) Aphelilium lacerans, L?ptophrys villosa. Vampyrella in- color. Parmi ces espéces, une forme le type d'un nouveau genre. Ce dernier, parasite des Liemophora, n'a pu encore ètre connu que dans trois phases, qui montrent cependant assez bien, que cet organisme ne peut ètre rappoché des formes connues jusque à ce sour. Ces différents parasites affectent des algues de genres différents, tels que Cladophora, Ulva, Derbesia, Diato- mées ecc. Les Chytridiacees que l’ auteur à étudiées sont moins nombreuses; ce sont elles cepedant qui nous intéressent le plus. Une espèce nouvelle, à laquelle 1’ auteur donne le nom d’ Ol/pidium Pryopsidis, a été trouvée par lui sur le Bryopsis plumosa Huds. Il se présente d’ abord sous forme d’ une masse arron- die, qui peu à peu pousse une protubérance qui va, géné- ralement, percer la membrane de l’ algue et s’allonge vers l’exterieur. La masse interne se fractionne, et l’ organi- sme se transforme en zoosporange. Ces zoospores sont ovoides à un cil. Cette espèce se rapproche, comme on le voit, beaucoup de l’Olpidium saprolegniae Fischer. SE UDO Dans les conclusions de cet intéressant travail accom- pagne de 5 belles planches, nous trouvons quelques points à rappeler. L’auteur arrive à la conclusion importante, que les cils et les pseudopodes sont analogues au point de vue anatomique. Les cils, ne sont que des « pseudopodes transformés, à position constante, à forme peu variable et à fonction déterminée ». Il envisage le cil comme un prolongement protoplasmique, qui est plus facilements mis en mouvement gràce à sa dimension et à sa position. Dans les nombreuses experiences que l’ auteur à faits, il a pu obtenir le transport d’ un parasite sur un autre hòte ; mais presque toujours, lorsqu’ il rapportait dans le milieu de culture, le premier hòte, l’ organisme se por- tait sur ce dernier abandonnant celui qu'on lui avait impose. Ce fait prouve bien que chaque parasite cherche la mème nutrition ; il est probable comme le fait remar- quer M. De Bruyne que des transplantations de ce genre, doivent amener des transformations sì grandes dans l’ or- ganisme qu’ il ne nous est plus possible d’ en reconnaître l’ origine, si les conditions de vie des deux supports sont très differentes. E. Di ME O. Riitschli. — Ueber des Bau der Bacterien und ver- vandter Organismen | j? Dans ce travail M. Bitschli expose le résultat de ces recherches sur la structure cellulaire des bactéries et des Cyanophycées, et en particulier, sur la structure du noyau. Parmi les espèces étudiées nous trouvons, Chromatium Okenii, cette interessante forme colorée pour la Bacterio- purpurine. Après avoir étudié la matière colorante et les réactions de différentes portions constituantes de l' orga- nisme, M. Biitschli étudie le corps central, après fixation, POLIST o egli soit par l’ alcool, ou mieux par l’ acide picrosulfurique. Il constate ainsi que la masse centrale prèsente une structure réticulée ou alvéolaire. La coloration, par l’ hematoxyline, fait apparaitre des corpuscules, colorés en rouges, sur le trajet du réticule, mais seulement après fixation pour alcool. L’ action des autres réactifs empèche genéralement la coloration. Ces corpuscules se colorent également par le vert de méthyle acétique. Chez les oscillaires, que l’ auteur a pu étudier, il ar- rive aux mèmes résultats quant à la structure de la masse interne. Voici les méthods employées : Algues fixées par l’alcool, puis traitées par l’acid osmi- que et pences ensuite dans le Damar. Algues fixées par l’ acid chromo-acetique. Algues fixées par l’ alcool, colorées par l’ haemetoxy- line et ensuite par l’ dosine. Algues fixées par les vapeurs d’ acid osmique, traitées par une solution de soude caustique a 5 Oto. Algues vivantes, déposées dans de l’acide sulfurique diluè. Chez les oscillaries, comme chez le Chromatium, le noyau, ou du moins la portion centrale, se colore par la sub- stance colorante de l’ organisme mème. Une autre espèce que l’auteur rapporte au genre Aphanizomenon a ègalement été étudiée. Quelques observations sur la division des oscillaires, terminent cette partie. L’ auteur passe ensuite à l’ étude des bactéries propre- ment dits et les résultats de ses observations concordent avec ceux rapportés pour les formes citées plus haut. La structure du noyau des Euglénes (Euglene viridis) est analogue à celle du Chromatium et des autres espèces si bien étudiées par M. Biitschli. PARO Lera L'auteur termine son travail par une discussion ap- profondie de la valeur du corps central chez ces organi- smes inférieurs réfutant les opinions de Zacharias sur le sujet. Il se range à l’ avis de M. K/ebs, qui a comparé les Bactéries au noyaux cellulaires des organismes supérieurs. La, conclusion toute naturelle de son travail, est de donner au corpuscule interne la valeur d’ un noyau. E. DM eee F. RR. Kjellman. — Beziehung der Flora des Behring- Meeres zu des Ochetkischen Meeres. Botanisches Cen- tralblatt 1890. Dans cet exposéè M. Kjellman, fait une comparaison approfondie entre les flores algologiques de ces deux mers. Les observations sont faites d’ après les résultats obtenus par l expédition de la Vega, et sont dirigées principale- ment contre les assertions de M. Ruprecht, qui voyait dans le mer d’ Ochots, une region speciale. Les données préliminaires de cette comparaison ait été exposées dans le travail de M. Kjellman « Om Beringhafkets Algflora ». L’auteur repute successivement la valeur de plussieurs espèces que M. Ruprecht à decrites, dans sa « Flora des Ochotskischen Meeres », ou qu’ il a segnalées comme pro- pres à la région. D’ aprés les recherches de M. Kjellman parmi les 53 espèces de la mer d’' Ochots, une quaranteine se retrouve dans la mer de Behring, quoique cette dernière ait été encore fort peu explorée l’ auteur comprendrait la flore de ces mers da la facon suivante. Le mer d’ Ochots au- rait eu comme la flore des Oceans limitrophes un carac- tére arctique, qui devait se rapprocher de la flore actuelle de la mer de glace de Sibérie. À le suite de changements intervenus après l’ èpoque glaciaire de nouvelles espèces se sont formées dans le sud SI (et de la mer de Behring, dans la mer d’ Ochots et dans le nord de la mer de Behring, au contraire les espèces arc- tiques se sont conservées. Puis vinrent se mélanger des espèces du sud, ce qui donne à le flore le caractère de transition qu’ elle possède. D’où l’ont voit que l’on ne peut considerer la mer d’ Ochots comme une réègion speciale, mais bien comme fragment de la région générale à laquelle appartient la mer de Behring, qui après l époque glaciaire a conservé les caractères physiques et par suite la flore des regions arctiques beaucoup mieux marquée que le sud de la mer de Behring, touchant au Kamtschatka. E. D.-W. men Eakowitz. — Die Vegetation der Danziger Bucht. Esponendo al Congresso per la piscicoltura 1’ impor- tanza della vegetazione marina per la vita de’ pesci l’Aut. svolge un quadro della fanerogame e delle alghe prospe- ranti nel golfo di Danzica, il quale riusci interessantis- simo dal punto di vista della geografia botanica. Scopo del presente lavoro è quelle di dimostrare, conforme alle idee del Prof. Hensen di Kiel, come la vegetazione ma- rina dia rifuggio, difesa e solo particolarmente, nutrimento agli animali marini molto piccoli (crostacei inferiori, mol- luschi piccolissimi, ecc.) i quali a loro volta servono di pa- sto ad altri maggiori che vengono poi inghiottiti da’ pesci grandi: e non come generalmente si ammette, serva di- rettamente di cibo ai pesci maggiori, i quali inseguendo quelli più piccoli trovano all’oscasione anche un rifugio fra i tallomi cespugliosi delle diverse alghe. L’Aut. premette alcune notizie sulla topografia del luo- go. Per Golfo di Danzica devesi ritenere quell’esten- sione di mare che sta fra Richòft e Briisterort sulla costa prussiana del Baltico. I due punti nominati di- Milistg) (JAR stano, quasi in linea retta per un tratto di circa 100 Klm. mentre il continente rientra ad arco e viene a formarsi così una insenatura, pressochè regolare, con un massimo di corda di 58 Klm. mentre la periferia dell'arco importa non meno di 273 Klm. (a 54° 50° - 54° 58’ lat. bo. con long. 18° 20° - 19° 59° ad oriente dal merid. di Grenu- vich). La superficie del golfo, così delimitato, presenta 86 514 miglia quadrate. A ponente estendesi la penisola di Hela, lunga e stretta, per oltre 40 Klm. verso l'interno del golfo, formante quasi una diga, tutta sabbiosa, dentro la quale viene rinchiuso il seno di Putzig, piuttosto profondo e sul quale il continente finisce a scogliera, qua e là anche come falde di sassi che cadono nel mare; la natura di questa formazione ghiajosa permette un annidarsi di alghe in quantità maggiore che in qualunque altro punto del Golfo, e tanto più che la profondità del mare arriva qui ad un massimo di 109 m. di profondità che si deve dire ri- levante, in confronto con gli altri punti del Baltico. La costa orientale nel Golfo, dove si estende la penisola di Samland nel mare, è sabbiosa, con produzioni lacustri interne, acque salmastre, e quindi molto povera di Alghe. Un punto, quasi intermediario, è il delta formato dalle due braccia della Vistola, sul quale si annidano relativamente in buon numero, le alghe ma sono per massima parte Chlo- rophyceae. Quivi come, verso Oriente, il mare è poco pro- fondo, e sporgono da esso qua e là dei blocchi erratici scarsamente coperti di vegetazione. Il terreno della peni- sola di Samland è ricco di depositi d’ambra e di antraciti. | La salsedine dell’acqua oscilla, alla superficie, fra 0.68 0.75 010, mentre diventa di 0.73-0.79 010 a 28 m. di pro- fondità : una salsedine poco rilevante, mentre il mare, a levante di Ri gen ha 1 0J0 nel Kattegat 2.5 0/0, nello Kagerak 3070 ed il mare del Nord addirittura il 3.5 010 di salsedine. L’Aut. si diffonde su questi pariicolari rite- nendo il 0[0 di sale sull'acqua del mare per uno dei fat- RAIN tori il più importante che regolino la distribuzione geo- grafica di singole piante marine. — Abbastanza diffuse sono pure le indicazioni sul vento, sulle correnti marine e sulla temperatura del Golfo ed il continente adiacente: ma non credo di doverla riportare qui. Passando al vero tema, distingue l’Aut. la vegetazione marina delle fanerogame e quelle delle alghe ; limitandosi però a riferire i principali rappresentanti di detta vegeta- zione, ne discorre estesamente riguardo alla loro distribu- zione e frequenza. — Sulle fanerogame sono rammentate : la Zostera marina L., Z: nana Rth., il Potamogeton pe- ctinatus L., la Ruppia maritima L. e R. rostellata Kebh., La Zannichellia palustris. — delle crittogame vengono ci- tate, prima d'ogni altra, le caracee, con i'importanza spe- cie, la Chara crinita Wllr., molto caratteristica nella ve- getazione del Golfo ; oltre a questa, la Ch. dallica tr. e Ch. aspera Willd non che la Nitella nidifica. Delle altre Alghe si nota, come fu detto, un numero piuttosto rilevante di alghe verdi, e fra queste la più co- mune la Cladophora glomerata Kig. forma marina, la quale si trova, per lo più insieme con l’Enteromorpha in- testinalis Luk., da pertutto, meno che in luoghi puramente sabbiosi dove manchi loro qualunque punto d’appoggio ; é im- portante la presenza del Monostroma latissimum Wittr.(quivi però con fronde stretta di pochi centimetri) fluttuante nel seno di Putzig, dove aderisce agli scogli ; su’ grandi massi nel Golfo trovasi 1’ Ulothrix isogona Kig. insieme con le fronde lubriche di fivularia plicata Carn. e R. atra Rth:, men- tre il ciglio di detti scogli é ricoperto, per massima parte, delle colonie di numerose cianoficee. — Nei primi mesi estivi si presenta frequente la Nodularia litorea Thur. che verdeggia quasi dovunque e non è meno copiosa anche in alto mare, ma scompare già entro qualche settimana. Presso alle foci della Vistola si notano anche diverse Spirogire SARTI che rivestono i pali le travi ed altri corpi eterogenei ha- gnati dall’onde. Le floridee e le fucoidee sono piuttosto rare per i mo- tivi della poca profondità e della scarsa salsedine del mare. l’Aut. indica, sommariameute, il numero complessivo di queste alghe con 20 specie delle quali talune con una zona di estensione molto ristretta. Così, tra le prime, il Cera- mium tenuissimum. I. Ag., solo sui scogli maggiori, quasi a fior di acqua, in prossimità di Adlershorst; il C. rubrum Ag., già più frequente, in cespugli fitti e dell’al- tezza di 10 an., in una profondità fra 2-4 m.; Polysipho- nia in grescens Grev. e P. violacea Grev. forma tenvissima, su pietre alla profondità di 3. m,; PAylophora Brodiaei I. Ag. si attacca a pietre, alle conchiglie di molluschi, ecc. e sì riscontra qua e là, mentre anche la Purcellaria fa- stigiata Lmrx forma dei cespuglietti sparsi sulla ghiaja, quinci e quindi, ma più propriamente lungo la costa di Salmland. Da 2-30 m. di profoudità scende, riscoprendo le scogliere, la graziosa Hidenbrandlia rosea Ktg., con la quale si può trovare spesso anche la Ra/fsia verrvcosa Ktg. che com'è noto fa parte della fucacee. Di quest'ulti- me sono annovvrate: la Pilayella litoralis Kjellm., che forma dei cespuglietti di varia lunghezza a fior d'acqua, le froudi filiformi e gelatimose della Mesogloea Zosterae Hm. e scarsi individui di Ectocarpus confervoides che possono raggiungere anche 20 an. in lunghezza. Dalla profondità di di 2 m. ca. si estragono i tallomi sferoidi della Leathesia difformis Arsch.; cespuglietti di Dictyosiphon foenicula- ceus, specialmente fra Mechlinken ed Oxhòft; co- piosi Scytosiphon lomentarius. I. Ag., che scendono anche a profondità maggiori. Copioso, nelle acque di Mecehlin- k e n, è pure il Chorda Filum Stekh., con tallomi che pos- sono raggiungere da 0.1-1 m. in lunghezza. La Sphacelaria arctica Hrv., vive nelle acque profonde presso Dr epke, che si rinviene inoltre nel versante occidentale del Baltico — 49° — (manca al Kattegat, allo Skagerak, nè è stata finora indi- cata dal mare Germanico), nel Golfo finnico, sulle coste della Scozia e dovunque nel mare glaciale del Nord. Per tale strano presentarsi sporadico di quest’alga sono vive diverse supposizioni riflettenti la sua origine; l’Aut. propende ad ammettere una invasione dall'Oriente : dal Mar Bianco nel Mar Glaciale e nel Golfo finnico, ad un’epoca allorquando non esisteva ancora l’istmo della Filandia. — Per ultimo è ricordato il Fucus vesiculous L., a 10 e più metri di profondità, con parecchie varietà. Dopo aver esposto, per tal modo, i principali rappre- sentanti tra le Alghe, con speciale accenno della loro ubi- cazione, sfiora l’Aut. la vegetazione delle diatomee, consi- derandole dal lato della loro importanza nell'economia della natura, e riserbandosi di darne in seguito, un elenco par- ticolareggiato insieme a quello delle a'ghe appartenenti agli altri ordini. SOLLA. a O Piccone. A. — Cenni intorno alle matrici sulle quali vive l’ Enteromorpha compressa ed alla sua distribu- zione batimetrica. [Notarelle ficologiche IV] — Nuova Notarisia 10 Aprile 1890. Dal mare ligure (ad Albissola marina) venne estratto un osso di animale bovino, da una profondità di circa 20 m. « fittamente ricoperto da giovani cespugli di Entero- morpha compressa in tutte le parti che non appoggiavano sul fondo del mare ». Questa strana pesca viene a stabi- lire tre fatti d’ importanza per la flora de’ mari e per la distribuzione delle alghe. Anzitutto la matrice, affatto par- ticolare, è una delle tante di natura eterogenea sulle quali l’ alga s' annida cercandovi puramente un sostegno. In se- condo luogo va notata la considerevole profondità, per que- LR e ara ivato ala RAT pie e bassa marea. Per ultimo, il trovarsi l alga sopra una tale matrice ed in quella profondità, e con sviluppo tanto considerevole, dimostra che le numerosissime spore pro- dotte nell’ acqua e sospese in esso, vengono trascinate dalle correnti dell’ acqua e disseminate a notevoli distanze, come ad es. sui fari, su pali ecc., discosti dalla spiaggia. L’ osso, inamovibile sul fondo del mare, offri alle spore, portate dalle correnti, condizioni favorevoli per fissarvisi e formare così un nuovo centro di vegetazione submarina, iu appog- gio a quanto l’ Aut. espresse già nelle sue « prime linee per una geografia algologica marina », (1883, pag. 8). pae Piccone. A. Frammenti algologici per la fiorula di Caprera. |Noterelle ficologiche Loc. cit.] L’ Aut. pubblica, dopo aver riassunto quanto si cono- sce sulla ficologia dell’ isoletta classica, 19 specie di alghe, raccoltivi nell’ Agosto dal Prof. D. Lovisato, e non pe- ranco note di quell’isola. E sono: Cladophora flaccida Ktz., all'isola della Pecora (S. E. di Caprera); C. lute- scens Ktz., a Cale Brigantino (versante E.); Codium Bursa Ag. isola della Pecora; Sphacelaria tribuloides Men., al- l’ istesso punto, insieme anche con la $S. scoparia Lyngb., che è stata raccolta pure al Monte Figu (parte meridio- nale di Caprera). Inoltre la Mesogloja mediterranea I. Ag., all’ is. della Pecora; la Castagnea Griffithsiana I. Ag., al Monte Figu; la Cystoseira amentacea I. Ag., quivi ed all’ is. della Pecora, nonché all’ isola del Porco (versante S. 0.) la C. barbata Ag., all’ is. della Pecora, a M. Figu ed a Cala Brigantino; Sargassum linifolium Ag., is. Pe- cora; Ceramium rubrum Ag., all’ is. Pecora e M. Fign; Gigartina acicularis Lmrx., is. Pecora; Afssoélla verru- culosa I. Ag., Cala Brigantino; Nitophyllum uncinatum I. Ag., is. Porco; Liagora ceranoides Lmrx., is. Pecora ; SRI i ge Polysiphonia fruticolosa Wlf., is. Pecora; Melobesia fari- nosa Lmrx., M. Figu, Cala Brigantino; Amphiroa rigida Lmrx., is. Pecora; Corallina virgata Zurd., is. Pecora, is. Porco, Cala Brigantino. a Piccone A. — Risposta alla nota del Sig. Rodriguez : « La costituzione mineralogica del suolo può contri- buire alla ricchezza algologica di un paese? ». [No- terelle ficologiche VI] — Loc. cit. A proposito di un’ erronea confutazione di un asserto dell’ Autore da parte del Sig. /odriguez (Socied. Espa- nola di Hist. Natur. T. XVIII, p. 405 e seg.) coglie poi l'occasione per esporre alcune sue idee sulla natura mi- neralogica o chimica delle isole in rapporto alla vegeta- zione delle alghe intorno ad esse. Giustamente osserva l’ Aut. che, a seconda della natura mineralogica, può esser diffe- rente anche la natura, ora fisica, ora chimica, ora en- trambe delle roccie. Ma conviene considerare due fatti: l’azione dell’ acqua marina su queste roccie non è certa- mente solvente, o se lo è, solo per quantità impercettibile (cosa dovrebbe accadere della crosta terrestre in caso diverso ?), la salsedine marina, concessa anche questa mi- nima solubilità delle roccie bagnate dal mare o sommerse, non sarà però neppure maggiore in vicinanza di un lembo di terra (isola o continente che sia) perchè le correnti, il movimento delle onde sul mare rimescolano e rinnovano continuamente l’ acqua e condizionano, per tal modo, una distribuzione più omogenea della salsedine in qualunque punto del mare (si prescinda qui dagli sbocchi dei fiummi), tranne, eccezionalmente, per qualche golfo o qualche inse- natura di terra più riparata, dentro la quale è più lento il movimento delle acque, più protratto quindi il loro rin- novamento. Secondariamente fa avvertire però il P., che aloe le alghe non sottraendo al corpo, sul quale si trovano impiantate, affatto il nutrimento, non può riescir di impor- tanza, nella distribuzione geografica loro, la natura chi- mica del sostrato. Ed in prova egli adduce l'esempio della Jania rubens, la quale corallina abbisogna di notevoli quantità di calce per il proprio sviluppo, ma sta nullameno su scogliere di roccia primaria, senza trovare in queste l’ elemento del quale bisognerebbe. Concordi sono, il Rodriguez e 1’ Aut., nell’ ammettere che i venti agevolano la disseminazione delle spore delle alghe per il movimento che essi determinano nel mare. SOLLA. BIBLIOGRAFIA Recenti lavori di oceanografia fisica. Anderson N. S. — The solubility of Carbonato of Lime in Fresh, and Sea Water. — Proceding of Royal so- ciety of Edimburg — Sett. 1888-89 p. 319-324. Baltzer A. — Ueber den Hautschild eines Kochen aus der Marinen Molasse (mit Taf.) — Naturforschenden Gesellschaf. in Bern — Mittheilungen N. 1215-1243 Bern 1890 p. 155. EBlane E. — Note sur la formation des dunes sahari- ennes — Societe de Géeographie, Comptes Rendus des seances — 20 juin 1890 p. 363. Enehanan J. Y. — Mémoire sur la présence des sou- fre dans la vase et les nodules de la mer et sur son mode de formation — Société Royale d’° Edimburg — Seance I." décembre 1890. Burlando i. — Due venti opposti che si urtano diret- tamente alla superficie del mare — Soc. Meteorolo- gica Italiana — Boll. 1889, Moncalieri. Capellini -- Gli antichi confini del Golfo di Spezia — R. Acc. dei Lincei — Atti Vol. 5-7, Roma 1889. Chaix Emile. — Les courants marins — Bulletin de la Soc. de Géograph. de Genéve — Tome XXIX p. 92, Geneve 1890. Idem. — La circulation oceanique gènèrale — loc. cit. Mémoires p. 1-26. Fol H. — Sur l’ extrème limite de la lumière diurne dans les profondeurs de la Mediterranee — Comptes Rend. des séances de l’ Academie des sciences — II. Semestre 1889 p. 322. Pal e gt Idem. — Observations sur la. vision sous-marine faites - dans la Meéditerranée A l’ aide du scaffandre — Aca- déemie des sciences de Paris — Comptes Rendus — Seance 27 Mai 1890. Gautier H. et Charpy H. — Sur l’état de l’ Jode en dissolution — Comptes Rendus des seances de l’ Aca- demie des sciences — 27 Janvier 1890. Haun: JK — Die Ergebniesse der dinischen internationa- len Polor-Expeditionen in Jahre 1882-83 — Resultate der meteorologiscken Beobachtungen an der finléindi- schen internationalen Palarstation — Sodankylae Me- tereol. Zeitschr. 1890. Hautreux. — Les courants de l’ Atlantique-Nord en 1889, d’ aprés les épaves flottantes — Congres de Li- mage 17-14 Aoùt 1890 de. la soc. fr. p. U Avance- ment des sciences. Idem. — Irrégularités du courant de l’ Alantique-Nord — loc. cit. Hodge €. F. — The Oyster beds of Long Island sound with ‘reference to the Ravages of Starfish — Johns. Hopkins. Univ. — Vol. VII. Baltimore. Hutton F. W. — Notes ou the Mueller Glacier, New Zealand — Linnean society Proceed. — Vol. III p. 2-4 Sidney. Idem. — Postscript to « Notes on the Mueller Glacier N: Z. »:— loc. cit. IV. p. 2 Aohnstone Alcxaoder. — The prolongate Action of Sea Water on Pure Natural Magnesium Silicates — Procedings of Royal society of Edimburg — Sett. 1888-89 p. 172-175. Onimus. — Pourquoi sur le littoral meditsmsniceni il y a un climat exceptionel? — Nice-méd. mars 1890. Parram. — Observations sur les dunes de l’ époque ac- tuelle et.de 1° époque pliocéne en Algérie et en Tuni- sie — Bull. soc. Geolog. de France — p. 245. Praeger R. L. — A Deep-sea Dredging Expedition — Naturalist s Field Ctub. Proceed. — Ser. II, III, p. 2, Belfast. Eteggiami. — Ricerche sulla densità dell’ acqua nel Me- diterraneo -- R. Acc. deiî Lincei — Seduta del 2 feb- braio 1890. 21 cp Reciardi IL. — Sull’ azione dell’ acqua del mare nei Vulcani — Atti della soc. Italiana di sc. naturali — Milano 1889. Rienard. — Notice sur les cristaux de phillipsite du centre du Pacifique — Academie R. de Belgique — 1.°° mars 1890. Stefan. — Theorie der Eisbildung insbesondere die Ei- sbildung in Polar Meere — Akad. d. Wisseusch. Sit- zungsb. XCVIII. — I, II, II, Wien. Thomson W. — Polar ice-caps and their influence in changing Sea Levels — Geological Society of Gla- scow — Vol. VII, part. II, p. 322. Thoulet X. — De quelques objections à la théorie de la circulation verticale profonde dans l’ Océan — loc. cit. — Séance du 17 février 1890. Idem. — Sur la circulation verticale profonde océani- que — Comptes Rendus des sèances de l’ Accadémie des sciences — 2-3 juin 1890. Idem. — De la solubilité de quelques substances dans l'eau de Mer — loc. cit. N. 24 Mars 1890. Venukofîf. — De la formation du Delta de la Néva d’a- près les dernières recerches — Comptes Rendus de l Acad. des sciences — Séance 3 Mars 1890. È si ; 3 ’Febbraio-Marzo 1891 EPTUN RIVISTA MENSILE cha gli studi di selenza pura ed applicata SUL MARE E SUOI ORGANISMI fd Sa {IAS o Commentario Generale per le alghe a seguito della NoraRISIA Direttore: — Dott. D. LEVI- MORENOS Sommario del Numero 2-3 = Febbraio-Marzo 1894 Millonevich E. — Sulle Maree —. Pag. 57 Imnhof ©. F. — Quelques notes sur les observations con- cernantes la nourriture de poissons ì » 70 West W. — Sulla conjugazione delle Zignemee & tav.) » 80 _ Intvanffi - Schaarschmidt — Frammenti algologici : I Alghe raccolte nel lago Schloos in Baviera i - » 85 miller Otto — Bacillariacées de Java . ; ; » 90 «Stazioni, istituti, laboratori marini e taowsiri | Levi-Morenos.b. — Il laboratorio di Zoologia Ma- RL a Rapallo (con 1 fig. nel testo) — . » 98 { . idem — La stazione Zoologica mobile del Co- mitato per l esplorazione d. Boemia (due figure nel testo) ». 102 Nole di tecnica Metodo per abbassare normalmente la temperatura degli | I Segue (DIL Mi) ®.-105 Nuovo metodo per dosare l'ossigeno sciolto nell’ acqua. (id.) » 107 . Culture des algues infèrieures dans la gelatine (E. D. W.) vi Introduction d'une échelle universelle de grossisement des figures microscopiques (P. F. Reinsch). . i ; d1E Note, appunti e recensioni critiche A. Gobim — La pisciculture en eaux salses (D. L. M.) . » ld id. id. id. douces id. ; ico Nouvelles diatomologiques — (Leuduger-Fortmorel) . : LO Ur) sa RECENSIONI Phrouho — Du sens de l'odorat chez les étoiles de faldibr (DE, Ma ». 119 Balsamo — Diutomee contenute nel canale digerente di alcune Aplysiae raccolte nel viaggio di cireumnaviga- zione della Vettor Pisani i ; 3 3 ; 7 » 120 Direzione ed Amministrazione della Neptunia - Dr. D. LEVI-MORENOS S. Samuele, 3422 = Venezia en Prem. stab, tipo lit. Ferari, i e Scozzi Chi non si associa alla Neptunîa è vivamente pregato di darne av- 5 viso all Amministrazione, col respingere il presente fascicolo, | Risultati della spedizione oceonografica del Pola (estate 1890) publications, on pour le moins un clair résume. Sommario del Numero I — Gennaio 1894 AI lettore (fuori testo). Enmhof — Notizie sulla fauna pelagica della laguna d Venosig” iP; Earvey — I Cistocarpi e gli Anteridi di Catenella Opuntia Levi-Morenos D. — Sul nutrimento preferito dalle larve di alcuni insetti ed applicazione pratica di cir Conga '- ata scenza all'allevamento dei Salmonidi.. . ? Stazioni, istituti, laboratori marini. Laboratoire maritime de Luc-Sur-Mer Stazione biologica marina a Sebastopoli »pedizioni e Campagne Oceandgranche) Pubblicazioni riguardanti le campagne scientifiche fatte da pa S. A. I. il principe Alberto di Monaco > 7 = RECENSIONI La fisica del Mare i Platania G. — I fenomeni sottomarini etc. ; È Gli animali marini Lavori diversi di Lockwood - Plateau - Famintzin - Le alghe del mare e d'acqua dolce. Dangeard — Vari studi sugli organismi intermediari fra piante ed animali i be Bruyne — Le Monadinee e le Chitridiacee parassite Ù delle alghe nel Golfo di Napoli e Bùtschli — Sull’accrescimento dei bacteri e. d'altri organismi Geografia Botanica, marina Kiellmann — Orig. d. fiora dei mari di Bering e d’Ochots Lokowitz — La Vegetazione nél Golfo di Danzica . è liccome A. — Diversi studi sulla distribuzione batimetrica di alcune alghe, sulla fiorula di Caprera, sulla costituzione mineralogica del suolo in rappor colla ricchezza delle piante marine BIBLIOGRAFIA Recenti studi di Oeeanografia fisica . i ‘ Le directeur de la Neptunia s' adresse à tous les. cul: teurs des Etudes sur la mer et les prie de vouloir bien en- voyer à la Direction de la Neplunia — S. Samuele 3422 Venise — un, ou mieux encore, deux exemplaires de leurs Le directeur enverra comme remerciment le numéro. ‘Sa la Neptunia ou l’extrait, dans lequel on parlera de l’ouvrag relatif. D. r Davip LEVI- MoRENOS.. La Neptunia s'occupe spècialement : \ a) Etudes physique sur la mer (batimétrie, (hai ete. b) Etudes sur les animaux et les plantes de la mer. c) Laboratoirs, Instituts marins et lacustres. d) Expeditions océanographiques. e) Etudes sur la culture des poissons, des huitres, etc, Mb lNA Anno I. 28 Febbraio 1891 Mi 5 ———___________—m FASI SIIT III SIZE SULLE MAREE Riflessioni di Elia Millosevich astronomo in Roma Parte |. Stimava il direttore di questo Periodico che qualche riflessione sulle Maree potesse trovar posto nella Neptunia: di qui la Noticina, della opportunità della quale spetta al lettore di giudicare. Che cosa sia in sè la gravitazione universale. e come agisca a distanza è vano fantasticare : pare, nei secoli presenti dell’ umanità, che la attitudine a comprendere la essenza reale delle cose le manchi. Soltanto Newton ci ba insegnato, e dopo di lui nessuno ha contrad- massa detto, la nota espressione analitica: quadrato della distanza Che la gravità poi sia l'attrazione universale basta senz'altro l’accordo fra il valore di g alla superficie terrestre e la caduta della luna, che è g/60°, dove l’unità è il raggio terrestre. Tut- tavia è così grande la schiavitù che i sensi impongono alla mente, che, solo una astrazione ci conduce al concetto co- — mune fra gravità e gravitazione universale. E però le Maree stanno come splendido esempio esteriore ed unico di questa. Bessel osserva che si ingannerebbe chi paragonasse le oscillazioni del mare alle oscillazioni d'un pendolo ; piut- tosto esse somigliano alle battute periodiche del cuore. Ed in verità chi ascolta collo stetoscopio i battiti cardiaci anche di persona completamente sana vi trova, in confronto dei battiti d’un pendolo che pur faccia 70 a 80 oscillazioni in un minuto, così grande diversità che, ripensando poi Sale alle diverse funzioni periodiche cho intervengono nel pro- cesso mareoso, vi trova una grande analogia. La teorica delle oscillazioni del mare, completamente falsa in Galileo, è opera del genio di Newton, benchè il concetto fondamentale appaja fanche negli scritti del De Dominis, come è asserito in una postilla d’un libro di Ga- lileo, che si vuole scritta di sua mano. Dopo Newton il problema, staticamente considerato, venne trattato da Bernoulli, Eulero e Mac-Laurîn, ma solo Laplace, che possedeva nozioni precise sui fluidi° e che poteva utilizzare alcune parti novelle dell’ analisi su- periore, trattò a fondo l’argomento,"discutendo una sequela di osservazioni mareografiche fatte nel porto di Brest, col soccorso dell’ infaticabile Bouvard. Da quella analisi è e- mersa la necessità di accontentarsi di ipotesi restrittive, spe- cialmente di quella di eguale profondità del mare, per poter fare una teoria matematica, lasciando all’ esperimento di integrare, per mezzo di qualche numero diverso da porto a porto, la risoluzione dell’intricatissimo problema. Si mette oggidi, dopo Laplace, facilmente in luce che, date le proprietà che godono i liquidi di fronte alla rigi- dità della parte solida terrestre, una differenza di cadute, per una differenza attrattiva della luna e del sole sul mare e sulla terra, generi l’oscillazione mareosa ; che detta oscil- lazione debba propagarsi da est ad ovest, perchè tale è il moto apparente di que’ astri, in dipendenza della rotazione terrestre; che l’ampiezza dell’oscillazione sia funzione della distanza e della posizione dei due astri rispetto a sè e ri- spetto all’ equatore terrestre; che, considerando un unico meridiano e ammettendo che in un dato istante in esso avvenga il massimo del flusso, l'ampiezza di esso sia funzione della distanza zenitale degli astri, che immaginiamo per semplicità in sizigie ; che, se l’astro o gli astri hanno una certa declinazione, le due alte maree consecutive in luogo . non equatoriale debbono avere ampiezze diverse; che, ac- Cisa certato esperimentalmente che in un dato porto un inter- vallo di tempo trascorra ira il passaggio della luna al meridiano e l’istante del massimo flusso, questo intervallo ha variazioni periodiche secondo le distanze e le posizioni degli astri. Tutto questo può essere messo in evidenza col- l’analisi, ma i concetti restrittivi imposti dalla limitazione dell’algoritmo ben presto mettono in luce che la teorica pura non basta a rappresentare rigorosamente i tempi e le altezze del fenomeno mareoso. Quando poi lo studio dei fatti mareosi si estenda sopra una larga scala, quando quei fatti si colleghino coi moti del mare, che non dipendono dall’ attrazione universale, i quali non possiamo in verità studiare che lungo le coste, proprio là dove il fenomeno si perturba per ragioni com- plesse, allora vediamo l’ imponenza del fatto reale, del quale conosciamo non l'essenza ma parzialmente il numero. Il fenomeno tanto complesso, tanto intricato delle cor- renti marine, le quali, pur assumendo una direzione finale predominante, la modificano poderosamente in velocità e direzione, il fenomeno (diceva) delle correnti sì unisce col fenomeno mareoso, e dà luogo alle infinite peculiarità, che si avvertono da porto a porto. Le oscillazioni del mare per l’azione degli astri non dovrebbero a primo aspetto consi- derarsi come un movimento di massa, ma piuttosto come un cangiamento di peso o di densità, e l’ ente geometrico liquido appunto prende in un istante la figura ellissoidica, perchè essa gli si compete per ragioni statiche. Dovrebbe considerarsi la oscillazione come le pieghe d’un tappeto, che si propagano da un punto all’ altro lasciando immutate le posizioni dei singoli punti del tappeto almeno rispetto a due assi, o? con un’ altra immagine ancora più efficace: tingasi di rosso un quadrato di mare: le coordinate geo- grafiche del centro del quadrato per il fenomeno mareoso dovrebbero cangiare in % e rimanere immutate in latitudine ed in longitudine; cioè una nave giunta in quella latitu- = (80 dine e quella longitudine dovrebbe giacere nel centro di detto quadrato. Ma le cose in natnra avvengono veramente in modo diverso. La terra ruotando conduce un qualsivoglia meri- diano in 24 ore solari a passare per il sole, e in 24 ore lunari a passare per la luna. Il fenomeno mareoso diventa un problema di dinamica, la oscillazione diventa moto di massa, reale trasporto liquido da punto a punto. Qui il fenomeno assume un carattere spaven- tevolmente complesso. La terra è occupata da grandi conti- nenti, fra i quali si insinuano mari interni, il fondo del mare ha variazioni batimetriche enormi, le correnti lo solcano per ogni dove, i venti costanti o periodici imprimono moto ondoso in direzioni determinate. L'acqua del mare è premuta, cioè sopporta un peso variabile in causa della variazione della pressione aerea. L’ onda mareosa subisce rimbalzi per la postura dei continenti, arresti e deviazioni per lo sfogo dei fiumi, essa si insinua fra scogliere, provoca rigurgiti, e col concorso delle correnti crea imponenti fenomeni naturali. Niente di più complesso dei fenomeni mareosi nei mari piccoli, i quali posseggano golfi diversamente orientati. Il bacino del Mediterraneo ne offre un esempio. La marea del Mediterraneo è marea propria, nulla ha di co- mune colle maree Atlantiche; lo stretto di Gibilterra può sotto gnesto riflesso considerarsi nn istmo. Ma quanto com- plesso è il fenomeno quando uno si ponga a studiare i sin- goli valori dello Stabilimento dei porti? Ad es: potrebbe credersi che la marea dell'Adriatico fosse marea derivata dal Mediterraneo, mentre uno studio attento dei valori so- praddetti insegna che è marea propria, e ciò è perfettamente spiegabile, quando si consideri l'orientamento dell’asse del- l'Adriatico rispetto alla linea nord-sud. Tutte le cose fin qui dette tendono a provare che, quantunque la teoria matematica delle maree sia fuori di PAN ped questione per la sua veridicità, tuttavia solo uno studio par- ticolareggiato per ogni porto, o almeno per porti assai vicini e similmente configurati, può completare in ‘ modo empirico o semi-empirico la nozione integra del fenomeno. La diffusione quindi e l’impiego dei mareografi è l’ unico mezzo per lo studio delle maree. Fu proprio questo mezzo che permise al genio di Laplace di fare la teoria rigorosa ma restrittiva delle maree: è con questo mezzo e con mezzi più semplici ed analoghi che conosciamo lo Stabilimento di molti porti e le costanti per l’altezza dell’acqua. Le fun- zioni periodiche, con periodi diversi, che intervengono nel fenomeno possono essere studiate con metodi grafici o col calcolo ; le serie Besseliane possono rendere e rendono coi metodi moderni di studio buoni servigi, perocchè il feno- meno resta fra limiti e ha carattere di continuità, condi- zioni sufficienti e necessarie per l’ impiego di dette serie sotto pena di cadere in errori od illusioni. Tuttavia anche gli studi moderni sulle maree (Thomson, C. H. Darwin) probabilmente non condurranno ad una teorica più com- pleta di quella di Laplace, ma faciliteranno la predizione più rigorosa coll’aggiunta di termini empirici; peraltro un pronunciamento su tale delicata questione deve essere te- nuto in sospeso. Esposte così alcune riflessioni generali vogliamo entrare in qualche particolare tecnico, affinchè il lettore, idigiuno per avventura dell’ argomento e non famigliare al calcolo matematico, possa avere un’ idea esatta di questo grande fenomeno. Parte Il. Supponiamo un cilindro retto, che un meccanismo di orologeria fa ruotare con moto uniforme intorno all’ asse in modo di compiere una rotazione, per esempio ogni due giorni. Supponiamo l’asse verticale e immaginiamo che il cilindro sia avvolto di carta reticolata tale che si possano — ip leggere Ie piccole frazioni di tempo medio per esempio di 15.2 in 15., è che il motore sia un orologio a tempo medio solare. Supponiamo ancora che un galleggiante stia nel mezzo d’un porto aperto, e che i moti ascensionali e di discesa di quello per effetto delle maree, trasmessi per comune meccanismo ad un indice, possano essere scritti in inchiostro sulla carta del cilindro ruotante. Tale meccanismo schematico è un mareografo. Suppo- niamo che ogni volta che si cambia la carta dello stru- mento si faccia lo spoglio della curva in esso dipinta. A primo aspetto tale curva assume una parvenza di sinusoide. Una retta fondamentale (linea di riferimento) serva di ori- gine per contare le ordinate che rappresentano 1’ altezza massima e minima dell’ acqua, e si registrino ancora i tempi medi solari, coll’approssimazione del minuto primo, nei quali i fenomeni limiti sono accaduti. Detti tompi medi si convertano in veri solari sottraendo algebricamente da quelli l'equazione del tempo, Si calcoli, dopo, l’ora media locale del passaggio della luna al meridiano, la quale facilmente si ottiene se all’ora media locale del passaggio al meridiano fondamentale (Green- wich) si applica la correzione ‘approssimata + m x 2.8 1041, dove m significa la longitudine da Greenwich espressa in minuti primi di tempo, negativa se il luogo è a levante di Greenwich. Si calcoli come prima l'ora vera locale del passaggio della luna al meridiano, e si estraggano dalle effemeridi del sole e della luna le declinazioni, le ascen- sioni rette dei due astri, le epoche delle sizigie, degli ot- tanti e delle quadrature, nonché le parallassi orizzontali della luna, il reciproco del seno delle quali è la distanza della luna alla terra in raggi terrestri. Con questi elementi e collo studio delle curve mareografiche, studio prolungato almeno per circa 19 anni, si può col sussidio della teoria di Laplace e coi complementi empirici, trattare integral- mente il problema mareoso per un dato porto. Il primo fatto, che colpisce l'occhio è che intorno, e generalmente dopo le sizigie, le escursioni delle ordinate che rappresentano le alte e le basse maree suno maggiori che intorno e generalmente dopo gli ottanti, e quelle che corrispondono intorno e generalmente dopo le quadrature sono le più piccole. Vi è dunque una funzione periodica che varia come il mezzo mese lunare, strettamente legata colle ampiezze mareose ; il ciclo, tutte le altre cose sup- poste immutate,j deve essere di 14° 18* 22 medi solari. Il secondo fatto che subito si presenta allo spirito è che fra non ampie oscillazioni vi è un intervallo costante fra il tempo dell’alta marea e il tempo del passaggio della luna al meridiano superiore ed inferiore. A parte lo spiegare la ragione di detto intervallo, ‘ noi intanto comprendiamo la simultaneità di due alte maree lungo uno stesso meridiano. Pensiamo ora che la luna cul- minando in meridiano superiore sia zenitale, chiamando c, la caduta di tutta la terra solida (possiamo considerare la caduta del centro) verso la luna per azione della massa lunare, e c, la caduta dell’acqua che ha la luna allo zenit per la vicinanza di questa alla luna, maggiore che non il centro solido e per le proprietà dei liquidi, avremo c», — €, quantità positiva e potremo, generalizzando il ragionamento, formarci un'idea sufficiente della formazione d’un’alta ma- rea. Simultaneamente quel luogo, per ipotesi, marino che ha la luna nadirale è nelle sue molecole liquide trascinato verso la luna d’ una quantità c,, mentre’ il centro è tra- scinato, cioè cade verso l’astro della quantità c, in [modo che c,-c; è quantità positiva e generalizzando si concepisce abbastanza presto la coesistenza d’un’ altra alta marea. E perchè fra due culminazioni lunari al meridiano superiore scorrono in media 24h 50m 12, così, tutte le altre cose essendo eguali, dovremmo trovare nella carta mareografica due alte maree separate da 12h 25m 1/4. Senonchè il sole sì comporta come la luna e produce per suo conto le differenze —_ 04 — di cadute della terra verso di esso, e in generale possiamo concepire due ellissoidi liquidi, uno dipendente dalla luna uno dipendente dal sole, i quali, coesistendo e attese le proprietà dei liquidi, debbono per facili ragioni di mecca- nica ridursi ad un ellissoide liquido, solo di parametri e di posizione variabili. Ponendoci nelle condizioui più semplici del problema, detta M la massa del sole, 72 quella della luna, R la di- stanza sole-luna, r la distanza luna-terra si ha Bigota «ne «HRà Pps N indi Se 1 è la massa terrestre, 0,013 è la lunare e 324439 la solare ; R circa 24000 raggi e r circa 60, cioè a 5: (0, { circa, cioè se l’azione solare si rappresenta con uno, l’a- zione lunare è nel fenomeno mareoso circa 2.56. Da ciò deriva che nelle sizigie, le azioni dei due astri sommandosi la forza massima avrà l’espressione 3,6 mentre nelle qua- drature diventerà 1,6. Per procedere oltre, immaginiamo per un momento che il luogo scelto per gli esperimenti sia così collocato che nei giorni delle sizigie l'alta marea avvenga proprio all'istante del passaggio della luna al meridiano. Ciò può accadere ad es. in un'isola dell'Oceano remota dai continenti. Disponendo in colonna i tempi veri del passaggio della luna al meridiano superiore ed inferiore, nonchè l’ora vera in cui è registrata l’alta marea e la differenza di longitu- dine sole-luna (quantità che si può sempre avere dall’effe- meride) e, continuando la registrazione dì per di per molte lunazioni, ben presto si scorge che quando la differenza di longitudine dei due astri è 0° oppure 180°, come anche quando è 90° o 270°, cioé in sizigie e in quadrature, il feuomeno dell'alta marea coincide all’incirca col passaggio della luna al meridiano sia superiore, sia inferiore, e che e e vi é accelerazione o ritardo nei quattro ottanti, cioè quando la differenza di longitudine sole-luna è 45°, 135°, 225°, 315°. É estremamente facile rendersi conto che così deve av- venire perchè ad es: in prima o seconda quadratura, sup- poniamo sole e luna sull’equatore, luogo pur equinoziale, si avrà la luna allo zenit del luogo e quindi alta marea, e bassa a + 90° di longitudine: ma nel luogo a + 90° di longitudine è il sole allo zenit nello stesso istante fisico, quindi alta marea solare, ma ben più piccola dell’ alta marea lunare che avviene nell’ altro punto, nel quale si ha bassa marea solare. I tempi quindi del fenomeno non vengono alterati per essere la luna in quadratura; solo l'altezza sopra il livello medio del mare, sopra cioè quella superficie di livello che si avrebbe senza le maree, è 1,6 in quadratura e 3,6 in sizigie. La quantità in tempo che si deve agginngere o togliere all'ora vera del passaggio della luna “al meridiano supe- riore od inferiore per avere l’ora vera dell’alta marea nel luogo supposto senza stabilimento è una funzione periodica semi mensile dipendente dall’ influsso del sole, la quale, supponendo la luna sempro alla media distanza dalla terra, cioè con parallasse di circa 57’, può raggiungere il valore negativo di 67 e il valore positivo di 25. La natura della funzione non conduce proprio a quella semplicità ipotetica per la quale abbiamo conchiuso che la correzione è nulla in sizigie e fquadratura ed è massima verso gli ottanti; devesi poi aggiungere che in causa del- l’ orbita ellittica descritta dalla luna intorno alla terra, l'influsso solare tanta maggiore energia acquisterà quanto la luna sarà più lontana, e perciò la correzione dovrà es- sere una funzione periodica almeno a due variabili, cioè differenza di longitudine dei due astri e parallasse lunare. Il piano dell’orbita della terra non coincide coll’equa- tore terrestre (obbliquità dell’eclittica), il piano dell’orbita Mt gota della luna forma un angolo di circa in media 5° 9' col piano dell’ orbita della terra ed i nodi dell’ orbita lunare hanno moto retrogrado di 3.' 1773 in un giorno medio, cioè in anni giuliani 18.62 completano il ciclo sull’orbita. Questi fatti astronomici rendono ben più complesso il fe- nomeno che non sarebbe se i due astri giacessero nel piano dell'equatore; le altezze della marea ?si collegano quindi col parallelo della terra che si considera e colla 'declina- zione degli astri, e riesce ben evidente che dne maree alte consecutive, cioè separate da 12h 25m, soltanto per un dato luogo raggiungerebbero la stessa altezza qualora gli astri giacessero sempre nel piano equatoriale. La teoria indica che se un porto è situato sull’equa- tore le due maree consecutive dovrebbero essere all’incirca egualmente alte: l'azione massima si avrebbe se i due astri fossero pur sull’equatore; ma se hanno una data declina- zione, l’azione parziale di ognuno di essi diventerebbe ridotta nel rapporto di l: cos ? declinazione. Questo rapporto ricorda ancora che se i due astri giacessero nel piano dell’equatore, detto 1 l’ energia mareosa per un punto di quello, detta energia verrebbe diminuita per un parallelo dato nel rap- porto 1: cos * latitudine. Se 7 rappresenta il livello medio del mare in una parte dell’equatore (supponendo un’alta marea di energia media, cioè 2,5) l’ellissoide mareoso lungo il meridiano del punto così decrescerebbe d’altezza che al pa- rallelo di + 60° incontrerebbe il livello medio del mare, Newton aveva messo in evidenza colla sua teoria ma- reosa che se i due astri hanno forte declinazione, fra le due maree consecutive di un porto di data latitudine la differenza di altezza fra le due maree consecutive doveva essere giande assai, ma provò la delusione che in realtà accadeva il contrario, poichè detta differenza appariva pic- cola. Egli cercò di spiegare il disaccordo per mezzo del- l'inerzia dei fluidi, ma la difficoltà suprema fu tolta di mezzo soltanto più tardi da Laplace. L'analisi matematica = mostrò a questo genio immortale che il disaccordo era fun- zione della legge della profondità del mare. Abbiamo già accennato al fatto importante che il fe- nomeno mareoso è una funzione della vastità del mare. In teoria astratta ogni bacino liquido deve dar luogo a marea dacchè alcuui punti di esso possono avere la luna al me- ridiano, mentre altri o la avranno avuta o la avranno. Laplace fa notare che, dacchè in una massa fluida le impressioni, che riceve ciascuna molecola, si comunicano alla massa intera, l’azione degli astri, che è insensibile in una molecola isolata produce sull'Oceano effetti notabili, e poi così prosegue : « Immaginiamo un canale incurvato sul fondo del mare » e terminato ad uua delle îsue jestremità con un tubo » verticale, il quale emerge dalla superficie di quello e pro- » lungato passerebbe per il centro del sole. L'acqua sì ele- » verà in questo tubo per l’azione diretta dell’astro che di- » minuisce il peso delle molecole liquide e per lo sforzo » delle molecole racchiuse nel canale e che tutte avreb- » bero la tendenza di riunirsi al di sotto del sole. L’ ele- » vazione dell’ acqna nel tubo al di sopra del livello na- » turale del mare è l’integrale di quei sforzi infinitamente » piccoli; se la lunghezza del canale aumenta, l’ integrale » sarà più grande, perchè si estenderà sur uno spazio più » lungo e perchè vi sarà maggior differenza nella direzione » e nella quantità delle forze, di cui le molecole estreme » saranno animate. È difficile esprimere con un esempio in modo più lu- cido il fatto essenziale che l’ energia mareosa è funzione della vastità dei mari. Così ad es: le maree del mar Nero, quelle del Caspio ecc. ecc. sono appena sensibili; all’incontro le maree Atlan- tiche sono notabilissime. Supponiamo i due astri alla distanza media dalla terra ; immaginiamoli nel piano dell’ equatore e in sizigie. Se in PERINI ESA tali condizioni potessimo possedere un gran numero di differenze di altezza fra alta e bassa marea per un dato porto, la metà del medio di tutti i valori avuti costitui- rebbe l’unità di altezza del porto che si considera. Tale costante si può dedurre facilmente dallo spoglio delle continuate osservazioni mareografiche, approfittando per la più esatta nozione di quella dei principii del calcolo delle probabilità. Prendiamo ad es. il porto Atlantico francese che ha la più grande marea; questo è Granville. Il dislivello normale fra l’alta e la bassa marea è m. 12,30, cioè l’unità d'altezza è m. 6.15. Le posizioni degli astri permettono sizigia per sizigia di calcolare un coefficente poco diverso dall’unità e tale che moltiplicato per l’unità d'altezza dia il valore metrico della marea effettiva. Tale valore diffi- cilmente può oltrepassare 1,2; così che a Granville è pos- sibile avere un dislivello fra un’alta e una bassa marea perfino di 15 metri. Questo imponente spettacolo, se è au- mentato dai venti di maestro, deve colpire la immagina- zione di chi fu abituato a vedere le meschine maree del Mediterraneo, del Baltico, del Mar Nero, del Caspio, ecc. La determinazione dell’ unità di altezza è un fatto di grande importanza pratica e tutto affatto sperimentale. I diversi valori che si incontrano porto per porto lungo coste non molto diverse per ragioni di postura ed idrografiche mostrano quanto il fenomeno mareoso sia complesso nella sua realtà per la influenza delle cause accidentali, o meglio estranee all’attrazione universale. Queste grandi ondate mareose delle coste Atlantiche e l’altro fatto sperimentale che in generale nei porti aperti d'Europa le più alte maree seguono di circa 36 ore l’epoca delle sizigie sono due argomenti di grande interesse; sono certamente le cause secondarie o estranee che vi concor- rono, ma specialmente il primo dei due fatti è tanto am- mirabile quanto poco chiaro. Lea Certamente l’ onda mareosa nel suo moto da est ad ovest incontra il grande ostacolo del continente Americano ed è possibile concepire che da questo ostacolo traggano origine le celebri ondate mareose Atlantiche, ma esse si manifestano così diverse da porto a porto che è giocoforza conchiudere nel modo che ho conchiuso prima. I pochi e fugaci cenni, che ho qui scritto sulle maree, possono forse bastare al lettore per averne un'idea, purchè, come suppongo, abbia famigliare il linguaggio scientifico.’In verità essi sono alcuni sommarii di uno studio più completo che aveva in mente di fare, ma circostanze estranee me lo impedirono. Trovano qui posto per la bontà del Direttore della Neptunia. Il lettore può gradire tuttavia di poter fare con buoni mezzi uno studio sulle maree, e però do qui una piccolis- sima bibliografia riguardante il più interessante dei feno- .meni che dipendono dall’attrazione universale. Laplace — Exposition du système du monde VI edition 1835 Tome VI Oeuvres de Laplace 1884. Laplace — Traitè de Mécanique Celeste IV edition. Tome I. 1873. Tome II, livre IV, 1878. Tome V, livre XIII, 1882. Lalande — Astronomie. Tome IV, 1781. Bernoulli D. — Traité sur le flux et reflux de la mer. Paris 1741. Lubbock — On the tides 1837, Bessel — Populàre Vorlesungen. Hamburg 1848. Weyer G. D. E. — Vorlesungen ùber nautische astronomie. Kiel 1871. Quelques notes sur des observations concernantes la nourriture de poissons PAR D.r OTHMAR EM. IMHOF. Les études de grande étendue sur les organismes de pe- tite taille surtout des eaux douces, poursuivies dans les der- nièéres années ont un grand interèt pratique en vue des progrès d’améliorations dans les methodes de la piscicul- ture artificielle, qui doit entrer en profit de ces recherches purement scientifiques. Pour la peuplade artificielle des bassins naturels ainsi que pour pouvoir peupler des has- sins de construction récente au but d’ y cultiver la pisci- culture, il est nécessaire de connaître les organismes de petite taille qui y vivent, afin de se rendre compte, si les poissons y trouveront la nourriture. Qu bien il faut peupler le bassin avec des poissons qui se nourrissent des organi- smes déjà, et en nombre suffisant, présents, ou bien il faut d’ abord peupler ce bassin avec la nourriture vivante qui convient aux espèces de poissons qu’ on a l’ intention è cultiver. Mais tout d’ abord il faut connaître la nourriture des poissons dont on désire la cultivation. Sans doute il existent dans la littérature à ce dernier point de vue des dates plus ou moins collectives, mais tou- jours aussi il y aura des notes sur l’ une ou l’ autre espè- ce de poissons disséminées cà et là. Le présent petit écrit a la déstination de diriger l’ at- tention tout spécialement è la compilation de ces notes, aux complètements de ces dates et enfin à la recherche de la connaissance de la nourriture des éspèces de poissons pas encore connue. | Le nombre considérable des travaux sur la classe des poissons est en préference de nature systématique. Les Sri ea notes sur la nourriture des poissons semblent étre déjà assez riches. Les dates suivantes représentent une première recolte, qui sera, hors tout doute, suivie par d’ autres et cette première note sur ce sujet, qui, à force du grand intérèt pratique, impose la continuation sérieuse dans cette direction, ne doit ètre qu’ un faible commencement, mais qui a la tendance d’ accoitre peu à peu. Les notes suivantes sont tirées principalement du tra- vail de C. Th. E. von Siebold au titre: Die Stsswasser- Fische von Mitteleuropu, de travail de Victor Fatio D”. Phil. Sur la faune des vertebreés de la Suisse, de plus du travail de J. de Guerre: La faune des eaux dou- ces des Azòzres; d’une note des Proceedings of the Natio- nal Museum, Smithsonian Institution. Puis s’ y trouvent quelques observations faites sur la nourriture des Corego- nes du lac de Genève, dont les matériaux ont été rémis à ma disposition par M. Goll, conservateur du musée d’hi- stoire naturelle à Lausanne; une recherche faite au lac de Zog sur la nourriture de Salmo salvelinus pendant le frai et enfin y sont adjointes des notes sur deux espéces de poîssons marins, Clupea harengus Lin. et Alausa pilchar- dus Bloch, la prémièére de Pouchet et de Guerne, la se- conde de Miinter. I. Sousclasse. CYCLOSTOMI. Petromyzontidae. Petromyzon Planeri Bloch. La nourriture consiste en des restes de cadavres animaux, d’ insectes aquatiques, de Daphnides, de vers et de dépos organisé au fond des eaux, du feutre organique. Aussi il attaque des poissons. vivants à l’aide de ses dents cornées. La nourriture du Petrom. fluviatilis Lin. est peut ètre semblable à celle de Pet. Planeri. a fd II. Sousclasse. SELACHII. Prèsque tous sont des poissons marins. Ils se nouris- sent de poissons, crustacés et mollusques, ils sont tous car- nivores. III. Sousclasse. GANOIDEI. Dans cette sousclasse se rencontrent plusieurs éspèces qui méritent ètre étudiés au point de vue de la nourriture, ainsi les éspèces du genre Acipenser: A. sturio L., A. ruthenus L., A. huso L. d’une part à cause de la chair savoureuse, d’ autre part è cause des oeufs et de la colle de poisson. IV. Sousclasse. TELEOSTEI. Ordre: Physostomi. Anguilla anguilla Lin. La nourriture de ce poisson important semble ètre encor peu connue. Fam. Clupeidaee, harangs. Deux espéces marines de cet- te famille ont été étudiées au point de vue de la nourri- ture d’ une manière assez suffisante : Clupea harengus L. Dans le travail remarquable : « Ueber den Hering der pom- merschen Kiisten und die an denselben sich anschliessen- den Industriezweige par le professeur Miinter (1) » se ‘ trouvent les dates suivantes. Sous 5) du resumé de ce tra- vail est dit: la nourriture principale est Diaptomus castor Jurine. Sur les pages 306-308 Miinter donne une revue des observations d’ autres naturalistes sur la nourriture du hareng. L’estomac de harengs de la còte écossaise conte- nait deux espèces de Cyclops: CI. furcatus Baird. et CI. Stromii Baird, dont leurs dénomination actuelle est: 7°- sbe furcata Baird et Canthocamptus Stròmii Baird. « Eck- strom » a trouvé comme nourriture: des petits poissons, (1) Wiegmanus Archiv, fur Naturgeschichte. Bd. I. Jahrgang XXIX pag. 281-360, 1863. DEI GEA des mollusques, des crustacés et des vers de mer. D’autres observateurs citent comme nourriture: des petits crabes et mème des oeufs de poissons. « Miinter » insiste à un point très-intéressant : qu'il sem- ble miraculeux que le hareng a la capacité de chercher et de trouver entremélé à d’ autres Copepodes tout spéciale- ment les Diaptomus castor, mais, que ce fait s' explique par le pouvoir d’ un grossissement linéaire de plus de 20 fois de la Jentille de l’ ceil du hareng. La seconde espèce de cette famille qui a été étudiée pour connaitre sa nourriture _ EAlausa ’pilchardus Bloch, la*sardine. Ces études ont été faites par MM. G. Pouchet et J. de Guerre (1). Dans l’ estomac de sardines prises le 17 juin 1882 à Concarneau ne se trouvaient que des Copépodes : Pleuromma armata Bocck, Calanus fin- marchicus Guner, des Entomostracés pélagiques de mer. Suivant la composition de la faune ou de la flore pélagi- que, la nourriture de la Sardine est variable. Aux mois de juillet, aoùt et septembre se trouvaient dans l’estomac, des Harpacticidae : Euterpe gracilis Ces ; des Cladocères : Po- don minutus Sars. Outre ces Entomostracés Pouchet et de Guerne ont reconnu des oeufs et des embryvons de petits Crustacés, des soies d’ Annélides jeunes et adultes, des en- veloppes de Tintinnodea, quelques Peridinium divergens Ehg., des cornes de Ceratium en grand nombre, des spi- cules de Radiolaires et quelques débris d’ origine végetale. La conclusion à la quelle arrivent les recherches de Pou- ‘ chet et de Guerne est, que la Sardine ne fait choix en aucune facon des matières animales, et il peut mème arri- ver que sa nourriture soît esxclusivenent composte de vè- (1) Comptes readus, Académie des sciences à Paris, 7 mars 1887. (Sapio gétaux microscopiques par ecemple de diatomées. Outre cette principale nourriture on y trouve : Etinosoma atlan- ticum Brady, des embryons de Gastéeropodes, un Trema- tode microscopique libre ou fixé sur les Noctiluques et Pe- ridinium polyedricum Pouchet. Un calcul fait sur le nombre approximatif de Per. polyedricum contenu dans l’ intéstin d’ une Sardine revient au nombre de vingt d qua- rante milions d’ individus. Alansa vulgaris Cuv. Du temps du frai, ce pois- son quitte la mer pour monter dans les fleuves. Probable- ment la nutrition sera alors comme chez d’ autces poissons, reduite ou mème nulle ? Fam. Esocidae. Esox lucius L. est le poisson ra- pace par excellence. Fam. Salmonidae. Les représentants de cette famille sont des plus importants pour la pèche et la pisciculture. Surtout trois genres: Coregonus, Salmo et Trutta contien- nert des espéces de grande importance pour la pèche, des éspèces des plus estimées. Coregonus Salmo. Dans le livre de Th. v. Sie- bold (p. 245-246) se trouvent les remarques suivantes sur la nourriture de ces poissons qu’ on peut. éstimer comme délicatesse : La nourriture des Corégones se compose essen- tiellement d’ animaux acquatiques de très petite taille, ainsi que des organismes les plus inferieurs de la Flore et de la Faune. L’examen exacte du contenu de l’ estomac des éspè- ces de Coregonus m' offrait déjà plusieurs fois l’ avantage de trouver différents petits animaux acquatiques qui vivent seulement dans les profondeurs de nos lacs et qui jusqu' à ce temps ont manqué d’ ètre observés, ce sont surtout des Daphnoides de forme très-singulière. Déjà en 1860 Leydig dans son beau travail sur les Daphnoides dit: « Pendant un séjour d’ assez longue durée » aux lacs des alpes de la Bavière et au lac de Constance » J'ai trouvé, que les Cladocères et Cyclopides représentent ls i » présque exclusivement la nourriture de poissons des plus » éstimés, des Coregones et de Salmo salvelinus ». Coregonus Warhmanmi BI. 0’ est surtout Ley- dig qui a donné des dates sur des espèces de Cladocères trouvés dans l’ intéstin du Cor. Wartmanni. Plussieurs fois l’ estomac de ce poisson était rempli seulement d'une quan- tité de Daphnia hyalina Leydig. Les 9 exemplaires étu- diés provenaient du lac de Starnberg. Des exemplaires de la mème espéce de poisson provenants du lac de Constan- ce montraient comme nourriture des quantités de Bosmina longispina Leyd. En septembre 1857 Leydig è trouvé un très intérressant Cladocère, qu'il a nommé Bythotrephes longimanus, en centaines d’individus dans l’ estomac du Cor. Wartmanni provenant aussi du lac de Constance. Ces trois espèces de Cladocères étaient des éspèces pas encore connues. D’ autres observations démontrent qu’ en hivers le mème poisson se nourrit de larves d’ insectes, de mollu- sques, de Pisidiums et de pétites Lymnées et mème du frai. Vosseler (1) a trouvé dans l’ estomac entremélé à& d’ autres Entomostracès des debris de Cyclops strenuus Fischer. Coregonus hiemalis Jur. von Siebold dit : le con- tenu du tractus alimentaire correspond tout-à-fait au genre de vie — dans des profondeurs considérables — car j' y ai trouvé que des petits Lamellibranches, de petits Limnées et du feutre organique recouvrant le fond des lacs. D’ au- tres résultats. sont à noter sur la nourriture de cette espèce de poisson du lac de Genève. Des exemplaires de ce pois- son pèché sur la còte de Savoie avaient comme nourriture exclusivement des debris de Sida cristallina O. F. Miiller. C° est un des plus grand Cladocères et un de ceux, qui (1) Vosseler. Die freilebenden Copepoden Wirttembergs. Stuts- gart 1886, p. 195-196. EM PIA produit une quantité d’oeufs, done une nourriture excel- lante pour le poisson. Cor. fera Jur. Prend la mème nourriture comme Coreg. hiemalis; Coreg. fera du lac de Genève ne conte- nait de mème seulement des quantités de débris de Sida crystallina. Cor. Willughbii. Une grande partie de la nour- riture de ce poisson anglais est presentèe par un assez pétit Cladocère le Macrothrix roseus Tur. (1). Thymallus vulgaris Nil. Leydig a trouvé dans l’ estomac de ce poisson: Gammarus, des Arachnides, des Orthoptères et des Coleoptères. vou Siebold cite outre les observations de Leydig: des Phryganides et Esphemerides, des Geocorides, des Guèpes et des Fourmis. Salmo et Trutta. Les espèces de ces deux genres se nourissent quand mème que leurs bouche soit assez-large et qu’ ils soient pourvus de dents assez-fortes, en préférence de petits insectes, et de petits vers et remplissent souvent de mème que les Coregones, de petits Entomostracés. Salmo salvelinus Lin. Ce poisson peut ètre nourri dans les piscines artificielles avec des petits poissons et peut donc ètre qualifié comme poisson rapace; mais dans les cir- constances naturelles sa nourriture consiste en préference d’ Entomostracés, de Daphnides et Cyclopides, moins de poissons. De cette maniéère seulement, le fait de la présence “de Sal. salvelinus dans les lacs lapons comme seul espèce de poissons, s’ explique la possibilité de leurs existence. En automne du temps du frai il se nourrit mème des oeufs de sa propre éspèce, c’ est alors que la pèche è l’ hame- con se fait avec ses oeufs. Salmo Hucho Lin. Cette espéce, qui se trouve seu- lement "dans les caux de la Danube et de ces affluants (1) Baird - Natural history of the Britisch Entomostraca, « Ray So- ciety » 1849, p. 104. LA provenants des Alpes de la Bavière, ainsi que l’ Iller, le Lech, l’Isar, l’ Inu et la Salzach, est un poisson rapace. Des pècheurs ont mème trouvé plusieurs fois un rat dans son estomac. Trutta salar Lin. Des dates sur la nourriture de cette espéce sont encore à rechercher. Du temps ou elle se rend dans les fleuves la nourriture sera à peu pres nulle. Aussi la nourriture des autres espèces de ce genre est encore à rechercher et à vérifier. Une date soit icì mentionnée. Les truites des lacs de haute élévation (2196, 2270, 2272, 2273 m. s. m,) sur mer, au nord du Piz Su- retta au dessus de Spliigen dans le canton des Grisons montre la chair de couleur orange pendant les mois de Mai et Juin. L’ estomac et les intestins sont alors remplis de petits Mollusques de Pisidium, qui, en les écrasants font voir une masse rouge. Probablement c’ est cette nourri- ture qui cause la belle couleur de la chair du poisson. D’au- tre part la couleur des Pisidium est causée par leur nour- riture, les Diaptomus et Cyclops. En Aoùt et Septembre la nourriture consiste en Insectes de différentes espéèces. Fam. Cyprinidae. En général les Cyprinides choisissent leurs nourriture aussi bien d’ organismes végetaux tant que d’ organismes animales, vers et insectes. Des études scien- tifiques sur la nourriture de cette Famille de poissons, qui est très-importante pour la pisciculture, semblent ètre as- sez rares. Un exemple de recherche exacte se trouve dans le travail de M. J. Guerne sur la Faune des Azòres: Ali- mentation de Cyprinopsis auratus Lin. Ce poisson a été acclimaté aux Agores depuis la Chine par les Portugais. Cyprinopsis abonde dans les eaux de 1’ isle San Miguel et est extrémement commun dans les lacs de Sete Citades. On s' en serv pour les usages culinaires. Les plus grands exemplaires mesurent vers 22 cm. de longueur. Des exem- aber AQ a plzires plus petits se nourissent spécialement de substances végetales. D’individus tres-jeunes, de 11-22 mm. de longeur; l’exa- men des viscères prouve, que le Cyprin doré est loin d’ètre exclusivement herbivore. Les jeunes poissons se nourissent principalement de Chydorus “plhaericus. Rarement des Cy- clops se voient dans les intestins, la vivacité de leurs mou- vements les garantissent de la voracitè des Cyprins. Avec des Cladocères sont avalés : « Volvocinèes, Desmidiacès, Pe- ridiniens », dont la masse rempli prèsque tout l’ intestin. Il semble, que des habitudes d’ autant plus carnassières se montrent, plus que le poisson se trouve éloigné de l’ état adulte, comme s° il existait une rélation entre la qualité des aliments et la rapidité de la croissance. Parfois les jeunes Cyprins s’ avanturent au millieu du lac. Un indivi- du long de 12 mm. a fourni des débris de la plupart de la faune pélagique: Daphnella brachyura, Rotiferes: Pe- dalion mirum et Asplanchna Imhofi. A Caldeira de Fayal la nourriture des jeunes de Cyprinopsis de30-45 mm. fesait reconnaitre : Rhizopodes: Nebela collaris Cladocères: Alona testudi- naria Rotifères: Monostyla CAhydorus spaericus. Annelides: Naîs Copepodes: Canthocamptus. Acariens, Hydrachnides, Larves d’ Insectes. Oeufs de Tur- bèllaries. Gobio fuviatilis Cuv. Cette éspèce vit aux fonds des eaux. Il se nourrit aussi bien de substances véegetales que de substances animales. Carassius vulgaris Nils. Ce poisson est un des plus tenaces, il peut mème vivre dans des eaux marécageuses. Il se contente des différents aliments bourbeux. Barbus fiuviatilis Agassiz. Choisit comme nour- riture des substances animales et végétales. ARE 0: (> ROSS Abramis Brama Lin. Des recherches sur la nour- riture sont vivement à désirer. Chondrostoma Nasus Lin. La nourriture consi- ste en préference de substances vègètales, d’ Algues et du feutre organique qui tapisse les pierres et d’ autres corps solides. Toute une série d’ autre poissons de la famille des Cy- prinides, vivants dans l’ eau douce, se présentent comme objets favorables et intéressants à des recherches sur le mode de leurs nutrition. Fam. Siluridae! Siluris plamis Lin. Le Salut (1) est le plus grand carnassier d’ eau douce de notre conti- nent; sa taille, la largeur de sa bouche et sa voracitè l’ont rendu souvent l’ objet d’ histoires fabuleuses et d’une crainte exagérée de la part des baigneurs. On est allé mème jus- qu’ à croire que celui qui avait vu un de ces poissons était condanné à une mort prochaine, Hecrel raconte, il est vrai, que l’on a trouvé un petit chien dans l’ estomac d’un vieux Silure; une autre foi mème, à Presbourg, les restes d’ un enfant. Cependant, semblables cas sont exceptionnels et le grand appétit du Salut n° offre d’ ordinaire de réels danger que pour des proies plus petites, pour les animaux, poissons et autres, qui vivent dans les mèmes conditions que lui. Non seulement il se nourrit de quantité de pois- sons, mais aussi de grenouilles, et encore beaucoup d’ oi- seaux acquatiques, tels que Rales, Poules-d' eau, Berge- ronettess Canards etc. Il prend aussi volontiers des Rats d’ eau au passage, ‘ou bien cueille à la surface les fruits qui ont pu tomber ou ètre jetés è |’ eau. Ordre: Anacanhini. Fam. Gadidae. Lota vulgaris Cuv. La nourriture (1) Voir: Fatio. Faune des Vertébrés de la Suisse 1890 Vol. V. p. 444. LS de la Lotte consiste d’ invertébrés: vers et insectes, et de vertèbrés: poissons. Elle est un poisson des plus rapaces. Les poissons qu'elle choisit en proie sont: le Chadot, le Goujon, le Vengeron, la Fera mème la perchette et des truit tes Jeunes et des fois méme des individus de son propre espèce. Fam. Pleuronectidae. Platessa fiiesus Lin. Se nour- rit seulement d’ invertébrés, ainsi que de vers, crustacés et mollusques. Les intéstins se rencontrent souvent tout èà fait remplis de debris de coquillages de mollusques. Ordre : Acanthopteri. Fam. Percidae. Perca fluviatilis Lin. Cette éspece est des plus voraces des qu'elle a atteint une certaine taille. Les Perchettes jeunes se nourrissent de vers, de crustacès d’insectes, de mollusque et de frai de poissons. Arrivées à une grandeur plus respectable, outre ces in- vertebrés elles choisissent des proies plus voluminenses, des petits poissons de différentes éspèces : Gouyons (Gobio flu- viatilis), des Allettes (Alburnus lucidus), des Sardons (Lew- ciscus rutilus) et aussi des Batraciens comme par exem- ple des grenouilles. : Acerina cernua L. La nourriture de ce poisson est prèésque semblable à celle des Perches. Lucioperca sandra Cuv. La « Zandra » estun des plus rapaces poissons qui ne cède peu aux qualités du Brochet. Fam. Friglidae. Cottus gobio. La nutrition se fait de vers, de larves d’insectes, oeufs de poissons, de batra- ciens et de tout jeunes poissons. Peu ètre il choisit aussi des Entomostracés de fond, ce qui est encore à rechercher. Toute fois il parait ètre exclusivement carnivore. En terminant cette première revue sur les connaissan- ces sur la nourriture des poissons en préference d’ eau douce, qui sont au point de vue de la pisciculture artifi- cielle des plus importants, j" aimerais prier MM. les lec- teurs, qui avraient l’ occasion de conserver les contenus des intéstins de poissons dans de l’ alcohol concentré, de bien vouloir m’ en remettre. Sulla conjugazione delle Zionemee per W. West F. L. S. Lettore di Botanica e materia medica al Collegio Tec- nico di Bradford. Molto è stato scritto intorno al sesso delle Zignemee, nondimeno sembra esservi ancora una differenza di opi- nione riguardo alla sessualità dei filamenti. Molti anni or sono, prima ancora ch’io avessi neppur veduta alcuna delle osservazioni pubblicate sopra questo argomento, io fui col- pitz da ciò che riguardava come l’ invariabile sessualità dei filamenti di Zygnema e così pure di quelle specie di Spirogyra che hanno congiunzione scaloriforme. I fila- menti di Zygnema insigne Kitz. mostrano qualche volta conjugazione laterale quantunque io non l’abbia mai ve- duta. Io trovo spesso che molti separati filamenti si uni- scono insieme, ma in ogni caso da me osservato, le cellule dei filamenti coi loro contenuti, non ricevono mai i con- tenuti delle cellule di altri filamenti, di maniera che l’intero filamento è maschio in questa funzione; di più nessuna delle cellule di quei filamenti che formano le zoospore si dividono con alcuni dei loro contenuti in altri filamenti, e così questi sono anch’essi femmine nella loro funzione. Essendovi formato in conseguenza, qnesta idea sulle os- servazioni fatte fui contento di trovare che ricercando la letteratura di questo argomento, altri si erano accinti al- l’opera allo stesso scopo. Il 13 Novembre 1883 il signor A. W. Bennett lesse un discorso molto erudito dinanzi alla « Linnean Society » su questo soggetto sul quale egli affermò non aver mai veduta conjugazione incrociata, e disse che Hassall doveva essersi probabilmente ingannato nei pochi esempi da lui dati. Io sono interamente del pa- sere del Sig. Bennett non avendo mai veduto alcun esempio Rn di coniugazione incrociata dopo un lungo esame di in- numerevoli casi, ed io vorrei che se taluni osservatori avessero trovati degli esempi di questa conjugazione vo- lessero porne una o più preparazioni in uno oin parecchi dei nostri musei nazionali, affinchè non vi fossero più con- testazioni su questo argomento. Io trovai questi esempi di congiuncione incrociata sottoposti al mio esame essere tutti completamente illusori; nondimeno ad uh attento esame le apparenze erano fondate essendo dovuto all’ intreccia- mento o incrociamento dei filamenti. Il Sig. Petit non è categorico su questo punto (Spi- rogyra des environs de Paris) come egli scrive: « La Zygospores dans la conjugaison scalariforme, se trou- vent ordinaîrement toutes placées dans le mème filament, ce qui fait supposer l’existence des sexes chez les Spiro- gyra ». La parola toujours si accorderebbe meglio ad ogni esperienza. Io ho sovente osservato la conjugazione laterale sugli stessi filamenti, ciò che dimostra pure che quella sca- lare è data come esempio (figura 4) nel quale la conju- gazione laterale si mostra fra due contigue cellule dello stesso filamento, mentre una cellula vicina mostra come 1 contenuti siano passate in altro filamento per congiun- zione scoloriforme. Non può esser quindi messo in dubbio che vi sia qualche sessualità nell'ultimo caso, in tutti g% esemplari scalari notati la funzionale sessualità dei fila- menti fu costante, e fu affermato che ciò non può essere semplicemente accidentale, ma segni evidenti di incipiente sessualità. La particolare conjugazione della Spîrogyra punctata Cleve, ove l’unione dei tubi è prodotta da uno solo dei fi- lamenti, indica pure la sessualità. Da queste osservazioni la conjugazione laterale fu pro- vata essere molto meno comune della scalariforme. RO na La prima fu notata nella : Spirogyra varians (Hassal) Kiitz., S. Jurgensii Kitz., S. inflata (Vaucher) Rabh., S. bellis (Hassal) Cleve, S. affinis (Hassal) P. Petit, S. crassa Kiitz.; alcuni degli esempi che sono stati tratti da queste osservazioni sono figurati. Figura I.* presenta un esemplare di Spirogyra nitida (Dillwyn) Link nella quale sei filamenti si sono uniti, e la sessualità dei filamenti è di- stinta. La figura II.* serve a dimostrare la medesima cosa, e mostra la congiunzione di quattro filamenti. Altri die- ciotto esempi sono dati a dimostrare ciò, ed anche ad il- lustrare la poligamia e la poliandria. Bennett dimostra es- sere la poligamia molto più comune della poliandria, ed io posso confermare le sue osservazioni con quindici esem- plari di Zygnemee figurati, nei quali tre filamenti sono in conjugazione e solo tre di essi mostrano poliandria figure 13, 14, 19) nel mentre che dodici mostrano poligamia (fi- gure 12, 15 - 18, 20, 26), uno dei due esemplari che ri- mangono, mostra ancora una specie di poliandria con tre maschi e due femmine (figura 11), l’altro dimostra soltanto la distinta natura sessuale dei rimanenti filamenti (fig. 10). E dato un solo esemplare di Spîrogyra nitida (Dillwyn). Link che mostra poliandria (figura 29) ove vi sono due filamenti maschi ed una femmina siccome gli esemplari pubblicati di poligamia e di poliandria, sono rari ho figu- rato un buon numero di esempi, specialmente per illustrare la sessualità dei filamenti. Gli esemplari di Zygnema che dimostrano la poligamia e la poliandria non furono scelti, ma presi a caso. Furono fatte delle osservazioni riguardo alle dimen- sioni delle cellule nei filamenti maschili e femminili ma non vennero tratte conclusioni definitive, perchè è difficile trovare esemplari non dubbi e non alterati dei filamenti maschi e femmine, alterandosi sovente le loro forme du- rante la conjugazione, essendo spesso simultanea sopra tutta la lunghezza dei filamenti. Ho trovato nondimeno che le SII cellule maschili sono spesso più corte delle cellule femmine, ed un esemplare di ciò si trova nella figura I°. Le forme particolari del tubo di congiunzione, che mostrano ramificazione incipiente, sono spesso prodotte là dove il tubo manca d’incontrarsi con altro tubo, ciò che sì mostra nelle figure 3, 5, 6, 7, 9. Si trovano degli esemplari che provano evidentemente la mancanza di successo nella conjugazione laterale fra cellule adiacenti od altri filamenti maschi, come si dimostra nella figura 8. Furono osservati parecchi esemplari di Spwrogyra co- munis (Hassal) Kitz. i quali mostrano una piccola spora, ed anche una grande negli sporangi (figure 27, 28). Devo render noto la mia gratitudine per l’ assistenza. prestatami da mio figlio G. S. West nella" preparazione di questa memoria. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE (tavole 12 e 13) jSpirogyra nitida (Dyllwyn) Link. Tavola 1 Fig. 1-2 dimostra la sessualità dei filamenti >» 3 un tubo di conjugazione ramificato. Spirogyra bellis (Hassal) Cleve. 4 conjugazione laterale in un filamento maschile. 5-7 tubi di conjugazione ramificati. » 8 tentatito abortivo di laterale conjugazione fra due cellule adiacenti di un filamento maschile. » 9 tubi di conjugazione ramificati. Zygnema insigne Kiitz. 10 dimostra la sessualità dei filamenti. » ll dimostra la poliandria ; tre filamenti maschili : due femminili. x x Pat > QLL Zygnema cruciatum (Vauch.) Ag. » 12 dimostra la poligamia; due filamenti femminili ed unoTmaschile. Tavola| 2 Zygnema cruciatum (Vauch.) Ag. » 13-14 dimostrano la poliandria; due filamenti ma- schili ed uno femminile. Nella fig. 13 si osserva pure che il contenuto di due cellule maschili sono passate nella stessa cellula femminile. » 15-18 dimostra la poligamia ; due filamenti femminili ed uno maschile. » 19 come nelle figure 13, 14. 20-26 altri casì di poligamia. Spirogyra communis (Hassal) Kiitz. » 27-28 mostra due spore, (una macro ed una micro- spora) in cellule femminili. Spirogyra nitida (Dillwyn) Link. » 29 mostra la poliadria: due filamenti maschili ed uno femminile. Frammenti Alsologici L. Alcune alghe raccolte nel lago di Schloss-See in Baviera. DI ISTVANFFI-SCHAARSCHMIDT Nell'agosto di questo anno decorso, viaggiando per velo- cipide attraverso la Baviera, la strada mi condusse presso il lago di Chiem (See). — Il tempo sfavorevole e la pioggia di- rotta impedirono l'effettuazione del mio progietto, riguardo alla raccolta delle Alghe; e dovetti rinunziaread ogni ten- tativo. Più tardi, quando fui oltre all’Endorf cessò un poco la pioggia, e questo breve spazio lo adoperai a esaminare un poco le Alghe. La via appunto correva fra i laghi di Schloss-See e di Langbirgner-See. (Sulla superficie del- l’acqua di questo fioriva la Nymphaea alba). A cagione della continua pioggia, non si mostravano Alghe alla superficie dell’acqua, queste come in tempo annuvolato e piovoso si tuffano sotto. Così dovetti accontentarmi dei Muschi raccolti alle sponde della Schloss-See, sui quali si poteva sentire ancora un certo muco. Non ho trovato nessuna delle Alghe fin qui ritrovate dei monti Bavaresi, ad eccezione d’una spece. Questa è la Navi vicula mutica Kitzing, cui Rabenhorst ricorda nel lago di Stahremberg (Rbh. Flora Europ. Alg. I, p. 185). Le specie qui enumerate per lo più non sono rare; fra le Desmidiacee predomina il Disphinctium tesselatum; e fra le Oedogoniacee una probabilmente nuova specie di un grande Oedogonium. Schizophyceae. 1. Chroococcus turgidus (Kitzing) Nàgeli. Longitudo cellularum cum tegumento 15 x, latitudo 10 4. Tegu- mentum 5 y. ape 2. Aphanizomenon Flos-Aquae. Allman; Kirchner in Cohn Kryptogamen Flora v. Schlesien Il. Algen p. 236. Long. sporar. 14-17 p, latitudo 5 p. » "cell. veg. 12-20 4, » db. 3. Nostoc minutissimum Kitzing-Phycol. Gener. 1845, p. 204. Diamet. familiarum 84 p, sporarum 5 p cell. veget. 24 p. Eacillariaceae. 4. Cymbella gastroides Kitzing. Long. 130 pj; lat. 31 p. 5. Encyonema ventricosum Kitz. Long. 38 4; lat. 9 p. 6. Navicula Stauroptera Grunow. Long. 70 p, lat. 12'p. 7.EN. radiosa Kitzing. Long. 67 », lat. 15 p. 8. N. dicephala W. Smith. Long. 19-29 p, lat. 9 p. 9. Gomphonema acuminatum Ehr. Long. 48-68 È; lat, 9 p. Var. Clavus Ehr. Van Heurck Diatom de Belg. t. XXIII. f. 20. 10. G. parvulum Kitzing. Long. 23 p; lat. 5 p. 11. G. gracile :Ehr. v. dichotomum W. Smith. Long. 30 p.; lat. 7 p. 12. Achnantes minutissima Kitzing. Long. 12 È; lat. 4 p. 13. Epithemia gibba (E.) Kitzing. Long. 50#; lat. 28 p. 14. Eunotia gracilis (E.) Rabenhorst nec W. Srmth. Lon 80 p; lat. 14p. 15. E. pectinalis (Kitzing) Rabenhorst. Long. 50 #; lat. 12 È 16. E. lunaris. (E) Grunow. Loug. 80 ®; lat. 4 p. 17. Synedra Ulna. (Nizich.) E. Lon. 120 w.; Iat. 10 p. 18. Nitzschia dissipata (Kitz.) Grunow (N. minutissima W. Smith). Lung. 21 #; lat, 4. p 19. N. Sigmoidea (E.) W. Smith Solum fregmentum vidi. 20. Cosmarium Botrytis. Desmidiaceae (Bory) Meneghini. Long. 404; lat. 30 È eli 22. 32. 33, sl. 36. — 88 — Cosmarium crenatum Raef. Long. 24 #. ; lat. 20 w. C. conspersum Ralf. » var. rotundatum Wittrock Anteckn. Skandin. Desm, 1869. f. 4. Long. 72 p; lat. 65 p. . GC. pachydermum Lundell. Long. 96 x; lat. 72 p. . G. Cucumis Corda Almanach de Carlsbad 1835"p 121 f. 27. Long. 624; lat. 40 p. . C. turgidum Ralfs XXXII. f. 8. Brit. Desm. t. sùpplt. XXXII f. 8. Long. 220 #; lat. 90 p. . C. connatum Brébisson. Long. 100 p. ; lat. 48 p. . Disphinctium tesselatum. Delponte Specim. Desm. Subalp. p. 232 p.. (XXI FILI. Long. 150 #; lat. 67 p. . Pleurotaenium Trabecula (E.) Nageli. Long. 530-650 p; lat. 23-36 p. . Pleurotaeinum truncatum (Bréb.) Nageli. Long. 290-500 p.; lat. 39-90 p. i. 12. . P, Baculum. (Ralf) Delponte Spec im. Desm. Subalp. p. 226, t. XX, Long. 160 È; lat. 20 p. . Hyalotheca dissiliens (Smith) Bréb. Long. 16 ®; lat. 25 p. Desmidium Swartzii. C. A. Agardh. Long. 18 p, lat. 40 p. D. quadrangulatum. (Kitzing) Ralf. Diamet. 60 w& Palmellaceae. Eremosphaera viridis de Bary. Diameter 150 p. . Gloeocystis vesiculosa Nigeli. Longitudo cellular. 75-12 pw; latit. 5-10 p. Diameter familias 50-60 p. Palmella mucosa. Kitzing. l)iamet. cellulas 4 p. » familias. 2.40 & Protococcaceae. 37. Ophiocytium cochleare (Eichwald) AI. Braun. Longitudo 80 p; latit. 7 p. 38. Pediastrum Boryanum (Turpin) Meneghini. Diam. cellular. 9-12 p. » familiar. 53 # var. brevicorne Al. Braun Kirchner in Colm. Kryptogamenflora v. Schlesien. II Algen p. 95. Longitudo cellular 12-24 p; altit. 7-20 p » familiar. 140 #; latit. 72 & QOedogoniaceae. 39. 0e. tenellum. Kitzing. Longit. vagin. 24 p; latit. 20 p » oospor. 21&; f 16 p. » — cell. veget. 12-36 È; latit. 9p. 40. Oedogonium n. sp. Oedogonum dioicum, cogoniis singulis vel binis oviformibus, sub polo superiore plus minus inflatis, cosporis subglobosis, 00g0- nia fere complanatibus; plantis masculis paullulo validioribus quam fe- mineis, spermogoniis 2 cellularibus iis cellulisque vegetativis alternis. Crass. cell. veget. 29 p, altit. 65-70 p. >» oogon. 72 p, attit. 108-]20 p » oospor 65 p. » cell. spermog. 26 &, attit. 19 p. Bacillariacces de Java de Otto Miller. Durant son voyage à Java 1888-89 le professeur A. Tschirch de Berne fit une collection de bacillariacées d’ eau douce, qu’ il fixa sur les lieux à l’aide d’acide picronitrique et qu'il m’aban- donna pour mes recherches. D'un interét tout particulier fut une récolte vaseuse de la station balnéaire Kottabatu près Buitenzorg ; dans cette récolte prédominait une grosse Melosira, dans laquelle je constatais, à ma grande surprise Melosira undulata Kiitg. Cette! Melosira n’ avait été jusqu' aujourd’ hui connue qu’ à l’état fossil et cela méme qu’en un seul endroîtt, dans les chistes du Habictswald, près de Cassel. C'est de là qu’ Ehrenberg (2) l’a décrite et reproduite sous le nom de (Galzonella undulata. Kiitzing (3) suprima le genre Gallionella et la décrivit sous le nom de Melosira undulata, en nommant le méme endroit de découverte. Plus tard Grunow (4) la trouva dans le schiste de Dubravica en Hongrie et la mentionna comme une présence rare. Ma surprise fut d’autant plus grande de la retrouver dans le plus riche dè- veloppement, dans la collection de Kottabatu. Le schiste du Habichtswald appartient à la formation tertiaire moyenne. Th. Ebert (5) le range avec le haut-oligocène. Le schiste de Dubravica n’est pas beaucoup plus jeune, il appartient è la formation miocène (6). (1) Une relation plus détaillée se trouve dans les Berichte der Deutschen Botan. Gesellschaft. Tome VIII. p. 318. (2) Berichte der Berliner Akademie 1840 p. 17. Microgeologie PI. 12 Fig. 9 a_i. (3) Die Kieselschaligen Bacillarien 1844, p. 13 u. Tf. 2, Fig. 9. (4) Fossile Diatomeen Oesterreich-Ungarn, 1882 p. 146. Van Heurek, Diatomées de Belgique. — Atlas Tome II. PI. 90, Fig. 3,9. (5) Die tertiàren Ablagerungen der Umgegend von Cassel 1882, p. 18 et 27. (6) Grunow, 1. c. p. 137. DeAgii i L’Institut Royal de Géologie m° abandonna un morceau de schiste du Habichtswald et je pus prouver l’identité de l’ espèce trouvée là à l’état fossil avec l’espèce trouvée vivante à Kottabatu, jusque dans les plus minces détails de la structure. Melosira undulata s'est donc conservée depuis les temps ter- tiaires moyens sans altération aucune : elle n’ a été trouvée vr- vante quà Java et fossile que dans les endroits situés à 50 de- grés de latitude nord. La présence d’une espèce d’eau douce tro- picale dans une couche tertiaire de l’ Europe méridionale est un fait de haut intérét et une nouvelle preuve pour la supposition d’un climat sub-tropical dans l’Europe méridionale durant la pé- riode tertiaire. Frustula solitaria, vel 2-3 ad summum novena în fascias arcte vel stipitatim conjucta. Frnstulum a facie valvae orbiculare, discis planis, margine incrassatis, poris radiantibus, centro ma- culam laevem ambientibus ; a latere membranae connectivae rec- tangulo-cyeindraceum, membranae valvarum facie interna sub ipso disco punctorum prominentium serie recta ornata, medio semel constricta (undulatum, unde nomen speciei), commissura transver- salic manifesta; valvae poris longitudinaliter seriatis perforatae, seriebus pr. pr. 16 in centesimo millimetri parte. Valvae longi- tudo (altitudo) 23-24 w, latitudo 16 ad 75 w. Frustulorum alia annulo incrassato margine valvae contiguo insignia, alia de- stituta. Membrana connectiva laevis, valva longior utraque 1 112-2, e duobus vel tribus annulis sutura connexis constans. Stipites e qualibet membranae parte producti, passim in eodem frustulo plures. Auxosparae esexuales, globosae, ex singula cellula ortae, in valvae hemisphericae utriusque vertice umbilico cum valva cel- lulae matricalis coalito praeditae. Auxosporarum longitudo 125 E, latitudo 58-75 w. Habitat in aqua dulci Kottabatu prope Buitenzorg Javae, ubi legit cl. Tschirech. Fossilis in monte Habichtswald Hassiae et prope Diibravica comitatus Soliensis Hungariae. Les valves sont des enveloppes cylindriques, la paroi intérieure de la membrane valveuse est voùtée et rétréciée au manteau eylindrique. Le diamètre varie 16-75 p, la hauteur de la valve de 23-34 p. sm 109 La fine structure de la membrane cellulaire ‘ressemble en général à la structure de Melosira arenaria Moore (1) déerite par moi. Le disque de la valve"est d’une rondeur circulaire et tra- versée de lignes de pores en rayon, qui ne laissent libre que le centre, la partie la plus mince de la membrane (2). La membrane de la valve montre rayures occasionées par des rangées de pores dans la direction longitudinal de la cellule (3) ces rayures se trouvent à une distance de 0,6 w. l’une de l’autre,(16 sur 17100 m. m.) Les canaux poreux percent la membrane de la valve en angle droit sur la tangente de la paroi intérieure de la valve; on réussit à les injceter de gaz. Comme chez Melosira arenaria, il se trouve aussi chez M. undulata dans beaucoup, mais pas dans toutes les cellules, un é- paississement annulaire du bord dela valve (4). Il est à supposer que seulement les plus grandes cellules matrices sont pourvues de cet épaississement du bord et que pour cela il se fait remar- quer chez Melosira undulata une méme loi de division cellulaire que celle que j'ai démontrée chez Melosira arenaria (5). Sur le còté de la bande connective se trouvent, près de l’en- veloppe, un certain nombre de points rangés en ligne droite, ils ressemblent à de petites élévations (6) se trouvant sar la mem- brane valveuse de la paroi intérieure. Les bandes connectives entièrement développées ne sont pas rayées, elles sont lisses et à peu près 1 112? —2 fois plus longue que la valve. Elles sont formées de plusieurs anneaux disjoints. . La cellule primordiale ne differè pas de Melosira varians Agardh; la tournée du nucléus et la division se font tels que Pfitzer (7) la décrit de cette espèce. Très remarquable et fort singulier est la formation du pe- (1) O. Miller. Zellhaut etc. von Melosira arenaria Moore Prings- heim’s Jahrbicher — Tome XIV, p. 245 ff. (2) Van Heurek 1. ce. PI. 90, Fig. 8. (3) ibidem, Fig. 9. (4) O. Miller, 1. e. p. 250: PI. 14, Fig. 14, 15. (5) O. Muller, p. 239. (6) Van Heurck. 1. c. PI. 90. Fig. 8-9. (7) Bau u. Entwickelung der Bacill. 1871, p. 129. ff. Mag dicelle. Tandis que dans tous les cas à moi connus, une cellule bacillaire ne produit pas plus qu’ ur pédicelle, ou trouve chez Melosira undulata plusieurs (jusq'à 6 Aa 8) pédicules à la méme cellules. Beaucoup de cellules particulières et beaucoup de fila- ments de la Melosira undulata ne permettent pas reconnaître une formation de pédicelles; à d’autres filaments, la première cellule possède des pédicelles les suivantes sont vu bien étroitement jointes ou bien l’on remarque entre les différentes cellules des pédicules plus ou moins longs. Une autre singularité digne de remarque est que chaque endrott du tissu cellulaire, 2° #mporte lequel, peut produire un pédicelle qui se lie avec la cellule avoisinante à n’ importe quel endroit. Chez tous les autres bacilliaracées, il n'y a qu’ur endrott dèterminé de la membrane cellulaire qui soit capable de prodnire le pédicelle, voire méme chez chaque individu dela méme espèce toujours Ze méme, un des coins, le centre du disque, la partie étroite de la cellule ete. Chez Melosira undulata, les pédicules ne sont pas seulement adjacents à n’importe quel endroit de la valve; mais aussi aux commissures des valves et des cellules et aux par- ties de la membrane cellulaire couvertes des membranes de la bande connective. La formation des pédicelles aux commissures et aux jbandes connectives serait le plus simplement expliquée par la supposition que les pédicelles sont un.produit de transformatiori de la couche la plus extérieure de la membrane cellulaire. Mais de raisons fondamentales s’élèvent contre l’hypothese exprimée et pour l’ admission hypo- thétique que les pédicules se forment par une sécretion (1). Si l’on ne veut pas admettre que la sécrétion des pédicelles peut aussi, dans certains cas, avoir lieu à travers deux membranes déplacables, il ne reste plus que la supposition, que la formation des pèdicelles n’a pas pris son commencement à de pareils endroits, mais que les pédicules produits par les cellules avoisinantes, y ont ét6 attachés comme à un corps ètranger. Mais en admettant cela, il fautremarquer que les cellules ne s’attachent ni à d’autres espèces (1) G. Klebs. Organisation der Gallerte bei einigen Algen etc. p. 390. de bacillariacées, ni aux plantes aquatiques en général, mais tou- jours à un individu de la méme espèce ou à des détritus vaseaux. Ci-annexe il se forme des disques adhérateurs d’ un plus grand diamètre et de forme irrégulière, qui se réunissent souvent aux avoisinants. Les pédicelles sont des cordes plus ou moins lon- gues et presque toujours cylindriques. Une transition progressive du pédicelle en membrane cellulaire n’est pas à remarquer; toujours le disque adhérateur est séparé de la membrane cellulaire par une ligne sombre. Les pédicules ne sont pas siliceux. Dans la collection de Kottabatu se trouvaient aussi les auxo- spores de Melosira undulata; ceux ci ont pour nous un intérét tout particulier, parceque leur marche de développement est différent de celui de leurs plus proches parents Melosira varians. En général, les cellules matrices de 30 w de diametre produi- sent des auxospores de 65-75 p. D’après Pfitzer et Schmii: (1) la cellule de Melosira varians se transformant en auxospore s’arrondit vers la plus jeune valve en forme de boule, le perigonium et le protoplasme se retirent de la plus jeune valve matrice, celle-ci se vide. De la plus ancienne valve, le protoplasme ne se retire pas entierement, au contraire partiellement Voilà la raison pour la- quelle la valve premiere née — sécrétée par la première cellule du coté de la plus jeune des valves matrices — est une hémisphère, la seconde valve — du coté de la plus ancienne des valves — porte sur la créte un ombilic, qui a à peu prés la demi hauteur de la valve matrice. è Les auxosporès de Melosira undulata se distinguent de ceux de Melosira varians parceque le perizonium etle protoplasme ne se retirent ni de la plus jeune, ni de la plus ancienne valve ma- trice : celles-ci restent, au contraire, durant tout le temps du développement des auxospores, remplies du protoplasme; voilà pourquoi les deux valves de la première cellule restent dans les valves matrices, autant qu’elles sont sécrétées dans l’ intérieur de celles-ci; c’est-à-dire qu’elles portent sur leur crète un om- bilic de la grosseur et de la forme d'un moule très exact des valves matrices. Les valves matrices ne peuvent étre rejetées, (1)'Patzer site pi al322 \PIV6. Bio. 16: Paesi e 3 RA ‘parce que la paroi interienne de leur membrane, vòutèe en avant, assure une forte jonction mécanique entre l’ombilic qui en est comme entouré. La première valve de la cellule première entoure déjà la se- conde, chacune sécréte une bande connective, le nucleus entre dans la partie dilatée et la division a lieu de la manière habituelle. Les valves de la cellule première — sont comme les suivantes transpercées de pores, mais leur paroi intérieure n’est pas'encore recourbée de cette singulière manière remarquée dans les cellules végétatives; d’autre part les nouvelles valves de la seconde gé- nération forment déja cette courbure de la manière typique. Tandis que la formation des auxospores de la Melosira un- dulata a, sans execption, toujours lieu d’après la manière décrite, la formation sporale de Melosira varians diffère quelquefois, suivant mon observation de la marche typique. Il arrive que le protopla- sme ne se retire qu’ imparfaitement ou pas du tout de la plus jeune valve matrice et qne pour cette raison la valve sécrétée de de la cellule première — n’a pas la forme d’une demi-boule, mais que la seconde valve porte un ombilic plus ou moins developpé. Après avoir étudié la formation des auxospores de Melosira undulata, je ne puis plus croire que cette variation du dévelop- pement typigne chez Melosira varians est à considérer comme un arrèt accidentel, aw contraire, je doîs accorder la cause plus profonde de l’atavisme. Melosira varians a peut-étre, dans les temps passés, formée ses auxospores comme Melosira undulata; mais dans le cours des siécles, sous le changement des circonstanees de l’adaptation, il y a eu des changements qui certainement ont été de grande utilìté pour cette espèce. Si la riche propagation de Melosira varians comparée à celle très restreinte de Melosira undulata se trouve en. quelque rapport avec ce qui précède, est une question que je laisse è l’ap- préciation. i Eunotia Tschirchiana pn. sp. Dans la collection de Kottabatu, il se trouve une Eunotia qui n’a pas encore été décrite, que je me suis permis de nommer, d’après le collectionneur, monsieur le professeur Tschirch, Eunotia Tsehirchiana. ai: VOR a Frustula solitaria vel usque ad dena in fascias conjuncta Frustulum a facie valvae arcuatum, margine dorsali convexo, ventralis subrecto, sub apicibus rotundatis parum constrictum, nodulis terminalibus ventrem spectantibus ; striis radiantibus sub- tilissime punctatis in raris intervallis inaequalibus, medio 2,5-3,w latis (3-4 in centesima millimetri parte) apices versus magis confertis (10 în 17100 mm) ornatum ; valvae longitudo 36 ad IIS w, latitudo 10-14 w ; a facie membranae connectivae rec- tangulum, angulis rotundatis, striis interpolatione 1-3 nae inter binas valvae, 0,5-0,6 w latis, (16-20 in 1]r00 mm) densissimis. Obs. Inter valvam et membranam connectivam ‘vinculum (Zwischenband) interjectum. Noduli terminales canaliculo perforati hinc in faciem valvae exeunte, illinc in faciem membranae con- nectivae ad quintam valvae latitudinis partem descendente. Val- varum et vinculorum et membranarum connectivarnm margines, in utroque cellulae dimidio contrarie incurvi, optice decussantur. Habitat in aqua dulci Kottabatu prope Buitenzorg Javae, lecta a cl. TSCHIRCH. Cette Eunotia se trouve isolée ou en courtes bandes et se rapproche de Eunotia monodon Ehrb.; elle se distingue de cette dernière par une forme plus svelte et par les stries transversales, qui se trouvent à distances assez grands et irréguliers du còtè de la valve; ces stries deviennent plus étroites vers les extrémités :* dans le milieu de la valve, on remarque 3-4 stries, aux extrémités jusqu’à 10 sur 17100 m. m. Cette singularité est constante et egale chez les plus grands et les plus petits individus. Les stries se courbent vers la bande connective et là il y a de 3-4 stries in- tercalés entre chaque fois 2 stries. Les stries sont des endroits amincis, en forme de lignes de la membrane cellulairè ; dans ces lignes, se trouvent des pores très fins. Eunotia Tschirchiana possède dans chaque demi-cellule une zone intermediaire(Zwischenband)de la méme complexion qu’Epitemia tur- gida(1). Les bords des valves, des zones intermediaires et des bandes (1) Otto Miller. Zwischenbàader. und Septen der Bacillariaceen. Berichte der Deutsch. Botan. Gesellsch. Tome IV. p. 309 et PI. 17. Fig. 6. so connectives forment du còté de la bande connective, de lignes voùtées médianes de l’autre moitié qui coupent les lignes voùtées dans le sens opposé, comme Epithemia alpetris (1). Les zones intermèdiai- res et les bandes connectives ont des stries transversales très rapprochées et finement ponctués. Les nodules terminaux (2) sont percés par un canal, qui s'a- vance en saillie du còté de la valve et qui de là passe sur la bande connective en forme sillon. De méme que je l’ai prouvé des nodules des naviculées avec leurs appareil finals, ces nodules sont aussi aptes à transporter le protoplasme à travers le canal surla surface de la membrane ; le sillon conduissant le protoplasme dott se trouver, dans ce cas, sur le còté de la bande connective, parce que les cellules sont reliés avec les còtés de la valve et le proto- plasme ne pourrait pas entrer en échange d’activité avec le mé- dium environnant. La tournée et les divisions diagonales des chromatophores sont conformes à celles de Himantidium pectinale, qui ont étè dè- crites minutieusement par Pfitzer (3). 1) ibidem PI. 17. Fig. 4. 2) Otto M%ller. Druchbrechung. der Zellwand. Berichte d. Deutsch. Bot. Gesellsch. Tome VI. p. 169. (a) Pzitzer, Lc. p.0 99. Laboratori, Istituti, Stazioni marine e lacustri « Il importe surtout de provoquer en dehors de lUniversitè et de la science officelle le précieux concours d’amateurs intelligents indipendents et desintèresses. » Con queste parole il nostro amico e collaboratore A. Giard della Sorbonne finiva un suo studio « Les grandes et les petites stations maritimes ». Se la necessità di scuotere l’ iniziativa privata si fa sentire in Francia ove, come esposi in precedente mio scritto (1) sorsero pure per opera di privati individui o so- cietà le stazioni marittime di Roscoff, Arago, d’Arcachon, Portel, Luc-sur-mer l’Aquarium des Sables d’Olonne ete. che dovremmo dire per l' Italia ove la pianta amateurs se pur esiste — è ancora allo stadio embrionale ? Possano i due esempi di privata iniziativa dei quali diamo qui sotto la storia essere fecondi di geniali imi- tatori, e tanto più facilmente speriamo sia ciò possibile ch’ essi esempi ci mostrano come anche con piccolo di- spendio si può far cosa utile al progresso ed alla diffu- sione della scienza. La Stazione zoologica mobile del Comitato per l’esplorazione del- la Boemia. L’idea di stazioni zoologiche mobili non è nuova, fu applicata anni or suno in Olanda ove, per le speciali condizioni del suolo si dovrebbe ritenere che simili stazioni dovessero tornare assai utili. Sembra invece che il trasporto dell’ edificio o altro presentasse inconvenienti tali da far abbandonare l’impresa, sostituendoalle stazioni mobili quella permanente di Helder. L'esperienza invece riesci felicemente in Boemia sia per migliore introdotte nel materiale mobile, sia per la di- versità delle stazioni da studiarsi. (1) Vedi: Per gli studi sul mare in Italia — Supplemento alla Naptunia, Vol. I, n. 1, p. I-VIII. Nel 1888 mercè la generosa donazio- ne del Barone Bela Dertscheni proprieta- rio dello stagno di Unter-Pocernitz fu fat to costruire ad Elbe- teinitz nella fabbrica dei fratelli Perner una casetta che si scompone in 80 pezzi i quali hanno tutti assieme un peso non superiore ai 1000 Kg. Il prezzo di questa casetta che comprende naturalmente una sola stanza fu limitato assai, 509 fiorini, Non diamo la descrizione del piccolo edificio poichè se ne può ritrarre una chiara idea delle due unite figure. Aggiungiamo solamente che la superficie interna è di 12 metri quadrati e che le imposte delle due finestre si tol- gono via e si trasformano in due solidi tavoli da lavoro ad ognuno dei quali possono comodamente prender posto tre lavoratori. L’ideatore di questa piccola stazione mobile fuil sig. professor Fritch dell’Università Czeca di Praga. La stazione fu installata la prima volta (il 2 giugno 1888) sulle rive dello stagno d’Unter-Pocernitz porto nelle vicinanze di Biechovitz non lungi da Praga. Le osserva- zioni si proseguirono per tutto l’anno di settimana in set- timana o di quindici in quindici giorni. Oltre al Fritch presero parte ai lavori il D." Vavra ed altri naturalisti di Praga. Furono studiate la temperatura dell’aria e quella dell’ac- qua alla superficie dello stagno ovvero a delle profondità di 1, 2, 3 metri; fu tenuto nota delle condizioni meteorologiche, della direzione del vento etc. Si fecero pesche alla superficie, facendo percorrere alla reticella pelagica una lunghezza di 15 a 20 m., a profondità diverse 1, 2,3 metri. Si raccolsero esemplari della melma costituente il fondo e la si lavò facendola passare per degli stacci di diverse — 100 — aperture onde raccoglierne gli organismi. In fine furono fatti numerosi esami del contenuto intestinale dei pesci ap- pena presi e si fecero pure pesche durante la notte e nel- l’inveruo, in questo caso rompendo la crosta superficiale di ghiaccio che ricopriva lo stagno. Questa l’opera d’ un anno, che sembraci non piccola e di non poca importanza, tanto più ch’essa venne conti- nuata con eguale attività e buoni risultati nei susseguenti anni. Il Barone Dertscheni, incoraggiato dal felice esito e dal buon uso che fu fatto dalla generosa sua donazione, stabili di innalzare una piccola stazione stabile sulle sponde dello stagno di Unter-Pocernitz (1) in sostituzione di quella mobile che venne tolta di ià uel principio dei decorso anno e che fu fatta passare di stagno in stagno raccogliendo sempre larga messe di os- servazioni, di materiali che vengono poi con più ric- chezza di mezzi esaminati e discussi nei laboratori mag- giori delle università. Fra le molte interessanti osserva- zioni fatte ci piace far qui menzione della constata pre- senza d'un nteressante ani- male pelagico la Bohemilla comata Veid. ritrovata in piccolo stagno in tal quantità che con un calcolo appros- simativo ma certo non molto lungi dal vero si potè cal- colare che lo stagno ne con- tenesse per 10 quintali. Abbiamo ricavate queste notizie da due note favoriteci dal prof. Fritch : Notice sur la station zoologique du co- mite pour l’exploration de la Bohéme, letta al Congresso internazionale di zoologia di Parigi 1889, e l’altra: Zwei- ter Bericht ber den Fortgang der Arbeiten an der der ubertragbaren zoologischen Station in Bohemen, pub- blicata nel Zoologischen Anzeiger N. 347, 1890. (1) Questa stazione stabile occupa 18 mq. di superficie e sarà in- teramente pronta per il lavoro nei prossimi mesì primaverili. Il Laboratorio di Zoologia marina a Rapallo Rapallo è una gentile cittadella ligure, posta in posi- zione assai amena sul golfo omonimo che è da una parte limitato dalla punta di Portofino e dall’ altra. Le spiaggie del golfo sono generalmente rocciose, vario il pendio e la profondità (1) ancor più varia e d’ esube- rante ricchezza la flora e la fauna così la costiera come la pelagica. S' aggiunga che per la posizione del golfo i venti non vi si fanno sentire colla loro ligure violenza e che essen- do limitato il moto del porto le acque si presentano non solo al largo ma anche in vicinanza della città del tutto limpide. In questa posizione per molti lati privileggiata, i si- gnori : prof. Camerano dell’Università di Torino e dottori Peracca e Rosa assistenti al R. Museo Zoologico della stessa città vennero a fondare non sono ancora due anni, a tutte loro spese un Laboratorio Marino, una stazione modesta nelle sue proporzioni ma che certo, per la valentia dei fon- datori e pel loro amore alla scienza s’innalzerà a bella fama, e che può ad ogni modo vantare sin d’ora qualche cosa d’ essere cioè il primo laboratorio marino che si fonda in Italia per iniziativa e con denaro italiano. I proprietari e per la loro speciale conoscenza tecnica e per non dipendere da altri che da se stessi, poterano in spazio limitato e con mezzi limitati dare tuttavia un’ or- (1) «Da Rapallo all’estremità del golfo dinansi la punta di Por- tofino, percorrendo circa 4 chilometri s’ arriva gradatamente sino alla profondità di 90 metri; ad una distanza pressochè uguale al largo di Portofino si hanno già profondita di oltre 4000 metri ». — Così nella notizia sul Laboratorio di Zoologia Marina a Rapallo pubblicata dai signori Camerano, Peracca e Rosa, notizia dalla quale ricaviamo in gran parte i dati che andiamo esponendo. — 102 — ganizzazione tale al laboratorio da renderlo cttimo per le ricerche a cui è destinato. Il fabbricato, che si presenta elegantemente nel suo aspetto esteriore, quale chalet svizzero, ha base in mura- tura pareti di legno e tetto ricoperto di zinco, sorge a pochi metri dal mare e tiene solo 100 mq. d’ uno spazio pri- mieramente occupato da un cantiere ora interamente distrutto. L’ edificio comprende una sola sala che offre le se- guenti dimensioni interne: lunghezza m. 7, larghezza m. 4,50, altezza fino al soffitto in legno sottostante al tetto m. 4 circa. « L'edifi cioTè col- locato in modo che una delle pareti di maggior lunghezza è rivolta a pieno Nord. Questa parete porta per tutta la sua lun- ghezza una inve- triata costituita da nove grandi lastre. Contro a questa pa- rete internamente è collocato il tavolo da lavoro che ne occupa tutta la lunghezza e sul quale possono lavorare sei persone. « La porta si apre nel lato più corto che guarda il mare; sopra la porta è collocato internamente il serbatoio dell’ acqua marina della capacità di 800 e più litri, che viene riempiuto mediante una piccola pompa rotativa. Me- diante un sistema di tubi l’ acqua si porta da questo ser- batoio agli acquari, che sono collocati nel mezzo della sala sopra un apposito mobile in ferro a due piani munito del necessario raccoglitore per condurre fuori l’ acqua che ha circolato negli acquari. « Nella parete più piccola opposta a quella in cui si — 103 — < apre la porta vi è un tavolo ricoperto di porcellana, desti- nato alle manipolazioni chimiche. Sopra questo locale vi è un serbatoio per l’ acqua dolce. « Nel mezzo della sala, dietro al sostegno degli acquari vi sono inoltre due tavole ricoperte di marmo, e contro alla parete opposta all’ invetriata stanno armadi e scaffali pei libri, per gli strumenti e per le raccolte. Infine un angolo è destinato ‘a contenere i principali attrezzi da pesca. « La stazione possiede per ora un canotto, La Bonellia, che serve per le escursioni di piccola durata e per le ri- cerche a piccola profondità. « Gli attrezzi da pesca consistono essenzialmente in dra- ghe da profondità, in reti per la pesca pelagica, in appa- recchi per estrarre massi dal fondo, in setacci, retini, ar- poni ecc. Questi istrumenti vennero costruiti espressamente a Napoli sotto la sorveglianza del dott. Paolo Mayer della Stazione Zoologica. « La stazione è inoltre provvista di numerosi acquari di studio e dei reagenti ed istrumenti opportuni, esclusi na- turalmente i microscopi ed altri strumenti costosi che gli osservatori dovranno portare con se. « In quanto alla biblioteca essa sì limita per ora ai trat- tati di uso più comune e ad un certo numero di memorie staccate riguardanti la fauna marina ». La piccola stazione fu inaugurata or sono due anni ma si può dire che solamente da un anno essa incominciò a funzionare, poichè solo nei mesi autunnali rimase co- stantemente aperta. Il chiarissimo Prof. Camerano mi comunica che le raccolte fatte, visto specialmente la brevità del tempo, sono già numerose ed importanti assai. Lo studio del materiale che si va raccogliendo a Ra- pallo esigerà di certo tempo parecchio, s’ incomincia tutta- via a vederne i frutti in alcune brevi ma interessanti no- — 104 — tizie, come quelle del Camerano sul Dimorfismo sessuale degli Echinodermi (1) e del Rosa sul Ctenoblastus par- dalis Clap. a Rapallo. (2) Che il più felice successo arrida alla bella iniziativa dei signori Camerano, Peracca e Rosa! (1) Boll. del Museo di Zoologia ed Anatom. comparata della R. Univ di Torino N. 91 Vol. V .-— 10 Novembre 1890. (2) Loc. cit. N. 69 Vol. IV — 30 Settembre 1890. Note di tecnica Metodo per abbassare normalmen.- te là temperatura degli acquari. Una delle più indispensabili cure che richiede il man- tenimento d’un acquario è quella di tenere regolata la tem- peratura. Che l’ acqua si riscaldi oltre i 16° e 18° e la popolazione animale dopo aver dati segni di eviderte mal essere sparisce e l’economia dell’acquario si altera rapida- mente anche nella vita vegetale : che la temperatura s’af- bassi al di sotto di 3 gradi e gli animali specialmente i pesci cadono in un stato di torpore tuttavia non sempre letale, mentre — danno assai maggiore —i vetri dell’ ac- quario possono facilmente fendersi e l’ acquario venire distrutto. Però se il difendere l'Acquario da l’eccesso di freddo non è cosa difficile — chè anco senza agire direttamente su l’ Acquario basta riscaldare la stanza ove esso si trova — maggiore difficoltà presenta nvece il diffenderlo dal caldo. Non è sempre consigliabile per ciò l’ intro- duzione di ghiaccio che altera la densità dell’acqua e porta altri inconvenienti ; miglior metodo è il circondare le pareti del recipiente con un panno, imbevuto d’ acqua e che si terrà continuamente uinido, ma così questo come quell’espe- diente non danno che un abbassamento momentaneo di temperatura. Il prof. Reinke otteneva con un mezzo assai ingegnoso di mantenere e far sviluppare delle alghe marine in un acquario la di cui temperatura era artificialmente tenuta bassa non solo ma anche in modo costante. É noto che le alghe marine assai poco si prestano ad esser conservate negli acquari di gabinetto, causa precipua le condizioni ter- miche che rapidamente si modificano nei piccoli acquari. Il sig. E. Schimdt ottenne con mezzo analogo a quello usato dal Reinke di conservare animali (1) per assai più lungo tempo di quanto si possa solitamente a mezzo dei soliti acquari. La disposizione escogitata dal sig. Schmidt per raffreddare l’acquario è in vero assai semplice : Un piccolo acquario rettangolare tutto in vetro (di- (1) Sitgungsberichte Gesellsch. naturf schen. freunde zu Berlin. Jahrgang 1800 pag. 95. — 106 — mensioni ordinarie : lungh. 30 cm., larg. 16 cm., altezza 16 cm.) viene fortemente saldato ad una cassa, foderata di zinco, ed in modo da lasciare fra l’acquario ed il fondo della cassa uno spazio vuoto alto circa 12 cm. che si riempirà con pezzi di ghiaccio. Questa cassa alla sua volta vien posta in una più grande le di cui pareti devono essere dovunque distanti da quelle della cassa inclusa di circa 5 cm.; lo spazio interposto viene riempiuto di segature di legno. Il ghiaccio devesi naturalmente rinnovare ogni giorno e con un po’ d’attenzione, regolando ben questo semplicissimo congegno non riesce difficile mantenere la temperatura dell’Aquarium fra i 6° ed i 9°. Lo Schimdt ponendo in acquari raffreddati con tale sistema animali che vivono in acquo corriva p. e. certe larve di Ephemera di Friganea ect. ebbe per risultato di conservarle vive per più settimane mentre nei soliti acquari le larve morivano dopo pochi giorni. Un altro è assai no- tevole vantaggio riscontrato dallo Schmidt con questo me- todo del raffreddamento si è che i cadaveri delle larve anche se per lungo tempo giacenti, nell'acqua non la gua- stavano non avvenendo quel rapido sviluppo di bacteri che suole, negli acquari ordinari succedere assai prontamente e quasi sempre con danno degli altri organismi con abitanti. D. Levi-MoRENOS. Nuovo metodo per dosare l’ ossigeno sciolto nell’ acqua (secondo G. C. Fresh.). Il processo si fonda su ciò, che in mancanza del)’ ossi- geno l’ acido azotato e l’ acido iodidrico reagiscono assie- me dando per risultato iodio, acqua e biossido d’ azoto. Posto in presenza dell’ ossigeno il biossido d’ azoto è nuovamente ossidato, e l’ acido azotico formato mette in libertà una quantità d’iodio equivalente alla quantità d’os- sigeno che esiste nell’ acqua. Deducendo dall’ iodio totale la quantità dello stesso che fu liberata dall’ acido azotoso introdotto, si può determi- nare la proporzione d’ ossigeno contenuto nell’ acqua presa in esame. L’ iodio viene dosato per mezzo d' un liquido tritolato d’ ipofosfito di soda. Vedi: Società chimica di Londra: Seduta del 16 gennaio 1890. Culture des algues inférieures dans la gelatine. M. Beyerinck dans son nouveau travail sur la culture des algues inférieures, (1) montre d’une fagon très caractéristique les avantages que l’on peut rétirer de la culture des al- gues sur la gelatine. L’auteur divise son article en 7 para- graphes; dans le premier, il indique le méthode par laquelle il parvient a isoler les algues. A cet effet il prend une petite (1) Beyerinck W. — Cultur versuchen mit Zookorellen, lichenengoni- dien und anderen niederen Algen — Bot. Zeitung 1890 N. 45-48. — 108 — quantité de liquide qui contient le mélange de corpuscules verts, y ajoute environ trois fois sur volume d’ une solution de gélatine a 10 Oro, et étend le tout sur une plaque ex- posée è Ja lumière. Si l'on n° a pas employé trop de li- quide, les bactéries seront peu nombreuses et la gelatine ne se liquiefiera presque pas M. Beyerinck a peu ainsi isoler et étudier Scenedesmus acutus et Chlorella vulgaris. Le second paragraphe traite des Scenedesmus, aprés une description assez detaillée de l’ espèce, il passe aux résul- tats obtenus par la culture sur gelatine Ce sont: 1.° Scenedesmus acutus liquiéfie la gelatine nutritive; 2° Sc. acutus se nourit de substances organiques ; 3.° si le mi- lieu des cultures contient une quantité dépassant un certain optimum, les cellules perdent leur formes, elles deviennent rondes ou elliptiques. La liquéfaction se fait lentement et s° obtient le mieux avec des milieux privés de substances organiques; l’expé- rience se fait dans un tube à réactifs. La liquéefaction au- rait lieu par la formation d' une enzyme. Le mélange de 5 0) de sucre empèche la croissance régulière; dans de la gelatine a 12 O[o, les déformations occasionnées arrivent à leur maximum, et les cellules, acquiérent un volume beaucoup plus considérable que dans les cellules normales. L’ étude du Chlorella vulgaris, que M. Beyrinck rap- proche du Chlorococcum protogenitum, et qu'il a cru de- voir denomner spècialement, nous amème tout d’ abord a une différence essentielle ; c’ est la non liquéfaction de la gélatine. Les cultures ont été faites dans cinq mi- lieux de la composition suivante ; la solution de gelatine a 8 Oro renfermait 7° 1 Oro de poudre paneréatique, 0,5 Og nitrate d’ ammonium, 0,5 0g phosphate de potassium ; 2.° 0,6 Oro de peptone, 0,2 Oto asparagine, 1 Oo sucre; 3.° 0,5 Oro peptone, 0,5 Oo d’ asparagine ; 4.° 0,5 0[o d’ami- CE NMOgi= don soluble, 0,5 Olo peptone, 0,5 Oo asparagine; 5.° au- cune substance organique. Les résultats furent presque égaux, mais ce fut la deu- xieéme solution qui fut la plus fertile. Il en conclut, que cette espèce rentre dans ce qu'il a appelé « Pepton-Kohleno- toffmikroben ». Les cultures dans les solutions riches en sucre fournissent un développement considérable. Des essais de cultures dans l’ eau de mer, à laquelle on avait ajouté du moùt de bière ou de la gelatine liquié- fiée par des bactèries ou du suc pancrèatique, fournirent une déformation de la plaque de chlorophylle. La reproduction de cette algue est très simple, mais varie un peu, suivant les milieux de culture. Les experiences avec les Zoochlorelles, n’ont pas produit de résultats bien définis. Il a etudié : Hydra viridis, Stentor polymorphus, Paramaecium aurelia et Spongilla fluviatilis. C’ est dans les cellules de l’ entoderme que l’ on trou- ve les zoochlorelles chez l’ Hydra. En outre des corpuscules verts, on trouve dans ces cel- lules des petite masses rouges de constitution analogue ; aussi d’après M. Beyerinck ce seraient les résidus de cel- lules vertes. Les cultures sur gelatine, n’ont fourni aucun résultat. Certaines cultures dans l’ eau stérilisèe et à la lumière, ont donnè lieu a un accroissement notable de volume sans division. Sépares de la cellule animale, les zoochlorelles refusent toujours de se développer. En mème temps que ces essais restaient infructeux, M. Beyerinck a pu voir se développer d’ autres algues, telles que Raphidium polymorphum, Scenedesmus acutus. Mais ou ne peut, en aucune facon, admettre pour ces algues un rapport quelconque avec les Zoochlorelles. Pour le Stentor, la culture est ègalement sans rèsul- tats; l’auteur ayant eu deux formes à sa disposition, a es- — 110 — sayè de faire ingérer par la forme incolore les corpuscules verts ; il a rèussi mais à l’ ètat de masses informes. Il a ègalement observè chez ce groupe une autre for- me de corpuscules, qu'il a appelée Pseudochilorelles, et qui n’ ont fourni aucun résultat par la culture. Les rèsultats de culture des Zoochlorelles de l’ èpouge, sont restés sans résultats. Il constitue ainsi son genre Chlorella, et le divise en trois espéces : Chlorella vulgaris Beyerinck (Chlorococcum protogeni- tum Rabh.) Chl. conductrix Brandt. Chl. infusionum Beyerinck (Chlorococcum infusionum Rabh). Chl. (Zoohlorella) parasitica Brandt. (Chl. infusionum ?). En faisant des essais de culture sur l’ Hydr, l’ auteur a trouvé une algue nouvelle, Chlorosphaera limicola. Elle se cultive facilement sur les milieux à base de gelatine additionnèe de peptone, de sucre, de glycose, de lévulose et de moùt de biére. Elle liquièfie la gelatine, mais seulement au bout d’un temps trés leng, et dans une petite proportion. Cette forme peut se reproduire par division, et par z00- spores a deux cils; celles ci n’ont pas de point oculaire rouge et il n’ont pas le pouvoir de conjugaison. Dans les cellules ont rencontre un pyrénoîde qui dans le cas le plus ordinaires ne se trouve pas entourè d’amidon. M. Beyerinck à également cultivéè les gonidies du Phy- scia parietina. Par differentes cultures préliminaires, il et arrivé e separer le Cystococcus humicola dans des solu- tions de gélatine avec de la poudre pancréatique ou avec de moùt de bière. Dans la première de ces cultures, la reproduction de l’ algue se fait par simple division; dans le second cas il y a développement très accentuè, et forma- tion de zoospores à 2 cils sans point oculaire. E. D. W. -- 111 — Introduction d’une échelle universelle de grossise- ment des figures microscopiques par MI. P. F. Reinsch (1) Jusqu” ici chaque micrographe s’ est servi d’ une échelle arbitraire pour ses figures. Le dessin à la chambre claire fournit bien, pour une méème combinaison d’ objectif et d’ oculaire, un grossissement constant de l’ objet figuré; mais les microscopes des divers constructeurs different beaucoup entre eux, et les grossissements des systèmes d’ objectifs et d’ oculaires ne progressent pas dans la mème mesure. Aussi l’ indication de l’ oculaire et de l’ objectif employès, que les auteurs marquent sur leurs figures, ne renseigne-t-elle pas ceux qui n’ ont pas à leur disposition la mème microscope. Pour les figures anatomiques et biologiques, le grossis- sement n’ a pas la mème importance que pour les figures systèmatiques. D’ après les nouvelles bases adoptées par la description systématique des plantes microscopiques, il est de la plus grande importance de donner les dimensions en valeur absolue. On est enfin convenu d’ une unité de me- sure applicable aux mensurations microscopiques: on a choisi le millibme de millimétre, un micromillimétre=1 p. Ceite convention permet d’ éviter de fréquents malenten- dus dans la dètermination systématique des Algues et des Champignons microscopiques, et de bannir des ouvrages phytographiques des unités de mesure incommodes, ainsi (1) Il nostro valente collaboratore prof. Reinsch dell’Università d’Er- langhen nel 1889 al Congresso botanico di Parigi sollevò quest’ im- portante questione di micrografia, intorno alla quale sarebbe assai utile che si concordassero i microscopisti tutti. Il nostro egregio confratello ci invita a pubblicare la sua nota onde darvi maggiore diffusione, il che noi facciamo di buon grado assai, convinti dell’ importanza che presenta per i progressi della scienza l’ unità di misurazione a facili- tazione dei confronti. (D. L. M.). — 12 — que les fractions décimales et fractions ordinaires compo- sées de quatre ou cinq chiffres. Il est également à désirer qu’ une échelle de grossisse- ment, universellement adoptée, soit basée sur une unité invariable. Il serait naturel de rapporter la base des men- suration à la mème unite que les valeurs numériques de mensurations. Dans ce cas encore, c’ est naturellement le w qui serait recommandable. Chaque micrographe, qui se livre aux études systématiques, sait que les mensurations sont indispensables pour comparer aux figures publiées les spécimens d’ Algues et de Champignons microscopiques. Ce travail est compliquè par l’ hètèrogénéité des grossissements employés par les auteurs, et il faut recourir à de longs calculs pour trouver les valeurs numériques absolues qui sont demandées. Pour dessiner les figures conformément à la base des mensurations, ou bien si l’ on dessine à la chambre claire, il faut ramener le microscope au grossissement voulu. On y arrive aisément en tirant ou en abaissant le tube de la lunette. En prenant le # pour unité de grossissement, on peut recommander les grossissements suivants : Grossissements en Coefficients 2500 (Dimens. de la fig.) divisé par 2,5 = n w (val. absolue) 2000 —_ RIOE=n® 1500 _ Done 1000 multiplié par 1 —=nyw 500 = ponti | Vw 250 i — 0, "AE 200 — oler=-ne 125 _ 8 —nw 100 _ lo "nie — 113 — On ne peut considérer comme pratiques que les coef- ficients qui, multipliant ou divisant 1000, fournissent com- me produit ou comme quotient des nombres entiers. On obtient les grossissements superieurs à 1000 en multipliant 1000 par le coefficient; on obtient les grossissements in- ferieurs à 1000 en divisant 1000 par le coefficienti. Entre 500 et 250, non plus qu’ entre 200 et 125, il n’ existe malheureusements pas de nombre entier, les grossissements tels que 333,3 (pour le premier cas), ou 166,6 (pour le dernier) sont inacceptables. L’ échelle qui précede, repré- sentant les grossissements qu’ il est possible d’ exprimer en nombre entiers, répondra à tous les besoins des figures microscopiques. Note, appunti e recensioni critiche Nota Bene : Sous cette rubrique nous réunirons tou- tes les études et toutes les nouvelles critiques en sens d’ap- probation ou non. Chaque article doit ètre soussigné par son auteur, en restant à sa charge toute responsabilité. Il va sans dire que nous nous reservons le droit de supprimer en en- tier ou en partie ce qui peut ètre inspiré à la haine per- sonnelle mieux qu’ à l'amour pour la science et pour la vérité. Les vraîs naturalistes savent et sentent bien que la critique ne peut pas étre toujours libre, ainsi que quelqu’un croit, ils savent qu'elle a toujours, au moins, pour limite: la politesse. D. Levi-MoRENOS A. Gohin. — La pisciculture en eaux salses — 1 Vol. cartonné, 353 pp. et 60 fig. dans le sexte — Pa- ris 1891. Idem. — La pisciculture en eaux douces — 1 Vol. car- tonné, 358 pp. et 93 fig. dans le texte — Paris 1889. Questi due volumi che sembrano due lavori affatto distinti ed editi l’ uno in quest’ ultimi giorni, l’ altro già da oltre un anno, non si possono tuttavia disgiungere neanche in una recensione, poichè l’ uno è il complemento dell’ altro, e specialmente l’ nltimo pubblicato non si può in alcune parti chiaramente intendere senza il precedente al quale spesso sì riferisce. Ma ciò non è male, i due volumi di piccola mole hanno anche il pregio di costare poco e noi crediamo torneranno uti- li ai cultori della piscicultura ed in generale a chi vuole acquistare una chiara e sufficiente idea di quest’ industria che forse ora a pena entra nel suo periodo razionale, uscendo dal più volgare empirismo. L’ opera del signor Gobin presenta i pregi che sono si può dire propri agli scrittori francesi, una grande chia- — ]}15 — rezza, un bel e logico ordine, una concisione naturale, non studiata, e perciò spesso storpiatura, una giusta proporzione fra la parte teorica e la pratica; pregi questi che non si trovano pur troppo facilmente nei lavori nostrali. Si comprende bene come l’ autore ha l’intera padro- nanza della materia e non è un compilatore costretto a cor- rere sulla falsariga del lavoro d’ altri. Dall’ uno come dall’ altro volume apparisce chiara la tendenza odierna della scienza di considerare la piscicul- tura non più come un problema, o meglio. un complesso di problemi, della storia naturale del pesce ed organismi con esso lui in rapporto, ma come una serie di problemi di fisica dell'ambiente nel quale vivono e pesce e altri organismi. A questi problemi poi susseguono quelli biolo- gici che venivano per primi. Tuttavia ererebbe assai chi credesse il compito del zoologo, del botanico e del patologo diminuito di valore e posto in seconda linea solo perchè esso viene eronologi- camente dopo quello del geologo, del chimico, del fisico. Di questo però diremo e discuteremo in altro luogo ed a miglior momento. Ci basti intanto riaffermare che questi due lavori del Gobin possono tornare utili anche in Italia per quanto non sieno fatti specialmente per essa. Noi riportiamo quì sotto i due indici dell’ opera del Gobin, ci sembra questo il riassunto più chiaro e preciso dell’ opera stessa. La Pisciculture en eaux douces I. Les eaux douces. II. Les Poissons. III. La réproduction naturelle. IV. Le procédés de la Pisciculture artificielle. 1. Distinctions et classifications — 2. Frayè- res artificielles — 3. Fecondation artif. — 4. — 116 — Incubation artif. — 5. Elevage et alimen- tation artif. — 6. Dissemination et repeu- plement — 7. Castration des Poissons — 8. Avenir de la pisciculture. V. L' exploitation des étags. 1. Poissons d’ etags — 2. Crèation d’ unetang — 3. Exploitation des èltangs à Carpes — 4. Etanges à Anguilles — 5. Etangs et uivier à Truites et à Corègones — 6. Étangs et viviers à Ecrevisses. VI. L’ exploitation des lacs. VII. Le répeuplement des eaux douces. VIH. L’ Exploitation des cours d’ eau. 1. Poissons migrateurs — 2. Poissons seden- taires — 3. Ecrevisses — 4. Amenagement des cours d’ eau — 5. Produit de l’ exploi- tation des eaux douces. IX. Les eaux saumàtres. — Statistique — faciunule — exploitation. 1. Embouchoures maritimes — 2. Lagunes ou etangs littoraux. X. L’ acclimation des Poissons de mer en eau douce et des Poissons d’ eau douce en eau salée. XI. Faunule des Poissons d’ eau douce de la France. 1. Especes indigenes — 2. Poissons etran- gers dont l’ acclimatation est proposte — 3. Poissons domestiques en Chine. La Pisciculture en eaux salées I. Le eaux salées — Hydrologie, hydrographie. 1. Les eaua saleées, fonds, rivages, courants — 2. Les eaux saumdtres (lagunes, embouchures) — 3. Domaine des eaua salèes et saumdtres. II. Les Poissons - anatomies, physiologie, reproduction. 1. Anatomie, physiologie — 2. Reproduction — 3. Protection, frayères, reserves, péches etc. — 117 — III. Depeuplement des eaux salées. IV. Les Poissons migranteurs. I. Les poissons migranteurs en troupe ou par bancs, hîb:rnation, itineraires etc. — 2. Les poîssons migranteurs anadromes et cata- dromes. V. Les poissons sédentaires du littoral. VI. Exploitation des etangs salés ou lagunes. 1. Etangs littoraux oceaniques — 2. Etangs littorawe mediterraneens. VII. Reservoirs et viviers à poissons. VIII. Production des échinodermes et des crustacés. IX. Production des mollusques. 1. Mollusques comestibles divers — 2. La mowu- le — 3. Les ostraces (l’ Huître). Nouvelles Diatomologiques (Corre spondance de la Direction). Au mois de Juin 1890 paraissait, à Paris, le premier fascicule d’ une publication périodique trimestrielle con- sacrée à une interessante partie de la botanique crypto- gamique: les diatomées. Aussi ce journal s’appelle-t-il « Le Diatomiste » sous la direction de M. Tempère avec la col- laboration de savants bien connus dans cette partie spé- ciale de la science. Le 1.°° fascicule contient: La description de plussieurs diatomées rares prises un peu partout ; un complément utile au travail de M. Rattray sur le genre Coscinodiscus par M. Peragallo.; une correspondance critique sur un ton un peu trop acerbe quand il s'agit de discussions scientifiques. Les planches sont éxécutées par un habile photogra- phe, M. Dutertre; nous espérons qu’ avec un peu d’ ha- bitude elles viendront moins flou. , Dans le 2.° fascicule nous trouvons la description d’une — 118 — nouveau genre: Dictyoneis par M. Cleve. Le savant pro- fesseur de l’ Université d’ Upsal à réuni sous ce nom di- verses formes confondues dans les genres Navicula, Pseu- dodiploneis, Mastogloia. On ne trouve ces espéces que dans les mers chaudes ou bien fossiles en Hongrie ou au Japon. Une nomenclature des diatomées recucillies par M. Bel- loc dans quelques lacs des régions élevées des Pyrénées centrales. Ce travail est surtout interessant au point de vue de la distribution géographique des diatomées d’ eau douce. Il est fort à deéserir que M. Belloc continue ses recherches. Enfin, la description de quelques diatomées rares ou nou- velles appartenant surtout aux dépots fossiles d’ Oamaru et de Sandaie. Dans le N. de Decembre, M. Tempère commence è donner des instructions pour la récolte des Diatomées. Une dissertation interessante, mais non probante, de mi- crophotographie par M. Duchesne, sur les perles du Pleu- rosigma angulatum. Suite de la description de Diatomées rares ou nou- velles. Quelques réflexions de M. Dutertre sur la photogra- phie des diatomées. i OVE a M. As. Schmidt vient de publier deux nouveaux fasci- cule 39-40 de son Atlas, quelles admirables planches! Quelle netteté dans le rendu. Si plus d’ ordre et de mé- thode avaient présidé à cet incomparable travail, on ne saurait donner trop d’ éloges à ce monument éleve aux diatomées. Nous y trouvons la suite des Actinoptychus, des Aulacodiscus, quelques navicules et les planches d° un nouveau genre: « Dictyoneis » crée par M. Cleve. D.r LEUDUGER-FORTMOREL. RECENSIONI Prouho. — Du sens de l’odorat chez les étoiles de Mer — Compt Rend. des Seances de l’ Acad. des scien- ces 23 Juin 1890. L’anatomia degli organi sensori per la visione nelle stelle di mare, fa suporre a buon dritto che la funzione visiva sia così limitata ed imperfetta da non permettere alle Asteridi di riconoscere col mezzo di questa sensa- zione la preda e dirigersi ad essa. È quindi logico il suporre che l’ olfatto sia assai più sviluppato della visione, e che esso sia la guida precipua alla ricerca del nutrimento in questi invertebrati infe- riori. Non s° era però ancor riconosciuto nel modo più certo la sede dell’ odorato, e rimaneva a dimostrarsi che le stelle di mare avevano l’ organo visivo per la ricerca del nutrimento. Il problema per quanto non nuovo e limitato si col- lega con altri ben più importanti di alta filosofia scientifica. Il signor Prouho ha quindi pensato opportunemente assai di compiere delle ricerche per risolvere le dette que- stioni, avendo egli conveniente materiale nel laboratorio Argo (stazione marittima di Banyuls sur Mer) diretto da uno dei più illustri zoologi francesi, il Lacaze-Duthier. Noi non riassumeremo quì la tecnica seguita dall’ au- tore e le esperienze da lui compiute, perchè la Nota del signor Prouho si trova in pubblicazione molto diffusa e facilmente ritrovabile per chi avesse interesse a conoscere i dettagli delle esperienze. Ci basti aver richiamato l’ at- tenzione su questo lavoro il quale riesce a dimostrare : a) Che l’ organo visivo delle asteridi non serve pun- to a questi animali per la ricerca del nutrimento e che l’ odorato soltanto serve in ciò di guida. b) Che il senso dell’ odorato non è diffuso in tutto RSA — 120 — il corpo delle Stelle di Mare, ma localizzato nei tubi am- bulacrali inetti alla locomozione e posti dietro‘ la placca ocellare. D. L. M. Balsamo IF. — Diatomee contenute nel canale digerente di alcune Aplysiae raccolte nel viaggio di circumnavi- gazione della R. Corvetta « Vettor Pisani » nel 1884 e 1885 — Società dei Naturalisti in Napoli (Bollet- tino) Serie I.*, Vol. IV., 1890. Le specie animali di cui il Balsamo si fa a studiare il contenuto gastrico furono Aplysta Lessonii e Dolabella sp. raccolte nei mari tropicali. | La sola Aplysia diede un ricco contenuto diatomifero, l’ altra specie non formi un solo frustolo di diatomee. Le Aplysie inoltre contenevano molte altre alghe sulle quali epifite l’ Autore rinvenne numerose specie di Dia- tomee. Sarebbe stato utile che l’A. avesse aggiunto l’elen- co di queste alghe maggiori, come pure sarebbe stato de- siderabile che si fosse sempre tenuto conto della quantità proporzionale di ogni singola specie diatomologica. (1). Ma in ogni caso quest’ elenco è assai importante in quanto che le specie sono preponderantemente (se non forse del tutto) litorali, appartengono cioè a quelle diato- mee che o vivono libere presso al lido, o epifite sovra alghe maggiori ma che stanno a poca profondità. Si ha così una riconferma dei costumi dell’ animale nel eui tubo gastrico sì rinvennero le diatomee. Il che viene riconfermato pure dalla mancanza di tutte le specie decisamente plagiche come sarebbero le Rhizosoleniae, i Bacterastrum, i Chae- toceras, etc. L’ egregio Autore si propone di continuare queste ri- cerche coi materiali da lui ancora posseduti, e così gli (1) Vedi in proposito: ID. Levi Morenos. — Elenchi di Diato- mee rinvenute nel tubo digerente d' animali acquatict — « Notarisia » 1889 Venezia. — 121 — sarà dato d’ arricchire con altre specie questo primo elenco il quale ora ne indica soltanto una sessantina all’ incirca. Ci fa fede della quantità di specie diatomologiche che si può ottenere dall’ esame delle cavità digerenti di molti animali marini fitofagi o puramente diatomofagi il Castra- cane che dallo stomaco di una Salpa pinnata pescata a Messina otteneva, quantunque con limitato materiale circa 100 specie; ed il Balsamo stesso dal materiale ricavato dallo stomaco di un’ Oloturia (Holoturiîa Poli Delle Ch.). ad una prima analisi riconobbe circa 40 specie. Non ci stanchiamo pertanto dal richiamar l’ attenzione degli studiosi delle alghe sulla ricca messe che potrebbero far degli organismi a loro prediletti, coll’ esame degli sto- maci di animali acquatici. Riportiamo l’ elenco delle diatomee rinvenute dal Bal- samo nell’ Aplysia aggiungendo al nome specifico le indi- cazioni che l’ Autore dà sulla maggior o minor frequenza degli individui di date specie. Amphora Ebr. . laevis Grev. . marina Sm. . crassa Grev. . angusta var. glaberrimà Grun. ob Achnanthes Bory. A. longipes Ag. Una valva superiore in una preparazione. A. Clevei? Grun. Un solo frammento. Anaulus. A. birostratus Grun. Un solo frustolo rimaneva in una preparazione. Biddulphia Gray. B. pulchella Gray. Comune sulle alghe (?) e nelle preparazioni. B. antediluviana (Ehr.) V. Heurck. — 122 — Campylodiscus Ebr. C. parvulus W. Sm. Rara; in una preparazione di Aplysia Lessonii. C. sp. Climacosphenia Ebhr. C. moniligera Ehr. NB. Questa specie, propria dei mari tropicali trovasi pure rap- presentata fra le diatomee del Mediterraneo e non è rara nelle cavità digerenti di animali pelagici. Cocconeis Ebr. C. scutellum Ehr. Abbondante nelle alghe rinvenute negli stomaci di Aplysie ed in altre preparazioni. C. pseudomarginata Grey. Non rara nelle preparazioni. C. diaphana Sm. Colla precedente. Coseinodiscus Ebr. C. subtilis (Ehr. ?) Grew. Epithemia Bréb. E. musculus Kiutz. Rara nella preparazione di Aplysia Lessonii. Fragillaria Lyngb. F. Schwartzii Grun. Qualche frustolo in una preparazione di Aplysia. F. pacifica Grun. l Grammatophora Ehr. G. marina (Lyngb.) Kitz. G. marina var. minor Grun. G. angulosa (Ehr.) Kiitz. G. macilenta W. Sm. G. nodulosa Grun. Sulle alghe (?) trovate nel canale digerente delle Aplysie e sparse in diverse preparazioni. Giyphodesmis Grev. G. sp. ? Un frammento in una preparazioue. — 123 — Licmophora Ag. L. constricta Grun. var. ? L. Oedipus (K.) Grun. L. Lyngbyei (K.) Grun. Miastogloia Thw. M. apicutata Sm. M. Smithii Thw. Rari individui. Mielosira Ag. M. Borreri Grev. M. (Paralia) sulcata (Heib.) Kiitz. Un frammento nel preparato di Aplysia Lessonii. Navicula Bory. N. elliptica Kiitz. N. didyma Ebhr. Rari esemplari dalla Aplysia Lessonii. N. sp.? Frammento indeterminabile. Witzschia (Hass.) Grun. N. panduriformis Grun. Non rara nelle preparazioni. N. sigma W. Sm. N. longissima var. closterium Grun. Non rara nelle preparazioni. N. macîlenta Grey. Plagiegramma Grev. PI. Gregorianum var.? Greville. Un solo frustolo in una preparazione. Pleurosiyma W. Sar. P. strigosum Sm. P. delicatulum Sm. Non infrequente nelle preparazioni di Aplysia Lessonii. PI. Batticum (Ehr.) Sm. Rari frustoli in una preparazione della Aplysia Lessonii. PI. sp.? S. S. — 124 — Rhabdonema Kitz. . adriaticum Kitz. Rhaphoneis Ehr. . rhombus Ehr. Un solo frustolo. Stauroneis Ehr. . pulchella W. Sm. Frequente nelle diverse preparazioni. Stiriatella Ag. . unipunctata Ag. Comune nelle preparazioni. Synedra Ebr. . fulgens Grev. Non rara nelle preparazioni. Hennediana Greg. Colla precedente. undulata (Bail.) Greg. Individui non rari nelle preparazioni. CETO, ‘30 Aprile 1S9I N. 4 EPIUNIA 10 RIVISTA MENSILE Per gli studi di scienza pura ed applicata 12,660 SUL MARE E SUOI ORGANISMI pv.45,1591. » orme da PENErale per le alghe a seguito della NOTARISIA Direttore: — Dott. D. LEVI- MORENOS SOMMARIO DEL NUMERO 4 — SO APRILE [0% Thoulet I. — I principi scientifici delle grandi pesche . . . . Pag. 125 Grablovitz G. — Tavola delle ore dell’alta e bassa marea calco- late per la città di Venezia nel mese di Maggio 1891. Idem per 1° Isola d’Ischia con riferimento ad altre città italiane. Magnus P. — Nuova contribuzione alla conoscenza dell’area geo- gratica della Sphaeroplea anulina . . MR Do 838 Hariot P. — Quelques algues du Brésil et du Congo SARAI PDA Mobius M. — Conspectus ‘algarum CRAOPINOTUO e ll N43 stazioni, istituti, laboratori marini e lacustri Notizie diverse riferentesi a: Aquarium des Sables d’Olonne — Station de Zoologie Marine d’ Endoume —- Station Aquicole de Boulogne-sur-Mer — Station zoologique de la Pointe-de-Grave — Station Mari- time de Physiologie è Tamaris (D. £. A PIE TT Mae PI ORA Sao) ORTA TO] | Note di Tecnica ‘ L’uso dell’ Acqua Marina artificiale per conservazione degli animali e specialmente delle ostriche nei srandi acquari (D. LZ. M.). » 162 Notizie, appunti e recensioni critiche Epcattualingaestioni. sul Plouktori(D.(LM)eih. 168 Recensioni Seligo. —- Die Gewàsser bei Danzie und ihre Fauna (S00/2) . . » 166 Brandt. — Ueber neue Radiolarienstudien (Solta)... ..,. » 167 Géographie Algologique — I. Les Aleues de la Mer (Ouvrages de Foslie, Giard, Batters, Bornet, Arcangeli) — 1I. Les Algues des eaux douces (Ouvrages de £0y, Borghesen, Hansgîrg, Andersson, Istvanfi) par E. De Wildeman . . DETO9 Systematique Algologique (Ouvrages de Lagerketa, Gomont, Hy) par E. De Wildeman. . . » 176 Anatomie et Physyologie des Algues (Ouvrages de Stockmager, Cramer, Buffham, Hieronyjmiis, Klebs, 3ApAt SRO Zu- hal Oltmanns) par E. De Wildeman . . » 179 aa ed Amministrazione della Neptunia: S. Samuele 3422 - Venezia Prezzo d’ Associazione annuo: (O (-@ per l'italia-tt. L 20, — por l'Estero (Unione postale) It, L: 25, Si SG | 1Ie- Chi non si associa alla NEPTUNIA è vivamente pregato di darne d avviso all’ Amministrazione, col respingere il presente fascicolo. ME associazione annua: Per l'Italia It. L. ®@. — Per l’ Estero (Unione postale) It. L. 85. G c 4 Prezzo d’ NEPTUNTA: RIVISTA PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA ED APPLICATA» sit SUL MARE E SUOI ORGANISMI Commentario Generale per le alghe a seguito delia NOTARISIA Direttore Dott. DAVIDE LEVI-MORENOS COLLABORATORI Artari A. Università di Mosca Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- grafico R. Marina di Genova. Bonardi E.. Università di Pisa Borzì A., Univ. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d’Agri- coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. di Padova Camerano L.. Univ. di Torino Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma. Cattaneo G., Univ. di Genova Cuboni G., R. Istituto di Patolotia Vegetale, Roma. Dangeard P. A., Univ. di Caen. De Wildeman E.. Jardin Botanique, de l’Etat. Bruxelles. Garcin A. G., Univ. di Lyon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietroburgo Grablovitz G., Direttore dell’Osser- vatorio Geo.-Dinamico d’ Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariot P., Musée Nationale d’Hist. Naturelle di Paris. Harvey-Gihson R., Un. di Liverpool. Hy Ch., Univ. di Anger. Imhof 0. I. Univ. di Zurigo. Istvanffi J., Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Upsala. Lagerheim G., Un. di Quito-Equador. Lanzi M,, Univ. di Roma. Lemaire A., Liceo di Nancy. Leuduger-Fortmorel, Micrografe a Doulon (Francia) Mobius M., Univ. d’ Heidelberg. Maggi L.. Univ. di Pavia. Mancini E., Segretario R. Ace. dei Lincei. Roma. Marine.li G., Univ. di Padova. Millosevich E., R. Osservatorio cen- trae di Metereologia e Geodina- mica, Roma. Magnus P. Università di Berlino. Muller 0., Microerafo, Berlino. Ninni P. A., Membro della Comm. Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P., Univ. d’ Erlangen. Schiitt F., Univ. di Kiel. Solla F., R. Scuola Forestale di Val- lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Agente d’Italia per ’ Africa Occideniale. Thoulet |.. Univ. di Nancy. Valle A., Civico Museo: di Trieste. Vicentini G. R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Acc. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N., Scuola Sup. d’ Agricoltura. di Aas (Svezia). Zukal H., Università di Vienna. La Neptunia comprende le seguenti rubriche : I. Studi originali sul mare e suoi fenomeni; sugli organismi marini, piante od animali. dei pesci etc. mare e suoi organismi. oo a p_WN Notiziario. . Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. . Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscicultura, malattie Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine 0 lacustri; x notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. Resoconto della campagne oceonografiche fatte dalla Marina nazio- nale, dalle Marine estere o per privata iniziativa. 3 . Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico del Note, appunti e recensioni critiche. ; Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi i organieni IZodiAo DS DA TESE MONUES "S : VINOLdSN VIP 0u0zea)stunUmIY po auo DIZIU È RO e a SITA Ò eo. PE SURE na add ‘ pai Di, IE ITS} NEPTUNIA Anno I. 50 Aprile 1891 N. 4 I PRINCIPI SCISNTINICI DELLE GRANDI PESCI SAIAAAANANN-°°©- Le varie questioni che si riferiscono all’ industria della pesca hanno oggidì acquistato un'importanza così notevole e la pesca stessa, essendo divenuta un vero pro- blema sociale, ne viene che tutte le nazioni civilizzate si preoccupano a buon dritto di questo problema. La Francia possiede una popolazione di circa 85,000 pescatori il cui unico mezzo d'’ esistenza è dato dall’an- nua cattura del pesce per un valore annuo di 78,500.000; l'Inghilterra coi 120,000 pescatori prende per 300,000.000; gli Stati Scandinavi con 130,000 pescatori per 400,000.000; la Russia per 100,000.000; altrettanto gli Stati Medi- terranei ed infine gli Stati Uniti d° America per più di 500,000.000. Il mondo adunque pesca e consuma annual- mente per un valore presumibile di due miliardi di lire. Se l'agricoltura è stata, per la forza delle cose, co- stretta d'uscire dal suo secolare empirismo per trasfor- marsi fra le mani dei fisici e dei chimici in una scienza — 126 — precisa di cifre, di misure, d’ analisi chimiche che sono oggidì le più sicure guide dell’ agricoltore, lo stesso deve avvenire per l’acquicoltura obbligata essa pure ad uscire dal vecchio sentiero per appoggiarsi sui rigorosi principii della scienza. La popolazione umana s' accre- sce, il nostro bisogno aumenta; uomini e cose devono somministrare il massimo prodotto e le nostre terre come le nostre acque, affaticate per una lunga produ- zione, troppo spesso non curando l’ avvenire, chiedono nuove cure. Per la Francia in modo speciale l’impoveri- mento delle acque dolci e salate è fuori d'ogni dubbio, e vi sarebbero poche persone competenti disposte a s0- stenere che le nostre peschiere di Terranuova sono in un florido stato. In Francia la pesca marittima appartiene alla Marina, quella dei corsi d’acqua navigabili alla am- ministrazione dei ponti e strade (lavori pubblici), quella dei corsi d’acqua non navigabili ai rivieraschi. Questo sistema fu criticato, specialmente pei corsi d’acqua non navigabili pei quali si osservò che ciò che appartiene a tutti in realtà non appartiene ad alcuno, che la pesca è fatta in modo disastroso e che la repressione dei pe- scatori di frode è illusoria. Sembra preferibile il sistema adottato all’estero, in Isvizzera per esempio, i corsi d’a- cqua di proprietà cantonale sono affidati a privati che abbiano interesse-al metodico raccolto ed a far rispet- tare una legislazione che è pure assai severa per i pescatori di contrabbando ; tali affittaiuoli sono inoltre vincolati a parecchie servitù fra le quali figura in prima linea l'obbligo di ripopolare l’ acque seminandovi ogni anno un determinato numero di avannotti. La discussione di queste critiche in ciò che può essere in esse di vero od esagerato non è di nostra competenza, Dal punto di — 1227 — vista della scienza pura, la Francia differisce ancora dall’ estero. Nel nostro paese il problema della pesca è considerato come appartenente alla storia naturale, alla zoologia, mentre che per gli inglesi, norvegesi, danesi, olandesi, scozzesi, tedeschi, svizzeri, americani del Nord si è sopratutto una questione di fisica, di chimica, di topografia, di geologia. L'organismo che vive nell'acqua sia esso pianta od animale è un istrumento di fisica le cui indicazioni sono estremamente complicate perchè esse dipendono contem- poraneamente da stati fisiologici e da condizioni fisiche del mezzo ambiente, come: la composizione fisica, la tem- peratura, la densità, il moto delle acque, la configura- zione e natura del suolo sommerso. Ad ogni stato fisio- logico corrisponde un modo speciale d’ equilibrio dell’am- biente. Se le circostanze cessano d'essere convenienti, l’animale è sempre libero di fuggirsene e la pianta di morire (1). Ad ogni modo la presenza o mancanza del- l'essere vivente ci è indizio e misura di un complesso di condizioni fisiche. I nostri strumenti di: laboratorio si limitano a regi- strare un fenomeno unico ; il termometro non indica che le variazioni di temperatura, l’areometro quelle della densità, l’analisi chimica, quella della composizione, l'esame geologico, le variazioni della natura del fondo, l'apparecchio che misura le correnti ci segna le varia- (1) A meno che essa non passi in uno stato di vita latente onde at- tendere il ritorno di condizioni vitali favorevoli o non subisca una even- tuale metamorfosi che renda adatto l’ organismo vegetale al nuovo am- biente. Vedi a questo proposito gli interessanti studi del nostro compa- triota prof. Borzi dell’ Università di Messina sugli stadi anamorfici delle alghe, (Nota del Trad.) — 128 — zioni di queste, ma al contrario l’ essere vivente ci dà tutte queste indicazioni nello stesso tempo. Mentrechè i nostri istrumenti danno la misurazione con scala gra- duata continua, il pesce non presenta che due gradi 0 tutt'al più tre, la sua presenza, la sua assenza e la sua rarità. Lo studio d'un problema scientifico dovendo da prima considerarsi dal suo lato meno complesso in luogo d’ incominciare dall’’animale è logico di studiare, da principio e separatamente con l’aiuto dei metodi ed istrumenti ordinari ognuno di quei elementi, i quali uniti assieme costituiscono il mezzo, o l’ambiente co- me dir sì voglia; ci serviremo perciò del termometro, dell’areometro dell'analisi chimica e solamente più tardi si passerà al pesce. La composizione chimica delle acque dolci è variabile, ma le variazioni non sono difficili a stabilirsi, come non è difficile a stabilirsi quelle dell'economia idrotermica, il che in vero è diverso per l’acque di mare. Gli elementi più importanti sono le profondità e natura del fondo il che richiede il possesso di carte isobate e geologiche sotto marine delle quali sfortunatamente noi non ne abbiamo ancora una sola relativa alle coste della Fran- cia. Viene in seguito la natura dell’acqua del mare, fun- zione di tre variabili cioè la s@lmità — ossia la quantità di sale per litro — la temperatura e la densità, poichè è noto che praticamente la proporzione relativa dei diversi sali gli uni in rapporto agli altri è identica in tutto l'Oceano. Queste tre variabili essendo legate fra di loro da una formula, basterà conoscerne due qualunque di esse per avere pure la terza. La misura della temperatura si limita ad una lettura termometrica, che è l'operazione la più semplice della fisica, sarà dunque bene di presceglierla, preda —- tr ? self — 129 — La dosatura delle sostanze alogene, è un'operazione delicata, che esige un materiale numeroso e fragile, vetrerie, pipette graduate, liquidi colorati, reattivi pesati e da rinnovarsi, bisogna in seguito calcolare le variazioni di temperatura. Al contrario un areometro di precisione e specialmente quelli analoghi al modello I. Y. Buchanan e impiegato da questi a bordo del Cha/anger è un istrumento estre- mamente preciso, poichè dà la densità con quattro esatti decimali; il suo uso non richiede alcuna preventiva edu- cazione tecnica, esso è sempre pronto a funzionare ed i suoi calcoli di riduzione si limitano ad una lettura e ad una divisione. Nessuna esitazione ci è dunque concessa e le variazioni della natura dell’acqua del mare saranno studiate dal termometro e dall’ areometro. Per quanto le misure siano facili le leggi che si tratta di scoprire presentano una straordinaria comples- sità. L'Oceano si suddivide in due distinte regioni : l’alto mare nel quale i fondi superano i 200 metri e l’altipiano marino a basamento continentale ove il fondo inferiore è minore di questo limite. Lo studio della distru- buzione termica del mare profondo quantunque non sia ancora completamente conosciuto non presenta tuttavia una seria difficoltà. Basteranno dei sondaggi termome- trici iu un numero sufficiente nello stesso luogo ed in diverse epoche dell’anno per determinare la profon- dità della variazione termica annua, poichè nessuna su- perficie serve di limite superiore alla zona oceanica pro- fonda, immobile e sottoposta alla zona superficiale di mo- vimento e nella quale tutti i fenomeni del mare vengono a finire chiudendo il loro ciclo d’ azione. Sfortunatamente il pesce frequenta poco le regioni lontane dalle coste o almeno ci è impossibile impadro- — 130 — nirsi di lui in questi rifugi abissali ove non arrivano i nostri strumenti di pesca ; il pesce sì mantiene sul piano continentale ove il suolo è accidentato ed i fondi di natura differente ove la temperatura subisca delle variazioni con- tinue, ove la densità dell’acqua e turbata da mille cause, dal confluirvi dell’acqua dolce proveniente dai fiumi e la di cui portata cangia con la stagione, con la matea, con le correnti, modificate esse stesse dalla marea per la configurazione delle terre; cangia coi venti e lo stato del mare. Sono questi altrettanti motivi per non intrapren- dere tale studio coll’ istrumento-pesce che dopo aver sco- perto le leggi principali cogli strumenti termometro ed areometro, tanto più s'impone la necessità di passare dal semplice al complesso quanto più difficile è il problema da risolversi. 0A, Ci si obbietterà che la piscicolitura si occupa dei pesci dei quali anzitutto bisogna conoscere la storia, 1 costumi ed i bisogni. Ciò è vero e lo sarebbe ancor più se la pesca datasse solo da alcuni anni, ma per l’ora pre- sente la scienza ha assai a fare per coordinare, analizzare, e spiegare i fatti conosciuti da qualsiasi vecchio pescatore. Io non pretendo già che la zoologia sia inutile, mi limito solo a credere con molti altri che la zoologia sia chia- mata piuttosto a dare l’ultima parola anzichè la prima e che essa procederà assai più rapida e sicura allorquando le scienze più esatte, la topografia, la geologia sottomarina, la fisica e la chimica avranno preparato alla zoologia il suo campo di studio e semplificato il suo compito. E d’al- tronde anche in Francia io non sono già il solo a pen- Re — 131 — sarla così. Cito a sostegno un rimarchevole lavoro sulla pesca del merluzzo al Senegal (1). L'autore il signor Hautreux, già lInogotenente di vascello, spiega la presenza del merluzzo nei dintorni del Capo Bianco con la misura delle temperature, colla rapidità delle correnti e colle profondità delle isoterme. In queste questioni aventi per sanzione immediata la pratica che è la più bella di tutte le teoriche, il più stringente fra tutti 1 ragionamenti, noi riteniamo che la più sapiente disertazione fra tutte sia ancora il successo. La maggior parte delle nazioni, la Norvegia, la Ger- mania, la Scozia, la Svizzera, gli Stati Uniti sono del- l'opinione ch'io più sopra emettevo, tutte sono d’ opi- nione che in fatto di pesca e d’agricoltura è necessaria da principio delle cifre, delle misure e delle carte. Pren- diamo la Svizzera per finirla colle acque dolci. Tutti i laghi del paese sono stati studiati topograficamente con curve isobate di dieci in dieci metri; dal punto di vista della limnimetria, della chimica, della temperatura, il nu- mero dei lavori ai quali i laghi svizzeri hanno dato luogo è considerevole ; le loro acque, quelle delle riviere dei ru- scelli sono state analizzate in località e ad epoche diffe- renti. Si è studiato chimicamente le condizioni più favo- revoli allo sviluppo delle uova, e l'ufficio così importante dei carbonati. I zoologi terminano l’opera degli ingegneri e dei fisici, lo stesso succede per i lagh! della Germania, dell’ Austria, dell’ Italia, dell’Inghilterra, della Russia c degli Stati Uniti. Eccettuata la parte francese del lago Lemano il di cui piano eseguito a cura dell’'amministra- (1) A. HautREUX, Péche de la morue au Sénégal. Bulletin de la So- cieté de Géographie commerciale de Bordeaux, 5 mars 1888. — 132 — zione dei lavori pubblici non fu ancora pubblicato i 20000 ettari di superficio presentata dai nostri laghi sono ancora da studiarsi e compariscono solo in bianco così sulle nostre carte topografiche, come nelle nostre carte geologiche. Io tento di colmare questa laguna avendo già cominciato lo studio dei laghi dei Vosgi e della Savoia. Per la pesca nell'acqua salata io mi limiterò a ricordare 1 lavori tedeschi sul Baltico e sul mare del Nord; la spedizione della Pommerania nel 1872 e le pubblicazioni della commissione di studii scientifici dei mari tedeschi a Kiel (1). Tale commissione possiede 18 stazioni marittime nelle quali ogni giorno si prende la temperatura e la densità del mare, stazioni che sono collegate con altre 21 Danesi e con quelle dell'Olanda. In Norvegia il prof. Mohn direttore dell'istituto meteorologico l'illustre capo delle fruttuose campagne compiute nell’ Oceano del Nord dal Vorengen pubblicò nel Morghenbladet di Cristiania al principio del 1889 un articolo intitolato: La temperatura del mare e la pesca” alle isole Loffoden. Basandosi su, questo fatto riconosciuto dagli ufficiali sorveglianti la pesca che il mer- luzzo in -quei dintorni non abbandona mai-an'acqua che sia dai 4.° ai 5.° C., egli ne concluse che bisognava inca- ricare un vapore dello Stato di seguire in modo costante durante tutta la stagione della pesca e lungo tutta la catena delle isole Loffoden questo strato isotermico per mezzo di sondaggi termometrici e di dar avviso regolare della ‘profondita di esso ai pescatori che potevano così a colpo sicuro ritrovare i merluzzi. (1) J. pe GUERNE — La commission d'études scientifiques des mers allemandes, à Kiel. Bulletin mensuel de la Société nationale d' acclima- tation de France, avril 1887. ieerd — 1339 — L'acquicoltura ha fatto i suoi più grandi e rapidi progressi agli Stati Uniti. Mi limiterò soltanto a dire della pesca nell'acqua salsa. Mentrechè il Blake della Z. S. Coast and Geodetie Survey non lascia mai la regione del Gulf- Stream ed ivi eseguisce ogni anno le sue ricerche per ap- plicarle più specialmente all’ Oceanografia ed alla navi- gazione, l’ Z. SL Fish Commission incaricata delle pesche possiede tre navigli per i suoi studi. Z' A/0a4tross dopo aver studiato per 5 anni il mare che bagna le coste est dell'America sta ora studiando le coste del Pacifico del Alaska e la California. La commissione per non interrom- pere i suoi lavori sull’ Atlantico armò nell’ estate del 1889 lo Schoner di 83 tonnellate, il Grampus per una campagna scientifica che durò tutto il mese di agosto. La nave portava i professori W. Libbey, Rockwood, Magie et Mac Neil ed avea per missione di contribuire a stabilire i rapporti esistenti fra la temperatura e la densità dell’acque e la emigrazione dei pesci, cioè a dirsi di misurare le temperature delle densità di raccogliere degli esemplari d'acqua e di tener conto di tutti i fenomeni meteoro- logici dell'atmosfera su una zona compresa fra una punta orientale dell’isola Nantucket e Montauk Point all’ e- stremità settentrionale di Long-Island in Latitudine sino al limite del* GulEStream all’ Est. Quantunque forte- mente contrariata dal cattivo tempo la spedizione ha già prima-aacora dell'esame dettagliato dei materiali ripor- tati constatati due fatti assai importanti,,la poca conve- nienza di un bastimento a velo=fer” queste campagne scientifiche e la conoscenza di un pàssaggio sottomarino delle acque fredde e dense della corrente di Cabotto al disotto delle acque leggere e calde del Gulf-Stream per raggiungere il mezzo dell’ Atlantico. Riassumendo gli — 134 — americani fanno della piscicoltura con dei sondaggi, dei termometri e degli areometri. INUÉ Nella Scozia noi troviamo lo stesso modo di proce- dere per opera delle due amministrazioni che s° occupano concordemente delle acque scozzesi; vi ho già parlato (1) dei bei lavori fatti dalla Scottish marine Station di Gran- ton sotto la sapiente ed energica iniziativa che gli co- munica il signor John Muray direttore del Challeger-of- fice, uno dei primi cultori dell’oceanografia. Un Yacht a vapore di trenta tonnellate, la J/edusa studia nella maniera più completa una determinata località, p. e., 11 Firth of Forth o l’imboccatura della Clyde dal punto di vista topografico, geologico, fisico e chimico. La Medusa è se- guita nelle sue spedizioni da un laboratorio galeggiante l'Ark, che approfitta delle catture zoologiche fatte dalla draga per esaminare sommariamente gli esseri catturati. Si è solamente dopo il compimento degli studi fisici che i naturalisti prendono possesso d’un terreno assai cono- sciuto e procedono allora a colpo sicuro. La Zischery Board for Scotland ha per iscopo spe- ciale delle sue ricerche l'industria della pesca. Il con- trollo delle pescherie scozesi è stato confidato dal 1808 al 1882 ai Commissioners of british ivhite Herring Fi- sheries. A quest’ epoca i mediocri risultati ottenuti dal lavoro attivo, ma limitato a questioni industriali, tecni- che ed amministrative fece conoscere l'assoluta neces- (1) J. THouLFT, De l’état des études d'octanographie en Norvège et en Ecosse. Rapport sur une mission du ministère de l’Instruction publi- que. Archives des missions, 3 série, t. XV. rr Mo — 135 — sità di far un largo posto in questa commissione anche all’ elemento esclusivamente scientifico. Malgrado alcune resistenze il servizio fu organizzato: il Board stesso si procurò un laboratorio a Saint-Andrews ed il concorso del- l'Università di Edimburg; fece l'acquisto d’un piccolo va- pore il Garland e si trasse profitto dei batelli guardapesche dello Stato che furono messi temporaneamente a dispo- sizione degli scienziati. L’opera del Board è divisa in tre capitoli: — I. Parte tecnica. Studio generale delle que- stioni relative alla pesca, apparecchi di pesca, loro effetti sul fondo, distruzione dei giovani pesci, statistica e sor- veglianza delle regioni di pesca, conservazione del pesce. — IL Parte biologica. Fauna marina; struttura, distri- buzione, migrazione, nutrimento, costumi dei pesci, cro- stacei, molluschi commestibili. — III Parte fisica. Ricer- che sulla temperatura, densità, salinità, ce composizione delle acque in vicinanza della costa. A. proposito della seconda parte del programma noi rimarcheremo una tendenza evidente a non occuparsi per quanto è possibile che di questioni illimitate. Si pre- ferisce dare completo ristretto argomento piuttostochè intraprenderne uno troppo vasto d:stinato a restare più o meno incompleto. Una nota del signor M. C. Wemyss Fulton (1) segretario scientifico del Board presenta un eccellente riassunto delle divers: memorie pubblicate a proposito delle quali il limitato spazio ci impedisce di parlarne più oltre. Le arringhe sono state in particolar modo studiate, ma il merluzzo e diversi altri pesci, i molluschi ed anche i micro organismi inferiori attirarono (1) R. Wemyss. FuLton M. B. The scientific. work of the Fishery Board for Scotland, Journal of the Marine Biological Association, March, 1889. — 136 — pure l’attenzione degli studiosi. Gli incrociatori dello Stato eseguirono l esplorazione topografica e fisica di aree ben determinate. Ogni operazione di pesca fatta a bordo del Garland ad uno scopo qualsiasi industriale 0 zoologico fu accompagnata da misurazioni fisiche : infine si stabili un sistema d’ osservazioni continue della temperatura e della densità del mare in diverse stazioni, comprendendo tutti 1 fari stabili o galleggianti dalle coste scozzesi. Parecchie memorie comparvero negli annui rapporti della Fisihy 3oard. Il dottor Gibson (1) esaminò nel 1883 la Moray- Firth a bordo del /acka/ ed eseguì una carta delle pro- fondità come la curva delle temperature delle densità e delle salinità a diverse altezze. Queste osservazioni (2) si continuarono nel 1886 a bordo del Gar/2rd per opera dei signori Gibson e H. R. Mill. Quest’ ultimo studiò (8) dintorni dell’ isola Lewis nelle Ebridi e come sempre le sue ricerche vengono illustrate da una carta batimetrica per le curve d’ eguale profondità di dieci in dieci metri tinte con sei gradazioni d’ azzurro d’ un’ intensità cre- scente per il mare e d'una tinta bruna per la terra e per i profili isotermiche ugualmente tinte dimostranti le curvature delle isoterme in vicinanza della terra e degli alti fondi. Le carte colorate si considerano come indi- spensabili, Nel 1886 lo stesso scienziato fece una nuova (1) FourT Ann. Rep. Fischery Board for Scotland, pp. 189-201, pls. VI; VIE 1880: (2) Jonn Gissow ANnp R. Mir. Report on a physical and chemical examination of the water in the Moray Firth and the firths of Inverness, Cromarty and Dornoch, 6** ann. Rep. Fishery Board for Scotland, part. III, pp. 313-347, pls. XI, XIV, 1888. (3) Huc® Rogerr MiLr. Report of physical observations on the seato the west of Lewis, during July and August 1887 5.!® Report pp. 349-375. — 137 — memoria sulle condizioni fisiche del Firth of Forth (1), infine nel settembre del 1888 il dott. Gibson sul Jachall fece un viaggio d’ esplorazione (2) lungo la costa Est della Scozia e dall’altra parte del mare del Nord a Ber- ghen ed a Copenbaghen. In un gran numero di stazioni diverse egli prese delle serie verticali delle temperature delle densità e delle salinità. Dosò gii elementi gazosi disciolti nell'acqua, e raccolse dei campioni destinati a delle analisi più dettagliate. Riassumendo, le nazioni straniere sembrano unanimi nell’ammettere le seguenti regole : a) L'industria della coltura delle acque dolci o salate deve essere appoggiata dai principii strettamente scien- tifici e precisi, topografia dei fondi, geologia, proprietà fi- siche e chimiche, rappresentate e riassunte per mezzo di carte fatte per curve isobate ad aree tinte e su schemi co- lorati; l’opera seria del naturalista non imcomincia in realtà che dopo il compimento di questo lavoro preparatorio. 4) Preferire alle molteplicità delle osservazioni la loro qualità cioè a dirsi impiegare piuttosto un personale ri- stretto, ma illuminato, competente ed abile e munito di istrumenti delicati accuratamente graduati. c) Sostituire agli studii generali studii che si rappor- tino a località definite, ma assolutamente completi e di indiscutibile precisione. A condizione di uniformarsi a questo programma si avanzerà certamente nella via del progresso (3). I. T'uovLer, (1) Fifth. Report, pp. 349-351. (2) F. Gipson. Report on observations relating to the physics and chemistry of the North sea during 1888 and incluving a review of the analyptical worh hitherto undertaken for the Fischery Board for Scotland, (3) Dalla Revue Générale des Sciences 1890, / È Nuova contribuzione alla conoscenza dell'area geografica DELLA SPHAEROPLEA ANULINA ROTH. per Paul Magnus (Berlin) Nella Notarisia (anno V, n. 19, pag. 1014-1017) già altra volta comunicai alcuni fatti, da me riscontrati, intorno alla distribuzione geografica di Sphaeroplea annulina. Ricordai allora, riferendomi all'autorità di N. Wille (1), che la presenza di questa pianta nell’ America era assai dubbia. Ero tanto più disposto a condividere quest’ opinione in quanto che Francis Wolle nella sua opera sulle alghe degli Stati Uniti dice a pro- posito della Sphaeroplea annulina; «As far ar my personal observations aid me, this genus had no representative in the United States. In Europe it appears frequent in quarries, pits and inundated fields. It is reported from California but without certain knowledge as to locality » (2). Riguardo a questa questione che m'interessa, il sig. prof. W. G. Farlow mi fece osservare, poco dopo il mio articolo comparso come dissi nella Notarzsia, che egli nella Botanical Gazette vol. VII-VIII, pag. 225, anno 1882-1883, in un breve articolo intitolato « Notes on Fresh-Water Algae » comunicava che la sign."* Austin aveva raccolta la Sphaeroplea annulina in California presso San Bernardino. « The occurrence of Sphae- roplea annulina should be recorded in California where it was collected by Mrs Austin near S. Bernardino. » Z4r/0w0 loc. cit. Nello stesso tempo il Farlow mi inviava amichevolmente in dono un esemplare dell’alga, raccolta dalla signorina Austin in California, ed io potei facilmente sincerarmi che essa era la caratteristica Sphaeroplea annulina colle ospore mature. Quest’ alga dunque è ampiamente diffusa nel vecchio come nel nuovo continente e si potrà anche in quest ultimo dimostrare, con più esatte ricerche, esistente in più stazioni, (1) ln Engler-Prantl — Die Natùrlichen Pflanzenfamilien Î. Theil ; 2 Abtheilung, p. 122. (2) Francis Wolle, Fresh-Water Algae of the United States (exclu- sive of the Dratomaceae), Bethlehem 1887 pg. 104, Mn aa ile MTAVOILA delle ore dell'alta e bassa marea calcolate per la città di VENEZIA pel mese di Maggio 1891. GIORNO ALTA BASSA ALTA BASSA l 1h402 ar 10 Sica, 6040" p. | 11:35" p. ! l 2 420 » 11 50 » 7530 » 1300 a: 3 d 6.09.» Igo GIMIOIR O 2.10» 4 4 Sta 10456 830 » 2 40 » 5 9) di » MTA O), ORLO e» MOI 6 6 i pe DEBITA 930 » 3940 » 7 7 10; 5a > SI9D 955 » UM 8 8 10 40. » RAS 10 25 » 450 >» 9 9 11 15 » ACI 10 50 » 520 » 10 10 ONNOMSE Delon. IMOZIOnES FEDI ll ll 040 p o 40 » DLS0nt 635 » 12 12 130 » Gloss» 020842: LO 13 13 PRODOT TEO 050 » 8.5 > 14 14 e 0a 920 » l50re6 930 » 15 15 69.» LE DO ALI IRES020 16 16 650 » Ludo Sa, 02054 Olzo:.p 17 17 Teo 55 Mad IMAORESS 18 18 TESS) DINO 820 » ISZ40N6 19 19 820 » TR ISIN Sul0Ne» 20 20 845 » CIS) 9525069 DAS Pal 21 910 » 3305 » LOX066>, sal5. > 22 292 9.35» 4 0 » 10 30. » 345 » 23 LOR 0 430 » Mero 420 » DA 24 10 25 » 5 0 » Rlebo0 450 » 25 25 10 55 » ss 0:20 p: FILO) 26 26 1130 » 6:15. RR 610 » 27 ae e TI 8 29 040 » 745 » 3.40» OA STE 29 50 TR odkes 9.0 » SR 11 55 » 30 31 2 REI IDO 10 40 » bela LalOxsar l Giu, Pelle due alte maree giornaliere è generalmente più elevata quella che accade tra le 6 pom. e la mezzanotte; delle basse maree è più de- prezza quella che s' incontra fra le 3 ant. ed il mezzodì, TAVOLA. delle ore dell’alta marea all'isola d’ ISCHIA ‘ La bassa marea ad Ischia pel Maggio 1891 succede di 6 ore, pressochè esattamente, all'alta marea; 1 1h35 a 15" p 1 in generale il fenomeno si 9 MS DUIZL 9 svolge nel Tirreno in modo E È più semplice che nell’Adria- 3 +29 TASCA 3 tico ed è pure poca la dìsu- 4 535 » bt 4 | guaglianza tra due alte o 5 630 » 650 » ò | basse maree consecutive, 6 Mib» 735 » 6 dI 80 » 820 » 7 8 840 » 9 d' Le ore date per Venezia sono applicabili con oppor- 9 SES? ae ; tune aa artt; ad 10 LO 10 25 » 10 | altri punti dell’ Adriatico, ll 10 40 » 1l0- ll specialmente nella parte set- 12 190% 450%» 12 | tentrionale. Tali correzioni @ Frs iero SOR # SOR TOIA to Per Lido —— 35” 14 ea 135 >» 15 Trieste — — 1020" 15 25 » 245 >» 16 | Pesaro-Quarnero — — 2% 0" 16 325 » 4: Da 17 | Ancona-Zara —— 4 0" 17 435 » sugo 18 | Tremiti-Lissa = — 6845" 18 5955 60 19 Bari-Cattaro = 7155 19 620 » 635 » 20 —° CT Tide el Quelle per Ischia valgono 21 735 » 750 » 22 | pel Tirreno con le seguenti 2a 810 » 825 » 23 correzioni : 2 840 » 9 0 » 94 | Per Napoli = — 18% 24 og) D-40/%> 95 Civitavecchia —=— 0 05 Vea ina 6 Livorno = — 20" ; a Genova = — 35" 26 10 40 » ls Dl 27 1130 » 1155 » 28 Pure per la Sardegna e Era 295 a a 29 pel Nord della Sicilia le dif- dg N 1804 DES 30 ferenze sono inconcludenti. sl 245 » 320 » 31 P. HARIOT Quelques alsues du Brésil et du Congo M." le D." Wainio d’ Helsingfors, au cours d’un voyage consacré a l'étude des Lichens des provinces de 70 et des Mines, a eu l’ occasion de recueillir quelques algues terrestres qu'il a eu l’obligeance de me communiquer. Ce sont ces algues qui font l’objet de cette note dans laquelle j'ai compris égale- ment quelques espèces provenant de localités qui n’avaient pas encore été signalées. Phyeoehromaceae 1. Schizotrix (chromosiphon) thelephoroides (Mont.) Gomont Ess. de classif. des nostoc. homo cyst. p. 4. Minas Geraes n. 1445 ad terram. . Porphyrosiphon Notaristt Kitz. Gomont, loc. cit. p. 5. Minas Geraes n. 1401 Db. rupicola. . Stigonema (1) ocellatum Thuret Essai de classif. des Nostoc. (Ann. sc. nat. 6. I. p. 380). Bornét et Flahault Rév. des Nostoc. hétéroc. (id. 7. V. p. 69). Minas Geraes n. 1411 et 1574 rup. . S. panniforme (C. Ag.) Born. et Flah. loc. cel. p. 71. Minas Carassa n. 1395 cortic.; 1415, 1462, 1466 rup. — Rio de Janeiro n. 566 rup. DO de _ (1) Depuis la publication de mon travail sur les algues du Cap Horn, j'ai eu 1 occasion d’examiner le Stigonema polyceras Kitz. Cette plante est bien un Lichen comme je le supposais. i) — 140 — . S. minutum Hassall Hist. of the British Fresh-Water Algae I. p. 250 — Born. et Flah. loc. cit. p. 72. Minas Carassa n. 215, 1262, 1411, 1415, 1446, 1574 rup. . S. turfaceum. Cooke Brit. Fresh-Water Algae p. 273 — Born. et Flah. loc. cit. p. 74. Minas Carassa n. 1446 rùp. . Scytonema guyanense (Mont.) Born. et Flah. loc. cit. p. 94. Minas Geraes Sitio n. 141 cortic. — Martinique (Duss) . S. Javanicum Bornét. Notes algologiques p. 148. — Born. et Flah. loc. cit. p. 95. Rio de Janeiro n. 191 cortic, id. n. 18019 foliic. (Glaziou), Paraguay (Balansa), Tahiti (Savatier), N. Calédonie (Marie). . S. varium Kutz. Sp. alg. p.307.— Born. et Flah. loc. cit. p. 97. Rio de Janeiro n. 3195 ((Glaziou) in herb. Fée sub «? Coenogonium melanothrix », Tahiti (Vesco, Savatier). 10. S. Hofimanni Agardh Syn. alg. suec. p. 117. — Born. et Flah. loc. cit. p. 97. Minas Carassa n.215 rupic., Campéche (in herb. Roussel), Guadeloupe (L herminier), Terre de Feu (Hariot), Tahiti (Savatier), Madagascar (fr. Rodriguez), Maurice (Daruty in herb. Weddell). 11. S. mirabile (Dillwynn) sub Conferva — Scyt. figuratum C. Ag., Born. et Flah. loc. cit. p. 101. Minas Carassa n. 1411, 1446 rupic. Chlorophyceae 12. Trenlepohla aurea (L.) Martius FI. cryptog. erlangensis p. 351. — Hariot Notes sur le genre Trentepohlia p. 7. Minas Carassa n. 258, Minas Lafayette n. 1468 cortic. Les échantillons de la premiere localité sont fréquemment enveloppés d’hyphes de couleur noire auxquelles M." Rein- sch avait donné le nom d'Erysidbe Chroolepidis, id 13. 14. 16. TT 13. 19, 20. —- 141 — T. polycarpa Nees et Mont. in Ann. sc. nat. 2. V..p. 71. — Hariot loc. cit. p. 11. Minas Geraes, Habira do campo, ad terram (Igt. Arecha- valeta, comm. Nordstedt). T. villosa (Kiùtz.) Phycol. gener. p. 284. — Hariot loc. cit. pag. 18. La Tijuca pr. Rio de Janeiro, au bord des chemins (Igt. Arechavaleta, comm. Nordstedt). Plante de tous points identique au type conservé dans l’ herbier de Kiitzing. T. Wainioi Hariot loc. cit. p. 19. Minas Geraes Sitio n. 589,703 cortic. . T. diffracta (Krempelhuber) Hariot loc. cit. p. 29. Rio de Janeiro, sur l’écorce des Oreodora regia au jar- din botanique (Igt. Arechavaleta, comm. Nordstedt). Les échantillons qui étaient « de couleur rouge brique foncé sur le frais» sont plus petits dans toutes leurs parties que ceux quì avaient servi à Krempelhuber pour établir son Coenogonium diffractum. Malgré cela je ne puis les distinguer de cette derniere espèce. T. rigidula (Mùller Arg.) Hariot loc. cit. p. 86. Minas Carassa n. 1489; Minas Lafayette n. 291; Rio de Janeiro n. 127 cortic. Phycopellis arundinacea (Mont.) de Toni, Uber Phylla- ctidium arundinaceum (Bot. Centr. p. 182, 1889), — Ha- riot Note sur le genre Cephaleuros p. 3. Très abondant au Brésil sur les feuilles coriaces: Rio de Janeiro n. 18081, 18087, 18010, 18056, 18095 (Glaziou) — on rencontre fréquemment atte algue plus ou moins lichenisée. Hansgirgia flabelligera de Toni, Sur un nouveau genre d’algues aériennes (Comptes rendus de la Soc. Roy de bot. de Belgique XXVII, p. 155, 1888). Sur les feuilles, Rio de Janeiro n. 18078, 18080 (Glaziou). Cephaleuros virescens Kunze. — Hariot loc. cit, p. 1 et seq. Je ne citerai pas demuméros pour cette plante qui se trouve 9 hi LO O — 142 — sur la plupart des feuilles coriaces en compagnie de Str- gula et d'autres Lichens foliicoles — Paraguay (Balansa). M. Thollon agent du Congo francais, a bien voulu me communiquer quelques algues recueillies par lui aux en- virons de Brazzaville : 21. Gleocapsa Magma (Bréb.) Kuùtz. Tab. phycol. 1. p. 17. baita. i 22. Hypheothrix sp. — indéterminable. 23. Stigonema minutum Hassall loc. cit. 24. Scytonema Hofimanni C. Agardh loc. cit. 25. S. cruslaceum Ag. Syst. Algarum p. 39. — Bornet et Fla- hault. loc. cit. p. 106. 26. — var. B. incrustans Born. et Flah. loc. cit. p. 107. 27. Hildbrandtia rivularis (Liebm.) J. Agardh Sp. Alg. II p. 407. Cette espèce semble abondamment répandue dans tous le cours d’eau du Congo francais. P. HARIOT. TS” AVIS =» Je prie vivement tous les savants qui publiquent quelque étude sur les algues de vouloir bien m’envoyer un exemplaire (et s’il est possible deux) de leurs brochures pour en donner une Compte-Rendu dans mon journal. Ler auteurs recevront en remerciment le numéro de « Za Notaristia — Parte speciale della Neptunia » ou un extrait du meme, où il se trouvera le Compte-Rendu de l’ouvrage envoyé. «La Notarisia» publique aussi toutes ob/ata et desiderata, toute sorte de communication qui peut intéresser le amateurs des algues p. e. n0722- nations, congrés, explorations, nouvelles diverses etc. On prie bien d’adresser toujours au seul adresse ci-donné : Dott. D. Levi-MoRrEeNoS Piscina S, Samuele 3422 — Venise me Pur NÉ. MEÉpius. Conspectus algarum endophytarum. Multae algae parasiticae nominantur, quae in aliis plantis vel in animalibus crescunt. Sed fere omnes algae, quae in superficie hospitum habitant, eis tantammodo substrato utun- tur, ut lapidibus et aliis rebus, neque nutrimenta ab eis ac- cipiunt, ita ut nonnunquam eadem alga in substrato et vi- vente et inanimato affixa esse possit. Accuratiore studio eae algae dignae sunt, quae intra corpus vel plantarum vel ani’ malium inveniuntur, cum pleraeque ad hanc vivendi rationem proprie accomodatae sint. Quas — quot mihi notae sunt — in hoc conspectu commemoro, exceptis eis, quae a fungis ad formandos lichenes includuntur. Cujus operis causa fuit, quod ipse nupra algam endophytam inveni, quam specierum mihi notarum cuiquam attribuere non potui. Numerus omnium, quas hic contuli, satis magnus apparet, tamen timeo, ne nonnullae algarum endophytarum a me praetermissae sint. In quas si quis animum meum converterit, gratissimum me faciet. HE AVIS SE Ich bitte dringend alle Gelehrten, welche irgend eine Schrift iiber Meeresalgen herausgeben, mir ein Exemplar (oder mòglichst zwei) der- selben gitiost zu ùbersenden, damit eine ausfùhrliche Nachricht davon in meiner Zeitschrift geseben werden kUnne. Die Herren Verfasser werden zum Danke dafir eine Nummer der «La Notarisia — Parte speciale della Neptunia » oder einen Separat-ab- druck derselben erhalten, welcher die Nachricht vom iberschicekten Werke enthalten wird, i «La Notarisia » ver6ffentlicht auch allerlei odlata el desiderata, alle Mittheilungen welche die Liebhaber von Meeresalgen betreffen mogen, zum Beispiel mancherlei Nachrichten, Ernennungen, Wohnsitz-Verlegun- gen, Kongresse, Explorationen u. s. w. Man bittet die Scriften an folgende Adresse zu richten ; Dott. D. Levi-MorENOS Piscina S. Samuele 3422 — Venezia DO (09) ©) — 144 — INDEX LITTERARUM. . Mettenius G. Beitraege zur Botanik. Heft. I, p. 39. Tab. IV, fig. III, 1.-1850. . Milde I. Zur Kenntniss von Anthoceros-und Blasia. (Botan. Zeitg. 1851, p. 629). . Areschoug I. E. Spongocladia, ett nytt algsligte. (Ofv. af Konigl. Vet. Akad. Fòrh. No..9, p. 201 et 203) 1852. . Derbès M. Description d'une nouvelle espèce de Floridées devant for- mer un nouveau genre, et observations sur quelques algues. (Ann. d. sciences nat. Bot. IV. sér. T. 5, p. 209-220. Tab. 14) 1856. . Milde I. Chamaeceros fertilis Milde, novum genus e familia Anthoce- rotearum. (Nov. Act. Acad. Leopold.-Carol. Natur. Curios. V. XXVI. P. I, p. 170-174. Tab. XII.) 1857. . Gottsche. Uebersicht und Wilrdigung der Leistungen in der Hepatolo- gie. (Botan. Zeitg. Beilage 1858, p. 42). . Lieberkiihn N. Neue Beitraege zur Anatomie der Spongien. (Archiv f. Anatomie, Physiologie und wissenschaftliche Medicin herg. von Rei- chert u. Du Bois-Reymond. Iahrg. 1859, p. 353-382, p. 515-529, Tab. IX-XI). . Welcker. Ueber die Entwicklung und den Bau der Haut in den Haa- ren bei Bradypus, nebst Mittheilung ilber eine im Innern des Faul- thierhaares lebende Alge. (Abhandl. d. naturf. Gesellsch. z. Halle. Bd-XX.-Hft.-1, p. 59). 1864 . Cohn F. Ueber griine Schlàuche der Cruoria pellita Fr. (Beitrige z. niàheren Kenntniss u. Verbreitung d. Algen, herg. v. Dr L. Raben- horst, Heft II, Leipzig 1865). . Reinke I. Ueber gonidienartige Bildungen in einer dicotylischen Pflanze. (Nachrichten v. d. k. Gesellsch. d. Wissensch. u. Univ. za Gottingen, N. 25, 1871, p 624-628). . Reinke I. Ueber die anatomischen Verhiltnisse einiger Arten von Gunnera. (Nachr. v. d. k, Gesellsch. d. Wiss. u. Univ. zu Gottin- gen, 1872, p. 100-108). v. Janezewski E. Zur parasitischen Lebensweise des Nostoc lichenoi- des. (Botan. Zeit. 1872, p. 73-82). v. Janezewski literas priorum, auctorum, qui Nostoc in Hepaticis obveniens observarunt, hic com- memorat, Ma — 115 — 13. v. Janczewski E. Le parasitisme du Nostoc lichenoides. (Ann. d. scien- di ces nat Botan. V. sér. T. 16, p. 306-316, Tab. 13). 14. Schenk. Ueber Cycaswurzeln mit Algencolonien (Tagebl. d. 45. Ver- samm]g deutscher Naturf. u. Aerzte zu Leipzig 1872). 15. Cohn F. Ueber parasitische Algen (Sitzungsber. d. Schles. Gesellsch. f. vaterl. Cultur, Botan. Section, Sitzg v. 12 Mai 1872; idem in: Beitrige z. Biologie d. Pflanzen herg. v. F. Con, Breslau 1872. Heft II, p. 87-108). 16. Kny. Ueber einige parasitische Algen. (Sitzungsber. d. Gesellsch. na- turf. Freunde zu Berlin, Jahrg. 1872, 19. Nov. conf. Botan. Zeitg. 1873, p. 139-144.) 17. Reinke. Morphologische Abhandlungen. Leipzig. 1873. 18. Archer W. A. Resumé of recent observations on parasitic algae. (Quat. Journ. of microscop. science 1873, p. 366-377). 19. Strasburger E. Ueber Azolla. 4.° 86 pp. c. 7 tab. Jena 1873. 20. Leitgeb H. Untersuchungen iùber die Lebermoose. I. Heft. Blasia pu- silla. gr. 4.° 82 pp. © Tab. 1874. 21. Reinsch P. Contributiones ad Algologiam et Fungologiam. Vol. I. Folio 103 pp., 131 tabb. Leipzig 1875. (Opus a me non visum). 22. Archer W. On Chlamydomyxa labyrinthuloides nov. gen. et sp. A new freshwater sarcodic organism. (Quat. journ. of micr. se. Vol. XV, 1875 p. 107-130. Tab. VI et VII). 25. Entz G. Az alsodl vendii Allatoknal elofordulò levelcòldtest tecskék ter- meszetéròl. Kolozsvàri orvos- természettudomanyi értesitò, 1876, Febr. 25. 24. Hauck F. Bemerkungen inber einige Species der Rbodophyceen und rali Melanophyceen in « Contributiones ad Algologiam et Fungologiam Auctore P. Reinsch ». (Oester. botan. Zeitschr, 1876, p. 412). . Mac Nab. Exhibition, new to Ireland, of the new parasitie Rbodo- sperm Choreocolax Polysiphoniae Reinsch. (Quat. Journ of microsc. science 1876, vol. 16, p. 336). . Hauck F. Ueber eine neue Ulotrichee (Oest. botan. Zeitg. 1876 p. 56). . Nowakowski L. Beitrag zur Kenntniss der Chytridiaceen. (Cohn’s Bei- traege z. Biologie der Pflanzen. Bd. II. p. 73-100. Anm. p. 75). 1877. . Reinsch P. Contributiones ad floram Algarum aquae dulcis Promon- torii Bonae Spei. (Journ. of the Linn. Soc. Vol. XVI, p. 232. e. 1 Tab.) 1877. . Wright P. E. On a new species of parasitic green Alga belonging to the genus Chlorochytrium of Cohn. (Transact. of the royal Irish. Acad. Vol. 26, p. 355 c. 2 tabb.) 1877. Cunningham D. On Mycoidea parasitica, a new genus of parasitic Al- SI. (79) Ja, 33. di. 56. 43, 44. 46. — 146 — gae and the part which it plays in the formation of certain Li- chens (Journ. of Bot. 1877, p. 253. Id. in Transact. of the Linn. Soc. Ser. II. Bot. Vol. I, p.-301-316 c. 2 Tab.). Solms-Laubach H. de. Note sur le Ianczewskia nouvelle floridée para- site du Chondria obtusa, (Mem. d. 1. soc. des seiene. nat. de Cher- bourg. T. XXI, p. 209-224- PI. III) 1877. Kiihn I. Ueber eine neue parasitische Alge, Phyllosiphon Arisari. (Sitzungsber. d. Naturf. Ges. in Halle 1878, conf. Botan. Zeitg, 1879, p. 322). | Kirchner 0. Die Algen Schlesiens (II Band, I. Haelfte der Kryptoga- menflora von Schlesien, herg. v. F. Cohn, Breslau 1878, 282 pp.). Geddes P. Sur la funetion de la chlorophylle avec les Planaires ver- tes. (Comptes rendus d. séances d. l. soc. d. science. Paris, t. 87 p. 1005) 1878. 5. Bernard, Claude. Lecons sur les phénomènes de la vie communs aux animaux et aux végetaux. Paris 1878. de Bary A. Ueber Symbiose. (Tagbl. d. 51. Vers. deutscher Naturf. u. Aerzte in Cassel, p. 121-126) 1878. . Leitgeb H. Die Nostoccolonien im Thallus der Anthoceroteen (Sitzung- ber. d. k., Akad. d. Wiss. in Wien, 77. Bd. 1. Abth. Mai 1878). . Szymanski F. Ueber einige parasitische Algen. (Inaug. Dissert. d. Univ. Breslau, 8.° 23 pp. 1878). . Carter I. H. Parasites of the Spongida. (Annals and Magazin of Nat. Hist. Vol, II, 5. Sér. p. 157-171) 1878. . Leitgeb H. Untersuchungen iber die Lebermoose. Heft V. Die Antho- ceroteen. Mit 5 Tafeln. Graz 1879. . Reinsch P. Beobachtungen ùber entophyte und entozoische Pflanzen- parasiten. (Botan. Zeitg. 1879, p. 17-24, 33-43. Tab. I). . Reinke. Zwei parasitische Algen (Botan. Zeitg. 1879, p. 473-478, Tab. VI). Archer W. New form of Coelosphaerium, inhabiting intercellular pla- ces of a flowering plant. (Quat. Journ of microse. sc. vol. XIX p. 440) 1879. Schulze F. E. Untersuchungen ilber den Bau und die Entwicklung der Spongien. (Zeitschr. f. wissensch. Zoologie Bd. XXXII, p. 117-157, Tab. V-VIII) 1879. . Semper. Ueber Zusammenleben von Spongien und Algen (in: Semper Die natirlichen Existenzbedingungen der Thiere. II. Theil, p. 176- 181). Leipzig 1880). Frank A. B. Die Krankheiten der Pflanzen. (Ein Handbuch f. Land- u. Forstwirthe, Gàrtner, Gartenfreunde u. Botaniker, Mit 149 i. d. Text gedr. Holzschn) Breslau 1880. 47. 63. — 147 — Wille N. Ora en ny endophytisk Alge (Christiania Videnskab. For- handl 1880. No. 4., Id. in Pringsh. Jahrb. Bd. XVIII, Heft 4, p, 435-437, Taf. XVI, 1887). . Marchand. Sur une Nostochinée parasite. (Bullet. soc. bot. de France T. 26, p. 336-337) 1880. . Wright. Parasitic Florideous Alga in Plocamium coccineum. (Quat. journ. of micr. science. Vol. XX, p. 379-380) 1880. . Klebs G. Beitràge zur Kenntniss niederer Algenformen. (Botan. Zeitg. 1881, p. 249-257, 265-272, 281-290, 297-308, 313-319, 329-336, Tab. II et IV). . Entz G. Ueber die Natur der « Chlorophyllkòrperchen » niederer Thiere. (Biolog. Centralblatt I, No. 21, p. 646) 1881. . Marschall W. Untersuchungen iber Dysideiden und Phoriospongien. (Zeitschr. fiur wisseusch. Zoologie. 35. Bd. p. 85-129) 1881. 3. Geddes P. Chlamydomyxa labyrinthuloides (Edinb. Bot. Soc. Juli 14 1881. Gard. Chron. New. Ser. Vol. XVI. No. 395, p. 121-122, conf. Bot. Centralbl. 1881. VII. Bd. p. 219) . Brandt K. Ueber das Zusammenleben von Thieren und Algen. (Sit- zungsber. d. Gesellsch. naturf. Freunde z. Berlin 15. Nov. 1881, p. 140, u. in Biolog. Centralbl. I. No. 17 p. 524. 1881). . Schaarschmidt I. Adalékok ar activ és passiv endophytismus isme- retéhez. (Magyar Nòvénytani Lapok. V. Iahrg. Klausenburg 1881, 10 pp.). . Schaarschmidt I. A Chlorochytrium Erdélyben (Magyar Nòvénytani Lapok V. Iahrg. Klausenburg 1881, p. 37-39). . Kirchner P. Ueber die Entwicklungsgeschichte einiger Chaetophoreen. (Tagebl. d. 54. Vers. deutscher Naturf. u. Aerzte. Salzburg p. 26). 1881. . Brandt K. Ueber das Zusammenleben von Thieren und Algen. (Verb. d. Physiol, Gesellsch z. Berlin 1881-82 No. 4, u. 5, u. in Botan. Zeitg. 1882, p. 248-254). . Brandt K. Ueber die morphologische und phlysiologische Bedeutung des Chlorophylls bei Thieren. (Arch. f. Anat. u. Physiolog. Physiol. Abth. 1882, p. 125-151, Tab. I). . Klebs G. Ueber Symbiose ungleichartiger Organismen. (Biolog. Cen- tralbl. 1882, p. 289-299, 321-348, 385-399). . Geddes P. Further Researches on animals containing chlorophyll. (Nature Vol. XXV, p. 303-305) 1882. . Geddes P. On the nature and functions of the yellow cells of Radio- larious and Coelenterates with postscript (Proceed. Royal Soc. of Edinburgh, p. 377-396) 1882. Geddes P. Observations on the resting state of Chlamydomyxa laby- 68, 80. 81. — 145 — rinthuloides Arch, (Quat. journ, of micr, sc, No. 5, Vol. XXII 1882, p. 30-34, c. 1 tab.) . Entz G, Das Consortialverhaltniss von Algen und Thieren (Biolog. Centralbl, 1882, p. 451-464). . Kessler Zoochlorella. Fin Beitrag zur Lehre von der Symbiose (Arch. f. Anat: u. Physiol., Physiol. Abth. p. 490-492, m. 1 Tab.) 1882. . Hamann, Zur Entstehung und Entwickelun® der gritnen Zellen bei Hydra. (Zeitschr, f, Wiss. Zoologie, 37. Bd. p. 458-464. m. 1 Taf.) 1882. Lankester E. Ray. On the Chlorophyll-Corpuscles and amyloid deposits of Spongiìlla and Hydra. (Quat. Journ. of. microsc. science. Vol. XXII, p. 229-254. m. 1 Taf.) 1882. Wittrock V. B. Ueber das Zusammenleben von Thieren und Algen. (Konigl. Vetense. Akad. in Stockholm, Sitz. v. 31. Màrz 1882. conf. Botan. Centralbl. X. Bd., p. 453). ). Karlinski I. Roslina i zwierze we wspòlce. (Wszechswiat 1882, No. 29). . Wyzesnowski A. Zielone Ziarnka w ciele nizezych zwierzat jako vasor- zyty (Wszechswiat 1882, No. 16). I. Hauck F. Fine neue Floridee (Hedwigia, 21. Bd., 1882, p. 140-141). Just L. Phyllosiphon Arisari. (Botan. Zeitg. 1882 p. 1-8, 17-26, 33- 47, 49-57. Tab. [.). 3. Schmitz F. Phyllosiphon Arisari (Botan. Zeitg. 1882, p. 523-530, 539- 200, 063-073, 579-589). i . lust L. Berichtigung zu dem Aufsatz von Fr. Schmitz « Ueber Phyl losiphon ». (Botan. Zeitg. 1882, p. 584-588). . Franke. Ueber Phyllosiphon Arisari (60. Iahvesber. d. Schles. Ge- sellsch. f. vaterl. Cultur. 1882, p. 195-197). . Lagerheim G. v. Bidrag till kànnedomen om Stockholmstraktens Pe- diastreer, Protococcacéer och Palmellaceer. (Ofvers. af Konigl. Ve- tensk. Akad. Forhandl. 1882. No. 2 p. 47-81. Tab. I-II). . Treub M. Nostoc-Colonien in Gunnera macrophylla BI. (Nederl. kruidk. Archief. 2. Ser. 3. BI., 4. Stuck, 1882). . Franke M. Endoclonium polymorphum. (Beitr. z. Biolog. d. Pflanz., herg. v_F. Cohn. 3. Bd. 1883, p. 365-375, Tab. XVIII.) Brandt K. Ueber die morphologische und physiologische Bedeutung des Chlorophylls bei Thieren. 2. Artikel (Mittheil. a. d. Zool. Stat. zu Neapel, 1883. p. 191-302. Tab. XIX-XX). Brandt K. Ueber Symbiose von Algen und Thieren. (Arch. f. Anat. u. Physiol., Physiol. Abth. Iahrg. 1883. p. 445-454). Klebs G. Ueber die Organisation einiger Flagellatengruppen und ihre Beziehungen zu Algen und Infusorien. (Untersuch. a. d. botan. In- stit. zu Tùbingen, I. Bd., 2 Heft., p. 233-361. Taf, Il u, III) 1883. lente all'ace hd - 90. 95 96. On 98. — 149 — 2. Valiante R. Sopra un' Ectocarpea parassita della Cystoseira opuntioi- des (Streblonemopsis irritans). (Mitth. a. d. Zoolog. Station zu Nea» pel; IV, Bd. p. 489-493, Tab. 38) 1883. . Schroter I. Neue Beitràge zur Algenkunde Schlesiens. (61. Iahresber. d. Schles. Gesellsch. f. vaterl. Cult. 1883, p. 741-742, Tab. VIII). . v. Graff L. Zur Kenntniss der physiologischen Function des Chloro- phylles im Thierreich. (Zoolog. Anzeiger, 1884, Iahrg. No. 177, p. 320-527). . Brand K. Ueber Chlorophyl! im Thierreiche (Kosmos 1884, I. Bd. p. 176-186). . Marchesetti C. Sur un nuovo caso di simbiosi..{Atti del Civ. Museo di storia naturale, vol. VII. Trieste 1884, p. 239-244). . Hauck F. Cenni sopra aleune alghe dell’oceano Indiano. (Atti del Civ. Museo di storia naturale, Trieste 1884, vol. VII, p. 15-19, 3 Tabb.). . Kjellman F. R. The Algae of the Arctic See. (Kongl. Svenska Vetensk. Akad. Handl. Vol. XX. n. 5, pp. 344. Tab. 81.) Stockholm 1884. . Hauck F. Die Meeresalgen. II. Band von Dr. L. Rabenhorst's Krypto- gamenflora von Deutschland, Oesterreich und der Schweiz. (Leipzig, 1884, 8° 575 pp. V. Tabb.) Lagerheim G. v. Om Chlorochytrium Cohnii Wright och dess fòr- hallande till nàrstande arter. (Svet. Vet. Akad. Ofvers. 1884. No. 7, p. 91-97, 1 Tab.) . Moore Spencer. Remarks on some endophytie Algae. (Journ. of. Bo- tany. Vol. 22, p. 136-138) 1884. 2. Mac Munn C. A. Occurrence of Chlorophyll in Animals (Amer. Natu- ralist, vol. 18, p. 634-655) 1882). (An in hoc opere a me non viso Zoochlorella tractata sit nescio). Ward Marshall H. Structure, development and life-history of a tropical epiphyllous Lichen (Strigula complanata Fée.) (Transact. of Linn. Soc. of London, 1884, Vol. II. Part. 6, p. 87-119, c. 4 Tabb.). 4. Lagerheim G. v. Codiolum polyrhizum n. sp. Ett bidrag till kanne- domen om sligtet Codiolum A. Br. (Svet. Vet. Akad. Ofv. No. 8 p. 21-31, T. XXVIII) 1885. 5. Martel E. Contribuzione all conoscenza del l’algologia romana. (Ann, dell’Istit. botan. di Roma, Ann. I, Fase. 2. 4.° p. 182-204. Roma, 1885). Mobius M. Ueber eine neue epiphytische Floridee. (Ber. d. deutsch. Botan. Gesellsch. III. Bd., p. 77-80. Tab. VII.) 1885. Reinhard L. Algologizieskya islàdowanya (Scrutationes algologicae. I. Contributiones ad Morphologiam et Systematicam Algarum maris nigri.) Odessa 1885, 8.° p. 312, e. 11 Tab. (rossic».) Carpenter P. H. On the supposed presence of symbiotic algae in An- 105. 106. 107. 108. 109. 110. 1ll. 113. — 150 — tedon rosea. (Notes on Echinoderm. N. X, Quat. Journ, of mierose, science N. S. 27, p. 379-391) 1886. . Lagerheim G. v. Note sur le Mastigocoleus, nouveau genre des algues marines de l’crdre des Phycochromacées, Notarisia, Anuo I, No. 2, p. 65-69, Tab. I.) 1886. . Mac Munn C. A. Notes on the chromatology of Anthea cereus. (Quat. Journ. of. Microscop. science, N. S. 27, p. 573-090, Tab. XXXIX et XL) 1886. . Peter A. Ueber eine auf Thieren schmarotzende Alge. (Tagebl. d. 59. Vers. deutsch. Naturf u. Aerzte i. Berlin 1886). 2. Weber, Frau A. van Bosse. Bydrage tot de Algenflora van Nederland (Nederl. krudk. Archief. 2. Ser. 4. Stuck, 1886, p. 363-368, 1 Tab.). . Weber, Frau A. van Bosse. Tweede Bydrage tot de Algenflora van Ne- derland. (loc. cit. 2. Ser. 5. Deel., 1. Stuck 1887, p. 67-70). . Weber, Frau A. van Bosse. Etude sur les Algues parasites des Pares- seux. (Naturk. Verh. d. Holland. Maatsch. d. Wetensch. 3. Verz. Deel. V, Stuck 1, 2 pl.) 1887. Cunningham D. D. On an endophytie alga occuring in the leaves of Limnanthemum indicum, with notes on a peculiarly parasitic va- riety of Mycoidea. (Scientific Memoirs by medical officiers of the | army of India, Ed. by S. Benj. Simpson. Part III 1887. (Calcutta 1888) p. 33-40). Gobi Chr. Peroniella Hyalothecae, eine neue Sisswasseralge. (Scripta bot. horti univ. imp. Petropol. Heft II 1885-87, p. 233-255). Hariot P. Algues magellaniques nouvelles. (Journ. de Botan. I, 1887, p. 09-59, 72-74). Hieronymus G. Ueber einige Algen des Riesengebirges. (Jahresber. d. Schles. Gesellsch. f. vaterl. Cult, 1887, p. 293-297). Potter C. Note on an Alga (Dermatophyton radicans) grawing on the European Tortoise (Journ. Linn. Soc. Botany, vol. XXIV, p. 251- 254, t. VII, a. 3 woodcuts) 1887. Stromfeld, Harald Graf, Rhodochorton membranaceum Magn. (Bot. Not. 1887, p. 109). Hansgirg A. Beitrag zur Kenntniss der Algengattungen Entocladia Reinke und Pilinia Ktz mit einem Nachtrage zu meiner in dieser Zeitschrift (Flora 1888 No. 14) veròffentlichten Abhandlung. (Flora 1888, No. 33. p. 499-507, Tab. XII). 2. Hansgirg A. Prodromus der Algenflora von Boehmen. 1. Theil, enthal- tend die Rhodophyceen und Chlorophyceen (Arch. d. naturw. Lan- desdurchforschung v. Boehmen. Bd. VI, No. 6, 8.9) Prag 1888. Bornet E. et Ch. Flahault. Note sur deux nouveaux genres d’algues perforantes (Journ. de Botan. 1888, 5 p.) 118. 119. 124. — 151 — . Hauck F. Neue und kritische Algen des Adriatischen Meeres I. (Hed- wigia 1888, p. 15-16). . Riabinine D. B. Les Chlorophycées des environs de Kharkow. (Bull, Soc. Natural. Moscou. 1888. No. 2. p. 289-347. Tab. VIII.) ). Askenasy E. Algen, aus: Forschungsreise S. M. S. Gazelle. IV. Th, Botanik. (4.°, 58 pp. c. 12 Tabb.) Berlin 1888. . Murray G. and L. Boodle. On the structure of Spongocladia Aresch. (Spongodendron Zanard.) with an account of new forms. (Annals of Botany, Vol. II, p. 169-175) 1888. Wildeman E. de Observations sur quelques formes d’ algues terrestres épiphytes (Bull Soc. Bot. Belgique, 1888, T. XXVII, p. 119-126, PI. II.) Famintzin A. Beitrag zur Symbiose von Algen und Thieren. (Mém. de l’ Acad. de St. Petersbourg. Sér. VII. T. XXXVI, N. 16) 4.° 36 pp. 2 Tabb. 1889. . Hansgirg A. Uebcr die Gattung Crenacantha Ktz., Periphlegmatium, Ktz. und Hansgirgia de Toni (Flora 1889, p. 56-59). . Hariot P. Note sur le genre Cephaleuros (Journ. de Bot. 1889, No. 16-17). 2. Mòobius M. Bearbeitung der von H. Schenck in Brasilien gesammel- ten Algen (Hedwigia 1889. Bd. 28, p. 309-347. Tab. X, u. XI.). + Hauck F. Ueber das Vorkommen von Marchesettia spongioides Hauck in der Adria und das Massenauftreten von Callithamnion seiros- permum Griff. im aegaeischen Meere. (Hedwigia 1889. Bd. 28 Heft. 3, p. 175-176.) Bornet È. et Ch. Flahault. Sur quelques plantes vivant dans le teste calcaire des Mollusques. (Bull. Soc. Bot. de France, t. XXXVI. Congrès de Bot. à Paris en aout 1889, 31 pp. 7 Tabb.). . De Toni I. B. Sylloge Algarum omnium hucusque cognitarum. Vol. I. Chlorophyceae. 8.° CXXXIX 1315 pp. Padua 1889. . Dangeard P. A. Mémoire sur les algues (Le Botaniste. Fasc. 4, p. 127-174, 8.° 2 pl. Caen 1889). . Treub M. Parasitisme en infectie in het Plantenrijk 1889. Tijdschr. vorr nijverheid en Landbouw in Nederl. Indie. XXXIX 1, 1889. . Vuillemin P. Antibiose et Symbiose, (Association francaise pour 1 a- vancement des sciences. Compte rendu de la 18. session, Paris, 1889 p. 520). . Prantl K. Die Assimilation freien Stickstoffs und der Parasitismus von Nostoc. (Hedwigia, Vol. XXVIII, p. 135-136) 1889. . Reinke I. Algenflora der westlichen Ostsee deutschen Antheils. (VI. Ber. d. Kommission z. Unters. d. deutschen Meere. in Kiel.) gr. 4.° 101 pp. m. 8 Holzschn. u. 1 Vegetationskarte. Kiel 1889, Lat, 159. 140. 141. 142. 143. 144, — 152 — Reinke |. Atlas deutscher Meeresalgen. Bearbeitet in Verbindung mit Dr. F. Schiùtt und P. Kuckuk. Herausg. v. d. Kommission z. wis-. sensch. Unters. d. deutschen Meere. (4.° 34 pp. 25 Tabb.) Berlin 1889. 2. Reinbold D. Th. Die Chlorophyceen (Grintange) der Kieler Fohrde. (Naturw. Verein f. Schleswig-Holstein. Bd. VII. Heft. I, 1889). . Farlow W. G. On some new or imperfectly known Algae of the United States. (Bull. Torrey Bot. Club. v. XVI 1889. No. 1. p. 1-12 PI. 87-88.) 4. Beyerinck N. W. Culturversuche mit Zoochlorellen, Lichenogonidien und andern niederen Algen (Bot. Zeitg. 1890. No. 45, 46, 47, 48. Lab: VIE: 5. Dangeard P. A. Contributions à l'étude des organismes inférieurs. (Le Botaniste 2.° ser. fasc. I, p. 1-61. PI. I, II. Caèn 1890). . De-Toni et F. Saccardo. Revisione di alcuni genere di Cloroficee epi- fite. (Nuova Notarisia. Vol. I, p. 3-21. T. I-II. Padova 1890). . De Wildemann É. Note sur le Cephaleuros virescens. (Mycoidea para- sitica Cunn.) (Notarisia, vol. V, No. 18, p. 953) 1890. . De Wildemann È. Note sur la disposition des Cephaleuros virescens Kunze et Phycopeltis arundinacea (Mont.) De-Toni. (Notarisia, vol. V, p. 1090-1091) 1890. Giard A. Le laboratoire de Wimereaux en 1889. (Recherches fauni- ques). Bull. Scientif. d. 1 France et d. 1. Belgique, T. XXII, I, partie) 1890. Mobhius M. Algae brasilienses a cl. Dr. Glaziou collectae. (Notarisia, Vol. V, No. 20, p. 1065-1090, c. 1 Tab.) 1890. Hansgirg A. Ueber neue Silsswasser-und Meeresalgen und Bacterien. (Sitzungsber. d. K. bohm. Gesellsch, d. Wiss. 10, Jan. 1890, p. 5). Weber, Frau A. van Bosse et Weber Max. Quelques cas de symbiose. (Zoolog. Ergebnisse einer Reise nach Niederlindisch Ost-Indien, herg. v. M. Weber. Heft I, p. 48-71, c. 1. Tab. Leiden 1890). Weber, Frau A. van Bosse. Etudes sur les Algues de l’Archipel Ma- laisien I et II. (An. du Jardin botan. du Buitenzorg, Vol. VIII, p. 79-94, 165-188. PI. XXIV-XXVI, Leide 1890). Wille N. Chlorophyceae (Engler und Prant], Die natùrlichen Pflanzen- familien, 40., 41., 46. Lieferung. 1890). CA. > x INDEX SPECIERUM. A. RHopoPHYCFAE. (1) I. Helminthocladiaceae. 1. Chantransia spec. (Litt. No. 108). Chantransiae ea forma, e qua Batrachospermum vagum Ag. nascitur, plerumque quidem libere crescit, sed ab Hieronymus in rivis montium Sudetorum Germaniae endophyta observata est: et in ligni vetusti frustulis et in mucentibus foliis Cyperacearum et in vetustis stipiti- bus foliisque Sphagnorum per omnes cellulas se expan- dens, ectus ramos pilis hyalinis aut gonidiis instructos emittens. II. Gelidiaceae. 2. Harveyella (Choreocolax) mirabilis (Reinsch) Schmitz et Reinke. (Litt. No. 130). Hab. in Rhodomeleae et Polysiphoniae speciebus, in corpo- ribus hospitum protuberantias efficiens, in mari baltico et boreali Europae et ad oras orientales Americae bo- realis. Thallus filis articulatis ramosis inter cellulas hospitum repentibus et cum his hic illic poris conjunctis constitutus est; filorum fasciculi ad superficiem erum- punt, ubi pulvinos variae magnitudinis proferunt, in quibus ant antheridia aut cystocarpia Gelidiacearum modo constructa evolvuntur. Reiînke (Litt. No. 130) algam sterilem a MReznsch (Litt. No. 21) sub nomine « Choreocolax mirabilis » descri- ptam eandem esse, quam ipse in mari baltico fertilem (1) In hoc ordine systema a cl, Schyuts {Flora 1889) constitutum secutus sum. — 154 — invenit, arbilratus nomen ei Harveyellae dedit, quia structura ab aliis Choreocolacis speciebus discedit. 3. Choreocolae Reinsch. (Litt. No. 21). « Physeuma ex partibus binis formatum, una pars in parenchymate plantae infectae se expandens, altera pars supra plantam infectam assurgens, corpus conve- xum formans, forma hemisphaerica usque fere sphaerica, hemiellipsoidica usque irregulariter limitata ». Species omnes in algis majoribus endophytae, enumeran- tur haecce : Ch. americanus R., Oh. destructor R., Ch. macrocnema R., Ch. pachydermus ‘R., Ch. polysiphoniae R., Ch. Rabenhorstit R., Ch. tumidus R. Quarum una tantum species etiam ab aliis auctoribus observata est: Choreocolax polysiphoniae R., a Mac Nab (Litt. No: 25) prope Salthill, Co. Dublin, inventa; a Far/ow. (Litt. No, 132 a) specimina tetrasporangiis instructa, quae in Polysiphonia fastigiata prope Nahant, Massachusetts, collecta habitant, describuntur et delineantur. III. Sphaerococcaceae. 4. Marchesettia spongioides Hauck. (Ceratodiclyon spon- giordes Zanard.) (Litt. No. 45, 71, 86, 87, 116, 123, dio Semper primus hanc speciem spongia et alga quadam symbiotice viventibus componi cognovit. Hauck algam Rbodophycearum familiae Areschougiacearum attribuit et structuram subtiliorem et organa reproductionis de- scripsit. Specimina in Nova Caledonia collecta ab Askenasy diligenter inquisita, descripta, delineata eunt. Spongia a Marchesetti Reniera fibulata O. Schm deter- minata est, an vero Marchesettiae speciminum in diversis locis collectorum species semper eadem sit, dubium est. Askenasy specimina prope Singapore collecta acubus bis vel ter longioribus quam specimina ad Novam Guineam collecta instructa esse observavit. Hab, prope Singapore, — 155 — ad insulas Philippenses, Novam Caledoniam, Novam Gui- neam, Madagascar, Samalona (prope Macassar); novis- sime ab Hauck etiam in mari Adriatico inventa est. IV. Bonnemaisoniaceae. 5. Ricardia Montagnei Derbès et Solier. (Litt. No. 4, 3I, 89). Hab. ad oras maris Mediterranei et Adriatici, tantummodo in Laurencia (Chondria) obtusa, cujus apices ramorum occupat, inventa, thallo externo cavo, sphaerico, ovato vel subcylindrico, duplici cellularum strato constituto, cellula basali in tubum longum excrescente thallo Lau- renciae infixo. V. Rhodomelaceae. 6. Janczewskia verrucaeformis Solms-Laubach. (Litt. No. 31, 89). Thallus filamentosus velut mycelium fungi alicujus in me- dulla hospitis (Laurenciae obtusae) crescit, ita ut plan tae adultae et fructiferae pars vegetativa medullam . hospitis continuare videatur, filis inter cellulas Lauren- ciae expansis neque vero in intestina earum unquam penetrantibus; organa reproductionis extra hospitem formantur. Hab. prope Neapolim et ad oram Mediterraneam Galliae, ubi a Bornet et Flahault collecta est. VI. Ceramiaceae. 7. Rhodochorton (Callithamnion) membranaceum (Magn.) Hauck. (Litt. No. 44, 110). Magnus (1) et Hauck (2) hanc algam epiphytam in Va- lonia macrophysa, in zoophytis etc. maris Adriatici et borealis crescentem observarunt, Stroemfeld autem eandem in membranis chitinaceis Hydrozoarum qua- (1) Die botan. Ergebnisse der Nordseefahrt v. 21. Juli — 9. Sept. 1872. Berlin, 1874. i (2) Beitraege zur Kenntniss der adriatischen Algen. (Oesterr. botan. Zeitschr. 1879). — 1560 — rundam (ad ex. Tabulariae, Diphasiae) endophytam in- venit prope Bohuslin ad oram maris horealis. Haud dubium est, quin ad eandem speciem pertineat alga a F. E. Schulze (Litt. No. 44) descripta, quae in cor- poribus Spongeliae pallescentis, Sp. spiniferae, Aphy- sillae sulfureae obvenit et fibras corneas obducens et inter earum lamellas repens, in mari Adriatico (1). 8. Callithamnion spec. Reinsch. (Litt. No. 41, 49, 188). Forma @) sterilis in Spongiis, forma 2) tetrasporangiis praedita, in Hydrozois et Bryozois, utraque ad oras Germaniae atlanticas. W7g4/ eandem Florideam endo- phytam in Plocamio coccineo (maris?) a se observatam esse existimat. Reinsch hanc algam generi Callithamnio attribuit, mea autem sententia potius generi Antithamnio adscribenda est, cum tetrasporangia cruciatim non tetraetrice di- visa sint (conf. Hauck, Meeresalgen Deutschlands ete., p. 71), nisi tantummodo forma Rhodochorti membra- nacei est, quod verisimillimum mihi videtur. H. Giard (Litt. No. 188) hujus algae varietatem novam in Sertiolaria abietina et Hydrallmania falcata prope Wi- mereux (ad oram borealem Galliae) observavit, cui nomen est Callilhamnion entozoicun Reinsch in herb. var. Giardi Reinsch. 9. Callithamnion (?) spec. Kny (Litt. No. 16). Hab. inter cellulas Polyidis rotundi ad insulam Helgoland. A prioribus diversum videtur esse. 10. Syringocolre macroblepharis Reinsch, (Litt. No. 21). Hab. in Rhodophyceis parenchymate densiore instructis maris ? « Physeuma ex partibus binis formatum, una pars in parenchymate plantae infectae se expandens, altera pars (1) Eadem alga a Ziederkihmn (Litt. No. 7. p. 366) in fibris Spongiae cu)usdam maris Adriatici observata videtur esse, — 157 — supra plantam infectam assurgens, corpus irregulariter limitatum, breviter pedicellatum formans ». 11. Episporinin Centroceralis Mòbius (Litt. No, 96). Hab. in membrana exteriore tetrasporangiorum Centroce- ratis clavulati Ag. Australiae occidentalis. Tetrasporan- gia Centroceratis, Episporio infecta, tetrasporas non evolvunt, sed ad abnormem magnitudinem, normalem quater vel quinquies superantem excrescunt. VII. Incertae sedis. 12. Entocolax Reinsch. (Litt. No. 21). « Physeuma totum entophyticum in cavis parasitae ratione monstrose fransmutatarum excrescentiarum physeumatis Rhodophycearum se expandens, ex cellulis minimis centraliter dispositis formatum ; fructificatio ? E. Naegelianus Reinsch. unica species hab. ? 15. Alga quaedam Rhodophycearum familiae attribuenda com- memoratur (Litt. No. 41), quam Zezrsc) in Porphyra vulgari (in « Massachussets Bay » collecta) observavit, neque vero ejus natura ex descriptione (l. c. p. 39-36) neque e figuris (Tab. I, fig. 25-50) perspici potest; verisimilius est cellulas Porphyrae ipsius miro modo et causa ignota transmutatas esse. Quamquam complures Porphyrae vulgaris specimina perscrutatus sum, in nullo hujusmodi quidquam inveni. At in P. Kunthiana Kitz. var. maxima, in freto Magellanico collecta (Herbarii Bauschiani, Heidelbergae) inter cellulas thalli non mu- tatas fila ramosa Rhodophyceae cujusdam observavi: cellulae ramorum principalium doliiformes (ca 0,060 mm. longae, ca 0,015 mm. crassae), contentu pallido-roseo, cellulae ramorum ultimorum tenuissimae (vix 0,02 mm. crassae) non coloratae erant. Cum uno tantum loco hane miram algam endophytam observare potuerim, plura dicere non licet. 14, Nonnellas Rhodophyceas, quae in spongiis inventae sunt, consulto omisi ; nam cum illae haud proprie endophytae d ia habendae sunt, tum opera, in quibus tractantur, in- spicere non potui. Commemorantur a cl. auctoribus M. et C. Weber van Bosse (Litt. No, 141), qui illas algas parasitice in spongiis vivere existimant: Thammnoclo-. nium flabelliforme in Reniera fibulata (Litt. No. 39), Rhodophycearum species incerta in Dactylochalina au- strali (v. Lendenfeld) (1), Thamnoclonium spongioides et Rrodymenia palmetta in spongia quadam (Litt. No. 86), Polysiphonia spec., a Lieberkuhn (Litt. No. 7, pag. 518) commemorata, non in Halichondriam aspe- ram penetrat sed tantummodo plane vel partiatim sub- stantia spongiae obducitur, forma algae non mutata. Postscriptum. Melobesia Thureti Born. (Thuret G. et Bornet- E. Etudes phycolo- giques. Paris 1878. p. 96. pl. 50. conf. etiam Litt. No. 89). Thallus ve- getativus e filo articulato in hospitis contextu expanso constitutus est, conceptacula extra hospitem formantur. Hab. in Corallina rubente L. et C. virgata Zanard. maris Adriatici, (Continuabitur) (1) Proc. Linn. Soc. N. S! Wales. X. 1885, p. 726. o” Stazioni, istituti, laboratori marini e lacustri NANNINI NOTIZIE DIVERSE Aquarium des Sables d’ Olonne (Vandée) — Nel supplemento al N. 1 della nostra rivista abbiamo accennato a questo Aquarium sorto per iniziativa del sig. Amédée Odin ed a tutte sue spese. Abbiamo brevemente ricordato che a quest’ istituzione si collegano : una società locale per la diffu- sione della scienza, una biblioteca, un laboratorio etc. Ora, sempre per iniziativa del signor Odin si pubblica una Revue des Sciences Naturelles de l Ouest che uscirà ogni tre mesi e che si propone di mettere in relazione tutti coloro che nell’ Ovest della Francia s’ occupano di Scienze Naturali. Naturalmente la nuova rivista viene pur ad essere l’ or- gano delle varie istituzioni che abbiamo più sopra ricordate e, come mostra in questo primo numero, s' occuperà anche in special modo degli studi marini puri ed applicati. Diamo qui sotto il sommario del primo numero di questa nuova rivista al cui iniziatore porgiamo i nostri migliori auguri. Sommaire — N. I. Janvier 1891 Pisciculture : de la culture des saumons, en Bretagne por Jousset de e) ©) Bellesme — Travaux relatifs à l Quest récemment pubbliés — Sociétés Savantes, Sociétés scientifiques de l Quest — Revue des journaua — Hi- stotre des sciences: Une lettre de Brogniart à d’ Orbigny par A. Odin; — Le Caillou de Rennes par Orain. — Sciences Naturelles appliquées : PILA, Mycologie forestière de l’ Quest par d’Arbois de Jubaimille: Parasites du Pomier par Leigour etc. — Appareils et istruments nouveaux, Le mode — 160 — d' obturation des bocaux destinés aux collections — Varzétés: Le sau- mon de Norwege par Kunstler — Ftat de 1° Ostréiculture en Bretagne en Vandée — Nouvelles scientifigques: Pubblications nouvelles, labora- toires, nominations — Necrologie. Station de Zoologie Marine d’ Endoume (près Mar- seille) L’ illustre prof. Marion fondatore e direttore del- l’ importante stazione d’ Endoume ci ha favorito l’ elenco dei lavori compiuti a mezzo della stazione stessa. L' indirizzo della stazione è assai pratico e tutti coloro che intendono occu- parsi di zoologia marina applicata e specialmente delle pesche nel Mediterraneo faranno bene a visitare la stazione d’ En- doume o almeno a prendere esatta notizia dei lavori per suo mezzo compiuti e specialmente di quelli del direttore Marion, del Gourrel, Arnoux etc. L'elenco completo dei lavori verrà pubblicato quando la Neptunia potrà dare la descrizione e storia della Stazione. Station Aquicole de Boulogne-sur-Mer — Il nostro collaboratore Souvage, direttore della stazione aquicola ci ha favorito le sue osservazioni sul epoca della frega e sul nu- trimento di alcuni pesci di Mare. A suo luogo daremo relazione di questi lavori. Dobbiamo alla gentilezza del chiaro collaboratore la fo- tografia della « Station aquicole » e dell’ annesso « Labora- toire departemental de chimique agricole et industrielle » nonchè l’ elenco dei lavori fatti. Anche per la pubblicazione di quest’'elenco ripetiamo quello che si disse pei lavori della sta- zione d' Endoume. Station zoologique de la Pointe-de-Grave — Nous venons d’ étre informé que M. Alph. Biosson de Bègles (Gironde), établit à ses frais une station zoologique à la Pointe-de-Grave, d'un genre nouveau en France, mais qui lui a été inspiré par un article de M. A. Dolfus sur une station similaire créée en Hollande par la Société néerlandaise de zoologie, paru il y a quelques années dans la Zewzlle des Jeunes vaturalistes. — 161 — Dans le but de faciliter et de propager en méme temps l'étude et le gout de l’entomologie et de l’ornithologie, M. Boisson, avec le concours de plusieurs de ses collègues, a l’in- tention d’organiser a partir du printemps prochain des excur- sions sur les bords de l’Ocèan et de la Gironde ; les natura- listes trouveront a la station des Lépidoptères rares pro- venant des élevages, des chasses a la miellée, à la lumière électrique, etc., et les ornithologistes des oiseaux capturés avec divers filets ou engins perfectionnés qui constituent déjà un materiel très important. Avec un tel pregramme, on voit que la construction & grands frais d’un établissement zoologique, avec aquarium, bibliothèque, collections, etc., ne devient plus indispensable et l’installation étant ambulante, une fois une contrée explorée, il suffit de démonter le laboratoire, de faire transporter le ma- tériel volant et de le dresser ailleurs. Le produit des chasses, à la fin de la saison d'été, sera divisé en deux parties: l’une distribuée aux correspondants et l’ autre destinée aux musées scolaires et à ceux des villes qui en feront la demande. (Revue des Sciences Naturelles de l’ Quest) Station Maritime de Physiologie è Tamaris (près Toulon) — Questa stazione fu fondata dal dott. Raphaél Du- bois (prof. di fisiologia nella Macu/lé des Sciences di Lyon) in grazia delle generose donazioni di Mzehel Pacha. La stazione stessa viene ad essere una parte speciale del laboratorio di fisiologia diretto dal chiar. professore, il quale ha pensato bene di raccogliere in una apposita pubblicazione tuttii lavori fatti da lui stesso e dai suoi allievi alla Station Maritime o al Laboratoire di Lyon. La collezione di questi lavori si pubbli- cherà col titolo: Travaua du Laboratoire de Plyysiologie générale de la Faculté des Sciences de Lyon. Riparleremo di questa pubblicazione dando la descrizione e la storia della Stazione di Tamaris. NOTE DI TECNICA DAINO KHIKTX -T- L'uso d'Acqua marina artificiale per conservazione de- gli animali e specialmente delle ostriche nei grandi acquari. L'uso d'Acqua marina artificiale per gli acquari non è una novità; ne fu fatta menzione già da parecchi autori e fu usata con successo nei laboratori posti lontano dal mare e che non potevano sostenere il grave dispendio del trasporto del- l’acqua marina. Il naturalista inglese M. H. Gasse ha questa ricetta per l’acqua artificiale marina: Sal comune (Cloruro di Sodio) 100.00 Sal d’ Epsom (Solfato di Magnesio) 8.80 Cloruro di Magnesio 14.50 Cloruro di Potassio 3.00 in quattro litri d’acqua di fonte filtrata previamente con cura e nella quale si lasciano per tre o quattro giorni questi sali, per poi filtrare. Si opera la mescolanza in un recipiente qual- siasi ma non nell’ acquario, poichè i sali del commercio non essendo puri lasciano un residuo che vien tolto mediante la filtrazione. La densità di quest’ acqua filtrata dev’ essere di . 1027 (1) poichè il peso d’un litro d’acqua salsa è precisa- mente di kg. 1,027. (1) Ricordiamo che 1000 parti d’ acqua marina contengono gene- ralmente : Acqua distillata. 0.0 rete 0a Clorgro.ni. Sodio gittata 0a — 163 — La novità tecnica suscettibile d'una vasta e importante applicazione pratica sta invece nell’ applicazione in grande del principio gia esperimentato in piccolo negli acquari. Nell’ Esposizione Universale di Parigi del 1878 per il tra- sporto di acqua marina dalla costa più vicina alla Capitale si spesero circa 40.000 franchi, perciò per l’ esposizione dell’ 89 il direttore generale aveva stabilito che non si dovessero ac- cettare animali che necessitassero un così costoso mezzo di conservazione. Era quanto dire che si sopprimeva l’interes- sante esposizione d’ ostreicultura. Il prof. E. Perrier che faceva parte del Comitato d’am- missione propose allora l’uso d’acqua marina artificiale, e si pose tosto all'opera nel suo laboratorio zoologico della Scuola Normale superiore di Saint-Cloud tentando delle esperienze preliminari sulle Ostriche, Littorine, Actinie ecc. Queste espe- rienze riescirono perfettamente e perciò pochi mesi dopo, nel recinto dell'Esposizione furono stabilite sei grandi vasche delle quali quattro avevano ognuna 10 metri di lunghezza, 1.50 m. di larghezza, 0.40 di profondità, le altre due erano circa una metà delle predette. Cloturos dita pmesio: = = nen 3.00 Solfato:dil Magnesior®. 1. en. Lex 2.20 Gloruro*di: potassio: sr. Circa 0.70 GCarbonato: di Calco. ea 0.05 SoltatordmCalco eee a ria 1.25 1000.00 Ma nella pratica questa formula viene semplificata e ridotta a quella suesposta del signor Gosse, poichè p. e. il Carbonato di Calcio nel- l'acquario viene a sufficienza dalle conchiglie colle quali si fornisce il fondo, che danno pure il solfato di calcio e cloruro di potassio. Le piante poi che si pongono nell'acquario arrichiscono a poco a poco l’acqua di esso di altre sostanze che si trovano pure nell’ acqua marina in quan- tità assolutamente minima come Joduri ete. Perciò dice il signor Julis Pizzetta (L’ Aquarium d’eau douce et d'eau de mer, 1872, Paris) d mesure que l'eau viellit dans l'aquarium, comme le vieux vin, elle gagne du qualité etc, — 164 — L'acqua marina artificiale aveva la seguente composizione: per 5 me. di acqua della Vanne s' impiegarono 100 kg. di me- scolanza secca, così formata : CIOFUFOSGI SOR LT OT Clorimosdi Magnesio 0%, 3 ni dano Cloruro-:di' Potassiosstoo te ne Solfato "di. Magnesio, eu Sollato:diCale8t at a): Aaa 100 » Per sei ore, ogni giorno l’acqua veniva aereata con getti d’aria disposti di metro in metro ottenuti coll’aiuto di un ven- tilatore d’ Anthonay fatto agire a mezzo d'un motore ad aria calda del Bénier, forza di 4 cavalli. Durante la notte della nuova acqua veniva versata da due serbatoi nei bacini riem- piendoli sino ad un'altezza ben determinata da fori di limita- zione pei quali veniva ad uscire l’ acqua in ecesso che veniva raccolta da due vasche inferiori capaci di circa 800 litri cia- scuna, l’acqua da queste essendo pompata ogni mattina si ri- conduceva ai serbatoi; mantenendosi così un movimento ed aerazione continua. Le ostriche di qualsiasi stabilimento fossero s° adattarono assai bene a questo ambiente artificiale; la durata media della loro vita era di circa cinque settimane; l’acqua di mare non avrebbe — in bacini chiusi — dato un risultato migliore. L'importante poi a notarsi è che la spesa per fabbricare l’acqua marina artificiale per tutta la durata dell’ Esposizione fu inferiore a L. 1200. Si ricava da quest'esperienza in grande, un utile insegna- mento essa ci mostra la facilità con cui si potrebbero conser- vare per alcune settimane nei grandi mercati lungi dal mare alcuni banchi di ostriche sempre pronti alle richieste e bisogni della piazza. Notizie, appunti e recensioni critiche Le attuali questioni sul Plankton Un interessante dibattito appassiona ora gli scienziati, e specialmente i biologi tedeschi, e l’ eco — cioè la stampa scientifica — lo ripercuote anche all’estero fra gli studiosi della natura. La Plankton-expedition der Humbolastiftigung, fatta dalla Scuola di Kiel coll’aiuto dell’accademia di Berlino diede un così copioso materiale che lo studio di questo è tutt’ altro che compiuto. Tuttavia sino d’adesso le prime conclusioni della scuola di Kiel sono combattute fortemente da uno dei più illustri, se non il più, scienziati viventi, dall’ Haeckel. Questi, agli studi dell'’Yensen del Brandt ete. e alle loro conclusioni s° oppone con un grosso fascicolo di Plarnkton-Stu- dien. Alle critiche dell’ Haeckel ribatte, per la scuola di Kiel, uno dei componenti la spedizione, il Brandt ed il dibattito non è finito. I punti nei quali specialmente diverge l’ Haeckel dagli scienziati di Kiel sono: a) Composizione e distribuzione del Plankton ; e quali per Hensen Brandt ete. sarebbero assai uniformi, mentre se- condo l’ Haeckel sono assai variabili. b) Nuovo metodo di Hensen per l enumerazione degli individui componenti il Planklon: metodo fortemente .cri- ticato dall’ Haeckel che reputa affatto inesatta e quindi illu- soria questa statistica oceanica. Sc stantibus rebus, la Neptunia darà nei prossimi numeri un ampio resoconto del lavoro dell’illustre Haeckel ed uno del Brandt e pubblicherà uno studio ora giuntoci dal nostro colta- boratore Schitt che tratta pure questa interessante questione. Del resto, com'è ben naturale, la Neptunia non prende partito alcuno fra le due scuole ma sarà ben lieta di contri- buire alla trattazione di questo problema del Plankton, pro- blema che è del più alto interesse non solo dal lato scientifico ma anche per la pratica. Però speriamo che anco gli scienziati italiani prende- ranno parte al dibattito recando nuovo contributo di studi e ricerche. (D. L. M.) RECENSIONI IP Seligo. — Die Gewdsser bei Danzig und ihre Fauna, (Mitteil. uber Fischerei in Westpreussen, I.16.° 24 pag.) Graziosa esposizione di quadri di natura riflettenti Dan- zica ed ì suoi dintorni, sopratutto al percorso delle acque che irrigano quelle terre e del seno che il mare vi forma. Scopo principale di tale esposizione è quello di indicare le conlizioni del luogo relative alla vita dei pesci ed alla pesca: Tre sono i punti principali che vengono pertrattati: la Vistola quale fiume principale del luogo, e precisamente nel suo corso navigabile; le acque morte di questo fiume con le corrispondenti formazioni di laghetti e stagni, e per ultimo, il mare di Danzica. Le interessantissime comunicazioni offrono poco adito ad un riassunto, essendo fatte riassuntivamente per un lavoro che sarà pubblicato su mole più vasta. Mi li- mito quindi ad accennare che la navigazione sulla Vistola, nonchè diversi lavori idraulici costruitivi, hanno impedito che piante superiori possano abbarbicarsi sul letto del fiume, e venendo a mancare, con le piante l'alimento per i pesci, anche il numero di questi è generalmente esiguo e di poca impor- tanza. Vi si trovano costanti il Gammarus fluviatilis, la Val- vata piscinalis con la Neritina fluviatilis e l' Unio pictorum, e di pesci, fra altri di minor importanza, il luccio, il barbone, il nasello, la carpa, il siluro. Importante è però, nullameno, il numero di quelli che risalgono periodicamente il fiume; il nu- mero è individualmente grande, mentre di specie se ne contano poche, e fra queste sono: il salmone, lo storione, 1)’ anguilla ed il petromizonte quelle che danno il miglior contingente alla pesca attiva che ivi si pratica. — 1607 — Diverso è il caso per le acque morte. In queste e nei la- ghetti vicini (come p. es. nel lago di Heududer) allignano e prosperano piante acquatiche che danno nutrimento e riparo a molti crostacei, ad infinite larve di insetti (fra questi è co- munissimo il Chironomus plumosus) al Tubifex rivulorum, un vermiciattolo rosso ed abbastanza lungo, a parecchi molluschi e ad una serie di pesci di scarsa importanza. In questi laghetti vengono però allevate in copia le carpe, per servire — ben pasciute — a’ pasti scelti per il Natale. Non tutti i laghi si trovano però nelle condizioni eguali, ma generalmente non ha importanza la vita dei pesci neppure in quelli. Il seno di Dan- zica offre condizioni diverse a seconda della natura del fondo. La sabbia si prolunga fino a 40 m. nel mare, e solo presso a Putzig rimane a 20 m. di profondità ; sotto la sabbia si ha terreno argilloso e melma, dentro alla quale vivono solo pochi vermi e qualche mollusco. Nella sabbia vivono il Mytilus edulis ed il Cardium edule, ma la vegetazione marina, fra la quale albergano pesci, si trova solo all’ Zmwsek e sulle scogliere. Quivi st trovano anche numerose larve di friganea, la Succinea putris, la Neritina fluviatilis, e tra’ pesci: il Cattus Gobio, il Siphonostomum typhle, il Nerophis ophidion, il Zoarces vivipa- rus e diversi altri ancora, fra’ quali compaiono periodicamente: lo scombro, le anguille, le sogliole e passere, il luccio, la carpa, ecc. La Fauna inferiore di questo seno di mare è già stata studiata dallo Zaddac/k; le attive indagini della commis- sione nominata dal ministero apporteranno maggior luce an- che sulle condizioni del Plankton in quelle acque. SOLLA. H. Brandt. — Neue Radiolarienstudien (st. d. Milleilung. des Vereins Schlesw.-Holslein. Aerzte, fasc. 12, Kiel, 1890, 4 pag. ed 1 tav.). L'Autore, occupandosi dello studio di Thalassicolla nu- cleata e di una nuova specie dello stesso genere, della quale — 168 — non fa però il nome, arriva a dimostrare esatte le indicazioni di Hertwig (1) e di estenderle anche notevolmente, in quanto che egli ci fornisce il quadro esatto della formazione di iso- spore e di anisospore di questi due radiolari. I particolari nel modo di formazione sono ampiamente descritti ed illustrati (relativamente alla 7%. nucleata soltanto) sulla tavola ar- nessa alla breve memoria. Riassumendo tali fatti avremo: La riduzione del solo e grande nucleo, così differenziato com’ è, in tanti piccoli, più semplici e dotati di movimento zoosporico, non ha luogo per bipartizioni ripetute, com'era opinione finora diffusa, ma avviene diversamente. Nel caso di produzioni iso- sporiche si ha una diffusione del nucleo simultaneamente in numerosi piccoli nuclei, nei quali il nucleo materno si dissolve completamente; nella produzione di anisospore ha luogo invece una forma di gemmazione del nucleo materno, il quale rimane conservato fino alla produzione dei nuclei zoosporici. Ne’ particolari si osserva che il succo nucleare viene vuotato ed impegnato alla formazione de’ nuovi gruppi nu- cleari prima che i corpi nucleari abbandonino il nucleo ma - terno ciò che avviene appena dopo l'emissione totale — o pressochè — del succo nucleare. Studiando il comportarsi di nuclei colorati, in epoche diverse del loro sviluppo, l’autore avverti che la sostanza profferta da’ nucleoli per formare i nuclei di una delle forme zoosporiche — probabilmente della macrospora + è differente da quella proveniente dal succo nucleare che formerà le microspore, il numero delle quali è di molto maggiore. Questo fatto serve a spiegare la grande differenza che viene data da’ nuclei delle grandi e delle piccole anisospore. SOLLA, (1) Zur Histologie der Radiolarien, Leipzig 1876. GEOGRAPHIE ALGOLOGIOUE I. LES ALGUES DE LA MER Foslie M. — Contribution to Knowledge of the Marine Algae of Nor- way — I. Fast. Finmarken — (With 3 plates) — Zrompso, 1890. Giard A. — Le laboratoire de Wimereux en 1889 — Bull. Sczentif. de la France — T. XXII, 1890. Batters L. A. — A list of the Marine Algae of Berwick-on-Tweed — Berwickshine Naturalist Transactions, 1889 (edita 1890). Bornet Ed. — Note sur deux algues de la Méditerranée. Fauchea et zosterocarzus — Bulletin de la Soc. botanique de France — Séance 28 mars 1890. Arcangeli G. — La Laminaria digitata L. nel Mediterraneo — Atti della Società di Scienze Naturali — Adunanza 16 novembre 1890. La flore algologique marine de la Norvége, est encore peu connue, M. Fostie a entrepris l exploration de la portion est de la région « Finmark. Ces contributions forment» un ap- port considérable à la connaissance de la distribution des al- gues. Un total de 214 espèces comprenant un grand nombre de variétés et de formes se trouvent réparties dans ce travail, qui renferme également la description de quelques espèces nouvelles. Des notes intéressantes accompagnent la plupart des espèces. Beaucoup de renseignements sur l’époque des diffé - rents modes de fructification et sur la dispersion géographique des espèces norvégiennes se trouvent réunis dans ce fascicule. En écrivant son travail en anglais l’auteur en a permis une lecture facile è tous ceux qui s’occupent de l’étude des algues, — 170 — Trois planches représentant la plupart des nouveautés terminent le travail. Dans un fascicule intitulé « Le laboratoire de Wimereux en 1889 », M. Grarp donne le résultat des recherches faites pendant le courant de cette année par M. Debray sur la flore algologique des còtes du Nord de la France. Plusieurs espèces n'avaient pas encore été récoltées, aussi ne les trouve t-on pas indiquées dans le Catalogue des Algues Marines du Nord de la France, de M. Debray. Le travail de M. I. BaTTERS sur la flore algologique de Berwick sur la Twced est plus important; il nous présente une belle contribution à l’ étude de la dispersion géographique des algues marines. En effet sur les 271 espèces que relate le mémoire 78 n'avaient pas été signalées dans la PRycologia Britannica, et parmi celles ci plusieurs espèces sont très intéressantes. Cet ouvrage est à consulter. Il est assez regrettable que l’auteur n’ait pas donné a la suite de chaque espéce une pe- tite diagnose. De courtes descriptions auraient heureusement compleété le travail et l’auraient rendu encore plus utile. Certaines espèces intéressantes sont accompagnées de notes relatives a leur morphologie, à leur dispersion et à leur récolte. L’auteur a fait suivre la liste d’ une clef pour la détermi- nation générique. C'est la certainement une des bonnes parties du mémoire, car l’auteur s'est basé autant que possible sur les caractères extérieurs des algues, pour en déterminer le genre. Les planches qui accompagnent cette florule représentent les nouveautés, créées par l’auteur, dont quelques unes ont . déja été publiées dans le Journal de la Societé Linnéenne. Il serait à désirer que M. Batters, nous présente un tra- vail plus complet, qui serait du plus grand interèt, non seule- ment pour les algologues anglais, mais pour tous ceux qui s'intéressent a la connaissance de la dispersion des algues marines, E... D. Ma — I71. La flora algologica del bacino Mediterraneo potrebbe cre- dersi, dopo i molti lavori dell’Ardissone, Piccone, Bornet, Ro- dryguez etc. ormai conosciuta, se ogni qual tratto qualche nuovo lavoro non venisse a provarci che esistono ancora in questo mare forme nuove per esso od anche nuove del tutto per la scienza botanica. Una di queste ultime forme è la Faw- chea microspora n. sp. stabilita dal BoRNET su esemplari freschi dategli dal Rodriguez, e su materiale secco degli er- bari Thuret, quelli e questi raccolti sino ad ora soltanto nel Mediterraneo. Questa specie era stata confusa colla £°. repens. Il nostro collaboratore E. De W. tratta altrove della differenza fra le due /auchea ; quello che interessa qui notare per la distribu- zione geografica è che la /. microsfora n. sp. sembra — se- condo il Bornet — presenta due forme distinte, una che è la tipica, e sino ad ora trovata nelle seguenti località : Cadix (Bedeax, herb. Bory), 7anger (Schousboe); Alger (Monnard, herb. Bory); — e una seconda forma, che in certo qual modo è una esagerazione del Tipo specifico per la lun- ghezza delle appendici filiformi forma trovata soltanto a _Mz- norca alla quale isola sembra propria ed ove fu raccolta dal Rodriguez fra i 20 e 20 metri di profondità. Il Bornet poi enumera le seguenti località per la 7. repens. Province de Galice (Fauché, herb. Bores!), Cadia Mou- nard (herb. Bores!); Tanger (Schousbae!); Minorque (Ro- driguez !); Marseille (Giraudes !); Venise (Naccari). A queste località si può aggiungere Sorrento (Algarium Zanardini N. 447!) Il prof. ArcaNnGELI alle tre specie di Lamznaria elen- cate dall’ Ardissone come mediterranee (1) ed alla quarta aggiunta di poi dal Bornet (2) viene ora ad aggiungere una (1) Phycologia Mediterranea + Varese, 1886, II, p. 140. (2) Note sur une nouvelle espèce de Laminaria ete., Bull. de la Soc, . Bot. de France, Paris, 1888, XXXV, n. 361, — 172 — quinta, la Lammaria digitata che non era mai stata per lo innanzi segnalata nelle acque del Mediterraneo. Secondo l’ A- gardh l’ area della suddetta Lamznaria si estenderebbe nel- l'Atlantico Settentrionate dallo Spitzberg e dalla Groenlandia fino a Terranova e Cadice, e nell’ Oceano Glaciale fino al Kamtschatka. Il signor Carlo Scotti ufficiale della Regia Marina fu così fortunato da poter impadronirsi di due Laminarie che vennero a gala nella manovra fatta per salpare l'ancora del Dandolo. La ben nota corazzata italiana sì trovava presso l’entrata Nord dello stretto di Messina ove essa avea preso ancoraggio per le grandi manovre marine del 1887. La profondità di cui presumibilmente furono strappati i due esemplari fu notata dal signor Scotti in m. 60, ela data della cattura il 20 luglio 1889, Dei due esemplari uno misurava m. 5.50 di lunghezza e fu dall'ufficiale regalato al dottor F. Castelli di Livorno il quale poi a sua volta generosamente donò l’alga all’ Istituto botanico di Pisa, l’altro esemplare era di dimensioni ancora maggiori ma fu gettato via appena raccolto per il cattivo stato in cui era ridotto. Il prof. Arcangeli nel presentare questa bella Laminaria alla Società Toscana di Sc. Not. e nell’ esporre quanto sopra disse pure (in seguito ad interrogazione mossagli dal socio Bosniaski) che secondo ogni probabilità, i due esemplari rac- colti a Messina visto il loro stato di conservazione, la presenza del fulero ecc. vegetavano la dove furono raccolti. Ad ogni modo anche s’ essi furono strappati da qualche altro fondo marino, ci sembra esclusa la possibilità che sieno stati intro- dotti da qualche corrente extra-mediterranea, e speriamo che nuove ricerche nei dintorni dello stretto messinese faranno ancora rinvenire |] interessante Laminaria. DL — 1789 — II. LES ALGUES DES EAUX DOUCES Roy J). — Fresh-Water algae of Enbridge Lake and Vicinity (Hampshire) Journal of Botany for Nov. 1890. Roy J. — The desmids of the Alford District — The Scottish Naturalist, vol. X, 1890. Borghesen. — Simbolae ad floram Brasiliae centralis cognoscendam — Cum tab. 4 — Suertryk af Vidensh. Meddel. fra den naturh. Fo- rening, 1890. Hansgirg. — Physiologische und algologische mittheilungen — M. 1 taf. — Sitzungsbericht. der Kònigl. bohm. Gesellschaft der Wissenscha- ften — 1890. Andersson 0. Fr. — Bidrag till Kannedomen om Sveriges Chlorophyllo- phyceer. Bihang tl! Svenska Vet-Akad. Handlingar. Band 16 Afd III, n. ò, 1890. Istvanffi dott. J. — Algae nonnullae a beata E. Frivaldszky in Rumelia Lectae — Museo Nationale Budopestinensi vulgata. Vol. XIII, parte 2-3, 1890. M. Roy continue les observations, qu'il a commencées sur la dispersion des algues en Angleterre, dans ces deux notices il signale un certain nombre d’espèces qui n’ont pas encore été signalées dans le pays et quelques espéces nouvelles. Celles- ci appartiennent surtout au groupe des Desmi- diées. Dans la première note, nous notons Closterium Pseu- dodianae, Cosmarium Gradatum, C. Slewdrumense, dans le second Doczdium Farquharsonii, Cosmarium Turneri et une variété nouvelle du Closlerium striolatum sons le nom de porthonotum. M. F. BorgEsEN s° est également, occupé de I’ étude des Desmidiées et dans les « Symbolge ad flovam Brasiliane cen- tralis cognoscendam », a publié un fascicule qui comprend les représentants de 19 genres. — 174 — Ce sont: Hyalotheca, Desmidium, Phymatodocis, Sphae- rozosma, Onychonema, Gymnozyga, Gonalyzogon, Penium, Triploceras, Tetmemorus, Closterium, Micrasterias, Eua- strum, Cosmarium, Arthrodesmus, Xanthidium, Stauras- trum. Ces 19 genres comprennent un total de 122 espèces parmi lesquelles plusieurs sont nouvelles pour la science. Quatres planches représentent les formes nouvelles, plu- sieurs dessins sont intercalés dans le texte. M. A. Hansarra dans un nouveau fascicule, qui fait en partie suite à ses « Physiologische und algologische Studien», reprend différentes questions qui ont rapport à la physiologie des organismes inférieurs. Nous y trouvons des données rela- tives au mouvement des Oscillaires et des discussions sur les vues émises par les auteurs qui se sont occupés de la question. Question encore fortement controversée et qui donnera cer- tainement lieu à de nombreux travaux. La seconde partie de ce travail traite plus exclusivement de la systématique. Dans le paragraphe II, l’auteur étudie le genre Pleurocapsa, dans lequel il fait rentrer le genre Cyano- derma Weber von Bosse. De sorte que son genre Pleurocapsa est formé de deux sections: Myxoderma Hansgirg et Cyano- derma Weber von Bosse. Ce genre contient un total de 7 espèces. Le genre Oncobyrsa Ag. donne lieu à quelques obser- vations. La suîte du travail est importante au point de vue des= criptif et géographique. Nous y trouvons plusieurs espèces et variétés nouvelles pour la science, aiusì qu’un catalogue des algues des eaux douces de la còte autrichienne. M. AnpERSSsON, a publié dans le bulletin de l’ Académie de Stockholm, ses contributions A la flore algologique Sué- doise: dans ce premier travail, nous ne trouvons signalées que les Chlorophycées de Roslagen. Les Desmidiées dominent. Travail intéressant au point de vue géographique, mais qui renferme en outre la description de quelques espèces et varié- RE n I — 175 — tés nouvelles, dont l’auteur nous donne les figures dans la planche qui accompagne ce fascicule. i Parmi les espèce nouvelles nous trouvons: Slaurastrum aciculiferum (West.) Andersson, Cosmarium nodosum, C. bigranulaltum. M. ISTVANFFI continuant ses études algologiques sur les algues de l’ Orient européen, nons donne dans un court opus- cule, une liste de 50 espèces d’algues récoltées par M. Fri- valdsky dans la Roumélie. Parmi ces cinquante espèces, 42 se rapportent aux Diatomées, trois aux Desmidiacées, cinq aux Chlorophycées et parmi celles-ci une espèce de Coleochacete qui vu son stade n’a pu étre déterminée. E. D. W. La Notarisia è commencer de l’ année 1891 s° est amplifiée en se trasformant en un journal mensuel qui à ? é{ude générale des Algues unit celle de la mer et de ses organismes. Pourtant on continuera è donner la partie algologique en livraisons séparées, sous le titre: «LA NOTARISIA » Commentario ficologico generale Parte speciale della Rivista Neptunia T énumération des pages, pour plus de commodité dans les citations, sera continuée comme auparavant progressivent. «La Notarista» sortira tous les deux mois; on aura le méme for- mat qu’auparavant, et nous aurons aussi nos fidèles collaborateurs qui sont méme augmentés de nombre par des précieuses adhésions. With the new year 1891 Notarisia has grown larger, trasnformine itself in a new monthly journal which fo the general of study sea-meeds Joins that of the sea and its organisms. Nevertheless for those who may not care to subscribe to the whole review. Algay part will be still given out in separate numbers under the title of: L « LA NOTARESIA » “ommentario ficologico generale parte specialo della Rivista Neptunia The numbering of the pages will be continued progressively as be- fore. « The Notarisia » will come ont every other-month ; ils form will remain the same, and our faithful fellow-workers remain and are even increased by valued adhesions. pi SYSTEMATIOUE ALGOLOGIQUE Lagerheim G. — Bertholdia wov. nom. und Dictyocystis mov. gen. La Nuova Notarisia, 26 ottobre 1890. Lagerheim G.-—- Gloeochaete Lager) und Schrammia Dangeard — Loc. cit. Gomont M. — Essai de Classification des Nostocacées Homocystées — Journal de Botanique, 16 octobre 1890. Hy F. — Sur quelques characées récoltées à la session de la Rochelle — Soc. Bot. de Franc. — Bull. 1890. Hy F. — Sur les caractères généranx de la famille des characées — Soc. Franc. de Botanique, 1890. M. v. LAGERHEIM, a publié dans « La Nuova Notarisia » deux notes, qui sont en partie la reproduction d’ observations de l’auteur, parues dans le Botanische Centralblatt et dans les Anales de la Universidad du Ecuador. La première de ces notes a rapport a un changement de nom, Chaetopellis Berth. devient Bertholdia Lagerh., et à la création d’un nouveau genre Dic/yoscystis pour le Dictyosphae- rium Hitchcockit Wolle. La deuxième note étudie le G/oeochaete Lagerheim, par rapport au genre Sehrammia Dangeard; la conclusion quì s'en dégage, est de réunir ces deux genres en un seul compre- nant une seule espèce: G/oeochaete Wittrockiana Lagerheim. Cette dénomination étant antérieure au nom que lui a assigué M. Dangeard. M. GomonT, a entrepris depuis longtemp l’ étude des Nos- locacées homocystées. Ce travail fait naturellement suite à la belle étude de M. M. Bornet et Flahault, sur les Nostocacées hélérocystées. Tous ceux qui ont essayé de déterminer les espèces de ce groupe savent les difricaltés innombrables que l'on rencontrait — 177 — à chaque instant; aussi le travail que M. Gomont compte pu- blier bientòt sera-t il dun grand secours dans les déterminations. Ces algues sont classées, par l’auteur dans deux tribus ; Vaginarices et Lyngbyées. Les genres sont classes de la facon suivante : Trib. Vaginariées Genre — Schizothrix Kutz. Sous-genre — Inactis Kùtz. id. Hypheothrix Kiitz. id. Symphyosiphon Kitz. id. Chromosphon Gomont. Genre — Dasygloea Thwaites. id. Microcoleus Desm. id. Hydrocoleum Kiitz. id. Porphyrosiphon Kiitz. Trib. Lyngbyées Genre — Plectonema Thur. id. Symploca Kiitz. id. Lyngbya Ag. Sous-genre — Leibleinia Endl. id. Eulyngbya Gomont. Genre -— Phormidium Gomont. id. Trichodesmium Ehrb. id. Oscillaria Bony. id. Borzia Cohn. id. Arthrospira Stitzenberger. id. Spirulina Link. Monsieur F. Hy dans une note Sur quelques characées recoltées à la ‘session de la Rochelle, tout en faisant l’ énu- meration des Characées, récoltées pendant les excursions de la Societé de botanique de France dans les environs de la Ro- chelle, présente quelques observations intéressantes relative- ment a la valeur de certaines espèces. Il fixe les differences qui existent entre le NileWla tenuis- sima et le Nitella batrachosperma, étadie d'une facon appro- fondie le Chara Dallica Fries, et termine son article par quel- SITR ques observations sur le CR. asperza qu'il rapporte. comme variéte au CA. aspera. M. Hy, dans un second travail su» les caractéres géné- raux de la famille des characées ete., è essayé de faire une analyse de la famille assez embrouillée des Characées; disons tout de suite qu'il y est assez bien parvenu. Après avoir traité rapidement |’ historisque, il passe à l’étude des caractéres de ces cryptogames. Il envirsage successivement l’appareil vé- gétatif et les organes reproducteurs. La famille des Characées est divisée en deux classes ; la première comprenant les genres Nilella et Tolypella; la se- conde Nelellopsis, Lychnothamnus, Lamprothamnus, Chara. Ces genres se différencient comme suit : Nitellées. Coronule ordinairement caduque, formée de 10 cellules, Rameaux axillaires par deux a chaque verticille. Pas de stipules. Feuilles sans rachis distinct; anthéridies terminant les segments fo- liaires de divers degrés. Nitella. Feuilles a rachis; anthéridies médianes à la face supérieure du rachis. Tolypella. Charées. Coronule persistante formé de 5 cellules, Rameaux axil- laires normalement solitaires. Plante hétérocycle, munie à la base de bulbilles étoilés et formés pas la transformation d’ un verticille entier avec ses feuilles; rachis peu distinet des folioles, formé de 1 à 3 entrenoeuds très allonges. Stipules non dévoloppées. Nitellopsis. Plante homocycle, a bulbilles radiculaires, caulinaires ou nuls. Feuil- les à rachis distinct. Stipules développées. Inflorescence périgyne on pleurogyne, authéridies bilatérales. Lychnothamnus. Inflovescence épigyne: anthéridie supère, médiane. Lamprothamnus. Iuflorescence hypogyne; authéridie infère, médiane. Chara. Le travail se termine par un conspectus méthodique de toutes les Characées observées en France. Ce tableau com- prend 37 espèces, dont 15 appartiennent au genre Nz/ella, 3 au Tolypella, 16 au genre Chara; les genres Nilellopsts, Lychnothamnus, Lamprothamnus sont représentés chacun par une espèce. E. D. W. ANATOMIE ET PHYSYOLOGIE DES ALGUES POPS Stockmayer S. — Ueber die Algengattung Rbhizoctonium (mit 27 Zin- kographien). X. X. Zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien 1890. Stockmayer S. — Vaucheria Caespitosa (mit 1 taf.) Hedwigia Heft ©. 1890. Cramer C. — Ueber die verticillirten siphoneen besonders Neomeris und Bornetella M 4 taf. Schweserisch. Naturforsch. Gesellschafft Band 32, II, 1890 (Voir aussi: Ueber die verticillirten siphoneen besond. Neomeris und Cymoplolea mit 5 taf. loc. cit. 1887). Buffham Z. H. — On the reproduction organs especially the Antheridia of some of the Florideae — Journal of the Queckett micr. Club. Janv. 1891. Hieronymus G. — Ueber Dircranochaete reniformis Hieron. eine neue Protococcacea des Silsswasser Beitràge zur Biologie der Pflanzen Band V. Heft. II. p. 551 pl. XI-XII. Klebs. — Einige bemerkungen ilber die Arbeit von Went: « Die Entste- hung der Vacuolen in den Fortplanzungszellen der Algen ». Klebs. — Ein Beitrag zur Physiologie der Fortplanzung (Flora 1890 n. 5). Artari. — Zur Entwicklungsgeschichte des Wassernetzes (Hydrodiction utriculatum (mit 1 Taf.) — Bull. de la Soc. Impériale des Natura- listes de Moscou, 1890, n. 2. Campbell D. H. — Studies in cell-division. Bull. Torrey botanical Club. May 1890. Oltmanns F. —— Ueber die Bedeutung der concentrations anderungen des Meerwassers filr des Lebender algen — Stiteungber. Akad. der Wissenschaft. — Berlin, Febr. 1891. Zukal H. — Hal]bflechten m. 1 taf. — F/ora, 1891. M. S. STocKMAYER qui avait commence /’ étude du genre Ehizoclonium, en présente aujourd'hui une monographie. Aprés avoir exposé les caractères généraux, parmi les- quels il admet la formation de rhizoides, il passe à la descri- ption spécifique. — 180 — Parmi les innombrables espèces décrites, M. Stockmayer n'en conserve que cinq. Ce sont: Rhisoclonium hieroglyphicum Kitz.; cette espèce est formée d'un groupe de 9 formes auxquelles l’ auteur rapporte de nombreuses espèces. Les Rhiz. fontanum (Ritz) stockm.; Hookeri Kùtz.; an- qulatum Kitz.; pachydermum Kjellm ne paraissent pas aussi variables que la première espèce. Le nombre des formes douteuses et peu connues, est malheureusement encore très élevé; ce travail sera néanmoins très utile a consulter, d’autant plus que des figures se trou- vent intercalées dans le texte. Dans une courte note, sur le Vaucherza caespitosa, pu- bliée dans l’ Hedwigia, M. StockmayER attire l’ attention sur les caractères morphologiques de cette algue. Il a réussi a trouver des acinètes et à observer leur germination. Certains points douteux existent encore, M. Stockmayer, range cette forme comme var. caespilosa a la suite du V. ge- minata. M. J. BEHRENS, a publié quelques observations sur le dé- veloppement de l'oogone et de l’oosphére dans le mème genre. ‘Les observations ont porté principalement sur les Vaucherza sessilis et geminata. Quelques mots sur la méme étude chez l’ Oedogonium terminent la note, l’auteur nà pas obtenu de résultats dans ce dernier cas. Nous avons vu que M. Klebahn, parait avoir été plus heureux, et aurait observé la fusion des noyaux de l’ oeuf et du spermatozoide. M. C. CRAMER, avait dejà publié un premier travail sur plusieurs syphonées verticillées, sur les Neomeris Kelleri Cramer, Neom. dumetosa Lamour., le genre Polyphysa, Da- sycladus, C'ymopolia, Cymopolia barbata Lamour. Dans un nouveau fascicule, il expose les résultats de ses études sur des matériaux nombreux qui lui ont été communiqués. Parmi les espèces étudiées, nous trouvons: Polyphysa Peniculus R. Br.; Botryophora Conquerantii Cramer, cette — 181 — espece originaire de Guadeloupe est celle que Crouan avait décrit sous le nom de Dasyceladus Conqueranti. L’auteur a pu faire sur ces échantillons quelques obser- vations physiologiques. L’espèce suivante est deécrite sous le nom de Neomerzs Kelleri Cramer; il avait déja donné sa description dans le travail précédent, quelques points sur la structure interne étaient encore à élucider; il en est de méme pour le Neomerzs dumetosa Lamour. Bornetella nitida Munier Chalmas et 5. capztata J. G. Ag. sont ensuite longuement étudiés tant au point de vue directe- ment morphologique, qu’ au point de vue physiologique. Ce travail accompagne de 4 belles planches très bien des- sinées est a consulter par ceux qui s' occupent de ce groupe sì intéressant d’algues, sur les quelles ne possédons encore que fort peu de renseignemenls. M. T. H. BurrHam. Dans un nouvelle étude, continue è nous faire connaitre, Za constilulion des organes reproduc- leurs dans le groupe des Floridées. Les principales espèces étudiées sont: Bangza fusco-pur- purea Lyngb., Nemalion multifidum J. Ag., Callithamnion arbuscula Lyngb., Griffitlhsia barbata Ag., Ceramium echio- notum J. Ag., transcurreus Merrifield, /labelligerum J. Ag. PhyUophora membranifolia J. Ag., Nitophyllum laceratnn Grev., Plocamium coccineum Lyngb., Lomentaria Kalifor- mis Gaill., Chondriopsis dasyphyla Ag., Ryliphlaca pinastrotr- des Ag., Polysiphonia elongata Harv., Pvartegata Zanard. Quelques observations accessoires sur différentes autres algues terminent cette note, qui est accompagnée de deux planches, dont certains dessins pourraient étre plus détaillés. M. Hieronymus avait attiré l’ attention en 1877 sur le Dicranochaete reniformis une algue d’ eau douce. Il l’a re- trouvée abondamment dans ces derniers temps et a pu en faire une étude assez complète. L' habitat de cette espèce est assez variable, — 182 — Ce qui lui donne un aspect curieux est la présence d'un poil divisé, dichotome qui peut avoir jusqu'a 160 u. de long, Ce poil serait d'après l’auteur, un organe de protection contre les infusoires, et aurait ume constitution analogue au pédi- celle des Diatomées. L°auteur fait alors un étude microchimi- que des enveloppes de l’ algue. La structure de la gaine géla- tineuse qui enveloppe l’algue serait assez remarquable. Colorée par du rouge congo, l’auteur l'a trouvée constituée de cor- puscules en batonnet ou arrondis disposés radialement et dont la grosseur diminue du centre vers la périphérie; ils se trouveraint plongés dans une masse n’ absorbant pas ou presque pas les matières colorantes. Le bleu de Turnbull, a fourni par sa précipitation, dans la gaine un résultat analogue a celui que Klebs a signalé chez certaines conjuguées. L’auteur fait ensuite l’étude du développement de cette gaine. La reproduction de cet organisme se fait par zoospores, qui germent aprés avoir perdu leurs deux cils. La masse de chlorophylle est munie d'un pyrénoide dans le cas ordinaire, mais ils peuvent étre plus nombreux; on en compte quelquefois Jusqu' a 50. Ils ne sont pas entourés d’amidon et d’ après les recherches de l’auteur ils ne se multiplieraient pas par divi- sion, mais naitraient plutòt au sein de la masse. L’'étude de la constitution du pyrénoide a fourni a M. Hieronymus des résultats assez curieux, qu'il serait interessant de vérifier. Déja sur des échantillons en vie, et mieux sur des matériaux fixés et colorés, on peut reconnaitre dans les pyré- noides un noyau central « Eiweiss-Krystalloid » et une zone enveloppante; dans les pyrénoides de petite taille ce erystal- loide n'est pas visible. Par une double coloration, l’ auteur oblient le cristalloide coloré en rouge par la Safranine, l’enve- loppe en violet par l’ Hiîimateine ammoniacale. Mais cette colo- ration n'est pas tou)ours d’égale valeur, elle est plus ou moins accentuée. — 183 — Le noyau a également été étudié, la division se ferait directement. Les zoospores naissent par divisions répétées, elles sont au nombre de 8-14 dans chaque cellule. M. KLEBS dans sa réponse au travail de M. Went, sur la formation des vacuoles dans les cellules des algues nie les conclusions qu’ avaient présentées le premier auteur; conclu- sions déjà présentées par M. De Vries. Pour M. Klebs, les vacuoles ne dérivent pas d'une vacuole préexistante, le tono- plaste on couche limitante de cette vacuole, n'est pas un or- gane important au méme titre que le noyau, les chromatopho- res et les pyrénoides. Il serait difficile de se prononcer actuel- lement, pour l’opinion de Klebs ou pour celle de Went. Dans certains cas, tout tend a faire croire, que M. Klebs a raison, et que ces objections sont fondées. Mème M. Pfeffer a obtenu, particulièrement chez les Myx0mycdles a l’aide d'un traitement spécial, des vacuoles un peu partout dans la masse protoplasmique. Mais d’après certaines expériences de De Vries et de Went le contraire paraitrait se présenter dans certain cas, et l'on ne verrait jamais se former une vacuole, qu’au detriment d'une vacuole préexistante. Dans le n. 3 de la Revue générale des Sciences (Paris, 15 janvier, 1891), M. Massart a publié un résumé très complet de l’état actuel de cette très intéressante question; résumé dans lequel sont prises en consideration, les différentes opinions émi- ses par De Vries, Went, Klebs et Pfeffer. M. KLeBs et M. Artari ont publié presque en méme temps, des observations sur l’algue si remarquable, Iydrodiclyumn utriculatum. Ces deux travaux sont faits a deux points de vue différents, mais ne se complètent malheureusement pas. Le premier travail qui est de beaucoup le plus intéressant au point de vue de la physiologie générale, a pour but de mon- trer l'action des agents extérieurs sur les phénomènes de la reproduction. Le résultat général des expériences de M. Klebs, est celui-ci: l’alternance des générations asexuelles et sexuelles — 1801 — n'est pas régulière, vì fixée par l hérédité, mais elle dépend des conditions extérieures qui font tantòt apparaitre un mode, tantòt un autre. Pour obtenir la formation de zoospores dans le thalle de l'Hydrodictyon on cultive les algues dans une solution nutri- tive a 0.5°/, oua 1°/,. Cette solution contient 1 partie de nitrate de potassium, 1 p. de sulfate de magnésium, 4 p. de phosphate de potassium et 4 de nitrate de calcium. Après quel- ques temps de séjour dans cette solution, les cellules acquièrent une tendance a la production de zoospores, qui ne se forment que si l’on place les cellules dans de l’ eau pure ou dans une solution sucrée, fut elle méme a 10 °/,. Toutes les cellules du réseau qui forme l’algue se comportent de la méme facon. L'on peut dire que le phénomène s’ accomplit comme une réa- ction chimique, avec la méme certitude et la mèéme constance. Les zoospores ne se forment que si l’algue est cultivée dans un milieu liquide; si on la conserve simplement dans une atmosphère humide ou sur de la tourbe, elle ne produit pas d’or- gane de reproduction asexuée. Si la formation de zoospores est facile a obtenir, il n’ est est pas de méme pour la formation de gamètes. On peut cepen dant en general, les voir se former, sì l’on cultive les algues dans une solution sucrée, ou en présence de glycérine. M. Klebs a souvent vu se former des gamètes dans des échantillons d’algues cultivées dans des cristallisoirs contenant peu d’ eau et places devant une fenètre éclairée par le soleil. M. Klebs a fait ensuite une série d’expériences, pour prou- ver que gamétes et zoospores pouvaient étre formées par deux cellules voisines, suivant les conditions extérieures. Il opère de la facon suivante. Il prend des réseaux d'7ydrodiclyon qui ont été cultivés de manièrè à former des gamétes et il les place a la lumière dans une solution saline, ce qui a pour résultat de former des zoospores. Il est plus difficile de faire produire des gamètes, aux cellules qui possédaient des tendances à produire des zoospores. L’auteur y est cependant arrivé eu cultivant — 185 — l’Hydrodictyon è la lamière dans une solution de maltose ou de dulcite. Comme on le voit par les expériences de M. Klebs, une méme cellule, peut tantòt ètre amenée à produire des zoospores, tantòt des gamétes. D’ou l’on peut conclure que les reprodu- ctions asexuées et sexuées ne sont pas en relation avec l’héré- dité, mais en dépendance directe des conditions extérieures. Le travail de M. ARTARI n’a pas comme celui de M. Klebs une portée physiologique, il est plus spécial et a eu comme objectif l éude du développement de l Hydrodickyon prin- cipalement au point de vue histologique. Après une introdu- ction relatant l’état de la question, l’auteur nous décrit ses observations personnelles. Au point de vue technique, l'auteur a employé pour l'étade du contenu cellulaire deux réactifs, employés souvent simul- tanément. L° Haematoxyline de Grenacher, et une solution al- coolique d’éosine qui colorait les pyrénoides. Les résultats que M. Artari a obtenu dans cette étude sont les suivants. Le chromatophore éxiste dans les cellules sous forme d'une plaque et non pas comme on l'a cru, sous forme de granulations. Les cellules sont plurinucléées. Chaque zoospore, renferme un noyau et un pyrénoide. Ces zoospores après quelques temps de mouvement, s’ entou- rent d'une membrane, se réunissent A plusieurs, forment un nouveau thalle, dont chaque cellule renferme, 1 noyau et un pyrénoide. Puis noyaux et pyrénoides augmentent en nombre par division. Les gamètes se forment de méme, et contiennent également 1 noyau et 1 pyrénoide. Ces gamètes se conjuguent et forment une spore qui reproduit la plante. Comme on le voit par ce court apercu, dans l’une comme dans l’ autre de ces études, mais dans la seconde surtout bien des points inté- ressants sont encore a éclaicir; par exemple la structure intime et la division du noyau, et la fusion des gamètes. Comme nous le dit M. CAmPBELL en commencant sa note sur la division de la cellule, son travail n'a pas pour but de — 186 — présenter des faits nouveaux, mais bien d’appeler l’attention des botanistes sur des exemples qui montrent aisément les différents points de ce sujet. L'auteur passe successivement en revue des algues et et des plantes supérieures. Dans cette apercu nons trouvons quelques renseignements intéressants par rapport à la division cellulaire. des C/ad0- phora. Il est regrettable que les durées de division a la tem- pérature indiquée par l’auteur (20°-25° C) ne soieut pas mieux déterminées, ces résultats sont par suite trop imcomplets, pour qu'on puisse en tenir compte. Pour les Sprogyra, l’auteur reproduit les mèémes asser- tions que celles que nons avons vu mettre en avant par M. Strasburger; dans mon travail sur l'action de la chaleur sur la caryocinèse (1) j'ai recontré ces observations. Dans la suite de ce travail actuellement sons presse (2), et qui étudie un Cosmarium j'ai fait allusion aux résultats que M. Douglas Campbell, a obtenu sur les Desmidiées. Ici s'arrète la partie de ce travail relative aux algues; la suite traite de la division nucléaire et cellulaire chez le 7ra- descantia, le Podophyllum et l Allium. Deux planches accompagnet la note, reproduisant la plu- part des stades importants de division des formes ètudiées. La communication de M. Fr. OLTMANNS constitue pour ainsi dire, un travail préliminaire, car il se propose en effet de publier plus tard le résultat d'expériences qu’ il suit encore. Ses observations l’ont porté a admettre le fait, que la difference de concentration de l’ eau de la mer avait une très grande in- fluence sur la flore des algues. C'est ainsi qu'il a remarqué, (1) Premières recherches au sujet, de l’infinence de la température sur la marche, la durde et la fréquence de la caryocinèse dans le règne végétal in Journ. Soc. se. médicales et naturelles, de Bruxelles, 1891. (2) Recherches au sujet de l’influence de la température sur la ca- ryocinèése dans le règne végétal in Mém, soc. belge de Microscopie, t. XV, -1891;_ “A è w feta è — 187 — qu’ aux endroits ou cette concentration varie beaucomp, il en résulte un appauvrissement assez considérable pour la flore; tandis que là ou cette concentration reste à peu près la méme, la flore est de beaucoup plus riche. C'est en cultivant des cus, et par suite du changement du liquide de culture que M. Oltmanns a pu se rendre compte du retard occasionné dans la végétation, par l’ augmentation croissante de la quantité de sel. Sì par un procélé quelconque, l’ on maintient le degrè de salaison du milieu, on voit la croissance journalière de l’algue rester égale; sì on laisse l’expérience se continuer sans ajouter de l’ eau fraiche. l'on voit la croissance diminuer de jour en jour. Le croissance est donc en rapport avec la turgescence cel- lulaire. Sì la plante est soumise instantanément a l’action d'une solution plus concentrée on plus faible que celle dans laquelle elle a végeté, il en résulte des troubles souvent assez sérieux pour sa vie normale. Ce sont dans ces cas les cellules relati- vement agées qui ont le plus a souffrir. L’auteur a fait en outre de quelques expériences de labo- ratoire, des observations dans la nature; il a noté douze sta- tions dans les différentes parties du port de Warnemiinde et en examinant les concentrations de l’ eau et Ja flore il est arrivé aux mémes conclusions, Différentes observations, non seulement sur les algues mais encore sur quelques plantes trouvées dans les eaux salées sont encore consignées dans cette interessante note. Quelques con- clusions générales sont encore posées, mais il faut encore atten- dre pour que l'on puisse définitivement les admettre dans la science. Non altendrons d'ailleurs la suite du travail pour les Juger. L'étude de la symbiose entre algues et champignons a fait dans ces derniers temps beauconp de progrès. Dans ce travail « Zalb/lechlen », M. H. Zugat, décrit quelques unes des formes de champignons qui vivent en association soit avec N AEM d'a nf pre — 188 — des mousses soit avec des algues, mais dont l’association n'est pas très étroite. Parmi ces formes il crée; plusieurs genres nouveaux et plusieurs espèces nouvelles. Le genre Parùphadria (P. Hei- merli) est créé pour une association entre un ascomycète et des mousses, particulièrement le Jungermannia quinqueden- tata. Le genre Glozopeziea (G. Rehimi) se trouve sur le Jungermannia trichophyUa ; l’autenr a pu étudier différents stades de son développement. La partie la plus intéressante pour l’algologue vient en- suite, et comprend la description des Nec/rza phycophila Zakal et Endomyces Scytonematum Zukal. La première de ces deux espèces croit en mélange avec l’ HMypheothrix Zenkeri Kiitz. Dans cette algue l’ auteur a trouvé trois formes, /Zypheothria Zenkeri, un Scytonema, et une troisième forme tenant le milieu entre les deux premières. Ces algues seraient voisines et méme appartiendraient a un méme cycle d’évolution. L’auteur consi- dère cet énoncé comme une communication préliminaire. L’Endomyces Scytonematum, est synonyme de Ephebella Hegetschweileri Itzigsohn. Après avoir résumé les vicissitudes subies par cette plante que l'on trouve sur différents Syetone- ima, V auteur nous conduit à cette conclusion. L'Ephedella est a supprimer de la classe de lichens, car le champignon ne forme pas avec l’algue une symbiose, mais vit au contraire au dé- triment de l’algue qu'il détruit. Le champignon est alors a classer dans la famille des Gymmnoascées, sous le nom d’ En- domyces Scytonematum Zukal. E. D. W. ANIA VENEZIA 4891. — STAB. TIPO-LITOGRAFICO DEI FRATELLI VISENTINI Piazza Manin, Calle della Vida, 4296 aa, ASIA s ASSISI ST\ : 4 Pi 4 I I RR AT Valente np Ai te) 3I Maggio 1S91 N. 5 di RIVISTA MENSILE «| Per gli studi di scienza pura ed applicata 11/2666 SUB MAREE SUOI ORGANISMI | SOZZI ; I È: Commentario Generale per le alghe a seguito della NOTARISIA 3 i ito Direttore: — Dott. D. LEVI- MORENOS SOMMARIO DEL NUMERO 5 — Si MAGGIO 1601 Lo Bianco S. -- Méthodes en usage è la station zoologique de Naples pour la conservation des animaux marins. . . . pag. 189 | i Borzi A. — Dei metodi di coltura delle Cloroficee terrestri . . » 198 GF Grablovitz G. — Tavola delle ore dell’alta e bassa marea calco- late per Venezia ed Ischia nel mese di Giugno 1891. SIG Recensioni Bckstein K. — Tierische Haareinschliuisse im baltischen Bernstcin CO MOIO co) RITI n METRO Coniventz H. — Uber die Verbreitung des Snccinits, besonders in Schweden und Dinemark (Solla) Dip SR AR gp LO) Rothert W. — Uber die Vegetatiou des Secstrandes im Sommer È ISTE SAR A e DA De O o e I QL pi Seligo. — Hydrobiologische Untersuchungen, I. Zur Kenntnis der 4 Lebensverbìltnisse in einigen westpreussischen Seen (Solla). » 213 r Irvine R. et Woodheand G.S. — On the Secretion of Lime by È Apinalsi Part Res (Sola): ARR e ee È Murray JT: et Irvine R. —- On Coral Reefs and other Carbonat of Lime Formations in Modern Seas (Solla}. . . . .. » 221 J Î i Indice Bibliografico di lavori algologici recentemente pubblicati i DISEASE EM IO a a AM RIÒ | | | Direzione ed Amministrazione della Neptunia: S. Samuele 3422 - Venezia Prezzo d’ Associazione annuo: DNA = per l'Italia It L-20, — per l'Estero (Unione postale) It L 95, 1 CER Venezia 1891 — Tip. Frat. Visentini e LI 2 È; TALE ti. | 3 Chi non sì associa alla NEPTUNIA è vivamente pregato di darne | avviso all’ Amministrazione, col respingere il presente fascicolo. E Prezzo d'associazione annua : Per l’Italia It. L. ®@. — Per l' Estero (Unione postale) It. L. ®5, NEPTUNIA RIVISTA MENSILE PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA ED APPLICATA SUL WARE E SUOI ORGANISMI E Commentario Generale per le alghe a seguito delia NOTARISIA Direttore Dott. DAVID LEVI-MORENOS COLLABORATORI Artari A. Università di Mosca. Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- grafico R. Marina di Genova. Bonardi E.. Università di Pisa Borzi A., Uviv. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d’Agri- coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. di Padova Camerano L., Univ. di Torino Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma. Cattaneo G., Univ. di Genova. Cuboni G., R. Istituto di Patologia Vegetale, Roma. Dangeard P. A., Univ. di Caen. De Wildeman E.. Jardin Botanique, de l’Etat. Bruxelles. Garcin A. G., Univ. di Lyon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietroburgo Grablovitz G., Direttore dell’Osser- vatorio Geo. -Dinamico d’Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariot P., Musée Nationale d’Hist. Naturelle di Paris. Harvey-Gibson R., Un. di Liverpool. Hy Ch., Univ. di Anger. Imhof 0. I. Univ. di Zurigo. Istvanffi J., Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Upsala. Lagerheim G., Un. di Quito-Equador. Lanzi M., Univ. di Roma. Lemaire A,; Liceo di Nancy. Leuduger- Fortmorel, Micrografe a Doulon Sia Mobius M., Univ. d’ Heidelberg. Maggi L.. Univ. di Pavia. Mancini E., Segretario R. Acc. dei Lincei. Roma. & Marinelli G., Univ. di Padova. Millosevich E., R. Osservatorio cen- trale di Metereologia e Geodina- mica, Roma. Magnus P. Università di Berlino. Miiller 0., Microerafo, Berlino. Ninni P. A., Membro della Comm. Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P.,, Univ. d’ Erlangen. Schiitt F., Univ. di Kiel. Solla F., R. Scuola Forestale di Val- lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Agente d’Italia per l” Africa Occideniale. Thoulet 1,. Univ. di Nancy. Valle A., Civico Museo di Trieste. Vicentini G, R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Acc. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N., Scuola Sup. d’ Agricoltura di Aas |Svezia.). Zukal H., Università di Vienna. La Neptunia comprende le seguenti rubriche : piante od animali. dei pesci etc. mare e suoi organismi. WON DOD I _A WN . Notiziario. . Studi originali sul mare e suoi fenomeni ; sugli organismi marini, Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. . Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscicultura, malattie Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine o lacustri ; notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. . Resoconto della campagne oceonografiche fatte dalla Marina nazio- nale, dalle Marine estere o per privata iniziativa. Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico del Note, appunti e recensioni critiche. a Vai . Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi organismi. : VINALdHN ©IjPp euozea,siumuuty po euorzesg DIZIUOA — GGFE MNonung ‘ EE bSNIA Anno I. 51 Maggio 1891 N. b METHODES EN USAGE À LA STATION ZOOLOGIQUE DE NAPLES POUR LA CONSERVATION DES ANIMAUX MARINS ©’ PAR SALVATORE LO BIANCO ani Remarques préliminaires La publication des méthodes de conservation qui ont été employées depuis des années à la station zoologique de Na- ples sera accueillie avec plaisir par de nombreux travailleurs. Avec la nécessité toujours croissante où l'on se trouve de faire rentrer les faunes océaniques dans le domaine des re- cherches zoologiques, le besoin se fait sentir chaque jour davantage de rapporter chez soi en bon état de conservation les nombreuses formes nouvelles. Mais, la grande extension qu'a prise la faune du golfe de Naples ainsi conservée a montré à beaucoup de savants le contraste qui existait entre nos méthodes actuelles et celles qui ont été employées jusqu' à ce jour; il en est résulté que partout le désir a dù se produire de voir ces mèémes méthodes tomber dans le domaine de tous. (1) Mittheilung aus der Zoologischen Station zu Neapel, IX Band, III Heft, s. 435, 1890. — 190 — On en croira sùrement sur parole 1° auteur de ces lignes: il s'intéresse au progrès de la science autant que tout autre et il lui a été permis de renlre des services à la biologie plus importants que la publication des nouvelles méthodes de conservation ; si donc il s’ est abstenu en dépit des demandes et des sommations réitérées qui lui ont été adressées, de publier ces méthodes, c’ est qu'il avait pour cela de sérieuses ralsons ; il était en droit d’attendre qu'on eùt assez confiance en lui, mèéme sans connaitre ces raisons, pour croire qu’ il agissait non par caprice, mais guidé par des théories bien déterminées. Il avait, depuis des années attendu, pour le moment de cette publication, une autre circostance: mais celle-ci se fit attendre et a ainsi retardé la publication des méthodes. Enfin en janvier 1889, j'ai acquis 1’ assurance dont J avais besoin, et j'ai aussitòt confié à M. Lo Branco le soin d’ exposer les méthodes sous la forme où elles vont mainte- nant paraitre. Puissent-elle rendre maintenant tous les services que l’on en attend. ANTON DoHRN. Naples, 11 Avril 1890. Préface. Occupé depuis plusieurs années a la conservation des animaux marins a la station zoologique de Naples, j ai cherché continuellement à améliorer la technique dans le but d’obtenir les formes animales autant que possible dans leurs dimensions et dans l' aspect qu'elles ont à l'état vivant, de manière qu'elles puissent se conserver dans l'alcool pendant un temps relativement long. J'ai été amené à cela en voyant l’ état misérable, et bien different de l’ état naturel, où sont généralement les animaux marins des collections conservées pour l'étude et aussi ceux qui se trouvent dans les musées. Les premiers résultats heureux obtenus, la grande quan 19 — 19L — tité des matériaux et Tes facilités qui m'ont été offertes con- tinuellement par la Station, m’ont amené à perfectionner et à étendre de plus en plus les méthodes que l’ expérience m’a . démontrées étre le plus convenables. Comme il a été dit plus haut par le professeur DOHRN, Jai dù pendant longtemps garder une certaine réserve au sujet des résultats auxquels j'arrivais progressivement. Ce- pendant depuis quelques années je les communique à divers officiers de marine, pour qu’ils puissent en profiter et faire, au cours de leurs voyages, des collections zoologiques dans les meilleures conditions pour l’ étude. i Il a été déjà parlé dans plusieurs publications des mé- thodes usitées à la Station zoologique ; cela a été fait sans aucune autorisation et a notre insu, et je n’ assume ancune responsabilité de ce qui a été imprimé. Les méthodes que je publie maintenant sont destinées principalement & conserver l’aspect général des animaux qui doivent figurer dans les musées, ou servir a des démonstrations dans les cours; par suite elles ne sont pas faites pour les études histologiques, mais dans beaucoup de cas la conservation des éléments se trouve réalisée en méme temps que celle de la forme du corps. Quoique je n'aie fait d’ expériences que sur les animaux de notre golfe, je déclare que ces méthodes peuvent s' appli- quer avec des résultats également satisfaisants aux formes voisines des autres mers, et la preuve en est du rest dans la variété des collections faites par les officiers de marine. J'espère done que ces notes pourront étre utiles à ceux qui s' occupent de la conservations des animaux marins, mais je n'ai en aucune facon la prétention d’avoir réalisé la per- fection et d’avoir épuisé un aussi vaste sujet; ce que je puis dire seulement, c’ est que les méthodes exposées ici sont celles qui, dans une longue pratique, m’ont donné les meilleurs résultats et dans beaucoup de cas ont des avantages indiscu- tables sur celles qui ont été en usage jusqu' ici. Naples, Mars 1890. So ope UTENSILES ET REACTIFS. Verrerie. Les animaux préparés, après avoir subi un traitement préventif avec des réactifs quelconques, sont conservés défini- tivement dans l'alcool dans des vases de verre fermés avec un bouchon a l émeri ou un bouchon de lièége. La forme la plus convenable et sans doute la plus élégante est celle des vases cylindriques avec une petite base et a bouchon à l’émeri plan à sa partie supérieure. Ils servent, dans les dimensions voulues, mieux que tout autre récipient, pour conserver les animaux de toute forme avec une grande économie de liquide. Si cependant ces vases de verre coùtent un peu cher pour les usages communs et pour les manipulations, on peut en- core se servir des bocaux ordinaires à col bas et un peu resserré. Les petits bocaux plutòt bas, a couvercle excavé a l'in- térieur, avec un col très peu resserré, se recommandent pour les petits animaux a forme globuleuse ou très aplatie. Les tubes A fond arrondi, à bord tourné au feu, à parois peu épaisses sont d’une grande utilité. Ceux d'un calibre supérieur a 30", doivent avoir leurs bords légèrement re- courbés en dehors pour qu'on puisse y attacher facilement un morceau de peau. Tous indistinctement se ferment avec un buochon de liège ; celui-ci doit éètre plutòt bas, cylindrique, de manière a s'adapter parfaitement a la paroi du tube, et la face interne doit ètre aplanie avec un tranchant bien net pour qu'il ne puisse arriver qu'il se détache de petits fragments de liège qui viendraient troubler le liquide. On doit avoir bien soin de choisir des bouchons bien compacts sans crevasse ni trou. Pour conserver de petits animaux, des oeufs, des larves, ete., il est utile de mettre les petits tubes qui les coutiennent, bouchés ayec du coton, dans un vase bien clos, avec de l’al- — 199 — cool de sorte que l'alcool des petits tubes ne s' evapore pas et reste liquide: les bouchons de liège coloreraient a la longue les preparations en brun, par l’acide tannique qui se dé- gagerait. Pour les animanx larges et plats comme les Astéries, les Pleuronectes et d’autres analogues, on se sert de récipients a faces rectangulaires, étroits, plutòt élevés, qni se ferment par une lame de verre au moyen d’un mastic quelconque: ces recipients ont l’avantage de mieux laisser observer la pré- paration. Pour les formes déliées, allongées et rigides, comme par exemple funsculina, je coupe, suivant la longueur nécessaire, des tubes de verre de pipette, en fermant une extrémité a la flamme et l’ autre avec un bouchon de liége. Dans les manipulations préalables, on se sert souvent de cristallisoirs qui, ayant un fond plat et des parois basses, peuvent contenir dans une petite quantité de liquide, un grand nombre d’exemplaires sans qu'ils se touchent ou se compri- ment. Ils permettent aussi de placer les animaux vivants dans l'eau de mer, pour les laisser reposer et s’étaler, apres quoi l'on peut les tuer par les méthodes rapides ou lentes, et les pénetrer par différents liquides, jusqu'a ce qu'on les transporte dans les récipients definitifs. Ces cristallisoirs ont les bords rodés a l’émeri, de manière à pouvoir se couvrir avec des disques de verre. Pour contenir les Vers ou d'autres animaux allongés, nous avons de petits vases rectangulaires couverts d'une lame de verre. Il va sans dire qu'il est nécessaire d’ avoir une quantité de verres communs sans pied, de dimensions variées, qui puis- sent servir pour conserver les animaux vivants; puis des tu- bes de verre pour recueillir de petits animaux, des pipettes compte-gouttes, des baguettes de verre, des flacons à col etroit pour les réactifs, des entonnoirs de verre de diverses grandeurs, des vases cylindriques gradués, etc. — 194 — Utensiles divers. Pour conserver des animaux, et spécialement des poissons, d'une grandeur supérieure aux récipients de verre ci-dessus mentionnés, nous avons fait construire des caisses de zine rectangulaires avec une petite gouttière au bord. Le couvercle est aussi de zine, avec les bords repliés qui s' adaptent a la gouttière. On empéche l’évaporation en remplissant la gouttiére avec de l’eau et une couche d’huile. Le couvercle a un trou au milieu, pour servir au passage de l’air comprimé par la cloture et qu'on ferme ensuite avec un bouchon. Cependant ces caisses ont l'inconvénient que le zine se corrode au bout d’un certain temps (probablement par l'action des substances acides que l’ alcool dissout des tissus animaux). Le caisse mé- tallique est revétue d’ une doublure extérieure de bois pour la garantir des chocs. Outre les petits vases rectangulaires de verre pour durcir les animaux de forme allongée, nous avons des petites caisses rectangulaires de zine avec une couche de cire sur le fond pour fixer les épingles destinées a maintenir distendues les préparations. Quand on se sert de liquides qui attaquent les épingles de metal (acides, sublimé, etc.) il sera utile d'employer des aiguilles de hérisson ou de cactus. Pour porter les objets d’un récipient a l’autre ou chan- ger le liquide, on se sert de spatules de diverses grandeurs, préferablement de corne, qui ne sont pas attaquées par les liquides. Une grande pince de fer ou de laiton est trés commode pour prendre les animaux dans les récipients profonds. On aura encore de petites pinces, des ciseaux, des couteaux (de diverses grandeurs et des seringues. Pour enfumer les Actinies, je me sers de l’ appareil sui- vant: à l’extrémité d’un petit soufflet on adapte la bouche d'une pipe meétallique remplie de tabac coupé dont le tube, — 195 — - recourbé en S, s'introduit la où se trouve l’ animal que l'on veut anesthésier par le tabac. Reéactifs, L’'aleool est sans aucun doute de liquide le plus indi- spensable. L’alcool rectifié, limpide, pouvant étre mélé à l'eau distillée sans donner aucun precipité doit étre préferé pour la préparation et la conservation des animaux deélicats et traspa- rents, tandis que pour les espèces volumineuses on peut se servir d'alcool ordinaire, et méme de celui qui provient de la redistillation de l'alcool ayant déjà servi, pourvu qu'il soit neutralise par l’addition de chaux s'il est acide, ou d’ acide chblorydrique alcalin. Nous avons toujours sous la main une quantité à 70°/, qui est employé d’ ordinaire pour la conser- vation des animaux, seulement dans quelques cas spéciaux on prend l'alcool à 90 9/,. Avant de ser servir d'alcool faible fait au moment en additionnant d’eau, il faut le laisser bien re- poser pour éviter que l’air contenu dans l'eau et mis en liberté en petites bulles ne s’ attache a la préparation et, en la soulevant, ne l’ applique contre la surface du liquide. Les animaux fixés avec un liquide quelconque se conser- vent ensuite dans l’ alcool; pour ceux qui sont mous et gélati- neux on commence par les laisser 2 a 6 heures dans l’ alcool a 985 ou à 50°/, suivant la plus ou moins grande consistance, puis on les transporte dans l'alcool à 60°/, ou directement dans celui a 70°. Quand les manipulations précédentes peuvent endomma- ger les préparations, on change l’ alcool en enlevant une portion du plus faible où elles se trouvent et en ajoutant du plus fort jusg'au degré voulu; et pour eviter toute secousse, on peut faire ce changement au moyen de siphon. Pour que les animaux puissent se conserver définitivement il est nécessaire que l’ alcool à 70° soit changé une fois après — 196 — 12-24 heures, et, si le fragment est un peu épais, une autre fois après deux autres jours. Les formes d'une certaine consistance sont plongées directement dans l’ alcool a 70°, que l’on change comme nous l’avons dit. Il arrive parfois, quoique rarement, que méme après ces changements nècessaires, l’alcools se colore encore au bout de quelque temps; dès lors il devient nécessaire de le changer de nouveau. Quand on met dans un recipients des animaux qui ne sont pas encore pénétrés par l’ alcool, il est nécessaire de l’agi- ter pour éviter.qu'il ne se forme dans le voisinage du fond une couche d'alcool très faible où l’animal pourrait venir à macérer. J'ai essayé un grand nombre de liquides pouvant étre substitues a l'alcool, mais j'ai toujours eu de mauvais ré- sultats. Les uns, comme le liquide de GoApBy, et celui d'OwEN employés par le passé pour la conservation des formes gélati- neuses, réduisent leur taille à la longue et les deforment com- plètement. Le liquide de WIcKERSHEIMER, tant préconisé dans son temps et usité pour les animaux marins, les deforme et les macère. L’alcool a 70° est préférable pour conserver définiti- vement les animaux, pourvu que ceux-cì en soient suffisam- ment pénéetrés par des changements réiterés. L’alcool plus fort, non seulement n’est pas nécessaire dans la grande ma- jorité des cas pour la bonne conservation, mais finit aussi par devenir nuisible, car un long séjour dans ce liquide rend le fragment fragile. L'alcool est utile aussi pour anesthésier et tuer lentement ou rapidement. Acide chromique. — Après l’alcoo], cet acide en disso- lution aqueuse est un réactif, des plus utiles et sert principale- ment pour tuer et durcir les animaux gélatineux et mous. Mais ceux-cì doivent rester juste le temps nécessaire, autrement ils se colorent trop et deviennent fragiles. Il faut ensuite, comme on le sait, laver les fragments à l'eau douce pour éviter que — 197 — placés dans l’ alcool ils ne produisent un précipité et acquièrent, avec le temps, une teinte trop verdàtre. L’acide chromique s'emploie en mélange avec l'acide osmique, acétique, picrique, avec le sublimé, et rarement avec l’ alcool. Les solutions peu- vent se faire dans l'eau ordinaire et exceptionnellement aussi dans l'eau de mer; il est bon de les tenir dans des endroits frais. Celles qui ont servi une fois peuvent étre employées encore, si elles n’ ont pas été trop diluées dans l’ eau que con- tenaient les animaux et sil ne s'est pas passé un temps trop long; du reste il est facile de s’apercevoir si le liquide est altéré, par le changement de couleur qui tourne au vert. Acide acétique. — C'est un réactif qui a le pouvoir de penetrer instantanément dans les tissus et de les fixer, et c'est le moyen le plus efficace pour tuer rapidement les animaux contractiles, mais il a l’inconvénient de les ramollir s' ils y restent trop longtemps. Ils restent relativement transparents. Dans certains cas il est nécessaire de se servir de 1’ acide en solution concentrée, et souvent on le méle a l’acide chromique pour tuer et durcir les animaux trasparents non contractiles. Acide osmique. — En général on ne l’emploie pas autant que par le passé, parce qu'il présente divers inconvé- nients. Je me suis appliqué a lui substituer divers réactifs et, dans beaucoup de cas, j y ai réussi parfaitement. Il durcit bien les formes géelatineuses et en conserve suffisamment longtemps la transperence, mais si son action dnre trop longtemps, il noircit beaucoup les préparations et les rende fragiles, par suite celles-ci doivent rester seulement jusqu'à ce qu'’elles aient acquis une legère teinte brune (1). Avant de les passer dans l'alcool on Jave pendant quelques minutes dans l’ eau douce ou distillée et il est de méme pour celles qu’on a traitées avec un mélange osmiqué quelconque. (a suivre) (1) La méthode de Pau MaAyER pour décolorer les fragments trop noircis (Voir Mitt. Z. Stat. Neapel, 2 Bd., 1880, p. 8) ne peut étre adoptée pour les animaux mous qui seraient trop amollis, DEI METODI DI COLTURA DELLE CLOROFICEE TERRESTRI NOTA DI À. BORZI La utilità dei metodi di coltura nello studio biologico delle Alghe terrestri è troppo evidente. La dottrina del polimorfi- smo di tali organismi mancherebbe della più sicura scorta senza il sussidio di tali espedienti, i quali pur troppo riman- gono ai di nostri ancora in condizioni molto imperfette. Forse ciò dipende dalle deficienti nostre cognizioni sulla fisio- logia di tali organismi, tanto che dai più si pensa che basta un medium sufficientemente umido, ben aerato ed illuminato, ricco di principii minerali perchè riesca completamemte una data coltura. Ciò vale per talune, certamente poche, forme di Alghe verdi. Chi si è lungamente occupato della raccolta e dello studio delle Alghe terrestri avrà senza dubbio notato come molte forme si compiacciano di una stazione ricca di materie organiche ove brulicano a miriadi germi di Bacteri, Flagellati, Chitridii, ecc. La vegetazione dell’Alga è rigogliosa; l'organismo compie regolarmente il suo sviluppo; si direbbe a dirittura che presso tali organismi la composizione organica del medio circostante esercita un ufficio ben differente di quello che non avvenga presso gli altri organismi a clorofilla. Sono gli esserì di cui parliamo suscettivi di assimilare direttamente ì principii organici? E perciò la presenza di clorofilla indizio di un semiparassitismo, o di un saprofitismo incompleto ? Tali — 199 — quistioni si affacciano di continuo quando ci si accinge ad indagini sperimentali sulla biologia delle Alghe terrestri: la ricerca di un medium di coltura appropriata diviene allora un problema molto arduo. Quello che si sa finora su tal pro- proposito è molto poco. Il signor Imhauser (1) studiando spe- rimentalmente lo sviluppo delle Praszo/a istituiva delle colture alquanto razionali servendosi di un subtrato minerale steri- lizzato che veniva mantenuto umido per afflusso di soluzioni nutritizie saline od innaffiato con una piccola quantità di uri- na. L’egregio autore determinava che la presenza di questa ultima sostanza esercita una favorevole influenza sullo svi luppo dell’alga. Un medio nutritizio presso a poco dotato di identiche proprietà, secondo la mia esperienza, giova allo svol- gimento del PorpAyridium cruentum, dei Daclylococcus, dei Raphidium, degli Stichococcus, e simili. Le coltivazioni alla gelatina proposte dal signor Beyerinck (2) sono ancor meglio istruttive: esse dimostrano che molte alghe si compiacciono d'un substrato organico alla maniera dei funghi. Così che lo studio sperimentale diventa una materia assai complessa ed è da augurarsi che le nostre cognizioni progrediscano a tal riguardo. Perseverando da varii anni in ricerche relative alla bio- logia delle Clorofine terestrri, parmi opportuno il dare alcune notizie sui metodi di coltura dei quali mi sono. avvalso. Essi, son certo, non rappresentano il meglio che potrebbe atten- dersi su questo genere di studi: sono un primo tentativo di ricondurre le indagini sullo sviluppo delle Alghe sopra una via in qualche guisa più razionale di quella che non sia stata finora seguita ed io li riferisco colla speranza di far più e meglio nell’avvenire, ed anche a schiarimento dei risultati conseguiti e che formano oggetto di una pubblicazione alquanto estesa che quanto prima vedra la luce. (1) Nella Flora, II, 1889. (2) Bot. Zeit. 1890, — 200 — 1. COLTURE MISTE. La prima condizione per rendere agevoli le coltivazioni di Alghe, è quella di disporre nel laboratorio di una corrente continua di acqua normale di fonte. Si può provvedere me- diante filtri che quest’ acqua pervenga in buone condizioni di purità. Sono utili all'uopo dei serbatoi interni destinati a rac- cogliere l’acqua esterna e distribuirla mediante rubinetti, se- condo i bisogni, agli apparecchi di coltura. Lo scopo e l’espe- rienza insegneranno il modo come debba farsi cotesta distri- buzione. È sempre utile che l’acqua giunga ai serbatoi da una certa altezza e così pure agli apparecchi, onde la cor- rente abbia una data pressione. I metodi di coltura variano secondo la natura dell’ alga oggetto di studio ; così pure sono differenti gli apparecchi che vengono usati. Dirò prima della cultura in grande o miste. Esse consistono nel trasportare l’ alga della sua naturale stazione dentro un ambiente limitato da potersi continuamente ispezionare facendo sì che essa si mantenga fresca e vegeta. Questo genere di colture esige grande esperienza nelle conoscenze sistematiche delle alghe, dappoichè essendo impos- sibile aver del materiale puro possono derivarne delle confu- sioni. Le colture vanno esaminate di continuo ; occorre tener conto delle condizioni di mescolanza dell’ alga data con altre forme, far dei confronti i più minuziosi che sia possibile. DI indispensabile anzitutto uno studio accurato del contenuto cellulare, forma, posizione, struttura dei cromatofori costitui- scono sempre un saldo punto di partenza per siffatto esame comparativo, giacchè nulla èvvi di più costante attraverso le diverse fasi di sviluppo che tali elementi, i quali ci permettono di precisare il grado delle omologie e delle analogie che in- tercedono tra le diverse forme. Dalla esperienza dello osser- vatore dipende la efficacia di questo metodo. — 201 — Nell’ attuazione si riconoscono utilissime varie precau- zioni: prima di tutto quella di esporre il materiale da studio a condizioni perfettamente simili o possibilmente identiche a quelle naturali. Trattandosi di alghe palustri o eminentemente acquatiche giovano all’ uopo delle vaschette di vetro della forma degli ordinari cristallizzatori, ove l’ acqua viene di con- tinuo rinnovata. Giovano a questo scopo moltissimo dei re- cipienti provvisti da un lato di un tubo d’ immissione comu- nicante col serbatoio generale e sul lato opposto fornito di un secondo tubo destinato a lasciar sgorgare l’acqua al di fuori della vaschetta medesima. I due tubi devono trovarsi allo stes- so livello ed asser collocati a 2 o 3 centimetri di distanza dagli orli, dato che l'altezza della vasca sia di 6 a 10 centi- metri. L'ampiezza dei tubi sarà regolata dalle varie esigenze della coltura, come per ottenere un mezzo liquido più o meno agitato si potrà disporre che il tubulo d’immissione sbocchi ad una profondita diversa di quello di uscita od a dirittura al fondo della vaschetta dando luogo a un certo gorgogliamento. La differenza di diametro fra i due tubi ed il grado di pres- sione con cui s'immette l’acqua avranno una grande influenza sulla condizione di stabilità della massa liquida che circola nel recipiente. Per la coltura di alghe terrestri vale moltissimo un sub- strato poroso, suscettivo d’imbeversi di molta acqua, di rat- tenerla comunicandola all’ alga. E necessario pure che l’ aria che circonda la coltura si conservi ricca di vapor acqueo. Come snbstrato di colture ha sperimentato l'argilla, il carbone, la pomice, la carta bibula; ma sopratutto eccellenti risultati ho ottenuto adoperando delle tavolette di una sorta di tufo calcareo bianchissimo, a grana fine, conosciuto in Sicilia col nome di Z%etra di Siracusa (1). Disposto il materiale sopra cosifatto substrato questo veniva immerso per piccol tratto in (1) Di facilissima lavoratura s' impiega in Sicilia per scopi archit» tettonici, acqua. La pietra di Siracusa essendo di una bianchezza quasi lattea porgeva un facile mezzo per potere giudicare anche ad occhio nudo dei progressi della coltura. Per talune alghe terrestri (Chlorotylum, Clenocladus ecc.) è necessario che le coltivazioni vengano fatte sotto una cor- rente continua che proviene dall’ alto scomponendosi in mi- nutissime gocciole. Sì ottiene questo scopo mediante il seguente espediente. i Sì prenda un imbuto di vetro e si coilochi in posizione orizzontale. Il fondo della sua regione dilatata si chiuda con un turacciolo, ben aggiustato, fatto di un corpo solido poroso destinato a ricevere l’ alga —io mi son giovato all’ uopo della detta pietra di Siracusa. La chiusura dev'essere perfetta. Il turacciolo avrà una superficie leggermente concava e sul fondo di esso sarà praticato un angusto foro serviente all'uscita del- l’acqua esuberante. Ciò posto si sottoponga il tutto ad uno spruzzo continuo d’acqua servendosi all’ uopo del becco di un ordinario polverizzatore. L' acqua pervenendo dall’ alto avrà una sufficiente pressione; si sminuzzerà in minutissime goc- ciole che bagneranno contemporaneamente le pareti interne dell'imbuto e il supporto dell’alga. Gli apparecchi di coltura descritti muniti come sono di apertura di afflusso potrebbero avere l’inconveniente di lasciar scappar via una gran parte dei germi appartenenti all’alga data e sottrarli alla nostra osservazione se non sì tenessero di mira alcune cautele. La prima e indispensabile è quella di disporre gli apparecchi stessi in maniera da ricevere la luce da un lato solo e che la regione cui corrispondono i tubi di uscita e d’immissione dell’ acqua sia la meno rischiarata. Per ottenere completamente questo effetto giova molto il servirsi di diaframmi fatti di spesso cartone annerito, collocandoli in maniera da dirigere i germi verso un punto determinato della vaschetta. Cotesti semplicissimi congegni sono assai utili per la raccolta della zoospora: hanno la forma di una semplice cassetta perforata da un lato. L'apertura varia d’ampiezza se- — 203 — condo il bisogno. S'è molto piccola, si è sicuri che col mezzo di diaframmi così fatti si riuscirà a raccogliere la più piccola quantità di germi mobili vaganti negli acquari; essi sì arre- steranno sulle pareti corrispondenti alla detta apertura. Nel corso di numerose ricerche e di ripetute colture torna spesso vantaggioso il raccogliere delle zoospore su lastrine di vetro, sul fondo di piccoli vetri da oriuolo, dentro tubi, e recipienti di varia sorta, e studiarne così lo sviluppo; l’uso dei descritti diaframmi diviene allora indispensabile. Iniziate le colture con tali metodi esse possono esser se- guitate per lungo tempo e secondo le esigenze delle ricerche. Studiata l’ alga nelle sue condizioni vegetative sul materiale raccolto e quindi ottenute sulle pareti dei recipienti le relative zoospore, la nostra attenzione va rivolta a queste ultime. Debbo notare anzitutto che non sempre si riesce, imme- diatamente appena cominciata la coltura, ad osservare forma- zione di germi mobili. Mediante i descritti diaframmi possiamo orientarci se e in qual grado compiesi questa funzione. Qual- che volta giova molto per provocare la pronta emissione di zoospore il rinchiudere l’ alga in un ambiente affatto privo di luce e tenervi così il materiale per un paio di giorni. Allora allontanato tosto l' ostacolo si ottiene 1’ effetto desiderato. Raccolte le zoospore sulle pareti degli acquari, a nulla più serve il materiale originario e si può allontanarlo tosto evitando così degli inconvenienti al buon esito della cultura. Allora le vaschette vengono vuotate e lavate per mezzo di uno schizzetto. Le zoospore, già immobili ed in via di germi- nazione, rimangono appiccicate alle pareti del vaso e.ivi for- mano uno strato verde visibile ad occhio nudo. Indi le stesse vaschette si sottopongono al precedente metodo di coltura : si regoleranno i rubinetti dei tubi di uscita e d’ immissione del- l’acqua in modo da ottenere che nell’ interno delle vaschette il livello del liquido si mantenga costantemente più alto di prima, così chè le zoospore rimangano immerse c circondate tutte dall'acqua. — 204 — Condotta con diligenza l'operazione si è sicuri di ottenere dei risultati soddisfacenti. Con questo metodo appunto ho potuto studiare quasi completamente lo sviluppo di varie alghe, specialmente V/o- trix, Clnocladus, Protoderma, ecc. Nel corso delle mie inda- gini ho creduto qualche volta opportuno modificare |’ esposto procedimento. Precisamente utile ho riconosciuto il mantenere umide le zoospore germinanti tenendole alimentate da aria satura di vapor acqueo ; per raggiungere questo scopo solevo capovolgere le vaschette già inocludenti i germi allo stato di riposo e vuotate o sopra un recipiente contenente dell’ acqua. 2. COLTURE PURE. La esperienza dimostra che le colture istituite secondo i metodi suesposti non bastano sovente a risolvere talune par- ticolari questioni che interessano la dottrina del polimorfismo delle alghe inferiori. La intrusione di germi estranei diventa inevitabile ; i risultati si rendano incerti, l’ errore è ad ogni passo possibile per quanto non facciano diffetto nell’ osserva- tore paziente dilegenza e pratica. Le culture pure costitui- scono allora una preziosa controprova dei risultamenti otte- nuti. Sgraziatamente la nostra esperienza su tali procedimenti non oltrepassa certi limiti assai modesti, nè ci è possibile lo avvalerci di tutti quei minuti e rigorosi espedienti di cui si giova la Bacterologia. Io non divido l’ opinione del sig. Dan- geard (1) che « point n’ est besoin, le plus souvent, de cher- cher a obtenir des cultures trés pures» in fatto di ricerche sulla vita delle alghe inferiori; ritengo invece che la natura del medium nutritizio costituisce un elemento di grandissimo valore nella ricerca dei limiti di variabilità di una data forma e questo elemento non può determinarsi senza il sussidio di colture pure e mi convincono i tentativi del sig. Beyerinck (1) Notarisia, V, p. 1005, PE IRE AT — 205 — non tanto che la mia propria esperienza. Tuttavia in fatto di colture di tal genere le nostre conoscenze pratiche attuali si limitano al solo conseguimento di un certo m2422m2um re- lativo di purezza, onde le coltivazioni medesime riescano il più che sia possibile scevre da estranea vegetazione e specie da germi di forme affini a quelle oggetto di studio e da altre che, per quanto pei loro caratteri esteriori non potessero far nascere dubbi o confusioni, potrebbero però indurre delle al- terazioni nei liquidi di coltura. Colture in tal grado pure esigono anzitutto di procedere al completo isolamento degli individui deil’ alga destinata alla coltura o dei germi di essa. I metodi di isolamento sono puramente meccanici e hanno bisogno di una grande pazienza. L'operazione va fatta fra- zionando e sminuzzando successivamente in esigue parti una piccola porzione del medio contenente l’' alga desiderata. Si procede col seguente metodo. Sia p. e. da isolarsi una colonia di Pedziastrum da un fram- mento di fanghiglia che contenga a migliaia di siffatte colonie in mescolanza con varie altre alghe unicellulari. Si stempera il materiale in acqua dentro un vetro da oriuolo, indi se ne prende una piccola porzione con un contagoccie e questa si versa mescolandola in una gocciola d’acqua collocata sopra un portaoggetti La gocciola viene allora esaminata al micro- scopio senza coprioggetti con un obbiettivo a distanza focale sufficientemente lunga. Tenendo fisso l'occhio all’ oculare si adatta alla gocciola la estremità di un tudo di vetro sottil- mente capillare cercando di farvi penetrare taluna delle co- lonie scelte fra quelle che più convengono per dimensioni, stato di sviluppo o altro e che casualmente si vedono isolate. La penetrazione avviene tosto per via capillare ; ma difticil- mente riesce che la colonia vi passi isolata; la quantità di acqua aspirata dal tubicino per quanto esigua, contiene insieme alla colonia desiderata, altre colonie o alghe. Allora conviene ripetere l'operazione. A tal’uopo si sparga sopra un nuovo 6 — 206 — porta-oggetti un'altra gocciola d’acqua pura e soffiando nel tubo capillare s’ inietta quella minuta porzioncella d’ acqua contenuta in esso liquido. Naturalmente a questo punto la scelta e lo isolamento della colonia diventa più facile mediante il solito tubicino capillare. Tuttavia potrà accadere che sia necessario di ripetere il procedimento una terza, o una quarta o più volte; comunque sia o alla fine sì perviene ad isolare com- pletamente l’ alga richiesta. Cotesto metodo è perfettamente applicabile a qualsiasi altro germe ed anche a elementi molto piccoli che trattisi di isolare. Peraltro esso non ci assicura della completa immunità delle colture, potendosi facilmente insieme all’ alga desiderata, asportare dei germi di Bacteri e simili che colle loro esigue dimensioni sì sono sottratti alle nostre indagini. Però con una certa approssimazione sì raggiunge lo scopo di mantener pure le nostre coltivazioni adoperando nella descritta operazione dell’acqua distillata, previamente sterilizzata e sterilizzando altresì i tubi e i porta-oggetti da adoperarsi. Vero è altresì che non è possibile in questo caso ottenere un massimo grado di purezza; tuttavia siffatte precauzioni bastano sufficientemente ai nestri fini. Punto di partenza di una coltura pura sono spesso le zoospore. Isolarle ad una ad una riesce difficile, nemmeno è necessario ; basta che poche se ne asportino e che sia deter- minato e conosciuto il numero di esse. Lo stesso dicasi di cel- lule vegetative aventi esigue dimensioni. I metodi d'isolamento descritti, esigono, ripeto, una gran- de pazienza e diligenza per parte dello sperimentatore. Quando queste doti non mancano si può esser sicuri di ottenere ec- cellenti risultati. Isolati i germi, essi vengono trasferiti in un’ ordinaria camera umida. Quella del Van Tieghem, si raccomanda molto per la sua semplicità; io me ne sono giovato quasi sempre usan- do la precauzione di tenere ben nette tutte le parti destinate alla coltura. Queste vengono perciò fatte dentro una gocciola — 207 — di acqua sospesa al coprioggetto di detta camera e scevro di germi inquinauti e specie di Bacteri, Flagellati, Infusorii, Chi- tridi ecc. Si userà all'uopo la cautela di giovarsi di buona acqua potabile di fonte, ricca di principii minerali, previamente fatta passare attraverso un filtro di carbone. Un eccellente filtro può essere fatto colla pietra di Siracusa; se ne fanno dei turaccioli o dei cilindri dello, spessore di 2-3 cm. i quali vengono sterilizzati per via d’ alta temperatura e così pure si sterilizza l’ intiero apparecchio. Molte esperienze sono state da me istituite allo scopo di determinare la bontà di detti filtri ; essi sono affatto impermeabili ai batteri e simili germi; l'acqua li attraversa restando completamente depurata da tali orga- nismi. Epperò la pietra di Siracusa sarebbe un eccellente sub- strato di coltura pura se fosse un mezzo trasparente; tuttavia in certi casi particolari quando non fosse bisogno di ispezio- nare continuamente le colture per seguire le graduali fasi di svolgimento di un dato germe, quel medium. offre dei grandi vantaggi; esso presenta cioè il pregio di poter fare delle col- ture pure su vasta scala. Essendo la superficie di siffatto substrato bianchissima si è in grado, ad occhio nudo, di giudi- care dei progressi delle nostre coltivazioni, come presso a poco avviene per la coltura dei Bacterì alla gelatina. In una mia prossima pubblicazione farò conoscere i ri- sultali di cultura mediante una camera umida costruita secondo le esigenze di quest’ ultimo metodo. Dovrei dire qualcosa delle colture pure di alghe inferiori alla gelatina. Di questo metodo è autore, come dissi, il signor Beyerinck, e si fonda esclusivamente sui procedimenti ordinarii seguiti in bacterologia. Secondo il Beyerick, costituendo un substrato di gelatina mista ad acqua comune di fonte si può procedere allo isolamento di talune forme di alghe verdi (Rapl:dium, Scenedesmus ecc.) ; essendo cotesto mezzo nutritizio assai povero di fosfati e di azoto assimilabile non si corre il rischio che le colture vengano inquinate da bacteri; lo sviluppo di — 208 — questi è assai scarso, quindi facile il determinarli e lo allonta- narli. Le colture eseguite poi in medì nutritizi contenenti delle sostanze organiche in varie proporzione e di differente indole porgevano occasione al signor Beyerinck di determinare come le diverse condizioni dell’ ambiente inducano delle variazioni nello sviluppo e nella forma degli elementi dell’alga. Così p. e. crescendo le proporzioni di materia organica le cellule di .Sce= nedemus divengono sferiche e si svolgono alla maniera di un Pleurococcus e simili. Non è scopo di questa nota lo esaminare ì particolari risultati delle ricerche del chiarissimo autore. Essi sono di.un grande interesse per la fisiologia delle alghe verdi e confermano sempre più il principio da me già enun- ciato (1) che talune forme sono suscettive di adattamento ad un substrato ricco di priucipii organici. Io pervenivo a tali conclusioni per vie differenti da quelle seguite dal sig. Beye- rink, che coi suoi metodi di coltura alla gelatina ha gia aperto un campo d’indagini, il quala offre le migliori e più sicure ri- sorse nell’ interesse dell’ algologia sperimentale. (1) Stadi anamorfici delle alghe verdi, nel Bull. della Soc, bot. it., 1890, nà ITA VOLA delle ore dell'alta e bassa marea nella città di VENEZIA pel Giugno 1891 GIORNO | BASSA MAREA PE a. 2 1.50 > 3 2 20 » 4 ZIO 9) pl aTono, 6 410 7 435 » 8 oleole» 9 DA0 10 610 » Ig 6 45» Ia: UBLORE> 13 810 » 14 (O Rn IORS) 15 10 20 -» 16 Rat» 7 035 p 18 JeS0 >» 19 210 » 20 2000) > 21 SaaS 22 410 » QI 450. » 24 DIS 25 6E295» 26 MESI =>» 27 9 10 .» 28 L25665 ALTA MAREA 6b503 a. 80» 8 40 » 925. » 1080865 10 40 » UNO QUINTO cei DI De w Se SI Sì 2 ES uni v ) dd Sì ud do [O]; x SOIN 830 » 970» 935» L0X10n> 10-45 >» te 0405 IO 045 » DA 300 » 6 20° » BASSA MAREA Ob 0" m. DALO: pi. RESSE De Co MI UO RIE, 300» e 5 0 » ORI 620 » IDO Sidia 10 40 » Ofto: Fa INcos» 140 » ZIO OT > a» Wo VW ee WI % SI Lone, (GI 0) 640 » 12005 810 » 910 » [095 ALTA MAREA GIORNO TIA O 1 MM 000 2 SUL OT 3 3909 » 4 930. » 5 95DD » 6 08005 TI lgs 8 SO 9 Morone JET MET LS) 120 » 13 DROGA 14 00 i 5 650 » 16 CORE) 17 8 39° » 18 95» 19 JIN 2( 10808 21 RIMIONE 22 15085 23 030 p. 24 IGO» 25 PIPE, 26 SALO 2 es 28 020 29 620 » 30 Tra le due alte maree giornaliere è generalmente più elevata quella che avviene fra le 4 e le 11 pom.; tra le due basse maree è più depressa quella che accade fra l’una e le 10 ant. TTAVOTILLA delle ore dell'alta marea per l’isola d’ ISCHIA nel Giugno 1891 l SINO IA: 4130 p. 2 DDL 530 » 3 CIRO 625 » 4 650. » CA19° > 5 1740 >» ep 6 825 » 845 » "7 95 » 9125» 8 945 » LOS: 9 LO Ron 10 45 » 10 Di O» 1125 » 1l TNRS(ONESS di 12 (028 COS) 0395 » 3 1ag056 125. 14 IR 220 >» 15 290. » SUIS 16 DD 425 » 17 Ao O) DZ 18 Md 610 » 19 6 Di» 60000» 2 720 » 740 » 21 OO SIZ0O az 845 » CS 23 930 » 950 » 24 JOoMli5s5 10 40. » 25 Hone» Mo 26 11 55 » E 27 020 » 050 » 28 lez0ta 1 50: » 29 SZ. 0 AO, 20 30 ROTA Sigone big. 407 RECENSIONI Eckstein K. —- Trerische Haareinschlisse im baltischen Bernstetn (4 pag., con 1 tav.) In diversi saggi di ambra dalla costa del Baltico vennero riscontrati racchiusi dei peli animali, in maniera abbastanza caratteristica da lasciar supporre che sieno stati strappati al- l’animale dalla resina semi-liquida mentre quegli passava sui tronchi, o presso di essi, drusciandovi la propria pelle. La natura dei peli, sopratutto lo strato cuticolare di ognuno di essi ed il bulbo alla base (non sempre però, conserato) per- vmettono di giudicare che il manto animale, dal quale vennero cedute ciocche intere alla resina, doveva essere morbido. Nonostante uno studio particolareggiato, non è stato pos- sibile di dimostrare altro che i peli appartenessero a qual- che specie di scojattolo (Sciurus) ed a qualcuna dei ghiri (Myoxus). La natura dei peli lascierebbe supporre, si trattasse anche del lemming, ma non corrisponde però la posizione, essendo tali ambre prelevate dai tronchi, mentre il lemming scava e vive in gran parte, sotto terra. Undici disegni, sulla annessa tavola, illustrano il testo. SOLLA. Conwentz H. — Uber die Verbreitung des Succinils, be- sonders in Schweden und Danemark (12 pag., 1 tav.) Fra le diverse forme di ambra, distingue l’autore come una principale la succznile, intorno alla quale egli evolge le — 210 — sue idee in altro lavoro (1). Nella presente breve memoria C. riassume quanto è noto sulla diffusione della succinite lungo le coste del Mare Baltico ed anche nell'interno dei continenti (Sassonia, Brandenburgo, altrove nella Germania, negli Ura- li, ecc.), e di molte località egli asserisce di aver veduto saggi caratteristici. In una seconda parte del lavoro indica l’ autore tutti i luoghi che gli venne fatto di riscontrare con deposito della detta resina fossile nei terreni, in un viaggio scientifico, intrapreso sotto altri auspicii e con altre mire, intorno alle coste della Danimarca e su quelle meridionali della Svezia. Le indicazioni sono accompagnate da una bella carta, che ha però il difetto di non essere troppo chiara, e nella quale si trovano sotto lineate tutte le località con i depositi di succinite che non si trovano nei terreni terziari ma appartengono al pe- riodo del diluvio. Da tutta l'esposizione risulta che la succinite è molto estesa nei paesi bagnati dal Mare del Nord e dal Mar Baltico : a partire dalla costa allemana, si estendono i terreni succiniferi per tutto il piano fino al versante delle catene montuose nel centro della Germania (2), procedendo poi ad occidente fino nell’ Olanda; si ritrovano sull’isola di Urk nel mare Zuider (depositi diluviali), sulla costa di Scheveningen, e nel paese di Norfolk nell’ Inghilterra dove raggiungono il loro limite occi- dentale. Questi terreni si estendono, ad Oriente, per la Polo- nia, le provincie russe sul Baltico, ed Ingo in Finlandia, fino a Kalcedansk presso Kamensk negli Urali, dov’ è il loro limite orientale. Succinite si trova inoltre, a Settentrione, nel dilu- vionale della Jutlandia e pressochè su tutte le isole danesi, compresa Bornholm; nelle provincie di Schonin e Halland nella Svezia, e sull’isola Oelanda. (1) Monographie der baltischen Bernsteinbiàume. Danzie, 1890 con 18 tavole. (2) L’ambra della Gallizia e della Romania ha la composizione chi- mica della succinite ma possiede caratteri fisici diversi (secondo ZHe27), per cui l’aut. non la considera che quale una varietà di succinite e la esclude dalla presente dissertazione. vd — 211 — Non è da escludersi l’azione delle correnti di ghiaccio, e ciò tanto meno in quanto che si riconoscono delle scalfitture sui massi che non possono derivare altrimenti se non dagli urti dei ghiacci. Ma molta verosimiglianza acquista l’ opinione del Jentssch, e di altri geologi, che il terziario avesse posse- duto una estensione molto maggiore in queste regioni. SOLLA. Rothert W. — Wber die Vegetation des Seestrandes im Sommer 1889 (Estr. dal Korrespondensbl. des Nalurf. Ver. zu Riga; vol. XXXII, 9 pag.). Non è privo di un interesse generale, sulla natura delle coste e sull'importanza delle onde nella disseminazione e diffu- sione delle piante, l'articolo sulla vegetazione della spiaggia di Riga, che mi permetto di dare in succinto, riproducendo pressochè letteralmente il breve riassunto che ne dà l’autore nel Bofanisches Centralbatt (1). Argomento dell’ articolo pub- blicato forma il fatto particolare che neli’ estate (giugno e lu- glio) del 1889 venne a formarsi, davanti alla spiaggia di Riga e parallelo a questa per più miglia di lunghezza, un banco stretto di sabbia a pochi metri dalla costa sì che fra questa ed il banco non rimaneva che una lunga striscia di acqua morta, larga forse quanto il banco stesso. Il banco sporgeva dalle onde. Mentre per il passato la spiaggia sabbiosa di /?/9a era priva di ogni vegetazione, se sì eccettuano le poche Cake marittima, Honkenya peploides, Salsola Kali appiè delle dune, si sviluppò invece entro al bacino d’acqua morta recintato dal banco predetto una copiosa vegetazione di Zuncus dufoneus, Iranuncuus sceleratus, Veronica Anagallis e di altre piante palustri che diedero una fioritura ricca ed anche una produ- zione parziale di semi; e sulla costa persino si avvertì un in- verdimento esteso, dovuto a diverse Polygoneae. alle Cheno- podiaceae dai fusti soffusi di rossigno e dalla foglia carno- (1) Cassel, 1891, vol. XLVI, pag. 02-54. Di setta, nonchè alle comuni piante ruderali ed a qualche erba dei campi e dei prati. Come si spiega questa vegetazione insolita? La spiaggia, per sè stessa, non aveva mai prodotto piante e la pineta vicina ne alberga sì, ma di tipo diverso da quelle che si svilupparono in quei mesi. L'autore ammette che le acque della corrente, nota quivi col nome di Awrische A, e che passa a circa 1 km. dal continente, abbiano scalzato, alla loro origine, del terreno e trascinato seco radici, rizomi e semi di piante, o ne abbiano asportato nelle innondazioni primaverili. Per mezzo di dette acque sono fluitati gli organi vegetali nel mare, donde — sen- za difficolta — buttati sulla spiaggia dai marosi durante una procella. Normalmente questi organi vegetali non si svilup- pano altro perchè non trovano sulla spiaggia deserta le con- dizioni opportune alla loro vegetazione. Nel 1889 le cose pre- sero un aspetto diverso. Il banco di sabbia che si era formato, oltrechè rompere l’impeto delle onde, aveva impedito l’asporta- zione delle alghe e di altre piante marine che, portate dai fiot- ti, erano rimaste entro la stretta laguna, dove formavano una specie di strato umico favorevole alla vegetazione ; dai semi, dai rizomi potevano svilupparsi piantine che mettevano radici ed assorbivano da quel deposito di alghe e di piante oceaniche il loro primo nutrimento. — Conviene però concedere che nei mesi detti di giugno e luglio il mare rimase anche tranquillo ; poichè non appena le onde incominciarono ad infuriare sulla fine del luglio, si vide più e più diradata la vegetazione effime- ra; il banco di sabbia, il quale doveva la sua esistenza ad un fortunale primaverile, venne logorato sempre più ed un bel. giorno, dopo una forte burrasca, era scomparso completamente e con esso anche la vegetazione improvvisata. L'articolo comprova anzitutto la facilità, a condizioni favorevoli, dell’allignare di una vegetazione, e dimostra anche che se piante portate dalle correnti marine non vegetano o non si sviluppano o non prosperano sulle coste, non è da ri- cercarne la causa solo nella salsedine dell’acqua ma in tanti iii dine ia a — 215 — altri fattori sfavorevoli che distruggono ì germi non appena cominciano a svolgersi. SOLLA. Seligo. — Hydrobiologische Untersuchungen, I. Zur Kennt- nis der Lebensverhdlinisse in einigen westpreussischen Seen Naturforsch. Gesellschaft in Danzig - 7 Band III Heft. (47 pag.) Sono 92 i laghi della Germania occidentale nei quali l'au- tore ha fatto una serie completa di studi, per riguardo alla loro estensione, profondità, temperatura, fauna e flora, e con- figurazione delle sponde. I particolari sulle ricerche intraprese sono largamente esposti nel presente lavoro. Riassumendo il quale troveremo che le specie di crittogame sono diversamente ripartite, singole specie anzi limitate, nei luoghi studiati. La più frequente e più diffusa è la Clalhrocystis aeruginosa che «intorbida » l’acqua di tutti i bacini poco profondi. Sono in- vece limitate: la Lommochlide flos aquae al lago di Aywnpohl, la Polcystis ichthyolabe a quello di Mehlgast, entrambe in copia nei detti bacini; talvolta si presenta anche, ma giammai in numero stragrande, il Vo/vox globator, co’ suoi cenobi, nel lago di A/ewenau. Numerose sono le bacillariacee, quinci e quindi, fra le quali prevalgono: Synedra una longissima, Melosira varians, Pragillaria virescens. — Frequenti sono pure, sebbene non di continuo, il Ceratlium cornutum, le colonie del Pediastrum pertusum tipico, nonchè della sua varieta clalhratum, insieme all’ Asterzonella gracillima. La vita animale è stata già descritta abbastanza diffusa- mente dal Zacharzas (1). L'aut. conferma le indicazioni di questa Zoologo, ampliandole per molti altri laghi. Fra le specie le più frequenti vanno notate la Yyalodaphnia ed il Diapto- (1) Zacharias Faunische Studien in Westpreuss. Seen (Schriften der naturforsch. Ges. in Danzig. Neue Folge, Bd. VI, H. 4) e Zur Kenntnis der pelagischen und litoralen Fauna norddeutscher Seen (Zeitschr. f. wiss. Zoologie, Bd. 45). — 214 — mus gracilis; meno diffuse sono: Daphnia galeata, D. gracilis, D. pellucida, Scapholeberis obtusa; Bosmina gibbera, B. lon- gispina ; la B. cornuta è caratteristica invece per le acque di scarse profondità, nelle quali trovasi pure il CRydorus sphae- ricus. Tutte queste specie non sono però ugualmente ripartite nei laghi; la diversa profondità delle loro acque sembra essere non senza influenza in tale proposito. Quanto precede si riferisce alle condizioni pelagiche; ben diversi da queste sono i rapporti della fauna e della flora lit- toranea, essendo sopratutto svariatissime le condizioni biolo - giche sulle sponde. Queste sono generalmente coperte da piante provviste di radici, seanche talvolta i loro organi vege- tativi sono molto ridotti per opera dell’uomo o in seguito al pascolo di erbivori. Fra queste piante trovansi citate: Equi selum limosum L., Phragmiles communis Trin., Acorus Calamus L., Sagittaria sagittifolia L., Polygonum amphibiwn L.; fra le galleggianti si notano: Batrachiwn Wim., Nuphar luteum Sm., Lemne trisulca L.; sommerse sono, oltre a di- versi Potamogeton, V Elodea canadensis Rich. et Mehx., la Najas major All., ecc. Ricca e svariata è anche la vita animale presso le sponde, e si calcolano a 2000 le specie animali, fra le quali la maggior parte avertebrati (150 generi), e non tutti idrobii, alcuni anche epidri, come: la Podura aquatica, le Hydrometra, Dolomedis fimbriata, Pirata piralicus, diverse specie di Hydrophorus e di Hydrellta; persino coleotteri vi si rinvengono, nella Donacia bidens, relativamente frequente. Diversa è la vita di questi e degli altri animali a seconda delle stagioni. Nell’ estate sono frequenti le larve di C/zrono- mus, delle quali pullulano le acque, e sono letteralmente coperte le foglie delle piante. Essi si nutrono di diatomee, di protococ- coidee e dei tessuti disorganizzati di piante superiori. Diversi molluschi (gasteropodi) si nutrono più propriamente delle piante sulla sponda, mentre cadono — a lor volta — preda della Nephelis e Clepsine che sono frequenti dovunque; e que- ste irudinee sono il pasto gradito di molti pesci. Dannose e. — 215 — agli allevamenti dei pesci sono, in quei laghi, la Notonecia gtauca e la Naucoris cimicordes. Per ultimo, dopo aver ricordato sulle generali, il cibo preso da singoli altri animali lacustri e come questi cadano preda di pesci, accenna l’aut. alla presenza della Beggiatoa alba sul fondo di alcuni laghi, a profondità non minori di 45 e fin anche 55 m. Le colonie di questo schizofito hanno aspetto fiaccoso e sono brunicce, e dimostravano grande mobilità. Sin- golare è la analogia della loro vegetazione con quella del cosidetto «fondo bianco» nella baja di Aze/, mentre quì non si può ammettere, per la natura ed ubicazione dei laghi, che vi si intrometta la mano dell’uomo come là. Insieme con le colonie di Beggiatoa non si rinvennero, nel limo del fondo, che gusci di Melosira, pareti cellulari di Protococcaceae e nicchie della Bosmina, inoltre qualche 7ubifex, ma punte tracce di una larva di qualsiasi specie di C/hzronomus. Forse che la presenza dell’ E/odea canadensis in queste acque non sarà senza in- fluenza sul formarsi e svilupparsi delle dette colonie di Beg- giatoa alba. SOLLA. Irvine R. et Woodhead G. S. — On he Secretion of Line by Animals (Estr. da Proceed. of the R. Soc. of Edimn- burgh, 1889, 8.°, 8 pag.) Idem. — Secretion of Carbonste of Lime by Animals. Part II. (Estr. d. Proc. R. Soc., vol. XVI, p. 324, 8.9, 30 pag.). La questione dell'importanza fisiologica dei sali di calce nell'economia della vita marina forma l’ argomento principale delle due memorie; gli autori si fanno la domanda se l'enorme quantità di carbonato di calce che viene segregato dagli ani- mali, e come tale entra a far parte dei depositi sedimentari, venga assorbito dagli animali nella forma di carbonato oppure si formi appena, da altri sali, nell'interno del loro organismo. I primi esperimenti in proposito vennero fatti con galline, tenute in stanze con pareti di legno, ed alle quali vennero som- — 216 — ministrati cibi perfettamente privi di carbonato di calce. Si somministrarono invece altri sali di calce, col cibo, ai detti volatili e nonpertanto i gusci delle uova erano di carbonato di calce, tranne forse tracce — in singoli casi — di fosfato o di solfato di calce. Sostituendo invece sali affini, alla calce, come p. es., magnesio o stronziana — il bario non venne impiegato perchè velenoso — allora le uova venivano deposte senza guscio. È interessante poi l’ avvertire che la somministrazione di un sale determinato, per prova, durava per quattordici giorni di seguito; prima di passare all’ esperimento con un nuovo sale, veniva somministrato, in alternanza, cibo con car- bonato di calce, e le uova venivano deposte, già dopo 48 ore, con un guscio perfettamente normale. Gli autori sono del parere che i sali di calce, in qualunque combinazione, venis- sero trasformati, per i processi digestivi, in fosfato, e condotti, in questa combinazione, fino alle cellule secretrici degli ovi- dutti dove subissero una nuova scomposizione per unirsi col- l'anidride carbonica 7 statu nascendi, oppure già presente come carbonato di altri composti, e formassero quivi la com- binazione del carbonato di calce che involge le uova. Una seconda serie di esperimenti venne tentata con cro- stacei diversi (granchi). Diversi maschi e femmine di questi animali vennero posti in un’ acqua espressamente preparata, sulla formola dell’acqua marina, ma senza calce. Acqua co- mune venne depauperata, mediante acido cloridrico del suo contenuto di calce; poscia vi si aggiunsero i sali marini — eccettuatine i calcarei — in quella proporzione nella quale - sono contenuti nell’ acqua di mare. L'analisi chimica di questa «acqua marina artificiale» è data, insieme ad altre analisi relative agli esperimenti intrapresi, quale appendice alla se- conda delle Memorie. L'acqua — neutrale affatto — venne posta in speciali vaschette nelle quali pescava un apparato polverizzatore, per la deaerazione, mediante aria atmosferica di un getto della stessa acqua preparata che si faceva sgor- gare sotto forte pressione. Nell’ acqua. vennero collocati i Le — 217 — erostacci, che si ebbe cura di alimentare con carne muscolare cruda. Gli animali però non prosperarono: nei primi mesi si sbarazzarono del loro invoglio, senza aver la forza di rifarlo, e caddero preda l'uno dell'altro; pochi soltanto addimostra- rono di adattarsi meglio. Supponendo si trattasse di spazio limitato, vennero posti gli animali, più radi, in parecchi altri vasi, con la stessa acqua, taluni esposti al sole, altri all’ om- bra, nell’acqua vennero poste delle pietre (non però calcaree) delle alghe — nullameno, il successo fu sempre negativo. Ag- giungendo invece all'acqua del cloruro di calcio, sì ebbe, dopo qualche tempo, una lenta formazione di dermascheletro calcareo; successi analoghi vennero ottenuti, anche meglio, aggiungendo all'acqua bromuro di magnesio; sostituendo il cloruro con solfato di calce, ad esclusione del bromuro di magnesio, si potè mantenere in vita, gli animali per tutto l’ inverno. In seguito alle resultanze ottenute dagli esperimenti, con- siderano gli autori il comportarsi dei sali di calce, assorbiti col nutrimento dall’ ambiente, nell’ organismo animale e preci- samente nell'interno del sangue e della linfa, nonchè nell’in- terno di quelle cellule che stanno direttamente a contatto col- l'apparato circolatorio e che si devono considerare quali cel- lule elaboratrici. Poichè in guisa identica ha luogo anche la produzione delle ossa nell’interno dell’ organismo di un ver- tebrato. — Cosicchè riassumendo i fatti diffusamente esposti, riuniscono gli autori i loro concetti nelle leggi seguenti. Il carbonato di calce si trova, disciolto in minima quantità, nell’acqua di mare, mentre vi sono più frequenti gli altri sali calcarei, sopratutto il gesso. Le galline possono utilizzare il solfato, ma non altri sali di calce, per formare gusci perfetti intorno alle loro uova, composti di carbonato calcico. Nel corpo, nel gozzo, e nelle evacuazioni di una gallina nutrita con questo sale non si trovano che tracce di carbonato, ma relativamente abbondanti quantità di fosfato calcico. Nell’apparato digerente possono — 218 — formarsi il solfuro di calce quindi il fosfato od il cloruro di calce, oppure dei saponi di calce. Questi ultimi danno con il muco della cloaca il carbonato di calce, l anidride carbonica ed idrogeno o idrogeno carburato. La calce viene condotta alle cellule secretrici dell'epitelio, negli ovari degli uccelli sotto forma di un fosfato solubile di calce o soda o come cloruro di calce, oppure combinata ad acidi grassi sotto forma di un sapone, e può arrivarvi anche — ma non sembra gran fatto probabile -—- quale carbonato. La secrezione ha luogo insieme con gli urati, col carbonato d’ammonio, coll’ anidride carbonica #n slatu nascendi, ecc. ; quest’ ultima sì combina, in presenza degli urati o del carbo- nato d’ ammoniaca, con la calce direttamente e ne risulta un deposito di carbonato calcico abbondante nella membrana or- ganica, come il guscio dell'uovo è formato di carbonato di calce insolubile. In alcune uova il carbonato è parzialmente sostituito dal fosfato di calce. Mentre questi processi sì svolgono nelle galline, puossi ammettere che abbia luogo, in maniera analoga, la produzione di carbonato di calce anche presso gli animali marini, i quali hanno a loro disposizione il solfato di calce in presenza del cloruro di sodio. I crostacei, a quanto pare, non assimilano il solfato di calce, neppure in presenza del cloruro di sodio; tanto è vero che messi in un’ acqua artificiale, che contenga i due sali, ma non contenga invece il cloruro di calce, essi non rifaranno il guscio calcareo dopo aver deposto quello che possedevano precedentemente. Aggiungendo però all'acqua il cloruro di calce, ed anche levandone il solfato, ha luogo la produzione di calce nel dermascheletro. La formazione del dermascheletro calcareo dei crostacei è notevolmente differente dalla produzione di un guscio cal- careo intorno alle uova di una gallina, e sembra anzi segnare un tipo intermediario fra quest’ ultima e la produzione di calce — 219 — nelle ossa. Nel guscio dei crostacei si ha, in realtà, il depo- sito di carbonato di calce nella parte chitinosa delle cellule crescenti dell'epitelio; invece nella uova, il carbonato viene a formare una massa che è quasi distinta dal resto dell’ uovo. Nelle ossa, all'incontro, è la matrice, nella quale avviene il deposito del sale, quantunque separata, pure intimamente con- nessa mediante piccole cellule che non hanno carattere epite- liale. Nei gusci d'uovo vengono segregate le sostanze organiche e quelle inorganiche insieme, ma poscia separate dalle cellule epiteliali. Nel dermascheletro dei crostacei rimane la sostanza organica — la chitina — aderente alla parte esterna delle cellule epiteliali, mentre i sali di calce vengono deposti, pro- babilmente per un processo dialitico, in quest’ ultime. Nelle ossa non sì tratta di cellule epiteliali ; la matrice, benchè se- parata, trovasi in nesso diretto con le cellule, specialmente al tempo della loro formazione, e la calce viene depositata — a quanto pare anche quì in via dialitica — nella matrice. In grandi quantità, e costanti, rinviensi nel sangue e nella linfa, l'acido fosforico combinato con gli alcali e con le terre alcaline. Esso agisce quale veicolo della calce ecc., per trasportarla verso tutti i punti nell’ interno dell'organismo nei quali diventa libera l anidride carbonica. Questa formerà subito il carbonato di calce, mentre l'acido fosforico, messo in libertà, rientra nella circolazione per continuare la sua pro- duzione di trasporto. L'anidride carbonica emessa dalle cellule prossime alla matrice delle ossa effettua, subito allo stato nascente, un pre- cipitato di entrambi i sali, cioè del fosfato e del carbonato calcico nelle ossa; i quali vengono poscia dializzati nell’ in- terno della matrice. Nella maggior parte degli strati secretori, nonchè nei liquidi che li suppliscono, si riscontra la calce sotto forma di un fosfato. Dove il liquido bagna direttamente la matrice, o dove non_vi abbia l'intervento di uno strato epi- teliale secretore, viene prodotto in grande quantità il fosfato calcico — come nelle ossa —; dove esiste però uno strato — 220 — epiteliale secretore e dove esiste una distanza, od evvi inter- posto un tessuto fra i liquidi e la sede del deposito calcico, si ha di preferenza la formazione del carbonato di questo sale. Nello strato secretore del mantello di alcuni molluschi, come anche negli ovidutti delle galline, trovasi la calce princi- palmente combinata all’ anidride fosforica, mentre il liquido che bagna la superficie esterna di questi, ed anche i gusci stessi, contengono la calce precipuamente allo stato di car- bonato. Siavi pure un intervallo netto fra la superficie secer- nente e il campo del deposito, o sia sviluppato un tessuto chitinoso — 0 qualche altro — fra le cellule secretrici ed il tessuto che si infiltra di calce, si avvertirà sempre una ten- denza marcata alla combinazione di questo elemento coll’ ani- dride carbonica, per essere depositato quale carbonato. Qualunque combinazione salina della calce viene deposi- fata in tessuti vivi bensì ma inattivi; si riscontra perciò nella matrice delle ossa, nella chitina, dubitativamente anche nei vecchi tessuti fibrosi e persino in quelli che presentano una degenerazione grassa o caseosa. Tutte le volte che viene a formarsi uno di questi tessuti 72074, ha luogo una dialisi per la quale viene precipitata la calce in una combinazione insolubile. Benchè però la calce sia depositata in tessuti morti e dializ- zata attraverso una membrana inattiva, essa è apparentemente separata dai liquidi del corpo mediante l'attivita della massa sarcode delle cellule segreganti anidride carbonica. Se nel sangue si trova la calce associata con fosfati al- calini e con albuminoidi in eccesso, allora essa si deposita quale fosfato — come nella formazione delle ossa; se viene rimpiazzata all'incontro, da un eccesso di carbonati alcalini — come presso gli animali marini — allora si avrà la produ- zione del carbonato. I coralli hanno uno strato secretore di cellule essenzial: mente simili agli strati secretorì surricordati, ed anche i pro- dotti della loro attività vitale assumono forme identiche: chi- tina, chitina con infiltrazioni di carbonato calcico, e in quan- LOR — 21 tità il carbonato di calce cementato da scarse porzioni di materiale organico. Il carbonato di calce si formerebbe adunque nel modo seguente: il carbonato d’ammonio risultante dalla decompo- sizione dei prodotti finali nella vita animale, dall’ urea, ecc., decompone una parte del solfato di calce, nell'acqua marina, formandone, in proporzione equivalente, il carbonato calcico. La maggior parte del carbonato di calce nei depositi oceanici è risultante dalla vita animale. SOLLA. Murray J. et Irvine R. — On Coral Reefs and other Car- bonat of Lime Formalions in Modern Seas. Gli autori si propongono di confrontare e di discutere, nel presente lavoro, diversi fra’ fenomeni più generali dei de- positi oceanici, con ispeciale riguardo ai coralli nonchè agli altri organismi che segregano calce, e all’ accumularsi delle conchiglie morte e degli scheletri sul fondo del grande oceano. Il primo punto viene rivolto perciò alla vita di coralli e di questi c’ intrattiene pressochè esclusivamente tutta la me- moria. — Premesso che coralli non fanno se non nelle acque di una certa temperatura, e che sono perciò limitati nella loro distribuzione geografica, ricorrono gli autori alle osservazioni fatte a bordo del ChaZenger per le quali venne dimostrato che animali dello stesso ordine, e persino gli stessi generi, possono fare anche nei mari freddi, finanche nei mari polari, ma che allora o non secernono all’esterno il guscio calcareo, 0 quando mai, questo è assai meno massiccio dei depositi calcarei ‘con i quali circondano i coralli le proprie colonie, nei mari tropicali. Nelle dragazioni fatte, a profondità diverse, in oc- casione delle esplorazioni con la nave predetta, si rilevò un secondo fatto d'importanza che, cioè, a profondità diverse segregano gli stessi animali (coralli ed altri) il carbonato di calce in grado diverso, e tanto minore è la quantità di questo sale quanto più aumenta la profondità. In appoggio a questi 7 ven III, Lu fatti vengono gli studi degli organismi pelagici, di Pleropoda, Heteropoda, Gasteropoda, di foraminifere e persino di alghe calcaree, pescati a profondità diverse. Segue, in proposito, una tavola comparativa dimostrante i percenti di carbonato cal- cico, in depositi diversi ed a profondità diverse dell'oceano. Uno degli autori, il Murray, aveva calcolato già prece- dentemente (1880) il quantitativo di carbonato calcico che viene asportato dalle onde, nel corso di 24 ore, da una bar- riera di coralli (1). Negli ultimi anni venne posta la questione di seguire la secrezione, nonchè la solubilità, della combinazione in parola, sotto condizioni diverse. In primo luogo andrebbe osservata la secrezione per parte degli organismi viventi, mentre formerebbe un argomento, secondario ed a sè, la so- lubilità del carbonato di calce dalle valve di molluschi e dagli scheletri. Gli autori cercano di portar luce nella questione, ripe- tendo in parte e riferendosi a quanto uno di essi, 1’ Irvine, ebbe già ad esperimentare insieme col Woodhead per ri- guardo alla secrezione del carbonato calceico (2). Altri espe- rimenti sono stati tentati con notevoli modificazioni, ed i loro risultati sono espressi in cifre, per le quali non posso che rinviare al lavoro originale. Aggiungerò anche che gli autori analizzarono le acque di mari diversi, relativamente alla vita organica nelle loro onde. Donde risultò che le acque dei mari popolati da banchi di corallo contengono due volte più sali ammoniacali che il mare Atlantico (a Settentrione) e tre più che l’acqua del mare Germanico. Gli autori argomenlano poi nella seguente maniera: il carbonato d’ammonio che sì sprigiona nel decomporsi dei pro- dotti animali, si combina, in presenza del gesso nelle acque marine, con la calce e si ottiene da un lato il carbonato cal- cico dall’ altro il solfato d'ammonio, Quest’ ultimo sale viene (1) Murray, Structure and Origine of Coral Rees, in Proceed. Roy. Soc. Edinburgh, vol. X, p. #08. (2) Vedi il riassunto precedente, —_ 223 — a sua volta assorbito dalla flora marina, che fornisce il nu- trimento agli animali nelle onde, ed è in parte decomposto in azoto libero ed in nitrati. Cosicchè tutti i sali di calce, nel mare, possono venire trasformati — per processi analoghi — in carbonati ed essere offerti, per tal modo ai coralli ed agli animali secernenti gusci calcarei, sotto una forma che è me- glio adattata ai loro bisogni. È da osservarsi però che tutti questi processi si svolgono nel mare a temperature determi. minate, cosicchè la temperatura dell’ acqua è di massima im- portanza perchè possano aver luogo o meno. Talchè nelle acque fredde viene ritardata notevolmente la decomposizione delle materie organiche azotate. La ipotesi premessa sulle trasformazioni dei sali calcarei nelle acque marine spieghe- rebbe, il perchè in queste si trovi una esigua quantità di car- bonato calcico, sotto un punto di vista diverso dalla opinione generalmente diffusa, che il sale venisse assorbito in enormi quantità dagli animali secernenti parti calcaree (1). Mentre negli animali superiori (p. e. nelle galline) viene segregato il carbonato calcico dal sangue, è, per gli animali inferiori (co- ralli ecc.) molto più vantaggioso che si formi il carbonato di ammoniaca, ii quale subisce le predette modificazioni, facili- tando alla massa sarcodea il deposito del carbonato calcico. L'acqua di mare, come già si disse, è di costituzione salina differente in diversi punti dell'oceano, e dipende ciò sopratutto dalla diversità della vita organica nel suo seno, come anche dalla diversità delle temperature nelle stagioni dell’anno. Ne viene, per diretta conseguenza, che anche la produzione del carbonato di calce, per decomposizione dei gusci calcarei abbandonati sul fondo del mare, sarà diversa a seconda del tempo e dei luoghi, e lo dimostrano le molte analisi eseguite in proposito dagli autori ed aggiunte, in tabelle, quale appen- dice alla Memoria presentata. Ordinariamente si avrà, in me- (1) Maggiori schiarimenti si avrà leggendo in Zischof, Chemical and Physical Geology, vol. I, p. 180. dia, 0.42 gr. di carbonato calcico per un litro d’acqua di mare; ma questa cifra può anche aumentare considerevolmente, in certe circostanze; ma l’acqua del mare non è al grado di mantenere in soluzione, a lungo, un eccesso di questo sale e lo deposita a riempimento di interspazi nelle barriere di co- ralli, fra le rocce delle isole coralline e nelle altre formazioni calcaree. Dagli esperimenti degli autori risulta però una no- tevole differenza fra il quantitativo di carbonato calcico che va sciogliendosi nelle acque di mare, e le strutture calcaree entro un dato tempo. Ed è altresì una regola che quanto più una sostanza è cristallina, e tanto meno essa è solubile : co- ralli massicci sono assai meno solubili di quelli porosi. Nelle profondità dei mari aumenta generalmente il quan- titativo di carbonato calcico ; ed è dovuto alla quantità di pro- dotti di decomposizione che si trovano, per organismi morenti o morti, sul fondo dei mari. Tanto è vero che corpi ricchi di sostanza organica secernenti carbonato di calce, sì disgregano e scompaiono più presto di quelli, pure secernenti prodotti calcarei, ma con scarsa quantità di tessuto organico. Come le acque nel fondo del mare sono più ricche di anidride carbonica e si trovano quivi a lungo contatto coi gusci calcarei mossi dalle onde, così si avra anche per l’acqua nell'interno di una laguna delle barriere coralligene, un ec- cesso di anidride carbonica libera che intaccherà, col continuo movimento delle onde, le parti calcaree dei coralli morti, e la sabbia al fondo della laguna e porterà quindi anche grandi quantità di carbonato di calce in sospensione. Quest’ acqua trasportata poi oltre dalle correnti, porterà seco e diffonderà nell’oceano quantità di carbonato di calce, che verrà ridisciolto per l’azione delle acque; una parte della calce verrà a depo- sitarsi sul fondo e vi si accumulerà. A questo sì aggiunga l’azione dei fiumi che logorano im- percettibilmente, ma incessantamente le rocce calcaree e ne asportano i detriti a varie distanze, innoltrandone pur sempre singole porzioni, sotto forma di bellette, nei mari. SOLLA, ETRO INDICE BIBLIOGRA FICO Di LAVORI ALGOLOGICI RECENTEMENTE PUBBLICATI (1890-91) A ai ADDA Andersson 0. Fr. Bidrag till Kannedomen om Sveriges chlorophyllophy- ceer — 1.° Clorophyllophyceer, tran. Roslagen — (Med en tafla) — Stockholm 1890. Anderson F. W. and Kelsey F. D. Common and Conspicuous Algae of Montana — Bulletin of the Torrey Botanical Club. -- May 1891. Arcangeli G. La Zaminaria digitata L. nel Mediterraneo — Atti della Soc. Tuscana di Scienze Naturali — Adunanza del 16 Novembre 1890. Artari L. Zur Evtwicklungsgeschichte des Wassernetzes (4ydrodictyon Utriculatum Roth.) —- M. 1 Tafel — Bull. de la Soc. Imperial des Naturulistes Moscou 1890. N. 2. Barton Ethel S. On the Occurence of Galls in Ahkodymenia Palmata Grev. (w. plate) — Journal of Botany -—— March 1891. Batters A. L. A list of the Marine Algae of Berwick-on-Tweed — Berm ickshire Naturalist Club Transactions 1889. publ. in 1890. Beyerinck W. Culture sur gélatine d’ algues vertes unicellulaines. — Archives Néerlandaises des Sciences Exactes Tome 24. Livraisons 4.5. Bornet E. Faucbera mierospora sp. n. et Zosterocarpus Oedogomiun (1 plance) — Bull. Suc. Bot. de France XXXVII — Comptes Rendus 3 Septembre 1890. Borzi A. Noterelle ficologiche — Za Nuova Notarisia — Marzo 1891. Brun - Bergon - Cleve - Grove - Pantocsek - Tempère. Diatomées rares ou nouvelles, Ze Diatomiste N. 3 1890. Buffham T.. H. On the Reproductive Organs of some of the Florideae PI. XV-XVI. Journal Quekett. Microsc. Club. 1891 — pp. 246-254. Campbell D. H. Studies in Cell-division — Bull. Zorney Botanical Club. May 1890. Carter B. F. Diatoms, theie Life-History and their Classification — Z%e American Monthly Miroscop. Journal. -—— Vol. XII. N. i. — Ja- nuary 1891. Cox J. D. Diatom-Strueture. The interpretation of Microscopical images — Journal of the New-York Microscopical Society — April 1891. Cox D. J. D. Les Diatomées, leur nutrition et leurs mouvements — Jour- nal de Micrographie 26 Octobre 1890. — 22) — Cox J. D. Deformed Diatoms — 7%e American Society of Microscopist. Meeting 1890. Cox J. D. The Coscinodisceae -- Notes on some unreliable criteria of ge- nera and species. — Proc. of the American Society of Microscopist. — Meetin® 1890. Cramer C. Uber das Verhaeltniss von Chlorodictyon foliosum Z. 4g. {Cau- lerpeen) und Ramalinva reticulata ( Noekden) Krplhb. (Lichenen). Schmeizerisch. Bolan. Gesellsch. Heft. I, 1891. Dangeard P. A. La Clorophylle normale exist-t-elle chez les animaux ? — Le Naturalista — l.er Mars 1891. Dangeard P. A. Contribution è l’étude des Bactériacées vertes avec 1 pl. Le Botaniste. 25 Févr, 1891. Dangeard P. A. Sur la présence de crampons dans les conjuguèes (avec 2 fig.). — Ze Botaniste 2.e serie 25 février 1891. Dangeard P. A. A propos des crampons des conjugudges. — Ze Botaniste lier Mai 1891. Degagny C. Sur la division cellulaire ches le Spirogira Orthospira — Journal de Micrographie. 25 October 1890. De Toni G. B. Sulla Navicula aponina Kiitz e sui due generi Bradgtona K. Libellus Cleve — Afti del . Islituto Veneto di Scienze — 1891. De Wildeman E, Tableau comparatif des algues de Belgiques — 2Bull. de la Soc. Royal de Bot. de Belgique — 8 décembr. 1890. De Wiideman E. Observations algologiques — Bull. de la Soc. Roy. bot. Belg. t. XXIX — 189I. De Wildeman E. Premières recherches au sujet de l’influence de la tem- pérature par la Marche la durée et la frèquence de la caryocinèse dans ie ròvne végetal — Mémotîre couronné par la Société Royale des Sciences medicales et Naturelles de Bruxelles — Bruxelles 1891. Duchesne L. Etude microphotographique — Les Perles du Pleurosigme Angulatum — Ze Diatomiste N. 3 — 1890. Dutertre E. Sur la Photographie des Diatomées — Ze Diatumiste N. 3 1890. Gay F. Le genre Rhizoclonium — Journal de Botanique — Février 1891. Gay Fr. Sur la Morphologie des Cladophora — Journal! de Botanique ISEE Gay F. Recherches sur le développement et la classification de quelque algues vertes — Avec 15 plane. en chromolithographie — Paris 1891. Gomont Maurice. Essai de classification des Nostocacées Homocystées — Journal de Botanique 16 Octobre 1590 — Paris Goroschankin. Beitrage Zur Kenntniss der Morphologie und Systematik der Chlamydomonaden, 1.9 Clamydomonas Braunii mihi m. 2 color. tafeln. Bull. de la Soc. Impériale des Naturalistes de Moscow 1890. Gutwinski R. Algae e lacu Baykal et e paeninsula Kamtschatka — Ze Nuova Notarisia — Marzo 1891. Hansgirg A. Physiologiseche und algologische Mittheilungen — Mit 1 Tafel. —— X. Bohm. Gesellschaft der Wissenchaften. 1890. Hariot P. Les Trentepohlia pléiocarpes —- Journal de Botanique T. V. 1891. Hariot P. Le genre Polycoccus Kiltz. — Journal de Bolanique T. V. — 1891. p. 13. Harvey-Gibson R. Notes on the Histoloey of Polysiphonia fastigiata (Roth.) Grev. W. 1 plate — Jornal of Botany. Mai 1891. Harvey-Gibson R. F. A revised list of the Marine Algae of the L. M. B. C. district —- W. 4 plates — Zrans. Biol. Soc. Loop Vol. sE Liver- pool 1891. Herdman W. A. 7%:rd annual Report Puffin Island Biological Station p. 7-14 — (Condition of the Sea and Zoning of the Shore) — Liver- pool 1890. Herdman W. A. Fourth Annual Report Puffin Island Biological Station. p. 7-11 (Surface Organisms and The Sea-Weeds of the district) — Liverpool 1891. € Holmes E. and Batters E. A revised list of British Marine Aleae — Aw- nals of Botany -— Vol. V. 189). Hy F. Sur quelques characées récoltées è la session de la Rochelle -- Societé Bot. de France Bulletin —- Paris 1890. Hy F. Sur les caractéres généraux de la famille des Characées et leur importance taxonomique — Société Francaise de botanique — Tou- louse 1890. Johnson T. Observations on Brown and Red Seaweeds — Pep. Bril. As- soc. 1899. Johnson T. Dictyopetris; remarks on the Systematie Position of the Dic- tyotaceae — Journal Linn. Soc. 1890. Istvanffi Gyulatal. Algene nonnullae a beato C. Frivaldszky in Rumelia lectae -—- A Museo Nationali Hungarico Budapestensi vulgato. 1890. Kiellman F. R. Undersòknin® af Nàgera till slietet Adenocistis Hook fil. et Harv. — Med en tafla Bihang Till. K. Scensha Vest. Akad. Handlingar. Band 15 Afd, III N. 1. Klebahn H. Studien ilber Zygoten 1° die Keimung von Closterium und Cosmarium pl. 2. Jalrb. Wissensch. Bot. 1890. pp. 305-308. Knut Bohlin. Myxochaete { M. barbata) N. o. et sp. — X. Svenzka Veb. Akad. Handlingar — Band 15 Afat III N. 4 — Stockolm 1890. Kozlowski W. Materiaux pour servir a l’etude de la flore algologique d’eau douce de la Sibérie. Article II. -- plance 1.° — Memozres de la Soc. des Naturalistes de Kiew -—- Tom. XI — Livraison 1. 1890. Lagerheim G. Bertholdia Nov. Nom. und Dictyocystis nov. gen. Za Nuova Notarisia 26 Ottobre 1890. Lagerheim G. Glocochaete Zag. und Schrammia Dangard — Za Nuova Notarisia 26 Ottobre 1890. Macchiati L. Primo elenco di diatome e del laghetto artificiale del pub- blico giardino di Modena, e qualche osservazione sulla biologia di questa alghe — Bull. della Soc. Ital. — Gennaio 1891. Migula W. Die Characeen — Lieferung IV. — Leipzig 1891. Miller Otto Bacillariaceen aus lava — Berichten der Deutschen botan. Gesellsch. Jahr. 1890 — Band III. — Heft 9 — Berlin 1890. Oitmanns P. Uber die Bedeutung der concentrations inderungen des Meer wassers fur das Leben der Algen — X. Preus. Akadem. d. Wissen- schaft zu Berlin 13 Februar 1891, Peragallo H, Monographie dès Diatomées (Ier partie) — Ze Diafomiste N. 4 Mars 1891, — 228 — Piccone A. Noterelle ficologiche VII-X — Za Nwova Notarisia 2 Mar- zo 1891. Prudent. Récolte de Diatomées Suc. Botanique de Lyon-September 1889 (publié Decembre 1890). Rattray J. A Revision of the Genus Coscinodiscus and some Allied Ge- nera. -- Proceding of Royal Society of Edimbourgh sess. 1888-89 — p. 419-692 W. 3 plates — 1890. Reinbold D. Th. Die Cyanophyceen (Blautange) der Kieler Fòhrde — Shrift. des Natur. Vereins fiir Schleswig — Holstein. —- Band VIII Heft 2. Roy John, Fresh-Water algae of Endbridge Lake and Vicinity. Hamp- shire — Journal of Botany 1890. Roy John. The Desmids of the Alford district. — 7%e Scottish Natura- list Vol. X. — 1890. Seligo. Hydrobiologische Untersuchungen — 1.° Zur Kenntniss der Le- benensverhiltnisse in einigen Westpreuss:ischen Seen. — Naturforseh Gesellschaft in Danzig — ©. Band. III Heft. — Danzig 1890. Shrubsole W. H. Ou a New Diatom from the Estuary of the Thames — Journ. Quekett Micros. Club 1891 pp 259-262. Smith F. T. Structure of the Pleurosioma Valve — W. 2 plate. -- Journal of the New-Yorh Microscopical Society. April 1891. Stockmayer S. Vancheria caespitosa Mit 1 Tafel. Z/edwigia Heft 5 1890 Stockmayer S. Ueber die Algengattung Rizoclonium (m. 27 Zinkogra- phien) — X. X. Zoologisch. botanischen Gesellschaft in Wien -- 1 October 1890. Tempère I. Recherche et recolte des Diatomées — Ze Dialomiste N. 3, 1890, n. 4, 1891. Traill W. G. The Marine Algae of the Dunbar Coast and of the Ork- ney Jslands. 77ans. Bot. Soc. Edimb. XVII 1890. Van Heurck H. La Nouvelle combinaison optique de M. Zeiss et la Struce- ture de la Valve des diatomées Soc. Bel de Microscop. — T. 13 — 3.me lascicule 1890. Wolle F. Diatomaceae of North America, illustrated with twently-three hundred figures ete. — Bethlehem Pa. — The comenins Press 1890. Zacharias E. Ueber Bildung und Wachstum der Zellhaut bei Chara foe- tida Deutsch. Botan. Gesellsch. — Berichten Band VIII — 1891, Zukal H. Halbflechten (W. 1 taf.) — lora oder allgem. botan. Zeitung 1891. Heft 1. VENEZIA 4891. — STAB. TIPO-LITOGRAFICO DEI FRATELLI VISENTINI Piazza Manin, Calle della Vida, 4296 MOTO an n ATE, Anno I. "30 Giugno 1891 N. 6 G NEPTUNIA RIVISTA MENSILE Per gl studi di scienza pura ed applicata (2,666. SUL MARE E SUOI ORGANISMI FIS IP:45.97. Commentario Generale per le alghe a seguito della NOTARISIA Direttore: — Dott. D. LEVI- MORENOS SOMMARIO DEL NUMERO 6 — 30 GIUGNO iC0I Schiitt F. — Analytische Planktonstudien. . pag. 229 Grablovitz G. — Tavole delle ore dell’ alta e bassa marea nella città di Venezia ed isola d’Ischia pei mesi di Luglio ed Agosto 1891. De Wildeman E. — Notice sur la vie et les travaux de Carl Wilhelm von Nigeli . » 251 De Wildeman E. —— Sur les crampons des conjugées. . . . . 259 Mibius M. — Conspectus algarum endopbytarum (contin.). . . » 262 x Note di Tecnica Lo Bianco S. — Méthodes en usages à la station zoologique de Naples pour la conservation des animaux marins (suite) . » 270 Dirazione ed Amministrazione della Neptunia: S. Samuele 3422 - Venesia Prezzo d’ Associazione annuo: per l'Italia It L 20, — per l'Estoro (Unione postale) IL L 20, é Ò . LI I @ I) Venezia 1891 — Tip. Frat. Visentini LE A Pao it cite BI birra le LEA IAA RR RA SIDE SaR ra; | sca NEPTUNIA RIVISTA MENSILE PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA ED APPLICATA SUL MARE E SUOI ORGANISME E — Do Commentario Genera/e per le alghe a seguito delia NOTARISIA Direttore Dott. DAVID LEVI-MORENOS COLLABORATORI ' Per l’Italia It. L. 80, — Per l'Estero (Unione postale) It. L. ® Artari A. Università di Mosca. Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- erafico R. Marina di Genova. Bonardi E.. Università di Pisa Borzi A.. Univ. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d’A gri- coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. di Padova Camerano L.. Univ. di Torino Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma. Cattaneo G., Univ. di Genova. Cuboni G., R. Istituto di Patologia Vegetale, Roma. Dangeard P. A., Univ, di Caen. De Wildeman E.. Jardin Botanique, de l’Etat. Bruxelles. Garcin A. G., Univ. di Lvon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietrobureo Grablovitz G., Direttore de]l’Osser- vatorio Geo -Dinamico d’ Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariot P., Musée Nationale d’Hist. È ade di Paris. arvey-Gibson R., Un. di Liverpool. Hy Ch., Univ. di ADEEr, dia Imhof 0. 1. Univ. di Zurigo. Istvanffi J., Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Upsala. Lagerheim G., Un. di Quito-Equador. Lanzi M., Univ. di Roma. Lemaire A., Liceo di Nancy. Leuduger-Fortmorel, Micrografo a Doulon (Francia) Mobius M., Univ. d’ Heidelberg. Maggi L.. Univ. di Pavia. Mancini E., Segretario R. Acc. dei Lincei. Roma. Marinelli G.. Univ. di Padova. Millosevich E., R. Osservatorio cen- trale di Metereologia e Geodina- mica, Roma. Magnus P. Università di Berlino. Miiller 0.. Micrografo, Berlino. Ninni P. A., Membro della Comm. Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P., Univ. d’ Erlangen. Schiitt F.. Univ. di Kiel. Solla F., R. Scu.la Forestale di Val- lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Agente d’Italia per 1° Africa Occideniale. Thoulet |.. Univ. di Nancy. Valle A.. Civico Museo di Trieste. Vicentini G. R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Acc. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N., Scuola Sup. d’ Agricoltura di Aas (Svezia). Zukal H., Università di Vienna. V po euoIzatig IUlLULU N U[jop QuozeaIs r N INQ.Ld , ta, : \ La Neptunia comprende le seguenti rubriche : Studi originali sul mare e suoi fenomeni; sugli organismi marini, piante od animali. . Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscicultura, malattie dei pesci etc. Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine o lacustri ; notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. Resoconto della campagne oceonografiche fatte dalla Marina nazio- nale. dalle Marine estere o per privata iniziativa. . Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico del mare e suoi organismi. . Note. appunti e recensioni critiche. . Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi organismi. Notiziario. sociazione annua : ’ . Prezzo d' as OO DO 1_A WN A GEFE UNWLS ‘S VIZIUO LI beONIA ANALYTISCITE PLANKTONSTUDIEN branz:Schnutt I. ZIELE. Kisten-und Hochseestudium. Die wissenschaftliche Zoologie hat sich in den letzten Jahrzehnten vorzugsweise dem Studium der Meeresorganis- men zugegewandt. Um die Schatze des Meeres der Untersuch- ung leichter zugànglich zu machen, wurden an verschiede- nen Kiisten zoologische Stationen gegriindet, mit deren Hilfe sich das Studium der Meeresthiere zu einer friher ungeahnten Hoòhe emporgeschwangen hat. Seit Beginn dieser neuen For- sehungsepoche sind nicht nur zahlreiche neue Formen aufge- funden und in das System eingereiht worden, sondern auch nach ihrem Bau und ihrer Entwicklungsgeschichte genau stu- dirt worden, und fir viele haben wir auch ùber ihre biologi- schen Verhàltnisse Aufklirung erhalten. Fir unabsehbare Zeiten werden die an den Kiisten gefangenen Organismen noch werthvollstes Material fùr wissenschaftliche Untersuch- ungen. liefern, und demgemiss werden die zoologischen Sta- tionen, da ein grosser Theil der Fragen sich eben nur mit ihrer Hilfe lòsen lisst, immer die Basis fùr die zoologischen Forschungen bleiben. eo) In der Natur der Sache liegt es aber begriindet, dass das Studium der Kùstenorganismen nicht alle Fragen des ein- schliigigen Forschungsgebietes lòsen kann. Beziiglich derjeni- gen Formen, die nur auf hoher See, nicht aber an den Kisten gefunden werden, ist dies von vornherein klar. Fiùr diese Or- ganismen genigt das Studium an den Kùsten natùrlich nicht, aber selbst fùr die an den Kilsten vorkommenden Formen missen wir uns noch nach weiteren Hulfsmitteln umsehen, da sehr wichtige Fragen, wie die nach der geographischen Ver- breitung, nur auf hoher See selbst gelòst werden Kkònnen. Diesem Zweck dienen die Hoc hseeexpeditionen. Von den verschiedensten Staaten sind deshalb auch schon Expedi- tionen ausgeristet worden, welche diesem Zweck ausschliess- lich oder doch theilweise dienen sollten. Besonders sind es die grossartige Challenger-Expedition und die Vettor-Pisani-Expe- dition, welche unsere Kenntnisse in dieser Beziehung ausser- ordentiich bereichert haben. Naturlich reichen selbst so grosse Expeditionen wie die Challengerexpedilion nicht aus, um ein endgultiges abschlies- sendes Urtheil vber alle bezùglichen Fragen zu fallen. Es sind z. B. noch zahlreiche Kreuz-und-Querziige durch den Ocean nòthig, um auch nur die Grenzen der einzelnen schon bekann- ten Species einigermassen genau festzustellen. Dieses Fort- schreiten auf der von den Vordermànnern einmal eingeschla- genen Bahn ist um so nothwendiger, weil eine Expedition, auch wenn sie noch so bedeutend ist, nicht zugleich alle mòg- lichen Fragen in Angriff nehlimen und lòosen kann. Es muss auch hier eine Arbeitstheilung eintreten. So hatte z. B. die Challengerexpedition sich die Aufgabe gestellt, in erster Li- nie die Tiefsee zu erforschen, und sie hat in dieser Beziehung Grossartiges geleistet. Daneben hat sie auch nach Kraften Oberflichenorganismen gefangen. Beim Fang dieser frei- schwimmenden Organismen hat sich dieselbe allerdings we- sentlich auf die makroskopischen und halb-makroskopischen (mesoskopischen will ich mal sagen) Organismen beschraànkt, — 231 — Auf den systematischen Fang der mikroskopischen Plankton- organismen haben sich die Forscher der Challengerexpedi- tion nicht eingelassen, und niemand wird ibnen daraus einen Vorwurf machen kònnen, dass sie noch eine Menge Fragen der Zukunft zu Iòsen ùbrig liessen. Die Plankton-Expedition ergànzt die Challenger-und Vittor-Pisani-Expedition in mehr als einer Richtung, erstens in systematischer Beziehung, indem sie eine Menge noch un- bekannter Formen entdeckte, dann in geographischer Hinsicht, indem sie einen anderen Kurs nahm als die froùheren Expe- ditionen, und dadurch ermòglichte, selbst beziùglich der von den vorigen Expeditionen gefangenen Organismen die geogra- phische Abgrenzung bedeutend zu vervollstàndigen, besonders aber, indem sie sich gerade in der Richtung specialisirte, welche von der Challengerexpedition weniger in Angriff genommen. wurde. Wahrend die Challengerexpedition haupt- sachlich Tiefseethiere aufsuchte, wandte sich die Plankton- expedition wesentlich den freischwebenden Organismen (dem Plankton) zu, und zwar richtete sie ihr Hauptaugenmerk gerade auf die von der Challengerexpedition weniger berick- sichtigten mikroskopischen Formen. Es ist also in dieser Richtung von der Planktonexpedition eine sehr wichtige Er- ginzung der frùheren Unternehmungen zu erhoffen. Von den Resultaten der Planktonexpedition in dieser Beziehung ist zwar noch nichts publicirt; wer jedoch den gros- sen Reichtum an mitgebrachtem Material, dessen Bearbeitung natiùrlich jahrelange Arbeit erfordert, kennt, der hat auch die feste Zuversicht, dass die Planktonexpedition diese Ergin- zungen sicher liefern wird, und dass sie ihre volle Fxistenz- berechtigung hatte, wenn sie auch weiter nichts bràchte, als die qualitative Verarbeitung der mitgebrachten Schitze; und mehr noch, dass sie damit auch das Recht hitte, den anderen grossen Expeditionen sich ebenbilrtig an die Seite zu stellen. Mit den angedeuteten Punkten sind jedoch noch nicht alle Fragen, die wesentlich nur von Hochsecexpeditionen — 232 — gelòst werden kònnen, erwàahnt. Wohl alle seefahrenden Na- turforscher haben das Bedùrfniss gefùhlt, die Fragestellung an die Natur ùber die angedeuteten Grenzen hinaus zu erweitern, Berilcksichtigung der Massenverhàaltnisse. Unsicherheit der subjectiven Schitzungen. Ich denke hier namentlich an die Frage nach der Mas- senhaftigkeit des Auftretens der Organismen. Alle Forscher fihlten, dass es nicht genige zu wissen, welche Species es giibe, und wo sie vorkàmen, sondern dass es auch.von Interesse sei, zu erfahren, ob diese Formen massenhaft oder weniger haufig vorkimen. Sie notirten daher alle solche Falle, welche ihnen als besonders merkenswùrdig erschienen; zu einer con- sequenten, klaren Fragestellung kam es jedoch nicht, weil die Mittel, sie zu lòsen, zu weit ablagen. Immerhin làsst sich der Wunsch nach quantitativen Angaben bei den mit allgemei- neren Interessen begabten Forschern nicht verkennen. Aber leider war es nicht mòglich fùr solche Angaben ein anderes als ein rein subjektives Maass, die Schétzung des Beobach- ters, zu finden, und in Folge dessen sind die Angaben so sehr von dem Beobachter abhingig, dass sie nur mit àausserster Vorsicht zu gebrauchen sind, und namentlich jede Vergleich- ung mit den Angaben anderer Beobachter ausschliessen, denn es entbehren solche subjektiven Angaben eines einheitlichen Maasstabes, der fur die Vergleichung absolut nothwendig ist. Dazu kommt dann noch, dass solche Angaben sich meist- ens auf die augenfalligsten Verhaltnisse beziehen; dieses sind aber gewohnlich die Ausnahmen. Bis vor kurzem kannte man uber die Massenverhéiltnisse der Meeresorganismen nur diese trigerischen, subjektiven Aus- serungen der Beobachter. Es war darum auch bisher noch nicht mOglich ein einigermassen zuverlissiges Bild ùber das Mee- resleben aufzustellen, etwa in der Weise, wie es Griesebach in seiner « Vegetation der Erde » fir die Landpflanzen gethan x S È Ì È È À i i 929 n LIY ue hat. Ein Vergleich mit den terrestrischen Verhàltnissen wird dieses noch klarer machen. Wenn man von den Landpflanzen eine gewisse Anzahl Species, einige Standorte, aber noch nicht einmal einigermassen genigend ihre geographische Verbrei- tung kennte, so wilrde es als ein verwegenes Beginnen erschei- nen, daraufhin ein Vegetationsbild der Erde zu entwerfen. Es gehòrt eben mehr zu einem Vegetationsbilde als bloss die Kenntniss der Species und einiger Standorte. Mehr kennt man aber von den Pflanzen der Hochsee noch nicht. Ja file die wichtigsten, weil die Hauptmasse ausmachenden Pflanzen, die mikroskopischen, kennt man noch nicht einmal die allerersten Grundlagen eines Vegetationsbildes: die Species und ihre Standorte. Es ist aber nicht nur wichtig fur die makroskopischen Or- ganismen, fur welche wenigstens theilweise Schatzungen, wenn auch unrichtige, vorliegen, sondern auch fùr die mikrosko- pischen Organismen ist es nòthig die Massenverhaltnisse ken- nen zu lernen, wenn man ein Vegetationsbild des Meeres auf- stellen will, und zwar ist es nicht nur néòthig die Gesammt- massen, sondern auch die Massen der einzelnen Species zu berùcksichtigen. Die Nothwendigkeit dieser Forderung wird zwar noch von mancher Seite geleugnet, der weitere Vergleich mit den entsprechenden Verhaltnissen der Landpflanzen wird dieses jedoch augenscheinlicher machen. Gesetzt, man habe von zwei Landpflanzen das Verbreitungsgebiet ermittelt, und habe gefunden, dass die eine iberall, kosmopolitisch, vorkomme, die andere dagegen ein local sehr beschrinktes Verbreitungsge- biet habe. Dann wùrde man, wenn man weiter nichts von ihnen weiss, noch gar keinen Schluss ziehen kònnen auf den Einfiuss derselben auf das Vegetationsbild des Landes. Und wenn man dennoch einen Schluss ziehen wollte, so muùsste man der weiter verbreiteten einen gròsseren Werth fir die Gesammtheit beilegen als der zweiten, und doch kann die erste ein kleines unbedeutendes Pfliinzchen sein, das fùr den Haushalt der Natur von ganz untergeordneter Bedeutung ist, wahrend die zweite eine ganz enorme Wichtigkeit haben kann, weil sie dort, wo sie auftritt, @ielleicht in so grossen Massen vorkommt, dass sie die ganze Vegetation beherrscht. Wer wilrde, um nur ein Beispiel zu ‘erwàhnen, nicht dem mit sehr beschrinktem Verbreitungsgebiet versehenen Reis eine unendlich viel gròssere Bedeutung beilegen als einer kleinen kosmopolitischen Sisswasserdiatomee z. B. einer der vielen Naviculaspecies. i Quantitative Untersuchung. Es ist also die Erforschung der quantitativen Verhalt- nisse der einzelnen Species von der allergròssten, ja entschei- denden Wichtigkeit fùr die Aufstellung eines Vegetation- bildes. Fur die Meeresorganismen ist es noch viel nothwen- diger als fùr die Landpflanzen auf die subjectiven Schàt- zungen zu verzichten und objective Maasse einzufiùhren, weil hier die Schatzungen noch viel schwieriger sind, und leichter zu Tàuschungen fùhren. Die Landpflanzen sind we- nigstens ihrer grossen Masse nach makroskopisch und gerade die filr ein zusammenfassendes Vegetationsbild wichtigen Pflan- zen kònnen mit blossem Auge in ihren Massenbeziehungen sehr wohl uberschaut werden, und selbst die Massenverhaltnisse der einzelnen Species kònnen wenigstens mit einem gewissen An- naàherungsgrad richtig abgeschatzt werden. Ganz anders ist dies fir die Meerespflanzen, wenigstens die der Hochsee. Mit wenigen Ausnahmen sind sie mit blossem Auge iberhaupt nicht zu sehen, an ein Abschatzen der einzelnen Formen beziglich ihres Werthes fùr die Vegetation ist darum auch gar nicht zu denken. Man muss schon eine gròssere Quantitàt Meerwasser abfiltriren, um sie ùberhaupt zu Gesicht zu bekommen. Dabei tritt uns aber schon die Grundbedingung zur Lòsung der . quantitativen Frage entgegen. Wenn wir auch nur die allereinfachsten Schlisse ber die Vegetationsverhàltnisse, so na 299 weit sie von Massenverhàaltnissen abhaàngig sind, machen wol- len, so ist es von vornherein nothwendig, dass wir uns. infor- miren, wie viel Meerwasser abfiltrirt worden ist, um die gewonnenen Massen zu erhalten. Wenn das eine Mal viel, das andere Mal wenig abfiltrirt wurde, so sind, wenn keine ge- naueren Angaben ùber die Wassermengen vorliegen, natirlich die gewonnenen Planktonmassen nicht miteinander zu ver- gleichen, weil die Herstellung vergleichbarer Vorbe- dingungen, nicht ausser Acht gelassen werden darf. Totalanalyse und Specialanalyse. Es ist behauptet worden, dass, wenn man doch einmal durchaus quantitative Versuche anstellen wolle, die Totalbe- stimmung der Planktonmassen, sei es dem Gewicht sei es dem Volumen nach, geniùge. Eine ganz einfache Ueberlegung lehrt jedoch die Unrichtigkeit dieses Schlusses. Gewiss lassen sich ganz bestimmte Fragen der Planktonforschung auch mit Hilfe von Totalbestimmungen der Masse feststellen. Der letzte Theil dieser Arbeit wird Beispiele hierfùr geben, und wird ferner zeigen, dass dieser einfachste Theil der quantitativen Be- stimmungen schon einen ausserordentlich grossen Fortschritt gegenùber den bislang allein mòglichen subjectiven Schatzun- gen kennzeichnet. Es lassen sich jedoch nur wenige Fragen mit Huùlfe dieser Bestimmungen lòsen, und gerade fir die wichtig- sten reichen dieselben nicht aus. Ist es doch nicht einmal moglich die Grundfrage der allgemeinen Meeresbiologie, das Verhàaltniss der pflanzlichen zur thierischen Masse auf diese Weise zu bestimmen. Die wichtigste Frage der Plankforschung ist die nach der Productionskraft des Meeres. Dafir sind aber ge- rade die Pflanzen wesentlich, denn nur sie produciren or- ganische Substanz, wahrend die Thiere nur consumiren. Die Menge der Thiere, welche existiren, und welche existiren kònnen, ist wesentlich abhingig von der Menge der Planzen. — 2356 — Um zu erfahren, in welcher Weise das Gleichgewicht zwi- schen den Mengen der einzelnen Organismen zu stande kommt, mussen wir in erster Linie das Verhàaltniss der Thiere zu den Pflanzen kennen. Dieses ist aber 72044 zu erreichen durch Totalbestimmung des Planktons, denn darin sind Thiere und Pflanzen gleichzeitig nebeneinander bestimmt; wenn man aber auch nur die Gesammtmasse der Pflanzen, ganz abge- sehen von weiteren Specialfragen, bestimmen will, so ist die- ses, weil die Pflanzen durchweg mikroskopisch klein sind, nicht anders mòglich, als dass man die Masse jeder einzelnen Species mit Hilfe des Mikroskopes durch Zahlen der Indivi- duen und Messen eines Individuums bestimmt, und daraus durch Rechnung die Gesammtmasse der Pflanzen findet. Aus diesen verschiedenen Erwigungen geht hervor, dass es nothwendig ist, die frùher gebriuchliche Fragestellung bei der Meeresuntersuchung zu erweitern, es handelt sich jetzt nicht mehr aussehliesslich um die Erforschung der qua- litativen sondern auch der quantitativen Verhaltnisse des Planktons. Est ist Hensens grosses Verdienst, die Nothwendigkeit der Erweiterung unserer Bestrebungen erkannt zu haben, und durch seine erweiterte praecise Fragesteliung eine neue Rich- tung angebahnt und zugleich auch die Mittel angegeben zu haben, das neue Ziel zu erreichen. Hensen Fragestellung ist kurz resumirt folgende :; Was ist an jeder Stelle des Oceans an Lebewesen, mikrosko- pischen wie makroskopischen, vorhanden, und wiel viel ist von jeder Form vorhanden? Allgemeinere Aufschliisse als Folge der quantitativen Forschung. Wenn es mòglich ist diese Fragen zu beantworten, so haben wir damit ein Mittel in der Hand eine Reihe der wich- tigsten Schlùsse auf die allgemeinen Beziehungen des Meeres zu ziehen. — 257 — In erster Linie erfahrt die bisher allein betriebene spe- cielle Meeresbiologie, welche sich wesentlich mit Spe- ciesfragen beschaftigt, dadurch eine Erweiterung, denn die Kenntniss der Species und ihrer Verbreitung ist und bleibt auch bei der neuen Richtung die Vorbedingung und Grundlage der Forschung, auf welche sich die anderen Schliisse erst grin- den, sie muss also in erster Linie ausgebaut und verbreitert werden. Wenn die Aufgabe die Hensen gestellt hat, gelòst ist, so bekommt man dadurch unter Bericksichtigung aller sonst vom Meere bekannten Erscheinungen, wie Temperatur, Salzgehalt, Stròmungen, Total-Masse der Organismen, Vorkommen der einzelnen Organismen an bestimmten Orten, verschiedene Massenhaftigkeit des Vorkommens dieser Organismen an ver- schiedenen Orten u. s. w., ein Bild, das nicht nur ein Analogon eines Vegetationsbildes der festen Erde, wie es in Griesebachs Werk gegeben ist, und eines entsprechenden Bildes des Thier- lebens darstellt, sondern man erhilt damit eine Totalbe- schreibung der Verhàltnisse des Meeres; wie es in solcher Vollstàndigkeit vor Anwenedung dieser Methode auch nicht im entferntesten mòglich oder auch nur denkbar war. Aber was noch von viel gròsserem Werth ist, unter Berùcksichtigung aller dieser Verhàltnisse ist es moglich, weit allgemeinere Aufschlùsse zu erhalten. Das Gesammtleben im Meere ist ein Produkt aus sehr vielen einzelnen Faktoren. Diese Faktoren sind aber nicht selbstàndig und unabhéngig von einander, die einzelnen Ver- haltnisse laufen nicht ohne Beziehungen nebereinander her, es handelt sich hier also nicht um die einfache Summe der Erscheinungen im Meere, sondern um ein Produkt, in dem jeder einzelne Faktor alle anderen Faktoren beeinflusst, um eine Function von sehr vielen Faktoren, die alle untereinander in Wechselbeziehung stehen, und sich gegenseitig ergànzen, bedingen und in einander eingreifen wie die Rader einer Uhr. Das Leben im Meer erscheint somit als ein grosser — 298 — Gesammtorganismus, in dem jedes einzelne Organ seine eigene selbstindige Function besitzt und doch wieder, je nach- dem es funetionirt, hindernd, fòrdernd, regulirend auf alle anderen Organe und deren Functionirung einwirkt und dadurch auch Einfluss gewinnt auf die Gesammtheit der Lebenser- scheinungen, auf den Stoffwechsel des ganzen Organismns. Bei Anwendung der Hensenschen Methodik erhalten wir nun so viele, wichtige Faktoren, welche das Gesammtbild des Meeres hervorrufen, dass wir schon die Wechselwirkung der einzelnen Faktorem iùberschauen, und in die Wirkung jener Triebfedern einen Einblick erhalten kònnen. Wir kònnen dann nicht nur angeben, wie die Verhiiltnisse sind, sondern wir kònnen auch erklàren, wie sie geworden sind und dass sie so werden mussten, wie sie sind. Die Untersuchung der Meeresorganismen wird dadurch aus dem Bereich einer speciellen Wissenschaft, einer Wissen- schaft, die sich nur in beschreibender Weise mit den Species beschàftigt, ja aus einer beschreibenden Wissenschaft ùuberhaupt in den Rang einer exakten, erklàrenden Wis- senschaft emporgehoben, und sie bleibt, da sie sich stets auf dem festen Boden der Thatsachen bewegt, doch frei von dem Vorwurfe, sich zu einem Zweige der Naturphilosophie zu verflachen, der den Mangel an positiven, exakten Kenntnissen durch « Grundsatze» ausgleicht und statt mit positiven Beo- bachtungen und exakten Versuchen zu beweisen, nur mit so- genannten «festen Ueberzeugungen » und mit Anrufung des Autoritàts-glaubens den Leser gewinnen kann. Durch Vereinigung der vielen speciellen Untersuchungen und der mehr beschreibenden Wissenszwcige entsteht eine neue, zusammenfassende, exakte Disciplin, die « Allgemeine Meeresbiologie », welche die Aufgabe hat, die Wechselbezie- hungen der einzelnen Faktoren im Meeresleben zu erforschen, den Stoffwechsel des grossen Gesammtorganismus des Mee- res zu erkennen und zu erklàren. a e at rS — 239 — II. METHODIK, a) Principien der Hensenschen Methodik. Um die angegebenenen Ziele zu verwirklichen, genigt es nicht, eine Reihe zufalliger Bemerkungen von Reisenden zu vergleichen und die Licken durch Combination zu ergànzen, sondern es ist eine ganz consequente zielbewusste Methodik nòthig. Eine solche Methodik ist von Hensen geschaffen worden. Selbstverstindlich ist auch hier, wie bei allen grossartigen Aufgaben nicht alles gleich auf den ersten Anlauf zu erreichen, es sind selbst mit dieser Methode noch lange Arbeiten nòthig, um zum Ziele zu kommen. Der erste Schritt, der mit vollem Bewusstsein in consequenter Verfolgung des Planes diesem Ziele zustrebte, war die Planktonexpedition. Die Aufgaben der Hensenschen Methodik gipfeln in zwei Hauptfragen : die erste ist: Was ist zu einer bestimmten Zeit im Meere an Lebewesen enthalten? die zweite : wie verzndert sich dieses Material mit dem Wech- sel der Zeiten. Vorerst ist mit der Plankton expedition die erste Frage in Angriff genommen worden, und die ersten noch unvollkom- menen Antworten auf diese Frage geben die Volumbestimmun- gen, die zum Theil schon in Hensens vorliiufiger Mittheilung 1) gegeben sind und in ihrer Vollstindigkeit im weiteren Ver- laufe dieser Arbeit gegeben werden sollen. Das Princip von Hensens Methodik ist folgendes: Durch ein Netz, dessen Eigenschaften unten genauer beschrieben 1; Einige Ergebnisse der Plankton-Expedition der Humboldt-Stift- ung. von Victor Hensen, Sitzungsberichte d. k. Pr. Akad. d. Wiss. zu Berlin 1890. p. 243, — 240 — werden sollen, welches in senkrechter Richtung durch das Wasser in die Hohe gezogen wird, wird das Meerwasser der vom Netz passirten Strecke abfiltrirt, wàhrend mòglichst alle Organismen in dem Netz gesammelt werden. Nach dem Zuge hat man die Organismen, welche in einem Cylinder Meer- wasser vom Querschnitt der Netzòffung und der Hòhe der Netzleine enthalten sind, in dem Netze vereinigt. Durch Aus- werthung dieses Fanges kann man nun Auskunft erhalten ùber Qualitàt und Massenverhàltnisse dessen, was an dieser Stelle im Meere enthalten war, soweit es mit Hilfe der Metho- dik zu fangen ist. Nach Ausfùhrung des ersten Fanges geht man eine Strecke weiter und macht an einem benachbarten Orte eine gleiche Stichprobe, die ebenfalls ausgewerthet wird. Da man durch die unter quantitativen Gesichtspunkten angestell- ten Versuchsbedingungen weiss, aus welcher Wasserquantitàt Jede einzelne Probe stammte, so kann man nun durch Inter- polation die Masse berechnen, welche in der ganzen durchlau- fenen Strecke vorhanden ist, vorausgesetzt natùrlich, dass die Ungleichheiten in der Vertheilung nicht so gross sind, dass die Interpolation nicht mehr statthaft ist. Je nach der Beschaffenheit, der Gleichheit oder Un- gleichheit der Vertheilung, kònnen die Abstànde der ein- zelnen Stichproben verschieden gross gewàahlt werden. Bei weitgehender Gleichheit genùgt es, wenn in grossen Ab- stinden von einander die Proben entnommen werden, je stàrker die Ungleichheit wird, um so geringer missen die Abstinde gewahlt werden. Durch Proklamiren des aprioristi- schen « Grundsatzes», dass die Ungleichheit so gross sei, dass gar keine Bestimmung mehr mòglich ist, ist wenig gethan, es ist erst experimentell zu bestimmen, wie gross die Unglei- chheit iberhaupt ist, bevor irgend eine Behauptung dariùber aufgestellt werden darf. Wo man es also mit einem ganz unbekannten Gemisch zu thun hat, da werden die Stichpro- ben, um sicher zu sein, viel dichter gemacht werden missen, als vielleicht zur Entscheidung der Frage wirklich nothwen- ADR. soda dig wire. Dieses Princip ist auch auf der Planktonexpedition fùr gròsste Meeresstrecken befolgt worden. Bewihrtheit der Principien. Das Grundprincip der Hensenschen Methodik der Mee- resforschung ist ein altbewàahrtes. Ueber ganz Deutschland ist ein Netz von Samencontrolstationen ausgebreitet, welche im Princip ganz #ihbnliche Fragen zu lòsen haben, und welche diese Fragen losen, indem sie sowohl bezùglich der Probeentnahme als auch der Auswerthung der Probe genau nach denselben Principien arbeiten, wie die Hensensche Methodik, Bei der letzteren handelt es sich darum, aus einem gros- sen Volumen einer indifferenten Substanz {Meerwasser) eine geringe Menge darin vertheilter Kòrper (Organismen) in der Weise herauszunehmen und zu untersuchen, dass daraus Schliusse auf die Menge und Beschaffenheit der Kòrper in dem grossen Vorrathsvolumen zu ziehen sind. Bei der Samenprifung liegt ein Haufen von Kéòrnern vor, der fir die Untersuchung als indifferenter K6rper in Rechnung kommt, und dessen Gehalt an Beimengungen, die durch Samenkòrner anderer Species gebildet werden, qualitativ und quantitativ zu bestimmen ist. Um eine solche Prifung des Kòrnerhaufens vorzunehmen, kònnte man, um die Analogie mit der Entwicklungsgeschichte der Planktonstudien aufrecht zu erhalten, Proben vom Rande des Haufens wegnehmen und diese untersuchen. Man kònnte auf diese Weise sehr genane Auskunft erhalten iber die qua- litative Beschaffenheit der Beimengungen, so weit diese am Rande vorkommen. Dieses Verfahren wùrde dem Studium der Planktonverhiltnisse an den Kisten entsprechen. Es ist dies der qualitative Theil der Planktonstudien, dem wir so reiche und wichtige Kenntnisse iber den Bau und die Ent- wicklungsgeschichte der Planktonorganismen verdanken,. Fùr die Samenuntersuchung reicht dieses Verfahren noch e i eni nicht aus. Wenn der Haufen, von dem die Probe genommen wird, sehr gross ist, so ist auch die Wabrscheinlichkeit sehr gross, dass in demselben die Vertheilung der Beimengungen nicht ùberall ganz gleichmàssig ist. Um dennoch die Berechnung moglich zu machen, muss die Probe von verschiedenen Stel- len aus dem Inneren des Haufens entnommen werden. Damit wird ermittelt, ob im Innern des Haufens andere Beimengungen vorhanden sind als am Rande, und wenn dies der Fall ist, so kann weiter ermittelt werden, an welcher Stelle sie sich finden. Dieses Verfahren gleicht der Thàtigkeit der qualitativen For- schungen darch die froheren Expeditionem, welche das Studium der auf der Hochsee vorkommenden Formen und ihrer geographischen Verbreitung zum Ziele hatten. Eine solche rein qualitative Prifung wilrde aber dem Landmann fi die Samencontrole nicht genilgen. Er gebraucht eine quantitative Untersuchung der Beimengungen. Dieses kònnte geschehen, indem der Untersucher aus einem bestimm- ten Volumen der Grundmasse die Beimengungen absiebt, und letztere misst oder wiegt. Dadurch wird immerhin ein Annà- herungsbild uber die Totalmenge der Beimengungen erhal- ten, und es lisst sich durch diese Totalbestimmung erkennen, ob die Beimengungeu ungleich im Haufen vertheilt sind oder nicht. Einem solchen Verfahren entspricht die Volumenbe- stimmung der Planktonmengen, welche im dritten Theil dieser Arbeit gegeben werden soll. Wollte man nun, wie man dies mit den Planktonunter- suchern thut, den Samenuntersuchern den Vorschlag machen, sich mit der Bestimmung des Gesammt-volumens oder- gewichtes der Beimengungen zu begniigen, so wilrde er ant- worten, dass damit auch der allereinfachste Landmann. nicht zufrieden sein wurde, da er sehr wohl weiss, dass nicht alle Beimengungen gleichwerthig sind, dass z. B. ein Kubikcenti- mefer Kleeseide und ein Kubikcentimeter Sand unter dem Kleesamen trotz ihres gleichen Volumens keineswegs gleich- werthig sind, sig (7 Nothwendigkeit der Zihlung. Die einzige Methode, welche gestattet, die einzelnen Co m- ponenten der Beimengungen in ihrem gegenseitingen Werthe exakt abzumessen, und ihren Einfluss auf die Gesammt- masse zuverlissig zu bestimmen, ist die Methode der Zàlhlung und zwar der gesonderten Zaàllung der Kòrner der einzelnen Arten der beigemengten Samen. Ebenso kann man auch nur mit Hùlfe der Zihlung der Individuen der einzelnen Arten den Einflus derselben auf das Meeresleben und ihre gegensei- tige Beziehung zu einander ermitteln, denn hier wie bei den Samenarten ist es keineswegs gleichgùltig, woraus das gefun- dene Volumen oder Gewicht besteht, ob. z. B. aus Peridineen oder aus Copepoden. Gleiche Volumina der beiden Formen haben ganz verschiedenen Werth fir das Plankton. Die erste- ren produciren organische Substanz, also Nahrung, die letz- teren dagegen consumiren nur, die ersteren vergròssern, die letzteren verringern die Masse, sie iben also ganz verschie- dene Wirkungen auf das Zusammenleben der Organismen aus und durch einfaches Zusammenaddiren ilrer Massen erbalt man also keineswegs die Summe ihrer Wirkungen, sondern diese kann nur dadurch erhalten werden, dass man die Faktoren, die jeder Species entsprechende Menge, einzeln bestimmt, und dann ihre Wirkungsweise gegenseitig abwdgt. Diese Bestimmung der Wirkung der einzelnen Species ist aber mòglich durch Zaàhlung der Individuen, Die Zahlung ist darum ganz unumgî#inglich nothwendig, wenn man ein Bild von dem Zusammenwirken der Organismen im Meere ha- ben will. Plan einer Hochsee expedition. Von diesen Gesichtspunkten ausgehend, ist der von Hens sen festgstellte Grundplan der Planktonexpedition — 244 — folgender: Aus den verschiedensten Theilen des Oceans wer- den Stichprohen gemacht, welche die Planktonorganismen einer bestimmten Menge Wasser einer bekannten Stelle des Meeres enthalten. (In dem auf der Planktonexpedition angewandten Specialfall ist es eine cylindrische Wassersiiule vom 0,101" Grundflache und 200" Hohe, von der Meereso- berfliche an gerechnet). Durch Ausmessung des erhaltenen Materials erhàlt man die Totalmasse der aller Organis- men (cf. unten die Tabellen) und durch Auszàhlung die To- talmasse der Individuen jeder einzelnen Species. Wenn die Abstinde der Stichproben klein genug gewàhlt wurden, so kann man durch Interpolation finden, wie wiel Totalmasse und wie viel Masse der einzelnen Organismen in dem ganzen durchforschten Meere oder Meerestheile zur Zeit der Stichpro- benentnahme vorhanden war. Die Feststellung dieser Thatsachen ist vor der Hand die Hauptsache. Wie sich daraus die Wirkungsweise der einzelnen Species auf das Gesammtleben im Meere und damit ihr Platz in dem Stoffwechselprocess des Meeres (unter Bericksichtigung ihrer Masse und der speciellen Wirkungsweise auf die einzel- nen sie umgebenden Organismen) berechnen oder wenigstens abschatzen lasst, das ist dann ein Problem, dessen Lòsung man dann hoffen darf immer néher zu kommen. b) Die Methoden. 1. Aligemeines. Die Hensensche Methodik der Planktonforschung umfasst einen ganzen Complex verschiedener Methoden, die nur durch ihren Zweck zu einem Ganzen zusammengehalten werden. Es ist ein System von Methoden, die alle auf das eine grosse Ziel hinarbeiten, das Leben im Meere, das sich aus vielen Ein- zelleben zusammensetzt in seiner Gesammtheit aufzufassen und als Organismus zu verstehen, in dem jeder Theil Mr seine bestimmte Function hat, lie fest geregelt und bestimmt ist durch ihre Beziehungen zu den anderen ‘Theilen, so dass jede jetzt bestehende Erscheinung als Resultat des Zusammenwir- kens von einer Reihe von Kriften, und jede Verinderung nicht mehr als unerklaàrbarer Zufall sondern als die natirliche Folge natùrlicher Ursachen erscheint, die sich zu dem Ge- sammtleben des Meeres verhilt wie der Stoffwechsel eines einzelnen lebenden Kòrpers zu diesem Kòrper selbst. Dieses Ziel, das Verstiindniss zu gewinnen, dass die stetigen Verinde- rungen im Meere als ein Produkt des Stoffwechseis des Meeres aufzufassen sind, ist eine so grosse und umfangreiche Aufgabe, dass sie nicht von einem einzelnen Menschen bewàiltigt werden kann, sondern dass viele Forscher, vielleicht noch mehrere Generationen ihre Kraft daran setzen missen, um sie zu lòsen, sie ist aber auch eine so hohe und edle Aufgabe, dass jeder mit Stolz erfùllt sein kann, der seinen Theil dazu bei- tragen darf, dass die Aufgabe ihrer Losung ein Stilck néher gefùhrt wird. Da die Aufgabe, welche zu bewàiltigen ist, um das. Ziel zu erreichen, so kolossal ist, so kann auch die Methodik nicht so einfach und bequem sein, wie es fir kleinere Zwecke mòg- lich ist. Man darf sich deshalb auch nicht wundern, dass die- selbe einen so hohen Aufwand an Menschenkraft und Mitteln - erfordert, so dass sie nicht jedem Forscher in ihrem ganzen Umfang zuginglich sein kann, Dass die Methode aber geeignet ist, ihre Aufgabe zu lòsen, das lehrt schon ein sorgfàltiges Studium der theoretischen Grundlagen, die in dem Hensenschen Werk « Ueber das Plankton » !) niedergelegt sind, noch viel mehr aber die praktische Handhabung der Methode selbst. Alle diejenigen Forscher, welche Gelegenheit gehabt haben, die Methodik nicht nur theoretisch sondern auch praktisch ken- 1) Hensen. Ueber die Bestimmuns des Plankton. V Bericht der Come mission z. Unters, d. Meere 1887, — 2460 — nen zu lernen, sind vollkommen iberzeugt davon und haben auch ihre Ueberzeugung zum Theil schon 6ffentlich ausge- sprochen, wie Brandt, Dahl und Heincke. Letzterer, einer der ersten Forscher Deutschlands auf dem Gebiete des Seefischerei, nennt die Methodik geradezu «bewundernswirdig» und ein « Muster exakter Methodik». Auch ich habe mich jahrelang mit dieser Methodik beschàftigt, ich habe dieselbe nicht nur theoretisch, sondern auch praktisch grindlich kennen gelernt, indem ich die ginstige Gelegenheit hatte, simmtliche Theile der Methodik selbstàndig zu handhaben und zu prifen, und bin dabei zu einer Ueberzeugung gekommen, die ich nicht besser auszusprechen wisste, als Heincke dies schon ge- than hat. Die Methodik Hensens umfasst drei Methodengrappen: Fang, Conservirung und Auswerthung des Fanges. x 2. Der Fane. Um die Fange quantitativ vergleichbar zu machen, muss eine Reihe von Bedingungen erfillt werden, auf die man friùher gar nicht oder doch nur unvollkommen geachtet hat. 1) Das Netzzeug darf nicht, wie die frilher meist angewandten Netzzeuge, ungleich grosse Maschen haben, vielmehr milssen die Poren ùberall gleich gross sein. 2) Die Poren des Netzes missen eng genug sein, um auch die mikroskopischen Orga- nismen, die Diatomeen und Peridineen zuverlàssig zu fangen. 3) Um die an verschiedenen Orten und zu verschiedenen Zeiten gemachten Planktonfànge beziglich ihrer Masse miteinander vergleichen zu kònnen, muss bestimmt werden, wie viel Flùs- sigkeit bei dem jedesmaligen Netzzuge durehfiltrirt wurde. Alle drei Forderungen sind bei den bisherigen Expeditio- nen nicht erfùlit worden, weil sie ùberhaupt nicht gestellt wor- den sind. Weil es den Forschern meist nur darauf ankam, Thiere in mbglichst grosser Menge zu fangen, und zwar die — 247 — makroskopischen in erster Linie, so wurde das Netzzeug durchweg, und zwar in diesem Falle vollkommen mit Recht, zu weitmaschig gewàihlt, als dass dasselbe die mikroskopischen Formen auch nur mit einiger Sicherheit hatte fangen kònnen. Ferner macht die ungleiche Porengròsse der meisten Gewebe die quantitative Vergleichung der damit gefangenen Wesen unsicher. Der dritte Punkt wurde ebenfalls unberiùck- sichtigt gelassen, nnd auch dieses mit vollem Recht, denn die Forscher hatten mit der ihnen gestellten Aufgabe der qualita- tiven Erforschung vollauf zu thun, auch ohne sich auf die weiter fiuhrenden quantitativen Fragen einzulassen. Es wire ungerecht ihnen daraus einen Vorwurf zu machen, dass sie sich auf Fragen nicht einliessen, die jin damaliger Zeit we- gen Mangel an den nòthigen Vorarbeiten noch nicht lòsbar waren. Die Finge der friheren Expeditionen sind in Folge dessen zwar qualitativ àusserst werthvoll, quantitativ fùr Bestimmung der Massenverhàltnisse der Planktonwesen aber nicht brauch- bar, und wenn dennoch falsche Schlùsse aus ihnen gezogen worden sind, so ist die Schuld nicht den Gelehrten der Expe- ditionen, sondern nur denjenigen Mànnern zuzuschreiben, wel- che unter Vernachlissigung der Grunderbedingungen der quantitativen Forschung quantitative Schlisse aus nicht quanti- tativen Fingen machten. Erst Hensen hat die drei erwàhnten Hauptbedigungen der quantitativen Meeresforschung erfùllt. Er fand in der seidenen Beutelgase, wie sie die Muller zam Durchsieben und Sortiren des Mehles anwenden, ein Gewebe, das mit grosser Sorgfalt so construirt ist, dass die Poren ùberall gleich gross sind, und ferner dass die Maschengròsse, und dieses ist be- sonders wichtig, auch beim Gebrauch sich nicht wesentlich sindert, Dasselbe besitzt ferner vor allen anderen Stoffen den Vorzug gròsstmòglichster Durchlissigkeit bei gròsster Fein- heit. Die feinsten Nummern sind ferner fein genug, um auch die mikroskopischen nicht allzu kleinen Diatomeen abzufiltri- slo DART IA ren. Bei dem fir die quantitativen Fainge der Planktonexpedì- tion angewandten Netzzeuge kommen nach den Bestimmun- gen von Hensen 5926 Léòcher auf jeden Quadratcentimeter und jedes Loch hat eine Seitenlinge von 0,05", Am schwierigsten zu erfùllen ist die dritte Forderung: die Bestimmung der durcehfiltrirten Wassermenge, um die daraus erhaltenen Finge auf ein einheitliches, quan- titativ vergleichbares Maass zurùekfuùhren zu kònnen. Um diese Forderung zu erfùllen, waren von Hensen sehr umfang- reiche und schwierige aber unbedingt nòthige Vorarbeiten auszufùhren. Zuerst war die Fil- trationsgrosse des Netzzeuges zu bestimmen, d. h. die Wasser- menge, welche in einer bestimm- ten Zeit bei einem bestimmten Druck durch die Flicheneinheit des Netzzeuges hinduarchfiltrirt. Netz: Unter Berilcksichti- gung dieser Filtrationsgròsse musste dann das Netz so con- ng: Toe struirt werden, dass die von ihm / IU: durchzogene Wassermasse auch wirklich durehfiltrirt wird. Um diesen Zweck zu erreichen muss die durch die Millionen kleiner Poren reprisentirte Ausflussòft- nung des Netzes gròsser sein als die grosse kreisrunde Ein- flussòffnung. Der Reibungswi- derstand, welchen die vielen kleinen Poren an ibren Winden dem ausstròmenden Wasser ent- gegensetzen, kann bei zweck- missiger Form und Grosse der Einstromungsòffnung aufgeho- — 249 — ben werden durch Verstàrkung des Druckes des einstrò- menden Wassers vermittelst rascheren Zuges des Netzes oder bei gegebenem Druck des Wassers an der Einflussòffuung (bei gegebener unveranderlicher Geschwindigkeit des Netzzu- ges) kann der Widerstand des ausfliessenden Wassers durch Vergròsserung der Ausflussòffaung (Vergròsserung der Netz- flache) oder durch Verkleinerung der Einflussòfnung (durch Aufsetzen des Hensenschen Kegels von undurchliissigem Stoff cf. Fig.1) so weit verringert werden, dass er von dem Drucke des einstròmenden Wassers uberwunden wird. Eine gewisse bestimmbare Differenz kann dann noch durch Rechnung aus- geglichen werden. Es ist nun eine Hauptbedingung bei der Construction des Netzes, dass diese Differenz und damit auch die Fehlerrech- nung mòglicht klein gemacht wird, Um diesen Zweck zu er- reichen ist bei dem Hensenschen Planktonnetz die Ausflussòff- nung durch Vergròsserung der Netzflache sehr viel gròsser gemacht als die Einfluss6ffnung, so dass dadurch sowohl der Reibungswiderstand als auch die Gefahr des Verstopfens der Netzporen auf ein mòglichst geringes Maass zurùckgefùhrt ist. Das Netz, das diese Bedingungen erfillen soll, muss mit besonderer Sorgfalt construirt sein, Die gew6hnlich gebrauch- lichen Formen der Netze genigen aber nicht den Anforde- rungen, welche die quantitative Analyse an sie stellt. Hensen musste also eine neue Form schaffen. Dasselbe stellt im Princip einen spitzen Kegel aus seidener Mihlengase dar, dessen obere kreisformige Oeffnung durch einen abgeschmittenen Kegel von undurchlissigem Stoff auf eine bestimmte Fiàche verklei- nert wird, und dessen untere Spitze durch einen Sammeleimer ersetzt wird. Beziglich der Detailbeschreibùng des Netzes, wie der anderen Hensenschen Apparate, die uns hier zu weit fuhren wirde, muss ich auf Hensens Abhandlungen ver- Weisen, Sammel-Eimer. Selbst bei Anwendung eines Netzes, welches die von ilm durchzogenen Strecken vollkommen durchfischt, ist die quantitative Verwerthbarkeit des Fanges noch keineswegs gesichert, da der gesammte Fang nun auch ohne Verlust auf einen Punkt vereinigt werden muss. Die gewohnlich von den Zoologen zum Vereinigen des Fanges angewandten Eimer, die an die untere Netzòffnuung angebun- den werden, welche fùr qualitative Zwecke wohl genùgen, sind fùr quantitative Untersuchungen, wie Hensen gezeigt hat, vollkommen unbrauchbar, weil sie nicht die Sicherheit ge- wahren den gesammten Fang ohne Verlust im Eimer zu ver- einigen. Hensen construirte deshalb fr quantitative Zwecke einen neuen Eimer, welcher durch eine sehr einfache und sinnreiche Einrichtung das vollkommene Sammeln des gefan- genen Materials ermoglicht. Die Seitenwand dieses Eimers ist namlich theilweise durchbrochen und die Licke durch die- selbe Seidengaze, welche das Netz bildet, geschlossen. Das vollkommene, quantitative Vereinigen des Fanges in dem Sammeleimer wird dadurch hewerkstelligt, dass nach dem Aufziehen des Netzes ein Wasserstrahl mittelst der Dampfspritze auf die Aussenwand des Netzes, unter langsamem Drehen desselben, gerichtet wird. Das von aussen durch die Netzwand nach innen vordringende Wasser lòst den Theil der Organismen, der beim Aufziehen des Netzes sich nicht schon von selbst abgelost hatte und dem sinkenden Wasserspiegel in den EFimer gefolgt war, von der Netzwand, an der er haftet, los, und spilt denselben in den Eimer hinein. Aus dem Sammeleimer, von der Wand der Filtratoren und aus den anderen Conservirungsgefassen wird der meist als ein gelblicher bis bràunlicher, leichter, flockiger Schlamm erscheinende Fang in derselben Weise mittelst einer mit See- wasser gefuùllten Spritzflasche abgelòst, wie bei quantitativen chemischen Analysen die Niederschlige von den Filtern ab- gespritzt werden. (Fortsetzung folgt). "REINA PL i # cd RE Aci EA | ALTA MAREA | ano” C angom a. 9n30" a, pei p O eo LITE RT I) Oa) 410 » 430 » | 1425 » 440 » 455 » Mica 5.15 » 520 » 020. p. 550 » 545 » 045 » 625 » 65 » 115 » 75» 630 » 45 > op» 655 » 225 » 9 5 » 715 » 310 » 10 50 » 740 » 420 » 020 a. 735 10 5 » 540 > 125 » 8 40 025 p. 650 » Db » 9 10 150 » 145 >» 240 » 9 40 240 » 835 » 315 » 10 15 SLI. 915 » SEO 10 45 45 » 955 » 425 » 11 15 445 » 10 35 » 455 » 1l 45 525 » Lilo 5.25 »° 0 15 65 » 11.50 » 5.50 » 0 50 650 » 0 939 a 620 » 125 TA NI CICIA 6 45 2 10 915 > 240 » 645 » Sao 11.25. » TAConE» 815 » 430 28 050 a. 840 » OMO: 6 20 29 145 » 90 » 135 » 720 IIa 925 » 220 » 85 31 250 » 945 » 255 » 8 50 Tra le due alte maree giornaliere è più elevata quella che il mezzoll e le 10 pom.; tra le due basse maree è più depr fra l'una e le 7 ant, avviene tr essa quella att ion. © O ER Ta I e a f I92012a: 4 35 5 50 6 50 T45° 825 ORO 935 10 10 10 40 (e io © IS I e?) d9O —- UU oUi Ot O I PM N ATM RR I: » net à ga l’alta marea per l'isola d'| iacenze nell’ Agosto 1891 gros 5 10 6 25 5 Deo, 8 40 = (i) () (oli O 10/0. ira tore 0 On Ivi (o co Ot (©) Si © tot GiuLio GRABLOVITZ m Foo ee Ele e a 0 I E; LAME Ù “ si LE RI ant Bi ‘ate ta 0 Vie. . tà rei PRA. bi Ric pi è * presenti. 5 A pe stu s ATRUTIAO bi ARA (W ar TR RI IRRNE: ne IAS dt x ia I vita a 4 de ia # È i vit RE: { ‘ TELA È: 4 È è at PORRI i ga x Da fi , s » 5. I î fe; i RL Y 4 è 1 piro. Ù È $ (IR, ce: i) PA PE IP CURO 0 ù vi o PL ; i : È ” "A DAB ca Mew ci } MI piro: : i ue * Pat RA 4 Mery LEITA ET ; : AR | nisoma | risima | con PIA a IT De e REC e ae Ra CATO MANI SE SI O DIDO PO BNC MCO i SI SIe350: 0 | 1045 0 34008 | 9 6 d200G | Ala A pda ISO 4 a R 520 » | 020 p.| 530 » gi sizd » 055 » | 610 » 10 Fri E PE OI 0:10 Sg Py IS 0 ll 645 » 2.10" nti 75505 0 12 10, 255 » 910 » ] 13 figg cea = N3745 5 05 8 o CAI 15 950 » 540 » Je65 ni 16 IMP20 > 630 » |. 145 » 8 17 050 p TOlomni» 220 » 9 18 145 » 80 » Dion 9 i 19 240 » 840 » 330 » | 10 20 325 » 920 » 475.» Il 21 A5a 10 0 » ‘440 » ll 22 450 » 10 40 » 515 » G DE 5a) 1115 » | 545 » 0 21 6renie T8000 1 25 720 » 040 a. | 650 » 2 26 835 » Iata el 72500 3 27 |_1025 » 335 » 155 > 4 29 010 a. 620 x | 945 » 5 x 30 115 » 815» | 1145 > 6 31 155 » o 003) 125 7 Delle due alte maree giornaliere è più elevata quella che si verifica 0° tra l'una ele 11 pom.; delle due basse è più depressa quella che s'in- contra fra l'una e le 8 ant, BAS È "n f - dò 35. » 35 30 mon D. | 901.6 7 © 0 I LOT Id O 0, sl G Ut - DV ww -P- SO msg 2 3 o — 00 55) e CI, TORI VI % 9_& O hl TRE: go RE isla d'ISCHIA cenze pel Luglio 1891 RNZUE 320/00 425 » O 30 » 6530 » 725 » 810 » 855 » 935» 10 10 » 10 50 » » GIULIO GRABLOVITZ Dr È Vi Fr s SUI: a A Mi A" La A a l \ fe Dr sink È he hi È Pea PERDI pi Lr OA 1 i hi : ) va de x gi el D % sd w i, % Cr fi té n NE n d E D Da e « % U " D £ 3 » d à î ES bt < Ò so n I na x % a £ È h di 14 MI va x F x 2° »: LEA » 8 -»rà 0, R È È v È Ù e r s x “i Ca Ù Le‘ » 7 % Sat “gra x 4 } dn aa OACEAI h i e Po SAT PE mu 9 : ) "| ' Pa sl 9 * tr, i À = ‘nen ° "4 Rat } ri " "T t Pi E NE È @ é È di; sù “ va » “ Ni ‘ AVI ; cdr, 3%, A 3 ? È = h LI - Ca Da i È, sì ; "R I, { LAUT È + Ept a rl » . A * = ' x L. di Pn Pi , A LI di - w n + modi. A , n) ‘ U PST € è b, lo e î 0) Lu 1 ud ® 2 si Dai Lat è bi peo i e Ri NOTICE SUR LA VIE ET LES TRAVAUX DE CARL WILHELM VON NAGELI Le 410 Mai dernier, est mort à Munich, Carl Wilhelm von Nageli, un des botanistes qui ont le plus contribué a l’avan- cement de la science pendant la dernière moitié du siècle. Nè a Kilchberg près de Zurich en 1817, il commenca ses études à Zurich, fut nommé professeur à l’ Université de Fribourg en Breisgau en 1852, d’où il passa a l’ Université de Munich (1858). Il occupa cette dernière chaire jusqu' a sa mort. | Il fut l’élèeve de Schleiden et adopta d’abord complète- ment les idées du maitre. Mais si Schleiden était un homme de conceptions générales, Niéigeli était surtout observateur ; aussi s'apercut il très vite que bien des opinions émises, par celui qui était en ce moment le chef du mouvement scientifi- que en Allemagne, quoique très séduisantes au premier abord, étaient loin d’ étre en rapport avec les faits que l’on observait. Avec Schleiden, il fonda en 1844 un Journal intitulé Zeschrift fur wissenschaftliche Botanik, qui malheureuse- ment ne vécut pas longtemps; dès 1846 il avait cessé de paraitre. Ce fut a partir de cette époque, que le prestige de Schlei- den déclina et ce fut Nageli qui arriva rapidement a étre a la tète du niouvement scientifique botanique. — 252 — Schleiden en en méme temps que Schwann, avait définiti- vement prouvé la constitution cellulaire des organismes, mais la «théorie cellulaire » qu'il présenta dans ses travaux laissait apercevoir de nombreux points faibles. Pour ce botaniste, le cytoblaste on noyau était l’organe important de la cellule, c'était autour de lui que se formait par une sorte de con- densation, la cellule complète dont la membrane se constituait petit à petit. Nageli étudiant la genèse des cellules modifia la théorie, et tenant compte des observations de Mohl, Morren, Du Mortier, admit dans la genèse des cellules deux cas distincts; la division et la formation libre. Les opinions de Schleiden ainsi modifiées subsistèrent longtemps, mais les decouvertes de ces dernières années sont venues démontrer que la seconde partie de la théorie, n'est pas admissible et qu’ une cellule derive tovjours d’ une cellule préexistente. Ainsi fut rejetée à tout jamais l’idée de la for- mation d’une cellule par une espèce de cristallisation au sein d’une masse protoplasmique et autour d'un noyau (1). L’étude des organismes inférieurs eut toujours pour Nigeli, un grand attrait, aussi il nous a laissé plusieurs tra- vaux sur les algues, véritables modèles du genre. Il étudia les algues unicellaires, dans un remarquable mémoire que l'on consulte encore couramment, quoique datant de 1849. C'est de lui que nons vient également la notion de vé- gétaux non cellulaires; il consacre de nombreuses études a ces algues siphonées qui au point de vue morphologique pré- sentent une sì grande differentiation et sont si simples au point de vue de la constitution interne. Les champignons furent egalement des sujets favoris de ses observations. Il avait d’ailleurs reconnu bien vite que le meilleur moyen d’arriver a resoudre les problèmes si compliquès de la vie, (1) Une biographie très complète de la vie et des travaux de Schlei- den a été publiée par M. Errera dans la Revue Scientifique de 1883, (628-110): était de s'adresser aux organismes inférieurs. Ce furent les algues qui lui servirent eu prèmier lieu de materiaux d’étude. Dans un de ses travaux il nous dit lui-méme: « Das Studium der Algen gewéahrt also dem Physiologen einen doppelten Vortheil: Einerseits zeigen einige der hoheren Algen in Wesentlichen die gleichen Erscheinungen wie die héhern Pflanzen, nur sind dieselben wegen der anatomischen Ein- fachheit leichter zu studiren und sicherer zu deuten. Anderseits findet sich bei den ubrigen Algen der Weg vorgezeichnet, auf Welchem die Natur zu jenen Erscheinungen der hòhern Pflanzen gelangt, und esst damit ein vorzigliches Mittel gegeben, um dieselben besser zu erkennen » (1). Vers la méme époque que Hanstein, il décrivit avec leurs caractéres définitifs, le méristème et le tissu adulte des plantes. Ce fut lui qui le premier prouva que les plantes dicotylées comme les monocotylées possédent à l'origine des faisceaux distincts, et que c'est à la suite d'une soudure qui n’apparait que plus tard, que le bois et le liber forment un cercle fermé dans la tige des dicotylées. Ce fait qui nous parait actuellement si naturel, n’ en a pas moins exigé de patientes et laborieuses études au moment ou Nageli travaillait. Niigeli, proposa encore une autre théorie, à laquelle son nom restera attaché, et quoique les opinions qu'il émit à ce sujet soient a notre époque fortement combattues, l’on se trouve encore dans bien des cas forcé de recourir a la théorie de Il intussusception. Un volumineux travail servit A étayer cette théorie (2) les matériaux d’observation furent les grains d’amidon. C'est dans ce travail que nons voyons pour la première fois décrit et figuré l’amidon sons son véritable aspect. Cette théorie par laquelle Nigeli voulait remplacer celle de 1’ apposition, qui avait jusqu’ alors été acceptée sans conteste (3) et qui (1) Nageli. Die neuern Algensysteme, p. 4. (2) Die Staàrkekòrner, en collaboration avec. Cramer et Wartmann. (3) Théorie exposée par Schacht en 1856, — 254 — paraissait si bien cadrer avec certaines observations, ne put tenir longtemps. La théorie de l’ apposition qui resta dans l’oubli, reparut et celle de l’ apposition a dans ces derniers temps perdu presque tout le terrain qu'elle avait si vite con- quis. Certains botanistes défendent cependant encore la théorie de Nzigeli, mais elle ne peut nous rendre compte de la struc- ture des grains d'amidon ni de l’accroissement en épaisseur de la membrane ; il y a cependant encore certains cas ou elle est seule a pouvoir nous expliquer certains phénomènes d’'accroissement. Ce fut encore lui qui déconvrit les spermatozoides des fougères. Mais Nageli, quoique s'étant surtout occupé d’études d'observation, exposa dès 1883 une théorie physiologique et mécanique de la descendance (1). Dans ce travail il cherche a établir, qu'il ya dans la cellule des portions qui résistent et qui passent d'un organisme a l’autre. Cette portion de- vrait étre le porteur des caractères héreditaires. C'est ce qu'il appelle #dioplasme. Cette idée purement théorique était fondée, comme l’ont prouvé les découvertes récentes sur le noyau. Ce serait d’après ces recherches la chromatine du noyau qui serait le porteur des caractères hèréditaires propres a l’individu, car c'est la seule partie de la cellule qui se conserve. Faire un résumé complet de l’ ceuvre que nous a lais- sée Nàgeli serait chose trop vaste, car les travaux qu'il a produits sont des plus considérables et des plus variès. Outre des mémoires si importants sur l’ histologie, l’anatomie, et la physiologie, il ne négligea pas dans ses écrits les autres branches des sciences botaniques. En 1885, il publie en collaboration, avec son collègue Peter de Munich une étude considerable sur un des genres les plus embrouilléer de la famille des Composées, le genre (1) Nageli. Mechanisch. physiologisch. Théorie der Abstammungs lehre. — 255 — Hieracium. Ce travail, le fruit de plus de vingt années d’ ex- périences de cultures et d’ études, tant sur des plantes en vie que sur des matériaux d’herbier, démontre l’éxistence de 3000 formes constantes. Son collaborateur à l’appuis des recherches de Nageli, publia un herbier des plantes qui leur avaient servi, a faire cette étude sous le nom de « Hieracia Niege- liana exsiccata ». Dans un autre genre d’idées, il émit l’hypothèse que des graines de plantes datant des époques géologiques pourraient très bien se trouver sons les negées et les glaces des Alpes. Il partait pour étayer cette hypothèse du fait que des restes d’animaux des époques préèhistoriques avaient été trouvés conservés intacts dans les glaces de la Sibérie. Cette idée quoique assez bizarre à première vue, n’en est pas moins assez plausible, lorsque l'on se donne la peine de 1’ analyser. On devrait encore citer bien de ses oeuvres, entre autres un traité sur le microscope, qu'il publia en collaboration avec Schwendener, professeur à Berlin, et qui quoique vieilli est un des plus beaux ouvrages qui ont paru sur la matière. Il eut plusieurs éditions. M. Regel, lui dédia un genre américain de la famille des Gesnéracées, auquel il donna le nom de Naegelia. Nageli, quoique ayant comme nous venons de le voir, publié dans sa longue et laborieuse carrièére beaucoup de données, que des découvertes récentes ont fait rejeter, n’ en est pas moins un des botanistes les plus éminents de notre siècle. Son nom sera toujours cité, car outre les nombreuses observations qu'il a faites, et qui sont restées des acquisitions durables pour la science, l'on peut dire que ses oeuvres sont de celles qui ont contribué et contribueront encore aux pre- grès de la Botanique. Juin, 1891. E. De WILDEMAN, 6. + Zwei Bemerkungen iiber die von Wigand und Agardh gemachten 10. DI — 256 — Travaux publiées par G. W. von Nageli . Die Cirsien der Schweiz. Schweiz. Gesell. N. Denkschr. V. 1841. . Ueber die Entwickelung des Pollens. Schweiz Gesell. Verhand 1841. . Botanische Beitriige. Zinnaca, XVI, 1842, . Sur les Champignons vivant dans l’interieur des ceilules végétales. Anu. Sc. nat. (Bot.) X1X, 1843. . Die nenern Algensysteme und Versucl zur Begriindung eines eige- nen Systems der Algen und Florideen. Schweiz Gesell. N. Denk- schr. IX, 1845. Sur la propagation des Rhizocarpées. Ann. Sc. nat. (Bot.) IX 1848. Ausstellungen, betrefsend meine Versetzun® der Florideen von den Geschlechtspflanzen. Bot. Zeitung. VIII, 1849. . Gattungen einzelliger Algen physiologisch und systematisch bearbeitet. Schweiz. Gesell. N. Denkschr. X, 1849. . Pflanzenphysiologische Untersuchungen. Heft I. Zurich 1855. Heft II, Die Stirhekorner, Zurich 1858 (en collaboration avec D. C. Cramer et D. B. Wartmann). i Ueber das Vorkommen und die Epntstehung einiger Pflanzenschleime. Chem. Pharm. Ceutv. Blatt XXVI, 1855 (en collaboration avec C. Cramer). Die Individualitàt in der Natur mit vorzùglicher Beriteksichtigung des Pflanzenzeiches. Zurich, Monatschr I, 1856. . Dispositio specierum generis Cirsii, tam genuinarum, quam hybrida- rum, quae ditionem florae nostrae et terrarum adjacentium inbabi- tant iin Koch Synopsis forae Germanicae et Helvetiae, Lipsiae 1857). . Ueber die Siebròhren von Cucurbita. Minchken, Sitzungsber. I, 1861. . Ueber die Verdunstung an der durch Korksubstanz geschiitzen O- berflàche von lebenden und todten Pfianzentheilen. IM/%rchen, Stt- zungsber. I 1861. . Beitrage zur Morphologie und Systemalik der Ceramiaceae. Minchen Sitzungsber. II, 1861. . Ueber die Wirkung der Frostes auf die Pflanzenzellen. Scf2ungsder. Ak. Minchen 1861. . Sphaerocrystalle in Acetabularia. Silzungsber. Sk. Aldnchen 1862. . Doppelbrecherde Kugeln in der Schale des Apfels. Sifzungsber. AR. Minchen 1662. . Ueber die aus Proteinsubstanzen bestehenden crystolloide im der Pa- mus. Sitzungsber. Ah. Munchen 1862, 43. 44. — 257 — . Farberystalloide bei den Pfianzen. Sifeungsber. AR. Minchen 1862. . Beobachtunsen ilber das Verbalten des polarisirten Lichtes gegen pfianzliche Organisation. M%nehesa, Sitzungsber. I, 1862. . Ueber die erystallihnlichen Proteinkòrper und Verschiedenheit von wahren Crystallen., Minchen Sitzunsber. II, 1862. . Die Reaction von Iod auf Starkekòrner und Zellmembranen. AZtn- chen, Sitzungsber. 1862 et 1863. . Ueber die chemische Zusammensetzung des Stirkekorner und Zell- membranen. Mirnchen, Sitbungsber. IT, 1863. . Ueber die chemische Verschiedenheit der Starkekòrner. A/wnceher, Sitzunsber. II, 1863. . Ueber die ungleiche Vertheilung gelòstes stoffe in dem Wassertrop- fen eines mieroscopischen Pràparates. I/%nchen Sitzungsber. II 1863. . Botanische Mittheilungen. Bd. I. Iénekew 1863. (Renferme une réim- pres. des n. 13 a 26). . Ueber der inneren Bau der vegetabilischen Zellmembranen. IMin- chen AR. Sitzungsber. 1864, 1 et II. . Réaction de I’ Jode sur la fécule et les membranes des cellules, 47- ch. sc. phys. et nat. XXTI, 1865. . Ueber den Einfiuss iusserer Verbaltnisse auf die Varietatenbildung in Pflanzenreiche. Minehken, Ahad. Sitzungsber. IT 1865. . Ueber die Bedingungen des Vorkommens von Arten und Varietaten innerhalb ihres Verbreitunes bezirkes. Minchen AR. Sitzungsber. II, 1865. . Die Bastardbildung im Pfianzenreiche. Minchen, AR. Setzungsber. II, 1865. . Ueber die abgeleiteten Pflanzenbastarde. Minchen, Akad. Stlzung- sber. I, 1866. . Theorie der Bastardbildun®. Iinchen, AR. Sitzungsber. I, 1866. . Ueber die Zwischen formen zwischen der Pflanzemarten. Mdncher, Ak. Sitzungsber, I, 1866. . Aufzaàhlung einiger Zwichenformen. Minchen, Ah. Sitzungsber. I,1866. . Ueber die Innovation bei den Hieracien und ihre systematische Be- deutung. Minchen, Ah. Sitzungsber. I et IT. 1866. . Ueber die systematiche Behandlung der Hieracien rucksichtlich der Mittelformen. Minchen, Ah. Sitzungsber. I, 1866. . Ueber die Versuche, betreffend die Capillarwirkungen bei verminder- tem Luftdrucke. Minchen, AR. Sitcungsber. I. 1866. . Ueber die systematische Behandlung der Hieracien rucksichtlich des Umfangs der Species. Minchen, Ah. Sitzungsber. I et II, 1866. . Ueber die Theorie der Capillaritit. Minchen, AR. Sitzungsber. I, 1866. 2. Ueber die Enstehung und des Wachsthum der Wurzeln bei den Ge- fisskryptogamen. Minchen Ah. Sttzungsber. II, 1866. Die Synonymie und Litteratur der Hieracien. Mitnehen, AR. Sitzung- sber. II, 1866. Botanische Mittheiluneen, Iincehken 1866, Bd. IZ (Renferme une ré- impression des n. 28, 30, 35, 38, 41, 43). — 258 — 5. Die Piloselloiden als Gattungssection und ihre systematischen Merk- male. Minchen Ak. Stteungsber. I, 18607. ì. Ueber die Piloselliformia. Mitnchen Ark. Sttzungsber I, 1867. . Das Mikroskop. Zeipzîg 1867 (1. édition) en collaboration avec S, Schwendener). . Ueber selbstbeobachtete Gesichtsercheinungen. Minchen AR. St/2ung- sber. I, 1868. . Das gesellschaflive Entstehen neuer Species. Iinchen, AR. Sttzung- sber. 1872. Ver isno ne der PAANZe ONERE durch ihre Mitbewerber. Sd/zung- sber. Ah. Minchen, 1874, . Die Niederen Pilze in DE; ion zu der Infectionskrank- heiten und der Gesundheitspflege. Minchen 1877 ; 2. Ueber das scheitelwachsthum der ESD, Tageblatt der 30 Versamm. deutscher Naturforscher und Aertze 1879. 3. Das Mikroskop. Zeipzig (2 edit ) 1877 (en collaboration avec S. Schwendener). . Die Schranken der Naturwissenchaftliche Erkenntpiss. Tagblatt des 50 Naturprischer vorsammlung zu Mimnchen 18771 . Ueber die chemische zusammensckung der Hefe. Siege Min- chen Ak. 1898. . Theorie der Girung. Minchen Ak. Sitzunsber. 1879. . Ueber die Fettbildung bei den niederen Pilzen. Akad. IMinchen 1879 III. . Ueber die Bewegung Kleinster Korperchen. AR. Minehen, 1859, MIL 59. Ueber Warmetonung bei Fermentwirkung. Mnchen, Ak. Sttzung- sber. 1880, Il . Ernahrung der niederen Pilze durch Koblenstoff und stickstoff ver- bindungen. St/zungsber. Ah. Mirnchen 1880, II. . Ernihrang der niederen Pilze durch Mineralstoffe. Sitzungsber. Ak. Minchen 1880, 1II. 2. Ueber das Wachsthum der Stàrkekorner durch Intussusception. S%- zungsber. Ak. Munchen 1881. 3. Umwandlung der Spaltpilzformen (in Unfersuhungen iber Niedere Pilze aus dem Pflanzenphysiologischen Institut in Munchen. Minceker, und Leipzig 1882). . Mechanisch-physiologische Theorie der Abstammungslehre. Iinehew, 1883. 5. Die Hieracien Mitteleuropas I Monogrophische Bearbeitung der Pi- loselloiden. Ainehen, 1885. II Monographische Bearbeitung der Archieracien. Minchen 1886. i . The microscope in theory and practice. Zondon (Sonnenschein) 1887 (En collaboration avec S. Schwendener;. . Botanische Mitheilungen. I/éneken Bd. II, 1887. (Renferme une réim- pression des n. 37, 42, 45, 46, 49, 50, 55, 57, 60, 62). SUR LES CRAMPONS DES CONIUGLES. MAI «<-<<- M. Dangeard vient de publier, dans le journal Le Bo- taniste, une note intitulée: Sur la présence de crampons chez les Conjugées (1). En écrivant cette notice, l’ auteur a eu pour but d'attirer l’attention des algologues sur ce point déjà connu, que certaines conjuguées présentent des rhizines pouvant s’'attacher è un support quelconque. Ces crampons ne seraient-ils pas analogues a ce que M. West a appelé, dans certains cas, tubes copulateurs ramifiés et qu'il a figurés dans le dernier fascicule du Notarisia, pl. 12, fig. 3 et. 7 (2)£ Dans un travail que j'ai présenté a la Société royale de botanique, au mois de mai 1890, et qui par suite de retards occasionnés par l’impression d'autres mémoires, n°a pu étre publié en tirés-à-part qu'il y a peu de temps, j'ai émis quelques observations sur le méme sujet (3). J'ai eu principalement en vue deux groupes d’algues; les Mesocarpus et les Spirogyra, dont j'ai représenté quelques formes de crampons dans les pl. I, fig. 12-20, pl. II, fig. 16, qui accompagnent le travail. (1) Ze Botaniste, 2 série, 4 fascicule, p. 161, pl. VIII, fig. 10, 11. (2) W. West. Sulla conjugazione delle Zignemee in Notarisia, n. 23, pie Jl6l, pl, 12.et: 13: (3) Observations algologiques, in Bull. Soc. dot. Belgique, 1 partie, pi. 93, — 200 — Je n'ai pas, dans cette note, attiré l’ attention sur les rhizines des Zygogonium; je m' étais réservé l’étude de ce groupe intéressant pour un travail ultérieur. Chez le Zygogonium ericetorum, très commun dans les marais la Campine Anversoise et Limbourgevise, l'on observe des crampons nombreux et de formes trés variées. Ces cram- pons peuvent méme, dans bien des cas, présenter une division cellulaire, donnant ainsi à l’algue un caractère assez spécial. Comme je lai fait remarquer dans le travail rappelé plus haut, ces rhizines paraissent se former dans les. con- ditions normales de végétation et non, comme le croyait M. Migula, sous l’action de conditions extérieures défavorables. M. Strasburger, dans son travail intitulè : Veber Zellbil- dung und Zelltheilung (1), dit avoir observé une formation assez abondante de ces crampons par la culture de Spirogyres dans de l'eau à laquelle on avait ajouté quelques morceaux de tourbe. Ici les conditions dans lesquelles s’ est placé l’ au- teur ne sont pas normales, mais ne peuvent ètre comparées avec celles dans lesquelles M. Migula a fait ses cultures. Malgré les nombreux essais faits, je n'ai jamais réussi a faire pousser des rhizoides a des filaments de Mesocarpus, en les mettant en présence de tourbe dans des aquariums. Ces algues se sont développées normalement, sans pousser de pro- longements. D’ailleurs des rhizoides analogues peuvent apparaitre chez des algues, qui ordinairement n’en présentent pas, lorsqu'elles sont soumises a des conditions de culture spéciales. Un mot encore au sujet de l opinion de M. Dangeard, relativement a l’ origine de ces crampons. L’auteur voudrait voir, dans la présence de ces prolongements, le reste d° une reproduction par zoospores que les conjuguées auraient perdues. Ces rhizines seraient donc l’analogue de ce que nous (1) E, Strasburger, Veder Zellbildung und Zelltheilung. Jena, 1875, p. 34. — 261 — trouvons chez les Oedogonium, Botrydium et Vaucheria. Mais il me semble que les figures que j'ai données dans ma note, ne cadrent pas avec cette opinion. Si nous vovons, en effet, les crampons prendre naissance, dans bien des cas, à la base d’un filament, ils apparaissent plus fréquemment encore sur une cellule quelconque du thalle: la cellule présentant généralement dans ce cas une forme en U. Ne songeant nul- lement à cette hypothèse, je n'ai pas figuré, dans la planche qui accompagne mes notes, de rhizoides de Sp2r0gyra naissant sur une cellule quelconque du filament, quoique cela se pré- sente fréquemment. En terminant sa courte notice, M. Dangeard nous dit: «Il serait intéressant de faire, pour la biologie de ces plantes, la part de la fixation au moyen de crampons ». Je crois avoir indiqué une des causes qui peut agir sur la formation de ces organes. Ces crampons auraient pour but de donner une plus grande fixité a ces algues flottantes, afin de les retenir entre elles de facon que la fructification puisse plus facilement s' opérer. E. D. W. iù put MEV IMESbiuaa Conspectus algarum endophytarum. AANANANNAAN_- B. PHAEOPHYCEAF. Phaeozoosporeae. 15. Streblonemopsis irritans Valiante. (Litt. No. 82). Hab. in strato esterno gelatinoso Cystoseirae opuntioidis, protuberantias verrucaeformes pallidas contextu peri- pherico hospitis aucto formatas efficiens; in mari medi- terraneo prope Neapolim. 16. Entonema Reinsch. (Litt. No. 21). Hab. inter cellulas et in cellulis Rhodophycearum et Mela- nophycearum structura laxicre praeditarum, thallo et superficiali et in parenchymate interno plantae infectae expanso. « Genus hucusque nondum observatum continet plantas late expansas. Fere omnis plantae parenchyma Rhodophycearum majorum infecta est ab ullo Entone- mate ». Generis dubii (a me nunquam observati) numerantur ab auctore species 13, quarum 4 nomine carent, ceterae hae sunt: £. dicolor, LE. elegans, E. intestinum, £L. mo- niliforme, Li. paradorum, E. penetrans, E. rhizoma- tordes, E. subcorticale, E. tenvissimum. In maribus? 17. Phaeosporarum genus incertum Kny (Litt. No. 16), cam ì priore forsitan conjungendum sed vivendi modo ab illo diversum, quippe quod nunquam in intranea cellularum hospitalium penetrat. Hab. ad insulam Helgoland: in È — 263 — Delesseria sanguinea L., D. alata Huds., Hypnea purpu- rascente Huds; Chrondro crispo L., Polyide rotundo Gmel., Rhodomela subfusca Woodw., Laminaria sac- charina L. C. CHLOROPHYCEFAE. I. Chlorosphaeraceae Klebs. 18. Chlorosphaera endophyta Klebs. (Litt. No. 81). Hab. inter cellulas epidermidis Lemnae minoris viventis, verrucas oculo inermi visibiles formans. In Germania (loco ?) 19. Chlorosphaera Alismatis Klebs. (Litt. No. $1). Hab. in foliis mortuis Alismatis Plantaginis. In Germania (loco ?) Chlorosphaerae generis non omnes species endophytae vivunt; nec generis nec specierum diagnoses ab auctore (Klebs) satis distincte scriptae sunt, una tantum species (Chl. Alismatis) delineata est (Wille 1. c. p. 52. Litt. N.o 143). 20, Entophysa Charae Mòbius. (Litt. No. 122, 140). Hab. in membrana Charae Hornemanni sub cuticula, in aqua subsalsa prope Rio de Janeiro. Eandem speciem a se in Carnia inventam esse Hansgirg commemorat. (Litt. No. 140). II. Pleurococcaceae. — 21. Raphidium fasciculatuim Ktz. (= Rh. polymorphum Fres. var /useforme (Corda) Rabh.) (Litt. No. 15). Alga ceterum non endophyta a Colr in evacuatis cellulis Chlorochytrii Lemnae prope Vratislaviam observata est. III. Endosphaeraceae Klebs. 22. Chlorococcum infusionum Rahb. (= Protococcus inf. Schrank)? (Litt, No. 41). Hab. in cellulis perforatis foliorum aliquorum Sphagni — 264 — latifolii ad Gap Cod. (Americ. boreal.) collecti. Alga haud plane endophyta habenda est, sed plerumque libere natans vel sessilis in aquis stagnantibus obvenit. Beye- rinck (Litt. No. 132 a) algam a Reznsch observatam Chlorosphaerae generis speciem esse suspìcatur. Chlorochytrium Cohn. (Litt. No. 15). Omnes Chl. generis species (10) endophyte vivunt; hospi- tibus, in quibus locum tutum quaerere videntur, detri- mento non sunt, nisi pressione formam cellularam vici- narum aliquantulum mutant. 23. Chlorochytrium Lemnae Cohn (Litt. No. 15, 18, 33, 38, 43, 50, 56, 91, 95, 112, 115). Hab. inter cellulas parenchymaticas Lemnae trisulcae, zy- gosporis quadriciliatis in Lemnae superficie, ubi duae cellulae epidermidis se contingunt, considentibus et mem- brana indutis, 3-4 diebus post, inter cellulas hospitis penetrantibus. In Germania, Italia, Neerlandia, Trans- silvania, Russia. 24. Chlorochytrivm Knyanum Cohn et Szymansky (Litt. No. 15,16, 38; 38; 50; 95, 112, 115) Hab. inter cellulas Lemnae minoris, L. Gibbae, Cerato- phylli demersi, Elodeae canadensis (nunquam Lemnae trisulcae) zoosporis per stomata vel alias fissuras in hospitem illapsis; in Germania, Italia, Britannia, Russia. 25. Chlorochytrium pallidun Klebs (Litt. No. 50, 115). Hab. in Lemna trisulca, in Europa, Britannia, Russia. 26. Chlorochytrium inclusum Kjellman.(Litt. No. 88). Hab. in Sarcophyllide arctica, in mari arctico imprimis ad oras Spitzbergiae, Novae Semliae etc. («an Chlorocystis » de Toni l. c.). 27. Chlorochytrium rubrum Schroter (Litt. No. 88). Hab. in cavernis aereis foliorum et stipitum Menthae aquaticae et Peplidis Portulae; e foliis miortuis libe- ratur et sporas evolvit. Prope Vratislaviam Germaniae, 3. OMorochytram viride Schròter. (Litt. No, 83). — 265 — Hab. in cavernis aereis Rumicis obtusifolii, cujus cellulae algam endophytam circumdantes rubefiunt. Prope Vra- tislaviam Germaniae. 29. Chlorochytrium laetum Schròter (Litt. No. 83). Hab. in vetustis foliis Lychnidis floscuculi, prope Vratisla- viam Germaniae. 30. Chlorochytrium Archerianum Hieronymus (Litt. No. 108). Hab. in cellulis perforatis Sphasgni spec. prope Vratisla- viam Germaniae. Haec species ab auctore eadem esse habetur, quam Archer (Litt. N. 22) observavit et statum quendam evolutionis Chlamydomyxae labyrinthuloidis esse credidit. An haec, in cellulis perforatis Sphagni spec. in Hibernia («Co. Westmeath») inventa, vera alga sit, dubium est, Geddes auctore (Litt. No. 53, 63) inter Rhizopoda et Palmellaceas ponenda est. SI. Chlorochytrimn dermatocolan Reinke (Litt. No. 150, 132). Hab. in membrana externa thalli Polysiphoniae elongatae et Sphacelariae racemosae maris baltici. Species mea quidem sententia potius Chlorocysti generi quam Chlorochytrio adscribenda est, nam marina est, ut Chlorocystis Cohnii, non inter cellulas hospitis, sed in membrana crescit, zoosporas non simul, sed singulas emittit. 32. Stomatochylrium Limnanthemum Cunningh. (Litt. No. 105). Hab. in Limnanthemi indici cavernis, quae sub stomatibus paginae superioris foliorum sitae sunt, zoosporis vel zygosporis per stomata illapsis. (Foliis emorientibus akinetae formantur). In India orientali. 33. Chlorocystis Cohni (Wright) Reinhard (Litt. No. 29, 90,97): Hab. in membrana et algarum (Ascophylli nodosi, Poly- siphoniarum, Enteromorphae clathratae, Urosporae pe- F42° ” n A — 206 — nicilliformis) et Diatomacearum (in vagina Schizonema- tis) et protozoorum (Vaginicolae spec.) et Hydroideorum (Campanulariae flexuosae), ad oras Europae borealis et in mari nigro. s4. Chlorocystis (?) spec. (Litt. No. 1,9, 15, 16, 18). Cellulae globosae vel ovoideae, 0,09-0,1 mm longae, 0,025- 0,05 mm crassae, chlorophyllum et amylum continentes inter cellulas corticales et medullares Polyidis lumbrica- lis primum a Mellenius inventae (Litt. No. 1) a Ary (Litt. No. 16) et a Corn (Litt. No. 9, 15) descriptae sunt. Thuret in litteris ad Cohn scriptis illas cellulas endo- phytas esse primordia Cladophorae lanosae, e zoosporis ejus exorta, quae hiemem versus ex hospite excresce- ret, pronunciavit; Coln autem dubitat, an omnes cellulae virides in Polyide inventae ad hanc Cladophoram re- ferendae sint. Idem alias cellulas virides, lanceolatas vel pyriformes in Cruoria pellita observatas descripsit. Archer (Litt. No. 18) has cellulas et eas, quas ipse in Polyide rotundo observaverat, Chlorochytrio generi at- tribuendas esse existimavit. Equidem algas endophytas, de quibus quaeritur, quippe marinas et in membrana hospitum viventes, potius Chlorocysti quam Chlorochy- trio attribuam. 55. Scotinosphaera paradora Klebs (Litt. N. 50, 91). Hab. inter cellulas foliorum et stipitis Hypni spec., cellulis vel plane immissis vel dimidio prominentibus, in Borus- sia orientali; forma ab hac vix diversa ab auctore in Lemna trisulca prope Argentoratum observata est; in Britannia et in Hypno et in Lemna obvenit. 56. Endosphaera biennis Klebs (Litt. No. 50, 112, 140). Hab. inter cellulas foliorum Potamogetonis lucentis, zygo- sporis inter duas cellulas epidermidis, non per stomata, illapsis; prope Argentoratum et Pragam, Laibach, Pirano. 57. Phylobiwm dimorphum Klebs (Litt. N. 50, 76). CERERE) — 267 — Hab. inter cellulas foliorum Lysimachiae Nummulariae, Ajugae reptantis, Chlorae serotinae, Erythraeae Cen- taurii. Zygosporae per stomata paginae inferioris folio- rum illapsae, membranis indutae in tubos prolongantur, qui in apice crescentes inter vasa spiralia hospitis se expandunt et ramificantur; tubo in uno loco intume- scente, quo omne protoplasma confluit, membranis for- matis cellula vegetativa nascitur. Prope Argentoratum (Klebs) prope Thermas Mattiacas (« Wiesbaden» Wo- ronin), prope Vratislaviam (Schròter) Germaniae, prope Stockolmiam Sueciae (v. Lagerheim). 38. Phyllobium incertun Klebs. (Litt. No. 50). Hab. in foliis Graminum et Cyperacearum prope Argen- toratum. IV. Characieae. 99. Peroniella Hyalothecae Gobi. (Litt. No. 106). Hab. in vaginis mucosis Hyalothecae mucosae in lacu «Sommel-jirwi» Fenniae. i V. Protococcaceae incertae sedis. Zoochlorella Brandt. (Litt. No. 23, 34, 35, 51, 58, 59, 62, 64, 65, 66,67, 68, 70, 126, 133, 134, 141, 142). Hab. in Flagellatis, Rhizopodis, Infusoriis, Coelenteratis, Turbellariis, quarum species ab auctore Ent (Litt. No. 64). enumerantur, idem « Zoochlorellas » aliarum algarum unicellularium formas imperfectas habendas esse existimat. Quam opinionem Beyerznek (Litt. No. 153) merito impugnans, ut Brand (Litt. N.o 59) duas hujus generis species agnoscit. 40. Zoochlorella conduetric Brandt, in Hydra viridi et in- fusoriis ciliatis etc. Haec species secundum Beyerinck eadem est, quam in piscinis et fossis materia organica abundantibus libere crescentem invenit et Chlorellam vulgarem nominavit. 41. Zoochlorella parasitica Brandt, in Spongillis et Planariis etc. acquae dulcis. ba: LI bi. € — 208 — Zooscanthella Brandt (Litt. No. 58, 59, 61, 62, 68, 79, S0, 84, 85, 98, 100, 119, 430 a). Hab. in Flagellatis, Ciliatis, Spongiis, Coelenteratis, Echi- nodermatibus, Bryozois, Vermibus. (Animalia, in quibus alga inventa est, enumerantur a Brandt (Litt. No. 79). Brandt unicam speciem generis constituit. 42. Zoowanthella nutricula Brandt, quae ab Haeckel in duas dividitur, prout algae in corporis animalis positae sunt: Z. extracapsularis et Z. intracapsularis. Geddes (Litt. No. 62) generis Phélozoi, quod cum Zooxanthella con- fundendum est, secundum hospites 4 species distinguen- das esse existimat: Pl. Radiolarium, Ph. Siphonopho- rarum, Ph. Actiniarum, Ph. Medusarum. Litteras disciplinae zoologicae, in quibus Zoochlorella et Zooxanthella tractantur, non omnes commemoravi: multae citantur ab auctore £#/3 (Litt. N.o0 64). Neque hic accuratius examinen, quantum algae ad alendos hospites valeant: ad hanc rationem conferenda sunt opera novissima de Zoochlorella a Beyerncek (Litt. N. 138) et de Zooxanthella a Famiutzin (Litt. N. 4119) edita. Fere omnes auctores consentiunt algas hospitibus non detrimento sed commodo esse alimenta eis prae- bentes. VI. Chaetophoraceae. 43. Endoclonium chroolepiforme Seymanski (Litt. No. 38). Thallus formam Stigeoclonii referens in spatiis intercellu- laribus frondis mortuae nec non radicis Lemnae mino- ris, L. trisulcae, L. polyrrhizae crescit, extus pilos pallidos emittens. Alga ab auctore prope Vratislaviam observata, haud satis accurate et sine figuris descripta, alias adhuc non videtur esse inventa. 44. Endoclonium polymorphum Franke (Litt. No. 78). Algae et forma epiphyta et forma endophyta nota est. Haec in spatiis intercellularibus sub stomatibus sitis Lemnae gibbae obvenit, ejus zoosporae formam epiphy- po n — 269 — tam proferunt, cujus ex microzoosporis aut sine copula- tione aut in zygosporam quadriciliatam conjunetis forma endophyta nascitur. Hab. in piscinis prope Messinam. 45. Endoclonium (Stigeoclonium) pygmacum Hansgirg. (Litt. No:-112, 125). Hab. inter cellulas Ranunculi aquatici, Lemnae minoris variarumque plantarum aquaticarum in lacu ad « Chlum- can» prope «Laun» Bohemiae. Ut in Endoclonio polymorpho et forma epiphyta et forma endophyta exstat. 46. Chaetonema irregulare Nowakowski. (Litt. No. 27, 83, 103,112). Hab. in membranis gelatinosis Schizochlamydis, Tetraspo- rae, Chaetophorae, Gloiotrichiae, Coleochaetes pulvina- tae, Batrachospermi etc. in Silesia, Bohemia, Neerlan- dia, Gallia. Periplegmatium Ktz. = Entonema Reinsch ex — p. Ento- cladia Reinke, Entoderma Lagerh., Reinkia Bzi. (conf. Hansgirg in Flora 1889, p. 58). 47. Periplegmatium ceramii Ktz. (Entocladia viridis Reinke) (fatt. No.N42,70/;=89, 102,103, 111,.1120,.122, ‘130; 132, 139). Hab.in membrana aliarum algarum. A_Reznke in Derbesia Lamourouxii inventa, in qua, Airchner auctore (Litt. No. 57) etiam epiphyta crescit, ab Zauck (Litt. No. 89) in Nitophyllo multisque aliis algis maris Adriatici, a me ipso (Litt. No. 122) in Acetabularia Schenckii, Hypnaea musciformi, Callithamnio spec., algis ad oras Brasiliae crescentibus, observata est; ad eandem speciem pertinere formam quandam in membrana indefinita (an animalis ?) viventem, suspicatus sum (Litt. No. 139). Non dubito, quin haec alga late in diversis maribus diffusa sit. (Continuabilur) NOTE DI TECNICA aaa a ava aaa aaa METHODES EN USAGE À LA STATION ZOOLOGIQUE DE NAPLES POUR LA CONSERVATION DES ANIMAUX MARINS © PAR SALVATORE LO BIANCO (suite) Le Liquide de Kleinenbherg (2) a été l'un des premiers employés a la station pour la conservation des formes marines. L'inconvenient qu'il prèsente de jaunir l'alcool méme aprés des lavages réitérés, et de ne pas durcir suffisamment, l’a fait peu à peu abandonner, si bien qu’ aujourd'hui on ne s'en sert que rarement, et presque uniquement dans un but histologique. Acide lactique. — En solution à 1°%/ dans l’ eau de mer, il sert assez bien à fixer les larves et les petits organismes géelatineux. Les acides chlorhydique, nitrique, pyroligneux et sulfurique sont employés rarement. Sublimé corrosif. — Recommandé par A. Lang, il s'emploie très souvent comme fixateur parce qu'il a la pro- (1) Mittheilung aus der Zoologischen Station su Neapel, IX Band, III Heft, s. 435, 1890. (2) Le liquide de KLEINENBERG se prépare de la manière suivante : on mélange 100ce. d’ une solution aqueuse concentree d’acide picrique avec 2a. d’acide sulfurique concentré; on filtre et on ajoute 3 fois le méme volume d’eau distillée. < CARO prieté de pénetrer vite et de durcir beaucoup. Il sert en solu- tion concentrée soit dans V eau douce, soit dans l’ eau de mer, a chaud ou à froid. Dans les manipulations au sublimé, on ne doit pas se servir d’instruments en métal, car ils décomposent la solutions et détériorent les préparations. Les solutions peu- vent aussi se faire a chaud, par économie de temps, dans le récipient de verre ou de porcelaine. On doit avoir la précaution d’eviter l’ ébullition dans des récipients ouverts, pour ne pas respirer les vapeurs, et de ne pas se salir les mains si elles ont quelque écochure. Presque tous les animaux préparés par ce réactif peuvent servir encore a des recherches histologiques. Souvent on s’ en sert aussi en mélange avec l’acide acétique, chromique, ou avec le sulfate de cuivre. Les animaux fixés au sublimé, aprés le lavage à l’eau douce, doivent rester, suivant l’indication de P. MAYER, dans l'alcool iodé jusqu'à ce qu’ ils cessent de le decolorer en y restant pendant quelque temps sans quoi la préparation devient fragile et il s' y forme un précipité noir contenant du mercure; quelquefois elle noircissent méme les parois internes du ré- cipient. . Bichromate de potasse. — On s'en sert en solution è 5 °/ pour durcir lentement quelques animaux gélatineux sans les rendre trop fragiles, ce qu'on ne peut obtenir avec l’ acide chromique. A cause de l’abondant précipité que donnent en passant par l’alcool les objets traités par le bichromate, l’usage de ce réactif n'est pas a recommander. Pour décolorer les preparafions qui se trouvent déjà dans l’alcool j' ajoute à celui-ci quelques gouttes d’ acide sulfurique concentré. Sulfate de cuivre. — On emploie des solutions de 5 a 10 °/, faites à chaud dans l'eau douce; il sert soit seul, soit melangé au sublimé pour tuer les larves et les animaux deéli- cats. Les objets traités avec ce réactif doivent ensuite ètre lavés plusieurs fois à l'eau jusqu'a ce que celle-ci demeure parfaitement limpide, autrement il se forme, dans les tissus, - "ISPRO TSERA n LL des cristaux qui les rendent opaques. On peut abréger le lavage quand les fragments doivent étre traités successivement avec un autre acide. Hydrate de chloral. — En solutions très flaibles a 1 ou 2°%/ faites a froid dans l'eau de mer, il nous sert pour anesthésier divers animaux avant de les fixer (1). Cette mé- thode a l’avantage que, si l’animal après un certain temps ne reste pas dans le conditions voulues pour étre préparé, on peut le remettre dans l'eau de mer, ou il reprendra ses muovements et continuera à vivre. On l’ emploiera de plus pour faire mou- rir, afin de les préparer, les animaux qui vivent dans les pierres, dans les incrustations d’algues calcaires, dans les colonies de Serpules et de Madrépores ; nous les laissons dans la solution de 6 a 12 heures. Outre les réactifs cités, nous nous servons en petites quan- tités de chloroforme. de l’éther et de la teinture alcoolique d’iode. Mélanges principalement employés. Alcoota:st0 00 Acide chromique 1% : Alcool et acide chromique : sa a D00/\c sa parties égales AMcool chlorhydrique Ac. chlorh. concentré. . 5° Alcool a 35° ou à 70°. 1400 ce Teinture alcoolique d'iode 2,5 © gi de.mer.: (.°.°. Sena Alcool iodé . . . Eau de mer alcoolisée . Aleool‘absolu*. < sge DI Mélange chromo-acétique N.° 4: Acide'chromique è 19/0 > .‘acetique concentre ..'. mec Ap » chromo-acétique N.° 2: Acide acétique concentré. . .. .. 100° > chromique è/4 0%; | CSO (1) Il est inutile d’employer une qualité fine, » » » » » » — 2735 — chromo-osmique : Aiende \etamaigue dot ta AO aero gue a IS: chromo-picrique : Acide chromique . . Liquide de KLEINENBERG . de cuivre et sublimé: | parties égales, Sulfate \devellivie tA/100/ ti) 100198: Sublimé en solution saturée . .. 10 °° de bichromate de potasse et d’' acide osmique : Bichromate de potasse a 5%. . 1400 © Acidetomisquesat 8/0) Deo: de sublimé et d’ acide acétique : Sublimé, solution concentrée. . . 100 © Acide acétique concentré. . ... 50° de sublimé et d’acide chromique: Sublimé solution concentrée. .. 10° Acido ‘chmomiguera dizaon, ae MEÉTHODES DE PREPARATION ET DE CONSERVATION. PROTOZOA. Les Protozoaires étant des animaux trés petits et pour la plupart invisibles a l’ceil nu, leur préparation rentre dans le champ de la microscopie, et par suite je ne me suis occupé que des espèces les plus grandes. Quelques Grégarines qui habitent le nucleus intestinal de Sa/pa maxima africana ont été bien réussies par le liquide de KLEINENBERG, en y restant pendant une heure environ avant d’étre transportées dans l’ alcool faible. Radiolaires. La Thalassicolla se fixe bien par l’acide chromique è 1/2°/, où on la laisse pendant une heure environ, après quoi, on la transporte dans l’alcool à 70°. Les Aulacanthidae et les Acanthometrae sont mis directement dans l’alcool à 50°, et après quelques heures dans l’alcool A 70°, On a encore de bonnes préparations en ajoutant à l'eau de mer qui contient ces animaux quelques gouttes d’acide osmique à 1°/,, puis en les lavant dans l’ eau douce, avant de les porter dans l’alcool. Pour quelques espèces fixées ensemble à d'autres petits organismes pélagiques, on obtient de très bonnes préparations microscopiques dans une solution concentrée de sublimé dans l' eau de mer. Spaerozoidae (1). — Les diverses espèces du genre Sphorozoum et Collozouni qui ont une forme sphérique ou cilyndrique se fixent dans l’ alcool à 35 °/, iodé, en les y lais- sant de 15 minutes à une heure environ et en ayant soin d’agiter le liquide, parce que, en restant trop longtemps sur le fond du récipient, les animaux s'aplatissent. Si l'on veut en préparer une grande quantité à la fois, il est nécessaire de mettre le liquide fixateur dans un large cristallisoir pour qu’ ils ne se compriment pas réciproquement. Après le temps établi, ils passent dans l’ alcool a 35°, où ils restent deux heures; le changement peut se faire en portant avec une spatule les co- lonies dans un autre cristallisoir de la méme grandeur ou aussi en enlevant lentement l'alcool iodé et en y substituant l'alcool à 35°, mais sans les laisser dépourvues de liquide. De la méme manière on les fait passer dans l'alcool a 50° et 12 heures (1) Ces méthodes ont été décrites par K. Branpr aux pages, 7-11 de sa monographie : Die Kolonie bildenden Radiolarien (Spheerozozoéen) des Golfes von Napel; in Fauna und Flora Golf. Neap. 13. Monogr, 1880, Le LU "i tà z après dans l'alcool A 70° qui doit étre renouvelé après 24 heures. De cette manière on obtient des préparations incolores qui peuvent servir aussi pour des recherches histologiques. Il n'y a pas lieu de recommander l’acide osmique qui noircit trop. Dans le colonies de Spherozoum avec des formations isosporiques, la forme n'est pas fixée avec l’alcool iodé, de sorte qu'il faut opérer avec le sublimé concentré. Les genres Myxophera, Acrosphera et Collosphera sont tuées dans l’acide chromique à 1%/, en employant la méme forme de récipient et en prenant les mémes précautions que pour Co/- lozoum. On les laisse d'une demi-heure a une heure, après quoi en versant tout de suite l’acide, on y substitue de l’ eau douce pour laver les colonies, mais de manière qu’ elles flot- tent dans le liquide, car autrement elles se rompraient. De la iméme manière elles passent graduellement dans l’ alcool. Acinetidae. — 7Trichophrya salparum a donné de belles préparations microscopiques avec le sublimé concentrè dans l'eau de mer. Inversement avec l’ Acznela forlida qui vit communément sur les Hydroîdes, on a obtenu de meilleurs résultats avec l’acide osmique. Vorticellidae. — Les colonies de Zoothammium sont tuées d'une manière satisfaisante par le sublimé concentré bouillant. PORIFERA. Pour les Eponges qui doivent faire partie de collection il suffit d’immerger directement dans l’ alcool à de: en le renouvelant comme il a été dit plus haut. Pour éviter la contraction chez les MaZsarcide je les fixe ou bien dans l’acide chromique à 1°/, en les y laissant une 1/2 heure, ou bien dans le sublimé concentré pendant 15 minutes. Les éponges qui devront servir à l étude, si elles ne sont pas trop volumineuses, c’est-à-dire si elles n’ont pas une — 276 — épaisseur supérieure a 10 cent., sont plongées dans 1’ alcool a 90° ou absolu, renouvelé une fois après 3 ou 4 heures et une seconde fois après 24 à 48 heures; si au contraire, el- les sont plus grandes, on les coupe en petits morceaux avec un scalpel bien affilé et on les traite de la méme manière. Pour les faire sécher on les lave d’abord a 1’ eau douce pendant 2 heures, puis on les laissera une journée dans l’al- cool ordinaire, puis à l’ air ou au soleil; ainsi elles ne con- servent aucune mauvaise odeur. Si on veut conserver pendant plusieurs jours la couleur rouge de quelques éponges (Sude- rites, Acinella) il suffit de les mettre dans l’ alcool à 40° sans le changer. ANTHOZOA La première chose à faire quand on a péche un Antho- zoaire, est de le mettre dans un récipient avec de l'eau de mer fraîche. Il arrive toujours que les animaux, troublés soit par la péche soit par le transport, se contractent ou se re- retirent complètement. Pour les faire étendre, ou bien il suffit de les laisser dans un vase avec de l’ eau de mer limpide, ou bien il est nécessaire de les maintenir pendant un temps plus ou moins long dans l’ eau courante. J'ai souvent observé qu’ils ne s'ouvrent qu’après plusieurs jours de séjour dans la méme eau, quand celle-ci commence déjà à se corrompre. Les méthodes suivantes, spécialement celles du mélange chromoacétique N° 2, servent à conserver les animaux pour les musées, et tout au plus pour les recherches de grosse anatomie. Presque tous les Alcyonnaires, contenant de petits spicu- les calcaires qui servent de caractères spècifiques, doivent rester dans le mélange acide le moins longtemps possible pour que l’acide n’attaque pas les spicules. (à suivre) VENEZIA 4891. — STAB. TIPO-LITOGRAFICO DEI FRATELLI VISENTINI Piazza Manin, Calle della Vida, 4-96 DININSSANSASAIOINSNIT “S1 Luglio 18991 RIVISTA MENSILE EPTUNIA Per gli studi di scienza pura ed applicata (2,666 SUL MARE E SUOI ORGANISMI G4 16:19 3 E Commehtario Generale per le alghe a seguito della NOTARISIA Direttore: — Dott. D. LEVI- MORENOS SOMMARIO DEL NUMERO 7 — SI LUGLIO 100) H. Fol. La Iumière dans l’intérieur de la mer. ° Gy. d’Istvanffi. — Sur l’ habitat de Cystoclonium purpurascens ‘dans la Mer Adriatique . . Grablovitz G. — Tavola delle ore dell'alta e Hash marea nella città di Venezia ed isola d’Ischia nel Settembre 1891. Mobius M. — Conspectus algcarum endopbytarum . Stazioni, istituiti, laboratori marini ec lacustri Laboratoire de Zoologie de Banyuls— Aquarium de Havre — Boston Society Aquarium — Laboratoire de Zoologie Maritime d’Ar- cachon -- Commissione consultiva italiana per la pesca Campagne oceaneograficlhe Campagna oceanografica italiana (/effere del comm. Magnaghi e sie. G. di Santafiora). Note di Tecnica Strobel. Il liquido Caegiati per la conservazione di animali ecc. . Notizie, appunti e recensioni critiche G. Karsten. Untersuchungen iiber die Familie der Chroolepideen. E D. W. — A. Locara. La Péche et les Poissons des eaux douces. — Nouvelles Diatomologiques ({correspondence de la direction) . RASOI "o Varia La péche des Soles pendant les erands hivers — La pesca delle spugne a Lampedusa nel 1890 — Un banchetto in fondo al mare — Un palazzo subacqueo di vetro — Ghiacci e correnti dello stretto di Bering e mari adii:centi . Personalia Nomine e Premi — Incremento dell’Erbario Privato — Nuove Riviste » » » » 50 3 Direzione ed Amministrazione della Neptunia: S. Samuele 8422 - Venesia Prezzo d’ Associazione annuo: per l'Italia It L 20, — per l'Estero (Unione prstale) It L 25, AAINAAN GR Venezia 1891 — Tip. Frat. Visentini NEPTUNIA RIVISTA MENSILE PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA ED APPLICATA SUL MARE E SUOI ORGANISMI E Commentario Generale per le alghe a seguito delia MOTARISIA Direttore Dott. DAVID LEVI-MORENOS COLLABORATORI Artari A. Università di Mosca Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- grafico R. Marina di Genova. Bonardi E.. Università di Pisa Borzi A.. Univ. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d’Agri- coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. di Padova Camerano L.. Univ. di Torino Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma. Cattaneo G., Univ. di Genova. Cuboni G., R. Istituto di Patologia Vegetale, Roma. Dangeard P. A., Univ. di Caen. De Wildeman E.. Jardin Botanique, de l’Etat. Bruxelles. Garcin A. G., Univ. di Lyon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietroburgo Grablovitz G., Direttore dell’Osser- vatorio Geo.-Dinamico d’ Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariet P., Musée Nationale d’Hist. Naturelle di Paris. Harvey-Gibson R., Un. di Liverpool. Hy Ch., Univ. di Anger. Imhof 0. I. Univ. di Zurigo. Istvanffi J., Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Uysala. Lagerheim G., Un. di Quito-Equador. Lanzi M., Univ. di Roma. Lemaire A., Liceo di Nancy. Leuduger-Fortmorel, Micrografo a Doulon {Francia) Mobius M., Univ. d’ Heidelberg. Maggi L.. Univ. di Pavia. Mancini E., Segretario R. Acc. dei Lincei. Roma. Marinelli G., Univ. di Padova. Millosevich E,, R. Osservatorio cen- trale di Metereologia e Geodina- mica, Roma. ‘Magnus P. Università di Berlino. Muller 0., Microerafo, Berlino. Ninni P. A., Membro della Comm, Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P., Univ. d’ Erlangen. Schiitt F., Univ. di Kiel. Solla F., R. Scuola Forestale di Val lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Agente d’Italia per ’ Africa Occideniale. Thoulet 1,, Univ. di Naney. Valle A., Civico Museo di Trieste, Vicentini G. R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Ace. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N., Scuola Sup. d’ Agricoltura di Aas (Svezia). Zukal H., Università di Vienna. La Neptumia comprende le seguenti rubriche : I. Studi originali sul mare e suoi fenomeni; sugli organismi marini, piante od animali. VINALdAN EITp QUoIzesIsIIUIIV po 9uoIzasIg . . Prezzo d'associazione annua: Per l’Italia It. L. 2, — Per l’ Estero (Unione postale) It. L. ®8, ZQUIA — GCrE PINUS dai 2. Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. 3. Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscieultura; malattie dei pesci etc. S° 4. Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine o lacustri ; notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. 5. Resoconto della campagne oceonografiche fatte dalla Marina nazio- nale. dalle Marine estere o per privata iniziativa. 6. Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico del mare e suoi organismi. 7. Note, appunti e recensioni critiche. 8. Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi organismi. 9. Notiziario, È EREEOINIA Anno I. . SI Luglio 1891 ING7 I LA LUMIERE DANS. L'INTERIER DE LA. MER IAN _T_£*_-< >>> L'éclairage du fond de la mer, tel qu'on le voit en y descendant en scaphandre, vient uniquement d'en haut. Il ressemble à celui d'une salle sans fenétre qui recoit le jour par un vitrage occupant le miliev du plafond. La cause de ce phénomène est facile à trouver. Il sutfit de regarder en haut par la vitre frontale du casque. On voit alors un grand espace circulaire lumineux, dont les limites sous-tendent dans l’eeil de l'observateur un angle de 62° 50° environ. Au dela de ce cercle, la surface de l’ eau parait sombre et présente, la méme nuance que la mer, vue de hant en bas depuis le bord d'un batean. La limite entre la surface lumineuse et celle qui présente une réflexion totale n'est jamais régulière : la moindre ondulation de la surface suffit à y produire des échancrures. et des encleves qui s' étendent au loin lorsque la mer est agitée. Les rayons du soleil sont pàles déjà à quelques méètres de profondeur. Ils se présentent sous forme de chatoiements mobiles produits par la réfraction a la surface des vagues. Dans un appartement situé sur le bord de l'eau et dont les persiennes sont closes, on peut voir, en regardant au plafond, un phénomène très analogue à celui que le scaphandrier voit sur le fond. ll ) (D lard — Li € —__ Au moment où le soleil descend .vers 1° horizon, le plongeur, qui se trouve a plus de 10 mètres de profondeur, voit subitement le crépuscule snecéder au grand jour. Il m' est arrivé de remonter, croyant à l’arrivée de la nuît et, une fois sorti de l'eau, de me voir avec étonnement inondé par les rayons d’un soleil encore assez éloigné de son coucher. Cette diminution de l' éclairage, au moment où langle d'in- cidence des rayons solaires ne leur permet plus guère de pénétrer dans l’eau, est très brusque. La couleur de lean de la Méditerranée le long du lit- toral varie beaucoup d'un jour à l'autre, suivant que les courants amènent l'eau pure du large ou l'eau trouble de la cote. Vue horizontalement par la vitre du scaphandre, elle varie dn vert grisàtre au bleu verdàtre. Les objets prennent tous un ton bleuté, d’autant plus accentué que l’ on descend plus bas. Déjà à 25" ou 30", certains animaux d’un rouge sombre, tels que le Muric@a placomus, paraissent noirs, tandis que les algues, colorées en vert ou en vert bleu, prennent des feintes qui paraissent plus claires par compa- raison. En remontant rapidement a l’air, les yeaux, accou- tumés à cette lumière bleue, voient en rouge le paysage aérien. Les rayons rouges sont donc éteints dans une proportion très sensible à une faible profondenr, tandis que les rayons bleus sont moins absorbés par l'eau. Ce fait suffirait à lui seul a réfuter les doutes émis sur la légitimité de | emploi de la plaque photographique pour trouver la limite de péné- tration de la lumiére du jour dans l’ eau, puisque ce sont les rayons chimiguement actifs qui sont le moins arrétes. Le degré de transparence de l’ean le long du littoral varie, de méme que sa coloration, dans de larges proportions- SME o + d'un jour a l’autre. Méme lorsq'elle est relativement claire, . si le ciel est couvert, on y voit si mal à 30 mètres de pro- fondeur qu'il est bien difficile de récolter de petits animaux. Dans la direction horizontale, on ne peut pas, dans ces con- i Rc " dI PE pre una ditions, distinguer un rocher à plus de 7 ou 8 mètres de distance. Si le soleil brille et que l'eau soit exceptionnelle- ment claire, on peut arriver a voir un objet brillant à 20 mètres, parfois méme à 25 mètres. Mais, dans les circostances ordinaires, il faut se contenter de la moitié de ce chiffre. Ces faits, constatés nombre de fois pendant les fréquentes descentes que j'ai exécutées, depuis trois, ans dans le sca- phandre dont est muni le laboratoire que j'ai installé a Nice, me paraissent importants à plusienrs points de vue. D'abord il est clair que les animaux marins, }" entends ceux qui vivent dans le couches supérienres et éclairées de la mer, se meuvent comme dans un brouillard. Ils ne peu- vent pas éviter les surprises et une vue a longue portée leur serait inutile; aussi voyons-nous que tous ceux d' entre eux qui sont agiles ont l’ habitudine, lorsqu’on Jes effraye, de fournir une course effrénée de quelques mètres, et puis de s’arréter comme s'ils sentaient’qu’ils ont dépassè le cercle de vision de leur persécuteur. Les engins de péche consacrés par l'expérience seraient efficaces pour capturer des animaux capables de voir a quelque distance. Les changements dans la transparence des eaux voisines de la coòte enlévent toute veleur aux expériences relatives à la pénétration lumineuse qui ne seraient pas faites très au large. Mais il est un point pratique sur lequel je crois devoir insister en terminant. Jamais un bateau sousmarin ne pourra se diriger d’après ce qu'it est possible de distinguer à& travers l’ eau. Pour peu qu'il soit rapide, il ne pourrait pas. s'arréter devant un obstacle qui surgirait subitement dans le cercle restreint de la vision aquatique. Une fois immergé, il ne pourra se guider que sur le directions prises avant de plonger. La navigation sous-marine se trouve ainsi resser- rée dans d'’étroites limites (As/r0n0:n7e), H. Fox. dll] habitat de Cystoclonium purpurascens dans Je Mer Adriatigue par le dr Gy. d’istvanffi à Budapest DOD Cette espèce inscrite dans le titre j'ai trouvée dans l'Her. bier Kitaibel. L' Herbier Kitaibel, au Musée National Hon- grois à Budapest contient aussi des Algues. Le plus grand botaniste d’ Hongrie, connu par son chef-d’ euvre « Descrip- tiones et icones plantarum rariorum Hungariee, 3 voll. Vien- nae 1802-12 » (1) a collectéè mème des plantes de cette classe et on y trouve environ des 25 échantillons dans les derniè- res fascicles LXIHII et LXIII, des formes d’ eau douce et des formes marins, rangées parmi les autres Cryptogames. Faisant l’ étude des Algues d’ Herbier Kitaibel j'ai pu- blié les résultats dans les « Természetrajzi Fuzetek (Buda- pest), Vol. XIV, 1-2, 1891 », en énumerant des 69 espèces des Algues qui ont été récoltées dans la Hongrie, toutes les localités de cettes espèces étant nouvelles pour le pays. Mais sauf des formes d’ eau douce on y trouve aussi de formes marins d’ origine différent. Les plus intéressant de ces Algues est un Cystoclonium qui n'est pas signalisé par le fen Hauck dans son « Meeres - Algen (Rabenborst Kryptogamenflora) II Aufl., IT. Band 1885 » — comme ha- bitant le mer Adriatique (2). On trouve cette espèce dans le LXII. fascicle, sur le numero 14,345 signée « Conferva lito- ralis e mari Adriatico, — M. par le main de Kitaibel ». Cette Algue n'est rien qu'un Cystoclonium purpurascens (Huds.) Kutz., qui représente une forme toute nouvelle pour le mer Adriatique. (1) Voir pour les détails « Kanitz Verqnch einer Geschichte der un- garischen Botanik, Linnaea, XXXIII, 1865 ». (2) Hauch donne les suivantes localités; « In der Nord und Ostsee Meeres Algen p. 149 », da: USHI Ve. © Moige, Tr. I e y ka N Ad ta W vr SO 00 4a la Vv a ‘o 0 O do do SU) Lin] (Se) e AA ARS ARE e ee i) SM VR, TO 29 0 20 w 9 0 »- PS, ROTA (S°) ° Jd Ob è _ 0090 i SD re Dv (4%) (Shi 915 935 o RIPA II SOI 3130" pio 350. 425 450 520. 5 00 6 25 TO 70515) Onl5 1120 0 55 1 45 225 (0) 3.30 MIAO. 4 30 50 5 30 5 50 615 6 30 MEMO 010 145 8320 2 45 315 E = x % » A ALTA MAREA | G qu20 | 950 10 20 10 50. 11 20 11 45 015 050 135 OSO 8 95 8 40 CAO N20 9 45 10 15 10 45 11 10 ll 40 0 10 0 40 110 155 3 15 d 00 715 80 8 40 9 15 La più elevata tra le due alte maree quotidiane è quella che avviene tra le 10 ant. ele 7 pom.; la più depressa tra le due basse maree avviene tra le 9 pom, e le 6 ant. MU © 0 O ot a do © 0 4 D Uta 00 wi 9 vo W gr ve Si MI RI 0 d0 O Hu 1 I CORO ea 5, (9,4 = os Ù 9 DO TO DI CD. DO N IDOL P- _L’'Hi o i Db OÙ n dW 0 © S O 0A Si È O DD O S' SII IRE LI l'alta marea per l'isola d'ISCHIA nel Settembre 1891 d 445 60 La bassa marea avviene 6 ore dopo GIULIO GRABLOVITZ DARNE, AS obo An: —) SCI al Li | î : 7 CITES NAT a ANAL Ti: JA si LA ia Pia | î Pi ” { Ù y pw è ef Rao DE MRO Ap ARIEL RO 4 “% hi v ni CC iv n, VE SITA ) Rea RT, È ( ; we , DS Ma feto SERE RE 0 > x» PI i i "i K - U $ E ai : * (8 A 3 : pr 23 | bo di w \ edi % "A È di “ ' / ; , : Pa bit n phi n : \ : p dr PA y Pi a, n Ù 3 ì - » s » Ps È la x E. n , is id Ù x to y ; t] è Li È « t & 5 la 7 Ne s Le . ì x À » N è c P i Lo» si Î ò i " [ } o , a 3 4 & R x " F MT. 7 * "i d LA “A È : Ù Ò pi Viti Vr LEICA Conspectus algarum endophytarum. Reliqua pars. MANAINANON9--Y©°* 48. Periplegmatinin Wittrockit (Wille) (Litt. No. 47, 76, 89, 130, 132). Hab. in membrana Ectocarpi siliculosi et Pilayellae lito- ralis maris septentrionalis germanici et ad oram Neer- landiae (in algarum speciebus?) 49. Periplegmatium gracile (Hansgirg.) (Litt. No. 111, 120). Hab. in Cladophora fracta (Vah!) Ktz. b. gossypina (Ktz.) Rabh. et extranea et in membranam et in intestina cel- lularum penetrans; in cellulas Cladophorae aegrotas vel morientes facilius quam in validas penetrare neque vero sumptu hospitis vivere videtur. In stagno prope Pragam Bohemiae. 50. Phaeophila Floridearum Hauck. (Litt. No. 26, 89). Hab. in majoribus algis et in Zostera marina maris Adria- tici, filis in membranis plerumque sub strato extremo thalli Algarum expansis, setis extus prominentibus, zygosporis germinantibus ectrinsecus tubum in mem- branam hospitis propellentibus. OI. Phaeophila minor Kirchner (Litt. No. 57). Hab. una cum priore specie in Laurencia obtusa, propius ad superficiem hospitis crescens. see IDRI 02, Phacophila horrida Hansgirg. (Litt. No. 140). Hab. inter cellulas Ulvae et Enteromorphae ad Volosca prope Fiume, 1 59. Phaeoghila Engleri Reinke. (Litt. No. 130, 132). Hab. in testis calcareis Spirorbis nautiloidis in Fuco cre- scentis, calce dissoluta demum liberatur. In mari baltico. D4. Bolbocoleon (?) endophytum n. sp. (Tab. 14. fig. 1-10). Hab. in membrana (sub cuticula) Cladophorae fractae Ktz., in piscinis horti botanici Heidelbergensis libere natantis. Thallus filis ramosis saepe in pseudaparenchyma con- junetis constitutus; fila divisione cellulae terminalis, rarius cellularum intercalarium crescunt, rami e cellulis a cellula terminali remotioribus propelluntur. Cellulae diversae magnitudinis et formae: 0,013-0,026 mm. lon- gae, 0,008-0,015 mm. crassae, superne visae rectangu- lares v. rotundatae v. polygoniae v. curvatae, a latere visae applanatae v. rotundatae v. papillatae v. pyrifor- mes, chromatophoro uno parietino, pyrenoidis 2-5, nu- cleo uno praeditae, aliquae pilis longissimis unicellulari- bus cuticulam hospitis perforantibus munitae, pilorum — 285 — cellulae contentu minimo pallido, membrana tenui in- structae, a cellula suffultoria membrana seclusae ; loco pili saepe in dorso cellulae rostrum parvùm pallidum observatur. Zoosporae (?) numerosae divisione succe- danea in cellulis sacciformi prominentibus evolvuntur (rasissime observatae). Alga endophyta efficitur, ut Cladophorae membrana plus minus intumescat et ejus fila incurventur, contentu cel- lularum incolumi (?) manente ; forma crispa et crassitu- dine filorum loca infecta oculo inermi perspici possunt. Algam supra descriptam, mense novembri anni 1890 de- tectam et per breve tempus tantum viventem observa- tam, interim Bolbocoleo generi attribuam, quocum forma zoosporangiorum, numero pyrenoidorum, structura pi- lorum magis consentit, quam cum ullo alio Chaetopho- racearum genere. 55, Trichophilus Welckeri A. Weber-van Bosse (Litt. No. 8, 104). Hab. inter cellulas corticales pilorum Bradypodum. DO. Trentepohlia spongophila Weber-van Bosse (Litt. No. 141, 142). Hab. in corpore Ephydatiae (Spongillae) fluviatilis in lacu Manindjan insulae Sumatrae. Trentepohliam in Spongilla adesse perspici potest maculis viridibus, quae circum oscula corporis illius apparent. 57. Trentepohlia endopliylica Reinsch (De-Toni) (Litt. No. 21, 41, 120). Hab. et in cellulis viventibus et in spatiis intercellularibus . Jungermanniarum, cellulas infectas necans. In Jura Fran- conia et Vogesis (in Frullania dilatata) et in Brasilia (in Jungermannia spec.) VII. Mycoidaceae. 08. Dermatophyton radicans Peter (Epiclemidia lusitanica Potter) (Litt. No. 101, 109). Hab. in testa Cistudinis (Emydis) europaeae, thallo super- — 284 — ficiali, e quo stolones pluricellulares in substratum penetrant. i 59, Mycoidea parasitica Cunningh. (Cephaleuros virescens Kunze) (Litt. No. 30, 98, 105, 112, 118, 121, 135, 136, 137). Hab. inter cuticulam et epidermidem foliorum coriaceorum (Camelliae Theae, Citri, Rhododendri etc.) thallo discifor- mi, subtus rbizoidiis substrato afiixo, sursum fila erecta per cuticulam emittente. Ffficit, ut in contextu folii subteriore suber formetur et cellulae emoriantur. In regionibus tropicis Asiae, Africae, Americae (conf. Litt. No. 135); VII. Cladophoraceae. 60. Siphonocladus volulicola Mariot (Litt. No. 107, 124). Hab. inter laminas externas concharum rejectarum Volutae magellanicae. In sinu «Orange» Patagoniae. 61. Spongocladia vaucheriaeforinis Aresch. (Litt. No. 3}, 117, 441, 142). Hab. in corpore Renierae fibulatae (Spongiarum speciei). In insula Sumatra, Mauritio, Nova Guinea. 62. Etiam Sp. dichotoma Murr. et Boodle et Sp. neocale- donica Grun. in litt. in Spongiarum quarundam (spe- cierum non determinatarum) corporibus habitare dicun- tur, illa ad oras Novae Guineae, haec ad Poro Novae Caledoniae (Conf. Litt. No. 117). 63. Struvea delicatula Ktz. (Litt. No. 141, 142). Hab. in corpore Halichondriae spec. (Spongiarum generis), symbiotice cum illa vivens, eius formam mutans et cor- pus amplificans. Pars algae endophyta Spongocladiae vaucheriaeformi similis, pars libera formam typicam referens. Ad insulam Flores Indiae occidentalis. 64.? Blastophysa rhizopus Reinke (Litt. No-130, 431, 132). Hab. et supra et intra algas crustaceas (Hildenbrandtiam, in disco basali Dumontiae) in regionibus sublitoralibus maris baltici. My Le SA: ea Alga a Rteînke Cladophoraceis attributa, e cellulis tumidis chlorophyllaceis et tubis tenuibus vacuis constituta, ob hane structuram cum Phyllobio dimorpho comparari potest. IX. Gomontiaceae. 65, Gomontia polyrhiza (Lagerh.) Bornet et Flahault. (Litt. No. 94, 113, 124, 130, 132). Hab. in vetustis testis calcareis molluscarum diversarum maris septentrionalis (ad oram Sueciae) maris baltici (ad oram Germaniae), et maris atlantici (ad oram Galliae), X. Incertae sedis. 66. Zygomitus reliculatus Bornet et Flahault, (Litt. No. 124). Hab. in testis vetustis concharum in consortio Hyellae caespitosae ad oras Armoricae prope «le Croisic». An alga vere endophyta ? Thallus e filamentis articulatis reticulatim conjunctis, hic illie utriculos Enteromorphae modo formantibus con- stitutus. XI. Siphonaceae (Phyllosiphoneae). 67. Phyllosiphon Arisari Kùhn. (Litt. 32, 46, 72, 73, 74, 75). Hab. in spatiis intercellularibus foliorum et petiolorum Arisari vulgaris, maculas luteas efficiens et plantis in- fectis morbum incutiens. In Gallia meridionali (ad oras maris meditteraneae), in Calabria, in Sicilia. 603. Phytophysa Treubi Weber-van Bosse (Litt. No. 142). Hab. in foliis, petiolis, stipitibus, gemmis Pileae spec., cecidia diversae formae et magnitudinis efficiens, quo- rum in cavernis inclusa est. In insula Java prope Buitenzorg. XI. Siphonaceae incertae sedis. 68. Ostreobium Queketti. Bornet et Flahault (Litt. No. 124). Hab.infra superficiem testarum concharum prope «Croisic», «Brest» Galliae, in Normannia, phycomate reticulato filis non septatis hic inde inflatis et ampullas formantibus, propterea genus inter Siphonaceas ponendum. na DOD ila D. CYANOPHYCEAE. I. Chroococcaceae. 70. Chroococcus cohaerens Naeg. (Litt. No. 28). Hab. inter cellulas parenchymaticas Ricciae spec. ad pro- montorium Bonae Spei. TI. Chroococcus Raspaigellae Hauck, (Litt. No. 144). Hab. in strato corticali Raspaigellae clathri O. Schm. (Spongiarum speciei) tam crebro expansus, ut Spongia fusco-rubra colorata appareat. In mari Adriatico. 72. Cyanoderma Bradypodis Weber van Bosse. (Litt. No. 8, 104). Hab. inter celiulas corticales pilorum Bradypodum una cum Trichophilo Welckeri. 15. Coelosphaerium Dicksonit Archer (Litt. No. 43). Hab. in spatiis intercellularibus (?) folii plantae alicujus in caldario Britannico crescentis, a forma libere vivente colore rubro-fusco et cellulis longatis diversum. II. Chamaesiphonaccae (?) 74. Hyella caespitosa Bornet et Flahault. (Litt. No. 113, 124). « Hab. ad testas vetustas saepe in consortio Gomontiae et Mastigocolei, ad oras Sueciae (Lagerheim), Germa- niae (Reinke), Armoricae prope le Croisic! et in mari mediterraneo prope Cette! (Etang de Thau); in Adria- tico (Hansgirg!) ». I. Oscillariaceae. 79. Oscillaria Spongeliae Schulze (Litt. No. 44, 52). Hab. in corpore Spongeliae pallescentis maris Adriatici. Oscillaria spec., quam Marschall in Psammoclemate ra- moso (Spongia quadam) in Australia colleeto observavit, eadem species videtur esse. (Oscellaria lenerrima) Kuùtz. (Litt. 55). Alga in statu naturali non endophyte vivens a Schaarsch- midt folio deciso Ari odori infecta per spatia intercel- lularia petioli se expandebat. =} _ lo a Pali — 287 — 17. Leptothrix parasitica Ritz. (Litt. No. 15). Hab. in cellulis evacuatis Chlorochytrii Lemnae, prope Vratislaviam Germaniae. 78. Hypheotrix coerulea Carter (Litt. No. 39). Hab. in corpore Suberitis spec. (Spongiariae cujusdam), in Europa. 79. Hypheothrix spec. (Litt. No. 41). Hab. in oogoniis Oedogonii Rothii Pringsh. (?). Hormo- gonium filamenti per foramem oogonii illapsum foramine clauso sumptu contentus hospitis crescere videtur. In (Germania. Fadem species ab auctore intra testas siliceas Gromiae (Foraminiferorum generis) in Germania observata est. 80. Phormidium incrustatuim Gomont (Litt. No. 124). Hab. in testis concharum aquae dulcis («Corne en Niévre dans la Loire») et salsae («Croisie ») Galliae. IV. Nostocaceae. | 81. Nostoc Gunnerae Reinke (Litt. No. 10, 11, 17, 42, 77). Hab. in meatubus muciferis et in cellulis parenchymaticis trunci omnium specierum observatarum Gunnerae ge- neris (G. scabra, perpensa, monoica, magellanica, mani- cata, macrophylla) Africae, Asiae orientalis, Novae Seelandiae, Americae meridionalis. 2. Nostoc lichenoides Kùtz. (2) (Litt. No. 2, 5, 6, 12, 13, 20, 57, 58, 40, 48, 60, 129). a) in Anthocerote laevi et punctato, in Dendrocerotis et Chamaecerotis speciebus Europae; hab. in spatiis inter- cellularibus sub stomatibus sitis. (An Nostoc minutissinum Kuùtz? Szymanski; an com- plures Nostocis species? Lez/ged.). b) in Blasiae pusillae organis, quae auriculae foliorum no- minantur. c) inter cellulas Pelliae, Diplolaenae, Aneurae, Ricciae spec, Sauteriae alpinae. d) in cellulis perforatis Sphagni acutifolii. 0.0) (aS) Larter We: (7 20 o I99- 85. Nostoc spec. (Litt. No. 60), Hab. inter hyphas Ascomycetum humicolorum (Peziza- rum etc.). 84. Anabaena spec. A. (Litt. No, 19,-36, 41, 42). Hab. in Azollae speciebus omuibus observatis Americae, Australiae, Asiae, Africae; primum sub apice ramorum recurvato invenitur, unde in cavernas foliorum penetrat. B. (Litt::No5 41,445 47542). Hab. in radicibus Cycadeacearum, quae pertinent ad ge- nera: Cycas, Ceratozamia, Dioon, Encephalartos, inter cellulas corticales incremento algae parasiticae defor- matas, quae extrinsecus per vulnus aliquod in radicam penetrare videtur. (In radicibus Cycadeacearum horti Heidelbergensis algam adhuc frustra quaesivi). C. (Litt. No. 41). Hab. in cellulis perforatis Sphagni latifolii prope Cape Cod. (Americae borealis) collecti. (An Nostoc lichenoides, supra sub d. commemoratum ?). 85. Spermosira spec. (Litt. No. 41). Hab. in ovis Limacis cujusdam parvae aquae dulcis, in Europa. 88. Cylindrospermum. spec. (Litt. No. 41). Hab. intra testas siliceas Gromiae spec. (conf. Hypheotbrix spec.) In Europe. V. Rivulariaceae. 89. Mastigothrix (Mastigonema) aeruginea Kùtz. (= Calo- thria fusca Born. et'‘Flah.) (Litt. No. 15). Alga non vere endophyta a Cohn in cellulis evacuatis Chlorochytrii Lemnae observata est prope Vratisla- viam. VI. Seytonemaceae. 90. (?) Scytonema spec. (Litt. No. 39). Hab. in corpore Spongiae otaheticae, sed dubium est, utrum in corpore vivente obveniat an demum in corpus — 289 — mortuum Spongiae penetraverit, neque enim auctor Spongiam viventem observavit. OI. Plectonema terebrans Bornet et Flahault. (Litt. No. 124). Hab. in conchis et aquae dulcis ( « Cosne en Nièvre dans la Loire » et salsae (Croisic !). VII. Sirosiphonaceae. 92. Mastigocoleus testarum Lagerheim (Litt. No. 99, 124). Hab. in testis vetustis concharum marinarum ad oras Sueciae, Galliae (et atlanticas et mediterraneas), maris Baltici, nec non in litore arenoso libere crescens. Conclusiones, Indicis specierum maximam partem Chloropliyceae oc- cupant, sequuntur Cyanophyceae, Rhodophyceae, Phaeophy- ceae. E Chlorophyceis praesertim Protococcoideae propter corpus parvum et unicellulare ad vitam endophytam acco- modatae apparent. Desunt in indice Diatomaceae, quarum una species (Chaetoceros spec.) cum Protozoo quodam (Tintinno inquillino) symbiotice vivit, neque vero in ejus corpore in- venitur, sed cellula plantae cum cellula animalis arcte conjuncta est. Quod consortium a Famzntzin (Litt. No. 119) ad Nea- polim observatum est. Algarum endophytarum nimirum plurimae in Europa inventae sunt. Quaram multas etiam in aliis terrarum parti- bus obvenire expectandum est, ut Chlorochytrii, Endosphareae, Phyllobii species ete. Multae intra eosdem fines, intra quos hospites, diffusae sunt, ita ut Nostoc Gunnerae et Anabaena « Azollae omnibus locis, quibus Gunnerae et Azollae species habitant, inveniantur. Utexemplum amplae habitationis afferam, Marchesettiam commemorem, quae ad oras Europae, Africae, Asiae, Australiae obvenit. Contra specierum uno tantum loco adhuc observatarum praecipue has enumerem: Episporium Centroceratis (Australia occidentalis), Streblo- nemopsis irritans (Neapolis), Chlorechytrium rubrum, laetum, — 290 — viride (Vratislavia), Chl, dermatocolax (Mare balticum), Sto-, matochytriam Limnanthemum (India orientalis), Peroniella Hvalothecae (Fennia), Endoclonium chroolepiforme (Vratisla- via), E. polymorphum (Messina), E. pygmaeum (Bohemia), Periplegmatium gracile (Bohemia), Phaeophila horrida (Fiume), Ph. Engleri (Mare balticum), Bolbocoleon (?) endophytum (Heidelberga), Trentepohlia spongophila (Sumatra), Siphonocla- dus voluticola (Patagonia), Blastophysa rhizopus (Mare balti- cum), Zygomitus reticulatus (Croisic), Phytophysa Treubii (Java). Algae endophytae et in aqua salsa et dulei et in aére et in terra vivunt, plurimae autem, Rhodphyceae (Chantransia excepta) et Phaeophyceae omnes et omnes fere, quae in testas concharum penetrant, marinae sunt, etiam Chlorophycearum multae in algis marinis habitant. Generum aliquorum et in aqua salsa et in dulci species inveniuntur, ut Periplegmatii, Zoochlorellae, Zooxanthellae species. Aérophytae sunt: Stoma- tochytrium, Phyllobium, Mycoidea, Phyllosiphon, Phytophysa, Trichophilus, Cyanoderma. Chlorochytrii species cum in aqua dalci tum in aére vivunt. Entophysa in aqua subsalsa obvenit; Anabaena spec., in radicibus Cycadeacearum inclusa, subter- ranea viget. Algae endophytae aut in uno tantam hospite aut in compluribus hospitibus habitant, sed hoc difficile decerni potest, nam quamquam multae adhuc in uno tantum observatae sunt, easdem in compluribus vivere posse verisimile est; exempli causa Chlorosphaera, Entophysa, Endosphaera, Periplegmatium gracile, Endoclonium polymorphum ete. Contra in diversissimis hospitibus obveniunt: Rhodochorton membranaceum, Entone- matis species (Reinsch auctore), Chlorocystis Cohnii, Peri- plegmatium Ceramii, Mycoidea, Zoochlorella, Zooxanthella, Sunt algae, quae in compluribus speciebus ejusdem tantum generis vel ejusdem familiae habitant, velut Nostoc Gunnerae in — 20I1 — ° Gunnerae speciebus et Anabaena spec. in radicibus Cycadea- cearum, siquidem hae algae species distinctae habendae sunt. Paucae ad unum hospitem restrictae videntur esse: Ricardia et Jancezewskia ad Laurenciam obtusam, Episporium ad Cen- troceras clavulatum, Streblonemopsis ad Cystoseiram opuntioi- dem, Trentepohlia spongophila ad Ephydatiam fiuviatilem, Phyllosiphon ad Arisarum vulgare, Struvea ad Halichondriar spec., Chlorochytrium Lemnae ad Lemnam trisulcam, Stoma- tochytrium ad Limnanthemum indicum. Quoad natura hospituin diversa est, plures in plantarum quam in animalium regno inveniuntur; plurimi et ipsi ad Algarum ordinem pertinent, Rhodophycearum, Phaeophycea- rum, Chlorophycearum, plerumque magnitudine praestantium et in mari viventium. Fungorum, si omittimus lichenes, vix commemorandi sunt, in quibus algae inveniantur (Nostoc spec. in quibusdam Ascomycetibus). Muscorum potius Hepatici quam Frondosi algis endoplytis hospitium praebent, Sphagna cellulis vacuis perforatis praesertim ad hoc apta apparent. Plantarum cryptogamarum vascularium Azollae tantum species algas ex- cipiunt. Phanerogamae, quot hospites algarum notae sunt, ad diversas familias ct Gymnospermarum et Monocotyledonum et Dicotyledonum referendae sunt; etiam species marina, Zosterae generis, algam (Phaeophilam Floridearum) hospitio excipit. | Animalia, in quibus algae inveniuntur, ompia fere in aqua, seu dulci seu salsa, vivunt; excepti sunt Bradypodes et Choloe- podes, in quorum capillis Trichophilus et Cyanoderma habi- tant, genera sola ad Mammalia pertinentia; cetera ex ordi- nibus Reptilioram, Molluscorum, Vermium, Echinodermatum, Coelenteratorum, Protozoorum sunt. Si omittimus eas algas, quae in testas concharum et Emydis penetrant, ceterae aut inter cellulas aut in membrana plantaram vel animalium habitare solent; paucae in cellulis ipsis inveniuntur, ut Zoochlorella et Zooxanthella in cellulis diversorum animalium, Chantransia spec, Periplegmatium gra- o Duna cile, Trentepohlia endophytica, Nostoc Gunnerae in cellulis piantarum, nonnullae cellulas vacuas Sphagnorum vel Chlo- rochytrii Lemnae occupant. Exempla earum algarum, quae inter cellulas hospitum in spatiis intercellularibus habitant, sunt: Chlorosphaera, Chlorochytrii species verae, Stomatochy- trium, Endosphaera, Scotinosphaera, Phyllobium, Endoclonium, Phytophysa, Phyllosipbon, Nostoc lichenoides, Anabaena Azollae (in plantis), Marchesettia, Spongocladia, Struvea, Trichophilus, Cyanoderma, Chroococcus Raspaigellae, Oscil- laria Spongeliae (in animalibus). In membranis plerumque eae algae inveniuntur, quae in algis habitant, cum membra- nae algarum, praesertim Rhodophycearum et Melanophy- cearum gelatinosae sint neque spatia intercellularia sinant; exempla sunt: Antithamnion et Callithamnion spec. Epispo- rium, Harveyella, Ricardia, Janczewskia, Streblonemopsis, Periplegmatium, Entophysa, Blastophysa, Chlorocystis, Phae- ophila, Bolbocoleon (?) endophytum, Chaetonema, Peronieila (omnes in plantis). Mycoidea parasitica unica species est, quae in membrana plantae aerophytae (Phanerogamae) habitat, sub cuticula foliorum. Paucae sunt algae, quae in membranis vel fibris cartilagineis animalium vivant: Rhodochorton membra- naceum, Callithanmion spec. forma a., Chlorocystis, (?) Pe- riplegmatium Geramii, Restat, ut pauca dicam de commodo et detrimento, quo algae endophytae hospitibus inferant, neque vero hoc loco largius de « symbiosi» disputandum est, quae res a complu- ribus auctoribus (De-Bary, Klebs, Weber-van-Bosse etc.) se tis tractata est. Neque scrutari conabor, quantam nutrimenti partem algae ab hospitibus accipiant, quamquam haud dubito, quin multae substantia ex hospite adempta fruantur; sed hoc in unoquoque casu singulatim inquirendum est. Algarum endophytarum plurimae aliquantam commuta- tionem in hospitibus non efficiunt, commutationes, quae obser- vantur, plerumque parvi momenti sunt, Chlorochytrium, En- è } 14 i i Cio re dosphaera, aliae algae in foliis Phanerogamarum viventes vicinas cellulas comprimunt, foliis ipsis vix detrimento sunt. Nostoc lichenoides in Anthocerote efficit, ut cavernae dilatentur et stomata operiantur, in Blasia, ut « auriculae » et ipsae dilaten- tur et pili in cavernas crescant. Hoc vero plantis illis potius commodo quam detrimento videtur esse. Lila Cladophorae Bolbocoleo infecta curvantur et crispum habitum accipiant. Streblonemopsis in Cystoseira et Phytophysa in Pilea transfor- mationes creant, quae «cecidia» nominari possunt, ceterum innoxia apparent. Anabaena, quae in Cycadeacearum radicibus inclusa est, cellulas corticales ita transformat, ut in directione radii longiores fiant et inter se laxentur. Eae algae, quae cum animalibus symbiotice vivunt (Marchesettia, Spongocladia, Struvea, Chroococcus) aut formam aut magnitudinem aut colorem animalium aut simul has res omnes mutant, ut Struvea in Halichondria. Attamen sunt algae, quae hospitibus sine dubio noceant; quod maxime conspicuum est in Phyllosiphone; folia enim Arisari valgaris, hac alga infecta, maculas flaves- centes praebent. Mycoidea efficit, ut in contextu folii sub ejus thalto sito suber formetur et cellulae emoriantur. Treutepohlia endophytica cellulas infectas Iungermanniarum necat. Epispo- rium et Hypheothrix spec. organis reproductionis hospitum nocent, nam ova in oogoni!s Vedogonii, in quae Hypheothrix spec. penetravit, deleri videntur et tetrasporangia Centroce- ratis, quae Episporium occupat, tetrasporas non evolvunt. Denique paucae algae hospitibus usui videntur esse, quod commemoravi supra de Nostoce lichenoide. Accedit, ut plurimi auctores consentiant, Zoochlorellas et Zooxanthellas animali- bus, in quibus inveniantur, nutrimenta praebere. Explicatio figurarum. Fig. 1-10. Bo/bocoleon (2) endophytum n. sp. (varie am- plificatam). Fig. 4, Cladophorae pars, Bolbocoleo obducta. D 6. N — 204 — 2. Cladophorae cellulae aliquae, quarum in membranis. B. expansum est. B. filum parce ramosum (superne visum). B. cellulae duae chromatophoris singulis et pyre- noidis compluribus instructae. B. cellulae tres, quarum media pilus supra decisus insidet (sect. transv. opt.) m == membrana Cla- dophorae. B. series cellularum, quarum plurimae in rostrum parvum productae sunt, cuticula hospitis hie illic scissa (sect. transv. opt.) B. cellulae, quaram duae in zoosporangia (?) mutatae sunt. (sect. transv. opt.) Zoosporangium maturum (superne visum). Zoosporangium immaturum (superne visum). Pars cellulae Cladophorae, B. pseudoparenchymate obductae, nonnullis cellulis (zoosporangiis ?) eva- cuatis. 9 Stazioni, istituti, laboratori marini e lacustri AASSNAN Laboratoire de Zoologie de Banyuls — (Excursions scientifiques). — «M. de Lacaze-Duthiers, membre de l’Institut, professeur à la Sorbonne et président de la section des scien- ces naturelles de l’Ecole des Ehautes tudes, a organisé, a l’oc- casion des vacances de Pàques, une série de confèrences au laboratoire Arago de zoologie marine, établi a Banyuls-sur- Mer (Pyrénées-Orientales), ainsi que des excursions et des péches sur les còtes du Roussillon et du nord de |’ Espagne. « Parmi les personnes qui assistaient aux cours de zoo- logie expérimentale professés uu laboratoire Arago, par M. de Lacaze-Duthiers, on remarquait, outre des professeurs et des étudiants de la Sorbonne et de nos principales Facultés le savant zoologiste suisse, Yung, de Genève; le docteur Geddes, de Dundée (Ecosse), et ses deux filles; plusieurs savants belges, etc. « Tous les jours, le bateau du laboratoire Arago, ayant a bord tous les savant en ce moment à Banyuls, procédait a des péches pélagiques au chalut et au scaphandre, a des dragages de Brachiopodes, du Corail et de 1’ Amphioxus, sur le còtes de Cerbère, Banyuls-sur-Mer et dans le port de Port-Vendres. Dans le courant de la semaine suivante, cette caravane scientifique s'est transportée vérs les petits ports de la còte espagnole, Port-Bou, la Selva, Liansa et Rosas. Le laboratoire Arago était en ce moment en pleine activité. « Cet établissement scientifique est devenu en peu de temps, gràce aux incessants efforts de M. de Lacaze-Duthiers, le digne pendant du laboratoire de Roscoff, établi sur la Manche, » (Revue des Sc, Natur. de l'Ouest — Avril 1891). — 29060 — L L'«Aquarium des Havre» costruito nel 1869 per opera del signor Lennier, un benemerito quanto modesto scienziato, verrà demolito per ordine dellla municipalità che si mostrò, a quanto riferisce la Revue Scientifique, sempre ostile all’im- portante istituzione scientifica. Coll’ Aquarium cesserà pure di funzionare il Laboratorio che v° era annesso e dal quale erano usciti lavori importantissimi dovuti a scienziati di va- * lore quali un Paul Bert, Regnard, Raphaél, Blanchard, C. Richeb, Louis Olivier, R. Dubois, etc. La Boston Society of Natural History si propone di fondare a Boston un giardino zoologico ed un Aquarium e sta raccogliendo i fondi necessari. Laboratoire de Zoologie Maritime d’Arcachon. — . Il sig. Durègne che per molti anni ha diretto il laboratorio marittimo della Società scientifica d’ Arcachon, è stato nomi- nato ispettore delle linee telegratiche di Bordeaux e gli suc- cede nella direzione del Laboratorio il dottor Henri Viallanes autore di molti ed importanti studi sugli Antropodi. La Commissione consultiva italiana per la pesca fu convocata questo mese presso il R. Ministero d’ Agricol- tura e trattò i seguenti argomenti: Impianto di una Stazione Zoologica in una delle Pro- vincie di Ferrara, Venezia e Rovigo — Proposta della So- cietà dei pescatori e marinai di Catania, diretta ad ingrandire la maglia delle reti a trascico — Pesca con la rete dedina — Affittamento «el Mar piccolo di Taranto — Pesca delle spugne a Lampedusa — Limiti della zona pescatoria nel mare territoriale — Pesca del corallo nel mare di Sciacca — Con- troversie intorno a diritti privati di pesca — £spersmenti dî ostricoltura e di mitilicoltura nel Golfo di Spezia — Rela- zione sui lavori di piscicultura eseguiti negli anni 1889-90-91, VA DE SR CAMPAGNE OCEANOCRAFICHE SIANNINSIS MI DSIINISIIIPIINL! Campagna oceanografica italiana. Riceviamo dal contrammiraglio Magnaghi, uno scienziato ben conosciuto dagli studiosi d’oceanografia ed al quale si devono, oltre ai lavori scientifici ben noti, l’organizzazione ed il progresso del servizio idrografico della R. Marina italiana, la seguente gentile comunicazione su una nuova campagna preparata dallo stesso comm. Magnaghi, che ne aftidò l’ese- cuzione al suo allievo sig. Cassanello cav. Gaetano, capitano di fregata. Roma 24 giugno 1891 Signor Direttore La R. nave Scez/la armera il 1.° luglio prossimo per ese- guire alcune rettificazioni di rilievi dei porti italiani, scandagli a gran profondità nel Tirreno e determinazioni di declinazione magnetica. Per la fine di settembre sarà in Mar Rosso allo scopo di intraprendere i rilievi delle coste ed isole dei pos- sedimenti italiani, ed approfittando delle circostanze propizie, eseguirà dragaggi, ricerche sulla temperatura del fondo e sulla fauna e flora di quel mare. A tale uopo la nave è stata fornita di appositi strumenti studiati e costruiti presso l’ uf- ficio idrografico della R. Marina in Genova e che già dettero prova del buon funzionamento nelle procedenti campagne del Washington. Il personale per tali ricerche, appartenente alla Marina, fu già addestrato per quegli studi speciali e — 298 — quantunque la nave non intraprenda la campagna a scopo puramente scientifico, si potranno ottenere utili risultati per il progresso delle scienze oceanografiche. Ad ogni modo se si avranno risultamenti tali che possano interessare l'impor- tante periodico da V. S. diretto, darò a suo tempo le relative comunicazioni. Con stima e considerazione G. B. MAGNAGHI. Da una corrispondenza del signor E. G. di Santafiora riportiamo la descrizione dello Scz//a, ora pronto per la cam- pagna : La sveltezza elegante delle linee architettoniche, con- giunta alla più assoluta robustezza marinaresca, è tale da appagare le pretese e lo sguardo del più meticoloso dei ma- rini; e ciò malgrado l'armamento a barco-bestia della sua alberatura -— un misto di vele quadre e latine — e delle otto imbarcazioni, due delle quali a vapore, sostenute dalle grue lungo le murate. Nell’ Arsenale di Napoli — ove si lavora assai lenta- mente — lo ScezZla subì modificazioni così radicali da ren- derlo irriconoscibile dal Carz4d:, suo gemello. Attualmente ha un casseretto a poppa, sotto il quale fu distribuito l' alloggio del comandante ed una sala dì disegno. Sulla plancia un ampio casotto permette all’ ufficiale di rotta e allo stato maggiore di compiere tutti quegli studi voluti dalla navigazione, studi che, a bordo di una nave idrografica, hanno un campo più vasto e più vario. Sul casotto si stende la plancia di comando, ove sono le due bussole Magnaghi, la normale e quella di rotta. Sul cas- seretto — fra le due mitragliere a tiro rapido da 57 mm. H. — funziona il motore a vapore nel grande apparecchio a scandagliare; l'apparecchio fu modificato e perfezionato al- l Ufficio Idrografico, sotto la direzione del comandante Gae- tano Cassanello; un secondo apparecchio, ma per le piccole — 299 — profondità, e tutto il materiale necessario per le varie sesna- lazioni in uso nella marina da guerra. Non meno ingegnosi delle macchine sono gli scandagli propriamente detti, i quali — costrutti a guisa di bottiglia cilindrica — permettono, toccando il fondo, di raccoglierne un saggio e stabilirne la natura. Intorno al casotto — oltre gli strumenti necessari per un completo servizio di osservazioni meteorologiche — si notano un contagiri dell’elica ed una soneria elettrica per poter eseguire, ad intervalli di tempo matematicamente uguali fra loro, lo scandagliamento a grande profondità. Al centro — al disotto di una plancia — hanno posto le segreterie del comando e del dettaglio, riunite in uno spazio abbastanza comodo ed elegante; sulla plancia la ruota di rispetto del timone e due proiettori elettrici piaz- zati alle due estremità. Dopo il fumaiolo della macchina, le cucine. Sotto il castello di prora fu situata la dinamo della ditta Parksons e Clarke. La macchina motrice non è delle più moderne, nè delle più semplici; risponde pochissimo alle esigenze di una nave idrografica, che in navigazione compie continue evoluzioni. Mentre gli ufficiali possono godere di tutte le comodita possibili, l'equipaggio si trova addirittura stivato, a prora sotto il castello e nel corridoio. Le brande non hanno spazio, per quanto minimo, fra loro; si tendono difticilmente, se pure anche la lunghezza non fa difetto. Di notte l’afa deve essere opprimente e il caldo insopportabile in quel microscopico ambiente che ricovera oltre settanta marinai. Questo è un inconveniente assai grave se si pensa alla missione della nave in climi torridi; inconveniente che le autorità di bordo dovrebbero pensare ad eliminare nei ‘pochi — 300 — giorni di sosta a Napoli, che, dopo la breve campagna me- diterranea, precederanno la partenza per le coste orientali d’ Africa, * * * Strumenti nautici, astronomici per topografi ed altri la- vori scientifici si trovano raccolti nella sala di disegno, ed in un'apposita sala nel quadrato degli ufficiali. In questa seconda sala mì fu permesso ammirare un cronometro a tempo medio ed uno a tempo siderale con in- terruttore od invertitore di corrente per trasmettere lora da bordo a terra o viceversa, con orologi elettrici sistema Hipp, di Neuchatel. Questi cronometri di fabbrica inglese, sono i primi che furono ridotti ad interruttore con rovesciatore di corrente. L'idea fu del comandante Cassanello, ed il lavoro venne mirabilmente eseguito nell’ officina cronometri dell’ Ufficio Idrografico, diretta da un oriundo svizzero, il signor Kolschi - ter, un nome ostrogoto scritto a fanfera, ma un ingegno pronto e fine. Un gabinetto fotografico ed uno per le raccolte zoolo- giche, queste affidate al dottor Vincenzo Ragazzi — il noto africanista — completano l'armamento scientifico di questa nave, destinata a lavori che, compiuti sul programma del- l'ammiraglio Magnaghi e sotto la direzione del comandante Cassanelle, non potranno non riuscire proficui alla marina e alla scienza. id "TT #9 NOTE DI TECNICA DAINNINAIAANIAINN! Tl liquido Caggiati per la conservazione di animali e di molti preparati anatomici si compone, in centimetri cubici, dei corpi seguenti : Acqua distillata 1000 Creosoto di faggio 20 Alcool a 75 100 Formato in queste proporzioni il liquido non congela che a 8. Si prepara mescolando prima fra loro alcool e creosoto, e versato poi questo miscuglio nell'acqua, si agita fortemente. Il liquido si lascia quindi in riposo fino a che sia divenuto in- coloro e trasparente. I corpi che si vogliono conservare debbono esser prima ben lavati, e se trattasi di animale occorre un incisione al ventre, onde il liquido possa liberamente entrare. Conviene di solito dopo un tempo sufficiente rinnovare il liquido ; se però non è avvenuta colorazione, basta filtrarlo per togliere i depo- siti che si sono formati. Tenuti in questo liquido gli animali sì mantengono molli sufficientemente e conservano assai bene i loro colori : qual- cuno di questi però viene alterato, ma ne rimane sempre in- dizio. La comparsa dei colori si può ottenere negli esemplari preparati a secco da non molto tempo, mettendoli in questo liquido, dove acquistano ben presto la consistenza carnosa pri- mitiva. — 302 — L' illustre prof. Strobel il quale gentilmente ci comunicò quanto sopra, nel suo resoconto sull’incremento del Gabinetto di Storia Naturale della R. Università di Parma (anno 1890) fa le seguenti osservazioni su questo liquido Caggiati così poco conosciuto sino ad ora : «Il yguido Caggiati non solo superò il decimo anno di esperimento, ma ben anche la prova del gelo, che, essendo- glisi aggiunto 10 per 100 di alcool, ha resistito senza conge- lare al freddo intenso del passato inverno, eccezionalmente rigido, nelle sale esposte a settentrione, in cui la temperatura fu circa eguale all’ esterna. De’ suoi vantaggi economici e pre- gi scientifici si è già tenuta parola nei resoconti precedenti, non si è però ancora accennato al vantaggio sopra l’ alcool in caso d’ incendio : ad un potente infiammabile si sostituirebbe un liquido incombustibile. Nè pure si è indicata la proprietà sua di ridonare forma e colorito ad animali disseccati, quasi mummificati, come s' ebbe a provare in una Rana esculenta polimerica, nel 1889 regalata al gabinetto dal signor (Galileo Provinciali, che, a richiesta, potrà testimoniare il fatto. In on- ta ai provati notevoli pregi del liquido in discorso, si persiste da taluni a negarli — nè è a meravigliarsene ; minimo ne è il prezzo, meno di centesimi 10 al litro ; pochissimi ne sono i componenti, acqua, alcool, creosoto ed allume ; non l' ebbe a ritrovare uno scienziato, sibbene un ufficiale dell’ esercito, di- lettante tassidermista, non viene nè da Oltralpi nè da Oltre- mare ! Se fosse lecito, sarebbe il caso di chiedere una verifica: ufficiale dei fatti asserili ». « Del liquido Caggiati forse non si potrà usare nelle zone fredde per la congelazione sua a molto bassa temperatura, né nelle zone calde per la sua alterabilità ad eccessivo calore ». Notizie, appunti e recensioni critiche AANIADIN G. Karsten. — Untersuchungen iber die Familie der Chroo- lepideen. Annales du Jardin botanique de Builenzorg, vol. X, pars TI. Le groupe des algues terrestres appartenent au genre Trentepohlia et aux genres Mycoidea et Phyicopeltist a fait depuis quelque temps l’objet de bien des recherches. Dans un nouveau travail, M. Karsten vient nous donner les résultats de nombreuses observations qu'il a faites a Buitenzorg sur ces formes. Plusieurs especes nouvelles se trouvent déecrites dans ce méemoire, mais il est regrettable que l’auteur n'ait pas pris connaissance des travaux publiés sur le sujet avant lui. C° est ainsi que le Trentepohlia moniliformis nov. spec. qu'il decrit et qu'il figure sur la planche II n.° 1 et 10, n° est autre que le Trentepohlia monile que j'ai décrit en 1889 dans les Bulletins de la Societè royale de Botanique de Belgique. La figure et la description ont été reproduites dans une note sur «Les Trentepohlia des Indes Néerlandaises », qui a parue dans les Annales du Jardin Botanique de Buitenzorg en 1890. L'auteur décrit encore plusieurs autres espèces, telles que Tr. crassisagpta, bispofrangiata, manime, cyanea. Quelle est la valeur exacte de ces espèces je ne pourrais le dire pour le moment, mais il me semble que certain caractères qui ont — 504 — servi de base a M. Karsten pour décrire ces nouveantés sont tres variables dans le genre Trenlepohha. J' espère d'ailleurs reprendre l’étude de ce genre, sur de nombreux matériaux que j'ai pu réunir. Dans le génre Phycopellis, que l’auteur étudie ensuite, nous trouvons également des données intéressantes et Ja description de plusieurs espèces nouvelles. Il en est de méme pour le genre Cephaleuros. Certes ces genres sont peu connus et il y a probablement des nouveautes, mais il me semble que l’auteur, décrit comme espèces distinetes des formes bien volsines. Ce genre est tout aussi variable dans ses aspects que le genre Trentepohlia ; aussi je crois que l'on devra rapporter bien de ces variations à des conditions extérieures, telles que le support sur. lequel la plante végète. J'ai attire l’attention sur les modifications que présentaient les formes de ce genre (Bulletin Soc. roy. de botanique 1888, 4. parte p. 129, pl. II) dans un travail antérieur; j espère revenir sur ce genre plus tard. Le partie du travail dans laquelle l’auteur traite des différentes parties constituantes du thalle, est des plus inté- ressantes; non seulement au point de vue des faits nouveaux que l’auteur a pu étudier, mais encore parcequ'elle nous: presente un apercu complet de tout ce que nous connaissons au sujet, de ces algues dont l' étude est encore loin d’ étre terminée. La fin du travail comprend une clef analytique des gen- res et des espèces. Le mémoire est accompagué de six fort belles planches, dont une est la reproduction photographique de feuilles recouvertes par les algues que l’ auteur dècrìt dans le fascicule. E. Da WE La Péche et les Peissons des eaux douces, description des poissons, engins de péche, lignes, amorces, esches, appàts, peche à la ligne, péches diverses, nasses, filets, ete. par An- nould Locard, 1 vol. in 16 de 350 p., avec 150 figures, cart, — 505 — (Bibliothèque des Connaissances utiles, J. B. Baillière et Fils. Paris 4. fr. Il ne suffit pas de jeter dans l'eau une nasse, un éper- vier, une ligne quelconque, pour en retirer du poisson. Il faut savoir à quelle sorte de poissons on peut avoir affaire; or, cela ne s’obtient qu’ après une étade suive des caractères propres a chacune des nombreuses espèces qui composent notre faune ichtyologique. Il importe ensuite d’en bien con- naître les moeurs, les habitudes, le genre de vie pour arriver à se rendre un compte exact de la nature des milieux où l'on aura la chance de les rencontrer. Tel est le but de la première partie de cet onvrage où sont: décrites toutes les espèces de poissons qui vivent dans nos eaux douces, fleuves ou rivière, ruisseaux, lacs ou étang. Dans la deuxième partie, on passe en revue la ligne et ses nombreux accessoires, qu'elle soit fixe ou mobile, entre les mains du pécheur ou posée au bord de l’eau; on fait connaître la longue série des diverses amorces ou appàts, susceptibles d’attirer le poissons; enfin on décrit tous les genres de péche, non seulement avec toutes sortes de lignes, mais encore avec d'autres engins, tels que filets, nasses, tridents, etc. Nouvelles Diatomologiques (Correspondance de la Direction) Cher Monsieur. Vous me demandez de vous adresser un compte-rendu du Vol. II (Bacillariae) publié par M. J. Deby, membre de la Societe Royale de Microscopie de Londres, pour le Sylloge Algarum du D." De Toni. «La tàche que vons m'imposez n° est pas pénible puisque elle me procure l’ occasion de parler d’ un travail éxécuté par un vieil ami, mais je le ferai avec une entière indépendance d’ esprit. — 306 — Du Sylloge Algarum en lui-méème, je ne saurais rien vous dire car je ne connais pas le Vol. I pour lequel, d’ ailleurs, je ne pourrais avoir aucune compétence, Le Vol. II quì traite exclusivement des Diatomées, nous donne un Catalogue complet, par ordre alphabétique, de tout ce qui a été publié jusqu' à ce jour sur ce point si intéressant de la science. Toutes les indications sont présentées d’ une manière claire, précise et bien ordonnée. Ce travail sera très précieux, indispensable, pour les recherches bibliographiques ou le con- tròle necessaire aux déterminations. C' est donc là une @euvre très utile que M. J. Deby, à peu près seul, pouvait mener à bonne fin d'une manière aussi complète, gràce aux trésors incomparables qu’ il possède au point de vue de l’ étude des Diatomées. Néanmoins c’ était un travail long, aride et difficile qui évitera désormais aux cher- cheurs une grande perte de temps, ce qui n'est pas un mince avantage. Non seulement M. Deby nous à donné les noms des auteurs avec l’ indication complète de chacun de leurs ouvrages mais encore le titre de toutes les publications periodiques où l’ on trouve de précieuses indications et souvent des études sur les Diatomées, dues a des maitres incontestés. Enfin, ce Vol. II se termine par une liste indicative des principales collections publiques ou privées et l’anteur ne sera pas classé parmi les moins riches, puisque sa collection dépasse vingt deux mille slides avec le Catalogue de plus de vingt cinq mille diatomées. NB. M. Deby prie instamment les Diatomistes de vou- loir lui indiquer les erreurs ou les oublis qu’ ils pourraient constater dans son travail, qui, quoique contenant une liste de 2507 travaux sur les Diatomées, doit encore laisser quel- ques lacunes a combler dans un supplément à venir. Toutes les communications sont à adresser a Julien De- — 5307 — by Esqr., 31 Belsize Avenue Hampstead, Londres, N. W. : Angleterre. Le 4° fascicule, Mars 1891, termine la premiére année du « Diatomiste » dirigé par M. Tempère et nous devons le dire, cette fin d’ année est fort honorable pour le Journal. Il contient la première partie d’ une monographie sur le genre : Pleurosigma, par M. Peragallo. Nous ne saurions donner trop d' éloges à ce travail qui, à l'aide d’ une méthode rigoureuse, porte une vive lumière dans un groupe confus et livré jusque là à une grande fan- taisie. C'est par ce moyen, de monographies bien étudiées que les savants comme M. Peragallo ou M. Cleve arriveront, ainsi que M. Grunow l'a fait pour les Nitzschia, a rendre plus abordable |’ étude si intéressante des Diatomées. M. Peragallo, à pris pour base une première ébauche faite par M. Grunow pour arriver à classer les nombreuses espèces et variétés de ce genre. A la forme il a ajouté un autre caractère important, la direction des stries et l' ouver- ture de langle suivant lequel elles se comptent en laissant de coté le nombre qui est si variable. A l’appui, cinq planches d'une simplicité, d’ une net- teté remarquables, planches qui deviennent indispensables pour les déterminations futures. C° est la un grand service renda a la science par M. Peragallo, c' est un travail qui lui fait grand honnear (1). n sù (1) Aujourd'hui cette étude est terminée et on peut mieux encore en saisir l’importance et l’utilité, La monographie, autre le texte très-soiené, contient dix planches. Sour reconnaître le degré de finesse de la striation des espèces, m. Peragallo a imaginé de colorier les figures en teintes pla- tes conventionnelles d’autant plus foucés que le striation est plus forte, Les planches gagnent ainsi en clarté, dit l’auteur, c'est vrai, — 508 — Vous ne devez pas oublier de signaler a vos lecteurs qui ont le culte des Diatomées une importante brochure que vient de publier M. Cleve, professeur à 1 Université d’ Upsal, sur « Les Diatomées de la Finlande », avec carte et trois plan- ches contenant cinquante et une figures. C'est une étude trés soignée, non seulement des gise- ments fossiles de la Finlande, mais aussi la nomenclature des diatomdes des lacs ainsi que celle des espèces que l’ on ren- contre dans diverses parties de la mer Baltique. Ce qui donne surtout à cette brochure, en outre de sa valeur au point de vue de la distribution géeographique, un grand caractère scientifique, c' est la discussion magistrale faite par l’ auteur au sujet d’ un grand nombre de genres et l'exposé de son opinion au point de vue d’ une classifica- tion des ces genres. Si l'on fait abstraction de la haute compétence de M. Cleve en ce qui concerne les déterminations, ce sont la des considérations qui doivent faire apprécier d'une manière tou: te spéciale cette dernière publication d’ un maître. D. LEUDUGER-FORTMAREL Rivista italiana di scienze naturali e bollettino del naturalista. — Colletore, Allevatore, l'oltivatore — Abbonamento complessivo alla Rivista e Bollettino L. 5 all’ anno, abbonamento al solo Bollettino L. 3 all’ anno per tutti i paesi della unione postale. — Gli abbonamenti si ricevono su tutti gli uffici postali italiani ed esteri, Rivista Italiana di Scienze Naturali SOMMARIO DEL N. 7 Faila Tebaldi L. Scoperta di una necropoli preistorica nel Comune di Isnello. Pag. 81. — De Zoni G. B. Le malattia della pianta del Ta- bacco. Pag. 83. — 7. Istruzioni per la raccolta, la preparazione e la con- servazione dei foraminiferi viventi e fossili (cont). Pao. 86. — vesta Bibliografica. Da pae. 90 a pag. 92. Bollettino del Naturalista collett., allev., coltiv. SOMMARIO DEL N. 7 Cermenato M. Lo scoppio della polveriera di Roma e la Geologia (con fig.) Pag. 77. — Zongo A. Su alcuni ordini di mammiferi. Pag. 81 — Bonomi prof. A. Nomenclatura ornitologia. Pag. 83. — Comunicazio- ni. Note micologiche, Del Torre — Dinamismo vesuviano, Zivîni -- Ophyrs apifera in Malta, Caruana-Gatto — Malocologia, Sr. — La pe- sca delle perle nel Messico, 7. — Nota ornitologica, 87. Da pag. 84 a pag. 86. — Notizie da caccia e note zoologiche: « Pinelli Centile - Lepri - Bonomi - Podenzana - Bordi - Brogi. Da pag. 86 a pag. 89. — Spr golature apistiche. Pag. 89. — Notiziario. Pag. 90. — £rickieste, offerte, domande diverse. Pag. 9), i, fa At Me lati NEAR A DI__-o La péches des Soles pendant les grands hivers. — L'’hiver de 1890-91 comptera certainement au nombre des hivers rigoureux. Il n'est donc pas sans intérét de rap- peler ajourd’ hui l’ influence des grands froids sur la péche de la Sole qui se pratique en grand sur les còtes bretonnes ef vendéennes et fournit è nos marins d’importants profits. Au dire du Cosmos (7 mars 1891, p. 365), pendant le terrible hiver de 1830, on avait remarqué que la péche des soles a Boulogne et a Dieppe avait été très abondante. Or, le méme fait semble se renouveler cette année: on signale en effet que dans les port de la Manche on a pris, le mois dernier (Mars), des quantités considérables de soles. On rapporte que ces poissons fuient les eaux glacées du Nord et se dirigent vers le Sud quand l’hiver est très rigoureux. Il serait intéressant de vérifier si, sur les bords de l’Océan, la péche de la sole a été aussi fructueuse que dans la Manche. S'il en était ainsi, ce serait une preuve de plus a l' appui de la théorie que nous venons de citer. La pesca delle spugne a Lampedusa nel 1890. — La scoperta di un banco di spugne nelle acque di Lampedusa fatta nel 1887 è dovuta ad un italiano, un certo Angugliano, comandate il trabaccolo Nuova Carmine; ma quando egli, nell’ anno sncecessivo, ottenuto il permesso di esercitare quella pesca, vi ritornò, si trovò circondato da numerose barche gre- 13 — 310 — che, le quali, avendo saputo della sua scoperta, ne avevano già profittato. I banchi sono tre, e per brevità vengono chiamati : banco di S. O. — banco di S. e banco di O.: i primi due, però, sono i più importanti. Le barche che esercitano ia pesca delle spugne, sono di vario tipo, quello dominante, però, è quello di trabaccolo, il quale si presta meglio di ogni altro allo scopo, perchè ha una velatura che permette di venire facilmente all’ orza e di gra- duare la velocità secondo il bisogno, e perchè ha un' albera- tura che facilita e serve mirabilmente per buttare in mare la rete. Tutte le barche greche sono alberate a trabaccolo ; sono munite di antenne e di bome sulle quali inseriscono le vele latine trapezoidali: sono in media equipaggiate da 5 persone e stazzano dalle 10 alle 12 tonnellate. L’anno scorso la pesca è incominciata nel maggio e durò fino al 30 giugno, ed il prodotto è stato sempre abbondante e quello che più monta, di ottima qualità, talchè si calcola che questa raggiunga i 2[3 del prodotto. Vi sono state barche che con l’ opera del palombaro han- no pescato in 15 giorni circa 180 oche di spugne di prima qualità per un valore di circa 3600 lire. Le spugne pescate dai palombari sono di gran lunga mi- gliori di quelle pescate con le reti, perchè essi riconoscendo a colpo d'occhio la qualità delle spugne, scelgono, naturalmente, le migliori. Inoltre la pesca coi palombari può continnarsi anche col mare agitato, mentre in tal caso, quella con le reti bisogna sospenderla. La * Tutte le barche, qualunque sia la loro nazionalità, ado- prano lo stesso attrezzo per la pesca. Esso consiste in una | IT - elit — 31 — robusta rete di cavo, formante sacco e avente una forma tra- pezoidale : questa rete è fissata ad un telaio che forma la boc- ca del sacco. L'insieme di questo attrezzo chiamasi Gagora, nome che gli italiani hanno preso dai greci. Il congegno, rimorchiato dalla barca mediante un cavo di manilla, si mantiene normale alla direzione dal cammino. La Gagova viene salpata ogni tre o quattro ore. Le bar- che che fanno la pesca con l’ aiuto dei palombari, ne portano al loro bordo sei o sette, i quali rimangono in media sott’ ac- qua dieci o quindici minuti, eccezionalmente venticinque. Appena uno di essi è risalito, |’ altro discende. Ogni pa- lombaro porta un peso di 75 oche e lavora quattro o cinque volte al giorno, non più. Le macchine dei palombari sono a tre cilindri del sistema Sdebe Ermanan, che costano circa 2000 lire, ma i pescatori le prendono abitualmente a nolo per 20 o 80 lire sterline per tut- ta una stagione di pesca. Una barca da palombaro può costare lire 4000 circa, le quali, aggiunte alle 6000 che costa la barca d’ appoggio, for- mano un capitale d’ impianto di 10,000 lire circa. Un banchetto in fondo al mare. — Sembra il titolo di un romanzo di Giulio Verne, e invece è un fatto accaduto sotto la cappa del cielo ... cioè sotto la superficie delle acque. Quando vennero ultimati i lavori per l’ approfondimento dal porto di Cietat (città commerciale della Francia ; diparti- mento delle Bocche del Rodano), il direttore dell’ impresa die- de al personale di sorveglianza ed ai rappresentanti della stampa un banchetto senza precedenti per la sua originalità. La tavola era apparecchiata a otto metri sotto il livello del mare, e precisamente sul fondo del porto, nell’ interno del cassone nel quale lavorano gli operai, e soltanto le sottili pa- reti di quel cassone separavano i convitati dall’ enorme massa di acqua che avevano sopra il capo ed attorno alla loro persona. Ve h e Quella sala da pranzo di nuovo genere era stata sfarzosa- mente addobbata.e illuminata, e senza un certo ronzio alle orecchie, cagionato dalla pressione mantenuta nel cassone per impedire l'invasione dell’ acqua, a nessuno certamente sareb- be sorto il dubbio che la menoma sosta nel funzionare della pompa ad aria sarebbe bastata per farli rimanere tutti affogati. Dopo il banchetto, un concerto improvvisato prolungò la festa per parecchie ore; e finalmente i convitati risalirono nel- l’aria libera. Un palazzo subaeqeo di vetro. — Fra i tanti pro- getti fatti in America in occasione della Esposizione univer- sale di Chicago, vi è anche quello di un palazzo sub- acqueo. Il palazzo sarà costrutto interamente di cristallo e verrà calato giù nel lago di Michigan, dove servirà di ri- trovo fresco sott'acqua per i visitatori dell’ Esposizione. Con- terrà una magnifica sala & mange;r e per concerti e una pel giuoco del bigliardo. Dalle mura trasparenti la luce del lago penetrerà nelle sale e da queste si potrà vedere attra- verso le pareti, la vita che si svolge nei flutti. Ghiacci e correnti dello stretto di Bering e mari adiacenti. — Nel gennaio 1890 pubblicavasi dall’ « Hydro- graphic Office » di Washington un opuscolo dal titolo « Ice and ice movements in Bering-Sea and the Arctic Basin, » scritto dal cap. S7mpson, della nave « Thetis » della ma- rina dell’Unione, e basato su osservazioni eseguite tra il 1870 e il 1890 da 16 capitani balenieri, delle spedizioni del- l'incrociatore « Corwin » negli estati del 1881 e 1885 e del « Thetis » nel 1888 e 1889, della nave « Little Joe», di cin- que impiegati delle diverse stazioni di pesca e di carboni nei dintorni dello stretto di Bering e su dicerie di un marinaio del « Rodgers ». Tale scritto, che reca molta luce pel modo con cui le correnti marine ed i ghiacci si comportano rispet- tivamente nel mare di Bering, nello stretto omonimo e nella — 3139 — parte dell'Oceano Artico che trovasi più a nord, ha dato occasiene al cap. !. Hegemann di scrivere un interessante lavoro sull'argomento medesimo, negli « Annalen der Hydro- graphie und Maritimen Meteorologie » annata 1890, fasci- coli X e XI), nel quale egli per la prima volta compendia i risultati delle osservazioni da luì medesimo eseguite negli anni 1860, 1861, 1864 e 1868 colle navi oldenburghesi « Ger- man» e «Julian». La memoria è accompagnata da una carta illustrativa, ove sono segnate le principali rotte dei naviganti americani dal 1879 al 1889 e raftigurati i limiti dei ghiacci persistenti o galleggianti dall’ aprile all'ottobre, se- condo l’ Hegemann e il Simpson. La memoria di un così espe- rimentato navigatore artico qual è Y Hegemann presenta un interesse reale e viene ancor più a proposito in questo mo- mento in cui un altro viaggiatore artico, :1 Nansen, vuol penetrare verso il Polo Nord per la via già altre volte ten- tata dello stretto di Bering. (Cosmos di G. Cora). GBLAÀTA ET DESIPBERA"TA On-demande les alques suivants : Alaria esculenta Iridea edulis. Chorda filum. Laminaria Cloustoni. Claudea speczes. » Flexicaulis Durvillea utilis. Lenòrmandia marginata. » potatorum. Lessonia speczes. Ecklonia buccinalis. Liagora species catra-Europ. Gigartina spinosa. Macrocystis pirifera. » isiformis. Nemastoma Feredayae. Glaiopeltis tenax. Physactis speczes. » coliformis. Rhodymenia speczes. Gratclounpia contorta. Rytiphloea capensis. Halygenia bulbosa. » tinctoria. On ofre en échange brochures d’ algologie des auteurs modernes et algues de la Mediteranée et de |’ Adriatique. S’adresser a la Directione de la /evwe : I.r BD. Levi-Morenos — 3422 S. famuele — Venezia. PERSONALIA DOTT nnrrrrtvi Nomine e Premi. Sua altezza sovrana il Principe A/berto di Monaco fu nominato socio corrispondente dell’ Académie des Sciences di Parigi per la sezione di Geografia e Navigazione. La A. Accademia dei Lincei ha conferito il premio di L. 3000 al nostro collega ed amico A. Piecone, valentissimo cultore degli studi algologici. — Congratulazioni, La Linnean Society di Londra ha decretato la sua. medaglia d’oro al dott. £. Bornet per i lavori botanici. Al- l'illustre algologo vive congratulazioni. Ineremento dell’ Erbario Privato Abbiamo ricevuto in dono : Dal DI" Harvey- Gibson dell’ University Collge Liverpool esemplari di Catenella opuntia con cistocarpi ed anteridi. ‘amico D." Mòb:us d'Heidelberg esemplari di Cladophora. affetti da una nuova alga parassitica : Bx/bocoleon (?) endophyticum n. sp. Mòbius. Di quest’ alga si diede de- scrizione e figura nello studio del Mòbius: Conspects nni Dal algarum endophylarum. Dal D." Dedray (faculté des Sciences-Alger) un’ ottantina di Alghe mediterranee, fra le quali molti interessanti e rari esemplari. Dal D'' Rodryguez y Femenias (Mahon isole Baleari) un centinaio d’ interessanti e rare specie d’ alghe baleari- che, fra le quali la ben nota Laminaria Rodriguezti Bornet. A nd SCO e A mezzo del Signor Mariani della Regia Marina Italiana molti esemplari di Caw/erpa prolifera, provenienti da Termini-Immerese (Sicilia). La ben nota e assai interes- sante alga verrà distribuita nella ventura centuria della Phycotheca Italica. Dall’ Orto Botanico dell’ Università d° Heidelberg, belli esem- plari del Sargassum bacciferum (Atlantico). Dall’amico D." Marchesetti direttore del Civico Museo di Sto- ria Naturale di Trieste, altri numerosi esemplari del S. bacciferum e la rara Marchesettia spongioides di Sin- gapore. Dal signor Conte Caruana- Gatto, un centinaio di specie di alghe dell’ Isola di Malta. Dall’ ottimo amico Leuduger-Fortmorel (Doulon-France), parecchi splendidi preparati stabili di diatomee. Dall illustre algologo Bormnet oltre cinquecento esemplari di alghe fra le quali molte di gran valore per esser esem- plari autenticati della firma degli autori. Ai gentili donatori è nostri più vivi ringraziamenti. D. Levr-MoRENos. Ninove Etiviste The Mediterranean Nachralist è il titolo, e si può dire il programma, d'una nuova rivista mensile di scienze naturali che si pubblica a Malta sotto la direzione del signor John Cooke, B. Sc., F. G. S. Il primo numero, pubblicato nello scorso mese di Giugno contiene i seguenti articoli : 1. Programme — 2. A short history of the foraminifera in Italy, Prof. G. Cappellini — 3. A new Maltese Chelonian — f. Manganese Nodules — 5. The subterrenean treasures of Italy, Cav. G. Jervis, F. G. S. — 6. African earthworms — 7. Deep sea exploration in the Mediterranean — 8. For- mation of coral-reefs in recent seas — 9. Notes on the di- scovery of a Pleistocene bed at Gozo-The Editor — 10, No- tes et News: - The Bryozoa of Northern Italy - Zoology Pio! > (o into — 53160 — in the Mediterranean - The Coleoptera of Gibraltar et c. et c. -— 11. Exchange Column. Annunciamo pure con piacere una nuova pubblicazione : La Rassegna delle scienze geologiche in Italia re- datta da M. Cermenati ed A. Tellini, si pubblica a Roma in fascicoli trimestrali. L’annata intiera consterà di un volume di circa 200 pagine. La Rassegna conterrà: Brevi note originali — Annunci preventivi, con sunti o sommarii di lavori in corso o d’im- minente pubblicazione — Recensioni delle pubblicazioni geo- logiche italiane (Geologia pura, comparata, sperimentale ed applicata, geologia stratigrafica, paleontologia, paletnologia, petrografia, geografia fisica, sismologia, vulcanologia, idro- logia, meteorologia, geogenia, geologia chimica, montanistica, bibliografia geologica, carte topografiche e geologiche, bio- grafie di geologi, ecc. ecc.) avvenute nel trimestre, con rie- pilogo del contenuto di ciascuna — Ricordo di libri antichi d'interesse per le questioni geologiche, rarissimi 0 poco co- _ nosciuti — Notizie intorno al movimento geologico in Italia ; avvenimenti e scoperte; lavori della Società geologica e del Comitato geologico, congressi, concorsi, cattedre, e mu- sei, ecc. ecc. — Sguardo all’estero; atti delle principali so- cietà geologiche; personalia, necrologie ecc. — Corrispon- denza fra i geologi. (Gli autori sono pregati di inviare le loro pubblicazioni di quest’ anno e dello scorcio del 1890, riguar- danti dette scienze, e di comunicare tutte quelle notizie che credono opportuno diffondere). ; Verrà inviato il primo numero a tutte quelle persone che ne facciano domanda anche con semplice carta da visita. L'abbonamento annuo è di L. 5 (c:nque) anticipate per l’Italia e per l'estero. Dirigere vaglia, pubblicazioni, manoseritti, carte da vi- sita ecc, all'indirizzo: Rassegna delle scienze geologiche — Roma. PDS ADRIA LT VENEZIA 41891. — STAB. TIPO-LITOGRAFICO DEI FRATELLI VISENTINI Piazza Manin, Calle della Vida, 4296 x COR 10 Oto gin CENT O PI, e TC -7 Cl SONO STREET N LI Jd sv IRA TIRO, È # - T81 Agosto IS91 RIVISTA MENSILE Per gli studi di scienza pura ed applicata PANAO SUL MARE E SUOI ORGANISMI E » taria Generale per le alghe a seguito della NOTARISIA Direttore: — Dott. D. LEVI- MORENOS Schiitt F. — Analytische Planktonstudien (fortzetzung folgt). . pag. 817 Grablovitz G. — Tavole delle ore dell’alta e bassa marea nella città di Venezia ed isola d’Ischia per l’Ottohre 1891... » 341 Lanzi M. — Le diatomee fossili di Capo di Bove ._. . . .. » 345 Note di Tecnica Lo Bianco S. — Meéthodes en usages è la station zoologique de Naples pour la conservation des animaux marins (suite) . » 348 Recensioni Brocchi P. -- Des étangs en général ete. (D, L. M.). . . . » 354 Marion F. — Effet du froid sur les poissons marins (D. L. Mi). DECINE Sauvage E.— Sur la nourriture de quelquès poissons de mer (D.L.M.) » 355 Compte-Rendu algologique par 2. X. De Wildeman (ouvrages des MM. Dangeard, Reinke, Zacharias, Cramer, Hariot) . » 857 | Direzione ed Amministrazione della Neptunia: S. Samuele 3422 - Venezia Prezzo d’ Associazione annuo: per lil It L_20, — per l'Estero (Unione pnstale) It L. 28, Venezia 1891 — Tip. Frat. Visentini SOMMARIO DEL NUMERO O — Gi AGOSTO 1001 ) Prezzo d'associazione annua : Per l'Italia It. L. ®@, — Per l’ Estero (Unione postale) It. L. 26, NEPTUNIA RIVISTA MENSILE PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA ED APPLICATA SAI L MARE E SUOI ORGANISMI Commetttario' Generale per le alghe a seguito delia NOTARISIA Direttore Dott. DAVID LEVI-MORENOS COLLABORATORI Artari A. Università di Mosca. Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- grafico R. Marina di Genova. Bonardi E.. Università di Pisa Borzi A., Univ. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d’A gri- coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. di Padova Camerano L.. Univ. di Torino Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma. Cattaneo G., Univ. di Genova. Cuboni G., R. Istituto di Patologia Vegetale, Roma. Dangeard P. A., Univ. di Caen. De Wildeman E.. Jardin Botanique, de l’Etat. Bruxelles. Garcin A. G., Univ. di Lyon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietroburgo Grablovitz G., Direttore dell’Osser- vatorio Geo.-Dinamico d'Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariot P., Musée Nationale d’Hist. Naturelle di Paris. Harvey-Gibson R., Un. di Liverpool. Hy Ch., Univ. di Anger. Imhof 0. 1. Univ. di Zurigo. Istvanffi J., Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Upsala. Lagerheim G., Un. di Quito-Equador. Lanzi M., Univ. di Roma. Lemaire A., Liceo di Nancy. Leuduger-Fortmorel, Micrografo a Doulon (Francia) Mobius M., Uviv. d’ Heidelberg. Maggi L., Univ. di Pavia. Mancini E., Segretario R. Acc. dei Lincei, Roma. Marinelli G., Univ. di Padova. Millosevich E., R. Osservatorio cen- trale di Metereologia e Geodina- mica. Roma. Magnus P. Università di Berlino. Miiller 0.. Micrografo, Berlino. Ninni P, A., Membro della Comm. Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P., Univ. d’ Erlangen. Schiitt F., Univ. di Kiel. Solla F,, R. Scuola Forestale di Val- lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Agente d’Italia per l’ Africa Occideniale. Thoulet I,, Univ. di Naney. Valle A., Civico Museo di Trieste. Vicentini G. R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Acc. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N., Scuola Sup. d’ Agricoltura di Aas (Svezia). Zukal H., Università di Vienna. La Neptunia comprende le seguenti rubriche : piante cd animali. dei pesci etc. mare e suoi organismi. DON DD 1 A WN Notiziario. . Studi originali sul mare e suoi fenomeni ; sugli organismi marini, . Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. Spa Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscicultura, malattie Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine o lacustri; notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. Resoconto della campagne oceonografiche fatte dalla Marina nazio- nale, dalle Marine estere o per privata iniziativa. Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico del . Note, appunti e recensioni critiche. Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi organismi. IZ V po suo TUTT id A — GEIE NOMWIS "8: VINQLAAN VIP 2u0]z0I)S f PIzIUI be &f-; at o i e MEP LENTA. Anno I. 51 Agosto 1891 N. 83 ANALYTISCHE PLANKTONSTUDIEN vonsspranz Senutt. (Fortsetzung) Ausfùhrung des Fanges. Die Construction des Netzes und Fimers garantiren nur dann die quantitative Vergleichbar- keit des Fanges, wenn genau bestimmt wird, und dieses ist die Hauptforderung fir jede Vergleichung, wie grosse Streck- en und welche Tiefenschichten das Netz durchfischte. Diese Forderung wurde vor Einfùhrung der Hensenschen Methoden niemals erfùllt. Mittel zur Erforschung der Verticalverbreitung. Die genaue Bestimmung der Tiefenschicht, die das Netz durchfischt, ist fur alle Planktonfragen von der aller- gròssten Wichtigkeit, denn nicht nur ist die qualitative Benn- schaffenheit des Fanges in verschiedenen Tiefen verschieden, da viele Formen, die an der Oberflàche vorkommen, in einie ger Tiefe nicht mehr getroffen werden, sondern es sind auch die quantitativen Verhaltnisse ganz ausserordentlich ungleich. Wie die Untersuchungen der Planktonexpedition beweisen werden, nimmt die Quantitàt des Plankton nach der Tiefe hin, wenn eine bestimmte Grenze ùberschritten ist, sehr schnell ab. Man wird ganz verschiedene Quantitàiten Plankton erhalten, je 14 — 518 — nachdem man gleiche Mengen Wasser entnommen aus 50, 100, 200 oder 400 Meter Tiefe abfiltrirt. Im ersten Fall wirde man ausserordentlich viel mehr Plankton erhalten als im letzten. Diese Thatsache ist von gròsster Wichtigkeit bei der Aufstellung des Fischereiplans, sowohl bezùglich der Con- struction der Netze als deren Anwendung. Es ergiebt sich hieraus fir Finge, welche zu quantita- tiven Vergleichungen dienen sollen, die Nothwendigkeit dass zwei Forderungen erfùllt werden: erstens dass die Bahn, welche das Netz beim Planktonfang im Wasser beschreibt, bekannt sei, und zweitens, dass diese Bahn eine so einfache sei, dass die bei verschiedenen Fingen gemachten Mengen auf eine bestimmte als Norm angenommene Bahn reducirt werden kònnen. Fragen wir uns, wie weit erfùllen die bisherigen Fische- reimethoden diese Bedingungen, so missen wir zwei verschie- dene Grundsysteme unterscheiden: die Horizontal-und die Verticalfischerei. 1. Horizontalfischerei. Offenes Horizontalnetz. Nach den gewòhnlich angewandten Fangmethoden, bei denen es immer nur darauf ankam, mòglichst viel Material nicht aber quantitativ vergleichbares Material (ein Unterschied, der sehr hiufig noch ùbersehen wird) zu schaffen, wird das Netz angeblich in horizontaler Richtung durch das Wasser gezogen, d. h. es wird bei langsamer Fahrt (seltener bei stehendem Schiff) ins Wasser hinuntergelassen, eine Strecke weit hinter dem Schiff hergezogen und dann da langsamer Fahrt wieder aufgewunden. Wie wird nun das Netz bei dieser Versuchsanordnung laufen? Die praktische Erfahrung lehrt, dass das Netz, wenn das Gewicht desselben gering ist, und die Geschwin- digkeit des Schiffes sehr gross ist, unmittelbar an der Ober- — 3219 — fiche des Wasser fortgezogen wird, ja, wenn die Befestigungs- stelle des Taues am Schiff sehr hoh ùber dem Wasserspiegel liegt, das Netz sogar ùber die Wasseroberfliche hervorsprin- gen kann. Wenn dagegen das Gewicht des Netzes gross, und die Geschwindigkeit sehr gering ist, so wird das Netz fast senk- recht unter dem Schiff héngen. Zwischen diesen beiden Grenzwerthen liegen die gewòhn- lich angewandten Falle. Das Netz wird, wenn es langere Zeit gezogen wird, stets einen Gleichgewichtszustand erreichen, wo es horizontal zwischen der Oberfliàche und dem tiefsten mòglichen, senkrecht unter dem Schiff liegendem Stand forlàuft. Bei gegebenem Netz und Tau kann man durch Vermehrung der Geschwindigkeit die Gleichgewichtsbahn heben, bei gegebener Geschwindigkeit durch Vermehrung des Gewichts (durch Auslassen von mehr Tau) kann man die Gleichge- wichtsbahn senken. it 6 Die Versuchsbedingungen liegen also ganz in der Hand des Experimentators und sind scheinbar auch ganz einfach, eine genauere Betrachtang der das Netz treibenden Kràfte wird jedoch zeigen, dass die oben geforderten Bedingungen, dennoch nicht erfilit werden. Netzbahn. Der Wegdes Netzes im Wasser ist eine Function von zwei Kràften, einer horizontalwirkenden I, und einer vertikal wirkenden II. Die Kraft I ist abhéingig von der Geschwindigkeit mit der das Schiff zieht, sie ist jedoch nicht identisch mit der ziehenden Kraft des Schiffes, weil der Zug des in Bewegung befindlichen Schiffes auf das Netz sich wegen der tieferen Lage des Netzes «unter der Bordwand .in einer schràg aufwarts gehenden .Richtung &ussert. Diese in schriger Richtung wirkende Kraft léisst sich zerlegen in eine verticale (II) und eine horizontale Kraftcomponente. Letztere sucht das Netz in horizontaler Richtung fortzubewegen, sie ist identisch mit I, 199022 Die Verticaleomponente II der Netzbahn ist eine Sum- menkraft, die gebildet wird aus der vertical aufwàarts wirken- den Componente des in schriger Richtung ziehenden Schiffes (oben II a genannt) und einer vertical abwàarts wirkenden Kraft II b, die durch das Gewicht des Massensystems von Netz und Tau bedingt wird. Wenn nun I und II b gleichzeitig wirkten, so wirde sich das Netz in der Diagonale B des Kràafteparallelogramms abwàrts bewegen. Die Resultirende der beiden Krifte I und Il a wirkt dagegen in der Diagonale A aufwdarts. IIa und II b wirken stets gleichzeitig und entgegengesetzt; fur die Construction des wirksamen Krifteparallelogramms kommt also nur ihre Differenz II == II a — II b zur Geltung. Die wirkliche Bewegung des Netzes geschieht also in der Richtung der Diagonale C (Fig. 3) eines Parallelogramms, dessen horizontale Seite I durch die horizontale Zugcompo- nente des Schiffes, und dessen verticale Seite durch (MH a — II b) gebildet wird. CR G UO e Je nachdem (Ia —IIb) positiven oder negativen Werth hat, wird sich das Netz schràg aufwarts Fig. 3 C2 oder schrag abwarts Fig. 3C1 bewegen. Wenn Ia=1IIb wird, so bewegt sich das Netz in horizontaler Richtung Fig. 3 C 3. Dieses ist die Idealforderung der Horizontalfischerei. Die wirkliche Bewegung des Netzes bei der Horizontalfischerei ist aber nicht so einfach. Die senkende Kraft II b ist abhàngig von dem Gewicht des Massensystems, welches gebildet wird durch das Netz selbst und das Tau mit welchem das Netz gezogen wird. Die hebende Kraft II a ist abhangig von mehreren Factoren: 1) Geschwindigkeit, 2) Widerstand, den Netz und Tau im Wasser finden, 3) Tiefe der den Widerstand findenden Punkte unter dem Befestigungspunkt des Taues am Schiff. a. Netzbahn ohne Tau. Um ein Bild zu gewinnen ùber die Bahn, welche diese Krafte dem Netz vorschreiben wirden; nehmen wir vorerst den einfachsten Idealfall an, dass das Netz von einem gewichts- und widerstandslosen Tau gezogen wird, so dass dann nur das Netz mit seinen Eigenschaften fùr sich wirkt. (Fùr geringe Tiefen liesse sich diese Versuchsbedingung annahernd dadurch herstellen, dass man das Netz nicht zu leicht machte und dieses an einem Klavierdraht befestigte, dessen Gewicht und Wi- derstand gegenuber dem des Netzes vernachlissigt werden kann). In diesem Falle wirkten die hebenden und senkenden Krifte wie auf einen Punkt, fùr den sich dann leicht das Krafteparallelogramm construiren lisst. Die Bahn des Netzes wird dann in drei zeitlich getrennte wesentlich verschiedene Abschnitte zerfallen: 1) die Periode des Auslassens des Taues 2) die Periode des unverànderten Zuges 3) die Zeit des Tauaufziehens. Wahrend dieser ganzen Zeit bleibt das Gewicht gleich, die senkende Kraftcomponente II b (c. f. Fig 3) ist also als constant anzunehmen, die beiden anderen Componenten jedoch wechseln. Wahrend der ersten Periode, in der Zeit des Tauaus- lassens, kommt nicht die volle Schiffsgeschwindigkeit zur Geltung sondern nur die Differenz zwischen der Geschwin- digkeit des Schiffes und des Tauauslassens. Die Geschwin- digkeit des Netzzuges ist relativ gering, also auch die aus ihe resultirenden Kràfte, die horizontalziehende I und die hebende II a. Da dann wesentlich die senkende Kraft II b wirkt, so wird das Netz in schraàger Richtung nach unten gehen. Sobald das Tau festgelegt ist, wird die Geschwindigkeit des Netzes sofort bedeutend erhòht und damit auch die Hori- zontalcomponente I, ebenso, da jetzt der aus der normalen Schiffsgeschwindigkeit resultirende Antheil als auch der Widerstand mit seiner vollen Kraft auftritt, die Hebungs- componente II a; das Netz wird sich demgemass heben. d. h. in schriger Richtung bergauf gehen. Wie weit es sich hebt, das hingt von dem dritten oben erwéAhnten Factor, welcher die Kraft II b beeinflusst, ab. Wenn Widerstand, Geschwindigkeit und Gewicht gleich bleiben, so ist, wie aus Figur 4 hervorgeht, die hebende Fig. 4 Kraft ILa um so gròsser, je kleiner der Winkel a ist, den die Verbindungslinie von Netz und Befestigungspunkt des Taues mit der Verticalen bildet. Indem sich das Netz hebt wichst a wéahrend Ia kleiner und kleiner wird. Sobald es gleich II b ist, ist der Gleichgewichtszustand eingetreten und die Bahn wird horizontal, und bleibt es auch so lange, bis die ausseren Bedingungen wieder geaàndert werden. Letzteres geschieht wahrend der dritten Periode, wo das Tau aufge- zogen wird. Dann geht die Bahn wieder bergan. ife Litri — 3529 — Die muthmassliche Bahn des Netzes wirde hiernach in groben Zigen die in Fig. 5, Kurve abcde, gezeichnete Form haben: ab fallender, bc erster steigender, cd horizontaler Theil, de Endaufstieg der Bahn. b. Einfluss des Taues auf die Bahn. Diese Bahn des Netzes ist fùr den angenommenen Idealfall, dass man die Eigenschaften des Taues nicht zu berùcksichtigen brauche, schon nicht mehr einfach und a priori kaum be- rechenbar, weil der Widerstand des Netzes zu schwierig in die Rechnung einzufùhren ist. Wenn die Figenschaften des Taues berùcksichtigt werden missen, so ist die Aussicht die Bahn zu hestimmen, noch geringer. Fiùr gròssere Tiefen, fiur welche ein Klavierdraht nicht ausreichen wilrde und die Anwen- dung des neuerdings mehr gebrauchten Stahldrahttaues nicht mehr zu umgehen ist, ist der Einfluss des Taues auf die Bahn nicht mehr zu vernachlassigen; es wird dann sogar Gewicht und Widerstand des Taues so erheblich, dass nicht mehr das Netz sondern die Eigenschaften des Taues wesentlich mass- gebend fur die Bahn des Netzes werden. Fi die fròher hauptsichlich angewandten Hanftaue spielt der Widerstand eine noch gròssere Rolle als beim Stahldrahttau, das wegen der gròsseren Zugfestigkeit viel dinner gewahlt werden darf. Nun wirken zwar auf das Tau dieselben ziehenden, he- benden und senkenden Krifte wie auf das Netz, aber sie aussern sich hier in anderer Weise, denn das Tau functionirt wegen seiner Biegsamkeit nicht als fester Kòrper auf den die — 324 — Kraftcomponenten, wie es beim Netz angenommen werden konnte, wie auf einen Punkt, der nur als Ganzes frei bewe- glich ist, wirken, sondern, jeder Punkt hat hier seine eigenen Componenten die von denen der vorhergehenden und folgen- den verschieden sind und wegen der Biegsamkeit des Taues auch fùr sich zur Geltung kommen aber doch in bestimmter Weise je nach dem gròsseren und geringeren Grade der Bieg- samkeit die benachbarten Theile beeinflussen. Da das Tau nicht wie das Netz als Ganzes frei beweglich ist, sondern an dem einen Ende fest liegt, am anderen vertical beweglich ist, da ferner das eine Ende hoher als das andere liegt, und da drittens, wie zu vermuthen ist, das im Wasser geschleppte Tau keine gerade Linie sondern eine Kurve bildet, deren einzelne Punkte von dem Widerstand leistenden Wasser unter ganz verschiedenen Winkeln getroffen werden, so dussert sich der Wasserdruck auf die verschiedenen Theile des Taues in sehr verschiedener Weise. Das am Schiff befestigte Ende wird also ganz anderem Verticaldruck ausgesetzt sein als das frei bewegliche Ende. In welcher Weise und bis zu welchem Grade das Tau nun diesen Kréaften in seinen verschiedenen Theilen nachgeben wird, dùrste schwer zu ermitteln sein. Es wiùrde eine ganz specielle Untersuchung erfordern, die Lagerung eines solchen durch das Wasser geschleppten Taues und damit die Bahn eines an seinem Ende befestigten Netzes zu bestimmen. Bisher fehlen dazu alle Anhaltspunkte, man ist also bei allen bisherigen Horizontalzigen ùber die Bahn des Netzes vollkommen im Unklaren gewesen. Die gewòhnlichen Horizontalzige mit offenem Netz er- fullen also, da sie weder ihrem Namen entsprechend in ge- rader Linie horizontal, noch vertical, sondern in ganz compli- cirten unbekannten und nicht berechenbaren Kurven fischen, nicht die Bedingungen, die man an quantitative Fischerei stell- en muss, sie kònnen daher zu Schlùssen ùber Massenverhalt- nisse nicht benutzt werden. —S820E- b. Schliessnetze. Es ergiebt sich hieraus die Hauptforderung, die Bahn ‘einfacher zu gestalten. Bis zu einem gewissen Grade geschieht dies schon durch die Schliessnetze d. h. Netze, die geschlossen ins Meer gesenkt werden, sich in der Tiefe òffnen, und dort auch wieder schliessen, sodass der complicirte und stòrende auf-und absteigende Theil der Bahn ausgeschlossen wird, und nur der einfachere mittlere Theil zur Wirksamkeit kommt. Es wurden verschiedene solcher Schliessnetze, construirt zu dem Zweck, Plankton aus mittleren Tiefen fùr sich zu fangen, ohne dass dasselbe vermischt wirde mit Oberflàchen- material, das sich bei Anwendung des offenen Netzes dem Tiefenmaterial stets beimengt. a) Das von Palumbo erfundene und von Petersen und Chun verbesserte Horizontalschliessnetz wird bei stehen- dem Schiff geschlossen ins Wasser hinuntergeiassen, und dann das Schiff in Bewegung gesetzt. Dadurch wird mittelst einer kleinen vor dem Netz angebrachten Schiffschraube das Netz geòffnet, und nach einer gewissen Anzahl von Umdrehungen der Schraube, wahrend welcher das Netz einen Weg von etwa 200 Metern zurickgelegt hat, wieder geschlossen. Wenn das Netz richtig functionirt, eine Frage, auf die ich mich hier nicht einlassen will, so wird von der vorhin beschriebenen allgemeinen Netzbahn der absteigende, der letzte aufsteigende und ein Stilek vom horizontalen Theil abgeschnitten, und das Netz fàngt nur wahrend der ersten aufsteigenden und ev. einem Theil der horizontalen Bahn; der fùr Horizontalfischerei eigentlich geforderte horizontale Theil der Kurve kommt bei der Geschwindigkeit des Zuges vielleicht gar nicht mehr zur Geltung. Tedenfalls ist die Bahn vollkommen unbekannt. b) Das Netz des Fùrsten von Monaco, das sich vor Beginn des eigentlichen Zuges durch den Stoss des fallenden Netzes geòffnet wird, und spàter durch ein Laufgewicht — 3260 — wieder geschlossen wird, leidet an denselben principiellen Feh- lern, wie das Palumbo-Petersen-Chunsche Netz; es fangt nicht rein horizontal, sondern schràg aufwarts und horizontal nacheinander. Die Lange des horizontalen Theiles der Bahn kann zwar willkùrlich verlàngert werden, aber auch dann bleibt die Tiefe, deren Kenntniss fir die Beurtheilung des Fanges absolut nothwendig ist, unbekannt. Diese Tiefe aus der Linge des ausgegebenen Taues richtig zu schatzen ist aber bei dem Fehlen aller dazu nòthigen Daten nicht méglich, und wo dies dennoch versucht worden ist, da wird sich voraussichtlich nachweisen lassen, dass man sich oft bedeutend verschatzt hat. Da sich die Tiefe vor der Hand nicht berechnen lasst, so ist unbedingt zu fordern, dass sie empirisch gemessen wird 1). c) Bei den Netzen von De Guerne, Hoyle u. a. wird das Oeffnen und Schliessen des Netzes bewirkt durch ein Laufge- wicht, d. h. ein durchbohrtes Gewicht, auf das Tau gesteckt wird welches und von diesem gefihrt, in die Tiefe gleitet. Indem es unten auf den Oeffnungsmechanismus des Netzes aufschligt, setzt es diesen in Bewegung, wahrend der Schluss- mechanismus nach Ablaut einer gewissen Zeit durch ein zwei- tes Laufgewicht in Thatigkeit gesetzt wird. Man kann den bei den anderen Schliessnetzen stòrenden ersten aufsteigenden Theil der Kurve der Netzbahn (cd Fig. 5) dadurch abschneiden, dass man mit dem Aufsetzen des Laufge- wichts wartet his die horizontale Gleichgewichtsbahn erreicht 1) Dabei genùgt es aber nicht einfach die Maximaltiefe des Netz- standes zu bestimmen sondern es miisste zugleich mit Hiilfe eines regist- rirenden Manometers und Wegmessers die Linge des Zuges nnd die zugehòrige Tiefe fir jeden Punkt der « wirksamen » Netzbahn bestimmt werden, der Registrirapparat diirfte also erst beim Oeffnen des Netzes ausgelòst werden, und miisste beim Schliessen des Netzes wieder arretirt werden, Filr grosse Tiefen, fùr welche ein Druck von mehreren hundert Atmosphaeren zu verzeichnen ware, diirfte die Druckregistrirung auf ziemlich grosse Schwierigkeiten stossen. LA eli gere AE, — 327 — ist, dann wird aber eben durch dasselbe Laufgewicht das kaum erlangte Gleichgewicht der hebenden und senkenden Kréfte wieder gestòrt. Die vertical abwarts wirkende fraft ILb wird durch das Laufgewicht vergròssert, das Netz muss also von neuen abwarts gehen und kommt erst zur Ruhe, wenn eine den neuen Bedingungen entsprechende neue Gleichgewichtslage eingetreten ist. Die Bahn ist also ebenso complicirt als bei dem Schliessnetz mit Schiffsschraube, sie ist ebenso unbekannt, namentlich ist auch hier die Tiefe, der wichtigste Factor voll. kommen unbekannt und kann nur geschàtzt werden. Fehler simmtlicher Horizontalschliessnetze. Ei- nen Fehler, der alle bisher erwahnten Schliessnetzsysteme gleichmassig trifft, habe ich bisher unberitcksichtigt gelassen : Mit dem Oeffnen des Netzes wird die Obertliche und damit auch der Widerstand des Netzes im Wasser und dadurch auch die verticale Kraftcomponente veréndert. Wenn es also vor- her schon die durch die horizontale Bahn gekennzeichneten Gleichgewichtslage erlangt hatte, so wird es jetzt steigen, bis es die den veranderten Bedingumgen entsprechende neue Gleichgewichtslage eingenommen hat, und nun in einem an- deren Niveau wieder horizontal verlàuft. Dieser Fehler, die Veranderung der Bahn beim Oeffnen des Netzes, durfte sehr schwer zu eliminiren sein. Ich wuùsste nur einen Weg: zwei ganz gleiche Netze an einander zu kop- peln, und diese so einzurichten, dass sie entgegengesetzt fune- tioniren d. h. dass das eine stets geòffnet ist, wahrend das andere geschlossen ist, und umgekehrt. Auf diese Weise bliebe sich der Widerstand gleich; ob aber ein solches Kuppelnetz bei seinem complicirten Bau in der Tiefe sicher genug fun- ctioniren wùrde, um daraus quantitative Schlisse ableiten zu kònnen, das wage ich nicht zu beaupten. Dazu kommt noch ein weiterer Fehler der alle Hori- “zontalnetze trifft. Wenn bei diesen Versuchen das Netz durch das Wasser gezogen wird ohne dass es Material fiingt, so wird sich ein Gleichgewichtszustand herstellen, indem die — 328 — Netzbahn horizontal wird. Sobald sich aber gròssere Massen von Planktonmaterial auf den Poren des Netzes ansammeln, so wird dadurch die Filtrationsgròsse des Netzzeuges verring- ert. Dadurch wird der Widerstand des Netzes vergròssert und das Netz wird steigen. Sobald also das Netz fangt, wird an ein Constantwerden der Bahn selbst unter den ginstigsten Umstanden nicht mehr zu denken sein. Aus diesen Grinden geht hervor, dass bisher noch kein Horizontalschliessnetz bekannt geworden ist, und auch noch kein Mittel zur Construction eines solchen, welches in grosserer Tiefe Fange zu machen gestattet, deren Versuchsbedingungen einfach und genau bekannt sind und die darum als Basis fir quantitative Untersuchungen dienen kònnen. Da in den verschiedenen Schichten aber qualitativ und quantitativ verschiedene Mengen Plankton vorhanden sind, so ist es, wie oben erwalnt, nothwendig die durchfischten Schichten ganz genau zu kennen, wenn man beziglich der Massenverbreitung auch nur die einfachsten Schlùsse ziehen will. Alle Fiinge, die ohne diese Kenntniss der Bahn gemacht sind, kònnen nicht als Basis filr quantitative Untersuchungen dienen; sie kòonnen zwar, wie z. B. die Fange der Challen- gerexpedition sehr werthvolles qualitatives Material liefern, aber sie kòonnen kein richtiges Bild ilber die Massenverbreit- ung geben. %. Verticalfischerei. Es ergiebt sich hieraus die Nothwendigkeit von einer ganz anderen Versuchsbasis auszugehen. Diese Basis ist von Hen- sen geschaffen worden, indem er von der ungenigenden Hori- zontalfischerei fur quantitative Zwecke vollkommen abging und die Verticalfischerei an ihre Stelle setzte 1). 1) Der erste, der, allerdings von ganz anderen Gesichtspunkten ausgehend, und ganz andere Ziele verfolgend, die Verticalfischerei be- nutzte, war meines Wissens Sigshee (1880). i stai e ME VERO, E È oa I Ù er Rare , o “ — 329 — Vorzitge der Verticalfischerei. Die Versuchshedin- «gungen sind bei derselben so einfach, dass sie der Rechnung direkt zuganglich sind. Die Richtung der Kraft, mit der das Netz gezogen wird, und die Bahn des Netzes fallen zusammen. Alle die vorhin aufgezahlten Factoren welche die Netz- bahn der Horizontalzige zu einer complicirten, nicht berechen- baren gestalten, Gewicht, Biegsamkeit, Widerstand des Taues, Widerstand des Netzes, selbst Verinderung des Netzwider- standes beim Oeffnen und bei der allméhlichen Anfùllung des Netzes mit Material 1) u. s. w, sind ohne Einfluss auf die Netzbahn des Verticalzuges. Die Bahn des Netzes ist deshalb die einfachste, die es geben kann: die gerade Linie, sie ist darum sehr leicht und sicher zu bestimmen. Die Richtung der Bahn ist gegeben durch die Verticale, die Linge der Bahn wird direkt gefunden durch die Linge der ausgelassenen Leine. Die Richtung der Bahn, die Verticale, ist fùr die Berechnung die gunstigste, weil auf ihr die Reductionen am einfachsten und leichtesten ausgefuhrt werden kònnen, sie ist aber auch darum die gin- stigste, weil sie das vollkommenste Bild der verticalen Ver- breitung giebt. Der Experimentator hat die Versuchsbedin- sungen vollkommen in der Hand, insofern als er die Tie- fenschichten, die er erforschen will, nicht nur durch den Versuch selbst genau kennen lernt, sondern dass er sie auch willkùrlich im Voraus bestimmen und nach Belieben, selbst noch wahrend des Versuchs, verindern kann. Formen der Verticalfischerei. Die Ausùbung der Verticalfischerei kann ebenso wie die der Horizontalfischerei nach zwei Grundmethoden stattfinden: mit offenen Vertical- netzen und mit Schliessnetzen. 1, Es muss nur die Netzoberflàche im Verbiltniss zur Netzéffnung gross genug sein, um selbst bei der durch die Anfillung des Netzes mit Material bedingten Verringerung der Filtrationsgròsse noch alles einge- stròmte Wasser durcbfiltriven zu lassen, — 350 — Stufenfinge. Um das Verhalten verschiedener Schich- ten zu studieren dient bei Verticalfischerei der Stufenfang, und zwar sowohl mit dem Verticalnetz wie mit dem Schliessnetz. Bei den Stufenfàngen mit dem offenen Netz wird immer die ganze Wassersàule bis zu der Tiefe hin, bis zu welcher das Netz hinabgelassen wurde, durchfischt, und zwar in der Weise, dass man in immer gròssere Tiefen hinabsteigt, in Stufen von 20, 50, 100, 200, 400, 500, 1000, 2000 u. s. w. Metern Tiefe. Die Differenz zwischen je zwei auf einanderfol- genden Stufenfingen giebt dann immer das Material welches O » 800 1000 1200 in dem Dbetreffenden Raumintervall vorhanden ist. Da man die Stufen beliebig wahlen kann, so kann man auch jeden beliebi- gen Grad der Genauigkeit auf diesem Wege erreichen. V. in Fig. 6 giebt ein Schema der Bahn von einem System solcher Stufenfànge mit offenem Verticalnetz. Stufenfinge mit dem Verticalschliessnetz. Das diesem Zwecke dienende Hensensche Schliessnetz ist eine Um- gestaltung und Vervollkommnung des von Palumbo erfun- denen und von Petersen und Chun verbesserten Schliessnet- zes. Dasselbe wird bei stehendem Schiff ins Wasser gelassen und senkreckt in die Hòhe gezogen. Dabei òffnet es sich durch die Drehung einer kleinen durch das Wasser in Be- wegung gesetzten Schiffschraube und schliesst sich nach einer Anzahl Umdrehungen derselben Schraube wieder. Das- selbe durchfischt eine verticale Wassersiule von 200 Metern Hohe. Wenn man dasselbe also nacheinander stufenweis in AI e verschiedene Tiefen senkt, so erhilt man die in Intervallen von je 200 Metern befindlichen Mengen in dem Netz. S in Fig. 6 giebt ein Schema dieser Schliessnetzstufenfinge. Ein vergleichender Blick auf die verschiedenen Bahnen Fig. 5 und 6 lisst sofort erkennen, dass nur die Verticalzige so ein- fach und klar durchsichtig sind, dass sie quantitativ ver- gleichbar sind und daher fi die rechnende Untersuchung benutzt werden kònnen. Unentbehrliehkeit der Verticalfischerei. Fur die Bestimmung der verticalen Verbreitung der Species geben die Stufenfànge das sicherste und zuverlissigste Bild. Wenn man aber auch ganz absieht von den speciellen Fragen und nur die allgemeinsten im Auge behàilt, wenn man z. B. nur die Gesammtmenge aller Pflanzen, oder noch allgemeiner aller Organismen, unter einer bestimmten Flicheneinheit der Meeresoberfliiche bestimmen will, so ist dies theoretisch nur mit Huùlfe der Verticalfischerei nicht der Horizontalfischerei genau ausfuùhrbar. Wie schon erwéàhnt und weiter unten experimentell festge- stellt werden soll, nimmt die Menge des Planktons nach unten hin ab, aber nicht sprungweise sondern continuirlich in einem noch unbekannten Verbhàltniss (das erst mit Huùlfe der Me- thode selbst gelòst werden soll.) Wenn man nun annimmt, dass bei der Horizontalfischerei das Netz, wie theoretisch gefordert wird, wirklich horizontal fischte, (eine Bedingung, die in der Wirklichkeit nicht einmal erfùlit wird) so wurde durch den Horizontalzug dennoch kein Bild iber die Gesammt- menge der Organismen an dieser Meeresstelle gewonnen werden. Nur mit Hilfe sehr vieler in verschiedenen Tiefen gemachter Parallelzige, Auswerthung jedes Zuges und Inter- polation der dazwischenliegenden Werthe und Berechnung der Summe liesse sich mittelst Horizontalfischerei, selbst wenn diese die Idealforderungen erfùllten die unter einer bestimm- ten Flicheneinheit des Meeres befindliche Menge von Orga- nismen ermitteln und damit ein Bild ùber das Gesammtleben — 532 — unter dieser Stelle der Oberfliche gewinnen, von einer solchen Vollstàndigkeit, wie sie ein einziger Tiefen-Verticalzug giebt. Auch auf diesem umstindlichen Wege ist dies Ziel nur dann zu erreichen, wenn die Abnahme des Planktonmate- rials von oben nach unten eine regelmissige ist. Wenn aber, wie auch wohl behauptet worden ist, die Masse der Plankton- organismen mit dem Tageswechsel in verticaler Richtung grosse Wanderungen unternimmt, so wird die verticale Ver- breitung eine sehr unregelmissige. Die Art, wie dann aber die Vertheilung wirklich ist, làsst sich dann wohl noch mit Hùlfe der Verticalfischerei, aber gar nicht mehr mit Hulfe der Horizontalfischerei lòsen, denn ein Horizontalzug an der Ober- fliche wirde z. B. mòglicherweise unter diesen Umstinden wenig bringen, wahrend zur selben Zeit aus einer bestimmten Tiefe sehr viel Material heraufgebracht werden kònnte, wahrend wenige Meter tiefer wieder wenig Ausbeute erzielt werden wuùrde. Es wurde also ganz ein Spiel des Zufalls sein, ob man mittelst des Horizontalzuges viel oder wenig Material fangen wirde. Bei alleiniger Anwendung der Horizontalfischerei wird man deshalb leicht dazu kommen auf weitgehende Ungleich- màssigkeit oder gar vollkommene Regellosigkeit der Ver- theilung zu schliessen, wenn man nicht beachtet, dass der Ausfall lediglich durch die Unvollkommenheit der Fischerei- methode begrindet sein konnte. Bei so ungleichmissiger Vertheilung, wie eben ange- nommen wurde, wùrde selbst durch eine grosse Anzahl von Parallelzùgen in vorschiedenen Tiefen kein richtiges Bild uber die wirklich verhandene Menge erhalten werden, weil dann die Interpolation der zwischen den Zigen liegenden Werthe nicht mehr gestattet ware. Ganz anders ist es bei der Verticalfischerci. Ob die Or- ganismen in derselben Hòhe bleiben, ob sie steigen oder sinken, fùr den Erfolg der Fischerei ist dies vollkommen gleichgùltig, da wir dabei immer den Inhalt der ganzen Wassersàule bis — 339 — zur durchfischten Tiefe erhalten ; wir bekommen immer, wenn wir nur tief genug fischen, ein richtiges Bild ùber die Masse, die unter der Quadrateinheit der Oberfliche an der betreffen- den Stelle sich befindet. Der Erfolg ist also vollkommen unabhingig von der Tiefenschicht, in der sich die Organismen zufallig befinden. Dabei ist noch ganz davon abgesehen, dass es nicht ausfùhrbar ist, die Parallelfinge an derselben Stelle in hori- zontaler Richtung auszufihren. Dieses wùrde nur irrelevant sein, wenn die Verbreitung in horizontaler Richtung auf weitere Strecken ganz gleichmissig ist; wenn sie dieses aber nicht ist, wie auch behauptet, wenn auch nicht bewiesen wor- den ist 1), so kann die Horizontalfischerei schon aus diesem Grunde kein richtiges Bild ùber die Verhaltnisse, wie sie wirklich sind, geben. Die zu einer Serie von Stufenfangen gehòrigen Vertical- finge kònnen aber im Gegensatz zu den Horizontalzigen fast genau an der gleichen Stelle gemacht werden. Eine Serie von Stufenfingen giebt darum ein unbedingt zuverlissiges Bild ùber die Menge und Vertheilung des Planktons an der be- stimmten Stelle des Oceans, unabhangig vom Wechsel der Vertheilung in horizontaler Richtung. Wenn ungleiche verti- cale Verbreitung stattfindet, so geben die Stufenfange dies an, wenn Ungleichheit in horizontaler Richtung vorhanden ist, so ist dies aus der Ungleichheit der Verticalzùge, die an verschiedenen Orten gemacht sind, zu ersehen. Ob und wie weit die Verbreitung also wechselt, sowohl in verticaler wie in horizontaler Richtung, das làsst sich unbedingt entscheiden mit Hulfe der Verticalfischerei; und wenn ùberhaupt irgend eine Regel in der Vertheilung vorhanden ist, wenn diese auch noch so complicirt ist, so wird diese sicher mit Hulfe der 1) Die Planktonexpedition beweist sogar das Gegentheil, ein Beweis, der durch die frither allein iibliche Horizontalfischerei allerdings nicht erbracht werden konnte, [ad 15 — 334 — Verticalfischerei schwerlich durch Horizontalfischerei heraus- zubringen sein. Dabei wirde es kaum ausfùhrbar sein, die fùr die ver- schiedenen zur Interpolation zu benutzenden Horizontalfinge an derselben Stelle zu machen (was fiùr diese Frage doch wenigstens annihernd nòthig ware), weil das Schiff dabei bedeutende Strecken sich vorwàrts bewegen muss, wahrend der Verticalzug genau das Bild dieser bestimmten Stelle giebt und selbst die Stufenfinge fast genau an derselben Stelle gemacht werden kònnen. Die von Hensen eingefihrte Verticalfischerei ist also nicht nur in den Specialfragen der gewòhnlichen Horizontal. fischerei weit iberlegen, sondern sie ist theoretisch sogar die einzig mògliche zur Lòsung der quantitativen Fragen. Conservirung. Die beim Fange in dem Eimer vereinigte Planktonmenge muss nach den bei quantitativen Analysen geltenden Regeln d. h. mòglichst ohne Verlust an Substanz conservirt werden. Diese Forderung des quantitativen Conservirens, bei dem auch selbst von dem mikroscopischen Material nichts verloren gehen darf, complicirt den Process etwas, namentlich an Bord eines stark schlingernden Schiffes, wo alle subtileren Mani- pulationen sehr viel gròssere Schwierigkeiten bieten als im Laboratorium auf festem Boden. Auf der Planktonexpedition wurde der Inhalt des Eimers in grossere Glasgefisse ùbertragen, in diesen einer Durchmusterung unterzogen und die makroscopischen Thiere und die Schleimfetzen [meist Radiolarien] welche die ùbrigen Bestandtheile beim Concentriren des Fanges miteinander verklebt haben wirden, mitt-lst Glaspipetten herausgehoben und gesondert conservirt. Der Rest, das Gros des eigentlichen Plankton bildend, wurde in die Hensenschen Filtratoren iber- tragen und darin concentrirt. — 395 — Die auf moòglichst wenige Cubiccentimeter zusammenge- zogene Flùssigkeitsmenge wurde nun in Glasgefàssen mit Pikrinschwefelsàure oder Sublimat fixirt. Dann musste sie aus der Fixirungsflissigkeit in Alkohol ùbertragen werden und die Fixirungsflùssigkeit mòglichst ausgewaschen werden. Es ist natùrlich unstatthaft, dieses nach der fiùr gròssere zoolo- gische Objekte gebraàuchlichen Methode durch Decantiren auszufuhren, da hierbei mikroscopisches Material verloren gehen wurde. Die Operation wurde deshalb in Glaskugeln ausgefùhrt, welche zwei nach Einfùllung des Fanges mit Seidengaze geschlossene Oeffnungen besitzen. Mittelst eines durchfliessenden Stromes von Wasser-Alkohol wird darin der Fang ohne den geringsten Verlust an mikroscopischem Material ausgewaschen und in Alkohol ùbertragen. Wiahrend der Seefahrt wurde der Fang auch in diesen Kugeln unter Alkohol aufbewahrt. Die weitere Bearbeitung des Fanges geschieht am Lande. Auswerthung des Fanges. Die bisher erwahnten Arbeiten hatten nur den Zweck das Material zu liefern, das jetzt am Lande verarbeitet werden soll. Es fragt sich nun; wie muss dies geschehen? 1. Qualitativ. Nach dem bisber immer gebriuchlichen Schema wurde der Fang qualitativ untersucht, d. h. es wurden die darin enthaltenen Formen bestimmt und soweit sie neu waren, beschrieben. Dasselbe wird natirlich auch mit dem Material der Planktonexpedition geschehen; insofern sind die Arbeit der letzteren und die von ihr zu erhoffenden Resultate ganz analog denjenigen der friùheren Expeditionen. II. Quantitativ. Die « quantitativ » gemachten Finge gestatten aber ausserdem noch weitere Fragen zu lòosen durch Bestimmung der Masse des Fanges, A. Totalmasse. Um die Totalmasse zu bestimmen giebt es zwei Wege, 1) die Bestimmung des Volumens, 2) die Bestimmung des Ge- wichts. Hensen hat beide Wege schon betreten und die Grenzen ihrer Anwendbarkeit geprùft. Er hat gezeigt dass allein fùr sich keine von beiden Methoden genigt, weil erstens ihre Bestimmung zu ungenau ist, und ferner, weil sich mit ihnen nicht alle Fragen entscheiden lassen, welche andere Methoden lòsen kéònnen. In Combination mit der Methode der Zahlung sind sie jedoch sehr werthvolle Huùlfsmittel. a) Die Volumenbestimmung. Sie kann nach verschiedenen Methoden ausgefihrt wer- den, giebt dann aber verschiedene Werthe. Das Wort « Vo- lumen » hat demgemàss verschiedene Bedeutung. Es durfte sich deshalb empfehlen, dieses auch schon im Namen auszudri- cken. Ich will im Folgenden die Volumenarten praecisiren als « Rohvolumen, dichtes, wirkliches und absolutes Volumen. » 1) Rohvolumen. Durch 24 stindiges Absetzenlassen des in einem Mess- cylinder in Alkohol aufgeschwemmten Fanges und Ablesen des Volumens des Bodensatzes erhaàlt man eine Gròsse, welche nicht direkt das Volumen der Organismen angiebt, da zwischen den einzelnen Organismen des locker aufgeschwemmten Ma- terials ziemlich betràchtliche Wassermengen zuriùckbleiben. Ich nenne dieses das « Rohvolumen ». Man erhalt damit noch kein richtiges Bild uber den absoluten Werth der Masse, und kann darum die verschiedenen gefundenen Werthe nicht direkt miteinander vergleichen, aber bei gleicher oder àhn- licher Zusammensetzung des Fanges setzt sich derselbe auch gleichmissig ab, und die wahren Volumina verhalten sich dann annahernd ebenso wie die Rohvolumina. Man erbàilt also in diesem Falle sehr gute relative Wer- the, die miteinander vergleichbar sind. Bei verschiedener Qua- — 357 — litàt des Fanges giebt aber gleiches « wirkliches Volumen » verschiedene «Rohvolumina ». Bei stark von einander abwei- chender Qualitàt des Fanges geben die Rohvolumina demnach kein zuverlàssiges Bild ùber die Verhaltnisse der wirklichen Volumina. Da aber jede Verschiedenheit in Qualitàt wie Quan- titàt sich in Ungleichheit der Rohvolumina ausdrickt, so ist die Bestimmung der Rohvolumina immer ein feines Reagens auf eintretende Unterschiede. Gleichheit oder geringe Abwei- chungen der Rohvolumina deuten mit grosser Sicherheit auf qualitative und quantitative Gleichheit, der verschiedenen Fàn- ge; Uugleichheit der Rohvolumina zeigt dagegen einstweilen nur qualitative oder quantitative Ungleicheit des Materials an, ohne ein Maass abzugeben, wodurch diese Ungleichheit bedingt wird; dazu sind dann noch weitere Ermittelungen nòthig. Die Bestimmung der Rohvolumina giebt verhaltnissmassig sehr genaue Werthe, wenn gròssere Volumina vorliegen, bei kleinem Volumen ist die Bestimmung dagegen relativ sehr ungenau. 2) Dichtes Volumen. a) Bestimmung durch Verdraàangung. Die Thiere oder Pflanzen werden in einen Messcylinder mit Flùssigkeit eingetragen und die Zunahme des Volumens an der Scala abgelesen. Man erhilt dadurch das Volumen der wirklichen Organismen vermehrt um das Volumen der capillar oder oberflachlich anhaftenden Flussigkeit. Diese Bestimmung giebt im Groben angenaherte «wirkliche Volumina », sie giebt aber ungenauere relative Werthe und ist mit Vortheil nur fiur makroscopische Kòrper anwendbar. b) Die Bestimmung durch Absaugen ist die um- gekehrte Methode wie die vorige. Das Volumen der den aufgeschwemmten Fang enthalten- den Fluùssigkeit wird gemessen, dann die Flùssigkeit abfiltrirt und wieder gemessen. Die Differenz giebt das dichte Vo- lumen des Fanges. Die Methode ist auch fir Fange, die aus mikroscopischem Material bestehen, anwendbar, sie giebt Pardo — 338 — aber nach den Versuchen von Hensen zu ungenaue Werthe als dass sie mit Vortheil anwendbar ware. 8) Wirkliches Volumen. Das Volumen der Organismen [d. h. die Summe ihrer Vo- lumina] fir sich allein, ohne mechanisch anhaftende Flùssigkeit ware dadurch zu bestimmen dass man das mittlere Volumerì eines Individuums jeder Species ermittelte, dann mit der durch Zahlung ermittelten Anzahl der Individuen multiplicirte. Die Summe der erhaltenen Producte witrde das wirkliche Volu- men des Fanges darstellen. Die Bestimmung ist zu schwierig und zu zeitraubend, als dass sie bisher hétte ausgefihet wer- den kònnen. Sie ist auch entbehrlich, da sie durch andere Methoden ersetzt wird. 4) Absolutes Volumen. Das Volumen der Trockensubstanz, das ich als absolutes Volumen bezeichnen mbchte, wirde von den Volumenbe- stimmungen das vollkommenste Bild von der Totalmasse einzelner Planktonfànge geben. Dasselbe konnte jedoch von dem Material der Planktonexpedition nicht bestimmt ‘werden. In einer spàteren Arbeit gedenke ich auf diese Frage zurick- zukommen. bh) Gewichtsbestimmung. Die Gewichtsbestimmungen wiùrden, wenn sie sicher aus- fùhrbar wiren, das besste Maass der Totalmasse abgeben. Hensen hat jedoch gezeigt, dass dieselben nur ungenau aus- fiuhrbar sind, und da sie nach den bisher bekannten Methoden nicht ausgefuhrt werden kònnen, ohne das Material zu opfern, so konnte diese Bestimmung mit dem Material der Plankton- expedition, das zu kostbar ist, als dass es dieser einen Be- stimmung geopfert werden diùrfte, nicht ausgefàhrt werden. B. Masse der einzelnen Theile. Die Bestimmung der Gesammtmasse des Fanges làsst schon gewisse werthvolle Schliùsse zu. Wie jedoch oben schon — 339 — i ; ; ; 4 ‘ gezeigt wurde, ist es nothwendig nicht nur die Totalmasse sondern auch die der einzelnen Componenten des Plankton zu bestimmen, einestheils weil diese Bestimmung viel genauer ausfùhrbar ist, dann aber auch, weil gerade die wichtigsten Fragen der Meeresbiologie erst mit Hilfe dieser Bestimmung gelòst werden kònnen. Zaàhlung. Der zwar beschwerliche aber dennoch einzig mògliche Weg um dieses Ziel zu erreichen ist, der der Zahlung. Es ist die Zahl der Individuen jeder Species in jedem einzelnen Fange zu ermitteln. Selbstverstàndlich wird Niemand, der ein Ver- standniss fir quantitative Fragen hat, glauben, dass es nòthig sei, den ganzen Fang durchzuzahlen. Es wird natùrlich nur ein aliquoter Theil, dessen Gròsse nach den Regeln der gròsst- moglichen Wahrscheinlichkeit gewahlt wird, wirklich durch- gezaàhlt und durch Rechnung daraus die Gessammtgròsse ermittelt. Das Princip dieser Zahlmethode ist so allgemein bekannt und bewahrt [z. B. bei der Blutkòrperchenzahlung], dass darùber kein Wort weiter zu verlieren ist. Die Ausfùhrung ist aber fir diesen Specialfall mit so grossen Schwierigkeiten verbunden, dass einem oberflàchlichen Beschauer die Zahlung kaum méòglich oder doch kaum lohnend erscheint, und dennoch ist sie sehr gut ausfuhrbar mit Hùlfe der von Hensen filr diesen Zweck erdachten Methoden und Apparate. Um die Zahlung auszufihren wird der ganze Fang, dessen scheinbares Volumen schon bestimmt ist, in Wasser aufgeschwemmt, das Volumen des Ganzen gemessen, und, wahrend der Fang darin durch Schitteln gleichmissig ver- theilt ist, wird mit Huùlfe einer genau calibrirten Hensenschen Stempelpipette, deren eine Folge fi Massen von 0,1 bis 2,5 c.c. vorhanden sein mussen, ein bestimmtes Volumen herausgeho- ben und auf den Objekttisch des Zahlmikroscops gebracht. ‘TIGRI. AIA Di — 540 — Dieses letztere ist ein von Hensen eigens fir diesén Zweck construirtes und mit allen zu dieser Untersuchung nòthigen Feinheiten versehenes Instrument, dessen Objekttràger aus einer grossen in der Horizontalebene in zwei aufeinander senkrechten Richtungen beweglichen Spiegelglasplatte besteht. Auf dieser Platte, die mit einem System von feinen parallelen Linien bedeckt ist, wird die abgemessene Quantitàt des Fang- es ausgebreitet, und nun bei feststehendem Mikroscoptubus und bewegtem Tisch nach und nach durch das Gesichtsfeld gefihrt, wobei die Parallellinien der Platte als Fihrung die- nen, damit kein Theil des Fanges ibersehen werden kann. Die zwischen je zwei Linien der Platte liegenden Individuen, Pflanzen wie Thiere, werden dann gezàahit. Da oft hundert und mehr Species zugleich gezahlt werden missen, so ilbersteigt dies das menschliche Zahlengedàchniss, Die Zahlung wird aber doch méglich gemacht durch eine, einem Setzerkasten aàhnliche Einrichtung, in der jedes Fach je einer Species entspricht. Fiùr jedes zu zàhlende Individuum wird dann eine Marke in das betreffende Fach des Setzer- kastens geworfen. Durch Auszahlung des Inhalts der einzelnen Kasten und Umrechnung auf den ganzen Fang wird daraus die Zahl der Individuen jeder Species, die in dem ganzen Fange enthalten, gefunden. Auf diese Art lost sich die Frage in zwar nicht muhe- loser aber doch relativ einfacher Weise. Das ganze Verfahren kann ein Muster genannt werden, dafir, wie eine Aufgabe, die ein der physiologischen Experimentirkunst richt Kundiger fr eine Danaidenarbeit zuhalten geneigt ist, mit Hulfe exakter Fragestellung, sinnreicher Apparate und gewissenhafter Hand- habung leicht und glatt gelòst wird. Fortsetzung folgt TAVOLA delle ore dell'alta e bassa marea nella città di VENEZIA per |’ Ottobre 1891 GIORNO | BASSA MAREA | ALTA MAREA | BASSA MAREA | ALTA MAREA 1 dhl5-a; quo” a. 3540® p. 945 p. 2 440 » 10.15 » CRAS TION. 10 10 » 3 4.0 » 10 35 » 430 » 10 40 » 4 Ad 10 55 » 4°0D -» Lecane® 6) 4 45 » TIL065 DEZOO LI 9DE® 6 IO 11 40 » Dr000.d Oc bra ri 580% O DESp 630 >» 045 » 8 5.50 » 030 » 17107» E 5DES 9 6 15 » lEc065 8 5 » 20100» 10 640 » È35. » oro 625 » do 0 12 lap: 625 >» 110 » 830 » 13 Sa 740 » 155 » 850 » 14 PIA, CS IS 830 » 230 » 915 » 15 331059» VO lbe» SES 940 » 16 SAGA 950 » 3.950» 10 10 » tiri 415 » 10 30 » 410 » 10 40 » 18 450 » Tad >» 440 » I] 005 19 525 » 11 45 » 510 » 11 35 » 20 (6 0,00 030 a. 540 » OO: 21 6 40 >» Lib» 655» 030 » 22 730 » 2 40 » 640 » E CD AO» 450 » te Ata 3 PA 1A 24 10 30 » Veio, 010 p. 455 » 26 ORtosta: 740 » INS0%> 650 » 27 leto» Ao ZI MOIS 7500 28 i 40 » 830 » 290» 830 » 29 DUO: » 850 » 250%» 9 0 » 30 240 >» oo 3lo:: >» 930 » 31 da» 935. » 340 » 100 GIORNO do O 09 È O da VI DO 29 29 DD ww 0 ÉdID 0 da Tra le due alte maree quotidiane è più sentita quella che avviene tra le 8 pom.'e le 2 ant.; tra le due basse, quella tra le Gant. e le 3 pom, e LO E TRAVOLTA. delle ore dell’ alta marea nell’ isola d’ ISCHIA per | Ottobre 1891 © 0 -dL SG UV» 0 dd Rena pnt le 12 31 8h 0° a, 8 25 8 55 9 20 9 50 10 20 w% VEGA GIOIE SGD MGM EV 8515" 8 40 coro) 9 35 10 5 10 35 1110 11 45 0 10 110 235 4 15 5 30 6 30 Telo 7 55 8 35 9 20 10.0 10 40 ll 25 0 40 150 3 25 4 50 5 50 6 35 710 740 85 CAN Aa aci NOS VORRAI ETRE Bei “I NSD DE oss TA er I) ela ce esa Ac SIT SIC GENGIS VANI I, Le basse maree avvengono sei ore dopo le alte maree. GiuL1i0 GRABLOVITZ LE DIATOMEE FOSSILI DI CAPO DI BOVE Nora DEL D. M. LANZI Niuno seppe finora che, presso il Sepolcro di Cicilia Metella comunemente conosciuto col nome di Capo di Bove lungo la Via antica Appia esistessero Diatomee fossili, sotto i copiosi giacimenti di materiali vulcanici, alla profondità di metri 8,99 sotto il livello attuale del mare, e di circa 80 me- tri dal piano di campagna. E debbo alla gentilezza del mio amico dott. Guglielmo Terrigi l’avermi dato occasione di farne la scoperta, col somministrarmi una parte del campione contrasegnato col N. 23, estratto per mezzo di una trivella- zione eseguita dal Genio Militare nello scavare un pozzo ad uso del Forte Appio, ed a fine di indagare se contenesse o no Diatomee e di quale natura fossero. Come è espresso nella sua dotta Memoria, che ha per titolo : 7 Depostti locustri e marini riscontrati nella trivellazione presso la Via Appia antica. (Estratto dal Vol. IV, dalle Memorie del R. Comit. Geol. d’Ital., 1891), tutti i campioni dei giacimenti sovra- stanti, secondo quanto già ne disse il prof. Ponzi, fino a quello indicato col N. 22, risultano composti di materiali assoluta- mente vulcanici. Dal n. 23 al 26 appartengono a depositi prettamente lacustri. Dal N. 27 al N. 40 ottenuto con la trivella spinta fino a metri 116,20 sotto il piano di campagna, corrispondenti a metri 45,90 sotto il livello del mare attuale, sono tutti di origine marina. Il saggio del N. 23 datomi a studiare è quasi intera= mente costituito da limo lacustre, da sabbia minutissima ed — 346 — in poca quantità, e mica argentea in lamelle esilissime. Man- cano materiali vulcanici, vi si scorgono avanzi di piante la- custri, e sufficiente quantità di Diatomee e spicule di spon- giarsi tutti di natura lacustre, in guisa che si può stabilire essere questo un materiale diatomifero. Minore quantità di Diatomee delle specie medesime si rivengono nel campione N. 24, le quali vanno sempreppiù scemando in quelli dei N. 23 e 26; mentre in proporzioni maggiori aumentano la sabbia, e gli elementi terrosi, ciò che dimostra avere questi appartenuto al più basso fondo della palude. Le Diatomee ritrovate nel saggio diatomifero N. 23 am- montano a ventuna specie e varietà comprese in otto generi diversi, e sono: Melosira crenulata Ktz. Epithemia Argus W. Sm. » turgida Ktz. Nitzschia (Tryblionella) angustata Grun. » palea (Ktz.) W. Sm. » Brebissonit W. Sm. Synedra ulna Ktz. » » var. capitata Grun. » » var. subaequalis Grun. » » var. spathulifera Grun. Gomphonema dichotomum W. Sm. Cocconeis pediculus Ehrn. » placentula Ehrn. Cymbella (Encyonema) ventricosa Ktz. » (Cocconema) lanceolata (Ehrn.) Brun. Navicula viridula Ktz. » ell'yptica Ktz. » ambigua Ktz. » » valva craticularis (Craticula Ehrembergi olim.) » sculpta Ehrn. (N. tumens W. Sm.) » (Pinnularia)] viridis Ktz. » (Pinn) Brebissonii var. deminuta Grun, LI d- — 347 — Le Epilhemia sì intere che spezzate costituiscono la massa maggiore e vi si trovano in abbondanza. Pure fre- quenti vi si ritrovano la Nefzehia palea, alquanto meno la Cymbella ventricosa e le altre specie nominate, rara la Cymbella lanceolata. Tali specie sono quelle, che sogliono vivere nelle acque dolci, sebbene talune delle nominate si adattino pure alle salmastre, come sono le Epithemia, le Synedra, le Cym- bella lanceolata, la Nitzchia Brebissoni e la Navicula scul- pia, che il Babenhorst dice essere submarina e W. Smith propria alle acque salate. Non sarebbe stato facile concepire che, nella contrada di Capo di Bove, la quale fa scorgere il suolo costituito in superficie da materiali vulcanici; sotto di essi in epoca ben remota ed alla profondità di oltre ottanta metri abbia esistito una palude ; se la trivella del Genio Militare non avesse posto in luce il terreno palustre, e le Diatomee estratte non ne avessero rivelato ed attestato la realtà. E sovrastando tale giacimento a terreno indubiamente marino la qualità delle Diatomee in esso contenute ci da a conoscere che, quella rac- colta si formò con tutta probabilità in una depressione del suolo in quell'epoca litoraneo, ove le acque salse in conse- guenza di miscele temporanee ed alterne si convertirono in dolci; fatto che vediamo ripetersi anche oggidiì nelle paludi maremmane, per effetti di acque meteoriche e fluenti alla superficie del suolo. NOTE DI TECNICA METHODES EN USAGE À LA STATION ZOOLOGIQUE DE NAPLES POUR LA CONSERVATION DES ANIMAUX MARINS © PAR SALVATORE LO BIANCO (sutte) Dans les cas où le mélange chromo-acétique N° 2 ne donne pas de bons résultats, on pourra essayer à la place le mélange de sublimé et d’acide acétique, mais seulement pour tuer les animaux en les portant ensuite repidement dans l'alcool faible. Une méthode usitée par, V. KocH est l’immersion rapide des animaux distendus dans l'alcool à 90° ou absolu, en in- jectant ensuite dans l’ intérieur méme de la colonie. Aussitòt que les colonies de Cornularia, Clavularia, Rhizoxenia et Sympodium sont étendues, on fait sortir avec un petit siphon toute l’eau de mer qui est dans le récipient, en en laissant seulement assez pour couvrir la colonie. Cette opération doit étre faite avec beaucoup d’attention pour évi- ter toute secousse qui pourrait faire contracter les polypes: pour cela on met dans le verre le siphon d’ eau en en tenant (1) Mittheilung aus der Zoologischen Station zu Neapel, IX Band, Ìîl Heft, s. 435, 1890, — 549 — l'ouverture inférieure fermée avec un doigt, pour pouvoir règler l’ écoulement. Puis on verse rapidement dans le réci- pient un volume du mélange chromo-acétique N° 2 double de celui de l’ eau où sont les animaux, qui sont transportés dans l'alcool à 85° ou 50°, en imprimant à la préparation quel- ques légères secousses qui souvent ont pour effet de mieux faire sortir les tentacules. Une autre bonne méthode consiste a tuer avec le sublimé concentré chaud, employé dans les mémes proportions que le meéelange chromo-acétique, et en lavant les animaux anssitòt morts, dans l'eau douce. Les grands A/cyonium peuvent aussi étre tués d’une autre manière, qui consiste a les immerger rapidement dans l’acide chromo-acétique N° 2 et à les suspendre aussitot morts; dans un vase contenant de l’ alcool faible, de manière que les polypes ne touchent pas les parois; et si les polypes sont restés bien étendus, le changement dans les divers al- cools se fera tout a fait graduellement. Souvent il arrive que dans l'alcool faible il reste adhérent aux polyees des bulles d’air qui, par leur tendance à monter, les compriment au point de les déformer, on peut éviter cela en donnant de petits coups au récipient. Pennatula phosporea et Kophobelemnon. Ces animaux étendus sont saisis par la base nue et immergés très rapide- ment dans un cylindre profond contenant le mélange chomo- acétique N° 2; au bout de quelques secondes on les met dans un cristallisoir avec de l'alcool a 50°, où ils se disposent le dos étendu au fond. Alors avec une petite seringue à canule très fine on injecte de l'alcool à 70° par un petit trou qu'on pratique a lextrémité de la base. De la sorte l'alcool entre dans les polypes, les gonfle et en distend les tentacules; et pour éviter l'alcool ne sorte, ou fait une ligature. Après quel- ques heures on transporte Kophobelemnon dans l’ alcool à 70° et dans les récipients deéfinitifs en suspendant la téte en bas a un flotteur de verre. Pennatula rubra, Pleroides spinulosus, Veretillum, Pu- 16 — 550 — niculina se tuent comme les Pennatules précédentes, mais en- suite on transporte dans l’ alcool faible sans opérer l’'injection. Les formes molles, comme Vere&M!um, devront ètre suspen- dues dans le récipient définitif. Ler petits exemplaires de Pennatulides peuvent étre tués sans étre enlevés du verre où ils sont distendus, en opérant comme pour les Cornulaires. Les ramifications d’assez grande taille de Gorgonza, Gor- gonella, Primnoa, Muricea, Isîs, ete., doivent étre tuées avec le mélange chromo-acétique N° 2 dans le méme récipient où elles sont étendues, a cause de la grande sensibilité de leurs polypes. On recommande toujours de laisser le animaux au moment où l'on va les tuer, dans la plus petite quantitè d’eau et d’y verser un volume du melange double de celui de l'eau où elles sont. Jai pu observer à diverses reprises que les Gorgones qui s’ étendent dans l’eau de mer qui commence à se corrompre, sont celles qui se fixent le mieux. Les petites colonies ou fragments de colonies restent avec les polypes étendus, sì on les tue dans le sublimé bouillant. Isis se conserve trés bien aussi dans le mélange de su- blimé et d’acide acélique. Corallium rubrum. Il s' étend dans l'eau de mer cou- rante, et est tué par le sublimé concentré bouillant (moitié du volume de l’eau de mer) et ensuite est transporté dans l’ al- cool faible. Avec cette méthode la couleur se conserve par- faitement, tandis qu’avec le mélange chromo-acètique, elle s’efface beaucoup. L’alcool qui a servi pour la manipulation du corail ne doit pas étre employé ensuite pour la préparation d’animaux delicats. (Une colonie d’AnZkpathes mise dans cet alcool était, au bout de 24 heures, toute colorée en rouge.) Zoantharia. — Toutes les espèces d’Anzipathes, se fi- xent avec le subimé concentré, et, à cause de la faible con- tractilité des polypes, leur préparation réussit toujours. Le su- blimé concentré employé froid doit représenter un volume égal a celui où sont contenus les polypes. —. 394 — Actiniaria. — La préparation de ce groupe présente de grandes difficultés; la grande contractilité et la résistance du système musculaire dans la grande majorité des espèces con- stituent souvent pour le préparateur un obstacle insurmonta- ble. La plupart du temps, tandis que l'on croit que l’animal est déja fixé et privé de toute sensibilité, l’immersion dans un réactif à action rapide suffil pour déterminer la contraction subite des tentacules, et tout le corps devient méconnaissable. Chez quelques formes par exemple, en traitant divers exemplaires par la mème méthode et dans les mémes condi- tions, une portion reste distendue et le reste contracté ; et la bonne réussite dépend dans certains cas de raisons tout à fait ignorées. Malgré tout, avec une grande attention on arrive, au moins pour beaucoup d’espèces, à une conservation parfaite. Anemonia sulcata (Anthea cereus) est la plus facile à prèparer. Bien distendue dans l’ eau courante, elle est tuée par le mélange chromo-picrique (en volume égal a l'eau qui sy trouve) en versant ce mélange rapidement dans le récipient qui contient l’actinie, après avoir enlevé autant d'eau qu'il est possible, sans que l’animal cesse d’ étre immergé. Au bout de 5 à 10 minutes, quand l animal est mort, sa basse se dé- tache des parois où elle était fixée, et alors on la transporte dans un autre récipient avec de l' acide chromique a 1/2 °/, ou on la retourne en les suspendant par le bord de la base avec un ou plusieurs crochets, et en cherchant par de légères se- cousses à donner aux tentacules leur disposition naturelle. Au bout d’une demiheure on met de l'alcool faible ; il est bon qae dans le récipient dèfinitif l’ animal flotte retourné, ce qui est d’ailleurs inutile pour les petits exemplaires. Je tue les Actinies suivantes avec le sublimé concentré bouillant: El:actis, Sagartia Dohrnii, Paranthus, Corynac- tis, et de petits exemplaires d'A%ptasza ; avant de les transpor- ter dans l’ alcool, je les laisse durcir pendant quelques minutes dans l’ acide chromique à 1/2 °/,. Quand Heliactis bellis, Bunodes geminaceus et B. rigi- OK n 852 —_- dus sont bien étendus, on enlève du verre les 2/3 de l'eau de l'eau de mer, et on y substitue de l’hydrate de chloral à 2; Au bout de 2 minutes on enlève de nouveau le liquide, en en laissant juste ce qu'il faut pour couvrir les animaux, et on les tue en y versant du sublimé concentré froid, | Adamsia Iondeletii se narcotise avec la fumée de ta- bac (1) de la manière suivante : On chasse le Pagure de la coquille où sont fixées les Actinies, pour éviter de troubler celles-ci; puis on suspend la coquille par un fil à une baguette de bois posée sur les bords d'un verre avec de l’ eau de mer; on arrive ainsì à maintenir le Actinies en perfaite expansion, sans que leurs tentacules touchent les parois. On place ces verres, aussi nombreux qu’on le peut, dans un très large cristallisoir ou bien dans un grand plat à paroi basse, rempli a moitié d’ eau. et on recouvre avec une cloche de verre qu'on fait tremper dans l’ eau du cristalli- soir. Avec l’appareil décrit plus haut, on commence à rem- plir de fumée d’un tabac, qui doit ètre de qualité très forte, l'espace compris dans la cloche, et on suspend l’opération seulement quand la cIoche est pleine d’ un nuage de fumée épaisse et opaque. Pour faire sortir de la cloche l’ air intro- duit aves la fumée, avant de commencer la fumigation, on met un tube de verre recourbé en U avec une ouverture dans l’ e- space clos et l’ autre au dehors. Pour régler la durée de l' opération, il est nécessaire de faire la première fumigation vers les 2 heures du soir. Peu è peu l'on verra la fumée se dissiper, l'eau commencer à ab- sorber les substances narcotiques, et les animaux distendre pour la plupart leur couronne de tentacules. Vers les 5 heu- res, on fait la seconde fumigation comme la première et on laisse ainsi durant toute la nuit. Le matin suivant on enléve (1) Les frères HerTtwIG qui ont publié cette méthode l’ont vue au laboratoire de la Station Zoologique, comme eus-mémes le disent (voir Iena. Zeit. f. Naturw. 13 Bd., 1879, p. 458.) o avec précaution la cloche de verre et on touche les tentacules avec une aiguille, pour savoir dans quel état de sensibilité ils se trouvent. S'ils ne se contractent pas, on place parmi les verres un petit tube ouvert, contenant quelques centimètres cubes de chloroforms et on replace la cloche pour laisser agir pendant 2 à 3 heures les vapeurs de chloroforme. Finalement, les animaux sont tués par le mélanges chromo acétique N° 2, durcis par l’acide chromique a 1/2 °/, et ensuite par l’ alcool où il doivent demeurer suspendus. Si au contraire les tenta- cules donnent encore signe de sensibilité, on fera une troi- sieme fumigation, et au bout de 2 heures les animaux seront traités de la méme manière. C'est par ce seul procédé que Jai pu obtenir de très beaux exemplaires, avec la colonne bien étendue, et le disque et les tentacules en pleine expansion. Adamstia palliata peut étre traitée par le méme procédé sans suspension de la coquille; j'ai obtenu de bons résultats en anesthésiant lentement l’animal avec de l’eau de mer al- coolisée et puis en le tuant avec le mélange chromo acétique N° 2, ou le sublimé concentré chaud. Cladactis, Cereactis et la petite Bunodeopsis strumosa sont tuées par le mélange chromo acétique N° 2 et aussitòt après durcies dans l’acide chromique au 1 °/;; on les suspend avec un crochet de verre introduit dans le bord de la base, et on les retourne dans le liquide durcissant et fixateur. Cela n'est pas nécessaire pour le Bunodeopsis. Pour les deux pre- mières formes il est utile que les exemplaires soient complè- tement sains, c’ est-à-dire ne présentent ni lesion, ni rupture, autrement, en transportant dans l'alcool, le liquide contenu dans le corps de l’animal sort et celui-ci reste ratatiné. Les grands Cersanthus se fixent avec l’acide acétique concentré ; aussitot après, en les liant avec un fil autour de la colonne près de la base, on les suspend dans l’alcool faible et par quel- aes légères secousses on cherche a bien disposer les tentacu- les. La suspension est inutile pour les petits. (a suivre) RECENSIONI DANSNINNIISSNIVA Brocchi P. — Des étangs en général et observations faites dans la Dombes sur leur exploitation — Bulletin de la Société centrale d’ Aquiculture de France, Paris, 1891. E un grosso opuscolo che, come viene indicato dal titolo tratta di due argomenti diversi ma connessi fra di loro. Nella prima parte l’autore studia le condizioni generali per l'uti- lizzazione degli stagni mediante la piscicultura, e tratta in seguito molto dettagliatamente degli stagni per rule e di quelli per le carpe. Nella seconda parte, dedicata agli stagni della Dombes l’autore studia l'origine di essi stagni e le vicende storiche che subirono. Ricorda poi le vie di comunicazione e le con- zioni igieniche, descrive lo stato attuale degli stagni, la loro fauna e flora, le diverse culture e metodi di pesca. Di LAM Marion F. — Effet du froid sur les poissons marins. Acca demie des Sciences. — C. R. 16 mars, 1891. Il freddo eccezionale di quest'inverno passato permise numerose ed interessanti osservazioni sulla sensibilità e re- sistenza termica di piante e di animali diversi. Le osservazioni dell’illustre direttore della stazione di Endoume furono fatte e su pesci tenuti in acquari e su altri venenti liberi negli stagni salmastri della Berne. > dela seit 195546 Riassumere la nota varrebbe riportarla, ci accontentiamo dunque di accennar solamente che le specie studiate nel- l'acquario furono 15 e cioè: Hippocompus guttulatus Blennius pavo Blennius tentacularis Gobius capito Sargus vulgaris Sargus Rondeletii Box salpa Oblata Melanura Pagellus bogaraneo Smartts vulgaris Crenilabrus Massa Julis vulgaris Julis Geofredi Mugil auratus Motella fusca Quando la temperatura discese a + 4° vennero in pochi giorni a morire successivamente gli individui di L0x salpa, Oblata melanura, Pagellus bogoraveo, Smaris vulgaris, Sargus Rondeletit. Tuttavia qualche individuo di queste spe- cie sopravisse sino a + 3 e + 2. A questa temperatura non potevano resistere oltre gli Hippocampus;i Blennius alcuni dei più piccoli Mugi! e qualche Crenzlabrus. Agli stagni salmastri della Berva i primi pescì uccisi dal freddo sono le sardine, in dicembre, mentre le Me/ella pha- lerica resistono alle più basse temperature. Invece i MMugz/ (M. chelo, cephalus, capito, auratus e Labrax (L. Lupus) furono totalmente distrutti. D. L. M. Sauvage E. — Sur la nourriture de quelques poissons de mer Revue des Sciences naturelles appliquées, Paris, 1891. E questa la terza nota pubblicata dal nostro collabo- ratore sull’importantissimo argomento della nutrizione dei pesci (1). L'autore ha studiato specialmente i pesci delle grandi pesche, senza tuttavia trascurare quelli litoranei. (ì) Cf. Bulletin de la Société National d’ Acclimatation 5 juillet 1888. — Revne des Sciences Naturelles appliquées, 1889. — 356 È Furono esaminati pesci delle seguenti specie: Scyllium catulus Cuv. Gadus luscus L. » canicula Cuv. » morchua L. Mustellus vulgaris M. H. Merlangus vulgaris L. Galeus Canis Rond. Limanda vulgaris Goth. Acanthias vulgaris /ss. Platessa vulgaris Goth. Raia clavata Lac. » microcephalus Donov. Aspidophorus cataphractus ZL. Flesus flesus £L. Cottus bubalis Eupà. Solea vulgaris £tzss. Trigla gurnardus L. Rhombus maximus £L. Trachinus draco L. Belone vulgaris C. V. Scomber scombrus £L. Clupea harengus L. Caraux trachurus £. Conger vulgaris Cuv. Calliompuus lyra L. Il nutrimento di tutti questi pesci è esclusivamente ani- male. Alcune volte il cibo è preso in un solo gruppo d’ani- mali (p. e. crostacei nella Limanda vulgaris) alire volte è misto di crostacei, pesci, molluschi ma con prevalenza d’ uno di questi gruppi (p. e. nel nutrimento dell’ Acanthias vulga- ris predominano i molluschi). Alcuni fatti di speciale importanza furono rilevati. Nel nutrimento della Clupea harengus l’autore ha constatato di nuovo che, contrariamente a quanto si credeva, l’ Arringa si nutre anche allorquando sta per emettere le uova o l’ umor seminale. Il nutrimento si compone generalmente di cope- podi (detto dai pescatori alimento r0ss0) e di Annellidi nutri- mento verde). D. L. M. COMPTE-RENDU ALGOLOGIQUE par M. E. DE WILDEMAN Dangeard. — Contribution è l’ Etude des Bactériacées vertes. Le Bota- niste, 25 fevr. 1691. Reinke J. — Uebersicht der bisher bekannten Sphacelariaceen. Deutsch. Bot. Gesellsch, 1890. Zacharias. — Ueber Bildung und Wachsthum der Zellbaut bei C%kar4 foetida (Ber. deutschen Bot. Gesellschaft, 1890, Bv. VIII). Cramer C. — Ueber Verhaeltniss von Chlorodictyon foliatum (Caulerpeen) und Ramalina reticulata {Lichenen). Schwerischen Botanischen Ge- sellsch. Heft I. 1891. P. Hariot. — Les Zrentepohlia pléiocarpes (Journ. de botanique. Mars, 1891). P. Hariot. — Le genre Polycoccus Kitz. (Journal de Botaniqne, 1891, n. 2}, La contribution de M. Dangeard a l’ étude des Bactéria- cées vertes est des plus intéressantes. Non seulement sì l'on considere qu'elle est un apport assez considérable à la con- naissance de ce groupe d’ organismes inférieurs, mais encore par ce qu’ elle soulève des question qui ont leur interèt. Ques- tions il est vrai qui ne sont pas encore bien mùres pour une solution, comme l’auteur a d’ailleurs bien soin de l’ajonter lui méme. Quant è l’opinion de M. Van Thieghem que M. Dangeard rappelle au commencement de son travail, et qui consiste à ranger les BacMlus virens et Bacterium viride dans les Bac- tBriacées elle est encore trop controversée, pour que l'on puisse — 358 — certifier que ces formes soient bel et bien des Bactériacées. De nouvelles études sont nécessaries a ce sujet. Mais la partie la plus interessante de la note consiste en la description de 1 EubacdWlus mullisporus, qui forme pour M. Dangeard le type d'un genre nouveau. Cette forme a été trouvée dans des cultures d'algues ; elle tapissait la paroi des flacons. Isolés les filaments qui com- posent l’organisme sont incolores, mais en masse ils paraissent verts. La matière colorante parait étre uniformement dissonte dans le protoplasme. Ils forment des spores dans leur intérieur à la facon des bactéries, du type des Baci/lus décrits par M. Klein. C'est ce qui a engagée M. Dangeard a former le genre Eudaczlus qui renferme son espèce et celles de M. Klein. Ce genre se divise en deux sections; la première Eubac:Nus a une seule espèce, l’autre renferme les B. de Baryamus, Solmstii, Peroniella, macrosporus et limosus. Les Eubacillus et les Bacèwlus (vrais) différeraient donc principalement par ie mode de formation de leurs spores. Dans les premiers, elles se constitueraient par la contraction du protoplasme, dans les seconds elles ont leur origine dans une tache sombre qui s’ agrandit en se nourrissant du protoplasme environnant. M. Reinke s'est fait une spécialité de l’étude des Phaeo- phycées, son travail sur les Sphacelarites est une belle mo- nographie de ce groupe. Il a trouve un caractère histochimique pour différencier, toutes les formes de ce groupe des autres Phaeophycées. si l'on place des fragments de ces algues dans l'eau de Javelle, la membrane se colore en noir; cette coloration disparait au bout de quelques temps. J'ai observé encore d'autres réactions colorées dans ces algues, j espère pouvoir mieux les faire connaitre dans un travail ultérieur. La classification des espèces se fait de la manière suivante. ga PE, er. MEMORSE RR DE >: radar I — 359 — SPHACELARIACEAE. A. Sphacelariaceae crustaccae. Axes végetatifs nuls, support fructifère, naissant directement du thalle. Battersia mirabilis n. gen. et spec. B. Sphacelariaceae genuineae. Thalle petit, axes végéta- tifs assez développés dressés Sphacella sublilissima n. gen. et spec. Sphacelaria olivacea Pringsh. —_ radicans Harv. => tribuloides Menegh. nei Plumula Zanard. > cirrhosa Roth. —_ racemosa Grev. = plumigera Holm. — Hystrix Suhr. —_ caespitula Lyngb. — furcigera Kùtz. — Borneti Hariot. — pulvinata Harv. Chaetopteris plumosa Lyngb. Cladostephus spongiosus Lightf. —_ verticillatus Lightf. _ antarcticus Kiùtz. Halopleris filicina Grat. Stypocaulon funiculare Mont. — scoparium L. —_ paniculatum Suhr. Phloiocaulon sqamulosum Suhr. —_ spectabile Reinke. Anisocladus congestus nov. gen. et spec. Ptilopogon botryocladus Harv. Deux graphiques accompagnent la note, l’un représentant les affinités entre les différentes espèces du genre Sphacelaria, — 3600 — et le passage de ces espèces aux genres voisins. L'auteur nous donne la descendance de tous les genres de la famille. Dans son travail M. Zacharias expose les expériences faites sur la croissance des rhizoides de Chara. L'A. a étudié les épaississements qui se forment dans ces filaments; cette croissance en épaisseur arréte la croissance en longueur de la cellule. Elle a apparu dans les expériences faites par M. Zacha- rias lorsque après avoir séparé un entrenoeud d'un Chara il le placait soit dans l’eau de la ville (Strasbourg), soit dans des solutions sucrées, dans la glycérine ou dans l’ eau distillée. Les rhizoides des Chara sont géotropiques, et si on les éloigne de leur position, ils y reviennent deux mémes, sauf s'ils ont été modifiés par un procéde de culture. Dans ce cas il peut se faire une ramification du rhizoide. M. fe professeur Cramer, a eu l’ occasion d’étudier d'une mamère approfondie le Chlorodyction foliosum Ag. et le fa- malina reticulata Krplhb. Dans ce travail l’auteur soumet a une discussion sérieuse les caractères attribués a ces deux plautes, et ses conclusions sont qu’ elle appartiennent toutes deux à une méme espèce. Cette forme n'est pas une algue mais bien un lichen as- comycète. > Ce lichen est très variable dans sa forme et l’auteur est tenté de classer les variations qu'il a observées en trois grou- pes, qu'il désigne sous le noms de Itamalina reticulata var. Calodictyon, var. filiformis, et form. prolificans. Trois belles planches réprésentant ces formes et leur con- stitution intime accompagnent cette notice. M. Hariot dans cette note, revient sur sa manière de voir relativement au Trentepoblia pleiocarpa (Tr. arborum Ag). Ces arguments me paraissent assez admissibles; les con- — 361 — clusions de l’auteur, ont pour résultat de grouper ces algues de la facon suivante. Trentepohlia aurea Hariot f. genuina cum var. pleiocarpa (Tr. uncinata Gobi.) f. polycarpa cum var. pleiocarpa) (Tr. arborum Ag.) Une seconde note de M. Hariot a pour but la suppres- sion du Polycoccus puncliformis Kiùtz, qui rentre dans le genre ostoc. Après un exposé très deétaillé de l’ historique relatif è cette espèce, l’auteur ayant constaté les analogies de cette forme avec le Nostoc Hederulae Born et Flahault, réunit les deux espèces. Le nom de Kitzing étant le plus ancien, la plante prend donc le nom de Nostoc punctiforme (Kiùtzing) Hariot, com- prenant deux variétés: a lerrestre Hariot et f aqualicum Hariot. La première des deux variétés est synonyme du /°’o/y- coccus punctiformis Kùtz, l’autre da Nostoc Hederulae Kùtz. Le premier des trois travaux de M. Gay est un travail d’ ensemble, dont les deux autres ne sont que des fragments, publiés avant l’impression complète du mémoire. La thèse de M. Gay se divise en trois parties la prèmiere étudie, les Confervacées, la seconde les Vlotrichiacées et la troisièéme les Preurococaccées. Dans Ia première partie, l’auteur étudie les genres Cla- dophora, Rhizoclonium et Conferva. L' étude du developpement et de la reproduction chez le Cladophora glomerata, donne a l’auteur l’occasion de decrire des hypnocystes rhizoides; celle du Cladopgora fracta une forme dimorpha comme l’appelle l’auteur, qui possède des. su 3603. — hypnocystes cauloîdes, fournissant la plupart du temps les mas- ses de Cladophora nageants. Le genre Rrizoclonium donne lieu a toute une série de notes intéressantes. L’'étude du contenu cellulaire a été faite, les noyaux sont uniques ou au nombre de deux dans chaque cellule. Le liquide de Petit suffit pour faire nettement appa- raitre le chromatophore. Des cultures artificielles ont occasionnées des déforma- tions nombreuses, dans le detail desquelles je ne puis pas entrer. Dans le paragraphe relatif an genre Conferva nous trou- vons vérifiées les résultats obtenus par M. de Lagerheim dans l'’étude de ce genre et du genre Microspora. Pour M. Gay ces deux genres sont bien autonomes; je crois que tous les algo- logues seront d’accord sur ce point. Ils n’ont également aucun point de contact suffisant, pour qu'on puisse admettre un polymorphisme quelconque entre ces deux genres et les Cla- dophora ou les RAzoclonium. L'étude des ZV/otrichiacées, groupe des plus embrouillé amène l’auteur à quelques conclusions intéressantes, ‘et le force A revenir sur certaines opinions émises dans ses travaux antérieurs. M. Gay passe successivement en revue les genres Stigeoclonium, Chaetophora, Draparnaldia, qui par leur réunion forment la tribu des Chaetophorées. Les véritables Vlotrichiées, sont |’ objet d'une étude plus approfondie. L’Ulothrix flaccida est conservé, mais change de genre, il rentre dans les Stichococcus. De cette espèce l’auteur déerit une forme analogue à celle que j’ ai signalé dans mes « Obser- vations algologiques» présentées à la Societé de Botanique de Belgique en 1890, et figurées dans la pl. I, sous les n.0s 1-5, 7-8. L’espèce nouvelle que M. Gay forme sous le nom de Stichococcus dissecla, n'est à mon avis pas très différente du type précédent, c'est d’ailleurs la forme que j'ai figuré dans le méme travail fig. 11. — 5305 — Pour les autres Z/o/hrix terrestres ils se rangent dans le genre Schizogoniumn, comme l'auteur nons l’avait déja exposé dans un travail précédent. Ce groupe doit donc ètre éloigné des ZV/othrichiacées précédentes et viendra se ranger dans les Palmellacées. Les Ulothrix aquatiques s>nt étudies un peu générale- ment, l’auteur est d’avis que les diverses espèces d’Hormospora ne sont que des états gélifiés d’ V/o/hréx, mais il n'a pu les identifier à des espéces connues. La troisième partie du travail est plus spécialement des- tinée à nous donner une idée du groupement des diflérents genres. Dans le genre Stiehococcus, qui a pour synonymes /Yor- midium Kùtz, Ulothrix Ritz. Hormiscia Hansg, Arthrogo- nium Br., nous trouvons quatre espèces : Stichococcus bacillaris Naeg. Stichococcus fragile Gay. (Arthrogonium Br.) Stichococcus dissectus Gay. — flaccidus Gay. (Ulothrix flaccida). Au sujet da genre Schizogonium, M. Gay revient sur les conclusions qu'il avait émises dans un travail précédent, et admet que le ScAhzzogonium radicans et le Prastola crispa sont deux formes d’une méme espèce, a des états différents de développement. Le point capital qui résulte de ce fait est d’établir une très grande parenté entre les genres Praszola et Schizogonium. Dans le genre Schizogonivm nons trouvons ainsi les espèces suivantes: Schizogonium crispum Gay. (Prasiola crispa, Schiz. radicans) — murale Kiùtz. — crenulatum Gay. — 364 — Quelques observations sur les genres Pleurococcus, Gloeo- cystis etc. terminent cette partie. L'auteur divise de la fagon suivante l ordre des Protococcoidées : sans zoospores Pleurococcacées Thalles immobiles Protococcoidées | Zoosporées Palmellacées — i mobiles Volvocinées La famille des Pleurococcacées se partage en trois tribus: Tribu I. Pleurococceae. . Genres : Pleurococcus. Stichococccus. Schizogonium. Prasiola. Tribu IL. Dactylococceae. Genres : Dactylococcus. Raphidium. Selenastrum. Actinastrum. Crucigenia. Tribu III. Gloeocysteae. Genres : Geminella. Gloeocystis. Nephrocytium. Vocystis. Trochiscia. Nons aurons d’ailleurs encore l’occasion, de revenir sur bien des données inscrites dans cet intéressant mémoire. ac- compagne de 15 planches chromolithographiées. E. D. W. IISSIIDIIAASSSISIDILPDIIIISISLSSASSNIIIAISINNIISIIIINIIDIAADNIDIDIDIADTIA è VENEZIA 1891.-— STAB, TIPO-LITOGRAFICO DEI FRATELLI VISENTINI Piazza Manin, Calle della Vida, 4796 IL. ANCORGAA. SICURTÀ VITA dondeo/di ceranzia: Li. LOLLOS.S7"7 IL’ Ancora è la Compagnia che offre le più vantaggiose forme di contratti di previdenza sia per se medesimi che per gli eredi. «IL’Ancora» paga ai suoi assicurati annualmente la parte- || cipazione del 75 al 85 °/, del dividendo (si calcola in me- dia il 80 °/, sulle somme assicurate). « IL’ Ancora » dopo 3 anni di regolari pagamenti accorda prestiti. « IL’ Ancora » dopo 3 anni di regolari pagamenti rende la polizza indecadibile. « IL’ Ancora » dopo 3 anni ammette il riscatto della polizza col rimborso in contanti. « L° Ancora » accorda la moratoria di giorni 50 e 45 per i versamenti dei premi. « IL° Ancora » contempla i casi di suicidio, guerra, duello. e viaggi. Deposito al Governo Italiano metà dei premi annui (Art. 145 Codice di Commercio) Ispettore Capo per l IHalia Superiore Barone Comm. ARTURO DI CASTELNUOVO VENEZIA 5 Agenzia Generale per le Provincie Venete | Rag. Angelo Levi-Morenos, Agente Generale VENEZIA — Via 2 Aprile Calle Bombaseri N. 5074, Il piano L. 35. / tale) it, — Prezzo d’associazione anhua: Per l'Italia It. L. 8@. — Per l’ Estero (Unione pos NEPTUNIA RIVISTA MENSILE PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA \ED APPLICATA x SUL MARE E SUOI ORGANISMI Commentario Generale per le alghe (MNOTARISIA) Direttore Dott. DAVID LEVI-MORENOS COLLABORATORI Artari A. Università di Mosca. Bargoni E, Univ. di Messina Bettoni A. Dir. staz. pise. Brescia Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- erafico R. Marina di Genova. Bonardi E.. Università di Pisa Borzi A.. Univ. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d'Agri coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. Camerano L.. Univ. Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma. Cattaneo G., Univ..di Genova. Cuboni G., R. Istituto di Patologia Vegetale, Roma. Dangeard P. A., Univ. di Caen. De Wildeman E.. Jardin Botanique, de |’ Etat. Bruxelles. Garcin .A. G., Univ. di Lyon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietroburgo Grablovitz G., Direttore dell’Osser- vatorio Geo.-Dinamico d’Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariot P., Musée Nationale d’Hist. Nsturelle di Paris. Harvey-Gibson R., Un. di Liverpool. Hy Ch., Univ. di Anger. Imhof 0. |. Univ. di Zurigo Istvanffi }., Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Upsala. di Padova di Torino Lagerheim G,, Un. di Quito-Equador. Lanzi M.. Univ. di Roma. Lemaire A., Liceo di Nancy. Leuduger-Fortmorel, Micrografo a Doulon (Francia) Mobius M., Univ. d’ Heidelberg. Maggi L.. Univ. di Pavia. Mancini E., Segretario R. Acc. dei Lincei. Roma. : Marinelli G., Univ. di Padova. Millosevich E., R. Osservatorio cen- trale di Metereologia e Geodina- mica, Roma. Magnus P. Università di Berlino. Miiller 0.. Micrografo, Berlino. Ninni P. A., Membro della Comm. Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P., Univ. d’ Erlangen. Schiitt F., Univ. di Kiel. Solla F., R. Scuola Forestale di Val- lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Acente d’Italia per Africa Oecideniale. Thoulet 1., Univ. di Naney. Valle A., Civico Museo di Trieste. Vicentini G. R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Acc. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N., Scuola Sup. d’ Agricoltura di Aas (Svezia). Zukal H., Università di Vienna. La Neptunia comprende le seguenti rubriche : piante od animali. dei pesci etc. mare e suoi organismi. . Notiziario. L_0ON D_ A _Aa GN . Studi originali sul mare e suoi fenomeni; «uni organismi marini, . Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. . Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscicultura, malattie . Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine o lacustri; notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. . Resoconto della campagne oceonografiche fatte dalla Marina nazio- nale, dalle Marine estere o per privata iniziativa. Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico del . Note, appunti e recensioni critiche. . Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi organismi. MW po euozalI( tu QuOA — @@rE ong *S : VINALdAN VIP. 2001264)s DIT dei i JAN 23 1892 NEPEENIA AVARO E: 50 Settembre 1891 N.-9 ANALYTISCIHE PLANKTONSTUDIEN von. Franz Schiitt. (Fortsetzung) III. Anwendung der Methodik. Experimentelle Prilfung der Methodik. a. Expeditionen und Excursionen. Nachdem wir in den beiden vorigen Kapiteln die theo- retische Begrindung der von Hensen eingefùhrten quantita- tiven Planktonforschung besprochen haben, hònnen wir uns jetzt dazu wenden, auch die praktische Anwendbarkeit der- selben zu prifen. Ob die Hensensche Methode praktisch das leistet, was theoretisch von ihr zu fordern ist, das ist eine Frage, die nur durch den Versuch entschieden werden kann. Zur dieser Entscheidung diente eine Reihe von kleineren und grosseren Expeditionen, auf denen nach der Hensenschen Methode gearbeitet wurde, und die den Beweis geliefert haben, dass die Methode auch wirklich praktisch vorziglich sich bewabhrt. Vorversuche. Schon die Entstehungsweise der Me- thodik war mit einer fortwahrenden praktischen Prùfung 17 PO eo REA CAZARON RIA VPALI E TIANE, — 3600 — verbunden. Denn wie sich von einer Methode, die so grosse, umfangreiche Aufgaben zu lòsen hat, nicht anders erwarten lîisst, ist dieselbe nicht auf einmal, wie mit einem Schlage, geschaffen worden, sondern schon seit fast zwanzig Jahren arbeitet Hensen mit immer erneuten Versuchen an der Aus- bildung und Vervollkommnung dieser quantitativen biolo- gischen Methodik. Die Untersuchung wurde zuerst mit der quantitativen Erforschung einzelner Planktonformen (Fisch- eier) begonnen und nach und nach ùber gròssere Gruppen ausgedehnt, und erst nach langjaàhrigen Versuchen war die Methodik so weit gereift, dass nun alle Planktonorganismen quantitativ bestimmt werden konnten. Eine kurze Darstellung des Entwicklungsganges dieser Studien giebt Heincke in seiner Schrift: Die Untersuchungen von Hensen ùber die Produktion des Meeres an belebter Substanz 1). Kleinere Expeditionen. Seitdem wurde die Methode auf einer Reihe von kleineren und gròsseren Expeditionen mit Exfolg angewandt. 1883-85 fùhrte Hensen eine Serie von 84 kleineren Expeditionen in die westliche Ostsee aus, um die monatlichen Schwankungen des Planktongehaltes dieses Meeresabschnittes zn erforschen. Die Holsatia- Expedition von 41885 war die erste gròssere Fahrt zur Erprobung der Methode. Dieselbe ging von Kiel aus durch den Belt, Kattegat, Skager Rack, durch die Nordsee, und den Pentland-Firth, westlich von den Hebriden in den atlantischen Ocean hinein, wo das Plank- tonnetz zum ersten Mal in einer. Tiefe von 2000" gezogen wurde. An der Fahrt nahmen theil ausser Hensen, dem Leiter der Expedition, Prof. Benecke, Dr. Heincke, Prof. K. Mò- bius und ich ?). 1) Mittheilungen der Section fiir Kiisten-und Hochseefischerei, 1889, p. 35. ?) Die Resultate derselben sind niedergelegt in den Berichten der Commission zur Unters. d. d. Meere von 1887. — 367 — Die zweite Holsatia-Expedition, die Hensen 1887 leitete, ging in die òstliche Ostsee von Memel aus nach der Gotland-,Mittel-und Stolperbank. Die Theilnehmer an dersel- ben waren ausser Prof. Hensennoch, Prof. Brandt, Dr. Hein- cke, und Dr. Pankritius 1). Im Winter 1888-89 machte ich im Auftrag der Akade- mie der Wissenschaften zu Berlin im Golf von Neapel wiederholt quantitative Finge mit dem Hensenschen Plank- tonnetz. Seit September 1888 machten ferner die Herren Prof. Brandt und Dr. Apstein monatliche Planktonfahrten in der Kieler Bucht zum Zweck der Bestimmung der jahrlichen Schwankungen des Planktons, Versuche, die jetzt noch fortgesetzt werden. Alle diese Versuche waren, mit Ausnahme der letzten Station der ersten Holsatia-Exspedition, im Gebiet der Kùsten gemacht worden. Die Planktonverhaltnisse der Kuùsten wer- den aber stets durch lokale Bedingungen beeinflusst. Sie sind infolgedessen viel complicirter und undurchsichtiger als die der Hochsee. Die erhaltenen Resultate dirfen deswegen auch, so weit sie die Massenverhaltnisse der Planktonorganismen betreffen, nicht auf die hohe See ùbertragen werden. Als Vo- rarbeiten fur die Hochseestudien, sind sie zwar werthwoll aber sie dirfen dennoch nicht als Funde von allgemeiner Gultigkeit sondern nur als Ausdruck der an dem betreffenden Ort, wo sie gemacht worden sind, bestehenden lokalen Ver- haltnisse betrachtet werden. Die Massenverhaltnisse der Ho- chsee verlangen also eine gesonderte Behandlung fùr sich. Plankton-Expedition. Die Methodik hat demnach ihre Aufgabe nicht nur an der Kùste, sondern auch auf der Hochsee zu lòosen. Sie muss daher auch fùr letztere praktisch erprobt werden. In den zahlreichen erwahnten Fallen war sie fùr die KùstenverhAltnisse genùgend ausprobirt und auf einer Station !) Ber. d. Commission zur Unters. d. d. Meere 1890. — 308 — der letzten Holsatia-Expedition war ihre Anwendbarkeit auch fùr die Hochsee festgestellt. Es handelte sich jetzt, nach- dem die Methode gesichert war, darum, die grosse Probe an- zustellen, die eigentliche Untersuchung auf die Hochsee aus- zudehnen. Dieser Aufgabe diente die Plankton-Expedition von 1889, an der ausser Prof. Hensen, dem Leiter der Expe- dition, noch Prof. Brandt, Dr. Dahl, Prof. Krùmmel, Prof. Fischer, der Maler Eschke und ich theilnahmen. Die Fahrt ging von Kiel aus auf dem Wege der ersten Holsatia-Expedi- tion um Nord-Schottland herum, westwarts auf Cap Farvel (Grénland) zu, dann sùdwestwarts nach den Bermuda-Inseln, darauf anfangs òstlich, dann sidostlich und sùdlich durch die Sargasso-See nach den Cap-Verdischen Inseln und Ascension, darauf westlich nach der Mindung des Amazonen-Stroms und nun in fast gerader Linie uber die Azoren durch den Kanal zurùck nach Kiel. Ueber den genaueren Verlauf der Fahrt und ebenso iber das Datum der einzelnen Fangstationen giebt die am Schluss beigegebene Karte Auskunft. b. Volumen-Bestimmungen. In den folgenden Tabellen gebe ich die Volumenbestim- mungen der Planktonfinge von. der Planktonexpedition und von meinen Ausflùzen mit dem « Johannes Muller » im Golf von Neapel. Letztere sind in ihrer Totalmasse gemessen, die ersteren sind, wie oben angegeben, auf der Expedition selbst in mikroskopisches Material, Schleim und makroskopische Thiere getrennt worden. Jeder dieser Theile ist fiùr sich conservirt und gemessen worden. Im Anhang Tabelle 1, 3 und 4 sind die gefundenen Werthe zusammengestellt. Es be- deutet in diesen Tabellen vj = mesoskopisches und mikroskopisches Material. Vv, = Schleim (meist Radiolarien etc.). v3 == makroskopische Thiere. (Salpen, Doliolum, Quallen etc.) CI RIE — 3609 — Die Rubrik vg, das makroskopische Material enthaltend, zeigt eine gròssere Unregelmassigkeit. Es ist dies in der Natur der Sache begrindet. Die gròsseren Thierindividuen sind in geringerer Zahl vorhanden als die kleineren; da sie aber uber denselben Raum vertheilt sind, so kann nicht jeder Netzzug, der nur ein Gebiet von 0,1 qm Oberfiàche durch- fischt, Exemplare derselben fangen. Die Beurtheilung der gefangenen Volumina muss also geschehen unter Berùcksichti- gung des Inhalts, und bei der Volumenvergleichung ist es geboten, die gròsseren Formen, die naturgemàss nicht mit der gleichen Regelmàassigkeit gefangen werden kònnen wie die kleineren Formen, auszuschliessen und bei der Vergleichung auf die letzteren sich zu beschrànken, die gròsseren Formen dagegen spàteren Untersuchungen zu ùberlassen. Beziglich der Bestimmung der Volumina ist zu bemerken, dass simmtliche Messungen « Roh-Volumina » nach der oben gegebenen Definition geben, mit Ausnahme der makroskopi- schen Wesen v,, welche durch Verdràngung bestimmt wer- den mussten. Zu den gegebenen Zablen vj, va, v3, habe ich weiter zu bemerken, dass dieselben die direkten Versuchs- resultate sind. Reduktionen zur Ausgleichung der Fehler der Methode sind dabei noch nicht angewandt, und zwar, wie ich glaube vhne Schaden fur die Resultate, da der Werth der mitgetheilten Messungen nicht in den absoluten Gròssen, son- dern in der Vergleichbarkeit der verschiedenen Gròssen zu suchen ist. Wie aus den friheren Auseinandersetzungen hervorgeht, geben die Volumenmessungen nicht absolute, sondern nur relative Werthe, die hinter den absoluten um einen gewissen Prozentsatz zurickbleiben, so dass sàmmtliche Zahlen Minimalwerthe darstellen. ec. Fehler der Methode. Wie alle Experimente sind natitrlich auch die angefùhr- ten mit gewissen Fehlern behaftet. Um ein Bild zu erhalten AC ber — 370 — ùber den Grad der Zuverlàssigkeit der mitgetheilten Versuchs- resultate und iber die Schlisse, die aus diesen gezogen wer- den dirfen, ist es nothwendig, die Fehlerquellen und die Fehlergròsse ins Auge zu fassen. 1. Fehlerquellen, 4. Kleinste Formen. Es wurde friher als Forderung hingestellt, dass das Netzzeug fein genug sei, um dadurch auch die kleinsten Lebewesen abzufiltriren. Ist nun diese Forderung nicht erfùllt, sondern ist das Netzzeug zu weit, so giebt es kein absolutes Vegetationsbild, sondern dasselbe ist nur bis zu dem Grade zuverlàssig, als die Feinheit des Netzzeuges reicht. Dieser Fehler ist praktisch nicht absolut zu vermeiden. Es ist nicht méglich, die Forderung zu erfiùllen, die Unter- suchung auch auf die allerkleinsten Organismen, z. B. die. Bakterien, auszudehnen. Denn wenn man ein Netz con- struiren wollte, welches selbst diese kleinsten Wesen fangt, so wurde dadurch die Filtrationsgròsse so sehr reducirt werden, dass man entweder so geringe Mengen fangen wùrde, dass sie nicht mehr quantitativ auswerthbar waren, oder aber der Apparat wilrde nicht mehr handlich sein. Man muss sich also mit einem praktisch erreichbaren Resultat begniùgen und dann fragen: wie weit sind wir von dem gewiùnschten Ziele entfernt? Die angewandte Maschenòfinang des Plank- tonnetzes betrug 0,0025 qmm. Durch dieses Netz kònnen Bakterien noch hindurchgehen. Die mikroskopische Musterung der Finge zeigt aber, dass selbst die kleinen Diatomeen mit Ausnahme vielleicht der allerkleinsten Formen, welche un- vollstàndig gefangen werden, von dem Netz zurùckgehalten werden. Bis zu dieser Kleinheit der Organismen herab dehnt sich also die vorliegende Untersuchung nur aus. Fir die allerkleinstene benso wie fir die makroskopischen gròsseren — 371 — frei beweglichen Formen reicht sie nicht aus. Die Untersuch- ung dieser beiden Kategorieen verlangt eigne Untersuchungs- methoden. Berùcksichtigung der kleinsten Formen. Es ware nun der Einwurf mòglich, dass vielleicht gerade die aller- kleinsten Formen, die wir nicht mehr gefunden haben, die hervorragendste Rolle in dem Planktonleben spielen. Fùr eine solche Annahme liegen aber bisher gar keine Grinde vor; vielmehr deuten die bisherigen Untersuchungen darauf hin, dass die Formen, die zu klein sind, als dass sie der Me- thode zuginglich wéaren, an Masse nicht besonders hervortre- ten. Denn sonst wilrden sie unter dem Mikroskop bei Un- tersuchung des Meerwassers gefunden worden sein. Man weiss aber von einem Massenvorkommen von Formen solcher Kleinheit noch nichts. Also ist auch mit grosser Wahrschein- lichkeit anzunehmen, dass man, wenn man die Untersuchung bis zu denjenigen Diatomeenformen ausdehnt, welche wirklich gefangen werden kònnen, man damit die Grenze erreicht hat, die praktisch von Werth ist. Weiter zu gehen wirde sich kaum verlohnen. 2. Specielle Berùcksichtigung der Bakterien. Die erwahnte Unsicherheit bezieht sich ùbrigens wesentlich auf hypothetische Pflanzen-oder Thierformen, denn fir die Formen, welche als die kleinsten bekannt sind, die Bakterien, wurde auf der Planktonexpedition selbst der objektive Beweis geliefert, dass ihre Masse heine hervorragende Rolle im Meere spielt. Es wurden nimlich auf der Planktonexpedition auch selbst die Bakterien in den Kreis der quantitativen Untersuchung hineingezogen. Der Bakteriologe Prof. Fischer hatte diese Domaine auf der Expedition inne, indem er nach seinen eignen Methoden die verschiedenen Meeresabschnitte auf ihren Gehalt an Bakterien quantitativ untersuchte. 3. Fangfahigkeit des Netzes. Eine zweite mògli- che Fehlerquelle kònnte die sein, dass die Netzflàche nicht gross genug sei, um die grosse Masse der Organismen aus — 372 — der durchzogenen Flùssigkeitssàiule abzufiltrieren, ohne sich schon wàhrend des Zuges zu verstopfen. Dass diese Befùrch- tung jedoch nicht gerechtfertigt ist, làsst sich am augenschein- llchsten demonstriren, wenn man die Gròsse der verschiede- nen Finge des Planktonnetzes mit einander vergleicht. Der gròsste Fang, der auf der Planktonexpedition gemacht wurde, betrug 241 com. Der Fang dauerte cr. 13 Minuten. Hier in der Ostsee sind mit demselben Netz in einer viel kiùrzeren Zeit sogar bis zu 1645 ccm. gefangen worden. Die meisten Fànge der Planktonexpedition sind bedeutend kleiner. Wir haben noch ein paar Fange mit dem einigermassen bedeutenden Volumen von 208, 162, 156, 103, und 68 cem. Die ùbrigen sind noch bedeutend geringer, 20, 10, 5, 2 etc. Nun missen wir schliessen, dass ein Netz, dessen Fangfahigkeit gross genug ist, um 1645 cem. zu fangen, wohl sicher auch ausge- reicht haben wurde, um auf der Pianktonexpedition ohne sich zu verstopfen mehr als 241 cem. zu fangen, wenn mehr vorhanden gewesen wàre. Es ist also anzunehmen, dass das Netz diese Wassersàule richtig durchfischt habe, wie viel mehr musste es bei den meist viel geringeren Mengen, die an den meisten Oceanstationen gefunden wurden, die Saule richtig ausgefischt haben. Wenn also weniger gefangen wurde als 1645 cem. (meist 2 — 20 ccem.), so ist der Grund also wohl si- cher nicht in der Unfahigkeit des Netzes gròssere Mengen aus der durchstreiften Wassersiule herauszufischen zu suchen, sondern darin, dass an diesen Orten nicht mehr vorhanden war, als gefischt worden ist. Die genigende Fangfaàhigkeit des Netzes durfte damit erwiesen sein. 4. Bewegung des Schiffes. Ein Fehler, der leicht eintreten kann und namentlich bei stùrmischem Wetter auf hoher See den Fang ausserordentlich erschwert, ist durch die unbeabsichtigte Bewegung des Schiffes, das, um die theore- tische Forderung zu erfiùllen, vollkommen still stehen misste, bedingt. Durch Aufhingung der Netze an Accumulatoren und durch geschickte Manoevrirung des Schiffes ist dieser Fehler — 373 — auf eine mòglichst geringe Grosse herabzumindern, vollkom- men wird er sich jedoch nicht vermeiden lassen, sondern muss als unvermeidliche kleine Fehlergròsse mit in den Kauf ge- nommen werden. Aus der Richtung des Taues d. h. dem Winkel, den dasselbe mit der theoretisch geforderten Verti- calen macht, lasst sich ùbrigens erkennen, wie weit die theoretische Bedingung erfùllt worden ist. Bei stùrmischem Wetter und bei weniger geschickter Schiffsfàhrung kann der Versuch, das Schiff mòglichst auf einer Stelle zu erhalten, missglùcken. Wenn der dadurch entstandene Fehler so gross ist, dass er sich nicht durch Rechnung ausgleichen làsst, so ist der Fang als quantitativer Fang nicht zu verwenden, sondern muss aus der Reihe der Vergleichsfinge ausge- schaltet werden. Ein Beispiel fùr diesen Fall giebt der Plank- tonfang X 9 in Tabelle 4. Bei dem Fange wurde das Schiff so weit abgetrieben, dass das Netz schràg statt senkrecht durch das Wasser gezogen wurde. Die natùrliche Folge davon war, dass das Netz einen gròsseren Weg durch die oberflàch - lichen Schichten machte und die Planktonmenge demgemàss zu gross ausfallen musste. 5. Fremdkòrper. Die Volumenmessungen sind noch einer weiteren Fehlerquelle unterworfen, die bedingt wird durch Fremdkéòrper (Zeugfetzen, Taufetzen, Kohlenstiùckchen, Stuùckchen losgelòsten Lackes aus dem Fangeimer, Sand aus dem Fluss etc.), welche leicht unter das Planktonmaterial gerathen kònnen und dann die Messungen ungenau machen. Dieser Fehler hat jedoch nur Einfluss auf die Plankton- Messungen; bei den spàter auszufihrenden Zahlungen wird derselbe eliminirt. Wie in anderen Punkten, so zeigen die Zahlungen auch in dieser Beziehung ihre Ueberlegenheit uber die anderen Untersuchungsmethoden. 6. Verluste. Der Fang muss mehrere Male von Filtern abgelòst und ùbertragen werden, zuerst vom Netz in den Eimer, dann in den Filtrator, dann in Glaser u. s. w. Wie alle quantitativen Operationen nicht vollkommen, sondern stets — 374 — mit einem, wenn auch geringen, Verlust behaftet sind, so sind auch die Planktonibertragungen von einem Gefàss in das andere, da es sich um mikroskopisches Material handelt, nicht ohne jeden Verlust auszufilhren. Ein gewisser Verlust an dieser Stelle wird zu den unvermeidlichen Fehlern der Methode zu rechnen sein. Wie bei chemischen Analysen kann aber durch sorgfaltiges quantitatives Arbeiten der Verlust auch bei den Planktonanalysen auf ein so geringes Maass beschraànkt wer- den, dass der Erfolg der Analyse dadurch nicht beein- trachtigt wird. 7. Ablesungsfehler. Ein stets zu befùrchtender Fehler liegt in der Ungenauigkeit der Volumenablesungen. Die Vo- lumina setzen sich nicht so scharf und gleichmissig im Mess- cylinder ab, dass man dieselben mit derselben Sicherheit ablesen kann, wie etwa eine Wasser-oder QuecksilbersàAule. Der mòogliche Fehler der Ablesung ist deshalb ziemlich be- deutend und daher auch fiùr kleine Volumina, procentisch berechnet, sehr gross. Es kann je nach der Art des Plank- tonmaterials die Ablesung der viertel, halben, eventuell der ganzen Cubiccentimeter noch ungenau sein. Es ist eine prak- tische Frage, wie weit man in der Genavigkeit gehen will und wie weit man gehen muss, damit der erreichte Grad genùgt, um mehr oder minder werthvolle Schlisse daraus zu ziehen. Bei den vorliegenden Messungen wurden vielfach nur die halben, wo es anging, auch die viertel und selbst die zehntel ccm. abgelesen. Da diese aber nicht mehr genau sind, so sind sie, um nicht den Schein gròsserer Genau- igkeit, als wirklich vorhanden ist, zu erwecken, gewòhnlich auf halbe resp. auf ganze ccm. abgerundet. Bei kleinerem Volumen ist der mit der Ablesung verbundene Fehler pro- centisch zwar recht gross; die Untersuchung der erhaltenen Werthe, namentlich die Bestimmung des Totalfehlers der Me- thode lehrt jedoch, dass trotzdem die Werthe genau genug sind, um eine Reihe wichtiger Schlisse aus ihnen zu zie- hen. Um genaue Werthe zu erhalten, muss man auf die Zah- — 375 — lung zurùckgehen, deren Resultate erst spàter veròffentlicht werden kònnen. Hinsichtlich der Ablesungen habe ich noch zu bemerken: Von dem Bestreben ausgehend, die subjektiven Fehler mòg- lichst zu vermeiden, habe ich die Volumina der verschiede- nen Finge ganz ausser der Reihe bestimmt, und ferner, so- lange ich diese Bestimmungen machte, gar keine Vergleichung der gefundenen Werthe angestellt. Ich konnte also auch nicht wissen, ein wie grosses Volumen an jeder Stelle zu erwarten war. Es war dadurch unmòglich gemacht, dass die Ablesung durch vorgefasste Meinung des Untersuchers beeinflusst wur- de. Diese Vorsicht scheint zwar etwas ùbertrieben, sie ge- wéahrt aber ein Gefùhl der Sicherheit, das bei der Schwie- rigkeit der Volumenbestimmung des vorliegenden Materials nicht zu unterschàtzen ist. 2. Bestimmung der Fehlergròsse. Alle die vorhin erwahnten Fehler vereinigen sich, um das Fangvolumen méglichst ungleich zu machen. Durch das Experiment ist es nun zu entscheiden, ob trotz dieser Fehler die erhaltenen Werthe filr Schlisse ùberhaupt brauchbar sind; und durch diese Bestimmung der Fehlergròsse erhalten wir erst Aufschluss, fi welche Schlisse die gewonnenen Resultate verwendet werde kònnen. Die Bestimmung der Finzelfehler ist schwer auszufùhren, da es aber beim Ge- sammterfolg nur auf den Totalfehler ankommt, so genigt es auch, diesen zu bestimmen. Bezeichne ich mit F den To- talfehler der Methode, und f die Einzelfehler, wobei dann fe der Fehler ist, der bedingt ist durch die in der Bewegung des Schiffes liegende Unvollkommenheit des Fanges, fn der Fehler durch die Unvollkommenheit des Netzes, fc der Fehler durch Verlust beim Conserviren und fv der Fehler der Volumenablesung, so ist F = fg + fn + fc + fv. Um den Grad der Genauigkeit der Methode zu bestimmen, — 376 — . hat Hensen in den Jahren 1883 und 84 in der westlichen Ostsee Doppelfinge gemacht, indem er an derselben Stelle mit dem Schiff stilliegend unmittelbar hintereinander wenigstens zwei Mal das Netz zog. Die Differenz der beiden Finge giebt fùr diese Fangserie den Fehler der Methode vermehrt um eine kleine Gròsse «fu» die dadurch bedingt wird, dass bei treibendem Schiff dieses beim zweiten Fang, der nach einer Pause von einigen Minuten gemacht wurde, nicht mehr genau an derselben Stelle lag, oder dass bei ankerndem Schiff durch Wasserversetzung beim zweiten Fang eine andere Wasser- masse unter dem Schiffe lag. Und wenn man nun annimmt, dass in dieser Wassermasse verschiedene Vertheilung des Planktons vorhanden war, so giebt dies eine kleine Fehler- grosse, welche den Fehler der Methode als um fu zu gross erscheinen lisst. Dass diese Grosse fu aber von ganz sekun- direr Bedeutung ist, und darum nicht wesentlich fur die Schlùsse in Rechnung kommt, ergiebt sich aus dem weiteren Vergleich der Versuchsresultate, indem der Fehler der Me- thode selbst dann, wenn wir diesen eigentlich ausserhalb der Methode liegenden Fehler fu zum « Fehler der Methode » hinzurechnen, dennoch praktisch brauchbare Werthe giebt. Der Fehler jedes einzelnen Fanges, aus diesen Doppelfàngen ermittelt, wùrde dann also sein F = fg + fn 4- fc +4- fv + fu. Die 54 Fange, die Hensen 1883-84 gemacht hat, geben 54 Werthe fir F. Aus diesen 54 Fehlern habe ich nach der Methode der kleinsten Quadrate den mittleren Fehler berechnet und erhalte dabei der unten verzeichneten Werth als mittleren Werth der Methode fùr je einen Fang = Fm. Von den 54 Fàngen sind 40 Doppelfànge; zwei Mal wurden 3 Fange an derselben Stelle gemacht und ein Mal 8 Fànge. Aus diesen berechnet sich der durchschittliche Fehler =139,A2000 der mittlere Fehler 7 a =:15;0008/1 der wahrscheinliche Fehler = 10,100 ii A Scali — 377 — Wie Hensen schon angefùhrt hat, sind in der Bestim- mungsreihe zwei sogenannte « grobe » Fehler, die bei der Berechnung des mittleren Fehlers der Methode eigentlich nicht benutzt werden sollten. Wenn man dieselben ausschal- tet, so wird der Fehler der Methode noch etwas kleiner, um aber keine willkùrliche Auswahl der Versuchswerthe zu treffen, werde ich bei den unten folgenden Berechnungen den direkt gefundenen Fehler ohne Ausschaltung der groben Fehler gebrauchen. Wegen der resultirenden geringen Diffe- renz bleibt es fùr das Resultat dieser Berechnung ùbrigens ganz gleichgùltig, welche von beiden Fehlerberechnungen man benutzen will. Wie Hensen schon gezeigt hat, genigt die gefundene Genauigkeit der Methode vollkommen filr die beabsichtigten Versuche. Die Versuche, die dieser Fehlerbestimmung zu Grunde liegen, wurden in der flachen westlichen Ostsee mit nur circa 20m Tiefe gemacht. Filr die Anwendbarkeit der Methode auf den Ocean ist es aber wichtig zu constatiren, dass dieselbe auf der hohen See auch in der gleichen Weise functionirte. Auch dieses ist empirisch geprùft worden und zwar auf zweierlei Weise. Fehlerbestimmung im Golf von Neapel. Bei mei- nen oben erwahnten Fahrten im Golf von Neapel mit dem Dampfer « Johannes Miiller » habe ich in der gleichen Weise wie Hensen in der Ostsee eine Anzahl Vergleichsfinge ge- macht. Die gefundenen Volumina sind im Anhang Tabelle zu- sammengestellt. Aus den 12 aufeinanderfolgenden Parallel- fingen ergeben sich Differenzen, die alle innerhalb der Gren- zen der Beobachtungsfehler der Volumenablesung liegen. Eine gròssere Genauigkeit ist nicht zu erwarten und zu verlangen. Nach diesen Versuchen berechnet ergeben sich folgende Werthe: mittlerer Fehler ==43;45:% wahrscheinlicher Fehler = 9,06 / Auf die Bestimmung der Fehlergròsse ist in diesem Falle jedoch nicht viel zu geben, weil die Anzahl der Falle zu FARI. ì. i nel, ‘ l'API — 378 — gering ist, um bei den meist sehr geringen Volumen genaue Resultate zu geben. Fehlerbestimmung im atlantischen Ocean. Auf der Planktonexpedition wurde der Fehler in etwas anderer Weise bestimmt. Die beiden Vergleichsfinge wurden nicht kurz hinter- einander, sondern zu gleicher Zeit gemacht, indem die beiden Netze mit einander verkuppelt wurden. Durch diese Versuchs- anordnung fallen zwei der Theilfehler der friùheren Methode (fg bedimgt durch die Ungleichheit des Fanges bei der Bewe- gung der Schiffes und fu bedingt durch die geringe Ungleich- heit in der Vertheilung des Planktons nahe beieinander liegen- der Orte) weg. Es ist demnach der Fehler jeder Bestimmung der durch Verkuppelung mit einander verbundenen Netze F°' = F' — (fg + fu). Die Vergleichsfinge der Planktonexpedì- tion wurden alle in einer Tiefe von 400m gemacht. Der Fehler der Methode daraus berechnet ergiebt folgende Werthe: der durchschnittliche Fehler = 5,36% der mittlere Fehler F”m =0,3840 der wahrscheinliche Fehler 2 SAS0 Wie zu erwarten war, fallt der Werth von F’’m kleiner aus als der von F°'m. Wenn der frihere Fehler nicht gross genug war, um die Resultate der Methode zu gefaàhrden, so ist dieses nach der zweiten Bestimmung erst recht nicht zu befùrchten. Die Methode bewàahrt sich also auf dem Ocean beim Fange in grossen Tiefen ebenso gut als in der Ostsee in geringen Tiefen. Es wird sich vielleicht der Fehler durch Vervollkomnung der Methode noch etwas verringern lassen, uud fir die Lòsung vielleicht spater auftauchender Specialfragen wird dieses eventuell auch nò- thig sein. Vor der Hand, wo es sich nur um die ersten Fun- damentalversuche zur Erforschung der Massenverhàltnisse der Meeresorganismen handelt, genùgt die gegebene Genauigkeit vollkommen, und selbst eine weit geringere Genauigkeit wùrde noch brauchbare Resultate liefern; denn in diesem Falle, wo — 379 — wir nach den bisherigen Erfahrungen nicht einmal angeben konnten, ob unter einem Quadratmeter Meeresflache 1, 100, 1000 oder 100,000 ccm. lebendiger Substanz sich befinde, da wiùrde es selbst einen kolossalen Fortschritt bedeuten, wenn wir auch nur mit einem wahrscheinlichen Fehler von 100 oder 200°/, angeben kònnten, wie viel wirklich vorhanden ist, denn dem absoluten Nichtwissen gegeniber ware selbst ein Fehler von 100 °/, noch gering, wie viel weniger fallt der wirklich gefundene Fehler von 15 °/, ins Gewicht. d. Schwankungen der Volumenkurve und Schwankungen in den physikalischen Bedingungen der Meeres. Die mitgetheilten Zahlen fùr sich wilrden genigen, um zu beweisen, dass die Methode auf der Planktonexpedition richtig functionirt habe. Derjenige, welcher fùr « 6de Zahlen » nicht schwarmt, kann jedoch auf andere Weise ein Bild ùber die richtige Functionirung erhalten durch Betrachtung der beigegebenen Kurve, welche in der Weise ausgefùhrt ist, dass die Rohvolumina der Faànge von 200m. Tiefe als Or- dinaten auf die Fahrtlinie an der Stelle ihres Fanges aufge- tragen sind. Ein Blick auf die Karte zeigt, dass im Verlauf der Expe- dition sehr verschieden grosse Volumina gefunden sind. Stellenweise sind dieselben sehr klein, an anderen Stellen aber sehr gross. Aus dem mittleren Fehler der Methode kann man zwar schon direkt entnehmen, dass diese Schwankungen der Volumenkurve nicht hervorgebracht sein kònnen durch den Mangel der Methode, sondern dass sie ihren Grund haben muùssen in dem Objekt selbst. Doch sehen wir davon ab und betrachten nur die Volumenkurve im Vergleich zu den phy- sikalischen Bedingungen des Meeres. Die Volumenkurve zeigt grosse Schwankungen. Wenn diese Schwankungen regellos sind und nicht in den Planktonverhàltnissen des Meeres selbst — 5380 — ihren Grund haben, so erscheint die Volumenbestimmung so unsicher, dass sie zu weiteren Schlùssen nicht zu verwenden ist; wenn aber gezeigt werden kann, dass diese Schwankun- gen durch die Verhàltnisse des Meeres bedingt sind, so ist diese Kurve als ein sehr empfindliches Reagens auf die Schwankungen der Lebensverhàltnisse des Meeres anzusehen. Nun zeigt sich, dass die Schwankungen der Kurve oft lange Strecken hindurch ganz minimal sind, so dass die Kurve einmal sogar auf mehr als 2000 Meilen fast als gerade Linie zu betrachten ist, Dann plotzlich schnellt sie empor und sinkt an anderer Stelle wieder. Die gleichmassigen Strecken fallen zusammen mit den grossen Meeresilàchen, welche nahezu gleiche physikalische Bedingungen haben, wie z. B. die Sar- gassosee. Die Schwankungen in der Kurve fallen aber immer zusammen mit dem Durchschneiden der Grenzen eines neuen Stromgebietes. Wo wir in ein neues Stromgebiet eintraten, da machte sich diese Grenze fast immer auch geltend an dem piòtzlichen Steigen oder Fallen der Volumenkurve. Ich werde auf dieses Verhilniss der Stromungen zur Kurve unten noch genauer eingehen. Hier ist nur so viel daraus zu entnehmen, dass die plòtzlichen Schwankungen nicht als zufallige, durch die Unsicherheit der Methode bedingte Ungleich heiten aufzu- fassen sind, sondern dass sie vielmehr als ein Zeichen der Empfindlichkeit der Methode anzusehen sind, indem sich die Ausseren Differenzen der einzelnen Meeresabschpitte sofort in der Volumenkurve wiederspiegeln, denn dass die Schwan- kungen der Volumenkurve nur « zufallig » gerade mit den Grenzen der Meeresstròmungen zusammenfallen, wird wohl kein vorurtheilsloser Forscher behaupten kònnen. e. Volumina der verschiedenen Stromgebiete. Ich habe vorhin die Behauptung ausgesprochen, dass die Schwankungen der Volumenkurve und die Meeresstròm- ungen in einem engen Zusammenhange miteinander stehen. A — 581 — Ein Vergleich der einzelnen Stromgebiete mit den darin ge- fundenen Planktonmengen wird dieses bestàtigen. Reduction der nordischen Fange. Im ersten Abschnitt der Fahrt der Planktonexpedition wurden die Zùge in 400m Tiefe gemacht, spàiter immer in 200m Tiefe, wenn nicht speeielle Grinde eine Ausnahme geboten. Die Zilge von 200m und von 400 m sind nicht direkt miteinander ver- gleichbar. Um nun dennoch die Zùge fùr alle durchlaufenen Meeresabschnitte vergleichbar zu machen, will ich die im Norden in Tiefen von 400m gemachten Zùge durch Divi- sion der gefundenen Volumina mit 1.33 auf Fangtiefen von 200 m reduciren. Die Begriindung dieser Zahl kann ich erst weiter unten geben. Der Reductionsfaktor kann keinen An- spruch auf grosse Genauigkeit machen. Es ist darum mòg- licher Weise auch diese ganze Zahlenreihe etwas zu niedrig ausgefallen, zu hoch wohl sicher nicht. Fùr die Gesammt- betrachtung spielt aber dieser Fehler, weil er alle reducirten Fange gleichmassig trifft, keine grosse Rolle. Golfstrom'). Die ersten Fange der Planktonexpedition wurden gemacht im nordòstlichen Auslaufer des Golfstroms, welcher in ost-westlicher Richtung durchschnitten wurde. Den Stationen VII 20a bis 21b entsprechen die auf 200 m umgerechneten Planktonmengen von 9,,, 5,g, 7,,cc. {rminger-See-òstiches Golfstrom-Mischgebiet. Mit der Station VII 22a haben wir den Uebergang zu der sogenannten Irminger-See erreicht, welche ein Mischgebiet von warmem Golfstromwasser mit dem, von Norden kom- menden kalten Wasser darstellt. Eine scharfe Grenze ist hier natùrlich nicht zu erwarten, trotzdem làsst sicli bei der Annaherung an dieses Gebiet in der Qualitàt und Quantitàt des Fanges sofort eine Aenderung erkennen. Der Fang steigt von 7,4cc der Duchschnittszahl des Golfstroms, auf 16,4cc. Zugleich erhàlt das Fangmaterial einen von dem im reinen 1) Vergl. die beigegebene Karte. 18 — 582 — Golfstromwasser gefangenen Materiale unterscheidbaren Ha- bitus. Wahrend das Golfstrommaterial grobflockig war, wird es beim weiteren Fortschreiten nach dem Westen immer fei- ner und lockerer. Dieses sowie die Zunahme des Rohvolumens wird wesentlich bedingt durch das Auftreten von immer gròs- ser werdenden Mengen einer sehr feinen Diatomeenform von mehreren mm Lange (Synedra). Wir kònnen annehmen, dass wir uns bei der Station VII 25 b vollkommen in dem Gebiete der Irminger-See befinden. Der Fang steigt darin auf die im Vergleich zu den vorigen Fangen sehr betràchtliche Hohe von 166,9 cc. Nach Westen hin sinkt das Volumen wieder, steht aber VII 25 a immer noch auf einer Hohe von 77,5cc. Ostgrònland - Strom. Am 26. Juli verliess die Expe- dition die Irminger-See und kam in das Gebiet des von Norden vordringenden kalten Ostgrònland-Stroms. Mit einem Schlage waren damit auch die Planktonverhàltnisse verindert. Qualitativ und quantitativ zeigten sich ganz andere Verhàlt- nisse. Die grosse Masse der Synedra war verschwunden und das Volumen demgemîtiss bedeutend reducirt. Leider verun- glùuckte der hier gemachte Fang durch die Ungunst der Wit- terung, so dass sich fir diesen Punkt keine Zahlen angeben lassen. Dennoch ist das Factum sicher gestellt, dass sowohl die Menge als auch die Beschaffenheit des Planktons mit dem Eintritt in den Ostgrònland-Strom sofort wechselte. In der Volumenkurve der beigegebenen Karte habe ich diesen Wechsel des Volumens durch punktirte Linien ausgedrilckt, um damit anzudeuten, dass dieser Theil nicht auf Messungen, sondern nur auf subjectiven Schatzungen basirt. Westgrònland-Strom. Der nàchste Zug VII 27 a wurde wieder im Mischgebiet des warmen und kalten Wassers ge- macht, nàmlich dort, wo sich der nordwestliche Auslaufer des Golfstroms mit dem von Nordwesten aus der Davis-Strasse kommenden, kalten Wasser mischt. Es ist sehr bemerkens- werth, dass wir hier, in dem nordwestlichen Golfstrom- Mischgebiet ebenso wie in dem nordòstlichen Golfstrom- RE eg — 383 — Mischgebiet (der Irminger-See) dieselben grossen Plankton- volumina auftreten sehen, und ferner, dass diese wiederum bedingt werden durch das massenhafte Auftreten einer und derselben Diatomeenart (Synedra). Die Fiinge dieser beiden Golfstrom-Mischgebiete sind getrennt durch etwa 400 Meilen Entfernung, und in der Reihe der Planktonfange sind sie ausserdem getrennt durch einen dem Ostgrònland-Strom an. gehòrigen Fang von ganz anderem Charakter, und dennoch sind sie scheinbar so gleich, als ob sie an derselben Stelle gemacht wiren. Das Planktonverhalten charakterisirt daher diese zwei weit getrennten Mischungen des Golfstroms mit nordischem Wasser als ein zusammengehòriges Ganze. Labrador-Strom. Am 29. Juli verliess die Expedition das Mischgebiet des Golfstroms (Westgrònland-Strom) und trat in den von Norden kommenden Labrador-Strom ein. Gleich- zeitig àanderte auch das Material seinen habituellen Charakter, das vorher feinflockige Planktonmaterial wurde wieder grob- flockig. Der Grund davon liegt in dem Fehlen der vorher ilberwiegenden Menge von Synedra. Die Masse fallt gleich- zeitig von 162cc auf 5 cc. In der Mitte der Laaradorstroms (Station VII 29 b) stiessen wir auf die von Hensen in seinem Reisebericht !) schon erwahnte Anhaufung von Copepoden. Leider wurde hier der Fang in 300m und nicht in der ge- wòohnlichen Tiefe von 200 m gemacht, so dass er in die fort- laufeude, blau markirte Volumenkurve der beigegebenen Karte nicht aufgenommen werden konnte ; er ist darin je- doch angedeutet durch einen farblosen Kurvenabschnitt. Neufundland - Bank. Fir die nun folgende Neufund- land-Bank ist die Kurve nicht massgebend, weil hier wegen der geringer Meerestiefe nicht die gewòhnliche Tiefe von 200 m abgefisecht werden konnte und darum eine jetzt noch nicht moògliche Reduction der Fangmasse eintreten mùsste. 1) Sitzunbsberichte der kòniglich preussischen Akademie der Wissen- schaften zu Berlin. Sitzung der physikalisch-mathematischen Klasse. 17 Mirz 1891. — 384 — Siùdlicher Labrador -Strom. Auf dem sidlich der Neufundland-Bank befindlichen Theile des nach Sùdwesten umbiegenden Stromes war das Planktonvolumen sehr gering. Florida - Strom. In der Nàhe der Stromgrenze gegen den warmen Florida-Strom tritt eine geringe Schwankung ein. Auf der Station VIII 1b im Gebiet des Labrador-Stroms wurden gefangen 2 cc; an der Grenze zwischen Florida-und Labrador-Strom VIII 2 a geht die Menge auf 5 cc in die Hòhe um dann wieder zu sinken. Im Florida-Strom selbst wurden gefangen 2 o, 3, 31/5, 5 und 9ce. Die Menge stieg also im Florida-Strom beim Fortschreiten nach Sùden. In der Station VII 4b mit 9cc wird die nicht scharf definirbare Grenze des Florida-Stroms gegen die Sargasso=See erreicht sein. Florida - Strom — Sargasso-See. Sudlich beim weiteren Eindringen in das eigentliche Sargassogebiet nimmt die Planktonmenge wieder ab, zeigt aber zu Anfang noch gewisse Neigung zu Schwankungen. Es wurden erhalten 5, HRMNICCI (Fortsetzung folgt). TAVOLA. delle ore dell'alta e bassa marea nella città di VENEZIA pel Novembre 1891 GIORNO | BASSA MAREA | ALTA MAREA | BASSA MAREA | ALTA MAREA 1 3h90 a. 10h 0" a. 4210" p. 10530" p. 2) SODI TOs2ota 435 » 17: Ogss 3 420 » 10 45. » SRO LIO» ana e dI 5 billo TSO 610 » 055 » 6 545 » Oa 0 p? 650 » 145 » | 625 » 035 » 79» 310 » 8 740 » IRLOs SECON 520 » 9 10 55 » DIA o, 10 40 » 650. » 10 OR pe 6 5 » 9 l5eva: 730 » ll 150 » MEDORO el 8 5 » 12 pit 0 eo 830 » E, 835 » 13 Qin» 910 » AID ene ae 14 SIZDIIE® 950 » Sil» 935 » 15 ASSO 10 30 » 350» ORS5>. 16 ti 420 » | 1030 » 17 IRON KE 5086» 4509 » Eroe 18 545 >» 05308 a; 5 30 » 11 40 » 19 620 » 120 » 610 » Of op. 20 de 005» PIO. Td 040 » 21 7590 » 345 » 90» lado 22 859 >» DUlonto k}:30r> 93305 1» St: 1o > 6:15» 050 p. 540 » 24 11 35 » 650 » 130 » 120%» 26 030 a. 130 Oa» Se ed 27 Tio» 80 » ALITO, to RES T9 006 28 E Gonna Gi2b0 » 5900 920 » 29 230% 850 » 20200» 950 » 30 Su0-> 920 » 345 » 10NR5T> GIORNO Tra le due alte maree quotidiane è più sentita quella che avviene tra le 5 ant. e le 1 pom.; tra le due basse, quella tra le 3 pom, e la mezzanotte. sità è PATRIA Po IE PR O E AA Sa c asp n "A Lande BA o 0 dl SD Un 0 bed ha =! ©) FTA VOLA. 8120" 8 50 9 25 9 50 10 30 11 10 0 30 140 dico 4 30 5 35 6 25 710 7 55 8 39 9 20 10 5 10 45 11 30 0 50 155 Sb 4 20 5 20 6 5 6 45 720 755 81355 9 10 9 40 10 15 10 50 11 35 00 de50 220 3 50 5 o 6 0 6 45 ME 30 8 15 8 59 9 40 10 25 Ll.io ll 55 0 20 120 2030. 3 45 4 50 o 45 6 25 TRO 7 35 8 10 delle ore dell’alta marea nell’ isola d’ ISCHIA pel Novembre 1891 » Le basse maree avvengono sei ore dopo le alte maree. GiuL1io GRABLOVITZ a a ia NOTE DI TECNICA METHODES EN USAGE À LA STATION ZOOLOGIQUE DE NAPLES POUR LA CONSERVATION DES ANIMAUX MARINSO® PAR SALVATORE LO BIANCO (sutte) Aclinia equina et A. Cari se traitent par le mélange bouillant de sublimé et d’acide acétique, suivi d’ acide chro- mique à 1/2°/ pour le durcissement. J'ai pu souvent con- server la première espèce en la retirant doucement du verre où elle était étendue avec une spatule et en la plongeant dans une solution concentrée de sublimé. Edwardsia s'anesthésie lentement en versant peu à peu de l’alcool à 70° dans l'eau de mer où elle se trouve, et on la tue ensuite avec le sublimé concentré chaud. La bonne réussite dépend de la perte complète de sensibilité, que l’on peut vérifier en touchant les tentacules avec une aiguille. La préparation des diverses espèces de Pho/ythoa est très difficile; avec les réactif a action rapide; on a au moins la colonne étendue et parfois une portion des tentacules hors du disque. Un Polytoa qui vit sur les éponges et sur les algues (1) Mittheilung aus der Zoologischen Station su Neapel, IX Band, II Heft, s. 435, 1890, — 390 — calcaires (probablement une variété de P. axinelle) se prépare très bien par le sublimé concentré bouillant. Les larves d’ Actinies se tuent avec le sublimé concentré ou avec le mélange chromo-acétique N.° 2. Madreporaria. — Àstroides calycularis doit étre laissée toute une nuit dans des verres pleins d’eau de mer limpide. Ordinairement, le matin suivant, on trouve les polypes en pleine expansion; alors on enlève une portion de l’eau sans que pourtant les animaux restent découverts; on les tue par une solution bouillante de sublimé et d’ acide acétique en vo- lume égal à celui de l’eau de mer. Immédiatement après on transporte la colonie dans l'alcool a 85 dont on fera une injection dans la bouche des polypes pour les maintenir étendus; ensuite on augmente graduellement la force de l’alcool, et, en répétant les injections, on porte finalement dans l'alcool, à 70°, ou on lave bien avec la teinture d’iode. Caryophyllia, Dendrophyllia et Cladocora se fixent au sublimé concentré et bouillant, mais il est très difficile de les préparer avec les polypes en parfaite expansion, et cela tant à cause de leur grande contractilité, qu'à cause de la deli- catesse extréme des parois du corps. HYDROMEDUSAE. Les Hydroméduses sont en général des formes très deli- cates qui meurent facilement et se décomposent; par suite, il est nécessaire de procéder à leur préparation le plus vite possible aussitòt après qu'elles ont été péchées. Spécialement quelques Campanularide, comme par exem- ple Aglaophenia, Plumularia, Sertularia et les formes sem- blables, qui vivent dans l’eau profonde, arrivent au laboratoire presque toujours détériorées ou mortes, et, plus facilement que les autre: formes, endommagées par la drague, par les filets de font . » les autres engins de péche. Le meilleur parti — 391 — qu'on puisse tirer de ces exemplaires consiste à les mettre directement dans l’alcool pour conserver au moins le perisarc. D’autres formes qui vivent à une faible profondeur et qu'on peut pécher en prenant toutes les précautions pour ne pas les maltraiter, nécessitent une manipulation rapide, sans quoi au bout de peu de temps, les polypes se réctactent et il n’est plus possible de les faire sortir des cellules. En général ces formes sont les plus contractiles des Tubularide. Tous les Hydroides, c’ esl-a-dire les formes polypoides fixées, sauf de trés rares exceptions, se tuent avec le sublimé concentré chaud, bien entendu quand les polypes sont en complète extensions, ce qui s’obtient en les placant aussitàt regus dans de l'eau de mer fraiche. Aussitòt après qu'on a versé la liquide fixateur sur les animaux, on reverse le tout dans un cristallisoir où il y a déjà de l'eau douce, pour refroidir les animaux qui sont ensuite transportés dans l’ eau douce pure, pour étre lavés, et au bout de 5 minutes dans l’alcool faible. Si l’on veut éviter l’échauffement, on peut employer le sublimé concentré froid, mais seulement pour les Tubularide. Pour les grandes colonies de T'ubularia et de Pennaria, on peut tuer avec le mélange de sublimé et d’acide chromique en volume égal à celui qui contient les polypes. Au bout de quelques minutes on passe à l'alcool. Meéduses de Tubularidae. — Les petites formes d'Eleu- theria (Clavatella), Cladonema, Podocoryne et autres analo- gues sont tuges par le mélange de sublimé et acétique employé en grande quantité: Z/eu/heria est bien fixée aussi par le liquide de KLEINENBERG. (dà suivre) Notizie, appunti e recensioni critiche Hiitterott G. — La pesca ed il commercio del corallo in Italia — Trie- ste, 1891. Hiitterott G. — La pesca del tonno in Sicilia e Sardegna — Trie- ste, 1891. Sono due relazioni fatte dall’ Autore alla Società austriaca di pesca e piscicultura marina, che fu fondata or sono tre anni a Trieste e conta oggi circa mille e cinquecento soci. Di essa daremo notizia in apposito articolo. Le relazioni del sig. Hitterott, direttore-segretario della Società, trattano due argomenti di molta importanza per il litorale dalmato nel quale la pesca del corallo fu abbandonata da molto tempo e le /onnare (grandi reti disposte in modo speciale per la pesca del tonno) non furono mai introdotte. Perciò l’autore venne nel Regno a studiare i metodi usati dai nostri pescatori e raccolse molti dati, alcuni dei quali si po- tevano anche avere dalle pubblicazioni speciali fatte dalla Direzione generale dell’ Agricultura (R. Ministero dell’ Agri- coltura, Industria e Commercio) mentre tuttavia altri difficil- mente si avrebbero avuti senza recarsi sul posto delle pesche e della lavorazione. Nella prima relazione l’ Autore fa la storia delle diverse vicende ch’ebbe a subire la pesca del corallo in Italia, dal 1875 ad oggi, tratta delle varie qualità del corallo, dei me- todi di pesca e della lavorazione che è diversa a seconda dei paesi dove devono essere importate le perle. — 393 — Quest'industria del corallo, ch’'ebbe periodi di grande prosperità, è oggi in decadenza per varie ragioni ch'è inu- tile ora analizzare e presenta ben poca speranza di risorgere in un prossimo avvenire. La seconda relazione è assai più confortante e fa vedere quanto vantaggio potrebbe avere il litorale adriatico (sia quello del regno Italico, che il litorale Dalmato) dall’ introdu- zione di tonnare analoghe a quelle che esistono in Sardegna ed in Sicilia. Ripubblicheremo questa relazione del signor Hùtterott, certi che interesserà i lettori della Neptunza. Allodi R. — L’Ostricultura e Mitilicultura in Francia — Trieste, 1890 edita dall’autore — un vol. di 67 pag. e 30 figure intercalate nel testo. Il signor Allodi è anch'esso come l’ Hiitterott, della So- cietà austriaca di Pesca e Piscicultura la quale cerca con tenacità di propositi di diffondere nel litorale istriano e dal- mato l’ ostricultura. Anima della propaganda è il signor Allodi che si recò appositamente in Francia per studiarvi i più re- centi e migliori metodi di ostricultura. Secondo l’ Autore, l’ Adriatico presenta condizioni assai favorevoli per la cultura delle ostriche, purchè, studiando le condizioni locali si sappia trovare il metodo più semplice per raccogliere il seme ed il più razionale per allevare gli ostrichini. Si è per questo che l’Allodi raccoglie in un opuscolo veramente interessante, la descrizione dei vari metodi usati in Francia per l’ostricaltura, i diversi istrumenti ecc. Nel primo capitolo sono esposte le varie condizioni idro- grafiche necessarie alla cultura delle ostriche, come viene praticata in Francia. Nel capitolo successivo si studiano ì me- todi seguiti nell’ allevamento delle ostriche ad Arcachon ed il testo è illustrato da varie figure dei Parchi d’ ostriche, dei collettori, delle cassette-ambulanza (nelle quali sono messe le ostrichine per l’ allevamento) ecc, ecc. — 394 — In quest’industria fortunata sono occupate nel solo ha- cino d’ Arcachon circa 15,000 persone! Segue un interessante capitolo sulla coltura a Tremblade e alla Grève. Le ostriche di questa località sono ben cono- sciute dai buongustai, sotto il nome d’ostriche di Marennes. Le ostrichine prodotte ad Arcachon e ad Auray e già in parte portate alla grandezza voluta, vengono spedite a Tremblade ove in appositi parchi le ostriche subiscono il cosidetto 22ver- dimento. Ecco dove si fa ed in che consiste quest’ operazione dalla quale le ostriche ritraggono un colore ed un gusto che le . rende ricercatissime dai consumatori. I parchi sono grandi superficie di 3 a 4 cento m.q. La terra tolta nell’escavo serve a formare un’arginatura di circa 1/, m. la quale viene rinforzata spesso con tavole di pino. Sul suolo, di pura argilla, livellato e battuto come un terrazzo, son disposte le ostriche e si fa entrare l’acqua che le ricopre per circa 25 cent. d’ altezza. L’acqua marina non viene cambiata mai, e le piogge la rendono in breve salmastra. Si sviluppa allora un’ alga 1), che viene assorbita dal mollusco e gli fa assumere il color verde speciale. L'autore tratta infine dell’ ostreicultura a Le Chateau ed a Cette (sui parchi a zattere) e della mitilicultura a Tolone. L’egregio autore sperimenta certamente con grande van- taggio per l’industria ostrearica i diversi sistemi francesi sulla valle di Zaole (presso Trieste) proprietà di un Consorzio per la razionale ostreicultura nel litorale austriaco. (D. L. M.) (1) Vedi gli studii di Puységur sull’ inverdimento delle ostriche di Marennes — Revue Maritime et coloniale février 1880 — e la nota dl Ray Lankester, sullo stesso argomento, in Quartely Journal of microsco- pical science, 1886. RECENSIONI Harvey-Gibson. — On the Development of the Sporangia in Ahodockor- fon Rothii Naeg. and R. floridulum Naeg.; and a new Species of that genus. i Harvey-Gibson. — A revised list of the Marine Algae of L. M. B. C. District. — Zruns. Biol. Soc. L’pool. Vol. V 1891. Harvey-Gibson. — Notes on the Histology of Polysiphonia fastigiata Croth.) Grev. w. 1 plate. — Journal of Botany. -- Mars 1891. Murray G. — On Cladothele H. et H. (Stictyosiphon K.) w. 1 plate — Journal of Botany. — July 1891. M. Foslie. - Contribution to Knowledge of the Marine algae of Nor- way — by Foslie edit. 1891. Goroschankin. — Beitrage zur Kenntniss des Morphologie und Syste- matik der Chlamydomonaden — 1I.° Chl. Braunia, Bulletin de la Soc. Imp. des Naturalistes de Moscou, N. 3, 1890. — II.° Chl. Reinhardtii. Golenkin M. — Pteromonas alata Cohn. — Bull. de la Société Imp. des Naturalistes des Moscau N. 2 1891. Maule Herbert Richardes. — On the structure and development of Cho- reocolax Polysiphoniae Reinsch — Procedings American Academy of Arts and Sciences. June 1891. Deniega Vaierian. — Der Gegenwirtige Zustand unserer Kentnisse iùber der Zellinhalt der Phycochromaceen. -- 2Moscaw 1891. Stockmayer S. — Ueber d. Algengattung Gloetenium K. K. zoolog.-bo- tanischen Gesel. in Wien 1891. Reinbold Th. — Sargassen vom Indischen Archipel - Annales du Jardin Botanique de Buitenzorg. — Leide 1891, M. Harvey-Gibson dans un courte notice sur le déve- loppement des tétrasporanges dans le genre RAodocorton, — 596 — nous montre quelques particularités très intéressantes sur la formation successives de ces tétrasporanges. Elle contient en outre une description d’ une espèce nou- velle Rhodocorton seiriolanum Harv. Gibs., que pous re- trouverons d’ailleurs ainsi que la planche dans le travail suivant. M. Harvey -Gibson donne aussi une liste des formes récoltées sur les còtes du destrict de Liverpool. Cette liste est une révision de celle que l’auteur a publiée antérieure- ment, en 1889. Elle comprend un total de 256 espèces et variètes se repartissant comme suit: Cyanophycées 21 Chlorophycées 41 Phaeophycées 65 Rhodophycées 129 Parmi les formes intéressantes nous trouvons ZVro0spo- ra endophloeoides Holm. el Batt., ScAhmetziella endophisea Born. el Batt. Une clef analytique des genres contenus dans le travail termine l’ opuscule. Quatres planches représentent les particu- lirités de structure et les formes intéressantes qui se trouvent signalées plus haut. Dans un courte note sur l’histologie du Polysphonia Fastigiata Grev, M. Harvey-Gibson, étudie les points sui- vants. La continuité protoplasmique entre les cellules de la fronde, le développement des tétraspores, les espaces inter- cellulaires, et le mode d’ union de la plante avec son support. Il décrit les aspects différents pris par cette forme de tampon qui sert de passage aux fils protoplasmiques. Les tétrasporanges se forment au détriment d’une cel- lule logée entre le corps central et la gàine; par le dévelop- pement du sporange, les spores percent la paroi et sont emi- ses au dehors. Il existe des espaces intercellulaìres de struc- — 597 — ture assez spéciale logés au point de sonction des cellules du centre et de la périphérie. Ces espaces contiennent sou- vent des granules jaunàtres. Le Polysiphonia qui croit sur l’Ascophyllum nodosum. Le Jol., forme à la base de sa fronde des filaments qui pénè- trent assez profondement dans l’ hòte. L’étude de M. G. Murray, est une discussion sur la place a occuper par le genre Stictyosiphon Kùtz et sur le véritable nom a adopter. Dans le courant méme de la rédaction de sa note, l’auteur semble varier. Les observations sont faites spécia- lement sur le C/ladothele Decaisnei Hooker F. et Harv. (Stictyosiphon Decaisnei Murray). Il étudie sommairement l’anatomie de l’espèce, et d' ac- cord avec les opinions émises par M. Hariot il propose de faire passer cette algue dans le groupe des algue brunes. Dans un fascicule précedent, M. Foslie nous a fait connaitre la végétation d’une parties des còtes Norvégiennes ; dans son nouveau travail il signale un nombre considérable d’espèces, parmi lesquelles plusieurs sont nouvelles. Parmi celles-ci nous trouvons: Lithothamnion boreale, fornicatum, et colliculoscum, Ascocyclus major. Dans le genre Lelhothammion, l’auteur signale un grand nombre de formes nouvelles qu'il figure dans les 3 planches qui accompagnent la note en méme temps que les trois espè- cès nouvelles. Le professeur Goroschankin a étudié les différents pro- cessus de fécondation et de reproduction des CRlamydomo- nas et a obtenu dans cette étude des résultats assez inté- ressants. La première partie après un apercu historique de la qu® 19 — 398 — stion est consacrée a l’étude du Chlamidomonas Brauni Goroschankin. Les cellules asexuelles sont elliptiques ou arrondies en- tourées d'une membrane bien visible; elles sont constituées par la masse chlorophyllienne, par un protoplasme incolore qui se voit surtout vers le sommet, elles contiennent un noyau, une tache oculaire rouge et sont munies de deux cils moteurs. Par le picrocarmin, le noyau se colore en rose; la réaction est la plus accentuée dans le nucléole qui se colore en rouge. Le chromatophore est caliciforme; le pyrénoide est généralement en forme de fer à cheval, ce dernier se colore en rose par l’éosine, le picrocarmin. Il est entoure d'une zone de petits corpuscules amilifères qui se réunissent souvent. L’auteur passe ensuite aux caractères qui différencient le Chl. Braunii et le pulvisculus; il ne sera pas sans interét de reproduire ici les caractères principaux, de ces deux espè- ces telles que les comprend l’auteur, ceux qui se sont oc- cupés de la question étant loin d’étre d’ accord sur la valeur de ces espèces et sur le nom de ces formes. Chlamydomonas Braunit... Chamydomonas pulvisculus Cils de la méme longueur Cils plus longs que le corps environ que le corps Tache oculaire en forme de Tache demi sphéroidale batonnet Pyrénoides en forme de fer Pyrénoide arrondi a cheval La reproduction asexuelle se fait généralement dans l’après-midi et se continue la nuit jusqu'a 7 a 8 h. du matin. Elle se fait par une division en 4 souvent en deux de la cellule mère. La division complète dure de 3 a 5 heures. Les individus issus de cette division, sont déjà en mouvement, avant leur mise en liberté. — 399 — Pendant la division, les noyaux sont visibles les pyré- noides paraissent s'étre dissouts. L’auteur a observé des formes anormales, espéce de soudure de deux individus, que certains auteurs ont consi- derés comme un stade de fusion mais qui seraient formés par suite d’une division incomplète de la cellule mère. Les organismes sexuels que l’auteur appelle, macro et microgametes, se différencient comme le nom l’indique par leur quendeur. Il se forment, les premiers a la suite de di- vision en 2 ou 4 de la cellule méres, les autres à la suite d'une division en 4 à 8. La forme de ces gamètes est très semblable à celle des cellules asexuelles. En général les macrogamètes sont plus grands que les grandes cellules asexuelles, les microgamètes plus petites que les petites cellules asexuelles. . La copulation, se fait par la partie d’ou séchappent les cils; réunies les deux cellules se meuvent parfois plus d’ une heure, puis s’ arrètent et perdent leurs cils. Les protoplasmes se fusionnent, les noyaux font de méme, mais les pyrénoides et les chromatophores restent distincts. La fixation est opérée par l’acide osmique ou par le brome, et ensuite les matériaux sont colorés par le picro- carmin. L’auteur a aussi observé une copulation beauconp plus lente qui, dure de 6 a 10 heures, sous l'action de causes exférieures peu propices, sur lesquelles l’ auteur ne nous donne pas suffisamment de renseignements. Si les microga- métes ne trouvent plus de cellules femelles à leur disposition, ils s'accolent à la membrane d’un zygote; leur protoplasme sécoule à l’extérieur et prend une forme arrondie. La zygospore se gonfle puis se divise en 4 a 8 indivi- dus qui vont reprendre le cycle de lévolution. Dans les formes issues de la zygospore, l’auteur a remarqué certaines variations qui ne cadrent pas complètement avec les caractères de l’espèce. — 400 — M. Goroschankin, termine, par quelques mots sur l’état palmelloide qu'il à observé chez cette espèce. Dans la seconde partie de son très intéressant travail, l’auteur étudie les Ch/amydomonas Reinhardiui, De Barya- na, Perty, Heinu, Kuternikorvi, multifilis, reticulata, Ehren- benglini, Metastigma dont la plupart sont des formes nouvel- les. L'auteur étudie autant que possible chez ces différents organismes les phénoménes de copulation. Ces phénoménes sont très variables dans ce groupe, la copulation a lieu tantòt entre deux organismes semblables et nus, tantòt entre cellules dissemblables, tantòt entre micro et macrogambétes. M. Goroschankin termine ce travail par un tableau ana- lytique des espèces, il ne sera pas mauvais il me semble de le reproduire ici, car ces formes ne sont pas toujours faciles a différencier. 1. Pyrénoide prèsent; chromatophore indivis . . . . 2 Pas de pyrénoide; chromatophore divisé Chlam. reticulata Gorosch. PARC PIE SS SE i 4 cile; Ri ian al i ni 3. Noyau situé en avant du pyrénoide; chromatophore en’:formesde! calite 190. ui eten RR Noyau en arrière; chromatophore en bande appliqué contre la paroi. . . Chlam. Kuteinikour Gorosch. 4. 2 vacuoles pulsatiles; zygote a membrane lisse, rare- menta petites -protubérences. (i. iene de 3 à plusieurs vacuoles; zygote à membrane a pointes apparentes. . . . Chlam. Perty Gorosch. ( — Globosa Perty.) — 401 — 5. Cils aussi longs que le corps ou plus longs. . . . 6 Cils beauconp plus courts, chromatophore souvent sillonné longitudinalement . C/hlam. Heinii Gorosch. (Ch. communis Perty.) ( — oltusa A. Br.) ( — grandis Hein.) 6. Tache oculaire hémisphéroidale ou disciforme; pyré- noide arrondi, parfois au nombre de 2-3. . . 7 Tache oculaire allongée; pyrénoide en forme de fer alchevalito ee. 0 oa Chiamo Braunit Gorosel. (Chl. monadina Hein.) T. 1 pyrénoide, rarement 2 m 3, au milieu... .. 8 2 pyrénoides un en avant l’autre en arrière, le noyau se trouve au milien Chlam. Metastigma (Hein) Gorosch. 8. Cils 4 !/, fois plus longs que le corps; pas de traces de renflements à la naissance des cils. . . . . . 9 Cils aussi longs que le corps, renflement, hémisphéroi- dal à la naissance des cils Cham. De Baryana Gorosch. 9. Corps ovalaire; pyrénoide souvent excentrique; souvent 2 a 3 superposés. Zygote échinulée Chlam. Ehrenberghi RR (Chl. pulvisculus Ehr.) ( — Morieri Dang.) Corps arrondi, parfois ellipsoide, pyrénoide dans la partice inférieure, zygote a membrane lissa. Chlam. Reinhardi Dang. (Chl. puulviscufus Auct.) M. Golenkin a on l’occasion d’étudier une très inté- ressante forme d’algue inférieure la Pferomonas alata. Il a pu constater les différentes phases de la reproduction, forma- cd — 402 — tion de gamètes biciliés, fusion de ces gamètes deux a deux, formation de la zygote et reformation de l’ organisme. Il à aussi pu étudier le noyau et le pyrénoides. Le genre Pleromonas Sel. est pour l’auteur synonyme du genre Cryploglena Carter. Le Pleromonas alata Cohn, renferme comme synonymes Phacotus angulosus Hein, Cry- ptoglene angutosa Carter. M. Herbert Maule a étudié au laboratoire cryptoga- mique de l’ Université de Harvard la structure et le déve- loppement de cette curieuse algue parasite que nous trouvons décrite pour la première fois dans les «Contributiones ad Algologiam et Fungologiam ». Le Chorescolaa Polysiphoniae, se trouve généralement a la base de la dichotomie du Po/ysephonia sur lequel il végéète, sous forme d’une petite boule rarement divisée. L’auteur a pu observer la formation et le développe- ment de tètraspores; elles se forment au détriment des cel- lules terminales des filaments. La formation du procarpe, avec le carpogone et le tri- chogyne, ont pu étre examinés aux différents stades de dé- veloppements et figurés dans ces états sur la double planche qui accompagne la note. M. Valeriaan Deinega, dans cet opuscule nous présente l’étàt actuel de nos connaissances sur le contenu cellulaire des Phycochromacées. Une grande partie du travail est consacrée a exposer les opinions, relatives a l’absence on à la présence du noyau, qui ont été émises par les nombreux botanistes qui se sont occupés de l’étude histologique des Phycochromacées. Ces matériaux d’étude ont été principalement Oscz/laria princeps et Fròlichii, Aphanizomena flos-aquae et une for- me de Nostoc. Dans certains cas l’auteur observe des masses centrales RP OTO A e TORE 1 — 405 — que l'on pourrait prendre pour des noyaux et méme parfois des phases de division; mais examinés avec soin, au lieu de trouver entre les deux noyaux filles une membrane seune, c'est une membrane vieille. Ces figures paraitraient étre dues a l'action exercée sur le contenu cellulaire par l’hydrate de chloral qui a servi a éclaircir les matériaux après fixation. D’après l’auteur la réaction caractéristique que l’ on trouve signalée partout et fournie par le liquide digestif, qui n'attaquerait par la mucléine ne serait pas genérale. Le noyau de l'Hydrodictyon reticulatum, de Spirogyra crassa se dissolvent dans ce réactif et après son action se sont les chromatophores qui absorbent les matières colorantes. Les noyaux observés par Zacharias pourraient donc étre des chromatophores qui dans ces formes sont réticulès. L’hydrate de chloral aurait aussi la propriété de dis- soudre la substance primordiale des noyaux. Cette étude qui laisse naturellement encore bien des vi- des a combler, renferme un point des plus intéressants qu’ il serait nécessaire de vérifier; c'est la solubilité de certains noyaux des organismes inférieurs dans les liquides dègestifs. L’auteur termine par quelques considérations sur les travaux récents de Zacharias et de Bitschli qui ont été examinés antérieurement dans ce journal. Le genre G/oetaenium crée par Hansgirg a fait de la part de M. Stockmayer, l’objet d’ études assez approfondies. L’auteur étudie la formation de ces bandes obscures signalées par M. Hansgirg et dont nous avons déjà parlé ici dans ce journal. Il étudie aussi le mode de développement de cet orga- nisme. De ces observations il conclut; d’accord avec M. M. Wille et De Toni, de placer cette algue non pas comme le veut M. Hausgirg, dans une sous famille voisine des Desmz- diées, mais dans le voisinage des genres Obeystis et Nephro- cytium. — 404 — C'est d’ après les récoltes faites par Madame Weber van Bosse, que M. Reinbold a redigé une liste qui comprend 15 espèces de Sargassum, parmi les quelles deux ont paru étre des formes nouvelles. M. Reinbold donne une étude sur les cyanophycées des Kiel qui sait suite è la fiore des Chlorophycées de la méme région. Cette nouvelles énumeration comprend 39 espèces. L’ au- ter a également trouve parmi les Schizomycétes les Beggiatoa alba, Leptothrie rigidula, Clathrocystis roseo-persicina. Pour terminer l’auteur donne une clef analytique des genres. Nous trouvons également à la fin un appendice a la liste des chlorophycés que l’ auteur a publiée précedentement et qui comprend 7 espèces. VENEZIA 1891. — STAB. TIPO-LITOGRAFICO DEI FRATELLI VISENTINI Piazza Manin, Calle della Vida, 4296 JAN DE 8 Tonn Anno I, sr Ottobre ES9R N. 19 RI Se E ox SE DI va AVS TSI DI NEPTUNIA RIVISTA MENSILE Per gli studi di scienza pura ed applicata i SUL MARE E SUOI ORGANISMI qC; Commentario Generale per le alghe a seguito della NOTARISIA Direttore: — Dott. D. LEVI-MORENOS — SOMMARIO DEL NUMERO 10 — di OTTOBRE ISO Franz Schitt — Sulla formazione schelettrica intracellulare di un Dinoflagellato (D. Levi-Morenos) .. . . . . .... . . pag. 405 Grablovitz G. — Tavole delle ore dell’ alta e bassa marea nelia città di Venezia ed isola d’Ischia pel Dicembre 1891. . » 427 Notizie sull’eruzione marina a Pantelleria (D. L. M.). . . . . » 431 tinta Direzione ed Amministrazione della Neptunia: S. Samuele 3422 - Venezia Prezzo d’ Associazione annua: e per l'Italia It L 20, — per l'Estero (Unione postale) It L 25, CER Venezia 1891 — Tip. Frat. Visentini ES /{ (3 Per l'Italia It. L. ®@. — Per l’ Estero (Unione postale) It-L, ®5. NEPTUNIA RIVISTA MENSILE PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA ED APPLICATA SUL MARE E SUOI ORGANISMI Commentario Generale per le alghe (NOTARISIA) Direttore Dott. DAVID LEVI-MORENOS COLLABORATORI Artari A. Università di Mosca. Bargoni E. Univ. di Messina Bettoni A. Dir. staz. pisc. Brescia Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- grafico R. Marina di Genova. Bonardi E.. Università di Pisa Borzi A., Univ. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d’A gri- coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. di Padova Camerano L., Univ. di Torino Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma. Cattaneo G., Univ. di Genova. Cuboni G., R. Istituto di Patologia Vegetale, Roma. Dangeard P. A., Univ. di Caen. De Wildeman E.. Jardin Botanique, de l’Etat. Bruxelles. Garcin A. G., Univ. di Lyon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietroburgo Grablovitz G., Direttore dell’Osser- vatorio Geo.-Dinamico d’ Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariot P., Musée Nationale d’Hist. Naturelle di Paris. Harvey-Gibson R., Un. di Liverpool. Hy Ch., Univ. di Anger. Imhof 0. |. Univ. di Zurigo. istvanffi J., Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Upsala. Lagerheim G., Un. di Quito-Equador. Lanzi M., Univ. di Roma. Lemaire A., Liceo di Nancy. Leuduger-Fortmorel, Micrografo a Doulon (Francia) ‘ Mobius M., Univ. d’ Heidelberg. Maggi L., Univ. di Pavia. Mancini E., Segretario R. Acc. dei Lincei. Roma. Marinelli G., Univ. di Padova. Millosevich E., R. Osservatorio cen- trale di Metereologia e Geodina- mica, Roma. Magnus P. Università di Berlino. Miiller 0., Micrografo, Berlino. Ninni P. A., Membro della Comm. Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P., Univ. d’ Erlangen. Schiitt F., Univ. di Kiel. Solla F., R. Scuola Forestale di Val- lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Agente d’Italia per l’ Africa Occideniale. Thoulet 1., Univ. di Nancy. Valle A., Civico Museo di Trieste. Vicentini G. R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Acc. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N., Scuola Sup. d' Agricoltura di Aas (Svezia). Zukal H., Università di Vienna. La Neptunia comprende le seguenti rubriche : piante od animali. . Studi originali sul mare e suoi fenomeni; sugli organismi marini, . Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. A" G6FE NMNUVS ‘S : VINAOLdHN EI[Pp suozes,siumtumy po QuorzesIg . Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscicultura, malattie dei pesci ete. . Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine o lacustri ; notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. È . Resoconto della campagne oceonografiche fatte dalla Marina nazio- i nale. dalle Marine estere o per privata iniziativa. . Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico del È mare e suoi organismi. , ; . Note, appunti e recensioni critiche. È . Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi organismi. < Notiziario. | VIZIUI Prezzo d’' associazione annua : OO Dì _ dI a GN > oi { tool ] \ } SE, JAN 23 1892 NEREUNTA Anno E 51 Ottobre 1891 NA DULLA FORMAZIONE SCRELETRICA.INTRACELLULARE DI UN DINOFLAGELLATO per Franz Schuùtt. In occasione delle mie ricerche sui Peridini, eseguite nell’inverno 1888-89 in Napoli, compiute coll’ aiuto della R. Accademia di Scienze di Berlino, ricercando dei G2mnodini rinvenni una piccola cellula analoga a quella di detti ani- animali, la quale si distingueva per un corpiccuolo sferico fortemente rifrangente la luce e posta nell'interno della cel- lula stessa. Da una più accurata indagine mi risultò il sorprendente fatto che la cellula conteneva uno scheletro intracellulare. Per l’importanza di questo fatto, così notevole tanto per la teoria cellulare in generale, quanto per la delimita- zione sistematica speciale di interi gruppi affini io sottoposi questo corpo ad una investigazione tanto estesa quanto m’ era concesso dall’individuo ch’ era a mia. disposizione, senza tuttavia poter sciogliere tutti i problemi che naturalmente mi si presentavano. La speranza che nutrivo di poter compiere la ricerca mediante ulteriori esemplari non ebbe effetto, chè ad onta 20 — 406 — delle più accurate ricerche non mi fu possibile trovare un secondo esemplare di quest’ organismo. Ritardai la pubblicazione del mio studio colla speranza che un secondo soggiorno a Napoli mi avrebbe data l’ op- portunità di compiere le mie investigazioni. Ma poichè nuove ricerche di esemplari viventi fatte nella primavera del 1889 non ebbero risultato ed io intanto potei conoscere fatti ul- teriori che mi confermarono nelle primitive deduzioni e per ora non mi è possibile di iniziare ulteriori ricerche su ma- teriale vivente, mi trovo costretto di richiamare fin da adesso l’attenzione dei colleghi su questi fatti, rimettendo al futuro di perfezionare le mie osservazioni e di rettificare eventual- mente le mie deduzioni. La forma della cellula è quella di un Gimnodino conte- nente un cromatoforo e così somigliante che se non si mo- strasse nell’ interna struttura della cellula certe speciali dif- ferenze potrebbe esser ritenuta come una specie molto af- fine dello stesso genere. Per chiarire questa rassomiglianza col Gimnodino os- servisi la figura 2 che mostra un piccolo gimnodino da me osservato in Napoli. Tutta la differenza esternamente riconoscibile fra questo Gimnodino ed il su menzionato corpicciuolo, che io, per più facile intelligenza indicherò sin d’ora colla denominazione di Gymnaster pentasterias, è ad ogni modo molto più pic- cola che quella tra il su detto Gymnodinum e la maggior parte degli altri animali dello stesso gruppo. La forma della cellula è ad un di presso sferica, tut- tavia con alcune deviazioni non notevoli. Anzitutto la cellula è divisa in due parti, una anteriore ed una posteriore per mezzo di un solco annulare che la cir- conda. Questo solco trasversale annuliforme (fig. 1 q) è inter- secato quasi perpendicolarmente da un altro solco longi- tudinale (fig. 1 2) il quale distingue nella cellula una parte 3 % Fap age Cga an & tr AE PAT 4 + È i — 407 — dorsale ed una ventrale (1). Questi due solchi caratterizzano la cellula per una di quelle dei Peridini. 3enchè io non abbia veduto la cellula in attività di mo- vimento tuttavia, in riguardo alle esperienze fatte sui Gim- nodini si può con sufficiente certezza ammettere che la estre- mità conformata più sottilmente è la estremità anteriore della cellula (fig. 3). La faccia ventrale che presenta il solco longitudinale è alquanto appattita. Anche in altri punti la superficie sì scosta, ma in minor grado, dalla forma sferica per certe irregolari depressioni. Il solco trasversale (fig. 17, 27) forma una insenatura stretta e abbastanza profonda, che corre intorno al corpo formando una spirale assai ampia, osservando che nel punto d'’ inter- sezione di esso solco con quello longitudinale le sue due estre- mità si piegano alquanto verso la parte posteriore. L’ estremità sinistra del solco trasversale sbocca prima della destra nel solco longitudinale. Quindi la spirale del solco trasversale è destrogira secondo la terminologia bo- tanica. Il solco longitudinale (fig. 1) forma del pari una profonda e stretta insenatura, la quale comincia presso l’estre- mità anteriore della cellula e corre rettilineamente e quasi parallela all'asse longitudinale, sino alla estremità posteriore della cellula. La dimensione della cellula, nel suo diametro parallelo all’ asse longitudinale, è di 0,05 mm., e perpendi- colarmente a questo, secondo la direzione da 0,04 mm. sino a 0,05 mm. (1) Per la struttura morfologica accetto la terminologia usata dal Bultschli per i Peridini nella sua opera sui Protozoi e quindi considero co- me faccia ventrale quella sulla quale giace il solco longitudinale e come faccia anteriore quella metà che si avanza nel movimento della cellula, contrariamente al Povchet, il quale chiama posteriore quella estremità che nel movimento si avanza. — 408 — Struttura del Corpo Cellulare plasmatico La Cellula non possiede una membrana solida ma è li- mitata all’ esterno per mezzo di uno strato ialino del corpo protoplasmatico (fig. 4 h). Attigua a questo segue un sottile strato plasmatico di- stinto da une gran quantità di corpi immersi nel plasma inco- lori, granulosi, fortemente rinfrangenti la luce. Questo strato di corpuscoli, quantunque questi siano in colori (fig. 4 k) rende così opaca la cellula che ne vien reso assai difficile lo studio delle formazioni esistenti nell’ interno della cellula stessa. Racchiusa da questo strato si trova una massa plasma- tico (fig, 4 p.) incolora contenente dei granellini minutissimi. Questa massa quasi ialina di granellini occupanti questo ultimo spazio viene per mezzo di uno scheletro — che descri- veremo più tardi (fig. 4 s, 3 s.) — divisa in due porzioni (fig. 3 pî p°, 4 pl p) le quali nella cellula vivente appariscono se- parate luna dall’ altra quasi mediante una parete. La porzione esteriore (fig. 4 p!) forma una sfera cava di circa 0,005 mm. di spessore, essa comunica colla porzione interna (che è sfera piena) per mezzo delle lacune dello sche- letro. Formazioni interne Nella camera interna della massa riempiente si pote- vano riconoscere due diversi strati: Un fascio di sottili ba- stoncîni o aghetti e una sfera centrale. Gli aghetti formano un fascio di bastoncini che ad una estremità sono strettamente uniti fra loro, presentando così nella parte superiore una grossezza di 0,006 mm. e nella in- feriore di 0,013 mm. (fig. 3 n). Questo fascio giace solo in parte nell’ interno della ca- mera limitata dall’ endoscheletro, con una estremità esso tocca — 409 — lo strato dei corpuscoli (fig. 4 k.) della parte anteriore della cellula e di quà, alquanto inclinandosi verso l’asse longitu- dinale della cellula, si estende obliquamente nell'interno verso la parte posteriore. Intorno alle proprietà e significato di questo fascio non posso dare alcuna sicura notizia, tuttavia voglio qui notare che la sua presenza non è un fatto unico, poichè io ho tro- vato simili fasci d’ aghetti in parecchie specie di Peridini p. e. in Podolampas bipes e ne riferirò più esattamente in un la- voro ulteriore. La sfera centrale (fig. 3 c.) è approssimativamente sfe- rica, chè in parecchi punti è alquanto depressa. Essa com- prende lo spazio interno della cellula ed il suo diametro è di 0,022-0,028 mm. E formata di tre parti: un sottile strato membranoso ialino, una massa fondamentale pure ialina, nella quale giaciono dei piccoli corpuscoli rotondi incolori e fortemente rinfrangenti. Intorno al significato morfologico della sfera centrale non potei arrivare ad una sicura conclusione, perchè essa sfera andò perduta prima che io potessi trattarla col reagenti ne- cessari a farla conoscere. Tuttavia io credo che qui sì tratti di un nucleo modificato in un modo speciale. In vero gli ele- menti che formano i nuclei dei Peridini sono ordinati in altro modo : essi nuclei presentano per lo più filamenti nucleari più o meno paralleli, e strettamente ravvicinati gli uni agli altri; con tutto ciò anche qui vi sono delle eccezioni poichè come fu dimostrato dal Butschli nei Peridini (Ceratium tripos) invece di nuclei si presentano contenuti cellulari speciali che pur discostandosi assai dai soliti nuclei debbono essere tutta- via indicati per tali. Simili nuclei ancorchè modificati potrebbero presentarsi anche presso il citato Gymnaster. Forse qui sì tratta di una frammentazione del nucleo in molte piccole parti avvenuta in causa della moltiplicazione cellulare. = dil'aa Se questa supposizione sia esatta, se la sfera centrale abbia carattere di nucleo o se essa non sia che un corpo parassitario nell'interno della cellula non sì potrà decidere se non quando si potranno trovare nuovi esemplari illesi e sottoporli all’ esame. Nella cellula non ho osservato vacuole, tuttavia non si può affermare che non ve ne fossero. Esse potrebbero facil- mente esser state coperte dallo strato di grossi grani del plasma periferico e dai contenuti interni ancora più grossi, I Cromotafori L'intero plasma era incoloro ; anche le forme che io avrei potuto per la loro figura ritenere cromotofori non erano ri- conoscibili. Manifestazioni vitali Non ho osservato che la cellula fosse dotata di movi- menti autonomi (1). Tuttavia il modo di comportarsi della superficie della cellula e specialmente quello delle insenature nel giacersi sotto il coprioggetti non lascia sorgere alcun dubbio sulla vitalità dell’ esemplare. Questo si comportò in modo del tutto simile come i Gimnodini da me esaminati. La cellula, per studiarne l'interno fu lasciata vivente sotto il vetro coprioggetti quanto più fu possibile cambiandosi spesso l’acqua marina. Non ostante il rinnovarsi dell’acqua la concentrazione di questa era tuttavia alquanto aumentata. Questo lento au- (1) Dalla mancanza di movimento nella cellula e dall’altezza apparente dei flagelli non si può ancora conchiudere uua diversità dai Peridini, poichè anche in altre cellule di questi i flagelli non si possono punto od a mala pena, vedero. Fatto questo non strano, poichè i flagelli per lo più facilmente degenerano o sono gettati via. Ricordo la comunicazione di Klebs (Bot. Zeitung, 1884), il quale dice di aver trovato senza movi- mento i Ceratium che gli vennero sott’ occhio in Napoli. — dll — mentare apparentemente era sopportato bene dalla cellula 0 almeno non c'era da osservare in essa alcun cambiamento. Per improvise differenze di concentrazione la cellula era tuttavia così sensibile come osservai già nei Gimnodini e reagiva come reagiscono questi. La cellula vivente possedeva forme regolari a contorni precisi, e riceveva la propria caratteristica impronta so- vratutto per mezzo dei solchi trasversale e longitudinale i quali apparivano con esatta limitazione come profonda e sot- tile fenditura. L'intero aspetto della cellula fu totalmente cambiato quando, dopo un più lento aumentarsi della concentrazione (a cagione di una alquanto maggiore aggiunta d’acqua ma- rina alla ordinaria concentrazione) fu ad un dipresso ristabi- lita la normale proporzione salina. Il contenuto cellulare subì un rigonfiamento, il volume della cellula aumentò notevolmente, la cellula assunse un’aspetto più tumido e la forma tipica andò mano a mano perduta men- tre i solchi si appianarono riducendoci a insenature (fig. 5). Sotto il coagularsi del plasma lo strato periferico da principio parzialmente e poi a poco a poco dovunque e con ciò divenne irriconoscibile. Però prima della morte totale, morì, fu spez- zato quà e là dal plasma che cercava l’uscita e che da un’a- pertura potè uscire fuori. Il processo osservato nella cellula del Gymnaster si ac- corda tanto con quello osservato da me presso i Gimnodini per le stesse cause, che la stessa descrizione potrebbe essere applicata direttamente pel maggior numero dei Gimmodini stessi. Tuttavia si manifestò ora un tratto differenziale e proprio di questa forma. Anche nei Gimnodini lo strato periferico è spesso squarciato dal contenuto cellulare che se ne esce, ma il plasma uscente perisce subito e sì disperde nell’ acqua, mentre la parte rimasta indietro ancora per un certo tempo sì può conservare in vita. Nella cellula del Gymnaster avenne il contrario, la parte — 412 — esteriore di essa sino allo scheletro perì, la parte giacente nell’ interno dello scheletro, unitamente ad una piccola por- zione del plasma esterno nel quale giacevano gli aghetti so- pra citati squarciò il superficiale involucro del plasma sotto forma di sfera sforzava l'uscita verso l'esterno e qui si man- tenne ancora per qualche tempo in vita, assunse forma sfe- rica e si divise dal mondo esterno colla formazione di uno strato periferico del plasma stesso. (fig. 5 b). Che sia dive- nuto di questa sfera nou posso dirlo perchè poi la perdetti d’occhio nello studio dello scheletro che solamente ora fu chiaramente visibile e perciò richiamò tutta la mia attenzione. Sino a qual punto il descritto processo del morire della cellula sia tipico o eccezionale si potrà dire soltanto allorchè più cellule saranno sottoposte ad esame (1). Avrei posta meno attenzione allo studio di questo pro- cesso se avessi creduto di aver sotto gli occhi un fenomeno puramente accidentale. Ma, come voglio qui notare di passaggio, poichè deter- minati fenomeni anteriori al morire, simili in parte a quelli descritti, sono perfettamente tipici per certi Gimnodini, ed in determinate circostanze esteriori si riproducono sempre sulla medesima forma, così credo verosimile che il caso men- zionato appartenga alla medesima categoria e come tale me- riti d'esser preso in considerazione. Non potrò dare una più esatta relazione in questo procedimento se non in un lavoro che comparirà di poi e che tratterà in modo speciale dei Gimnodini. . (1) È in questione se colla sfera espulsa nor si abbia a che fare con un corpo parasitario. Se io devo stare alle osservazioni da me fatte su altri Peridini e specialmente nelle cellule di Gimnodini mi sembra che non vi sia più alcun motivo per accogliere qnest’ opinione. Ad ogni mo- do sarebbe desiderabile uno studio ulteriore sulle manifestazioni biologi- che della cellula. — 419 — Descrizione dello Scheletro Lo scheletro consta di quattro parti, due grandi e due piccole ; le due maggiori sono fra loro uguali, ciascuna d’esse presenta una stella cinquareggiata della forma di una stella di mare (Asterocanthion rubens). La massa fondamentale della stella (fig. 6 e 7) è for- mata di un disco membranaceo, piatto sottile ed incoloro del diametro di 0,013 mm. al quale si connettono dei raggi 0 braccia egualmente piani divergenti sotto un angolo di 72 gradi. Il disco possiede un nucleo centrale rispetivamente annullare da cui irradiano sotto gli stessi angoli cinque raggi che ser- vono a consolidare la superficie del disco. In una distanza di 0,006 mm. queste cinque liste radiali sono fra loro riunite mediante un’altra lista di forma circolare e che pure serve a consolidare il fondo. Al di la di questa lista coronale conti- nuano quelle grosse liste mediane. Le braccia della stella che alla loro base sono larghe 0,0083 mm. si vanno a poco a poco assotigliando verso l’altra estremità, tuttavia senza terminare in punte acute. L° orlo delle braccia è lascamente dentellato, così che ne sorgono pa- recchi denti laterali ottusi. La superficie interna dei bracci è di ineguale grossezza, in sull’ orlo essa è alquanto più grossa che nelle parti interne. Queste condizioni di struttura sono dimostrate nella fi- gura 9 v. Questo debole addensamento si continua partendo dai denti in forma di liste molto molli che si estendono tra- sversalmente verso le più compatte liste mediane. Nel sopra citato esemplare napolitano sopra le liste mediane, era pure collocata un’ alta e molle lista alata. Nelle Stelle che io più tardi ricevetti dal materiale della Plankton-cxpedition, questa lista alata non era formata o pure a pena debolmente indicata e nei punti d’incrociamento RL dei TRISTI A di P sw og — 414 — delle liste radiali con la coronale si innalzava in forti bitor- zoli o spine. Le due più grandi stelle, si mostrano adattate alla fun- zione scheletrica per ciò che esse sono incurvate in modo da circondare uno spazio cavo di forma sferica. Le braccia delle due stelle sono una di faccia all’ altra in modo da toccarsi quasi colle loro punte, così che i due nu- clei centrali divengono i poli, le liste radiali che corrono per- fettamente intorno alla sfera formano i meridiani solamente interrotti nel piano equatoriale. Le liste coronali e le tenere liste di consolidamento in direzione trasversale divengono i circoli paralleli del globo così formato. Fra i due bracci dello scheletro i quali racchiudono uno spazio riparato verso l'esterno restano libere cinque lacune senza difesa. In una di queste giacciono le due, sopra citate, più pic- cole piastre dello scheletro, (fig. 6 e 7 s! ed s?). Formazione dello seheletro Ciaschuna delle due parti minori dello scheletro si pre- senta come una piccola e sottile piastra pentagona la quale, per la struttura sua più delicata si da tosto a conoscere come piastra centrale di una parte di scheletro che sta for- mandosi e mediante il crescere delle cinque braccia si svi- lupperà in una stella a cinque raggi. Trovandosi le due stelle minori in differenti stadi di sviluppo, si può dai tre diversi stadi trarre una conclusione per il modo di accrescimento delle parti scheletriche. Risulta in ciò che nella formazione della stella schele- trica avviene un accrescimento marginale, essendo da prin- cipio formata soltanto la superficie centrale della stella e per mezzo di un ulteriore depositarsi della sostanza scheletrica al margine della piccola piastra questa viene centrifugamente — 45 — accrescendosi e da ultimo è condotta ad assumere la forma stellare. Le liste di consolidamento sono congiunte alle piastre esse quindi non sono originate da accrescimento complemen- tare delle membrane, ma furono deposte contemporaneamente alla giovine superficie del fondo. Per ciò l'accrescimento delle liste procede solo alquanto più presto di quello della piastra fondamentale. Forma delle piastrine La più piccola e conseguentemente la più giovane delle due piastre (fig. 8 s!) non ha ancora raggiunta la gran- dezza della normale e circolare piastra del centro della grande stella. È un piccolo pentagono regolare, con nucleo centrale chiaramente marcato dal quale irradiano le cinque liste di consolidamento radiale, caratteristiche per le stelle maggiori. Se il nucleo centrale sia semplicemente nucleo 0, come credo, un ristrettissimo anello di consolidamento come nelle stelle più grandi non potrei dirlo con sicurezza. La lunghezza normale dei raggi non era ancora rag- giunta. Conformemente a ciò anche la lista coronale con- giunta coi raggi non si poteva ancor a riconoscere. Nella seconda stella alquanto maggiore (fig. 8 s°) l'accrescimento era alquanto più avanzato. La piastra centrale, colle sue liste radiali ha quasi rag- giunta la sua grandezza normale, non ha però ancora la forma circolare ma è pentagonale, in corrispondenza col più rapido accrescimento delle liste radiali. | La lista coronale s' è appunto allora formata ; si può ri- conoscere il suo formarsi nei luoghi d’incrocciamento del- l'anello colle liste radiali, in forma di piccoli raggi laterali. Nello stesso tempo è reso visibile il primo iniziarsi delle braccia; mentre le liste radiali si sono alquanto prolungate al di la dei punti d’incrocciamento colla lista coronale, e non 416 dalla superficie fondamentale delle braccia si sono sviluppate piccole superfici triangolari. La sostanza dello scheletro Essa, trattata coi reagenti chimici, reagisce solo con po- chi, coll’alcool, etere, potassa diluita, cogli acidi acetico o muriatico concentrati e diluiti, coll’Iodio in joduro potassico non si altera, e col clorojoduro di zinco non si colora punto. Da queste reagioni negative viene esclusa una grande quan- tità di corpi nei quali avrebbero potuto presumibilmente con- sistere le stelle. Ne risulta il presuposto che la sostanza delle stelle sia silicea. Coll’ esemplare napoletano non si poteva venire ad una certezza su questo riguardo, perchè mediante il riscalda- mento colla potassa esso andò perduto. Ma potei confermare la suposizione con altri esemplari che io ricavai un anno dopo dal materiale della Plankton- Sxpedition. Non vi trovai invero esemplari completi, ma solo singole stelle le quali si distinguevano da quelle na- poletane solamente per la minore grandezza (diametro del disco centrale 0,0011 mm.) e per la mancanza o per il mino- re sviluppo delle liste alari poste perpendicolarmente su quelle di consolidamento. Riscaldando queste stelle sul coprioggetti esse rimasero inalterate, mentre le sostanze organiche poste a lato veni- vano carbonizzate. Singole stelle, che io per altro ritengo per identiche con rispettive parti di scheletro del Gymnaster, fu- rono ritrovate fossili da Ehrenberg. Da ciò risulta che lo scheletro del Gymnaster è siliceo, con questo però non intendo dire che esso scheletro consista unicamente di silice. Non mi sembra da escludersi che esso contenga una — 417 — base organica consistente di sostanza cellulosica la quale con tutto ciò sotto questa forma potrebbe non essere colorata dal cloroioduro di zinco, simile in questo al guscio siliceo delle dia- tomee, il quale anche nell’ arroventamento conserva la sua forma e con tutto ciò consiste di una sostanza fondamentale organica (modificazione cellulotica la quale non è colorabile col clorojoduro di zinco). Quest’idea mi sembra assai proba- bile, ma non si può per ora dimostrare vera, per la rarità e piccolezza dell'oggetto. Tanto meno si può risolvere la questione ancora insolubile per le diatomee, se l'acido sili- cico sia chimicamente combinato coll’ organica sostanza o so- lamente meccanicamente mescolato con essa. Per la retta intelligenza del modo di formarsi e del va- lore morfologico di questi organi cellulari sarebbe assai a de- siderarsi che venisse risolta tal questione, soluzione che pur troppo per ora non è possibile. Diffusione geografica Il solo esemplare perfetto che sino ad ora sia stato tro- vato, provviene dal Golfo di Napoli. Singole stelle scheletriche isolate furono tuttavia trovate in diversi luoghi. Ehrenberg trovò nei ghiacci dei mari polari stelle si- licee che io ritengo identiche a ciascuna delle stelle del Gym- naster. Simili stelle, che per altro non mostrano nel mezzo al- cun anello di consolidameento furono pure trovati da Ehren- berg nei depositi terziari della Virginia e della Grecia. Haeckel descrive sotto il nome di Distephanus pentaste- rias, nel suo lavoro sui Radiolari del Challenger una stella della quale egli sventuratamente non diede il disegno, ma che egli ritiene come identica coll’ Aclmiscus pentasterias di Ehrenberg e che io quindi ritengo come una stella prove- — 413 — niente da una cellula di Gymnaster. Egli la ricevette da quattro diverse stazioni fatte dalla Challenger- Expedition, (247, 270, 271, 272) nell'Oceano Atlantico ed Oceano Pacifico Centrale e perciò egli ritiene il Distephanus pentasterias come cosmo- polito. Nel lavoro dell’ Hensen sul marteriale riportato dalla Plankton-Expedition del 1889 nel mare di Jrming (Plankton- finge 12, 13, 16) si rinvennero singole stelle isolate. I ma- teriali ricavati dalla spedizione nelle parti meridionali non furono ancora esaminati nelle forme piu minute e si può quindi ancora sperare che l'ulteriore lavorazione del materiale con- durrà a più ampie conclusioni intorno alla diffusione geografica del Gymnaster, le quali come io credo confermeranno la con- clusione che Haeckel ricavò da un piccolo materiale. Posizione sistematica Perciò che riguarda la posizione sistematica della forma descritta noi possiamo omettere le più antiche opinioni, co- me quelle di Ehrenberg che colloca le rinvenute stelle fra le diatomee e riferirci direttamente alla spiegazione di Haeckel per ricercare se le mie idee sono giuste o se e come esse debbano esser rettificate. Per quanto mi è noto prima che fosse trovata la cellula di Gymnaster da me più sopra de- scritta era conosciuto solamente un pezzo di scheletro rife- rentesi a singole cellule. Su questo materiale naturalmente non sì può conseguire alcuna certezza sulla posizione del- l'organismo a cui appartiene. Conformemente a ciò anche Haeckel dovette esser tratto ad un erronea opinione riguardo alla posizione della nostra forma. Per una certa somiglianza esteriore di essa colle parti di scheletro del Distephanus egli riferì a questo genere met- tendola quindi tra i Dictyochida. Questi egli collocò tra le Cannoraphida e con ciò fra ì Radiolari. — 419 — Ora per acquistare certezza intorno alla posizione siste- matica della nostra forma dobbiamo brevemente trattare delle proprietà del gruppo Dictyochida. Secondo l’ opinione di Haeckel gli scheletri silici dei Dictiochida sono piccole parti di un gran corpo radiolaceo nel quale esse si sono allagate in gran numero. Questa opinione di Haeckel fu recentemente confutata da A. Borgert, scolaro di K. Brandt, il quale dimostrò in modo conveniente che le forme silicee di Dictyochida ritenute da Haeckel come parti di uno scheletro radiolare non appar- tengono a Radiolari ma ad una forma di Flagellati. Borgert (1) compendia i più importanti risultati delle sue ricerche nel modo seguente : « A. I Dictiochida sono piccoli organismi indipendenti ; quindi cade l’ opinione di Hertwig e di Haeckel e quindi : « B. I Dictiochida di Haeckel, che costituiscono la terza subfamiglia dei suoi Cannoraphida sono in origine specie di Phaeodaria prine di scheletro (Phaeodinida) le quali per qual- sivoglia cagione sogliono ricevere nella loro ca/ymma le co- razze silicee di questi animaletti. « C. I Dictiochida debbono essere divisi dai Radiolari e posti tra i Mastigofori ». Potrei anch'io sottoscrivere queste tre proposizioni rife- rentesi al Gymnaster collocato da Haeckel tra ì Dictiochidi. La opinione della pertinenza o meno ai Radiolari potrebbe farsi non solamente per i Dictiochidi e per il Distephanus ma anche per il Gymnaster. Resta ora a stabilirsi la demarcazione fra il Gymnaster ed i Dictiochildi. Caratteri comuni: 1.° Così il Gymnaster che Dictyochida non appartengono ai Radiolari ma ai Flagellati intesi nel senso più ampio (Mastigophora). (1) A. Borgert. Ueber den Bau von Distephanus speculum. Zool. Anzeiger 1890 pg. 227. — 420 — 2. Entrambi sono privi di membrana ma non possedono pseudopodi. 5. Entrambi possiedono uno scheletro sicileo che consta di almeno due pezzi combacciantisi, che racchiudono uno spazio vuoto privo di scheletro. Caratteri differenziali : Riguardo allo scheletro : Quello del Distephanus e degli altri organismi del gruppo Dichtyo- chida consta di un duplice reticolo formato da cavi bastoncelli silicei; lo scheletro del Gymnmnaster all'incontro è formato da due piastre piane e rotonde le quali al margine si irradiano in larghe braccia piatte ; nella piastra centrale e sulle braccia si trovano degli ingrossamenti in forma di liste. Riguardo alla parte molle: La porzione protoplasma- tica del Distephanus secondo Borgert consiste in un corpo molle, rotondo che riempie lo spazio lasciato dal sostegno si- liceo ma non esce da questo anzi limita esternamente il corpo cellulare, esso é quindi uno scheletro esterno. Nel Gym- naster lo scheletro è una formazione intercellulare. Il Diste- phanus forma una sfera che si muove coll’ aiuto di un flagello, e quindi ha il puro tipo dei flagellati. Il Gymnaster invece ha perfettamente la struttura esterna di un Gimnodino cioè la limitazione del plasma senza membrana e la presenza di un solco trasversale e d'uno longitudinale che s’interseca con quello perpendicolarmente. Non furono osservati direttamente dei flagelli, ma dalla presenza del solco longitudinale e trasversale si può con- chiudere con certezza che la cellula procede coll’ aiuto di due flagelli, quello del solco trasversale e quello del solco longi- tudinale. Il Distephanus nel plasma della cellula possiede cromo- filla;il Gymnaster è perfettamente incoloro e non mostra neppure formazioni plasmatiche incolore che abbiano il signi- ficato di cromatofori. Il Distephanus possiede un nucleo cellulare simile ad una vescichetta, come quello descritto generalmente dei flagellati — 421 — mentre il Gymnaster in luogo di questo ha la sopra descritta sfera centrale sua caratteristica. Il Gymmnaster ha nel piasma un fascio di aghetti, il Di- stephanus non l’ha. A queste due ultime circostanze, nucleo e fascio di aghetti, non voglio tuttavia dar molta importanza poichè mediante uno studio ulteriore’ di individui viventi del Gymnaster potrà esser stabilito fino a che punto queste due proprietà sieno tipiche o unicamente sporadiche, forse anche dovute a certi stadi di sviluppo. Non ho parimenti compreso le due piccole piastre scheletriche del Gymnaster fra i caratteri differenziali poichè io le ritengo per stadi di sviluppo e quindi non tipiche per la sistematica individualisazione. Dopo di ciò mi sembrano queste le più importanti caratteristiche. I Dictiochida (1) sono Flagellati con uno scheletro siliceo formato di bastoncini cavi, che limita la cellula verso l’ e- sterno ; il Gymmnaster invece è caratterizzato mediante la formazione dei due solchi così caratteristici per i Peridini, come una forma appartenente a questi, la quale si distingue dai Gymnodini soltanto per uno scheletro siliceo intracellulare. Posizione sistematica fra gli altri Peridini La presenza dei solchi longitudinali e trasversali carat- terizza questa forma come un Peridino. La mancanza di un involucro solido lo farebbe riferire alla famiglia dei Gimnodi- (1) A. Borgert propone di dare ai Dictiochidi per il loro scheletro siliceo il nome di Silicoflagellati e di farne un ordine speciale dei Ma- stigofori. Ciò sembrami perfettamente giusto, ma tuttavia il nome non mi sembra scelto felicemente. Poichè come ho mostrato in questo stesso lavoro, i Dictiochidi non sono i soli flagellati (nel senso più ampio) che sieno di- stinti da uno scheletro silicico, come lascierebbe suporre la denomina- zione di Silicoflagellati. Mi sembra quindi più conveniente di evitare af- fatto questo nome, e di sostituirlo con altro. Ma non volendo io su que- st’ argomento prendere la mano agli specialisti ho nel presente lavoro continuato ad usare semplicemente l’antica denominazione di Dictiochidi. 21 niacei. Tuttavia la presenza di uno scheletro infracellulare che non si riscontra in nessun caso nei Peridini mi sembra formare nei riguardi sistematici, una così importante diffe- renza da mostrarmi conveniente di separarla dalla famiglia dei Gimnodiniacei per farne una speciale famiglia dei Gim- nasteracei. Conclusioni : Secondo i noti fatti non si può fare al- trimenti che annoverare la forma sopra descritta tra i Peri- dini simili al Gymnodinium. Ma la stessa posizione dei Gim- nodini è ancora così oscura ed in molti punti così bisognosa di schiarimento che saranno ancora necessarie diligenti ri- cerche sul materiale vivente per risolvere le più urgenti questioni. E specialmente è ancora affatto oscuro il rapporto fra i Gimnodini e le spore quale io accennai nel mio lavoro sulla formazione di spore dei Peridini marini. Forse lavori posteriori mostreranno che alcune forme le quali noi ora dobbiamo ritenere come Gimnodini sono spore di altre forme. Quindi io considero anche la limitazione sistematica da me stesso proposta soltanto come provvisoria, la quale forse più tardi potrà subire delle modificazioni, se mai qualcuno favo- rito dalla fortuna potrà ottenere dalle sue ricerche un maggior numero di individui viventi del Gymnaster. Ma comunque possa riuscire la soluzione definitiva di ciò che riguarda la sistematica resta ugualmente di grande interesse per la ge- nerale morfologia della cellula, la /0rmazione di uno sche- letro intracellulare in una cellula simile ai Gimnodini, e nell'interesse che ognuno presta a ciò che riguarda la mor- fologia generale non ci resta altro che desiderare che al più presto possibile si riesca, col trovare ulteriore materiale vi- vente, a riempire le lacune esistenti ancora nelle nostre co- gnizioni su questo organismo. te Age! 4 i Tie ISIN Ta Sistematica 1.° Genere : Gymnaster n. g. Lo scheletro interno consta di due piastre lobate stel- liformi arcuate, racchiudenti uno spazio cavo, sferico. Gymnaster pentasterias Schutt. ; Syn. Actiniscus pentasterias Ehr. 1854 (1). Distephanus pentasterias Haeckel (2). Cellula nuda approssimativamente sferica con un solco longitudinale retto ed un solco trasversale interrottamente annulare che divide il corpo in due parti quasi eguali. Il sol- co trasversale è destrogiro e svolto con piccolo passo. Sche- letro intercellulare consistente in due piastre stelliformi che racchiudono uno spazio cavo sferico. Piastra in forma di stella cinqueraggiata con tre sistemi di liste di consolida- mento. Nodo centrale, cinque raggi ed una lista coronale. Dimensioni : Lung. della cellula 0,05 mm. Diametro della piastra centrale della stella scheletrica 0,013 mm. Lung. delle braccia computata dalla lista anullare in poi 0,016 mm. Diffusione: Nel mare, è probabilmente cosmopolita. Fos- sile negli strati terziari (Virginia, Sicilia, Grecia). Gymnaster tetrasterias Schutt. Syn: Actiniscus tetrasterias Efr. (3) Corpo cellulare ignoto. Stella scheletrica di 4 raggi. E dubbio se questa forma sia una vera specie ovvero una deviazione dalla forma normale della specie precedente. (1) Ehrenberg — Mikrogeologie, Tab. XVIII, fig. 61. (2) Haeckel — Reports on the scientif. resultats of the voyage of H. M. S. Challenger -- Zoologie vol. XVIII, II part. Radiolaria. 1887 pag. 1564. (3) Ehrenberg-Mikrogeologie, Tab. XVIII, fig. 62. (a PAN ir eee i tit pra à a è Pi ate w pig s e di i À — 424 — Diffusione : Fossile, trovata da Ehrenberg soltanto nelle roccie Marnose vicino a Egina. Gymnaster sirius Schitt. Sin: Actiniscus sirius Ehrbg. (4). i Dictyocha sirius Ehrbg. (2). Distephanus sirius Haeckel (3). Corpo cellulare ignoto. Scheletro stelliforme raggiato. | Ehrenberg distingue due forme, una con un nodo cen- trale anelliforme (tig. 11), l’ altra senza nodo centrale. Le È osservazioni fatte sino ad ora sono ancora insufficienti. 3 | Diffusione : Fossile, trovato da Ehrenberg, negli strati pad terziarii della Virginia ; secondo Haeckel (Murray), vivente nell’ Oceano Atlantico. Da me non fu ancora vista. be (1) Ehrenberg — Monatsberich. d K preuss. Akadem. d. Wissensch. fix | Berlin 1844, p. 68. A (2) Ehrenberg — Mikrogeologie, Taf. XVIII, fig. 59. (3) Haeikel. — Report. pag. 1566. 1 I È | Tradusse dal manoscritto originale bi: D. Levi-MorrNOS si Gi mala dona ) ; 7 » » — 4125 — SPIEGAZIONE DELLE FIGURE sfera centrale — fascio d’ aghetti. Dalla fig. 1 alla 8 ingr. 900:1 (Materiale del Golfo di Napoli). p — massa plasmatica p} = porzione esterna della massa plasmatica p? — porzione interna » » » h = strato cuticulare » » » k —= strato granullare » » » Ss ="Seheletro G=" n . 1 — Cellula del Gymmnaster Pentasterias del Golfo di Napoli, ve- duta dalla faccia dorsale. I solchi longitudinali (2) e trasver- sali (9) della faccia ventrale sono indicati da linee punteg- giate. 2 — Cellula di Gimnodinio che contiene i cromatofori. cr. — cromatofori. 3 — Uguale alla figura l coll’ indicazione del contenuto cellulare. 4 — Porzione di cellula vivente in sezione ottica trasversale dimo- strante la struttura del plasma. 5 — Come la figura 3 essendo la cellula scoppiata per l’ improv- viso squilibrio nella salinità dell’ acqua marina. a —= plasma e scheletro esterno b — plasma interno, uscita a forma di palla Disposizione delle due grandi stelle. " — Le stelle viste di fianco. s!-s? — le due piccole stelle in parte nascoste dalle braccia delle stelle maggiori. 8 — Le due piccole stelle vedute dalla superficie (s1-s?). Le due grandi stelle sono indicate soltanto schematica- mente (s3-s4), ) [| 1% — 4260 — » 9 -— Stella dell’ Atlantico settentrionale ingr. 1700/1. ca fe, » 10 — Stella del Gymnaster pentasterias secondo Ehrenberg — Mio de krogeologie, Taf. XVIII, fig. 61. e I° » ll — Stella del Gymnaster Strius secondo Ehrenberg — Miasgani } SG iogie, Taf. XVIII, fig. 59. I) E » 12 — la stessa senza nodi annullari centrali. Ehrenb. — Mica DI e; * logie, Taf. XVIII, fig. 60. n si » 13 — Stella del Gymmnaster tetrasterias, secondo Ehrenberg /oc. cit. pe, fio. 62. È pad n 3 sE * a i 3A x Ro % sl Ms x ci 3 Ad 1a e ui. de toGne «a j : I È 4 pe n È | i 5 È TAVOLA. EA TICA PRETE I delle ore dell'alta e bassa marea nella città di VENEZIA pel Dicembre {891 GIORNO | BASSA MAREA 1 Sh45 d 415 » 3 450 » 4 DID» 5 610 » 6 te pe > di 830 » 8 LIO» 9 040 p. 10 Lo» ll 210 » 12 245 >» 13 320 » 14 3 55 >» 15 430 » 16 Dior 17 539 » 18 6 10 » 19 6 45 » 20 720 » | 21 755 » 29 840 » 9299]. 9 40.» 24 El Oy ai 297 bolos 28 0. 29 245 >» 30 DIRO 31 4A GS» ALTA MAREA 955 a 10 20 10 55 Re 25 05 0 35 120 3 15 5 40 7 35 8 30 9 20 10 0 10 40 11 1120 >» | 0 ETasaRi 0 40 120 o 45 6 30 710 7 45 8 20 855 9 30 10 0 BASSA MAREA ALTA MAREA AD25” p. 11PIO" p Di 0» ll 45%» 5:30» 095020 65 bit» RES» 645 » | DE MEO» SORT 820 » 4.29 >» Sede ASD 11 10 » 640 » Uro: 26: > 130553 8 » Relot 840 » Se 0 OElo nt» 345 » 950 » 420 » 10 20 » STIA, 10550» o 40 » 1130 > 6 25 » 0:10 pi 720 » 040 » 8.35. >» 259 10Clbf > 240 » 11.55 » 435 » 0.50 p. 625 » 135 » Tr DO PAN LOI 840 » | 240 » 920 » 310 » 9 55 » 340 » 10 30 » 415 » LISIORS 445 » 1:45» GIORNO Oi 00) do ut I DD DO DD ra O TORO TAI TOTO) 00 TOTO N Tra le due alte maree quotidiane è più sentita quella che avviene tra le 2 ant. ed il mezzodì; tra le due basse, quella tra le 2 e le 11 pom. PS RR RTIDOL E AZ N ie e A TAVOLA. delle ore dell’ alta marea nell’ isola d’ ISCHIA pel Dicembre 1891 Ì 8130" a, 8h45" p, 2 Gi Da 920 » 3 940 » LOCKONn:» 4 10 25 » 10 45 » Ò KS» 11 30 » 6 11655 0» A 7 025 » 055 » 8 125 » PRO 9 DIST 53190 (O NR, 10 3 5005 425 » 1l 469900» 525 >» 12 DIDO 620 » 13 645 >» 7010065 14 735 » Sat 15 820 » 845 » 16 10 RG (CO ANTS 930 » 17 950 » 10 15 » 18 10 35 » 10 55 » 19 Wal Il:35-* 20 ISS, a 21 020 » 040 » 22 Torta 16300» 23 Pene, PAT. 24 PA DONE 330» 25 dee i ANSA 26 DIRO ORZONI 27 0006, 02000» 28 645 » TAO» 29 730 » 7090 » 30 810 » 830 » al 850 » 910 » Le basse maree avvengono sei ore dopo le alte maree. GIULIO GRABLOVITZ NOTIZIE SULL' ERUZIONE MARINA A PANTELLERIA L'isola di Pantelleria A 140 chilometri S. S. O. da Trapani (Sicilia) a soli 76 chilom. dal Capo Bon (Tunisi) trovasi quell’isoletta di Pan- telleria, Pantalaria o Pontellaria, la Cassira degli antichi, quell’isoletta che gli studiosi dei fenomeni geologi conoscono assai bene. Con una superficie di 103 chilom. q. ed una circonferenza di 46 chilom. l’isoletta presenta l’ aspetto più vario ed acci- dentato. Il suolo formato di roccie vulcaniche, con qualche traccia di crateri, molti massi di lava, scorie e pietre fossili presenta una cultura disforme, essendo l’isoletta elevata a montagna. Le parti inferiori sono boschive, nelle vallate si trova il fico, le viti i legumi, e gli olivi che al Nord, con ca- stani e quercie, formano un magnifico bosco. Nel centro dell’isola s’ eleva un picco di 832 m. secondo i dati delle carte inglesi, il quale va declinando con dolce pendio verso l'estremità dell’isola inalzandosi invece ad Est più che in ogni altra parte. Alla sommità del picco trovasi un cratere profondo di 27 m. trasformatosi per le pioggie in laghetto circondato da alte roccie. Pantelleria politicamente appartiene alla Sicilia, cioè all'Italia, dipende dalla provincia di Trapani. Geografica- — 4392 — mente invece appartiene all’ Africa dalla quale è distante solo sei ore di vapore, mentre ne dista undici da Trapani. Il commercio dell’isola è specialmente colla Sicilia, colla Algeria, Tunisia e Malta, il porto è naturalmente piccolo e l'approdo all’isoletta è difficile nell'inverno quando il mare è cattivo. Le vicende storiche dell’isola presentano dei fatti inte- ressanti e notevoli. Fu occupata prima dai Fenici e dai Carta- ginesi ; sotto i Romani ebbe triste fama e fu a Pantelleria che Augusto esiliò la figlia Giulia e che Nerone vi fece morire Ot- tavia figlia di Messalina. L'isola fu tenuta lungamente dagli Arabi ai quali fu tolta da Ruggero nel secolo XV. Vi rimangono tradizioni e tipo arabo ed il dialetto che è veramente un misto d’arabo e d’italiano. Nell'isola vi sono cinque villaggi uniti in un unico comune di 6000 anime, il capoluogo è Appidole e Pantelleria. I fenomeni successi nel 1831, 1863 e 1881 presso Pantelleria È assai noto — tutti i testi anche i più elementari ne par- lano — come nel 18341 fra la Sicilia e Pantelleria sorse per successive eruzioni marine quella celebre isoletta di 3700 m. di circuito e 63 metri d'altezza sul livello marino — la quale ebbe più nomi che mesi di vita, l’isoletta Yerdinandea, Bor- bone, Nerita, Hotham, Graham, Corrao, Sciacca, l'isola Giulia degli inglesi che vi avevano appena impiantato la loro bandiera, quando l’isoletta scomparve! Ricomparve nel 1863, o per dire più giustamente nel posto dell’isolotto del 1831 si riformò per brevissimo tempo una nuova isoletta. Di poi, più vicino all'isola Pantelleria, si ripetè a molti anni di distanza l'interessante fenomeno. L'isola era stata nel giugno del 1881 scossa da frequenti terremoti, come fu constatato dal capitano Swimburne del « Rapid » quando nel luglio susseguente si vide sorgere — 4339 — dalla superficie del mare un isolotto vomitante fuoco e lapilli i quali, cadendo all’intorno estendevano l’isolotto stesso. Ma pochi mesi dopo, nel 1882 l'isolotto come rapidamente si formò, rapido fu pure disfatto e l’acqua che disperse i lapilli e gli altri materiali eruttati. 1 fenomeni odierni Il 18 ottobre di quest'anno (1891) a tre chilometri da Pantelleria in direzione d’ Ovest furono viste alzarsi impe- tuosamente le acque marine e sorgere dense colonne di fumo. Durante la notte ed il giorno susseguente sì sentirono nell'isola scosse di terremoto, chi dice tre chi un maggior numero e fu pure vista una zona di mare lunga circa un chilometro esten- dentesi da Sud verso Nord sollevarsi e abbassarsi per con- tinua eruzione di massi vulcanici e pietre e lapilli, il tutto accompagnato da densi vapori, da boati e rumori profondi e vari. Il materiale eruttato s’ innalza ad altezza considerevole e nel cader giù da luogo ad un un isolotto simile a quello del 1881 ed all'Isola Giulia del 1832. L'Ufficio centrale geodinamico ordinò telegraficamente al prof. Riccio direttore dell’ Ufficio di Palermo di recarsi a studiare il fenomeno. Il postale che fa il servizio coll’Isola di Pantelleria essendo già partito ed i viaggi facendosi a grandi intervalli, il prof. Riccio partì tosto con una barca a vela. Riportiamo un interessante telegramma spedito il giorno 20 da Pantelleria ad un giornale politico di Roma : « Vi telegrafo in mezzo allo spavento e al dolore generale. Vi dirò in breve come fu il principio di questa immane sventura. La prima scossa fu avvertita alle tre pomeridiane del giorno 14; le altre alle ore 5, 7, 9 ed 11; però così lievi che la massima parte degli abitanti non se ne accorse. Alla mezzanotte si ebbe una tale scossa che tutta la popolazione spaventata prese il largo. Dopo qualche tempo, cre- dendo non si dovesse ripetere l’ingrata sorpresa, ognuno pensò di rinca- sare; ma alle 3.20 antimeridiane del giorno 15 un’altra scossa violen- Uda tissima rimise il terrore in tutti gli animi. Da quell’ora niuno pensò più a ritornare in casa, tanto più che le scosse accompagnate da boati si succedevano coll’intervallo di due ore. Così seguitò nei giorni 15, 16, e 17. La popolazione parte fuggiva in campagna, parte si ammassava nelle barche ancorate nella rada. Alle 11 antimeridiane del 17 il sindaco Francesco Valenza s’ accorse del vulcano in mare. Il popolo accorre sulle colline a guardare; lo spa- vento aumenta; ma le scosse si fanno meno sentire e ritorna un po'di calma, Ieri notte (18) una scossa violentissima si rinnovò. Io, insieme al sindaco e ad altri, mi recai presso il cratere. Questo misura circa 700 metri in lunghezza e 200 in larghezza. Immensi massi si sollevano a fior d’acqua e tornano a sprofondare. La popolazione è profondamente esasperata, perchè il pericolo sem- bra raddoppii e nessuno si cura di noi, come se fossimo condannati a perire. Sono sette giorni che il prefetto, il governo furono avvertiti di questo pericolo; sono sette giorni che si balla senza volontà e non ancora si vede apparire un legno della nostra marina; è tutto dire! Il Governo aspetta forse che qui si sprofondi tutto, per venire poi a coprire colla calcina come a Casamicciola? Perchè non si mandano navi per salvare gli abitanti? Unico provvedimento preso dal Governo è stato quello di far trasportare l’ ufficio telegrafico in una baracca di legno. E lodevolissimo il conteeno delle autorità locali e della cittadinanza. Vari fabbricati sono offesi e crollati. Il sindaco diede ordine di atterrarne quattro. Ieri molti cittadini, di propria iniziativa, telegrafarono al generale Pallavicini, primo aiutante di campo del re, protestando contro la con- dotta del Governo e pregandolo di esprimere al re, il desiderio degli isolani di veder qualche nave della squadra in queste acque. Il telegramma era firmato dal signor Giambattista Amanza. Il generale Pallavicini rispose: « Ricevo il suo telegramma che d’ordine di S. M. venne comunicato a S. E. il presidente dal Consiglio dei ministri od a S. E. il ministro degli interni. » Il giorno 22 arrivava la corazzata italiana Bausan nelle acque dell'Isola; ma il fenomeno non presentava più alcun motivo di inquietudine per le accese fantasie degli isolani. Il prof. Ricco si recò con una lancia a vapore del Bausan a studiare il fenomeno. Avvicinatosi al cratere ha potuto osservare centinaia di blocchi galleggianti, incandescenti internamente ed esplodenti, — 435 — e vide che con uno scandaglio a 320 metri non si giugeva toccare il fondo. Il prof. Ricco constatò pure che l'eruzione era diminuita. Le masse di scoria giungono a fior d’acqua; alcune spro- fondano; altre scoppiano, altre, a guisa di locomotive, scor- rono sulla superficie del mare, spinte dal vapore che lasciano sfuggire. Il sindaco e due marinai presero quattro pezzi di masse scottanti, che internamente furono trovati incandescenti, tanto da fondere delle verghe di piombo, di stagno e di zinco. Scandagliarono ancora il mare per 300 metri senza tro- varne il fondo. La scheggia di un masso che scoppiò vicino alla lancia, cagionò al capitano del genio Eugenio Canino, una lieve ferita lacero-contusa alla radice del naso. Il prefetto parti col piroscafo Tigre, alle ore 2 pom. La notte del 22 furono avvertite ancora due lievissime scosse di terremoto in alcune località dell’ isola. La popolazione rientrò nelle case e si è provveduto ai maggiori bisogni della popolazione. Secondo il prof. Palmieri direttore dell’ Osservatorio vesuviano il conato eruttivo di Pantelleria è legato al mo- vimento tellurico che da qualche tempo si svolge in tutta la penisola italica. Questo movimento va dal nord verso sud e ha originato i tremuoti di Mantova ed altre città dell’ Italia, qualche oscillazione sugli Appennini e saltando a pie’ pari l’Italia meridionale continentale è passato in Sicilia saltando la regione vesuviana. In quanto al nuovo vulcano il prof. Palmieri crede che sia destinato a sparire, ma che non ostante ciò il Governo dovrebbe inviare sul luogo una Com- missione per le fotografie e gli studi opportuni. — 436 — In fine, riportiamo delle curiose considerazioni che si potrebbero intitolare I vulcanismo e la politica, fatte dal « Journal de Genéve » a proposito di questo nuovo vulca- no marino: Dice il giornale ginevrino che ciò che rende particolar- mente interessante l'apparizione di questo vulcano è il fatto che il fenomeno si manifesta in quello stretto lembo del Me- diterraneo che separa il capo Ras sulla costa tunisina dal Capo Granitola in Sicilia. La persistenza dell’ attività vul- canica in quei luoghi dà molto da pensare: infatti è facile immaginare ciò che succederebbe se quei suoli sottomarini, le cui basi sono molto deboli, venissero un giorno ad essere sollevati fino alla superficie del Mediterraneo. Questo mare si troverebbe allora diviso in due vasti bacini assolutamente distinti l’uno dall'altro e non comuni- canti più tra di loro che per mezzo dello Stretto di Messina. Se questo fatto avvenisse, ciò che non è improbabile, avrebbe sull’ avvenire dell’ Europa una influenza ben più con- siderevole che il trionfo o il capitombolo dei più grandi ministri. L'equilibrio intero delle nazioni sarebbe spostato ; l’Italia posta tra i due bacini sì troverebbe padrona della chiave dell’ Oriente e diverrebbe, dopo l’ Inghilterra, la prima po- tenza marittima d'Europa. D. Levi-MoRENOS VENEZIA 41894. — STAB. TIPO-LITOGRAFICO DEI FRATELLI VISENTINI Piazza Manin, Calle della Vida, 4296 AR EPTUNIA RIVISTA MENSILE Per gli studi di scienza pura ed applicata SUL MARE E SUOI ORGANISMI Commentario Generale per le alghe a seguito della NOTARISIA Direttore: — Dott. D. LEVI- MORENOS SOMMARIO DEL NUMERO Il — SO NOVEMBRE (001 Schiitt F. — Analytische Planktonstudien (.fortzetzung folgt) . . pag. 437 Hiitterott. G. — La pesca del tonno in Siciliage Sardegna. . . » 465 hi x * Note di Tecnica Lo Bianco S. — Meéthodes en usages à la station zoologique de Naples pour la conservation des animaux marins (suite) . » 473 Nolizie, appunti e recensioni critiche . Nouvelles Diatomologiques {Leudu®er-Fortmorel) . . +. +... » 482 Direzione ed Amministrazione della Neptunia: S. Samuele 3422 - Venezia Prezzo d’ Associazione annua: "00 pet l'italfa IL 20, — per l'Estero (Unione postale) It. L 28, I CER Venezia 1891 — Tip. Frat. Visentini BS 19% i ———r Di x - Anno 1. | Fao Novembre 1S9E0 N, EI e 82: Per l’Italia It. L. ®@, — Per l Estero (Unione postale) It. L. ®5. Prezzo d’ associazione annua : NEP-PUNTAS: nr RIVISTA MENSILE PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA ED APPLICATA SUL WARE E SUOI ORGANISMI E Commentario Generale per le alghe (NOTARISIA) Direttore Dott. DAVID LEVI-MORENOS COLLABORATORI Artari A. Università di Mosca. Bargoni E, Univ. di Messina Bettoni A. Dir. staz. pisc. Brescia Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- grafico R. Marina di Genova. Bonardi E.. Università di Pisa Borzi A., Univ. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d’A gri- coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. di Padova Camerano L.. Univ. di Torino Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma. Cattaneo G., Univ. di Genova. Cuboni G., R. Istituto di Patologia Vegetale. Roma. Dangeard P..A., Univ. di Caen. De Wildeman EI Jardin Botanique, de l’Etat. Bruxelles. Garcin A. G., Univ. di. Lyon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietroburgo Grablovitz G.. Direttore dell’Osser- vatorio Geo.-Dinamico d’ Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariot P., Musée Nationale d’Hist. Naturelle di Paris. Harvey-Gibson R., Un. di Liverpool. Hy Ch,, Drer: di Anger. Imhof 0. Univ. di Zurigo. Istvanffi Li Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Upsala. Lagerheim G., Un. di Quito-Equador. La Neptunia comprende le seguenti rubriche : piante od animali. dei pesci etc. mare e suoi organismi. WON D_ I AU WN . Notiziario. Lanzi M., Univ. di Roma. Lemaire A., Liceo di Nancy. Leuduger-Fortmorel, Micrografo a Doulon (Francia) Mobius M., Univ. d’ Heidelberg. Maggi L.. Univ. di Pavia. Mancini E., Sesretario R. Ace. dei Lincei, Roma. Marinelli G., Univ. di Padova, Millosevich E., R. Osservatorio cen- trale di Metereologia e Geodina- mica, Roma. Magnus P. Università di Berlino. Miller 0., Micrografo, Berlino. Ninni P. A., Membro della Comm. Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P., Univ. d’ Erlangen. Schiitt F., Univ. di Kiel. Solla F., R. Scuola Forestale di Val- lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Agente d’Italia per 4’ Africa Occideniale. Thoulet 1,, Univ. di Nancy. Valle A., Civico Museo di Trieste. Vicentini G. R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Acc. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N,, ‘Scuola Sup. d° Agricoltura di Aas (Svezia). Zukal H., Università di Vienna. . Studi originali sul mare e suoi fenomeni; sugli organismi marini, . Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. . Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscicultura, malattie ; Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine o lacustri; notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. Resoconto della campagne oceonografiche fatte dalla Marina nazio- nale. dalle Marine estere o per privata iniziativa. . Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico det . Note, appunti e recensioni critiche. | Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi organismi. di i 1204 V pe euo TUTT WI VAEROIS i VINALdAHN Ep suo DIZGUIA — CSFE NONULS ‘S NEPTUNIA Anno. 50 Novembre 1891 N. 11 ANALYTISCIIE PLANKTONSTUDIEN von Franz Schutl. (Fortsetzung) Sargasso-Sezs. In der eigentlichen Sargasso-See zwischen den Stationen VII 11 a — 20b war die Volumen- menge sehr gering und zugleich ausserordentlich gleich- missig. Der auf 20b folgende Theil wird schon zum Nordà- quatorial-Strom gerechnet, die Stròmung dirfte hier voraus- sichtlich noch gering sein, er zeigt auch noch ganz dasselbe Verhalten wie die Sargasso-See. Ich will ihn deshalb in der Bezeichnung auch nicht davon trennen, sondern, wenn ich im Folgenden von der Sargasso-See schlechthin spreche, so schliesse ich diese Finge mit ein, und meine also die Strecke zwischen den Stationen VIII 11 a und 25 b. Nach der soeben erschienenen Karte der Sargasso-See von Kriùmmel !) ist mit der Station 25 b auch erst die Grenze des treibenden Krautes erreicht. Es ist dieses eine bemerkenswerthe Uebereinstim- 1) Kriimmel: Die nordatlantische Sargassosee. Petermanns Mitthei- lungen 1891, p. 129, u, Taf, 10. RR mung zweier auf ganz verschiedenem Wege und une voneinander gewonnen Resultate. Kanarien- Strom. Mit der Station VIII 26 a kommen wir wieder an die Grenze eines neuen Stromgebietes. Wah- rend wir in der Sargasso-See nur schwach bewegtes Wasser hatten, treten wir nun in den reissenden Kanarien-Strom ein. Mit diesem Uebergang in das neue Stromgebiet schnellt auch das Planktonvolumen, das vorher in der stromlosen Sargasso- See auf viele hunderte von Meilen iber alle Erwartung gleichmàssig gewesen war, sofort in die Hòhe. Zwischen den Cap-Verdischen Inseln und Ascension kom- men wir dann in ein Gebiet mit mehrfach wechselnden Strò- men; demgemiiss treffen wir auf dieser Strecke sehr wech- selnde Planktonvolumina. Beim Durchschneiden des Kanarien-Stroms steigt das Volumen bis zu den Cap-Verdischen Inseln und sinkt dann nach Sùden zu wieder. Wir erhalten die Zahlen: Grenze der Sargasso-See Kanarienstrom Grenzgebiet rn Volumen : 1,; 97-15; Sd 16, cc Wahrenddem steigt die Temperatur continuirlich von 24,, auf 26,,°, indess der Salzgehalt sich nur wenig ver- ringert. Guinea-Strom. An der Grenze des in entgegengesetzter Richtung, also von West nach Ost fliessenden Guinea-Stromes, IX 2, steigt der Planktongehalt wieder, und die Volumenkurve hat beim queren Durchschneiden dieses Stromes den umgekehr- ten Verlauf wie im Kanarienstrom. Das Volumen nimmt regelmiissig ab, wahrend gleichzeitig die Temperatur, welche in dem Grenzgebiet zwischen Guinea-Strom und Nordàqua- torial-Strom ihre gròsste Hohe erreicht hatte, langsam fallt. Der Salzgehalt des Meerwassers erreicht dabei seine Minimal- grenze in der Nahe des gròssten Planktonfanges. Wir erhalten im Guinea-Strom folgende Gròssen: 3» — 439 — Grenzgebiet Guinea Strom Grenzgebiet -_T_T_=:rxrx.r_/rr®®®” r—r—r,r,r= 15 ce. 25 Volumen 16,,; dl 9, 9) 5) Temperatur 26,; Logo 20,4 4055 ZO Salzgehalt 35,; S4,g dd, 39,3 SI Sidaàquatorial - Strom. Beim Durchschneiden des Sùdaquatorial-Stromes nòrdlich von Ascension zeigen sich die Planktonverhaltnisse besonders complicirt. Die Kurve weist hier eigentàùmliche Schwankungen auf, wie sie sonst bei Stromquerschnitten nicht beobachtet wurden. Das Volumen wàchst von Station IX 6a an und erreicht in 9a seinen fast anomal gross erscheinenden Hohepunkt, um von da an bis Station IX 14 wieder abzunehmen und sich dann langere Zeit auf annahernd derselben Hoòhe zu halten. Auf der ganzen westlich von IX 14 gelegenen Fahrt bis zur Brasilianischen Kùste schwankt der Pianktongehalt nur sehr wenig. Auf den Planktongehalt dieses Theiles des Sùdiqua- torial-Stromes komme sich weiter unten noch einmal zurùck und will mich desshalb hier darauf beschrànken, nur auf einen Punkt der Querschnittskurve des Stromes hinzuweisen. Die Volumenkurve der Strecke IX 6a — 45 charakterisirt sich als eine grosse Welle, welche in 9a ihren Hòhepunkt erreicht hat. Diese Welle wird in Sa und b durch eine tiefe Depression unterbrochen. Nach den unten weiter ausgefùhrten Grùnden ist eine solehe Knickung der Volumenkurve nur an den Stromgrenzen zu erwarten, wahrend beim Durchqueren des Stromes innerhalb des eigentlichen Stromgebietes nur eine einfache Welle erwartet werden darf. Die in 8 a und b aus- gedrickte Depression ist also als eine Anomalie anzusehen. Es fragt sich nun, worin hat diese Depression ihren Grund? ist sie zufallig, oder ist sie in Fehlern des Experiments oder in eigentimlichen Verbaltnissen des Stromes selbst begrindet? Erklàrung der Volumenkurve des Sudaquatorial- Stromes. Eine Erklàrung des eigentimlichen Verhaltens im Sudaquatorialstrom erhalten wir durch Vergleichen der — 440 — Temperaturverhiltnisse mit den Volumenverbiltnissen. Die Temperatur des Meerwassers, welche im Guinea-Strom 26-26,,° gewesen war, sinkt bald nach dem Eintritt in den Sùdaqua- torial-Strom plotzlich um mehr als 2°. Wir erhalten die Tem- peraturen 26,,, 25,4, 23,;, 23,,. Diese Region der plotzlich fallenden Temperatur entspricht dem ersten Theile der Volu- menkurve. Mit dem Minimalvolumen fallt auch die Minimal- temperatur zusammen. Beim weiteren Fortschreiten steigt die Temperatur ziemlich schnell wieder. Die spàter in der Rieht- ung von Westen nach Osten durchlaufene Region ist wieder warmer. Die Temperaturverhaltnisse weisen also darauf hin, dass die Expedition bei ihrem Verlaufe innerhalb des Suda- quatorialstromes mehrere Regionen durchschnitten hat, welche unter verschiedenen physikalischen Bedingungen stehen. Diese Regionen werden durch die Volumenkurye noch viel scharfer kenntlich gemacht als durch die Temperaturkurve. Dass Vo- lumen und Temperatur hier in einer bestimmten Beziehung zu einander stehen, ergiebt sich hieraus mit ziemlicher Sicherheit. Der Grund der Depression wird also weder in zufalligen Schwankungen des Planktongehalts, noch in ei- nem Fehler des Experimentes, sondern in den eigentimlichen 3edingungen des Stromes selbst zu suchen sein. Eine Erklàrung, welche diese beiden Erscheinungen, die parallelen Schwankungen der Temperatur-und Volumen-Kur- ve zu gleicher Zeit aufhellt, ergiebt sich aus einer allgemeinen Vergleichung der Temperaturverhaltnisse des Oceans. Die von Kriùmmel entworfene, fùr den August geltende Isothermen- karte des atlantischen Oceans!) zeigt, dass im Herbst nòrdlich von Ascension im Gebiet des Sùdaquatorialstroms und mit diesem eine Kiltezunge in der Richtung von Sùdost nach Nordwest sich vorschiebt, die durch das Vordringen des aus dem Siùden stammenden kalten Wassers des Sùdaquatorial- Stroms bedingt wird. î) Kriimmel, Die Temperaturvertheilung in den Oceanen. Ze'tschrift fùr wissenschaftliche Geographie von Kettler, Band VI, 1887, p. 7, Tafel 3. — ddl» Diese Kaltezunge wurde von der Planktonexpedition quer durchschnitten und ergab in diesem Querschnitte die grosse Volumenmenge zwischen den Stationen 6 a — 13. Nahe der Spitze dieser Kaltezunge liegt eine Kalte-Insel, deren Temperatur geringer ist als die der Umgebung. Die Entstehung dieser Kalte-Insel erklàrt man dadurch, dass hier aus der Tiefe ein kalter Strom aufsteigt und an der Oberflàche sein kaltes Wasser verbreitet. Die Temperatur dieser Kalte- Insel sinkt im August nach Krilmmel auf 22°. In den Sta- tionen IX 8a und b hatten wir ein Warmeminimum von 23,,° erreicht. Es liegt nun die Vermutung sehr nahe, dass wir auf der Planktonexpedition bei den Stationen 8a und b diese Kalte-Insel angeschnitten haben !), und dass das Herabsinken des Planktonvolumens in diesen Stationen bedingt sei durch das aus der Tiefe aufsteigende Wasser, welches, nach den ùbrigen Planktonfangen zu urtheilen, weniger Plankton enthal- ten muss als das Oberflichenwasser. Die hohen Planktonvo- lumina der umliegenden Stationen dagegen wirdea dem aus dem Sidosten stammenden kalten antarktischen Wasser zu- zuschreiben sein. Ob diese Vermutuug richtig ist, das entscheiden die Planktonmessungen noch nicht. Mit Sicherheit wird es sich aber herausstellen, nachdem die Plankton-z a h- lungen dieser Gegend ausgefihrt sind; denn wenn hier wirklich Tiefenwasser emporsteigt und den Ausfall bedingt, so muss hier nicht nur die Quantitàt, sondern auch die Qua- litàt des Planktons sich Andern, namentlich muss auch das Massenverhàaltniss der einzelnen Formen plotzlich ein anderes 1) Auf der beigegebenen Karte habe ich die Kaltezunge und Kalte- Insel, wie sie Kriimmel fùr August angiebt, mit punktirten Linien ange- deutet. Bis zum Februar soll die Kiltezunge nach S0 bis zum 12° S Br znrickweichen. Wir durchschnitten die Gegend am 8 September also zu einer Zeit, wo wir die Kaltezunge hier noch treffen mussten, und dabei vielleicht gerade das Kiltecentrum der nach S 0 zurickweichen- den Zungenspitze tangiren mussten. Letzteres ist um so eher mbglich, als bekannt ist, dass auch die Kalte-Insel in ibrer Lage etwas schwankend ist. A an | — 142 — werden, indem die;Zahl derjenigen Formen, welche gròssere Tiefe bevorzugen, gegeniber den hauptsachlich an der Ober- flache lebenden in diesen Fangen relativ wachsen muss. Warten wir also das Resultat der Zahlungen ab! Westlicher Theil des Sidaquatorialstromes. Ascen- sion liegt an der Grenze der Kaltezunge. Die weitere Fahrt bis Brasilien geht wieder durch warmeres Wasser. Der erste Fang westlich von Ascension (IX 13) ist als Grenzfang an- zusehen. Der nun folgende Theil bis zur Mindung des Amazo- nenstroms charakterisirt sich den Volumenverbàltnissen nach als ein zusammengehòriges Ganze. Die Fahrt reprasentirt in diesem Theil einen Schuitt, der anfangs schraàg zur Stromaxe durch den Strom gelegt ist und allmahlich die Stromaxe unter immer spitzerem Winkel schneidet, bis er nach der Strom- gabelung in dem als Nordbrasilianischer Kùstenstrom be- zeichneten Arm in einen Stromlangsschnitt ùbergeht. Wahrend das Wasser des nòrdlich von Ascension durchschnittenen Theiles aus den antarktischen Regionen stammt, hat das in diesem unvollstàndigen Là&ngsschnitt durchfahrene Wasser schon eine lingere Wanderung unter der Tropensonne ge- macht. Dies dùrfte das durchweg geringere Planktonvolumen dieses wirmeren Wassers wohl erklaren. In Tabelle 5b des Anhanges gebe ich eine Zusammen- stellung der Temperatur-und Volumenverhaltnisse des Sùd- Aequatorial-Stromes. Amazonenstrom - Tocantinsdelta. Die an der brasi- lianischen Kuùste und im Rio Tocantins gemachten l'ange kònnen hier, weil sie in zu geringer Tiefe gemacht sind, und weil sie mit dem vom Amazonenstrom herabgewalzten Sande gemischt sind, nicht zur Vergleichung mit den ùbrigen Plank- tonvolumenzahlen herangezogen werden. Rùckfahrt. Auf der Rùckfahrt ist die Zahl der Fange fùr die Strecke eine verbaltnismàssig geringere. Die Kurve kann fùr diesen Theil nicht auf den Grad der Genauigkeit Anspruch machen, wie fùr die anderen Theile. Immerhin — 443 — ergeben sich auf diesem Theil noch einige selir interessante Verhaltnisse. Sùdaquatotrial- und Guinea-Strom. Auf der Riick- fahrt wurde am 9.-16. Oktober der Sidaquatorialstrom, Gui- nea-Strom und Nordiquatorialstrom zum zweiten Male durch- schnitten und zwar an einer Stelle, wo dieselben, von ihrem frùheren Schnittpunkte an gerechnet, etwa 1200 Meilen zuriick- gelegt hatten. Der Guinea-Strom wurde getroffen ungefàhr an seiner Wurzel, dort wo sich derselbe aus dem Nord-und Sidaquatorialstrom abzweigt. Die Zahl der Fange fùr dieses Gebiet ist nur gering, so dass so grosse Differenzen wie in den Ostlichen Schnittpunkten hier nicht erwartet werden kònnen. Die Volumina der Finge im Sùdaquatorialstrom und Guinea- Strom sind fast gleich gross (8 cc fùr Sùdaquatorialstrom, 6 und 9,, fùr Guinea-Strom). Der Nordaquatorialstrom zeigt ein etwas groòsseres Volumen 12!/, und 141/, cc. Zweiter Durchschnitt durch die Sargasso-See. Darauf traten wir zum zweiten Mal in das Sargassogebiet ein, und zwar durfte die Station X 18 der Sidgrenze der- selben nicht sehr fern sein. Sehr interessant ist das Verhal- ten der Voluamenkurve bei diesem Wiedereintritt in die Sar- gasso-See. Das Volumen, das im Nordàquatorialstrom sich auf der Hòhe von 121/, und 14/5, cc gehalten hatte, sinkt beim Eintritt in die Sargasso-See sofort auf 5 cc und in den fol- genden Stationen sogar auf 2 cc und noch einmal 2 cc herun- ter. Das Mittel dieser drei Sargassofinge ist 3,0 cc; das Mittel der 27 Fange, die bei der ersten Durchquerung der Sargasso- See gewonnen wurden, ist, wie weiter unten ausgefùhrt wer- den wird, 3,z cc. Das Planktonvolumen der Sargasso-See war bei der ersten Durchquerung zwar sehr klein aber sehr gleichmàssig gefunden worden. Nach dem Verlassen des Gebietes waren die verschiedensten Stromgebiete durch- kreuzt worden und hatten die verschiedensten, zum Theil sehr grosse Planktonvolumina ergeben. Beim erneuten Eintritt in die Sargasso-See fallt das Volumen sofort wieder auf die — 44d — alte Grosse und halt sich auch in den folgenden Fangen auf derselben, und zwar so genau, dass der Mittelwerth der ersten Duchquerung und der Mittelwerth der zweiten in senkrechter Richtung zur ersten erfolgten Durchquerung nur um 0,, cc von einander abweichen. Sollte dieses Alles wirklich nur « Zufall » sein? Dann ware es ein sehr wunderbarer Zufall. Es wirde sehr interessante Resultate versprechen, wenn man berechnen kònnte, wie gross die Wahrscheinlich- keit ist, dass ein solches Zusammentreffen, wie es oben ge- schildert wurde, «zufallig » eintritt. Ich glaube, diese Wahr- scheinlichkeit wilrde den Werth 0 nicht sehr viel ùberschreiten. Golfstrom. Im folgenden Theile der Reise wurde auf vier Stationen in einer Tiefe von 200 m gefischt. Diese Zahl der Fange ist zu gering, als dass darauf hin eine zuverlassige Volumenkurve fùr dieses Gebiet entworfen werden kònnte. Die Fange nòrdlich von der Sargasso-See haben also nur noch als Finzelfange Bedeutung. Um diese Unsicherheit anzudeu- ten, ist die Kurve fir diese Strecke punktirt gezeichnet wor- den. Da jedoch kein Grund vorhanden ist fir die Annahme besonders abweichender Verhàltnisse, so ist dieser punktirte Theil der Kurve trotz der geringen Anzahl der Fànge dennoch als ein sehr wahrscheinlicher Ausdruck der wirklich auf dieser Strecke obwaltenden Verhaltnisse anzusehen. GLEICHMAESSIGKEIT DER VERTHEILUNG. 1. Fehlerfrage. Wie oben auseinander gesetzt wurde, ist es fr die An- wendbarkeit der quantitativen Untersuchungsmethode Vor- aussetzung, dass die Vertheilung im Ocean keine absolut regellose sei, sondern dass sie wenigstens gleichmassig genug sei, um aus einem Fang, der an einer bestimmten Stelle ge- macht ist, auf den Gehalt des Wassers an Organismen in tt ra Ra, Adi ee Jp — 445 — einem grosseren oder kleineren Umkreis zu schliessen. Die Vertheilung muss so gleichmàssig sein, dass, wenn man zwei Finge in einem gewissen praktisch befundenen Abstand von- einander macht, die dazwischen liegenden Werthe durch In- terpolation zwischen die beiden Fangresultate ergànzt wer- den durfen. Es ist aber keineswegs Erforderniss fùr die Anwendbarkeit der Methode, dass die Vertheilung auf grosse weite Strecken vollkommen gleich sei. Wenn die Gleich- massigkeit nicht gross ist, so mùssen die Stichproben in ge- ringer Entfernung von. einander gemacht werden, wenn sie dagegen gross ist, so kònnen dieselben auch in gròsseren Abstanden voneinander gemacht werden. Nur darf die Ver- theilung nicht absolut regellos, sondern muss gross genug sein, um bei der engsten praktisch anwendbaren Stichproben- entnahme die Interpolation zu gestatten. Ich habe diesen Punkt absichtlich betont, weil hierùber noch Irrtùmer ver- breitet zu sein scheinen. Die Entscheidung iùber diese Frage lasst sich nicht durch Spekulationen geben, sondern nur mit Hulfe des Experiments, und zwar ist dies eine rein quanti- tative Frage, die ziffermissig festgestellt werden muss. Da vor Hensen niemand solche quantitativen Versuche anstellen konnte, so konnte bisher auch niemand, wenn er nicht sub- jektive Spekulationen bringen wollte, weder eine bejahende noch eine verneinende Antwort geben. 2. Experimentelle Entscheidung. a. Ist die Gleichmàassigkeit gross genug? Diese Frage, die fùr die Methode von Wichtigkeit ist, wurde auf der Planktonexpedition experimentell geprift. Das Experiment giebt seine Antwort ganz unbekùmmert um vorgefasste subjektive Meinungen, uud ist darum auch zuver- lassiger als die frùher einzig zu Gebote stehenden subjektiven Schatzungen. Wenn die Planktonvertheilung nur von der Entwicklung — 416 — der einzelnen Species abhinge, nicht aber mit den ausseren Bedingungen des Oceans verwachsen ware, so kònnte sie so regellos sein, wie man friher vermutete. Dann wirden die Planktonorganismen in einem bestimmten Gebiet, ohne dass dessen Figenschaften sich sndern, z. B. in demselben Strom- gebiet, hier dicht gedràngt sein, und dort din gesàet erschei- nen, so dass in derselben Wassermasse in benachbarten Gebieten bald grosse Mengen, bald nur geringe Quantitàten gefangen werden kònnten. Wenn diese Regellosigkeit der Vertheilung vorhanden ist, so verlangt das Gesetz der Wabrscheinlichkeit, dass, wenn man in gerader Linie ùber ein solches Gebiet mit regellos wechselnder Planktonvertheilung hinfahrt und in bestimmten Entfernungen Stichprobe um Stichprobe herausnimmt, dass man dann eine bestimmte An- zahl von Malen auf dichte Ansammlungen und eine bestimmte Anzahl von Malen auf geringere Mengen stossen muss. Die Anzahl dieser Stellen, wo man auf dichte Ansammlungen stossen muss, hingt ab von der Menge und Ausdehnung der dichten Stellen im Verhàaltniss zur Ausdehnung der Stellen mit dinnerer Vertheilung. Wenn man nun bei einer derarti- gen Stichprobenentnahme mit allen Fangen gleiche Plankton- mengen erhalt, so ist nach den Wahrscheinlichkeitsgesetzen, wenn die Anzabl der Stichproben gross genug war, die Gleich- formigkeit der Planktonvertheilung des ganzen Gebietes zwi- schen der ersten und letzten Station bewiesen. Ein solcher Beweis ist nun durch die Planktonexpedition fùr das Gesamt- volumen der Planktonorganismen erbracht worden. Es wurde auf derselben die Sargasso-See (zwischen Bermuda-und Gap-Verdischen Inseln Station VIII 10 b—25b) in einer Linie von 2200 Meilen Liénge durchschnitten und auf dieser Strecke wurden 27 Fange gemacht. Wenn die Ver- theilung nun eine regellose ware, so kòonnten uamòglich die Fiinge alle fast gleich ausfallen, sondern es mùssten sich nothwendig auf dieser Strecke in der Kurve ahnliche Zacken und Berge zeigen wie an anderen Stellen der Kurve. PIVA - att Lat frei dadi Hi CoA RIMA te ML 1 — 447 — Derselbe Fall findet statt beim Fang im Langsschnitt des Sùdaquatorialstroms, wo ebenfalls lauter Fange von fast gleichem Volumen gemacht wurden. Die Wahrscheinlichkeit, dass wir hier durch Zufall auf diesen Strecken von 2200 und von 4500 Meilen immer wieder auf Punkte mit gleicher Planktonmenge gestossen sind, ist fast gleich 0, d. h. der Zufall ist hier ausgeschlossen. Es ist damit bewiesen, dass die Vertheilung des Planktons keine regellose ist, und dass nicht bald planktonreiche und bald arme Stellen in wildem Wechsel aufeinander folgen, sondern dass die Orte, welche die glei- chen ausseren Verhéltnisse zeigen, auch gleiche Plankton- mengen besitzen. Die Fabel von der absoluten Regellosigkeit der Planktonvertheilung im Ocean kann damit fùr abgethan erklart werden. Nun kònnen wir weiter schliessen, dass, wenn die Ver- theilung auf 2000 Meilen dort, wo die Lebensbedingungen sich nicht Andern, sich so gleichmassig bleiben, dass kaum ein Unterschied zwischen den einzelnen Fangen zu bemerken ist, dass dann auf Strecken von 100 Meilen Lange, der gewòhn- lichen Entfernung zwischen je zwei Stichprobenentnahmen die Gleichmassigkeit gewiss gross genug ist, um die zwischen- liegenden Werthe interpoliren zu durfen; und gròssere Gleich- màssigkeit wird von der Methode nicht gefordert. Gleichmassigkeit in den Stromquerschnitten. Wenn die Lebensbedingungen sich beim Fortschreiten andern, wie es beim Durchqueren eines Stromes geschieht, so werden zwar die Planktonmengen sich #indern miissen, aber da nun einmal feststeht, dass die Vertheilung im allgemeinen keine re- gellose ist, sondern dass sie unter gleichen Bedingungen gleich- màssig bleibt, und da dies auch selbst fùr Stromlaàngsschnitte nachgewiesen ist, so ist es nicht mòglich, dass wir nun beim queren Durchschneiden des Stromes auf Regellosigkeit der Vertheilung der Planktonmengen stossen. Da die Plankton- mengen, wie gezeist wurde, in strenger Beziehung zu den physikalischen Bedingungen ihres Fangortes, die in den Strò- — 443 — mungsverhaltnissen ihren klarsten Ausdruck finden, stehen, und mit diesen Bedingungen sich ebenfalls andern, so mùssen wir zwar erwarten, dass wir auf den verschiedenen Punkten des Stromquerschnitts nicht die gleichen Planktonmengen erhalten werden, aber dieser Wechsel kann kein regelloser sein, sondern die Veraànderung des Planktonvolamens muss Hand in Hand gehen mit den Veranderungen der Strom- verhaltnisse. Dass dieses auch wirklich der Fall ist, zeigt schon die Betrachtung der Kurve der Stromquerschnitte ; denn, wenn beim senkrechten Durchschneiden des Stromes die Vertheilung eine regellose ware, so miussten wir statt, wie es wirklich der Fall ist, eine einfache Wellenlinie, einen ein- fachen Wellenberg oder ein Wellenthal zu erhalten, eine auf und ab gehende Zickzacklinie im Stromquerschnitt bekommen. Der von der Methode geforderte Grad der Gleichmassig- keit der Vertheilung dùrfte fir jeden vorurtheilslosen Leser hiermit zur Geniùge bewiesen sein. bh. Berechnung der Gleichmàassigkeit. Wir brauchen aber bei dieser Lòsung der Gleichmassig- keitsfrage noch nicht stehen zu bleiben. Die Methode gestattet, auf eine noch viel speciellere Fragestellung eine Antwort zu geben. Von vorn herein ist kaum zu erwarten, dass der Grad der Gleichmàassigkeit ùberall gleich gross sei. Wir mùs- sen darum die Frage auch noch etwas specieller stellen: Wie gross ist die Gleichmissigkeit ? Diese Frage ist fùr die verschiedenen Meeresabschnitte gesondert zu lòsen, und zwar sind diejenigen zusammenzufassen, welche sich durch phy- sikalisch gleiche Bedingungen als ein zusammengehòriges Ganze gegeniber anderen Gebieten mit anderen Verhaltnis- sen charakterisiren. Die Planktonexpedition giebt beziglich dieser Fragen die Antwort fùr zwei speciellere Gebiete: die Sargasso-See und den Langsschnitt des Sùdaquatorialstroms. — 449 — a Sargasso-See. In den Stationen VII L1La — 25 b wurden folgende Vo- lumina des Kleinplanktons gefangen 1): 3, 4,,, 2,; 2, 2, 9,5, 2, RARI Ai 4) dgr dd ig da Mittelwerth. Vollkommene Gleichmassigkeit dùrfen wir natùrlich nicht erwarten, da wir es im Meer nicht mit idealen, sondern mit wirklichen Verhà&itnissen zu thun haben, und selbst dann, wenn ideale Gleichmissigkeit vorhanden wéàre, so wurden wir sie in den Versuchsresultaten nicht wiederfinden, weil wir nicht mit idealen Methoden arbei- ten. Nehmen wir aber zur Berechnung der Gleichmassigkeit den Idealfall der vollkommenen Gleichmàassigkeit in der Ver- theilung als das Normale an und betrachten jede Abweichung davon als einen Fehler, so erhalten wir als denjenigen Werth, welcher der Norm am nàchsten steht, das arithmetische Mittel derkHange =13;3;9%. Fehler des Mittels. Dieses arithmetische Mittel giebt natùrlich den normalen Werth nicht ganz richtig; es ist mit einem Fehler behaftet. Der mittlere Fehler dieses Mittels ist gleich + 0,23°. Der wirkliche normale Werth wird also liegen zwischen 3,.; und 3,,°°. Der mittlere Fehler des Mittels in Procenten ausgedriùckt, betrigt 6,81%/. Fehler der einzelnen Beobachtung. Die einzelnen Beobachtungen sind natirlich mit einem gròsseren wahr- scheinlichen Fehler behaftet als dieser Mittelwerth. Bezeich- nen wir die Abweichung vom arithmetischen Mittel fùr diese Fehlerberechnung als den « Fehler », so erhalten wir von den Werthen folgende Fehlerreihe; 1) In diese Reihe wurden nur die Finge von 200 m Tiefe aufge- nommen. Aus diesem Grunde fehlen hier ein paar Werthe, die in der vorlàufigen Mittheilung an die Akademie pag. 243 von Hensen gegeben wurden. Diese sowie zwei Abrundungsdifferenzen haben jedoch keinen merkenswerthen Einfluss auf die daraus gezogenen feblisse. 1,9 — 13 1 0,2 — 13.446 — 0,8 — 0,3 + 0,7 — 0,8 — 0,3 + 4,2- 0,2 — 08 +- 1,7 — 0,8 48 Der durchschnittliche Fehler ist 0,888 cc. Der mittlere zu fàrchtende Fehler nach der Methode der kleinsten Quadrate berechnet 1), giebt den Werth * 1,113 cc. Der entsprechende wahrscheinliche Fehler jeder einzelnen Beobachtung (jedes Fanges) ist gleich © 0,75°. Da sich bei der Volumenbestimmung die halben cc nicht mehr zuverlassig angeben lassen, so ist der wahrscheinliche Fehler fast inner- halb der Grenzen der gewòhnlichen Beobachtungsfehler der Volumenablesung gelegen. In Procenten ausgedrilckt kommen bei dem geringen Volumen, das ùberhaupt an diesen Orten vorhauden ist, ziemlich hohe Zahlen heraus, nàmlich for den Durchschnittsfehler 26°/, vom Mittel, fin den mittleren Fehler 33°, und fir den wahrscheinlichen Fehler 229, vom Mittel. Fehler und Ungleichheit. Es ist nicht zu vergessen, dass hier unter der Bezeichnung Fehler zwei heterogene Gròssen zusammengefasst sind. Der «Fehler» besteht aus dem Fehler der Methode (F) und aus der wirklichen, im Meer vorhandenen «Ungleichheit » fu. Die wirkliche Un- gleichheit muss also geringer sein als die mit « Fehler » bezeichnete gefundene. Aber auch wenn wir von dieser durch den Fehler der Methode bewirkten Vergròsserung absehen und den ganzen gefundenen Werth vorlàufig als Ungleichheit ansehen wollen, so ist diese doch noch gradezu ùberraschend gering. Wenn man bedenkt, dass im atlantischen Ocean eine Fliche von einer Laàngsausdehnung von 2000 Meilen gefunden wurde, in welcher die mittlere Ungleichheit der. Ver- theilung der meso-und mikro-scopischen Planktonorganismen zwischen je zwei um 200 Meilen voneinander entfernten i) nea eo n— l — d51 — Punkten nur um circa 33°, um den Mittelwerth schwankt, ‘ so ist das ein Resultat, welches die kilhnsten Erwartungen selbst derjenigen ùbertrifit, welche in dem Ocean nicht ein wildes Chaos wirr durcheinander gewirfelter Plankton- massen erblickten, sondern welche, nach dem Vorgange von Hensen, auch in der Planktonvertheilung die (Gresetzmassigkeit erwarteten, die sich sonst iiberall in der Natur zeigt. Wirkliche Ungleichheit nach Abzug des Fehlers der Methode. Um die wirklich vorhandene Ungleich- massigkeit zu erhalten, muss von der scheinbaren Ungleich- massigkeit die durch die Fehler der Methode bedingte Un- gleichmassigkeit abgezogen werden. Die dazu nòthige Rech- nung ist zur Zeit mit vollkommener Exaktheit noch nicht ausfàhrbar; wohl aber kann man einen genùgenden Annahe- rungswerth erhalten, wenn man den oben berechneten mitt- leren Fehler der Methode F° von dem in der Sargasso-See gefundenen mittleren Fehler abzieht. Man begeht damit aller- dings eine Ungenauigkeit, denn genau genommen misste der in Rechnung zu setzende Fehler der Methode an derselben Stelle, wo die Vergleichsfinge gemacht wurden, also in der Sargasso-See selbst bestimmt werden. Aber der durch Einset- zung von F' bedingte Fehler fallt nicht in Rechnung und kann hier, wo wir mit einem Annaherungswerth auskommen, vernachlassigt werden. Der mittlere Fehler d. h. Verschiedenheit der Fange in der. Sargasso-See hatte sich oben ergeben zu 33 °/ der mittlere Fehler der Methode zu 15°/,. Ein genigender Annà- herungswerth fùr die mittlere Ungleichheit der Plankton- gehalts zwischen zwei Orten von 200 Meilen Entfernung in der Sargasso-See ergiebt sich darnach zu = 189/, vom Mittel, d. h. © 0,6 cc, eine Zahl, die wahrlich ùberraschend klein ist. Wenn die mittlere Ungleichheit 6 oder selbst 40 cc statt der wirklich gefundenen Grosse von 41 cc betragen hitte, so wirde man immer noch sagen missen: fùr eine Strecke von 2000 Meilen ist das nicht viel; die Vertheilung ist im Vergleich zu der Gròsse der Fliche noch als eine ziem- lich gleichmàssige anzusehen. 10 ce waren aber 300 °/, vom Mittel gewesen; in Wirklichkeit wurden nur etwa 15 °/, gefunden. Ich sollte meinen dieser Grad der Gleichmàssigkeit, welcher sich ergeben hat aus einfachen empirischen Versuchen, deren Resultate vollkommen unabhiéngig sind von vorgefass- ten subjektiven Meinungen, von Wunsch nnd Willen des Experimentators, ist gewiss gross genug, um die Hensensche Ansicht zu bestatigen: dass in Meeresstrecken mit wesent- lich gleichen Lebensbedingungen auch wesentlich gleiche Planktonverhaltnisse obwalten, und auch obwalten mussen, da die Planktonmassen in strenger Abhàngigkeit von den Eigenschaften der sie erzeugenden Meerestheile sich befinden indem nicht der blinde Zufall die Planktonvertheilung regiert, sondern strenge Gesetzmàssigkeit, eine Gesetzmissigkeit de- ren Erkennung die Hauptaufgabe der quantitativen Plank- tonforschung bildet. Wahrscheinliche Ungleichheit. Wenn wir den wahrscheinlichen statt des mittleren Fehlers einsetzen, so erhalten wir als wahrscheinliche Ungleichheit des Plankton- gehaltes 1 10/, 8. Sildiquatorialstrom. Im Verlaufe des Sùdiquatorial-Stromes sind die Lebens- bedingungen der Planktonorganismen etwas gròsseren Ver- îinderungen unterworfen als in der Sargassosee. Wir dirfen also auch keine vollkommen so grosse Gleichmassigkeit er- warten. Trotzdem zeigt die Volumenkurve dort wo wir annàhernd der Lingsrichtung des Stromes folgen, eine auf- fallende Gleichmàssigkeit. Der erste Theil der Fange aus dem Siùdaquatorialstrom IX 6a — 13 ist von einer solchen Fehlerbetrachtung natùrlich ausgeschlossen, weil hier ei- gentùmliche Verhaltnisse obwalten, die auch offenkundig in AR a EA POST LIS PIRATI eg RE (Cn Mer £ polis VO RR ISO TIVI IS 1% AT — 453 — der Volumenkurve schon zum Ausdruck kamen. Behandeln wir die Fange IX 14 a — 22 a des Sùdaquatorialstroms ebenso wie die Finge der Sargasso-See, so erhalten wir fùr den westlichen Sùdaquatorial-Strom den Mittelwerth 5,16 cc. Die- ser Mittelwerth ist mit einem mittleren Fehler von = 0,57 e behaftet. Der wirkliche Werth wird also liegen zwischen 4,6 und 5,7 cc. Der durchschnittliche Fehler jeder Einzelbeobachtung (Fanges) ist gleich 1,88 ©, der mittlere' Fehler = 2,27 °° —=4100/derwalrscheinliche:;Fehler—=1,b9:%— 29,49% vom Mittel. Setzen wir den ohen angegebenen Werth als mittleren Fehler der Methode auch hier ein, so erhalten wir als mittlere Ungleichheit der Vertheilung 44 — 15,1 = 28,99/ d. h. in cc ausgedritckt 1,49. Der Planktongehalt einer verticalen Wassersiule von 0,101" Querschnitt und 200". Tiefe wirde hiernach an verschiedenen Stellen des Schràg- Langsschnittes d. h. des eigentlichen Tropenantheils des Siùd- Aequatorial-Stromes im Mittel nur schwanken zwischen 3,7 OTO TAO . 3. Bestitigung der gleichmissigen Vertheilung fiir mittelgrosse Formen. Die grosse Gleichmassigkeit der Vertheilung wurde con- statirt fùr das meso-und mikro-skopische Material (Kleinplank- ton), welches mit dem feinen sogenannten Planktonnetz ge- fangen wurde. Dass sich die Gleichmassigkeit jedoch auch auf etwas gròssere Formen erstreckt, wurde festgestellt durch die Herren Dr. Apstein, Dr. Dahl und Dr. Maass. Diese bear- beiteten Material, welches mit dem fur den Fang gròsserer Organismen construirten weitmaschigeren und gròsseren so- genannten Verticalnetze gewonnen wurde. Ihre Werihe sind also vollkommen unabhangig von den oben mitgetheilten mit 23 — 454 — dem Planktonnetz gemachten Féngen, und trotzdem bestàtigen sie die Funde des Planktonnetzes auf das Vollkommenste. Dahl 1) zahlte die Individuen der verhaltnissmassig grossen Copepodenform Copilia vitrea aus dem Vertikalnetz. Seine Funde ergeben, dass die Vertheilung dieser Form auf die verschiedenen Fange so regelmassig ist, wie sie bei theo- retisch vollkommen gleichméssiger Vertheilung ùber die ‘Tausende von Meilen messende Strecke kaum gleichmàssiger gefangen werden kéònnte. Zu einem entsprechenden Resultate kam Maass ?), welcher die kleinen Quallen untersuchte und speciell Rhopalomena velatum gezahlt, und Apstein 3), wel- cher die Tomopteriden untersucht hat. Die von diesen gefun- dene Gleichmassigkeit von drei mittelgrossen Formen ist so gross, dass Hensen daraufhin erklàrt 4), er sei der Ansicht, dass eine Sàaemaschine die Saat auf dem Acker nicht ent- fernt gleichmassig genug aussàaen kònnte, um eine solche Stichprobe, wie die oben angefùhrte, zu bestehen. Wenn auch die Behauptung gleicher Vertheilung durch die oben mitge- theilten Volumenmessungen schon genigend sicher gestellt ist, so sind dennoch die erwahnten Finge auch in dieser Bezie- hung von allerhòchstem Interesse, erstens weil sie ganz unabhéngig sind von denjenigen Fingen, aus denen die Vo- lumenmessungen stammen, dann weil sie die Gleichmassigkeit auch fiùr mittelgrosse Formen beweisen, wahrend die oben mitgetheilten Messungen sich nur auf die Gesammtmasse der kleinen Formen beziehen, und drittens weil sie aus gròsseren Tiefen stammen. Sie enthalten némlich das Material aus einer verticalen Wassersiule von 400 Metern Tiefe, wéahrend die ì, Hensen, die Planktonexpedition und Hickels Darwinismus, pag. 38. Genaueres in einer dempniichst in den Zool. Jahrbiichern erscheinenden Abhandlung von F. Dahl. ?) Maass, Die craspedoten Medusen der Planktonexpedition. Sitzungs- berichte d. K. P. Akad. d. Wiss. zu Berlin 1891 p 333. 3) Rensen. Die Planktonexpedition, pag. 38, 4) Hensen, l. c. = zur Vergleichung der Volumina benutzten Planktonfinge aus einer Schicht von nur 200 Metern stammen. Vergieichung von Ocean-und Mittelmeer-Piankton. Es durfte von besonderem Interesse sein, eine Verglei- chung zu erhalten ùber die Mengenverhaltnisse des Plank- tons im Ocean mit denen des Mittelmeeres, an dessen Kùsten das Material fùr so viele botanisch-zoologische Untersuchun- gen gesammelt wurde, und speciell dilrfte dieses gelten fùr den gewissermassen als klassischen Ort der Meeresforschung zu betrachtenden Golf von Neapel. Da man sich bisher bei der Meeresforschung hauptsàch- lich mit speciellen Fragen beschàaftigte, so konnte man selbst far den Golf von Neapel noch nicht mit Annaherungswerthen angeben, welche Planktonmengen derselbe unter seiner Ober- fliche heherberge. Diese Liicke kann ich jetzt wenigstens theilweise ausfùllen. Durch meine quantitativen Planktonziige mit dem Hensenschen Netz, die ich im Winter 1888-89 in Neapel machte, kann ich jetzt wenistens einige Zahlenwerthe angeben, welche Aufschlùsse iber die Masse des Gesammt- planktons im Golf von Neapel geben. Am 23. Oktober erhielt ich im Golf in einer Wassersaule von 0,1-qm Querschnitt und 200 m Hòohe als Volumen des Gesammt-Mikro-und Mesoplank- tons 2,8 cc. Es entspricht dies den Planktonmengen, wie sie auch die Planktonexpedition in der Sargassosee erlialten hat, und es zeigt sich damit, dass die Planktonmassen im Golf von Neapel keineswegs immer so unermesslich gross sind, wie bisweilen angenommen zu werden scheint. Es îst dies um so ùberraschender, wenn man bedenkt, dass noch vor Kur- zem Hensen vorgeworfen wurde, er hatte in der Sargassosee zu wenig gefangen, Messende, vergleichbare Untersuchun- gen ùber die Mengen des Planktons der Sargassosee, welche ein objektives Bill darùber geben kònnen, wie viel Masse hier zu erwarten sei, gab es vor Ausfùhrung der Planktonexpe- — 456 — dition uberhaupt nicht, es kann also diese angegebene Be- hauptung ihre Begrilndung nur in der ganz aligemeinen An- nahme finden, dass so wenig wie die Planktonexpedition dort fischte, iberhaupt nicht vorkommen kònne. Eine solche An- sicht konnte sich, wie ich glaube, nur ausbilden im Hinblick auf die Massen von makroscopischem, in den oberen Wasser- schichten lebendem Thiermaterial, welches sich hàufig an den Kisten anhàuft. Dass solche Schaàtzungen und ihre Uebertra- gung auf die Hochsee aber leicht zu Irrthumern fùhren, zeigen meine Neapolitaner Messungen, denn wenn selbst im Golf von Neapel, der als besonders reich berùhmt ist, lange Zeiten vorkommen [im Winter 1888-89 waren es nach Tabelle 19 des Anhanges 4 von 5 Monaten] wo der Planktongehalt wenig oder gar nicht gròsser ist, als der Gehalt, den die Planktonexpedition fi die Sargasso-See constatirt hat, so wird man wohl schwerlich den Schluss ziehen dùrfen, dass die Untersuchung der Sargasso-See falsch sei, weil sie zu geringe Massen ergeben habe, vielmehr kann eine solche Annahme nur darauf hindeuten, dass man ùber den wirklichen Planktongehalt selbst der bestgekannten Kiisten bisher noch recht mangelhaft unterrichtet war. Haeckel ') macht der Planktonexpedition den Vorwurf, dass sie auch im Norden zu wenig gefangen habe, weil sie hier zu ungunstiger Jahreszeit, im Hochsommer namlich statt im Frùhjahr, gefischt habe. Wenn wir ganz absehen von dem im diesem Vorwurfe liegenden vollstàndigen Verkennen des eigentlichen Zweckes der Planktonexpedition, die ja nicht mòglichst viel Pflanzen und Thiere fangen, soudern nur quantitative Versuche darùber anstellen sollte, wie viel lebendes Material vorhanden sei, und wenn wir ferner auch die Frage unberùcksichtigt lassen, ob es ùberhaupt praktisch mòglich gewesen wàre, im Frùhjahr in der Nahe von Gròn- land quantitativ Plankton zu *fischen, so wird doch dieser 1) Hoeckel. Plankton-Studien, pg. 59. i ia elbali caiano BE ri » ?. ode t* At AT 4 — 4157 — Vorwurf schon dadurch entkràftet, dass bisher niemand be- wiesen hat, dass in den betreffenden Regionen im Frùhjahr mehr Plankton zu finden sei als im Herbst, die Berechti- gung, dieses a priori annehmen zu duùrfen, das erscheint aber um so zweifelhafter, wenn man die Werthe vergleicht, die ich in Neapel erhalten habe, und welche gerade im Herbste die gròssten, im Frùhjahr aber die kleinsten Zahlenaufweisen. Dass der oben angefùhrte Neapolitaner Fang vom 25 October kein Ausnahmefang von besonders geringer Quan- titàt ist, das beweisen die anderen Fange. Leider bin ich bei spaàteren Excursionen nicht mehr bis zu 200 m. Tiefe hinun- tergegangen, sondern ich habe mich mit Fangen von 100 m. begnùgt. Die Fange sind also nur mit Hilfe einer Reduktion zur Vergleichung heranzuziehen. Ich erhielt dabei aus einer Wassersaàule von 0,, qm Querschnitt und 100 m Tiefe folgende Planktonmengen : im Januar 2 cc, Februar 41,, cc, Marz d,, cc. Nehme ich nun an, dass in den néîchsten 100 m Tiefe diesel- ben Planktonmengen vorkommen wie in den oberen, was wahrscheinlich etwas zu hoch gegriffen ist, so wirde die Planktonmenge im Golf in 4 verschiedenen Monaten auf eine Saule von 200 m Tiefe berechnet, kommen auf 2,3; 4, 3, 5 cc. Es sind dies alles Zahlen, die in die Zahlenreihe der Plankton- finge aus dem Florida-Strom und der Sargasso-See vorzùglich hineinpassen. Das Mittel der Fange ist 3,, cc, was dem Mittel- werth aus den Sargasso-See-Fiingen (3,, cc) sogar bis auf 0,, cc nahe kommt. Diese Beziehung von Mittelmeer und Sargasso-See und Florida-Strom wird noch viel interessanter, wenn wir uns nicht auf die Gesammtvolumina beschrànken, sondern auch den Inhalt der Finge beritcksichtigen. Wie ich, meinen spàteren Publicationen vorgreifend, hier schon bemerken will, habe ich in dem genannten Winter in Neapel die Vegetation des Golfes auch in qualitativer Beziehung ganz ahnlich so zusammengesetzt gefunden, wie ich sie auf der Plankton- expedition in dem Florida-Strom und in der Sargasso-See beob- — 458 — achtete. Die Vergleichung der Zahlungen meiner Neapolitaner Fange mit denen der entsprechenden Fange der Plankton- expedition verspricht desshalb in pflanzen-und thier-geogra- phischer Hinsicht interessante Aufschlusse, die aber natur- gemiss erst nach Beendigung der Zahlungen der Expedition zu erwarten sind. Tiefenverbreitung. Die Forschungen der Verbreitung des Planktons in horizontaler und in verticaler Richtung sind zwei verschie- dene Aufgaben. Die Planktonexpedition hatte sich vorwiegend die erste Aufgabe gestellt. Hensen hat aber auch schon einen Vorstoss nach der andern Richtung hin gemacht, indem er eine Anzahl Stufenfange ausfùhrte. Die damit erreichte Voll. standigkeit ist natitrlich noch nicht im entferntesten geniùgend. Die vorhandene Zabl der Fange reicht noch nicht einmal aus fur die Erkenntniss der horizontalen Verbreitung, wie viel weniger ist dieses fùr die Verticalverbreitung zu erwarten; um diese vollkommen aufzuklàren ist erst eine viel gròssere Vollstàndigkeit des fir die Entscheidung solcher Fragen nò- thigen, auf exacte Versuche gegrindeten Beobachtungsma- terials zu erzielen. Vor der Hand geben jedoch die gemachten Stufenfinge schon ein annaherndes Bild ùber die Verhaltnisse der Tiefenverbreitung, das trotz seiner Unvollstindigkeit immer noch bei weitem das genaueste ist, das zur Zeit iberhaupt gegeben werden kann, und dabei eine Reihe von Irrthimern, die man bisher begehen konnte, ausschliesst. Die Stufenfange theilen sich in zwei Gruppen: in Fange mit dem Schliessnetz und in solche mit dem offenen Planktonnetz. Zur Erforschung der Tiefenverbreitung kann ich an dieser Stelle vorlegen die Messungen des Volumens von 45 Fangen die fùr die Ver- breitungsfrage vorwiegend in Betracht kommen néamlich von 51 Schliessnetzfingen und von 14 Stufenfingen mit dem Planktonnetz. RI ite za et tego EST A a lit e e, Ù È Pac IG To? nat vo | , Li Pi — 459 — Schliessnetzfinge. Der Hauptwerth dieser Fange zeigt sich erst bei der speciellen Bearbeitung, der Auszahlung. Ich gebe hier nur die Volumina in den Tabellen 10-11. Es zeigt sich dabei recht deut- lich die Ueberlegenheit der Zahlung gegeniber der einfachen Volumenbestimmung; denn diese ist hier an der Grenze ihbrer Brauchbarkeit angekommen, wahrend die Zahlung noch viel weiter gehen kann. In der im Anhange mitgetheilten Tabelle 10 giebt die erste Rubrik die Fangstation die zweite die Tiefenschicht, welche von dem Netz durchfischt wurde, und das entsprech- ende Planktonvolumen, das hier gefangen wurde. + be- deutet dabei, dass zwar Material gefangen wurde, dass die Menge desselben aber so gering ist, dass sie mit Hilfe der angewandten Methode nicht mehr genau bestimmt werden kann. (Alle Werthe unter 1/, cc wurden mit + bezeichnet). Die dritte Rubrik zeigt das an derselben Stelle mit dem offenen Planktonnetz aus der Tiefe von 0 — 200 m gefangene Volumen. Die Fangfahigkeit des Netzes wurde durch Gontrollversuche festgestellt, indem das Netz horizontal nahe der Oberflàche gezogen wurde, und indem es weiter in geòffnetem Zustande auch vertikal durch die obersten Schichten gezogen wurde, also in beiden Fallen durch Schichten kam, welche sicher Planktonmaterial enthielten. In beiden Fallen zeigte sich, dass das Netz fahig war, grosse Planktonmengen zu fangen. Das Resultat dieser Fànge ist folgendes: Die Haupt- menge des Planktonmaterials befindet sich in der obersten Wasserschicht zwischen 0 und 200m Tie- fe. In den folgenden Schichten ist ùberall noch Material enthalten, aber verglichen mit der Menge der Oberflachenschichten in verschwindend gerin- gen Mengen. Diese Fainge widerlegen auf das evidenteste — 460 — eine Menge Phantasien, die man sich uber den Planktonreich- tum der gròsseren Tiefen und ùber den wechselnden Gehalt an Planktonmaterial in verschiedenen Tiefen gemacht hat, Man weiss von einigen, namentlich gròsseren Organismen, dass sie unter gewissen Umstanden, z. B. bei hellem Son- nenlicht oder bei Regen mehr in die Tiefe gehen. Diese Erfahrungen sind in unvorsichtiger Weise dahin verallgemei- nert worden, dass die Planktonorganismen durchweg diese Wanderungen unternehmen. Diese Vermuthung ùber das Stei- gen und Fallen der allgemeinen grossen Planktonmassen durch grosse Meeresstrecken wird durch diesen Versuch widerlegt. Dabei soll natirlich gar nicht geleugnet sein, dass einzelne, namentlich gròssere, mit selbstàndiger Bewegung begabte Organismen Wanderungen in die Tiefe unternehmen. Dass sie bei ihren taglichen Wanderungen aber gròssere Tiefen als 200 m (die Tiefe der gewòhnlichen Planktonziige) erreichen, ist selbst fùr die gròsseren, beweglichen Formen wohl schwerlich constatirt worden. Stufenfinge mit dem offenen Planktonnetz. Die Stufenfànge mit dem Planktonnetz filhren zu dem- selben Resultate wie die Schliessnetzfinge. Auch aus ihnen ergiebt sich nàmlich, dass die Hauptmasse der kleinen Plank- tonorganismen in einer Tiefe zwischen 0 und 200 m sich aafhalt. Durchgehende Reihen von Stufenfingen an derselben Stelle wurden auf der Planktonexpedition leider nicht gemacht; aber es wurden doch an verschiedenen Stellen Fange aus verschiedenen Tiefen gemacht, die direkt verglichen werden kònnen mit dem an derselben Stelle gemachten Fange von 200 m Tiefe. In der Tabelle 11 des Anhangs sind die ent- sprechenden Werthe zusammengestellt. Setzen wir das Planktonvolumen, das aus der verticalen Wassersaiule von 0,1 qm Querschnitt und 200 m Hòhe ge- wonnen wurde, gleich 41, so erhalten wir von obigen aus der SAP AIPIEEN ZON REI ERI PRO I Ne II N AMAT II IZ RT N) Pel AIA da Da TIRA eri ati, — 461 — Sargasso-See und dem Sidaquatorial-Strom stammenden Fingen die folgenden sehr instruktiven Vergleichswerthe : Tiefe : 0-100 0-200 0-400 0-600 0-1000 0-2000 m Volumen: 0,5 1 et, 1,8 1,9 ISU SCA Noch instruktiver vielleicht ist eine Vergleichung der Planktonvolumina der Partial-WassersAulen der verschiede- nen Tiefe. Es fand sich zwischen: Tiefe: 0-200 200-400 400-600 600-1000 1000-2000 m Volumen: 1,0 0,3 0,4 0,4 0,4 ce. Die hieraus sich ergebende Zahl 1: 1,3 oder vielmehr der genauere, ohne Abrundung erhaltene Werth 1: 1,39 fiùr das Verhàaltniss der Finge von 200 m zu denen von — 400 m Tiefe wurde bei den oben ausgefihrten Reductionen der nor- dischen Finge VII 20 a — 25 a benutzt. Diese auf die Tie- fenverbreitung bezùglichen Werthe kònnen keinen Anspruch auf grosse Genauigkeit machen; sie d'irfen vielmehr nur als Annaherungswerthe gelten, die spàter durch genauere Zahlen zu ersetzen sind. Sie wurden hier aber dennoch gegeben, weil sie zur Zeit immer noch das Genaueste sind, was man ùber diese Frage weiss. Da man bisher wegen vollkommener Nichtkenntniss dieser Verhàaltnisse gar keine Gròssen angeben konnte, selbst bei Zulassung grosstmoglicher Fehlergrenzen, so sind diese Werthe immer noch sehr viel genauer als diejenigen, welche man mit Hùlfe der Spekulation an ihrer Stelle einsetzen kònnte. Sie wurden ferner gegeben, weil durch sie eine Menge von Irrtùiumern, die durch Spekulationen, wel- che nicht durch das Experiment gestiitzt wurden, entstehen kònnen, ausgeschlossen werden, und weil sie ferner voraus- sichtlich auch nicht so bald durch genauere ersetzt werden. Wenn man genauere .Zahlen haben will, so miisste das System der Stufenfaànge viel ausgedehnter angewandt wer- den, als es auf der Planktonexpedition geschehen konnte; und zwar muss dann so, wie es auf der Planktonexpedition 5 NNO SUINA. 240 beziùglich der horizontalen Verbreitung fùr die Sargasso-See schon geschehen ist, fùr ein Stromgehiet eine gròssere Anzahl von Serien von Stufenfàngen gemacht werden, wobei dann jede Serie an demselben Orte auszufùhren ware. Nur durch solche exacte Versuche, nicht durch subjective Schatzungen und Speculationen lassen sich die Fragen nach der Constanz oder Inconstanz der vertikalen Verbreitung ermitteln und namentlich auch fir dieses Gebiet genaue Zahlenwerthe fur das Verhaltviss der Planktonmengen in verschiedenen Schich- ten des Meeres gewinnen. i Eine zweite Aufgabe ware es dann, zu constatiren, ob das ermittelte Planktonvolumen-Verhaltniss der verschiedenen Tiefen ùberall dasselbe ist, oder ob es in verschiedenen Strom- gebieten wechselt. Die Stufenfang-Serien missten, um diese Frage zu lòsen, in verschiedenen Stromgebieten wiederholt werden. Es sind dies Fragen und Aufgaben, welche die Planktonexpedition nicht mehr lòsen konnte, deren Lòsung sie nur angefangen hat und dabei schon zu einigermassen brauchbaren Annaàherungswerthen gekommen ist. Sie hat dabei gezeigt, dass die Aufgabe mit Hilfe der Hensenschen Methode lòsbar ist; die endgultige Lòsung muss sie aber spiiteren Expeditionen ùberlassen. EINFLUSS DER ZEIT. Uebersicht der Untersuchungen. Die quantitative Planktonforschung hat zwei experi- mentell nach einander zu lòsende Fragen zu entscheiden. 1. Was ist zu einer bestimmten Zeit an Plankton im Meere enthalten? und 2. wie verandert sich dasselbe mit der Zeit? Die Planktonexpedition konnte sich naturgemiss nur mit der Lòsung der ersten Frage beschàftigen. Um die zweite zu lòsen, hatte sie in den Stromgebieten, welche sie in 4 Mo- naten durchschiffte, mindestens je ein Jahr lang verweilen Ro UL ai ei A Tor ja VS "Li e ALII LA I, ARI IA e o i e ao €; PETS : I] — 463 — mussen. Fùr die Lòsung der ersten Frage war aber mòg- lichst grosse Schnelligkeit der Expedition winschenswerth. Theoretisch ware es, wie Hensen aussprach 1), sogar am besten gewesen, sammtliche Fange zu gleicher Zeit zu machen, eine Forderung, die natùrlich praktisch nicht ausfùhrbar ist, Kuùstenstudien. Vor der Hand hat man sich beziglich dieser Fragen auf das Studium der Kisten beschrinken miissen. Diese Vorar- beiten an den Kùsten sindschon seit Jahren kràftig in Angriff genommen. Als Vorlàufer auf diesem Gebiet kònnen wir die Arbeiten einiger Forscher betrachten, welche fir ihr Special fach schon den Nutzen, den die Beriicksichtigung der Mas- senverhaltnisse bringt, erkannt und fi ihre Formengruppe wenigstens approximativ schatzend auch die Massenverhàlt- nisse berùcksichtigten. Finer dieser Forscher war K.Brandt, welcher fùr die Radiolarien die im Verlauf eines Jahres vorkommenden Schwankungen des Massenauftretens im Golf von Neapel verfolgte. Ein anderer, der ahnliche Studien machte war Graeffe, ein dritter Schmidtlein. Solcher Studien giebt es aber nur wenige, und sie sind immer nur auf wenige Gruppen der Organismen ausgedehnt worden und genigen deshalb nicht im Entferntesten, um ein Gesammtbild der Verhaltnisse zu gewinnen. Der erste, der die Gesammtheit aller Planktonorganismen in ihren zeitlichen Schwankungen zu umfassen suchte, war Hensen, der schon im Jahre 1884-85, wie oben im Capitel « Excursionen und Expeditionen » angegeben wurde, in mo- natlichen Intervallen in der westlichen Ostsee fischte und die Veranderungen uber ein Jahr hindurch regelmassig con- statirte. Von 1885-88 habe ich selbst regelmàssig in halb- bis ganzmonatlichen Abstànden Planktonmaterial gesammelt, !) Hensen. Die Pianktonexpedition. su °° PROROIRR Jet: ai — 464 — um fhr die zeitlichen Schwankungen wenigsten Annahe- rungswerthe zu gewinnen. Seit 1888 werden von K. 3randt im Verein mit C. Apstein mit dem Hensenschen Apparat die Untersuchungen so fortgesetzt, wie sie Hensen fùr das Jahr 1884 - 85 begonnen hatte, so dass hier in Kiel gewissermassen nach Art der meteorologischen Beobach- tungsstationen eine Art Plankton-Beobachtungsstation entstan- den ist, welche die Sechwankungen des Planktongehaltes der westlichen Ostsee in monatlichen Intervallen fortlaufend registrirt. Es hat sich infolge dieser Jahre lang fortgesetzten Un- tersuchungen schon ein betrachtliches Material zur Lòsung der Zeitfrage in Kiel angesammelt, von dem aber bisher nur der erste Theil, welcher die Hensenschen Planktonfànge von 1883-85 behandelt, der Oeffenlichkeit ùbergeben ist. (Fortsetzung folgt). G. Hiltterott La pesca del tonno in Sicilia e Sardegna La pesca del tonno in Italia durante gli ultimi 4 anni diede un risultato del valore medio di annui 2 milioni di lire. Operarono 42 tonnare delle quali : con un prodotto di Lire durante il 1889 durante il 1838 durante il 1887 13 alle coste del Tireno 150,000. — 120,000.— 175,000.— l» » del Mar Jonio 20,000.— 37,000.— 35,000. —- 22 » » della Sicilia 1,120,000.— ‘775,000.— 1,080,000.— 6 » » della Sardegna 710,000.— 1,268,000.— 1,050,000,— Alla costa italiana dell’ Adriatico non esiste alcuna ton- nara. Le più importanti sono le tonnare della Sardegna e pre- cisamente quelle dell'Isola Piana, di Porto Scuso, Porto Pa- glia, Flumentorcio e di Cala Vinagra presso Cagliari e la tonnara delle saline presso Maddalena e poi quelle della Si- cilia, e precisamente di Favignana e di Formica presso Tra- pani, di Scopello, Solanto e St. Elia presso Palermo, di Mi- lazzo e Oliveri presso Messina, di Marzamemi e del capo Passero presso Catania. Tutte queste tonnare, di cui alcune esistono da tempo immemorabile, danno una pesca media di più di 1000 quintali di pesce ognuna e la maggior parte di esse sorpassa di molto questo quantitativo fino a giungere diverse migliaia di quin- = A060= tali. Nelle sole due tonnare di Favignana e di Formica presso Trapani in Sicilia, la seconda delle quali è di minor impor- tanza, sì pigliano durante una stagione, che dura un solo mese o poco più, in media 6000 pesci di un peso medio di 180 chi- logrammi l'uno. Vi furono degli anni in cui si presero du- rante una stagione fino a 15,000 ed anche 17,000 tonni con queste due tonnare. = Una pesca di 15,000 tonni al peso medio di 180 chilogr. rappresenta un quantitativo complessivo di 27,000 quintali, e calcolando il quintale al prezzo basso di lire 30, si ha un valore di 810,000 lire. Da queste due tonnare furono già im- portati a Genova — il mercato principale d’Italia per il tonno — durante una stagione 12,000 quintali di tonno conservato all'olio, i quali al prezzo basso di 120 lire al quintale, rap- presentano un valore di 1,440,000 lire, senza porre conto dell’olio di pesce estratto dalle ossa e dagli altri cascami e del concime preparato con questi ultimi. Queste due tonnare, che appartenevano ad un marchese di Genova, vennero comperate colle isole stesse di Favignana, Formica e Marittima, diversi anni or sono dal comm. Florio al prezzo di 3 !/, milioni di lire, valutando le due tonnare a 1,400,000 lire. Il comm. Flo- rio introdusse dei miglioramenti nelle medesime ed ora ottiene questi splendidi risultati, che nonostante le spese considerevoli danno un lucro rilevante. Altri esempi ancora dimostrano che con un metodo razionale della pesca del tonno, in siti favore- voli d’Italia, furono guadagnate vistose somme. In tutte le tonnare dell’Italia viene pescato soltanto il tonno di andata, ad eccezione delle due tonnare in Levante della Sicilia, cioè quelle di Marzamemi e del Capo Passero presso Catania, proprietà del principe Villadorato a Noto in Sicilia, ove nei mesi di luglio ed agosto si pesca anche il pesce di ritorno. E minimo però il quantitativo pescato e conservato del tonno di ritorno a confronto quello di andata. Dell’anno 1878 i pescatori italiani, e precisamente i ge- novesi, si recano anche in Ispagna e nel Portogallo a pescare — 4607 — il tonno, prendendo in affitto quelle tonnare oppure compe- rando una gran parte del pesce colà pescato per conservarlo all'olio sopra luogo e portarlo poi a Genova. Stabilimenti di tal genere, eretti ed amministrati da genovesi, si trovano in Ispagna, principalmente presso Cadice e nel Portogallo a _Vil- lareale. Gli spagnuoli stessi non conservano il tonno all’ olio, ma bensì in altro modo, cioè fritto, nel quale stato però non ha lunga durata e deve perciò essere presto consumato. In Ispagna e nel Portogallo si pesca tanto il pesce di andata, quanto quello di ritorno. L'uno e l’altro sono però di qualità inferiore a quello pescato in Sicilia e Sardegna e an- zitutto più piccolo, giacchè il suo peso medio è di 120 chilogr. al pezzo, che in Sardegna invece è di 150, e in Sicilia come gia detto, di 180 chilogr. al pezzo. In Sicilia vengono pescati dei tonni che pesano fino 3, 4 e più quintali l’uno; pare che il pesce più piccolo viaggia vicino alla costa, mentre il più grande si tiene al largo. Si cerca perciò di stendere le tonnare più che sia possibile iontano dalla costa, ciocchè naturalmente aumenta di molto il costo della tonnara. Nelle nostre acque invece non si pesca che in immediata vicinanza della costa. Tanto il prezzo del pesce fresco, quanto quello del conservato in Sicilia e Sardegna varia naturalmente secondo il risultato della pesca. Quello del fresco può essere indicato in media con lire 35 al quintale al luogo della pesca, per il pesce di andata; il poco pesce di ritorno si paga meno. Il prezzo poi del pesce conservato all'olio in barile è in media di lira 130 al quintale. Le prime partite della stagione, che arrivano al mercato di Genova, ottengono i migliori prezzi, cioè fino a lire 200 al quintale, e perciò ogni proprietario di tonnara im- piega tutti i mezzi, servendosi all’ uopo di vapori celeri, per essere primo al mercato col prodotto della stagione. I primi arrivi del tonno causano grande movimento ed agitazione nella darsena di Genova, ove viene sbarcato il pesce. Il tonno all’olio in barili non ha lunga durata e dev'essere venduto e consumato in poche settimane, 1469 Il prezzo del pesce conservato all'olio in scatole di latta è in media di lire 150 al quintale. Prima che si cominciassero le pesche e la conserva all’olio del tonno in Ispagna e nel Portogallo, lo sì vendeva a 200 e 225 lire al quintale. Il poco pesce di ritorno conservato all’olio costa circa 15 lire al quintale di meno di quello di andata. Al mercato di Genova, da dove succede l’ esportazione, vengono portati annualmente da 15 a 18 mila barili e circa da 30 a 35 mila casse contenenti le scatole di latta. I barili, cosidetti secondini, sono del peso di 45 chilogr. ed i terzini di sò chilogr. l’uno. I più grandi detti primini usitati una volta ora non sì costumano più. Le casse pesano 80 chilogr. ognuna e contengono 4 scatole di latta a 20 chilogr. cioè le più grandi in uso, OVVero: 8 scatole a 10 chilogr. MORTA RO IO, » ato SR IT (So ecc. Le piccole scatole di latta di 1, 1/, ed !/, di chilog. ven- gono impaccate in casse di legno di minor peso. Oltre alla semplice conserva del tonno all’ olio in scatole di latta si con- serva anche: tonno all'olio ventresca, tonno all’ olio taran- tello, tonno ala-lunga all'olio, tonno con piselli, tonno in salsa di pomodoro, tonno in salsa piccante, tonno con funghi ecc. Parte del tonno pescato viene conservato anche col sale e consumato nei luoghi vicini alla pesca, La pesca del tonno -- parlando sempre del pesce di andata — comincia in Sar- degna al principio di maggio e dura un mese o poco più. In Sicilia comincia un po’ più tardi, cioè verso il 20 di maggio e dura a tutto giugno. La sì esercita nel modo seguente: Dalla riva viene tirata fino ad una distanza più o meno lontana, da 4-800 metri per esempio, ma anche fino ad 1 e 2 miglia, una rete perpendicolare dalla superficie del mare fino al fondo. Alla sua parte foranea si trovano tre compartimenti di reti ed un quarto più grande alla sua estremità, chiamato N IRNORREI DIA EA ATO EE ARL Ag a Caiano DI “ — 469 — quest’ultimo la camera della morte. Tutti questi compartimenti sono in comunicazione fra di lore con porte di reti da chiu- dersi ed aprirsi all’occorreaza. Le reti sono ancorate agli angoli ed in diversi punti dei lati; la parte inferiore tocca il fondo e la superiore è resa galleggiante a mezzo di sugheri. Le corde galleggianti sono molte grosse; il filo delle maglie ha poi la grossezza delle reti solite del tonno. La rete che forma la camera della morte è però di filo più grosso ed ha un fondo, il quale manca agli altri compartimenti arrivando questi fino al fondo del mare. La lunghezza dei lati di questi compartimenti varia fra i 10 ed i 30 metri e più, vale a dire secondo la grandezza della tonnara. Una tonnara media può contenere 3000 pesci. Per metterla a posto, per maneggiarla e per pigliare il pesce occorrono da 10 a 12 barche, fra le quali due grandi, cosidetti vascelli, con circa 100 a 120 uomini. Di notte o con cattivo tempo queste barche si rifugiano nel porto vicino, mentre la rete resta al suo posto per tutta la stagione. Il tutto rappresenta un valore dalle 30 alle 60 mila lire e cogli stabilimenti di conserva alla riva più o meno gran- di, diverse centinaia di mille lire. Alle coste di piccole isolette, come Favignana e Formica, dove il pesce vagando lungo la costa nel girare le isolette viene da due parti, esistono anche tonnare doppie. Queste tonnare consistono invece di una, di due reti, che si estendono dalla riva in fuori, cioè la «coda » ed il «codardo» ed al loro termine nel mare hanno invece di 3, 6 oppure 7 compar- timenti, tutti in comunicazione fra di loro, in mezzo dei quali esiste la camera della morte. Posta la tonnara in opera i pescatori nelle barche sorve- gliano l’arrivo del pesce. Coll’acqua chiara lo si vede arri- vare, però anche il movimento dell’acqua stessa lo annunzia ; usandosi inoltre di pendere dei fili con piccoli pesi nell’ acqua che tengonsi in mano e che il pesce passando e toccandoli avverte la sua presenza. Guardie in punti elevati, come usasi lungo le nostre coste, non vengono impiegate. Il pesce che 24 PIZOMRI ee PIPE LA RIV RS Ò Mep i) Se d70. viaggia lungo la costa, trovando impedito il passaggio dalla rete cosidetta « coda », si incammina lungo di essa, entrando nel primo compartimento, che viene chiuso poi dai sempre vigilanti pescatori. Dal primo compartimento lo si fa entrare nel secondo e poi nel terzo, per poter aprire il primo ed il secondo ad altri pescì arrivanti. I tonnì si mantengono benissimo nelle reti cusì chiuse, ove trovano nutrimento con altri pesci piccoli, e stanno tranquilli girando lentamente attorno i lati della rete. Soltanto verso la metà di giugno incominciano a divenire inquieti ed agitati — probabilmente causa il tempo della loro frega — saltando e cercando di stracciare le reti. Il siciliano dice: A S. Antonino il tonno fa sonar il campanino (St. Antonio cade ai 15 giugno). Bisogna allora pigliarli e metterli in salvo più presto che sia possibile. Ma succede non di rado il caso, che qualche delfino o pesce spada rinchiuso col tonno, stracci la rete e che tutto il pesce preso se ne fuga. Per non perdere un'altra pesca bisogna quindi tosto rimpiazzare le reti strac- ciate, perlocchè è necessario di averne di riserva anche per danni che possono accadere causa fortunali di mare. Il capo dei pescatori, uomo di grande esperienza in que- sta pesca, il cosidetto «rais», calcoia abbastanza esattamente il numero del pesce preso nei diversi compartimenti. Usasi anche gettare olio sulla superficie del mare per meglio poter osservare nel fondo. Conviene eseguire la conservazione del pesce pigliato tosto che sia possibile per aver sempre pronta la tonnara per altri arrivi di pesci. Perciò appena un certo numero di pesci — p. e. 109 pezzi — si trovano presi nell’ ultimo comparti- mento, si procede alla cosidetta «mattanza» del pesce, cioè alla vera sua pesca o piuttosto alla sua uccisione, che viene eseguita nella camera della morte. A tale uopo si fa entrare il numero voluto in questa rete. Da due lati si posta una delle due barche grandi, dagli altri le piccole. Tutta l’ operazione viene direita dal «rais», Le barche tirano le reti da tuttii PARISE POVERA GIRA NES RL O NI REA TAPIRO RE ET gt alp TO E gt, Aloe PINI DAI 4 VENE VS e pui vi) î n è; — 471 — lati ed il pesce sentendosi sollevato, viene alla superficie e salta l’uno sopra l’altro. Si dà allora principio dalle barche all’ uccisione del pesce mediante ganci di ferro uno ad uno e quindi lo si tira nelle barche. Terminata la « mattanza» si cala di nuovo la rete in acqua per la continuazione della. pesca. Pare che questo antichissimo modo di pesca sia d'origine portoghese, giacchè i termini ras per il capo, mattanza per l'uccisione ed altri ancora ricordano la lingua portoghese. Il tonno pescato viene portato alla riva, dove, possibil- mente vicini, sì trovano gli stabilimenti di conserva. Per sollecitare il lavoro non soltanto perchè la qualità del pesce riesce più bella quanto più presto esso viene conser- vato, ma benanche perchè già altro pesce è pronto per essere ucciso, s incomincia collo sventramento del pesce ucciso già durante il trasporto a terra. Alla riva poi lo sì spacca, gli si taglia la testa e lo si appicca alla coda per asciugarlo, per far scolare il poco sangue che ancora contiene, ottenendo con ciò una carne più bianca. Appiccato così pella coda il pesce si conserva fresco per circa 40 ore, e può in questa posizione essere anche traspor- tato a distanze, badando però di proteggerlo dal sole e dalla luna. Di solito viene asciugato in questa posizione per 6-12 ore — secondo il tempo e l'ora del giorno — poscia tagliato, levata la carne dalle ossa, lavata possibilmente in acqua dolce, e poi bollita in acqua mista col sale, oppure mancando questa, in acqua di mare; l’acqua dolce gli da un gusto più saporito. La bollitura dura da una a due ore secondo i diversi si-. stemi delle caldaie. Il poco pesce di ritorno che si conserva in Sicilia, viene bollito di più, e con tutto ciò la carne ne re- sta più dura e meno buona di quella del pesce di andata. Viene poi ben nettato, asciugato, stivato nei barili e nelle casse di latta e coperto di olio, col quale deve bene inzup- parsi, rinnovandosi poi l’olio prima di chiudere i barili o i vasi di latta. Questi ultimi dopo stagnati vengono posti nel- — 472 — l’acqua bollente, affine di far uscire l’aria e per controllare se sono ben chiusi, Le ossa, la testa e tutti i cascami vengono distesi sul cosidetto « camposanto », una terrazza con pendenza, dove fermentano e dove si raccoglie l'olio che ne cola. Alla fine della stagione questi residui, che emanano un nauseante fet- tore, vengono bolliti in acqua per estrarre l'olio che galleggia alla superficie dell’acqua. L'ultimo olio ancora rimasto si ottiene colla pressione. Il rimanente viene venduto per con- cime a lire 8-10 per quintale. L'olio si adopera, come altri oli di pesce, per conciare le pelli, e il prezzo è incirca di 60 lire al quintale. Come sì vede nulla va perduto. Relazione fatta dall’A. alla- Società Austriaca di Pesca e Pisci- cultura marina, Nè "ui > : et DA. 4 . NOTE DI TECNICA METHODES EN USAGE À LA STATION ZOOLOGIQUE DE NAPLES POUR LA CONSERVATION DES ANIMAUX MARINS O PAR SALVATORE LO BIANCO (suite) Lizzia Koellikervi et Oceania pileata, aussitòot après qu'elles ont bien étendu leurs tentacules, sont tuées par l’acide acétique concentré, et aussitòt après on fait tomber dans un tube qui contient le mélange d'alcool et d’ acide chromique; en agitant lentement le liquide, l’ animal reprend sa forme; il reste dans le mélange une quinzaine de minutes, et ensuite on le met dans l'alcool à 35° qu'on porte peu à peu a 70. A la place du mélange d'alcool et d’acide chro- mique, on peut prendre comme liquide durcissant le mélange chromoosmique, mais les animaux ne restent pas aussi trans- parents et les tentacules se contractent un peu. Le durcissement se fera, sortout si les méduses a pré- parer sont nombreuses, en tenant le tube dans la position horizontale, de manière que l’ombrelle renversée monte sur la paroi latérale du tube et que les individus ne se touchent (1) Mittheilung aus der Zoologischen Station zu Neapel, IX Band, III Heft, s. 435, 1890. — 474 — pas. Pour la conservation definitive de quelques Méeduses (Lizzia), j'ai Vl habitude den mettre une seule avec de l'alcool dans un petit tube fermé avec du coton, Océania conica et Tiara pileata avant d' étre traités comme Lizzie, ete., sont anesthésiées dans l'eau de mer alcoolisée a 3/;. Méduses de Campanularidae. — ZEucope, Gastroblasta et Obelia se fixent par le mélange de sulfate de cuivre et de sublimé ; au bout de deux minutes, on lave à l'eau douce jusqu'aà ce que toute trace de précipité ait disparu. Mitrocoma et Aequora sont tuées par l’acide acétique et immédiatement après transportées dans le mélange chromo- osmique, où on les laisse de 15 à 30 minutes, suivant la grandeur de l’animal. Les petits Aequorea peuvent étre fixées directement par le mélange chromo-osmique. Tima flavilabris est tuée par l’acide chromique a 50/, qu'on verse en volume égal à celui de l'eau qui contient l’animal. Au bout de 5 minutes on le place dans le mélange chromo-osmique, où on le laisse au moins une demi-heure, puis on lave avec soin dans l'eau douce et on transporte progressivement dans l'alcool. Olindias Mullerit: On fixe avec l’acide acétique; im- médiatement on passe dans l’ acide chromique a 1°/, où avec une petite pince on étale les tentacules marginaux. Trachymedusae. — Rhopalonema, Cucina, Aginota, Ajginopsis, Liriope et Carmarina: On fixe avec le liquide chromo-osmique pendant 5-20 minutes, suivant la grandeur, puis on lave dans l’eau douce et on passe graduellement dans l'alcool. Cunina réussit souvent mieux quand on la tue avec l’acide acétique concentré et quand on la durcit ensuite avec la mélange chromo-osmique. Pour empécher l’aplatissement de la cloche des grandes hydroméduses (Carmarina, Tima), il est nécessaire de mettre sur le fond du récipient où elles sont à durcir, un verre de montre concave où on fera poser la méduse renversée. cb — 4175 — ACALEPHAE. Les Charybdea sont fixées rapidement par le mélange chromo-acétique N° 2, et aussitòt après sont traitées par l’acide chromique à 1/2°/,; au bout d'une demi-heure, quand on transporte dans l'alcool, on a soin de les suspendre par les tentacules. Les Nausethoe, les Ephyra les Pelagia et les Rhzzostoma, sont tuées en ajoutant à l'eau de mer, dans laquelle elles nagent, 3°/, d'une solution d’acide osmique è 4 °/,, et aussitot qu'elles commencent a prendre une légère teinte brune, on lave à l'eau douce pendant deux minutes et on met dans l'alcool. à 35°. Pour éviter l’aplatissement de l’ ombrelle du Rhizostome, on tue celui-ci dans un bocal a col légérement rétréci, et quand l’animal se trouve dans l'alcool, on enlève le bouchon et on ferme l’ ouverture avec une vessie, de telle sorte que, en retournant le bocal avec la méduse, le bord de l’ombrelle arrivera aux bords du col du récipient, tandis que la partie couverte restera libre dans le col. La méduse restera dans cette position jusg'à ce que l'alcool soit porté à 70°, et que tout le corps soit imprégne de ce liquide. Pelagia nocliluca: On laisse dans le liquide chromo- osmique pendant près d’une heure, puis on lave à l'eau douce; on lie alors un fil autour de l’ extrémité de chaque tentacule sans le détériorer, et quand l’ animal est passé dans l'alcool faible, on suspend de telle facon que la cloche ne touche pas le tond du récipient; de cette manière, il peut rester jusqu'à ce qu'il soit durci complètement. Cotylorhiza tuberculata (Cassiopeta): On fixe à l’ acide osmique comme pour les Rhizostomes, et aussitòt que l’animal commence a prendre une légère teinte brune, on substitue au liquide du bichromate de potasse à 5/, qui sera renouvelé au bout de 2 jours; l’animal doit rester dans ce réactif au moins une semaine, mais peut y rester davantage sans in- — 476 — convenient. Puis l'alcool à 35 °/, est substitue au bichromate, et comme il s'est déposé un très grand nombre de cristaux dans les tissus de l’animal, et en outre qu'il s'est formé un épais précipité au fond du récipient, il est nécessaire de renouveler suovent l'alcool, auquel on peut ajouter d’ abord quelques gouttes d’ acide sulfurique concentré. Les larves d’ Acalèphes (Scyplistoma, Strobila), se tuent par le sublimé concentré chaud; les strobiles se fixent aussi bien par un mélange d'acide acétique concentré (9 parties) et d’acide osmique à 1/, (1 partie); immédiatement après, on lave a l'eau douce. SIPHONOPHORA Comme pour les Hydroméduses, la préparation se fera aussitòt après la péche, et on choisira lex esemplaires qui sont dans de bonnes conditions vitales. Spécialement pour les Physophorides, il suffira souvent de laisser 2 heures dans le méme récipient où l’eau aura subi un changement de tem- pérature, pour que toute la colonie s' en aille en morceaux, ou devienne fragile au point de se diviser aussitòt qu’ elle vient en contact avec le liquide fixateur. On doit aussi avoir grand soin de nettoyer parfaitement les récipients qui con- tiendront les animaux avant de les tuer: j°ai. pu observer souvent qu'il suffit d’une légère trace d'un acide ou d'un autre réactif pour dissocier toute la colonie. Athorhybia rosacea, l' unique représentant de la famille des Athorybiadae, qui se trouve dans notre golfe, est très rare, et ce n'est qu’avec un exemplaire que j'ai pu le prépa- rer, en le tuant avec le mélange de sulfate de cuivre et de sublimé ; l’animal subit quelque contraction, mais reste entier; je lai lavé a l'eau douce et l’ai plongé dans l'alcool. Pour les espèces très délicates (Physophoridae, Agal- midae, etc.), il est bon de ne pas verser directement les ani- maux, avec l'eau, du récipient où ils nagent dans le cristallisoir — 477 — où l'on doit les tuer, mais de les faire passer avec la plus grande précaution en immergeant dans l’eau les deux réci- pients dans une terrine. On laissera dans le cristallisoir la quantité d’eau suifisante pour que l’animal puisse flotter, et on attendra quelques instants pour que les polypes et les filaments pécheurs soient bien étalés. Les genres Physophora, Algalma, Halistemma, Forska- lia, sont tués avec le melange de sulfate de cuivre et de su- blimé (1), en volume égal à celui de l’eau de mer que contient le cristallisoir, ou en volume double; le mélange doit étre versé rapidement et non sur l’animal. Celui-ci, au bout de quelques minutes, quand il est mort, est transporté avec une large spatule, dans le liquide durcissant qui d’ailleurs n'est pas le méme pour toutes les espèces. a). Physophora, Agalma, Halistemma sont durcis di- rectement dans l'alcool à 35°, et au bout de 2 heures, portés dans l'alcool a 70°. Aussitòt que Physophora est passé dans l'alcool à 35°, avant que les filaments pécheurs soient rigides, on les étend le plus possible avec une petite pince. Pour changer le liquide qui est contenu dans le cloches natatoires, il est bon de faire des injections par l’ ouverture de chacune d’elles avec une pipette. Presque toujours il se forme dans les petites bulles d’air qui, par leur tendance, à monter a la surface, peuvent altérer la position naturelle des cloches, ou bien, en soulevant toute la colonie, peuvent l’écraser contre la surface du liquide. Pour faire sortir ces petites bulles, il suffit de comprimer légèrement les cloches. b). Le genre Morskalia est transporté du mélange de (1) Je me suis servi de cette méthode pour la première fois en 1885, come l’indique une note du prof. LEUCKART insérée dans le Zool. Anzeiger, 8 Bd., p. 333, et depuis lors personne n’en a fait mention, sinon récem- ment le dott. M. BepoT qui a décrit une méthode presque semblable (in Arch. Sc. Phisig. Nat., Genève (3), t. 21, 1889, p. 556). — 473 — sulfate de cuivre et de sublimé, dans le liquide de FLemmine (1). où il peut rester de 2 a 6 heures suivant la grandeur de la colonie ; on lave ensuite pendant quelques heures dans l’ eau douce, et on porte graduellement dans l'alcool à 70.° Le durcissement des grandes colonies se fait mieux dans le meélange de bichromate de potasse et d’acide osmique, car on peut les y laisser plus de 24 heures sans qu’elles se dur- cissent trop; comme le bichromate dépose dans les tissus des cristaux qui les rendent opaques, quand l’animal est passé dans l'alcool, on peut ajouter a ce liquide, quelques gouttes d'acide sulfurique concentré qui dissout les cristaux; après quoi la colonie peut passer dans l'alcool pur. Pour conserver définitivement les Physophorides, après qu'ils sont restés a durcir dans l'alcool a 70° dans des cri- stallisoirs pendant 2 jours, on mettra en tube, en adaptant l’ouverture du tube A l’extrémité antérieure de la colonie, en immergeant lentement dans le liquide et en faisant pénétrer avec précaution l’ animal et le liquide ensemble. Les petites . Agalma et Halistemma peuvent s'enlever de l'alcool en les salsissant avec une pince par l’extrémitè postérieure, et en les faisant entrer, les cloches en avant. dans un tube com- pletement plein d’alcool à 70°, qui doit ètre d’ un calibre tel qu'il ne permette pas Aa l’animal de se plier sur lui-méme; le tube est bouché avec de l’ouate et, pour éviter l’évapo- ration de l’alcoul, on met dans un autre tube d’un calibre plus grand, aussi plein d'alcool, et qu'on fermera avec le bouchon de lièége habituel. Ce système du double tube, pouvant eviter les mouvements que fait le liquide dans un récipient non complètement plein, est trés utile pour l’ expédìtion et spécialement pour la démonstration des objets prépares, et je le recommande pour tous les animaux très délicats et pourvus d’appendices pouvant se detériorer faciliment. (1) Acide chromique au 100e: 25ce; acide osmique au 100e:10cc ; acide acétique glacial: 5cc; eau distillée: 60cc. — 479 — Apolemia uvaria: Tuer comme pour les précédentes espèces; durcir par l'aide chromique au 100°, qu'on substitue dans le méme récipient au mélange de sulfate de cuivre et de sublimé. Celui-ci est enlevé avec un siphon. Dans l’acide on laisse une vingtaine de minutes: on lave ensuite à l'eau douce; on substitue ensuite a l'eau de l'alcool par le moyen d'un siphon. Rhizophysa: On laisse l’animal s' étaler dans un verre avec un peu d'eau et on tue au sublimé concentré chaud. Physalia caravella: Pour bien laisser les appendices et les polypes s’étendre, on transporte l’animal dans un vase cylindrique rempli d'eau de mer limpide en ayant soin de le saisir par le pneumatophore, pour éviter la forte action ur- ticante. La préparation réussit d’autant mieux que le cylindre est plus élevé, parce que les filaments sont très extensibles. Quand l’animal est bien ètendu, on fue en versant dessus le mélange de sublimé et d’acide acétique (un quart du vo- lume de l’eau de mer), et aussitòt qu'il est mort, on le fait passer, de la mème manière que la première fois, dans un vase cylindrique semblable contenant de l’acide chromique à 1/2°/, et ensuite, pendant 20 minutes environ, dans l'alcool a 50°, et finalement dans l'alcool à 70°. Hyppopodius, Galeolaria, Abyla: On tue par le mélange de sulfate de cuivre et de sublimé, puis on transporte directe- ment dans l’ alcool faible. La cloche d’ Ady/a se prépare aussi avec le liquide chromo-osmique. Praga se fixe comme H:poppodius, mais doit ensuite dnrcir avec la mélange de bichromate de potasse et d° acide osmique, où il doit rester un ou deux jours. Diphyes: Sublimé chaud pour tuer avec la chaîne des individus étendus. Velella se tue par le mélange chromo picrique ou le mélange d’acide chromique et de sublimé, et au bout de quel- ques minutes, on transporte dans l'alcool faible. Pour Porpila, on la tue lentement en faisant tomber avec une pipete quel- — #90), ques gouttes de liquide de KLEINENBERG dans le verre où elle est étendue, et quand la belle couleur bleue de la colonie commence a devenir rouge, par l’effet de l’acide, on trans- porte dans le liquide de KLEINENBERG, et on laisse 15 minutes avant de mettre dans l'alcool faible. CTENOPHORA, Beroe ovata, Hormiphora, Callianira, Lampetia, Eu- ehlora et les formes jeunes de Cestus, Eucharis et Bolina: On tue en faisant tomber l’animal dans le mélange chromo- osmique, où on laisse de 15 à 60 minutes suivant la grandeur. Ensuite on fait passer dans l'alcool qu'ont porte graduelle- ment a 70°. Beroe ovata se durcit dans l'alcool en faisant pénétrer par la bouche, dans la cavité gastrique, un tube de verre de grandeur suftisante pour maintenir l’ animal gonflé. L’animal sera tenu suspendu dans le liquide en laissant dans le tube retourné la quantité d’air suffisante pour le faire flotter. (iette opération sera faite avec beaucoup de soin pour que les séries longitudinales de palettes vibratiles ne soient pas lésées. Après que l’animal est resté 1 ou 2 juors dans l'alcool à 70°, on enlève le tube et l’animal durcit en conservant sa forme. Pour que Beroe Forskalit, qui est naturellement com- primée, puisse mourir à l’ètat d’expansion, il est nécessaire de la laisser immergée dans le mélange de sulfate de cuivre et de sublimé; et, aussitòt après la mort, de la durcir dans le liquide chromo-osmique pendant une heure au moins. Pour cette espèce, il n° est pas nécessaire d’introduire dans le tube. Callianira peut ètre preparée par la methode déjà indiquée, et en outre, ex fixant par le melange suivant: Acide pyroligneux concentré . . . 41 vol. Sublimé iconcentré i TUE ec 'EVeval Acide: chromique 4/20 34) eaalenvoli Cestus Veneris: L' animal est laissé dans un peu d’eau, et rapidement on y verse le mélange chromo acétique N. 1, qui doit remplir le récipient aux trois quarts; alors l’animal se disposera en spirale, en faisant poser sur le fond le còté opposé a la bouche. Au bout de 10 minutes, on lavera à l’eau douce et on effectuera avec grand soin le changement des divers alcools. Les exemplaires à préparer devront étre dans le liquide fixateur. Dans le mélange chromo-osmique, on pourra aussi bien fixer, mais beaucoup d'exemplaires seront deétériorés et seront trop colorés, tandis que par la méthode précédente, ils deviendront blancs et assez transpa- _ rents. Vexillum peut ètre préparé par les méthodes précédentes. ECHINODERMA. Crinoîdea. — An/edon rosacea (Comatula) s'immerge directement dans l'alcool à 70, tandis que l'A. phralangium s'y fragmente, et par suite doit étre tuée dans l’alcool a 90°, Les formes larvaires pentacrinoides s’ anesthésient par l’hydrate de chloral au 1000°, en les laissant de 2 à 4 heures; on les durcit ensuite à l’ alcool, et elles restent avec les bras parfaitement étendus. Les stades très avancés se tuent très bien au sublimé concentré, où on les laisse seulement quelques instants pour éviter que la chaux de l’ animal ne se dissolve. Asteroîdea. — Pour préparer les Stellérides, avec les pieds ambulacraires en état d’ extension, on fait mourir l’ani- mal dans l'alcool de 20 à 30°), en le disposant dans le récipient avec les aires ambulacraires par dessus. Luidia, munie de pieds ambulacraires très développes, est retournée dans un cristallisoir avec un peu d’eau de mer, et quand les pieds sont étalés, on y verse le mélange chromo acétique N. 2. Immédiatement après l'animal est mi dans l’alcool faible, (à suivre) Notizie, appunti e recensioni critiche OTT Nouvelles Diatomologiques Diatomées.— Espèces nouvelles marines, fossiles ou pe- lagiques. — 12 planches, 120 dessins de l'auteur et 126 mi- crophotographies, tel est le titre d'un mémoire que vient de publier M. Brun, professeur à l’ Université de Genève. En publiant le nom de l’auteur il est inutile de faire l’analyse de cette publication, on sait qu'elle sera, dans toutes ses parties, éxecutée avec la clarté et la compétence qui sont la caracteristique de ce diatomiste. C'est qu@en effet tout est à louer. Le texte, très scigné, dont on peut parfois regretter un peu la briéveté, est assez clair pour satisfaire les diatomistes au courant de la science; les remarques et les critiques sont judicieuses, frappées au coin du véritable savoir. Les espèces fossiles proviennent surtout du dépòt japonais de Sendai dont M. Brun a fait une étude particulière, les espèces marines et pélagiques de l’Océan indien et des còtes occidentales d° Afrique. Mais ce qui est, sans conteste hors de pair, ce sont les 42 planches qui nous donnent la reproduction d’un grand nombre de diatomées nouvelles avec une perfection qui n’avait pas été atteinte jusqu’à ce jour. Sans hésitation, je me plais à adresser, à M. Brun et à ses collaborateurs, toutes mes félicitations, car cet ouvrage — 483 — nous montre à quelle netteté on peut arriver dans la repro- duction photographique de ces si curieux et interessants or- ganismes. Il me semble qu’un vent d’activité souffle depuis quel- ques mois sur notre petit monde diatomiste. En aotre du Journal spécial dirigé par M. Tempére, nous avons eu suc- cessivement: la monographie des Pleurosigma, par M. Pera- gallo; Diatomées nouvelles de M. Brun; diatomées de la Finlande, par M. Cleve et voilà qu’ aujourd’ hui vient de paraître: Analyse du genre Campylodiscus par M. J. Deby, travail qui n'est que la préface d’une monographie de ce genre. Il est bien vrai qu’en ce moment l’abord de l’ étude si intéressante et si curieuse des diatomées est hérissée de dificultés que nous avons tous contribué a créer. Il existe dès l’entrée une telle confusion qu'il faut un grand courage pour passer outre et persévérer. Nos connaissances biologiques sont si imperfaites, qu’ il il n'y a pas de base solide. Les observateurs se sont, presque tous bornés à l’étude si changeante des formes extérieures ; sur des differences souvent peu appréciables on a créé des variétés ou des espèces qui sont baptisées de noms barbares la plupart incompréhensibles; méme pour les initiés. C'est pour mettre un peu d’ordre dans ce chaos que l'on cherche maintenant, par des monographies étudièes, à débarasser cette science des broussailles qui l’encombrent. Je crois que c'est la le bon moyen et c'est dans cet ordre d'idées que M. Deby a concu son travail. Il nous est présenté, ce qui ne gàte rien, sous une forme très coquette. L’Analyse du genre Campylodiscus est imprimée sur de beau papier avec de beaux caracteres, les planches au nom- — 484 — bre de quinze avec soixante dix neuf figures sont très soi- gnées, trés nettes. Dans son Introduction, M. Deby nous numère les nom- breuses sources anxquelles il a puisé et, s'oubliant, donne chacun des éloges meérités. Il décrit les caractères qui sont la base de ses déterminations ce qui le conduit, sur deux cent vingt espèces décrites à n’en retenir que quatre vingt dix dont vingt trois nouvelles. Pour l’auteur, il n'ya pas d’espèces; il n’ existe que des formes transitotres, qui ne sont ni celles d’hier ni celles de demain. Puis viennent: 1. Catalogue de tous les Campylodiscus connus, avec leurs synonymes. 2. La liste des formes que M. Deby considère comme ré- ellement distinctes. 3. Les tables analytiques pour servir à la détermination des Campylodiscus. Eufin, la description des espèces nouvelles. L'apercu rapide de ce travail en fera comprendre la grande importance et sa place obligée dans la bibliothéque du diatomiste. Ce n'est cependant qu’une préface, mais je suis sùr que M. Deby tiendra toute sa promesse dans un avenir qui n'est pas trop éloigné. D. LEUDUGER-FORTMOREL INN SIIIINLLILINIAINISISMNSSSDSISIISII SINNI DONDOLI VENEZIA 41891. — STAB. TIPO-LITOGRAFIGO DEI FRATELLI VISENTINI Piazza Manin, Calle della Vida, 4296 MM Mignone di Ago” 7% BASTA ò DI WMRCcA i fA Ci E Anno I. si Dicembre 1S91 N. Pr-___ EPTUNIA | | RIVISTA MENSILE Per gli studi di scienza pura ed applicata SUL MARE E SUOI ORGANISMI Commentario Generale per le alghe a seguito della NOTARISIA Direttore: — Dott. D. LEVI- MORENOS SOMMARIO DEL NUMERO (2 — SI DICEMBRE 1001 Schitt F. — Aralytische Planktonstudien (fortzetzung folgt) . . pag. 485 De Wildeman E. — Notes sur quelques algues (avec 2 pl.). . . » 503 D. Lemaire Ad. — Les Diatomées observées dans quelques lacs des Vosges (Longemer, Retournemer, Lac de Daaren) . . » 508 Notizie, appunti e recensioni critiche Doderlein P. — Manuale Ittiologico del Mediterraneo (D. L. M). » 5 Murray J. and Renard A.F. — Report on Deep-Sea Deposits based on the specimens collected during the voyage of H., M. S. Challenger the yeards 1872 to 1875 (D.L. M.). . . .. » 614 Almanacco Geografico pubbl. dalla rivista Geografia per tutti . » 515 Direzione ed Amministrazione della Neptunia: S. Samuele 3422 - Venezia Prezzo d’ Associazione annua: per l'Italia It L 20, — per l'Estero (Unione postale) It L 28, Ò ‘ a Venezia 1891 — Tip. Frat. Visentini È N È — Ho —€€Èm—————_——P————————_____————_ ———Em_—___—_——___—_——_———_——————————————_—————_—_——_————_—_———__—t___m——__ n. NEPTUNIA RIVISTA MENSILE PER GLI STUDI DI SCIENZA PURA ED APPLICATA SUL MARE E SUOI GRGANISMI E Commentario Generale per le alghe (NOTARISIA) Direttore Dott. DAVID LEVI-MORENOS COLLABORATORI Artari A. Università di Mosca. Bargoni E. Univ. di Messina Bettoni A, Dir. staz. pisc. Brescia Biancheri A., Direttore Ufficio Idro- grafico R. Marina di Genova. Bonardi E.,. Università di Pisa Borzi A., Univ. di Messina Brocchi P. Scuola Superiore d’A gri- coltura di Parigi. Canestrini G., Univ. di Padova Camerano L.. Univ. di Torino Castracane F., Presid. Accademia Pontif. dei Nuovi-Lincei, Roma, Cattaneo G., Univ. di Genova. Cuboni G., R. Istituto di Patologia =Vegetale, Roma. Dangeard P. A., Univ. di Caen. De Wildeman E.. Jardin Botanique, de l’ Etat. Bruxelles. Garcin A. G., Univ. di Lyon. Giard A., Membrodella Commissione delle Pesche Marittime di Francia. Gobi Chr., Univ. di Pietroburgo Grablovitz G., Direttore dell’Osser- vatorio Geo.-Dinamico d’Ischia. Hansgirg A., Univ. di Praga. Hariot P., Musée Nationale d’Hist. Naturelle di Paris. Harvey-Gibson R., Un. di Liverpool. Hy Ch., Univ. di Anger. Imhof 0. 1. Univ. di Zurigo. Istvanffi J., Direttore del Museo Na- zionale di Budapest. Killmann F. R., Univ. di Upsala. Lagerheim G., Un. di Quito-Equador. La Neptumia comprende le seguenti rubriche : piante od animali. Lanzi M., Univ. di Roma. Lemaire A., Liceo di Nancy. Leuduger-Fortmorel, Micrografo a Doulon (Francia) Mobius M., Univ. d’ Heidelberg. Maggi L., Univ. di Pavia. Mancini E., Segretario R. Acc. dei Lincei. Roma, Marinelli G., Univ. di Padova. Millosevich E., R. Osservatorio cen- trae di Metereologia e Geodina- mica, Roma. n Magnus P. Università di Berlino. Miiller 0., Micrografo, Berlino. Ninni P. A., Membro della Comm. Consultiva per la Pesca. Venezia. Reinsch P., Univ. d’ Erlangen. Schiitt F., Univ. di Kiel. Solla F., R. Scuola Forestale di Val- lambrosa. Souvage H. E., Station Aquicole di Boulogne sur Mer. Stassano E., R. Agente d’Italia per l’ Africa Occideniale. Thoulet I,, Univ. di Nancy. Valle A., Civico Museo di Trieste. Vicentini G. R. Univ. di Siena. Vinciguerra D., Direttore del R. Sta- zione di Piscicultura di Roma. Warpackowsky, Acc. di Scienze di Pietroburgo. West W., Univ. di Londra. Wille N., Scuola Sup. d’ Agricoltura di Aas (Svezia). Zukal H., Università di Vienna. . Studi originali sul mare e suoi fenomeni; sugli organismi marini, . Articoli riassuntivi e di volgarizzazione. : VINQLdHN EIPp euozea,sIuU mi y po euoIzeig. Prezzo d' associazione annua: Per l'Italia It. L. ®@, — Per l'Estero (Unione postale) It L. 25. . Note pratiche sulla ostreicultura, mitilicultura, piscicultura, malattie dei pesci etc. ; . Rivista dei laboratori, istituti e stazioni sperimentali marine o lacustri; notiziario e resoconto del lavoro annualmente in esse compiuto. — Resoconto della campagne ceeonografiche fatte dalla Marina nazio- nale. dalle Marine estere o per privata iniziativa. } . Note di tecnica, metodi riguardanti lo studio fisico e biologico del mare e suoi organismi. . Note, appunti e recensioni critiche. Î 3 . Riassunto (resoconti) dei lavori riguardanti il mare e suoi organismi. . Notiziario. DIZIUIA — ZELE NMUWS "E ON DO 1 Aa WN R% CREO IRE Rc RITO NPBPTENTA I Agno SI Dicembre 1891 Ni d ANALYTISCIIE PEANKTONSTUDIEN Von Biranizi Sehnaditi. (Fortsetzung) Im Winter 1888-89 habe ich dann fùr den Golf von Neapel diese Frage in Angriff genommen. Auf diese Unter- suchungen werde ich weiter unten noch zurickkommen. Man wird also gewiss nicht behaupten k6nnen, dass die junge quantitative Planktonforschung die wichtige Frage nach dem Einfluss der Zeit aus den Augen verloren habe, wenn auch noch nicht viel von den Resultaten der Oeffentlichkeit ùber- geben ist. Wenn man bedenkt, dass solche Untersuchungen erst lange Zeit fortgesetzt werden mùssen, damit die allge- meinen Resultate sicher gestellt sind, so wird man auch nicht tadeln, dass diese Untersuchungen iber den Einfluss der Zeit nicht in voreiliger Weise mòglichst schnell publicirt sind, sondern ruhig aufgesammelt wurden, um dann mit um so gròsserer Sicherheit hervortreten zu kònnen. Wechsel der Jahreszeiten in der westlichen Ostsee. Auf einige Punkte dieser Zeitfrage glaube ich hier aber doch aufmerksam machen zu miissen. Ein sorgfaltiges Studium 25 Lil i ri e A La MURI 1 A PA PETIT Ad ad. +, aaa anto ae x i pet ha 4; Ù ia A) si TN RIP PIA GE OI é ha cani Ma, ) ‘ i Soglil SY TI SOV ACPA Cia PRECI N LE » ” — 4860 — der erwihnten Hensenschen Schrift!) lisstuns als Ergebniss der Planktonuntersuchung von 1884-85 fùr die westliche Ostsee eine sehr bemerkenswerthe Erscheinung erkennen. Hensen constatirte namlich durch seine Planktonuntersuchung einen eigenthùmlichen Wechsel der Planktonbionten und zwar in mehrfacher Beziehung, nimlich sowohl beziùglich des Ge- sammtvolumens, als auch der einzelnen Theile. Das Ge-. sammtvolumen zeigte wahrend des Jahres eine Anzahl Ma- xima von verschiedener Hohe, welche durch mehr oder minder weit ausgedehnte Minima getrennt wurden. Beziùglich der einzelnen Species, die der uberwiegend grossen Mehrzalil nach beziglich ihrer biologischen Verhàaltnisse noch voll- kommen unbekannt waren, stellte sich ferner heraus, dass ihr Auftreten in verschiedenen Zeiten dieses Jahres ein ausseror- dentlich ungleiches war, aber nicht, wie es nach den Lehren der Vertreter der Regellosigkeit der Planktonvertheilung erwartet werden sollte, in der Weise, dass bald grosse, bald kleine Mengen vorhanden waren, sondern es stellte sich fùr Jede Species eine bestimmte Zeit heraus, in welcher das Auftreten derselben ein Maximum erreichte. Zu diesem Maxi- mum stieg die Zahl der Individuen gewòhnlich kurz vor einer bestimmten Zeit schnell an und fiel darauf eben so schnell wieder ab. Dass gewisse Planktonformen Maxima ihres Vorkommens besitzen, war schon vorher bekannt. Fùr eine sehr grosse, vielleicht die gròsste Zahl derselben und namentlich fùr die im Gesammtleben der See hauptsachlich ins Gewicht fallen- den Formen war jedoch auch dieses noch nicht bekannt. Das Interessanteste dabei sind aber die weiteren, der allgemeinen Meeresbiologie angehòrigen Ergebnisse, die sich aus der Beo- bachtung der einzelnen Species ergeben und nur durch Ver- gleichung der Gesammtmengen der Individuen jeder Species 1) Uber die Bestimmune des Planktons. Bericht der Kommission z, w, U d. d, M, in Kiel 1887, — 487 — zu verschiedenen Zeiten zu stande kommen kénnen, Ver- gleichungen, welche aus der Zeit vor den Hensenschen Untersuchungen natùrlich fehlen mussten. Eine Vergleichung des Vegetationsmaximums der einzel- nen Formen lehrt weiter, dass die verschiedenen Hòhepunkte der einzelnen Formen, z. B. der verschiedenen Diatomeen- und Peridineen-Species zu sehr verschiedener Zeit erreicht werden, und dass diese Hohepunkte sich ferner iber das ganze Jahr vertheilen. So hat z. B. ihr Maximum: Chaetoceros im Màarz, Rhizosolenia alata im Juni-Juli, Geratium tripos!) im October u. s. w. Noch interessanter wird der Vergleich, wenn wir die Massenverhàiltnisse der einzelnen Species zu je einer Zeit mit denen der folgenden Zeit vergleichen. Es stellte sich bei der erwahnten Hensenschen Fangserie heraus, dass im Jahre 1884-85 in den verschiedenen Zeiten je eine Form oder doch nur wenige derselben vorherrschten, dass diese Formen in dieser Zeit vollkommen dominirend im Plankton auftraten und dann verschwanden, worauf eine andere Form die Herr- schaft erlangte. So wechselte z. B. das Vegetationsmaximum der oben genannten Pflanzen in der mitgetheilten Reihenfolge mit einander ab, so dass das Maximum der vorhergehenden immer schon vorùber war, wenn das Maximum der folgenden eintrat. Dass hier und da eine Form dominirend im Plankton auftritt, das kornte auch schon frùher der Beobachtung nicht entgehen. Wir besitzen Notizen, dass hier die eine, dort die andere Form vorgeherrscht habe; aber man wusste aus diesen Verhaltnissen noch nicht viel zu machen, vielmehr wurde gerade daraus ein Irrthum abgeleitet, denn der Umstand, dass man eine Form in einer bestimmten Zeit dominirend fand, wenn man zu einer andern Zeit fischte, aber nicht, 1) Es sind dies fast alles Formen, iilber deren biologische Verbàlt- nisse vor Hensens Untersuchungon noch fast gar nichts bekannt war, SOA Le Qi dg gue leitete zu der Vermuthung, dass man es hier nur mit Zufàllig- keiten zu thun habe. Den Giauben an diesen Zufall zu erschilttern und die Erkenntniss der Gesetzmàssigkeit an seine Stelle zu setzen, das ist eine der Hauptaufgaben der quanti- tativen Planktonforschung, und diese Aufgabe wird mit Sicherheit in relativ kurzer Zeit gelòst bei consequenter Ver- folgung des Hensenschen Forschungsplans. Denselben Wechsel, den Hensen fùr das Jahr 1884-85 festgestellt hat, konnte ich dann fùr die Jahre 1885-88 jahr- lich wieder constatiren. Es traten dieselben Formen wieder auf und hatten ihr Maximum immer fast in derselben Jahres- zeit. Dieselben Formen erlangten ferner zu derselben Zeit die Herrschaft ùber die andern Formen und machten nach Ablauf derselben Zeit wiederum den anderen Platz, sodass eine streng gesetzmassige Periodicitàt constatirt. werden konnte. Diese Periodicitàt konnten dann nach einer personlichen Mittheilung auch die Herren Prof. Brandt und Dr. Apstein constatiren infolge ihrer regelmassigen Planktonfahrten in die westliche Ostsee. Es haben sich also fùr die westliche Ostsee diesem Meerestheile eigenthilmliche, regelmassige Vegetationsverhalt- nisse feststellen lassen. Die eine Form kommt, wéachst und verschwindet dann wieder von der Oberfliche und macht einer andern Form Platz, welche nun fùr ihre Zeit die Herrschaft behauptet, um dann auch wieder zu weichen, und dieses Spiel wiederholt sich Jahr um Jahr mit derselben Regel- méssigkeit, wie alle Frùhjahre die Bàume grin werden und im Herbst ihr Laub abwerfen; und mit ebenso zweifelloser Sicherheit, wie die Kirschen vor den Sonnenblumen bliuhen, so erreichen auch die Skeletonemen ihren jahrlichen Culmi- nationspunkt frùher als die Ceratien. Zwar treten auch hier, wie auf dem Lande, in den verschiedenen Jahreszeiten Ver- schiedenheiten zu Tage: in dem einen Jahre ist die Ernte gròsser, in dem anderen kleiner, in dem einen etwas friher, in dem andern etwas spater, aber der Grundcharakter der Periodicitàt kavn durch diese kleinen Verschiebungen nicht — 489 — aufgehoben werden. So ist es im Wasser wie auf dem Lande; Schwankungen im Kleinen und Gesetzmàssigkeit im Grossen hier wie dort. Bei der consequenten, exakten Untersuchung hat also das scheinbare Spiel des Zufalls, welches bald die eine, bald die andere Form zu begiinstigen und bald dieser, bald jener eine Massenentwicklung zu gestatten schien, der Erkenntniss einer mit der Regelmassigkeit eines Gesetzes wie- derkehrenden Periodicitàt zu weichen. Constanz und Wechsel im Golf von Neapel. a. Monatliche Sehwankungen. Ueber die Vegetationsschwankurgen im Golf von Neapel hat man noch nicht so genaue Auskunft wie fur die Ostsee. Es fehlt hier noch durchaus an exakten Untersuchungen, wel- che die einzelnen Species in ihren Wechselbeziehungen zu einander und zu der Gesammtheit des Planktons umfassen. Mit den oben erwahnten Planktonfingen vom Winter 1888-89 habe ich versucht, diese Licke wenigstens theilweise aus- zufùllen. Ich kann das Resultat, so weit es sich um die einzel- nen Componenten des Planktons handelt, erst spater geben und will nur erwahnen, dass auch hier sich grosse Differenzen zelgen, dass im allgemeinen aas Plankton zwar an Volumen dasjenige der Sargasso-See nicht ùberstieg, dass aber auch hier Zeiten vorkommen, wo eine Form sich in solcher *. eise vermehrt, dass sie alle anderen Formen an Masse ùbertrifit und geradezu dominirend anftritt. Im November 1888 domi- nirte z. B. die Diatomeen-Gattung Chatocesos im Golf, und vergròsserte dabei durch ihre Massenhaftigkeit das Plank- tonvolumen um das mehrfache der in der ùbrigen Zeit gefun- denen Zahlen. Zum Vergleich der Planktonmassen, die in den verschiedenen Monaten den Golf fùllten, mògen hier die Volumenmessungen der Finge von 20m Tiefe stelien: 0.., Lo TS Pal Mo 1) Cf. Anhang Tabelle 13. — 490 — Es war mir leider nicht mòglich, die Beobachtung ùber langere Zeit auszudehnen. Die Reihe ist darum auch nur un- vollstàndig. Wenn es sich darum handelt, die Schwankungen der Jahreszeiten festzustellen, den Zufall vom Gesetz zu schei- den, so erhalten die Untersuchungen erst dann ihren vollen Werth, wenn sie ilber gròssere Zeitperioden ausgedehnt wer- den. Indem ich das Material gewann, um fiùr einige Monate die Veraànderungen des Gesammtplanktons festzustellen, habe ich immerhin den Anfang einer solchen periodischen Untersu- chung gemacht; und bei diesem Anfang kann ich mit Recht die grosse Bereitwilligkeit, mit der man meinen Bestrebun- gen in Neapel entgegenkam, hervorheben. Um so mehr bedau- ere ich, dass ich diese Untersuchungen nicht laànger aus- dehnen konnte und kann nur der Hoffnung Ausdruck geben, dass von Anderen auch die quantitative Seite der Plankton- forschung in Neapel in Angriff genommen werden mòge, da es von allergròsstem Interesse filr die Wissenschaft ist, gerade fùr den so formenreichen Golf von Neapel, iber dessen Fauna und Flora schon so viele Specialarbeiten existiren, auch die allgemeinen biologischen Verhaltnisse, bezùglich deren man bisher noch nicht ùber Vermuthungen hinauskommen konnte, in Angriff zu nehmen und auch dieses Gebiet dem Reiche des Zufalls zu entreissen und dem Gesetz zu ùberliefern. Bei dem grossen Entgegenkommen, welches die Station meinen Stu- dien gezeigt hat, und bei dem in Neapel herrschenden Bestre- ben, die Meeresforschung in ihrem allerweitesten Umfange zu fordern und durch Aufnahme immer neuer Specialdisciplinen die Ziele der Station stetig zu erweitern, glaube ich schliessen zu kònnen, dass die zoologische Station es nicht an thatiger Unterstùtzung fehlen lassen wòrde, wo es sich darum handelt, ihr Untersuchungsfeld auch iber dieses neue Gebiet auszu- dehnen. Wie mir, so wirde sie, glaube ich, auch Anderen die Mòéglichkeit gewahren, diese neueste der naturwissenschaft- lichen Disciplinen, die quantitative Meeresbiologie, in ihr schon so weites Programm aufzunehmen, und dadurch der — d9L — Wissenschaft sowohl neue Schéatze zu erschliessen, als auch «zugleich ein neues Blatt in den Ruhmeskranz der Station selbst einzuflechten. bh. Tigliche Sechwankungen, Bisherige Ansichten. Bei der Kustenfischerei nach Planktonformen, bei der es sich meist um die gròsseren, ma- kroscopischen Formen handelte, erhielt man selbst in kùrzeren Zeitintervallen bald gròssere, bald geringere Mengen von In- dividuen. Fiur manche Formen, z. B. fùr Oberflachen-Quallen, stellte sich offenkundig heraus, dass sie in ihrer Vertheilung von ausseren wechselnden Factoren z. B. vom Winde abhangig seien, indem ein gùnstiger Wind Formen, die das Oberflàchen- wasser bevorzugen, oft in grosser Zahl in den Buchten zu- sammentreibt, wahrend sie in anderer Zeit vergeblich gesucht werden k5nnen. Fùr manche Formen ist mit Sicherheit con- statirt, dass sie von der Beleuchtung abhangig sind, in der Weise, dass sie unter verschiedenen Umstanden verschiedene Tiefen aufsuchen. In solchen Fallen konnten sie dem Hori- zontalnetzfang bald ganz entgehen, in andern Fallen dagegen wurden sie in grossen Mengen gefangen. Hieraus glaubte man auf grosse Unregelmassigkeit des Vorkommens innerhalb kleinerer Zeitabschnitte schliessen zu miussen. Fùr einzelne Formen, namentlich seltnere und solche Formen, die ihrer Entwicklung nach heerdenweise sich ausbilden, durfte dies auch richtig sein; fiur eine grosse Zahl selbst dieser grossen Formen duùrfte aber, da die Horizontalnetzfinge kein sicheres Urtheil ùber die Mengenverhaltnisse gestatten, die Frage noch der weiteren exakten Prifung bedùrftig sein. Jedoch fihrt der einfache Augenschein dabei leicht zu dem Glauben, dass diese Formen beziiglich ihres Vorkommens sowohl in zeitlicher als in értlicher Beziehung so grossen Schwankungen unterworfen sind, dass eine Erkennung der Gesetzmàssigkeit, die schliesslich iberall in der Natur vor- — 4192 — handen ist, nicht zu denken sei, und dass man ihr Vorkommen vor der Hand mehr als dem Zufall unterworfen betrachten misse. Es liegt nun sehr nahe, diesen Schluss noch weiter auszudehnen iùber die Gesammtmasse des makroskopischen Planktons, und zu glauben, dass dieses denselben Schwan- kungen des Vorkommens unterworfen sei, so dass je nach der Gunst des Wetters, wobei namentlich das Vorherrschen des einen oder anderen Windes eine wichtige Rolle spielt, bald grosse Planktonmengen, bald geringe vorhanden waren. Es ist dies eine nahe liegende Vermuthung, die sich beim Betrach- ten der Fainge gròsserer Formen, welche aus besonderen Grin- denungleichmissiger inihrem Auftretenerscheinen missen, sehr leicht einstellt. Objektive, exakte Beobachtungen, welche sich auf die Schwankungen der Massen des makroskopischen und mesoskopischen Materials ausdehnten, lagen aber nicht vor, ein direkter objektiver Beweis war also nicht gegeben. Deshalb hat wohl auch kein vorsichtiger, kritischer Planktonforscher dieses fùr mehr als eine wahrscheinliche Vermuthung ange- sehen. Diese Vermuthung wurde gestitzt durch die oben besprochene, wohl ebenfalls ziemlich verbreitete Annahme der ungleichen òrtlichen Vertheilung. Wenn die Vertheilung des Planktons so unregelmassig bald dicht, bald spaàrlich war, wie man dies glaubte, so war das leicht verstàndlich und erklar- lich, dass je nach der Windrichtung bald grosse Plankton- massen (ich meine hiermit die wirklichen Massen, welche von meso-und mikroskopischem Material ausgemacht werden, nicht die einzelnen gròsseren Formen, welche in ihrer Massen- wirkung doch gegen die kleineren Formen weit zuritcktreten) in den Golf getrieben werden, bald aber wenig vorhanden sein kònne. Wenn jedoch die Vertheilung der Kleinplankton- Massen uber gròssere Strecken gleichmàssig ist, so ist auch selbst an der Kiste, wenigstens an einer Kiste, die wie der Golf von Neapel weit gegen das Meer geòffnet ist, und die betrachtliche Tiefe hat, die grosse Ungleichheit nicht sehr wahrscheinlich; wenngleich ja a priori sich nicht ermessen — 499 — lasst, wie weit veriandernden Fintluss eben die Landnahe auf die Vertheilung des Kleinplanktons in 6rtlicher und zeitlicher Beziehung haben wird. Immerhin musste man nach Erkennung der òrtlichen Gleichmassigkeit im Meer in der Verthei- lung den Werth dieser lokalen Einflusse, wie Windrichtung und lokale Meeresstròmungen, fùr geringer anschlagen als gewòhnlich geschieht. Das sind Fragen, die nicht durch Spe- kulation:;n zu lòsen sind, sondern nur auf dem Wege des Experiments entschieden werden kònnen. Experimentelles Studium der Frage. Ich habe nun versucht, bei meinem Aufenthalt in Neapel auch dieser Frage experimentell nàher zu kommen. Das Beste, Sicherste und Zuverlassigste ware natuùrlich gewesen, die Frage nach der zeitlichen Gleichmassigkeit mit Hulfe der Hensenschen Me- thodik zu lòsen. Dies war aber praktisch nicht ausfùhrbar ; denn, um das grosse Hensensche Planktonnetz auf dem Golf von Neapel zu handhaben, ist ein Dampfer nòthig, der min- destens die Grosse «Johannes Muller » (des gròsseren Sta- tionsdampfers) haben muss. Ferner geht bei Ausfùhrung einer Expedition fiir die quantitative Planktonfischerei jedes Mal fast ein Tag fiùr andere Arbeiten ziemlich verloren. Da es natùrlich nicht mòglich war, tiglich solche Excursionen aus- zufùhren so musste ich mich mit einer weniger exakten Me- thode begnuùgen, die aber, wie sich weiter unten ergiebt, doch befriedigende Resultate ergeben hat. Oberflichenplankton. Zeitliche Schwankungen des Oberflàchenplank- tons im Golf von Neapel. Bei diesen Studien war ich genòthigt, mich auf das Oberflachenplankton zu beschràn- ken. Dieses suchte ich zur Entscheidung der genannten Frage dienstbar zu machen, indem ich mit einem Ober- flachennetz lingere Zeit hindurch tàglich unter mòglichst gleichen Bedingungen Plankton fangen liess und die erhal- CA TPITTO,. PEIOII ìil y,- tenen Mengen mit einander verglich. Das Netz !) wurde an einem Tau befestigt hinter einem Ruderboot so geschleppt, dass es in geringer Entfernung unter der Oberfliche durch das Wasser strich. Nach dem Aufziehen des Netzes wurde der Fang in das schon wahrend des Fanges am Sack befestigte Glas hineingespiilt. Mit diesem Netz wurde von den Fischern der Station tàiglich dieselbe Zeit (40 Minuten lang) gefischt. Die auf diese Weise gemachten Fiinge sind zwar nicht direkt vergleichbar mit den Faingen des Hensenschen Netzes, da das Netz nur eine Horizontal-Wassersiule ausfischt, wahrend das Hensensche Netz vertikal geht, besonders aber weil die Menge des durchfiltrirten Wassers fùr das Oberflàchen- netz nicht bekannt ist. Die Oberflachenfànge sind aber dennoch mit einem gewissen zulassigen Fehler unter sich vergleichbar; denn, wenn auch die Gesammtwassermenge, die bei jedem Einzelfang durchfiltrirt wurde, nicht bekannt ist, so kann man doch annehmen, wenn mit demselben Netz in der gleichen Weise stetig die gleiche Zeit gefischt wird, dass dann im allgemeinen die Wassermassen der verschiedenen, auf einander folgenden Finge unter sich annàhernd gleich sind. Vorausgesetzt ist dabei, dass hier wirklich Oberflàchen- finge vorliegea, denn in gròsseren Tiefen ist, wie oben ausgefuùhrt wurde, das quantitative Fangen mittelst des Hori- zontalnetzes nicht mòglich. Die Gleichheit der Vorbedingungen ist fur diese Fangreihe des Oberflàchennetzes also annàhernd hergestellt und damit auch die Vergleichbarkeit der Finge unter sich. Es liegt auf der Hand, dass bei dieser Fangme- 1) Das abgestumpft kegelfirmige Netz hat eine Linge von 45 cm, der Durchmesser der vorderen Oeffnung ist 87 cm, der hinteren = 1l'em, letztere ist durch ein Glas von 1!/, Liter Inhalt verschlossen. Die Wand des Netzes besteht aus feiner seidener Miùllergaze (wabrscheinlich Nr. 20) mit er. 4000 Poren auf den Quadratcentimeter. Der fiir die Fangfàhigkeit des Netzes hauptsàchlich in Betracht kommerde Durchmesser des gròss- ten eingeschriebenen Kreises der Porenflîiche ist im Mittel aus 25 Mes- sungen — 0,03 mm. — 495 — thode nicht der Grad der Zuverlassigkeit und Genauigkeit erzeicht werden kann, wie beim Fang mit dem Hensenschen Netz, da es nicht mòglich ist, mit dem Ruderboot stets die gleiche Wasserstrecke so genau zu durchmessen, wie beim Fang mit dem Hensenschen Netz mittelst des Taues. Man wird also von vorn herein einen gròsseren Fehler zugeben mussen. Ob dieser Fehler so gross ist, dass er die Brauchbarkeit der Resultate stòrt, das ergiebt der Versuch selbst. Die Frage, die entschieden werden soll, ist nun die, ob die Vertheilung in zeitlicher Hinsicht regellos oder regel- màissig sei, d. h. es stellt sich hier in Bezug auf die Zeit dieselbe Frage, die wir vorhin mit Hùlfe der Hensenschen Methode fiur den Ort gelòst haben, indem dort untersucht wurde, ob die Vermuthung, ob man beim Fortschreiten um geringe Ortsdifferenz bald auf dichte Planktonansammlung, bald auf geringe Mengen stossen kònne, ebenso fir die Zeit auch hier die entsprechende Vermuthung zu bestàtigen oder zu widerlegen ist. Die Antwort auf diese Frage giebt mit ziemlicher Sicherheit die Differenzreihe !) zwischen je zwei 1) Bei Beurtheilung dieser Differenzreibe sind aber noch ein'ge Um- stinde zu beriicksichtigen, um ein zuverlîssiges Bild zu erhalten. Wenn gar keine zeitlichen und lokalen Schwankungen vorhanden wàren, so wilrde die Differenz nur der Ausdenck der Fehler der Fischereimethode sein, d. h. bei idealer Fischereimethode gleich O sein. Nun ist, wie oben erwahnt wurde, fùr die Ostsee schon constatirt, dass regelmiissige mo- natliche Schwankungen vorhanden sind. Ahnliche Unterschiede des Vo- lumens sind auch fir den Golf von Neapel constatirt, so dass wir anneh- men missen, dass auch der Golf von Neapel grosse Schwankurgen aufweisen wird. Es handelt sich aber darum, zu beweisen, ob diese Schwankungen, die in den quantitativen Fingen gefunden sind, àhnlichen regelmassigen Perioden angehòren, oder ob sie vom Zufall abhingen. Wenn regelmissige Schwankungen vorhanden sind, so betheiligen sie sich auch an den taàglichen Differenzen. Diese Differenzen kònnen also nicht mehr gleich bleiben, sondern sie miùssen wachsen und fallen. Est ist da zu untersuchen, wie viel von den wirklich gefundenen Differenzen auf Rechnung der monatlichen Schwankungen zu setzen ist, und wie viel wir als Unregelmissigkeiten auf die Tagesschwankungen und wie viel — 196 — aufeinanderfolgenden Tagesfingen. Diese Differenzen kònnen auf Regellosigkeit des Vorkommens nur dann deuten wenn sie gross sind, und dabei wechselnd bald positiv bald negativ ausfallen. «Gross» ist fùr die Beurtheilung ein zu relativer Begriff, es ist desshalb winschenswerth zu wissen, welche Gròssen etwa erwartet werden kònnen. Der gròsste Fang, der bisher mit dem Hensenschen Netz gemacht wurde, betrug 1645 cc und stammt aus 2 cbm Wasser. Auf der Planktonexpedition enthalt der kleinste Fang, aus 20 cbm Wasser stammend, 1,5 cc. Das angewandte Oberflàchennetz fangt, wie an anderer Stelle gezeigt werden wird, in 40 Minuten nur etwa !/, cbm Wasser aus. Auf das Oberflachennetz reducirt wirden die obigen Fange also gleichwerthig sein mit 0,04 cc und 4l1 ce. Es wirde sich hiernach die Mòglichkeit herausstellen, dass bei absoluter Regellosigkeit im Vorkommen, nach den praktisch gefundenen Unterschieden gemessen, die gròsste Differenz je zweier Fange, die eventuell zu erwarten ware, etwa 411 cc betragen kònnte. Diese Differenz von 411 cc auf die Rechnung der Fehler der Methode zu setzen haben. Auf die mo- natlichen Schwavkungen will ich nnten noch genauer eingehen, hier nur so viel, dass z. B. die in den Werthen 12 "., 6.2, — 8 11 14 135 liegenden Unterschiede ihrer Hauptmasse rach wohl als normale Schwankungen im Planktongehalt, der in mehreren Tagen wàachst und dann wieder abfallt, aufcefasst werden miissen. Solche ilber gewisse Zeitstrecken ausgedehnte Undulationen des Planktongehalts geben natùr- lich auch Fangdifferenzen, die sogar dann, wenn alle 24 Stunden einmal gefischt wird, noch ziemlich betràchtlich sein kònnen. Wie weit diese Un- dulationen im Zusammenhang stehen mit den periodichen Schwankun- gen des Jabresverlaufs, und wie weit sie von anderen Einfliissen als der Jahresperiode abhàngen, das ist erst noch experimentell zu untersuchen. Jedenfalls ist doch in ihnen schon eine RegelmAssigkeit zu erkennen. Sie kònnen also nicht mehr als Zeichen der Regellosigkeit im Auftreten des Planktons aufyefasst werden, sondern als solche kònnen nur die ohne er- kennbare Regel bald in die Hòhe schnellenden, bald abfallenden Gròssen der Differenzreihe in Rechnung kommen. — 497 — kònnte allerdings nur erreicht werden in extremen Fallen, wo die Ungleichmassigkeit das Maximum erreicht, welches nach dem bisher durch Ptanktonfinge mehrerer Jahre ge- machten Erfahrungen zu erwarten ware. In den meisten Fallen durfte aber sebst bei sehr weit gehender Ungleich- massigkeit der zeitlichen Vertheilung dieser extreme Werth in der Differenzreihe nicht zu erwarten sein, er giebt also nur einen Grenzwerth ab. Bei der angewandten primitiven Fangmethode ist es nicht mbglich, eine Garantie fiùr jeden Einzelfang zu ùbernehmen in der Weise, dass aus einer Ungleichheit im Fangre- sultat auch mit Sicherheit auf eine Unregelmassigheit im vorhandenen Volumen zu schliessen sei; denn jeder Fehler, der beim Fang gemacht wird, macht sich geltend als Un- gleichkeit der Resultate. Woll aber ist umgekehrt zu sagen, dass, wenn die Finge durchgehend gleich sind, dass dann auch das im Meer vorhandene Volumen beim Fang gleich gewesen sein misse, weil durch Fehler beim Fangen durch- gehende Gleichheit der Faànge nicht erzielt werden kann. Dieser Umstand bewirkt es auch, dass die Oberflàchenfange nur nach der einen Richtang hin beweisend sind, nàmlich nur dann, wenn sie Regelmissigkeit des Planktonvolumens ergeben, Wenn sie dagegen Unregelmassigkeit ergeben, so beweisen sie nichts, sondern sie sind vielmehr als quantita- tive Fange zu verwerfen, weil nicht angegeben werden kann, worin die Unregelmàssigkeit ihren Grund hat, ob sie in den Verhaltnissen des Meeres begrindet, oder ob sie nur in den Fehlern des Fanges zu suchen ist. Kleine oder in gleichem Sinn verlaufende Werthe der Differenzreihe kònnen nie erhalten werden, wenn 1) grobe Fehler beim Fang gemacht wurden, 2) wenn lokale Regellosigkeit der Ver- theilung vorhanden ist, 3) wenn zeitliche Regellosigkeit der Vertheilnung vorhanden ist. Wenn also der Versuch kleine oder in gleichem Sinn verlaufende Werthe der Diffe- renzreihe ergiebt, so sind sowohl grobe Fehler als auch — 498 — lokale wie zeitliche Regellosigkeit der Vertheilung ausge- schlossen. Lassen wir nun den Versuch selbst sprechen. Tabelle 14 das Anhangs giebt die bei den tiglichen Oberflachenfangen aus dem Golf von Neapel erhaltenen Planktonvolumina ohne Reduction; in Tabelle 15 sind die- selben auf gleiche Fangzeit reducirt und dadurch leichter vergleichbar gemacht, zugleich sind in derdritten Rubrik der Tabelle 15 die Differenzen zwischen je zwei aufeinander- folgenden Fangen gezogen. Die gefundenen Zahlen ergeben, dass selbst in der ersten, Zeit, wo die Fischer auf die Methode noch nicht eingeùbt waren, die Differenzen in den Grenzen von wenigen Cubic- centimetern schwanken und dabei dann auch grossentheils, wenigstens da, wo sie gleichsinnig in positiver oder nega- tiver Richtung verlaufen, auf monatliche Schwankungen (Undulationswellen der obigen Auseinandersetzung) zurùckzu- fùhren sind. In den spàteren Monaten werden die Gròssen der Differenzreihe sogar auf wenige Zehntel cc reducirt, eine Genauigkeit, welche mit der angewandten Methode nicht im entferntesten erwartet werden konnte, und welche mit Sicherheit darthut, dass alle drei erwahnten Bedingungen, welche Ungleichheiten hervorrufen hònnen, fehlen. Ferner ergiebt sich daraus, dass keine Regellosigkeit des Vor- kommes zu constatiren ist, sondern dass sowohl zeitlich wie lokal die Gleichmassigkeit in der Plankton- vertheilung eine sehr grosse ist. Beziuglich der Fest- stellung der lokalen Gleichmàssigkeit der Vertheilung mache ich hier darauf aufmerksam, dass dieses der dritte Weg ist, auf dem man zu demselben Ziele gekommen ist: 4) die Fange des Hensenschen Planktonnetzes, ermittelt aus der Volumenbestimmung, 2) die Fànge des Hensenschen Verti- kalnetzes, ermittelt durch Auszahlung mehrerer mittelgrossen Formen, 3) die Finge mit dem Oberfléichen-Horizontalnetz. Beziglich der zeitlichen Schwankungen ergiebt sich ferner eine Bestàtigung und Erweiterung der Stufenfinge des Oceans, — 499 — Diese ergaben nimlich, dass die Grundmassen des Planktons Jedenfalls keine Massenwanderung in die Tiefen antreten, wenigstens nicht in gròssere Tiefen als 200 m. Diese Ober- flachenfinge stecken diese Grenze nun noch viel enger, da sie durch die Gleichmassigkeit der Differenzen angeben, dass selbst in sehr geringen Tiefen keine von den tiglich wech- selnden meteorologischen Verhaltnissen abhangige Wande- rung der Massen des Kleinplanktons in die Tiefe stattfinden kann, oder wenigstens nur in so geringen Grenzen, dass sie die Fehler der Oberflichen-Fangmetode nicht zu controllieren gestatten. Regelmassige Schwankungen. Nachdem festgestellt ist, dass die in verschiedenen Zeiten gefundenen Unterschiede im Planktonvolumen nicht auf Regellosigkeit des Vorkom- mens zurùckzufihren sind, gewinnen die constatirten Schwan- kungen unter weiterer Bericksichtigung der Erfahrung, dass in der Ostsee alhnliche Schwankungen als periodisch wie- derkehrend beobachtet wurden, ein gròsseres Interesse. Sie gewinnen ferner Interesse als Verbindungsglieder der in gròs- seren zeitlichen Zwischenràumen vorgenommenen Plankton- fànge mit dem Hensenschen Netz, indem sie zeigen, dass die in den monatlichen Fangen sprungweise sich geltend machenden Unterschiede des Planktongehalts allmà- hlich durch viele Zwischenstufen in einander ùbergehen. — Sie erginzen ferner diese quantitativen Fange des Hensenschen Netzes in der Weise, dass sie die Grenzen der einzelnen Abschnitte der Volumenkurve zeitlich genauer fest- stellen, z. B. fallt in den quantitativen Planktonfingen das Planktonmaximum des Winters auf den 5. Dezember wahrend die tiglich wiederholten Oberflàchenfinge dieses Maximum weiter vorricken auf die zweite Halfte des Novem- ber, und noch genauer angeben, dass, wenn mit dem Hen- senschen Netz am 27. November gefischt worden ware, mehr als das doppelte des jetzt als Maximalfang dastehenden Vo- lumens gefunden ware, nimlich annihernd 54cc, Es ergiebt — 500 — dies ferner, das solche Oberflichenfange, die fùr sich allein nur sehr zweifelhaften Werth haben, dennoch, wenn sie mò- glichst nach quantitativen Principien gemacht werden, als werthvolle Erginzungsfinge der genaueren quantitativen Fiànge des Hensenschen Netzes dienen kònnen. Eine Vergleich- ung des Werthes dieser Oberflichenfinge mit den Fingen des Hensenschen Planktonnetzes kann ich erst weiter unten ge- ben, nachdem der Verlauf der aus den Oberflichenfàngen sich ergebenden Kurve fir die zeitlichen Schwankungen erkannt ist. Die vergleichbaren Oberflichenfinge beginnen am 18. November mit 2,5cc. (Vergl. Anhang Tabelle 15). Dass wir uns hier schon auf dem ansteigenden Theil der Kurve be- finden, zeigt der quantitative Fang vom 23. Oktober, nach welchem unter Einsetzung des unten zu besprechenden Re- ductionsfaktors fir diesen Tag mit dem Oberflàchennetz 0,2cc zu erwarten gewesen ware. Die Kurve ist also schon be- trichtlich gestiegen und steigt noch weiter bis zum 21. November, wo sie ein Maximum mit 12cc erreicht. (Die eintàgige Depression vom 21. November glaube ich auf Rechnung der Fehlerhaftigkeit des Fanges setzen zu dùrfen, ein Fehler, der nicht auffallig erscheinen kann, da die Fischer zu dieser Zeit noch wenig auf die neue Methode eingeùbt wa- ren). Dann sinkt das Volumen wieder und mit dem 24. No- vember setzt eine neue Welle ein, die am 27. ihr Maximum mit 14 cc erreicht (Mit dem Hensenschen Netz wirde dies in einer Wassersiule von 20 m Tiefe einer Menge von 54 cc entsprechen), die dann langsam aber constant durch 21/, Monate hindurch sinkt, bis sie am 11. Màrz nur noch 0,2 cc betrug. Den ganzen Januar, Februar und Anfang Màarz hin- durch hat das Gesammtvolumen 1 cc nicht iberschritten. Ob die kleine lokale Schwankung vom 30. Dezember in einem wirklich vorhandenen gròsseren Volumen oder in einem Fangfehler ihren Grund hat, bleibt noch unentschieden. Ich glaube das letztere. Wir haben also, insgesammt betrachtet, in dem Winter 1888-89 im Golf von Neapel vom 23, Oktober an UECEnto eine grosse Welle des Planktonvolumens zu verzeichnen, de- ren Kulminationspunkt auf die zweite Halfte des November fallt, und die ferner in der Nahe ihres Maximums zwei Un- dulationen zeigt, welche als sekundire Wellen auf der Kuppe der grossen Welle erscheinen. Beziehungen zwischen Verticalfingen und Ober- flichenfingen. Bei einer Vergleichung der im Golf von Neapel gemachten Oberflichenfinge mit den Fingen des Hensenschen Netzes ergiebt sich als erstes allgemeines Re- sultat, dass die Oberflichenfànge sich in ihrem Verlauf genau den zur selben Zeit gemachten Verticalfingen anschliessen. Da die einen nur die Oberflachenschicht, die andern dagegen die an Planktongehalt ungleichen verschiedenen Tiefenschich- ten durchfischen, so ist ein vollkommener Parallelismus nicht zu erwarten. Eine Vergleichung der beiderseitigen Zahlenwerthe (Ta- belle 16) ergiebt das Verhàltniss am besten und giebt zugleich eine gegenseitige Controlle der nach zwei verschiedenen Metho- den ausgefùhrten Finge. Vergleichen wir die Oberflàchenfànge mit den Planktonnetz-Fingen von 20m Tiefe, so erhalten wir fùr den ersten Tag, wo beide Zige zusammenfallen, den 5. November, im Planktonnetz 23 cc, im Oberflàchennetz 6 cc. Die Finge verhalten sich also annàhernd wie 4: 1. Nehmen wir diese beiden Fange, die natùrlich jeder noch mit einem gewissen Fehler behaftet sind, als Norm fùr die weitere Vergleichung an, so erhalten wir am 9 Januar fir das Planktonnetz: Oberflichennetz: Toce gefunden: 0,9cc berechnet: 0,4cc. Differenz 0,5 Dabei ist der Fang vom 9. Januar, wie es scheint, noch ein verhaltnissmassig hoher. Fur den folgenden und den vorhergehenden Tag wàre die Differenz noch geringer und zwar fir beide Tage gefunden: 0,5, berechnet: 0,4, Diffe- renz 0,1 cc. Fùr den 15. Febr. ergiebt der Oberflachenfang : gefunden : 0,1, berechnet 0,25, Differenz 0,15. Fùr den 8. Màrz existirt kein Oberflachenfang. Vergleichen wir ibn mit dem 26 41. Màrz, so erhalten wir: gefanden : 0,2, berechnet:,0,2 Differenz 0,05cc. Die Differenz ist meistens so klein, dass. ‘schon innerhalb der Grenzen der Beobachtungsfehler liegt, ganz abgeschen von den Fehlern der Fangmethode. Es ist dies also eine Uebereinstimmung der nach zwei grundverschie- denen Methoden gemachten Fàinge, welche so gross kaum È erwartet werden konnte. Fangfàhigkeit des Hensenschen Netzes und des Oberflichennetzes. Der oben gefundene Reductionsfaktor des Hensenschen Planktonnetzes und des von mir in Neapel angewandten Oberflichennetzes dùrfte fùr manche Zoologen, "NE welche praktisch an der See gearbeitet haben, einiges In- BI teresse haben, weil diese vielfach mit meinem Oberflàchen- netz iilnlichen Netzen gearbeitet haben, und die dadurch einen Anhalt bekommen ùber die Leistungsfahigkeit des Hensenschen Netzes, welches in dem cr. eine Minute dauern- den Zuge von 20 m vier mal so viel fangt, wie das erwàhnte Oberflàchennetz bei einem Zuge von 40 Minuten. o) CSI Li le, "9 NP LN sil d'46, Le CEN (Fortsetzung folgt). E. DE WILDEMAN. NOTES SUR QUELQUES ALGUES (avec 2 pl.) M. Gay a publié un intéressant mémoire sur le déve- loppement et la classification de quelques chlorophycées (1), dont une analyse a été publiée dans ce journal. J'avais entrepris, depuis assez longtemps, l’ étude mor- phologique de quelques-uns de ces genres, mais je n° avais pas encore pu publier le résultat de mes observations, lorsque parut dans le Journal de Botanique, de M. Morot (2), la note de M. Gay, sur le genre Cladophora. Je me permettrai d’ajouter quelques mots aux faits consignés dans la thèse de M. Gay. Les espèces comprises dans le genre Cladophora, sont pour la plupart fort mal connues; il èst fort probable qu’un grand nombre de celles qui ont été décrites (3), ne sont que des formes qui appartiennent au cycle d’évolution d’ une méme espèce. Ces algues varient en effet beaucoup suivant les conditions extérieures auxquelles elles sont soumises. Parmi les espèces d’eau douce, le Cladophora glome= rala est un type qui se reconnait facilement, et dont la forme est assez constante. Mais elle peut cependant varier beaucoup. (1) Fr. Gav. Recherches sur le développement et la classification de quelques algues vertes. Paris, 1891. (2) FR. Gav. Sur la Morphologie des Cladophora Journ. de Botanique 189], n. 1. (3) M. De Toni, dans le Sy?oge algarum, décrit 238 espèces, — 504 — Si on sépare une touffe de cette algue de son support, et qu'on la cultive dans un milieu confine, il se présente des modifications, qui déforment la plante jusqu’ a faire douter de l’espèce. La présence de rhizines se voit chez le CZ. glomerata aussi bien que chez le CZ. fracta. Elles se forment à n’ im- porte quel niveau du thalle. Le CI. glomerata, quand il est cultivé en aquarium, forme souvent des rameaux étroits à cellules allongées qui changent complètement l’ aspect de l’algue. La culture du CI. fracta, ou d’ une des espèces du méme groupe dans un espace confiné, donne lieu à de nombreuses variations, soit dans le port général de l’algue, soit dans la forme et la constitution de la cellule. Si dans un thalle ainsi modifié, une cellule vient par une cause quelconque à perdre son contenu cellulaire, on voit fréquemment la cellule voisine pousser des rhizines qui vont se loger dans la cavité de la cellule morte. Ces rhizoides peuvent, au bout d’un certain trajet dans la cellule, percer la membrane, sortir et continuer à s’accroitre dans le liquide ambiant. Plusieurs de ces rhizines peuvent se loger còte a còte dans une méme cellule; ce qui donne dans ce cas un aspect des plus curieux à l° algue. Ces formations radicantes peuvent, dans certains cas, posséder une coloration verte très accentuée, et étre donc analogues à des rameaux, dans d'autres, ètre presque com- plètement privées de matière colorante. Elles se soudent parfois à des filaments de l’algue, ou è un support quelcon- que; elles peuvent aussi étre libres. Après une longue culture dans un aquarium, j'ai obtenu sur une des formes de C/. fracta, une modification analogue à celle que M. Gay a décrite et figurée (/oc. cet. pl. I, fig. 7), mais les renflements étaient plus fortement accentués. Les cellules sont renflées vers leurs extrémités, et pré- sentent souvent plusieurs renflements successifs. La culture avait été faite dans un aquarium, où avaient étè déposés quel- — 505 — ques morceaux de tourbe. C'est au contact de la tourbe que les filaments ont acquis la coloration la plus accentuée, et qu’ ils se sont le plus fortement épaissis. Si on laisse le liquide dans lequel la culture est faite (eau dela ville) se concentrer, on peut observer au bout de quelque temps un dépot calcaire assez considèrable sur la membrane, dépòt qui met fort bien eu evidence les restes de la membrane cellulaire après l’accroissement en longereur. La fig. 2, nous. montre quelques uns des nombreux aspects sous lequels les filaments de C/adophora ainsi mo- difiés. se présentent. Si l’on compare certaines de ces figures avec celles des Tabule phycologiee de Kiuùtzing, on devra reconnaître qu’elles ont de grandes analogies. Il faut se rappeler cepen- dant que ces formes ont eu pour origine des cellules cylin- driques. Il faut donc étre on ne peut plus circonspect dans la déetermination des espèces de ce genre et dans la description d’ espèces nouvelles. Chez le CI. glomerata, } ai observé une variation a peu près identique, mais pas aussi accusée; il est vrai que les échantillons sur lesquels j" ai observé ces modifications n’avaient pas été cultivés en présence de tourbe. La tourbe est probablemeet un milieu nutritif excellent pour ces algues, mais je n'ai pas pu faire d’expériences suffisantes, de sorte qu'il ne m'est pas possible de savoir si la présence d’ une matière nutritive, est la seule cause qui occasionne ces mo- . difications. M. Strasburger (1), a d’ailleurs indique la tourhe comme un milieu de culture excellent pour les Sp:r0gyra. La membrane cellulaire très épaisse de ces Cladophora, montre dans bien des cas d'une facon très nette la crois- sance intercalaire, par la présence de fragments de la mem- brane qui sont restes accolés à la membrane nouvelle. Le (1) STRASBURGER. Weber Zellbildung und Zelltheilung, Jena, 1875, pag. 34. — 506 — dessin d de la figure 2, représente une cellule vue en coupe optique et sur la membrane de laquelle, nous remarquons les traces de la membrane. J'ai observé parfois, sans pouvoir cependant suivre la culture, des germinations de Cladophora ; ces germinations me paraissaient devoir former des plantes chétives. Elles se trouvaient dans et au voisinage d'une cellule fructifere du Cladophora. La fig. 3 nous montre differents de ces déve- loppements. Quelle est l'origine de ces développements, est-ce la germination directe des zoospores ? i J'ai pu observer également quelquefois des cellules & membrane cellulaire très fortement épaissie et dont la surface présentait des anneaux comme ceux que l’on voit chez les Vedogonium. La figure 4 nous montre une cellule dans cet etat, l’on remarque la cavité diminuée et les anneaux très visibles. La culture en milieu confiné occasionne chez d’ autres algues des modifications analogues. Comme nous l' avons déjà dit ici, il y a chez l’' Enteromorpha intestinalis, lors qu'on le conserve dans ces conditions des prolongements cellulaires, qui se forment et qui donnent un aspect très special; l’ Wothrix sonata Web. et Mohr présente dans les mémes circonstances des modifications semblables. Cet Vlothrix que l'on trouve assez communément, est une algue filamenteuse non ramifiée, formée de cellules placées bout a bout et dont le diamètre ordinairement double de la hauteur lui est rarement égal. Si l'on place cette algue dans un petit recipient. dont on ne renouvelle pas l’eau, on remarque d' abord une dimi- nution de largeur des filaments, en méme temps qu’ une élongation cellulaire. Les filaments présentent alors une forme qui rappelle celle que nous avons indiquée pour les Clado- phora. Le diamètre des nouvelles cellules n’ est souvent que la moitié de celui des cellules primitives. La structure des membranes transverses est assez cu- — 507 — rieuse. Au niveau des cloisons, il se forme un bourrelet épais de cellulose; ce bourrelet paraîtdans certains cas plus ou moins gélifié. En précipitant dans la membrane du bleu de Prusse, on obtient une coloration très énergique de toute l’ enveloppe, mais pas trace de gonflement, mème dans les parties ou la membrane est le plus fortement épaissie, il en est de méme pour le préecipitè de chromate de plomb. Aussi longtemps que les cellules du filament sont encore en vie, il y a une partie de l’enveloppe qui reste mince, c'est le centre de la paroi transverse. En coupe optique l’ona a faire à une véritable ponctuation en creux. Je n'ai pu voir si des filaments protoplasmiques faisaient communi- quer les deux cellules voisines. Il se fait aussi souvent a l’interieur de la cavité cellu- laire une apposition considerable de cellulose qui peut méme obliterer la lumière de la cellule, comme cela a été observé chez d' autres algues. Une des modifications qui suit est celle qui est represen- tée par une éxageration de la Jongueur des articles de l’algue; puis les cellules poussent des prolongements qui vont jus- qu@'a s'enchevetrer les uns dans les autres, en prenant la place des articles morts. Ces especes de rhizoides peuvent se diviser, ils sortent du filament en rejetant sur le coté les cellules plus ou moins normales, ce qui donne ainsi à l’ al- gue un aspect faussement ramifié. On peut voir ainsi souvent un prolongement cellulaire, occuper la, place d'une vingtaine d’articles du filament primitif, dont il a brisé les parois transverse, et sortir enfin de l’algue soit par une partie ou le tube a été Drisé soit en perforant lui méme la paroi. Les quelques figures ci jointes montrent quelques unes des particularités observées sur des algues ainsi modifiées. LES DIATOMEES observies dans quelques lacs des Vosges (Longemen, Retourmemen, Lac de Dearen) PaR LE D.' AD. LEMAIRE Docteur ès Sciences naturelles MIS X_l—°©X«£-£«X-- La vase qui occupe le fond des lacs vosgiens est presque entiérement forméee par des Diatomées. Les diatomées des lacs de Gérardmer, Longemer, du lac Blanc et de l’Etang de la Cuve, ont été ètudiées par M. Paul Petit (1), qui a consigné le résultat de ses recherches dans la Feuille des Jeunes naturalistes. Le savant algologue n'ayant pu se procurer de la vase provenant des bas fonds du lac de Longemer, n°a pu fournir des renseignements complets sur la flore diatomique de ce lac. L’étude de diatomacées des fonds de Longemer montre que cette flore diffère sensiblement de ce qu’a signalé M. P. Pe- tit. On y trouve, en effet, comme au lac de Gerardmer, les Ga/- Lonella lirata avec ses variétés, G. granulata et G. crenulata. Ces espèces sont moins abondantes, il est vrai, que dans le lac de Gérardmer, mais elles sont cependant assez com- munes. Le nombre de espèces que j'ai observées au lac de Lon- gemer, est plus considérable que celui des espèces récoltées par M. Petit sur les Isoetes de ce lac. (1) Paul Petit. Diafomacées observés dans les lacs dss Vosges — Feuille des Jeunes naturalistes. 18 année. — 509 — En publiant ce mémoire, j'ai eu enoutre pour but de si- gnaler les formes appartenant aux lacs vosgiens que M. P. Pe- tit n'a pas eu l’occasion d’étudier. Je dois à l'obligeance de M. M. les Professeurs Bleicher et Thoulet, les matériaux qui ont servi à ce travail. J'ai pu, gràce à M. Bleicher, faire l’étude des diatomées qui composent la vase du lac de Daaren. Ce lac, quoique qu’ap- partenant au versant alsacien, fait partie de Vosges au méme titre que le lac Blanc. M. Thoulet a pratique pendant ces dernières années de nombreux draguages dansles lacs de Gérardmer, Longemer et Retounemer, et a recueilli plusieurs échantillons de dépots que que j'ai eu la bonne fortune d’étudier. Les lacs des Vosges accusent quelques differences au point de vue de la répartition des diatomées. Ces differences peuvent, sans doute, tenir à l’altitude, mais ce dernier facteur ne suffit point pour expliquer les differences assez grandes qui existent entre la flore du lac de Longemer et celle de Re- tournemer lacs qui different moins entre eu par leur altitude, que ne le font ces lacs et celui de Daaren. Cependant les flo- res de Longemer et de Daaren ont beaucoup d'analogie. A Longemer (alt. 720 m.) abondent les Me/osira et beaucoup d'espèces qui font défaut a Retounemer (780 m.) tandisque le lac de Daaren qui est à une altitude bien supérieure (980 m) a celle de Longemer, possède beaucoup de formes communes avee celles de ce dernier lac. i A Gérardmer abondent les Melosira — M. lirata type, avec les variétées /acustris et les formes tenuiores; M. gra- nulata et M. crenulata type, et var. valida. Les Gomphonema, G. acuminatum et G. capitatum sont très communs; mais on n'y rencontre point les Cyclotella Me- neghiana var. stellifera. et Cy. stelligera, espèces particu- lières au lac de Longemer. Les diverses espèces de Melosira qui existent à Gèrar- dmer se rencontrent aussi dans le lac de Longemer, elles sont — 510 — un peu moins communes, surtout M., granulzla. Les Cymbella (O. Ehrenhergii et C. cymbiformis) sont plus abondantes qu'a Gérardmer ainsi que les grandes formes de MNavzcula (N. major — N. viridis — N. nobilis — N. elliptica. Les Epithemia manquent ou sont très rares. Le lac de Daaren, se signale pas la presence d’espèces, (les Gomphonema montanum et Navicula alpestris) qui croissent aussi dans le lac le plus élevé dos Vosges, étudié par M. P. Pe- tit, dans le lac Blanc (1054 m). Ces espèces y sont très rares. On y trouve, comme à Longemer et à Gérardmer les diverses formes de Melosira. Il ya beaucoup de Gomphonema capita- tum, G. gracile, et plusieurs varietés de G. acuminatum. Les Cymbella et Epithemia y sont très rares, et les Cyclotella de Longemer y font defaut. En revanche le Denticula hyemale y vit en assez grande abondance. Le lac de Retournemer offre de nombreuses differences avec ses voisins. Ici, en effet, on ne remarque plus les Me/o- sira lirata, granulata; le Melosira crenulata y estassez com- mun. Il n°y a pas de Cycdotella; mais les espèces abbondantes sont les Fragillaria, Cocconeis, Navicula major, N. nobi- lis, les Cymbella et Epithemia. Lac Ge Longemer. Le lac Longemer situé a environ 8 kiloméètres de Gérar- dmer à une altitude de 720 mètres s' ètend sur une longueur de deux kilometres dans la direction du S. L. au N. O. Sa largeur est de 300 a 500 metres et sa profondeur moyenne de 50 mètres. La liste suivante des diatomées a été dressée d’après des échantillons recueillis à une profondeur de 25 mètres. Amphora Cymbella ovalis Az, C. i Ehrerbergii Kfz. A. R. var. pediculus Xfz. R. cuspidata Xtz. C. Cymbiformis Chr. C, C. RIA LES SI — 5IL — - Eneyonema Achnantes ventricosum Xfz. A. ©, exilis KXfz. C. Stauroneis Cocconeis phoenicenteron Z%r. A. C. pediculus F&r. A. R. anceps Er. R. Navicula nobilis kr. A. C. « dactylus Z%r. C. C. Major XKz. C. C. viridis Xfz. C. C.C. » var. acuminata Xtz. A. R. Cardinalis Fr. C. C.C. stauroptera Grin. A. R tabellaria Z4r. A. R. gibba Xfz. A. R. divergens W. Sw. R. Mesolepta W. Sm. C. C. radiosa Az. C. elliptica Xfz. C. mutica Kt. » var. Cohnii (Stauroneis Cohnii. -Hilse) F. R. serians Breb. R. Iridis E%r. » var. Amphigomphus. Eh7.A.C. » » affinis Fkr. R. limosa Xtz. A. R. bacillum Z%r. A. C. Vanheurckia rhomboides Breb. » var. crassinervis Bréb. R. Pleurosioma acumipatum Xfz. C' R. Gomphonema acuminatum Z%r. C. C. gracile F%r. A. C. constrictum Z%r. C. capitatum Z%r. A. R. Achnantidium flexellum Bred. A_B. Eunotia arcus Ekr. C. gracilis Z%r. A. R. pectinalis E%r. A. R. robusta Ra/fs. A. R. » var. diadema Zàr. R. Ceratoneis Arcus Ktz. A. R. Synedra Ulna Ekr. C. oxyrhynchus Ktz. R. Fragillaria Harrisonii W. Sw. T. R. Denticula rigida KXtz. A. R. Odobtidium hyemale X/z. R. Grunovia tabellaria Rab. T. R. Tabellaria fenestrata Zyngb. A. R. flocculosa Rofk. C. Nitzschia siemoidea E%r. T. R. Surirella biseriata Bred. C. C. robusta E%r. C.C. elegans Ekr. C. » var.norvegica /. Brun, C.C. Melosira granulata Pri/ch. A. R. crenulata Xtz. » var. valida Grin. A. C. lirata. E%r. » formaetenuiores. Grin, C.C. » var. biseriata Grén. A. C. » var. lacustris Grin. A. R. s RAIL to, Pat RR p a i Mi N. }2 Tav. 5 ELLA AIMVANAOIAA 3 2044 093 321 024 Jun CRA ‘67 Date Due = == Pa na IA or oz Fersen e n Cm vat Eni E e ali ui res pre: ae piera reader lan c pig Pelia II = peri re È Lugo n