nerina te VARCO CE CASI PERIZIA SUSE st è " retta È a subi À ret SEA rilento RUPPE PATTI TERE peo i fioriere der ROTTE tiro ii La dir brina : Ù pig» Pa x > ih sen RT MO o E PORTER ONE STGARNI EIA pn ESAIRE TO RIA an pi n _——_—@—@—@— 1.11 —n_’ar’vwe "terr _____t—t—_—____ _ rc_r__r——gr tà HARVARD UNIVERSITY E e CO L= LIBRARY OF THE Museum of Comparative Zoology N $ "M (ALE, PATOOOI TSO Hi A NUOVE RELAZIONI RL STAZIONE DI ENTOMOLOGIA AGRARIA ‘i I DI_EIRENZE Hrrvas ) PER CURA DELLA DIREZIONE Serie Prima — N. 4. i P FIRENZE TIPOGRAFIA M. RICCI ‘Via San Gallo, N. 31 1902 a NOOO top RR CHOC bi: OÙ { ni j vd ) INTORNO AI LAVORI DEEBIRENZE PER CURA DELLA DIREZIONE Serie Prima — N° 4. FIRENZE PAIEPLOSGERPFASESICA REM LR CGI Via San Gallo, N. 31 1902 bi fu l'illustre A. Costa, di Napoli, che con i mono- onte ai migliori cultori della Scienza in i Il Costa dopo quel lavoro non ne ha scritti altri del genere, men- l Targioni con l'istituzione della R. Stazione di Entomo- e ebbe l'occasione a continuare nell'opera intra- inza del dire, da Se 1 leoni senza che questo o; Po uscisse mai ad alano la modestia ira) che era la 1a intanto, egli ebbe ad li di Anguillule e di Lom- ichi, di Molluschi, di Acari e di Crostacei, di Emitteri e di. e di Coleotteri, e talvolta di tutti questi invertebrati e tebrati insieme, formando volumi, nei quali, se con alcune 1orme, che egli lascia, seguendo essa con affetto la traccia tradizioni gloriose del suo metodo e del fine nobilissimo, sempre ebbe di mira, cercherà di riparare come può alle on è a dire, in fine, della fiducia che i meriti suoi gli rarono presso il nostro Ministero di Agricoltura, ed il Europee; non dirò nemmeno delle numerose onorificenze tri- {= tegli, perchè fu sempre contrario a tuttociò, che è vano TA 8 la vita. NOTIZIE E SUGGERIMENTI PRATICI PER CONOSCERE E COMBATTERE LI ANIMALI NOCIVI ALLE PIANTE COLTIVATE ED AI LORO FRUTTI NEL CAMPO E NEI LOCALI PER LA CONSERVAZIONE Note ed osservazioni del Dott. GIACOMO DEL GUERCIO. | Considerazioni generali sulla Zoologia e sull’Entomologia agraria — esui mezzi con i quali devono prestarsi in servizio dell'agricoltura. Il ramo delle scienze biologiche che tratta dello studio de- gli animali si chiama Zoologia, e la parte di questa, che si oc- ipa degli entomi (animali articolati) si dice Entomologia. Lo studio degli animali considerati dal punto di vista de- i svariati rapporti che hanno con l’agricoltura e le industrie che ne dipendono, costituisce ciò che dicesi Zoologia agraria, l’Entomologia agraria, conseguentemente, è quella parte di essa che sì riferisce modernamente allo studio dei Crostacei, ei Miriapodi, degli Aracnidi e degli Insetti, considerati nei ro rapporti reciproci con gli altri animali e con le piante. Secondo i benefizî o i guasti, più o meno notevoli, che questi rapporti, direttamente e indirettamente, derivano uomo, all'agricoltura, alle industrie e all'economia dome- ;a, gli animali sono stati distinti e tuttavia si distinguono ne utili e come nocivi. Sono animali direttamente utili gli animali domestici, la massima parte degli uccelli e dei pesci, un buon numero di Bi Cu) crostacei e di molluschi, le api, i bachi da seta, le varie coc- ciniglie tintorie, ecc. i È Quelli che vivono a danno degli animali direttamente utili, vi delle piante, e dei prodotti che da queste e da quelli derivano, sì dicono animali nocivi. Ciò posto, sono animali 2ndirettamente utili tutti quelli che in un modo o nell’altro attentano alla vita degli animali no- civi; e al contrario, sono endirettamente nocivi tutti gli altri che molestano gli animali indirettamente utili. Gli animali qui considerati sono quelli nocivi alle piante | coltivate e ai loro frutti, nel campo, nell’orto, nella vigna, n ] pomario, nell’agrumeto, nel nocciuoleto e nel castagneto; ed ognuno di essi si trova indicato con un nome volgare, corri- spondente ad un nome scientifico, seguito da una o più figure, da una breve descrizione, per riconoscerlo, e dalle notizie indi- spensabili per determinare il luogo, il momento e la durat delle sue fasi evolutive, la coincidenza maggiore o minore, dei . fenomeni della sua vita con quelli dei vegetali coltivati, e le condizioni nelle quali certe pratiche agrarie, alcune operazio fisico-meccaniche, e determinati ingredienti chimici possono li- berare le piante dai nemici loro. | La Zoologia e l’Entomologia agraria o economica, pertanto, A si svolgono in un vasto campo di conoscenze, nel quale bisogna far largo posto alle profonde ed estese osservazioni biologich alle più interessanti osservazioni di fisiologia pratica, alle ap: plicazioni svariate della meteorologia, della fisica, della bota- nica, della chimica e della meccanica, e a tutto ciò che occorre per mettere in vista, seguire e attraversare risolutamente la vita di alcuni esseri, a benefizio di altri e di noi stessi. Questi studî perciò sono molto difficili, tanto difficili quanto. utili e benefici sono gli effetti che ne derivano, e, checchè altri ne dica, la distruzione degli animali nocivi in generale, e degli insetti in particolare non è cosa impossibile a realizzarsi, se la impossibilità non è determinata, come diceva il Costa, ATE dalla ignoranza, dall’avarizia e dalla infingardaggine dell’uom 0. RE e La mancanza delle conoscenze in proprio sulla natura, sulla vita e sui costumi degli animali, che si devono combattere; la mancanza di una Zoologia agraria, o di un’Entomologia eco- ‘nomica militante, attiva, fatta di osservazioni, di dimostrazioni distruttive, sugli animali e sugli insetti, e la deficienza abituale | delle nozioni più elementari sulla natura e sulle operazioni colturali, alle quali le piante sono sottoposte, mentre da un - lato non hanno permesso di trarre tutti i vantaggi possibili ì dalle razionali pratiche agrarie, è sfuggita, dall'altro, la oppor- | tunità del confronto e la scelta fra queste e gli altri mezzi di . difesa, e in mancanza di meglio si è venuti ogni volta nella disgraziata e frettolosa determinazione di inchinarsi pazienti . dinanzi alle devastazioni di questi ‘agenti della natura, e di subirli rassegnati in compenso dei benefizî maggiori, si dice, che gli altri ci portano. Ma quante infezioni, contro le quali pareva non vi fosse rimedio, sono state vinte più tardi? Quanti rimedî nell’ultimo scorcio di secolo non sono stati pro- | posti e provati, anche utilmente, contro gli animali nocivi e contro gli insetti? Chi ha detto che nel principio di questo . nuovo secolo i rimedî proposti non debbano essere migliorati, fo che altri non debbano venirne, così da supplire alla lamen- tata insufficienza di quelli? Coloro, che hanno visto gli olivi già brulli per Tripseidi rico- prirsi di foglie e di frutti; i frutteti del modenese (Vignola), e quelli del Piacentino (Villanova d’Arda) liberati prontamente dai bruchi; le campagne del Ferrarese e del Bolognese libe- rate dalle Arvicole; e gli esempi, infine, di non poche altre infezioni decimate ed economicamente distrutte, nei campi e | nei prati, possono attestare che questa non è una vana pre- esa. Ond’è, che senza troppo presumere, oso affermare che la ioologia economica, incoraggiata meglio nelle stesse Scuole lì Agricoltura, non fossilizzata fra i muri di un laboratorio, e ‘messa, come si deve, con tutti 1 suoi mezzi a partecipare della ita attiva dei campi, non tarderebbe ad uscire completamente . dalla cerchia degli abituali compatimenti, nella quale la igno- ranza dei tempi l’ha limitata, e a dare tutti i benefizî che. devono conseguire dalla difesa delle piante corrose, punte gimento e le indicazioni, che la Zoologia e l’Entomologia ag; ria devono avere nelle scuole e diffondere nella pratica, b gna attendere alle altre difficoltà, che si devono combattere rimuovere per raggiungere l’intento desiderato. Una di es è quella della convenienza e dell'interesse, più o meno prossim di mettere in pratica le indicazioni della scienza nella dife delle piante. Segue spesso per questo che, se il costo dell operazioni trova margine sufficiente nel bilancio della coltiv zione, la pratica, per quanto turbata nei suoi interessi rea; non è difficile che si accomodi ad un guadagno minore e difenda; ma quando quest’utile minaccia di venire e viei meno, essa generalmente si accontenta di assistere alla distri zione del raccolto e lascia gli animali e gli insetti padron: delle piante sulle quali e fra le quali si trovano. L’ esemp ( si è avuto più volte anche nell’avvento funesto della mose olearia, in diverse parti d’Italia, dove le olive sono state ab- | bandonate a se stesse, perchè non avrebbero compensato spese della raccolta! È inutile dire che simili provvedimenti l’altro e per diversi anni di seguito sulle piante; dirò anzi ch i malefizî che gli animali commettono su quelle o sul raccolt 13 ma è Si a rimuovere il pericolo e è salvagnar dare anche il raccolto avvenire. o RE Molte pioli Pa poso ala intesa economia, all'ombra de a. LEGGI pe Tool: ma essa non sì muove afro, e mentre ES avverte: guarda che bruci! L’anno seguente i susini, i ciliegi, i meli, si trovano rovinati nelle foglie, nei fiori e nei frutti, ed essa esclama: maledetti! Ma non si mosse allora e non si muove ora; se occorre cerca il rimedio sovrano, a poco prezzo, a prezzo gratuito; il rimedio che tolga & male presente e allon- tani quelli futuri, e finalmente chiede il soccorso dello Stato, perchè coltivi, difenda le piante coltivate e le consegni la rendita ricavata dalla vendita dei prodotti. Ci vuol altro. Proprietarî ed agricoltori devono mutare strada: quella del greco e del latino non è fatta a posta per risolvere il difficile problema della produttività del suolo, e l’altro anche più arduo della difesa delle piante, del bestiame e delle derrate dall’insidia degli animali nocivi e dai fun- ghi parassiti. Se vogliono vivere meglio essi si devono en- tusiasmar meno alle futili lotte politiche e rivolgere la mas- sima parte delle loro cure al nostro Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, al Ministero il cui nome per essi do- vrebbe essere un programma e capire che dallo svolgimento di esso dipende tutto l’ essere nostro, la potenza economica, ‘e insieme quella politica e militare. Dove l’agricolitura non | progredisce, languono anche le industrie ed il commercio, il capitale è scarso e la miseria batte all’uscio di tutti; se poi si vuole un'agricoltura progredita bisogna spendere e assegnare per il Ministero di Agricoltura una dotazione eguale, se non superiore a quella che annualmente si da al Ministero della Istruzione; perchè a questa condizione soltanto si potrà pro- cedere a riforme, nelle scuole e fuori, alle quali non si può mettere mano senza mezzi pecuniarii sufficienti. Date le condizioni nelle quali, in generale, per forza di cose, si svolge l’insegnamento della Zoologia agraria nelle nostre scuole pratiche e speciali di agricoltura, e Ja educa- | zione agraria insufficiente o negativa di quella che è la pra- dl tica economica del nostro paese, si capisce che trovare un ri- medio contro un dato animale, non basta. Perchè il rimedio . dia gli effetti desiderati è necessario che sia compreso e trovi nelle scuole, e trascurando di diffondere di più, e con stabi- lità di miglior vita, le fiorenti Cattedre provinciali per l’agri- coltura, le quali sono istituite apposta per popolarizzare le no- zioni più difficili della scienza sulla coltivazione delle piante l'allevamento del bestiame, e la difesa di quelle e di questo dalle insidie degli animali nocivi e dai funghi parassiti. | | A questo bisogna pure provvedere, perchè le Scuole e le Cattedre ambulanti per l’agricoltura contribuiscano diretta- mente ed indirettamente alla formazione della pratica agraria, la quale, quando sia formata di agricoltori e diretta da agro- nomi esperti dei soggetti (animali e piante) sui quali si in- dustria, non soltanto li sa difendere al momento opportuno e con i mezzi voluti, ma col lasciarli meno esposti alle ingiurie dell'ambiente, coltivandoli ed allevandoli con norme più razio- nali, evita anche le noie della difesa; non favorisce volonta- riamente (come quella attuale) la conservazione e la diffusione degli animali nocivi, e non ha bisogno della legge e della forza pubblica per provvedere alla opportunità dell’azione co- mune di difesa ed assicurare un lungo periodo di pace agli animali utili e alle piante coltivate. È Mentre le Cattedre provinciali per l'agricoltura, intanto, e le nostre Scuole agrarie provvedono come possono all’educazion I della massa degli agricoltori, lo Stato ha l’obbligo di organiz zare il servizio della difesa delle piante con un personale re- sponsabile, che non abbia altri impegni all'infuori di quello dello studio e dei provvedimenti necessarî allo scopo indicato Questo personale, a capo di laboratorî, da istituire nelle va: rie regioni agrarie del paese, provvisti dei relativi depositi delle macchine, renderebbe inestimabili servigî all’ agricoltura lo. cale e a quella delle provincie dipendenti, in una delle quali. occorrendo, si può sempre concentrare il materiale delle Sta zioni vicine, per cooperare alla difesa, nelle grandi ADpuocn degli animali e degli insetti. i SIIIRE Alle varie direzioni di questo servizio, in comunicazione fra loro e con un Ispettorato generale, tecnico, residente presso il Ministero di Agricoltura, verrebbero opportunamente colle- gate le altre delle istituzioni agrarie limitrofe, quelle dei Co- mizî e dei Consorzî Agrarî, e quelle degli stessi agricoltori, all’ uopo consorziati, per facilitare il compito di ognuna, e tutte insieme lavorare per il benessere di tutti. Questa proposta che a prima vista potrebbe parer nuova, non lo è nemmeno da noi, dove, in fine, tre laboratorî di En- "tomologia e di Zoologia agraria esistono, sebbene nessuno con personale libero, e quasi tutti sprovvisti delle macchine e di quanto altro può occorrere per passare dalla parola ai fatti, e dar l’esempio di quello che la pratica, ammaestrata, deve fare, in grande, per mettere in salvo le piante e i loro frutti. Da noi esiste pure una Commissione consultiva per la Fillossera; ma non vi è una Commissione di tecnici per lo studio delle varie infezioni in generale, e manca il collegamento neces- sario fra le istituzioni del governo e le libere istituzioni della pratica, la quale, mal diretta o trascurata, ignora per fino quel tanto di utile che le può venire dal personale del go- verno e cerca la salvezza delle sue piante nella protezione del capo elettore politico e alla Camera dei Deputati. Quanto poi alle spese necessarie per l’aumento del perso- nale e all'impianto del macchinario indicato esse non sono quelle che verrebbero ad impoverire il paese, poichè si sa che le spese di quel mantenimento si ritroverebbero annualmente nei risparmi che la intraprendente speculazione porta via agli agricoltori, dando polvere di strada per anticrittogamici, e acqua santa come insetticidi; senza dire dei milioni che ogni anno gli animali nocivi, da noi, sottraggono all’agricoltura e che con un sistema ben ordinato di difesa, con una propa- ganda diretta; con visite, investigazioni ed esempî pratici, lo- cali, di distruzione, si verrebbero per la massima parte a risparmiare. D'altra parte, provviste di assistenti chimici e di agronomi, prose le istituzioni del genere gioverebbero anche diversamente a l’avanzameato dell'agricoltura, come pure, le Stazioni Sper mentali agrarie farebbero opera più completa se al chimico — e all’agronomo unissero il cultore dell’ Entomologia agraria e della Patologia vegetale. ì Questo, che è qui un semplice desiderio, è altrove un fatto compiuto, ed io auguro non lontano anche per il nostro paese il giorno nel quale nei laboratorî e nei campi sperimentali, coni depositi delle macchine agrarie e dei concimi si trovino quelli. delle macchine per l’uso degli anticrittogamici e degli insetti- cidi, così che mentre con gli uni si tende ad aumentare, con ‘gli altri si assicuri all’agricoltore il prodotto delle piante colti- vate. Allora, nelle Puglie, il prodotto dell’olivo non sarebbe più devastato dalla mosca; le viti subirebbero meno le molestie delle Tortrici e delle Agrotis; i campi non verrebbero egual: mente molestati dalle lumache, dalle Arvicole e dalle Caval È lette; la Liguria, la Sicilia, la Sardegna e la Calabria non avrebbero gli agrumi falcidiati dalle cocciniglie, e non si avrebbe oggi lo spettacolo miserando di trovare infelici, fra gli altri, i coloni di quelle terre che ebbero per antonomasia, il nome di Campania -Phelia! II. Considerazioni relative ai rimedî in generale e più specialmente agli insetticidi, agli insettifughi, ai veleni ed al modo di prepararli. Mezzi naturali di distruzione. Accanto agli animali nocivi, nemici degli animali e delle piante utili, la natura ha posto per tutto una somma conside- revole di cause di distruzione, che servono a limitarne il nu- mero e la diffusione. Fra questi agenti naturali di distruzione per gli scrittori e per la pratica di ogni tempo, sono stati seo la annoverati i forti venti autunnali, il freddo eccessivo d’ in- | verno, i geli intempestivi di primavera, e perfino gli acquaz- | pre malfondata, è certamente molto esagerata. Non dico che | una tale credenza sia del tutto erronea, perchè, nel fatto, a | me consta che, per le arvicole almeno e gli altri roditori dei | campi, d’inverno, i forti temporali riescono sommamente no- | civi. Un certo male talvolta può incogliere anche ai bruchi | degli insetti viventi mal riparati e scoperti sulle foglie delle | piante; le brinate primaverili e la gragnuola fittissima dan- | neggiano sicuramente gli animali nocivi e gli insetti più gros- csi, ma prima di questi esse rovinano le piante, e mi pare che l’apparizione di cotali meteore debba essere possibilmente ostacolata e non desiderata. | Molto più attendibili e mirabilmente coordinate allo scopo, invece, sono le azioni di certi animali, dei quali gli uni predano continuamente e gli altri vivono parassiti degli ani- mali nocivi sopraindicati. Questi predatori e questi paras- | siti, ai quali ho detto che si dà il nome di animali indiretta- — mente utili, sono, gli uni e gli altri, assai numerosi, assai più numerosi delle specie nocive, a spese delle quali, per buona | parte, si nutrono. È Fra gli animali predatori più utili ed incapaci del menomo la caccia nelle ore del crepuscolo e la sera, fino a notte avanzata. v I Pipistrelli sono i predatori più efficaci, come si ca- isce, specialmente contro le farfalle crepuscolari e notturne, | spesso tanto nocive alle vegetazioni ed ai frutti della massima | parte delle piante coltivate. Non potrebbe, per questo, essere più deplorevole da noi il costume di muover guerra ai Pipi- strelli, che sono i migliori ausiliarì dell’ agricoltura, per la enorme quantità d’ insetti che distruggono e per gli ammassi considerevoli di escrementi che sono fra i migliori fertilizzanti 17 Mm TRCGNIO STAGE Un altro potente cacciatore di insetti, generalmente distrutto | dall’ uomo, per la sua carne, è il Riccio comune o Spinoso (Erinaceus europaeusì, che con molto accorgimento taluno al-. leva negli orti e nei giardini, per liberarli dai topi campa- | gnoli, dai lombrichi e dagli insetti sopraindicati. Ma gli animali predaci sui quali maggiormente la pratica. di ogni tempo ha portato la sua attenzione, sono gli uccelli, che tutti proibivano di molestare, come i migliori, ma non sempre gratuiti alleati dell’agricoltore. Ripensando a quello che io stesso ho visto del Buteo vl garis, del Circus cyaneus, fra i predatori diurni, nelle pianure del Ferrarese; e alla grande quantità di piccoli roditori che. la Civetta, il Gufo e simili, fra 1 predatori notturni, distrug- gevano d’inverno, nella stessa località, ritengo che non si. possa a meno di riconoscere e mettere in vista i benefizî che essi a questo riguardo portano all’agricoltura. Non si può dire egualmente dei Falconidi affini e dei Frin- gillidi, intorno alla importanza dei quali tanto bene e tanto male, da una parte e dall’altra, si è detto. La via del vero. mi par quella però che in base ai costumi loro li renda re- sponsabili dei danni, che taluni di essi commettono nei col- tivati, e dei benefizî, meno apprezzabili, in vero, che quelli e gli altri potrebbero rendere e rendono, talvolta, cacciando a danno dei bruchi delle farfalle, di queste stesse, e di altri insetti. Ho revocato in dubbio come quistione di massima la utilità dei rapporti di questi uccelli con gli insetti e gli en- tomi nocivi in generale agli animali e alle piante coltivate, | per la ragione semplicissima che gli uccelli predano tutto, ine setti nocivi ed insetti utili, sicchè non si può prevedere a priori se l’azione loro moderatrice si svolga a danno di quelli o di questi. La beccata di un uccello potendo colpire egualmente la farfallina di una Tignuola e Y adulto di un Ichneumo- nide, può sopprimere un agente nocivo da una parte ed uno utile dall’altra. Il resultato è un bene o un male? Questo, P- quando i due insetti diversi sono liberi l’uno dall’altro; ma | EA SS quando l’Ichneumonide è nel corpo del piccolo bruco, che dà la farfalla della Tignuola, chi non vede che la beccata di un uccello è servita soltanto a distruggere un insetto indiretta- mente utile e a favorire i nocivi, a spese dei quali i suoi di- scendenti sarebbero vissuti? E che dire quando il bruco, in- vece di uno, ha 10, 100 e più di questi parassiti nel suo corpo? Bisogna avvertire per me che il naturalista il quale nello stu- dio dei rapporti degli uccelli con gli insetti mette a calcolo il numéro dei bruchi che le nidiate di quelli consumano, per vi- vere, farebbe bene a tener conto egualmente dei parassiti che gli uccelli distruggono, nutrendosi di quei bruchi, senza di che le deduzioni che ne traggono, dal punto di vista scientifico sono sbagliate, e dal punto di vista economico possono tradursi in un vero guaio; e poichè questo sbaglio ormai ha più d’ una volta spostato la pratica dalla sua vera via, è bene avvertire che lasciare le. piante indifese sotto gli attacchi degli animali 3 nocivi e degli insetti, per aspettare che gli uccelli aumentino di numero e le liberino, è una vera demenza. Regolare le leggi della caccia, far rispettare di più quelle esistenti, (sarebbe meglio), e farne altre, magari più rispondenti alle conoscenze e ali bisogni del tempo, è senza dubbio opera civile e insieme molto utile. Ma bisogna lasciare da parte una buona volta, per arrivare a questo, l’argomento dei rapporti più o meno utili degli uccelli con l’agricoltura, perchè questa utilità non sempre esiste; quando esiste è così relativa ed a scadenza tanto lontana che non può essere per noi un vantaggio, quando |. pure non si traduca in un bene imaginario ed in un danno reale. Se i Falconidi distruggono i topi, non distruggono essi egualmente i serpi, le lucertole, i rospi ed i ranocchi, che li- berano il terreno dai vermi, dai molluschi e da ogni sorta di Insetti? La quistione della utilità degli uccelli, come si vede, è una quistione eminentemente biologica, che va risoluta con os- servazioni lunghe, numerose ed accurate, meglio che con gli abituali ragionamenti improvvisati. e Mezzi artificiali. Quanto ora ai rimedî veri, questi possono essere diretti ed indiretti, a seconda che con le azioni loro si prendono di mira gli animali, causa prima dei guasti sulle piante, o le piante che ne patiscono l’azione ed i mezzi nei quali vivono. hRimedì indiretti od igienici. I rimedî indiretti od igienici sono quelli che mirano ad ottenere ed a conservare le piante allo stato sano, in modo che riescano della massima produzione economica sostenuta da una | resistenza notevole alle cause nemiche esterne. Sono questi i veri rimedî agrarî, i quali, per quanto non modifichino di- | rettamente la condizione di essere degli animali nel caso nostro considerati, e non possano, in massima, interrompere i rapporti naturali nei quali certe piante e certi animali si tro- vano, pure, applicati a tempo e per bene, servono con eguale certezza ad allontanare i termini nei quali le piante cedono A all’azione nociva degli animali e bastano talvolta a far sì che | pia a TeIE Sn le coltivazioni restino economiche malgrado la presenza mo- dee IT lesta di quelli. Le scienze biologiche, che seguono lo svolgersi del compli- cato fenomeno della produzione vegetale, dicono assai chiaro della importanza e della necessità di scegliere i semi e le piante, nella pratica, e di adattarle a determinate condizioni di clima e di terreno. Le stesse scienze insegnano, e la pra- tica più intelligente ha toccato con mano, di quanto benefizio riescano alle piante le buone lavorazioni e le concimazioni razionali, specialmente dove non sono possibili le irrigazioni; e che a prezzo di questi provvedimenti soltanto la media pro- duzione annua può essere elevata e rimuneratrice. Dove, in-. e . fatti, l’empirismo ancora non è stato attraversato da molta ‘ luce, la vegetazione è scarsa, stentata e più che mai mo- lestata dagli insetti, ed il raccolto, ogni anno minore, per una ragione e per l’altra, si trova spesso così derisorio che, x Se sa. Sa È ui anche volendo, l'agricoltore non può prelevare da esso le spese necessarie per difenderlo. Fortunatamente però la biologia degli animali nocivi in- segna che certe pratiche agrarie, mentre favoriscono lo svi- 3 luppo e la produzione delle piante, sono altresì capaci di attra- versare l’ evoluzione di quelli, e l’ agricoltore può difendere isuoi campi facendo uso delle braccia e dei suoi strumenti da lavoro. Sono fra questi rimedî, ad esempio, la vicenda o avvicenda- mento delle coltivazioni, e le operazioni anticipate o ritardate | deila semina, per togliere temporaneamente, con le piante, l’ali- mento necessario all'animale, che le molesta; la remozione dai luoghi coltivati delle materie ingombranti, che danno spesso ricovero e rendono più difficile la difesa contro gli animali no- civi; la potatura della parte secca della pianta; la mondatura della scorza degli alberi; l’abbruciamento delle stoppie e delle olle del terreno lavorato col coltro; ed i lavori profondi con . l’aratro, con la zappa e con la vanga, per mettere allo scoperto la infezione cacciatasi nel terreno e distruggerla. a Sao Rimedì diretti. Venendo poi ai rimedì diretti, noto che di essi mentre ‘alcuni si collegano ai precedenti (come quelli relativi alle raccolte frazionate, o precoci delle foglie, dei fiori, dei frutti, e dei rami colpiti) altri portano direttamente all’uso dei pro-. dotti naturali diversi, più o meno modificati, sotto forma di polvere, di soluzione, di decotto, di infuso, di sostanze escre- | mentizie, concimi diversi e ceneri, mescolati ad insetticidi, e a tutto ciò che è necessario per mantenere la normalità del pro- se geo cesso vitale nelle piante, attraversando gli agenti che lo per- 4 turbano, per ricondurlo allo stato normale ed economico pri- mitivo. Fra le sostanze capaci degli effetti indicati metto in vista le seguenti, le quali, con i dovuti riguardi per l’uomo, per gli animali domestici e per le piante, possono servire o diretta- mente, o a prender parte alla preparazione degli ordinarî e più noti insetticidi, nella proposta dei quali e di alcuni corpi qui | indicati non si fanno quistioni di priorità, perchè non sarebbe sempre facile accertarla, nè quistioni di speciali criterî di clas- sificazione all’infuori di quelli, che la natura dei corpi e delle azioni diverse, che spiegano sugli animali e sulle piante, hanno consigliato alla scienza, ed ai quali con certa e non sempre rigorosa approssimazione, mi sono attenuto. Calore naturale ed artificiale — Fuoco. Vi sono molti animali che si sottraggono perfino all’azione it FOSSI diretta del calore naturale per non essere :molestati. Oltre i 50 gradi poi, e propriamente dai 50 ai 100° C., il calore ue- cide più o meno prontamente tutti gli animali, comprese le crisalidi e le uova degli insetti che rappresentano gli stadî x nei quali quelli resistono e si sottraggono maggiormente agli altri mezzi di difesa. Il calore si amministra per mezzo dell’aria e dell’acqua, | e tutti e due i mezzi conducono allo scopo desiderato. Sag L’acqua riscaldata dai 50 ai 60 gradi C., in 5 a 10 mi-_° nuti di contatto con le uova degli insetti, ne coagula il pro- toplasma e impedisce che vengano alla luce le larve, le quali | altrimenti verrebbero fuori. Le larve con corpo muccoso, come quelle della limacina del pero, e le altre fuori dei loro ripari cedono più pronta- mente anche ad un'acqua meno riscaldata; ma quelle chiuse en- | tro bozzoli sericei e che ibernano per incrisalidire, resistono SO molto di più. Per colpire le larve della Piralide, delle comuni Tortrici delle viti e di quelle dei frutti del Pero, del Melo, e simili, per esempio, occorre l’acqua a 100° C., ed il getto li- quido deve anche essere prolungato per qualche secondo se si vogliono conseguire gli effetti desiderati. Può riuscire egualmente utile il calore artificiale trasmesso all’aria, che gli animali respirano, portando gli oggetti, che essi deteriorano, nel forni, a quest’intento riscaldati; come può farsi | del grano, della segale, del granturco, delle civaie e di altri prodotti agricoli ed industriali, delle canne e dei sostegni delle fviti, delle gabbie per gli allevamenti dei volatili, e simili. Tal’altra vi è convenienza mettere a partito anche l’azione . diretta del fuoco, sia per bruciare le zolle terrose, quando gli È animali hanno stanza nel terreno, sia per bruciarli direttamente, ed in ogni modo inabilitarli ai danni e alla conservazione della | specie, mentre vagano liberi ed a stormi alla superficie del suolo. Aria. Fatta circolare liberamente fra le piante, l’aria accompa- gnata dalla luce e dal calore toglie a più di un animale le condizioni più favorevoli a vivere e a moltiplicarsi; e così, . mentre favorisce lo sviluppo delle prime, riesce a limitare la diffusione degli altri. Questo resulta molto evidente nelle infezioni per parte spe- | cialmente di afidi e di cocciniglie, che si trovano assai più numerosi e nocivi sulle piante aduggiate dei piani e delle valli che su quelle meglio esposte e ventilate delle colline; e sulle | piante folte ed a chioma serrata più che su quelle rade ed a n chioma diradata. 3 - La posizione e l’esposizione del terreno, la disposizione e la buona potatura delle piante valgono non poco a limitare il danno che dalla presenza di siffatti animali derivano ai | vegetali. può con eguale ragione ripetere per le radici e per i fusti . sotterranei, i quali, quando il terreno è bene aerato e tale da 1 risentire giustamente la influenza benefica dell’aria e del ca- lore, oppongono una maggiore superficie di resistenza e pos- | sono durare a lungo contro l’azione nociva di alcuni animali. | Per ciò la fognatura, le lavorazioni superficiali e profonde del | terreno, specie quando queste sono precedute e seguite dalle P concimazioni desiderate, riescono per doppia ragione indispen- È sabili nella coltivazione dei vegetali. 3 Acqua. indipendentemente dai benefizî che questo corpo, con altri, spiega nella misura necessaria sulla vita delle piante, esso può renderne altri notevoli come mezzo diretto nella distruzione degli animali nocivi. Le talpe, infatti, i topi campagnoli, i grilli campestri e le grillotalpe, fra gli Ortotteri; i bruci a vita sot- | terranea dei Lepidotteri; quelli dei gramignoli e dei ferretti, | fra i Coleotteri cebrionidi ed elateridei, e la F'illossera stessa a fra 1 Rincoti, possono subìre grave danno dall’azione delle È: sommersioni-acquee più o meno prolungate. Cloro. È una sostanza gassosa, giallo-verdastra, rutilante, con > odore fortissimo, irrespirabile, e che respirato, anche se me- scolato con l’aria provoca una viva irritazione nelle vie respi- | ratorie, eccessi violenti di tosse, vomito, e di cui l’azione pro- lungata produce sbocchi di sangue e la morte per asfissia. Il gas cloridrico si può ottenere dalla decomposizione degli A ipocloriti con gli acidi, facendo agire l’acido cloridrico sul biossido di manganese, e può servire alla distruzione dei bru- | # — 17 — chi e alla disinfezione degli stanzoni, e dei cassoni per le fragole ed altre piante, nei quali siano formiche, forfecchie, lumache, ed altri animali. Zolfo e Fegato di zolfo. Lo zolfo è stato indicato spesso ed inutilmente dalla pra- tica come insetticida. Possono servire abbastanza, invece, tal- volta i suoi composti col potassio e col sodio (fegato di zolfo), dei quali ricordo qui il pentasolfuro di potassio ed il tetrasol- furo di sodio. Sono due corpi solidi verdognolo-giallastri al- l’esterno, rosso-bruni all’interno, e deliquescenti all’aria, a contatto della quale, per l'acido carbonico, le loro soluzioni si decompongono dando zolfo ed idrogeno solforato. | | Le soluzioni di questi corpi da sole non bagnano conve- : nientemente la superficie del corpo degli animali, che si vo- gliono combattere, e le sostanze venefiche che da esse emana- no, nelle dosi economiche per le piante, non producono l’ef- fetto desiderato. Riescono più efficaci quando sì uniscono al sapone, insieme al quale nel caso della difesa di piante più ordinarie e resistenti, vanno adoperate. Anidride solforosa. L' Anidride solforosa si ottiene dalla combustione diretta | dello zolfo nell’aria. È un gas fortemente irritante, che provoca la tosse e produce la. morte per asfissia. L’acqua a 15° ne | scioglie 40 volte il suo volume, cioè gr. 115 per ogni litro. Serve alla distruzione delle larve e degli insetti, dei topi e degli altri animali, contro i quali, quando è possibile, si può adoprare anche l'anidride disciolta nell’acqua. SI Acido solfidrico. L'acido solfidrico, solfuro d’idrogeno o idrogeno solforato te | si trova disciolto in molte acque minerali, e si ottiene dalla 2 Tse decomposizione del proto solfuro di ferro con l’acido cloridrico o solforico. Questo gas, dall’odore fetido di uova putride, si. scioglie sufficientemente nell’acqua, la quale alla temperatura. di 15° può contenerne quasi tre litri; ed è col mezzo del l’acqua, occorrendo, che si può adoperare contro gli animali nocivi. Tanto l'anidride solforosa quanto l'idrogeno solforato ri- chiedono precauzioni non trascurabili nell’ usarli, perchè il secondo almeno di essi, sebbene per danneggiare debba oc- cupare 1/200 dell’aria che si respira, pure, siccome paralizza ben presto i nervi olfattivi, il pericolo passa inavvertito, e l'operaio può restare asfissiato. Fosforo. Il fosforo ottenuto per distillazione è un corpo solido in- coloro o giallo-chiaro e abbastanza molle alla temperatura | ordinaria. Alla temperatura di 44° circa si fonde, ed esposto al- l’aria spande un odore speciale comparabile a quello del- l’ozono. i Può riuscire utile nella distruzione dei roditori, ai quali si fa mangiare mescolandolo con della farina e dello zucchero. Una pasta fosforata si può preparare introducendo 20 o. 80 gr. di fosforo in una bottiglia con acqua, facendovelo fon- dere a bagno-maria; si chiude poi la bottiglia, ritirandola dal fuoco, sì agita fino a che questa non si sia mezzo raffreddata e si mescola il liquido, col fosforo diviso, alla farina e allo zue- chero. Arsenico. I composti arsenicali riescono utilissimi talvolta nella di- struzione degli animali nocivi. I più attivi fra essi sono l’acîdo arsenioso e l’arsenito potassico, e questo specialmente, per la rapidità con la quale si diffonde, mentre altera profondamente a, le mucose del tubo digerente, avvelena il tessuto nervoso e produce nausea, vomito, vertigini e morte per paralisi cardiaca. Di SL Ye I topi campagnoli trovano in queste sostanze i mezzi più potenti di distruzione. Arsenito di rame e arsenito di calce. Il primo, detto anche verde di Parigi, è un veleno, che deve la sua efficacia all’acido arsenioso, e serve per combattere gli insetti brucatori delle piante. | Perchè non arrechi danni ai vegetali però bisogna unirlo alla calce ed all’acqua nelle proporzioni come nella formula seguente: INESCIIVO E dISEAMO TEA ao Rn 0,250 Acqua (con 250 a 300 gr. di calce). . . . . Litri 100 | L’arsenito di calce, messo in commercio col nome di porpora «di Londra, si usa anch’ esso nell’acqua ed in polvere, come l’ar- senito di rame. Per applicarlo sul Pesco e sul Susino bisogna unirlo ad una maggiore quantità calce (1), per non dan- | neggiarli. Tartaro emetico. Il tartaro emetico è un preparato di Antimonio (tartrato doppio d’antimonio e di potassio) conosciuto col nome di far- \taro emetico o tartaro stibiato. In soluzione è meno attivo che in polvere, ma in un modo e nell’altro ha sapore acre e disgu- stoso; ingerito nel tubo digerente produce nausea e vomito, e persistendo nell’azione, provoca dolorose infiammazioni nelle pareti dello stomaco e dell'intestino. Se ne potrebbe tentar l’uso, occorrendo, contro gli insetti brucatori, e a questo scopo si adopri una soluzione di Lartar:oSS bat e PAL MelassaRi e: Ego e eee da 0,5 ACQUARIO RE Rea 2 100 (1) Negli Stati Uniti si fa uso pure di un miscuglio di arseniato di soda, once 4, acetato di piombo, once 11, in 80 galloni, (litri 320 circa) di acqua, e si ritiene che, per gli effetti, sia uguale all’altro formato con una libbra di verde di Parigi in 125 galloni di acqua. PIO et che si prepara sciogliendo la materia attiva in 50 parti di | acqua; nell’altra vi si scioglie la melassa, e con le due solu- | zioni mescolate si aspergono le piante. Per combattere le Blatte delle cucine e degli altri ‘Inoghi 3 delle abitazioni infestati da quelle si può far uso del prepa- 3 rato seguente : T'artaro:stibiato+ 0 #0 GR en al Farida? e R I EE I e O Zucchero n polvetess 4 RR e » 10 È utile far notare che questa sostanza essendo velenosa non | si deve far cadere sulle vivande, in cucina, ed in campagna È si adoprerà per la difesa delle parti di quelle piante, che non 4 si devono raccogliere e portar subito al mercato. Queste stesse parti di piante d’altronde e le altre sulle quali fu adoprato o. vi cadde il tartaro stibiato si devono lavare con molta cura | prima di adoprarle o di farle adoprare come alimento por l’uomo e per il bestiame. L Ammoniaca. E una sostanza gassosa, soffocante, caustica, solubilissima nell’acqua, e per l'azoto che contiene serve talvolta contem- poraneamente come sostanza fertilizzante e come insetticida. Le orine e le acque dei gazometri contengono una quan- tità considerevole di ammoniaca, e perciò le une e le altre sono state diverse volte indicate nella pratica, per la difesa dei — seminati, dei campi di barbabietole, ecc. contro le infezioni pidocchiose e verminose. Potassa e Soda caustica. La potassa caustica, od ossidrato di potassio, è un corpo bianco-grigiastro deliquescente, solubilissimo nell’ acqua, il quale saponifica i grassi, sottrae l’acqua dai tessuti animali con i quali viene a contatto e perciò le sue soluzioni sono state indicate come insetticide. 21 — Allo stesso modo si comporta la soda caustica, la quale è stata messa alla prova nella distruzione della fumaggine e delle cocciniglie. A queste sostanze vi è chi preferisce 1 carbonati (carbo- nato di potassio e di sodio): e a tutti, per me, è preferibile i l’uso della liscivia di cenere, che contiene una quantità note- vole di materie alcaline. Calce ed acqua di calce. La calce in polvere, od ossido di calcio, per la sua causti- cità naturale può molestare gravemente gli animali che hanno «la superficie del corpo muccosa, come le lumache, le larve, della limacina del pero, e simili. | La stessa polvere, d’altronde, cosparsa sul corpo di alcuni bruchi, previamente bagnati con acqua, sviluppa tanto calore da comprometterne per fino i tessuti sotto epidermici e di- \struggerli. Avviene così per le larve delle cocciniglie, degli Afidi nudi, dei bruchi della Cavolaia, e simili. Come l’ossido di calcio si comporta l’acqua di calce contro le lumache e la limacina del pero già ricordata. «+ L’acqua di calce però non produce e non può produrre la ‘morte degli altri animali, per scottatura, come fa la polvere dell’ossido nella condizione sopraindicata. .Solfuro e Solfato di calcio. Il solfuro di calcio si può ottenere facendo bollire, insieme, del latte di calce e dei fiori di zolfo. Fsso si chiama anche fegato di zolfo calcare, ed unito al sapone serve come i poli- solfuri alcalini. Il Solfato di calcio o gesso, può servire direttamente alla distruzione delle lumache e prendere parte alla formazione delle polveri insettifughe al pari del carbonato di calcio. tc ZELO e Solfato di rame. Si usa in soluzione acquosa con la calce, perchè aderisca meglio alle piante ed impedisca che le parti verdi di queste | siano attaccate dagli insetti, o per far sì che attaccandole Te È stino avvelenati. Si può adoprare anche insieme al sapone; ma in un modo e nell’altro il preparato riesce sempre molto meno attivo degli altri che si ottengono con gli arseniti e gli ‘ arseniati (1). I Bicloruro di mercurio. Il bicloruro di mercurio o sublimato corrosivo, è un veleno _| potente quasi per ogni specie di animale, ma non è per tutti dI egualmente nocivo. È certo meno diffusibile e per ciò meno attivo degli arseniti, ai quali per tanto non si può preferire. Cinabro. È il solfuro di mercurio rosso, che talvolta si adopera per. la distruzione della Cimice dei letti, facendolo. clic nella stanza ben chiusa. Bisogna lasciare la stanza chiusa per | alcune ore, e poi non abitarla che dopo averla fatta ventilare rl per un paio di giorni almeno. LRRRTIS iabronaztà Solfuro di carbonio. Se star ng E nn liquido incolore, più pesante dell’acqua, e volatile, che col suo odore fetido, di cavolo marcio, produce anestesia gene- | (1) La poltiglia cupro-calcica si può unire agli arseniti e formare con essi una | poltiglia anticrittogamica ed insetticida di efficacia molto notevole ed utile per col- pire ad un tempo la Peronospora, ad esempio, e le Tortrici dell’ uva. RIONI rale, inappetenza, vomito, e gravi disturbi nervosi, tremore nei muscoli e finalmente paralisi completa e la morte. Il solfaro di carbonio si ottiene esponendo ai vapori di zolfo il carbone puro, riscaldato al rosso, nei tubi di porcellana, e si vende oggi al prezzo di 36 lire il quintale. Questa sostanza da sola. emulsionata o disciolta nell’acqua, distrugge prontamente un gran numero di animali. Solfocarbonati alcalini. Le soluzioni dei solfuri alcalini alla temperatura di 30° circa sì uniscono direttamente al solfuro di carbonio e danno solfo- sali solubili nell'acqua, alcuni con separazione di zolfo, come il solfocarbonato Dumas, ed il solfosale Geélis al solfuro di carbonio con trisolfuro di sodio. Il solfosale alcalino che non separa zolfo, sciogliendosi nell'acqua, è l’altro che si ottiene, facendo uso del bisolfuro di sodio Na?S?, invece del trisolfuro indicato. Unendo in proporzioni diverse questo solfosale al sapone ho ottenuto liquidi insetticidi abbastanza utili nella difesa contro le larve di qualche coleottero, come le larve delle alti- che, e contro i bruchi di qualche lepidottero. Si comportano presso a poco allo stesso modo i solfosali che separano zolfo, i quali, come gli altri, d’altronde, facilmente alterano le parti tenere delle piante. Solfocarbonato calcico-potassico. Questo composto si deve alla scienza di un distinto chi- mico nostro, il prof. Sestini di Pisa, che lo ha proposto, invece del solfocarbonato Dumas, nella difesa contro la Fillossera della vite. Io l’ho trovato utile anche contro altri insetti: e fra que- sti, quello riferibile al pidocchio lanigero del melo trova nel solfocarbonato doppio di calce e di potassa uno dei migliori mezzi di distruzione. IR Raccomando alla pratica l’uso di questo insetticida, perchè : ognuno può prepararlo da sè, e perchè, oltre quelle prodotte | dalle specie indicate, altre infezioni di animali a vita ipogea — si possono combattere con esso. I Secondo le istruzioni del Sestini, il suo solfocarbonato si ot- | tiene facendo agire contemporaneamente l’acqua di calce ed il carbonato potassico del commercio sul solfuro di carbonio. Così | per preparare 100 Kg. di soluzione contenente l’°8 °/, di solfuro — di carbonio e 65 Kg. di solfocarbonato calcico, con 10,7 °|, di solfuro di carborito, occorrono: 20 Kg. di carbonato potassico grezzo a L. 13°, L. 13 20 >». isolfuro di carbonio... af 99020 i DO calce viva: ei can I Con una spesa: di etere Cloroformio. È un liquido incolore, mobilissimo, volatile, il quale ha una notevole azione insetticida, ma costa molto, non si scioglie nel- — l’acqua, e per ciò non si può indicare per la pratica nella | distruzione degli insetti sulle piante. Petrolio. Il petrolio naturale è una sostanza ora nerastra e vischiosa, ora fluida e poco colorita, di idrocarburi saturi, ossidruri dei carburi aromatici, e composti solfurati, insieme ad una quan- | tità di gas disciolti, costituiti per lo più di metano, etano, etilene, ed acido carbonico, ecc., e però riesce eminentemente insetticida. i Il petrolio di Boston differisce da quello d'America per essere quasi sprovvisto di idrocarburi solidi o paraffinati. Sono prodotti della distillazione del petrolio: l’etere di pe- FRE trolio volatilissimo, l'essenza di petrolio, infiammabile alla tem- peratura ordinaria, l’olio da illuminazione, che si brucia in lam- pade speciali, l’olio lubrificante delle macchine, la paraffina, e la vasellina. Quest’ ultima sostanza si adopra, dal punto di vista dell’entomologia agraria, per rendere meno volatili i corpi nei quali è solubile e per distruggere i pidocchi di molti animali. Il petrolio emulsionato nell'acqua serve conveniente- mente a liberare le piante dagli animali che le infettano. Naftalina. La naftalina si ottiene dalla distillazione del carbon fossile; si presenta sotto forma di scagliette bianche, più o meno co- lorate, e serve benissimo per la conservazione del materiale > dalle tarme. Sciolta nell’olio, e saponificata la soluzione con la soda, si può aspergere con buon esito sulle piante per libe- \rarle dai bruchi. Olio pesante di catrame. | È un liquido bituminoso che si ottiene come residuo della distillazione del carbon fossile. È di color verde-scuro, e più denso dell’acqua. È un potente insetticida, e tale che le parti legnose delle piante bagnate con esso non lasciano fissare gli insetti succhiatori nemmeno dopo alcuri mesi dall’ applica- zione (1). . Boiteau fu il primo a mescolarlo con la soda, nel quale ‘ tentativo riuscì meglio più tardî il Prof. Franceschini, che ne sperimentò l’uso contro la Cocciniglia del Gelso; mentre noi l'abbiamo saponificato così da poterlo aspergere sulle piante | senza danni sensibili per le foglie. (1) L'olio di catrame deve la sua efficacia alla grande quantità di fenoli, naftoli, xilendi, antracene, naftalina, ecc., che contiene, e per conseguenza gli effetti della di difesa sugli animali e sulle piante variano con le proporzioni loro e lo stato nel quale gli uni e gli altri si trovano al momento delle operazioni. Sio Olio di Cade. Si ottiene dalla distillazione del legno di Ginepro ed è bruno nerastro, puzzolente. In commercio si vende un olio di | Cade falso, meno costoso e meno attivo, ed è un prodotto se- | condario della preparazione del catrame di ginepro. Olio di Dippetl. E un olio fetido, che produce nausea e vomito e si ottiene dalla distillazione a secco delle ossa, delle cartilagini e del | sangue dei cadaveri degli animali. Catrame vegetale. Si conosce anche col nome di catrame di legno, pece nera, pece | liquida o goudron vegetale. È una massa densa, semiliquida, i bruno-rossastra, di odore particolare e sapore acre-acidulo dovuti — al creosoto, all’olio di trementina, all’acido acetico, al picamaro, ; al capuomoro, al cedriceto, al pittacallo, al colofonio, al pi- | reno, ecc., che esso contiene. Il catrame vegetale che si ottiene dal legno di pino è meno è attivo dell’altro proveniente dal legno di faggio, il quale è più i ricco in creosoto, resine insolubili ed estratti amari (picamaro), | mentre l’altro abbonda maggiormente in paraffina e trementina. Il catrame vegetale attaccato con liscivia di soda, o di po- tassa dà il sapone di pece (Sapo picens) di Cantani (1). Io ho visto che la pasta saponosa di catrame di legno si scioglie così nel solfuro di carbonio da formare un insetti- cida, il più potente che io conosca contro le cavallette ‘gio- vani ed i bruchi pelosi dei Lepidotteri. La stessa pasta d’altronde sostituisce bene tanto il sapone | (1) Manuale di Materia medica e Terapeutica, vol. I, pag. S04. eb comune, quanto quello di resina nell’emulsionamento degli olii di catrame sopraindicati. Catrame minerale. Il catrame minerale o catrame di litantrace è il residuo della distillazione del carbon fossile e per solito si ha come prodotto : secondario della preparazione del gas illuminante. Contiene del- l’acido fenico, non creosoto vero, e però è anche più irritante del catrame vegetale. Serve per formare i terricciati, la calce e il gesso incatramati contro gli insetti a vita ipogea, che ro- dono le piante al piede e nelle radici, e disciolto a parti eguali nel petrolio può servire per allontanare e impedire ai corvi di distruggere i semi germinanti del grano nei seminati. Acqua dei gazometri. Quest’acqua, che si ottiene nella preparazione del gas illu- minante, è insetticida per le quantità più o meno notevoli di benzina, solfuro di carbonio, acido fenico, acido solfidrico ed acido carbonico che contiene. È in oltre assai ricca di carbo- nato ammonico, e però va diluita con acqua ed adoprata per la disinfezione del terreno, prima della semina. L'attività del- l’acqua dei gazometri è maggiore quando il gas si ricava dalla distillazione del legno, perchè allora invece dell’acido fenico contiene creosoto ed acido pirolegnoso. Alcool etilico. È l'alcool del commercio, alcool etilico, o spirito di vino. È un liquido volatile solubilissimo nell’acqua, con la quale, in proporzioni diverse, bagna prontamente il corpo degli insetti, penetra nelle vie respiratorie e li asfissia. L’azione asfissiante però non è duratura: l’alcool facilmente si libera dall’acqua, questa da sola non ha potenza settica, e l’animale in breve ritorna allo stato normale. Se questo ed il prezzo elevato della sostanza non fanno dell’alcool un vero insetticida, od un inset- BE ticida economico, esso serve bene come intermediario fra l’acqua e le sostanze che in essa non si sciolgono, dando alla | soluzione il potere adesivo e diffusibile necessarî per un buon | insetticida. Alcool amilico. L’alcool amilico è un liquido incolore, di odore sgradevole, È acre, bruciante, quasi insolubile nell'acqua, ma che scioglie il | sapone, la benzina ed il solfuro di carbonio, insieme ai quali 4 dà liquidi molto energici contro gli insetti. L’alcool amilico | agisce con i suoi vapori sul sistema nervoso; stordisce gli 4 animali che li respirano, ed ingerito nello stomaco provoca | vomiturazioni e vomito. È per ciò un potente insetticida, ma costa, e per questo gli ho assegnato il compito, non indifferente, di unirlo a sostanze meno costose, di azione diretta, perchè soffochi, finchè può, e col suo odore scacci gli insetti dai nascondigli e li esponga all’azione di quelle. Solfuro di Allale. È un liquido incolore, oleoso, e di odore irritante ed = agliaceo. i i L’infuso d’aglio e di cipolla hanno per esso un potere set- tico ed insettifugo notevole, per quanto non molto duraturo. Glicerina. È un liquido neutro, incolore, inodore, sciropposo, zucche- rino, e solubilissimo nell’acqua. Per ciò può riuscire utile come veicolo dei veleni diretti alla distruzione degli insetti bru- catori. Trinitroglicerina. È una sostanza oleosa, giallastra, dolciastra, insolubile nel- l’acqua, che percossa esplode, ed è stata proposta per la di- SCA et struzione degli animali a vita sotterranea, come i Topi, le Talpe e le Grillotalpe, che infestano i seminati. Zuccheri. Sono idrocarburi ternarî di natura diversa, i quali sciolti nell’acqua possono servire come veicoli di veleni con i quali si vogliono distruggere i roditori, le formiche, e le mosche. Allo stesso scopo servono le melasse, che si preferiscono agli zuccheri per il loro costo minore e talvolta anche per tratte- nere gli insetti adescati (farfalle e mosche). Formatina. È un liquido poco adesivo, ma con odore così pungente e penetrante da riescire abbastanza attivo nella distruzione de- gl’insetti. Meglio che all'aperto però serve neglr ambienti chiusi dove l’azione sua si esplica utilmente anche contro le muffe, e perciò la disinfezione del fruttaio e dei magazzini. per la conservazione dei frutti non si può ottenere meglio con altra sostanza. La formalina si adopera volatizzandola alla lampada secondo le istruzioni del prof. N. Passerini, o sciogliendola nel- l’acqua e bagnando rapidamente, col mezzo delle pompe, le pareti dei locali, per giovarsi dell’ azione diretta del liquido ‘ed indiretta dei vapori che da esso si sprigionano. Acido acetico. È il prodotto della ossidazione dell’alcool al contatto del- l’aria sotto l’azione del Mycoderma acete. L’aceto comune è stato più d’una volta messo in campo dalla pratica per la raccolta notturna degli insetti. Da noi non . ha corrisposto bene allo scopo desiderato; ma non sarà male per questo ritentare con esso le prove contro i lepidotteri. Per- sonalmente l’ho trovato utile per la raccolta dei ditteri, i quali nelle esperienze fatte nel podere della R. Scuola di Pomologia delle Cascine rappresentavano l’ 80 al 90 °|, degli insetti raccolti. eo Acido ciamidrico e cianuri. Sono due sostanze estremamente velenose che si diffondono rapidamente nell'organismo, ne paralizzano il sistema nervoso e lo uccidono. Il loro uso è per questo assai pericoloso; ma ciò non impedisce agli entomologi americani di adoprare l’acido | cianidrico per la distruzione delle cocciniglie. Da noi il Dott. Perosino ha consigliato il. cianuro di po- tassio per iniezione interorganica nelle piante, e ne vanta l’ap- plicazione contro la Fillossera della vite, contro l’opinione di i altri, che a Palermo lo hanno trovato inefficace. Benzina. È un corpo liquido, volatile, che si estrae dagli olii leg- gieri dell’olio di catrame. È insolubile nell’acqua, ma è solubile nell’alcool con l’intermezzo del quale vi si emulsiona. È un insetticida molto utile per la difesa dei fiori e delle parti più delicate delle piante. Nttrobenzina. Si conosce in commercio col nome di essenza di Mirbane. È un liquido oleaginoso, con odore di mandorle amare. Inge-. rito nello stomaco da le vertigini, mentre i suoi vapori depri- mono il sistema nervoso e tolgono il respiro. Fenolo. Si estrae dagli olii medî dell’olio di catrame. Ha sapore acre e caustico, ed è alquanto solubile nell’acqua. Per quanto spesso adoprato come insetticida, esso danneg- gia prima le piante che gli insetti. Creosoto. E un liquido incolore più pesante dell’acqua, di odore di fumo o di bruciato, acre, irritante, e pochissimo solubile nel- l’acqua e nelle materie alcaline. Ha certo potere insettifugo perchè allontana gli insetti dalle carni esposte al fumo. Si ricava dalla distillazione del carbone di legno di faggio. Il creosoto del commercio è prodotto dalla distillazione del car- bon fossile ed è un liquido denso e di color rosso scuro. La filiggine acquista pel creosoto un’ azione insettifuga notevole. Per adoprarlo si unisce al sapone, col mezzo del quale si | scioglie e l’ho disciolto perfettamente nell’acqua. Tannino. È una sostanza amorfa, leggiera, solubile nell'acqua, e molto abbondante nelle comuni noci di galla, o galle della querce, ‘nella scorza di questa ‘stessa pianta, in quella del sommacco, ‘e in altre. | Le soluzioni si idratano all'aria e danno acido gallico, pel quale gli insetti meno facilmente attentano alla integrità delle parti delle piante difese. SOSTANZE GRASSE. Sono formate di oleati, stearati, palmitati di glicerina, e ‘trovano esatta corrispondenza nell'olio comune, nel grasso del maiale, del manzo, etc. Possono riuscire utili nella distruzione di molti insetti, e per questo ricordo la morca o morchia d’ olio, che può servire a combattere le Cocciniglie ed il pidocchio lanigero, viventi sulla parte fuori terra delle piante. Saponi diversi. Con esperienze che datano dal 1892 al 1394 e che fin d’al- i lora hanno trovato larga applicazione nella pratica, ho dimo- strato che i saponi sciolti in diverse proporzioni nell'acqua danno soluzioni ad effetti molto sicuri contro un numero no- tevole di animali, e che riescono affatto innocui alle parti più delicate delle piante. — 32 — 3 I migliori saponi insetticidi si preparano con grasso di. manzo, o di altro, e un miscuglio di carbonato di potassio e Qi di sodio. Sono di color legno rossiccio, pastosi, omogenei, ex senza alcali liberi. Le soluzioni riposate di questi saponi, alla‘ dose del 2 al 3 °/,, sono di color marsala, bagnano prontamente | | i corpi coi quali si mettono a contatto, e penetrando rapida- | mente negli organi respiratorî degli acari, dei ragni e di un | gran numero di insetti li fanno morire soffocati. Così si comportano le soluzioni dei saponi molli, che sono | di prima e di seconda qualità. I primi costano da L. 0,60 a I L. 0,80 il Kg., al minuto, ed i secondi da L. 0,40 a L. 0,60. Il defunto dott. Prinz, la fabbrica Rietti, di Firenze, ed .| altri, hanno preparato e messo in commercio dei saponi molli. al prezzo di L. 0,40 il Kg., che hanno corrisposto sufficiente- | mente allo scopo pel quale furono indicati. i I saponi duri, o alla soda, sono meno attivi dei precedenti, Ì ma sciolti in proporzioni maggiori nell’acqua, un terzo ad un quarto circa di più, sostituiscono convenientemente quelli | prima indicati. © Saponerie e saponi si trovano quasi dovunque; ma in man- | canza, ognuno, volendo, può facilmente prepararli da sè. AI lora non costano più di L. 0,25 a 0,30 il Ke., e leconomia della difesa non ne potrebbe essere meglio avvantaggiata. + Sapone all'olio pesante di catrame. Ho già detto altrove del modo di ottenere la divisione e la sospensione dell’olio pesante di catrame, che si stempera fa- cilmente a qualunque dose nell’acqua, e le soluzioni, molto eco- nomiche, servono egregiamente per combattere larve e adulti di cocciniglie, afidi, tripsidi, bruchi di farfalle, ed altri insetti i nocivi alle piante coltivate. C Le soluzioni di sapone all’olio pesante di catrame sono più economiche di quelle di sapone solo, perchè l’olio pesante co- sta appena L. 10 il quintale alla stazione di Borgo S. Don-. EREDI nino di Parma, o di Milano, dove si vende; ma sono meno tollerate dalle parti giovani delle piante, e per ciò non sono sempre preferibili alle altre sopraindicate. Per preparare il sapone all’olio pesante di catrame, si sciol- gono 5 parti di sapone in 8 parti di acqua bollente, e mentre la soluzione bolle, vi si aggiungono poco per volta, agitando, 5a 10 parti di olio pesante di catrame. Quando il tutto è al- l'aspetto bene omogeneo si lascia raffreddare e si adopra in soluzione sulle piante. Sapone alla naftalina. Il sapone alla naftalina si ottiene sciogliendo questa so- stanza in una soluzione di potassa o di soda bollente, nella quale poi, mentre continua a bollire, si mette poco per volta il sapone; ma si può ottenere altresì sciogliendo la naftalina nell’olio, a caldo, e saponificando la soluzione con la potassa o con la soda. L'economia del prodotto non ha bisogno di essere discussa quando si pensi che la naftalina del commercio non costa più di L. 30 circa al quintale; mentre dal punto di vista insetticida il composto così preparato soffoca per l’azione diretta del sapone ‘e rende insoffribile ai bruchi la stazione delle foglie sulle quali la naftalina per mezzo del sapone aderisce, senza portar danni di sorta alle parti verdi della pianta. Sapone all’acido fenico. È uno dei più energici disinfettanti, che può servire util- mente per liberare gli animali dalle infezioni pidocchiose, ma non per le piante, le quali resterebbero danneggiate nelle parti ‘più giovani. Sapone al creosoto. Questo sapone può servire tanto alla difesa degli animali, quanto a quella delle piante attaccate da acari, pidocchi ed altri insetti. Col creosoto del commercio, parti 2, e sapone 2 (DÌ Se OA molle, parti 3, ho ottenuto un liquido sciropposo solubilissimo È nell’acqua, e molto utile per la difesa delle piante dalla mole- stia di diversi insetti. Sapone all’estratto di tabacco. Questo insetticida si prepara neutralizzando fino a rendere | leggermente alcalino l’estratto fenicato di tabacco, e mesco- lando il prodotto col sapone. Le soluzioni di sapone all’estratto neutro di tabacco sono in- nocue alle piante e riescono di una straordinaria potenza inset- | ticida sugli acari e sugli insetti, i quali muoiono asfissiati, sia | per l’azione diretta del sapone, sia per i vapori venefici della nicotina, che attaccano il sistema nervoso dell’animale, provo- cando il vomito e la morte. Sapone nicotinizzato alla naftalina. Si ottiene mescolando il sapone alla naftalina con l’estratto di tabacco neutralizzato. i E l’insetticida che meglio di ogni altro scaccia gli insetti dai grovigli sericel : nei quali si trovano, e col rendere ino- spitali le parti delle piante bagnate da esso, impedisce che queste siano sempre ed egualmente danneggiate in seguito dagli insetti. L’anno decorso le altiche non hanno danneg- giato i cavoli come negli anni precedenti, dove furono combat. tute con queste soluzioni insetticide, e in alcune cavolete di Castello (Firenze) furono quasi interamente sperdute e di- strutte. Pasta catramosa al solfuro di carbonio. Si prepara versando poco per volta in un certo volume di una soluzione bollente di carbonato neutro di soda (Soda Solvay) al 75 %, circa, una eguale quantità di catrame di le- gno, e si lascia bollire, agitando, fino a che questo non abbia preso la tinta nera e non si sciolga perfettamente nell’acqua. - ea Allora si lascia raffreddare e si mescola il tutto con un egual volume o più di solfuro di carbonio. La pasta catramosa al solfuro, che ne resulta, si scioglie egregiamente nell’acqua; ma perchè il liquido riesca anche più stabile è meglio ottenerlo per diluzione, versando l’acqua poco per volta nella sostanza, mentre si agita con uno scopetto. I liquidi che così si ottengono, bene proporzionati, riescono ad effetti molto sicuri contro le Cavallette, gli Afidi, gli Psillidi, le Cocciniglie, e moltissimi altri insetti. Pasta catramosa alla naftalina. Si rende il catrame solubile col carbonato neutro di soda _ nel modo sopraindicato, e la pasta si mescola con la naftalina disciolta nella soda come ho detto per la preparazione del sa- pone alla naftalina. Gli effetti sugli insetti sono presso a poco quelli indicati a proposito di quest’ultimo insetticida. Soluzione alcoolico-saponosa al petrolio. Questo liquido si ottiene sciogliendo, a bagno maria, 4 a - . 6 parti di sapone in una parte di alcool amilico, o di alcool etilico, e mescolando la soluzione col petrolio. Serve per la difesa delle piante ornamentali delicate, da stanzone, da tepidario e da pien’aria. Il costo però, data la presenza dell’alcool, da noi partico- larmente, è più elevato di quello necessario per gli insetti cidi precedenti. Soluzione alcoolico-saponosa alla Benzina. Si ottiene come quella al petrolio, mescolando la solu- zione alcoolica di sapone alla benzina. Il liquido è anch’esso indicato per la difesa delle parti de- - licate delle piante, e delle piante più delicate suddette. CTS GS Soluzione alcoolico-saponosa alla Nitrobenzina. Nella preparazione di questo liquido bisogna necessaria- mente ricorrere all’uso dell’alcool amilico. Nel rimanente si procede come per quelli al petrolio e alla benzina. Anche questa sostanza è fatta per piante delicate, come le due precedenti, per quanto da noi sia meno economica, ma non è meno efficace sugli acari e sugli insetti. Soluzione alcoolico-saponosa al Solfuro di carbonio. Questo insetticida si prepara con sapone, alcool amilico od | alcool etilico e solfuro di carbonio. Il liquido che si ottiene è uno dei più attivi, ma è anche dei meno sicuri per gli effetti sulle parti delicate delle piante, specialmente quando queste si trovano esposte all’azione di-. uddbez ne; retta del sole. Costa meno delle soluzioni alcooliche precedenti perchè il solfuro di carbonio è più a buon mercato del petrolio, della benzina e della nitrobenzina; e però mescolandolo con una | di queste sostanze si hanno insetticidi poco meno economici e meglio sopportati dalle piante. i Essenza di trementina. E un liquido d’un odore caratteristico, che brucia al palato, si scioglie pochissimo nell’acqua, volatilizza nell’aria, sì scio- glie completamente nell’alcool, mentre a sua volta è un buon solvente delle resine, dei grassi, e di altre sostanze. L'essenza di trementina è un discreto insetticida e come tale è stata diverse volte indicata nella distruzione degli in- setti. Canfora. Si ha sotto forma di masse cristalline con odore e sapore caratteristici, le quali sono insolubili nell’ acqua, ma solubili nell’alcool, e volatilizzano a poco per volta nell’aria renden- dola, negli ambienti chiusi, inadatta alla vita di alcuni insetti. Ecco perchè nell'economia domestica si adopra per combattere la infezione delle Tignuole o Tarme. Resine. Sono sostanze prodotte dalle secrezioni di molte piante, specialmente Conifere e Terebintacee, le quali, secondo la na- tura loro prendono nomi diversi, e si dicono dalsami, oleore- sine, gommoresine, e resine secche. Qui si tien conto delle resine del secondo e del terzo gruppo. Alle oleoresine o resine molli appartiene la nota tremen- tina del commercio che è semifluida, pastosa, ed utile per la raccolta e la distruzione di varie specie di mosche e per la raccolta delle Tortrici delle viti, dell’Anacio, e simili, ciò . che si ottiene spalmando la sostanza sopra il disco di un telaio a mano, così come si è fatto talvolta nel Veneto ed in altre parti della penisola. La stessa sostanza disposta ad anello intorno al fusto ed ai rami delle piante serve ad impedire che i bruchi e gli insetti non volatori passino per colpire le parti sovrastanti dei vegetali. In base alla proprietà che le soluzioni degli alcali cau- stici e dei carbonati alcalini hanno di sciogliere le resine e . formare con esse delle paste saponose solubili nell’acqua, tutte possono dar liquidi più o meno efficaci contro gli insetti. Una delle formole per la preparazione di questi liquidi è la | seguente: RESINA IE DO la Se og deri) CISSE E I ESSO Ace RENE RUI VIGNE OTTO 10 NC Re e TRO Re ea e e 100 ZI Quando la resina è solida, si polverizza e la polvere si 4 versa a poco per volta nella soluzione bollente di potassa, agitando fino a che il tutto è divenuto un denso Jiquido bruno, che si lascia raffreddare e si diluisce in tali propor- zioni che applicato alle piante vi uccida gli insetti senza danno o col minimo danno di quelle. Mescolando a questa pasta bollente un terzo circa del suo volume di una materia grassa, si ottiene un miscuglio di sapone — di resina e di sapone ordinario, che riesce assai tollerabile per i vegetali, senza perdere della sua efficacia contro gli insetti (1). All’uno od all’altro di questi miscugli saponosi, aggiun- | gendo una quantità eguale doppia, tripla, quadrupla, di olio di catrame, o di solfuro di carbonio, si hanno insetticidi delle | formole: 1. Resina solubile. 2. Resina solubile. Olio pesante di catrame. Solfuro di carbonio. Acqua. Acqua. le quali con le dovute precauzioni per le piante servono come le precedenti a distruggere acari, tripsidi, afidi, bruchi d’in- setti e cavallette. Legno quassto. È il legno della Quassia amara e della Quassta excelsa, che dà all’acqua un sapore amaro intenso. La corteccia delle due piante è anche più ricca del legno in quassina o quassite e di una piccola quantità di olio essenziale, al quale più spe- cialmente pare si debba riferire l’azione insetticida sulle mo- sche e su altri insetti. Bulbo di Scilla. Il bulbo di Scilla rosa (.Sci/a maritima) contiene una quan. | tità notevole di Scillina, un acre irritante, molto forte, che (1) Sarà bene ricordare a questo riguardo gli interessanti rilievi di Coquillet e Galloway; di Swingle, di Webber, J. B. Smith e di altri entomologi americani. Pog Ta \ ingerito nello stomaco produce nausea, dolori, vomiti, diarrea | profusa e la morte. Per distruggere gli animali nocivi con questa sostanza si fa l’infuso dei bulbi e con il liquido che se ne ottiene si impasta della farina per darla loro a mangiare. Meglio dell’in- fuso serve la polvere di Scilla, gr. 75, con della farina dolce, e dello zucchero in polvere, gr. 25, il tutto aromatizzato con essenza di anacio o di finocchio. Polvere di Piretro. La vera polvere di Piretro è quella che si ottiene dal pol- line dei fiori di Pyretrum roseum del Caucaso e che va col nome di polvere insetticida della Persia. Da noi si vende spesso la polvere dei fiori di Camomilla, di Crisantemo, e simili, che è dell’altra assai meno efficace contro gli insetti. Nicotina. tI) E il liquido più velenoso fra gli alcaloidi narcotici, che produce forte bruciore sulla lingua, nelle fauci, provoca un aumento considerevole nella produzione salivare, eccita il vo- mito, paralizza il cervello, come pure i muscoli respiratori, e tetanizzando i muscoli produce la morte. Le foglie di tabacco sono ricche di nicotina e per essa, il loro infuso, e l’estratto (estratto di tabacco) agiscono più o meno prontamente sugli insetti. La nicotina non bagna bene, aderisce male al corpo delle piante e degli insetti, che si vogliono distruggere, e perciò nelle dosi economiche riesce poco efficace contro di questi. Per ovviare a tale inconveniente ho consigliato di neutralizzare il liquido per la parte acida ed unirlo al sapone, che mette meglio in vista la nicotina ed aiuta certamente nell’asfissia degli insetti. In ogni modo a me consta che i bruchi di quelli, bagnati dalla soluzione, cadono quasi repentinamente dalla AE pianta e non sempre arrivano a rimettersi per farvi ritorno | e continuare nello sviluppo. Contiina. È un liquido nauseante, acre, che produce bruciore sulla | lingua e al pari della nicotina causa il vomito ed avvelena, per quanto la sua potenza venefica resulti dieci a quindici volte più debole di quella. La Coniina si trova abbondante nelle sementi e nelle fo- glie verdi, più specialmente, della Cicuta maculata (Conzum | maculatum), la quale quando è secca contiene la Conidrina sol- | tanto, che è solubile nell’acqua. Cicutina. La Cicutina è nella Cicuta virosa, molto comune da noi, e per la radice velenosa, molto prossima al Sedano, col quale si confonde, mentre le foglie ricordano quelle del Prezzemolo. Se ne può adoperare l’infuso contro gli animali e gli in- setti brucatori. Veratrina. È un alcaloide che introdotto nel tubo digerente degli ani- ‘mali produce bruciore, maggiore salivazione, dolori intestinali, nausea, diarrea e vomito, mentre d’altra parte deprime dopo aver eccitato la funzione circolatoria, e rallenta fino ad arre- stare la respirazione, con sintomi di paralisi nel sistema nervoso. Questa sostanza e gli effetti indicati si possono ottenere con l’uso delle radici specialmente, o delle radici e del rizoma insieme del Veratro bianco e lobelliano (Veratrum et Lobe- liani albuma), monocotiledoni Colchicacee spontanee nelle Alpi e nelle prealpi europee, con succo acre, quasi inodoro, amaro, corrosivo, bruciante, nel quale si trova veratrina, jervina e forse acido veratrico. Si adopra la polvere delle radici e dei rizomi in acqua leg- — 4l | giermente acida, o mescolata con della farina per amministrarla come alimento agli animali nocivi. Aconitina. Questa sostanza introdotta nello stomaco produce cefalea, paralisi cardiaca e morte anche per asfissia. L’Aconitina si trova e si ottiene da tutta la pianta del- l’Aconitum Napellus, ranuncolacea comunissima da noi, e che si potrebbe utilizzare nella difesa contro gli animali brucatori, bagnando col suo infuso, a caldo, della farina e delle altre sostanze-esca. Elleborino ed Elleboreino. Sono due glicosidi secondo Marmé, che si trovano nell’Elle- boro (Helleborus niger, H. viridis) 11 rizoma del quale ingerito provoca disturbi violenti nello stomaco e negli intestini, vo- mito, diarrea biliosa, sanguigna, e morte anche per alterazioni nel circolo, nella respirazione, nel sistema nervoso e nei reni. Può servire contro gli animali brucatori, facendo uso del- l’estratto della parte sotterranea della pianta, o di questa stessa grattugiata e somministrata con altre sostanze agli animali. Delfinina. Si ottiene dai semi del Delphinium Staphisagria ed unita alla sugna o in soluzione alcoolica si è adoprata contro l’acaro della scabbia. Malgrado, per altro, che il principio attivo in- dicato sia poco solubile nell’acqua, pure l'estratto acquoso dei semi e della pianta sparso sulle foglie dei vegetali le rende poco appetite e nocive agli animali che ne mangiano. A questo riguardo bisogna ricordare inoltre l’uso del- l’estratto acquoso delle parti verdi del [tanunculus scelleratus, che è molto comune da noi. Stricnina. È una sostanza che induce violenti convulsioni negli ani- È mali, per l’azione speciale che ha sul sistema nervoso, ed un | distinto tetano generale, per cui il corpo dell’animale si fa | cianotico e muore. I i La stricnina abbonda nei semi della Strychnos nux vomica, || delle Indie orientali e del Ceylan dai quali si estrae e si vende È | comunemente anche da noi. La noce vomica però non contiene | stricnina soltanto, ma questa e brucina, con la quale l’altra | divide una parte dei suoi tristi effetti sulla vita animale. La Fava di S. Ignazio (Strychnos Sancti Ignatii) è anch'essa | ricca di Stricnina e di brucina e si può applicare come la noee vomica nella distruzione degli insetti e dei roditori. Ipecacuanha e Morfina. Sono acri emetici, che anche in piccola dose producono forte nausea e vomito negli animali, i quali, talvolta, preferi- scono di restare a stomaco vuoto piuttosto che prendere ali- mento condito con essi. L'’ipecacuana contiene emetina ed acido ipecacuanico, per i quali irrita la mucosa intestinale ed eccita conati di vomito. Si applica alle piante con l’infuso acquoso della Cephaelis | Ipecacuanha. i L’altro acre emetico è l’Apomorfina, di azione nauseante ed emetica molto energica. Deriva dalla Morfina e si ricava dall’oppio del papavero (Papaver somniferum). Insetticidi fisiologici. Con questo nome si allude alle colture e alla diffusione di quelle specie fungine che sono capaci di determinare speciali malattie contagiose negli animali nocivi. da ori Questi agenti di distruzione già noti, per gli effetti almeno, nella prima metà del secolo decorso, non furono adoprati in entomologia che verso la fine di esso, e l'esempio ne venne, se non erro, dal russo sig. Metchnikoff, che fece uso dell’/sa- ria destructor per limitare la diffusione del Cleonus punctiven- tris delle barbabietole. ì Il nuovo modo di distruzione trovò favore in Francia, dove alcuni anni dopo il sig. Le Moult mise in vista e propugnò l’uso della Botrytis tenella contro le larve del Maggiolino (Me- lontha vulgaris Fab.); mentre da noi qualche viticultore aveva già pensato alla distruzione della Tortrice dell'uva con la Bo- trytis bassiana, ed in Algeria i delegati della Repubblica Fran- cese tentavano la prova delle Entomoftorinee contro la inva- sione delle cavallette. Maggiore considerazione hanno meritato gli studî del Lòef- fler sull’uso del Bacs2lus typhi murium per la distruzione dei topi campagnuoli e degli altri roditori molesti all'economia | domestica. Per la stessa via si è messo ultimamente anche il sig. Da- nysz di Francia, col diffondere fra i topi un altro microrga- nismo patogeno indicato col nome di Coccodacillus murium, del quale, come del primo, mi sono personalmente occupato per incarico del Ministero di Agricoltura e della R. Stazione di Entomologia agraria. Contro le larve delle Agrotidi, oltre che quello dei bacilli ho sperimentato l’uso di una mucedinea, descritta poi dal pro- fessore ed amico carissimo Fridiano Cavara col nome di VOospora Guerciana; mentre contro gli Afidi ed il noto grillastro d’Ita- lia ho più duna volta tentato l’uso dell’Entomophora grylli Fresen. Non vi è nessun dubbio: quando le malattie provocate da questi e da altri agenti patogeni si trovano nelle condizioni loro proprie riescono una vera peste per gli animali colpiti, e questi in breve tempo spariscono; quando si diffondono arti- ficialmente tali agenti perdono non poco della loro virulenza, SE vengono spesso a mancare le altre condizioni opportune al | loro sviluppo, e non sempre producono gli effetti desiderati. Nelle pianure di Novi-Ligure, infatti, in altre del Piacen- tino, e nelle vigne di una gran parte d’Italia, batterî ed oospore | annientano quasi subito le apparizioni delle Agrotidi. Nella %| valle del Bientina ho visto che è avvenuto lo stesso per la + nottua del granturco; ma non mi è riuscito poi di diffondere © nel campo gli effetti benefici ottenuti con lo stesso mezzo nei | vasi d’allevamento. Seguendo la infezione della mosca olearia da noi ho tro- È vato un gran numero di volte gli adulti di quella colpiti dalle È Entomoftore; ho diffuso la specie negli allevamenti sotto cam- | pane e questa ha colpito in maggior numero le mosche fino a a non lasciarne più vive; ma le mosche infette trasportate nelle di cassette d’ allevamento e sulle piante non han quasi affatto | i diffuso la infezione fra le altre sane. A queste notizie potrei unire le altre sui tentativi più volte ripetuti senza effetti utili contro altre specie di insetti, come i bruchi delle Pieridi, quelli delle Processionee del pino e della querce, delle Ocneria, delle Bombyx e delle Porthesia, e quelli | delle Hyponomenuta, delle Eudemis, delle Polychrosis, delle Simaethis, e simili, per dire che se la via degli insetticidi ad azione fisico-chimica non è facile, questa degli insetticidi fisio- | logici, per ora almeno, non soltanto è difficile, ma è anche molto problematica e non da raccomandarsi di preferenza | nella pratica. La preferenza degli insetticidi fisiologici su quelli prima indicati non è possibile, ora, anche per ragioni economiche non trascurabili. La prima di queste ragioni è che per diffon- | dere i germi delle malattie infettive negli animali occorrono | intelligenza, capitale, materiale agente e mezzi di applicazione, che presso a poco portano a spese eguali se non superiori a | quelle che occorrono per l’uso degli insetticidi. La seconda è che gli effetti della diffusione dei germi patogeni, nella ipotesi | migliore, si manifestano troppo tardi, e perciò non sempre rie- 3 (| Si È "| RR ni LE scono a salvare il raccolto presente. Vi è a favor loro la con- | siderazione e la speranza che essi continuino a molestare gli | | animali nocivi finchè ve ne sono; ma è una speranza che mi pare assai magra rispetto al danno certo che dal loro indugio proviene alle piante. | La questione dei germi patogenici poi sì connette all’altra della moltiplicazione artificiale degli animali predaci e dei pa- ‘rassiti a difesa dell’agricoltura, ed a questo riguardo mi per- metto di osservare che se è facile trarre partito talvolta dagli Pteromalus per distruggere le cavolaie, e moltiplicare il nu- mero di qualche Coccinellide a danno di Afidi e di Cocciniglie, non è ugualmente possibile favorire la diffusione dei Braconidi, ad esempio, degli Tchneumonidi o dei Calcididi, per avversare quella delle Tortrici e di altri insetti; e poichè questa via non è meno dell’altra irta di difficoltà insormontabili per la pratica, consiglio di attenersi quanto più è possibile al partito delle azioni meccaniche, fisiche e chimiche, per sottrarre le | piante alle ingiurie dei nemici loro, e di non intervenire, di smettere, per lasciare il campo all’azione dei germi patogeni e degli animali predaci e parassiti quando da una ispezione accurata resulti che il massimo della moltiplicazione naturale di questi agenti può essere ed è realmente al caso di rispar- miarci le operazioni della difesa. JH0S Macchine e preparati di uso più comune nell’Entomologia agraria. Di queste macchine alcune sono causa diretta ed imme- diata della distruzione degli animali nocivi, ed altre servono come mezzo per l'applicazione dei rimedî allo scopo soprain- dicato. Le prime sono ad azione chimica (come le micce edi sac- Ghetti di solfo e di sostanze asfissianti, in generale) e ad azione PIO ROSIORO meccanica, come le tagliuole da volpe e da tasso, le borse da || conigli, le trappole da topi e da talpe, gli archetti per i topi campagnoli, e tutti gli altri apparecchi che si adoperano per | prendere gli uccelli di rapina, le blatte e le mosche comuni. 3 Le altre si dividono anch’esse in due gruppi: uno, degli | avvampatori e dei suffumigatori, e l’altro dei solforatori, delle pompe, dei pali iniettori, e dei carri solfuratori. 1 Sacchetti asfissianti. I sacchetti asfissianti sono dei sacchetti a cartuccia nei quali è una polvere composta delle sostanze seguenti: Salnitro: 3/10 dr BI Zolfo RE E MI al DI SR SE 120 Realearitt SA OO REA A EI RIE SE > 30 Carbonella fr E » 10 Questo miscuglio, al quale si può unire qualche grammo ali polvere pirica e qualche foglia di tabacco tritato, brucia len- | tamente, e spande vapori solforosi ed arsenicali, che riescono | sommamente velenosi per gli animali. È otte ear er = x === ratio resero ero neon << == = = Fig. 1. — Sacchetto asfissiante rimpiccolito. Sono anche più attivi i miscugli di foglie tritate, infuse in | una soluzione di estratto di tabacco, fatte disseccare e mesco- i late con polvere e salnitro. | Un preparato e l’altro servono contro la Volpe e contro i | Ghiri, i quali si possono combattere anche col semplice fumo | delle foglie morte delle piante e delle felci non bene dis-| seccate. | STATE Tagliuole. Le tagliuole possono essere di forme e di dimensioni di- ‘verse, a ingranaggio e a palette. Fig. 2. — Tagliuola ad ingranaggio rimpiccolita: a, lamine; d, molla; c, esca. Le tagliuole ad ingranaggio sono formate da due robuste lamine d’acciaio piegate a semicerchio, le quali si allontanano, aprendosi, una dall’altra, e si mantengono aperte per mezzo di un grilletto, per rinchiudersi bruscamente, riavvicinandosi, sotto l'impulso di una molla allo scatto del grilletto. Fig. 3. — Tagliuola a palette rimpiccolita. La tagliuola a palette è fatta essenzialmente come quella ad ingranaggio; le lamine però sono per lo più armate di denti o di punte, e portano nel mezzo una paletta, o tavoletta a bascula, sulla quale si mette l’esca, per trarre l’animale in agguato. Sono poco diverse quelle che servono per dar la caccia agli uccelli di rapina. Uno dei tipi è rappresentato nella fig. 4 ed CIARA indicato in Francia col nome di trappola a poteau. E un con- | gegno nel quale l’esca essendo discosta dalla tagliuola, l’ ani- (| male deve passare necessariamente su questa per mangiar | quella, e posandosi fa chiudere le lame, che lo prendono alle | gambe e non lo lasciano fuggire. Fig. 4 — Vagliuola per Falchi ed altri uccelli di rapina. Sono molto diverse invece le trappole per le talpe, essendo formate a guisa di pinze o di tanaglie. La più semplice è quella a filo di ferro formata di un sol pezzo come le pinze a fuoco dei fumatori; ma la più pratica è l’altra (fig. 5) nella quale la elasticità delle branche viene | da una lamina di acciaio, e le branche stesse sono tenute. | discoste, durante la tesa, da un anello forato nel mezzo. | Fig. 5. — Trappola a pinza per talpe, rimpiccolita. La trappola a talpe, ultimo modello Salmon, è fatta a guisa | di un tubo cilindrico del diametro eguale a quello della gal- | leria dell'animale. Esso è fornito alle estremità di sportelli mo- | bili che, permettono di entrare, ma non lasciano uscire la talpa | SIOE che vi è penetrata; e siccome è diviso in due da un tramezzo «mediano, due talpe, che vi si dirigessero per direzione diversa, potrebbero restarvi egualmente prese. “ __T___à) s < N ETTOSEcgef TT. <«Y*<**ww\|\A\WW\.;WWYWYWYWYwyWY* Fig. 6. — Trappola per talpe Salmon. Altre trappole sono state fatte per attirare e distruggere Artropodi diversi e Molluschi, e di esse basterà ricordare le seguenti. Una è indicata specialmente contro le lumache ed è cono- sciuta in Francia col nome di pot-pîège, o vaso-trappola, del quale dà una giusta idea la fig. 7. Fig. 7. — Vaso-trappola. L'apparecchio, come si vede, è formato di un vaso da fiori con coperchio, ma forato all’intorno alla metà circa della sua altezza, e approfondato nel terreno fino a lasciare i fori col margine inferiore rasente terra. Nel fondo del vaso sì versa 4 Mi della birra, la quale unita a carne in putrefazione serve ad ij attirare le lumache, che vi cadono e vi muoiono. È Un'altra trappola, molto più semplice e di uso anche più economico, indicata nella figura 8, è stata raccomandata per | prendere lumache, forficole, crostacei e miriapodi nocivi. Ha | la forma di un cono ed è di ferro galvanizzato, perforato al- | l’intorno, nel quale si pongono pezzi di patate, di rape, di | carote, come esca per gli animali. L'apparecchio, si mette a posto, approfondandolo fino alla metà, nel suolo, a sera, e si visita la mattina dopo, per distruggere gli animali che la notte vi hanno cercato ricovero ed alimento. Fig. 8. — Cono-trappola. Per prendere le vespe, che compromettono le uve da ta- vola, quelle a succo dolce in generale e la frutta matura, è in. | dicato l’uso delle vespiere fatte con bottiglie di forme diverse | BI pers CRI Ul SEE e altri recipienti nei quali si trovi una soluzione-esca, la quale i può essere un’acqua indolcita con zucchero, miele, o melassa. Una delle vespiere più semplici è quella indicata dalla fi- (gura 9. Nella fig. 10 poi si vede una lanterna, che serve per rac- ‘cogliere le farfalle. A questo scopo si dispone intorno ad essa e sul suo fondo una carta lutata e si accende la candela di i sevo che contiene, per attirarvi le tortrici delle piante colti- vate. Il luto è formato con 10 parti di pece bianca, 5 di tre- mentina, 5 di olio di lino e 6 parti di olio di oliva. Fig. 9. — Vaso da Vespe. Fig. 10. — Lanterna per Tortrici. Isolatort. Sono i diversi mezzi con i quali si può impedire a certi animali, in determinati momenti della loro vita, di invadere le piante o una parte di esse. Un isolatore a catrame per alberi fruttiferi, ad esempio, che ha servito tanto bene da noi a liberarli dalla invasione della Cheimatobia è quello indicato nella fig. 11; inoltre l’iso- seo), lamento delle piante si può avere anche spalmando diretta-+ mente la scorza, quando quelle sono vecchie. 4 Gli isolatori possono essere di natura chimica, meccanica, | (0) chimico-meccanica. sul tronco di queste, sono mezzi sufficienti per tener discostoli | le chiocciole e le lumache, nel primo, e le larve degli insetti, nel secondo caso, dalle piante. i Fig. 11. — Isolatore di carta al catrame per alberi fruttiferi. L’acqua stessa, d'altronde, non lascia passare insetti ed altri animali, ed immessa nei solchi profondi mi è parsa suffi- ciente a sottrarre le piante dalle ingiurie di quelli; ed ho visto che, quando se ne trova nella quantità necessaria, è il mezzo | migliore per arrestare la marcia invadente dei bruchi, da un | luogo all’altro. I Come la. praticà orticola abbia utilizzato l’acqua con i di- | schi isolatori di terra cotta per mettere in salvo le piante or-| namentali in vaso, tutti sanno, e sanno altresì dell'uso utilis- | simo dei sacchetti di garza per preservare le uve da tavola | dalla invasione delle tortrici. Taluno fa uso anche dei sac-| chetti di carta, coi quali si perviene egualmente allo scopo | desiderato. Quando la carta non è preparata per resistere al-| l’acqua, dopo una forte pioggia bisogna rinnovare i sacchetti! per mettere nuovamente i grappoli al riparo dagl’ insetti. a) La figura 13 dà l’idea dei cannelli di metallo o di canna e di quello che è nella pratica ortense e campestre l'operazione A! | | Fo J II Fig. 12. — Sacchetti per uva. Fig. 13. — Cannello isolatore. della incannellatura, la quale serve di certo a preservare molte piante dagli attacchi della grillotalpa e dei bruchi delle Agro- tidi. Compressori del terreno. Si allude ai cilindri di legno o di metallo, vuoti, a super- ficie liscia, o cuspidata, l’uso dei quali talvolta può riuscire vantaggioso alla distruzione degli animali. Una infezione di Vanesse, di Cavallette, di Lumache, o di Miriapodi può essere avversata anche con questo mezzo, specie dove il terreno è piano ed i cilindri, tirati da cavalli o da bovi, possano, uniti insieme, formare sistemi come quello indicato nella fig. 14. La pratica agraria annette spesso una straordinaria impor- tanza a questi mezzi di difesa, sperando che la compressione del terreno possa impedire agli animali, che vi si trovano nascosti, di venir fuori e passare ai danni delle piante. Tal- volta, come nel caso della Cheimatodia, e di qualche Dittero, Mi dove il terreno tende al compatto, la speranza si traduce in % realtà; ma generalmente negli altri casi ed in circostanze d| Fig. 14. Cilindri a superficie cuspidata. diverse, la compressione, per quanto ripetuta, se non colpisce | direttamente gli animali, schiacciandoli, non porta agli effetti | desiderati. - Scortecciatori e raschiatori. Gli scortecciatori sono a maglia ed a lama di acciaio. Agli | scortecciatori a maglia appartengono quelli del Sabatè e del | Targioni-Lawley. Il primo, detto anche guanto Sabatè (fig. 15), Fig. 15. — Guanto Sabatè. Fig. 16. — Guanto Grenjon, come dal nome stesso; è un vero guanto di maglia metallica, e pesante così da stancare ben presto la mano dell’operaio. Il guanto Targioni-Lawley invece è di cuoio ed ha la parte corrispondente alla palma della mano coperta di maglia me- ERA | tallica. E per ciò meno costoso, assai più leggiero, e stanca « molto meno la mano dell’operaio. Sullo stesso tipo è il guanto . Grenjon indicato nella fig. 16, con la differenza che in questo il palmo della mano invece della maglia di ferro ha delle te- ste di chiodo. Gli scortecciatori a lamina di acciaio sono taglienti, con la ‘ lamina triangolare situata orizzontalmente sul suo manico. Dei | lati della lamina uno è diritto, e gli altri due, uno a taglio | convesso o sporgente, e l’altro a taglio concavo o rientrante, per. adattarsi alle accidentalità diverse che può presentare la superficie del fusto degli alberi. Di scortecciatori e raschiatoi d’altronde ve ne sono di forme diverse (fig. 17 a, 6) come diverse sono le spazzole di ferro che completano in certe parti il lavoro fatto con gli scorteccia- tori (fig. 17 c, d). Fig. 17. — Scortecciatori e spazzole diverse. Collettori. I collettori sono apparecchi che servono a raccogliere gli insetti, o le parti delle corteccie nelle quali si trovano, fatte SA ene cadere con i mezzi sopraindicati. E fra essi il collettore ab-. bracciafusto (fig. 18), dalla forma di un’ampia scodella aperta. da un lato, per farvi passare il fusto della pianta al momento | TI iti =Luih e == du__ i ui (400% ; el Too o _L ua, E _ i TI —==<= (ISIÙTTÀ Fig. 18. — Collettore abbracciafusto. dello scortecciamento; ed il noto ventaglio Falqui adibito 1 per la raccolta degli Oziorinchi della vite (fig. 19). Fig. 19. — Ventaglio Falqui: «, ventaglio aperto per avvolgere il ceppo della pianta; d, quando è chiuso; aa’, tela; bb’ manichi per i quali le due metà del ventaglio si uniscono; cc',c', cerchio che chiude il piede della pianta. Fra gli altri collettori vanno compresi pure i noti retini: per le farfalle (fig. 20); i sacchi a mano, quelli a draga, del | Costa, per la raccolta delle Cavallette, e gli altri conosciuti | con i nomi di collettori Anderson, Kansas, Simpson, ecc. Il collettore Anderson (fig. 21) è formato da una tela di- stesa a piano inclinato, cosparsa di petrolio, e fissata per i E ge lati maggiori a due staggi, dei quali quello anteriore rasenta il terreno. JO _--. \ = Ò — = 2 = ES 6, ECT TZAZIE, Fig. 21. — Collettore Anderson. Il collettore Kansas (fig. 22) è una cassetta a più scompar- timenti, aperta disopra e chiusa da tutti e quattro i lati, meno Fig. 22. — Collettore Kansas. che davanti, per dove appunto devono entrare gli insetti, fra 1 quali si passa trascinando la cassetta. biso Il collettore Simpson (fig. 23) è montato su ruote e sì può È tirare a braccia o con animali. Essenzialmente è formato da 3 un sacco con l'apertura in avanti fatta in modo da restare | sempre aperta mentre si tira, e da chiudersi quando l’appa- | recchio è in riposo. È desso per tanto una draga trasversa ) con lo staggio posteriore fornito di ruote. Hi e K 4 i é I I I Ù I il ' I I Ù ] I ] Fig. 23. — Collettore Simpson: e e’, tirelle — c, sacco — i, lati del sacco — g, rinforzi del piano della piattaforma — d, staggi laterali della piattaforma — d, ruote — jj, staggi laterali mobili in alto e in basso, congiunti a quello superiore XK — m, tessuto protezione del sacco — r, spirale di ferro che forza Fig. 24. — Cesoie la bocca del sacco a chiudersi. inastate. Si dovrebbe anche qui trovar posto per gli apparecchi Ci- prioti e le barriere metalliche; ma di essi si dirà particolar- mente parlando della difesa contro le Cavallette, per la rac- colta delle quali gli uni e le altre furono indicati. - Dibrucatori meccanici. Alludesi con questo nome a quelle cesoie, fisse alla estre- mità di un manico, che servono per tagliare, anche da terra, i rami infetti della parte più elevata delle piante. Uno degli apparecchi più perfezionati del genere è il nuovo dibrucatore Tissot indicato nella fig. 24. Avvampatori. Sono macchine a combustione di materiale infiammabile, a petrolio o a benzina, producenti una fiamma con la quale si possono asfissiare e bruciare molti insetti ed uova di insetti durante l’ inverno. I pirofori sono del numero ed i più sem- plici di essi sono quelli indicati dalle fig. 25-26. Il primo è Fig. 25. — Piroforo a carretto. Fig. 26. — Piroforo a mano. Fig. 27. — Lampada inastata. un piroforo a carretto; l’altro è un piroforo a mano e tutti e due essenzialmente consistono in un tubo con un soffietto, che mosso opportunamente spinge sulla fiamma di un lume, posto in un recipiente annesso, un getto di aria che accelera la combustione e fa della fiamma un dardo capace di produrre gli effetti sopraindicati. REG Può riuscire assai utile contro le cavallette l’uso di un’ il piroforo multiplo formato di più pirofori producenti insieme una fiamma di due metri circa, la quale, con apparecchio mon- tato a carretto tirato con automobili o da cavalli, moltipli- cherebbe l’effetto micidiale sugli insetti. A questi tipi di macchine si possono riportare le Zampade inastate (fig. 27) che possono rendere notevoli servigi nella libe- razione delle piante dai bruchi, specie quando questi formano borse e padiglioni sericei, come nel caso delle Portesie, delle Iponomeute, e nella distruzione delle uova dell’Ocnerza, dove | la raccolta diretta e la incatramatura non riuscissero egual- ì mente praticabili. Ma quanto meno l’uso di queste lampade evita la necessità di tagliare i rami, per distruggere gli in- setti che vi sono ricoverati. T'orcetti a vento. Sono quelli di stoppa pece e calce, che si adoprano da noi nelle fiaccolate, e che preparati con aggiunta di una notevole quantità di olio di catrame, salnitro e zolfo, riescono meglio di ogni altro per difendere le piante dalla molestia di certi bruchi. Quanto alla convenienza di questo mezzo di difesa, basti ricordare che i torcetti si possono preparare in economia; che sono di lunghissima durata, e che nessun pericolo per essi ne viene agli operai. Scottatot. I noti apparecchi del genere sono formati di una caldaia per bollire l’acqua (fig. 28) la quale quando è riscaldata si fa uscire da un rubinetto e si raccoglie in recipienti speciali (fig. 29-29*) per versarla sui ceppi delle piante. AS pese L’ebollizione dell’acqua avviene rapidamente, ed i recipienti essendo a doppio fondo la serbano a lungo soprariscaldata ; allora produce effetti micidiali sugli acari e sulle larve degli insetti. Fig. 29. — Recipiente per prendere l’acqua bollente, Fig. 28. — Caldaia. Fig. 292. — Lo stesso visto in sezione verticale. Fumigatori. Sono macchine destinate alla produzione di fumo e vapori più o meno letali per la vita degli animali. Essi possono es- sere a mano e con piede a terra. Questi ultimi si indicano anche col nome di fumegatori-caldani. I fumigatori a mano sono montati sopra ùna pertica di lunghezza diversa secondo le piante e le parti delle piante che st vogliono liberare. cSEggre I fumigatori-caldani poggiano sopra un piede di ferro, fisso o mobile, a barella, o a carretto, col quale l'apparecchio si può facilmente spostare da un luogo all’altro. Nei fumigatori si bruciano stracci solforati, o solfo, spuntature di sigari e | foglie di tabacco, o anche degli stracci di tela imbevuti i in una soluzione di salnitro ed estratto di tabacco. Affinchè la combustione di queste sostanze sia lenta e si protragga senza interruzione, quelle non sono a contatto di- retto col fuoco, dal quale sono separate da una rete o da una. lamina di ferro riscaldata inferiormente da Loi accesi 0 dalla fiamma di varie candele. i Un buon fumigatore inastato, a mano, da noi è quello Pe- trobelli di Padova. Fra quelli con piede a terra sono indicati i fumigatori Tis- sot, dei quali si ha una idea nelle figure 30 e 31. Fig. 50. — Fumigatore con piede a terra, ma da spostarsi a mano. D'altra parte un braciere, un grosso recipiente di terra cotta non mancano quasi mal; vi si adatti una specie di co- perchio, ad imbuto nel mezzo, perchè con l’aspirazione del- DIGI l’aria mantenga attiva la combustione, ed il caldano si trova | bello ed improvvisato. O La fig. 52 da l’idea poi di un fumigatore per estratto di tabacco. È il cosidetto tanatoforo Martre composto di un for- i nello di ferro (4) con tubo di rifiuto, per la circolazione del- l’aria; di una caldaia (C), pel sugo di tabacco; di un altro reci- = » = U{{9}O 2 Fig. 32. — Tanatoforo Martre. Fig. 81. — Fumigatore con piede a terra. piente (1°) con lo stesso sugo di tabacco; e di un tubo artico- lato (D) che serve a condurre il vapore velenoso nell'ambiente, che si vuol disinfettare. Solforatori. Col nome di solforatori o di solforatrici vanno nella pra- tica tutte le macchine adibite generalmente per l’applicazione dello zolfo sulle piante, e si indicano comunemente anche col nome di soffietti. Una solforatrice eccellente è per noi la Torpedine Vermorel, Le ARA fio. 33, che serve tanto per l’applicazione dello zolfo quanto | per l'applicazione della calce in polvere, da soli o con inset- ticidi. Annaffiatoi. Non si tien parola qui degli annaffiatoi ordinarî da giar-. diniere, per quanto siano utili anch'essi per la distribuzione | degli insetticidi nel terreno; ma si accenna agli annaffiatoi | ovali od a pera, per la disinfezione dei tronchi degli alberi e | degli arbusti; e agli altri inastati, automatici, con i quali si | possono far pervenire nei padiglioni e nelle tele sericee degli i insetti le soluzioni necessarie per distruggerli (fig. 34). UE Fig. 33. — Torpedine Vermorel. Fig. 34. — Annaffiatoio inastato. | Nella fig. 35 è indicato invece un annaffiatoio montato su | carretto, fornito di pompa aspirante e premente, e capace di | spandere circa 1000 a 4000 litri di acqua in un'ora. Questa. | botte-annaffiatoio può riuscire utile nella difesa dei prati e. | dei terreni provvisti di acqua nei quali le piante siano mo- | lestate da topi, o da insetti nascosti nel terreno. LEA Nei giardini specialmente poi, può servire anche una pompa semirotativa (fig. 36) montata su carretto, per coprir d’acqua ad un dato momento il terreno nudo nel quale vi siano ani- mali ed insetti da soffocare per sommersione. Questa stessa pompa inoltre può servire per distribuire l’acqua di calce per la distruzione dei lombrici rossi dei prati. Rig. 35. — Botte-annaffiatoio. Fig. 89. — Pompa semi rotativa. Polverizzatot. Sono compresi fra essi le siringhe da giardiniere (Siringhe Brou:llard) e le pompe a mano, a zaino, a barella ed a car- retto. La siringa Brouillard (fig. 37), a differenza delle altre ha getto finamente polverizzato, così che nessuna differenza esiste Fig. 30. — Siringa polverizzante Brouillard. fra essa e le migliori pompe per l’aspersione dei liquidi inset- ticidi. Bisogna limitarne l’uso però ai giardini soltanto. Fra le pompe per piccole piante da giardino, da campo e serra è notevole la pompa Del Taglia (fig. 38). Questa pompa ad aria compressa, non contiene più di litri || 4? di liquido ma è munita di cannula pulsante, e per que- sto riesce notevolmente economica nell’uso degli insetticidi. Ze i | Te Tie Fig. 38. — Pompetta da giardino Del Taglia). I n Per quanto piccola e più indicata pei giardinieri, può riu: scire utile anche nella difesa delle viti dagli insetti che ne compromettono i grappoli, come la Conchylis, lEudemis, e V Al- binia, e, per la distruzione degli afidi, che nel febbraio compa- riscono sulle gemme fiorifere del pesco. Fra le pompe più grandi, alcune sono a valvole di cuoio, come la Vermorel, che è molto buona per l’uso delle soluzioni saponose, ed altre ad aria compressa (sistema Del Taglia) colle quali si possono applicare anche gli altri insetticidi, perchè questi non vengono a contatto con le valvole di cuoio e quelle difficilmente si intasano. | Tutte d’altronde si possono dividere in due sezioni distinte, quella delle pompe ordinarie, e l’altra delle pompe a STANGO lavoro. Le pompe ordinarie od a piccolo lavoro possono servire egual- mente per l’uso degli insetticidi sulle piante erbacee e su quelle NI L, dr arbustive ed arboree. Una pompa del genere è indicata nella fig. 39, una irroratrice ad aria compressa, automatica, la quale è senza manubrio, senza diaframma, senza valvole a contatto ie" Fig. 39. — Irroratrice dell’avvenire (Del Taglia). del liquido, e per ciò bene adatta per combattere gli insetti nocivi agli alberi fruttiferi. . | Una pompa consimile della stessa Ditta Del Taglia è quella indicata nella fig. 40, rappresentante un albero al momento dell’applicazione dei liquidi insetticidi. L’operaio, come si vede, avendo tutte e due le mani libere può reggere meglio e più a lungo la canna di prolungamento con la lancia irrorante alla estremità. La canna di prolungamento, necessaria per arrivare da terra alle cime più alte della pianta, è formata di due o più pezzi di bambù, o di cannelli di latta verniciata, all’esterno, GOEp aree e di ottone all’interno, provvisti di raccordi a vite, che impe È discono l’uscita e la dispersione degli insetticidi (fig. 41). == Fig. 41. — Canne di prolun- Fig. 40. — Irroratrice automatica (Del Taglia). gamento. La lancia irrorante nella figura è curva perchè il getto avvenga a pioggia; ma in altri casi è necessario che quella abbia direzione contraria per proiettare anche contro la pa- gina inferiore delle foglie. Dalla fig. 42, d’altronde, che rilevo dal Vermorel, si vede come lo stesso si possa fare ed io ho più di una volta fatto anche con pompe e canne di prolungamento diverse. La gior- ZA ZE . nata di lavoro però è minore e l’operaio si stanca molto di più, dovendo lavorare al manubrio e sorreggere la canna, il peso della quale, quando è lunga, non si può sopportare senza successivi riposi. Fig. 42. — Pompa a zaino Vermorel. » Ad evitare questi inconvenienti si può ricorrere all’uso delle scale (fig. 43) le quali permettono di arrivare anche con le canne corte a colpire la parte alta delle piante. L’uso delle scale riesce utile anche per altre ragioni, delle. quali una è quella di molestar meno le piante erbacee, fra cui talvolta si lavora, e l’altra è di rendere più efficace l’asper- sione insetticida. Ma se ne può fare a meno, impiegando due Al operai invece di uno nel lavoro (fig. 44). In tal caso uno de- gli operai porta la pompa e l’altro sostiene la canna con la lancia irroratrice, la quale va unita alla pompa con un tratto di tubo libero così lungo da non impacciare gli opranti nel lavoro. (ill | Li \\\ BEE LU | N IÙ \\ ù \ SR GRIGI oi SÒ ÒÎS ÒÒ Fig. 43. — Operaio con pompa, salito sulla scala. Per conto mio, avendo praticato questo metodo di applica- zione degli insetticidi, devo osservare che la spesa è quasi doppia rispetto all'altra che si incontra con l’uso delle pompe. automatiche con un operaio solo; ed il danno sulle coltiva- zioni erbacee, fra le quali si lavora, è molto maggiore. Quanto ora alle pompe per grande lavoro esse si suddivi- PSI INR PINO i O) Ires dono a loro volta in tre altri gruppi: quello per la difesa | delle coltivazioni erbacee, quello per la difesa delle piante ar- bustive od arboree, ed il terzo per la difesa delle une e delle altre egualmente. Fig. 44. — Dei due operai, uno porta la pompa e l’altro sostiene la canna irrorante. Delle pompe a grande lavoro per la difesa delle piante er- bacee ne metto in vista due, tutte e due propugnate dal Ver- morel. La prima è quella a basto con lancia orizzontale (fig. 45), nella quale il liquido viene spruzzato da polverizzatori, le cul proiezioni liquide si espandono e si intersecano così da non lasciare erba non colpita nella zona bagnata. | La facilità di riempire ogni volta di liquido i serbatoi della pompa, senza toglierla dal dorso dell’animale, contribuisce al- STORE l'economia del lavoro, e contribuisce così che in poche ore una sola pompa basta a difendere un ettaro di terreno. i Fig. 45. — Irroratrice a basto (Vermorel). î ; L'apparecchio riesce utile d’altronde tanto dove le semine î si fanno a spaglio, quanto nei terreni seminati a righe; ed sl in quest’ultimo caso, grazie alla bontà del congegno, la pioggia È insetticida sì può opportunamente accentrare sui filari delle dl piante soltanto, mentre l’animale si fa passare per gli inter- filari. L'altra pompa è quella indicata nella fig. 46. Essa, come IATA Pen eni si intende, è a trazione a cavallo, con grande serbatoio della on capacità di 2 a tre ettolitri di liquido, rimescolato di continuo da un agitatore. Le lance per la distribuzione dell’ insetticida sono mobili. ei AE e anche qui con sei getti, così da colpire una striscia di piante | della larghezza di due metri circa. Di Le pompe a grande lavoro per arbusti e per alberi pos- sono essere a carretto ed a barella. sea vata Le pompe a barella sono così dette per l’apparecchio sul. quale poggiano e si trasportano; hanno una capacità di 50 a bi ito se 100 litri e riescono utili per la difesa delle piante in terreni mal sistemati e scoscesi. Fig. 46. — Pompa con trazione a cavallo. Le pompe a carretto sono naturalmente più costose, ma di più facile trasporto e perciò più utili allo scopo pel quale sono indicate. Una di esse è la Cascade del Vermorel (fig. 47), con serbatoio orizzontale su carretto a mano, ed una o due lance su canne di bambù; sicchè dei tre operai, mentre uno lavora alla pompa, gli altri sì possono occupare ciascuno per proprio conto della disinfezione delle piante. Da noi alla Cascade possiamo mettere di fronte la irrora- trice a grande lavoro Del Taglia (fig. 48) la quale munita delle lance indicate serve benissimo alla difesa degli Olivi, del Melo, del Ciliegio, del Susino, degli Agrumi e delle altre piante attaccate da larve di Lepidotteri, Tisanotteri, Coleot- teri, Imenotteri e Cocciniglie. La stessa pompa d’altronde è assai buona per la difesa contro le Cavallette, al quale uso è resa anche più efficace dai polverizzatori tripli di cui all’uopo è fornita. Di fronte alla Cascade del Vermorel e della Irroratrice der Del Taglia vi è poi quella americana, a trazione a cavallo, e con. carretti a scala, per i quali gli operai possono lavorare all’al-. tezza delle cime più alte delle piante, che si devono difendere. . csi Fig. 47. — Pompa a carretto la Cascade di Vermorel. SI Ss E inutile dire come queste pompe (fig. 49) segnino il i Pra massimo dei progressi della meccanica in fatto di entomolo-. gia agraria, poichè con esse riesce più spedita, meglio di retta e più efficace l'aspersione degli insetticidi contro 1 parte alta e bassa delle piante infette; e non è in quest soltanto che la libera America insegna in fatto di Entomo logia economica, giacchè le osservazioni biologiche sui varî. ordini di insetti si potrebbero prendere a modello da noi. | Meritano di essere ricordate infine le pompe a carretto e Li a barella del Néel, che hanno bisogno di migliori polverizza- i 3 i Vj Serie tori, di lunghe canne e dei necessari tubi di prolungamento, ‘senza i quali non si possono trarre da esse tutti gli utili voluti. Uto Tome: rr TREN I MTENAE IE Fig. 45. — Irroratrice a grande lavoro (Del Taglia). Accessorì indispensabili di tutte queste pompe sono le lance polverizzanti, le canne ed i tubi di allungamento e le scale a ee tre piedi, e le altre con carretto a leva, da pompieri o da mu- Fig. 49. — Pompa americana con scale a carretti. © (60 — ratori, in mancanza delle quali gli operai possono salire sul 34 . . Co | fusto e sulle grosse branche, per portare, col minimo disagio possibile, le soluzioni insetticide sulle parti alte della pianta. Pali ed aratri iniettori. Queste macchine servono per la distribuzione degli insetti cidi nel terreno. A questo scopo, come si è detto, possono ser- | vire anche dei semplici annaffiatoi: basta versare tutto andante! con essi, in solchi o in buche aperte, e ricoprire con terra, mano. a mano che il liquido vi è stato versato. Perchè il lavoro riesca più regolare, economico ed egual mente efficace però è meglio far uso degli istrumenti so- puaiooer il : Fig. 50. — Palo iniet- Fig. 51. — Aratro solfuratore Saturnin, tore Vermorel. pratica sono quelli sistema Gastin. Sono strumenti portatili, a mano, composti essenzialmente di un serbatoio cilindrico, Alli p SES terminato in un asse perforatore. Il serbatoio porta due ma- nubri orizzontali di sopra, per estrarre e conficcare il palo nel terreno, ed una pompa idraulica internamente (con lo stan- tuffo regolatore esterno), che serve a proiettare con la massima forza possibile il liquido, che dalla estremità del perforatore esce e si espande nel terreno. I carri solfuratori, detti anche inzettori a trazione, od aratri solfuratori servono per introdurre nel fondo di un solco con- tinuo una quantità determinata di un dato insetticida, sol furo di carbonio, per esempio, ed hanno sui pali il vantaggio ‘di un lavoro certamente più rapido ed economico se non egualmente possibile e più perfezionato. Di carri solfuratori ve ne sono diversi, ma qui basterà ri- ‘cordare quelli di Gastin, Vernette, Saturnin e Vermorel. L’aratro solfuratore Saturnin (fig. 51) ha una noria che attinge dal serbatoio a) e versa nel condotto che porta al ‘coltello il solfuro di carbonio. La noria è messa in moto da una catena 5) la quale, passando dalla ruota grande all’altra piccola del carro, trasmette a questa moltiplicato il movimento "di quella. Gli aratri Vernette (fig. 52) Gastin (fig. 53) invece della no- sE Un x = Fig. 52. — Aratro solfuratore Vernette. ria hanno una pompa fatta agire da un eccentrico che prende il movimento da quello delle ruote del carro. » (i A L’aratro Vermorel (fig. 54) ha su quelli precedenti il van: taggio di una costruzione più solida e di un funzionamento @ più regolare ed economico. Fig. 54. — Arato solfuratore Vermorei. IV. GI Ragioni per le quali dai mezzi di difesa non si hanno sempre gli effetti desiderati. La indicazione cosciente di un rimedio è il resultato reale di una serie ben ordinata di operazioni accertate sulla natura degli animali e delle piante, sul loro modo di vivere, e sui ALENIA i mezzi nei quali gli uni e le altre nelle loro evoluzioni diverse ‘ sl trovano. Anche una indicazione siffatta però non basta se, come ho detto, chi ne usa non ha pronte le notizie delle condizioni della difesa e la mano sicura così da non compromettere le spese delle operazioni ed evitare che l’azione di queste si ri- i solva a danno delle piante soltanto o col maggiore danno | per esse. Gli effetti ultimi della difesa, infatti, con gli inset- ticidi, con gli insettifughi, e con le sostanze velenose, in ge- nerale, variano in larga misura per diverse ragioni, delle quali alcune si riferiscono alla natura e alla preparazione delle | sostanze che si adoprano; altre dipendono dalla natura degli animali e delle piante che, con finalità diversa, ne devono su- bire l’azione; ed altre in fine si devono ricercare nella mag- giore o minore perfezione delle macchine con le quali si di- stribuiscono, nelle difficoltà che i mezzi nei quali si opera . frappongono alla buona riuscita delle operazioni, e nella pos- | sibilità che gli agenti esterni hanno di alterare le proporzioni prime nelle quali le sostanze furono adoperate. . Per la natura delle sostanze insetticide è risaputo, iu fatti, che l’azione loro sugli esseri viventi è conforme o corrispon- dente alla struttura molecolare di ciascuno, sicchè il bicloruro di mercurio, il doppio ioduro, e l’ossido dello stesso corpo ‘corrodono potentemente le mucose intestinali, mentre il calo- melano o protocloruro di mercurio le risparmia interamente; ‘a quella stessa guisa, d'altronde, che gli effetti dell’acqua ca- tramosa o petrolizzata diversificano, sulle piante e sugli ani- mali, dagli altri, sempre omogenei, riferibili all’uso dell’acqua nella quale il petrolio ed il catrame siano stati divisi e so- spesi per mezzo del sapone o di una pasta saponosa. . Quanto poi alle variazioni dipendenti dagli animali che si devono combattere ricordo, per esempio, che per il loro modo di essere, la difesa contro una infezione di topi campagnoli non si può svolgere in massima con gli stessi mezzi possibili con- tro una infezione di lumache, di millepiedi, di acari o di 2 — S0 — i iui È insetti, perchè mentre per i primi bisogna ricorrere all’azione dei veleni e dei microbi patogeni, contro le seconde bastano l’ossido e l’idrossido di calcio, e contro gli acari, i miriapodi e gli insetti le soluzioni dei migliori insetticidi a base fissa, volatile, o con una base e l’altra unite insieme, allo scopo di scacciare con una, e con tutte e due asfissiare con sicurezza maggiore gli animali perseguitati. E qui alla notizia della necessità di associare più sostanze nella preparazione di certi! insetticidi, bisogna unire l’altra del frazionamento e della rid petizione della difesa a dosi eguali, o graduali crescenti di in- setticidi, per comprendere nell’ azione utile della difesa ogni fase d’evoluzione, quella larvale, per esempio, o qualunque al tro stadio dell'insetto preso a perseguitare. Insisto su questoli rilievo, giacchè per averlo trascurato, più d’ uno è caduto nel- l'errore, d’altronde facilmente evitabile quando si pensi che. il medico, per liberare dalla febbre, prescrive l'uso ripetuto! del chinino, e che nessuno ha mai pensato che una presa sola | dovesse bastare, e non se ne dovesse prendere dell’altro, per arrivare allo scopo indicato. Un altro grave sproposito, di natura molto contagiosa, pure quello di coloro che, sognando ogni volta solfato di ramer| e peronospora, si atfannano a chiedere il rimedio, quando, peri o la natura ed il modo di procedere dell’infezione, questo rime- dio è un assurdo, che fa la coppia con l’altro relativo allati strana pretesa di combattere ogni sorta di animali nocivi con un solo preparato insetticida: l’ insetticida segreto, natural-4 mente, che a differenza dei molti nostri, ha la miracolos A virtù di penetrare, senza il menomo danno, nelle radici, nel fusto, nelle foglie, nei fiori e nei frutti, e di uccidervi imman- cabilmente tutti i bachi; a somiglianza di quei pasticci, che la miseria umana manda pel mondo con la promessa di gua: rire i calli, la tisi, la spinite, l’asma, i dolori di pancia, ed i cento altri malanni che affliggono l’umanità. | Per quel che riguarda la natura delle piante, che si voglionof difendere, ho altra volta largamente dimostrato che esse pre: MRI ; sentano una resistenza assai diversa agli insetticidi e che non sarebbe opera avveduta sottoporre allo stesso liquido, egual- mente concentrato, una pianta erbacea ed una pianta legnosa, e le parti verdi di questa come i rami ed il fusto. Una dif- ferenza notevole di resistenza agli insetticidi esiste, d’altronde, anche fra le stesse parti tenere, sicchè mentre le foglie, ad esempio, sopravvivono alle azioni della difesa, le parti fiorali ne possono rimanere danneggiate. Ma le differenze non sono fra foglie e fiori soltanto; esse si trovano anche fra le diverse foglie e 1 fiori, fra loro, anche sulla stessa pianta, giacchè di quelle, le prime e meglio spiegate resistono più delle altre ‘tenerissime ed in via di spiegamento; ed a parità di altre con- dizioni quelle coriacee, pruinose e simili, presentando una su- perficie più repulsiva agli insetticidi, se ne liberano più pre- sto, e ne patiscono meno l’azione, mentre le altre, meno pro- tette o più membranose, si alterano più facilmente al contatto di quelli. Dei fiori poi quelli pendenti, con fecondazione a porte chiuse, sono danneggiati meno degli altri eretti; e tutti, al momento della impollinazione e dell’allegamento dei frutti- cini sono più vulnerabili che nei momenti che seguono e pre- cedono di qualche giorno questa importante funzione. È inutile dire che tale resistenza, d’altronde, varia moltis- simo con la natura delle sostanze che si adoprano e che quelle di esse le quali meglio tendono alla reazione neutra siano in generale, quelle che risparmiano le piante, dipendentemente da un certo limite di diluzione, che per quanto si regoli, la soluzione tende sempre a concentrarsi. La concentrazione dei liquidi sulle piante intanto, oltre che dalla natura loro dipende dal grado di temperatura e dal movimento dell’ aria esistenti al momento delle operazioni; sicchè quanto più quella è elevata e questa è in moto, tanto più la concentrazione è pronta, e più accentuate sono le azioni e le reazioni, con gli effetti, che ne conseguono sulle piante. Quanto, in fine, agli ostacoli, che le piante stesse, talvolta, ed il terreno più specialmente frappongono al buon esito della 6 RI SO) difesa, basterà rilevare che la chioma troppo serrata dell’ ali bero è non trascurabile ostacolo al libero passaggio degli in- setticidi; a quella guisa che il terreno è spesso causa della irregolare diffusione degli agenti distruttori degli insetti, che | si trovano sulle radici, e degli effetti scadenti della difesa con- tro di essi. Per rimediare a questi inconvenienti occorre molta pru- denza da parte di coloro che si trovano ad immediato con- tatto con gli agricoltori, per non avviarli per una strada che non sia la migliore per essi e per la verità. Gli agricoltori d’altra parte faranno bene a non prendere per oro colato le indicazioni sulle quali assai spesso si diletta una parte della stampa agraria, la quale, fra gli altri pregi, ha quello di magnificare ad occhi chiusi le volate fantastiche della più ardita ‘speculazione, dalle reti della quale, ormai, si scampa appena, chiedendo, su qualunque rimedio raccoman- dato da essa, le opportune informazioni alle Stazioni ed ai Laboratorî competenti, alle Scuole, ai Comizî e alle Cattedre provinciali per l’ agricoltura, che con le prime istituzioni in- dicate hanno capporti diretti. Dove poi vi è chi può fare a meno dell’opera di tali isti- tuti, si tenti la via degli esperimenti, che è la migliore di tutte; e a questo riguardo, posto che si tratti di un liquido in- setticida sarà bene osservare le norme seguenti. Fai da una parte con questo liquido soluzioni all’1, al 2 e al 3 °|,, adoprando 10, 20, 30 cme. di esso per ogni litro d’acqua ed aspergi le soluzioni cosiffatte sui fiori, sulle foglie e sulle altre parti delle piante che si devono sottoporre poi alle operazioni della difesa. Opera con soluzioni sempre pre- parate di fresco in tre ore diverse del giorno: la mattina verso le otto, dalle dodici alle tredici e dalle sedici alle di- ciassette; adopra per ogni soluzione, ogni volta, il getto a spillo, quello a ventaglio e l’altro a nube; segna le parti delle piante in esperimento, e visitale per due o tre giorni di se- guito. La soluzione che in tali prove ha mostrato di essere N SI GITI innocua alle piante sarà quella della quale bisogna mettere a prova l’efficacia sugl’ insetti o sugli altri animali che si vo- gliono combattere. Prepara per tanto la soluzione occorrente e procedi a due altre serie di esperienze, da farsi, una, bagnando direttamente gli animali posti sul fondo piano di una scodella, o di un vetro, per vedere se muoiono.. Ripeti più volte l’ osservazione, cer- cando di bagnare per bene l’animale in esperimento, senza affogarlo nel liquido insetticida; e per questo fai uso di un contagocce o di una piccola siringa Brouillard, di un piccolo spruzzino, inclinando ogni volta il piano sul quale si trova ‘l’insetto di tanto quanto basta per far cadere il liquido ed ‘evitare l'inconveniente sopraindicato. Ove l’ insetto, invece di vivere scoperto, si trovasse natu- ralmente nascosto nei groviglioli delle foglie e dei fiori, od in altri ripari costruiti da esso, proietta il liquido contro questi nascondigli, tenendoli sospesi, ed osserva quel che ne resulta. In un caso e nell’altro, se la morte sopravviene, passa alla seconda serie di osservazioni, per vedere se gli stessi resultati hanno luogo sulle piante, e, nel caso affermativo procedi con mano sicura alla operazione in grande per la difesa di quelle. Questo per l’esame degli insetticidi. . Quanto all’altro degli insettifughi, scegli nell’ appezza- mento 10, 15, 20.... e più filari di piante fra le più infette; contrassegnane una sì ed una no, per ogni filare, ed applica le sostanze insettifughe, al momento voluto, secondo le norme prescritte dall’ inventore, per vedere poi se vi è differenza reale fra le piante lasciate per confronto e le altre. Se vera differenza non vi è, vuol dire che l’ efficacia delle sostanze proposte ed adoprate è negativa. STRATO V. Animali nocivi alle piante coltivate ed ai loro frutti nel campo e nei locali per la conservazione. da circa 420000 specie, divise attualmente in otto tipi, distinti (| con i nomi di Protozoi, Poriferi, Celenterati, Vermi, Echi | nodermi, Molluschi, Artropodi, Cordati. È Il tipo dei Protozoi forma un sottoregno a sè, composto . | di 6000 specie circa, e ch'io sappia, senza forme nocive alle | piante coltivate; mentre si sa che parecchie di esse vivono | parassite nel corpo degli animali, come l’ Amoeda coli, il Trid chomonas vaginalis, la Lamblia intestinalis dell’ Uomo e di | altri mammiferi; le Gregarine, i Coccidî, i Missosporidî con | la famosa pebrina del baco da seta (Glugea bombycts), i Sar-_ | cosporidi con i noti sarcocisti del maiale, del bue, della pecora. :! (Sarcocystis Miescheri); gli Emosporidi, ai quali appartengono | | il Plasmodium malariae e gli altri, che gli Anofeli trasportano dall'uomo ipfetto di malaria all'uomo sano. i Gli altri sette tipi del regno animale, a differenza dei Pro- | tozoi, che sono unicellulari, hanno il corpo formato di molte | cellule, e compongono insieme il sottoregno dei Metazoi. | A norma del modo col quale si trovano distribuite le di- | verse parti del corpo, i Metazoi si dividono in due sezioni dit stinte: Metazoi raggiati (Poriferi, Celenterati), e Metazoi bila- | terali (Vermi, Echinodermi, Molluschi, Artropodi, Cordati). | Fra i Metazoi a simmetria raggiata, o raggiati, i Poriferi, | corrispondenti alle diverse Spugne, ed i Celenterati, che hanno i 1 loro rappresentanti nell’Hydra, nella Medusa, nel Corallium, nella Madrepora, e simili, non hanno alcun rapporto con le | piante coltivate, come non ne hanno gli Echinodermi (Ricei o | Stelle di mare) fra i Metazoi a corpo bilaterale. Sicchè gli ani- | SI mali nocivi alle piante coltivate sono da ricercarsi nei Vermi, nei Molluschi, negli Artropodi e nei Cordati, e però in una fauna che non conta meno di 405000 specie. Malgrado la grande estensione che i cereali, le civaie, le altre piante erbacee e le numerose piante legnose hanno preso nel mondo, gli animali che vivono alle loro spese seno pochis- simi, e quasi spariscono, come numero di specie, rispetto alla cifra sopraindicata. Disgraziatamente però è così diffuso e tanto grande il loro potere profilico che in una vigna ed in un pomario solo, talvolta, sì possono trovare tanti individui della stessa specie da sorpassare di gran lunga tutti quelli delle altre sommati insieme; ed è però che nella ristrettezza del numero specifico, le immense e sempre crescenti infezioni ver- minose, altrove più che da noi; le legioni innumerevoli dei Molluschi, che rovinano i semi germinanti e i giovani ger- mogli delle piante; la schiera dei Crostacei, talvolta; quella straordinariamente numerosa degli Afidi, delle Cocciniglie, dei Tripsidi, delle Cavallette, dei Coleotteri, di alcuni Uccelli e dei Roditori, variamente, nei paesi diversi, in tempi differenti hanno richiamato quasi sempre su di essi l’attenzione della scienza e della pratica. La Bibbia e le opere svariate dei primi naturalisti dell'antichità greca e romana dicono assai chiaro, per quanto sommariamente, delle cause, per gli effetti almeno, al quali, anche allora, la irruzione di questi animali portava nei coltivati; e gli scrittori dell’evo medio collegano assai bene, con la ripetizione, le notizie tramandate dagli antichi ai fatti più recenti delle infezioni sopraindicate. Quello che non è mai stato a sufficienza spiegato, invece, è la ragione, assai com- plessa, per vero, del perchè le piante coltivate siano ora più largamente molestate che in passato. Anche recentemente si è parlato di selezione naturale alla quale l’uomo si oppone diutur- namente con tutti i mezzi che trova a sua disposizione, e si è detto che le piante coltivate sono più soggette alle infezioni che le piante spontanee; si è parlato dell’acclimazione, e si è rilevato che le condizioni mutate dell’ambiente possono portare CE SRO all’indebolimento della resistenza naturale delle piante ai ne- | mici loro; si è parlato del modo di riproduzione, e si è detto che quello per via sessuata agisce sfavorevolmente sulla resi. stenza dei vegetali, come la riproduzione agamica od ases-. suale, continuata, porta agli stessi resultati, e si è concluso che l’insieme di tutte queste cause predispongono le piante agli effetti sopraindicati. Per me questa predisposizione è tutta. nel rapporto delle affinità biologiche che esistono fra certe piante e certi animali, e che, naturalmente. per esse appunto, tutto ciò che altera il modo di vivere ed il numero delle une, al-4 tera il modo di essere ed il numero degli altri, e viceversa. | Ora, come negli animali, anche nelle piante, gli individui. delle poche specie coltivate, superando, per numero, quelli W delle specie spontanee, affini, in una certa località, gli estremi. biologici dei rappresentanti del mondo vivente si toccano, ed ii | avviene di norma così che ad ogni dispersione di piante cor-| || risponde una dispersione di animali, e all’agglomeramento di | quelle corrisponde la moltiplicazione e l’agglomeramento fatale || di questi. Non c’è bisogno di dire che degli animali nocivi alcuni i vivono a spese di una sola specie di pianta, o di più specie | dello stesso genere insieme, e che altri si nutrono di piante | di famiglie e di ordini anco diversi; dirò invece che per laf- finità naturale esistente fra una pianta e l’altra, e per quella | dei rapporti che passano fra esse e gli animali che sostengono, | questi, nei paesi diversi, possono trovarsi sopra tutte o sopra | alcune di esse solamente e però quasi sempre in grado di sfug- gire alla morte, passando dalla prima nutrice, distrutta, alle. seconde, o alle affini, prima non messe in vista e ricordate. | Come ora l’uomo favorisca talvolta, in modo inconsape- | vole, la introduzione, e si presti alla diffusione degli animali. ! nocivi nelle sue piante quasi non importerebbe il dire se i. | danni deplorati non fossero spesso l’effetto naturale di fatti, che promossi a scopo di bene, ma che praticati senza la pre- | veggenza necessaria, sono le cause proprie dei danni sopravve-. TE ERI nuti. L’atterramento dei boschi, la distruzione dei pascoli e dei,prati-pascoli, per sostituirli con una coltivazione stimata più rimunerativa; la bonifica e la riduzione a terreni arabili dei terreni paludosi prosciugati; la riduzione della forma estensiva a quella intensiva delle coltivazioni; la soppressione, o la introduzione affrettata di nuove piante o di nuove pra- tiche, senza riguardo alle infezioni che quelle traggono con sè, son tutte cose che dànno occasione ad un tempo ed au- mentano apparentemente la moltiplicazione naturale degli ani- mali nocivi, che non di rado poi diventano disastrosi alla vec- chia coltivazione e alla nuova. Ed è per ciò che, trattando della difesa delle piante e degli animali domestici, in generale, mi sono indugiato sulla necessità di certe conoscenze, senza delle quali, la formola: Sesenza, previdenza, azione, che subordina il fare al prevedere e al sapere (a cui tutto fa capo) sarà sem- pre un'utopia. SEZIONE I. Osservazioni generali sui Vermi e su quelli specialmente nocivi alle piante coltivate. I Distomi, le Tenie, le Trichine, le Filarie, le Arenicole, 1 Lombrichi, e le Sanguisughe, fra gli altri, danno un’idea abbastanza chiara del tipo di questi animali, che sono sim- metrici, a simmetria bilaterale, più o meno allungati, non seg- mentati, o annulati, ma con anelli simili, senza appendici articolate. Il corpo dei vermi è molle, piuttosto lucido e muccoso alla superficie, con una parte tergale, ed una parte ventrale per la quale il corpo aderisce al terreno su cui muove e sulla quale si trovano l'apertura orale e l’orificio sessuale. Degli organi dei sensi, nei Vermi, quelli della vista e del- l'udito sono assai rudimentali; gli altri mal definiti, e gli or- gani del tatto uniti a delle setole speciali, setole tattili, e nei SERIA vermi liberi uniti a delle appendici tentacoliformi, cervicali, | dette cirri. La nutrizione ha luogo per ingestione, e nelle forme man- canti di sistema circolatorio, per endosmosi. ; La respirazione è per lo più cutanea, raramente è bran- chiale. La riproduzione è sessuale, o agama, e lo sviluppo è di- retto, per quanto molti vermi presentino una metamorfosi con i una fase larvale caratterizzata dalla presenza di una o più co-_ rone di ciglia preorali. I vermi vivono nei mezzi umidi, alcuni come parassiti interni, entozoi, o alla superficie del corpo degli animali, esozoi; altri come parassiti delle piante; ed altri in fine con vita libera nella terra, nel fango e nell’acqua dolce, o salata. Per la forma con la quale si presentano i vermi si possono ancora praticamente dividere in due grandi gruppi (1): vermi annulati o Anellidi (Lombrichi, Arenicole, Sanguisughe), e | vermi non annulati o vermi propriamente detti, che si suddi- | vidono in vermi a corpo piatto o Platelminti (Distomi, Tenie, e simili), e vermi a corpo cilindrico, o Nematelminti, (Trichina, Filaria, Gordii, ecc.). I Nematelminti si dividono negli ordini degli Acantocefali, a forma di tubo, con proboscide protrattile munita di uncini, e senz’apertura orale ed anale; e Nematodi che non hanno proboscide, ma son forniti di apertura orale e tubo digerente bene sviluppato. I Nematodi sono d'altronde sprovvisti di ogni sorta di ap- pendici esterne del corpo e comprendono diverse famiglie di | vermi, come Ascaridi, Filaridi, Gordiidi, ed Anguillulidi, ma | di esse quest’ ultima soltanto ha forme nocive alle piante col- tivate. (1) Una classificazione forse più acconcia nella scienza è quella del prof. Emery | che ognuno, occorrendo, può consultare nel suo Compendio di Zoologia pubblicato nel 1899. ) LOAERSTO LA Fam. Anguillulidae. Gli Anguillulidi sono piccoli Nematodi cilindrici della lun- ghezza media di due a tre millimetri, posteriormente più assot- tigliati, cou canali laterali spesso sostituiti da ghiandole ven- trali, e non sempre provvisti di ghiandole caudali. Le anguillule nocive alle piante coltivate fanno parte di due generi distinti: T'ylenchus ed Heterodera. ° Gen. T'ylenchus Bast. I Tylenchus hanno maschi e femmine anguilluliformi, con un piccolo stiletto nella cavità boccale tritubercolato alla base, e l'apertura sessuale femminile situata nella metà posteriore del corpo. Le uova vengono depositate fuori del corpo della femmina. Tylenchus scandens Schneider. (Angquillula del Grano e della Segale). Al pari delle specie congeneri quella del grano (Triticum sativum) e della Segale (Secale cereale) ha gli individui dei due sessi ben distinti. Le femmine (tig. 1) sono lunghe da 2,5 a 5 mm. circa, larghe da 0,15 a mm. 0,25, per lo più ravvolte a spira, con l’apertura sessuale da 0,3 a 0,5 mm. dall’estremo posteriore del corpo. Il maschio è quasi metà più piccolo della femmina, ma è appuntito perfino più dei giovani alla estre- | mità, e con l’integumento del corpo finamente striato. Le forme giovani (fig. 2) lunghe mm. 0,8 a 0,9 e larghe mm. 0,012 a 0,015, sono agilissime, lisce e della forma del maschio, ma con la estremità caudale più sottile, spuntata e senza traccia di or- gani genitali. L’anguillula del grano vive successivamente nel culmo e nelle foglie, negli organi fiorali e nei semi abortiti della pianta; è per ciò che, seminando granelli infetti, questi assorbono acqua DI Mg Fig. 1. — T. scandens adulto: 4, verme a grandezza naturale; B, lo stesso molto in- grandito; a, estremità anteriore; d, estremità posteriore; è, c, e, f, organi ses- suali (Davaine). " Fig. 2. Fig. 3. î T scandens, ingranditi. — Fig. 3, Sezione longitudinale di un culmo di frumento mostrante le stesse forme del nematode (Davaine). ri ic “aus venuti attivi, forano quella parete, e attraverso il terreno, b; vanno in cerca delle piante nutrici, di fresco nate, per sta- SI bilirvi la loro dimora. Non trovandone, dopo sei mesi circa di ; stazione nel terreno, quasi tutti morirebbero. Guadagnate in- îi vece le piante nutrici ne pungono il colletto con lo stilo, vid penetrano e vi passano l'inverno senza subirvi mutamenti sen- | | CT Aato infiorescenza, ancora nascosta tra le foglie, ne invadono le gem- mule fiorali. Queste, sotto l’azione del verme, invece di una bella cariosside, danno un aborto di frutto, una specie di galla (fi- gura 5, 5a, 50), che per la somiglianza col frutto dell’ Agro- stemma githago, o Nielle, si ebbe dai francesi il nome di grano niellé. 6 4 5a Fig. 4. — Spica di frumento attaccata dal nematode mostrante qualche cariosside abortita. — Fig. 5, 5a, 50, cariossidi del grano abortite per effetto del nematode. — Fig. 6. Sezione di una cariosside mostrante le forme giovani del verme. — Fig. 7. Cariosside sana, per confronto, ingrandita. Mentre le piante sono ancora verdi, i vermi contenuti nelle cariossidi in via di alterazione od abortite, raggiungono lo sviluppo completo, si accoppiano e depongono nel chicco stesso le uova, che danno alla luce le nuove forme larvali. Avvenuta la deposizione delle uova intanto, e nati i nuovi vermiciattoli, le madri muoiono poco per volta e restano disseccate fra essi. Con la maturazione delle spiche, poi, i granelli perdono acqua e si disseccano, ed i giovani vermi passano allo stato latente, nel quale restano fino a quando, dal magazzino, dove furono portati, fanno ritorno al campo col grano destinato per la se- pero ras mina. Ma anche senza di questo ritorno, la infezione sì trova. sempre nel campo a causa delle spiche e dei semi lasciativi al | momento del raccolto, e dai quali con la caduta abbondante ‘| delle pioggie i nematodi escono ricoverandosi sui Bromwus e È i sulle altre piante spontanee, che le cattive lavorazioni del suolo || lasciano vivere nei terreni coltivati. È O La specie, fortunatamente, ancora rara da noi, è altrove | piuttosto diffusa e reca danni spesso sensibili alle piante, le | quali restano basse, stremenzite, con le prime foglie gialle, i grinzose, gli steli torti nei nodi, le spiche misere e smunte, || leggiere e dritte, ed i granelli alterati, di forma globulare, | brunastri, con la parte farinosa interna totalmente, o quasi, | sostituita dalle giovani forme del verme, ed affatto incapaci | a riprodurre la pianta madre. Per limitare la diffusione di questo verme i coltivatori dei campi infetti devono possibilmente: II 1.° evitare di rimettere lo stesso terreno a grano od a segale, per togliere alla infezione il modo di allargarsi e deci- | mare i raccolti. © 2.° eliminare dalla granella destinata per la semina i chic- chi infetti o sospetti d’infezione, togliendo quelli che, immer- || gendo il grano o la segale nell’acqua, restano galleggianti alla | superficie, e mettendo gli altri, al momento della semina, per | venti minuti circa, in una soluzione formata con 1 Kg. di acido ; solforico del commercio in 150 litri d’acqua. O 3.° sradicare i cespi delle piante infette, che si trovano | ancora nel campo e distruggerli, gettandoli in una fossa con calce viva che si spenge, versandovi dell’acqua. Ove però nella Ù primavera si vedesse che le piante attaccate dal verme fos- sero tante da rendere impossibile la scelta senza diradare la |’ maggior parte del seminato, sarà buona pratica lavorare fino i alla profondità di 40 cm. circa il terreno degli appezzamenti | infetti, sovesciarvi il grano, per impedire alle anguillule il CERO 4.° anticipare di qualche giorno la mietitura, per impe- dire la naturale dispersione del seme infetto e dell’altro, che, nascendo, servirebbe ad alimentare la infezione ed a mante- nerla fino alla semina del nuovo anno. Per la stessa ragione bisogna far di tutto per nori lasciare spiche sul terreno, al momento della mietitura, e scarificarlo per incendiare subito le stoppie infette. Ove questo lavoro di abbruciamento non fosse possibile sarà buona pratica lavorare profondamente il terreno con l’aratro e passarvi gli estirpa- tori, per seppellirvi le spiche sfuggite alla raccolta, e distrug- gere le graminacee spontanee sulle quali le anguillule potreb- bero ricoverarsi nell’anno seguente. ‘ Tylenchus devastator Kihn, Ritz. Bos. (Anguillula dello stelo e delle foglie dellOrzo, della Segale, dell’Avena, della Canapa, delle Patate, delle Cipolle, del Lupino, dell’Erba medica, del Trifoglio, delle Fave e dei Piselli). Questo verme ha maschi (fig. 8) e femmine (fig. 9) diafani, trasparenti, con la estremità anteriore del corpo ottusa, ar- rotondata o quasi, e quella posteriore bruscamente assottigliata ed alquanto incurvata nei maschi, e nelle femmine gradata- mente più sottile e dritta, con l’apertura sessuale, in quelli, di- scosta dall’apice. per !/.; ad !/, ed in queste, per !/, a "|i della lunghezza del corpo, che nelle femmine al meno varia da °|, di millimetro a mm. 1*/, per una larghezza di mm. 0,02 a 0,04. I maschi sono sempre più piccoli delle femmine. La specie passa buona parte della sua vita presso la super- ficie del terreno, nel quale spesso sverna e resta più di un anno allo stato latente, quando per una causa qualunque si dissecca, e rivive non appena il mezzo umido lo permette. Al- lora si fa strada lentamente nel terreno e si porta alla base delle piante, le punge con lo stilo e poco per volta arrivata nel parenchima midollare vi resta a dimora. Quivi pungendo e succhiando, il tessuto spesso si ipertrofizza, marcisce e muore. PE © e le femmine fecondate, risalendo lo stelo vanno quasi tutte G a deporre le uova nella parte periferica dell’ apice di quello, | dei picciuoli e della nervatura mediana delle foglie, dalle quali P e con esse gli embrioni passano nel terreno, e dànno i nuovi i giovani vermi che, presto o tardi, vanno a molestare gli altri vegetali coltivati. Fig. 8. — Maschio della T. devastutor con uovo molto ingrandito nel mezzo. — Fig. 9, estremità anteriore e posteriore della femmina e l’ embrione del nematode an- | cora nell’ uovo (da R. B.). è Le piante preferite del nematode sono quelle indicate; ma | ve ne sono ancora altre, come il Polygonum fagopyrum ed il | P. convolvulus, il Dipsacus fullonum ed il D. silvestris, 1 Antho- ) canthum odoratum, l’Holcus lanatus e la Poa annua, la Plan- | tago lanceolata, la Myosotis stricta, il Sonchus oleraceus, la Centaurea jacea, il Geranium molle, il Ranunculus acris, la Capsella bursa pastoris, la Spergula arvensis, etc., sulle quali | la specie ripara e dalle quali, in dati momenti, passa e si dif- | fonde sulle piante coltivate. o OO Di queste intanto, l’ orzo, la segala e l’avena, invasi dal verme ingialliscono sollecitamente, hanno lo stelo corto, tume- fatto o necrosato, le foglie attorcigliate con i margini ondu- lati (fig. 10), e tutta la pianta, stenta ed attrappita, poco per volta, spesso, deperisce e muore. i LE SES Fig. 10. — Spiga e foglia di graminacea colpita dalla 7. devastator (da R. B.). La Canapa, alla quale furono volte le interessanti osserva- zioni del Prof. Aducco e dell’assistente C. Neppi, della Cattedra ambulante di Ferrara, sotto gli attacchi del nematode ingrossa sensibilmente, la parte degli steli infetta s'incappuccia, ed il fenomeno si conosce ora nella pratica col nome d’incappuccia- mento della canapa. Al pari delle graminacee e della canapa, queste anguillule alterano le altre piante indicate, fra le quali le cipolle e le affini ingrossano sensibilmente nelle squame (fig. 11), e quasi sempre vanno a male. . Quanto alle cause che ne favoriscono la diffusione, l’ab- bandono delle parti delle piante infette sul terreno, il succe- dersi delle piante preferite dal verme, i lavori poco profondi, le ripetute piogge primaverili-estive, e la continuata fre- schezza del terreno, sono certo fra esse. Il caldo eccessivo in certi momenti, potrebbe riuscire nocivo all’anguillula, ed il momento critico potrebbe essere quello nel quale gli embrioni e n | ani lasciano le piante per interrarsi, e vengono fuori quelli pali attaccare le piante; ma non bisogna dimenticare che l’ ab- bassamento della temperatura di notte e la caduta della ru- giada bastano da soli a liberarne molti, mentre non vi è caldo che esista il quale possa danneggiarli nel corpo delle piante 11 i; 13 Fig. 11, 12, 13. — Piantina di cipolla, sezione trasversa di squame, e foglia di Zrida- cea attaccate dal nematode (da R. B.). ; viventi e nei terreni ricoperti di vegetazione. Tutto al più, la diminuzione dell’ umidità del terreno si ripercuote sulla consi-. stenza e la compattezza dei tessuti, i quali quando non sono teneri ed acquosi, rallentano lo sviluppo del verme e permet- tono alle piante la ripresa, con la quale talvolta si salvano, e ciò tanto più facilmente, quanto migliori sono le condi- zioni generali di vita nelle quali le piante si trovano. Da ciò discende naturale il suggerimento delle concimazioni pri- maverili per attenuare, per quanto è possibile, il male che ne , viene alle piante e al coltivatore. Aiutano anche le lavorazioni , superficiali; ma nè queste, nè le concimazioni tolgono di mezzo | il verme, il quale, se non è direttamente molestato, continua a | oggone ‘restare nelle piante e passa nel terreno a minacciare la nuova coltivazione. D'altra parte, poi, siccome questi sono dei mezzi che valgono molto poco quando la infezione è grave, neces- sità vuole che si ricorra all’uso di quelli che meglio riescono ad attraversare, fino a rendere impossibile l’esistenza del verme nei coltivati. Il mezzo più facile è la raccolta e la distruzione delle piante infette, fatta quando in esse è radunata la maggior parte delle anguillule. La distruzione delle piante estirpate si fa in una fossa, stratificandovi successivamente le erbe e l’ossido di calce per bagnare poi con acqua, come si è detto per l’ anguillula del grano. Chi comprende che le piante infette sono quasi sempre nel numero delle perdute, non può mostrarsi riottoso va questa pratica, gli effetti benefici della quale si ripercuotono sulla coltivazione presente e su quelle avvenire. Dove questo diradamento artificiale difensivo non fosse più possibile per la quantità delle piante attaccate, sarà utile se- guire gli insegnamenti dati per la difesa del grano, distrug- gendo tutto accuratamente, ed occupare il terreno con una col- tura estiva. La distruzione parziale o totale delle piante negli appez- zamenti infetti, fatta a dovere, non lascia preoccupazioni per le coltivazioni successive; diversamente: bisogna scegliere e colti- vare le piante risparmiate dal nematode. Fra queste il gran- turco è una delle preferibili. Il grano sembra che altrove sia meno rispettato, essendovi chi osserva che non è risparmiato dal verme; ma da noi come ben dicono l’Aducco ed il Neppi, esso è sempre preferibile all’ Orzo, alla Segala ed all’Avena, che sono più largamente colpiti dalla infezione. Assicura il fatto che nel Ferrarese, e nelle altre parti d’Italia dove pure si lamentano i danni sulla Canapa, nessuno ha dato ancora notizia della infezione nei seminati di grano. Per i nematodi del genere Heterodera, il Kiihn ed altri con- sigliano l’uso delle piante-esca, le piante cioè più frequentate dal nematode, e per conseguenza quelle stesse, fra le altre, che ©, { CI 98 — 2 devono essere difese: sicchè se lo stesso sistema si dovesse applicare contro le TyZenchus, per difendere l’Orzo, questo si dovrebbe seminare due volte, la prima per attrarre sulle pic-. cole piante i nematodi e distruggerle, e la seconda per averne il prodotto. Ma a mio modo di vedere il primo espediente in. dicato mi sembra più facile e meno dispendioso. Riescono utili anche i lavori profondi indicati contro lal specie precedente; ma non ritengo egualmente economici gli insetticidi, ai quali bisogna ricorrere soltanto nei casi più gravi e quando si è vista la inanità degli altri procedimenti: indicati. Allora più che le acque ammoniacali del gas e le so-È luzioni dei solfocarbonati calcici e potassici, alla dose del 15 al 20°], nell'acqua, il solfuro di carbonio puro è meglio indi- | cabile ed indicato. Il trattamento al solfuro potrà anche sortire | della efficacia voluta qualora s’incendî l’insetticida subito dopo 5) la iniezione nel terreno; ma in un modo o nell'altro la quan sl tità che ne occorre è di 300 a 350 cm. c. di liquido per me- tro quadro di terreno. Completano la difesa la vigilanza continua e l'espresso d vieto del passaggio degli uomini e degli animali dai luoghi | infetti a quelli immuni, e la proibizione dell’uso dei concimi | pagliosi e dei residui delle piante infette, come concimi, nelle | località colpite dalle infezioni verminose ed in quelle limitrofe 1 Nel caso speciale delle patate e delle cipolle, poi, la più ele-. mentare prudenza vuole che si raccolgano accuratamente le. | piante deperite, per distruggervi i nematodi, mentre per una indolenza mai abbastanza rimproverata, l'agricoltore porta al À magazzino i tuberi ed 1 bulbi sani, e lascia i guasti sul ter- | reno, senza pensare che proviene da quelli la reinvasione nel | nuovo anno. 3 I trifogliai ed i prati di erba medica colpiti dal verme bi- | sogna disfarli lavorandoli nei punti infetti, poi si riseminano, | e le piante estirpate con le altre sane d’intorno si distrug-. | gono nel modo altrove indicato. | Le cattive erbe infine vanno estirpate, e perseguitate per MR — 99 — tutto, sia per i materiali, che prendono dal terreno, a danno delle piante economiche, sia per le infezioni che di continuo ricettano e che da esse passano su queste. Gen. Heterodera Schmidt. In questo genere i maschi sono anguilluliformi, come nei Tylenchus, mentre che le femmine si ingrossano e prendono la forma ovale, col capo e la estremità posteriore quasi indi- stinti. La deposizione delle uova ha luogo in una capsula dalla quale i vermi escono mano a mano che nascono. Heterodera Schaehtii Schmidt. (Anguillula delle Barbabietole, dei Cavoli, delle Rape e dei Navoni). La coltivazione delle barbabietole da zucchero e da forag- gio non è ancora molto diffusa e per quanto si vada estendendo largamente anche da noi, ancora non ha sofferto danni a causa di questo nematode. La specie però è assai bene in vista per i suoi malefizî sulle piante, in Germania ed in Francia, dove fu scoperta suc- cessivamente nel 1859 e nel 1882, e sarà difficile che non si _ mostri da noi. In ogni modo le sue forme giovani (fig. 15) ed i maschi, come si è detto parlando dei caratteri del genere, sono anguil- luliformi; le femmine mano a mano che crescono, invece di restare sottili, si ingrossano poco per volta e si riducono della forma di una vescicola biancastra, lunga mm. 0,8 a mm. 1,8 (fio. 16), spalmata di una sostanza gelatinosa, che trattiene facilmente la terra e ne forma un piccolissimo strato sul corpo dell’animale. Il rigonfiamento successivo del corpo del nematode è do- vuto alla quantità straordinaria delle uova; uova dalle quali escono i figli vivi, che cadono nel terreno e vi si nascondono per cercare le radici della pianta nutrice. Appena le pungono — 100 — e vi penetrano, restano sotto l’epidermide, dove si accoppiano | o crescono. Ma, crescendo, l’epidermide compromessa si rompe e gli animali, incapaci allora di lasciare il loro posto, restano allo scoperto e si vedono, anche ad occhio nudo, come tanti granelli ovali sulle radici capillari infette della pianta (fig. 14). Fig. 14. — Radice attaccata dall’ H. Scachtii. — Fig. 15. Nematode giovane. — Fig. 16. Femmina adulta. Le radici delle piante attaccate da questa Heterodera non si.ipertrofiano, ma di luglio e di agosto mostrano i punti in- fetti tumefatti e poi necrosati; le foglie perdono poco per volta il colore naturale, ingialliscono, coprendosi di macchie prima rossastre poi brune, ed intristiscono; e quando la infezione è molto grave, quelle più esterne muoiono, il colletto marcisce e muoieno anche le piccole foglie centrali, che di norma per- sistono. La morte del fogliame adulto, nell’ estate, intanto, provoca la emissione di altre lamine foliari, la pianta finisce di impoverirsi ed il corpo della radice, rammollito, annerisce e muore; e quando resta, Girard ha visto che perde da un terzo ai tre quarti dello zucchero che contiene. ar Preti ila iza ion pali È P Ò nia pià II mai i IE sth — 101 — Dalle osservazioni di Kiihn intanto si rileva che se la pianta nutrice muore quando il verme è già fissato e non può più emigrare, la perdita del nematode è inevitabile; ciò che naturalmente porta alla possibilità di eliminare l’anguil- lula col mezzo delle piante-esca o piante di agguato, facendole morire una ventina di giorni prima di raccoglierle, per distrug- gerle insieme alla infezione che contengono. Ma anche senza di questo, Kiihn stesso ha dimostrato che coltivando cavoli e navoni dall’ aprile all’ agosto, e raccogliendo in tre volte di seguito le piante infette, sradicandole senza scuoterle e senza lasciar radici nel terreno, si ottengono resultati molto soddisfa- centi contro il nematode. Nei campi sperimentali dell'Istituto agronomico dell’Università di Halle, infatti, dove nel 1879 si raccolsero 13,700 Kg. per ettaro di radici, nel 1881, dopo la coltivazione delle piante di agguato, la produzione fu di 37,000 Kg. per ettaro, con una differenza in più di 23,000 Kg. Una particella contigua di terreno immune dal nematode dava 88,000 Kg. di radici per ettaro, e per ciò 1000 Kg. appena più di quello ricordato per il campicello infetto, difeso con le | piante di agguato. Girard, però, più che a questo metodo, consiglia di ricor- rere all’uso del solfuro di carbonio, che limiterei agli appez- zamenti infetti, incendiandolo nel terreno, come ho detto per la T. devastator, per compromettere verme e piante, e disin- fettare il terreno dagli altri che vi potrebbero essere caduti. L'operazione andrebbe fatta quando i vermi già fissati spor- gono dalla superficie delle radici, iniettando il solfuro alla base di quelle, per essere più certi degli effetti desiderati. Heterodera radicicola Greeff. (Anguillula delle radici del Nocciuolo, della Vite, della Medica, della Lupinella, del Trifoglio, della Lattuga, del Radicchio e della Carota). La femmina di questo nematode, allo stato adulto, ha la forma di una vera bottiglia del diametro di mm. 0,5 a 0,75, =“ a SE di color bruno o bruno rossastro e col corpo ripieno di un | numero considerevole di uova allungate, simmetriche o leg-. giermente incurvate, ottuse alle estremità. In queste uova, | lunghe un decimo e larghe un ventesimo di millimetro circa, 4 sì vedono distintamente, per trasparenza, gli embrioni ripie-. gati su sè stessi. i È | Le viti americane attaccate dalle forme di questo nematode | presentano sulle radici rigonfiamenti diversi, secondo che si trovano sul rami in formazione o su quelli di un anno. Sui | rami di un anno i tubercoli sono più rari, comprendono al solito tutta la sezione del ramo e sono pisiformi od ovali. è Sulle viti europee non ho avuto occasione di simili rilievi, | avendo trovato l’anguillula nelle formazioni tenere soltanto e quasi sempre trasformate da quella in tanti cecidî oblunghi | e fusiformi. Tagliando questi rigonfiamenti si vedono diverse _ lacune scavate nel parenchima corticale, circondate di elementi giallo-brunastri, nelle quali si trovano spesso degli embrioni già formati e non ancora usciti dall’ uovo. Nelle leguminose i rigonfiamenti sono talvolta più grossi. che nella vite nostrale, e spesso della grandezza di un grosso pisello. Nella Barbabietola uguagliano fino a superare quelli RETRO delle viti americane; nel Tabacco sono relativamente più pie- coli; nella Petonciana, nel Pomodoro e nelle Zueche si agglo- i merano così da nascondere completamente gli assi trasformati delle radici, come si può vedere dalle fig. 17, 18 e 19. Nel 9 Nocciuolo quelli da me osservati sono più piccoli degli altri ricordati per le piante precedenti. Di Quanto al danno che questo verme fa alle piante, esso varia con la intensità degli attacchi e la natura delle coltiva- zioni, fra le quali quelle arbustive resistono meglio di quelle erbacee; ma le une e le altre infine possono soccombere sotto l’azione del nematode. (24 I nocciuoleti dell’Avellinese attaccati dall’Heterodera sono | I da più anni improduttivi. | Per la vite, le infezioni di Alano, illustrate dal Saccardo e. — 103 — i dal Bellati riuscirono letali alle piante, che deperirono fino a morire, e le nuove piantate furono distrutte al pari delle | precedenti. Distrutta la prima vigna, il verme passò con gli | stessi effetti sopra un’altra e parve che gli bastassero da tre “a quattro anni per produrvi il deperimento e la morte soprain- dicati. Danni simili, ma molto più diffusi si ebbero una quindi- cina di anni or sono nel Portogallo, d’onde il Sig. Moraes rifériva ai professori sopra lodati che le viti attaccate dal- languillula hanno le foglie gialle, i rami stenti, le radici | marcite o putrefatte, e formano nell’ insieme quella macchia | che i tecnici indicano col nome di focolare d’infezione. In America, quattro a cinque anni or sono, si lamentavano deperimenti notevoli nei vigneti di S. Juan, attribuiti sul posto alla Fillossera; ma nel fatto gli studî praticati da noi misero in vista che erano prodotti dal nematode sopraindicato. Non si sa che in Italia si siano presi provvedimenti contro la diffusione dell’anguillula, che non è stata combattuta nel Portogallo, e nemmeno nell'America; non dico sulle piante le- guminose, e sulle altre coltivazioni erbacee, dalle quali l’agri- coltore ha sempre tempo di ricavare l'utile desiderato; ma sul Nocciuolo e sulla vite, per la difesa dei quali l’uso delle piante di agguato può riuscire di vantaggio incontestabile, col- tivandole fra gli interfilari, o intorno al piede delle piante infette, secondo che queste sono prossime, o discoste fra loro. In un caso e nell’altro, la lattuga, il trifoglio, il sanofieno e le altre piante nutrici possono essere egualmente buone, ma meglio dovrebbero riuscire quelle che con le radici, approfon- dandosi maggiormente, possono adescare e trattenere tanto i vermi che sono verso la superficie, quanto gli altri che sì tro- vano più profondi nel terreno. Il momento migliore per distruggere le piante-esca ed i | vermi che contengono è quello nel quale questi vi si trovano raccolti in buon numero: ciò che si vede esaminando attenta- mente le radici diverse volte di seguito, ed assicurandosi che — 104 — non siano state abbandonate. Avendo ciò bene accertato sil, procede alla falciatura della parte delle piante fuori terra, per fienificarla o darla fresca al bestiame, e poi si lavora il ter- reno per estrarne le radici infette e distruggerle con la calce. Per purgare più che è possibile il terreno dalle anguillule e sottrarre dall'azione nociva di esse le radici del Nocciuolo. e della vite, bisogna ripetere la coltivazione intercalare delle piante-esca, traendo partito dalle pioggie oppurtune di estate e_ uiliniaioni 7 di autunno, le quali risvegliano l’attività del nematode, ove. si fosse assopito, e permettono il germogliamento dei semi e. lo sviluppo necessario delle piante sulle quali si cerca di at-. sol nat cenni tirarlo. Anche se una parte considerevole delle radici infette re- stasse ogni volta nel terreno, molti dei vermi che contengono andrebbero a male ugualmente in queste operazioni, perchè. una volta cominciato l’incistamento non possono più muoversi per passare sulle piante vive, e non potendo d’altra parte tro- vare il nutrimento necessario nei pezzi delle radici morte, sono. necessariamente costretti a perire. Altra causa di distruzione allora può essere il calore, il quale, come Kiihn ha visto per. l’Heterodera Schachtii, impedisce lo sviluppo del verme quando supera. i 25° C., ed a 35° lo uccide anche se quello trovasi 4 allo stato giovane. E questa deve essere la ragione per la i quale nei terreni poco umidi ed asciutti le viti e le altre sl piante sono meno molestate delle altre coltivate in terreno profondo e fresco. È In qualunque modo, mentre sì pratica l’uso delle piante-esca, per rafforzare ed impedire il deperimento e la mancanza del QI prodotto dei nocciuoli e delle viti infette bisogna concimare il terreno con stallatico unito ad una certa quantità di ce- i] nere e di calce incatramata, per attivare l'assorbimento delle radici ed ostacolare indirettamente la vita dei nematodi. hi Tutto questo bene applicato dovrebbe senz’altro bastare per i) liberare il nocciuoleto ed il vigneto dalla infezione verminosa. Ma se per incuria o per altro le piante mostrassero di deperire x N. Rel, R. St. entom. Firenze DO aa È n A ir rs3oa Fig. 17. Radice di Tabacco. — Fig. 18. Radice di Zucca. 2 Fig. 19. Radice di Pomodoro deformate dall’ IZeterodera radicicola. F I — 105 — e non vi fosse da tardare più oltre per la salute dei vegetali, bisogna somministrare solfuro di carbonio puro od emulsio- nato, o soluzioni di solfocarbonati col 15 al 20 °/, di materia attiva nel terreno occupato dalle radici, ed il concime neces- sario, più tardi perchè le piante possano rifornirsi di capillizio radicale più abbondante, per resistere alla infezione. L’ appli- cazione del solfuro o dei solfocarbonati si farà quando le an- guillule hanno lasciato le radici per ricoverarsi nel terreno. Quanto ora alle piante narcotiche, a quelle ortensi, e agli ortaggi di grande coltura, questi, per quanto inavvertiti e trascurati, soffrono danni non meno considerevoli di quelli in- .dicati per la vite. Le deformazioni e le neoformazioni patolo- giche addensatesi sulle radici delle petonciane, dei pomidori, delle zucche, indicate nelle figure 17, 18 e 19, a chi comprende dicono assai chiaro della somma straordinaria di materiali plastici perduti per la fruttificazione e per la produzione fo- liacea. Per quelli della pratica, che ad un tale danno non cre- dono, se non vedono morire la pianta, dirò che il reddito delle coltivazioni così infette è di uno a cinque decimi del normale, e che nella peggiore ipotesi, quando l’annata ed altre circostanze riescono favorevoli alla infezione, la perdita può essere anche maggiore. Fortunatamente, come ho detto, queste piante sono più fa- cili a difendersi, o quanto meno, aiutandole mentre vegetano con lavori ripetuti e appropriate concimazioni si può risen- tire meno grave il danno sul raccolto pendente, e distruggendo le piante prima che da esse ne siano uscite le anguillule, al momento del raccolto o poco dopo di quello, si può salvaguar- dare quasi per intero il prodotto del nuovo anno. Quando sono state raccolte le foglie del tabacco, i frutti del pomidoro e della melanzana, per esempio, perchè si devono lasciare mo- rire sul posto le piante infette e dare ai vermi il tempo di cadere nel terreno e nuocere alle coltivazioni successive ? — AME ANELLIDI. Alla classe degli Anellidi appartengono i tre gruppi dei Chetopodi, dei Gefirei, che sono privi di segmentazione esterna, e degli Uredinei, ai quali appartengono le sanguisughe. A noi. interessa il gruppo dei Chetopodi e di questi 1’ ordine degli. Oligocheti, sprovvisti di armatura faringea, di falsi piedi rudi-. mentali o parapodi, di tentacoli, di cirri e di branchie. Agli. Oligocheti appartengono i Terricoli con la famiglia dei Lom: È bricidi. Fam. Lombricidae. parte varî generi dei Li uno è interessante per noi ed è. il genere Lumbricus. i Ù Gen. Lumbricus Linne. Le specie di questo genere hanno il prostomio che divide completamente l’anello boccale dal lobo cefalico, lo sbocco dei vasi deferenti nel quindicesimo anello, e le setole appaiate in | numero di quattro per anello. i Lumbricus terrestris L. (Verme dei campi e dei prati). Questo verme di terra (fig. 20) è di color bigio-carnicino più o meno intenso, allungato, assottigliato in avanti con lai bocca alla estremità di una proboscide; una specie di cintura I formata di più anelli quasi nel mezzo del corpo, dietro gli rie orifizi genitali, e quattro serie di corte setole appaiate, una per parte sui lati, e due nella faccia ventrale degli anelli. Fig. 20. — Lumbricus terrestris L. «La specie, come le congeneri, è a respirazione cutanea, er- mafrodita, e l'accoppiamento reciproco, che ha luogo la notte, di aprile, alla superficie del suolo, è seguito dalla deposizione di piccole uova, molte delle quali non fecondate, entro pic- cole capsule coriacee. Da queste capsule però non escono che uno o pochi embrioni con grande bocca ciliata, i quali oltre ‘alla massa di albumina comune, utilizzano prima il vitello delle uova non fecondate, e poi si mettono in cerca del nu. trimento necessario per vivere. A questo scopo, di giorno scavano lunghi e tortuosi cunicoli, ingoiano volta a volta una quantità considerevole di terra con detriti vegetali, radicelle, foglie secche o semi disseccati; utilizzano allo stesso modo il cadavere dei loro simili e degli altri animali che trovano, e la notte si portano alla superficie del suolo, espellono dal ‘corpo le sostanze terrose umificate, sotto forma di cordoni va- ricosi, brunastri, e ridiscendono nei cunicoli che essi chiudono volta a volta per impedire che altri vi entri. Mentre conti- nuano a percorrere in tutti i versi il terreno arabile, alla pri- _mavera succede l’estate che con la siccità e l'eccessivo calore li allontana dalla superficie del terreno, alla quale compari- scono con le prime piogge autunnali, riparando sotto le fo- glie. Quivi hanno luogo gli accoppiamenti e la deposizione delle uova da cui derivano nuovi embrioni, che si comportano 103 — si approfondano nel terreno e vi restano fino all’approssimarsi della primavera seguente. Dopo le geniali ed interessanti osservazioni del Darwin su questi animali, nessuno può revocare in dubbio la 0] piani ed in quelle grasse o leggiere dei prati, dei giardini degli orti, dove trovano più da mangiare, e si rendono nocivi più che per le radicelle, che, in mancanza d’altro, guastano incontrandole, per il fatto che, la terra con la quale vengono a contatto e digeriscono non aderisce più convenientemente alle radici, le quali restano come isolate, e le piante talvolta in- tristiscono e muoiono. La faina, il riccio, il corvo, la gallina, il tordo, lo storno, la talpa, la lucertola, e la grillotalpa perseguitano a morte il lombrico, del quale gli animali ultimi ricordati mangiano per fino le uova. i Le ordinarie lavorazioni del terreno poi ne distruggono pa- recchi. L'umidità e l’acqua eccessiva li scacciano, come l’ecces- | sivo calore li costringe ad internarsi profondamente nel terreno. | Ma quando riescono nocivi, per averne pronta ragione bisogna | ricorrere all’uso dell’acqua di calce, a contatto della quale, per la sua causticità naturale, si contraggono, vengono fuori terra, se possono, e muoiono. L'operazione, occorrendo, va fatta verso i primi di aprile o nel settembre, prima della de- posizione delle uova, o dopo la nascita dei nuovi vermi. In un momento o nell'altro però, dove i terreni sono irrigui si mette la calce in una fossa e si fa passare lentamente su di essa l’acqua, che deve servire ad avvelenarli. Nei terreni asciutti l'operazione si fa quando piove, mettendo la calce nei i solchi, e l’acqua di calce che si forma non mancherà di pro-, durre gli effetti desiderati. — 109 — Lumbricus rubellus Hoffm. (Verme rosso dei prati). Questa specie (fig. 21) si compone di forme di 95 a 150 ‘anelli, più corte, con clitello sui 26, 27 — 81, 32° anelli, la cin- tura meno distinta e anche per il colore assai diversa dalla precedente, al pari della quale d’altronde si comporta e si "combatte. {LICH 3 Fig. 21. — Lumbricus rubellus: a, parte anteriore del corpo; b, clitello. Ha richiamato l’attenzione contro di essa da noi, nel 1386, il Comizio agrario di Pinerolo, il quale, visto che ostacolava gravemente la coltivazione delle piante foraggere nei prati, i mise al prezzo di L. 500 la scoperta del mezzo migliore per distrugg gerla. Il premio fu vinto dal Sig. Don Giuseppe Lasa- «gno, il quale, mescolando sei quintali di calce viva con 26 Kg. di panello di Ricino e 13 Kg. di panello di Noce, mostrò che con tale miscuglio per ogni ettaro, ciascuno po ottenere l’effetto desiderato. . L'aggiunta dei panelli sopraindicati alla calce non è inu- ‘tile, puichè quelli servono come fertilizzanti; ma come vermicidi se ne può fare a meno, e anche come fertilizzanti possono essere sostituiti con orine e bottino fresco e secco, che sono più alla mano e meno dispendiosi. Lt see a — 110 — SEZIONE II. Dei Molluschi in generale e più specialmente di quelli nocivi alle piante coltivate. Molluschi ricco di oltre 50,000 specie viventi. I Molluschi hanno corpo molle, non articolato, a simmetria sul Jati, nei quali sboccano l’ano, i ac e .. organi sessuali; ed un apparato di protezione, che qualche volta manca, e che ricopre la faccia dorsale del sacco viscerale e del mantello. ì; L'apparato di protezione è una lorica formata di otto pia stre chitinose impregnate di calcare, come nei Chitonidi; o una conchiglia vera, univalve o bivalve, formata essenzialmente di materia minerale, e come la lorica, d’altronde, originata dalle secrezioni di una ghiandola impari, dorsale, detta ghiandola della conchiglia. Ù Il capo si continua senza divisione col corpo ed è fornito quasi sempre di tentacoli, dei quali, quando sono quattro, il paio inferiore, più corto, serve come organo di tatto, e quello, superiore porta gli occhi alla estremità. La bocca è compresa in una massa muscolare presso i tentacoli inferiori, detti per questo anche tentacoli labiali, ed è armata nella sua superficie interna, di molte serie di piccoli denti, radula, portate da una sporgenza detta lingua. i | x La Il piede del corpo è una suola variamente evoluta, e più o meno contrattile, che serve ai movimenti di sopuzio Nel piede di alcuni molluschi (Gasteropodi) vi è chi distingue. — 11 —- | tre regioni, una anteriore, propodium, una mediana, mesopo- i | dium, ed una posteriore, metapodium. In ogni modo esso è for- nito di un gran numero di cellule ghiandolari che insieme firmano le ghiandole antero-pedali, laterali, sopra-pedali, etc. | Il mantello è rappresentato dall’ispessimento scutiforme della pelle che è sul piede, e che, con l’ingrandimento della | piegatura marginale cutanea, arriva talvolta fino ad avvolgere l’intero animale. I molluschi si dividono in cinque classi distinte, ma di esse una soltanto ha interesse per nol ed è quella dei Gasteropodi, per le forme di essa, che danneggiano le piante agrarie. È I gasteropodi fitofagi capaci di portar danni nei coltivati appartengono a due famiglie dell'ordine dei pulmonati geofili: i Limacidi e gli Elicidi. Fam. Limacidae. I limacidi hanno la mandibola liscia, la radula a denti di tipo quadrato ed i campi laterali di essa con denti molto allungati. I generi da considerare nella famiglia sono i seguenti. - Gen. Agriolimax Mòrch. Le specie del genere presentano il dente centrale della ra- - dula con tre ed i denti dei campi mediani con due aculei; i il mantello con strie circolari concentriche, posteriormente arrotondato od appena subangolato; e la estremità posteriore i della suola per breve tratto carenata. Agriolimax agrestis L. (Lumaca volgare dei campi). Questa specie ha corpo allungato, rugoso, con rughe arro- ‘tondate; mantello piuttosto grande, posteriormente arr otondato, — 112 — con strie concentriche; apertura polmonare arrotondata, chiara, nella metà posteriore del mantello; collo solcato per lungo nei lati; tentacoli oculiferi allungati, quasi cilindrici col globo oculare piccolo; estremità posteriore del corpo ristretta ed ap-. d Pi macchiato di nero, con una linea più scura sull’apertura pol- | monare, il capo ed il collo bruno-rossastri o nerastri, e la suola costantemente pallida, grigio-diafana nel mezzo. Lunghezza Fig. 22. — Agriolimax agrestis L. a corpo disteso ed a sviluppo completo. Le uova (fig. 23) sono globulari e bianche, di diametro variabile fra i mm. 1,75 ai mm. 2,25 e più, secondo che pro- | vengono da madri cresciute negli orti e nei campi irrigui, e | nei prati o nei campi asciutti. 23 DI 5 TH D4 ua Fig. 23. — Uova di Limax agrestis, di grandezza diversa. Fig. 24. — Giovani molluschi appena usciti dalle uova. I giovani appena nati sono di color bruniccio con riflesso | color cioccolato. La nascita di questi molluschi da noi ha luogo ai primi di | aprile; crescono di maggio e di giugno, e dal mese di luglio in | poi operano la deposizione delle uova, che si trovano a piccoli — 113 — mucchi nel terreno. Se le condizioni del terreno e del clima però non sono favorevoli, delle lumache mentre alcune depon- gono le uova, le altre si approfondano nel terreno ed aspettano le prime pioggie autunnali per nutrirsi bene e provvedere me- glio alla conservazione della specie. Di primavera, di estate e di autunno, le lumache lasciano i loro nascondigli e si recano sulle piante quando gli operai verso sera si ritirano dal lavoro, per nascondersi di nuovo quando quelli la mattina seguente riprendono le loro occu- pazioni. L’uscita dal terreno però non è contemporanea, ma si può contare che la massima parte dei molluschi si trovi sulle piante ed in giro dopo due o tre ore, la sera, dal momento indicato. È Le erbe più tenere e succolenti sono il pasto preferito di questi animali, i quali restano assai volentieri su di esse quando la coltivazione è più fitta e li nasconde maggiormente. La quantità di uova che questi molluschi depongono nel terreno varia notevolmente da luogo a luogo, da una genera- zione all'altra, e da individuo ad individuo nella specie, con un minimo di un centinaio circa a più di 700; ciò che parla assai chiaro della loro straordinaria potenza prolifica e della facilità con la quale, da una stagione all’altra, si possono ren- dere molto nocivi nei coltivati. Le piante più colpite dalla specie, nei campi, sono quelle di grano, segale, fave, piselli, fagiuoli, trifoglio, medica, ta- bacco, barbabietole, cavoli, ed altre piante ortensi ed ortaggi di grande coltura, con un danno che varia da pianta a pianta, e da una specie di coltivazione all’altra, ma che nei semenzai | Tiesce assai più gravoso che negli impianti definitivi. È singolare il modo di procedere di questi molluschi nei seminati a grano, nel qual caso gli animali aspettano che i semi abbiano assorbito l’acqua necessaria per germinare e poi ne fanno una ricerca spietata, li intaccano da un lato e li Vuotano quasi completamente. Spesso il momento della semina 8 — 114 — varsi da quest'opera di distruzione lenta e continua, muoiono I seminati restano per tal modo quasi sempre diradati (dirada» e si devono ripetere più d’una volta le semine. I luoghi umidi e verdeggianti per prati ed altre. coltiva | nella primavera e nell'autunno, ne ostacolano lo sviluppo e la | diffusione. Alla limitazione delle lumache concorre anche l’azione di varî predatori, come la Talpa, la Grillotalpa, le larve. e gli adulti di varî Carabidi, degli Stafilinidi e della Lanio noctiluca fra i Malacodermidi; ma quelle finiscono sempre per. prevalere e ‘riescono nuovamente dannose ai coltivati. Per combatterle ho visto che riesce efficacissima e quanto | mai altro economica la calce in polvere (ossido di calcio) e| l’idrossido di calcio, in polvere e allo stato di acqua di calce, alla dose del 2%, (1). ; : La calce migliore è quella bianca. Quella grigia è nni ss: ci meno efficace. 5; Servono, ma in quantità molto più considerevole, il gess in polvere ed il carbonato di calcio, che si trova nelle strade va +93: rotabili. > La calce e le altre sostanze polverolente si adoprano co i solforatori, e l’acqua di calce con le antiche pompe da Pe- e ronospora, o con le pompe automatiche ad aria compressa a suo luogo figurate e descritte. - î (1) Vedasi &. DeL Guercio. Nuove relazioni della Regia Stazione di Entomologi agraria di Firenze, n. 2, pag. 251. — 115 — I momenti migliori della difesa coincidono con quelli della nascita delle lumache, nella primavera e nell’ autunno, operando la sera, quando esse sono uscite dal terreno e dagli altri ripari. Quest’ avvertenza è di importanza pecu- liare facendo uso dell’acqua di calce. Usando delle polveri, lo spargimento può essere fatto anche prima che i mollu- schi escano; ma converrà di operare quando essi sono usciti per colpire quelli che si trovano fuori e gli altri che sono per uscire o usciranno più tardi. Nella primavera, quando il tempo è umido o piovoso si può operare efficacemente an- che la mattina presto, quando ho visto in gran numero le lumache sui fagiuoli. La spesa varia col tempo nel quale si opera, la natura, lo stato presente della coltivazione e la estensione presa dai molluschi; ma, per i materiali al meno, si può calcolare sul valore di 4a 5 quintali di calce in polvere, o di una trentina di chili della stessa sostanza, per ettara, adoprandola nel- l’acqua. Le operazioni vanno ripetute soltanto dove se ne vede il bisogno. Gen. Limax. Il dente centrale della radula ha un solo aculeo, gli acu- lei sono aguzzi, il centro delle strie del mantello è quasi sul mezzo (non vicinissimo all'apertura respiratoria, come nelle Agriolimax) e le strie stesse, a differenza del genere prece- dente, tagliano simmetricamente il contorno posteriore del «mantello ai due lati della punta. Limax maximus L. (Lumacone cinereo dei campi e degli orti). Il corpo della specie è di color cenerino o giallo pallido, col mantello posteriormente curviforme, maculato di nero ed il resto del dorso zonato o punteggiato dello stesso colore. — 116 — Gli adulti sono lunghi da 12 a 18 cent., quando sono distesi, e larghi da cent. 1], a 2. Le forme giovani sono sbiancate, e le uova grosse sferoidali sono riunite in catena per le estre- mità polari, o ammucchiate, col diametro maggiore di 0.05 & 0.07 cm., e cm. 0.04 a 0.05 nel diametro minore. cinereus, etc., e spesso si trova diffusa quanto e più del. l’Agriolimax agrestis, con la quale le sue forme giovani l pratica agraria confonde. Le differenze biologiche sono poco rilevanti dal punto di | vista della pratica ed i mezzi di difesa sono quelli stessi in- dicati per l’Agriolimax sopradescritta, senza dire che per l’una e per l’altra d’altronde vi è la raccolta diretta degli anima che talvolta potrebbe convenire se non più, almeno quan gli altri mezzi di difesa a suo luogo ricordati. Tralascio di ricordare l’uso delle tavole unte di sugn delle scorze di melloni o di zucca, e degli altri espedienti del. genere, i quali malgrado gli strombazzamenti di certi giornali | di orticoltura, sono fatti a posta per far perdere il toana î le piante che si vogliono difendere. a i VE Tse nei è nina desta Fam. Arionidae. I rappresentanti di questa famiglia sqno intermediarî di i Limacidi surriferiti e gli Elicidi seguenti. Hanno il corpo. — 110 — | simile a quello delle lumache, ma se ne distinguono per la mandibula a coste perpendicolari, non liscia, e per i campi laterali della radula a denti non molto allungati, come negli Elicidi, senz’ avere, come questi, la chiocciola per rinchiu- dervisi. Gen. Arion Fér. Le specie del genere hanno l’apertura polmonare anteriore e al disopra dell’apertura genitale, ed un poro muccoso alla | estremità posteriore del corpo. Arion hortensis Férussac. (Ariîonide dei giardini). È una specie ad individui lunghi quattro centimetri circa, e di color grigio cenere o flavescente, col dorso ed il mantello finamente granulosi, infoscati, ed i fianchi zonati di nerastro. I tentacoli sono nerastri, ed il margine della suola fosco-lineato. Fig. 26. — Arion hortensis. Quest’ arionide non ha la importanza delle lumache prece- denti, ma si unisce ad esse ai danni delle piante, e al pari di quelle si comporta e si combatte. Fam. Helicidae R. Il corpo delle elici è limaciforme, coperto da una conchi- glia conica, a spira, nella quale l’animale si ritrae, e nella quale sta il sacco viscerale di quello, rilevato a spira sul dorso. Dei tentacoli i due oculari sono più lunghi, ed i due inferiori più corti. La radula è formata di serie trasversali, rettilinee, di denti, con i denti centrali e laterali della stessa grandezza. — 113 — Gen. Helix L. La conchiglia è destrogira, solida, globulosa o conoidea, al spira breve (specie indigene), e tanto grande, quanto basta. i per contenere l’animale. Helix pomatia Linné. (Chiocciolone degli orti e deî campi, Martinaccio, Vignarola, o Martinaccio di montagna). Come dalla figura 28, la conchiglia della specie è ordinaria-. mente solida e bruna, con 4 a 5 giri destrorsi, con l’apertur dell'ultimo giro ampia, più spesso semilunare; il margine del | l'apertura (peristoma) ingrossato, e l’epifragma calcareo. i Fig. 27. — Helix pomatia L. Fig. 28. Conchiglia veduta in posizione diversa. hi N L'animale è lungo fino ad 8 centimetri su 2 circa di lar | ghezza, con rilievi giallognoli separati da linee scure, e gra» | nulatura grossolana dalla parte anteriore del corpo. (I dò | — 119 — Negli animali appena nati il guscio è bianco-verdognolo e delicatissimo. i Le uova sono globulari, bianche tendenti al verdognolo, con un diametro di 6 millimetri. La specie cambia molto nelle dimensioni, nella forma, nel colore e nella scultura secondo i luoghi nei quali si trova, e nella stessa località come nei boschi, nei campi, nelle vigne e nei giardini della parte superiore della penisola, più special- mente, ed in altre parti d’Italia. Anche il suo modo di vivere varia molto perchè di essa si trovano continuamente, nell’estate e nell'autunno in specie, uova nel terreno, individui appena nati sulle fragole, sui fagiuoli, sui cavoli, sulle fave, sul tabacco, ecc., e forme evolute che nella primavera specialmente, divorano, radici, rizomi, tuberi, bulbi, nel terreno; steli, foglie, fiori e frutti, quando ne trovano, fuori di quello. L’accoppiamento in questi animali è reciproco, perchè si fecondano a vicenda; scavano una buca nella terra fresca od umida e vi depongono le uova ammucchiate, in numero di un centinaio circa, dalle quali in una ventina di giorni ven- gono fuori i giovani molluschi, che svernano con le forme più evolute e le uova e compariscono assai più voraci sulle piante nel nuovo anno. Le uova sono deposte alla profondità di4a 5 centimetri, nel terreno; ma non è facile rinvenirle per distruggerle, per- chè il più delle volte gli accoppiamenti e le deposizioni hanno luogo lungo le siepi dei campi, lungo le strade, e nei cigli dei fossi. Meglio è prendere di mira i molluschi già nati, molestan- doli fino a distruggerli con impolverature, o con aspersioni di acqua di calce, la notte, mentre escono dagli abituali ri- ‘pari ai danni delle piante. Il momento più opportuno per questa difesa è quello che segue immediatamente la caduta della pioggia, perchè al- LI loro, quando il cielo è coperto, escono anche di giorno. Ove — 120 — vicini. Questo riesce sommamente utile per la difesa dei semenè zai e dei letti caldi, dopo la difesa diretta a distruggervi. molluschi esistenti, ed impedire che gli altri vi entrino. voluti è perchè o non è stata continuata, o non è stata estes nelle proporzioni necessarie, al terreni coltivati ed incolti che circondano le piante molestate. E un mezzo di difesa che talvolta può convenire di preferenza, perchè con esso, mentre si assi cura la pace voluta per le piante, si ottiene una provvista di | alimento non disprezzabile, giacchè i Martinacci o Chioccio- 1 loni hanno carne assai buona a mangiare. | Helix pisana Miill., (Chiocciola marina). È i 7 | L’ animale di quest’ elice è lungo circa 5 centimetri per un centimetro circa di larghezza, ottuso e rossastro in avanti. Esso è di sopra grigio giallognolo; posteriormente ristretto al punta e giallo, e disotto volgente al rossastro. | Fig. 29. — Helix pisana (guscio). L'animale è chiuso, e porta una conchiglia globulosa di, 5 a sei giri convessi, striata nel senso di quelli, e con fasce | brune nella stessa direzione, ora intere e confluenti, ora inter: | rotte e distinte, quando non mancano affatto e la conchiglia I — 21 — resta allora col suo solito fondo giallastro, più o meno colo- rito. Il diametro della conchiglia varia dai 12 ai 25 millim., e l'altezza dai 15 ai 20. E meno lenta nei movimenti e più irritabile della specie precedente, e l’ ho trovata assai numerosa in Sicilia e nel continente; tanto numerosa talvolta da formare delle vere agglomerazioni di venti a cinquanta e più individui sulle foglie delle piante, che rose da esse si trovano ridotte alle nerva- ture più grosse o alla costola soltanto. Le foglie meno maltrattate presentano erosioni di entità diversa, circolari od ovali, intorno alle quali, d’altronde, come pure sulle parti legnose della pianta le chiocciole restano at- taccate più tardi, durante la bella stagione. Le coltivazioni più molestate sono naturalmente quelle più prossime ai folti siepali, o a terreni incolti meglio capaci di ospitare la specie. . Per combatterla sono buoni i mezzi indicati per il Mar- tinaccio comune, al pari del quale ha carne mangiabile, per quanto meno abbondante. Perciò la raccolta può riuscire anche qui doppiamente proficua. Non bisogna adoprare l’animale come alimento però, senza lasciarlo per qualche tempo a digiuno, perchè si sbarazzi con gli escrementi dei residui delle so- stanze venefiche che può aver raccolto nell’intestino, man- giando sulle piante narcotiche o altrimenti velenose. Helix nemoralis Linn. (Chiocciola livrea). L'animale è lungo da 4 a 5 centim. per 8 millim. di lar- ghezza; è ristretto ma arrotondato davanti, e di dietro è atte- nuato gradatamente, per quanto ottuso alla estremità. Il co- lore è bruno-nerastro, marginato di bruno pallido; ma può es- sere anche pallido, e perfino giallastro. La conchiglia varia anch'essa, ma è globulosa, molto con- vessa di sopra, e di sotto con strie longitudinali finissime, CEN 9 ineguali. Il fondo è giallo con cinque fasce brune, strette, tre. o DOGE Fig. 80. — Helix nemoralis, gusci, con tre uova nel mezzo. Le uova sono sferoidali, col diametro maggiore di 3 e quello minore di 2 millim. e mezzo. Esse d’altronde sono bian castre, ques Sparone è La deposizione delle uova ha luogo per la massima parte . ° . ° .. Sa dal mese di maggio al mese di novembre; il tempo che im: ; piegano a dare alla luce i nuovi molluschi è di una quindicina di giorni, e l'accrescimento completo ha luogo nei primi mesi : dell’anno successivo. I E mangiabile come la specie precedente, al pari della quale | si comporta e si combatte. SEZIONE III Considerazioni sugli Artropodi in generale e su quelli in particolare, Che nuocciono alle piante coltivate. Gli animali di questo tipo hanno il corpo formato di tanti. anelli od articoli distinti, diversi fra loro, forniti di appen- dici articolate pari, che servono come organi di locomozione, col tegumento esterno trasformato in uno scheletro più o meno rigido, di natura chitinosa, il quale dà appoggio inter: namente ad una massa muscolare robustissima, per la quale | la locomozione e le altre funzioni delle diverse parti del corpo possono essere adempiute meglio di quello che ha luogo nei — 123 — vermi e nei molluschi. La chitina è una sostanza albuminoide, che incrostata o no con carbonato di calcio, proviene dall’ispes- simento della membrana esterna delle cellule esodermiche, e, mentre costituisce uno dei caratteri differenziali, più salienti, della organizzazione delle forme di questo tipo, rende in esse necessaria l’articolazione dei segmenti, per muoversi, e l’asso- ciazione degli elementi muscolari in muscoli individualizzati, determina la scomparsa delle ciglia vibratili e la presenza di appendici articolate, dalle quali il tipo stesso degli animali prende nome, ed implica la necessità di mute e metamorfosi per l'accrescimento voluto. Il corpo degli Artropodi ha gli anelli raggruppati in tre Tegioni non sempre distinte: capo, torace, ed addome. Il capo porta diverse paia di appendici delle quali una o due davanti alla bocca, dette antennule ed antenne, e due in- torno ad essa dette mandibule e mascelle. Presso la bocca, e dalla parte posteriore di essa si trovano talvolta anche altre appendici dette zampe-mascelle, ma queste e le zampe ambu- latorie, o zampe propriamente dette, fanno parte del torace. Il capo ed il torace possono essere uniti insieme e formano la regione cefalo-toracica, a quella guisa che il torace può ‘essere unito all'addome e formare con esso la regione foraczco- addominale. L’ addome fa seguito al torace, a differenza del quale è sprovvisto di appendici; quando poi ne ha, esse sono diverse da quelle delle regioni precedenti, o quanto meno compiono una funzione affatto differente, giacchè se talvolta concor- rono alla locomozione, servono pure per la respirazione, per la copula ed anche a portare ed a nascondere le uova nei mezzi destinati a nutrire i nuovi nascituri. In ogni modo l'addome si compone di anelli ben distinti, formanti una re- gione intera; ma talvolta può presentarsi anche diviso, come negli Scorpioni, ed allora la parte anteriore, più larga, si chiama preaddome, e postaddome l’ altra, che è più gracile e mobile. — 124 — o sopra di essa. ® I primi respirano per mezzo di espansioni esterne dell’in- tegumento del corpo e delle appendici dette branchie, e for- ANTROPODI BRANCHIATI. Classi CRUSTACEKA. Fig. 31. — Figura di un Crostaceo mostrante: A, capo — BC. corpo — DE, coda E, pezzo terminale — I, antennule — 77, antenne — ZII, mandibule — IV, V; p mo e secondo mascellare — VI, piedipalpi o mascellipedi — VII, secondo mase i lipede — VII a XIII, piedi o pteropodi — P,, P., P., zampe addominali o pleo= podi — U,, U,, U,, uropodi. — Z, piede: 1, cora — 2, basipodite — 3, ischipodite — 4, meropodite — 5, carpopodite — 6, propodite — 7, unghia — 1” branchia — l" camera incubatrice. Agli artropodi acquatici o branchiati appartengono i Cro- stacei, che hanno i loro rappresentanti nei Gamberi, negl Astaci dei fiumi, nelle Squille, ed affini, nei quali l’involuc ee ‘esterno è fortemente incrostato di calcare. In questi artro- | podi il capo ha due paia di antenne, un paio di mandibule e ‘due paia di mascelle; ed il torace presenta dei mascellipedi ai i quali per solito fanno seguito numerose paia di zampe, che talvolta si trovano anche sull’addome. La respirazione nei crostacei meno evoluti, come nei Co- pepodi, è cutanea; negli altri è localizzata in determinate re- gioni del corpo in connessione più o meno diretta con le ap- ‘pendici: superficie interna dello scudo, negli Ostracodi e nei ‘ Cirripedi, zampe toraciche e zampe addominali nei Fillopodi, negli Isopodi, e nei Decapodi, che hanno vere branchie. Degli organi sensori quelli del tatto, del gusto e dell’odo- rato sono rappresentati da peli o da bastoncelli in rapporto col sistema nervoso sparsi sulle diverse regioni del corpo, ma specialmente sulle appendici preorali e boccali; quello dell'udito ‘non è per tutti ben definito, ma nei Decapodi è rappresentato da una vescicola situata nell’articolo basilare delle antenne, e quello della vista è rappresentato da un occhio semplice, me- diano, impari, e da occhi composti laterali. La riproduzione è sessuata ed i sessi sono distinti; ma non mancano casi di ermafroditismo incompleto e completo nei Cirripedi, e di forme partenogenetiche negli Api, nei Bran- chipi, e nei Cladoceri. Lo sviluppo è indiretto o per metamor- fosi, ma con cammino assai diverso secondo i tipi dei varî ordini, dagli Entomastraci ai Malacastraci, cominciando da una forma embrionale di tre anelli con uno, due, o tre paia di appendici, corrispondenti alle antenne e alle mandibule, con aumento successivo nel numero degli anelli e delle appen- dici, che si modificano ad ogni muta. I crostacei si possono dividere in Pa/eocaridi, Entomostraci e Malacostraci. Quelli della prima sotto classe sono tutti rap- presentati da specie estinte, e però a noi interessano gli altri della seconda e della terza soltanto per le famiglie con i ge- neri e le specie per ciascuna come appresso indicate. — 126 — Sott. Class. ENTOMOSTRACA. Gli Entomostraci hanno il corpo con più di 21 o con un numero molto minore di anelli; antennule ed antenne sovente natatorie; pleopodi nulla; ultimo anello addominale sovente forcuto; persiste l’occhio impari del Nauplius. i Gli Entomostraci si dividono negli ordini dei Copepodi, Ostracodi, Cladoceri, Fillopodi e Cirripedi. i Ord. PHYLLOPODA. I Fillopodi sono distinti per avere il corpo allungato, ab bastanza grande, spesso ben segmentato e con dieci a quaranta paia di zampe lamellose, lobate, dalle quali hanno preso nome. Ai Fillopodi appartengono le famiglie dei Branchipodi, degli Apodi e degli Esteridi. Fam. Apodidae. Gli Apodi sono fillopodi provvisti di uno scudo cl carenato, posteriormente ristretto ed a margine concavo; quar ranta a sessanta paia di zampe dissimili, successivamente più grandi dalle anteriori alle posteriori, tutte fornite di appe dici branchiali sul margine posteriore e le prime terminate in un flagello multi-articolato. I Gen. A pus Scaff. L’unico genere del quale la famiglia degli Apodi si com pone è quello indicato ed al quale appartiene la specie nociva alle piante acquatiche. x — 127 — Apus cancriformis Schaeff. (Apo, Coppetta o Tanone del Riso). L’Apo è un animale di color bruno giallastro cupo, a corpo molle, formato di un gran numero di anelli e come unito per la parte anteriore dorsale ad uno scudo o ripiegamento flessi- bile, largamente ovato, il quale porta gli occhi ed una carena longitudinale, che dalla fronte si estende ad una profonda smar- ginatura, dallà parte posteriore, dalla quale sporge l'addome. Le due antenne sono corte, filiformi; le zampe, dal nome stesso dell'ordine al quale la specie appartiene, sono lamellose con- formate a remi; il primo paio con appendici lunghissime, delle quali quelle di sotto sono più lunghe il doppio di quelle di sopra, e queste, che sono curve, hanno le mediane un terzo circa più lunghe delle altre. i. Fig. 32. — Coppetta o Tanone del Riso. Il segmento caudale dell’addome è corto e terminato in due appendici lunghissime, annulate, brevemente pelose. Quest’ apo è comunissimo negli stagni, nelle paludi e nelle ‘acque delle nostre risaie, dove vive di crostacei congeneri, di giovani girini, vermiciattoli e piccole larve d’ insetti; cosic- chè non è nei costumi suoi di nuocere direttamente alle piante — 128 — del Riso. Però, cercando continuamente e'affondandosi nel li-, mo, specie nelle risaie a fondo leggiero, smuove la terra din: torno alle radici delle piccolissime piante o dei semi germi. annate di straordinaria invasione i danni siano tali da dov ripetere la semina. È: Sa e argine dle cibteizzo di quest’apode pernice chè dopo due o tre giorni di secca gli api muoiono. Le piante però messe all’asciutto, quando sentono maggiore il bisogno d essere sorrette, vengono a soffrire per un altro lato, tanto diare all’inconveniente, consigliò il germogliamento in poe che, nelle risaie più infestate dagli apodi, Gené, per rim acqua, per accrescerla dipoi mano a mano che i germocii prendono vigore. Però, trattandosi di piante le quali per ve getare rigogliosamente richiedono clima caldo e abbondante quantità di acqua, a me pare, e non dovrebbe essere diversa: | mente, che la indicazione del Gené, se serve ad evitare l’allet- | tamento, con la riduzione dell’acqua, direttamente ed indire tamente, crea alle piante condizioni di vita che certo non sono le migliori perchè crescano sane e robuste. E perciò, tanto la soppressione quanto la riduzione dell’acqua, non corrispondono pienamente allo scopo desiderato, il quale invece si può con- | seguire completo, avvelenando le acque in modo da rendere | impossibile ai crostacei la respirazione e la vita, senza recar | danno alle piante, che si vogliono difendere. A. ciò servono utilmente le concimazioni fosfatiche, da sole, od unite ai panelli di semi oleaginosi, che, mentre avvelenano l’acqua per gli apodi, danno alle piante gli elementi necessarî per anticipata | lo sviluppo e irrobustirsi in modo da resistere più validamente | ad infezioni di genere anco diverse. | La quantità di perfosfato calcico occorrente, per questo, è di tre o quattro quintali, con una quantità doppia di panello — 129 — di seme oleaginoso. Si stempera il tutto, con poca acqua, in una fossa scavata attraverso il canale d’irrigazione, e sulla pol- tiglia che se ne ottiene si fa passare l’acqua, che deve servire a proteggere le piante e ad avvelenare i crostacei sopra- indicati. Specialmente nelle risaie stabili, dove i risicultori facessero ancora un’agricoltura a vampiro, e per mala intesa economia, o per errore, non volessero andare incontro alla non grave spesa per l'acquisto delle sostanze indicate, si tenti almeno la prova dell’acqua di calce con pozzo nero, perchè anche a que- sto modo, regolata opportunamente la quantità della calce ne- cessaria, per non nuocere alle piante, si distruggono egual. «mente gli animali che le molestano. Sott. Class. MALACOSTRACA. I malacostraci sono formati di 21 segmenti, con antennule ed antenne tattili, senz’ occhio impari, otto paia di appendici toraciche e sei addominali, perchè il settimo segmento dell’ad- dome non ne porta e forma il pezzo mediano della natatoia ‘caudale. I malacrostaci si dividono in Toracostraci ed Artrostraci, dei quali i primi hanno gli occhi sessili ed il torace libero, non ricoperto di scudo, ed i secondi hanno occhi peduncolati e scudo cefalotoracico. Gli Artrostraci si dividono in due ordini: Isopodi ed An- fipodi. Ord. ISOPODA. Il corpo di questi malacostraci è appiattito, con le zampe toraciche simili fornite di una lamella incubatrice alla base, nella femmina. A quest'ordine appartengono diverse famiglie fra le quali | quella degli Oniscidi. — 130 — Fam. Oniscidae. Ù Gli Oniscidi sono malacostraci isopodi distinti per avere an-. tennule rudimentali, antenne lunghe, palpi mandibulari nulli; sette paia di zampe toraciche simili; gli anelli dell’ addome. distinti; pleopodi delle cinque prime paia col ramo esterno so- lido, quello interno membranoso; il ramo esterno dei pleopodi del primo paio praticato da lacune aerifere, ed il sesto paio di pleopodi foliaceo od a forma di artigli. Gen. Oniscus Latr. Frusta delle riga triarticulata; lacune aerifere ico i opercoli diffuse, ultimo pleopodo con exopodite terminato in una lamina puntuta. Oniscus asellus Linn. (Onisco delle Sassifraghe e di altre piante ortensti). Questo onisco è un piccolo crostaceo terrestre, di forma, ovale, di color grigio-scuro di sopra e biancastro di sotto. celà È VET est igatte ai vE se * di rara apici 0] E rd IE ao SE Fig. 33. — Oniscus asellus L. molto ingrandito. Il capo è pueonle e Der distinto, le Diieuine » sono © — 131 — agli animali per far presa e salire facilmente lungo i muri e sui vasi delle piante. Nella femmina il ventre è fornito di un serbatoio per le uova, che vi restano fino alla nascita dei piccoli onisci, che sono bianchicci e non cominciano a prendere il colore delle madri che dopo la prima muta. Maschi e femmine, piccoli e adulti d’altronde, toccati o da qualunque causa molestati si arrotolano su se stessi e nascon- dono la faccia ventrale così che tutto il corpo prende la forma di una sfera nerastra. Cessata la causa che li ha fatti arro- tolare si spiegano di nuovo, camminano rapidamente verso i loro nascondigli, sotto le pietre, sotto e fra le tavole marcite dei semenzai, sotto i vasi, tra le foglie secche, fra i muschi, sotto le scorze degli alberi, a piè dei muri e per tutti gli altri ostacoli che meglio li mettono al riparo dagli agenti esterni. Gli onisci stanno quasi sempre nascosti di giorno e non escono che la sera e durante la notte, quando si portano al colletto delle piante, le rodono e le fanno perire. I deperi- menti sono spesso a breve scadenza per il costume che questi crostacei hanno di stare in molti uniti e di muovere numerosi ai danni delle piante. La difesa contro questi molestatori notevoli delle coltiva- zioni dei tiepidarî, delle serre, dei cassoni e dei giardini è molto laboriosa e paziente, ma non è impossibile, e se ben fatta, non porta meno per questo agli effetti desiderati. Si noti anzitutto che questi animali cercano sempre i luoghi freschi ed umidi, gli angoli meno illuminati e coperti di ma- teriali diversi, e perciò non è difficile farne la raccolta nelle serre, adoprando delle corteccie di zucca, di cocomero, e delle fette concave inferiormente di tuberi e di radici. Essi corrono subito a nascondervisi la notte, ed il mattino seguente si pos- sono tutti prendere e schiacciarli se non si vogliano affogare nell'acqua. Durante questo lavoro, da ripetere per diversi giorni di seguito, bisogna aver cura di prendere lo sfagno del quale | si fa uso in orticoltura e immergerlo ripetutamente nell’acqua. — 182 — calda o in una soluzione insetticida qualunque, per togliere di mezzo i piccoli crostacei, che lasciati a se stessi riprodur- - rebbero la infezione. i Nei giardini, invece delle scorze di zucca e dei frutti o delle parti delle altre piante indicate, si possono adoperare le foglie di cavolo, le quali, stratificate lungo i viali e nei solchi, servono a richiamare e a nascondere egualmente i crostacei | che si vogliono distruggere. i Nell’aprile di quest'anno, poi, chiamato da un giardiniere, per consiglio, nella difesa di una coltivazione di zucche in cassoni, ho allontanato i crostacei dalle piante, bagnandone, alla sera, lo stelo e lo strato superficiale del terreno sotto- stante, con una soluzione di estratto fenicato di tabacco e. naftalina, secondo la formola: Naftalina ti «eat Re pai i Wstratto di':babacco le >» 100 ni Acquari i e O >» 1000 È L’ esperimento merita di essere ripetuto anche per vedere | se la soluzione di naftalina soltanto basti, e se lo stesso. Mezzo. | si possa estendere egualmente alla difesa degli ortaggi di | grande coltura. | Gen. Porcellio Latr. Antenne formate di sette articoli ei quali il secondo non | î è fornito di sporgenza arrotondata alla estremità del lato in: terno. Nel rimanente la coxa del secondo e del sesto paio dall | pleopodi è obsoleta; gli uropodi terminali con la porzione ba- | silare appiattita e quella apicale compressa, trigona ed esertile.. | Porcellio scaber Latreille. (Porcellino). — 133 — nito di processi frontali, di cui quelli laterali sono molto spor- genti, con l’angolo esterno arrotondato, e quello mediano triangolare. L’ ultimo articolo dei pleopodi termina in una punta triangolare solcata sul mezzo. Fig. 34. — Porcellio scaber molto ingrandito. Maschi e femmine d’altronde sono assai più agili ed attivi degli Oniscus surricordati, al pari dei quali pel resto si com- portano sulle piante e si combattono. Gen. Platyarthrus Brandt. Le specie di questo genere hanno antenne corte, appiattite ‘ formate di sei articoli, dei quali il secondo è piccolo ed il quinto è più grande di tutti. Platyarthrus Hoffmannseggii Brandt. (Porcellino ad antenne piatte). È un piccolo crostaceo bianco opaco lungo quattro milli- metri circa. Ha le antenne scabre come il dorso del corpo, nel quale gli anelli hanno il margine posteriore serrulato. Ho trovato comune la specie nei nidi delle formiche ed in compagnia dei pidocchi, alle radici e alla base dello stelo delle | piante. — 134 — Con o senza questi animali però, il crostaceo indicato, per \ vivere, scava delle nicchie più o meno profonde, nelle quali ad 3 uno, a due e più si ricoverano per mangiare (con maggior 3 comodo e meno pericolo) la base dello stelo e delle grosse ì radici delle zucche, dei poponi, dei cavoli, delle rape, delle 3 barbabietole, delle carote e simili, con danni talvolta sensibili — gi a per quanto non sempre o quasi mai alla specie attribuiti. Fig. 359. — Platyarthrus Boenagni molto ingrandito. I terreni umidi degli orti e le piante succolenti che vi si | coltivano favoriscono la moltiplicazione di questo piccolo cro- staceo, mentre le ripetute lavorazioni ordinarie del terreno ne | ostacolano in certo modo la diffusione. Degli animali da cortile le galline dànno volentieri la caccia a questi animali e sarà utile valersi dell’ opera loro al mo- mento della lavorazione della terra, facendole seguire a stuoli gli strumenti da lavoro. | ARTROPODI TRACHEATI. Class. ARACHNIDA. Le Linguatule, i Tardigradi, le Zecche, gli Acari autun- | nali, quelli della scabbia e dei follicoli; i Cheliceri, i Falangi, i Telitfoni, i Solifughi, gli Scorpioni ed i Ragni con gli affini, | formano insieme la classe degli Aracnidi. F o Gli Aracnidi sono animali articolati col capo quasi sempre | fuso col torace; il capo-torace è ora fuso con l’addome, come | — 155 — negli Acari e nelle Linguatule, ora distinto, e l’addome non sempre nettamente segmentato, seguito talvolta da un post- addome con apparato velenigeno, come negli Scorpioni. Es- senzialmente, del resto, la distinzione di questi animali si basa sulla disposizione e sul numero delle loro appendici, ridotte a sei paia: cheliceri e zampe mascelle, intorno alla bocca, e quattro paia di zampe situate dopo di quelle. I cheliceri sono specie di pinze formate di due o più articoli e da un dito mobile. Il primo articolo dei cheliceri porta il flageZlum, che ricorda le appendici dei primi articoli delle zampe dei cro- «stacei; il dito mobile porta dalla parte interna una lamina profondamente dentata, conosciuta col nome di serrula. ie \ \N VO ZZZZZA << $ÉYVCÙUÙÙ \L Î Fig. 36. — a, Lycosa tarantula — b, posizione degli occhi — c, apparato velenifero — gl, ghiandola col suo sbocco * — ch, cheliceri — pp, pedipalpi — m, articolo basi- lare dei pedipalpi, detto anche mascella — me, mento — 4 E, palpo del maschio di Segestria perfida — 4 mr. unghie della stessa specie, quelle grandi per filare, quelle piccole per camminare. I cheliceri di alcuni Aracnidi (zecche e molti acari) sono ridotti a degli stiletti per lo più composti di due soli articoli. Le zampe mascelle o mascellipedi sono situate dietro la bocca; esse sono le appendici più robuste di alcuni Aracnidi D) ) e terminano in una mano didattila, col dito fisso (più corto o della stessa lunghezza dell’altro) provvisto di un artiglio armato ‘ di spine, o di denti, e che può mancare affatto. co, î — nh A L'ultimo articolo dei mascellipedi, nei maschi, porta. lor gano copulatore, che introduce lo sperma nell’orifizio genitale della femmina. si I mascellipedi nell’articolo basilare, anca, portano talvolta un lobo mascellare (o un paio di tubercoli) al quale sovente. si dà il nome di mascella, e al resto del mascellipede si dà il nome di palpo; e tal’altra questi lobi formano una specie di labbro inferiore, che porta i pezzi boccali, e forma il rostro, | come negli acari. Tipicamente le zampe ambulatorie degli Aracnidi si com-. pongono di sette articoli: l’anca, la coscia, il femore, la tibia, ed il tarso, formato dai tre ultimi articoli. | La respirazione ha luogo per sacchi tracheali, impropria- mente detti, come nei ragni e negli scorpioni, per trachee vere, come nei falangi, e per la pelle, come nelle linguatule. | La riproduzione è quasi sempre per uova; lo sviluppo | quasi diretto, ed i costumi sono quelli di predatori o parassiti di animali, e di guastatori di piante. La classe degli Aracnidi comprende numerosi ordini, fra i quali noi studieremo quello degli Acari, i cui rappresentanti | hanno interessanti rapporti con le piante coltivate. Ord. ACARINA. Gli acari sono Aracnidi quasi sempre microscopici, e di forma più o meno globulare od ovata, col capo-torace fuso | con l'addome, senza anelli distinti, talvolta separati da un. solco trasverso e forniti, ciascuno, di due paia di arti. Nella formazione del rostro, posto nella parte anteriore del capo- torace, prendono parte i cheliceri, che terminano a pinza (Ori-. batidi), ad uncino, od a stilo (Trombididi). Nel rimanente le mandibole vi sono sempre bene sviluppate; ma non così le. mascelle, il mento ed il tubo orale. — 137 — Gli occhi, in numero di due o di quattro, quando esistono, si trovano dalla parte anteriore del capo-torace. «Le zampe, abitualmente in numero di quattro, si riducono a due paia soltanto, in certe forme, nelle quali ed in altre si trova ridotto anche il numero degli articoli che le compongono. La respirazione ha luogo per la cute, perchè mancano le trachee, nei Demodecidi, nei Fitoptidi, nei Sarcoptidi, nei Tiro- glifidi e negli altri con i quali questi compongono il sott’ordine degli astigmati. Nel sott’ ordine degli «Sdracarini le trachee non si trovano sempre e quando esistono, ve n’hanno di quelle, ‘che mettono all’esterno con due stigmi collocati sull’ episto- «ma, ed altre, che formano un fitto strato sottocutaneo ed hanno ‘un’estremità clavata. Negli acari prostigmati le trachee si aprono con gli stigmi davanti agli arti del primo paio alla base del rostro, sulla faccia ventrale. Nei criptostigmati, gli stiomi principali, quando esistono, si trovano negli acetaboli degli arti, e sul capo-torace esistono gli pseudostigmi forniti ciascuno di organi pseudostigmatici di forma variabile. Nei ‘imetastiomati gli stigmi sono dietro le coscie degli arti del ‘quarto paio, o fra gli arti del terzo e del quarto, nascosti ‘sotto le coscie del terzo. Nei mesostigmati gli stigmi sono collocati, al lato ventrale, fra gli arti del secondo e del terzo paio, oppure tra quelli del terzo ed il quarto, talvolta spostati ‘verso il dorso, dietro quelli del quarto paio, ed in ogni modo con peritrema tubolare diretto innanzi, quasi sempre presente. I sessi negli acari sono separati, e le femmine spesso bene ‘distinte dai maschi. La riproduzione è ovipara. Le larve, mano a mano che nascono, sono quasi sempre esapode, mentre le ninfe e le forme adulte, meno nei Fitoptidi, sono ottopode. Sott. Ord. ASTIGMATA. Dei sott’ordini ricordati, quello degli Astiemati è di grande Interesse agrario per i Fitoptidi che comprende e che riescono spesso di grave danno a diverse piante coltivate. TL TIRISE Fam. Phytoptidae. I Fitoptidi sono acari vermiformi, i quali, tanto nelle forme giovani, quanto nelle adulte, hanno due sole paia di arti for- mati di cinque articoli; i palpi di tre articoli, e le mandibule a stiletto acuto. i I generi della famiglia più importanti per noi sono i se-. guenti. Gen. Phytoptus Duy. Le specie di questo genere hanno il corpo di forma ciline | drica, successivamente più sottile verso la estremità posteriore, e col numero dei semi-anelli dorsali uguale o quasi a quello. | dei semi-anelli ventrali, i quali sono punteggiati al pari dei. i precedenti. Phytoptus coryligallarum Targ. (Fitopto delle gemme del Nocciuolo). Questo fitopto ha corpo cilindrico cinque volte circa più lungo che largo (mm. 0.20 x 0.08); scudo dorsale con parec- | chie strie longitudinali flessuose; le setole dorsali più corte © dello scudo dorsale indicato ed alquanto ravvicinate alla linea | mediana del medesimo, senza contare quelle del paio ante riore, che nascono ai lati dello scudo. Dietro dî questo vi è ' il terzo paio di setole dorsali lunghe quanto è largo l'addome | in quel punto. Le setole laterali sono lunghe quanto quelle | ventrali del primo e del secondo paio, mentre le ventrali del terzo raggiungono la estremità posteriore dell'addome. Le se | tole codali principali sono lunghe un quarto della lunghezza. del corpo, mentre quelle cOdali accessorie sono sottilissime € e brevi. di dr gg Lo sterno non è biforcato alla estremità posteriore. La pennetta tarsale ha quattro paia di raggi. È C Fig. 37. — A. ramo di nocciuolo con gemme sane 1, e gemme deformate 2, 3, 4. È B. Phytoptus coryligallarum molto ingrandito. — C. parte anteriore dell’acaro ingrandita. Quest’acaro vive e si moltiplica spesso prodigiosamente fra le perule e le appendici delle gemme del Nocciuolo, allo stato ‘selvatico e coltivato. Nelle perule e nelle appendici delle gemme ‘offese dalle punture degli acari ha luogo una straordinaria ed irregolare produzione di elementi epidermoidali e parenchi imatosi, a causa dei quali quelle si ingrossano e si allargano ‘sensibilmente, per i rilievi e gli anfratti divengono spugnose dalla faccia interna, e per l'alterazione della clorifilla delle | parti offese, prendono una colorazione rossastra, che manca nel Corylus avellana, per la quale e per la forma. globolare in- \grossata, che tutta la gemma assume, non è difficile distin- \guere quelle sane dalle altre molestate. Non tutte le gemme dei rami sono attaccate dagli acari, nè tutte quelle colpite si perdono e muoiono; ma quando la infezione è grave ed estesa alle appendici esterne ed interne delle gemme, queste non si sviluppano e con le nuove vege- tazioni viene a mancare una parte più o meno considerevole del prodotto dell’anno. — 140 — Questo che il Kirchner ha notato nei nocciuoleti dei di n torni di Kaplitz in Boemia nel 1863, è stato notato più tardi dal prof. Alfonso in quel di Polizza Generosa, di Piazza Ar: merina, di Linguaglossa, di Ucria, ed in altri luoghi del a Sicilia, dai 500 ai 1000 m. di altezza sul livello del mare (1888). Infezioni simili nello stesso anno furono constatate dal professor Targioni, che è stato il primo ad occuparsene da noi, sulle piante del Fiorentino, dove ho trovato la infezione non meno grave più tardi (1891) ed estesa anche e più specialmente alle: piante di Corylus purpurea var. tubulosa coltivate per ornar mento nei giardini. Nel 1889, e quest'anno d’altronde, piante. di Corylus avellana infette, restate improduttive, notai ed ho ricevuto dalla provincia di Caserta; nel 1885 ne vidi in quel. di Ospedaletto (Avellino), la terra classica della coltivazione! del Nocciuolo, ed in quel di Sarno, dove la presenza dell’acaro. è di vecchia data, è gli effetti di essa attribuiti al solito "di damento della stagione durante l’inverno. La infezione ora mo- lesta di bel nuovo nella provincia di Avellino. $ Il partito migliore, secondo il prof. Targioni, per mettere riparo alla infezione per opera di quest’acaro, è quello di to gliere per tempo le gemme deformate e distruggerle, e distrug= gere altresì le estremità di quei rami ove le gemme fossero alterate. i Ù i Questo va fatto verso la fine di marzo ed ai primi di aprile, per impedire che il Phytoptus finisca di rovinare le gemme oe: cupate e passi da queste alle altre ancora sane od appena offese. p) Il prof. Targioni consiglia pure l’uso delle polveri e di qualche emulsione insetticida, che non determina e che di estate, almeno, non credo bene di raccomandare, anzi tutto perchè questi, essendo animali a respirazione cutanea, sond quasi refrattarî all’azione della generalità degli insetticidi dir luiti; e poi perchè si trovano nascosti perfino sotto le perule delle gemme, e non si possono colpire senza concentrare tanto le soluzioni, da compromettere un buon numero di queste. DI — 141 — Nel novembre del 1890-91 bagnando con miscugli alcalini f Idi olio pesante di catrame (15 °/,), in un caso, col mezzo delle jpompe, e spennellando in un altro alcune piante di nocciuolo, de gemme si conservarono per la massima parte sane, mentre isulle piante di confronto andarono a male in gran numero. Phytoptus vitis Landois. (Erinosi o Fitoptosi della vite.) Il Fitopto della vite ha le dimensioni di quello del noc- ‘ciuolo, quattro a cinque volte più lungo che largo, con lo | Fig. 38. — Sezione di foglie con i filamenti flaccidi, f, fra i quali sono le uova 0, e gli acari che li hanno provocati. iseudo percorso da una stria mediana rettilinea e da altre la- iterali flessuose ben distinte; le setole dorsali, che nascono ‘presso la linea mediana dello scudo, sono così lunghe da sorpas- — 122 — setole ventrali del primo paio, che arrivano alla base quelle del secondo paio, le quali sono tanto lunghe quanto quelle del primo; mentre le setole del terzo paio non arrivano alla estremità dell'addome; le setole genitali sorpassano la lun: quinto, e questo porta l’unghia tarsale più lunga della pen netta, che porta cinque paia di raggi. La specie è quella che dalla primavera all’autunno attacca, con generazioni successive, la pagina inferiore delle fogl della vite. eta D° ieri rio A a Fig. 39. — Foglia deformata dall’ acaro. Nell’autunno, mano a mano che si approssima il momento della caduta delle foglie, l’acaro si ritira sotto le perule delle gemme e fra le scorze del ceppo della pianta. Quivi passa l’i in- verno e si mostra di nuovo sui pampini nella primavera se Lu — 143 — guente, sui quali, pungendo, provoca la formazione di chiazze . di peli argentini, dalla parte opposta dei quali, nella pagina ‘superiore delle lamine, corrispondono rilievi più o meno visi- bili. Successivamente, mentre i rilievi crescono, le chiazze pelose si fanno sempre più concave ed i peli doventano giallo- gnoli, più o meno rosei o rossastri, e finalmente bruni. . L’acaro attacca talvolta anche i cirri o viticci e le stesse ramifitazioni della rachide fiorale. Ma d’ordinario si limita ai pampini, per lo più con danni non curati dagli agricoltori, i fiovuti naturalmente all'incremento patologico delle cellule epi- | Gunni della foglia, che si convertono nei filamenti flaccidi, varicosi, ripiegati, contorti e feltrati, e alla riduzione della su- Soa elaborante delle foglie. I danni, secondo i rilievi del Briosi, però, furono considerevoli nei vigneti di Favara, in Si- \cilia, nel 1875, ed avvertiti più specialmente dal 1884 al 1885, secondo Targioni Tozzetti, nelle provincie di Udine, di Bel- ‘luno, Treviso, Torino, Venezia, Pavia, Reggio Emilia, Siena, Massa Carrara, Bologna, Forlì, Firenze, Arezzo, Perugia, Ro- ma, Avellino, Macerata, Campobasso, Salerno, Barletta, Foggia, Bari e Lecce. Apparizioni consimili si ebbero contemporaneamente in Beranci, dove il Planchon consigliò di far pascolare gli armenti da le viti, dopo la vendemmia, e di brucare le foglie, o di procedere alla lavatura dei tronchi con soluzioni insetticide. Da noi non mancò, come al solito, di preoccuparsene il Mini- \stero di Agricoltura, e taluno propose l’uso del tabacco per ‘difendere le viti. Ma il prof. Targioni, dal Ministero stesso interessato, fece sapere che quanto alle cure, salvo alcune di quelle sopraindicate, esse si combinano assai bene con le altre per l’Oidio e per la Peronospora, per non dare molto ‘pensiero di più, quando il bisogno di applicarne sopravvenisse realmente. Lasciando al Targioni la responsabilità delle affermazioni sue, a me pare che la difesa debba prendere di mira in par- ‘ticolar modo le forme ibernanti del Fitopto per impedire i — 144 — "i 1 NO danni derivanti dall’apparizione pronta e numerosa di quello sui teneri germogli. A questo scopo si perviene abbastanza bene : i 1.° con la raccolta sollecita e la distruzione delle fogliefi subito dopo la vendemmia; 2.° con la potatura e l’abbruciamento dei sarmenti mano a mano che si asportano dalle piante; 3.° con lo scortecciamento delle viti e la disinfezione a esi e dei ceppi con aspersioni e spennellature di: Olio pesante di catrame . . . . . . - parti vi SOT ELA E REL IAS ORI VANI PANE » Acqui I CIR I vi . o con la lavatura dei ceppi scortecciati, fatta con acqua boll lente, nella quale sia sciolta una piccola quantità di soda, di liscivia fenice, o di sapone, per renderla più adesiva. Ò È certamente più comoda e meno dispendiosa la difesa col mezzo della brucatura dei pampini più infetti; ma essa, mentre non basta a limitare come si dovrebbe la infezione present di non provvede a quella avvenire, e toglie alla pianta una parte considerevole delle foglie necessarie per assolvere e perse L maturazione i suoi frutti. & Data la natura dell’acaro e del modo come è protetto, non. può dare affidamento di sorta la difesa delle foglie con l’uso | delle polveri e dei liquidi insetticidi, nella primavera e nel l'estate. Qualche cosa si ottiene con le soluzioni saponose di, solfocarbonato di potassa alla nicotina, secondo la formola SAPONE: a n STA Solfocarbonato © i... ASIA Estratto di tabacco neutralizzato. . .. » 1 «I Acquari e RA SA È ma la spesa è di molto superiore, mentre gli effetti, data la Î difficoltà di colpire in ogni foglia gli acari nascosti nelle loro. galle, sarebbero inferiori a quelli, che si ottengono con la rae4 . colta delle foglie, la potatura, lo scortecciamento e la lavatura. "| delle piante sopraindicata. I — 145 — Phytoptus Pyri Nalepa. (Vaîuolatura delle foglie del Pero e del Melo). Questo Fitopto è un quinto circa più lungo ed altrettanto più stretto dei precedenti. Ha lo scudo dorsale, poco esteso, percorso da tre strie mediane, distinte, e da molte altre laterali | fitte ed appena visibili; le setole dorsali, nascenti presso la linea mediana, dietro il margine posteriore dello scudo, ne misurano la lunghezza; le setole laterali raggiungono la base . delle setole ventrali del primo paio; queste arrivano poco di- scosto da quelle del secondo paio, che sono sottili e corte, mentre quelle del terzo arrivano alla estremità posteriore del corpo. Le setole genitali laterali sono mediocri; quelle caudali accessorie, distinte, e le caudali principali un quarto della lun- ‘ ghezza del corpo. Lo sterno non è biforcato posteriormente. Il quarto ed il quinto articolo degli arti sono quasi della stessa lunghezza, ed il quinto è fornito di un’ unghia tarsale poco più lunga della pennetta, che ha quattro paia di raggi. Valva posteriore dell’ epigidio carenata; valva anteriore con dodici strie longitudinali. La specie è quella che infesta le foglie del pero e del melo, sulle quali la fitoptosi da essa prodotta si mostra esterna- mente con piccoli rigonfiamenti maculiformi, a sezione lentico- lare, alquanto rilevati sulle due pagine laminari, di color ros- | so-violaceo, quando le lamine sono piccolissime, verde sbia- dito, più tardi, ed infine, di color brunastro. Esse sono talvolta disposte in serie longitudinali; ma per lo più sono sparse senz’ ordine, fra il contorno e la costola della foglia. Il lembo di questa si conserva inalterato per diverso tempo fra le mac- chie, ma cambia di colore, e, mentre questo si fa rosso nel contorno, nel mezzo annerisce. Entro queste macchie il paren- chima è diradato e nelle interruzioni del tessuto si rinven- gono le uova, i giovani e gli adulti dell’acaro, che escono per un'apertura che corrisponde nella pagina inferiore della foglia 10 Laga e vanno a pungere ed a formare galle in altri punti della foglia o sulle foglie vicine, per tutta l’estate. 1 All’avvicinarsi dell'autunno, prima che le foglie dissecchino e cadano, i Fitopti si ricoverano fra le perule delle gemme € sul fusto e vi aspettano la primavera, per infettare le spp dici verdi delle nuove formazioni. Fig. 40. — Foglta di Pero colpita dall’acaro. «EA Per limitarne la diffusione si opera presso a poco come per quello del nocciuolo e della vite; ove non bastasse, race gliere i frutti non appena commerciabili, e brucare interamenti il fogliame infetto per distruggerlo. È naturale che questa mi sura di difesa non va mai presa senza l’esame che accer ni della immunità delle gemme al momento delle operazioni è della presenza degli acari, in particolare, nelle alterazioni len ticolari delle foglie sopraindicate (1). (1) Talvolta le foglie del pero invece dal Phytoptus pyrî sono attaccate dal Phyt locoptes Schlechtendali Nal., che le fa ingiallire, mentre il Tegonotus pyri Nal. le ripiegare. Se 9 i Phytoptus tristriatus Nalepa. (Fitoptosi delle foglie del noce). Il Fitopto del noce è più di cinque volte più lungo che largo, ed appena più stretto alla estremità posteriore. Per la grandezza si avvicina a quello del nocciuolo. Fig. 41. — Parte anteriore della femmina del Ph. tristriatus vista di sotto, molto ingrandita. Ha lo scudo dorsale con tre sole strie mediane, longitudi- nali, appena divergenti dalla parte posteriore. Le setole dorsali sono quasi della lunghezza dello scudo, mentre le laterali e le ventrali sono tutte corte. Le setole caudali principali raggiungono i due terzi della lunghezza del corpo, e le caudali accessorie sono eguali ad un sesto delle caudali principali, ma più grosse e rigide. Lo sterno è lungo e non biforcato posteriormente. Il quinto articolo delle zampe è due volte e mezzo più lungo del quarto. L’unghia tarsale è più lunga della pennetta, e questa porta tre paia di raggi. Lungh. mm. 0,24; largh. mm. 0.04. Questo è l’acaro che produce la Fitoptosi delle foglie del noce, nella pagina superiore ed inferiore della lamina; e con- siste in piccole galle di uno a due millimetri di diametro, prima verdi, poi rosse ed infine brune. Ogni foglia può portare anche più di cento galle, dalle — 143 — quali l’animale esce quando imbrunano e va @ formarne alc È tre sulle foglie ancora sane. Le sporgenze rugose che si vedono nella pagina superiore i delle foglie della stessa pianta, in corrispondenza degli erinei |. della pagina sottostante, si devono allo stesso PAytoptus, che per il resto della biologia si assomiglia a quella dei precedenti. | Ho visto che talvolta i danni possono essere ben rilevanti; ma nel maggior numero dei casi passano inosservati. : Quando le piante sono piccole e la infezione si fa grave, | la raccolta anticipata dei frutti e la brucatura completa del È fogliame (prima che gli acari ne abbandonino le galle, per pas- | sare nelle gemme e fra la scorza delle grosse branche e del | fusto) è quanto di meglio si possa consigliare per la pratica. L'uso degli insetticidi, per l’ altezza straordinaria delle | piante sarebbe qui peggio indicato che altrove. Sott. Ord. PROSTIGMATA. A questo sott’ordine appartengono le due sezioni degli Oplopini, e dei Trombidini, i soli che abbiano specie d’impor tanza agraria. I Trombidiri sono acari terrestri, con gli stigmi come nel sottordine al quale appartengono, il tegumento quasi sempr molle, raramente fornito di deboli scudi dorsali, e metamorfos: con una sola ninfa o senza ninfa. I Ai Trombidini appartengono diverse famiglie, ma l’atten- zione dei pratici va richiamata sopra due solamente, quella dei Tetranichidi, e l’altra degli Eupodidi. Fam. Tetranychidae. I Tetranichidi sono Trombidini a corpo molle, libero, con palpi prensili, mandibule stiliformi, arti (quelli del primo paio | eccettuati) con unghia e peli di ui ed apertura sessna situata davanti all'apertura anale. — 149 — ; Gen. TTetranychus Doufour. Si compone di forme a corpo globoso con mandibule stili- formi; palpi robusti con appendice corta ed ottusa; zampe ter- minate da unghie e da quattro peli di adesione. Tetranychus telarius (L.) Dugés. (Tetranico o Ragnolino rosso della vite, dei fagiuoli e di altre piante). Si presenta con due forme, assai distinte pel colore: una | rosso-cinnabarino, ibernante, conosciuta col nome di T'etrany- _ chus telarius russeolus Koch, ed una primaverile-estiva, al- Fig. 42. — Tetranychus telarîus L. molto ingrandito. quanto più grande, grigio-verdastra, con una striscia dorsale più chiara; tarsi lunghissimi, peli un terzo della lunghezza . del corpo, disposti in quattro file sul dorso, ed in numero di quattro, due per parte sulle scapole. En SURE La specie è comunissima e vive sotto le foglie di un nu- & mero considerevole di piante spontanee e coltivate, negli orti, | nei giardini, nei campi e nei prati. È Fra le piante ortensi e gli ortaggi di grande coltura, mo- lesta i fagiuoli; nei campi, le foglie del granturco, della sag- * gina e della vite; nei giardini le mammole sono le piante più È, frequentate; e dovunque si riproduce diverse volte a brevi in- | tervalli, dalla primavera all'autunno, con effetti talvolta, e per | duplice ragione, assai nocivi per i vegetali, i quali, sotto l’azione î irritante e depauperante delle punture, e l’altra evidentemente quasi caustica delle tele nelle quali in breve le parti giovani È si trovano coinvolte, restano come soffocati. È Dalle esperienze di laboratorio e di campo fatte contro la. Ei specie resulta evidente l'efficacia delle soluzioni saponose dal 2 9 al 2 |: °/|,,e delle soluzioni saponose al solfocarbonato di potassa. î Sapone,molle..è. (ll ee È Solfocarbonato di potassa . . . » 0,750 a 0,500 ;] Acquari I i Vi is Come queste si comportano le soluzioni di catrame di legno alcalinizzato, con o senza solfocarbonato; il sapone alla nafta- 1 lina, alla dose del 2-2 ‘|, °/,, estratto di tabacco, alla stessa | dose, e le impolverazioni di ossido od idrossido di calce me- scolato a parti eguali con naftalina greggia. d Altri insetticidi, egualmente attivi, alla stessa dose, sono i sapone Neumann, ed il sapone (liquido universale Arabroso ili ma costano due volte più delle sostanze sopraindicate. J Per le piante legnose, come la vite, oltre la difesa prima. verile, sulle giovani foglie, si può tentare la difesa invernale. sui ceppi, allo scopo evidente di limitare il passaggio della | specie sui pampini. Î Si capisce che la difesa invernale va fatta soltanto dopo accertata la presenza prevalente dell’acaro sutto le scorze delle piante, e che le soluzioni insetticide a base di olio pesante di i catrame devono essere così concentrate da penetrare sicuramente i sotto le scorze e alterare il corpo degli acari che vi trovano. i — 151 — Tetranychus pilosus Canestrini e Fanzago. (Ragnolino peloso). x Quest’acaro è nell’insieme di color badio miniato, con quat- tro serie longitudinali sul dorso, due mediane e due laterali, di peli che sono setolosi, robusti, non aderenti, ma quasi eretti sul corpo, come ispiduli e impiantati in un cercine ben ri- levato. Fig. 43. — Tetranychus pilosus molto ingrandito; 2, estremità della zampa. de Tetranychus latus Can. et Fanz. (Ragnolino nudo raccorciato). Questa specie ha forme più raccorciate e più larghe delle due precedenti. Per il colore tende verso il T. telarîus, per quanto infoscato, ma dall’una e dall’altra è assai distinta, oltre ; che per la larghezza del corpo, per il rapporto della lunghezza ad delle zampe con quella del corpo stesso, che è quasi intera- — 1592 — mente nudo, e i pochi peli che presenta sono corti come quelli, | anch'essi scarsi e radi, che si trovano sulle zampe. Fig. 44. — Tetranycus latus molto ingrandito. (Se - E) La specie frequenta tanto la pagina inferiore delle foglie | delle piante arbustive ed arboree che quella delle piante erba- cee, fra le quali quelle dei fagiuoli, le quali sono invase in- i | sieme, talvolta, dal 7. latus e dal T. telarius, al pari dei quali anch’ esso si comporta e si combatte. #0 Fam. Eupodidae. I Trombidini di questa famiglia sono liberi come quelli. della precedente, dai quali si distinguono per le mandibule che- late con dita sdentate; palpi generalmente di quattro articoli, gli ultimi dei quali quasi sempre piegati a coltello verso i. primi; arti delle tre paia posteriori, al meno, adatti per la deam-. bulazione, pel salto, e terminati in una spatula ciliata, 0, pit di rado, in una semplice unghia. Le setole del corpo per lo pis | sono a rosario, o ciliate. ola ta COPIA RADI — 153 — La famiglia si compone di un diverso numero di generi, fra i quali è degno di nota per noi il Gen. Tydaeus Kock. Corpo molle, libero, senza ventose all’apertura sessuale; mandibule poco sviluppate; palpi di medio sviluppo coll’ul- timo articolo lungo, terminato da alcune setole corte; zampe con tarsì conici, appuntiti. La più comune delle specie del genere e meglio definita è il Tydaeus foliorum Schrank. (Ragnolino olivastro delle foglie). Quest’acaro, che è ovale, e di colore variabile fra l’olivastro e il giallo chiaro, ha le scapole munite ciascuna di tre setole Fig. 45. — Tydaeus foliorum, con la estremità di una zampa dalla parte posteriore, anch’ essa molto ingrandita. rivolte indietro; quattro serie di setole longitudinali corte, sul dorso; l’estremità posteriore del corpo con altre sei setole della stessa lunghezza, le due interne uncinate e quelle più esterne — 154 — per solito clavate; il primo ed il terzo articolo dei palpi, cor- È tissimi; il secondo ed il quarto eguali, e notevolmente più lunghi; il secondo più ingrossato del quarto, che è sottile, e con una setola laterale, ed altre setole, per lo più incurvate, il all'apice. La specie è comune sulle piante dalla primavera all’autun- 5 no, e si trova sulla maggior parte delle piante frequentate dai Tetranychus. Come questi si riproduce diverse volte ed in È gran numero, ma non tende fili sericei sulle foglie da essa occu- pate. La pagina inferiore delle foglie degli aranci e dei limoni 3 più specialmente ingialliscono e si presentano cospurcate di escrementi più o meno grigiastri; la lamina si rileva nei punti . corrispondenti della pagina superiore, e, quando la infezione è i grave, si disarticola e cade. # La specie è comune negli agrumeti della Sicilia e della Ca- latria, e nel 1892 almeno vi ha portato danni rilevanti. | Per distruggerla servono benissimo gli insetticidi consi- | gliati contro il T'etranychus telarius operando, al solito, quando | gli acari sono nati, perchè le uova non cedono all’azione delle i scluzioni diluite indicate. | Dn Class. MYRIAPODA. I Millepiedi o Centogambe, i Polidesmi, le Scolopendre, i Litobi, i Geofili e gli affini, uniti insieme e disposti secondo l’ordine loro naturale formano la classe dei Miriapodi. I Miriapodi hanno corpo vermiforme, distintamente segmen- | tato, allungato, cilindrico come nei Millepiedi, appiattito come. nelle Scolopendre e nei Polidesmi, o largo e corto come nei | Polisseni e nelle Glomeridi. Negli uni e negli altri il capo è piccolo e distinto dal resto del corpo, ed in relazione con esso si trovano ocelli sparsi sui lati, come nelle Scolopendre, o veri | occhi, come nei Millepiedi; un paio di antenne di natura di-. versa; ed intorno alla bocca, aperta longitudinalmente alla su- perficie di un tubercolo ovoide, un labbro superiore od anteriore, ta ge due forti mandibule dentate, libere, accompagnate da due ma- scelle fuse insieme, in alcuni; mentre in altri si trova un lab- bro posteriore rudimentale fornito di palpi voluminosi, man- dibole e mascelle rudimentali, e queste ultime distinte. Fig. 46. — Scolopendra morsitans: 1, antenne — 0, occhi — {, labbro superiore — 2, mandibole — 3, mascelle — 4, labbro inferiore con palpi — 5. piedi mascellari. Gli anelli del torace-addome portano, or due, ora un solo paio di appendici, delle quali quelle del primo segmento, dopo il capo, sono spesso molto robuste, conformate ad uncino e ter- minate da unghie acute, canaliculate, con un foro alla estre- mità, e comunicanti con una glandola velenifera. Dove questi organi velenigeni mancano, spesso si incontrano delle glandole con liquidi repugnatori distribuite variamente pel corpo. I Miriapodi respirano per mezzo di trachee che si aprono in stimmi, che si trovano in tutti o in una parte soltanto degli anelli del torace-addome. La riproduzione è ovipara, ma può essere anche vivipara. In un caso e nell’altro i piccoli appena nati, non ostante la no- tevole riduzione del numero degli anelli e delle appendici, — 156 — differiscono poco dagli adulti, ai quali nelle mute successive — si assomigliano sempre di più. i I Miriapodi abitano nel terreno, fra le radici delle piante, | sotto le pietre, nel terriccio, fra i crepacci della scorza degli alberi, ed in generale nei luoghi umidi e scuri, vivendo di preda, di detriti di sostanze organiche, del colletto delle piante, e dei semi germinanti nei giardini, negli orti e nei campi. | La distribuzione delle zampe, intanto, la natura delle am. tenne e la disposizione degli organi boccali, fra l’altro, danno caratteri per la classificazione dei Miriapodi, che si dividono ) in due sotto-classi: quella dei Chilopodi, tipo le Scolopendre, con un solo paio di zampe per ogni anello, e l’altra dei Di-. plopodi, che ne hanno uno negli anelli anteriori, e due nei po- steriori. ; # I Diplopodi si dividono in due ordini: i Pselafognati, a corpo molle, provvisto di ciuffi di peli, con l’ano nel penultimo | anello del corpo, e sono rappresentati dai Polisseni; e i Chi. lognati, che questi caratteri non hanno e presentano l’ano sull’ultimo anello del corpo. A quest'ordine appartengono di | verse sotto divisioni e famiglie, dello ultime delle quali giovali qui ricordare le seguenti. i Fam. Polydesmidae Leach. I Polidesmidi hanno corpo quasi cilindrico, carenato sull lati, di 20 segmenti con le carene orizzontali egualmente ele. vate o depresse; le antenne moniliformi o clavate, e l’arco dorsale del primo segmerto piccolo, più stretto del capo. ; La famiglia comprende un numero considerevole di generi e varii di essi con specie nocive alle piante coltivate. | Gen. Strongylosoma Brandt. I Polidesmidi di questo genere si distinguono dagli affini. per avere le carene delle tergiti piccole, lineari, con l’angolo | — 157 — posteriore non sporgente; gli articoli delle zampe subeguali, «col femore non più lungo del doppio della tibia, e la sutura fra le pleure e le tergiti carenata. . La specie del genere per noi interessante è conosciuta nella scienza col nome di Strongylosoma pallipes (Oliv.) Brandt. (Strongilo dei seminati). È un animale lungo 15 a 20 mm., largo da mm. 2a 2 e mezzo, quasi moniliforme, liscio e lucente, rosso ferruginoso, o brunastro, con le antenne quasi clavate, molto più lunghe della larghezza del corpo; le zampe giallo-pallide lunghe ed abbastanza ingrossate, raramente ocraceo-infoscate, ed il pri- mo segmento del corpo, dopo il capo, molto convesso, grande, fornito di tre serie trasverse di setole sottilissime, corte ed erette. J HERO \ I Fig. 47. — Strongylosoma pallipes molto ingrandito. La specie vive, come le altre, quasi continuamente nel ter- reno, fra i cespi delle piante, dove resta più di un anno, prima di raggiungere lo stato perfetto, ed ivi si accoppia. «Gli accoppiamenti hanno luogo nella primavera, nell’estate e talvolta per fino nell’autunno avanzato, con deposizione suc- cessiva di un considerevole numero di uova sferoidali, depo- ste a mucchi nella terra, fra la quale si distinguono per il co- lore bianco-pallido. Da queste uova in pochi giorni nascono Strongili bianco-cerei lucenti, formati di pochi anelli, e for- niti di tre paia di zampe, i quali, appena ne hanno la forza, si scavano una galleria sinuosa, a fior. di terra, e vanno in cerca dei giovani germogli delle piante per roderli. Le mie osservazioni sono cadute nei prati di loiessa, del — 158 — Ferrarese, nei campi di grano delle provincie di Ferrara, Pai ma, Piacenza e Modena, dove i dauni sono stati attribui sempre ai soliti Zabri ed alle larve degli Elateridi a suo luogo considerati. I Come le larve degli Elateridi, d’altronde, gli Strongili lace nella regione del colletto o nodo vitale. Mi è parso ogni volta | di vedere però che mentre gli Elateridi scavano una specie di | tato alla parte dell’asse clorofillato contenuto nel terreno. Intorno alla stessa pianta ho trovato spesso a cibarsi più di questi miriapodi, insieme, senza mai molestarsi fra loro. Per lacunoso e leggiero, essi non escono quasi affatto alla super-. | ficie; diversamente vengono fuori, percorrono il breve tratto. che li separa dalla nuova destinazione, e vi si nascondono; scavano le solite gallerie intorno al piede delle piante e ne mangiano la base. Ù A mano a mano che quelle fanno più consistenti i tessuti, dallo stelo dei cereali vernini, gli animali passano a quelli. primaverili ed estivi, come il panico, il miglio ed il granturco . dai quali nel mese di giugno, o quasi, vanno sulle radicelle della carota, della pastinaca, della barbabietola, del cavolo, e | su quelle di altre piante, anco spontanee, al più delle quali trovano sempre modo di campare la vita. } Malgrado la grande virtù polifaga sopraindicata, i ce- reali vernini, grano, orzo, segale ed avena, ma il grano più specialmente, sono delle altre piante assai più esposti in certi | luoghi agli attacchi di questa specie, i di cui effetti nocivi. sul vegetali, è questa la prima volta che si mettano in vista | da noi, dove la mancanza di osservazioni dirette e la voglia di | attribuire tutto a ciò che si conosce soltanto, ha Son | a tener nascosta anche la specie che li produce. — 159 — Il modo di vivere di questi animali, intanto, la picco- :lezza delle forme, nei giovani specialmente, e la facilità con ‘la quale possono sfuggire alle ricerche nel terreno, rendono as- :sai difficile la loro distruzione. Per ostacolatne la diffusione ‘sara savio accorgimento non far mai succedere il grano a se stesso ed agli altri cereali vernini, per togliere più che è pos- ‘sibile agli Strongili il mezzo nel quale più facilmente possono riprodursi e moltiplicarsi, per fargli succedere invece delle piante sarchiate (leguminose, granturco, patate, tabacco, e simili), la coltivazione delle quali riesce doppiamente molesta: per i lavori che richiedono, e per la soppressione del materiale nutritivo durante l’inverno. Dove questo non bastasse, e non riuscisse sufficiente nem- meno il tentativo della distruzione con le sarchiature ripetute e l’uso dei cilindri trituratori, sarà il caso di ricorrere all’uso del debbio e degli insetticidi. Non vi è chi non conosca la pratica del primo dei mezzi indicati, nè chi non comprenda che allo scopo pel quale qui si propone va fatto dopo una scarificatura, perchè gli effetti dell’abbruciamento delle stoppie si estendano nel terreno a qualche ceritimetro di profondità. Non dirò neppure che l'ora migliore è quella più calda del giorno, e passo senz'altro a parlare dell’uso degli insetticidi, insistendo sempre sulla oppor- tunità e la convenienza dei mezzi prima indicati. Gli insetticidi più adatti allo scopo desiderato per me sono quelli a base di solfosali alcalini, o di solfuro di carbonio tra- sformato col metodo Sestini in solfocarbonato di potassa e di f calce, alla dose del 3 al 5 °|, nell’acqua. Le soluzioni si aspergono sui filari delle piante negli ap- pezzamenti infetti, col mezzo delle pompe da grande lavoro per piante erbacee. In mancanza si può far uso di una semi- natrice perfezionata, col barile o con la botte degli insetti- cidi nella tramoggia, ed i piedi distributori armati di getti a ventaglio, distanti in modo da versare perfettamente sui fi- lari delle piante che si vogliono difendere. Pt I pie VP — 160 — Dove la infezione non fosse molto estesa, e la coltivazione piuttosto limitata, può servire anche un barile col cocchiume armato di un fungo distributore, come quello di un ordinaria annaffiatoio a fori molto più piccoli. Il barile, in questo caso, sarebbe portato da due individ che dovrebbero camminare negli interfilari. i La distribuzione degli insetticidi va fatta quando gli Stron: gili sono nati, mentre danneggiano le piante, e sempre imme: diatamente dopo un’erpicatura, per rompere il piccolo strato di terra, nel quale gli animali si nascondono, e bagnarlo in modo da soffocarli. È Per avere un'idea della spesa alla quale si indichi incon ii a questo modo, ricordo che 8 quintali di liquido con 8 a 10 “Ji di solfuro di carbonio solubile, secondo le norme del profess Sestini costano in tutto L. 58, e con essi diluendo al 5°/, di sol furo di carbonio, si ottengono una ventina di quintali di lk quido insetticida, sufficiente a difendere da 5.000 a 10.000 ta | di seminato. | Qui cade opportuno ricordare che la infezione degli suoi gili, da quello che fin ora si è visto, si limita a piccoli appe zamenti, sicchè, al principio almeno, la quantità degli inseti ticidi indicata basterebbe per la difesa di 5 e più ettari terreno, con una spesa di 10 a 12 lire per ettara, e che fat; per tempo può trovare margine anche nèlla coltivazione cereali. Gen. Polydesmus Latre:lle. Le specie di questo genere hanno corpo abbastanza depressi con grandi tubercoli arrotondati disposti in tre serie; l’ golo posteriore della carena egualmente sporgente, nel margi laterale denticolato ; antenne clavate col terzo articolo più lun primo segmento del corpo sprovvisto di zampe; dal secondo è quinto, escluso, ne hanno un solo paio; i maschi ne hanno : e le femmine 31 paia. Lea Delle specie del genere giova da noi ricordare il Polydesmus complanatus (L.) Latr. È un miriapode piccolo, ma robusto, depresso, dilatato, il della lunghezza di 18 a 28, per mm. 2,5 a 5 mm. circa di lar- ‘ghezza, e di color terreo, o fulviccio brunastro tendente al pallido. Fig. 48. — Polydesmus complanatus Fig.49. — Piantina di grano rosa molto ingrandito. alla base dall’animale 2, dei quale il numero 3 rappresenta un’ antenna. «Le sue antenne, quasi clavate, sono più lunghe della lar- ‘ghezza del corpo, il quale ha il primo anello colla tergite larga dagli angoli sporgenti e la superficie biimpressa di trasverso, \guernita di serie trasversali di tubercoli setigeri. Negli anelli seguenti i tubercoli anteriori sono spianati. I piedi sono lunghi, ‘molto ingrossati nei maschi, e nelle femmine abbastanza in- ‘igrossati nel mezzo soltanto; mentre i piedi cupolatori sono sottili, quasi flagelliformi, furcolati all’ apice, bidentati nella loro massima incurvatura, e prima di questi denti provvisti di ‘una sporgenza con pulvilli setigeri ai lati. 11 — 162 — Questa specie si comporta presso a poco come la precedente al pari della quale i suoi rappresentanti spesso si trovano in più d’uno riuniti ai danni delle piante, le quali talvolta sono | molestate, nello stesso tempo, da una specie e dall’altra, così da farci restare indecisi sulla parte dei danni riferibile a cia- scuna. o -3 Per la difesa contro il Po/ydesmus complanatus ricordo quanto ho detto per lo Strongylosoma. Devo solo aggiungere che, concimando le graminacee infette con perfosfati, il nu- mero delle piante al momento dell’accestimento aumenta, ed il DI danni passano poi quasi inosservati. dl Il Fam. Julidae. Così come è ora limitata, la famiglia è caratterizzata dal: | l'aver forme nelle quali l’ipostoma è connato con le mascelle | alla base, e le lamine pedigere, eccetto le prime due, sono coar | lizzate con le pleure. D'altra parte il corpo degli animali è cilindrico, allungato, con le antenne quasi clavate, aventi i secondo articolo più lungo di tutti; occhi nulli, indistinti, od è ocelli disposti in serie; mandibule con 4 a 10 pettini; segmento ! 3.° e gli ultimi due del corpo, senza piedi. | n Gen. Blaniulus Gervazs. Ipostoma quasi per intero disgiunto dalla galea inframa: scellare. Le prime paia di zampe, nei maschi, sono formate di 5 articoli. Il dorso dell’animale è liscio, appena striato sui lati. Blaniulus guttulatus Bosc. (Julo macchiato delle fragole, delle radici del grano, del granturco e della segale). — 163 — itenne sono pubescenti di sei articoli, l’ultimo dei quali è il i più piccolo. Fig. 50. — Blaniulus guttulatus. La specie è molto comune nelle fragolaie e nei cassoni per ila coltivazione delle fragole, nascosta sotto le foglie morte e nel concime paglioso, dal quale scende sulle radici più volen- tieri, e sale sulle piante per corroderne i frutti, penetrando ‘dalla base presso il ricettacolo. Il foro d’entrata dapprima non si vede, ma poi l’animale l’allarga per uscire, quando non ‘ine apre un altro abbastanza più visibile. In generale la in- ‘fezione ha luogo quando i frutti della pianta sono maturi, così che avviene di raccoglierli con gli animali che vi stanno al- l'interno, i quali, pertanto, vengono più di una volta provati «alla potenza trituratrice dei denti dei consumatori. Lo scric- chiolio, infatti, che si avverte fra i denti, mangiando le fra- gole è dovuto appunto alla presenza di questo julide schiac- ciato insieme ai frutti. Nei campi di grano, e nei seminati, in generale, la specie attacca la base delle piante nascosta dentro terra e la rovina così come quando quella vien offesa dagli Strongilidi. In mancanza delle piante questi julidi attaccano anch’ essi i semi germinanti e li vuotano, compromettendo con essi tutte le operazioni della semina. Malgrado il costume della specie, che mangia di tutto un poco, non esclusi i cadaveri dei vermi e degli insetti che trova, in certe annate essa porta gravi danni alle coltivazioni. Di queste quella delle fragole si difende abbastanza bene, di- Ci pe ue | STA sinfettando col solfuro di carbonio il terriccio ed il concime chè si adoprano per la coltivazione nei cassoni. Nei seminati il debbio, o l’uso delle acque ammoniacali e dei solfocarbonati, combinati alla rottura e alla compressione contemporanea del terreno, con i cilindri cuspidati, può portare molto bene alle piante e non poche molestie all'animale che le attacca. g i Gen. Julus Linn. 2 Nello stretto senso considerato questo genere ora contiene. specie nelle quali la parte posteriore della sternite anale | arrotondata, senza prolungamento spiniforme. È Le specie del genere più interessanti per noi sono le se | guenti: Julus. sabulosus Linn. (Julo delle sabbie). v È lungo da 5 a 6 centimetri e di color cenerino-nera: d stro, col margine posteriore dei segmenti più chiari, e due linee. ravvicinate, rossastre nel mezzo del dorso, 84 paia di zampe, e una spina del segmento anale curva all’insù. iui Hi Q@ TT jan [IL (uN Neo, > IO ui Lil DL LI lt ii UU s\ \ ti RO Fig. 51. — Julus sabulosus molto ingrandito. La specie è molto comune nel legno morto, ma vive a spes delle piante vive e le pole al colletto così da farle intrist e morire. I danni maggiori li commette nei luoghi umidi, dove deve combattere raccogliendolo sotto le pietre, sotto le foglie ed altro, dove si nasconde per sfuggire all’azione del caldo du: rante l’estate. — 165 — Julus terrestris Kalt. (Julo terrestre). x Questa specie è presso a poco delle dimensioni della pre- cedente, è però di colore nerastro o fosco-fuliginoso, alquanto | pallido nei lati, quasi come i piedi, che sono di color terreo chiaro. L’unghia anale è diritta. Fig. 52. — Radici di piante di fagiolo attaccate dallo J. terrestris. La specie attacca la parte entro terra delle piante, roden- done le radici così che quelle intristiscono poco per volta e muoiono. Le piante più colpite, o che più delle altre risentono — 166 — degli effetti della sua presenza sono quelli di fagiuolo, rai De presentate, per la parte sotterranea, nella fig. 52. Per combattere questo millipiede valgono le misure indicate per quello precedente, ma ove non bastassero si mettano in opera gli altri mezzi suggeriti contro i Polidesmidi. Julus varius. (Julo variato). Questo Julo è lungo 40 mm. circa ed ha il capo nero con. antenne clavate, pubescenti, nelle quali il 6.° ed il 7.° articolo. sono quasi indistinti; gli anelli del corpo finamente striati per lungo nella seconda metà con fascia mediana chiara edi margini tendenti al colore ferrugginoso, mentre i piedi sono neri o pallidi. Manca l’uncino anale. La scaglia preanale e le valve anali sono pubescenti al pari delle antenne. Fig. 53. — Julus varius mollo ingrandito. La specie è molto comune da noi e quando si diffonde nei | coltivati vi porta ì danni ricordati per le specie precedenti al pari delle quali si combatte. Fam. Craspedosomidae Jones I rappresentanti di questa famiglia per la forma generale | del corpo richiamano abbastanza bene alla mente quelli della famiglia precedente, dai quali e dagli altri si distinguono per i avere il corpo appena più ristretto alle estremità, composto costantemente di trenta anelli, dei quali il settimo, nei maschi, è senza zampe e porta gli organi cupolatori; le antenne boni il terzo ed il quinto articolo più lunghi; le mascelle sono di-- sgiunte, con appendici allungate; le galee hanno i lobi denti i colati, e la spatola è manifesta o distinta. i — 167 — La famiglia ha varii generi fra i quali, per noi, giova ricor- dare il seguente. Gen. Craspedosoma Leuch-Raulins. Le specie del genere sono caratterizzate dall’avere il corpo provvisto di tubercoli laterali setigeri, abbastanza grandi, con peli piccoli; un solco mediano longitudinale, distinto; antenne sottili, lunghe, col terzo articolo più lungo di tutti; 50 paia di zampe nelle femmine, e 43. nei maschi. Quelle di esse che hanno richiamato l’attenzione dei pratici sono le seguenti. Craspedosoma mutabile Latz. (Craspedosoma del grano). Questo miriapode è poco robusto, lungo mm. 12 a 18, largo da 1,2 ad 1,8, e di color grigio-terreo o giallognolo. Il capo però è bruno, il dorso è anch'esso alquanto infoscato, con due linee longitudinali scure, limitanti una fascia mediana pallida, e la regione ventrale con i piedi di color terreo. Fig. 54. — Craspedosoma mutabile molto ingrandita. Le antenne sono sottili e più lunghe della larghezza del corpo; gli ocelli sono in numero di 20 a 22; gli scudi dorsali sono evidentemente solcati nel mezzo e forniti di rare spor- genze granulose, striate, setigere, con setole fragili, chiare, allungate. I piedi sono piuttosto sottili e lunghi, in numero di 48 ‘paia, nei maschi, e di 49 a 50 nelle femmine. Nei maschi i — 168 — PER piedi dal 3.° al 7.° paio sono più ingrossati degli altri e e l’ultimo articolo quasi compresso; quelli copulatori sono po prominenti per quanto abbastanza grossi e larghi; la pri lamina basale trasversa, quelle laterali copulatrici dilatate, cuate e col margine interno fittamente fimbriato, mentre le lamine intermedie sono più corte e formano una specie . di forcipe. o Maschi e femmine della specie, appena i semi del gra sotterrati assorbono acqua e cominciano a gonfiare, per germi: nare, li attaccano con le robuste mandibole e li rodono da vai parte, più spesso da quella opposta all’embrione. Corrosa la. parete carpellare, che copre il seme, questi miriapodi vi i addentrano poco per volta col capo e poi vi si rinchiudono con tutto il corpo, lasciando il granello quando questo è intera mente vuoto. Da un seme, che consumano in due a tre gio circa, passano all’altro, e così di seguito finchè ne hanno biso: | gno. Questa necessità finisce quando trovano le piante tenere del grano nato, sulle quali si comportano nel modo indicato per gli Strongili ed i Polidesmi a suo luogo descritti. La difesa è la stessa. Craspedosoma centrale Silv. (Craspedosoma del Grano, dell'Orzo, della Segale e dell'Avena). Questa specie è prossima alla precedente dalla quale e da altre si distingue per avere la parte anteriore delle colonne degli organi cupolatori fornita ai lati, sotto gli aculei apicali, | di un processo unciforme e di uno pseudoflagello breve, tri: I golare, acuto. Gli uncini laterali hanno l’apice ricurvo, assot; sd tigliato, integro, ingrossato nella cavità, e con alcune i incision di nella parte superiore. È È comparsa assai numerosa in questi ultimi anni nelle pia nure del Bolognese, in quel di Ferrara e nel Parmense, in: sieme alla specie precedente, portando gravi danni nei semina Vuota anch'essa come l’altra i semi germinanti del grano — 169 — i dell’orzo, della segale e dell’avena, e ne rovina più tardi gli steli lacerandone la base nascosta entro terra. Fam. Haplosomidae Silvestri Questa famiglia si compone di forme affini a quelle dei Po- | lidesmidi, dalle quali si distinguono per avere il corpo formato di 19 e non di 20 anelli, e questi provvisti di peli o di tu- | bercoli, e l’ultimo anello posteriormente attenuato. Dei generi che compongono la famiglia interessa a noi ricordare il seguente. - Gen. Brachydesmus Cotteller. Corpo piuttosto scabro, con tre serie di tubercoli sul dorso, e carene laterali grandi più o meno denticolate nei margini. La specie che ha richiamato la nostra attenzione è nota alla scienza col nome di Brachydesmus superus Latzel È un animale lungo 7 ad 8 mm. per un millimetro circa di larghezza. Il suo colore varia dal pallido al grigio volgente talvolta al verdastro, mentre è rufescente nel capo, e nelle zampe pallido. Fig. 55. — Brachidesmo dei seminati molto ingrandito. Le antenne sono più lunghe della larghezza del corpo; l'arco dorsale del primo anello dopo il capo è trasverso, reni- forme, con impressioni profonde, trasverse. I costumi della specie sono quelli delle precedenti alp delle quali si combatte. | Sa ESAPODI OD INSETTI PROPRIAMENTE DETTI. I pidocchi degli animali e delle piante, le cimici, le cical 1 tripsi, le cavallette, le pulci, le mosche, le farfalle, le vespe; 19 Fig. 56. — Cavalletta ingrandita, mostrante il capo (C), il torace diviso nei tre ses | menti del proto, meso e metatorace (Pr, Ms, Mt) e l’addome (Ad). Il torace porta le zampe di sotto, e le ali di sopra — Fig. 57. Capo di Cavalletta visto di froni ingrandito: occ, occipite — 0, ocelli — a, antenne — och, occhi composti — epicranio — ec, clipeo — 7, labbro superiore — md, mandibole — ma, parte di m: scella scoperta dal labbro superiore — p, palpo mascellare — p/, palpo labiale Fig. 58. Capo di Termopsis visto di sotto, mostrante la gota, la gola, il ment (m), il submentum (sm) ed il supporto chitinoso ipofaringeo (x). le api e le formiche; gli scarafaggi, i moscon d’oro e gli a hi, pres insieme costituiscono la grande classe degli insetti. | — IL — A differenza degli altri animali fin qui ricordati, questi i hanno il corpo diviso in tre parti distinte: capo, torace ed i addome. Il capo è la regione anteriore del corpo. Esso apparente- i mente sembra di uno, ma nel fatto è il resultato della fusione di cinque anelli, formanti insieme una scatola cranica prov- vista di varie appendici. La scatola cranica mostra l’epistoma, il post-epistoma, quando esiste, l’epicranio con la fronte, il ver- | tice, l’occipite, le gote e le tempie, di sopra, ed il pezzo basilare e pre-basilare, di sotto. A questi che sono i pezzi fissi del capo, si devono unire gli occhi semplici, stemmati od ocelli, che si trovano nel vertice, e gli occhi composti, che stanno ai lati della fronte. Le appendici o parti mobili del capo sono rappresentate dalle antenne e dai diversi pezzi dell’ apparato . boccale. | Vi è un sol paio di antenne negli insetti e si conoscono col nome di appendici preboccali o preorali. 10 Fig. 59. — Antenne di insetti diversi: 1, antenne serrate — 2, pettinate — 3, ant. bi- pettinate — 4, capitate e geniculate — 5, 6, 7, clavate — 8, 9, flabellate — 10, fili- formi — ll, moniliformi — 12, setose — 13, setose e fusiformi o quasi — 14, 15, fu- siformi e geniculate — 16, con articoli dentati da un lato soltanto — 17, triarti- culate ed aristate — 18, biarticulate. Le antenne sono appendici delicate, più corte o più lunghe del corpo, formate di più articoli, al primo dei quali, dalla | base, si dà il nome di scapo, ed ai rimanenti, insieme, il nome di flagello, o stelo, quando gli ultimi non formino na clava Le antenne, indipendentemente dalla loro lunghezza, possa essere e si dicono: Filiformi se conservano sempre lo stesso diametro ir a CNR tutta la loro lunghezza. Setacee, quando si vanno assottigliando successivamente 199 dalla base all’apice. i Setiformi, quando le antenne sono setacee, corte, rigide Ù terminate in una punta allungata ed acuta. Pusiformi, quando sono più ingrossate nel mezzo che alle e estremità. i Clavate quelle che si vanno ingrossando a forma di “Ad alla estremità. | Geniculate, quando lo scapo e lo stelo sono articolati a gi nocchio. bi Pettinate, se gli ultimi articoli delle antenne si prolungano come denti di pettine. Seghettate, quando i denti sono lunghi e rassomiglian CM quelli di una sega. Dentate, se ogni articolo ha un piccolo dente da ciascun dei lati. È Lamellose, quando gli ultimi articoli sono lamellari e ne l’insieme simulano talvolta un'antenna clavata.. Fiabellate, quando gli articoli, meno quelli della base, son forniti dal lato interno di rami flessibili ed appiattiti, a for ma di ventaglio o flabellum, donde il nome di flabellate, come le barbe d’una penna. i Palmate, quando sono cortissime e gli articoli sono forniti dal pato esterno di pina) pci 3 di una du. laterale, nuda o pelosa. L'apparato boccale degli insetti varia secondo il costu e l’uso che quelli ne fanno; e poichè, mentre alcuni fra essi triturano sostanze solide, altri succhiano alimenti liquidi, l’ap — 173 — | lette, scarafaggi, libellule, e simili), e succhiatore o succhiante i nei secondi (vespe, api, farfalle, pidocchi, pulci, mosche, e i simili). L'apparato boccale trituratore (fig. 60) resulta formato di i due pezzi impari e quattro pezzi pari: i primi corrispondono . al labbro superiore o /abrum, ed al labbro inferiore o Zadium; edi quattro pezzi pari sono rappresentati da due mandibule e da due mascelle. (Fig. 60. — Pezzi ingranditi dell’apparato boccale trituratore di un coleottero (Zabrus tenebrioides Goez): cl, clipeo — ls, labbro superiore — mad, mandibole — ms, ma- scelle col palpo mascellare (ps) — li, labbro inferiore con i palpi labiali (p2). Il labbro superiore è un pezzo laminare, quadrato, rettan- . golare od a forma di triangolo, collegato al clipeo, e situato generalmente al di sopra delle mandibule. Risulta in origine dalla fusione di due pezzi uguali, ed è privo di appendici. i Le mandibule sono formate ciascuna da un solo pezzo forte e i robusto, sono situate di faccia e si muovono in un piano orizzon- tale. Sotto le mandibule si trovano le mascelle, di quelle assai meno robuste, formate di un diverso numero di pezzi uniti insieme, e provviste di un pa/po mascellare. Viene ultimo il labbro inferiore, formato dal mento e dalla ligula e collegato «per quello al pezzo prebasilare del capo. L'apparato boccale succhiante deriva da una modificazione 1704 — più o meno profonda dell'apparato trituratore, al quale si ap prossima più di tutti quello delle vespe e delle api. In questi. e negli animali che qui rappresentano, in fatti, il labbro supe riore e le mandibule restano come nell’apparato trituratore, le mascelle con la ligula si allungano considerevolmente, que: sta inguaina con i lati nei tubi formati da quelle e formano insieme l'apparato trituratore-succhiante conosciuto col no speciale di promuscis (fig. 61). pl fi Fig. 61. — Apparato boccale trituratore-succhiante: ep, epifaringe — mad, mandibole — ms. mascelle col palpo mascellare (pm) e la paraglossa(p9) — DI, palpi labiali — I, ipofaringe. n) | } Nelle farfalle il labbro superiore, le mandibule ed il labbro, inferiore sono affatto rudimentali; le mascelle sono conformate DD a tromba e nascoste o quasi fra i palpi labiali, che sono mole sviluppati. La Sentenloa, 0) DS Dio earn DE, TRUE fi le farfalle si scelle, che si assottigliano dalla base all’apice, e poichè nella superficie di contatto, sono scanalate, unite insieme formano un canale, che porta direttamente nel tubo digerente il mate riale assorbito (fig. 62). | — 175 — Negli afidi, nelle cimici delle piante e nelle cicale il labbro | inferiore è eccentricamente scanalato e la scanalatura, rico- | perta alla base dal labbro superiore, dà passaggio alle mascelle, ‘e alle mandibole ridotte a degli stili che sono senza palpi. Questo apparato boccale ha ricevuto il nome di rostro (fig. 63). E poco diverso dal rostro l’apparato succhiante dei tripsi, nei Fig. 62: — Testa di farfalla, dalla parte sternale: a, occhi — ol, fronte — ok, man- - dibule rudimentali — m, origine della tromba — no, palpi mascellari — ul, labbro inferiore — pl, palpi labiali — x, tromba. quali però le mascelle portano palpi distinti, ed il labbro in- ‘ feriore non è prolungato come quello delle cimici e gli altri smd - SMS Fig. È — Capo con apparato boccale di una cimice: 0, occhi — 4, antenne — ep, epi- stoma — 7s, labbro superiore — li, labbro inferiore — smd, sms, setole. animali sopraindicati. A quello delle cimici si avvicina pure ’ ù È 5 5 l'apparato boccale delle pulci, ma la guaina, invece che dai pezzi impari, è formata da due pezzi pari, che potrebbero es- ATO STA ap sere le mandibole, trasformate in valve triangolari, sotto d quali sono due lunghe setole acute corrispondenti alle mascell e presso la loro base si trovano delle appendici articolate, che corrispondono ai palpi mascellari. Fra le setole mascellari sì trova la ligula, ma non si trova il labbro inferiore con i palpi relativi. A questa specie di apparato boccale si è dato il nome di rostello. Fig. 64 A. — Testa di dittero: a. antenne — m, mandibole — mx, mascelle — pm, pa mascellari — 7g, lingua — l, labbro — Fig. 64 B: Tb, labbro anteriore. — Fig. lettere come in A e B. Nelle mosche l’apparato boccale si indica col nome di pro: boscide, ed è formato dalla guaina più o meno raccorciata od allungata e da un diverso numero di setole disposte soven in modo da formare un tubo nella guaina. Il torace viene dopo il capo ed è formato di tre anelli: pr e torace, mesotorace e metatorace, ai quali sono affidati gli orga di moto: i piedi, per camminare, saltare e nuotare, e le per locomuoversi nell'aria. I piedi sono in numero di tre paia, inseriti ciascuno l'arco sternale di un anello: uno sul protorace, uno sul mes@ torace, ed un altro sul metatorace. I piedi delle prime due p si dicono pedes anteriores: quelli del protorace, pedes anti quelli sul metatorace pedes postici, e le due paia del meso del metatorace, pedes posteriores. met al! Fig. 65. — Torace di un imenottero visto di fianco: prr, pronoto — prs, prescuto — È 7 iste cla msc, mesoscuto — mst, mesoscutello — psct/, post scutello — al, inserzione della squama che si estende a quella delle ali, che sono state tolte — mspr, meso- fragma — A, bilancieri — pt, tegola — mtn, metanoto — epis, epis!, epiîs!, epi- sterno del pro, meso e metatorace — epm'’, epm!', meso e metaepimero — s#/, st”, meso e metasterno — cx, ca”. ca'!!, coxa — tr', tr!!, tr!", trocanteri — sp’, sp, stigmi. — Fig. 66. Torace di un imenottero cinipideo dal dorso: a. pronoto — bd, | mesonoto — c, tegola — d, base delle ali anteriori, ed (e) base delle ali posteriori — 7, 9, divisioni del metanoto — h, primo segmento dell’addome col suo stigma (è) — k, secondo anello addominale o peduncolo. — Fig. 67. Torace ed addome di Co- leottero visto di sotto: a’, a’, a’, luogo della inserzione delle tre paia di zampe — 1, 2..... 8, anelli dell’addome mostranti da un lato le aperture stigmatiche. 12 (ci I piedi sono formati di diversi pezzi od articoli. Il primo basilare, col quale quelli si articolano al torace, prende il nome di anca 0 cora; il secondo va col nome di trocantere, separato Lo Sa i si Fig. 68. — Piede posteriore di Zabrus tenebrioides: 1, coxa — 2, trocantere — 3, fe - more — 4, tibia — 5, tarso di cinque articoli di cui l’ultimo è armato di unghie. talvolta dall’anca da un altro piccolo pezzo detto trocantino; il terzo articolo normale, allungato, prende il nome di femore; e questo è seguito dal quarto, più lungo, detto tibîa, che porta il tarso, formato di diversi articoli. Alla estremità dell'ultimo articolo tarsiale si trovano le unghie. $ Secondo la natura e l’uso a cui servono, i piedi si dicono: saltatorii quando hanno i femori-ingrossati con forti e po- tenti muscoli, le tibie allungate, e sono adatti al salto; amb latorii quando i tarsi sono forniti di una spazzola o di una suola; cursorti, quando non hanno nè spazzole nè suole; nata torti, quando sono compressi, ciliati ed adatti al nuoto; scava torii o fossorii quando sono digitati e servono a scavare nell suolo; e predatori, quando la coscia è scanalata e ricetta la, tibia armata di una doppia serie di spine. Le ali mancano in alcuni insetti, come nella cimice, nella” pulce e nel pidocchio, ma si trovano negli altri, e variano per numero da due a quattro. Gli insetti senz’ali si dicono atteri, Negli insetti tetratteri, due delle ali sono situate, una per parte, al lati del mesotorace, e sono le alî anteriori, e due ai lati eda Me e e e an ZIO LA — 179 — del metatorace, e sono le ali posteriori. Quando vi sono due ali ‘ soltanto, queste si trovano sul mesotorace, ed il metatorace | porta spesso in vece due bastoncelli detti halteres o bdelancieri. 55 69. — Ala di una Tipula: B, base — A, apice — Ma, margine anteriore — Mi, margine interno — Me, margine esterno o posteriore, quando l’ala è chiusa — a, nervo costale o marginale anteriore — d, mediastino — c, sottocostale — adb, radiale — e, cubitale — f, discoidale — 9g, posticale — 7, anale — %, ascellare e ) assillare — x, nervo trasverso ordinario — 7-9. trasverso posteriore — /, 2, area costale o marginale — 8, subcostale — 1, cellula mediastina — 5, basale ante- riore — 6, basale posteriore — 9, discoidale. Nelle ali si distinguono la base, l’apice, la costa, l’angolo interno, il margine interno, il margine posteriore, e nella su- perficie o disco, la nervatura e le cellule. Base dell’ala è quella ‘per la quale questa si articola al torace. La parte opposta è l’apice, detto angolo anteriore o angolo esterno dell’ala. L’an- golo interno è quello posteriore all’angolo esterno. La linea che dall’apice va alla base dell’ala si dice costa o margine anteriore, e margine interno l’altro che va dall’angolo interno alla base; mentre si dà il nome di margine posteriore a quello che congiunge l’angolo anteriore a quello posteriore. Disco, 0 superficie dell’ala, è la parte di questa circoscritta dai margini indicati, e resulta formato dalla sovrapposizione di due mem- «brane combacianti fra loro. La nervatura è data dalla forma- zione della chitina fra esse, e gli spazî che questa presenta sono quelli indicati col nome di cellule. La forma e la nervatura delle ali variano sensibilmente da un gruppo all’altro di insetti, ma di queste variazioni si dirà parlando di ciascuno di quelli in particolare. L’addome forma la terza ed ultima regione del corpo degli insetti. Esso si compone di un vario numero di anelli, sempre in maggior numero di quelli del torace; per quanto manchino degli organi di movimento, e gli ultimi siano provvisti di apr pendici genitali e di presa, come la trivella delle cavallette Fig. 70. Addome di una femmina di Anabrys: 1a 9, archi dorsali — 2 ad 8, arc ventrali — c, cercoide — t. trivella. e le tanaglie delle forbicine. In altri casi, come negli afidi, l'addome termina con un semplice tubolo anale, al disotto quale si trova l'apertura genitale, nella quale mettono i dut TAL TELO vO CO st Sp Fig. "1. — Estremità dell'addome ed armatura di una Locusta: 7 a 9, ultimi ane addominali — 10, opercolo — c, cerci — sp, lamina sotto genitale — vo, val chio accessorio di una Fillossera in rapporto con la estremità dell’addome: a, ricettacolo seminale — 5, condotto escretore inserito sul condotto vaginale (7) a poca distanza dalla vulva (g) — c, ghiandole sebifiche situate ai lati del a terminazione dell’ovidutto (e), fornite di un serbatoio (5 che si apre nell’o dutto — h, retto — è, apertura anale. delle glandole sebifiche, il cui prodotto serve a spalmare uova e ad assicurarle validamente alle parti delle piante, sul quali dalle madri vengono affidate. L’addome può essere del e Fa — 131 — i larghezza del torace o molto più stretto di quello, alla base, i ed in questo caso, comune nelle vespe, nelle mosche e negli in- i setti affini, si indica col nome di addome peduncolato. L' arco \ventrale dell’ultimo articolo dell'addome prende nome di ipo- i pigidium, e quello dorsale si conosce col nome di epigidium, i che acquista spesso delle dimensioni notevoli e fornisce buoni caratteri per la sistematica di alcuni insetti. _ Come nel torace, nella regione addominale ed ai lati di essa, si trovano delle aperture stiomatiche o stigmi, per i quali | prendono aria gli organi della respirazione, detti trachee. Fio. 73. — Armatura chitinosa dell’apparato stigmatico del baco da seta: d, archetto superiore — 5’, archetto inferiore — A, leva — 1, ligamento — m, muscolo esten- sore della leva — m/, muscolo flessore — 0, braccio verticale della leva — n, pro- cesso unciniforme. ; Quanto ora alla organizzazione interna, l'apparato digerente è formato di un tubo a pareti proprie, aperto alle due estre- mità del corpo, diviso dall’avanti all’indietro, in farznge, esofago, ventricolo, stomaco, intestino e retto, ed è provvisto di glandule salivali, tubi malpighiani, e glandule anali. L'apparato respi- ratore, come si è detto, è formato di trachee aperte all’esterno LIE NTGOE per mezzo degli stigmi, il numero dei quali varia spesso sen: | sibilmente da un ordine all’altro di questi animali. La semplice ispezione della figura basta a mostrare l’arma- | tura chitinosa o il meccanismo di chiusura degli stigmi, arma. | cher (0), dell’arco inferiore o arco di Verson (5') che non sempre | = si trova, e della leva (4). Il processo unciniforme (?) che d tI attacco alla ir inferiore del muscolo Hosnie (a) deriva, | mitare una stretta fessura, mentre il braccio orizzontale si | allarga all’estremità e dà attacco ai muscoli, m, m'. Dal g » mito della leva parte il legamento tendineo (7) che si unisce. all'arco inferiore. Ora poichè il muscolo flessore della leva va dall’uncino («) all’estremità del braccio orizzontale di quella, | ed il muscolo estensore va dalla leva alla parete laterale del i corpo del bruco, quando il muscolo m' si contrae ed abbassa il braccio orizzontale della leva, la parte verticale di questa va a contatto dell’arco superiore, e poichè il lisamento sposta nello stesso senso, l’apertura dello stigma si chiude, mentre la. contrazione del muscolo m, per contrario, ne produce l'apertura, I che per tal modo si apre e si chiude per lo scambio gassoso, i in quella che le pareti vestibolari sottostanti, contraendosi el | dilatan:losi, sotto l’azione di un muscolo proprio, facilitano lo | scambio sopraindicato. Non in tutti gli insetti si trova il meccanismo di chiusura. indicato, che è uno dei più completi, e dà bene ad intendere come per esso debba avvenire ed avvenga la morte degli in setti posti in un gas deleterio, puro o mescolato all’aria. An-. cora non sì era spiegata la morte degli insetti con l’uso dei liquidi insetticidi, ma la spiegazione l’ebbi bagnando gli stimmi. dei bachi da seta, successivamente, con acqua distillata, acqua ordinaria, e con questa e quella variamente condite con alcool, sostanze oleose e saponi diversi. Bagnando gli stimmi con | STR — 183 — : acqua soltanto, i bachi non muoiono, e questi dissezionati mo- i strano che nel vestibolo e nei tronchi tracheali non vi penetra ' l’acqua, nemmeno quando gli animali vi si immergono; mentre i con la immersione nell’alcool, nell’olio, nel petrolio, nelle so- i luzioni di sapone, ecc. le pareti delle parti stesse si trovano ‘ visitate. Per avere la prova più evidente di quanto si afferma basta colorire l’alcool col carminio, col blu di anilina, o con Fie. 74. — Tronchi e ramificazioni di trachee nelle quali le macchie nere stanno a rappresentare i granuli blu formatisi in esse per la reazione dei sali indicati. | safranina; vi si immergono i bachi in esperimento, si lavano poi rapidamente ad una corrente di acqua, e si posano col | fianco sopra un foglio bianco di carta bibula. Dopo qualche minuto si vede che dagli stimmi, prima puliti, vien fuori la sostanza colorante e la carta presenta una fila di macchie colorate in corrispondenza delle aperture respiratorie. E inutile dire che la colorazione stessa si riscontra nelle trachee dell'animale dissezionato. Dirò invece che una dimo- strazione migliore si ha facendo uso dell’alcool o del sapone con del cloruro di ferro; si trattano le trachee della larva dis- secata con una soluzione di prussiato giallo di potassa, e si acidifica per facilitare la reazione: nelle pareti vestibolari, nei | grossi tronchi e nelle più lontane ramificazioni loro si ottiene un precipitato blu caratteristico, che sta a dimostrare che i il liquido alcoolico e quello saponoso sono passati nell’apparato respiratorio dell’animale causandone la morte. L'apparato circolatore è rappresentato da un vaso dorsal diviso in tante camere successive, fornite ciascuna di due aper ture laterali con valvole, che permettono l’entrata del liquidi nutritizio, il quale per le ramificazioni del tronco aortico ante- | riore si diffonde per tutte le parti del corpo. L'apparato escretore | e secretore comprendono le ghiandole digestive sopraindicati Di le ghiandole tegumentarie sericigene e cerifere (comuni quest nei pidocchi delle piante), le ghiandole odoranti sui segmenti del corpo delle cimici, le ghiandole velenose degli apparati | omonimi delle api, ed altre diverse. Il sistema nervoso è rappresentato da una massa cerebroide sopra esofagea ed una sotto esofagea (formate ciascuna dalle | fusione di tre paia di gangli nervosi e che collegate per mezzo | di commissure formano il cingolo esofageo); da una catena ner i vosa di gangli ventrali, e da un sistema nervoso visceri BB La massa cerebroide sopraesofagea è quella che innerva le an- tenne e dà i gangli ottici sui quali poggiano gli occhi, mentre | le altre appendici del capo sono innervate dai gangli sottosh sofagei, ai quali si collega la catena ganglionare ventrale o | sotto intestinale sopraindicata. Il sistema nervoso viscerale | è quello rappresentato da gangli impari derivati dal sistema centrale suddetto, i quali mandano le loro ramificazioni sul tubo digerente, sulle trachee, sugli altri organi viscerali e sui | muscoli longitudinali dell'addome. ; Quanto ora agli organi dei sensi, quello della vista è i solo bene evidente e sul quale non vi è luogo a contestazion sugli altri, i naturalisti non sono bene d’accordo fra loro. L maggior parte di essi, non ostante, ritiene che il gusto abbia — 185 — sede nella cavità boccale; l’odorato nelle antenne, nei palpi o nelle trachee, ed il senso dell’udito nelle antenne. La riproduzione, meno poche eccezioni, è sessuata ed i sessi sono distinti. L'apparato sessuale maschile è formato essenzial- mente dai testicoli, dai canali deferenti, dalle vescicole s«emi- nali, dal condotto ciaculatore, e dal pene. Di queste parti, le prime sono interne, l’ultima è esterna al momento della copola o dell’accoppiamento. Oltre gli organi essenziali poi, vi sono gli organi annessi, dei quali quelli sempre presenti ed esterni accompagnano il pene e servono ad assicurare la congiunzione dei due sessi. L'apparato sessuale femminile si compone del l’ovario, dell'ovidutto, della vagina e degli organi annessi. Gli ovarî sono due, come i testicoli, ai quali corrispondono, e sono formati di un diverso numero di guaine ovigere; mentre | l’ovidutto è un canale unico, omologo al condotto eiaculatore. Gli orcani annessi all’apparato sessuale femminile sono due: la S vescicola spermatica, sempre unica, e le ghiandule sebifiche: la prima serve a raccogliere lo sperma del maschio, per fecon- «dare le uova al momento della deposizione; e le seconde ne spalmano Ja superficie e le assicurano alle parti delle piante sulle quali vengono deposte. Degli insetti, dopo usciti dall’uovo, alcuni non mutano sen- sibilmente di forma, e si dicono ametabdoli, come i pidocchi delle piante e le pulci dei ghiacciai, ed altri si trasformano, e si dicono emimetaboli quando la trasformazione è incompleta, come nelle tripsi e nelle cavallette, e metabdoli quando quella è completa, come nelle mosche, nelle farfalle e negli scara- faggi. Nelle metamorfosi complete ordinarie sì incontrano uno stadio di Zarva, uno di ninfa, crisalide o pupa, ed uno d’én- setto perfetto. l'alvolta lo stato di larva è seguito da quello di proninfa dal quale vien poi la ninfa sopraindicata. La tra- sformazione così complicata si dice ipermetamorfosi, e l’esem- pio, fra gli altri si ha nelle tripsi, per gli emimetaboli, e in qualche insetto del tipo delle vespe e degli scarafaggi, fra i metaboli. 3 Le uova di un considerevole numero di insetti si svil pano senza bisogno di essere fecondate dal liquido spermatico IR dl RARE md dei maschi, ed il fenomeno è ciò che si indica col nome di ì MAI Up: Fig. 75. — Organi genitali maschili del Maggiolino 4 volte ingranditi: a, a, a, test coli + db, db. db, loro canali escretori —- c, c, c, canale deferente — d, vescicola seminale di questo — e, e, e, vaso spermatico — e’ sua origine — 7, sua vescicola seminale — d/,.7/, deferente e vaso spermatico di sinistra — g, canale, eiacula- tore — h, guaina dello stesso tronco — g/g/, parte ripiegata di questi — %/, gli stessi nella verga — /, orificio della verga — j/, cul di sacco del canale eiacula- tore — mlVkm!", verga — m'n'm'n!!, prepuzio — nn' nn, tubo membranoso esteriore — 0p, secondo foglietto — pr, primo foglietto del tamburo — 7, 9g, pic- cola parte della guaina della verga — s, muscolo flessore della pinza, che sor stiene il tubo membranoso esteriore. — Fig. 76. A, Organi genitali femminili di Maggiolino quattro volte ingranditi: KK7, ovidutto — m, m, ghiandole vulvari — n, grande vescicola vaginale — o, canale escretore — g, 7, 7, trombe — s, t, &, n i sei ovarî per lato — s, loro parti posteriori con sostanza gommosa — #, #/, gern delle uova — v, germi riuniti in una sola massa — v%, ligamento terminale deg ovarî — y, ligamento comune — B, germi di un ovario chiusi nelle membra proprie e comuni: 4, diversi germi riuniti — d, germi distinti — c, il primo pro simo a separarsi. Ni partenogenesi. Sono partenogenetici i pidocchi delle piante, nei quali, per altro, siccome le generazioni agamiche successive ì mettono capo ad una generazione sessuata, si ha pure il fen meno della riproduzione alternante. La riproduzione agama negli insetti, è vivipara, quando le femmine partenogenetiche. | depongono figli vivi, ed ovipara quando depongono uova. Lal raso pepe LV i ei — 187 — riproduzione sessuale è sempre ovipara, e le uova si distin- i guono dalle agame per la presenza del peduncolo e del micro- ; pilo, che nelle altre non esistono. Nel rimanente, le uova agame, . come le sessuate, sono sferoidali, ovali, obovate, ellittiche, rac- corciate od allungate, di colore diverso, e dalla parte esterna ‘del guscio o corzon, lisce, rugose, reticolate, o variamente crestate. Le larve che da esse provengono possono essere depresse, | posteriormente ristrette, con apparato masticatore, zampe tora- ciche bene sviluppate, talvolta con cerci alla estremità dell’ad- dome, e, per la somiglianza con alcuni insetti del genere Cam- i podea, si dicono larve campodeiformi, come quelle del formi- i caleone, della lucciola, e simili. Si dicono larve eruciformi quelle quasi cilindriche, ad integumento molle, apparato ma- | sticatore, zampe toraciche corte, e un diverso numero di false zampe addominali, come nelle cavolaie e nelle altre conosciute col nome di bruci. Si dicono larve melolontoidi i bruci senza false zampe addominali della melolonta o maggiolino, del cervo volante, dei gramignuoli, e simili; e larve elmintiformi o ver- \miformi quelle delle mosche, e di altri insetti, sfornite di appendici articolate. È interessante nella biologia degli insetti conoscere le ghian- dole setifere e quelle che a queste nei loro bruchi si connet- tono, giacchè di siffatti organi questi si servono per difendere se stessi e le crisalidi nelle quali si trasformano al termine dello sviluppo. Queste ghiandole, delle quali si ha una chiara idea nelle figure sopraindicate, si aprono la via attraverso la pa- pilla conica del labbro inferiore col tratto anteriore, mentre con i serbatoi fiancheggiano il tubo digerente dell'animale e col resto si aggomitolano tanto, che, nell'insieme raggiungono e superano di molto la lunghezza dell’animale. Dalle larve, negli insetti a ipermetamorfosi, si ha una prima forma ninfale, detta proninfa o propupa; negli altri si ha la pupa direttamente, e questa, in ogni modo, se ha le appen- dici staccate dal corpo, ricoperte dalla cuticola ninfale, si dice RIE %; (Vba. ca La LAT LA AE SIA usi dt x r d libera, ed è la forma più comune. Prende il nome di pupa obtecta o crisalide quando le appendici si riconoscono dall’esterno e sono attaccate al corpo dalla cuticola ninfale, come nelle farfalle. Si dice invece pupa coartata quando resta chiusa. nella pelle indurita della larva, come nelle mosche. Tanto la liera di Reaumur — 7, canale escretore dona ghiandola setifera — S, co — fib, porzione della ghiandola con fibroina -- GY, ghiandole accessorie Filippi. — Fig. 78. Filiera ingrandita — B, canale centrale della filiera (0). l, rachite di Blane — D, canale comune ai due escretori della ghiandola — dutto della ghiandola del Filippi — 7, canali escretori della ghiandola setife — Fig. 79. Speciale ghiandola mucipara annessa ai canali escretori delle ghi dole setifere nei bruchi delle agrotidi. pupa libera, quanto la crisalide possono essere nude od invo da una specie di bozzolo sericeo, rinforzato da escrementi, ra sure di legno o da terra, e anche chiuse in una cella esclusi. vamente terrosa, o quasi. Il bozzolo e la cella terrosa sono costruiti dalla larva a questo fine provvista di ghiandole ricigene e muccose, che sboccano nel labbro inferiore. In base alle notizie sommarie sopraindicate la classe de insetti, per comodità di studio, si può ripartire e si ripartisc in un vario numero di ordini, fra’ quali per noi importa rici ea VEE — 189 — dare i seguenti: Tisanuri, Anopluri, Afanitteri, Ditteri, Emit- teri, Fisapodi, Lepidotteri, Imenotteri, Neurotteri, Pseudoneu- rotteri, Ortotteri e Coleotteri. Di tutti questi ordini, e degli altri, che si potrebbero istituire e si istituiscono a spese di taluno di essi, i Tisanuri, | rappresentati dai pesciolini (Lepiîsma saccarina) e dalle pulci dei ghiacciai (Desoria glacialis); gli Anopluri, che hanno i loro ‘rappresentanti nel pidocchio dell’uomo (Pediculus capitis, P. ve- stimenta), e nei pidocchi bovini; gli Afanitteri, ben noti per la : pulce comune (Pulex irritans) e la pulce chique (Sarcopsylla | penetrans); edi Neurotteri, con gli Architteri o Pseudo-neurot- | teri rappresentati dal formicaleone (Myrmoleon formicarius), dalle crisope (CArysopa perla), dalle mantispe (Mantispa syriaca) dalle panorpe (Panorpa communis), dalle rafidie (RhRafidia no- tata), dalle friganee (Phryganea grandis), dalle efemere (Ephe- mera vulgata), dalla libellula comune (Libellula depressa), e dalle termiti (Termes lucifugus), per quanti rapporti essi ab- biano, diretti ed indiretti con l’economia agraria e quella do- ‘mestica, non vivono a spese delle piante sane e non possono essere qui più largamente ricordati. Si potrebbe fare eccezione | per qualche Sminturo fra i Tisanuri (Smynthurus luteus Lub., etc.) e per qualche Termite; ma qui preferisco di passar sopra, per mettere in vista i Ditteri, gli Emitteri, i Fisapodi, i Lepi- dotteri, gli Imenotteri, gli Ortotteri ed i Coleotteri, che con aleune delle loro forme sono un vero disastro per l’agricoltura. Ord. DIPTERA. Le mosche comuni, i tafani, le zanzare e gli affini danno una idea assai chiara di questi insetti caratterizzati dall’appa- rato boccale fatto per pungere e succhiare e dal numero, due, delle ali, quelle anteriori soltanto, mentre le posteriori sono ridotte a bilancieri. i % FIORITE di: I Ditteri sono insetti metabolici, cioè che per arrivare allo stato perfetto, di mosca o di zanzara per esempio, passano per lo stato di larva e di pupa. 4320 Fig. 80. — Tipo di una mosca: €, capo — 7, torace — Ad, addome — Z, zampe. cd AI, ali. Ri Le larve sono vermiformi, mancano di zampe, e non sem: | pre presentano la testa distinta; mentre le pupe, ora si tro: vano chiuse in un involucro formato della stessa spoglia la | vale, sotto la quale nascondono le diverse parti del corpo formazione (pupa coartata), ora sono scoperte e mostrano est namente le diverse parti delle future forme perfette (pupa i completa). Allo stato di mosca o di zanzara i Ditteri hanno testa gl bosa o discoidale, occupata per la massima parte dagli occhi composti, che sono voluminosi. Le antenne sono variamente | foggiate, lunghe e brevi, e queste si compongono di tre ar | coli, il terzo fornito di una setola od arista, diversa per posi zione (apicale, basale, tergale) e per forma. La fronte, d’ al tra parte, l’epistoma, le gote e gli occhi sono ornati colori e peli diversi, brevi, fitti, ed insieme indicati con — 191 — i nomi di baffi, quelli dell’epistoma, di barba quelli delle gote, | di ciglia dintorno agli occhi, e di vibrisse, gli altri della parte | inferiore della faccia. Fig. SI. — I, capo di una mosca: a, setole frontali — d, gote — c, vibrisse — d, se- . tole orali — e, peristomio — 0, occhi — p, setole verticali — g, setole ocellari. — II, antenna: 1, primo — 2, secondo — 8, terzo articolo — a, d, c, articoli del- l’arista. — III, ala: .f, spina costale — g, appendice cubitale — 7, venula tra- sversa esterna — %, id. interna od anteriore — k, id. basale anteriore — 1, basale posteriore — m, angolo, o cubito della quinta vena longitudinale — n, vena ascellare. — IV, scutello: sm, setole marginali — sa, setole apicali. — V, addome: A, B, €, D. i quattro segmenti dell’ addome — £, genitali — 9, setole marginali — 10, setole discoidali. — VI, zampe: c, coscia — 7, femore — #, tibia — ct, se- tole della tibia — 2, 2, 3, 4, 5, articoli tassiali — p, pulvilli — «, unghie. La bocca, ora conformata a proboscide allungata, ed ora a cono, è come si presenta nella fig. 64. Nel torace il primo ed il terzo anello lasciano la prevalenza al secondo che è fuso quasi sempre col primo, davanti, men- tre posteriormente porta lo scutello, al quale segue il me- tanoto. L'addome, formato di un vario numero di anelli, porta alla estremità un ovopositore tubolare nella femmina, mentre nel maschio finisce con l'apparato copulatore. Le ali sono membranose, variamente provviste di colori, | peli, nervi e cellule, e queste e quelli sono indicati come nella ì fig. 69 e nelle altre seguenti. 192 — Le zampe hanno le tibie particolarmente armate di pro cessi spiniformi, mentre l’ultimo articolo dei tarsi è provvisto | di due unghie dentate, e talvolta di queste, di un arolio, e de- gli speciali apparati di adesione, pulvilli, che si trovano nella faccia inferiore anche degli altri articoli, e per i quali questi. insetti hanno anche maniere speciali di progressione. ti Il modo di vivere delle larve è qui quasi sempre dive. } da quello degli adulti, dei quaii, mentre alcuni pungono nei corpi donde traggono nutrimento, ed altri lambiscono tra» i sudamenti gommosi diversi, liquidi freschi o corrotti, di odor gradevole od ingrato, con gli effetti dei quali si rendono ca- | paci nella vita animale e vegetale; le larve ora si trovano | libere nella terra, o nell'acqua, fra sostanze sane o corrotte, ora vivono sul corpo degli animali e delle piante, ora nei tes- suti degli stessi corpi e li minano dall’interno, traendoli rovina. Diversi ditteri, d'altronde, assumendo essi stessi e m turando nel loro corpo alcuni germi parassitarî, si rendon direttamente nocivi agli altri animali e all’uomo, nei quali trasmigrano, come ‘avviene della ilaria sanguinis, del Ca bonchio, e dei germi della malaria comune, studiati egr giamente dal prof. Grassi. Altri ditteri cooperano alla distr zione degli animali nocivi, ed altri ancora, con le insolite mo tiplicazioni turbano le funzioni vegetali delle piante coltivat e nel rendersi causa di danni enormi nell’economia agrari obbligano gli interessati a speculare come possono sugli espe? dienti naturali e sugli altri che l’uomo può mettere in oper per combatterli. i i Secondo che le mosche, o le zanzare, escono dalla pupa pi‘ una fenditura longitudinale del dorso del torace, o dall’ape tura circolare terminale, del guscio di quella, i ditteri si d cono relativamente ortorafi e ciclorafi. — 193 — ORTORAPHA. I ditteri ortorafi si dividono in Nematoceri (con antenne fili- formi di 6 e più articoli, palpi di 3-5 articoli), e Brackiceri, i con tre articoli nelle antenne. I nematoceri si dividono in Oligoneuri (spesso con 2 nervi longitudinali nelle ali, di rado un nervo discoidale, o sempli- . cemente diviso, e la cellula basale raramente chiusa), e Po4z- i neurî, con nervi longitudinali in numero completo, semplice- mente o ripetutamente divisi. NEMATOCERA OLIGONEURA. Ai Nematoceri oligoneuri appartengono tre famiglie con specie nocive alle piante coltivate, 1 Cecidomidi, i Miceto- filidi ed 1 Bibionidi. Fam. Cecidomydae. Antenne di 13-36 articoli più lunghe del torace; ocelli spesso nulli; 3-5 nervi longitudinali; nervo marginale o costale continuo per tutto il contorno anteriore dell’ala; 1.° e 3.° (sub- costale e cubitale) riuniti in avanti; 5.° (posticale) esterna- mente biforcato col ramo posteriore diretto indietro; nervo trasversale obliquo, o nullo; suture del protorace e del meso- torace non sempre ben distinte. Gen. Clinodiplosis Kef. Articoli delle antenne con rigonfiamenti ineguali nei maschi, i quali hanno il forcipe a lobi per lo più incisi o troncati obliquamente. Ovidutto poco prominente, con due lamelle net- tamente separate dalla base. Pulvillo non oltrepassante gli uncini. 15 —- 194 — Clinodiplosis oleisuga Targioni. (Moscerino suggiscorza dell’Olivo). Questa specie, indicata dal Cavanna col nome di Mosceròì dell’olivo (1) è rappresentata da forme maschili e femmin da pupe, larve ed nova, il tutto distinto come dai caratteri seguenti. i L’uovo (fig. 82) è di forma ellittica allungata, molto con- vesso da un lato ed appena concavo o quasi piano dall'altro, | e della lunghezza di mm. 0,25 per una larghezza massima, di 0,05 mm. circa. COLE Fig. 82. — Uovo della Clinodiplosis oleisuga, molto ingrandito. La larva (fig. 83) è bianchiccia, ovato-allungata e depressa. E distintamente segmentata, col segmento cefalico (fig. 83 retrattile, ispido, acuto e breve. La testa porta due anten cortissime e due macchie ocellari sul tergo. La forca sternale (fig. 835) è biloba in avanti con i lobi arrotondati. Gli anelli del torace e dell’ addome portano due peli per parte sui lati. L'ultimo anello addominale (fig. 88c) è bilobo ed i lobi sono terminati da un’ appendice rigida, chitinosa, uncinata con an dente dalla parte concava, alla base. t La pupa è nuda, scolpita, di color giallo-ambraceo, con le appendici del capo e del torace più chiare. Lunghezza mm. 1,5 — 2,2. Degli insetti perfetti la femmina (fig. 84) è lunga mm. 1, DI a 2,8 circa secondo gli individui delle generazioni che si coi siderano.e la natura dei rami nei quali vivono le larve. In! (1) R. PecorI, La Cultura dell’ Olivo in Italia, pag. 303. Li EVO aio lei ae ie dala: — 195 — tutti 1 modi il capo è discoidale, bruno ed incavato fra gli ‘ occhi, che sono neri, reniformi ed aderenti alla sommità. 880 83a | Fi .83. — Larva di Clinodiplosis oleisuga molto ingrandita — 834 estremità anteriore del corpo con la regione cefalica che porta le antenne — 838% spatula sternale — 88c estremità anale della larva molto ingrandita. . Le antenne sono pallide appena infoscate, moniliformi, eguali alla lunghezza del capo e del torace, e formate da 2 + 15 ‘articoli; i primi due globulari e gli altri quasi cilindrici, fino all'ultimo, che è più piccolo, più ristretto all’apice e più o meno apiculato alla sommità (fig. 85a). Meno poi i primi due articoli, che sono quasi lisci, gli altri sono ispiduli e con i po- chi peli setiformi disposti in due verticilli, in quello basilare più lunghi e numerosi dell’altro apicale. La bocca ha palpi allungati di quattro articoli dei quali \ — 196 — tar: x il primo è più corto, il secondo è alquanto più grosso, e l’ nl- timo, che è il più lungo di tutti, è distintamente setoso. | Il torace è di color fulvo fuliginoso, convesso, gibboso, con rari peli sul dorso. 84 Fig. 84. — Femmina della Clinodiplosis oleisuga, molto ingrandita — 84a Maschio. Le ali sono pallide a riflesso violaceo, brevemente cili verso la base, nel rimanente pelose e fornite di nervo cost distinto fino alla interruzione del margine apicale, nervo sot: posteriore dell’ ala, che raggiunge ad un terzo di distanza restringimento basale, ed in un secondo ramo largamente cu vato che termina nello stesso margine ad un terzo di distanz ij dall’ apice dell’ala. I bilancieri hanno il peduncolo lungo e la clava gia pelosa. Le zampe sono sottili e lunghe, pelose, giallo-pallido br nastre. de gg L’addome è di colore arancione, peloso, con ovipositore ‘ tubolare, abbastanza lungo e sottile, formato di segmenti re- i trattili, dei quali il secondo termina con due lamelle oblunghe. Fig. 85. — a, estremità delle antenne del maschio — , articoli delle antenne della femmina per confronto. I maschi (fig. 84a) sono meno corpulenti e più agili delle femmine dalle quali differiscono oltre che per l'armatura ge- nitale, per la natura delle antenne. Queste infatti non sono moniliformi, per quanto anch’esse formate di 2 + 15 articoli, giacchè meno i primi due, che sono globulari e sovrapposti, . gli altri sono lungamente pedicellati, i pedicelli settati e gli articoli, non per tutto dello stesso diametro, nella zona me- diana forniti di un largo verticillo di numerosi peli inclinati, ascendenti, più lunghi degli articoli che li portano. I palpi labiali hanno il primo articolo più corto e rigon- fio che nella femmina, provvisto di tre lunghi peli setolosi; il secondo è incurvato e della stessa lunghezza dei due succes- sivi, anch'essi setolosi, ma alquanto più sottili dei precedenti. Le ali sono distintamente più corte del corpo, e l'addome, ‘‘smilzo ed alquanto incurvato, porta otto larghe macchie dor- — 198 — i di sali trasverse, brune, in corrispondenza di altre esistenti sugli. archi sternali degli anelli ed ivi divise trasversalmente in due da una stria chiara. I maschi e le fommine dell’insetto descritto si mostrano | dagli ultimi di aprile alla metà di maggio o quasi, sui rami dell’olivo. Quivi si accoppiano e mentre i maschi vanno a morire le femmine restano per la deposizione delle uova. È I rami sui quali le femmine fecondate affidano le uova. sono d'abitudine quelli più vegeti e lisci; ma talune ne» de-. pongono anche su altri, così che più di una volta ho trovato le uova sui tubercoli della rogna dell’olivo e le larve nate nel parenchima molle di questi. Il numero delle uova che ogni femmina depone varia di. molto: certi individui ne dànno un centinaio circa; certi altri arrivano quasi a raddoppiare quando non oltrepassano il dop- pio di questo numero. 4 Queste uova non si trovano tutte unite, ma divise in tanti Î gruppi di quindici a venti circa ciascuno, sui diversi rami della pianta. Talvolta si incontrano più deposizioni di nova sullo stesso ramo; ciò che si deve alla presenza di diverse fem: i mine, giacchè, per norma, ognuna di esse passa da un ramo î all’altro senza fermarsi più di una volta per mettervi uova. A Nel termine di cinque a sette giorni circa da questi gruppi di uova nascono le larve piccolissime, bianchicce, alle quali î nessuno assegnerebbe la forza di penetrare nei rami; ma esse malgrado tutto fanno tanto che scalfiscono l'epidermide, attra-. |; versano gli altri tessuti corticali e vanno ad occupare la zona — di cambio, o zona rigeneratrice dei rami. 3 Il tempo che le larve mettono a penetrare nella scorza non è relativamente breve, nè poco laborioso; ma quello non è. tempo perduto per esse, giacchè nel tragitto ingeriscono e si. nutrono del materiale che attraversano per arrivare alla sta- zione indicata. Dopo una settimana circa, penetrate che sono fra gli elementi della zona di cambio, cominciano a distrug- | gerli, limitando incessantemente di poi la proliferazione degli — 199 — : altri allo intorno, per impedire che il prodotto di quella re- : stringa la galleria da esse aperta ed occcupata. In principio ‘ anche questo solo resta un compito molto gravoso per loro, e . che trascurato porterebbe allo schiacciamento inevitabile degli | insetti; disgraziatamente però le larve per quanto piccolis- . sime sono molto attive, in principio; e più tardi, siccome con ile dimensioni del-corpo cresce il bisogno di un nutrimento | più abbondante, esse possono a loro agio distruggere i pro- dotti della proliferazione marginale indicata, e intaccare la | parte più tenera del cilindro legnoso e la parte più interna della corteccia del ramo infetto. Di fronte a questo lavorio di incessante distruzione in tutti 1 versi dagli insetti esercitato, la corteccia si assottiglia, e len- ‘ tamente muore, scolorandosi in corrispondenza delle parti in- | teressate. Ma prima che questo avvenga mentre la corteccia | è ancora verde, le larve la perforano in un punto, con la spa- i tola sternale e da questo foro, una dopo l’altra, vengono | fuori per trasformarsi. La trasformazione ha luogo nel terreno, ove le larve pervengono con un salto che esse spiccano, men- tre escono dal toro della corteccia, avvicinando sullo stesso | punto le due estremità del corpo, che al momento dello scatto è conformato ad arco, come ognuno può vedere in tutte le larve dei ditteri congeneri, e fra le altre, in quelle comunis- | sime del cacio. Pervenute per tal modo alla superficie del terreno, mediante successivi scatti le larve arrivano in fine a cacciarsi in una | fenditura di quello, e vi cercano la terra fresca nella quale penetrano e si trasformano, restando nel nuovo stato fino al mese di settembre. Allora cessato il riposo estivo delle piante. con le nuove pioggie lo scambio è più attivo con l’ambiente, e le piante essendo più adatte a nutrire i nascituri della nuova generazione, le ninfe dànno i moscerini, che si accoppiano e depositano sui rami le uova della seconda generazione, che \ passa l'inverno allo stato di larva ed aspetta la primavera i novella, per divenire perfetta e ripetere i fatti sopraindicati. — 200 — Questo moscerino ha pertanto, non una, ma due genera- nell’autunno. Dall'esame dei rami infetti si vede che le larve praticano | fra corteccia e legno delle lunghe e larghe escavazioni uni. | per un anno almeno ed abboniscono una minore quantità di | frutto. Se invece le escavazioni interessano l’intero anello cor ticale del ramo, questo perde poco per volta le foglie, lascia cadere i fiori, ed i fiori allegati non arrivano a dare i frutti, perchè il ramo muore. L’intristimento e la morte dei ram hanno luogo pure quando le lesioni non compromettono alla. stessa altezza tutto l'anello della corteccia, purchè nelle al- Pra a tezze diverse quelle arrivino ad estendersi tanto da ogni parta da coprire egualmente l'estensione dell’anello corticale indicato e da disturbare il processo normale di vegetazione. Quando il Targioni descrisse per la prima volta le forme To genna Si io della specie a lui note, limitò la presenza dell’insetto alle oli. vete del fiorentino soltanto. Ora dalle mie osservazioni resulta. | che il moscerino trovasi diffuso, dappertutto un poco, nella. massima parte delle zone oleifere della penisola e della Sicilia. | Allora pure, Targioni non vide la opportunità di mettere ino vista l’importanza economica della specie, che anche nel 1891 | non aveva fatto dir troppo di sè, quando il prof. Cavanna, | fece l’augurio che non arrecasse danno neppure nel contado | fiorentino dove Targioni l’aveva scoperta e studiata. Fra le cause che ostacolano la diffusione dell’insetto, la. più potente sta nella potatura, la quale resta anche il mezzo | pratico, più efficace di difesa contro l’insetto. La potatura, in fatti, praticata durante l’inverno, impedisce certamente all larve di crescere e di dare le pupe dalle quali poi verrebbero gli insetti. — 201 — Per combattere il moscerino suggi scorza dell’olivo, per- tanto, bisogna liberare le piante da tutti i rami con i segni caratteristici della infezione e bruciarli, operando non più tardi della fine di febbraio, specialmente dove i rami si la- sciano nel campo, per arderli. Non si deve agire più tardi, perchè i rami non disseccano subito e molte larve trasforman- dosi egualmente renderebbero inefficaci le operazioni indicate. Gen. Contarinia Rondani. Maschi e femmine con antenne di 14 articoli, nei maschi strozzati nel mezzo ed apparentemente doppî; tarsi con un solo pulvillo, più corto delle unghie; nervo costale che termina «dopo l’unione col secondo nervo longitudinale; femmina con ‘ovopositore terminato da diverse lamelle. Contarinia Tritrici Kyrby. (Moscerino giallo delle spiche del grano). L’insetto perfetto è lungo mill. 1 !/ circa, e di color giallo, o giallo aranciato. La femmina ha le antenne per *|, circa più corte del corpo, con i primi sei articoli brevemente apiculati, e tutti pelosi; l’addome con i primi 7 anelli forniti di una linea posteriore bruna; ali bianco-pallide, puberule; ed il se- condo articolo dei tarsi della lunghezza della tibia. Il maschio ha le antenne nere più lunghe del corpo; il torace bruno di sopra con due serie di peli; l’omero ed il margine posteriore dello scutello pelosi. La pupa è nuda, gialla, col margine posteriore dei segmenti del corpo bruno; mentre la larva è prima bianchiccia, poi pal- lida, passante al giallo, e le uova piccolissime giallicce. Qui ho visto che gli insetti perfetti compariscono verso la metà di maggio, al momento della fioritura del grano; si ac- coppiano e vanno a deporre le uova, in diverso numero, sui fiori delle spiche. I e RA Lr e et ra LA VI I i n RA Ie i a RR To AVAM AN TR HE VIII RANGE EIA fee LE Dopo una settimana nascono le larve, che penetrano ne l’ovario e in una ventina di giorni circa, vi acquistano lo svi-. luppo necessario e, se n’ escono per interrarsi. Quivi restano così fino alla primavera seguente, allorchè, di aprile si trasfor». FOSSA PA vi SZ Fig. 86. — Contarinia Tritici: A, insetto perfetto — f, articoli antennali della fem- mina — m, id. del maschio — 7, larva — p, pupa — , estremità addominale del maschio — o, estremità addominale della larva. mano in pupe e poco di poi negli insetti perfetti, che escono È dal terreno e volano sulle piante per ripetere i fatti sopra dicati. Non tutte le larve però fanno a tempo per lasciare lesi spiche avanti la mietitura, e quelle non poche che vi si tro- vano, tagliate le piante, vengono portate con queste sull’aia, e quivi, con le loppe e con la pula, disseminate nei campi, si diffondono la infezione. È L’insetto si trova pure sulla Segale e sull’Orzo, ma la pianta preferita è il grano, del quale distrugge gli ovarî fiorali ed il frutto ancora tenero, scemando a questo modo considerevol- mente il raccolto dell’anno. È Quanto ai mezzi di difesa, dove la infezione minaccia, SRO gaia | bisogna raccogliere e distruggere le spighe a fiori atrofici e i gialli prima che le larve le abbandonino per interrarsi; bru- ciare la pula e le loppe, che si separano con la trebbiatura sull’aia; e, ove questo non fosse sufficiente, procedere all’ab- i bruciamento del. terreno, in luglio, servendosi delle stoppie | stesse, da lasciarsi a bello studio anche più alte del solito nel | campo. L’uso degli insetticidi per la limitazione dell’insetto sarebbe quanto altro mai dispendioso, e di efficacia molto dubbia con- tro di quello, a meno che non si voglia far largo uso di sol- | furo di carbonio da incendiare nel terreno, per compromettervi . le larve che vi si trovano riparate. i Contarinia Pisi Winnertz. (Moscerino o Diplosis dei legumi del Pisello e della Fava). Fig. 87. — Contarinia Pisi molto ingrandita: A, antenne della stessa — B, antenne del maschio. L’insetto perfetto è bruno-nerastro e lungo 2 mm. circa. Ha le antenne brune, della lunghezza del corpo, di 15 articoli; i lati del torace, il metanoto e l’addome di color carnicina; — 204 — l'addome coperto superiormente di larghe fasce brune; zampe picee con i femori ed i tarsi nerastri; le ali ialine c la venatura scura, meno il quinto nervo longitudinale che è pallido. sa Quest’ insetto comparisce dagli ultimi di aprile ai primi di. maggio, si accoppia e depone un numero considerevole di uova sui baccelli ancora tenerissimi delle piante indicate. È Fig. 88. — A, larva di Contarinia - Pisi molto ingrandita; estremità anteriore de corpo con la spatola sternale (c) e l'estremità posteriore (D). — Fig. 89. Baccell di fava attaccato dalle larve, ed (7) semesano a confronto con quello guasto. soprastante. Dopo pochi giorni comincia la nascita delle larve, ch vanno a trovare gli ovuli a spese dei quali e delle pareti in — 205 — terne dell’ovario esse si nutrono. Trascorrono così una quindi- cina ad una ventina di giorni, e poi se ne escono per scen- dere a trasformarsi nel terreno, dove perdono il colore pallido e divengono brune, prima di dare le pupe. Le larve rovinano i semi non ancora induriti, tanto delle fave che dei piselli, e li deformano. La parete carpellare, che nei piselli si fa gialla, annerisce invece dalla parte interna, nelle fave, e la colorazione traspare, e si manifesta chiaramente anche di fuori, poi, quando la parete del frutto è andata a male. Nel 1891 la infezione è stata as- .sal grave nei dintorni di Firenze. Quest'anno si è ripetuta di nuovo, ma nelle varietà di fave a frutto piccolo e relativa- mente tardive. Ne sono stati esenti le altre a sviluppo anti- cipato, e ritengo che la semina autunnale, e l’uso delle va- | rietà a frutto grosso, precoce, costituiscano insieme il mezzo migliore di prevenzione contro questo nemico dei legumi, la distruzione dei quali non sarà mai abbastanza raccomandata quando si trovano già colpiti e compromessi dall’insetto. Contarinia pyrivora Riley. (Moscerino fuliginoso dei frutticini del Pero). È lungo mm. 2-3 circa, con antenne pelose bruno nerastre, corsaletto nero davanti, posteriormente giallo grigiastro, ed una linea nel mezzo; ali pallide, pelose; scutello grigiastro; addo- me giallognolo, con l’arco dorsale degli anelli, neri. . Le pupe sono giallo-brunastre chiuse in un bozzoletto di seta incrostato di terra esternamente. Le larve variano dal bianco al color giallo aranciato, con spatola sternale anteriormente biloba. Le uova sono pallido giallognole, e si trovano deposte da- gli insetti sugli stami e sulle altre parti interne dei fiori, verso la fine di marzo ai primi di aprile. 2 aggio Le larve che dopo cinque ad otto giorni ne nascono si ap | profondano nell’ovario e lo distruggono. RS IITR o SI d GI Gi) vu DS DA AS 5) Fig. 90. — Contarinia pyrivora: a, femmina molto ingrandita — è, pupa nel suo | bozzoletto di seta — c, antenna della femmina — d, id. del maschio. & e scattano per cadere sul terreno nel quale si approfondano. Quivi si tessono il bozzoletto indicato, e restano sempre come. larve fino al mese di dicembre. Allora si trasformano in pupeg che passano in questo stato quasi tutto il mese di gennaio e di febbraio, e verso la fine di questo o ai primi di marzo compariscono allo stato perfetto. i Anche questa specie preferisce i frutti delle varietà intro-. dotte e più raffinate a quelli delle piante nostrali. I danni sono gravi, perchè la produzione viene ad essere spesso più volte decimata, e talvolta quasi interamente di strutta. s La raccolta e la distruzione dei frutticini infetti, prima che cadano e lascino uscire le larve che contengono, è la prima e. migliore misura per combatterli; la seconda è quella dell i; profonda lavorazione del terreno, fatta nel dicembre, per sot- | terrare le pupe ed impedire l’uscita degli insetti. Quest’ul STO ye timo è un mezzo che non falla, eccettuato quando, in causa delle nuove lavorazioni, le pupe si portano di nuovo . alla superficie, e quando il terreno, molto sciolto, non si oppone allo scopo indicato. Fig. 91. — 1, frutticini di pero alterati dalla Contarinia — 2, frutto integro, per confronto — 3, 3a, 36, larva con la parte anteriore e posteriore del corpo in- grandita. Contarinia crassitarsa Del Guercio. (Nuovo moscerino del Pero). Indico con questo nome un altro moscerino che si appros- sima al precedente, ma del quale conosco la femmina sol- tanto. Questa però non ha le macchie di peli neri sul dorso ed è giallognola con antenne, ali e zampe come nelle figure, dalle quali si può vedere che un articolo dei tarsi posteriori è for- temente ingrossato nel mezzo, così come non ho visto in altri diplosidi. 7 SIDE Fig. 92. — Contarinia crassitarsa : 1, femmina molto ingrandita ed a grandezza na- turale (2) — 3, antenne — 4, articolo tarsale delle zampe posteriori, ingrossato nel mezzo — 5, bozzoletto ninfale — 6, pupa con l’addome contratto, insrandi ed a grandezza naturale (7) — 8, uova due volte ingrandite. a danno dei frutti del pero, i quali minati da essa anne scono e cadono. 9 Il resto della biologia ed i mezzi di difesa sono identici a quelli indicati per la specie precedente. | Gen. Mayetiola Kieff. Unghie dei tarsi semplici; antenne con articoli non pedun- | colati nelle femmine (?) ed a peli verticillati; palpi di quat: tro articoli; tarsi con tre pulvilli. È Mayetiola destruetor Say. (Moscerino nero del piede del Grano, della Segala e dell’Avena). e gg | ghezza di 2a 3 mm. circa, con le antenne bruno-rossastre, pelose, i a peli verticillati alla base, e della lunghezza degli articoli, che i sono 17, il primo clavato, il secondo globoso e gli altri ovali, i a connettivo intermediario indistinto nella femmina, distinto lo) a c d Fig. 93. — Mayetiola destructor: a. insetto perfetto — è, articoli delle antenne nella femmina — c, id., del maschio — d, larva molto ingrandita. i nei maschi; primo articolo dei palpi grossetto e della metà più «corto dei due seguenti; addome rossastro coperto sul dorso da . fasce bruno-nerastre, vellutate, distinte dalla linea annulare . gialla della giuntura degli anelli. Fig. 94. — !, pupario appena formato ed ancora distintamente segmentato: è, estre- mo anteriore; a, estremo posteriore — 2, struttura del pupario: pc, porocanali nella sezione della parete — p, pori di prospetto — p'/, papille — 8, pupa perfet- tamente formata. Pupa della forma e del colore di un piccolo seme di lino; mentre la larva è bianchiccia, e l’uovo di color giallo-arancio, quasi cilindrico, della lunghezza di 1 mm. circa. 14 — 210 — Nei mesi di settembre e Li dona mentre l'agricoltore id le Cecidomie allo stato perfetto; si accoppiano e vanno a de porre 80 a 90 uova circa sulla costola e fra i nervi seconda 2 | della pagina ventrale delle foglie; e non si arrestano nell’ope- | razione se non le hanno deposte tutte. La deposizione ha luogo. | o di cespi anco diversi. Dopo il settimo o l’ottavo giorno da quello della deposi- zione comincia la nascita delle larve, che a causa dei soliti ri. tardatarî si protrae per quindici a venti giorni, e le larve man 0 | a mano che nascono scendono lungo la foglia medesima ed a . rivate al piano dove la guaina di quella si inserisce sullo stelo, si fermano, pungono e ne ricavano il materiale per vivere. Durano nella vita attiva a danno delle piante da 30 a 40 giorni circa, al termine dei quali si costituiscono con la stessa loro spoglia larvale una specie di pupario e passano allo stato di. pupa, restando nel luogo stesso, fra la guaina ed il culmo, dove son cresciute. Questa pupa, prima molle e biancastra come. la larva, muta di colore e di consistenza, perchè si fa giallo- brite nastra, e coriacea nel pupario, e resta così fino al mese di feb- | 4 | braio. Allora il pupario si fende per lungo sul dorso, si apre | anche l’involucro ninfale che esso nasconde, e vien fuori l’in-| setto perfetto, che vola sulle piante circostanti, si accoppia, @ le femmine nel marzo cominciano a deporre i germi della se-| conda generazione. Questa è più numerosa della prima e col pisce in più larga misura le vecchie piante superstiti e quelle che sono il prodotto dell’abituale accestimento del grano, e si trova allo stato di pupa quando l’agricoltore procede alla mie titura. Ma siccome l’insetto, con un costume che contribuisce molto alla sua conservazione, si ricovera costantemente sui no li più bassi dello stelo, nonostante le operazioni della mietitur la infezione resta tutta intera sul campo, efficacemente protett nelle stoppie, dalle quali alla fine dell’estate prendono le mosse — 211 — «i nuovi moscerini per diffondersi nei nuovi seminati e nei prati circostanti, occupando la loiessa, le poe e le altre gra- minacee spontanee o coltivate, sulle quali in mancanza di me- glio si sostiene, per passare con gli effetti che ne conseguono, nei seminati. Fig. 95. — Piantina di graminacea infetta nel nodo (6) — @/, a, nodi della pianta con le larve e le pupe messe a nudo. Le piante di grano colpite dall’insetto nell’autunno, quando | questo sl trova su di quelle nel numero di due o più, si pos- . sono considerare quasi sempre come perdute, perchè punte e dissugate alla base, ingialliscono presto e muoiono disseccate. Strappando le piante infette verso la fine di novembre, ven- . gono le foglioline soltanto, ed i seminati nei punti colpiti, re- | stano diradati. | i Sono meno gravi, in generale, gli effetti della presenza del- | l’insetto sulle piante bene sviluppate, ed è però che se il nu- mero di questi non è di otto o dieci per nodo alla base dello stelo, il raccolto sarà più scarso, ma le piante sopravvivono e -fruttificano alla meglio. È provvidenziale l’accestimento del grano, perchè col mag- {gior numero delle piante scema relativamente quello degli in- «setti e si allontanano i termini nei quali quelli riescono nocivi E anche nella primavera; ed'è per ciò saggio provvedimento il Stio favorirlo con l’uso dei buoni lavori superficiali e le concima- | zioni in copertura al EMI della nuova NASRIAZIONA la specie porta sulle piante, la distruzione delle stoppie lasciate | al momento della mietitura è provvedimento valevole per limi: | tare direttamente la diffusione della specie. Z| Della LE di questa misura di difesa nessuno do rv appezzamenti infetti, e quivi si possono bruciare senz’altre dove la coltivazione dei cereali non è consociata ad altre. S | vi è consociazione, si tirano da parte i culmi infetti con i rastrelli dentati, e si incendiano. È Ma tutto questo lavoro può servire per poco a tener lon tano l’insetto dai seminati, ed i seminati nuovi si potrebbero trovare infetti malgrado i lavori sopraindicati, a causa delle reinvasioni che possono aver luogo dai prati circostanti di loiessa e dalle altre graminacee che sostengono la infezio fuori dei coltivati. È questa la condizione delle pianure gra-| nifere dell’Italia superiore fino al Bolognese, dove la falciatura | delle erbe nei prati e nei prati-pascoli dovrebbe essere anch'essa | coordinata alla distruzione dell’insetto, raccogliendole o fal-| ciandole quando questo è allo stato di uovo sulle foglie e allo stato di larva sui nodi del culmo. no | È) Una volta poi che la infezione sia penetrata nei coltivati, | il pascolo rapido degli armenti fra le piante, quando l’insetto è allo stato di uovo, giova molto, come è utile estirpare e con dannare al fuoco o al sotterramento le piante infette ed ora- | mai perdute, per impedire che la specie si espanda; al quale | scopo si perviene anche evitando di seminare a grano il ter reno nel quale le piante sono state distrutte. — 213 — In America si consiglia anche di coltivar grano a paglia più dura e più resistente all’azione della specie; la pratica ita- liana indica invece l’uso della compressione del terreno; ma una cosa e l’altra sono di riuscita assai problematica, Mayetiola Avenae Marchal. (Cecidomide dell’ Avena). Questa specie è affine alla precedente. dalla quale sostan- zialmente si differisce per avere una fascia argentea sui lati, e l’ultimo articolo dei palpi rastremato, nell’insetto perfetto, mentre la larva alla fine ha la spatula sternale astata alla ‘cima e non biforcata. Il comportamento, i danni sulle piante, ed i mezzi per impedirli sono identici a quelli indicati per la specie pre- | cedente. Gen. Oligothrophus Latr. Le specie di questo genere hanno i palpi di tre articoli; i maschi hanno il forcipe attorcigliantesi gradatamente dalla base all’apice, e le femmine hanno l’ovidutto come nelle La- sioptere. Oligothrophus Bergestammi Wachtl. (Moscerino galligeno dei rami del Pero). L'uovo (fig. 96, /, 2) di quest’insetto è di color giallo aran- cio e di forma ovato-ellittica allungata col diametro maggiore di 0,334 e quello minore medio di 0,083 millimetri. La larva (fig. 97, 3) è bianca e della forma di un sacco più o meno raccorciato, egualmente arrotondato alle due estremità delle quali quella anteriore porta una spatola sternale gialla | (fig. A, 3, è) che è alquanto ristretta nel mezzo, arrotondata SEDIE fe alla base, e dalla parte anteriore, più larga, tetradentata, con i denti allungati, divergenti, robusti ed acuminati. E Ù, rr JN I Li VÒ iù è O t| i; \c Ss! GUIITE È MINT (MI AL N° Fig. 96. — 1, Oligothrophus allo stato perfetto — 2, uova molto ingrandito. 2: La pupa (fig. 97, 4) è ovato-elittica e di color carnicino intenso, fornita di due sporgenze testacee, chitinose e taglienti situate nel mezzo della fronte. Ai lati di queste sporgenze si inseriscono le antenne, che tendono al colore biancastro a. | pari del capo e del margine anteriore degli occhi. Le sue di mensioni, quasi identiche a quelle della larva, sono di milli- | metri 2,839 X 1,670. n Degli insetti perfetti, le femmine (fig. C, 1) sono più cor- | pulente dei maschi, e, all'aspetto generale, di color arancione | cupo. Il capo però è nero; le antenne sono brune; gli occhi sono del colore del capo, e i palpi di colore giallognolo. Le antenne, leggermente incurvate, uguagliano la lunghezza dei I femori posteriori; sono formate di 20 articoli, ma possono. Ì averne anche 19 o 21, ed in ogni caso, il primo, radicola, è inversamente conico; il secondo è quasi sferico; il terzo, più lungo di tutti, è appena più stretto nel mezzo; il quarto ò uguale al quinto; questo poco più lungo del sesto, ecc., tutti, a cominciare dal terzo, sono SUR di un verticillo di peli bianchi alla base. — 215 — Il torace ha lo scudo, lo scutello e lo sterno di color nero i vellutato; mentre i lati sono di color pallido carnicino bru- I nastro. 2 4 Fig. 97. — 1, 2, rami di pero con gemme alterate dall’insetto — 3, larva con la spa- tola sternale (0) fuori dell’anello (c) — 4, pupa, anch’essa molto ingrandita con la lamina frontale (d). Le ali sono relativamente ampie, poco più lunghe del corpo ed affumicate, con squame numerose, sottili, decidue, e così lunghe nel margine posteriore, che le ali sembrano frangiate. Delle tre vene longitudinali, alari, la sottocostale termina poco dopo la metà del margine anteriore; la cubitale termina dietro l’apice dell'ala, e quella anale, all'altezza di un terzo circa dell'ala, si biforca, e dei rami entrambi sfumati, il longi- tudinale termina ad egual distanza fra l’apice del cubitale e quello del ramo trasverso, che, divergendo dal primo, finisce sul margine posteriore dell’ala, poco prima dell’opposto nervo sottocostale. I bilancieri sono relativamente corti, bruni ed ispidi. Le zampe sono lunghe, giallo-pallide appena infoscate, con i femori evidentemente ingrossati alla base. L’addome è di colore arancione intenso, con numerose squa- SELLE 75.10 COC mule nerastre, e l’ovidutto bianchiccio, formato di due tubi cilindrici, retrattili uno nell’altro, e tutti e due nel corpo del- l’animale. | Il maschio è più snello ed elegante della femmina, a diffe- | renza della quale ha le antenne più piegate, ad articoli con prolungamento apicale ben distinto; le zampe molto più lun- ghe, e gli anelli dell’addome sporgenti lateralmente di sotto, | È anche più squamulosi che nelle femmine. Ci Fig. 98. — Sezioni longitudinali di rami di pero (7, 2, 3) mostranti le celle Ha, 1b nelle quali si trovano ricoverate le larve e le pupe dell’ insetto. Gli insetti perfetti cominciano a mostrarsi fino dalla metà di marzo e se ne trovano quasi sempre fino alla metà di | aprile: si accoppiano e le femmine fecondate volano da ramo. a ramo, e vi affidano una sessantina di uova ciascuna. Quando la giornata è fredda, però, o tira vento e piove, i piccoli mo. scerini smettono di deporre uova e si nascondono dalla parti più riparata dei rami, che è rivolta verso terra: col vento forte, lasciano gli alberi e vanno a ripararsi sulle erbe sotto stanti. In qualunque modo, dopo una settimana circa, dall - deposizione delle uova, nascono le larve, che intaccano con - denti della spatola gli elementi del parenchima corticale, e — 2170 — ‘poco per volta, determinano, intorno ed esse, la formazione del tessuto cicatriziale descritto, che limita la quantità di parenchima necessario alla larva e forma Ja parete della cella, che ai primi di luglio è ancora completamente immersa, e alla fine dello stesso mese comincia a mostrarsi all’ esterno con la calotta di una delle sue estremità, che poi si colora di bruno, e per la quale, forata, si libera, a suo tempo, l’in- setto perfetto. Nel mese di agosto la larva è poco più lunga di un millimetro, e si trova sempre circondata del parenchima a spese del quale vive. Alla fine di ottobre e ai primi di no- vembre il parenchima che circonda la larva è finito, e si tro- vano le larve soltanto, le quali passano l’inverno in questo stato, e fra gli ultimi di febbraio, o ai primi di marzo, si si. tuano col capo dalla parte della cella a contatto con l’esterno, e si trasformano in pupe. Le pupe dell’OZigotrofo del Pero sono attivissime, perchè nel tempo della ninfosi, che dura dieci o quindici giorni, con le sporgenze frontali descritte, girando su sè stesse, forano la parete della cella intaccata, e sporgono all’esterno per dar libero passo alle forme perfette, nelle quali contemporanea- mente o poco di poi si trasformano. Le varietà di Pero esaminate sono molte e di provenienza anco diversa; ma quelle sulle quali ho constatato la presenza delle galle con l’insetto si riducono per noi alla Duchesse d’ An- gouléme, alla Joséphine de Mulines, alla Beurré d’ Arenberg, alla Belle Angevine, alla Bergamotte Espéren, e poche altre, | fra le quali primeggiano diverse varietà nostrali, note col no- me di pera Allora, pera Coscia, pera Spadona e Martin secco. La infezione si trova pure sulle piante di pero selvatico (P:- rus communis L.) del monte Argentario e di altre parti d’Ita- lia, e questo starebbe a dimostrare che la specie se non è ori- ginaria nostra, deve trovarsi da molto tempo da noi. L’alterazione che questo bellissimo cecidomide provoca alla base e nelle gemme dei giovani rami del Pero è una galla | più o meno ingrossata, ovale, o conico raccorciata, più spesso LL OTBIE a, b) si succedono in piani diversi e senza norma costante, | cosicchè alla sezione trasversale si possono avere ora una, ora. ; due ed ora tre celle soltanto. Le celle o camere larvali, poi, | sono costituite da un tessuto cicatriziale ad elementi compressi. tangenzialmente ed a membrane debolmente colorate, sicchè in buone sezioni appaiono quasi incolore, mentre in massa sono distintamente giallognole. Tali elementi non sono suberificati, e intorno ad essi stanno cellule del parenchima corticale, ric- | chissime di tannino, con membrane mediocremente ispessite | uri Questi elementi sclerosi costituiscono una cintura più o meno continua attorno allo strato cicatriziale e concorrono valida mente a rafforzarlo e ad impedire così lo schiacciamento dell celle e degli animali che vi sono contenuti. Seguono poi sem al fellogene ed al periderma, che regolarmente si forma tutto attorno alla galla. i Il corpo legnoso non prende parte alla formazione delle | che escono dal cilindro legnoso e vanno a perdersi fra le cel | lule della corteccia. Questo ha luogo nei casi nei quali (fig. BI 1, 2, 3) è più-profonda e complicata l’alterazione, ed allora pure accade di vedere delle celle larvali immerse perfino condi pletamente nel legno molle, più esterno, della galla; ma le par | pra descritte. 1 | reti di quelle non sono per questo diverse dalle altre più so Dalle osservazioni fatte resulta che quando alla base delle | — 219 — fossero molestati dalla infezione. Dove il numero delle uova deposte e delle larve che si sviluppano invece supera sensibil- mente quello indicato, le gemme non si svolgono, i rami se non disseccano, non producono, ed il raccolto dell’anno si trova decimato. Per ovviare a questo inconveniente, nell’operazione della potatura bisogna tagliare i ramoscelli e bruciarli per compro- mettere le larve dell’insetto, che in quel tempo vi si trovano nascoste. Gen. Perrisia ond., Kieff. Il secondo nervo longitudinale delle ali termina discosto | dall’apice, e quando termina presso di quello, il corpo è sprov- | visto di pubescenza argentata; i tarsi hanno un solo pulvillo; le antenne hanno più di 12 articoli provvisti di tre verticilli di setole, e nel maschio sono apparentemente pedicellati. Perrisia Pyri Boucheé. (Diploside pallido delle giovani foglie del Pero). Fig. 99. —— Femmina di Perrisia Pyrî molto ingrandita. — 220 — I moscerino, malgrado il colore indicato, si presenta al l'aspetto fuliginoso, per la densa peluria bruna che ha sulle ali, e le fasce strette e scure che si trovano sul dorso dell’ad- dome, per quanto i peli di questo siano tendenti al biancastro. Nel rimanente le antenne sono giallicce alla base e della lun né ghezza del corpo coni peduncoli fra gli articoli, alla base ap: pena della stessa lunghezza, e verso l’apice Luo eguali e più lunghi di quelli; apparato boccale biancastro; zampe. nerastre, pelose, chiare nelle anche e nella base dei femori. Pupe brunicce; larve bianche, nascoste nei margini convo- luti delle giovani foglie del Pero, le quali sotto l’azione no: civa di quelle disseccano e muoiono. Ò Fig. 100. — Parte anteriore ed estremità posteriore della larva molto ingrandita. La specie ha diverse generazioni nell’anno, dalla primaver all’autunno, che evoluzionano costantemente sulle foglie delle nuove formazioni. & Le varietà più rustiche, locali, da noi coltivate non le h mai viste molestate da questo dittero, il quale predilige le vi rietà più gentili, e le forme di queste spegialzento tene i vaso e a cordone. A — 221 — Le larve scendono a trasformarsi nel terreno. Le profonde zappature o vangature primaverili, praticate dal dicembre al febbraio, dovrebbero bastare per impedire ai moscerini seppel- liti profondamente di venire alla superficie e portare la infe- zione sulle piante. Dove questo metodo non fosse possibile, conviene racco- gliere le foglie colpite dalla prima generazione dell’insetto (in aprile) e distruggerle. Perrisia Mali Kieff. (Moscerino delle giovani foglie del Melo). Questa specie, non ricordata prima d’ora come specie ita- liana, ha le larve di colore arancione le quali accartocciano su se stesse le due parti delle lamine foliari. Fig. 101. — Estremità fogliata di un ramo di melo con le foglie accartocciate dalle larve, a confronto dela foglia spiegata, che è immune. Ho trovato foglie così ridotte nella primavera, nell’ estate e nell'autunno. x L’insetto non è ancora abbastanza diffuso per portar danni | notevoli sui meli; ma ove si diffondesse e questi riuscissero gravi, bisogna colpire le larve della prima e dell'ultima gene- razione viventi sulle foglie dei succhioni e delle piante ancora giovani, per sopprimere con esse la probabilità che l’insetto | si ripeta su larga scala nell’estate e nella primavera dell’anno seguente. Per altro vedasi quanto si è detto per la specie del Pero. È Perrisia Oleae Angelini. (Moscerino delle foglie dell’ Olivo). L’insetto perfetto è di color rossiccio, alquanto brunastro sul dorso del torace e dell'addome. Ha grandi occhi neri; lun- ghe antenne pelose più scure sugli articoli nei maschi; bila DI cieri e zampe pallide; ali diafane ciliate, con peli nel margini | posteriore, ed ovopositore allungato. Lung. 2 mm. Fig. 102. — Larva di Perrisia Oleae molto ingrandita ed a metà circa del suo acer scimento. — Fig. 103. Foglie di Olivo con le galle provocatevi dalla larva. La pupa è lunga 3 mm. circa, con antenne, occhi, sad chetti alari e zampe distinti, e l’addome giallognolo con le di visioni fra gli anelli nerastre. . A La larva è gialliccio chiara, distintamente segmentata. Angelini, che per il primo ha messo in vista e nominato l’insetto ricorda che allo stato di moscerino comparisce ne Sage mese di maggio, forando il tubercolo dalla pagina inferiore della foglia, lasciando nel foro la spoglia bianca che lo aveva coperto allo stato di crisalide. Dopo qualche tempo si accop- pia e la femmina allunga l’ovopositore e depone le uova, dalle quali le larve passano nel parenchima delle foglie e pungendo "determinano delle galle cilindriche, quasi egualmente rilevate nelle due pagini della foglia, dalle quali non uscirebbero che nella primavera dell’anno seguente. Il numero delle galle (attribuite erroneamente da taluno al Bacillo della rogna dell’Olivo) varia da uno a cinque, e le fo- glie restano per esse talvolta variamente deformate, sempre più o meno irregolari, più o meno contorte. I danni sono abitualmente insensibili per la pianta, ma riu- scirebbero senza dubbio interessanti ove l’insetto uscisse dai limiti ordinarî di diffusione nei quali, per fortuna si è fin ora contenuto. Perrisia oenophila Heimbhoffer. (Moscerino delle foglie della Vite). L’ insetto perfetto è lungo mill. 1.6 ed ha il capo scuro con la fronte rossiccio-pallida cosparsa di pochissimi peli ne. rastri; occhi neri; antenne rossiccio-brune, di 14 articoli raccor- ciati con peli verticillati; torace scuro sul dorso, con rari peli nerastri, mentre è di color carnicino nel resto; ali più lunghe del corpo scure per ciglia nerastre, che ne contornano anche il margine e formano come una striscia scura nel terzo poste- riore dell’ala; bilancieri di colore arancione, pallidi alla base; addome di color carnicino, meno negli ultimi due segmenti e nell’ovopositore che sono pallidi, e nel rimanente con folta pe- luria nerastra specie nel mezzo del dorso dove sono raccolti a ciuffi curvati all’indietro. La pupa è di color bianco-roseo. La larva è di color aran- cione più o meno intenso con spatola sternale rossiccia termi- i nata in due punte divergenti. Dalle uova che vengono deposte dalle femmine nella pa» | gina inferiore delle foglie, in maggio, nascono in breve tempo | le larve, che penetrano nel parenchima della lamina e stazio- nandovi provocano la formazione di una galla lenticolare, più. o meno ovale, col diametro massimo di 2.5 a 3 mill. circa. Fig. 104. — Larva della Perrisia oenophila molto ingrandita. — Fig. 105. Porzion . di una foglia di vite con le galle dell’insetto. È / È Tali galle, ora verdicce ora rossastre, si incontrano per lo pi lungo ed ai lati delle nervature delle foglie, in numero ta volta assai considerevole, fino a 60 e più per lamina. Verso |] prima metà di giugno le larve escono dalle galle e si trasfo mano nel terreno dal quale escono presto insetti perfetti, pa | ripetere la infezione sulle foglie. Le generazioni totali sono due, ma se ne può verificare an | che una terza, parziale, la quale si completa come la prec i dente agli ultimi di aprile o quasi dell’anno seguente. I danni fin ora sono stati sempre trascurabili sulle pian ma ove per moltiplicazioni insolite si aggravassero, bisog sopprimere le prime foglie infette, nella primavera, e zo pifi profondamente al principio o alla fine dell’inverno, per imp Î dire agli insetti di venir fuori nella primavera seguente. .— 225 — Fam. Mycetophilidae, Essenzialmente i Micetofilidi si distinguono dalle forme i delle altre famiglie per avere le ali con al massimo otto vene longitudinali arrivanti al margine e senza vera areola discoi- dale; mentre per altro le antenne sono filiformi, di 16 articoli, lo scudo dorsale è senza cintura trasversale; i femori delle | zampe posteriori sono quasi sempre più corti dell'addome, che è formato di Y articoli, e quando sono più lunghi le spine . alla estremità delle tibie sono sempre distinte. Come dal nome stesso i rappresentanti di questa famiglia si trovano per lo più a vivere con le loro larve nel micelio dei funghi. Fanno eccezione alla regola, fra le altre, però, al- cune specie del genere Sciara che Nordlinger ha trovato nei piccoli frutti del pero, dove le ho rinvenute anch’io da sole ed unite alle note specie della famiglia precedente. Gen. Sciara Meig. Antenne pubescenti più corte del corpo; ocelli tre; palpi di tre a quattro articoli; ali con la prima vena marginale for- nita di un ramo anteriore ricurvo; la seconda manca, e la quarta è forcuta. Sciara Pyri Schmidb. (Sciara dei piccoli frutti del pero). Riferisco a questa specie un moscerino con testa bruna se- misferoidale, inclinata, anteriormente sui lati occupata dagli occhi grandi, incavata nel mezzo, ed unita per breve peduncolo di dietro al torace; antenne di 14 articoli cosparsi di brevissimi peli; palpi con gli ultimi tre articoli pallidi dei quali il quarto è clavato e più lungo di ciascuno dei precedenti, che sono più x i ingrossati. Lo scudo del mesotorace è ampio e convesso, bru- 15 nastro, con linee di peli longitudinali neri; ali violacee a n vatura bruna; bilancieri giallastri alla base, nel resto violaci zampe pelose con tarso di 5 articoli, dei quali il primo 106 EE Fig. 106. — Sciara Pyriî molto ingrandita. — Fig. 107. Larva. pre dj n Ù uguale alla somma dei tre seguenti e questi di !/; uno più corte dell’ altro. L’addome è bruno-scuro disopra come il torace, m Fig. 108. — Piccolo frutto di Pero deformato dalla larva, di sotto è rossastro, quasi tendente al paonazzo, col mar posteriore degli anelli nero nella femmina e bianco nei maschi. — 227 — I maschi per altro hanno le antenne alquanto più lunghe delle femmine e con l’addome assai più chiaro del torace. La larva-è di forma ellittico-allungata, depressa, con dieci dei suoi anelli mostranti sul dorso ciascuno un’area ellittica trasversale, opaca, incorniciata da un rilievo lucido, che di qua e di la si continua sui fianchi. Sulla faccia ventrale della larva gli scudi sono divisi in due da un rilievo sternale. Questa larva è di color pallido giallognolo e vive nella polpa delle piccole pere, le quali si deformano presso a poco come quelle attaccate dalle larve delle Cecidomidi, al pari delle quali per altro si combattono. Fam. Bibionidae. I Bibionidi hanno antenne più corte del torace; ocelli pre- senti; squame prealari, ed ali grandi con 6 nervi longitudi- ‘nali, il costale oltrepassante di poco l’apice dell’ala, il 4°, di- scoidale, biforcato; cellula basale anteriore chiusa; scudo to- | racico senza sutura trasversale. Appartengono a questa famiglia diversi generi, ma di essi, | per rfoi, uno solo ha vera importanza agraria, ed è il genere Bibio. Gen. Bibio Geoff. Capo sferoidale allungato più piccolo nella femmina che nel maschio; proboscide sporgente; 1° articolo dei palpi minuto, il 5°, non più lungo dei precedenti; antenne di 10 articoli, l’ultimo globulare; occhi ravvicinati nella femmina, e separati nel maschio. Ali grandi con la cellula basale posteriore più lunga dell’anteriore; nervo basale corto, continuato ad angolo col 3° longitudinale; nervo posteriore trasverso fra il 4° ed 5°. — 223 — Bibio hortulanus L. La femmina della specie è bruna con lo scudo del torace e l’addome di color rosso giallastro. Il maschio è nero lucente fornito di alcuni peli chiari sui lati del corpo. Maschi e fem- mine hanno le ali nel margine anteriore suffuse di bruno, con l’apice lattescente, il 4.° nervo longitudinale ed i seguen i, bruni alla base, chiari nel rimanente; nervo trasverso poste I riore all’altezza della divisione del 4° nervo longitudinale. Fig. 109. Bibio ortolano: 4, insetto perfetto ingrandito ed a grandezza naturale d B, estremità anale della larva — C, C/, larva appena ingrandita ed al naturale. Le larve della specie vivono come quelle dei Tipulidi nel | terreno; e siccome non vivono di radici vive soltanto ma. a che di quelle morte e di altra materia vegetale, riescono men e più difficilmente nocive. Ove fossero per riuscire moleste, la pratica farebbe bene raccoglierle come si è detto per le larve dei Tipulidi appress indicati. NEMATOCERA POLYNEURA. A questa divisione dei ditteri Ortorafi appartengono. di verse famiglie come quelle dei Chironomidi, dei Psicodid ; dei Culicidi, etc., fra le quali ha qui interesse pratico s lo quella dei Tipulidi. pi oe Fam. Tipulidae. I Tipulidi sono ditteri a testa libera, protorace e mesoto- race ben distinti per una sutura trasversale sul dorso; ali con molte nervature (5 o 6 longitudinali, trasversali 3); antenne con 6 o più articoli, lunghe; palpi labiali con 3-5 articoli. Fra i molti generi che compongono la famiglia è interes- sante per noi, il genere seguente. Gen. Tipula. Questo genere comprende specie che hanno il prolunga- mento del capo lungo e stretto, le antenne di 13 articoli e le ali con una sola cellula discoidale, e con la cellula posteriore peziolata. Tipula hortensis Meig. (Tipula cenerina degli orti e dei campi). È lunga una quindicina di millimetri, con antenne e zampe brune e quelle coi primi articoli gialli, una linea bruna nella fronte; scudo dorsale toracico con quattro strie longitudinali brune davanti, ravvicinate, e talvolta indistinte; lati del to- race grigi con una macchia rossa di sopra; addome giallo bru- nastro con delle strie dorsali scure; ali brune, rosso giallastre alla base e nel margine anteriore. Le pupe sono cilindriche con processi spiniformi sul corpo, e due appendici davanti. Le larve sono lunghe una trentina di millimetri circa, della stessa forma delle pupe, ma alquanto rastremate alla estremità ed apode. Le uova sono ovali e di color nero lucente. Gli insetti perfetti compariscono dal mese di luglio al mese di settembre continuamente, si accoppiano e lasciano caacre E ROIO TOCE i ASA — 230 — le loro uova sul terreno, nel quale ho visto talvolta che le fem $ mine le depongono direttamente. — i La quantità di uova che quelle depongono varia molto, da un centinaio circa a tre volte questo numero, secondo le con- dizioni dello sviluppo acquisito. £ Fig. 110. — a, Tipula allo stato perfetto — d, ninfa. Da queste uova dopo una dozzina di giorni nascono le larva | di color grigio-chiaro, che si approfondano nel terreno fra le radici delle piante e le rodono. Non so se nella | siavi un’altra generazione di questi insetti; son certo però di averne trovati numerosi allo stato perfetto nella seconda “i di maggio, come ho visto sempre larve a diverso grado di sviluppo dal mese di maggio al mese di settembre. | I danni che le larve della specie arrecano alle piante or tensi e campestri, come le patate, la lattuga, i pomodori, le fave, 1 piselli, le carote, il tabacco, etc., sono talvolta notevo e per evitarli o per ridurli al minimo possibile, l’espedient LI migliore è quello di smuovere ripetutamente il terreno al | mattino presto per far distruggere dai volatili ed a mano gli i insetti che vi si trovano. sR| L’uso degli insetticidi sarebbe qui inconsulto, per la grande | spesa alla quale si andrebbe incontro con essi e per la diffi- | S | = iagli- : coltà di uccidere gli insetti senza danneggiare le piante fra i le radici delle quali si trovano. Tipula oleracea Linn. (Mosca dei Cavoli e delle altre piante ortensi). È di un quarto circa più grande della specie precedente dalla quale si differisce per le antenne rossastre, e l'addome dello stesso colore. ba TL < (07 a c d id mm Fig. ill. — a, insetto perfetto — d, uova — c, larva — d, ninfa semisporgente dal terreno. I costumi e le metamorfosi sono presso a poco quelli della Tipula hortensis, al pari della quale si comporta sulle radici | delle piante e si combatte. CICLORAPHA. Questa seconda divisione dei ditteri comprende forme con la bocca prolungata in una proboscide (Proboscidei) e forme con bocca non prolungata in una proboscide. A noi interes- ‘ sano i ditteri della prima divisione soltanto, i Proboscidei, — 232 — ripartiti in Ipoceri (con Antenne di 3 a 6 articoli inserite in Il basso, presso la bocca) e Ortoceri, con antenne di 8 articoli terminate da una resta apicale, tergale o basale. È Gli Ortoceri si dividono in Oligoneuri e Polineuri. Pet la pratica agraria hanno interesse i ditteri della sola prima divisione distinti per avere il nervo cubitale delle ali evidenti e la cellula anale di quella mancante o incompleta, mentre nei Polineuri è completa, come tutti i nervi longitudinali, @| spesso con un nervo medio discoidale o spurio. È Agli ortoceri oligoneuri appartiene la grande famiglia dei | Muscidi come appresso è indicata e distinta. Fam. Muscidae. I Muscidi hanno antenne compresse, triarticulate, con una setola dorsale; palpi e proboscide bene sviluppati; palpi non articolati; scudo. con suture trasversali; ali con la cellula basale superiore separata dalla discoidale per mezzo di un nervo trasverso. s I Muscidi si dividono nei due gruppi dei C'aditteri ll j visti di squame prealari, col 4.° nervo longitudinale piegato in avanti, prima cellula basale posteriore chiusa) e degli Aca- litteri, che hanno la cellula indicata aperta, il 4.° nervo longit di dinale diritto, e mancano di squame prealari. ACALITTERI. A questi muscidi appartengono varie sotto famiglie o trib | fra le quali hanno interesse agrario quelle dei Cloropini, Di | Psilini, dei Tripetini e degli Agromizini. Trib. CHLOROPINAE. Questi muscidi hanno fronte larga senza o con poch i setole in alto, e margine orale senza basette; antenne di | | T l — 233 — tre articoli col terzo articolo discoidale talvolta allungato; ali col primo nervo (sub costale) semplice, 3.° e 4.° (cubitale, discoidale) quasi paralleli o divergenti in avanti; cellula di- scoidale e cellula basale posteriore non divise; cellula anale rudimentale o nulla; tibie senza setole preapicali. Alla tribù dei Cloropini appartengono i generi con le spe- cie seguenti. Gen. Camarota Meigen. Antenne con resta pelosa a peli verso la base più lunghi, e terzo articolo reniforme allungato; nervo sottocostale (1°) sem- ‘plice prossimo al radiale (2°), e ravvicinato anche alla estre- mità del nervo cubitale (3°), che è cùrvato in avanti. Camarota cerealis Rondani. (Camarota dei cereali). E una piccola mosca con capo giallo di sopra, fornita di una macchia triangolare nero lucente sull’ occipite, mentre di sotto è biancastro; antenne giallastre con l’ultimo articolo e Fig. 112. — 1, femmina — 2, antenne — 8, zampe — 4, testa — 5, ala. l’arista di color nero; torace finamente punteggiato; ali brune al pari dei bilancieri; zampe giallastre con la coscia bruna alla base, tibie del paio anteriore gialle, e quelle delle altre con un anello bruno nel mezzo; tarsi tutti giallastri. La specie vive a danno delle piante del grano sulle quali si comporta e si combatte come quelle del Gen. CA/orops ap- presso indicate. — 234 — Camarota flavitarsis Meig. Questo moscerino è del colore del precedente, al quale si avvicina molto per la resta delle antenne grossa; per le due. prime vene ricurve per congiungersi al margine anteriore del. l'ala; per la terza vena longitudinale, che si piega all’origine Fig. 113. — Camarota flavitarsis: A, B, insetto perfetto — c, antenne — d, testa i grandita — e, insetto a grandezza naturale — C, ala. della vena trasversa esterna e corre diritta all’apice dell’ala, per la vena spurea fra l’altro, che parte dal punto dove la trasversa esterna si unisce alla terza vena longitudinale; ma se ne distingue per tutti gli altri caratteri sopraindicati, senza. sottilizzare sulle differenze che le nervature delle due ali uc | sentano fra loro. Gen. Chlorops Metg. discoidale e la resta piliforme; ali cortissime; nervo costale. che arriva o oltrepassa appena la terminazione del cubitale; sottocostale, radiale, cubitale, discoidale diritti, nervi tra | sversi ravvicinati nel mezzo dell’ala. Chlorops taeniopus Meig. (Mosca strigula, Mosca lineata o Mosca dello stelo del Grano, dell’Orzo e della Segala). i È un moscerino giallastro lungo 3-4 mm. circa. Ha il capa giallo con antenne nere, rosso-brune o rosso giallastre alla base, So gg i nel terzo articolo nere; apparato boccale giallo; strie toraci- . che brune; addome con fasce trasversali brune; zampe rara- | mente colorate. Fig. 114. — A, culmo di grano infetto mostrante la larva (a) — B, Cloropo ingran- dito ed a grandezza naturale (0) — (€, larva. Quest’insetto comparisce verso la metà di maggio; si ac- coppia e va a deporre le uova, una per parte, alla base della spiga del grano, dell’orzo e della segala. Dopo una diecina di giorni nascono le larve e queste, di- scendendo pel culmo verso la prima foglia, scavano in esso un solco profondo e vi si nascondono per incrisalidare. Dalle pupe, nel settembre e nell'ottobre, vengono fuori le nuove mosche, che si accoppiano e depongono le uova sulle nuove piante nelle quali le larve e le pupe passano l’inverno e danno le mosche nella primavera seguente. Gli effetti della presenza dell’insetto nei seminati sono spesso gravi potendo rovinare dal 20 al 60 °/, delle piante, e anche distruggerle completamente. Le piante infette si riconoscono abbastanza facilmente dallo sviluppo stentato per il quale raggiungono appena la metà dell’abituale altezza di quelle sane; la spica resta corta più lungo dell’ ordinario, mentre le altre biondeggiano, ed . frutti abortiscono dal lato interno. *1 Per rimediare a così grave danno non vi è di meglio del- | l’abbruciamento delle stoppie dopo la mietitura; di semina più fitto, e concimare più abbondantemente per favorire sviluppo e l’accestimento delle piante, e risentire meno grave la decimazione che l’insetto porta nei seminati. Gen. Oscinis Latr. Capo con epistoma non isporgente oltre il margine del bocca; ali col nervo costale arrivante all’apice del nervo scoidale (4° longitudinale); il 1° longitudinale o sottocosta arrivante ad ', della lunghezza dell’ala; il nervo trasverso steriore distante dal margine due volte più che i due ner trasversali fra loro. |. * Oscinis frit Fallen. (Moscerino del grano e di altri cereali). Questo moscerino è di color nero lucente, lungo 3 mm. circa, con antenne nere a resta geniculata provvista di pubescenza| grigiastra; epistoma, proboscide e palpi di color nero; scudo! convesso; ali trasparenti con i nervi discoidali e posticali| (4° e 5°) distinti alla base; bilancieri bianchi e zampe ne e. con i tarsi gialli nelle posteriori, meno l’ultimo articolo cl è bruno. Ci La pupa è ovato-ellittica allungata, di colore ben a La larva è prima bianchiccia e poi giallognola, distint | mente segmentata col capo armato di due uncini neri, che estendono nel lobo orale. La specie non è molto diffusa ma si trova da noi nell’Itali settentrionale d’onde mi è pervenuta allo stato di larva alla base dello stelo delle giovanissime piante di grano. — 237 — Non ho potuto ancora seguire la biologia di questo dittero, le larve, del quale, come si sa, rodono lo stelo della pianta e i la fanno ingiallire. Questo cambiamento di colore serve a met- | tere in vista la infezione nei seminati, che all’occasione biso- i gna difendere con le norme indicate contro i Chlorops ed i Cecidomidi. ==, ij S sa È e freni a nia Fig. 115. — A, B, femmina e maschio — dA’, pianta di grano infetta — c, granello con la larva — d, pupa — I, larva ingrandita e a dimensione naturale. Trib. PSILINAE. Capo emisferico con fronte larga coperta oltre la metà di i setole; antenne geniculate per lo più mediocri; ali con la pri- ma vena longitudinale semplice, la terza e la quarta parallele; la cellula anale e quella basale posteriore bene sviluppate; zampe con tibie senza setole divergenti avanti alla punta. Di questa tribù fanno parte diversi generi fra i quali in- teressa il seguente. Gen. Psila Mery. Gote inclinate all'indietro; secondo articolo delle antenne corto, il terzo oblungo, compresso; ali col nervo mediastino ‘ semplice. — 238 — Psila rosae Fab. (Mosca della Carota della Pastinaca e del Sedano). L’insetto perfetto è un moscerino lungo 5 mm. circa e di color nero lucente, quasi metallico, col capo fulvo, le antenm cen x] Fig. 116. — - A, Psîla allo stato perfetto ingrandita — B, pupa — C, larva — D,r dice di pastinaca alterata dalle larve che sporgono da essa. del colore del capo con lo stilo bianco e le estremità scure; palpi gialli con la estremità nera; le Zona Oro, pubesce D — 239 — ti; le ali iridescenti con tinta giallognola, meno nella nervatura che è ocracea; e l’addome di sei segmenti, ovale, conico al- l'apice, nella femmina fornito di un piccolissimo ovopositore retrattile. La pupa è cilindrica poco più lunga della mosca, pelosa, striata di trasverso, e di color rame tendente all’ocraceo, più chiaro alle estremità. ] La larva è cilindrica appena più sottile dalla parte poste- riore e di color ocraceo lucente, e trasparente così da fare scor- gere i suoi visceri dall’ esterno. Questa larva si trova a vivere nelle radici dei sedani, delle carote e delle pastinache, che sono attaccate diverse volte nell’anno, e nelle quali si trovano spesso parzialmente internate, nell’atto di lasciarle per andare a trasformarsi nel terreno. Le radici attaccate presentano alla superficie delle macchie brunastre per le quali la infezione si conosce dagli inglesi col nome volgare di rust. Queste macchie intanto servono assai bene a mettere in vista la infezione, la presenza della quale si scopre anche prima per l’intristimento graduale della parte | fuoriterra della pianta, ed in ultimo dalle gallerie sinuose, che le larve scavano nello strato esterno della radice, che resta | per tal modo assai deprezzata. Per limitare la diffusione ed i danni che la specie produce sulle piante indicate giovano i profondi lavori autunno-inver- nali per metterla allo scoperto, o per seppellirne le pupe ed impedire l’uscita delle mosche; non che la stazione delle piante nell'acqua, al momento della raccolta delle piante, per fare. uscire ed affogare le larve che contengono. Trib. TRIPETINAE. I Tripetini hanno testa emisferica con fronte irsuta da- vanti; antenne col 2.° articolo più corto del 3.°, e questo nel | l'angolo superiore rotondato; margine ovale senza vibrisse. Ali — 240 — \ Ù col 1.° nervo longitudinale doppio, piegato verso il. marg e quasi sempre terminato in una callosità dello stesso; celli basale posteriore, e cellula anale distinte; zampe posteriori senza setola preapicale. o 14 I generi più interessanti per noi sono i seguenti : Gen. Dacus Metg. Essenzialmente le specie di questo genere si distinguono d quelle degli affini per avere le antenne prolungate fin olt l’epistoma. O Dacus Oleae Rossi. (Mosca olearia o Mosca delle olive). z Questa è una delle più antiche specie nocive alle piam coltivate, per quanto non abbia'avuto un nome che nel 1790, mentre le notizie dei guasti che porta nelle olive si perdono nella notte dei tempi. È diverse di maschi — c, pupa dalla quale derivano, tre volte ingrandita. Le femmine della mosca olearia sono di color giallo fulx variamente macchiate di bruno nerastro. inversamente conico, e due volte e mezzo circa più corto di terzo. Gli occhi sono di color blu metallico brillauti mol ‘ 5 discosti fra loro; la fronte col tratto superiore è più colorita — 241 — | ha una macchia nera verticale, ellittica, sui lati. La zona ocel- | lare è lievemente brunastra, ed il margine superiore ha quat- tro setole distinte, delle quali le mediane sono più lunghe | delle laterali. Il torace è del colore del corpo col primo anello fornito «di una macchia testacea negli angoli anteriori tergali, ed il tergo nero; il secondo anello ha lo scudo nero con tre linee longitudinali più scure, che si estendono dal dorso del primo . anello a quello del terzo, che porta lo scutello, il quale è pa- . glierino chiaro, con due setole, una per parte negli angoli po- | steriori. Il disotto del torace è fulviccio, macchiato di nero nel mesosterno. | L’addome è orbicolare di cinque anelli distinti, fulvo pa- . glierini di sotto, di sopra di color fulvo più intenso maculati . di nero. L’ultimo anello addominale porta di sotto la trivella con l’astuccio nero e lo stilo fulvo, la quale nella sua mas- | sima proiezione eguaglia, o quasi, la lunghezza dell’addome. La vulva si apre in prossimità dello stilo, alla estremità inferiore dell’astuccio della trivella, ai lati della quale sono due fossette, una per parte, nelle quali fanno presa gli uncini del- l'armatura genitale del maschio al momento della copula. Le ali sono vitree, con la estremità della cellula costale "bruna, ed una macchia fuliginosa all’estremità del terzo nervo longitudinale, all’apice dell'ala. I bilancieri sono bianco-pallidi, e le zampe sono fulve, al- quanto più chiare del corpo, con la estremità dei tarsi poste- riori quasi infoscati. II maschio è più piccolo della femmina, dalla quale si dif- ferisce per la mancanza dell’ovopositore, e per la presenza di alcune setole distinte ai lati del terzo anello addominale. Un altro carattere sessuale secondario sta nelle ali, le quali, nei maschi hanno la vena anale doppia racchiudente uno spazio tusiforme, macchiato di bruno nei lati. La mosca olearia allo stato perfetto varia sensibilmente ‘ nei colori e talvolta anche nella forma. Per le variazioni dei 16 — 242 — colori che hanno luogo nel torace, non mi consta che abbia notato come il dorso di quello in alcune forme si tr senza le linee nere indicate e che queste sono sostituite da questa forma ben distinta, molto comune l’anno decorso né barese, con l'addome variamente macchiato di nero ho posto il nome di Dacus oleae var. funesta. _ 118 120 Fig. 118. — Olive con mosche, larve e pupe a grandezza naturale: a, mosche. b, pupa — c, larva — o, o’, olive infette. —.Fig. 119. a, uncini boccali con i qua la larva lacera la Folma del frutto — d, parte anteriore — c, parte posteriore de larva. — Fig. 120. Olive aperte per mostrare le larve e le pupe, mentre una, esse porta una mosca nell’atto di CORTO l’uovo. A Nar Un'altra varietà, trovata nella stessa provincia, e in Cala- bria, d’onde l’ho avuta per cortese comunicazione dell’egregi prof. Bracci, di Cosenza, ha l'addome interamente fulvo, senz macchie nere, ed ho assegnato per essa il nome di Dac oleae var. fulva. Quanto poi alle modificazioni della forma, negli allovami di del 1894, fatti con olive raccolte nella maremma pisana, a l'isola dell'Elba ed a Piombino, ho ottenuto maschi, che han: l'addome orbicolore come le femmine, e non lineare; ed al che pure avendo l’addome lineare, hanno, dimension del a — 243 — «metà più piccole delle forme ordinarie della specie esa- minata. Le pupe sono quasi perfettamente ovali, nelle femmine, e cilindriche, con le estremità arrotondate, nei maschi. Tutte sono leggermente più rastremate dalla parte anteriore cefalica, «col primo anello semicircolare e 1’ apertura orale nel mezzo (fig. a). Alla estremità opposta si rinviene l’ apertura anale (fig. d). Il colore delle pupe varia dal bianco sporco al giallognolo più o meno scuro. \ Gli anelli appena distinti fra loro sono finamente striati. La lunghezza delle pupe varia dai 3 mm. ai 4 mm. e mezzo, Wdeirca. Le larve della mosca delle olive sono di color bianco sale, vermiformi, conico-allungate e senza piedi. L’anello cefalico è retrattile, coll’apertura orale nel mezzo e nella quale, spor- gendo, fanno il va e vieni due uncini neri, messi in movi- mento da muscoli robustissimi; il secondo anello porta due papille caliciformi, a margine smerlato nelle quali si aprono la via le trachee; il tredicesimo porta tre altre papille reni- formi per lato; e l’ultimo ha l'apertura anale con due specie di sporgenze. L’uovo, è di forma ellittico-allungata, a guscio levigato, bianco-latteo, e lungo mm. 0,4 circa. Dal mese di marzo in poi, ma nel giugno, nel luglio e nel- l’agosto più specialmente, visitando le olivete infette non è difficile scorgere le mosche dell’insetto che si raccolgono quasi tutte sugli alberi delle olive conosciute comunemente con i nomi di Ascolane, di Gaeta, di Spagna, e con una espressione generale di olivoni od olive agostane, per il tempo nel quale ingrossano e maturano. Su queste o sopra altre i due sessi si accoppiano restando per diverso tempo uniti, la femmina di sotto, come suole avvenire nelle comuni mosche domestiche, ed il maschio di sopra, il quale per fare che quella non si al- : lontani e disturbi la importante funzione, ne avvince stretta- — 244 — mente le parti laterali della vulva con gli uncini, e la feconda, Gli accoppiamenti sono per lo più di lunga durata: vi è c i parla di un’ora o due, mentre a me consta che 1 due sessi re; stano uniti, talvolta, per mattinate intiere; la mattina essendo: la parte del giorno più propizia, per quel che io rene agli accoppiamenti di questi animali. La deposizione delle uova comincia per lo più dopo alcu ore, nelle quali le femmine provano spesso a vuoto la trivella nelle foglie, la nettano con le zampe, e volano sui frutti, la- | sciando le foglie, i rami, ed i tronchi che sono i ritrovi abi- tuali pei loro amori. A Per forare la polpa la mosca si situa con l'addome in alto e col capo in basso, piega l’addome fra le gambe, e spinge la trivella protratta, vigorosamente contro l’oliva. L’atto dell puntura è accompagnato quasi subito da quello della deposi- zione dell’uovo, che viene spinto per un millimetro cire nella polpa lesa, e con tanta maggior cura, per quanto più critiche sono le condizioni dei frutti sui quali le mosche ope rano, e più consistente ancora la polpa che deve fra brev fornire alimento ai nuovi nati. Assicurato a questo modo primo, o le prime due uova, (perchè ne può deporre anch due alla volta) ripulisce nuovamente la trivella con le zamp posteriori, e passa sopra un secondo frutto; prova di nuo; l’ovopositore a vuoto, nell’oliva, vi lascia un altro uovo; e coi tinua a deporre così fino a che ne ha. Comunemente si crede che le mosche che vengono dip scartino le olive visitate dalle precedenti, ma non è ver perchè vi depongono anch’ esse, e per questo si vede spes: che nella drupa si trovano due, tre, e fino a sei larve a di- | verso grado di accrescimento. Di tanto mi sono assicura esponendo le ascolane infette all’ azione delle mosche prov nienti dalle pupe situate fra le olive, dalle quali poi venivano fuori gli adulti della specie, mentre contenevano ancora larv: giovanissime e pupe in trasformazione. Non è risaputo con esattezza il numero delle uova che l mosca depone e quelle delle quali nella giornata si sgrava, dopo la fecondazione. Cauvin già ricordato, nella seconda me- moria sulla TepAritis oleae o Keiron, asserisce che l’insetto ne depone fino a dieci per giorno e può continuare per diversi giorni di seguito. Dalle mie osservazioni resulta che in alcuni giorni ne può deporre molte di più, ed in altri la mosca non ne depone affatto. Per chi dovesse riprendere e controllare questi rilievi, sarà bene ch'io ricordi di aver chiuso una coppia di pupe o di mo- sche, maschi e femmine, alla estremità di un ramo di olivo «in un sacchetto di garza e che ho visitato volta a volta i frutti in esperimento, ricercando i punti vulnerati dall’insetto. Siccome questo però punge spesso a vuoto, l'esame di controllo va continuato anche dopo la morte delle mosche, per vedere le larve che nelle olive si trovano. Moltiplicando le prove col passare la mosca da un ramo all’altro, fra olive non ancora contaminate, vidi che i frutti lesi e le lesioni sui frutti va- riavano da 8 a 80 per giorno. Le larve trovate più tardi nelle olive punte furono da 7 a 18, e in 12 giorni da 70 a 180. In un’altra serie di allevamenti il numero minimo delle larve trovate fu di 32 e quello massimo di 50. In una terza i serie di esperienze trovai una volta 15 larve; 22 in un’altra, ed in un quinto allevamento 46. Di fronte a cifre così disparate una cosa sola parmi se ne debba dedurre, ed è che il potere prolifico della specie varia di molto e le cause di tali variazioni risiedono alcune nella natura stessa dell'insetto, altre nelle condizioni dell'ambiente nel quale piante ed animali si trovano. Lo sviluppo stentato degli insetti, che restano, spesso, anche senz’accoppiarsi, è fra le prime cause; l'umidità e la freschezza insufficienti, la man- canza dei frutti sulla pianta, e la natura dei frutti nei quali le larve devono vivere, sono fra le seconde, e tutte insieme influiscono sensibilmente nello sviluppo e nella diffusione della specie. Di questo si dirà meglio altrove; qui basta ricordare che appena deposto l’uovo nella polpa del frutto, il tessuto — 246 — leso per il liquido sebaceo che circonda l’uovo, in breve tempi muta di colore e il cambiamento si comunica fino all’epider- mide, sulla quale appare come una macchiolina rossastra. Dopo una settimana circa dalle uova nascono le larve, che | mangiano e si approfondano più che è possibile nella polpa, facendosi strada con gli uncini boccali, che esse hanno per lacerare e trascinare nel tubo dirigente il tessuto parenchima» tico, che le circonda. Così esse allungano ed allargano sensi. bilmente la via che si aprono nella polpa del frutto, lascian- | dosi dietro sotto forma di escrementi la parte consumata e che poco a poco occupa, come un ammasso nerastro, il vario sentiero scavato fra quella sana, che si altera anch'essa, e si. guasta, mentre la superficie del frutto si deprime sensibil- mente in corrispondenza della galleria praticata dall’insetto Dopo un giro più o meno tortuoso, talvolta breve ed a go mito, l’animale ritorna dalla parte d'onde era entrato ed arriva fin sotto la buccia del frutto. Quivi si ferma, si libera al l’intorno della polpa che lo circonda, ed ammassando altrove gli escrementi che emette, si forma, talvolta, una camera di. trasformazione, e vi doventa pupa. Prima però esso mette perfettamente a nudo la buccia dell’oliva; la intacca talvolta, circolarmente nel mezzo, e si immobilizza. Tal’altra la tra- | sformazione ha luogo in un tratto di cunicolo scavato nel mezzo della polpa, e allora la buccia non si trova mai incisa | nel modo indicato, ma si trova sempre egualmente sgombra dagli escrementi la via, che deve lasciar libero il passo alla mosca Verso e è a trae fino alla seconda metà di settembre. Queste mosche, seguendo il costume delle madri, si racco gono anch'esse sulle piante a frutto precoce, e in mancanza di | — 240 — meglio, cercati i frutti migliori delle piante sulle quali videro la luce, si adattano alla polpa residuale di quelli che hanno lasciato. In queste olive, mentre continua la prima, dagli ul- : timi di agosto agli ultimi di settembre principia la seconda generazione, della quale una parte si perde nella raccolta degli olivoni, e l’altra si salva sulle piante a frutto oleifero, ed è quella che si completa fra gli ultimi di ottobre ed i primi \ di novembre e dà la terza grande generazione, che passa l’in- . verno allo stato di pupa, e dà le mosche nella primavera se- guente. Nelle dipendenze appenniniche continentali, e nelle località più elevate di esse in particolare, questa, che dà le pupe nel i dicembre e nel gennaio è l’ultima generazione dell’anno. Le cose procedono alquanto diversamente nelle olivete delle dipendenze apenniniche che degradano nel mare dove i ritardatari della seconda generazione compariscono perfino in febbraio e sono le mosche più specialmente che si vedono svo- lazzare, col tempo calmo, dalla parte della chioma illuminata e riscaldata dal sole. Queste mosche però, se la stagione non decorre mite e non trovano i frutti necessarî per deporre le uova, vanno egualmente perdute. Sicchè in via abituale, per me, la infe- zione dei nuovi frutti è data dalle mosche restate, allo stato di pupe, dentro (alla profondità di 2 a 3 cm. circa) e fuori terra, sui pedali, nelle inforcature degli alberi, e nelle schegge dei vuoti non ripuliti degli alberi, o sugli alberi stessi, ai loro rami, dove i frutti non sono ancora caduti, e dove la pratica li conserva spesso per tutto l’ inverno fino al mese di maggio, per avere gli olii bianchi od olii decolorati. È in quest’ ultimo caso, e nell’altro della presenza e della forma- zione dei frutti tardivi che, oltre alle mosche, alle pupe e alle larve ritardatarie, talvolta, si incontrano anche le uova, d'inverno. Un altro fatto non osservato, e del quale la pratica deve i tener conto, sta nei rapporti fra la mosca, le olive ed i topi — 248 — campagnuoli (Arvicola Savi, A. arvalis, A. nebronensis, Mus sylvaticus, ecc.) i quali, con le olive, nell'autunno portano nei. loro nascondigli anche le larve e le pupe dell’insetto; e siccome nell’autunno stesso e nell'inverno questi topi sono largamente | decimati dalle tifoidee, i depositi di quei frutti non consu. mati sono altrettanti focolari d’infezione dai quali le mosche nella primavera seguente passano sulle piante per infettarle. Si comprende e si spiega così anche l'investimento più. repentino ed esteso delle olive nei luoghi più incolti, investimen- to, che è tanto più grave, per quanto maggiori sono le vie per le quali l’insetto arriva a salvarsi ed a raggiungere lo stato per. fetto, per continuare la riproduzione della specie. La quale, | in base alle mie osservazioni, si succede nelle generazioni e | nelle sue diverse fasi perdura presso a poco come nel quadro seguente: | DI H GN | ‘QUOIZBIQUOS "8 e[]op adnd oxjop oqeuriou oddn] -TAS O] VIOULUIOO © ‘OQBOIPpur OLIB}BpaBgLI QUIIOJ ®[]op 100001d euro], ef]fop ouorzitedde ] enuguog ‘0UO1Zt.I9UOd ng e[]Op oLteg -epaegni o]jonb ep o »6 eljop 100004d nid adnd Q]]ep IguoruoAotd oyosouI eg[op oqerzaed ouorziaeddy aprite OGI è 06 Co ara 08 è SI Sie l GG 8 06 OSaZI STESA CIRSSKO] 08 è GG TÀ TUIOTS TUIOTS TUIOIS TUIOLS ouosoui e][op | ednd ellop QAIB] ®I[OPp BAON OI[9p eqeIngq VIBINC eqeInq IRINA I TT «EÉTpr r open Gee ee OSNI camini TUOIZBIOUGS OIIBA @ns el[ou essed 0990SUI .T ITenb o] 10d ISVH USTHATIO UT'THUO VIVIAA DI i OO TOO O I e St) (0[8909) QUOTZEIQUOS »°6 QUOIZBIIUOS »°g QuoIzeI9UOS +] * tt * © 0USNIH9-01998]]-o]Lidy "> © OZIB]-0I8I1]qo;-0t8uuos ‘oreuuo) Tp TtuITId 18 ‘O1quIieor(]-91quoAON ‘oIquioAon Ip Iurid TR ‘01q099-01qU1999AGS * * *. >.’ * 21Qqu09ggog-07S057-0I]9N]T Quanto ai danni che la mosca olearia fa alle olive e alla economia agraria nazionale, noto come Teofrasto abbia lasciato detto che quelle marciscono e cadono. 1 | Questo rilievo dell’antico scrittore geoponico non poteva essere più conciso ed esatto; ma è l’espressione altresì del danno considerato al massimo grado della sua intensità; quel grado al quale è stata abituata da diverso tempo una parte Ngpestororolo. della pratica oleifera tina e straniera. Nani secondo il tempo delle osservazioni, il luogo nel quale cadono, | e le varietà delle olive che si considerano. Quanto al tempo delle osservazioni, parlando della bioll i gia dell’insetto e della sua evoluzione in rapporto a quella | crescono e maturano. Sicchè il danno, che è nullo o trascu- vera devastazione, quasi per tutto, nel gennaio. Applicando questi rilievi alle varietà delle olive conside. | rate, infatti, fra esse quelle da indolcire, per quanto infette | nella seconda metà di luglio e ai primi di agosto, non sono — 251 — : aumenta e le tumefazioni del frutto o non lo rendono più i commerciabile. od il commercio si effettua ad un prezzo molto i inferiore a quello reale desiderato. Non ha luogo altrimenti per le varietà grosse Li. olive da seccare, e per quelle più grosse oleifere, che sono colpite prima, e son prima danneggiate dal baco (ottobre, novembre), mentre per le varietà mezzane e più piccole, la distruzione | vera comincia in novembre e dicembre. Ho detto pure che questi danni, nei limiti dello stesso tempo, ‘| si verificano in momenti diversi anche nelle olive delle varietà identiche e prossime, secondo l’altitudine, l'esposizione e la po- | sizione del terreno, e delle olivete, che in quelle condizioni si trovano. ; L’entità dei danni, per tanto, è relativa ai momenti nei quali si considera, dipendentemente dalle condizioni soprain- dicate, dalle quali poi e dall’attività relativa degli olivicultori interessati dipende l’effetto ultimo che ne risente l’economia nazionale; effetto che può riuscire insensibile, sensibilmente grave e gravissimo, secondo che decima soltanto, o annienta . quasi intieramente il raccolto. Non credo che vi sia bisogno di spiegare come questo danno sia diretto, per il consumo di una parte variabile della polpa del frutto, ed indiretto per la cattiva qualità dell’olio che si ricava dalle olive bacate, olio che spesso non trova facile col- locamento sul mercato. Dico solo che, anche quando la infe- zione non colpisca, come ha fatto lo scorso anno, completa- mente e al massimo grado di intensità, il raccolto di una o più vaste regioni olivetate, il danno, fra una cosa e l’altra, sì può calcolare sempre di diversi milioni di lire, e questi milioni,, secondo gli anni, rappresentano un ventesimo, un | terzo, la metà della rendita annuale, nelle raccolte più disgra- | ziate. Quando si consideri che le 58 provincie oleifere d’Italia producono insieme in media più di 3 milioni di ettolitri di olio, che a circa L. 80 in media, importano un reddito lordo i di 240 milioni di lire, non è difficile comprendere che la difesa — 252 del raccolto dell’olivo, è la difesa di una RARE Da delle la ricchezza e del benessere nazionale. Quanto ora al modo di mettere riparo a così gravi inconve- | contro i mali di indole generica sta precisamente nelle norme più elementari della razionale coltivazione; e che nelle prati- dalla mosca delle olive, per l'appunto, è del numero, ragione- | volmente, per combatterlo non conviene andare in cerca di altri rimedî, allo infuori di quelle; e d’altra parte non sarebbe | possibile l’uscirne senza compromettere, per un utile molto pro-. blematico, una parte considerevole, certa del raccolto. bp" Altrove ho detto che « #/ nodo della quistione, qui, più che nella ricerca di un rimedio, sta nel coordinare per modo le di | verse pratiche agrarie locali, da limitare dovunque la infezion in qualunque stato si trovi, senza decimare il raccolto 0 la pre duzi ne dell’olio, e senza gravare, o gravando il meno possibili di spese, il bilancio della coltivazione ». Ma la pratica econo- mica olearia la pensa diversamente, e vorrei darle ragione; ma mi son convinto che essa per cercare il meglio si allon- tana dal bene, e si troverà perciò continuamente esposta al danni della mosca. I rimedî preconizzati contro questo dittero malefico sono diversi e cominciano con quelli relativi alla | coltivazione e al sotterramento delle piante puzzolenti ai piedi degli olivi, per liberarli dai vermi. Gli altri prendono di mir le mosche con i veleni, le acque indolcite e gli insettifugh altri prendono di mira le larve e le pupe, con iniezioni vele- | nose nelle piante, col debbio del terreno, e con l’uso degli insetticidi; ma nè gli uni nè gli altri hanno ragione di i | raccomandati. i Non potendo fare assegnamento sull’intervento utile degl uccelli, e non potendo aspettare che i ragni cacciatori d’in- Li e gli insetti i della mosca si unito straordi — 253 — direttamente a difesa del suo raccolto, per non averlo con- sumato dagli insetti ed economicamente distrutto. Come, poi, in qual modo, e quando l'agricoltore debba in- tervenire a difesa delle sue piante, sono cose che non si devono desumere dalle solite prediche a braccio alle quali è avvezza la pratica italiana; ma dalla vita e dai costumi dell’insetto in rapporto alle piante e all'ambiente nel quale la vita di queste e di quello si svolge. Fig. 121. — Olive mangerecce ed olivoni ed olive da olio variamente colpite dalla mosca. Ora dalle notizie della coltivazione dell’olivo si sa che delle Varietà sue quelle a frutto più grosso soltanto possono nel mese di luglio ospitare la larva della mosca, e che delle altre, quelle oleifere non possono essere colpite dall’insetto che nell'agosto e nel settembre. D'altra parte le conoscenze sulla biologia del- l’insetto insegnano: 1.° che le mosche di questo cominciano a mostrarsi nelle olivete dal mese di aprile in poi, e le comparse si mantengono rare fino agli ultimi di giugno; 2.° che ai primi di luglio le mosche delle olive si mostrano — 254 — più numerose, si accoppiano e depongono nelle olive da indol. : cire o da seccare; 3.° che la comparsa delle forme perfette continua nel { l’agosto, ed ha luogo la infezione anche delle varietà oleifere più grosse; 5 4.° che nel settembre le larve nate negli olivoni danno le mosche, che dagli olivoni (che in questo mese si cominciano a raccogliere) passano alle olive da olio, grosse e mezzane. Si sa pure che nel settembre gli olivoni, od olive da in: dolcire sono maturi e si raccolgono, e che dai primi di otto: bre ai primi di novembre, secondo i luoghi, delle altre olive quelle più grosse almeno, contengono già tanto olio da potersi utilmente raccogliere e trasformare. Ora se il mese di agosto è quello nel quale quasi tutta 1 infezione si trova raccolta sopra un numero relativamente ri stretto di piante; e da queste nel settembre si diffonde rapi- damente dintorno; questo fenomeno coincide anche coll’inizi | della maturazione dei frutti, ed è però chiaro che per liberar il raccolto dai danni della mosca bisogna: 1.° raccogliere alla fine di agosto e ai primi di settembre | gli olivoni infetti, prima che dai frutti vengano fuori le mo- | sche, che in quel tempo stanno per uscire, mettendo i frutti î raccolti sott'acqua, perchè gli insetti non escano; i 2.° dai primi di ottobre, alla fine di novembre, seconde 1 luoghi, le varietà e le minacce della infezione, bisogna, € mezzo della raccolta graduale, frazionata, togliere le altr olive dalla pianta mano a mano che maturano, e portarle su bito al trappetto per averne l'olio. id Quando e dove si può, la raccolta va fatta a mano. Dod | lo sviluppo delle piante non lo permette si ricorra all’uso delle. scale, per scuotere i rami a mano, con gli uncini, o con de. ] mazzetti, rivestiti di stracci per colpire i rami, e far cdl dere le olive mature. i | Queste operazioni servono a salvare la maggior parte del prodotto dai guasti della infezione, perchè per esse le uova — 255 — non arrivano a dare le larve, e queste non hanno ancora ini- ziato la loro opera di distruzione nei frutti quando questi si portano al frantoio. Bisogna notare però che questi provvedi- ‘menti non sono sufficienti ad impedire che la infezione si riproduca nell’anno seguente. Fig. 122. — Mezzi per praticare la raccolta graduale: 1, 2, 3, 4, copertoni o teloni «cuciti insieme, meno che da un lato 00’, dal quale si fa passare il tronco (7) del- l’albero per avvolgerlo al piede — s, scala — m, maglietto — «, uncino. Per tagliar la via, più che è possibile, alla reinvasione si dovrebbe poter levare dalla pianta e dal terreno tutti i frutti | e tutti gli insetti che quella porta, e che su questo ed in que- sto poi si trovano; la qual cosa è, per vero, più facile a dirsi che a farsi. Si può rimediare scattivando il tronco ed i pedali degli | alberi, e zappando profondamente, per sotterrare i frutti con gli insetti, o quelli e le pupe riparate nel terreno, e nei licheni, talvolta, che crescono sulle piante. Potrebbe riuscire molto utile l’abbruciamento della cotica erbosa o dello strato del RO), la SR terreno (5 cm. circa) nel quale stanno le pupe dell’ insetto; ma riuscirebbe eccessivamente costoso e non sarebbe per tutto praticabile. La La pulizia dei locali, dove si conservano per qualche giorno le olive, e la distruzione, col fuoco, delle spazzature, che con- tengono a migliaia le pupe della mosca, completano nei limiti del possibile questo piano di difesa, che è pratico perchè con esso: 3 È 1.° L’insetto non arriva a rovinare le olive e queste. pel tempo nel quale le operazioni cadono, le une sono buone al consumo diretto, e le altre contengono quasi tutto l’olio che esse devono avere al momento abituale della raccolta. | 2.° L’olio è di qualità più fine, e la quantità, in pre: | senza degli attacchi dell'insetto, è sempre e di molto supe riore a quella che si ottiene lasciando i frutti a disposizione | della mosca e degli uccelli, e al pericolo dei geli. $ 3.° La spesa è quella stessa, o quasi, che occorre per la. tica, checchè mi si dica, è riprovevole e spiega abbastanze bene il disastro che l’insetto per essa produce dove è in uso. Passerini, Pecori ed altri hanno insegnato ed insegnano ce la scattivatura del fusto e dei pedali, la scalzatura e la rine trano a far parte delle cure di coltivazione, e per ciò n gravano le spese della difesa, alla quale le operazioni stessi sono chiamate a far parte. Un altro sistema di difesa contro la mosca olearia pui essere quello proposto dal sig. Petrone di Viesti, il quale basandosi sulla facilità colla quale la mosca si sofferma si può prendere sulle foglie della pianta, bagnate con sostan zuccherine e odorose diverse; e mettendo a calcolo il numero assal limitato delle piante sulle quali l’insetto in certi luo — 250 — si trova raccolto al principio della infezione, consiglia i ghi, ì di dargli la caccia per distruggerlo. | L’A. riconosce d’altra parte che nelle olivete estese è diffi- è cile scoprire tutti 1 focolari della infezione per soffocarli, e ‘riconosce pure che una parte delle mosche sfugge alle ope- ‘razioni della caccia e perciò consiglia dal mese di luglio in poi la raccolta e la distruzione delle olive infette, continuando la caccia alle mosche, che mano a mano si presentano. Il sig. Petrone afferma che, a questo modo, malgrado le interruzioni nel lavoro dovute all’azione retriva dei possidenti, che impedivano l’accesso agli operai nelle loro olivete, a Vie- sti, nel 1898, fu sottratto all’azione della mosca quasi l’intero raccolto, mentre nei comuni di Vico e di Peschiri il raccolto fu assai molestato da quella. Questo sistema di difesa, come si vede, rientra con la sua seconda fase, la fase più importante, per me, nel sistema pre- cedente perchè, pur troppo: lo sviluppo delle mosche di un ‘anno si protrae tanto che le ultime di esse almeno vengono alla luce, di settembre, insieme a quelle della prima genera- i zione dell’anno seguente; delle mosche che appariscono e che si raccolgono di giugno e di luglio, non tutte arrivano a de- porre le uova, e di quelle che si prendono più tardi, una parte almeno bisogna ammettere che abbia già compiuta la impor- tante funzione, mentre quelle che si salvano, si devono ritro- vare e si ritrovano allo stato di larva e di pupa nei frutti da indolcire, e con la raccolta dei quali si possono facilmente distruggere. Sta pure in fatto che dove questi olivoni non sì trovano, le operazioni della raccolta si dovrebbero estendere ad olivete intere spesso illimitate,. con una spesa, che va a gravare sensibilmente il bilancio della produzione. Questa spesa (che si evita col sistema della raccolta graduale, frazio- nata) varia naturalmente da un luogo all’altro, secondo le differenze più o meno notevoli delle varietà delle olive che si coltivano, e le condizioni che ne rendono più o meno uni- ' forme la vegetazione; ma non costituisce meno per questo una 17 delle cause per le quali molti non possono fare, ed. alri n fanno. In quale annata va praticata la difesa, in quella piena, o in quella scarsa? De Dovendo mirare alla salvezza del raccolto, bisogna operare in un anno e nell’altro. Quando l’annata è scarsa però l’agri: coltore ha più tempo e deve profittarne per agire con mag: gior rigore nella raccolta delle olive, perchè questo, mentre porta ad un aumento naturale del prodotto, contribuisce i e ad una decimazione più larga delle mosche. | La mosca olearia è insetto volatore e può facilmente por tarsi da una oliveta all’altra. Estendendo perciò le opera zioni della difesa a molte olivete limitrofe, la ragione n sarà più facile, ma sarà più stabile, perchè allora non pw ripristinare facilmente il numero che è necessario per invadere largamente le piante, e non si hanno più a temere i danni ai quali, troppo spesso, da un tempo a questa parte, sial abituati. i La istituzione dei sindacati agrarî per la generalizzazio: della difesa, contro l’insetto,. sarebbe cosa utilissima per n specialmente, se rafforzata da un articolo di legge, che ord nasse il da farsi, neutralizzando l’azione dei retrivi, col ren derli responsabili dei danni, che dall’inerzia loro derivano a raccolto dei proprietarî limitrofi. Ove questo trovasse ostacolo nelle proteste di coloro e confondono l’uso con l’abuso di proprietà, bisogna piegare ll fronte e accontentarsi di piangere gli effetti delle genie de- solanti degli insetti, lasciandoli padroni e signori dei frutti, fra 1 quali e nei quali la provvida natura li ha fatti nasce ] | e moltiplicare! i Per buona sorte, però l’unione di molti dipende dall’ed | cazione e dall’energia individuale di ciascuno, e perciò i pro: | prietarî, e gli agricoltori, attivi ed intelligenti, che si trove- ranno nella triste necessità di provvedere da soli ai casi proprà, | non si perdano di speranza: saranno più gravi per essi il la agg = ‘voro e la spesa; ma questa e quello troveranno equo compenso ‘nella certa salvezza della maggior parte del raccolto, e nel prezzo elevato del collocamento di questo. Sta bene, ma come si farà, mi ha chiesto qualcuno, a difendere le grandi olivete? Chiedetelo al Direttore sig. Coli e al suo coadiutore sig. Fi- dora, dell'Agenzia del sig. marchese Durazzo-Pallavicini, in Sestri Levante, i quali vi diranno che le olivete affidate alla loro direzione, da che essi praticano la raccolta indicata, hanno sempre dato prodotto per la maggior parte sano, anche quando altrove, a due passi da loro, gli olivicultori liguri piangevano i danni inflitti loro dalla mosca olearia. Possa la forza di questo e di molti altri esempî aprire gli ‘occhi ai nostri agricoltori e sottrarli al disastro al quale l'ignoranza, la speculazione ardita e le prediche premiate espongono l’olivicoltura italiana. Gen. Ceratitis Mac. Leay. Le antenne sono più corte che nel genere Dacus, lo scu- tello ha sei setole, la parte inferiore dei femori anteriori for- nita di setole molto lunghe e fitte, e le vene longitudinali 3.° e 4 delle ali, divergenti. Ceratitis hispanica Brème. (Mosca delle arance, dei cedri, dei limoni e delle pesche). La mosca è lunga da 5 o 6 mm. e distinta per avere lo seudo del torace listato di nero, mentre i lati sono bianchi e lo scutello è nero marginato di giallo; l'addome è fasciato i alternativamente di bianco e di grigio; le ali sono molto lar- ghe alla base e quivi fornite di una macchia ocracea e di una punteggiatura bruna, mentre una fascia gialla le attraversa nel mezzo e si decompone in due convergenti verso il margine } posteriore, ed un’altra più piccola dopo di quella ed in avanti — 260 — | è cosparsa di punti neri, e lungo il nervo marginale arri a fino all’apice dell'ala. Fig. 123. — a, Mosca delle arance ingrandita e a grandezza naturale — d. larva della mosca molto ingrandita. La pupa è di color bruno rossastro, mentre la larva è d color bianco sale e per tre millimetri circa più lunga delli pupa e della mosca. L’uovo è come quello della mosca dell'olivo. La specie non ha meno di quattro generazioni all'anno, dalla primavera all’autunno, nel qual tempo l’ho trovata nel arance, neì cedri, nei limoni, nei mandarini, nelle pesche e p ro eccezione soltanto nelle azzeruole e nelle susine. i | La mosca introduce uno o più uova per frutto nel quale 5] depongono anche mosche diverse, e però varia assai il numero delle larve che in esso si trovano. In qualunque modo la superficie dei frutti infetti si p senta scolorita e tumefatta in corrispondenza dei punti le con macchie più o meno estese, secondo che le punture per a introduzione delle uova furono riunite o sparse. La polpa sottostante si trova disfatta e sostituita dagli i escrementi delle LIE, sotto nen n poltiglia che marcisce — 261 — : scita, quelle abbandonano i frutti, scendono a 3-5 centimetri nel terreno e vi si trasformano. La pupa non resta più di una quindicina di giorni nel ter- reno e dà luogo alla mosca, la quale attraversa la terra sovra- | stante e vola sulla pianta per accoppiarsi ed infettare gli altri frutti. Col ripetersi delle generazioni si moltiplicano i frutti gua- sti ed aumenta l’entità del danno, il quale può essere così . grave da compromettere quasi tutto il raccolto. Agli agrumicoltori della Sicilia e della Calabria, che mi | hanno richiesto sul modo di rimediare ai danni che l’insetto fa negli agrumi, ho raccomandato la raccolta e la distruzione immediata di tutti i frutti infetti, che si riconoscono facilmente dai caratteri sopraindicati. Dove la coltivazione degli agrumi non è consociata ad al- tre piante, e può farsi, sarà bene di zappare profondamente e tenere il terreno compresso per quaranta o cinquanta giorni circa, per vedere di impedire alle mosche provenienti dalle | pupe che si trovano già sotto terra, di venir fuori e rinnovare . la infezione sulle piante. Nei terreni sciolti questo sarebbe un tentativo inutile, e tutta la difesa va concentrata nella raccolta dei frutti, i quali, quando sono maturi, si possono anche dare al bestiame; diver- samente si stratificano con la calce, in fosse profonde, scavate nel terreno, e se ne fa concime. Gli effetti di questa difesa sono poco sensibili e poco du- raturi dove quella non sia praticata su larga scala, e su tutte le piante indicate, per ostacolare più che è possibile la dif- fusione ed il ritorno della mosca dalle piante del pomario a quelle dell’agrumeto, e viceversa. Gen. Platyparea Loew. Margine frontale anteriore sporgente in avanti e faccia al l’indietro; setole dell’orlo laterale della fronte sottili; palpi e | proboscide brevi; ali nere con zone triangolari bianche. Platyparea poeciloptera Schrank. (Mosca fulminante degli Sparagt). È di color nero piceo brunastro, lunga 5 mm. circa. Ha il capo pallido giallognolo con una macchia occipitale, una fron- tale, e due laterali fra gli occhi e le antenne scure; antenne giallo-rossastre con l'angolo anteriore del 3.° articolo rilevato e l’arista quasi nuda; scutello del torace lucente; addome col margine anteriore degli anelli, meno l’ultimo, biancastro; zampe i giallo-brunastre, nei femori quasi brune, e nell’ultimo articolo dei tarsi nerastre. | Ci Fig. 124. — Turione di Sparagio con la mosca femmina ed il maschio segnati fr i sotto alla loro grandezza naturale. È 4 L’insetto comparisce di primavera poco dopo lo sviluppc dei turioni; si accoppia, e le femmine fecondate volano sulle estremità di quelli e vi depongono le uova. Le larve che na scono penetrano nel giovane getto, e, rodendo sempre, scen- | dono fino all’impianto di quello sul rizoma, impiegandovi uno tempo variabile fra i dodici ai quindici giorni. Ai primi di giugno le larve si trasformano in pupe ed aspettano così la — 265 — nuova primavera per dare le mosche e reinfettare le nuove | formazioni della pianta. Iturioni degli sparagi infetti col vento si piegano e muoiono; quelli che si conservano diritti scoloriscono, restano stenti e . sì perdono anch'essi. Il male non si vede che quando è già fatto, e per rime- diarvi non vi è di meglio che estirpare le vegetazioni colpite fin dalla base e metterle nell’acqua bollente, per uccidere gli insetti che vi sono contenuti. 3 Gen. Philophylla Fondan:. Ultimo articolo delle antenne appena attenuato all’ apice; arista sottile, nuda; fronte non sporgente; gote perpendicolari scutello con quattro setole; spinola costale delle ali piccola; seconda vena trasversale prima della vena intermedia con- giunta alla costola. U Philophylla onopordinis Fabricius. (Mosca delle foglie della Pastinaca). - Questa mosca è giallo-rossastra, lunga 5 mm. circa. Ha il | capo con la faccia e le gote bianche, lo scutello giallo, il meta- | torace nerastro bimaculato; ali ferruginose con 7 macchie bian- che, due marginali anteriori, tre posteriori, e due più piccole | nel mezzo; zampe gialle, ed addome irregolarmente infoscato. La specie comparisce nel mese di maggio e depone le uova | uno per parte sui segmenti laminari delle foglie, nei quali le \ larve appena nate penetrafio e ne consumano il parenchima. | Alla prima seguono una seconda ed una terza generazione di mosche, l’ultima delle quali resta allo stato di pupa e come | tale sì conserva nelle piante stesse o al piede di queste durante \ l’inverno, e dà gli adulti nella primavera seguente. ° Le foglie delle piante, nelle parti infette, in seguito alla di- | struzione del mesofillo, si scolorano, doventano bianco-giallo- quale, quando è numeroso può compromettere seriamente sviluppo del vegetale. ; © Per rimediarvi basta asportare e distruggere nell’acqua bo lente o nella calce le larve contenute nei segmenti delle fogl infette. Philophylla Centaureae Fabricius. (Mosca delle foglie deî Sedant). È di color nero-lucente con testa, antenne, e zampe gialle, | ed ali nere con le solite 7 macchie bianche. sd La biologia è simile a quella della Mosca della Pastinac: al pari della quale si comporta e si combatte. Gen. Rhagoletis Loew. Ali con quattro fascie trasversali nere, la seconda del quali più larga, la terza e la quarta fuse insieme; terza ve! longitudinale nuda, con una piccola setola nel punto di sep razione dalla seconda; piccola vena trasversale situata olt la metà della cellula discoidale; angolo posteriore dell’ultin — 265 — cellula basale raccorciato ed. acuto; proboscide e palpi non sporgenti oltre il margine anteriore dell’apertura orale; scutello con quattro piccole setole. Fig. 126. — 4, Foglie di Sedano col parenchima consumato, dalla larva della Philo- phylla — b. larva ingrandita — c, pupa ingrandita. Rhagoletis Cerasi Linné. (Mosca delle ciliege). x La mosca delle ciliege è lunga 5 mm. circa e di color nero lucente, con capo ed articoli tarsiali fulvi; quattro linee di peluria fulviccia appena visibili sul torace, ed una linea | gialla ai lati del protorace e del mesotorace; ali diafane con nervi giallognoli alla base, ed una macchiolina cuneiforme fra la seconda e la terza fascia, nera; addome a riflessi bron- zini, con setole laterali successivamente più lunghe dalla parte posteriore. Mano a mano che i frutti del ciliegio, verso la fine di ‘ aprile, cominciano ad ingrossare, compariscono sulle piante le i frutti che più si approssimano alla maturità e dalla par più tenera li pungono e vi depongono uno o due uova. ‘di color bianco sudicio, formate come quelle della mosca delle olive e delle arance. È lo) i. d Fig. 127. — a, Mosca ingrandita segnata a grandezza naturale di sotto — d, uovw molto ingrandito — c, ciliegia attaccata dalla larva della mosca — d, la stess: aperta per mostrare la larva addossata al nocciolo. dono nella polpa del frutto e mangiando arrivano fino alla superficie del nocciolo. Una ventina di giorni bastano alle larve per Quetti lo sviluppo necessario e cadono coni frutti o senza di quest sul terreno, nel quale si nascondono; vi passano allo stato di pupa, e mentre le più precoci di esse compariscono anche all stato di mosca per una seconda generazione, le altre aspet j tano con le pupe di questa, la nuova primavera per comparire perfette e riportare la infezione sui nuovi frutti dell’anno. | Le ciliegie non sono tutte egualmente attaccate dalla mosca, | la quale si mostra nei luoghi solatii prima che negli altri, ed | in primavera e nel fondo delle valli prima che in collina. | — 267 — Le ciliege a polpa dura sono meno colpite delle altre a polpa molle, e su queste si diffonde tanto la infezione che il cento per cento dei frutti in certi anni si trova visitato dal- insetto. Noto fra le prime quelle che nell’Italia meridionale vanno col nome di corvine e di ciliege di Spagna, e nel- l’Italia centrale col nome di ciliege pistoiesi. Le ciliege amarene per quanto a polpa molle non sono | preferite dalla mosca. _ Indipendentemente dalla consistenza della polpa però le | ciliege più precoci sono meno colpite dall’ insetto, mentre . quelle tardive, che maturano di luglio e talvolta in agosto, sono maggiormente soggette ai danni della infezione. Ma prima o poi, le ciliege colpite dall’insetto maturano più pre- sto e dalla parte infetta si presentano come tumefatte ed al- quanto depresse; e siccome in quella parte passano più presto i di maturo, più facilmente marciscono e vanno a male. Per diminuire il numero delta mosca delle ciliege il primo | espediente sta nella lavorazione profonda e nella compressione | del terreno sotto la chioma delle piante, nel mese di marzo e di aprile. L’altro è quello della raccolta dei frutti maturi, anti- cipata di qualche giorno, sempre prima che le larve ne siano | uscite e ne abbiano perforato la polpa per andare nel terreno, ì perchè a questo modo non sì perdono i frutti e col consumo | di essi sì assicura anche la distruzione dell’ insetto. Trib. AGROMYZINAE. Gli Agromizini hanno la faccia inferiore breve, verticale; i la fronte larga setolosa davanti; le antenne corte col terzo ar- ( ticolo arrotondato; la proboscide robusta; le ali più lunghe \ dell'addome col primo nervo longitudinale avente un ramo an- | beriore sottilissimo presso il ramo principale, o per breve tratto | separato da questo; i nervi trasversi che terminano prima | della metà dell’ala, e l'addome di 5 a 6 segmenti. — 268 — i | I generi più importanti della tribù e più in vista alla pra- tica sono i seguenti. i ca 3 Gen. Phytomyza Fall, Meig. Stilo delle antenne nudo o tomentoso; ali sviluppate senza seconda nervatura trasversale o non oltrepassante la prima. Phytomyza affinis Meig. (Moscerino del Pisello, del Cece, ecc.) L’insetto perfetto è lungo mill. 3 circa e di color nero gr giastro. Ha il capo giallo con una macchia nera nel vertice le antenne nere; il torace grigio cenerino con-le zampe a giun- ture biancastre, i bilancieri bianchi e le ali ialine. » Fig. 128. — a, b, c, foglie di cavolo e di pisello con le larve della mosca (d) — e, m sca ingrandita segnata a grandezza naturale di sotto. 7 ij La specie depone le uova nella primavera sulle foglie del| pisello, del cece, e di altre piante ortensi e da quelle in bre nascono le larve che vivono a spese del parenchima lamimar «agg e vi si trasformano in pupe. Da queste vengono fuori le nuove | mosche e così le generazioni si ripetono diverse volte nell’anno con danni che riescono sensibili talvolta nel cece, il quale in talune località non arriva a fruttificare o dà prodotto scadente per qualità e quantità. | Quanto ai mezzi di difesa consiglio di sopprimere le rare foglie che nella primavera mostrano le macchie chiare corri- spondenti al parenchima laminare distrutto dalle larve, e di allontanarle dall’appezzamento coltivato per sotterrarle in una fossa con della calce. Il momento opportuno per tale operazione corrisponde a quello nel quale le larve della mosca si trovano nelle foglie per distruggerle. Si può anche lavorare profondamente il terreno alla fine dell'inverno, per impedire che le piccolissime mosche escano nella primavera ad infettare le nuove piante; ma si capisce come da tale provvedimento anche se praticato in terreni com- patti se non si estende ad una larga zona dintorno non può sortire gli effetti desiderati. Con queste cause di distruzione si potrebbero considerare le altre per parte degli uccelli, specialmente per ciò che riguarda l'uso dei volatili domestici, del pollame, che è ghiotto d’insetti e che condotto dietro all’ aratro, alla vanga ed alla zappa, al momento della preparazione del terreno per la semina, libera certamente il campo da una quantità considerevole di questi animali; i quali per altro con metodo non meno diretto si possono avversare e distruggere prendendoli di mira mentre si trovano nelle radici, estirpandole ogni volta che la parte esterna dei vegetali con l’ ingiallimento avverte della presenza dell’ insetto nella parte sotterranea di essi. Secondo J. Curtis, effetti utili si sono ottenuti coll’ uso ri- petuto della calce viva, la quale, sparsa nella quantità di otto some per acro e portata nel terreno, libera le piante dagli in- setti situati sulle radici. Più attendibili sono gli effetti del- | l’olio di catrame mescolato alla terra prima della semina o del piantamento dei vegetali, operando una prima volta nell’autu ed una seconda nella primavera, per colpire le larve, e, se: pre secondo Curtis, per allontanare anche le mosche, che” vrebbero deporvi le uova; ma una cosa e l’ altra prima ch asserite vanno dimostrate. i i Phytomyza geniculata Macq. (Moscerino delle piante ortensi). In questa specie la mosca è nera e lunga 3 mm. circa. la testa gialla con la fronte a lunula e il vertice nero; il to- race grigiastro a fasce gialle avanti la inserzione delle ali, ch sono ialine; le zampe nere hanno le giunture gialle, e l’ad dome ha il ventre giallo ed il dorso nelle femmine con line dello stesso colore dalla parte posteriore. 3 Il modo di vivere, i danni alle piante, ed i mezzi di co batterla sono quelli indicati per la specie precedente. Sect. CALYPTERAKE. A questa divisione dei Muscidi appartengono diverse tribù; ma di esse la più interessante dal punto di vista pratico quella degli Antomiini. ANTHOMYINAE. Gli Antomiini hanno la resta delle antenne pettinata o nuda la fronte ristretta nei maschi, larga nelle femmine; e l’addom di 4-5 segmenti. Questa tribù comprende vari generi. Sl quali sono notevoli i seguenti. Gen. Hylemyia Desv. Le specie di questo genere si distinguono da quelle dei | generi affini per la natura dell’arista che è piumosa o aistilli — 2701 — tamente pelosa. Gli occhi poi sono nudi, i femori delle zampe anteriori semplici, l’ultima vena posteriore per lo meno arri- vante al margine dell’ala, e la seconda longitudinale senza | spinule. Hylemyia cinerella Meigen. (Mosca cinerina del Giaggiolo). La mosca del giaggiolo ha corpo oblungo, nigricante, leg- | giermente cinereo biancastro, con epistoma bianco, fronte poco prominente, proboscite non reflessa, addome lineare, quasi de- presso, fornito di linea dorsale nera nel maschio, mentre nella femmina è senza di questa ed ha forma conica; ali con la costa ciliata e la spina distinta. Lungh. 4 mill. circa. Fig. 129. — Hylemyia cinerella, molto ingrandita. La pupa è ocraceo-brunastra, ovato-allungata e nerastra alle estremità, mentre la larva è conica, bianco-sale, ed apoda. _ La comparsa degli insetti perfetti ha luogo ai primi di aprile mentre dalla pianta vien su l’asse fiorifero con l’abbozzo delle gemme, sulle quali e sull’altro le femmine fecondate de- pongono le uova. Le larve mano a mano che nascono si approfondano subito nella parte del vegetale sottostante e mandano a male ogni cosa. Per combatterla bisogna raccogliere le gemme fiorali, i fiori, gli assi fioriferi e le brattee nelle quali si trovano le larve e le i pupe dell’insetto. Gen. Anthomyia Meigen.. Arista nuda, o appena puberula; seconda vena longitudin i riore dell’ala. Anthomyia radicum Linn. (Mosca delle radici del Cavolo, della Rapa, del Ravanello e del Navone). Fig. 130. — a, Larva di Anthomyia radicum ingrandita — , pupa ingrandita c, estremità anteriore del capo. ‘ nell’una e nell’altro, il dorso grigio presenta una linea e de strie nere nelle divisioni degli anelli, nei maschi, ben distin nella femmina quasi nulle. La specie comparisce nel mese di aprile, si accoppia e a deporre le uova alla base delle piante indicate, sulle pai sotterranee delle quali le larve nate si portano e vi scavano numerose gallerie, riducendole in tale stato da comprometter interamente il valore. i Ora, la specie, avendo due grandi generazioni all'anno, u primaverile, e la seconda autunnale, sono le larve di que che arrecano i maggiori danni, e son quelle stesse, che poi la — 273 — i sostengono e che passando l'inverno allo stato di pupa, nel | terreno, compariscono perfette nella primavera seguente. Per combattere la infezione il partito migliore è quello di sradicare le piante e condannarne le radici all'acqua bollente | per darle al bestiame, o mescolarle a della calce viva, con i acqua, per distruggere gl’ insetti e adoprare il tutto come i eoncime. — Li Anthomyia antiqua Meig. e (Mosca del bulbo della Cipolla). .Insetto perfetto lungo 6 mm. circa e di color nero gri- | giastro, quasi bianco sugli omeri e sullo scudo; addome con una Fig. 131. — Bulbo di cipolla attaccato nelle squame dalle larve dell’Antomia. lmea dorsale scura; zampe di color nero-piceo, ed ali con la prima vena longitudinale senza spina, e quella trasversale po- steriore obliqua. Quest’insetto comparisce fra gli ultimi di aprile ed i primi i di maggio; si accoppia, e, mentre i maschi attendono alla fe- 18 — 204. condazione delle femmine, quelle già fecondate vanno a depor le uova sulle foglie della cipolla. Dopo alcuni giorni nasco le larve, che scendono pel cormo ed arrivano nelle squame del bulbo, a spese delle quali vivono in gruppi di quattro, cinqu o più. Ma vi si possono trovare anche solitarie, ed in ogn caso dopo aver mangiato escono dal bulbo e ai primi di giu | gno vanno a trasformarsi nel terreno. Alla fine di questo | mese o ai primi di luglio compariscono le nuove mosche, che | dànno una seconda, e da questa segue una terza generazione, | che passa l’inverno allo stato di pupa ed aspetta la primave "0 seguente per rinnovare la infezione sulle nuove piante. È Mano a mano che le larve minano il bulbo e lo fann marcire, le foglie delle cipolle attaccate si afflosciano, ingial liscono poco per volta e si piegano al suolo. Di Gli effetti malefici della mosca sulle cipolle sono a brevi scadenza quando le piante sono piccole; sulle altre sono meni prossimi, ma non sono per questo meno sicuri ed ugualment ‘distruttivi. Ho visto che uno dei migliori espedienti di difesa contri questi insetti sta nella pronta distruzione delle foglie, da fars qualche giorno dopo la comparsa delle mosche per distrug= gerne le uova e nel ricoprire le piante con paglia o strame; per sottrarle alla deposizione delle uova per parte delle mo- sche, che non sono ancora sviluppate. Ove poi non si foss più in tempo, non resta altro che sradicare e distruggere ] | piante, quando le larve sono ancora piccole. : Tardando nelle operazioni gli effetti distruttivi che si al tendono da esse non potrebbero essere completi. La distruzione in ogni modo va fatta di primavera, per impedire che l’insetto si diffonda maggiormente, scemando | danni che dalle successive generazioni di quello deriverek bero alle piante. È stor LS Anthomyia platura Meig. (Mosca della Scalogna, del Porro e dello Sparagio). Questa specie è assai meno diffusa della precedente alla i quale si avvicina. Ma è grigia, con antenne e zampe nere; lo | Fig. 132. — a, Insetto perfetto dell’Antomia della Scalogna — 5, sua grandezza na- turale — c, pupa poco ingrandita. ‘scudo con tre strie scure; e l'addome con macchie dorsali nere ed incisioni brune. Si comporta e si combatte al pari della specie precedente. Anthomyia conformis Fallen. (Mosca delle foglie della Barbabietola). La mosca, come le precedenti, è anch'essa lunga 6 mm. circa; ma ha il capo con la fronte ed il vertice bianco argentino mac- chiati d’arancio, il torace grigio con 8 strie più scure, e l’ad- dome giallo, o grigio-giallastro con una linea longitudinale bruna appena apparente. Si presenta di maggio con la nascita delle piante della Bar- babietola, sulle piccole foglie della quale va a deporre le uova. Mentre l’insetto è allo stato di uovo, e le foglie si di- stendono e si fanno più ampie, le larve che nascono vi pene- trano e ne rodono il mesofillo. La distruzione del parenchima mdicato determina degli spazî chiari molto visibili nelle la- SOR mine verdi delle foglie, e le larve in numero di sei o diec li estendono fino a che raggiunta da esse la lunghezza di ad 8 mm. circa, perforano la epidermide inferiore della fogl e verso la seconda metà di giugno si approfondano nel terreno per trasformarsi in pupe. Bb Fig. 133. — A. foglia di Barbabietola colpita dall’Antomia — @, uova dell’insetto b, larva — c, pupa — d, insetto perfetto — e, capo di questo ingrandito. quale segue una terza, l’ultima per le Barbabietole, che sver 1a allo stato di pupa e comparisce perfetta nella primavera | guente. Per combatterle bisogna uccidere le larve senza distr 1g; gere le foglie, comprimendone le parti infette fra le dita. I lavoro è lungo e penoso, ma affidato ai ragazzi, e praticato giugno al primo apparire della infezione, prima che le la; estendano i guasti sulle foglie e che le abbandonino per nasce dersi nel terreno, riesce della massima efficacia e semplicità. Le foglie delle piante infette, al momento della raccolt vanno messe insieme e trattate con la calce, per distruggery le larve che dovrebbero incrisalidare e riprodurre la infezione] nella primavera seguente. SS È — 277 — Anthomyia tuberosae Curtis. (Mosca della Tuberosa e degli steli e delle foglie del Cavolo). L’insetto perfetto è lungo 4 millimetri circa, di color gri- .gio-nerastro nei maschi, e di color cenerino nelle femmine. ‘Queste presentano 5 linee nere, distinte, sul torace, e due mac- Fig. 134. — A, insetto perfetto, ingrandito con le dimensioni naturali di sotto (la lunghezza del corpo è stata per errore alquanto raccorciata) — B, larva. ‘chie ocracee sul primo e sul secondo anello addominale. I ma- schi hanno gli occhi approssimati sul vertice, il terzo articolo delle antenne oblungo; le linee del torace indistinte; le mac- chie ocracee sul secondo e sul terzo segmento addominale; le vene delle ali scure, di cui le trasversali non molto distanti; e le zampe nere con la base delle tibie appena ferruginosa. Una idea della femmina per altro si ha nella figura 134 al disotto della quale si trova disegnata la larva con le setole caratteristiche. Ho trovato che la specie è dannosa ai cavoli, dei quali at- tacca il fusto e la costola delle foglie, che minati dall’interno si presentano tumefatti nei punti lesi, marciscono e tutta la pianta va a male. Per la difesa vedasi quanto ho indicato contro le specie ‘precedenti. LIE SC Ord. HEMIPTERA. Gli Emitteri sono insetti a protorace libero e molto svilup. | pato; rostro col succhiello di uno a quattro articoli, eccentri. camente scanalato di sotto, per contenere le setole mandibulo- | mascellari tenute strette alla base dalla punta del labbro SUE periore. Il rostro manca completamente in alcuni maschi ed in un certo numero di femmine gamogenetiche. Le ali, quando | esistono, sono due, o quattro; nel primo caso hanno un solo nervo longitudinale, sottocostale o mediano, ed un solo ner vo | w Fig. 135. — 1, elitre di eterotteri: a, clavo, endocorio — b, fulero, esocorio — parte i termedia fra esse, mesocorio — c, membrana con una cellula basale —- 2, tes di eterottero con rostro di profilo — 3, rostro di faccia — 4, testa di omotte cicadario di profilo — 5, id. di faccia. — Fig. 136. Rostro di omottero coccideo faccia: ap, clipeo — m, m', s, setole mandibolo-mascellari — 1, suechiello. obliquo, originantesi verso la base di quello, nel secondo, come nella fig. 148a e, meno gli Aleurodes, che hanno que tro ali, venate nel modo indicato, o come nella fig. 148 negli altri, vi è per lo meno una vena sottocostale, termi: nata spesso in uno stimma, e tre o quattro vene oblique. Del quattro ali, intanto, le prime due possono essere interament membranose come le seconde, o distintamente ispessite nell metà basilare, e nella parte ispessita formate di un tratto basa: anteriore (esocorio), uno posteriore (endocorio) e di una pari intermedia (mesocorio). La parte membranosa ha nervatui semplici o ramose, variamente disposte. — 279 — Negli Emitteri con due ali le posteriori, in generale, sono rappresentate da due specie di bastoncelli, che ricordano i bi- lancieri dei Ditteri. | Fig. 137. — a, tarso di Cocciniglia — bd, bd’, terminazione tarsale ed unghie di Psil- « lide— d, unghie di Aleurodide. — Fig. 138, zampa di Afide: c, coscia — f, femore x — ti, tibia. — ta, tarso con unghie. — Fig. 139, tarso di Aleurodide. Le zampe sono gressorie, ma possono essere anche saltato- | rie, o atte al nuoto, ed in ogni modo col tarso di uno, due, o tre articoli, l’ultimo dei quali è armato di unghia semplice o bifida, compresa sovente fra due o quattro peli capitati detti digituli. L’addome ora termina in una specie di codicola, ora no, ed allora il margine posteriore, talvolta bilobo, può essere fornito di guernizioni assai caratteristiche (fig. 143, e simili). | Gli Emitteri sono insetti a stazione terrestre od acquatica e per la massima parte viventi a spese del succo delle piante. Il rimanente succhia il liquido del corpo di altri insetti ed il sangue degli animali superiori. In base all'origine e alla natura del rostro, delle ali e | delle zampe, gli Emitteri si dividono nei due sott’ ordini degli Omotteri e degli Eterotteri. | Lrgggaat Sub. Ord. HomoPrERA. Gli Emitteri Omotteri hanno le ali per lo più verticali o inclinate, rarissimamente orizzontali alle membranose, stato di riposo, e sempre con le anteriori che non ricoprono le posteriori, testa col suo apice riflesso in basso e all’indietro, così che il rostro si trova fra il primo ed il secondo paio di zampe 0 al disotto del capo, dalla parte posteriore degli occhi. Gli Omotteri si dividono a volta loro in due altri gruppi: degli Sternorinchi e degli Auchenorinchi. | STERNORHYNCOHI. Gli Omotteri di questa sezione hanno il rostro fra il prim ed il secondo paio di zampe e queste con i tarsi formati. uno o due articoli. Ad essi appartengono le quattro famig dei Coccidi, degli Aleurodidi, degli Afidi e degli Psillidi. Fam. Coccidae, Le Cocciniglie sono Emitteri omotteri sternorinchi quali le femmine sono sempre sprovviste di ali, e col cor quasi sempre minutissimo, ora globulari, ora squameformi, : ramente chiuse in una galla, per lo più aderenti e ricopert di gusci cerosi, di cera e lacca, o di una sostanza chitini non ancora determinata. Esse sono ora libere, e ricoper più o meno abbondantemente, di materia cerosa, pulverulente o fioccosa, con la quale imbrattano i vegetali, ed ora so fisse e ricoprono di gusci il loro corpo e le parti delle pianti sulle quali si trovano. i) 1 Le antenne delle Cocciniglie sono filiformi e di un avo » numero di articoli. Il rostro ha il succhiello formato di 3 | — 281 — | raramente di due o tre articoli. Le ali, nei maschi, hanno una sola vena longitudinale, quella sottocostale, ed una vena obli- qua, verso la base dell’ala: Le zampe sono gressorie e semplici; 140 141 143 spadeni n ÎI VAS TA e : È A. SUINA dA SUI | fi | È 4 MAIALI) LAI Wa Jas II il | I = MU di e PA CA fi Fig. 140. — a, foglia di leccio con cocciniglia scutiforme — d, guscio ingrandito — c, corpo della femmina ingrandito — d, raggi del margine del guscio. — Fig. 1di. Cocciniglia globosa: a, ramo con adulti in stato naturale — 6, idem — c, larva d, e, f, animali del tipo 6 visti dal dorso e dal ventre — a, a’ animali visti dal ventre e dal dorso. — Fig. 142. Femmina di cocciniglia scutiforme, fuori del suo guscio, molto ingrandita: 4, capo — B, torace ed addome. — €, pigidio — a, ori- ficio genitale — d, spine marginali degli anelli pre-pigidiali — p, palee — cs, squame — fs, ft, discoli perivulvari. — v, «, uova — r, rostro. — Fig. 143. Metà destra del margine libero del pigidio, molto ingrandito: mm, incisura mediana — P, palee — s, squame — pe, peli — 7, fusi marginali. nelle forme sotterranee o rizofile soltanto le anteriori hanno l'unghia, il tarso più corto, e la tibia più larga dell’ordinario. I maschi hanno i tarsi formati di uno o di due articoli, e la — 282 — estremità dell'addome armata di due stili allungati’ lateral all'organo genitale. Le femmine hanno il pigidio profen al | mente fenduto nel mezzo, in alcune, in altre questo è guer: nito di palette, pettini, setole e pelli. J Le metamorfosi sono sempre regressive nelle femmine delle Cocciniglie aderenti, le quali mano a mano che si fissano e mutano la pelle, perdono successivamente le antenne, gli cechi ; e le gambe; mentre nei maschi sono regressive prima, e pro- gressive poi, perchè per lo meno, e per quanto senza rostro, | acquistano le ali e volano. Le Cocciniglie, in generale, si riproducono diverse volte nell’anno, per via agamica o per via sessuata. La riproduzione | è ovipara, ed ogni cocciniglia depone un numero variabile, ma À sempre assai considerevole di uova, che talvolta possono essere da 400 a 500 e più. % La deposizione delle uova ha luogo entro gomitoli di cera, | nelle Cocciniglie farinose e libere, mentre in quelle aderenti i le uova si trovano deposte e protette sotto il corpo della malo dre (che muore su di esse) ed il guscio dell’animale, chi sollevato da una parte, dal mucchio stesso delle uova, lasci: poi uscire le giovani larve al momento della loro nascita. D: queste larve, diverse preferiscono di fissarsi sotto il guscic materno, altre si stabiliscono negli intervalli fra un guscio. el l’altro, e tutte così danno luogo alla formazione di quelle I glomerazioni di gusci, che fanno crosta, e che nelle gravi A fezioni ricoprono come di una camicia gli organi delle pianto malcapitate. ; Il ciclo evolutivo delle specie talvolta si completa in un | anno preciso, e si ha allora una sola generazione. In ceneralali però dura da 50 a 75 giorni circa, e si hanno da tre a quattro generazioni nell’anno. Ad Quando le generazioni successive sono diverse, i prod | dell'una si confondono con quelli dell’altra, e si hanno per tal | modo quasi sempre nascite, giovani in via di accrescimento, e forme prossime a riprodursi sulla stessa pianta. La qual cosa | — 2339 — complica enormemente il problema della difesa, che si fa anche più difficile quando si trovano insieme specie di generi e di 144 145 146 Fig. 144. — A, larva di cocciniglia appena nata, libera — c7, capo — an, antenne — cl, clipeo del rostro — Zi, succhiello — la, setole larvali — Fig. 145. La stessa, mutata, chiusa nel suo follicolo e divenuta femmina (4) con una larva embrio- nale, I, — spl, seconda spoglia — sc, terza — sp, quarta spoglia. — Fis. 146. Ninta di maschio: 4, capo — ct, ceroteche — B, torace — pt, podoteche — ptr, pteroteche — c, addome — us, armatura genitale. — Fig. 147. Maschio privato delle ali: - 9,0', occhi tergali e sternali — s, scuto — s/, scutello — c, armatura genitale. — Fig. 148. — a, ala del maschio delle cocciniglie — d, c, quelle degli Aleurodidi e degli Psillidi, per confronto. tribù diverse; ed allora è più che mai necessario determinare rigorosamente l'evoluzione biologica di ciascuna e le sostanze — 284 — più adatte per colpirle sicuramente nei diversi stadî della loro È: vita, immunizzando le piante dalle punture degli insetti e dii | struggendoli con trattamenti insetticidi invernali ed estivi. 4 Per impedire alle larve delle cocciniglie di fissarsi sulle parti legnose delle piante e trarvi nutrimento basta cl gere quelle di un miscuglio alcalino di olio pesante di o i ed acqua, composto secondo la formola 81 Olio: di-catrame Re Ao Carbonatosneutrosdisoda ot SR 5a Acqua PESI PR gi LE ARI o Cosiffatto miscuglio non danneggia i rami bene induriti | ed il fusto delle piante legnose a foglia persistente, e su quelle Lu a foglia caduca la quantità dell’olio di catrame si può elevare | senza pericolo di danni fino alla dose del 18 al 20 °|,; mentre. è ugualmente certo e sicuramente accertato che le soluzioni. stesse riescono a distruggere tutte le cocciniglie che si tro-. vano attualmente sulle piante agrarie. î. Chi sa che cosa sia l’olio pesante di catrame, come si dif | fonde, e come uccida le cocciniglie, sa pure che questa sostanza, ‘ I come da dieci e più anni è stato dimostrato, è quanto di me- glio si conosca per la difesa contro tali insetti; chi rete di catrame confonde con prodotti simili come il petrolio, e_ crede che la sua unione con la calce dia un miscuglio più ef è ficace di quello indicato, sbaglia, e cambiando strada, mette la pratica per una cattiva via. i L'olio pesante di catrame, ed il petrolio nero per dividerli | nell'acqua vanno uniti alla potassa o alla soda, alla quale. dò | la preferenza, perchè più economica, e serve come l’altra ad. emulsionare il catrame nell'acqua ed a vincere la forza di re i | pulsione, che i gusci delle cocciniglie, i corpi di queste, e la superficie dei vegetali presentano agli ordinari insetticidi. 7 Così preparate, le miscele, nel caso dei Lecanium e delle Ceroplastes penetrano per il margine col quale il guscio del-. l’insetto aderisce sulla pianta; nell’altro degli Aspidiotus dello | A CA [4 Me iS Te LATINI ———_—@ o Diaspis, delle Parlatoria, dei Mytilaspis, etc., penetra per lo stesso margine ed » 0,500 ad 1 Nel secondo trattamento questo stesso liquido conterrà ll al 2% di olio di catrame; e nel terzo il 2 al 3, De | da 1‘, a 2 la quantità del sapone, se occorre, per non dan- neggiare le piante. Ove le parti infette delle piante fossero ancora troppo deli cate e non potessero resistere alle dosi indicate di catrame, sì È riduca questo di '|, alla metà, nelle operazioni successive alla prima, e si aumenti di tanto la quantità del sapone per quanto è il peso del catrame diminuito. | Le pompe migliori sono quelle a getto vigoroso; le altre, qualunque esse siano, sono da scartarsi. Per la difesa dei chinotti bastano da noi le comuni pompe, ie | ben pulite, da solfato di rame. | Per le piante più alte, come quelle di limone, di arancio, | (1) Il catrame preparato dal prof. Berlese, alla dose del 2 e del 3 °%[;, riesce a effetti abbastanza sensibili sulle formazioni più tenere della pianta; ma non vedo ir questo un ostacolo tale da non farlo consigliare nella pratica. — 297 — i di olivo e simili, occorrono le pompe montate su carretto, | con tubi di gomma forniti di lunghe canne polverizzanti, per | bagnare comodamente, da terra, e dal carretto stesso, le parti | basse e quelle più elevate della chioma. Quanto ora alla pratica delle operazioni, l’aspersione degli insetticidi, d'inverno, può farsi in qualunque momento; di pri- | mavera, di estate e di autunno, bisogna ben determinare con | saggi ed osservazioni preliminari la generazione che si vuol | combattere e sorvegliare la nascita delle larve, che vanno ri- cercate per tutto, ma specialmente lungo le nervature delle | foglie, alle estremità tenere dei rami e sui frutti, e sotto i | gusci delle madri. L'esame, anzi, dei gusci delle femmine, per i le uova che contengono non ancora schiuse, deve servire di | guida nel determinare il numero e la condotta delle opera- i zioni, delle quali, la prima si farà quando i nuovi nati sono i già numerosi sulla pianta, e questo accade dopo una diecina di giorni dal momento delle prime loro apparizioni. Le operazioni successive potranno essere due o tre, ed in tutte si avrà l'avvertenza di colpire largamente, col getto li- quido polverizzante, il fusto, i rami e le foglie, procedendo dall’ interno all’esterno, e dall'alto al basso della chioma. Chiudono le operazioni della difesa quelle della concima- zione e della lavorazione del terreno, perchè le piante si pos- ‘| sano rimettere al più presto dall’esaurimento patito e dar pro- dotti, come prima, più abbondanti e rimunerativi. Per il resto si rimanda alle indicazioni particolari fatte per i le diverse cocciniglie studiate, le quali e le altre si dividono in dieci sottofamiglie o tribù, le più importanti delle quali per noi sono le seguenti. MONOPHLAEBINAE. I Monofleblini hanno femmine a corpo molle, per lo più | coperte da un ammasso di sostanza cereo cotonosa, e allo stato \ adulto provviste di antenne di undici articoli; rostro di due raggio | SO SIERO articoli; zampe simili, sempre presenti; ma senz’anello anale, I maschi conosciuti hanno antenne di dieci articoli e gli occ composti, Peticolati: vole soltanto il seguente Gen. Guerinia Targioni Vozzetti. Ha le femmine, le larve e le uova ravvolte in una molto abbondante massa cerosa. I maschi sono ancora ignoti. Guerinia serratulae Fab. (Cocciîniglia cotonosa delle scorze degli alberi e degli arbusti, delle Fave, del Trifoglio, dell’Erba medica e delle altre piante pratensi). Le femmine dell’insetto liberate, con l'alcool, dalla materia cerosa, che le avvolge, sì presentano di colore rosso, pelosette e di forma ovale, piuttosto allungata, distintamente segmen= NI tate, con peli più lunghi nei margini, e due ancora più lun: ghi alla estremità dell'addome. Le antenne ispidule hanno il primo articolo conoide, molto ingrossato, il secondo più lungo di tutti, il terzo ed il quarto della stessa lunghezza e più corti degli altri, il quinto eguale al sesto, e tutti e due più lunghi dei due precedenti e quasi eguali ai due seguenti, che' sono ovali come i quattro rimanenti, dei quali, l’undecimo ed ultimo è poco più corto del secondo. Gli occhi si trovano sopra un tubercolo situato dal lato esterno della base delle ane tenne. Le zampe sono setolose, robuste e del colore del corpo. | Le larve sono ovato-depresse, pelosette, con antenne di sei articoli, dei quali il primo è conoide, più grosso, l’ultimo ellit; tico-allungato, più lungo, ed il secondo è più sottile, della | lunghezza del primo e più lungo di ciascuno dei tre seguenti, | che sono cortissimi ed eguali fra loro. Le zampe sono setolose come le antenne, e la estremità addominale è fornita di sei| — 299 — | setole, due più ‘corte, e quattro poco più lunghe o quasi della stessa lunghezza delle zampe posteriori. Le uova sono di forma ovale e rossicce. Da queste uova, alla fine dell'inverno, nascono larve agili, che vanno sulle erbe, ne succhiano gli umori nutritivi, vi rag- | giungono lo stato perfetto, e preparano la seconda generazione i di cocciniglie. Queste, se trovano piante sufficienti ai loro bi- tal ETAÌ LI Fig. 149. — A, Guerinia serratulae Fab. venti volte ingrandita — 5, sua antenna 4 g 5) t=) sogni, nei pascoli, vi restano, diversamente emigrano e pas- | sano nei campi e nei prati con spiccata tendenza, a quanto | pare, verso le più comuni baccelline, come Fave appunto, Tri- foglio, ed Erba medica. Ma non rifiutano la Sulla, la Lupi- nella, e le stesse graminacee spontanee, sulle quali restano i fimo agli ultimi di agosto. Allora la specie completa o quasi i la seconda generazione, le forme della quale lasciano le erbe @ si ricoverano sui fusti delle piante arbustive ed arboree; si nascondono fra le screpolature della corteccia e vi depongono le uova, che passano l'inverno, e danno le larve, che portano la infezione sulle piante erbacee nella primavera seguente. | Nei prati e nei pascoli però non sempre si trovano le piante — 300 — degli agenti fisici, il freddo non molesta la specie, nascos | nel grovigliolo ceroso; ma la molestano insieme la pioggia forte ed il vento, che la distaccano dalle piante e la perdo in gran numero. Una decimazione notevole si deve pure ; l’opera veramente utile delle larve delle Coccinelle e de loro forme perfette; ma non bisogna dimenticare i Ragni f i predatori, mentre fra i parassiti non sarà abbastanza loda la efficacia veramente prodigiosa della Spherocera subsulta e del Cryptochetum grandicorne che arrivano a devastare co pletamente la infezione. 2 Quando l’inverno scorre favorevole, ed è scarso il nume dei predatori e dei parassiti, la cocciniglia appare in “si numero sulle piante, ne succhia gli umori e ne decima la prc duzione. L’anno decorso riuscì molto dannosa nei prati dell pidocchio il partito migliore è quello di falciare al momen buono le piante e fienificarle, a quella guisa che una cimatu ben fatta serve a diminuire i danni sulle fave; mentre aspetta che la infezione si trasporti sui ceppi degli alberi p colpirla con una miscela alcalina di olio pesante di catra me alla dose del 5 °|,, ed impedire così che ritorni sulle pian erbacee nella primavera seguente. Dove l’indicato passaggio dell'insetto non fosse a per mancanza di alberi e di arbusti, e quello si ricoveras sugli steli delle piante vecchie, bisogna guardare che sia av venuta la deposizione delle uova, nell'agosto o nel settembre, | ed asportarle con l’ultimo taglio delle erbe. Se con tutto que sto molte ancora ne restassero sulle piante, passare ripetuta — 301 — perie; giacchè poi i parassiti ed i predatori si incaricheranno idi togliere di mezzo i residui della infezione lasciata. COCCINAE. Le forme dei Coccini si assomigliano di molto a quelle dei Monoflebini, al pari delle quali hanno il corpo molle, rive- ‘stito di secrezioni cerose; ma se ne distinguono nettamente per il numero degli articolirdelle antenne nelle femmine adulte, e dalla presenza dell’anello anale provvisto di peli. Fra i numerosi generi, che compongono la tribù, è impor- ‘tante per noi il seguente. Gen. Dactylopius Costa. È caratterizzato dall'avere le femmine a corpo molle, ovato, ‘depresso, distintamente segmentato, coperto di polvere cereo ‘farinosa, e fornito di antenne di 8 articoli, di una trentina di sporgenze spineformi, radianti, anch'esse cerose ai lati del ‘corpo, e di peli allungati sui lati dell’estremità anale legger- mente biloba. I maschi hanno le antenne di 10 articoli, ovali, ‘allungati, sei occhi semplici, un paio di ali, le zampe col tarso «di due articoli, e l’organo copulatore della lunghezza delle valve laterali. Dactylopius Citri Risso. (Cocciniglia farinosa degli agrumi, o Cutuneddu dei siciliani). La femmina di questa specie, spogliata della cera, è giallo carnicina, ovale, o leggermente più stretta davanti, con an- ' tenne giallo-ocracee della lunghezza del capo, formate di otto \ articoli: il primo tagliato di sbieco alla base, più grosso dei rimanenti, fra i quali il secondo è cilindrico e della lunghez del terzo, che è meno del doppio più lungo del quarto; quinto è più corto di tutti e non più lungo che largo; il sto ed il settimo di eguale lunghezza ed appena più corti terzo; l’ottavo è il più lungo di tutti. Il clipeo è senza pe. li MI Ù Fig. 150. — Ramo e frutto di limone con numerose femmine di Ductylopius citri Ris a grandezza naturale. il solco fra il capo ed il protorace, e quello fra il protora ed il mesotorace sono paralleli all’altro situato fra il meta torace ed il primo anello dell’addome. Le zampe sono del co-| lore delle antenne, gracili e tanto corte da restare nascosti | sotto il corpo. Il segmento preanale presenta due lobi roto n] dati con due piccole spine ciascuna presso piccole filiere spars tre piccoli peli, ed una setola lunga, anch'essa dorsale, c supera in lunghezza la larghezza del segmento che la port — 303 — nl segmento anale è ovale, o quasi, e compreso fra i lobi del | segmento sopraindicato. Presenta una fenditura trasversa cor- i rispondente all'apertura anale, guernita di sei peli all’intorno | tutti paralleli fra loro e metà circa più corti delle setole preanali. Le larve sono più colorite delle madri e di forma obovata «con antenne più lunghe del capo, di sei articoli, ravvicinate 151 152 Fig. 151. Q Dactylopius citrî Risso, che depone le uova. — Fig. 152. Dactylopius citri Risso e la sua antenna. liberata dalla materia cerosa. alla base; i primi due articoli sono poco più lunghi che larghi, e cilindrici; i tre seguenti appena più larghi che lunghi ed al- quanto più stretti alla base; il sesto ed ultimo è il più lungo di tutti, alquanto più grosso ed ovato con una piccola setola alla sommità. Le zampe sono lunghe e robuste, e con la tibia più corta del tarso. Non ci è differenza fra le larve delle fem- mine e quelle dei maschi, in principio; ma poi quest'ultime perdono il rostro e passano con una nuova muta allo stato ninfale, e finalmente nell’altro di imagine alata. L'uovo è di color giallo arancione, di forma ellittica, col | diametro maggiore doppio di quello minore, e lungo un terzo di millimetro circa. Da queste uova gia nel mese di marzo nascono larve, che escono dai nidi cerosi nei quali quelle si trovano nascoste, e ” vanno a situarsi alla base dei frutti, fra un frutto e l’altro, all’ascella delle foglie e sotto le lamine di queste; vi infiggo no le setole del rostro, succhiano, si coprono della solita cera e crescono. Verso la metà di maggio, fra le femmine già mature | compariscono i maschi, e dopo gli accoppiamenti di rito, men- tre questi vanno a morire, quelle si costruiscono un nido ce- roso nelle parti più riparate della pianta e vi depongo n da 150 a 180 uova circa, che danno origine alla seconda ge nerazione di cocciniglie, che si ripetono diverse volte di se- guito fino ad autunno avanzato. Coll’approssimarsi dell’inverno | la riproduzione sì fa meno intensa, e resta quasi interamente | sospesa dal dicembre al febbraio compreso, dopo del quale | mese comincia di nuovo la moltiplicazione attiva soprain- dicata. $ La presenza numerosa di questi insetti sugli aranci, sui | mandarini, sui limi, e sui limoni più specialmente, per dato Fig. 153. 4 Dactylopius citri Risso, ingrandito. poi che si sviluppa sui liquidi escrementizi, che emettono, | riesce assai gravosa per le piante, giacchè gli agrumi col piti si esauriscono poco per volta, fino a morire. Quanto agli effetti parziali, indipendentemente dalla crittogama, che ricopre | "bh! i — 305 — ‘ rami, foglie e frutti di uno strato di sostanza nerastra, for- . mata di ife e di spore, le foglie occupate dalla cocciniglia, quando sono giovani divengono bollose, si macchiano di giallo nei punti vulnerati dalle punture, e quando queste si ripe- tono sui picciuoli in particolare, si disarticolano e cadono. Mentre poi il tessuto punto e depauperato delle foglie si fa | giallo, quello dei frutti, per il liquido che gli insetti vi iniet- | tano, resta sempre verde, e questo colore distacca nettamente . sul fondo giallo di quelli non ricoperti completamente dalla infezione. i Le piante più molestate da questa cocciniglia sono quelle a chioma folta e trascurata, in luoghi per lo più bassi ed umidi, dei fondi delle valli e dei piani, male esposti e poco ventilati; mentre quelle di collina vanno quasi esenti o sono i poco molestate da questa e da simili infezioni. i È per ciò naturale e giustificata la potatura piuttosto ge- . nerosa delle piante, per dar loro aria, luce e calore, e la con- | cimazione razionale del terreno, per mettere un primo argine, non alla diffusione dell’insetto, ma all’esaurimento del vegetale. Vi è chi per difendere gli agrumi dalla Cocciniglia fari- i nosa, si appaga della prima soltanto delle cure indicate, fer- «mandosi per l'appunto là dove la difesa deve incominciare. | Perchè gli effetti di questa siano duraturi, dopo la potatura e la concimazione bisogna passare all’uso degli insetticidi, e questi devono essere tali da penetrare nei groviglioli dell’in- setto e rovinarne le uova, le larve e le forme perfette. Ri- spondono a questo desiderato le semplici miscele di olio pe- sante di catrame, 5 °/,, soda 2 !/°, in 95 litri di acqua, che \si versano nelle pompe da insettidi, e col getto a ventaglio si colpiscono i nidi fino a sbaragliarli ed imbrattarli di ma- teria catramosa, che fa amnerire le uova e morire con esse i giovani nati e gli adulti. Il momento migliore della difesa è quello del dicembre al febbraio, dopo la raccolta dei frutti, per non lordarli; e va ‘ ripetuta con l’intervallo di una quindicina di giorni circa, per 20 impedire che nuove famiglie del pidocchio si formino e che per opera di quelli scampati si ripristini più tardi Di do zione sulle piante. ; La seconda operazione si può fare con miscele contenenti 11 3 °/, di olio di catrame. i Ù Dactylopius brevispinus Targioni. 3 i ; ) | (Cocciniglia farinosa della vite). i 4 i Questa specie è assai prossima alla precedente dalla quale. si differisce principalmente per avere le femmine giallo-rossa-. stre non ristrette davanti, col terzo articolo delle antenne più lungo di tutti, il quarto ed il settimo più corti e quasi uguali fra loro. 1 Fig. 154. — Q Dactylopius brevispinus Targ., molto ingrandita. Visitando di luglio i grappoli delle viti infette non è diffi cile scorgere le femmine dell'insetto che vi si moltiplicano succhiano i liquidi nutritivi dalla rachide del grappolo e dei peduncoli dei frutti e li mandano a male, lordandoli di ma: teria cerosa e dei soliti escrementi, sui quali trovano facile? modo di vivere funghi diversi e la fumaggine. L’agricoltore però non si avvede della infezione che nell’agosto, quando, la. fumaggine appunto, ed il deperimento notevole degli acini, che. marciscono mettono in vista l’insetto; il quale mentre si ap: — 307 — ii ‘prossima il momento della vendemmia, lascia i grappoli e passa sul ceppo e sulle radici della pianta, dove resta fino alla i | primavera seguente. Allora si moltiplica di nuovo, e fa ritorno ll sui grappoli per molestarli nel modo sopraindicato. L'infezione, per quanto saltuaria si è mostrata più volte dannosa in diversi luoghi della penisola e delle nostre isole maggiori. Fortunatamente, i numerosi predatori che albergano sotto le scorze della vite molestano spesso e per modo questa coc- ciniglia che non riesce più dannosa di poi. Ma questo, come sì è visto, non esclude il pericolo delle sue ingrate sorprese, e ll perciò bisogna combatterla ogni volta che si presenti, prima ill che si renda nociva. Per tanto basterà che il viticoltore fl sorvegli le sue piante nel coltivarle, visitando le radici nel momento della lavorazione del terreno; i ceppi, durante la | potatura, ed i grappoli più tardi, solforandoli, o nel cospar- fl gerli di solfato di rame, per liberarli dall’Oidio e dalla Pero- | nospora. Messo in vista l’insetto, se questo si trova ancora nel terreno, si spia il momento nel quale tende a venir fuori, nella primavera o nell’estate, e si soffoca con delle soluzioni di so/focarbonato di calce e di soda consigliate dal Sestini per combattere la Fillossera, adoprandone tanto da somministrare non meno di 20 a 25 cme. di solfuro di carbonio per ceppo. Ove l’animale si trovasse ricoverato sotto la scorza del fusto, invece che ai solfocarbonati si ricorra all’uso meno co- stoso delle miscele alcaline di olio pesante di catrame nel l’acqua, fatte come quella indicata contro la cocciniglia fari- nosa degli agrumi. | Per applicare cosiffatto insetticida ai ceppi della vite si opera prima lo scortecciamento dei fusti, e poi si spennellano o si aspergono con la miscela catramosa. Chi non volesse o non fosse al caso di procurarsi i mate- riali surricordati, ricorra all’uso di un avvampatore, il quale abbrucia l’ insetto e ne incatrama così i nidi delle uova da . impedire la nascita della nuova generazione. -_ —=-‘30882 L'infezione, finalmente, per la incuria del viticoltore, può essere già pervenuta sui grappoli, e allora se sono malandati, LI il partito migliore è quello di sopprimerli. Se sono ancora in buone condizioni ripulirli, a mano, o aspergerli con un mi-. scuglio di: Sapore; molle a 4 vi RO Me eo) PetPOloni tt aa O DIA Acquari te RTLA A car o con una soluzione saponosa al solfocarbonato di potassa, fatta con 2 Kg. di sapone, ed 1 '|, Kg. di solfocarbonato di . potassa. Quest’ ultima sostanza però lascia un sapore amaro sui frutti. 3 Dactylopius adonidum Linné. (Cocciniglia farinosa a lunghi fili, dei Limoni in vaso ed altre piante da stanzoni e da tepidarì). Il corpo della femmina di questa cocciniglia è di forma ellittica, con raggi quasi egnali alla larghezza del corpo; an-. tenne con articoli più sottili e lunghi; le spine del lobo prea-. nale più robuste, le filiere numerose a fori contigui, i peli in-. torno all'apertura anale notevolmente più lunghi, ed il corpo stesso liberato dalla cera è di colore pallido-verdognolo. | Il maschio è molto più lungo e robusto che nelle specie precedenti, è più villoso, e le ali sono più corte rispetto alla. lunghezza del corpo. i Le larve sono alquanto più allungate, con l’' ultimo arti. | colo delle antenne a lati quasi paralleli nel mezzo. Le uova sono perfettamente ovali, col diametro maggiore doppio di quello minore, mentre sono ellittico-allungate nelle | specie precedenti ed il diametro maggiore è più del doppio | lungo di quello minore. La specie vive sulle piante ornamentali coltivate negli | stanzoni e nei tiepidarî, come Croton, Cattleie, Ficus e simili. | — 309 — È Non risparmia però neanche i limoni e gli agrumi, in gene- rale, coltivati in vaso, sui quali, come sulle altre piante, date le condizioni favorevoli di caldo e di umido: nelle quali si tro- vano, la specie si riproduce senza interruzione nell’anno con «grave danno dei vegetali attaccati. Fig. 155. — 9 di Dactylopius adonidum L., molto ingrandita. Per difendersi il giardiniere perde molto tempo a pulire le piante con spazzole e pennelli, e vi rimette anche la spesa . del materiale quando procede alle usuali lavature con la solita mal preparata soluzione di estratto di tabacco, la quale non bagna gli insetti, e tanto meno le cocciniglie in discorso. Con- tro di queste occorrono ben fatte soluzioni insetticide, magari di nicotina, ma con sapone, o di sapone ed alcool, con petro- lio in soluzione, benzina ed una piccola quantità di solfuro di carbonio, secondo le formole: SPOLA NA A ANDE I I IL Kg. 83 INTE LINATE e OS E e APT N Ia SER MERITI apo .aeraÈ SLTIO RUCTRA OCCORRA EMO II I ANI ARSA SENO CI STO litri 100 ‘oppure: SUPON ORARIE ALII UR n Kg. 3 PACO ER RNI E TAO ART OR » 0,751) Petrolio go MB e nNziMa e SR na litri 2 SENIO REV PURA I DEVA SI TRNCOEAVILIOMI IL CACDASZE RIO So » 100 — 310 — Per la distruzione dell’insetto sulle piante di limone e sulle | altre egualmente rustiche e resistenti si veda quanto è stato | detto contro la Cocciniglia farinosa degli agrumi. Ma per le. une e per le altre non si dimentichi che se si vuol ottenere | il massimo effetto possibile le piante vanno tolte dagli stan. | zoni e dai tiepidarî, per disinfettare le pareti ed il terreno di questi con aspersioni di liquidi saponosi contenenti il 9 al 10 °|, di solfuro di carbonio. Ciò fatto vi si immettono di nuovo le piante, le quali non trascurate possono restare pulite dal mese di maggio o di giugno al mese di ottobre. Allora se ve n'è bisogno si ripete la disinfezione generale delle piante e dei locali sopraindicata; diversamente si pratica la disinfe- zione parziale qua e là delle piante, e si attende la primavera seguente. L’uso dei piccoli panchetti, per posarvi sopra le piante; l l’uso delle assicelle di legno per ricoprire i vasi, ed impedire che gli insetticidi penetrino nella terra a danneggiarvi le ra- | dici; e l’uso delle grosse conche per raccogliere il liquido, che cade nell’aspersione, sono tutte cose sulle quali non vi è bi- sogno di insistere per intendere che son dirette a rendere meno gravosa la difesa; i benefizî della quale sono bene alle viste di coloro ai quali non sfugge che diversamente si pagano . centinaia di lire all'anno ad operai che con poco frutto spaz- zolano, spennellano, e siringano le piante con siringhe, per questo, quasi inutili, con le non meno empiriche quanto povere di nicotina ed inefficaci soluzioni di estratto di tabacco. L'estratto di tabacco pare ora si voglia sostituire con un. insetticida inglese diffuso col nome di XL-All, il quale costa rnolto, e nelle dosi alle quali si consiglia non fa certamente | niente contro questo pidocchio, che è il nemico più temibile | dei tiepidarî. — 311 — ASTEROLECANIINAE. A questa tribù di cocciniglie appartengono forme, nelle quali le femmine adulte sono senza piedi, hanno un anello anale provvisto di peli, ed il corpo costantemente nascosto | sotto una specie di scaglia, guscio, o scudo. Dei tre generi che compongono da noi questa tribù, uno soltanto è di speciale interesse agrario ed è il seguente. Gen. Pollinia Turgioni. Le specie di questo genere hanno le femmine col corpo ‘convesso, davanti rotondato, posteriormente acuto, bilobo, tutto ‘raccolto in una densa crosta alveolata, aderente alla pianta. L’integumento del corpo è coriaceo e sparso di larghe filiere tubulari. Il rostro ha il labbro inferiore bisarticolato. Pollinia Pollini Costa. (Malattia del Pioccio, Cocco, Cistococco, Cocciniglia del Pollini o Pioccio dell’olivo). La cocciniglia del Pollini ha corpo obovato-raccorciato, apodo, di colore arancione-chiaro, lucente, con tracce appena visibili all’esterno di divisioni annulari. É. senz’ antenne, ed appena incisa dalla parte posteriore, con Ja incisione fra due lobi trigoni, spinulosi all'apice, e l'anello anale con peli corti. Il maschio è sconosciuto. La larva è obovato-allungata, con antenne cilindriche, pe- losette, cinque volte più corte del corpo, col terzo articolo più corto, ed il sesto ed ultimo, più lunghi; l'apparato boccale i col labbro inferiore di un solo articolo; le zampe sporgenti : al lati del corpo; la estremità posteriore dell'addome biloba, — 312 — i ae ed ogni lobo terminato in una grossa setola per ‘her terzi o ali metà circa più corta del corpo. Uova ellittiche col diametro maggiore medio di mm. 0.037. ed il minore di mm. 0.023. La specie in principio si annida di preferenza all’ascella | delle foglie e nella inforcatura dei piccoli rami dell’anno, ma 3 poi si rinviene anche altrove in numero di una, due, o più Fig. 156. — Pollinia Pollini: a, pezzo di ramo di olivo con la femmina dell’ insetti a grandezza naturale — a’, guscio dell’ insetto ingrandito — d. femmina vista fianco — c, d, larva con la sua antenna. femmine per parte, come tanti piccoli rilievi emisferici di colo grigio-cenere, del diametro di un millimetro circa. Dopo un Hi paio di mesi, da queste femmine, che hanno il corpo pieno di uova vengono alla luce numerose larve, e per lo più altret- i tante femmine più tardi, che accrescono enormemente il nu- mero degl’insetti, e allora, non solo l’ascella delle foglie e la. inforcatura dei rami, ma tutti questi si trovano ricoperti dall n cocciniglia. Con i prodotti della seconda e quelli della verza ed ultima generazione dell’ anno, se non vi sono cause in contrario, la specie passa dai rami di uno a quelli di due anni, sul quali forma uno strato quasi continuo di gusci per cui la superficie sembra bernoccoluta e granosa, come quella d’altronde dei rami di tre a quattro, sui quali più specia mente si addensa poi la fumaggine; mentre le foglie cadono | poco per volta, i frutti più non si formano, i rami seccano | dai più piccoli ai più grossi successivamente, e tutta la piant in breve numero di anni, intristisce e muore. — 313 — La specie è di antica conoscenza in Italia, dove se ne sono ‘ occupati Ciro Pollini, che prima la mise in vista negli olivi del Lago di Garda, Carlo Passerini con Antonio Targioni Toz- zetti di Firenze, Costa A. di Napoli ed A. Targioni Tozzetti; . ma le misure di difesa indicate contro di essa non vanno oltre î le ordinarie potature, con le quali certamente non si libera | la pianta dalla infezione, ma se ne asporta una buona parte | con i rami infetti e si rende meno difficile e più economica | l'applicazione degli insetticidi. Con questi si possono prendere i di mira le femmine adulte, d’inverno, le larve nascenti di | primavera (maggio), o le une e le altre successivamente. Dalle | osservazioni relative alla resistenza degli insetti adulti al- . l’azione delle miscele alcaline di olio pesante di catrame, mi resulta che se queste non contengono il 12 al 15 °/, di sostanza catramosa ed il 5 °|, circa di materia alcalina, gli insetti per- o fetti, che bagnano, non muoiono; e poichè d’altra parte il fo- gliame va a male per esse si capisce che l’uso loro è possi- bile solo quando la infezione ha già compromessa una parte e minaccia di far perdere il resto della pianta. Quanto poi alla difesa contro le larve, essa è da farsi e da ripetersi due volte almeno, di primavera, adoprando liquidi formati di Olorditcatrame. Se Lo e ri ke. ela SAPONARA NA ERI SAU » EE SNBENDIE) RI DI i e AR RI GN E TU Ai (0.0) operando la prima volta alla metà di maggio con soluzioni all’1 di olio di catrame, la seconda volta una diecina di giorni dopo la prima, con soluzione all’1 !|,, e la terza volta dopo un’altra diecina di giorni, con soluzioni al 2 °/, di catrame. Ove l’annata fosse senza raccolto, o le piante non ne por- tassero a causa della infezione, si faccia uso dell’insetticida preparato secondo la formola: Uliogpesante; dicabrame; ae litri 3 Bodo] COMMErCIO RR IR kpibiss IGIENE SESTO SII N SAM RIO RIO SEIT litri 100 — 314 — Le miscele meno concentrate di queste riescono ad effetti. scadenti perchè non uccidono le larve fissatesi e coperte delle. prime secrezioni sericee, le quali le mettono anche meglio al. I riparo contro i miscugli e le stesse soluzioni di solfuro di | carbonio molto diluite. Le pompe più adatte per l’ applicazione dei Figi indi-. | cati sugli ulivi, sono quelle a carretto Noél e simili, con due. | prese di liquido, tubi di gomma rivestiti di tela, molto lunghi, per mandare gli operai sulle piante, e canne di aspersione tali da poter bagnare comodamente da un estremo all’ altro. tutta la chioma della pianta. 3 Dei rami si bagneranno quelli interni prima degli altri | esterni, procedendo lentamente dall’alto al basso, con l’avver- | tenza di adoprare il getto polverizzante, ma così vigoroso da Q involgere interamente le parti infette in una nube di inset» | 4 RE. # i ticida. LECANIINAE. dl Le forme di questa tribù sono prossime a quelle della. precedente dalle quali e dalle altre essenzialmente si distin- guono per avere l’ultimo anello dell'addome diviso longitudi-. | nalmente in due metà triangolari dette squame anali. Le zampe d'altronde sono simili fra loro, e l’anello anale tanto Wi nelle larve che nelle femmine adulte è fornito di peli. Dei Lecanini quelli più interessanti per noi sono compresi nei generi seguenti. Gen. Philippia Targioni. Questo genere comprende i Lecanini che dopo la feconda- zione si ricoprono di un guscio filamentoso a forma di sacco, nel quale segregano un nido per le uova. Queste femmine — 315 — t hanno le antenne di nove articoli e l’anello anale formato come da due mezze lune, e fornito di otto peli. Il maschio i ha gli occhi reticolati, laterali Philippia Oleae Costa. (Cocciniglia cotonosa, o Cocciniglia follicolare dell’olivo). La femmina adulta della specie, spogliata del sacco can- dido nel quale sta nascosta, si presenta di color giallo oliva- i stro pallido, e di forma ovale, depressa, alquanto più ristretta davanti, col dor- so quasi liscio, il ventre distintamente ‘ segmentato, il margine del corpo bre- \vemente ciliato, le antenne col terzo ‘articolo più lungo di tutti, gli occhi ed i tarsi delle zampe nerastri, il suc- chiatoio di un solo articolo, ed i lobi anali posteriormente sovrapposti. Il maschio è molto più piccolo della femmina, e di color giallo arancione con le valve dell'armatura genitale oltre due volte più lunghe del corpo. Il suo follicolo è bianco candido, quasi ellittico dalla parte posteriore del quale sporge l'armatura genitale quando l’insetto è per uscirne. La larva è di forma ellittica con antenne e zampe lunghe, quelle di sei ano ed i lobi anali con tre setole e Ra ciascuno, quella dell’apice lunghissima. femmine (7), maschi e larve 3 Li (1) di Philippia oleae a gran- Le uova sono gialle ed ovali due dezza naturale. volte più lunghe che larghe. Visitando di aprile e di maggio gli oliveti infetti è facile \ vedere che, dai sacchetti candidi descritti, situati sulle foglie — 316 — e sui rami, vengono fuori le larve che corrono sollecitament sulla pianta, ma che poi si fissano e fecondate dai maschi, cominciano a segregarsi il sacchetto cotonoso sotto il quale I depongono le uova. L’animale in quest’ultima funzione si ridi tira dalla parte anteriore mano a mano che con le uova oc- | cupa il vuoto dove prima si trovava la parte posteriore del | corpo, e muore quando ha già ultimato la deposizione delle | uova. | la nascita ed il fissamento delle forme ritardatarie, hanno cl luogo le nascite della seconda generazione, per parte dei primi | nati, e si prepara la terza, che si completa in autunno, e dà i giovani con i quali passa l'inverno, per continuare la diffu- sione della specie nella primavera seguente. S| Questo è quello che mi resulta dalle osservazioni fatte nel- | l’Italia meridionale ed in Toscana, in olivete di collina, all’ al | tezza di 500 a 600 metri sul livello del mare. VI Quanto alla difesa, come per la specie precedente, il par-. tito migliore è quello di asportare i rami infetti, appena il pi- | Da "I docchio compare, e bruciarli. Ma anche per questo, ove l’incuri dell’agricoltore l’abbia lasciato diffondere, dopo una larga po 3 tatura invernale bisogna, con più grave dispendio e non poco | lavoro, combattere diverse volte di seguito, con gli insetticidi, | le larve della generazione primaverile, per averne ragione. Gen. Pulvinaria 7argioni. lamentosa bianca, senza striatura longitudinale. — 317 — Pulvinaria vitis. Linné. (Cocciniglia a cuscino della vite). La femmina di questa cocciniglia liberata dalla sostanza ‘cerosa del cuscinetto bianco che ha dalla parte posteriore, e ‘vista di sopra si presenta a guisa di una lamina giallo-bruna, ‘rilevata, striata di nerastro e di forma ovale, una volta e mezzo più lunga che larga. Ha le antenne di 8 articoli dei Fig. 159. — Sarmento di vite con le femmine della P. vitis a grandezza naturale. quali il terzo è il più lungo, l’ultimo è poco più lungo del | precedente, che è molto più lungo del sesto quando le an- ‘tenne sono di 7 articoli, e sulla metà del quarto e dell’ultimo vi è un pelo più lungo degli altri; le tibie con piccoli e nu- ‘imerosi peli quasi fino al tarso, il quale è un quarto più corto della tibia e porta un lunghissimo pelo; mentre sei altri ne sporgono dalla insenatura posteriore dell’addome. I maschi allo stato scutiforme sono più allungati delle fem- mine, due volte più lunghi che larghi, con lati quasi paral- leli e due lunghe setole sporgenti dalla parte posteriore del follicolo. Uscito da questo l’animale mostra antenne di 10 ar- ticoli, col quarto, il quinto ed il sesto più lunghi, e l’ultimo con sei a sette peli capitulati; ali chiare con vena costale ab- bastanza rossiccia; addome con due appendici, una per parte, ‘ sui lati del sesto segmento e due lunghissime setole bianche | sul settimo. Maschi e femmine provengono da uova che queste depon- i gono sotto la produzione cerosa indicata e che nascono ai primi i di giugno e succhiano, alcune costantemente sui sarmenti — 318 — (sui quali almeno per ultimo si riducono per provvedere alla | conservazione della specie) ed altre, quelle dei maschi, si sta- I biliscono sulle nervature della pagina inferiore delle foglie, più che sui rami, dove si trasformano nel termine di una ses- santina di giorni circa. dl Alla prima generazione per solito ne tien dietro una se- conda, e la terza, con gli ultimi di quella, sostiene la speci durante l’ inverno e la riproduce nella primavera seguente. | La specie si trova abitualmente poco diffusa da noi, ma è certo che uscendo dai limiti ordinari riuscirebbe a mole- | stare gravemente le viti. I In ogni modo due sono le vie per liberarsene. La migliore. è quella che prende di mira e compromette le femmine del ; l’insetto, subito dopo la potatura, d’inverno, passando sula rami infetti uno straccio ruvido di tela, per schiacciarle e per farle cadere; e togliendo dal vigneto i sarmenti raccolti nella | potatura per condannarli al fuoco. ° L'altro mezzo di difesa sta nell’ uso degli insetticidi pren- dendo di mira le larve della generazione primaverile, per sof | focarla ed impedire che la specie si diffonda sulle piante. Gen. Ceroplastes Gray. Nelle specie di questo genere le femmine si ricoprono in- | teramente di uno strato spesso, compatto di cera senza festoni | o processi marginali radianti e non aderente intimamente al | corpo dell’ animale. Questo ha le antenne di sei o di sette articoli il terzo od il quarto dei quali è più lungo; lo spe- | rone anale distinto, ed i digituli più corti sono molto grossif e clavati. Ceroplastes Rusci L. (Cocciniglia cerifera del Fico, del Pungitopo e di altre piante). La femmina di quest’insetto quando non ha ancora deposte | le uova ha la forma di una tartaruga, con lo strato di cera | — 319 — ‘tassellato, provvisto cioè di uno scudo centrale orbicolare con \un cercine chiaro nel mezzo, e otto scudetti trapezoidali al- 'l’intorno, due appena distinti ai due poli, e sei, tre per parte i sui lati anch’essi provvisti del cercine bianco dello scudo me- | diano. Quando l’animale ha deposto le nova, gli scudi scompari- scono e lo strato ceroso assottigliandosi diventa liscio e d’un VAS Fig. 160. — Ramo di Fico con la Ceroplastes Rusci. colore più o meno roseo, o laccato, come l’animale sottostante che ha il terzo articolo delle antenne lunghissimo, quasi eguale alla somma dei seguenti. Il maschio ha il guscio bianco, ellittico, con 14 raggi ce- rosi marginali, le antenne di 10 articoli col quarto più lungo, e le ali senza fascia sottomarginale carnicina. Le larve fissate sono ovato raccorciate e per le efflore- scenze di cera bianca che presentano nel contorno e nel mezzo sembrano raggiate; ma quando si muovono liberamente e son prive di materia cerosa sensibile, sono obovato allungate, con le antenne nelle quali il terzo ed il quarto articolo sono i più lunghi, ed il sesto da un lato e alla estremità, fra gli altri ‘ corti, ha tre peli lunghissimi; le tibie sono della stessa lun-. vu | ghezza dei tarsi, ed i lobi anali son provvisti di una setola lunghissima in mezzo ad altre più corte. Le uova sono di forma ovale allungata e di St car] nicino. | La specie ha una sola generazione nell’anno, che comincia, da larve agilissime, che nascono di luglio, si diffondono sulle | foglie, sui rami e sulle fruttescenze e vi si fissano; ma senza | l’obbligo di una permanenza stabile; perchè quelle delle foglie | e dei frutti ad un certo momento ritirano le setole del rostro, | si distaccano e fanno ritorno sui rami. Ed è su di questi in realtà che si fissano definitivamente alla caduta delle foglie, | si raccorciano ed accrescono lo strato di cera, che le ricopre | con le apparenze come nelle femmine sopraindicate; ma non | depongono uova che nel mese di giugno, poco prima cioè del | momento in cui incominciava la nascita delle larve l’anno pre-| . cedente. Le piante sulle quali la specie si trova sono diverse, a cominciare dal Ruscus, dal quale prese nome, alle altre degli. Agrumi, del Fico e del Mirto, per quanto le più gravemente colpite da essa non siano che le ultime indicate. I rami del. Fico fatti segno agli attacchi dell’insetto, si presentano scabri e tubercolosi per i gusci cerosi dell'animale, i quali sono tanti, talvolta, da nasconderli interamente. È perciò difficile che la. infezione sfugga all’agricoltore, l’attenzione del quale, per al- | tro, vi è richiamata anche dalla presenza della fumaggine, che segue, accompagna ed aggrava lo stato delle piante. " Sotto le miriadi di punture e la perdita dei succhi consu: mati dagli insetti, i rami del fico languiscono, le foglie si di-. sarticolano, ed i frutti, o non si formano, o non maturano, restano giallognoli, flosci e di sapore sgradevole. I luoghi umidi, lungo i fiumi, sono quelli più favorevol alla diffusione della specie, contro la quale, dopo le potature per la distruzione dei rami più infetti, sono consigliabili le | azioni meccaniche, passando dal basso all’alto di quelli la — 321 — ‘femmine, che si trovano sopra di essi. L'operazione va fatta | d’inverno. Venute fuori le gemme ciò non è più possibile e bisogna \ aspettare necessariamente la fine di giugno ed i primi del ‘mese successivo, per colpire le larve, con gli insetticidi a base ‘di sapone e di catrame indicati contro le specie precedenti. Ceroplastes sinensis Del Guercio. (Cocciniglia cerifera del Chinotto e di altre piante). _ La femmina della specie molto prima del momento della ‘deposizione delle uova è distintamente convessa, di color bianco ilatteo untuoso, e con lo strato di cera che la ricopre diviso in tante placche, una centrale e sei laterali, con un nucleo rosso- ‘bruno ed un pennello di cera bianca nel mezzo. La placca c Fig. 161. — a, femmina della Ceroplastes sinensis ingrandita, dal dorso — bd, id. vista di fianco — c, parte centrale del guscio dopo la deposizione delle uova — d, an- tenna dell’adulto — e, antenna della larva. anale è più grande delle altre, ha due nuclei ed appare come formata da due placche unite insieme. Al momento della de- posizione delle uova la cocciniglia prende la forma di un elmo, ‘aspettando a spiegarsi completamente di luglio, quando prende 21 — 322 — la forma conico-depressa e una tinta rosea distinta da quella bianco-lattea, che è nella parte basilare del guscio ceroso. | L’animale sottostante è di color rosso laccato intenso, con sono più lunghi, e le ali ampie hanno una fascia sottomargi. nale carnicina lunga quanto il nervo che comprende. 4 Le larve sono obovato-allungate di color castagna chiara Wi con le antenne e le zampe meno colorite. fi Le uova sono piuttosto allungate, quasi ellittiche, e presso. a poco del colore delle larve. si La nascita delle larve ha luogo ai primi di luglio, poco prima o poco di poi, secondo l’andamento della stagione, e si protrae per trenta a quaranta giorni circa, sicche nell’agosto mentre continuano le nascite, le larve nate assumono la forma | di tante piccole stellette ellittiche, poi ovato raccorciate con delle efflorescenze cerose bianche. La forma orbicolare, nell femmine, ellittica nei maschi, ma sempre discoidale, è quelli nella quale l’insetto passa l'inverno, per accrescere nella pri- | mavera seguente ed assumere le forme definitive, in aprile e: maggio per gli uni, e nei mesi di giugno e di luglio per le o altre. Sicchè anche per questa specie, come per quella del Fico, | si ha una generazione all’anno. Però mentre la cocciniglia del I Fico è di vecchia conoscenza quella del Chinotto è nuova per | nol e suppongo che sia stata importata in Liguria con una | Poligonacea ornamentale conosciuta col nome di MuAlenbeckia platyclados. Da questa ‘pianta, ora naturale nella riviera ligure, | la specie è passata sulle Cardenie, sulle Marante, sulle Rose sul Pesco, sul Pero, oltre che sul Limone, sull’ Arancio e sui — 323 — { Chinotti, i quali, per i danni subiti hanno richiamato la no- : stra attenzione e degli agricoltori. La specie, malgrado la grave infezione determinata sui chinotti, e la presenza fra questi del Fico, non è ancora pas- sata su quest’ultima pianta, che è danneggiata gravemente dalla Ceroplastes rusci. Restano così confermate completamente le mie osservazioni condotte dal 1396 in poi sulla specie, la quale per altro si | presenta con una facilità di adattamento davvero spaventevole. Nel 1896, infatti, e nel 1897, recandomi in Liguria la tro-. ‘vai rarissima sugli agrumi ordinariamente coltivati, così che mi parve quasi affatto speciale ai Chinotti. In questo tempo si è adattata egregiamente anche a queste piante e tende ad estendersi sulle Rosacee pomifere con una preoccupazione che non può lasciarsi inosservata e che consiglia a combattere la ‘specie dappertutto con la massima energia possibile. Le esperienze tentate da me negli agrumeti di Savona non lasciano più dubbio, fortunatamente, sulla riuscita della difesa i contro cosiffatto pidocchio, il quale è scomparso letteralmente insieme alla fumaggine dalle piante trattate per tre volte di i seguito con le emulsioni saponose, la prima volta, all’ 1, la seconda all’ 1 !/|, e la terza volta al due di olio pesante di ca- trame unito allo 1'/, di sapone. Le operazioni della difesa si cominciano quando sulle fo- glie e sui rami le larve brulicano in gran numero, quasi da coprirle, ciò che ha luogo verso la metà di luglio. Gen. Lecanium Illiger. Le femmine dei Lecanium sono ovali, più o meno rac- corciate, prima pianeggianti, poi navicolari o semiglobose, lisce, con pieghe longitudinali e trasverse, dalla parte poste- Tiore incise profondamente, e senza materia cerosa sul dorso è e sui margini. Le antenne sono formate di 7 articoli negli forma di stiletto. br] Di questo genere hanno interesse particolare per noi le. specie seguenti. È AI | | Lecanium QOleae Bernard. (Cocciniglia nuda dell’olivo, Lecanio, o mezzo acino di pepe). La Cocciniglia nuda dell’olivo è di color bruno rossa. stro o bruno marrone, e di forma ovale più o meno raccor- ciata, con una carena longitudinale mediana e due pieghe tra sversali, che la dividono in tre parti eguali, sulle quali le | A | punteggiature biancastre corrispondono ad altrettante piccole | squame di lacca. Le antenne hanno il secondo articolo a forma di cono troncato. — 325 — le antenne di sei articoli, l’ultimo dei quali è quasi eguale al terzo in lunghezza ed è fornito di una sola setola lunga alla estremità. Le uova sono di color giallo arancione, ovali, allungate e presso a poco della grandezza delle larve che da esse nascono. Gli adulti della specie depongono nella primavera da 400 a 500 uova, dalle quali dopo una dozzina di giorni (seconda metà di giugno) cominciano a venir fuori le larve che sono Fig. 165. Femmina dell’insetto ingrandita, dopo la deposizione delle uova. — Fig. 166. Ramo di olivo infetto di Lecanium Oleae, a grandezza naturale. — Fig. 167. Ramo di arancio con le femmine dello stesso insetto. liberissime ed appena nate si aggirano sulle foglie e sui gio- ‘vani rami, dai quali pungendo traggono il necessario per vi- vere. Per succhiare più comodamente si fissano, mutano la pelle e pare che aderiscano e non si debbano più staccare col 326 — corpo dalle parti delle piante dove sono collocate. Ma al pari | delle Ceroplastes, esse non perdono la facoltà di muoversi, e si vedono spesso trascinarsi lentamente da una parte all’altra | della pianta. Fra la seconda e la terza muta però la loro di- | mora si fa stabile ed il loro corpo che allora è verdognolo con le antenne, il rostro e le zampe pallide, segrega una so stanza bianco sericea ed inizia la deposizione delle uova. Du-. | rante questa operazione la scaglia di lacca rigonfia, indurisce | poco per volta e verso la fine dell’estate prende l’aspetto del. mezzo acino di pepe sopraindicato. E Nell'ottobre così alla prima tien dietro una seconda che s completa nel gennaio e depone perfino le uova dalle quali si hanno le larve che crescono nella primavera e alla fine di giugno ripetono la generazione nell’anno. î nelle isole e si. mostra con danni sensibili, che si aggravano dove le moltiplicazioni numerose dell’insetto sono accompa- gnate dalla fumaggine, che ricopre di un denso velo nero il rami con le foglie e le cocciniglie stesse che li molestano. | Gli olivi attaccati largamente dal Lecanio intristiscono, non portano frutti, poi cominciano a perdere le foglie e alla per dita di queste segue quella dei rami e la chioma si presenta piena di seccume. i| Il compianto prof. Costa, di Napoli, per difendere le piante dall’insetto consigliava di passare un panno ruvido sui rami. quando quello non ha ancora deposte le uova, o di aspor- tare e bruciare sul posto i rami più dell’ordinario ricoperti dalla inicione Altri sodo gia la potatura Dis Di © nem: | I si | "DI quantità necessaria, nè si impedisce che il resto ripristini ia | infezione; dopo la potatura, dove le condizioni dei luoghi lo. | permettono, è bene sottoporre la chioma restante all’azione | degli insetticidi, operando di primavera con i liquidi a suo | luogo indicati. — 327 — Dove per mancanza d’acqua, o per le gravi accidentalità i del terreno non fosse possibile Ja difesa con gli insetticidi, | bisogna fare di necessità virtù, e diradare per pulire quanto ‘e. come si può la chioma dai rami infetti, nella speranza che ii parassiti facciano il resto. Chi questo facesse per non incon- trare la spesa degli insetticidi, sarebbe in grave errore, per- chè la decimazione dei rami equivale ad una corrispondente riduzione del prodotto, non per un anno soltanto, ma per più anni di seguito. Lecanium hesperidum Burmeister. (Lecanio liscio degli agrumi). là Sugli agrumi questa specie è comune quanto la precedente dalla quale si differisce, perchè le sue forme adulte sono liscie, | senza pieghe, di color bruno-lucente macchiato di nero, non Fig. 168. — 1, Ramo di limone con L. hesperidum — 2, femmina del pidocchio in- grandita. molto convesse, e talvolta asimmetriche. In ogni modo hanno le antenne di sette articoli, il secondo dei quali è cilindrico, — 323 — non a tronco di cono, come nell’altra; mentre le larve hann l’ultimo articolo delle antenne con più di una setola lunga. Al pari della precedente, questa specie non va mai sui | frutti; ma mentre quella si limita quasi ai rami soltanto que- sta si diffonde in gran numero sui rami più giovani e sulle | foglie, con manifesta predilezione per il picciuolo e la costola | della lamina foliare. cinque. È. In un caso e nell’altro, per gli escrementi dolciastri con. i quali giovani ed adulti imbrattano rami, foglie e frutti, i L. hesperidum è seguitato, e ‘non perseguitato, come alcuni credono, dalle formiche, che col loro andirivieni ne mettono » bene in vista la presenza; sicchè seguitandole non è difficile . scoprire i focolari della infezione e distruggerli. Nelle piante in vaso, la ripulitura a mano, schiacciando LI gli insetti dove si trovano, è stata raccomandata e si spera | n con buoni effetti. Per le piante a pien’aria, senza escludere la possibilità e la convenienza, talvolta, di fare altrettanto, sì può ricorrere all’uso degli insetticidi, come si è detto pol la cocciniglia nuda dell'olivo. Lecanium Persicae Reaumur. (Cocciniglia navicolare del Gelso, della Vite, e del Pesco). Questa specie, al suo massimo grado di sviluppo, è di color | marrone chiaro, o marrone rossastro, più o meno lucente, se- condo che il guscio è di un animale vivente, o di un animale. | morto. i Ai primi di maggio l’insetto depone un numero straordina- il rio di uova oblunghe, giallo-rossastre, dalle quali, dopo una — 329 — quindicina di giorni, cominciano a venir fuori le larve, che sono di color carnicino-rossastro, ovali ed agilissime, che pas- sano qualche giorno sotto il guscio della madre e poi vengono fuori per succhiare gli umori dalle piante. I rami più teneri Fig. 169. — Pezzo di sarmento di vite con Lecanium Persicae. e le foglie sono quelli preferiti. Ma poi dalle foglie ritornano al rami e su questi soli si trovano le forme adulte dell’in- setto. | Alla prima generazione primaverile, ne segue una seconda estiva, e poi una terza che non si completa, passa l'inverno ed è quella, che ai primi di maggio da le uova e poi le larve della prima generazione dell’anno seguente. Data la natura della specie e la presenza delle formiche che l’accompagnano, è difficile che essa sfugga alla pratica, la quale, sulla vite e sul gelso dovrebbe ricercarla e distruggerla alla fine dell'inverno, per impedire che vi si riproduca. Sul gelso e sul pesco, se le piante sono piccole, si può fare come per la vite; diversamente si farà la potatura delle piante se- guita dall’applicazione degli insetticidi nella primavera o nel- l’estate, ricordando che la difesa va ripetuta una o due volte, per conseguire gli effetti desiderati. Lecanium Laurì Boisduval. (Cocciniglia navicolare dell’ Alloro). Più che una specie, questo sarebbe per me una buona va- rietà del Lecanium hesperidum del quale le femmine viventi sull’ Alloro sono più rugose, più scure, quasi terree, e con li- mitazioni a guisa di cellule, irregolarmente sparse sul derma dorsale. ì i ) In ogni modo seguendone la biologia su piante a pie Fig. 170. — a, ramo di Alloro con la cocciniglia navicolare — 5, femmina dell’ in- setto ingrandita. n’aria, nei campi, in Toscana e nel Napoletano, ho visto che la specie ha tre generazioni all'anno, delle quali una si svolge nella primavera, la seconda nell’estate e la terza nell’autunno, per passare l'inverno e dare gli altri insetti nella primavera seguente. i Per combatterla bisogna operare come si è detto pel i Lecanio dell’ olivo, degli agrumi e del pesco. Lecanium Coryli Linné. (Lecanio del Nocciuolo). La femmina si presenta di forma ovata, lunga 7 per 4 mill., alta SER millimetri circa, e a disegno dermale esagonale. | Il suo colore è bruno rossastro, fortemente punteggiato, con. — 381 — i punteggiatura fittissima sui lati, meno fitta e rara verso la linea mediana del corpo, dove sono dei solchi originantisi alla | periferia di quello. Le antenne sono di 7 articoli, col terzo ‘ eguale al quarto, il quinto ed il sesto più corti, e l’ultimo più lungo di tutti. Le zampe hanno il tarso poco più corto della tibia, fornito di unghia quasi eguale ad !/; della sua lunghezza. I lobi anali portano tre peli sul disco e altrettanti o quasi se ne trovano alla estremità; mentre nella faccia ventrale, dalla parte posteriore dell'addome, vi è una serie numerosa di peli mediani successivamente più lunghi dall’avanti all’indietro. Per limitarne la diffusione, occorrendo, si può seguire il si- | stema di difesa indicato per le specie precedenti. DIASPINAE. In questa tribù le femmine, mano a mano che si fissano i alle parti delle piante, perdono le antenne e le zampe, queste interamente, di. quelle e degli occhi si incontrano spesso i ru- dimenti. Il pigio è quì assai bene fornito di spine, pettini e palette e col forame anale sul dorso, rotondo e senza. peli. I maschi, col capo mal distinto dal torace, hanno quattro o sei occhi semplici, le antenne di 10 articoli, ed un lungo stilo sessuale alla estremità dell’addome. Maschi e femmine d’altronde hanno il corpo ricoperto da un guscio orbicolare o variamente allungato. I generi della tribù che hanno speciale importanza per noi sono i seguenti. i Gen. Parlatoria Targioni. Vi appartengono i diaspini nei quali lo scudo della femmina è quasi rettangolare con la spoglia larvale ad una delle estre- mità; il follicolo del maschio è piuttosto allungato, come quello delle femmine, e talvolta carenato. Il pigidio ha margine di- nel margine degli anelli che lo precedono, e quattro o cinqt gruppi di disculi perivulvari. Parlatoria Zizyphi Lucas. (Pidocchio nero 0 Cocciniglia nera del Giuggiolo e degli Agrumi). I PELETTGIORE A B il Bi DR Ri 4 î o S| 15, D CA D F FARO dae Fig. 171. — A, femmina di Parlatoria Zizyphîì — B, guscio della stessa — (, guscio | del maschio — D, pigidio della femmina, tutto ingrandito. ue rr leoni strettissimo, ed una espansione semicircolare o quasi dalla. parte posteriore. La femmina sottostante è nerastra, ovat d allungata, largamente rotondata davanti, parallela nei lati, e | dalla parte posteriore convergente. Le antenne sono ridotte a | due peli; le estremità del margine posteriore del capo hanno un tubercolo distinto. Il margine del pigidio è armato di quattro paia di palette fiancheggiate da una spina dal lato esterno, ed alternate con le aperture delle grosse filiere mar- | x gg : ginali alle quali corrispondono i pettini, che si trovano anche nei margini dei segmenti del corpo, che precedono il pigidio. Il maschio è ricoperto da una scaglia simile a quella della i femmina, ma è bianca, con la spoglia larvale bruno-nerastra alla estremità. i La larva è ovale allungata, fortemente segmentata dalla parte posteriore, con antenne di cinque articoli: il primo più grosso, il quarto più piccolo, ed il quinto, è troncato all’apice, con quattro peli, due per parte, sui lati ed alla estremità, ed eguale in lunghezza alla somma dei precedenti. Il pigidio pre- senta due grosse palette mediane, e due laterali. Fra le pa- Fig. 172. — Foglia di mandarino con la Parlatoria Zizyphi. lette mediane vi sono due peli-filiere, e due piccoli pettini se- ghettati all'apice, o dalla parte esterna; e due altri, con un piccolo pelo-filiera, si trovano fra le palette del primo e del secondo paio. Le uova sono bianco rosee e per lo più obovato-allungate. La specie, trovata prima sulle foglie del Giuggiolo (Zizy- f phus vulgaris) nell’ Oasi di Biskara, da Lucas, si rinvenne numerosa poi sulle foglie e sui frutti degli agrumi dei giar- i dini di Hamma, in Algeria, d’onde è probabile che sia passata — 334 — con i frutti e con le piante, da noi. Non è nemmeno impro- babile che ci sia venuta dalla Spagna; ma da una parte 0 dall'altra, è certo che ora si è diffusa largamente negli agru- | meti della Sicilia, della Sardegna e della Calabria, e bisagne combatterla. Le piante più colpite mi sembrano quelle del Mandarino sul quale l’insetto si ripete due a tre volte nell’anno, depo- nendo una mezza dozzina di uova per volta. Lo scarso numer i delle forme che compongono ogni generazione spiega la ma U gior resistenza delle piante all’azione molesta dell’ insetto, che si combatte assai bene con le semplici soluzioni di sapone, di catrame alcalinizzato, alla dose dell’ 1!/, al 2.°/,. Le cure primaverili ed estive si raccomandano qui a pre= ferenza di quelle invernali, perché la nascita delle larve, dato. il numero scarsissimo delle uova, è quasi contemporanea, e due | operazioni con l’intervallo di otto a dieci giorni sono suffi- cienti a liberare le piante dai pidocchi. Parlatoria Targionii Del Guercio. (Cocciniglia bianca del Nespolo). La femmina ha il guscio orbicolare, bianco cartaceo, poco rilevato, fornito di una spoglia larvale gialla, ovata, fra il cen: tro e la periferia. Il corpo dell'animale sottostante è prima. ovato, poi obovato, ed infine orbicolare, sempre di un bellis- | simo colore giallo aureo, con una setola ai lati del terzo e di- verse setole sui lobi degli anelli restanti fino al pigidio. Que- sto ha il margine posteriore crenulato, due grosse palette me; | diane, bilobe, col lobo interno inciso dalla parte esterna, e da | una parte e dall’altra, due altre paia di palette più piccole e | diverse dalle precedenti. Nelle crenule vi sono dei pettini obo- | vati spatulati, con quattro denti, o meno, sul margine estremo | nei primi, e su quello esterno soltanto negli altri più prossimi | al penultimo segmento dell'addome. Intorno alla vulva sono | — 335 — | cinque gruppi di dischi ciripari, dei quali quello mediano è co- stituito di tre dischi in linea retta, e gli altri sono formati i di 18 a 20 aperture ciascuno, in tante zone ovali. Il follicolo del maschio è ovato, liscio, non carenato, ovale, del colore di quello della femmina con la spoglia larvale verso «una delle estremità. | Fig. 173. Ramo di Nespolo con l’insetto. — Fig. 174. metà destra del pigidio della | femmina: a, a', a! palee — db, pettini — c, vulva — d, fusi marginali — e, di- sculi aggregati. La specie l’ ho trovata numerosa sui rami di Nespolo nel Messinese, dove l’ho raccolta la prima volta nel 1892, descri- | vendola col nome di Aspidiotus Targionii. Con essa talvolta sì trova anche la Par/atoria proteus Curtis, dalla quale si di- stingue, perchè fra l’altro, ha il corpo di colore rosso più o | meno intenso. Per combatterla si opera come contro la Parlatoria Zizyphi. } Parlatoria calianthina Berl. et Leon. (Cocciniglia violacea del Pero, Melo, etc.). La specie è prossima alla precedente dalla quale si diffe- Tisce per la femmina, che ha la spoglia larvale olivacea, fosca, essa stessa è violacea, non gialla, nè di color giallo, o rosso — 396 — Fig. 175. — Parlatoria grandito. rotondato, nelle femmine, ovale nei maschi, ed il pigidio, nelle. femmine adulte è senza pettini e senza palette, o quanto meno è più povero di appendici che nelle ninfe. i Aonidia Laurii Bouché. (Cocciniglia, Cocco o Chermes dell’Alloro). I rami, le foglie, e lo stesso fusto dell’alloro, talvolta, si Î trovano ricoperti come da minute pustole rossicce dalle quali | si solleva una minuta squama del colore indicato, sotto la. quale si trova l’animale, che ora si stacca con la squama | stessa, ora resta attaccato alla pianta per le setole del rostro, | che ha in essa conficcate. La squama o guscio della femmina | è orbicolare, bruno-scura, con la spoglia rosso-scura nel mezzo. | L'animale sottostante è di color rosso-porpora. Il guscio del | — 337 — | maschio è ovale allungato, irregolare, con la spoglia larvale ad una delle estremità e più ampia che in quello della fem- | mina, del quale per altro il guscio del maschio ha interamente il colore. L'animale sottostante è di color vinoso-pallido con le antenne appena più corte del corpo, che è lungo un milli- metro circa. I caratteri indicati bastano evidentemente per distinguere | il Lecanio da quest'altra cocciniglia, che vi si trova assai più 176 177 | Fig. 176. Ramo fogliato di Alloro con l’Aonidia Lauri. — Fig. 177: 1, Pigidio del- l’Aonidia adulta — 2, pigidio della femmina giovane. diffusa e tanto moltiplicata, talvolta, da rivestire le lamine fo- liari ed i rami di una vera crosta di insetti. Le nascite delle larve hanno luogo anche qui nella prima- | vera, nell’estate e nell'autunno. Durante l’inverno sono assai | rare le nascite e si incontrano larve ricoperte della prima spo- — glia e parte della seconda, che formano lo scudo, e femmine bene formate, con maschi che aspettano la nuova primavera per riprodurre la specie. Dove la infezione è ancora incipiente e le piante non de- 22 perite, si può tentare con successo la difesa primaverile-estiva, indicata contro le altre cocciniglie. Diversamente si faccia uso della miscela alcalina di olio pesante di catrame col 10 ‘|, d questa sostanza e 5 circa dell'altra. L'operazione va fatta di novembre, dicembre e gennaio, per avere le piante rivestit di fogliame nuovo e rami senza cocciniglie nella primavera seguente. i Gen. T'argionia Signoret. Le specie di questo genere sono prossime a quelle delle Aonidia dalle quali si distinguono per avere due palette mi diane contigue sul pigidio della femmina adulta, e senza disch: ciripari intorno alla vulva. Targionia vitis Sign. (Cocciniglia grigia della vite). di La femmina di questa specie è provvista di uno scudo più o meno arrotondato, grigio-brunastro, come quello del ma- schio, che è ovato allungato. Il pidocchio sottostante è grigio nella femmina, col pigidio giallo chiaro, e di color giallo bru Fig. 178. — Metà sinistra del pigidio di Targionia vitis, ingrandito. nastro nel maschio, con antenne di dieci articoli (1.°, 2.° e 10.3. più piccoli, il 4.° più lungo) ed ali ialine, oltrepassanti la. estremità dell'armatura genitale, gli stiletti della quale oltre- passano per poco la lunghezza dell’ addome. DEL — 399 — Data la colorazione degli scudi, sotto i quali la specie si ‘trova, difficilmente si mette in vista sulle viti, e non sì sco- prirebbe se le azioni meccaniche non la facessero cadere e non restassero sul fondo scuro del ceppo e delle spalle delle viti le macchie bianche, dovute alla spoglia ventrale, che col gu- scio chiude l’insetto in una specie di scatola. ns OZ: A ar ah ce ir rat ini pai IBN LA in Fig. 179. — Sarmento di vite con Targionia vîtis. Il numero dei pidocchi che si trovano sulla vite è talora straordinario, tanto che il ceppo e le sue branche ne sono let- teralmente coperti. Ciò che contraria la diffusione dell’insetto ‘però è la proprietà che ha la vite di rigettare i vecchi strati di corteccia, i quali sollevandosi a brandelli, quando le larve si sono fissate, ne determinano senza dubbio la «morte. Questo fatto, però, anche quando i due fenomeni coin- ‘cidono, non sempre si verifica egualmente, ed il pidocchio, per quelli che si ricoverano nelle fenditure dei sarmenti giovani e gli altri che hanno tempo di fissarsi sulla zona corticale ria- novata, trova sempre modo di sopravvivere e ripetersi ogni tanto così da minacciare la salute delle piante. Per combat. terlo, si operi lo scortecciamento e la disinfezione dei ceppi con le miscele alcaline di catrame, d’inverno, o la distruzione delle larve, col sapone, nella primavera, nell'estate e nell’au- tunno. Gen. Aspidiotus Bouche. Gli Aspidiotus ricordano, a prima vista, assai bene, dal- l'esterno, le forme delle Aonidia, ma se ne distinguono abba- stanza facilmente per la natura del pigidio, che è fornito di — 340 — indistinte. Aspidiotus Hederae Vallot. (Pidocchio bianco degli Agrumi, del Carrubbo, dell’Edera, ecc.) Il pidocchio bianco o dianca degli agrumi è coperto da un p I p guscio arrotondato quasi piano, grigio-pallido, di sopra, bianco di sotto, con le spoglie larvali gialle nel mezzo, alquanto di-. ) Pos s ) IO) Soto a CIS (o) (©) °o È SEZ soliti mea aa P ere etna Fig. 180. — A, foglia di Edera — B, limone con Aspiodotus Hederae — 9, guscio della femmina — Q, id. del maschio. E intense, successivamente meno colorite e meno sviluppate ed incise dalle mediane alle laterali; e di pettini, dei quali, due | sono fra le palette medesime, due fra quelle del primo e del | secondo paio, tre fra queste e quelle del terzo, incise nel lato esterno, e sei o sette altre, simili, nell'orlo restante. Intorno |. — 341 — i all'apertura genitale si trovano quattro gruppi di dischi ciri- pari: gli anteriori con 8 e 9, ed i posteriori, relativamente con 15 e 6 dischi. Il guscio del maschio è piano o quasi come quello della femmina, ma è ovale, e per un quarto circa più corto, e della i metà più stretto. L'animale è giallo, con la fronte smarginata, ‘ed un piccolo tubercolo dalla parte posteriore degli occhi. La larva è giallo-verdognola e di forma uvata, più dell’or- ‘dinario allargata nel mezzo, con antenne di cinque articoli provviste di funicolo più lungo della somma dei rimanenti, e | Fig. 181. — Pigidio di Aspiodiotus Hederae, metà destra del margine, ingrandito. pigidio rotondato, con due paia di palette, tre paia di piccoli pettini, uno per parte fra quelle, ed un pettine rudimentale fra le palette del secondo paio, ed una sporgenza conica si- mile ad un dente. Le uova, oblunghe, sono di color giallo chiaro. Questo pidocchio si presenta con tre a quattro generazioni all'anno sugli agrumi, sul carrubbo e sopra un gran numero di altre piante, delle quali arriva spesso a coprire interamente 1 rami, le foglie ed i frutti. Gli effetti della sua presenza sono gravissimi, perchè le foglie ingialliscono anzi tempo e cadono; i frutti restano sco- loriti ed acerbi nei punti lesi, e spaccano, e tutta la chioma | della pianta poco alla volta, spogliata del fogliame, intristisce ‘| e muore. a. d'inverno, dopo la raccolta dei frutti, con un miscuglio cos tenente il 10°°/, di olio pesante di catrame, il 5 °/, di s035 e 90 parti di acqua. Dove la infezione è ancora incipiente, possono bastare le cure con l’uso degli stessi liquidi consigliati | col mezzo delle lenti si vede che le nascite sono abbondanti le piccole larve si muovono sulle foglie, sui rami e sui frutti Senza di quest’ avvertenza si rischia di perdere il tempo, fendi lavoro e la spesa del macchinario e degli insetticidi. La difesa invernale va fatta quando non è ancora avvenuta | la deposizione delle uova, e perciò fra il mese di dicembre quello di febbraio dell’anno successivo. Aspidiotus ostreaeformis Curtis. (Cocciniglia a guscio d’ostrica del Pero, del Melo, del Susino e del Ciliegio). La femmina ha scudi arrotondati come gusci di ostrica e | di color grigio più o meno scuro, con un punto centrale pi colorito, giallo. L'animale sottostante è giallo scuro grigiastrafi con cinque gruppi di dischi ciripari intorno alla vulva, dei quali il mediano ne ha 10 a 12, i laterali superiori 12 a 8 e quelli inferiori 13 a 14; mentre sul margine posteriore del pigidio vi ha due palette mediane trilobe, distinte, senza pet. tini interposti, e due altre paia meno distinte con due peli | filiere dei quali alcuni di forma roncata si trovano tratto tratto da una parte e dall’altra sul restante margine pigidiale come | sui lati del segmento che precede il pigidio. | Il guscio del maschio ha la spoglia da un lato. L'animale sottostante, al massimo di sua perfezione, è ocraceo brillante con le antenne della lunghezza del corpo, nel quale l’addome | — 343 — è quasi più corto del torace, ovato, bruscamente ristretto alla sommità, che porta una lunga armatura genitale. Le larve sono di color legno come le uova che le danno alla luce di maggio. La seconda generazione comincia di ago- sto e di essa una parte arriva a dare una terza generazione Fig. 182. — A, ramo di Pero con Aspiodiotus ostreaeformis — B, guscio di maschio I E e guscio di femmina Q. . autunnale ed un’altra passa con le forme di questa l’inverno | per ripetere la infezione nella primavera seguente «Non viè coltivazione di Pero, di Melo, di Susino, di Pesco e di Ciliegio che non sia visitata dall’insetto, che è scarso da noi, ma in America (1) ve ne sono di quelle sulle quali si moltiplica tanto in alcune località da formare croste numerose di pidocchi. | Dato il colore della specie nei suoi gusci è difficile met- terla in vista senza averne particolare conoscenza, ma l’at- tenzione della pratica, se non da essa direttamente, potrebbe | essere richiamata dalle deformazioni alle quali vanno incontro 1 grossi rami ed il fusto, fra gli altri, del Pero e del Melo I rami ed il fusto di queste piante quando sono invasi dalle numerose famiglie del pidocchio, invece di serbare la forma. cilindrica abituale, divengono a non brevi intervalli, varicosi, (1) E. Porter Felt, Scala insects (« Bull. New York Stat. Mus. » n. 46, vol. 9) — 344 — giante, a scapito della produzione fruttifera, che si fa sempre t| più scarsa, fino a cessare affatto, mentre a pianta va lenta- | mente a deperire. 1 ci Signoret afferma, a ragione, che quest’insetto è un vero | flagello per le piante alcune delle quali le ha viste morire, e consiglia di tagliare gli alberi rasente terra per ringiovanirli. ed ottenerne dei nuovi senza infezione. Cosiffatto provvedi- mento però non parmi opportuno, giacchè la morte delle piante | si evita certamente sottoponendole d’inverno all’azione delle | miscele alcaline di olio pesante di catrame col 10°/, di questa. sostanza ed il 5 °|, dell'altra nell'acqua. Nella primavera si può far uso dello stess’ olio pesante di catrame alla dose debt | l1al 2° in L'| di sapone, per togliere di mezzo le larve. che si distruggono quasi tutte operando tre volte di scena con otto a dieci giorni di intervallo fra un’ operazione e l’altra. Gen. Diaspis Costa. I gusci o follicoli femminili sono arrotondati e quelli ma- schili lineari, bianchi, e carenati. Il corpo delle femmine ha i soliti gruppi di dischi ciripari intorno alla vulva. Diaspis pentagona Targioni. (Coccîniglia del Gelso, del Pesco, deî Fagiuoli e di altre piante). Questo pidocchio ha le femmine coperte da un guscio gial- fr di mm. 1! a 2, con esuvie gialle. L'animale sottostante è | giallo o giallo arancio brunastro. Il maschio ha per follicolo un sacchetto carenato bianco. | Le larve sono giallo rossastre, ovate. Le uova sono della stessa forma e dello stesso colore. — 345 — Appena nate le larve dei maschi e delle femmine sono iden- tiche; vagano per qualche tempo sulla pianta, e vanno a fissarsi i sui rami più giovani di quella e sui fusti, quando si tratta di piante giovani e tali da ospitarle convenientemente. Quivi però, i mentre i futuri maschi si formano i follicoli indicati, le fem- ‘| mine si costruiscono i gusci, ricevono 1 maschi, e depongono | poco per volta un centinaio d’uova. Fig. 182. — A, ramo di gelso con Diaspîs a grandezza naturale — 5, femmina — C, maschio — d, guscio della femmina — e, guscio del maschio — 7, ninfa, tutto ingrandito. Le larve della seconda generazione vanno a stabilirsi fra le madri, e così, mentre contribuiscono alla formazione delle croste di gusci, che deturpano i rami, sui quali pungendo e suc- chiando distruggono la vitalità della pianta, e preparano la terza ed ultima generazione dell’anno, che passa l'inverno, ed aspetta la primavera seguente, per riprodurre le specie nel nuovo anno. Fargagno Mano a mano intanto che l’insetto si diffonde sopra una: | pianta, gli operai, nella raccolta della foglia, per i gelsi, e nella potatura, con gli strumenti, la portano sulle piante din torno, alle quali d’altronde perviene spesso col mezzo del vento, si che porta le uova, solleva le larve o le foglie sulle quali que: ste si aggirano prima di fissarsi, o per mezzo delle le fon miche fra gli insetti stessi alle zampe ed al corpo al quali possono aderire mentre passano sui rami infetti. questo non toglie che la causa prima, incosciente, di sn ; sia l’uomo, che col commercio delle piante, gratifica dell’ in. troduzione funesta dell’insetto, che è il capitale nemico del- | l'industria dell’ allevamento del filugello. Ieri era la Brianza, | soltanto ed i suoi dintorni, che si dovevano difendere dalla. invasione della cocciniglia; oggi vi è anche il Piemonte, el chi sa quanti mai altri luoghi dell’Italia settentrionale ancora | covano la infezione senz’ accorgersene! PI Per aver ragione di siffatto pidocchio basta spennellare ao curatamente nell’autunno o nell’inverno le piante potate, con un miscuglio alcalino di Olio pesante di catrame: Gage paio SOBRIO Ln CA » 5 ACQUA TOR IAA ea le SENO Sul gelso la difesa deve essere autunnale soltanto, e fatta nei mesi di novembre e dicembre. i Ì Per completarla si offendano le larve nascenti della seconda i o della terza generazione, dopo la raccolta della foglia, far cendo uso dei liquidi diluiti consigliati. contro le altre cocci- niglie precedentemente studiate. i Quando l’insetto si trova sugli steli dei fagiuoli, si distrug:| gano le piante col fuoco, subito dopo la raccolta, nella quale ì è bene che gli operai si guardino dal sospendere i grembiuli, | i sacchi, e altro, alle piante di gelso, di pesco e di tutti gli | alberi fruttiferi in generale, per non diffonderla su di essi. | Per impedire il passaggio della cocciniglia da un luogo al | — 347 — l’altro col commercio delle piante il Prof. Franceschini, della ' Scuola di Milano, ha consigliato di disinfettarle con l’uso dei vapori di solfuro di carbonio in ambiente chiuso. Il Prof. Ber- lese ed il Dott. Leonardi, della Scuola di Portici, trattando della difesa del territorio nazionale dalla invasione delle coc- ciniglie che ci potrebbero essere introdotte dalla Spagna, dalla Grecia e dalle Americhe, consigliano l’impianto di camere di disinfezione nei porti e nelle dogane. Ma dato l’ambiente, sempre trascurato da noi, e l’attività rincalzante di coloro che non rifuggono dal contrabando per regalarci con le loro piante nuovi malanni; le due proposte sono restate lettera morta. Diaspis pyricola Del Guercio. (Cocciniglia grigia del Pero, del Melo, del Pesco, del Susino, e del Ciliegio). La femmina ha gusci grigiastri, rotondati, a contorno ir- regolare con una spoglia rossiccia quasi nel mezzo. Il corpo dell'animale sottostante è di color vinoso scuro prima ovovato | poi arrotondato, senza peli distinti sui lati dell'addome. Il Fig. 183. — Ramo di Pero con Diaspîs pyricola 4 e 9). pigidio è giallo, con due palee mediane molto sviluppate, due Volte più lunghe che larghe, assai più sfuggenti dall’ esterno alla sommità. Da una parte e dall'altra delle palee mediane si osservano varie intaccature e presso di queste dei peli filiere e qualche raro pelo semplice più oltre come nella figura 184. Intorno alla vulva vi sono 5 gruppi di dischi ciripari, quello mediano con 8 o 10, i laterali anteriori di 13 a 18, ed i la- terali posteriori di 8 a 10. La distanza fra il gruppo mediano 848 — e quelli laterali anteriori è quasi tre volte l’altra che è fr questi e quelli posteriori. Il follicolo del maschio è lineare, bianco, carenato nel | mezzo e l’animale sottostante di colore arancione. La larva appena nata è giallo rosea, come le uova, o quasi, | dalle quali nascono nella primavera, nell'estate e nell’autunno. Fig. 184. Pigidio di Diaspis pyricola. — Fig. 185. Pigidio di Aspidiotus ancylus e di Diaspis pyricola (quello sottostante) secondo il prof. Cockerell. La ibernazione ha luogo allo stato di femmine mature e giovani a diverso grado di sviluppo. | ; pesare Trovasi qui opportuno il rilevare che la specie desoritn non è niente affatto da confondersi con la Diaspis ostreaefor- | mis Signoret, e che così sia e non altrimenti basta dare uno î sguardo alla figura che assegna per essa il Signoret, o all'altra che ne dà il prof. Berlese, e che io trovo corrispondente al quello che l’insetto indicato presenta. Il margine del pigidio 4 della cocciniglia che il Signoret descrisse come Diaspis ostreae- | formis presenta altrettanti grossi peli filiere roncati per quanti si ne mancano nelle forme che ho indicato col nome di Diaspis | pyricola, peli roncati, che quella ha pure sui margini liberi | degli anelli addominali, che precedono il pigidio, e che non si | Su vedono notati nella figura 184 riportata per il confronto. ìl Rilevo in oltre che il nome di cocciniglia europea del | — 349 — pero, ecc., si conviene realmente, non alla mia, ma alla specie comunissima descritta dal Signoret sotto il genere Diaspis (D. ostreaeformi), che va meglio studiata anche nei maschi, Fig. 186, — Metà destra del pigidio della Diaspîs ostreaeformis Signoret, molto in- grandita. i quali ho visto che son diversi da quelli della D. pyricola, che con essa talvolta si trova. i I danni che tali pidocchi, insieme, portano sulle piante sono assai notevoli anche da noi e d’altronde simili a quelli indi- cati per l’Aspidiotus ostreaeformis, al pari del quale si com- battono. Diaspis Rosae Sandeberg. (Cocciniglia bianca delle Rose e dei Lamponi). La femmina ha il guscio bianco con la spoglia delle mute da un lato, di color gialliccio. L'animale sottostante è rossa- stro con la porzione cefalica e toracica più larghe, l’addome distintamente segmentato ed i segmenti forniti di una o più spine sui lati, meno i due penultimi che ne hanno quattro o. cinque. Il pigidio ha i dischi perinulvari raccolti a ferro di cavallo nel quale il gruppo mediano soltanto, di 20 dischi, è distinto, mentre gli altri sono fusi e sono formati di 50 a Pre IA GIRI Win MARINA} ds Et LIÙL PRI (©) J {i alc 7 Cr» SO MC “RR III e Fig. 187. a, ramo di Lampone con Diaspîs rosae, m. I Dig Gi — Fig. 188. d, ramo di Rosa con lo stesso insetto. dò e a Sf a] e La specie è comune sulle Rose, ma non è meno diffusa sul” Lampone, dei quali investe fin il colletto della pianta e Id pagina inferiore delle foglie. i Gli effetti sono gravi perchè le piante Mi poco. per volta e muoiono. î Per difenderle ho trovato utile trattarle, d’inverno, con. | una miscela alcalina di olio pesante di catrame con 1°8 °|, di questa sostanza e 5 di soda del commercio. Allo stesso resul- | — 551 — tato si perviene aspergendo le piante tre volte di seguito, con ‘ emulsioni saponose all’olio pesante di catrame alla dose del 0,5 ‘ed 1°| di sapone, la prima volta, e all’1°), di catrame la se- conda e la terza. Gen. Mytilaspis S?ignoret. In questo genere tanto le femmine, quanto i maschi, sono i ricoperti di un guscio o follicolo virgolare, egualmente colorato. Mytilaspis citricola Packard. (Cocciniglia virgolare o Pidocchio virgola degli agrumi). Il guscio della femmina è rossastro, ed il corpo dell’ ani- male sottostante è bianco, col pigidio, il rostro, ed i gruppi ‘dei dischi ciripari che circondano la vulva di colore giallo zolfo. La forma, d’ altra parte, è quella di una pera, con la 159 Fig. 189. Gusci di Mytilaspis citricola: A, visto di sotto, mostrante le uova; 5, visto dal dorso. parte anteriore ristretta, trapezoidale, quasi rotondata in | traversi, obliqui, ed i lati degli anelli sporgenti, con. molti W peli-filiere, mentre il pigidio è armato di un paio di grandi palae secondarie, assai vicine fra loro; due paia di pelli-filie seguiti da una coppia di sbocchi ghiandolari, e due altri pel Fig. 190. Femmina della M. citricola molto in- grandita. si accoppiano, e a capo di una sessantina di giorni circa, in tutto, sì sgravano anch’ esse delle uova, dalle quali NEO Fig. 191. Pigidio della Mytilaspis citricola molto ingrandito. le larve della seconda generazione. Nell'autunno, a questa, ne segue una terza che sverna e riproduce la specie nell’anno, seguente. filiere seguiti dallo sbocco di un’altra ghiandola. Il guscio del maschio è sensibilmente più piccolo di quello della femmina ed al quanto più scuro. Le larve e le uova sono bianchicce, e. queste in numero di una sessantina circa, nel corpo della madre. È A cominciare dal mese di marzo, nel luoghi caldi della Sardegna, della Sicilia e della Calabria, comincia pure la nascita | delle larve, che vanno a prendere posto, sul fusto, sui rami, sulle foglie e s frutti. Quivi, mentre le femmine ibernanti continuano a maturare uova, € queste JI mettere larve alla luce, esse succhiano; | | | 191 CR I re i redali piva aa SARESTI si ili — 353 — Intanto data la natura delle piante, la grande quantità di | fogliame di cui si ricoprono, e la irregolarità con la quale le i nascite e le generazioni si ripetono, si comprende come qui | più che mai, se le aspersioni con soluzioni estive, molto diluite, \non siano dirette a distruggere tutti i nati o quasi di una stessa generazione, non producono effetti sensibili rella limi- tazione del pidocchio. Ove la infezione è grave però ritengo che gli agricoltori non si debbano allontanare dalla via degli Î ‘sfrondamenti, dell’aspersione della parte restante, con forti so- luzioni insetticide d’inverno (olio di catrame 10 %|,, soda 5%» ‘acqua 90), e dalla lavorazione successiva del terreno, conci- mandolo con stallatico e cenere, per dare più pronto e più facile modo di ripresa alle piante. Dove invece la infezione ‘non forma ancora croste, quivi di primavera, di estate, o di ‘autunno si possono prendere di mira e annientare con ope- razioni consecutive a dosi graduali crescenti di olio di catrame (da 0,500 a 1,500 °/, con 1,500 di sapone) le larve di una gene- ‘razione, per impedire che se ne preparino delle altre. Mytilaspis pomorum Bouché. (Pidocchio virgola del Melo, del Pero e del Pesco). La femmina, come nella specie precedente, è più grande del maschio, col guscio nerastro, bisinuato più largo che nella 23 n De lobi laterali dell’antipenultimo e del penultimo segmento d l'addome spinosi. Una diecina di spine sono anche al ma del pigidio, nel mezzo del quale sono due grosse palette lobe, da una parte e dall’ altra di esse ve n’è una picco sima, e cinque gruppi di dischi ciripari perivulvari: 17 n mediano, 17 nei due laterali anteriori, e 14 nei so steriori. Questa specie comincia le sue moltiplicazioni nel mese di aprile, quando dalle uova rossastre, che si trovano nascoste sotto i gusci delle madri, nascono larve agilissime ovato-el it tiche, col margine dell’ addome spinoso, che si fissano e nel Fig. 193. — Metà destra del pigidio della femmina, ingrandito. della quale sostengono la specie durante l’ inverno e la ripro. i ducono nella primavera seguente. i Le due specie per tanto si comporterebbero quasi al modo stesso, con la sola differenza che le nascite sono in questa più | raccolte che nella precedente, al pari della quale nel rima- nente si mostra per gli effetti sulle piante e si combatte. Fam. Aleurodidae. Questi emitteri omotteri sono intermediarii fra i Coccidi | e gli Afidi dai quali si distinguono per avere gli occhi com- posti reniformi, divisi; un solo ocello; le antenne filiformi di — 355 — tte articoli; le ali orizzontali, quelle anteriori con una vena i ‘sottocostale ed una o due vene oblique, le posteriori senza ‘vene oblique; il secondo articolo dei tarsi con arolio inter- | posto. Le forme larvali e le adulte sono libere; quelle ninfali | sono aderenti alle parti delle piante, con antenne, rostro e zampe; e tutte sono cosparse di materia polverulenta, cerosa. La riproduzione in questi pidocchi è ovipara; le generazioni ripetono diverse volte nell’anno; gli effetti sulle piante sono i meno considerevoli di quelli ricordati per le cocciniglie, delle uali sono anche meno resistenti alle azioni insetticide. Gen. Aleurodes Amyot. Serv. Le ali anteriori hanno una sola vena obliqua, quella ba- silare; le posteriori non hanno vena obliqua. Aleurodes Brassicae L. (Pidocchio farinoso, 0 crosticina ovale del Cavolo). L’insetto perfetto, volando dà l’idea di una minutissima farfallina bianca, a corpo realmente giallo-verdastro, della lun- | ghezza di mm. 1,25. Ha il primo articolo delle antenne cilin- i drico, il secondo vescicoloso, clavato, il terzo più lungo di tutti, gli altri subeguali fra loro; occhi ocracei; addome con cin- ue fasce brune trasversali sul dorso, delle quali le prime quat- ‘o sono divise in due, e l’ultima, che è il doppio più larga elle precedenti, è intera. La forma ninfale è verdognola come la larva, depressa e s ssata nella pagina inferiore delle foglie del Cavolo; le uova sono di color pallido giallastre. «La specie si presenta già nel febbraio con le forme alate, quali si accoppiano e depongono un considerevole numero ‘Ae lt di uova nella pagina inferiore delle foglie più tenere del Ca- i Lo volo, distribuendole in tanti gruppi, e si aggirano col corpo materia cerosa simile a quella che ricopre il loro corpo. pochi giorni le larve vengono alla luce, si diffondono sulle glie, si fissano, compiono una muta e passano allo stato sc tiforme o di ninfa dal quale vien fuori l’ insetto perfetto. Fig. 194. Foglie di cavolo con mucchi di uova, larve, ninfe ed adulti di -Aleurodes brassicae. — Fig. 195. A, uovo — B, ninfa — C-D, adulto ed antenna, tutto molt ingrandito. Dal febbraio al dicembre ho contato fino a sette gene zioni, delle quali quelle più numerose si hanno nell’ estate. Allora appunto ho visto diverse volte le cavolete delle Car scine e dell’Isolotto tanto invase dal pidocchio da non trova centimetro quadro di foglia non occupato da quello. Le fog si presentavano bollose in corrispondenza dei punti infett ma le piante furono raccolte e non si ebbero a lamentare danni maggiori. Anche senza di questi però è ‘facile intendere NU che, ove le foglie che si consumano si trovassero coperte dal- ) p l’ insetto nel momento della raccolta, il prodotto non trove- rebbe collocamento conveniente, se pure non sarebbe rifiutato. sul mercato. Per porvi rimedio basta passare accuratamente le dita sulle È rare i cchie bianche che si vedono nella pagina inferiore delle glie dei cavoli, e schiacciarvi le uova che vi si trovano. L'operazione va fatta nei mesi di febbraio, marzo ed aprile, prima che la specie si diffonda largamente sulle piante. Aleurodes Tabaci Gennadius. (Pidocchio farinoso o crosticina ovale del Tabacco). L’insetto perfetto è di color giallo solfureo uniforme, col i capo tendente all’ocraceo, le antenne pallide, inserite dinanzi zl n Pig. 196. — Aleurodes tabaci Gennadius: 1, pseudoninfa di sopra — 2, id, di sotto col | rostro 7 e le podoteche p, 2a — 3, id. più sviluppata — 4, insetto perfetto: 4a oc- chio ed antenna; 45 estremo tarso con le unghie; 4c estremità addominale del maschio. x gli occhi, ai lati del capo, filiformi, della lunghezza delle tibie teriori, di sette articoli: il primo sferoidale, minuto, il se- sondo obovato più grande, il terzo più lungo di tutti e sub- uale alla lunghezza dei seguenti, l’ultimo dei quali è acuto e più lungo degli altri; ocelli uno; occhi neri; rostro bruno ‘apice; ali candide, immacolate, le anteriori obovato-spatu- late più lunghe del corpo, sottilmente crenulate nei margini, con un nervo mediano riflesso verso il margine posteriore, ed un nervo obliquo emanato dalla base del primo; mentre le — 3583 — posteriori hanno il nervo mediano soltanto, zampe pallid s circa più lunga del trocantere, coscia inerme, l’anca * 6 con spine acute in due serie nelle zampe anteriori e su q tro nelle rimanenti, tarsi spinulosi come le tibie, di due ar coli, il secondo terminato con due unghie divergenti, ed | arolio lineare. sul dorso, a margine intero, it bilobe ed i lo i terminati in una setola curva. i 95 La specie fu rinvenuta per la prima volta in Grecia, e s tabacco spedita dal prof. Gennadius al prof. Targioni, secon il quale, e le notizie del Gennadius, l’insetto si estende se; pre più nelle coltivazioni dell’Araucania. Ma la specie deve trovare anche da noi, giacchè l’altra spedizione del quale il Targioni parla, come di provenienza ignota, fui pers nalmente a riceverla e non proveniva dall’estero. In ogni mo gli agricoltori nostri si sappiano che essa vive come que! del cavolo al pari della quale si combatte. Le foglie da me esaminate confermano l'affermazione d Targioni il quale avverti che quando su di esse gli insetti arrivano a formare poco meno che strati non sono più. DrOR alla trasformazione. Per combatterla valgono gli stessi suggerimenti indica per avversare la infezione sulle piante di cavolo. Ri: Aleurodes Fragariae Walker. (Pidocchio farinoso della fragola). Questa specie è prossima alla precedente dalla quale si « stingue per avere la testa ed il torace di color nero come margini laterali del ventre, il trocantere, la coscia, l'apice del tibia, 1 tarsi ed una grossa macchia nera sul nervo median La specie vive nella pagina inferiore e sul picciuolo delle. foglie delle Fragole, ma è da noi molto scarsa e fin ora al —. abi — Fam. Afididae. Sorvegliando l’apertura delle gemme e lo spiegamento dei | germogli delle piante, dalla primavera all'autunno, non è dif- ficile scorgere su di essi degli aggruppamenti numerosi di pic- colissimi insetti, simili a pidocchi, i quali ora sono verdi, ora gialli o rossi, ora bruni o neri lucenti od opachi e non di rado, con tutti questi colori e le loro più belle gradazioni | insieme, nelle diverse parti del corpo. Questi esseri, da antichissimo tempo, e per gli effetti al- i meno, conosciuti col nome di pidocchi delle piante, corrispon- — dono ai pucerons o uphidiens dei francesi, agli aphiden o blat- | #ause dei tedeschi, agli aphidens o plant lice degli inglesi, ed _ agli afidi degli italiani, più propriamente considerati. Gli afidi, noti d’altronde, presso di noi coni nomi volgari di pioeucc o pioeucc de’ foeuja, vlum o mlum, gorgoglioni, pruc- chi, pidocchio o pidocchi delle piante; dividono questo nome con i Coccidi, gli Aleurodidi e gli Psillidi dai quali vanno distinti, e quelli nel fatto si distinguono per i caratteri che nel secondo numero di queste Relazioni sono stati indicati. Gli Afidi, in fatti, hanno gli occhi non divisi; tre ocelli ne- gli alati; le antenne di tre a sei articoli; il rostro di tre arti- colì; le ali verticali, oblique od orizzontali: le anteriori con una vena sottocostale terminata in uno stigma, e tre o quattro È | vene oblique; le posteriori con due, una, o senza vene oblique; E il secondo articolo dei tarsi con unghie senz’arolio interposto; l'addome spesso provvisto di due tubi sul sesto anello, e di una codicola alla estremità. La riproduzione negli afidi è alternante, perchè alla gene- razione gametica o sessuata si succedono diverse generazioni, | con fasi evolutive diverse tutte partenogenetiche, dall’ultima delle quali vien fuori di nuovo la generazione gametica o suata. | Le forme partenogenetiche possono essere attere ed a pilo e non sono a sviluppo nu 3 Il ciclo vitale degli Afidi, per tanto, comprende insie mi evoluzione di forme gametiche e di forme partenogenetiche suc cessivamente con le fasi come appresso indicate. Di Dall’uovo fecondato che la femmina gametica depone. nel fusto, o nei nidi delle formiche, verso la fine dell'invdl ... sì dà il nome di alc fondatrice. A. differenza tela madre però, i figli possono benissimo fornirsi di ali, e poichè I passano e portano con essi la infezione da una pianta all’altra, | o alle diverse parti di una stessa pianta, formandovi nuov centri d’infezione, si è dato ad essi il nome di forma coloniz zante od emigratrice. La forma emigratrice si riproduce diversi volte nell’estate con lo stesso costume delle precedenti, e all fine della stagione indicata, con l’ultima delle sue generazioni che è alata, fa ritorno alla pianta o alla parte di quella sull quale nacque la madre fondatrice. A questa generazione d afidi, che porta le uova o le larve, che poi si trasformano i sessuati, si è dato il nome di forma sessupara. TI. sessuat deposti sulle foglie e sui rami dagli afidi sessupari, cresconi anch’ essi, si accoppiano e danno l’ uovo fecondato, che pe lo più passa l'inverno e da alla luce la larva che poi dovent la fondatrice del nuovo ciclo vitale nella primavera seguente. — 8361 — Questo modo di evoluzione è di peculiare importanza nel- îl l'economia degli afidi, i quali, mano a mano che le piante nu- | trici, a causa delle punture di quelli, o naturalmente accennano i ad indurire i tessuti ed a variare la qualità e la quantità dei succhi nutritivi, si preparano a cambiare di stazione, e dalle | piante arboree o legnose passano su quelle erbacee, e da que- | ste ritornano di nuovo, più tardi, sulle piante legnose, che | offrono più sicura dimora per le uova ibernanti e gli afidi | partenogenetici che debbono svernare; quando questi non pre- feriscano di scendere sulle radiche delle piante, che vivono nei formicai, e sottrarsi anche meglio alle investigazioni in- . discrete dell’ entomologo, che nei misteri dei loro costumi cerca gli elementi logici per distruggerli. Entro o fuori terra | però, per quanto non ne manchino sulla corteccia dei tron- chi e dei rami adulti, le parti delle piante più frequen- tate dagli afidi sono quelle più succolenti e meglio riparate, e per ciò le loro agglomerazioni maggiori si trovano nella | pagina inferiore delle foglie e sulle tenere formazioni, in ge- nerale, delle radici e del fusto. L’azione meccanica delle pun- ture, intanto, e la irritazione continua del liquido salivare che, pungendo, introducono nel protoplasma vegetale, provo- | cano spesso nelle giovani parti molestate delle alterazioni, che, ora interessano tutto l'organo e lo deformano completamente, ora sono limitate ad una parte dell’ organo soltanto, ed in ogni modo danno luogo alle neoformazioni patologiche volgar- | mente conosciute col nome di galle, o cecidî. Le galle od escre- | scenze delle radici del Melo, quelle delle radici della Vite, le altre delle foglie e dei rami del Lentisco, dell’ Olmo e del — Pioppo; l’aggrinzamento e l’accartocciamento delle foglie del . Pero, del Pesco, del Limone, della Camellia, e simili, sono fra — quelle. 3 Secondo il numero, la durata della infezione, la natura dei vegetali e le parti di questi sulle quali gli afidi, volta a volta, _ si accumulano, le piante risentono diversamente della loro Sa 3 Ò È . DI | presenza, ed i danni che ne derivano su di esse, perciò, sono tempo la pianta fino all’intristimento e la morte. A qu che sono le conseguenze ultime delle infezioni pidocchi sulle piante, quando sono trascurate, si perviene talvolta presto del solito, a causa dei liquidi escrementizî e delle. crezioni dolciastre delle glandule nettarifere, nelle quali so- stanze trova facile mezzo di vita la fumaggine, che forma co esse ed in esse una densa. patina nera, la quale, impedendi : secondo il Passerini « le funzioni fisiologiche delle foglie poi cagione della loro caduta e del guasto talora dei giovani . rami e reca i peggiori danni che mai possono provenire dall presenza degli afidi ». Per quanto questo rilievo si. riferis ‘a specie, che, come il Khopalostphum Dianthi, la Stphanophe Malvae, e simili, molestano le piante degli stanzoni e dei tep dari, pure l’ultima parte, che attribuisce alla fumaggine dani maggiori di quelli che gli afidi producono da soli, è poc misurata nei termini, e, fuori dell'ambiente ristretto e adi giato del tiepidario, spesso inconsistente affatto, perchè m tissime piante, come il Susino, il Mandorlo, il Pesco, il Me la Vite, la Canapa, il Cavolo, il Cocomero, e simili, si truvan sovente ridotte a mal partito dagli afidi senza il concors della fumaggine. i Dopo il Passerini altri ha preteso, e taluno pretende a cora di cercare all’intuori delle punture e del succhiamento degli afidi la somma maggiore o una parte considerevole al meno delle cagioni funeste del male sulle piante; ma, anch per questo, senza nulla escludere, a me pare che non si poss nulla ammettere senza dimostrare; e nell’attesa delle osservi zioni nuove, poichè queste non potranno mai far perdere d vista gli afidi, la causa prima e vera della rovina delle piante occupiamoci, senz’ altro, dei nemici loro e del modo nel qual bisogna adoprarsi per distruggerli, o renderne meno perniciosa | la presenza sui vegetali. — 3635 — | È inutile qui che m’intrattenga a lungo sui noti rapporti sociali, fra gli afidi e le formiche. Ricordo solo come erronea una delle più volgari credenze diffuse fra gli agricoltori, cioè ero gli afidi siano avversati e distrutti dalle formiche. Al con- trario: queste cercano, ospitano e si mostrano talvolta così Mi 1050 custodi di quelli da venire a furiosa battaglia fra loro | per averli con esse. Chi poi avesse vaghezza di assicurarsi del fine tatto col quale le formiche vivono tra gli afidi, degni della sua attenzione una colonia di pidocchi, e vedrà che quelle muovono misurate, si accostano a tutti un poco, e da to | tutti, tillando con le antenne i tubi delle glandule nettari- fere, raccolgono il liquido mieloso ed escrementizio che gli . afidi emettono da quelli e dall’apertura anale. Sui rami e sulle | foglie del Castagno, del Pero, del Melo e del Limone, inoltre, csi può vedere che le formiche prendono le madri degli afidi fra le mandibule e le isolano nei luoghi più appartati della n pianta, per meglio usufruire e sollecitare da sole la uscita e la raccolta delle sostanze delle quali si nutrono per vivere. Or bene, anche in questo caso gli afidi non si vedono mal- | trattare e non si trovano maltrattati dalle formiche. I nemici fica afidi per tanto non sono nelle formiche, ma in certe | specie di insetti, dei quali alcuni sono predatori e gli mole- stano allo stato di larva soltanto, o allo stato di larva e di insetto perfetto; ed altri sono parassiti veri, e minano dall’in- terno la esistenza degli ospiti loro. Degli insetti predaci allo stato di larva soltanto sono assai 3 6 «TG PO Es Gi notevoli certe mosche conosciute col nome di Syrphus (S. dal- | theatus De G., S. ribestù L.) comunissimi fra gli afidi della sà Bosa, del Susino, del Pesco, del Melo, dei quali fanno strage talvolta fino a distruzione quasi completa. S Fanno seguito, per importanza, le larve di alcuni Pseudo- A neurotteri appartenenti al genere Hemerodius ed al genere 3 Chrysopa, e quelle delle Coccinelle afidifaghe conosciute vol- 3 garmente con i nomi di Gallinelle della Madonna, Madonnine, $ e simili, le quali con un nome, o con un altro, predando gli afidi, allo stato di larva e di adulto, sono fra i migliori ausili nostri, e fra le cause naturali più importanti a reintegrai l'equilibrio necessario fra le piante e gli abituali ospiti lor Al medesimo fine tende evidentemente l’azione dei para siti veri, fra i quali non saranno mai abbastanza ricordati, per i beneficî loro, quei piccoli imenotteri che si conosco: no | con i nomi di Aphidius, Ephedrus, Coryne, e simili, che i in: troducono, pungendo, un uovo nel corpo dei pidocchi e per- i petuano, a questo modo, accanto alla causa del male, uno dei 5 più naturali rimedî contro di quella. d ‘ All’azione riparatrice dei Syrphus, degli Hemevobina, delle Ù Crysopha, delle Coccinella, e degli Aphidius qui indicati : È degli altri moltissimi che si potrebbero ricordare, si associa i quella dei funghi entomofiti che, come le Entomoftere appunto, devastano talvolta, e sopprimono anch'essi quasi del tutto le infezioni degli afidi. i a 4 Quanto ora al modo di trarne profitto, la raccolta e la i moltiplicazione dei Syrphus e delle Coccinelle, almeno, sulle piante infette che si vogliono difendere, non sarebbero cose molto difficili. Difficile non sarebbe nemmeno la moltiplic interessati, non abituati a questo genere di osservazioni, per. lo più non hanno), sono le altre del tempo considerevole, che £ l’uso dei predatori e dei parassiti richiede; della spesa, ch nel caso speciale dei funghi entomofiti, non è inferiore all’altra occorrente per la pratica degli ordinari insetticidi, e la conse- guenza naturale del sopravvento che le infezioni pidocchiose riprendono dopo il periodo di depressione, nel quale, come si sa, con i pidocchi vanno a male i predatori stessi ed 1 paras- siti che l’hanno determinato, per mancanza d’alimento, da una | parte, e per l’azione dei parassiti secondari dall’altra, destinati a fare per i primari rispetto agli afidi, ciò che i parassiti | aut ed o predatori fanno Gel n. per Deo alle el i — 365 — per Passerini sarebbero i mezzi più idonei a liberarsi dalla ‘noia e dai danni recati dagli afidi, vediamo quali altri rispon- dano meglio allo scopo desiderato. Delle piante, come si sa, alcune si coltivano negli stanzoni e nei tiepidari, ed altre all’aperto, nei giardini, negli orti e «nei campi. Ora per difendere le prime, i mezzi sono due: buon «governo delle piante, e due o tre suffumigazioni successive con foglie di tabacco o spuntature ed avanzi di sigari previa- «mente bagnati con una soluzione di salnitro e asciugati, per facilitarne la combustione. Le necessarie cure di coltivazione non rendono le piante ‘immuni dalla infezione, ma le mettono nel caso di resistere più a lungo alle punture ed al succhiamento degli insetti, la- sciando agli interessati il tempo necessario per difenderle. La combustione delle parti e dei prodotti della lavorazione del tabacco sopraindicati si farà in recipienti di terra cotta con carboni o con brace accesa, disposti alla distanza di otto a dieci metri fra loro sul pavimento dello stanzone o della serra calda da disinfettare; e questo per involgere quasi con- temporaneamente le piante infette in un’ atmosfera continua di vapori di nicotina e simili, i quali nel termine di cinque 0 sei ore soffocano quasi tutti gli afidi, che li hanno respirati. La quantità delle spuntature e degli avanzi di sigari ado- prati nelle mie osservazioni è di un grammo circa per. ogni metro cubo d’aria. Nelle serre calde poi, invece delle sostanze indicate si può far uso dell'estratto di tabacco, spargendo le soluzioni concen- trate al 10 °/,, sui tubi di ghisa o di terra cotta, che servono per la conduzione e la distribuzione del calore, quando non \si vogliano adoprare i noti tanatofori, per volatilizzarne le sostanze narcotiche mortifere. Dove i locali fossero piuttosto grandi, e limitato il numero delle piante infette, l’uso delle casse a chiusura quasi erme- | tica, per la distruzione degli insetti, è certamente preferibile, _ e raccomandato. negli orti, e nei campi, se gli afidi si dui tasca) ne parte fuori terra delle piante, si può ricorrere, con certa for- tuna, all’uso delle semplici soluzioni di sapone nell’acqua, a erbacee e per i teneri getti delle stesse i legnose però non bisogua allontanarsi dall’uso delle semplici soluzioni È: ponose, dalla nicotina, dalla soluzione, ben fatta, di catram di legno alcalinizzato secondo la formola Berlese (in commer- cio col nome di Rubina), o secondo la formola Del Guercio e dell’altra che si può ottenere sciogliendo a caldo l’ordinari sapone al catrame di legno, vendibile dalle più important; case di prodotti chimici. Quando le foglie sono già spiegati ed indurite, ed i frutti allegati ed alquanto evoluti, si può anche ricorrere alle soluzioni saponose o resinose a dosi be: definite e studiate ‘di solfuro di carbonio; mentre sui rami d’autunno e d’inverno, consiglio l’uso dei miscugli alcalini . 0 sapovosi di olio pesante di ‘catrame, come quelle del Boiteau, del Franceschini, del Targioni, del Del Guercio, e le altre | composte dal Berlese. La cura invernale contro gli afidi è di retta a distruggere le forme ibernanti e le uova d’ invern dalle quali traggono origine le nuove infezioni Bolo prima vera seguente. i Quando gli afidi che molestano la parte fuori terra dell piante si nascondono nelle galle che provocano essi stessi su rami e sulle foglie, o nelle foglie variamente accartocciate | increspate, per impedire che queste alterazioni si formino, bi sogna operare contro le femmine sessuate, se è possibile, con tro le uova d’inverno, e contro le fondatrici, che nella prima vera appunto da quelle provengono. Diversamente, per impe dire che i prodotti delle generazioni delle galle o delle fogli: deformate portino altrove la infezione e ve la riproducano, — 360 — ene distruggere le parti delle piante alterate, prima che gli nsetti passino sulle parti sane e sulle piante immuni d’intorno. Passati dalle galle delle foglie e del fusto alle radici delle 3 piante, la difesa si complica, perchè non si possono più col- pire direttamente; agli insetticidi più o meno fissi bisogna sostituire quelli prontamente evaporabili, e più tossici per la vita degli insetti, e pensare che i resultati ultimi della difesa dipendono per la massima parte, oltre che dagli insetticidi, dalla natura e dalla permeabilità del terreno ai vapori di quelli. . Molti insetticidi sono stati proposti e cimentati nella di- fesa contro gli afidi radicicoli delle piante, ma il migliore fin ora è stato ed è ancora il solfuro di carbonio, allo stato puro, n semplice soluzione acquosa, e allo stato di solfosale alca- lino, nel quale fu ridotto la prima volta dal Dumas. A que- St'oggetto sono notevoli da noi gli studî e le ricerche di un distinto chimico, il chiarissimo prof. Sestini di Pisa, che ha risoluto felicemente il quesito della preparazione economica dei solfocarbonati, per distruggere la Fillossera della vite. ._ Gli Afidi si dividono nelle seguenti tribù caratterizzate ciascuna come appresso. Trib. CHERMESINAE. È Nei Chermesini gli agami atteri hanno tre articoli nelle antenne; i sessuati con tre o quattro, e gli agami alati con tre o cinque articoli. Ali anteriori con tre vene oblique, posteriori con una o senza. Sifoni e codicola nulla. Ripro- duzione ovipara. steal A Lr large £ aretrat RE, dea pod K- Gen. Xerampelus Del Guercio. è Antenne in tutte le forme (sessuati, agami atteri ed alati) di tre articoli. Terzo articolo delle antenne, negli alati (figu- ra 197 A, F), praticato da due aree timpaniche, ‘una ba e l’altra apicale, tutte e due orbicolari. (0) ; ot Fig. 197. — F, Femmina alata di Xerampelus vastator molto ingradita — 4, sua a - | tenna — B, C, sue uova dalle quali derivano relativamente il maschio e la fem- "n mina. Xerampelus vastator (Planchon) Del Guercio. (Fillossera, Pidocchio, o Afide devastatore della Vite). che si succedono nell’ordine seguente: forma gallicola, fillofi] o delle foglie; forma radicicola o devastatrice; alata sessupara; e forma sessuata. ( De La forma gallicola è agama, attera, giallognola, ovata a lungata allo stato giovane, adulta obovata, senza tubercoli becco di flauto. Lunghezza del corpo mm. 1 !/,, largh. mm. 1 — 369 — La forma devastatrice, che vive sulle radici, è più piccola | della precedente, di color bruno terreo giallastro, distintamente | tubercolata sul dorso, e col terzo articolo delle antenne costan- i La forma sessupara, alata (fig. 197 #) è ovato allungata, lunga ES, È o 5 . | quanto quella delle foglie, e di color giallo arancione col meso- torace nero e senza tubercoli sul capo e sul protorace. La forma sessuata, maschile e femminile, è ovale, gialla, le femmine quasi del doppio più grandi dei maschi, e gli uni come le altre assai più piccoli delle forme precedenti consi- derate. . Il punto di partenza della biologia del Pidocchio della Vite è l’uovo fecondato, detto uovo d’inverno (fig. 202 a, a') il quale appena deposto è giallo e poi verde olivastro, quasi cilindrico p mel mezzo, pedicellato alla base, ed all’apice con un punto rosso bruno corrispondente al micropilo. Quest’uovo, affatto distinto da quello delle femmine agame, attere ed alate sopraindicate, (fig. 197 B, C; 199 5, c; 202 d), è deposto alla fine dell'estate, 24 o nell’ autunno dalle femmine sessuate, per lo più sott scorza dei rami di due o tre anni; passa l'inverno, e nell’ap: proviene. periore delle tenere foglioline e provoca la formazione di wu galla lenticolare, internamente liscia, all’esterno pelosa, e spe gente nella pagina inferiore della foglia. La larva resta chiu nella galla che essa forma, vi cresce succhiando, mentre li galla ingrossa, e senza bisogno di essere fecondata, depone | numero straordinario di uova gialle, ovali, senza pedicello senza macchia hbruno-rossastra, dalle quali nascono larve, chi escono dalla fenditura che contemporaneamente o quasi. | forma nella galla, dalla pagina superiore della foglia, e passa: sulle foglie vicine, e sugli stessi viticci talvolta, a formare Do i ‘nuove galle e quindi nuove colonie di pidocchi. Di questi, poi, mentre fino dalle prime generazioni, alcuni continuano @ produrre galle, altri prendono la via delle radici, vi acqui- ‘stano i caratteri indicati e formano le colonie radicicole. 200 Fig. 200. — Maschio di X. vastator. — Fig. 201, — Femmina sessuata, È egualmente ingranditi. «Nelle viti europee le galle delle foglie non si formano tea 5 0 TTT ‘quasi mai, o quanto meno restano allo stato iniziale, secondo Valery Mayet (1), e però la larva fondatrice uscita dall’uovo ibernante non trovando le foglie adatte per essa le abbandona ‘e va senz'altro a stabilirsi sulle radici e a fondarvi le colonie ‘sopraindicate. - La forma radicicola del pidocchio si riproduce anch’ essa per via agamica, e si ripete diverse volte nell’anno, dalla fine dell’inverno alla fine dell'autunno, provocando sulle produzioni enere delle radici della pianta rigonfiamenti a gomito, a testa «di uccello, a cornetti piegati e simili, che ricordano, ma che ‘non si devono confondere con gli altri che sulle stesse radici fa l’Anguillula radicicola; mentre sui rami di uno a due anni si rinvengono nodi e rilievi più o meno lenticolari non meno caratteristici dei precedenti. le forme delle colonie radicicole compariscono le ninfe, che pochi giorni, in seguito ad una muta, si provvedono delle ali, a' / Fig. 202. — a, a’, uovo fecondato prima e dopo della nascita della fondatrice, a confronto con quello delle femmine agame (5) — c, larva fondatrice molto ingrandi e rappresentano la forma sessupara, che esce dal terreno e vol sulle viti vicine, quando a causa del vento e altre circostanz impreviste non la portino a morire, senza effetti, o a disco gli le sue uova in luoghi molto più lontani. Delle nova che di pone la forma sessupara sulle viti, alcune sono più grosse . \ danno le femmine, ed altre sono più piccole e danno i mas i (fig. 197 B, C); gli individui dei due sessi si accoppiano, | la femmina fecondata poco dopo va a deporre l’uovo unico descritto, sotto le scorze del ceppo o nelle screpolature dei rami di due o tre anni indicati. Sono queste uova che passa nibi l'inverno e danno la nuova fondatrice fillofila o rizofila, nella primavera seguente. che 1 sessuati e gli alati dai quali successivamente le une e gli altri provengono, la infezione si riprodurrebbe egualmente sulle radici, nel nuovo anno, e continuerebbe per dato e fatto delle forme radicicole attere, che alla fine dell'estate non si Fig. 203. — A, foglia di vite con galle vista dal dorso — 5, ©, galle ingrandite e sezionate per mettere in vista il pidocchio. gp arono in alate, e per le forme gallicole passate volta a volta ed in ultimo dalle foglie alle radici; pidocchi che ad un certo momento, per freddo, cessano di riprodursi e col nome di Fillossera ibernante, aspettano la primavera per riprendere le moltiplicazioni sospese. È Da varie osservazioni fatte in Italia e fuori si è visto che riposo invernale della Fillossera si riduce a 3 o 4 mesi nei climi più miti, come in Sicilia, e da 5 a 6 mesi dove il clima è più freddo, come nell’Italia settentrionale. Vi sono osserva- zioni del Cav. Franceschini di Milano, le quali dimostrano che nei luoghi molto caldi, l’insetto ha pure un certo riposo estivo. Le forme estivanti, indicate dal Franceschini, non le ho tro- Fig. 204. — A, radice di leguminosa con tubercoli di batteroidi e di anguillula - B, radice di vite con nodoli prodotti dal pidocchio — €, sezione di tubercolc pidocchio visto di fianco. Il vero è però che, riposi invernali corti o lunghi, con senza riposi estivi, gli effetti ultimi della presenza dell’insett p 18 p 3 1503 sulla pianta sono gli stessi e sempre riassunti nella dimini zione successiva del prodotto, nell’intristimento dei rami, internodî sottili e corti; foglie poche e piccole; radici disfatt ti e dopo tutto questo, la morte delle di della pianta può ritardare e ne ritarda notevolmente il °. rimento e la perdita, la qual cosa ha tratto molti in ingan no al segno, prima, di non credere più all’effetto funesto del P docchio sulla Vite, e poi di venire all'idea di una specie | pidocchio diversa da quella fin ora osservata. ; Coi ago Se questo può dirsi della resistenza delle viti nostrali, bene ‘o male coltivate, rispetto al pidocchio, non si può dire altret- ‘tanto, per ora, di alcune viti americane, le quali, messe in op- portune condizioni di vita, hanno mostrato di resistere lunga- GI SAR \ fe È A) (es: 2; x ($ ( { I Qua MEI (! SAI Cr SM dna î ti | CARI Li Lai Vy x vurudti uv \ SA (9 { IS \ nl Fig. 205. — Forma radicicola ibernante di X. vastator, molto ingrandita. mente agli attacchi reiterati dell’insetto. Di queste viti, come la Riparia, la Rupestris, e qualche altra, ne ho ben viste in Sicilia, in Calabria, in Toscana e nella Liguria, e dovunque ho trovato che le varietà nostrali innestate sopra di esse ve- getano e producono in modo davvero confortante. Sicchè è lecito concludere che l’uso delle viti americane indicate costi- tuisce un buon rimedio per mettere argine ai danni crescenti che ne vengono alle viti e alla economia nazionale. Solamente bisogna ricorrervi con molto accorgimento, scegliendo natura di terreno e di vitigni, modi d’innesto e cure di coltiva- zione, tali da evitare fallanze, che, nello stato presente di cose si risolverebbero in un vero disastro economico. La prudenza però non va scompagnata dalla sollecitudine, che è necessaria, ora più che mai, per rimediare al male di già fatto, e mettere al coperto dai danni le vigne estesissime non ancora infette, o, per lo meno, nelle quali ancora non si è messa in vista la infezione. E per questo bisogna, senza troppi preamboli, far ricostituire al più presto possibile le vigne delle zone infette e distrutte, quelle più prossime alle minacciate, e le altre in. fine più lontane dal pericolo e dal bisogno di una prossima; difesa. L'impianto di questi vivai sia l’opera coscienziosa dei/ Direttori e degli Assistenti degli attuali Vivai governativi, coa diuvati dai tecnici, dai periti agrimensori, e dai proprietari agricoltori. Qual’ è la spesa? Quella che per il bene del paese ci occorre. Se gli Italiani del 1879 avessero ragionato a questo modo, la distruzione immediata di pochi ettari di vigna e la ri- costituzione loro avrebbe risparmiato centinaia di milioni di danni e sottratto non meno di tre o quattro milioni di abi- tanti alla miseria e alla fame. È per ciò sperabile che non si aspetti la rovina completa degli altri nostri vigneti per | decretare l'impianto su vasta scala dei vivai di viti americane. | Quanto poi agli altri mezzi di difesa, visto che la sommer-. sione, dove può praticarsi, è di efficacia indiscutibile, non parmi che sia il caso di dar corpo alle solite ombre del danno al. quale si presume che le viti vadano incontro con la sommer- | sione, giacchè non vi può essere danno peggiore di quello della | morte delle piante. î 3 Il solfuro di carbonio, come insetticida, ha reso servigi inapprezzabili contro la Fillossera; si deve ad esso se le nostre 3 vigne non si trovano infestate da un capo all’altro della pe- nisola, ed avrebbe salvato la posizione se, come ho detto, gli. uomini del tempo avessero avuto più coscienza di sè per dire | forte al Governo ciò che espressero a mezza voce, e se questo, I stretto nelle spire delia politica, avesse inteso una buona volta | la importanza di un vero personale tecnico e la necessità dif non lesinare nella spesa, per dirigere risolutamente e con mi- glior fortuna, la difesa contro l’insetto, agendo sia col ime- todo distruttivo, sia col metodo curativo, notando che quest’ul- | timo, sapientemente adottato, può essere ed è un vero mezzo |. distruttivo, ma per la Fillossera soltanto, non per la vite. Se questo si fosse compreso, si sarebbero evitate le spese inutili, TE ‘0 quasi, di cento operazioni distruttive mal misurate, e però ‘cento volte iniziate, ma non una volta condotte al termine vo- luto. Ed è così che la Fillossera, in tre comuni soltanto, su 24 ettari di vigna, nel 1879, ha potuto invaderne 400 mila circa fin ora, e renderne tre quarti improdottivi! Se il Ministro i del tesoro arrivasse a darsi ragione dell’ammanco che l’insetto ha fatto e continua a fare nelle economie del paese, e tro- vasse iniqua la condizione fatta dalla insipienza del tempo al Ministero di Agricoltura, non sarebbe difficile di provvedere seriamente alla difesa sopraindicata. Intanto, siccome per la eccessiva ristrettezza del bilancio, ii benemerito Ministero di Agricoltura non potrebbe far me- glio e di più, è necessario che gli agricoltori si riuniscano in | eonsorzî per dar corpo alle associazioni agrarie di difesa; unire le loro forze a quelle del Governo e provvedere con esso: DE 1.° alla maggiore diffusione possibile delle notizie rela- | tive alla natura del pidocchio, al suo modo di vivere, di ri- | prodursi e di diffondersi. 2.° al modo di farne la ricerca sulle viti, di riconoscerlo, | distinguerne le alterazioni da quelle dell’ Anguillule sulle ra- ‘dici, e di darne notizia immediata alle autorità competenti del luogo volta a volta designate. li 3.° al diversi mezzi necessarî per impedire che il pidoc- ‘chio venga trasportato da una località all'altra, e soprattutto alla necessità di rinunziare all’ acquisto ed all'uso di barba- tele, magliuoli, pali, patate, rizomi di giaggiolo, di asparagi, e radici di altre piante, che provengano da località ignote e i non sicuramente immuni. 4.° alla utilità del sistema distruttivo col solfuro di car- bonio, in alcune condizioni, e alla importanza di attenersi al ‘sistema curativo in altre. i 5.° alla limitazione della coltivazione della vite nelle lo- calità più adatte per la quantità e la qualità del prodotto. 6.° alle pratiche regionali della coltivazione della vite. 7.° all'impianto dei vivai di viti americane resistenti più adatte alla natura del terreno da ricostituire e alle cure cessarie per procedere all’opera della ricostituzione indicata, lasciando per tutto la direzione, il consiglio e la guida agli specialisti meglio provati in materia, per formare del personale capace di continuare da sè nell'opera iniziata; ed insisto su questa raccomandazione, perchè, ancora oggi, nelle contrade più progredite del nostro paese si trovano vivai e vivai di viti americane, le quali non sono più resistenti delle varietà nostrali agli attacchi della fillossera, e molte devono essere. tagliate e bruciate, perchè colpite da roncet. È Trib. MYZOXYLINAE. Gli afidi di questa tribù si distinguono da quelli della tribù precedente per avere le ali anteriori con quattro vene. oblique, delle quali la terza è indivisa, o una volta forcuta.t@; 10 Gen. Pentaphis Horvdth. Mizozilini con antenne di cinque articoli il terzo dei quali più lungo; terza vena obliqua delle ali anteriori indivisa; alî. posteriori con due vene oblique; tarsi terminati con un’ unghia! bifida. È | Pentaphis trivialis Pass. (Afide radicicolo del Grano, dell'Avena, e delle graminacee spontanee dei pratî.) È La femmina radicicola attera, agama è gialla, globosa, | opaca, quasi glabra, lunga mm. 1.65, larga, 1.25. Ha testa pic. cola tre volte più larga che lunga, antenne appena più lun. ghe delle tibie posteriori, occhi neri distinti, rostro arrivante | sul margine posteriore del torace, zampe con tarsi setolosi, e codicola verruciforme con corta peluria biancastra. | — 379 — La femmina agama alata è nera, ovato-allungata, col mar- gine frontale ed il disopra del capo inciso per lungo, e l’ ad- dome con riflessi verdognoli fra le giunture degli anelli. I maschi e le femmine sessuate sono senza rostro, e molto più piccoli degli agami. 206 207 Fig. 206. Femmina alata di P. trivialis. — Fig. 207. Femmina attera, molto ingrandita. Le femmine attere agame, con i figli che ne derivano, sta- zionano sulle radici delle graminacee spontanee, che si trovano nei campi e nei prati nei varii mesi dell’anno. Da queste piante nell’autunno passano con gli alati che da esse provengono sulle piante dei seminati, ne occupano le radici e vi si mol- tiplicano enormemente. Le piante del grano colpite, già sulla fine di aprile e ai primi di maggio mostrano d’intristire, la- sciate a se stesse difficilmente fruttificano, e se i frutti si for- mano non arrivano quasi mai a maturare completamente. In qualunque modo al momento della mietitura mano a mano che il disseccamento dalle spiche si estende ai culmi e alle radici, dalle forme attere del pidocchio vengono fuori le alate, e la infezione si trasferisce di nuovo sulle piante spon- tanee dalle quali è venuta. I pidocchi radicicoli nell'inverno si trovano costantemente ricoverati nei formicai, dai quali escono nella bella stagione per diffondere la infezione all’intorno. È però che nella difesa contro questo pidocchio (che ogni tanto molesta notevolmente i seminati in Italia) bisogna di- struggere i formicai, con l’uso del solfuro di carbonio, per | impedire che da essi passi sulle erbe dei prati e dei campi. Dove poi l’insetto è già passato sul grano, e la infezione è — incipiente, l’estirpamento dei cespi infetti, per non farlo diffon- | dere, può essere utilmente raccomandato. Se la diffusione è È già avvenuta, il partito migliore è di sarchiare e sommini- _ strare alle piante concimi di pronta assimilazione, per avvan- È taggiarne lo sviluppo e metterle in condizione di produrre | non ostante la presenza dell’insetto. Fatta la mietitura, per quanto è possibile anticipata, bi- È: sogna scarificare prontamente il terreno infetto, incendiarne | le stoppie, e distruggere più tardi con insistenza ed energia le gramigne e le altre graminacee spontanee sulle radici delle quali la specie vive nell’estate e durante l’inverno. Pentaphis marginata Koch. (Afide radicicolo Aavo-ocraceo del grano). Fig. 208. — Femmina attera di P. marginata, ingrandita. E IRINA IA i Di di pd Ed er SARO Le radici del grano possono essere minacciate anche da | questa specie, distinta dalla precedente per avere le femmine attere di color flavo-ocraceo col rostro non arrivante con l’ apice i alle zampe posteriori, i piedi glabri, e gli anelli posteriori del- l’addome striati di nero sul dorso. i ‘Le femmine alate sono brunastre col terzo articolo delle antenne fornito di una grande verruca ellittica, e le ali ante- ‘riori con la prima e la seconda vena obliqua disgiunte. Per combatterla si veda quanto è stato consigliato contro la Pentaphis trivialis. "ra Gen. Rhizobius Burmeister. area SRAZI | Gli Afidi di questo genere hanno le antenne di cinque ar- | ticoli dei quali i primi quattro sono quasi della stessa lun- | ghezza, l’addome è senza sifoni e senza codicola, e le zampe L hanno il secondo articolo dei tarsi terminato in un’unghia ; | ARIE Rhizobius Sonchi Passerini. (Afide radicicolo del Radicchio e della Fragola). Di questa specie sì conosce la femmina attera soltanto, che è biancastra, polverulenta per sostanza cerosa sparsa sul corpo; file sue antenne sono pelose ed i piedi cortissimi hanno l’un- ; ghia tarsale poco incurvata. «Oltre che sulle radici del Radicchio (Cichorium intybus) | l’insetto si trova sulla Fragola (Fragaria vesca), sul Sonco — (Sonchus oleraceus), sull’ Achillea millefolium e sul Galeopsidus (0 sulle quali tre ultime piante si conserva quando ven- i gono a fine le coltivazioni del Radicchio. La infezione sul Radicchio si può prevenire distruggendo i° piante spontanee sopraindicate, che si trovano lungo i fossi | e nei viottoli dell'orto e del campo, e si può reprimere con Î l'uso dei solfocarbonati, con della cenere petroliata, o con — 382 — della segatura imbevuta di catrame, situata fra le un del piante. LARA Gen. T'etraneura, Hartig. Antenne di sei articoli; ali anteriori con la terza vena obliqua semplice, indivisa; ali posteriori con una, o due vene | oblique discoste; tarsi con unghie bifide. Tetraneura Ulmi. (Pidocchio delle galle pisiformi delle foglie dell’olmo, e delle radiche della Saggina, det Granturco, e di altre graminacee spontanee e coltivate). x I A lì i I La femmina vivipara attera, racchiusa nelle galle dell: fo- Î| glie dell’Olmo, ha il corpo sferoidale, di colore verdastro. Fig. 209. — Ramo fogliato di Olmo con le galle della 7Tetraneura Ulmi. La femmina vivipara alata con la quale i discendenti di @l quella ne escono, ha il corpo ovato allungato con capo e to-. race neri, addome bruno, a riflessi leggermente verdognoli,! giallastro alla estremità; le antenne col terzo articolo della lunghezza del quinto ed il sesto della lunghezza del quarto La femmina vivente sulle radiche del Granturco e della i Saggina, ha il corpo ovato-globoso, di color giallo arancio 00 — 353 —- quasi, con antenne corte di cinque articoli, il quarto dei quali è più lungo di tutti. Le forme sessuate sono senza rostro. |. Fig.210. Femmina radicicola attera. — Fig. 211. Femmina alata, molto ingrandite. Dall’uovo d’inverno, che le femmine di queste depongono nelle screpolature dei rami e del fusto dei Loppi, ai primi di aprile nasce la larva verdognola, che punge le foglie giovanis- sime e vi provoca la formazione di una piccola galla nella quale essa stessa resta chiusa. In ciascuna di queste galle le larve divenute adulte depongono un gran numero di figli vivi, che crescono anch’essi e danno larve che. si provvedono di ali, escono dalle galle, e vanno a deporre i figli vivi alla base delle piante di Avena, Orzo, e, più specialmente, del Granturco e della Saggina. Dallo stelo i piccoli pidocchi scendono sulle radici, succhiano, crescono e si moltiplicano quattro a cinque volte di seguito ricoprendole interamente. Verso la fine del- l'estate e nell’ autunno, dalle forme senz’ali vengono fuori le . forme alate, che escono dal terreno, salgono sulle piante nutrici e volano sugli Olmi, per deporvi le forme sessuate, che si ac- | coppiano e vi affidano l’uovo d’inverno, dal quale nasce la escono successivamente gli alati che di la infezione sulle piante spontanee e coltivate surricordate. i La specie è comunissima da noi e danneggia spesso gra; vemente le piante del Granturco e della Saggina, che restano nane ed improduttive, quando non avvizziscono e muoiono. | Per difendere queste due cereali dagli attacchi della 7e- traneura il partito migliore è quello di asportare le galle del». l’Olmo prima che ne escano gli alati nella primavera. È Trascorso questo momento bisogna ricorrere all’uso relati: vamente troppo costoso dei solfocarbonati alcalini, o alle con+. cimazioni delle piante con sostanze di pronta assimilazione, perchè si riforniscano continuamente di nuove radici e n sano proce nolo lì Po dell’insetto. Tetraneura Phaseoli (Passerini) Del Guercio. (Pidocchio radicicolo del Fagiolo). © La femmina radicicola attera di questo pidocchio è bian. castra, opaca, al microscopio pubescente. Ha il secondo arti-. colo delle antenne cilindrico, subeguale al terzo, il quarto. cortissimo poco più lungo del primo, e l’ultimo articolo cla-. vato più lungo di tutti. La femmina alata è giallo ocracea col capo ed il | tendenti al nerastro, il secondo articolo delle antenne ingros. | sato all’apice, ed il terzo eguale al sesto. Ro i sui fagioli sopraindicati. _» Fig. 212. — Femmina radicicola attera di 7. Phaseoli, molto ingrandita. tera: TE EN RA i REMI EER ini Fig. 213. — Femmina radicicola alata di 7. Phaseoli, molto ingrandita. 25 e Sv Sn — — 386 — Per evitare che ciò accada bisogna aver cura di sradicare e stratificare con calce viva le radici dei cavoli raccolti, di- struggere egualmente le Euforbie, per impedire che il pidoc- chic passi da esse sui fagiuoli. Ove poi la infezione vi fosse già passata, si avrà cura di spargere fra le radici delle piante della terra imbevuta di olio di catrame, o della cenere condit coll’1 °|, della stessa sostanza per soffocare quanto più è pos- sibile i pidocchi ed aiutare le piante a fornirsi di nuovo si-i stema radicale per resistere all’ insetto e truttificare. Pemphigus lactucarius Passerini. (Pidocchio lanoso delle radiche della Lattuga e di altre piante). Femmina vivipara attera ovata, convessa, polverulenta lanuginosa, specialmente dalla parte posteriore dell'addome. 214 3 215 Fig. 214. Femmina alata di P. lactucarîus. — Fig. 215. Femmina attera, ingrandita, liberata dalla sostanza cerosa. SIIT ginato con impressioni puntiformi di sopra, e di color fosco disotto. Piedi infoscati specialmente nei tarsi, e codicola ver- ruciforme arrotondata. Lungh. mm. 2, largh. mm. 1,15. La femmina vivipara alata è di forma ellittica-allungata, anch'essa polverulenta, col capo, le antenne ed il torace ne- rastro. Le antenne sono corte col terzo articolo subeguale al sesto, che è più lungo di ciascuno dei due precedenti, i quali sono eguali fra loro. Occhi neri. Rostro non arrivante ai piedi ‘medî. Addome verdognolo, alla estremità posteriore nerastro e \lanuginoso. Ali ialine, lutee alla base, con le vene sottili, pal- lide, ed il margine posteriore dello stimma bruno. Le ninfe sono, al pari delle larve, molto provviste di ma- teria polverulenta e lanuginosa, la quale forma una specie di i pennello bianco all’estremo margine dell’addome. . Imaschi sono molto allungati e senz’ali, secondo il Buckton. Le femmine ovipare sono tutt'ora sconosciute. Quest’afide vive sulle radici della Lactuca sativa, della L. virosa, della L. saligna, del Sonchus oleraceus, del Sonchus asper, del Melilothus macrorhyza, sull’Anthemis tinctoria, sul Cheiranthus cheiri, e sul Chenopodium album, dalla prima- \ vera all’autunno. Nell'autunno e nell’ inverno l'ho trovato ‘numeroso sulle radiche dell’ Erba medica (Medicago sativa) ‘mei vasti prati del Ferrarese, ed altrove, dalle quali più tardi si porta con gli alati sulle piante di Lattuga, le quali sotto gli attacchi del pidocchio intristiscono visibilmente e muoiono. Per difendersi da questa infezione negli orti sarà bene ri- correre all’uso dei solfocarbonati in polvere, o in soluzione, alle acque ammoniacali del gas diluite così da molestare i pidocchi senza nuocere alla vita delle piante, e all’uso della terra o della cenere incatramata, quando non si voglia proce- dere alla lavorazione profonda del terreno e alla distruzione della parte sotterranea delle piante infette. Questo va fatto anche allo scopo di impedire all’ insetto ‘di prendere il volo di ottobre, e ricoverarsi sulle leguminose, | per ritornare nuovamente sull’ insalata, nella primavera. Gen. Schizoneura Hartig. Antenne di sei articoli, il terzo più lungo di tutti; le. anteriori con la terza vena obliqua una volta forcuta; le ali posteriori con due vene oblique. Generazioni alate due; gene razioni sessuate con rostro. Schizoneura Corni Fab. ; (Schizoneura o Afide radicicolo nero fasciato del Grano). La femmina radicicola della specie è lunga mm. 2.3, larg mm. 1.33, ed ovato convessa, giallo ocraceo brunastra, di sopr: Fig. 216. — Femmina alata di Schizoneura Corni Fab. ma meno colorita nel mezzo; di sotto gialla nel mezzo, e rico- perta di un velo leggierissimo di materia cerosa. Ha il cap tendente al brunastro; le antenne pallide, pelose, col terzo ai ticolo doppio di ciascuno dei seguenti, che sono eguali fr loro; la punta del rostro arriva alla metà del secondo anelli dell’addome. Addome con tre fasce nere vellutate dalla parti | posteriore del dorso. — 3359 — La femmina alata ha l'addome di color rosa-pallida con ‘due strie anteriori trasversali, verdastre, una grande macchia discoidale olivastra, e tre fasce nere dietro le aperture dei sifoni, come nella femmina attera. Fig. 217. — Femmina attera di Schizoneura Corni Fab. ci La specie è molto comune da noi ed ogni tanto fa torto alle piante del grano nei seminati. Nel Veneto, d’onde l’ebbi la prima volta vi impedì l’allegamento e la normale matura- zione dei frutti. di AI pari della Pentaphis, anche la Schizoneura al momento della mietitura, con forme attere ed alate, lascia le radici del «grano e si ritira sulle graminacee spontanee, quali la Setarza | viridis, la Setaria glauca, la Setaria italica, il Panicum, V Era- grostîs, e simili; vi resta l’estate e l’autunno e ricomparisce «numerosa sul grano nei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno della primavera seguente. Per combatterla bisogna mettere in uso gli stessi mezzi _ indicati contro la Pentaphis sopraindicata. Gen. Myzoxylus, Blot, Horwath. Si differisce dal genere Schizoneura per avere una sola ‘generazione alata nell’anno, e le forme sessuate senza rostro. (3 — 5390 — II. — Myzoxylus laniger Hausm. (Schizoneura, Mizozilo o Afide lanigero del Melo). La femmina attera è bruno rossastra, ricoperta di una so- stanza fioccosa, cerosa, bianca, a riflessi bluastri, ed è fornita di antenne e rostro di color giallo pallido, ed addome carenato. con anelli distinti, sprovvisto di sifoni. \ Fig. 218. Femmina attera del Myzoxylus laniger. — Fig. 219. Femmina alata ingrandita. La femmina alata è del colore degli atteri, col capo ed il torace nero lucenti e le antenne al pari delle zampe di color. bruno nerastro. i La specie vive a danno delle radici, del fusto e dei diversi rami del Melo, sui quali si diffonde prodigiosamente dalla pri- mavera all’ antunno. Nell’ autunno fra le femmine vr attere compariscono gli alati, che prendono il volo e vanno deporre le forme sessuate, che si accoppiano sotto le foglielf i maschi muoiono e le femmine vanno a sgravarsi dell’ uovo Ì d'inverno sulla scorza dei rami e del fusto. i Siccome poi non tutte le forme attere si trasformano in alati per dare i sessuati nel tempo indicato, così molte di. esse passano l’ inverno, e la infezione per tanto continuerà nel. CEPPI — 391 — ‘nuovo anno per esse e per le larve che nascono dalle uova ibernanti indicate. 4 Dove la infezione attacca anche le radici delle piante, essa ‘passa successivamente da quelle al fusto nella primavera e nell’estate, e fa via contraria nell’autunno. Fig. 220. — Ramo di melo deformato dal pidocchio sanguigno. Le piante di Melo colpite da questo pidocchio si mostrano «qua e là ricoperte dai mucchi dell’insetto messi in vista dalla «grande quantità di materia cerosa, che li ricopre. Un altro indizio non meno certo della infezione, sulle radici egualmente e sui fusti, è la presenza numerosa di rilievi, escrescenze o tubercoli, i quali si fendono in vario senso e ricettano la mag- | gior parte della infezione. I meli infetti prima si mostrano più lussureggianti del so- ‘lito, poi cominciano a non portare fiori, nè frutti, ed in fine dis- | seccano e muoiono: i primi a morire sono quelli allevati a ‘cordoni e nani; poi quelli a forma naturale. La difesa contro l’afide lanigero è laboriosa e lunga, ma, dove non facciano difetto la buona direzione ed i lavori ‘op- | portuni, non verranno meno gli effetti desiderati. Anzitutto, l’accurato coltivatore di meli deve evitare l’introduzione del- | l’insetto ‘nel pomario, ciò che si ottiene facendo gli impianti — necessari con piante immuni, o disinfettandole accuratamente prima di farle arrivare nel pomario. Per disinfettarle si im- mergono in una vasca con una soluzione di solfocarbonato di calce e soda, al 10 °|, circa, e vi si lasciano per una ventina; di minuti, e nella soluzione stessa si liberano le radici dalla terra, se ve ne fosse il bisogno (1). Poi s1 lasciano asciugare e sì portano a dimora.. Una volta poi che la infezione è pervenuta sulle piante non bisogna perdere tempo: sfoltire più che è possibile la chioma, bruciare quella asportata, e attaccare la parte re- stante e il fusto, con i liquidi insetticidi. Fra questi quello più economico si compone di Olio pesante dé ‘catrame: <<. ire n Soda tra I OL O AI i RR A 5 Acqua teli è 0 E II Et ivo e si adopra con i. e spazzole intrise nel liquido. In mancanza di olio pesante di catrame si può far uso di una eguale quantità di morchia d'olio. Questo nell'inverno. Nella primavera e nell'estate si può d; ricorrere all’uso delle emulsioni o soluzioni saponose fatte con Gi SAPOne: Ti A I I e Solfuro!disearbonio Eee e nie 0 La infezione sulle radici si combatte con l’uso dei solfo- carbonati sciolti in tali proporzioni, da non nuocere alla pianta e fare il maggior danno possibile all’insetto. La quantità di solfuro di carbonio da iniettare con tali soluzioni è di cm.? 201 a 25 per mq. di terreno. i Le piante vecchie o in via di grave deperimento è bene. distruggerle e sostituirle con altre congeneri. Dove si voles- sero conservare ad ogni costo, consiglio di spennellarle con (1) In mancanza del Solfocarbonato indicato e di altri si faccia uso delle emul- sioni saponose di solfuro di carbonio al 10 °|,, 0 di quelle di petrolio, che non si | preferiscono alle precedenti perchè più costose. i j (2) Può bastare anche una minore quantità di olio di catrame, ma si preferisco : quella indicata perchè con essa muoiono anche le cocciniglie pe i licheni che inva-_ I dono la pianta. È — 393 — “una soluzione, a parti eguali, di solfuro di carbonio, o di ca- » trame, morchia d'olio, soda ed acqua. Trib. APHIDINAE. _ Questa tribù si compone di Afidi con sei articoli nelle antenne raramente di cinque, impiantate direttamente sulla fronte o sopra dei tubercoli frontali, ed in ogni modo coll’ul- timo articolo terminato in una punta più corta, eguale, o più lunga di esso; ali verticali, le anteriori con la terza vena obli- : qua due volte forcuta, raramente con una sola forca; zampe lunghe e robuste, nettarii e codicola variamente sviluppati. Gen. Trama Heyden. Antenne di sei articoli con l’appendice del sesto appena più corta di questo, rostro lungo, ali anteriori con la vena cu- bitalo due volte forcuta, piedi posteriori con i tarsi tre volte pi lunghi dei precedenti. Trama radicis Kaltembach. (Trama dei Fagioli, della Lattuga e del Radicchio). A differenza della Tetraneura a suo luogo indicata la fem- | mina radicicola di quest’afide è ovato ellittico allungata e di color castagno chiaro più intenso successivamente nel capo, ; nel torace, nelle zampe e verso la estremità dell'addome, col sesto articolo delle antenne per !/ più lungo del quarto e di '|, più corto del quinto, ed i sifoni tubercoliformi. La femmina vivipara alata ha il capo, le antenne, il torace e le zampe di color nero, ed in queste i tarsi del terzo paio hanno il carattere notato per le femmine attere. Dal Ranunculus velutinus, sul quale passa l'inverno, in mezzo alle formiche, la specie si trasporta di primavera, sulle radici dei Fagioli, dell’Artemisia vulgaris, della Crepes bien- nis, ecc. che nei casi di grave infezione, appassiscono, secondo | Boisduval, e muoiono. È Fig. 221. — Femmina vivipara attera di 7rama radicis, molto ingrandita; i ta, tarso; n, sifone. R | La distruzione delle piante spontanee nutrici dell’insetto dei formicai (questi con qualche goccia di solfuro di carbonio). è necessaria per limitare i danni sulle piante coltivate, per la. difesa diretta delle quali per altro si opera come ho detto con-. tro la Tetraneura. Gen. Callipterus Koch. Antenne subeguali alla lunghezza del corpo, di sei articoli arrivante alla base dei piedi medî; quarta vena obliqua arcuata | e stiema trapezoidale; addome con sifoni tubercoliformi. — 395 — Callipterus Juglandis Frich. (Afide giallo macchiato del Noce) Questa specie ha le femmine attere gialle col capo dello stesso colore macchiato di bruno, il torace e l’addome percorsi da quattro linee di macchie di cui quelle marginali orbicolori, e quelle mediane, dal metonoto al quinto addominale, tra- sverse, sul quinto all’ottavo unite insieme così da formare una | stria sola. Zampe posteriori dalla metà dei femori ai tarsi brune. | il | Fig. 222. — A, Femmina attera di Callipterus Juglandis, ingrandita. B, Femmina alata. La femmina alata è del colore della precedente. È provvista di antenne che dall’apice del terzo articolo in poi sono annu- «late di bruno, di ali anteriori con la estremità delle vene lar- gamente marginata di nero, mentre l’addome è presso a poco come nelle femmine attere, e le zampe gialle hanno l’apice dei femori bruno nell’ultimo paio. La specie con forme attere ed alate si trova nella pagina “ superiore delle foglie del Noce dalla primavera all’ autunno. È Verso la fine di questa stagione i sessuati lasciano le foglie e vanno a depbrre le uova alla base delle gemme dei giovani rami. Passa così l’inverno e alla nuova primavera con lo spie- gamento delle foglie nascono dalle uova le larve fondatrici, che si recano su quelle, vi crescono e vi formano le nuove fami- glie dei pidocchi descritti. È La infezione non è stata in vista fin qui per i danni sulle piante; ma si capisce che estendendosi oltre l’ordinario potrebbe arrecare danni non indifferenti. Per combatterla si può ricorrere all’uso delle soluzioni sa ponose al 2%. 3 Gen. Pterochlorus £PRondans. Le specie di questo genere hanno lo stimma quasi trape- zoidale e la vena stimmale o quarta vena obliqua, incurvata ed il rostro arrivante almeno alle zampe posteriori, ma noi oltrepassante la stremità dell'addome. Pterochlorus longipes Dufour. (Lacno del Castagno e della Quercia). macchia trapezoidale o quadrata presso i sifoni. Le forme alate presentano le ali anteriori, come nei maschi, con una fascia basale, una mediana ed una lunula intorno all stioma, diafane, mentre le antenne ed i piedi sono nerastr nella base dei femori più scoloriti. | La specie vive sulla Quercia, sul Cerro e sul Castagno, sui. rami del quale si trova spesso in numero straordinario, con diminuzione notevole del raccolto, giacchè i frutti restano tu e mal ricompensano per qualità, quantità e peso. Quanto ai mezzi adatti per evitare cosiffatto inconveniente, tenuto conto che l’insetto ricopre i rami più lisci e rigoglios delle sue uova, nell'autunno, e che con queste passa l’inverno bisogna raccogliere di novembre i rami infetti e bruciarli. Dove le piante sono ancora tali da potervi facilmente salire — 397 — con le scale per arrivare ai rami infetti, questi si possono li- berare, senza asportarli, passando sopra di essi uno straccio di tela ruvida o una mano inguantata, per schiacciare le uova ed impedire così che la infezione si ripeta l’anno seguente. Fig. 223. — Femmina vivipara di Pterochlorus longipes, ingrandita. Perchè infine l’insetto non passi di estate dai quercioli al castaeno bisogna ripetere su quelli la difesa indicata per | questi. Gen. Sipha Passerini. Antenne di cinque articoli, l’ultimo terminato da un’appen- . dice ailungata; sifoni emisferici; codicola semilunare o nulla. Sipha maydis Passerini. (Pidocchio delle foglie del Granturco, della Saggina, del Farro e dell’Avena). x «+ Questo pidocchio ha il corpo di forma ovato convessa. È di color fosco nitido, con peli bianchi di sopra, mentre di | sotto è liscio e di color fosco rubiginoso. Ao 39RNÈ Le antenne sono giallognole all’apice, fosche alla base; le zampe sono gialle con i tarsi bruni; i sifoni sono del colore dei tarsi e la codicola quasi nulla. | Fig. 224. — Femmina vivipara attera di Sîpha maydis, ingrandita. La femmina alata è nero lucente di sopra, e fosca di sotto, con zampe ed antenne giallo infoscate e la venatura delle alî bianco pallida. Farro (Triticum spelta), dell’Avena (Avena sativa), e nel mese di giugno da queste va sulle altre del Granturco (Zea mays) e | della Saggina (Sorghum saccharatum) e vi resta per tutta l’estate. Coll’approssimarsi dell’autunno e della raccolta delle | h spighe o delle piante, il pidocchio prende il volo e va a deporre altri figli vivi sulle piante delle graminacee vernine. Quivi ii h sessuati dovrebbero deporre le uova, dalle quali poi verrebbero n — 399 — quelle colonie di pidocchi, gli alati dei quali diffondono la in- fezione nella primavera. Le foglie delle piante infette in seguito agli attacchi del- l’insetto arrossano, si colorano di ruggine nelle zone diretta- mente interessate e disseccano. Se il numero delle foglie in- fette è limitato, le piante non soffrono sensibilmente delia pre- senza del pidocchio; nel caso contrario, nel forte dell’estate le piante si estenuano, il terreno sottostante si ricopre delle se- ‘erezioni e delle spoglie dell'insetto, ed esse intristiscono fino a morire. Per combattere questo insetto si fa uso delle soluzioni sa- ponose, o di catrame alcalinizzato, alla dose del 2 al 2 ‘/ °/y; e si aspergono sulle foglie delle piante infette. Riescono utili a questo scopo le note pompe a carretto con lunghi tubi di gomma terminati da una canna con polverizzatore, perchè, la- sciandole sulle prode, l’operaio possa cacciarsi col tubo fra i filari delle piante e difenderle. Gen. Myzocallis Puss. La femmina vivipara attera e la ninfa in questo genere hanno il dorso costantemente peloso o setoloso e l’addome con sifoni brevissimi. Myzocallis Coryli Passerini. (Pidocchio giallognolo del Nocciuolo). La femmina attera è giallo chiara con lunghe antenne, nelle quali l’apice del quarto, del quinto e del sesto articolo è scuro. La femmina alata ha il dorso senza tubercoli e questo ba- sta per distinguerla dalle specie congeneri della Quercia, che hanno l’addome tubercolato nella femmina alata. | Gli atteri di questo Myzocallis si rinvengono molto per tempo, nella primavera, nella pagina inferiore delle foglie, sulle quali più tardi si trovano anche le forme alate e tutte Allora fra le forme agame si mostrano quelle sessuate e qu i lasciano le foglie e vanno a deporre le uova alla base del O } 110) gemme e con esse la specie si sostiene durante l’inverno e s ripete nella primavera seguente. > +7 i. si D_ Fig. 225. — Femmina alata di Myzocallis Coryli, molto ingrandita. Questa pidocchio è stato poco molesto fin qui. L’anno de CI corso soltanto mi è avuto la sua parte nei danni cagionati da altri insetti nel- l’Avellinese. In ogni modo per combatterlo basterà bagnare la È pagina inferiori delle foglie infette con soluzioni di SPO ASZIIO Gen. Aphis Linné. è parso che per il suo numero debba avere Antenne di sei articoli inserite quasi sempre direttamenti sulla fronte, col primo articolo subeguale al secondo, ‘l’ultimo articolo terminato da un’appendice più o meno allungata; si- | foni cilindrici e codicola più o ‘meno distinti. È f - 08 (AAP | gr Aphis Brassicae Linné. (Afide verde farinoso del Cavolo, dei Cavolfiori, delle Rape e simili). L’afide farinoso dei cavoli ha la femmina attera ovata, con ‘(antenne brune eguali alla metà della lunghezza del corpo, col terzo articolo giallo-verdastro; occhi e zampe bruni; due serie longitudinali di lineette trasversali nere sul dorso; i sifoni bruni | alquanto vescicolosi e più lunghi della codicola, che è di co- lore nerastro. Fig. 226. — A, Femmina attera. — B, Femmina alata dell’ Aphis Brassicae entrambe ingrandite. Le femmine alate hanno il capo verde-brunastro; le ali con j Jo stimma e le nervature bruni ed il dorso del torace nero. Nel rimanente sono farinose come la femmina attera e le larve | dalle quali provengono e alle quali danno luogo. | La specie vive a torme innumerevoli sulle piante del Ca- volo, sulle Rape, sui Rafani, sulla Senapa, sulla Capsella, e so- pra diverse altre piante spontanee, dalle quali passa sulle altre coltivate. Sulle une e sulle altre, non dà le forme sessuate che nel mese di dicembre, quando quelle si accoppiano e depon- TEZZE gono l’uovo d’inverno, che riproduce la infezione nella prima- st | vera seguente. Siccome in quel tempo, non tutti gli afidi hanno Ri | raggiunto l’accrescimento voluto, molti passano anch'essi l’in- 6 Cg verno e concorrono con l’uovo fecondato ad assicurare la c servazione della specie. Per combatterla non vi è di meglio delle solite soluzioni di sapone molle dal 2 al 21, dn. Sono efficaci, alla stessa dose, anche le note soluzioni di catrame alcalinizzato; ma queste, come tutti i liquidi catramosi e gli altri a base di persolfari e solfocarbonati, lasciano un sapore disgustoso sulle parti ba: gnate, e però non si possono adoprare sui Cavoli, senza la- varli successivamente con acqua; ciò che importa una doppia spesa di mano d’opera, alla quale non si va incontro con l' uso del sapone solo. Aphis Papaveris Fabricius. (Pidocchio od Afide delle Fave, dei Fagioli, dei Papaveri e di altre piante spontanee e coltivate). La femmina vivipara attera di questo pidocchio è di nero opaco. Ha le antenne brune più corte del corpo, col terz Ù articolo, la base del quarto e del quinto, pallidi; gli occhi bruni; il primo articolo del rostro pallido; le zampe pallide con la. estremità dei femori, delle tibie ed i tarsi, bruni, come i sifon che sono corti, e .la codicola che è ottusa. 3 La femmina vivipara alata è ovato allungata e bruna, con. l’addome olivastro; le ali anteriori hanno lo stimma e la terza. vena obliqua di color verde-pallido, e la seconda inforcatur nf piccola, quasi ad egual distanza fra la prima ed il margine. — Questo pidocchio si trova dalla primavera all'autunno sO- pra un grandissimo numero di piante; ma non si sa poi dove. vada a deporre le uova fecondate. Si sa invece che non passa, anno o quasi che non faccia intristire le fave, i fagioli e let barbabietole, ricoprendone i teneri steli, le foglie, i fiori ed. ISErD0IE i 4 Per averne ragione si faccia quanto si è detto contro l’Afid dei Cavoli, operando d’aprile, al primo apparire della niezio e con sapone di buona qualità, non sofisticato. — 403 — Passerini raccomanda l’uso della cimatura delle piante nella DI Hifosa delle fave; ma restano tutti quelli annidati sulle gemme, o sui più teneri legumi, e questi sono più che sufficienti per ripristinare in pochi giorni il numero primitivo dei pidocchi. a) na Fig. 227. — A, Femmina vivipara alata. — B, Femmina vivipara attera di Aphis Papaveris, ingrandite. Sulle piante di fagioli e sulle barbabietole la cimatura «non è possibile, e perciò bisogna ricorrere senz’altro all’ uso degli insetticidi. Aphis Cardui Linné. (Afide del Cardo e dei Carciofi). Le femmine attere dell’Afide del Cardo sono ovato-raccor- | ciate, globose, e di color verde olivastro, con fasce nere tra- | sversali sul torace e sugli ultimi articoli dell'addome, il dorso | del quale è ricoperto davanti da una grande macchia nera, che # arriva fino ai sifoni. Le antenne sono corte, col secondo, il 3 terzo e la base dei due articoli seguenti più pallidi. Le zampe . sono giallo chiare brunastre, con le punte dei femori e delle | tibie nere. I sifoni sono neri come la codicola, che è pelosa. vos Le femmine alate somigliano a quelle attere, ma sono. turalmente più allungate, con antenne più lunghe, e le ali lo stimma pallido e la venatura brunastra. B Fig. 228. — A, Femmina vivipara attera. B, Femmina vivipasa alata dell’Aphis Cardui, ingrandite. torme innumerevoli alla base dello 0. e quasi al colletto dd una crocifera spontanea conosciuta col nome di dorsa di pa- store (Capsella bursa pastori). Si trova pure alla base dei gio- | vani germogli del Cardo comune, dal quale e dalla specie pre cedente, nel mese di maggio e di giugno, passa con gli ala sul Cardo coltivato (Cynara cardunculus) e più specialmente sul Carciofo (Cynara scolymus) e ne lorda con il liquido escre- mentizio e le spoglie numerose, gli steli, le foglie e le brattee I che si mangiano. 3 Per tener pulite le piante da quest’Afide si opera come «siù è detto per le specie precedenti. i Aphis Symphyti Schrank. (Afide dei Cocomeri, dei Poponi, dei Cetrioli e delle Zucche). Quest’afide ha le femmine vivipare attere verdi- olivastre, | molto raccorciate, con antenne corte, pallide, alla estremità — 405 — brune; zampe pallide, nelle giunture e nei tarsi brunastre ; addome ricoperto sul dorso fino ai sifoni da una grande mac- . chia nera, seguita da tre fasce dello stesso colore; sifoni bruni, + Fig. 229. — A, Femmina attera. B, Femmina alata di Aphis Symphyti, ingrandite. "ERG CENSO 5 Le femmine alate sono più lunghe delle attere, con capo, | antenne, strisce trasversali e macchie marginali dell'addome verdi; sifoni e codicola di color nero; ali anteriori con la cel- È lula costale pallida, lo stimma e le nervature brunastre. La specie si trova sopra diverse piante spontanee, e parti- | colarmente su quelle del genere Symphytum dalle quali ha | preso nome, ed è da esse appunto che nella primavera di ogni | anno fa passaggio sui Cocomeri, sui Poponi, sui Cetrioli e sulle altre Cucurbitacee coltivate; vi si moltiplica oltre l’ordinario, e le foglie vecchie e giovani, e le tenere formazioni ricoperte | dalle forme innumerevoli di esso, si scolorano, incartapecori- È scono, le foglie disseccano poco per volta, i rami restano corti, stenti e senza foglie, e con le piante resta spesso perduto in- teramente o quasi anche il raccolto. è Gli orticoltori fanno ancora uso, per combatterlo, delle | solite polveri di zolfo, calce, tabacco e simili, e naturalmente senza buoni resultati. A causa dell’odore più o meno irritante hanno provato e tentano ancora volentieri l’estratto fenicato di tabacco; ma così come si trova in commercio, questo li- | quido, che molti raccomandano ciecamente e per esperienze mille volte male ripetute, costa molto (L. 2 al kg.) ed a que- sto prezzo non è fatto per avvantaggiare sul serio gli inte- ressi degli agricoltori. i La soluzione di catrame di legno alcalinizzato secondo la È formola del Berlese costa un quarto circa meno dell’ estratto | di tabacco, e però le più economiche restano sempre le sem- plici soluzioni di sapone molle al 2 °|,, con le quali ormai i | più avveduti liberano le loro piante dall’afide sopraindicato. | Solamente, siccome le torme della specie scendono anche sul | terreno per passare da una pianta all'altra, e si nascondono in gran numero nella pagina inferiore e dalla parte dello stelo — rivolta verso terra; bisogna bagnare di sopra e di sotto le foglie, sollevandole ogni volta per colpire anche quelli dei 5 pidocchi, che camminano o sono caduti sul terreno. i Aphis Persicae (Increspa foglie, o Afide del fillorissema del Pesco). Quest’'afide del Pesco ha le femmine attere largamente ovate, globose, di sopra di color nero lucente, e verde oliva- i stre di sotto. Sono fornite di antenne brune col terzo articolo | pallido, e di zampe gialle con la estremità delle tibie ed i tarsi — bruni al pari dei sifoni. Le femmine alate hanno le antenne interamente brune, il torace nero-lucente; l'addome con una fila di macchioline ro- ‘1 tonde, sui lati, e come nelle femmine attere, una grande mac- È chia dorsale avanti i sifoni, e tre striscie brune successive dietro di questi. Le ali hanno la base e lo stimma di color pallido e la nervatura bruna. La specie attacca le gemme nei mesi di febbraio e DA Di marzo, ed increspa, dalla primavera all’ autunno inoltrato, le foglie giovani del Pesco determinando la malattia che va da noi col nome di fillorissema o corrugamento e che i francesi — 407 — | conoscono col nome di Cloque du pecher, per la quale la buona vB | riuscita dei frutti viene talvolta impedita, e la pianta mede- | sima, venendone affetta per più anni di seguito, termina con et, L rd l’esaurimento e la morte. | Fig. 230. — A, Femmina alata. B, Femmina attera dell’ Aphris Persicae, ingrandite. LE, Per mettere riparo ai danni indicati, è ormai accertato che j recidendo nell’ autunno i rami con le foglie increspate la | pianta si trova libera del male nella primavera seguente; BO questo perchè con i rami indicati si portano via le ultime colonie vivipare del pidocchio, o le uova depostevi dalle forme sessuate. Ma bene a ragione il Passerini osserva che nel Pesco non è lecito tagliare a caso per aver riguardo alla futura produzione a frutto, e perciò consiglia l’uso della creta od _ argilla per spalmare i giovani rami ed impedire la nascita delle nuove larve dalle uova; effetto però che così non si ot- tiene, e che altri invece attualmente ha per consiglio mio È . . | raggiunto, bagnando i rami con una emulsione alcalina di " olio pesante di catrame al 10 °|,, d'inverno, come quella consi- gliata per distruggere le più resistenti Coccimi El ‘delie pianti Î Le esperienze sono state fatte a Castelfalfi in poderi del Sig. A. Biondi, il quale vede ora le piante completamente immuni dalla infezione. Quest'anno ho visto però che i danni e le diminuzioni del raccolto si evitano pure, bagnando | parti infette di quelle con una emulsione di olio pesante di catrame al 3 °/, (sapone L'/,, olio di catrame 1 !/,, acqua 100). L'operazione va fatta di gennaio e ripetuta almeno una volta con l’intervallo di otto giorni, per togliere di mezzo i pidoo: chi sfuggiti all’azione mortifera del primo trattamento. È vero altresi che la infezione potrà sempre ripresentarsi. nella primavera e nel corso dell'estate, per le note reinvasioni 1 dalle piante vicine non difese; ma anche a questo è facile ri-. mediare, sorvegliando le piante curate ed asportando volta a volta le rare foglie corrugate che trascurate diverrebbero trettanti focolari d’infezione; mentre tolte quelle, questa vie a morire sul nascere. î Ciò porta alla naturale osservazione che se l'agricoltore avesse più cura delle sue piante ed avesse coscienza del com pito suo, il fillorissema sarebbe un male che non si dovrebb diffondere così come viceversa fa, a danno delle piante. La difesa primaverile sui bocci fiorali e sui fiori è possi. bile solo con le soluzioni di sapone alla nicotina alla dose del. 3°), (sapone 2, nicotina 1, acqua 100); ma la difesa estiva, con gli insetticidi, quando le foglie sono già corrugate, è ig consiglio di chi ha interesse a sfruttare malamente la ign ranza dell’agricoltore. Gli insetticidi non penetrano nelle fo-. glie increspate. Potrebbero per i loro vapori irritanti e per sistenti, riuscir utili le soluzioni saponose alla nicotina sopra indicate; ma non vi è chi non veda che la spesa sarebbe. superiore e la efficacia molto minore di quella che si spiega asportando direttamente per due a tre volte di seguito le po che foglie infette, che si rinvengono, fino a completa spari zione del male. Aphis Iridis Del Guercio. (Pidocchio farinoso del Giaggiolo). Femmina vivipara attera ovata, anteriormente più stretta, e tutta cosparsa di una polvere cerosa, cenerognola, per la fore sì presenta di color verdognolo grigiastro. Senza la | materia cerosa il pidocchio è lardaceo, e col dorso degli anelli È ‘fornito di una stria più o meno ondulata di punti e strioline ere. NRE Agi FE AAT % PI PITCO u È Fig. 231. — Hoiicina, attera di A. Iridis liberata della sostanza cerosa ed ingrandita. CIPSTRISH pair ATE Le antenne, del colore del corpo, arrivano con l’apice sul | sesto anello addominale, ed hanno l’appendice del sesto arti- colo eguale alla somma del quarto e del quinto. Il rostro con È la punta nera perviene fino al margine posteriore del torace. | Le zampe sono pelose. I sifoni sono cortissimi alquanto ri- gonfiati nel mezzo e senza macchia rossa intorno alla base, mentre la codicola è conica, ed eguale alla metà della lun- ghezza dei sifoni. : Femmina vivipara alata con l’ appendice delle antenne molto più corta della somma del quarto del quinto e del sesto articolo, che la porta. Nel rimanente le antenne sono brune, più corte della lunghezza del corpo, col terzo ed il quarto ar- ticolo provvisti di verruche circolari, e gli articoli seguenti | forniti di strie e rilievi trasversi. Il rostro non arriva alla base delle zampe posteriori. Le ali hanno la terza vena obliqua colla prima ramificazione forcale fra la base dello stigma e. l’origine della vena stigmale, e la seconda biforcazione all’al tezza della metà di questa vena e dell’apice del ramo dell prima forca. Le divisioni degli anelli addominali sono segnati. da una linea di strioline nere; i margini, dal primo al sesto anello, sono provvisti di cinque punti neri, dei quali quello presso i sifoni piccolissimo, una macchia semicircolare dello stesso colore colla base sul sesto e la massima curva sul terzo, e tre strisce nere dietro di essa, fra i sifoni e la codicola, che sono fra loro come nelle femmine attere. La specie vive, d’ inverno, sui rizomi del Giaggiolo (Iris florentina), e nel mese di marzo o ai primi di aprile passa sulle foglie dei rami aerei e le ricopre letteralmente di pidocchi i senz’ali. Nell'aprile stesso, dalle forme attere derivano quelle. alate, e le piante si trovano in pochi giorni quasi del tutto liberate dalla infezione. | Ancora non mi è riuscito di vedere dove quest’afide vada | a finire nell’estate, e da quali piante nell'autunno muova per | ritornare sul Giaggiolo. È certo però che questa pianta soffre | sensibilmente per la presenza dell’ insetto e le foglie non dii fese vanno a male, ma difese con le soluzioni indicate contro. l’afide del Cavolo, si liberano completamente. Aphis prunina Walk. (Afide propriamente detto del Supino). La forma ovata, non ovato-allungata del corpo, nelle fem- mine attere; la maggiore lunghezza dei sifoni rispetto alla | codicola, nelle femmine attere ed alate; la scabrosità del 3° e | del 4° articolo delle antenne, la nitidezza del capo e del to- ‘race, la grande macchia dorsale nera ed i punti dello stesso colore sui lati felalicuie nella femmina alata, Loizzo “i Fig. 232. — Femmina vivipara alata dell’ A. Prunîina Walk., ingrandita. Vi L’Aphis prunina Walk. molesta specialmente le foglie del Susino, ma si trova in numero considerevole anche sul Pesco e sul Melo, ricoprendo dappertutto la pagina superiore delle Me lamine foliari di una secrezione cerosa e di escrementi, ed ac- cartocciandole impedisce il loro normale funzionamento con danno sensibile della pianta e della produzione. Mi . Si combatte aspergendo sulle parti infette una soluzione saponosa dal 2 al 2 !/, secondo il grado della infezione e lo stato più o meno tenero delle foglie che si difendono. Aphis Plantaginis Scbrank. (Afide verde trilineato della Carota). Femmine vivipare attere ovali, gibbose, di color verde CUpo, | opache con sfumature nere. Antenne più corte del corpo, brune, col terzo articolo biancastro alla base; occhi nero-brunastri; Tostro pallido verdastro con l’estremità dei due ultimi articoli bruni, e la estremità all’altezza del terzo paio di zampe. Capo, torace, tre strisce dorso-addominali longitudinali, aperture: stigmatiche, sifoni cilindrici e codicola distinta, bruno-nerastri; zampe pallide, brunastre alle punte delle tibie e dei tarsi. 4 #88 Fig. 283. — A, Femmina vivipara alata. B, Femmina vivipara attera di Aphis Plataginiîs, ingrandite. Femmine vivipare alate con capo bruno; antenne come nel gialle; ali vitree. Addome verde. olivastro, lucente come la parte anteriore del corpo, con due strisce longitudinali cupe, sui lati e tre nel mezzo; sifoni cilindrici neri, ingrossati ver la base; e codicola bruno-cupa. : Si trova sopra diverse piante selvatiche come la Plantago major, l Achillea Millefolium, il Leontodon Taraxacum, la L chnis dioica, e fra le piante coltivate sulla Carota comun Aphis Mali Fabricius. (Pidocchio verde brunastro del Melo, del Pero, del Cotogno e del Biancospino). Femmina vivipara attera ovato-globosa di colore per lo più rerde, raramente verde-brunastro; antenne della lunghezza della testa e del torace quasi pallide, brunastre verso la estre- Boia Îmità; occhi bruno-cupi; rostro del colore delle antenne, bru- Za Ri Bo alla estremità; zampe relativamente corte, pallide alla estremità delle tibie e nei tarsi, specialmente, brunastre; sifoni cilindrici, piccoli, bruni; codicola appena distinta pallido- A Bb c Fig. 234. — Aphis Mali. A, Femmina vivipara attera. B, Femmina vivipara alata. — C, Femmina ovipara con l’ uovo sottostante. | Femmine vivipare alate ovato-allungate, con capo, antenne, pechi e torace di color nero; ocelli pallidi; rostro pallido bru- Mastro nella estremità, che raggiunge il secondo paio di zampe; zampe pallide con la estremità delle tibie ed i tarsi bruni nelle due prime paia; quelle posteriori sono brunastre, con la base dei femori e delle tibie pallide. Ali molto lunghe con cubito e stigma pallido-verdastri; addome verde con macchie fotondate nere sui lati; sifoni e codicola bruni. Femmina ovipara attera, bruno-verdastra, macchiata di RI Tossastro sul capo e parte del torace. Di 414 ci Cali Maschi alati, minuti, molto più piccoli della femmina, con antenne della lunghezza del corpo, zampe lunghe ocracee e rostro oltrepassante la estremità dell'addome. 1 La specie, da non confondersi con 1’ Afide lanigero My zoxylus laniger Hausm.), vivente anch'esso sul melo, si. trova anche sul Pero, sulla Cydonia vulgaris, sul Crataegus Oxya- cantha e lucida; comparisce con le femmine attere sui rami pi ù teneri della pianta nei primi di maggio e vi si moltiplica pro W digiosamente, accartocciandone le foglie. Verso la fine dell’au- tunno compariscono le forme sessuate, che “Ren depongono delle uova pallido nerastre sulla corteccia dei rami, e muoiono. ” Il sig. Buckton parlando dei danni che quest’afide fa al pianta del melo dice che con gli escrementi dà un’odore d sgustoso alle frutta, e ritiene efficaci le infusioni di acqua di tabacco, le spalmature di sapone, di acqua saponata, e le li scivie alcaline sui rami e sulle foglie per distruggerlo. Per l’acqua saponata non indica la qualità e la quantità utile dî sapone, e finisce con l’osservare che tutti gli insetticidi indicati sono insignificanti negli effetti rispetto all’azione dei Coccinel- lidi, e degli Imenotteri parassiti. In Inghilterra può essere anche questo. ee Da noi invece resulta che l’opera di i ausiliari, p quanto non disprezzabile, quando non vi è di meglio, non val quasi nulla al paragone di un efficace trattamento insettici fatto, ad esempio, con una soluzione di Sunia molle al 2 ?/ di Aphis subterranea Walker. (Pidocchio delle radiche del Garofano e delle infiorescenze della Carota e della Pastinaca). Femmina vivipara, radicicola, attera quasi globosa, pallid verdognola, ricoperta di una polvere cerosa, con gli occhi, la, estremità delle antenne, i sifoni, la codicola, le tibie ed i tarsi, di color nero. Il rostro arriva quasi fra il terzo paio di zampe ed i sifoni, piccoli, sono poco più corti della codicola. DL Cra La femmina alata ha il capo ed il torace nero, il terzo arti- olo delle antenne scabro davanti; il rostro con la punta fra le zampe del secondo paio, l’addome verdognolo infoscato nei mar- gini; i sifoni cortissimi della grandezza e del colore della coda, e le ali ialine con le venature infoscate al pari dello stigma. Le i ninfe, dalle quali questi alati provengono, sono viridule polve- rulenti, con le teche alari fosche. Le larve sono verdognole. Do. TI ai Fig. 285. — Femmina vivipara di Aphis subterranea Walk., ingrandita. di Dalle radici del Dianthus plumosus e di altre piante, sulle quali trovasi nell’estate e nell'autunno, la specie passa sulle infiorescenze della Carota (Daucus carota) nelle quali si rac- coglie a torme innumerevoli. Passerini l’ ha trovata anche ‘nelle foglie increspate della Pastinaca, sulle quali come sulle ‘altre si può combattere, occorrendo, facendo uso delle solu- zioni insetticide nel primo caso, e sopprimendo le foglie in- fette, nel secondo, ove l’uso degli insetticidi non fosse possibile. Aphis Punicae Passerini. (Afide polverulento del Melagrano). lenta. Ha le antenne biancastre più corte del corpo, gli occhi neri; una piccola sporgenza ai lati dell'ultimo segmento del Fig. 236. — Femmina vivipara attera di Aphis Punicae, ingrandita. torace; l'addome con i margini tumidi impresso puntati, pi chiaro alla estremità; sifoni del colore delle antenne, ingro sati dall’apice alla base, e del doppio più lunghi della codicol che è distinta e dello stesso colore. Lungh. mm. 1,5. x La femmina alata è presso a poco del colore degli atteri, ma più scura, con antenne brune, ali grandi a venatura pallid e stigma viridulo; zampe del colore delle antenne e. sifo scuri più del doppio o quasi più lunghi della codicola. Quest’afide copre spesso interamente la estremità dei rami, la pagina inferiore delle foglie ed i fiori della pianta del ol nato, sul quale si trova fino all'autunno. — 417 — _ Il fogliame si accartoccia o quasi, ed i fiori, sotto le punture | dell'insetto o non si aprono, o non allegano i frutti. : Si combatte con le aspersioni di sapone al 2 ‘|, °/,, e con gli altri insetticidi indicati. Gen. Siphocoryne Passerini. Le Siphocoryne si differiscono dagli Aphis perchè hanno sifoni conformati a clava, ma come quelli hanno le antenne inserite direttamente sulla fronte. Siphocoryne Foeniculi Passerini. (Afide verdognolo del Finocchio). Femmina vivipara attera ovato-tumida, di aspetto lardaceo, verde glauca o fosca nel mezzo. Capo nerastro con antenne Fig. 237. — Femmina vivipara attera di Siphocoryne Foenieuli, ingrandita, pallide nel mezzo, brune all’apice ed alla base, e rostro pallido, nero alla punta che raggiunge il secondo paio di zampe. Addome ‘con nubecole dorsali meno fosche dalla parte anteriore; sifoni È, È (3 ( lavati, neri, appena oltrepassanti la base della codicola. Piedi neri, con la base dei femori e la metà basilare delle tibie albide. > Femmina vivipara alata con capo, collo e torace neri; an- tenne nere, pallido-brunastre all’apice, e col terzo articolo an- teriormente crenato. Ali ialine con stigma fusco-cinerino e. venatura tendente al brunastro. Addome luteo, con punti la- terali distinti, neri; linea dorso-addominale e nubecola di colore. rubiginoso; sifoni neri, clavati, circondati da un ’aureola come nelle femmine attere, rubiginosa alla base. La specie trovasi in gran numero sulle infiorescenze, e sulle foglie superiori del Finocchio (Foeniculum officinale), della Pa- | stinaca (Pastinaca sativa) e della Carota (Daucus Carota), sulla quale ultima è facile distinguerla per la natura dei sifoni dall’ Aphis plantaginis già ricordato. Sulla Pastinaca si trova. anche la Siphocoryne Pastinacae L., distinta, secondo Buckton, dalla S. Capreae Fabr., alla quale il Passerini l’aveva assi: Fig. 278. — Palomena viridissima un terzo più grande del vero. lc non giallo. quasi diritti, o appena convessi LO, con un filo di ross( I costumi e la biologia della specie sono simili a 7 della precedente al pari della quale danneggia le DEA combatte. Gen. Aelia Fabr. Capo allungato, non depresso con rostro lungo nel q il terzo ed il quarto articolo son quasi della stessa lunghe: antenne sottili, con piccolo tubercolo diretto obliquamenti dentro; pronoto posteriormente corto e molto arrotondato; m gine posteriore del corio rotondato; membrana delle elitre sette lunghi nervi; zampe di media lunghezza con mar; riflessi, e tibie esternamente spianate. ig Aelia acuminata Linn. (Cimice acuminata). . Ha corpo ellittico lungo 7 ad 8 millimetri circa, appuntito lla fronte, e tutto di color flavo-ocraceo a riflesso verde, namente punteggiato di nero, con a striscia triangolare nera dalla base all’apice dello scutello, e in que- sta una linea gialla, molto distinta. | La specie è comune nelle piante pratensi e nei campi, nei quali ul- mi, moltiplicandosi eccessivamente; sat 1 lti- © ARES danni alla co Pig. 278. — Femmina di delia azione dei Fagioli e di altre piante PALIO EEN al naturale. bacee coltivate. Si combatte con i mezzi indicati contro le specie. prece- Gen. Strachia Hahn. 3 Capo quasi trapezoidale; lati delle gote, prima degli occhi, ;inuati, margini laterali ingrossati, riflessi; apice arrotondato m un piccolo tubercolo centrale; lobo centrale corto, appun- ito; antenne di media lunghezza, tubercoli corti inseriti obli- | quamente davanti agli occhi; 1° articolo grosso e corto; 2°, 14° 6 50 subeguali; 3° più corto; 4° e 5° ingrossati; rostro arri- vante al 2° paio di zampe, col 3° e 4° articolo corti; -1° articolo si tarsi quasi eguale alla somma del 2° e del 3°, il 2°, corto. Strachia ornata Linné. (Cimice ornata, o Cimice maculata dei Cavoli, e di altre piante). 3 È lunga un centimetro circa e si distingue dalle congeneri, ‘meno che dalla forma del corpo (simile a quella indicata nella { di del pronoto, le macchie semilunari nere dello scutello, la lin longitudinale nera delle elitre, che hanno la parte coriacee rossa; l’addome rosso con una macchia nera alla estremit le antenne e le zampe nere. La cimice dei cavoli vive anche sulle Ombrelli e sop molte altre piante spontanee e coltivate. ; Essa è comunissima da noi nel mesi di giugno, luglio. agosto; depone uova nere con cerchi e macchie ‘bianche, sposte in linee ravvicinate, nella pagina inferiore delle fogl Da queste uova dopo una diecina di giorni circa nascono lar attere, le quali pungendo fanno ingiallire e seccare le fogl mentre spandono all’intorno un odore ingrato. La specie ha diverse generazioni nell’anno ed è sostenu durante l’inverno dalle forme perfette, che nella primave seguente si accoppiano e continuano la diffusione dell’inset Si combatte ii a mano le forme FL a che sono state indicate contro le Palomena. Strachia oleracea L. (Cimice blu dei Cavoli, delle rape, deî navoni). blu bronzino raramente con tenden za al verdastro, segnata di macchi rosse e bianche, di cui una linear sul corsaletto, una sullo scutello ed una sui margini delle emielitri. | La specie penetra con le setole @ Fis: Rosina del rostro nel parenchima laminare CA delle foglie e le fa disseccare nei, | | punti lesi, con danni assai notevoli talvolta sulle piante indicate. vi — 483 — contro la cimice precedente. Fam. Cydnidae. Le forme che compongono questa famiglia hanno capo ro- | tondeggiante, corto e piccolo, con antenne corte e di media Gen. Sehirus Am., Serv. Corpo ovale punteggiato, appiattito; lobo medio frontale ‘addome; parte coriacea delle emielitri poco più della metà i della lunghezza totale, col margine estremo diritto od obliquo: membrana con nervature sottili, forcute; zampe robuste armate «spine seriate ed acute. Sehirus bicolor Linné. (Cimice a due colori). L’ insetto perfetto è lungo 7 mm. circa e di color nero lu- i cente, finamente punteggiato. Presenta una macchia. bianca È ongitudinale, grande, sinuata irregolarmente nel mezzo, nel margine anteriore del protorace; una alla base delle ; ed un 5 na estremità dela Pale coriacea. e Fig. 381. — Femmina di Sehirus bicolor: a, a grandezza naturale — 5, ingrand nonchè sulla vite, ma più sulle prime; è stata notata sul volo, per quanto non vi abbia portato gravi danni fin qu ogni modo dovendo combatterla, se ne fa la raccolta a man la mattina presto, quando non si volesse ricorrere all’u più costoso degli insetticidi, con i quali si consiglia di P dere di mira lo stato larvale dell’ insetto, perchè più nerabile. Fam. Seutelleridae. Gli Scutelleridi comprendono cimici a corpo discoid con testa inflessa, nei margini laterali acuta; ocelli per lo p presenti ed in numero di due; il primo, il quarto ed il qu articolo delle antenne clavatij; epistoma stretto, allunge agrario da noi è il seguente. — 485 — Gen. Odontotarsus Laporte. Capo subconico, inclinato, avanti agli. occhi triangolare; pronoto ad angoli posteriori poco salienti; prosterno prolungan- tesi a guisa di una lamina sulla base delle antenne; scutello ondente a formar coda; addome senza placche striate; zampe on tarsi spinosi di sotto. Odontotarsus grammicus Linné. (Cimice lineata delle spiche del granturco, del grano, ecc.) | Questa cimice allo stato perfetto è giallastra, punteggiata, on fasce longitudinali brune o rossastre, due sulla testa, quat- | principali, ciascuna divisa in due, sul protorace, sei sullo Fig. 382. — Femmina di Odontarsus grammicus: a grandezza naturale a — in- . grandita bd. tello, delle quali due intermediarie si prolungano oltre la età, due laterali corte, e due esterne prolungantesi verso la punta dello scutello ed interrotte verso la base di questo. Le zampe e le antenne sono gialle o giallastre. La specie è propria dell'Europa meridionale e dell’Africa ettentrionale, e per tutto più o meno comune nei seminati di rano, di granturco e di altre graminacee coltivate. Essa ne acca le gemme fiorali e le granella, che punte e dissugate avvizziscono o crescono stente, quando non muoiono, con danni spesso gravi per la coltivazione. Odontotarsus caudatus Klug. (Cimice caudata). cimice lineata. Gen. Eurygaster Laporte. Tosr larga, triangolare, piatta di sopra, incisa, 0 iriloLh occhi piccoli quasi nascosti di sotto; antenne abbastanza lm n- ghe, col primo articolo eguale al secondo, che è più lungo de terzo; pronoto ad angoli posteriori non salienti; scutello quas piano, debolmente carenato nel mezzo, a lati diritti fin vers ;i la metà, poi si arrotonda; addome più largo dello scutello zampe corte con qualche spina, e tarsi sottili. Eurygaster hottentotus Fabricius. (Cimice ottentota del granturco e del grano). Questa cimice è lunga 12 a 15 mill. e di color bruno. nero, con capo alla estremità fenduta 3 per la riunione dei lobi laterali al di là del lobo mediano della fronte; carena dello scutello molto distinta nel mezzo. L’insetto punge e succhia le ca- : riossidi del grano e del granturco — 3 EE Fig. 283. Eurygaster hottento- ancora tenere, così che queste mole- tus ingrandito. ed a gran- dezza naturale. ‘ state disseccano nei punti lesi e quivi era da sola, ma con altre ancora, delle quali una è ad sa congenere, ed altre di genere e famiglia anco differenti. Per la difesa si veda quanto è stato indicato contro gli ontotarsus. Eurygaster maurus Linné. (Cimice maura del granturco e del grano). FINE DELLA PRIMA PARTE. AGGIUNTECE SCO R'RSEZIONI Heterodera radicicola Greeff. - Nel primo circondario della provincia di Avellino questo gran numero di vigneti per esso è ora improduttivo o quasi. « Quanto ai rimedî devo notare che, siccome il verme si “a Rie radici del nocciuolo e della vite più che a quelle l’uso del RERDiS esca i un Tino piante selvatiche sane, o provenienti da vivai e località immuni. Mi consta, in oltre che, quando il sistema radicale è per la massima parte compromesso e deformato, in presenza d lel verme, l’uso dei concimi non basta per provocarne la rin- movazione. Occorrono invece gli insetticidi, ove non convenga ‘addirittura di passare al sistema distruttivo, per rinnovare le ‘coltivazioni con piante sane, in terreno immune, o liberato previamente dalla infezione. Sciara Piri Schmidb. | A questa specie è stata, per errore non voluto, attribuita ‘una larva (fig. 107, pag. 226), che si riferisce invece al mio me nuovo moscerino del pero (pag. 207). dere se per caso la specie nella o. non infosti. soltanto visitati dalle Contarinia. Gen. Pemphigus Hartig.. Li per esse sembra i IISITITITITIIIIA Fi I SLI INDICE ONSIDERAZIONI GENERALI SULLA ZOOLOGIA E SULL’ENTO- | MOLOGIA AGRARIA E SUI MEZZI CON I QUALI DEVONO PRESTARSI IN SERVIZIO DELL’AGRICOLTURA ......... CONSIDERAZIONI RELATIVE AI RIMEDI IN GENERALE, E PIÙ | SPECIALMENTE AGLI INSETTICIDI, AGLI INSETTIFUGHI, AI VELENI ED AL MODO DI PREPARARLI............ Oi E e A ai OO) Lai - Boch: e EI A MORO APSENICO E RI anti Ammoniaca. — Potassa e soda caustica ..............%. ce ed acqua di calce. — Solfuro e solfato di calcio... Solfocarbonati alcalini. — Solfocarbonato calcico-potassico. ‘oroformio. — Petrolio. ..... E e A Ele AI di Cade. —- Olio di Dippel. — Catrame vegetale ... trame minerale. — Acqua dei gazometri. — Alcool etilico. picsall'oltox pesato: I 'Gasrame; stano ein one alla naftalina, all’acido fenico, al creosoto........ Pag. » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » Vv VII DI ND ND ND ND 9 SI © Ut > VI N DID DO o DN 50 VI I VI dI DD I 23 E° LAI PER Sapone all’estratto di tabacco. — Sapone Tod alla naftalina. — Pasta catramosa al solfuro di carbonio. Pa J Pasta catramosa alla naftalina. — Soluzione alcoolica sa- ponosa al petrolio, alla benzina... ............ 06.0 Soluzione alcoolico saponosa alla nitrobenzina, al solfuro di carbonio. — Essenza di trementina © 0... CR "5 Canfora. << Resnie tte DR I su » Tiegno.:quassio. —-Bulbo di Scilla... NI Rolwere:di Piretro.— Nicotinag SS ia. » Coniinas—Cicutina. —Neratrina st Se È ». Aconitina. — Elleborino ed Elleboreino. — Delfinina... » Stricnina. — Ipecacuahna e Morfina. — Insetticidi fisiologici. MACCHINE E PREPARATI DI USO PIÙ COMUNE NELL’ ENTO- MOLOCIATRACRARTAI ERRE AR SIGG a 0 Sacchetti” asissianiti. SR RE Tagliuole ad ingranaggio ed a palette. ................. Tagliuola per Falchi. — Trappola a pinza .............. Trappola a cilindro. — Vaso- SE o, CATS Cono-trappola:c. ig ann RA i Vaso da vespe. — Lanterna per tortrici. — Isolatori. Compressori -del'-terreno..... + Scortecciatoise sfaschiatol. 0a Collettori: insulta Rea E Avvampatortl: GS e ee lorcetti a, vento: — ISCostatoLic. al AE Pumnioatori = i aa aio e SRI Soltoratoricca= tenia e. Annatflatol << eI RIR Polverizzatoi a mano, a zaino ed a cavallo.............- Pali. ed--aratelcimettoric o E E do RAGIONI PER LE QUALI DAI MEZZI DI DIFESA NON SI HANNO SEMPRE GLI EFFETTI DESIDERATI... .....-\ st ANIMALI NOCIVI ALLE PIANTE COLTIVATE ED AI LORO FRUTTI NEL CAMPO E NEI LOCALI PER LA CONSERVAZIONE. . .... Osservazioni generali sui Vermi e su quelli specialmente nocivicalle piante coltivate... ene Fam. Aguillulidae. — Gen. Tylenchus. — T. scandens Schnd. Bylenchus devastator Kith ca OE (Gen. Heterodera ——®M-5Schachtit Schad Ss ee i Heterodera madicicola Gre e i Anellidi. — Fam. Lombricidae. —. Gen. Lumbricus. — E, dertestris Lic OE AREE Gumbricus:rubellus Hold SEO RE Dei Molluschi in generale e più specialmente di quelli no- civi alle-piantercoltivate; e n RSS » D. SY > » DIE »d » » » Ma 0)B iii — Ord. Phyliopoda. — Fam. E dlidaet ==Gen A ApUSE i n na SERGI OTIS SCA nt FCi-Malacostraca. —- Ord. Isopoda....ii:.:..... . Oniscidae. — Gen. Oniscus. — 0. asellus L....... SBorcollio ss ==P=scaberSbat Sarete ale%s fal'‘oc'ertutp. (ato fore ee ang ale ORO, OO O @ 0 0 9 0 e se e e sd e e a 0 ss ss 0 so è 0 0 000000 STEIOZONOORO DIO TO RARO ORTA ORO POOR ER I ORSONO affare gelo Gava tolga to io ca bioge, Se ("ago logge ter ave ie sie ele vete le. la. ‘ale uio Bte}-n}e)n\sl10) nigeria aree Nara jo, o) \a\ a. (e, cela Up aiWpl ave ee SCIE IIRTI VLOTALTITORII II COLO FIOM ROTA O RAISI CEDERE MORO ONORI OR O ORA RO SOON VO NO La III SITO OTO DEGNO DOGO VOS SED EO NO LOC FO ORO SR OI TTI SA ORNATO le}: 'e) (e Noja. ‘B=el a) Tel (a ele. el e lee e ee. Sl e 0.0 e o e 670 ele n ee. 0 0 ele) a 'al'er’e) la) 'e\lesraj(el e ‘elle a e n° (SL DION ASSO KIEOSMON MORO LEICA ORO OOO RDS E MEC CRDE SE SO RON TE ORO VORO GTO MOL IORORO CE CE MOTO CORO ROM SRO NEI PIRVIO ECO RI ICON VOOR ONOR OSO COCO RORO IROGOM ORA O DOO SSEO RON: ORO CORDE UO RORO SONS TORO RO IE NI RI am. Julidae. — Gen. Blaniulus. — BI. guttulatus Bosc.. lussi cabulosus i. ta n RTRT Fam. Haplosomidae — Gen. STA " B. Supe- CUS TIA iiiiiei iii È Esapodi od Insetti Iaia ci SEL CTER Ord. Diptera..... AI 0 Ra i. ai Ortorapha. — Nematocera olygoneura. — Fam. Cecidomy- dae. — Gen. Clinodiplosis........ Mi; ce ra Clmodiplosis oleisura Lares e LANCE Gen. Contarinia. —C. Eritici Kirby. LOR Contaninia Rist Nina ee E: SER IRA Sa PMOORA IE SIAE E IC » crassitarsa Del Guercio 0 A Gen. Mayetiola. — M. destructor Say.............. E Mayetiola Avenae Marchal. — Gen. Oligothrophus. - 0... Bergestammi Wachtl......... rie. e: Gen. Perrisia. -- P. Piri Bouché ..... e HER Persio Malt Riel e » Oleae Angelini..... SERIE LEO ni » cenoplilo le Ro ia Fam. Mycetophilidae. — Gen. Sciara. — S. Piri Schmdt.. Fam. Bibionidae. — Gen. Bibio............. ca CRAE Bribiobhoriolanis Di aa e. NemotoceraPolyneura;..... i... RE | DE Fam. Tipulidae. — Gen. Tipula. — T. o Meig..... Tapulaoleraceh Ii Ro e Ciclorapha- ie ER SI Se i Fam. Muscidae. — Sez. Acalitteri. — Trib. Chloropinae. . Gen..Camarota. — C. cerealis Rondo Camarota flavitarsis Meig. — Gen. dra _ C. taenio- pus Melo: Gen. 'Oscinis.-«0-frt Ball fel - Trib. Psilinae.-— «Gen. Bsila i ie AR, Psila rosge Fabi RR O, Tpb.Trpetinae = RI Gren.-Dacus:® =D. Olege-Rossil s Gen. Ceratitis. — ©. Hispanica Bréme........... 0.000 Gen. Platyparea...... Re Re a SOS SA IAA Platyparea' poeciloptera Sch. Ce LEA Gen. Philophylla. — Ph. Onopordinis E i VOI RARA Philophylla Centaureae Fabr. — Gen. Rhasolca SASSONE khogoleissCcrastb ee O Ai EI T'rib--Agrtomyzinde i. n SAR Gen. Phytomyza. — Ph. affinis Meig.......... 0.00 Phytomyza geniculata Macq. — Sect. Calypterae. — trib. Anthomyinae. — Gen. Hylemyia..... RES RR Hylemyia ‘cinerella-Mois-- 00, a CR SERIE — 495 — Anthomyia. — A. radicum L. A re Pag. thomyia OCA MEO RE » platura Meig. — A. conformis Fall. ......... » DODCROSA OO A I I ANO, I » IERI AR e eee » Di Ord. Homoptera. — Sect. Sternorynchi. — Fam. Coc- Po OTO ROOM AR ONORI GE OMORORORAMOMIEA LMR TEC OR ORO IRON ROVIGO » (3 IERI Pe E » sniGuerinia. — G. Serratulae Fab... » Gen. Dactylopius. — D. Citri Risso » silos eVispinus boro ii o » » ATONICUI ie e » | Asterolecaniinae. — Gen. Pollinia. — P. Pollini Costa.» Salfecanrimae-S=-»Gen. Philippiai. i. ne » VO EEE NEO » i, PRES AEREA dee » ORIANA DEE NE RA ee » Ceroplastes. CARUSO LION Dt » Mulastososimensis Dell Guercio. al i na » SE EN OLO TOLONE CIOIONOZIGORO DOOR NEO ONE DIRO MOSTO ONORI » ROTA DE n ae » hesperidum Burm. ...... EE III TO GANGI » IDE RSA RAME N ento gt Mn » Cirio e .» CORITI CRE I A Ia EI » fog Diaspinae..— Gen. Parlatoria....../.... 0.00 » ZORO » Margioni-Del Guercio. ia lire » calunitimardBeritot hem: o » vorra 2A bauri Bouch. o. ante cenno » MOORE MRS SIONI Siani en na » diga Si cHedeagd Valli Db ca » tt ostreaeformis CORRETTI AI » SDA Pentagona Largloni si n » aspis pir oa DECIO E » ® ESOTERICA » pnMytilaspis. — M. citricola Pack. ... 0.0.0. » WU ASpIS DOMOLUM BUCHI in iti » MSleurodidaet:..v. sx. IRA NE E DR EE e » Aleurodess- = As brassicae Lol iena » ie LUI n » as ragariae Walk ci... nia » QUI AVORIO EOS A RE E » bXChermesinge.'— (Gen; Xerampelus'. i... il. » erampelus vastator Del cio EEA A AAA » Trib. Myzoxylinae. — Gen. La — P trivialis | Pentaphis marginata Koch. ..... a, Berio Gen: Rbizobius.. — Ph. Sonchi Pass... Gen. Tetraneura.— TU 0a ‘Detranenra Cardui biro Lee o RR o, > aymphyti Sch Sr i - os LersicaeMonse a RR. oa oTridistDebkGuercoane eo IE PIUNRMI MN dk {a RR So >ePlantaginis Schio ili CELERE vo Mal Rab cea A n > isubterranea MNalkit5.-. SER SS Veg Runicae bassa RR, i Gen. Siphocoryne. — #S. 5. Pass A Gen. Toxoptera. — T. aurantii Fonsc. ........ DE, Todoptera igraminum-Rond na LR Gen. Hyalopterus. — H. Pruni Fab. ......... e = Gen Myzus-a ent. ui A Muyzus Riise. RA O AR CA Os > » Cerasis Haber 5 sei ee DE se PILONIUSRASSE SRI o ge. Sr Rersit00 Passi SIE 7 SI Gen. Rhopalosiphum. — Ph. Dianthi sur SIE Gen-Phoroden- a. Phorodon Cannabis-Pass 0 ea eo È » Humukh Schr». (0 See caviale Gen. Siphonophora. — S. granariae Kirby ........ Siphonophora Ulmariae Schr....... SES O SS SE Lachicge:Kalt. cs nea » Pieridis Bab enna SE Ram: Pellidaes === AA A WIRICor Morse ei a . Triozinae. — Gen. Trioza. — 7. alacris Fòorst..... ib. Typhlocybinae. — Gen. Typhlocyba. — T. viticola Targ. ea Crataegi Dupri Wi Fupteryx, — E. Melissae Curt............ 0... SkKkybos— sa a N SO e Ta i di; _N ; i ; i ; i i x È ; ; Ta] î È di > e. " È 4 3 i i Ci Ù ? 7% ME fas _._—_P————6m———rtmtcrrestT=ntTTEEEcNEKOSX Tot 0X PTSSx MO ATI TEENS TT ANT ARIE > IVES III rare RETE SITE RITO Ca Dazzi SAT so sparito. ennio