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Giacomini Prof. Glacomandrea, Presidente. Jappelli Giuseppe, Vice- Presidente. De Visianl Prof. RoLerlo, Direttore per la Classe di Fisica Sperimentale. Spongia Dott. Filippo, Direttore per la Classe Medica. Santini Cav. Prof Giovanni, Direttore per la Classe Matematica. Selvatico Nob. Pietro, Direttore per la Classe Filosofia e Lettere. Menin Prof. Lodovico, Segretario perpetuo per le Scienze. , Cittadella -Vigodarzere Co. Andrea, Segretario perpetuo per le Lettere. Meuegbini Prof Giuseppe, Archivista e Bibliotecario. Bernardi Ab. Giuseppe, Cassiere. Membri Onoraril. S. A. I. R. l'Arciduca RANIERI, Viceré del Regno Lombardo -Veneto. S. A. I. R. l'Arciduca GIOVANNI d'Austria. S. A. S. il Principe de Metternich-Winneburg di Ocbsenhausen , Ministro di Stalo di S. M. I. R. A. S. Em. Rev. il Cardinale Monico, Patriarca di VeneV;ia. S. Em. Rev. il Cardinale Mai. S. A. S. il Principe Ernesto d'Arenberg. S. E. il Conte di Kolowrat-Liebsteinski, Ministro di Stato di S. M. I. R. A. S. E. il Conte A. Federico Mitrowsky , Supremo Cancelliere Aulico di Sua Maestà Imperiale Reale Apostolica. IV S. E. il Conte Pietro de Goes, Gran Maresciallo di Corte di S. M. I. R. A. S. E. il Conte Carlo de Inzaglii, Consigliere Intimo di S. M. I. R. A. S. E. Josia Luigi de Jiistel, Priore mitrato a Wicliehrad, Consigliere Intimo di S. M. I. R. A. S. E. il Conte G. R. di Spaur, Governatore delle Provincie Venete. S. E. Antonio Jlazzetti. Presidente d'Appello in Milano. S. E. il Conte Jacopo Blellerio, Consigliere Intimo di S. M. I. R. A. S. E. Rev. il Patriarca Arcivescovo Ladislao Pyrker. Ansuissola Conte G. Rattista. Ralbo di Vinai Co. Cav. Prospero. Bernt Prof. Giuseppe. Berzelius Prof. Giangiacomo. Caccia Cav. Gaudenzio. Canova Monsignor Vescovo di 3Iindo. Cousin Prof. Vittorio. Debrois de Brugeck Gio., Cous. Aulico. Derchich Cons. Giuseppe. Farina Mons. Vescovo di Padova. Farini Pj'of. Pellegrino. Fischer Prof. G. L. Fuss Cav. Nicola. Gargallo Cav. Tommaso, Gay-Lussac Prof. N. Ghilossl Conte G. Ignazio. Groeller (de) Cav. Antonio. Halaschcka Cons. Cassiano. Harles Prof G. C. Hildenbrand (de) Cav. Francesco. Humboldt Rarone F. E. Alessandro. Knostof (de) Conte, Senatore di Russia. Kleiber (de) Leopoldo. Lang Frane. Innocenzo, Cons. Aulico. Lindenau (de) Barone. Maffei Ab. Cav. Prof, a Monaco. Mayer di Gravenegg Cav. Giuseppe. Meshutar Blons. Andrea. Morichlnl Prof Domenico. Nobile Cons. Pietro. Oerstedt Prof. II. C. Paoli (de) Conte Domenico. Pauli (de) Nob. di Treuheim Giu- seppe. Pauli (de) Nob. di Treuheim Fran- cesco. Pezzana Cav. Angelo. Pezzoni Cav. Antonio. Raimann Nob. G. Nepomuceno, Cons. Aulico, e Primo Archiatro di S. M. I. R. A. Roner d' Ehrenwerth Cons. Carlo Isidoro. San Martino Prof Agostino. Stratico Cav. Giambattista. Strekfuss Consigliere in Prussia. Teschoenberg Dott. Alberto. Tiirkeim Barone Luigi. Venturoli Prof Giuseppe. VVetzel di Wellenheim Cons. Leo- poldo. VViebeclung (de) Cav. Federico. \Vismayr Cons. Giuseppe. WItt Prof Carlo. Membri Orclìnaril. Classe di Fisica Sperimentale. Catullo Prof. Tommaso. Da-Rio Car. Nicolò, ■lappelli Giuseppe. 3Iagrini Dott. Luigi. Manin Prof. Lodovico, Scortegagna Dott. Orazio. Visiani (de) Prof. Roberto. Cortese Prof Francesco. Festler Dott. Saverio. Giacomini Prof. G. Andrea. 3Ieneghini Prof Giuseppe. Glasse Medica. Signoroni Prof Bartolommeo. Spoagia Dott. G. Filippo. Zecchinelli Dolt. G. 3Iaria. Classe Matematica Bernardi Ab. Giuseppe. Conti Prof Carlo. De La Casa Prof. Don Vittorio. Minich Prof. Serafino. Santini Cav. Prof. Giovanni. Tuzzi Prof. Vincenzo. Classe di Filosofia e Lettere. Carrer Dott. Lui^i. Cittadella Conte Giovanni. Selvatico Nob. Pietro. ^. , „ ,, Trivellato Prof Giuseppe. Cutadella Vigodarzere Co. Andrea. Poli Prof Baldassn sa re. Membri Emeriti. Barbieri Prof. Giuseppe. Cataneo Dott. Francesco. Configliachi Prof Luigi. Dalle Ore Prof. Marcantonio. Furlanetto Dott. Giuseppe. Gianelli Cons. Giuseppe. Giuliani Prof Jacopo. Lanfraucìii Prof Luigi. Magarotto Prof Francesco. Meneghelji Prof Antonio. Pieri Prof 3Jario. Romano Dott. Girolamo. Zeudriui Prof Angelo. TI Membri Straorcllnaril. Li Signori Agostini Prof. Stefano. Aprilis Prof. Bartolommeo. Balbi Cav. Adriano. Bellavitis Dott. Giusto. Belilo Ab. Pietro. Bianchini Cav. Beroaldi, Tenente Mare- sciallo. Birago Gay. Carlo. Bossi Co. Luigi. Comparettl Dott. Pietro. Corniani Co. 3Iarco. Dandolo Tullio. De Min Prof. Giuseppe. Diedo Nob. Antonio. Doderlein Prof. Pietro. Fappani Nob. Dott. Agostino. Franceschi Nob. Dott. Luigi. Frari Dott. Angelo. L R. Consigliere di Governo. Fusinieri Dott. Ambrogio. Guzzoni Prof. Fidenzio. Labus Dott. Giovanni. Manzoni Nob. Alessandro. Marianini Prof. Stefano. Marsand Prof. Antonio. Melan Mons. Sebastiano. Meneghini Dott. Andrea. Molin Prof. Girolamo. Orsi Prof Tranquillo. Pagani-Gesa Co. Giuseppe L'rbauo. Pappafava Co. Marsilio. Racchetti Cons. Prof. Alessandro. Saggini Cav. Andrea. Sagredo Co. Agostino Gherardo. Sanfermo Cav. Marco. Scolari Dott. Filippo. Scopoli Co. Giovanni. Stéer Prof. Martino. Thiene Dott. Domenico. Vacani Camillo Colonnello. Venanzio Dott. Girolamo. Villabruna Mons. Guido. Zannini Dott. Paolo. Membri Corrispondenti. Li Signori Apporti Ab. Ferrante. Argenti Dott. Francesco. Balardini Dott. Lodovico. Bassi Dott. Agostino. Basso Dott. Luigi. Beggiato Dott. Francesco Secondo. Beliintreri Dolt. Carlo Francesco. Bellini Dott. Giovanni Battista. Benvenisti Dott. Moisè. Berres Prof. Giuseppe. Bettoni Niccolò. Bianchi Prof Giovanni. Bianchi Doti. Giuseppe. Bizio Dott. Bartolomnieo. Bouafous Cav. Matteo. Bonato Prof. Modesto. Bravi Ab. Giuseppe. Broglia da Persico Dott. Lodovico. Bruni Dott. Carlo. Brusoni Dott. Giacomo. Bury Prof. Adamo. Cacciatore Prof. Niccolò. Calegari Ab. Antonio. Calegari Dott. Pietro. Calogeropulo Dott. Nicolò. Campiianzi Dott. Emilio. Casoni Marchese Giovanni. Cecchini Prof. Gio. Batli.sta. Geresa Doti. Carlo. Cloch Dott. Leonardo. Coltellini Cav. Agostino. Crescimbeni Dott. Giulio. Dalla Balla Dott. Pietro. Dalla Torre Prof. Lelio. De Castro Prof. Vincenzo. Doderlein Prof. Pietro. Duchelard Prof. Jlichele. Dnrer Dott. Agostino. Fabeni Prof. Vincenzo. Fabris Dott. Girolamo. Facchini Dott. Francesco. Facci Negrato Gaetano. Faccio Domenico. Fanzago Dott. Luigi. Fava Dott. Angelo. Fava Dott. Gio. Battista. Ferrarlo Dott. Giuseppe. Formentini Ab. Antonio. Fortis Dott. Leone. Gross Prof. G. L. Ileim Prof. F. G. Heintl Cav. Carlo. HoUer Enrico Tommaso. Koerber (de) Nob. Filippo. Lenguazza Dott. Leone. . Liberali Dott. Sebastiano. Lippich Prof. Guglielmo. Littrow Dott. Carlo Luigi. Malfatto Dott. Luigi. 3Ianzoni Dott. Luigi. 3Iaravigna Prof. Carmelo. Marchesi Prof. Pompeo. Martini Prof. Lorenzo. 3Iartius Cav. C. Fr. F. Mazzaro Dott. Sante. Mazzoni Prof. Gaetano. Meli Dott. Domenico. Mocenigo Co. Pietro. Morelli Prof. Luigi. Mori (de) Alfonso. Mugna Dott. Gio. Battista. Naccari Cav. Fortunato Lui"i. Namias Dott. Giacinto. Nardi Prof. Francesco. Nardo Dott. Domenico. Nodarl Dott. Pietro. Olmi Dott. Agostino. Orsolato Dott. Giuseppe. Orti Co. Girolamo. Pari Dott. Autou Giuseppe. Pasettl Dott. Floriano. Pasini Lodovico. vili Pasini Prof. Pietro. Penolazzi Doli. Ignazio. Petretlini Spirldione. Piovani Cav. Francesco. Playfayr Professore. Podrecca Dott. Luigi. Poletli Prof. Geminiano. Puccinotti Prof. Francesco. Quadri Prof. Glo. Battista. Quaranta Prof. Bernardo. Ravaffnan Prof. Girolamo. Riva Giuseppe. Rovida Prof. Cesare. Salomoni Dott. Filippo. Salvatori Francesco. Sandri Giulio. Scljieppati Dott. Stefano. Schizzi Co. Folchiuo. Scliumacker Professore. Serafini Dott. Giuseppe. Serristori Cav. Luigi. Sicuro Dott. Marino. Smania Michelaugelo. Soli Muratori Dott. Fortunato. Speranza Cav. Carlo. Stancovich Pietro, Canonico. Tadinl Mons. Placido, Arcivescovo di Genova. Tantini Prof. Francesco. Tappari Dott. Pietro. Taccino Dott. Sebastiano. Tessarolo Francesco. Todeschini Munari Prof. Giuseppe. Tonelli Doli. Giuseppe. Tonello Gaspare. Turazza Prof Domenico. Yalentinelli Dott. Giuseppe. Vedova Giuseppe. Venturi Dott. Luigi. Vering (de) Cav. Giuseppe. AVatmann (de) Prof. Giuseppe. Zacco Nob. Teodoro. Zanon Dott. Barlolommeo. Zerbinati Dott. Francesco. Zigno Nob. Achille. Zipser Cav. Carlo Antonio. Zola Dott. Francesco. LIBRI MANDATI IN DONO ALL'ACCADEMIA )3opra le diverse vie percorse dalle sostanze assorbite, e sopra alcune notabili diffe- renze nei gradi di loro assimilazione. Memoria del Dott. Francesco Saverio Fesller. Anatomia partium microscopicarum corporis Immani, del Prof. Giuseppe Berres. Eccitamento allo studio delle epidemie, e Cenni sul sudore inglese del 14*>5, del Dott. Hecker. Versione dall'originale tedesco di Valentino Passetta, Medico pri- mario nell'Ospitale civile di Venezia. Ricerche intorno alla massa di Giove, determinata mediante le digressioni del suo quarto satellite osservate nell' I. R. Specola di Padova dal Prof. Cav. Giovanni Santini. Aritmetica elementare, esposta con metodo progressivo dal Prof. Carlo Conti. Orittologia Euganea, del Nob. Cav. Nicolò da Rio. Compendio di Matematica Sublime, di Adamo Burg. Atti della Società Agronomica di Vienna. Tom. IV. Cenni generali sulla migliare, e particolari sull'epidemica costituzione che si mani- festò nei Distretti di Cividale e S. Pietro del Friuli nell'estate dell'anno 1835, del Dott. Giuseppe Podrecca. Sulla storia dei mali venerei. Lettere di Domenico Tiene, Medico in Vicenza. Lezioni alla Cattedra di Matematica Sublime della Regia Università di Catania, di Agostino S. Martino. Sulla formazione geologica della collina detta la Favorita presso Lonigo , del Dott. Francesco Orazio Scortegagna. Discorso inaugurale , letto nella grande Aula dell' I. R. Università di Padova per l'apertura di tutti gli Studii nel giorno 3 Novembre 1836, dell' Ab. Dott. Luigi Configliachi, Professore e Rettore Magnifico. Observations of petechial eruptions bj John Home. Articolo tratto dal Giornale medico-chirurgico di Edimburgo. Delle antiche dottrine italiane sulla contagione, e dei fatti che le dimostrano vere. Memoria storico-critica del Dott. Giuseppe Montesanto. Sulle primitive affezioni del sangue indipendenti dai solidi. Considerazioni fisiologiche del Dott. Francesco Saverio Festler. Introduzione allo studio della Storia ecclesiastica per uso degli alunni delle scuole teologiche del Seminario Vescovile di Cremona. Opera estesa dal signor Ab. Fer- rante Aporti. Analisi delle Opere di Antonio Tadìni, dell' Ab. Giuseppe Bravi. Cenni sull'onore, considerato come soggetto di legge penale, redati dal Dott. Gio. Battista Fava. b X G rammatica tedesca , del Dott. G. L. Cross. Alla memoria del Dott. Luigi Venturi, scritto di Giancarlo Gentili. Osservazioni sul caule delle piante monocotiledoni, del Prof. Giuseppe Meneghini. Memorie sulla vita del Conte Marzari-Pcncati , del sig. Lodovico Pasini. Storia della fistola esofagea in un cavallo, del Dott. Vincenzo Giolo. Osservazioni sulla epizoozia dei bovi nell'anno 1833, dello stesso. Frankl. Il Canto di Habsburgo. — ^ — Cristoforo Colombo. Trattato filosofico-sperimentale dei soccorsi terapeutici , del Prof. Giacomandrea Gia- comini. Prolusione del sig. Carlo Cav. di Hainth, Vice-Direttore degli studii filosofici in Vienna. Discorso sopra la tassa d' industria , dello stesso. Memoria sulla mortalità in generale, del Dott. Ignazio Penolazzi. Memorie dell'Accademia Reale delle Scienze di Torino. Prima Serie, Voi. XXXIX. e XL. Seconda Serie, Voi. II. Orazione in lode del Conte Uoget di Chobet, del Marchese di S. Tommaso. Delle rivoluzioni della Filosofia dai tempi di Talete sino al principio del secolo XIX., dello stesso. Dialoghi italiani ed inglesi di Gio. Baretti. Esperimenti chimici sull'uso del creosoto nelle malattie chirurgiche, di Giuseppe Coen. Storia di un'amputazione di mammella, dello stesso. Osservazioni ed esperienze intorno alla parte meccanica della trattura della seta nel Piemonte, di Giacinto Carena. Lo Spedale dei pazzi e le Feste di santa Rosalia in Palermo , di F. S. N. Nova Commentarla Academiae Scientiarum Instituti Bononiensis. Tom. I. e IL Rapporto del sig. Boissier di Ginevra sull'Opera del Prof. Giuseppe Meneghini, che porta per titolo: Ricerche sulla struttura del caule nelle piante monocotiledoni. Quadri tratti dalla Lombardia , del sig. Filippo Korber. Raccolta di fiori letterarii, con scelti frammenti degli scritti di Melchior Gioja, dello stesso. Singolare storia di aracnoite con neurosi, del Dott. Giuseppe Cervetto. Rendiconto generale degli ammalati ricevuti nella Clinica medica superiore di Padova dall'anno scolastico 1826 al 1834, del Prof. Gaspare Federigo. 11 Candidato all' esame pubblico di Chirurgia. Discorsi del Dott. Luigi Fanzago. Della socialità della Legge mosaica. Sermone del Prof. Lelio Della Torre. Memoria sulle Arti Belle dei Veneziani, del Cav. Giacomo Parma. Guida ai possidenti e coltivatori, di Gio. Batt. Lucchini. Strangolamento uterino posteriore, ossia totale estirpazione dell'utero dalla sua sede naturale con una sola incisione ed un laccio solo. Terzo metodo del Dott. Gio. Batt. Bellini. Di una strana malattia nervosa guarita con l'ago-puntura. Memoria del Dott. Gia- cinto Kamias. Del male del segno, che affligge i bachi da seta, e sul modo di liberarne le bigattaje, del Dott. Agostino Bassi. Memoria sul calcino, dello stesso. La Donna degli aghi. Memoria del Dott. Giuseppe Ferrarlo. XI Statistica delle morti improvvise avvenute nella città e nel circondario di Milano, del Dott. Giuseppe Ferrario. Considerazioni sullo stato presente della pittura storica in Italia, e sui mezzi di mi- gliorarla, di Pietro Estense Selvatico. Continuazione della Storia di Parma, del Cav. Angelo Pezzana. Osservazioni sulla epizoozia dei bovi degli anni 1833-34, del Dott. Vincenzo Giolo. Discorso sulla scienza delle Leggi, di Giuseppe de Vincenzi di Napoli. Nuovo metodo di propagare i gelsi , di Domenico Rizzi. Elementi di Aritmetica , di Francesco Toffoli. Compendio di un'analisi sopra le moderne dottrine fisiologiche, del Prof. Girolamo Botto di Torino. Speronella , ossia la origine della Lega Lombarda , di C. Leoni. Lucrezia degli Obizzi , del medesimo. Classificazione sistematica e descrizione delle varie specie di viti dell'Austria, del Dott. Gio. Burger. Elenco dei Membri componenti l'I. R. Società Rurale di Vienna nell'anno 1837. Aniraadversiones de febribus generatira, et praecipue de periodicis, quas publice pro- ponit in Archigymnasio Patavino Joseph Baruffi. Della coltivazione della barbabietola. Istruzione di Matteo Bonafous di Torino. Rapport fait à la Société Rojale et Centrale d'Agriculture par M. Bonafous, l'un des ses Membres , sur l'ouvrage De la muscardine, de ses principes, de sa marche, Tnqyens de la reconnaitre, de la prevenir et de la detruìre, par M. Bassi. Lettera al Cav. Matteo Bonafous: Sur [ Institut Agricole de Mileto, par le Prof. Michel Saint Martin. La Logica, ed il Saggio filosofico sulla scuola dei Filosofi naturalisti, del Prof. Bal- dassare Poli. Ephemerides anni Cristiani Sanctorum gestis in Epigrammata conlatis ditissime etc, di Gio. Batt. Anguissola. Annali delle Scienze del Regno Lombardo- Veneto. I Fascicoli dall'anno 1832 al 1837. Telegrafo elettro-magnetico immaginato ed eseguito da Luigi Magrini. Prolusione letta nel 1837 nello Studio di Pistoja dal Dott. Carlo Biagini. Cenni intorno al meccanismo del parto, dello stesso. Sulla vera causa del carolo del riso. Cenni di Giulio Sandri. Discorso sul modo di applicare la Filologia allo studio di Omero. Coup d' oeil sur les forèts Canariennes , de M. Sabin Berthelot. Esperienze dirette a conoscere l'efficacia dei metodi proposti dal Dott. Agostino Bassi di Lodi a prevenire e curare la malattia dei calcino nei bachi da seta. Memoria del Dott. Angelo Cominzoni. Dialoghi sul governo dei bachi e sull'arte di filare la seta, di Giovanni Battista da Persico. De Ecclesiae Aquilejensis origine , Dissertatio Francisci Nardi. • 'J'oM Sito di Roma, di Giuseppe Riva. De pecorum et pachydermorum reliquiis fossilibus in Lithuania, Volynia et Podolia repertis, auctore Eduardo Eichwald, Consellier d'Etat et Professeur à Wilna. Esquisse d'Historie naturelle de Lithuanie, de Volhynie et de Podolie, dello stesso. Considerazioni sulla Farsaglia di Lucano, di Felice Garrone di S. Tommaso. XII Prime linee di Chimica inorganica , del Prof. Carmelo Maravigna. Istoria dell'incendio dell'Etna del mese di Maggio 1819, dello stesso. Alcune idee sul metodo di studiare. Prolusione del medesimo. Ricerche sulle ossa fossili trovate in Siracusa, dello stesso. Risultaraenti delle sperienze fatte sulla rinnovazione dell' innesto vaccino nelle armate del Re di Wirtemberg, del Prof. Francesco Hum. Biografia degli Scrittori Padovani, di Giuseppe Vedova. Stabilimento Agrario fondato in Adria dai fratelli Scarpa. Opuscolo di Domenico Rizzi. Sulla coltivazione dei litorali. Memoria inedita di Gio. Bottari , illustrata da Dome- nico Rizzi. Cenni biografici intorno Giambattista Borsieri, scritti dal Dott. Leonardo Cloch. Cenni biografici intorno Pietro Paolo dell'Arme, del medesimo. Cenni biografici intorno Andrea Vacca Berlinghieri, del medesimo. Esistenza, danni e tragitto delle malattie ereditarie. Opera dello stesso. Di una raccolta centrale dei prodotti naturali ed industriali delle Provincie Venete. Discorso del Dott. Giandomenico Nardo. Memorie della Società Medico-chirurgica di Bologna. Voi. I. Sulla teoria degli elettro-motori. Memoria IV. del Prof. Stefano Marianini. -^ Nuova guida di Arezzo, del Tenente Oreste Brizi. Manuale di educazione ed ammaestramento per le Scuole infantili. Cenni sull'indole propria delle Scuole infantili di Carità, e sul loro scopo. Guida pei Fondatori e Direttori delle Scuole infantili di Carità. Studii poetici di Vincenzo Dott. de Castro. Le Feste Cristiane, compilate per cura del medesimo. Album storico-poetico-morale, compilato per cura dello stesso. Imperatori et Regi Ferdi:vando I. Coronam Ferream suscipienti Carmen Vincenti! de Castro. Il Giardino di Saonara descritto dal Conte Gio. Cittadella. S. Cristoforo della Pace , di A. Sagredo. Montegalda , del Nob. Pietro Estense Selvatico. Trattato sopra la costituzione geognostico-fisica dei terreni alluviali o postdiluviani delle Provincie Venete, del Prof. Tommaso Antonio Catullo. Rapporto all'Accademia Agraria di Pesaro intorno ai lavori della medesima, di Francesco Baldassini. Dei rapporti e dei confinì dell'Anatomia. Prolusione del Prof. Francesco Cortese. Osservazioni microscopiche sulle ramificazioni periferiche dei vasi, e sulla intima strut- tura dei nervi e delle parti centrali del sistema nervoso. Memorie due di Giuseppe Berres , recate in italiano dal Prof. Francesco Cortese. Memoria sopra il teschio di un coccodrillo fossile trovato nel monticello di Lonìgo , del Dott. Francesco Orazio Scortegagna. Molti manoscritti inediti del Prof. Ab. Franzoja, offerti in dono all'Accademia dal Socio Ordinario Ab. Bernardi. Saggio analitico del dovere e del diritto, del Dott. Mazzaro. Pensieri sulla vitale elettroraozione , di Giulio Crescimbeni. Lettera di Eugenio Napoleone Viceré d'Italia indirizzata nel 1807 al Segretario del- l'Accademia, ed offerta in dono dal Socio Ordinario Ab. Giuseppe Bernardi. xm Memoria sopra un atteso avanzamento della Tossicologia legale in riguardo alla ri- cerca del veleno nel sangue e nell' orina, del Dott. Francesco Saverio Festler. jMemoria sull'efficacia del solfato di chinina disciolto nell'acido solforico contro le febbri accessionali, del Dott. Leonardo Cloche. Armonie ed immagini dell'Ungheria, del sig. Fogl. Commentarli dell'Ateneo di Brescia per gli anni 1835-1836. Memorie dell'I. R. Istituto del Regno Lombardo -Veneto. Voi. V. Versione dell'Opera del sig. Dott. G. F. C. Hecker, intitolata La Danzimania , del Dott. Valentino Fassetta. Discorso sulle malattie popolari, dello stesso. Relazione sul Manicomio dei Santi Giovanni e Paolo in Venezia , dello stesso. Statistica medica di Milano dal secolo XV- fino ai nostri giorni , del Dott. Giuseppe Ferrarlo. Fisica dei corpi ponderabili , del Cav. Amadeo Avogadro. Relazione per l'anno 1836 dell'Osservatore Accademico Agrario, di Bernardino Angelini. Corone poetiche pubblicate per l'occasione delle Quadragesime degli anni 1834 e 1839, in cui l'Ab. Giuseppe Barbieri predicò nella chiesa di S. Lucia, del Dott. Pietro Tappari. Guida alla grotta di Adelsberg , di F. Conte di Hohenwart. Breve istruzione per evitare il danno che reca il calcino ai filugelli, del Dott. Ago- stino Bassi. Avviso ai coltivatori sui bachi friulani , del Cav. Matteo Bonafous. Disquisitiones de scirrho et carcinomate , auctore L. J. de Ilarasiuski. Elogio di Marco Mantova Benavides , di A. Dott. Valsecchi. Sulla solidificazione dei corpi animali. Memoria del sig. Zanon. Sulla italiana riforma della Medicina , e sopra alcuni casi di avvelenamento, del Prof. Giacomandrea Giacomini. Storie e Considerazioni patologico-terapeutiche sopra alcuni casi di veneficio, del Dott. G. Guarda. Del gripp che ha dominato in Brescia nella primavera dell'anno 1837, del Dott. F. Girelli. Pneumo-toiace con ispandimento tubercoloso. Memoria del Dott. E. Usiglio. Traduzione dell'Idillio sacro di S. E. G. L. Pjrker, che porta per titolo La Vedova di Sarepta , del Dott. Vincenzo De Castro. Notizie biografiche intorno G. M. Canella, del Dott. L. Cloch. Memorie della Società I. R. d'Agricoltura di Vienna. Voi. VIII. Lettera di Giuseppe Riva a Monsignor Canonico Andrea Siria. Saggio di Topografia statistico -medica della Provincia di Brescia, dell'I. R. Medico Provinciale W. Menis. Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle Scienze in Modena. Voi. xxn. Rendiconto delle Sessioni ordinarie dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bo- logna dal Novembre 1829 al Novembre 1838. Sull'uso endermico del tartaro stibiato. Lettera del Dott. Giulio Crescimbeni , Me- dico Condotto in S. Gio. in Persiceto. Osservazioni sulla milizia , di Oreste Brizi. XIV Reclamo del Cav. Scipione Barberi relativo all'invenzione di una macchina per ispe- gnere gì' inceiidii , nella quale viene adoperata la terra in luogo dell' acqua. Giornale Medico degli Stati Austriaci, compilato e pubblicato dal Cons. Cav. Gio- vanni Nobile de Raimann, Archiatro di S. M. I. R. A. — Fase. 19, dal 2.° al 20.° — Voi. III. e IV. Tavola dimostrante il metodo misto di taglio e di allacciatura nello strangolamen lo uterino-posteriore, metodo corretto e facilitato dal Dott. Gio. Batt. Bellini. Recherches phjsiologiques sur les h_ydrophites de la Belgique, par Charles Morren. Recherclies sur le mouvement et l'anatomie du Stylidium graminifolium , par le mème. Observations sur l'anatomie des Musa , par le mème. Observations sur l'anatomie des Hedychium , par le mème. De l'existence des infusoires dans les plantes , par le mérae. Sulle diatesi morbose che successivamente dominarono i popoli di Europa. Discorso del Dott. llecker. Professore nell'Università di Berlino, tradotto dal Dott. Va- lentino Passetta. La peste Antoniana nel secondo secolo. Del suddetto, e tradotto dal medesimo Passetta. L'Agricoltore Padovano. Almanacco per gli anni 1839 e 1840, di Domenico Rizzi. L'Agricoltore delle Provincie Venete. Almanacco per l'anno 1841, dello stesso. Il cholera asiatico in Trieste negli anni 1835 e 1836. Osservazioni del Dott. Mathieu de Moulon. Inno alla Provvidenza , dell'Ab. Gio. Renier. Discorso funebre detto nelle esequie di Giocondo Andretta , dello slesso. Intorno ai metodi di riduzione a solidità lapidea dei corpi animali, dei signori Comi e Zanon. Considerazioni del Dott. A. F. Sandi. Memoria sulla rabbia canina , del sig. Luigi Toffoli. Patogenia dell' idrope , di Michele Borgialli. Cenno sulle emorragie interne dell'utero dipendenti dalla gravidanza, del medesimo. Lettere di Gian Francesco Rambelli intorno invenzioni e scoperte italiane. Cenni sulla vita del Prof. Angelo Nespoli, scritti dal Prof. Carlo Biagini. Alcune parole sul gelso delle Filippine, di Domenico Rizzi. Mémoires pour servir à l'Historie naturelle de la Siede, par M. Carmela Maravigne. Memorie di Orittognosia Etnea, e dei Vulcani estinti nella Sicilia , del medesimo. Notizie del pubblico Giardino dei Semplici di Padova , compilate da Gio. Marsili. Gangliorum anatomia. Dissertatio inauguralis , auctore M. Benvenisti. Della sorte dei Medici. Discorso del Dott. Odoardo Turchetli. Trebbiatoio del sig. Domenico Silva. Articolo accompagnato da una Tavola. Della peste e dell'Amministrazione sanitaria, del Cons. Dott. A. A. Frari. Sugli apparecchi da filtrare e depurare le acque, del Prof. Vincenzo Martineri. Sul Pensionatico. Dissertazione di Giampaolo Tolomei. Les eaux minérales amères de Saidschitz , par Sigismond Berraann. Catalogne detaillé de la Collection Cerroni , par le mème. Description de Vienne, par le mème. Il nuovo alveo del Brenta. Discorso del Cav. Agostino Sagredo. Intorno al monumento da innalzarsi in Venezia alla memoria di Tiziano. Studio sto- rico-critico del medesimo. Dell'applauso. Articolo pel Dizionario di Conversazione, del medesimo. XV De l'agriculture et de la condìtion des agriculteurs en Irlande et dans Ja grande Brelagne. Enumeratio stirpiUm Cryptogamicarum in Provincia Patavina observatarum , auctore Victore Trevisan. Statistica dei risullamenti ottenuti in due trimestri di Clinica chirurgica nell'Arci- spedale di Santa Maria Nuova in Firenze, del Dott. Lodovico Biagi. Fisica dei corpi ponderabili, del Cav. A. Avogadro. Lettere e Memoria anatomica di Filippo Civinini Pistojese intorno alla comunicazione diretta vascolare sanguigna tra la madre e il feto. Osservazioni sulla dottrina del sig. G. Pelletier Intorno all'influenza elettro-chimica della terra nella vegetazione , di B. Zanon. Della innondazione di Pietroburgo. Memoria dell' Ab. Antonio Tadini, pubblicata dall'Ab. G. Bravi. Atti della prima Riunione degli Scienziati in Pisa nell'Ottobre 1839. Il Salterio Biblico. Versione del Dott. Pietro Tappari. Manoscritto. CENNI BIOGRAFICI MANCATI Al VIVI DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL TERZO VOLUME DEI NUOVI SAGGI MDCCCXXXI DEL SOCIO EMERITO ANTONIO MENEGHELLI T ' J-i Accademia, seguendo l'inveterala sua coslumanza, premette alle Memorie dei Socii, che col presente Volume fa di pubblico, diritto, alcuni Cenni biogra- fici di quelli che mancarono a' vivi. Di molti deve ella parlare, perchè di molti lamenta l'infausta partita. Altri eran fra i più al pubblicarsi del precedente Vo- lume, altri cessaron da poi. Di quelli n'ebbe pur troppo in buon dato, atteso il cholera, funesto douo dell'Asia : di questi non è breve il numero, ove si miri al periodo di un lustro non ancora compiuto, all'età non senile, alla condizione robusta dei mietuti dall'inesorabile falce di morte. I. Primo a pagare il non volontario tributo fu il Dott. Gaetano Malacarne, uomo che se non gli venne di salire in gran fama, seppe meritare una qualche estimazione. Sortì i natali in Aqui l'Agosto del 1779, ed ebbe a padre Vin- cenzo Jlalacarne, onore di cotesta Università, presso cui professò le Instituzioni chirurgiche. Data opera agli sCudii delle Lettere e della Filosofia, amò di seguire le orme paterne: e iniziandosi nella Facoltà medico -chirurgica in Padova, ne coltivò i varii rami per guisa, che nel 1800 conseguì la laurea chiesta dalla giu- stizia, non accordata per consuetudine. Non contento di quell'alloro, sentì che molto dovea pur anco studiare per presentarsi con qualche fidanza al letto degli ammalati, sia che dovesse essere amministratore di provvidi farmachi, sia che occorresse restituire alla desiderata interezza qualche membro leso da ria vicen- da. Parve che ia sulle prime preferisse la Chirurgia; quindi, per addentrarvisi a seconda de' suoi desiderii, implorò dal padre di poter visitare le Cliniche delle Uuiversltà più riuomale d'Italia, e accostarsi a que' famigerati che nelle opera- zÌoqì cliirurgiclie vantavano i più felici risultameuli. Fra i molli operatori vide a Roma il celebre litotorao Flajani, a Firenze il rinomalo oculista Naunoui. Tornato fra i domestici lari, avrebbe di buon grado seguita la vagheggiata carrie- ra chirurgica, se pubblica destinazione non lo avesse astretto a tenere un ben diverso cammino. Né fu sventura quel declinare; che, attese le forme alquanto pingui e pesanti delia jjersona, non poteva riescire l'operatore più agile e pronto. Eletto a Professore supplente di Veterinaria pel riposo accordato al Rinaldini, la cattedra affidatagli divenne lo scopo primario de' suoi studii e delle sue occu- pazioni. I suoi Rischiaramenti intorno alla ruminazione, pubblicati nel 1815 a \'erona, ed il Ragionamento intorno alla peste de buoi,, stampato in Padova nell'anno seguente, fan guarentigia delle sue cognizioni, e dell'amore con cui si occupava di quel ramo di pubblico insegnamento. Altri venne da poi chiamato a coprire quel posto; e ci venne quando, correndo il 1815, ebbe luogo la ri- forma degli studii di cotesta nostra Università. Al Malacarne toccò invece la cattedra delle Instituzioni chirurgiche , quella in cui il caro suo genitore avea riscosso applausi, e acquistata non equivoca celebrità; ma se l'ebbe per poco, giacché la stabile promozione era ad altri serbata. All'insegnamento associava un qualche esercizio dell'arie medica; e sciolto dall'incarico delia cattedra non rifiutò di accettare l'uffizio di Chirurgo presso la Casa di Forza. Le cognizioni del Malacarne non si limitavano alle accennate. Conosceva più che a sufficienza le umane Lettere; e ne fan prova le Memorie storielle pubblicate l'anno 1819 intorno alla vita e alle Opere dell'ottimo padre, tenero biografo de' suoi Saluzze- si. Non era straniero a qualche ramo delle Arti Belle; e ne sono un documento alcune tavole iucise con assai di accuratezza, che veggonsi ne' suoi scrini fatti di pubblico diritto. Oud'é che a lui, più che ad altri molti, stettero bene le as- sociazioui a varii Instituti scientifici. Fu Membro' dell'Accademia Giuseppina di Vienna, uno dei XL della Società Italiana, Socio dell'Ateneo di Venezia, delie Accademie di Verona e di Gorizia. Ma il diploma più onorevole se l'ebbe da quauti il conobbero di uomo tutto onestà, tutto interezza. Mori di apoplessia il giorno 22 Maggio dell 832. II. Da Giovanni e Ottavia Contessi nel dì 29 Marzo 1764 ripeteva i natali Gi- rolamo Melandri. La patria fu Bagnacavallo, non oscuro borgo del Ravennate. XIX Fra'suol attese ai primi sludii: voleva attendere ai maggiori uel Seminario di Faenza; ma l'andirivieni e il frastuono dell'armi lo astrinsero a ripatriare dopo l'assenza di un solo biennio. Per sua grandissima ventura Bagnacavallo, oltre parecchi altri maestri, contava Stefano Longanesi pubblico precettore di Filoso- fia e Matematica, l'uomo il più adatto per insegnare come conviene, e per de- stare ne' suoi alunni il più vivo entusiasmo. Il Melandri assai meno degli altri avea mestieri d'essere scosso e animalo, perchè con uno spirito tutto tranquil- lità, tutto calma, avea le più felici disposizioni per le scienze che domandano la più seria meditazione. In quella stagione era la Chimica scienza di moda : gli elogi della sua influenza nella Jledicina e nelle Arti erano sulle 'labbra di molti. Il nostro giovane si destò al suono di tanti encomi! , e volle coi fatti assicurarsi che -la cosa non andava altramente. Chiese di andarsene a Ravenna, di essere ascritto alla Farmacia dell'abilissimo Ignazio Moretti, e la famiglia volentieri vi acconsenti. Nell'anno 1802 era a fianco di quel farmacista: ben presto l'alunno divenne il tenero amico, l'allievo si cangiò io abilissimo cooperatore: donde co- mune il merito e la gloria di alcuni utili esperimenti. Dalla pratica non andava disgiunta la teorica, ed erano giornaliere le lezioni a cui assisteva sotto il magi- stero del Prof. Rasi, cui Ch^ptal era immutabile guida. Ma il Melandri avea in- teso a parlare di Lavoisier, né s'ebbe pace finché non divorò l'Opera di quel ri- stauratore della Chimica, illustrata da opportunissime annotazioni del Dandolo. La coscienza di non aver sempre raggiunto i sensi di quel sommo, il bisogno di parecchi schiarimenti, e sopra tutto di quelle sperienze che parlando agli^occhi scolpiscono le dottrine nella mente, lo consigliarono a cangiar cielo, a recarsi a Bologna, anche con animo di fare un corso delle scienze mediche, e di conse- guire la laurea. Cosi avvenne in fatto; e non solo fece conserva di quanto ap- parteneva alla scienza a lui cosi cara, ma studiò col massimo fervore la Fisica la Storia Naturale, la Botanica, l'Anatomia, la Fisiologia, assistendo anche alle lezioni di Astronomia, spinto dall'intenso amore che aveasi per le Matematiche. Bologna sarebbe stata la mela de' suoi studii; Bologna lo avrebbe addottorato, se la fama di Pavia, ricca a quella stagione d'uomini insigni in ogni guisa d'istru- zione, non lo avesse con una specie di polente attrazione invitalo a recarsi a quella parte. Né di quel suo divisamento ebbe a pentirsi; che sommo fu il pro- fitto, essendogli dato di udire e di conversare co' Jacobi , coi Volta, cogli Scar- pa, e con altri molli cui troppo lungo sarebbe l'annoverare. Ma la Chimica si avea le prime; e tanto erasi avvantaggiato, che a prezzo di fatti e di sperimenti irrefragabili giuuse a mostrare l'erroneità, la fallacia delle speciose dottrine del Bruguatelli: trionfo che gli conciliò l'afletto e l'ammirazione dei dotti. Un'emot- tisi, incontrata per intemperanza di studio, per laboriosi e incessanti lavori chi- mici, ritardò alcun poco la laurea. Riavuto dal sofferto malore, la ottenne. 11 Moscati, supremo Magistrato in tutto ciò che teneva alla pubblica istru- zione nel Regno d'Italia, guardava quel giovane alunno con occhio di spezia- lissima dilezione; e addottorato il volle seco a Milano, affidandogli e libri e ap- parecchi e laboratoi, perchè non gli fallissero i mezzi per signoreggiare vieppiù la scienza che formava le sue delizie. E già avea raggiunta la meta, quando quel moderatore dei pubblici sludii dar volendo al Conte Carburi, già vecchio, un dimostratore, un operatore di Chimica generale, a dir breve un supplente, trovò che la scelta migliore la si avea nel suo Melandri; e lo mandò a Padova corren- do l'anno 1807. Supplì da suo pari; ma supplì soltanto sino al 1808, epoca in cui il Carburi mancò a' vivi. Un giovane di quella fatta non poteva essere pos- posto a chicchessia , e la nomina a Professore Ordinario segui colla maggiore sollecitudine. Gli alunni lo riguardavano come una specie di nume, tanta era l'ampiezza dei lumi, la precisione delle sperienze. Si può dire che la cattedra aveasi una tenue frazione del tempo accordalo alle altre sue occupazioni; che tutto il resto della giornata era sacro a nuovi studii, a nuovi esperimenti, non posto a calcolo quanto veniva operando per servire alle pubbliche commissioni ed inchieste, ch'eran molto frequenti. A titolo di brevità offriremo il catalogo delle sue Opere, le quali sono certamente un parlante prospetto di un profondo sapere e di una instancabile operosità. Fra quelle che andremo notando evvi il Ti-attato elementare di Chimica generale teorica e pratica: ma per isventura non offre che la prima Parte. Le altre due non sono pel pubblico che un desi- derio. Dura morte lo colse quando appena avea posta l'ultima mano alla se- conda, e raccolti ia gran parte i materiali che doveano servire alla terza. E grandissima sventura che sia mancato alla scienza nella fresca età di 49 anni. Chi sa fin dove sua mercè sarebbe giunta! Ad una somma perizia, ad un talento' eminentemente osservatore accoppiava un affetto che giungeva all'entu- siasmo; e sono appunto l'entusiasmo e l'amore donde vengono i voli più felici dell'ingegno umano, voli ai quali dobbiamo i progressi e la prosperità delle scienze. E prova non equivoca che la scienza del nostro Melandri avesse a com- pagno l'amore più intenso ce l'offrono la sua malferma salute da un canto, e l'agiata situazione in cui era dall'altro. L'una chiedeva un riposo sollecito; l'ai- tra il provvedeva dei mezzi per goderlo nella maggiore pienezza. Oltre il patri- monio della moglie (la Contessa Carburi), molto avea da un zio paterno testé ereditato; ma non volle saperne di riposi, e mancò di morte quasi diremmo istan- tanea il 22 Febbrajo del 1833. Fu di costumi illibali, di un carattere fermo e severo. Per essere la delizia di tutti ci volea più di affabilità nelle forme sociali, meu di rigore nel giudicare delle cose e degli uomini, più di urbanità uell' op- porsi alle altrui opinioni. Il Caldani parlò di lui nel giorno delle esequie solen- ni; il Gianelli in una Sessione della nostra Accademia; il Vaccolini in un lungo Articolo che sta nel secondo Volume della Biografia dei cosi delti Illustri Ita- liani. Le Opere del Melandri, che abbiamo edile e inedite, sono le seguenti. 1.° Sul modo di ottenere il mercurio dolce della maggior perfezione e colla maggior economia. Milano 1805. 2.° Analisi chimica delle radici di cariofilata e di colchico autunnale . con alcune ricerche analitiche sulT uva orsina. Pavia 1805. Negli esperimenti e nei relativi risultati , di cui parlano le due accennate Memorie, ebbe a compagno il farmacista Moretti, come di sopra si è detto. 3.° Sui muriati di mercurio detti insolubili.) e sulle differenze loro. Pa- dova 1806, nel Voi. XIV. del Giornale da Rio. A.° Analisi chimica dell'atropa belladonna. Ivi, Voi. XIX. 5.° Analisi chbnica della materia prodotta dal grano-turco nella ma- lattia delle golpe. Nel Voi. X. della Biblioteca di campagna. 3Iilano 1 807. 6.° Elementi di Chimica generale. Voi. II. Padova 1819-20. 7.° Esperimenti sulla conversione dell' amido in zucchero. Nel Giornale del Brenta, Fase. XXVIII. 8.° Memoria sopra Panalisi chimica di un calcolo singolare. Milano 1815, nel Giornale Brugnatelli, Voi. Vili. 9.° Riflessioni sopra le combinazioni delle basi salificabili coli acido sol- foroso, idrogeno solforato e collo zolfo, ed esame analitico di un solfito idro- solfuro solforato di barite. Ivi, pag. 25. 10.° Osservazioni sopra Fadipocera dei vegetabili, e sulla natura dell' es-. senza di rose. Ivi, Voi. IX., 1816. 11.° Sul nichel. Memoria inserita nei Nuovi Saggi dell'Accademia di Pa- dova, Voi. I., 1817. 12.° Osservazioni elàmiche sui rapporti della fibrina animale col con- cino, su di una nuova maniera d'ottenere Facido gallico, e sull'analisi delle XXII sostanze astringenti. Memoria letta all'Accademia di Padova uell' Aprile del- l'anno 1821. 1 3.° Intorno alla comune maniera con cui suolsi considerare il peso dei corpi, e sulle correzioni da farsi al modo di determinare la gravita specifica dei solidi e dei liquidi. Memoria Iella alla stessa Accademia l'anno 1824. 1 1\.° Sopra il sangue di drago del commercio, e sopra di una nuova so- stanza contenuta in questa droga genuina. Nel \ol. 11. dei Nuovi Saggi del- l'Accademia, 1825. 15.° Descrizione ed uso di un gazometro a mercurio, atto a dare una pili esatta misura dei gas. Ivi. 1G.° Trattato elementare di Chimica generale e particolare, teorica e pratica. Voi. I. Padova 1826. 1T.° Nuove ricerche fisico- chimiche ed analisi delle acque minerali di Recoaro, e delle acque di Staro e di Civillina. Padova 1830. 1 8.° Del calcare modificato di Recoaro, detto Dolomite del Tura. Negli Annali delle Scienze del Regno Lombardo -Venelo, 1831. 19.° Analisi apologetica della teorica dei sali ad acido idrogenato, in confronto della nuova dottrina dei sali aloidi e dei sali amfidi non ossige- nati, proposta dal sig. Berzelius. Ivi. 20.° Memoria per servire alla storia della silice considerata come un acido. Nel Voi. III. dei Nuovi Saggi dell'Accademia di Padova, 1831. 21.° Metodo di preservare le fodere di rame delle navi dalla corrosio- ne , preceduto da esami ed analisi chimiche istituite sopra pezzi di Jodera di rame rapidamente corrosa dalle acque del mare. Negli Annali delle Scien- ze del Regno Lombardo- Veneto, 1832. III. Non sempre è dato alle Accademie di annoverare fra' suoi degli uomini som- mi. Forse non istà male che nei convegni lelterarii e scientifici v'abbia quella graduazione di talenti che scorgiamo negli ordini varii della civile società, per- chè v'hanno gli studii dell'accuratezza e della pazienza, che non sono per le anime tutte energia, tutte fuoco: come nelle sociali mansioni ve n'ha di quelle che meglio si alteniprano alla mediocrità. Mediocri furono i voli del Socio Ab. Gregorio Quaini: le Memorie a quando a quando prodotte ne resero non equi- voca testimonianza. 3Iostrarono per altro che il loro autore non era di utili co- o-uizioni sfornito. Lesse encomiatore dei fiori, spaziò pei campi di Marte, in certa cuisa fra le delizie e sVi orrori della vita umana diviso. Nato in A'^enezia da ci- vile famiglia, indossò l'abito di Monaco Camaldolese in S. Michele di Murano. Sostenne fra' suoi varil uffizii, e fu promosso al posto di Bibliotecario. Sortito dal chiostro, non già perchè gli fallisse la vocazione, ma perchè a que' giorni si era intimata la guerra anche al ceaobii, si riparò a Padova. Qual vita vi tenesse non sarebbe così facile il dirlo. Di rado il vedevi lungo le vie, mal ne' pubblici o privati convegni; cioè gli piacque seguire il vecchio consiglio: obscurus c/i'e. Morì d'infiammazione di petto l'anno 1834. IV. Il Prof. Luigi Arduino suona caro all'orecchio di quanti il conobbero, per- chè, oltre le vaste cognizioni relative all'Agraria, aveva un'anima eralnente- mente temprata a bontà. Figlio di Pietro Arduino, cui la nostra Università deve la creazione dell'Orto Agrario, e le prime lezioni di quella scienza preziosa, che è vera e solida base della ricchezza e prosperità degli Stati; nipote di Giovanni, non meno rispettabile nelle scienze naturali; non è difficile a vedersi ch'egli pu- re onorasse sé stesso mostrandosi degno di salire la cattedra del genitore, coperta con tanto merito pel non breve periodo d'anni quaranta. Ed ebbero a convin- cersi che gli stava assai bene quel posto 1 molli che udirono la sua Prolusion», recitata 11 26 Febbrajo del 1807. Il tèma, e il modo con cui si fece a trattarlo, l'additarono veterano nella scienza che doveva insegnare. Parlò dell'eccellenza, dell'Importanza e della condizione politica, fisica e morale dell'agricoltura, e ne parlò con molto senno. Non è quindi a stupire che il cessato Regno d'Italia tal- ora gli chiedesse conto dello slato in cui era la coltura dei campi delle nostre Provincie, tal' altra volesse il suo parere Intorno al boschi. Venne pure consul- talo Intorno alle misure da prendersi per provvedere alla maggiore utilità dello Stabilimento affidatogli e della scienza professata. A tutto acconciamente rispo- se, come depongono le informazioni' rinvenute fra 1 suoi manoscritti. Ma la più solenne e la più sicura guarentigia ch'el diede d'uno studio incessante, di ve- der molto addentro nella scienza professata, furono le Opere pubblicate. Tali una Memoria botanico - georgica sopra la coltura e gli usi economici dell' u'.'ena altissima,^ una Dissertazione intorno la proprietà e gli usi del Solanum Gui- nense, uà Istruzione sulla maniera più. semplice e più utile di governare le api, una Lettera a Giovanni Teodoro Gottlob Frensel relativa alla coltura XXIV ed agli usi del frumentone americano , ossia maiz. Quella del Solanum Gni- nense merita una speciale menzione , giacché l'Arduino, vie più innollrandosi neir argomento , eslese alla pratica quanto teoricamente avea detto, avvisando che dalle frutta ossia dalle bacche di quella pianta aver si potessero degli ottimi colori, utili all'arte tintoria, nonché alla pittura. Né andarono fallite le sue con- getture : che, a prezzo di alcuni ingegnosi processi, gli riesci di trarne una lacca violacea bellissima, un rosso vivace, un verde carico, un turchino per nulla in- feriore a quello che abbiamo dall'indaco delle Indie e di Berlino. Ma volle con- durre alquanto più innanzi la cosa. Fece tingere alcune oncie di seta, e n'ebbe tinte lucide e vivacissime: e giovandosi di quei risultati soddisfacenti, ordinò un ricamo vaghissimo, che presentò ossequioso alla Maestà di Fhakcesco I. come saggio della sua felice scoperta. Il Sovrano disse parole di conforto pel Profes- sore, e gli mostrò il suo aggradimento con una pensione che conservata gli ven- ne anche quando cessò dalla cattedra. Pare che la natura gli avesse accordata una speciale attitudine per esplorare i suoi secreti col mezzo degli esperimenti. Il Dominatore della Francia avea dichiarato i porti d'Europa in istato di blocco, onde impedire agi' Inglesi la vendita dei generi coloniali nel Continente. 3Ia vi era mestieri di opportune sostituzioni, precipuamente pel zucchero, divenuto pei molti usi, e per un'abitudine inveterata, quasi oggetto di prima necessità. L'in- gegno posto alle prove acuì, anzi tormentò sé slesso, onde riescirvi alla meglio. Fu tentata la barbabietola, indi Folco di Caffreria. Parve che questo desse maggio- ri risultamenli; e quindi sorsero alcune Società anonime che si accinsero all'im- presa. Anche Padova ebbe la sua. Il Melandri n'era, per così dire, alla testa. Bla la qualità e la quantità dello zucchero estratto non riescivano, almeno per quello che se ne diceva a que' giorni , le più soddisfacenti. La granitura e la dolcezza erano di molto inferiori a quello delle Colonie, e occorreva venderlo a prezzo un po' alto, perchè la società ci trovasse il suo conto. L'Arduino da sé solo, guidato da un certo ingenito accorgimento, s'ebbe un zucchero emulo di quello delle In- die, e lo ebbe con un processo assai più facile e pronto. La Società non igno- rava il fatto, e pareva che fosse del suo interesse l'invitarlo ad unirsi: ma non lo associò alla sua impresa. La causa fu sempre, e fer noi e per gli altri, un vero mistero. Dì questa tacila esclusione ne facea le maraviglie M."^ Mejan, Valter ego del Principe Eugenio. Sino dal campo di Lipsia, correndo il Marzo del 1813, scriveva ad un suo caro di questa città: Entre nous ^ ce qui nia//lige. et me paroit méme inexplicable. e est de navoir pas encor i'u le nom de M. Ar~ XXT duino sur la Uste des intéressés.T espère bien que cette inconvenance, pour ne pas dire cette injustice, sera incessamment réparée. Fait agréer,je i'ous prie, a M.' Arduino mes fclicitations pour les succès deja obtenus, et mes voeux pour tous ceux quii lui est reserve d^obtenir encore. Bla l'Arduino con molta virtù lasciava andare le cose a loro modo, contento di veder coronati i suoi ten- tativi dall'esito il più soddisfacente. Giunto all'età del riposo, chiese di ristarsi dall' insegnamento. I suoi voti furono dalla Sovrana Clemenza incontanente esauditi. L'anno 1834 fu l'ultimo della sua mortale carriera. Ma sopravvisse e sopravviverà a sé stesso qua! uomo rispettabile pel suo sapere, per l'innocenza dei costumi, per candore di animo, per soavità di maniere. V. Varago, piccola terra del Trivigiano, fu la patria di Jacopo Bonfadiui. Nac- que .1 di 29 Gennajo del 1771. Mediocri erano le fortune de'snoi genitori: ma l'animo non tapino, ove si trattò della educazione di un giovanetto d'ingeono assa. agile e pronto. Morto il padre, la genitrice non per questo ritrasse il gio- vanetto dall'incominciato cammino; anzi, perchè fosse più a seconda de' suoi caldi voti, invocò l'opera del Seminario di Trevigi, dove il suo Jacopo attese alle Lettere amene ed alla Filosofia con tanto amore, che divenne la delizia de' SUOI institmori. Fra gli studii filosofici le Jlatematiche godettero la preferenza. Quindi è che, appena uscito, invocò l'assistenza di Francesco Amalteo. Fu pie- nissima; e l'allievo corrispose assai bene alle sollecitudini di nn precettore, in cima de' cui pensieri stava il profitto degli alunni, non già l'interesse. Deciso di abbracciare lo stato ecclesiastico si rivolse alle scienze sacre, tanto necessarie ad un uomo di Chiesa. Quindi si recò all'Università di Padova per appararvi Ja Teologia, e conseguire la laurea. Ripatriato, e giunto al sacerdozio, ritornò d. buon grado alle sue Blatematiche, con animo di consecrarvi tutta la vita. Bla il censo alquanto ristretto da un canto, le istanze pressanti di un'illustre fami- glia dall'altro, perchè assumesse l'educazione di un unico figlio, gì' involarono gran parte di quel tempo che tutto volea pe' suoi carissimi studii. Saggio pre- cettore, all'istruzione teorica volle associare il pratico insegnamento! quindi col dolce alunno visitò parecchie regioni, e fece che leggesse negli uomini il gran hbro dell'uomo. Lasciato l'allievo colla coscienza di non aver tradito il suo ministero, e ridotto a condizione men disagiata , sperava di poter vivere a se, o più presto a'suoi calcoli favoriti. Né s'ingannò sulle prime; che s'ebbe XXVI l'agio di scrivere uua dotta Dissertazione, iu cui sottomise a severissiiuo esa- me uua formula del celebre d'Alembert; nonché di pubblicare una nuova e in- gegnosa dimostrazione del Vette. Ed era a prezzo della libertà consentitagli dal nuovo tenore di vita, che stava ponendo in bell'ordine molte Memorie di Gior- dano Riccali, per farle di pubblica ragione. Ma quell'ozio non era che il pre- cursore di mille svariate occupazioni. Eretto a Trevigi il Liceo , lo si elesse a Professore dell'analisi delle idee. E come una cattedra fosse lievissimo inca- rico, lo si avvolse fra mille brighe, tutte onorevoli, ma tutte intese a interdirgli qualunque studio di sua elezione. E lievissimo non era per un Bonfadlni, cui stava tanto a cuore il proprio decoro, il profitto dei giovanetti: lasciava ai mer- cenarii la sfrontatezza di accordare le sole ore della lezione all'insegnamento loro affidato. Tutta la colpa di così pesanti e svariate destinazioni se l'ebbe la non equivoca fama de' suoi talenti, della sua integrità. Diffatti nel breve giro di pochi anni gli venne ingiunto di prestarsi pel grave argomento delle acque e strade di lutto il Trivlgiano; di essere uno fra i giudici dei lavori dall'industria nazionale esibiti pel concorso ai grandi premij; di esaminare le investiture delle acque derivate, per la irrigazione; di stendere un prospetto ragionato di tutti i capolavori delle Arti Belle esistenti presso le Case religiose soppresse , colla giunta di un catalogo ragionato del libri più rari e pregevoli che decoravano le librerie di quei cenobii. L'anno 1815 segnò un'epoca di quiete, ardentemente dal buon Jacopo de- siderata. Cessato il Liceo di Trevigi , fu eletto a Professore provvisorio di Filo- sofia teorica nell' Università di Padova. Da poi dovette associarvi la pratica , os- sia la morale ; e per ultima giunta dare alcune lezioni intorno alla storia della Filosofia. Già s'intende, che senza nuovi esperimenti dall'Imperatore France- sco L, di gloriosa memoria, venne sanzionata la elezione interinale dell'Ec- celso Governo di Venezia. Il Bonfadini non era uomo da concorsi. La nostra Accademia lo annoverò fra i suol Membri attivi; e se non prese abbaglio ri- guardo al merito del nuovo Socio, non ebbe a rimproverarsi uua scelta meno opportuna al suo interesse. L'assistere alle Tornate era per lui un dover sacro; leggere quando gli era prescritto, una legge inviolabile. Ond'è che meritò d'es- sere Direttore della classe cui apparteneva , e di fare le parti di Presidente die- tro il volo unanime degli Accademici, Fra le Memorie che lesse, merita speziale rimembranza quella che porta il titolo Sulla critica della ragione pura di Kant, già Inserita nel terzo Volume dei Nuovi Saggi Accademici. Meritava di vedere la pubblica luce anche l'altra iotitolata Memoria intorno t indole e la natura delle umane cognizioni, e i fondamenti ai quali s' appoggiano. Non sapremmo come e perchè se uè sia rimasta inedita nell'archivio dell'Accademia. Per conto della Università, s'ebbe il sommo tributo di estimazione de' suoi Gol- leghi, che nel 1833 lo elessero a Rettore Magnifico. Il suo reggimento fu as- sennato, tranquillo. 11 cuore era il suo consigliere, e con un cuore veramente aureo crebbe nella opinione di quanti ebbero parte nella sua elezione. Quanto agli alunni, n'era amato teneramente. In quell'anno dovette proludere agli stu- dil della Università. La Prolusione fu dotta, tenera, commovente, e il tèma parve il ritratto dell'oratore; parlò intorno al dovere di perfezionare sé stesso. Una lunga e penosa malattia di petto lo trasse dopo due anni al sepolcro, la- sciando un desiderio vivissimo di un'assai più lunga esistenza non solo fra i suoi Colleghi, ma in tutti i ceti della Città, che, giusta, in lui riveriva il dotto senza millanteria, il probo senza ostentazione. ^^' Il nome di Daniele Francesconi desta ne' suoi amici e couoscenli l'idea di un uomo di molto ingegno e di una potente memoria. E sommo nell'arringo delle Lettere e delle Scienze sarebbe riuscito, se, meno vario per soverchia avi- dità di sapere, circoscritto si fosse a que' rami per cui aveasi più di attitudine. Tutti abbiamo la nostra vocazione col nascere : e se ognuno vi prestasse docile e facile orecchio , migliori sarebbero i servigi che render potremmo alla gran famiglia sociale, di cui siam parte. Il di 1.° Marzo del 1761 fu il primo in cui cominciò a respirare l'aura vitale. Ebbe a genitori Lorenzo ed Elisabetta So- letti; la patria fu Belvedere di Cardignauo, Provincia di Trevigi. 11 padre era amministratore di un largo feudo della famiglia Mocenigo di S. Eustachio in Venezia. Fra le mura domestiche apprese i primi elementi delle Lettere; prose- guì gli studii nel Seminario di Padova, in quel Seminario che allora a buon diritto godeva una fama veramente europea. Ebbe molti emuli fra i suoi Colleghi, ma uiuuo potè contrastargli o dividere la palma di maggioranza. Nell'età di soli di- ciott'anni potè sostener con onore pubbliche tesi di Diritto civile e canonico ; e di ventuno era Dottore in entrambe le Leggi. Si decise per la carriera ecclesia- stica, e nel 1785 venne promosso al Sacerdozio. La fama avea cominciato a parlare di lui nelle forme più vantaggiose, e fu a prezzo di quella dispensiere della lode e del biasimo che la famiglia Barbarigo il volle a tutto costo precet- XXVIII tore dell'unico figlio Giovanni. Non fra le pareti avite, ma in Padova, iu appo- sita abitazione, il Francesconi, pel corso di dieci anni interi, esercitò il suo ma- gistero: all'è quanto a dire un magistero libero, al coperto di quei cieco amore dei genitori, che troppo sovente guasta l'opera, e avvelena la migliore istitu- zione dei giovanetti. In quel decennio il nostro Daniele studiò a tutta possa ; studiò per l'alunno, studiò molto per sé. La nostra xVccadeniia , cui assai per tempo appartenne, ne coglieva 1 frutti; e se non sempre potea far plauso ai tèmi delle Memorie che andava leggendo, sempre avea donde ammirare l'ingegno. A que' giorni era stato eletto a Maestro di Geometria e di Fisica nel Collegio di S. Marco dai Riformatori dello Studio di Padova: ma, occupato abbastanza del giovine allievo, de' suoi studii geniali, ritenne il titolo e lo stipendio, affidando all'Avanzini, indi al Mauiago le parti di Supplenti. In quel torno vi avea qual- che dì, vario com'era, in cui si avvisava di corteggiare le Muse; ma non gli fe- cero mai buona cera: e noi siamo d'avviso che, iniziando il suo giovanetto nella poesia, la coscienza gli dovesse fare una specie di legge di dichiarargli: Fungar vice cotis, reddere quae ferruin valete exors ipsa secandi. Appena terminata l'educazione del Barbarigo, venne astretto ad assumere quella di Leonardo Pe- saro, a condizione di andarsene a Roma, perchè il padre era stato eletto dalla RepubbHca Ambasciatore a quella Corte. Ad uu uomo avido di veder molto, di estendere le sue relazioni coi più famigerati nelle Scienze e nelle Belle Arti di quella stagione, assai piacque l'invito. Appena giunto, strinse amicizia coi Vi- sconti, coi Canova, coi Borgia, con quanti primeggiavano per dovizia di cogni- zioni; né andò guari che potè vantare qualche contezza di una città solo eguale a sé slessa in fatto di monumenti antichi e moderni. L'Arcadia lo annoverò fra' suoi Membri: e ben presto la intrattenne co' versi, ma più opportunamente con qualche Memoria di erudizione e di critica. Lesse da prima , e pretese di dimo- strare che il crivello e lo specchio delle Vestali erano uno stesso arnese; e qualche tempo dopo offri uno scritto intorno alla spiegazione della velocità della luce nel sistema Newtoniano. Quel magistero durò un solo biennio, per- chè il povero alunno, colpito da febbre migliare, perì nell'aurora della sua vita. In piena balia di sé stesso, standosene per due anni a Roma, non peusò che a far tesoro di libri, di cognizioni, a vie più conversare coi dotti, dai quali era ri- "^uardato con occhio di speziale amicizia e di non equivoca estimazione. Le armi Francesi erau di già penetrate nello Stato Pontificio, e la Capitale condannata alla trista sorte delle soggette Provincie. Gl'Istituti religiosi, più d'ogni altro celo, provarono le triste conseguenze di quella metamorfosi politica; donde la dispersione di quanto aveavi di più prezioso iu fatto di Belle Arti e di Biblio- teche. Il Francesconi, forse più che il comportasse il suo stalo, fece grandiosi acquisti; e ricco di quei veri tesori, passò a Firenze, vi s'intrattenne per lunga pezza, anche là vivendo cogli uomini più ragguardevoli, e leggendo a quelle Accademie alcune Dissertazioni di vario téma. Meritò molti applausi quella che • lesse intorno ad una lettera di Raffaello di Urbino, dalla corrente degli eruditi attribuita a Baldassar Castiglione. Cosi persuadenti riusciron le prove, che i più difficili nell'arte critica non ebbero difficoltà di asserire che il Francesconi avea convertite le congetture in una vera dimostrazione. Quel suo lavoro vide tosto la luce, e fu diretto al Cav. Angelo d'Elei, all'autore di quelle Satire che i leg- gitori trovarono, se non più oscure, almeno alquanto ricche di misteriose allu- sioni da non cederla a quelle di Persio. Alla metà dell'anno 1800 pensò di ritornarsene a Padova. A quell'epoca l'Austria, in vigore del Trattalo di Campo Formio, avea coperte le Provincie Ve- nete sino all'Adige. Veneratore del nuovo ordine di cose , e solo occupato dei suoi privati pacifici studii, si diede alla illustrazione di una umetta lavorata d'oro, e di altri metalli all' ^4 gemina colla iscrizione : Paulus Ageminius Ja- ciebat. Ne fece lettura alla nostra Accademia, da poi la pubblicò colla stampa dirigendola all' Eminentissimo Borgia. Fu suo intendimento di provare, se non più, secondo i calcoli della probabilità, che quel lavoro fosse slato eseguito a Ve- nezia, e non altrimenti a Milano, e che l'artefice Paulus Ageminius appartenesse alla Capitale dei Veneti, non a quella degl'Insubri. L'Ab. Boni, cui piaceva an- dare a ritroso di quanto sentivano ed opinavano gli altri, si mostrò di opposta sentenza; magli eruditi stettero pel Francesconi, sopra tutti il Cicognara nella sua Storia della Scultura, il quale ritenne che quell'urnetta fosse di un artefice Veneto, Paolo nomalo, e che pel lavoro eseguito con tanto merito prendesse il soprannome di Azzemino. Lasciala al Boni la facoltà di pensare come meglio gli talentava, il Francesconi era tutto inteso a stendere ora questa ed or quella Me- moria, tutte spettanti a quella Fisica che allora formava le sue delizie, ponendone a parte la nostra Accademia nelle consuete Sessioni. Ma ciò che più stavagli a cuore era l'argomento delleybrse vive', con animo di difendere le opinioni del- l' antico suo precettore Pietro Zuiiani, già Professore in questa Università. Altri insorse per mostrare l'inutilità di quella quistione : era questi l'Ab. Angelo Zeu- drini. L'affare si arrestò a mezzo il cammino; e dovea iu fallo arrestarsi, perchè, XXX quanto all' effetto e alla pratica, non avea la più lieve importanza. Ignoriamo il movente: ma è pur di fallo che nel 1804. mentre stavasi tutto inteso a replicare gli esperimenti intorno alle forze vive, lasciò Padova per recarsi a Parigi, dove rivide il suo caro Visconti, il matematico Prony, ed altri dotti di simil tempra. Forse il movente fu di consultare, oltre il celebre Prony , il non meuo celebre Biot sulla cjuistione posta in silenzio, però non obbliata : ma sia die quei Ma- tematici la sentissero collo Zendrini, sia ch'egli si convincesse non essere un battagliare incessante dicevole ai veri dotti, utile ai reali progressi delle scienze, dopo il suo viaggio non ne fece più molto veruno. Reduce da Parigi aspirò al posto di Bibliotecario della Università, e l'Im- peratore FiiANCESCO I. lo preferì a molli concorrenti. Era quello precisamente il suo posto per la copia di bibliografiche cognizioni: ma non era egli il migliore Bibliotecario, avuto riguardo all'ordine con cui deono essere tenuti i libri, agli indici ragionati delle materie e degli autori, indispensabili per satisfare in su l'istante alle inchieste degli studiosi, alle Opere viete da cambiarsi con quelle della giornata. In fallo di Bibliografia sapeva mollo per sé; ma non avea preso il partito di volgere il suo sapere a giovamento degli altri, e morì prima di pren- derlo. Il successore, l'Abate Fortunato Federici, più operoso e più temprato a quanto sa di un acconcio sistema bibliografico, vi provvedere; anzi a quest'ora \i ha provveduto con molla solerzia. Le Provincie Venete, divenute nel 1800 parte del Regno Italiano, furono pel Francesconi un'epoca d'assai lusinghiera. Nolo pe' suoi talenti, per le Opere date alla pubblica luce, fu accarezzato in tutte le maniere da chi avea il supremo potere delle cose. Ritenuto il posto di Bibliotecario, fu eletto a Professore di Storia e Diplomazia; cattedra alla quale fu assai presto sostituita l'altra del Codice Napoleone raffrontato col Diritto Ro- mano. Riesci in entrambi gT insegnamenti , ma dal canto della erudizione: la- sciava negli alunni e negli uditori il desiderio di un miglior ordine e di più utili inlertenimenti. Le digressioni si arrogavano gran parte della istruzione, e le idee accessorie leneano il luogo delle principali, cioè a dir della scienza. Queste promozioni non furono che un saggio delle molte che seguiron da poi. S'ebbe la elezione a Segretario del Reale Istituto Italiano per la Sezione di Padova, alla quale tenne dietro l'altra di Socio Onorario di quel ceto ragguardevole. Fu delegato alla scelta delle carte esistenti negli archivii passati al Demanio per la soppressione delle Corporazioni laiche e religiose del Padovano; lo si volle a Consultore intorno a parecchi progetti di riforma degli studii legali; gli si diede XXXI l'incarico Ji esaminare gli aspiranti alle cattedre de' Licei , nonché l'altro (l'Ispettore per tener l' occhio suil' insegnamento dei maestri, e sul profitto de- gli studenti che frequentavano quelle scuole, col sacro dovere di ragguagliare il Ministero della pubblica istruzione. Larghi compensi erano il frutto di tante destinazioni; e chi, solito ad occuparsi de' fatti altrui, tenea dietro al France- sconi, li fece ascendere a parecchie migliaja di franchi all'anno: quindi quel- l'alto stupire che, cangiate in progresso le cose, fosse ridotto ad una condizione assai poco agiata. ]\Ia avrebbe cessato da ogni stupore, anzi non sarebbero nep- pur cominciate le maraviglie, se posta niente a quell'animo veramente benefico, tutto di tutti, sempre inteso ad incoraggiare i cultori delle arti del Bello, ad ani- mare l'industria, a provveder di lavori molti artieri, e taluno di pane, a soccor- rere con diuturne e assai di sovente generose llmoslne molti infelici, segno ma- ligno d'avversa fortuna, si fosse convinto che nulla potea serbare per sé chi tutto avea consacrato all'altrui alleviamento. Chi conta un diritto alla lode.' Quegli che muore dovizioso, e lascia agli altri perchè nulla può recar seco; o chi chiude gli occhi alla luce in istato quasi di povertà, perchè fu largo coli' in- digenza del suo patrimonio? La risposta, senza equivoco, è tutta a scapito di chi lascia un pingue retaggio. Aggiungi, che non tenui furou le somme, come non ha guari notammo, impiegate nell'acquisto di libri, di stampe, che da poi o donava ai giovani di liete speranze e di limitate fortune, o vendeva a buon patto, perchè 1 propensi allo studio, scorati dall'altezza del prezzo, non abban- donassero il pensiere di farne tesoro. Avvolto fra tante cure non obbliò la sua cara Accademia; e nel periodo di quatlr'anni, cioè dal 1807 al 1811, vi lesse cinque dotte Memorie. La prima, Sopra la questione della conservazione della quantità del moto jiell" urto; la seconda. Sulla teoria delle impressioni, ossia resistenze dei solidi; la terza, un Prodromo di una teoria della resistenza dei corpi molli; la quarta, la Spiega- zione d'un passo di Timeo da Locri; la quinta, una Giunta d osservazioni intorno a Raffaello di Urbino. Dal 1813 sino al 1819 il veggiamo a Milano, e il veggiamo attesi i politici avvenimenti che cangiarono faccia allo stato politico delle Provincie della Lombardia e di Venezia. Andato nel 1813 a quella Capi- tale per render conto al Ministero della pubblica istruzione delle visite fatte a' Li- cei, si trovò nella necessità, attese le armate che impedivano il passo, di starsene a piede fermo; e per una specie di legge d'inerzia, figlia d'un cerio stoicismo a lui non islraniero, non ritornò quando potea ritornare, e il poteva assai prima. SXXII L'Islitulo.j iu luogo della nostra Accademia, udì alcune Dissertazioni in parte di nuovo conio, in parte ritoccate e meglio condotte. Ritornato, riebbe il posto di Bibliotecario; non già la cattedra, perchè disposta, e perchè adottata dall'Au- stria la saggia massima, che gl'impieghi abbiano ad estendersi, non già a con- centrarsi, onde al possibile maggior numero dei cittadini siano aperte le fonti di un'onorata esistenza. L'Accademia, a tenore del praticato, se '1 vide frequente nell'intervento, instancabile quanto alle letture. Per tacere delle molle, ricorde- remo la Memoria sulla velocità degli elastri, molto encomiata; e l'altra in cui mostrò che al Galileo era dovuto il merito della scoperta intorno alla teoria della percossa , scoperta che a torto Giovanni BernouUi vantata avea come sua. Pas- sionato per le Belle Arti, fatti avea molti studii intorno al Mantegna, con animo di pubblicarne la Vita accompagnata dai disegui delle opere più insigni di quel classico artista; disegni già incisi, pronti all'impressione. Ma tutto si ridusse a voli, a preparazioni; né v'ha di un argomento lauto importante che un Elogio appena sbozzato, letto nel 1818 all'Accademia di Belle Arti in Venezia, ma non reso di pubblica ragione, perchè l'autore no '1 trovò degno della stampa. Per sedici anni, che tanti decorsero dal suo ritorno fino all'epoca infausta della morte , fece lieta questa Città con quel suo conversare , quanto dotto ed erudito, altrettanto ameno e festivo. Nelle vacanze autunnali del 1835 erasi re- cato a Venezia per rivedere gli amici. Li rivide; ma fra pochissimi giorni al fato estremo soggiacque. Un terribile accesso di apoplessia lo colpì la mattina del 27 Novembre: all'una pomeridiana non era più fra i viventi. Non è a dirsi quanto amara sia riescila la perdita di un uomo tanto prezioso. Frutto di quell'amarez- za furono le querele di alcuni, che dalla Università, cui un giorno appartenne come Professore, ed apparteneva al momento in cui chiuse gli occhi alla luce come Bibliotecario, non siasi reso un qualche uffizio pietoso; e laddove i meu chiari s'ebbero l'onore di solenni esequie, di elogi funebri, di lui fatta non siasi parola veruna. La tenera amicizia del successore riparò iu parte quel torto con una Biografia alquanto accurata, che vide la luce coi tipi del Plet, e venne poi inserita nel terzo Volume della Biografia degl'illustri Italiani. Ne di ciò con- tento, associato ad altro amico e vero estimatore del Francesconi, volle che una lapida slesse nel chiostro esterno del Santo, nunzia a perpetuità di un uomo, il cui sapere, le cui doli saranno in grandissimo pregio finché l'egoismo e la bar- barie, lo che non avverrà mai certamente, non abbiano scettro ed impero. XXXIII VII. Giovaa Battista ZanJouella ebbe comune la patria con Tiziano Vecelii, non comune la celebrità; che a pochi è concesso di salire in tanta uomiuanza. qual- unque sia la carriera che si avvisano di battere: nullameno fu uomo die non istelle fra i limiti della più ristretta mediocrità. Nel dì 21 Dicembre del 1767 aprì gli occhi alla luce, trovando la famiglia già fatta sicura di successione, at- tesi parecchi fratelli che Tavean preceduto. Grandicello, e iustituito fra le mura paterne nei consueti primi elementi, passò al Seminario di Udine, dove apprese le umane Lettere, e dove studiò quella Filosofia ch'era iusegnata dai precettori di un Istituto che non venne mai annoverato fra i migliori delle Diocesi Ve- nete. Ivi prese l'abito chericale, ivi ordinato Sacerdote. Amore di studio lo con- sigliò a recarsi a Padova per appararvi Giurisprudenza; e dopo il solito corso amò di essere dichiarato Dottore io entrambe le Leggi. Tutto operosità, tutto vita, bramò di sostituire alle parti di allievo quelle di precettore, anche col plau- sibile intendimento di guardarsi dall'ozio, a lutti funesto, ai giovani funestissi- mo. Preferì il Seminario di Ceneda. Da prima occupò la cattedra di Filosofia , da poi si diede alle Scienze sacre, e la Teologia dogmatica fu il subbietto delle sue lezioni finché stette in quel sacro asilo. I Licei instituiti dalla nuova Domi- nazione Italiana furono per lui una specie d'invilo: aspirò a qualche cattedra nell'uno o nell'altro, e conseguì quella dell'Analisi delle idee a Belluno. La sua dimora ebbe a limite la durata di quello scientifico stabilimento ; cioè vi stette sino al 1814, epoca in cui venne a cessare. Gli sludii sacri, ristabiliti nella Uni- versità di Padova dietro un nuovo ordine di cose, gì' inspirarono la lusinga di essere credulo a portata di consacrarsi all'insegnamento di un qualche ramo. Le sue speranze non andarono a vuoto. Venne eletto a Professore provvisorio di Storia ecclesiastica; elezione che dopo un biennio si cangiò in permanente, dietro Decreto di Sua Maestà Francesco I. Piacquero le sue lezioni per copia di erudizione; non piacquero dal canto della critica, dell'ordine e della chiarezza. Ricco di cognizioni per incessante lettura, non atto ad infrenare le idee, a disporle come meglio conveniva per la nitidezza desiderata, l'insegnamento dovea riescire alquanto indigesto e intral- ciato. Fruito di quel leggere assiduo furono alcune sue produzioni, in parte re- lative allo svariato suo magistero, in parte figlie della elezione e del genio. Spet- tano alla prima classe alcune Prolusioni intorno all'Analisi delle idee, alla Filo- sofia morale, alla Instlluzioae de' Licei; tutte e tre recitate a Belluno. Appar- teugoDo alla seconda gli Elogi di Tiziano, di Francesco Pesaro, di Bacone da Verularaio. Si notò dagli uditori man facili, che nelle Prolusioni niente disse di nuovo: ed i leggitori più discreti furono d'avviso che gli Elogi non dovessero comparire alla luce, perchè Bacone e Tiziano erano stati lodati da tanti, e più da sé stessi nelle Opere loro immortali; e il Pesaro, senza nulla togliere al pub- blico, potea continuare a starsene in pace dormendo il sonno del sepolcro. Par- vero più degne della slampa le due Blemorie, l'una delle quali ha per titolo Lo studio dell' uomo. ^ base della pubblica e privata felicità ; l'altra addita Come s'abbia a scrivere la vita degli uomini illustri, che sta nel terzo Volume dei Nuovi Saggi della nostra Accademia. Anche quando piacque destò per altro il desiderio di una maggiore purezza, nobiltà ed eleganza di lingua; desiderio a que' giorni lauto più vivo, quanto maggiore la brama di vederla purgata dalle passate sozzure di un gallicismo sfrontato, di un neologismo impudente. Mori per addoppiati accessi di gotta nel Gennajo del 1836, correndo il sessagesimo nono del viver suo. Illibati furono i costumi, candido il cuore, le maniere fran- che e disinvolte, urbano con tutti, amico di pochi, perchè memore di quell'au- rea sentenza: vulgare amici nomen, secl rara estfides. Vili. Correva molto tempo che il Professore Floriano Caldani era entrato nella classe dei Socii Emeriti quando fu rapito ai vivi. La quistione, se per indicare il magistero degli addetti alla Università usar si avesse il vocabolo di Dottore o di Professore, gettò il pomo della discordia. Stava il Caldani per la parola Dot- tore; l'avversario per la voce Professore. Alcuni si avvisarono che la ragione militasse per il Caldani; ma s'ebbe sempre il torto di abbandonare un ceto che non gli fu avaro di estimazione e di urbane maniere, perchè uno de' suoi Mem- bri non la volea sentire con lui. E a buon diritto teneasi in pregio, mentre as- siduo era l'intervento alle Sessioni, e degne di approvazione le Memorie che andava leggendo. Alcune stanno negli Atti dell'Accademia. Ma più che dalle Memorie accademiche egli ripetea la sua rinomanza dal posto di Professore. Nipote del celebre Leopoldo Caldani, da lui inslituito dopo il primo tirocinio ch'ebbe luogo in Bologna sua patria, non è meraviglia che tanto si addentrasse nella scienza anatomica da occupare il posto dello zio, ove gli anni accresciuti non gli avessero consentito di salire la cattedra. Ed era an- cor "iovane. appena avea conseguita la laurea, cLe fu in islato di prestare l'opera sua a quel Professore quando deliberò di dare al pubblico una splendida e ma- gnifica edizione di Tavole anatomiche, accompaguate da opportune Illustrazioni. Uscì dai tipi del Picolti; ed ebbe la maggiore accoglienza non solo iu Italia, ma in tutta l'Europa. Succeduto allo zio nell'insegnamento, corrispose alla pubblica espeltazioae. È vero clic la scieuza non gli andò debitrice del più picciolo pas- so: ma è pur vero che le rese preziosi servigli nella più accurata ed utile insli- tiizioue dei giovani che intervenivano alle sue Lezioni. Mai gli fallirono l'esattez- za, la chiarezza, la precisione; e, più che presentare, scolpiva nelle menti degli astanti quanto andava esponendo. Chi insegna, e non ha le doti del Caldani, presta un triste servigio. 0 riesce intralciato ed oscuro, percliè mal conosce la scienza: e studii, per non ricambiare con una turpe ignoranza una destinazione onorevole: o non sa riescir chiaro per avversa natura; e lasci ad altri 11 magi- stero. Alla sola Anatomia non si circoscriveano le sue cognizioni. Gli erano fa- miliari le lingue del Tebro e dell'Arno; forse più quella di questa. Scrivea però anche in italiano con qualche nitore ed eleganza; e ne abbiamo a garanti le sue Slemorie accademiche, e molto più le Orazioni funebri recitate sull'esanime spo- glia de' suoi Colleghi. Sopra tutto amava le iscrizioai. Legato in istretta amicizia col Professore Schiassi di Bologna , il volea sempre a giudice e consigliere ; né lasciava che si scolpissero, se di là non veniva l'approvazione. A questo amore dello stile lapidario deggiamo l'edizione delle Opere del Morcelli, eseguita con molta decenza dal Seminario di Padova pochi anni sono. Amava la musica , e ne conosceva le teoriche; giovane accordava qualche ora al gravicembalo. Per una certa legge di affinità, all'amore dell'armonia associava un qualche interes- samento per la pittura e per le stampe: le pareti della sua abitazione presenta- vano qualche tela di buona mano, e qualche carta di eccellente bulino. Avea libri in buon dato, in gran parte però dallo zio ereditati. Il tenore della sua vita spirava agiatezza e decenza. Frequenti erano i giorni di lieti conviti; l'eleganza e la squisitezza della tavola aveano a compagna la maggiore gentilezza verso i convitati. Non sempre tuttavia si ricordava di quanto era debitore a sé stesso ed agli altri. Uà certo umor acre, suo nemico implacabile, o più presto tiranno, talvolta gli ponea sulle labbra sensi poco dicevoli: donde rari, passaggieri , anzi appariscenti gli amici. La scienza può creare la estimazione; ma l'affetto muove soltanto dalle belle doti del cuore. E di estimazione molti e molti sii diedero non equivoche testimonianze, non escluse parecchie Accademie che lo acclama- rouo loro Socio. Ci limiteremo a qaoUa dei XL di Modena percliù pailiuni del GaKlaiii. uou delle Società letterarie e scieutifiche. Gli restava l' ambita distiii- zioue di Rettore Maguifico, e ranno 1835-36 cou pienezza di voti venuo esau- dito: auuo fatale, perchè fu l'ultimo della sua vita. Da molto tempo soffriva di vescica: ma ne fece sempre un mistero agli altri, sempre disprezzi il nemico, sordo a (jneir antico avvertimento: ixTfs Sipx-rsvs osxvtrov. Il Caldani cessò di vivere uou ancora compilo l'auuo sessaotesimoquarto. IX. Cari sono ì talenti che stampano orme di gloria uelle vie del sapere: ma più cari se ad ottimo cuore il più alto disprezzo conginngauo della pedanteria e dei pedanti: e sentendo di valer qualche cosa, s'abbiano la coscienza del molto clie ignorano. Di questa tempra fu il Socio emerito Luigi MabiI, delizia di quanti il conobbero. Degne di special conuncutario sarebbero le vicissitudini della sua vi- ta, tanto furono svariate e bizzarre : ma noi toccherem poche cose, perchè deg- giamo servire alla brevità voluta dall'indole delle Notizie biografiche che andia- mo olìereudo. e perchè in grau parte straniere a cotesta Accademia cui appar- tenne. Nacque a Parigi il 31 Agosto del 1752 da Giambattista e Francesca Pre- vest. Nella patria abbiani la ragione sufdcieute di quel suo variare incessante di cousigli e di dcslderii. di quel conversare giocoso tutto sali ed arguzie. Adole- scente veune colla famiglia in Italia, che fissò il suo domicilio a Cologna. La pri- ma educazione fu tutta della madre, douua assai colla; da poi di certo .\b. Guerra iu Moutaguana, uomo oou ultimo fra i buoni cultori dell'amena letteratura. I genitori, solita costumanza delle famiglie, divisarono di avviarlo per la professione dell'Avvocato: ma non avea la maggior vocazione. Comunque obbedì. Studiò Legge in Padova, prese la laurea, passò a Venezia per appararvi la pratica fo- rense sotto il celebre .Vvvocalo Santouiui. Si restituì a Cologna. cominciò a sostenere le ragioni di qualche cliente; ma un matrimonio vantaggioso lo pose ben presto iu istalo di abbandonare uua professione che assai poco audavagli a sangue. Diviso fra i libri, e la coltura dei poderi venutigli dal seguilo imeneo, jvissò trauquillameute alcun tempo. Se uou che. fatto ricco di cognizioni, sentì un bisogno di cangiar cielo, di soggiornare iu una città colla, auche per provve- dere alla educazione dei tìgli divenuti già grandicelli. Nella scelta ebbe Padova la preferenza; uè andò guari che potè noverare fra' suoi amici quanti vi aveano iu quella città commeudevoli per copia di lumi, per uiaggiorauza d' ingegno. La xxjcvii uoslra Accademia sollecita lo annoverò fra i Socii Corrispondenti, frullo di una leggiadra letlura sopra i Giardini inglesi, che cominciavano ad essere di moda anche in Italia. Si accostò ai più chiari Ottimali della Veneta Repulìhlica, con ani- mo di conseguir qualche cattedra ; ma i suoi desideri! per allora andaron falliti, mentre i rivolgimenti politici decisero per sempre della esistenza del Governo da cui sperava di vederli esauditi. Le Città suddite, sciolte dal freno della cessata dominazione, credettero di buon conio le parole di liberici, di eguaglianza, e nella esultazione imbizzarriron di troppo, dissero e fecero ciò che da poi ripro- varono. Anche Padova contò qualche cittadino di troppo fervida immaginazione; ma il Mabll, posto a parte di quell'effimero reggimento, si mostrò sempre uguale a sé stesso, a niuno fu avverso, a tutti utile quanto il concedeva la condizione dei tempi. All'affacciarsi dell'armi Austriacbe si restituì alla vita privata; indi passò a Verona , ove s'ebbe decorose destinazioni: fra le quali van noverate quella di Deputato.ai Comizii di Lione, e di Rappresentante la Città nel giorno in cui Napoleone cinse la Corona di Ferro come Re d'Italia a Milano. Quando le Provincie Venete cominciarono a formar parte dei Regno Italiano ritornò alla diletta sua Padova ; e come pel già detto vagheggiava il pubblico insegnamento, così maggiore si destò in lui II desiderio dopo una vita di svariate cure cittadi- nesche, le quali non poteano avere certe attrattive per un uomo inclinalo alle Lettere. Egli è pur vero, che se v'ha tenore di vita di qualche lusinga, gli è quello del pubblico ammaestramento. L un posto d'onore, per chi sappia occuparlo co- me conviene, che ha per compagni quell'uniforme e costante andamento, quella cara tranquillità, che indarno cercheresti in molle e molte carriere. Gli toccò la cattedra di Eloquenza, e le sue lezioni mostrarono ch'era degno di quel magi- stero. L'avvenenza dello stile, i concetti, se non sempre profondi, però sempre assennali e ingegnosi, riscuoleau gii applausi degli alunni, e di quanti, mossi dal piacere di udirlo, pendean dal suo labbro. Ma era deciso che, appena raggiunta la meta desiderata, per opposto calle dovesse avviarsi. Instituito il così detto Senato Conservatore pel Regno d' Italia, s' ebbe la nomina di Segretario: le idee ridenti del Bello doveano cedere il luogo alle gravi della pubblica cosa. Onorevole era l'incarico, vantaggiosi gli emolumenti, deciso il volere di chi avealo destinato a quel posto; amor proprio, interesse, rispetto, tutto stette per l'accettazione. Buon per lui che quel Senato era conservatore nel più stretto senso, giacché a quei Padri Coscritti non era dato che di ricevere, di eseguire, di conservar nell'archi- vio i Decreti che movean dalla Senna. Quindi veniane che il Mabil avea tutto XXWIII l'agio di occuparsi de' suoi cari studii. Fu nelle stanze del proprio Uffizio c'Iie pro- seguì la traduzione di Livio, e pose mano alle Lettere Slelliniaue. Come tradut- tore fu lodato, quasi direi, per metà: cioè piacquero i primi Libri di quello stori- co, perchè tradotti con assai di accuratezza e con vero amore: non piacquero gli altri, perchè aveano l'impronta della fretta e della negligenza. Come autore delle Stelliniane riscosse applausi generali e sinceri, perchè in poche facce rese chiaro, preciso ed amabile uno scrittore grande invero e sublime, ma oscuro, e di una dizione alquanto dura e stentata. Fu breve il bene assaporato, perchè passaggiero il Regno da cui gli derivava. Il 181 A tutto capovolse: e Mabil ritornato a Pado- va, trovò un'ancora di salute nell'insegnamento. Molti, mirando al posto van- taggioso occupato, fecero le maraviglie come così presto fosse alle strette; ma que' molti non vollero avvertire la breve durata di quell'agiatezza, né posero mente alle gravi spese incontrate per non mancare al decoro del posto: spese che gran parte arrogaronsi del conseguito stipendio. Ritornò alla sua cara Eloquenza: ed oltre gli amenissimi tèmi della cattedra, rallegrava il pubblico con eleganti e saporite Orazioni recitate nell'Aula magna al riaprirsi dell'Università. Ma quel piacere fu quasi istantaneo, perchè si circo- scrisse ad un triennio. Il nuovo Piano degli studii affidava ad altri la cura di par- lare del Bello letterario ed artistico; cattedra che assunse II nome di Estetica, che da poi venne unita a quella di Letteratura classica greca e latina. Il Mabil si vide alle rose sostituite le spine, le materie severe alle ridenti. Il Diritto natu- rale e delle genti, il Codice dei delitti e delle pene formarono l'oggetto dell'istru- zione prescrittagli. Quanto a malincuore dovesse accogliere l'invito, il previdero quanti sapeano com'egli sino dall'adolescenza rifuggisse l'austerità accigliata di Temi. Fu allora che si procurò un qualche alleviamento colla traduzione delle Lettere Ciceroniane, traduzione che si mostrò poco degna di lui: donde molte censure, sia lode al vero, non ingiuste. A quell'epoca l'Accademia di Padova l'acclamò Segretario perpetuo per la classe delle Lettere: ma il fu soltanto di nome, che il carteggio e le brighe di quel posto non eran per lui. Indarno i So- di attesero una sola di quelle Relazioni accademiche che al tempo dei Cesarotti e dei Barbieri, con tanto piacere degli astanti, con tanto decoro dell'Accademia, chiudeano le annuali Sedute. Convien dire che le soflerte vicende e gli anni di molto accresciuti avessero cominciato a rendergli gravi e nojose le occupazioni che un di formavano le sue delizie. E fu appunto l'età alquanto inoltrata che determinò l'Augusto Imperatore Francesco I. ad accordargli dei giorni di quie- XXXIX te 5 a rimunerare i prestali servigli con un'annua pensione. Appena conseguita la grazia invocata, decise di preferire la quiete campestre al rumore della città. Slette a Novenla per qualche anno, rivedendo e ritoccando il suo Livio e le Pi- stole di Cicerone; occupazioni che lasciava a quando a quando per intrattenersi con alcuni lavorucci, secondo che glie ne veniva il buon destro. Avea l'anima co- stante nell'incostanza; né a torto disse chi proferi qualche parola di lode sul fe- retro che racchiudea quella salma preziosa, essere slato 11 Mabll sempre tenero dello studio, ma sempre vario; pari alle api, che sempre si aggirano nel prati, ma sempre cangiano, sempre vanno di Core in fiore. La vecchlaja non avea affievolito lo spirito; e quanti si recavano a visitarlo, tanti con istupore il vedeano lietissimo, fecondo di tratti ingegnosi e di grazie nel suo conversare. Così non era del fisico: parecchi insulti aveano alterala la salute di un tempo, e qualche accesso, benché leggiero, di apoplessia faceva temer de' suol giorni. I medici, fra 1 quali il suo affezionatissimo Moulesanlo, lo consigliavano a ritornarsene a Padova, dove 1 soccorsi, qualora il morbo inso- lentisse, sarebbero d'assai più facili e pronti. Il buon vecchio si arrese. Andò a vivere con uno dei figli, avendo a fida compagna la sua Marianna, che con una tenerezza più che filiale non conobbe misure nelle più affettuose sollecitudini. Per qualche tratto di tempo potè uscire di casa , vedere e conversare col più eletti fra 1 suol amici. Ma l'anno 1836, correndo il Marzo, troncò il filo a' suol giorni. Contava l'ottantesimo quando l'apoplessia lo colpi di bel nuovo. Fu nel terzo accesso che per sempre chiuse gli occhi alla luce. Una mestizia presso che universale mostrò che avea guadagnato 11 cuore del più. La famiglia, per quanto il permisero le sue limitate fortune, rese a lui gli estremi uffizii, e l'Università volle assistervi. Fu allora che amico labbro toccò in pochi accenti il molto che avrebbe dello se la circostanza consentito lo avesse. Parecchi sono gli scritti la- sciati : alcuni già noti perchè di pubblico diritto ; altri di cui ignoriamo il tenore perchè inediti. I figli, assistiti da qualche uomo di senno, sceverando i meu pre- gevoli, dovrebbero pubblicare quelli che fan guarentigia del talenti non comuni del loro genitore; che non sarebbe il miglior dei consigli far tesoro di tutti, com- presi alcuni lavori che pur sono alle stampe. Le Lettere Ciceroniane non ono- rerebbero la sua memoria; come non venne onorala dalla stampa, non ha molto seguila, di una sua traduzione letteralissima, in prosa, delia Poetica del Yeno- sino. Se quel buon vecchio, col solo intendimento d'ingannare qualcìie ora, avea posta mano a quella versione, non per questo ne viene che la credesse de- gua del pubblico sguardo. Ove si rendesse il doveroso tributo di filiale estima- zione alla memoria di tanto padre, vorremmo che fra le traduzioni si avessero la preferenza il Sogno di Scipione, le Lettere di Sallustio, la Storia Romana di Tito Livio; e che riguardo alle Opere originali si avessero l'onore di una ri- stampa le sole Orazioni che portano i titoli seguenti: Dell'uffizio dei Letterati nelle grandi politiche mutazioni. — Della gratitudine dei Letterati verso i Governi benefattori. — Orazione inaugurale per la ristaurazione delt Uni- versità. — Utilità delle amene Lettere nella solitudine. — hi che può pec- care l'arte del dire. — Sarebbe nostro desiderio che le altre, in cui più del- l'oratore parlano i riguardi dovuti ai luoghi, ai tempi, fossero condannate al- l'obblivione , e che si avessero il loro posto le due non mai lodate abbastanza, cioè la Teoria deW arte dei Giardini e le Lettere Stelliniane. Ma il sin qui detto rimarrà forse per sempre uno sterile, un inutile desiderio. Se l'ottimo Ma- Lil dorme il sonno di morte, i figli dormiranno finché vivano sulle glorie del ge- nitore. Ben avea ragione Alessandro d'invidiare ad Achille un Omero banditore delle sue imprese. A qual prò segnare orme di luce, se manca chi li accenni ai viventi, chi ne tramandi ai posteri l'onorala memoria? X. A chi si fosse incontrato nel Professore Stefano Gallino senza conoscerlo un po' da vicino, a quel portamento più tardo e pesante, che agile e disinvolto, a quell'estatica distrazione, a quei tronchi accenti non sempi-e interpreti felici de' suol concetti, non avrebbe mai potuto darsi a credere ch'ei fosse un sommo fisiologo, il primo o non secondo a que' pochi che all'arte medica fecero tenere il linguaggio della Filosofia più sublime. Eppure fu tale; e dovette tanti pro- gressi e tanto sapere ad una propizia natura, ad uno studio incessante e pro- fondo, alle sollecitudini di un affettuoso fratello che gli tenne vero luogo di padre, essendo passato fra i più quegli cui doveva i suoi giorni. Tommaso Gal- lino, alquanto più maturo, esercitava in Venezia l'avvocatura; anzi era salito in qualche rinomanza quando Stefano , data opera al consueto corso difMedi- cina nella nostra Università, avea conseguita la laurea. Con un occhio sagace vide che quel giovanetto non era nato per la mediocrità, e che ove al lumi ac- quistati potesse aggiungere quel molto di più che attender doveasi dalla fre- quenza delle Facoltà più riputate d'Europa, dall'istruzione e dal conversare coi medici più famigerati e profondi, ei pure avrebbe potuto aspirare ad un seggio XI. I sublime, e reuJere uon comuni servigiJ all'arie, nelle cui mani stanno, per cosi .l.re, la vua e la morte. Allettato da una speranza cosi lusinghiera ,mco„tr6 assa» dx buon grado la non lieve spesa di lunghi viaggi, e di non brevi stazioni nelle città p,ù cospicue della Francia e dell'Inghilterra. Parti correndo l^nn- no 1777, e la prima delle Università frequentata per molti mesi fu quella di Montpelber. E opportuno avvertire, che sino dall'epoca in cui trovavasi a Pa- dova, e fatto avea qualche passo nelle dottrine mediche, si era mostrato assai tenero dell'Anatomia e della Medicina teorica. Non è quindi a meravi^^liare . se .-.guardando que' rami come due linee vMte al centro da lui vaohea.|ato assi- stesse alle lezioni di que' Professori che direttamente o più da vicino tenessero ragionamento dell'Anatomia o della Bledicina teorica. Passato a Parigi, ove stette per un intero biennio, frequentava le cattedre dei Portai, dei Dessault de. V.cqdaz.r, senza mancare a quelle di Storia Naturale, di Chimica , l' una coperta dall'insigne Doubenton, l'altra dal celebre Maquer. Le sue relazioni si eslesero ad altri uomini di altissimo grido in altri rami dell'umano sapere Co- nobbe Voltaire, co'nversò con Franklin, e dall'Ab. l'Epée apprese il magistero con cu. quell'uomo prezioso ridonava alla società i sordo-muti. A Londra, dove pure stette due anni, visse coi più dotti, e profittò dei loro lumi: tali i due fra- telli Hunter, Banks Presidente della Società Reale delle Scienze, il Dott So- lond, Eduard Grey, Gibbon , Priestley. Ritornato a Venezia colla fama più vantaggiosa, i Riformatori, accordato il chiesto riposo al Conte Antonio Pim- b.olo, lo destinarono alla cattedra di Medicina teorica. Nel di 15 del 1786 prò luse al Corso delle sue Lezioni, e fin d'allora lasciò tralucere che la via da lui d.visa^a non era quella tenuta dagli altri che versarono su quell'argomento iNel 1 <92 fece più chiaro il suo intendimento coli' opericciuola intitolala Sag- S-o d. osservazioni concernenti i nuovi progressi della Fisica del corpo '''nano; cioè a dire, prese a dimostrare che la vera Fisiologia dovea dividere uomo in vegetante e senziente, e sempre considerarlo sotto quel doppio aspet- to. E questa divisione, feconda di dottrine utilissime, andò in progresso vieppiù sviluppando, finché comparve in tutta la sua pienezza nei Nuovi Elementi della J'isica del corpo uma,io, usciti in Padova nel 1825. Ma più che l'epoca in cui diede, per così dire, l'ultima mano al suo edi- lizio scientifico, è mestieri tenere presenti le due, nelle quali proluse al suo ma- gistero, e pubblicò il primo Saggio, cioè gli anni 1 78G e 1792, siccome quelle che aprono il campo a qualche osservazione intorno ad un'eguale dottrina fatta / di pubblica ragione uei 1800 dal celebre Bicbàt di Parigi nell'Opera, il cui titolo : Ricerche fisiologiche sulla vita e sulla morte. Là non trovi motto ve- runo del nostro Gallino, e l'autore la fa onninamente da originale. Fu di buona fede, ovvero andò altramente la cosa? A nostro parere potrebbero stare en- trambe le ipotesi; ma la più probabile è la seconda. Negli annali dei progressi dello spirilo umano non è nuovo che i Francesi siensi arrogate come proprie molle scoperte degl'Italiani: e se il Bichàt si fosse appropriata quella del no- stro Gallino, sarebbe soltanto una di più fra le tante. E se non ebbe contezza veruna di ciò che aveva scritto il Fisiologo di Padova quattordici, indi cito anni prima, vorrà dire che due sommi ingegni, l'uno all'insaputa dell'altro, colsero nel punto stesso , si resero meritevoli di un egual serto. Ma non fu eguale la condizione del Gallino, non eguali i risultamenti; perchè la corrente dei colti- vatori della Medicina, in ispezieltà fuori d'Italia, al Bichàt dà tutto il merito, ascrive tutta la gloria ; ninno parla di Gallino. Ciò che per altro crediamo al coperto di ogni dubbiezza si è , che laddove il Gallino si circoscrisse alla sola teorica , e sembrò una specie d'inspiralo nello stabilire nell' uomo quella du- plice vita vegetante e senziente ■i il Bichàt avvalorò la dottrina a prezzo di os- servazioni e di sperimenti per guisa, che le diede il carattere della certezza. E vuol dire, che se la presunzione non ci divieta di tenere il Medico francese per un copista dell'alto concetto del Gallino, a lui è dovuto il merito di aver pro- vato ciò che anni prima per via di una congettura ingegnosa si era asserito. In- torno a che ci piace di riferire alla lettera un brano dell'affettuosa ed eloquente Orazione funebre, con cui l'illustre Prof. Fabeui onorava la memoria di quel sommo, del suo caro maestro, nel giorno delle esequie solenni. Dopo di avere con tinte fedeli e sicure presentate le parli più vitali del nuovo sistema fisio- logico, quanto al Bichàt, con assai di sincerità e di giustizia si compiacque di aggiungere: «E non vedete, o Signori, in questi brevissimi cenni le prime "tracce di quelle indagini che recarono tanta gloria all'illustre Bichàt, le pri- )) me idee della vita organica ed animale, che più da vicino esaminata nell'uo- n mo e nei bruti, e colla guida d'innumerevoli esperimenti condusse a stabilire «le condizioni che la sostengono e la dirigono, e fece conoscere un sistema » particolare di nervi destinati alla vegetazione, ed altro sistema alle azioni del- » l'anima, aventi relazione fra loro, e questa in grado diverso, secondo la per- » fezione dell'essere al quale appartengono? E non vedete in quei brevissimi » cenni i primi germi di quelle importanti scoperte relative al sistema nervoso, XLIII » per le quali sarauDo sempre celebrali i uomì degli Scarpa, dei Belliogeri, dei )) Rolaudi, dei Panizza, e di tanti altri, che portando l'anatomico coltello sul- )) l'origine prima dei nervi, esaminando il loro decorso, la loro disposizione, » confrontando gli effetti ottenuti nei bruti dalla recisione degli uni e degli altri » filamenti, vennero a determinare quei nervi che al moto presiedono, e quelli » che vegliano al senso? Tu dunque, o Gallino, segnasti le prime linee delie » grandi scoperte che cotanto onorano il secol nostro; su te dunque si deve ri- » flettere parte di quella lode che ad altri generalmente si accorda; e somma » ed intera ti sarebbe dovuta, se a quelle prime idee unito avessi copia e suc- » cessione di esperimenti. Tu però gettasti la prima pietra; gli altri fabbrica- » rono su d'essa: così l'immortale Fabricio scopriva le valvule del cuore e delle » vene; e l'Arveo, sostenuto da' suoi esperimenti, carpiva la più bella e gloriosa «scoperta all'onore d'Italia e dell'insigne nostro Anatomico. » Il Gallino prosegui il suo insegnamento fra il plauso degli alunni e la co- mune estimazione sino al 1T98. Le vicende di quella malaugurata stagione lo consigliarono ad uscire dalle Provincie Venete. Vide parte della Svizzera; visitò Parma, Modena, Bologna, Lucca e Pisa, ovunque festeggiato ed accolto qual uomo degno della maggiore venerazione. Un nuovo ordine di cose lo restituì alla sua cattedra, che prese l'altro nome di Fisiologia e di Anatomia comparata^ ma non cangiò punto quanto alla essenza. Ciò avvenne nel 1806; ma nel 1813 ■veggiam di bel nuovo interrotto il corso delle sue Lezioni. All'epoca delle vacan- ze se n'era ito a Venezia per istarsene un po' cogli amici, per abbracciare il fra- tello, che dagli esordii dell'aggregazione delle Venete Provincie al Regno d'Ita- lia copriva il posto luminoso di Presidente del Tribunale d'Appello. Intanto se- guì il blocco della città, e non gli fu dato restituirsi al suo posto. Nell'Aprile del 1814 era libero il varco: ma il Gallino non riebbe la cattedra che in sulla fine dell'Agosto 181T. Forse maligni uffizii dei mediocri e degl' invidi ne aveano ri- tardato l'accesso; ma Fbakcesco I. non volle che alla Università mancasse un tanto ornamento. Lieto pel suo trionfo, che non v'ha certamente il più dolce della vendicata innocenza, proseguì ad instituire la gioventù. Le sue cure erano ricambiate da un afl'etto, quasi diremmo, filiale; e n'ebbe non equivoca prova quando, riavuto da grave, lunga e perigliosa malattia, fu accolto alla scuola, fe- steggiato lungo le vie cogli evviva più clamorosi e più caldi, celebrato coi carmi. Ma quel riaversi non era che una tregua insidiosa. Logoro pei lunghi studii. af- fievolito dagli anni, invocò pel resto de' suoi giorni il sospirato riposo, e l'otten- ne. Non visse però che un biennio, cadendo vittima del choléra il di 26 Mao-o-jo del 1836. Non è a dirsi quanto si attristassero a quella morte gli allievi, e tutti i ceti della nostra Città. Persuasi i primi che restasse la miglior parte di lui negli aurei scritti e nella fama veramente europea, nullameno vollero perpetuarne le care sembianze colla erezione di una statua; e già pochi giorni eran decorsi da quell'occaso lagrimalissimo, che raccolta aveano la somma necessaria al nobile divisamento. E già noi lo vediamo frammisto ai molti che primeggiarono per al- tezza d'iugegno, per magnanime imprese, o per sublimità di natali. Ma primeg- giò anche per l'altezza dell'animo. Casto ebbe il labbro, e sempre avverso a maldicenza: nel lodare si mostrò parco, ma non avaro; fu prodigo di sollecitu- dini verso gli amici, nella beneficenza larghissimo. Sentì in grado eminente la carità di famiglia. Potea vivere una vita agiatissima; ma si accontentò di un trattamento decente e quasi frugale, per far lieti i nipoti di un'esistenza stra- niera al disagio. Altri direbbe che fu Membro di varie Accademie; ma poco ci cale il noverarle, perch' egli solo valeva per molte : che fu Rettore Magnifico ; ma non è per noi la maggiore distinzione un incarico ch'ebbe comune con molti. Era un po' soggetto ai moti subitanei; ma ritornava assai presto alla calma, e ri- deva egli stesso di que'suoi troppo facili accendimenti. Era precisamente l'ira definita da Orazio : Furor brei'is. XI. Se taluno si avvisasse di porre Francesco Fanzago fra gli uomini straordi- naril per singolarità d'ingegno, per importanti scoperte, forse nou coglierebbe nel segno; ma chi lo annoverasse fra i molti che primeggiarono per non comuni servigli resi alle scienze ippocratiche., alla patria, agl'infelici, all'umanità soffe- rente, direbbe cosa acconsentita dal vero, al coperto d'ogni eccezione. Nato da nobile e ben provveduta famiglia il di 1.° Luglio del 1764, sino dalla puerizia inspirò ne' suoi le più liete speranze per un'indole mite, per un cuore temprato a saggezza, per molto amore allo studio. Ebbe la sua instiluzione dai Somaschi, dal Seminario, dalla Università. I primi lo iniziarono nella Letteratura, il secondo nella Filosofia, l'ultima nelle Scienze mediche. Nel Marzo del 1790 nou era ad- dottorato, ma veramente Dottore, perchè ricco di quanto avea udito dagli uo- mini che a quella stagione divideansi il magistero. E bene il diede a vedere qual- ora, afflitta la Lombardia dalla pellagra, si recò a quella parte, vide quel morbo desolatore, ne studiò l' indole, fu tutto inteso a scoprirne le cause, a conoscere gli opportuni riraeJii, lutto eoa iuteudimeulo di giovare alla patria, alle Venete Provincie, ove fra noi pure insolentisse, come pur troppo avvenne alquanto pia tardi, cioè negli anni 1815 e 1816. E fu allora che accorse all'uopo non solo come medico pratico, ma anche come scrittore. E nota la sua bellissima Me- moria sulla pellagra, pubblicata nel 1815; e più noto l'altro scritto popolare: Instituzione catechistica sulla pellagra, che nell'anno seguente per ordine del Governo Generale di Venezia vide la luce. Era per anco nel fiore degli anni, quando l'ignoranza faceva la guerra più ostinata e accanita all'innesto del va- juolo vaccino: scoperta che diremmo quasi divina, che mirava a togliere le non poche vittime che morte si era in certa guisa serbate quando l'altro innesto si praticava. Si costituì banditore della importanza del nuovo metodo , della ne- cessità di profittarne, magnificando i sommi beni che ne venivano, spargendo un sensato ridicolo sopra i mali temuti, additando i modi di usarne. Ond'è, che per pubblico cenno dovette presiedere e dirigere quella salutare operazione. In quel torno, cioè l'anno 1792, pubblicò uno scritto tutto affine all'argomento, col titolo di Memoria sopra V innesto del vajuolo vaccino , cui aggiunse la traduzione di un'altra Memoria di Odier dello stesso tenore. Non andò guari che venne eletto a Protomedico della sua patria. Blancato ai vivi il Comparetti, Professore di Medicina pratica, il Fanzago fu invitato a succedergli. Chi lo elesse non ebbe a pentirsi di quella destina- zione. Le sue lezioni erano tutte ordine, tutte nitidezza. Applaudivano i giova- ni: ma non era il plauso di un cieco entusiasmo; era quello del proprio inte- resse, perchè ne traevano solida e proficua istruzione. Che cosi andasse la cosa può ognuno chiarirsene, ove ponga l'occhio alle sue Instituzioni patologiche, Institutiones pathologicae , che fra gli anni 1813 e 1816 diede alle stampe. ]3iffatti, quanti s'ebbe quell'Opera a leggitori, e furon non pochi, giacché a tutta l'Italia si estese, tanti la celebrarono. Conscio che la Patologia riposa sui fatti, non se ne stette contento di quanto dalle cattedre andava esponendo: quindi non ultima delle sue cure fu la creazione di un Gabinetto patologico, che andò poi notabilmente accrescendo, secondochè le anomalie della sempre varia natura glie ne. offrivano i mezzi. In progresso accompagnò la Collezione con una dotta Memoria sopra alcuni pezzi morbosi là conservali: e vuol dire che non fece parola di tutti, ma si circoscrisse ai più curiosi, ai precipui. Lo scritto comparve alla luce l'anno 1820. Mancava alla uoslra Università la più preziosa fra le cattedre che ad una Facoltà medica dovea certamente apparle- XLVI nere, cioè la Medicina legale; cattedra uou nuova ad altre nazioni, precipua- tnente alla Germanica, e non islraniera alla Università di Pavia. Restituite le Provincie Venete nel 1814 alla signoria dell'Austria, e riordinati fra non guari gli sludii, si volle che quel ramo d'istruzione non avesse l' ultimo luogo. 11 Fanzago ne fu il Professore, e seppe mostrarsi degno di quel nuovo seggio. Dotato di un'anima pacala e tranquilla, la più idonea alla osservazione, alle ac- curate disamine, di tali criterii andava provvedendo gli alunni, che anche nei casi più oscuri, più dubbii potessero cogliere nel segno; far sicuro l'uomo di legge, se l'aborto fosse naturale o procurato, la morte figlia del veneficio, o ter- mine posto dalla natura alla vita; a dir breve, se l'inquisito si avesse a condan- nare , od assolvere. Ci duole che quel Corso non abbia veduta la luce : il pub- blico avrebbe donde convincersi che lo scrittore della Bledicina legale non ismenti l'autore della Patologia. E questa somma accuratezza nel trattare le scienze, questa diligenza invidiabile nell'instituire la gioventù non lo abbando- narono quando fu chiamato a presiedere a qualche pubblico Stabilimento. Per tacere dello Spedale civico-militare, a cui provvide col massimo zelo per un in- tero biennio, toccheremo qualche cosa dell'Ospizio dei Trovatelli e dell'Ospe- dale civile. Benché non lungo sia stato il tempo in cui egli ebbe parte nel buon anda- rueuto del primo, vive la cara memoria delle tenere sollecitudini perchè tutto paterno fosse il trattamento di quelle innocenti creature, là furtivamente recate o da una famiglinola infelice che, data loro l'esistenza, non sapea come nutri- carle e sorreggerle, o da sconsigliata giovanotta troppo facile nell'arrendersi alle menzognere lusinghe di un seduttore esecrando. Stette per alcuni anni alla di- rezione dell'Ospedale civile; e vi stette a gran ventura, che sommo era dive- nuto il bisogno di chi, tolti gli abusi, desse un nuovo aspetto alle cose; le pri- sche discipline, obbliate in gran parte, richiamasse all'antica osservanza; il par- teggiare per gli appaltatori divenisse oggetto di abbominazione e d'ignominia; stesse la più oculata ed economica amministrazione delle rendite; nulla man- casse agl'infermi; dal più pronto servigio non andasse disgiunta la salubri-tà delle stanze; agiati fossero i letti, candidi i lini, saporite e non guaste le parche vivande. Tutto ciò avvenne assai presto; e l'Ospedale di Padova si additava a modello dei luoghi dove i miseri vanno ad invocare il ristabilimento della scon- certata salute; e lo si addita anche al dì d'oggi, perchè il successore, vigile e incontaminato, segue scrupoloso le orme di chi l'ha preceduto. Francesco I. xLvn (li gloriosa memoria, cui uulla sfuggiva, quaudo rivide Padova se ne mostrava molto contento, e al Fauzago dicea parole di bontà e di conforto. Ma il Fan- zago, malfermo nella salute, poco atto, per accresciuta debolezza di petto, a te- nere quel ragionare lungo e sonoro cliiesto da chi parla da una cattedra a molti astanti, implorava di ristarsi dall'insegnamento; e Cesare lo esaudiva benigno, a patto però che l'Ospedale continuasse a provare gli ottimi effetti della sua direzione, quanto integra, altrettanto solerle. Gesai\e, appena ritornato alla sua residenza Imperiale, segnò il Decreto dell'invocato riposo, e nello stesso istante poneva l'Augusto suo Nome nell'altro, in cui lo creava Direttore di quella Fa- coltà medica, cui avea appartenuto come precettore. Grave riesciva l'incarico, perchè occorreva la maggiore desterilà per conser- vare un'amichevole armonia fra 1 Professori; una paterna sopravvegliauza riguar- do agli alunni per mantenere sempre viva l'obbedienza alle leggi accademiche, sempre caldo l'amore dello studio. Ottenne la concordia degli uni, la subordi- nazione degli altri 5 con quella massima approssimazione accordata a quelli che hanno a fare cogli uomini, e molto più colla gioventù, sempre mobile ne' suoi divisamenti, sempre fervida, anzi bollente, ne'suoi affetti. Nella dolcezza, in uu saggio temporeggiare trovò i mezzi più efficaci pel conseguimento di tanto sco- po. Vi riesci: piacque agli uni e agli altri; e non s'ebbe a censori colle parole, a ministri di qualche amarezza coi fatti, se non que' miseri pedanti, ai quali sa- rebbe piaciuto che la forza, non la ragione, subitanei e non pesati rimedii aves- sero avuto parte nelle sue deliberazioni. Cresceano intanto gli anni, e cogli anni vie più i suoi malori rendeansi gravi e molesti. Lasciò il posto di Direttore dello Spedale, e fra poco S. M. Ferdinando I. si compiacque di deliberare che altri si avesse il pensiero di presiedere alla Facoltà medica, traendo argomento, nell'ac- comiatarlo, di non equivoca lode dai prestali servigi!. Poco visse da che accor- dala gli venne una pienissima quiete : ma visse tutto inteso a confortare con uu affetto veramente paterno l'aurea famiglia, ch'era stata sempre in cima de' suoi pensieri, a provvedere all'avvenire con sagge disposizioni del suo patrimonio, cioè a dire con quella stessa saggezza con cui seppe mantenere quanto s'ebbe dagli avi, quanto aggiunse a prezzo di un'operosa solerzia. Solenni furono i tu- uerali, dettata da caldo amore l'Orazione del Prof. Gianelli, suo discepolo, suo successore. Una statua annunzia in ([ual conto lo avessero i concittadini, gli amici. Oltre le Opere che abbiamo indicate in questi brevissimi Cenni, sono di pubblica ragione altresì le seguenti. 1.° Lezioni sopra i dov'eri e le qualità di un Medico, di Giovanni Gre- gai. Traduzione dall'Inglese. Firenze 1789. 2.° Trattato sul bagno dei bambini. Padova 1801. 3.° Storia di un mostro bicorporeo. Padova 1807. 4.° Istruzioni pratiche generali sulle febbri dominanti. Padova 1808. 5.° Saggio sulle differenze essenziali delle malattie universali. Pado- va 1809. 6.° Memoria sulla virtù della digitale. Padova 1810. 7." Memoria suW azione irritativa. Padova 1812. 8.° Discorso accademico , in cui si prende a vendicare t onore di due illustri Italiani. Padova 1 825. XII. Nel giorno delle solenni esequie del Prof. Giuseppe Donato chi diceva pa- role di mestizia e di affetto.^ alludendo alle molte e gravi cure ippocratiche che s ebbe lungo il corso della sua non breve carriera, conchiuse con quella troppo vera sentenza dell' Hoffmann : Medicum oportet et esse fortunatum, et incidere in aegros non moriluros. E u'avea ben d'onde il saggio oratore: giacché se v'ebbe iniziato nell'arte medica scherzo dei capricci della sempre bizzarra for- tuna, fu il Donato; che ne'suoi esordii la trovò avara d'ogni guisa di clienti, nei progressi cosi prodiga da rimanere oppresso dalla piena delle sue grazie. Avea conseguita la laurea, e amava trarre da quel serto una onorata esistenza, poi- ché la famiglia, da cui ripeteva i natali, non era in istato di dargli nuovi pegni di affetto dopo quelli della scientifica sua instituzione. Ma contro i voti stavano i fatti, e indarno il Donato attendeva chi avesse d'uopo di un medico alleviatore d'un qualche morbo importuno. Operoso e industre com'era, s'avvisò di rivol- gersi alla Dibliografia, stendendo cataloghi ragionali di qualche biblioteca, e di là traendo ciò che gli si rendea necessario per non venir meno al proprio e al- l'avito decoro. La libreria Corner in Venezia, quella dello Scapin in Padova l'occuparono per non breve tratto di tempo; e l'opera prestata fu di tal pregio, che dappoi meritò di succedere al Roccoliui come Dibliotecario della nostra Uni- versità. E forza dire, che standosi a Venezia, vivendo fra. quegli Ottimali, per impensata combinazione, sia stato chiesto del suo parere, ed anche di assumere il governo di qualche ammalato; ed è pur forza supporre che una cura felice, una guarigione men attesa , abbia raccomandato il suo nome, e generata Topi- XLIX uioiie che non fosse fra gli ultimi miaistri d' Igiea. Comunque, chi non coutava un cliente n'ebbe assai presto di troppi. I Triumviri dello Studio di Padova, tenendo fermamente che un abile medico potesse riuscire un eccellente bota- nico, mancato di vita il Marsili, lo elessero a Professore di Botanica teorica e pratica. Il Conato non venne meno alla pubblica aspettazione. Studiò a tutta possa per inslituire con qualche profitto i giovani affidati al suo magistero. L'ar- te ippocratica, eh' esercitava da mane a sera, non gli consentì d'arricchire la scienza. In tale stato di cose si giovò di quel caro sistema delle compensazioni, che tiene in equilibrio il mondo fisico e morale. Allargò la mano, e fece acqui- sto di tutte le Opere più lussuose e più classiche che nel corso della sua vita, non breve, vennero pubblicate dall'Inghilterra, dalia Francia e dalla Germa- nia; acquisto che valse la somma di oltre cinquanta mila franchi, non compre- so quanto avea comperato dagli eredi del suo antecessore Marsili. Ma ciò eh' è più, ne fece dono solenne all'Orto botanico, con animo che tornasse a per- petuo decoro di quell'insigne Stabilimento, a profitto di quanti a quella scien- za si consecrassero. La Maestà di Ferdinakdo I. rimunerò un alto cosi nobile e generoso inviando al Bonato le insegne di Cavaliere della Corona di Ferro; e il Prof. Visiani, un di suo tenero alunno, sempre suo dolcissimo amico, oggi suo illustre successore, dettò un' elegante iscrizione, nunzia della importanza del donoj della liberalità del donatore. Esiste nella stanza di quella collezione preziosa, ed è del tenore seguente: QVAM JOANNES • MARSILIVS • INCOEPIT HANC JOSEPH ■ ANTONIVS • BONA.TVS MAGNIS • SVMPTIBVS ADQVISITAM • AVCTAM • LOCVPLETATAM HORTO • evi • PRAEFVIT AD • BOTANICES • PATAVINAE • INCREMENTVM ANNO • M • DCCC ■ XXXV • DONO • DEDIT Il lungo esercizio della medica professione, gli emolumenti principali e ac- cessorii della cattedra, per una non breve serie di lustri, resero agiatissima la condizione del Bonato, e tale che alla sua morte venne calcolato il patrimonio non minore di un milione di franchi. Tranne la decenza, era egli straniero ad ogni spesa: uou è dunque a fare le meraviglie se mori milionario. Taluni clie gli erano più da vicino fecero credere che. provveduti decentemenle i parenti, volesse disporre del resto a prò degl' infelici, e che la Casa di Ricovero, l'Ospe- dale civile, ed altre pie Inslituzioni fossero a parte delle sue beneficenze. E for- se così avveniva. Ma sia che l'avere comune con molti il ribrezzo d'occuparsi di iiu avvenire che segnava la sua estrema partita ue'I trattenesse; sia che le troppo scaltre insinuazioni di alcuni ne avessero provocato lo sdegno, o più presto la diffidenza; sia che il morbo rapido e violento, da cui fu còlto, no'l consentisse, la nipote s'ebbe tutto quel retaggio larghissimo; e l'uomo che, al- meno in morte, poteva esser utile alle classi più indigenti della città, si espose al grave pericolo di riuscire a' suoi più cari funesto. Fra i beni non va sempre noverato un cangiamento istantaneo, uè felici d'ordinario scorrono i giorni a coloro che d'uu tratto si vedono favoriti dal sorriso di troppo generosa fortuna. Abbeuchè incessantemente occupato nell'esercizio dell'arte medica, pure non lasciò digiuno il pubblico di qualche produzione propria o d'altrui. Siuo dall'epoca in cui era addetto alla Biblioteca della Università tradusse un'ope- retta francese intorno al metodo di curare la tenia. Per ben due volte diede alla luce il Catalogo delle piante dell'Orto botanico. In due grossi volumi in quarto fece di pubblica ragione alcune Dissertazioni del Pontedera, precedute da opportuna prefazione, e arricchite di non inutili annotazioni. Unito ai Pro- fessori Brera e Dalla Decima dettò due opericciuole: l'una sopra i funghi man- gerecci, l'altra un avvertimento al popolo sull'uso dei funghi. Ma lo scritto che, a nostro parere, fa più onore al Bonalo è la Lettera di ritrattazione diretta nel 1794 all'Ab. Gavanilles, Botanico del Re di Spagna, riguardo a due piante ch'egli avea credule una scoperta tutta sua, intitolando l'una Pisaura auto- morpha, in onore del Procuratore Pesaro, l'altra Coreopsis formosa. Vederle già precedentemente descritte da quel celebre Spagnuolo, e indirizzargli la let- tera accennata, fu per cosi dire un solo istante: ingenuità e confessione non comuni alla corrente dei dotti. I più avrebbero lasciato ire l'acqua alla china. Tacendo, da pochi si sarebbe rilevato lo sbaglio, perchè di stipulerà e lontana regione l'autore: con quello scritto tutti ne furono solennemente informati. Vi ha una cosuccia inedita, anche approvala dalla Censura: il tèma s'aggira intor- no alle lodi dei Veneti benemeriti di avere favorita e promossa la Botanica. La morte del Bonalo fu la morte dell'uomo probo; i funerali, ordinali dalla nipote, decenti; le parole di lode, dette dal Prof. Molin, spoglie di ogni adulazione. 'LI XIII. Se mai v'ebbe chi provò alla evidenza essere lo studio uaa vocazione; donde r avvertimento ai pedanti, che ove ella manchi, ogni speranza fia inutile; ove scaldi un giovane petto, a nulla valgono gli ostacoli; fu il Prof. Salvator Man- druzzato. Nacque ia Trevigi da Andrianua Signoretli e Francesco, correndo il Dicembre del 1758. Nell'età iufautile di due auui l'uno e l'altra perdette; e come il retaggio maggiore era un'onesta e civile condizione, mentre vissero non ricchi, e non ricchi passarono fra i più, così uno zio paterno prese cura di (jueir infelice orfanello. E veggendo che nei primi erudimenti a molto ingegno associava molto fervore, sì che rapidi e felici n' erano i progressi, si avvisò di affidarlo al Seminario di Trevigi, perchè almeno avesse a compiere il corso delle Lettere amene. La condizione del patrimonio paterno non permetteva un' edu- cazione più lunga; ond'è che, compiuti gli anni quattordici, il vediamo a \ e- iiezia presso un abile farmacista, suo parente, per apparare la Chimica pratica; studio per cut il giovanetto avea spiegato assai d'interesse. Ivi stette per oltre due lustri; e già pareva deciso che non dovesse salire più alto, e starsi conten- to di ottenere un giorno il posto di direttore in qualche officina farmaceutica. Ma il Mandruzzato la sentiva altramente: anelava a far tesoro delle teoriche chimiche, e di quanto a que' giorni offrivano di più sublime la Filosofia e la Medicina. Ma come far paghi i suoi voli con fortune così limitate? Vedi mezzo ingegnoso! Propose allo zio di rinunziare per sempre a quanto aveasi di avito, purché tutto si addossasse il pensiero di accorrere a' suoi bisogni finché la so- spirata laurea gli avvenisse di conseguire. Degna di un'anima ardente di som- mo amore per lo studio fu la Irausazione proposta, non degna di chi l'accolse, a meno che non vi avessero parte le strette di un'economica situazione. Checché ne sia, il Mandruzzato volò a Padova, e nel Maggio dell'anno 1788, compiuti con molto applauso gli studii, fu dichiarato Dottore. Era bello l'alloro, ma con- veniva pensare ad un'onorata esistenza, e assicurarsene a prezzo dei proprii ta- lenti, dei lumi acquistati, solo patrimonio sopra cui allora potea far qualche conto. Non sappiamo come andasse l'affare, giacché dopo la laurea di Padova il vediamo a Pavia tutto inteso a fare conserva di quanto udiva -dalla cattedra degli uomini sommi di quella Università. Ma non è mistero dome decente e nobile fosse da poi il tenore della sua vita, mentre i Riformatori dello Studio di Padova nel 1790 lo elessero a Professore assistente alle Terme di Abano, per alleviare il Mingoni, cui gli anni e l' accresciuto numero degli ammalati rendeano pesante quel ministero. Né alla sola assistenza l'opera di lui vollero circoscritta; che gli venne ingiunto di dare eziandio alcune private lezioni sul- r uso dei bagni e dei fanghi, a tenore delle malattie da cui erano afflitti quanti recavansi a quella parte. Nel 1796 il Miagoni avea cessato di esistere; e il Mandruzzato incontanente fu promosso a quel posto come Professore Ordinario. Yolea proludere a quella stabile e perenne destinazione; ma il frastuono dell'armi, la vicenda incessante dei vincitori e dei vinti, che turbavano la pace di queste regioni, al silenzio lo consigliarono. Proluse soltanto nel 1802; e piacque per le non equivoche pro- ve, che diede in quel suo ragionare, di veder mollo addentro, d'essere iornito di sano criterio e d'ingegno acuto nell'argomento affidatogli. Il 1807 fu epoca di un nuovo ordine di cose nel reggimento politico, e lo fu anche riguardo al sistema degli studii. Cessò la cattedra delle Terme, e surse quella di Chimica farmaceutica. Il Blandruzzato, signore delle dottrine chimiche, assunse di tene- re le prescritte lezioni, e n'ebbe a guiderdone la stima e l' affetto dei giovani alunni, gli encomii di quanti lo udivano. Per vie più giovare alla cosa, dava ope- ra ad un Compendio elementare di Farmacia; e già n'erano usciti alle stampe parecchi fogli, quando, succeduto alla dominazione italiana 11 reggimento del- l'Austria, la cattedra di Chimica farmaceutica venne unita a quella di Chimica generale, e il Maudruzzalo posto nel novero dei Professori emeriti coli' assegno di onorevole pensione. Alcuni guardarono quella quiete come conseguenza del nuovo sistema d'insegnamento; altri alzando alquanto il velo che copre i rag- giri, la vollero fruito di occulta e maligna persecuzione. A noi piace di seguire il parere dei primi; che non sappiamo o non vogliam sempre tenere per veri i temuti artifizii della nequizia. Cessò dalla cattedra, ma non cessò dal coltivare la scienza. Rese di pubblica ragione alcuni scritti di molta importanza , come resi ne avea di utilissimi quando sosteneva il pubblico magistero. La più bella delle sue Opere è il Trattato dei bagni di Abano, trattato di cui parla con molta lode il Prof. Catullo nelle sue Memorie sopra le Terme euganee. Chi amasse di sapere quali e quanti sieno i parti dell'abile e dotta penna del Man- druzzato, quali e quante le Accademie cui venne ascritto, consulti l'affettuoso Elogio del Dott. Galvani; che noi non abbiamo sempre il buon destro di esten- dere cataloghi, e di tener conto di ascrizioni e di diplomi accademici. Bensì vorremmo tessere amplissimo encomio alle auree qualità che lo adornavano, al- LUI l'esimia bontà del suo cuore, alla giustizia e rettitudine de' suoi giudizi!, all'in- tegrità del costume, alla sua urbanità, e sopra lutto all'occhio filosofico con cui guardava i capricci e le bizzarrie di questa nostra misera vita. Anclie la moglie a quando a quando il coslringea ad esser filosofo, per non turbare la pace do- mestica. Pari a Socrate, ebbe la sua Xantippa; ma tutta cuore per lui, come tutta cuore fu la compagna di quel sommo cittadino di Atene, bencbè sempre querula ed acre. Pianse l'una a dirotto la morte del suo Mandruzzato; pianse l'altra amaramente allorché seppe che il caro suo Socrate dovea trangugiar la cicuta. Almeno cosi scrisse Senofonte, almeno il Canova ce la presenta atteggiata alla desolazione, alle lagrime in quel suo basso rilievo, vero prodigio dell'arte. XIV. La nostra Accademia ben a ragione si mostrò presa dal più profondo cordo- glio quando le giunse l'infausta nuova che il Prof. Salvatore Dal Negro avea chiusi gli occhi alla luce; che, sommo fra i più famigerati cultori della Fisica sperimentale, quasi ogni giorno cogliea nuove palme o per errori svelali, o per nuove scoperte, o per migliorati arlifizii esploratori della natura. Se nobile e chiara non fu la nascita, più che nobile e chiara fu la sua mortale carriera, mostrando come l'ingegno sappia vendicarsi dei torti della cieca e bizzarra for- tuna. Nacque in Venezia il giorno 12 Novembre del 1T68. Tenerello si mostrò chiamato pel Santuario; e tenerello, indossato l'abito chericale, entrò nel Se- minario Patriarcale di S. Cipriano di Murano, per appararvi le umane Lettere e addentrarsi negli studii chiesti dalla religiosa sua vocazione. Cosi avvenne; ma i suoi non comuni talenti domandavano molto di più. Passò quindi a Pado- va, e con animo di sostenere un giorno le parti di Avvocalo ecclesiastico si consacrò allo studio delle Leggi civili e canoniche, indi prese la laurea. Le vi- cende di que' giorni, e forse l'aridità di quelle scienze, lo consigliarono a divi- sare altramente. E perciò sostituite le filosofiche discipline, vi si acconciò molto meglio, e per guisa che, giunta l'effimera dominazione popolare del 1T96, ven- ne eletto a precettore di Filosofia. Il pubblico magistero s' ebbe la durata di quel Municipio: ma il nostro Dal Negro non venne meno allo zelo da cui era animato per l'istruzione dei giovanetti, e continuò ad insegnare fra le pareti della sua casa quanto avea cominciato a dettar dalla cattedra. I precetti severi del ben ragionare, le non chimeriche, ma giuste astrazioni del metafisico for- mavano il subbietto delle sue lezioni; ma stava in cima de' suoi pensieri, era LIV prima delle sue cure la Fisica speriinenlale. E fu iu essa cbe gli veuoe di fare i più felici progressi, di salire iti molta riputazione. Gli anni 1799 e 1802 fu- rono per lui veramente gloriosi. Nel 1799 coli' addoppiare dei cristalli, conge- gnati iudustremente intorno ad una ruota d'indetermiuata grandezza, diede ai Gabinetti di Fisica delle macchine elettricbe di un prodigioso potere. E nel 1802 inventò un Elettroscopio sensibilissimo, migliorò l'apparato del Volta, investi- gò qual parte avesse l'acqua uei fenomeni elettrici, quanta le soluzioni saline, e quella foggia di elettricità chiamò idrometallica ; argomenti dei quali si fece a ragionare in due opuscoli pubblicali negli anni 1802 e 1803. Venezia e le sue Provincie di qua dall'Adige erano allora soggette alla pa- terna dominazione dell'Austria. L'Eccelso Governo, che iuterinalmente dovea provvedere la cattedra vacante di Fisica della nostra Università, fissò gli occhi sopra il Dal Negro, colla fidanza che fra non guari sarebbe venuta da Cesare una slabile destinazione; che i sommi e provati ingegni non vanno assoggettati ad esperimenti. Ciò avvenne nell'anno 1804. Nuove politiche vicende can- giarono faccia alle cose: i Veneti formarou parte del Regno d'Italia. I progressi del nostro Accademico però non ne sodrirono. Un Decreto Vicereale del 180G lo creava Professore effettivo di quella cattedra che per un biennio avea occu- pata come Supplente. Il Gabinetto era abbastanza provveduto di macchine, ma non tutte erano nello stato migliore; e ci avea il desiderio di quelle chieste dai passi fatti dalla scienza dai giorni del Poleni sino all'epoca di cui ragioniamo. Assecondato dal pubblico favore, divenne ricco di quelle che mancavano; as- sistilo dal suo ingegno, migliorò la condizione di alcune. Introdusse opportuni cambiamenti nella macchina del Mariotte, e la Dinamica ci guadagnò: tolse gli antichi difetti all'Ariete, e anche l'Idraulica s'avvantaggiò. E come l'istru- zione accompagnata da questi lavori fosse affare di pochi momenti, associava la supplenza della cattedra di Geometria: prendeva in esame i progetti presen- tali allo Slato per infrenare le acque del Brenta; andava scrupolosamente in- dagando se ci avesse in queste nostre regioni una terra impermeabile all'acqua, pari alla pozzolana; era tutto inteso a favoreggiare il nuovo sistema di pesi e misure, magnificandone i sommi vantaggi. Sempre tenero della sua Fisica, era sempre dietro a nuove scoperte, a nuovi artifizii. L' Oligocronometro, preziosa macchinetta per tener conto delle meno- me frazioni del tempo, è sua invenzione. La pose alle prove nella discesa dei gravi, nelle sperienze inlese a calcolare la velocità iniziale dei projetti, e n'ebbe felici rJsultameuU. E noto come, pochi anni sono, i più dotti fisici della Fran- cia e dell'Inghilterra facessero scopo dei loro studii e dei loro esperimenti il magnetismo. Dal Negro non volle esser da meno: ed eccolo tutto dedicalo a misurare la forza delle calamite temporarie col Dinamometro di llegnier. Non andò guari che gli riesci d'inventare il Dinamo-magnetometro, istrumento che accuratamente descrisse e arricchì di bellissime osservazioni in una sua Memo- ria inserita nel Voi. XXI. della Società Italiana. Instancabile nelle incomincia- te ricerche, ebbe a notare un fenomeno che sulle prime gli parve un vero pa- radosso; e aveane ben donde, se cosi gli sembrava. Vide che la forza maggiore della calamita era nella ragione inversa della quantità dello zinco adoperato nelle sue sperienze. Ma osservata con più di calma e più da presso la cosa, ebbe a convincersi che non potea andare altramente: giacché si avvide che la più picciola lamina di zinco dava il massimo efletlo relativo, perché avea massimo il perimetro rispetto alle altre lamine; e quindi conchiuse che l' effetto degli Elettromotori Voltaici era dovuto al perimetro, non già alla superficie. E fu in vigore di quel suo incessante esplorare che potè assicurarsi che le correnti elet- tro-magnetiche hanno la proprietà di dare e togliere al ferro, colla rapidità del lampo, la forza magnetica. Quindi sospettò, e da poi con qualche sicurezza conchiuse, che poteasi farne un'utile applicazione alla Meccanica, arricchendo- la di una nuova potenza motrice. Ed eccolo creatore di due motori elettro-ma- gnetici, che denominò Arieti, l'uno semplice, l'altro composto. Gli effetti otte- nuti (disse il dotto oratore che tenne parole di mestizia nel giorno de' suoi fu- nerali, cioè il Prof. Jlenin) furono più mirabili che grandi; ma non lasciò di soggiungere che al Dal Negro rimanea la speranza di risultati di gran lunga maggiori: speranza che forse divenuta sarebbe una realtà, se morte nel fer- vore de' suoi tentativi non lo avesse rapito. Non è quindi a meravigliarsi che un uomo di quella fatta fosse eletto dalle più cospicue Accademie a loro Socio; che godesse l'alto favore del Trono, cui devoto serviva. La 3Iaestà di Francesco I. un tempo l'onorò di una meda- glia; e Ferdinando I., quando scese in Italia per cingere il diadema dei Lon- gobardi, lo annoverò fra i Cavalieri della Corona di Ferro. I suol meriti .scien- tifici, l'estimazione dei dotti, le grazie de' suoi venerati Sovrani non valsero a renderlo da sé stesso diverso; cioè l'uomo disinvolto, facile, compagnevole, lontano da ogni pretensione, patrimonio ridevole della mediocrità. Era un vero piacere il conversare cou lui: assai di rado parlava di sé e delle sue scoperte; LVI anzi nei crocchii amichevoli o riferiva, o piaceagli udire gli aneddoti della giornata, gli avvenimenti che teneano alla vita urbana e socievole, lasciando ai pedanti l'ingrato ufficio di tormentare il genere umano parlando sempre di quella scienza che forse meno degli altri conoscono. E il Muratori, che non era pedante, non avvisava altramente. Chiesto un giorno perchè andasse al pas- seggio con certo pretuccio che d'uomo avea soltanto le forme, rispose che non volea saperne di dottrine e di dotti dopo molte e molte ore di studio. XV. L'Accademia, che lieta annoverava fra' suoi ragguardevoli Membri Monsi- gnore Nicolò Girolamo Scarabello, dolente ne lamentava la perdita correndo l'anno 1838. Este fu la patria; il 3 Luglio del 1T72 il primo della sua vita. S'ebbe l'educazione dell'adolescenza fra le mura domestiche. Di sedici anni passò a cotesto Seminario, dove attese alle Lettere, alla Filosofia ed alla Teo- logia. Fu acclamato Dottore, e invero a falli, uon a parole. Destinato all'inse- gnamento, fece il suo tirocinio: e vuol dire che, seguendo la costumanza di quell'illustre Istituto, assaporò le noje dell'istruzione grammaticale. Bla furou brevi, giacché di ventiquattr'anni lesse Filosofia teorica e pratica; e vi lesse cogliendo il più bel fiore di quanto a quella stagione aveano dettato gli uomini più insigni della Francia, dell' Ingliilterra e della Germania. Quegli studii se- veri però non valsero a toglierlo all'amenità delle Lettere, che coltivò con ar- dore sino dalla sua adolescenza. Stretta la più calda amicizia coi Classici della Grecia, del Lazio e della nostra Italia, conversava frequentemente con essi; e ne trasse quell'attitudine clie mostrò improntata ne' suoi versi e nelle sue pro- se quando si mostrò al pubblico come poeta e come oratore. Egli fu tra i primi a rendere il Seminario più ospitale colla lingua dell'Arno, persuadendo i suoi alunni che l'italiana letteratura dovea essere in cima dei loro pensieri. Non avrebbe abbandonato quel caro soggiorno, se la pedanteria non lo avesse astret- to a rimpatriare. A torlo si diede a credere di potere cangiar faccia alle più vec- chie e perciò ostinate abitudini: volea nell'insegnamento metodi più attempe- rati all'uopo ed ai tempi, senza riflettere che le innovazioni, per la natura delle cose e per la caparbietà degli uomini, vanno molto a rilento. Nel 1809 ritornò in seno de' suoi genitori, che assai presto perdette: quindi passò a vivere pres- so una famiglia spettabile col titolo di educatore, dove stette sino al 1824. Fu a que' giorni che Monsignore Farina volle restituirlo al Seminario, creandolo LVII Prefetto del Ginnasio e Vice-Direttore dello studio filosofico. Si arrese all'invi- to, sostenne con decoro entrambi gli uffizii; ma vedeva suo malgrado interrot- ta rincominciata carriera della predicazione, e Io confortava la speranza che il Prelato fosse per accordargli di satisfare agl'impegni incontrali, ila non potea- uo starsene insieme il servigio del Seminario e la predicazione; ond'è che Monsignore lo tenue confortato, dando opera perchè sopra di lui cadesse la scelta Sovrana di Canonico Teologale: lo che in fatti seguì nell'anno 1827. Questa promozione combinò nel miglior modo le cose. II Vescovo se l'ebbe a Prefetto del Ginnasio, a Vice-Direttore degli studil filosofici: e lo Scarabello non si divise dalla eloquenza sacra, mentre per gran parte dell'anno dovea sa- lire il pulpito, e svolgere e interpretare gli alti sensi delle Divine Scritture. Pure non se ne stette lungo tempo fra le pareti di quel venerando asilo. Dota- to di un cuore caldo e bollente, amico dell'ordine, ma non delle inezie scolasti- che, si trovò nella necessità di lottare con qualche misero che riponea la som- ma delle cure nel misurare i giovani e gli sludii con quel meschino compasso che converte gl'ingegni in automi, e le Lettere in esercizii poco più che mec- canici. Volle vivere a sé diviso fra il Canonicato e la nostra Accademia, cui appartenne col titolo da prima di Socio corrispondente, dappoi di Membro at- tivo. E riguardo al Canonicato, alle occupazioni ordinarie dell'uffizialura e del- le Lezioni Scritturali aggiunse l'altra di Bibliotecario Capitolare. Non fu lieve fortuna per quella Libreria l'essere affidata alle sue mani; che quatito pel pas- sato era stala negletta, altrettanto sua mercè rifiorì, resa a tutti accessibile, arricchita di nuovi libri, fruito in gran parte della sua liberalità, e tutti in bel- l'ordine accuratamente disposti. E avea in animo di fare assai più, cioè a dire d'illustrare i molti codici che ne sono un vero ornamento, e di descrivere i pregevoli dipinti che ne coprono le vetuste pareti; ma passò fatalmente fra i più appena cominciato il lavoro. Come Accademico fu geloso osservatore dei doveri annessi a quel posto: sempre intervenne alle Sessioni, sempre lesse nelle Tornate prescrittegli, e sempre sopra argomenti degni di lui, e del ceto cui ap- partenne. Chi amasse vedere le varie operuccie che nella successione dei tem- pi diede alla luce, consulti la Biografia degli Scrittori Padovani, lavoro di Giu- seppe Vedova. XVI. Morte, che pur Vcot^-^o fura -Prima i migliori, e lascia stare i rei, nel giorno 12 Dicembre 1839 privò la Medicina di un valente seguace, la so- LVIII cielà di un uomo tulio cuore. V'ebbe chi negli scrini del Filangieri trovò l'av- vocato, l'amico di tutta la specie umana: a' fatti non fu certamente da meno quegli di cui prendo a parlare, voglio dire Giuseppe Antonio Maria Montesanto. Ebbe a genitori Luigi e Teresa Bertucci, a patria Mantova. Nacque il di 5 Agosto del 1 TT9. Fra' suoi attese agli sludii lelterarii ed alla Filosofia. Udì Lo- gica, Bletafìsica ed Etica dall'Ab. Prandi; s'iunoltrò nei misteri della Fisica col- la scorta del Bertouciui. A quella stagione aveavi anche una scuola di Legge, che il Montesauto frequentò di buon grado allacciato dal sapere e dalle soavi maniere del giureconsulto Casali, cui era affidato quel ramo d'insegnamento. Avresti detto che la Giurisprudenza esser dovesse la carriera prescelta dal gio- vanetto; ma non fu così. Le politiche vicissitudini furono una specie di causa occasionale perchè in progresso altramente la divisasse. Egli è pur vero che gli eventi conducono gli uomini assai più che questi gli eventi. Mantova era mi- nacciata da un prossimo assedio, e la madre affettuosa a malincuore vedea espo- sto un oggetto tanto prezioso ai perigli, ai disagi di una città strettamente bloc- cata. Lo consigliò d'uscire, di raggiungere il padre, che per affari soggiornava da qualche tempo nel villaggio di Lavenoue iu Valsabbia, Provincia di Bre- scia: ed eia ospite del medico Gomparoni, uomo di qualche celebrità nell'arte sua. Un lungo conversare con quel seguace d'Ippocrate, in cui era problema se ci avesse più dovizia di cognizioni, o più desterità ed eloquenza nel porne a parte quelli che lo ascoltavano, accese per guisa il giovanetto, che, obblialo il Diritto, volle farla da medico. L'Università di Padova, attesa la pacifica e tranquilla condizione di quella città, era la sola dove potesse fare conserva dei lumi necessari! alla nuova sua vocazione. Bla per esservi ascritto era necessaria una speciale iudulgenza del Governo Generale di Venezia, giacché il Monte- santo, suddito della Cisalpina, era risguardato come uno straniero. Trovò facile l'accesso; e posta la condizione che avesse sostenuto con onore un esame degli studii già fatti, gli si accordò di potersi addottorare dopo un solo anno di ti- rocinio. Corrispose pienamente al cimento proposto, e nel giorno 12 Maggio del 1800 fu laureato in Filosofia e Medicina. Ma il diploma di Dottore non era a que' giorni bastevole per esercitare la Medicina; e ben a ragione, che nel corso dell' insegnamento tutto limitavasi alla teorica, e il giovane addottorato non avea veduta la faccia di un solo che lottasse contro l'uno o l'altro dei tanti malori che afiliggono la specie umana. La pratica veniva dopo le teorie, e il titolo di Dottore non era che un indirizzo al Ietto degli ammalali: indirizzo raccomaudalo alle cure, alla sopravvegliauza di un abile medico, che teneva ai giovani iniziati grave discorso intorno alle jiratiche osservazioni sopra i sintomi di questo o di quel morbo. Non ci volea meno di un triennio^ ed era soltanto dietro un attestato onorevole del Medico, sotto i cui auspizii avean vedute ed esaminate le varie malattie, che poteaa da se soli esercitare la professione ippocratica. Andrea Comparetti, nome cele- bre negli annali della Clinica medica, fece le parti di Mentore; e cjuanto il Professore applaudiva allo studio incessante, alla diligenza del caro alunno, al- trettanto avea questi a maguiljcare quel Professore veramente insigne. La fama acclamava intanto il nome del 3Ionlesanto come di giovane molto bene inoltrato nella scienza d'Igiea. E fu dietro il linguaggio vantaggioso di quell'arbitra dell'opinione, che il Governo Generale di Venezia nell'anno 1801 lo annoverò fra i Membri della Commissione incaricata d'iuslituire nelle Pro- vincie Venete 1 primi pubblici innesti della vaccina: e si noti a gloria del Mon- tesanto, che fra gl'invitati vi aveano alquanti ragguardevoli Professori della no- stra Università. Passato un biennio, cioè nel 1803, fu incaricato di porre in ordine la Biblioteca del Conte Carburi, venuta di Francia, ricca di oltre dodici mila volumi. A chi poco si conosca di simili destinazioni parrà l'incarico non molto onorevole; ma ben diversamente la sentono quelli che sanno quanta co- pia occorra di cognizioni tipografiche, scientifiche e letterarie per tessere a do- vere un catalogo biblico ragionato. E perciò se gli uni poteano riguardare con occhio d'indiiferenza, gli altri non sapeauo non essere larghi di lode col Mon- tesanto, che nel miglior modo servi al pubblico cenno. Era allora, e lo fu sino all'estremo respiro, intimo amico dell'illustre Dott. Zecchinelli: lo volle a parte di quel non facile impiccio: e l'assistenza dell'amicizia giovò non poco per ag- giunger la mela con passo sicuro e sollecito. Un'instancabile attività fu una specie di attrazione delle molte brighe dalle quali venne ben presto affollato. Nel 1806 fu eletto Medico dell'Ospedale civi- le e militare; elezione funesta, perchè in quel ministero 4u còlto dal tifo, e n'ebbe quasi a perire. Nell'anno seguente lo si annoverò fra i Membri della Direzione di Polizia medica, instituìta nella nostra Università: instituzione pari a quella ch'esisteva a Pavia col titolo di Direttorio Medico-pratico sino dal 1796, opera del saggio consiglio del celebre Franck. E fu pure nel 1807 che ottenne il posto onorevole di Ripetitore della Cattedra di Clinica medica dietro propo- sta del Prof. Boudioli. E fu Ripetitore anche sotto il Prof. ^ aleriano Brera, succeduto al Bondioli. Anzi ove il Brera fosse Della necessità di assentarsi, lo che di frequente accadeva, al 3Iontesanlo veniva sempre affidato l'incarico di far le sue parli. E perchè tenesse a quella cattedra in tutte le guise, quando il Moroni rinunziò l'Assistenza, dalla Direzione Generale degli Studii fu destina- to a cuoprire anche quel posto. Associava a tante cure l'esercizio della sua pro- fessione, uè aveavi giorno in cui non consacrasse alcune ore allo studio, perchè andassero di pari passo la doltriua e le pratiche osservazioni, senza di che il medico è uu cieco spargirico, od un pericoloso teorico. Molto ingegno eragli guida qualora conversava coi libri; un bellissimo cuore gli era compagno quan- do accostavasi al letto degli ammalati. Se lo incontravi lungo le vie, quel vol- to lieto o tristo diceati qual'era la condizione de'suoi clienti. L'anno '1814 fu pel suo forte sentire un anno di lutto. Il tifo contagioso ferocemente infieriva, e molti e molti cadeano vittime sventurate. Il Montesanto n'era pur troppo spettatore: e lo era perchè la Commissione Straordinaria di Sanità, instituita dal Governo Generale, l' avea nominato Medico Ispettore Sanitario del nostro Ospedale civile. La scelta fu una prova decisa in qual conto si avesse il sapere ed il cuore di lui; ma lo spettacolo da mane a sera di tanti infelici mietuti dalla falce di morte avealo posto al colmo della tristezza. Vinta in gran parte quella maligna influenza, e sorti giorni migliori, il Montesanto parve a nuova vita rinato. Si aggiunse che nell'anno seguente di bel nuovo gli arrise la pubblica estimazione; donde nuova lena allo spirito troppo abbattuto. L'Austria sino dal 1314 avea rivendicati i suoi diritti sulla Lombardia, sua antica dominazione, e sulle Provincie Venete ch'eraule state cedute pel Trat- tato di Campo Formio. Fra i nuovi ordinamenti ci entrò anche l'Università di Padova, alla quale dar voleasi uu insegnamento più esteso, più attemperato ai progressi delle scienze, precipuamente naturali. Prima di discendere ad una stabile sistemazione si volle un Piano di studii interinale, che facendo in certa guisa le parti di esperimento, lasciasse vedere che cosa si potesse aggiungere o togliere per ottenere in un modo soddisfacente lo scopo desiderato. Una Commissione composta dei Professori Brera, Franceschinis e Lanfranchi versò sull'argomento, e se n'ebbe uu Piano provvisorio che potea sembrar meritevole della perpetuità. Il Montesanto non fu fra gli ultimi contemplati. Gli toccò la cattedra di Storia e Letteratura medica; argomento che, tenendo molto all'eru- dizione ed alla filosofia dell'arte ippocratica, apriva il campo alle più erudite ed importanti Lezioni. Così adoperò il Montesanto per un biennio, e per eguale LXI periodo supplì alla cattedra di Clinica medica, senza mancare all' uffizio di Di- rettore Supplente presso la Congregazione di Carità, attesa nuova assenza del Brera. Nel 1817 comparve un altro Piano di studii, e venne ingiunto al Mon- lesanto d'instituire i giovani medici nella Clinica e Terapia speciale delle ma- lattie interne pei Chirurghi. Queste sostituzioni non valsero a scoraggiarlo, e nella nuova destinazione si mostrò quale apparve nelle Lezioni di Storia e Let- teratura medica. Ognuno tenea fermamente che quella esser dovesse l'ultima prova della sua moltiforme attitudine, e quello per sempre il téma delle sue cat- tedratiche occupazioni. Bla ognuno la sbagliò di gran lunga: la cattedra fu indi posta al concorso, e non toccò al Montesauto. Sciolto da qualunque vincolo di pubblico magistero, potea consecrarsi on- ninamente a' suoi studii, all'esercizio della sua professione. Ma come onnina- mente, se fu appunto allora che questa sua cara patria di adozione non co- nobbe, per così dire, misure nel giovarsi dell'opera sua, nel destinarlo a varie mansioni, tutte della maggiore importanza? Eguali alla fiducia del migliore ser- vigio si mostrarono gli effetti. Annoverato fra gli Amministratori della Congre- gazione di Carità, tutto guardava cogli occhi d'Argo per provvedere, e meglio per prevenire gli abusi. Creato da li a poco Vice-Direttore dell'Ospedale civile, onde alleviare il Prof. Fanzago, affranto meno dagli anni che da una salute vacillante ed avversa, li pure mostrò quanto valga il ministero di un uomo in- tegro e vigile. Ma dove largheggiò di cure, e diede luminosissime prove di un cuore tenero e di un occhio veggente, fu nella instituzione della Casa di Rico- vero e d'Industria. Sospirava l'istante di vedere bandita la mendicità girovaga; e malgrado gli ostacoli frapposti dall'inerzia degli uni, dall'avarizia degli altri, giunse a tale di vedere esauditi i suoi voti. Frutto in gran parte de' suoi studii fu il Piano pel contemplato Stabilimento; suo l'aggirarsi incessante per la Città, sue l'esortazioni, le suppliche, onde larghe fossero le offerte che doveano ser- vire all'apertura ed al perenne sostentamento di quel provvido asilo. Si può dire che per diciott'anni interi visse quasi esclusivamente in servigio ed a prò di quegl' infelici. E in quei diciott'anni va noverato il 1836, fatale per tutta Padova, falalissimo per la pia Casa, atteso l'imperversare del cholera. Chi po- trebbe adeguatamente descrivere quanto fece in quei funestissimi giorni? chi noverare i tanti che vennero sottratti dai fieri artigli di morte la mercè delle sue tenerissime sollecitudini? Fra le sue cure c'entrava anche quella di Blem- bro del Consiglio della Città. Non v'ebbe adunanza cui non intervenisse; e sempre d'animo retto, sempre saggio e avveduto calcolatore, dava i cousigli più provvidi. A fronte di laute briglie i clienti se '1 vedeano aflettuoso e solerte al loro letto: i libri uon erano un semplice ornamento delia sua biblioteca. Che se uiuna fra le Opere da esso lui dettate può dirsi lavoro di lunga lena, stan- no a sua discolpa le tante occupazioni finora accennate, e soprattutto la salute, che pur troppo gli fallì negli anni della maturità, e lo ridusse a tristissima con- dizione. Divisava di scrivere la Storia della Medicina, e aveane la migliore atti- tudine. Dotto per moltiforme erudizione, veggente per fino e assestato criterio, tutto avrebbe posto in buonissima luce: qua i discapiti e i pregi degli antichi figli d'Ippocrate: là i veri lumi dei pochi, i sogni e le frivole pretensioni dei molti che alia giornata credono d'essere maestri di coloro clie sanno. Negli Atti della nostra Accademia esistono non pochi saggi del suo non comune sa- pere; ve n'ha negli Annali Universali di Medicina dell' Omodei; e ne offrì in alcuni opuscoletti stampati a parte, di che parlò il Zecchinelli nella sua Biogra- fia, consacrata all'amicizia che a tanto uomo teuealo soavemente legato. Ma se il fatale 1 836 non recise lo stame di quella vita preziosa, però a tale il ridusse, che poco o presso che nulla fu in istato di fare a prò della sua cara Padova, in servigio deìla RIedicina, o per onorare le scienze. Scorsero tre anni crudeli, cioè sino al Dicembre 4 839, di sempre rinascenti sventure. La prima delle sue malattie fu una infiammazione Serissima del polmone, alla quale si associò gra- ve e pericolosa migliare. Appena riavuto, l'occhio destro venne colpito da una invincibile paralisi, e lo perdette. E poi gravi, improvvise oppressioni ed angu- stie al petto, finché una seconda paralisi, aggredita tutta la parte manca, in do- dici giorni lo ridusse al sepolcro. Serena avea la mente in quell'attacco, e per- ciò sino agli ultimi istanti visse presente a sé ed agli amici. Premessi i dolci conforti della Religione, colla maggiore saggezza diede l'ultima mano alle cose dimestiche, e cou un'anima tutta amicizia lasciò a' suoi più cari un qualche pe- gno. Tranquillo parlava della sua partita coli' accento dell'uomo sostenuto dalla speranza di una sorte migliore. V'ebbe taluno, non mi saprei se più vile o più cinico, che meravigliandosi di quel suo carattere candido e franco, divisò che con migliore consiglio in alcuni casi il Montesanto avrebbe dovuto osservare il silenzio, o tenere un linguaggio più circospetto. A costui risponderò con le au- ree parole del suo biografo. Si lascino a chi le ama queste paurose maravi- glie^ sorelle carnali alla \'iltà ; e qui sollevisi solenne laude al Montesanto. sempre integro, non mai diverso da se. immutabile nel proposito di non esser Lxm tocco né mosso che dalla sola forza del vero. A chi poi ci chiedesse (e noa souo pochi i curiosi in fallo Ji diplomi accademici) se appartenue a varie So- cietà lellerarie e scienlificlie, diremmo die fu Socio Auivo della noslra Acca- demia, Corrispoudenle degli Alenei di Venezia, di Treviso, di Brescia, dell'Ac- cademia Reale di Medicina di Parigi, delle Società medico-chirurgiche di Bo- logna e di Vienna. XVII. Deggio parlare di un uomo, la cui memoria sarà sempre cara ai dotti se- guaci d'Ippocrate, e soprallulto a coloro che pregiano le belle doli dell'animo. E questi Gaspare Federigo, onore della Università e dell'Accademia cui appar- tenne. Nacque a Venezia il giorno IT Aprile del 1TG9 da Antonio e da Angela Gozzi, figlia di quel Gaspare cui tanto deggiono le Lettere italiane. Suo padre, ch'era tutto inleso alla Giurisprudenza, volea farne un avvocato; ma Gaspare non aveavi la vocazione: ond'è che gli venne concesso di consacrarsi alla Me- dicina. Fece i suoi primi studii nel Seminario di Padova, e li fece in quell'av- venturata stagione, nella quale ci avea tanta copia di valenti maestri, che non avresti saputo chi posporre, chi preferire. E mi sovviene che anche negli ultimi anni ricordava con un certo nobile orgoglio un Boaretti ed un Costa, quegli versato in ogni maniera di letteratura, questi potente nella lingua d'Omero e di Pindaro. Assai bene iustiluito nell'arte di colorire i proprii pensieri, senza di che le scienze tengono un linguaggio pedestre, si affacciò alla Università, ove s'ebbe il conforto di pendere dal labbro d'ottimi Professori, voglio dire un Gallini, un Caldani, un Comparetti. Studiò senza posa, si distinse, e uell' an- no 1788 ottenne la laurea. Compiuta la pratica, cominciò a farla da medico. Alcune malattie felicemente sanate, alcuni ardili pronostici verificali con singo- lare fortuna lo fecero salire assai presto in qualche rinomanza. Non per questo venne meno allo studio; che fra le mura dimestiche cercava sempre di iar te- soro di nuovi lumi, e fuori andava in traccia dei più dotti per profittare dei loro assennali pareri. A que' tempi i medici nelle ore della sera soleano ridursi in qualche farmacia, e là ragionare delle maialine che trattavano, là esporre le loro opinioni; donde un vero mercato di cognizioni. Il Federigo non era fra gli ultimi di que' convegni. Cresceano intanto le clientele, cresceva la pubblica estimazione, avvalorata da pubbliche commissioui. Tale quella del 1817, rela- tiva all'iuilueuza petecchiale. LXIV Parve strano che uu uomo^ cui le cure mediche procuravano uua rendila annua non lieve, accompagnala da cerla gloria che potea satisfare all'amor pro- prio del più avido di nominanza, vagheggiasse una cattedra. Ma ove si rifletta che stavagli a cuore l'educazione del figlio, che desiderava un seggio di quiete per vie più consacrarsi allo studio, si ha donde lodare il suo divisamento. Fu eletto Professore di Clinica medica provinciale: lesse, e non mancò a sé stesso e all'altrui aspettazione. Ne sia prova la scelta caduta sopra di lui quando si trattò di nominare un Supplente per la cattedra di Clinica medica superiore. Quantunque coperta da uu uomo della maggiore celebrità, il Federigo seppe occuparla con onore, e con vero profitto de' suoi alunni. Sembrava che due ra- mi d'insegnamento di quella tempra dovessero toglierlo per sempre a' suoi stu- di! privali, alle sue geniali occupazioni. Sia non fu cosi. Operoso, instancabile, sempre scrivea, sempre rendeva pubblica qualche operetta. E furono non po- che anche quelle che si circoscrissero a temi d'indole medica. Alcune appar- tengono alla polemica, della quale forse era tenero un po' più del dovere; che il battagliare troppo fervido e caldo non giova gran fatto alla scienza, e non sempre ha l'impronta del vero. Chi ha ragione non s'adira; e perciò quel biz- zaiTO poeta, prendendo le saette per l'espressione dello sdegno di Giove, rivol- to a quel nume si pensò di uscire in questa sentenza: O Giove, tu ti adiri; dunque hai torto. Il sistema di Brovvn e il controstimolo di Rasori ne forma- rono il precipuo soggetto. Giurato nemico dei sistemi, sempre inveiva contro i sistemisti. Era forse migliore partilo il lasciar fare al tempo; se però in fallo di Medicina, screditato un sistema, v'ha speranza che non sia per sorgerne un altro più bizzarro o più assurdo. E perciò la scienza medica accolse con più di favore alcune dotte Dissertazioni relative alle malattie che negli anni scorsi fu- ueslarono le nostre Provincie. Tali quella sopra il tifo petecchiale, che si può risguardare come una bella ed interessante Appendice al classico Trattato del Portai; e l'altra intorno alle cause, alla natura ed ai riraedii della pellagra. Scrisse altresì dottamente sulle epilessie, suH'idrope, e sulle febbri larvate. Io credo che talvolta dicesse a sé slesso : Per correr miglior acque alzi le vele -Ornai la navicella dell' ingegno, quando abbandonati gli argomenti, cerio non lieti, dell'arie ippocratica, si rivolgeva alle Lettere amene, e intratle- neasi colla Storia, colla Critica, colla Poesia. Figlio tenerissimo della sua pa- tria, andò indagando le cause della decadenza di uua Repubblica che stette gloriosa pel periodo di quatlordici secoli. Decorsi alquanti anni, cioè nel 1831. LXV pubblicò la Topografia fisico-medica di Venezia e delle isole circostanti, trat- tando l'argomento con tale e tanta accuratezza da lasciarsi addietro un Massa, un Testi, un Cappello, un Valatelli, un Comparetli, che l'avean preceduto. Fece anche le parli di elogista, e consacrò la penna alle laudi del dolio suo precettore Ab. Boarelli e dell'insigne medico Prospero Alpino. Né conleulo di presentarsi al pubblico come prosatore, fra le mura domestiche tentò di esser poeta, traducendo la Sifilide di Fracastoro, parecchi Cantici e Salmi, dettando epigrafi ed epigrammi. Tuttavia non fu né il più valente fra i prosatori, né il più felice fra i poeti. Benché eccellenle sia stala la sua letteraria insliluzione, come si è dello, nuUadimeno non colse palme come scrillore; di che vogliamo dar colpa a quel continuo conversare con Opere assai di sovente dettale con islile più negletto ed agreste, che corretto e gentile, e soprattutto alla fretta con cui queir auima bollente dovea condurre a compimento i suoi lavori. Slava per compiere il quattordicesimo lustro della sua vita, che morte lo colse. Un'invincibile lipolimia, accompagnala da estremo affanno della respira- EÌoue, nel di 7 Jlarzo 1840 lo trasse al sepolcro, e ve lo trasse fra l'amarezza e il compianto di quanti il pregiarono, l'amarono. Molli furono i primi, perchè molli in islalo di conoscere l'eslensioue del suo sapere. Tulli i secondi, perchè le doli preziose di cui era fornito imperavano in certa guisa l'amore. Bisognava non conoscerlo per essere slrauieri a quel caro affetto, eh' è il nóllare della vi- ta, il cemento della civile società. Per nostro avviso è degna di altissimo enco- mio quella schiettezza spartana con cui giudicava delle cose e degli uomini: che se stava in perfetta antitesi colle non poche maschere della giornata, era un vero trionfo per un uomo che avea il coraggio di dire ciò che sentiva. Alla schiettezza associava la maggiore noncuranza di sé e delle cose proprie: lo che additava l'uomo tulio consecralo alle sue nobili destinazioni. Pretto stoico nelle forme sociali, non sapeva esserlo nell' apprezzare l'amicizia, nell' onorare i la- lenti. Ricco di eventi, di aneddoti, condiva assai bene il suo conversare, ed era- no per gli astanti veri momenti festivi quelli nei quali avea il buon destro di favellare. Superiore all'aspetto della morte vicina, mostrò molta fermezza e molto coraggio; la Religione, dei cui soccorsi era munito, non v'ebbe 1' ultima parte. Il Prof. Cortesi disse parole di estimazione, di affetto sulla fredda spoglia dell'illustre Collega, né lasciò il desiderio di un miglior oratore. LXVI XVIII. .( Non contenta di tante vittime, stava per tramontare il Novembre del 1840, che morte ci tolse Monsignore Antonio Nodari, vero ornamento del Seminario, del Capitolo, dell'Università, dell'Accademia. Appartenne a tutte e quattro le Instituzioni. Onorò il Seminario, perchè vi sostenne svariato e utile magistero; il Capitolo, perchè fra i Canonici fu vero modello d'integrità, di saggezza; 1' Università, per le dotte Lezioni che diede intorno alla Storia della Filosofia; e per ultimo la nostra Accademia, per copia e sceltezza di assennate Memorie. E ciò eh' è più, riesci amara la perdita di lui attesa l'età fresca di cinquant' anni appena compiuti: età iu cui, l'intelletto e lo ingegno resi più franchi e sicuri, frutta sempre più saporite avrebb'egli offerto alle Lettere, per le quali avea una vocazione speciale. Schiavon, picciola terra non mollo lungi da Marostica, gli diede i natali; lo che avvenne nel Giugno del 1790. I suoi genitori, benché né doviziosi, né nobili, videro nel giovanetto i germi di un ingegno non comune, e vollero a tutto costo prestarsi pel desiderato sviluppo. E come nel suolo natio non ci avea chi potesse andare nell'istruzione al di là dei primi erudimenti, po- co più che bilustre lo affidarono a quel Seminario, di cui allo parlava la fama: già ognuno s'avvede che intendiamo parlare di quello di Padova. Rapidi furo- no i progressi di lui per guisa, che divenne Maestro prima di giungere al Sa- cerdozio. Gli toccarono le prime, le più umili scuole, perchè era questa un'in- variabile costumanza di quell' Instituìo; ma salì ben presto alle maggiori, ed ebbe la scuola della cosi delta Accademia, succedendo al celebre Braus, passato a far parte della Compagnia del Lojola. La rinomanza del Braus, le spine del nuovo insegnamento non iscorarono il nostro Nodari: addoppiò le cure, le ve- glie; studiò a tuli' uomo: e giunse a tale da riscuotere larghissimi applausi tan- to per le teoriche intorno alla Eloquenza che andava svolgeudo a' suoi alunni, quanto per la scelta dei tèmi, per la maniera di trattarli nelle accademie che al compiersi degli anni scolastici dovea offerire al fiore degli uomini colti e scienziati. Crebbe vieppiù, e giustamente, nella estimazione del pubblico, per- ché alle poesie latine, greche ed ebraiche le italiane volle associale, tenendo in conto di un vero disdoro che un Seminario nato e cresciuto in Italia si mo- strasse avverso, o per lo meno straniero alla letteratura italiana. La fama del Nodari non si circoscrisse alle mura di Antenore. Sino dall' Istro fu riconosciu- to degno di magistero nella nostra Università, e lo si elesse a Professore di LXVII Storia della Filosofia; campo arduo e vaslissfmo, ma campo in cui diede a ve- dere quanto eslesa fosse la sua erudizione, quanto giusta la bilancia con cui pesava i sistemi, i delirii dell'antica e moderna Filosofia. Ma quell' insegnamen- to fu una specie di meteora. Nuove disposizioni lo annodarono alla cattedra di Filosofia teorico-pratica. Non venne però meno nella estimazione de' suoi primi giudici; che lo eccitarono a ripigliare il pubblico insegnamento nell'uno o nel- l'altro de' Licei del Regno Lombardo-Veneto. Ma il Nodari non volle abban- donare la sua patria di adozione; tanto più che in quel torno dalla Maestà di Francesco L, dietro onorevole proposta di Monsignore Farina, era stalo anno- veralo fra i Canonici della nostra Cattedrale. Se nel difficile arringo di Maestro e di Professore provò che vedea mollo addentro negli sludii filosofici e nelle Lettere amene, come Canonico mostrò quanta fosse l'integrità de' suoi costumi; integrità che mai gli fallì, ma che più venne osservata e più si fece palese in uu posto dal quale è chiesta con una severità maggiore di qualsiasi altra destinazione. Pareva che il Nodari, divenuto interamente uomo di Chiesa, esser dovesse straniero ad ogni guisa di scolastica occupazione; ma non cosi andò l'affare, che a tutto costo si volle affidargli l'incarico di Vice-Direttore del Ginnasio di questa Città. Si arrese a malin- cuore all'invilo, ma di buon grado sostenne le parli del nuovo uffizio; lo che argomentiamo a buon diritto dal fervore e dall' armonia dei Professori di quel- r Istituto, dai progressi e dalla probità dei giovanetti che lo frequentarono: poiché tristi sono sempre i risultamenti, ove di mala voglia e con tiepidezza taluno assuma e si presti per una qualsiasi mansione. La nostra Accademia lo annoverò da molto tempo fra' suoi, e più volte la intrattenne con dotte e sapo- rite IMemorie. ' Fra le Opere date alla luce la più recente è quella che offre le Vile dei Romani Pontefici da Pio VL sino a Gregorio XVL felicemente regnante. Det- tate nella maestosa lingua del Lazio, ci mostrano il Nodari signore delle più belle e squisite maniere. L'ordine, la chiarezza, la dignità ne sono i principali ornamenti. Che se stelle alla corteccia dei fatti, e non parlò delle cause, se ne accagioni la brevità con cui s'era avvisato di fare le parti di narratore. E poi ove si tratti di cagioni che preparano gli eventi, sono elleno altrettanti poligoni, ed è molto difficile decidere quale delle faccie sia da preferirsi. La filosofia della storia assai di sovente sta più nell' immaginazione dello scrittore, che nella realtà delle cose. Universale fu la mestizia per una perdita quanto preziosa, Lxvm altrettanto immatura. L'amico Tappar! e il tenero allievo Giovanni Cittadella sparsero qualche fiore. Il primo tenne il linguaggio della estimazione; parlò il secondo con l'affetto di un discepolo riconoscente alle caldissime cure del più amabile, del più soave fra i precettori. Solenni esequie gì' invocarono dal Cielo il seggio dei giusti, esequie reiterate nel trigesimo giorno pel voto de' suoi più cari. Il Prof. Menia lodò il dolce amico, il collega in un modo degno del suo cuore, de' suoi talenti. XIX. Stava rivedendo le prove degli ultimi fogli di questi Cenni biografici, quan^ do mi giunse l'infaustissima nuova delia morte istantanea del Socio attivo Dott. Zecchinelli, avvenuta nella sera del 18 Febbrajo 1841 . Un'apoplessia polmonare decise in pochi istanti della sua vita preziosa; cbè tale era per cer- to, ove si richiami al pensiero gl'importanti servigi che rese alla scienza medi- ca colle dotte sue produzioni, all'umanità coH'esercizio dell'arte nella quale era molto addentrato, alla società col vivo esempio di una virtù maschia e severa. Io mi credeva che il diciottesimo degli annoverati fosse 1' ultima goccia del ca- lice amaro a cui dovessi appressare le labbra. 31' ingannai a partito; che un'al- tra ve ne avea tanto più amara, quanto più- stretti furono i vincoli di sincera amistà che per lungo tempo mi tennero ad un uomo cosi illustre legalo. Il dì 1.° Giugno del 1776 Giovanni Maria Zecchinelli apriva gli occhi alla luce nella picciola terra di Grantorto, provincia del Padovano. Avrebbe respi- rate le prime aure di vita nel ridente suolo di Este, se il genitore Dott. Sante colla moglie Lucia Mainardi non si fosse colà trasferito per esercitarvi l'arte d'Ippocrate come Medico- Condotto. Non andò guari che pel voto di alcune fa- miglie fiorenti passò a Noventa Vicentina, dove sostenne con molto decoro lo stesso uffizio. Fu là che il caro figlio venne educato alle Lettere, e salutò qual- che scienza. Ebbe a precettore delle prime il buon sacerdote Giuseppe Pantano Paggiollo; gli fu guida nelle seconde Francesco Franzosi, Dottore in ambe le Leggi. Fu la delizia di tutti e due per ingegno agile e desto, per intenso amore allo studio; e tutti e due ebbero ad ammirare un giovanetto alieno da qualsia» piacere e trastullo, tanto proprii di quella stagione. E quanto all'ingegno, era cosi pronto e sagace, che il Franzosi, alieno da qualsiasi magistero, per lui solo volle farla da educatore. Giunto ai quindici anni passò alla nostra Università; e seguendo la sua vocazione si consacrò alla Medicina. Rapidi e confortanti r.xix furono i Èuol progressi; e per guisa, che reslilneudosi nelle consuete vacanze alla famiglia, èra in islalo di prestare qualche ajulo al bupn geuilore: ajuto che dopo la laurea si eslese di mollo, precipuamente nel 1801, anno fatale per in- sorta epidemia di ferissima febbre nervina. Fu a quell'epoca che pianse ama- ramente la perdita del caro autore de' suoi giorni, vittima infelice di quel mor- bo desolalore. I Noventanl fervorosi invocarono le cure mediche del figlio, e per qualche tratto di tempo assecondò il loro desiderio; se non che accostuma- to a vivere in una città ricca d'uomini dotti nell'arte da lui professata, senti un bisogno di cangiar cielo. L na taula perdila iucrcbbe a quella popolazione; ma rendendogli la giustizia dovuta, dettò ampio e lusinghiero atlestatft nella pe- rizia e dell'amore con cui avea trattate le malattie de' suoi conterranei. Giunto a Padova, strinse vie più i n'odi dell'amicizia col Moulesanto; amicizia che la sola morte potea sciogliere, tanto era fervida e candida. Fu allora che divise con l'amico le cure pel ragionato catalogo della Biblioteca Carburi, di che non La guari si è fatta parola. Assai presto il Zecchiuelli si diede a conoscere; ond'è che nel 1807 il veg- giamo Ripetitore della cattedra di Patologia e Medicina legale, coperta dal Prof. Fanzago. Né si stette alle ripetizioni; che più volte vi tenne lezione, se- condo che il Fanzago o per malattia o per altra cagione non potea recarsi alla cattedra. Nel Febbrajo del 1811 fu eletto a Medico Consulente di Sanità; de- sllnazioue che nel 181T s'ebbe a compagne altre due non meno onorevoli, d'Ispettore della Città per il tifo, e di Blembro della Direzione di Polizia me- dica. Come Ispettore era diviso fra le teoriche e l'esercizio dell'arte. Le teori- che erano altrellanli consigli o precetti dati ai Bledici per porre un argine ad un morbo terribile che senza misura mieteva le vite dei cittadini. La pratica consisteva nelle visite incessanti che dovea fare alle carceri criminali per cura- re i prigionieri còlti dallo stesso malore. Sostenne il doppio incarico con mollo zelo, e n'ebbe lodi e compensi. Nell'anno seguente fece le parti di Medico delegalo al Consiglio dipartimentale di Leva, e nel 1819 lo si destinò a com- pagno del Consigliere Protomedico nella visita delle Terme, quelle terme delle quali eoa Decreto definitivo del 1820 fu creato Regio Ispettore Sanitario. Aba- no fu in certa guisa il teatro delle glorie mediche del Zeccbinelli. La fama me- ritamente acquistata eccitava quanti vi si recavano per ricuperare la salute per- duta a chiedere il suo parere, ad implorare la sua assistenza. Tulli partivano coutenti di lui, egli di loro, giacché le retribuzioni erano larghe, e più delle LXX retribuzioui grande 11 piacere di aver conosciute ne' suoi clienti le persone più ragguardevoli, e per esse ripetuto e riverito il suo nome nelle p!ù riniote re- gioni. L'Assistente Dott. Gaspare Morgagni, nome di preziose reminisceuze, era tenerissimo dell'onore del suo Zecchiuelli, e lo era pei sacri vincoli di paren- tela (1), e forse pei più sacri dell'amicizia. Fu per pubblico cenno che il Zec- chiuelli visitò le Provincie di Belluno e di Padova, e diede un'accurata contez- za delle malattie endemiche, notando qual proporzione si avessero colle relati- ve popolazioni: che estese uua Statistica sanitaria per le Terme di Abano: che scrisse una Pielazione ragionata sul tifo del 1817, relazione che meritò gli elogi di S. M. l'Imperatore Francesco I. di gloriosa memoria, non iscompagnati da generosa rimunerazione. Correva il Dicembre del 1829, e onorifico Decreto lo destinava a Direttore dell' Istituto degli Esposti. Avvegnaché somme e svariate fossero le sue occu- pazioni, non seppe ristarsi dal piegare all'autorevole cenno. Il cuore sentì tutta l'importanza di quella destinazione, e ascrisse a fortuna l'essere eletto a veglia- re pel migliore benessere di quelle innocenti creature, abbandonate dalla cru- deltà, e più di sovente dal pudore, o dalla desolante miseria degli autori dei loro giorni. E vi si consacrò per maniera, che né balie vegete e robuste man- carono a quelli che metteauo i primi vagiti, uè ottimo trattamento ai più inol- trati negli anni, tenendo d'occhio gl'impiegati perché non fossero nienoma- meute violate le discipline che miravano alla maggiore prosperità di quel prov- vido Stabilimento. Per qualtr' anni prestò indefesso l'opera sua: e prestata l'avrebbe senza mai arrestarsi, se non gii fosse venuta meno la lena, lena eh' è pur forza che si affievolisca ove da mane a sera l'uomo sia costretto a satisfare a molle e gravi incombenze. Nel 1833 chiese la necessaria dispensa, e l'ottenne. Col cessare di quell'Ispettorato non però giunse a capo di vivere una vita agia- ta e tranquilla. Continuarono le visite mediche, continuò l'uffizio d'Ispettore alle Terme: tanto basti perchè deggiamo calcolarlo, se non oppresso, certo non mediocremente occupato. Eppure chi lo crederebbe? Benché diviso fra tante brighe, benché astretto a vivere agli altri, a servire ai pubblici uffizli, seppe vivere anche a sé stesso, allo studio, e offrire non pochi saggi de' suoi non comuni talenti. Avea l'attitu- dine di moltiplicare in certa guisa sé stesso; e l'avea, perché non c'era ritaglio (1) 11 Morgagni s'ebbe a moglie una sorella del Zccchinelli, morta da molto tempo. ;I-XXI di tempo di cui non profittasse. Lontano da tutto ciò che tiene alla vita compa- gnevole e lieta, quando avea servito al dovere si riparava nelle sue stanze; e 1 libri, il meditare, lo scrivere erano i suoi teatri, i suoi simposii, le sue conver- sazioni. Ignoriamo se fra i dotti de' nostri giorni v'abbia gran copia d'imitatori. Molte sono le sue produzioni, tutte degne di lode, e dove profonde per matu- rità di pensamento, dove plausibili per molto ingegno, dove amene ed impor- tanti o per l'indole dei tèmi, o pel modo con cui sono trattati. Il suo Discorso sull'uso della mano destra a preferenza della sinistra^ la Memoria sopra il .Suspirium di Seneca ne fauno pienissima guarentigia. Nell'impotenza di render conto di tanta messe, perchè astretti a pochi rapidi cenni, ne offriremo il cata- logo, per sé solo bastevole ad ingenerare un' opinione assai vantaggiosa anche nei leggitori cui le scienze mediche non sono familiari. Dietro tanta celebrità e tanti scritti era a vedersi che le Accademie avrebbero annoveralo il Zecchinelli fra' suoi. Sono più di venti i Diplomi che s'ebbe. Molli gli vennero dai Licei e dalle Società letterarie del Regno Lombardo-Veneto, molti dalle altre città d'Italia, alcuni dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna, e perfino dagli Stati Uniti di America. Ma l'ascrizione che più lusingò il suo amor proprio fu quella di Membro Pensionarlo dell'I. R. Instiluto delle Provincie Venete, per- ché arra non dubbia della clemenza del suo Augusto Sovrano. Quanto alla parte morale si è detto fin dalle prime ch'era l'uomo di una tempra maschia e severa; lo che suona un uomo antico, un uomo il cui labbro era sempre in armonia col cuore, le cui maniere aveano alquanto dello sparta- no, perchè non volle o non seppe leggere nel libro di quelle uffiziosità sdolci- nate che ai meno avveduti sembrano il linguaggio dell'animo, e in fatto uou sono che un ceremouiale di sterile consuetudine. 3Ialgrado quel suo tenore grave e accigliato, seppe rendersi caro; e l'attestano le lagrime di una tenera compagna, di un nipote affettuoso (1), il compianto di molti amici. Sommo era l'amore pe'suoi, e ne fa prova il testamento; sentiva l'amicizia in grado emi- nente, e n'abbiamo a garante quel suo rispettarne i vincoli anche quando tal- uno avrebbe meritato ch'ei si dimenticasse di averli stretti. V'ebbe chi l'accu- sò di soverchio attaccamento alle sue opinioni, e di certa vaghezza di battagliare. Ma qual è il padre che non ami e non difenda a tutta possa i suoi figli-' (1) Il Dott. Giuseppe Gianelli, già pubblico Professore in questa nostra Università, ora Consigliere Protomedico presso l'Eccelso Governo di Milano. LXXII Opere pubblicate dal Zecciiinelli. 1. Ricerclie sull'indole e sulla cura delia febbre gialla, a cui si afrgiuuge un Saggio sulla febbre gialla della Giamaica di Carlo Blicke, tradotto dall' lu- glese. Padova, 1805. 2. Considerazioni mediche sull'angina del petto di Ileberdeu, sulle analo- ghe forme anginose, e con questa occasione sopra alcune morbosità dell'aorta. Ivi, 1813-1810. 3. Discorso sull'uso della mano destra a preferenza della sinistra, pubblicalo nella faustissima occasione che S. M. I. R. A. Francesco I. visita per la prima volta il suo nuovo Regno Lombardo-Veneto. Ivi, 1815. 4. Progetto per uu Regolamento delle Condotte mediche. Ivi, I8l5. 5. Memoria sopra il Suspirium di Seneca. — Nel Voi. I. dei Nuovi Sagg-i dell'Accademia di Padova. 6. Alcune riflessioni sanitario-politiche sulla pellagra, con Carla topografica. Padova, 1818. 7. Narrazione dell'origine, propagazione, andamento, cura, esilo del tifo contagioso che ha regnalo nella cillà di Padova nei primi otto mesi dell'an- no 181T, con Quadro del 1818. Ivi. 8. Lettera al Dott. Domenico Thiene sulla falcadina, ossia sopra una par- ticolare infezione venerea analoga allo skerlievo, che regna da qualche anno nel villaggio detto Falcade nella Provincia di Belluno. — Inserita nel Volu- me XIII. 1820 degli Annali Universali di Medicina del Dott. Oniodei. 9. Lettera sull'Acqua Catulliana nell' opuscolo Risposta alle ultime Osser- vazioni del sig. Ciro Pollini. Anno 1820. 1 0. Istituzioni sauitai-ie per li Medici assistenti alle Terme di Padova. Ivi, 1 820. 11. Sulle rotture del cuore. Ivi, 1824. — Inserita nel Voi. II. dei Nuovi Sag- gi deir Accademia di Padova. 12. Gomento ad alcuni passi d'Ippocrate, tendente a provare ch'egli ha ve- duto gli aneurismi interni del petto, cosa comunemente negatagli. Padova, 1827. 13. Notizie intorno all'Acqua solforosa Raineriana Euganea che scaturisce alla Costa di Arquà nella Provincia di Padova. Ivi, 1822. 14. Memoria sopra alcuni passi d'Ippocrate relativi alle malattie del cuore, in seguito all'altra del N." 12, inserita negli Alti dell'Accademia di Padova, Voi. IIL, 1831. Lxxm 15. Coniuuicazioue di tre fallì fisici relativi alle Terme padovane. — Memoria inserita nel Voi. III. degli Alti suddetti. 16. Risposta con documenti al Prof. Salvator Mandruzzato sopra tre fatti fisi- ci relativi alle Terme padovane. Padova, 1833. 17. Saggio sull'uso medico delle Terme padovane. Ivi, 1835. 18. Cenni sul cholera cte si mostrò in Padova nei mesi di Ottobre, Novem- bre, Dicembre 1835, e Gennajo 1836, e continuazione. — Inseriti nel Gior- nale per servire ni progressi della Patologia e della Materia medica. Fase. 8. 9. e 10. Venezia, 1836. 19. Storia di angina del petto, ossia malattia dell' Odier di Ginevra, prece- duta da un Invito ai Medici ed Avvertimento ai non Medici sulla stessa infer- mità.— Inserita nel Giornale suddetto. Fase. 11., 1836. 20. Dello studio delle epidemie, e della sua influenza sulla pubblica salute e sulla Medicina pratica. — Operetta inserita nei Comentnrii di Medicina del Dott. G. F. Spongia. Padova, 1836-1837. 21. Sul movimento personale dei figli esposti dell'Istituto centrale di Pado- va, avvenuto in 20 anni, cioè dal 1812 al 1831 incl. — 3Iemoria inserita nel Voi. IV. dei Nuovi Saggi dell'Accademia di Padova, 1837. 22. Delle dottrine sulla struttura e sulle funzioni del cuore e delle arterie, che imparò Guglielmo Harvey da Eustachio Rudio per la prima volta in Pado- va, e come esse lo guidarono direttamente a studiare, conoscere e dimostrare la circolazione del sangue. Padova, 1838. 23. Sull'angina del petto, e sulle morti repentine. Considerazioni con Ap- pendice contenente osservazioni di angina del petto di Medici viventi. Pado- va, 1839. 24. Di Giuseppe Montesanto Mantovano, e di ciò ch'egli operò. Racconto. Padova, 1841. NUOVI SAGGI DELLA IMPERIALE REGIA ACCADEMIA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI IN PADOVA ALCUNI PENSIERI INTORNO ALLE CAUSE PRINCIPALI PER GUI PARECCHI GENII GRECI, LATINI, ITALIANI TRAVIA- RONO DAL RETTO SENTIERO DELLA SODA IMMORTALITÀ; ED ALCUNE PRATICHE OSSERVAZIONI DELLA IMITAZIONE USATA DA QUELLI CHE MERITARONO IN OGNI TEMPO IL SOPRANNOME DI CLASSICL MEMORIA DAL SOCIO 0HDINAIV10 ANTONIO N O D ARI CAKOmCO DELLA CATTEDRALE u. n confronto analllico di quei greci , latini ed italiani scrittori che piac- quero sempre , e sempre furono ammirati quali esemplari del vero bello , con quelli delle stesse nazioni clie in varia età a romorosa fama si elevarono presso i contemporanei, e poi vennero o dimenticati, o solamente tenuti siccome uo- mini d'ingegno capace, ma bizzarro; mi persuase a conchiudere, che la costante opinione dei primi ha nella ben osservata ed abbellita natura le ferme sue fon- damenta, e che la cessala quasi sul nascere celebrità dei secondi si deve attri- buire all'abbandono od all'abuso ch'eglino fecero di questa unica e veneranda maestra. Né mi lasciai ingannare, almen cosi credo, dall'amore di parte, o dal pregiudizio di educazione ; giacché dai principii, ai quali s'attennero e gli uni e gli altri, ne deriva il diverso risultamento. La moderata prudenza dei sommi li formò amorevoli contemplatori della natura col nobile fine d'imitarne il bello, e li rese liberi si , ma rispettosi seguaci di quelli che prima ne trascelsero il me- glio; l'improvida vanità degli altri malamente gì' indusse ad oltrepassare la na- tura, e a disconoscere gli ottimi suoi imitatori: sicché i primi, dal vero bello illuminati, giunsero alla soda immortalità; ed i secondi, dalle sognate chimere sospinti troppo allo, dovettero tosto precipitare alla maniera dei favolosi Icari, appena lasciando il proprio nome al mare, che li affogò. Senoncliè troppo ge- nerale e di poca utililà tornerebbe questa mia conclusione , quando da prima non mi facessi a rintracciare le cause principali che nei passati secoli travia- rono parecchi ingegni nati ad accrescere ognor più il nome della lor patria: e poi non dichiarassi come i massimi tra' Greci , Latini ed Italiani meritarono da tutte le genti coite ed assennate il soprannome di Classici. Spero che questa ricerca, colle aggiunte osservazioni di fatto, ridonderà in maggior profitto delle lettere italiane . che la male intrapresa e peggio inferocita battaglia onde gli stu- diosi nostri, divisi in due parti, pugnano chi pel Classico e chi pel Romantico; e, sia detto in buona lor pace, senza forse intendersi finiscono, alla foggia dei sottili Eristici e dei riprovati Scolastici, col reciproco disprezzo, e, ciò che più monta, col grave danno della patria letteratura. L'argomento è da sé vasto e diffuso : ma io trasceglierò i soli primi elementi , ben sapendo che le menti illu- minate, quali son le vostre, dotti Accademici, quando lor si tocchi anche leg- germente il principio di una verità, sanno tosto dov'è fondata. Marco Anueo Seneca, assai penetrativo filosofo, sentenziò che i sommi in- gegni non vanno esenti da qualche insania: Stimma ingenia non sine insania. La sperienza più antica pienamente conferma questo dettato. Ecco il perchè la Grecia, il Lazio e l'Italia lamentarono ognora l'infausto smarrimento di alcuni lor genii, i quali, forniti d'immaginazione viva e fervente, trascorsero ogni limite dalla natura segnato , e dalla osservazione de' suoi archetipi generali e costanti prudentemente prescritto. Ora quali furono le cause principali che aumentarono codesta insania, e la resero oltremodo insofferente e sfrenata? La prima, a mio avviso, è la idea falsa e licenziosa di creazione, la quale signoreggiando i talenti più acuti e caldi , li sedusse e li trasse alla vanità di ri- cusare, anzi disprezzare la imitazione della natura, che fu e sarà sempre prima sorgente e tesoro del vero bello. Dissi idea falsa di creazione , perchè non istà nell'uomo il creare cosa alcuna, sì bene l'inventare, cioè lo scomporre e com- porre quanto v'ha di esistente nell'universale natura; e nel caso nostro quanto di bello si osserva in essa, a fine d'informarne e di astrarne un tutto, che tanto più accosta e raggiunge il bello naturale ed artificiale, quanto più va composto delle singole parti trascelte dalle più belle o più bellamente eseguite, che tro- vansi nella natura o nella sua imitazione. Dissi pure, che oltre di essere falsa co- desta idea di creazione, è ancor licenziosa. Infatti, quanti vollero millantarsi crea- tori di cose e d'idee a lor capriccio, travidero gli oggetti naturali ed artificiali, ne amplificarono le relazioni all'impossibile, ne falsarono le essenze e le qualità; in una parola, altro non fecero che perdersi nei vuoti spazii di una matta fanta- sia. Quindi cotestoro altro non produssero che fumo invece di fiamma , ed ac- coppiarono coi volatili i serpenti, cogli agnelli le tigri , e dipinsero il delfino nel bosco, ed il cinghiale nell'onde. Ma per questo furon essi creatori? Non mai. Bensì tristi inventori accozzarono insieme nella maniera più strana cose ed idee che esistono sparse nell' universale natura , e che ogni savio deve chiamare con Orazio sogni d' un ammalato , o meglio stravaganze di un pazzo. I Sofisti ed i Ciclici tra' Greci, i declamatori in prosa ed in verso tra' Latini, e molti Italiani, specialmente del seicento, confermano a tutte prove una tal verità. Da questa prima causa procede la seconda, cioè il disprezzo degli ottimi imitatori della natura, eh' è a dire de' Glassici. Se questa causa si riconobbe dai più savii in tutti i tempi alle belle lettere calamitosa, ha d' uopo d'essere vieppiù ricordata e dichiarita nell'età nostra, perchè con maggior forza e persuasione sì ingenerò negli animi il fallace pensiero, che l'imitare i Classici sia servilità, e che i veri genii devono salire più alto di essi e della natura. Or qui fa mestieri che- mi spieghi chiaramente, anzi definisca che cosa a mio parere intender si debba per iniiLazione. Io penso, l'imitazione altro non essere che l'inventivo ab- bellimento dell'universale natura. Ciò posto, mi è facile il vedere come i sodi genii non si lasciarono giammai acclecare dai difetti e dalle mostruosità dei proprii contemporanei; ma sempre fermi nella imitazione della natura, e nei ge- nerali e costanti archetipi dai grandi suoi seguaci da prima osservati , vinsero la buja notte del secolo corrotto, e ne rinnovarono la luce. Eglino ben conob- bero che una orribile tempesta , ovvero una bonaccia assoluta non possono riu- scire gradite che accidentalmente e per breve durata ad una qualche nazione tumultuante od inerte; mentre un cielo ora sereno, ora di benefiche piogge fe- condo, ed un aere temperato e salubre devono sempre e da per tutto piacere. Quintiliano, Plinio il giuniore, e Tacito e Svetonio e Valerio Fiacco e Silio Ita- lico, perchè imitarono la natura, i Classici greci, e tra' latini Cicerone, Sallustio e Virgilio, cogli altri aurei, ad onta della tristezza dei tempi divennero grandi scrittori. Egualmente Paolo Segneri e Francesco Redi, con qualche altro, ebbero il soprannome di Classici nel 600. Al contrario quei tutti, che incautamente credettero di poter avanzare gl'incUti predecessori per una via nuova, ma sopra o contro natura , si assomigliarono a quel Ciclico cantore , che per divenire più famigerato di Omero diede principio al suo tronfio poema nel seguente modo: h Fortunam Priami cantato et nobile hellum. Si domandò dopo qualche tempo da un bravo critico latino: Quid dignuin tanto feret hic promissor hiatu? E con ingenua semplicità fu risposto: Parturiiint montes, nascetur ridiculiis miis. Lucano. Stazio, Giovenale e Persio colla pompa delia stoica dottrina e colla gonfia esagerazione ambirono di farsi maggiori di Virgilio e di Orazio, e cad- dero nel medesimo eccesso del Ciclico arrogante. E quel genio straordinario, oltre parecchi altri, che presso i suoi ammaliati nazionali menò romore immen- so, il napoletano cavaliere Marini, si rese il giuoco dei valenti Francesi dell'au- reo secolo di Luigi XIV., i quali diceano ottenebrato il sole del bello italiano dal fumo d'un tanto Vesuvio. Io trovo la terza causa nell'amore di plauso passaggero, in luogo di gloria perenne. Anche la letteratura ha per sua tiranna la moda: e siccome questa vie maggiormente suole incantare di sé quanto è più strana e vaga negli esterni suoi abbigliamenti; cosi non è da stupire se la stessa letteratura, fatta sua schia- va, più apparisca gradevole in qualche età quando si colora di artificioso belletto, che quando va semplicemente adorna delle naturali sue grazie. Da questo ne avviene, che alcuni ingegni delle maggiori speranze sacrifichino i loro talenti e le loro altitudini sull'ara del falso genio e del gusto corrotto, ed antepongano le vane acclamazioni del giorno alla vera lode di una migliore e spregiudicata posterità. Seneca il cordovese e Pietro d'Arezzo , 1 seguaci della scuola Marine- sca, d'altra più recente, e (dovrò dirlo?) anche di qualche straniera, abjjoudano di cotesti vizii, tanto più dannosi, come riflette di Seneca il giudicioso Quinti- liano, quanto più al primo assaggio riescono dolci. In eloquendo corriipta ple- raque^ atque eo perniciosissima, quod abundant dulcibus vitiis. Né alcuno, spero, mi contraddirà se pongo per quarta causa l'introduzione di forestieri riti, usanze, costumi, pensieri, linguaggi, mercè dei quali si neglessero le native eleganze, e si mescolarono le essenze e forme aspre ed artificiate colle soavi e semplici; onde ne scaturì la corruzione dell'ottimo, che suol essere la pessima. Tal fu la condizione della Grecia dopo Filippo ed Alessandro i Mace- doni: e tale pur quella di Roma dopo Augusto, e particolarmente dopo Trajano ed Adriano. E rispetto all'Italia nostra, quantunque io sia ammiratore delle ge- nerose virtù e dei caratteri fermi del medio evo e di altre susseguenti età , pure non posso approvare l'uso che si fa dell'incivilita e gentile lingua italiana nel rammemorare auche gl'immani delitti e le barbare costumanze di que' signorotti e di que' tempi. E se così io la penso delle cose nostre, non dovrò forse alzar più forte la voce e proscrivere con patrio zelo l'immorale viltà di quanti fanno servire l'ingenua e purgata favella del sì alle bizzarrie straniere, ed ai più che brutali ed infami misfatti succedentisi di mano in mano a dismisura da non tro- vare alcuna espiazione fuorché quella del suicidio? Son questi i tristi frutti che per balze e marosi a noi manda il trascendentale idealismo; frutti pestilenti e funesti nou solamente al vero bello, ma, ciò che più vale, alla santa religione della cattolica carità, all'onesta innocenza del costume, ai giusti diritti del bene sociale, alla vita degli uomini, che ci son tutti fratelli. La quinta causa tragge sua origine dal soverchio disio o smania moderna di tutto pubblicare quanto cade dalla penna in sulla carta, senza che si osservi quel: saepe stjlum vertas; e l'altro: liniae labor et mora. I Classici ed inse- gnarono e praticarono altrimenti. E, a uou parlare dei moltissimi, vi basti un Virgilio, che quantunque (per testimonianza del suo coetaneo \'aro, riferita da Gellio e da Quintiliano) scrivesse pochissimi versi di giorno in giorno: nulladi- meno, morendo, dichiarò essere sua ferma volontà che si abbruciasse l'Eneide, qual poema mancante dell'ultima sua mano. Poi un Ariosto, che tal manoscritto originale lasciò da riscontrarvi per entro a cento a cento le cancellature; e quel ch'io trovai degno di maggiore attenzione si fu lo scorgere come a lui costarono più di studio e di correttura quelle ottave , le quali al suo leggitore sembrano le più facili e di prima impronta. Ma Virgilio ha meritato che un Augusto giudi- casse tornar meglio alla gloria romana l'abrogazione in tal caso della legge te- stamentaria, che l'abbruciamento di quel grande poema ; e l'Ariosto siccome raccomandò alla sua Ferrara un prezioso documento di universale ammirazio- ne, così aprì una pratica scuola a' suoi posteri , in cui possono apprendere la maniera colla quale si diviene un classico scrittore. Né invano recai questi due esempi: poiché se volentieri concedo che in alcuni componimenti dei nostri giorni grandeggino forti pensieri, immagini vive, accorte sentenze; a dir breve, un sentire ed un ragionare nerbuto e solerte; a me anche pare di rinvenire nell'insieme un assai minuzzato, indistinto ed arcano miscuglio di affetti ed idee, che non risponde alla precisione, chiarezza ed evidenza del classico sentire e ra- gionare. Da qui pur viene che lo stile, benché in sé contenga una brillante vi- goria di scelte parole, di frasi forbite, di periodi armoniosi, pure a me sembra che nel suo pieno senta dell'annodato, del manierato e del disuguale, che mal s'ad- dice alla lingua libera, ingenua ed equabile degli aurei nostri. Si paragonino i raccouli storici , le romanzesche novelle , le descrizioni in prosa ed in verso , le arringhe, gli elogi, le orazioni profane e sacre, e gli altri varii componimenti poetici del più tra' recenti autori, eoa quelli de' Classici greci, latini ed italiani; e poi se ne giudichi da que'che sanno, senza amore di parte e con verità. In- tanto una dolcissima speranza mi conforta, perocché veggo avere in sé l'età no- stra tutte quelle forze che possono a grandi passi avviarla al perfezionamento del bello ideare e scrivere italiano. S'imitino con riverente libertà i sommi, e si rigettino con fermo volere i tralignanti. Fra gli ultimi estinti s'abbiano a primi maestri uu Gasparo Gozzi ed un Yincenzo Monti, cogli altri che, seguendo tali traccie, ogni di più migliorarono e migliorano la nazionale lor lingua. Ma guai a quell'Italiano, sia pure ingegnosissimo, che per suo malo destino, facendosi ligio di alcuni oltremare ed oltremonti, stampi immantinente ciò che gli esce dal cer- vello! No per certo che né forza d'oro, onde per istranezza di moda arricchire lo possano i venali librai; né fama mendace ed ardita, che illude l'ozioso ed il vano; né vile adulazione degli affannoni saputelli; né plauso effimero di società leggiadra, lo salveranno dalla specchiata censura dei Mezii viventi, né tampoco dall'obbllo e dal disprezzo di una più savia e giusta posterità. La sesta ed ultima causa, per omettere le minori, tutta posa sulla soverchia farraggine di precetti rettorici, di filologiche diatribe, di estetiche teorie, le quali né giunsero mai, né giungeranno a formare un classico scrittore. Egli è un fatto, che i più forti ed animosi ingegni, fin dalla tenera età avviluppati e stretti fra queste catene, alla prima occasione non solamente infransero codesti nodi ser- vili; ma, quasi a vendetta, si diedero volonterosi all'altro eccesso di ricusare ogni freno, benché necessario e temperato. Da colali maestri, e poco intelligenti della natura e de' suoi veraci imitatori, ebbe origine 11 mal conceputo disamore degli aurei; perchè da costoro fu anteposto il sottile al sodo, l'abbagliante al lucido, il sonoro all'armonioso; in una parola, l'appariscente al bello. Osservali in pra- tica, e vedrai che presso loro è tutt'uno, se non l'opposto. Cicerone e Seneca, Virgilio e Lucano, Orazio e Giovenale, Livio e Curzio, Sallustio e Vellejo, Ce- sare e Floro. Egli è perciò che, eccettuati pochissimi antichi e recenti di nota e gran vaglia , io getterei alle fiamme tutto il resto della rettorica e filologica su- perfluità e dell'estetica sottigliezza, colla stessa persuasione, rispetto al corrompi- menlo del vero bello, colla quale Andrea Navagero bruciava Marziale riguardo alla raffinata ed oscena poesia. Ma come seuza i molti precetti dei retori e degli estelici si potrà compren- dere il bello , e quindi praticamente eseguirlo? Tosto rispondo: coli' osservare davvicino e meditare la natura, e coli' uso assiduo dell'arte ingenua e libera, po- tentemente esercitata dai valenti suoi imitatori. Di qua nascono i poclii generali dettati ch'io ammetto necessarii; siccome ammetto ancora più utile e necessaria la dotta sentenza di Seneca: Longiim iter est per praecepta , breve et efficax per exempla. E molto agevole ad un maestro il ripetere gli altrui precetti ; ma difficile assai l' insegnare al suo discepolo come acconciamente s' inventi, e bel- lamente si scriva: eppure hoc opus, hic labor est. Eccomi all'altra parte ancor più importante del mio argomento. Quanto di male recò alla soda filosofia l'astrazione inconsiderata e vana dei cavillosi Sofisti, altrettanto ne produsse contro li vero bello la fantasia strana e sfrenata di alcuni leggieri prosatori e verseggiatori ampollosi; e ciò perchè o non seppero o non vollero fondatamente conoscere la essenza e le forme del vero bello. I retori minuziosi e gli acuti estetici s' abbiano per loro soli le molte suddivisioni del bello, che, al parere dei più assennati, in due sole classi può dividersi; cioè il primo della natura universale, e l'altro dell'arte umana. Quella contiene in sé tutte le idee e nozioni del bello sensibile e spirituale: questa ne trasceglie il me- glio e lo esprime con degni modi, ed anche bellamente informa ed astrae quanto può apparire brutto nella natura . Laonde natura ed arte congiunte accostano o raggiungono la perfetta bellezza, e l'arte sola offre una bella esecuzione di og- getti che, rispetto a noi, sembrano brutti. Premessa questa semplice e breve teo- ria, da me apprezzata più eh' altra mai, io stimo essere del massimo giovamento a conseguire il miglior bello della natura e quello dell'arte umana un siffatto clima, il quale ti presenti in sé raccolto il meglio naturale, o il meno peggio ap- parente. Ebbene, qual cielo o qual terra v'ha più felicemente locata, e ricca d'ogni bellezza, o soggetta a minori imperfezioni, della greca, della Ialina, ovvero dell'italiana? Io mi dispenso dalla fisica descrizione a voi ben nota: solamente vi aggiungo , che se fino dal tempo d' Ippocrate si avvertì, ivi gli umani ingegni nascere e crescere più svegliati , ed opportuni ai maggiori intendimenti ed alle più calde affezioni, dove un temperato clima li accoglie e uudrlsce; sarà pur d'uopo concedere che gl'ingegni della Grecia e del Lazio o dell'Italia, appunto perchè nati in questo clima, e perchè allevati nel teatro così vario e caro della natura, abbiano anche in sé le forze ed i mezzi più atti a contemplarne in tutte sue parli e a descriverne la perfetta bellezza, od il bello migliorato degli oggetti 8 anche men belli. Egli è per questo che il primato dei Classici greci, latini ed ita- liani è una storica verità confermata dal consenso d'ogni incivilita nazione an- tica e moderna . Noi non possiamo discendere dal grado della eminente nostra dignità che per abuso ed avvilimento di noi medesimi, posponendo per non so quale mania il nostro bello al brutto altrui. Allora si che poco ci gioverebbe il favor di natura e dell' arte, quando ., obbllati i nostri grandi maestri , trascuras- simo di apprendere la vera maniera da essi praticala per imitare e perfezionare il bello , ed indegnamente permettessimo ai forestieri di superarci colla stessa imitazione da noi trasandata e da loro eseguita dei nostri Classici primarli. E qui mi fa d'uopo premettere, che la base fondamentale dell'utile imitazione sta nella stima verace ed amorosa di quelli che s' imprendono ad imitare. Finis- simo fu r artificio del vanitosi novatori , col quale prima si diminuì il meritato rispetto, e poi audacemente si sparse di sarcastica irrisione il classicismo greco, latino, italiano. Ometto di rammentarne le fantastiche ed arroganti sofisterie: più per me vale il fatto, che qualunque siasi astrazione di acutissima apparenza. Però mi giova l' osservare di volo qual fu la riverenza usata dai sommi Latini verso i Greci, e dai grandi Italiani verso i Greci ed i Latini. Quintiliano nel suo ragionato confronto degli autori greci coi latini inge- nuamente confessa che Omero e Demostene tengono il primo seggio sopra Vir- gilio e Cicerone. Benché, abbisogno io forse del suo giudizio per confermare il grande obbligo e l'estimazione attestata dai Classici latini ai greci? Non sono già pieni 1 libri di Marco Tullio delle laudi d'Isocrate, d'Ipei-ide, di Eschine, e particolarmente di Demostene? E Virgilio, quel bucolico, georgico ed epico poeta, non si dichiara imitatore di Teocrito, di Esiodo, di Nicandro, di Apollo- nio da Rodi , e avanti tutti di Omero ? Ed Ovidio non onorò lo stesso Omero degli splendidi epiteti di magno, di eterno; e quasi inspirato non proruppe: Adjice Maeoniden, a quo, ceti fonte perenni, Vatutn pieriis ora rigantur aqiiis? Ed Orazio non cede volonteroso il plettro ad Alceo, e l'alloro apollineo a Pin- daro? e non chiama sé piccola ape in paragone del Cigno dirceo? e non precetta ed inculca caldamente a' suoi cari Pisoni, Vos exemplaria graeca Noctiirna i'érsate manu, versate diurna? Lo slesso ripetono gratamente e Terenzio e Plauto e Catullo e Tibullo e Pro- perzio e Fedro, cogli altri aurei scrittori in verso ed in prosa. 9 Ora, per dire un che dei nostri maggiori Italiani, non ho che a ricordarvi come i'AHghieri induca il suo Virgilio a parlargli di Omero. Mira colui con quella spada in mano. Che vien dinanzi a' Ire, sì come sire: Quegli è Omero, poeta sovrano. E poi: Così vidi adunar la bella scuola Di quel signor dell'allissimo cauto, Che sovra gli altri coni' aquila vola. Qual è poi il linguaggio da questo feroce Ghibellino tenuto collo stesso Virgilio? Oh! se' tu quel Virgilio e quella fonte Che spande di parlar si largo fiume? Risposi lui con vergognosa fronte. O degli altri poeti onore e lume, '-tn ouhi Vagliami il lungo studio e il grande amore. Che m'han fatto cercar lo tuo volume. Tu se' lo mio maestro e il mio autore; Tu se' solo colui , da cu' io tolsi Lo bello stile che m'ha fatto onore. Né di parer differente fu il Petrarca in molti luoghi; e in particolare allora che amorosamente dettò : Se Virgilio ed Omero avessin visto Quel Sole, il qual vegg' io cogli occhi miei, ., • , Tulle le forze in dar fama a costei -il IIO'J uj-i Avrien poste, e l'un stil con l'altro misto. euBoiO'i Chi poi non sa come il Boccaccio condusse da Venezia a Firenze Leonzio Pi- lato da Tessalonica perchè ammaestrasse lui ed i suol concittadini nel buon gu- sto della greca letteratura? e come con grande dispendio fece venire dalla Gre- cia i codici di Omero e di altri Classici, ed occupò tanto tempo nella interpre- tazione e studio imitativo dei Latini? Ma io sarei infinito se le attestazioni tutte dei nostri grandi insieme raccoglier volessi. Adunque dirò corto: se l'Italia deve, al Dante, al Petrarca, al Boccaccio la prima gloria della sua classica immorta- lità , e poi agli altri sommi che seguirono le orme loro ; è pur conseguenza ra- gionevole eh' ella presti fede a quanto essi scrissero magnificando i Greci ed i 10 Latini, e palesemente dichiarando d'avere attinto a quelle fonti la migliorata bel- lezza o la bella esecuzione di oggetti anche men belli. Altro non resta che attentamente considerare la via presa dai Classici Del- l'imitazione della natura. Dietro le osservazioni analitiche e pratiche dei mag- giori scrittori , a me sembra che i principali stadii da essi trascorsi sieno 1 se- guenti. Il primo è quello di una libera traduzione; il secondo è l'appropriamento di un pensiero, e della maniera di esporlo: il terzo è la descrizione di un mede- simo oggetto per emularne ed avanzarne le prime bellezze: il quarto è una scena o digressione tracciata già prima, e variata di guisa, secondo i tempi, da renderla migliore e nuova : il quinto è la trattazione di un grande, importante e meravi- glioso soggetto, liberamente osservando i vestigi già segnati da uno o più Clas- sici : il sesto è un argomento di spazio immenso , nel quale lavora la potente forza della immaginazione , in modo però che 1 voli franchi e magnanimi non sorpassino mai le forze più grandi ed ardite della natura e della credibilità coo- frontala coi tempi degli scrittori; il settimo è lo siile, che i Greci diceano atti- cismo,^ i Romani urbanità^ e che al presente mi piacerebbe chiamare non già fiorentinismo, ma si bene civiltà italiana. A riuscirvi meno increscevole mi propongo di scegliere gli esempii poetici in luogo dei prosaici, ma in modo pe- rò che chiaro apparisca doversi riferire gli sladii stessi tanto alla legata che alla sciolta favella. Ho detto essere il primo stadio d'imitazione quello d'un libero volgarizza- mento, il quale propriamente consiste nel tradurre i pensieri greci e latini di guisa che si adattino all'uso elegante del nativo linguaggio, e ne accrescano forza 5 dovizia , armonia . Per tacere dei molti eh' eseguirono maestrevolmente una siffatta imitazione, vi nominerò un Marco Tullio, il quale trasportò con li- bertà romana le due cause di Demostene e di Eschine intorno alla corona di Cle- sifonte: e poi un Paolo Segueri, che tradusse le più apprezzate di Cicerone: e finalmente un Annibale Caro, che adornò di regale ammanto italiano l'epico Cantore di Enea. Vi porterò un solo esempio di quest'ultimo, ed è quello di Lao- coonle. Voi già sapete ch'egli si propose in questa sua libera e nobile versione di far conoscere la ricchezza e la capacità della lingua italiana, come dichiarò in una sua lettera. Vediamo se alla generosa volontà corrispose il fatto. Hic aliiid majus miseris multoque treniendum Objicitur magis., atqiie improvida pectora turbai. 'JIH Laocoon, ductus ISeptuno sorte sacerdos ^ Solenines taurum ingentem mactabat ad aras. Ecce auterti gemini a Tenedo tranquilla per alla (Horresco referens) immensis orbibus angiies Inciitnbiint pelago, pariterque ad litora tendimi; Pectora quorum Inter fluctns arrecta jubaeque Sanguineae exsuperant undas. pars caetera pontum Pone legit, sinuantque immensa volumine terga. Fit sonitus spumante salo. Jcimque anui tenebant, Ardentesque oculos suffecti sanguine et igni, Sibila lambebant linguis vibrantibus ora. Diffugimus visu exangues. UH agmine certo Laocoonta petunt; et primum pan'a duorum Corpora natorum serpens amplexus uterque Implicata et iniseros morsu depascitur artus. Post ipsum , aiixilio subeuntem ac tela ferentem , Corripiunt, spirisque ligant ingentibus. Et j ani Bis medium amplexi, bis collo squamea circum Terga dati, superant capite et cenùcibus allis. Ille simul manibus tendit divellere nodos Perfusus sanie vittas atroque veneno : Clamores simul horrendos ad sidera tollit, Qualis mugitus fngit cum saucius aras Taurus^ et incertam excussit cervice securim. At gemini lapsu delubra ad summa dracones Effugiunt, saevaeque petunt Tritonidis arceni, Sub pedibusque Deae, cljpeique sub orbe teguntur. Iq questa , agi' Infelici Un altro sopravvenne assai maggiore E più fero accidente ; onde a ciascuno D'improvviso spavento il cor turbossi. Era Laocoonte a sorte eletto Sacerdote a Nettuno, e quel di stesso Gii facea d'un graa toro ostia solenne. 12 Quand' ecco che da Tenedo (tn' agghiado A raccontarlo) due serpenti immani Venir si veggon parimente al lito Ondeggiando coi dorsi, onde maggiori Delle marine allor tranquille e quete Dal mezzo in su fendean coi petti il mare, E s' ergeau colle teste orribilmente Cinte di creste sanguinose ed irte. Il resto con gran giri e con grand' archi Traean divincolando , e con le code L'acque sferzando si, che lungo tratto Si facean suono e spuma e nebbia intorno. Giunti alla riva, con fieri occhi accesi Di vivo foco e d' atro sangue aspersi , Vibrar le lingue, e gittàr fischi orribili. Noi di paura sbigottiti e smorti Chi qua chi là ci dispergemmo; e gii angui S'affilar drittamente a Laocoonte, E pria di due suoi pargoletti figli Le tenerelle membra ambo avvinchiando, Sen fero crudo e miserabil pasto. Poscia a lui, che a' fanciulli era con l'arme Giunto in ajuto, s'avventare, e stretto L' avvinser sì, che le scagliose terga Con due spire nel petto e due nel colio Gli racchiusero il fiato; e le bocche alte. Entro al suo capo fieramente infisse, Gii addentarono il teschio. Egli, com'era D'atro sangue, di bava e di veleno Le bende e il volto asperso, i tristi nodi Disgroppar con le man tentava indarno, E d' orribili strida il ciel feriva ; Qual mugghia il toro allor che dagli altari Sorge ferito, se del maglio appieno Non cade il colpo, ed ei lo sbalte e fugge. 43 I fieri draghi alfiu , dai corpi esangui Disviluppati, invAr la rocca insieme Strisciando e zufolando al sommo ascesero, E nel tempio di Palla, entro al suo scudo Rinvolti, a' pie di lei si raggruppare. 10 sempre e fui ammaestrato dai valenti miei institutori nel padovano Se- minario, e colla pratica sperimentai, nessun altro esercizio a bella prima più tor- nar utile a' giovani, che quello di farli traduttori dei Classici greci e latini in modo, che alla propria lingua assettino con acconcia eleganza il sostanziale e le forme degli autori volgarizzati. 11 secondo stadio è l'appropriamento d'un pensiero, e della maniera espres- siva a fine di renderlo migliore con alcune idee o corrette od aggiunte. Tal io ritengo che sia tra molte la imitazione fatta dal Petrarca di queste due strofe del Venoslno : Pone me pigris ubi nulla cainpìs Arbor aestiva recreatur aura, Quod latus mundi nebulae malusque Juppiter urget; Pone sub curru niinium propinqui Solis, in terra domibus negata: Bulce ridentem Lalagen amato. Dulce loquentein. Ponral ove il Sol occide i fiori e l'erba, O dove vince lui il ghiaccio e la neve; Ponmi ov'è il carro suo temprato e leve, E dov' è chi ce '1 rende e chi ce '1 serba ; Ponmi in umil fortuna od in superba. Al dolce aere sereno, al fosco, al greve; Ponmi alla notte, al dì lungo ed al breve. Alla matura etade, od all'acerba; Ponmi in cielo, od iu terra, od in abisso, In alto poggio, in valle ima e palustre. Libero spirto, od a' suoi membri affisso: u Ponmi con fama oscura, o con illustre; Sarò qual fui, vivrò come son visse, Conlinovaudo il mio sospir trilustre. Ognuno ben s'accorge che il pensier generale di questo sonetto, ed il modo di esporlo, è una libera imitazione di Orazio; ma ognun pure consentirà che me- glio fece il Classico italiano allora quando in luogo di ammettere la opinione dei tempi romani intorno alla Zona torrida disabitala, ed al Settentrione inac- cessibile a qualsiasi aura estiva, più correttamente si espresse scrivendo: Ponmi ove il Sol occide i fiori e l'erba, 0 dove vince lui il ghiaccio e la neve. ]Nè alcuno neglierà al Petrarca molte belle idee da lui aggiunte e migliorate in questo sonetto. E poi certo, che se più caro e grazioso riesce il fine oraziano : Dnìce ridentem Laìagen amabo, Dulce loqiientem, torna ancora più elevato e pieno di patetico sentimento quello del Cantore di Laura : Sarò qual fui, vivrò come son visse, Continovando il mio sospir trilustre. Ma come poteva l'erotico poeta trasandare di leggieri la soprallodata idea cosi naturale e gentile di Orazio, senz'accrescerne il vezzo e la leggiadria? Udite come bellamente ei chiuda uno de' suoi più perfetti sonetti, che comincia: lu qual parte del Ciel, in quale idea, ec. e finisce: Non sa come Amor sana e come ancide Chi non sa come dolce ella sospira, E come dolce parla, e dolce ride. Il terzo stadio d'imitazione è posto nel descrivere lo stesso oggetto per emular- ne le prime bellezze. In ciò nessun meglio riuscì di Virgilio. Ovidio più fiate tentò di superare il Mantovano colle medesime descrizioni, ma non ne riportò mai la palma. Anzi io devo richiamare una falsa opinione della mia gioventù, e che ho anche dichiarata allora a' miei scolari. Il tenero e miserevole caso di Euridice e di Orfeo fu descritto dai due accennati Classici: nel tutto io stetti sempre dalla parte dell'inarrivabile Virgilio; ma, per quanto spetta all'ultimo pensiero o sen- 15 timentoj diedi il primato al Sulmoaese. Una fantastica astrazione mi rapì, e ab- bandonai la natura; che infatti può quella lasciarsi sedurre dal flebile Ovidiauo: Flebile nescio quid queritur Ijra , Jlebil'e lingua Murmurat exanimis, respondent Jlebile ripae; ma la natura non può altro sentire in questo acerbissimo avvenimento, che il nome ripetuto dall'estinto amante e sposo dell'Euridice virgiliana: Euridicen vox ipsa et frigida lingua , Ah miseram Euridicen! anima fugiente vocabat; Euridicen toto referebant Jlumine ripae. Volentieri ho fatta questa pubblica confessione, perchè prima di tutto la docile gioventù apprenda che a ben giudicare ci vuol tempo, studio.^ ed amore pel solo vero che illumina, e non già pel falso che abbaglia: altrimenti e si cade facil- mente in inganno, e forse non mai si arriva a rialzarsi, perchè conviene disdirsi; e il ciò fare è cosa difficilissima all'umana vanità o fralezza. Ma s' io porrò a con- tronto la descrizione della casa del Sonno eseguita dall'Ariosto con quella d'Ovi- dio, m'ingannerò egualmente nell'anteporre l'italiana alla latina? Io mi sottomet- to al vostro giudizio, che ben saprà discernere l'inutile pretermesso, e il solo necessario e bello in breve raccolto. Est prope Cimmerios longo spelunca recessu. Mons cai'us, ignavi donius et penelralia Somni; Quo numquam radiis oricns., mediusve., cadensve Phoebus adire potest: nebulae caligine mixtae Exhalantur humo^ dubiaeque crepuscula lucis. Non vigil ales ibi cristati cantibus oris Evocat auroram; nec voce silentia rumpunt Sollicitive canes, canibusque sagacior anser. Non fera, non pecudes, non moti /lamine rami. Humanaeve sonum reddunt convicia linguae. Muta quies habitat: saxo tamen exit ab imo Rivus aquae lethes. per queni cum murmure labens Invitai somnos crepitantibus unda lapillis. Ante fores antri foecunda papavera florent. Innumeraeque ìierbae , quarum de lucie soporem te Nox legit, et spargit per opacas humida terras. Janua , quae verso stridorem cardine reddat, Nulla domo tota; custos in limine nullus. At medio toriis est ebeno sublimis in antro Plumens, unicolor, pullo velamine tectus , Quo cubat ipse Deus membris languore solutis. Hunc circa passim, varias imitantia formas, Somnia vana jacent totidem. quot messis aristas^ Silva gerit frondes , ejectas litus arenas. Giace in Arabia una valletta amena, Lontana da ciltadi e da villaggi, Glie all'ombra di due monti è tutta piena D'antichi abeti e di robusti faggi. Il Sole indarno il cliiaro di vi mena, Che non vi può mai penetrar coi raggi, Sì gli è la via da folti rami tronca; E quivi entra sotterra una spelonca. Sotto la negra selva una capace E spaziosa grotta entra nel sasso, Di cui la fronte l'edera seguace Tutta aggirando va con tòrto passo. In questo albergo il grave Sonno giace; L'Ozio da un canto corpulento e grasso; Dall'altro la Pigrizia in terra siede, Che nou può andare, e mal si regge in piede. Lo smemorato Obblio sta sulla porta; Non lascia entrar, né riconosce alcuno; Non ascolla imbasciata, né riporta; E parimente tien cacciato ognuno. Il Silenzio va intorno, e tien la scorta; Ha le scarpe di feltro, e il mantel bruno; Ed a quanti ne incontra , di lontano Che non debban venir cenna con mano. Il quarto stadio è T imitazione di una sceua o digressione tracciata già pri- ma, e variata di guisa, secondo i tempi, da renderla migliore e nuova. Omero ci dipinse il sublime quadro dell'eroica amicizia in Achille ed in Patroclo. Virgilio s'accorse che sarebbe stato un volo troppo audace il voler toccare tant' altezza , d'onde provenne l'ultimo eccidio di Troja; e saviamente pensò che, abbando- nando quel sublime, si poteva giungere alla cima del temperato. Eccoti (juiudi il suo Niso ed Eurialo, che legali da nodo amichevole, ed incoraggiti dall'amore del pubblico bene, deliberano a costo della vita di recare ad Enea lontano la nuova delle amare angustie del figliuolo Ascanio e de' suoi cari. Neil' infelice esecuzione della generosa impresa si ammirano le più tenere prove di un'amicizia verace. 11 genio dell' Ariosto , assaporate le virgiliane bellezze, volle pure miglioramele, e ne colse il punto. Primieramente seppe collo stile tutto suo uguagliare i bel- lissimi pensieri del Classico latino. Tra molti vi basti il passo seguente: JVisiis erat portne custos, acerrimus armis Hirtacides , comitem Mneae quein miserat Ida • Venatrix^ jaculo celerem levibusque sagittis; Et jiixta Comes Eurialus, quo pulcrior alter Non fuit Mneadiun , trojana neque induit arma , Ora piier prima signans intonsa juventa. Cloridan, cacciator tutta sua vita, Di robusta persona era ed isuella: Medoro avea la guancia colorita , E bianca e grata uell' età novella , E fra la gente a quell'impresa uscita Non era faccia più gioconda e bella: Occhi avea neri, e chioma crespa d'oro; Angel parca di quei del sommo coro. Poi vi aggiunse le circostanti convenienze di particolare, grato e religioso sen- timento , le quali doveano obbligare Cloridano a seguire il risoluto suo amico Medoro, per togliere a' nemici il cadavere del compianto loro signore Dardinello d' Almoute, e dargli pietosa sepoltura. Torquato Tasso contemplò questi tre qua- dri, e da essi ritrasse il sublime, il temperato, l' ingenuo. Inoltre si diede ad os- servare con senso visivo e con mente sagace la natura e la forza dell'onnipotente suo autore. Quindi a perfezione della più cara e generosa amicizia vi accoppiò 48 l'amor naturale santificato dal pensiero del cristiano coujugio, e l'alta idea di religioso eroismo, che maggiormente spicca nel cuor beu fatto di vergiuella in- nocente; onde colorò un nuovo quadro d'imitazione, qual è quello di Olindo e Sofronia , da non potersene in poesia desiderare 11 più bello. Vi ricorderò a piena evidenza le sole due ultime ottave, le quali contengono l'estreme parole del due amanti e sposi futuri già condannali al rogo. Olindo così: Ed oh mia morte avventurosa appieno! Oh fortunali miei dolci martiri. Se impetrerò che, giunto seno a seuo, L' auima mia nella tua bocca io spiri; E, venendo tu meco a un tempo meno, In me fuor mandi gli ultimi sospiri ! Cosi dice piangendo; ella il ripiglia Soavemente, e in tai detti il consiglia: Amico, altri pensieri, altri lamenti Per più alta cagione il tempo chiede. Che non pensi a tue colpe, e non rammeuli Qual Dio prometta a' buoni ampia mercede? Soffri in suo nome, e sian dolci i tormenti, E lieto aspira alla superna sede. Mira il ciel com'è bello, e mira il sole, Che a sé par che ne invili e ne console. Or venendo al quinto stadio, ch'è quello dell'imitazione d'un soggetto grande, importante, meraviglioso, voi ben v'accorgete ch'io accenno ai tre poemi eroici di Omero, di Virgilio e del Tasso. Abbozzerò brevi e precise tinte, ma bastevoli ad indicarvi come il Latino prese a seguire liberamente le orme del Greco , e r Italiano quelle lasciate da ambedue. Pertanto se l'ira d'Achille fu a que' giorni antichi grande, interessante e meravighoso soggetto a tutta Grecia, per certo non dovea tornare di minor grandezza, importanza e meraviglia ai Romaui, e particolarmente ad Augusto, la venuta d' Enea in Italia, la prima e divina prosa- pia dei Giulii, e la fondazione rimotissima del più vasto e temuto Imperio del mondo. Se l'intervento delle Divinità o macchina può dirsi quasi la stessa tanto nell'epico greco, quanto nel latino, ben n' è chiara la ragione, la quale si riferi- sce al medesimo culto prestato dalle due nazioni. Nullameno chi non vede nel 19 (jiove, nella Giunone, nella \ enere, e negli altri Dei virgiliani, imitati gli attri- buti veramente divini e le maggiori virtù, e tolte affatto le goffaggini e le inde- gne viziosità, onde vanno pieni e ridicolosi gl'Iddìi d'Omero? Ciò ben si addi- ceva alla filosofia ed alla urbanità del secolo di Augusto; e Virgilio seppe pro- fittarne, ed accrescere decoro alla sua Eneide. Se poi le sue descrizioni sono inferiori a quelle di Omero nella gagliardia e nel furor delle battaglie, le avan- zano d'assai nelle scene temperate, tenere e gentili. Né alcuno potrà negarmi che le parlate virgiliane spirino il proprio e vero carattere degli arringatori; quando non poche delle omeriche sono scostumate e feroci oltre misura, anco riferite a quell'età. Il perchè un savio imitatore ne dovea fuggire i difetti, ed aggiungervi le opportune bellezze, come appunto fece il mantovano poeta. Le passioni tratteggiate dall'epico latino non sentono già all'omerica una barbara rozzezza , un insulto crudele , una sordida avarizia ; sì bene una nobile magna- nimità, un fiero orgoglio, una generosa vendetta. Qua! differenza tra l'ira e la vendetta di Acliille e quella di Enea! Ad Achille non basta di avere ammaz- zato il suo nemico, il primo eroe di Troja, Ettore; egli, con crudeltà pari al- l'abbiezione, lo trascina pesto e lordo intorno alle mura della sciagurata città; e poi con attonita burbanza ascolta le affannose preghiere, e vede le lagrime dispe- rate e l'atteggiamento il più umiliante d'un Re, d'un vecchio, d'un padre. Che se finalmente si placa, si commove, e rende al genitore l'estinta e lacera spoglia del figliuolo, è più presto un atto dovuto a Peleo ed all'avviso di Teti sua divina genitrice, al volere di Giove, ed alla forza dell'oro e dei sontuosi regali, che alla spontanea grandezza d'animo naturalmente umano e magnanimo. Che fa Enea? Egli . padrone della vita di Turno ferito e supplichevole , al solo nome del pro- prio genitore Anchise, e di Danno canuto padre del vinto, trattiene la destra, e rammollito ognor più dal toccante priego, inchina al perdono : quando gli si af- faccia l'Infelice balteo del trafitto Fallante, suo tenero amico, che pendea dagli omeri di Turno : allora furia improvvisa lo coglie , e nell' ira terribile in nome di Fallante lo spegne. La vendetta di Achille è propria d'un barbaro che so- spinge l'odio e la ferocia al di là della morte, e ne fa bere l'amaro calice fino al- l'ultima stilla ad un decrepito padre, e finalmente cede al vigliacco interesse degli offerti doni pel riscatto: quinci t'inspira naturale orrore e disprezzo. La ven- detta di Enea è d'un eroe che, a pietà commosso, stava per condonare la vita al suo rivale ; ma tocco e sdegnato alla vista del balteo pallanteo, per vana boria vestito e nella pugna ostentato da Turno, non più resiste , e vuole che Fallante 20 stesso lo immoli, e n'abbia il condegno castigo. Qui finisce ogni altra ira e vendetta: però tn vai pieno d'alia miserazione per Turno, che al balteo do- vette la morte; e di amorevole riguardo per Enea, che sagrificò al caro amico il baldanzoso uccisore di lui. Del resto, non v'ha genere di affetti pietosi, teneri. patetici, ospitali, amichevoli, maguanimi, che nou ritraggano ogui perfezione dall'incomparabile pennello dell'epico romano. Virgilio è il poeta senza esitanza sovrano degli affetti. Laonde, omettendo gli altri particolari che in buon dato potrei recare , io non dubito d' asserire che l' imitazione di Virgilio colse da Omero quanto potea mirabilmente giovare al suo eroico soggetto, e l'accrebbe del proprio , tratto dalla natura e dalla filosofia e dalla urbanità romana , per quanto conveniva a migliorare e a render nuovo il latino poema. Torquato Tasso imitò i due sovrallodati col trascegliere un soggetto capace dell' epica tromba italiana; ed in questo fu egli ancor più felice, se non m'inganno, de' suoi mae- stri. Conciossiachè, quando Omero e Virgilio non poteano per nazionale inte- resse che piacere ai Greci ed ai Romani, il nostro poeta colla sua Gerusalemme dovea trar seco l'ammirazione del mondo cattolico, che di così stupenda e reli- giosa impresa fece parte . Anche nella macchina ha potuto schivare le mende omeriche, e render perfetta la Divinità virgiliana mercè della cristiana religione, che la pura e vera nozione di Dio, de' suoi spiriti celesti ed inferni, e della sua santa morale recò agli uomini in terra . Nou per questo si astenne da qualche volgare credenza, che universalmente poteva essere accolta e gradita appunto perchè nou eccedeva il creduto a que' di. Nelle descrizioni delle battaglie ugua- glia Omero ; e in quelle dei duelli cosi grandeggia da superare l'altissimo poeta. A chi poi sarà secondo nelle ben imitate e svariatissime scene di Clorinda, di Erminia, di Armida? I caratteri de' suoi personaggi sono così ingranditi, che non possono in modo alcuno paragonarsi con quelli dell'epico greco e latino. Il primario Duce cristiano ti si mostra ognora qual centro immobile e sodo d'ogni pietosa e savia virtù; ed il suo antagonista quale abisso d'ogni barbaro e brutal vizio: anche i caratteri degli altri eroi cristiani e pagani si mantengono dal prin- cipio al fine d'un tenore. Che se talun de' cristiani cede ad alcune violente ed amorose passioni , non è appena richiamato dalla religione , dall' onore, e dalla prudenza del sommo Capitano, che risveglia l'antica virtù, e tale apparisce nelle sue generose azioni, qual esser doveva un eroe conquistatore del Sepolcro di Cristo. Così avesse pur naturalmente imitato Virgilio negli affetti, come praticò nell'episodio di Olindo e Sofronia, e nel battesimo di Clorinda! Ma è da con- 21 lessarsi che in alcuni tratti di sentimento riusci piuttosto concelloso. che natu- rale: in ciò segui più pronto la moda cortigiana de' suoi giorni, che la semplice natura ed i suoi grandi imitatori. Quindi egli pure il Tasso traviò. Ah! si deve aggiungere anche un siffatto infortunio agli altri molti sofferti in quella Corte, dove infelice e perseguitato compose la Gerusalemme. Ora unendo insieme le bellezze migliorate coli' imitazione dei sommi classici Omero e Virgilio, e le ac- cresciute da lui in grandissima copia, addottrinato dalla natura e dalla cristiana religione, dirò che il Tasso diede all'Italia un epico poema, il quale nell'inte- resse più generale e santo del suo augusto soggetto, nella trattazione della mac- china più vera e sublime, nelle incomparabili descrizioni dei duelli, nei molti nodi, intrecci, sviluppi delle scene ognora varie e dilettevoli, e nell'espressione dei caratteri veramente eroici e sempre uguali, deve stimarsi e nuovo ed emulo, od anche maggiore dell'omerico e del virgiliano: quando non osti la rispettabile sentenza di Fabio nella precedenza ch'egli dà a Demostene in confronto di Ci- cerone : Cedendum in hoc qiudem, quod et ille priorfuit^ et ex magna parte Ciceronem^ quantus est.fecit. 3Ia forse vi parrà ch'io possa meritare l'accusa di parziale o di esagerato? Udiamo un qualche giudizio degli stranieri. Il Mer- cier chiama la Gerusalemme il più bello dei poemi conosciuti; d'Alembert lo appella l'unico poema epico, di cui la lettura piace ed interessa sino alla fine: Voltaire francamente afferma, che se la Gerusalemme è una imitazione àe\- V Iliade, la copia ha di gran lunga superalo 1' originale. Chi non lesse le grandi lodi, in confronto di poche macchie osservate, che a lui tributa Chateaubriand nel suo Genio del Cristianesimo? e chi non apprezza la pesata opinione del- l'inglese Quintiliano, dir voglio Ugo Blair? Il sesto stadio segna la più audace fantasia, ma che nella massima sua libertà si subordina alla natura ed a' suoi classici Imitatori. E questo un argonieulo di spazio Immenso, nel quale lavora la potente forza della Immaginazione in modo che 1 voli franchi e magnanimi non oltrepassino le forze più grandi ed ardite della natura e della credibilità confrontata col tempi degli scrittori. Omero tra' Greci, Ovidio tra' Latini, Ariosto e Dante e 3Ionti tra gl'Italiani seppero solle- varsi alla cima. L' Odissea può aversi qual primo esemplare che più o meno si proposero ad imitare gli autori delle Metamorfosi, del Furioso, della Divina Com- media, e di Ugo Basswille. Il decennale viaggio di Ulisse prima del suo ritorno ad Itaca è ricco e fecondo di vicende, d'intrecci, di scene quanto meravigliose, altreltauto credibili nell'età mitologica. Ecco perchè molto piacque a'suol dì, e 22 svegliò pure la immaginazione del posteriori poeti. Fra' Latini il Sulniouese ci offre una libera Imitazione deW Odissea, in quanto riguarda la varietà e natura- lezza delle immaginose pitture, ed il proteiforme ingegno delle mitologiche trasfor- mazioni; ma, per dir vero, egli è più discosto che vicino ad Omero, cui segue a salti ed a brani, piuttostochè a gradi e ad un fine dagli antecedenti preparato, e ad essi nella stessa varietà dei racconti rispondente. Egli è però certo che le Metamorfosi appartengono a questo stadio, e nel genere loro hanno tanta natura ed arte, quanta assai pochi poeti possono vantar giustamente. Basti questo cenno rispetto ad Ovidio: dell'Ariosto e degli altri due nostri singolari poeti scriverò un che di più. Quantunque io non possa aderire alla opinione di quelli che vorrebbero innalzare il Furioso alla gloria di epico poema, pure sou di parere che il suo au- tore con una dissomiglianza di azioni semieroiche, di moltiplicl scene, di nodi meravigliosi, di verosimili narrazioni, di descrizioni vaghe, ma spettanti ad un fine, s'accosti assai all'omerica Odissea. Il pregio principale di vera imltazioue nel poeta ferrarese è quello di naturalmente tramutare le mitologiche finzioni nelle credenze dell'età sua, le eroiche gesta dei Greci e dei Latini nelle cavalle- resche prodezze, e gli amori della moda semplice ed antica in quelli della novella e scaltrita; ma nel suo Idealismo non mai dimenticò la profonda sentenza di Lon- gino, il quale insegna che quando una cosa immaginaria e strana non viene cre- duta, non è punto atta a destare la meraviglia. Quindi bravo descrittore delle fate, degl'incantesimi, dei voli al mondo della luna, col resto; el non s'allontana giammai dalla natura dei caratteri, delle passioni, delle virtù e dei vizil umani, uè tampoco dalla credenza nazionale del suo secolo. Però, vera o verosimile o certamente creduta la essenza delle cose narrate o descritte , se ne loda ed am- mira il pellegrino ingegno di chi seppe con inventivo abbellimento comporre idoli ed immagini sì credibili e piacenti. Virgilio ed Ovidio gli furono di preci- pua scorta neir ideare gli enti morali; ma, se io mal non mi appongo, egli andò innanzi agli stessi precettori. La Frode, la Discordia, il Silenzio e gli altri appari- scono, per cosi dire, un corpo visibile e palpabile, e son vestiti con espressioni che non solamente suonano agli orecchi, ma con gli occhi li vedi, e li tocchi con mano ; sicché più presto devi crederli reali persone, che astratte immagini. Con che giunse l' Ariosto a segnare il confine del ben immaginato Idealismo, il quale quanto più s' avvicina alla natura di un ente creduto, tanto più anche s' avvicina al vero bello. Senonchè imitatore più potente della sublime natura, ed insieme 23 Jei grandi Classici, egli è l'Alighieri. Guai a genio si straordiuario ed ardimentoso, se tanta riverenza non avesse professato ad Omero, e più al suo diletto maestro Virgilio! Da questo particolarmente apprese l'idea generale della Divina Com- media^ come ne '1 testifica il Libro sesto àcW Eneide. Ma quanto uou la ingrandì col suo forte pensiero, che maggior del Tartaro e degli Elisi mitologici s' adden- tra e penetra negli immensi giri del cristiano Inferno, Purgatorio e Paradiso! Giovato dalla religione e dalla filosofia de'suoi tempi, ed ancor più dalla parlico- lar tempera del suo ingegno e del suo cuore, ha potuto e saputo divagare per nuove ed ampie estensioni, e generalmente offerirci nel suo idealismo il miglior bello della universale natura, e nelle narrazioni e descrizioni il miglior bello dei Classici. E valga il vero, allorché entri Dell'infuocato tenebrore delle dantesche cave infernali ti dovresti attendere, giusta il trascendentale idealismo dei moder- ni, una lunga, minuziosa ed affannante descrizione di oggetti quanto si possono mai fantasticare i più brutti, terribili, giganteschi. 3Ia a qual prò? Lo dichiarò il classico Orazio: Quaecumque ostendis mihi sic incredulns odi. Invece Dante con brevi e naturali colori ti dipinge la grande idea, per cui tutta comprendi r onuipoteute forza, la tetra maestà e il duolo eterno, senza che dir tu possa: io sono oppresso od angosciato da immagini incredibili e fuor di natura. Alla prova, che dieci volte ripetuta piacerà dieci volte. Per me si va nella città dolente. Per me si va nell'eterno dolore, Per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto Fattore: Fecemi la divina Potestate, La somma Sapienza e il primo Amore. Dinanzi a me non fur cose create Se non eterne, ed io eterno duro: Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate. Queste parole di colore oscuro Vid'io scritte al sommo di una porta; Perch'io: Maestro, il senso lor m'è duro. Ed egli a me, come persona accorta: Qui si «onvien lasciare ogni sospetto. Ogni viltà convien che qui sia morta. 2/i Noi seni venuti al luogo .^ ov'io l'ho detto Che vederai le genti dolorose, C hanno perduto il ben dell' intelletto. E poi che la sua mano alla mia pose Con lieto volto, ond'io mi confortai, Mi mise dentro alle segrete cose. Quivi sospiri 5 pianti ed alti guai Risonavan per l'aer senza stelle, Perch'Io al cominciar ne lagrimai. Diverse lingue, orribili favelle. Parole di dolore, accenti d'ira. Voci alte e fioche, e suou di man con elle, Facevano un tumulto, il qual s'aggira Sempre in quell'aria senza tempo, tinta Come la rena quando a turbo spira. Cosi l'arte classica tragge il bello dalla slessa natura, che parer ci dee brutta; e cosi le pene d' Inferno ed i suoi tribulati, perchè descritti quali esser devono , altamente scuotono gli animi dei mortali, e con soda meditazione gli avvertono ed atterriscono, a fine che si divezzino dal mal operare, e si tolgano all'eterno dolore. Nella stessa maniera Dante rappresenta gli altri suoi migliori quadri, nei quali riscontrausi le proprie e vive tinte della universale natura e della clas- sica imitazione. In quanti luoghi non ha egli seguito e nobilitato , se lice cosi esprimermi, il suo Virgilio! Non isdegna no di cominciare il più miserando de' suoi racconti collo stesso principio del romano maestro: Infandum , Regina , jiibes renovare dolorein. Poi cominciò: Tu vuoi ch'io rinnovelli Disperato dolor che il cuor mi preme, Già pur pensando, pria ch'io ne favelli. Che proprietà, che forza, che affetto d'inventivo abbellimento nell'epiteto di- sperato^ e nell'aggiunto naturale pensiero «che il cuor mi preme, già pur pen- sando, pria ch'io ne favelli! >■> Ecco il modo di perfezionare colla imitazione. Non si creda però eh' io con soverchia indulgenza ami d'assolvere l'Alighieri dall'abu- so fatto In alcuni luoghi della oraziana licenza: non mai: che anzi alcune fiate egli merita il rimprovero dato dal Venosino ai troppo immaginosi poeti. Inoltre 25 opiao essere Danle un autore, dal quale fa d'uopo scegliere le parti più classi- che, affinchè sieno imitate dalla crescente gioventù, prolungandone la intera let- tura ad un'età più atta a distinguere l'idealismo classico dal trascendentale. Ag- giungerò pure, che l'entusiastico amore pel Dante, e la calda sua lettura nel se- col nostro abbandonala dal vero genio e dal sodo gusto; e quel non so che di tendenza nei giovani, quando non siano virilmente rattenuti, di appigliarsi tosto all'esagerato e all'incredibile; fecero uscire in pubblico alcuni saggi millantali per danteschi, ma che sono tutl' altro che tali, quando non si assomiglino ad alquante stravaganze Ideali che sfuggirono allo stesso Alighieri nel suo dormic- chiare alla mauiera di Omero. Ma perchè s'imiti con saviezza e senza una troppa audacia o bassa servilità il grande poeta, io propongo a sicura guida la Cantica di Ugo Basswille. Vincenzo Monti nell'atto che si dimostra imitatore del Classico italiano nella jieua purgante, onde vuole afflitta l'anima del traviato e poi pentito Basswille, ideò un tutto nuovo e meraviglioso Purgatorio. Infatti lo spinto di Ugo non en- tra nei cerchii danteschi, ma vaga per gli aerei spazii della terra: non piange ed abborre soltanto le colpe commesse, e benché condonale, pur da purgarsi col fuoco; ma pellegrino volatore, accompagnato dall'angelo della vendicatrice giu- stizia di Dio , a suo maggior crucio è costretto a vedere cogli occhi proprii e a lagrimare le patrie contrade , e particolarmente la Città capitale data in preda alla più spaventosa anarchia, spogliata di templi, d'altari, di sacri bronzi, tolta alla pietosa consolazione della preghiera santa e degli ajuti supremi, accesa dalla discordia, inanimita dall'odio, dal furor trasportata, ladra, fornicaria., adultera, anatematizzata dal sacrilegio, ricolma di cittadini cadaveri, ed ancor fumante dei •sangue d'un nipote di san Luigi. Idea sublime e nuova, che tutte veste le dan- tesche bellezze, e neppure un solo ricopia de' suoi difetti. Danno grande ed irre- parabile alla nostra Italia è da riputarsi la interruzione già fatta dall'autore di tal Cantica, sia che ne fosse cagione la prepotente necessità dei tempi.^ sia che la forte paura ad un tratto dileguatasi più non aggiungesse le penne atte a com- piere un tanto volo, sia che mancasse la lena al troppo elevato poeta per cantar cose masgiori. L' ultimo stadio comprende lo stile. Questo può variare nelle particolari sue forme, ma nnii mai nell'essenza. Che cosa in fine è lo stile? L'opportuna espres- sione delle idee e dei pensieri. Ora se la ingenua naturalezza forma la primaria dote delle idee e dei pensieri, formerà pur quella dello stile. Su questo princi- 26 pio semplice ed uuo appoggiati i sommi Classici della Grecia arrivarono al loro atticismo, i Romani alla loro urbanità, ed i nostri alla civiltà italiana. Pericle, Augusto, Leone X. ne segnarono l'epoche più illustri e felici, e lasciarono ai loro posteri aperta la via per toccare una meta anche migliore, purché non si smarriscano iu tortuosi viottoli, o non vaneggino per aerei sentieri. Egli è un fatto che i Classici, secondo i vari! soggetti, si diedero all'imitazione dello stile di quelli che prima di loro ne avean dato i saggi più belli, coli' accorto fine di ritrarue il più acconcio e proprio ad accrescere e perfezionare il patrio linguag- gio. Alcuni riuscirono sommi egualmente nel semplice, come nel temperato e nel sublime; altri od in questo, od in quello. 3Ia siccome tanto nella prosa, quanto nella poesia può aver luogo il sopraddetto triplice stile: cosi colle rispettive mo- dificazioui può imitarsi dovunque si trovi: voglio dire, che il poeta può giovare il prosatore . e questi il poeta. Per la qual cosa io più non mi meraviglio se Ga- lileo Galilei, interrogato da chi avesse appresa la chiara eleganza onde le filoso- fiche idee ed i suoi nuovi trovati esprimeva, rispose franco: dall'assidua lettura del Furioso. Da ciò uè consegue , che a formare lo stile possono esser utili più fonti, quaudo sappiasi derivarne opportunamente le acque; e parimente che lo stile dev'essere adattato al soggetto; e in breve, che bello veramente si dirà quello stile che sia proprio del genio e del sentimento dello scrittore, che s'adatti al suo proposito, che adorni ogni idea ed ogni pensiero con quell'armonia che loro conviene. Chiunque ardirà sorpassare questi confini, dalla natura e dall'arte classica sapientemente determinati, cadrà in uno stile o secco od ampolloso od affettato, o carico d'altri difetti ineleganti e sconci. Avea però ragione il buon vecchio Quintiliano allorché precettava intorno ai libri da darsi a leggere e ad imitare: Ego optiinos qiiideni et statini et semper. E per venire ai particolari-, e, secondo il mio assunto, ai poeti, è chiaro ed evidente che Virgilio imitò Omero nelle espressioni, nelle forme, nelle ripetizioni, negli epiteti, nelle descrizioni or brevi or lunghe, e nelle stesse arringhe. E pur cosa provata che Torquato Tasso cogli accentali suoni imitò nelle sovraccennate doti Omero e Virgilio; e che lo stesso fecero il Dante, l'Ariosto, il Monti, con quei tutti che signoreggiano l'al- tezza del poetico colle italiano. Dai Greci e dai Latini vieu espressa l'agilità delle azioui coi dattili, dagl'Italiani cogli sdruccioli; da quelli la lentezza cogli spon- dei, e da questi coi tronchi. Il resto poi dai primi col ben distribuito colloca- mento dei dattili e degli spondei; dagli ultimi colla frequenza o diminuzione dei suoni accentati, i quali formano un verso dolce e leggiadro, o dalle tarde già- 57 citure iugrandilo. E qui mi piace osservare, che, preso a matura disamina il vario stile e verseggiare usato da Dante, e, coi dovuti riguardi al metro latino e ai suoni accentati italiani, fattone paragone con quel di Virgilio, puossi con cer- tezza affermare che il Fiorentino quando disse al Mantovano: Tu se' solo colui, da cu' io tolsi Lo Lello stile che m'ha fatto onore, noi disse no a caso, né a cagione di ossequio, né per allusione ai versi latini da esso composti, checché ne dicano altri: ma per tributare un ingenuo attestato di doverosa gratitudine verso chi egli prese a modello pur nello stile del suo subli- me poema. Laonde fa d'uopo inferire, che fra' nostri Italiani anco nello stile di- vennero sommi quelli che meglio seppero imitare la natura ed i Classici greci, latini e connazionali. E qui finiscono i miei sette stadii di classica imitazione. Amerei che il tempo ine'l concedesse, com'io sento il vivo desiderio di togliere una obbiezione in ap- parenza assai grave: cioè che i primi scrittori di grido e di stima universale, dal principio di questo secolo fino a questi dì, entrarono già nel tempio della soda gloria per tutt' altra via, che per la classica. Jla se per ora tralascio di confutare una siffatta opposizione, do la mia parola che farollo in altra opportunità, avendo armi baslevoli a combatterla, e a dimostrare coi fatti che i valenti Italiani, i quali dal cominciar di questo secolo scrissero cose degne della vera immortalità, furon essi pure liberi imitatori dell'universale natura e dei grandi Classici, e non giù del moderno trascendadtale idealismo. Ma è ormai tempo ch'io raccolga il molto in poco, e che dichiari il vero fine pel quale ho lavorato intorno a questo argomento. II vero fine fu di richiamare l'attenzione degl' Italiani, e specialmente dei giovani, future speranze delle patrie lettere, alle seguenti precise considerazioni. L' idea di creazione, onde si vuol di- stinto ogni moderno componimento, è vana e falsa; perchè creare non è altro che dal nulla produrre. Tale onnipotenza appartiene al solo, unico e necessario Ente, non mai all' uomo, eh' è pur egli un essere creato. AH' uomo spetta il solo osser- vare e trovare quanto esiste nell'universale natura, per comporre o discomporre, ed informarne od astrarne un che di vero o di falso, di bello o di brutto, a diretta ragione della scelta che l'intelletto e il giudizio dell'uomo nel primo trovato, ed il genio ed il gusto nel secondo sapranno farne. Qui si tratta del bello e del brut- to: quindi pretermettendo il vero ed il falso, dirò che il genio inventa, e il gu- sto «liudica. Perchè il genio ed il gusto arrivino ad inventare, e a discernere il 28 bello dal brullo, è necessario che usiuo della imitazione, la quale, per quanto io penso, non è già né un somigliaule rilratto, né una copia servile, né una balda emulazione, né altro qual suolsi da taluni fantasticare: ma propriamente consiste nell'inventivo abbellimento dell'universale natura . Adunque il lette- rato di vero genio e di sodo gusto deve proporsi a sua prima guida e maestra la imitazione : chi più seppe imitare la natura ed i suoi Classici seguaci, più me- rita di essere studiato e rago-iunto. A dare un retto giudizio di chi più siasi ac- oo giudizio di chi più costato a tale imitazione basta consultare il consenso degli uomini più grandi vissuti dalle prime età fino a noi. Quando essi in così lunga serie di secoli sempre convennero che i primi oratori, storici, poeti, eccetera, furou questi, e non quelli ; è conseguente deduzione che questi, e non quelli, imitarono dap- presso e meglio la natura: e che dopo essa i primari! maestri da osservarsi quali esemplari devono esser questi, e non quelli. Ma siffatti maestri sono i sopran- nomati Classici: adunque dopo la natura sono da imitarsi i Classici. Cicerone, da par suo, ne rende la vera ragione dove scrive: Opinionuni commenta dc- let dies^ naturae vero judicia conjìrniat. A ben imitare i Classici giova se- guire con senno la via ch'eglino stessi hanno trascorsa. Ho creduto di poterla distinguere in sette sladii, e ne ho segnati i liberi e gloriosi vestigi, con particolari prove dimostrando in che stia riposto l'inventivo abbellimento dei grandi Classici aggiunto alla universale natura ed ai precedenti suoi bravi imitatori. Una giudi- ciosa e ben pesata raccolta di quadri imitativi dei Classici greci, latini, italiani, colle ben osservate perfezioni da essi aggiunte, recherà Un vantaggio effettivo, e maggiore di qualunque astratta teoria. Se io ottenessi un tale intento mercè le cure di un qualche savio e verace amatore delle belle lettere e della gioventù italiana, riceverei la mercede più ampia di questo mio qualunque siasi lavoro. Pertanto se coli' analisi dei fatti e dei paragoni cercai di confermare che molti genii, nati alla gloria immortale delia lor patria, vennero uell' obblio dei posteri per quelle stesse cause che sembrano dominare al presente: cioè per la falsa e licenziosa idea di creazione: pel disprezzo in cui ebbero i Classici: per l'amore soverclùo di plauso passaggiero: per la facile introduzione di forestieri riti, usanze, costumi, pensieri, linguaggi: per la troppa smania di tutto pubblicare quanto lor cadeva dalla penna in sulla carta; e finalmente per la mal digesta farraggine di precetti reiterici, di estetiche teorie, di filologiche diatribe, atte ad imbarazzare ed infastidire le menti specialmente giovanili, anziché alimentarle ed accenderle col pratico inventivo abbellimento: e se dopo il novero di tali cause mi diedi pur 29 premura di raccogliere le prove di fallo e di paragoue . dalle quali chiararneute apparisce che i Glassici meritarono la lode ingenua e costante di tulli i secoli perchè si proposero a maestra l'imitazione della universale natura e dei più va- lenti suoi dipintori: spero che nessuno accusar mi possa di pedanteria gretta e meschina se conchiuderò, doversi porre un necessario limite al moderno ideali- smo e perchè sorpassa 1' universale natura e i confini saviamente stabiliti dai Classici, e perchè diventa trascendentale assai più nel brullo, che nel bello. Poco o mal s'accorgono gli allucinati giovani italiani, che mentre ricusano ogni freno di patria moderala libertà, si rendono schiavi volonterosi di straniera anarchica licenza. Do fine con breve rillessione fatta da Ferdinando Ranalli nel suo Elogio del celebre letterato Paolo Costa, non ha molto rapilo alla gloria italiana. « Però non s'acquetava il Costa (così egli) nel combattere le pestilenti dottrine, e nel rintuzzare i delirii del secolo: sperando il grand' uomo di condurre i traviati a rendersi finalmente alla ragione, a riconoscere nei Classici la principale ed inal- terabile norma del bello, ad amare e cercare costantemente e ferventemente il vero, il buono, l'utile, ed ogni sociabile virtù. Non mancarono degli sciocchi t: dei maligni che lui dissero nemico del sapere dei moderni, e spregiatore del buon nome italiano, né si ritennero di fargli brutta ed insolente guerra. Eppure uiuno avrebbe goduto che l'Italia fosse grande e gloriosa, quale già parve nei tempi antichi, quale rifiorì a' tempi di Leone X. e di Clemente VII., e quale si mau- lenue finché, scema di forze e di onore, non rifiutò le dottrine de' suoi maestri per commettersi ai vaneggiamenti di chi con tanta viltà l'aveva tradita e mano- messa, non lasciandole nemmeno libero l'esercizio dell'ingegno, l'uso della na- tiva favella, la gloria delle lettere e delle arti. » 30 RELAZIONE intorno alla costruzione ed uso del Circolo meridiano dell'I. R. Osservatorio di Padova, collocatovi dalla Sovrana Munificenza nell'anno 1836, DEL socio ATTIVO GIOVANNI SANTINI LETTA NELLA PRIVATA SEDUTA DELl' ACCADEMIA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI DI PADOVA IL GIORNO II MAGGIO MDCCCXXXVI 1 1. ■ F. iuo dal momeuto io cui il nostro Galileo rivolse al cielo il suo uuovo can- nocchiale, che di gran tratto estendeya i ristretti confini della visione naturale, si potè facilmente comprendere che questo utilissimo ritrovato potevasi applicare agli stromenti di astronomia, i quali avrebbero con ciò acquistato un insperato grado di perfezione. Abbandonate quindi le antiche diottre, gli astrolabii, e gli altri mezzi di osservazione adoperati fino a quel tempo, ben tosto si costruirono quadranti e sestanti, ai quali si adattarono i cannocchiali, e si ottennero le altez- ze degli astri con una esattezza fino allora sconosciuta nelle osservazioni astro- nomiche: ed un'altra utilissima scoperta di quella età, feconda in utili ritrovati (l'orologio col pendolo a secondi), servi a dare compiutamente la posizione de- gli astri nella sfera celeste. Fra tutti i mezzi tentati per riuscirvi felicemente, quelli che si appoggiano alle osservazioni instiluite nell'istante del loro passaggio pel meridiano sono i più certi ed i più concludenti, in quanto che molti elemen- ti di riduzione spariscono, o grandemente si semplificano in questa circostan- za. Grande utilità recarono all' astronomia pratica i quadranti ed i circoli mu- rali costruiti verso la metà dello scorso secolo dai rinomali artefici inglesi Bird, Adams, Sisson, e soprattutto da Ramsden, i quali davano (essendo bene e soli- damente collocati) il passaggio degli astri per il meridiano, e la loro distanza dal zenit: dai quali due elementi determinati con esattezza dipende, com'è nolo, la conoscenza esatta della posizione loro rapporto al piano dell'equatore. II. Due gravi difetti fondamentali si rimproveravano ai quadranti murali, che furono in copia cou grandi dispendii eretti in quasi tutti gli Osservatorii di Eu- 81 . l'opa dalla niuujficcuza degl' illuminati Governi, e dei quali uno pure se uc am- mira nella nostra Specola (opera egregia del celebre Ramsden). procuralo a lu- stro del suo nasceute Osservatorio dallo zelo del Senato Veneto fino dal 17C9. Il primo di questi difelli era di uou prestarsi comodamente alla inversione loro, per determinare l'errore del priucipio di numerazioue: perlocchè non si potevano da essi ottenere le distanze assolute dal zenit, ma solo le loro dil'leren- ze : difetto gravissimo, al quale avrebbe assai bene riparato la ingegnosa scoperta del collimatore zenitale a mercurio fatta in questi ultimi tempi dal capitano Ka- ter: la quale felicissima iuvenzione di gran lunga perfeziona l'uso dei quadranti murali in quegli Osservatorii che di altri mezzi non sono ancora provveduti. Il secoudo difetto, al quale non si è potuto per anche porre riparo, è la ine- sattezza con cui si prestano a determinare 1' appulso degli astri al meridiano. Per quanto grande sia stata la diligenza con la quale quei rinomati artefici si applicarono alla loro costruzione, non riuscirono a disporre esaltamente in tutta la sua considerabile estensione la zona esteriore, ove sono scolpite le divisioni, in uno stesso piano: e siccome il cannocchiale costantemente scorre lungo di essa, e vi si può fissare in una posizione qualunque mediante una vite di pres- sione: cos'i il suo asse ottico in luogo di trovarsi da per tulio applicato alla su- perficie del meridiano, ne declina ora a destra ed ora a sinistra, secondo le pic- cole imperfezioni del quadrante: onde accade, che mentre queste piccole devia- zioni non esercitano alcuna pericolosa influenza nelle osservazioni delle distanze zenitali, si rifondono per lo contrario interamente nelle y//?, le quali perciò con sì fatto mezzo non vengono determinate con tutta quella esattezza a cui aspira l'odierno slato dell'astronomia. HI. Per riparare a questo incouvenieule , che i quadranti murali hanno co- mune coi grandi circoli murali in molti Osservatorii eretti ad onore ed incre- mento della scienza astronomica, si ebbe ricorso ad una nuova macchina appel- lata stromento dei passaggi, che si slabili per lo più sopra salde basi in gran vicinanza del quadrante murale , affinchè uno slesso osservatore potesse primie- ramente osservare con essa ristante dell' appulso degli astri al meridiano: indi accorrere al quadrante, innanzi che sortissero dal campo del suo cannocchiale, ad osservarne la distanza zenitale. Così almeno si praticò nell'Osservatorio di Milano, e cosi pure si praticò in questo nostro Osservatorio dopo che nel 1810 ricevette dalla munificenza del Governo Italiano uno slromenfo di passaggi del celebre Reicheubacli. 32 Per la chiara intelligenza di lutti i vantaggi che presentano i circoli meridla- . ni nella pratica delle osservazioni astronomiche è opportuno di brevemente ram- mentare la costruzione dello slromeoto dei passaggi, dal quale l'astronomia lia ricavato tanta utilità per la esatta determinazione del tempo , e delle ascensioni rette degli astri che da esso si ottengono. Il primo di questi stromenti , di cui faccia menzione la storia dell'astronomia, è quello fatto costruire per proprio uso nel 1689 dal Danese Romer, di cui ne diede poscia la descrizione nel 1T00 {Misceli. Berol. Voi. Vili.); ed in seguito vennero in copia forniti dai più ripu- tali fabbricatori ai principali Osservatorii, dei quali vennero riguardati come un corredo essenziale. La loro semplicissima costruzione si riduce ad un cannoc- chiale acromatico, al cui tubo cilindrico nel centro di gravità consiungonsi for- J eoo temente ad angolo retto due opposti coni troncati di metallo, internamente vuoti perchè sieno meno pesanti, terminati in due piccoli cilindri di acciajo, levigati, uguali, quanto dalla più scrupolosa diligenza meccanica si può ottenere, ed in- fissi sui nominati tronchi di cono per modo, che i loro assi cadano sopra una medesima linea retta perpendicolare all'asse ottico del cannocchiale. Questi cilindri appoggiano a due opposti sostegni di metallo fatti in forma di V- stabilmente collocati sopra due robuste colonne di marmo erette sopra so- lido edificio, sottoposto il meno che sia possibile alle diurne oscillazioni delle fabbriche. Tutta la macchina si equilibra col mezzo di opportuni contrappesi, sicché nei due nominati appoggi gravili soltanto per una sua minima parte, af- finchè più lungamente si conservi inalterata dal leggerissimo attrito residuo la figura dei perni: ed il moto di rotazione, che intorno ad essi prende il cannoc- chiale, sia equabile, leggiero e pronto. IV. Affinchè la macchina ora brevemente descritta divenga opportuna ad os- servare con precisione il tempo in cui un astro qualunque perviene al meridia- uo. devonsi adempiere le condizioni seguenti. \.° L'asse di rotazione, che passa per l'asse dei due opposti cilindri di ac- ciajo , deve trovarsi in una linea perpendicolare all' asse oltico del cannocchiale passante pei centri dell'obbiettivo ed oculare. A questa condizione soddisfa pros- simamente da bel principio l'artefice nella sua costruzione, rilasciando agli os- servatori la cura del finale aggiustamento mediante un piccolo movimento nel telajo, che porta il micrometro filare situato al foco dell' obbiettivo , il quale col soccorso di opportune viti si può trasportare verso destra o verso sinistra. In questo telajo, che deve potersi portare nel piano preciso in cui si formano le 33 iininagiiii degli oggelti lonlaaissinii dairobLiftlivo. souo lesi cloquc oselle solli- lissimi fili verticali atl eguali dislauze. ai quali si osservano gli appulsi degli astri, ed uuo orizzontale attraversante il campo visiliile lungo uu suo diametro. L' in- tersezione del (ilo medio verticale con l'orizzontale deve coincidere col nominato asse ottico: al che si perviene nel modo seguente. Posta la macchina sui suoi appoggi, si osserva un punto ben marcato nell'orizzonte, lontanissimo, il quale trovisi sulla intersezione del filo medio verticale con l'orizzontale: s'iuverte indi la macchina negli appoggi, e si rivolge di nuovo allo stesso punto. Se il punto in questione trovasi colueidere esattamente colla stessa intersezione, è evidente la perpendicolarità dell'asse di rotazione all'asse ottico; in caso diverso, facilmente comprendesi come con reiterati tentativi, movendo per metà ad ogni volta la intersezione dei fili, per metà spostando l'asse di rotazione col far variare po- chissimo uno dei due appoggi, mediante le opposte viti che lo conducono oriz- zontalmente, si giunga ben presto al desiderato aggiustamento. Uu piccolo er- rore, ohe potesse rimanere per questa parte, è appellato errore di collimazione. 2." Lo stesso asse di rotazione deve potersi rendere perfettamente orizzon- tale, e perpendicolare al piano del meridiano celeste; con ciò l'asse ottico del cannocchiale, girando, trovasi sempre nel piano del meridiano medesimo. Esplo- rasi la orizzontalità dell'asse di rotazione mediante un livello a bolla di aria ap- plicato stabilmente ad una staffa di ottone, come mostra la fig. HI. con quei processi che vengono indicati nei Corsi di astronomia o di fisica. Se 11 livello in- dica nell'asse una piccola deviazione dalla posizione orizzontale, qviesta o si cor- regge mediante un'apposita vite che alza od abbassa a piacimento uno dei due appoggi dei cilindri estremi, o di essa si tiene conto nelle osservazioni mediante calcolo semplicissimo riferito in lutti i Trattati di astronomia. Per ultimo la semplice ispezione di una mira meridiana collocata con pre- cisione in un luogo abbastanza remolo nell'orizzonte, od il confronto dei pas- saggi inferiori coi superiori delle stelle circumpolari, assicurano se l'asse ottico del cannocchiale collima al vero meridiano celeste, e ne dimostrano le piccole deviazioni, le quali si potranno correggere col mezzo delle apposite viti, che spin- gono da settentrione verso mezzodì uno dei due appoggi dei cilindri: o, valutata la quantità della deviazione , si potranno facilmente correggere le osservazioni dietro i precetti sviluppati nelle Opere di astronomia. \. Allorché una macchina, come quella che abbiamo brevemente descritta, sia costruita con quella precisione che tanto si ammira nelle produzioni meccaniche dei uostri giorni, sia staLilmeute appoggiata a salde basi, ed abbia in vicinanza un orologio con pendolo a compensazione ben costruito, essa somministra nella determiuazioue delle ascensioni rette degli astri quella precisione che invano aspettar si potrebbe dall'uso dei quadranti o circoli murali, o dagli altri sussidii olle presenta l'astronomia pratica. Rimaneva però sempre l'incomodo gravissimo, che alla completa determinazione della posizione degli astri richledevasi 1' uso dei quadranti o dei circoli murali per potere misurare con tutta esattezza le di- stanze zenitali degli astri; dalle quali soltanto si possono avere le loro declina- zioni, giacché gli stromenti dei passaggi, com'erano costruiti, o non le davano in modo alcuno, o soltanto in gradi e minuti col sussidio di un mezzo circolo graduato infisso ad una delle due colonne sosleuenti la macchina , in modo di avere il suo centro nell'asse di rotazione, e di un braccio infisso all' estremità contigua dell'asse stesso, il quale, ruotando il cannocchiale, segna nel circolo le distanze dal zenit quanto basta prossimamente per dirigerlo alle osservazioni dei passaggi degli astri, e facilitarne la ricerca. Fu il genio sublime di Reicheu- bach, al quale la meccanica e l'astronomia pratica vanno debitrici di tanta esat- tezza nella costruzione delle macchine destinate alle fisiche ed astronomiche os- servazioni, che seppe superare ogni difficoltà, e riunire in una macchina sola con felicissimo esilo i vantaggi degli stromenti dei passaggi e dei circoli murali, alla quale con ragione dassi il nome di Circolo meridiano. Il Regio Osservatorio di Napoli, dall'Amministrazione di Murai eretto all'astronomia con tutto li regio splendore, fu uno dei primi stabilimenti che fosse decorato di questo insigne ri- trovato del Reichenbach , ed è stalo descritto ed illustrato con due figure molto partlcolarizzate nel primo \olume dei Cominentarii della Regia Specula del Mi- radois \>re»so Mapoli, pubblicato dall'illustre mio amico Prof. Rrioschi. in troppo fresca età dalla morte rapilo all'onore delle scienze. In seguito molti altri stabi- limenti astronomici ne furono forniti o dallo stesso Reichenbach, il quale pure con universale dolore troppo presto fini la brillante sua carriera, o dall'I. R. In- stituto Politecnico di Vienna con importanti perfezionamenti. Anche 1" Osservatorio astronomico di questa nostra Università, per la distinta ed illuminata protezione accordata a tulli i rami dell' umano sapere dalla 31uui- ficeuza dell' Augustissimo nostro Sovrano, e da tutte le Autorità dalla Clemenza Sua destinate a dispensare fra noi gli alti del Suo Sovrano favore, ne ha ricevuto uno costruito con ogni cura e con ogni diligenza nell'I. R. lustituto Politecnico p OD di Vienna dall'abilissimo meccanico sig. Starke, che fu collocato in un'apposita 35 camera ottagoua eretta sopra salde basi a levante della sala meridiana ove trovasi il quadrante murale di Ramsdeu: e messo in pronto per le osservazioni verso la metà del trascorso anno 1837, di cui brevemente mi accingo a dare la descri- zioue negli Atti nostri, la quale potrà tornare opportuna alla illustrazione di quelle osservazioni che in seguito potranno essere presentale al pubblico col mezzo della nostra Accademia, che fu sempre fioo al presente la depositaria dei lavori astronomici latti nel seno di questo stabilimento o da' miei predecessori e colleglli, o da me. VI. La lìg. I. presenta la maccliina veduta da una parte, come vedesi montata sopra i suoi appoggi. Dalla sua semplice ispezione tosto rilevasi eh' essa rappre- senta uno slromento di passaggi girevole intorno ad un'asse orizzontale, equili- brata sui suoi appoggi con l'ajuto dei tre contrappesi sovrapposti alle piramidi che la sostengono, il quale ad una sua estremità porta il circolo destinato alla misura delle distanze zenitali, in cui consiste principalmente il pregio della in- venzione di Reichenbach. Una minuta descrizione di tutte le parti esigerebbe uno sviluppo di figure parziali, che rendesi inutile per la sua grande analogia alla costruzione conosciutisslma dello stromento dei passaggi. Quindi brevemente le indicheremo nelle cose seguenti. yl^ A due piramidi in marmo, alle metri due, alla sommità delle quali sono infissi solidamente col mezzo di grosse viti, che ne attraversano la grossezza, gli appoggi in metallo con tutti i loro movimenti per rettificarli: su di (juesti ap- poggi, formati con piani inclinati ad angolo di 60°, riposa l'asse orizzontale della macchina. B. B rappresenta il cannocchiale, il di cui asse ottico gira per il piano del meridiano: il tubo è composto di due tubi d'ottone, che si congiungono con forti viti al cubo i?, a cui sono uniti con una stessa fusione i due opposti coni troncati, che terminano in due cilindri di acciajo eguali e levigati, costituenti i perni della macchina considerata come stromento dei passaggi. Gli assi di que- sti cilindri giacciono in una slessa linea retta perpendicolare all' asse ottico del cannocchiale, la quale costituisce l'asse orizzontale di rotazione. Di questi due ciliudri di acciajo, quello eh' è opposto al circolo è perforato, ad oggetto di dare passaggio alla luce di una lanterna applicata all'opposta faccia della piramide, e ad una stessa altezza del perno. Una tale luce per mezzo di un tubo d'ottone, attraversante la piramide In tutta la sua grossezza, si conduce al sopra indicato cilindro di acciajo , e da esso fino all'interno del cannocchiale al cubo fi. ov'è ■.ÌG ricevuta da uu'armllla melallica semipolila. ed inclinata all'asse per circa Ab". iu modo che venga riflessa verso l'oculare, e ne illumini il campo per rendere visibili i iili sottilissimi del micrometro. La sua intensità si regola secondo il bi- sogno aprendo e chiudendo la forbice T. che va ad impedire in tutto od in parte l'apertura circolare del cilindro di acciajo. e rendasi così possibile l'osservazione degli astri più deboli in tempo di notte. I due cilindri di ottone B. B, eoa salde viti congiunti al cubo /?, essendo gravati alle loro estremità da una parte di tutto il peso dell'obbiettivo con la sua incassatura iu ottone, e dall'altra del tubo oculare con tutti i registri del micro- metro filare, sarebbero sottoposti nelle varie incliuazioui del cannocchiale rap- porto all'orizzonte ad una forte flessione variabile, la quale per il continuo spo- stamento dell'asse ottico si trasporterebbe per intero nelle distanze osservate dal zenit. reudeudole false per un certo numero variabile di minuti secondi. A que- sto inconveniente gravissimo ha riparato l'artefice con un particolare artificio molto ingegnoso, di cui vedesi nella fig. 1. quella porzione che annulla la fles- sione dalla parte dell'oculare; l'altra, rimanendo nascosta per di dietro dalla parte dell'obbiettivo, è simile a questa, ed inversamente disposta. Una lunga leva e b Q ÒÀ acciajo ha il suo ipomoclio in 6, sostenuto da due spranghe di ottone fissate con forti viti al cubo R. che corrono paralellamente alla direzione del vette, verso la metà del tubo B. Nell'estremità più remota Q è gravala di un peso: iu e è legata mediante una cavicchia al bastoncino di ac- ciajo a i, congiungente la base del cilindro cou un forte anello circondante presso b il tubo B. Da ciò facilmente si scorge che l'azione del peso Q tende a bilauciare la flessione prodotta dal peso del tubo B con tutte le sue appendici, e comprendesi essere con ciò possibile di annullarla. Il peso Q è fermalo in un luogo stabilito per esperienza dall'artefice, in cui risconlrasl tolta la flessione con molla diligenza e maestria. Venendo ora al circolo, che per misurare le distanze dal zenit vedesi da una parte dell'asse orizzontale congiunto al descritto stromento dei passaggi, breve- mente diremo come ingegnosamente siasi combinata tale importantissima ag- giunta. Il tronco di cono dell'asse orizzontale, prima di ricevere il perno di ac- ciajo che si appoggia ai sostegni infissi alle piramidi, termina in una robusta base tornita di metallo, alla quale cou otto forti viti è solidamente fissata una zona cir- colare, nella quale in un lembo di argento sono scolpite finissime ed esattissime divisioni, procedenti di tre in tre minuti da 0° fino a 360°. Questo circolo è tor- SI uilo ucllasse di rolazioue orizzoulale, iu cui liovasi esalUitneule il suo coulr(;. Girando il canuoccliiale iuloruo ai perni sull'asse orizzontale, porta seco il circo- lo: con clie il suo principio di numerazione descrive iil4Io spazio ardii di'tiolanli la falla rolazioue. Il cono dell'asse si proluuga solido e robusto fuori del piano del circolo, e riceve un altro cerchio,j al primo concentrico, fermalo sopra un piccolo tronco di cono cavo terminato iu una larga base, alla quale esso si adatta cou forti vili. Questo nuovo tronco di cono è lavorato a coutalto perfetto sul cono convesso dell'asse per sì fatto modo, clie le due zone circolari possano entrare l'uua nel- l'altra : e portandosi ad uno stesso piano, possano girare una dentro l'altra cou moto ecjuabile e dolcissimo. Questo secondo circolo è destinato a rimanere lisso nella rotazione del cannocchiale intorno all'asse orizzontale, e costituisce 1' ali- ilada della macchina: sono iu esso scolpiti in argento quattro nouii, corrispon- denti a 0", 90°, 180°, 270°, 1 quali mostrano l'arco di 2", e misurano le diverse disianze dal zenit, nelle quali trasportasi il caunocchiale per la osservazioue de- gli astri. La fig. I. mostra il modo con cui il circolo alidada rendesi fisso, appoggian- dolo alla piramide mediante uua forte staffa X di ottone, costituente il prolun- gameulo della base del cono a cui esso è applicato : questo braccio appoggia ad un torte pezzo di ferro P, incassato con piombo nel corpo della piramide. Una vite microniatica può far girare il braccio A' di piccole quantità, sia per disporlo da bel principio in modo che l'origine delle divisioni denoti molto prossimamen- te le distanze dal zenit, sia per correggere le piccole deviazioni del livello deri- vanti dalla iuslabllità della faidu-ica. Vedesi anche agevolmente nella delta figura il modo con cui il minore contrappeso K equilibra sugli appoggi il peso dell'ali- dada, ed il modo con cui gli altri due contrappesi K' K' equilibrano il peso del rimanente della macchina sugli stessi appoggi. La Hg. IL dimostra più evidentemente: 1.° 11 modo cou cui il circolo graduato è unito all'asse orizzontale di rotazione; 2." il modo con cui il circolo alidada si appoggia all'asse slesso, e si rende stabile nello spazio col sussidio del brac- cio Jf del cuneo di ferro P infisso nella piramide, e dell'appoggio contro l'asse fisso orizzontale mediante il cono cavo che va a combaciare coli' interno con- vesso, allorquando sia esattamente spinto fino al suo posto, da cui a bella posta è stato un pocollno traltenulo indietro nel disegno per dimostrare l'interna combinazione. 38 Dalle aazidelte cose rendesi palese, clie girando il cannoccliiale per il piano del meridiauo, seco trasporta il circolo graduato; ed i noiiii fìssi uel circolo ali- dada indicano con (juattro letture le distanze dal zeuit del puuto a cui volgesi il suo asse ottico. Resta a vedere come si possa fermare in una qualunque eleva- zione del cannocchiale il movimento di rotazione intorno all'asse orizzontale, e come comunicargli un lento movimento per condurre gli astri in contatto del filo orizzontale del micrometro. Questa ultima operazione.^ necessaria nella pra- tica delle osservazioni.^ si ottiene mediante un congegno molto semplice applicalo all'estremità dell'altro tronco del cono orizzontale opposto al circolo, die ora brevemente descriveremo. Il detto tronco di cono procede al di là della staffa, cui è applicalo il contrappeso /l"; e per alcuni pollici, innanzi che al medesi- mo sia infisso il perno di acciajo che gira su corrispondente appoggio adattato alla contigua piramide , la sua superfìcie convessa cangiasi in una superfìcie ci- lindrica, compresa fra due imposte o zone circolari, ben tornita e levigala, avente per asse l'asse orizzontale della macchina. Un lungo braccio di ottone }' termina alla sua parte superiore iu un mezzo cilindro concavo , a cui si oppone un altro simile mezzo cilindro che si congiunge con viti al precedente in modo da for- mare un intero cilindro concavo uguale al convesso dell'asse, con esso lavorato a smeriglio, che fra le due nominate imposte lo riciuge per intero. Una lunga vite /'/', atlraversando il braccio di ottone, spinge un piccolo cuscinetto di acciajo contro l'asse, e ve lo rende aderente per modo, che girando il cannocchiale lungo il meridiano., seco si trasporterebbe il cerchio opposto ed il braccio ¥. Ad un forte cuneo di ferro P'. infìsso nella piramide contigua, è appoggiata in testa una vite micrometrica xx'. la quale tende a far girare lentamente il braccio }', e con esso tutta la macchina lungo il meridiano. Aprendo la vite /v', si abbassa il cusciuelto, ed il cannocchiale può con moto dolcissimo scorrere lungo il piano del meridiano, e fermarsi in una qualunque prossima disianza dal zenit: chiusa poi tal vite, coir altra xx' riceve i più piccoli movimenti che possono abbiso- gnare nella pratica delle osservazioni. I due bracci A', F, che fermano il primo l'alidada, il secondo il moto del can- nocchiale, sono uguali in lunghezza, ed ugualmente distanti dagli appoggi; come pure uguali, ed ugualmente sporgenti dalle piramidi, sono i due cunei di ferro P, P : onde accade che la macchina, mediante un'appossita capra sovrapposta ad un carro, si possa agevolmente sollevare dagli appoggi, condurla fuori delle piramidi, ed invertirne la posizione, per trasportare il circolo tanto a ponente ■39 quaulo a levaulo, ad og^'elto di delerraiùare, niediaule l' iaversioue. T errori' del principio di uumerazione ael circolo, nonché di collimazioue nell'asse del can- noccliiale. Per ultimo.^ due livelli a bolla d'aria squisilissimi. ambidue invertibili, costi- tuiscono parte essenziale della macciiiua. II maggiore montato a staffa vedesi rappresentato nella fig. III., e serve ad esplorare l'orizzontalità dell'asse di rotazione. Per sospenderlo all'asse mediante gli estremi uncini della sua montatura, couviene dare al caunoccliiale una posi- y.ioue orizzontale, svincolare il braccio Fdal cuneo P', e facendolo isolatamente ruotare intorno al cono, portarlo nell'opposta direzione verticale, ed ivi stabilirlo colla vite rr'; indi passando uno dei bracci della staffa per l'apertura ovale del braccio X ira i raggi del circolo, si solleva lino ai perni dalle due parti: ed ap- plicati ad essi i due uncini, rimane pendente nel piano verticale guidato per l'asse. Noi non entreremo qui nei particolari dettagli relativi all'uso del livello, essendo essi da tutti conosciuti: né ci faremo a rilerire le formule che servono a ciò, essendo esse stale già sviluppate dal sig. Bessel nel Voi. VI. delle sue ce- lebri Osservazioni di Konigsberg:. ed anco riferite dal sig. Kreil nelle Effemeridi di 3Iilauo per l'anno 1836. Gol suo mezzo scuopresi l'inclinazione dell'asse al- l'orizzonte, e la differenza dei raggi dei perni, se pure esiste: intorno a che. a lode del sig. Starke, dobbiamo riferire che sono di una sorprendente uniformità in tutta la loro lunghezza, né vi ha che una minima differenza nella grossezza, che si potrebbe a buon diritto trascurare , ma di cui si tien conto nella pratica delle osservazioni. Il secondo e miuore livello serve ad esplorare le piccole variazioni che riceve dai movimenti della fabbrica, originati dalle diurne variazioni della temperatura o da altre ignote cause, il circolo alidada, che dovrebbe sempre rimanere fisso nello spazio. Esso viene costituito da una canna di vetro internamente lavorata, con divisioni scolpite sopra di essa, che misurano la estensione e posizione della bolla: questa è racchiusa in una custodia di ottone cilindrica, alle opposte basi della quale sono adattali due piccoli perni cilindrici di acciajo. che riposano so- pra due appoggi fatti a foggia di F, infissi sopra il raggio orizzontale del circolo alidada, e sui quali il livello si può invertire, per verificare e scuoprire la posi- zione del centro della bolla sopra la scala. Uno dei due perni della custodia t'^ sostenuto fra quattro viti, opposte a due per due, e disposte nella periferia della sua base ad angolo retto, ad oggetto di poter condurre gli assi dei due perni in ho iiuo stesso piano verticale che passi eziandio per l'asse del livello. Gli appogoi stessi possono pure alcun poco alzarsi ed abbassarsi, aperte che siano le viti di pressione che tengono chiuso al raggio orizzontale dell'alidada il braccio di ot- tone a cui sono adattati: e ciò ad oggetto di disporli per modo, che nel primo adattamento lo zero della scala nella bolla corrisponda prossimamente all'origine delle divisioni nell'alidada. La disposizione tutta in questo livello è ingegnosa; ma in pratica la sua verificazione riesce un poco imbarazzante e nojosa. Fu per certo sauo consiglio quello di rendere invertibile il livello dell'alidada, perchè cosi si discuoprouo e si evitano le alterazioni che nascono nella posizione del centro della bolla: si può tuttavia desiderare una costruzione più sicura, di uso meno imbarazzato per le verificazioni , che sia resa indipendente dalle pressioni di opposte viti, le quali potendosi difficilmeute disporre in una eguale tensione, fanno continuamente oscillare colle variazioni giornaliere della temperatura il centro della bolla intorno a limiti, per vero dire, abbastanza ristretti. \I[. Dopo di avere così succintamente esposta la descrizione del circolo me- ridiano, passeremo a riferirne jjrevemente le dimensioni. 11 cannocchiale acromatico ad obbiettivo duplicato, costruito dietro la celebre teoria di Frahunhofer nelle officine di Monaco,, ha 48.5 linee (misura di Parigi) di apertura : la sua distanza focaie è di pollici parigini 60.5. E munito di quat- tro oculari astronomici , costruiti secondo il principio immaginato da Ramsden, i quali danno i seguenti ingrandimenti, giusta le misure da me prese con un di- namometro costruito dal nostro Stefani dietro i precelti dello stesso Ramsden. 1 oculare ingrandimento 61 T 77 3° 97 4° 160 Sono tulli dotati di esimia chiarezza . Quello che più comunemente si adopera nelle osservazioni è il 3°, a cui corrisponde l'ingrandimento 97. A questi quattro oculari il sig. Starke , dietro mia istanza, ne aggiunse po- steriormente altri due. muniti di un piccolo prisma all'apertura, ove collocasi l'occhio, il quale riflettendo il fascetto luminoso trasmesso dall'ultima lente in una direzione perpendicolare all'asse, facilita grandemente le osservazioni degli astri vicino al zenit, diminuendo l'incomodo dell'osservatore. Il primo e più de- bole ingrandisce 60 volte; il secondo 90: sono entrambi dotati di esimia chiarez- za. Il secondo è quello che ordinariamente s'impiega per le osservazioni zenitali. 41 ISel foco deirobbiellivo sono tosi cinque sollilissiml e uitidissimi fili paralclli alla direzioue del meridiano, presso a poco equidistanti, i quali servono ad os- servare col vicino orologio (1) il tempo corrispondente all' appulso degli astri al meridiano. Le loro distanze equatoriali, dedotte: 1." dalle osservazioni della po- lare: 2." misurate con un circolo ripetitore di 12 pollici di diametro di Reichen- bach: 3." misurate con un micrometro a duplicazione di immagini del Prof. Amici, e trovate con ciascun metodo molto prossimamente coincidenti ; risultarono per il circolo rivolto a ponente come segue : dal 1° al 3° = 21". 71 _ dal 3" al 4° = 10". 82 ) [n secondi di tempo dal 2° al 3° = 10 . 90 ' dal 3° al 5" = 21 ". 60 ^ siderale. Il campo visibile del cannoccLIale è attraversato da due sottilissimi fdi oriz- zontali tra loro paralelll, vicinissimi, e comprendenti il ceutro per facilitare le os- servazioni delle distanze zenitali degli astri deboli, non sostenenti che una tenue illuminazione. La loro distanza, misurata col sopra indicato micrometro di Amici, e con le distanze zenitali della polare, collimando ora all'uno, ora all'altro filo, risultò di 11". 58 di arco. La lunghezza dell'asse di rotazione è di pollici 32, Un. 2 , misurata dalle sezioni nelle quali I cilindri o perni appoggiano sui piani iuclinatl dei loro sostegni. Quest'asse è, come dicemmo, dalla parte opposta al circolo perforato, per dar passaggio alla luce proveniente da una lucerna ad og- getto di Illuminare II campo nel modo praticato negli ordinarli stromentl del passaggi. Il circolo ha II lembo In argento diviso di 3 In 3 minuti: sonovi scritti i gradi da 0° fino a 3G0° di 5° In 5°; gì' Intermedli sono designati con linee più lunghe, alquanto ingrossate verso le loro estremità interne, per distinguerle più facil- mente: le linee corrispondenti ai 15, 30', 45 sono contraddistinte da varie lun- ghezze; sicché la lettura degli archi si fa con molta speditezza. Quattro nouil con le divisioni pure In argento, disposti nel circolo alidada ad angolo retto, dan- no direttamente l'angolo di 2". La lettura si ottiene con l'ajuto di due niicro- scopil semplici che si trasportano sulle divisioni, essendo girevoli all'estremità di un braccio Intorno all'asse: essi equilibransi a vicenda, e rimangono fermi (1) «L'orologio collocato in vicinanza del circolo meridiano è stato a bella posta » costruito dall'abile meccanico Stefani: esso è regolato sul tempo siderale; ha il pen- )i dulo a compensazione di mercurio; lo scappamento ad ancora ; le sfere delle ore , dei » minuti e dei secondi, tutte nello stesso centro; il suo movimento è regolarissimo. >i ia qualunque situazioae vengano condotti colla mano. Le divisioni tanto del circolo, come dei uonii, sono nitidissime e di una sorprendente esattezza. Il rag- gio del circolo corrispondente alle divisioni è di pollici 17, lin. 8 di Parigi. Vin. Passiamo ora a sliraai'e il peso della macchina, per avere le pressioni diverse che sostengono le due piramidi di marmo , alle quali essa è appoggiata. Siccome air incirca tutta la macchina è equilibrata dai contrappesi sui perni dell'asse orizzontale, per renderne più dolce ed equabile il moto, e perchè un attrito troppo forte non li consumi e ne alterila figura: così, trascurando il pic- colissimo peso residuo, potremo dai contrappesi e loro braccia di leva dedurre il peso della macchina. Si trovano in tal guisa 1 seguenti pesi parziali. •1.° Contrappeso dell'alidada, kil. 7.5; braccia di leva, pollici G.O, IG.S. Quindi il peso dell' alidada sarà kil. 20.6: la pressione totale da essa dipendente sull'appoggio, kih 2S.1. 2.° Contrappeso del circolo , e mezza macchina dalla sua parte disposta , kil. 12.0: braccia di leva, 8i'. 0, 22''. 0. Quindi il peso del circolo e della mezza macchina risulla di kil. 33.0: la pressione nel fulcro sarà in conseguenza ■'i5 kil.: e la pressione totale , che si esercita sulla piramide dalla parte del circolo . è di kil. 73 circa. 3.° Contrappeso isolato di mezza macchina dalla parte opposta al circolo, kil. 0.1 ; braccia di leva, 8i'.0, 21.5. Quindi il peso della macchina da questa parie è di kil. 24.5, e la pressione totale nel fulcro sovrapposto alla piramide sarà di kil. 33.5 circa. Risulta da ciò, che la piramide dalla parte del circolo sostiene una pressione maggiore dell'altra di circa AO kilogrammi. Si potrebbe temere che sebbene la fabbrica sia forte, e salde le basi alle quali sono appoggiale le colonne, una dif- ferenza di pressione sì forte avesse nelle inversioni una pericolosa influenza: ma ci siamo assicurati con esperienze dirette , instiluite con ogni cura nel giorno 28 Aprile 1838, che ciò non ha luogo. Imperciocché, applicato il livello all'asse essendo il circolo rivolto a ponente, dalla parte cioè in cui la piramide ha basa- mento più saldo sopra antichissima muratura , e marcati più volle gli estremi della bolla tanto con un peso addizionale di 50 kilogrammi imposto alla piramide di levante, quanto-senza di esso, non si rimarcarono differenze che eccedessero una mezza particella; sovente anche rimase inalterato. IX. Ci resta a dire dei due livelli uniti al circolo, che ne costituiscono, sic- come è noto, una delle parti più importanti. Ambedue sono internamente lavo- 43 rati iu regolari curvature; liaano una scala avente il zero alla metà di parti uguali ad una linea circa scolpita sulla canna; le distanze degli estremi della bolla in queste scale sono espresse in unità formate da 10 di queste minori particelle, ed ogni unità è distinta da una linea più lunga. Queste distanze si assumono positive da una parte dello zero, e negative dal- l'altra. La canna è chiusa da ambedue le parti in entrambi da due dischetti di vetro, che si applicano con un poco di gomma, e vi si ritengono obbligati me- diante una pelle sottile, che con gomma o colla si tiene all'intorno aderente alla canna. La lunghezza della canna del livello per l'asse è di poli, parig. 14 circa; quella del livello alidada è di poli, parig. 1 0 circa. Il valore delle parti dei due livelli è stato esplorato mediante la vite micro- metrica del quadrante murale di Ramsden , esistente in questo Osservatorio, adattandoli all'armatura che serve ad impedire la flessione del suo cannocchiale, quando questo prende una direzione presso a poco orizzontale. Da molte ricerche in varii tempi instituite per questo importante argomento risulta che il maggiore livello a staffa inserviente per l'asse è regolare in tutta la estensione della scala, ed il valore medio di ogni sua particella è di 0". 85504. Non cosi regolare apparisce quello dell'alidada: e l'orse da questa circostanza debbonsi ripetere alcune anomalie di pochi secondi osservate nelle variazioni di temperatura alle diverse stagioni dell'anno nella posizione del polo istrumentale del circolo. Dietro misure prese con la conveniente diligenza, mediante la sopra indicata vite micrometrica, si è formata la seguente Tabella empirica, nella quale ogni numero è il risultato di sei diverse misure prese in giorni differenti, la quale serve alla riduzione delle osservazioni. Posizione del centro Valore di una particella della bolla. in secondi di arco. — L5 0. 909 — 1.0 0 .966 — 0.5 0 .995 -+- 0.0 1 . 060 4- 0.5 1 .109 -t-1.5 1 .214 -+- 2.0 1 .287 + 2.5 1 .319 + 3.0 1 .408 dove ramineutiamo clie le uuità nella prima colonna rappresentano 10 particelle della scala. X. Indicheremo per ultimo le osservazioni che manifestano la grande regola- rità dei due perni di acciajo per l'asse, e la piccolissima loro differenza. E stata più volte invertita la macchina in diverse stagioni ne' suoi appoggi, e sono stale inslituite le prescritte osservazioni mediante il livello per iscuoprire la differenza dei perni, le quali tutte conducono allo slesso risultato prossimo; che cioè il perno dalla parte del circolo è per una tenuissima quantità minore dell'altro. Io reputo dovermi attenere ai risultati ottenuti nel giorno 28 Aprile 1838, per- chè fondati sopra osservazioni instituite a beila posta in circostanze molto favo- revoli, il sole essendo coperto dalle nuvole, l'aria tranquilla: la temperatura va- riò pochissimo, e la lunghezza della bolla si conservò presso a poco costante: cir- costanza importante, e che difficilmente riscontrasi in altri tempi. Dopo di avere diligentemente nettati i perni per allontanare il piccolo strato di unto che vi si appone per la loro conservazione, e dopo di avere verificato, come indicammo, che un peso addizionale di 50 kil. sulla piramide a levante non turbava in modo sensibile lo stato del livello, si procedette alle osservazioni nel modo seguente. Potendosi la staffa del livello applicare in punti diversi sui perni da ponente verso levante per la lunghezza di circa un pollice, si osservava il mezzo della bolla sulla scala in tre punti diversi: 1.° colla staffa aderente a ponente: 2.° colla staffa sul mezzo dell'anzidetto spazio: 3.° colla staffa aderente dalla parte di le- vante, e ciò tanto coli' obbiettivo rivolto a mezzodì, che a tramontana. Si otten- nero cosi i risultati espressi dai numeri seguenti, ove è da notarsi che le di- stanze positive souo valutate dalla parte di ponente, a partire dallo zero della scala stessa. I.° Circolo a ponente : obbiettivo a mezzodì. 1 .'' Posiz. del livello .... ader. a ponente: sul mezzo: ader. a levante. Mezzo della bolla + 0.53 . . . . + 0.51 . . . . + 0.'.6 Lunghezza della bolla .... 10.50 .... 10.38 .... 10.38 Posizione media del mezzo della bolla . . . . + 0.50 2." Posizione del livello, cioè inversa rapporto alla precedente. Mezzo della bolla + 1.00 .... -f 0.94 . . . . -f- 0.975 Lunghezza della bolla .... 10.50 .... 10.42 .... 10.45 Posizione media del mezzo della bolla .... 0.072 A5 (Quindi iudicauJo (per rlleuere le deuominazioui del sig. Besselj per ^Y la posi- zione del centro della bolla, quale avrebbe luogo a livello reltificato, avremo: + 0.50 + 0.9T2 .Y = — ^ = + 0.T36. II.° Circolo a ponente: obbiettivo a tramontana. 1." Posizioue del livello. Mezzo della bolla + O.-'.ì . . . . + 0.43 .... + 0.50 Lunghezza della bolla .... 10.40 .... 10.40 .... 10.40 Posizione media del mezzo della bolla . . . . + 0.4G7 2,^ Posizione del livello. Mezzo della bolla + 1.23 .... + 1.065 . . . + 0.94 Lunghezza della bolla .... 10.40 .... 10.37 .... 10.38 Medio delle tre posizioni . . -|- 1.078 Quindi coir obbiettivo a tramontana . . . . Jf z=: -f- 0.772. Riterremo per X il medio fra i due ottenuti risultati molto fra loro vicini, e sarà: JY ^r -f- 0.754. III.° Circolo a levante; obbiettivo a mezzodì. 1.' Posizione del livello. Mezzo della bolla + 1.12 . . . . + 1.34 . . . . + 1.07 Lunghezza della bolla .... 10.40 .... 10.38 .... 10.40 Bledio delle tre posizioni . . -|- 1.177 2.^ Posizione del livello. Mezzo della bolla + 1.45 .... + 1.535 . . . + 1.48 Lunghezza + 10.40 . . . . + 10.37 . . . . + 10.40 Medio delle tre posizioni . . -\- 1.488 Indicando in questo caso per X' la posizione del centro della bolla, si avrà col- r obbiettivo rivolto a mezzodì: A" =r -|- 1.3325. IV. Circolo a levante: obbiettivo a tramontana. 1.' Posizione del livello. Mezzo della bolla +■ 1.335 . . . . + 1.135 ... -f. 1.1 IO Lunghezza della bolla .... 10.37 .... 10.37 .... 10.38 Medio delle tre posizioni . . + 1.193 A6 2.' Posizione del livello. Mezzo della bolla + 1-52 . . . . + 1.52 . . . . + 1.38 Lunghezza della bolla . . . + 10,/iO . . . . + 10.40 . . . . + 10.40 Medio delle tre posizioni . . + 1.4'73 Quindi coll'obbiellivo rivolto a tramontana formasi X =: + 1.333: come col- r obbiettivo a mezzodì, con differenza trascurabile. V. Riportato il circolo a ponente, si tornò a determinare di nuovo il valore di X V. Circolo a ponente; obbiettivo a mezzodì. 1 .'^ Posizione del livello. Mezzo della bolla + 0.675 . . . + 0.625 . . . + 0.805 Lunghezza della bolla . . . + 10.45 . . . + 10.45 . . . + 10.45 Medio delle tre determinazioni + 0.702 2.' Posizione del livello. Mezzo della bolla + 0.95 . . . . + 0.695 . . . + 0.885 Lunghezza della bolla .... 10.46 .... 10.45 . . . 10.43 Medio delle tre determinazioni -h 0.843 Quindi coir obbiettivo a mezzodì A' =z 0.7725. YI. Circolo a ponente : obbiettivo a settentrione. 1." Posizione del livello. Mezzo della bolla + 0.88 . . . . + 0.60 . . . . + 0.63 Lunghezza della bolla . . . 10.40 .... 10.40 .... 10.40 Sledio delle tre determinazioni + 0.703 2.^ Posizione del livello. Mezzo della bolla + 0.83 . . . . + 0.74 . . . . + 0.68 Lunghezza della bolla .... 10.40 .... 10.40 .... 10.40 Medio delle tre determinazioni ^^ + 0.750 Quindi coir obbiettivo a tramontana ... JT = -f- 0.7265. Prendendo ora di nuovo il medio dei due valori molto prossimi di X, quan- do l'obbiettivo è a mezzodì ed a tramontana, si ha in questa posizione del cir- colo X= + 0.7495 Si era trovato superiormente : A' = + 0.7540 Laonde riterremo col circolo a ponente . . . . A = + 0. (.)2 col circolo a levante . . . . A =:i -t- 1.333 4T Dietro ciò si avrà: A'— A'= — 0.581 : quaiililà che rapjirusetileremo per p. e die annunzia una piccolissima differenza nei raggi dei perni. Per valutarne l'influenza nella inclinazione dell'asse, e per iscuoprire la differenza dei perni slessi, vuoisi avvertire che i piani inclinati, sui quali questi appoggiano, concorrono ad angolo di GO".^ mentre i piani inclinati degli uncini della staffa, che riposano sui perni slessi sostenendo il livello, coucorrouo ad an- golo di 90°. Chiamando pertanto /v il valore di una parte del livello (che corri- spondendo a 10 particelle sarà 3= 8 . 5504, dietro il superiore risultato), sarà^ dietro le citate formule di Bessel , la correzione delle inclinazioni dedotte dalla immediala osservazione del livello col soliti melodi: -\-p.K" +0.581 = 5-^1 ^ /[" = + 0.12 A", 2 -(- v/ 2 — 2 + i/ 2 dovendosi adoperare il segno — per il circolo viMlo a levante, il seguo + quan- do il circolo è posto a ponente. Nella pratica giornaliera delle osservazioni oc- correndo l'inclinazione dell'asse espressa in secondi di tempo, si procede costan- temente a questo modo. Si appende il livello in una prima posizione verso la metà della escursione che può avere la staffa sui perni: s'indica per p l'estre- mo della bolla nella scala dalla parte di ponente, per n l'altro estremo dalla par- te di levante: s'inverle poscia la posizione del livello, invertendo quella della staffa sugli appoggi; e si lasciano decorrere tre in quattro minuti di tempo, per- chè la bolla si riduca alla quiete; indicando per p', n le nuove posizioni degli estremi della bolla. Si ottiene la inclinazione cercata dalla formula 8". 5504 /= -^ —{p^p' — n — n +QM) = 0.1425 [p-\. p —n — n ±QM) prendendo il segno superiore quando il circolo è a ponente, l'interiore quando trovasi a levante. Inoltre rappresentisi per /• il raggio del perno cilindrico dalla parte del cir- colo; per r quello dell'altro perno; R la lunghezza dell'asse di rotazione oriz- zontale, che abbiamo sopra veduto essere =: 32'' 2' = 386 linee parigine ; K' ' ( X A''' ì Sarà .... r — r =:r . /?, dove /?" rappresenta il numero dei se- 2(2 + v/2)/J" ' ^^ condì contenuti nel raggio. Riducendo la precedente a numeri coi riferiti dati, si ottiene /-' — /' = — 0.001 362 linee parigine. L'iucliuazioue dell'asse di rotazione è sottoposta a piccolissime variazioni, e le differenze rimarcate fra i risultati ottenuti verso il mezzogiorno e verso la mezzanotte ascendono tutt'al più a 0. 15; quindi si può con ogni sicurezza determinarla una o due volte al giorno, per la riduzione delle ascensioni rette. Anclie il livello dell'alidada gode di grande slabilità per la robustezza della fabbrica: ma è sottoposto a piccole variazioni saltuarie, dipendenti dal diverso grado di pressione clie si opera contro l'asse col chiuderne il movlraeuto mediante la vite rr. e delle quali si tien conto registrandone lo slato ad ogni osservazione di distanza dal zenit. Ecco il modo adottato nel registrarne i dati per la loro riduzione. 1.° Si ritiene II livello sugli appoggi sempre in una costante posizione, avendo cura che le vili di correzione, che trovansi ad una delle estremila della custodia, guardino sempre 1' origine delle divisioni nel circolo. 2.° In questa posizione dicasi p la distanza dell'estremità della bolla dal- l'origine della scala da (piella parie ove hanno origine le divisioni nei circolo; dicasi II la distanza dell'altro estremo dalla stessa origine situata verso la metà della canna; dicasi e quella distanza del centro della bolla dalla medesima ori- gine, assunta positiva dalla parte della origine delle divisioni, che avrebbe luogo se r asse del livello fosse paralello alla linea degli appoggi. La correzione additiva da farsi alle distanze osservate dal zenit è rappresentata in parti del livello da 1/2 (yy — n — 2 e). Si registra nelle osservazioni accanto alla lettura dei quat- tro nonii il numero p — n — le. il quale serve di argomento in una tavoletta dedotta dai dati sopra riferiti intorno al valore delle parti di questo livello nei varii punti della scala per determinare la correzione delle distanze in secondi di arco. 3." Quanto al numero 2 e. ch'entra in questo argomento, rimane presso a poco costante, e determinasi uua o due volte al giorno colla Inversione nel modo seguente. Siano yo ed n i numeri dimostranti nella scala gli estremi della bolla: il primo dalla parte dell' origine delle divisioni, il secondo dalla parte opposta , quando il livello trovasi sugli appoggi nel modo leste indicato colle vili di rettifica rivolte verso il zero del circolo; invertito poi il livello, corrispondano gli stessi estremi rispellivamenle ai numeri p. n. Si troverà facilmente essere: p — n p — ri 49 Tal' è presso a poco la costruzione del nuovo circolo meridiano collocalo recentemente in questo stabilimento astronomico, col quale furono già incomin- ciate molte serie di osserTazloni, delle quali speriamo in seguito di poter raggua- gliare l' Accademia nostra. Chiuderò questi cenni col rendere pubblica testimonianza di gratitudine e di rispettoso ossequio alla Munificenza dell'Augustissimo nostro Sovrano, ed alla illuminata protezione da S. A. I. l'Ottimo nostro Vice-Rè, e dal Governo ac- cordata alla promozione d'ogni sorta di umani studii, donde questo pubblico Osservatorio è stato nel corso di pochi anni ampliato, e ridotto a parità con al- tri stabilimenti ben forniti per il perfezionamento dell'astronomia. Eretto in fatti nel 1769 dal Veneto Senato sopra una delle più robuste torri del medio evo con una magnificenza corrispondente al lustro della Veneta Repubblica, e provveduto da bel principio di un eccelleute quadrante murale di Ramsden e di altri minori stromenli, rimase per le disgraziate vicende dei tempi per molti anni negletto, e sprovvisto dei mezzi più necessari! per produrre osservazioni astronomiche corrispondenti al progresso successivo della scienza; finché, succeduti tempi più miti, ottenne sotto il breve Regno d'Italia un ottimo telescopio a riflessione di otto piedi, fabbricato dal celebre nostro Prof. Amici: ed uno stromento dei pas- saggi di 3.1/2 piedi parigini, egregiamente lavorato dal rinomato Reichenbach in Monaco, che ultimamente è slato disposto a girare pel primo verticale. Il suo perfezionamento però è tutto dovuto alla 3Iunificenza dell'Austriaca Dominazione, dalla quale riconosce l' ampliamento de' suoi locali, un egregio circolo ripetitore del Reichenbach, un buon teodolito, una eccellente macchina paralatlica stabile costruita nelle officine di Monaco, un opportuno corredo di orologii, di cannoc- chiali, di altre minori macchine; ed infine il circolo meridiano sopra descritto, a grandi spese montato in apposita fabbrica eretta con decenza architettonica corrispondente all'antico fabbricalo. 50 POSIZIONI ]»IEDIE DELLE STELLE FISSE RIDOTTE AL PRINCIPIO DELL ANNO 1 840 DISPOSTE IN ZONE DI 2° IN 2° GRADI RAPPORTO ALLE LORO DECLINAZIONI PER SERVIRE ALLA FORMAZIONE DI UN NUOVO CATALOGO DEDOTTE DALLE OSSERVAZIONI FATTE NELl'i. R. OSSERVATORIO DI PADOVA DAL SOCIO ATTIVO GIOVANNI SANTINI (Parte I.. estendentesi da 0° fino a 10° di declinazione boreale) INTRODUZIONE ..c> chiunque abbia spesso osservato con un cannocchiale provveduto sol- tanto di un micrometro, o con una macchina paralaltica di mediocre costru- zione, una nuova cometa od i nuovi pianeti, non avrà tardato ad accorgersi del grave imbarazzo in cui si trova per assegnare con precisione la posizione di questi corpi erratici nel firmamento: imperciocché in queste circostanze per lo più i-ivolgesi il cannocchiale all'astro di cui vuoisi determinare la posizione ap- parente, osservando il tempo in un orologio siderale, iu cui egli attraversa la disposizione micrometrica che vi è unita; indi è forza attendere che una stella fissa bene determinata, di una declinazione prossima a quella dell'astro inco- gnito, venga dal moto diurno condotta ad attraversare il campo del cannocchiale ritenuto immobile , perchè ripetendo allo stesso orologio le medesime osserva- zioni, si possa dal loro confronto ricavare la differenza delle loro ascensioni rette e delle loro declinazioni. Ora facendo anche uso del Catalogo del nostro P. Piazzi (che è uno dei più copiosi e dei più esatti de' nostri giorni), spesso addi- viene che mancano stelle abbastanza vicine iu declinazione, con un'ascensione retta prossima alla cercata: né raro è il caso di dovere impiegare inutilmente mezz'ora, ed anche un'ora e più, innanzi che si presenti una stella conosciuta a compiere la incominciata osservazione; o di dover rimuovere il cannocchiale dalla sua posizione, passando successivamente per una serie di piccole stelle in- cognite, finché giungasi ad una stella conosciuta e bene determinata. L'uno e l'altro inconveniente è del pari gravoso e pericoloso. Imperciocché il primo ca- giona nell'osservatore una noja indescrivibile, una gran perdita di tempo, pre- zioso sempre quando più utilmente possa impiegarsi: e sottopone il risultato dell'osservazione alle irregolarità dell'orologio ed alle variazioni atmosferiche, che spesso rendono frustranea l'osservazione. Il secondo espone a tutte le in- certezze di replicali confronti. — Suppliscono a queste mancanze le Carle ce- lesti di Harding, disegnale con tutta l'accuratezza, e le Zone del eh. Professore Bessel, le quali contengono osservazioni originali esaltissime di un sorpren- dente numero di stelle, e costituiscono un tesoro astronomico veramente pre- zioso. 3Ia, quantunque esalte le Carle di Harding, la posizione media per il 4800 non può aversi colla più scrupolosa esaltezza. Le osservazioni di Bessel souo di una sorprendente esattezza; e sebbene le stelle siano state per lo più osservate una sola volta e ad un solo filo, le posizioni che se ne deducono ben rare volte si trovano aberrare dal medio di più osservazioni di 4' a G" di arco, come apparirà dal confronto loro con le seguenti osservazioni. Rimane tuttavia l'incomodo di ricavare dalle osservazioni originali la posizione media delle stelle (al che si prestano con gran facilità le Tabelle di riduzione al 1825, calcolate sotto la direzione di questo celebre Astronomo nell'Osservatorio di Konigsberg, ed inserite nei Volumi pubblicati delle sue Osservazioni), e di calcolare per ciascheduna le annue variazioni dipendenti dalla precessione degli equinozi!. Oltre a ciò , rimane sempre (quando per determinare la posizione di un nuovo corpo celeste si fa uso di una stella desunta da questa preziosa raccolta) quella specie d'incertezza che lasciano nell'animo tutte le sorgenti di errore che si possono essere insinuate in una osservazione unica ed isolata, se anche sia fatta con ottimi stromenli, e dall'osservatore il più diligente. Mi è pertanto sembrato che non potesse riuscire inutile un Catalogo di stelle fisse ordinalo per Zone di due in due gradi rapporto alla declinazione, e proce- dente nell'ordine consueto da O** fino a 24'' iu ogni Zona rapporto all'ascensione, per modo disposto che ia ogni declinazione s'incontrasse una stella bene deter- minata ad ogni 7 od 8 minuti di tempo. Allorché un tale Catalogo fosse com- piuto, rendesi manifesto che rivolgendo un cannocchiale dotato di un campo sufficiente ad un punto speciale del cielo, e tenendolo invariato in questa posi- zione, entro 10 o 12 minuti di tempo verrà ad attraversare il campo una stella bene determinata , alla quale si potrà comodamente riferire la posizione del- l'astro incognito a cui il cannocchiale è stato diretto. Non appena fu collocato in questa R. Specola il Circolo meridiano di cui ho avuto l'onore, dotti Accademici, di darvi la descrizione nella vostra adunanza del 2 Maggio 1838, rivolsi le mie cure alla formazione di un tale Catalogo, di cui vi presento un primo saggio nelle Zone comprese fra l'equatore ed il 10 grado di declinazione boreale, da me osservate e ridotte nel precedenti tre anni. Se questo saggio potrà incontrare la vostra approvazione, sarà per me un iorte incitamento a continuare la non leggiera fatica intrapresa; quantunque io com- prenda non essere concesso alle deboli mie forze, alquanto dalla crescente età indebolite, condurre l'opera al suo compimento. Essa è però di natura tale, che ovunque interrotta può essere agevolmente da altri continuata: e potrebbe anco venirne accelerato il compimento, se altri collaboratori, trovandola utile, ripu- tassero conveniente di concorrervi con l'opera loro iu Zone separate e diverse. II. Dirò ora brevemente del modo da me costantemente seguito nell' osser- vare. Dopo di avere dalle Zone del sig. Bessel trascelto quelle stelle più splen- denli che soddisfar potessero alla condizione sopra enuuziala di costituire un Catalogo abbastanza copioso, perchè in ogni declinazione si succedessero ad in- tervalli di circa sei od otto minuti, mi sono imposto la condizione di osservare ciascuna stella in tre sere diverse, notandone gli appulsl ai cinque fili del mi- crometro, e leggendo tutti quattro i nonii , ad oggetto di evitare possibilmente gli equivoci eventuali di una sola osservazione. A vero dire , spesso è avvenuto che le vicende atmosferiche abbiano impedito in alcune serie di fare una terza osservazione: ma per la eccellenza della macchina i risultameuli parziali di cia- scuna sera si accordano sì fattamente fra loro, che rendono presso che inutile la osservazione di una terza sera, la quale soltanto spesso è opportuna per lo- .5S gliere il dubbio di una qualche errala lettura dei aouii nelle due precedenti sere. Per diminuire la fatica delle riduzioni ho procuralo che le osservazioni si seguissero in sere consecutive, o per modo le une alle altre vicine, che le po- sizioni apparenti non avessero uolabilraente variato; e prendendo il medio delle posizioni osservale, se gli potessero applicare le convenienti riduzioni per ricondurle ad un'epoca fissa, per la quale ho scello il principio dell'anno 1840. L'equazione dell'orologio e la posizione del polo nel Circolo meridiano sono state costantemente dedotte dalle osservazioni delle stelle fondamentali di Bes- sel, la posizione apparente delle quali desumevasi sempre dalle Effemeridi di Berlino con somma cura calcolale dal signor Enke sulle Tavole Regiomontane dello slesso Bessel. Siccome le osservazioni facevansi per Zone di un' ora o due per ciascuna sera intorno ad una stessa declinazione prossima di 0°, o di 2°, o di h° ec; così facilissimo l'iusciva il passaggio dalle ascensioni rette e declinazioni osser- vate alle loro corrispondenti quantità medie, ridotte all'equinozio medio per il principio del 1840 mediante Tavolette di riduzione calcolate per il tempo cor- TÌspoiidenle al medio in ogni serie di mezz'ora in mezz'ora, simili a quelle date dal sig. Bessel per la riduzione delle proprie Zone: procedendo costantemente nel modo che ora indichiamo per comodo di chi volesse riscontrare negli archi- vii dell'Osservatorio tanto i calcoli relativi a queste riduzioni, quanto una (jual- che particolare posizione che divenisse sospetta. zi III. Nel libretto destinato alle osservazioni originali, in laute apposite caselle rettangole abbastanza grandi, registravansl sotto dettatura gli appulsi di ciascu- na stella ai cinque fili del micrometro, e le letture dei quattro nouii colla indir cazione del livello dell'alidada; nello stesso registro trovasi applicata al medio degli appulsi ai cinque fili la correzione dell'orologio, desunta dalle osservazioni delle stelle fondamentali di quella sera, conservate nell'apposito registro meri- diano; e si hanno cosi le ascensioni rette apparenti indicate colla lettera et. Cosi pure al medio dei quattro nouii si vede applicata la correzione del livello, la rifrazione vera corrispondente allo stato atmosferico , calcolata dietro le Ta- vole del signor Carlini, con nua leifgiera modificazione manoscritta trasmessaci 54 dalla sua gentilezza, riguardante le correzioni termometriche. Le distanze dal zenit cosi ridotte, confrontate colla posizione deF polo istrumentale dedotto dallo stesso registro meridiano colle osservazioni della polare e delle stelle fon- damentali di quel giorno, danno le declinazioni apparenti indicate colla lettera 5'. Queste posizioni apparenti «', S', osservate rapporto ad ogni stella in Ire sere prossime, sono state trasportate in un libro apposito , clie pure conservasi nei registri dell'Osservatorio, ove trovasi il loro medio aritmetico ed il calcolo delle Tabelle di riduzione sopra indicate: sotto ciascheduna posizione apparente è stata trascritta la relativa riduzione al 1840 e la posizione media, che è quella che qui si riferisce negli atti sociali. IV. Le Tabelle di riduzione sono state calcolate dietro le seguenti formule. S'indichi per D la declinazione del mezzo di una Zona; per y^ g-, h. /, G, // i costanti presi auuo per anno dalle Effemeridi di Berlino a pag. 198, ser- vienti a convertire le posizioni medie delle stelle in apparenti: pery"', g-', ìi gli stessi costanti ridotti in tempo; per m. n i costanti della precessione presi dal- l'Opera del sig. Bessel , intitolata Tuhulae Regioinontanae reductionum ec. ; per in n gli stessi costanti ridotti in tempo; per t il numero degli anni interi decorsi dopo il 1840 (da valutarsi negativo per gli anni anteriori). Si calcolino di mezz'ora in mezz'ora, fra il principio ed il fine della Zona osservata, i valori dei quattro numeri A', K; /j, p dietro le seguenti formule: Kz= — ni t — J' — n t tang D sen a + (1 ) sen (G + a) -f- (2) seu (//+«); n < sen oc sen 100' .^ , s , r. . m , -. K = + (1 ) sen (G + a) + [2/ sen (// -f- «): cos ' D p^= — 71 < cos X — i cos D -f (3) cos (G + 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 ^67 ^67 68 69 70 71 72 73 6.7 5 8 6 8 7 G.7 6 5 5.6 7.8 7 7 6.7 6.7 6.7 7 8.9 6.7 5.6 7 6 7 2 7.8 7 7 8 7 6 8 8 6.7 8.9 7 7 7 7 3 40 3 46 54 54 58 3 13 4 20 4 23 4 28 4 36 4 42 4 46 4 53 4 57 4 57 5 1 6 13 13 15 5 16 5 17 5 23 5 31 5 32 5 38 5 46 5 49 5 50 5 58 5 58 6 7 6 9 6 17 6 20 6 27 6 32 26.'59 4-3".065 7.49 3.086 1.67 3.063 25.04 3.056 24.75 3.095 21.96 3.053 16.59 3.060 16.13 3.092 41.73 3.062 58.88 3.085 29.60 3.076 29.94 3.089 37.69 3.075 36.44 3.081 7.96 3.092 8.22 3.092 53.96 3.054 27.51 3.054 22.06 3.058 35.95 3.058 43.26 3.04G 20.89 3.046 33.70 3.079 49.95 3.061 23.38 3.08 G 52.85 3.076 19.87 3.09G 14.94 3.044 38.61 3.098 35.90 3.083 47.38 3.072 47.43 3.072 26.22 3.060 46.05 3.076 5.71 3.051 37.03 3.060 0.57 3.094 51.69 -f- 3.085 0 — 0 16 8.'7 + 0 47 18.6 — 0 22 21.5 — 0 42 30.1 + 1 15 4.3 — 0 50 34.1 — 0 28 42.5 + 1 1 14.8 — 0 23 36.7 + 0 40 6.0 + 0 16 1.5 + 0 52 4.4 + 0 12 6.4 -1-0 29 2.6 + 0 57 4.8 + 0 57 6.5 — 0 46 16.4 — 0 45 13.2 — 0 34 : : — 0 32 47".9 — 1 1 — 1 3 1.4 + 0 22 18.3 — 0 25 24.7 + 0 44 20.9 + 0 14 48.0 + 1 6 21.2 — 1 6 53.5 + 1 11 57.5 + 0 31 54.9 + 0 5 15.8 + 0 5 16.9 — 0 27 28.3 ■ + 0 16 54.9 — 0 51 15.8 — 0 28 37.7 + 1 0 3 8.6 i-0 38 16.5 ■ + li!472 + o'l08 11.062 + 0.32 10.477 — 0.20 10.449 — 0.03 10.149 + 0.20 9.772 4- 0.35 9.007 + O.IO 8.455 + 0.45 8.181 + 0.15 7.757 4. 0.55 7.14G + 1.30 6.653 + 1.07 6.311 + 2.10 5.730 -f- 1.46 5.433 5.433 -f- 0".43 5.030 + 1.62 4.644 + 1.54 — 0.17 4.033 — 0.30 3.798 — 0.33 3.798 + 0.18 3.694 -f. 0.01 3.152 -f- 0.29 2.498 + 0.11 2.367 1.893 + 0.31 1.203 + 0.1 s 0.905 + 0.24 0.823 -f 0.61 + 0.105 + 0.105 + O.IG — 0.650 + 0.38 0.854 + 0.10 1.495 — 0.42 1.800 + 0.09 2.357 + 0.00 — 2.865 — 0.37 — 0.3 + 1.4 — 1.5 -f. 3.3 -+- 0.3 -f 0.1 + 2.5 — 2.9 — 1.2 — 2.8 — 2.5 0.1 2.5 3.4 + + -h 1.1 + f^-7 — 0.9 — 1.2 lai — 1.7 — 2.3 — 1.2 + 1.4 -f- 3.G -+ 2.9 + 1.9 + 3.6 + 0.8 + 4.1 -)- 11.7 4. 6.0 -f 6.5 — 0.6 — 0.9 ZONA I. D^O". 50 Num. progr. Grami, delle stelle AR. media 1 Gennajo i84t> Varia z. annua Dcclinaz. media 1 Gennajo iB4<^ Variazione annua B — S in AR. Deci. il 74 8 1. 6 37' 40.65 + 3^059 — ()" 33 20.4 — 3'.'292 — 0.37 — Ó'.l 1 75 7 6 40 48.00 3.097 + 1 10 31 '.0 3.552 — 0.64 + 1.5 2 7 ti 7 6 46 16.78 3.049 — 0 55 58.6 4.020 — 0.42 + 0.0 2 77 ,s 6 49 50.48 3.083 -HO 34 38.5 4.327 — 0.38 + 0.0 3 78 8 6 53 3.55 3.076 + 0 13 47.9 4.601 — 0.35 — 2.6 3 79 7 7 3 41.61 3.065 — 0 13 59.2 6.5(13 — 0.65 — 0.3 3 80 7 7 10 23.09 3.083 -1- 0 33 47.1 6.064 — 0.05 — 0.7 3 SI 6 7 13 50.78 3.081 -HO 28 27.0 6.349 — 0.35 — 2.4 3 82 8 7 19 38.63 3.051 — 0 54 18.7 6.829 — 0.50 4- 1.6 3 83 7 7 23 39.42 3.088 -t-o 47 24.2 7.159 — 0.20 + 0.0 3 84 85 8 7 7 24 16.23 30 45.53 3.066 3.073 — 0 + 0 10 50.2 5 53.3 7.208 V 7 7.695 — 0.23 — 2.4 3 86 7.8 7 37 11.88 3.068 — 0 7 55.6 8.253 — 0.20 — 3.0 3 87 7 7 40 43.81 3.093 + 1 3 20.7 8.520 — 0.74 + 0.4 3 88 7 7 46 29.30 3.049 — 0 59 49.6 8.987 4- 0.23 -t- 5.2 3 89 7 7 49 15.84 3.066 — 0 12 49.0 9.203 4- 0.02 + 1.7 3 90 7.8 7 52 12.98 3.078 -t-0 22 1.6 9.421 + 0.20 — 3.9 2 91 6.7 7 57 39.20 3.068 — 0 7 19.0 9.859 + 0.21 — 2.3 3 92 7 8 0 35.00 3.089 + 0 55 15.4 10.048 + 0.00 — 0.5 3 93 8 8 7 30.85 3.058 — 0 45 46.4 10.594 + 0.22 — 6.6 1 94 6.7 8 13 12.93 3.056 — 1 5 57.9 11.012 + 0.21 -h 2.5 1 95 7 8 16 23.44 3.058 — 0 37 38.3 11.243 — 0.17 -h 0.8 2 96 7.8 8 20 56.57 3.075 + 0 13 34.8 11.571 — 0.04 — 0.9 1 97 7 8 26 23.45 3.067 — 0 10 58.0 11.9 58 + 0.34 — 3.1 1 98 7 8 26 55.57 3.088 + 0 54 31.6 11.994 — 0.35 + 0.6 2 99 8 8 32 14.30 3.031 — 1 3 23.6 12.364 — 0.62 — 0.5 3 100 8 8 38 34.80 3.075 + 0 13 41.5 12.796 — 0.40 — 2.4 3 101 7 8 40 28.54 3.062 — 0 27 31.6 12.922 + 0.07 — 1.3 2 102 8 8 45 48.45 3.070 — 0 0 37.7 13.277 — 8.30 — 0.7 3 103 8 8 50 54.56 3.070 — 0 0 30.6 13.607 — 0.16 + 0.7 3 104 6 8 53 47.53 3.073 + 0 8 17.8 13.793 — 0.34 — 2.5 3 105 7 8 59 8.53 3.091 + 1 14 20.8 14.129 — 0.17 — 1.0 3 106 8 9 2 56.92 3.056 — 0 53 57.7 14.364 — 0.09 — 1.2 2 107 7 9 6 43.72 3.055 — 0 55 40.4 14.592 — 0.22 — 5.4 3 108 8 9 12 12.97 3.055 3.084 + 0 + 0 57 : : 1 109 7 9 12 23.95 51 21.7 14.928 — 0.18 -1- 0.4 3 110 7 9 17 54.67 3.062 — 0 32 51.0 15.244 — 0.39 + 1.1 3 111 6 9 20 53.76 + 3.062 — 0 33 43.7 —15.414 — 0.18 4- 2.8 3 60 ZONA I. D = 0°. Nudi. progr. Grand, delle stelle AR. media 1 Gennajo iS/jo Varìaz. annua Declìnaz. media 1 Gennajo i84o Variazione annua B — in AR. s Deci. 112 5 h , 9 23 49.49 4-3'.'063 — o''28' 57'.'6 — 15"576 — o'.'n + ó'.3 3 113 8 9 29 43.36 3.076 + 0 23 45.2 15.898 — 0.40 1.5 3 114 7 9 34 12.06 3.077 + 0 26 43.5 16.132 — 0.22 4- 0.4 3 115 9 9 39 12.80 3.067 — 0 16 27.6 16.379 — 0.44 + 2.1 3 116 7 9 42 1.74 3.082 + 0 50 46.6 16.530 . 1 117 7 9 44 0.05 3.081 + 0 49 29.0 16.627 — 0.25 — 1.0 2 118 7 9 49 35.40 3.056 — 1 10 59.3 16.896 + 0.24 + 0.3 3 119 7 9 54 18.73 3.054 — I 22 1.1 17.114 + 0.09 + 1.2 3 120 4 9 59 44.95 3.075 + 0 24 27.5 17.358 _ 0.22 — 0.8 3 12] 8 10 7 58.76 3.062 — 0 48 12.0 17.666 _ 0.45 — 0.9 3 122 7 10 15 16.82 3.069 — 0 5 39.2 17.998 _ 0.13 — 0.1 2 123 6.7 10 18 26.79 3.069 — 0 10 38.7 18.156 _ 0.13 + 2.1 3 124 5.6 10 22 6.53 3.072 + 0 10 51.0 18.254 + 0.27 + 1.7 3 125 8 10 30 22.96 3.060 — 1 13 19.0 18.541 + 0.34 + 4.7 5 126 7 10 34 40.57 3.059 — 1 20 18.9 18.680 1 127 6.7 10 40 30.92 3.061 — 1 7 0.2 18.862 + 0.06 + 1.4 5 128 6 10 45 34.91 3.062 — 1 16 51.5 19.008 — 0.14 — 1.9 5 129 7 10 48 57.25 3.074 4- 0 32 32.0 19.100 + 0.27 + 2.2 4 130 7 10 52 51.88 3.076 + 0 54 14.1 19.208 + 0.30 + 0.1 5 131 7 11 0 6.65 3.064 — 1 2 19.7 19.374 — 0.18 + 1.6 5 132 7 11 6 26.43 3.068 — 0 23 58.0 19.511 + 0.00 — 178. 7 4 133 7 11 11 14.19 3.074 — 0 46 27.7 19.603 + 0.61 -»- 1.3 4 134 6 11 15 6.23 3.075 + 1 0 33.1 19.672 + 0.28 — 3.3 4 135 7 11 19 43.14 3.067 — 0 49 13.8 19.747 + 0.23 + 0.8 4 136 4.5 II 28 45.41 3.071 + 0 3 31.5 19.869 — 0.18 — 0.8 4 137 8.9 11 33 8.13 3.068 — 0 53 22.0 19.918 + 0.24 + 1.0 3 138 6.7 11 40 51.80 3.071 + 0 34 13.9 19.986 + 0.03 — 4.0 3 139 7 11 51 23.01 3.070 — 1 1 37.3 20.042 — 0.19 — 0.2 3 140 7 11 59 0.13 3.070 + 0 15 37.1 20.055 — 0.48 — 2.2 3 141 8 12 3 14.28 3.071 + 1 4 58.7 20.054 — 0.26 — 2.9 3 142 7 12 6 48.82 3.071 — 0 26 12.9 20.047 — 0.20 — 1.9 3 143 G.7 12 10 28.35 3.070 + 0 6 10.7 20.035 — 0.46 — 5.5 3 144 4 12 11 43.29 3.070 + 0 13 22.8 20.030 + 0.12 ~ 3.1 2 145 8 12 17 29.94 3.069 + 0 36 11.3 19.998 — 0.20 — j.o 3 146 7.8 12 23 52.62 3.073 — 0 53 22.2 19.947 — 0.18 — 5.2 3 147 7 12 26 11.48 3.072 — 0 31 29.5 19.925 + 0.03 — 3.4 3 148 7 12 30 45.43 3.070 + 0 1 35.1 19.875 + 0.01 — 4.4 3 149 3 12 33 33.30 + 3.072 — 0 34 14.6 — 19.841 + 0.15 — 1.9 2 ZONA I. D = 0» 61 Nuni. progr. Grand. delle stelle AR. media 1 Gennajo id4o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo i84o Variazione annua B AR. — S in Deci. 0.' -0 Q ai 150 8 12 43' 40^9 4-3.066 4-0 ° 57' 2S.6 — 19;693 4- o'.'oe — o'.'3 2 151 7 12 48 14.32 3.071 — 0 4 59.3 19.613 — 0.03 + 0.0 3 152 8.9 12 54 37.03 3.070 4-0 4 3.9 19.489 — 0.22 — 1.0 3 153 8.9 12 58 41.08 3.077 -^1 2 54.8 19.402 — 0.10 4- 0.8 2 154 7 13 4 33.05 3.076 — 0 54 25.6 19.267 4- 0.28 — 2.5 2 155 7 13 9 18.66 3.069 4-0 lo 9.9 19.146 4- 0.63 — 3.3 2 156 6.7 13 17 59.98 3.073 — 0 21 31.2 18.906 4- 0.74 — 2.1 2 157 7 13 26 7.05 3.066 + 0 30 27.2 18.656 -+- 0.65 — 3.9 2 158 4 13 26 32.57 3.069 + 0 13 24.8 18.643 4- 0.76 — 1.5 3 159 8 13 34 44.93 3.074 — 0 23 58.9 18.367 4- 0.32 — 2.4 3 160 8.9 13 41 3.45 3.082 — 1 7 54.3 18.138 ■+■ 0.10 4- 4.1 3 161 7 13 46 29.51 3.078 — 0 42 50.4 17.929 4- 0.47 4- 2.7 3 162 8 13 51 33.73 3.061 + 0 49 43.3 17.726 4- 0.15 4- 3.2 3 163 8 13 59 20.70 3.074 — 0 18 43.5 17.391 4- 0.40 4- 0.1 3 164 7 14 5 25.96 3.071 — 0 5 13.5 17.126 4- 0.38 4- 1.5 3 165 7 14 12 19.66 3.059 4-0 55 24.0 16.804 4- 0.49 — 1.9 2 166 7 14 14 34.88 3.069 4-0 5 43.3 16.696 4- 0.36 — 1.9 2 167 8 14 19 44.61 3.084 — 1 2 49.4 16.441 4- 0.73 4- 6.3 2 168 8 14 27 49.22 3.057 + 0 55 15.5 16.027 -t- 0.27 — 1.4 3 169 8 14 33 21.65 3.081 — 0 41 57.0 15.732 + 0.51 4- 1.8 3 170 7 14 36 58.06 3.072 — 0 44 18.2 15.586 4- 0.43 — 2.5 3 171 7 14 42 48.78 3.064 4-0 24 23.6 15.204 4- 0.86 — 5.0 1 172 6 14 49 21.35 3.067 4-0 28 51.1 14.825 4- 0.26 — 1.3 3 173 6.7 14 53 37.60 3.062 4- 0 29 46.8 14.571 4- 0.42 — 3.1 3 174 9 14 57 26.79 3.092 — 1 21 35.0 14.338 2 175 9 15 2 36.00 3.058 4-0 44 42.2 14.021 4- 0.74 4- 1.3 2 176 7.8 15 6 11.33 3.054 4-0 57 55.3 13.795 3 177 6.7 15 7 40.77 3.054 4-0 58 6.5 1 3 .700 — 0.17 4- 9".4 4 178 7.8 15 10 41.54 3.088 — 1 0 21.2 13.505 — 0.13 4- 16.0 3 179 7.8 15 14 52.58 3.052 4-1 2 20.6 13.233 — 0.03 4- 13.8 3 180 8 15 20 24.42 3.050 4-1 9 56.2 12.866 4- 0.06 4- 9.5 3 181 8.9 15 26 14.77 3.087 — 0 54 33.3 12.468 — 0.43 4- 10.7 1 182 8 15 31 17.32 3.08U — 0 32 27.1 12.119 — 0.2 5 4- 12.9 3 183 9 15 36 38.00 3.054 4-0 51 48.9 11.744 — 0.47 4- 12.1 2 184 8.9 15 44 21.09 3.081 — 0 32 49.4 11.190 — 0.28 + 11.4 3 185 8 15 49 29.19 3.063 4-0 22 35.4 10.814 — 0,06 + 7.2 3 186 7 15 50 56.55 3.050 4-1 3 29.4 10.708 — 0.10 4- 9.8 2 187 9 15 59 1.31 4-3.047 — 1 11 27.6 — 10.102 — 1.23 4- 15.7 3 v<-i ZONA I. D = 0". Num. progr. Grand, delle slelle AR. media i Gcnnajo i84o Variaz. annua Declìnaz. media 1 Gennajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. S ti — co 188 9 1. , 16 3 49.17 +3"066 -1-0° 14 23/1 — 9.738 + d!29 + 9:7 3 ^89 8 16 6 44.03 3.067 + 0 8 49.4 9.513 0.45 + 13.2 H ^189 8 16 6 44.05 3.067 -j-0 8 50.6 9.513 0.47 + 12.0 4^ 190 9 16 12 8.66 3.083 — 0 34 58.7 9.097 0.22 + 9.8 1 191 8.9 16 18 25.97 3.043 -hi 8 17.9 8.600 0.40 + 11.8 3 192 7 16 20 32.35 3.062 -t-0 25 9.4 8.434 — 0.10 + 11.3 3 193 7 16 28 57.55 3.058 -f-0 34 51.4 7.759 — 0.57 + 8.1 3 194 8 16 35 28.31 3.081 — 0 28 42.6 7.231 ■ . . 3 195 8 16 41 9.53 3.066 + 0 12 38.9 6.764 0.13 -f- 0.3 2 196 7 16 44 55.61 3.064 + 0 18 41.8 6.440 + 0.17 -J- 28.0 3 197 8.9 16 53 8.39 3.083 — 0 32 42.6 5.769 + 0.11 + 9.7 2 198 7 16 57 8.54 3.049 + 0 56 35.3 5.433 0.46 + 12.2 2 199 6.7 16 57 18.05 3.084 — 0 39 59.2 5.419 — (I.4.'; + 1.9 1 200 8 17 1 56.71 3.083 — 0 33 10.2 5.026 — 0.47 -1- 10.4 2 201 4 17 8 24.18 3.076 — 0 15 35.0 4.478 + 0.51 + 7.0 2 202 8 17 14 30.11 3.087 — 0 43 50.1 3.956 — 0.49 -f 3.8 2 203 8 17 18 33.69 3.071 — 0 2 24.8 3.608 + 0.07 + 6.1 2 204 7 17 23 46.33 3.067 + 0 9 59.9 3.201 + 0.37 -j- 13.6 2 205 8 17 27 42.96 3.045 + 1 6 20.7 2.817 — 14.64 + 2.0 2 206 8.9 17 33 25.27 3.083 — 0 35 25.7 2.322 — 0.05 + 3.7 2 (207 8.9 17 37 59.32 3.096 — 1 4 47.1 1.922 — 0.14 — 0.5 H ^207 8.9 17 37 59.43 3.096 — 1 4 52.1 1.922 — 0.25 + 4.5 2f 208 8 17 44 40.07 3.070 + 0 0 19.0 1.341 3 209 5 17 48 9.35 3.054 + 0 42 1.2 1.050 0.44 + 1.5 3 210 8 17 53 20.17 3.068 + 0 6 47 + 0.583 . . . 2 211 8.9 17 .'54 4.69 3.068 + 0 6 30.6 0.519 + 0.1(1 -1- 1.5 3 212 7 17 57 54.35 3.081 — 0 27 12.4 — 0.184 + 0.23 — 1.2 3 213 8 18 2 14.24 3.058 + 0 31 8.2 + 0.197 0 05 — 0.3 3 214 7.8 18 6 22.43 3.067 + 0 8 12.0 0.557 + 0.24 + 2.3 3 215 8 18 12 32.59 3.082 — 0 29 38.9 1.097 + 0.10 + 2.5 3 216 5 18 19 1.49 3.068 + 0 6 22.8 1.663 + 0.40 + 2.5 3 217 7.8 18 19 38.85 3.068 + 0 6 27 + 1.717 + 0.21 + 5.7 2 218 6 18 23 41.37 3.096 — 1 6 40.7 2.068 + 0.09 + 8.4 2 219 7 18 30 3.23 3.099 — 1 14 45.2 2.622 + 0.29 + 10.3 3 220 7 18 33 16.86 3.061 + 0 25 15.1 2.903 + 0.37 + 1.4 3 221 7 18 36 42.56 3.083 — 0 31 49.5 3.190 + 0.37 + 1.3 3 222 8.9 18 41 9.27 3.075 — 0 10 39.4 3.582 + 0.22 — 2.7 3 223 7 18 46 46.66 + 3.049 + 0 55 36.7 + 4.066 — 9.82 + 1.2 3 ZONA I. D. = 0». 63 Nulli, pro-r. Grand, delle stelle AR. media i Gennajo i 84o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo i84o Variazione annua AR. Deci. a o 224 7 22ft 7 226 7 227 7 228 6 229 8 230 7.8 231 7 231 7 232 8.9 233 7 234 5.6 235 6.7 236 7 237 S.9 238 7.8 239 8.9 240 8.9 241 9 242 7 243 7.8 244 7.8 245 8 246 7 247 7.8 248 7.8 249 8.9 250 8.9 251 6.7 252 8.9 253 7.8 254 6 255 8 256 8.9 257 7 258 7 259 4.5 260 8 18 52 18 55 19 0 19 0 19 10 19 14 19 21 19 30 19 30 19 34 19 39 19 44 19 46 19 52 20 0 20 4 20 13 20 17 20 22 20 29 20 39 20 40 20 48 20 48 20 54 21 1 21 8 21 12 21 18 21 25 21 31 21 34 21 42 21 47 21 52 22 9 22 17 22 21 31.41 9.08 6.21 54.06 23.89 9.62 50.67 10.32 10.39 21.10 25.11 19.28 32.83 15.30 11.37 25.34 29.13 14.61 43.02 6.15 27.82 20.80 42.40 59.16 55.71 2.11 47.9C 51.53 17.08 10.61 16.50 0.34 21.18 40.19 17.90 52.35 6.48 58.35 +3.086 3.063 3.047 3.048 3.052 3.0G9 3.087 3.071 3.071 3.044 3.055 3.058 3.073 3.044 3.086 3.062 3.048 3.04 3.075 3.079 3.047 3.050 3.072 3.073 3.054 3.085 3.065 3.070 3.064 3.065 3.081 3.063 3.070 3.076 3.065 3.082 3.065 +3.077 — 0 40 21.8 + 0 20 56.1 + 1 3 9.5 + 1 6 9.7 + 0 47 58.4 + 0 4 56.2 — 0 46 15.1 — 0 0 43.5 — 0 0 43.9 + 113 3.2 + 0 42 34.6 + 0 35 59.0 — 0 8 24.2 + 1 15 53.1 — 0 45 28.7 + 0 23 35.9 + 1 10 2.1 + 1 14 10.8 — 0 14 30.2 — 0 27 18.0 + 1 14 58.4 + 1 8 19.3 — 0 5 + — 0 8 40.9 + 0 54 22.3 — 0 52 46.3 + 0 21 42.4 + 0 0 4.1 + 0 25 17.7 + 0 22 54.0 — 0 46 16.3 + 0 33 34.9 + 0 0 34.7 — 0 27 17.1 -[• 0 27 12.9 — 1 1 58.0 + 0 34 3.0 — 0 40 44.5 -j- 4.556 -f- 0'.'06 — o'.'7 3 4.780 -f. 0.63 + 0.4 1 5.199 + 0.22 — 0.4 3 5.267 + 0.16 + 1.8 2 6.064 + 0.55 — 1.1 3 6.377 + 1.12 + 0.8 3 7.011 + 0.88 — 1.1 3 7.678 + 0.55 + 1.9 3 7.678 + 0.48 + 2.3 3 8.025 3 8.429 + 0.42 + 7.2 3 8.818 + 0.49 — 9.5 3 8.992 -f 0.31 4- 2.7 3 9.435 + 0.45 -}- 1.9 3 10.042 + 0.39 + 1.9 3 10.361 + 0.51 + 3.2 3 11.033 11.305 + 1.31 4- 0.48 -j- 2.8 3 + 6.0 2 11.698 + 0.64 + 2.6 2 12.147 + 0.74 + 0.9 2 12.855 + 0.51 + 0.0 2 12.915 + 0.34 4- 5.6 1 13.465 1 13.484 + 0.21 + 6.4 3 13.864 + 1.15 + 10.3 3 14.246 + 0.69 + 7.5 2 14.715 + 0.80 + 7.5 2 14.954 + 0.61 + 7.4 9 15.266 + 0.59 + 9.1 2 15.650 + 0.47 + 4.4 2 15.979 + 0.42 + 1.3 2 16.122 + 0.93 + 2.8 2 16.546 + 0.88 + 6.5 2 16.804 + 0.57 + 5.7 2 17.022 + 0.65 + 2.7 2 17.785 — 0.84 — 1.3 li 18.068 — 0.43 — 4.7 2 + 18.249 — 0.76 + 4.0 2 G4 ZONA I. D == 0°. Num. progr. Grand, delle stdle AR. media 1 Gennajo l84o Variai, annua Declinaz. media l Gennajo l84o Variazione annua B — S in AR. Deci. zi o 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 5 8.9 9 7 6.7 7.8 7 8.9 9 6.7 9 7 6 8 9 8 h 22 27 22 31 22 38 22 46 22 51 22 57 23 0 23 5 23 11 23 18 23 24 23 28 23 33 23 38 23 44 23 49 slso +3".079 49.56 3.067 36.92 3.061 48.75 3.069 15.76 3.070 6.68 3.068 29.60 3.063 17.85 3.070 53.10 3.065 44.23 3.069 47.97 3.071 13.86 3.066 53.40 3.068 23.66 3.071 5.55 3.069 53.44 +3.071 — 0 56 + 0 22 + 1 7 + 0 12 + 0 6 + 0 26 + 1 15 + 0 3 + 1 12 + 0 22 — 0 25 + 1 12 + 0 53 — 0 21 + 0 36 — 1 I 25.3 30.1 16.8 50.8 36.9 43.0 33.0 43.1 31.7 49.6 15.7 52.2 58.7 25.6 30.6 5.2 +18'.'433 — o'.'21 18.590 — 0.89 18.804 — 0.66 19.041 — 0.67 19.161 — 0.54 19.305 — 0.41 19.383 — 0.66 19.487 — 0.3 5 19.615 — 0.36 19.732 + 0.67 19.819 — 0.86 19.863 — 0.41 19.926 — 0.16 19.966 — 0.11 20.008 + 0.20 + 20.037 + 0.11 + 1.7 4.4 2.3 4.1 0.4 3.8 — 1.9 + 0.8 + 2.6 + 0.3 + 2.4 + 0.5 + 4.3 — 0.7 + 0.7 + 1.5 INDICE I. dimostrante le sere nelle quali Jurono osservate le posizioni della Zona I. D = 0°. Il h Da 0. 0 fiaoa 1.47 1.55 2.33 3. 3 4.5T 5.58 8.13 10.15 11.40 13.26 15. 2 1G. 6 17.37 19.30 22. 9 2.31 3. 3 4.57 5.58 8. 0 10. 7 11.33 13.26 14.57 16. 6 17.37 19.30 21.52 23.49 30 Novembre 1. 4 Dicembre 1837. 15 16. 17 Dicembre 1837. 5 7 Febbraio 1839. 5. 6. 7 Febbrajo 1838. 27. 28 Febbrajo, 1. Marzo 1839. 11. 14. 17 Marzo 1838. 12. 14. 15 Aprile 1839. 2. 4. 5. 6. 8. Maggio 1838. 13 Marzo 1839, 18. 19 Maggio 1839. 6. 7. 8 Giugno 1838. 27. 28. 29 Giugno 1838. 20. 21. 22. 23 Luglio 1838. 16. 17. 22. 23 Lnglio 1839. 12. 13. 20 Settembre 1839. 20. 25 Novembre 1838. . INDICE n. dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona I. con le Zone di Bessel. Da 0. 0 fino a 2.31 2.33 4.36 5.13 6.32 7.10 9. 6 11.40 13. 4 15. 7 17. 8 19.14 22. 9 4.28 5. 6 6.27 7. 3 9. 2 11.33 12.58 15. 2 17. 1 19.10 21.52 23.49 astratte dalla Zona 40 di Bessel. 209 39 48 150 208 158 75 74 88 95 2 34 IVote relative alla Zona I. N. 20, Stella doppia; si determinò la seguente. La precedente ha — o". 5 in .\R ; — i i". 5 in declin. a stima. — Dal N. 48 al 54. Le forti differenze in AR con Bessel sembrano dipendere dalla tabella di riduzione al iSaa assegnata dal sig. Argelander per la sua Zona óg. Sembra do- versi diminuire di circa \" il suo numero k. — N. 102. Doppia; forse equivocata con altra pros- sima nel confronto con li. — N. i53. Doppia; si è determinato la seguente. — N. 1^6. 5 osserv. in AR; 2 in declin. — N. 206. Doppia strettissima; forse confusa con altra nel confronto con Bessel. — N. 210. Declin. osservata a stima. — N. 238. Doppia strettissima; si è osservato la seguente. La precedente a stima ha — o". 2 in .\R; — 5" in declin. 66 ZONA II. D = +2". Nutn. progr. Grand, delle stelle AR. media 1 Gennajo 18^0 Variaz. annua Declinaz. 1 Gennajo media i84o Variazione annua B AR. -S in Deci. Z 0 1 8.9 h 0 0' 9"98 +3"070 + 2° 33' 5"l + 20"056 + 0.16 + ol'o 3 2 8 0 8 27.45 3.071 0 57 35.2 20.043 + 0.48 + 2.5 3 3 7 0 17 12.13 3.072 1 3 10.1 19.999 + 0.12 + 1.5 1 4 8 0 25 41.41 3.077 2 26 12.5 19.930 + 0.02 + 0.6 3 5 8.9 0 31 33.19 3.079 2 46 13.4 19.867 + 0.13 + 2.0 3 6 7 0 43 4.34 3.081 2 30 55.9 19.703 + 0.05 + 2.6 3 7 8.9 0 49 28.52 3.077 1 13 34.8 19.591 + 0.08 + 1.1 3 8 8 0 56 30.25 3.079 1 27 17.5 19.451 + 0.15 + 2.5 3 9 7 0 59 44.96 3.077 1 9 17.0 19.378 — 0.14 + 9.2 3 10 7.8 1 4 18.67 3.081 1 37 24.9 19.272 + 0.36 + 4.3 3 11 8 1 9 6.18 3.077 0 59 41.3 19.151 + 0.30 + 4.5 3 12 7 1 14 23.08 3.077 0 53 17.1 19.009 — 0.23 + 1.6 3 13 7 1 18 37.65 3.081 2 42 7.1 18.888 + 0.22 + 5.5 3 14 9 1 24 24.23 3.098 3 15 45.9 18.710 + 0.25 — 3.1 0 15 7.8 1 30 4.85 3.086 1 46 7.5 18.527 + 0.19 + 2.4 3 16 7 1 36 19.94 3.093 2 24 59.8 18.310 + 0.08 + 4.3 1 17 6.7 1 40 9.13 3.099 2 53 1.5 18.171 + 0.50 + 1.9 3 18 5.6 1 45 16.62 3.095 2 23 39.9 17.978 + 0.48 + 2.7 3 19 6 1 51 50.10 3.096 2 19 41.3 17.715 + 0.0 1 + 9.6 3 20 7 2 1 32.98 3.106 3 0 30.9 17.301 + 0.17 + 4.1 Ù 21 7 2 8 58.83 3.084 1 6 53.2 16.962 + 0.55 + 2.9 3 22 6 2 9 43.14 3.083 0 59 51.6 16.929 + 0.13 — 5.0 3 23 7 2 19 44.77 3.087 1 14 22.7 16.441 + 0.48 + 5.9 3 24 7 2 28 52.92 3.094 1 42 57.7 15.971 + 0.22 + 5.0 3 25 7 2 32 29.15 3.102 2 12 22.1 15.777 + 0.71 + 12.7 3 20 2.3 2 35 0.94 3.107 2 33 26.5 15.642 + 0.36 + 2.9 3 27 8.9 2 41 24.23 3.088 1 8 38.6 15.284 — 0.24 4- 3.7 3 28 8.9 2 44 37.96 3.115 2 53 37.1 15.099 + 0.21 — 7.0 2 29 8.9 2 50 20.99 3.094 1 28 28.7 14.766 — 0.06 + 5.1 3 30 7 2 56 21.97 3.090 1 14 4.6 14.405 + 0.48 + 0.5 3 31 8 3 1 36.07 3.085 0 52 19.1 14.083 + 0.47 — 3.5 3 32 9 3 5 9.72 3.122 3 1 58 + 13.859 + 0.03 3 33 7.8 3 11 47.00 3.080 0 53 55.6 13.432 — 0.04 + 3.2 3 34 8.9 3 16 9.39 3.097 1 31 8.8 13.148 — 0.11 — 4.6 2 SS 8.9 3 24 18.32 3.115 2 36 8.7 12.601 + 0.14 — 0.3 3 36 8 3 30 35.89 3.112 2 14 12.5 12.168 + 0.08 + 0.3 1 37 7 3 31 31.34 3.118 2 31 53.2 12.104 + 0.21 — 1.6 2 38 7.8 3 36 43.94 +3.110 + 2 6 55.6 + 11.737 — 0.06 — 0.2 0 u ZONA li. D = 2°. Nuni. progr. Grand. , delle stelle AR. media 1 Gennajo iB4o Variaz. annua Decliaaz. media 1 Gennaio 1840 Variazione annua AR. Deci. 2; o 39 40 41 42 43 44 45 46 I" 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 ^59 ?59 60 |61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 7.8 3 42' 26Ì37 + 3.091 + 1 4 23.2 7-8 3 45 12.38 3.102 1 38 20.9 8.9 3 50 20.19 3.131 3 3 42.8 7 3 55 48.10 3.118 2 23 12.1 7.8 4 1 21.69 3.129 2 53 53.4 9 4 7 58.31 3.136 0 50 9.6 7 4 13 26.98 3.112 2 0 39.8 7 4 18 41.79 3.107 1 42 53.3 G.7 4 20 16.15 3.092 1 1 14.1 6.7 4 20 16.16 3.092 1 1 13.4 8.9 4 30 50.90 3.109 1 48 27.8 8.9 4 35 26.02 3.139 3 10 18.1 7 4 40 7.00 3.123 2 25 20.4 6.7 4 45 2.35 3.120 2 14 13.9 4 4 45 55.27 3.118 2 10 22.6 8.9 4 49 48.50 3.103 1 26 + 4.5 4 50 15.64 3.103 1 27 45.1 8 4 59 14.77 3.121 2 15 5.1 7 5 3 30.22 3.089 0 50 9.2 5 5 4 55.75 3.135 2 39 53.0 7 5 8 22.82 3.111 1 45 52.5 6 3 10 50.51 3.126 2 25 25.8 6 5 10 50.62 3.120 2 25 24.4 8 5 14 50.00 3.096 1 7 50.9 8 5 14 54.70 3.093 0 58 50.7 8 5 14 54.67 3.093 0 58 50.1 5 5 16 26.72 3.109 1 41 34.2 7 5 18 55.45 3.121 2 11 49.1 8.9 5 25 41.42 3.138 2 56 23.2 8 5 29 57.56 3.114 1 53 11.7 8 5 33 57.45 3.123 2 16 53.7 5 5 34 12.48 3.103 J 2 3 24.8 6.7 5 38 20.07 3.096 1 6 18.3 6 5 44 8.16 3.113 1 48 32.5 7 5 46 29.05 3.092 0 55 51.7 6.7 5 50 6.04 3.113 1 48 52.0 7 5 53 59.35 3.110 1 41 9.8 6 6 0 37.03 + 3.129 + 2 31 4.6 + 11.327 11.128 10.752 10.345 9.92 5 9.418 8.992 8.579 8.455 8.455 7.606 7.233 6.851 6.443 6.370 6.009 5.254 4.895 4.774 4.480 4.269 4.269 3.927 3.920 3.920 3.788 3.576 2.993 2.622 2.274 2.253 1.893 1.387 1.182 0.866 + 0.526 — 0.054 + 0118 — 0.02 4- 0.34 + 0.05 + 0.20 — 0.11 + 0.21 + 0.07 + 0.09 + 0.08 — 0.55 + 0.10 + 0.10 — 9.52 + 0.34 + 0.53 + 0.07 + 0.08 + 0.30 — 0.02 + 0.45 + 0.49 + 0.38 •■ 0.05 + 2.6 + 0.6 + 1.5 + 5.9 + 0.8 + 4.2 + 2.7 4- 3.8 — O.l + 0.6 -t- 0.5 + 0.0 — 2.5 + 3.8 + 0.4 + 4.5 + 1.6 + 0.4 + 2.0 — 0.7 + 1.1 2.5 0.5 + + 0.25 + 2.9 + 0.36 + 3.8 + 0.51 + 6.1 + 0.28 + 1.7 + 0.27 + 3.6 — 0.20 + 3.8 — 0.26 + 4.7 + 0.21 + 1.1 + 0.15 + 5.2 + 0.11 + 2.8 + 0.04 + 4.8 + 0.48 + 5.8 2 1^ 3 3 1 3 1 3 4 4 3 4 3 4 68 ZONA II. D = 2° Num. progr. Grand. delle stelle AR. media I Gennajo i84o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo i84o Variazione annua B — S in AR. D ed. 74 8 6 8' 45Ì96 + 3.111 + 1° 44 8.9 — 0'.'767 — o'.'si + lA 3 75 76 7 7 6 6 9 17.96 13 5.74 3.112 3.125 1 2 46 20 7.0 0.814 1.146 — 0.61 1 3 + 4.1 77 78 8 7 6 6 13 26.65 19 58.09 3.126 3.117 2 2 23 0 21.2 1.178 1.745 — 0.45 2 3 + 2.8 79 8 C 24 49.75 3.103 1 23 5.2 2.169 — 0.80 + 3.3 3 80 8.9 6 29 21.35 3.115 1 56 26.1 2.561 — 0.62 + 5.2 3 SI 8.9 6 33 33.31 3.134 2 43 36.2 2.925 4- 0.24 + 5.5 3 82 8 6 40 48.16 3.097 1 10 29.3 3.552 — 0.69 + 7.6 3 83 8.9 6 47 51.94 3.128 2 30 56.1 4.153 — 0.53 + 0.8 3 84 8.9 6 55 13.88 3.131 2 39 52.8 4.785 — 0.61 4- 2.5 3 ^85 8.9 7 1 10.77 3.119 2 10 12.2 5.290 — 0.11 + 1.8 H \S5 8.9 7 1 10.67 3.119 2 10 13.4 5.290 — 0.01 + 0.6 4 86 7.8 7 1 1 0.40 3.138 3 1 40.1 6.114 — 0.11 + 8.1 4 87 9 7 15 8.96 3.089 0 51 9.8 6.458 — 0.20 + 8.0 3 88 8 7 19 1.69 3.109 1 46 6.5 6.779 — 0.20 + 1.9 3 89 6.7 7 23 47.15 3.119 2 14 49.2 7.169 — 0.49 — 1.4 3 90 8.9 7 30 16.45 3.089 0 51 40.9 7.695 — 0.23 — 0.1 3 91 8 7 35 47-43 3.130 2 46 54.8 8.140 — 0.43 + 1.5 3 92 7 7 43 23.91 3.116 2 10 11.3 8.745 — 0.09 + 0.2 3 93 7.8 7 49 2.09 3.103 1 32 55.6 9.185 —10.13 + 2.3 3 94 5 7 53 56.27 3.127 2 46 6.7 9.565 — 0.72 + 2.1 3 95 8.9 8 1 5.63 3.106 1 46 37.7 10.110 — 0.73 + 3.5 3 96 8.9 ,S 5 33.72 3.105 1 44 3.2 10.446 — 0.14 + 5.3 3 97 8 8 9 32.10 3.129 2 57 8.9 10.743 — 0.32 + 2.0 3 98 7.8 8 13 0.07 3.101 1 34 19.2 10.997 0.22 + 3.9 3 99 7 8 17 17.03 3.121 2 37 5.9 11.299 — 0.39 + 1.8 3 100 8 8 22 46.60 3.106 1 52 11.6 11.701 — 0.01 + 0.0 3 101 8 8 27 47.22 3.110 2 35 48.1 12.056 — 0.30 + 1.6 3 102 7 8 31 59.89 3.116 2 28 58.1 12.347 — 0.14 — 9.7 3 103 7 8 37 10.65 3.085 0 46 27.5 12.701 — 0.32 + 1.6 3 104 8 8 41 35.43 3.123 2 57 20.1 12.999 — 0.17 + 7.5 3 105 8 8 45 34.41 3.113 2 25 37.4 13.261 — 0.20 — 0.4 O 106 7 8 49 51.85 3.108 2 9 18.5 13.540 + 0.27 + 0.4 3 107 8.9 8 54 37.29 3.088 1 2 3.6 13.846 — 0.28 — 0.1 3 108 7 8 58 43.86 3.105 2 6 3.5 14.102 — 0.32 + 0.5 3 109 7 9 3 15.88 3.086 0 56 31.5 14.382 — 0.16 +24 ' o".o 2 110 8 9 6 51.54 + 3.115 + 2 44 32.9 — 14.599 — 0.30 + 2.1 3 ZONA li. D = 2°. C9 Num. progr. Grand. (Ielle stelle AR. media 1 Gennajo iS/jo Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennaio iSio Variazione annua AR. Deci. -e t. 111 7.8 112 8 113 7.8 114 7 115 8.9 116 6.7 117 8.9 118 8.9 119 7 120 9 121 8 122 7.8 123 8 124 7 124 7 125 8 125 8 126 7 127 7 128 7 129 7 130 5.6 131 7 132 8 133 9 134 7.8 135 8 136 7 137 7.8 138 8 139 7 139 7 140 8 141 7.8 142 8 143 7 144 8 145 8 9 9 9 15 9 23 9 29 9 35 9 38 0 44 9 54 9 59 IO 2 10 8 IO 12 IO 18 10 26 10 26 10 34 li) 34 10 47 10 55 10 58 11 5 11 9 11 15 11 20 11 25 11 32 li 41 11 45 11 51 11 56 12 1 12 1 12 9 12 17 12 23 12 30 12 36 12 44 ig'.'oi +3'.'090 20.36 3.118 15.64 3.102 25.52 3.105 24.92 3.087 7.97 3.105 50.14 3.095 15.73 3.102 19.68 3.091 25.81 3.102 36.75 3.099 46.12 3.103 41.67 3.078 51.00 3.098 50.90 3.098 8.91 3.065 8.48 3.085 57.99 3.079 25.15 3.076 44.52 3.088 34.15 3.075 3.27 3.086 6.53 3.075 34.91 3.079 11.42 3.076 11.89 3.076 34.35 3.076 38.87 3.073 12.20 3.073 59.53 3.071 29.43 3.070 29.50 3.070 46.75 3.068 3.16 3.066 4.13 3.068 12.87 3.062 14.58 3.065 24.04 + 3.058 + 1 13 17.7 3 5 27.7 2 9 59.3 2 24 35.2 1 12 55.2 2 31 18.3 1 53 27.0 2 35 30.3 1 41 47.6 2 43 8.5 2 35 32.9 3 .5 30.6 0 39 54.2 3 I 43.6 3 1 43.4 1 41 46.7 1 41 48.3 1 17 4.9 0 51 32.2 2 49 21.7 0 47 58.6 2 53 22.9 1 0 33.8 2 5 2.3 1 41 14.0 1 50 20.0 3 7 18.6 1 26 31.6 2 43 10.3 3 4 35.8 2 47 48.2 2 47 46.3 2 27 53.5 1 39 24.0 1 12 43.3 2 44 10.7 1 24 48.5 + 2 48 52.8 14^746 _.. o'.'53 15.098 — 0.53 15.535 — 0.49 15.880 + 0.31 16.195 — 0.05 16.335 — 0.20 16.678 — 0.07 17.112 + 0.15 17.340 — 0.41 17.474 — 0.31 17.733 — 0.20 1 7.900 + 0.30 18.129 — 0.07 18.423 + 0.20 18.423 + 0.30 18.663 — 0.34 18.663 + 0.09 19.073 — 0.22 19.265 + 0.24 19.343 + 0.58 19.493 + 0.22 19.562 — 0.20 19.672 — 0.18 19.860 + 0.06 19.824 + 0.21 19.908 + 0.09 19.991 — 0.27 20.016 — 0.05 20.042 — 0.16 20.054 — 0.06 20.055 20.055 — 0.11 20.038 + 0.10 20.001 — 0.23 19.954 — 0.34 19.882 + 0.27 19.806 + 0.13 19.680 + 0.07 + + + + + + + 0.3 0.4 3.0 2.1 0.9 3.3 2.0 3.1 1.0 2.2 1.4 3.0 1.3 0.4 + 0.6 + 0.4 — 1.2 + 2.9 -f. 1.1 -4- 3.8 4- 2.4 — 1.4 -f 0.2 — 0.4 — 4.9 — 0.8 — 1.2 — 0.7 — 0.6 + 4.9 + 4.7 + 3.7 — 0.6 + 0.0 + 1.0 + 1.1 + 1.1 3 3 3 3 3 3 3 3 2 2 3 3 ù :\ 3 3 2 3 2 3 3 3 3 2 1 9 TO ZONA. II. D = 2". Num. progr. Grand, delle stelle AR. media I Gennajo i84o Variaz. annua DecUnaz. media 1 Gennajo 1840 Variazione annua B — S in AR. De cl. 4. s ^ > ti 146 7 12 '47' 27Ì39 +3.066 + 0°55' 27I9 — 19^627 + 0'.'l6 2.4 2 147 7 12 49 17.71 3.059 2 17 42.3 19.593 — 0.04 — 0.4 1 148 7.8 12 53 20.50 3.058 2 22 58.9 19.515 + 0.03 + 2.9 3 149 7 12 56 34.44 3.064 1 9 34.3 19.448 + 0.00 + 2.1 3 150 7 13 5 48.73 3.054 2 18 29.4 19.23 5 + 0.32 + 1.6 3 151 7 13 8 42.42 3.056 2 5 10.4 19.162 + 0.26 + 1.0 3 152 6.7 13 13 33.77 3.049 2 55 46.9 19.031 + 0.54 + 2.3 3 153 7 13 16 9.43 3.053 2 14 13.5 18.959 + 0.14 + 2.9 3 154 7 13 20 8.70 3.046 3 4 3.5 18.843 — 2.93 + 1.3 3 (155 8 13 25 20.18 3.055 1 48 45.1 18.680 — 0.09 + 0.9 'i ^155 8 13 25 20.12 3.055 1 48 44.9 18.680 iS 156 8 13 30 24.95 3.050 2 17 15.2 18.516 + 0.23 4- 2.5 3 157 9 13 35 51.80 3.043 2 57 36.4 18.327 + 0.02 — 2.1 1 ■^158 8 8 13 40 26-36 13 40 26.17 3.046 3.046 2 26 3.0 2 26 0.5 18.161 18.161 + 0.14 + 1.9 % 159 8 13 47 40.10 3.046 2 18 21.9 17.893 — O.Oi^ + 4.7 1 160 7.8 13 48 21.84 3.038 3 1 50.9 17.856 + 0.12 + 2.4 3 161 5 13 53 30.50 3.045 2 19 15.7 17.646 — 0.06 + 2.2 4 162 7 13 59 39.45 3.062 0 42 28.0 17.384 — 0.23 — 0.5 3 163 7 14 3 24.38 3.045 2 7 0.2 17.218 + 0.39 + 2.3 4 164 7 14 12 19.50 3.059 0 55 21.8 16.804 — 0.41 — 0.8 3 165 7 14 15 4.73 3.044 1 59 40.2 16.672 + 0.17 + 6.0 3 166 7 14 21 41.36 3.049 1 32 39.9 16.344 + 0.11 + 3.8 3 167 8 14 27 40.99 3.024 2 56 44.9 16.035 + 0.17 + 0.:^ 'l 168 8 14 33 35.68 3.055 1 4 50.2 15.718 + 0.00 + 2.5 2 169 7 14 37 21.42 3.050 1 23 44.6 15.511 + 0.50 + 0.2 2 170 8 14 43 47.68 3.029 2 40 31.7 15.147 + 0.13 — 3.1 2 171 8.9 14 49 57.84 3.059 0 45 7.5 14.788 + 0.06 — 4.3 2 172 7 14 55 14.02 3.046 1 31 19.6 14.474 + 0.37 — 4.4 2 173 8 15 0 50.45 3.032 2 18 19.2 14.131 — 0.05 — 9.9 2 174 6 15 7 40.48 3.054 0 58 4.3 13.700 •+" 0.24 — 2.2 4 175 6 15 12 53.56 3.048 1 18 3.8 13.362 -\- 0.35 + 1.7 4 176 5 15 20 33.73 3.027 2 24 7.1 12.855 -J- 0.01 — 1.1 0 177 7.8 ir. 23 34.85 3.045 1 26 11.3 12.652 + 0.37 + 2.7 2 178 7 15 26 59.66 3.030 2 12 33.2 12.416 4- 0.09 -H 1.5 3 179 8 15 32 15.26 3.033 1 59 45.6 12.052 -}- 0.28 — 0.6 3 180 6.7 15 35 59.41 3.013 3 1 55.4 11.789 -t- 1.04 + 5.3 3 181 7 15 39 20.56 -1-3.031 + 2 2 49.0 — 11.551 — 0.21 4- 4.2 3 ZONA li. D 2'; Tf Num. progr. Grand. delle slelle AR. media i Gennajo i84o Variaz, annua Declinas. media i Gennajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. ^ o 182 6 183 7 184 7 185 7 186 7 187 9 188 8.9 189 7 190 3 191 9 192 7 193 6.7 194 7 195 8.9 196 7 197 9 198 8.9 199 9 200 7 201 7 202 7 203 7 204 7 205 8 206 7 207 6.7 208 6.7 209 4.5 210 6.7 211 7 212 7 213 4 214 5 215 7 216 7 217 7 218 8.9 219 9 h 15 42 15 50 15 56 16 1 16 2 16 8 16 15 16 20 16 22 16 27 16 33 16 33 16 37 16 40 16 43 16 51 17 0 17 4 17 8 17 11 17 17 17 18 17 23 17 30 17 31 17 36 17 36 17 39 17 44 17 49 17 50 17 53 17 57 18 0 18 5 18 8 18 11 18 17 13.03 56.52 20.83 33.17 6.50 45.32 18.96 28.50 50.86 13.83 10.13 36.77 22.06 18.38 18.25 44.10 34.96 13.96 24.81 42.67 48.04 23.34 25.74 56.26 4.12 32.01 33.48 52.23 29.09 47.90 1.75 38.01 22.11 48.18 49.54 56.97 22.52 56.59 -4-3.019 3.049 3.048 3.045 3.030 3.049 3.030 3.029 3.021 3.004 3.037 3.038 3.042 3.004 3.037 3.012 3.030 3.005 3.049 3.018 3.017 3.047 3.029 3.007 3.021 3.009 3.009 3.006 3.039 3.017 3.006 3.002 3.011 3.024 3.016 3.048 2.996 + 3.036 -i-2 1 1 1 2 1 1 1 2 3 1 1 1 3 1 2 1 2 1 2 2 0 1 2 2 2 2 2 1 2 2 2 2 1 2 0 3 + 1 41 21.2 3 28.5 7 10.4 14 48.0 1 39.2 1 10.2 55 47.9 56 49.0 20 20.0 7 13.6 33 38.1 29 29.8 19 8.2 1 39.7 29 38.0 35 33.4 47 25.0 53 36.8 23 39.1 18 32.1 18 41.0 58 0.0 47 53.5 45 15.9 7 31.0 39 13.8 39 12.5 46 22.0 21 1.1 16 36.4 44 32.4 56 40.3 32 35.5 58 29.4 21 18.4 57 24.1 12 48.2 30 5.8 —11.344 10.708 10.304 9.910 9.868 9.357 8.844 8.437 8.250 7.897 7.418 7.383 7.075 6.83 5 6.587 5.886 5.142 4.832 4.478 4.195 3.672 3.621 3.188 2.537 2.525 2.050 2.049 1.760 1.357 0.893 0.872 0.557 — 0.231 •+■ 0.070 0.510 0.784 0.995 4- 1.481 _ o'.'o8 0.24 — 0.18 + 0.24 + 0.04 — 0.66 + 0.14 — 0.29 + 0.01 — 0.21 — 0.22 + 0.03 + 0.11 + 0.12 — 0.03 — 0.36 + 0.26 — 0.22 +; 0.53 — 0.18 + 0.81 + 0.19 + 0.33 + 0.26 + 0.29 + 0.71 + 0.00 + 0.23 + 0.15 + 0.2 J — 0.06 — 0.34 + 0.17 + 0.30 + 0.04 — 0.20 — 0.18 + 0.14 + + + + + + + + + + 4- + + + + + 4- 23.5 + + + 4- 4.6 0.7 4.0 3.0 3.8 1.4 4.5 3.2 3.8 2.7 2.3 0.6 1.2 1.0 1.3 3.7 4.4 3.0 2.9 2.7 4.6 3.8 2.6 1.8 — 1.9 — 3.7 -f 1.5 — 1.9 — 0.8 + 3.6 + 0.8 + 18.0 + 2.2 + 0.1 -f- 0.1 + 4.0 + 7.8 2 2 2 2 3 4 1 2 2 5 2 2 2 2 0 T2 ZONA II. D =. 2°. Num. progr. Grand, delle stelle AR. media 1 Gennajo i84o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo 1840 Variazione annua R — S in AR. Deci. — « 220 9 h 18 24 25.31 +3". 00 5 + 2°48'46"5 + 2.132 — 0"09 4. 4.8 2 221 9 18 24 41.13 3.005 2 48 38.0 2.156 — 0.14 + 5.5 1 222 7 18 29 1.06 3.052 0 49 19.0 2.532 — 0.16 + 2.1 2 223 8 18 32 57.11 3.006 2 53 1.5 2.S74 — 0.11 4. 3.S 2 224 5 18 36 45.48 3.027 1 54 9.8 3.202 -f- 0.38 — 0.9 2 225 8 18 42 20.64 3.007 2 45 52.6 3.684 4- 0.36 4 1-0 2 226 7 18 48 22.48 3.019 2 16 8.3 4.202 + 0.12 -t- 4.3 2 227 6 18 49 13.84 3.017 2 19 50.1 4.275 + 0.24 -t- 0.4 2 228 7 18 53 19.50 3.046 1 4 5.6 4.614 + 0.32 + 0.9 2 229 7 18 55 26.51 3.034 1 35 33.4 4.804 4- 0.27 — 0.3 1 230 7 19 0 6.30 3.047 1 3 9.4 5.199 + 0.16 + 1.4 2 231 6 19 5 38.69 3.025 2 1 37.8 5.667 -f-0.45 — 2.2 2 232 7.8 19 9 43.21 3.032 1 45 2.5 6.007 4. 0.20 + 0.3 2 23 3 5 19 17 25.76 3.009 2 48 4.1 6.648 -\- 0.01 — 3.6 2 234 7 IO 23 0.06 3.020 1 40 53.3 7.105 — 0.46 4- 0.7 2 235 7.8 19 27 22.74 3.018 2 33 54.4 7.461 — 0.04 — 2.4 2 236 9 19 32 14.93 3.001 3 14 13.3 7.856 4- 0.14 4- 0.4 2 237 8.9 19 39 13.92 3.016 2 34 33.4 8.415 — 0.07 — 1.6 2 238 9 19 46 9.02 3.038 1 32 39.0 8.951 + 0.29 — 4.0 2 239 9 19 46 19.55 3.038 1 32 28.6 8.974 1 240 7 19 51 14.49 3.051 0 56 42.9 9.357 + 0.46 — 1.6 2 241 7 19 57 9.57 3.010 2 58 54.1 9.811 4. 0.49 — 3.5 2 ^242 ^242 8 8 20 3 52.47 20 3 52.34 3.004 3.004 3 19 47.9 3 19 46.4 10.320 10.320 4. 0.06 4- 3.3 '^ 243 8 20 10 55.06 3.036 1 44 17.1 10.845 + 0.18 4. 1.1 0 244 8.9 20 17 9:29 3.020 2 38 21.7 11.298 4- 0.53 + 2.4 2 245 7.8 20 24 13.95 3.040 1 35 42.5 11.806 + 0.17 — 0.7 3 246 9 20 30 14.67 3.019 2 48 0.0 12.226 -f 0.28 + 6.5 2 247 8 20 37 6.39 3.022 2 41 58.5 12.697 4- 0.72 — 1 .3 3 248 7 20 40 22.16 3.016 3 3 44.4 12.916 4 0.65 4 2.7 3 249 7 20 41 52.94 3.038 1 50 37.2 13.017 + 0.55 — 0.8 2 250 8.9 20 46 51.96 3.028 2 25 33.2 13.346 -t- 0.44 + 1.7 3 251 7 20 54 38.83 3.025 2 43 27.0 13.847 4- 0.31 + 0.7 3- 252 7 20 58 36.12 3.018 3 9 47.1 14.095 + 0.55 — 3.7 3 253 8.9 21 3 56.54 3.054 0 58 57.5 14.423 -I- 0.36 4. 1.3 3 254 7.8 21 12 46.33 3.033 2 24 : : 14.948 1 255 7.8 21 13 16.74 3.034 2 17 55.2 14.968 ' 4 0.63 — 0.5 3 256 7.8 21 13 39.43 -f 3.03 3 + 2 24 : : 4-15.000 — 0.06 2 ZONA li. D = 2" Grand. Nulli. deJle (JlOgl. stelle AR. nif.lia Genuajo il34o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gcnnajo i64<3 Variazione annua AI\. Deci. 257 7 258 7.8 259 6 260 (i.7 261 9 262 8.9 263 7.S 264 9 205 8.9 266 9 267 9 268 8.9 269 8.9 270 9 271 8.9 272 8.9 ^273 8 ^273 8 274 7 275 b.7 276 8 277 4.5 278 8 279 8.9 280 8.9 281 7 282 8 283 7 284 7.8 285 9 286 8.9 h 1 14 21 23 21 31 21 39 21 44 21 55 22 1 22 4 22 5 22 10 22 16 22 22 22 29 22 33 22 37 22 37 22 42 22 42 22 49 2 52 22 58 23 8 23 14 23 19 23 24 23 28 23 33 23 38 23 43 3 51 23 56 3 oli 2 -f3"036 14.25 3.024 25.98 3.049 7.06 3.044 51.66 3.034 1.38 3.041 1.43 3.048 34.68 3.066 40.46 3.061 45.54 3.03 5 40.23 3.052 11.50 3.059 6.90 3.060 14.92 3.047 13.85 3.039 30.12 3.039 30.62 2.045 30.56 3.045 23.81 3.043 33.66 3.056 53.02 3.057 52.20 3.058 42.75 3.062 31.65 3.066 44.27 3.062 13.57 3.066 6.77 3.066 13.03 3.065 46.41 3.067 25.27 3.069 25.52 +3.070 -f 2 14' 3 7 1 31 1 56 2 46 2 24 1 57 0 23 0 49 3 20 1 50 1 13 1 5 2 46 3 51 3 47 3 13 3 13 3 57 2 9 2 11 2 24 1 56 1 0 2 29 1 12 1 34 2 35 2 2 1 16 + 22 21.8 5.8 37.7 56.6 57.7 49.3 12.0 54.0 7.1 40.1 41.6 34.9 53.1 15.6 3.7 29.3 29.2 15.6 28.8 15.0 31.5 31.0 23.4 53.9 50.9 54.4 56.4 26.9 9.4? 44.6 + 1 5.049 + 0.53 15.545 + 0.13 15.990 + 0.62 16.385 + 0.49 16.676 + 0.14 17.147 + 0.31 17.414 + 0.37 17.566 17.611 + 0.71 17.820 + 0.25 18.051 + 0.20 18.257 + 0.3 5 18.500 + 1.11 18.635 + 0.62 18.761 + 0.27 18.770 + 0.10 18.921 + 0.2 7 18.921 + 0.33 19.112 + 0.70 19.195 -|- 0.66 19.347 + 0.53 19.5r.9 — 0.80 19.665 -t- 0.55 19.744 + 0.20 19.819 + 0.08 19.862 -t- 0.30 19.918 + 0.03 19.964 + 0.33 20.006 + 0.32 20.043 + 0.33 +20.052 + 0.32 + + + + + + + + + + 2.8 + 2.5 1.2 0.2 0.1 1.0 1.1 1.9 1.9 3.4 1.9 1.2 2.4 3.1 + + + + + + + + + + + + + + + + 7.7? + 3.7 2.1 2.2 4.6 0.7 1.1 4.0 2.9 4.2 4.2 1.5 2.5 2.1 2.1 INDICE I. dimostrante le sere nelle quali furono ossen-ale le stelle della Zona II. D = 2°. Da 0. 0 fino a 1 . 0 1. 4 2.34 4.20 5.10 7. 1 9. 3 10.26 12. 1 13.25 15. 7 16.33 18. 0 20. 3 22.42 2.32 4.20 5.14 7. 1 8.58 1 0.34 12. 1 1 3.40 15. 0 16.27 17.57 20. 3 22.42 23.56 18. 21. 24 Dicembre 1837. 9. 10. 11 Geunajo 1839. 25. 29. 31 Geonajo 1839. 13. 14. 15 Gennajo 1840. 2. 3. 5. 10 Marzo 1839. 25. 28. 30. 31 Marzo 1838. 18. 19. 21 Aprile 1839. 9. 12. 13 Mag^gio 1838. 24. 28 Maggio, 2. 3 Giugno 1839. 10. 13. 14. 15. 16 Giuguo 1838. 5. 7. 10. 11 Luglio 1838. 26. 30 Luglio, 1. 2 Agosto 1838. 24. 25 Luglio 1839. 21. 25. 27 Settembre 1839. 1 2. 1 3. 1 4 Dicembre 1 838. INDICE II. dimostrante la corrispondenza delle Stelle di questa Zona con le Zone di Bessel. h , h , Da 23.8 Cuo a 0.59 estratte dalla Zona di Resse!. N. 36 1. 4 . . . 2 32 130 2.35 ... 4. 7 37 4.13 .. . 6. 0 41 6. 8 . . . 8. 1 45 8. 5 ... 10. 2 153 10. 8 ... 12.30 152 12.36 ... 14.3 77 14.12 .. . 15.32 86 15.36 ... 17. 4 90 17. 8 ... 19. 0 96 19. 5 ... 20. 3 3 20.10 . . . 21.31 12 21.39 . . . 22.58 14 Note relative alla Zona II. N. 21, 3 osserv. in AR; i in declin. — IV. 22; 3 osscrv. in AR; 2 in deci. — N. 25; prece- dono due stellette di 8. q." — N. 36. precede altra stella di8.Q; — i2'"inAR; + 2' in deci. — N. B-j. doppia. — N. '52. Precede altra stella di S.a; — i5" in AR; + 4^ "i" deci. — N. -jS. — Segue altra dì -j.^; -f 5". 8 AR. — 1 1". 5 in deci. — N. 1 1 5. doppia ; si osservò la preced. — N. I 16. segue altra stella di 8. a; + 8" in AR; — 6' c.a in deci. — N. 207. 208. Stella doppia bellissima. N. 210. ultima di un gruppo di 3 sielle. N. a i^- doppia ; la più splendente precede, ed è la determinata. — N. 239; posiz. incerta. N. aS-j ; 2 osserv. in AR ; i in deci. — N. a8"i. di colore rosso. ZONA III. D = /.^ ir, pru-i. Grand- delie stelle AR. media i Gennaio itì/fo Variaz. annua Declinaz. 1 GennajO media i84o Variazione annua AH. — S in Deci. — n o Sì a o 1 8.9 h 0 l' 42"83 +3'.'071 + 3°55 25.6 + 20"054 4- Ó'.33 + 4'.'8 3 2 7 0 7 25.55 3.074 4 57 11.1 20.046 + 0.12 + 1.2 3 3 7.8 0 12 9.09 3.075 3 53 23.3 20.027 + 0.22 + 3.4 3 4 / 0 18 3.49 3.076 2 56 18.2 19.994 + 0.02 + 2.4 3 5 7 0 21 55.41 3.079 3 58 25.5 19.964 + 0.14 + 1.3 3 ^^ 8 (1 3 5 15.71 3.089 5 16 36.1 19.819 + 0.14 + 0.7 H ?6 8 0 35 15.58 3.089 5 16 40.5 19.819 + 0.27 — 3.8 ^-s 7 8 0 45 19.26 3.093 5 6 58.7 19.665 + 0.11 — 1.6 2 8 8.9 0 53 16.11 3.093 4 16 18.7 19.516 — 0.3 5 — 1.6 2 9 8 1 1 10.33 3.098 4 35 28.2 19.345 + 0.32 — 3.9 2 IO 8 1 9 4.20 3.095 3 32 45.1 19.153 + 0.21 — 4.5 2 11 7 1 14 26.58 3.099 3 54 0.0 19.007 + 0.31 0.9 2 12 7 1 19 21.57 3.106 4 31 32.8 18.866 + 0.84 + 2.7 2 13 8 1 24 13.99 3.102 3 25 32.3 18.718 + 0.23 0.1 2 U 8 1 28 10.04 3.096 2 58 0.7 18.590 + 0.20 + 0.3 2 15 9 1 33 2.52 3.104 3 40 57.9 18.427 — 0.21 1.3 1 16 8.9 1 41 9.50 3.118 4 49 37.8 18.133 + 0.08 ■t- 3.8 2 17 9 1 45 56.28 3.110 3 47 50.0 17.948 — 0.34 + 3.1 2 IS 7.8 1 52 2.96 3.110 3 36 37.3 17.708 + 0.15 + 0.4 2 19 7.8 l 59 24.66 3.131 5 13 14.3 17.394 + 0.01 + 2.1 2 20 7 2 5 7.97 3.123 4 15 44.1 17.140 + 0.23 0.5 2 21 8.9 2 17 34.43 3.131 5 2 53.7 16.549 — 0.58 + 2.1 2 22 8 2 26 10.37 3.124 2 53 11.9 16.113 + 0.3 3 + 5.2 2 23 7 2 32 34.24 3.131 4 10 50.2 15.772 — 0.09 + 1.9 2 24 7 2 33 0.38 3.124 3 44 23.9 15.750 — 0.31 + 4.6 I 25 6.7 2 36 58.19 3.130 4 2 0.9 15.531 — 0.14 + 0.9 1 26 8 2 45 49.16 3.133 4 23 30.0 15.032 — 0.00 + 3.3 2 27 7 2 48 42.36 3.131 3 51 3.3 14.863 — Ó.30 1.3 1 28 7.8 2 53 27.31 3.146 4 41 57.3 14.581 — 0.21 0.6 2 29 8 3 1 10.96 3.146 4 35 21.2 14.109 + 0.14 + 1.4 2 30 8.9 3 6 33.08 3.133 3 42 0.5 13.771 — 6.68 4- 2.3 2 31 7 3 12 44.99 3.124 3 5 39.1 13.371 — 0.15 + 2.5 3 32 7 3 15 14.17 3.146 4 18 26.7 ^ ia.2t58'" ■+ 0.35 + 0.0 3 33 7 3 22 19,58 3.157 ■ "4 48 49.8 12.735 + 0.25 + 1.0 3 34 7 '3^ 29 -26.45 3.137 3 36 47.8 12.248 + 0.30 + 2.1 3 S.'i 9 3 34 8.67 3.168 5 10 54.3 11.920 4- 0.04 + 0.1 3 36 8.9 3 38 23.90 3.154 4 22 38.8 11.618 + 0.44 + 2.2 3 37 7.8 3 45 59.87 + 3.162 + 4 41 49.7 + 11.070 + 0.12 -f 1.9 3 7G ZONA Iir. 0 = 4". Nuni. progr Grand, delle stelle AR. media i Gennajo 1640 Variaz. aonua Declinaz. media 1 Gennajo i84o Variazione annua U — S in AR. Deci. .z; o 38 8 39 7.8 40 6.7 41 8.9 42 9 43 7.8 44 7 45 8.9 46 8.9 47 7 48 7 49 7.8 ^50 8 '^50 8 51 7.8 52 9 53 6 54 5.6 55 7 56 7 57 G.7 58 8 59 5 60 8.9 61 7 62 7 63 8.9 64 8.9 65 7 66 8.9 67 7.8 68 7 69 7 70 8 71 8 72 7.8 ^73 7 ^3 7 h 3 51 3 54 4 2 4 8 4 14 4 17 4 23 4 28 4 33 4 40 4 47 4 52 4 57 4 57 5 3 5 10 5 13 5 14 5 14 5 21 5 25 5 30 5 30 5 33 5 36 5 41 5 48 5 53 5 56 6 1 6 3 6 7 6 8 6 14 6 20 6 29 6 29 6 29 4;4i +3'.'l37 5.82 3.138 49.55 3.175 27.07 3.155 7.28 3.134 35.24 3.155 33.92 3.179 36.79 3.163 50.40 3.146 20.84 3.143 28.15 3.184 18.68 3.167 40.23 3.151 40.29 3.151 17.25 3.166 2.69 3.181 41.17 3.148 25.60 3.148 27 :: 3.148 52.93 3.164 51.74 3.155 32.95 3.164 44.43 3.163 23.61 3.184 34.28 3.162 45.05 3.172 57.66 3.186 7.88 3.14.') 31.25 3.168 8.48 3.181 43.27 3.180 43.13 3.191 47.50 3.191 17.97 3.170 58.99 3.172 7.53 3.187 22.57 3.188 22.57 + 3.188 + 3 3 4 5 4 3 3 5 4 3 3 4 4 3 3 3 4 3 4 4 4 3 4 4 3 4 4 4 5 5 4 4 5 5 + 5 19 20.7 23 43.4 6 0.7 8 22.0 1 40.2 0 11.7 3 3 5.9 17 50.8 29 27.1 18 0.5 8 13.8 19 30.0 33 53.6 33 51.8 12 23.4 50 43.7 24 26.8 23 2.4 23 27:: 4 26.4 39 3.9 2 26:: 1 24.4 54 4.9 56 5.3 22 12.2 58 26.2 10 33.9 9 40.8 44 17.1 42 15.4 9 37.7 8 35.1 17 0.9 21 3.7 2 : : 5 11.2 5 7.6 + 10';698 + ò;o8 10.472 + 0.46 9.812 4- 0.12 9.382 + 0.49 8.939 + 0.23 8.665 + 0.09 8.192 + 0.47 7.786 — 0.05 7.364 + 0.13 6.832 + 0.07 6.241 — 0.15 5.838 + 0.19 5.388 + 0.08 5.388 + 0.02 4.912 + 0.28 4.337 — 0.06 4.026 . . . . 3.963 — 0.01 3.960 — 0.05 3.321 -+- 0.08 3.062 + 0.19 2.571 + 0.40 2.554 + 0-12 2.322 + 0.06 2.047 + 0.70 1.596 + 0.13 0.967 — 0.41 0.602 — 0.50 4- 0.304 — 0.32 — 0.100 — 0.37 0.326 — 0.05 0.676 0.770 + 0.39 1.251 + 0.35 1.834 + 0.04 2.541 . . . . 2.563 + 0.02 — 2.563 •4- 0.02 + 4.5 — 1.8 4- 4.1 — 0.9 + 1.8 + 2.6 + 1.1 4- 0.0 + 2.1 + 1.5 -f 1.1 + 1.4 — 0.8 + 1.0 + 3.5 + 4.1 — 1.7 + 0.6:. + 2.6 + 0.7 — 0.4:; + 0.5 + 0.9 — 1.8 + 0.0 — 1.8 — 0.1 — 0.6 + 0.2 — 0.4 — 0.9 + 2.5 — 6.0 — 5.7 — 1.0 3 3 3 3 3 3 3 2 2 3 3 3 -'« 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 1 3 3 3 H 2^ ZONA III. D = 4* tr Num. progr. Gr3n . ■ — 0.03 1 215 7 18 56 10.62 2.999 3 5 52.8 4.876 + 0.01 + 3.1 3 216 7 19 3 13.31 2.957 5 0 58.2 5.461 + 0.41 + 2.8 2 217 8 l9 6 50.29 2.973 4 20 55.1 5.756 + 0.63 + 2.4 2 218 6 19 8 35.73 2.969 4 33 25.6 5.914 + 0.71 + 4.6 1 219 7.8 19 13 9.42 2.965 4 49 11.4 6.292 + 0.75 + 4.5 3 220 7.8 19 22 32.76 3.002 3 6 54.5 7.068 + 0.07 -I- 4.5 3 221 8.9 19 27 4.73 2.984 3 58 0.5 7.439 + 0.68 + 4.7 3 222 8.9 19 34 39.25 + 2.960 + 4 34 54.6 -t- 8.050 + 0.00 + 3.2 3 ZONA III. D = r. SI -, Grand. Num , ,, delle pro;ir. , ,, I AR. mcdii 1 Gfnnajo iiS\o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gcnnajo 1840 Variazione annua R — S in AR. Deci. 223 7 224 8 ^22:. S.'J ^225 1^.9 226 8.9 227 8.9 228 8.9 229 6 230 7.8 231 7.8 232 8.9 233 7 2 34 8 235 6 236 6 237 7.8 238 4 239 8.9 240 8.9 241 7.8 242 8 243 8.9 244 6 245 8.9 246 7 247 8.9 248 8.9 249 6 250 6.7 25t 6 252 7 ^253 7.8 ^253 7.8 2 54 7.8 255 7.8 256 8.9 257 9 258 8.9 h , 19 45 19 53 19 59 19 59 20 4 20 9 20 10 20 15 20 21 20 26 20 32 20 37 20 39 20 47 20 51 21 0 21 7 21 13 21 14 21 19 21 28 21 29 21 30 21 40 21 50 21 57 22 6 22 12 22 18 22 19 22 21 22 So 22 30 22 32 22 34 22 39 22 40 22 47 24.80 22.27 40.23 40.27 58.92 59.12 37.23 15.10 12.49 1.82 14.85 31.35 32.51 39.94 4.87 1.82 49.63 2 5.98 24.81 17.82 54.82 14.85 31.12 9.61 26.05 34.51 0.62 24.45 28.66 45.59 52.58 43.70 43.07 20.01 46.98 24.03 4.25 18.29 + 2.989 2.962 2.983 2.983 3.010 2.970 2.969 2.976 2.995 2.988 3.016 2.975 2.986 3.002 3.007 2.996 2.997 3.022 3.022 2.999 2.998 2.998 2.999 3.007 3.033 3.016 3.015 3.012 3.037 3.032 3.037 3.039 3.039 3.039 3.035 3.029 3.030 -f 3.034 + 3 59 25.5 5 12 44.7 4 18 48.7 4 18 52.0 3 0 45.0 5 5 3 5.2 5 9 : : 4 50 9.4 3 55 40.0 4 21 23.6 2 52 44.7 5 18 29.3 4 42 57.2 3 55 31.8 3 41 3.2 4 30 40.0 4 35 22.4 3 4 53.0 3 4 28.6 4 42 7.4 5 6 24.1 5 10 : : 5 3 9.3 4 43 13.7 3 1 19.5 4 34 43.0 4 59 14.2 4 59 15.2 3 34 47.6 3 53 45.2 3 37 15.4 3 42 0.1 3 42 0.8 3 44 54.1 4 7 56.3 5 3 2.3 5 2 14.8 -i-4 58 2.5 -f- 8.902 9.522 10.003 10.003 10.404 10.776 10.822 11.161 11.569 11.032 12.364 12.725 12.861 13.398 13.619 14.183 14.662 14.987 15.043 15.324 15.854 15.871 15.940 16.437 16.934 17.263 17.62 5 17.886 18.120 18.168 18.219 18.553 18.553 1 8.606 18.684 18.829 18.849 -j-19.055 + (1.20 -f- 4.7 + 0.2,S + 3.6 + 0.45 — 0.10 + 0.29 + 0.3 5 + 0.10 + 0.40 -f- 0.46 + 0.08 -f- 0.50 -f- 0.79 + 0.22 — 0.22 + 0.2 5 — 0.10 + 0.00 + 0.43 -f- 0.38 4. 0.19 + 0.54 -f 0.57 + 0.67 -f- 0.19 0.03 + 0.26 + 0.44 — 0.03 -f- 0.00 0.22 4. 0.05 0.2 5 -f- 4.8 + 4.0 + 2.5 + + + + + + + + + 4- 1.0 0.5 1.5 5.9 0.3 6.4 0.4 0.9 1.7 2.4 — 2.4 + 4.0 -+■ 0.4 + 3.0 3.8 0.2 4.1 0.0 0.0 5.1 3.7 1.1 1.8 2.3 1.3 -t- 2.1 3 3 2 0 2 2 1 1 o 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 82 ZON\ III. Nuli progr. I Grand, delle stelle 1 AR. inedia L Gennajo i8.'j.o Variaz. annua Decliiiaz. media i Gennajo 1840 Variazione annua R — S in AR. Deci. 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 8 5 7.S 6 8.9 8.9 8 8.9 8 7.8 7.S 8 8.9 h 22 51 22 55 23 3 23 12 23 20 23 21 23 26 23 32 23 39 23 43 23 43 23 51 23 55 52.13 44.03 6.18 11.64 7.54 23.92 14.74 7.93 34.34 29.82 42.38 42.76 28.83 r> o 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 +3 042 051 047 .048 049 050 055 059 .063 ,064 064 .066 .069 2 4 4 5 5 4 3 3 3 3 5 + 3 18 9.4 57 34.4 8 12.3 30 30.1 11 43.0 13 18.7 35 11.2 55 7.9 20 26.1 48 23.0 51 17.8 4 1.5 0 56.4 + 19.177 19.273 19.441 19.621 19.753 19.772 19.838 19.907 19.976 20.004 20.005 20.043 + 20.052 + 0^44 + 0.20 + 0.3 5 + 0.30 — . 0.0 1 + 0.02 + 0.12 + 0.39 + 0.13 + 0.07 + 0.51 — 0.3 1 + 0.15 + + 3.8 8.8 0.9 5.5 3.0 2.0 0.6 3.5 3.1 + 1.6 + 9.1 + 4.7 + + + 83 INDICE I. dimostrante le sere nelle quali jurono osservate le stelle di questa Zona D = 4°. Da 0. 1 0.35 3. 6 /i.57 6.29 7.43 10. 4 \\A9 12.47 15. 0 15.20 16.53 18.12 19.59 22.30 no a 0.35 3. 1 /(.57 6.29 7.42 9.55 11.17 12.43 14.59 15.26 1 6.44 18.12 19.59 22.32 0. 1 7. 9. 10 Dicembre 1838. 30. 31. Dicembre 1837. 7. 11. 12 Febbrajo 1839 7. 9. 10 Febbrajo 1840. 20. 23. 24 Marzo 1 839. 5. 6. 7. 12 Aprile 1838. 23. 30 Aprile Maojgio 1838. 20. 23. 24. 25 Maggio 1838. 30 Maggio, 3. 4 Giugno 1838. 15. 16. 17. 18 Giugno 1839. 12. 13. 14 Luglio 1838. 9. 10. 12 Agosto 1838. 17. 21. 22 Agosto 1839. 7. 8 Ottobre 1839. 7. 9. 10 Dicembre 1838. INDICE n. dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona con le Zone di Bessel. h , h , Da 0. 1 fino a 1.33 estratte dalla Zona di Bessel. N. 116 1.41 ... 3. 1 43 3. 6 . . . 4. 2 121 4. 8 . . . 5.33 51 5.36 ... 6. 1 47 6. 3 . . . 7.33 144 7.40 ... 9. 3 151 9. 6 . . . 10.33 156 10.36 ... 13. 3 159 13. 7 .. . 13.26 80 13.35 ... 15. 1 82 15.11 ... 17. 3 166 17. 9 ... 19. 6 174 19. 8 . . . 20.39 5 20.37 . . . 22.30 11 22.32 . . . 23.55 25 Note relative alla Zona III. N. i8. Prcre.le allra stella di 8. g; — o". 8 in KK\ + 1.0 in ilecl. circa. — N. i^- Sono nel campo altre due picc. stelle di 8. 9; — 5". 8 in AR; + 3'.o in declin; + lo'.'j in AR. + 4.0 in deci. — N. 53. 58. 72. 82. Le deci, sono stimale. — N. 166. 4 osserv.' in AR; 2 in deci. — N. i6g. Forse non è identica a tpiella re^istiala in Bessel. — N. 254- ' '" -^f^; ^ '" ''^cl. — IN. 205. Doj)- pia strettissima; l'altra di 8. q. ha — o". 1 in ,4R; + i".5 in declin. — N. 2jG. Doppia; l'altra di •). 8 ha + i".o in .\R; +4 in deci, a stima. ZON,V IV. 0 = 6" !Vum. progr. Grand delle slelle AR. media 1 (iciinajo l34o Variai, annua Declinaz. media I Gennaio i84o Variazione annua B — S in AR. De cl. i 0 1 8 h 0 0 36^38 +3;071 + 7° 7'45"3 -4-20"056 + ÓU9 6'.'7 3 2 8 0 3 3.29 3.073 7 3 28.7 20.054 + 0.18 + O.ft 2 3 8 0 7 25.43 3.074 4 57 16.5 20.046 + 0.24 — 3.2 3 4 6.7 0 12 22.08 3.080 7 18 2.2 20.026 — 0.15 + 0.4 3 5 8.9 0 18 4.89 3.080 5 12 26.8 19.993 + 0.70 + 1.7 3 6 6.7 0 24 8.72 3.085 6 4 13-1 19.945 + 0.21 — 3.1 3 7 8 0 31 25.85 3.093 7 14 33.7 19.867 — 0.10 + 1.9 2 8 8.9 0 37 51.30 3.090 5 12 43.8 19.783 _ 1.10 — 2.6 3 9 6 0 40 23.14 3.098 6 42 46.4 19.745 — 0.01 — 0.2 3 10 8.9 0 45 41.93 3.093 4 56 18.6 19.658 + 0.2tì + 1.2 3 li 7 0 51 32.34 3.100 5 37 5.5 19.551 + 0.07 + 2.4 3 12 9 0 57 13.52 3.101 5 12 40.7 19.435 + 0.44 + 3.9 3 13 7 1 5 22.44 3.115 6 43 40.2 19.246 + 0.56 — 3.2 2 14 7.8 1 5 24.04 3.115 6 43 48.4 19.245 + 0.08 + 0.9 1 15 9 1 12 58.26 3.116 6 7 47.2 19.048 + 0.08 + 3.2 3 16 7.8 1 19 59.85 3.128 7 7 48.2 18.847 i- 0.57 + 0.9 3 17 7.8 1 2 7 40.82 3.130 6 49 27.5 18.605 + 0.38 — 2.4 3 18 8.9 1 35 18.33 3.117 4 56 13.8 18.347 + 0.08 + 3.8 3 19 8 1 40 16.63 3.139 6 53 4.7 18.167 + 0.42 + 3.5 3 20 8 1 46 56.27 3.130 5 38 59.6 17.912 + 0.24 4- 1.5 3 21 7 1 51 35.80 3.128 5 15 25.3 17.724 + 0.32 + 0.0 2 22 7.8 1 53 25.62 3.149 7 5 23.0 17.650 + 0.30 + 4.1 1 23 7.8 1 57 23.43 3.142 6 15 33.0 17.482 + 0.29 + 1.3 2 24 9 2 0 29.70 3.147 6 31 22.6 17.347 + 0.58 — 0.5 2 25 7 2 2 8.41 3.134 5 20 19.5 17.275 — 0.09 + 1.5 2 26 7 2 6 7.71 3.143 5 53 59.4 17.U95 + 0.12 + 4.7 3 27 7 2 13 4.44 3.161 7 0 55.7 16.769 + 0.10 + 6.2 3 28 8 2 17 10.44 3.156 6 30 8.6 16.573 _ 0.07 + 5.4 2 29 7.8 2 23 46.18 3.153 6 0 19.2 16.238 + 0.08 t- 4.7 3 30 7 2 31 50.02 3.149 5 25 9.3 15.SI3 — 0.28 H- 3.4 3 31 7 2 36 8.06 3.144 4 58 36.9 1 5.579 + 0.24 + 1.2 3 32 8 2 44 12.29 3.160 5 48 50.1 15.124 + 0.12 + 52.7 3 33 8.9 2 48 58.17 3.183 7 7 51.7 14.847 + 0.00 + 5.0 3 34 2 55 1.13 3.161 5 35 45.9 14.487 + 0.12 + 8.6 1 35 2 55 21.26 3.159 5 29 56.8 14.466 — 0.04 + 1.8 2 36 2 59 55.79 3.172 6 6 11.6 14.186 + 0.19 + 23.6 3 37 3 3 57.42 3.172 6 3 9.0 13.936 + 0.36 + 6.5 3 38 3 8 38.67 + 3.177 + 6 12 23.0 + 13.638 — O.Otì -t- 4.0 3 ZONA IV. D = 6'. S5 Nuin. pro^r. Grand, delle stelle AR. media i Gennajo 1 840 Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo i84'^ Variazione annua B — S in AR. Deci. 39 8 40 7 41 7 42 7 43 8 44 7 45 8.9 46 8.9 47 7 48 7 48 7 49 7 50 8 51 8 52 7 53 7.8 54 8.9 55 4 56 8.9 57 7.8 58 8 59 8.9 60 8 61 9 62 2 63 8 63 8 64 8 65 8 66 6.7 67 8 68 8.9 69 7 70 8.9 71 8 72 8.9 73 8.9 74 8.9 h 3 19 3 22 3 25 3 26 3 33 3 37 3 46 3 53 4 0 4 2 4 2 4 12 4 18 4 18 4 25 4 29 4 34 4 41 4 45 4 47 4 55 5 1 5 9 5 13 5 16 5 23 5 23 5 29 5 33 5 39 5 44 5 48 5 56 6 1 6 7 6 13 6 13 6 18 3"99 + 3'.'l65 16.09 3.172 13.63 3. 187 19.45 3.178 46.93 3.203 37.54 3.190 21.37 3.170 31.92 3.191 53.80 3.198 49.08 3.174 49.65 3.174 9.79 3.191 15.68 3.192 46.85 3.191 38.33 3.183 17.75 3.221 55.56 3.178 9.59 3.218 36.18 3.228 28.06 3.185 10.33 3.215 6.45 3.199 0.48 3.191 52.01 3.232 33.05 3.213 14.40 3.190 14.51 3.190 1.76 3.210 23.67 3.184 24.62 3.219 51.65 3.216 24.3 5 3.232 26.43 3.197 23.96 3.205 5.91 3.214 20.80 3.199 26.62 3.198 39.07 + 3.225 + 5 18 5 38 0 22 5 52 7 2 6 17 5 6 6 4 6 17 5 5 5 6 5 44 5 43 5 41 5 13 6 59 4 57 6 40 7 6 5 8 6 24 5 40 5 18 7 0 6 11 5 11 5 10 6 0 4 54 6 23 6 12 6 53 5 25 5 43 6 6 5 29 5 26 + 6 35 30.9 7.3 54.9 37.8 3.8 59.9 22.7 14.5 55.3 59.4 2.5 34.2 26.6 39.3 20.8 24.5 32.9 31.7 16.4 31.4 49.1 7.9 56.6 55.5 0.1 58.4 43.0 4.3 28.0 46.7 37.2 20.5 56.3 3 7.4 7.4 3 5.0 55.1 + 12';954 + o;33 12.739 + 0.07 12.540 — 0.19 12.462 — 0.01 11.945 — 0.11 11.674 4- 0.06 11.045 + 0.02 10.514 + 0.02 9.960 + 0.18 9.812 — 0.17 9.812 — 0.14 9.092 — 0.16 8.613 — 0.52 8.572 — 0.21 8.026 — 0.17 7.731 — 0.30 7.275 + 0.18 6.764 — 0.77 6.396 — 0.72 6.241 -)- 0.16 5.588 + 0.00 5.097 + 0.16 4.427 + 0.22 4.010 4- 0.45 3.780 + 0.13 3.203 + 0. 1 5 3.203 + 0.04 2.702 — 0.05 2.322 + 0.00 1.800 — ' ;o.2o 1.324 — 0.23 1.015 — 0.29 + 0.312 — 0.17 — 0.123 — 0.23 0.622 — 0.16 1.166 — 0.20 1.175 — 0.22 — 1.631 — 0.12 + 4.0 4- 11.2 4- 0.3 + 0.1 -\- 3.6 + 4.2 + 5.3 + 3.2 -h 5.3 + 2.8 — 0.3 + 0.2 — 3.7 — 1.5 — 2.1 — 1.0 + 0.9 — 1.2 + 0.2 — 1.4 — 1.6 — 4.2 -H 3.0 + 0.7 — 2.7 — 1.0 + 0.3 -f 1.0 — 0.2 + 1.0 + 1.5 — n.'i — 0.:, + 1.3 4- o.s 4. 0.0 — 0.5 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 :( 86 ZONA IV. D = 6°. Nuni. progr. Grand, delle slelle AB. media 1 Gennajo 1840 Variaz. annua Declinaz. inedia 1 Gennajo 184^ Variazione annua B — S AR. Deci. 75 7 h , 6 23 49'.84 + 3"l86 + 4° 57 51.2 2'.'081 + 0'.'l6 + 3:1 3 7ti 8.9 6 31 19.10 3.214 6 11 39.1 2.732 + 0.19 + 1.1 3 77 8.9 6 38 19.26 3.195 5 23 33.0 3.42 5 — 0.78 — 3.9 3 78 8.9 6 44 4.27 3.224 6 41 23.2 3.833 — 0.04 — 6.0 3 79 8.9 6 50 38.30 3.196 5 29 47.7 4.396 — 0.21 + 1.3 3 80 7 6 53 23.31 3.202 5 46 44.2 4.631 — 0.03 — 1.5 3 8t 8.9 6 57 31.35 3.214 6 21 15.5 4.982 — 0.22 + 8.9 1 82 8.9 6 57 59.04 3.215 6 22 50.7 5.02 1 — 0.03 — 2.0 3 83 7 7 3 19.26 3.204 5 54 49.4 5.470 + 0.09 — 1.5 3 84 8 7 12 23.75 3.216 6 31 48.2 6.230 + 0.05 + 0.6 3 85 8 7 17 32.73 3.201 5 53 34.7 e.645 — 0.19 + 2.2 3 ^86 7 7 20 44.24 3.22 1 6 54 14.2 6.921 + 0.29 — 4.1 ^i ^86 7 7 20 43.84 3.221 6 54 16.5 6.921 + 0.81 — 6.4 ^l 87 8.9 7 26 29.32 3.203 6 31 18.8 7.791 — 0.01 — 5.4 88 7.8 7 38 31.31 3.184 5 18 45.1 8.358 + 0.16 + 0.6 89 8 7 41 50.95 3.201 6 9 47.9 8.622 + 0.19 + 1.8 90 8 7 42 16.77 3.203 6 16 : : + 0.68 91 8.9 7 47 58.35 3.213 6 49 33.0 9.103 + 0.03 + 0.9 92 6.7 7 52 45.72 3.180 5 18 51.4 9.474 + 0.82 — 1.0 3 93 8.9 8 1 0.72 3.200 6 23 38.4 10.104 + 0.33 + 0.0 2 94 8.9 8 5 19.37 3.206 6 46 52.1 10.428 + 0.86 — 1.8 2 95 8 8 9 5.86 3.205 6 44 : : 2 96 7.8 8 9 27.19 3.204 6 43 26.2 10.736 + 0.26 + 0.8 3 97 8 8 15 22.12 3.181 5 40 5.7 11.169 + 0.30 — 2.9 3 98 8.9 8 20 17.87 3.163 4 51 2.3 11.525 — 9.55 + 3.5 3 99 7 8 27 20.04 3.205 7 10 24.7 12.024 + 0.32 + 1.1 3 100 4.5 8 29 10.60 3.187 6 15 24.1 12.141 + 0.53 + 0.4 3 101 7 8 3 5 34.96 3.159 4 54 25.0 12.593 + 10.18 — 3.2 3 102 5 8 38 17.69 3.197 7 0 2.5 12.757 + 0.74 + 0.8 2 103 7.8 8 43 56.72 3.175 5 56 13.5 13.155 4- 0.51 + 0.2 3 104 8 8 48 12.65 3.155 4 50 41.5 13.433 + 0.58 + 0.1 2 105 7.8 8 53 3.85 3.176 6 15 49.0 13.745 + 0.65 — 3'.0".3 3 106 8.9 8 53 21.74 3.176 6 1G : : 2 107 7 8 57 32.49 3.176 5 43 39.2 14.029 + 0.7 5 — 2.5 3 108 7.8 9 3 30.05 3.170 6 7 10.7 14.396 + 0.76 + 0.4 2 ri 09 7 9 11 26.05 3.163 5 53 16.7 14.871 + 0.78 + 0.0 H f 109 7 9 11 26.39 3.163 5 53 15.2 14.871 + 0.44 + 1.5 3f HO 8 9 16 55.20 + 3.177 + 6 56 35.9 — 15.188 2 ZONA IV. D = 6". 87 N'unì, pro-r. Grand. doUe stelle AR. meJia i Gennajo lO/jo Variaz. Decllnaz. media annua i Gennajo i84o Variazione annua Il — S in AR. Deci. — ffl 111 8 112 8.9 113 8 114 8.9 115 7 116 8 117 7 118 7 119 8 120 7 120 7 121 8.9 122 7 123 7 124 8 125 8 126 7 127 8 128 7 129 6 130 8.9 131 8.9 132 5 133 7 134 7 135 7 136 7 137 8.9 138 7 139 8 140 8.9 141 7 142 6 143 8 144 7 145 8.9 146 7 147 8 h , 9 18 9 26 9 27 9 31 9 42 9 50 9 55 10 0 10 2 10 4 10 4 10 9 10 14 10 17 IO 22 10 30 10 35 10 42 10 47 10 52 10 58 11 6 11 12 11 17 11 21 11 28 li 29 11 38 11 40 11 45 11 50 11 55 12 1 12 8 12 14 12 19 12 20 12 25 5l'.'32 + 3'.'l76 59.42 3.148 42.17 3.144 20.25 3.141 10.42 3.1138 20.33 3.157 19.17 3.128 51.76 3.152 47.93 3.150 28.45 3.132 28.50 3.132 27.67 3.137 55.67 3.138 50.80 3.118 40.84 3.130 7.39 3.131 2.40 3.108 34.64 3.122 42.79 3.122 27.11 3.118 24.22 3.110 3.51 3.099 53.10 3.103 36.54 3.091 22.46 3.089 20.53 3.093 3.49 3.093 48.74 3.083 54.98 3.082 52.04 3.079 35.94 3.076 34.2 7 3.063 54.07 3.069 5.32 3.065 23.93 3.062 29.47 3.060 9.34 3.060 27.88 + 3.057 -f 6 5 5 5 5 6 4 6 6 5 5 6 6 4 6 6 5 6 7 6 6 5 6 4 4 6 7 5 6 5 5 6 6 7 6 5 5 + 5 55 46.9 20 41.4 13 + 0 11.3 5 22.6 52 34.4 44 28.7 57 8.1 57 9.2 24 8.8 24 8.6 IO 11.5 30 11.2 44 37.0 9 34.3 44 34.9 3 5 6.2 25 54.0 2 13.0 57 33.5 17 32.5 10 1.7 54 16.8 44 23.7 39 36.9 59 42.5 9 15.2 46 50.6 4 45.4 46 5.0 43 15.8 2 7 7.0 41 46.7 6 44.9 11 42.2 19 : : 16 59.0 6 14.1 ■15'.'298 + l'.'oo 15.749 + 0.49 15.788 + 0.49 15.983 + 0.57 16.537 + 0.16 16.930 — 0.08 17.161 — 0.02 17.407 + 0.00 17.490 + 0.10 17.561 + 0.43 17.561 + 0.39 17.769 + 0.02 17.985 + 0.79 18.096 + 0.32 18.2 74 + 0.51 18.525 -t- 0.19 18.692 — 0.05 18.923 + 0.37 19.065 + 0.40 19.191 + 0.22 19.335 + 1.11 19.503 + 0.37 19.63 3 — 0.43 19.714 + 0.22 19.782 + 0.12 19.864 + 0.29 19.873 — 0.05 19.970 — 0.10 19.986 + 0.09 20.018 — 0.18 20.040 — 0.23 20.054 + 0.03 20.054 — 0.22 20.044 H- 0.22 20.016 + 0.10 19.978 _ 0.33 19.933 + 0.09 + 2.4 -f- 1.0 — 1.4 -4- 0.6 4- 33.3 — 2.5 — 1.8 — 2.4 — 1.2 — 0.9 — 1.4 — 0.5 — 2.9 — 0.6 1.3 + 2.'; — 0.5 — 0.8 — 0.6 + 3.0 -+• 0.1 + I-i + 2.1 + 1-4 + 3.9 + 1.7 + 3.3 + 2.7 + 21.1 + 0.7 + 1.8 + 2.2 + 2.7 + 5.5 + 0.1 + 0.5 88 ZONA IV. D Nuni. progr. Grand, delle stelle AR. media 1 Gennaja i8''to Variaz. annua Declinaz. media i Gennajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. 148 8 149 7 150 7.8 151 8 152 7 153 7 154 7 155 C 156 7 157 7 158 8.9 159 7 159 7 160 8 161 8 162 8.9 163 8 164 7.8 165 6 166 7 167 8 168 7.8 169 7 170 7 171 7.8 172 7 173 6 173 6 174 8 175 8.9 176 7 176 7 177 3 178 3 179 7 180 G 181 7 182 8 12 32 12 38 12 42 12 47 12 53 13 0 13 6 13 9 13 14 13 21 13 29 13 41 13 41 13 48 13 53 14 1 14 8 14 16 14 16 14 22 14 32 14 40 14 45 14 51 14 56 14 59 15 7 15 7 15 15 15 18 15 26 15 26 15 36 15 42 15 46 15 52 15 55 16 0 4l"59 +3'.b55 54.67 3.043 13.63 3.040 7.92 3.041 1.21 3.042 44.49 3.033 57.27 3.034 31.66 3.026 ''.81 3.026 55.03 3.014 12.07 3.024 29.58 2.999 29.01 2.999 18.30 3.006 21.77 3.016 23.77 3.003 21.61 2.985 2.77 2.985 13.68 2.984 45.02 2.996 7.28 2.987 57.09 2.970 44.95 2.964 23.95 2.963 10.19 2.971 44.16 2.969 14.24 2.976 14.66 2.976 16.32 2.954 50.50 2.967 35.41 2.974 35.49 2.974 23.48 2.939 50.61 2.974 30.92 2.958 54.85 2.953 51.35 2.961 47.55 +2.952 + 4 45 6 49 7 6 6 10 5 13 6 5 5 21 6 18 5 59 6 50 5 14 7 8 7 8 6 4 4 53 5 43 6 49 6 33 6 32 5 29 5 45 6 37 6 53 5 12 6 7 6 7 5 32 5 32 6 37 5 48 5 16 5 16 6 55 4 57 5 46 4 52 5 25 4-5 50 1.4 41.4 2.4 7.5 18.4 32.4 58.4 51.8 44.7 22.4 3.9 3 5.9 33.8 40.7 40.7 28.7 36.0 5.0 56.6 12.3 33.7 40.3 55.6 38.1 25.1 6.0 12.5 12.8 22.9 8.3 16.3 16.6 58.7 49.5 7.7 46.1 54.0 3.1 19'.'S52 -t- o'.'is 19.767 + 0.34 19.717 — 0.27 19.633 -I- 0.05 19.522 + 0.16 19.355 + 0.15 19.206 + 0.18 19.141 — 0.06 19.016 + 0.27 18.789 — 0.03 18.555 — 0.11 18.121 — 0.35 18.121 + 0.22 17.858 + 0.11 17.639 — 0.02 17.300 4- 0.26 16.990 + 0.13 16.625 — 2.14 16.617 — 0.75 16.290 — 0.08 15.798 + 0.32 15.309 + 0.30 15.034 + 0.24 14.703 — 0.38 14.417 — 0.01 14.198 + 0.08 13.727 + 1.2: 13.727 -i- 0.83 13.206 -1- 0.54 12.970 — 0.12 12.444 + 0.18 12.444 + 0.10 11.761 — 0.35 11.300 + 0.13 11.032 -f- 0.23 10.560 -— 0.54 10.341 + 0.12 9.968 + 0.18 + 2'.'8 -H 0.1 — 4.2 — 1.4 + 0.4 + 12.7 — 1.4 — 2.2 — 0.6 — 3.0 — 1.6 + 0.2 + 1.9 — 1.0 4- 1.6 + 3.0 + 1.6 4- 3.7 — 4.4 — 0.1 — 2.0 -h 1.6 + 3.2 — 1.6 + 12.2 -t- 3.0 -t- 3.9 + 3.6 + 2.5 + 2.9 + 1.2 + 0.9 •+- 3.3 + 0.9 + 1.9 + 0.7 + 3.9 + 3.3 :( 3 3 H 3 3 3 3 3 3 ZONA IV. D =. fi". 89 Num. progr. Grand, di'lle sleJle j AR. media i Gcnna.o ia4o Variaz. annua Declinaz. media i Gennajo iB.'jo Variaziunc annua B — ti in AR. Deci. — ^ fi 183 e.,! 16 5 20.60 +2'.'958 + 5° 26 2"5 — 9.620 + 0.'50 + 2:7 3 184 si 16 11 33.83 2.947 5 55 52.1 9.141 —59.56 + 4.6 2 18.^.' 9 16 16 51.41 2.951 5 39 42.2 8.733 + 0.03 + 0.7 3 180 1 16 22 0.57 2.935 C 19 30.8 8.317 4- 0.13 + 6.2 3 187 7 16 29 41.22 2.949 5 36 19.8 7.700 + 0.17 + 3.8 3 188 7 16 37 12.69 2.932 6 23 59.9 7.088 + 0.29 + 6.4 3 189 8 16 43 9.61 2.S56 5 3 63.2 6.598 — 0.02 + 5.7 3 190 7.8 16 49 3.44 2.920 6 45 28.3 6.110 — 0.09 + ...9 3 191 7 16 52 41.69 2.917 6 49 43.4 5.806 — 0.47 + 2.6 2 192 8 16 58 19.13 2.949 5 23 23.7 5.332 — 0.21 + 2.0 2 193 7 17 3 28.86 2.959 4 53 33.7 4.896 + 0.34 + 1.6 3 194 8 17 8 36.25 2.949 5 18 38.6 4.461 — 0.14 — 1.4 3 t95 7 17 11 3.56 2.927 6 15 32.1 4.252 + 0.13 + 0.2 2 196 8.9 17 18 37.54 2.937 5 47 17.8 3.602 + 0.14 + 2.4 3 197 8 17 26 59.29 2.928 6 8 20.8 2.8;9 + 0.21 + 2.9 3 198 7 17 32 32.88 2.916 6 39 23.9 2.398 + 0.06 + 3.2 3 199 7.8 17 38 20.46 2.937 5 43 37.8 1.893 — 0.16 + 3.4 2 200 7 17 43 12.73 2.947 5 16 41.4 1.468 + 0.51 + 0.2 3 201 7 17 47 26.66 2.936 5 44 18.1 1.105 + 0.29 + 2.5 3 202 7 17 51 39.34 2.920 6 26 10.3 0.730 + 0.43 + 3.0 3 203 7.8 17 59 30.46 2.914 6 41 25.9 — 0.044 + 0.45 + 2.8 3 204 8 18 6 36.27 2.933 5 51 57.3 + 0.578 — 0.44 + 2.7 3 205 7 18 9 24.42 2.937 5 42 4.5 0.823 — 0.38 + 3.1 5 200 7.8 18 15 4.41 2.904 7 7 56.0 1.319 — 0.35 + 3.2 5 207 8 18 22 2.52 2.915 6 39 40.6 1.925 — 0.67 + 1.9 4 208 7 18 26 43.54 2.923 6 20 32.0 2.331 — 0.02 + 2.7 5 209 7 18 31 44.54 2.952 5 7 31.5 2.770 — 0.18 + 3.0 3 210 8 18 38 26.92 2.955 4 59 21.2 3.349 — 0.18 -f- 6.4 4 211 7 18 47 59.69 2.910 6 58 34.3 4.170 — 0.58 + 1.7 3 212 7 18 50 34.56 2.932 6 2 3.3 4.390 + 0.22 + 1.0 3 213 7 18 57 59.35 2.927 6 18 41.2 5.021 — 0.19 + 2.8 3 214 0 19 1 9.93 2.939 5 49 35.1 5.289 — 0.18 + 0.3 3 215' 7 i9 5 51.45 2.9 .-.3 5 14 53.4 5.6S4 + 0.04 — 0.9 2 216 7.8 19 13 9.51 2.965 4 49 11.6 6.293 — 0.05 + 1.9 2 217 8 19 19 49.08 2.945 5 42 33.6 6.845 — 0.51 + 0.6 2 218 7 19 25 17.97 2.953 5 24 15.7 7.293 2 219 6 19 31 17.96 2.962 5 2 17.3 7.779 + 0.21 — 0.8 3 220 7 19 36 29.23 + 2.916 + 7 12 37.1 + 8.198 1 ' no ZONA IV. 0 = 6" Nuni. Grand. rU-lle AR. media Variaz. Declinaz. media Variazione B — S ^ ^ X ^ progr. stelle 1 Gennajo 1840 annua I Gennajo l84o annua AR. in D •ci. a 5 221 5 li 19 37 53^02 -)-2':91G -|-7° 13' 45.9 + 8.308 -f- Ó'.SO + 10l'6 2 222 3 19 47 27.44 2.945 6 0 41.6 9.062 — 0.01 + 8.4 2 223 8 19 53 22.50 2.963 5 12 43.5 9.522 + 0.25 + 2.1 2 224 7 19 58 50-94 2.926 7 7 19.9 9.941 + 0.08 + 2.6 2 ^225 7.8 20 4 14.65 2.926 7 12 40.3 10.349 — 0.12 + 1.3 H ^225 7.8 20 4 14.12 2.926 7 12 40.2 10.349 + 0.41 + 1.4 4 226 7.8 20 6 18.89 2.949 6 5 58.0 10.502 -h 0.27 + 4.8 1 227 7 20 9 10.07 2.940 6 34 56.0 10.715 -[- 0.30 + 3.3 2 228 7 20 15 56.41 2.952 6 6 44.7 11.211 + .0.59 + 4.0 1 229 7 20 17 33.12 2.952 6 7 30.3 11.327 + 0.65 + 5.8 2 230 9 20 21 45. 3G 2.972 5 7 55.6 11.629 -+■ 0.08 + 5.4 2 231 8 20 25 54.12 2.972 5 14 3.4 11.923 -f- 0.72 + 5.5 1 3 232 7 20 29 39.92 2.960 5 56 49.4 12.186 + 0.61 + 6.4 3 233 7 20 34 12.22 2.962 5 56 23.6 12.499 + 0.27 + 5.0 1 ! 3 234 7.8 20 40 29.85 2.944 7 0 32.2 12.925 + 0.73 + 4.1 3 235 7.8 20 47 14.95 2.949 6 55 24.5 13.404 + 0.62 + 8.3 3 236 7.8 20 47 55.97 2.947 7 3 38.5 13.416 -f 0.67 + 6.5 3 237 7.8 20 54 19.06 2.959 6 33 15.8 13.826 + 0.86 + 4.1 3 238 8 21 0 33.80 2.965 6 20 44.3 14.217 + 0.62 + 8.0 3 239 8 21 5 41.91 2.984 5 18 58.6 14.530 + 0.82 + lO.O 3 240 6.7 21 14 57.07 2.976 6 7 48.7 15.075 -j- 0.62 + 5.3 3 241 8.9 21 18 43.10 2.961 7 11 40.7 15.290 4. 0.65 + 9.9 1 ■ 242 8.9 21 18 57.13 2.961 7 13 51.8 15.304 -t- 0.63 + 6.5 2 243 8.9 21 23 45.80 2.981 6 2 53.8 15.573 -f- 1.01 + 5.1 3 244 7 21 30 31.00 2.999 5 3 9.5 15.939 + 0.48 + 3.8 3 245 6.7 21 34 15.29 3.002 4 57 14.6 16.135 i- 0.43 + 5.9 3 246 8.9 21 36 1.23 2.982 6 26 15.4 16.225 . . . 2 247 8.9 21 36 51.23 2.981 6 31 : : 16.270 , . . . . . 1 248 7 21 45 58.21 2.992 6 6 43.8 16.722 + 0..59 + 6.5 3 249 7.8 21 52 8.18 2.997 5 57 9.9 17.014 + 0.56 + 3.8 2 250 9 21 57 39.89 3.009 5 11 24.3 17.266 i- 0.79 + 6.7 2 251 5 22 2 7.71 3.008 5 24 47.0 17.461 + 10.46 + 3.3 3 252 8.9 22 10 42.17 2.995 7 3 59.7 17.818 4- 0.71 + 8.5 2 253 9 22 15 36.06 3.017 5 9 4.3 18.011 4- 0.82 4- 4.6 4 2 54 8.9 22 18 19.52 2.999 7 5 34.6 18.115 + 0.24 + 6.3 2 255 9 22 24 2.50 3.008 6 35 1.2 18.323 + 0.09 — 0.3 2 256 8 22 28 25.06 3.019 5 41 7.5 18.476 + 0.36 — 0.7 2 257 H.9 22 34 8.62 3.008 7 14 23.9 18.663 + 0.19 + 1.0 3 ZON/V IV. D = G°. 9Ì Niim. pro^r. j GranH. delle slelle AR. mpflia l (icnnajo 184^ Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo i64o Variazione annua B — S in AR. D'cl. 258 259 p60 ^2G0 261 262 263 264 265 266 267 268 269 27.) 271 272 273 274 8.9 8.9 8 8 7.8 7.8 8.9 9 8.9 7.8 7.8 8 6.7 7.8 8 7 5.6 8 h 22 39 22 40 22 46 22 46 22 50 22 55 23 2 23 8 23 12 23 19 23 24 23 28 23 33 23 40 23 46 23 47 23 51 23 58 23'.'83 „ 1 +3.029 3.95 3.030 40.46 3.024 40.19 3.024 38.3 5 3.025 55.25 3.033 0.86 3.032 20.00 3.033 11.88 3.041 10.90 3.041 4.62 3.048 6.22 ■ 3.051 47.77 3.054 4.66 3.058 42.21 3.063 26.71 3.061 5.88 3.065 52.62 + 3.070 + 5 3 5 2 6 24 6 24 6 29 5 45 6 29 7 9 5 59 7 11 6 12 5 58 6 21 6 16 5 12 7 19 5 58 + 5 59 1.2 16.0 27.4 27.4 14.8 17.5 45.3 54.2 43.2 8.5 13.7 34.6 52.4 30.5 58.8 58.6 36.3 7.3 + 18.828 18.849 19.038 19.038 19.144 19.276 19.417 19.549 19.621 19.739 1 9.8 1 0 19.861 19.925 19.980 20.022 20.02 5 20.041 +20.065 + 0.07 + 0.06 + 0.20 + 0.47 + 0.52 -}- 0.53 + 0.28 + 0-62 + 0.67 + 0.36 + 0.06 + 0.47 + 0.04 + 0.08 0.14 ,+ 0.14 + 0.03 + 0.13 + + + + + + + + + + + + + 1.6 + 3.4 — 1.3 + 5.8 + 2.1 0.5 1.5 0.5 0.5 2.3 0.8 1.3 2.4 0.5 1.0 3.0 3.0 5.3 dimostrante le sere H h Da 0. 0 fino a 2. 0 2. 2 4. 2 5.23 T.20 9.11 10. 4 11.40 13.41 15. 0 15.26 17. 3 18. 9 20. 4 22.46 . 4. 2 . 5.23 . 7.20 . 9.11 .10. 4 . 11.38 . 13.41 .15. 7 . 15.26 . 16.58 .18. 6 . 20. 4 . 22.46 . 23.58 INDICE I. nelle quali furono osservate le stelle di questa Zona. i9. 20. 2 I Dicembre 1 838. 13. 14. 15 Gennajo 1839. 16. 18 Gennajo 1840. 11. 12. 13 Marzo 1839. 4. 10. 11 Aprile 1839. 23. 27. 28 Marzo 1840. 1. 2. 6 Maggio 1839. 22 Maggio 1839. 20. 21. 17. 18. 20 Giugno 1838. 15. 16. 17. 18 Giugno 1839. 15. 17. 19 Luglio 1838. 15. 16. 19 Agosto 1838. 7. 12. 13. 14. 16 Agosto 1839. 19. Ottobre, 8. 14 Novembre 1839. 15. 16. 17 Dicembre 1838. 92 INDICE II. dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona con le Zone di Bessel. h , h , Da 0. 0 fino a ').27 estratte dalla Zona di Bessel. N. 38 1.35 .. . 2. 0 44 2. 2 . .. 4. 2 118 4.12 . . . 5.33 54 5.39 . . . 6.57 61 7. 3 . . . 8.39 52 8.35 . . . 9.31 59 9.42 . . . 10.58 64 11. 6 ... 13. 0 157 13. 6 . . . 14.32 83 14.40 . . . 16.29 163 16.37 ... 18. 6 92 18. 9 . . . 19.31 180 19.37 ... 21. 0 8 21. 5 ... 22.18 6 22.24 . . . 23.12 35 23.19 . . .23.58 38 Note relative alla Zona IV. N. i6. Doppia ; la seguente di g ha + 4' .o in AR; — io'' in declln. a stima. — N. 5 a. Dop- pia stretti.ssiina. — N. 56. Doppia; la preced. è la osservala. — N. 5(). Segue altra stella di 8. g + 4-0 in AR; — 'j' in deci. e. a — N. 6i. Gruppo di molte stelle. — N. 60. doppia strettissima, quasi a contatto. — N. ■ja. Precede altra stella di 8. — ig" in AR; + 5' in declin. — N. 70. Gruppo di stelle vicine. — N. i 1 1. doppia strettissima; l'allra ha +o".i in AR; — 2 ".5 in deci. — N. 112. I osserv. in AR ; 2 in declin ; — N. 1 1 g. 3 osserv. in .\R; 2 in declin. — N. 1 26. Doppia; si è osservato la seguente. — N. 171. Doppia; si è osservato la seguente. — N. 1^5; 3 osserv. in AR, 2 in deci. — N. ig^. Doppia; si è osservalo la seguente. — N. igg. L'ultima di un gruppo dì quattro uguali stelle vicine. — N. 206. Precede altra stella di 8.=* — 20" in AR; + i' in declin. — N. 211. Segue altra stella di n.a . . + i3" in AR ; — .\' in declin. — N. 2 i3. Doppia. La precedente è la osserv. — N. 218. Precede altra stella di -j. 8; — 28". o AR; + 3' circa in declin. — N. 226. Due uguali stelle prossime; si osservò la preced. — N. a36. 5 in AR; I in declin. — N. 237. Doppia strettissima, medio delle due. — N. 258. 3 osserv. in AR ; 2 in declin. — N. a5g. 3 osserv. in AR; 1 in deci. ZONA V. D==i 93 Xum. pro-r Grani), delle >lcMo AR. media 1 Gennajo i84o Variaz. annua Declinaz. t Gennajo media i84o Variazione annua B AR. - S n Deci. — « 7 1 1 7 23 59' 6.49 +3';o7o + 6° 48 44^2 —20.055 — o'.'71 3'.'8 2 2 7 0 3 35.28 3.073 8 14 59.3 20.053 + 0.07 -t- 1.4 2 3 7 0 8 21.07 3.077 7 21 1.7 20.043 — 0.09 + 1.3 3 4 9 0 15 5.25 3.083 8 27 40.2 20.012 — 0.19 + 1.7 3 5 7 0 20 4.06 3.090 9 18 44.7 19.978 + 0.35 + 4.5 3 6 7 0 22 48.70 3.090 8 25 17.0 19.957 + 0.16 + 2.8 1 7 7 0 23 21.96 3.090 8 16 35.0 19.952 — 0.21 + 0.2 2 8 8.9 0 29 26.50 3.092 7 8 22.4 19.890 — 0.52 + 1.4 3 9 7 0 32 56.16 3.100 8 28 45.5 19.849 + 0.28 4- 3.3 3 10 9 0 38 56.11 3.101 7 46 9.6 19.766 — 0.05 — 0.5 3 11 8 0 44 54.94 3.112 9 2 33.2 19.672 — 0.13 — 1.3 3 12 7.8 0 48 13.99 3.11 1 8 21 41.9 19.613 — 0.27 + 0.6 2 13 7 0 54 22.01 3.116 8 16 15.0 19.495 4- 0.01 — 3.2 3 14 6 1 0 0.33 3.126 9 3 5.9 19.372 + 0.02 — 0.5 3 15 7 1 7 25.08 3.132 8 56 6.5 19.195 4- 0.08 — 2.8 3 16 7 1 14 43.57 3.133 8 21 0.0 19.000 — 0.08 — 1.5 3 17 6 1 19 59.84 3.128 7 7 46.9 18.847 — 0.06 — 0.5 3 18 7 1 24 55.45 3.133 7 23 6.8 18.694 + 0.24 + 1.2 3 19 6.7 1 32 9.93 3.143 7 56 46.6 18.456 — 0.24 + 1.1 2 20 7 1 33 0.39 3.147 8 15 36.2 18.428 — 0.22 — 0.1 1 21 5 1 36 57.26 3.151 8 20 56.1 18.288 ■+■ 0.01 — 3.4 3 22 8 1 42 40.87 3.149 7 45 17.2 18.077 — 0.19 — 0.8 3 23 7 1 45 55.86 3.154 7 59 24.1 17.952 + 0.27 — 1.1 3 24 7 1 53 25.87 3.149 7 5 21.7 17.650 + 0.10 + 3.6 3 25 7 1 57 45.89 3.157 7 28 48.9 17.467 + 0.07 — 1.4 3 26 6 2 2 54.82 3.164 7 49 0.8 17.241 + 0.34 + 1.6 3 27 7 2 10 13.62 3.164 7 26 17.9 16.906 + 0.47 -H 0.9 3 28 7 2 15 58.04 3.188 8 59 11.1 16.628 + 0.08 — 1.1 3 29 5 2 19 39.66 3.174 7 44 19.0 16.446 — 0.17 — 0.9 3 30 8 2 25 41.28 3.186 8 16 49.9 16.138 4-10.18 + 0.8 3 31 7 2 28 6.88 3.170 7 1 45.0 16.014 + 0.22 — 2.0 3 32 8 2 32 52.71 3.184 7 50 19.0 15.756 + 0.02 + 0.2 3 33 8 2 38 49.23 3.200 8 38 6.9 15.430 + 0.12 — 1.9 3 34 8 2 45 11.13 3.205 8 40 39.7 15.067 + 0.21 4- 2.2 3 35 8 2 47 40.80 3.192 7 44 0.0 14.923 — 0.24 — 0.5 3 36 4 2 51 8.79 3.202 8 15 54.9 14.718 -t 0.18 — 3.6 3 37 8 2 56 5.65 3.207 8 23 57.9 14.421 + 0.17 — 4.3 2 38 8 2 56 7.62 + 3.209 + 8 27 42.2 — 14.419 + 0.06 — 4.9 l ZONA V. D = 8». Nutn. progr. Grand, delle stelle AR. media 1 Gennajo i 84o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo l84o Variazione annua B — S in AR. Deci. _«. si -s S -a ; = . « Z o 39 8 h 3 O' 22;85 + 3'Ì222 + 9° 5'39'.'4 + 14^59 + 0^29 0.9 3 40 8 3 6 6.94 3.214 8 23 51.0 13.799 + 0.06 + 7.6 2 41 8.9 3 12 26.11 3.208 7 52 7.6 13.392 0.28 — 2.2 2 42 5.6 3 16 12.68 3.221 8 27 37.2 13.145 + 0.01 + 7.5 2 43 5 3 18 30.35 3.235 9 10 10.7 12-991 0.18 -f 4.8 2 44 7 3 13 56.99 3.232 8 49 38.5 12.626 4- 0.05 + 4.5 3 45 8 3 31 42.47 3.203 7 3 46.2 12.098 + 0.03 + 4.0 3 46 7.8 3 39 48.94 3.247 9 8 49.8 11.516 — 0.01 4- 3.1 3 47 8 3 44 37.13 3.212 7 17 29.4 11.175 + 0.07 + 6.3 3 48 9 3 50 6.66 3.240 8 33 41.9 10.769 + 0.47 -+- 6.3 3 49 7 3 55 17.24 3.226 7 44 55.3 10.383 — 0.34 + 6.5 3 ióO 9 3 59 53.51 3.233 8 0 58.4 10.036 — 0.26 — 3.8 'i (50 9 3 59 53.80 3.233 8 0 57.0 10.036 — 0.55 — 2.4 if 51 . , 4 4 50.37 3.245 8 28 37.4 9.659 . . 1 52 6 4 5 14.44 3.253 8 51 6.5 9.664 + 0.03 + 4.1 2 53 5 4 6 51.28 3.246 8 29 10.0 9.504 — 0.45 — 1.9 3 54 8 4 12 6.48 3.256 8 50 7.6 9.097 — 0.52 — 1.1 3 55 7 4 17 40.92 3.245 8 13 16.3 8.660 — 0.09 — 1.7 3 56 7 4 25 4.70 3.265 9 4 17.9 8.070 + 0.24 — 1.4 3 57 8 4 29 56.80 3.241 7 51 2.0 7.679 — 0.11 — 1.8 1 58 7 4 30 26.69 3.234 7 32 51.9 7.639 — 0.16 — 2.0 2 59 8.9 4 37 55.80 3.247 8 1 21.8 7.029 — 0.07 + 0.4 3 60 6 4 41 53.92 3.261 8 37 11.7 6.703 — 0.48 — l.S 3 61 7 4 46 9.14 3.237 7 30 51.3 6.350 — 0.09 -L. 1.4 3 62 8 4 54 17.08 3.277 9 8 49.3 5.672 — 0.60 4.8 2 63 8 4 59 25.49 3.244 7 41 19.0 5.240 — 0.43 1.9 2 64 8.9 5 9 25.86 3.278 9 2 23.7 4.390 . . . . 2 65 9 5 10 46.68 3.234 7 5 11.0 3.761 — 0.16 + 2.4 2 66 9 5 22 55.53 3.282 9 5 58.4 3.231 — 0.13 — 1.7 3 67 8 5 26 32.93 3.270 8 35 17.3 2.918 + 0.17 4- 3.1 3 68 5 5 28 7.30 3.285 9 11 51.9 2.780 — 0.15 + 9.4 2 69 7 5 28 34.49 3.277 8 50 47.2 2.743 4- 0.03 + 6.9 1 70 9 5 34 23.29 3.239 7 14 2.6 2.236 — 0.22 Hh 3.3 3 ^'' 8 5 39 14.00 3.255 7 53 49.7 1.814 + 0.30 — 1.5 H V^ 8 5 39 13.99 3.255 7 53 47.7 1.814 + 0.31 4- 0.6 3f 72 7.8 5 43 37.69 3.241 7 17 2.9 1.432 . . . . 1 73 7.8 5 45 46.95 3.258 8 0 55.6 1.243 + 0.50 + 2.5 2 74 1 5 46 30.72 + 3.243 + 7 22 14.5 ^- 1.180 — 0.07 + 0.6 3 ZONA V. D = 8". 95 Num. progr. Grand. delle stelle AR. media l'Gennajo 1^40 Variaz. annua Dcclinaz. media 1 Gennajo 1840 Variazione annua B — S in AR. Deci. z S 75 7.8 5 50 44.58 4-3'.'268 4-8°23'47'.2 + 0.'810 + 0.09 + 2".7 3 76 9 5 56 31.34 3.238 7 7 50.3 + 0.305 + 0.42 + 3.3 3 77 8 6 0 2.88 3.275 8 41 11.1 — 0.004 + 14.86 + 1.9 3 78 7.8 6 3 19.21 3.244 7 25 :: 0.290 — 0.06 1 79 8 6 4 19.63 3.242 7 18 43.7 0.379 + 0.12 + 0.6 3 80 8.9 6 7 32.29 3.284 9 4 26.1 0.660 + 0.34 + 0.8 3 ■ 81 8.9 6 12 44.10 3.276 8 46 20.9 1.114 + 0.42 -+- 0.4 3 82 6.7 6 16 34.84 3.238 7 9 59.5 1.450 + 0.15 + 2.0 3 83 8 6 20 53.72 3.271 8 35 25.7 1.826 +20.56 + 2.1 3 84 8.9 6 26 35.98 3.260 8 7 23.6 2.322 0.51 + 3.1 3 85 9 6 30 43.85 3.243 7 23 58.4 2.681 + 0.27 + 5.9 3 86 9 6 3 1 13.82 3.243 7 25 26.4 2.725 — 0.21 + 1.7 1 87 7 6 37 48.73 3.273 8 44 59.8 3.295 + 0.43 + 0.9 2 88 8.9 6 42 44.39 3.254 7 56 10.2 3.718 + 0.28 -j- 0.6 3 89 8 6 47 3.63 3.279 94 + 1 ^90 ^90 8 8 6 47 29.67 6 47 29.63 3.277 3.277 8 56 41.5 8 56 41.3 4.127 4.127 + 0.24 + 2-1 l\ 91 7.8 6 50 41.57 3.243 7 31 44.1 4.401 + 0.42 -f 0.5 3 92 8 6 53 46.90 3.274 8 53 31.8 4.664 + 0.20 4- 1.4 0 93 7 6 59 10.23 3.246 7 42 57.9 5.120 -f 0.46 -j- 0.9 3 94 7 7 6 58.41 3.256 8 14 59.3 5.778 + 0.45 + 1.0 3 95 7 7 11 9.29 3.236 7 25 58.1 6.126 + 0.48 + 2.7 3 96 8 7 15 12.10 3.232 7 14 53.1 6.463 + 0.58 + 3.2 3 97 3 7 18 28.12 3.261 8 36 18.7 6.733 + 0.44 + 3.0 3 98 8.9 7 24 9.43 3.234 7 28 5.7 7.199 + 0.84 — 0.6 2 99 7.8 7 26 46.96 3.243 7 55 27.0 7.415 + 0.57 + 5.9 3 100 8 7 39 12.82 3.235 7 43 47.8 8.413 — 0.22 + 2.0 3 101 9 7 44 24.33 3.220 7 6 17.3 8.823 + 0.31 + 6.9 2 102 7.8 7 49 29.82 3.230 7 58 15.4 9.222 — 0.08 + 0.7 3 103 8.9 7 52 33.72 3.253 8 48 44.7 9.458 3 104 8 7 58 42.19 3.228 7 44 18.7 9.929 i- 0.40 + 1.1 3 105 8 8 5 16.86 3.235 8 12 34.5 10.426 + 0.26 — 0.2 3 106 8.9 8 11 46.19 3.238 8 30 18.8 10.908 + 0.03 + 3.2 2 107 7 8 17 19.33 3.227 8 4 49.7 11.310 + 0.43 + 0.9 2 108 7.8 8 20 58.37 3.242 8 56 40.2 11.573 + 0.51 + 2.9 2 109 7 8 25 35.55 3.241 8 59 42.6 11.902 + 0.11 + 2.1 3 110 7 8 31 41.76 3.202 7 7 26.2 12.319 + 0.61 + 1.1 2 111 1 s 8 38 40.99 1 + 3.219 + 8 11 30.4 — 12.803 + 0.42 + 1.6 3 96 ZONA V. D = 8°. Num. progr. Grand, delle slelle AR. media I Gennajo i84o Variaz. annua Declinaz. 1 Gennajo iiedia 1840 Variazione annua B 4R. — S m De ci. . 1 Z e 112 8.9 8 40 39.86 +3'.'l88 + 6° 32 5 7" 7 — 12.938 113 7 8 41 16.56 3.207 7 36 12.2 12.976 + 0'.'l8 + 2'.'4 114 8 8 48 2.35 3.197 7 16 3.4 13.422 + 0.34 + 3.3 115 7 8 54 12.93 3.205 7 55 24.1 13.819 + 0.40 + 3.0 116 7 8 54 44.10 3.197 7 26 31.2 13.853 + 0.28 + 0.8 117 8.9 8 59 5.00 3.206 8 6 14.125 + 0.22 (118 8 9 0 29.81 3.206 8 9 21.9 14.213 + 0.35 + 2.6 -i ^118 8 9 0 29.90 3.206 8 9 23.5 14.213 + 0.26 + 1.0 1? 119 8.9 9 7 27.55 3.186 7 12 6.2 14.635 — 0.77 4- 4.6 120 8.9 9 13 10.38 3.210 8 53 13.0 14.972 + 0.29 4- 0.0 121 8 9 16 55.08 3.177 6 56 36.7 15.188 — 0.23 + 3.0 (122 8 9 26 10.23 3.201 8 53 42.6 15.705 + 0.15 1.1 '( ^122 8 9 26 10.17 3.201 8 53 41.6 15.705 + 0.20 + 0.0 4 (123 ■ 6 9 28 45.38 3.179 7 32 57.1 15.845 — 0.01 — 1.5 H ^123 6 9 28 45.37 3.179 7 32 59.6 15.845 — 0.00 — 4.0 3^ (124 7.8 9 31 40.14 3.198 8 59 53.8 16.000 — (\09 + 0.7 V ^124 7.8 9 31 40.09 3.198 8 59 53.7 16.000 — 0.04 + 0.6 4 125 8 9 35 13.59 3.191 8 41 2.7 16.186 — 0.07 + 0.2 126 8 9 40 22.51 3.192 9 2 30.7 1 6.448 + 0.20 — 4.8 3 127 6.7 9 45 18.61 3.158 6 42 31.3 16.690 + 0.02 — 1.2 3 128 7 9 47 27.41 3.179 8 25 58.7 16.794 + 0.17 — 1.3 2 129 6 9 51 45.14 3.180 8 48 32.2 16.996 + 0.06 — 3.5 3 130 8 9 56 36.88 3.176 8 45 48.3 17.218 + 0.36 — 2.5 3 131 7 10 0 51.54 3.151 6 57 6.7 17.406 + 0.02 — 0.5 3 132 8.9 10 9 45.91 3.161 8 19 5.0 17.780 + 0.33 — 2.1 3 133 7 10 14 37.83 3.147 7 21 9.0 17.974 + 0.36 .^ 2.8 3 134 8 10 19 2.78 3.151 8 1 45.4 18.141 + 0.32 — 2.2 2 135 6.7 10 26 26.83 3.143 7 46 30.5 18.408 + 0.14 — 1.7 3 136 8.9 10 31 6.07 3.144 8 15 35.2 18.565 + 0.25 0.0 2 137 7 10 37 45.64 3.130 7 12 52.3 18.778 + 0.46 + 2.1 3 138 8.9 10 42 51.68 3.130 7 36 35.2 18.931 + 0.3 7 + 2.3 3 (139 7 10 47 42.75 3.122 7 2 13.6 19.066 + 0.13 + 0.8 H ■^139 7 10 47 42.86 3.122 7 2 13.7 19.066 + 0.02 + 0.7 4 140 6.7 10 52 27.09 3.118 6 57 34.6 19.192 + 0.21 + 0.9 1 141 6 10 56 45.80 3.123 8 11 57.0 19.297 + 0.26 + 0.2 1 142 8 11 2 lt.90 3.122 8 45 29.1 19.421 + 0.26 + 1.4 1 143 7 11 5 42.77 3.120 8 56 7.2 19.496 + 0.16 + 8.1 2 144 _ , 5.6 11 12 52.97 +3.103 + 6 54 18.5 — 19.633 + 0.24 + 3.7 2 ZONA V. D =. 8°. m Num. progr. Grand, delle stelle AR. media 1 Gennajo i84o Variaz. annua Declinai, madia i Gennajo 1840 Variazione annua B-S AR. Deci. ~ co Z 0 145 7 Il 14 58.96 + 3'.104 + 7° 27 ' 48.'7 — I9"G70 + 0"l5 -f- 5'1 2 146 8 11 25 16.59 3.102 8 51 45.7 19.825 + 0.0 .■) ■+■ 6.8 2 147 6.7 11 30 12.38 3.098 9 1 II.O 19.886 + 0.28 4- 4.5 2 148 6 Il 37 38.03 3.087 7 25 31.8 ' 19.960 + 0.0 1 -j- 6.5 2 149 7.8 11 43 20.95 3.084 7 45 56.6 20.003 -\- 0.09 -h 5.3 3 150 8 H 49 32.98 3.079 7 52 5.1 20.03 5 4- 0.49 + 7.9 2 151 6 Il 52 40.24 3.076 7 30 22.4 20.049 + 0.27 -f- 7.7 2 152 9 12 1 35.49 3.069 9 4 12.7 20.055 + 0.17 + '-4 2 153 8.9 12 6 53.71 3.065 8 25 14.2 20.047 — 0.19 + 6.5 0 154 8 12 10 18.11 3.061 8 57 12.7 20.036 -f 0.47 + 5.6 2 155 8 12 16 1.74 3.059 6 51 36.0 20.007 -h 0.24 -f /•' 2 156 8 12 20 56.58 3.054 7 45 1.3 19.972 — 0.41 -f- 7.5 0 157 7.8 12 25 25.74 3.048 8 33 38.8 19.933 2 158 7.8 12 26 22.57 3.047 8 37 11.4 19.924 -f- 0.24 + 7.0 2 i.sg 8 12 34 9.62 3.039 8 55 8.4 19.833 -f- 0.35 + 4.2 2 11.60 6.7 12 37 31.99 3.038 8 32 56.7 19.788 -f- 0.18 + 3.1 H ^160 6.7 12 37 31.92 3.038 8 33 57.0 19.788 + 0.25 + 2.8 3f 161 8 12 43 15.27 3.030 9 4 55.8 19.700 4- 0.24 4- 6.0 1 162 7 12 49 10.36 3.024 9 9 37.4 19.596 -t- 0.10 + 2-4 2 163 7 13 7 45.10 3.010 8 48 1.1 19.186 + 0.19 + 4.5 3 164 8 13 12 32.06 3.004 9 5 13.8 19.060 -\- 0.08 -1- 5.3 3 165 8.9 13 18 29.96 3.013 7 15 29.1 18.891 -t- 0.43 -f- 6.4 3 166 7 13 21 58.85 3.004 8 0 26.4 18.787 4. 0.10 -f- 5.4 0 167 8 13 28 44.83 3.003 7 39 3.1 18.570 -t- 0.57 4- 6.8 3 168 8.9 13 35 40.13 2.992 8 17 20.5 18.334 + 0.06 4- 2.1 3 169 6.7 13 39 1.97 3.000 7 10 28.8 18.213 -f- 0.26 4- 5.1 3 170 7 13 41 47.57 2.977 9 12 20.8 18.110 i- 0.16 4- 3.9 3 171 8 13 46 51.90 2.981 8 27 52.6 17.915 — 0.20 + 1.3 3 172 8 13 54 27.87 2.966 9 17 48.6 17.606 — 10.00 + 1.3 3 a73 7.8 13 58 27.17 2.980 7 46 22.3 17.439 — 0.06 -f 0.2 H ^173 7.8 13 58 27.00 2.980 7 46 16.6 17.439 + 0.11 4- 5.9 •J 174 6.7 14 16 7.6S 2.952 8 58 25.9 16.621 + O.IW — 2.1 3 175 8.9 14 22 9.66 2.975 7 0 4.9 16.320 _ 0.19 4- 1.3 1 176 8.9 14 24 29.11 2.965 7 35 59.1 16.200 — 0.01 — 0.5 1 177 7.8 14 25 3.47 2.964 7 38 38.4 16.172 — 0.07 4. 2.0 2 178 8.9 14 30 55.90 2.947 8 36 37.3 15.862 -f- 0.00 + 2.3 3 179 7 14 34 54.39 2.964 7 16 22.3 15.646 — 0.11 4- 1.2 3 180 7 14 38 51.40 -t- 2.9 50 -1-7 57 24.1 — 15.428 -f- 0.13 -t 2.1 3 98 ZONA ¥.0 = 8» Num. progr. Grand, delle stelle AR. media i Gennajo 1840 Variaz. annua Declinaz. media i Gennajo i84'' Variazione annua B AR. — S in Deci. 181 7 14 47 29.29 -f-£954 +^° 26' 15.6 —14.933 — 6.17 + 3l'7 3 182 7 14 52 27.62 2.937 8 17 16.9 14.641 4- 0.26 + 1.9 3 183 7 14 59 40.27 2.956 6 53 22.4 14.203 + 0.10 + 2.1 3 184 8 15 3 46.79 2.916 9 7 31.2 13.946 — 0.25 0.2 3 185 6 15 8 0.74 2.950 7 3 42.9 13.678 — 0.02 + 3.7 3 186 9 15 13 51.64 2.911 9 1 51.6 13.299 + 0.48 2.3 2 187 8 15 17 8.04 2.921 8 21 42.3 13.083 + 0.53 + 0.2 3 188 7 15 23 9.53 2.904 9 7 51.0 12.680 + 0.07 1.1 3 189 8 15 27 0.43 2.935 7 21 1.9 12.416 + 0.53 + 4.5 3 190 9 15 32 6.44 2.900 9 3 7.8 12.063 + 0.64 + 0.4 3 191 7 15 35 2.36 2.930 7 23 53.4 11.858 — 0.01 + 2.2- 1 192 3 15 36 23.44 2.939 G 56 1.5 11.761 + 0.00 0.8 2 193 5.6 15 38 40.82 2.920 7 51 31.4 11.598 + 0.46 -1- 4.6 3 194 7 15 46 56.49 2.892 9 3 22.0 11.000 + 0.65 + 2.1 3 195 8 15 47 6.08 2.892 9 3 35 10.990 + 0.14 + 1.3 3 196 9 15 51 48.56 2.928 7 10 22.4+ 10.643 — 0.08 + 34.9+ 1 197 9 15 52 26.06 2.926 7 16 21.0 10.598 -|- 2.19 + 1.5 2 198 7 15 57 53.39 2.898 8 32 8.3 10.187 + 0.40 + 1.1 3 199 6.7 16 0 45.22 2.887 8 57 50.7 9.971 + 0.37 + 0.1 2 200 7 16 0 54.40 2.885 9 2 36.9 9.960 -f- 0.29 + 0.0 1 201 7 16 6 57.70 2.899 8 16 0.5 9.497 -j- 0.09 4- 2.3 3 202 6.7 16 16 23.39 2.916 7 19 21.1 8.761 + 0.22 + 1.3 3 203 7 16 18 31.47 2.882 8 53 3.7 8.593 -t- 0.53 + 4.7 3 204 8 16 22 2.08 2.897 8 6 16.2 8.314 -f- 0.24 + 2.0 3 ^205 7 16 26 46.67 2.876 9 0 44.6 7.933 + 0.43 — 1.8 ~i ^205 7 16 26 47.08 2.876 9 0 47.9 7.933 + 0.02 — 5.1 4 206 8.9 16 32 29.04 2.898 7 56 37.6 7.473 -f- 0.59 + 1.7 1 207 5.6 16 38 9.19 2.875 8 52 45.9 7.012 + 0.05 — 0.4 3 208 6.7 16 42 33.39 2.904 7 31 44.0 6.650 + 0.35 0.3 3 209 8.9 16 47 53.28 2.881 8 28 34.9 6.206 + 0.09 + 1.2 3 210 7 16 54 17.99 2.875 8 41 15.6 5.671 + 0.09 + 0.3 3 211 7 16 58 17.64 2.887 8 4 39.2 5.335 . . . . . . 3 212 8 17 4 2.28 2.886 8 5 41.6 4.849 -1- 0.13 — 0.3 3 213 7.8 17 9 46.99 2.912 6 56 23.8 4.360 4- 0.02 — 1.6 3 2 14 8 17 14 15.32 2.917 6 41 29.1 3.977 + 0.04 + 2.5 0 " 215 6 17 16 18.89 2.862 9 0 24.0 3.801 + 0.36 + 0.1 1 216 7 17 17 41.00 2.861 9 4 34.7 3.627 — 0.06 — 0.6 2 217 8 17 21 36.07 +2.889 + 7 49 22.2 — 3.345 i- 0.26 + 0.4 2 ZONA V. 0 = 8" 99 NuiH. progr. Grand, delle stelle AR. media i Gennajo 184 Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. Z <= 218 8 219 8 220 8.9 221 7 222 8.9 223 7.8 224 7 225 7 226 7.8 227 8 228 7 229 7.8 230 8 231 6 232 8 233 7 234 9 23 5 7 ' 236 7 237 7 238 7.8 239 8 240 7 241 8 242 7 243 7.8 244 7.8 245 8 246 7 247 7 248 7 249 7 250 7 251 7.8 252 8 253 7 254 1 255 5.6 17 25 17 29 17 29 17 32 17 40 17 44 17 52 17 55 17 58 18 2 18 4 18 8 18 12 18 17 18 23 18 23 18 27 18 32 18 32 18 33 18 39 18 42 18 45 18 50 18 54 18 58 19 6 19 11 19 15 19 15 19 20 19 26 19 26 19 30 19 35 19 36 19 42 19 46 27".60 +2'.'889 1.82 2.855 6.75 2.855 13.96 2.886 19.41 2.879 59.71 2.866 34.63 2.862 41.06 2.873 9.43 2.904 56.01 2.872 29.36 2.878 53.17 2.875 26.49 2.907 57.19 2.884 13.04 2.884 44.30 2.886 53.31 2.872 0.24 2.870 44.22 2.867 6.59 2.869 18.43 2.856 41.64 2.903 7.26 2.862 39.28 2.879 39.88 2.885 36.75 2.914 14.01 2.873 56.51 2.903 10.98 2.886 57.11 2.885 54.81 2.882 1.81 2.905 25.87 2.908 35.77 2.892 36.38 2.874 21.89 2.874 58.93 2.892 29.75 + 2.901 + 7 9 9 7 8 8 S 8 7 8 tì 8 7 7 7 7 8 8 8 8 9 7 9 8 8 6 8 7 8 8 8 7 7 8 9 9 8 + 8 50 14.1 13 13.0 13 54.6 53 41.5 11 22.4 41 31.3 52 13.6 25 14.0 5 13.4 26 57.4 11 48.0 18 41.6 0 21.9 56 47.5 58 21.6 55 12.1 30 43.4 35 36.9 44 : : 38 51.8 15 9.0 16 47.6 3 3.6 19 42.7 8 53.2 54 48.3 45 55.8 30 21.3 18 18.0 21 20.7 32 30.6 34 39.0 26 37.2 13 46.8 7 27.0 8 24.8 27 0.3 3 8.2 — 3.013 2.701 2.695 2.424 1.722 1.312 0.649 0.377 — 0.162 + 0.257 0.309 0.865 1.089 1.490 2.017 2.075 2.434 2.791 2.855 2.887 3.423 3.715 3.923 4.397 4.739 5.073 5.716 6.191 6.462 6.525 6.935 7.352 7.385 7.723 8.125 8.187 8.711 + 8.988 + 0"03 + 0.04 + 0.27 + 0.14 + 0.18 + 0.38 — 0.08 .— 0.01 — 0.52 + 0.34 + 0.30 — 0.21 — 0.30 + 0.06 — 0.40 + 0.34 + 0.09 + 0.13 — 0.25 + 0.12 + 0.10 — 0.31 + 0.07 + 0.10 + 0.41 + 0.07 + 0.07 — 0.65 + 0.24 + 0.65 — 0.07 + 0.53 + 0.13 + 0.55 + 0.29 — 0.36 — 0.10 + + + + + -f- 3.7 1.6 2.1 4.8 0.4 1.2 1.8 3.3 2.9 0.6 1.8 0.4 2.5 0.9 2.9 0.4 1.8 + 1.8 2.5 0.9 1.1 0.0 0.7 2.8 1.5 1.8 0.3 4.2 1.3 — 0.9 + 0.0 + 3.0 — 7.0 + 0.9 + 1-2 — 0.6 + + + + + + 100 ZONA V. D^S". Num. progr. Grand, delle slelle AR. media i Gennajo 1840 Variai, annua Declinaz. media 1 Gennajo i84o Variazione annua B — i in AR. D ecl. fi "Z 0 256 8 il 19 52' 24^99 -f-2;929 + 6°5l' 17'.'7 + 9.448 + Ó'.17 ^_ l'.'6 2 257 7 19 55 8.93 2.907 7 57 18.4 9.657 + 0.47 4- 1.4 2 258 7 20 0 7.94 2.888 8 56 22.5 10.039 4- 0.15 + 0.1 2 259 6.7 20 2 23.15 2.910 7 59 4.0 10.203 i- 0.29 + 3.3 2 p60 7 20 3 36.03 2.904 8 14 46.0 10.300 4- 0.33 4- 1.9 -i ^260 7 20 3 35.96 2.904 8 14 46.3 10.300 4- 0.40 + 1.6 4 261 6 20 9 16.14 2.902 8 28 24.0 10.722 _ 0.03 + 1.7 3 262 8 20 12 3>.ll 2.930 7 6 52.1 10.969 4- 0.22 + 2.7 3 263 8 20 17 36.18 2.928 7 21 31.2 11.330 4- 0.03 + 2.3 3 264 8.9 20 27 15.90 2.899 9 6 46.4 12.018 4- 0.06 4- 2.9 3 265 7.8 20 31 8.71 2.922 7 57 50.8 12.288 — 0.28 + 2.6 3 266 7 20 32 11.83 2.925 7 53 9.9 12.361 — 0.06 + 3.2 3 267 8 20 35 52.87 2.914 8 32 35.0 12.615 — 0.24 4- 4.2 3 268 7 20 41 57.68 2.941 7 16 23.3 13.023 + 0.21 + 0.9 3 269 8.9 20 42 10.47 2.941 7 15 14.4 13.036 . . . . 3 270 7.8 20 47 56.07 2.947 7 3 38.6 13.416 ■f- 0.68 4- 3.5 3 271 8.9 20 53 17.72 2.914 9 8 23.6 13.761 4- 0.58 + 2.8 3 272 8 20 57 30.35 2.927 8 32 5.6 14.02 7 4- 0.18 +- 5.0 3 273 7.8 20 59 39.06 2.926 8 39 23.0 14.160 -+- 0.17 + 2.1 3 274 7.8 21 0 12.95 2.926 8 43 13.0 14.195 4- 0.85 4- 1.6 3 275 8.9 21 6 16.20 2.950 7 27 1.6 14.564 4- 0.89 + 1.2 3 276 7.8 21 11 50.03 2.931 8 51 11.3 14.894 — 0.14 + 0.7 3 277 8 21 17 15.45 2.937 8 41 52.9 15.208 4- 0.14 — 0.5 3 278 7 21 20 31.65 2.958 7 30 12.1 15.393 + 0.07 + 0.4 2 279 8 21 28 30.47 2.967 7 10 24.5 15.831 4- 0.84 + 3.4 .! 280 7 21 32 9.14 2.951 8 27 44.1 16.026 4- 0.89 + 4.6 3 281 3 21 36 19.54 2.944 9 8 37.9 16.243 4- 0.36 4- 2.0 3 282 8.9 21 43 35.03 2.961 8 18 6:: 16.607 4- 0.2 1 4- 8:: 1 283 8.9 21 43 48.37 2.961 8 17 41.2 16.614 4- 0.37 + 7.6 1 284 8.9 21 44 2.57 2.961 8 19 57.0 16.629 4- 0.51 + 5.7 2 285 9 21 47 55.32 2.967 8 7 1.0 16.816 _ 0.03 + 1.5 1 286 6 21 53 12.59 2.978 7 29 25.2 17.091 4- 0.81 + 5.9 3 287 7 21 59 36.28 2.965 8 53 30.7 17.351 4- 0.50 + 5.2 3 288 7 22 6 30.34 2.991 7 11 5.3 17.646 4- 0.01 -+- 2.9 3 289 7.8 22 13 21.68 2.988 7 49 9.3 17.924 4- 0.06 + 1.8 3 290 7 22 16 46.43 2.979 9 0 0.0 18.055 4- 0.28 4- 2.7 3 291 6 22 21 8.87 2.989 8 18 49.7 18.219 4- 0.07 4- 3.2 3 292 7.8 22 28 51.89 + 3.007 4-6 57 21.3 4-18.492 4- 0.40 4- 4.2 3 ZONA V. D = 8°. 101 Nuni. progr. Grand. delle stelle AR. media 1 Gcnnajo i84o Variaz. annua Deolinaz. l Gennajo iiedia i84o Variazione annua B AR. — s n De ci. 293 7 22 34' 8'.'4G +3"008 0 4-7 14 24.' 1 + 18';663 + o'.'29 + 2'.'2 3 294 8.9 22 38 28.69 3.013 7 1 3 5.0 18.802 — 0.01 — 2.8 2 295 6 22 44 17.60 3.002 8 59 9.4 18.972 — 0.48 __ 3.0 3 296 6 22 47 10.59 3.012 7 57 46.0 19.052 — 0.16 + 3.8 3 ^297 7 22 50 28.54 3.011 8 30 28.6 19.141 — 0.27 + 3.4 H ^297 7 22 50 28.8U 3.011 8 30 23.5 19-141 — 0.53 + 8.8 4 298 7 22 56 36.46 3.019 7 59 33.2 19.293 — 0.12 + 7.4 4 299 6 22 58 57.02 3.018 8 32 41.1 19.348 — 0.01 + 6.3 4 300 6 23 1 27.11 3.024 7 48 35.2 19.405 — 0.03 + 4.8 3 301 6 23 3 39.84 3.026 7 51 4.1 19.453 + 0.27 + 3.9 3 302 8.9 23 7 0.39 3.028 7 54 57.3 19.522 — 0.14 + 7.8 1 303 8.9 23 11 58.13 3.026 9 6 32.7 19.617 — 0.11 + 5.7 1 304 7.8 23 18 20.06 3.038 7 46 20.9 19.725 + 0.16 + 12.6 2 305 7 23 27 18.90 3.045 7 38 4.8 19.852 + 0.40 + 3.4 2 306 7 23 27 27.57 3.046 7 29 57.1 19.853 + 0.07 + 7.1 1 307 7 23 31 46.19 3.045 8 47 26.1 19.903 + 0.15 + 2.2 3 308 7 23 37 12.91 3.049 9 17 26.7 19.957 + 0.05 + 4.0 3 309 8 23 42 21.26 3.055 8 37 10.5 19.996 + 0.37 + 7.1 3 310 7 23 47 27.03 3.061 7 19 54.3 20.025 + 0.47 + 0.6 3 311 7 23 54 12.83 3.066 8 3 53.7 20.049 + 0.06 + 3.0 3 312 7 0 0 36.51 + 3.071 + 7 7 39.5 +20.056 + 0.15 + 7.0 3 102 Di dimostrante i 23.59 fino 2.10 . . . 3.59 . . . 5.39 . . . 6.47 . . . 9. 0 . . . 9.2G . . . 10.47 . . . 12.37 . . . 13.58 . . . 15. 8 . . . 16.26 . . . 17.55 .. . 20. 2 . . . 20.59 . . . 22.50 . . . le sere i h a 2. 2 4. 5 5.46 6.47 9. 0 9.31 10.47 12.37 1 3.58 15. 3 16.26 18. 4 20. 3 20.57 22.50 0. 0 INDICE I. .elle quali furono osservate le posizioni di questa Zona. 23. 29 Dicemb. 1 838. 1 Geou. 1 839. 16. 20. 24 Gennajo1840. 26. 27 Genuajo, 5 Febbrajo 1840. 17. 21. 23 Febbrajo 1840. 26. 27. 29. 30 Marzo 1840. 17 Febbrajo 1840. 24. 29. 30 Aprile 1839. 12. 14 Maggio 1839 9 Giugno 1839. . 24 Giugno 7 21. 24 4. 30. 19. 22.24 Giugno 1838. 25. 26 Giugno 1839 7. 8 Agosto 1 838. 31 Luglic 20. 21 Giugno 1840 , 11 Agosto 1839. 15. 16. 17 Novembre 1839. 13. 14. 15. 17 Dicembre 1839. INDICE II. dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona con le Zone di Bessel. h , h , Da 23.59 fino a 2. 2 estratte dalla Zona di Bessel. N. 111 2.10 . . . 3.12 138 3.16 ... 4. 5 142 4. 6 . . . 4.59 135 5. 9 . . . 5.34 143 5.39 . . . 7.26 58 7.39 ... 8.11 49 8.17 ... 9.31 57 9.26 ... 11. 2 69 11. 5 ... 13.28 228 13.35 ... 15. 3 160 15. 8 ... 16.32 165 16.38 ... 18. 4 93 18. 8 ... 20. 3 178 20. 9 . . . 21.59 10 22. 6 . . . 0. 0 120 Note relative alla Zona V. N. i6. Segue altra stella di q.a + 6" AR ; + 8" in deci. — N. 17. Segue altra stella di q»; + 4 '. 7 in AR; — V' in deci. — N. 85. 5 osserv. in AR. 2 in deci. — N. ilo. Segue altra stella di 8. g. + 'j". 0 in AR. ; + i o' c.a in deci. — N. 1 5^. 2 osserv. in AR ; i in deci. — N. 1 od. deci, stimala. — N. 232. 2 in AR; 1 in deci. — N. 240; 2 osserv. in AR; 3 in deci. — N. ì\Z. Dop- pia; si osservò la più risplendente. — N. 247. 3 in AR; 2 in deci. — N. 25'j ; i in AR: 2 in deci. — N. 268. 3 in AR; 2 in deci. — N. 269. 3 in AR; i in deci. — N. 274 ; 5 in AR; 2 in deci. — N. 282. Deci, stimata. ZONA VI. D= 10^ 103 iVum. Grand, delle stelle AR. media Variaz, Doclinaz. media Variazione B — S -3 J progr. 1 Gennajo tStfO annua 1 Gennajo t 84o annua AR. De ci. K ° 1 9 h 0 o' 19'.'20 +3"071 + 10 16 50.6 -f-20"056 + l".48 _^ o'.'3 2 2 7 0 1 48.97 3.072 10 15 18.6 20.054 + 0.41 — 0.2 1 3 7 0 8 31.98 3.078 9 21 18.0 20.043 — 0.47 — 0.6 2 4 7 0 10 3.48 3.081 10 19 4.5 20.037 — 0.26 + 2.2 3 5 8 0 15 11.93 3.087 10 56 52.8 20.012 + 0.15 i- 0.2 3 6 7 0 20 4.04 3.090 9 18 45.4 19.979 + 0.19 + 6.0 3 7 7 0 25 53.49 3.096 9 25 22.5 19.928 + 0.21 + 1.2 3 8 7.8 0 28 59.71 3.102 10 33 16.7 19.895 + 0.55 + 2.2 3 9 8.9 0 33 49.84 3.109 11 4 1.9 19.837 + 0.09 — 0.8 3 ^10 6.7 6.7 0 38 40.94 0 38 41.10 3.114 3.114 11 11 5 5 58.6 57.4 19.771 19.771 + 0.18 + 1.5 3^ 11 8.9 0 44 28.18 3.111 8 56 1.3 19.679 + 0.12 + 6.0 3 12 8.9 0 49 31.08 3.127 11 10 25.4 19.589 + 0.13 + 3.8 3 13 8 0 52 59.32 3.130 11 2 53.0 19.522 + 0.31 + 0.6 3 14 / 0 58 40.24 3.134 10 41 36.7 19.403 4- 0.03 + 5.5 3 15 7 1 3 6.34 3.131 9 26 19.5 19.300 — 0.10 4- 0.6 3 16 7.8 1 7 24.99 3.131 8 56 5.7 19.195 + 0.73 + 3.2 3 17 7 1 14 27.46 3.150 10 31 44.1 19.008 + 0.56 + 3.0 3 IH 8 1 17 3 3.07 3.145 9 34 16.6 18.919 + 0.21 + 3.3 3 19 8 1 23 15.75 3.155 10 3 40.9 18.746 + 0.21 + 3.1 3 20 6 1 28 37.42 3.171 11 19 12.6 18.575 + 0.40 + 2.8 3 21 8 1 34 8.94 3.159 9 26 6.1 18.388 + 0.12 + 1.4 3 22 7.8 1 42 23.05 3.175 10 14 51.2 18.087 + 0.00 + 3.7 3 23 7 1 45 30.39 3.173 9 50 7.6 17.968 + 0.19 + 6.7 3 24 9 1 49 58.41 3.179 10 0 37.0 17.791 + 0.09 + 3.9 3 25 8 1 56 30.64 3.178 9 20 44.9 17.520 — 0.61 + 0.0 3 26 8 1 59 34.58 3.193 10 25 32.4 17.388 + 0.06 + 2.0 2 27 8.9 2 7 18.84 3.203 lo 36 42.8 17.040 + 0.03 + 5.0 3 2rt 8.9 2 12 19.92 3.198 9 52 34.2 16.804 + 0.04 — 1.6 3 29 7 2 16 14.92 3.201 9 52 55.9 16.615 + 0.23 — 2.0 3 30 7 2 21 3.13 3.191 8 50 49.5 16.377 + 0.41 + 0.4 3 31 8 2 25 47.88 3.223 10 53 54.3 16.132 -1- 0.32 + 0.0 3 32 8 2 30 26.93 3.214 9 56 38.2 15.887 + 0.22 + 0.2 3 CS3 5.6 2 36 18.09 3.211 9 26 2.6 15.570 — 0.28 + 3.8 '\ u 5.6 2 36 18.02 3.211 9 26 2.2 15.570 — 0.21 + 4.2 35 34 9 2 41 38.49 3.238 10 56 50.9 15.270 + 0.20 + 2.8 3 35 8.9 2 46 45.80 3.224 9 48 13.3 14.976 + 0.31 + 1.8 3 36 7 2 52 3.82 +3.235 + 10 13 54.5 + 14.664 + 0.43 + 3.8 3 in// ZONA. VI. D.= 10°. Num. progr. Grand, delle stelle AR. nipdia 1 Gennajo i 840 Vari a z. annua Dpclinaz. media i Gennajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. ^6 37 8 38 8 39 9 40 8 41 4 42 6.7 43 7 44 8 45 6 46 9 47 8.9 48 7 49 7 50 7 51 7 52 8 53 6 54 8.9 55 5.6 5G 7 57 7 58 4 59 6 60 7.8 61 5 62 8 63 7 64 6.7 64 6.7 6.'; 7 66 8 67 8 68 8 69 8 70 6 71 7 72 8 73 8 h 2 57' 3 2 3 7 3 12 3 IS 3 21 3 23 3 32 3 39 3 44 3 49 3 50 3 53 3 56 3 59 4 5 4 5 4 8 4 15 4 18 4 21 4 26 4 35 4 42 4 46 4 51 4 58 5 0 5 0 5 7 5 11 5 17 5 22 5 22 5 26 5 28 5 32 5 32 34'.'64 +3';253 10.60 3.228 17.51 3.260 39.13 3.230 30.35 3.235 40.17 3.266 56.80 3.232 50.48 3.251 30.27 3.276 4.31 3.256 10.56 3.267 54.52 3.267 2.95 3.261 58.18 3.264 58.19 3.268 12.95 3.289 52.12 3.269 49.57 3.292 9.09 3.262 39.27 3.302 16.13 3.283 52.25 3.283 34.16 3.309 20.97 3.310 5.67 3.291 51.95 3.311 52.48 3.282 31.90 3.289 31.88 3.289 11.16 3.327 32.91 3.318 38.05 3.275 2.11 3.306 4.55 3.304 2.41 3.288 11.05 3.326 0.82 3.285 39.95 +3.283 + 11 9 11 9 9 10 8 9 10 9 9 9 9 9 9 10 9 10 9 10 9 9 10 10 9 10 9 9 9 11 10 8 IO 10 9 10 9 + 9 2 25.0 23 33.4 1 52.5 4 39.3 10 9.6 46 56.6 49 38.4 33 44.9 38 42.1 29 40.7 54 3.3 52 8.2 32 35.1 35 43.2 40 11.0 36 52.1 36 4.1 38 20.8 4 57.6 50 47.7 54 32.2 49 34.5 50 30.3 47 18.3 53 24.1 40 8.5 16 13.0 37 4.3 37 2.5 9 in. 2 43 14.9 51 7.8 7 26.8 1 57.6 22 27.0 55 44.5 10 34.7 6 30.5 +14"3 31 + ò;o3 14.047 + 0.20 13.724 — 0.26 13.378 + 0-46 12.992 + 0.32 12.779 + 0.09 12.626 + 0.67 12.012 + 0.54 11.538 + 0.23 11.210 + 0.31 10.838 — 0.13 10.709 + 0.18 10.550 + 0.27 10.257 — 0.14 10.030 + 0.03 9.630 + 0.01 9.580 + 0.54 9.3 51 + 0.46 8.858 — 0.08 8.582 + 0.07 8.375 + 0.03 7.926 — 0.20 7.222 + 0.15 6.667 — 0.15 6.355 — 0.13 5.875 ■f- 0.11 5.286 + 0.07 5.146 — 0.11 5.146 — 0.09 4.581 4- 0.12 4.209 — 0.02 3.687 — 0.07 3.308 — 0.11 3.305 -f- 0.08 2.962 -j- 1.06 2.775 -f- 0.07 2.443 + 2.386 -1- 0.33 + + -+- + + + + + + 4- + +■ + + + 3.0 2.3 0.1 0.8 5.2 0.5 6.4 2.2 1.6 1.1 4.9 0.4 2.3 0.9 3.2 0.9 1.3 4.0 0.7 1.7 3.7 2.0 3.1 1.3 3.7 0.3 6.0 0.2 2.0 0.3 0.2 6.0 0.4 3.1 3.9 -)- 2.0 4. 0.3 3 3 3 3 3 3 3 3 :\ 3 3 3 2 1 3 3 3 3 ZONA VI. D = 10°. 105 Num. progr. Grand, delle stelle AR. media i Gennajo i84 Variaz. annua Declinaz. media i Gennajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. a o 74 8 75 8 76 6.7 77 7 78 6 79 8.9 80 8 81 8.9 82 8 83 8 84 7 85 9 86 7 87 7.8 88 7 89 7 ^90 6 ^90 6 91 7.8 92 8.9 93 8 94 8 95 7 96 7 97 8 98 8.9 99 8 100 8.9 101 7 102 6.7 103 7.8 104 8 105 8.9 106 8 107 7 108 7 109 9 110 7 h 5 37' 47'.'97 + 3"326 ■ 5 37 50.79 3.329 5 41 13.92 3.301 5 47 40.75 3.293 5 53 35.03 3.298 5 57 32.88 3.287 5 58 22.87 3.287 5 58 37.01 3.287 6 4 27.96 3.297 6 4 42.51 3.297 6 8 17.47 3.306 6 15 15.7:: 3.281 6 15 17.34 3.281 6 19 28.07 3.315 6 26 28.53 3.307 6 28 44.87 3.328 6 32 9.83 3.305 6 32 10.02 3.305 6 36 37.94 3.301 6 43 4.70 3.325 6 47 29.70 3.276 6 52 7.68 3.320 6 54 32.82 3.284 6 56 53.36 3.286 7 1 5.57 3.288 7 5 4.62 3.290 7 6 44.53 3.291 7 14 1.51 3.297 7 16 54.13 3.284 7 19 27.03 3.276 7 25 16.32 3.311 7 30 23.42 3.272 7 35 5.44 3.286 7 38 48.13 3.285 7 46 49.67 3.266 7 53 9.36 3.264 7 57 15.96 3.272 8 2 32.81 + 3.279 -fio 10 9 9 9 9 9 9 9 9 9 8 8 10 10 10 10 10 9 10 8 10 9 9 9 9 9 10 9 9 10 9 9 10 9 9 9 -fio 51 50.9 59 0.1 48 54.2 28 43.3 38 24.0 11 7.9 10 44.1 12 : : 37 53.6 39 46.3 59 37.1 58 26:: 57 39.8 23 53.0 6 28.0 58 59.5 2 12.6 2 14.9 55 31.G 58 55.8 56 41.5 50 36.0 21 50.9 25 18.6 33 36.7 44 9.6 46 15.7 8 40.0 35 9.8 14 35.6 54 30.6 17 0.4 58 43.9 0 47.8 16 55.8 20 59.2 46 58.5H 17 26.2 -H l'.'939 — o'.'es 1.935 + 0.05 1.641 + 0.01 1.078 -}- 0.02 0.562 — 0.07 0.215 -+■ 0.32 0.142 — 0.27 -f- 0.122 — 0.09 — 0.391 + 0.03 0.412 -f 0.08 0.726 — 0.01 1.334 1.338 + O.IO 1.701 — 0.10 2.310 ■+■ 0.19 2.509 -f- 0.26 2.805 -f 0.39 2.805 + 0.18 3.191 — 0.17 3.748 -|- 0.36 4.127 — 0.05 4.523 + 0.46 4.729 + 0.47 4.927 -1- 0.06 5.283 — 0.09 5.619 5.759 + 0.13 6.3 65 + t).Ob 6.604 + 0.17 6.814 + 0.09 7.291 — 0.13 7.707 — 0.03 8.085 + 0.04 8.380 + 0.05 9.014 -MO.21 9.504 -|- 0.22 9.819 — 0.26 — 10.221 -t- 0.37 + + -f + -f- + + + + + + •+ + + + + + 1.7 2.3 0.6 0.4 3.4 3.9 0.2 0.2 4.7 0.0 4.9 2.3 1.9 1.4 1.2 1.1 0.3 0.8 1.4 0.7 3.3 1.3 1.8 2.8 0.4 0.4 3.0 0.1 3.4 1.1 4.4 2.5 0.7 4.2+ 1.2 2 1 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 H 3^ 3 3 2 3 3 3 3 2 3 3 3 3 3 2 3 3 3 3 3 3 lOG ZONA VI. D.= 10*. Nuni. progr. Grand, delle stelle AR. media 1 Gennajo 1840 Variaz. annua Declìnaz. media 1 Gennajo 1840 Variazione annua B — S in AR. Deci. Ili 4 111 4 112 8 113 8 114 7 115 7.8 116 7 117 8 118 8.9 119 7.8 120 9 121 8 122 7 122 7 123 8 124 8.9 125 8 126 6 127 6 128 6.7 129 9 130 4 131 7 132 8 133 7 134 6.7 135 6 136 7 137 5 138 8 139 7 139 7 140 6 141 7 142 4 143 7 144 8.9 145 8.9 8 7 8 7 8 13 8 17 8 25 8 28 8 36 8 39 8 44 8 49 8 53 8 58 9 23 9 28 9 32 9 36 9 42 9 45 9 49 9 51 9 55 9 59 10 5 10 13 10 13 10 16 10 19 10 24 10 26 IO 40 10 54 49"99 +3'.'264 50.07 3.264 11.11 3.279 34.34 3.266 35.62 3.241 25.02 3.261 3.55 3.266 54.81 3.270 41.98 3.252 3.92 3.245 49.47 3.258 32.90 3.242 51.40 3.229 51.39 3.229 11.22 3.248 10.43 3.210 23.72 3.207 53.02 3.218 57.76 3.204 22.63 3.226 52.73 3.208 36.33 3.221 46.10 3.203 25.86 3.188 37.97 3.185 38.63 3.186 45.05 3.181 2.30 3.201 24.32 3.198 1.59 3.183 47.55 3.173 47.54 3.173 48.87 3.169 11.60 3.177 22.99 3.167 38.18 3.159 22.14 3.143 12.17 +3.137 + 9 40 9 40 10 34 10 3 8 59 10 12 10 39 11 1 10 14 9 59 10 56 10 18 9 37 9 37 11 2 8 53 8 59 9 44 8 52 10 25 9 33 10 36 9 36 8 52 8 49 9 4 8 48 10 40 10 46 9 58 9 46 9 46 9 35 10 34 10 7 9 28 9 3 4-10 1 25.7 24.8 16.3 35.3 41.6 22.1 21.1 4.7 3.1 57.4 11.1 32.2 34.8 33.2 4.3 12.0 3.4 55.1 54.9 2.4 57.4 58.7 53.5 18.2 34.5 27.3 30.2 11.5 44.5 29.9 7.1 7.8 46.7 33.2 41.9 31.3 51.1 57.6 ■ to'.'616 + 0'.'37 10.616 + 0.29 11.010 + 0.53 11.329 11.902 + 0.32 12.099 + 0.04 12.625 + 0.25 12.886 + 0,28 13.204 + 0.46 13.489 + 0.62 13.794 + 0.29 14.092 + 0.36 14.357 — 0.30 14.357 — 0.29 14.619 — 0.66 14.972 — 0.21 15.330 + 0.06 15.358 — 0.23 15.362 — 0.35 15.553 — 0.47 15.852 — 0.48 16.049 — 0.50 16.265 _ 0.07 16.551 — 0.22 16.706 0.55 16.899 — 0.17 16.996 — 0.10 17.145 — 0.13 17.343 0.06 17.584 — 0.36 17.941 — 0.02 17.941 — 0.0 1 18.057 — 0.24 18.147 — 1.03 18.336 — 0.30 18.415 — 0.21 18.858 — 0.36 19.235 — 0.13 + 0.4 + 1.3 + 3.9 + 0.6 + 2.8 -|- 3.8 -\- 0.7 — 1.4 -f- 1.8 + 1.3 -|- 2.3 + 1-1 4- 2.7 + 1.9 + 3.4 — 0.5 3.8 8.5 2.5 4.1 + 4- 4.5 + 3.1 + 1.1 3.7 4.0 7.0 0.6 2.5 2.9 3.6 2.9 1.0 1.5 0.2 0.7 0.1 4.0 + + + + + + 3? 3 3 2 3 3 3 2 3 lì 5 4 1 2 2 4 5 5 5 4 3 3 3 :i 3 2 3 3 1 ZONA VI. D = 40°. 107 Num. progr. Grand, delle stelle AR. media l Gennajo iS^o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennajo 1840 Variazione annua B-S in AR. De cl. 'Z > Z 0 3 146 8 10 58 51.56 + 3.139 - -1-11° 4' 36.4 — I9I346 + 0"09 — 2'.'9 147 7 11 5 42.82 3.120 8 56 6.6 19.496 — 0.19 4- 1.7 3 148 7 11 13 32.89 3.118 10 2 41.3 19.645 — 0.17 + 2.3 3 149 8 11 20 43.25 3.114 10 54 59.9 19.762 + 0.12 — 0.9 3 150 9 11 25 16.56 3.102 8 51 45.3 19.825 — 0.26 — 0.7 3 151 7 11 29 54.92 3.101 9 46 8.0 19.883 -f- 0.16 — 0.4 3 152 8.9 11 36 16.80 3.093 9 9 33.0 19.948 — 0.46 — 0.6 3 153 6 11 37 2.00 3.092 9 8 50.4 19.955 — 0.26 — 3.1 2 154 9 11 42 27.38 3.089 10 24 16.2 19.997 + 0.05 — 1.5 2 155 7 11 46 50.57 3.083 9 20 1.2 20.022 -f- 0.01 — 0.2 3 156 9 11 50 11.35 3.081 10 26 43.3 20.040 — 0.17 — 0.3 3 as? 6 11 57 3.56 3.073 9 37 17.7 20.054 + 0.05 + 1.0 H ^157 6 11 57 3.37 3.073 9 37 17.0 20.054 -t- 0.24 4- 1.7 4 158 7.8 12 2 51.54 3.068 9 36 23.6 20.054 4- 0.32 + 0.3 2 159 7 12 5 17.00 3.064 11 9 8.9 20.051 — 0.04 + 3.0 1 160 7.8 12 5 19.21 3.065 10 56 36.9 20.051 -f- 0.09 4- 5.5 1 161 7 12 19 33.70 3.051 9 29 45.8 19.983 + 0.03 + 6.7 3 162 7.8 12 23 13.52 3.050 8 29 17.7 19.953 2 163 7 12 29 1.40 3.042 9 40 38.7 19.895 + 0.03 + 5.0 3 164 6 12 33 47.17 3.031 11 7 3.2 19.838 — 0.18 -h 3.2 3 165 6 12 38 14.84 3.030 10 26 6.1 19.777 — 0.43 + 6.9 3 166 8 12 43 15.53 3.029 9 4 54.2 19.700 + 0.26 4- 3.6 3 167 7 12 48 32.41 3.020 10 10 59.0 19.608 4- 0.17 — 1.7 3 168 7 12 49 49.03 3.019 10 12 22.6 19.584 -\- 0.14 — 2.9 2 169 7 12 51 43.88 3.016 10 23 24.4 19.548 — 0.17 + 1.5 3 170 8 12 56 27.87 3.016 9 30 45.4 19.451 — 0.21 4- 0.8 2 171 6 13 1 11.62 3.003 10 52 36.8 19.337 "t 0.05 — 1.8 3 172 5.6 13 8 50.18 2.999 10 15 40.9 19.158 + 0.51 — 3.6 3 173 8 13 13 23.53 3.000 9 32 34.1 19.036 + 0.24 + 4.8 3 ^74 7 13 22 41.11 2.986 10 8 41.4 18.764 4- 0.05 4- 2.7 H 5l74 7 13 22 41.07 2.986 10 8 42.0 18.765 4- 0.09 + 2.1 3^ 175 7 13 27 53.59 2.991 9 6 44.4 18.598 — 0.11 4- 2.8 3 176 8 13 33 0.90 2.978 9 53 35.9 18.428 — 0.23 4- 1.0 2 177 7 13 40 56.93 2.965 10 30 47.7 18.142 4- 0.29 + 1.4 3 178 7 13 43 58.80 2.957 10 55 50.7 18.027 + 0.25 + 1.9 3 179 8.9 13 48 20.95 2.969 9 23 13.2 17.857 — 0.04 + 3.0 2 180 7 13 54 40.92 2.952 10 27 45.9 17.597 + 0.35 4- 5.2 3 181 7.8 14 1 36.55 4-2.939 -t-11 0 38.9 —17.299 4- 0.60 4- 3.9 3 108 ZONA VI. D = 10°. Niim. Grand, delle stelle AR. media Variaz. Declinaz. media Variazione B — s — 1 re progr. 1 Gennajo 1840 annua I Gennai 3 i84o annua in AR. Deci. f ì a 1 182 7.8 h , 14 1 48.84 -)-2"939 -fu" 1 7.1 — 17.290 4- 0.05 + 0:3 3 183 6 14 7 0.87 2.936 10 51 23.7 17.054 4- 0.01 + 2.8 3 184 7 14 12 27.84 2.951 9 19 14.6 16.797 + 0.38 4- 0.8 3 185 6.7 14 16 7.79 2.952 8 58 25.6 16.621 -f 0.16 4- 0.6 2 186 6.7 14 16 26.24 2.954 8 49 4.2 16.606 -f- 0.26 4- 2.9 1 187 8 14 20 44.80 2.920 11 2 46.1 16.391 4- 0.23 4- 3.7 3 188 8.9 14 25 50.61 2.944 9 1 42.5 16.130 — 0.03 4. 4.3 3 189 5.6 14 33 47.58 2.941 8 50 58.0 15.707 — 0.22 4- 3.0 3 190 7.8 14 38 11.72 2.909 10 43 48.2 15.465 + 0.38 4- 5.0 3 191 7 14 41 40.96 2.906 10 42 55.7 15.268 + 0.28 4- 5.9 2 192 7 14 42 3.61 2.899 11 9 44.7 15.247 1 193 8 14 50 44.51 2.908 10 8 35.1 14.742 — 1.07 4- 2.6 3 194 8 14 59 32.69 2.911 9 34 46.6 14.211 + 0.50 -t 3.3 3 195 8.9 15 0 5.26 2.913 9 27 + 14.177 1 196 7 15 4 5.42 2.887 10 49 21.9 13'.927 + 0.54 4-38.9 3 197 7.8 15 8 52.05 2.892 10 18 23.2 13.621 — 0.04 4- 3.7 3 198 7 15 11 1.54 2.878 11 0 53.7 13.483 -f. 0.36 4- 2.7 1 199 8 15 16 33.25 2.898 9 39 37.0 13.122 + 0.24 + 4.3 3 200 7 15 23 9.57 2.904 9 7 50.0 12.680 + 0.12 4- 2.1 3 201 4 15 27 9.69 2.865 11 4 41.0 12.405 -f- 0.46 — 0.4 3 202 6.7 15 28 48.55 2.874 10 32 57.8 12.291 + 0.32 4- 3.9 2 203 8 15 33 22.23 2.885 9 49 18.7 11.975 + 0.22 4- 4.0 3 204 8 15 39 3.16 2.872 10 17 13.3 11.571 i- 0.56 4- 3.1 3 205 8 15 47 40.21 2.879 9 41 49.9 10.949 -f 0.15 4- 1.9 3 206 9 15 51 53.27 2.851 10 56 43.1 10.636 + 0.19 4- 4.1 2 207 7.8 15 58 14.24 2.860 10 22 25.0 10.160 + 0.24 4- 1.5 3 208 7 16 0 28.36 2.855 10 30 43.0 9.992 -f- 0.04 4- 4.8 3 209 8 16 8 20.83 2.877 9 19 23.6 9.389 — 0.06 -t- 5.0 3 210 8 16 12 15.06 2.856 10 12 51.0 9.085 4. 0.24 4- 3.7 2 2tl 7 16 16 48.09 2.845 10 37 42.7 8.729 + 0.41 — 0.2 2 212 7 16 18 1.54 2.865 9 44 24.7 8.633 -h 0.2y 4- 4.7 1 213 7 16 19 2.11 2.865 9 38 21.1 8.552 + 0.01 4- 6.5 2 214 7 16 24 18.30 2.860 9 45 46.2 8.133 4. 0.05 + 2.4 3 215 7.8 16 26 47.05 2.876 9 0 44.4 7.933 + 0.48 + 1.2 2 216 8.9 16 32 11.63 2.871 9 8 31.5 7.497 + 0.19 4- 3.5 3 217 5.6 16 38 9.31 2.875 8 52 43.1 7.012 — 0.10 4- 3.5 3 218 7 16 42 20.88 2.854 9 42 8.1 6.667 — 0.32 H- 1.7 2 219 7 16 43 27.51 + 2.844 +10 9 22.7 — 6.575 — 0.37 -t- 0.4 1 Z(3NA VI. D ^ IO"'. 109 Nmii. progr. Grand, delle stelle AR. media i Gennajo i84 Variaz. annua DecUnaz. media 1 Gennajo i84t) Variazione annua AR. Deci. a o 220 4.5 221 7 222 7 223 7.8 224 8.9 225 8.9 226 7 227 7 228 7 229 8 230 7 231 7 232 6 233 7 234 5 234 5 235 7 235 7 236 8 237 8.9 238 8 239 8 240 8 241 5 242 7 243 8 244 8 245 8 246 7 247 8.9 248 7 249 7 250 5 251 8 252 8.9 253 8.9 254 7 255 7 h 16 46 16 54 16 58 17 2 17 7 17 8 17 14 17 21 17 27 17 34 17 40 17 42 17 49 17 53 17 59 17 59 17 59 17 59 18 6 18 12 18 17 18 22 18 22 18 28 18 29 18 29 18 33 18 39 18 43 18 47 18 51 18 56 18 59 19 4 19 7 19 7 19 7 19 15 26.42 18.13 27.52 7.44 58.62 28.25 15.44 15.66 1.08 46.48 25.50 35.12 57.32 8.80 45.94 45.95 55.21 55.12 2.06 8.29 22.55 4.3 5 16.60 50.04 43.84 51.21 11.03 18.45 14.05 16.48 42.21 7.72 26.68 33.74 24.41 37.05 38.22 11.20 +2.837 2.875 2.870 2.836 2.816 2.815 2.842 2.823 2.844 2.847 2.838 2.838 2.809 2.845 2.845 2.845 2.847 2.847 2.841 2.830 2.844 2.857 2.857 2.861 2.806 2.807 2.818 2.856 2.820 2.863 2.842 2.862 2.823 2.815 2.856 2.856 2.846 4-2.857 + 10 8 8 10 11 11 9 10 9 9 9 9 11 9 9 9 9 9 9 10 9 9 9 9 11 11 10 9 10 9 9 9 10 11 9 9 9 + 9 26 0.3 41 14.1 50 41.7 15 9.8 3 21.2 4 35.4 53 52.9 40 11.3 41 59.0 31 56.6 50 37.0 54 9.3 4 10.1 34 29.3 32 45.2 32 46.3 28 50.2 28 46.9 44 10.8 13 6.7 39 12.3 6 41.4 6 22.5 0 6.0 17 32.4 14 : : 49 20.5 15 8.4 47 36.7 2 19.4 55 39.4 8 22.2 49 47.6 13 30.8 32 7.5 29 : : 56 22.1 36 24.6 — 6.328 5.671 5.322 5.013 4.516 4.474 3.977 3.375 2.877 2.204 1.712 1.522 0.879 0.601 0.021 0.021 — 0.007 — 0.007 + 0.528 1.062 1.519 1.928 1.943 2.518 2.595 2.894 3.423 3.762 4.107 4.487 4.862 5.145 5.575 5.814 5.831 5.832 + 6.462 ..^ o"26 — 0.17 — 0.02 — 0.10 — 0.38 10.32 — 0.15 — 0.11 + 0.16 + 0.02 — 0.24 + 0.10 — 0.02 + 0.03 + 0.03 + 0.02 — 0.10 — 0.01 + 0.18 + 0.23 + 0.07 + 0.49 — 0.17 + 0.09 — 0.15 — 0.38 — 0.18 + 0.30 — 0.13 + 0.23 + 0.14 + 0.55 — 0.25 — 0.27 ^» 0.15 — 0.31 + + + + + + + + + + 0.1 1.3 3.8 2.5 3.9 1.8 0.4 1.2 0.5 5.6 6.0 0.3 0.8 1.4 2.1 3.2 3.4 0.1 1.1 6.5 0.6 + 4.7 + 2.3 + 1.1 + 2.7 0.4 2.3 4.2 1.9 2.2 0.6 0.5 2.9 _ 1.8 — 2.8 3 3 3 3 2 3 3 3 3 2 3 3 3 '.\ l\ 3 3 3 1 2 1 1 2 3 3 3 3 3 3 3 2 1 1 3 no ZONA VI. 0 = 10°. Num. progr. Grand. delle stelle AR. media l Gennajo i84o Variaz. annua Declinaz. media 1 Gennaio i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. J4 7 21 48 6.94 2.951 9 20 27.8 16.826 + 0.22 + 0.8 4 295 7 21 54 9.77 2.945 10 12 19.9 17.108 + 0.12 + 1.1 4 296 6.7 21 55 28.02 2.941 10 36 56.0 17.167 + 0.07 — 0.1 4 297 7 21 59 12.11 2.940 10 59 27.3 17.334 + 0.06 + 0.5 4 (298 6.7 22 2 46.32 2.945 10 50 30.6 17.489 + 0.56 + 3.2 '\ ^298 6.7 22 2 46.37 2.945 10 50 31.5 17.489 + 0.51 + 2.6 4 299 8 22 7 42.54 2.962 9 39 46.1 17.696 + 0.32 + 1.9 4 300 8 22 12 26.73 2.961 10 14 12.7 17.888 + 0.27 + 2.0 4 301 4.5 8 22 1 3 38 14 2.950 11 24 3.1 0 1.0 17.93 5 4 302 22 16 46.53 2.978 9 18.055 — 0.29 + 0.1 4 303 8 22 22 29.29 2.975 9 51 34.6 18.268 — 0.34 + 1.3 4 304 7 22 28 40.57 2.971 10 52 8.9 18.485 + 0.31 — 2.9 4 305 3 22 33 29.03 2.983 9 59 51.4 18.643 — 0.14 + 0.7 4 306 6 22 38 42.21 2.977 11 21 12.5 18.807 — 0.34 + 8.1 4 307 7 22 44 34.10 2.999 9 22 34.1 18.979 — 0.13 + 1.5 3 308 7 22 51 11.62 2.994 10 52 27.2 19.159 + 0.60 4- 1.4 3 309 7 22 57 23.49 3.010 9 35 9.5 19.312 + 0.07 — 31.9 2 310 311 e 6 22 58 56.69 23 1 58.29 3.018 3.018 8 8 32 44.5 57 19.1 19.348 19.416 3 3 0.08 + 1.2 312 8 23 8 43.66 3.020 9 43 38.8 19.556 + 0.25 — 0.6 3 313 8 23 12 51.69 3.025 9 27 49.8 19.633 + 0.37 + 1.3 3 314 315 6 8 23 15 0.66 23 19 50.65 3.018 3.029 11 10 26 12.4 15 23.9 19.670 19.749 3 2 0.32 + 1.7 316 5 23 21 3.92 3.023 11 52 41.7 19.767 > • • • 1 317 6 23 27 9.39 3.036 10 4 29.5 19.850 + 0.09 + 0.6 3 318 8 23 30 46.73 3.036 11 18 31.2 19.893 + 0.29 + 3.3 3 319 6 23 35 13.88 3.046 9 26 35.5 19.939 + 0.27 + 0.8 3 320 7 23 37 12.75 3.048 9 17 28.0 19.957 + 0.42 + 10.1 3 321 6 23 44 27.73 3.054 10 3 23.8 20.010 + 0.21 + 3.1 3 322 6 23 49 35.49 3-059 10 3 5 0.4 20.036 + 0.31 + 2.7 3 323 7.8 23 51 36.82 3.062 10 22 56.1 20.043 + 0.27 + 0.0 3 (324 ^324 9 9 23 56 49.69 23 56 49.78 3.067 9 9 30 2.9 30 0.5 20.054 — 0.09 + 4.5 ;i 325 9 23 57 2.25 + 3.067 + 9 33 11.4+ +20.054 — 1.01 — 26.3+ 1 — »t*«s=^.^ — 112 INDICE I. dimostrante le sere nelle quali furono osservate le posizioni dì questa Zona FI. Da 22.56 fino a 0.38 15. 16. IT Novembre 1839. 0.38 . . . 2.36 3. 4. 8 Geunajo 1839. 2.36 . . . 3.50 29. 30. 31 Dicembre 1839. 3.53 ... 5. 0 9. 11. 12 Gennajo 1840. 5. 0 . . . 6.32 12. 13. 14 Febbrajo 1840. 6.32 ... 8. 7 6. 7. 8 Marzo 1840. 8. 7 . . . 9. 2 14. 18. 20 Marzo 18/|0. 9. 2 . . . 10.13 1. 6. 10. 11. 12 Aprile 1840. 10.13 ... 11.57 7. 8. 11 Maggio 1839. 11.57 ... 13.22 17. 20. 22 Aprile 1840. 13.22 . . . 15.23 12. 13. 14 Giugno 1839. 15.27 . . . 16.58 5. 6. 7 Luglio 1839. 17. 2 ... 17.59 9. 10. 13 Luglio 1839. 17.59 ... 20. 1 1. 2. 6 Giugno 1840. 20. 1 ... 22. 2 2. 5. 6 Luglio 1840. 22. 2 . . . 23.56 18. 20. 21 Luglio 1840. 21.36 . . . 22.38 18 Novemb. 1839. («nlta alle piecedcmi) INDICE II. dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona con le Zone di Bessel. h , h , Da 23.35 fino a 1.28 estratte dalla Zona di Bessel. N. 29 1.34 ... 3. 7 31 3.12 . .. 3.32 33 3.39 . . . 5.32 53 5.37 ... 7. 1 60 7. 5 . . . 8.58 55 9. 2 . . . 10.26 155 10.40 . . . 11.57 66 12. 2 . . . 13.33 232 13.40 . .. 14.20 79 14.25 . .. 16.32 162 16.38 . .. 17.42 94 17.49 ... 19. 7 182 19. 7 ... 19.31 183 19.35 ... 21. 1 13 21. 2 ... 23.29 108 Note relative alla Zona VI. N. 1 — 2 osserv. in AK ; i in deci. — N. ^n. idem. — N. 58 ; precede piccola stella di 8. ij di — !^'.o in AR + 2'. 5 in deci, stimata. — N. 80; 3 osserv. in AR; 2 in deci. — N. 82 ; 5 osserv. in AR ; 1 in deci. — N. 83; 3 osserv. in AR; 2 in deci. — N. 85; posiz.'- stimata. — N. 181 ; 3 osserv. in .A.R; 2 in deci. — N. 182 ; 3 in AR; I in deci. — N. ig8. Doppia; si os- servò la preced. più bor.'' — N. 201. Doppia la più splend. — N. 22:^. 3 in AR ; 2 in deci. — N. 2 25; 3 in AR; i in deci. — N. 228. Doppia la più risplend. — N. 24 1- Doppia si rettissima; uguale AR; differ. in deci. 3"; la più anstrale è meno splend.: si è collimato al medio. — N. 2-4; I in AR; 2 in deci. — N. 3itj; i in AR; 3 in deci. — N. 325. debolissima; posiz.'' incerta. ^^-- Z>ircc^tn^ ,/■ m 113 SULLA RIFORMA domandata dal Secolo XIX. nella dottrina del Contagio e sul recente Progetto del dott. A. F. Bulard de Méru MEMORIE DEL SOCIO ORDINARIO G. F. SPONGU A chi leggerà ilei 1S37 l'autore presentava al puliblito alcuni falli fisici costanti, i quali comprende- vano un proponimento a sturili severi sulle malattie popolari, volgari od epidemiche die dir si vogliano (i). Il nuovo progetto del dott. Bulard de Méru non era quindi primitiva occasione, ma progressivo eccitamento ad occuparsene; quanto han detto i Giornali su quei progetto nel 1837-38-39 trovava l'animo disposto, ed accresceva il cumulo delle idee, rendendo appena sensibile la fatica che domandano tali studii. La prima relazione che l'autore diede all' I. R. Accademia di Padova nel 9 Aprile 1839 divenne più che un preludio alle successive: conteneva in fatto lo sviluppamcnto di alcuni principi! dì geografia fisica, negletti da una gran parte di scrittori di tali materie, più forti certamente che non pensarono a combattere gli errori, a sradicare i quali inutilmente consacrarono le dotte vigilie ed una generosa eloquenza. La seconda, lotta alla stessa Ac- cademia nel 7 Aprile 1840, segue il divisamente della prima; le future sono facili a pre- vedersi quanto alia trattazione, se si abbia presente il piano del riformatore francese. O valgano a confermare f|uanto si disse finora , o riescano a dimostrar meglio il giù detto, o giungano per avventura a presentare cosa non immaginata per anco, gli studii di tal genere convengono all'epoca nostra. Clie finiscano coli' acclietare gl'inquieti di ri- forma, o col convincere d'impenetrabile mistero, lo scopo è raggiunto nell'una e nell'al- tra maniera: il secolo domanda analisi , vuol cribrare le tradizioni, e sa rispettare anche l'autorità, quando abbia il credilo di osservazione non prevenuta, e di purezza critica. L'autore non vuole che portare una pietra al novello edifizio. Aprile 1840. (i) Ved. ComeTitririi d'i Medicina del doti. S/tongin , Voi. III. pag. 223. Padova, coi tipi Hella Minerva, i85'^. MA MEMORIA L, LETTA NELLA TORNATA IX APRILE MDCCCXXXIX. Somma delle ricerelie e piano di critica. Jligli è grau tempo cbe alcuni dolti europei (francesi, iuglesi, alemanni), quali più quali meno desiderosi di fama, vauuo spargendo nelle scuole.j nei libri, nei giornali, nelle assemblee politiche persino, esagerarsi il significalo della parola contagio; e malattie, quali si vorrebbero da alcuni, contagiose non avere giam- mai esistito: cLe altri, più moderati, predicano con più di riserva, negano il contagio ove possano trovar soccorso negli agenti fisici noti, e, quasi tementi del fulmine, non azzardano negarlo nel vajuolo e nella peste orientale: ed al- cuni, colla pia idea di cercare un temperamento, amano d'introdurre una pa- rola, nuova secondo loro, sostituendo all'aggettivo contagioso quello di comu- nicabile: che altri iu fine, dilicati della propria dignità scientifica, escono dai loro gabinetti colla teorica della infezione, nella quale, sapendo vedere, si scor- ge benissimo, fra mezzo ad un'artificiale tenebria di parole, la voglir e la spe- ranza che nell'abisso della infezione si sperda e si annienti la vetusta dottrina del contagio. Tutti, e specialmente i Francesi, l'hanno cogl' Italiani su questo punto famoso; tutti son pronti ad incolparne il veronese Fracasloro, di cui con- fessano d'altronde, e giuslameule, la gloria europea nel secolo decimosesto: a lui imputano i rigori delle contumacie nei lazzaretti, gli eterni espurghi, la perdita enorme di tempo, e quel trepidare continuo per oltre a trent'anni, pria di assicurarsi della estinzione d'un contagio che abbia invaso una sostanza amica di sua conservazione. Già il Montano ed altri dotti contemporanei al Fracasloro si manifestarono oppositori accanili alle dottrine non appena pubblicate da lui; né di ciò è a me- nar meraviglia, che anzi morte il destino è questo de' grand' ingegni. Destò bensì grande sorpresa nel mondo medico, ben prevenuto avervi un reale contagio nella peste, che una rispettabile Facoltà medica europea, quella di Parigi, sos- tenesse solennemente il contrario al principiare del secolo decimotlavo; e più grande si sparse fra i veneratori del giusto merito dello Stoll , quando nella se- conda parte del suo Ratio medendi, pubblicala nel 1778, lessero nguale sen- UT) lenza. Si sa clae le mejilazloui dello SloU sugli sciiui Ji Tito Livio nioslraroiio a quel dolio epidemiclie, uou coulagiose, le molle raalallie delle legioni roraaue, daleci per pestilenze : non si sa poi quali fossero, se uguali o diversi, gli appoggi dtilla racollà di Parigi. Ciò che sappiamo si è. che scoppiala la peste iu Pro- venza nel 1720, ed essendosi coudolle le Aulorilà politiche dietro ai priucipii del negato contagio, sotto la direzione del doti. Chicoyneau, i contagionisti at- tribuirono la strage alla niuna sanitaria provvidenza, per cui la sola Marsiglia perdette la metà della sua popolazione : per egual motivo dissero che 3Iessiua uella stessa epoca venisse crudelmente privata di /i 0.000 cittadini nel corso di circa ceuto giorni. Al cominciare del secolo decimonouo le filiazioni politiche aveano già stor- nati gli animi dalla quistione del uon-contagio: i medici, non tranquilli (Ielle nuove vedute di Rasori sulla febbre petecchiale di Genova , dedicavan.si a tuli' uomo alla terapeutica, e tenevauo come accessoria ai loro sludii la patolo- gia specifica e la polizia medica. Un po' di turbamento, ma passaggero aftatto, portava la invasione della febbre gialla in Livorno nel ISO'i: chi volevala con- tagiosa farneticava sugli specifici per reprimerla : chi volevala una infiammazio- ne angio-membranosa studiava il processo patologico, ne si occupava punto di panacee. Ma a quell'epoca trovavasi siccome medico militare in Italia un uomo il quale, facendo mostra di mediocrità, era al fatto di quanto osservavano gli Italiani, e sapeva trarne profitto; un uomo che vedemmo in breve porre al va- glio le dottrine mediche d'ogni epoca e d'ogni scuola: e confondendo, come iu un caos, principii, melodi, sistemi, opinioni, scoperte, stendere l'ampia base della novella dottrina sulle simpatie dei tessuti viventi, insegnale da Saverio Bichàt. La perpetua gastro-enterite del Broussais esigeva, appunto come soglio- no tutte le generalità teoretiche, non si facesse conto d'uno specificismo palo- logico: un processo specifico non somministrava mezzi ad intendere le varia- zioni della gelatina nelle membrane, dell'albumina nei tessuti che servono alla innervazione ; un processo specifico domandava terapia specifica : quindi non facile tranquillare il malato coi cataplasmi di sanguisughe , colla inevitabile ti- sana d'orzo, colla gommarabica, universali rimedii: era necessario, per conse- guenza, abbandonare al volgo dei medici la cjuistione del contagio, richiamando i più volonterosi di apprendere alla fonte di scienza, per convincerli avervi un errore. Il tifo d'Europa, il tifo d'America, il tifo d'Oriente divennero altret- tante gastro-enteriti, con insidiosa innervazione infero-superiore: il mordehi. 116 o morbo iadiano, si proclamò per una gastro-enterite larvata; la rosolia, la scar- lattina, il morbillo non altro che gastro-enterite: il vajuolo pure una gastro-en- terite, colla riserva di migliore studio, cui giovava il preservativo della vaccina- zione : e frattanto l'anti-scuola mirava agli esantemi latenti , e pensava in silen- zio al mezzo d'uscirne; donde dopo molti anni aveasi a proclamare dal Breton- ueau la dotinenterite ,, supposta il più delle volte, microscopica quasi sempre: cioccbè significava chiaramente, che la sicurezza diagnostica si stava nel cada- vere, a salvezza del medico impotente a guarire. Ecco, o Signori, se mal non m'appongo, la genesi delle ultime quistioni sul contagio, il pomo della discordia fra gli epidemisti, gì' infezionisti, i contagio- nisti. Aggiugnete la smania del secolo di tutto spiegare, di tutto vedere e com- prendere: la continua ricerca del reale, propria dell'indole drammatica del no- stro tempo: e conoscerete il perchè non si chiamino paghi di calcolare il con- tagio dagli effetti coloro che, per convincersi, vorrebbero poter isolarlo; come Lavoisier, sulle tracce di Brun, Rev e Bayen, isolò l'ossigeno e l'azoto dell'aria atmosferica, ossidando 1 metalli. Aggiugnete la diffusione dei piroscafi, coi quali si resero celerissimri viaggi più lunghi e nojosi; le strade di ferro, che avvici- neranno le città più lontane , e promettono pronte comunicazioni da riversare l'Occidente sul!' Oriente, questo su quello; osservate la impazienza del com- mercio, e la intolleranza degl'indugi nelle contumacie , nulla importando la salute pubblica di coufronto alla seducente prospettiva delle ricchezze ; rillettete infine alla indifferenza che crebbe quanto alla conservazione degl'individui, ed all'abitudine di considerare semplicemente le masse, introdotta dalle fredde sta- tistiche, le quali vi calcolano il per cento col sorriso dello stoico; e, meditato il tutto, non vi coglierà certamente la maraviglia, che attualmente ed in ogni an- golo civilizzato del globo si muova guerra alla dottrina dei contagi, e che i Francesi spezialmente, emuli degl'Italiani, accusino la sanzione del pregiudizio nella onorala memoria del veronese Fracastoro. E nolo a tutti come nella seconda metà dello scorso anno le gazzette po- litiche andassero ripetendo il nome d'un medico francese, il dott. Bulard , te- slimonio illeso della peste al Cairo, a Costantinopoli, alle Smyrue, il quale abitò per molti mesi negli spedali degli appestali, ne trattò da 25 in 30,000, portò per due giorni indosso una camicia impregnata di sangue e marcia d'un appe- stato, fece da medico, da Infermiere sui vivi, da anatomico sui morti, sempre fra mezzo alle stragi; e venuto, dopo sei anni, in Europa sano e salvo, bene UT iutenzioualo della umanità, della polilica, del commercio, ideasse uu Gougresso medico europeo, da tenersi di preferenza all'isola di Malia, ove proporrebbe egli pure un lazzaretto centrale. L'Osservatore triestino del 1839 (N. 251-252) trasse dalla Gazzetta di Sanità del dott. Beer (N. 97., 3 Dicembre 1838) una relazione sul discorso tenuto dal Bulard alla I. R. Società medica di Vienna nel 16 Novembre 1838; e gli Annali dell' Omodei, nell'ultimo fascicolo di Febbrajo, copiano l'articolo, tradotto in pria dall' Osservatore triestino. La Gazzetta di Venezia (N. 39., 1G Febbrajo 1839) traeva da quella di Vienna, e questa dal Corrispondente di Ilarabourg, un articolo del dott. Sau- der di Brunnswich, non troppo favorevole alla idea del Congresso; ed il Sau- der, mentre si riferiva ad una sua Memoria inserita negli Annali medici di Hanovre (Voi. IH. Fase. IL 1838), mostrava tenere per base principale la ven- tilazione degli spazii dei navigli, atta a rendere superflue le fumigazioui e gli sciorinamenti che si fanno nei lazzaretti di Europa. Nel N. 42. (20 Febbrajo) della stessa Gazzetta inscrivasi la traduzione d'un articolo di quella di Vienna sul discorso che il prof. Kuolz faceva alla L R. Società medica di \ienua nel 2 Febbrajo, allusivo al progetto del dott. Bulard; ed il Knolz, non troppo per- suaso dei principii del medico francese, conchiudeva essere migliore partito lo spedire nei paesi del Levante alcuni medici incaricati di studiare la peste. AI Cons. Frari per nulla quadrò l'articolo del dott. SauJer uè dal lato sto- rico, né dal lato politico. Nei N. 54. 55. del G-T Marzo 1839 si accinse a di- mostrare che nel secolo XIV. maggiori furono le stragi e più frequente la peste in Europa che nel XVL Solennemente dichiarava in seguito, non potersi pro- vare storicamente la diminuzione della peste nel secolo XVIL; essere ingiusto il divulgare che alla introduzione dei ventilatori nei bastimenti della marina inglese, avvenuta nel 1741, e prima ancoi'a allo sventolamento degli spazii pra- ticato sino dal lG80,si debba la minore frequenza delle invasioni nei seco- li X\ III. e XIX.: che molto avean fatto Venezia, Trieste, molto gli altri laz- zaretti europei, per soffocare e limitare al breve spazio del bastimento la peste, ch'erasi dichiarata più volte (1). (1) Sul progetto del Bulard parlarono il Foglio universale d'Augusta 26 Dicembre 1838, N. 360., pag. 2744, e le Notizie di Froriep, Novembre 1837, N. 77., pag. 176; Gennajo 1838, N. 94., pag. 96, e N. 173. Pareva da questi Giornali che il Congresso do- vesse aver luogo negli Stali austriaci, restando a decidersi se in Vienna o in Trieste. 118 Siu qui i fogli politici: e forse tli più avrebbero pubblicato, se i XXIV ar- ticoli, il generale Skriuesky, Marcio, la lega, le elezioni non avessero coperte per mollo tempo le quattro pagine, da non rimanere un angolo a sanitarie noli- zie. Credo non sia mio soltanto il desiderio di vedere quali saranno le mosse del doli. Bulard , il quale, a dir rettamente, non assunse piccolo impegno colla irenerazione attuale: quella, cui aspro suona il sentire che il mistero della peste si mantenga tuttora quel mistero di quaranta secoli addietro, almeno per quanto può permettere la induzione. Egli intende preparare le future generazioni allo scioglimento compiuto del gran problema sulla peste orientale; e dichiara die il mezzo a scioglierlo dovrà esercitare una influenza morale, potente a segno da raggiugnere lo scopo voluto. Questa influenza morale, egli dice, cadrà sulle popolazioni orientali, e sulla legislazione sanitaria europea: le misure da adot- tarsi renderanno la storia della peste un libro morto. Iddio protegga gli sforzi generosi di quest'uomo, al quale è a desiderarsi lutto il favore del potere am- ministrativo. acciocché una tanta volontà non riesca sterile, e cosi sgraziata- mente si estingua ! Eccovi, o Signori, il piano del nostro autore. 1.° Stabilire un Congresso sanitario europeo, composto d'impiegati ammi- nistrativi e di medici, in cui ogni nazione o potenza si facesse rappresentare da due o tre deputati. La sede del Congresso fosse di preferenza all'isola di Malta. Ricerche, sperienze. discussioni aprissero le prime sessioni: quindi si desse mano alla medicina sperimentale; e determinali i falli essenziali, si passasse alla soluzione del problema amministrativo, preceduta dalla soluzione dello scienti- iìco. — \enendo ai particolari lavori del Congresso., questi dovrebbero essere: 2.° Esaminare se sia vero, o no, ch'esista un contagio pestilenziale. A ciò poter condurre j;Il sperimenti sopra uomini condannati a morte dalla legge. Non permettendolo il legislatore , affidarsi al coraggio e alla intrepidezza dei medici membri del Congresso, oppure a quei medici che non ammettono la contagio- sità della peste, eccitandoli a fare sperienza sopra sé stessi. i3.° L'esame cui tendono gli sperimenti aversi a dirigere a quattro punti principali, da stabilirsi: contagiosità della peste — sua essenza patologica — cura — misure di precauzione. A° Negli sperimenti del primo genere avere per iscopo di determinare i limiti naturali della peste, il modo di manifestarsi e di propagarsi, analizzando i fatti. Ad onta che la storia della peste sembri all'autore parlare senza opposi- zioiie per la contagiosità, dichiara egli non doversi entrare di troppo nella sto- ria, ma invece sperimentare, onde dedurre il modo di propagazione per con- tatto mediato o immediato, iu distanza, o dalla sfera d'influenza dei maiali, ovvero per innesto. 5." Risultamenli pratici, e vantaggiosi alla legislazione , potersi ottenere istituendo sperienze fuori delle località della peste, indi nel centro, a morbo incamminato e cessato, nei rapporti di tempo e di luogo. Stranieri, indigeni, sani, malati, vaccinati o no, vinto o no il vajuolo naturale, con e senza fonti- coli, avanti e dopo la peste, non aventi relazione alcuna con appestati o con so- stanze infette, giammai entrati nella sfera d'influenza: tutti questi individui do- versi assoggettare allo sperimento. 6.° Gli sperimenti a contatto immediato^ da farsi traendo gli appestati dal focolare del morbo, mettendoli in rapporto colle persone da infettarsi, luori del centro del contagio: non riuscendo, tentare la infezione al centro, sopra gli stessi individui. 7." Gli sperimenti a contatto mediato, da istituirsi colle lenzuola, camicie, ed altri effetti suscettibili, nel medesimo rapporto delle persone , come nello sperimento precedente; effetti da toccarsi ed indossarsi da individui non per anco esposti, e fuori del luogo della peste. 8." Gli sperimenti a fZwtert:;rt, da eseguirsi chiudendo individui sani in una infermeria di appestati, a distanza tale da questi da sentirne la influenza, senza toccare né ammalati , né oggetti di loro spettanza. Modificazioni sareb- bei'o: l'atmosfera dell'infermeria, l'alito, la traspirazione nell'aria libera, od in stanze chiuse; e collo inspirare quell'aria ch'esce dai polmoni dell'appestalo nel- l'atto della espirazione. 9. Gli sperimenti d' inoculazione conseguirsi introducendo, sotto ai co- muni integumenti d'un sano, sangue, marcia bubbonica, siero dei carbonchii e di qualche rara eruzione, muco bronchiale, saliva, sudore, fluidi delle prime vie, linfa, bile, ed altri liquidi secreti. Dimostrala di tal maniera la contagiosità della peste, oppure non ammessa, l'autore addita gli esami da farsi per conoscere la essenza e V indole della ma- lattia; e questo si riduce allo studio ingenuo della forma e delle varietà cui può andare soggetta. Quanto alla cura., egli dispone il Congresso ad esaminare tutti i metodi da lui dichiarali inefficaci, e decidere sugli effetti salutari commendati dai Greci e 120 dagli Armeni. Desidera poi im esame particolare ed una ripetuta applicazione del rimedio (la cui scoperta riserva a sé stesso), onde rilevisi quanto nei risul- tamenti, che verranno descritti in faccia al Congresso, abbiavi di vero od im- maginario. Finalmente, su ciò clie riguarda le misure di precauzione, domanda che venga dimostrato il valore dei varii mezzi profilattici decantati finora, e del metodo da lui tenuto siccome assolutamente sicuro; donde ne verrà che s'abbia nd occuparsi della legislazione sanitaria , e di quella riforma che insegneranno le circostanze (1). Prima di passare alla parte amministrativa del progetto non sarauno fuor di proposito alcune considerazioni. Il dott. Bulard propone un Congresso sanitario a Malta, ed ivi pure un laz- zaretto centrale per le contumacie: a questo Congresso, e non ad altri, addita egli ciò che debba farsi per isciogliere il gran problema. La prima riflessione, che fa la mente, costringe a domandare se questo Congresso abbia a durar mesi, anni, lustri, in attenzione degli avvenimenti accidentali, oppure da radunarsi (juando che sia. attendendo la sventurata occasione che l'isola di Malta venga invasa dalla peste. Stabilendosi un lazzaretto centrale in quell'isola, polreb- liero darsi, egli è vero, casi frequenti per le provenienze dal Levante: ma casi isolati il più delle volte. Ned è a credersi la mira, che sarebbe oltremodo inu- mana, di lasciar diffondere la peste in tutto l'equipaggio del bastimento, per moltiplicare la sperienza entro alle mura del lazzaretto. Dato ancora che ap- prodasse all'isola di Blalta un bastimento, il cui equipaggio avesse buon numero ili appestati, come audrebbero gli sperimenti fuori delle località della peste, indi nel centro della epidemia, a morbo incamminalo e cessato? Un bastimento po- trebbe chiamarsi la località della peste: sarebbe esso il centro della epidemia? No certamente: poiché per località e per centro è d'uopo intendere la regione ove suol essere endemica la peste, poiché ivi .si combinano le altre circostanze di luogo, di tempo, di temperatura, di tensione elettrica, di condizione igrome- trica, di latitudine geografica: importantissimi cardini d'una sperienza legittima. Fatta questa nel luogo, per cosi dire, natio della peste, non neghiamo convenire altre sperieuze di lazzaretto, quando la peste, avventizia in questo, sia ridotta a (1) Non è questa l'occasione di esaminare l'articolo flel Congresso sanitario europeo, inserito nell'opera del Bulard De la peste orientale, stampala a Parigi nel 1S39. L'esame dell'opera sarà argomento di apposita Memoria. 121 rislrelli confini: ed allora potranno fluire coroliarii giusti, da applicarsi iu se- guito a quelle altre regioni del globo ove svenluralamente giugnesse la peste, co- me avvenne in più tempi ed a svariate distanze. Se il prof. Knolz di ^ ieuna, nel- la seduta del 2 Febbrajo (vedi più sopra pag. UT), preferiva di mandar medici per isludiare la peste in Levante, si vede che non aveva il torlo. Provare la esistenza del contagio pestilenziale, o dimostrarlo nullo, istituendo sperienze sovra uomini condannati a morte dalla legge, promettendo loro una mi- tigazione di pena nel caso uscissero incolumi dalla peste. — Qui il dolt. Bulard azzarda togliere di mezzo un ostacolo, dicendo non essere né contro lo leggi.^ né contro la religione e la morale, servirsi in nome dell'umanità di delinquenti, il cui corpo per la società non é che un cadavere, e circa la decisa morte de' quali è ad essa indifferente se sia la conseguenza d'una esecuzione giudiziale, o della j)este. Sarei d'avviso che qualche criminalista potrebbe insorgere, e dire il con- trario: ma di ciò non compete a noi il disputare. Piuttosto osserveremo come sia difficile il trovare all'uopo tali e tanti delinquenti sul luogo della peste, op- pure trasportarli da altrove; come il terribile contrasto in questi tra la speranza ed il timore potesse rendere ambiguo il risultameuto , giacche tutti gli osserva- tori della peste convengono che la paura uccida la maggior parie degl'invasi, i quali per la mitezza della forma della malattia sarebbero forse sottratti alla morte. Non ci dispiace, anzi ci sembra un po' comica (nel caso che il legislatore si opponga ad approfittare dei condannali), la sostituzione dei medici che non ammettono il contagio. Assoggettarli allo sperimento sarebbe per loro V experi- mentuni crucis^ a rendere pubblica la conferma della opinione loro: ed io, ri- spettando d'altronde le opinioni,, ritengo che quando fossimo alla prova, di que- sti forse non ci sarebbe gran numero: ho bensì fondamento a credere che fra i membri del Congresso nessuno si eccettuerebbe , pei'suaso che chi voglia far parte di quella unione sacra al bene dell' umanità sappia ancora onoratamente sacrificarvi la vita. Questo tentativo solenne in faccia al mondo, che conduce a trovare la realtà a costo della vita, mostra il progresso dell'epoca drammatica della medicina. L'italiano Eusebio Valli sarebbe il grande campione. Determinare i limiti naturali della peste, il modo di manifestarsi e pro- pagarsi, analizzando i fatti. — Il dott. Bulard ha ragione: questo è il punto più importante di quanti egli ha toccato sinora; e varrà meglio compiere questo esame, a comprendere l'indole della peste di confronto alle infinite e prolisse descrizioni della malattia e delle sue varietà, svisate d'ordinario dallo spavento, 122 dalla prevenzione, e dalla falsa maniera di vedere di alcuni, teslinionii delle stra- gi, rare volle aitivi. Sappiamo iulaulo dai l'atti, che la peste è endemica sulle co- ste settentrionali ed occidentali dell'Africa, ed in quella parte dell'Asia che sta sulle rive del Mediterraneo e del mar Nero: che il basso Egitto, dopo e avanti i Faraoni, fu il focolare della peste, ed ha veduto sempre coincidere lo sviluppo di essa col disseccamento dei canali del Nilo. Sappiamo che la peste in Egitto regna soprattutto durante l'inverno: che desiste quando per avventura il freddo giugue a qualche grado sotto lo zero, oppure quando il caldo supera i 28° di Reaumur. E noto che la peste iu Egitto non si estende giammai al di là di Ken- nch, piccola città fiorente alla sponda destra del Nilo, latitudine boreale 26° circa; oppure al di là del villaggio Denderah , l'autica Tentyris di Strabene, situato a 1/4 di lega dalla sponda sinistra del Nilo: villaggio noto per un gran tempio d'architettura egiziana , ancora intatto sotto il regno dell' imperadore Adriano. Consta ancora dalle osservazioni, che la peste diminuisce d'intensità nella ragione topografica, di quanto più si approssima all'equatore. La linea d'incremento sarebbe da Kennéh ad Alessandria, cioè dal 26° al 31°, 13' N. : il decremento segnerebbe naturalmente la inversa: quindi cinque paralleli di misura convenzionale dal Jlediterraneo lunghesso il Nilo, a 30°, 20,42' di lon- gitudine orientale dal meridiano di Parigi, mostrerebbero il dominio della peste. Egli è a Denderah il punto del fiume in cui il viaggiatore, clie ascende il Nilo, comincia a vedere le prime rovine importanti dell'Egitto antico. Quando si rifletta che gl'indigeni attestano le grandi stragi farsi iu Egitto soprattutto nella stagione invernale di quel clima: che desiste la peste allorché la temperatura viene rappresentata o da qualche grado sotto lo zero, oppure dal di più dei 28° sopra lo zero; quando si noti (singolare circostanza!) svilupparsi la peste d'accordo col disseccamento dei canali del Nilo; non si può a meno di interessarsi allo studio della temperatura del clima , non disgiunta dalla latitu- dine geografica: al che gioverebbe segnare due linee isotermiche . e chiudere cosi iu una zona i luoghi prediletti dalla malattia (1). Con questo metodo si po- (1) É vero che l'equatore termale non combinandosi coU'cquatore geografico, anche le linee isotermiche non potreljbero essere parallele a questo; con un di più, ch'esse non ri- sultano giammai parallele neppur fra loro. Ma io non fo che accennare un soggetto di stu- di! della più alta importanza; e forse questa fisica irregolarità, che confesso, potrebbe coincidere colla influenza morbosa che si cerca scoprire. r2:i Irebbero avere, a parer mio, due vantaggi principali: l'uno consisterebbe nel t'ormarsi una guida a comprendere le cause fisiche assolute d'una irruzione in altri paesi, dato die si combinassero le condizioni di temperatura ec. uguali, per uu tempo da determinarsi, a quelle della zona isotermica naturale della malattia; l'altro starebbe nel farsi strada a studiare i confronti tra peste, febbre gialla, inordeki, o cholera-morbus, tutte malattie endemiche della torrida nell'emi- sfero boieale, diffuse queste due lalfiata alla torrida dell'australe, quella e queste alle temperale dell'uno e dell'altro, ma sempre teraporariamente, ed in una qual- che consonanza colle stagioni. Io trovo che nella zona isotermica dai 30° al 10° Stanno la città di Gumana, l'Avana, le grandi e piccole Anlille, ove la febbre gialla mena couliuue stragi; trovo che Bombay, Madras, Goa, Calcutta stanno presso a poco nella stessa zoua, e v'infierisce il cholera ; che nella zona iso- termica dai 23°, 5' al 30° sta il Cairo e buona parie del basso-Egitto, ove è en- demica la peste: e tutti questi fatti fisici mi autorizzano alla indagine, non forse la slessa condizione termica sia causa precipua di lutti e tre i morbi, i quali ri- cevono modificazione nella forma loro per altre cause topografiche. Anticipo dunque, allo studio ulteriore sulle cause fisiche, sette proposizioni antitesiche relative ai tre morbi indicati; e sono: 1." La peste non si trova al di là del 41°, ì' di latitudine boreale; la febbre gialla finora non è andata al di là del 46°, ma nell'emisfero orientale. 2.^ La peste scema di energia quanto più si accosta all'equatore; la febbre gialla diminuisce di energia quanto più si allontana dall'equatore. 3." La peste ed il cholera sono malattie endemiche nell'emisfero orientale. h." ha febbre gialla è endemica nell'emisfero occidentale. 5." La peste è endemica sulle coste settentrionali ed occidentali dell'Africa; e,, nell'Asia occidentale, sul Mediterraneo e sul mar Nero, ha febbre gialla è endemica sulle coste orientali dell'America setleulrionale, in cui comprendousi le Antille, più presso all'equatore ; ed appena ne partecipa la repubblica di Co- lombia, la cui latitudine è tra 'I 12° N. e '1 G° S. tj.'' La peste ed il cholera sono malattie africo-asiatiche, entro i primi 41 gradi di latitudine boreale, nell'emisfero orientale. 1 .' La Jebbre gialla è malattia del tutto americana, dentro i primi 30 gradi di latitudine boreale nell'emisfero occidentale. La manifestazione e la propagazione dovranno interpretarsi sulla scorta dei fatti fisici poc'anzi enumerali. 124 Sembra al doli. Bulard che la storia della peste parli senza opposizione per la contagiosità ; vuole per altro che non ci occupiamo tanto di storia, e ricorriamo agli sperimenti. I libri più antichi, che conosciamo, sono per lo più poetici ed immaginosi; né farebbero al medico per rinvenire, se anco fosse in- dicata, l'origine d'una malattia umana, od il suo primo apparire. Un vocabolo non inteso, o male interpretato, metterebbe una dannosa confusione. Il dolt. Thiene, per trovare la sifilide dopo il diluvio, entrò in uno spiuajo, da dove sembra problematico ancora che ne sia uscito. Noi non daremo che il valore d'un cenno storico al documento trovalo nel papiro d'una mummia posseduta dal Console svedese in Alessandria nel 1835, il signor d'Anastasy. Leggevasi cioè che quel- l'individuo, ora mummia, era morto di peste nella età di ventun anno. Il doti. Estiennes, chirurgo della marina in Alessandria, testimonio della peste 1834- 35, si vale di tal documento per abbattere l'opinione d'un medico francese, il quale vorrebbe che la peste non fossesi dichiarata in Egitto se non dopo che la decomposizione dei cadaveri nel terreno alluviale del Delta non venne impedita dalla mummificazione usata in tempi remotissimi. E si ammetta pure che il dolt. Estiennes la vinca: avrà per questo la nozione della contagiosità nella peste? Tucidide è celebre nella politica pe' suoi otto Libri sulla guerra del Pelo- ponneso (1): ma i medici gli diedero forse maggiore celebrità per la descrizione della peste di Atene, avvenuta nel secondo anno di quella lunga guerra, ch'egli, primo degli scrittori della peste, mandava alia posterità. Eppure 1' Haller ed al- tri dotti dubitarono die quella fosse peste : il Blumenbach però non cita questi ultimi particolarmente [-). I non contagionisti si soscriverebbero facilmente alla dubitazione dell' Hailer: gli epidemisti troverebbero nelle parole stesse di Tuci- dide un carattere d'influenza, gl'infezionisli un miasma. E di fatto quando si legga, nel primo anno della guerra peloponnesiaca concentrarsi in città gli abi- tanti della campagna; farsi gran numero di gente da non poter capirla le abita- zioni ordinarie; supplirvi i tempii, le torri, le piazze pubbliche, nel boUor della state, restando la notte molli al sereno ; succedere in autunno grande massacro (1) Tliucjdidis De bello Peloponnesiaco Libri FUI. Ex inlerprettilione Laurentìi Fallae ab Henrico Stephano iterum recognita. Francofurti 1589. (2) E si esprime cosi: Ea tamcn, utrum veri nominis peslis fuerit , Halleri, aliorum- qiie doctorum virorum diibitatio est non iniqua. Blumenbach, Introduclio in historiam medicinae litterariam, Gocttingae 1786. 1 25 e larda sepoltura; impiegarsi l'iuverno nell' eulusiasmo dell'elogio funebre dei morii; ripigliar la guerra in primavera; non si ha d'uopo di grande fatica a co- noscere una serie di cause che daranno lerribill effelti. Assicura quindi lo scrit- tore, che nel primo anno della guerra (431 av. l'è. v.) nessuna malattia osserva- vasi; ed è un caraltere precursore delle grandi epidemie il silenzio dei morbi ordinarli: e darà molto fondamento a conghiellurare, piuttosto che di peste (ad oula che la si faccia venire dalla Etiopia, dall'Egitto, dalla Libia), d'una pe- tecchiale, d'un tifo nosocomiale o castrense, di cui s'abbia a mettere in evidenza il contagio. Le bollicine che si vedevano e gli apostemi minuti non è difficile compararli alle nostre idroa^ flittene, pustule^ i'ibici, comuni ai tifi ed alle pe- tecchiali. È tanto poi assoluto il linguaggio dello storico nell' indicare la univer- salità del morbo, la ninna eccezione di agiati o poveri, medici, infermieri, vec- chi e giovani d'ambo i sessi, che sarebbe assai disagevole trovarvi il carattere della peste col rigore che si usa a' giorni nostri. Lucrezio (I) anch' egli si ta imitatore di Tucidide, come lo divenne pure il Boccaccio (2). Il Boccaccio descrive la peste di Firenze del 1348. Anch'egli parla di deri- vazione (ma in una maniera assai vaga ed incerta sull'epoca) sicura, se vogliasi, perchè la fa derivare dalla sorgente accordata da ognuno. « La mortifera pesti- )) lenza (egli dice), alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle » d' innumerabile quantità di viventi avendo private, senza ristare, d'un luogo in » uu altro, continuandosi verso l'Occidente, miserabilmente s'era ampliata. » E vero che nel secolo XIV. la peste infieri grandemente in Italia, nella Polonia, nell'Alemagna, Olanda, Fiandre ec, incominciando presso a poco dal 1311; ma come trovare l'anello da cui comincia la catena di 3T anni, senza conoscere le comunicazioni posteriori alla prima importazione, che pur vogliamo concedere? E qui notate, o Signori, che il Boccaccio accenna al sangue da naso come sin- toma letale in Oriente alquanti anni addietro, mentre a Fiorenza il gavocciolo (eh' è il bubbone inguinale, buon presagio il più delle volte) era segno di morte. Questa, per que' tempi, diviene una forma caratteristica speciale e topografica, migliore di confronto alle inutili dicerie di qualche moderno, cui mancò il ta- lento diagnostico per distinguere una malattìa nuova fra noi, confondendola con malattie comuni ben diverse da quella. La peste del Boccaccio sarà peste (1) Titi Lucretii Cari De rerum natura Liber VI. l2) // Decamorone di rnesser Giovanni Boccaccio. 126 precisa, qiial suol essere in Orieale; un slutoma, niulato in un altro, non cam- bia la malattia. Ci sembra però esagerato d'alquanto il fatto dei due porci, i (juali, avendo toccato col grifo gli stracci d'un povero morto di peste, » in pic- » cola ora appresso morii caddero a terra. » La peste, ira '1 Marzo e '1 Luglio, uccise più di 100,000 persone; ma la mortalità non è precisa, poiché il Boc- caccio unisce insieme la morte di molti infermi mal serviti, ed abbandonati nei loro bisogni.; per la paura che aveano i sani (1). La peste del 1575 , pvibblicata da Andrea Morosiui, sentesi derivala da Trento : ma lo storico si esprime , liberando la sua fede , che plerique affirma- bnnt. 11 prof Federigo, traduttore del 3Iorosini (2), aggiugne uua nota, e di- chiara essere certissimo che a quell'epoca la peste regnava a Trento e Valsu- gaua: ma quando non abbia maggiori prove del detto sulla importazione da quel luogo, noi lo faremo entrare nel plerique affirmabant . col discapito, o vantaggio che dir si voglia, di non aver vissuto al tempo del Morosiui. Il Moro- siui dice che alcuni ammalati del popolo morirono in pochi giorni nelle par- rocchie di S. Basilio e di S. Marziale, donde la invasione di Venezia incomin- ciata. Fu quella la fatale congiuntura del negato contagio dai professori Mer- curiale e Capivacclo: quella in cui Venezia ha perduto 50,000 cittadini. La importazione dall'Oriente per via di mare è taciuta, foi'se perchè siasi trovato impossibile lo spiegarla, avendo incominciato la peste in Venezia da pochi casi sparsi durante l'inverno. Il 3Iorosiui per altro non tace della slate ardente e secca .j della mancanza d'acqua, e dello smodato mangiare le frutta, in quel- l'anno abbondanti, che servivano al popolo per sedare la sete. Della peste del 1720 in Marsiglia ci dà un sunto il Muratori, e ci annunzia come il doU. Chicoyueau dubitasse allora sulla comunicazione per contatto; ed egli.^ coi medici compagni di sua missione, pensasse piuttosto ad un contagio vivo. La incertezza di que' medici missionarii della Facoltà di Parigi, che al principiare del secolo XVIII. negò il contagio della peste, non può soramini- .strare per avventura ad un medico indagatore del tempo nostro un appoggio in favore o contrario alla teorica del contagio. (1) Op. cit. Giornata prima. (2) Descrizione della peste del 1575-76 di Venezia , ed altre città d' Italia , pubbli- cata da Andrea Morosini. Tradotta dal latino dal prof. Federigo, con annotazioni. Vedi Giornale per servire ai progressi della patologia e materia medica. F.nsr. 13. Yen. 183(). 127 Percorrete le cronologie, e troverete dai 65 al 1 125 seguale 97 iuvasioni primitive di peste ueile varie regioni del Continente conosciuto allora; ed i cro- nologisti. come al solilo, si contentano d'un puro cenno. Esaminate alcuni altri scrittori di pestilenze, oltre ai citali, e troverete sempre una importanza di gran lunga minore. La peste del 1630, descritta nel Promessi Sposi, è tratta dal Ri- pamonti principalmente, dal Tadino, dal Lampugnani, e da molti altri -^ ornata di bellezze rettoriclie stupende , esposta con quella specie di magia esclusiva agli scritti dell'illustre Italiano: ed anclie qui le solite incertezze, le consuete (juistioni sulla importazione attribuita alle bande alemanne entrate nel Mila- nese, senza curarsi della origine orientale primitiva, poiché a quell'epoca la peste s'era sviluppata in varie parti d'Italia. La descrizione del Manzoni am- metterebbe qualche dubbio che si fosse trattato di peste: allontana però l'idea di tifo castrense, sebbene questa si renda assai consona alla circostanza d'un movimento di truppe straniere che giugnevano slanche da lontane regioni. Fra i contemporanei sono recentissime le osservazioni di Clot-Bey e di Esliennes . testimonii della peste di Alessandria 1834-35.^ e di Mino il quale, dopo ventun anno di soggiorno iu vari! luoghi, ove infierì a quando a quando la peste, si crede iu diritto di pubblicai'e alcune verità, da lui conosciute, in uno stile aforistico. Clot-Bey chirurgo trova che più fatti tendono a provarne la con- tagiosità, ed un gran numero d'altri si oppone. Sentite com'egli appoggia la sua proposizione. Sei medici del Cairo toccano conlinuameute i malati senza veruna precauzione; allievi medici ed infermieri sono sempre in rapporto coi malati: e sino ad ora non si verificò fra questi e quelli verun attacco. La lettera data dal 26 Marzo 1835; la peste, al suo dire, cominciò in Novembre del 1834 in Ales- sandria: in Gennajo del 1835 al Cairo: dunque almeno quattro mesi dalla in- vasione primitiva in Alessandria osserva egli la immunità. Il giornalista, cui giunse quella lettera , osserva assai sensatamente che i fatti negativi saranno buoni bensì a ristringere la idea del contagio, non mai a distruggerla (t). Il dott. Esliennes, testimonio anch' egli di quella slessa invasione, la vuole incominciala in Alessandria niente meno che quattro mesi prima; e la fa venire (1) Aggiugne Clot-Bey, che l'isolamento non guarentiva puntoj che non v'erano inondazioni, né tumulazioni mal eseguite; che i poveri, i sudici ed i malsani erano i più fra gli attaccati. Vedi Journal des connaissances médico-chirurgicales. An. III. Tom. IV- pag. 161. 128 da Coslaulinopoli propriamente nel T Luglio 1834, quando moriva un marinaro del brick il Rivenuto •, entrato nella rada di Alessandria il 6 Luglio. Ci narra poi, come narrò un tempo Volney (nel 1T83), che gl'indigeni affermano co- stantemente la peste essere stata importata in Egitto; questo paese non essere il focolare della malattia, come falsamente si crede. Il dott. Estiennes è uomo persuasissimo del contatto immediato e mediato . e professa ingenuamente la dottrina del contagio: se qualcuno ne sorte libero, si deve inferire, secondo il convincimento di lui e di molti altri, che quel tale mancava di disposizione, op- pure clie non istette quanto bastava sotto la influenza di tutte le cause occasio- nali. Per dimostrare la conservazione del contagio per molti anni, sulle idee di Fracastoro, accenna un caso di peste avvenuto dal toccare alcuni libri, deposti da quattro anni in un magazzino, nell'atto di purgare una stanza dalla infezio- ne: ed altro successo in làvorno nella circostanza che un tale toelieva le ben- Jerelle dalle quali si avvolgeva una mummia. Ci dice che i calzolai ed i concia- tori di pelle, rispettati dalla peste in Marsiglia, non lo furono in Alessandria; che ha trovato meno soggetti i portatori di acqua: e che le donne negre, abi- tuate ad ungersi d'olio, non ne furono per questo esenti; che la malattia si mo- stra assai mite negli Arabi, fiera negli Europei ('): che i bubboni erano di buono augurio quando tendevano alla suppurazione: viceversa, e peggio, quan- do retrocedevano; che l'antrace, e la petecchia più ancora, erano di pessimo augurio: che furono attaccati dalla peste e gatti e cani. Detto questo, Estiennes ci dà una nozione singolare, che merita di essere attesa: quelli che guarirono dalla peste , egli dice , se lungo tempo si trovino in un luogo ove regna quel morbo, sentono dolori cupi, stiramenti, scosse come elettriche alle regioni del corpo, ove aveano un bubbone; altri soggiacciono all'apertura delle cicatrici già formate, e geme da queste uu siero durante tutta la epidemia. Accenna, fra gli altri, una giovane dama, la quale superò la peste in età di sette anni, e che ad ogni volta si trovò fra mezzo alla epidemia avea provato tali molestie. L'isola- mento il più rigoroso non valse a preservare i guariti da questi incomodi. Non voglio riferire la ipotesi dell'autore per ispiegare fatti narrati da lui, poiché il mio scopo di raccogliere, allontanando le prevenzioni, andrebbe fallito. Debbo per altro confessare, che la storia della peste di Alessandria 1834-35, data dal (t) Sotto la cura del dott. Estiennes mori 1/7 di Arabi; e di Europei la metà circa degli attaccati. Ì20 ctolt. E-stiennes. è uno scritto forse il più interessante di quanti ne abbia veduto di tal genere, dei recenti specialmente (1). Il dolt. Mino ci dà, come fruito della sua lunga pratica di yenlun anno, gii annunzii seguenti. La peste comparisce diffusa nell'Egitto e nella Siria ad ogni cinque o sette anni; negl'intervalli regna sporadicamente, e guarisce con più facilità. La tisi degenera qualche volta in peste; ma allora questa non è conta- giosa. I cordoni sanitarii ed altre misure di precauzione nulla possono contro la peste epidemica. Una temperatura atmosferica da 1 5° a 25° del centigrado, va- porosa, umida, ed altre circostanze atmosferiche, ch'egli poi non enumera, fa- voriscono la peste nei mesi di Settembre, Ottobre, Novembre, Dicembre. Quan- do la peste mostra uua particolare irritazione agli organi riproduttori, l'appe- stato inclina al suicidio. Le vittime principali sono i paurosi, i crapuloni, i vo- luttuosi, i miserabili: le gravide, i vecchi, i fanciulli, gl'indigeni, sono i meno soggetti. È falso che il vajuolo cessi durante la peste. Il delirio furioso , dalla invasione sino al settimo giorno, dà belle speranze; se cessa al secondo, e mu- tasi iu una specie di fatuità, le speranze sen vanno. L'olio, fra i tanti celebrati, è il migliore rimedio. Il salasso conviene nella peste comunicata e non endemi- ca, con sintomi d'infiammazione; le sanguisughe riescono meglio [-). Ad altri storici, ad altri scrittori e medici io avrei potuto ricorrere, onde rendere compiuta questa parte del mio scritto: ma avrei peccato d'indiscre- zione, ed abusato della gentilezza vostra: solo mi basti io aver toccato il primo degli antichi, il più ricercato del medio evo, i principali delle epoche seguenti, i due più interessanti delia nostra. I dubbii , se si trattasse di vera peste , se la epidemia fosse contagiosa o non contagiosa, si troverebbero dai non-contagio- uisti ad ogni parola, ad ogni frase, ad ogni periodo. E siccome l'aprire un campo alla interpretazione di scrittori che più non parlano perchè morti, sa- rebbe ignominiosa perdila di tempo in cosa di si grande rilievo: ha ragione il dott. Bulard se previene non si debba tanto occuparsi della storia, si ricorra piuttosto agli sperimenti. A tener viva l'attenzione del secolo presente ci vuole ben altro che la buona fede a quanto dissero gli scrittori dei tempi andati. Abituate le menti ad una perpetua analisi, ristorata nel secolo decimottavo: visto un gran numero di so- (1) Op. cit. An. IV. Tom. II. pag. 55. (2) Op. cit. An. V. Tom. VII. pag. 22 130 stanze elemeutari iuJecomjioste nelle masse clic liputavausi semplici; esercitale nella crudeltà delle vivisezioni per discernere i motori delle due vite: entrate persino nel santuario del pensiero colla pretesa di scoprire rorgano materiale di cui servesi l'ente che dovettero confessare immateriale; è troppo l'esigere della scuola classica, che si contentino cioè di conoscere il contagio a posteriori, re- stando ferma la credenza d'una materia non veduta, uou udita, non fiutata, non gustata, non toccata; e, quel eh' è peggio, non mostrando speranza di co- noscerla un giorno. Piuttosto che adattarsi a questa credenza senza una prova che lo convincesse, Rochoux diede nell'estremo, e confessò d'immaginare con più di soddisfacimento una specie di contagio per ogni malattia, nella quale il corpo malato possa produrre un principio atto a comunicare al sano lo stesso morbo, qualunque possa essere l'origine di quella sostanza, le condizioni che rendano più o meno facile lo impreguamenlo, le vie ed il modo con cui si ef- fettui. Si disputa ancora sul contagio della tisi e della scrofola: quindi non fa meraviglia il sentir estesa più oltre la dottrina del mezzo materiale di propaga- zione. Si portò l'esempio d'uu paniere di frutta portate in poco di tempo alla corruzione dall'avervene mescolato uno di putrefatto, e si tenne l'esempio come il suggello della verità ! Una sostanza che non cada sotto ai sensi non si ammette, perchè il regno delle supposizioni è disfatto. Diranno alcuni che il vajuolo ed il vaccino costitui- scono una prova atta a convincere; diranno altri, e Ghomel alla testa di loro, es- sere possibile che il pus, il muco, la saliva divengano contagiosi pel solo fatto di un cambiamento di proporzione nei principii costituenti: e soggiugnerà con al- tri il Dubois. forse ciò avvenire di tutt'i veleni vegetali i più terribili, i quali in fine non conterranno più principii di quanti ne abbia lo zucchero. Ed io rispon- derò, che volendo evitare le ipotesi, questi signori vi cadono senz'accorgersene; sebbene non senta di dover negare una tale possibilità. Si esaminò per tanti anni l'aria delle paludi per trovare il miasma delle intermittenti: e l'esame fu inutile affatto. La medicina ne' suoi progressi analitici non tentò giammai l'iso- lamento del contagio della peste nell'aria della infermeria, nella sostanza escre- mentizia, nel vapore perspirato, nell'aria ch'esce dal polmone. Nel Congresso che va ad aprirsi s'avrà il comodo di tali tentativi: si potrà trasportare altrove il contagio della peste nel suo veicolo, come si fa del vaccino; e se nullo sarà l'effetto posteriore, non vi sarà chi adduca la ragione di nullità nella mancanza d'un corpo vivo che il trasmetta. I seguaci di Fracastoro sanno che la peste 131 conserva per anni eil anni il contagio nelle sostanze alte a mantenerlo: Estien- nes ricorderà le benderelle d'una mummia, per provare clie da olire 40 secoli esisteva nel mondo la peste egizia, il cui contagio si conservò attivo fino al se- colo presente per ammazzare un individuo in Livorno: ricorderà il monaco di S. Giovanni d'Acri, morto di peste per aver toccato libri cliiusi da quattro anni in un magazzino, onde render libero il convento ad uso degli appestati. I mem- bri del Congresso, assai più tranquilli, se vedranno nullo l'eifctlo della inocula- zione dopo qualche tempo dalla materia estratla , pria di conchiudere del non contagio nielleranno a tortura le scienze fisiche attuali per trovarne ragione; e, non trovandola, si guarderanno bene dal promulgare una ipolesi. Gli epidemisti seguiranno un'altra strada, ed avverrà facilmente che fac- ciano lega cogl'infezionisli. Un dolio epidemista , il prof. Hecker di Berlino, pubblicò uno scritto intitolalo La peste nel sesto secolo. Premette un cenno sui torbidi politici del 531 (quinto del regno di Giustiniano): quindi avverte la comparsa della magnifica cometa denominala Lampndia. quella che si mostrò hh anni avanti Cristo, dopo la morte di Cesare. Enumera poscia varii terre- moli: quelli che rovinarono Antiochia nel 529 e nel 531: quindi Seleucia, Ana- zarbo, Costantinopoli: tutti gli anni del regno di Giustiniano segnali da tali vi- cende. Non dimentica le inondazioni: il Nilo che coperse più a lungo che mai tutte le bassure di Egitto; Tarso devastata dallo straripamento del Cidno; Edessa dallo Scirto: ec. ec. Dello questo, soggiugne essere scoppiata una ma- lattia pestilenziale, che durò per mezzo secolo in Oriente del pari che in Occi- dente, recando mortalità spaventosa, cominciata appunto a Costantinopoli nel 531, senza che si potesse fissare donde siavi pervenuta (t). Seguite il dottissimo autore nella succinta descrizione slorica del sudore inglese nel 1485. Egli vi prepara la mente, con sagaci rillessioni politiche, sulle condizioni dell'Inghil- terra e della Francia; v'istruisce dei movimenti militari: quindi ricorda cinque anni precedenti d'umidità atmosferica straordinaria ; l' ultima estate calda ed asciutta del 1479, seguita da cinque estati umidissime; gli straripamenti del Tevere, del Po, del Danubio, del Reno; la grande alluvione della Severu in Inghilterra, due anni prima della terribile effimera sudatoria; le cavallette del 1478, 1482: le epidemie dell'Italia, della Svizzera, dell'Alemagna, della Fran- (l) La peste nel sesto secolo. Memoria di G. F. C. Hecker. Traduz. dal tedesco del dolt. Passetta. (Ved. Antologia medica di Brera. Fase, di Settembre 1834, pag. 240.) 132 eia iu quel loi-no: iu fine vi dice con sorpresa, che il fatai morbo non oltrepassò 1 confini d'Inghilterra, e che il sudore inglese poteva considerarsi come uno spettro nebbioso che librm'a sulle grigie nubi le sue oscillazioni (1). Chiunque sia un po' informato della fìsica influenza esterna all'uomo, è certo che nell' applaudire agli sforzi generosi dell' Hecker vedrà negli agenti fisici da lui messi a contribuzione una verità in massa, una verità complessiva; finito l'applauso, resterà un vuoto nell'animo del plaudente, per ignoranza di cause ed effetti particolari al soggetto dell'epidemie; e, tutt'al più, si animerà di santo desiderio , che da studii maggiori si possano trarre più immediati van- taggi. Tali essendo le cose, ed interessando uscire una volta dal bujo dei con- tagi, delle epidemie, delle infezioni, delle influenze, è necessario adesso ripi- gliare nuove ricerche, darsi ad uno studio nuovamente elementare; e, se radu- nisi il Congresso sanitario europeo , non limitarsi alla sola peste (che ciò sa- rebbe uno stare alla idea preconcetta), ma estendere le proprie meditazioni a tutto ciò che porta malattia diffusa, popolare, volgare; sia essa nel vecchio come nel nuovo Continente. Si cerchi ragione del \.° Perchè la peste non abbia giammai oltrepassato Kenèh e Denderah, e tema, per dir cosi, d'accostarsi all'equatore. 1." Perchè la febbre gialla, al contrtirio, acquisii energia alle Autille in ragione diretta di prossimità all'equatore, toccando i lembi dell'America meri- dionale; perda vigore di mano in mano che si allontana dalla linea; ed al di là del 46° di latitudine B non si conosca affatto. 3.^ Perchè ambedue le malattie infieriscano sulle coste marittime, diven- gano più miti o nulle al centro continentale; perchè amino le correnti de' fiumi. 'i.° Perchè la peste sia africo-asiatica, \a Jebbre gialla americana, il cho- lera indiano; perchè la rosolia, la scarlattina non si conoscano alle Antille , ed i creoli bensì le contraggano in Francia, giammai però prima di due anni di stazione nel nuovo clima. Perchè gl'indigeni delle Antille assai radamente contraggano \a Jebbre gialla; gli stranieri, appena giunti, facilmente. 5.° Perchè, dopo tanti anni d'un commercio attivo tra America ed Euro- pa, nel 1804 soltanto si vedesse a Livorno una forma della Jebbre gialla, con (1) Eccitamento allo studio delle epidemie j, e Cenni sul sudore inglese del 1485, del dott. G. F. C. Hecker. Fersione dall' originale tedesco del dott. f^alentino Passetta. Venezia 1835, Tip. Rizzi. 133 eguale fondameulo uei due parlili che ammisero e che uon ammisero il conta- gio; che la vollero importala da approdati navigli, oppur nata da influenza at- mosferica australe caldo-umida: del qual ultimo parere si mostra, ornando il soggetto di robusta insieme ed eleganle dicitura, il nuovo Livio Italiano. 6.° Perchè dal 1600 al 1603, che si fondò in Inghilterra ed in Olanda la Compagnia delle Indie, solamente nel 1823 venisse il cholera in Europa (1). Perchè dopo la battaglia di Waterloo (com'era costume in addietro dopo grandi movimenti di truppe) insorgesse il tifo castrense^ nosocomiale, petecchiale in Europa; nelle ultime rivoluzioni e guerre della Polonia e delle Spagne si dif- fondesse invece il cliolera. T.° E venendo a noi pure, abitatori delle provlucie venete (giacché molti accordano e molti negano il contagio della miliare), perchè questa ami starsene nelle provincie di Brescia, Verona, Vicenza, e nei confini veronesi del Tirolo, ed infestare quasi ogni malattia acuta in quelle date stagioni, senza toccare che timidamente e per poco le provincie limitrofe. E poiché vi fu alcuno che imma- ginò neWa pellagra una trasmissione contagiosa, avvegnaché lenta d'assai, per- chè quel morbo rimanga nelle vallate del Pavese, del Milanese, del Padovano, a preferenza. Ognun vede che a sciogliere questi quesiti si esigono immense cognizioni topografiche, continentali e marittime, ed un tempo non breve ad istituire confronti, e dedurre corollarii utili alla umanità. Non so negarlo. Oso per altro affermare, che il render conto di ciò potrebbe un giorno promettere un codice scientifico delle coutagioni e delle epidemie, che distruggesse per sempre l'em- pirismo e la gratuita credenza , somministrando il vero possibile sulle cause dei morbi volgai-i. Ed oso parimente avanzare, che senza un tale studio ripullulerà sempre più rigoglioso lo scisma della non-contagione, uè vi saranno argomenti sicuri a combatterlo; ed andrà serpendo insidiosamente nel celo medico e nel potere amministrativo delle nazioni (ove per disavventura scoppiasse malattia [1] Elsner di Breslau osserva, clie da più anni v'ha corrente straordinaria del ca- lore intimo del globo dall'equatore verso il polo artico; che la corrente dirigesì dal SE verso il NW, e provoca, in passando, straordinarie evaporazioni, cui devesi lo sbilancio fra elettricità e magnetismo atmosferici. Elsner attribuiva a tale fenomeno fisico parte della inlluenza che produsse la epidemia cholerica degli anni andati nel nostro occidente. 134 popolare), funestando gli animi, impedendo l'agire, ed aumentando le vittime d'una inerzia sanitaria criminosa; che tale appunto si osserva fra mezzo alle dissensioni e alle dispule dei contrarii partiti. E tempo finalmente che sentiamo un poco la parte amministrativa del pro- getto di Bulard. Mostrata la dissonanza nel procedere dei diversi porti europei relativamente alle contumacie ed agli espurghi (dissonanza che non ci fa mera- viglia, poiché nessun lazzaretto parte da sicuri principii, ed ognuno quindi agi- sce empiricamente), egli vorrebbe che il Congresso, riconosciuta che avesse la contagiosità della peste, esaminasse severamente // tempo d' incubazione del miasma ^ il punto in cui svolgesi. il modo con cui trasportasi in lontane re- gioni^ la influenza che esercitano sullo si'iluppo i rapporti di vicinato, sta- gione., atmosfera, località; e dichiara in pari tempo, che i materiali scientifici ed amministrativi necessarii alla soluzione di tali quesiti esistono già in sue mani. Ritiene suo dovere di promulgare intanto, ch'egli opinerebbe potersi ri- durre la contumacia di lazzaretto a 24 ore per le merci, T in 8 giorni per le persone, coli' avvertenza di poter ristringere vieppiù il tempo, aumentando le misure di sicurezza; che tutt'i profumi di espurgo sono affatto superflui; che la peste può guarirsi coU'arte fino a tanto che la malattia trovasi nel primo sta- dio: che può cessare nel mezzo della popolazione, in cui suole regnare, la mercè dei metodi profilattici ch'egli proporrà. Un lazzaretto centrale a Malta pel com- mercio dal Levante al Mediterraneo, che, superato lo stretto di Gibraltar, si diffonde nelle diverse parli dell'Oceano del Nord, del Baltico; un lazzaretto secondario pel commercio dal Levante all'Adriatico, in una qualche isola di questo mare; ridotta Marsiglia a livello di Havre pel caso d'una guerra, e per le provenienze iella febbre gialla: ecco i temi principali amministrativi presen- tati alle discussioni del Congresso, per essere giudicati ammissibili, o no, nella nuova legislazione sanitaria. Questo è il punto in cui bene non s'intende cosa pensi il Bulard. O il Con- gresso, che vorrebb'egli formare, dovrà occuparsi d'uno studio il più elemen- tare sulla contagiosità; o sarà invece un tribunale che avrà a decidere se l'ope- rato fin qui dal dott. Bulard sia vero o falso, utile o inutile. Se quei materiali scienlifico-amminislrativi da lui posseduti, detti da lui necessarii alla soluzione facile dei proposti quesiti , contengano ancora le nozioni topografiche da esso o da altri raccolte, comprendiamo benissimo che si potrà sciogliere facilmente il quesito che riguarda i rapporti di vicinato, di stagione, atmosfera, località, e 135 ponderare la iuflueuza ch'esercitano nello sviluppo J'iiu miasma. Io sarei di ri- spettoso parere, cbe, avanti lutto, si approfittasse della esibizione che il dolt. Bulard fa ai Governi europei, di presentare cioè quel materiali anche prima di convocare il Congresso. E tanto non perchè io voglia spargere una diitìdeuza a carico d'un uomo ch'io imparai a rispettare dal momento in cui lo sentii bene intenzionato della umanità; ma per vedere le basi foudaoieutali del gran cam- biamento proposto, e preparare i futuri membri del Congresso alla disamina, invitandoli a raccogliere ciò che per avventura mancasse.; e stesse in loro l'ag- giugnere. Ed io spero, o Signori, che non riterrete priva di ragione la mia instanza. — Esaminare la incubazione del miasma, dopo riconosciuto dal Congresso il principio di contagiosità. — Comprendo che ciò si possa fare nel paese na- tio della peste, oppure in cjue' luoghi ove viene importata. Investigare il modo con cui trasportasi in lontane regioni, mi sembra impossibile per un Congresso, cui dev'esser noto intimamente quante volle siensi violate le contumacie, e non siasi sviluppala la peste; quanti bastimenti infetti venissero dal Levante in più incontri, scaricassero merci d'ogni genere senza riguardo, uè si fosse perciò sviluppata la peste. V^orremo noi affermare che in ogu' incontro di merci so- spette sui navigli approdati siensi osservate appuntino in tutt'i luoghi le pre- cauzioni sanitarie? Ho intrapreso qualche viaggio di mare; approdai in più di un luogo, ove aveavi lazzaretto e si pretendeva disimpegnare con grande atteu- zione gli espurglii: ho voluto in qualche incontro essere testimonio delle prati- che disciplinali: ed in ogni circostanza mi sono convinto che, in onta alla san- tissima intenzione del legislatore, l'esecuzione diveniva mestiere, e si teneva per ottimo ciò che non sarebbe stato sempre il migliore. Voglio ammettere facilissimo che il Congresso, prima di passare alla riforma disciplinale, riesca a determinare la contagiosità della peste nel luogo ove stabi- lirà le proprie sedule. Quella contagiosità sarà identica da per tutto in qualità e vigore, da far tacere per sempre gli epidemisti, da favorire i contagionisti, e di- tendersi dalle obbiezioni degl'infezionisti, i quali hanno la smania di starsi fra questi e quelli? Lo stesso Bulard, eh' è un pratico di tali cose, nel mostrarmi necessario l'esame di quanto influiscano allo sviluppo i rapporti di vicinato, sta- gione, atmosfera , località , m'insinua tanta dubitazione da confermare quella che mi veniva dal solo ragionamento. Ed ecco perchè volli esporre sino da principio il mio voto, quello di preparare uno studio topografico, nel quale, en- 136 traodo la disamina di tutte le cause fisiche locali . si venisse a parlare ooq più di sicurezza delle malattie endemiche del paese, e delle epidemie che in diverse epoche furono osservate. Se la rosolia e la scarlattina non si conoscono alle Antille; se la peste, il cholera, la febbre gialla serbarono intatti i proprii fo- colari nelle regioni natie, né giammai li scambiarono; se le irruzioni di tali morbi in paesi stranieri furono temperarle: io mi trovo convinto che neirultimo caso cause passaggere abbiano sostenuto la irruzione, e, durante questa, vi sia stata un'analogia fisica tra il paese ove il morbo suol essere endemico, e quello In cui si è temporariamente manifestato. Ai contagionisti assoluti sembrerà facile addurre la importazione, colla sicurezza d'Imporre silenzio. Ed io, ne coutagio- uista, né infezionista, né epidemlsta, poiché nemico del partiti; e per la ragione ■ ancora, che, ove rimangano molli studli a farsi, sia vana presunzione lo spiegare bandiera; soggiugnerel pacatamente: la importazione dimostrerà la irruzione In un dato numero di casi, e la epidemia ancora, se la comunicazione poU-à effet- tuarsi: ma quando la epidemia Ingigantisca fra mezzo ad alla temperatura, ad atmosfera vaporosa; quando sia preceduta da turbamenti fisici e politici d'alta importanza: fjuaudo la carestia, la fame, la guerra abbiano dato l'ultimo im- pulso allo sviluppo: la Importazione perderà molto del suo valore. Domandate agli stessi studiosi della Importazione, quale sia la malattia volgare descritta sotto il nome ài pestilenza, che non abbia avuto a compagne queste circostan- ze; domandate ove finisca 11 contagio d'una maialila epidemlco-contagiosa; se consumisi nell'ultimo degl'Infermi, se si sperda per l'aria, se abbia perduto il valore. Porteranno in campo la non-dlsposizione a contrarlo in quelli che co- municavano coir ultimo malato: asserzione dottrinaria e meramente gratuita. Spieghino del perchè v'abbia un vento nell'Africa, che quando soffia cessano all'Istante diarree, dissenterie, Intermittenti, e rendesi senza successo la inocu- lazione del vajuolo; del perché il Solano, quando soffia a Cadice, moltipllchi mirabilmente la tendenza al suicidio, ec. ec. Spiegati questi fenomeni, arrive- remo forse ad Intendere il finire d'una epidemia, e dal fine rimonteremo alla cognizione del cominciamento. Il dott. Sander di Brunnswlch si mostra convinto che la Sublime Porta opera lodevolmente erigendo nel proprii domlnll alcuni Stabilimenti di contu- macia, alla maniera europea; ma non può persuadersi ch'eviterà in tal modo la infezione derivante dalla costituzione umida. Il Khamsjn, che dall'Egitto scor- re sul Medi.terraneo , così egli si esprime, sarà un veicolo della peste, contro il 137 quale l'impero otlomano avrà sempre da combattere, quand'anche Meliemed-Alì o il di lui figlio Ibraliim prendessero tali disposizioni, che fossero bastanti per coaverlire il bnsso Egitto in un'altra Olanda ben coltivata. — Ed io soggiu- gnerò, esser certo che, impedendo la stagnazione delle acque del Nilo alla base del Delta, si renderebbe l'aria più salubre: di tanto è vero, che alla sommità del Delta, ove l'acqua del Nilo non può essere stagnante, la peste si mitiga non appena sviluppata, e fa per conseguenza danni minori, da non reggere il con- fronto colle stragi che succedono alla base del Delta. 13S MEMORIA li. LETTA NELLA TORNATA VII APniLK MDfCrXL. Critica ilclla influenza topografica riguardo alla peste orientale. lì OLI saprei dirvi, o Signori, se il celebre doli. Bulard sia vivo o morto. Nella speranza ch'ei viva, dopo lauti pericoli bravati a lavoro della umauilà. non po- trei immaginarmi ove si trovasse attualmente. Parlarono di lui le gazzette poli- tiche, i logli scientifico- lelterarii di Europa nel 1837, nel )83S. nella prima metà del 1839; e sul finire di questo si vide appena un breve periodo nella gazzetta di Venezia, in data di Russia, donde si sapeva che l'imperatore Ni- colò incarlcavalo della riforma d'ogni disciplina sanitaria marittima sulle coste del vasto suo impero. Un tentativo di corrispondenza col doli. Bulard non mi è riuscito finora: avrei potulo almeno sentire da lui le ragioni d'un sì lungo silenzio, e proseguire nel mio intendlmeulo sulla guida positiva o negativa di ciò che si dovesse fare in progresso. Dico positiva, pel caso che le intenzioni del dott. Bulard fossero esaudite: negativa, nel caso contrario: giacché, ad onta che il prospetto di lui riuscisse a nulla, io uondimanco persisterei, come persisto, nelle investigazioni da me annunziate nella tornata 9 Aprile dello scorso anno. Promellitore di continuare nell'arduo lavoro con quel preludio , mantenitore della promessa fatta, la gravità dell'argomento intercederà per me presso di Voi queir altenzioue di cui altre volte mi voleste onorato. Non voglio ricapitolare lo scritto del passato anno: sarei indiscreto, e vi au- nojerei senza ragione, facile essendo il rammentare, quando che sia, quel qual- unque rapporto collo scritto presente; né serve il ripetervi che 'I piano di di- sputa e di esperimento ideato dal Bulard dividevasi in quallro partite: 1.° le cause; 2.° la essenza della malattia: 3.° la cura; h.° la preservazione: ordine si bello, che sarebbe un peccato sturbarlo; ed io mi vi atterrò religiosamente. Cause. I.° Determinare i limili naturali della peste; 2.° modo di manifestarsi 3.' modo di manifestarsi ) \ della malattia propagarsi ( 139 sarà, secondo il Bulard, il primo ìuteadimento di cLi esamiua In iuflueuza cau- sale: quindi l'analisi dei fatti che costituiscono la storia del morbo e delle sue devastazioni; poscia gli sperimenti per contatto immediato .^ mediato^ in di- stanza, per innesto. Due emergenze 5 o Signori, esistono per me paradosse tuttora, ned Lo sa- pulo fin qui capacitarmene: I. a) l'una, il ritenere di alcuni che una peste non si formi in Egitto, ma vi venga sempre importata; Z») l'altra, che in ogni caso di pestilenza diffusasi in Eu- ropa s'abbia sempre gridato a piena gola per far ritenere forestiera la malattia. Prospero Alpino (1580-84) conduce la peste in Egitto dalla Grecia, dalla Siria, dalla Darbaria, da Costantinopoli; e poi si studia di trovare i rapporti dell' infierire, del diminuire, del cessare della malattia coli' abbassamento e col- r innalzamento del Nilo, coli' imperversare dei venti australi, colla sostituzione a questi dei boreali; regalandoci in fine la nozione, che la peste usa ad ogni settennio nascere o rivivere nel Della egiziano (1). Savary (177T) (2) se la prende con Paw, il quale vorrebbe l'Egitto un fo- colare della peste; quel Savary ripetitore di quanto dissero Erodoto, Strabone, Dìodoro di Sicilia, i quali lodano a cielo il clima del Delta, quasi l'essere fe- condo di begli effetti naturali escludesse la possibilità di generare la peste. Egli (juindi non appena celebrato il clima egiziano, ci ricorda la osservazione di secoli e secoli, la immunità dalla peste nei tre mesi Giugno, Luglio, Agosto: iu altro luogo dichiara trovarsi costretto a conchiudere avervi in Egitto una stagione malsana (da Febbrajo a Maggio), dominata da venti australi.^ i quali mantengono sospese nell'aria perniciose esalazioni. Volney (1783-84-85) (3) interroga i negozianti francesi di Alessandria, e li dice d'accordo cogli Egiziani nell' assicurare che la peste non giugne ad Alessandria dall'interno dell'Africa; eh' è sempre preceduta dall'arrivo di qual- che bastimento da Smyrne o da Costantinopoli: ed egli poi conchiude, parere costante che il vero focolare della peste sia quest' ultima città. Dello questo, ri- ierisce che la peste da Alessandria passa a Rosella, da qui al Cairo, indi a Da- miata, e nel rimanente del Delta; che se la peste fu fiera a Smyrne ed a Costan- ti) De Medicina ^eprptiorum P. Alpini Libri qualuor. F.ditio princeps. Ven. 1591. (2) Savary, Lettres sur l'É^rpte. Paris 1786. (3) Volney, Foyage en Égj-pte et en S/rie. Paris 1W25. ì 'i 0 liuopoli nella siale, il pericolo è maggiore per Alessandria nell'iuveruo che se- gue: regnare a t'-ostantinopoll nella siale, diminuir quivi e finire nelT inverno: esser fiera in Egillo durante l' inverno j estinguerla coslantemeule il mese di Giugno: r Egillo in fine soggiacere alla peste ad ogni 4-5 anni. II doli. Weimar (1188-1802) (l) nega clie la peste sia egiziana, e la vuole anch' egli importatavi da Coslantinopoli: poscia, dimenticando forse il già dello, parla del suo originario sviluppo in Egitto negl'individui predisposti: racconta d'una l'ebbre putrida, epidemica in Egitto nel 1793, all'epoca del Khamsyn , chiamandola una peste non del tritio spiegata, sendochè iu molti ammalati si osservarono i bubboni: e la vuole iu progresso una modificazione della peste, sponendo che come tale ha dovuto curarla. Il doti. Ikeu (1835Ì (2) non sa ammettere la peste originaria in Egitto, a Costantinopoli, nella Turchia europea: uè rende ragione di sorta. Tulio occu- palo del miasma pestilenziale, giudica del peso, della densità, dell' affuiilà di esso con altri corpi; ed, in leggendo la sua esposizione, si sia li attendendo che dica di averlo veduto. Goncliiude, dopo tulio questo, essere tuttora ignoto ciò che sia miasma pestilenziale. Scoppia una pestilenza iu Atene: Tucidide la deriva dall'Etiopia, dall'Egit- to, dalla Jjibia. Si manifesta a Firenze: Boccaccio in pria, poscia Macchiavelli, la traggono dalle parli orientali, senza dire di più. Si palesa a Nimega, Mosca, Roma, Trento, Milano, Marsiglia, Venezia; e si studia l'arrivo di forestieri, l'approdar di navigli che Tengono dal Levante. Ed iu Asia s'incolpa la deriva- zione africana, in Africa l'asiatica; e le svariate denominazioni di peste del- l'Etiopia, di Egillo, di Barbarla, di Arabia, di Siria, dei Turchi, di Smyrne, Ci- pro, Grecia, Costantinopoli, si succedono alle prelese derivazioni: ed iu fiue non volendola sua 1' Occidente, quivi si chiama orientale ; gli Orientali si con- tentano scaniljlarsela di paese in paese, secondo che venga; i Meridionali si ri- servano chiamarla asiatica od orientale^ per miglior sicurezza, nelle poche volte che vi sottostanno; ed ì Settentrionali, falli più sicuri dal rigore del clima loro, lasciano agli altri il garrire. Giova, o Signori, lo studiare, qualunque siasi, un punto di derivazione? Giova, supponendo ignoranza di origine, ritenere ciecamente forestiera, per noi ( t ) Wolmar, Ahhandlung iiber die pesi nach 1 4 Jdhriger Beobachluiìg,ctc. Berlin 1827. (2) Caspers Jrochenschrift. IVI occideulali, qualsiasi peslileuza, soltaulo perché così fecero i uoslri predeces- sori, e riesce più agevole lo starsi al vecclji piyucipii? Sull'esempio di Augusto, di Trajauo, e di più d'uno de' suoi antecessori, Pio VI. ripigliò geueroso il graude lavoro per Io asciugamento delle paludi Pou- liue, inl'eslatrici di Terraciua e dei diutorui, spavento un po' esagerato dei viag- giatori che si dirigono da Roma a Napoli. Il Granduca regnante ha bene in- camminato quello delle maremme toscane; e forse su questi princlpii slessi po- trebbesi sperare da alcuni la distruzione della peste anche iu Egitto. Noi tentere- mo di scuoprire un pò" di verità: il gioTamento, se vi sia, si mostrerà da sé slesso. Il Nilo, il Delta, la Peste. Il Delta è aulico: più aulico il Nilo. Il Nilo , il Delta, la Peste si confondono insieme nelle più remole epoche della storia. Della formazione del Delta pei de- positi argillosi del Nilo, abbiamo le grandi ipotesi dei geologi e dei geografi: della peste troviamo che Mosè, Omero, Erodoto, Ippocrale, ed altri, ne parlano ogni volta che parlano dell'Egitto. Nilo. Delta, Peste, sono tre entità che nella storia vanno sempre indivise. Lo storico potrebbe non aver guadagnalo la fede degli scel- tici di professione: essi d'altronde hanno ragione di dubitare, poiché pochissimi storici uou hanno imbrattalo gli scritti loro coi pregiudizii dell'epoca in cui vi- vevano; peggio poi quando hanno riferito alla posterità cose di gran luuga aule- liori all'epoca iu cui scrivevano. Non crediamo agli storici; crederemo ai viag- giatori moderni: essi ci offrono fatti riscontrali da altri dopo di loro: e questi fatti non cambiano, e possono verificarsi da ognuno. Serie dei fatti. I.° Dalle più esatte e recenti osservazioni di Girard, il primo indizio d'iu- ualzameuto del Nilo si vede nel solstizio di estate, al di sotto delle cateratte di Syéne. Prospero Alpino non solo ci accenna il solstizio di eslate, oppure l' in- gresso dei Sole in Cancro, ma ci dice essere costantissima osservazione, che il primo aumento delle acque accada uel IT di Giugno, al levar del Sole.... ut hujusce Jliiminis augmentuin ìuinc dicam, singuUs annis constantissiine (cu- jiis verani causain me ignorare Jateor) mense Junio, die decima septima , oriente Sole., Jltimen illud aligeri incipit; et iiuniquam observatum est ejus- dem augmenli principium ab ea die et Iiora consueta dejlexisse; r/uod certe magnnm naturae arcaniim omnibus videtur. 2.° Savary, Voluey, Lodovico Frank, Wolmar, Bularcì, raccolte sul luogo le osservazioni di anni ed anni, assicurano positivamente clie la peste cessa in Giugno al solstizio d'estate, poco prima della festa di san Giovanni, divenu- ta per tale oggetto famosa. Quelli che si trovano appestali guariscono; quelli clic si isolarono per timore si mettono in comunicazione con tutti: si usano senza pericolo le suppellettili di tela, cotone, lana, esistenti nelle case ove mo- rirono molti appestati; non si bada più all'approdare dei navigli, sollentra la calma, si rianima il commercio! Sentite cosa diceva Prospero Alpino '2(ìO anni fa. Jtinio vero mense qiialisciimque et quantacumque sit ibi pestilentia. Sole jìrimam Cancri parlem ingrediente, omnino tolliLur; qnod miiltis piane di- vinitin esse non imnicrito videtnr. Sed qnod etiain valde mirabile ereditar , omnia snppellectilia pestifero contagio infecta^i tane nnlluni contagii effe- cium in eam gentem edunt^ ita ut tane ea tirbs {Cayriis) in tutissimo ac tranquillissimo stata reducatur^ ex summe morboso; atque morbi particiila- res. sporadici a Graecis vacati, tunc apparere incipinnt ; qui nusquam gen- tiiim. tempore peslis. apparebant. 3.° Secondo Prospero Alpino , la peste si fa sentire in Egitto ad ogni set- tennio: secondo Volnev, ad ogni 4-5 anni: secondo Eugelos 3Iiuo, ad ogni 5-7. Prendendo una media, diremo che il periodo vacuo sarà di 5 anni, mesi -'i, me- ritando fede questi tre osservatori, i quali consumarono in Egitto più anni, con pericolo di vita, e furono lestimonii delle stragi. Vero questo, viene spontanea illazione, che il fenomeno d'incremento del Nilo non conduca la necessità si sviluppi la peste; esser anche vero d'altronde, che quando si dichiara la peste, le fasi di essa si accordano colle fasi del Nilo. h. Non si osserva la peste in Egitto dal solstizio di estale all'equinozio di autunno. Prospero Alpino dice numquam; Savary assicura che la è osservazione di secoli: tulli quelli che visitarono in seguito I' Egitto, e si occuparono di tali indagini,^ confermano la cosa. Rammentate quanto dissi più sopra, che il primo indizio d'incremento del Nilo si ha al solstizio di estale: unite questa nozione all'altra, che il Nilo cresce ogni giorno, ed arriva al suo maggiore livello presso il Cairo dal 20 al 30 di Settembre. 5." Il doti. Eugelos Mino, dopo ventuu anno di osservazioni, afferma che la peste è sommamente favorita in Egitto nei mesi Settembre, Ottobre, Novem- bre, Dicembre, Febbrajo, Marzo, Aprile, Maggio; Bulard dice che i mesi più pericolosi sono: Febbrajo. Marzo. Aprile. La Commissione francese del 1828 ri- US levò che da Marzo a Giuguo dominavauo l'ebbri nialigue, cou bubboui. nei vil- laggi del Delta. Tutte le correnti di acque coniiuclauo ad ingrossare iu Aprile uelle valli dell' Abissiuia , ma uou riempiouo i canali se nou ucl mese di Giu- guo. Ritter si trova costretto a distribuire le stagioui in Egitto sulla norma delle acque del Nilo: quindi dal Dicembre al Marzo il più alto livello; da Aprile a (jiugno l'aumento ed il livello medio: dall'Agosto al Novembre il grande in- cremento in tutta la superficie posseduta dal fiume. Prospero Alpino avea già divise le stairioui in Egitto in modo che mezzo anno consumasse la state, ed uu bimestre per ciascuna le rimanenti stagioni (1). Secondo lui. la divisione della state si fa dallo spirare dei venti. Nel trimestre della prima parte regnano i Khamsyui. od australi, caldo-umidi: nel trimestre della seconda sofllano di con- tinuo i venti freddi boreali, che rendouo più tollerabile il calore della stagione e del clima. Ne viene da ciò. che i tre mesi Giugno. Luglio, Agosto, segnali dal- l'aumento del Nilo e dai venti settentrionali, escludono assolutamente la peste, e la favoriscono invece i nove mesi che rimangono, ne'quali il Nilo va insensi- bilmente abbassandosi. Nel che, dal più al meuo e cou piccole differenze, cou- veugono dunque Alpino, Savary, Yoluey, Mino, Bulard, i selle membri della Commissione francese, e tulli quelli che videro l'Egitto dopo di loro: ed il ce- lebre geografo Killer colla sua mirabile esattezza mette solenne sanzione . da rendere impossibile il dubbio. n.° Il vajuolo non manca al Cairo in ogni anno: questo esantema non solo è indizio di peste vicina, ma misuratore di sua potenza. Vajuolo mite, nou lascia temere di prossima peste: vajuolo grave, e, come dicono, maligno, este- samente propagato, annunzia peste imminente, gravissima. Tale notizia la dà il doti. Weimar, il quale si slette in Egitto dal 1788 al 1802. Da lui pure (cioè dal suo 'J'raltalo sulla peste, edito a Berlino nel 182T) sappiamo che i venti au- strali, o Khamsyni. propagano sollecitamente la peste, ma dapprincipio favori- scono le febbri infiammatorie e putride: che i venti boreali distruggono come per incanto la peste, quando sottenlrano agli australi; che, cessata appena la pe- ste al Cairo, verso il solstizio di eslate, gli Europei ed i Copti riaprono le loro (1) Primavera — Gennajo, Feblirajo. C Parte prima, Marzo, Aprile, Maggio. Estate . . . < j r>- I 1- * f seconda, (jiugno, Luglio, Agosto. Autunno . . . Setteinhi-e, Ottobre. Inverno .... Novembre, Dicembre. abìlazioui, ed impiegano parecchi giorni in visite; che i Turchi si confondono con essi, e tulli si adagiano su divani di cotone e di lino, senza ammalarsi: e probabilmente, così facendo pochi giorni prima, sarebbero caduti appestali. Non si purificano le case: si adoperano i mobili senza precauzione, i vestiti, le sup- pellettili dei guariti e dei morti : e nessuno cade appestalo. Abbiamo finalmente da Lodovico Frank, che durante la peste d'Ismaele Bey (della tale perchè scop- piò in prima nella casa di questo Mamelucco) vennero inchiodale le porte di 300 case al Cairo per ordine dell' Agà dei Giannizzeri. In quelle case si avea sicu- rezza esserne periti gli abitatori, nessuno eccettuato. Cessata la peste al solsti- zio, quelle case furono riaperte; chi vi entrava si appropriava lutto che rinve- niva, né vi fu esempio che alcuno rimanesse ammalato. Non occorre tanta penetrazione a convincersi che se la storia de' passati tempi, anche remotissimi, tenne indivise le tre entità fsilo. Delta. Peste^ grandi ragioni concorrevano a mostrarne un vincolo; ragioni le quali toccano niente meno che la dignità dei fenomeni cosmico-meteorologici! Domandiamo, se altrove la peste abbia seguilo quell'ordine esalto di apparizione, infierimento, insistenza, decremento, estinzione, che ha manife- stato mai sempre nel Delta. — — Domandiamo, se quest'ordine segua o no precisamente le iasi cui soggiace quel gran fiume tropicale, il più rinomato fra i non-oceanici, unico per quelle fasi alla superficie del globo. Domandiamo in fine, se v'abbia regione sulla terra, in cui il soffiare dei venti australi preceda annualmente l'incremento delle acque d'un fiume: e quelle acque, ingrossate col solstizio di estale, aprano la via ai venti settentriona- li; sicuro che questi diminuiranno di forza all'equinozio di autunno, quando le acque torneranno ad abbassare il loro livello. La grande coincidenza dei fatti costringe a confessare uu vincolo tra l'idro- grafia dell'Egitto e tjael morbo che dicesi peste: tutto sta però nello svolgere le ragioni di quel vincolo, e salvarsi così dalle false apparenze, le quali potreb- bero condurre ad un giudizio illegittimo, e per conseguenza dannoso. Non è il Nilo, che coH'abbassamento delle sue acque porti la peste in Egitto, e collo innalzamento distruggala; poiché passano anni senza che veggasi peste, mentre ad ogni anno il Nilo cresce e decresce. Non è il Della che nel suo suolo fangoso maulenga il seminio pestilenziale, per la stessa ragione. 145 Non SODO i Khamsyni, o venti australi, che poiiiao esalazioni pestilenziali, perchè spirano ad ogni anno nei mesi Marzo, Aprile, Maggio, né apportano pe- ste; e questa non vedesi che ad ogni 4-5 anni. Non sono i venti settentrionali che distruggano la peste , per la ragione medesima. Eppure una peste si genera in Egitto, e viene regolata dalle stagioni, ed il vajuolo l'annunzia, e cessa sempre ad una slessa epoca: mentre in altre regioni del globo un morbo pestilenziale mostra bensì fasi diverse, si accompagna colle stagioni, ma non segue l'ordine osservato in Egitto! Veniamo alla Spiegazione del fatto. Ciò che sapevano i nostri maggiori da Democrito Abderlta, Agatarchide, Erodoto, Diodoro di Sicilia, Plinio, ed io fine da Fracastoro, è ciò che in fatto succede, si verifica dai viaggiatori, e ne trattano i geografi moderni. Le pioggie del tropico sulle montagne dell' Abissinia e nel centro dell'Etiopia innondano le vallate dell'immenso altipiano, scendono nell'alveo del Nilo, e divengono causa prossima dello innalzato livello. Al calore solare di primavera nell'Egitto, nella Nubia, nell'Etiopia devesi la massima rarefazione dell'aria; a segno che le masse d'aria e di nubi più fredde che coprono l'Europa si precipitano sul luogo di quella rarefazione, per ristabilire l'equilibrio. L'innalzamento delle acque del Nilo è fenomeno cosmico - astronomico ; quindi non è a meravigliarsi se sia re- golare ed annuale, perchè annuale è il ritorno degli equinozii e del solstizii. Ella è dunque la nostra Europa che manda le sue nubi al tropico: nostre sono le evaporazioni che danno la pioggia alle montagne dell' Abissinia ; nostra è quel- l'acqua che ingrossa il Nilo da Giugno a Settembre, perchè prodotta dalle nubi che si accumulavano sopra di noi nell'autunno e nell'inverno. L'Europa manda aria e nubi al tropico di Cancro; l'interno dell'Africa e la sua parte meridionale al di là dell'equatore non possono mandare che aria, poi- ché quasi mancano le nubi. E quest'aria infuocata, meridionale, spinta da forte impulso, costituisce quel vento australe denominato /L/^rt/?2yn, parola ch'esprime 50. posciaché quel vento suol dominare nei cinquanta giorni da Pasqua a Pen- tecoste (I). (1) Altri dicono clic KItamsj-n venga da Kampsis , capitano di grand' esercito , soffo- cati questo e quello in Egitto dall'ardore dei venti die soffiano da Marzo a Giugno. ■9 l-'iG Il IvIiarasYu è uu vero veuto di SSE, quello che sarebbe lo scìlocco per uoi. Va cielo cosi sereno come quello d'Egilto si olìusca. soffiando quel veulo, per uu polverio perlaio dal Deserto colla corrente dell'aria. Il calore che manda il Khamsyn sarebbe quello ch'esce dalla bocca d'una fornace: ed in fatto, quando soffia quel vento la temperatura passa dai 16° ai 38° R. La respirazione si rende difficile e penosa, la pelle si dissecca, l'uomo sentesi divorato da un fuoco iu- teruo: e se venga sorpreso dal vento sur una strada, lunge da un qualclie asilo, l'ardore ed il senso di solTocazione possono giugnere fino a dargli la morte. Nelle città e nei villaggi si finisce col chiudersi nelle case e nei sotterranei; nei de- serti s'entra nelle tende, si discende nei pozzi, e s'attende il finire del paros- sismo ventoso, il quale in uua giornata non oltrepassa le qualtr'ore. Gl'intervalli che lascia il Khamsyn sono d'uno, tre, quattro giorni. E sic- come i venti boreali dominano l'Egitto, è raro il caso che uno di (juesti, lieve a principio, forte in seguito, non si alterni coll'australe descritto, e non nasca per conseguenza una vicenda di temperatura dai -f 10°, 12°, 16°, 18°, 20°, 36°, 38° R., eh' è l'estremo segnato più sopra. Non tutti si stanno riparati nelle case: chi esce per bisogno, chi per fatale noncuranza: e lutti sudano copiosamente. Prostrazione di appetito, sete conti- nua, ardore alla pelle, respirazione anelosa, sono i fenomeni ordiuarii in quel- l'epoca malaugurata dell'anno. Meditate sull'uso di bere acqua fredda per risto- rarsi, ed acquetare la sete ; valutale la soppressione d'un profuso sudore a corpo estuante: abbiate presenti le alternative d'un vento impetuoso, caldissimo, con uu fresco altrettanto impetuoso; le rugiade uotlurne che molli ricevono sulla nuda pelle, dormendo sulle strade: e poi andate cercando, come faceva il barone Larrey, le qualità morbifiche del Khamsyn nelle esalazioni putride vegeto-animali ch'esso trasporta; esalazioni che, al dire di lui, si svolgono dal calore nei laghi formati dal Nilo e nei cimiteri da prima invasi, e poscia abbandonati dalle acque. Gessano i venti australi in Giugno, sopravvengono i boreali come domina- tori. » I deserti aridi ed infuocati della Libia, in cui la sabbia riscaldasi fino ai » 56° R., la mancanza di pioggia su questa immensa contrada fra l'Atlante, il )) Niger, il Nilo, chiamano di continuo i venti settentrionali dalla costa del Me- » diterraneo. Nella state si precipitano con più di forza sull'atmosfera ardente » ed infuocata dell'Etiopia. » (Riiter) Da ciò si vede chiarissimo, che la causa dell'incremento del Nilo è pur quel- la dei venti settentrionali; per la quale coincidenza non è da sorprendersi se la 147 cessazione della peste, eh' è argomeulo di letizia, sia stata associala alla gioja clie il Nilo crescente apporta agli agricoltori del Delta. Ma se il Nilo disseccato e ridotto a palude combinisi coll'aumento della peste, non è che quel fango ar- gilloso, deposto su d'una sabbia quarzosa, mandi il miasma pestilenziale; non è che il Khamsyn trasporti seco mofete ingeneratrici della peste, come volevano il Larrey ed il Sander: è 11 suolo del Delta umido e paludoso, il quale non man- da che un vapore costante; è la costa settentrionale rugiadosa alle foci del Nilo, il caldo tropicale di 38° R., l'alternativa di caldo e freddo indotta dai venti au- stro-boreali, il caldo-umido di quelli, il gelo di questi: l'uso di ristorarsi con be- vande fredde a corpo estuante, di passare le notti al sereno, di vestirsi di lana e di pelle per seguire il costume dei grandi, e sudar giorno e notte: sono que- ste le cause tutte, insieme unite, che svolgono le febbri infiammatorie e putride del dott. Wolmar, la peste ch'egli chiama non del tutto spiegata., per determi- nare in poco di tempo i bubboni, l'antrace, le pustule, il delirio, sintomi d'una peste propriamente detta. Gessa il contrasto dei venti australi coi settentrionali quando spiegasi la iuuoudazione del Delta; e la temperatura, incerta e variante più volte in un giorno, si rende costante ed equabile: con un di più, che l'aria, agitata dai venti settentrionali, non è già umida e rarefatta, ma secca e conden- sala maggiormente. Si ristabilisce insieme l'alta temperatura estiva : ed il caldo, divenuto secco, fassi una causa potente di asciugamento, a segno che, per os- servazione antichissima a quell'epoca nell'Egitto, le carni abbandonate a sé stesse non si putrefanno, ma disseccansi in poco tempo come aride stipe. Se tanto sia, dev'essere ben naturale che le malattie ingenerate da cause opposte abbiano a cessare, e quindi dar luogo ad altre malattie influite dalle cagioni novelle, come in fatto succede. — A ciò non si opponga, che quelle cause sono in Egitto an- nuali e permanenti, mentre la peste si presenta ad ogni 4-5, oppure 6-T anni. Noi chiameremo la osservazione delle costituzioni epidemiche nella nostra Eu- ropa, le quali si formano quando le cause arrivano al colmo di azione; e non tutti gl'inverni souo freddissimi, come non tutte le stati caldissime, non tutti gli anni fertili o sterili, nel corso di un secolo. A noi basta l'aver esposto con fatti, che una peste si possa formare in Egitto; le cause occulte della periodicità, che la peste suole adottare (sebbene per ora non possiamo svelarle), quando si svol- gono a periodo favoriscono il nostro assunto. Vedete dunque, o Signori, che determinare i limiti naturali della peste, secondo principalmente vorrebbe il doti. Bulard, è lo slesso che dimostrare il 148 punto, la linea fiu ilove regoauo le cause su descritte: fatti sicuri dalia sperieuza. che ove ripetausi le stesse cause ripetousi gli stessi efl'etti; sì, se quelle cause ab- biano libertà di esercitare la naturale loro influeuza, ed a questa soggiacciano que- gli esseri fatti dalla natura idonei a rimanerne influiti. Riassumo quindi quanto dissi nella tornata 9 Aprile 1839, cioè che lo studio della temperatura del clima, non disgiunto da quello della latitudine geografica, deve condurre a risultamenli sicuri per istabilire i confini: giacché si sa che la peste non passa il tropico; che non v'ha esempio di peste nell'Yemen ed alla Mecca: e che altro confine met- tono le coste settentrionali ed occidentali dell'Africa; le occidentali dell'Asia sul Mediterraneo e sul mar Nero, quasi una zona limitala dal mare e dal tropico (1). Siria, Anatolia, Costantinopoli, Arcipelago greco, Cipro. Una peste, dicemmo, si forma in Egitto, né abbiamo voluto starci all'auto- rità per sostenere l'antica credenza. Larrey, Desgeneltes, Ferrieres de Sauve- boeuf, Farisei, e gli altri sei della Commissione francese del 1828 (2), ci davano appoggio autorevole, per avere soggiornato lunga pezza in Egitto: sarebbe stato però un appoggio affatto fiduciario, poiché quegl' illustri viaggiatori non si occu- parono della lunga e minuta analisi dei fatti, forse per averla tenuta superflua, o per non aver preveduto le gratuite future obbiezioni. Ma la dimostrazione della peste egiziana non deve far credere che nel solo Delta s'ingeneri quel flagello periodico; poiché altrimenti dovremmo ammettere principio vizioso, cioè che ogniqualvolta sviluppisi in Asia ed in Europa una malattia, la cui forma si approssimi a quella della peste convenzionale, si debba ricorrere alla importazione egiziana; sia pure aerea, terrestre, marina, purché giungasi a persuaderne l'origine. Né cosi è certamente. Nella Barbarla, nel- l'Egitto, nella Siria, nell'Anatolia, nell'Arcipelago greco, nell'isola di Cipro v'ha una forma di peste a dati intervalli; quasi ad ogni anno, e da un decen- nio a questa parte ad ogni due anni circa a Costantinopoli; e la peste d'una di queste contrade non sempre è preceduta o contemporanea alla peste di un'al- tra; e non sempre gli studiosi della importazione possono presentar chiara la topografia del viaggio funesto, oppur cogliere avventurosi l'arrivo di una caro- vana, o l'approdare d'un navilio. (1) Ved. Memoria I., pag. 122-123. — (2) La Commissione francese del 1828 era com- posta dei signori Farisei, Lagasquie, Dumont, Guilhon, d'Arcet, Felix, Bosc. 1 .'.D Ai tempi di Prospero Alpino si temeva in Egitto la peste della Barbarla, per- chè la si osservava di più lunga strage e di esseuza più micidiale delle altre: per lo contrario trovavano al Cairo più mite e più breve quella della Siria e del- la Grecia. — Savary rifletteva, che magra era la storia della peste a Lacede- mone, Alene, Bisanzio, prima del 1453: anno in cui questa città fu presa d'as- salto dagli Ottomani. — Il conte Ferrieres de Sauveboeuf (1), stato in Oriente dal 1782 al 1789, sentiva a Cipro poco temuta la peste di Costantinopoli, perchè meno daunosa della egiziana. Cosi la pensavano al Cairo, da treni' anni in qua, per la peste di Smyrne, propagata da Costantinopoli, in confronto della egiziana e della siriaca, siccome nel (riornale di letteratura vienuese scriveva nel 1834 il cav. Prokesch di Osten (2). — Volney trovava, che se la peste era violenta nella state a Smyrne ed a Costantinopoli, il danno facevasi maggiore in Egitto per l'inverno seguente. Egli vedeva sempre l'unico focolare della peste a Costanti- nopoli, ove l'inverno, perchè freddissimo, la estingueva: acceudevala la state, perchè caldissima. Piendeva ragioue del perchè nel Delta la fomentasse l'inverno, in causa della umidità e della mite temperatura: la estinguesse la state, in causa della siccità e del sommo calore. — De Tiirk, il quale studiò medicina a Parigi, e si diede quindi a percorrere il Levante , inseriva nella Gazelte medicale del 1838 uno schizzo storico sulla medicina dell'Oriente. Affermava, che nulla si poteva aggiugnere alla fedele sposizloue di Desgenettes ; meno che, secondo la più comune opinione, la peste di Alessandria era la più prontamente micidiale. Si conoscono dunque in Oriente differenze notevoli da paese a paese , le quali, avvegnaché puramente empiriche, divengono normali in pratica per la co- stanza loro. Ed in fatto chi non vede che la sola latitudine geografica diviene im- portante elemento di discrepanza da luogo a luogo, mentre percorrendo la stra- da da Alessandria a Costantinopoli per la Siria e l'Anatolia, si passa dal 31°,13' N. al 4 i°,1' N. di latitudine boreale? Arroge la esposizione ai veuti di terra e di mare, la qualità del suolo, il regime, le abitudini, la mescolanza di varie na- zioni, nel caso si voglia adottare la importazione: e queste sono cause potenti a vsegoo da modificare la serie degli effetti che si attendono dal contagionista. Se nei luoghi nominati la peste serbasse quella periodicità di manifestazione che vedemmo nel Delta, potremmo forse dedurre la peste di Egitto esser quella della Siria, dell'Arcipelago greco, di Cipro, dell'Anatolia, di Costantinopoli: ma (t) Vojages faits en Turquie, eri Perse et en Arabie par le Comte Ferrieres de Sauveboeuf. Paris 1S07 (2) TTiener Jahrhucher der literatur 1834. 150 iu queste regioni vi corrono differenze considerevoli. Nella Siria passarono per- sino 25 anni di quiete, per testimonio di Yolney: nell'Arcipelago, Cipro, Smyr- ne, e nel resto dell'Anatolia, 7, 9, 15 anni; a Costantinopoli invece comparisce ad ogni 2 auni all' incirca: uè puossi attribuire il lungo silenzio a discipline sa- nitarie che non esistono; e nemmeno il frequente apparire alle prave abitudini dei Turchi, i quali stanno nell'Egitto, nella Siria, nell'Anatolia, a Costantino- poli, e. fedelissimi al Corano, sono, quai furono ai tempi del Profeta, rassegnati al destino; né, meno ignavi di allora, spendono un po' di meditazione a conser- var meglio la vita. Non v'ha stagione che diminuisca il commercio di terra e di mare; le comunicazioni restano sempre libere in Oriente. Da qualche anno ap- pena si die mossa ad un'amministrazione sanitaria imperfetta, interrotta per mesi; non ha guari tolta, indi capricciosamente rinnovellata (come avrete rilevato dalle gazzette dello scorso Febbrajo) per la costa marittima di Alessandria. Sotto varii punti di vista potrebbe chiedersi un esame dell'altro centro in- signe di peste nella città e nelle borgate di Costantinopoli, e farsi strada cosi allo scoprire l'indole di quella che comparisce a quando a quando nelle isole dell'Ar- cipelago., nell'Anatolia, e precisamente a Smyrne. È noto come il dolt. Farisei attribuisse la peste di Egitto alla perduta imbalsamazione dei cadaveri, ch'egli presenta come pratica igienica dovuta alla saggezza degli Egizii. i quali facevano mostra di voler conservare le spoglie dei defunti per assicurare la sanità ai vi- venti. E quel eh' è più, a questa causa, continua egli, doveano quegli antichi la fortunata ignoranza della peste. Qui non sarebbe a proposito lo intavolare una quistione. Certo è che la storia de' tempi più remoti ci assicura che la peste re- gnava iu Egitto prima dei Faraoni: che la imbalsamazione dei cadaveri avrà in- chiuso in sé stessa bensì una pratica igienica: ma, più che igienica, religiosa, poi- ché accordavasi colle idee degli Egiziani sulla essenza fisica e morale dell'uomo. Saranno sei anni che il conte Carlo Crotti, trovandosi a Costantinopoli, die- de nuova vita alla idea che la peste si dovesse alla decomposizione dei cadaveri, ed al pravo metodo di tumulazione usato dai Turchi (^Memoria sulla origine della peste orientale, al dottor fisico Gagnola). Immaginava egli che la vasta selva di cipressi tra Galata e Pera, mettendo le radici nei sepolcri dei Turchi, che ivi abbondano, gli assorbenti di quelle inalassero il putridame cadaverico; questo passasse nella circolazione della pianta, quindi si spandesse nell'aria per gli esalanti: e la gente, che accorre in folla ai cimiteri, ricevesse col respiro il miasma pestilenziale. 151 Auche la GoiniiiissioDe fraucese iu Egitto ael 1828 fu leslimouio di uà fatto favorevole in qualche maniera alia idea del coute Grotti . il quale si trovava in Levante sei anni dopo, cioè nel 1834. A Colliaul], vicino al Cairo, doveasi isti- tuire una fabbrica per lavorare il cotone, e si scavava nel luogo d'una sepoltu- ra. Quelli clie lavoravano nello scavo ammalarono poco dopo di peste: e ne fu testimonio Lagasquie, uno dei sette della Commissione. Il relatore poi ne narra altro analogo. A Wampoa-Road, sulla foce del Tigri, nel golfo persico, sedici miglia loutano da un luogo nomato Cantori, arriva un capitano americano col- r equipaggio di bordo sano sanissimo. xVrrivato, muore un mariuajo di dissen- teria. Quattro dei compagni trasportano il cadavere alla riva per dargli sepoltura, e due di essi s'occupano nello scavare la fossa. Incontrano fatalmente la cassa d'un cadavere (clie poi si seppe sepolto tre mesi prima), ed esce una mofeta con puzzore orrendo, per cui, costretti ad inspirare, cadono svenuti. Gli altri due compagni a mala pena poterono trascinarli a bordo del bastimento, ove nel di seguente mostrarono tutt'i sintomi noti della peste, bubboni, antraci, pustu- le.ec. : e morirono, l'uno al quarto, l'altro al quinto giorno di malattia: il terzo, suir undecime giorno, cadde pure malato di peste, e guari: guarì il quarto an- cora; ma questo, più avventuroso, uou avea provato, nello slesso giorno uude- cimo dal successo, che un vago malessere C). Osservate che il coute Grotti, quaudo nel Luglio l83-'i soggiornava a Co- stantinopoli, e si sentivano varii casi di peste, fu iu quell'epoca che tabbricò la sua ipotesi; che invece il membro della Commissione francese Lagasquie, ed il relatore dei risultamenli della Commissione narrano i due altri casi, senza far ceuuo di peste diflusa o meno nel Continente africo - asiatico ; cosicché resta il dubbio , uon forse la esalazione cadaverica sia stala la causa occasionale della peste che doveva svilupparsi in quegl'iudividui. Le mofele sepolcrali, le incom- piute tumulazioni, la sporcizie delle contrade e delle case, i costumi dei Turchi e degli Armeni, furono cose dette e ridette le migliaja di volte colla intenzione di persuadere che da quella fonte sorgono le pestilenze: ma quaudo si domandò del perchè, rimanendo eguali le mofete, le tumulazioni, la sporcizie, i costumi (bene inleso che fra i Turchi non si tollerano le disinfezioni sanitarie), la peste cessa sempre in Giugno, né ricomparisce se uou dopo l'equinozio di autuuuo: quaudo si chiese ragione del perchè in Giugno gli Europei rompono l'isola- (1) Med. cliir. Review, Cj-clopedia of pr. med. 132 mento, e si mescolano impunemente coi Turchi, cogli Armeni, coi Copti, coi Brusi, né c'è esempio allora d'un solo caso d'infezione: tutl'i partiti si mettono in silenzio, e si vede calato il vessillo del contagionismo , né per tutta la state almeno si osa rialzarlo. Notale bene, o Signori, ch'io non fo che accennare que- ste cause, e tocco appena la dottrina del contagio: riserbandomi in altra Memo- ria apposita il discutere, per quanto il permettano le cognizioni attuali, su que- sta parte importantissima del mio lavoro sulle malatlie popolari. Egli è quindi pertanto, che anche per la peste particolare alla Siria.^ all'Ar- cipelago, a Cipro, Smyrne, Costantinopoli, non trovo sufficiente motivo di mo- dificare il mio divisamento: ed ho fermo il principio geografico - fisico , da me stabilito sulla scorta dei fatti, per determinare i limiti naturali della peste: donde risulterà sempre, che il grado 41° di latit." boreale, in cui trovasi Costantinopoli, costituisca il confine settentrionale ordinario della peste: visto che la frequenza si mantiene costante da secoli in quella città agli estremi di Europa, e che più in qua di essa la esplosione d'una forma di peste diviene assolutamente casuale. Si parlò sempre della necessità di studiare sul luogo la malattia, né si cessò mai dal ripetere ai Governi, esser prezzo d'opera l'impiegare persone e dana- ri a tal uopo, spedire in Africa ed Asia giovani medici, formare Commissioni, onde conoscere una volta quel po' di vero che fia possibile fra mezzo a tanta ignoranza! Bisogna avvertire in primo luogo, che dal 1788 in poi si contano più di cin- quanta medici distinti, e forse altrettanti viaggiatori non medici, provveduti di esimio buon senso, i quali, dopo lunga dimora nelle regioni desolate dalla peste, testimonii attivi delle stragi, investigarono, esaminarono le cause, i segni, i sin- tomi; misero alla prova i metodi curativi empirici: e quando giunsero a formar- si la idea migliore dei caratteri anatomico - fisiologici , tentarono una razionale terapia, non senza un qualche successo. Oltre ad una serie ragguardevole di os- servazioni da me raccolte col più vivo interesse, ch'io andrò sponendo in altri miei lavori successivi, sarà importantissimo quanto il dolt. Ignazio Gruber rife- riva nel 1839 alla I. R. Società de' medici in Vienna (l); relazione nella quale v'hanno ancora i risullamenli della Commissione francese del 1828. (1) Neuere stimmen aus der Le\'anle , iìber die pesi des Orients , gesammeUfiir die K. K. Gesellscìiaft der Aerjte in irien, von doct. Ignaz Gruber. Jf'ien 1S39; gednickc bei dea P.P. Mechitarislen. 153 Ma si abbiauo pure per necessarie ulteriori spedizioni, ritenuto che il già fallo non basii: ned io son vago divergere dalla opinione alimi, specialmente in sì fatto argomento, il quale, a forza di passare sotto la osservazione più assi- dua, dovreblie una volta uscire dalla tenebra che lo invase finora. Cosa alteu- diamo noi dagli osservatori che andranno quind' innanzi sul luogo? 1.° Investigheranno le cause remote, e provocheranno le slesse quistioni sull'endemismo. Daranno altre topografie di Alessandria, del Cairo, della Siria, dell'Anatolia ec, le quali aumenteranno il cumulo de' nostri desiderii di miglio- ramento; inutili fino a tanto clie un nuovo potere legislativo non si metta a sradi- care il pregiudizio: ardua risoluzione, perchè dovrà opporsi al principio religioso. 2.° Svolgeranno le dottrine del contagio, ma troveranno potenti ostacoli nel fatto fisico; non potendo negare il quale, dovranno aggiugnere, come si fece da lutti i contagionlsll finora, ipotesi alle ipotesi, se vorranno spiegare il perchè oggi quella peste, dopo nove mesi di attività, incominci ad essere inerte, cosi si mostri il domani, e tale mantengasi per altri tre mesi. Più ancora: ammesse le prove negative dell'isolamento, saranno costretti ad altre supposizioni sulla im- munità di cento individui di confronto alla suscettività di altri ceuto, e si accam- perà di nuovo la predisposizione ; parola bellissima, ma insignificante per quelli che domandano non parole, ma fatti. 3.° Studieranuo lo stato patologico, e saranno aggregati alla lunga serie del medici, fra i quali emergeranno sempre i giustamente celebri Larrey e Desgenet- tes. Questo e quello della terapia saranno forse per l'avvenire i campi migliori per le novelle ricerche; ma ardua, malagevole sarà l'impresa loro, lenta nel pro- gredire, come lo fu sinora per gl'infiniti ostacoli di politica, di opinione religio- sa, di abitudine, di empirismo, che regnano nel Levaule. Siccome in argomento di peste bisogna confessare che la importanza mag- giore esista in questo genere di studio, ed abbiamo molti materiali antichi e mo- derni per trattarne con fondamento; cosi, legandosi quello al proseguimento delle indagini tracciale dal dolt. Bulard, entrerà nella parte destinata ad investigare del come si ntanifesti e si propaghi la malattia. 154 SAGGIO DI ALCUNE RICERCHE INTORNO DEL PROFESSORE SERAFINO RAFFAELE MINICH LETTO ALLA l. K. ACCADEMIA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI DI PADOVA IL GIORNO XXVI FEBBRAJO MDCCCXXXIX. i^e ricerche di cui offro un saggio si esleudouo alle sviluppale delle curve nello spazio, ed anco alle caustiche. Ma, a fiue di suddividere il lavoro, mi pro- pougo iu questo opuscolo di esporre per le sole sviluppate uel piano i nuovi ri- sultameuli delle mie indagini intorno ad un argomento che poteva oggimai sem- brare esaurito. ARTICOLO PRIMO Rettificazione relativa delle ei'olute imperfette. 1. Data una linea piana, per ogui punto della quale passi una retta con certa legge, cosicché la sua direzione dipenda da una funzione continua delle coordi- nate del punto suddetto, si avrà una serie o famiglia di rette che si succedono senza interruzione. Vuoisi determinare le coordinate del punto di incontro di una qualunque di queste rette eoa quella che immediatamente le succede, e la curva eh' è il luogo di tutti que' punti di intersezione. E noto che la curva cercata sarebbe l'inviluppo o l'abbracciante di tutte le rette costituenti il proposto sistema. Ma per non ricorrere ad altre teorie, e per comprovare l'identità di questa linea-inviluppo colla richiesta, credo opportuno di esibire, mediante il principio de' limiti, una facile soluzione del Problema te- sté enuncialo nella guisa che più si accomoda alle pratiche applicazioni. Sieno OP^x, PM^=j' (Figura I.) le coordinate ortogonali di un punto qualunque M della data linea riferita al sistema degli assi 0 X, 0 Y. Sia M R la i 155 retta guidata per M con certa legge. Sarà l'angolo MRX^z a. funzione dalui di x, j-: e chiamando A', Y le coordinate correnti della retta M R^ si avrìi (1) y-j=(.Y— x)tga. Attribuendo ad x un incremento Ax, si verrà a considerare un nuovo punto delia linea proposta, e l'equazione della retta che vi corrisponde sarà (2) F— j — Aj= (A — x — A:r) (tg a + Atg 4 Dalie (1) (2) ricaviamo per le coordinate del punto d'incontro della MR coli'allra retta che passa pel nuovo punto della linea proposta • A y tga + Atga — _i A-=: x-\- - A t? a tff X. Ai Volendosi ora le coordinate del punto di intersezione della MR colla retta che immediatamente succede, non si ha che a far convergere Ax verso lo zero, e prendere i limiti secondo le nozioni già divulgale. Rappresentando tuttavia con A', F le coordinate 0(7, QiVdi questo punto iV. e con R la lunghezza il/iV., si otterrà , , , d -f /d X scn a — d v cos a\ (3) X-x-\r ,t,g^ ^x-f(^ j-^ jcos^. dx i^ a — 1 d:r( 1 dtg « ( ... „ , , ...^, , ,^dT sen c4 — dy cos a\ (4) F = j + <^_^__Wg*=j + ^ j^ jsena, dx d.y ' J d X r (5) R= + \/ ^X — xY + (Y—rY = — , ^ . ^ dx ; dy cos a — d x sea a da Siccome a, è nota funzione di x\ j, ed è pur data la relazione fra x, y che rappresenta la linea proposta, eliminando x,j\ a fra queste relazioni e le (3) (4), si avrà una equazione finita contenente A', F, che sarà quella della curva richiesta. 156 E facile dimostrare che la MR tocca uel punto N la delta liuea cercata, cioè che questa è l'inviluppo della famiglia di rette a cui 31 R appartiene. In- fatti differenziando la (1) otteniamo iY—dj={àX—ix) tg x-\-(X — x) d tg oc; e poiché dalla (3) risulta dj' =^ dx tang oc — (^Y — :<;) d tg a, ne segue (6) dF=dJrtga; lo che vuol dire che M R è tangente alla curva suddetta. Ci serviremo delle formole (3) (4) (5) per dedurre i raggi delle sviluppale ordinarie ed imperfette, e le loro equazioni. Si potrà pure iu altra occasione de- durne i raggi delle caustiche per riflessione e per rifrazione. 2. La teorica delle sviluppate imperfette, cosi denominate dal Fontenelle, è stata abbozzata la prima volta dal Réaumur nelle Memorie dell'Accademia delle Scienze di Parigi per l'anno 1709. Un secolo appresso il Lancret trattò a foudo di queste curve anco nello spazio, sotto il nome di svìluppoidi, uel Tomo II. delle Memorie presentate da' Dotti stranieri all'Istituto di Francia. Si generano le sviluppate imperfette o Reomuriane col supporre 31 R normale alla curva pro- posta. Sia L3I normale alla data curva, si avrà l'angolo L3IR^^ e costante, tg3ILX = - ^, — tgc— 1 tsoc = ig(c + 3ILX) = ^ , ax dy , ax d tg flC =z — . Quindi se denotiamo con s l'arco della curva data, per cui i s zz: \/' (i x' -\- dj'°), le formole (3) (4) (5) ci somministrano (7) R=- i\s cos e dx a - — ax /dy dx \ (8) X=X+R[£cosc + -s.nc), 15T (9) Y=j+ R[j-s^'^c-— cose (] V '1 J «fri r Se iu queste espressioui pongasi c^:zo, abbiamo le note forinole clie espri- mono il raggio e le coordinale dell'evoluta ordinaria. La (7) poi c'insegna, che il raggio d'ogni sviluppata imperfetta eguaglia la projezione ortogonale del rag- gio di curvatura sulla direzione di quello. Di maniera che se sul raggio di cur- vatura come diametro si supponga descritto un cerchio, ogni sua corda guidata dal punto che si considera nella proposta curva diviene il raggio d'una delle sviluppate della curva medesima. Questa proprietà fu già osservala dal Reau- mur, ed anco il Laucrel ne ha dato una facile dimostrazione. '5 5. Sia (Fig. II.) descritto il detto circolo che ha per diametro il raggio dell'ordi- naria evoluta Ugeaiana. Tirata una corda 31 N', sarà questa il raggio d'uu'evo- luta imperfetta che forma colla normale alla curva l'angolo dato NM]S'z=:c,. Per brevità di linguaggio chiamerò quind' innanzi evoluta ad angolo e quella il cui raggio forma un angolo e colla normale alla proposta curva; e per fissare la direzione nella quale deesi prendere e positivo, s'immaginerà dal punto M come centro descritto il circolo di raggio = 1. L'origine dell'angolo od arco e sarà l'intersezione di questo circolo colla normale in M dalla parte della concavità della curva: poscia la direzione in cui si prendono gli archi positivi si stabilirà iu un dato verso, quale è quello indicato nella Figura dalla freccia arcuata. In simil guisa è evidente che l'evoluta ad angolo — e coincide debitamente con (juella ad angolo 180° — e, attesoché qualunque di questi due angoli si ponga iu luogo di e nelle formole (8) (9) trovansi per X, Y le medesime espressioni. Per c= i. 180°, ove i sia numero intero o nullo, si ha l'evoluta ordinaria; e per e ^= {i -\- r) 180° si avrebbe la slessa curva proposta. Ciò premesso, guidisi un'altra corda 31 N" che sia il raggio dell'evoluta aJ angolo N3IN"^c^. Si avrà manifestamente l'angolo iViY'iV"' = iVMA"=c„ e l'angolo NN"N"'^= N3I N' =z e,, NN' sarà normale all'evoluta ad angolo e,, ed NN" normale all'evoluta ad angolo c^. Pertanto la curva -inviluppo di tutte le rette N'N" corrispondenti a' varii punti della data curva sarà 1' evoluta ad angolo Cj dell'evoluta ad angolo e,, ovvero viceversa l'evoluta ad angolo e, dell'evoluta ad angolo c^ della curva medesima. Questa evoluta di evoluta si chiamerà evoluta seconda ad angoli e,, Cj, ovvero Cj, e,, essendo indifferente in 8 l'ordine iu cui i due angoli souo disposti. Siffatta coiucidenza veuue già notala dal Laucret. ma nel caso particolare in cui uno de' due angoli sia nullo. Dal Teorema testé dimostrato per le evolute seconde è facile arguire che eziandio l'evoluta ad angolo C3 dell'evoluta seconda ad angoli e,, c^ rimane la stessa, comunque si permutino fra loro gli angoli suddetti, attesoché è permesso di al- ternare due qualunque di essi qualora sieno consecutivi. Per la stessa ragione si troverà in generale essere l'evoluta (M)esima ad angoli c,.^ c^, c„ l'iden- tica curva, comunque venga invertito l'ordine in cui gli angoli si succedono. 4. Trattasi adesso di esprimere l'arco S dell'evoluta ad angolo e per mezzo dell'arco s della data curva e del raggio dell'evoluta medesima. A tal uopo dif- ferenziamo le relazioni X-=^x — iJ cos ac, F = j- — i» sen a esibite dalla Figura I., ovvero dalle formole (3) (4) (5) : avremo à.Xz=:àx — di? cos x -\- R àx sen x d y =: àj — di? sen x — R àx cos x. Prendendo la somma de' quadrati, ed avuto riguardo alla (5),^ ricavasi dS'r^dj-'-l-di?' — (da; sen x — àj cos x)' — 2 di? (àj sen x -\- ix cos a) =r di?" — 2 di? {àj sen x -{- Ax cos x) -f- (dj- sen x-\- àx cos a)': ed estraendo la radice si ottiene (10) d 5 =r d i? ^ — (d^ sen %-\- àx cos x). Qualora fosse Ay sen x-\- Ax cos x una differenziale esatta, la (10) si in- tegrerebbe immediatamente, e si avrebbe la rettificazione dell'arco S dipenden- te dall'integrale di detta formola. Riguardando x come funzione delle sole x^f, questa formola è una differenziale esatta, se si verifichi la condizione cioè qualora sia j — or tg a = F {x). Abbiamo allora da Ay=:zAxisx-\-x — — - + F' (a) d a ; cos a e sostituendo nella (10) si ottiene mercè l'integrazione (11) S—R—— /"F(«) sen ad«-|-i ^ ' cos a J ^ ' •159 avvertendo che il simbolo i^ denota una funzione arbilravia, F' la sua derivata, e l'iniziale cosi, la costante arbitraria cbe rende l'integrale completo. Per l'evoluta ad angolo e abbiamo (Fig. I.) ocz=c + MLX, sen MLX=~^. cos 7»/IZ= -p-; conseguentemente /dy dx \ sen e = — l -j— sen « -j- y- cos xj , e della (10) d5=:di?+ d5sen e. cosicché integrando risulta (12) 5= iJ + 5 sen e + cost. Dunque la rettificazione d'ogni evoluta imperfetta dipende da quella della curva da cui viene dedotta. Nel solo caso di e = o si ha l'arco dell'evoluta or- dinaria assolutamente rettificabile. Prendendo a considerare gli archi S\S" e i raggi R'. R" di due nuove evo- lute ad angoli rispellivi e , e', si avrà del pari S' ::= R' -\- s sen e' + cost., S" z= R" -\- s sen e" + cosi. Chiamalo p il raggio, e (t l'arco dell'evoluta ordinaria, sappiamo essere § 2. R^= p cos e, ^= P cos e', R = p cos e". Pertanto moltiplicando per p l'equazione identica cos e sen (e' — e") -f- cos e' sen (e' — e) + cos e ' sen (e — e') = o ne emerge (1 3) R sen (e' — e") -f i?' sen (e" — e) -|- i?" sen (e — e') = o. Se dunque si somma la (12) moltiplicala per sen (e' — c') coll'altre due si- mili equazioni moltiplicale rispellivamenle per sen (e" — e), sen (e — e'), risul- ta a cagione dell'equazione identica sen e sen (e' — e") + seu e' sen (e" — e) + sen e" sen (e — e') = o, la relazione (1 4) S sen (e' — e") + S' sen (e" — e) + S" sen (e — e') =: o. in cui si può ad S' sostituire o- col porre e'' ^:: o § 3. Si può inoltre surrogarvi s ad S , ponendo e' = 90°. Ne proviene allora (15) S :=: s seu e -|- t cos e -f- cosi., la quale è la slessa (12), avuto riguardo alle relazioni 5- =: p -f- cost.. -^ =^ P cos e. 1G0 Se su|)iiotJÌanio che gli archi si anuullioo simultaneameule.^ e che siano svi- luppali sulle rispellive tangenti, svanisce nella (15) la costante arbitraria, e si trova 5 uguale alla somma delle projezioni ortogonali di^, cr; cosicché se questi rappresentino due forze, quello eguaglierebbe la lor risultante. 3. Dalle formole generali (3) (4) (5) abbiamo dianzi dedotto la teorica delle evo- lute Ugeniane e Reomuriane. Ma né il metodo esposto, né veruu altro degli asali finora per dedurre la suddetta teorica mi sembra preferibile al metodo di- retto, che avesse per base la nozione medesima delle evolute, cioè di quelle cur- ve le quali col loro sviluppo, eseguilo secondo una data legge, generano una (jualunque curva proposta. Per l'evoluta Ugeniana questa legge prescrive che il filo rettilineo, che serve ad eseguire Io sviluppo, sia sempre tangente all'evo- luta, ed eguale all'arco della medesima compreso fra il punto di contatto ed una origine qualunque. Per le evolute Reomuriane ben si sapeva che la lunghezza del filo tuttora tangenziale differiva da quella dell'arco, ma il quanto non era noto. Ora dalla (12) si rileva che questa differenza deve uguagliare l'arco della curva da descriversi moltiplicato per una costante , il cui valore numerico non può eccedere l'unità. Sebbene però il metodo di assegnar le evolute, fondato sulla nozione slessa del loro sviluppo, possa parere, e sia infatti, il più semplice e di- retto, non sembra ch'esso sia stato giammai praticato. Si suole nei Trattali di calcolo differenziale e delle sue applicazioni geometriche percorrere tult' altra via, e di leggieri ammettere, o laboriosamente provare che il filo tangenziale al- l'evoluta riesca sempre normale all'evolvente. La dimostrazione di questo Teo- rema data dall' Ugenio nella Parte III. della sua Opera de Ilorologio oscillato- rio nulla lascierebbe a desiderare, se non fosse insufficiente pei punti di flesso contrario e di regresso della seconda specie. Quanto al Problema dello sviluppo delle curve non si fa nei più estesi Trat- tali che accennare le equazioni determinatrici del filo descrivente, senza sugge- rire come si possa ricavarne l'equazione differenziale dell'evolvente nel caso che l'evoluta supposta data non fosse rettificabile. Vero è bene che l'evolvente ordinaria non è che la trajetloria ortogonale di tutte le tangenti dell'evoluta, ma è pur d'uopo aver pria dimostralo che l'evolvente è sempre normale al rag- gio dell'evoluta. Pertanto nel trattare geaeralmenle dello sviluppo delle curve nel prossimo Articolo II., mi propongo dapprima di indicare come tutta la teo- 161 lica delle evolute ed evolventi Ugeniane e Reonaurlaae si possa agevolnieute dedurre da poclie operazioni analitiche eseguite sulle equazioni che determi ua- no i! filo descrittore. ARTICOLO II. Dello sviluppo delle curve in generale. 6. Abbiasi (Fig. III.) una curva A M' riferita al sistema ortogonale degli assi OJT, OY mediante le coordinate OF = x\ P'M'z=y. Se, effettuaudo la so- lita evoluzione, il filo addossalo a questa curva si è svolto da un punto A sino ad il/', avrà descritto l'arco della sviluppante J3I, e sarà MM' tangente alla curva proposta, ed uguale al suo arco J M' che chiameremo s'. Qualora l'origine A di quest'arco non fosse presa ad arbitrio, si intenderebbe aggiunta ad s una costante arbitraria. Denotiamo con x, j le coordinale OP, PM del punto M, e guidata M'L' normale alla curva A M\ ed M7/ parallela all'asse OX, si chiami tp' l'angolo M'L'O. E noto essere , dx' dy (16) sen(p=j^, cos l\ .^Z"^"^-) are Ig - + cost. =z \/ ( ~ 1 j — are tg \/ ( ;7— — 1 a a ossia introducendovi le coordinate polari u z=i\/ \x J^ y \^ z = are tg — , 3+cost. = ^/(^— — 1J— are tg l/(^— — Ij, a a la quale equazione polare si può dedurre quasi intuitivamente dalla descrizione della sviluppante medesima. Ricavando invece nell'altro modo l'equazione differenziale della curva ri- chiesta, troviamo a' {àx' + dj=) == ( rdj + xdxy, il cui integrale è appunto la precedente equazione finita. 163 7. Proponiamoci a viceuda di determinare il raggio e l'equazione della svilup- pata, essendo data la sviluppante. Sia L (Fig. III.) il punto d'incontro coli' asse OX della M M' normale al- l'evolvente J M. Si chiami (p l'angolo 31 LO, e p il raggio M M' dell'evoluta. Avremo (21) sen(f)=jj, cos(p=-jy, p^s; e poiché (22) (p' = (p + 90°, donde sen (p' = cos cp, cos (p= — sen (p, ne consegue d x' d y e! y' d x ^ ' ds' di ' di' di Effettuate le relative sostituzioni nelle (1 8), risulta dx dy (24) p=--i;. /' = ,^r^- d -^ d di di Di più, differenziando le (21) abbiamo d (p cos (p = d jj, e quindi, attese le (21) (24), emerge a(pcos(p = u-^ — , dcp sen !p = ^ d -j — ; di Siccome poi ricavasi ancora dalle precedenti dx'.dy dy,dx dxdy (26) d' 8. E questo il luogo di notare un Teorema dimostrato cogli infinitamente pic- coli dal Mauperluis nelle Memorie dell'Accademia delie Scienze di Parigi per l'anno 1728, pag. 225; cioè che pei singoli punti delle successive evolute cor- rispondenti ad un dato punto della proposta curva AHI^ è costante il rapporto tra la differenziale dell'arco ed il raggio di curvatura. Imperocché chiamando p, il raggio relativo all'evoluta A M\ per la (25) abbiamo is 165 Ma si ha per la (22) cousesuentemeule d^' d s Del pari cLiamando 5", s' ' . . . . ^W gli archi, e p^^ p3, . . . . p„ i raggi di curvatura rispettivi dell'evolute seconde, terza, .... («)esitna, avremo (28) ti.^^^ _£i!'_£i. f '•p p p Siccome poi si ha di mano in mauo dalia terza delle (21) d5' = d|J, às" = dp^, d^f"'^d|0„_,, uè proviene nell'ipotesi del dcp costante dp 2 di' dp as" I d p ''■ "^ da "^ dp"' ^2 ^^ dp ^^ dp "^ 2 ' dp dp e in generale (29) p: dp Quest'ultima formola torna opportuna a determinare immediatamente il raggio di curvatura dell'evoluta (M)esima d'una curva, senza mestieri di asse- gnare le evolute intermedie, ed ha pur servito all'Eulero per la ricerca di quel- le curve che riescono simili alle loro evolute di qualsiasi ordine (iVbt'a Ada Academiae Scient. Petropolitanae , Voi. I. pag. 75). L'uua e l'altra questione verrà risolta nel modo più generale per le evolute («)esime ad angolo qualun- que nei susseguenti Articoli III. e IV. 9. Il metodo finora adoperato per sottoporre all'analisi l'ordinario sviluppo delle curve potrà esser utile per ogni altra maniera di sviluppare una curva. Se, per esempio, la lunghezza del filo M' M tangenziale alla data curva dovesse eguagliare il suo arco diminuito od aumentato d'una quantità, che si suppone eguale all'arco della curva descritta moltipllcato per una costante a; si vedrà sorgere nella A M l'evolvente imperfetta della curva proposta. A dir vero que- sto modo di descrizioup, in cui viene implicato l'arco slesso della curva da trac- ciarsi, sarebbe speculativo, e non pratico: ma si vedrà fra poco al § 13. come si 16G possa assegnare la lunghezza M M coi soli dati della curva da svilupparsi. De- nominiamo questa volta x,,/, le coordinale OP', P'M', ed s^ l'arco della nuo- va specie di evoluta: avremo di conformità alle (17] le di d^ (30) x,—x=^{s, — as)-^, j, _j = (5, _a^) j-i, che differenziate ci porgono di di d .r = rt d 5 T (s. — as) d t— , ds ^ ' ' df ' dy dy àjr=aàsj^ — {s, —as)d jf • di Sommando la prima di queste moltiplicata per r— colla seconda moltipll- d^* r cala per j^, si avrà a cagione di I 2 2 ds ds I 1 l'equazione (32) la quale significa che l'angolo, sotto il quale la nuova evolvente ^31 incontra il raggio iM M', è costante. Poiché il primo membro della (32) è il coseno dell'angolo testé additato, ne segue che il valore numerico 'di a non potrà eccedere 1' unità. Pertanto rap- presentando a con sene, sarà e l'angolo costante formato dal raggio AI 31' colla normale in M alla J M. Quindi apparisce nella A 31' l'evoluta ad angolo e dell'altra curva. E superfluo occuparsi del raggio e dell'equazione di questa evoluta, giacché siffatta ricerca venne eseguita al § 2. colle formole (T) (8) (9). Basterà soggiun- gere come si deduca l'equazione differenziale dell'evolvente ad angolo e, data l'equazione F (x,, j-_) =: o, che rappresenta A 31'. L'angolo formato dalia 31 31' colia curva >-i il/ essendo il complemento a 90' di e, si avrà la sua tangente di di dy dy ]a cui -;— d ds I as as as I I 1 A <^^ A di ' 1 °7 di ds ds , Al ..... . , fp ''"■ -; — . T— sono numeri dati in ogui caso particolare, assumere ht = p TT ? d^, ' as, ° * ' ' "r, EG= p --. Condotte pei punti F, G due rispettive parallele alle E G, EF, il punto L del loro incontro determinerà la direzione della normale iil/alla curva ^ M. Imperocché si trova dta ? + p sen M, + p, -— ' „„.r FM MM' + EM' + EF <ì■, T — . -, — • dx, da- di dX. fdy, dx, ds, di di. 170 Si avrà pure uua relazione fra ^,,7',' ^-.Jì elimiuando s_ fra le (35). Queste due relazioni, combinate coll'equazione della data linea ^'31' F (x . r) = o. ci daranno, mercè l'eliminazione di x^,f^^ l'equazione differenziale di primo or- dine della linea A M. Se la curva A' M' fosse rettificabile, ovvero se le funzioni ^, ct^ non involgessero 5^ si avrebbe l'equazione finita della ^M elimiuando .r , _>-^ fra le (35) e F (a?,, j ) = o. 11. La soluzione del Problema reciproco, cioè data l'evolvente AM. determi- nare il raggio 31 M' e l'equazione della nuova evoluta A' 31'. esige che sieno specificate le funzioni w , ^. Lungo sarebbe e soverchio l'occuparsi della discus- sione di que' casi in cui si può risolvere la questione mediante equazioni finite. Si osservi che qualora 31 31' e l'angolo H 31 K vengano espressi in funzione delle quantità competenti alla curva A 31^ si determina collo stesso procedi- mento analitico la curva A' 31' partendo dalle equazioni l-Ax Ay \ X, X ^^L [ -r— COS 0) + -r- sen £t) . ' ^ Vili as J ' J, — J= ? [j: COS 0) — ^ sen a^j, le quali sono appunto le (35), ove all'angolo cp^ + m siasi sostituito l'eguale (p 4" w (41). Havvi infatti reciprocità fra le due linee ^7 il/, A 31'. ^ cosicché l'una è evolvente dell'altra, e viceversa, secondochè si mutano i dati della questione, e si alterna la legge dello sviluppo. Nelle applicazioni delle proposte fórmole può accailere che iu luoj;o delle ^, to, siano date le funzioni ^ sen cd= ^w, ^ cos w = v. Allora sarà più comodo il partire dalle equazioni ày, à:L- J)-, tir X — X =^ u r |-VT— ^. r — y=v--— — U -r^ . ' As, As, ' -^ ' -' As, " ,1 j 1 che subentrano alle (35), e da cui si ritrae con metodo analogo Ay Ax, d.r d.r, vdffl, + flj[i seu (o) — cti ) : d f d J d f d f As d.r d.f, Ay Ay, uAp — du + di (43) cos (tri — (tì)<= —- — 4- -— -— = j . d.?' = (v d(p^ + d//)- -f (/jid(p, — d V + d.$J^ La teorica dianzi abbozzata può prestarsi alla soluzione di parecchi Pro- blemi relativi alla genesi delle curve. Uno di questi sarebbe la determinazione ni delle curve deuominate roulettes dai geometri francesi, ed appellabili col nome generico di trocoidi, le quali vengono tracciate (Fig. V.) da un punto 31 di data posizione rispetto ad una curva £.]/, che lo trae seco mentre ruota senza stri- sciare sopra un'altra curva fissata nel medesimo piano. Basta riguardare 3131' siccome un raggio vettore guidato dal punto descrivente 31 al punto 3l\ in cui la curva mobile tocca la linea fissa che le serve di base, e stabilire secondo la na- tura della curva B3I le relazioni che servono a determinare il raggio 31 31' =; ^ e l'angolo 3I3IB = w^ per mezzo dell'arco B31 . Poiché la curva si muove ruotando senza strisciare sopra la A' 3I\ ne segue che l'arco 31' B è sempre uguale all'arco A' 31', supponendo che le origini degli archi coincidano insie- me in qualche istante del moto. Pertanto ^ ed m^ verranno dati per s almeno col mezzo di equazioni differenziali, e si potrà applicare alla ricerca della tro- coide j4 31 il metodo teste usato al § 10. Ora condotto l'asse IB3I.^ e chiamato e l'angolo B3I 31', ed il l'angolo 31 IH, abbiamo fra le coordinate polari ^, v della curva B 31' e l'arco s le note relazioni e quindi ds sen &> = ^ d r, ds cos co ^ di, * in virtù delle quali risulta dalle (38) (39) te) = 90°, d5=d5 senM-|-^(d(p -\- dui). Dunque la retta che unisce il punto descrivente 31 col punto di contatto 31' delle due linee generatrici è sempre normale alla trocoide; teorema gene- rale, di cui quello che spetta all'evolvente ordinaria d'una curva § 6. (19) non è che un caso affatto particolare. Se il punto descrivente giace sulla linea mo- bile, la trocoide avrà un raggio di curvatura nullo quando il punto suddetto coincide col punto di contatto delle due linee generatrici, e incontrerà ambe- due queste linee ad angolo retto. E importante l'osservare che il Teorema testé dimostrato sussiste ad evi- denza eziandio qualora ambedue le curve generatrici fossero di tratto in tratto discontinue nel senso algebrico di questa parola, cioè costituite da più parti di linee rappresentate da equazioni diverse. Immaginando che queste parti diven- gano infinitesime, e che il loro numero cresca all'infinito, si arriva a concepire una linea qualunque discontinua in ogni suo punto nel senso algebrico, come 172 sarebbe uua curva tracciata dalla mano ad arbitrio ; imperocché ad ogni punto successivo delia linea suddetta varia la legge della sua descrizione, eh' è quanto dire la sua equazione rappresentativa. Siamo dunque autorizzati a conchiudere che il Teorema enunciato si estende alle trocoidi algebricamente discontinue generate da due linee pur discontinue, ossia tracciate a mano arbitrariamente. La dimostrazione dovuta all' Ugenio (§ 5.) pel caso speciale in cui la trocoide si riduce ad una evolvente , lascia pur luogo a considerare la curva fissa, ossia l'evoluta, siccome discontinua. Essendo ML normale alle J M, sarà 31 LI=(p, e perciò ?< = (' + (p. Inoltre abbiamo dalla (41) d (p -[- àco= d(p. Cousegueutemeule si avrà (44) d.? = ? (d(p+ dr) = ^d«, cioè la differenziale dell'arco di qualsiasi trocoide continua uguale al raggio vet- tore della curva mobile moltiplicato per la differenziale dell'angolo che forma un asse dato di posizione rapporto alla curva mobile suddetta con uu altro asse di posizione assolutamente invariabile. Mercè le formole antecedenti si può ancora risolvere la seguente questione. Supposta retta la linea fissa che serve di base, trovare la curva mobile che ge- nera uua data trocoide. Imperocché essendo nota la trocoide, si avrà per dato T— = f ((p) : e poiché la linea fissa è una retta, facendo coincidere con essa l'asse arbitrario II L. ne verrà w = ffi, e l'eguaglianza tg tó^ = -j-^ ci darà ^ d i' = d ^ tg (p. Quindi si ottiene dalla (44) ?d(p + d? tg(p = F' ((p)d(p, donde moltiplicando per cos (p, ed integrando, si ricava (45) ^ sen (p =f F ((p) cos

.m dcp = d(p,, ossia per la (25) — = — -• La seconda delle (40) integrata ci darà (52) s sen e = 5, sen e — ^ + cost. : e mercè l'integrazione della (38), che diviene d s^ sen e — d ^ = (d i, cos e + ^ d (p ) tg e, otterremo — ^ tg e ■ — y z^ a [ -r- sen e r— cos e , ■ ' ' ■' \<1* ' df '/ e l'equaziouc delia curva data F (x , J\) =^ o § 10. Al sistema delle ^55) si potrà ancora sostituire la coppia di equazioni che ne procede : ■176 (a: — x) cos e + (j, — 7) sen e, = « jj , (.r — x) sen e — (7, — j) cos e, = a jj , ovvero l'equivalente sistema (a-, — x) cos e, + (r, — r) sen e, dy, n, , / \- ; ^ 7 ^T =3—5 X — X) -\- (y >■)" = «'• (.r, — a:) sen e, — (y, — y) cos e, dx, ^ ' / ' \>/ / -/ / Quanto all'arco s, la (39) ci somministra (56) d5=d5 j/Z'l 4-2- cose + ^ì. Se e = o, si avrebbe la curva ^31 parallela ad y^'M', e dalla (56) quindi integrando (57) i = 5 + a(p -|- cosi. Determinata la cost. arbitraria nella supposizione che gli archi s, s^ abbiano origine sopra una stessa normale, si rileva che «la differenza fra gli archi di » due curve parallele compresi fra due stesse comuni normali eguaglia l'arco di « cerchio corrispondente all'angolo delle normali medesime, e descritto con un >ì raggio eguale alla distanza costante delle due parallele, essendo poi maggiore )) quello dei due archi che più si allontana dal punto d'incontro delle estreme » normali. » Questo elegante Teorema trovasi dimostrato nella Memoria del chia- rissimo Prof. Bordoni sulle curve e superficie parallele, inserita nel Tomo X\I. degli Alti della Società Italiana delle Scienze. 14. Supposta ^'31' l'evoluta ordinaria della ^/T/, cioè w = 00°. w^ = o, e quin- di ^ = p, dal § 1 2. (47) si ritrae d5=i- pàs = 4 p'i(p. Se invece supponiamo ritenuto w = 90° — e, ritenuto o) = o, la ^ M' di- viene l'evoluta imperfetta ad angolo e della A M. per cui ^ = /3 cos e: e chia- mando r la nuova area compresa dalle due curve, risulla d r=: i- (sdi cos 'e. Pertanto se le due aree 5, Tsono terminale dallo stesso arco dell'evolvente, il loro rapporto sarà quello dell'unità a cos' e, siccome venue dal Réaumur os- servato. 177 Per le curve descritte col raggio ^ = a, e l'angolo w_ = 90° — e costanti , si ottiene dalla (46) d 5 = rt d i cos e + ' a' d (p^, e integrando (58) 5= «^, cos e + J^ rt'(p^ + cosi. ; donde si discerné che « l'area S eguaglia un parallelogrammo che La per lati il » raggio a e l'arco abbracciato s , e per angolo compreso 90° — e , più un set- » tore di cerchio descritto col raggio a, e corrispondente all'angolo formato dalle » normali a' punti estremi dell'arco s. » Se e = 90°, il raggio a sarebbe tangente alla data curva , e il valore del- l'area 5 rimane uguale al solo settore di cerchio. Se e =0, la curva descritta è parallela alla data, e il parallelogrammo pre-" lato diviene rettangolo. In quest'ultimo caso l'integrazione delle (47) (49) ci porge S^ 4^ a {s -\- s^) -{- cost. =: « .y,, + cosi., noti valori dell'area S dovuti a Leibnitz. Non occorre diffondersi in ulteriori applicazioni delle formole esposte ai §§ 10. 12., di cui sarebbe facile e soverchio moltiplicare gli esempii. ARTICOLO III. Determinazione dei raggi e degli archi delle evolute ed evolventi (u)esime ad angoli qualunque d' una proposta curva. 13. Data una curva, di cui al solito sia s l'arco,

^-'. «^ 2.5.... n p— ' i7. Mediante fé relazioni (59) (60) § 15., è facile altresì pervenire alla espres- sione dell'arco s„ dell'evoluta («)esima ad angoli e, e,, C2,....c„_, d'una curva proposta. Iraperoccbè se ne deduce di mano iu mano, ritenendo il dcp costante, 5, = 5 sen e + jT cos e = i^s tg e + ^) cos e, = (■«. tg e, + — ^ ) cos e. 181 ds df • l às , ^ ò. s) == J5 tg C tg C, + J^ (tg C + tg C^ + — > COS C COS C, Ì3 = (^5j fg Cj + j-^j COS Cj = ^+ 17; (tg C + tg C. + tg c) + d^^ di , 5 Ig C tg C. tg C^ + jT (tg C tg C, + tg C tg C, + tg C, tg C,) ,3 > COS e COS Ci COS C», d j ec. cosicché assunta di uuovo l'eguaglianza (61). si ha per analogia /d"^ d"~',s ^ \ (72) 5„ = (^j^ + ^, ^-TT + + ^„ ij COS e cos e, . . . . COS c^ _ , , uou senza osservare, che questa formola stabilita coli' induzione valendo sino ad un dato numero m, sussiste ancora per ;« + 1, e si estende quindi ad un uumero n intero qualunque. Paragonata la (72) colla (62), si ravvisa che 1_, ed s^ sono i'uuzioni si- mili delle rispettive , ed s. Ma è il raggio di curvatura uella curva t COS e ^ COS e °° proposta, e del pari " è il corrispondente raggio di curvatura della sua svi- cos 'r. luppata (ra)esima : dunque il raggio osculatore, e l'arco dell'evoluta (/i)esima ad angoli qualunque d'una data curva, si determinano per la stessa funzione l'uno del raggio osculatore, e l'altro dell'arco della curva proposta. Nel caso in cui c„_, =^ (-'„_, . . . . = e, = e, si trova Cd s d s n (n — 1) dj ) che se fosse inoltre c = o. si otterrebbe per l'arco dell'evoluta ordinaria ('H)esima 1" u s 5„ = — + cost. : df ' mettesi questa volta in evidenza la costante arbitraria, perchè manca il primi- tivo arco 5, la cui origine indeterminata teneva luogo d'una costante arbitraria. Si può tuttavia tralasciare d'esporla, riguardando come indeterminata l'origine dell'arco a' . 182 18. A fi De di dedurre l'arco S„ dell'evolvente (re)esima ad angoli e,, Cj, C3. — c„ della proposta, nou si lia che a riguardare la data curva quale evoluta (re)esinia as;li auffoli slessi delia curva cercala, che n'è l'evolveute: e assumendo alla sua volta l'equazioue (64) § 16., si cambierà la (72) nella seguente (T-'O L + iJ, 1 + + B„ 5„ = , il cui integrale alla stessa guisa della (65), e ritenute le medesime denoraiua- zioni, sarà pel caso in cui l'equazione T :^ 0 (64) abbia tutte le sue radici diseguali P= n + ì (75) 5„ = 2 ^ ' e .d(p: ^ ' " COS Cj COS Cj, . . . . cos c^ „ — , i/ e pel caso di tulle quelle radici eguali fra loro ed a — tg e, — 0,0 e „ p Lg e (Tfiì à; = 1^ e sAr- COS e "^'' Se in quest'ultimo caso sia e = 0, si avrà per l'evolvente ordinaria (7i)esima 5„=/»5d(p'>. Complelalo questo iulegrale dell'ordine n mercè l'aggiunta d'un polinomio in -p del grado n — la coefficienti indeterminati, si ha la formola che serve di fondamento al nuovo Metodo del sig. De Corancez per costruire con procedi- menti geometrici le radici reali delle equazioni di qualsiasi grado (Journal de FÉcole poljtechniqìie, Tom. X. Cahier 17). Che se alcune soltanto delle radici di T=o fossero uguali fra loro, o vi fossero più gruppi di radici eguali, si esprimerà S„ colle forraole dovute all'Eu- lero, nel modo indicato al § IV. Sezione I. della sovraccilata 31emoria intorno alle equazioni lineari [Nuovi Saggi della R. Accademia di Padova, Voi. IV). 19. Anziché determinare 5„ mercè l'integrazione della (74), gioverà talora ri- correre alla equazione lineare d'ordine n -\- 1^ che deriva dalla medesima; pol- ds che si presenta allora il raggio di curvatura p = jr-, il quale, dato per (p, po- trebbe in qualche occasione agevolare l' integrazione delle formole. 183 Differenziando e dividendo per d(p la {T^)i risulta (^•^\ " A- Ti 4- A- B !L = df" + - '~d^ " d?ì cos e, cos e, . . . . cos e. L'equazione algebrica di grado n+ 1, che ba i medesimi coefficienti della (77), sarebbe r< = o, essendo T la funzione (G4). Per uniformità di notazione la radice < = o di questa equazione algebrica si rappresenterà con — 4? men- tre (§ 16.) le altre radici sono — i,, — t^, . . . . — <„. Avremo quindi dalla integrazione della (77) pel caso delle radici diseguali, secondo le notazioni già adottate al § 16., p = n + 1 — ip f , 2 f cos r, cos c^ . . . . cos c„ p-o {iO — p^ Ora {Tty=T+ tT, e se vi introduciamo — (^ ossia zero in luogo di t. si ha {Tt)'_o = B„-=t,U.... t„i se poi si sostituisca a l qualunque delle radici di T = o. si trova (ro'_, = -?, r'_,. Pertanto ricaviamo (78) 5„ == — ' — fu d

„ — cos e può risultare sì positivo che negativo, secoudochè l'arco s„ cresce da ' '■ e ^ o decresce all'aumentarsi di 5; ne segue che, per contemplare ambedue que- sti casi, è d'uopo nella (82) attribuire a k il suo valore numerico affetto dal doppio segno +. E qui bisogna avvertire, per rimuovere ogni equivoco, che l'Eulero ha chiamato simiglianza diretta quella che si riferisce a k positivo, ed inversa quella che spetta a k negativo. Ma in entrambi i casi le due curve sono sempre direttamente simili nel senso di sopra adottato. La sola distinzione che ha luogo in questi due casi, e che spiega la denominazione usata dall'Eulero, consiste in ciò: che nel primo caso gli archi delle due curve crescono di con- serva e si sviluppano simultaneamente; laddove nel secondo caso mentre l'uno cresce e si sviluppa, l'altro scema e soggiace ad una involuzione. Se ne ha un i, . 0.1,. u c^^,^^ .. ""OO' esempio (Fig. VI.) nell'evoluta seconda della cicloide, il cui arco dovendo avere § 7. (21) il medesimo segno del raggio di curvatura 31' M" dell'evoluta prima, va decrescendo e si inviluppa al crescere* ed allo svolgersi dell'arco ^ 31 N della cicloide. Nulladimeno questa curva si riconosce uguale e direttamente si- mile alla sua evoluta seconda. 1 88 Nou polca certamente sfuggire all'Eulero che il Problema non era comple- tameute risolto, staule la fatta supposizione che i punti omologhi si corrispon- dessero altresì nella stessa serie dei raggi delle evolute consecutive; ina anziché abbracciare la totalità dei casi in cui non ha luogo siffatta corrispondenza . egli si limitò a considerare quelli soltanto i quali dipendono dalla posizione rispettiva delle due curve simili, che abbiamo di sopra denominato inversa. Ed infatti al- lora più non si verifica questa corrispondenza che per due punti M. 31 . come si ravvisa per la cicloide riguardo alla sua prima evoluta. La soluzione del Pro- blema, per ogni caso spettante alla similitudine inversa, venne dall'Eulero inge- gnosamente ricondotta a dipendere da quella dianzi accennala, relativa all'ipo- tesi dei punti omologhi corrispoudenlisi nella deduzione delle evolute , mercè l'osservazione, che se una curva (come la cicloide) è simile inversamente alla sua prima evoluta ordinaria, deve poi essere simile alla sua sviluppata seconda iu modo, che i punti omologhi si corrispondano nella serie dei raggi; cosicché basterà rintracciare mediante l'equazione r^^^Kr tutte le curve simili alle loro evolute ordinarie (2n)esime, per avere fra queste tutte quelle che riescono inversamente simili alle evolute d'ordine n. Ma se è vero che per due curve in- versamente simili due punti omologhi qualunque non giacciono nella stessa se- rie dei raggi delle evolute, non regge però la proposizione reciproca, che cioè non corrispondendosi i punti omologhi nel modo indicato, debbano le curve riuscire inversamente simili fra loro: poiché eziandio per due curve dotale di simiglianza diretta può bene non aver luogo siffatta correlazione. Allora il Pro- blema trattato nella sua integrità guida ad una equazione lineare alle differenze miste, come vedremo al § 25. Frattanto crediamo opportuno, attesa la sempli- cità dei risultati, di estendere le formole e le costruzioni offerte dall'Eulero alla questione delle curve simili alle rispettive evolute (n)esime ad angolo e sempre uguale, cioè di cui gli n angoli sieno tutti eguali fra loro. 21. Sostituita nella (82) ad /•„ la sua espressione (64), e posto A' = «''cos"c5 si avrà, a cagione del doppio segno di k. l'equazione lineare (Ir d r n (n — i ) d ;• (83) — + nlgc -t- ^ tg'c -T— T +.... + /■ tg " f =+«" r, il cui integrale dipende dalle radici dell'equazione algebrica {t+ ig 0)"= ^x". 189 Queste radici sono tutte comprese nella forinola i + tg e = a (cos co, + V — 1 sea co,), ove sia 0); rr -^ per A; positivo, ed w. = pel caso opposto , ed i su- scettibile di lutti i valori o. 1, 2, .... /«; intendendosi per m quel numero intero che rende li. come pure 1i-\- \, eguale o prossimamente inferiore ad n, e per T il rapporto della circonferenza al diametro. Conseguentemente denotando con ^±,5 Di, £,-, /?,, bi diverse costanti arbitrarie, secondochè ad i si attribuiscono i mentovati valori diversi, e posto da quinci innanzi per brevità — tg e -I- oc cos co, = ^,., otterremo i = m + 1 i = m + 1 '■ = . t^+,- e ' = ■^ e ' IZ?,- cos (affi sen «.) + £,■ seu ("acpsen £«,■)>. ' = 0 ~ 1 = 0 ( ^ )' ossia, fallo Z>, =: Bi sen è,-, £, =: 5, cos è,, e rappresentato una volta per sem- pre l'angolo «(p sen w,- + è,- colla cifra -if,,-, si avrà compendiatamente 1 = m + i (84) r=. 2 i5ie^'%en4,. 1 = 0 Determinato r, se ne ricava il raggio r^, r^, . . . . d'ogni successiva evoluta ad angolo e con una regola molto semplice. Imperocché differenziando la (84) , e dividendo per d(p, si ottiene i= m + I j7 = — /• tg e -(- . ■^ ocBi e ' I sen w,- cos 4; + cos w,- sen %/-,- 1 : e quindi, attese le relazioni (59) (60), risulta i= m + I /dr \ ^ i^. f '"i ^ 1 jT + '■ l» c 1 cos c =: . _"^ X cos e Bi e ' sen (■4.,- + w,) ; cioè si ricava r, da r, sostituendo 5,- a cos e in luogo di B,, e 6,- -f- w, invece di ò.. Egualmente si dedurrebbe r^ da r, col surrogare B, a^cos-c a £,■ « cos e, e />, -)- 2£o,- a èj + C(),.: cosicché si avrà in generale il raggio per l'evoluta (/<)esima i= m + I (85) r;,= , ^ «*cos*c B, e^'' ^ seu (^, + Am,.). 1=0 Se /« = n si ha per A- positivo nWj :=2iT. e sen (%!,, -j- 2 jt) =: sen 4ìì quindi r„ :^ ra'cos'c := /r r, e per k negativo si trova /tco,= (2 2-f- )) t, 190 seQ (-i/.; + (2/+ 1) tt) = — sea 4,'y quindi r„ = — kr, siccome appunto do- veasi verificare. Trovata la relazione tra T; , cos cy T I 3 cos e J r =: / rd(p cos (p+ J?. •^ cos c^/ ^ ^ Sostituendo in queste formole l'espressione (84) di r. ed osservando che per due angoli qualunque e, j; si ha sempre seu £ cos VI ^n >r sen (e -|- >?) + '- sen [i — >;), sen i sen ;? izi ;- cos (e — ») i cos (e -\- n), avremo j = m + 1 5. 5 =: C -I- . 2 _L A '■ '^ d(p sen 4,, i = o cos e t/ i = m + I a-=-D-|-. ^ — '— / e " ' cos {-^i — ^ A d(p seu (Xcp + A,), ^ A d(psen (X(p-f-è,.) = e sen (X (p -|- />,) — X / e '' d(p.cps_(A(p H- èj, 101 donde /'e cos (\cp + b.) d(p = -^^— K sen (X(p + ^.,.) + ^ cos (À(p -f- bÀ, l'e^^ scn (\(p-\-b,) d(pz=_ÌlL. j^; seu (^(p + 6,) — ^ cos (À(p+ b>iì. Peilauto sostituendo ^; in luogo di ^5 ed attribuendo alternativamente ali valori X seu w,- — 1, a sea &),- + 1, se ne dedurranno gli integrali costituenti le l'ormole clie esprimevano poc'anzi s, x, jr^ e si otterrà in fine (86) s=C + 2 f i — o a," cos' e — a sen 2 e cos M. + sen ^ e .X cos e sen (1/-; — ctì^.)i • — sen e sen -4-^. l ' (87) .r=i? + ■V B. e i' f (a COS C cos (i^; — &),- — , j = 0 a' cos ^ e + 2 a cos e sen (w^ — e) + i f 1 (90) (j — f^) seu

) sen (p^q^ 25 194 e quindi (91) si deduce (92) col JlMG = - = oc — lg e. Dunque, essendo l'angolo ^ MG costante, la curva cercala è uoa spirale logaritmica che ha il polo nel punto yi. Afiiuchè la similitudine divenga eguaglianza, è d'uopo che sia x cos c= i. Allora si trova 1 — sen e cot AMG= ^^^^ = cot (45° + i. e). Dunque la logaritmica spirale, che incontra ogni suo raggio polare sotto l'angolo 45° -f" 4 e, è simile ed uguale alla sua evoluta ad angolo e. Ritenuto tuttora /z = -1, troviamo anche per k negativo m = o. Si avrà cou- — (a + tgc)i — (a + tge)i Be Be , s= C (93) a cos e + sen r — (a + tgc)f — (a + tgo)|. B cos ce B (a cos e + sen e) e -7 = a ' cos e + a sen 2 e + i a cos ~ e -f a sen 2 e + i e la curva sarà di nuovo un cerchio, se x = tg ( — e), e in ogui altro caso una spirale logaritmica: imperocché, ripetuta la costruzione precedente, si ottiene (94) cot ^il/G = -= — (* + Ig e), cioè l'angolo AMG costante. Essendo la cotangente di AMG negativa, l'angolo A 31 G è ottuso, e la logaritmica spirale giace in una posizione inversa di quella che apparisce nella Fig. VII. Finché l'angolo e non va a zero, le due spirali relative agli augoli (93) (94) sono distiate l'una dall'altra nelle dimensioni; e solo per e = 0^ cioè pel caso contemplato dall'Eulero, esse divengono identiche fra loro, e si distin- guono unicamente per l'opposta posizione testé accennata. I Se si voglia la similitudine ridotta all'eguaglianza, si dee porre x = - , per cui risulta /i + sen e \ cot JMG = —[ -^^77- J = — cot (45° — le). Havvi dunque un'altra logaritmica spirale, il cui angolo col raggio polare è 45° — 4- e, cjie riesce uguale e simile alla sua evoluta ad angolo e. Essa va distinta dalla precedente, il cui angolo col raggio vettore era 45° + 4 e; e solo si identifica con quella nel caso di c^'O, conservando però sempre una posi- 195 zione opposta. Cosi si trova auclje iu questa occasione avverato per la curva di cui si tratta il motto di Giacomo BeruouUi : eadem mimerò mutata resurget. 25. *> ' ' Siahiliamo ia secondo luogo n = 2. Si avrà per k positivo m = 1. r^ e iBe -{■ B e >; e qui suppoueudo nulla l'uua o l'altra delle costanti arbitrarie B. E, si ripro- durrebbe la spirale logaritmica, che essendosi trovata slmile alla sua prima evo- luta, dee perciò riuscire slmile altresì alla seconda, e ad ogni altra evoluta con- secutiva. Mutandosi la posizione dell'asse che serve di origine all'angolo (p, coli' au- mentare quest'angolo d'una costante .S, non si altera punto l'indole della curva proposta. Abbiamo allora — S-igc — ftgc^ aS a9 , „, — a.V — «fi r —. e e iB e e + B e e >; e determinalo S in modo che sia Be =Be , donde ^ = — log -5-. le due costanti arbitrarie 5, B' riduconsi ad una soltanto. Se non che potendo essere B. B' affette da segno opposto, si dovrà in tal caso assumere affinchè S risulti reale. Pertanto avremo dalla sostituzione di ■jr_Be^'^ invece di E e — "^ la doppia forma (a — tgc)S- — iptgc = Be " ' e ossia (95) r=Be , la quale rappresenta due specie di curve essenzialmente diverse. Si incominci dall' esaminare la prima specie relativa al segno -|- superiore, e la stessa analisi che siamo per istituirne si potrà poscia applicare alla discus- sione della curva di seconda specie. Siccome i termini della formola r = Be (96 p=^Be ■' ]-^—^ + ' a cos e — asen2e+i 496 sono quelli delle espressioni di r(91) (93) sommali insieme; è palese, senza mestieri di ricorrere alle formole generali (86) (89) (90), che le espressioni" corrispondenti di s, p, q si avranno dalla somma delle (91) (93), cioè f a cos e — sen e a cos e + sen e ) ' f cos e f " cos e i a sen 2 e + i a cos e + ce sen a r + i ) — figo ( '(a <^os e — sen e) e ^ (a cos e + sen e) e ^ i q = Be <\ „ —i — 7— { . ( a cos "e — a sen 2 e + 1 a cos e + a sen 2 e + 1 ; Ci serviremo dì nuovo della Fig. VII. per rappresentare la curva di cui si tratta: e intendendo ripetuta la costruzione non lia guari accennata nel § 22., supporremo determinate le costanti (7, D. E giusta la condizione che (p, x^ y. s si annullino simultaneamente. Assunto l'arco 01= (7, e fissato il punto ^-Z, le cui coordinate sono OF=D^ FA = E.j ci proponiamo di dimostrare due no- tabili proprietà della curva in questione; cioè che se la retta K]\I forma colla curva uu angolo costante KM G = li, tale che sia tgg = a- — tg c+ 1 2 tge calata dal punto lasso A sopra KM la perpendicolare ^//, si ha sempre: 1.° 31 II proporzionale al raggio di curvatura in M; 2.° ^//proporzionale all'arco IM. Infatti, posto per brevità abbiamo a — tg e + 1 (a cos e + sen e) (a cos e — sen e) + cos e sen p == ■ = cos 8 = S g- cos e 2 tw e 2 sen e cos e S g cos e e poiché manifestamente risulta dalla Fig. VII. M H eguale alla differenza, ed AH eguale alla somma delle projezioui ortogonali di A G = p, GM = q sulle loro direzioni rispettive, ne viene MH =^ p sen 5 — q cos fi, AH = p cos & -\- q sen &. Sostituendo a ya, (7, sen |6, cos ^ le quantità equivalenti di sovra esposte, si trova, dopo alcune facili riduzioni. 19 ( (97) .l///=Z!ZÌllie"Ve-"n = g- oos e ( ) g cos e ' 5e — f'S"^ 5g — ptgc / ^p — af J (98) A ìl= 1 < (« cos e + sen e) e — (« cos e — seu e) e > _ ^(«' — ig'c)e— ?tgc ^ e«f e— af > g* ^ a cos e — sen e a cos e + sen e ' a 2 a'— ts = c g- (^s—C)==h^-'^'''\ IM. r Duuque MH sta al raggio di curvatura — — nel costante rapporto di 1 : Z», ed AH sta all'arco IM nel costante rapporto di x^ — tg'clg', come s'era proposto. Nel caso di 0^= o, la retta K M diviene normale alla curva. Per questo caso l'Eulero lia pur dimosti-ato la prima delle due proprietà di sopra enunciate, ma la seconda nou è stata da lui avvertita. Avendosi (§ 15) '•. = [ '^ tgi e + jj j cos e, se ne deduce r,= B cu. cos e e e si rileva clje la proposta curva di prima specie lia per evoluta prima ad an- golo e quella di seconda specie. Se prendiamo a considerare l'altra curva della seconda specie •==Be-''''y'-e-''H, si trova del pari eli' essa ha per prima evoluta ad angolo e la prima specie di curva, e che le appartengono le medesime proprietà 1." e 2."' dianzi enunciate. Ciò uou pertanto la curva della seconda specie va essenzialmente distinta da quella di prima specie, a quel modo che le coniche ellisse ed iperjjola sono due curve diverse, benché godano della comune proprietà relativa ai fochi. Esige una speciale disamina il caso in cui sia il rapporto di simigliauza X cos e = seu e, poiché allora l'espressione dell'arco s (96) cadrebbe iu difet- to. Senza occuparci della nuova forma che deve assumere questa espressione, osserveremo che le due specie di curva divengono iu tal caso, a cagione di col S = 2 t" e. (99) ,"=Z?h+e ' 'j, e che queste souo dotate della proprietà 1." non ha guari diaioslrata.j e di un'al- tra proprietà più semplice della 2.", avvegnaché si ricava dalla (98) 2 B tS e B COS lì jn= — — = ^ = 5—^, g COS e g COS e tg p COS e ' cioè costante la perpendicolare abbassata da un punto fisso A sopra ogni retta inclinata alla curva d'un angolo costante /3. E facile quindi ravvisare nelle curve (99) due sviluppanti imperfette ad an- golo 90° — |3 d'un cerchio che ha per raggio AH. Imperocché tutte le rette, che inconlrano ciascuna delle curve suddette sotto un angolo costante ^, sono tangenti alla sua evoluta ad angolo 90° — /3; e d'altronde essendo equidistanti da un punto fisso, hanno per curva -inviluppo un cerchio, di cui il raggio è la comune loro distanza AH dal punto fisso medesimo. Dunque l'evoluta ad angolo !?0 — ^ di ciascuna delle curve (99) è il circolo che ha per raggio B . La retta J/// sarebbe il raggio dell'evoluta medesima, e si avrebbe dalla (97) MH=An.igB fi +e~^'^^^]. Questa espressioue debitamente coincide colla (70). supposto /i = ì . A H ==a. e 90° — H l'angolo dell'evolvente. Solo deesi avvertire, che

1. Si potrebbe credere a primo tratto, che qualunque sia e, l'equazione (100) fosse per esibire le curve affini protese o contratte, cioè descritte da un punto preso fuori della periferia del cerchio generatore ruotante sopra una retta o sopra un altro circolo fìsso; ma la presenza dell'esponenziale e — ? 'g «^ rende vana sifj fatta congettura. Non intraprendo attualmente ulteriori indagini intorno alla de- scrizione ed alle proprietà delle curve rappresentate dalla (100); ma per mo- strare l'utilità delle formole (44) (45) § 11. concernenti la teorica delle trocoi- di, mi arresterò all'ipotesi che sia c = o, e cercherò l'indole delle curve (101) pei tre casi in cui ai, ossia il rapporto di simiglianza A', si suppone uguale, mi- nore o maarsiore dell'unità. Allorché a = 1, si può col metodo del § 11. direttamente risolvere la que- stione di assegnare la curva, che ruotando sopra una retta descrive con uu dato suo punto la proposta curva r=B sen o^ quando ^ = o, ne viene cost. = o; (juiiidi Z, = l B sen 9 cos e, eh' è l'equazione polare d'un cerchio, il cui diametro k ^ B. Dunque la curva r!^B seu (p è la cicloide, che ha j B per raggio del circolo genitore. Trattasi adesso di dimostrare, che essendo a, diverso dall'unità, l' equazione (101) rappresenta le epicicloidi o le ipocicloidl, secondochè sia a<; l, od « > I, ch'è quanto dire le trocoidi descritte da un dato punto della circonferenza d'un cerchio ruotante sopra un altro circolo immobile, di maniera che l'uno di essi rivolga per x < 1, la parte convessa, e per « > 1 la parte concava alla conves- sità dell'altro circolo. Sia h il raggio del cerchio fisso, ed a quello del cerchio mobile: saranno le rispettive loro equazioni polari riferite 1' una al centro del cerchio che serve di base, l'altra al punto descrivente preso sulla circonferenza del cerchio ruotante p = b, ^ = — 2 a cos e. Ora dalle formole del ^ 11. si deduce = — col e =; tg (f — 90°), d 0) = d e. d 5 = = 2 rt d i'. scn w^ Gonsegueutemeute. mercè le relative sostituzioni nell'eguaglianza a* d(p -|-d&) =dcp. ossia — ^ -f" " '^, = " 'Pi ne verrà tgw = ?d^ d? e quindi Inoltre otteniamo ^^-|-ljdr = d(p, 201 ed integrando o' iffl V = : 4- cosi. 2a + b ' Per determinare questa costante si osservi essere i> = 90° quando (^ =: o; ma allora anche cp = o : dunque si ricava cost. = 90°, e quindi bp „ òa ('= ri, + ^<^» ^ = 2flsen— ^,; cosicché infine risulta dalla (44) '^O+ilij^^^O + Tr-.-) sen ossia df ^\ ilfy V 2a + b J "^^ ia + b-' / a + h \ ìp • = 4 rt ( — r I sen — r , equazione conforme alla proposta (101). Ricaviamo dal confronto colla medesima , / a-{-b \ ^ b 4 a ( .— r 1 == Z?, .— r = 1 il valore di b assume un segno contrario a quello di a, ed allora uno dei circoli abbrac- cia l'altro, e rivolge al medesimo il concavo della sua periferia, cosicché la curva descritta è una ipocicloide. Giova altresì osservare, che per ac == 1 il valore infi- nito di Z> è un indizio che il circolo fisso si trasmuta in una retta, e che la cur- va relativa è la cicloide. Il raggio a del circolo mobile risulta uguale in tal caso ad j J5, come si è pur dianzi trovato. Ci rimane presentemente ad esporre il complemento dell'analisi Euleriana richiesto al § 20., onde risolvere colla maggiore generalità il Problema messo in discussione in questo Articolo IV- Si riguardi nella Figura YIII. la curva M'N' siccome l'evoluta (n)esima ad angoli f, e., Cj5 . . . . c„_, della curva il/iV, sebbene per comodità la MN' of- 36 202 fra plutloslo l'aspelto d'uua evoluta prima, affiucliè meglio si rilevi la corrispon- deuza del punto M' eoa il/, e di iV' con N sui rispettivi raggi dell'evoluta. Sup- pongasi in primo luogo clie le due curve abbiano fra loro una simigliauza diret- ta, cosicché i punti omologhi sembrino inseguirsi, se si bada al movimento an- golare con cui procedono. Se i punti M, iV, oltre di essere corrispondenti ai rispettivi M\ N\ dovessero inoltre essere loro omologhi , nulla vi sarebbe da aggiungere all'analisi Euleriana. Ma poiché può avvenire in generale che i punti omologhi non si corrispondano nella stessa serie dei raggi delle evolu- te, si dovrà stabilire che il punto omologo di un dato punto M dell'evoluta sia un puuto m della cercata curva M ]S diverso dal corrispondente M, e quin- di fissare il valore dell'angolo h formato dalle normali alla curva nei punti Al^in; il quale angolo delle normali sarà designato qui sotto colla notazione Min. Ne verrà allora di conseguenza, che qualsivoglia altro punto iV' dell'evoluta avrà per omologo un punto n della M N diverso da iV, fintantoché l'angolo dato li nou si annulli, e che l'angolo Nn sarà sempre uguale alla costante h. Infatti sol che si faccia, nell'eguaglianza (41) § 10., w uullo ed co costante, come conviene trattandosi di evolute Rcomuriane ed Ugeniane. si rende chiaro essere M^ = M'N'. Ma per la simililudiue delle due curve si ha pure MTV' = 1^: risulta dunque /TTtz = MN; ed aggiunto ad ambo i membri l'angolo comune N m^ ne emerge ]S n c= M ni = h. Pertanto essendo r il raggio dell'evoluta ad angolo e della AI IS nel punto iV, in cui la normale alla cui'va forma coli' asse delle ascisse l'angolo (p, sarà evidentemente il raggio pel punto n della stessa curva, iu cui la normale forma coll'asse un angolo cp -[- A, il valore variato di /•, cioè r^'', nell'ipotesi di A(p = h. Ora ritenendo indicato con r„ il raggio dell'evoluta ad angolo c„ nel punto iV della M'N\ si avrà per la somiglianza della cercata curva M N alla sua evoluta («)esima M N\ nel rapporto di 1 : A', la condizione analoga alla (82y 5 c cos e 203 donde col sostituirvi ad r„ hi sua espressione (62) si deduce, previa la relazio- ne (GII, d r , a r,d r . kr (102) — +^ 1-^2 r + ....+ ^„r = ' ed è questa l'annunciata equazione alle differenze miste (§ 20.), da cui si dee ripetere la completa soluzione del Problema. Se vi si contenessero più variabili principali colle differenze parziali rapporto ad esse, sarebbe d'uopo consultare rOp. III. T. III. degli Elementi d'Algebra dell'illustre Prof. Paoli, non ha guari da morie rapito al decoro della sua patria. Ma per integrare l'equazione (102) sarà sufficiente riferire un passo d'una Memoria intorno a questo argomento del cel. Poissou, di cui pure le Scienze fisico-matemaliclie deplorano l'improvvisa inestimabile perdita (Journal de FEcole poljtechnique, Cah. XIII. Tom. VI). Per mantenere l'opportuno accordo colle cifre da me finora adoperate mi per- metterò soltanto di mutare nel testo, che sono per addurre, le lettere j: x. A uelle rispettive r, : il doppio segno +. Vogliasi ad esempio rinvenire tutte le curve inversamente simili alle loro evolute prime ad angolo e. Posto A" = « cos e, la (106) diviene (108) — - — rtgV = — aV, G p ed integrata ci somministra 1." Se ai = tg e, r=C(p + C\ 2.°Se atg e, r= Csen {(p [/ (x^ — tg^c) + C'}. Ogni integrale della (108) dovrà poi rendere identica l'equazione, a cui nel presente caso si riduce la (104), cioè (109) tL + risc=±xu. 207 pevcliè si possa asserire che questo integrale rappresenta una curva iuversa- nieule simile alla sua evoluta ad angolo e. l^rima di esaminare se ciascuno dei precedenti iutegrali 1.°. 2.°, 3.° verifi- chi la (109), porremo per brevità y + S = £, avvertendo che il punto della 31 N-, in cui la normale alla curva forma coli' asse delle ascisse l'angolo -i e, avrebbe per omologo sulla 3J'N' il suo corrispondente nella stessa serie dei raggi delle evolute. Ora l'integrale 1." rappresenta (lì) § 16. l'evolvente ordinaria del circolo C . che ha per raggio . Fissando l'origine dell'angolo

1. Si verifica poi la (109), qualunque sia il segno di «, assegnando ad i il valore dedotto dalle due equazioni coesistenti sen.f |/(c,'_tgV)= ^^("'-'g''^)^ cos.f J/ («^_ ig V) = — '•^■ Raccogliamo pertanto il singolare Corollario che sono per enunciare. L = — b. Questa equazione alle differenze del 1.° ordine integrata ci esibisce * . p = j^ -^ + cost. k , ossia (113) p=j^^ + cost.e~'^^°^ ; la qual formola, affine alla (TO), rappresenta le sviluppanti imperfette del circolo, cioè le trajettorle ad angolo obbliquo di tutte le sue tangentL Per assegnare l'angolo e di queste evolventi si ricava dal confronto colla (70) lo-* e moltiplicando la (112) per cos e, onde conseguirne la piena coincidenza colla (70). si deduce ancora la relazione b a k — 1 sen e fra il raggio a del circolo, e le quantità b, e, k. '1 210 Se fosse A'=r: 1. cioè se 11 rapporto di somiglianza divenisse quello di egua- glianza, la (113) cadrebbe iu difello; ma in sua vece l'iulegrazioue della (112) ci somministra (114) p = -^ + cost., ch'è quanto dire (Ti) la sviluppante ordinaria del cerchio, che ha per raggio la quantità - ridotta iu parti di raggio. Ed infatti è palese che tutte le sviluppanti perfette di un circolo, oltre d'essere parallele, sono eguali fra loro. Nella supposizione dei punti omologhi corrispondentisi sulla stessa normale, si dee porre h = o, cioè p'') = p nella (112). Abbiamo quindi b equazione del circolo. Nel caso iuflue della somiglianza inversa, rinnovate le considerazioni e de- nominazioni del § 2G., cosicché T indichi il raggio di curvatura della curva pa- rallela nel punto corrispondente a quello di raggio y, ed omologo a quello di raggio p , si avrà dapprima poscia, mutato (p in y -\- Z — (p, T — A- (5: ed essendo inoltre R-=z p -{■ b, Tz=u-j-i, ne verrà dalla eliminazione di JR, T, u fra queste quattro eguaglianze b ch'è il raggio dello stesso cerchio poc'anzi ottenuto. 28. Pria di dar fine alle presenti ricerche soggiungerò qualche cenno intorno ad un argomento omraesso al § 24., cioè l'analisi delle curve rappresentate dal- l'equazione (100). Eccettuato il caso in cui e =r o, sembra che la descrizione di queste curve non si possa agevolmente eseguire alla maniera delle trocoidi: almeno i leuta- tivl da me iutrapresi a siffatto scopo, mercè le formole relative del § 11., non mi procacciarono verun utile scioglimento della questione, apparendo sempre 211 l'una o l'allra delle due curve generatrici non meno complicata della curva pro- posta a descriversi. Mi accontenterò d'indicare il più ovvio degli spedlenli da me provali per dare un saggio del modo di indagare nei casi opportuni l'indole delle curve generatrici d' una data trocoide. r Essendo dsz= dcp, si ha per la (100) di =: e P 0 <^ sgn oc(p d(p, cos e -r -r 3 e quindi, attesa la relazione (44) § 11., c"^ e-^'?'^sen atp dtp = ^ (d(p + d^-). Per soddisfare a questa equazione si assuma ne verrà ^ = 7—1 — ^ e~''^'^''sen x(p: ^ (i + a) cos e ^ ed eliminando (p, si avrà per equazione polare della curva ruotante (116) ? = ; — 1 — r e a sen (\ ^ -^ ^ (i -j- a) cos e Quanto alla determinazione dell'altra curva , su cui ruzzolando si appoggia la precedente, troviamo ossia O I (ij tgc ' cos V sen v tg (90° — cù) = cot t^ — '-^: poscia a cagione della (41), e stante la posizione (115), risulta (117) (p, = (p + 90° — 0)^ =r ^ + are tg icot (^ — *^^; ed infiue esprimendo in funzione di i> il raggio di curvatura p^ della proposta curva, si ottiene (118) i^^t^o^r+r'j»') -(■+a)cosc ^,„.^|,^(^,„,,_li5jj_^ 212 Finché e non va a zero, l'eliminazione di v fra le (117) (118) non potrebbe darci una relazione tra p , cp , senza ricorrere al mezzo delle serie infinite. Si riconosce pertanto la curva che serve di base più complicala di quella a descri- vex-si, cosicché non torna opportuno per questa via tracciare la curva proposta alla guisa delle trocoidi. Ma nel caso in cui c^=o^ ricaviamo dalle precedenti queste semplici for- niole < = 7T^«en,., (p:=^^—-j^^QO\ p, = — — ^ ; cioè troviamo per curva ruotante un cerchio che ha per diametro 2a=z — ; — , e per curva stabile un altro cerchio di raggio Z» = ^, come si è già dimo- stralo ai § 24. Se poi fosse in particolare xz=z 1. si avrebbe (p =: 00°; e quindi la linea fissa sarebbe una retta parallela all'asse da cui prende origine l'angolo (p. come si é pur dianzi provalo. \uolsi questa volta assegnare la posizione del centro del cerchio stabile di raggio b secondo la consueta ipotesi .j che l'asse suddetto passi per un punto della curva il quale sia l'origine delie sue coordinale correnti a-, j. Poiché (§ 11.) si ha ^ rr: o quando (p =r o, si rileva dall'ispezione delle (35) § 10., che per

• =r o, T- Be ^ ° C ) ■119) + rr-nT77^-l <(1 +«)seaa?)— tgccosoccp^, q — Y, TT, T\ ^(^ —"^ cos o6Cp — tg e sen acpS U'— a) +tg e j cos e f ) — ,, , ,2 ,- 2 N ^^ + =') COS «(p + tg e sen x(p\. U ' + a) +.tg e ; cos e f ) Di queste formole soltanto quelle esprimenti /?, q possono divenire illegit- time per l'unico caso in cui sia c^zi o^ oc^z 1, cioè per la cicloide. Pertanto le couclusioni che siamo per ritrarne si estenderanno a tutte le curve (100), ad eccezione della sola cicloide. Immaginiamo delineata nella Fig. VII. una qualunque di queste curve, e sia di nuovo OP==x, PM=j, OI==C^ OF^D, FJ^EisavÀ p la perpendicolare yl G calata sulla tangente alla curva in 31, e q \a intercetta GM. Si guidi per AI una retta K II inclinata alla normale della curva d'un tale angolo costante y che, posto per brevità l/{(i-*^- — tg'c)^-t-4tg^(?}=y, sia "'gg i — a^—tg'c sen y = — - — , cos v = :: — i ' f Abbassata dal punto fisso A la perpendicolare ^4 H sulla retta KH. avremo ad evidenza M H = p cos y — q sen y, A H ^= p sen y -\- q cos y ; e fatte le sostituzioni relative, si otterrà con agevoli riduzioni (120) i)'/// = .^lIÌIÌli!:ili==^-, j cos e *-^^ *- 214 (121) AH = — i )o6 cos a(p + tg e seo «cp> /cos e ( ) = - (flL;^) (.- C) =- (ì!+!!:i) /.4f. Si trova dunque per le curve (100), come per quelle del § 23., che la per- peodicolare A H è proporzionale all'arco della curva preso a partire dal punto /, e che l'intercetta M H è proporzionale al raggio di curvatura. Nel caso in cui sia e =o, ed a diverso dall'unità, risulta f^ 1 — a^, e la retta KU diviene normale alla curva (101), eh' è una Irocoide generata da due circoli. Determiuate le costanti D. E coli' usata condizione, che per (p = o sia X = o, j' = o. s = o, e quindi p = D^ q^ — E. abbiamo dalie for- mole (1 1) C=—, D = o, E = — ■ a. e poiché i valori delle costanti D, E eguagliano rispettivamente quelli dianzi trovati delle £> , £ , ne segue che il punto A coincide col centro fisso del cer- chio clie serve di base. Conviene inoltre osservare, che attribuendo a (p i valori 0 . — , — , — ec, risulta sempre r=o: e che ai valori di (p, compresi in „ IT IT 2 TI ciascun inlervauo da 0 a — , da — a — ec. , si trovano corrispondere pe- riodicamente gli stessi valori di r, ma a vicenda positivi e negativi da un inter- vallo all'altro. Quindi si argomenta che ogni epicicloide od ipocicloide è costi- tuita da una serie di archi eguali e simili, terminati da puuti di regresso della prima specie, i quali hanno luogo ogniqualvolta il punto che descrive la curva cade sul circolo immobile. Finché x non è numero razionale, nessuno dei suc- cessivi puuti di regresso può ricadere su qualcuno dei precedenti: e la curva è trascendente, potendo essere incontrata da una retta in un numero infinito di punti: se poi a è razionale, la curva è geometrica, ossia rappresentabile da una equazione algebrica fra .r, ^, siccome é noto. L'arco s, esteso da (p = o sino a n 2 B , (p ^ — , è uguale a — , cioè doppio di f, e perciò il punto /giace alla metà dell'arco medesimo. Ma da — sino ad un altro valore di tp, che non oltrepassi il limite —■} l'arco intercetto risorge uguale, e di segno opposto all'arco del 215 1 "^ • ^' precedenle ìplervallo: poscia torna del medeslnoo seguo da — smo a — ; e cosi via alterualivameute: cosicché si può trasportare l'origine /dalla metù del pri- mo arco alia metà di qualunque dei successivi. Premesse le quali illustrazioni, e ricordando essere x= — r« conchinderemo col seguente Teorema. « La «perpendicolare abbassata sulla tangente iu M d'una epicicloide o d'una ipoci- » cloide dal centro fisso del cerchio di raggio b. su cui ruota l'altro circolo di rag- » gio a, sta al raggio di curvatura iu M nel costante rapporto di (2 rt + bY • '»{%a-\-by — è'; e l'iulercelta fra il piede della perpendicolare e il punto nM sta all'arco della curva, che ha per origine la metà d'uno degli archi » eguali e simili di cui si compoue le curva medesima, nel costante rapporto di nb'':(2a-^by — b\» I>JOTA Il rinomalo geometra sig. Chasles nell'estratto d'una sua nota sulle pro- prietà generali del sistema di due corpi simili , comunicata alla Società Filoma- tica nella Sessione del 5 Febbrajo 1831 (Ferussac, Bidletin des Sciences ma- théinatiqnes. Tom. XIV. n.° 198; Quetelet, Correspondance mathéniatique et phjsique^ Tom. YII. pag. 352) fece conoscere parecchi importanti Teoremi di Geometria e di Meccanica intorno a quell'argomento. Uno di questi Teoremi era già stato osservato dall'Eulero, il quale iu una Memoria De centro siniili- ludinis (Nova Acta Academiae Petropolitanae, Tom. IX. pag. 154) dimostrò, che posti due corpi simili nello spazio, esiste sempre un punto che si riferisce iu simil modo ad ambedue i corpi; cioè che considerato siccome appartenente a ciascuno di essi , si trova omologo di sé medesimo: per lo che guidando due rette dal punto suddetto ad una coppia qualunque di punti fra loro omologhi, esse tengono lo stesso rapporto delle dimensioni lineari dei due corpi situili. Avendo trovato una facile dimostrazione dei Teoremi enunciali dal signor Chasles, m'avvidi che la considerazione dei sistemi di figure piaue inversamente simili conduce ad alcune nuove proprietà geometriche di cui questi sistemi sono dotati, e reca talora una eccezione alla dimostrazione od all'enunciato di qualche noto Teorema. Così, ad esempio, l'Hachette (Quetelet, Correspondance etc, Tom. VII. pag. 84) si propone di provare che, date iu un piano due figure F. /" eguali, couliuue o discontinue, esiste sempre su questo piano un punto 216 tale, che la figura i^ girando intorno ad esso prenderà la posizione F'. Ora la spedila dimostrazione proposta da quel valente geometra non si estende al caso della mutua posizione inversa delle due figure; anzi in questo caso diviene im- possibile di ottenere il loro combaciamento, senza rovesciare l'una di esse sul piano in cui giace. Di siffatte mie osservazioni ebbi già a trattenere quest'Acca- demia nella Sessione del 26 Maggio 1835. Ma di buon grado ho lasciato finora inedito quel mio lavoro perchè di lieve peso, non componendosi che di semplici elementari dimostrazioni. Ora nel corso dell'Articolo IV. di questo Saggio incon- trandosi un altro esempio della necessità di aver riguardo alla condizione delle curve inversamente simili, credo opportuno di richiamare l'attenzione dei Geo- metri sulle particolari circostanze offerte dalla posizione inversa delle figure: e m indurrò forse a pubblicare le ricerche analitiche da me Insliluite per dimo- strare i Teoremi dell'Eulero e del Chasles sopra i sistemi delle figure simili nel piano e nello spazio. »«<^H»»« ./• IV w U\ 217 OSSERVAZIONI SOPilA DUE SCRITTI PUBBLICATI NEL TOMO TERZO DELLE MEMORIE DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA DI PARIGI PER L'ANNO 1858 DEL SOCIO ATTIVO TOMMASO ANTONIO CATULLO LETTE ^EL^A TORNATA ACCADEMICA DEL DI 8 MAGGIO 1838. J. ra i molli e mollo pregevoli scrini di Oeognosia zoologica pubblicali uclic Méinoires de la Société Géologique de France per l'anno 1838, due priucl- palmeate moslraoo di avere qualche allenenza con gli sludii clie ho falli sinora intorno alla Zoologia fossile delle Provincie Venele: e sono qiiesli la 31cmoria geologica sulla Ciimea del signore de Vernevil, ed il Saggio di una classifica- zione delle Terebraliile del Barone de Buch, ambidue inseriti nel Tomo terzo delle Memorie sopraindicate. Osservazioni alla Memoria del signore de f^ernevil sopra i terreni della Crimea. Dice il Vernevil, che nella Crim.ea la formazione del terreno terziario iufe- riore sembra essere stala contemporanea agli strati più superiori del sistema cre- taceo: al quale proposito cita un'osservazione fatta dal celebre Beaumonl nel \ erouese, dove pure dovrebbe per essa esistere dei terreni qui semblent tenir a la fois a r epoque cretacee et a l' epoque tertiaire. ou du moins qu' on hésite ancor a classer dé/iniiii>ement, et sur les quelles V attention des géologues ne sest porte'e que depuis peu de temps Ben lontano dal muovere dubbii sull'esattezza delle conclusioni del signore de V^ernevil circa quanto egli ha osservato nella Crimea, trovo solamente essere contrario alla verità ciò che dice Beaumonl sull'esistenza di un terreno terziario a8 218 nel Veronese, il quale appaja confondibile col terreno della creta iu maniera, die i leti! più profondi del primo inducano a crederli coetanei ai letti più alti del secondo; impercioccbè non v'ha paese dell'Italia superiore, dove il terreno ter- ziario sia cosi nettamente disgiunto dalla creta com'è quello che si eleva al Nord di Verona, ed in molti altri paesi delle Venete Provincie. Questo terreno ricopre la creta, e vedesi il più delle volte adagiato sui fiauclii, o alle radici dei monti ri- feribili alla formazione di sedimento medio, senza comparire formato di quello strabocchevole numero di rocce che i Geognosti stranieri hanno divisate nei ter- reni di sedimento superiore della Francia, della Germania e dell'Inghilterra. Tre 0 quattro sono le rocce orittognosticamente dissimili che lo costituiscono: e dove o l'una o l'altra prevale in potenza, o mostrasi, come si suol dire, indipenden- te^ le altre scarseggiano, o mancano del tutto. Nel Veronese e nel Vicentino la roccia terziaria più essenziale o domiuaule è il calcare grossolano, tramezzato da marne bleuaslre, che per essere poco copiose, rispetto allo spazio occupalo dal calcare, si considerano rocce subordinate^ astrazione facendo delle rocce piro- gene che a luogo a luogo si sono frammesse alla formazione in discorso per ope- ra del sollevamenti giunti dopo.. Alle accennale rocce un' altra vi si associa, eh' è la più bassa, ed è questa lo stesso calcare grossolano inquinato di grani verdi, il quale, a misura che più si profonda o si avvicina al terreno della creta che gli soggiace, perde gradatamente l'aspetto di roccia calcarla, per assumere quello dell'arenaria glaucouiana. Nel Bellunese il calcare grossolano vi manca, e viene invece rappresentato dal molasse con grani verdi o arenaria grigia.^ che posa essa stessa sopra l'arenaria glaucouiana, entrambe ricchissime di petrefatti. Questo terreno costituito dalle nominate due arenarie, l'una grigia, l'altra verde, occu- pa tutto quel (ratto di paese che v'ha tra Pedevana e la Pieve di Alpago, cioè comincia a lasciarsi vedere tre miglia al di sotto di Fellre, e progredisce per ben quattordici miglia al di sopra di Belluno, formando cosi per quel verso un'esten- sione di oltre trenta miglia italiane. Questa lunga serie di colli si è deposta sulla creta che fiancheggia la giogana jurassica al Nord di Belluno, né si ripete sulle fal- de della formazione cretacea che s' innalza al Sud della stessa città, ma sì bene ri- comparisce sul versante opposto della medesima, che guarda il Trevigiano (Frat- ta e Tarzo nel Cenedese). In alcuni luoghi il materiale del gres glau coniano, in- vece di alzarsi in colline, ostruisce le valli che trovò aperte nelle montagne di sedimento medio, alcuna delle quali, prolungandosi nel terreno della creta {Val- le Catana^ Valle di Piss ec. nelF Jlpago)^ rivela anche agli occhi di un os- 210 servatore aovizzo la sua posteriorità a lutle le rocce di sedimento medio, nou eccotUiala la creta. Questi membri del terreno terziario inferiore si veggono altresì negli Euga- nei, e sempre cliiaramenle disgiuoti dal calcare della creta, eh' è la roccia net- tunica più dilTusa del Territorio Padovano. Noi fino dal 1828 abbiamo proclamata l'identità delle specie orgauiclie fossili contenute nel gres terziario di Teolo con quelle che si trovano copiosissime nelle marne bleu di Brendola nel Vicentino {Osservazioni sopra le arenarie di sedimento superiore delle Provincie Vene- te, inserite nel Giornale dell' Italiana Letteratura, Tomo II. della Serie IV.;. e più Memorie abbiamo consegnate, vent'anni addietro, nel Giornale di Storia Naturale e di Chimica di Pavia, per dimostrare l'analogia zoologica che v'ha tra le rocce terziarie di Verona e la glauconiana della Provincia Bellunese. Prima di ritornare sull'argomento, dal quale sono partito, debbo dire che in altri, paesi dello Stato Veneto (^Cavasse nel Friuli, Asolo nel Trevigiano) man- cano le rocce del terreno terziario inferiore, e scorgonsi invece le piìi recenti del terreno medesimo, cioè le sabbie e le argille interpolate da pudiughe marine, le (|uali mi risultarono zoologicamente simili a quelle che giacciono alla base degli Apennini. Ciò premesso, prendo tosto in esame le ragioni per cui il signore de Vernevil crede di trovare un'analogia zoologica fra gli strati inferiori del terreno terziario della Crimea, e quelli parimente inferiori della formazione terziaria del Veronese; e sono queste la presenza de\Y Echinolampas conoideus di Agassiz, e le grandi Discoliti (')che l'autore vide racchiuse nella parte inferiore del ter- (i) NummuUtes è vocabolo ibrido, tolto da due differenti lingue, e quindi non preferibile all'altro Discolites, eh' è tutto greco , e che fu proposto da Fortis per esprimere la forma orbicolare pii!i o meno stiacciata che presentano le specie di questo genere. Però le ragioni per le quali è sembrato a Fortis di riformare la nomenclatura delle Nummuliti non sono state messe a calcolo dai moderni Conchiolo- gisti, quantunque meritassero per più rispetti di essere apprezzate. Kd in vero il nome JSummuhtes, eh' è il più generalmente adottato, conviene bensì alle specie grandi, perchè hanno qualche similitu- dine con le monete; ma disdice alle specie che non eccedono il vohmie di una lenticchia, alle quali fu dato invece il nome di Lentìculites, quasi che le differenze generiche si potessero desumere dalla mole cui attingono le specie. E però dimostrato che i corpicciuoli, dei quali si tratta, hanno fra di loro una patente conformità si nella forma dell'abito che nell'organizzazione, né si possono disgiungere dalle specie grandi, senza deviare dai principii che devono dirigere il Naturalista nella riforma delle classifica- zioni e nella composizione dei generi. Orbìgny, che si occupò a lungo di simili studii, ridusse i due generi NummulUes e Lentìculites di Lamarck al solo genere NummuUtes; ma ciascuno si avvede che quest'associazione, tuttoché legittima, porta seco l'inconveniente del nome, il quale, per le ragioni so- 220 reno terziario della Crimea, le quali, a detta di Deshayes, riposano ovunque in sovrapposizione diretta sulla creta bianca, provveduta di Belenniti {Mémoi- res de la Société Géologique, Tom. III. pag. 24). Quanto a\V Echinolampas ho forti motivi per credere che la specie, cui Agassiz cangiò nome e cognome, altro non sia che il Galerites coniexcentricus, da me descritto nel Giornale scienti- fico di Pavia, e ridescritto nella Zoologia fossile. — Z' Echinolampas della Crimea (dice il signore de Vernevil) attigne ad una grande dimensione , e si assomiglia ad una specie analoga trovata nel calcare grossolano di Kressem- berg nella Baviera, la quale fu impropriamente riunita dal Goldfuss alle specie del genere Clypeaster, quantunque l'abbia egli riconosciuta molto affine al Ga- lerites conoideus ài Lamarck [Pelrefacten e) gran te della porzione più bassa del calcare medesimo, cioè di quella porzione » eh' io considero uq equivaleute dell'arenaria verde che s' innalza al Nord di Bel- ìi luuo. NoQ so se dappertutto il calcare grossolano discolitico si trasmuti in una » specie di glauconia cretacea, e se quest'ultima appaia ovunque spoglia di Di- )) scolili, ovvero questa legge venga in alcuni paesi rovesciata. Ciò che posso as- » sicurare si è, che l'arenaria verde del Bellunese contiene presso a poco le stesse » specie organiche fossili che comprende il calcare grossolauo, ad eccezione delle » Discoliti, le quali mancano in quasi tulle le arenarie selciose delle Provincie » Venete. Privo egualmente di Discolili mi risultò il gres verde che soggiace al )) calcare terziario dell'Ungheria, del quale il Professore sig. Zipser di Neusohl )) ebbe la compiacenza di preseulare il Gabinetto di Storia Naturale di Padova di )i parecchi esemplari ben forniti di conchiglie. La mancanza di siffatti corpi fa- )) rebbe forse pensare che la condizione delle acque che hanno deposte le sabbie » verdi terziarie fosse contraria alla vita degli animali abitatori delle Discoliti; » ma, contento di esporre i fatti.j io non perderò il tempo in conghielture per de- » cidere quale possa essere stata la causa che si oppose al loro sviluppo. Per ren- » dere una ragione del fatto, pochi vorranno credere col Daubuisson, che la mau- » canza di certe conchiglie si debba ascrivere alle acque troppo caricate di silice )i {Traile de Géognosie. Tom. II. pag. 214); perciocché vi ha esempio di Discoliti » prese nella focaja , che è composta di pura silice. Il calcare grossolano di Ve- )i rona è quasi al lutto spoglio di arnioui silicei, e solo nei contorni di 3Iazzurega » esso ne contiene qualcuno che in sé comprende gran copia di minutissime Di- » scoliti. Né tampoco per ispiegare la mancanza di tali conchiglie nei gres verdi » è lecito ricorrere allo stato di perturbamento del mare quando si souo for- )i mali: perciocché questa opinione ha contro di sé un conglomerato che vidi a » Teolo pieno zeppo di Discolili, il quale è esso stesso un'arenaria. E però gene- » Talmente vero che nei terreni arenacei le conchiglie non sono distribuite con )) quella regolarità che pur si ammira nei terreni calcarei : anzi sono per lo più mi- » ste non solo di generi, ma anche di ordini e di classi diverse; e Vollz aveva ra- 225 lì gione di dire, che i depositi arenacei di tutte le età palesano lo stato di per- » turbazione del mare che gli ha innalzati, laddove i terreni calcarei annun- » ziano invece lo stato di calma nel quale si trovavano le sue acque {Journal » de Geologie par Bue., .Tuia 1838). BulTou aveva dunque il torlo di rammen- » tare come una circostanza molto iniportaute, e applicabile a tutti i terreni con- » cbigliacei 5 il trovarsi i testacei uniti in famiglie, senza mischianza di generi, «giacché in tulli i terreni arenacei ed in tulle le brecclole dello Stato Veneto » le conchiglie univalvi sono miste con le bivalvi, coi polipai, ed anche con più >i falle di radiali echinodermi, n « Le conchiglie di cui parliamo, e delle quali darò la descrizione e la figura » nel terzo Volume della Geognosia delle Provincie Venete (') , sono, com'è «detto, di forma discoldea: talvolta rigonfiate nel centro, e assottigliate verso la «circonferenza; talvolta perfettamente liscie in ambe le facce, e talvolta munite )) di una papilla centrale. Nell'interno sono provvedute di due o tre fasce spirali >ì con frammezzi imperforati che le dividono in tante cellette, in vista delle quali )) Bruguiere chiamolle Camerine. Lamarck si avvisò collocarle fra i Cefalopedi )i politalamì, quantunque mancanti di sifone e di apertura esteriore: e Roissy, )i appoggiato ad un'erronea supposizione di Fortis, le riguardò come osseltl pie- )) trosi d'una specie di Cefalopedi, anziché gusci di molluschi: ma pare non si )) possa revocare in dubbio che silTatti corpi sieno conchiglie. Se non che 1 molti H caratteri che danno alle Discoliti l'aspetto di famiglia non sono stali sempre ri- » spettati dai Conchiologi, e Lamarck istesso separò dalle sue Nummuliti le Leu- » ticuliti , lasciando le prime fra le Nautilacee. e trasportando le seconde fra le » Radiolate , quasi che fra le une e le altre vi corresse tale disparità da poterle )i senza più scompartire in due famiglie. L'esempio di Lamarck fu seguitato con «qualche riforma da Ferussac e da Blainville , i quali, comechè abbiano mollo » contribuito alla dilucidazione della storia naturale dei Cefalopedi, pure colloca- » rono senza esitanza le Lenticuliti fra i Nautili, e proposero di creare una fami- )i glia per le Nummuliti. Il loro consiglio non fu però accettalo dai signori Or- « bigny e Deshayes, 1 quali, anziché adattarsi a queste innovazioni, hanno disfatto « il genere Lenticulites. ed hanno ritenuto per tutte le specie il nome generico di (i) Il primo A'^oliimc di quest'Opera è uscito in luce nel i838, e versa sopra la costituzione geognostico -fisica tleì terreni diluviali; il secondo, eh' è in pronto per la stampa, comprende la descri- zione dei terreni diluviani; 11 terzo, quella del terreni marini dì sedimento superiore; ed il quarto abbraccia tutti gli altri terreni anicriori ai terziarii, e la Carla geologica delle Provincie Venete. "9 226 » NummuliCes. Nella classificazione delle Discoliti, e delle Coachigliein genere, io » seguiterò fedelmente i principii che hanno guidato il Deshayes nella celebre sua » Opera sulle Conchiglie fossili dei contorni di Parigi, persuaso che uessuno me- li glio di lui siasi finora occupato della riforma del sistema Laniarckiano: atte- )) nendosi, nello stabilimento dei generi da esso creati, a differenze che sono ve- li ramente essenziali, non già accessorie o suppositive, come in generale sono 11 quelle che prendono a guida alcuni Conchiologistl de' giorni nostri.» « Le Discoiitl. di cui ho toccato i caratteri principali, esistono copiose tanto 11 nel calcare che forma da sé solo eminenze terziarie, qaanto in quello che al- 11 terna con le rocce trappiche del Vicentino e del Veronese : e sempre avviene 11 di trovare nel primo le slesse specie che annidano nelle seconde. Identiche fra 1) loro sono altresì le specie di altri testacei che ho tratti dalla brecclola di Ronca 1) e dal calcare grossolauo, nella prima delle quali ho pur trovato ultimamente 11 quei medesimi palati di Raja che rinvenni, anni sono, nel calcare, e di cui ho 11 esibita la figura nel sesto Bimestre del Giornale di Pavia per l'anno 1820 ('). 11 Ricca parimente di Discoliti si mostra una specie di arenaria che vedesl ada- 11 giata sopra la creta di Teolo negli Euganei, la quale, per quanto ho potuto 1) scorgere, si lascia iuterrottamente vedere fino a Castelnuovo, conservando seni- li pre la stessa posizione, e mostrandosi ovunque anteriore alle grandi conflagra- li zioni occorse negli Euganei. Questa roccia, descritta in una mia Memoria epi- 11 stolare diretta al Cavaliere da Rio, di cui ho fatto superiormente un cenno, )i contiene con le Discoiitl una infinità di altri corpi marini per la più parte ml- 11 croscopici, de' quali nessuno si è ancora dato il pensiero di determinare le spe- li eie [Giornale Scientifico di Padova, 1828). I pochi ritagli di tempo che finora (i) In un* altra tavola dello stesso Bimestre VI. ho data la figura, accompagnata da una lunga descrizione di un altro palato vulgatissimo nel calcare ammonitico di Lavazzo nel Bellu- nese, riferibile ad un pesce •dell'ordine dei Plectognati di Cuvier, il quale fu riprodotto da Schlo- iheim nel JVachtrage zur petrefacten hundc (pag. 70, tav. XIII. ), che Io riputò inedito, e con- guagliabile ad una Raja. Nella Zoologia fossile (pag. i^g, tav. III.) ho prodotto nuovamente quella figura, informando il pubblico dell'abbaglio in cui era corso il Naturalista Sassone di credere ine- dita quella petrificazione; ma vedo adesso che ho parlato al deserto. Agassiz nel i836 ignorava quanto era slato scritto da Schlotheim e da me intorno ai palati di Lavazzo, da lui attribuiti ad una specie del genere Picnodente; e nell'egregia Opera sopra gli Ittioliti. in cui si studiò citare tutti gli autori che hanno parlato di monte Bolca, ommise di ricordare una lunga Memoria sopra quella pesciaja, che si legge nel Bim. VI. 1818, e Bini. I. i8ic) del Giornale più sopra citato. E di quante altre Memorie che versano sul monte Bolca non ha egli osservato silenzio! 227 »] lio lolli alle oriliaarie mie occupazioni per donarli allo studio delle specie fos- >ì sili iaviluppale uel conglomeralo di Teolo, mi liauiio condotto a sospettare cìie » la sua formazione, ben lungi dall'essere ristretta ad un solo luogo dello Stalo )) Veneto, ha potuto invece formarsi o ripetersi in altri paesi dello Stato mede- Dsimo, rileueudo ovunque nel suo impasto le stesse specie di petrefatti. Onde «appoggiare con qualche esempio la mia asserzione dirò qui di passaggio, che » le marne cerulee di Brendola nel Vicentino si legano perfettamente coli' età » all'arenaria di Teolo, perciocché contengono le stesse minutissime specie di "quisquiglie di mare clu^ vi sono nella roccia degli Euganei: e se in quest'ulli- )i ma mancano gli Spondili, le Ostriche, ed altre bivalvi di grosso volume che pur » si rinvengono a Brendola, ciò vuol dire che i fondi marini di Teolo non erano )) confacenti alla propagazione e conservazione di siffatti generi d'animali. Per )i conguagliare un terreno ad un altro basta che gli individui fossili di certe spe- )] eie sieuo copiosi, e comuni ad entrambi; non potendosi pretendere che tutte )) le specie organiche dei terreni affini, ma collocati in Provincie diverse, sieno » le stesse, essendovi delle circostanze locali che impediscono questo accomu- nnamento anche negli animali che vivono nei mari d'oggidì, n Discoliti del terreno della creta. «Si errò gran tempo a credere che nei terreni anteriori alla formazione di » sedimento superiore non potessero esistere Discoliti , benché Fortis fino dal- » l'anno 1774 avesse descritto e figurato una congerie d' Ippurlti e di Discoliti )i da lui trovate nel marmo statuario di Arbe nella Dalmazia (^Viaggi in Dalma- » r/«, Tom. II. pag. 203)('). È notabile che dal -1774 al 1820 nessun Naturalista )i abbia saputo vedere Discoliti fuorché nel terreno terziario; perciocché dopo )) Fortis non si trova verun autore, il quale dica di averne osservato nelle rocce )) secondarie. Schlotheim fu il primo ad assicurare che le Discoliti possono tro- )ivarsi nel calcare jurese, ed anche nel calcare alpino {Petrefact.^ pag. 89. Go- » iha \ 820 5 in 8.°) : e dopo di lui il Charpentier ebbe a vederle nel calcare se- » condario de' Pirenei ed in quello della Svizzera (Essai sur les Pyrenées., pagi- >i na 465.) Allora fu che nei Giornali scientifici si è propalatala notizia di non (i) Il eh. Dolt. Doderlein, già Assistenlu alla Cattedra di Storia Naturale nell'Università di Padova, ora Professore della stessa scienza in Modena, vide nello scorso anno una farraggine di Discoliti nel calcare della creta di Curxola e di Castelnuovo nella Dalmazia. 228 » doversi risguardare le Discolili come un requisito esclusivamente proprio dei )) terreni terziarii ; ma. ad onta di ciò, il Defrance nell'eccellente suo Quadro dei » corpi organizzali fossili esclude tuttavia le Nummulili delle formazioni antiche. » e le ripone tutte quante nei terreni di sedimento superiore (Tableau etc. Paris, » au. 1824). Nel 1828 io mi lusingava produrre il primo esempio di Discoliti » nel terreno della creta (Giornale delle Scienze e Lettere delle Provincie Ve- » nete, Dicembre 1828): ma credo che prima ancora di quell'anno il Nilsou ab- » bia fatto conoscere le due specie annunziate da Bronguiarl come caratteristiche » della creta della Svezia (^Tableau des terrains. pag. 404, an. 1829), e souo )) queste la Lenticuliles Coniptoni e la Lenticulites Cristella, le quali, giusta la » riforma proposta dall' Orbigny, debbono rientrare nel genere Nummulina in » compagnia dei generi Licophra , Rotalia ed Egeona di Jloulfort ('). Comun- » que sia, egli t; certo che le Discoliti non sono abbondanti nella creta, e sorpren- )) de che un genere promiscuo al terreno del jura ed al terreno terziario riesca » lauto scarso di specie nella creta; e sorprende ancor più, che le Discolili meno )) antiche sieno totalmente scomparse dopo compiuta la formazione di sedimento «superiore di cui fanno parte, ad eccezione di qualche rara specie di Lenticu- )) lina che vuoisi ancora vivente nel mari. Si apprende da ciò , non potersi più » allegare la presenza di questo genere di conchiglie come carattere geognostico » per distinguere il calcare grossolano, ma converrà d'ora innanzi studiare dili- » gentemeute le specie delle Discoliti, come si studiano quelle degli altri generi, » onde riconoscere quali sieno proprie di un terreno, quali di un altro. » « Prima di ritornare col mio discorso sulle Discoliti che diceva poco fa di » aver trovato nella creta, deggio avvertire che nel Veronese ve ne sono alcune » nel terreno cretaceo di Resagno nel monte Baldo, ov'ebbe a vederle il Profes- » sore sig. Pollini. Questo dotto, che alle vaste cognizioni di Botanica univa pur H quelle di Geognosia, oscillò alquanto sulla classificazione del calcare di Resa- )) gno, perciocché la sua compattezza, la giacitura sua, e la sua analogia col cal- » care della creta sono caratteri che, complessivamente presi, gli dimostrarono la (i) Non è però Ja tacersi che le Lenticulili hanno sul margine una specie di rialto che mette in vista l'ultima loggia dei talami interni, il quale è stato considerato da Lamarck come l'aper- tura, di cui non si vede traccia nelle Discoliti. Orbigny, per giustificare l'associazione da lui pro- posta dei nominati due generi, crede che l'apertura esistesse anche nelle Discolitì, e siasi col tempo obliterata, o resa inconoscibile. Lamarck assicurava di possedere un individuo del genere Lenti- culina, pescato nel mari di Teneriffa a 12 5 piedi di profondità. 229 A cognazioue di quella roccia col calcare di S. Ambrogio e dei Sette Comuni; e » d'altra parte la presenza delle Discolili, da lui riputate esclusivamente proprie del » calcare grossolano, noa gli permise star contento ai caratteri geognoslici, e vol- li le piuttosto riguardare quelle conchiglie come un attributo distintivo del terre- » uo terziario (Biblioteca Italiana^ 1828). Lo Sluder di Berna, che visitò poco 11 dopo del Pollini questa stessa località , riconobbe che il calcare discolilico di 1) Resagno dovevasi associare al terreno della creta (Zeitschrift Jiir Mineralo- »gie, Aprile 1829) (■). » « Circa le Discoliti che ho vedute io stesso nella creta, dirò esservi nelle per- ii lineuze di Longauo, nel Bellunese, uu colle marmoreo quasi nudo di terriccio 11 vegetale 5 dal quale sono state schiantate le pietre tenute in serbo per la rico- 11 struzione del ponte sul Cordevole, rimpetto il paese di Bribano. Mi recai sul 11 luogo iu compagnia dell'Ingegnere sig. Lorenzoui, e riconobbi doversi quel Il colle conguagliare al terreno della creta, benché non si possa vedere la sua 11 connessione coi monti della stessa indole che si erigono al Sud di Belluno. 3Iol- )i to meno è sperabile trovarlo legato ai monti del lato opposto, diviso com'è dal- li l'ampia valle entro cui scorre il Cordevole ed il Gresàl, principali confluenti 11 del Piave. Chi conosce il luogo occupato dalla valle suddetta intende facilmen- 11 te che il colle di Longano. cui fu imposto il nome di Castelletto , fiancheggia Il colla sua china meridionale il fiume Piave, e verso l'Est va con le sue radici ad Il unirsi agli altri colli posti fra le due grandi giogaje di monti descritte nel se- II coudo e nel terzo Capitolo della Zoologia/ossile (=). Intende ancora come tutte (i) II calcare di Resagno è frammezzato da una brecciola composta di frammenti frappici, la quale porta sopra di sé un altro calcare riferibile anch'esso al terreno della creta. Lo Studcr dà a questa brecciola il nome di Tufo-basalte, ed è quella stessa che contiene il Mesotipo di Tierno. ultimamente descritto da Knobell sotto la capricciosa denominazione di Pectolite , e che fu non ha guari analizzato dal sig. Leonardi chimico Tirolese, il quale Io trovò essere un vero Mesotipo. La brecciola di Resagno ricorda il gres marnoso verdastro che il sig. Pasini vide fra Peleo e Schio: se non che in quest'ultima situazione la roccia arenacea alterna a più riprese con un calcare che Maraschini considera coetaneo alla creta , o di poco anteriore ( Sulle formazìom delle rocce nel Vicentino, pag. iitì-ii-j). (2) Nella Zoologia fossile parlai alla dislesa del terreno della creta, ricordando i luoghi nei quali esso si mostra nelle Provincie Venete. Ciò che debbo aggiungere sullo stesso soggetto si è, che lungo le valli dell' -\rdo e del Piave il calcare della creta alterna con le marne bleu, e viene ricoperto ora dalla glauconla terziaria (Nord di Belluno), ora dal terreno alluviale antico (Nord- Kst di Belluno). La creta ha riempiuto in questi luoghi il bacino circoscritto dalle alpi dietro poste, e fu poscia tagliata in varii sensi dai fiumi che dentro vi scorrono. Gli strati della creta 230 «queste Lrevi einiuenze .^ cosi legale fra di loro, possono costituire quella spe- nde d'istmo che occupa porzione dullo spazio iutermedio compreso fra le due )) valli, e sul quale potè adagiarsi, buona parte della glauconia arenacea più so- » pra ricordata. Di questa glauconia, veduta in posto da Maraschini, da Dour' , » da Studer e da Bertrand, mi sono occupato negli anni addietro, e tornerò a » trattare di essa e de' suoi petrefatti in quella parte della Geognosia zoologica che » abbraccia i terreni terziarii. Solo dirò qui, essere cosa molto sorprendente che >; il si£. Bouè continui tuttavia a riguardarla coma una roccia anteriore alla cre- » ta , mentre agli occhi di tutti si affaccia superiore ad ogni roccia secondaria. )i Se male non ho interpretato i sensi di questo rispettabile Naturalista, mi pare » che la glauconia addossata com'è sulla falda alpina del gran vallone entro cui » scorre il Piave, sia per il sig. Bouè un fatto il quale si opponga all'opinione che e quelli delle sue marne non concordano con la direzione assunta dagli strali delle alpi a c\ii sono in parte addossati, ma vanno dal Sud al Nord con una pendenza di circa 55 gradi, indi si sprofondano bruscamente, per seppellirsi sotto i depositi di glauconia arenacea che vi sono presso Caverzano. Nei tagli che si sono fatti ultimamente per costruire il nuovo ponte suU'Ardo vidi succedersi le rocce della creta coli" ordine seguente, cominciando dalla più bassa. 1." Letti di calcare selcioso di tinta grigia bleuastra, senza conchiglie. 2." Letti di marne bleu che alternano col calcare, contenenti gruppi di resina succinica, e nodi di lignite nera molto lucente. 5.*" Glauconia terziaria (?ford di Belluno). Riposa sulla creta, e si appoggia ai fianchi delle alpi. Ove manca la glauconia (Nord-Est) la creta appare ricoperta dalle pudinghe diluviane. Quando pubblicai la Zoologia fossile io non conosceva che assai imperfettamente questo brano della formazione della creta, in causa dei ciottoli e delle pudinghe diluviane che gli stanno a ri- dosso, e che impediscono vedere la sua dipendenza colle alpi; ma le aperture che, come dissi, Sk sono fatte in ambi i lati del canale dell'. 'Vrdo mi hanno convinto della maggiore estensione ch'io doveva accordare al terreno della creta nel Bellunese. Fo qui menzione di un altro calcare, non mai confondibile col calcare della creta, il quale è anche molto diffuso nelle Provincie Veneto. Esso è sabbionoso, di tinta rossiccia, e contiene polipai coralloidi, accompagnati talvolta da xiloidi calcari di mediocre grandezza, i quali non danno con la percossa l'odore di tartufo che tramanda il calcare polìparico della Normandia. Nelle mie Osservazioni sopra i monti che circoscrivono il Distretto di Belluno, impresse in Verona nel i8i8, qualificai questa pietra per un calcare sabbio- noso (pag. fj); ma dal vedere che in qualche sito compariva screziata e di un aspetto arenaceo (Feltre), fui tratto nell'inganno di crederla arenaria variegata, e per tale fu descritta nella Zoo- logia fossile pubblicata nel iSs'j. Raddrizzo adesso quel mio errore, restituendo alla roccia in di- scorso il nome ch'io le aveva applicato nel i8i8, e restringendo entro più angusti ccnfini il gres variegato del Bellunese. Il calcare sabbionoso riesce talvolta schistoideo; soggiace d'ordinarlo a! calcare amraonitico degli Stali Veneti, e talvolta alterna con esso (Lavazzo). Gli .A.mmoniti del calcare sabbionoso si ripetono nel calcare sovrapposto, e le specie sono identiche a quelle che si trovano nel calcare arenaceo rosso nei monti di Perugia, nell'.^gro Romano. 23f » egli si è creala circa l'epoca iu cui si sono aperte le valli; quando invece, per )) mio avviso, la presenza di quell'arenaria nulla toglie al concetto che le valli » sieno posteriori all'innalzamento dei terreni lerziarii. Lascio da parte lutto ciò )) eh' è relativo alla grande catastrofe operata dagli ultimi sollevamenti, e dico che )) allorquando vi esisteva una continuità fra le montagne ora separale dalle valli lilla potuto depositarsi in alcuni particolari bacini i gres terziarii conchigliacei; )) ned è necessario ammettere, che ove sonovi adesso le valli non vi fossero pri- I) ma dei bacini più o meno ampli ed estesi. Ciò è quanto mi riserbo di dimo- » strare allorché prenderò iu esame alcuni punti che mi furono controversi cir- » ca la geognosia dell'arenaria predelta. Riprendo il filo del mio ragionamento, )) già troncato per dar luogo ad una ragionevole digressione. » « Il colle calcareo di Longano si erige dal fondo ondulato e gibboso della val- li le fino ai sessanta o settanta metri, e nulla più. La sua altura è silo opportu- » nissimo per riconoscere l'andameuto degli altri colli, che unitamente ad esso )i formano quella specie d'istmo rammentalo più sopra. Questa roccia è bian- » co-grigiastra, dura, compatta, ed è disposta in istrali orizzontali piuttosto gros- )i si. Ho rotto molti pezzi di questo calcare, e vi ho costantemente trovato per )ì entro infinità di corpicciuoli non già crislaUlni, ma pellucidi, e più bianchi i> della pietra a cui sono streltanieule congiunti, i quali esplorali con la lente si )) diedero a conoscere per corpi organizzali riferibili a diversi generi di animali » marini. L'esame fattovi sopra mi fece conoscere nell'interno di quei corpi or- » bicolari degli esilissiml circoli, talvolta visibilmente ravvolti iu spirale, e tra- )) mezzali da setti imperforati, come sono quelli delle Discolili; talvolta isolati e I) concentrici, come sono i circoli delle Orbitoliti e delle Giclolili. Il diametro di » questi ultimi corpi non eccede le due linee; uè saprei meglio paragonarli che )i alla figura esibila da Montfort alla pag. 158 del primo Volume della Conchio- )) logia Sistematica, rappresentante il tipo del genere Lycopliris^ creato a spese )i di una specie di Orbilolite mollo diflusa nella Transilvania. Le Orbitoliti sono » piccoli polipai pietrosi, di forma orbicolare. con facce ora piane, ora convesse » iu un verso, e concave nell'altro, aventi sulla faccia convessa dei circoli con- )) centrici più o meno marcali, e molti pori in ambe le superficie. In causa della » sua forma il genere Orbilolite è stato da molli confuso con le Nummulili; e )) Orbigny stesso, coli' associare il genere Lycophris di Montfort alle sue Num- iimuline, cadde nell'errore di prendere il polipajo in discorso per una couclii- » glia politalamica. » 232 «Nell'enumerazione dei polipai che ho iaconlrall nella creta, e dei quali )) penso occuparmi in uu' altra Memoria, non trasanderò di fare ricordanza di » quelli che il Fortis ebbe a prendere per Discoliti ; per ora torniamo alle con- )) chiglie di Longano ('). » (( Percuotendo col martello il calcare, alcune delle Discolili si dividono pel » verso della maggiore periferia, e scoprono distintamente la forma che ricevet- » taro dalla natura ; cioè appajono convesse nel centro, ed alquanto assottigliate » verso la circonferenza. Tra le molte specie figurate da Fortis nella sua Merno- )) ria sopra le Discoliti io trovo che due sole possono raffrontarsi eoa la forma )) delle nostre, e possono essere da ognuno consultate nel diseguo N.° U della « tav. IV. J, e; astrazione facendo dei tre individui ingranditi sotto il vetro, » rappresentati dalle figure fl, è, e della tavola medesima, i quali nulla hanno che » fare con le Discoliti Longanesi. In queste ultime figure sono chiarissimi i ca- » ratteri delle Orbitoliti, le quali, inviluppale come sono nello stesso calcare che ») contiene le Discoliti, fauno conoscere che la specie di ambo i generi apparten- » gono ad una medesima formazione. E a dolersi che al tempo di Fortis la Pa- )j leontologia fosse poco o nulla coltivata, e per ciò lo stesso Fortis abbia ommes- )) so di dire a quale formazione spetti il calcare di Girona nella Catalogna, di do- )) ve sembra procedere il pezzo zoofitico ch'ei figurò nella tavola più sopra indi- » cata. Che poi il calcare della creta possa ad un' ora accogliere Discoliti e Orbi- )i toliti. parmi di averlo abbastanza provato con le osservazioni superiormente al- » legate ; e troppo arrischiato sembra essere il giudizio di quelli che sentono il )) contrario. Il Conte Miinster asserì che tutte le supposte Nummulili di S. Pietro (i) Nella Storia Naturale dei Polipai fossili, che sto compilando, io cliiamo Orhituliles L\- copln-is la specie scoperta nel calcare di Longano, alla quale parmi di poter conguagliare l'Or- bitolite di Girona descritta da Fortis, e l'Orbilolilc di Claudianopoli nella Transìlvania, illustrala da Ficthel e da Moli, cioè quella stessa che servi al Montfort per fabbricare il genere Ljcopìiris Non è già che tutte le Orbitoliti sieno proprie della creta, poiché vi sono delle specie le quali si trovano nel calcare terziario (^Orbiiulites complanata); ma è forza conTenire che alcune specie di questo genere non si sono trovate che nella creta, o nelle rocce che rimangono entro i conGni assegnati al terreno cui la creta appartiene. Urongniart pone l' Orbilulites hnticulata di Lamarck nella glauconia cretacea, ch'è roccia assai propinqua alla creta (Tableau des terrains,'pap ^oi). e la stessa specie esiste copiosa nel calcare della Chiusa del Territorio Ginevrino, come dichiara Lamarck medesimo (^Uisloire des animaux sans verte'bres, Tom. II. pag. 197). Faujas dà ancor esso la figura di una Orbitolile slaccala dalla creta di Maestricht, e dice averne vedute delle altre in un marmo di Besson, il quale probabilmente apparterrà esso stesso al terreno della creta (/l/fic- slvicht. Tom. L pag. i83, e Tom. II. tah. XXXIV. fig. i-4). 233 )) di MaestricLt appartengono al genere Orbitulites di Lamarck {Bullelin de In » Société Géologiqtie de France^ Tom. II. pag. 67); ma un'osservazione che tro- )ì vo registrala fra gli scritti inediti di Forlis si oppone direttamente al parere del » Paleontologo Bavarese. In essa Fortis dissente dall'opinione espressa dal suo » amico Faujas circa la natura poliparica delle Discolili , e dice che se molte di » quelle di Maeslricht spellano alle Orblloliti. in maggior numero sono le altre, » da lui esaminate, che si danno a conoscere per Discoliti. Però se 1 corpi orga- )] nici fossili sono i soli che debbono illuminare il Geoguosta sull'età relativa dei » terreni, e se lo studio d'essi corpi recò tali vantaggi alla scienza da poter cre- )ì derc col Deshayes, che senza Zoologia non esiste Geologia (Description carn- » ctéristique des terrains., pag. 2, an. 1831), egli è chiaro che la roccia di Girona » dovrebbe appartenere alla formazione della creta, perciocché contiene le stesse » vestigia di Orbitoliti e le medesime specie di Discoliti che si rinvengono nel » calcare di Longano più volte nominato. » (( Le Discolili cosi minute nel calcare di Longano, s'incontrano ben più gran- » di nella creta che si eleva alla sinistra del Piave, come per esempio sull'alti- H piano che conduce al monte di S. Baldo, dove ho potuto scorgere massi gran- » dissimi di calcare staccati dall'alto, con entro corpi marini per la più parte » riferibili a Discolili miste a frammenti di Echini. Le pianure sottoposte a rpiesla ostessa catena di monti, e la strada che si ascende per giungere sulla cima di » Valdart, sono del pari coperte di simili rottami conchigliacei, dai quali ho tratta » la maggior parte delle Discoliti che ho descritte come proprie del terreno della » creta. La slessa cosa si ripete nei contorni di Antole , tuttoché il fondo in cui ))Sono sparsi i massi calcarei sia di glauconia terziaria. Le specie medesime di » Discollti si veggono del pari incorporale nei ciottoli calcarei che incontrai pres- )) so Feltre sul letto della Colmeda, rivo che si scarica nel fiumicello Sona. Nel- H l'anno 1818 ho sospettato che questi ciottoli fossero estranei al calcare dei )) monti Bellunesi, e si dovessero riguardare come pezzi slaccati dalle alpi del vi- )) cino Tirolo ( Osservazioni sopra i monti die circoscrivono il Distretto di )) Belluno). Io veggo adesso il bisogno di modificare quella mia opinione, avendo «riconosciuto nella più chiara maniera che tutti derivano dal calcare del quale » parliamo. Da ciò si apprende che le Discoliti, quantunque poco frequenti nella » creta degli Stati di Venezia, si danno nullameno a conoscere in varii luoghi, » mostrandosi ovunque differenti dalle specie che in numero infinitamente gran- ii de annidano nel terreno terziario del Vicentino e del Veronese. » 5o Osservazioni alla Memoria di de Buch sopra le Terebratule ('). Persuaso il Barone de Buch cbe lo studio dei corpi organici fossili serva ad appianare le difficoltà clie il puro Geoguosta crede iusormontabili. si diede con somma cura ad illustrare le conchiglie fossili di alcuni generi, e quelle in particolare del genere Terebratula, profittando con dotta sagacilà delle scoperte di Cuvier. di Sowerby e di Dallmann sulla struttura iulerua dei branchiopodi, e spingendo mollo innanzi le conoscenze che avevamo prima intorno a questi animali. Afferrato dall'autore il rapporto che v'ha tra l'animale delle Terebratule vi- venti ed il guscio, stabilisce che cosi queste, come le fossili, non altro abbiano di comune colle conchifere se non le due valve e la mancanza della testa, e sia- no differenti in tutto il resto dell'organizzazione. Considera egli come un carat- tere essenziale, ed esclusivamente proprio delle Terebratule, l'esatta e completa simmetria delle parti che compongono il guscio, un lato del quale è sempre ugua- le a quello del lato opposto; talché divisa la couchiglia lougitudiualmente in due metà, l' una è sempre la copia dell'altra. In tutte le conchifere il cuore è collo- cato da un lato e il fegato dall'altro; mentre nelle Terebratule vi si osservano due cuori, uno per claschedun lato, e due sistemi di circolazione Indipendenti fra di loro, e solo comunicanti col tubo intestinale eh' è posto nel mezzo del cor- po. La medesima simmetria si ravvisa in tutti i muscoli, e nelle due braccia guer- nite di frangio, collocate nel luogo stesso in cui le altre bivalvi portano il piede. Molte considerazioni ha fatte l'autore sull'economia animale delle Terebratule; ma non essendo di questo luogo i dettagli zoologici e fisiologici, in parte nuovi o malnoti, dei quali è arricchita la sua Memoria, mi limiterò a dire che, spalleg- giato dal corredo delle scoperte fatte siuora sullo stesso proposito, credo di poter negare l'unità individuale delle Terebratule, ammettendo che ciascuna di esse sia fornita di due animali destinati a vivere in comune dentro 11 solo inviluppo delle nominate due valve. Il manto che involge tutto il corpo delle conchifere, e dal quale si secerne la sostanza calcarea del guscio, esiste del pari nelle Terebra- tule, e ricopre coi due animali anco gli organi che ad essi sono comuni. Ma sic- come questi organi finiscono nel mezzo della lunghezza, cosi il manto non ha (i) Nella citazione delle figure io mi valgo dell'Opera originale ledesca inserita nellMJAanrf- lungen der KSnìglichen Akademie der ^f^tssenschaften zu Berlin i835, in 4"' 235 quivi più nulla da coprire , è forzato a piegarsi , ed a formare quel solco che si profonda fra i due individui gemelli, seguendo la lunghezza del dorso, fino al margine esteriore. Da ciò il Barone de Buch crede di poter conchiudere , che il profondamento dorsale delle Terebratitle sia un carattere generale a tutte le specie, dipendente dalla struttura particolare delC animale. Una Terebra- tula (couliuiia l'autore), in cui si ammira., pili che in altre, cpiesla economia della natura, è certo quella che il Prof. Catullo ha descritto nella sua Zoolo- gia fossile sotto il nome di Terebratula anlinomia, della quale esibisce una figu- ra non buona {tav. V.fig. ^.). nella credenza che la specie fosse nuova, quan- do invece gran tempo prima era stata figurata da Bruguieres neW Enciclo- pedia (tab. CCXL.fig. 4. «, b). e di nuovo riprodotta da Parkinson ., die la nominò Terebratula triquetra {Organic Remains., Tom. III. tab. XVI. fig. 3). Fin qui pare che il merito d'aver dato prima d'ogni altro il disegno di questa Terebratula si debba ascrivere al Bruffuiere ('): ma la cosa è ben altrimenti: im- perciocché, rovistando de Buch le Opere di Fabio Colonna, si abbattè nell' Ec- phasis stirpium minus cognitarum [Romae 1 61 6, apud Moscardum)\, e portan- do la sua attenzione sopra l'immagine di una Terebratula impressa alla pag. 36, gli parve di trovarla Identica alla figura suddetta, quantunque, messe al confron- to con quelle del Colonna, risultino così diverse da non poter credere che tutte rappresentino la medesima specie di conchiglia. Al nome di Concha diphja. applicato dal Colouna alla sua conchiglia, de Buch sostituì (juello di Terebratula diphja, a cui senza esitanza conguaglia le specie pubblicale da Bruguiere, da Parkinson e da me, fermo nel pensiero che le Terebratule aventi il corpo interciso longitudinalmente, com'è quello della Concha diphya. debbano a questa e non ad altre conche appartenere, qualun- que sia la forma dell'allargamento ch'esse presentano sul dorso e sul ventre. (i) Macquart, alla pag. 5'j2 della Mineralogia per lui pubblicata in Parigi nel 1789, parla di una conchiglia selcificata, di forme mollo singolari, e di specie sconosciuta, la quale, come Io mostra il disegno ch'egli dà alla tav. VII. fig. 1., appartiene alla Terebratula deltoidea di Lamarck, eh' è pur quella figurata alquanti anni dopo dal Bruguiere iteW Enciclopedia. Di questa figura del Macquart, ignorata dal Barone de Buch, io fo un cenno nella Memoria sopra le Belen- nili e sopra le Terebratule, pubblicala negli Annali delle Scienze Naturali di Bologna per Van- no i8jq, cioè quattro o cinque anni prima che il Conte Munster annunziasse alla Società Geolo- gica di Parigi, che la Terebratula antinomia era già figurata neW Enciclopedia e nell'Opera suddetta del Macquart {Bullelin de la Sociéle Geologic/ue de France, Tom. VII. p?). 236 Seuza entrare iu cliscussioue sulla auova sistemazione delle Terebratule, pro- posta dal Barone de Bucli, rilevandone per filo e per segno gli scoucii. come ha fatto il Prof. sig. Bech ('), io prenderò soltanto in esame le osservazioni che par- ticolarmente mi risguardauo; e, prima di tutte, quelle ch'ei fa alla figura che ho data nella tav. V. della Zoologia fossile, qualificandola trista, e molto peg- giore dell'altra precedentemente pubblicata da Bruguiere neW Enciclopedia. A questa osservazione rispondo: non potersi dare ad una conchiglia fossile piìi bellezza di quella che ha in sé medesima, a meno che svisare non si voglia l'ori- ginale. Tutti gli esemplari della Terebratnla antinomia eli' io aveva sotto gli oc- chi nel 182G. sui (juali cade la censura, erano alquanto alterati dalla soiTerta compressione, e dalla corrosione dell'acqua; e per ciò stesso i cin(pie disegni, che ho esibiti nella tavola sopra citata, dovevano riuscire imperfetti, anzi che no. Malcontento io medesimo di quei disegui, mi augurava di trovare individui me- glio conservati, per riprodurli nuovamente sotto sembianze meno deformi: uè l'augurio fallì; che uno ne rinvenni presso Chiampo in migliore stato, e ben più grande di ogni altro raccolto prima. Fu allora che in una Memoria impressa nel Giornale scientifico di Bologna diedi cou le figure di altre conchiglie quella della Terebratnla in discorso, indicando le ragioni per le quali mi credeva au- torizzato a supporla una specie sconosciuta {Annali di Stor. Nat., \ 829, Tom. I. pag. 317, tav. V. fig. 5., in 8.°). Sfortunatamente quella Memoria non giunse a cognizione di de Buch , quantunque più di uu Giornale scientifico ne avesse fatta menzione (Ferussac \ 830, e Bull, de la Soc. Géol. etc, Tom. II. pag. 1 90}; e nel dubbio ch'egli continui tuttavia ad ignorarla, ho deliberato di riprodurre qui la descrizione e la figura della specie, ch'io persevero a considerare difiTe- rente dalla Terebratula diphja del Colonna e dalla Terebratnla deltoidea di Lamarck. E perchè si possa più agevolmente giudicare del divario che v' ha Ira una specie e l'altra, ho fatto incidere di ciascuna le figure, ponendo a sinistra dell'osservatore quella del Colonna (tav. II. fig. 1. a, i), riportata pure dal Barone de Buch nella tav. I. fig. 12. della Memoria inserita negli Atti delF Ac- cademia di Berlino, 1835. Onori il lettore di un'occhiata il disegno della Te- (i) Questa crìtica del sig. Bech, se non al tutto ingiusta, indusse i signorì Dufrenoy e Beau- mont a proporre la traduzione francese della Memoria di de Buch, affinché ogni cultore della scienza sia nel caso di leggerla , e di conoscerne i pregi e i difetti ( BuUetin de la Socie'tè Géologique de France, Tom. VII. pag. 1 76 -178). 23T rcbnUula diphja (lav. II. fig. 1.), e inslituisca uu coufroulo coli' altro della Te- rebratida aniinomia che gli sia accanto; indi decida se ambidue questi disegni possono rappresentare una medesima specie, come vuole il Barone de Buch , o piuttosto senta di ripetere con noi, che anco in fatto di osservazioni può aver luogo il noto adagio: k us qua m tuta Fides. La prima differenza, astrazione fa- cendo del volume, si ravvisa nelle pieglie trasversali che vi sono in ambe le val- ve della Terebratula diphja, che mancano nella nostra ; ed uu risalto longitu- dinale che dall'apice del cardine si prolunga fiuo ad un certo punto della valva maggiore, che pur manca nella Terebratula antinomia. Nella prima delle no- minate conchiglie il seno dorsale ha la forma di un triangolo, ed ovale appare il seno della valva opposta : laddove nella seconda il seno è sempre rotondo in ambe le valve ('). Per ultimo II beccuccio che dall'apice della grande valva si piega sulla valva minore riesce sagllente e rotondo nella Terebratula antinomia, e quindi non mancante dei due pezzi laterali accessori! avvertiti da Valencien- nes nelle Terebratule: mentre nella figura del Colonna non altro si scorge, lu luogo del beccuccio, che un punto oscuro, in cui cercherebbesi invano l'avanzo delle parti accessorie destinale a rendere completa l'apertura. Terebratula antimoiiia nobis. Tav. IL fig. 2. e, d (*). T. testa compressa, triangularis, levis ; fossa rotunda utriumque profundissime instructa ; valva majori in minorem rejlexa i foramine magno. Ho dato nella Zoologia fossile i principali caratteri di questa specie .^ che trovai lu quasi tutti i membri della formazione di sedimento medio, non eccet- tuata la creta; ma non appieno contento dell'esemplare di cui mi sono servito per dare il disegno (tav. V. fig. r, t), penso adesso di riprodurre la figura, valen- domi di un individuo più grande e meglio conservato del primo. Esso proviene (i) La valva maggiore dell'individuo fossile tratto dal calcare ainniouitico di Chiampo lia il solco longitudinale quasi del tulio obliterato, e perciò oramisi di darne il disegno. A questo di- fetto può supplire la fig. l della tav. V. della Zoologia fossile, in cui la detta valva mostra la con- cordanza di forma che v'ha tra il foro ventrale e il foro dorsale. Nella stessa ^oofcg'in (pag. i6g) è stampato per errore che il foro è elittico, e si doveva scrivere rotondo, essendo questa la forma espressa nei disegni della nominata tav. V. (2) Come ho promesso, riporto qui le descrizioni e le figure già pubblicate l'anno iSag negli Annali delle Scienze Naturali di Bologna, e solo aggiungo di pii quella del Colonna. 238 dal calcare ammonitico del Vicentino, e propriamente dai contorni di Chiampo, dove talvolta si rinviene selcificato. Questa specie non è sempre costante nelle sue fattezze; ma in tutti gli esem- plari il foro dorso -ventrale delle valve n'è sempre rotondo, non già allungalo fino agli apici del cardine, come si osserva nella Terebratula deltoidea di La- marck e nella Terebratula triquetra di Parkinson, che sono specie diverse. Lo stesso debbo dire di un'altra figura che si vede nella Mineralogìa di Macquart, impressa a Parigi l' anno 1 789. Terebratula deltoidea Lara. Tav. IL fig. 3. e, f. I lati del margine inferiore della Terebratula antinomia sono angolari, e la valva maggiore si piega in tutta la lunghezza della valva minore : mentre nella specie presente il margine appare rotondato, né la valva più grande abbraccia in ogni punto i lati della più piccola, come si ammira nella prima. La fossa dorso- ventrale è rotonda nell'una, e ovale nell'altra. In alcuni individui della Terebra- tula deltoidea, che ho staccati dal calcare del Veronese e del Tirolo, la fossa si allunga in maniera da figurare un ferro di lancia: né questo prolungamento, che pur si vede nella figura qui riportata, si può crederlo una deformazione acciden- tale, perchè molto numerosi sono gli esemplari che ho sotto gli occhi, in cui la fossa si estende fino al cardine. Questa conchiglia ha dunque molli titoli per es- sere considerata diversa dalla precedente: e come tale io continuerò a risguardar- la, non sapendomi persuadere che la differenza tra l'una e l'altra sia un effetto dipendente dalla varia età dell'animale, come sembra inclinato a supporre il Ba- rone de Buch. Fossile nel calcare ammonitico della Valle Panlena nel Veronese, ed in quello di Fondo nel Tirolo. Terebratula mutica nobis. Tav. IL fig. 4. g-, //. T. trigona, elongata, convexa, ntrimque levis; lateribus depressa ; margine recurvo ; nate brevi ; foraniine minimo. La forma generale di questa conchiglia è triangolare, tumida, alquanto de- pressa sui lati, e col margine fortemente incavato , senza che vi occorra depres- sioue sulle facce delle valve, o, come si suol dire, sul dorso e sul ventre ('). L'in- (i) Questo carattere negativo si oppone a quanto dice il de Buch circa il profondamento dor- sale, da luì consideralo come un atiriliuto generale a tutte le Terebratule. La Terebratula mutica 239 JiviJuo cine ho dinanzi è poi rimarchevole per essere perforato in ambo i vertici, col divario però che il foro della valva minore non si apre esattamente sull'apice, ma poco più sotto, come lo dimostra la figura. Del guscio non si scorge se non la parte che più era al contatto dell' animale, la quale u' è liscia, spalificata e lu- cente: la parte corticale vi manca, e solo dalla ispezione di ciò che resta si può stabilire che la conchiglia era sprovveduta di ogni e qualunque maniera di coste. A prima giunta si direbbe che molto affine a questa specie sia la fig. 6. della ta- vola GCXL àeW Enciclopedia , lasciata anonima dal Lamarck; ma il seno che si vede sulle valve ci fa subito accorti della differenza. La Terebratula mutica proviene dal calcare della creta dei Sette- Comuni. In un altro scritto esporrò le ragioni per le quali non sento di convenire col Barone de Buch circa la somiglianza che a lui parve di ravvisare fra la Te- rebratula elimata della Zoologia fossile e la Terebratula tetraedra di Sowerby, e fra la Terebratula aculeata e la Terebratula trigonella di Schlotheim. Le figure di quest'ultima conchiglia, espresse negli Atti dell'Accademia di Berlino (lab. L fig. 8.), e nelle Memorie della Società Geologica di Parigi (Tom. IH. tab. XVIL fig. 2.), non corrispondono punto agli originali che ho presenti della Terebratula aculeata, e trovo per ciò erronea l' applicazione che di esse fu latta alla specie fossile del Vicentino. La figura B b, tav. L della Zoologia fossile, benché difettosa, esprime passabilmente la forma generale di questa specie; se non che manca del beccuccio, che pur si vede sporgere dall'apice della valva maggiore degli originali che ho per le mani, e che sfuggi all'attenzione di chi era, in mia assenza, incaricato del disegno. In ogni modo quella figura, che verrà con molte altre riprodotta nella Geognosia zoologica delle Provincie Venete^ non si affa con le allegate figure di de Buch, e sorprende che sia stata a queste couguagliata. Di un'altra conchiglia fossile ho presentata la figura nei sopra citati Annali di Bologna 1829, intorno la quale ha susurrato non so che cosa il Prot. sig. Bronn di Eidelberga: e fu detto, da chi non si è data la cura d'intendermi, che la roccia in cui si trova occupa il posto del Lias ( Bulletin de la Société Géolo- gique de France^ Tom. HI. pag. 152). Raddrizzo questo giudizio assicurando non è la sola che manchi del solco o piega longiutdinale, avendone alire molte che di solco sono prive; e fra queste basti ricordare la Terebratula Benierii (ZooZog^ia ybwiZe, tav. V. fig. i, /), la Terebratula digona e la Terebratula umbonella del Lamarck {Enciclopedia, tab. CCXL). 240 che lutti gli esemplari del Nautilus Bonelli finora raccolti nelle Provincie Ve- nete hanno per istanza la dolomia jurassica, e sono essi stessi convertiti in cal- care magnesiano, poco o nulla effervescente sotto l'azione dell'acqua forte. Di questo Nautilo credo prezzo dell'opera riprodurre qui con la descrizione il dise- gno, perchè, trovato come fu ripetute volte in varii paesi, e sempre nella mede- sima roccia, parrai si possa considerarlo come una specie caratteristica del terreno nel quale esiste. Nautilus Bonelli nobis. Tav. II. fig. 5. i, A: N. testa suborbicularis, leviter depressa, utrimque umbelicata, anfractibiis contiguis,Jlexuosis,proniinulis; apertura oblonga, angusta; siplione tecto. Differisce da tutti quanti i Nautili trovati finora nella formazione di sedimen- to medio, e riesce singolare tanto pel numero grande degli anfratti increspati a zigzac e prominenti, quanto per la forma assunta dalla bocca. Questa si estende bensì da un lato all'altro del corpo: ma n' è talmente depressa, che misurata dall'alto del labbro superiore fino al dorso della spira che nella bocca s'interna, vi corre appena la distanza di una linea. Questa maniera di bocca non permette vedere il sifone, benché abbia tentate tutte le vie per iscoprirlo. Quanto all'om- belico, esso non appare cosi ampio da potervi scorgere tutti i giri della spira, come avviene di osservare nel Nautilus umbelicatus di Favanne ; che anzi nulla si vede della struttura interna, per essere 11 foro in qualche parte ostruito dal ma- teriale calcareo nel quale è trasmutata la conchiglia. Osserverò a questo proposito, che il Nautilus di Favanue si scosta dai pompilius per la presenza dell'ombe- lico e per la forma dell'apertura; caratteri che più lo avvicinerebbero alla specie nostra, se questa non si distinguesse per altri riguardi da tutti i Nautili conosciuti finora ('). Il maggiore suo diametro supera di poco un pollice. Fossile nella do- lomia dei Sette Comuni, e di quella dell' Alpago nel Bellunese. (i) Non si conosce in qual mare sia stato pescalo il iN amilo di cui parla Favanne (Favanne tab. VII. D 3, pag. 667 -'J26 del testo); ma è certo che una specie somigliantissima a quella In trovata dal Comm. Gazola nel calcare terziario Veronese (^Giornale di Pavia, Blm. VI. i8ao). 241 Osservazioni. Tocco qui di volo alcune altre osservazioni ch'ebbi campo di fare sopra i Nautili fossili dei terreni secondarli e terziarli dello Stato Veneto. Nel calcare ammonilico, o calcare soprajurassico di Brongniart, v'ha un Nautilus privo del guscio, il quale è ragguardevole per la sua grandezza, e per non essere stato al- terato nelle sue forme dalla compressione ; dissimile in ciò dai Nautili che anni- dano nel biancone {^calcare della creta). Questi hanno il corpo così stiacciato, che la bocca dovette assumere la forma di un'elisse assai compressa, ed il dorso divenire sottile, e quasi direi affilato. Anche gl'individui del Nautilus Bonelli conservano la turgidezza che loro è propria, e mancano essi pure del guscio'; lo che induce a pensare che le cause concorse aWa fossilizzazione dei Nautili del terreno jurassico siano state diverse da quelle che produssero lo stesso fenomeno nei Nautili della creta. I Nautili del calcare grossolano (Verona'', e della glauco- nia terziaria (Belluno) non appajono punto sfigurati dalla compressione, e per questo titolo sono alla stessa condizione degli altri del calcare ammonitico. Os- servabili per lo stato di conservazione, nel quale si trovano, sono i modelli del Nautilus alpinus che figurai nel sesto Bimestre del Giornale di Pavia 1820, di cui si trovano individui ben tre volte più grandi del disegno nel calcare ter- ziario di Verona e nella glauconia del Bellunese. Ancoi'a due parole sopra i resti dei Nautili fossili rinvenuti nel calcare ju- rese di molti paesi. I frammenti di questa conchiglia mulliloculare, tanto copiosi nei calcari d'ogni età, sono stati confusi con altri corpi marini, come lo danno a conoscere le figure allegate dagli autori del secolo passato, onde persuadere che tali reliquie si debbono risguardare come parti di crostacei e come avanzi di pe- sci, secondo che più si assomigliavano ora alla coda dei Macrouri, ora alle verte- bre di certi pesci. Fortis medesimo ebbe a prenderli per Chitoni mancanti del guscio (Griselini, Giornale di Storia Naturale, Tom. IV. pag. 1 3) ; e il solo che seppe imberciare nel segno fu il Buttnero , che sul principio del secolo passato li qualificò pezzi sconnessi di Nautilo, di cui esibì quattro figure ( Raderà dilu- i'ii testes, tab. XXX. pag. 271, in -4.°). Appena venti disegni basterebbero a dare le varie figure sotto le quali si presentano i Nautili dei Sette Comuni; e per avere almeno un'idea delle fattezze che più di sovente occorrono nei pezzi osten- sibili nelle collezioni, basta dare un'occhiata alla terza figura della tavola sopra 3i 24-2 citata del Buttaero. Poclii saprebbero persuadersi che quel disegno rappresenti un Nautilo, se molti altri modelli meno scompaginati non additassero la graduala alterazione a cui soggiacque la più gran parte dei testacei polilalami clie si riu- veuMno nel calcare ammonitico delle nostre contrade. DESCRIZIONE DELLE TAVOLE. Tav. I. fig. «, b. Galerites coniexcentricus Gat. Tav. II. fig. ). a^b. Terebratula diphja Colonna, fig. 2. e, d. Terebratula antinomia Gat. fig. 3. e.^f. Terebratula deltoidea Lam. fig. 4. §•, h. Terebratula mutica Gat. fig. 5. i, k. Nautilus Bonelli Gat. ''Ti; nlftop 11 •hs ^\l Tav. ì. \. *^ ^ % -4 TavM ? 2/i3 NUOVO METODO DEL SOCIO LUIGI DOTT. MAGRINI GIÀ PROFESSORE SUPPLENTE DI FISICA NELLA I. R. UNIVERSITÀ DI PADOVA Vjlayton, dottore inglese, fu il primo a consegnare nelle Transazioni filosofi- cbe del 1739 i suoi tentativi per estrarre il gas illuminante, benché questa idea non sia slata richiamata che verso il fine delio scorso secolo da Lebou, inge- gnere francese. Egli otteneva il gas idrogeno carbonato distillando il legno in vasi chiusi; ma la sua facoltà illuminante era molto minore di quella del gas che si prepara a' nostri giorni. Lebon intitolò il suo apparato Termolampo , perchè egli otteneva ad un tempo e il gas illuminante e il carbone di legna, riscaldando gli appartamenti. Le prime applicazioni in grande di questo metodo vennero fatte in Inghil- terra , nazione la più industre ed economa, forse perchè i mezzi ordinarii d'il- luminazione erano ivi più dispendiosi, e perchè possiede in maggior copia la ma- teria prima, donde si estrae la sostanza gasosa. Il gas illuminante si può ottenere in generale da tutte le sostanze che con- tengono idrogeno e carbonio, che sono gli elementi di tutti i corpi combusti- bili e gl'ingredienti principali di quest'aria luminosa, la 6amma essendo tanto più concentrata e splendente, quanto è maggiore la dose di carbonio unita al- l'idrogeno. Per altro-fra le varie sostanze da cui si può estrarre il gas con maggiore economia quando si tratta di grandi operazioni, la prima è il carbone di terra, o carbon fossile. E vero che dotti di fama sostennero eoa ispeciosi ragionamenti, che fuori della Gran Brettagna il metodo di fabbricare il gas col carbon fossile non poteva esser utile, e screditarono per qualche tempo siffatta industria. Ma dopo che le officiue di Parigi, convenientemente amministrate, offrirono una rendita maggiore in confronto delle prime istituite in Inghilterra, benché vi avessero a più caro prezzo il carboue. se uè eslesero graudemeule le applica- zioni in quasi tutte le Capitali d'Europa. Tayler provò a fabbricare il gas illuminante colle materie grasse. Tutte le sostanze oleose sono composte d'idrogeno, di carbonio e di ossigeno; ma l'ossi- geno trovandosi in una proporzione molto miuore di quella eh' è necessaria a convertire tutto il carbouio in acido carbonico . dalla calcinazione delle materie oleose ottiensi molto gas idrogeno carbonato di una potenza illuminante quasi tre volte maggiore di quella che si sviluppa dal carbon fossile. A primo aspetto pare molto più comodo l'uso di abbruciare l'olio in natura, che si può considerare come un ammasso di gas condensato, facilmente por- tatile senz' alcuno inconveniente di scoppio, col risparmio delle spese di tubi gasometri, ed altri costosi apparati; ma la maggior luce che si ottiene, la facilità di estrarla dai cattivi olii, che non potrebbero altrimenti servire nello sialo na- turale, persuadono che almeno per la illuminazione interna degli appartamenti si può estrarre il gas dall'olio, specialmente pel sistema del gas portatile, che si comprime in eleganti recipienti di rame o ferro muniti di rubinetto, per som- ministrarlo al becco donde sgorga. Con uno di questi recipienti della capacità di tre o quattro litri si può avere per sette ad otto ore una luce uguale a quella di una buona lampana d'Argand. Si propose, alcuni anni sono, di adoperare la resina nella preparazione del gas illuminante, essendo essa una sostanza copiosamente diffusa in commercio: contiene all' incirca le stesse proporzioni d'idrogeno, di ossigeno e di carbonio contenute nelle materie grasse, e il gas idrogeno carbonato ottenuto colla distil- lazione della resina ha quasi la stessa facoltà illuminante di quella dell'olio. Si fece il calcolo che con k.™ 227700 di resina e con una spesa totale di lire 146940 si manterrebbe la luce per un anno a 30000 lampane per quattr'ore e mezzo al giorno: e questa speculazione offrirebbe un lucro vistosissimo. Ma alcune difBcollà nella esecuzione, per esempio i sedimenti carboniosi che nella calcinazione della resina si formano, ed ostruiscono in breve ora i con- dotti, impedirono per molto tempo che venisse adottata, e formano tuttora osta- colo ad un'applicazione alquanto estesa. Selligue immaginò iu seguito di far passare il vapore acqueo attraverso una ritorta piena di carboni incandescenti, per avere prima un miscuglio di gas idro- geno e d' ossido di carbonio, e quindi riunire questi due gas col gas idrogeno carbonato, che si ottiene separatamente colla decomposizione degli schisti. Bla 245 sebbeue la società per l'incoraggiamento dell'industria nazionale francese avesse trovato nel 1838 di premiare questo nuovo metodo, pure non riusci peranco a Selligue di estenderne la pratica: e si ritiene tuttora, che per le grandi opera- zioni il carbon fossile sia la materia che somministra con maggiore economia il gas illuminante. La Scozia e l'Inghilterra presentano le più vaste e sterminate miniere di que- sto carbone: vengono quindi i Paesi -Bassi e la Francia: le altre contrade del globo ne contengono in piccola quantità, e di qualità inferiore; la nostra Italia specialmente ne manca quasi aflatto. Per la qual cosa diveniva interessante il ricercare se da qualche sostanza, di cui abbondiamo, si potesse estrarre un gas da sostituirsi vantaggiosamente a quello tratto dal carbon fossile e dalla resina. Nel fascicolo Dicembre 1 839 del Mémorial Encjclopédìque si legge che a Bordeaux il sig. Ln'cnais è riuscito a distillare da {'inaccie seccate, e poste in una storta incandescente, un gas idrogeno carbonato che brucia con molto splendore. La vinaccia essendo materia abbondante fra noi, e quasi di uiuu valore, im- portava riconoscere il fatto , e istituire sperienze che valessero a mostrarne la pratica utilità. A questo scopo vennero dirette alcune mie sperienze, che mi con- dussero, come si vedrà dal processo, ad un metodo di estrarre il gas che non è al certo confondibile cogli sperimenti fatti a Bordeaux; perciocché il sig. Live- uais estrasse il gas illuminante dalle vinaccie, ed io Io estraggo dal panello, cioè dal residuo dei vinacciuoli dopo la distillazione dell'acquavite e la estrazione dell'olio. RiSULTAMENTI DELLE SPERIENZE. I. I vinacciuoli tratti dalle vinaccie del mosto, posti in una storta incandescen- te, sviluppano del gas idrogeno carbonato in ragione di 22 litri incirca all'oncia metrica: e quelli tratti dalle vinaccie dell'acquavite ne svolgono in ragione di I ( j litri all'oncia. La forza illuminante si trova presso che la medesima, e se ne consuma 120 litri all'ora per ogni becco, che brucia con luce d'una intensità doppia di quella che proviene da una buona lampaua d'Argaud. I vinacciuoli del mosto offrono dunque un prodotto gasoso che supera di 1/3 circa quello che ot- tieusi dal vinacciuoli dell'acquavite ; ma siccome i primi costano quindici volte 246 circa più dei secondi (perchè il fab!)ricalore dell'acquavite paga le vinaccie ad austriache lire 1.50 al mastello, e le rivende subito, avendo la distillazione per centesimi 10 alla stessa misura), e si perderebbe d'altronde, calcinando i vinac- ciuoli del mosto, il prodotto dello spirito; così ho trovato conveniente di esten- dere le mie sperlenze piuttosto ai vinacciuoli dell'acquavite. II. Chilogrammi 1 000 di vinaccie d'acquavite, esposte e rivoltate per dieci giorni al sole dello scorso Aprile, si ridussero a k.™' GOO circa perfettamente disseccate; le quali assoggettale alla battitura come il frumento, per separarne i vinacciuoli dai grappoli, somministrarono k.™' 51 0 di vinacciuoli avvolti in parte nei loro gu- scii, e misti a frantumi di grappolo: residuo in grappoli, k.™' 90. Con opportuno vaglio separando i frantumi per k."" 170, restano vinacciuoli k."" 340. Posti in un crivello, e assoggettati ad uno sfregamento, si è ottenuto di liberare la mas- sima parte del granello dal suo involucro, che facilmente si riduce in terriccio. II terriccio che passa per crivello è di k."' 90 circa, e per conseguenza restano sopra crivello k.™ 250 di vinacciuoli mondati. Un operajo, essendo ben disseccate le vinaccie, impiega due giorni a com- piere le suindicate operazioni, che importano la spesa di austriache lire 4. — Ora potendovisi impiegare le donne ed anche i ragazzi, la spesa potrebb' essere ridotta alla metà. III. Siccome il gas ottenuto dalla decomposizione dei vinacciuoli contiene molta copia d'ossido di carbonio a scapito della potenza illuminante, così ho creduto opportuno di assoggettare i granelli alla macina ed al torchio, per riconoscere se la migliore qualità del gas, che naturalmente si svolge dall'olio, potesse compen- sare la spesa e la fatica della macina e della spremitura. Ma dalle suddette 250 libbre metriche si ritraggono soltanto libb. 1 5 d'olio, che si converte in gas aumen- tando di 850 volte il suo volume sotto la pressione nel gasometro di due pollici di acqua, e non somministra per conseguenza che soli 943 litri di gas per ogni chilogramma. Ond'è, die considerandosi la spesa pel trituramento e perla spre- mitura in ragione di lire 14 al 1000, e aggiungendo le altre spese per le prece- denti operazioni, e il consumo del combustibile per la distillazione dell'olio, e l'interesse del capitale da impiegarsi per la costruzione dell'apparato e dei tubi conduttori, si riconosce a prima giunta la impossibilità di un utile risultamento. 24t Egli è pur da notarsi, che l'olio ollenulo dalla spremitura dei viuaccinoli vergini aumenta soltanto del 5,1/2 per 100, e il ricavato delia sua distillazione sarebbe ancora meschino, e tale da bastare appena a cuoprire il valore della ma- teria prima. IV. Non restava che di assoggettare II panello alla decomposizione nelle storte incandescenti; e con sorpresa m'avvidi potersi trarre dal panello maggior co- pia di gas, che non ne prestavano i vinacciuoli non macinati. Il fatto consta- tato da parecchie prove sembra doversi attribuire a ciò: che sui granelli triturali si rende più energica l' azione del calorico: mentre sulla mandorla dei granelli intatti più debolmeule esercitandosi la sua azione, succede che parte dell'olio bituminoso si volatilizza senza decomporsi, e si condensa nel refrigerante; il che viene provato anche da nn maggior prodotto d'olio empireumatico. Aveva annunziato che nelle prime sperienze mediante la calcinazione dei vi- nacciuoli intatti dell'acquavite si ottiene il gas in ragione di 1 6 litri all'oncia. Ora da ripetute prpve siamo accertati che il panello ne lo svolge, decomponen- dosi in ragione di 21 litro aU'ongia. Avvi dunque un prodotto che aumenta di un 40 per I 00. Per ciò che riguarda il combustibile necessario alla decomposizione, ho im- piegalo del carbone di legna forte nella proporzione di lire 1 0 per k.°" 1 00 di panello; avvertendo che feci uso di un fornello ordinario soggetto a perdite no- tabili per irraggiamento, mentre si potrebbe economizzarne il consumo adope- rando fornelli fumivori. Raccogliamo i fatti. Kilogrammi 1000 di vinaccie somministrano vinacciuoli mondati e dissec- cati li.™ 250. Questi macinali e spremuti danno 15 libbre d'olio. Restano kilo- grammi 234 circa di panello, il quale mediante la calcinazione svolge 49140 litri di gas, con cui in proporzione di 1 20 litri per ora si può mantenere per 409 ore una luce doppia di quella di un argand. Le 1 5 libbre d' olio formano nn volume di litri 1 6,65. Aumentando 1' olio nel gazificarsi di 850 volte il suo volume, ne derivano litri 14152 di gas, il cui consumo si riduce alla metà del primo per essere di doppia forza illuminante ; e quindi in ragione di 60 litri per ora avremo dall'olio 236 ore di luce. Dunque i 1 000 chilogrammi di materia prima mantengono la luce per 645 ore. Calco- landosi il tempo medio in cui un becco sta acceso in ciascun giorno a sei ore , 248 una lampana dovrà ardere per 2190 ore in un anno. Cosiccliè per la illumina- zione a gas di uno slabllimento che avesse bisogno, per esempio, di cento lam- pane di Argand si potrebbe preventivare il seguente Prospetto di entrata e di uscita. Uscita. Materia prima, vinaccia k.™ 340000, vale colla spesa del disseccamento L. 1.20 al 1000, e importa L. 408.00 Battitura e mondatura di k."" 204000 vinaccie disseccale, L. 3 allOOO „ 612.00 Macina e spremitura di k."" 85000 viuacciuoli mondati, a a L. 14 al 1000 » 1190.00 Carbone di legna per la decomposizione di k.™' 79260 pa- nello, in ragione di L. 10 per k.™ 100 » 7956.00 Simile per la distillazione di k.™ 5100 di olio, in ragione di L. 6 al 1000 » 306.00 Totale Uscita L. 10472.00 Entrata. 1.° Il panello calcinandosi produce litri mil." 16707600 gas idrogeno carbonato 2. L'olio decomponendosi somministra un gas per litri 4811680 di doppia forza illuminante, che potrebbe es- sere più utilmente impiegato nel sistema del gas porta- tile per la illuminazione dei teatri, delle sale di ricevi- mento, e degli appartamenti in generale 3. K."" 30600 di grappoli, la cui potenza calorifica, messa alla prova nella fusione del ghiaccio, equivale ad 1/10 di quella del carbone di legna, e la si considera perciò del valore di cent. 1. al chiiograrama, cioè L. 306. 00 4.° K.™' 57800 guscii e frantumi di grappolo, che forma- no la solidità di st." 70 di buon concime, a L. 3. . » 210.00 5.° K.™ 30600 di eccellente terriccio, st.' 50, a L. 6. » 300.00 6.° K.™' 4250 di olio bituminoso buono per mastici e ver- nici, a cent. 20 . . » 850.00 L. 1666.00 249 Riporto Entrata L. -1606.00 7." Carbonella residuo del combustibile impiegato nella di- stillazione , si considera 1/10 del valore del carbone, cioè » 826.20 Somma L » 2492.20 Residuano le spese di L. 7979. 80 Cui devesi aggiungere la mano d'opera di due operai. a L. 2 • L. 1400. 00 Manutenzione e rislaurl » 240. 00 Calce e fieno pel depuratore » 60.00 » 1760.00 Totale delle spese per 100 becchi L. 9739. 80 La luce di uu becco ordinario di 24 forellini fornisce al- meno due volte tanta luce, quanta se ne ottiene da una lampana d'Argand, che consuma 30 grammi d'olio per ora. Ne segue, che un'ora d' illuminazione di una lam- pana a gas varrebbe più di due volte 30 grammi d'olio, cioè presso di noi cent. 1 1 (valore di 60 grammi d'olio buono). Aggiungendo il prezzo del lucignolo e lo sti- pendio degli accenditori, soltanto di cent. 1, si vede che 11 valore reale di una lampana a gas è di cent. 12 per ora. Si limiti il prezzo a cent. 6. Li 600 becchi coste- ranno L. 36 al giorno, e per un anno L. 13140.00 Differenza attiva L. 3400.20 La utilità di lire 3420.20 equivale a più del 17 per 100 d'interesse, spen- dendosi la somma capitale di austriache lire 20000 ad istituire un apparato d'il- luminazione adatto a mantenere 1 00 lampane a gas. Ma la maggiore utilità con- siste nell' avere con 1 00 becchi a gas una illuminazione equivalente almeno a fjuella di 200 lampane d'Argand. Egli è da notarsi, che non si tenne conto della cenere risultante dal consu- mo di L. 8262 di combustibile , il cui prodotto deve accrescere di varie cenli- 32 250 uaja di lire l'interesse dell'impresa. E uon si è tenuto conio neppure della pol- vere di carbone , residuo della calcinazione del panello , quantunque sia di una potenza calorifica superiore a quella del carbone di legna, e possa mescolarsi co- gli avanzi dei concia-pelli, ed anche colla torba, e diminuire non poco la spesa del combustibile. Semplice è il metodo da seguirsi nella estrazione di questo gas illuminante. la uu fornello fumivoro, costruito con sostanze refrattarie, si devono collo- care le storte di lamerino di ferro o di ghisa, la cui forma migliore è quella del cilindro elittico. Quando la storta è divenuta incandescente , in sei minuti si svolgono oltre 200 litri di gas, il quale passa in un condensatore a larga super- ficie, dove si ferma l' olio empireumatico [goudron). Nella decomposizione dei vinacciuoli, oltre il gas idrogeno carburato e l'os- sido di carbonio, si produce l'acido idrosolforico, l'acido carbonico, e un poco d'idrosolfato di ammoniaca. Devesi sceverare il gas illuminante più eh' è possi- bile dalle tre ultime sostanze, principalmente perchè nuocono alla vivacità della fiamma, e l'acido idrosolforico è anche incomodo, di un odore spiacevole che corrode e distrugge col tempo gli stessi tubi che attraversa: e quando si disperde negli appartamenti ne altera le dorature, i dipinti, e tutte le preparazioni me- talliche. Avvi perciò un terzo recipiente , in cui tutte queste sostanze attra- versano, quasi per una spugna, fieno con calce inumidita, la quale assorbe specialmente i due gas acido carbonico e idrosolforico; sicché il miscuglio de- gli altri gas e vapori combustibili arriva finalmente col mezzo di tubi al ga- sometro, vasta campana posta su di un gran bacino ripieno d'acqua, sotto cui viene a raccogliersi il gas illuminante purificato. E mediante un contrappeso alzandosi ed abbassandosi secondo il bisogno il gasometro, il gas colla pressione ordinariamente non maggiore di tre pollici d'acqua viene spinto per entro ad altri tubi che lo conducono al luoghi destinati, donde sgorga da altri tubetti per forellinl, ai quali accostando una fiamma s'accende 11 gas, che si deve pagare, come si è detto superiormente, in ragione delle ore e della quantità di luce cal- colata secondo il numero dei citali forellinl. 251 ILLUSTRAZIONE DELLE PIANTE NUOVE O RARE DELL' ORTO BOTANICO DI PADOVA DEL SOCIO PROF. R. DE VISIANI LETTA ALL" I. R. ACCADEMIA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI DI PADOVA IL II. DI GIIIGINO DEL KIDCCCXL. T ' M-U amore sempre crescente, con che le eulte nazioni intendono oggidì allo studio di quelle amepissime discipline che naturali si chiamano; il novero, la perizia, l'ardore degli scienziati che traggono alle più ignote regioni per isve- larne le naturali dovizie ; la messe infinita di produzioni rarissime, di cui questi esploratori imperterriti ed indefessi arricchirono in questo secolo le collezioni europee; portarono per ogni dove un singolare incremento ai Musei zoologici e minerali, ed ai Giardini botanici si pubblici che privati. Al quale incremento è dolente cosa lo scorgere qual tenue parte abbiano preso i Musei ed i Giardini d'Italia; ciocché vuoisi ascrivere e alla scarsezza de' viaggiatori italiani, ed alla ristrettezza del nostro commercio fuori d'Europa, ed alle sottili provvigioni ac- cordate nella penisola a siffatti pubblici stabilimenti, e più che tutto al poco amore con che fra noi proseguonsi tali studii specialmente da quelli, ai quali il sorriso della fortuna porgerebbe più larghi mezzi per promuoverli e coltivarli. Questa verità dolorosa torna poi ancor più increscevole, se alcuno pongasi a raf- frontare lo stato attuale di queste scienze, e della Orticoltura segnatamente, con quello de' tempi andati, in cui l'Italia, come di quasi tutte le grandi ed utili isti- tuzioni, porgeva i primi esempii all'Europa della fondazione de' Giardini botanici. Fino dall' incominciamento del secolo terzodecimo aveva già il celebre au- tore delle PaiideUe mediche ^latteo Silvalico mantovano piantato un Orto me- dicinale in Saleruo. il medico maestro Gualtieri in Venezia, i Comari ed i BIo- rosini in Murano, il mecenate del Tasso Alfonso d'Esle. Gio. Brasavola e l'Ac- 2S,2 ciajuoli ili Ferrara. lu processo di tempo la sola cillà di Venezia conlava gli Orti di Gasparo Erizzo a S. Cauziaao, del celebre Pietro Antonio Michiel a S. Trovaso, di Cesare Ziiiolo a S. Angelo, di Tommaso Contarini a S. Samuel, di Maffeo Maffei in Canareggio, di Antonio Filetti a S. Lucia, di Agostino Amadi a S. Croce, di Alessandro Vittoria alla Pietà, del Gritti e di G. B. Nani alla Giudecca, e fino uno di Daniele Pisani nel bel mezzo del Lido, per tacere di quelli del Rauuusio, del celebre Andrea Navagero, di Pietro Bosello, di Fran- cesco Testa, di Nicolò Leoni, di Cristino Martinelli, di Girolamo Basadonna, e dei più vaghi ancora clie, oltre i Comari ed i Morosini, coltivavano nell'isola di Mu- rano le patrizie famiglie Dandolo, Trevisan, Vendramin: lalcliè direbbe cosa non meno vera clie sorprendente chi affermasse, che la sola Venezia contava forse un giorno più Giardini botanici privati, che non ne conti oggi l'Italia intera. Nella città di Padova, oltre l'Orto de' Semplici, erano già da gran tempo celebri il Giar- dino di Lorenzo Priuli alla Saracinesca, di Gianfrancesco Morosini a S. Blassi- mo, di Gianfrancesco, Alessandro e Luigi Mussato a S. Giacomo, di Torrjnato Bembo, del dottissimo Gaspare Gabrieli, del celebre Jacopo Antonio Cortuso. di Bernardino Trevisan e di Filippo Pasqualigo. A Verona dislinguevasi l'Orto dell'illustre Francesco Calzolari, a Mantova quel del Borsali. I villaggi slessi e le viliesKiature dei veneti maggiorenti avevano lor Giardini, e verdegffiavane in Carbonara uno di Domenico Moro, al Dolo quello di Giacomo Contarini, in Loreggia quello di Nicolò dello stesso nome, in Borgoforo uno di Giulio Giu- stinian, a Merlengo nel Trivigiano uno di monsignore Marco Cornaro, in Fos- sato alle pendici de' monti bassanesi uno del cardinale Giorgio Cornaro, nella villa Pozzolo uno del cavaliere Francesco di lui nipote, a Marrocco quello di Ge- rardo Sagredo, a Mooselice quello d'Egidio Cumani padovano, a Stra il Giardi- no magnifico del senatore Ermolao Pisani , a Sala infine quello piantatovi dalla splendidezza più che regale del patrizio Filippo Antonio Farsetti, del quale, re- duce da un viaggio fatto per le più culle parti d'Europa, scriveva nel 1771 me- ravigliato il Riarsili: Il numero, la grandezza e la magnificenza degli edifizii destinati alle piante esotiche , e la copia di esse procurata con ispesa incre- dibile da rimotissimi paesi, e la quantità di persone impiegate nella loro cul- tura, sorpassano l' idea d'un Giardino privato, e fanno vergogna ai piìi cele- bri die a spese dei Principi si mantengono. Trianon e l' Orto regio di Parigi, e quello di Chelsea presso Londra, e quelli di Leida e d' Amsterdam, e tutti gli altri da me veduti in Italia e juori , devono far di berretta al Giardino 253 botanico di Sala ('). E quauluiique gli Stali veneti, merci' l'estesa uavigazione della potente Repubblica, fossero più ricchi di cosi fatto ornamento che uou gli nitri Stati d'Italia, pure lodavasi un bel Giardino di Giulio Moderalo in Rimini, (li Vincenzo Montecatini in Lucca, di Fabio Segni, di Vittorio Sederini, oltre i[uello di S. Maria Nuova e gli Orti ducali in Firenze. 1' Orto pubblico e quello di Gio. Francesco Lanfranchi in Pisa , quello di Sinibaldo Fieschi in Genova , di Scipione Simonela in Milano, di Vincenzo Pinelli in Napoli. Né vi crediate, dotti Accademici, che questi Giardini privati fossero più con- secrati al diletto che all'istruzione, per lo che in essi s'allevassero piante più presto vaghe per eleganza di forme, per vivacità di colori , per soavità di profu- mo, che non preziose per utili facoltà, o singolari per istranezza di aspetto, o rare per la difficoltà di rltrarle dai rimoli lor climi. Mai no. Piante rarissime, cu- riose, medicinali, o profittevoli alle arti e all'industria, erano a gran dispendio ivi recate ed amorevolmente educate a comodo ed erudizione dei Botanici d'ogni luogo, che in Italia recavausi ad ammirarle, e che nelle opere che ci lasciarono parlano perciò di tai Giardini con alte laudi e viva riconoscenza, e le rare piante ne additano ivi crescenti'; fra' quali i Botanici più celebri di quell'età, Antonio Musa Brasavola, Pietro Bellou, Gio. Rodio, Pietro Andrea Mattioli, Luigi An- guillara. Conrado Gesuero, Prospero Alpino, Ciò. Veslingio, Paolo Boccone, Giovanni e Gaspare Bauhino, Giovanni Poua, Antonio Donati, ed il celebre Tournefort, per non dire di quelli che non facevano professione di Botanici, co- me Carlo Stefano ed il Sausovino (^). (i) Marsili Gio. Notìzie inedite dei Patrìzii veneti, e loro Orti botanici. Padova i84o, pag. ai. (2) Brasavola A. M. Exam. simplic. medie. Venetiis j545, pag. iii. 3i6. 322. Bellon P. JRemonstr. sur le def. de lab. et cult. etc. Paris i588, pag. 42. 72. Jo. RhoJii Emend. et ISot. ad Scribonium Largum. Patavìi iG55, pag. ^S. 246. P. A. Matthioli. / Discorsi. Ediz. Valgrisi i568. Agli studiosi Lettori, pag. 2. Anguillara L. Semplici. Wnepsi i56i, pag. 34- 44- 49- 66- 80. 142. i52. i55. 207. 29G. Gesneri Conr. De Hort. Germaniae, ad cale. Op. Valer. Cordi. Argenlorali lóGi, pa- gina 16. 239. 288. Alpinus Pr. De pi. exoticis. Venetiis iCay, in Praef. Veslingius Joh. Opobalsami Vindiciae. Patavii iC44i P^g' 9' — ^^ plantis aegyptiis. Palavi] itì38, pag. 3i. 48. Paul. Boccone. Museo di piante rare. Venezia 1697, pag. 84. iSG. i45. i5o. 171. 173. J. Bauhini. Hìstor. piantar. Ebrod. iG5o-iC5i. Tom. I. p. 173. 2g5. 585. 4i5. Tom. II. pag. 142. 265. 417- 572. 575. 577. 58o. 58C. 590. Sgi. 602. 681. 732. 835. 957. 1014. Tom. III. pag. 289. 254 Le quali nostre antiche dovizie ho voluto io qui rammentare non già a con- forto della presente povertà, che ciò, nonché disacerbarne il rammarico, si ce l'accresce, ma solamente affinchè l'esempio splendido dei trapassali serva, s'è pur possibile, di efficace rimbrotto e d'acuto stimolo alla grettezza de' vivi; on- de, quando che sia, una qualche parte delle superfluità dei ricchi volgasi, an- ziché ad alimento di basse passioni o di puerili capricci, ad incremento della bel- la ed utile disciplina. L' Italia in oggi , se pongasi a riscontro colle altre parti d'Europa, vanta ben pochi Giardini botanici privati degni di questo nome (■). Il Piemonte conta quello del eh. avvocato Luigi Colla a Rivoli, il ricco Stabili- mento Burdin ed il novello Burnier e David; Genova i Giardini Grimaldi, Di Negro, Serra, Pallavicini, Durazzo ; Jlilano l'altro Stabilimento Burdin e l' Orto Negri; ed oltre a questi, l'Orto di Casa Litta nella Villa magnifica di Lainate, e quello non meno ricco di Casa Traversi a Desio ; Bergamo quello del conte Ercole Maffei; Brescia uno del sig. Antonio Venturi, ed un altro del sig. Bruz- zonl; Padova l'elegante Giardino de' cavalieri Treves di Bonfilj; Bassano quello del eh. Parolini: Venezia non ne ha pur uno dei tanti che l'abbellivano. A Fi- renze, oltre gli Orti ducali ed i pubblici, si celebra a buon diritto quello del mar- chese Pietro Torrigiani, dei Principi Corsini, del conte Bouturlin, del conte Ana- C. Bauhini. Pìnax theatr. hot. Basii. ì'jIìO, pag. 2ig. 23a. 24<'. Phytopìn. Basii. i5gG, pag. 169. i8g. 354. ^96. 633. Prodrom. Francof. 1620, p. 26. 70. ■jS. 99. io3. no. 123. lag. i^S. i5^. i58. Theatr. botan. Basii. i658, pag. 58o. Gio. Fona. Monte Baldo. Venezia 1617, nella Prefaz., pag. i5. 20. a^- Ant. Donati. Trattato dei Semplici. Venezia i63i, pag. l'j. Jos. Pitton Tourneforl. Instìt. rei herb. Paris 1719, I. pag. 46. Stephaniis Carol. Praedium rusticum. Lutetiae i554, pag. 4?- Frane. Sansovino. Venetia descritta in XIV. ZiiH. Venetia ió8i. Lib. A^III. pag. \1>-. Veggasi ancora Giovanni Fantuzzi , Memorie della vita di Ulisse Aldrovandi, Bologna '774) P^D- '^•■> ^ Girolamo Tiraboschi, Storia della Letteratura italiana, Mode- na i^'jS, Tom. VII. Parte II. pag. i8. (1) Intendo sotto un tal nome quegli Orti, che sono espressamente destinati alla coltivazione delle piante esotiche, e che perciò sono forniti degli edifizii necessarii alle varie temperature oc- correnti a siffatte piante, e n'escludo avvertitamente i Giardini dei Fioristi, i cosi detti Giardini inglesi , ed anche quelle piccole Collezioni di piante esotiche, le quali non hanno per diritto scopo o l'istruzione, 0 i progressi della scienza, ed insieme sono ancor troppo povere per meritarsi no- me di Giardini botanici. E poi soverchio il ripetere, che in questo luogo non si parla dei Giar- dini pubblici. 255 tolico Demidoff. Sulla via Pisana avvi il Giardiuo de' Bibblani del eli. marchese Cosimo Ridolfi. Nella Romagna non si contano Orti botanici privali di qualche uome: a Roma però evvi un Giardino particolare del sig. Vescovali, eh' è ricco di molte piante rare e nuovissime. Il Regno di Napoli, malgrado la opportunità del clima, poco olire di rimarchevole in tal proposito. Né solamente abbiamo a lamentare la scarsezza degli Orti botanici privati in Italia, si ancora la ior povertà, per cui di gran lunga restano addietro degli stra- nieri. Gli Orti dell' Italia Austriaca però si vantaggiano alcun poco in numero e sceltezza di piante sopra quelli del Genovesato, della Toscana e della Romagna, nei quali poco di nuovo penetrò sino ad ora : per cui seguono ivi a coltivarsi molte di quelle piante che un di erano frequenti fra noi, ma che ora scomparvero in gran parte dai nostri Giardini, perchè le cure dei coltivatori si volsero a prefe- renza verso le nuove specie, che meglio raccomandavansi per vaghezza di forme, o anche talora per la sola loro rarità o novità. La trista condizione, in cui Irovavansi da molto tempo i privati Orti botanici d' Italia, il crollo della \ eneta dominazione, il frequente ed instabile alternar dei Governi che le successero, dovea certamente influire anche sull'antica prosperità dell'Orto di Padova, il quale menomato ne' suoi piccoli assegnamenti, degradato dagli anni e dalle sciagure, scemato di que' soccorsi di piante scelte, che a lui ve- nivano o dal commercio della Repubblica, o dagli Orli de' suoi patrizi!, andò a poco a poco perdendo in copia e qualità di specie, senza avere con che arricchirsi di quelle che di recente s'erano discoperte. Venne per colmo di avversità e piom- bò sovr'esso sterminatore quell' inaudito flagello, che nell'Agosto 1 834 il disertò, il capovolse ; con che pareva che la prediletta creazione de' Veneti avesse a per- dersi nel fato stesso dell'annientata Repubblica. Ma si fu appunto in allora che, scossi al disastro che percosso aveva di piaga insanabile 1' Orto di Padova, furono a gara il Governo ed il Principe a ricomporlo, a ristorarlo ed arricchirlo; ed io testimonio avventuroso e lietissimo di quanto s'è fatto e si fa tuttora a prò di questo insigne Istituto, posso annunziarvene bene avviato il totale e più splendido risorgimento. Ristoratine con larghi dispendii i crollanti edi6zii , fabbricatine di novelli, cresciutone l'assegnamento, l'Orto di Padova ringiovanito promette, o ch'io spero, di far esso pure qualche cosa per la sua scienza. Dal tempo, io credo, che le comunicazioni mercantili de'\eneli coli' Oriente e coli' India, ed i viaggi degl'immortali suoi Professori il Guilandino, l'Alpino, il Veslingio nella Grecia, a Costantinopoli, in Egitto, in Palestina, e le relazioni da essi fatte in quelle re- 256 gionl aveano procuralo ad esso semi e piante raccolti fuori d'Europa, l'Orto di Padova, noncliè arricchirsi di cose nuove, aveva potuto a mala pena conservare quel poco die possedeva. Da qualche anno però le sue sorti cangiarono. Utilis- sime corrispondenze aperte cogli Orti botanici dell'Italia, della Svizzera, della Francia, dell'Olanda, di tutti gli Stati della Germania e della Russia, lo arric- chiscono ogni anno di lutto ciò che di nuovo fruttifica in più di quaranta Orti pubblici d'Europa. Chiarissimi Botanici concorrono a fornirci semi spontanei raccolti in più lontane regioni; e da Ganton nella Ghina ce ne forni la generosa amicizia del professore Ern. Mejer di Konigsberg, da S. Luigi e dal Missouri nell'America boreale il eh. Martens professore a Lovanio, dalla Nuova Olanda e dal Capo di Buona Speranza il sig. Kachler di Vienna, dall' Ircuzia e dalla Sibe- ria il eh. professore di 3Iosca sig. Schichowsky. Una recente corrispondenza aperta al Cairo con A. Figari , già Professore di Botanica e Chimica in quella città, mi annunzia in viaggio per Padova una ricca collezione di semi di quelle sempre nuove regioni. Finalmente la munifica ed operosa protezione, di cui S. A. I. il nostro amatissimo Viceré onora questo Giardino, ci i-egalò nello scorso anno di due grandi spedizioni di semi, l'una delle provincie interne dell'Africa, cioè della Nubia, dell' Abissinia, del Sennaar, del Cordofan, cólti colà negli anni 1 837- 38 dal viaggiatore naturalista T. Kotschy; l'altra del Messico, del Perù, dell'Ava- na, nei 1839. E questi semi di già rispondono alle benefiche intenzioni dell'Au- gusto Blecenate, di già cominciano ad arricchire di nuove e scelte piante le no- stre stufe. Ciò essendo, io reputo di mio dovere il portare a conoscenza di quelli, che di tali studii si piacciono, le osservazioni, cui mi fornirono materia le nuove piante dell' Orto nostro , e quelle che essendo tuttora imperfettamente descritte presso gli autori che ne trattarono, meritavano d'essere più minutamente illustrate. Con ciò io intendo di l'icambiare in quel solo modo, ch'io posso, la generosa bontà del Principe che a me volle affidato un sì prezioso deposito ; di pagare alla scienza quel tenue tributo che a me consentono gli scarsi miei mezzi: di far conoscere a chi l'ignora, che l'Orto botanico di Padova può mostrare oggidì allo straniero qualche cosa di più che l'Agnocasto del Bauhino, od il Platano dei trecento anni ('). (i) Corre un'antica tradizione, che una vecchia pianta di Agnocasto a fior bianco, che vive tuttora in quest'Orto botanico presso il portone settentrionale del medesimo, esistesse già verso la fine del secolo XVI-, allorché fu qui Gaspare Bauhino. Ed una simile tradizione fa credere. 257 Né a questo lavoro, die sarà ripartilo in più Memorie, e conterrà l' illustra- zione di quanto oflfre ed oflVirà di più rimarchevole l'Orlo slesso, sarà al certo per mancar sì presto la copia, o la varietà, o l'importanza della materia: cosi non manchino a me le forze per compierlo, a Voi la cortesia, la sofferenza per ascoltarmi. E per dar principio al medesimo con tal pianta, che alla novità della specie accoppii il merito delia utilità , mi farò ad illustrare primamente una specie di Salsapariglia, che da moltissimi anni coltivasi a torto nell'Orlo nostro per la vera Salsapariglia medicinale. 5/«//rtx Sarsaparilla di Linneo; sbaglio comune a molti degli Orti botanici d' Italia da me veduti. 1.) Questa specie di Smilace sorge con molli tronchi angolosi flessuosi, i più vecchi dei quali sparsi di verruche e scabri, i più giovani lisci, che mercè di al- cuni viticci slipulari, semplici, nascenti a due dalla faccia superiore del picciuolo d'ogni foglia, s'attaccano al corpi vicini, e salgono a qualunque altezza. Sono essi armali di aculei durissimi diritti lanceolati compressi, disposti ad angolo quasi retto, ed a varii intervalli lungo i medesimi, per lo più sparsi, talora opposti. Le foglie sono alterne cuoriformi, però alcun poco dal mezzo della loro base ristrin- goDsi per allungarsi verso il picciuolo, il quale alla sua metà porla i viticci sud- detti, e verso il tronco s' allarga e s' ingrossa per abbracciarlo. Le foglie hanno talora un incavo nei due margini laterali, e questi sono forniti di aculei nelle foglie inferiori, talora inermi nelle superiori. Le due pagine delle medesime sono liscie; l'inferiore però presenta sovente dei pungoli o almeno del- le scabrezze nella costa o nervatura mezzana, ed ha sempre dai cinque ai sette nervi. ì fiori sono dioici, e nascono in ombrelle semplici solitarie dall'ascella delle foglie, sostenute da gambi più lunghi del picciuolo, scannellati d'ambe le parti e schiacciati. I gambi parziali sono muniti alla base di brattee minute, che com- pongono l'invoglio dell'ombrella, e ciascuno di essi porta un fiore, il cui perian- zio è verde-giallo, e dividesi fino alla base in sei foglioline bislunghe- lineari ca- duche, entro a cui nel fior maschio trovansi sei stami, inseriti alla base di ciascu- na fogllolina; nel femmineo un ovario bislungo cilindrico liscio, con istilo brevis- simo, e con tre stimmi grossi orizzontali o rovesciati: cui succedono delle bacche di color quasi nero, che un po' ritrae del rossiccio, con due a tre semi per cia- scheduna. che r antichissimo Platano d'enorme grossezza, che sorge fuori dell'Orto slesso plesso la casa dei Giardinieri, sia contemporaneo alla fondazione di questo, e perciò conti quasi tre secoli. 258 La nostra pianta distiuguesi dalla vera Salsapni-iglia , percliè questa porla aculei curvi, foglie ovato-Ianceolate, inermi, e glaucLe al di sotto. Si rassomiglia piuttosto alla Smilnce eccelsa di L. , ed alla Sniilace bernmdense del Duhamel. Distinguesi dalla prima (ved. Duh. Trait. des arbr. Edit. II. Voi. I. pag. 236, lab. 54.) per le foglie aculeate incavate nei margini e coriacee, e per le bacche qua- si nere; mentre l'altra lia le foglie inermi e membranose con margini convessi, ed ha le bacche rosse secondo Buxbaum, verdi secondo la figura ora citata. E af- fine ancora alla Smilace delle Bermude Duh. , rappresentata da Plukenet nella Phjtographia alla tav. 110. fig. 6.: dalla quale figura differisce perchè la parte superiore della pianta nostra è inerme, mentre in quella è rappresentata spinosa. Oltre a ciò, se la Smilace delle Bermude è varietà della S. catalonica. come vo- gliono il Poiret neW Enciclopedia e lo Sprengel, la nostra ne differisce essen- zialmente pei fiori in essa ombrellati, nella S. catalonica disposti in grappoli lun- ghi e radi. Per le quali ragioni io considero la Smilace dell' Orto nostro come una nuova specie, che nomino Sniilax pseudosarsa ^ e definisco nel modo se- guente. S. caule angulato valide recteqne aculeato. foliis cordalis aculis subquin- que~nerviis coriaceis margine spinosis. supreniis inermibus .Jloribus umbel- latis, baccis nigro-riibentibiis. Colitur in pluribus hortis falso sub nomine S. Sarsaparillae, quae aculeis incun'is^joliis ovato-lanceolatis inermibus et subtus glaucescentibus abnnde differt. An huc S. bermudensis Duham. Arbr. ed. de Mich. pag. 241. Plriken. Phyt. tab. CX.f.G.7 Icon haec quoadfoliorumformam equidem satis quadrai, sed pars superior plantae in nostra neutiquam spinosa, ut ibidem repraesen- tatur. Insuper si species Hamelii eadem est ac S. catalonica Poir. , ut auctor iste et Sprengeliits autumant. nostra ab Illa certissime differt Jloribus unihel- latis, nec longe et laxe racemosis. Siccome questa pianta è stata fiuora confusa colla vera Sarsa pariglia, cosi è probabilissimo che anche la sua radice faccia parte della Salsapariglia del com- mercio, che tutti sanno essere ricavata da varie specie di Smilace. E del pari da dubitare che. la Salsapariglia delle farmacie francesi appartenga alla nostra, giac- ché nel Corso completo di Storia Naturale medica e farmaceutica, pubblicato po- chi anni sono a Parisi dai siffuori Guvier. Richard e Drapiez, la figura che vien data alla tav. 25. per quella della vera S. Sarsaparilla ha le foglie di forma egua- le a quella della nostra, benché mancanli di aculei (ciocché però osservasi anche 259 uelle foglie superiori della Doslra 5. pseudosarsa) . per cui si possono sospettare appartenenti alla stessa specie. 2.) Altra pianta, che con falso nome gira da molto tempo per gli Orli bota- nici, è una bella specie di Salvia, che venne spedita ali' Orto nostro da un Giar- dino botanico col nome di S. Karvinsìd'^ specie descritta dall'illustre monografo delle Labbiate Giorgio Bentham alla pag. 725 dell' opera sulle medesime. Que- sta pianta è una delle Salvie più grandi che si coltivino, sorpassando l'altezza umana; ha molti tronchi legnosi alla base, quadrangolari, villosi, superiormente viscidi, le foglie opposte cuoriformi seghettate picciolate villose : ha fiori in lunghi grappoli eretti e peduncolati, costituiti da cime opposte multiflore, in guisa da simulare un verticillo; le brattee ovato-romboidee cuspidate caduche, assai più brevi dei calici , che sono peduncolati clavati compressi nervosi , più lunghi dei peduncoli, divisi In due labbra, il superiore dei quali intiero, l'inferiore bifido con denti lanceolato-subulatl ; a corolla d' un color rosso-sanguigno due volte più lunga del calice, con tubo diritto, labbra quasi eguali fra loro, il superiore fatto a cucchlajo, l'Inferiore a tre lobi, il mezzano de' quali trasverso ellittico e rivolto all' insù, 1 laterali brevissimi marginali rotolati all' Ingiù. I suol organi genitali sono due volle più lunghi del labbro superiore, e le antere hanno 1 loro connet- tivi, che discendono paralleli lineari ravvicinati o connati: lo stilo infine è pelo- so, e dividesl in due lobi Ineguali e subulati. L'ovario presso di noi non giunse mai a maturità. Dififerisce dalla S. Karvinski del Bentham per le foglie cuoriformi, pel rami glutinosi, pel genitali più lunghi della corolla, per lo stilo peloso, e pel colore rosso -coccineo del fiore; è affine alla S. Ayavaccensis Humbt. Klh. noe. gen. ot sp. amer. 2. p. 298, ma ne diversifica pei grappoli peduncolati, pel calice sol- cato, per la corolla cerulea, pel rami glutinosi. Per le quali note trovando difie- rire la pianta nostra dalle moltissime specie descritte, nella quale sentenza mi confermò 1' autorevole opinione dell'illuslre Bentham medesimo, che vide la no- stra specie viva e fiorente l'anno 1837 allorché placquegli di visitarmi, la nomi- nai da due anni per la singolarità della corolla retta e non falcala , come per lo più scorgesl nelle altre specie, S. rectijìora^ e la definii come segue. S. caule suffruticoso tetraqnetro l'illoso.JbUis cordatis serra-tis snbtus pe- tiolisque villosis, bracteis ovato-rhombeis cuspidatis caljce duplo brevioribus deciduis, raceinis terminalibns peduncnlatis simplicibus villoso-viscidis, pseu- do-verticillis niulUfloris , caljcibus compresso-clavatis nervosis pedicellos su- •21)0 perantibus ^ Inblo superiore integro inferiorisque bifidi dentibus lanceolato- subulatis, corollis caljcem dupluni longis reclis, tubo subclavato, labiis subae- (jualibus, superiore cochleariformi^ inferioris lobo medio transverse elliptico erecto, lateralibtis marginantibus revolutis, genitalibus labium superius duplo superantibus, connectivis postice dejlexis linearibus approximatis connatisve^ stjU lobis inaequaìibus subulatis. Colitur in tepidario^ ubi Jloret tota hjeme. Vis. Sem. rar. Horii Pata- vini 1839, N.° 5. 3.) Fra le varie piante novelle che germinarono dai semi raccolti nella Nu- jjia dal sopraddetto signor Kotschy, avvi una specie di Basilico i^Ocjmum), che pel grato odore di Cedronella che olezzano le sue foglie, e per la singolarità di essere pianta perenne, anzi legnosa, meritar può le cure non solo del Botanici, sì ancora quelle dei Fioristi. Da una radice fibrosa e ramosa manda questo Basi- lico un caule legnoso alla base, pelosetlo, quadrangolare, coperto di un'epider- mide che da sé sola si sfoglia, e diviso in alcuni rami. Le sue foglie sono ova- to-lanceolate ottuse, un po' ristrette alla base, leggermente dentate, sparse di pochi peli al di sotto, nervose, ghlandolose , sostenute da picciuoli scannellati, lunghi la metà della lamina. Le foglie fiorali luferiori sono simili alle precedenti, ma più piccole, acuminate, cou picciuoli brevi, e cigliale alla base. I falsi verti- cilli dei fiori non ne hanno che sei per ciascheduno, e sono distanti fra loro, a pe- duncoli ritti, irti, più brevi del calice, a fiori prima declinali, poi penduli: il ca- lice dei quali è diviso in cinque parti, e velloso specialmente alla base: dei denti il superiore è rotondo, poco scorrente nei margini e nervoso, i mezzani larga- mente ovati, gl'infimi lanceolato-subulati e un poco più lunghi: la fauce vellosa. La corolla è d'un bianco-violetto, labbiata, cou tubo ristretto alla base, poscia allargalo, liscio; il labbro superiore molto largo e quadrifido, a lobi quasi ro- tondi, crenulatl, ripiegati all' insù, esteriormente pelosi; l'inferiore lanceolato a rovescio, acuto, convesso alla base, ed ivi peloso al di fuori. Gli stami sono quattro, due dei quali più lunghi, tutti inseriti nella fauce della corolla e decli- nati; i superiori piegali ad angolo sopra la base, ed ivi forniti di un pennac- chietto, sono più lunghi della corolla, con filamenti un po' curvi all'apice, e con antere reniformi ad una sola loggia. Lo stilo è pure declinato, alla cima però ascendente, bifido, a lobi quasi eguali e subulati; lo stimma è semplice, termi- nale; il germe composto di due ovarii bipartiti, a lobi bislunghi, nitidi, ottusi, circondati strettamente alla base da un ginoforo carnoso diviso in quattro denti 2C1 ovati oltusi, allernaoli con essi, il superiore dei quali più piccolo. I suoi frutti so- no achenii bislunghi ottusi ueri nitidi sagrinati. in numero di quattro, o per aborto di tre o di due. Questa pianta seminata nel Marzo del corrente auno. fiorì al terzo mese. Spet- ta alla sezione seconda Hierocjmum Beulli. Lab. gen. et. sp. p. 3., e si distingue dalle altre specie descritte pei seguenti caratteri. 0. citriodorum Vis. caule suffruticoso pubescente, Joliis petiolatis ovato- lanceolatis oblusis repando-dentatis glabriuscidis^ floralibus conforinibus acu- tis integris breviter petiolatis ciliatis, racemi sihiplicis pseudo-verticillis sex- Jloris dislanlibus , pedunculis ereclis caljcibusque nutantibus extus etfauce villosis, dente supremo orbiculato leviler decurrente . lateralibus late ovatis apiculatis, infimis lanceolato-subulatis . corollis caljce majoribus, filamentis superioribus siipra basim injractis ibique appendice penicilliformi munitis. Hab. in Nabla. Odorjoliorum Aloysiae citriodorae,yZon^/;j Melissae. Cor. ex albido violascens. U.) Io vedeva da lungo tempo coltivarsi nei Giardini botanici e degli amatori una elegante pianticella sotto varii nomi, chiamandola alcuno Justicia violacea, altri /. elegans, altri /. speciosa. Fattomi a rilevarne i caratteri, onde assicurar- mi della esaltezza dell'una o dell'altra di tali denominazioni, rinvenni che ninna di queste le conveniva, e che la specie era nuova, o almeno non descritta in tutte le opere ch'io poteva avere alle mani. Manda ella da una radice ramosa e pe- renne varii fusti suffruticosi nodosi, verso 1' apice solcati e pelosi : ha foglie ova- te acuminate picciuolate intiere, leggermente pubescenti. Dalle ascelle delle foglie superiori sorge un peduncolo per parte, opposto all'altro ed orizzontale, por- laute due fascetti di fiori, uno de' quali laterale, l'altro termiuale. Ogni fascette porta per lo più due fiori ; è munito di due foglie fiorali più piccole ed ottuse delle altre foglie, di due o Ire brattee esterne bislunghe, od a spatola, o lineari ottusissime, di Ire o cinque interne lineari-Ianceolale. più strette ed acute. Ogni fiore ha un calice spartito in cinque, a divisioni eguali fra loro, e conformi alle brattee interne; una corolla labbiala purpurea rovesciala, a tubo sottile, sei volte più lungo del calice, compresso e contorto verso l'apice, a fauce quasi eguale al tubo, a lembo diviso in due labbra, il superiore de' quali, che pel rovesciamento della corolla sembra l'inferiore, è ovale-lanceolato con due denti nell'apice, l'in- feriore quasi ellittico, macchiato verso la fauce di porpora oscura, troncalo e tri- lobo alla cima, con lobi embriciati e rotondati. Ha due starai, i cui filamenti in- 262 seviti sotto la fauce della corolla scorrono sino alla base del tubo, con antere le cui logge sono alterne, un pistillo il cui ovario è bislungo acuminato, e cinto da un nettario ciatiforme, lo stilo filiforme, lo stimma bilabbiato e forato all'apice. Il suo frutto è una capsula gonfia lanceolata, unguicolata alla base, bivalve, a logge con due semi, a setto aduato, a semi lenticolari sospesi al setto mediante fermagli o retinacoli curvi. Appartiene all'ultima sezione delle Justlcie descritte dallo Sprengel nel Sjstema vegetabilium. E affine fra queste soltanto alla J. tin- ctoria del Roxburgh (/. Roxbiirghiana R. S. Syst. veg. 1. add. p. \hQ. n. GO. e, /. baphica Spr. 1. e. 1. p. 85), da cui differisce per le brattee non cuoriformi, ma lineari o lanceolate, pel calice 5 -partito né 5 -dentato, per la lunghezza e grossezza del tubo, pel colore purpureo né ferrugineo della corolla. Questa gra- ziosa pianta, che fiorisce tutto l'inverno nella stufa, e gran parte dell'anno al- l'aperto, per la forma delle sue foglie del tutto simili alla Eivinia brasiliensis mi parve meritare il nome di /. riviniaefolia. Vis. loc. cit. N.° 3. /. caulibus sìtffruticosis nodosis apice sulcatis pilosis ^ foliis ovatis acu- minatis petiolatis puberulis integris, pedunculis axillaribus patuUs^Jloribus bifasciculatis^ fascicuUs subbi/loris, bracteis lineari-spathulatis obtusis^ inti- mis caljcisque laciniis aequalibus lanceolato-linearibus, corolla labiata tubo torto resupinata^ labio superiore ovali bidentato. inferiore oblongo trunca- to-trilobo, antkerarnm loculis alternis. Colitur in calidario. Vagatiir in hortis sub nomine J. vlolaceae, elegantis, speciosae, cui videtur afjinior^ at J. speciosa Roxb. dijfert caule superne gla- bro, foliis cordato-ovatis obtnsis^ pedunculis folio multo longioribus, bracteis ovatis (ni Roxburghius folla Jloralia prò bracteis sumpserit), corolla villosa splendide kermesina^ etc. Flores laete violacei et copiosi tota hjenie successive evolvuntur, corollis cito deciduis. 5.) S. A. I. il nostro Viceré degnossi, tre anni sono, graziarmi di alcuni semi avuti di fresco dal Messico ; e questi allorché germinarono , fra le varie specie che ne provennero, arricchirono l' Orto nostro di due nuove piante. Appartiene una di queste ad un genere ricercatissimo dai Fioristi, abbondantissimo di belle varietà, ed assai scarso di specie, quale si è 11 genere delle Dahlie, le quali colla copia e durata dei loro fiori, colla varietà delle forme, e colla infinita moltipli- cltà dei colori formano uno del più vaghi ornamenti del Giardini al finir della state. La Dahlia nostra originarla del Slessico, patria esclusiva di tutte le specie di questo genere, dlstlnguesl da tutte le altre per la brevità del fusto, che non 263 sorpassa mai un braccio e raezzo di altezza, ed è nitido verde, e solido ioterua- menle, con rami lunghi forniti di pochi fiori. Le foglie sono bipinnato-partite, li- scie, a pinne piccole romboidee, con pochi e grossi denti nel margine , cuneate ed intere alla base, che scorre un cotal poco lunghesso il picciuolo. I fiori o sono ascellari e per lo più abortivi, e forniti d'una brattea, o il fiore è terminale e nudo, ed ha un involucro esterno di cinque foglioline lineari-bislunghe, diritte, distanti fra loro; l'interno di otto foglioline diritte, bislunghe, carnose e con- nate alla base, membranacee, giallognole, e un poco acute alla cima. 1 fiori del raggio souo a linguetta e d'un color lilla pallido, con uno a tre denti: sono ova- li, hanno un pistillo fertile con achenio ovato a rovescio, e un cotal poco peloso: quelli del disco sono tubuloso-inibutiformi , coccinei e più goufii, e con cinque denti nel lembo, ed hauno le antere connate in un tubo, senza appendici alla base, ma prolungato in un'ala membranacea all'apice: l'ovario bislungo com- presso. Il ricettacolo è piano, e fornito di pagliette bislunghe membranacee. L' achenio maturo è a spatola, o lanceolato a rovescio, ed ottuso, con una costa rilevata per parte, verrucoso, schiacciato, smarginato, coronato all'apice. Tutta l'erba ha odore e sapor di finocchio, però meno grato. Riconosciutala per nuova specie, la nominai per la piccolezza delle sue di- mensioni, in confronto di tutte le altre Dahlie, D. minor. Vis. loc. cit. N.° 1 . D. caule depresso nitido solido. foUorum pinnulis rhombeis pauci-serra- tis, involucri exterioris pentaplijlli foliolis lineari-oblongis erectis distanti- bus, ligidis Jaemineis fertilibus. Hab. in Mexico, linde semina accepta munì/ice largitus est Serenissimus Archidux Austriae RaineRius. Radix fascicnlata. ut in congeneribus. Flores parvi rosei. Colitur sub dio. FloretJnUo. Septembri. Obs. Affinis D. variabili Desf.^ qiiae tumen differì involucro exteriore pa- tulo aiit reflexo., polyphyllo.foliolis ovalibus.^ spatulatisve contiguis, interiore poljphjlto, nec octophjUo ut in nostra, statura omnium partium triplo qua- druplove majore. An Ime D. pusilla Zuccar. Iierb. monne, in DC. Prodr. V. p. 4-94 leviter indicata? Se poi sia identica colla nostra da me pubblicata nel Catalogo dei Semi rac- colti nell'Orto di Padova l'anno 1839 la Dahlia Merckii pubblicata l'anno medesimo dal eh. prof Lehmann , sarebbe difficile il giudicarne dalla sola frase specifica, clie ne diede quell'illustre Botanico nel Catalogo dell'Orto di Ambur- go. Nella nostra né le squame dell'involucro sono divaricate, né il disco de' fiori è purpureo, né le foglioline sono ovali; locchè, se non v'è abbaglio nei termiui, basterebbe a distinguerle. La comunicazione dei semi della sua specie fattami dal Professore di Amburgo, e quelli della mia che ad esso comunicai, potrà in seguito cliiarirue la differenza o l'identità: e in quest'ultimo caso, trattandosi di due nomi coutemporanei, giudieberanno i Botanici quale abbia da ritenersi, se quello cioè che indica un carattere della pianta, quale si è quello da me adot- tato di Dahlia minor, o quello che ricorda il nome del senatore di Amburgo En- rico Giuseppe Merck, cui deve il Lehmann la sua, per cui nominolla Dahlia Merckii. 6.) Un'altra specie messicana, appartenente al genere Verbesina, della fa- miglia delle Composte, germogliò dai semi sopra indicati. Questa è un suffru- tice, che sorge con molti tronchi legnosi ramosi cinerei scabri, ed è vestito di foglie ora opposte, ora alterne, picciuolate, ovali-acuminate, scabre, seghettate a piccoli denti mucronulati , triplinervie pelose e rugose al di sopra , e molto ve- nose e un poco pubescenti al di sotto. I fiori composti trovansi solitarii nel- l'ascella delle foglie o in vetta ai rami; hanno corti peduncoli, squame embri- ciate ellittiche ottuse convesse pubescenti, a due o più serie; fiori ligulati fem- minei gialli, disposti in una sola serie nel raggio, ermafroditi tubulosi nel centro, e lo stilo in questo prolunga la sommità de' suoi rami stigmatici in un'appendice lineare. Il ricettacolo è piano, fornito di pagliette bislunghe piegate a doccia, ognu- na delle quali abbraccia un fiore. Il frutto è un achenio senza rostro, alato nel margine, schiacciato, e prolungantesi ai due lati superiormente in due reste ri- gide uguali. Le foglie variano in questa pianta ora opposte, ora alterne: ciocché indebolisce la divisione delle Verbesinarie aptere, proposta dal eh. De CandoUe nel Tom. V. del Prodr. p. Gì 3, in oppositifolie ed alternifolie. Questa specie fu da me nominata Verbesina triplinervia, e definita : F. suffruticosa, scabro-pubescens , f'oliis oppositis alternisce petiolatis ovali acuniinatis mucronato-serrulatis triplinerviis ^ capitulis solitariis axil- laribus terminalibusque brevissime pedunculatis radiatis, ligulis uniseriatis, achenii alati aristis binis aequalibus. Vis. loc. cit. N.° 7. T.) Malgrado i frequenti viaggi e le indefesse perquisizioni, che da varii anni si stanno facendo dai Naturalisti nell'Africa, e le spedizioni incessanti e copiose di oggetti naturali, che da gran tempo di là passarono ad arricchire le collezioni europee, l'immensa varietà di clima, d'esposizione, d'elevazione e di suolo, e gli ostacoli infiniti e terribili che gli uomini e la natura oppongono alle ricerche dei 265 più coraggiosi ed instancabili esploratori in quelle vaste e deserte regioni, ne ren- dono inesauribili le naturali ricchezze. Non è pertanto a stupire se nella colle- zione di semi che il viaggiatore alemanno Tommaso Kolschy procacciò nella Nubia, neir Abissioia , nel Sennaar, nel Cordofan, si rinvennero di già alcune piante nuove, ed altre ancora ve ne saranno senza dubbio tra quelle che vanno svolgendosi da que'semi. Tra le prime piacerai di sceglierne tre, oltre il Basilico sopra descritto, se- minale il giorno 2 Settembre del passalo anno, due delle quali fiorirono nel No- vembre successivo, la terza nel mese scorso. Una di queste si è una specie di Bidens indigena della Nubia e dello Schei- bun , mandata dal Kolschy sotto il N.° 178 col solo nome della famiglia delle Composte, cui appartiene. Questa è un'erba a radice annuale ramosa, a caule rotondetto alla base, tetragono superiormente, liscio, semplice, o ramoso. Le fo- glie sono opposte, divise in lobi ovati acuminati seghettati pubescenti ; le inferiori ternate, col lobo medio più grande e picciuolato; i laterali con brevi picciuoli, tulli verso la base intieri e scorrenti nel picciuolo medesimo, eh' è peloso e bar- bato al punto della inserzione; le superiori pinnate. Nella parte superiore del tronco stanno i fiori opposti peduncolati ascellari, ternati all'apice del fusto, for- niti di brattea lanceolato-lineare intera, a peduncoli solcali uniflori nudi, o con piccola brattea lineare nel mezzo. 11 capitolo consta di molli fiori, ne ha pochi nel raggio, è bislungo; l'involucro ha due serie di squame diritte lanceolato -li- neari, le esterne verdi pubescenti, le interne scariose nel margine o colorale, più lunghe e glabre. I fiori del raggio sono due o quattro, neutri, a linguetta obovata, con due solchi, due denti, e di colore citrino; quelli del disco sono imbutiformi, più lunghi dell'involucro, a lembo quadrifido, con lobi alquanto pelosi, ed erma- froditi. Le antere insieme unite in un tubo sono bislunghe ed ottuse: il pistillo ha i rami dello stilo pelosi e stigmatici nella loro faccia interna, sono subulali nell'apice ed arricciali; l'ovario è bislungo compresso tetragono liscio rostrato, e con due o quattro reste. Il ricettacolo è quasi piano, diviso in ajuole distinte mar- ginate, con cinque punti per ciascheduna; è munito di pagliette lineari- bislun- ghe, piegale a doccia, carinate, di color atro-purpureo, e quasi petaloidee, che abbracciano i fiori, e sono più lunghe di questi. Il suo frullo è un achenio nereg- giante lineare tetragono, coi lati bisolcall, cogli angoli armali di piccoli aculei al- l'apice, ovvero nudi; il qual apice si prolunga in tulli e quattro gli angoli in due o quattro reste tutte ineguali, e due più piccole delle altre, rigide , pelose a 34 2GG ritroso, e fra le reste alle volte sorgono alcnue setole diritte. Questa specie dif- ferendo da tutte le altre per le paglie del ricettacolo lunghe più dei fiori, colora- te e petaloidee , merita d' essere distinta col nome di Bidens paleacea , che io definisco : B. calde glabro superne tetragono, foliis inferioribus ternatis. superiori- bus impari-pinnatis^ lobis ovatis acuminatis serratis pubescentibus, termina- li majore longe petiolulato, petiolis basi utrinque barbatis. floribus axilla- ribus oppositis^ terminalibus ternatis, pedunculatis, pauci-radiatis, paleis re- ceptaculi coloratis Jlosculos siiperantibus., acheniis lineari- tetragonis. basi subdilatatis areolatis. aristis 2-4 inaequalibus. Hab. in Nubia. Lignlae citrinae. paleae atro-purpureae. Species paleis elongatis petaìoideis dislinctissima. Pertinet ad Sect. II. generis Bidentium in DC. Prodr. Voi. V. pag 597. 8.) L'altra specie africana raccolta dal Kotschy nel Sennaar, e spedita sotto il N. 119 colla semplice indicazione della famiglia cui appartiene, è una Gro- cifera del genere Cheiranthus. che seminata ai primi di Settembre dell'anno scorso, germogliò e fiori subito nel mese successivo. Questa è un' erba tutta sparsa di peli bianchicci e distesi, a radice annua ramosa, a caule ramoso di- ritto, a foglie lineari- lanceolate intere scannellate, quasi sessili, a fiori disposti in grappolo ritto sulla sommità del fusto, forniti di piccoli peduncoli orizzontali, il cui calice è appena gibboso alla base dei due sepali più esterui; i sepali stret- tamente conniventi, scariosi nel margine, acuti alla cima. I petali sono di un colore lilla pallido, venosi, spatolati, ottusi, con le unghie chiuse nel calice, e la lamina più corta dei sepali. Gli stami sono sei, due dei quali più corti, ed arrivano colle antere alla fauce del fiore ; il pistillo è nascosto nella corolla, ed ha un ovario ca- nesceute lineare, uno stilo verde quattro volte più breve dell'ovario, uno stigma più lungo dello stilo, bifido all'apice, con lobi eretti e un po' acuti. Le silique, che gli succedono, sono lineari, assottigliate ad ambe le estremila, schiacciate, coperte di peli simili al rimanente della pianta, lunghe otto linee circa, portate ciascuna da un peduncolo di due linee, disteso quasi orizzontalmente ; il loro stim- ma è bilobo; le valve percorse nel mezzo della loro lunghezza da una nervatura rilevata: la cavità della siliqua divisa in due da un tramezzo trasparente retico- lato. I semi sono quasi reniformi schiacciati, cinti all'intorno da un'ala mem- branacea più larga all' apice ad alla base del seme, più stretta al dorso, e disposti in una sola serie. Questa specie, che differisce da tutte le altre conosciute di 267 questo genere per essere a caule erbaceo, ed insieme a semi marginali, venne da me chiamata per la forma delle sue foglie CheLranthus linariacjolius, e cosi definita: C/t. canesccns, caule herbaceo ramoso, J'oliis lineari-lanceolatis integrii: canalicnlatis siibsessilibus.j pedicellis caljce vix gibboso triplo brevioribus pa- tulis, siliquis Unearibus planis utrinque uninervibus, stigmate bilobo^ septo reticulato^ seminibus membrana marginalis. Hab. in Sennaar. Flores pallide lilacini. Species seminibus marginatis in caule herbaceo ab liucusque notis diversa. 9.) Ma un'altra pianta africana ben più importante di questa, perchè diversa da tutte le altre non solo di specie, si aucora di genere, è quella il cui seme rac- colto dal Kotschy a Tumad ed a Gassan nell'Africa, mi fu comunicato sotto il N.°26l. Essa presenta un'erba di poco più d'un palmo di altezza, a radice pe- renne fibrosa, da cui sorgono uno o più cauli ramosi cilindrici striati, irti di peli orizzontali. Le foglie sono opposte, sessili, quasi connate, ovali o bislunghe, acu- te, seghettate, nella nervatura di sotto irte di peli bianchicci, e scabre nel rima- nente della loro superficie. I fiori sono ascellari e terminali, peduncolati, solita- rii e composti. Hanno un doppio involucro, l'esterno dei quali per lo più di cin- que, di rado di quattro a sette foglioline largamente lanceolate, trinervi, intiere, piane, fra loro disgiunte, che lo circondano all'intorno spiegate a guisa di raggi, e sorpassano i fiorellini tutti in lunghezza: l'interno di molte fcglioline lanceo- late, cuspidate, piegate a doccia, ed abbraccianti i fruiti, le più intime delle quali sono quasi scariose, e si confondono colle pagliette del ricettacolo. Questo è con- vesso-conico, fornito delle pagliette suddette piegate a doccia, lanceolate, villose, dell'altezza dei flosculi, e circondanti ognuna un achenio. I fiorellini del raggio sono a linguetta, femminei, fertili, da cinque a nove, disposti in una sola serie, e la linguetta n' è grande, ovata»a rovescio, triloba, distesa, con nove nervature pubescenti al di sotto, e gialla; il tubo n'è sottilissimo, tutto folto di grossi peli orizzontali; la base n'è un poco rigonfia ed articolata sopra 1' ovario, eie tutta fitta di peli più grossi, più densi, rivolti rigidamente all'iugiù. coprenti e circon- danti la sommità dell'ovario, che resta nascosta in questa cuffia di peli. Essi peli sono tutti subulatl articolati cavi, e le articolazioni inferiori dei medesimi sono composte di tre a due cellette, le superiori di una sola. Il pistillo di questi fiori femminei consta di un ovario schiacciato-quadrangolare nitido nudo, un po' cur- vo, più breve del tubo della corolla: di uno stilo filiforme due volle più lungo 2G8 del tubo stesso, che si divide in due rami stigmatici un po' piani, quasi glabri, che all'apice prolungansi iu un piccolo cono. I fiorellini del disco sono tubulosi regolari gialli, e la corolla ha uu tubo angusto tutto folto di peli simili in forma, grossezza e disposizione a quelli de'fioreliiui femminei, barbato alla base, ed ar- ticolato sopra l'ovario al pari di quelli: la fauce n'è allargata pellucida conica liscia, il lembo diviso in cinque denti ovati acuti spiegati. Le antere sono cinque, riunite iusieme in uu tubo sporgente fuori della corolla: ognuna è prolungata all'apice in uu'ala cordato-triangolare ottusa membranacea: il loro polline è sfe- rico ed echinato. Il pistillo è composto di un ovario simile a quello de' fiorellini femminei, di uno stilo filiforme che non sorpassa il tubo delle antere, e che al- l'apice si biforca in due rami lineari un po' piani, nel loro lato esteriore sparsi di peli, verso l'apice bruscamente assottigliati, ed ivi folli di peli simili, prolun- gaulisi poscia in un'apj)endice lineare tutta coperta di papille stigmatiche lineari lunghe squarrose. Il frutto di questa pianta è un achenio nitido nereggiante, senza rostro, compresso, quadrangolare, sessile, ma un poco assottigliato alla base, calvo e mozzo alla cima, eh' è segnata da uu'areola corollina quasi rotonda, co- perto da un epicarpo tenero ed aderente. Questo genere, che appartiene alla tribù delle Seiiecionee ueWa famiglia va- stissima delle Composte, è affine a\V Heliopsis, alla Tetra gonotheca ed alla Gui- zotia. ed è intermedio a queste ultime. Differisce dall' //(?//o/?m per avere la co- rolla con tubo villoso e tutto articolato sopra l'ovario: dalla Tetragonotheca per la diversità dell'involucro, che non è composto di quattro foglioline con- nate in una cupola e diritte, ma di molte libere ed orizzontalmente spiegate; dalla Gnizotia per questo stesso involucro raggiante e più lungo dell' antodio, per la bocciatura od estivazione del medesimo valvata e non embriciata, pel tubo tutto villoso, e non già cinto da uu anello di peli all'apice e un altro alla base, e liscio nel mezzo. ■» Assicuratomi della novità del genere di questa pianta , io mi propongo con essa di ravvivare fra i Botanici il glorioso nome di uu mio celeberrimo anteces- sore, l'Illustre Professore di Botanica ed Anatomia Giovanni Yeslinglo di Min- den, il quale e pei meriti che tiene verso 1' Orto di Padova, di cui grandemente ampliò le ricchezze e pubblicò pure uu Catalogo, e per quelli ch'ei tiene verso la scienza erbarla per le Osservazioni sulle plaute d'Egitto, da lui studiate in quel classico suolo, e pubblicate in Padova nel 1638, avea ben diritto che il nome suo fosse consacralo ad indicare uu nuovo genere di vegetabili. E bensì 269 vero, clic Filippo Corrado Fabricius uella sua Enumeratio inetliodica planla- rurn Horti medici Ilelmstadiensis, pubblicata ia Heimstadt nel 1759, e poscia nel 17G3 e 1776, aveva al Veslingio intitolato un genere; ma questo in seguito essendo stato riconosciuto identico col genere Aizoon di Linneo , la Veslingia del Fabricius fu passata fra' sinonimi à&W Aizoon canariense, e presto dimenti- cata. Era dunque debito dei Botanici, e mio più che d' altri, di ricordare ai pre- senti l'illustre nome del Professore di Padova, consacrando alla sua memoria una pianta d'Africa, che intitolo T'eslingia scabra. Veslingia nov. gen. Capitulum multijlorum lieterogamum.Jlorihus radii ligulatis faemineis imiseriaìibus, disci tubiilosis hermaplirodilis quinejuedentatis, utrisqiie tubo iindique villoso siipra ovariuin arliculato. Involucriim duplex, externum uni- seriale fai iaceum aestivatione valvatuin, foliolis subquinis distinctis radian- tibus capilulo longioribus^ internum subiinbricatuin in receptaculi convexi paleas acJienia amplectentes continuatum. Achenia compresso -tetragona erostria calva, disco epigjno subrotnndo, epicarpio molli adhaerente. — Ge- nus dicatum celeb. eq . Job. Veslingio Mindano Botanices et Analomes in patavino Alhaeneo ab anno 1638 ad l6-'i9 Prof. ci. Veslingia scabra. Herba perennis.^ caule lereti ramoso hirto,foliis opposi- tis subconnatis ovalibus oblongisve acutis serralis scabris, floribus axillaribus terminalibusque Jlavis. Genus Compositarum ad Senecioneas pertinens, Heliopsidi, Guizotiae et Tetragonothecae affine, imo his postreniis fere medium. Biffe rt ab Heliopside corollis omnibus supra ovarium articulatis^ tubo pilis crassis articulatis vil- loso, involucro radiante^ a Guizotla hoc ipso involucro radiante, flosculis longiore, et aestivatione valvata, tubo corollarum omnino villoso, nec annu- latim piloso, medio glabro; a Telragonotheca ipsius involucrifoliolis radian- tibus liberis pluribus, nec quaternis basi in cupulam connatis ereciis, corol- lae dentibus patulis aut reflexis. Hab. in Africa locis Turaad et Cassan dictis, ubi legit Th. Kotschy an- no 1837-38. Floret a Majo in aestatem. 10.) Ultima fra le piante, che fanno parte del saggio olTertovi delle nostre ve- getali ricchezze, si è una di quelle che per la singolarità loro di vivere sopra le nude roccie. od appoggiate alla corteccia degli alberi senza radice alcuna nel loro 270 paese nativo, o coltivate fra noi sospese in aria ad un filo, od in canestro metal- lico, sortirono la volgare denominazione di Acridi, od abitatrici dell'aria. L'Or- to di Padova possiede già da due anni, procurata dalla Nuova Orleans, l'elegante Tillandsia dianthoidea del Rossi, o Amalia aeris incola dei Botanici spagnuoli. Ma questa, di cui sono per trattenervi, è ben più rara e più elegante dell'altra. Mi venne fatto di trovare questa Tillandsia coltivata nel vago Giardino del mar- chese Marcello Durazzo in Genova, ove la si tiene attaccata nella buona stagione ad un tronco io pien'aria. Interposti operosi uffici! presso quel gentilissimo Ca- valiere, ebbi la sorte di ottenerne in dono dalla sua generosità un ramoscello già vicino a fiorire, cbe mi offerse i seguenti caratteri. Esso era lungo due palmi, o iu quel torno, tutto coperto di scagliette mem- branose bianchicce, cbe davano al medesimo un colore argentino: alla sua base stavano da sei ad otto foglie lanceolato-lineari, piegate a doccia al di sopra, con- vesse o carenate al di sotto, guainanti la base stessa, disposte a spira, distese oriz- zontalmente, acute intere ed inermi negli orli, subulate e molto acute nell'apice, ch'è sovente curvo all' ingiù, e talor anco arricciato od attortigliato, decrescenti in lunghezza dalle parti inferiori alle superiori. Da queste foglie sorgeva nel mez- zo un fusto, un po' più grosso alla base, in seguito più sottile, e coperto di guai- ne lanceolate acute, strettamente applicate al medesimo. In vetta al fusto stavano i fiori disposti in pannocchia contralta, composta di spiche peduncolate schiac- ciate, fornite alla base di una o più brattee bislunghe ottuse guainanti, più brevi della spica, e dello stesso colore della pianta, perchè coperte dalle stesse squa- mette. Iu ogni spica, che talvolta è sepiplice, tal' altra ramosa, i fiori erano da tre a cinque, sessili distici alterni e mollo ravvicinati, ed ogni fiore aveva una brat- tea che lo ravvolgeva simile a quella della spica; un perianzio diviso sin presso alla base iu tre foglioline più esterne embriciate a spira, accartocciate bislunghe ottuse liscie verdi, un po' livide all'apice, più lunghe della brattea, e simulanti il calice, e tre foglioline interne, simiiissime a' petali d'una corolla cariofillea, li- bere fra di loro, ipogine, con unghia lunga scannellata bianca, con lamina quasi rotonda ondosa grande, di color violetto pallido, bianca verso l' unghia, spiegata orizzontalmente, e talor anche all'apice arricciata all' ingiù, esalante un grato odore di Violaciocche. Gli stami erano sei, ipogini, quasi eguali, a filamenti un po' più larghi alla base e piani, subulati all'apice, affatto liberi dal perianzio, por- tanti in vetta un'antera per ciascheduno cordalo -bislunga, ottusa, attaccatavi per la sua base, ed eretta. 11 pistillo avea tre stimmi brevi retli, un po' grossi e 271 pelosi, quasi connati in uno solo: uno stilo piramidale a tre angoli ottusi alter- nanti con altrettanti solchi e liscio; uu ovario libero bislungo nitido verdognolo, ottusamente trigono, cogli angoli piani inferiormente, a tre solchi profondi, con tre logge, e molli ovicciuoli ammassati presso la base del medesimo nell'angolo centrale di ciascheduna di queste logge. Questa pianta, che pel suo portamento e per la somma dei caratteri non pare potersi dividere dalle Tillandsie, ne diffe- risce però notabilmente per le foglioline esterne del perianzio eguali fra di loro, per le interne libere e non connate in uu tubo, per le antere terminali ed erette, ned incombenti ed attaccate pel dorso, e per lo stilo piramidale e non filiforme. Studiatene accuratamente le differenze dalle altre specie di questo genere singo- lare, e riconosciuto erroneo il nome di T. floribunda con cui l'ebbi dal Giar- dino di Genova (la quale è una pianta piccola a foglie più lunghe del insto, a fiori disposti in due ad otto spiche, e non in pannocchia, a brattee liscie più lunghe del fiore, e non isquamose argentine, e più brevi del medesimo), ho voluto farne un omaggio al generoso Patrizio Ligure che fu il primo a coltivarla in Italia, e che, rinunziando ad ogni compenso, volle farne parte all'Orto di Padova. Do- vendo pertanto serbar perenne la ricordanza dell'illustre donatore, chiamai la eletta pianta Tillandsia Duratii. T. argenteo-lepidota , foliis inferioribus lanceolato-linearibus crassis ca- naliciilatis inermibns, subtus corn'exis carinatisi'e, apice subuìatis aciitis. pa- tentibus recurvis circinatisve^ caule multo brevioribus^ caulinis bracteae efor- mibiis adpressis brevissiniis, panicula terminali contracta compressa e spicu- lis 3-5-/loris bracteatis pedunculatis, floribus allernis distichis approximatis uni-bracteatis sessilibus, perianthii phjllis exterioribus basi coalitis aequali- bus viridibus. inferioribus liberis longe unguiculatis, lamina subrotunda un- dulata, antheris basifixis^ stjlo piramidalo trisulco. Syn. T. floribunda Hort. Durai, non Hunib. et Bonpl. Obs. Flores pallide violacei Matthiolam iucanam redolentibus . Floruit mense Majo. Hab Ed eccovi, illustri Accademici, con questa gentile abitatrice dell'aria, con questa Silfide vegetale compiuta la fiorente e tutta fresca ghirlanda che, dopo uu lungo riposo, anche l'Orlo di Padova per le mie mani depone ora sull'altare della più amabile delle scienze. Siavi questo arra e presagio di più ricchi tributi per l'avvenire, e valga a far rinascere la speranza, che se per la mutata coudizione dei tempi non potrà più l'Orlo nostro racquistare quel principato di onore che 272 altra volta a lui concedevano volonterosi gli Orti tutti d'Europa; se l'Orto di Padova, per ragioni eh' è agevole indovinare, non potrà più essere il primo: farà egli pure co' suoi piccoli mezzi alcun che per la scienza cui dee servire, si slu- dierà di rispondere all'amore del Principe illuminato che lo protegge, né resterà adatto l'ultimo e il più disutile dei pubblici botanici stabilimenti. 273 DEL PROGRESSO NECESSARIO ALLA LETTERATURA MEMORIA DEL SOCIO PROF. STEFANO AGOSTINI L' odierna nostra società in materia di lettere dividasi, come tutti sanno e più volte fu detto, in due classi. Dall' un canto stan quelli che , contenti alle letterarie dovizie accumulate ai tempi di Pericle, di Augusto, di Leone, di Luigi, volgono indietro a contemplarle venerabondl lo sguardo, e, rapiti in un'estasi d'ammirazione, o tranquillamente si abbandonano alla quiete di chi già tutto possiede, o non si muovono che per distender la mano a quelle purissime perle, ad ornarne le loro prose, le loro poesie. Vantano eglino canoni di bello scrivere augusti cosi da non potersi ne- gligere senza taccia di profano, di miscredente; mostrano un' aperta avversione, anzi sdegno, verso chiunque si scosta anche una sola linea da quelle severe dot- trine; e tutt'al più guardano con indifferenza, e come in passando, i tentativi de' recenti scrittori, e ridono del loro voli, delle loro cadute; e così rinchiusi in sé stessi, e .trincieralisi dentro il santuario del passato, non vogliono nemmanco leggere. un libro non modellato agli antichi esemplari; e perchè, a cagion d'esem- plo, i Greci e i Latini non dettavano epigrafi in italiano, insegnano, sostengono, protestano non potersi in italiano scrivere epigrafi. Si pongono dall' altro coloro i quali domandano una letteratura vergine e fresca, una poesia ed una eloquenza che gli agiti, che gli scuota; e curiosi a sempre muoversi ed avanzarsi, non solo permettono allo scrittore d'intendere all'arditezza, all'innovazione, ma ve lo sollecitano, ve lo spingono. Del nuovo^ del nuovo; ecco la loro sete, il loro grido: che ritornare alle vecchie peste, ri- 35 274 petere seusazloai già provate e conosciute in tutto od in parte, reca loro noja e fastidio; e quindi si fan beffe de' primi, perchè parlano o scrivono senza corag- gio, perchè troppo divoti all' antico, chiamandoli pusillanimi, stazionarli, retro- gradi, occupati ancora a ricantare le nenie di Catullo e di SalTo, le inezie di Plau- to e di Jerocle, le tristezze di Ovidio, i festini di Anacreonte. La studiosa nostra gioventù, posta in mezzo a questo urto e conflitto di di- versi principii, d'idee diverse, quinci oppressa dalla magistrale autorità dei pri- mi, quindi animata dalla voce e dall'esempio degli altri, non sa a chi meglio ap- pigliarsi, cui piuttosto prestar docile ascoltamento: e quale si mette a seguire gli antichi temendo di contaminarsi a solamente toccare i moderni; quale ai soli moderni arde gl'incensi, sdegnando di frugare nella ruggine degli antichi: e tutti il più delle volte alla cieca, senza sapere perchè quelli a questi, o questi a quelli antepongano. Le teoriche poi letterarie, nelle quali generalmente non si conviene, possono ridursi, siccome io credo, a questi sommi capi. L Gli antichi scrittori, dicono gli uni, tennero lu letteratura il vero, il di- ritto cammino, e perciò piacquero, piacciono, e piaceranno: i moderni forviarono. IL Gli antichi scrittori sono maestri di bel costume ; i moderni guastano ogni morale. .a joui in. Dunque mettansi ai giovani tra mano i primi, inlerdicansi loro i se- condi. Gli avversarli non acconsentono in tutto e per tutto, come vedremo, a que- ste proposizioni. Io non presumo di costituirmi giudice di si fatta questione, condannando r una o l'altra delle due scuole, che non sono uomo da ciò, d'argomento d'al- tronde vuol essere alquanto difficile, perchè quantunque molto sia stato il par- larne e lo scriverne che si fece anche da valentissimi ingegni, pur tuttavia durano le discordie. Ma chiedo mi si permettano alcune considerazioni in proposito, le quali se non a spegnere il furore delle due parli contrarie , valgano almeno, se fia possibile, a temperarlo. E innanzi tutto faccio qui solenne professione del mio ossequio inverso a tutti quegli antichi scrittori greci, latini, italiani, francesi, che ben meritarono delle lettere, che tanta luce dilTusero sul loro passaggio, che riempirono del loro nome i secoli, il mondo: qualunque elogio in loro favore verrebbe meno; e a chi imprendesse ad encomiarli si potrebbe ripetere il gludicioso motto con che Alci- 275 biade interruppe quel retore , il quale cou enfiate labbia intuonava il panegirico d' Omero ; Tu il lodi; e chi v' ha che il dispregi ? Grandi sono i padri della gre- ca, della romana, della italiana, della francese letteratura: e chi ve '1 contrasta? Oli tra noi disconoscerà le bellezze di Omero, di Pindaro, di Demostene; di Virgilio, di Orazio, di Cicerone, di Dante, del Petrarca, dell'Ariosto, del Tasso, di Corneille, di Bossuet, di Racine ? Splendidi furono gli allori eh' e' cinsero al capo; e chi ve lo niega? Ma forse che hanno mietuto tutti que' campi d'onde si potesse cogliere frutto d'onore? La via che seguirono per levarsi sublimi è forse l'unica che metta in altezza? I luminosi esempi di bello scrivere, eh' e' ci lascia- rono, bastano a tutti i tempi, a tutti i bisogni? E poi vero essere la loro scuola fonte purissima di morale dottrina? Ed all'incontro dovremo confessare falsi es- sere i principii che dirigono la moderna letteratura, e questa travolgere l'intel- letto, corrompere il cuore? Ecco lo stato della quistione ch'io mi propongo a discutere. Noi osserviamo la ragione, la mente, l'intelletto dell'umanità svilupparsi, cre- scere, ingrandire, dilatarsi grado a grado, per fasi direi così successive, ed a misura che trascorrono i secoli giungere all'esame d'un maggior numero di co- se ; e quindi arrivare o ad intendere e conoscere cose del tutto nuove, o delle cose pristine acquistare miglior conoscenza. Cotesti oggetti poi si materiali e sì spe- culativi, o conosciuti in numero maggiore, o più intimamente e in tutte le sin- gole loro parti, cangiano, allargano, avanzano lo stato intellettivo dell'uomo; e questo, nuovo cosi o diversificato, agendo o reagendo per naturale corrisponden- za sulla facoltà sensitiva, forza è che la tocchi, l' agiti, la commuova o in novella del tutto, o certo in diversa maniera. L'uomo adunque intelligente e senziente può e deve tramutarsi, aumentarsi, distendersi, a norma dei tempi, delle circo- stanze, delle condizioni. Ciò posto, io dico che a questo svolgimento scientifico e sensitivo, a queste nuove cognizioni dell'intelletto, a queste nuove commozioni dell'anima vuole ne- cessariamente tener dietro di pari passo lo sviluppo letterario; perchè la letteratu- ra non essendo in fine altra cosa fuorché l'espressione delle interne conoscenze e sensazioni dell'uomo, se il primo avanza e l'altra rimane stazionaria, vien tolto l'accordo tra l'uomo interno e l'esterno, e la letteratura esprimendo meno di quello che l'uomo sente, sarebbe viziosa per ragion di difetto. Da tutto ciò ne viene, che quando l'uomo a mezzo dello sviluppo scientifico è giunto o ad intender più cose, o ad intenderle diversamente, e quindi a sentire 27G di più, 0 a sentire in diversa maniera; questo suo slato, nuovo in tutto od in parte-, domanda alia voce e alla penna dello scrittore uua letteratura quando nuova del tutto, quando in parte almen rinnovata. E se l'uomo ossia la società è dotala di questa forza operosa, che la muove sempre, l'agita, l'affatica, la spinge a svilupparsi, a progredire iu tutte quelle grandi direzioni che si aprono dinanzi alla natura umana ; se ha la facoltà di acquistare nuove cognizioni, di allargare, aumentare, perfezionare le cognizioni anteriori: e se quindi per essenza d'indole e di costituzione è soggetta a nuovi affetti, a nuove passioni, e a variamente ricevere le prime impressioni, a diversa- mente sentire le prime passioni: ella avrà anche il diritto di manifestare esterna- mente queste interne cognizioni, sensazioni, passioni, tali quali le ha e le prova al presente, e non le aveva e non le provava una volta, e quindi d' adattarvi una espressione corrispondente: eh' è quanto a dire, avrà il diritto di cangiare la so- stanza non solo, ma si anche le forme esterne della sua letteratura, perchè il primo diritto non può sussistere senza il secondo: nella stessa guisa che can- giando i tempi e 1 bisogni, la società generalmente presa ha il diritto di cangiare le sue forme esteriori in quanto spetta alle costumanze della vita, alle leggi ci- vili, alle ordinazioni politiche, ec. ec. Il diritto adunque dell'umanità anche in fatto di lettere è superiore a qual- unque storico esemplo, a qualunque precetto scolastico, a qualunque rettorico l'^golamento : questo diritto è grande, anzi illiraitalo, perchè si fonda sul grande ed illimitato numero delle umane cognizioni e passioni, e perchè tale è richiesto dallo spirito umano , di cui nlun mortale può tracciare 1 confini. La letteratura adunque non vuole restringersi dentro a certi determinati limiti né In quanto all'essenza, nò In quanto agli accidenti; la letteratura non solo può, ma deve cangiarsi, crescere, progredire, a seconda dell' incremento delle cognizioni, della forza delle passioni, a norma delle 'mutazioni sociali, degli sconvolgimenti poli- tici, delle condizioni de' tempi e degli uomini. Né mi si dica che, ammessi questi principii, potremo avere uua letteratura viziosa, perché essa potrà varcare 1 confini del naturale. Ciò non hassi a temere: mentre lo sviluppo scientifico non può mai uscire del limiti dello stato naturale dell'uomo; perchè quanlo l'uomo può apprendere non può non essere conve- niente alla sua natura: che anzi gli stessi errori sono naturali, perché proprio è dell' umana natura 11 fallire. Che però ove lo sviluppo letterario sia conforme allo sviluppo scienliGco, anche la letteratura non oltrepasserà i limiti del ualu- 27T valp, conveaendo questa eoa (|uello. Oude io dico, clie se vi furono mai lettera- ture le quali, eccedendo i giusti terniiui de! naturale, riuscirono veramente vi- ziose, ciò fu perchè non si conformarono allo sviluppo scientifico del loro se- colo, e non per altra ragione: come mi riserbo a dimostrare in seguito, quando da queste generali teorie discenderò al particolare. Che se dal fin qui detto conseguita potersi dare una letteratura più bella e più perfetta d'un' altra, secondo che essa corrisponderà ad un minore o maggiore sviluppo scientifico, il che io né posso né voglio negare: dal fin qui detto pari- mente deducesi, che questo sviluppo scientifico non avendo mai certi determinati confini, non si potrà mai indicare tra le passate una letteratura universalmente perfetta: perchè lo sviluppo scientifico essendosi accresciuto, le passate lettera- ture, che corrispondevano allo sviluppo scientifico del loro tempo, non possono corrispondere allo sviluppo scientifico de' tempi nostri: anzi una letteratura asso- lutamente e generalmente perfetta, la quale convenga ai bisogni di tutti i tempi e di tutti i luoghi, non potrà mai esistere, quando non si voglia ammettere che lo sviluppo scientifico e sensitivo non possa uè variare né aumentarsi, e che per conseguenza la letteratura dovrà sempre variare, crescere, progredire. E perchè mai in questo secolo , che tanto avanti si spinse , e stampò orme così ffiffantesche nel cammin delle scienze, la sola letteratura resterà staziona- ria, o tornerà indietro? Perchè questo secolo, che tutto fu oso, che tutto tenta in fatto di scienze, che strappa dal seno alla natura ogni mistero, dal più grande al più piccolo, dal meno utile al più vantaggioso; che qua dispiega un'ala infiam- mata che risale il torrente, e colà insegna a centuplicare i pomi di terra, a semi- nare il frumento dell'abbondanza; quivi inventa il vascello aereo, il naviglio sot- tomarino; ivi migliora le pentole, e imbandisce le cene economiche; ove sotti- lizza l'etere, perfeziona l'oppio, e da pochi ossi di pesche spreme un veleno, una sola goccia del quale uccide un bue, un elefante, applicandovela alla pro- boscide , alle narici ; ove converte in zucchero le barbabietole , trasmuta il car- inone in diamante, cangia il sangue in ferro, e del sangue di Cuvier conia una medaglia ( sia lode a Dio che non ci mise altro che ferro nelle vene , ei poteva mettervi anche dell'oro), e domanda al lione ed al mandorlo l'adipe e la farina a mantener salde in sulla testa le chiome , a cancellar dalle guance il disonor delle rughe, ad eternar la gioventù e la bellezza; e finalmente la sfuggevole luce imbriglia, incatena, signoreggiala da padrone; la infrange, dirò così, la unisce, la impasta, l'addensa a rilevare, a tondeggiare più forte e più viva; la dirada a 278 sfumare, a svanire più langaida e più sottile ; la fa servire a sé stessa di pennello e di tavolozza, e costringela a stabilmente dipingere quegli oggetti, cui testé ap- pena si degnava d'illuminare in passando; perchè, io diceva, questo secolo non potrà dare un passo più innanzi anche nella letteratura ? Se ci facciamo ad esaminare i secoli andati, i quali, come vogliono appunto i nostri avversarii, hannoci a servire da maestri, conosciamo che la letteratura fu sempre l'espressione della scienza, delle passioni, delle vicende del secolo, e che all'indole, all'abito, all'aspetto, alla natura di quelle si adattarono, si piega- rono sempre le lettere. Dapprincipio, quando non vi erano né Istituti, né Accademie, né Univer- sità, né scuole elementari, la letteratura fu tutta popolare, tutta estetica, vale a dir sensitiva^ e quindi tutta poetica. La prosa è una forma troppo logica perchè potesse servire ai bisogni delle masse, le quali non conoscono che l'impressione ed il movimento. I prosatori non comparvero che più tardi insieme alle scienze astratte ed esatte. Ed ecco perchè la prima letteratura fu poesia: e questa si li- mitò a tradurre, ad esprimere le sensazioni grate o moleste che risvegliavansi nell'uomo all'osservazione o al contatto degli oggetti esterni ; e la poesia consi- stette allora in un gemito doloroso, in un accento di gioia. Alquanto dopo gli uomini cominciarono a paragonare le sensazioni l' una coli' altra , a notare , a distinguere il lato caratteristico delle cose : e la letteratu- ra da puramente estetica diventò descrittiva; e mancando spesso alle nuove idee le parole, fu d'uopo supplirvi colle figure; e la poesia, in luogo di darti niente più che un'esclamazione di tristezza o di gaudio, ti diede spesso una metafora, •• un'allegoria. Ma il pensiero umano, il quale non vuol posa né requie, si sollevò tosto dal noto all'ignoto; dallo studio delle cose materiali passò a considerare le leggi del- la società, le molle della universale organizzazione : ed ascoltando nel silenzio della notte l'armonia delle sfere, s'innalzò alle scienze contemplative: e subito la religione e la legislazione formare il soggetto della letteratura ; e il poeta ma- gistrato e pontefice chiudersi come dentro ad un velo, ad una nube sacra, e più non parlare ai mortali che per mezzo di solenni istruzioni fatte uscire qua dal- l'antro della Sibilla, colà dalle vocali querce di Dodona, quinci dalle selve dei Druidi , quindi dai boschetti di Egeria. Salita così una volta la mente dell' uomo al di sopra di questa 'umile terra, la poesia montò essa pure più in alto; ed una musa più libera e più capricciosa 279 uscire del vaghi confluì d'Oriente, di que' giardini sempre fioriti, di qua' lidi e di que' mari seminati d' ambra e di perle : e adorna di tiriti i vezzi d' una ridente immaginazione traversare l'Indo e l'Eufrate; e circondata da mille maravigliose apparizioni percorrere la Caldea, l'Arabia Felice, l'Anatolia, solcare danzando l'Ellesponto, e festiva trattenere il volo sulla Grecia nascente; ed ivi con un ma- gico accento favellare ad Orfeo, a Lino, ad Esiodo; chiamarli a fisare lo sguardo nell'azzurro dei cieli, a divagare tra quegli spazii infiniti, a penetrare in que' pa- lagi di cristallo e di diamante, a numerare le famiglie dei Numi, ad assistere alle loro nozze, ai parti, ai banchetti, popolando in tal guisa di Re e di vassalli, di Grazie e di Amori il mitolosico mondo. Se non che l'uomo anche girando colla fantasia per le stellate vòlte del fir- mamento, non poteva sempre dimenticare la terra : che anzi quanto gli accadeva d'intorno il faceva discendere dal mondo immaginario a questo mondo reale, il richiamava a paragonare l'immutabile fato delle eterne esistenze colle sempre va- rie vicissitudini degli umani, a considerarne le corrispondenze, il legame, l'accor- do; e da questo paragone sorge l'Iliade, la quale alla meravigliosa catena del mon- do sublime congiunge il mondo inferiore, attaccandone agli ultimi anelli i Semidei e gli Eroi, e costringendo l'Olimpo a comunicar colla terra per mezzo di senti- menti e di passioni, di virtudi e di errori, d'odil e d'amicizie, di combattimenti e di tregue : finché, com' è ben naturale, le cose materiali e concrete più toccando l'uomo che le spirituali ed astratte, a queste più che a quelle egli porge attenzio- ne; e l'Iliade è seguita dall'Odissea, la quale ti presenta fantasticamente bensì errori e virtù, ma virtù ed errori umani soltanto. In questo mezzo alle pubbliche rivoluzioni succedono i privati sconvolgimenti ; alle guerre tra regno e regno le particolari tenzoni, le emulazioni, le gare; la grande società dlvidesi in società minori, la grande famiglia in minori famiglie; le ricchezze, la forza, il coraggio, l'ingegno fanno nascere le disuguaglianze ; qua 1 potenti, là i deboli; il popolo da una parte, i maggiorenti dall'altra: e quindi vizii e virtù singolari, e quindi vizii e virtù delle umili classi e delle classi più eccelse: e quindi all'epopea tien dietro la poesia lirica, la commedia, la tragedia; e Pindaro ti canta i vincitori d'Olimpia; e Tespi e Aristofane istruiscono e correggon la plebe sul teatro, dal carro ; e i Grandi rabbrividiscono alla sanguigna luce, cui il pugnale di Eschilo, di Sofocle, di Euripide riverbera dalle scene. Ma l'un secolo incalza l'altro; nuovi fatti, nuove esperienze, nuove vicende, nuovi esami sopraggiungono i primi, e più e più ammaestrano l'uomo; al deside- 280 rio di sentire è vicino il desiderio d'iutendere, di sapere; alle sensazioni vanno compagne le cognizioni: la società vuol piantarsi sovra basi più sicure, più stabi- li; si discute sul bene e sul male, sul giusto e sull'ingiusto, sulla ragione e sul tor- to; le nazioni riconoscono i loro confini, i governi le loro amministrazioni, la po- litica i suoi ordinamenti, i Monarchi il loro potere, i sudditi i loro diritti: l'uomo allarga i confini della ragione ; dalle cause deduce gli effetti, dagli effetti monta alle cause; segue la virtù non per solo istinto, ma sì anche in via di principio; inclina al vizio, non per solo irritamento e bollimento di nervi e del sangue, ma con tut- to il raffinamento della malizia. Ora a governare, a lodare, a correggere una tale società più non bastano gli squilli dell'epica tromba, né i sublimi inni della lira, uè i sali della commedia, uè gli spaventi della tragedia; in una parola, più non basta la sola poesia, la quale dà sempre nel vago, nel fantastico, nell'esagerato: conviensi avere una letteratura più positiva, più dimostrativa, più logica, atta, più presto che a commuovere gli animi, a convincere l'intelletto, perchè nelle società illuminate, ove parla la ragione, il cuore il più delle volte si tace: e quindi la poesia chiede ajuto alla prosa, la quale ora argomenta nelle scuole de' filosofi, ora eterna la gloria o l'infamia de' secoli e degli uomini nei severi giudicii della sto- ria, ora difende l'innocente o salva la patria ne' caldi accenti degli oratori; quivi nelle dispute di Platone, di Aristotile, di Socrate; ivi sulle pagine di Erodoto, di Tucidide, di Senofonte; e colà finalmente dalla tribuna di Eschine e di De- mostene. La letteratura dunque variò sempre a misura che variarono gli uomini e il mondo; essa fu sempre e diversamente l'espressione delle diverse sensazioni, delle diverse passioni, del diverso sapere, dei diversi bisogni del proprio secolo: dunque la letteratura non può avere certe determinate norme da seguire, perchè la società cangiando sempre il suo stato scientifico e sensitivo, abbisogna di una espressione letteraria sempre diversa; dunque gli antichi non possono servire a tutti i tempi, a tutti i bisogni ; dunque la via eh' essi percorsero non è la sola che possa riuscire a fine glorioso; dunque vi può e vi debbe essere una letteratura diversa dall'antica, adattata ai nuovi tempi, alle condizioni novelle; dunque in letteratura non vi può essere altra norma sicura ed universale che questa : Scrivi convenientemente alle generali leggi della natura^ secondo quelle modifica- zioni che domandano il tuo secolo e la tua societade. Che se in Roma non ravvisasi una graduata successione di progresso scien- tifico e letterario perfettamente identico a quello de' Greci; se in essa, per cagion 281 d'esempio, non v'ha tanta distanza fra la poesia e la prosa ; se l'Eneide compar- ve prima della religione dei Fasti e delle Metamorfosi: è forza osservare che Ro- ma nacriue con lo scudo imbracciato, e la spada sguainata; che crebbe guerrie- ra: che guerreggiando dilatò i suoi confini; che colle guerre assicurò il suo po- tere, la sua esistenza ; e che quando, non avendo quasi più nemici uè a combat- tere, né a temere, rivolse il pensiero alle scienze e alle lettere, aveva già dinanzi agli occhi il Peripato, l'Accademia e la Stoa: aveva una letteratura bella e for- mata, quella de' Greci; onde, più tosto che l'ingegno a creare, distese la mano ad imitare (e 1 danni d'una cotale imitazione formeranno il soggetto d'altro di- scorso): ma, ciò nulla ostante, anche la letteratura romana fu sempre l'espres- sione del proprio secolo. E prima si presenta Ennio in rozzo si ma pur alto co- turno, perchè fra i grandi agitamenti romani noa mancavano alla tragedia né grandi virtù, né grandi misfatti ; poi tuona l'Arpinate dai rostri, che nelle repub- bliche le fazioni anche spente rinascono, e l'amore di patria genera sempre dei Gracchi. La grandezza, la ricchezza, la potenza richiedono lodi; e Virgilio canta la splendida origine dei Romani, Orazio i pregi di Mecenate e di Augusto. Il popolo inclina sempre alla religione; e Ovidio descrive le feste romane, racconta le opere degli Iddi! sulla terra. Dall' entusiasmo religioso e poetico anche 1 Ro- mani discendono alle scienze pratiche, ai bisogni quotidiani, agli agi della vita; e Vitruvlo détta architettura, Golumella migliora 1 campi e le messi, Seneca in- segna morale, Plinio investiga 1 secreti della natura. E quanto dicemmo dei Latini converrà dire degl' Italiani e de' Francesi, per- chè quelli preceduti dal secolo di Pericle e d'Augusto, questi dalle lettere gre- che, romane, italiane ; e quindi non andarono in bisogno, come 1 Greci, di crearsi lentamente una letteratura, ne di passare quasi in tirocinio per tutti 1 gradi let- teraril dal minimo al sommo, perchè non furono costretti a procedere cosi pian piano neppur nelle scienze, avendo già per Iscorta le scienze anteriori; ma sì gli uni che gli altri scrivendo, servirono sempre alla propria società, al proprio secolo. Ed a convincervene brevemente , in un secolo tutto dispute religiose , e in una patria fortemente agitata da odli e da guerre intestine, esce della penna a Dante quel magnifico dramma, quella concezione da gigante, dove 11 vate filosofo raggiunge e discute 1 più alti dommi della teologia, e il Ghibellino vendica 1 torti con un fare più da nume che da poeta. E poiché le discordie civili andavano ri- mettendo assai della loro naturale ferocia, e 11 Petrarca s'abbandonava alle ca- rezze del Re di Napoli, del Duca di Milano e di Parma, al lusso della Corte di 36 282 Avignone, agli onori di splendide ambascerie, non è maraviglia se una nuova poesia veste forme più vezzose e più delicate, se riscaldasi al foco d' un unico e purissimo amore, e se a correggere i vizii del suo secolo, più presto cbe lo sde- gno di Dante, usa gli esempii di maravigliose virtù cantate sulle corde d'oro di una cetra celeste. I prosatori all'incontro, o più non avendo libertà a difendere, o non conoscendone i mezzi, e l'amore dei piaceri risorgendo ove le caldezze di patria vengono meno, discesero a volgari racconti, ad eleganti narrazioni, e con alla testa il Boccaccio comparvero i novellieri; o se v'era chi ancora fosse oso mandar fuori un qualche sospiro, un qualche gemito di libertà, non potea farlo che nascondendosi sotto al velame della storia e della didattica; e cotesti gemiti risuouarono in prima nelle Cronache dei Villani, e più tardi nelle Decadi e nel Principe del Macchiavelli. E perchè allora cronache misteriose, brillanti tradi- zioni, prodigiosi racconti venuti dall'Asia, usciti dell'Irlanda e della Scozia, di- scesi dalle Alpi e dai Pirenei, risvegliavano la comune curiositade, e più di cento cavalleresche epopee circolavano per le nostre città, leggevansi nelle veglie d'in- verno 5 si cantavano per le campagne , l'Ariosto , cui le fate più che altri allatta- rono , lutti que' deliziosi sogni d'una novella mitologia unisce in una magica tela, la quale così vi seduce e vi abbaglia da far credere agli incantesimi, e di- menticare tutti gli antecedenti scrittori di cavalleria: come Omero condannò al- l' obblio la miriade di rapsodisti che il precedettero. Volete dare una occhiata anche ai Francesi? Rabelais (che da lui prende le prime mosse la loro letteratura) sparge il suo Pentagruel ed il Gargantua dei salidi Luciano e di Apulejo, perchè quella sua società, oppressa dalle regole d' Aristoti- le e delle scuole, languiva iu un freddo mortale, e a dar segni di vita voleva essere stimolata; e posta così in movimento Corneille, quel nobile genio del superbo coturno, la solleva ad idee generose, malgrado il ferreo giogo di Richelleu. le indegne rivalità di Sendery, e gl'ingiusti giudizii di Chapelain. Fra gli agi della Corte di Luigi XIV. la Francia si abbandona a molli divagamenti. e Molière sor- gè iu mezzo a quella civiltà consumala, sfinita, e la costringe ad arrossir di sé stes- sa, chiamandola a specchiarsi nel Tartufo, nel Misantropo, nell'Arpagone: e in suo soccorso viene tosto l'ardito e sublime Racine a spingerla avanti nel cammino dell'onore e della virtù, presentandole i grandi caratteri di Acomat e di Roxane. Ma le esigenze accademiche, le convenienze della Corte, i decreti della Sorbona impedivano sempre il libero sfogo all'eloquenza; e fu perciò che in Francia l'ar- te oratoria dovette appoggiarsi alla religione, e non risuouò che dai pergami per 283 la bocca di Bossuet, di Bourdalou, di Masslllon. Ogni letteratura adunque è im- prontata dell' indole del suo secolo, ogni letteratura si acconciò alle condizioni de'luoghi e degli uomini, ogni letteratura segui il suo corrispondente sviluppo scientifico, ed ogni letteratura che voglia piacere dovrà fare lo stesso. Che se mi si obbietti che gli antichi piacquero in tutti i tempi, e piacciono tuttavia, e quindi piaceranno anche in avvenire, perchè il bello è uno e sempre il medesimo, rispondo ; ■ ■■■ 1.° Che cotesta proposizione =r gli antichi piacquero sempre, e piacciono tuttavia =r non debb' essere così vaga, ma fa di mestieri determinarla e restrin- gerla dentro a confini alcun poco più angusti; vale a dire, gli antichi scrittori piac- quero e piacciono tuttora in alcune parti, cioè là dove descrissero oggetti sta- bili e permanenti, che sono sempre e in ogni luogo genericamente gli stessi, ed alla vista o al contatto dei quali gli uomini provarono comunemente sempre le stesse sensazioni: come sarebbero, per esempio, il mormorare d'un ruscello, il susurrare del vento, il muggire della tempesta, l'amore di padre, ec. : nel trat- teggiare i quali gli antichi tengono il primo luogo, non per altro, se non perchè nacquero prima di noi, e furono i primi a descriverli. 2.° Che gli antichi scrittori piacciono tuttodì anche in qualche altra parte, perché il lettore si trasporta a' tempi pei quali essi scrissero, e si studia a far sue quelle sensazioni ch'eran proprie degli altri; onde anche i nostri autori piace- ranno ai posteri, se scrivendo sempre convenientemente alia natura, seguiranno l'indole e i bisogni de' nostri tempi, perchè i venturi leggendoli ritorneranno col pensiero a' di nostri, e le sensazioni nostre s'approprieranuo. E chi vi sarà mai, il quale creda Omero e Dante avere scritto per piacere ai posteri, e non piuttosto ai contemporanei? Siccome essi adunque servirono al proprio secolo, così noi dobbiamo al nostro servire. 3." Che se gli antichi piacquero per lungo tempo , ciò fu perchè il mondo anche dopo essi andò soggetto ai danni della barbarie ; e mancando la stampa , le cognizioni erano stazionarie, e quindi stazionaria pure la letteratura. j 4 ° E il dico tremando, ma è forza pur dirlo, che gli antichi talvolta si dico- no piacere più di quello piacciano in fatto, perchè ancora non tutti deponemmo i pregiudizii dell'infanzia, e la magistrale autorità delle scuole non cessa di rin- tronarci gli orecchi, comandando che gli antichi debban piacere. Ma se vogliamo essere giusti e sinceri confesseremo, eh' essi i quali, scrivendo pel bisogni dei loro tempi e della loro società, piacquero allora universalmente, oggi non piacciono, né possono in tutte le loro parti ed universalmente piacere, perchè gli oggetli sona ivi rappresentati, almeno la maggior parte, sotto un punto di vista diverso da quello si mirano al presente, e quindi non valgono più a ferire, a commuo- vere la nostra mente, il nostro cuore , la nostra immaginazione ; in una parola , la loro lettura più non ci reca interesse. E a dir vero, se a riuscire interessante deve una lettura o' istruire, o com- muovere, o almeno dilettare; come potranno istruirci gli antichi, se i loro inse- gnamenti sono per la maggior parte falsi, e come tali riconosciuti dai giornalieri progressi scientifici? Potremo noi prestar fede alla teogonia di Esiodo, alle tras- formazioni di Ovidio? Vorremo apprendere medicina studiando l'Iliade e l'Enei- de, dove si risanano morbi e ferite con l'ambrosia e la panacea? Coltiveremo i nostri campi a norma delle Georgiche di Virgilio ? E in quanto al diletto, forse che farà vibrare di soavi sensazioni i nostri mu- scoli, i nostri nervi, le più intime fibrille de' nostri visceri la contesa fra Venere, Giunone e Minerva? Aretusa, che a fuggire gl'impuri amplessi del fiume Alfeo, convertita in fonte, per sotterranei meati vien dalla Grecia a scaturire in Sicilia ? Forse che ne batte l'animo di compassione per Turno, quando Giunone l'av- volge dentro a una nube, onde non sia tra mille ravvisato da Enea; e Giuturna veste le sembianze dell'auriga Metisco a strascinare altrove il fratello, perchè non venga a fronte del temuto rivale? E così via via. Ma sì fatte cose piacevano ai tempi in che furono scritte, perchè allora si credevano : ecco appunto quanto io voleva provarvi, che cioè gli antichi piacquero ai loro tempi, perchè scrissero pei loro tempi; non possono oggi piacere, quando i tempi, gli usi, le cognizioni, le condizioni cambiaronsi. Né si creda eh' io voglia distorre la gioventù dallo studiare i grandi antichi maestri; no: s'inculchi anzi cotesto studio: ma avvertano i giovani, che in let- teratura altra cosa è osservare, altra imitare; che prendendo a modello Omero. Virgilio, Dante, non dobbiamo già imitar essi stessi facendo quel ch'essi hanno fatto, ma esaminare attentamente in qual modo essi hanno imitato la natura, co- me abbiano approfittato dei punti luminosi del loro secolo, come ne facessero materia alla poesia ed alla prosa, mettendoli sotto a quell' aspetto che più poteva interessare i lettori : e ciò è quanto a dire , che gli scrittori antichi e moderni hanno uno scopo solo, d'interessare il lettore; e che ciascuno deve attingere tale scopo con mezzi a sé proprii, ed a' tempi suoi : così voglionsi studiare gli antichi, e non altrimenti imitarli nelle loro invocazioni, ne' loro esordii, nel loro ordine, 285 nelle loro partizioni; il che vale lo stesso che copiarli: quasi che non vi possa es- sere epopea se non iacomiocìa daìì' ^rnia virumqiie cario; o da quell'altro, Canto r armi pietose, ec. ec; quasi che non -vi possa essere epopea se ìq essa i personaggi non si mantengono dal primo sino all'ultimo verso sempre ed unica- mente gli stessi, di maniera che nel coraggioso mai non possa entrare timore, e il malvagio mai non risorga a virtù. Ciò poteva piacere quando gli uomini cre- devano alle favole, all'eroismo; non oggidì, che sappiamo nello stesso uomo di- verse passioni spesso cozzare insieme; e il guerriero che incontra intrepido la punta di cento spade impallidire e tremare se ascolta di notte stridere osceno au- gello, se un improvviso raggio di luna gli mostra le squallide croci d'un cimitero : e l'assassino anche non chiesto abbandonare ad una piangente vedova scono- sciuta, e che forse più non vedrà, una borsa d'oro con quella mano stessa cou cui per averla aveva poco prima trafitto il viandante. Né perchè gli antichi poemi contengono tratto tratto episodii, con pericolo anche di raffreddare la caldezza del nostro dramma, v'intraraetteremo episodii; né perchè gli antichi scrittori fan nascere il loro protagonista, il crescono, il gettano nel teatro del mondo, e il se- guono uomo, vecchio, decrepito, morto, si vorrà fare cosi anche tra noi, i quali avidi come siamo di nuove e grandi sensazioni, ci basta che il protagonista si mo- stri in una grande e singolare azione, sapendo già che a tutti o in questo o in quel modo è posta per ultimo confine la morte; né perchè gli antichi oratori eran soliti dividere la loro orazione in tre punti, e quindi metter mano alla nar- razione, poscia alla contenzione, e quivi ribattere le ragioni contrarie, e termi- nare colla perorazione or di compendio, or di commiserazione, d'indegnazioue ec, adatteremo a questo metodo ogni nostro discorso, non ostante che il contra- rio domandino l'indole di chi parla, la natura di chi ascolta, le circostanze in- trinseche dell'argomento; quasiché senza una tal forma di dire non possa stare eloquenza , e non derivi più presto dalla gravità del soggetto , dalla forza delle ragioni, dalla calda anima dell'oratore, qualunque strada egli tenga, quando giunga per quella a convincere, a commuovere il suo uditorio, il quale, variando secondo gli individui, il tempo, le circostanze, non può studiarsi negli antichi scrittori, si meglio sugli stessi uditori; e questi, a norma del loro progresso scien- tifico e sensitivo, richiedono bene spesso una sostanza e una forma di eloquenza diverse. Da tutto ciò mi sembra potersi conchiudere che gli antichi, chiamateli Clas- sici se volete, 1 quali bastarono ai loro tempi, non bastano a tutti 1 tempi : che la 28G loro letteratura noia può assolutamente e generalmente servire di regola a tutte le letterature avvenire ; che vi potrà essere una letteratura più perfetta della loro, se corrisponderà ad un maggiore sviluppo scientifico, ed ai maggiori bisogni delle nuove popolazioni. Esamineremo , se vi degnerete ascoltarmi , in altra occasione , se gli antichi sieno poi que'severi e santi maestri di buon costume, come taluni vorrebbero darci ad intendere. 287 ALCUNE CONSIDERAZIONI STORICO - CRITICHE INTORNO LE OPERE D I MEMORIA DI GIUSEPPE MONTESANTO LETTA NELLA SEDUTA ORDINARIA DEL XVIII GIUGNO MDCCCXXXIX. impella all'Italia ed a Padova propriamente il merito di aver rese note le Opere di queir Areteo di Cappadocia, il nome del quale non teme confronto alcuno fra i più grandi medici dell'antichità. Fu Giunio Paolo Crasso , dottissimo Professore di questa sempre celebre Università, quello il quale sul principio del secolo XVI. trasse tali Opere dalle fitte tenebre in cui da lunghissima età giacevano ; quello che dopo molte fatiche e studii moltissimi potè fregiare la medicina di si prezioso glojello, ed arricchirla di un tanto monumento della greca sapienza; quello infine che ne facilitò a tutti il possesso, traduceado e pubblicando in latino nel 1 552 quanto gli era riuscito scuoprire degli aurei scritti di Areteo ('). Gli studiosi sanno come di poi uomini del più alto valore, filologi e medici, abbiano di questi scritti medesimi fatto argomento di profonde meditazioni, qual mezzo ad accrescere la propria fama, illustrandoli, commentandoli, e procurau- doue auche nuove edizioni per ogni riguardo dotte e sceltissime, come fecero 11 Goupyl, l'Enrico Stefano a ParigK^), il Boerhaave a Leida. 1' Haller a Losauna; (i) Aietaei Cappadoc'is medici insignis ac vetustissimi Libri septem nunc primum e tenebris eruti, a Junio Paulo Crasso patavino accuratissime in latinum sermonem versi, etc. f'eneiiis apud Junta i553, in 4' (2) Dee fare sorpresa come il Puccinotti (Areteo volgarizzato, Firenze i836, § V. pag. xx.) lonfoinla l'edizione di Enrico Stefano Medicae Artis Principes, VaTigi 1667 in folio, con quella s 288 per Dou dire di alcune più recenti e meno celebrale edizioni. Fra tutte però la più splendida, accurata insieme e ricca di cognizioni importanti si è quella gre- co-latina dataci dal grande Boerhaave, nella quale la traduzione è quella stessa di Paolo Crasso, il quale non fu soltanto 11 primo ad arriccbirne la classica me- dicina, ma venne pur anco giudicato avere saputo maravigliosamente trasfon- dere nel suo latino la precisione, la forza, la dignità tutta propria dello stile del greco autore, sebbene il Goupyl ed il Vigan medesimo avessero tentato di oscu- rare il vero merito del traduttore. Pa^bi noi cosi cbe il lavoro del Professore di Padova avesse riscossa tanta e si giusta lode per tutta Europa, e siasi ognora mantenuto nell'onorevole posto assegnatogli dai dotti appena il conobbero, abbiamo lasciato che l' Inghilterra, la Francia e la Germania ci precedessero nel voltare le Opere di Areteo nelle lingue native. Ora però anche ai medici italiani è dato di leggere nel proprio Idioma quanto si possiede di Areteo; ed è l'illustre Prof. Puccinottl cui andiamo debitori di tale vantaggio , a noi già preparato può dirsi dall' illustre Prof. Testa allorché persuase il dottissimo Giordani a tradurne un importantissimo Capo, che pubblicò nella sua celebre ©pera sulle malattie del cuore sino dal 1811. Portiamo con ciò speranza che le recenti fatiche del Professore di Pisa ac- crescano 1 titoli di benemerenza che l' Italia erasi di già procacciati mercè quelle che più di tre secoli fa sostenne intorno alle Opere stesse il lodatisslmo nostro Paolo Crasso. Senza nuocere però a cosi bella speranza intendo qui di prendere ad esami- nare brevemente ciò che intorno ad Areteo dice il Puccinottl ne' primi paragrafi del Preliminari da lui posti in fronte alla sua interpretazione, e di aggiungere in seguito qualche mia Idea suggeritami unicamente dall' attenta lettura di quel- r antico; unica sicura guida, come vedremo in progresso, a poter parlare di lui senza tema di errare. Non avverrà per tal modo che la soverchia brama di filosofare ci tragga fuori del retto cammino; e diremo cose utili perchè vere, non però atte, io credo, a soddisfare il desiderio di alcuni, i quali sembrano credere che la scienza , come la bella società, ami istruirsi col soccorso dei romanzi, o che la severità storica non lasci abbastanza libero il campo al filosofo ragionatore. dataci nell'anno i58i in 4." in Basilea ila Celso Crasso figlio col tiiolo Medici aniuju'i Graeci, coi tipi del Perna. 289 Nel § I. di quei Preliminari il eh. Puccinotti parla dei tempi ne' quali visse Areteo. e del loro carattere storico. Nel § II. si propone ragionare della corris- pondenza fra il carattere delle Opere di Areteo e quello dell'età in cui visse. Non v'ha quindi chi non senta che base precipua di quanto proponevasi di dire quivi l'autore di quei Preliminari esser doveva il fissare con sicurezza quale propriamente si fosse l'età in cui fiorì Areteo, mentre senza questa primitiva e ferma cognizione non si avrebbe mai potuto fissare il carattere di quell'età: e quiudi anche non mai provare che il carattere filosofico delle Opere di Areteo corrispondesse a quello storico dell'età sua. E qui dirò innanzi tutto, che quel Crasso il quale fu il primo a scuoprire gli scritti di lui, ed a spendervi sopra tempo e fatica quanto poteva maggiore, come intorno a cosa ch'egli ben comprendeva dover portare il suo nome alla più tarda posterità, disse francamente: Qua vero tempestate vixerit {A-ietaens) apiid nullum. graecum latinumve scriptorem hactenus aut certis conjectiiris assegni valuiO). Aggiugnerò poscia, che diligentissimi indagatori della storia della greca lette- ratura in generale, e della medica in particolare, non sono riusciti più lardi a procurarsi su questo proposito cognizioni positive e sicure; per cui sursero fra i critici opinioni tanto divergenti da far si che taluno creda vissuto Areteo sotto Augusto, altri sotto Giuliano, ed altri in difl^erenti epoche durante il lungo spa- zio di quasi quattro secoli scorsi fra que' due Imperatori. INè io andrò qui, o Signori, ritessendovi la serie non breve dei varii argo- menti coi quali tutti coloro che entrarono in questa ricerca procurarono di ap- poggiare il proprio parere , come può facilmente vedersi in molte Opere spet- tanti alla storia medica. Vi dirò bensì, che il solo Puccinotti, non discutendo punto sul valore di tali argomenti, ne introducendone di nuovi a fine di terminare la questione, en- tra senza più nell' argomento col dire quanto segue : Concorde è la sente?iza degli scrittori intorno Areteo, cK egli fiorisse in quel periodo del romano Impero che prese nome dalla famiglia Flavia ('). Fra Vespasiano quindi e Comodo, dall'anno 69 cioè al 192 dell'era vol- gare (5), il Puccinotti stabilisce l' epoca in cui fiorì Areteo ; e fermo di non errar (i) Aretaei Cappadocis etc. pag. a. — (2) Areteo volgarizzato, §1. — (3) SisnionJi, Uistoire de la chùte de l'Empire romain. Chàp. II. pag. 25. 37 290 puulo, poco dopo concliiuJe: Fra i molti uomini adunque che resero codesto periodo istorico pili celebrato dei'e contarsi anche Areteo^ il quale assai pro- babilmente scriveva i suoi Libri di medicina ai tempi di Trajano, e scrivevali in Roma ('). Eppure quel Crasso, che dopo infinite indagini intorno al nominalo greco medico asserì, come notai, che non potevasi dire con fondamento alcuno in qua- le età questi scrivesse, aggiunse pur anco, mancare noi di ogni notizia intorno a tutte le circostanze della vita di lui: e che anzi ne ignoreremmo persino la pa- tria, se non ce ne avesse istruito il titolo de' suoi Libri, ove è denominato Areteo di Cappadocia. Dopo queste premesse dovrà certamente cagionarci qualche sorpresa l'in- contrarci in un luogo dove Pucclnotti prosegue dicendo: Stabilita pertanto r epoca in cui fioriva Areteo^ e il carattere storico di essa^ occorre di presente ricercare come lo spirito di lui a codesto carattere corrisponda {^). Non saravvi per fermo chi neghi al filosofo della storia l'indagare e lo stabilire quale spirito dominasse in Roma a' tempi di Trajano e nel successivi, quale pro- priamente si fosse il carattere della società di quell'epoca, e la sua influenza sulle scienze in generale: né io intendo di venir punto su di ciò a contesa veruna. Ma dirò bene, che ogni tentativo dello storico per elevarsi all'eminente posto di filosofo degenera in vana pompa d'ingegno non solo, ma in pericoloso ardire altresì, quando si tratti di discendere ai particolari relativi a questo o a quello scrittore, a questo o a quell' uomo rinomato per le opere sue : e ciò ove pure si conosca l'epoca positiva in cui visse, quella in cui diede mano a' suoi lavori, il luogo ove scorse i suoi giorni, con chi in fine ebbe comune la vita. Che se poi tutto questo onninamente s'ignora, come dicemmo essere di Are- teo, allora né la ragione, né la sana critica consente certi voli all'ingegno, e con- danna certe illusorie pretensioni di un vedere acuto a pochi comune, e per sin- golare favore supposto a loro esclusivamente concesso. In simili casi torna meglio , e dirò anche essere necessario, limitarsi a dire di un uomo quello soltanto che risulta dagli scritti suoi che si possono consul- tare; tanto più che non havvi cosa che rappresenti del pari l'autor loro, e più ci istruisca sull'indole sua, sulla forza della sua meute, sui principii da lui profes- sati, e sulle credenze sue. Nel caso nostro si può asseverare che Areteo, astra- (i) Areteo volgarizzato, §11. — (2) Ivi, §11. 291 zìon falla da' suoi Libri, ci si presenta fra i grandi medici dell'età remota come un uomo misterioso, ignorato, a quanto sembra, dagli scrittori suoi contempo- ranei, non essendovi chi prima del quarto e del quinto secolo ricordi il suo no- me; non rammentando egli dal canto suo che quello dei sommi Omero ed Ip- pocrate, quasi non conoscesse o non curasse gli altri; nulla mai dicendo di sé stesso, e mostrandosi intento unicamente a studiare e descrivere i morbi , cosa nella quale mirabilmente egli riuscì: ed occupato del modo di curarli, nel clie del pari moslrossi illuminato ed ingenuo pratico. Areteo dunque, lungi dal poter essere riguardato, sulle tracce del eli. Puc- cinotli, come un uomo spettante alla massa della società alla foggia di alcuni al- tri anche distinti per sapere ed ingegno, deve al contrario essere considerato co- me un medico filosofo da tutti gli altri del suo tempo, qual che siasi stato, se- gregato e disgiunto, pensatore profondo, e diremo quasi solitario ; sia che viven- do in patria si tenesse lontano dal consorzio di altri studiosi uomini, e fuori del caso di conoscerne davvicino le opinioni: sia ch'egli uscito di Cappadocia, come taluno crede, amasse sempre meglio attenersi alla osservazione esatta delle ma- lattie, per descriverle quali propriamente le vedeva, e non distratto dal molti ra- gionari 0 dalle produzioni molteplici di meno severi compagni nell' arte. Simile all'italiano Giovanni Battista Vico, miracolo di sapienza e di fama postuma, come ben giustamente lo chiama un grande storico suo concittadino e nostro contemporaneo , il greco Areteo meditava nel segreto della sua mente sulla materia di cui scriveva ; laonde sarebbe tanto improprio il pretendere di scorgere nelle Opere del Gappadoce il carattere e lo spirito del tempo nel quale egli visse, quanto falso 11 sostenere che dalla profonda filosofia del Napoletano, a lui tutta propria, dedur si potesse quella che dominava fra' suoi. Mirando a raggiungere 1 sommi , Areteo adoperar volle ne' suol Libri il pu- rissimo dialetto jonico, donde venne che il Voscio lo reputasse scrittore di qual- che secolo prima del Gesari. Gontro di che il cel. Prof. Testa, seguace del Mena- gio. assai dottamente si oppone col dire: Ma i singolari fatti, e in qualsivoglia maniera memorabili^ non bastano soli a determinare le età nelle quali essi avvennero ; e vi fu sempre ancora nei tempi i più. corrotti chi, innalzandosi al di sopra della comune miseria, non le sole antiche parole già fuori d'uso, e la proprietà di sceglierle e intesserle insieme, ma il pensare eziandio ed il ragionare di quei tempi , che piìi non erano, ripigliasse improvvisamente : tanta è la grandezza di taluno dei nostri animi di comandare air età nella 292 quale essi vivono, e che ad essi più aggrada, schifando il servire agli usi che li circondano ; e però Ariano nello stesso dialetto di Areteo scrisse ugual- mente i suoi Libri, che proferì alT imperatore, che allora viveva, Adriano ( ■ ). La quale gravissima considerazione persuade certamente che mal si serbi nei Libri di Areteo, comunque altri la pensi, l'impronta filosofica di un'età della quale l'autor loro non voleva in essi pur serbare la lingua. Che se dal purissimo stile e dalla eloquenza mirabile di lui si può abbastan- za dedurre quale e quanto fosse il suo potente ingegno e la forza dell'animo, ben più arrivar si può a comprenderlo dalla profondità de' suoi precetti e dalla estensione delle cognizioni di cui fa prova indubitata ogni pagina delle sue Ope- re ; o sia che si considerino le descrizioni esattissime dei mali o acuti o cronici de' quali parla, e che sono tutte una viva pittura del vero : o sia che si ponga at- tenzione agl'insegnamenti suoi particolari per curare quei morbi, od al principii generali offerti da lui per formare e dirigere in ogni caso la mente dell'uomo dell'arte. In prova di che siami concesso di andar qui ripetendo alcune poche sentenze di questo gran medico, dalle quali fra le moltissime parmi in singoiar modo tralucere la sublimità de' suoi concepimenti. E certamente tale si è quella riflessione che Areteo fa alludendo ad un fatto di cui r età nostra ebbe pur troppo a sostenere in più luoghi il miserando spet- tacolo, quello cioè che nella peste di Atene alcuni presumessero che quelli del Peloponneso avessero gettati de' veleni nei pozzi del Pireo; e ciò (soggiugne Areteo ) perchè il volgo confóndeva la somiglianza di effetti tra il contagio della peste e le sostanze venefiche ("): la quale erronea maniera di ragionare, sempre propria del volgo , fece si che nell' epoca di quella peste famosa , come nelle successive e sino a' nostri dì, siasi in consimili casi riprodotta quella fatale opinione de' praticati avvelenamenti a danno del popolo, donde si accrebbero i disordini e le sciagure di quelle tremende catastrofi. Così nel Cap. IL del Lib. II. De' mali acuti, ove imprende a ragionare del- l'emottisi, contiensi cosa degna della più alta considerazione pel medico filosofo: ed è la seguente. Quello che veramente sorprende in questo male (dice Areteo) è il vedere come nel solo profluvio polmonale, che in se è il piìt pericoloso, i malati non (i) Testa. Delle malattie del cuore. Milano i85i, Voi. I. pag. xiiii. (a) Areteo volgarizzato cit. , pag. g. 293 depongono il loro coraggio, sebbene si trovino agli estremi. A me pare (pro- segue ) che la poca sensibilità del viscere sia in tjiiesto strano fenomeno la cagione principale. Imperocché ciascun dolore, sebbene piccolo, richiamar può r idea della morte ; e talora fassi questa piìi terribile, che non esigerebbe il pericolo reale della malattia: che all' opposto la indolenza in molti e gravi morbi allontana il timore della morte ; e ne accresce il danno, mentre che ne sminuisce il terrore (»). La quale sentenza prova avere Areteo saputo da vero filosofo comprendere l'utilità del dolore fisico, di cui alcuni moderni fecero téma delle loro ricerche, e Voltaire disse cosi energicamente: C est à la douleur niéme Que Je connais de Bieu la sagesse suprème ; Farmi tous nos dangers sentinelle assidu, D' une voix salutaire incessament nous cric : Blenagé, defendez, conservez vótre viei^). Ed è parimente degno di essere mentovato quel luogo di Areico, nel quale descrivendo la sincope, e provando credersi a torto da taluni aver questo morbo sua sede nello stomaco, quando piuttosto 1' ha nel cuore, e per esso propagasi a tutto l'uomo, esce nella seguente aperta dichiarazione : Coloro poi che tengono la sincope come malattia dello stomaco, perocché vedono talvolta dissiparsi essa la mercè di alcuni cibi presi, o di vino o di bevande fredde inghiottite, mi sembrano così malaccorti, come se giudicassero che la frenitide è malat- tia de capelli del capo e della cute, per la ragione che col radere i capelli ed aspergere la cute i frenetici si sollevano (}). A dimostrare inoltre come Areteo fosse penetrato colle sue indagini adden- tro gli effetti consensuali de' morbi , basta il dire eh' egli erasi avveduto quanto la vescica orinarla , tocca da acuto processo infiammatorio, valesse a turbare le funzioni del sistema intero de' nervi e del cervello stesso : fatto pur troppo con- fermato dalla clinica osservazione per apoplessie gravi e mortali presto succedute a cistitidi calcolose, o ad altri disordini di quel viscere. Compiuto dal nostro autore il trattato delle cause e de' segni dei mali acuti, imprende a parlare delle cause e de' segni del cronici; e nel proemio de' Libri (i) Areteo volgarizzato cit, , pag. 2^. (2) Mojon. Dell'utilità del dolore. Milano 1821, pag. 7. (3) Areteo volgarizzalo cit. Lib. II. Gap. III. pag. 39. 294 consacrati a quest'ultimo argomento tutte rileva in pochi cenni le somme e sin- golari difficoltà che i cronici malori oppongono a colui che è chiamato a pro- nunciarne giudizio ed a curarli, e dichiara ad evidenza esser quindi specialmente contro di essi che l'uomo dell'arte abbisogna di possedere qualità superiori di mente e di cuore. Egli è pur qui ( dice Areteo ) dove la virili e la eccellenza del medico piìi si conosce^ nel mantenere a lungo V animo costante, nel va- riare gli ajuti, nel concedere le cose piacevoli senza che nnocano alla mrr- lattia.j nel saper illudere anche talvolta l' infermo ('). Fa altresì meraviglia lo scorgere come Areico, ragionando ieW apoplessia e della paralisi, entri in alcune particolarità sulla dottrina dei nervi cervicali e spinali, per que' remotissimi giorni le più accurate e distinte; ed è appunto iu questo luogo ov'egli parla, forse pel primo, dell'incrociarsi dei nervi del capo a forma di lettera X, detto dai Greci chiasma; avvertendo dipendere da esso il fenomeno dell'accadere la paralisi negli organi del capo nella parte opposta a quella cui corrisponde il nervo viziato, mentre diversamente succede nelle para-" lisi dei membri posti al di sotto del capo, perchè, manca nei nervi spinali il chias- ma : cosa che, come ha fatto riflettere il dottissimo Raccheti!, Cassio Jatrosofista mostra avere ignorata ne'suoi Problemi (.') , essendo d'altronde fiorilo, secondo il Racchetli medesimo, all'età di Areteo. A comprendere come questo medico procedesse misuratamente nel pronun- ciare giudizio intorno a' suoi malati, può servire quello che dice intorno alla tisi, ed al modo di decidere degli sputi che durante tale malattia vengono sepa- rati, sembrandogli che il sottoporne la materia all'acqua o al fuoco offra un cri- terio molto incerto. La vista ( ei dice ) è il senso piìi sicuro di tutti gli altri, e si conoscono abbastanza per essa non solo le qualità degli escreati, ma an- cora r abito particolare della tisichezza. Fate (soggiunge) che anche un uo- mo del volgo vegga un ammalato pallido, debole, tossicoloso, emaciato ; egli vi dirà costui essere un tisico (5). Ora tutti ben comprendono quanta fiducia inspiri e per quanti modi istrui- sca quel precettore, il quale consiglia, come fa qui Areteo, al suo discepolo di tenersi lontano da ogni illusione dell'arte, ed a temere che col prestigio di un (i) Areteo volgarizzato cit., pag. 49' (2) Struttura, funzioni e malattie della spina. Milano i8lG, pag. 4". (3) Areteo volgarizzato cit. , pag. 68. 295 sapere leuuto quasi esclusivo si pretenda di scuoprire più che non è dato vedere, aflidaudosi a segui quanto più semplici, tanto meglio fondati, e conformi ad una saggia esperienza. Solito questo stesso grande maestro a rappresentarci vivamente e a descri- vere non solo tutti gli effetti delle varie cause morbose, ma ad indicare altresì di queste i modi diversi e le molteplici sorgenti, egli ricorda, parlando delle af- fezioni dello stomaco , quale e quanto disordine vi apporti l' eccesso delle me- ditazioni e la estenuante dieta ; ed a questo proposito , fra le altre gravissime cose , dice : Quelli eziandio che per erudirsi affaticano e molto soffrono- divorati dalla cupidità delle scienze ; ciucili che nelV astinenza dei cibi e del sonno si macerano ; quelli che meditano dottrine e gravi negozii; quelli che un vitto bastevole e vario disprezzano., ma divorano la fame per alimento., e bevono acqua., e vegliano le notti; quelli ai quali è molle letto la nuda terra , non coperti che da una lacera ed ignobile veste , a cui serve di tetto r aria comune ; questi tutti guadagnano dal loro intemperante amore al sa- pere molti guai allo stomaco ('). Esempio di accuratezza singolare ci offre poi colà ove suggerisce quello che per il regime intero occorre a farsi nella cura dei cardiaci e degli affetti da sin- cope. La camera del malato, il suo letto, le biancherie, i cibi, le bevande, tutto infine forma ivi argomento di prescrizioni minute e positive ; mercè anzi il ram- mentare che in questo luogo fa Areteo certi vini d'Italia come preferibili agli al- tri, di Sorrento, cioè, o di Fondi, o di Falerno, o di Segni, si venne da taluni, e particolarmente dall' Haller, nell'opinione, seguita adesso dal Puccinolti, avere questo Greco vissuto in Roma. La quale argomentazione però è assai piccola cosa (dice molto giudiziosamente a questo proposito il citato Testa), ^e bene si contempli o il vasto sapere di lui che scriveva; o a questo si ponga mente . che la narrativa delle cose d' Italia in quei tempi era così diffusa per tutto il mondo, per la eccellenza dei nostri capitani e per la forza delle nostre armi, che dappertutto si parlava o meglio si querelava di Roma , e la immagine e la memoria degli usi e di tutte le cose romane si vedeva esservi per genio o per forza dappertutto (^). Alcuni auuisono, se ben vi rammenta, o Signori, io da questo medesimo luogo presi a commentare alcune parole di Areteo, spettanti al Capitolo ov' egli (i) Areteo volgarizzato cit., pag. log. — (2) Op. cit. Voi. I. pag. xlvi. 296 tratta della cura del cholera ; commento eh' io feci anche di pubblico diritto con le stampe ('), onde rilevare quanta significazione avesse il consiglio ivi dato da Areteo al medico del cboleroso di provvedere alla propria salvezza con una one- sta fuga ; poiché io deduceva avere quell' antico medico voluto insegnare cosi , che sotto alcune determinate circostanze da lui vedute di gravezza e di fenomeni il cholera trasmettevasi da individuo a individuo. Al qual modo di vedere non corrisponde punto la traduzione di quelle stesse parole dataci dal Puccinotti, dalla quale risulta che per proprio decoro^ e non per altro motivo , viene suggerito al medico di allontanarsi con onesti modi dal choleroso minacciato dell' estremo caso. Su di che rifletto io però : il decoro del medico non può in qualunque malattia essere del pari compromesso, ove, persi- stendo a curarla, benché conclamata, egli sembri voler tuttavia inspirare lusinga di guarigione? Aggiugnerò inoltre: quella parola y^tg-a dal choleroso, usata da Areteo così preciso scrittore, non sembra più presto alludere ad un pericolo im- minente della persona cui si consiglia fuggire, che ad un semplice provvedimen- to di sociali riguardi? Sarebbe forse che nel solo caso del cholera tornar potesse cotanto a decoro del medico l'abbandonare per indiretti fini il paziente, senza ajuli dell'arte, in preda a' suoi tormenti, quanto turpe e disumana cosa direbbesi s'egli il facesse in qualunque altra malattia? Ove il Prof. Caldani avesse fatti questi riflessi, non sarebbe per certo venuto sino allo sconcio partito di dire, che a suo parere il choleroso che peggiora deve essere abbandonato villanamente, a fronte (egli soggiugne) delF epiteto che pre- cede le seguenti parole di Areteo^ honestam fugam capessero bonum est (^X Che se in questo luogo il nostro autore suggerisce il partito di una prudenza atta a difendere il curante senza nuocere al paziente, giova riflettere che altrove anima (j) lo studioso di mediciua, e particolarmente quello che la esercita, a for- mare da sé stesso alcuni concetti clinici e terapeutici; che è quanto dire, a non seguire sempre ed unicamente gli altrui precetti. La quale raccomandazione la (i) Annali delle Scienze del Hegno Lombardo- Feneto. Maggio e Giugno, pag. 257. (2) Di quella terribile malaUia che si chiama cholera morbus, o semplicemente cholera, di una sua specie singolare, e del più sicuro modo di curarla. Memoria di L. M. A. Caldani. Mo- dena i8o5. — Questa Memoria, inserita a suo tempo nella Baccolta della Società Italiana, 111 dal nipote dell'autore, Floriano Caldani, ripubblicata mentre dominava il cholera asiatico ; e credi che, ritenuta la data, siane stato modificalo il solo titolo. (3) Areico volgarizzato cit. , pag. 2o3. 297 chiaro quanto egli desiderasse I veri progressi dell'arte salutare, e come amasse che i suoi cultori procacciassero di promuoverli ognora scevri del fuDesto timore di sembrare cou ciò, a secouda del pregiudizio di alcuni meschini uomini, azzar- dosi di troppo, o intolleranti dell'autorità dei rigidi maestri. Non contento Areteo di consigliare altrui questi efficaci sforzi per vedere ac- cresciuta la massa delle cognizioni mediche, e la possanza de' mezzi a ridonar la salute, egli stesso col proprio esempio grandemente vi contribuì coli' introdurre nella pratica validi riraedii, poco o nulla usati prima di lui , come fu fra le altre cose delle cantaridi per l'esterno quali metanslncritiche. Né soltanto racco.man- dava l'attività de' mezzi curativi quando la gravezza del feuomeni la richiedeva,' ma sapeva inoltre insegnare ad usarne cautamente ove occorreva di farlo : del che ci convince quel memorabile luogo , in cui dicendo che ai peripneumonici tor- mentati da ostinata veglia è pur d'uopo talvolta somministrare medicine sonnife- re, affinchè non cadano nel farnetico, soggiugne subito dopo: Ma se nelC impeto della soffocazione e nel sopravvenire dell' agonia tu darai tali medicine, ap- presso i tuoi conterranei sarai chiamato in colpa di avere ammazzato V in- fermo ('). Né la diagnostica meno della terapeutica ottenne dal citato greco medico in- cremento e vantaggio sommo, giacché egli descrisse forme morbose ignorate o mal distinte dagli altri, e degne della più alla considerazione dei Clinici, quali sono per esempio: la malattia acuta della vena cava e dell'arteria dorsale, intor- no a cui poscia parlò a lungo lo spagnuolo Lodovico Mercado, commentando Areteo (2); le raccolte marciose nel mediastino anteriore e posteriore in con- seguenza d'infiammazione di quell'organo, su di cui più tardi il faventino Salio parve ad alcuno essere stato il primo a tenere discorso e a dare maestrevoli in- segnamenti (5). L'isterismo, la tisi, l' elefantiasi principalmente trovarono in Are- teo un pittore impareggiabile, e cosi originale, che la sua descrizione dell'ele- fantiasi venne persino consultata ed usata per commentare ed illustrare il testo della Scrittura intorno a quel tremendo malore. Se egli fu sommo nel penetrare le recondite cagioni de' mali e nell' additarne i più acconci metodi di cura, fu parimente sollecito di non tacere cosa alcuna, (1) Areteo volgarizzalo eh., pag. i';6. — (2) De virgin. et viduar. ajfectionibus Lib. II. Cap. VII. Op. omn. Francof. 1620. Voi. III. pag. 5'j4 e seg. — (5) Petri Salii Diversi Mcd. ac Philos. Favent. Dej'ehr. pest. Tract. et Curai: ijuorundam part. morh. Francof. i58C, pag. 224. in S." 38 298 la quale valesse a determinare sotto ogni aspetto l'importanza de' fenomeni che li accompagnavano, ed a far chiaro il suo pensiero circa il valore dei mezzi usali per combatterli. Il perchè nel Capitolo ove tratta del modo di curare l'epilessia: E nel vero giuro (dice egli) , che se un epiletico potesse vedere se stesso nelt assalto del male, e contemplasse per un istante f orrendo spettacolo del suo martirio, non patirebbe di protrarre pile oltre la vita; ma a ciascuno la privazione dei sensi e la tolta facoltà della vista nasconde fortunatamente la turpezza e la ferocia del proprio male ('). E poco dopo aggiugne: E fama che a guarire r epilessia abbia giovato talvolta mangiare il cervello dH avoltojo, o il cuore di folica , 0 i gatti domestici. Io non ho mai fatte di simili esperienze. Ho bensì co' miei occhi veduto alcun epiletico raccogliere entro un vase il san- gue d'un condannato nel momento che il carnefice lo scannava, e berselo. Oh tremenda necessità! Che? Il sostenere il male non erajorse meglio, che tentare di liberarsene con s\ orribile medicina ? Niuno però mi potè mai ac- certare se costoro dal feroce tentativo acquistassero sanità. Presso certo altro autore trovo raccomandato di mangiare il fegato umano. Ma queste tali brut- ture io rimembro in grazia solo di coloro che, disperati di ogni altro ajuto , cotesti orrendi tentativi sostenessero di sperimentare (^). Ma dopo tante lodi giustamente attribuite a cosi gran medico, chi è che non senta doversi chiedere quale delle varie Scuole mediche dell' antichità ebbe il vanto di annoverarlo fra' suoi seguaci? Alla quale domanda presto è dato rispon- dere, usando le parole di Crasso, il quale, preludendo dottamente alla sua tradu- zione, disse: JSulli sectae addicturus se Aretaeus aperte denionstrat. Non ci lasciamo imporre adunque da Le Clerc, storico a dir vero sagace della medicina, ma tuttavia troppo pronto in asserire che quel greco maestro fu della Scuola pneumatica ; e ciò sulla base soltanto di alcune maniere d'esprimersi adoperate qua e colà da Areteo, fra le quali trovasi la parola pneuma (spirito), cotanto usa- ta da quella Scuola, e dal nostro autore presa anche in un senso tal fiata non . affatto sicuro, e conforme a quello ritenuto da essa (^). Laonde possiamo francamente dire, che è troppo debole l'argomento su cui appoggia la sentenza dal Le Clerc pronunciata per la prima volta 200 anni dopo (i) Areico volgarizzato cit. , pag. 220. — (2) Ivi, pag. 222. — (3) Hìst. Sectae Pneumat. Altorf. l'jgi. — Ackerm. Fast. Hist. Med. Novemb. 1792. 299 che Crasso aveva dichiaralo il suo bea diverso parere, senza che altri avessero di poi saputo o potuto foudatameute opporvisi: aggiungerò auzi, che l'Osterhau- sea, diligenlissimo nell'indagare ed esporre lutto ciò che alla Scuola pneumatica appartiene, e l'erudito Ackermana pensarono altrimenti dal Le Clerc intorno a questo argomento. Su di che io trovo poi degno di tutta la considerazione quanto dice il più volle lodato Prof. Testa, il quale dichiara essere suo parere che Areteo uon si dedicasse propriamente a veruna delle antiche vScuole mediche, ed a quella dei Pneumatici sembrasse avvicinarsi solamente alquanto per le ragioni seguenti. Questa credenza di un principio aereo^ spiritale (cosi il Professore di Bo- logna), che pervadesse tutti i corpi, antichissima nella Scuola di Crisippo e di tutti gli Stoici, era per non dispiacere ad Areteo, tutto nodrito delle massime e persino delle parole d' Ippocrate, e del come acconciarle insieme, vedendosi un simile dottrinamento espresso nel Libro De flatibus, mentovato tra gì' ip- pocratici; e questa, se pure poteva nomarsi una setta, la quale non cangiava propriamente cosa alcuna nelle pratiche della medicina, all' apposito di quel' le degli Empirici e dei Metodici ec.,Ju la sola forse, colla quale s' impacciasse Areteo, esemplare altrimenti osservantissimo della norma più sicura di cam- par libri in medicina ('). Ma nulla per fermo avrebbe giovato alla fama di Areteo, che fosse realmente provato aver egli seguite le dottrine di questa setta, e nulla cangiato quanto alle sorti della setta che lo avesse annoverato fra' suoi: polche come scorgesi palese- mente ne' suoi Libri , mercè i quali dicemmo sin dalle prime potersi solamente ragionare di lui, egli non era tale né da pretendere d'impor leggi alle opinioni altrui e farsi cosi Capo-scuola, né da darsi al contrario di leggieri per vinto a chic- chessia; o molto meno da combattere a tutt'uomo per le dottrine altrui, e farsene così esclusivo seguace e fervido campione, come asserisce il cel. Enrico Schultze nel suo Compendio della Storia medica. § 688. Quella originalità che rifulge ad ogni tratto nelle idee di Areico; quel franco pronunciare sulle massime profes- sate dagli altri, e non affatto conformi al suo sentire ; quell' asserir parco, e tardo conchiudere ; devesi probabilmente avere qual cagione precipua, oltre le altre co- muni a molti per l'inclemenza dei tempi, dell'essere rimasto il nome di Areteo sepolto per tanto tempo nell'obblivione: giacché allora, come a' di nostri, fra i (i) Areico volgarizzato cit. , Voi. I. pag. xiv. 300 dotti d'ogui scLiera non si sarà perdonala facilmente ad uu autore contempora- neo la colpa di un merito superiore, e quella di una certa nobile fierezza dell'ani- mo, di cui quell'antico era a dovizia fornito, come veggiamo ne' suoi scritti. Appena però venne dalla dotta Padova annunciata l'esistenza di uu codice spettante ad un tanto maestro, e clie ne fu pubblicata la traduzione latina qui con ogni diligenza eseguita, tosto gli scienziati di tutta Europa, giusti riparatori del torlo della età preceduta, accolsero con giubilo la lieta notizia : e Parigi stessa volle partecipare ben tosto al nuovo titolo di gloria letteraria clie Giunio Paolo Crasso aveva procacciato alla nostra città col dare essa medesima un'edizione del testo greco di Areteo , approfittando di quanto la doviziosa biblioteca reale pos- sedeva di più compiuto e meglio conservato de' codici venuti alle mani del Pro- fessore italiano, ma che però prima della fatica di questo era rimasto colà ignoto o dimenticato. Fu allora che quanti si posero a studiare i Libri di Areteo per apprendere cose mediche , o per conoscere il merito di uno scrittore antico recentemente scoperto, tutti concorsero nel dire che 1' eleganza, la vivacità, la precisione dello stile, la maturità del consiglio, la castigatezza del ragionare gareggiavano in esso con la solidità, l'estensione e la maravigliosa moltiplicità delle cognizioni. Chi in fatto lodava in lui l'osservatore diligentissimo, il descrittore originale de' morbi da lui stesso veduti; chi ne ammirava la dottrina anatomica, somma per l'età in cui scrisse : tutti infine in que' Libri trovavano il più sublime esempio del vero modo di pensare e di scrivere in medicina, una ricca suppellettile dei più acconci e semplici mezzi terapeutici, ed una serie assai bene composta di precetti diete- tici applicabili ad ogni malattia della quale l'autore trattava. Non v'ebbe, a dir breve, chi, rispondendo quasi ad un interno bisogno, non valutasse grandemente gli scritti di cui ragioniamo: ed in progresso di tempo (argomento il più sicuro del loro merito reale e della loro futura perenne celebrità) si giunse a porli a li- vello di quelli d'Ippocrate : dirò anzi di più, esservi stato chi li tenne per supe- riori agl'ippocratici singolarmente per la evidenza e la precisione nel descrivere le malattie, per il bell'ordine ed il nobilissimo stile. Su di che piacciavi, o Signori, sentire il giudizio di (jnell' inesorabile Leo- nardo da Capua, il quale si espresse così, parlando di tutta la greca medicina: Furoii poi i Greci così per vaghezza briganti e riottosi, che taluni sovente vidersi, non che ad altri, ma a sé medesimi far contrasto ; sebbene in ciò non tanto eglino sono da accagionarsi . quanto i viluppi e le malagevolezze di 301 queir (irle eh' eglino eotanto con vigilie e sudori studiaronsi cT illustrare , e maggiormente offuscarono. Al qual passo toslo succede il seguente. E già par- mi leggermente aver tocca e trascorsa tutta la medicina de' Greci; e quan- tunque non abbia io fatta speciale menzione di Areteo, il cui libro sembra scritto con diligenza maggiore di quanti ne sono rimasti interi della medicina de' Greci, e con fdosojica liberta ('). Né solamente fra 1 medici più colti destò ammirazioue e riscosse altissimo plauso Areteo, ma uguale tributo gli fu reso parimente dai dotti in generale ; e per nominarne uno d'Italia che vale per molli e molti d'ogni paese, ricorderò lo Stelliui, il quale nelle sue Opere varie, ove imprende a dire come si possano ridurre a molta semplicità la teoria dei malie r uso dei rimedili'), ne prese a commentare alcuni passi con quella profondità d'ingegno che gli era propria. Areteo (cosi ne scrisse lo Stellini) è mirabile in ciò che ci resta intorno alla descrizione delle lesioni dalla parte affetta comunicate alle altre parti. Tutti gli encomii resi ad Areteo non giunsero però, secondo l'avviso di Puc- cinotli, a collocarlo nel suo vero posto fra i medici dell' antichità, perchè nessu- no ha finora (così dichiara egli) interpretato fdosoficamente la storia della medicina; o dirò in altre parole (prosegue il medesimo nei citati Preliminari), che non esiste ancora lafdosofia della storia della medicina (}). Bramoso pertanto di segnare la via per conseguire questo scopo , il Profes- sore di Pisa non si arresta per qualunque ostacolo, e supplisce col vasto suo in- gegno al difetto dei fatti storici, ed a quello di prove capaci di resistere ad una critica spregiudicata. E così nel §111. dei citati Preliminari, attenendosi egli ognora alle sue idee favorite, ed ai principii stabiliti nei precedenti paragrafi, rileva i pregi speciali dei Libri di medicina da lui tradotti; e nel farlo, compendiando sagacemente il già detto da altri, e molte cose aggiungendo di nuovo con fino giudizio e non co- mune dottrina, egli attribuisce inoltre ad Areteo il merito di aver sentito il bi- (i) Sul parere del sig. Leonardo da Capua. Voi. 1. pag. 3i(), in 8." Cologna 1714- (a) Idem Voi. V. pag. io5. (3) Areteo volgarizzato cit. , § II. pag. xii. 302 sogno di ricorrere ad un principio fisico di causalità motrice (il pneuma) per la mani/estazione della vita organica in armonia con quella deU universo ^ dalla stessa animata ('). E poco dopo egli aggiugne: in quella guisa che ai tempi di Areteo v' era una concorrenza progressiva tra la filosofia e la me- dicina (»). Ma quali propriamente furono questi tempi? Dicemmo già, e qui lo ripetia- mo, che l'età di Areteo è da molti assegnata a notabili distanze di tempo: dal che ne consegue, che potendosi a lui attribuire epoche diverse e varianti per in- dole e condizione delle umane sorti, delle lettere e delle scienze, è d'uopo teme- re che il parlare di quell'antico col proponimento di collegarlo con idee, avveni- menti ed uomini supposti suoi contemporanei , sia un esporsi a dire cose non vere, per certo non sicure, e non meritevoli dell'universale credenza. Egli è quindi che non posso lodare quel tuono sicuro e franco con cui Puc- cinottl asserisce quanto segue. Per opera adunque di Areteo la medicina ita- liana (eppure non si sa ch'egli uscisse mai dalla sua meschina Cappadocia ! ), ristabilita nel fondamento empirico naturale, trovò un punto di riunione col- V empirismo ippocratico , e accolse e trasse profitto da tutta la sapienza na- turale efidosqfica del suo tempo. Fino a Trajano (segue Puccinotti) quanto si sapeva di meglio in medicina, tutto si accolse con prudentissima scelta in Areteo j da Trajano ad Antonino, tutto si accolse in Galeno. Areteo delineò maestrevolmente in compendio, con la robustezza di Tacito, quanto la dot- trina immensa di Galeno seppe poi adornare ed ampliare informa piìi gran- diosa con la facondia di Tito Livio. Cosicché Areteo e Galeno, il primo esem- plare e specchio al secondo (ma quale fu veramente, dimanderemo di nuovo alla storia, il primo, e quale il secondo ? ) , sono i due personaggi che rappre- sentano il carattere della scienza medica in Italia (ove forse non si trovò giammai Areteo ) il piìi in corrispondenza collo sviluppo delle menti umane nella seconda epoca del romano Impero (^). (i) Areteo volgarizzato cit., §111. pag. svi. (2) Ivi, pag. XVII. (5) Ivi, pag. XVII. e XVIII. 303 Oso dire, che istituendo un confronto analitico di quanto contiensi in questo brano dei citati paragrafi colle cose da me dette e provate in queste Considera- zioni, ne verrebbe una singolare couchiusione, la quale, se grandemente non erro, parmi abbastanza fondata ; e consiste in cjuesto, che se Areteo si fosse pro- posto realmente di fare quanto il suo italiano traduttore vuole che pur facesse, que' suoi Libri sarebbero riusciti tutt' altra cosa da quella che propriamente sono, e non avrebbero meritata né conseguita quella lode e quella celebrità che giam- mai non perderanno, appunto perchè quell'antico ce li diede cosi quali sono. Laonde sorge dall'attenta lettura dei citati luoghi dell'illustre Puccinotti, che più dei rapidi voli dell'ingegno si ricerca ed apprezza nelle Opere scientifiche quella severità nei ragionamenti, e quell'ingenuo amore pel vero, senza II quale non si promuove l'utile, ma si accarezza invece e si propaga l'errore, nemico la- tale d'ogni sapere. AVVERTIMENTO L'Autore dicea voler correggere e modificare in alcuni luoghi questa Memoria: se non che morte glielo impedì. Nondimeno il Corpo Accademico l' ha giudicata meritevole della stampa. SUL MEMORIA LETTA ^ELL'I. R. ACCADEMIA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI DI PADOVA ISELLA SEDUTA XI GIUGNO MDCCCXXXIX DAL SOCIO ORDINARIO PIETRO ESTENSE SELVATICO Vjlii disse cou bizzarra leggiadria, che molli libri fatti sono ancora da l'arsi, disse una grau verità. Per nou citare fra mille prove die uua: le biografie, per esempio, de' nostri più degni artisti, se ne eccettui alcune del Vasari, e di qual- che altro più vicino a noi, sono si vuota cosa e si inutile, da metter peggio che compassione. — Bisogna molte rifarne; ma rettificare i fatti falsi non basta: bi- sogna correggere i giudizii in esse portati; bisogna condurre ad altro e più no- bile seguo il criterio del lettore. Bisogna, più difficile o più coraggioso, molti chiamati sommi far sedere su scanno man alto ; altri finora a disegno negletti sollevare a quel posto. V'hanno degli uomini salutali universalmente grandis- simi, di cui giova più insistere sui difetti, che sul meriti : altri ve ne hanno, che, bene disaminati, mostrerebbero tutti i vizii ed i pregi di un'epoca; e conosciuti davvero, farebbero conoscere gran parte dei loro contemporanei, senza che per- dessimo tanto tempo a leggere, misera briga , filze di nomi mediocri. — Cosa è mai una biografia, quando si fa arida esposizione d'avvenimenti; quando non cura penetrare nello spirito dell' artista ; quando non tenta indovinare gli agita- menti e la potenza che su lui esercitarono i tempi , gli uomini , gli affetti , fra cui visse; e come questi tempi, questi uomini, questi affetti si scolpissero tutti, per così dire, nell'opera dell'artista stesso? Ma quanto poche le biografie che ciò insegnano! .ìjh 39 306 Quella decrepita , ma uoa aocora tnoribouda mania degli elogi , che da più secoli ci infauga ; quella proclività dalle scuole imparala, e uelle scuole rincalo- rlta, di adulare con petulante impudenza ogni inezia de' morti su cui dobbiamo parlare , è ciò che rese tanto scialbe fino adesso la più parte delle biografie dei nostri artisti. Se molti non fossero ancora, come ai giorni del Castelvetro , di- lombati encomiatori del passato, e del presente calunniatori stizzosi, forse le vile degli artefici insigni gioverebbero meglio a sapere quello che ancora non sap- piamo bene, la storia delle arti italiane. Ed io credo che sino a tanto le biogra- fie dei grandi artisti nou si ricomporranno con più nobile scopo e più largo , credo , dico , non avremo mai buona storia delle arti italiane. Però quanti pre- giudizli da combattere per giungere a tanto! quante beffe da sopportare! Ma chi ha paura del sangue non tratti i ferri del chirurgo ; e chi teme le risa dei pre- giudicati taccia, 0 geriva per le mime da scena, che non gliene verrà malanno. Uno dei nostri artisti che più di molti ha bisogno d'essere sotto aspetto nuovo presentato all'ammirazione degli uomini è il Manlegna ; nome grandissi- mo, ma lodato troppo da alcuni, da altri rabbassalo troppo, da lutti per impa- zienza di esame forse uon conosciuto abbastanza. S'accorsero quanto fosse biso- gno esporre meglio la storia di lui due chiari ingegni. Padovano l'uno per na- scita, l'altro per lunga ed onorala dimora. Fu il primo il Cav. Giovanni de La- zara, uomo istruttissimo e tenero d'ogni patria gloria, il quale pensò raccogliere quante più potè notizie del Mantegna , a fine senza dubbio di rifondere la bra- mata vita, troppo siuora magramente narrataci da chi imprese a scriverla. L'altro fu l'eruditissimo bibliotecario Francesconi, che ci prometteva voluminoso lavoro intorno alla pittura padovana, proponendosi di serbare il posto d'onore al Man- tegna, che ne fu il luminare. Sia che ambidue si rimanessero sconfidati dalla impresa , per disaccordo alle comuni vedute da essi tenuta incresciosa ; sia che altre cause a me ignote arrestassero cosi utile intendimento; fatto è, che trapas- sarono in longeva età senza che ci fosse dato nulla vedere in pubblico delle fatiche, certo preziose, da essi consacrate al gran Padovano. L'avere que' due valenti abbandonata l'opera sarebbe più che non bisognasse perchè io nou mi attentassi di condurla a fine. Ben altra dottrina aveano essi, che la mia non è. Ne per questo mi abbatto dell'animo, che la fatica, io confido, mi terrà lalvolta luogo di ingegno ; ed avviso pubblicare uon una vita od una storia, ma Studii, uè affrettati uè pochi, sul grand' uomo che onorò Padova col bulino e col pennello. l 307 Dopo quanto ho premesso è inutile ch'io dica non essere mia ialenzioue at- tuffarmi nelle più minute indagini biografiche , a solo fine di portare piìi esat- tezza in qualche data od lu qualche' incidente di minor conto; ma piuttosto dimostrare, per quanto varrò, che lu il sommo artista relativamente al suo se- colo; in quale stalo trovò l'arte, a quale lauciolla ; che lasciò da perfezionare ai • successori di lui: a dir breve, quanta influenza esercitò sulla pittura di queste e di altre provincie italiane. Scrivendo io del Mantegna solamente colla intenzione di mostrar tutto que- sto , è chiaro che non potrò accostarmi al mio segno se non allora che avrò fatto conoscere l'indole della scuola da cui usci, e 1 discepoli che valse a for- mare. Premetterò alcuni cenni sullo Squarcioue (•), tentando mostrare quanto insegnasse all'allievo immortale; poi esaminerò con critica, per quanto il possa, né preoccupala uè ambiziosa lo stesso Mantegna nelle vicende del viver suo e nelle varie sue opere ; per ultimo verrò a dire di quelli che da lui ebbero inse- gnamenti. So che alle mie opinioni avrò contrarli molli. Chi cresciuto alle nuove dot- trine di Rio e di Monlalembert vede nel Mantegna uno di quelli che contami- narono la purezza dell'arte cristiana, seguitando solo l'arte pagana, dirà che l'ho troppo lodalo. Altri, e saranno i più, mi grideranno all'eresia, all'irrive- renza, perchè osai dire non sempre grande il mio autore. Ai primi, che la storia dell'arte mirano da più nobile altezza che finora non si fece, risponderò som- messo: che un istante abbandonino il forse troppo accarezzalo sistema loro, più attentamente osservine? il Mantegna; e s'accorgeranno come v «..cctii n'-nt. 313 nali spesso da alcune Accademie a studiar male, o a non istudiar per nulla cosi imporlanle parte del corpo umano, si facessero a ritrarre molli dei piedi e delle maol del nostro autore. Essi apprenderebbero da tale esercizio un mezzo più prontamente efficace a ben sentire la verità , e a non vituperare lo ingegno in molte di quelle convenzioni che, lo ripelerò mille volle, sono la vera peste del- l'arte e la più contagiosa. Così il sistema convenzionale non ricomparisse nelle drapperie del Mantegna, le quali di solito non sono molto da lodare! II Loraazzo ci narra com'egli traesse le pieglie del panni dai modelli vestiti di carta e tela incollate. Se ciò fosse vero, non sarebbe difficile il dar ragione perchè i suoi panneggiamenti appariscano spesso così secchi ed angolosi, o, per raggentilire la frase colle parole del Vasari, crudetti e sottili. Le pieghe tolte da così fatti modelli non potranno mai appa- lesare il naturale, il semplice di quelle che rivestono l'uomo vivo: potranno forse acconciarsi al partito che chiude in mente l'autore, procurare un'oppor- tuna piazza di luce in una parte di quadro; ma conformarsi a verità ed a bel- lezza, difficilmente. Pur troppo questo detestabile sistema prese vigore quando la vera, la grande arte italiana rovinò a scadimento, e si abbietto sino a diventare decoratrice. Quelle menti grandissime di Michelangelo e Cuvreggio, siccome fu- rono i primi a trascinare la pittura fuori delle vie corrette, così i primi pur fu- rono ad adottare , se non precisamente quesLa maniera di pieghe , una che per gran parte la somigliava. Dopo, lutti s'affaticarono come meglio sapeano a cammi- nare per le orme di que'due grandissimi; e quali informi masse, piuttosto simili a scogli che a drapperie, facessero uscir dal pennello, lutti sappiamo anche trop- po. Che nei secoli del lussureggiante barocchismo si considerassero le pieghe ricopiate dalla lana e dal lino come nocevoli all'effetto generale del quadro, sta bene; perchè allora nell'arte ogni principio di verità e di ragione era ornai di- strutto: ma che in tempi tanto castigati quanto quelli del Mantegna, e da un uomo al par di lui casligatissimo in ogni ramo della pittura si corresse a cosi brutta licenza , confesso che non posso comprendere. Ben altra che quella accennala dal Lomazzo mi pare la causa dell'errore ora esposto. M ingannerò; ma quando osservo scrupolosamente i panni del Mantegna, mi sembra riconoscervi due prin- cipi! che lottano in modo strano fra loro, e nel disaccordo producono sconcezza. D'ordinario ogni falda, ogni seno di quelle drapperie è conforme a verità fino anche negli accidenti più minuziosi; il partito generale poi spiace o per astru- seria d'artifizii, o perchè caricatura deU'antico, e spesso dei bronzi di Donatello. 314- Da ciò quiudi argomenlo, che uel getto generale il nostro autore si proponesse d'imitare i marmi di Grecia, ma la peculiare esecuzione studiasse sul vero; e per mostrare indi poi come a quella gran norma sapesse conformarsi , riutrac- ciasse non già l' andamento caratteristico del panno ciie dovea dipingere, ma le falde casuali ed i seni contrastati cercasse apposta colle mani sulla drapperia che gli serviva d'esemplare. Non fu solo il Mantegna a seguitare questo sistema; altri Quattrocentisti pure lo seguitarono: ed invece che foggiar le pieghe colla maestà dei Giotteschi, ne rintracciarono quella che slimavano bellezza non nei più minuti effetti di un vero non artificiato, ma invece in certi accidenti ch'essi medesimi assestavano o congegnavano sui panni posti a modello. — Almeno i sommi d'al- lora acconciavano le pieghe sull'uomo vivo, e di là scrupolosamente le traevano; né facevano come certi artisti moderni, die raddoppiano la colpa cercando que- gli accidenti sul rigido Manichino, e menandone vanto. Ove talvolta il Blantegna è disegnatore senza menda è nelle sue incisioni , alcune delle quali per correzione , purezza e grazia superano quasi quelle dello stesso Raimondi. Che trovare di più castigato e di più gentile, nel solo contorno però, del Cristo portato alla tomba, della Deposizione di croce, di una fra le ta- vole dei Trionfi? Ma io farei danno alla verità ed al mio lettore, se continuando a parlare del Mantegna come incisore, non riportassi il sapiente giudizio che ne diede l'ingegnoso sig. Alessandro Zanetti nel suo bene illustrato Catalogo delle stampe contenute nel Gabinetto Cicognara. « Le merita d'André Mantegna comma graveur a été tantòt exagéré, tantòt » abaìssé saus raison. On a prétendu quii avait porte l'art à l'excellence; ce qui » est loiu de la vérilé: on a dit quelle ne lui devait aucun avancement; ce qui » est tout aussi faus. Malgré une certaine roldeur et uu manque de goùt dans » la direction des hachures qui sont presque toujours parallèles , caractéres gé- » néraux de l'art naissant, on ne peut méconnaitre dans ses estampes la plus » grande beaute de dessein et une admirable pureté de contours, que Marc-Au- )) toine lui méme atteignit, mais ne put surpasser , iointes a uu air de naìveté » et de gràce qui leur est absolumeut particulier. Peul-ètre ne serait-il pas in- » juste d'affirmer que ces estampes etant saus comparaison plus précieuses pour )) l'extrème correctiou des formes, que pour la mécauique des tralls qui marqueut » les ombres , elles sont plus propres à étre appréciés de préférence par les véri- » lables connaisseurs, plutòt que goutées par les simples amateurs. >ì 31 S Colorito. Ma del disegno delMaategna abbastanza; ora parliamo del suo colorilo, che specialmenle nei dipiali della sua eia migliore è succoso, robiislo, inlonatissimo, quanto i migliori Veneti. Nelle prime opere si attiene ad un sistema di tingere sbiadato, debole, e quasi monocromatico: effetto del lungo studio posto sui gessi e marmi antichi, o più forse dell'abitudine, non da lui solamente seguita, di di- segnare le intere storie sopra modelletli di creta o di cera, senza far mai abbozzi dipinti. Mengs crede che per la medesima ragione anche Raffaello tenesse i pan- ueggiamenti e le figure sulla prima linea del quadro, senza alcuna differenza di toni fra loro, come fossero di un solo colore. Il nostro Jlantegna non si diparti da questa maniera finché vide i Bellini; ma quando l'esempio di quei cari artisti gli provò quanto allettamento venga all'occhio ed all'animo da un bel colorito, si diede anch' eg;li a studiarlo con tutti i nervi. Infatti nelle storie di san Cristo- foro agli Eremitani, condotte appunto allorché egli legossi d'amicizia e di paren- tela col ricordati maestri veneti, disvelò una vigoria di tavolozza che ha pochi eguali. In alcune di quelle teste pare scorra il sangue sotto la cute, e gli acces- sorii sono toccali con una diligenza e verità stupende. E ben lontano per altro dal possedere l'impasto, la freschezza, la varietà dei Bellini, e soprattutto di Gio- vanni, che in ciò fa principe: e può dirsi, senza tema d'errore, il più gajo e vero pennello del quattrocento. Ove non ha forse rivali, ove va ammirato quanto studiato il Mautegna è nei magisteri pratici del colore, e nell'artifizio con cui lo conduce a riprodurre ogni più minuto accidente della verità. Dipinge egli una testa? Ed eccolo andar cer- cando con un pennello sottilissimo le pieghette, le rughe, quasi direi i pori della pelle. Colora una drapperia? Non tralascia un solo degli infiniti piani di quella, e le pareti delle falde rifiessa colla luce riverberata dai seni, e sullo stringersi dei seni stessi digrada il lume via via con tanta ingegnosa intelligenza di tinte e di prospettiva, che innamora i men teneri dell'accuratezza. Perciò ebbe ragione il Lomazzo (1) di osservare, che « Andrea Mantegna ha colorito con diligenza ed )) acutezza d'ingegno talmente, che in quella parte ha di gran lunga superati » tutti gli altri. » Qualche volta questa minuta diligenza del Mantegna nuoce in alcuna parie ali effetto: ma più spesso giova. Né può nou giovare: perchè, dicano quanto vo- (1) Idea del Tempio della Piliura, pag. 50. 316 gliono gli amici di quell'ideale che iuveula, e di quel grandioso che ommelle le squisitezze della verità, essere questo il modo di ammiserire i larghi effetti di cui devono far pompa i dipiuti, non sarà per ciò mea giusto che nelle piccole diffe- renze, più che nelle grandi, sta cosi la bellezza tecnica come la spirituale delle opere d'arte, e che ad arrivarle entrambe vuoisi diligenza di mente e di mano. Non è difficile accorgersi come il nostro artista più avesse la consuetudine del dipingere in fresco che in olio. Al pari di quasi tutti i frescanti, quando co- lorisce ad olio dà un po' nel monotono, nel pesante e nel fosco. Le carni, spe- cialmente delle donne e dei putti, spesso colora troppo brune, e le sue ombre mancano il più delle volte di trasparenza ed auche di giustezza nella tinta locale. Difetto opposto presentano le sue tempre, troppo di frequente o fiacche, o sto- nate. Nei freschi urta assai di rado in cosi fatti maucameali, e quindi è soltanto sugli intonachi che dobbiamo giudicare la perizia del suo colorire. Chiaroscuro. Nel chiaroscuro fu del pari molto dotto pe' tempi suoi. Non parlo dei quadri primi, a cui in questa parte possono apporsi mende moltissime; parlo de' suoi più belli, nei quali se non è peritissimo a trovare l'effetto delle masse ed a stac- care fra loro le figure, non ostante palesa molta conoscenza del fermarsi e dello sfuggir della luce. Può dirsi di lui ciò che pure può affermarsi di molti fra' suoi illustri coulemporauei: conobbe e trattò da maestro il partito individuale di ogni figura; quello generale della composizione talvolta o non intese affatto, od intese male. Ogni cosa è chiaroscurata in modo, come se dovesse stare da sé sola in un quadro; non mostra cioè nessuna dipendenza dalla luce e dal colore delle sue vicine. Spesso rinserrò un po' troppo i lumi a fine di trovare sulla tavolozza mezzi a riprodurre con precisione squisita ogni più minuta parte. Anche questo rimprovero cessa però dal meritarlo e nelle più volte ricordate storie di san Cri- stoforo agli Eremitani di Padova , e nei freschi di Mantova. Chi guarda a quei soli dipinti dà ragione al Lomazzo, il quale scrive (1): « che (il Mautegua) si )) applicò ad un lume pronto e minuto, ma graziato armonicamente, e con som- )) ma melodia riflessato. » PnOSPETTIV.4. La parte in cui fu veramente sommo, e non ebbe chi '1 superasse neppure nel lodatissimo cinquecento, fu nella prospettiva, scienza che conosceva profon- (1) Opera citata, pag. 52. 31Ì Jameule ìd ogni più riposto secreto: sicché a ragione scrisse 11 più volte citato Lomazzo (l): «essere il Mantegna stato il primo che ia tale arte abbia aperti gli 0 occhi, perchè comprese che la pittura senza questa è nulla. » È d'opinione M/ Rio nel suo bel libro sulla poesia cristiana, che il nostro pittore tale scienza apprendesse dallo Squarcione, il quale probabilmente ne avea fatto grande studio sulle gigantesche figure dipinte da Paulo Uccello in Padova nelle case dei Vitaliani. Viene ad appoggio di questa sentenza l'osservare, che altri seguaci della scuola Squarciouesca, come Melozzo da Forlì, Marco Zoppo, Cosimo Turra detto il Gosmè , Francesco Gossa riuscirono parimente abilissimi prospettivi. Io credo per altro che il Mantegna e gli altri che ho testé nominati meglio s'impodestassero delle regole prospettiche frequentando la scuola di pro- spettiva che a quei tempi erasi istituita in Padova a servigio del pubblico (2). La prospettiva, portata a regole fisse e ad un'utile applicazione da Piero della Fran- cesca nei primi anni del secolo XV., ben presto fu vagheggiala o meglio idoleg- giata da tutti gli artisti italiani, che facevano a gara d' insignorirsene e praticarla con sicurezza. In cosi gran voga andò allora questa scienza, che verso la metà di quel secolo già ne erano cattedre non solamente, come dicemmo, in Padova, ma ben anche in molte altre città. Ed in Venezia Gerolamo Malatini, matematico insigne pe' tempi suoi, ne teneva pubblico insegnamento, e la apprendeva ai Bel- lini ed a Vettore Garpaccio; ed in Milano Vincenzo Foppa ne dettava trattati; e ne scriveva con profonda cognizione in Firenze Leone Battista Alberti. Fu tale in quei tempi il furore, dirò quasi, degli avtisti per la prospettiva, che per- sino gli scultori si faceano vanto di conoscerla e di usarla. Quindi vedemmo i gentili Lombardi ed altri adoperarla con male applicata verità ottica persino nei bassorilievi. Non é dunque a sorprendersi se il Mantegna, per seguitare la moda e più quel sottile suo ingegno, che godeva ravvilupparsi nei più astrusi misteri dell'arte, si ponesse con ogni forza a studiarla, e la portasse più innanzi di tutti ^li altri contemporanei. Dovette essere in cuor suo molto lieto per tante fatiche durate quando vide comparire sotto il pennello ed archi e loggie e portici benis- simo tirati per ben intesi sfuggimenti. Quanta profonda conoscenza nel collo- care il punto visivo e l'altro della distanza v'è mai nelle prospettive del maestro (1) Opera citata, pag. 17. (2) Michele Savonarola, De laudihus Fatava, nel Voi. XXIV. pag. USO della Rac- colta Muratoriana Script. Rer. hai. 318 padovano! quanta dotta composizione di linee e perizia nel dar rilievo a colonne e ad ornati! — Troviamo per questo suo tanto valore sommamente lodato il Mantegua da tutti quelli che di lui parlarono, e specialmente dal Lomazzo (1), il quale con quel suo stile semi-barbaro volle dire, e no '1 seppe, come l'artista pa- dovano conosceva più d'ogni altro le finezze della scienza prospettica. «Benché «possedesse (dice egli) tutte le eccellenze della pittura, pur nella prospettiva, » che fu la principale, non potè levare alcuno la sua maniera e gli intrichi di )) quella, sicché non paresse fatta con arte. » Se ascoltiamo anzi questo autore, pare che il Manlegna avesse lasciato un pregevolissimo scritto intorno a simile importantissimo ramo dell'arie. Ecco le parole con cui il Lomazzo (2) fa menzione di ciò. » Fra quei pochi che hanno )) intese e speculate le ragioni nelle distanze della prospettiva, non le hanno però >i ad alcuno insegnate né scritte, salvo Vincenzo Foppa , Andrea Mantegna, e » Bernardo Zenale: delle cui opere scritte di mano loro, oscuramente però, io » ne ho assai vedute. » !\[a il gran passo che sembrami il Mantegna abbia fatto dare alla prospettiva, il passo per cui mi pare degno della riconoscenza di tutti gli artisti, è, secondo ch'io penso, l'applicazione ch'egli seppe trovare di questa difficile scienza alle varie posizioni e movimenti del corpo umano. Gli altri suoi contemporanei, an- che i più dotti, si valgono della prospettiva per isfoggiare in magnifiche architet- ture, e digradare case ed uomini secondo regola: ma così poco poi mostrano di conoscere le varie apparenze d'essa nelle differenti movenze dell'uomo, che ne- gli scorti danno spesso in errori madornali. — L'acuta mente del Mantegna vide più là: vide che senza sottomettere alle norme di prospettiva una figura, era dif- ficile che le varie sue parti somigliassero a verità: vide che, per giungere a ciò, era iorza saper dare ragione d'ogni voltarsi e d'ogni scortar delle membra, e ri- levarne con ogni cura le più piccole differenze ed effetti: uè potersi far ciò senza venire ajutati dalle più fine cognizioni di prospettiva. Eccolo quindi con minuta ma dottissima attenzione rendere di oeni fermaslio o fettuccia le erossezze, la profondità, lo scorto; eccolo riporre nelle piccole differenze, direi quasi, il fine principale della parte tecnica dell'arte. — Mirabile, quantunque troppo da lui accarezzato magistero, che raccomandiamo alla osservazione di quei giovani bene (1) Idea del Tempio della Pittura, pag. 150. (2) Trattato di Pittura, pag. 254. 319 avviati, i quali non pongono ogni loro gloria ad emulare i larghi e macchinosi parlili di chiaroscuro iascialici dai Caracci; uè, accecati da rea educazione, sti- mano sia ignobile od inutile la imitazione di ogni più minuta apparenza del ve- ro. — Questa mia opinione intorno al Mantegna parrai la confermi il Lomaz- zo nel passo seguente (1). « Andrea Mantegna ha fatto alcuni disegni di prospet- » tiva, dove ha delineate le figure poste secondo il suo occhio, delle quali io ne » ho vedute alcune di sua mano, cou suoi avvertimenti in iscritto, presso Andrea » Gallerate, grande imitatore di quest'arte. » Se fu per altro il Mantegna dottissimo nella lineare, no '1 fu egualmente nella prospettiva aerea, che, al pari di quasi tutti i pittori di quella età, curò meno di tutto il resto. E raro che le sue figure lontane, degradate matematicamente colla più scrupolosa scala prospettica, mostrino quelle ombre incerte e quei lumi fo- schi, che nel sito ove fingono esser poste dovrebbero pur appalesare. E raro che gli oggetti dieno apparenza di staccarsi l'uno dall'altro, come se per mezzo vi spaziasse l'aria. Tutto vi è particolareggiato anche in distanza con la diligenza e la precisione delle parli vicine; tulio vi serba la medesima forza, il medesimo va- lore di chiaroscuro. Fossero pure ignari di questa bella parte della prospettiva molti fra i pittori italiani d'oggidì; ma almeno couoscessero la scienza quanto il nostro Mantegna: lorse non si vedrebbero in tanti dipinti quegli impudentissimi farfalloni, che ac- cusano la lercia ignoranza dei loro autori. Tante figure non si mostrerebbero così mal collocale; tanti edifizil disegnali sul campo non parrebbero disegnati in aria; i personaggi disgiunti dalla prima linea del quadro non somigiierebbero a nani od a giganti. Ma pur troppo ho paura che sia tuli' altro che vicino il giorno in cui vedremo svelli dalla radice errori così goffamente madornali, perchè mi pare che in Italia sieno ancora troppo pochi gli artisti che studiano davvero le regole e le ragioni della prospettiva. Né perchè muovo queste querele è già mia intenzione di persuadere i giovani a sdrajarsi sulla scienza come il nostro Mantegna. Io tengo anzi per fermo, che la maggior parte dei difetti che in queste osservazioni dovetti apporgli sieno frullo del troppo amore da lui posto a così falla scienza. L'abuso degli scorti, quei problemi di disegno cosi difficili a scioglier bene, od almeno gradevolmente, sono colpe, a mio credere, prodotte dal bisogno, e quasi direi dalla vanità ch'egli provava di mostrarsi inviscerato nelle doUriue prospel- (1) Idea del Tempio della Pittura, pag. 254. 320 • tiche. Senza anche portarsi al tempi del Mautegua, in cui questa severa discl- pliaa doveva affascinare gli occhi fino allora inesperti, e stranieri onninamente a' suoi miracoli, essa è di per se scienza ammaliatrice, la quale quando si appiglia fittamente nel cervello di un artista cotanto il padroneggia , che gli fa credere l'arte altro non essere che un gran quesito di prospettiva. E siccome lutto quanto si presenta allo sguardo può venire sottoposto alle sue leggi, accade che il pit- tore, il quale ne piglia vaghezza, te la fa comparire non soltanto nelle linee del fondo, negli atrii, nelle loggie, ma ben anche nelle mani, nelle braccia dell'uomo, nel piegarsi del corpo. Difficile ed astrusa nelle sue teorie, più difficile nelle sue applicazioni pratiche, è chiaro ch'essa è acconcia a lusingare l'amor proprio del pittore in essa erudito: e quindi agevolmente lo eccita a proporsl alcune diffi- coltà, onde mostrarsi valente a superarle. Ecco quindi le ragioni che spinsero il nostro autore ad applicarla alla figura umana, e quindi ad essere uno dei primi che tentassero quegli arditi scorti, i quali sebbene sieno conformi a verità, pure la presentano sotto aspetto qualche volta sgradevole. La prospettiva, applicata con mitezza e temperanza, sarebbe stata un vero bene per l'arte; le avrebbe impres- so un utile movimento progressivo; sarebbe divenuta davvero, come la chiamò il gran Leonardo, guida e timone della pittura : ma usata senza misura né modo, usala con tanta sfrenatezza da far tacere le ispirazioni del cuore caldo di un concetto sublime per sottoporle ad agghiadate regole, fini ad essere dannosa alla pittura regalandole quegli scorti affettati, contorli, veri, ma inverosimili, per cui andarono sì pazzi alcuni artisti sul finire del secolo XVL E forza cre- dere che un cosi fatto delirio sia pece che non si slacca più dall'uomo, quando ne fu una volta invescato. Infatti il nostro Mantegna giunse a dimenticare l'ari- dezza del maestro; dimenticò anche i freddi sludii fatti sull'antico; abbandonò il colore falso che era solilo usare, e segui quello vaghissimo dei Bellini: ma non dimenticò mai l'amore smodato per lo scorto, in cui fu sì valente, e sgraziata- mente così lodalo e così imitalo. Ben avea ragione Prospero Fontana, quando insegnava la divina arte dei pennelli al gentile Tiariui, di raccomandargli a uou profondarsi nella prospettiva così, ch'egli non avesse poi un giorno a lamentare il tempo perduto. « Essere essa (gli inculcava) una scienza che ricercasi nel pil- )) lore storico sì, ma più per necessità che per professione; si specchiasse in Ga- » lasso, nel Mantegna, ed in altri, che per restarvi troppo attaccati s'erano dis- )) giunti dal buon guslo. n 321 Architettura. Se il Maulegna fu grande nelle prospellive, no '1 fu cerio meno nelle architet- ture che iu gran copia e cou variato sfarzo ci presenta ue'suoi quadri. Beu lontano dal manifestare secco e peritoso stile, appalesa la grandiosità delle moli romane senza ombra di timida imitazione. Cosa che sembra meravigliosa quando si consi- dera come sempre accarezzasse un fare minuto secco, e qualche volta troppo im- peciato di imitazioni. — Si vede chiaro che l'architettura conosceva ben più che da pittore; e quando si osservano i fondi de' suoi dipinti, non reca più sorpresa che in Mantova architettasse, come affermano alcuni scrittori, e la propria abita- zione, e S. 3Iaria della Vittoria, e la celebre Rotonda tanto lodata dal Bettinelli. — Tutti i campi del Mantegna sono sparsi di magnifici atrii, d'archi di trionfo, di portici, di superbe colonne, specialmente corintie. Se così corretta sontuosità si scorgesse soltanto negli edifizii da lui posti nelle ultime sue opere, si potrebbe credere ch'egli la imparasse quando fu iu Roma a dipingere in Belvedere per Innocenzo Vili. 5 ma egli la disvela forse maggiore nelle sue prime, quando non era ancora uscito da Padova, od almeno dalle venete città. Chi dunque gliela in- segnò? Probabilmente lo stesso Squarcione, che ue'suoi viaggi avrà disegnati molti di quei greci e romani ruderi, e li avrà poi dati ad esemplare al discepolo. Mi viene però sospetto che il Mantegna apprendesse il gusto della romana archi- tettura misurando egli stesso gli edifizii antichi di Verona, che era allora fra le città italiane quella che dopo Roma serbava i più grandiosi avanzi di vetuste moli. A questa congettura mi conduce l'osservare, che sovra l'arco trionfale da lui posto in uua delle storie di sant' Jacopo ai nostri Eremitani scrisse iu un canto Lucius Vitnn'ius Cerdo^ che fu un antico architetto di Verona, il quale alzò colà l'arco de' Gavii, ora miseramente atterrato. Vero è che il Mantegna per nulla intese d'imitare quell'illustre monumento; ma avrebbe egli forse colle ac- cennate parole voluto farci comprendere che i maestosi avanzi veronesi gli erano stati guida nell'appreudere l'architettura? Che che ne sia di ciò, è certissimo che sui ruderi ancora surgenti iu Verona e nella provincia egli pose studio partico- lare; perchè Felice Feliciano nel suo Libro di antiche lapidi, scritto nel lAGS, ci narra essersi aggirato in compagnia del nostro pittore e di Samuele da Tra- date per varii luoghi presso il Lago di Garda, misurando monumenti e rico- piando le iscrizioni. Né certo queste escursioni erano accidentali, o straniere alle inclinazioni del Mantegna: che egli anzi godeva mostrare profondità nella scienza 4' 322 archeologica; e perciò, quando gliene veuiva il destro, inframmetteva a quelle sue correttissime architetture o qualche fregio o qualche bassorilievo antico, o qualche epigrafe romana. Paese. Chi seppe si maestrevolmente rappresentare le architetture e le prospettive , era poi debolissimo nel frappeggiare le frondi, nel colorare i sassi, nel toccare finalmente tutti quegli oggetti che gli artisti conoscono sotto il geneiùco titolo di paese. In ciò il Mantegna si mostra più arido, più stentato di tutti i contempora- nei, che, per dir giusto, non valsero gran che a raffigurare la campestre natura. Giovanni Bellini fu secco, è vero, ne' suoi paesi; ma le sue tinte iacanlauo per soavità. Cima da Conegliano anch'egli non foggia sassi ed alberi colla squisitezza di un Dietrichs; ma ebbe però somma perizia a scegliere i paesaggi con cui or- nava le cristiane ispirazioni del suo pennello. Quelle sue rupi, que' suoi colli pa- jono spandere ilarità , come il cielo purissimo sotto cui respirò le prime aure di vita. Sempre fresco e vigoroso nel colore, sia ch'egli rappresenti un rustico ponte, o le capanne de' suoi colligiani, o le spume de' patrii torrenti, tutto così dispone col sentimento del vero e del pittoresco, che se anche non avesse quel si gran nome come artista cristiano, meriterebbe d'occupare come paesista uà posto lu- minoso nella storia dell'arte. Il troppo celebre Fra Filippo Lippi ed il figlio di lui Filippino trattarono il paese con tale vaghezza e varietà, che sarebbero pure ammirati a' giorni nostri, in cui tanto domandiamo ai pittori di questo genere. Perchè l'artista possa toccar frondi, acque e monti leggiadramente è pur neces- sario che abbia l'anima informata alla grazia; ed il Mantegna, come vedemmo, tanto pregio desiderava. Invenzione e Composizione. Dire di un artista eccellente, che mostra sempre molto merito nelle sue com- posizioni, è d'ordinario arrischiata sentenza; perchè a fare che ciò fosse vero bi- sognerebbe che in tutta la sua vita avesse trattato una sorte sola di soggetti. Già parnii non vi sia bisogno di lunghi ragionamenti ad andar persuasi come non sia tutto da tutti: le menti universali sono più rare di quello si pensa; e se Michel- angelo fosse in pittura tanto valente come in architettura, non so quanti ammi- rerebbero i Profeti della Sistina. F. chiaro che quello il quale pose profondi stu- dii sulle sacre carte, e sente nell'animo veramente la fede, condurrà meglio uà dipinto tolto dai Vangeli, che dalla storia profana. Chi visse fra il popolo, ed in- namorò de' suoi poetici costumi, più che ad ogni altra rappresentazione darà ca- 323 lore alle scene popolari. Chi invece a lungo medilo sulla storia aulica, e si nulri di erudite letture, nei soggetti mitologici, allegorici o storici sarà valente come il nostro Mantegna, il quale e per indole propria e per educazione riuscì in argo- menti così falli e maggior di sé slesso, e superiore ai contemporanei. Chi vuol sapere quanto egli nella invenzione potesse, si fermi dinanzi ai due quadri alle- gorici che ne ha Parigi, ovvero alle incisioni del Trionfo di Cesare, e lo vedrà compositore vario, dotto, ingegnosissimo: v'è tutto l'uomo là dentro; l'uomo che gode mostrare quanto sapesse congiungere la solligliezza alla erudizione. Si guardi un quadro sacro del Mantegna; e la composizione, quantunque severa, si vedrà sovente mancare di sobrietà e di raccoglimento, slegata, fredda. Goll'anima non molto temperata all'affetto, cresciuto fra studii austeri, proclive a cercare col fuscellino ogni occasione a farsi conoscere abilissimo in tutto quello in cui voleasi dottrina varia, acume d'intelletto, e perizia vasta dei più difScili problemi prospettici, non è a maravigliare se qualche volta perde di vista il soggetto prin- cipale per non accarezzare che gli accessorii; se per manifestarsi sicuro nello scorto, ed attirar su ciò l'allenzlone, usa molli arlifizii, in cui l'arte non è mai nascosta; se va in cerca di affettati contrasti; se troppo lussureggia di fabbriche nei fondi; se troppo affaldella sulle vesti e fettuccie e nastri; troppo straccarica d'ornamenti gli abiti e le armature. Per amore del vero devesi dire, che questi rimproveri non meritano i più volte ricordali due spartimenli di san Cristoforo agli Eremitani di Padova ; ma , come già notai , que' due dipinti sono una vera anomalia /iella carriera pittorica del Mantegna. Espressione. Né certo la dotta ma non calorosa anima del Mantegna valeva ad improntare quanto bastasse nei volli e negli alti il multiforme movimento delle passioni, senza che vi fosse peccato o per eccesso o per difetto. Ed in vero due differenze notabilissime scorgonsi d'ordinario nelle sue leste, per quanto spetta alla espres- sione. In quelle cavate dal naturale, in cui avea vaghezza di colorire ogni minu- zia, leggesi, direi quasi, lo stupore e la noja, che si stampano sul volto di coloro che durano immobili lunghe ore per farsi ritrarre. V'ha nei ritratti del Mantegna una verità ed una scienza maravigliosa ; ma il soffio di vita, la parola, l'anima in somma, vi manca. Bisogna credere ch'egli non la pensasse come il sommo Leonardo, il quale mentre ritraeva la bellissima Lisa Gioconda (l) voleva vi fosse (I) Vasari, Fita di Leonardo da Filici. 324 chi nella stanza cantasse o suonasse, a (ine brillasse nel volto dell'avvenente donna l'allegria e la gajezza ch'egli desiderava trasfondere sulla tela. Di fatto ella è viva, ella parla quella bella Lisa. Il Mantegna, cosi freddo nei ritratti , esagera poi stranamente la passione nelle teste ideali, forse perchè seutendo l'anima poco disposta alle delicate vibrazioni dell'affetto, correva in eccesso per timore di ap- parire insignificante. Specialmente nelle persone atteggiate al dolore dà spesso iu contorcimenti troppo lontani da verità, abbassando più del bisogno gli angoli della bocca, allargando e contraeudo di soverchio gli occhi, le ciglia e le narici. Qualche volta mi pare che anche in questa parte s'inspirasse nelle opere di Do- natello, il quale, per dir vero, cade spesso nell'esagerazione quando si propone di commuovere il cuore. — Il Mantegna non sentì gran che la espressione bi- blica e cristiana; e questo fu certo più colpa dei metodi di educazione e degli esemplari da lui seguili, che non di un'anima sprovveduta intieramente di poesia. Dico ciò perchè, ove potè dimenticarsi e lo Squarcione e Donatello e le statue, valse anch' egli a raggiungere, quasi al paro degli artisti fiorentini ed umbrii, i soavi tipi tradizionali del Salvatore, della Vergine e dei Santi. Ed il Rio mede- simo,- che alla pag. 148 accusò il Mantegna di non aver mai saputo scuotere in- tieramente il giogo impostogli dallo Squarcione, e di aver considerato la imi- tazione delle statue antidie come il fine supremo dell'arte, dovette, poche pa- gine dopo contraddicendo a sé stesso, confessare che le due insigni allegorie del Mantegna, che stanno al Louvre, disvelano (pag. 450) invincibilmente come le immaginazioni cristiane potevano concepire il bello in una maniera indepen- dente anche trattando soggetti profani. Non consiglierei per altro quel giova- netto che si sentisse chiamato a riprodurre i fatti insigni dei due Testamenti, ed i misteri della benii;ua nostra religione, a pigliarsi per guida il Mantegna. Invece egli fermi lo sguardo sui capolavori di Gioito, di F. Angelico, del Perugino, di. Raffaello nelle tavole sue prime, e sentirà, per non so quale assimilazione direi quasi magnetica, il pensiero proprio collegarsi al pensiero di quegli uo- mini sommi, e le inspirazioni loro penetrare iu lui stesso. Gli sarà d'uopo del sangue freddo, della rillessione, per sceverare la parte pratica dell'arte dalla spi- rituale, apprezzare l'esattezza delle linee, la perfezione del colorito. Per contra- rio, quando osserverà la maggior parte delle opere del Mantegna, le vedrà non altro essere che il prodotto di un uomo il quale considerava la dottrina tecnica dell'arte nou altrimenti come un mezzo, ma come un fine : di un uomo che con magistero insigne tentava combinare gl'infiniti di lei processi; d'una mente che 325 di rado prende fiamma dal cuore , ma iavece sollliraenle cerca di sfoggiare in trovati difficili, od in composizioui erudite, od iu allegorie rappresentate da dotta più che facile mitologia: allegorie astruse alle iatelligenze comuui, ma che do- mandano immaginazione nutrita da profondi e varii studii. Né sia da sorprendersi se col cuore, dirò così, meno artistico di molli fra i grandi dipintori dell'età sua potè conseguire lode pari ad essi, e presso i con- temporanei anche maggiore. Due potenti cause, a mio parere, contribuirono a ciò. Prima di tutto la pendenza dei tempi , i quali professavano una specie di idolatria ad ogni artista che si fosse proposto a modello le bellezze lasciateci da Atene e da Roma. La grande scoperta di quel secolo, la stampa, col più diffon- dere i Classici greci e latini poco noti prima, indi il tanto dlsotterrarsi di statue e marmi antichi, furono le vere cause di ciò. Un artista dotto nelle antichità, e delle antichità imitatore , saliva allora in moda prestissimo. Ed in fatti il 3Iante- gua cominciò ad aver grande rinomanza di sommo quando dipinse in Mantova i Trionfi di Giulio Cesare; soggetto acconcio a spiegare la molta erudizione ar- cheologica ch'egli possedeva, e quel grande bisogno suo di ricopiare dagli anti- chi marmi. — La seconda causa, che giovò a renderlo notissimo e lodatissimo , fu, secondo che io penso, la popolarità da lui acquistata a mezzo del bulino, che uno de' primi trattò con valore veramente mirabile, considerando ai tempi in cui visse. In un'epoca in cui, e pei difficili viaggi e pei pericolosi commercii, i lumi potevano così scarsamente diffondersi, e le produzioni dello ingegno come la fama degli autori doveano spesso per lunga età rimanersi serrate nelle brevi cerchie dei singoli municipii, l'invenzione di un abile pittore, moltiplicata per centina ja di copie , dovea ingenerare una specie di fermento, un entusiasmo che facilmente persuadeva gli spiriti a credere ancor più valente di quello fosse iu fatto l'autore di tanto mii-acolo. L'incisione allora era per la pittura ciò che fu la stampa per gli scritti: chi faceva uscire dai torchii un libro addita vasi come intelletto singolare ; chi incideva le proprie composizioni si metteva al di sopra di qualunque pennello illustre. Certo Raffaello fu il primo artista del famoso suo secolo e dei susseguenti; ma crediamo noi che cosi presto sarebbe salito iu tanto nome universalmente senza le belle incisioni di Marcantonio, che lo fecero co- noscere da per tutto? Non taciamo un'ultima causa che dovette valere a rendere più estesa la ben giusta rinomanza del nostro pittore. Si amicò molti dotti o conversando soventi volte con essi .^ o riproducendo le immagini loro in tavola o sugli intonachi: ed 3'2G essi que'dolti, educati alla letteratura incensiera dell'antica Roma imperiale, ricam- biarono la dimestichezza e la cortesia di lui con ceuto di quelle lodi che sarebbero giusta testimonianza del merito vero, quando fossero scevere da adulazione; ma invece al merito vero sono danno gravissimo. Cosi la critica de' nostri giorni le avesse poste in conveniente dispregio, che non avremmo a lamentare tanti enco- raii malamente prodigati a misere mediocrità Ma torniamo al Mantegna. Fe- lice Feliciano, a fine di mostrargli la propria riconoscenza perchè gli fu compa- gno in molte delle sue peregrinazioni archeologiche, gli dedica il suo libro di an- tiche lapidi, e senza titubazione lo chiama principe.^ unico lume e cometa dei pittori (1). Giovanni Vitezio unghero, Vescovo di cinque Chiese, per ringraziare il nostro artefice di un ritratto ch'ebbe in dono da lui, gli consacra la seconda delle sue Elegie latine: e fra mille spiattellale adulazioni gli dice che Mercurio creollo di stirpe divina, e ch'egli sovrasta di molto agli antichi per ingegno e per arte (2). ^latteo Bosso, Canonico di Verona, a cui il Mantegna avea donato uu quadro, lo chiama in certe sue lettere qui primam gloriam nostro aevo est as- secutus (3). Il poeta Battista Spagnuoli, detto il Mantovano, nella Selva VI. del Libro secondo , enfaticamente apostrofandolo , esclama : Tu decus Itnliae no- strae, tu gloria saecli; e poi con matti encomii lo pone al di sopra di Parrasio, di Apelle, di Protogene (4) : superiorità facile a provarsi, dappoiché di quegli in- signi antichi non più ci rimane neppure un segno. Spinge poi a tanto la sfron- tatezza, che per rilevare 11 merito del Mantegna nel trattare anche il marmo, lo dice niente altro che emulatore di Lisippo, di Fidia, di Policleto!!! — Non fini- rei così presto, se tutte volessi ridire le sconfinate lodi che il nostro pittore s'ebbe dagli amici letterati. Gli scritti degli uomini di lettere faceano a que' giorni ben più impressione che a' nostri sulle moltitudini, e quindi doveano condurle facil- mente nelle opinioni da essi esternate. Un'elegia latina, un epigramma, un so- netto in lode, valeva allora come a' di nostri un articolo di giornale incensiero: con questa differenza, che adesso la stampa periodica smentisce immediatamente (1) Felicis Feliciani Ferotiensis Epigrammata etc. — Nella Biblioteca Capitolare di Verona, al N. 269-FF. (2) Jnnì Pannonii qiiinqiie Ecclesiarum olim Antistilis Poi-mala. — 1784, Voi. II. in 8.° Parte I. pag. 276. (3) RJatthaei Bossi Opuscula atque Epistolae. Epist. LXXII. (4) Baptistae Mantiiani Opera omnia. Bononiae, per Benedictum Hectoris, 1502, in fol. Sj-lvarum Lib. VI. Sylva XI. pag. 239. I 327 i tòrti giudizii e l'encomio eccessivo; ed in que' tempi invece poche cose an- dando pel torcili! , spesso uu errore stampato si perpetuava di generazione in generazione. Non però le scuole pittoriche dell'Italia assentirono allora intieramente ai tanti elogi prodigati al Mantegua; e se ne ammirarono il sapere versatile, non vollero però seguitare quel suo secco sistema. Cosa veramente curiosa; in un tempo in cui ogni maestro di grido avea tanti imitatori, il Mantegna pur così le- vato a cielo da mille voci, n'ebbe si pochi. La sua maniera fluisce quasi con lui; prova non dubbia ch'essa non parlava all'animo la inspirata parola dell'af- fetto. Tutti i seguaci eh' egh ebbe si riducono al seguenti. I suoi due figli Lodo- vico e Francesco, Carlo del Mantegna suo ajuto, qualche ignoto di cui il Lanzi ricorda non pregevoli dipinti sparsi per Slantova, il Carotto che più di tutti gli si accostò da valente, ed 11 Monsignori che in virile età dallo stile del maestro al- quanto si allontanò. Che insegnasse al Correggio fu già provato esser falso. La- sciò scritto il Vasari, che fu maestro al Montagna, allo Speranza, al Veruzio. Ma quando si osservano attentamente le opere di Bartolommeo Montagna , special- mente le ultime, si ravvisa esser egli ligio allo stile dei Bellini. Giovanni Speranza parmi vada noverato piuttosto fra gli imitatori dello Squarcione , che non fra quelli del Mantegna, tanto s'attiene a quel secco stile; ed intorno al \'eruzio, se mai, come pretese il Lanzi in una sua nota (1), è Io slesso che soscrlvesi in al- cuni àipmli Franciscus Verlus de Vice tea. aazichà al sistema del 3Iantegna, sembrami vòlto all'altro dei veneti maestri. Quanta differenza fra questo piccolo numero e quello grandissimo dei pennelli usciti dalla scuola bellinesca! jìì, u.,ì Ned è già difficile a trovare la ragione, perchè anche vivendo in tanta pros- simità di Venezia, anche essendo legato di parentela coi Bellini, il 3Iautegna non trovasse in quella metropoli fautori. Vedeano i Veneziani che Gentile e Giovanni aveano ben altro e più giusto scopo, che non il Mantegna; vedeano che per quei potenti intelletti era unico elemento dell'arte la fedele imitazione del vero; norma preziosa finché rimase nelle mani loro, e solo contaminala quando in più tardo secolo i veneti pennelli stimarono unico fine dell'arte la materiale e prosaica rap- presentazione delia forma. L'elemento classico che avea per unica meta di segui- tare gelidamente l'antichità pagana, quello su cui pur tanto studiò 11 Mantegna, non poteva attecchire lu una Venezia, ove statue greche eran poche, e non In iliqi Olla ; oi (!) t^anz'ì. Storia pittorica dell'Italia. Ediz. di Venezia 183S. Voi. VI. p.ig. 64. 328 pubblico; ove rovine di edifizii anlichi ooa si vedeano; ove ogni sasso ricordava libere glorie e recenti; ove la repubblica non mirava a formulare il pensiero alle leggi e pompe romane: ma s'atteneva alle repubblicane del medio evo, ma cer- cava quella popolarità che era nerbo a paese in cui il nobile si lanciava nel com- mercio al paro del popolano, un ai ' Concludiamo finalmente, che n'é già tempo. Il Mantegna non ebbe la mi- stica ispirazione, il cristiano sentire di Lorenzo de' Credi e del Pinturicchio , il savio e nobile comporre del Perugino, la bellezza nei panni del Ghirlandajo, la freschezza nel tingere dei Bellini, la inviscerata conoscenza dei tipi tradizionali ed insieme il più scelto studio della natura di Francesco Francia, la inarrivabile squisitezza Dell'osservare il vero del Vinci; ma più di tutti questi sommi contem- poranei fu dotto nel disegno , appunto perchè la scienza prospettica applicò con istupenda accortezza ad ogni oggetto del vero. Li avrebbe forse uguagliati e su- perati anche nelle altre parti della pittura, se non gli fossero falliti, celeste raggio, la grazia e l'affetto. Ma egli, come quasi tutti gl'ingegni profondi ed acuti, tante cose potea col pensiero, nessuna col sentimento. Lo stile suo è sempre castigalo e severo, e la sua maniera potrà forse condurre a qualche convenzione, ma non però ai delirii del baroccume; perchè ogni cosa uscita dalla sua mano, anche non bella, è raro non porti il marchio della ragione. Accortosi che non riusciva ad arrivare la grazia, innamorò delle difìlcoltà, e le sfidò da grande; sicché vedi in lui chi cerca a bella posta il difficile, per mostrarsi valente a superarlo. Un suo dipinto potrebbe paragonarsi a quelle musiche dagli intelligenti chiamate dotte, ma che mai non ci danno un palpito di commozione. Mente geometrica, appaga l'intelletto; al cuore non scenderà mai: cercatore passionato della forma, poche volte seppe sacrificarne le inutili minuzie all'impeto dell'idea, forse perchè all'idea raramente era Gamma l'affetto. Ingegno penetrativo, avrebbesl potuto a lui ap|ilicare il dello che Miclielangelo male a proposilo appose all'Urbinate di- vino: era una prova di quanto possa fare lo studio profondo. Farmi in brevi parole possa dirsi di lui, ch'egli sapeva tutto quanto puossi in così difficile arte insegnare, nulla di quello che né maestri, uè modelli, uè studii varranno mai ad apprendere: intendo dire quella indefinibile potenza, quella scintilla maraviglio- sa, che presto s'avviva in fiamma sacra e divina: scintilla che fece operare mira- coli allo scalpello di Fidia, ed ai pennelli del Vinci e del Sanzio; che spinse la ieroce bile dell'Aligliieri a valersi della più unificatrice delle forze, la religione, i 329 per tuonare ai Re ed ai popoli uu aspro ma santo vero ; che infiammò Torquato misero a cantare, anche fra le nequizie di tenebrosa Corte, la sacra conquista; lanciò a coraggiose fantasie la ricca musa dell'Ariosto; dello gli luui a Man- zoni, r ildegonda a Grossi, la Norma a Bellini; quell'e^^ Deus in nobis ^ senza cui le inspirazioni dell'arte si convertono in aridume di scienza, e la scienza non giunge, sublime suo segno, la verità. — Bene Ovidio quell'impulso somi- gliò a divinità, perchè quando l'uomo sente nell'animo ala potente a trattar grandi voli, è uno spirilo sceso dall'alto che lo ajuta a sollevarsi da terra. FINE DEL VOLUME QUINTO. 4. 331 AGGIUNTE E CORREZIONI Nota. Una ililigenlc revisione del calcolo relativo alle annue variazioni rli cadauna Slellaha fallo discuopiire alcune leggiere correzioni, le quali, sebbene il più delle volle non abijiano in- fluenza sensibile, crediamo opportuno di mii rilcrire, perchè ciascheduno possa inserirle ai nu- meri progressivi corrispondenti tanto in AH, quanto in declinazione. Correzioui delle variazioui iu h\\. ZONA I. ZONA II. ZONA HI. ZONA IV. ZONA V. Nuni. Var. annua Nuni, Var. annua Xum, Var. atmua Aum. Var. annua Nuni. \ ar. annua progr. corretta progr. corretta progr. corretta progr. corretta progr. corretta 93 .-ì'.'odS lo 3^092 13 3'.'099 87 3.212 94 3.049 35 3.118 21 3.137 107 3.166 99 3.051 44 3.088 22 3. Ili 126 3.118 108 3.085 57 3.131 26 3.139 127 3.120 133 3.067 141 3.0G8 79 3.186 141 3.073 170 3.081 167 3.029 83 3.176 170 2.988 172 3.063 200 3.039 123 3.105 180 2.973 187 3.094 223 3.004 160 3.011 189 2.959 191 3.046 234 235 280 3.034 3.015 3.065 172 207 222 249 3.015 2.958 2.972 ?..0IS Correzioni delle variazioui io declinazione. 74 85 87 90 92 115 121 123 130 190 197 204 209 221 3.283 7.734 8.534 9.432 10.072 16.389 17.707 18.119 19.202 9.094 6.451 3.158 1.037 3.199 83 99 U3 159 132 219 228 238 255 261 4.158 11.308 15.545 17.883 19.760 1.570 4.624 8.961 14.978 16.670 57 78 112 124 126 144 172 185 193 195 215 217 230 2.977 4.953 16.242 19.188 19.495 19.696 11.809 6.490 2.595 2.134 4.866 5.766 11.5S9 58 77 85 100 102 125 134 161 162 185 201 235 5.598 3.339 6.658 12.151 12.777 18.533 19.772 17.652 17.307 8.724 1.095 13.371 45 52 110 216 228 229 232 286 12.091 9.629 12.326 3.G82 0.393 0.778 2.027 17.063 ZONA VI. 171 9.344 333 INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO QUINTO V0LU3IE -»«^H<>«i CATALOGO DEI IVIEMBRI COMPONENTI LA I. R. ACADEMIA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI .oD iui;i\\>a'/ì o DI PADOVA «•l CONSIGLIO ACADEMICO Presidente. Spongia Dolt. G. Filippo. Vice - Presidente. Agostini Ab. Prof. Stefano. Direttori delle De Zigno Nob. Achille (fisica). Classi. Magna Dott. Giambattista (medica). Turazza Prof Domenico (matematica). Bonato Ab. Prof Blodesto (filosofica e Lettere). Segretarj. Jlenin Ab. Prof. Lodovico (per le Scienze). S. E. Cittadella Vigodarzere Conte Andrea (per le Lettere). Àrdi." e Bibl." Meneghini Prof Giuseppe. Cassiere. Bernardi Ab. Giuseppe. V MEMBRI ONORARI S. A. L R. l'Arciduca Ranieri, Vice-Re del Regno Lombardo -A'enelo. S. A. I. R. l'Arciduca Giovanni d'Austria. '-^ S. A. S. il Principe de Metternich-Winneburg di Ochsenhausen, Ministro dì Stato di S. M. I. R. A. S. Em. Rev. il Cardinale Monico, Patriarca di Venezia. S. Em. Rev. il Cardinale Mai. S. A. S. il Principe Ernesto di Arenberg. S. E. il Conte di Kolowrat-Liebsteinski, Ministro di Stato di S. M. I. R S. E. il Conte Carlo d'Inzaghi, Consigliere Intimo di S. M. I. R. A. S. E. il Conte Luigi PalfTy Governatore delle Provincie Venete. S. E. il. Conte G. B. di Spaur, Governatore delle Provincie Lombarde S. E. il Conte Jacopo Mellerio, Consigliere Intimo di S. 31. L R. A U TI ■A "A S ut. 31 VI S. E, il Patriarca Arcivescovo Ladislao. Pyrker. - S. E. il Tenente Mai-esciallo Federico Bianchi, Duca di Casalanza. losia Luigi de Jiìstel, Priore mitralo a Wichelirad, L R. Consigliere di Sialo e delle Conferenze. Amici Cav. Prof. Gio. Ballista. Anguissola Conte Gio. Battista. Balbo di Vinai Co. Cav. Prospero. Beroaldo de Bianchini Nob. Natale, Te- Lindenau (de) Barone. BLaffei Ab. Cav. Prof Giuseppe. Marzani di Steinhof e Neuhaus Co. Giambattista. Mazzarosa S. E. March. Antonio. Mayer di Gravenegg Cav. Giuseppe. nenie Maresciallo. Berzclius Prof Giangiacomo. Bonaparle Cai'lo Principe di Canino e Melloni Prof BLicedonio di Musignano. Bonaparle Principe Luigi Luciano. Caccia Cav. Gaudenzio. Canova Monsin;nor A^escovo di Mindo. Cousin A'illorio, Pai-i di Francia. Caecli Prof Francesco Ermanno. Debrois de Brugeck Giovanni, Consi- gliere Aulico. Derchich Consigliere Nob. Giuseppe. Farina Monsignor Vescovo di Padova. Farini Prof Pellegrino. Fischer Prof G. L. Fuss Cav. Nicola. Gay-Lussac Prof N. Ghilossi Conte G. Ignazio. Groeller (de) Cav. Antonio. Harles Prof G. C. Hildenbrand (de) Cav. Francesco. Humboldt Barone F. E. Alessandro. Khnostof (de) Conte, Senatore di Russia. Kleiber (de) Leopoldo. Lang Francesco Innocenzo, Consiglie- re Aulico. Meshutar Monsignore Andrea. Nobile Consigliere Pietro. Oersledt Prof H. C. . Orioli Prof Francesco. Paoli (de) Conte Domenico. Pareto March. Lorenzo. '^ Pelilti C. Ilarione. Pezzana Cav. Angelo. Pezzoni Cav. Antonio. Riccardi March. Francesco. . Rìdolfi March. Cosimo. Rosini Prof Cav. Giovanni. San Martino Prof Agatino. 1 .1 .A .■ Schònaich Consigliere Francesco. Sebregondi Co. Giuseppe. Strekfnss Consigliere in Prussia. Tartini Cav. Ferdinando. TeschoeidDerg Doti. Alberto. Uboldo de Villareggio Cav. Ambrogio. A'ilt Prof Carlo. Welzel di Wellenheim Consigl. Leo- poldo. Wiebecking (de) Cav. Federico. Wismayr Consigliere Giuseppe. ^t T MFJIBKI ORDINAP.J Classe di Fisica Sperimentale. Catullo Prof. Tomaso. Jappelli Ingegnere Giuseppe. Manin Ab. Prof. Lodovico. Perego Prof. Anlouio. Visiani (de) Prof. Roberto. Zigno (de) Nob. Acliille. Benvenisti Dolt. Jloisè. Cortese Prof. Francesco. Fesller Dolf. Saverio. Giacomini Prof G. Andrea. Classe Medica. Meneghini Prof. Giuseppe. Mugna Dolt. Gio. Battista. Spongia Dott. G. Filippo. Classe Matematica. Bellavitis Prof Giusto. Bernardi Ab. Giuseppe. Conti Prof Carlo. De -La -Casa Prof Don Vittorio. Minich Prof Serafino. . Santini Cav. Giovanni. Turazza Prof Domenico. Classe di Filosofia e Belle -Lettere. Agostini Prof Ab. Stefano. Bonato Prof Ab. Blodcsto. Cittadella Co. Giovanni. S. E. Cittadella Vigodarzere Co. Andrea. Nardi Prof Ab. Francesco. Poli Prof Baldassare. Selvatico Nob. Pietro. MEMBRI EMERITI Barbieri Prof Ab. Giuseppe. Belli Prof Giuseppe. Cattaneo Dolt. Francesco. Configliachi Prof Ab. Luijri. Dalle- Ore Dolt. Marcantonio. Furlanetto Dott. Ab. Giuseppe. Gianelli Consigliere Prof Giuseppe. Lanfranclii Prof Cav. Luigi. Zcndrini Prof Angelo. via MEMBRI STRAORDINARJ Argenti Doli. Francesco. , Balbi Cav. Adriano. Bossi Co. Luigi. Carrer Prof. Luigi. Comparelti Dolt. Pietro. Corneliani Prof. Giuseppe. Crescini Jacopo. Dandolo TuUio. De-Min Giuseppe. Doderlein Prof Pietro. Fabris Ab. Px-of Girolamo. Fappani Nob. Dott. Agostino. Franceschi Nob. Dott. Luigi. Frari Dolt. Angelo, L Fi. Consigliere di Governo. Fusinieri Dott. Ambrogio. Guzzoni Prof Ab. Fidenzio. :.u__.w. Labus Dott. Giovanni. Magrini Prof Luigi. Manzoni Nob. Alessandro. Marianini Prof Stefano. Marzuttini Prof Ab. Giuseppe Onorio. Meneghini Dott. Andrea. Molin Prof Girolamo. ri, Moretti Prof Giuseppe. I .dA u!;. '. Negri Prof Cristoforo. Pagani -Cesa Co. Giuseppe Urbano. Pasini Lodovico. Racchelti Consigliere Prof Alessandro. Sagredo Co. Agostino Gherardo. Sanfermo Cav. Marco. Scopoli Co. Giovanni. .i.,a7 ÌììììIìoj.ùìj Scolari Dott. Filippo. Sellenati Dott. Andrea. Serafini Dott. Giuseppe. Stéer Prof Martino. Trevisan Nob. Vittore. Trivellato Prof Ab. Giuseppe. Vaccani Camillo Cav. Tenente Mare- sciallo. Venanzio Dott. Girolamo. A'illabruna Mons. Guido. MEMBRI CORRISPONDENTI Apporti Ab. Ferrante. Asson Dott. Michelangelo. Balardini Dott. Lodovico. Baron Prof Antonio. Bai-uffi Prof Giuseppe. Bassi Dott. Agostino. Bassi Nob. Doti. Carlo.. Basso Dott. Luigi. Beggiato Dolt. Francesco Secondo. Bellani Ab. Angelo, Canonico. Bellingeri Dott. Carlo Francesco. Bellini Dott. Gio. Battista. Berlese Ab. Lorenzo. Bernardi Prof Ab. Jacopo. Berlhelolh Sabino. Berli Dolt. Antonio. Berli Dolt. Jacopo. Berlini Dott. Bernardino. Biaggi Dolt. Leopoldo. Bia^i Prof Lodovico. K Bianchi Prof. Giovanni. Bianchi Dolt. Ginseppe. Biasoletto Dott. Bartolomeo. Bizio Prof. Bartolomeo. Bonafous Cav. Matteo. Bravi Ab. Giuseppe. Bress Dott. Gaetano. Brey Ing. Gaetano. Broglia da Persico Dott. Lodovico. Brognolo Prof. Giuseppe. Bruni Dott. Carlo. Brusoni Dott. Giacomo. Buffalini Cav. Prof Maurizio. Bury Prof. Adamo. Cacciatore Prof Nicolò. Calderiui Dott. Carlo Ampelio. Calegari Dott. Pietro. Calogeropulo Dott. Nicolò. Campilanzi Dott. Emilio, Garresi Prof Filippo. Casoni Marchese Giovanni. Cavedoni Prof Ab. Celestino. Cecchini Dott. Gio. Battista. Ceresa Dott. Carlo. Cervetto Dott. Giuseppe. Charpentier Prof. Giovanni. Chiminelli Dott. Luigi. Cittadini Prof Luigi. Clocli Dott. Leonardo. Coltellini Cav. Agostino. Containni - Bertucci Co. Nicolò. Conti Francesco. Corticelli Prof Alessandro. Crescimbeni Dott. Giulio. Dalla Balla Dott. Pietro. Dalla Torre Prof Lelio. Dall' Ongaro Ab. Francesco. De Castro Prof A'^incenzo. D'IIombres Firmas Bar. Luigi. D' Omalius d' ILiUoy Gio. Battista. Duchelard Prof Michele. EudlicJier Prof Stefano. Fabeni Prof Vincenzo. Facchini Dott. Francesco. Facci N'errato Gaetano. Faccio Domenico. Fanzago Dott. Luigi. Fappani Dott. Cav. Agostino. Farlo Dott. Paolo. Fava Dott. Angelo. Fava Prof Gio. Battista. Fenzel Dolt. Edoardo. Ferrarese Dott. Luigi. Terrario Dott. Giuseppe. Festari Dott. Girolamo. Ficker Prof Francesco. Filippi (de) Dott. Filippo. Fmazzi Ab. Prof Giovanni. Frapporti Dott. Giuseppe. Freschi Co. Gherardo. Formentini Ab. Antonio. Fortis Dott. Leone. Foscarini Dott. Jacopo. Galvani Dott. Gian-Antonio. Gargnani Dolt. Domenico. Cera Dott. Francesco. Girelli Doti. Francesco. Giuli Prof Giuseppe. Goetz Dolt. Edmondo. Griiberg di Hemsò Cav. Jacopo. Grandoni Dolt. Stefano. Cross Prof. G. L. Guastalla Dott. Augusto. Hanimerschmidt Dolt. Carlo. Heim Prof F. C. Ileintl Cav. Carlo. Hoflìuaim Dott. Ignazio. HoUer Enrico Tomaso. Koerber (de) Nob. Filippo. Jàger Prof Giuseppe. Leoni Nob. Pier Carlo. Lugnani Prof Giuseppe. Majocchi Prof Alessandro. Malfatto Dott. Luigi. Manzoni Dott. Luigi. Mai-avigna Prof Carmelo. Marchesi Prof Pompeo. Marsigli Francesco Antonio. Martius Cav. C. Fr. F. Mazzarella Prof Amilcare. Mazzaro Dott. Sante. Mazzoni Prof Gaetano. Meli Dott. Domenico. Mendini Dott. Luigi. Menis Consigliere Guglielmo. Moquin-Tendon Prof A. Morelli Prof Luigi. Mori (de) Alfonso. Morren Prof. Carlo. Jlossotti Prof Ottaviano. Naccari Cav. Fortunato Luigi. Namias Dott. Giacinto. Nardo Dott. Domenico. Nodari Dott. Pietro. Olmi Dott. iVgostino. Orsolato Dott. Giuseppe. Orti Co. Girolamo. Panizza Cav. Prof Bartolomeo. Paravia Prof Pier-Alessandro. Pari Dott. Anton-Giuseppe. Parolini Nob. Alberto. Parravicini Nob. Prof Luigi. Pasetti Dott. Floriano. Pasini Prof Pietro. Pasquali Padre Prof Luigi. Patellani Prof Luigi. Penolazzi Dott. Ignazio. Pietropoli Dott. Gaetano. Pilla Prof Leopoldo. Piovani Cav. Francesco. Podrecca Dott. Leonida. Polctti Prof Geminiano. Porro Nob. Carlo. Prati (de) Giovanni. Puccinotti Pi'of Francesco. Quadri Dolt. Antonio, Consigliere Imp. Quadri Prof Gio. Battista. Quaranta Prof Bernardo. Querin Dolt. Giulio. Rambelli Prof Gianfrancesco. Fiavagnan Prof Girolamo. Eenier Ab. Giovanni. Eigei Cav. Raffaele. Riva Giuseppe. Rognetla Dott. Giovanni. Rossi Cav. Prof Giovanni. Rovida Prof Cesare. Salomon! Dott. Filippo. Salvatori Francesco. Sandi Dott. Alessandro. XI Sandri Dott. Giulio. Sanseverino Conte Fausto. Santello Dott. Giovanni. Scliieppali Dott. Stefano. Schizzi Co. Folciiino. Sclimoller D. E. Scliumacker Prof. Secondi Dott. Giuseppe. Serrislori Cav. Luigi. Sicuro Dott. Marino. Smania Dott. Michelangelo. Soli Muratori Dott. Fortunato. Solitro Dolt. Michele. Speranza Cav. Prof. Carlo. Stancovich Pietro, Canonico. Tadini ]\[ons. Placido, Arcivescovo. Tantini Prof. Francesco. Tappari Dott. Giovanni. Tappari Dott. Pietro. Tecchio Dott. Sebastiano. Telani Dott. Giuseppe. Tipaldo (de) Nob. Prof. Emilio. Todeschini Munari Prof Giuseppe. Toffoli Dott. Luigi. Tolomeì Prof Gian-Paolo. Tonelli Dott. Giuseppe. Tonello Gaspare. Tosoni Dott. Pietro. Tòltenyi Prof Stanislao. Valentinclli Dott. Giuseppe. Yanzetli Prof Tito. Vedova Dolt. Giuseppe. Venturi Dott. Luigi. Vering (de) Cav. Giuseppe. Verson Prof Francesco. Waltmann (de) Prof Giuseppe. Zacco Nob. Teodoro. Zanardini Dott. Giovanni. Zanon Dott. Bartolomeo. Zerbinati Dolt. Francesco. Zima Doti. Giovanni. Zipser Cav. Carlo Antonio. Zola Dott. Francesco. ELENCO DEI LIBRI MANDATI IN DONO ALL' ACADEMIA ì JUaimann (Jc) Cav. Nep. Archiatro di S. M. I. R. A. ^ Giornale Medico degli Stati Au- striaci. ^ (Continuazione) n Foglio periodico di Medicina degli Stati Austriaci, a supplemento del Giornale di Medicina degli Stati Austriaci. — (Continuazione) Zanon. — Osservazioni su la dottrina del sig. Pellétier intorno alla influenza, detta chi- mica, delle terre nella vegetazione. Memorie della Società Medico -Cliirurgica di Bologna. — (Continuazione) Ab. Antonio Tadlnl. — Della memoranda inondazione di Pietroburgo. Memoria pu- blicata dall'Ab. Bravi. Atti della prima Riunione degli Scienziati Italiani in Pisa nell'Ottobre 1839. Memorie della Reale Academla delle Scienze di Torino. Serie II. — (Continuazione) Annali della Società Agronomica di Vienna. — (Continuazione) Dott. Fr. Carlo Pellegrini. — Notizie degli Statuti di Verona, e di alcuno del pili segna- lati Giuristi, che la illustrarono. Dott. Giulio Cresclmbenl. — Dei bagni di aqua e di quelli di vapore. » Su le uova dell'eclisse. » Risposta al Canonico Angelo Bellani su le uova dell'eclisse. Prof. Giuseppe Belli. — Corso elementare di Fisica sperimentale. Kob. A. de Zlgno. — Cenni sopra alcuni corpi organici, che si osservano nelle infusioni. » Introduzione allo studio della Geologia. » Su la giacitura dei terreni di sedimento del Trevigiano. )) Sopra due fossili rivenuti nella calcarea dei monti padovani. Dott. Luigi Scotto. — Dialogo critico su la infiammazione. Docteur L. Savoyen. — Mémoire sur les eaux minérales des salins près Montiens en Savoje. Dott. Francesco Orazio Scortegagna. — Consideraziom sopra una specie di Dragoncello, Gordius aquaticvs. » Considerazioni intorno ad una specie di Falena rinvenuta in Lonlgo nel- l'anno 1830. » Intorno all'lttlollto esistente nella publica Biblioteca di Vicenza. » Storia del morbo migliare comparso In Lonigo nel primo decennio, cioè dal 1822 al 1832. XIV Dott. Francesco Orazio Scortegagna. — Nota sopra lo Nummollti, in soluzione dello diflìcoltà opposte dal signor Carlo Porro. » Lettre à lìl. A. Prof. A. Doct. Orbigny sur Ics Numraulites. » IVotizie su le ossa fossili degli animali mammiferi rinvenute nel monte Zoppega. » Appendice alla Storia del morbo migliare comparso in Lonigo nel primo decennio, cioè dal 1822 al 1832. Dott. Giuseppe Ferrarlo. — Statistica Medica di Milano dal secolo XV. fino ai nostri giorni. — (Continuazione) n Storia documentata su la proposta Statistica clinica, uniforme, publica degli Spedali d'Italia. » Cenni storici per la fondazione di un Istituto di soccorso pe'i Medici e Cliirurglii, loro vedove e figli minori, residenti in Lombardia. » Risposta a sette quesiti su la peste bubonica orientale. » Due Discorsi su '1 mezzo per compiere l'ordinamento della Statistica cli- nica degli Spedali d'Italia, letti nel III. Congresso degli Scienziati Italiani. » Influenza del suono , del canto e della declamazione su l'uomo in istato di salute e di malatia. Girolamo Festari. — Epistola a Giuseppe Bianchetti. » Epistola ad Emilio de Tipaldo. Dott. Eigoni Stern. — Su le epidemie del vajuolo, e su la virtù preservativa del vac- cino. Conte Agostino Sagredo. — Lezione intorno agli scritti dell'Ab. Giambattista Svegliato. Dott. Gio. Maria ZeccliineUi. — Di Giuseppe Montesanto Mantovano, e di ciò ch'egli operò. Racconto letto nella Seduta 22 Dicembre 1840 dell'I. R. Aca- demla di Padova. Francesco Antonio Marsigli. — Versi. Dott. Ignazio Penolazzi. — Aggiunte ed Osservazioni critiche al Dizionario classico di Medicina e Chirurgia. » Saggio dell' uomo destro e sinistro. » Del morbo migliare. Doct. J. Bonjean Pharmacien a Chambery. — Analjse chimlque des eaux minérales d'Aix en Savoje. » Sur la présence de l' jode dans les eaux d'Aix en Savoje. )> Histoire du Siégle ergotè. 1) Faits chimiques sur 1' enpoìsonement par l'acide prusslque. Giuseppe Farina. — Descrizione di Messina e de' suoi monumenti. Dott. Lodovico Balardinl. — Casi di legature di grandi arterie operate nel corpo umano. Prof. Michele Medici. — Manuale dì Fisiologia. Luigi Tofl'oli. — Farmacia Zoologica. » Della rabbia canina. Lettera al Dott. Emiliani. » Lettera su'! contagio idrofobico. » Cenni chimico -medici su le birre. » Vocabolario della odierna nomenclatura chimica. » Dissertazione sopra i tartari emetici. » Sopra il rimedio contro la idrofobia publicato in Parigi. )> Nuovi fatti provanti lo sviluppo della rabbia spontanea nel cane. » Importanza delle scoperte intorno alla rabbia canina. » Alcuni pensieri su la rabbia canina. » Nuovi cenni su la rabbia canina. n Lettera intorno alla rabbia canina. Prof Clio. Brignoli. — Relazione dell'ultima eruzione del vulcanetto acreo di Sassuolo nel Modanese. Car. Giulio Dandolo. — Reminiscenze e fantasie. Dott. Carlo Lodovico Sigmund. — Relazione dell'Istituto Chirurgico in Vienna. Prof. Heller. — Relazione del risultamenti ottenuti nell' estrarre dai fiori pura ed iso- lata la materia colorante. Prof. Giovanni lager. — Trattato di Psicologia empirica. » Trattato di Filosofia morale. Prof. Ab. Giuseppe Marzuttlni. — Le migliori Omelie ed Orazioni dei Padri Greci e Latini tradotte in italiano. j> Collezione delle Opere dei Padri e di altri Autori ecclesiastici della Chiesa Aquilejese, tradotte ed illustrate. » Volgarizzazione dell' Epistola di S. Girolamo a Nepoziano intorno la vita dei Preti. » Volgarizzazione dell'Epistola di S. Girolamo a Paolino Nolano intorno lo studio della Divina Scrittura. » Delle lodi di Padova. Orazione latina di Sebastiano Melan, volgarizzata. n Sermone di S. Niceta Arcivescovo d'Aquileja ad una Vergine, volgarizzato. » Panegirico di S. Antonio di Padova. » Le Scienze Teologiche ridotte alla pratica, nella Teologia Pastorale. » Orazione detta nei funerali del Conte Gregorio Bartolini. Dott. Giovanni Antonio Galvani, Cancelliere della I. R. Università di Padova. — Su la vita e su gli scritti di Salvatore Mandruzzato. a Versi per la guarigione del Prof Tomaso Antonio Catullo. » Cinque Opuscoli Epitalamici, due in prosa e tre in versi. » Dei conforti che vengono dalla vera amicizia. XVI Dott. Giovanni Antonio Galvani, Cancelliere della I. R. Università di Padova. — Della felicità nello stato conjugale. Dott. G. L. Todreccai — Di un'eclampsia apopletica, guarita principalmente con le In- fezioni di tartaro stlbiato nelle vene. » Su la vita e su gli scritti del Prof. G. Federigo. » Grave avvelenamento per cantaridi condotto a guarigione. Dott. Carmello Marvigna. — Prolusione alla nuova Catedra di Chimica applicata alle Arti, nella Regia Università di Catania. » Relazione del Viaggio in Francia. G. Marini. — Cenni idraulici apologetico- illustrativi, e Memoria delle strabocchevoli piene del Brenta negli anni 1823, 1825 e 1839. Dott. Fanio. — Su la invenzione delle lettere e della scrittura primitiva. Dott. Emmanuele Malvani. — Rendiconto degli ammalati ricoverati nell'Ospizio celtico dell'Ergastolo, dal 15 Giugno 1838 al 15 Giugno 1839. Dott. C. Esterle. — Cenni storici su l'anotomia e fisiologia del cervello. Dott. G. B. Brunetta. — Analisi chimica su i fluidi emeto- alvini emessi dai colerosi. Dott. Ferdinando Elice. — Istruzione su i parafulmini. i> Su l'elettricismo eccitato con lo schioppo. » Notizie elettriche. » Notizie su i conduttori elettrici. » Osservazioni ed esperienze su la elettricità. » Lettera, con cui publica la scoperta da lui fatta della scintilla elettrica nel caffè e in altri semi. Generale Camillo Vaccani, Cavalliere di Forte Olivo. — Biografìa del Colonnello Cac- cianino. Giuseppe Krieger, Capitano del Genio. — Saggio su la teoria dei suoni. Prof. G. Berres. — Saggio di Fototipia secondo un suo metodo , co 'I qual metodo si ottiene: 1.° di disegnare ed incidere, in brevissimo tempo, qual- unque oggetto illuminalo, e moltiplicarne con la stampa imagini; 2.° d'ingrandire co '1 microscopio idro-ossigenato oggetti impercetti- bili ad occhio nudo, e trarne disegni, incisioni e stampe; 3.° di trarre esemplari di altre incisioni, stampe, dipinti e manoscritti, senza danneggiarne gli originali. » Anatomia partium microscopicarum corporis humani. Prof. Ab. Francesco Zantedeschi. — Memorie su la Elettrotipia, ornate di cinque Tavole elettrotipiche. » Trattato di Fisica elementare. Programma pe' i grandi Concorsi presso la Imperiale Regia Academia di Belle Arti in Venezia, XVII Prof. Stanislao Tòltenji. — Tentativo di Critica su i fondamenti scientifici della Me- dicina. Antonio TJboldo di Villareggio, Consigliere dell'Academia di Belle Arti in Milano. — Descrizione degli elmi e degli scudi da lui posseduti, con Notizie del medesimo Intorno all'uso e forma degli elmi e degli scudi nel medio- evo, e nei tempi anteriori e posteriori ad esso. Giuseppe Cerrlni. — Nozioni teorico -pratiche su la irrigazione. )) Della pressione idrostatica, a cui sono soggette le aque sotterranee. Prof. M. A. de la Rive. — Coup d'oell sur l'état actuel des notres connalssances sur r élèctricité. Prof. Philippe Parlatore. — Ohservations sur quelques plantes d' Italie. Academia Medico -Chirurgica di Ferrara. — Estratto di alcune Memorie sclentindie lette negli anni 1S36 - 37 - 38 - 39. » Rendiconto delle Memorie lette nel 1840. 11 Rendiconto per l'anno 1844. Luigi Luciano Bonaparte del Principi di Canino. — Esposizione di una nuova nomen- clatura chimica, esprimente il rapporto atomico. Prof. Ch. Morren. — Mémoire sur la formatlon de l'indlgo dans le feuDles du Polygonum tincloriuvi. Antonio Lombardi. ^ Elogio del Conte GIo. Paradisi. Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle Scienze residente in Mo- dena. — (CoiiliiiMazioiie) Dott. Giuseppe Baruffi. — Idee su le febri, su la intermittenza e su l'azione del solfato di chinina. » Elogio di S. Gaetano Thiene. » Canto pastorale. » Pellegrinazioni autunnali, ed Opuscoli. a Rendiconto delle cure mediche nell'Ospitale di Rovigo. » Della fehre pucrperale. » Su '1 morbo mercuriale. y> Orazione laudatrlce in onore di Luigi Giro. Ab. Teodoro Monticelli , Segretario perpetuo della Reale Academia delle Scienze in Napoli. — Opere. A. Moquin-Tandon. — Chenopodearum monographica enumeratio. Prof. Luigi Cittadini. — Nuovi processi oi'eratorj, e Riflessioni storiche su la circola- zione del sangue. Prof Antonio Perego. — Su la elettricità, che per filtrazione si sviluppa nel mercurio. » Descrizione dei danni cagionati dalla caduta di un fulmine in Mompiano, Provincia di Brescia. xvm Prof. Antonio l'eicgo. — Su la elettricità che si sviluppa su'! mercurio con la immer- sione . » Intorno al processi mecanici atti a sviluppare nei corpi solidi la elettri- cità statica. » Nuove osservazioni di Chimica. Dott. Gio. Battista Bellini. — Nuovo metodo per le amputazioni. )) Memoria Intorno alla pretesa efficacia dello zaffo o del tampone nelle emor- ragie uroico -placentali. » Disegni di un osteotomo e di un uncino ostetrico. Prof. Macedonio Melloni. — Esperienze su l'azione chimica dello spettro solare, e loro conseguenze relativamente alia Daghcrrotipia. i> Relazione intorno al Dagherrotipo. Atti delI'Academia delle Scienze di Siena, detta de' Fisiocritici. — (Continuazione) Fortunato Padula. — Risposta al Programma destinato a promovere e comparare i me- todi per la invenzione geometrica , presentato ai Matematici del Re- gno delle- due Sicilie. )i Raccolta di problemi geometrici. Atti della Reale Academia delle Scienze di Napoli. — {Continuazione) Dott. Francesco Ermanno Czech, Professore nell'I. R. Istituto dei muti in Tienna. — • Saggio su la vita psichica dei sordo - muti nello stato di natura. » Necessità di estendere universalmente la educazione elementare del sor- do - muti. j> Vie della Previdenza relativamente ai sordo -muti privi di educazione. a Su la influenza della volontà nella vita. » Rettificazione di alcune considerazioni intorno ai sordo -muti e alla loro educazione. » Insegnamento rappresentativo della favella e del pensiero, con applica- zione alla religione, alla morale e alla vita. Gio. Kòlbing. — Tavole agronomiche. Dott. Giacinto Namias. — Di alcuni effetti dell'elettrico sopra l'animale economia, e segnatamente nelle umane infermità. Lucae de Samuele Cagnazzi. — Iconographiae excogltatio. Dott. Giuseppe Frapponi. — Della storia e della condizione del Trentino sotto la domi- nazione dei Romani, dei Goti, dei Longobardi e dei Re di Germania e d'Italia. V Introduzione allo studio dei Classici. )j I risultati della Filosofia, o sia le principali nozioni su la natura spirituale delPuomo, le sue relazioni, U suo fine , esposte in venti Lezioni po- polari. I XIX Cesare Francesco Balbi. — Il Castello d'Amore. Novella del secolo XIII. Dott. Gustavo Calosl. — Prospetto dei casi più rimarchevoli avvenuti in due trimestri nello Spedale di S. Maria Nuova di Firenze. Dott. Emilio Cesarini. — Esame dei princìpj della Giurisprudenza commerciale. Dott. Alessandro de Giorgi. — Saggio filosofico dell'Algebra elementare. n Cenni su la vita di G. D. Romagnosl. » Idee fondamentali sopra le leggi dell'ordine morale, dirette a ricercare quale sia la base del diritto di punire. Prof. Ab. Francesco Nardi. — Verità della religione naturale e cristiano- catolica, di- mostrata sistematicamente. » 11 Cristianesimo, causa primaria della moderna civiltà. Dott. L. A. Frankl. — Foglio della domenica per gl'interessi patrj dell'Austria Cliev. De Wiebeking. — Un Mémoire sur mon système d'une tres-avantageuse con- struction des chemins de fer. » Un Tableau sj-noptlque des canaux les plus rémarquables de la France. » Un autre Tableau s^noptlque des canaux les plus rémarquables de la Grande Bretagne. » Une proposltion pour un Congrès sclentlfique, compose d'Inge'nieurs et d'Archltectes européens. Dott. N. Rubbiani. — Lettera al Cav. B. Panlzza su la injezione polmonale a metallo, già eseguita dal Dott. Fattori. Cav. Antonio Nlccollnl. — Tavola metrico- cronologica delle varie altezze tracciate su la superficie del mare fra la costa di Amalfi ed il promontorio di Gaeta nel corso di 19 secoli. Domenico Rizzi. — L'Agricultore delle Provincie Venete. Almanacco per l'anno 1842. » Cenni storici su l'agrlcultura antica e moderna. » Piano di una Scuola provinciale di agricultura. 1) Istruzioni ai possessori delle terre ed al cultivatori delle Provincie Venete. Dissertazioni della Classe filosofico- filologica della Regia Academla Bavarese delle Scienze. Anniversario 25.° della Instltuzlone della Società Agronomica in Vienna, celebrato con la esecuzione della Cren-ione di Haydn, d'una marcia melancolica, e di un saluto alla patria di Havdn, composti dal Cavalliere Giovanni de Lucam. Prof Sciplon Pa_yen — Mémoire sur l' liidrochlorate de baryte contre les maladles scro- phuleuses. n Mémoire sur l'ergot de seigle, son action tliérapéutique , et son empiei medicai. Dott. Leonardo Porta. — Il progresso italiano nella scienza del Diritto. Discorso. XX Dott. Lunga. — Relaz. nosografico - statistica del colera -morbo che invase la Dalmazia nel 1836. M. Minghetti. — Nuove osservazioni intorno la tendenza agl'interessi materiali, eh' è nel secolo presente, in risposta alla Lettera del sig. A. P. Baron L. A. d' Hombres - Firmas. — Recueil de Mémoires et d'Observations de Phisi- que , de Meteorologie, de Agriculture, et de Historie IS'aturelle. » Observations sur la Terebratula diphya. » Souvenirs de voyage dans l'Italie septentrionale en 1845. » Voyage a Paestum. Souvenirs de Paestum. Liquefaction du sang de S. Gan- vier. Sur la grotte du chien. Capitano Oreste Brizi. — Relazione del lavori dell' Academia Aretina. a Memorie istorlche ragguardanti la venuta di alti personaggi in Arezzo. » Quadro storico-statistico della Republica di San Marino. » Relazione degli studj dell'Acaderaia Aretina nell'anno acad. 1841-1842. » Documenti riguardanti la rotta di Pietro Strozzi in Val di Chiana, » Lettere ed Articoli intorno aUa quinta Riunione degli Scienziati Italiani. » Ricordi pittorici di Teofilo Torri, con illustrazione. n Cenni su le Casse di risparmio. Prof. Placido Portai. — Osservazioni su le ernie. Pier -Carlo Leoni. — I Carraresi. Articolo estratto dalla Sivìsta Europea. Cav. Lorenzo Mancini. — Del linguaggio pratico. Lezione detta nella solenne Adunan- za dell'Acadcmia della Crusca. n Ore solitarie. Giornale di Scienze morali, legislative ed economiche. — (Contimiazione) Prof. Francesco Cortese. — Trattato degli organi costituenti l'apparato delle sensazioni. » Osservazioni anatomiche sopra le anomalie di sviluppo. » Della influenza della Scuola anatomica di Padova su i progressi dell'Ana- tomia in Europa. » Elogio funebre del Prof. Bartolomeo Signoroni. Prof Giuseppe Giulj. — Nuovo metodo per iscoprire il ferro nelle aque minerali, anche in quantità minime. Prof. Lelio della Torre. — Della condizione degli Ebrei sotto l'Impero Germanico, nel medio, evo. » I Salmi volgarizzati su '1 testo manoscritto, ed illustrati con Argomenti e Note. n La Donna Israelita. Beale Academia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena. — Album offerto a Francesco Ferdinando d'Austria, e ad Oldegonda Augusta di Baviera. M Programmi per l'anno 1846. XXI Dott. Gio. Battista Mugna e Dott. Domenico Rasia. — Su la virtii medicamentosa delle aque di Recoaro. Prof. Giuseppe Meneghini. — Alghe Italiane e Dalmatiche. — (Continuazione) Dott. Ignat. Hoffmann. — Genius morborum cpidemicus, anno 1832 Vindobonae ob- servatus. » La Caruba di Giudea, in rapporto alla Storia naturale ed alla Medicina. Co. Jacopo Gràberg di Hemsò. — Lezioni di Cosmografia, Geografia e Statistica. n Specchio geografico e statistico dell'Impero di Marocco. 3> Degli ultimi progressi della Geografia. — (Continuazione) a Observatlons authèntiques sur la peste, et sur la vertu spécifique de l'huile d'olive. » Poesie per le Nozze di S- A. R. Luitpoldo di Baviera con S. A. I. R. Augu- sta di Toscana. Dott. Gio. GandolG. — Ricerche analitiche teorico - pratiche Intorno ai fondamenti della dottrina medica nazionale- empirica. — (Continuazione) Dolt. Gregorio Palmi. — Relazione dell'anno primo di Studj e di Atti dell'Acaderaia Casentinese del Buonarotti. Prof. Ab. Giovanni Finazzi. — Della importanza di conservare e crescere le glorie patrie. G. Bernardoni. — Sopra il testo di Dante spiegato da Francesco da Buti. Guida di Padova e della sua Provincia. Ab. Celestino Cavedoni. — Indicazione antiquaria del Museo Estense del Catajo. Giovanni Parisi. — Della condizione economica delle nazioni. Co. Leopoldo Ferri. — Biblioteca feminile italiana. Ateneo di Venezia. — Esercitazioni scientifiche e letterarie. — (Continuazione) Cav. Prof. Bernardino Bertini. -^ Idrologia minerale. » Relazione delle materie trattate nella Sezione di Medicina del Congresso scientifico di Londra. n Viaggio medico in Germania. » Statistica dello Spedale dell'Ordine equestre dei SS. Maurizio e Lazzaro. » Congresso scientifico di Strasburgo nell'autunno del 1842. » Terza Statistica nosologica del venerando Spedale maggiore del S. Ordine Equestre Mauriziano per il biennio 1841-1842. » Relazione dell' XI. Congresso scientifico francese, tenuto in Angers nel Settembre 1843. » Relazione del XIV. Congresso scientifico francese, tenuto5Ì in Marsiglia nel Settembre 1846. Dott. L. Nardo. ^ Su i letti mecanici a sollievo degl'infermi, » Tributo alla memoria del Prof. Tomaso Rima, XXII Dott. Jules Guérin. — Essais sur la metliode sous-culanée. 1) Sur la pression atmosphérique dans les exhalations sereuses. » Sur les déviatìons de l'épine par rétraction musculaire. » Sur les luxations congénitales. n Sur la luxation traumatique de la seconde vertebre cervicale, reduite par une méthode particulière. Paul Lacroix. — Bulletin de l'Alliance des Arts. JNob. Vittore Trevisan. — Prospetto della Flora Euganea. » Nomenclator Algarum. n Le Alghe del Tenere Udinese. » Sunti di tre Memorie algologiclie. Prof. G. B. Baizini. — Lettere sopra il Mosaico di Pompei. » Cenni d' industria agricola. Prof. Giuseppe De Lugnani. — Orazione panegirica in morte dell'Imperatore France- sco L d'Austria. » Stiidj sopra la Storia universale. )) Degli Scienziati del Litorale Austro -Italico alla Riunione di Padova nel Settembre 1842. » Serate di Minerva. Ab. Giuseppe Bravi. — Teorica e jiral'ca del probabile. Ing. Arch. Gaetano Brey. — Dizionario tecnologico popolare. — (Continuazione) » Su '1 modo di lavorare il ferro, onde abbia la ricliiesta resistenza a soste- nere i massimi sforzi. Prof. B. Signoroni. — Demolizione sotto-cutanea della mascella inferiore. Dott. Augusto Guastalla. — Studj medici su l'aqua di mare. » Proposta di osservazioni da praticarsi negli Stabilimenti di bagni marini. Dott. Frane. Saverio Festler, — Ricerche analitiche su '1 vero e non vero nel vitalismo e mistionlsmo in Medicina. Dott. Carlo Hammerschmidt. -^ Gazzetta Universale Austriaca di Agricultura, cultura dei boschi e degli orti. — {Continuazione) Antonio Venturi. ^ Studj micologici. Cav. Amedeo Avogadro. — Fisica dei corpi ponderabili. — (Continuazione^ Dott. Francesco Girelli. — Prospetto medico-statistico degli Spedali dei pazzi e delle pazze in Brescia per gli anni 1838-1841. Dott. Timoteo Riboll. — Considerazioni frenologiche. » Discorsi su la Frenologia. » Su le indagini ed esperienze del Dott. Poli su'I sangue. » Opinioni e massime su di un nuovo progetto per le carceri penitenziali. )i Storia di terebrazione. ■< f rrof. Bartolomeo Bizio. — La porpora del Capello rivocata dentro i suoi confini. j> Dissertazione sopra la porpora antica e sopra la scoperta dello porpora dei murici. Giovanni Bizio. — Osservazione sopra il congelamento dell'aqua-, ed esperienze sopra la conscguente sua depurazione. Dott. F. Civinini. — Indice degli articoli del MusiJo d'Anatomia fisiologica e patologica, umano -comparata, della I. R. Università di Pisa, a tutto il Dicem- bre 1841. Dott. G. G. Bonino. — Riflessioni critiche sopra quattro casi di presunta comunicazione del farcino e della morva dai bruti alla specie umana. Dott. Ioan. Zanardini. — . Sjnopsis Algarum in mari Adriatico hucusque collectarura , cui accedunt : Monographia Siphonearum, nec non generales de Al- garum vita et structura disquisitiones. » Saggio di Classificazione delle Ficee. Co. Teodoro Zacco. — Su'l merito degl'Italiani, che applicarono primi il vapore alle macliine. Dott. Vincentius Devit. — Sententiae Marci Terentii Varronis majori ex parte in- editae ex Codice ms. Bibliothecae Seminarli Patavini edit. et com- mentario illustratae. M. M. Rubichon et Monnier. — Des beax arts, de l'éducation, de la [pauvrete , de la justice criminelle, de l'armée, des manifactures, de la péche, du com- merce, des bois, des produits du règne minerai dans la Grande Bréta- gne et en Irlande. Co. Ferdinando Scopoli. — Canto Rabana. Co. Folchino Schizzi. — Allocuzione per la inaugurazione degli studj dell'I. R. Liceo di Milano di Porta-Nuova. M. Prister. — Tabulae memoriales practico-medicae secundum theoriam celeberr. Prof. Giacomini. Dott. Vincenzo Bianchetti. — Intorno ad una malatia del pene, ed ai diversi metodi di amputare quest'organo. n Di una nuova pinzetta vescicale. » La Chirurgia vendicata ne' suoi diritti. 1) Di due nuove pinzette vescicali. » Storia di un aneurisma. » Elogio del fu Prof. B. Signoroni. Dott. Valentino Passetta. — Il sudore anglicano. Versione dall'originale tedesco del Dott. Hecker. Dott. Francesco Argenti. — Nuovi studj su la causa immediata della mestruazione, e modliìcazlone alla teoria della fecondazione. XXIV Dott. I. A. Schmeller. — Sopra i così Jettì Cimbri dei Sette Comuni Vicentini e dei tredici Veronesi, e della loro lingua. Dott. Ippolito Ansclmi. — Poesie e Prose. Prof. Vincenzo De Castro. — Guida aljo studio della Letteratura classica antica di Fr. Fiker, voltata in Italiano. •Dott. Bartolomeo Biasoletto. — Su'l modo di conservare gli asparagi. » Escursioni botaniclie su lo Schneeberg nella Cariiiola. Dott. Michele Borgialli. — Lente epatopatie curabili co '1 mercurio. Dott. Glusejjpe Secondi. — Condizione patologica ed indole contagiosa del morbo mi- gliare. Dott. Lorenzo Ercollanl. — Igiene delle Spose. Società Agraria di Bologna. — Memorie. — (Continuazione) Agatino San-Martino. — Su la portata dei fiumi. » Su 'I centipondlo degli antichi. Cay. Raffaele di Rigel. — Enciclopedia dell'Architettura moderna. (Conlinuazione) Dott. Pietro Blogini. — Nuova maniera di cateterismo contro i restringimenti dell' uretra. » Sopra un caso d'istantanea e protratta soppressione del profluvio urinoso. 1) Sopra due varie alterazioni morbose del sistema circolatore sanguigno. » Sopra una particolare forma di febre puerperale. » Sopra uno straordinario sarcoma cerebrale. » Sopra uno straordinario rammollimento della midolla spinale. » Caso di strangolamento intestinale interno. » Due nuovi fatti del medesimo strangolamento. Giovanni Codemo. — Intorno alle Società filantropiche, scientifiche, industriali, Lanca- rie, ed alle Casse di risparmio. » Prime lezioni pratico-teoriche di lingua tedesca. Dott. Luigi Ballardini e Dott. Stefano Grandoni. — Su la torba della Provincia Bre- sciana. Co. Faustino Sansoverino. — Notizie statistiche ed agronomiche intorno la città di Cre- ma e suo territorio. » Traduzione della Congiura di Bajamonte Tiepolo di Martinez de la Rosa. Can. Angelo Bellani. — Su lo sjiostamento del mercurio osservato al punto del ghiac- cio su la scala dei termometri. » La Corona Ferrea del Regno d'Italia. » Dell'arte di filare il vetro. J> Della durabilità della vita dello bestie. » Su la educazione autunnale dei bachi da seta. » Discorso sopra diversi argomenti fisico-chimici. » Riflessioni su le macchie nelle foglie del gelso. i Can. Angelo Bellani. — Di quanto rimane a sapersi intorno la cultivazione dei bachi- da seta e dei gelsi. ■' ,'; i%i Ì5 1 /'■ Sopra una supposta cau^a principale della utilità degli avvicendamenti » Della difficoltà dello stabilimento di Osservatori meteorologici. » Memoria su i boschi. ianoiìuii Gottardo Calvi. — Su le Società di mutuo soccorso per gli artigiani. a Della Società d'incoraggiamento per le arti ed i mestieri. • ■ ■ » 1 Riassunto delle Società di mutuo soccorso per gli artlginni. B, Sori. — Scoperta di due nuovi alcaloidi nella cliina gialla- filosa , e del vero compo- nimento organico amaro della medesima. Carlo Cottlnelli. — Osservazioni su la chimica organica. Prof. Augusto Grunert. — Archivio di Matematica e di Fisica. — (Conlinuuzione) n 'Osservazioni ottiche. Co. Nicolò Contarini. -»- Cataloghi degli uccelli e degli insetti delle Provincie di Padova e di Venezia. 1 » Trattato delle Attinie. 1 Dott. Giuseppe Vallenzasca. — Trattato su'l modo di denunziare le ferite ai Tribunali. ]> Trattato patologico-clinico su la falcadina , con cenni su le miniere di •■'- Agordo. ■>i''l ".loLtsT Dott. Celestino Guerreschi. — Su le malatie intermittenti. Francesco Bertelli. — Elementi di mecanica celeste. 0) De derivationo allisqueproprietatibus formuIarLim,quas mecanica caelestis usurpatur ad planetarum motus exhibendos, et ad pertuibationes de- finlnendas. ' Appendice alla medesima. » Monografia degli Echinidi fossili del Piemonte. Guillory (ainé). — Rapport sur les Congrès scientifiques de France et d' Italie reunis à Nimes et à Milan en 1844. Dott. L BlanJel. — De phtisi pulmonali. Prof. Joseph de INotaris. — Prodromus Bryologlae Mediolanensis. Dott. Secondo Folto. — Rendiconto dei lavori della Società medico-chirurgica di To- rino dal 29 Aprile 1842 a tutto Aprile 1843. ji , ■: - Relazione dei lavori della Sezione medica del Congresso di Napoli. Società Italiana residente in Modena. — Memorie. — (Continuazione) Antonio Lombardi. — Elogi storici di Domenico Morichini, di Valeriano Luigi Brera, e di Paolo Mascagni. Dott. Pietro Beroaldi. — Considerazioni patologico -pratiche su la migliare. » Dizionario della Legislazione Austriaca intorno la sanità publica conti- nentale e la publica beneficenza. Isidoro Calderini. — La nuova illuminazione in Milano, co'l metodo per preparare il gas e per servirsene, esposto alla intelligenza di tutti. : :I2 .Ioli Prof. Gius. Fcrrazzi. — La Bucolica di Virgilio volgarizzata. « Dott. Giulio Sandri. — Su le macchie delle foglie del gelso. .'3 f'.-.d » Nota alla detta Memoria. Ugo Calindri. — Lezioni di Agraria teorico-pratica. — ■cioas'J jgìua .anoO « Elementi di Geografia fisica, esjjcsti in tre Prospetti sinottici. Dott. Achille Casanova. — Ematologia patologico-terapeutica fisico-chimica. ^■ Professore Francesco Saverio Verson. — Trattato di Medicina pratica. — (Conlinua- zione) Dott. Giuseppe Consolo. — Memoria d'un progetto di Regolamento per l'organizzazio- oiJniOi io L: ne ed attivazione d'un Comprensorio, onde risarcire tutti i possidenti dai danni della grandine, (ms.) SXIX Prof. Ermentarìo Meifreds. — Lettera al Connillatore del Repertorio d'Agrlcultura, so- pra una quarta educazione dei bachi da seta. Prof. Filippo Garresi. — Eapporto dei lavori della Classe delle Scienze fisiche dell'Aca- demia dei Fisiocritici di Siena per l'anno academico 1843 - 1844. » De quinque ex fungorum usu veneficio affectis, nec non de unius ipsoruni •iqioo lab oi obitu propter tcmpestlvae et opportunae raedelae d«fec.tum. Animad- .iwiotn versiones ph^sico-morales. » .1 Prelezione su la italiana riforma della materia medica e farmacologica. Vincenzo Giordani. — Nuova Bigattiera appropriata alla quarta e quinta età dei bachi da seta. Dott. Luigi Saccardo. — Il calcino o mal del se(jno nei bachi da seta n.on è contagioso. Scoperta e dimostrazione di tutte le cause onde deriva, e metodo di sicuiro preserVainento dalla malatia. ») Su gli scrittori storici dell'aurea latinità ant-erjori a Tito Livio. Dott. Giacomo Giustiniani. — Sopra un nuovo metodo di vinificazione. Dott. Xruigi Mendini. — Appendice alla Lezione del Prof. Giacomini su la virtù della china. )) Altro caso pratico confermante l'azione della china. » Natura ijierstenlca delle febri perniciose. 1) Su la periodicità e sede delle febri intermittenti. » Commenti alle febri perniciose descritte dal Prof. Pucinottì. Antonio Fineo. .— Osservazioni su le sparagine. » Intorno alla influenza del tempo dell' aocoppiamento su. la feoondazlone delle uova dei bachi da seta. Reale Academla di Agrlcultura di Torino. — Statuti. » Elenco dei quesiti proposti nell'anno 1845 su la produzione della seta. Prof. Carlo Blagini. — Su la evoluzione spontanea del feto. Gaetano Osculati. — Note di un viaggio nella Persia e meli* Indie Orientali, negli an- ni 1841-1842. » Coleotteri raccolti nella Persia, nelPIndostan -ed in Egitto. » Note di un viaggio nell'America meridioaale. Luigi Auer. — Il Paler noster in più lingue. Prof. Ab. Lodovico Menin. — Elogio del Cav. Nicolò da Rio. Dott. Agostino Bassi. — Su la cultura dei gelsi. Su 'l miglior metodo di fare e conser- vare i vini. Su i contagi in generale, e specialmente su quelli^.ch* af- '■ ■•-- fligono la specie umana. » Il vero e l'utile per il maggior bene dei cultivatori de' bachi da seta e dei proprietarj de' gelsi. Dott. Giovanni Berselli. — Su la Igiene delle scuole private pe' i fanciulli. Prof. Clio. Alessandro Majocchi. — Annali di Fisica, Chimica e Matematica. — (Conti- nuazione) nu r.ìq » Nuore sperienze e considerazioni su roriglne della- corrente voltaìca.oi'! » Galvanometro universale, o a forza variabile. » Su l'azione chimica dal calorico. mnirrt) n*^ » ■ Delle imagini prodotte da esalazioni vaporose su le superficie dei corpi. » Cenni storici intorno all'elettro-magnetismo, considerato come forza motrice. » Delle condizioni necessarie alla produzione della corrente voltaica. » Proemio al terzo anno degli Annali di Fisica e Chimica. oiO csnssni'f » Considerazioni ed Esperienze intorno alla origine deUa corrente voltaica. Prof. Antonio Colla. — Cenni sopra le quattro comete telescopiche, apparse su T prin- cipio dell'anno 1844. 1) Notizie meteorologiche relative agli anni 1841-1843. ; » Nota. — Metereologia. — Aurora boreale. — Perturbazioni magnetiche. — Bolidi ed Areoliti. Dott. Moisè Benvenisti. — Studj sopra le produzioni morbose accidentali nell' animale economia. Dott. Barzilai. — Intorno a casi di avvelenamento guariti dietro le norme della Tossi- cologia italiana. Dodici Lettere d' illustri Rodigini con Annotazioni. . ...Z .; Principe Michele Cito. — Esperimenti su la forza elettro-motrice delle varie sostanze, publicati in occasione della settima Riunione degli Scienziati Italiani. Ing. Antonio Sette. — Saggio su l'agricultura veneta. Cav. Matteo Hartmann. — Teoria per rappresentare sezionalmente i denominatori delle frazioni. 'aLsoA aUa^" t'» ' Teoria delle equazioni di primo e secondo grado. a » Elementi fondamentali di Aritmetica. T oItsO .loti Dott. Alessandro Cugino. — Della recettività vajolosa, o sia della condizione principale etiologica del vaccino e del vajuolo. Prof. V. Streffleur. — Stato fisico primitivo delle terre del polo Nord. 0 •: Tcn. L. Chretien. — Corso di osservazioni meteorologiche fatte nella zona torrida, a bordo del regio vascello il Vesuvio, nell'anno 1843, sotto gli ordini del Commodoro Bar. D. M. De Cosa. . , - Dott. Michele Solltro. — Della flogosl proteiforme e di alcune analogie patologiche.: l 1 Dott. Gio. Batt. Castellani. — Dei non-concetti. ' ti/ ì stgv Dott. G . Cervetto. — Lettera al Prof. G. A. Glacomini , relativa ad una Orazione del Prof. L. Cortese su '1 Teatro anatomico di Padova. I. B. Anguissola. — Ephemerldes sacrae anni Christian! 1845, Sanctorum gestis in epi- granimata conlatis ditissimae Placentiae. ' .(sarstt icrasvoiO .Jicti I G. Telanì. — Lettera al sìg. G. Lindegg, intorno la dimora dì Dante al castello di Liz- zano. .'fi: ji;Y';i'. i Memorie intorno alla vita ed agli scritti di F. Santoni, Arciprete della Chiesa Collegiata di Arco, e quivi Decano. » Notizie intorno alla Vita ed a molte Opere di Ambrogio De Rosmini Ser- bate Roveretano. ; ii:sr.'i , Prof. B. Zambra. — Relazione degli Atti deU'Academià di Udine, durante l'anno aca- demico 1844-1845. X' '.■<:■ ; Introduzione allo studio della Fisica. Padre Prof. Pasquali. — 11 progresso ed il secolo decimonono. » Le quattro certezze. Dott. Luigi Chiminelli. — Storia di una recente lesione di continuo del condotto sle- noniano, guarita con le injezioni eccitanti. » (^'..Versione italiana, con un'Appendice, dello scritto dei signori Dott. F. A. -.;."t riJ'; ; ' De Ammon e M. Baumgarten , intitolato : La C/«Viirjia plastica criti- camente esposta giusta le prestazioni sue, fino al d'i d'ocjtji. a Su la economia nella Medicina ojieratorla. In appoggio alle idée del Dott. G. B. Marzuttlni. Dott. A. Comlnzoni. — Il calcino, ossia mal del segno, nei bacili da seta è assoluta- mente contagioso. Frat. Perini. — Giornale agrario dei Distretti Trentini e Roveretani. — [Continuazione) Antonio Diedo. — Fabriche e disegni. — (Continuazione) Dott. M. C. Frari. — Trattato deUe operazioni in Ostetricia. Prof. Ab. G. Zamboni. — Esame della Memoria del sig. l'eclet su lo sviluppo della elettricità statica nel contatto dei corpi, e della Memoria del sig. Buff ...;:.- intorno all'elettroforo. » Su i fenomeni della cometa di Biela. Nicolò Biscaccia. — Un secondo anno patrio. Dott. Jacopo Facen. — Istruzione popolare su la genesi e su la cura della polmonca . bovina, clie domina nei monti delle Alpi Rezie. I. R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. — Memorie. — (Continuazione) » Programma publicato nel 1840 , riproposto con aumento del premio, da aggiudicarsi nella solenne Adunanza del 1843, e di un nuovo Pro- gramma relativo alla publica beneficenza , con premio eguale alla ateoq« liioisc : . stessa epoca;i;o:;L3 I: Domenico Mammone Caprla. .— . Scatola dei reagenti, ed uso di essi. » Dizionario portatile di Chimica organica. ■PfOfvCa.v. Pier-Alessandro Paravia. — Della eccellenza ed utilità degli studj poetici, .C-.1C2 : rispetto allo scrittore. iij o;o£a la eJiiiii'juixi od XXXII Prof. Pasquale Astrominica, — Instituzioni di Algebra. 7 .■ ', J- .--•V5J _ .ìn.ofoT .0 Antonio Zoncada. — Discorso su lo studio della lingua latina. Dott. Jacopo Giustiniani. — Della simiglianza delle ajitiolie cripte di Padova con quelle di Roma. Rapport fait à l'Académie Royale du Gand sur le Congrès de Kapks. Dott. Jacopo Foscarini. — I bagni e fanghi minerali teriuali Euganei devono usarsi freddi o caldi? Prof. Amilcare Mazzarella. — Di Tito Lucrezio Caro e del suo poema De rerum nal-u.ra, con la versione di molti frammenti scelti fra i migliori del testo. Dott. Andrea Sellenati. — Relazione degli Atti dell' Academia di Udine BfiU' an- no 1842-1843. e » Simile per l'anno 1843-1844, ';ij .'JoQ Dott. G. L. GianeUi. — Delle attuali speranze della Medicina. Prof. Baldassare Poli. — Saggi di Scienza politico-legale. — ( Conlinuazione) .Arcid. Andrea Tribaldi. — L'atraosferologia, quarto regno della JN'atura, e sua storia na- turale. Dott. Michele BorgiaUi. — Della scrofola. Sebastiano Venzo. — Delle sorgenti del calorico. Co. Dott. Giuseppe De Cìgalla. — Grammatica filosofica della lingua italiana. » Quadro teorico-critico della Letteratura latina (in jreeo moderno). » Trattato su '1 vajuolo naturale (idem). isl .jEil n Dissertazione su la mestruazione e la clorosi (idem). ' \ » Dissertazione su la rabbia canina (idem). » Memoria su '1 mostro, die si suppose emesso per vomito (iofem). '. jil Dott. Augusto ScbiUing. — Relazione su la Istoria del Sovrano Ordine dei Gioanniti. Ing. Gio. Marieni. — Misurazione trigonometrica degli Stati dellaChiesa e della Toscana. Reale Academia medico-chirurgica di Torino. — Atti. {Contimiaz.iove) Reale Academia di Scienze in Berlino. — Memorie. (Continuazioni) » Rapporti delle adunanze. (Continiiasione) Samuele Romanin. — Le Istorie dei jjopoli Europei, dalla decadenza dell'Imperio Ro- mano, n ,1 Dott. M. Castle. — Trattato di Frenologia. Ab. Agostino Grubissicli. — Delle lodi dei Vescovo Paolo Miossich. » Poesie diverse. Sigismondo di Manzano. — Intorno al metodo di educane le apL Osservazioni esposte e publicate per cura del Dott. A. Sellenati. Giuseppe Enrico Gastaldis. — Nuovo piano d'agricultura. Dott. Giuseppe Osenga. — Nota sovra una formula esprimente le resìstónze di un flui- do indefinito al moto di un piano obliquo al prtrorio corso. t XXXUI Prof. Celestina Caveiloni. — Dichiarazione degli antichi maniii inoJentsi. ..__ ... ." )) Inscrijitiones prò funere Francisci IV. Alestini. I) Index coruin, quac Franciscus IV. Atcstinus fccit. » Indicazione del i\Iuséo del Catajo. -.» .c;jE;j'ì .V. .tJ » Spicilegio mumismatico. T « » Biografia del Prof. Ippolito Rossellini. » Ragguaglio degli scavi fatti di recente in Modena. -. .:'c%'--'J thr..! M^C. a Osservazioni sopra un sepolcreto etrusco scoperto nella collina modenese. » Cenni intorno al monumento romano d'Igei presso Treviri. Magg. Giovanni Hellmann. — Lettres sur le pcrfectionnement moral de l'homme. Dott. Antonio Garbiglietti. — Su l'antagonismo patogcnico tra la pellagra e la scrofola. » Memoria seconda su lo stesso argomento. Prof. Pasquale Manfrè. — Ti Coturno. Giornale di Medicina e delle Scienze affini. — CCc)iil!"imn;ioiie^ )) TI Severino. Giornale. — (Conlinuazione) Dott. Andrea Navarrini. — Riflessioni su le affezioni periodiche intermittenti del Prof. Tommasini. Prof. Giuseppe Zurrla. — Esercizj di analisi sublime. — (Conlinuazione) Wilhelm! Menls. — Hygea. Poema. Dott. lacob Luzzatti. ^ Storia di un avvelenamento con l'acido solforico. Dott. Emilio Kratzmann. — Della nuova Medicina in Francia. » Su i semi delle piante. » Su le aque medicinali di Marienbad. Dott. S. DIeu. — Traité de matière medicale et de thérapeutique, précède de considé- rations gene'rales sur la Zoologie, et suivi de l'IIlstoire des eax natu- relles. Angelo Slcca. — Breve Dizionario di Mitologia compilato su i migliori autori. » Rime del Petrarca con varianti ed emendazioni. j) Rivista delle varie lezioni della Divina Comedla di Dante avvisate fino all'anno 1832, co'l Catalogo delle piti importanti edizioni dal 1472 al 1832; aggiuntovi il nome di tutti i Commentatori di secolo in secolo. Dott. I. G. Bòhm. — Descrizioni dell'Uranoscopie, e guida al perfetto uso di esso. » Eclissi solare del 9 Ottobre 1847. Erasmo Fabri-Scarpellini. — Programma del Bullettino universale intitolato Corri- spondenza scientifica. Prof. Cav. Stefano Marianini. — Memoria su l'indebolimento che avviene nel magneti- smo d'un ferro quando si fa scorrere su d'una calamita debole in mo- do da magnetizzarlo, se non lo fosse, nel medesimo senso in cui già si trova magnetizzato. xxxir Prof. Cav. Marlaniui. — Di alcune analogie e dì alcune discrepante osservate tra le azioni magnetizzanti della boccia di Leida, della coppia voltaica e della calamita. G. M. Fusco. — I Capitoli dell'Ordine deU'Armellino. 1) Intorno ad alcune monete aragonesi, ed a varie città che tennero zecca in quella stagione. Dott. Carlo Cerato. — Alcune ricerche intorno al cotone fulminante. » Degli alimenti chimicamente considerati. NUOVI SAGGI DELLA IMPERIALE REGIA ACADEMIA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI IN PADOVA su LA RIFORMA domandata dal Secolo XIX. nella dottrina del Contagio. MEMORIA IH. DEL SOCIO ORDINARIO G. R SPONGIA LETTA NELLA TORNATA SXVI APRILE MDCCCXLII. Critica dell'endemismo, dell'epidemismo e della infezione riguardo alla peste orientale. JLUa mia pritna Memoria su'l Contagio, letta in quest'Accademia nella torna- ta 9 Aprile 1839, cercava cause di endemismo nella peste, nel cholera, nella febbre gialla ; endemismo antico quanto le regioni del globo ove osservansi stazionarie quelle tre forme di malattia, e cb'io, per quante obbiezioni cercassi, onde trarmi d'inganno se mai stato ci fossi, non ho potuto a meno di adottare. Dal quale principio dimostrato dai fatti, altri fatti venivano, che presentati alla vostra penetrazione, questa mi fu generosa d'ampio suffragio, collocando la mia Memoria negli Atti che andavano a pubblicarsi. Rammentate che in quello scrit- to io presagiva la condizione termica dei luoghi qual causa precipua di tutte e tre le malattie, e tracciava due linee isotermiche per chiudere in ampia zona le regioni predilette da quelle. La seconda 3Iemoria, pubblicata pure nei nostri Atti, io leggeva nel 7 Apri- le 1840. Per cominciare, io prendeva il filo dalla più celebre, più antica, più tremenda delle tre forme, la peste orientale. Senza punto allontanarmi dal Del- ta egiziano (avvengachè altre regioni dell'Africa e dell'Asia avessi potuto sce- gliere con sicurezza di endemismo), interpretali con tutto il rigore analitico 1 fatti descritti dagli autori e viaggiatori di ogni epoca, palese io dimostrava la origine, 11 progresso, l'esito della peste in Egitto, tanto endemica, quanto epi- demica. E qui giova implorare l'attenzione vostra per me, il quale scrivendo in Padova, non avea veduto l'Egitto che in su le carte, non conosciuta la peste che nelle descrizioni di cbi la vide e provolla. Nel 1839, in quest'aula stessa, dedu- ceva io la peste essere endemica nell'Egitto, epidemica a quando a quando, giusta il corabinamento di circostanze meteoriche: proclamava non fondatala teo- rica della importazione in Alessandria, contro l'opiuioue di alcuni che la soste- nevano vigorosamente; cercava le cause nel suolo, nelle acque, nelle meteore, nelle abitudini, stabilendole con ragionamento il più rigoroso che per me si po- teva : e nel 1840 i dottori Aubert e dot-Bey, dimorati in Egitto per anni ed anni, pubblicavano le cose stesse (per prima edizione) in Parigi, l'uno sotto il ti- tolo De la peste oii Ijplius dOricnt^ l'altro sotto quello De la peste ohservée en Egypte ; conchiudendo endemica ed epidemica la peste con una serie di fatti autentici per pubblica e privata prova, da spaventare la più feconda immagina- zione. Valga almeno per me quel qualunque studio che mi condusse a seguire la stessa via d'analisi, ed a trarre le conchiusioui stesse, scrivendo tranquillo ad una distanza di 14° di latitudine dal focolare endemico, a giustificare unn compiacenza di non aver perduto tempo ed applicazione. Lo stile forse troppo assoluto d'Aubert, la dubitazione troppo frequente di dot-Bey rendono quelle due Opere interessanti, uu po' diverse fra loro; ed una mollo ricercata erudizione del secondo, conducendo l'attrito di molte opinioni antiche e moderne , diviene talvolta ostacolo alla nettezza delle couchiusioni; che tali si domandano oggigiorno da coloro che professano le scienze. I voca- boli epidemismo , endemismo, infezione ,, contagiosila dominano gì' intricati sermoni} fatti popolari in adesso; e la significanza non dev'essere indicala alla maniera aforistica, ma dimostrata con argomenti piani, alla portala di tulli; si se vogliamo scernere un po' di vero fra mezzo al bujo delle malattie che, per essere imparziali, ci contenteremo appellare diffusibili. « Sotto il nome di malattie epidemiche intendiamo quelle che infieriscono » sur una massa più o meno considerevole d'individui. Tali malattie, venendo )) probabilmeute da condizioni atmosferiche, da cause meteoriche, da fenomeni )) diversi di elettricità e magnetismo, possono svilupparsi, dice dot-Bey, indi- » pendentemente da cause d'insalubrità, d'infezione. » Sarà e non sarà l'elet- trico, il magnetismo, sarà e non sarà la infezione, diranno gli oppositori; e noi, che domandiamo ai conlagionlsli la dimostrazione del contagio e le sue qualità a priori prima di credere, non dobbiamo insorgere con supposizioni; giacché neppur noi potremmo dimostrare come causa epidemica l'elettricità ed il ma- gnetismo. Se gli uomini, in vece di raccogliersi in città, borgate, villaggi, si mante- nessero dispersi alla superficie del globo a guisa di animali selvaggi, o non vi sarebbero epidemie propriamente dette, od almeno le grandi distanze dagli uni agli altri impedirebbero quell'uniforme procedere, da cui, osservalo una volta l'ammalare d'un individuo, prevedesi l'ammalare dell'altro ; ed a ciò fare basta- no d'ordinario i prodromi della malattia. Le epizoozie ancora non vestono ca- ratteri decisi che negli animali domestici, addetti alle masse cittadine e campe- stri degli uomini. Supponiamo per un istante deserta una terra, ove giorni pri- ma infieriva morbo diffuso; deserta in modo, che sia rimasto il nudo suolo, per una di quelle alluvioni, di que' terremoti che accompagnano, dopo aver prece- duto, e seguono assai di spesso una epidemia; ammettiamo pure che un incen- dio, sì facile nel trambusto de' terremoti, abbia compiuto la distruzione. A quel suolo desolalo giunga una colonia di gente abituata a diverso cielo, diverso cli- ma, sana, robusta, vergine di malattia epidemica; e quivi sieda padrona d'una superficie di terreno abbandonata prima al destino. Premesso questo, domande- remo se la nuova gente ammalerebbe della maialila poc' anzi devastatrice di quella invasa contrada. Raso il suolo e senza la benché menoma traccia di abitazione , siamo quasi sicuri che i contagionisti risponderanno d'immunità; che gV infezionisti^ assi- curati in pria non avervi stagno o palude, diseccato il suolo dopo la pregressa alluvione, lolla ogni dubbiezza di sporcizie, risponderanno ugualmente. Gli epi- demisti avranno qualche osservazione da aggiugnere. Chiederanno se la influen- za meteorica siasi consumala, e studleranno la opportunità dei nuovi arrivali. Ma, considerata la opportunità per graduata insensibile influenza, non già istan- tanea a guisa di elellrica scintilla; veduto che il nuovo suolo, la diversa latitu- dine, il nuovo clima tolgono che si formi nella gente nuova la disposizione alla malallia regnante già in quella contrada; gli epidemisti non avranno a temere la stessa forma morbosa: altra in vece paventeranno, figlia del disagio, del po- tere degli agenti esterni, delle mutate abitudini, della nuova influenza. Vegga pure ognuno alla propria foggia una malattia popolare o volgare ; avrà sempre a calcolare la influenza delle masse, che tanto aggiugne di forza; la temperatura speciale delle abitazioni, gli assembramenti sociali, le abitudini nate dal contatto reciproco; e tante altre cause che lungo sarebbe lo enume- rare, e diano vigore e valore di propagazione alle malattie, che per ciò appunto si appellano diffusibili. Ad onta della necessità delle masse, sia epidemica pura, epidemico-conta- giosa, epidemlco-infezionistica la malattia, non tutti gì' individui ammalano nel- le invasioni. Que' che ammalano, non tutti soggiacciono alla slessa intensità di azione morbifera, e di que' che ammalano non tutti periscono. Entrare in cam- po con la predisposizione , famosa una volta , sarebbe aggiugnere mistero a mi- stero ; quindi non temiamo mettere innanzi due proposizioni. 1." La proporzione nello invadere è ella maggiore e minore nel rapporto al numero maggiore e minore degli abitanti? 2." La proporzione dei morii agli attaccali cresce e decresce, secondoché grande o piccolo sia il numero degli ammalati? Queste due proposizioni non valgono presso il conlagionista assoluto , dap- poiché egli non guarda che la individualità. L'imparziale ricercatore del vero non può negligere il fatto; cioè che in una popolazione, grande o piccola che sia, non tutti ammalano, e fra gli ammalati non tutti periscono. Insorgerà quia- di fondata dubbiezza, non forse l'azione epidemica acquisti vigore di quaulo campo vitale ella trovi ad estendersi, come farebbe un incendio; e, maggior estensione acquistando, maggior numero di vittime tragga a sé. Altro dubbio se- guirebbe la inversa, non forse con lo estendersi diminuisca di forza, talché fra molli attaccali minor pure avesse a risultare il numero dei morii. A sciogliere il primo dubbio basterà ricordare il costume delle invasioni epidemiche prima di giungere al colmo, dal qual punto decrescono, e a poco a poco si estinguono; e tutti coloro i quali videro e descrissero epidemie, alle- stano la mortalità essere nella diretta del numero degli attaccali : d'onde si con- ferma il maggior vigore della malattia di quanto trovi più ampio il campo vitale ad estendersi. Per isclogliere il secondo basta la soluzione del primo; e resterà da avver- tire la facile confusione di calcolo, quando si dimentichi l'epoca in cui comiu- ciò la invasione. Decrescendo in vigore la malattia epidemica, dopo essere giun- ta al colmo di forza, sogliono mostrarsi le forme di minor entità, le quali dif- fondonsi pure, senza recar gravi danni; e, come accade sempre, compiuta la efficacia epidemica, insorgono le malattie particolari alla contrada od al clima, le quali sogliono precedere, talvolta accompagnare, sottentrar poscia alla con- sumala epidemia: d'onde la illusione, che maggiore sia il numero degli attacca- ti, ed in proporzione assai minore quello dei morti. Così va la peste in Egitto, nell'Arcipelago greco, a Smirne, a Goslanllnopoli; cosi il cholera nell'Indostan e uella Oceania, la febbre gialla alle Aatille; così usarono i tifi nosocomiali e castreusi al principiare del secolo; così il cholera nella Russia, nella Polonia, iu Ungheria, Francia, Inghilterra, Italia; e noi lutti vedemmo i morbi prece- denti, accompagnanti, susseguenti quest'ultima epidemia. Bisogna dunque rinunziare alla semplice enumerazione individuale; dire in vece, la malattia ha una estensione = al per -^ della popolazione invasa, come x," la mortalità = al per -^ degli attaccali, come x : o . a dir più chia- ramente, misurare la tensione morbifica in rapporto alle masse, co '1 confronto delle precedenti invasioni; d'onde un mezzo ad agevolare il calcolo d'una legit- tima mortalità; e, giunta al colmo la epidemia, quando oscillano le cifre degli attaccati e dei morti, essere al caso di predire la durata della irruzione. Con questi principj , dedotti dalla storia delle malattie diffusibili , diviene inutile la osservazione nell'unico organismo umano individuale; vedesi in vece un organismo complesso, costituente un grande individuo, un totale rappresen- talo dalla massa degli abitanti o da quella degli attaccali; ed ogni malato in una epidemia divenir parie integrante d'un lutto. Questa totalità non si potrà desu- mere che ad epidemia compiuta; e non sarà della ricercala giustezza se non quando si potrà segnare i limiti geografici d'una data irruzione, e sommare in- sieme gli attaccati ed i morti non d'una città, d'una provincia, d'un regno, ma della linea geografica, o meglio della zona compresa fra le due linee costituenti i limiti della diffusione. Più ancora: non si creda aver fallo giusto calcolo quan- do la malattia compì l'opera sua in una regione, per quanto vogliasi estesa od anche isolata nel mare. Sarebbersi ingannati a partilo coloro che così avessero adoperalo riguardo al cholera prima del 1837. Questo cominciò ad irrompere su le rive del Gange nel 181T; percorse tutto il vecchio continente, e tacque affatto in Europa nel 1837: dunque il cholera avea da principio una tensione = al numero degli attaccali nei 23 anni di corso; e la forza sua mortifera = al numero dei morti in lutti quelli anni. Di tal maniera operando, avremo una . idea adequala della estensione epidemica. Questa, e non altra, è la via a com- prendere gli Epidemica magna del Professore pavese, esposti nella sua classica Acroasis de epidemici^ et contagiosis ^ e, diremo qui di passaggio, fra mezzo ad una selva di opinioni barbare come i secoli in cui furono bandite (1). (1) Ulique ergo epidemicum id esse convenit (/uod ex insueta coeli constitutione , iii- suelos aliquando morbos , eosque graves ^ et uno tempore frequentiores propagai. ISempe Contro alle grandi vedute epidemiche starebbe la semplice ed ingenua ri- sposta d'un contagionìsta: il principio contagioso, cioè, passare dall'uno all'altro individuo; il focolare del contagio afforlire , e somministrar meglio il mezzo di propagazione, di quanto cresca il numero degli attaccali. — Il linguaggio non differisce che in questo: l'epidemista non ha bisogno di creare un nuovo ente per dire epidemia; 11 contagionista ne trae uno dalla sua ipotesi, e con la sicu- rezza di non potere giammai dimostrarlo a priori. Ma noi, cui piacque per ora appellare semplicemente diffusibile una malattia qualunque che invada le mas- se, ci limiteremo soltanto a dire : 1.° Se una malattia contagiosa debba dirsi quella ch'è ingenerala da prin- cipio comunicato per mezzo di uguale maialila, sarà d'uopo supporre che quel- lo serbisi intalto in qualche sostanza estrinseca all'uomo affetto, o sia esso so- stanza per sé ; altrimenti non si potrà spiegare giammai come il primo infermo venisse attaccalo dal contagio per infermare. 2." Se anche debbasi ammettere che il primo ammalalo d'una epidemia contagiosa sia quello ch'elabori il contagio da essere disseminalo in coloro che comunicheranno con lui, resterà dimostralo appieno che la malattia, divenuta in séguito contagiosa per gli altri, traeva origine da altre cause, ben diverse dal contagio supposto nel primo ammalalo (1). 3.° Se una malattia contagiosa producasi da influenza epidemica, o da in- fezione, il primo ammalato certamente non dovrà ammalare di contagio. Perchè dunque il primo ammalato no, gli altri si, mentre si vuole che tutti ammalino ugualmente? 4.° Se un contagio possa durare nella pienezza di suo vigore per 30 o 40 anni, perchè mai l'ultimo malato {-) d'una malatlia contagioso-epidemica deve non insuetum aliquod in aere principium, seminiiim, miasma; sed insignem aliquani prò tempestatum radane in sensilibus aeris qualilatibus alienationem. Quo ùlulo, consequens est nec regulares annuos et tempestatum communes , qui cerlis temporibus revertuntur ; nec pestilentes,pestemve comprehendi: sed qualia totis libris descripta ab Hippocrate, a magnis temporum perversionibus fiunt, quae, nullis obstricta legibus, incerta huc illuc fe- runtur , et magna jure epidemica nominantur. — De epidemicis et contagiosis Acroasis. Neapoli 1788, pag. 63, § 77. (1) Veggasi la mia seconda Memoria, inserita nel Voi. V. dei Nuovi Saggi dell'I. R. Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Padova, pag. 147. Padova 1840, tipi del Sicca. (2) Veggasi la mia prima Memoria, inserita nello stesso Voi. dell'Accademia, p. 136. essere l'ullimo? Dove va il contagio ch'esala dal corpo suo? dove la inesausta sorgente contagiosa? dove la forza gerrainatrice , come quella d' un seme vege- tale che riproduce sé stesso, e riproducendo moltiplica? E se il contagio si vo- glia animato, dove la vita dell' iosetto o del verme? Muore forse, o passa a le- targo o ad una specie d'invernazione? E perchè un contagio, che può conser- varsi si a lungo sopra materia organica od inorganica morta, perde sue qualità nel cadavere dell'appestalo a segno da rendere ornai tranquilli gli studiosi, dopo sezioui di centiuaja di cadaveri, istituite ora con egual sicurezza persino dai più valorosi contagionisti? Se, per la prima tesi, si dovesse sempre serjjare inlatto in qualche sostanza estrinseca all'organismo il principio generatore d'una epidemia contagiosa, que- sta, e converrà qualunque con noi, dovrebbe essere sempre mai accidentale; probabile il suo sviluppo ogniqualvolta la occasione portasse il contatto di quel- la sostanza estrinseca, indipendente da stagione, da veutl, da clima, da tempe- ratura; e, fissando su questa ultima, esigendosi temperatura apposita, bisogne- rebbe sempre determinarla, e non sarebbe piccola impresa. Se, per la seconda tesi, il primo infermo dovesse preparare la materia con- tagiosa primitiva, bisognerebbe pur confessare un processo morboso uguale per lo meno a quello degl'infermi successori. Dunque sarà illazione legittima il dire che quel processo primo sia stato ingenerato da cause che non saranno mai il contagio futuro. E se nello stesso clima, con le stesse forme, con le medesime circostanze, incominciò ad ogni 4-3 anni la malattia; se la osservazione ri- monti, su l'ara de' secoli, ad un'epoca in cui non s'erano ancora raccolti i ma- teriali per fabbricare le piramidi; sarà pur forza convincersi che quel primo processo sia figlio del suolo, del clima, del cielo, delle abitudini, dei cibi, delle bevande, e di cause infinite, effetti di altre cause che forse non conosceremo giammai. Se, per la terza tesi, in una costituzione epidemica sia dimostrato che il pri- mo infermo non ammalò di contagio, sarebbe ben fuori d'ogni proposito l'im- maginare che gli altri lutti ammalarono per quella cagione. Il primo, il decimo, il centesimo, il millesimo presentano la stessa forma, e l'ultimo pure; e chi vive sotto ad un cielo e calca un suolo, i cui agenti fisici sono atti a svolgere ma- lattia, dev'esserne, dal più al meno, influito; e se ammala domani piuttoslochè oggi, e se visitò l'amico, il congiunto, non esibisce ragione sufficiente a credere che la malattia dal congiunto o dall'amico sia passata a lui. 8 Se finalmente, per la quarta lesi, un contagio abbia il funesto privilegio di conservare il suo vigore per 30-'^iO anni, resterà a chiedere se il contagio del- l'ultimo maialo d'una epidemia avesse qualità specifiche diverse per estinguersi, in luogo di agire, moltiplicare e diffondersi. Da un lato tanto vigore dopo 30 anni, dall'altro inazione, estinzione; e, quel eh' è più, in sua freschezza, quan- do le escrezioni del malato continuano : però appunto in lai caso guarisce d'or- dinario l'ultimo infermo, la popolazione ritorna alla salute, le masserizie si toc- cano: le lane, i coloni, i cenci jeri pericolosi, oggi innocenti. Lasciando il con- tacio, e seguendo il carattere delle epidemie, è facile accorgersi che gli stadj di esse seguono nelle masse l'ordine che serbano nella malattia acuta in un solo individuo : principio^ aumento^ decremento^ fine. E questi pure sono gli stadj della vita vegetale ed animale, questi della meteora, questi del giorno, della not- te, delle stagioni : analogia potentissima, che avrebbe onta dalla creazione d'una ipotesi. E senza ricorrere ad una ipolesi, vediamo in vece che: 1.° Ogni clima ha malattie proprie, di forma, corso e durata particolare. 2.° Quando le circostanze climatiche eccedono o si turbano, la maggior parte del popolo ammala. 3.° Non tulli ammalano ad un tempo, ed il progresso è regolato dalla qua- lità organica individuale, e dal regime di vita. h.° Il progressivo sviluppo della malattia costituisce il semplice andamento epidemico. 5.° Quando coloro che doveano ammalare vi soggiacquero tutti, la epide- mia finisce. 6.° L'ammalare del 1.° 10.° 15.° 30.° ec. non dipende dall' aver essi assor- bito il contagio del malato a, è, e, J, ec. . . . ; dipende dall'essere slati lutti ugualmente esposti agli agenti che prepararono e mantengono la costituzione epidemica. Questi teoremi, dedotti da quanto parlarono e scrissero su la peste viaggia- tori medici e non medici negli ultimi ciuquant' anni che precedono l'epoca no- stra, sorretti da ragionamento il più severo su le nozioni avute , verranno con- validati dalla relazione slorica d'un celebre contemporaneo che visse e vive in Egitto da molti anni, reggitore delle cose di pubblica salute, intenzionato al mi- glioramento delle sanitarie discipline. Facendo un confronto della peste con le altre malattie epidemiche, non negate da chicchessia, Clol-Bey non ha guari scriveva : 1.° Che la peste epidemica in Egitto compare sempre ad epoche determi- nate, cioè su'l finire dell'autunno od al cominciare del verno, per cessare co'l mese di Giugno. Ella è osservazione d'ogni tempo, osservazione vieta e volgare affatto, ch'io riferiva nella Memoria letta (nel 1840) due auui or sono. 2.° Il corso che prende la peste è assolutamente uguale a quello di tutte le epidemie. Gom'esse appunto è preceduta o seguita da mutazioni meteoriche più o meno rimarchevoli. Spesso ancorala sua apparizione è annunziata da feb- bri di pessimo carattere, dal vajuolo, da eruzioni furuncolari. Presso a poco io vi lessi le stesse cose due anni prima. 3.° La influenza epidemica è sentita da lutti in generale. Dolori ghiandola- ri agl'inguini, alle ascelle; abbattimento, prostrazione di forze, vertigini, appun- to come accade sotto alla influenza cholerica. Tutto voi troverete nella mia Me- moria del 1839. 'i.° Come le altre malattie epidemiche, la peste presenta diversi gradi di forza. Jlite o grave, circoscritta od universale, senza che si possano attribuire queste differenze ad alcuna causa apprezzabile. Di ciò io non tenni parola in maniera esclusiva. 5.° Nel suo sviluppo, nel suo corso, nel cessare, essa ha la stessa fisionomia delle malattie epidemiche. Gli accidenti sono da principio poco numerosi, ma pressoché sempre seguiti da morte. A misura che si propaga e si estende, i suoi effetti sono meno letali. Al cessare della epidemia i nuovi casi obesi presentano hanno perduto molto di loro gravezza. ■> 6.° Variazioni atmosferiche coincidono con mutazioni notevoli nel nume- ro dei malati e nella intensità della malattia. Così quando regnano i venti me- ridionali cresce la mortalità: soffiando i settentrionali, il numero de' casi dimi- nuisce, e così pure la mortalità. Avremo forti obbiezioni, e converrà sentirle ed esaminarle. Esame delle obbiezioni. Svolto finora quanto concerne epidemismo, è facile prevedere le obbiezioni. 1.° Il contagionista non nega la propagazione epidemica. 2. Questa non esclude un contagio specifico. 3. La importazione è manifesta quando, non essendovi sentore di peste in Egitto, l'approdare p. e. d'un navilio, con a bordo un appestato, è scintilla che produce l'incendio; e, lasciata libera ogni comuni- »0 cazione, da questo primo caso comincia a diffondersi la maialila, e divenire epidemico-conlagiosa. 4." Questa essere costante osservazione in Alessandria, ove persino nei più abbietti del volgo, d'ogni età, d'ogni sesso (Arabi, Turchi, Ne- gri, Barbareschi, Armeni, Copti, Ebrei, Europei), coslituenli la mista popolazione, senlesi la notizia tradizionale che la peste ivi è sempre importata. La prima, presa in un aspetto il più semplice, non sarebbe obbiezione; io diviene però, per non ammettersi una necessità d'influenza epidemica, e per ri- tenere che la epidemia semplice a principio si faccia contagiosa in progresso ; lo diviene pure, quando si ammetta che la peste epidemica possa dipendere an- cora dal solo fatto della importazione. Quanto alla propagazione per contagio specifico, io finora ne ho parlato ab- bastanza. Quindi non rimane a parlare che della Importazione. Non si negano casi di peste a bordo d'un bastimento approdato in Alessan- dria; non si negano provenienti dalla Siria e dall'Anatolia, come pure dall'Ar- cipelago greco e da Goslanlinopoli: cose vedute, provate, sentite, che sarebbe insania l'opporvisi. Ma se quando arrivasse il bastimento vi fossero casi sparsi qua e là nelle borgate e nei dintorni della città, noti ad una Magistratura rego- larmente istituita ; e che dall'arrivo del bastimento alla diffusione universale del morbo scorresse un intervallo di settimane, e perfino d'uno e due mesi; nessu- no avrebbe diritto di proclamare la importazione , poiché la peste esisteva non epidemica, ma sporadica. E se dopo la instituzione d'un Consiglio di Sanità in Alessandria, anche finita la epidemia famosa del 1834-1835, non s'interrom- pesse la denunzia d'un qualche caso di peste a diverse distanze di luogo, od alla parte marina settentrionale della città, o dalla parte di terra, ad onta dei cosi detti spogli, degli espurghi, e di tutte le misure sanitarie d'un Magistrato" contagionista; veduto e confermato da altri dati il carattere endemico, una im- portazione accidentale non sarebbe rigorosamente ammissibile. E se lasciando Alessandria, e rivolgendosi al Cairo, quivi una serie di malattie tifoidee, cosi dette maligne, con apparizione di antraci, fosse attestata dai Medici degli Spe- dali; ed arrivasse in quel torno da Alessandria un uomo con sintomi di peste ♦1 si fieri , che in poche ore perisse ; e uel giorno seguente si aumentasse di sette e più la cifra della mortalità che aveasi nel giorno innanzi; anche in questa cir- costanza lo asseverare una importazione, ad onta della spiegata epidemia in Ales- sandria, senza calcolare le malattie affini, presaghe d'uno scoppio epidemico, fissando la idea su la prima forma spiegatasi nel nuovo arrivato; sarebbe rinun- ziare alla osservazione, all'analogia, al falli, per cogliere una illusoria coinci- denza co '1 punto in cui la malattia, da oscura, rendevasi determinata e palese. Questi sono falli che trovate nelle Opere di Aubert e di Clot-Dey, uniti a tanti altri, i quali sarebbe inutile che io ripetessi in questo scritto, pubblicati come sono a mezzo della slampa. Le conchiusioui del Dolt. Aubert sono le seguenti. « La peste non ha mai cessato di regnare in Alessandria da che vi esiste un » Consiglio di Sanità. Se questo Consiglio fosse slato disciolto, ed abolite le )> fuuzioni de' suoi membri dopo la epidemia; se, giusta il costume orientale, » si avesse creduto che la peste cessando di apparire epidemica su '1 finire di )) Giugno, tutto dovesse terminare; sarebbe stalo impossibile di provare che i » casi di peste anteriori al mese di Novembre 1834 erano endemici e sporadi- » ci. Ma, avventurosamente per la scienza e pe '1 vero, il Consiglio di Sanità ri- )) mase organizzato; continuò ad osservare, interrogare, confrontare i fatti; e » tre anni di esperienza dimostrarono chiaramente che la peste è endemica, » sporadica, e si manifesta oggi, come prima della epidemia, per casi isolati, i )) quali non si potranno giammai derivare da contagio o da importazione. » E qui segue la storia dei due preti greci, e la confutazione relativa alla cre- denza che abbiano portalo la peste in Alessandria nel 1834 (Luglio); quindi le cifre ed i bullellini della epidemia, i quotidiani della endemia, segnati, com'egli dice, dal Segretario e dal Presidente di Sanità giorno per giorno (1). (l) Quando lo spirito filantropico di Pinel cominciò a migliorare la condizione degli alienati su '1 finire del passato secolo, e vennero instituite in séguito nuove discipline, or- ganizzati appositi Spedali, il numero dei pazzi raccolti in essi crebbe a segno, che si co- minciava a mormorare su la riforma, ed a chiamarla perniciosa ; quasi lo spettacolo d'un Ospizio ch'eccitava la comune curiosità desse occasione e facilitasse la pazzia. Esquirol non volle lasciare inosservata la questione, e fecesi a persuadere che il numero non era da quell'epoca né accresciuto, né diminuito. Prima della riforma, com'è ben naturale, i pazzi restavano dispersi nelle famiglie, nelle città, nei villaggi, né conoscevasene il numero; con la riforma si raccolsero, ed il numero, fatto palese, impose ai meno veggenti, e si gridò CIol-Bey non esclude la imporlazione della pesle, quanto a casi isolati, fuori delle località nelle quali infierisce la maialila ; nega però assolutamente che la importazione possa aver prodotto una epidemia in veruna epoca, come afferma- no i conlagionisli. Ciò che suonerebbe lo stesso che il dire, non potere scoppia- re la epidemia senza cause generali epidemiche. Noi lasceremo le prove storiche antiche, addotte dal doti, dot, siccome prive di testimonianze legittime, e ci atterremo a quelle da lui esibite per l'epoche a noi più prossime, incominciando dalla peste di Marsiglia. La peste di Marsiglia si suppone importata dal bastimento capitanato da M/ Ghaleau il 25 Maggio 1720. Il doti. Deidier, professore a Montpellier, ha provato che al 20 Aprile morì di maialila pestilenziale la vedova Augier, già còlta da parotite nel 13 precedente. Che certa madama Courlaud ebbe antraci con febbre dal 3 al 4 di Maggio; che una douna, nominata Rose, dai 20 ai 25 di Maggio ebbe febbre acuta con bubboni. Do La peste di Malia, nel 1813, vuoisi importata dal vascello 5. Nicolò, ad onla che fosse tenuto a guardia severissima nel Lazzaretto. Ma in quell'epoca a Co- stantinopoli, Smirne, Cipro, Alessandria aveavi la peste; ed a Murcia nelle Spagne aveanvi febbri maligne pestilenziali: ciò che dà fondamento a ritenere una costituzione epidemica, di cui Malia dovea risentire gli effetti in causa di sua vicinanza. La pesle di Tunisi nel 1818-1819-1820 si voile importata da Algeri (dopo le comunicazioni attivate, conchiusa la pace tra queste due Reggenze) per mez- zo dei pellegriai reduci dalla Mecca. Ma è a riflettere che le stragi incomincia- rono nei tre anni sempre alla fine dell'autunno, e cessarono al principio di pri- mavera; ciò che prova la influenza delle stagioni. Più ancora, il doti. Passeri, dimorante allora in Tunisi, attesta che un anno prima dell' apparizione della peste era incominciata già una epidemia di febbri petecchiali. La peste di Morea vuole il dott. Grassi sia stala importata nel 1824 dagli ingiustamente la croce su i riformatori. Non altrimenti fu in Alessandria instituito il Con- siglio di Sanità. Prima di quest'epoca i casi sporadici di peste rimanevano inosservati, ed il fatalismo turco non s'inquietò mai, neppur quando da endemici divenivano epidemici. Costituitosi il Consiglio , si numerarono i casi isolati prima e dopo la epidemia ; e la im- ponente collezione dei bullettini che ci dà il Dott. Aubert non lascia dubbio su l'emle- inismo nella città, nelle borgate, nelle campagne. 13 Arabi. Il Jolt. Lavdon, medico particolare di S. A. Ibrahim pascià, ha sempre negalo che quella fosse peste. La peste del Cairo nel 1835, secondo il doli. Boyer, sarebbesi importata da certo Salvatore Giglio, il quale veniva da Malta passando per Alessandria, ove regnava la epidemia. Sia quando arrivò il Giglio s'erano già diffuse al Cairo feb- bri acute di carattere tifoideo, accompagnate da antraci; e nel 2 gennajo, gior- no dell'arrivo del Giglio, la cifra della mortalità non fece che portarsi dal 1 0 al 26 per cento. Quindi è chiara la coincidenza tra l'arrivare del Giglio e lo scop- piare di quella stessa epidemia, che progrediva in una città non molto distante dal Cairo, cioè a dire Alessandria. Senza prolungare davvantaggio le citazioni, ci sembra opportuno un riflesso. Come dimostrai nella seconda Memoria, non v'ha popolo che voglia confessare il seminio della peste su 4 proprio suolo; ognuno lo attribuisce ad altre regioni, ad altri climi; e, quando vien còlto, la grida importala. A gridare importazione bisogna darsi almeno la briga di seguire il filo cronologico e topografico della malattia; e sarà sempre un bello ingegno quello che a forza di studio perven- ga al centro d'infezione, lasciando poi altra briga a colui che si lagnasse d'esser fallo centro, di studiare nuovamente il filo d'importazione; fino a tanto poi che una volta o l'altra arriveremo a quel primo malato con cui principiai il mio ragio- namento, e confesseremo la malattia endemica in un qualche punto del globo. Pretendere autentiche le trovate comunicazioni di peste in caso di epidemia è conoscere ben poco il trambusto che regua in que' giorni di desolazione, attestalo da coloro clie si trovarono nel mezzo, per far credere esatte le notizie, ed il sangue freddo indispensabile a tracciare il funesto itinerario. Vedemmo ancor noi la carta ilineraria del morbo indiano, pubblicata dal famoso Moreau de Jonnés, il quale, quando avrà veduto compiersi il giro della malattia dopo 23 anni, avrà forse, e si spera, modificato le proprie idee di assolutismo contagioso, meditando su'i lungo viaggio da un lato, e su la incorrotta e mirabile conservazione del supposto contagio dall'altro. Noi quindi per ora non oseremo dire ipotetica la teoria della importazione, come ha dichiarato solennemente il dolt. Aubert, sebbene molli fatti e molle osservazioni di grande peso egli faccia precedere alla sua conchiusio- ue. L'idea di Glot-Bey, che la importazione possa dar origine a casi isolali, non mai ad una epidemia, ci sembra alquanto in opposizione con le sue deduzioni su '1 contatto contagioso, che vedremo in appresso; e ci accordiamo più volen- tieri con Emangard, citalo a questo luogo da dot istesso, il quale nei casi di 14 peste accumulali in diverse regioni ad un tempo, o successisi l'un l'altro, crede sia assai ragionevole ammettere una causa generale epidemica, senza ricorrere al labirinto delle comunicazioui per dichiarare la peste imporlata.il vajuolo, la ro- solia, la scarlattina, la rogna pure si osservarono e si osservano a quando a quan- do scoppiare ad un tempo su varj punti di superficie terrestre; e chi sarebbe l'uomo il quale, pensando adesso alle bene svolle ragioni epidemiche da tanti che scrissero, andasse in traccia delle comunicazioni, e negasse la origine spon- tanea epidemica? Le indicate malattie cessano ad un punto, e conteinjioranea- mente ancora in ogni luogo; e per quanto si vogliano contagiose ed importate, resterebbe sempre la grande questione dell'ultimo malato, cui non si saprebbe finora indovinare quale sarà uu giorno la decisiva risposta dei contagionisli. Con questi principj (avvegnaché potessi trarre forti argomenti dagli autori contemporanei) io mi dispenso dall' occuparmi dell'isolamento, e delle cosi det- te quarantene. Per quanto buone ragioni si abbiano contro alle abitudini in- trodotte nel progredire dei tempi a tranquillità individuale e delle iutiere nazio- ni, quelle si devono rispettare e ritenere quali sicuri fondamenti di quiete mo- rale e politica, lasciando al tempo ed al progresso, ch'è oggimai forte nei lavori analitici, la cura d'occuparsi di un Codice di amministrazione sanitaria, meglio adattato alle cognizioni ed ai bisogni attuali; un Codice, i cui materiali sono già In gran parte raccolti per sanzione di pubblica Autorità. Teoria del miasma e della infezione. Per miasma intendono una sostanza emanata dalla superficie polmonale e cutanea dell'uomo vivente, attiva nella diretta del numero degl'individui, della temperatura e della umidità ; nella inversa dello spazio ove stanno raccolti. La dicono più nociva nello stalo morboso di quello che nel sano dell'individuo pro- duttore; nel nuocere or rapida, or lenta; innocente ancora secondo le circostan- ze fisiologiche in cui si trovano l'emanante ed 11 ricevente. Miasma pure (ma in questo caso meglio efftiuno) sarebbe una qualunque emanazione di stagno, palude, maremma, fogna, per decomposte e putride sostanze vegeto-animali. Infezione quindi designa lo stalo dell'aria contenente effluvj paludosi, emana- zioni putride vegeto-animali , miasmi esalali dal corpo umano; ed infezione ancora si appella lo stato dell'individuo che si appropria quelli effluvj, quelle emanazioni, d'onde dicesi infetto; ed infetti pure chiamerebbonsi li oggetti i5 materiali che gli stanno d' intorno, mobili, vestiario, ec. ; insalubri generalmen- te quelle regioni, quelle città, quei domicilj soggetti ad una di tali infezioni. Miasma non può essere contagio, nel senso vigoroso delia parola; assurdo sarebbe il voler sostenere l'ibrida significazione di miasma contagioso. Quello, dicono, non è atto al pari di questo ad ingenerare malattia simile passando dal- l'ammalato al sano, riproducendo sé stesso e moltiplicandosi indefinitamente; ma nuoce ed ingenera malattia per azione mediata; simile quando il malato emanante ed il sano ricevente abbiano soggiaciuto alla medesima influenza pre- paratrice, o disponente a venirne affetti; in una parola, la immersione nell'at- mosfera viziala od infetta: e ciò fino a tanto che si conserva nelle sue pure qua- lità di miasma. Questa è la famosa teoria della infezione, la quale tendeva a sos- tenere la parte di riconciliatrice nelle accanite quistioni surte 20 anni fa tra i contagionisli della scuola classica , ed i non-contaglonisti della scuola scettica , fiorente nel secolo nostro. dot-Bey, cui dobbiamo un accurato esame delle cause d'insalubrità nel- r Egitto, alle quali però egli dichiara non saper come attribuire la peste, ci pre- senta un quadro di autori infezionisli, che rimonta fino ai tempi di Prospero Alpino. Prospero Alpino, Desgenettes, Larrey, Pugnet, Parlset, Lagasquie, Guilhon avrebbero ripetuto la peste dalla decomposizione di materie organiche e dai metodi di seppellire. Savaresi, Solira, i detti Desgenettes e Larrey, Brayer, e molli moderni, dal Nilo, sue inondazioni, sue melme, suoi stagni e vapori. Desgenettes e Larrey ancora, come pure Pugnet e Brayer, dai venti meridio- nali. Finalmente Verny, Souliers, Deidier, Gholet dagli ammassamenti popolari, dalla miseria, dalla fame, dalla immondezza. E dopo avere investigato ad una ad una le indicate sorgenti, conchiude: a) quelle cause non essere sufficienti ad ingenerare la peste; però b) doversi ammettere la influenza loro , riguardo al vigore più o meno spiegato della malattia ; e) le stesse cause non influire su la peste più di quanto influirebbero su le epidemie di febbre gialla, cholera ec, ed in generale su i mor- bi tutti. Aubert, partendo dai fatti, dà una importanza maggiore all'infezionismo. E un prodigio di cognizioni di scienza e d'arte la bella applicazione ch'egli ne fa alla topografia di Alessandria. Ne faremo un cenno, dacché assai lungo sarebbe il riferirla per intiero. In Alessandria la immondezza degli abitanti, l'umidità 46 del suolo e delle abitazioni: queste fabbricate con cemento ad acqua salsa, e con pietre cavate dalle mine della città antica; l'acqua salmastra in più siti, al- l'altezza di alcuni piedi su '1 suolo: le contrade disposte in maniera da non am- mettere una venlilazione.il terreno pressoché parallelo all'orizzonte; poche cloache, pochi scolato], ma eseguiti dagli Arabi, i quali ignoravano la necessità di dare agli scolato] un pendio ; quindi acqua ed immondezze d'ogni sorta, che si putrefanno nei condotti stessi. Il mare ed i due porti sorgente ancora d'infe- zione. Le rive in balia del caso; quindi alghe, animali morti e putridi su l'are- na; e quando soffia il levante, un odore di marea, di sentina, d'idrogeno solfo- rato, che spargesi per tutte le contrade. L'argento in Alessandria sempre anne- rito. Gli Arabi collocati in un mucchio di case di terra, nelle quali entrando, ti arresta un odore fetido ammoniacale; su '1 suolo di quelle case e dei dintorni materia fecale, cadaveri di animali putridi; una sequela di tombe fra le case arabe ed alcuni palazzi di personaggi distinti. I bazar turchi, arabi, ebrei, oscu- ri, sporchi, umidi. I Fellahs anch'essi in capanne di terra, mezzo vestili da larga camicia, abituati a coricarsi su '1 nudo terreno, rade volle coperto da su- cide e fetide stuoje. Fanciulli venlrosi all'estremo, malaticci; la mortalità stra- ordinariamente grande fra essi. In vendita le carni putride; l'acqua che si beve, torbida e fetente. Clima costantemente umido-caldo; piogge frequenti; tempe- ratura che va ai -(- 30.° Reaumur con tutta prontezza, come con eguale cele- rità discende da un punto all'altro ai -f- 10.° Reaumur. Notti assai fredde e rugiadose; catarri, diarree, dissenterie, ottalmili; malattie ordinarie, come ef- fetto dà causa. Ella sarà pur imponente questa enumerazione di cause , ma non varrà a convincere, contro la opinione di Clot-Bey, che la peste venga da infezione; come ne pur l'autore della topografia d'Alessandria pretende stabilire nella in- fezione una causa realmente efficiente. Sia quanto si voglia sucido ed abban- donato l'uomo, sia condotta agli estremi la costituzione caldo-umida, siano eter- ni gli stagni, le paludi, fetida l'aria; avremo, come in altre circostanze affatto simili, malattie diverse, acute e mortali ancora, ma non avremo la peste. E d'uopo quindi convenire che altre cause, non infezionistiche , ma epidemiche, costituiscano la forma; questa sia in alcuni casi mantenuta come in serbo dal- le cause d'infezione, d'onde forse più costante l'endemismo; ed, in ultima ana- lisi, le cause d'infezione non altro che cause accessorie, perchè mantenute ugualmente in ogni stagione, e passano anni senza che si svolga la peste; e si 17 osserva d'altronde che, svolta la peste, la classe indigente più esposta alle cause d'infezione soggiace d'ordinario alla forma più grave della malattia, ed a mor- talità conseguentemente maggiore; mentre si svolge con forza, ed uccide in breve tempo molti delle classi agiate, viventi in abitazioni asciutte, ventilale, elevate, lontane dai centri di miseria e d'immondezza; nell'isolamento, e nelle cosi dette quarantene ancora. E dopo tutte queste deduzioni pratiche, se si chiedesse a priori la esisten- za e le qualità fisiche del miasmi? Di già Guttoni, Julia - Fontenelle, Rigaud, Yauquelin, Moscati, Volta, Dupuytren, Thenard, Boussaingault si occuparono seriamente dell'aria delle paludi , ed i risultati delle loro sperienze diedero idrogeno protocarburato^ acido carbonico, idrosolforico, idrogeno fosforato^ fiocchi leggieri di odore epatico, ed una materia animale d'un odore cadaverico. Le quali sostanze (meno le materie animali), preparate nel laboratorio chimico e respirate, vi daranno bensì un languore, una lipotimia, un'asfissia, un dolore di capo; giammai peste, né cholera, né febbre gialla, od altro di analogo: e quella materia animale (a parte l'odore nauseabondo) sempre innocente a co- loro che l'avranno trattala. Cose trite e ritrite, ma che, a compimento del mio lavoro, ho dovuto ripetere. Consideriamo il miasma come esalazione del corpo umano. Egli è certo che ognuno di noi, anche nello stalo sano, ha una traspirazione odorosa speci- fica; ed i cani saranno testimonj d'una tal verità, nel caso che l'olfatto impoten- te di alcuno di noi conducesse a negarla. I claustrali (quelli però di stretta os- servanza) , i militari (dal basso uffiziale in giù), il calderajo, il fabbroferrajo, il pizzicagnolo, il macellajo, il calzolajo, il becchino, il pitocco, il cencioso, la isterica, la gravida, la puerpera, la nudrice, il piagalo, il maialo di vajuolo, di miliare, il tisico, tulli hanno d'intorno un'atmosfera di odore specifico, notis- simo ai medico-pratici, facile a conoscersi ancora da colui che per avventura non fosse né isterico, né magnetizzato. Preveggo la obbiezione, cioè che l'odo- re (nei mestieri) dipenderà dalle materie quotidianamente trattate ; ed io rispon- derò, concedendo in parie il principio, persuaso d'altronde che, a forza di re- spirare un'aria viziata di sostanze odorose, anche le escrezioni ne devono par- tecipare. E parlando dell'odore delle gravide, lo riterrò in tutto procedente dai mutamenti fisiologici della gestazione ; come quello dei piagati , dei vajuolosi , dei miliarosi , dei tisici, delle isteriche, effetto complicalo della malattia, eh' è pur complesso di cause, la cui indole non è svelata finora. Se quindi Rochoux, 3 4B com'ebbj ad accennare nella mia prima Memoria ('), piuttosto die ammettere nn principio specifico di alcune malattie (ignorato a priori, come ci è forza di confessare), credette più facile lo immaginare una specie di contagio per ogni malattia, prodotto dall'individuo malato, mi pare non sia caduto finalmente in grossolano errore; che almeno, per arrivare alla meta, avremmo fallo un passo, minimo, è vero, ma fondamentale, l'odore specifico cioè in alcune malattie; e quasi' odore nessuno oserà contestare che venga da materia animale elaborata, e nell'estremo di sua divisione. Ma quel che importa nel caso nostro, nella trattazione cioè delle malattie diffusibili e delle cause loro, è di rispondere se basii l'ammassamento di molli uomini, e quindi di molle traspirazioni, per rendere l'aere nocivo, e produrre uua malattia popolare. Riflettete all'unione e mescolanza di fluidi che accade tra uomo e donna nel concubilo; vedete che l'abitudine conjugaie induce uua tolleranza senza nocumento, poiché a lungo andare, con ripetuti contatti, quasi potremmo dire che i due organismi si riducono fisiologicamente ad un solo: al contrario, se molti uomini trattino molte donne senza i riguardi suggeriti dalla igiene, succedono in pria lesioni dinamiche, poscia organiche; e forse da que- sta causa istessa la infezione sifilitica. Riflettete alla mescolanza di uomini di diversi climi, di diverse latitudini, di abitudini e costumi svariali, ne' tempi di guerra; e vedrete in ogni caso, testimonio la storia, lo svolgimento di tifi ca- strensi, nosocomiali^ navali. Ammesso che la mescolanza protraila e continua di molte e diverse traspirazioni, nello stato presunto sano, possa ingenerare una malattia; altrettanto, e con più di ragione, potremo dire nello stato deci- samente morboso. Ed allora dovrebbe nascere in tutti malattia uguale , perchè tutti soggiacquero, insieme uniti, alla stessa causa; e comunicarsi a quelli che di mano in mano si espongono alla influenza delle masse ammalate, fino a tan- to che, a spese dell'infermo organismo, e per l'azione, dirò così, antisettica dell'aria, e pe '1 mutamento indotto dalle piogge, dai venti, e da altre cause esterne, si riduca a zero la potenza infettatrice. E queste allora sarebbero le malattie diffusibili per infezione. Se si parli di effluvj paludosi, — — Le iutermiltenti, chiamate in ogni tempo siccome tipi d'infezione mia- smatica, cadono sotto il dominio non dei miasmi, ma delle cause fisiche del cielo, del suolo, delle acque, nei luoghi ove si vuole lo sviluppo dei miasmi pro- (1) Vedi Nuovi Saggi dell' Accademia di Padova, 1840, Voi. V. pag. 130. priamenle detti. Se non che quando mancano degli elementi che vengono dal- la temperatura elevala, dalla tensione elettrica, dalle fatiche, dalle perturbazio- ni d'animo, dalla carestia, come nelle lunghe spedizioni di armati ne' tempi di sommossa e di guerra , non giungono che assai di rado (nei nostri climi alme- no) alla potenza cosi detta tifica, e si arrestano tutt'al più alla forma perniciosa. Le paludi Pontine, le maremme della Romagna, della Toscana, l'agro manto- vano e pavese, l'estuario veneto ne danno li esempj. Però nell'interno del- l'Africa, su la costa sua occidentale, nel Della del Gange, nella Oceania soglio- no cominciare assai miti, e divenire dissenteriche micidiali, nervose o tifiche su '1 terzo e quinto giorno dal primo accesso. Nei dintorni del golfo dei Mes- sico e su le rive meridionali del mare delle Anlille, se non irrompa la febbre gialla, le inlermittenti sogliono essere i precursori (come del mordexi nell'In- doslan), ed aprire il corso delle epidemie frequenti in quelle contrade. Si do- vrebbe quindi conchiudere, che una infezione prodotta da elementi vegeto-ani- mali esista e si faccia sentire ne' suoi effetti. Ch'essa sia limitata alle località ove giacciono le masse d'uomini, né possa diffondersi in altre situazioni senza perdere di sua potenza. Che combinata agli effetti di cause endemiche ed epi- demiche, atmosferiche e climatiche, non possa essere alla che ad esacerbarne e mantenerne a lungo la forma, per divenir essa un ostacolo al riordinamento delle funzioni organiche, agendo in principal modo su la respirazione. Altri- menti se fosse indipendente dalle cause endemiche ed epidemiche, e potesse generare da per sé una malattia diffusibile, bisognerebbe ammettere nella infe- zione un tipo od un germe, il quale poi avrebbe a produrre quella malattia stessa in ogni tempo ed in ogni luogo, caeteris paribns. Questo germe, questo tipo ammettono coloro i quali vedendo una malattia di forma pressoché uguale in una massa d'uomini ad un tempo, fermi nel prin- cipio che l'individuo sano fino a jerl la contrasse oggi, non per essere stato soggetto all'azione degli agenti naturali di un suolo, di un clima, di una costi- tuzione epidemica, ma per aver avuto un contallo, qualunque ei sia, con altro individuo ammalalo; costretti d'altronde a confessare una infezione evidente nelle abitudini del popolo, negli effelli della umidità atmosferica e del calore , delle stagnazioni d'acque maremmane e paludose, e di altre cause infinite, at- tribuiscono alla entità miasma qualità, se non uguali, almeno affini alla entità contagio^ e fanno insorgere una entità ibrida, cui danno il nome di miasma contagioso, ovvero sia di contagio miasmatico^ il quale debba agire con l' in- m termezzo dell'aria, od a conlatlo medialo; mentre l'altro (che per distìnguerlo appellarono virulento) manifesta l'azione sua per conlatto immedialo. Cadran- no qui a proposito alcune Considerazioni di Clot-Bey su '1 contagio virulento e miasmatico. Clot-Bey pare sia lontano dal sentenziare per sola intima persuasione. Non è l'assolutista che, a guisa di qualche altro, visitasse l'Oriente per istudiare la peste, e credesse veder chiaro nel bujo della origine e della patogenia. Egli, com'è facile convincersi leggendo la sua Opera, accoglie e rispetta le opinioni di tutti, dubita assai spesso, e forse troppo; ma quando, dopo lunga ricerca, possa attaccarsi ad un fatto legittimo, e confessato da chi sappia ben vedere, rimane fermo a quello; e disinvolto, con la calma propria di un imparziale, esamina le obbiezioni del contrario partito. Ciò che concerne la teoria del con- tagio, nell' opera di Clot-Bey, merita una seria meditazione; dappoiché alia ricchezza de' fatti va unita un'analisi nello slesso tempo piana e severa. Limi- tandoci alla confutazione delle due ipotesi su '1 modo di propagazione contagio- sa., eh' è quella che occorre al caso nostro, secondo 1 autore essa ridurrebbesi alle deduzioni sesuenli. 1.° Le malattie che si propagano per contatto immediato, come il vajao- lo. il vaccino, la sifilide, la rogna, la rabbia, offrono eruzioni pustulari, le quali inchiudono un prodotto morboso atto a comunicarsi per contatto od ino- culazione. La peste non ha eruzioni, poiché non si può considerare come tali i bubboni, li antraci; e né pur le petecchie, prive come sono dei caratteri eruttivi, le quali mancano di sovente nella peste. 2.° Il prodotto morboso delle malattie virulente trasmetlesi per inocula- zione, e produce su '1 luogo dell'innesto una eruzione della slessa natura, la quale segue un corso regolare nel suo sviluppo e nel suo andamento. Le ino- culazioni fatte co '1 pus dei bubboni, con la sierosità degli antraci, non diede- ro giammai né antraci, né bubboni. 3.° Nelle malattie virulente la maggior parte di coloro che sono esposti al contatto contraggono l'affezione; la eccezione viene costituita dal numero degli esenti. — Nella peste succede affatto il contrario, e non si giunse ancora a dimostrare che il contatto , indipendentemente da qualunque altra circostan- za, abbia potuto una volta comunicare la malattia. i '21 -1.° Le maialile virulente, che ammeltono la inoculazione, hanno un corso ve"olare e progressivo nella successione del sintomi che le distinguono dalle altre. La peste non può entrare in quella categoria, dappoiché in essa non v'ha cosa determinala per la inoculazione; è talvolta istantanea, spesso lenta a for- marsi, senza che appariscano i fenomeni distintivi. 5° Le affezioni virulente si svolgono su tutte le latitudini, in ogni stagio- ne, in tulle le circostanze possibili; la peste ha stagione propria, regioni proprie. 6.° Se la peste si propagasse per contatto, occorrerebbe un tempo lun- ghissimo alla diffusione nei diversi punii d'un paese, d'una città; e sarebbe fa- cile seguir suoi vestigi, prevenire sue invasioni. La si vede in vece svolgersi ad un tempo in punti diversi, vicini e distanti, menare stragi, e ridersi degli ostacoli che le si frappongono. 7.^ Se la peste fosse contagiosa, dovrebbe, come le affezioni febbrili di questa specie, la rosolia, la scarlattina, il vajaolo^ non attaccare che una sola volta lo stesso individuo; e d'altronde ognuno che abbia osservalo la peste sa dai falli che un primo attacco non salva dalla recidiva. 8.° Se i miasmi prodotti dagli appestati bastassero a propagare la peste , la maggior parte degl'individui soggetti alla influenza di quo' miasmi dovreb- bero contrarre la malatu'a; come appunto nel casi di tifo castrense, carcerario, nosocomiale. 9.° Se la peste si svolgesse per infezione, dovrebbe mostrare nuovi pro- gressi, regnando essa da molto tempo in un dalo luogo: al contrario la massa delle esalazioni raiasmaliche va sempre crescendo, e quando v'ha il maggior aumento di esalazione, è allora che la pesle decresce e si estingue. Ad onta di tutto questo, Clol-Bey non vuole si dica impossibile la infezio- ne, e dichiara egli stesso non ricusarla per Intiero, sebbene tulle le prove che addurre si possono, nello slato attuale di nostre cognizioni, tendano a dimo- strare che la peste non provenga dalla infezione. Riguardo al contagio virulen- to, quello cioè che agisce unicamente per contatto, quello che si possa inocu- lare, l'autore dichiara essere inammissibile quanto alla peste. Non resta, egli dice, che la dottrina dell'epidemismo, come la sola ed unica razionale, e la in- fluenza delle cause meteoriche, da cui si possa avere spiegazione dei fatti: cau- se valevoli da per sé stesse e necessarie allo svolgimento della peste, del morbo indiano, della febbre gialla, del grippe, e d'altre analoghe forme epidemiche. 22 A prevenire una qualunque dubbiezza su i caralleti di confronto or ora addotti, ci sembrerebbero a proposito alcune osservazioni. Non quali caratteri eruttivi (che allora mancherebbe la convenzione del si- gnificato inleso da tutti i medici), ma quali caratteri della forma, potrebbero essere sostenuti dagli oppositori i bubboni e li antraci almeno , se non le pe- tecchie, le quali in fine non sono che altrettante ecchimosi. Mancano di spesso, come avverte l'autore medesimo (ma non si dimentichi però che potrebbero mancare per insufficienza di tempo, come nei casi cosi delti fulminanti); e noi aggiungeremo, essere comuni ai tifi in alto grado, i quali cominciano dal mo- strare la parotite , ed in breve spazio di tempo l'ingorgo delle glaudule del collo, delle ascelle, degl'inguini. Così non va della pustula vajuolosa e vaccina, esclusiva affatto alla malattia che si chiama con quel nome, quasi frutto di pianta cresciuta da un seme. L'analogia, è vero, ha fatto nascere a' tempi nostri ardite induzioni, ed i medici ricordano la pretensione di un autore, la cianosi del cholera non essere che una eruzione, un esantema: che se si volesse insi- stere su tali principi, converrebbe prima di tutto mutare il linguaggio dell'arte. Quanto alle inoculazioni, oltreché assurda è la pretesa d'inoculare una ma- lattia che non ha prodotti esclusivi, l'assurdità si mostra pure nell' attendersi effetti di rigorosa prova, inoculando la peste sopra individui immersi, per dir così, nella costituzione epidemica; cosicché resterà sempre a chiedersi (dato che la peste si svolga cinque, sei, dieci e più giorni dopo la inoculazione) se l'inoculato ammali di peste perchè dovea partecipare della epidemia, oppure perchè gli s'introdusse il principio pestilenziale. La inoculazione non diede mai il prodotto della sostanza che pretendevasi qual germe del bubbone e del- l'antrace, come osservò Clot-Bey; quindi fallì nel caso che si credette sperien- za: la inoculazione non guarentì giammai dalla peste, come intendevasi (per analogia dal vaccino al vajuolo) da quelli che la tentarono qual profilattico. Con- fuse ed assai incerte rimasero per li osservatori le sperienze di Valli, di Whi- te, di Desgenettes, di Auban, di Sola, né fruttarono per conseguenza atomo di bene; pazze furono quelle di Roseufeld , dappoiché il suo procedere veniva dalla sicurezza di possedere un antidoto, co '1 quale non potè non morire ap- pestato dopo 35 giorni di prova. Quello che non sappiamo accordare all'autore si è l'appoggio di confronto ch'ei cerca nella rosolia^ nella scarlattina^ nel vajuolo, per escludere il con- tagio della peste, affermando che quelle non attaccano che una sola volta, que- 33 sia non risparmia le recidive a colui che ha potuto superarla. In primo luogo si contano più esempi d'individui ch'ebbero più volte rosolia, scarlattina, vajuo- lo ; e basta voltare alcune pagine d'una monografia di quel genere, per convin- cersene affatto. Per me ancora egli è un fatto di tutta certezza quanto al va- Juolo; lo vidi tre volle in uno, due volte in più individui nella epidemia del 1833, e propriamente nello Spedale nostro. Alcuni potrebbero dirci che la nuo- va comparsa dell'esantema nello slesso individuo non è nuova che in apparen- za; non aver esso compiuto bene il suo corso nella prima apparizione; essersi ripercosso (come dicono i medici) quando il processo morboso mancò di ener- gia a perfezionare la esplosione, oppure per errori di regime, ec. ; essere ricom- parso quando novello contatto porse occasione al richiamo, oppure per altre cause, come accade degli erpeti, delle impetigini. E noi pure, se non in tutto, almeno in parte, dovremmo convenire che probabilmente ciò sia, dappoiché nel casi osservati la qualità manchevole dell'esantema, la febbre anomala, le per- turbazioni funzionali, e la condizione gracile dell'organismo (sifilitico, scrofo- loso, rachitico) ci diedero bastanti elementi a così pensare; più di tutto poi la incerta salute di quell'individui per tutto l'intervallo dalla prima alla seconda, dalla seconda alla terza eruzione. E siccome altrettanto si potrebbe dire della peste, quando accada la recidiva; cosi rileniamo non puro il confronto che fa l'autore, indegno quindi di rimanere nella categoria delle forti prove da lui ri- ferite contro la esistenza d'un virus pestilenziale. Esiste dunque o non esiste questo virus pestilenziale? Per rispondere a questa domanda con sicurezza di principj , non basta l'essere in giornata di quanto fu pubblicato fin qui ; ned al punto di rispondere io giunsi ancora, nel mio piano di trattazione, con la terza Memoria ch'ebbi oggi l'onore di leggere a questa celebrala Accademia. La dottrina del contagio è un edifizio che conta ormai più di Ire secoli di sussistenza, e su questo edifizio poggia la quiete pub- blica e privata. E d'uopo adunque, posciachè la persuasione dei più ha contri- buito alla solidità di esso, preparare ed attendere altrettanta persuasione per la riforma; né tanto si può sperare di ottenere se non da lunghi studi e da più lunga sperienza. Ciò che mi sembra dimostrato finora (e, se ciò sia, egli è un gran passo alla rivelazione del mistero) si è il carattere endemico e sporadico della peste nel- r Egitto, e la diffusione epidemica (dale le condizioni meteoriche) con tutte le qualità di una vera epidemia costituzionale che avvenga in qualsivoglia clima 24 e paese. La diffusione epidemica, palese già ad ognuno, si ritiene ancora da pochi derivare dal contagio ; ed io sarò sempre fermo al mio principio (nel quale mi trovo pure d'accordo con li autori da me citati nel corso di questa Memoria), che non si possa dire contagiosa se non ribattasi la questione del primo e del- Vidtimo malato d'una epidemia; questione ch'io credo forte a bastanza da me- ritare l'attenzione del filosofo, del politico, e della pubblica amministrazione. Quanto alla infezione, io ritengo superfluo lo insistere, quando si ammetta 11 valore d'una costituzione epidemica formale; valore che inchiude ancora, sen- za dubbio, l'elemento endemico. E di fatto, se si trattasse di epidemia pestilen- ziale, che avvenisse una, due, tre volte, in un secolo, in Egitto, nella Siria, nell'Asia Minore, nella Turchia europea, potrebbesi a lutto diritto contestare l'endemismo che passa all'epidemismo; ma succedendo ad ogni due, tre, quat- tro, cinque anni, e sempre nelle stagioni medesime, è forza convincersi che l'epidemia sia il rappresentante del maximum di azioni negli agenti fisici ester- ni, e l'endemia di tutte le variazioni retrograde fino allo zero della scala morbo- sa. Premesso questo, viene da sé una conseguenza, che la infezione non possa influire che quale ausiliario; ed è inutile eh' io ripeta quanto dissi più diffusa- mente a suo luogo. Il dott. Aubert, il quale ha dimostrato sporadica, endemica, epidemica la peste, e giammai contagiosa, d'onde, secondo lui, la inutilità dell'isolamento e delle quarantene: egli, il quale dichiara la peste come un tifo speciale, che svol- gasi sotto l'influenza di cause locali ed atmosferiche, va in ultima conchlusio- ne ad essere un infezionista, quando avverte che la igiene pubblica e privala possono essere da lauto di diminuire e persino distruggere quelle cause. Non so- lo, ma avvalora quel suo pensamento allorché soggiugne: — la peste scompa- rirà quando i Governi lo vorranno, dappoiché essa dipende da cause locali, create e mantenute dagli uomini, dalla miseria degli abitanti, e dalla civilizza- zione, qualunque ella sia, del paese ove la peste lien ferma sua sede. Ci dispiace una opposizione ad un uomo si benemerito della umanità; ma la forza del vero ci costringe al dilemma: o la peste è sporadica, endemica, epi- demica per condizione di suolo, atmosfera, temperatura, climatica, in una paro- la; oppure lo è per insalubrità locale, cioè a dire infezione. — Nel primo caso bisognerebbe aver forza di mutar latitudine all'Egitto per distruggere la peste; nel secondo forse l'amministrazione pubblica potrebbe diminuire un po' alla volta ed anche distruggere nel giro di un secolo la malattia. Non ho d' uopo di 25 maggiore sviluppo per dicbiarare la mia opinione dopo le tre Memorie ch'io les- si, e mi sembra avervi presentalo argomenti di tanto valore da essere giustifi- cato nella mia persuasione, che la peste sarà sempre (a meno che un cataclisma non cangi la faccia della terra) un effetto costante di causa in quelle regioni caldo-umide dell' emisfero-orientale; e die gli sforzi generosi dell'uomo, pos- sibili nel progresso di una civilizzazione turco-egizia, si ridurranno sempre al valore di una potenza attenuante la gravezza della malattia nei singoli, difficil- mente nelle masse ; a meno che la diminuita forza del morbo non giunga a troncare il corso epidemico; ciò che sarà soggetto di altra Memoria (1). Non pertanto l'argomento infezione avrà maggiore sviluppo quando passe- remo al Delta del Gange ed alle Antille; delle quali regioni, per trattenermi e non partire un istante dall'Africa, non ho parlato finora che per incidente. Padova 26 Aprile 1842. (1) Veggasi quanto è scritto nella mia prima Memoria {Nuovi Saggi ec. cit. Voi. V. pag. 136-137) a proposito della opinione del dott. Sander di Brunnswich , il quale vor- rebbe il Kharasyn un veicolo della peste. Io soggiungerò che l'aria si renderebbe più sa- lubre, impedendo la stagnazione delle acque del Nilo alla base del Delta; e questo mio pensamento riceve ora un maggiore sviluppo dalla teoria della infezione meglio rappre- sentala dai fatti. Quella stagnazione di acque è visibile in Alessandria, e le cause d'in- fezione, scoperte dal dott. Aubert, si confermano da altri e molti. Tolte le cause d'infe- zione, è probabile che diminuirebbe la gravezza della forma: questa resa più mite, il pe- riodo epidemico e la mortalità dovrebbero soggiacere a mutazioni vantaggiose , le quali darebbero ragionevolmente una benefica influenza su le masse ammalate. Questa è l'unica speranza che si possa avere nella civilizzazione turco-egizia riguardo alla peste. DI UN NUOVO PSICROMETRO O IGROMETRO A RAFFR?:DD AMENTO PKR EVAPORAZIONE MEMORIA DEL PROF. GIUSEPPE BELLI U, ' no dei rami meno avanzali della Fisica è certamente quello dell' Igrome- tria, quantunque per la somma di lui importanza sia esso stato dai Fisici mol- tissimo studiato. E una tale sua imperfezione appare non solamente dal comune lagno dei più valenti Meteorologi, i quali si dolgono di non possedere ancora un buono e comodo Igrometro: ma eziandio dagli sforzi che fannosi continuamente dai Fisici per rinvenirne qualcuno. Di che, per non andar fuori del nostro Re- gno, noi possiamo citare due recentissimi lavori nella città di Milano: l'uno del valente Prof. Majocchi (1), e l'altro del Nobile Luigi de Grisloforis (2). E alcuni anni addietro 'm'era io pure applicato a si fatte ricerche, avendo fatto conoscere una nuova maniera d'Igrometro ad appannamento; un Igrometro cioè fondato su 1 ben noto principio della deposizione del vapore acqueo esistente nel- l'aria (3). E questo, per dirne liberamente il mio pensiero, io lo stimo più esat- to di quello di Danieli, e in generale degli altri fondali su lo stesso principio; e anzi nei casi in cui si tratti d' una serie di sperienze di gabinetto, io lo preferi- rei a tutti quelli conosciuti sinora. Però debbo confessare eh' esso non è van- taggioso in tutte le circostanze, non riuscendo, per esempio, comodo nei viaggi, e non potendo servire in un luogo ove manchi gliiaicio. (1) Annali di Fisica, Chimica e Matematiche, di G. A. Majocchi. Mario 1841, p. 30. (2) Giornale dell'Istituto Lombardo, Fase. X. Adunanza 12 Maggio 1842. (3) Veggasi il mio Cor.yo Elementare di Fisica, Tom. IL, pag. 523, fig. 24. e seg. 27 Desiderando io ora di provedere in qualche modo anclie a questi ultimi casi, iio fatto recentemente costruire un altro Igrometro, co '1 quale mi sembra di aver recata a maggior esaltezza un'altra maniera di misurare l'umidità ilei corpi; quella cioè fondata su 1 freddo prodotto dall'evaporazione. Il quale prin- cipio era bensì già stalo messo a profittc) da molti Fisici, e in ispecie dal Tede- sco August, però in un modo, a mio giudicio, non ancora abbastanza esalto. Pe- rocché essi non facevano clic prendere due termdlnelri co' i bulbi, l'uno avvolto di tela e bagnato, e l'altro nudo e asciutto; e questa cojipia. cui davano il nome di Psicrometro (1), la abbandonavano a sé stessa nell'aria tranquilla, e ne guar- davano dopo un tempo sufficiente le indicazioni. Nella quale pratica io aveva notato r inconveniente, che anche senza nessuna differenza nel grado d'umidità e nella temperatura dell' aria, potevano più termometri bagnati presentare indi- cazioni notabilmente diverse, purché avessero bolle diversamentt- grandi, o stes- sero in aria agitata con differente velocità. E ciò in grazia dell' irradiazione ca- lorifica dei corpi circostanti, la quale restituiva alla bolla bagnata e raffreddata per evaporazione una parte del calorico da questa perduto, modificando tanto più fortemente i risultamenti, quanto più tranquilla era l'aria, e più grande la bolla (2). Per ovviare ad un tale difetto io consigliava di agitare fortemente i due termometri in mezzo all'aria per qualclie minuto, e dopo fermali, guardarne con prontezza le indicazioni; con che, sccondochè io m'era assicurato, la menzio- nata causa d' errore veniva quasi interamente levata. Ma mi rincresceva quel dover agitare i termometri, che con ciò correvano pericolo di rompersi, come anche il doverne guardare le indicazioni subitamente , non essendo allora sì fa- cile il giudicar bene con l'occhio le piccole frazioni di grado, e alterandosi pron- tamente le indicazioni jier ogni breve ritardo, lo aveva perciò proposto sin d'al- lora di assorbire velocemente l'aria entro un tubo contenente le bolle dei due termometri , dei quali quello asciutto stesse collocato più esternamente, per ri- cevere direttamente l'aria dall'atmosfera, e indicarne la temperatura ; e il bagna- to fosse collocalo più internamente, per ricevere la detta aria di poi, e saturarla co '1 vapore acqueo ch'egli emetteva dalla sua superficie, e ridui-si esso stesso ora più ed ora meno freddo, secondo il grado di secchezza dell'aria medesima. Di tale pensiero però fu per varie cagioni protratta l'esecuzione, e solamente in (1) Dal greco vocnbolo ^m-/^ì%, significante yrwco. (2) Vedi il seconito Volume del mio Corso Elementare di Fisica, pag. 536 e seg. questi ullimi mesi lio potuto recarlo a coinpimoiito con l'opera dell'abile arte- fice Tessarolo, macchinista della Scuola di Fisica di questa I. R. Università. E quantunque T uso dello strumento mi abbia mostrala la possibilità di parecchi perfezionamenti, pure non polendo io ottenerli si presto, e servendomi esso già assai bene, ho creduto di farlo conoscere sin d'ora. Consiste adunque un tale apparecchio o strumento in un tubo AABB di ottone ((ig;. 1.), contenente le bolle dei due termometri, e in un soffiello BB CC destinato ad assorbire l'aria facendola prima passare da un tale tubo. Il perchè mi è parato di denominarlo Psicronietro a soffietto. Il tubo di ottone è formalo di diverse parti congiunte fra loro a vite: di una lioè A A(ta più lontana dal soffietto, e coalenenle il termometro asciutto; d'una ddee più vicina al soffiet- to stesso, e conlenente il termometro bagnato; e d'una terza bbcc intermedia, per separare le altre due, e rendere più difficile il passaggio del calorico repen- te dall' un termometro all'altro. La parte più lontana AAaah destinata a ricevere l'aria atmosferica, e a farne indicare dal termometro asciutto la esalta temperatura. Questa parte di tubi) è internamente foderala di un inviluppo di lana, il quale rimane a qualche piccola distanza dalla bolla del termometro, eh' è cilindrica. Un tale inviluppo piglia anch' esso quasi esattamente la temperatura dell' aria che passa, e manda la propria irradiazione calorifica alla bolla del termometro, in luogo del calore raggiante eh essa bolla, se fosse scoperta, riceverebbe dai corpi circostanti; i quali in generale non sono alla temperatura medesima di essa aria , e non per- metterebbero alla bolla di acquistare esattamente una tale temperatura, mentre questa si ottiene senza errore sensibile mediante l'artificio teslè indicalo. Però a tutto rigore soffre qui quest' aria una piccola rarefazione, in grazia dell' aspi- razione del soffietto, e ne nasce un ragionevole timore di qualche raffreddamen- to da doversi tenere in conto. Per venire in chiaro di ciò ho calcolalo quanta dovrebbe essere cotale rarefazione, e quanto il raffreddamento prodottone; e ho trovalo che nell' individuato strumento da me fatto costruire non potrebbe ascendere sì fatto raffreddamento che a 4„ di grado di Réaumur. Ho cercato po- scia di verificare un tale risullamenlo co '1 mezzo della sperienza ; e in ciò ho avuto maggiore fortuna che io non isperassi; vale a dire ho trovato che non ha nemmen luogo un si fatto quarantesimo, anzi che forse non v' ha né meno una differenza di temperatura d'un dugentesimo di grado, opponendosi a quel raf- freddamento una qualche causa contraria, forse un leggiero calore generato dallo 29 slroGnamento dell'aria contro la foderatura di lana e contro la bolla del termo- metro. Una prova si è, che avendo io fatto entrare l'aria con velocità molto mag- giore dell'ordinario, talché la rarefazione e il raifreddainento avrebbero dovu- to portarsi ad una grandezza quadrupla , e il secondo di questi effetti riuscire perciò affatto riconoscibile all'occhio, non ho potuto accorgermi di nulla ; e niente di ben deciso ho potuto vedere nell'altro termometro, ridotto anch'esso asciutto; e in questo una si fatta rarefazione e un si fatto raffreddamento avreb- bero dovuto essere quattro o cinque volte più grandi che nel primo. Da un tale termometro asciutto adunque io posso avere quasi esattissima la temperatura dell'aria, non alterata dalla irradiazione dei corpi circonvicini; la quale lempe- lalura può già da sé sola essere utile in diverse ricerche, per esempio nel cal- colo delle rifrazioni astronomiche , e nella misura barometrica delle altezze dei luoghi; e ognuno ben sa che una si fatta temperatura non è si agevole ad otte- nersi dai termometri usati alla maniera ordinaria. E non solo questo primo ter- mometro è più atto che uno scoperto ad acquistare la vera temperatura dell'aria, ma è altresi più idoneo a conservarla, non potendo il calore animale dell'osser- vatore alterare cosi subito i gradi indicali. Il pezzo ddee, chiudente il termometro bagnato, non è semplice, ma con- sta di due distinti tubi concentrici : l' uno esterno e più robusto , simigliante al pezzo or ora descritto; l'altro interno, indicalo àa.ffgg, fatto d'una lamina di ottone assai più sottile, e separato da quello esterno per un piccolo intervallo d' aria. Con che viene impedita più efficacemente la penetrazione del calorico esterno sino alla bolla bagnata. Il detto interno e più sottile tubo è al di dentro foderato di tela; e contiene nel suo vano, con frapposto un intervallo d'aria, la bolla pure cilindrica dell'altro termometro, la quale però non è nuda, bensi av- volta di tela. La quale tela, come pure la vicina foderatura del tubo circostante, vengono negli sperimenti inzuppate parimente di acqua. E l'aria, che nell'usare lo strumento passa con molta velocità fra esse stoffe bagnale, fa evaporare l'ac- qua da ambedue, portando via ora più ed ora meno quantità di vapore, secondo ch'essa aria vi arriva già imbevuta di poca umidità, ovvero di molta; e per que- sta evaporazione il termometro si raffredda, scendendo, con velocità decrescente, sino ad una tale temperatura da potere con essa sottrarre all'aiùa, che continua- mente passa , tanto calorico quanto esso termometro ne va cedendo al vapore che si forma; la quale temperatura definitiva riesce tanto più bassa, quanto più «ecca è l' aria passante , e più copiosa perciò l' evaporazione. Ne il calorico rag- J 30 giante, che la bolla del lermometro riceve alla sua superficie, impedisce sensi- bilmente questo grado di raffreddamento : in primo luogo per essere mollo rapi- do il passaggio dell'aria, il che fa si che la quantità del calorico, che il termo- metro riceverebbe per Irradiazione da un poco lontano inviluppo che fosse pur caldo come i corpi esterni , sia piccola cosa in confronto del calorico eh' esso lermometro riceve dalla molta aria passante, e rimette al molto vapore che si forma; e in secondo luogo perchè l'irradiazione calorifica, che effettivamente il lermometro riceve, proviene da un inviluppo di tela raffreddalo anch'esso quasi allo stesso grado per una simigliante evaporazione. Peraltro io stimo utile che fra il detto inviluppo più esterno e staccato , e la tela che riveste ad immediato contatto il termometro, non vi sia un intervallo troppo sottile, né troppo irrego- lare ; poiché non mi par bene che l'aria stata a contatto d'esso inviluppo esterno venga rimbalzata su '1 lermometro, non essendo esso inviluppo esattissimamente si freddo come la bolla, e giovando perciò che tale aria rimanga a canto all' in- viluppo medesimo per tutta la di lui breve lunghezza. Con queste disposizioni adunque rimane tolto quasi interamente il dannoso effetto dell' irradiazione. Anche qui è ragionevole il timore che al raffreddamento prodotto dall'eva- porazione non se ne aggiunga altresì di quello dovuto alla rarefazione dell' aria asnirala. E qui, se non fossevi qualche causa contrarla, l'effetto non sarebbe trascurabile, polendo arrivare, nell'uso ordinario dello strumento particolare da me fatto costruire, a 0, 14 di grado di Réaumur (vedi nell'Appendice IL). Però avendo cercato di farne sperienza, rarefacendo l'aria sino a soffrire talvolta una quadrupla perdita di densità, non ho, come già dissi, trovato nulla che mi accer- tasse d' un tale raffreddamento ; anzi le sperienza mi farebbero più tosto dubi- tare d'un po' di riscaldamento, il quale però, se fosse vero, sarebbe a pena di qualche centesimo di grado; e non presenlandomisi ben deciso, potrebbe essere una semplice apparenza dovuta alle inesattezze delle sperienze. E ne conchiudo, che il raffreddamento che si osserva nella bolla del termometro può essere in- teramente altribuito all'evaporazione, essendo quello della rarefazione distrutto quasi pienamente da qualche contraria causa, probabilmente da uno strofina- mento dell'aria che passa. I due pezzi d'ottone sin qui descritti sono, come si è detto, congiunti a vile co '1 pezzo bbcc ad essi interposto, eh' è d'ottone egli pure alle estremità, ma di vetro nel mezzo , coperto però anche questo vetro da una ghiera di ottone .ra;:r, essendovi poi al lungo di tulio questo terzo pezzo bbcc una interna 31 foderatura di lana. Serve questo vetro ad impedire che il pezzo più lontano, ove sta il termometro asciutto, non trasmetta così facilmente il suo calore al pozzo del termometro bagnato. La ghiera d' ottone difende si fatto vetro dalle irradia- zioni calorifiche esteriori, che altrimenti verrebbero da lui facilmente ricevute. E la foderatura di lana concorre anch'essa ad impedire che il calore esterno pe- netri sino all'aria trascorrente pe '1 vano centrale. I tre descritti pezzi formano insieme un tubo, il quale, come si è detto da principio, si congiunge con un soffietto BBC C destinato ad aspirare l'aria. La quale aspirazione si effettua con l'aprirsi od allargarsi di un tale soffietto, mentre co '1 chiudersi o stringersi di esso viene una tale aria rigettata luori per una valvula p q situata superiormente. Alla quale valvula è adattata al di luori una specie di tromba o canale conico rst, aperto di dietro o verso il manico del Soffietto, allo scopo che l'aria uscente si allontani dall'anteriore bocca del tubo, e lasci che a questo arrivi aria tutta nuova. E perchè l'aprirsi del soffietto av- venga sempre in un modo uniforme, e uniforme riesca l'entrata dell'aria, e sia altresì uniforme e assosfgettabile a calcolo la rarefazione di essa entro al tubo, viene allargato ossia aperto esso soffietto per mezzo di un peso P. Il restringi- mento in vece, che dev'essere veloce, viene effettuato con la mano. Siccome poi nell'assorbire l'aria viene trascinata verso il soffietto in istato ancor liquido una parte dell'acqua che sta intorno al secondo termometro, la quale potrebbe co 1 tempo bagnare e danneggiare il soffietto stesso; cosi sotto a quell'estremità del tubo d'ottone, eh' è più vicina al soffietto, ho adattato un tubetto di vetro iiv atto a ricevere quest'acqua, e il quale unendosi a vite co '1 resto dello strumento, può essere ritolto e votato. Aggiungerò su tale strumento alcune più minute par- ticolarità nell'Appendice L a vantaggio di chi volesse costruirlo. Passerò ora a dii-e qualche cosa su 'l modo di usarlo, e d' interpretarne le indicazioni. Dopo portato un tale strumento nel luogo ove si vuole esplorare 1' umidità , prima di tutto lo si smonta, e se ne inzuppa d'acqua la parte ove sta il termome- tro dalla bolla rivestita di tela : il che si ottiene in un istante tufiando in un bicchiere pieno un capo di questa parte di tubo, e attirandovi l'acqua con la bocca applicata all'altro capo. E quindi lo si rimonta di nuovo. Ciò fatto, si aspi- ra l'aria co '1 soffietto per sette od otto minuti primi, al più dieci, avvertendo, specialmente d'estate, di star lontani con la persona dalla bocca del tubo, affinchè non venga assorbita di quell'aria cli'è passata a canto al nostro corpo, e che ha ri- cevuto parte della nostra traspirazione. Fatto questo lavoro, si guardano le indi- 32 cazioni dei due termometri, cominciando da quello bagnalo, affinchè non abbia tempo a scaldarsi dopo finito il movimento del soffietto; al che è d'uopo averne letta la indicazione prima che passi un quarto di minuto primo, giacché dopo questo intervallo di tempo comincia a manifestarsi un leggiero inalzamento di tempcralui-a. Né io consiglierei di seguitare intanto a movere il soffietto , mo- strandomi la sperienza che la vicinanza della persona può introdurre un'aria più umida. E le indicazioni lette si scrivono subito, per sottometterle poscia a calcolo con comodo. Se si crede opportuno, si ripete la prova una seconda volta, ed anche una terza; nelle quali l'aspii-azione dell'aria si può continuarla per un tempo un po' minore, essendo tutte le parti asciutte già ridotte alla temperatura del luo- go, e il termometro bagnato trovandosi già alquanto freddo. Molte più prove pe- rò non convien fare, senza prima bagnare di nuovo lo strumento. Io poi, in luo- go di fare parecchie prove , consumando poco tempo in ciascuna e prendendo poscia la media dei rlsultamenti, trovo migliore farne una sola, aspirando l'aria per un tempo un po' più lungo, e cominciando a dare un' occhiata alla indica- zione del termometro bagnato dopo due soH minuti di lavoro, per antivedere ap- prossimativamente il risultamento, e quindi continuando l'aspirazione per altri sette od otto minuti. Cosi facendo io al presente, ottengo risultamenti che s'ac- cordano tanto con quelli dell'Igrometro ad appannamentoj che non mi pare qua- si vero, come può il lettore osservare su '1 fine dell'Appendice II. A pena poi finite le prove, é utile lo smontare lo strumento, separando le due parti anterio- ri del tubo da quella che contiene il termometro bagnato ; poiché tenendole molto tempo unite con essa, s' inumidisce la loro interna foderatura di lana, con danno di parecchi dei primi sperimenti che si facessero di poi. Io insisto su le citate avvertenze di star lungi con la persona dalla bocca del tubo durante le aspirazioni, e di non operare quando si ha dubbio che non siano ben bagnati gl'inviluppi di tela posti intorno al secondo termometro. Meno necessaria trovo l'altra di tenere smontato lo strumento nel tempo che non viene adoperato , giacché quando il lavoro dura una decina di minuti primi, mi è parso di trovare che l'errore cessi. E per imparar bene l'uso dello strumen- to io credo assai utile di farne qualche pratica in paragone di uno ad appanna- mento, studiando di trovare le ragioni delle discordanze che su le prime s'incon- trano fra i due strumenti, e cercando i modi d'evitarle. In qual modo dovrannosi ora adoperare le indicazioni dei due termometri per determinare la quantità del vapore acqueo esistente nell'aria ? Noi possiamo 33 a tal uopo prevalersi di una formola trovata già da August, e della sua legitl- mità io pure mi sono persuaso (1). E per riguardo alle tensioni massime, o di saturazione del vapore acqueo alle diverse temperature, delle quali tensioni oc- corre l'uso nella citata formola, può riuscire a proposito una tavola fatta inseri- re da Biot nei Comptes /?eRC?H5 dell'Accademia di Parigi del 18 Gennajo 1841, e stata dedotta da sperienze molto diligenti di Gay-Lussac , di Arago con Du- long , e di Taylor; la quale troverà il lettore riportata nell'Appendice III. ri- stretta all'intervallo da — 1 5.° a -f- 30.° C, ma però con interpolali altresì i ter- mini corrispondenti ai decimi di grado , ed esposta in questo modo tanto a scala centigrada , quanto a scala di Réaumur. E però necessaria una modifica- zione nella menzionata formola di August, in grazia della rarefazione dell'aria aspirata, anche indipendentemente dal freddò che ne potesse nascere; in forza della quale rarefazione, nel particolare strumento fatto da me costruire, essa formola si riduce all'una o all'altra delle due seguenti, secondo cJie si fa uso dell'una o dell'altra scala termometrica; cioè: A scala di Réaumur e^=E' -\- — E — 0, 74 . -^ (T — Z"), /f4o l'io P 760 P \ A scala centigrada e = E -^ J- £' — 0,592 ._ (T— T'), dove e indica la cercata tensione del vapore acqueo contenuto nell' aria che noi esploriamo, espressa in millimetri di mercurio, T la temperatura mostrala dal termometro asciutto, T' quella mostrata dal termometro bagnato, E' la tensione di saturazione del vapore alla temperatura 7", P la pressione dell'atmosfera espressa in millimetri. Intorno al che veggasi la già citata Appendice II. Egli è poi ben chiaro, che quando i termometri adoperati non sono esattis- simi , è necessario, prima di tutto, di fare ai gradi eh' essi indicano le opportu- ne correzioni ; delle quali è ben difficile che non vi sia bisogno. Ed io pure ne debbo fare nello strumento da me fatto eseguire, quantunque abbia raggiustata la posizione dello zero dei due termometri, trovando di dover diminuire le indi- cazioni del termometro bagnato di 4', del loro valore, ed accrescere in vece di /, quelle del termometro asciutto ; con che essi riduconsi d' accordo con uno di Bellani, che io adopero per un Igrometro ad appannamento. (1) Vedi il mio Corso di Fisica, Tom. II. pag. 559. 34 Ma quale garanzia avremo noi della giustezza dei risultamenti finali? Non vi sarà qualche inesattezza nella formola adottata , la quale dipende da dati non ancora abbastanza sicuri? E qualche piccolo errore non potrà esservi portato dalla stessa correzione che io vi ho fatta a cagione della rarefazione dell'aria? E sarà veramente esatta la tavola di Biot, esprimente le tensioni di saturazione del vapore acqueo alle varie temperature ? E sarò io riuscito appieno a togliere l'errore dipendente dall'irradiazione calorifica dei corpi vicini? E in fine non vi sarà per avventura qualche specie d'errore da me non avvertito? E indubitabile che di questi errori non deve il presente mio Igrometro an- dare affatto esente, avendo i suoi qualunque altro strumento anche fatto con grandissima cura. Vorrei però lusingarmi che l' inesattezza dei risultamenti , quando si facciano le osservazioni con diligenza, sia in generale ben piccola, forse per un fortunato compenso d'errori. Peroccliè avendo fatte molte sperien- ze comparative con questo Igrometro e con quello ad appannamento, menziona- to da principio, e nel quale io pongo molla fiducia, n'ebbi sempre dei divari assai piccoli; tanto che volendo indovinare le indicazioni del secondo da quelle del primo, egli è raro che si falli più d' un decimo di grado di Réaumur. Vera- mente è già levata una forte causa di divario , la discordanza cioè dei vari ter- mometri, avendo io con molta attenzione cercato di conoscerne le differenze, per poterle levare. Ma con tutto ciò l'accordo mi pare assai grande, essendo difficile l'averlo maggiore anche in due Igrometri ad appannamento, dove è raro che le bolle dei termometri vengano si esattissimamente portate co' i centri al limite dell'appannamento, che non si falli di 4„ di grado nel leggerne le indicazioni; co- me anclie è difficile che la vicinanza dell'osservatore o la presenza di qualche vicino corpo umido non portino qualche minima differenza nello stato dell'aria in prossimità degli strumenti. E io tengo questa concordia per un grande argo- mento a favore della giustezza del nuovo apparecchio, come anche della formola e delle tavole adoperate. Di maniera che nel giudicare l'umidità assoluta dell'aria non si commette probabilmente l'errore di /„ del totale. Per altro io non ho an- cora fatto di tali prove in lutti gli slati igrometrici dell'aria, e specialmente quan- do l'aria è eccessivamente secca, essendosi estese finora le mie osservazioni dai 4 millimetri di tensione del vapore ai 18 millimetri. Il che mi obbligherà a con- tinuare le sperienze per qualche altro tempo. Dovrei pure, se le mie attuali ob- bligazioni lo consentissero, ripetere le sperienze in luoghi ove la pressione at- mosferica fosse assai minore, a fine di determinare esattamente l'influenza dei 35 cangiamenti del barometro. E in fine troverei vantaggioso il verificare i risulta- menti di questo metodo con qualche maniera di misurare direttamente la quan- tità del vapore acqueo esistente nell'aria; per esempio con la maniera di Brun- ner, il quale (1) fa passare l'aria da una canna contenente dell'amianto imbevuto d'acido solforico. La quale verificazione servirebbe anche a rassicurare maggior- mente o pure a correggere la tavola di Biot, e a rendere più sicuro altresì l' uso dell'Igrometro ad appannamento. Quando siansi potute eseguire con buon esito anche queste ulteriori sperienze, si avrà nel presente strumento un modo esalto di misurare l'umidità assoluta dell'aria in circostanze ove quello ad appanna- mento non sarebbe servibile, dando però la preferenza a quest'ultimo tutte le volte in cui lo si potesse adoperare. Intanto, per mettersi ancora più in salvo dalle inesattezze della tavola delle tensioni del vapore, gioverà conservare i risulta- menti del Psicromelro espressi più tosto in gradi delle temperature d'appanna- mento, calcolando questi gradi con la formola e con la tavola che qui si danno; i quali gradi cosi calcolali, sia pure per un compenso d'errori, la sperienza mostra che riescono assai giusti. Io stimo poi che questo strumento potrà co '1 tempo ridursi a comodità mag- giore. Io ho già ideati alcuni perfezionamenti per un altro esemplare ch'io ne venga a costruire. Prima di tutto cioè ho speranza di poter abbreviare il tempo dell'aspirazione dell'aria; e ciò con l'usar bolle termometriche molto più piccole, p. e. del diametro d' una sola linea, e queste riempiute di alcool eh' è molto più dilatabile del mercurio, lasciando di quest'ultimo solamente nel tubo, affinchè sia meno sensibile l'errore dipendente dal rimanere esso tubo esposto alla tem- peratura dell'aria circostante. Se mi sarà possibile, procurerò altresì che il ter- mometro bagnato sia a minimo , secondo il suggerimento datomi dall' egregio Dott. Festler; con che cesserà il bisogno di guardare le indicazioni immediata- mente, ma sarà lecito, senza pericolo d' inganno, l'aspettare anche alcun picco- lo tempo, specialmente quando si abbia una luce non molto favorevole. E terrò i due termometri in due tubi separati, specialmente allo scopo che l'aria passan- te possa arrivare più presto con la propria primitiva temperatura sino al termo- metro bagnato , senza dover prima ridurre ad una tale temperatura molta parte del tubo. E farò qualche altra piccola correzione, di cui darò conto dopo vedu- tine gli effetti. (1) Bibl. Univ. Sept. 1841, pag. 182. 36 Di alcune minute particolarità riguardanti la costruzione dello strumento. Il tubo AABBh alcun poco inclinato all'orizzonte, rimanendo alquanto più elevato dalla banda del termometro asciutto; e ciò perchè non avvenga mai che l'acqua passi a bagnare questo termometro. S'introduce nel pezzo AAaa la bolla del termometro asciutto con l'ajuto di una fessura che ha esso pezzo AAaa nella sua parte più lontana dal soffietto, e se ne impedisce il ret'rocedimento con una ghiera A A lavorata a madrevite. Alla scala poi del termometro è unita per di dieti-o una lamina di ottone , che infe- riormente s'incurva ed abbraccia il tubo, tenendovisi unita con piccole viti. Ed essa scala non è in un piano verticale, ma con la sua parte più elevala si allon- tana dall'osservatore per presentarsi più comodamente alla luce. Tutto questo può dirsi altresì per riguardo al termometro bagnato e al pez- zo ddee, il quale ha similmente una fessura per lasciar entrare il termometro; e questo ha unita alla scala una lamina che abbraccia il tubo, e vi si congiunge con piccole viti. In quanto al tubo // gg^ questo è tagliato tutto al lungo, con una fessura lai-ga sufficientemente, perchè vi passi la cannetta del termometro. Per attaccare la tela al di dentro di sì fatto interno tubo^^gg", il che fo avanti d'introdurre questo nel ddee, avvolgo prima di due giri d'essatela un cilindro di vetro o d'altro ch'entri a forza così rivestito nel Inhof fg g, e introduco que- sto cilindro conia tela nel tubo fesso sin ch'essa tela avanzi fuori dall'altra bocca di cotale tubo fesso; e ritenuta questa tela, ritiro alquanto esso cilindro di vetro, e con cera lacca liquefatta saldo i due doppj della tela l'uno con l'altro e con l'orlo del tubo fesso, e recido la tela che ivi sopravanza; e finché la cera lac- ca è ancora ben calda fo passare innanzi di nuovo il cilindro di vetro per ridur- re la tela ben eguale. E poscia alla stessa maniera saldo, recido e agguaglio la medesima tela all'altra apertura del tubo fesso. Dopo di che fo co '1 temperino un piccolo taglio in essa tela corrispondentemente ad una parte della fessura del nominato tubo, perchè possa di poi passare la cannetta del termometro. E in 37 fine questo tubo così foderato lo fermo con dei pezzettini di legno o con anelli di lana entro il tubo ddce, in cui si tiene serrato con l'ajuto dell'elasticità che esso ha in grazia della fessura già delta. Dopo messa nel Inho Jfgg la bolla del secondo termometro rivestita di tela legata con refe, otturo alcun poco all'intorno l'apertura g g con un anello di la- na. E ciò con l'intenzione che quando ho finite le aspirazioni co '1 mezzo del sof- fietto, e che mi pongo a guardare il termometro bagnato, non retroceda sì facil- mente l'aria più calda delle parti inferiori del tubo d' ottone, a riscaldare il ter- mometro bagnalo. Aveva prima imaginalo di fare obliqua la bocca gg. e di ap- plicarvi una delicata valvuletta che lasciasse passare l' aria verso il soffietto , e quindi si richiudesse ; ma mi si è poi staccata, trovo difficile il mantenervela, e l'ho omessa, almeno per ora. La stoffa di lana dentro i pezzi AAaa., bbcc si mantiene allargata per la propria elasticità. Al pezzo ddee ne segue uno congiunto seco lui a vite, destinato a non la- sciar uscire il termometro bagnato; e questo all'altra sua estremità hh k termi- nato esteriormente a cono tronco con superficie non già a vite, ma liscia, per po- ter essere facilmente ricevuto nell'apertura conica del pezzo successivo llmm. E il breve pezzo iikk, lavorato a madrevite, serve a stringere insieme queste due estremità coniche, con l'ajuto di un risalto che presenta il cono tronco h fi verso la base, all'esterno, e in grazia dell'essere fatta a vite la vicina estremità del pezzo llmm. 11 tubo di vetro ite è verticale, ed è congiunto ad una ripiegatura del tubo di ottone llmm., la quale ajuta l'acqua ad entrare in esso tubo di vetro. Alla fine del tubo llmm vi è una valvula nn collocata obliquamente, co- me mostra la figura, e girevole a cerniera intorno alla estremità superiore; e ne è cliiaro l'officio. In E vi sono due colonnette verticali, una più vicina all'osservatore ed una più lontana, portanti l'estremità anteriore del soffietto, e fissate co'i piedi ad una piccola tavola che tiene lo strumento ad un' altezza comoda per poterlo adope- rare. E in F vi sono altre due simili colonnette portanti il soffietto posteriormen- te. Le estremità superiori di queste ultime ho dovuto all'interno rivestirle di pelle per coprire alcuni pezzi di ferro, i quali le legavano con la superiore base del soffietto stesso , e levare così lo sfregamento di questi pezzi di ferro con la pelle del soffietto medesimo durante il lavoro. 38 Il soffietto è della capacità di circa 2800 centimetri cubici ; ma potrebbe senza nessun inconveniente essere anche di una capacità assai diversa. E il peso P è tale 5 che alzandolo rapidamente con la mano, e lasciandolo discendere da sé, fa circa 1 3 movimenti ad ogni minuto primo. k«4S&iX i^:PIPlSlM(gl2 M. Della formola per misurare la tensione del vapore acqueo esistente nell'aria. Ootlo una pressione atmosferica di 760 millimetri di mercurio, e mancando ogni scambio di calorico raggiante fra un termometro bagnato e i corpi che gli stanno d' intorno, la tensione del vapore acqueo esistente nell' aria sarebbe data dalla formola seguente : e = £' — 0,592 (T—r'): essendo T la temperatura d'essa aria espressa in gradi centigradi, T' la temperatura a cui discende il termometro bagnato per una evapora- zione sufficientemente prolungala dell'acqua alla di lui superficie, E la tensione massima o di saturazione del vapore acqueo corrispondente- mente alla temperatura Z", espressa questa E' in millimetri di mercurio, e la desiderata tensione del vapore esistente nell' aria, espressa similmente in millimetri di mercurio. Della quale formola, fatta già conoscere da August. ho procurato di dare io pure una dimostrazione nel secondo Volume del mio Corso di Fisica, pag. 552 e seg. E mi sono convinto, che essendo vere alcu- ne molto probabili supposizioni, e giusti diversi dati sperimentali trovati da al- cuni Fisici, non può l'errore di una tale formola nei casi più sfavorevoli oltre- passare fg di millimetro di mercurio, toccando però alla sperienza il mostrare se essa formola meriti piena fiducia , attesa la non intiera sicurezza di quei dati e di quelle ipotesi. Questa formola poi varrebbe tanto per un" aria tranquilla (la quale però si rinoverebbe a canto al termometro pe l freddo slesso dell'evaporazione), quanto 39 per un'aria agitala; con la sola differenza, che in quest'ultima il lermomelro ac- t]uisterebbe molto più presto la temperatura definitiva 7", ossia si avvicinereb- be molto più presto ad avere una differenza affatto trascurabile da questa tem- peratura; ma sempre nella supposizione che non vi siano scambj di calorico raggiante. Nello stato ordinario delle cose, in cui v' è un assai vivo scambio di tale calorico a vantaggio del termometro appena che questo sia disceso sotto la temperatura T dell'aria, io trovo che la formola dovrebbe essere la seguente: e = £' — 0,592 (r—r')(l -f J-\ indicandosi con la frazione — la quantità di calorico che vien data alla bolla termometrica per irradiazione, divisa per la quantità comunicatale in pari tem- po dal contatto dell' aria. Questa frazione però è assai piccola quando 1' aria è mollo agitata. In una sperienza da me fatta il 23 Giugno 1 829, agitando con la velocità di 3 metri al secondo una bolla termometrica del diametro di 8 milli- metri (t), io calcolava — = — : e ciò trovandosi i corpi circostanti ad una temperatura per circa 7°, 9. G più elevata della sua. Se questi corpi , com' è nel caso nostro , non fossero stati più caldi che di 2 o 3 decimi di grado , sarebbe stata la — trenta o quaranta volte più piccola, cioè notabilmente minore di , e da potersi affatto trascurare impunemente. E quantunque l'essere cilin- loon drica la bolla del nostro termometro porti questa frazione a maggiore grandez- za, torna però essa ad impiccolirsi per la molto grande velocità dell'aria. In guisa che noi possiamo ritenerla non maggiore di — o di — , ed incapace di produrre nel valore di e una differenza superiore ad uno o due centesimi di millimetro ; e la possiamo perciò trascurare senza scrupolo, riguardando come a bastanza giusta la formola e = £' — 0,592 (r—r). Tutto questo però nel supposto che la pressione dell' atmosfera sia di 760 millimetri di mercurio. Essendo questa di un'altra grandezza, dovrà diversifi- care anche la formola; perciocché, a pari velocità del moto, quanto più densa (1) Corso di Fisica, Tom. II. pag. 536 e 551. 40 è l'aria, tanto più capace ella è di comunicare calorico alla bolla raffreddala, nella stessa guisa come se fosse opportunamente maggiore la differenza T — T'. Ond'è, che quel coefficiente 0,592 dev'essere modificato a norma delle varie pressioni dell'atmosfera. Secondo August, chiamando P il numero dei millime- tri di si falla pressione, si dovrebbe avere : e = £' — 0,592.-^ (T — T'). ■360 Veramente io non sono affatto persuaso della giustezza di questa modifica- P zione , e mi pare possibilissimo che in luogo del fattore -^ debba più tosto usar- ■j6o — 1 , il Cui esponente m stia fra 0 ed 1. Ammetto però di buon grado che una tale modificazione di August non possa condurre a forte errore , specialmente quando P sia poco diverso da 760. E non sapendo sosti- tuire altro di meglio, l'accetterò anch'io. Ciò premesso, sia: P la pressione atmosferica espressa in millimetri di mercurio ; P — p il valore a cui si riduce la pressione dell'aria intorno al termome- tro bagnato, in conseguenza dell'aspirazione del soffietto ; e' la tensione del vapore acqueo diffuso nell'aria, quando questa arriva al termometro bagnato, e precisamente alla metà lunghezza della boUa, supposto ch'essa aria non abbia ancora ricevuto altro vapore, oltre quello ch'ella aveva fuori dell'apparecchio; ed abbiano: e, £', T, T' i valori loro assegnati precedentemente. Noi avremo, secondo August: (1) e=E' — 0,592. Lzf(T—T'). 760 E siccome il diminuire della pressione , che ha luogo nell' aria al suo avanzarsi nel soffietto, fa scemare nella slessa proporzione la tensione del vapore , cosi abbiamo : e'.e'.lP'.P-p; da cui: e.P ^~P^ = _£_ Ìe — 0, 592 . i^Hi (r— T)ì; P-p} ' 760 ^ ')' 41 ossia . (2) e=(l + ^^)E'-0,592.-L(7'-r). Se nella formola (1) in luogo di sì dovesse porre ( ? ) , essen- ■jGo \ 760 / do m una quantità minore di 1,alla (2) dovrebbesi surrogare quest'altra equa- zione : =iE'(i + -LJ) —0,592.^ ■^^~''^"'~\t— T). \ ^ P—p/ 760"» ^ '' (3) e = EQ + ^^-0,692. l..Q^J-iT-Ty, la quale, nel caso che P — p sia poco diverso da 760 millimetri, e nella pro- babile supposizione che (1 — m) sia < f , ha il secondo membro differente da quello della (2) di pochi centesimi di millimetro; e per conseguenza noi pos- siamo adoperare con fiducia la suddetta formola (2). Quello che ora ci conviene conoscere è il valore della quantità p. Per po- terlo rintracciare con maggiore giustezza, io ho fatto una piccola sperienza. Ho levato il tubetto di vetro uv collocato fra il sofGetto e il termometro bagnato, e in sua vece ho posto un sifoncino pure di vetro, vòlto con la parte curva al- l'ingiù a modo di V, e di cui una estremità era munita d'una vile forata, per poterlo congiungere co '1 tubo principale di ottone, e l'altra estremità era aper- ta e senz' altra aggiunta; e dentro vi ho posto un po' d'acqua che occupasse la curvità inferiore e parte delle braccia. Quindi , facendo lavorare il soffietto, ho osservato quale differenza di livello si stabilisse nell'acqua delle due braccia suddette. E ho trovato che durante ciascun movimento essa differenza andava variando, facendosi minore a proporzione che il soffietto si apriva più e più. Però il medio valore di essa era prossimamente di millimetri 30 , corrispon- denti a milHm. 2, 20 di mercurio. Possiamo perciò ritenere questa per misura della differenza fra l'esterna pressione dell'atmosfera, e quella cui è sottoposta l'aria interna quando passa a canto al sifone. Ecco ora come da essa io ricavo con qualche approssimazione la differenza p fra la pressione esterna medesima e quella che ha luogo all'intorno del termometro bagnato. 42 Considero che la differenza suddetta di millim. 2, 2 di mercurio è impie- gata parte a vincere le resistenze che l'aria incontra nelle pareli del tubo a ve- nire dalla sua bocca esterna o libera sino al luogo ov'è il sifone, e parte a fare clic quivi l'aria abbia la velocità con la quale effettivamente ella passa. Per va- lutare e levare quest'ultima parte, osservo che il tubo d'ottone in quella sua parte, nella quale è innestato il sifone, ha il diametro interno di 1 3 millimetri, e che ad ogni minuto primo vi passano 1 3 X 2800 centimetri cubici d' aria , la quale perciò vi scorre con una velocità di metri 4,57 al secondo, corrisponden- te ad un'altezza premente di metri 1,066 d'aria, e di millim. 0,102 di mercu- rio. Siccome poi il passaggio dell'aria non è continuo, ma intermittente, frap- ponendosi ai varj lenti aprimenti del soffietto altrettanti veloci chiudimenti, du- rante i quali r aria sta in riposo ; cosi io ammetterò che la reale velocità del- l'aria durante gli aprimenti sia d'un dodicesimo più grande di quella or ora in- dicata, e che la corrispondente altezza del mercurio debba aumentarsi come 12" a 13% e debba perciò essere portata a millim. 0,12. Detraendo questi dai so- praddetti millim. 2,20, ce ne rimangono 2,08 da ritenersi impiegati e consu- mati nel superare le resistenze sofferte dall' aria lungo il tubo sino ad arrivare al luogo del sifone. Cercheremo qual parte se ne debba ancora detrarre per ve- nire soltanto sino alla metà lunghezza del termometro bagnato. Io crederei che se ne debba detrarre più di ' e meno di l del suo valore. Perciocché, cominciando dalla frazione minore, se io dovessi cercare nella lun- ghezza del tubo di ottone, fra 1' uno dei termometri e l'altro, un punto tale che l'aria incontri tanto di resistenza da esso punto sino alla metà del termometro bagnato, quanto da questa metà sino al luogo ov'è fermato il sifone, io porrei questo punto non più vicino al termometro bagnato da lasciare un quarto del tubo di velro dalla banda di questo termometro; e stimerei perciò che dalla metà d' esso termometro sino a tutto quel quarto vi sia meno resistenza che da essa metà sino al sifone. Da quel quarto poi sino alla bocca esterna del tubo ri- terrei che assolulamente non si possa trovare altre tre volte cotale resistenza che v'ha dalla metà suddetta del termometro bagnato sino al sifone; e perciò stimerei troppo 1' ammettere che dalla bocca esterna del tubo d' ottone sino a venire al sifone si abbia cinque volte quella resistenza che v' è dalla metà del termometro bagnato fino al sifone medesimo; e troppo poco in conseguenza sti- merei l' ammettere che quest' ultima resistenza dalla metà del termometro ba- gnato fino al sifone sia il quinto di quella totale dalla bocca libera del tubo 43 fino ad esso sifone. Alla quale conclusione io sarei condotto dal compulare de- bitamente i diametri delle yarie parti dello strumento, e le velocità relative con che vi passa l'aria, rilenendo essere la resistenza, ad altre circostanze pari, proporzionale al quadralo di tale velocità; e dal computare altresì conveniente- mente le lunghezze delle dette varie parti; come anche da un certo riguardo all'essere il vano dentro al tubo di vetro ingombrato alquanto da peli di lana sporgenti. Del che mi sarebbe difficile l'esporre qui le minute particolarità ad un lettore che non abbia sott' occhio l'effellivo strumento. All'incontro stimerei che sarebbe un portare troppo in fuori quel punto fra i due termometri, volendolo porre alla metà lunghezza del tubo di vetro; e troppo poco altresì mi parrebbe il supporre che da questa metà sino alla bocca esterna si trovi solo tanta altra resistenza come dalla metà del lermometro ba- gnato fino al sifone , ossia l'ammettere che dalla bocca estema del tubo fino al sifone vi sia appena il triplo di quella resistenza che v'ha dalla metà del termo- metro bagnato al sifone stesso. E in conseguenza riterrei troppo 1' ammettere che quest' ultima resistenza , che ha luogo fra il punto di mezzo del termome- tro bagnato e il sifone, arrivi al terzo della resistenza totale che v'ha dalla boc- ca libera fino al sifone tante volte menzionato. Per avere adunque la resistenza che l'aria incontra dalla bocca esterna del tubo sino a mezza la lunghezza del termometro bagnato, conviene detrarre dai già trovati mill. 2, 08, che misurano la totale resistenza dalla detta bocca ester- na sino al luogo ov' è innestalo il sifone , conviene detrarre, dico, una quantità maggiore del quinto e minore del terzo d'essi millim. 2,08. E perciò la misu- ra di cotale resistenza dee ritenersi compresa fra millimetri 2, 08 — 5 . 2, 08 e 2,08 — 1.2,08, ossia per millimetri 1,664 e 1,387. Ad avere però la pressione che sente l' aria intorno al termometro bagna- to, conviene altresì tenere conto della velocità d'essa aria in questo luogo del tubo. Osservo a quest' uopo, che lo spazio vano intorno a colale termometro bagnato ha per sezione un anello circolare , co' i diametri esterno ed interno di 15 e di 10 millimetri, e che perciò quando il passaggio dell'aria fosse con- tinuo ed uniforme, una tale velocità sarebbe di circa metri 6, 18 al secondo, e le corrisponderebbe un'altezza premente di millim. 0, 186 di mercurio. Am- mettendo che per la discontinuità dei movimenti debba la velocità durante cia- scun assorbimento riputarsi maggiore per ,', di quella indicata , sarebbe la cor- rispondente altezza premente da portarsi a millim. 0,186 — ;, ossia 0,218. 44 I quali aggiunti ai numeri 1,664 e 1,387 dànoo millim. 1,88 e 1,60. Fra i quali ultimi dovrà trovarsi la vera differenza fra la pressione esterna dell' aria e quella all'interno del termometro bagnato; stanteciiè questa differenza risulta dalla somma di due parti: l'una destinata a vincere le resistenze anteriori alla metà di quel termometro, e misurata da un numero compreso fra 1,064 e 1,387; e l'altra misurata da millim. 0,218, impiegata a dare all'aria quivi pas- sante la velocità di metri 6, 18 al secondo. Il ricercato valore di yj, per lo strumento particolare da me fatto costruire, dee dunque ritenersi compreso fra millim. 1,60 e millim. 1,88. Ai quali due valori, supposto P=r 760, corrispondono per la quantità P-P ., , i,6o . I il valore t-, ossia — ; •jtìo — i,6o 474 1 88 I e il valore '■ , ossia — -. 760 — i,8S 4o3 I quali due valori differiscono l' uno dall'altro meno di . E se noi porremo ?L-. eguale a — , avremo per la quantità —L — . J5', sempre nel supposto di Pz= 760, una quantità che differirà dal vero meno di E, ossia in gene- ' ■^ 4700 rale meno d' un dugentesirao di millimetro. E ben poco di più ne differirà per altri valori di P. Ponendo adunque per — - — la quantità — , la formola (2) si ridurrà a P — p 440 quest'altra: (4) e = £'(l + ^J-0,592.-L(r-r); ovvero, nel caso che le temperature Te T' si vogliano espresse ia gradi di Réaumur, a quest' ultima : (5) a = E (1 + ^-1-)- 0,740 ^^(T-n. Non farò veruna correzione per raffreddamento dovuto alla rarefazione del- l'aria, non avendomene la sperienza dato nessun segno, come ho detto più sopra 45 nella Memoria, a cagione senza dubbio di qualche causa calorifica che vi si op- pone, probabilmente di qualche sfregamento sofferto dall' aria die passa. Se mancasse una tal causa, dovrebbe aversi un raffreddamento sensibilissimo, tale che il termometro bagnato ne verrebbe abbassato di circa 0°, 1 7. G, ossia 0°, 1 4. R. Infatti Welter e Gay-Lussac (Laplace, Méc. cèl. Tom. V. pag. 125 ; come anche Voi. IL della mia Fisica, pag. 44) trovarono che diminuendo di millim. 16,3644 una pressione di millim. 757 -f- 16,3644, l'aria ch'era a +13.° G si raffreddò di 1°,6310. G, secondo i calcoli fattisi allora, e di 1°,594, secondo i computi più esatti che si farebbero ora assumendo il coefficiente di Rud- berg per la dilatazione dell' aria in grazia del riscaldamento. Ora avendo noi nel nostro strumento , intorno al termometro bagnato , una diminuzione di pressione fra millim. 1, 60 e millim. 1, 88, ossia, prendendo una media, di cir- ca millim. 1,74, si avrebbe un raffreddamento, come si è detto, di 0°, 17. G all' incirca. Mi fermerò ora un momento a considerare gli errori che si possono com- mettere nell'uso di questa formola. Vi possono dunque essere : 1.° Gli errori provenienti da inesattezza dei dati su cui esse formole sono fondate, quali sono le capacità dell'aria e del vapore acqueo pe '1 calorico. Dei quali errori noi non sappiamo la specie, se cioè tendano ad aumentare o a di- minuire il risultamento ; e né meno la grandezza. 2." Gli errori dipendenti dalle inesattezze che possono esservi nella ta- vola delle tensioni di saturazione del vapore acqueo alle varie temperature ; errori che, al pari dei precedenti, sono ignoti ed inevitabili. 3.° Gli errori che provengono dal ridurre alla formola sempb'cissima e = £' — 0,592(r— T'), veduta al principio di quest'Appendice, la formola rigorosa che dovrebbe usar- si a quest'uopo, e ch'è la (H) della pag. 558 del Volume IL della mia Fisi- ca: riduzione che si ottiene, sia co '1 trascurare gli effetti dell'irradiazione, sia con l'omettere dei termini meno importanti. Questi errori possono aver luogo tanto in più, quanto in meno : è però difficilissimo che arrivino ad una somma di ,-„ di millimetro, e non ascendono in generale che a due o tre centesimi di millimetro. 4.° Aggiungo qualche altro mezzo centesimo o intiero centesimo di milli- metro per l'usare delle formole (3) e (4) in luogo della (2), nel caso che la 46 pressione atmosferica sia diversa da quella di 760 millimetri di mercurio. E questo errore può essere sì in più, che in meno. 5,° Pongo altresì alcuni millesimi di millimetro per l'inesattezza della fra- zione 44„ contenuta nelle formolo (4) e (5). Quando non rincrescesse l'aggiun- gere pochi altri centesimi di millimetro di errore , si potrebbe trascurare del tutto questa frazione, e tenersi alla semplice formola e = E' — 0,592 — (T—T'). 760 6." Se si volesse trascurare di guardare al barometro, ritenendo la P = 760, e facendo uso della semplicissima formola e = E — 0,592 {T—T), e si commettesse con ciò un errore di 3 linee nella pressione barometrica sud- delta, in questo caso verrebbe ad aversi nel termine negativo del secondo mem- bro uno sbaglio di ,\, d'esso termine; il che porterebbe un altro errore di 2, di 3, di 4, ed anche di 6 centesimi di millimetro. 7.° Potrebbe il termometro bagnato venire riscaldato dallo sfregamento dell'aria che passa, più o meno ch'ei non è raffreddato per la diminuzione di pressione di quest'aria stessa. Un centesimo di grado centigrado di differenza, allorquando esso termometro bagnato fosse verso i 1 5.° C, potrebbe portare un errore di 1 4 millesimi di millimetro nel risultamento. Anche da questo lato vi potrebbe essere qualche centesimo di millimetro d'errore. 8.° Vi sono le inesattezze dei termometri, quantunque slati diligentemente paragonati , non potendo il paragone fattone e le correzioni applicatevi servire per tutta la lunghezza della scala. E qualche centesimo di grado d'errore vi può certamente essere sia in più, sia in meno. E qui deesi avvertire che sono molto più perniciosi gli errori del termometro bagnato. Finalmente vi sono : 9° Gli errori delle osservazioni. In questa è difficile lo sbagliare di /<, di grado, sia centigrado, sia di Réaumur; ma facile è l'errare di 4', di grado, il quale corrisponderebbe, se fosse a scala di Réaumur ed appartenesse al termo- metro bagnato , ad un errore di 5 centesimi di millimetro nella tensione del vapore ; e questo tanto in più, quanto in meno. E tutti gli errori suddetti accadrà per lo più che in molta parte si compen- sino; ma può anche avvenire che si sommino insieme. L però, lasciando da ban- da i dati fondamentali della formola e gli errori delle Tavole, è assai facile che con le formole (3) e (4) si commetta uno sbaglio anche di ,'„ di millimetro. Chiuderò questa seconda Appendice co '1 presentare ai lettori alcuni ri- sullamenli datimi dal descritto strumento, scelti fra i molti che io ne ottenni si prima che dopo la lettura della Memoria alla I. R. Accademia. Porrò per primo quello ove io ebbi, fra tutte queste osservazioni, la massima quantità di vapore; e per ultimo quello ov'ebbi la minima. 21 Luglio 1842, ore 9°. 30' antimeridiane. (11 barometro in questo giorno e nel successivo era in Padova a circa 6 millimetri sotto i 760). Termometro asciutto. Termometro bagnato. 20°,43. R. 18°, 35 Correzioni ... +0,21 — 0,44 Indicazioni corrette 20,64 17,91 Tensione del vapore calcolata su questi dati millim. . 1 7, 92 Temperatura di saturazione corrispondente 16,61 R. Indicazione dell'Igrometro ad appannamento 16,65 ni. Tensione del vapore corrispondente 1 7, 98 21 Luglio suddetto, ore 5 pomeridiane. Termometro asciutto 21,80 bagnato 17,30 Correzioni ... 0, 23 — 0, 41 Indicazioni corrette 22,03 16,89 min. Tensione del vapore, e temperatura di saturazione . . 14, 60 . 1-4,10 min. Risultamenti dell'Igrometro ad appannamento. . . . 14,66 . 14,15 22 Luglio 1842, ore 1 pomeridiane. Termometro asciutto 20,52 bagnato 13,25 Correzioni ... -j- 0,21 —0,33 Indicazioni corrette 20,73 12,92 min. Tensione del vapore, e temperatura di saturazione . . . 7, 52 . 6 , 53 R. Risullament! dell'Igrometro ad appannamento . . . . 7, 43 . 6, 4 a» .11 6 Marzo 1 843, ore 2°. 20' pomeridiane. (Barometro circa a 760). Termometro asciutto 9, 20 bagnato 5, 58 Correzioni . • . 0,09 — 0,13 Indicazioni corrette 9, 29 5, 45 mìll. Tensione del vapore, e temperatura di saturazione . . 3, 97 . — 0, 05 Risultamenti dell'Igrometro ad appannamento . . . . 4,09 . -}- 0, 25 Fra tutti questi risultamenti, l'ultimo è quello dove i due strumenti s'ac- cordano meno ; pure la differenza nella tensione del vapore non è che di dodi- ci centesimi di milL'metro. Possiamo pertanto ritenere che per tutti quei gradi di umidità, pe' i quali la temperatura di saturazione è superiore a 0°, l'uso del presente strumento è sicuro. ^/f'.^^^y,.^,' Voi. VI ^ y y- y o^>^ / c/^ M\^. I , /ri^^^yfr *^^^^^/: r .^^--^^^ ,0^^^/^^^/^//^'^/^ 49 ^iPipiiriDiìiìi niìn. Tavole numeriche ad uso del Psicrometro. Tavola I. Delle teusloni massime del vap — ' ^~ • 27.3 . 27.4 . 27.5 - 27.6 . 27.7 . 27,S . 27,9 . + 28,0 — 26,449 26,609 ■ 26,771 ■ 26,933 ■ 2 7,096 ■ 27,260 ■ 27,424 ■ 27,590 ■ 27,756 ■ 27,923 • 28,091 ■ 160 162 162 163 164 164 166 166 167 168 + 28,0 28,1 28,2 28,3 28,4 28,5 ■ 28,6 28,7 28,8 28,9 + 29,0 28,091 28,260 28,429 28,600 28,771 28,944 29,117 29,291 29,466 29,641 29,818' 169 169 171 171 173 173 174 175 175 177 + 29,0 . 29,1 29,2 29,3 29,4 29,5 29,6 29,7 29,8 29,9 + 30,0 . . 29,818 29,996 ■ 30,174 • 30,353 ■ 30,534 • . 30,715 ■ 30,897 • 31,080 • 31,264 ■ 31,448 ■ 31,634 • 178 178 179 181 181 182 183 184 184 186 53 Tavola II. Valori della quantità (T — T') 0,592, pe'l Psicrometro a scala centigrada. NB. Differenza costante 0,0592. Valori di T— T,. Valori di (T-r) 0,592. Valori di T—T. Valori di (T-T')o,5g2 Valori di T— T. Valori dì (T—T,) 0,593. O/l 0,2 0,3 0,4 0,5 . 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0. 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5. 1,6 1,7 1,8 1,9 2,0. 2,1 2,2 2,3 2,4 2,5- 2,6 2,7 2,8 2,9 3,0 - 3,1 3,2 3,3 3,4 3,5 - 3,6 3,7 3,8 3,9 4,0- 0,059 0,118 0,178 0,237 0,296 0,355 0,414 0,474 0,533 0,592 0,651 0,710 0,770 0,829 0,888 0,947 1,006 1,066 1,125 1,184 1,243 1,302 1,362 1,421 1,480 1,539 1,598 1,658 1,717 1.776 1,835 1,894 1,954 2,013 2,072 2,131 2,190 2,250 2,309 — 2,368 4,1 . . . 2,427 8,1 . . . 4,795 4,2 . . . 2,486 8,2 . . . 4,854 4,3 . . . 2,546 8,3 . . . 4,914 4,4 . . . 2,605 8,4 . . . 4,973 A C. n aa ^ e 1; Z ..3Q 4,0 — 4,6 . . . 2,723 0,3 8,6 . . . 5,091 4,7 . . . 2,782 8,7 . . . 5,150 4,8 . . . 2,842 8,8 . . . 5,210 4,9 . . . 2,901 8,9 . . . 5,269 'i Ci ^M. 9.0 — 9.1 . 5 32y 5,1 . . . 3,019 . . 5,387 5,2 . . . 3,078 9,2 . . . 5,446 5,3 . . . 3,138 9,3 . . . 5,506 5,4 . . . 3,197 9,4 . . . 5,565 '^ t; 30;:^ rv ^ — - 5 g24 5,6 . . . 3,315 9jJ 9,6 ■ . . 5,683 5,7 . . . 3,374 9,7 . . . 5,742 5,8 . . . 3,434 9,8 . . . 5,802 5,9 . . . 3,493 9,9 . . . 5,861 f\ n D e co ino t),0 6,1 . . . 3,611 10,1 . . . 5,979 6,2 . . . 3,670 10,2 . . . 6,038 6,3 . . . 3,730 10,3 . . . 6,098 6,4 . . . 3,789 10,4 . . . 6,157 fi =i 3 8 IS 10.5 — 10.6 . 6 216 6,6 . . . 3,907 . . 6*275 6,7 . . . 3,966 10,7 . . . 6,334 6,8 . . . 4,026 10,8 . . . 6,394 6,9 . . . 4,085 10,9 . . . 6,453 7,0 4,144 11,0 6,512 7,1 . . . 4,203 11,1 . . . 6,571 7,2 . . . 4,262 11,2 . . . 6,630 7,3 . . . 4,322 11,3 . . . 6,690 7,4 . . . 4,381 11,4 . . . 6,749 7,5 4,440 11,5 6,808 7,6 . . . 4,499 11,6 . . . 6,867 7,7 . . . 4,558 11,7 . . . 6,926 7,8 . . . 4,618 11,8 . . . 6,986 7,9 . . . 4,677 11,9 . . . 7,045 8,0 4,736 12,0 7,104 54 Valori di T—T. Valori di (T-T,) o,59J. Valori di T—T'. Valori di (T-T) 0,59=. Valori di T— T'. Valori di (T-T) 0,59». 12,1 12,2 12,3 12,4 12,5 . 12,6 12,7 12,8 12,9 13,0 . . 7,163 . . 7,222 . . 7,282 . . 7,341 7,400 . . 7,459 . . 7,518 . . 7,578 . . 7,637 7,696 13,1 13,2 13,3 13,4 13,5 . 13,6 13,7 13,8 13,9 14,0 7,755 7,814 7,874 7,933 . 7,992 8,051 8,110 8,170 8,229 ■ 8,288 14,1 14,2 14,3 14,4 14,5 ■ 14,6 14,7 14,8 14,9 15,0. . 8,347 . 8,406 . 8,446 . 7,525 8,584 . 8,643 . 8,702 . 8,762 . 8,821 8,880 -1-.,. Tavola III. Delle tensioni massime del vapore acqueo alle diverse temperalnre espresse in gradi di Réaumur. Tempera- turo. Tt-nsioni DifT- del vapore, renze. Temppra- Ten3toni DÌ(Te- (Il'I vapori!, rt^nzo. Tempera- turi-. Tensioni Diffì'- (lel vapore, renze. — 12,0 ■ 11,9 11,8 11,7 11,6 11,5 • 11,4 11,3 11,2 11,1 — 11,0 - 10,9 10,8 10,7 , 10,6 10,5 - 10,4 10,3 , 10,2 . 10,1 , — 10,0 - 9,9 9,8 9,7 9,6 9,5- 9,4 9,3 9,2 9,1 — 9,0. 8,9 8,8 8,7 8,6 8,5. 8,4 8,3 8,2 8,1 — 8,0 . 1,029 1,042 1,055 1,069 1,082 1,095 1,109 1,123 1,137 1,151 1,165 1,180 1,194 1,209 1 ,224 1,239 1,254 1,269 1,285 1,300 1,316 1,332 1,348 1,365 1,381 • 1,398 1,414 1,431 1,449 1,466 . 1,483 1,501 1,519 1,537 1,555 . 1,574 1,593 1,611 1,630 1,650 ■ 1,669 13 13 14 13 13 14 14 14 14 14 15 14 15 15 15 15 15 16 15 16 16 16 17 16 17 16 17 18 17 17 18 18 18 18 19 19 18 19 20 19 — 8,0 • 7,9 7,8 7,7 7,6 7,5. 7,4 7,3 7,2 7,1 — 7,0. 6,9 6,8 6,7 6,8 6,5. 6,4 6,3 6,2 6,1 — 6,0 . 5,9 5,8 5,7 5,6 5,5 ■ 5,4 5,3 5,2 5,1 — 5,0 ■ 4,9 4,8 4,7 4,6 4,5. 4,4 4,3 4,2 4,1 — 4,0 1,669 1,689 1,708 1,72« 1,748 1,769 1,789 1,810 1,831 1,852 1,874 1,895 1,917 1,939 1,961 1,983 2,006 2,029 2,052 2,075 2,099 2,122 2,146 2,171 2,195 2,220 2,245 2,270 2,295 2,321 2,347 2,373 2,399 2,426 2,452 2,480 2,507 2,535 2,562 2,591 2,619 20 19 20 20 21 20 21 21 21 22 21 22 22 22 22 23 23 23 23 24 23 24 25 24 25 25 25 25 26 26 26 26 27 26 28 27 28 27 29 28 — 4,0. 3,9 3,8 3,7 3,6 3,5 . 3,4 3,3 3,2 3,1 — 3,0 2,9 2,8 2,7 2,6 2,5 2,4 2,3 2,2 2,1 — 2,0 1,9 1,8 1,7 1,6 1,5. 1,4 1,3 1,2 1,1 — 1,0 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5. 0,4 0,3 0,2 0,1 — 0,0 • 2,619 2,648 2,677 2,706 2,735 • 2,765 2,795 2,825 2,856 2,887 • 2,918 2,949 2,981 3,012 3,045 ■ 3,077 3,110 3,143 3,177 3,211 . 3,245 3,279 3,314 3,349 3,384 . 3,419 3,455 3,491 3,528 3,565 . 3,602 3,639 3,677 3,715 3,754 . 3,793 3,832 3,871 3,911 3,951 • 3,99 2 29 29 29 29 30 30 30 31 31 31 31 32 31 33 32 33 33 34 34 34 34 35 35 35 35 36 36 37 37 37 37 38 38 39 39 39 39 40 40 41 Tcmp'-i tur.-. Tensioni Dilì--- di'l vajiori'. rcnzr. Temprra- tiir<'. T.-nsioni DifTi- del vapore, renze. TiTii|ipra- ture. Tensioni del vapore. DifTe- renze. + 0,0 0,1 . . 0,2 . . 0,3 . . 0,4 . . 0,5 0,6 . . 0,7 . . 0,8 . . 0,9 . . + 1,0 1.1 . . 1.2 . . 1.3 . . 1.4 . . 1,5 1.6 . . 1.7 . . 1.8 . . 1.9 . . 2,0 + 2,0 2,4 2,5 2,6 2,7 + 3,0 2,9 3,0 3.1 .. . 3.2 .. . 3.3 .. . 3.4 .. . 3,5 3.6 .. . 3.7 .. . 3,W . . . 3,9 .. . + 4,0 4.1 .. . 4.2 .. . 4.3 .. . 4.4 .. . 4,5 4.6 .. . 4.7 .. . 4.8 .. . 4.9 .. . + 5,0 3,992 4,033 4,074 4,116 4,158 4,200 4,243 4,286 4,329 4,373 4,417 4,462 4,506 4,552 4,597 4,644 4,690 4,737 4,784 4,832 4,880 4,928 4,977 5,026 5,076 5,126 5,176 5,227 5,279 5,330 5,382 5,435 5,488 5,541 5,595 5,650 5,704 5,760 5,815 5,871 5,928 5,985 6,043 6,101 6,159 6,218 6,278 6,338 6,398 6,459 6,520 41 41 42 42 42 43 43 43 44 44 45 44 46 45 47 46 47 47 48 48 48 49 49 50 50 50 51 52 51 52 53 53 53 54 55 54 56 55 56 57 57 58 58 58 59 60 60 60 61 61 + 5,0 5,1 5 •> 5,3 5,4 5,5 5,6 5,7 5,8 5,9 + 6,0 — 6,1 6,2 6,3 6,4 6,5 — 6,6 6,7 6,8 6,9 + 7,0 7,1 7,2 7,3 7,4 7,5—. 7,6 7,7 7,8 7,9 + 8,0 — 8,1 8,2 8,3 8,4 8,5-, 8,6 8,7 8,8 8,9 + 9,0 — 9,1 9,2 9,3 9,4 9.5 — 9.6 . 9.7 . 9.8 . 9.9 . + 10,0 — - 6,520 , 6,582 . 6,644 , 6,707 , 6,770 . 6,834 . 6,898 , 6,963 , 7,028 , 7,094 . 7,160 , 7,227 , 7,295 , 7,362 , 7,431 - 7,500 . 7,570 7,640 7,711 7,782 . 7,854 7,926 7,999 8,072 8,146 . 8,221 8,296 8,372 8,448 8,525 . 8,602 8,680 8,759 8,838 8,918 . 8,998 9,079 9,161 9,243 9,326 9,409 9,494 9,578 9,664 9,750 9,837 9,924 10,012 10,101 10,190 • 10,280 62 62 63 63 64 64 65 65 66 66 67 68 67 69 69 70 70 71 71 72 72 73 73 74 75 75 76 76 77 77 78 79 79 80 80 81 82 82 83 83 85 84 86 86 87 87 88 89 89 90 + 10,0 . 10,1 10,2 10,3 10,4 10,5 10,6 10,7 10,8 10,9 + 11,0 11,1 11,2 11,3 11,4 11,5 11,6 11,7 11,8 11,9 + 12,0. 12,1 l2 2 12,3 12,4 12,5 . 12,6 l2,7 12,8 12,9 + 13,0. 13,1 13,2 13,3 13,4 13,5- 13,6 13,7 13.8 , 13.9 , + 14,0 . 14.1 . 14.2 , 14.3 . 14.4 . 14.5 . 14.6 , 14.7 . 14.8 . 14.9 . + 15,0 - 10,280 10,371 10,462 10,554 10,647 ■ 10,741 10,835 10,930 11,025 11,121 11,218 11,316 11,414 11,513 11,613 11,713 11,814 11,916 12,019 12,122 12,226 12,331 12,437 12,543 11,650 12,758 12,867 12,977 13,087 13,198 13,310 13,423 13,536 13,650 13,765 13,881 13,998 14,116 14,234 14,353 14,473 14,594 14,716 14,839 14,962 15,086 15,211 15,338 15,464 15,592 15,721 91 91 92 93 94 94 95 95 96 97 98 98 99 100 100 101 102 103 103 104 105 106 106 107 108 109 110 110 111 112 113 114 114 115 116 117 118 118 119 120 121 122 123 123 124 125 127 126 128 129 57 Tempera- ture. Tf'nsìoni DìfTe- di;l vapore, rcnzu. Ti-MTipfra- ture. Tensioni DiiTc* del vapore, rcnze. Tempera- tare. Tensioni DifTe- del vapore, rcnze. I + 15,0 - 15, t 15.2 . 15.3 . 15.4 , 15,5- 15,6 15,7 15.8 . 15.9 . + 16,0- 16,1 16,2 16,3 16,4 16,5- 16,6 16,7 16,8 16,9 + 17,0 • 17,1 17,2 17,3 17,4 17.5 . 17,6 17,7 17,8 17,9 + 18,0. 15,721 15,851 ; I J,9SI ' 16,112 ■ 16,245 ■ 16,378 ■ 16,512 ■ 16,647 • 16,783 ■ 16,920 • 17,058 • 17,197 • 17,337 ■ 17,478 • 17,619 ■ . 17,762 ■ 17,906 ■ 18,050 ■ 18,196 • 18,342 • . 18,490 ■ 18,638 ' 18,788 ■ 18,938 ■ 19,090 • 19,242 19,396 19,551 19,707 19,863 ■ 20,021 130 130 131 133 133 134 135 136 . 137 . 138 . 139 . 140 . 141 . 141 . 143 . 144 . 144 . 146 . 146 . 148 . 148 . 150 . 150 . 152 . 152 . 154 . 155 . 156 . 156 . 158 + 18,0 18,1 18,2 18,3 18,4 18,5- 18,6 18,7 18,8 18,9 + 19,0- 19,1 19,2 19,3 19,4 19,5- 19,6 19,7 19,8 19,9 + 20,0 . 20,1 20,2 20,3 20,4 20,5 • 20,6 20,7 20,8 20,9 + 21,0 . 20,021 20,180 20,340 20,501 20,663 • 20,826 20,990 21,155 21,322 21,489 . 21,658 21,827 21,998 22,170 22,343 . 22,518 22,693 22,870 23,047 23,226 ■ 23,406 23,587 23,769 23,953 24,137 . 24,323 24,510 24,698 24,888 25,079 • 25,271 159 160 161 162 163 164 165 167 167 169 169 171 172 173 175 175 177 177 179 180 181 182 184 184 186 187 188 190 191 192 4-21,0- 21,1 21,2 21,3 21,4 21,5 ■ 21,6 21,7 21,8 21,9 + 22,0. 22,1 22,2 22,3 22,4 22,5. 22,6 22,7 22,8 22,9 + 23,0. 23,1 23,2 23,3 23,4 23,5. 23,6 23,7 23,8 23,9 + 24,0 25,271 25.464 ■ 25,659 ■ 25,854 • 26,051 ■ ■ 26,250 ■ 26,449 ■ 26,650 ■ 26,852 • 27,055 • . 27,260 • 27.465 ■ 27,673 • 27,881 ■ 28,091 ■ . 28,302 • 28,515 • 28,728 • 28,944 • 29,160 • . 29,378 • 29,597 • 29,818 • 30,040 • 30,264 • . 30,488 • 30,715 • 30,942 • 31,172 • 31,402 • -31,634 ■ 193 195 195 197 199 199 201 202 203 205 205 208 208 210 211 213 213 216 216 218 219 221 222 224 224 227 227 230 230 232 58 Tavola IV. Valori della quantità {T—T) 0,74, pe '1 Psicromelro a scala di Réaumur. NB. Differenza costante 0, 074. Valori di (T-T-). ' • Valori . di o,74 (T-r). Valori Valori di di (T-T). o,-ji(T~r). Valori Valori di , di (T-T). o,74(r-T). 0,1 . . 0,2 . . 0,3 . . 0,4 . . 0,5 0,6 . . 0,7 . . 0,8 . . 0,9 . . 10 _ . 0,074 . 0,148 . 0,222 . 0,296 0,370 . 0,444 . 0,518 . 0,592 . 0,66S _. _ 0 740 4.1 .. . 3,034 4.2 .. . 3,108 4.3 ... . 3,182 4.4 .. . 3,256 li <; ,_, . ì ^^0 8.1 .. . 5,994 8.2 . . . 6,068 8.3 . . .6,142 8.4 .. . 6,216 p, «i . fi onfi 4.6 .. , 3,404 4.7 .. . 3,478 4.8 .. . 3,552 4.9 .. . 3,626 8.6 . . , 6,364 8.7 .. . 6,438 8.8 .. . 6,512 8.9 .. . 6,586 0 0. _,. fi fifift 1,1 . . 1.2 . . 1.3 . . 1.4 . . . 0,814 . 0,888 . 0,962 . 1,036 Ilio 5.1 .. . 3,774 5.2 ., . 3,848 5.3 ,. . 3,922 5.4 .. . 3,996 5 <; .. . . i 070 9.1 ., . 6,734 9.2 .. . 5,808 9.3 .. . 6,882 9.4 .. . 6,956 0 5 ..,., ..„ 7 0^0 1.6 . . 1.7 . . 1.8 . . 1.9 . . 2,0 2.1 . . 2.2 . . 2.3 . . 2.4 . . "^ 1 — . 1,184 . 1,258 . . 1,332 . 1,405 1,480 . 1,554 . 1,628 . 1,702 . 1,776 1 850 5.6 .. . 4,144 5.7 .. . 4,218 5.8 .. . 4,292 5.9 .. = 4,366 9.6 ... . 7,104 9.7 ... . 7,178 9.8 . . ^ 7,252 9.9 .. . 7,326 •Ino.. 7 400 6.1 .. . 4,514 6.2 .. . 4,588 6.3 .. . 4,662 6.4 .. . 4,736 6,5 4,810 6.6 .. . 4,884 6.7 .. . 4,958 6.8 ,. . 5,032 6.9 .. . 5,106 10.1 . . . 7,474 10.2 . . . 7,548 10.3 . . . 7,622 10.4 . . . 7,696 10,5 7,770 10.6 . . . 7,844 10.7 . . . 7,918 10.8 , . . 7,992 10.9 . . . 8,066 Il 0 .8 110 2.6 . . 2.7 . . 2.8 . . 2.9 . . . 1,924 . 1,998 . 2,072 . 2,146 ? '''•0 3.1 . . 3.2 . . 3.3 . . 3.4 . . 3 5^- - . 2,294 . 2,368 . 2,442 . 2,516 -> 590 7.1 .. . 5,254 7.2 .. . 5,328 7.3 .. . 5,402 7.4 .. . 5,476 7,5 5,550 7.6 .. . 5,624 7.7 .. . 5,698 7.8 .. . 5,772 7.9 .. . 5,846 8,0 5,920 11.1 . . . 8,214 11.2 . . . 8,288 11.3 . . . 8,362 11.4 . . . 8,436 11,5 8,510 11.6 . . . 8,584 11.7 . . . 8,658 11.8 . . . 8,732 11.9 . . . 8,806 12,0 8,880 3.6 . . 3.7 . . 3.8 . . 3.9 . . . 2,664 . 2,738 . 2,812 . 2,886 1 ncr. sa POLIPI DELLA FAMIGLIA DEI TUBULIPORIANI FINORA OSSERVATI NELL'ADRIATICO MEMORIA DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHINI LETTA all' I. R. ACADEMIA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI DI PADOVA NELLA SEDUTA PRIVATA DEL VII MARZO MDCCCXLIV. I e ijiiii i) ii Tunicianl tentacolati si distinguono dagli altri animali , che li autori com- prendono nella grande classe del Polipi, per la presenza di due aperture, mercè le quali il tubo digerente communica all'esterno; e si avvicinano quindi alla or- ganizzazione più complicala delle Àscidie composte. Quest'ordine si divide in due famiglie: li Escariani ed i Tubuliporiani. I primi hanno un opercolo che chiude, per l'azione di appositi muscoli, l'apertura del tubo solido legumentare, nel quale l'animaletto si contrae. Questo apparec- chio manca nei secondi, nei quali invece l'integumento solido, che costituisce il tubo esteriore, si ripiega internamente per tutta la circonferenza, e dà origine, inferiormente all'apertura, alla vagina tentacolare, la quale, per l'azione dei mu- scoli retrattori, si rovescia come dito di guanto quando l'animale si contrae. Le specie adriatiche di questa famiglia, da me finora osservate, sono quin- dici, ed appartengono ai cinque generi: Tubulipora, Crisia^ Hornera, Idmo- nea, Pustulopora. TUBULIPORA. Li animaletti appartenenti a questo genere sono forniti di dodici tentacoli, ciascuno dei quali porta due serie di cigli vibratili. Questa struttura dei tentacoli è la stessa nelle Escare e Flustre, con le quali le Tubulipore hanno pure com- 60 mune la condizione, che nel contrarsi essi tenlacoli punto non si ripiegano all'in- terno, come nelle Sertulariee, ma si riuniscono soltanto in fascio cilindrico. La bocca, che occupa il centro della corona tentacolare, si apre in un tubo membra- noso, sospeso nel mezzo d'una cavità addominale, la quale, seguendo la ripie- galui-a del corpo, -viene ad aprirsi con ano distinto lateralmente alla corona dei tenlacoli. L'ano quindi non mette liberamente all'esterno se non quando l'ani- male è sporgente fuori del suo tubo. Il tubo calcare altro non è che la guaina le- gumentare del polipo in gran parte ossificala. Non è un deposito inorganico che si formi all'esterno a guisa d'incrostazione, ma una vera ossificazione del tes- suto vivente, le cui maglie sono riconoscibili al microscopio dopo d'averne al- lontanata, mercé qualche acido, la parte calcare. L'accrescimento successivo del polipajo dimostra la vitalità di quel tubo esteriore. Sono in origine poclii di questi tubi che a partire da un punto si distendono a raggio su la superficie delle piante marine o di polipaj maggiori. Dalla faccia inferiore, e presso alla base di ciascuno d'essi, nascono a guisa di gemme nuovi individui d'una seconda generazione, ed obligano i primi ad elevarsi dal piano su '1 quale s'aveano for- malo. Nuove generazioni a mano a mano si succedono con l'ordine medesimo, e termina così il piccolo polipajo per offrire un disco convesso di alcuni milli- metri di diametro, tutto formato di tubi irraggianti, e disposti in serie verticali. Questa disposizione è manifesta nella specie più commune, la TuhuUpora ver- rucosa^ la quale varia nella forma secondo le condizioni dell'oggetto su cui na- sce; ed ebbe quindi dagli autori sei differenti nomi: Madrepora verrucaria (Othon Fabricius), Millepora tubulosa (Ellis), Millepora liliacea (Pallas), Tu- bulipora serpens (Lin. e Fleming), Tubulipora transversa (Blainv. Lamie), e Obelia tubulifera (Lamouroux). La seconda specie, denominata dal Lamark Tubulipora patina, presenta la medesima collocazione dei tubi tegumentari, nascenti alla base, e rialzati più o meno bruscamente all'estremità, costituenti con la loro riunione una piccola massa circolare, alla cui superficie formano più o meno numerose serie irrag- gianti dal centro alla circonferenza. Queste serie, che sono più regolari di quel- lo che nella specie precedente, sono riunite presso alla base da una sostanza calcare commune, tutta pertugiata di minuti forellini, e quasi fosse un tessuto areolare di consistenza petrosa. Questo tessuto è prodotto da prolungamenti filiformi della vagina tegumenlare dei varj individui riuniti nel medesimo po- lipajo: prolungamenti che saldandosi fra di loro e con le parli vicine, ed ossi- 61 ficandosì, danno origine a quella solida rete. La circonferenza poi del polipajo è occupata da un lembo lamelloso che presenta delle linee rilevate regolarmente irraggianli, e distanti fra loro appunto quanto è lo spessore dei tubi. Il eh. Mil- ne-Edwards spiega la formazione di questo lembo marginale supponendo un pri- mo grado di ossificazione nella faccia inferiore dei tubi tegumentari dei polipi novelli costituenti l'ordine più periferico. Questa spiegazione non è punto sod- disfacente, perchè quell'orlo membranoso esiste anche nel polipajo vivo, ove la porzione non ossificata del tubo e li animaletti di quell'ordine dovrebbero pur vedersi al pari degli altri. Che se anche voglia supporsi che la loro estrema de- licatezza ne arrechi la distruzione tosto che il polipaio vien tolto alle naturali sue condizioni, e collocato nell'alcool, non è ammissibile ancora quella suppo- sizione, perchè questi supposti tubi, dai quali dovrebbe originarsi quel margi- ne, sarebbero l'uno all'altro contigui, mentre invece ogni nuovo ordine o gene- razione di polipi non conta che un numero d'individui pari a quello dei raggi nei quali sono distribuiti: numero che va aumentando con lenta progressione, interponendosi nuove serie alle preesistenti di mano in mano che s' accresce la circonferenza del polipajo, sempre però rimanendo fra l'una e l'altra lo spazio di quattro o cinque tubi contigui. Si aggiunga, che ciascun nuovo tubo non ec- cede in lunghezza il preesistente se non di pochissimo, e il lembo Invece ha una larghezza che alle volte è di poco inferiore al raggio dell'intiero polipajo. Per tutte queste ragioni lo non credo ammissibile l'opinione del eh. Milne-Edvvards riguardo all'origine di quell'orlo; ma lo credo più tosto di origine analoga a quella del tessuto areolare interposto fra le serie dei tubi, proveniente cioè da produzioni esterne non dei soli tubi periferici, ma di tutti i tubi costituenti il polipajo, al pari delle produzioni radiciformi delle Crisie ed altri generi analoghi. Una terza specie, non descritta dagli autori, si riscontra su la FLabellaria Desfontainii, che perviene al diametro di quattro millimetri, mentre non s' m- alza che appena un mezzo millimetro: tanta è l'obliquità dei tubi, i quali d'al- tronde non sono fra loro contigui , né collocati in serie verticali. La loro dispo- sizione è alterna e quasi direbbesi a quincunce. Il tessuto commune, eh' è in- terposto ai tubi, è superiormente tutto continuo, e vedesi areolato soltanto su 1 contorno. Per tali caratteri questa specie, al pari della Tubulipora orbiculus. dalla quale evidentemente differisce, sembrerebbe forse spettare al genere Esca- roides di Milne-Edvvards; ma la perfetta rotondità delle aperture dei tubi a ciò si oppone. Rimane dunque una qualche incertezza, fino a che non si rinvenga 62 r animale vivente, per decidere se realmente appartenga al genere Tubulipor a questa specie, che fialanto denomineremo T. complanata. Senz'alcun dubio poi, riguardo alla collocazione generica, riferiamo qual nuo- va specie di Tubulipora un polipajo, il cui disco incavato e curvo nella sua su- perficie inferiore, in guisa d'abbracciare l'oggetto su '1 quale cresceva, ha otto millimetri di diametro. I suoi tubi, che sono molto più minuti che nelle specie precedenti , sono contigui e disposti in serie verticali irraggianti , ma flessuose. Il tessuto intermedio è foraminulato come nella T. patina. Essa ha pure nn margine, ma breve, grosso, e senza linee irraggianti. Non ha simiglianza che con qualche specie fossile, come la T. grigionensis. e propongo per essa il nome di T. irregularis. CRISIA. Le anatomiche condizioni nei polipi delle Crisie sono le slesse che in quelli delle Tubulipore; solo v'hanno otto tentacoli in luogo che dodici. Ma la collo- cazione reciproca dei tubi tegumentari è grandemente diversa, e differentissimo quindi riesce l'aspetto esteriore del polipajo. Egli è perciò che nelle artificiali sistemazioni questi due generi furono collocati lontanissimi , anzi in ordini dif- ferenti, mentre nella classificazione naturale devono trovarsi vicini. I tubi tegu- mentari delle Crisie si erigono fino dalla loro prima formazione ; e ciascuno di essi, ad un'altezza determinata secondo le specie, dà origine ad un secondo: tubo, il quale ne emette un terzo su '1 suo lato interno, e questo un quarto, e così successivamente; di modo che il polipajo si slancia con isvelta forma di arboscello. Se l'origine di ciascun tubo è presso alla sommità del precedente, tutti rimangono liberi di adesione, e le estremità aperte di essi sono collocale a grande distanza. Se all'incontro quell'origine è al terzo inferiore della lunghezza, come nella commune nostra Crisia eburnea, ciascun tubo rimane incunealo fra quello che immediatamente lo originò ed il precedente, il polipajo ne consegue maggiore larghezza , e le aperture del tubi trovansi collocate a distanze minori. Nella Crisia denticulata , che nell'Adriatico è alquanto più rara, ciascun tubo trae suo nascimento dalla estremità inferiore di quello che lo precede ; quindi più estesa l'adesione, cortissima la porzione libera, ancora più largo il polipajo. Nel primo caso su ogni sezione orizontale non si ha che un solo tubo, due nel secondo, e tre in quest'ultimo. Se oltre al tubo originalo alla faccia interna al- tro ne sorga all'esterna del precedente, questo, libero sviluppandosi, genera in serie lineare divergente la nuova sua progenie, e forma cosi un ramo, la base del quale, costituita d'un solo tubo, presenta notevole assottigliamento e distinta articolazione. Il eh. Milne-Edvvards attribuisce l'origine di quell'articolazione alla naturale fragilità in quel silo necessariamente maggiore che altrove, sup- ponendo che il più piccolo urto vi cagioni una fenditura, che a mano a mano va allargandosi, e riempiendosi poi di sostanza cornea. Sembrami non essere ne- cessario supporre questa previa frattura, la quale, anche astenendoci dalla ri- cerca delle cause finali , ci farebbe tacciare la natura di poco provida misura nei mezzi impiegati alla conservazione di questi esseri fragilissimi. E più natu- rale il supporre che in quel punto meno resistente l'ossificazione non si compia giammai per intiero , e perciò il tessuto ne rimanga cartilaginoso. Che così sia realmente lo dimostra l'esame microscopico, che palesa la presenza dell'articola- zione alla base anche dei più giovani rami. Diversa poi è l'origine delle articolazioni che scorgonsi nella lunghezza del ramo medesimo. Ecco come la spiega il Milne-Edwards. L'individui (egli dice) provenienti da una quinta o sesta generazione nella C. eburnea trovano impe- dimento al loro accrescimento, e sono quindi obligati a dirigersi meno obliqua- mente degli altri; essi s'avanzano anche men lungi, e il giovane polipo, che na- sce dall'ultima cellula così sospinta all'interno, cessa prontamente d'essere in contatto con le cellule precedenti, e non dà origine ad un nuovo individuo che verso il punto ove diviene libero. Per quanto sia ingegnosa codesta spiegazione, essa certamente non può dirsi altretanto chiara , e due objezioni principali la dimostrano insussistente : 1 .° non vedersi ragione perchè il tubo polipifero della quinta o sesta generazione sia maggiormente impedito degli altri nel suo nor- male sviluppo, per cui abbia a prendere un'altra direzione; 2.° essere il fatto diverso da quanto asserisce il eh. autore, perchè il tubo polipifero, che costitui- sce la base di ciascun articolo, non sorge già presso all'apice dell'ultimo del- l'articolo precedente, ma precisamente in vetta ad esso, e quasi sua continua- zione. Ecco come si effettua tale disposizione. Il nuovo polipo, che nasce su la faccia intema del tubo polipifero che lo precede nelle ordinarie circostanze , non si sviluppa già dopo che quello ha conseguito la sua completa formazione, come sembra supporlo il eh. Milne-Edwards; e l'adesione quindi dei tubi suc- cessivi della medesima progenie non è punto consecutiva al loro nascimento. Ciascun polipo, fin dalle prime epoche della sua vita non ancora resa indipen- dente, è costituito di due parti ancora confuse ed immedesimate, le quali vanno G4 successivamente disgiungendosi co'l progresso dell'accrescimento. L'una di esse o-iun^e a complelo sviluppo, e costituisce il polipo che immediatamente succede al precedente; mentre l'altra comincia appena a palesare che di due elementi essa pure si compone, i quali subiranno le medesime vicende. Risulta quindi avere ciascun polipo origine commune con quello che lo sopporta, anziché na- scere da quello; ed essere fin dalla sua origine accompagnato dal primordio di quello che lo sussegue, anziché darvi nascimento egli stesso. Differente è il caso dell'articolazione. Quivi il nuovo polipo, che costituisce la base dell'articolo, non sori'e dal lato del precedente, e contemporaneamente al suo sviluppo: esso na- sce immediatamente da esso, e consecutivamente alla cessazione della sua vita individuale. Dopo un certo numero di generazioni, vario secondo le specie, av- viene che si formi un ultimo polipo isolato, non accompagnato cioè dal primor- dio d'altro individuo a lui successivo. Questo polipo, dopo avere vissuto la sua vita individuale, si contrae nel fondo della cellula, e da quel fondo medesimo sorge il corpo del nuovo polipo, che deve formare lo stipite di una nuova pro- genie e d'un nuovo articolo. Rimane ad indagare se il germe di esso si formasse nel corpo di quello, o avesse d'altronde la sua origine; ma questa incertezza non inferma punto il valore della spiegazione, poiché essa altro non è che l'espo- sizione del fatto, e nulla suppone che il fatto stesso non dimostri. Riguardo alle vescicole ovariane, tanto frequenti su le Crisie, il eh, Milne- Edwards altro non dice , se non che esse sono piriformi , e si aprono alla som- mità. Io avverto, riguardo alla loro collocazione, che ciascuna d'esse occupa il silo d'uno dei consueti tubi polipiferi, e punto non ne interrompe la serie : cir- costanza che mi sembra avere grande valore morfologico, perchè dimostra che se in quella vescicola ovariana non è incluso un polipo di sesso diverso dagli altri, essa almeno lo rappresenta organograficamente. Nelle figure che li autori danno delle Crisie sono indicati alcuni punti sparsi tanto su le cellule ovariane, quanto su '1 restante del polipajo; ma nessuno se ne occupò nelle descrizioni. Essi sono collocati in serie longitudinali alternanti su i tubi, e molto più ap- prossimali ed a quincunce su le vescicole, ove sono anche più grandi. Essi ap- pariscono al microscopio quali areole diafane contornate da un annello oscuro. Diligente esame convince ch'essi non sono fori pervii, ma soltanto regolari in- terruzioni della sostanza calcare , con continuità del tessuto organico. Questa circostanza è importante , perchè si collega a quella dei forellini che si dicono esistere nei tubi della Tubuliporajbraminulata, e di cui s'ignora l'uso. 65 HORNERA. Nelle Hornere, come nelle Grisie, il polipajo è cosliluito da una unione di cellule tegumentari di consistenza petrosa e di forma lubulosa, le quali, anguste alla loro origine, si allargano a poco a poco senza presentare alcun improviso rigonfiamento, e terminano con apertura circolare destinala a dar passaggio al- l'apparecchio tentacolare. Questi tubi sono più lunghi che nelle Grisie, nascono egualmente li uni dagli altri; ed aderendo fra loro, costituiscono delle frondi ra- mose, nelle quali ogni cellula si eleva più o meno al di sopra di quella da cui proviene, e di cui essa costeggia una faccia per più o men lungo tratto. Essi riu- nisconsi a fascio in numero considerevole, ed in ciascuno di questi fasci le aper- ture terminali di tutti i tubi sono dirette allo stesso lato , mostrando evidente tendenza a formar serie longitudinali alterne, senz'acquistare però disposizione perfettamente regolare. Con l'invecchiare quelle cellule tubulose aderiscono intimamente fra loro, e la fronda formata dalla loro riunione s'ingrossa consi- derevolmente, coprendosi d'una moltitudine di strie longitudinali, che sembra- no dover essere in origine produzioni filiformi analoghe alle fibrille radicali delle Grisie ; ma che aderiscono per tutta la loro lunghezza alla superficie della fronda, coprendola a poco a poco di un grosso strato di materia calcare. Da ciò proviene che la porzione terminale delle cellule tegumentari, da principio li- bera e sporgente, è a poco a poco invasa e avviluppata da quello strato fibroso - calcare che termina alla base del polipajo per ricoprirla interamente. La specie vivente, su la quale è fondato il genere, è la Hornera Jrondicu- lata, commune nel nostro Adriatico. In esso rinviensi pure una seconda specie, distintissima, oltreché per le minori sue dimensioni, per la ragguardevole spor- genza dei tubi tegumentari laterali, a differenza dei mediani. Questa condizione si osserva pure nella specie precedente, ma riesce molto più evidente in questa nostra, che quindi propongo di denominare Hornera serrata. In ambedue que- i^ ste specie osservai la presenza d' un organo che manifesta un nuovo rapporto delle Hornere con le Grisie; voglio dire le vescicole ovariane, le quali per altro hanno forma e collocazione affatto particolare. ìieìV Hornera frondiculata han- no forma trigona, con la base rotondala, ed aguzzo l'apice per la confluenza dei tre canti; mentre le facce sono o tutte e tre convesse, o l'una concava, e con- vesse le altre due, o viceversa: tutte in ogni caso finamente striate nel senso longitudinale. Hanno colore giallo-arancio, aderiscono alla faccia posteriore della 9 fronda che eguagliano in larghezza, e frequentemente sono collocate immedia- tamente sotto alle dicotomie. Sono petrose come il rimanente del polipaio, e racchiudono una cavità che negli esemplari diseccali, ch'io potei esaminare, ris- contrai sempre vuota. Nella Hornera serrata hanno parimente forma trigona , ma più rotondeggiante , e il loro colore è come quello del polipaio bianco - giallastro. Finalmente l'Adriatico va ricco d'una terza interessantissima specie, nella quale non i soli tubi laterali, ma tutti sono liberi e sporgenti per oltre due mil- limetri. Sembra che in essa manchi o scarseggi grandemente lo strato superfi- ciale di fibrille radiciformi lapidescenti. Per tale condizione la si direbbe una Tubulipora, che in luogo di formare un disco incrostante, si elevasse a guisa di fronda cespugliosa. Ma questa è appunto la precipua differenza che corre fra i due generi, e determina appartenere alle Hornere questa nostra specie, che de- nomino H, tubulosa. IDMONÉA. Le Idmonée si distinguono dalle Hornere per la costante collocazione che assumono i singoli individui Dell'aggregarsi a costituire il polipajo. E poiché questa collocazione necessariamente dipende dal modo di moltiplicazione, così la si può avere per caratteristica opportuna di un genere distinto. I tubi tegu- mentari si dispongono in serie trasversali d'ambo i lati d'una linea mediana, sorgendo da due piani più o meno inclinati fra loro. Ne proviene, che il polipajo formato dal tubi stessi, in gran parte fra loro adesi, presenta nella sezione tras- versale la figura di triangolo, la cui base corrisponde al dorso del polipajo, e li altri due lati alle facce , dalle quali sorgono le porzioni libere dei tubi polipi- feri. Per rendere conto di codesta disposizione il eh. Milne-Edwards suppone che le due serie mediane longitudinali provengano alternativamente l'una dal- l'altra, come avviene nelle Grisie; ma in luogo di dare origine ad un solo indi- viduo, producano invece un fascio di due, tre o quattro, collocati di fianco l'uno all'altro in maniera da costituire una serie trasversale, e i quali non danno altre propagini se non nel caso delle ramificazioni. L'osservazione delle giovani som- mità di tali polipi somministra, a mio credere, più completa spiegazione del fat- to. Le serie di tubi tegumentari, che, con curva più o meno pronunciata, cor- rono oblique o quasi trasversalmente su le due facce laterali del polipajo, sono 6T fra loro costantemente alterne. Ognuna di esse conta un certo numero di tubi , vario nelle differenti specie; ma questo numero va scemando verso la sommità del polipajo, ove alla fine soli rimangono distinti quelli dell'ordine mediano. E dico che rimangono distinti, non che siano isolati, giacché tali essi non sono giammai. Come all'estremità esterna di ciascuna serie trasversale, quando non è ancora compiuto il numero de' suoi tubi, l'ultimo di essi, che già pervenne alla normale sua lunghezza, altro ne presenta lungo il lato esterno, tuttora in- completo; così è del solo che rimane distinto per ciascuna serie alla sommità del polipajo, il quale inoltre porla anche al lato interno altro rudimento di tubo, di quello cioè ch'esser deve il primo della serie trasversale opposta e susseguen- te. Puossi dunque da tale disposizione chiaramente inferire , che ciascuno dei polipi dei due ordini mediani proviene da un triplice germe, il medio dei quali in esso si sviluppa: l'interno, nulla trovando che mecanicamente si opponga al suo ulteriore svolgimento, perchè diretto superiormente, in tre distinti elementi novamente si risolve; e l'esterno invece, addossato e stretto contro al mediano, non ha libertà di sviluppo che al lato esteriore , e dà origine perciò a due sol- tanto: uno cioè che immediatamente si sviluppa a canto del precedente, e l'al- tro che per le cagioni medesime novamente si sdoppia ; e cos'i successivamente fino a che sia compiuta la serie. • •. Di questo interessantissimo genere v'hanno molte specie fossili nei terreni' terziari; ma di viventi tre sole se ne conoscono, una delle quali della Nuova Olanda, la seconda del Giappone, e la terza finalmente del Mediterraneo. Sem- bra ragionevole il sospetto, che tanta apparente scarsità provenga dalla picco- lezza e fragilità somma di queste elegantissime produzioni del mare ; giacché l'infaticabile naturalista signor Vidovich ne trovò su le coste della Dalmazia, oltre alla specie mediterranea, altre quattro distintissime si per la evidenza del carattere generico, come pe '1 valore dei caratteri specifici. La specie mediterranea, illustrata dal eh. Milne-Edwards sotto il nome di Idmonéa transversa^ha, oltre la forma e le dimensioni del polipajo, per carat- tere principale le serie trasversali dei due lati collocate a pochissima differenza di altezza fra loro. Ma 1' unico esemplare conservato nella galleria del Museo di Francia, già indicato dal Lamark, clie confondeva questa specie con una delle forme della Tubulipora verrucosa, e rappresentato dal eh. Milne-Edwards, ha i tubi tutti infranti nella porzione libera, sì che la regolare loro distribuzione non riesce cos'i evidente. L'esemplare dalmatico, che posseggo, è meglio conser- Yalo, e presenta alcuni de' suoi tubi lunghi olire un millimetro nella porzione che si eleva dalla faccia laterale del polipajo. Nella frattura esso presenta quella moltitudine di cavità tubulose che anche nella figura sopra citata vedonsi occu- pare il lato posteriore, Il quale ne risulta convesso; e sembrano indicare la pre- senza di produzioni radlciforml analoghe a quelle delle Hornere. La prima spe- cie, che propongo qual nuova sotto il nome di Idinonéa frondosa^ si erige poco più di un centimetro, con dicotomie mollo divaricale; offre fronda più larga della precedente, ed assottigliata all'apice; le serie trasversali dello stesso lato sono fra loro distanti mezzo millimetro, e ciascuna quindi corre un quarto di millimetro più alta della precedente del lato opposto. Sei tubi costituiscono la intiera serie, ed essi sono più gracili e più lunghi di quello che nella specie pre- cedente. Ed è pure carattere di questa specie che I tubi di ciascuna serie non aderiscono fra loro lateralmente che per un trailo della loro lunghezza, divari- cando r uno dall'altro con le libere loro eslremità. La seconda nuova specie slancia la gracile sua fronda fino a circa due cen- timetri di altezza; ha I rami tulli rivolli allo stesso lato, ma flessuosi; frequenti le dicotomie specialmente nella parte Inferiore ; acute le ascelle. Nella lunghez- za d'un millimetro comprendonsi quattro delle serie successive d'una faccia; ciascuna quindi è lontana dalla precedente del lato opposto un sesto di milli- metro. Ciascuna serie conta cinque tubi; e i tubi mediani, che eccedono li altri In lunghezza, hanno libera da ogni adesione l'estremità. Sembra non disconve- nire a questa specie II nome di Idmonéa gracilis. La costante regolarità che si ammira nelle tre specie precedenti manca nella Idmonéa, che per ciò appunto denomino irregularis. Le serie alterne sono a brevissima ed Incostante disianza fra loro, e presso che orizontali, in maniera che ciascuna di esse sembra continuare In senso ascendente quella che la pre- cede nel lato opposto. Quest'apparenza è resa maggiore da un'altra circostanza. In questa specie, a differenza di tutte le altre, Il primo polipo di ogni serie non nasce immediatamente dal primo della serie precedente, né dà origine al primo della susseguente. Ne rimangono invece da due a tre d'intermedj, cosi riguardo all'altezza, come riguardo alla collocazione su la linea mediana. Da ciò princi- palmente dipende la irregolarità che a prima giunta presenta questa specie. Riferisco finalmente a questo genere medesimo una specie che più eviden- temente di ogni altra dimostra I rapporti delle Idmonée con le Tubulipore, e per ciò appunto propongo di denominare Idmonéa tubulipora. Per la forma dei C9 polipajo essa conserva qualche simiglìanza con la Idmonéa transversa e con la frondosa; ma è più regolare di esse in quanto alla ramificazione. Al pari delle altre Idmonée il polipajo sorge a guisa di piccola fronda da un punto fisso; ma in luogo di erigersi a cespuglio si estende orizontalmente; e i rami, nei quali si divide fino dalla base, sembrano quasi irraggianti da un centro commune. Le serie trasversali dei tubi polipiferi alternano regolarmente , e sono leggermente oblique; ma, a differenza di tutte le altre specie, ciascuna di esse, invece che risultare d' un solo piano di tubi, è costituita da due e perfino Ire piani di tubi fra loro alternanti ed intimamente adesi. La distribuzione in serie trasversali alterne dimostra che i polipi dei due ordini mediani si sviluppano nel modo con- sueto e caratteristico delle Idmonée; ma ciascuno dei polipi laterali, che da quelli provengono, ne produce due o tre in luogo di uno solo al lato esterno. Questa condizione non mi sembra sufficiente a stabilire un nuovo genere, né distrugge il valore dei caratteri primarj, in forza dei quali credo doversi riferire anche questa specie al genere Idmonéa. .> PUSTULOPORA. 11 polipajo delle Pustulopore è formato di lunghe cellule lubulose adese fra loro nella maggior parte della loro estensione, ma isolate e libere alle estre- mità, precisamente come nelle Tubulipore. Il carattere particolare del genere si ha appunto nel modo di aggregazione, perchè quelle cellule lubulose sono riu- nite a fascio in un polipajo cilindrico, dalla cui intiera circonferenza sorgono per ogni dove le estremità libere dei tubi tegumentari. I nuovi polipi nascono dalla faccia dorsale dei vecchi, e quindi dalla parte centrale della specie di colonna che risulta dalla loro unione. E soggiunge il eh. Milne-Edvpards: quando i gio- vani polipi crescendo arrivano a sorpassare i loro genitori , dal fondo del fascio ch'essi formano s'eleva un'altra generazione destinata ad allungare ulterior- mente la colonna. Esso eh. autore quindi suppone che ciascun polipo nasca da quello che lo precede quand'esso è già completamente sviluppato. Ma se ciò fos- se, la sommità della colonna ci offrirebbe sempre una depressione infundibuli- forme , mentre invece la vediamo costantemente assottigliarsi fino a terminare co '1 rudimento di un unico tubo non ancora compiuto. Egli è che anche in questo genere, come nei precedenti, i nuovi polipi non nascono che per isdop- piamenlo di quelli che stanno formandosi. Quell'ultimo che dicemmo costituire 70 l'apice della colonna si sdoppia in due, uno dei quali immediatamente consegne 11 completo suo sviluppo, mentre l'altro va egli pure a poco a poco sdoppiandosi, per subire alla sua volta la medesima sorte. Ma questa riproduzione, in luogo che avvenire alternativamente ai due lati, o sempre dal Iato medesimo, qui si effettua nel senso di una curva spirale, che co '1 linguaggio attualmente impie- gato dai Botanici nella 61otassi sarebbe espressa dalla frazione f. Voglio dire, che tracciando su la superficie del cilindro una linea che passi successivamente pe '1 punto d'origine dei singoli tubi, nell'ordine con cui essi si susseguono in altezza, ne risulta un èlice, il quale, a partire dal primo tubo, arriva dopo due passi al sesto, che cade Terllcalmenle sopra il primo. Cinque dunque sono i tubi che costituiscono l'intiero giro, due i passi di spira, f della circonferenza, ossia 1 44° l'angolo di divergenza fra ciascun tubo ed il successivo. L'unica specie vivente che si conosca di questo genere, la quale molte ne contadi fossili nei terreni terziarj , è la P«5to/o/)orrt proboscidea^ eh' è fre- quente nel nostro Adriatico al pari che nel Mediterraneo. 71 PROSPETTO DELLE SPECIE TUBULIPORA, Lmk. An. s. vert. III. Ed. I. p. 236. T. VERRUCOSA, M. E. Mera, sur les Tubuilip. p. 3. pi. 12- Madrepora verrucaria, Oth. Fabr. Faun. groenl. p. 430. ■^. . J Millepora tubulosa. Eli. et Soland. Nat. Hist of. Zooph. p. 136. EU. Corali, pi. 27. n.° 4. fig. e. E. Cuv.Regn.anim.II. Ed. III. p. 305. Obelia tubuli/era, Lmx. Exp. meth. p. 8t. pi. 8. fìg. 7. S. T. pATin-t, Lmk. 1. e. p. 237. M. E. 1. e. p. 9. pi. 13. fig. 1. Delonchamps Encycl. p. 759. Blainv. Dict. des Se. Nat. LVI. p. 33. Man. d'Actinol. p. 425. Millepora verrucaria. Eli. et Soland. 1. e. p. 137. Madrepora verrucaria, Esp. I. pi. 17. fig. yì. Linn. Pali. Zoop. p. 280. T. COMPLANATA, nob. T. IRREGULAaiS, Dob. CRISIA, Fleming Hist. of. br. anim. p. 540. — Blainv. Man. d'Actinol. p. 460. C. EBURNEA, Lmx. pol. flex. p. 138. Encycl. raethod. Vers, p. 224. Esp. Pflanzth. III. p. 261. Cuv. Regn. anim. II. Ed. III. p. 302. Blainv. Man. d'Actinol. p. 460. pi. 78. fig. 3. M. E. Mém. sur les Cris. p. 6. pi. 5. Corallina eburnea, EU. Corali, p. 54. n.° 6. pi. 21. fig. a, A. Sertularia eburnea, Linn. Syst. XII. Ed. L p. 1316. Esp. Pflanzth. Sert. pi. 18. fig. 1.-3. Cellularia eburnea. Pali. El. p. 75. Celiarla eburnea, Lmk. Hist. d. an. s. vert. III. Ed. I. p. 216. C. DENTICULATA, INI. E. 1. C. p. 9. pi. 7. fig. 1. Celiarla denticulata, Lmk. 1. e. p. 215. 72 HORNERA, Lmx. Exp. meth. p. 41. H. FRONDICULATA, LlUX. 1. C. pi. 47. fig. 7.-9. Encycl. method. Yers, p. 460. pi. 480. fig. 4. Blainv. Man. d'Actinol. p. 419. M. E. 1. e. p. 17. pi. 9. fig. 1. Millepora lichenoides. Pali. El. p. 245. Linn. Syst. nat. XII. Ed. I. p. 1283. Esp. Millep.pl. 3. fig. 1.-4. Millepora tubipora. Eli. et Solan. Zooph. p. 139. pi. 26. fig. 1. EU. Corali, pi. 35. fig. b. B. Retepora frondiculata, Lmk. 1. e. p. 249. H. SERRATA, nob. H. TUBULOSA, nob. IDMONÉA, Lmx. Exp. meth. p. 80, Encycl. raeth. Vers, p. 462 M. E. I. e. p. 22. I. TRANSVERSA, M. E. I. c. p. 25. pi. 9. fig. 3. Tubulipora transyersa, Lmk. 1. e. p. 237 (excl. synon.). I. FRONDOSA, nob. I. GRACiLis, nob. I. IRREGULARIS, nob. I. TUBULIPORA, nob. PUSTULOPORA, Blainv. Man. d'Actinol. p. 418. — M. E. 1. e. p. 27. P. PROBOSCIDEA, M. E. 1. C. pi. 12. fig. 2. 73 ILLUSTRAZIONE lìFXLE PIANTE NUOVE O RARE DELL'ORTO BOTANICO DI PADOVA MEmORIA II. DEI. PROF. R. DE VISIANI IETTA ALL'I. R. ACADEMIA ni sr.tF.ISZF. LETTERE ED ARTI DI PADOVA IL DI XI ATRILE MDCCCXLIV. "V . T olge il quarto anno da che, onorato dell'obligo di leggere dlnanEi a questa illustre Academia, io v'intratenni, o Signori, intorno allo stato attuale di questa Orto botanico, di cui mi feci allora a cbiarire alcune piante mal note, e a de- scriverne altre cte a me sembravano affatto nuove. A seguitare quel mio lavo- ro, come prometteva a quel tempo, sofferite ora ch'io v'offra altro saggio delle cresciute nostre rlccbezze, cbe vi presenti altre piante non meno pregiate di quelle. E a temperarvi del mio meglio 1' aridità delle descrizioni (parte della scienza, il cui nerbo sta nella brevità della frase, nella rigorosa esattezza della parola, che perciò si rifiuta ad ogni ornamento, aborre da ogni perifrasi, rifuge da ogni eleganza, che non può rammorbidir suo linguaggio senza mutarlo, non può aggentilirne i modi senza pericolo che sia franteso), piaciavi ch'io tocchi brevemente e rapidamente dello stato attuale della Orticultura in Germania, proBttando di un viaggio fatto recentemente dall'Adriatico al Baltico nella ono- revole compagnia di tal Uomo, di cui m'è dubio se più debbasi o pregiar la bontà, od ammirar la dottrina (1). Se per tale accorgimento non m'avverrà di scemarvi quel tedio che mai si scompagna dalla lettura di scientifiche descri- zioni, mi verrà fatto almeno di conservare a questa Memoria le sembianze stesse dell'altra, di cui questa è continuazione, ed alla quale pure con pari intendi- mento, se non con migliore successo, io premetteva anni sono alcuni cenni su (I) Il eh. cav. prof. Giovanni Santini. la condizione della Orticultura in Italia raffrontala con quella dei tempi andati. Aboivente da ogni odioso confronto, io non mi farò a rilevare a disegno i pregi degli stranieri; ma se dalla ignuda e scliietta esposizione dei fatti ne conse- guisse spontanea la nostra inferiorità , non vorrete già accagionarmi di poco amore alla terra gloriosa clie mi ricetta. Che già altra Tolta, a cansare l'ingiu- sto rimprovero degli stranieri, io mi studiai d'assegnarne la causa precipua e vera e da noi indipendente, riponendola nella ristrettezza del nostro commer- cio fuori d'Europa, per cui le dovizie vegetali dell'Asia, dell'Africa, dell'Ame- rica, della Oceanica qu'i non arrivano che dopo rese quasi vulgari nei Giardini dell'Olanda, della Francia, dell'Inghilterra. Al che vuoisi aggiungere ancora la tenuità delle provigioni accordate nella Penisola ai Giardini publici: provigioni che a mala pena bastando alla loro coltivazione, non possono sostenere l'acquisto delle nuove piante di che il commercio maritimo accresce un dì più che l'altro i Giardini di Levden, di Gand, di Brusselles, di Parigi, di Londra, di Pietro- burgo. La sola Compagnia delle Indie, se altro non fosse, con le continue com- municazioni di sementi e di piante ai principali Giardini inglesi, varrebbe a mettere la Orticultura britannica in cima di tutte le altre. Cosi la giovine So- cietà Veneta commerciale, che su quelle orme giganti modestamente s'avvia, e delle cui favorevoli propensioni bene augura l'Orto nostro, prenda a seguirne il nobilissimo esempio, e concorra essa pure al risorgimento di un' arte che un secolo fa era vanto non ultimo e direi quasi privilegio d' Italia ! L'Alemagna trinciata dalla politica in cento minuti Stati, fra i molli carat- teri morali e fisici che a prima giunta la dipingono allo straniero per una sola nazione, ne presenta uno commune ad ogni sua parte nell'amore dei Giardini, nella predilezione dei fiori. Cresce questa prepotente inclinazione in ragione diretta delle difficoltà in che s'avviene, e par si goda sfidare e vincere i rigori del clima allorché sforza i vitrei palazzi, in che s'accolgono le piante straniere in Berlino ed in Pietroburgo, a riprodurre agli occhi dell'estatico osservatore le maravigliose produzioni dei climi australi. La Stiria comincia già a porgere negli ameni dintorni della sua Capitale alcun saggio di cultura amorevole dei Giardi- ni; e quello del Gioannéo presenta pure per li scarsi suoi mezzi non isprege- vole collezione di piante. "Vi si trova una bella raccolta di piante alpine, piante cbe fra noi formano la disperazione dei coltivatori, mentre colà per la freschez- za del clima e la vicinanza delle alte montagne vegetano vigorose senza cure DO o particolari. Nella unica stufa calda stanno molte Felci e Cactée ed Aroidée 75 sopra mncctj di pietre irrorale dallo spruzzo di un largo zampillo d'aqua che yì rampolla nel mezzo. V'iianno pure molle Orchidee sospese a legni i'racidi, o dentro a tronchi, o nel musco a 1 G° di temperatura. Sorge in mezzo al Giar- dino il busto in bronzo del celebre mineralogo il Mohs. L' Orto è diretto dal eh. prof. Unger, felice e rinomato illustratore dei Fitoliti, su cui publica un'Ope- ra rasg-uardevole. Do La Capitale dell'Austria è celebre pe '1 numero, per l'amenità e ricchezza de' suoi Giardini. Non v'ha privato più che mediocremente agiato» che non col- tivi scelte collezioni di piante esotiche; e ricchissimi in tale rispetto sono quelli dei Principi di Metternich, Dietrichstein , Lichtenstein. La vincono però sopra tutti il Giardino imperiale di Schoenbrunn , e quello privato del barone Carlo Hijgel presso Ilitzing. Distinguesi il primo pe '1 novero delle piante, per la ra- rità delle specie, e più che tutto per la mole degl'individui. Vi primeggiano le Felci, le Orchidee, le Musacee, e più ancora le Palme e le Cicadée, molte delle quali recò d'America il celebre Nicolò Jacqnin, mandatovi dalla munificenza di Maria Teresa; e più recentemente dal Brasile l'attuale direttore del Giardino il sig. Schott, reduce dalla spedizione austriaca che accompagnava l'Arciduchessa Leopoldina all'imperiai talamo di Don Fedro. Sono fra le rarità più cospicue due specie di Dammara, due di Phyllocladus^ e sei Araucarie diverse, la Co- mocladia inlegrìfolia^ Ochrosia borbonica, Yucca comosa, Y, arcuata, Drran- dra floribunda, JFeinmannia Xovae Zeelandiae, Theobroina Cacao, Slj-ri- stica moschaia, Poinsettia pulchevrima^ ed una copiosa collezione d'Aroidée già eccellentemente illustrate in apposita opera dal sig. Schott. La vastità, l'ame- nità e la ricchezza del Giardino di Schoenbrunn non trova degno riscontro che neir Orto reale di Berlino; e vi provede splendidamente la protezione illumi- nata che accorda a cotesti studj l'Augusta Casa regnante, ed al Giardino in par- ticolare S. A. L e R. l'Arciduca Luigi d'Austria. Se per grandezza e dovizia quest'Orto si vantaggia su tutti quelli della Capitale austriaca, quello del barone Carlo HiJgel li supera quanti sono nella eleganza della distribuzione, nelle minute cure della cultura, nella rarità delle piante, ricco di quanto di più nuovo o di più singolare coltivisi su '1 Continen- te. Sono a vedersi certi intrecciamenti di giunchi o di canna d'India o di fil di ferro foggiati a guisa di colonne, di piramidi, di canestri, di vasi, nel di cui mezzo è nascosta una pianticella delle più vaghe, i cui ramicelli numerosi e pieghevoli s'attorcono serpeggiando al graticcio, e sì vi s'acconciano, e sì accu- 16 ratamente con foglie e fiori ne velano la orditura, che rocchio sedotto avvisa es- igere naturale portamento di quella pianta ciò che non è che squisito e finissimo magisterio dell' arte. Bella è la collezione delle Orchidee , ricchissima quella delle piante della Nuova Olanda e del Capo. Vi ammirai, fra le rarità più re- centi, VAralia crassi/olia, la Slaclmannia austrcilis, la Dryandra planifolia, YÀgnostus sinuata^ V elegante Anecochilus setaceus a foglie brune venate di colore citrino, ed il Cephalotus Jolliciilaris, singolare per avere alcune foglie piane, ed altre rigonfiate in asciJj. Lo stabilimento del barone Hiigel è il più ricco Giardino commerciale dell'Alemagna. L'Orto del Belvedere, quello della Flora austriaca destinato alle piante indigene dell'Impero, quello della Società d'Orticultura, e quello stesso dell'Università, sono assai poca cosa dopo Schoen- •brunn ed Hitzing. Verdeggia in quest'ultimo una gran serie d'alberi nostrali ed esotici, dei quali particolarmente piacevasi quel degno uomo del prof. Fran- cesco Giuseppe Jacquin. L'amore della scienza e la rinomanza del prof attuale sig. Endlicher assicurano però a questo Giardino ancor povero un prossimo e luminoso risorgimento. V'ho osservato però con piacere alcune belle piante, quali erano le seguenti: Dorstenia ceratosanthes, Mikania Guaco^ Euthales macrophjlla, Polfgonum complexum, Cfpura caerulea, Dionaea muscipu- la, Kadsura Japonica, CorethrostjUs bracteata. Slatice arborea. In Vienna merita ancora uno sguardo la singolare collezione di quaranta Camellie arbo- ree, molte delle quali aggiungono ai venti piedi, collezione che forse non ha l'eguale su 'I Continente, e trovasi nei Giardini del sig. barone de Pasqualati. La Boemia vanta pure parecchi Orti privati e publici, fra i quali dirò sol- tanto dei due di Praga da me veduti, quello dell'Università e quello dei conti Salm. Nel primo vasta superficie, ma piccole collezioni, e scarsi e disacconci edifizj. Vi ho veduto le Kjmpheae Lotus, thermalis^ odorata^ ad\'ena^ ed il singolare Desmanthus natans, i cui rami si coprono di fungosità che mettono radici nell'aqua. Lotta qui pure con la scarsezza dei mezzi e delle opportunità il oh. prof V. Kosteletzky, che lo governa. Nel Giardino Salm ho trovato di belle ed assai rare piante, segnatamente del Capo e della Nuova Olanda, del Brasile e del Blessico. E Giardino di commercio, i cui prezzi mi parvero più moderati che nel resto della Germania. Vi notai una grande collezione di Ca- ctée, un grand' esemplare di Agnostus sinuata^ molte e belle Proteacee, il Pi- locereus Columna Trajani, l'Acacia eucaljptijolia, A. elegans. Eugenia spe- ciosa, una Euphorbia sanguinea legnosa, e ben diversa da quella così nomi- 77 nata dallo Steudel, la Corjpha frigida, Brownea grandiceps^ Strelitzia augu- sta. M'avvenni fortunatanienle in questa città due giorni prima che vi si te- nesse in Settembre una esposizione di fiori, nelle sale del palazzo Waldstein, Concorsero ad abbellirla le piante più rare per ampiezza o singolarità di fo- gliame, e per difficoltà e vaghezza di fioritura, che ornassero gli Orti della città e dei dintorni. Per la copia e varietà della forma e delle tinte vi primeggiavano su le altre piante le Dahlie, alla esposizione delle quali era specialmente con- sacrata quella solennità, e i di cui fiori ingegnosamente e con molto gusto ag- gruppati erano disposti in eleganti vasi di cristallo colorato, che ne rilevavano la bellezza. Non è a dirsi quanto questa graziosa istituzione delle ricorrenti esposizioni dei fiori mantenga e cresca l'amore del giardinaggio, eccitando la emulazione e la gara degli amatori e dei giardinieri. Per lo che sarebbe viva- mente a bramarsi che alcunché di simile sorgesse pure fra noi: ma è d'uopo dirlo, non n' è ancora il tempo. La scarsezza dei Giardini fioristi e la povertà dei medesimi, e più di tutto la mancanza d'abili giardinieri, fa temere che an- cora per qualche anno una bella esposizione di fiori in queste provincie non possa essere che uno sterile desiderio. La gentile, eulta ed amena Capitale della Sassonia, come in tanti altri ri- spetti, così ancora per la vaghezza e pe '1 numero dei Giardini si merita l'am- mirazione dello straniero. Yi si distinguono nella città il Giardino dell'Acade- jnia in Bruhl, diretto dal eh, prof. Lod. Reichenbach , ricco di piante molte, nuove e rarissime, coltivato con singolare pei-izia; e quello dell'illustre autore della Flora portoghese, il Conte di Hoffmannsegg, pregialo per la più doviziosa collezione di Orchidee che si trovi in Germania, ammontandone il numero a 400 specie. Vi si tengono ad una temperatura assai più bassa che altrove, cioè dai 10 ai 12°, e vegetano e fioriscono vigorose. Nel Giardino dell' Acade- mia ho particolarmente osservato le seguenti piante : Quadria heterophjlla, Bonapartea gracilis, Echites melaleuca, Franciscea Lockhartii, Pandaniis amar/llidi/oliiis , P. graminifolias , Ipomaea Hardengii ed 1. HorsfaUiae , Banksia insularis^ Tasmannia aromatica. Begonia grandiflora, Podolobium irilobum, Pronaja elegans, Echinocactus grandicornis, Astrophyton mjrio- stigma, Theophrasta Jussiaei, e Th. longijolia. Fuori di Dresda, alla reale villeggiatura di Pillnitz, havvi pure un bel Giardino con individui colossali di Canfora, di Severo, di Caraellia, con ricca serie di piante rarissime, che il Re Federico Augusto, intelligente coltivatore della bella scienza dei Fiori, prò- caccia da tutte parti per renderlo a pezza degno di un botanico coronato. In Dresda, per graziosa concessione di Lui, Lo visitato pure il suo ricco Erbario, e l'ancor più ricca sua Biblioteca botanica. Da Dresda passando a Lipsia, y'ho esaminato il Giardino dell'Università, assai vasto stabilimento con albereto, con prati, con islagni per le piante aqua- jole, fornito però di due piccole stufe non rispondenti al bisogno. Havvi una bella serie di piante alpine, molte piante nuove e non per anco descritte, pro- venienti dal Messico, ed una ricca collezione di Felci, famiglia di piante che tanto deve al eh. prof. Gustavo Kunze, illustratore accurato delie medesime, e direttore dell' Orto. Di questa ho particolarmente notate VAcrostichum gran- de, A.Jlagelìifonne, Maratta cicutaejolia^ Asplenium dissectum, Alsophila elegans, Cjclosia maculata , Didjniochlaeiia sinuosa, Cibotinm Schiedei; nonché altre piante rare, quali lo Spironema J'ragrans^ Dioscoraea variifolia, Morrenia odorata, ISjmpliaea mexicana, Kanvinskia glandulosa, Ipomaea ifrianthina^ I. Purga, Astarlea Endlicheri, Trachjmenes lanceolata. In Lipsia, oltre questo, havvi il bel Giardinetto del sig. Kob, notabile per una su- perba collezione di piante crasse, in cui sono le più ghiotte rarità in questo ge- nere che possano solleticare la cupidigia degli amatori; e specialmente tre bel- lissimi individui di Pilocereus senilis d' oltre un braccio d' altezza , il P. Co- Inmna Trajani, li Echinocactus tiirhiniforniis, pentacanthus, villosus, /ly- stricacanthus, VAnhalonium prismaticum, che già portava tre fiori candidi, V Astrophrton myriostigma, e sopra tutto un genere novissimo di Gactee testé creato dal cel. Ehrhenberg, la Pelecyphora aselUformis^ i cui tubercoli solcati di strie parallele e trasverse rammentano lo scudo che ricopre VOniscus asel- lus, dal che trasse il nome specifico. Ivi stesso è l'elegante Giardino del sig. Keil, rimarchevole per una bella serie di Agave e Gicadee scoperte di fresco al Messico ; ed ivi pure osservai la bellissima Drjandra pteridtfolia^ Codieum variegatum, Ipomaea Selloviana, Columnea scandens^ Begonia oclopetala, Spiraea venusta, ec. In Halle v' è il Giardino dell'Academia, in cui se non sono a vedersi né stufe molto acconce, né collezioni assai ricche, vi sono però di belle piante; come la Cinchona floribunda, Carica caulijlora, Ardisia splendens, Guaja- cum sanctnm, Sterculia foetida, Barclaja lati/olia. Lo dirige il eh. prof, de Schlechtendal. Nel di 23 Settembre giunsi a Berlino; e il giorno stesso, in compagnia del 79 eh. prof. Kunlh, il degno collaboratore dell'Humboldt, io visitava il Giardino reale, che sorge a due miglia dalla città. Questo grandioso, ricco ed ordinato stabilimento, superiore al maggior numero, se non a tutti li Orti botanici d'Eu- ropa, conta venti Serre, dieci delle quali caldissime e dieci tiepide; ha tre di- rettori, i eh. prof. Link, Kunth e Scbulze; un custode dell'erbario, il signor Klotzsch ; un ispettore all'amministrazione e cultura, il sig. Otto; e dodici giardinieri, ognuno dei quali ha speciali incombenze. L'assegno annuo destinato al medesimo è di 18000 fiorini di convenzione; né in questa somma sono com- presi li stipendj dei direttori. Vi si coltivano da 16.000 specie. Mi sarebbe im- possibile indicar brevemente le rarità innumerevoli di questo insigne Istituto. Copiosa raccolta di Felci, di Orchidee, di Aroldée , d'Iridée, di Liliacee, di Cactee, di Mirtacee, di Leguminose; gigantesclii individui di Lauri esotici, di Araucarie, di Fichi, di Palme, di Gìcadee, di Cacti, Melocacti ed Echinocacti attraggono particolarmente lo sguardo, e comandano la meraviglia. Vi rimar- cai specialmente le segaenli: ^ngraecum distichuin , Fer/iandezia elegans, Gongora pallida, Maxillaria Bollissonii, BI aratta alala, Jgave filifera, Aechtea bromeliaefolia, Ac. glonierata, Isopogon formosns^ Uakea cuculia- ta, Brachjgloltis repanda, Vachyphytnm bracteosum, Pancratiuni spccio- sum, Euphorbia punicea, Rhopalorachis cJiloranlha, molti Blesembriantemi nani, ed altre Crassulacee assai rare. Alla vastità delle collezioni non è però sempre proporzionata l'ampiezza degli edifizj; e ciò specialmente può dirsi delle stanze in cui sono collocati li ei'barj, fra i quali vuoisi particolarmente osservare quello del celebre professo- re berlinese il ^Villdenow. Né le ricchezze vesetali esoticlie , di che abonda la Prussia, stanno contente ai ripari che ne guardano la Capitale. Le sette ma- gnifiche villeggiature delle vicinanze di Potsdam, chiamata a buon diritto la Versailles della Prussia, riboccano di tali preziosità, e tutte vantano loro Giar- dini. Ma tutte avanza per l'amenità del luogo, per le stupende vedute che si presentano dai varj punti del lago, per la copia, varietà e distribuzione dei fiori, alla cultura dei quali l'arte ha profuso le più ingegnose ed amorevoli cure, I Isola dei Pavoni. Alzasi in questa a ben 60 piedi la rinomata Casa delle Pal- me, serra meravigliosa tutta in cristalli, in cui vegetano in piena terra le più rare Palme americane ed asiatiche in colossali individui da 40 a 50 e fino a 60 piedi d'altezza; quali le Corjpha australis ed umhraculifera, la Carjota urens, la Latania chinensis, le Felci, le Aroidée e le Cicadee arboree, fra le quali la 80 Zamia fiirfnracea^ Cycas glauca, Encephalarthos longifoUa e Friderici Gu- lielmi, il Pandanus chrjsophjllus, la Slrelilzia augusta e macrophjlla^ un Pandanus^ il cui grosso tronco dividesi in sette rami, un albero di Pimento e due di Magnolie, che sotto quella latitudine si coprono annualmente di fiori e frutta; e Teofraste e Beaumontie ed Eucalipti, questi giganti dei boscbi australi, cbe qui racquistano per incanto la natia loro grandezza. Zampillano da tutte parti di questa serra numerose sorgenti, le cui grosse polle infrante e ripercosse dalle invetriate del tetto, riversano continua e minuta pioggia su '1 largo e terso fogliame di questi alberi sorprendenti, mentre per opera di sotterranei fornelli mantenendosi costante il calore dai 15 ai 20°, s'imitano a bell'arte le condizioni di temperatura e di umidità che sono proprie ai luoghi natali di queste piante. E a cosi industri sollecitudini elleno quasi conoscenti ricambiano dispiegando all'attonilo sguardo dei nordici abitatori quel lusso di vegetazione, quella dovi- zia di fioritura , quella magnificenza di proporzioni che la natura parea conce- dere in esclusivo retaggio alle foreste vergini che il lungo e bollente giorno rattemprano all'adusto abitatore dei Tropici. Anche a Berlino m'avvenni in una esposizione di fiori e frutta; né la sorpresa fu poca scoi-gendovi ed uva e fichi e cetriuoli e poponi raccolti in Prussia, e ripensando alle spese e alle cure che doveano costare colà quelle esotiche produzioni, le di cui piante io aveva poco innanzi veduto gelosamente riparate da vetri nel Giardino a scaglioni che con- duce al castello di Sans-souci, la celebre villeggiatura dell' immortai Federico, Da Berlino mi condussi ad Amburgo, città clie incomincia appena a risor- gere dalle sue ceneri. Dintorni amenissimi e tutte le facilità del commercio gio- varono qui più che altrove in Germania la naturale propensione alla Orticul- tura. Innumerevoli ne sono li Orti, tutti però fuori della città; ma la passione pe i fiori non si restrinse già a questi, né prese di sue dolcezze soli li animi cit- tadini. Nelle campagne, fra i colti, su i margini delle vie, nei brevi spiani che attorniano i rustici casolari, ridenti macchie di fiori, e segnatamente di Dahlie, trasformano in altretanti Giardini i seminati d'avena, le piantagioni di pomi di terra. Fra i Giardini primeggiano quello dell'Università e quello del sig. Booth. Sorge il primo fuori della porta della città; conta pochi lustri d'età, essendo stato fondato per cura del Professore attuale, il eh. sig. Lehmann; è molto va- sto, ed ha alcune serre più tosto lunghe che alte. V'ha una bella collezione di Cicadee, famiglia di piante prediletta ed illustrata dal Professore, e molte spe- cie ignote della Nuova Olanda e del Capo, nate di fresco da semi mandati di 8J colà da due benemeriti viaggiatori, l'Ecklon e il Preiss. V'ho ammirato il più grosso individuo di Testudinaria elephantipes^ che supera tutti quelli da me veduti, compreso quello bellissimo dell'Orto botanico di Ginevra; ed altre due specie di questo genere singolare, la T. sjh'utica e T. montana. Vi ho veduto pure la Ferula Asajoetida , il Veratrum officinale e sabadilla , molle Iridée ed Orchidee e Cactée. L'altro Giardino verdeggia a Flotbeck presso Amburgo: è stabilimento commerciale ricchissimo di tutto che di nuovo o di raro abbel- lisca i Giardini dell'Olanda e dell'Inghilterra ; è fornito di grandi stufe tutte in cristallo, frale quali m'è paruta assai ricca ed acconcia quella delle Orchidee. Dai Giardini d'Amburgo, traversando Luneburgo, Brunswick, Magdeburgo, e parte della Sassonia, mossi verso la Baviera, e m'arrestai a Ralisbona, sede di una celebre e benemerita Società botanica, che possiede un Erbario ed un Giardino. Ricchissimo il primo, nulla offre il secondo che meriti lo sguardo del viaggiatore. Affrettai quindi li cammino alla Capitale del regno. Il clima di Mo- naco, rigido ed umido per la vicinanza delle grandi catene di monti eterna- mente nevosi, che dividono la Baviera dal Tirolo, non è il più favorevole alla cultura delle piante straniere. Malgrado ciò, il Giardino dell'Università, fornito di vaste serre, però bisognevoli di pronte e grandi riparazioni, mercè la cura di quegl' illustri professori de Martius e Zuccarini, possedè belle piante, fra cui sonovi molte Palme scoperte al Brasile ed illustrate dal primo, e molte Asfode- lee descritte dall'altro. Vi ho rimarcato le seguenti piante : Jgave pugionifor- mis, alrovirens, macracantha, potatorum, poljanthoides; tre specie di Dasj- lirioìi, la Foiircroja longaeva, una bella specie di Oenocarpus, Calamus dra- co, Corypha australis, Pandanus rejlexus. Cjcas flexuosa, Carjota sobolìfe- ra^ Bambusa i'erticillata, TVigandia grandiflora^ Enpliorbìa jasiuosa^ Kleye- ra Japonica, Echinocactus Pfe'fferi, Pilocereus Columna Trajani. A poche miglia dalla città sorge la real villa di Njmplienbourg , il cui Giardino distin- guesi per eleganza e dovizia. Vi si veggono eccelsi individui di Palme, di Caro- linee, di Cfcas, di Banksie, di Teofraste, la 5ierczi//a Balanghas, Cestruni to- mentosum, Euphoria Litchi, Livistonia chinensis, e la più gran pianta ch'io conosca di Xanthochymus pictorius^ vegetabile prezioso, da cui recentemente fu dimostrato colare la gomma-gotta. Queste serre sono scaldale a vapore; e tal è il vantaggio economico di questo mezzo pe '1 risparmio del combustibile, che una serra lunga quindici metri ed alta cinque può essere mantenuta alla tempe- ratura di 22 gradi per cinque dì e cinque notti con un solo klajter di legna. La 82 ognora crescente scarsezza del combustibile e l'aumento corrispondente dei prezzo farà preferire ben presto nei Giardini botanici questo metodo all'altro ben più costoso che presentemente si adopera. Dalle cose rapidamente accennate intorno ai Giardini botanici della Ger- mania, di cui mi restano a vedere quelli di Bonn, di Breslavia, d'Erfurt e di Gottinga; e dalle generali osservazioni fatte su lo stato della Orticultura ale- manna, sono indotto a pensare cbe l'arte del giardiniere 6orista e quella del giardiniere botanico vi si conoscono e vi si trattano con singolare accuratezza ed amore ; e che la paziente diligenza propria dei giardinieri tedeschi può ra- gionevolmente far credere che la Germania, la quale contrasta già all'Inghil- terra il primato in molte arti meccaniche, sia ben presto per contenderlo a tutte genti anche in quella piacevolissima del giardinaggio. Cosi tutti i Principi lo favorissero al pari dell'Austria, della Sassonia e della Prussia, che il vaticinio non tarderebbe guari a compirsi! Nel movimento generale di tutte le arti, e nell'affetto con cui la presente generazione sembra volgersi alla cultura dei fiori in Olanda, in Francia, in In- ghilterra, in Germania, mi è dolce scorgere anche in queste provincie qualche non lieve segno di miglioramento e progresso. Nei Giardini de' privati comin- ciano già a penetrare le varietà più novelle di Camellie, di Pelargonj, di Dah- lie ; alcune piante della Nuova Olanda, del Giappone, del Messico, della Gina. Treviso conta già un bel Giardino, con ricchissima raccolta di piante grasse, del sig. A. Giacomelli; il conte Salvi a Vicenza intende ad arricchire il suo delle rarità botaniche più gentili; altri amatori facoltosi e non facoltosi piantano Giardinetti più o meno ricchi ed ornati in Venezia ed in Padova; non volendo qui far parola dei Giardini paesisti, de' quali la città nostra vanta il maestro più lodato e più imaginoso (1). Né l'Orto di questa Università stette contento alle tremila piante involatesi allo sterminio che il colse nell'Agosto del ì 834. Piov- vero invocati da tutte parti i soccorsi ; e 1' Orto nostro , allorché lo videro li Scienziati della IV. Riunione, vantava già il cospicuo numero di 12,000 spe- cie, ed era solennemente dichiarato uno del più ricchi d'Italia. Il viaggio fatto in Germania, mercè i generosi doni largitimi dai chiarissimi direttori degli Orti di Gratz, di Vienna, di Lipsia, di Dresda, di Berlino, d'Amburgo, di 3Ionaco, lo arricchì già di qualche centinajo di piante; ed altre ne promettono i semi (1) Il eh. ingegnere sig. Giuseppe Jappelli. 83 avuti direttamente dalla Nuova Olanda, dal Brasile e dal Messico, fra cui non mancheranno certo di cose nuove e rarissime. Attendendo che questa mia spe- ranza s'avveri, io vi presento intanto, o Signori, alcune nuove o mal note piante che fan bello il Giardino, e che per la rarità loro o per la loro vaghezza meri- tano d'essere accuratamente illustrate. 1.° Mi si affacciano tra le prime due specie di Begonie, genere di piante sin- golari per la forma delle foglie per Io più oblique alla base. Ebbi la prima dal- l' Orto botanico di Lovanio co '1 nome di Begonia eriocaulon, 11 suo tronco è dei maggiori nel genere, arrivando dai due ai tre metri d'altezza: esso è fles- suoso, nodoso, lanato; dal che trasse il nome di eriocaulon, 11 qual nome e per essere neutro, per lo che non s'accorda con quello di Begonia, e per ricordare un genere di piante affatto diverso dalle Begonie, qual è VEriocaulon, ho do- vuto mutare in quello di Begonia eriocaulis. Le foglie sono grandi alterne se- micuoriformi ed oblique alla base, acuminate verso la cima, nervose al di sotto e più pallide, uniformemente verdi al di sopra, leggermente angolate, e fra li angoli dentellate nel margine, vestite in ambe le superficie di molle e lunga peluria, sostenute da picciuoli lanuginosi orizonlali o pendenti, che s'inseri- scono in un incavo laterale della base della lamina. Questi picciuoli escono dal tronco fra due stipule leggermente ovate opposte, e quasi connate. Dalle ascelle dei picciuoli superiori nascono solitarj i gambi dei fiori lunghi più delle foglie, pelosi, divisi all'apice in una cima dicotoma, e circondati alla base dei fiori da brattee quasi rotonde concave pelose membranose, poi secche e caduche. Que- sta pianta è talor dioica, talor monoica. Nei fiori maschi il perianzio, coperto di folto vello bianco o rossiccio, consta di quattro foglioline bianche incrocicchiate, due maggiori e trasversalmente ellittiche, due minori ed ovali od ovate a rove- scio; ed hanno un numero indeterminato di stami. I fiori invece feminei hanno un perianzio di cinque foglioline bianche, eguali ed ovate a rovescio, sotto pelo- se ; nel mezzo tre stili, i cui stigmi verdognoli sono attorti a cornetto; ed infe- riormente un ovario a tre ale ritondate, una delle quali maggiore delle altre ha superiormente un angolo quasi retto. Può essere definita così: I :; x( Begonia eriocaulis. Vis. Orto bot. di Padova 1842, pag. 60 et 135. Wal- «pers, Rep. bot. tora. II. fase. 2. pag. 217, excl. diagn. » " B. caule erecto suffruticoso lanato, foliis semicordatis, obliquis, subangu- M latis, denticulatis, pilosis, subtus nervosis, apice acuminatis, stipulis late ova- »tis, connatis, ciliatis, demum siccis, pedunculis axillaribus lanatis cjmoso-di- m .» chotomis, pedicellis apice 5-6 floris, floribus lanatis bracteatis, masculis tetra- » phyllisj phylHs binis majoribus transverse ellipticis, minoribus obovatis, foe- » mincis pentaphyllisj phyllis obovatis aequalibus, stigraatibus contorlis, capsu- }) lae villosac alis minoribus rotundatis, majore superne rectangula. » Questa pianta coltivasi in qualche Orto botanico co '1 nome di B. Mejerii^ nome che manca alla recente enumerazione delle Begonie fatta dal Walpers; e perciò ignoro se ne esista una descrizione, in qual tempo sia stata fatta, e se la nostra pianta sia realmente la B. Me/erii dell' Orto di Berlino e dello Sweet. 2.° L'altra specie di Begonia fu da me pure accennata nel libro ora citato, L'Orto botanico di Padova nell'anno 1842, pag. 60 e 135, sotto il nome di B. manicata H. Cels. Più tardi, cioè nell'anno 1843, i signori Federico Otto ed Alberto Dietrich ne diedero una descrizione nel n." 5. delVAllgemeine Gar- tenzeitung^ pag. 35, ch'essi publicano a Berlino, sotto il nome di B. manicata H. Paris., affermando d'averla avuta dall'Orto stesso nell'anno 1841. Avendo però rilevato in séguito, che la stessa specie era stata prima indicata da me nel suddetto libro, questi autori lo dichiararono l'anno stesso nel n.° 11. pag. 88 di quel Giornale. Da ciò ritraesi, che essendo dubio se all'Orto di Parigi o a quello di Cels si debba la denominazione della pianta, ed essendo stato io il primo a descriverla, spetta a me la prima publicazione scientifica di questa specie. E una pianta perenne, a tronco corto quasi carnoso e legnoso, liscio, con pochi e corti rami, punteggiato di bianco sotto le stipule, nodoso all'inserzione di queste, che sono ovato -lanceolate ottuse trasparenti lisce, fornite al di sotto per tutta la loro lunghezza di un'ala membranosa più lunga della stipula stessa, fimbriata nel margine, e cuspidata alla cima. Ogni foglia ha un picciuolo carnoso lungo quasi il doppio della lamina, e di questi gl'inferiori sono pendenti od orizontali, i superiori diritti; tutti più in su della base sono picchiettati di punti rossi, che verso l'apice del picciuolo spiegansi in membranelte dello stesso colore, frasta- gliate nel margine in frangie lunghe bianche setacee. Queste membrane alla sommità del medesimo si allargano e si avvicinano sempre più; talché verso l'inserzione della lamina saldandosi fra loro, compongono due o più collaretti prima incompleti, poi perfettissimi, che circondano la vetta del gambo a guisa di manichini: ciò che valse a questa singoiar pianta il nome specifico di mani- cata. La lamina della foglia è carnosa, obliquamente cuoriforme, rotondata alla base, brevemente acuminata alla cima, leggermente angolata dentellata rossa e cigliata di peli bianchi nel margine, liscia di sopra, nervosa e lungo i nervi for- 85 nita di membranelle rosse frangiate piantate verticalmente su i nervi stessi al di sotto. Queste membranelle della lamina e del picciuolo debbono considerarsi quali striglie o peli larghi colorati saldati insieme per alcun tratto, poi divisi fra loro alla cima, e scolorati in guisa da riprendere le ordinarie loro sembian- ze. Il passaggio dei peli alle membranelle comincia già ad osservarsi in questo genere nella Begonia heracleifolia. I peduncoli dei fiori sono ascellari solitarj lunghissimi, ed all'apice si biforcano molte volte, assottigliandosi sommamente, divenendo rossicci, e divergendo tanto fra loro da comporre un'assai larga, ma gracile e gentile cima di fiori affatto priva di brattee. I fiori Lanno tutti un pe- rianzio di due foglioline piccole eguali bislungo-ovate, di color carnicino ; i maschi sono pochi, ed occupano le ultime diramazioni dei pedicelli e quindi la sommità dell' infiorescenza , e portano pochi stami ; i feminei assai numerosi hanno uno stilo trifido dal mezzo in su, ogni ramo del quale termina con istim- ma bifido ottuso brevissimo ; ed un ovario con tre ali lisce, attenuale alla base, due delle quali hanno superiormente un angolo ottuso, e sono eguali fra loro; la terza è semi-ovata, non ha l'angolo sopradetto, ed è minore delle altre. Può definirsi cosi: (( Begonia manicala. Vis. Orto botanico di Padova IStó, pag. 60 et 135. » Otto et Dietr. Allg. Gartenzeit. 1843, n.° 5. pag. 35. n.° 11. pag. 88. Walp. «Reperì, bot. 2. pag. 214. » « B. caule adscendente carnoso-lignoso glabro, foliorum petiolis rubro pun- ii ctatis apice squamis coloratis fimbriato-setaceis verticillato-connatis circum- « dalis, laminis oblique cordatis repandis denticulatis ciliatis breviter acumina- » lis , utrinque glabris subtus ad nervos iisdem squamis verticaliter praeditis, » cymis amplis gracilibus longe pedunculatis dichotomis, floribus glabris, phyl- » lis perianthii binis aequalibus oblongo-ovatis, masculis terminalibus paucis, nfoemineis plurimis inferioribus, styli trifidi ramis stigmate obtuso bifido termi- » natis, capsulae alis basi attenuatis, binis majoribus superne obtusangnlis , » tenia minore rotundata. » 3.° Coltivasi nell'Orto nostro un piccolo arbusto a tronco punteggiato scabro, a rami divaricati ed inermi, a foglie sempreverdi coriacee picciuolate bislungo- lanceolate appuntate intiere nervose costate, meno verdi al di sotto, levigate al di sopra, a brevi grappoletti ascellari di sei a dieci fiori bianchicci pendenti e quasi sessili, i di cui pedicelli pubescenti sono circondati da una brattea ellit- tica ottusa pubescente del pari. I fiori sono costituiti da un calice verde liscio. 86 diviso in quattro lobi rotondi cigliati; da una corolla ipocraterifortne, il cui lem- bo è spartito egualmente in quattro lobi carnosi rugosi bislunghi rotondali, due volte più lunghi del tubo; da due stami quasi eguali alla corolla, divaricati o riflessi, le cui antere rotondato-cuoriformi hanno le logge semilanari e bilocel- late, ed il connettivo delle medesime è grosso, ed essendo più lungo delle logge le sorpassa, e finisce oltre di esse in una punta; da un pistillo infine quasi eguale agli stami, il cui stimma è crasso ellittico pubescente papilloso, profondamente lobato, a lobi conniventi con margini rovesciati all' infuori; lo stilo cilindrico rosso-scuro; l'ovario quasi rotondo verde, con due logge e due semi, e racchiu- so nel calice. La corolla di dentro è pallida ; di fuori nella fioritura rosseggia alla sommità dei lobi; avanti la stessa è tutta d'un colore rosso-scuro: l'odore è erbaceo leggero. Questa pianta 1' ebbi dal Reali Giardini di Monza sotto il no- me di Olea divaricata^ nome che trovo indicato soltanto nella seconda edizione del ISomenclator botanicus dello Steudel, ed attribuito al Desfontaines, ma che non esiste nel Catalogus plantarum Ilorti Parisiensis, ed. III. 1829 di que- st'ultimo autore, né trovasi in alcun'Opera dei sistematici più recenti. Il porta- mento della pianta mi fa credere che possa essere, più tosto che un Olea, una Fhillyraea ; ma non avendo potuto vederne ancora frutta mature, non oso af- fermarlo con sicurezza. « Phillyraea? divaricata. Vis. Orto bot. di Pad. 1842, pag. 144. DC. Prod. 5) syst. nat. 8. pag. 293. » « P. caule punctato- scabro, ramis divaricato -patentibus, foliis petiolatis » oblongo-lanceolatis mucronatis integris, subtus costatis nervosis, racemis axil- jjlaribus abbreviatis 6-10-floris nutantibus subsessilibus, pedicellis bracteaque » elliptica circumdante pubescentibus, staminlbus deflexis, antheris connectivo » crasso aplculatis, loculis bilocellatis, stigmate crasso bilobo lobis conniventi- j) bus, ovario biloculavi biovulato. )) « Syn. Olea divaricata Hort. an Desf.? — Obs. Connectivo crasso antherae nloculos superante, et loculis bisce bilocellatis ab Oleineis, cujus caeteras no- » tas et habitum tenet, quidquam recedit. » 4.° Dal ricchissimo Giardino del Duchi Lltta a Lalnate sopra Milano m'ebbi dall' egregio direttore del medesimo sig. Linneo Tagliabue una bella specie di Salvia sotto il nome di S. tubijlora, dalla quale e dalla S. tuhifera differisce già a primo aspetto per la corolla purpurea. E un suffrutice ramosissimo, co- perto di brevi peli in ogni sua parte, a foglie ovate acute seghettate, rotondate 87 o smarginale alla base, fornite di picciuoli privi di ghiandole. In vetta ai rami stanno i fiori aggruppati in cima, che nell'insieme compongono un grappolo fitto unilaterale, a calici brevemente tubulosi trifidl con denti ovati, che termi- nano in punta a subbia, e coperti d'assai corta peluria; a corolle quattro volte più lunghe dei calici, il cui tubo è compresso, quasi eguale di larghezza in ogni sua parte, un po' curvo, e vestito di fitto vello purpureo, ed il lembo è diviso in due labro: il superiore diritto bifido all'apice, e coperto dal vello medesimo; l'inferiore orizontale, senza peli, diviso in tre lobi. I due stami pe '1 mezzo dei loro connettivi diritti allungati ed eguali s'uniscono alla loro base in un corpo solo. Lo stilo è sottile, senza peli, diviso all'apice in due stimmi subulati ine- guali. Questa bella specie è affine alla Salvia purpurea del Cavanilles: ne dif- ferisce però, perchè i suoi picciuoli non hanno alla loro base le due ghiandole proprie dell'altra; pe'i calici pubescenti, ma verdi, né coperti di lunga lana bian- ca o purpurea; pe '1 vello porporino che copre ogni parte della corolla, tranne il labro inferiore; pe'i connettivi connati per tutta la loro lunghezza; e per lo stilo privo di peli, né barbato da entrambi i lati, come nell'altra. Una tal pianta, clie pe' i suol grappi purpurei può far bella mostra di sé nel Giardini, mi pro- caccia il piacere di far sacro alla scienza un illustre Casato, a cui è debitrice d'avanzamenti la Orticultura Italiana: per lo che porterà essa 11 nome di Sai' via Liltae. « Salvia Liltae Vis. n u S. suffruticosa subcanescens, follis ovatis acutis serralis basi rotundatis 0 emarglnatisve petiolatis, floralibus ovatis acuminatis deciduis, floribus cjmo- )) sis in racemos denslfloros unilaterales dispositis, calyclbus breviter tubulosis ))trifidls, dentibus ovatis apice subulatis, corolHs calyce quadruplo longlorlbus, «tubo compresso aequUato subincano galeaque bifida erecta purpureo-villosis, » labio inferiore patente trilobo glabro, connectivis rectis elongatls aequilatis )i basi connatis, stylo glabro, stigmatlbus subulatis. » « Obs. Affinls 5. purpureae, quae differì petiolis basi biglandulosls, calyci- » bus albo vel purpureo lanatis, stylo utrlnque barbato: et S. tubijerae, quae » recedit racemls laxiorlbus, labio corollae superiore indiviso, stylo barbato. » 5.° I semi di cui fé' ricco l'Orto botanico la munificenza di S. A. L e R. l'Ar- ciduca RANIERI germinarono nuove piante e all'Orto ed alla scienza, oltre quelle di cui parlai nella prima Memoria. Da quelli còlti nel Messico m'è ve- nuto fatto di allevare una specie di Solano, oh' è pianta legnosa a rami divaricati 88 e quasi dicotomi, lanuginosi; a foglie alterne ovate, acute ad ambe le estremità, intiere, pelose; a fiori nascenti dal di fuori delle ascelle, e nella dicotomia del tronco in numero di uno fino a sei; con peduncoli articolati, il cui calice è campanulato troncato, e diviso in dieci denti subulati, dei quali cinque alter- nativamente minori degli altri ; la corolla è rotata bianca , con cinque pieghe esternamente verdognole , internamente violacee ; li stami sono cinque , ma il filamento d'uno di questi è maggiore degli altri, ed eguaglia la somraità delle antere degli altri quattro; il pistillo a stilo rotondo, stimma poco più grosso, ot- tuso e smarginato. Il suo frutto è una bacca di color coccineo, grossa quanto un pisello, rotonda, a due logge, con molti semi schiacciati reniformi, e cinti da un margine grosso e presso che trasparente. Il carattere del quinto stame, più lungo degli altri, gli valse il nome di Solarium monodjnamum. i « Solanum monodynamum Vis. Sem. H. patav. 1 841, et Orto hot. di Pado- ») va 1842, pag. 147. » « S. fruticosum inerme molliter pubescens, ramis dichotomis divaricatis, »foliis peliolatis ovatis acuminatis integris, floribus estraxillaribus et in dicho- ») tomiis solitariis aggregatisve, pedunculis flore duplo longioribus, demum arti- » culato-deciduis, calyce truncato infra marginem membranaceum decemden- » tato dentibus subulatis obtusis inaequalibus erecto-patulis, corolla rotata ru- )) gosa quinqiie -plicata 5 plicis apice mucronatis, staminum filamentis quatuor » aequalibus anlliera brevioribus, quinto caeteris duplo, anthera paullo lon- » giore. » « Hab. in Mexico. Floret Junio, JuUo. Ex descriptionibus videtur affine S, » tricolori Moc., et Sess., quod differt foliis geminatis inaequalibus, tomento ni- )) tido, filamentis omnibus aequalibus, et anthera unius caeteris duplo longiore. » Prosimum quoque S. lento Gav., quod vero decumbens nec erectum, floribus » terminallbus nec axillaribus, calyce glabro nec piloso, filamentis quatuor bre- » vissimis, quinto stylo aequilongo nec multo breviore ut in nostro. Corolla al- »bida, plicis extus viridulis, intus violaceis. » 6.° Dagli altri semi ricevuti dall'Africa ottenni una nuova specie di Sempre- vivo, ed è pianta bienne tutta coperta di mollissimi peli, altri dei quali più lunghi sorgenti in mezzo a più corti, a caule cilindrico crasso leggermente fles- suoso dicotomo, a foglie patenti, il cui picciuolo è lunghissimo e scanalato, e s' allarga un poco verso la cima ; la lamina è romboidale grossa intera ottusa , d'un verde pallido, screziata di rosso-scuro inferiormente. I fiori sono numero- 89 sìssimi, e disposti in larga cima dicotoma; hanno un calice diviso in nove a do- dici (per lo più dieci) lacinie lanceolate acute ed intiere, da nove a dodici petali (per lo più dieci) lanceolati acuti alla base, cuspidati alla cima, un po' più lun- ghi del calice, e spiegati orizontalmente a foggia di stella: stami di numero dop- pio dei petali; altri perciò alterni ad essi, e questi più lunghi; altri opposti e più brevi: filamenti cilindrici, antere cordato-subrotonde. I pistilli pareggiano in numero i pelali, e constano di altretanti ovarj bislunghi compressi, esterna- mente convessi ottusi e prolungantisi ognuno in uno stilo laterale, internamente acuti e troncati nell'apice. Alla base degli ovarj vi sono squamette bislunghe minime, visibili con la sola lente, intiere od appena dentate. Ho veduto questa specie in alcuni Orti botanici sotto il nome di Sempervivum laxiim Koch, no- me che, se pur fosse anteriore al mio, non potrebb' essere conservato, perchè da gran tempo adoperato dall' Ilaworth a designare altra pianta. « Sempervivum molle Vis. Sem. H. patav. 1841, et Orto hot. di Pad. 1842, »pag. 146. Walp. Reperì, bot. 2. pag. 264 et 935. n (( S. bienne pilis brevibus longioribusque moUiter villosum, caule tereti ere- » cto dichotomo crasso, foliis ovali-rhombeis obtusis integris patulis, subtus ru- » bro-maculatis, petiolis elongatis canaliculatis, floribus dichotome cymosis, pe- » talis 9-12 lineari-cuspidatis stellato -patentibus, staminibus 18-24, squarais » oblongis minirais integris, vel subdentatis. » « Syn. S. laxum Hort. non Havv. Hab. in Nubia ubi semina legit Th. Kotschy. » Flores aurei copiosi. Floret Majo, Junio. Videtur affine S. dichotomo, sed dif- «fert foliis longissime petiolatis, lloribus cymosis nec corymbosis, petalis 10-12 » nec 8-9, et squamis minimis. » 7. Dai semi slessi ho ottenuto una specie di Sida; ed è un suffrutice vellu- tato, i cui peli sono disposti in istellette ed a fiocchi; ha cauli rotondi, foglie cuoriformi acuminate picciolate intiere, quasi lisce di sopra, stipule setacee, pe- duncoli ascellari solitarj, articolati superiormente, ora uniflori semplici ed eguali in lunghezza alle foglie, ora ramosi con molti fiori e più lunghi delle medesime. Di questi il calice è nudo quinquefido, a lobi ovati acuti, mollemente pubescenti nel dorso e nel margine ; la corolla, che al sole è spiegata, all'ombra s'accartoc- cia e si chiude; è composta di cinque petali obovati embriciati crenulati nel margine superiore, intieri nei laterali, saldati fra loro dal mezzo in giù. I fila- menti degli slami sono riuniti insieme alla base e sparsi di peli setacei, supe- riormente liberi e senza peli, da 20-24, ed hanno antere reniformi che s'aprono 90 per fessura trasversale. Il pistillo è fornito d'un ovario di tre a quattro lobi, composto cioè di altretanti carpelli saldati insieme, rigonf], divergenti e mucro- nati alla cima, fra mezzo ai quali da una piccola infossatura sorgono da 2 a 4 stili filiformi, distinti, eguali agli stami, e terminati da altretanti stimmi globosi pelosi. Ogni carpello del frutto è una piccola capsula cLe s'apre da entrambi i lati dalla cima alla base, e contiene tre semi, due dei quali superiori opposti schiacciati ovati a rovescio, coperti di squamette stellate minutissime, e setolosi nell'ilo; il terzo inferiore setoloso alla cima, nella quale sono scavate due fos- sette in cui s'inniccbiano le basi dei due semi superiori, e nel rimanente di for- ma conica ovata a rovescio; lungo di esso scorrono alcune serie di setole quasi stellate, disposte in linee longitudinali dall'apice alla base del seme stesso. Da questo vario aspetto dei semi Lo chiamato cotesta pianta « Sida heterosperma \is. Semln. H. patav. 1 841, et Orto hot. di Pad. 1 842, »pag. 146. Walp. Repert. bot. 2. pag. 792. » « S. suffruticosa velutina stellulato-iloccosa, caulibus teretibus, stipulis se- ))taceis, foliis cordato-acuminatis integris supra glabriusculis, pedunculis axil- )) laribus ramoso-paniculatis simplicibusque folio longioribus, superne artlcula- » tis, corollis repando-crenulatisj carpellis 3-4 inflatis apice divergentibus mu- )) cronatisque, seminibus tribus, binis superioribus oppositis obovato-corapressis «minutissime stellulato-squamulosis, Lilo setosis, infimo obovato-conico setarum » seriebus longitudinaliter lineato, apicis setosi foveolis binis basim seminum » superiorum excipientibus. » <( Hab. in Africa loco Beseres-Tumad, ubi legit ci. Kotschy. Floret Junio, » Julio. Flores flavi. Videtur affinis S. excelsiori Cav. quae vero slirps arborea, » stipulis lanceolatis, carpellis quinis bidentatis. » 8. Li stessi semi del Kotschy mi fruttarono una nuova specie di Cleroden- drOTì, che pe '1 numero dei fiori, per lo più proprj d'ogni peduncolo, ho chiamato CI, triflorum. E pianta suffruticosa, vestita di peluria bianchissima; ha caule rotondo a corteccia screpolata suberosa, rami quasi tetragoni, foglie opposte o alterne, o talor anco verticillato-terne; foglie a picciuoli scanalati eguali alla la- mina, eh' è largamente ovata, intiera ed acuta alle due estremità, nel mezzo ot- tusamente e grossamente dentata, a nervature pennate e prominenti nella pa- gina inferiore. I peduncoli sono quasi pendenti, nascono dalle ascelle delle fo- glie superiori, sono più lunghi del picciuolo di queste, e portano ordinariamente tre fiori , di rado uno o due , forniti di due brattee opposte bislunghe ed intiere 91 nella divisione dei pedicelli, de' quali quello di mezzo è nudo e più corto, i la- terali hanno due piccole brattee alterne lineari presso alla metà, e tutti sono un po' ingrossati alla cima. Il calice è ampio campanulato, quasi senza peli, penta- gono, a cinque denti lanceolati acuti intieri conniventi, ch'eguagliano in lun- ghezza la terza parte del tubo. La corolla è bianca, tre volte più lunga del ca- lice, ed ha il tubo lineare cilindrico gracile, nel luogo in cui sono inseriti li stami nodoso di fuori, la fauce appena ingrossata , il lembo spartito in cin- que lobi eguali obovato-ellittici, ottusissimi, rovesciati all' ingiù. Li stami sono quattro, e sorgono dalla faccia interna della metà del tubo; sono didinami, molto più lunghi della corolla, con filamenti abbassati e tatti rivolli da un lato, con antere cuoiùformi biloculari allaccate al filamento pe '1 loro dorso poco sopra la base. L'ovario è ovato ottuso quadriloculare, e le logge hanno un solo ovicciuolo; lo stilo è filiforme retto; lo stimma semplice indiviso obliquo acuto nitido. « Clerodendron triflorura Vis. Orto bot. di Pad. 1842, pag. 137. » « CI. fruticosum canescens, ramis subtetragonis, foliis longe peliolatis late Hovalibus, medio grosse dentatis, sublus nervosis, pedunculis axillaribus, sub- )) trifloris nutantibus, pedicellis laleralibus bracteolatis apice incrassatis, calyci- » bus ampliato-campanulatis pentagonis quinquefidis dentibus lanceolatis conni- )) ventibus, corollae calyce triplo longioris tubo filiformi gracili, limbi lobis el- » liptico-rotundatis reflexis, stigmate indiviso. » « Hab. in Nubia loco Reseres-Tumad, ubi legit ci. Th. Kotschy. Floret Au- » gusto. Flores albi inodori. Affine CI. serrato Spr. quod distat ramis teretibus, )) foliis brevissime petiolatis glabris, floribus paniculatis brachiatis, calycibus vis )) dentatis. n 9.° Altre due nuove piante ritrassi pure dai semi africani raccolti dal Kotschy, le quali, superiori alle altre per vaghezza di fioritura, si meritarono l'onore di portare il nome dell'augusto Principe donatore. Una è la Leonotis Raineria- na, pianta suffruticosa, a cauli legnosi e quasi rotondi alla base, erbacei tetra- goni e solcati nei quattro lati , ramosi canescenti ; a foglie ovate lungamente plcciolate, brevemente attenuate alla base, acuminate all'apice, crenate nel margine, nervose e canescenti di sotto; le superiori largamente lanceolate; le fiorali anguste o lineari appena seghettate. Lungo la parte superiore dei cauli sono disposti i falsi verticilli dei fiori , che sono emisferici , cioè convessi nel lato inferiore, quasi piani nel superiore, compatti densissimi, forniti alla base, oltre le foglie Corali, di molte piccole brattee lineari mucronate. I fiori 92 sono pedicellati lanuginosi, a calici tubulosi, verso l'apice un poco incurvi, se- gnali da dieci coste o grosse nervature, e fra queste da vene parallele e trasver- se ; l'orificio loro è obliquo, diviso in dieci denti, nove del quali corti subulato- spinosi e con una nervatura longitudinale nel mezzo, alternativamente più lun- ghi e più brevi; il decimo, eh' è il superiore, lanceolato spinoso con tre nervi , e tre volte più lungo degli altri. La corolla è tutta coperta di un vello fulvo , meno il labro inferiore, ed è due volte più lunga del calice ; ha il tubo curvo, eguale al calice, nell'interno di cui v'ha un annello orizontale, e più linee lon- gitudinali di peli; il labro superiore un po' più lungo del tubo e diritto, verso r apice leggermente rigonfio a foggia d' elmetto , coperto di pelo fulvo esterna- mente, liscio internamente: l'inferiore pendente trifido glabro, la metà più corto del superiore, a lobi largamente lineari nervosi accartocciati, dei quali quello di mezzo appena più lungo degli altri. Li stami sono quattro, didinaml ascen- denti, a filamenti quasi lunghi quanto il labro superiore e lanuginosi alla base, ad antere didime con due logge contigue troncate ed ottuse. Il pistillo è più lungo degli stami ; ha uno stimma bilobo liscio, il cui lobo superiore è brevis- simo o nullo, l'inferiore subulato acuto obliquo: uno stilo filiforme lungo quanto il labro superiore; un ovario diviso in quattro lobi bislunglii ottusi lisci giallo- gnoli, coperti da un nettare eh' è separato abondevolmente dal disco carnoso or- ciolato che li riveste e circonda fino all' apice, e che riempie del nettare stesso la base del tubo della corolla. Questa bella pianta, che per la sua vaghezza e copia di fiori e per essere legnosa può sostenere il confronto della Leonotis Leonurus, può definirsi cosi : « L. Raineriana Vis. Orto hot. di Pad. 1842, pag. 142. » « L. suffruticosa ramosa canescens, foliis ovatis utrinque attenuatis crenatis, )) pseudo-verticillis densissimis hemisphaericis, calycis lanuginosi dentibus omni- »bus subulato-spinosis, alterne minoribus, supremo maximo ovato cuspidato, » corollis calyce duplo longioribus, filamenlis basi lanuginosis, antherarum lo- » culis contiguls truncatis obtusis. » « Hab. in Africa circa Kassan, ubi semina legit ci. Th. Kotschr; munifice ))largitus est Sereniss. Archidux Austriae RAINERIUS. Floret hyeme in cali- )) darlo. Flores fulvo-coccinei. Simllis L. nepetaefoliae, a qua differì praecipue » lignosltale. In hac specie nec filamenta basi nuda, nec antherarum loculi dl- » varicati acuti, quas notas totius generis proprias esse statuii dar. Benth. lab. »gen. et sp. pag. 618. » 93 10.° L'altra specie, da me intitolata all'Augusto Principe, alla cui liberalità l'Orto di Padova deve i semi africani, si è Vllibiscus Rainerianus. È pianta a radice ramosa, che dura dai due al quattro anni, da cui sorgono i cauli legnosi alla base, poscia erbacei ramosi tomentosi cilindrici e verdi superiormente. Le foglie sono cuoriformi e quasi rotonde, con cinque angoli appena acuti nel mar- gine, dentato-crenate fra questi, tomentose, con 5 a 7 nervi, e reticolate di sotto, con picciuolo quasi eguale alla lamina. Le fogliette ascellari non hanno angoli, ed hanno un corto picciuolo. Le stipule sono lineari-setacee, pelose. I fiori spun- tano dalle a.scelle delle foglie superiori con peduncoli molto più corti del rispet- tivo picciuolo. Hanno esternamente un involucello spartito in cinque lobi ovali- lanceolati acuminati pelosetti spiegati, due volte più corti del calice, entro a cui v'ha il calice, eh' è grande ciatiforme quinquefido, a lobi largamente ovati acuti tomentosi intieri, con 3 a 5 nervi. La corolla s'avvicina alle maggiori del genere, essendo tre volte più lunga del calice, del diametro di quattro pollici, i cui petali sono obliqui embrlciati lisci nervosi ondulati e repandi superiormen- te , saldati fra loro alla base, ed ivi cigliati d'un vello denso lun^o e bianco: hanno color di zolfo, e verso l'unghia portano una macchia grande rotondata romboidale dentata, di colore sanguigno. Il tubo staminifero è due volte più corto della corolla ; ha filamenti numerosi violacei , antere reniformi coccinee, che s'aprono per fenditura longitudinale, polline di colore ranciato-sporco. Li Stili sono cinque , fra loro uniti finché stanno entro il tubo stamineo , divisi ed atropurpurei dopo usciti da questo, con altretanti stimmi atropurpurei vellutati. L'ovario è liscio ovato, con cinque logge con molti semi, cui succede una cap- sula composta da cinque carpelli saldati in un pericarpio di cinque log^e po- lisperme. I semi sono semiovati schiacciati lisci. Prima della fioritura le bocce o li alabastri dei fiori sono quasi globose, e con cinque ale formate dai margini dei lobi del calice sporgenti all' infuori ed applicati l'uno all'altro, mentre il disco loro s'accosta all'asse del fiore. Questa specie può descriversi così: « Hibiscus Rainerianus Vis. Semin. H. patav. 1841, et Orto hot. di Fado- »va 1842, pag. 140. Walp. Repert. hot. 2. pag. 790. » « H. suffruticosus tomentosus inermls, foliis cordatis quinque-angnlaribus » crenato-dentatis, stipulis lineari-setaceis pilosis, floribus breviter pedunculatis, » involucelli quinquepartiti lobis ovali-lanceolatis patulis, alabastro pentaptero, » calycis quinquefidi lobi» late ovatis acutis triquinquenervibus integris, coroUae 94 » expansae petalis repando-undulatis, basi coalitis et lana alba ciliatis, capsula- )) rum loculls polyspermls seminibusque glabris. » « Hab. in Africa loco Reseres-Tumad dicto, uIjì semina legit Th. Kotschj; n munisce largitus est Sereniss. Archidux Austriae RAINERIUS. Flores sul- Dpburei magni, fauce macula ampia stellata dentata atrosanguinea. Floret ae- » state et autumno. Inter Ketmias DG. proJ. I. p. 448 locum babet. n 11.° Dall'Orto botanico di Pavia bo ricevuto i semi d'una specie di Calandri- nia, come appartenenti ad una nuova specie, i quali avendo germinato copiosa- mente, mi diedero agio d'esaminarla e descriverla. E un'erba annuale verde car- nosa, a radice fibrosa; a molti cauli semplici angolati; a foglie appena cigliate scanalate, le radicali quasi spatolato-lanceolate, le caullne bislungo-linearl uni- laterali alterne; a fiori disposti lungo l'estremità dei cauli, tutti, meno l'infimo, forniti d'una brattea lineare-bislunga, la quale trovasi tra il peduncolo e la fo- glia, ed è molto più breve di questa. Ogni peduncolo nasce opposto alla foglia; è libero dalla brattea vicina, eh' è due volte più corta di esso; è scLiacciato e quasi alato, ingrossato alla cima; ed i peduncoli nel loro insieme compongono un grappolo diritto, lungo e rado. Ciascun flore è formato da un calice di due sepali ovato-acuminati, piegati a carena per lo lungo, e brevemente cigliati; da una corolla di cinque petali obovati intieri, due volte più lunghi del calice, di colore porporino-gajo; da sei a dodici stami, i cui filamenti infei-iormente pe- losi, liberi, inseriti nel ricettacolo e ritti, portano antere bislunghe e versatili; da un pistillo, il cui stilo lungo quanto gli stami si divide all'apice in tre lobi un po' dilatati pubescenti pallidi , che connivendo fra loro , compongono una specie di stimma clavato, ed il cui ovario è ovato-acuminato e liscio. Il suo frutto è una capsula della stessa forma , quasi trigona , a tre valve con suture prominenti e quasi carenate, con una sola cavità, e molti semi lenticolari nitidi minutissimamente punteggiati, e sospesi per funicoli capillari ad una colonnetta placentifera che sta nel mezzo del frutto. (( Calandrinia araoena Vis. » « C. annua viridis caulescens simplex, foliis canaliculatis subciliatis acutius- » culis, inferioribus subspalhulato-lanceolatis longe petiolatis, caulinis oblongo- «linearibus unilateralibus alternis, floribus laxe racemosis oppositifoliis bractea- « tis, infimo nudo, bracteis pedunculo folioque interpositis lineari-oblongis, pe- » dunculis liberis compressis apice incrassatis, sepalis ovato-acuminatis ciliolatis )i integris 5 dorso carinatis , petalis calyce duplo longioribus, staminibus G-12 95 « Clamentis basi pllosìs liberls, stylo apice tripartito, stigmatibus conniven- » tibus. » « Obs. Flores amoene purpurei. Floret Junio. Habui sub nomine Calandri- » niae sp. nov. et. C. caiilescentis. Ab bac dlflert floribus bracteatis extrasilLi- 5)ribusj a C. pilosinscn/ci DC, cui affinis, differì praesertim forma et colore )) stigmatum, quac nec rosea, nec radiantia, sed conniventia. » 12.° Un'altra pianta, sotto l'incerto nome di Lobelia punicea^ e certamente per isbaglio di chi ne fece l'invio, mi venne communicata da eli dirige l'Orto botanico di Berlino. Avendo essa fiorito fra noi, mi porse il destro d'assicurarmi ch'essa non apparteneva a cotesto genere, ed era invece una nuova specie di Tupa. Si è questa una pianta lattiginosa, a radice grossa, quasi tuberosa carno- sa, a cauli rotondi, quasi legnosi ramosi diritti, pubescenti solo alla cima, a fo- glie lineari -lanceolate , attenuate alla base, acuminate verso la punta, lisce e con qualche raro denticello nel margine, nitide costate venose di sotto, le supe- riori pelosette inferiormente ed intiere. I fiori compongono un grappolo eretto, e ciascuno esce dall'ascella di una foglia fiorale affatto simile alle altre, ma gra- datamente più piccola; hanno un gambo nudo, o di rado fornito di una piccola brattea lineare pelosetta ascendente, e due volte più lunga del calice. Questo è brevemente turbinato pubescente, con nove coste, diviso in cinque lacinie erette lanceolato-acuminate intiere, delle quali la superiore alcun poco più lunga. La corolla consta di cinque petali fra loro uniti nel mezzo e nelle ultime loro estre- mità; fra queste e il mezzo e sopra la base sono divisi; è di color rosso-scuro, fessa longitudinalmente nel dorso, unilabiata, concava, a lobi lanceolati acuti, priva di peli, nitida esternamente. Gli stami sono cinque, a filamenti lanceolato- lineari piani, saldati in un tubo ch'esternamente è villoso soltanto alla base, in- ternamente lo è per tutta la sua lunghezza. Le antere sono curve glabre, saldate insieme in un tubo di color livido, delle quali le due inferiori terminano con una barba di setole bianche e corte. L' ovario è coperto dal calice , e coronato dai lobi di questo; ha due logge e due placente attaccate al tramezzo, che por- tano moltissimi semi lenticolari. Lo stilo è filiforme e curvo nell'apice, ed ivi sotto lo stimma è circondato da un denso annello di peli bianchi ; lo stimma è bilobo, a lobi crassi largamente ovati, rovesciati all' infuori. La capsula imma- tura sembra bivalve. Potrà chiamarsi (I Tupa atropurpm-ea Vis. » « T. glabriuscula, caule erecto simplici tereti, foliis lineari-lanceolatis acu- 96 «minatis subdentatis basi attenuatis, subtus venosis, floribus axillari-racemosis 5) erectis pedunculalis, foliis floralibus pedunculo puberulo mullo longioribus, M calyce breviler turbinato pubescente 9-costato, lobis lanceolato-acuminatis ere- » ctis integi'is corolla duplo brevioribus, corolla dorso fissa unilabiata concava 1) glabra nitida, lobis omnibus apice connatis acutis, antberis duabus inferioribus » apice barbatis. » « Habui ex H. bot. Berolinensi. Flores sordide atrofusci. Floruit Majo. Per- » tinet ad Sect. I. Eulupa in DG. Prodr. VII. pag. 391. n 13°. Dai semi dell'India boreale, communicatiml nel 1842 dalla Reale So- cietà di Orticultura di Londra, e da simili avuti parimente dal Nepal mediante l'Orlo botanico di Copenbagen nel 1841, solto il nome di Heracleuni sp.^ mi è nata una pianta a radici perenni, a foglie pennatofesse in tre o cinque lobi ot- tusi, sessili gl'inferiori, scorrenti i superiori, indivisi oppure lobati, e tutti dop- piamente e irregolarmente seghettati, con punta bianca all'apice d'ogni dente cb'é acuto, nervose e coperte di tomento bianco al di sotto, verdi e lisce di so- pra , sostenute da lunghi picciuoli sottilmente striati e canescenti. II tronco è alto più di un metro, striato-solcato e quasi glabro, fornito di rare foglie, le in- feriori delle quali lungamente picciolate, le superiori sostenute da un picciuolo corto e dilatato in membrana cordato -lanceolata; ramoso superiormente. Ogni ramo porta un'ombrella di fiori bianchi priva d'involucro, con 36 a 40 raggi lievemente canescenti e striati, ognuno dei quali sostiene una ombrelletta d al- tretanti raggi quanti sono i primarj , con un involucello dimezzato, composto cioè di poche brattee lanceolato- acuminate, che non si trovano se non dal lato esterno dell'ombrelletta, e mancano nell'interno. Ogni fiore è composto di un calice con 5 denti quasi invisibili; di 5 petali obovati smarginati, la cui punta si ritorce sopra il petalo, e lungo la piegatura di questo che ne percorre la pa- gina superiore, ed il più esterno dei quali è appena più grande dei rimanenti; di cinque stami orizontali , e di un ovario didimo coperto d' un disco carnoso, con due stili ritti conniventi brevi nel mezzo. Il fruito è una polachena obovato- ellittica, smarginata alla cima, glabra, le cui acbene hanno un largo e sottile margine nel contorno, quattro o cinque ville nel dorso, oscure, curve e con- niventi ad ambe le estremità con la viltà del lato opposto, tutte equidistanti fra loro e lineari , divise soltanto mediante le coste o i gioghi dell' achena; nel lato interno poi le ville sono due, lineari, curve esse pure, e prossime alla commissura che tiene l'asse del frullo. Tutta la pianta, e specialmente il suo 9T tronco, manda un odor forte aromatico. Questa specie è singolare nel genere per avere le vitte tutte lineari ed equidistanti fra loro, nò le più esterne vicine al margine dell' achena, come suol essere in altre specie di questo genere. Po- trà nomarsi » Heracleum hypoleucum Vis. » « H. foliis obtuse pinnatilobis, iobis 3-5, inGmis sessilibus, caeteris decur- » rentilms, duplicato-dentatis, dentibus aplculatis, subtus cano-tomentosis, su- » pra glabris, caule petiolisque striatis caneseentibus, involucro nullo, involu- )) celli dimidiati pbyllis lanceolato-acuminatis radiolis multo brevioribus, fru- » ctibus oboTato - ellipticis glabris dorso 4-5 vittatis, vittis aequidistantibus » linearibus, commissura lineari-bivittata. » « Hab. in Nepaulia. Semina habui ab ili. Societ. hortlcola Londinensi et ab » H. Hafniensi. Flores albi. Floret Junio. Perennis. » Non perchè qui finiscano tutte le nuove piante di cui superbisce l'Orto di Padova, ma per ristarmi nei giusti limiti di una lettura academica m'affretto ora a cogliere l'ultimo fiore, con che si chiude la seconda ghirlanda che per esso ho l'onore di presentarvi. E questo un di quei fiori che, quasi memori della mitezza del natio clima, benché tratti sotto altro cielo, sbocciano primaticci ad allegrare le ajuole solatie dei Giardini, precedendo impazienti la vegetazione che si ridesta, l'anno che rinovellasi, la primavera che non ha ancora di che far bella la sua semplice ed elegante corona. Al Tulipano, non è gran tempo, l'aggraziata regolarità delle forme e la infinita varietà dei colori avea meritato i primi onori su quante erano allora le produzioni più leggiadre della Orticul- tura europèa. Lamentavano però li amatori che questo fiore, pago alla beltà e talor anco alla capricciosa bizzarria della forma ed alla varia vivacità delle tinte, difettasse del pregio soavissimo della fragranza; per cui, quasi bellezza o sci- pita od esanime, ingenerasse ben presto nell'animo dei riguardanti sazievolezza ed indifferenza. Fé' sua prova la Orticultura batava e l'alemanna per adempiere tal difetto, ma non ne fu nulla. La Tulipa suaveolens del Roth, conosciuta dai fioristi sotto il nome di Due de Toll^ non rispondeva a gran pezza a quanto pro- metteva il suo nome, a quanto desideravano i suoi cultori. Avvenne ad un cal- do ed intelligente coltivatore del fiori in Padova, l'egregio sig. dott. Francesco Guolo, di cogliere lo scopo sì vagheggiato; ed egli possessore di una bella e nuova specie di Tulipano d'ignota derivazione, volle offrirla a' miei studj. Or questo Tulipano veramente fragrante, riconosciuto per nuova e distinta specie, 98 meritò fin d'allora di portare racconcio nome di Tulipa odoralissima ; e di questo, mercè le cure del Guolo, non solo si abbellano ora copiosamente, ma, ciò eh' è più , si profumano le nostre ajuole. Avendo dato di questa specie circostanziata contezza nell'Orbo botanico di Padova^ pag. 149, mi limiterò a trascrivere qui la frase specifica che lo riguarda. « Tulipa odoratissima. Vis. Orto bot. di Pad. 1842, pag. 149. » « T. glauca, caule unifloro pubescente, foliis obovato-oblongis acuminatis »undulatis, perianthio campanulato, phyllis externis ellipticis basi cuneatis, » apice complicato-acuminatis patentibus, internis obovatis abrupte apiculatis )) erectis, omnibus basi Intus macula rhomboidea (flava) antice leviter fimbriata, » et zona semilunari biloba (rubra) supercincta notatis, staminum pistillum ae- » quantium filamentis anthera brevioribus, polline atropurpureo. » « Obs. Flores praeter maculam supradictam intus albi; extus rubri et mar- » gine albi, basi flavo-virentes. Floret Martio, Aprili. Odor fragrans ut in Ge- » nisla jiincea. Affinis 2'. suaveolenti^ cujus folia inferiora oblongo-lanceolata, » superiora linearia , margine plana , maculae phyllorum exteriorum rhomboi- » deae erosae cuspidatae, internorum cuneatae truncatae dentato-flabellilor- » mes, filamenta antheras superantia, pollen flavum. n E con questa soavità io pongo fine al mio dire, dal quale vi apporrete di leggieri, Academici valorosi, che l' Orto nostro, cui non restava anni sono che il prestigio venerando della vecchiezza, ora per le ampliate corrispondenze ar- ricchito di rare piante e di semi che viaggiatori animosi vanno spigolando ne- gl'inesausti campi dell'Africa, dell'America, dell'Oceanica, è già prossimo a raggiungere tale dovizia da non temere il confronto di quanti sono gli Orti bo- tanici delle Università più fiorenti. 99 DELLA IMITAZIOrSE E CREAZIOl^E IN LETTERATURA MEMORIA DEL SOCIO PROF. STEFANO AGOSTINI IETTA ALL'I. R. ACADEMIA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI DI rADO>A NELL'ANIVO niDCCCXLni V, olge un anno, o poco più, da che vi parlava delle due teorie, le quali si dividono l'odierna nostra letteratura; e vi dimostrava, o almeno intendeva a di- mostrare, = le buone lettere non potere né dovere andare retrograde o restar- sene stazionarie, come vorrebbero alcuni; ma potere e dovere, senza mai uscire dalle generali leggi della natura , crescere e progredire a misura dello svolgi- mento scienti6c(» e sensitivo, a seconda dell'indole e dei bisogni delle nuove generazioni. == E perchè alla teoria vuole tener dietro la pratica, così non è meraviglia se quelli opposti principi, *^'^' ìi^^sì allora in disamina, trassero seco una doppia classe di scrittori i quali battono un contrario cammino, persuasi sì li uni che li altri di seguire il migliore: altri cioè studiano li antichi, e scrivendo l'imita- no; altri li studiano, ma non l'imitano: che anzi scrivendo vi danno una lette- ratura non solo affatto nuova nell'intima sostanza dell'argomento, ma spesso anche così lontana dalle antiche nell'indole, nelle forme, nell'andatura da non serbare alcuna traccia di quelle; se non si voglia dirle simili, perchè le une e le altre sono letterature. La prima chiamasi letteratura scolastica o d' imitazione; la seconda lette- ratura originale^ o, se meglio vi piace, di creazione. Alcune considerazioni, che mi dà l'animo di proporvi intorno a questa ma- teria, se ho ritrovato grazia in voi, illustri Academici, accogliete cortesi. 100 PARTE I. Della letteratura scolastica o d'imitazione. Quelle menti sode e metallicbej cui non lusinga, non move che la vista dell'oro onde riboccano li scrittori de' tempi felici di Pericle, di Augusto, dì Leone, di Luigi ; quelli che la sentenza del poeta dommatico : « Avete il vecchio e 'I nuovo Testamento, » E il Pastor della Chiesa che vi guida ; )) Questo vi basti a vostro salvamento; » credono, mutando subjetto di fede, potersi estendere ed applicare anche alle credenze letterarie, non cessano di ripetere a sé stessi, ed a chiunque sia così buono da volerli ascoltare: Abbiamo Omero e Demostene, Cicerone e Virgilio, il Boccaccio e il Petrarca, Molière e Racine; essi ci lasciarono poemi e ora- zioni, novelle e sonetti, comedie e tragedie ; segnarono nella letteratura una li- nea, una via: dunque perchè non seguirla? perchè in quel cambio discorrere campi, non che senza sentiero, senza orme? perchè scrivendo trattare un gene- re di cose tutto nuovo, e d'una maniera di cui non abbiamo esempio in que' sommi? E parlando di questa guisa, ragionano cosi bene come se dicessero: Perchè ora metterci a volare per le strade a rotaja di ferro in carrozze a vapo- re, sdraiati su li aerei cuscini di makintons.^ se 1 nostri maggiori più che con- tenti andavano per que' loro viottoli in duro baroccio, tirati a rilento dal mulo e dal bue? E fedeli a questa letteraria religione, ove tingano in nero la carta, faranno parlare nei loro scritti, a cagione d'esempio, un Eugenio di Savoja, un Montecuccoli, un Maresciallo dell' Impero con le idée, con lo sdegno, con l' ac- cento d'Achille e Diomede; od un vivace nostro studente in paletot e mostacchi lamentarsi sotto al balcone d'una vispa crestaja, e chiamarla ingrata, inumana con la passione e le rime di Cecco da Varlungo: Che diavol t'ho fatt'io, bocchin di mele? Con questi sentono tutti coloro i quali, dietro alla massima di alcuni moralisti d'Oriente, hanno per fermo : meglio tornare lo starsene seduti a scranna che in piedi, meglio coricati che seduti, perchè Qui decumbit humi non habet unde cadat. E però, temendo sempre d'inciampare e cadere, si guardano bene scrivendo dallo starsene ritti su le lor gambe, ma si pontellano, s'appoggiano alle grucce con che batteva mendicando alle porte il grande rapsode, al bordone che reg- 101 geva i passi al filosofo in Tusculano; e facendosene talora acrobatico bilanciere, saltano su e giù per la stanza, allegrando se il guerriero Turniis ut antevolans tarduni praecesserat agmen scambiarono con l'eremita Paulus, ut egrediens socios praecesserat omnes; e se il Pagano Quo usque tandem abutere^ Catilina, patientia nostra? convertirono nel Cristiano Quo usque tandem ahutere^ peccatore patientia Dei? E tutti questi ed altri, i quali mercè un singoiar privilegio di buona fede pren- dono il prurito dei muscoli del metacarpo e delle dita per l'inquietezza del- l'ispirazione e del genio, non crediate che mai dettino un verso, un periodo, se prima, a guarentirsene la riuscita come un usofrutto, non l'ipotecarono sopra un verso, un periodo di Teocrito, di Cornelio, scrivendolo in cotal guisa su i beni- fondi di quell'antica società assicuratrice dell'onore dei letterati scolastici : tutti questi non vi daranno che una letteratura d' imitazione. Perchè essi, dopo di avere misurato ben bene da tutti i lati le Opere di quei maestri , e i diversi generi di quelle , vi tagliano sopra di ciascun genere come uno stampo , un modello regolatore , il quale abbia a dare ai loro impasti letterarj la stessa forma , la stessa spessezza , la base medesima ; tutto in som- ma, meno il sapore; stampi da servire a tutti i tempi, a tutti l'ingegni, buoni a maneggiarsi egualmente dai poeti didattici ed anacreontici, dagli oratori morali e dai panegiristi. E cosi tutte le loro prose e le loro poesie non si compongono d'altro che d'un certo numero di certe frasi conosciute, determinate, conven- zionali, scelte, se volete, ma sempre o quasi sempre le stesse, sempre accumu- late in un faticoso centone; e così le loro prose e le loro poesie sono sempre tali, che in quanto all'esterno aspetto, all'ordinamento, alla misura del princi- pale e degli accessori, in quanto al luogo che occupano e al modo con che sono distribuite le singole parti, basta leggerne una per poter dire con sicurezza di conoscerle tutte. Sono propriamente come una data moneta messa in circola- zione, con orli più o meno rilevati, di un'impronta più o meno netta, più o meno consumata dall'uso e dal tempo, che vi darà anche il prodotto di somme diver- se, secondo il diverso numero delle pezze; ma queste pezze saranno sempre alla fine del conto dello stesso conio, della medesima lega. Ecco la lettei-atura d'imi- tazione! .... 102 Né mi si dica esservi una iinilazione libera, nobile, generosa, ben diversa dalla fin qui accennata, bigotta, meschina, servile; perchè la parola stessa imi- tazione esclude l'idèa d'una nobile e generosa libertà, ed inchiude necessaria- mente quella d' una schiavitù morale più o men pedantesca, ma nobile e gene- rosa non mai : e quindi una letteratura veramente nobile e generosa non potrà mai essere letteratura d'imitazione. Parimente cade in acconcio qui d'avvertire che alcuni, parlando A'imitazio- ne in letteratura^ sogliono confondere lo scrittore il quale scrive con Tldéa d'essere letto, con la speranza di andare tra le mani di molli, se non di tutti; scrive per il Publico, ad istruirlo, commoverlo, dilettarlo; scopo che si propone e si deve proporre ogni giudizioso scrittore ; sogliono, io diceva, confondere que- sto tale con quello che, prima di por mano ad un'Opera che vuol publicare, si esercita studiando, affaticandosi privatamente in raccogliere, scrivere, acconcia- re parole, frasi, versi, periodi, orazioni, canzoni, a fine di rendersi atto a scri- vere un'Opera degna del Publico; come chi in palestra academica s addestra giocando di marra, prima di sfidare il rivale ad arma-bianca e fare da vero. A quest'ultimo, dicono, ed in questi studj privati gioverà d'imitare qualche an- tico maestro. Io non parlo di questa imitazione preparatoria, né della sua mag- giore o minore utilità. Questo io lascio discutere ai pedagoghi, agli educatori. Io parlo dello scrittore il quale scrive con intendimento di publicare i suoi scrit- ti ; e dove egli scriva in maniera degna del Publico, al mio proposito poco im- porta se per questo o quel modo sia venuto in eccellenza nell'arte di scrivere. A chi, pagati due buoni franchi d'ingresso, sta su lo scanno o in palchetto guar- dando alla danza) che fa a sapere se o no la Cerrito, a diventare cosi pieghevole ed agile della persona e del piede, sin da fanciiJla e nella stanza s'avvolgesse, si lanciasse fra la vertigine del waltzer o nei salti della galoppai .... Gli basta di vederla moversi con quella movenza d'onda increspata, d'aura soave, quando su le scene molleggia da Gitana, volteggia da Silfide. Io dico poi, che lo scrittore il quale ha da rendere publica la sua Opera, se vuole interessare e piacere, non deve imitare. E a dir vero, che cosa vuoisi ne- cessariamente intendere per imitazione in letteratura, se non uno studiato ar- tificio di esprimere un'idea, un pensiero, un soggetto, od una parte d'un soggetto, sotto la stessa forma, nell' eguale misura, con le stesse proporzioni fra il tutto e le parti , con che un' idea , un pensiero , un soggetto simile fu espresso altra fiata? Io certamente non so intendere altro per imitazione ; né credo che altri 103 possa intendere diversamente con questo nome. E quanto si disse della lettera- tura dite delle belle arti in genere. Ciò posto, ognun vede che il naturale pr»- (lucimento dell'imitazione consisterà in un soggetto il quale il più delle volte non differisca da un altro, in quanto alla sua espressione, che nel nome soltanto. Un architetto, per esempio, inalzi una superba rotonda; v'innesti sedici mae- stose colonne, che formino un atrio, un portico: egli avrà fatto una bella roton- da, un bell'atrio ; ma non sarà che un imitatore, un copista, se quella rotonda e quell'atrio, che ora si dicono il tempio di Canova in Possagno, si conoscevano già tanti secoli prima sotto il nome del Panteon di Roma, del Partenone di Ate- ne. Pittore o scultore ritragga un giovine tra i diciotto e i vent'anni, di bellis- sima faccia, d'un' ammirabile proporzione di parti, di una singolare pieghevo- lezza di muscoli; il leghi pure nudo-nato ad un albero, gli passi anche il petto di tre o quattro frecce: egli avrà fatto bene; ma non sarà che un imitatore, un copista, se in quel giovine, al cui piede ora leggi scritto san Sebastiano^ tutti ravvisano l'Apollo di Belvedere. Il pittore o lo scultore non avrà fatto di nuovo altro che cangiarvi il nome, ed aggiungervi le saette. Così nell'arte let- teraria se alcuno vi descriva una punta di scoglio sporgente in mare, e su quella una donna scomposta le vesti, scarmigliata, in atto di gridare, guardando d'uno sguardo disperato ad una nave che fuge e sparisce tra il sorgere dei flutti e la lontananza; ch'egli la chiami pure Olimpia abbandonata da Direno, voi la di- rete Arianna abbandonata da Teseo: l'autore non le avrà che mutato nome, tempo e luogo; avrà imitato e copiato, avrà tirato diversi esemplari dello stesso intaglio, contentandosi di apporvi cangiata la sola etichetta. Ora io domando se una cotale imitazione, né altra ve n'ha in materia di lettere, possa servire di fondamento alla letteratura, sia da prescriversi come norma agli scrittori. Una letteratura che cammini su queste tracce non vi pre- senterà mai niente di nuovo, non vi susciterà che sensazioni già conosciute e pro- vate, e quindi fredde, deboli, indifferenti, perchè la passione cede alla forza della consuetudine. Che se mai una cotale imitazione esercitasse un qualche potere su lo svol- gimento d'una letteratura, questo potere non servirà ad altro che a svisarne la ingenuità delle forme e della natura. Lungi dal communicare allo scrittore qua- lità novelle, ne incatenerà servilmente lo slancio, lo impaccerà miseramente tra l'ordine, l'andamento, le idée, le frasi degli altri; come i soldati alla rassegna, il secondo non potrà fare un passo senza il movimento del primo. Cotesta imi- 104 tazione alla fine convertirà un drappello d'uomini di genio in una recluta al più di eleganti plagiar]'. L'imitazione adunque in letteratura non può essere cibo e nutrimento fuor- ché alle intelligenze mediocri; non altrimenti che la lotteria è pascolo ed esca alle speranze della miseria. Dunque l'imitazione è indizio certo di mancanza di genio, ed annuncia infallibilmente la decadenza delle buone lettere; di maniera che si può dire, le instituzioni retoriche, le quali insegnano ad imitare, essere il vero cholera morbus degli scrittori. Chi viene preso da una cotale pestilenza soffre crampi d'intelletto, mancanza di passioni, assideramento d'imaginazione; il colorito de' suoi pensieri è cianosi. Ella è una verità non solo oramai dimostrata ed intesa dai più, ma quasi triviale , che il pensiero umano riveste certe differenti apparenze secondo l' in- dole del proprio secolo; e che lo spirito e l'indole generale di ciascun' epoca prescrive, direi così, il conio e lo stampo in cui ciascun pensiero deve assume- re la forma del proprio corpo. Perchè adunque perdersi in inutili sforzi, e il più delle volte dannosi, a fine di ricostruire delle forme vecchie, disusate, di- strutte, o almeno non opportune, non convenienti ai nostri bisogni? perchè si vorrà costringere lo scrittore ad imitar quelle forme? Come mai, imitando il corpo che l' idea informava dieci, venti secoli fa, giungeremo a costruire il cor- po di che l'idèa vuole vestirsi a' dì nostri? Operando in tal guisa, noi cucire- mo la clamide d'Alcibiade, il manto di Scipione su le spalle di Bonaparte e Mas- sena. Forse che i nostri architetti, quando vogliono fabrlcare Tunnel o ponti di ferro, prendono a regola delle loro costruzioni le antiche piramidi e li obelischi? Una letteratura adunque fondata su l'imitazione dei Greci e dei Romani, più che su i costumi, su l'indole, su la religione dei popoli, non può presentare che bellezze vecchie, uniformi; una letteratura che imita quella degli antichi, una letteratura che non nasce dal proprio suolo, con l'impronta della sua età, non può accordarsi allo spirito dei tempi, e quindi non può interessare. Perchè una letteratura piacia ha da mettere le sue radici nei sentimenti e nelle opi- nioni dominanti della nazione, e nascere dalla società stessa. Le dottrine, le leggi, i costumi, il potere, le lettere, tutto deve andare di conserva. Certamente, e nessuno lo nega, l'analisi delle Opere antiche può servire al nostro spirito di esperienza, di guida; ma perchè una sì fatta analisi torni di vero giovamento è d'uopo cercare in esse dei modelli di ciò che si faceva e si doveva allora fare , non di ciò che vuoisi fare al presente : i processi , 1' anda- 105 mento, lo svolgimento del genio antico hanno a servire Come esempio di studio, non come legge d'imitazione^ mentre i codici d'arie promulgati or sono dieci secoli, riguardati come codici d'arte, non s'acconciano alle nostre letterature né più né meno che le leggi di Licurgo o di Dracone converrebbero ai nostri costumi. Ciascuna età nel medesimo tempo che si crea la propria storia letteraria, si crea anche la propria arte poetica ed oratoria ; perchè, a parlare propriamente, l'arte poetica ed oratoria di un' età non è altro che la storia della sua letteratu- ra: tanto è vero che le regole poetiche ed oratorie non d'altra fonte scaturirono, che dalle antecedenti letterature. Egli ne viene da ciò, che allo scrittore non è concesso di rimettere in vero onore, né di richiamare in uso una forma la quale apparteneva ad un altro tempo, perchè a far ciò converrebbe ricostruire i costu- mi, i bisogni, l'indole d'una società già passata, e d'un tempo che non è più. Veduta cosi l'imitazione letteraria nella sua intima essenza, è da vedere ora quale via additino i retori a seguitarla (l). Sogliono essi dividere l'imitazione in varj stadj: marciano a tappe, a posa- te ; e a buon diritto : quando, più che allo spirito, al corpo si danno facende, il sonno è là. I. Stadio. — Il primo stadio adunque aperto alle corse dei letterati imita- tori é la ti'adnzione dun qualche pezzo classico. Ma Dio buono! chiameremo noi letterato, scrittore chi non fa che tradurre? chi ci dà un'idea altrui più presto con queste, che con quelle parole? Chi tra- vasasse una bottiglia di Champagna in un'ampolla da speziale sarà egli facitore di vino di Champagna? Così l'idea del traduttore è sempre l'idea dell'autore. E fosse sempre la stessa ! e non la svisassero, non la snervassero spesso le mani del traduttore! Peggio poi se qualcuno, nostro e fra noi e per noi, invece al- meno di voltare nella nostra favella un libro scritto in lingua morta o straniera, s'avvisasse di tradurre, consumando lunghi anni e lunga fatica, un libro nostro e popolare in una lingua morta e difficile. A che prò ? Io credo avremmo ad un cotal libro tanto rispetto da non tagliarne né manco le carte. E il traduttore andrà gridando per le vie, nelle scuole, che a' tempi nostri il buon gusto se n'é (1) Vedi Voi. V. dei Nuovi Saggi dell'I. R. Academia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova. Memoria /. — A scansare ogni equivoco avverto che in tutta la presente scritta, mentre professo il debito rispetto alle persone, non piglio di mira che le teorie. •4 106 ito; che più non si studiano le lingue antiche, ma le moderne. Pianto da parruc- ca, che si lamenta perchè a questi giorni chi ne ha porta in testa i proprj capelli. E cotesto andazzo di traduzioni, indizio certo d' ingegni mediocri e decadi- mento letterario, disonorò pur troppo i secoK e le nazioni: paese di traduttori, paese di studj fiacchi e cattivi. Convien dire che fra i Latini i traduttori pas- sassero inosservati, giacché nessuna versione dei testi greci ottenne d'essere an- noverata fra i loro Glassici. Quei padroni del mondo non toleravano un tal me- stiere che in riguardo agli schiavi ed agl'ignoranti ; ed è perciò che anche a' di nostri il chimico, il geologo, il mineralogo, uomini che danno facilmente nel massiccio , nel positivo , confondendo insieme e distendendo , a dir cosi , su '1 medesimo strato tutti e traduttori e scrittori, usano talora di chiamarli co '1 caro vezzeggiativo di parolaj. [6 E non si vogliono adunque fare traduzioni? e queste non possono tornar utili almeno a coloro che non intendono una lingua morta od estranea? Tradu- cete pure, che Dio vi ajutl! ma non vogliate credere d'essere letterati perchè traduttori. Se il Caro, per esempio, nella versione dell'Eneide s'appalesa let- terato, è là dov'agii inventa ed aggiunge, non dove puramente e semplicemente traduce; perchè ove traduce fa ciò che può fare chiunque intende il latino, e sapia voltarlo in italiano. Questa qualità certo, né v'è bisogno di prova, non costituisce il letterato. II. Stadio. — Ma già i retori preparano al loro Ercole letterario la seconda fatica d'imitazione, cui fanno consistere (reco sempre fedelmente le stesse loro parole) = nell'appropriamento d'un pensiero altrui, e nella maniera espressiva di renderlo migliore con alcune idée o corrette od aggiunte. = Non e' è mezzo a scampo: il povero letterato, secondo essi, o deve copiare con la provisione fissa d'un tanto di gloria per linea, per pagina che trascrive; o sedere a scranna co '1 cipiglio e la noja d'un maestro di scuola a correggere il penso a quelli sca- pestrati scolaretti di Omero, di Tacito, di Petrarca, di Dante. Da cotesti pre- cetti dati allo scrittore avremo noi altro che copisti o pedanti? Qual mai foco poetico, quale amore, qual convincimento del vero può essere in colui il quale scrivendo si pone dinanzi agli occhi una strofa d'Orazio, e rendendo in italiano quel eh' è nel latino, crede di scrivere una poesia bella e sua, riportando su la carta la stessa idèa, co '1 solo mutamento dei nomi di Lalage e Lesbia in quelli di Lucrezia e Francesca? in colui il quale tentando la stessa lingua e lo stesso metro del Venosino, quel 107 ,; Coelo tonantcm credidimus Jovem ì;)ìuì .■..■ujiar.jiij.ij;. Regnare ^p it ce lo darà con questa gran conversione : Coelo tonantem credidimus Beiiin ,ii.-.oT,.,3 ,. Regnare? '•"•'■^'.•^'. ?■!" Tutti, o quasi tutti, in collegio e forse anche fuori di collegio, più o meno bene, abbiamo fatto di tali poesie; ma vi piaciono esse, piaciono agli altri? Havvi mai chi sia stato oso di rileggerle, o rileggendole averle per belle? Sono imitazione, e non creazione; ecco tutto. Che però più presto che difformarla imitandola, una bella idèa ripetasi tutta intiera. Egli sarà almeno come ripetere una bella massima di morale, cui giovi spesso inculcare. Ma non è per questo che si possa generalmente imitare. La letteratura d'imitazione sarà sempre sbiadita e fiacca. III. Stadio. — Studiamo il passo, che questi stadj sono molti, e noi non giungemmo che al terzo, il quale vien posto = nel descrivere lo stesso soggetto per emularne le prime bellezze. = Dal fecondo petto dei retori sgorgano regole senza fine, ed ora vogliono che il loro scrittore corra il palio, e contenda la pal- ma niente meno che all'ira del Ghibellino, alle fantasie del Ferrarese. Ma pure quale differenza c'è tra questo terzo stadio e il secondo testé accennato? Cer- tamente nessuna rispetto alla teoria; e in pratica l'uno non differisce dall'altro che nella quantità, cioè nel divario che corre tra il piccolo e il grande, il breve ed il lungo. Che se in fatto di lettere non deve seguir merito all' imitazione né pur d'un pensiero, tanto meno a quella d'un intiero soggetto. Né giova il dire che simili imitazioni non saranno sempre affatto prive di pregi: perchè io ri- sponderò che non potranno non avere sempre il difetto d'essere imitazioni; perché nell'oratore, nello storico, nel poeta il dolore, l'amore, il bello, l'onesto, il giusto, l'ingiusto debbono essere da lui stesso fortemente sentiti, se vuole fortemente parlarli e farli sentire al lettore. Ora quando chi scrive imita il do- lore, l'amore altrui, egli no 1 sente, o il sente poco; tanto è vero che imitalo: e se no 1 sente, il suo cuore è freddo , la sua espressione più fredda, ghiaccio ohi legge. E come potrebbe durar caldo l'affetto passando per tanti meati, tanti veicoli? dall'autore che s'imita nell'imitatore, e da questo in chi ha la mala ventura di dover leggere, talora per solo obllgo di Galateo, l'imitazione? E come il suono d' un eco, che a forza di ripetere la stessa parola lentamente si consu- ma e svanisce; è come la luce del sole dalla luna ribattuta in terra: se anche riscalda alcun poco la luna , non riscalda la terra. Da qui l'assideramento di 108 tutta l'Arcadia, e di chi si avvolge tra le freddure di que' Titiri, di qua' Melibéi, di quelle Glori, di quelle Ireni. A squagliare quel gelo non bastano cento canicole. Né intendo con ciò proibire assolutamente, che se l'indole, la qualità, l'or- dine di una lunga Opera, d' un lungo poema naturalmente e quasi di necessità conducano lo scrittore a toccare una sentenza vecchia, a descrivere un soggetto già trattato altra fiata , non lo accenni , non lo descriva. Il facia pure ; ma così , che si vegga la sentenza fluire quasi irresistibile dalla penna, perchè il luogo domandala; ma così, che l'antico soggetto sia voluto a compiere l'argomento; ma così, che la sentenza e il soggetto siano sentiti e veduti come si sente e si vede tra noi. E facendo in tal guisa non sarà imitatore , mentr' egli di quella sentenza e di quel soggetto ne avrebbe fatto materia allo scrivere, anche senza vederli in altrui. 3Ia lo scrittore non si prefiga mai di trattare un soggetto ap- punto perchè e come fu trattato dagli altri ; perchè allora non avremo che un quadro copiato, anche con diligenza talvolta, anche con qualche tinta più o meno carica , più o meno sfumata ; ma in sostanza lo stesso , e le copie non di- ventano mai originali. IV. Stadio. — Tiriamo innanzi. Eccoci al quarto stadio, eh' è = l'imita- zione d' una scena, o digressione tracciata già prima di guisa, secondo i tempi, da renderla migliore e nuova. = Questa è proprio mania di moltiplicare in- ciampi allo scrittore: solito vantaggio recato alle lettere dalla tiu-ba dei retori. Infatti nell'enunciata regola io riscontro ripetizione, insegnamento erroneo, con- tradizione. a) Ripetizione, perchè in sostanza combacia con la seconda e la terza re- gola, mentre = l'appropriarsi un pensiero altrui,^ ch'è la seconda, =il descri- vere un soggetto già descritto da altri, = ch'è la terza, =lo imitare una scena, una digressione già tracciata altra volta, = eh' è la presente, non si riducono forse a questo: = lo scrittore facia quello che fece un altro scrittore ?= che monta se ora trascriva un pensiero, ora un soggetto, ora una scena? Sarà lo stesso che un pittore, il quale copia una testa o un torso o un paesaggio. Non sarà sempre egualmente un copista? b) Non basta: c'è in questa regola errore, giacché vuole = s'imiti una scena altrui cosi da renderla migliore. = Perchè imitare una scena, se non è più che bella? E non è più che bella, quando si vuol migliorare. Dunque è re- gola che insegna ad imitare il brutto, od almeno il mediocremente bello, in pa- ragone del bellissimo : dunque ei-ronea, dunque dannosa. 109 e) Finalmente v'ha contradizione in termini. CommanJa = s'imiti una scena altrui cosi da renderla nuova. = Ma quando si fa qualche cosa di nuovo non s'imita; si crea. Dunque ripetizione, errore, contradizione. Date ora cote- ste regole in mano agli scrittori , che guidati cosi bene riusciranno a meta glo- l V. Stadio. — Il quinto stadio è = l' imitazione d' un soggetto grande , im- portante, maraviglioso. = Non isperate di sfugire alla persecuzione di questo intercalare = imitazione e soggetto, soggetto ed imitazione. z=: Se non che ora il ritornello finisce, strepitando co' i nomi di grandezza, importanza, maraviglia. Sia pure. Dunque il copista copierà un soggetto grande, importante, maraviglio- so; ma niente di più: dunque niente di nuovo. Ma qui odo rispondermi: Anche l'Ariosto ed il Tasso imitarono in parecchi luoghi i Greci, i Latini. L vero; né per questo meritano lode, se pure non in- corrono biasimo. Ed io per me vorrei lodarli di più, se non avessero imitato. Che se tali quali sono valgono assai, quanto più se così di frequente non aves- sero stesa la mano ad imitare ! Eh via, giudichiamo una volta con la nostra te- sta, e non con quella de' nostri maestri, rispettabili certo per buona intenzione, ma tratti essi pure in inganno dalle false credenze dei loro precettori ; ed allora intenderemo che l'Ariosto ed il Tasso là ci piaciono assai più dove non sono imitatori, ma originali. L' uno e 1' altro sono più interessanti dove ci dipingono nuovi usi, nuovi costumi, nuove battaglie, nuovi duelli, nuove armi, nuovi or- digni, nuove donne, nuovi amori, nuovi cavallieri, nuove gentilezze di cavalle- ria ; e l'uno e l'altro meno c'interessano nei due episodj qui di Medoro e Glo- ridano, là di Argante e Clorinda, perchè l'uno e l'altro attinsero la loro ispira- zione da Virgilio nell'episodio di Niso ed Eurialo, e quindi ci riportano sensa- zioni che già provammo altra fiata, e che quindi o più non sono alte a commo- verci, 0 certamente non tanto quanto se ci giungessero nuove. E il Tasso, per- donatemi quest' audace intramessa, per troppo amore di seguire li antichi nella Gerusalemme liberata^ per quanto sia bella poeticamente, si scostò troppo dalla verità storica, dall'indole di quei secoli, dai costumi occidentali ed orientali cosi, che guastò il tipo unico e la religione delle Crociate, descrivendoci Cro- ciate che non sono le Crociate, un Oriente che non è l'Oriente, donne arabe e turche che non sono né turche né arabe, un'Europa ed un'Asia che non è né l'una né l'altra; in somma, il mondo cristiano e musulmano del secolo undecime e duodecimo ce lo trapianta e restringe fra le mura di Atene e di Roma ai tempi me di Aut'usio e di Pericle. E di tutto questo vi recLerò lungLissime prove quando discenderò ad esaminare le diverse letterature singolarmente prese, ed i singoli autori. Ora a brevemente convincervi la mia asserzione non essere avventata, mi basterà di porvi sott' occhio i Crociati presentare al mondo uno spettacolo affatto itmoto alle età antecedenti: l'Europa armata, non come la Grecia a ven- dicare la privata vergogna d'un adulterio, ma per la causa della sventura e del- l'umanità oppressa, movere un grande esercito di Principi, Duchi, Conti, vas- salli, Vescovi, Abbati alla difesa d'una religione che li rendeva sensibili al mali di chi pativa lungi da loro, e guidarli ad altri fratelli in regioni ch'essi non co- noscevano. Questa carità religiosa e sociale non si trova in veruna delle antiche rivoluzioni; e questa carità, che avrebbe colorato il gran quadro di tinte cosi ingenue, così sublimi, non è né pure adombrata nella tela del Tasso. Altro nuovo spettacolo nei Crociati l'unione dell'umiltà religiosa con l'amor della gloria. Le cronache ci dipingono quei superbi guerrieri, lerror dell'Asia e dei Musulmani, chinare al suolo la vittoriosa fronte, coprirla di polve, e correre di conquista in conquista vestili del sacco della penitenza ; i sacerdoti eccitarli alla battaglia non con parole di laude clie accarezza il valore, ma con accenti di biasimo che rinfaccia i peccati ; e dopo la vittoria sorgere tosto la religione , e proibir loro, non che di gloriarsene, direi quasi di ricordarsene. Questa singo- larissima indole delle Crociate è appena toccata nella Gerusalemme. Le idée di magia profuse nel poema non s'accordano alla verità della storia, percliè la magia, sorella germana alla menzogna, non poteva collegarsi con la franchezza di quei generosi. I Crociati peccavano, è vero, di superstizione; ma questa, benché grossolana, aveva in essi qualche cosa di nobile e di grande, che li avvicinava all'altezza dell'epopea, senza che il poeta avesse bisogno ad inter- essarci di ricorrere ad imaginari incantesimi. I caratteri delle donne , per quantunque compariscano in iscena vivi e leg- giadri, non solamente non convengono con la storia, ma sono anche inverosimili, perchè non si confanno per nulla alle usanze di quell'epoca e di quei popoli. In tutti i cronisti delle Crociate non si nominano che la Principessa d'Antiochia, la quale in tutto quel trambusto di guerra non si lagnava d'altro, che di non poter mangiare carne di porco; e l'avvenente Melal^ che visitava Boemondo in prigione, ed era perciò chiamata meretrix da Dolimano suo padre. Io credo però che se la Gerusalemme liberata si traducesse ora in qualche lingua dell'Asia, ciò che recherebbe a quei popoli più stupore della caduta del cielo sarebbe Ili quanto il poeta racconta di quelle loro nonne e bisnonne, solite in gioventù a cantare 5 ballare, lascivire nelle profumate stanze, dentro a guardati giardini, su '1 margine delle fontane, use a cedere senza lunga contesa anche l'impaccio della gonna e del velo, più presto cbe vestir maglia, imbracciare scudo, correr foreste, armeggiare in campo, braveggiare in battaglia. Così quel grande genio di Torquato offuscò parte almeno della nativa sua lu- ce per aver voluto imitare li antichi in tutta l'orditura del magnifico drama, nel- l'unità di tempo e di luogo, e cangiare Bidone e Camilla in Erminia e Clorinda. VI. Stadio. — Volete sapere qualche cosa anche del sesto stadio? Questo = segna la più audace fantasia, che nella massima sua libertà si subordina alla natura ed a' suoi classici imitatori. = A tutto questo io confesso di non capir altro, se non che non capisco niente. Mi pare propriamente di leggere le rela- zioni dei Congressi scientifici su 1' elettro-magnetismo applicato alla medicina. Che cosa mai intendono per quest'audace fantasia, che nella massima sua li- bertà si subordina alla natura ed a' suoi classici imitatori ? Se la fantasia non si subordina che alla natura, cotesta non è imitazione, o almeno non è quella imi- tazione di cui parlano i retori, e cui vogliamo proscritta dalla letteratura; e mentre imita la natura, non imita i Classici imitatori della natura se non in tanto in quanto e questi e quella imitano la natura. Ed è ridicolo, per esempio, il dire che Dante abbia imitato Virgilio, perchè l'uno e l'altro conducono il loro personaggio all'Inferno. Altrimenti si potrà dire ch'io imito Omero, perchè io, come Omero, camminando porto con vice alterna 1' un piede dinanzi l'altro. L' Inferni de' poeti sono molti e diversi , secondo le diverse loro credenze ; e moke strade vi accennano, ed ognuno può andarvi a capriccio, e per diverso cammino; né perciò tutti, clie discendono all'Inferno, dirannosi imitatori. Altro è imitare un'idea altrui, ed altro che da un'idèa altrui o letta o udita si ri- svegli nello scrittore un'altra idea tutta nuova. Questa idea non è d'imita- zione ; tanto è vero eh' è nuova. Se, per esempio , leggendo avere Lord Byron passalo a nuoto lo stretto di Sesto ed Abido, mi toccasse il ticchio di provar- mi, che Dio mi guardi! in quello d' Abila e Calpe , menando le mie gambe e le mie braccia, dirassi che ho imitato l' Inglese? Allora tutto il mondo è imi- tazione, perchè il mondo è sempre mondo, e li uomini sono sempre uomini; e chi nuota ha da movere le gambe nell'aqua, perchè fiumi o laghi o mari di nettare e latte non ce ne conta né pure la confidente Geografia di Adriano Balbi. E tutti i pittori saranno tutti imitatori, perchè tutti usano colori e pen- 112 nello. Dite altretanto di Dante riguardo a Virgilio: llnferno di quello non si assimiglia all'Inferno di questo se non perchè il primo e il secondo è un Infer- no: non concordano che nel nome. E piacesse al Cielo che tutte le imitazioni letterarie non consistessero che nel nome ! Il male si è , che cangiano il nome , e ritengono le cose, la forma e l'indole delle cose. E questa è l'imitazione della letteratura scolastica che si vuol condannare. VII. Stadio. — Nojatl e stanchi, io certamente, e Voi forse assai più, che non mi giova illusione, giungemmo al settimo ed ultimo stadio, il quale com- prende lo stile, che (dicono) = può variare nelle particolari sue forme, ma non mai nell'essenza. = Eccovi un'altra ambage, un'altra miseria, ossia vezzo reto- rico. Il dire che lo stile ha un'essenza, è un parlare senza essenza d'idée. Lo stile è l'uomo ; questo è assioma riconosciuto da tutti i saggi ; ossia lo stile è lo scrittore. Secondo che uno scrittore sente più o meno forte l'impeto delle pas- sioni; secondo ch'è d'un ingegno mite o severo; secondo ch'è solito a vedere le cose più presto sotto un aspetto che sotto un altro, tinte in rosa od in nero; se- condo che tende più all'ideale o al reale; secondo la diversa sua educazione, il tempo in cui vive, il luogo che abita, l'aria che respira, il sole cui riscaldasi, li oggetti di che circondasi, l'arte che professa, la materia che tratta; egli non può, scrivendo, non far vibrare i suoi scritti di quelle scosse, di quelle oscilla- zioni, d'onde ha l'anima tocca e commossa; non può non communicare ad essi il colore, l'imagine della sua indole, de' suoi pensieri, de' suoi affetti, del suo sentire, del suo giudicare : ed ecco in lui uno scrivere secco o difuso, placido o caldo, fiorito od austero, malinconico o allegro, rigido o imaginoso; uno scrivere qua tronco, interrotto, che vi percuote come a colpi di maglio; colà scorrevole e facile, che vi seduce ed incanta come il mormorio d'un ruscello; ora breve e ristretto, che v'incatena il cuore e la mente come dentro alle angustie d'una prigione; ora impetuoso, furioso, che vi strascina e rapisce come per le regioni dell'aria sopra le ali del fuoco: ed ecco l'abito stesso, direi così, le mosse, le ca- denze, l'armonia dei periodi; in una parola, ecco lo stile conformarsi necessaria- mente allo stato interno ed esterno dello scrittore. Dunque lo stile non è qualche cosa da sé; dunque lo stile non è che l'esterna espressione dell'interno sentire dello scrittore; dunque lo stile non ha un'essenza sua propria; e se ne ha, essa non può consistere che nelle forme, le quali, anche secondo i retori, possono e debbono variare; e, come vi dimostrava parlando del progresso necessario alla letteratura, debbono variare secondo lo svolgimento scientifico e sensitivo, l'in- 113 dole ed i bisogni dei diversi tempi e delle nuove generazioni. Ecco perchè lo stile è diverso in tutti gli scrittori ; ecco perchè lo stile di Demostene non è quello di Cicerone, né quello di Cicerone quello del Segneri , ne quello del Segneri quello di Bossuet, e cosi via via. Ciò premesso, come mai si potrà ra- gionevolmente ed utilmente insegnare che lo stile si debba apprendere dagli scrittori? (badate bene ch'io parlo qui dello stile, non della lingua) La lingua, quando è formata, è un fatto ; è una cosa storica ; è quello che è, né può essere diversamente: ma la lingua non è lo stile; altrimenti il più bello stile si trove- rebbe nei singoli dizionarj delle singole lingue. Il dire adunque che lo scrittore deve apprendere lo stile dagli antichi maestri è Io stesso che dire dovere lo scrittore spogliarsi della sua natura e vestire l'altrui. Ditemi di grazia: Omero e Dante di chi mai imitarono essi lo stile? Il primo non sapeva leggere, o al- meno non poteva, era cieco; e il secondo naque solo, e naque gigante. Pedan- teria retorica è parimente il dividere lo stile in semplice , medio e sublime. Lo stile è cosi vario, come può essere molteplice 1' umano pensiero od il sentimen- to. Lo stile è la necessaria indole dello scrittore , è la sua natura , né può evi- tarlo; e, se il tentasse, riuscirebbe sforzato, mostruoso, scipito, agghiacciato. Che cosa ci diedero tutti i petrarchisti? miserie da vergognarsene. E poi incul- cate l'imitazione degli antichi scrittori? Come mai volete dettar regole che in- segnino ad imitare gli antichi all'odierno nostro letterato in mezzo al grande agi- tamento intellettuale e morale del nostro secolo, dove soventi volte basta un momento a modificare , a cangiare interamente i nostri giudicj ; dove il nostro stato scientifico e sensitivo è pieno di movimenti successivi, straordinarj, nuovi; dove le nostre opinioni si formano, si trasformano, si dileguano, si riproducono mediante una serie di percezioni rapide, nuove, sfuggevoli; dove ogni ora, direi quasi, di pensiero è per noi tutta un'esistenza, die ha accidenti suoi proprj, i suoi timori, le sue gioje, le sue convinzioni, le quali ogni giorno compongono della nostra vita interiore come un drama, un poema, che ad ogni istante ha un canto nuovo, un nuovo atto, un nuovo episodio, e sempre un discioglimcnto ce- lere ed improviso? Dunque lo scrittore non potrà mai avere alcuna norma a seguire? si lascerà i5 114 egli andare in balia d'ogni vento che soffi, d'ogni mare che ondeggi? — Ponia- mo ch'egli conosca la lingua in cui scrive, perchè questa, come già vi diceva, non si può cangiare ad arbitrio , ed osservi le generali leggi della natura ; non esca dai loro confini ; segua lo svolgimento scientifico e sensitivo del proprio se- colo; prenda di mira l'indole ed i bisogni della sua età, della sua nazione; senta dentro a sé la forza di quel foco di clie vuole accendere altrui: ed egli riuscirà ad interessare e piacere. Né io gli vieterò di studiare gli anticJii , purché sapia studiarli come esempio di sperienza a conoscere quanto essi Iian fatto, e quanto resti a fare ; non a rifare ciò eh' essi già fecero. Che se un odierno scrittore peritoso e modesto domandasse pure un appog- gio, una guida, questa, più presto che negli antichi , la troverà nei moderni ; in quei pochi, ma grandi, i quali, senza trapassare i limiti del naturale, compre- sero il loro secolo, e scrivendo toccarono quelle molle che meglio valevano a dilettarlo, istruirlo, ritrarlo dal vizio, spingerlo alla virtù. Non vogliate porre in un solo fascio i recenti scrittori, e perchè alcuni tra loro danno nel falso, nel- l'esaggerato, condannarli tutti. Sarebbe forse conforme a buona logica riprovare i sani principj d'una scuola, perché taluni che si vantano di seguirli, 0 non in- tendendoli bene , o tirandone false conseguenze , caddero in quella vece in er- rore? Anche tra gli antichi si fa scelta non solo tra scrittore e scrittore, ma si anche tra gli scritti diversi degli autori trascelti. Che altro sono le Antologie^ le Selecta Latinorum, gli Spicilegia graecorum scriptorum? Perchè non fare lo stesso anclie riguardo ai moderni ? E tra questi vi sarà dato rinvenirne di som- mi; e in essi avrete degli scrittori che scrivono secondo i nostri bisogni, e nelle forme che convengono ai nostri tempi: il che non potrete ripromettervi dagli antichi, i quali scrissero pe' i tempi loro. Non si scriva dunque in questa o quell'altra maniera solamente perché così scrissero gli antichi, perchè cosi facevano i nostri padri, né perchè così prescri- vono le regole delle vecchie scuole: regole che furono posteriori agli antichi maestri, i quali scrivendo non guardavano certo né alle forme dell'arte poetica, né a quelle dell'oratoria, perché quando essi scrivevano i retori ed i gramma- tici , grazie a Dio , non erano ancora comparsi a mettere in trono la mediocrità 115 e il peJantismo, si badavano al proprio secolo ed alla grande natura; ma si scri- va in questa o quell'altra maniera, perchè così vogliono i nostri tempi e i no- stri bisogni. Senoncliè taluno potrà forse susurrare nell'orecchio al vicino: Ma così non si fa che distruggere; e quando è mai che si edifichi? Certamente quando un edificio è mal condotto, quando un insegnamento è falso, a bene rifabricarlo non v' ha mezzo migliore che cominciare a distruggerlo. Io fin qui credo di avere adempiuto in qualche maniera alla prima parte. Ora a ricostruire dovrei porre a rincontro la letteratura originale o di creazione. Ma di ciò in altro academico tratenimento. Oggi è tempo di finire; onde a me, nell'atto che condanno l'imi- tazione, non si dia la taccia, troppo forse già meritata, d'imitare le consuete lungaggini (via non mi guardate cosi tosto di traverso): non aveva in animo di nominare clie le consuete lungaggini della retorica. ■ — »a'S'Sg-€i — - 117 SU LA TABE DORSALE MEMORIA DBL PROFESSORE GIACOMANDREA GIACOMINI LETTA NELLA SEDUTA DEL XIX DICEMBRE MDCCCXLIV. Mo .olte umane vite vengono su '1 fior degli anni mietute per quella via stessa e per quella causa che a vite novelle dà ongine , il coito abusato o fuori delle naturali leggi celebrato. La tisi amatoria, o consunzione venerea, o tabe dorsale, come fu già appellata da Ippocrate , è la dolorosa pena a così fatti traviamenti. Ed è su questo insidioso e compassionevole malore che intendo tenervi oggi breve discorso, se a voi piacia, dottissimi Golleghi , con la usata vostra cortesia ascoltarmi. Non che sia questo un morbo raro e nuovo, o dagli autori negletto; che anzi troppo sovente viene sotto gli occhi dei pratici, e in tutti i Trattati di clinica medicina è difusamente descritto: ma perciò m'indussi a sceglierlo a tèma, perchè mi venne fatto, od almeno ho creduto, di riscontrare erronee e pregiudiziali alcune massime intorno ad esso, insegnate dagli autori, alibrac- ciate dai pratici, e credute e seguite dal popolo. Le quali massime, comeciiè ri- guardanti non già il lusso delle teoriche spiegazioni, ma la sostanza e la natura del fatto , e perciò influenti essenzialmente su la cura e su '1 regime di vita da seguirsi , non si possono da noi porre a giusta disamina senza ricordare cose già note ai provetti, riandando sopra gli elementi precipui della tabe dorsale, che sono le cause, i fenomeni, i prodotti patologici, gli esiti e la cura. CAUSE. Cominciando dalle cause, si nota in primo luogo fra le circostanze che ren- dono proclivi gl'individui alla tabe dorsale l'età verde e fiorente, in cui lo svi- luppo degli organi sessuali è completo, e l'anima è per le passioni più bollente: che nel nostro clima si calcola in quel periodo di vita eh' è fra il quattordice- 118 simo ed il trigesimo anno per il maschio, e fra il duodecimo ed il trigesimo per la femina. Si nota in secondo luogo presso gli autori il sesso maschile siccome predis- posto e proclive più che il feminile. Ma a me l'esperienza a bastanza lunga e si- cura ha fatto vedere il contrario, presentandomisi la infermità di cui parliamo assai più frequente presso le donne. Credo anche d'avere scoperto onde proceda tale errore o tal diversità di sentenza negli autori ; ed è nella causa efficiente della tabe dorsale, da essi falsamente ascritta alla perdita del liquore prolifico, a cui la femina non può andare soggetta, e nell'avere risguardate come malatie diverse quelle modificazioni che la tabe dorsale assume nelle femine sotto nome di isterismo o di tisi. Un po' più innanzi questo punto si renderà più chiaro. Notasi in terzo luogo fra le predisposizioni il vitto lauto e stimolante, l'uso sopra tutto delle carni e dei pesci salati, dei cibi conditi con aromi e con olio che abbia sentita la snaturatrice potenza del fuoco. Si nota in quarto luogo la vita oziosa, l'educazione trascurata, l' immodico uso dell' equitazione , la lettura di libri osceni , la contemplazione di lubrici og- getti, il conversare troppo famigliare e libero con persone d'altro sesso, l'amore deluso, o vivamente contrastato. Alcune malatie hanno esse pure la facoltà di predisporre alla tabe dorsale , in quanto clie invitano all'abuso dei piaceri amorosi. Di tal fatta sono la rachi- tide , r artritide cronica , le croniche affezioni polmonari , le efflorescenze della pelle, gli ex'peti, la lebra, e simili. Preparato da queste circostanze, l'individuo clie non sia sorretto dai ritegni della religione, o dai dettami della prudenza e della temperanza, cede facilmente agli eccitamenti della libidine, si dà in braccio alle sfrenatezze della voluttà, la quale tanto aumenta e rinova i desiderj lascivi, quanto è meglio secondata. Non più allora il casto nodo maritale basta a soddisfarli; ma la venere variata e vaga e artifiziosa gli viene in soccorso , ed aggiunge a tutto come suggello la depra- vata abitudine della manstuprazione. Né havvi oltre questa altra più micidiale e ruinosa maniera di sagrificare ai brutali piaceri della lussuria; conciossiacliè al- l'eccitamento universale del sistema nervoso che l'accompagna consociasi un la- voro intenso della mente, un travaglio vibrato dell'imaginazione, eh' è necessa- rio a condurre il vituperoso atto a compimento. Nulla maraviglia quindi se i manstupratori, più facilmente e più presto di quelli che d'altro genere di lasci- via si dilettano, vanno incontro alla tabe dorsale. 119 SINTOMI. I primordj di questa malatia si annunziano nel maschio con una ricorrente erezione del pene, che non si estingue, ma si rinova più frequente co 'I soddis- farla. Danno i patologi a questo fenomeno il nome di satinasi^ che alcuni con- fondono tortamente co '1 priapismo, l'erezione cioè scompagnata da venereo sol- letico. Gotali erezioni co '1 tempo vanno facendosi più imperfette e più langui- de ; ma non cessa 1' ejaculazione del seme, che anzi si fa più pronta, più facile, involontaria sotto i più leggieri sforzi ; e finalmente inavvertita, e con quasi pe- renne stillicidio. Presso la femina si hanno analoghi indizj di continua e non frenabile sala- cità, la quale va grado grado toccando il più alto punto di ninfomania, per cui, postergato ogni freno di decenza e pudore , non sa essa più nascondere il deli- rio erotico da cui è dominata. Tiene dietro alla satiriasi ed alla ninfomania un languore della persona, una spossatezza che aggrava i fianchi, la colonna vertebrale e gli arti inferiori. Gli occhi su le prime assai vivacemente scintillanti , si offuscano in séguito , si cin- gono di plumbea zona intorno alle palpebre, si ritirano entro il cavo delle orbi- te, si dirigono disarmonicamente all'oggetto che mirano, nasce lo strabismo, la miopia, l'ambliopia o confusione della vista. La memoria si fa manchevole ed infedele, si ottenebrano le facoltà dell'intelletto, si perviene alla fatuità od alla mania. II languore delle membra non tarda a convertirsi in un tremore pressoché continuo , con senso d' informicolamento lungo la spina dorsale. Sovente ancora l'accennato formicolio tramutasi in un dolore aceri-imo all'occipite, alla nuca, ai lombi ed agli arti inferiori. Il paziente è allora tormentato da ostinate veglie , agitato da convulsioni, conturbato da sogni, da illusioni, da tristezza, da pusil- lanimità, da delirj. Ma un' altra serie di fenomeni va collegandosi di mano in mano agli accen- nati ; e spettano alla digestione, alla nutrizione. Presso alla femina le irregola- rità dei mestrui , le sospensioni , i morbi uterini , e tutta quella iliade di molti- formi sofferenze , che vanno sotto nome di isterismo , vengono a mascherare e complicare il quadro morboso primitivo. In ambo i sessi si manifesta la inappe- tenza e l'anoressia. Quelle sostanze succulenti e nutritive, quei riscaldanti li- 120 fluori, a cui il paziente mal rauLo ricorre per erigersi nelle forze e per supplire alle perdite seminali, non sono più dallo stomaco tolerate. E rutti incessanti, ga- stricismi, vomiti, flussi alvini con vece ripetuta si alternano. PerJesi quindi e si appassisce il fiore di gioventù che rideva a quegli sconsigliati su'l volto; langue il colore della cute, e non resta die qualche circoscritto rossore al viso; gli oc- elli si fanno vie più incavati e smorti; sparisce l'adipe, si costipano le cellulari sottocutanee, ingraciliscono i muscoli di tutta la persona, si assottigliano le mein- lira, pronunciandosi l'estenuamento più al dorso ed ai lombi, che altrove. E sotto una progi'cssiva distruzione e marasmo sporgono i processi spinosi delle verte- bre, devia e si piega manifestamente la colonna vertebrale all' innanzi; e noi vediamo allora 1' uomo e la donna ne' suoi più verdi anni co '1 dorso incurvato, con la bocca allargata, co '1 naso profilato, con le gote rugose e cadenti , con le occhiaje spalancate , con le scarnate e tremolanti membra presentare l' imagine della decrepitezza. Se non che nello incamminarsi a così desolante e precipitoso fine l'infelice è tra via colpito da febre lenta, clie si aggrava dopo il meriggio, con sudori not- turni profusi, e con polso costantemente frequente e contratto; dietro a che o la tisi, o l'anasarca, o la febre ardente, o l'encefalite mette fine alla scena lut- tuosa, quando il paziente, come spesso succede, gravato da tanti mali e dive- nuto maniaco, non la prevenga disperatamente e la tronchi co '1 suicidio. NECROSGOPIA. Restano nei cadaveri de' monumenti preziosi a far conoscere l'indole di questa malatia. Non tutti però, né in ogni tempo, i medici seppero osservarli e trarne partito. Non è molto tempo che l'anatomia patologica porge la necessaria attenzione agli alteramenti che si trovano nell'interno dei vasi sanguigni e nella midolla spinale. Alcuni medici anclie oggidì, che si danno il vanto di ippocra- tici (e ciò costa loro assai poco , e giova loro assai per imporne ai profani) , le trascurano e le negano riguardo ai vasi sanguigni ; e riguardo alla midolla spi- nale io so d'essere stato il primo a portare nello Spedale di Padova, quindici anni or sono, gli strumenti anatomici, che non esistevano, opportuni ad aprire lo speco vertebrale. Ebbi altresì l'occasione di studiare con diligenza le altera- zioni patologiche della tabe dorsale in un giovane di nome Sartori Fortunato , 121 perito (li questa malatia sotto la forma di febre continua di consunzione , l' an- no 1834 nella Cllnica medica pe' i chirurghi, da me in quell'epoca diretta. Ap- parvero manifeste lesioni in tre centri: nell'apparato cerebro-spinale, nel siste- ma dei vasi, e nell'organo digerente. Si trovò nel cavo vertebrale molto siero raccolto. La membrana aracnoidéa era tutta injettata, ma assai più vivamente nella porzione dorsale e lombare. La midolla spinale era ingrossata ai lombi e rammollita. L'aracnoidéa del terzo ven- tricolo del cervello era inspessita, con versamento di siero. I nervi spinali, esa- minati scrupolosamente , presentarono un fenomeno di somma importanza , che può riguardarsi siccome il caratteristico di quest' affezione per differenziarla dalle altre specie di rachialgite. Tutte le paja di nervi offrivano l'ordinario aspet- to, tranne precisamente i rami anteriori del primo, secondo e quarto delle paja lombari ; e quelli del secondo, terzo e quarto dei sacrali, clie sono appunto quelli che si congiungono per distribuirsi negli organi genitali. Essi erano visibilmente injettati presso al midollo spinale ove s'immergono, e nelle restanti porzioni ingrossati, spappolati, e con un color cinereo-oscuro come di gangrena. L'apparato circolatorio offerse le arterie vuote di sangue, ma con la super- ficie interna intensamente rossa, specialmente nel tubo aortico. Le pareli loro non resistevano allo stracciamento, e la loro spessezza era aumentala, denotando un qualche grado di rammollimento della tonaca media: ciò che io ho costante- mente osservato nelle profonde e lente arteriti (febri lente di consunzione). Era rammollito anche il cuore più nel ventricolo sinistro che nel destro, con le ar- terie e con le vene coronarie grosse, e piene di sangue coagulato. Quanto agli organi della digestione, si notava il ventricolo e buona porzione del duodeno injettata. Nel restante del tenue e nei crassi l'injezione era mino- re, ed interrotta da notevole inspessimento delle tonache, e con una fitta granu- lazione bianca nella interna parete , proveniente dalle cripte e glandulette mu- cose ingrossate, indurite, e quasi scirrose. Nelle altre parti del corpo e negli organi genitali , minutamente osservati , non venne offerto nulla che fosse visibilmente alterato. i6 122 DIAGNOSI. Abbiamo in questo raso veduta una meravigliosa comsponJenza fra i sinto- mi delle sconcertate funzioni durante la vita e le alterazioni superstiti negli or- gani relativi a quelle dopo la morte. Più maraviglioso però ancora e più splen- dido apparve a' miei occhi F esatto corrispondere fra il grado e la profondità delle lesioni cadaveriche , e la durata , l' anteriorità nella successione dei feno- meni morbosi. Possiamo perciò tenere dietro passo passo al lavoro patologico, e segnarne precisamente le epoche e gli stadj diversi. Infatti, se nel midollo spi- nale i camJjiamenti furono più rilevanti e più innoltrati che nel tubo gastro-en- terico e nel sistema sanguifero, egli è pur vero che le funzioni proprie di quel- l'organo furono le prime a sconcertarsi. E se la satiriasi o la ninfomania ha pre- ceduto il languore, il tremore degli arti, e questo ha preceduto la disarmonia della vista, l'infiacchimento della memoria, la tui'bazione dell'intelletto; egli è pur vero che il primo, secondo e quarto paio dei nervi anteriori lombari, ed il secondo, terzo e quarto dei sacrali si mostrarono più snaturati che la parte lom- bare della midolla spinale ; questa più malmenata della parte superiore , e la parte superiore più affetta del cervello. Sicché non si erra punto a dedurre che il processo morboso cominciò da quelle paja di nervi, e si andò grado grado estendendo lungo la midolla fino all'encèfalo, interessando prima il suo involu- cro più vulnerabile, eh' è l'aracnoidéa. Non si erra punto, a mio credere, giudi- cando che l'affezione comincia con un' aracnoite , che poi si trasforma in ne- vrite delle accennate sei paja , e quindi in mielite ed in encefalite per moi'bosa difusione. Vengono in secondo luogo le alterazioni del canale alimentario, clie segnano esse pure una data alquanto lontana, specialmente se si abbia riguardo all' indu- rimento delle glandule mucipare , che suole effettuarsi dietro un lento corso di malatia flogistica. Non è, a dir vero, diretto e spontaneo il passaggio dalla mie- lite alla lenta gastroenterite. I fenomeni però di turbata digestione l'annunziano a bastanza; e ne rende ragione plausibile il mal consigliato metodo di vita trop- po nutritivo ed eccitante, che sogliono adottare i dediti al libertinaggio per l'er- rore in cui sono di voler metter riparo alla debolezza nella quale si sentono ca- duti. Così aggiungono alla prima una nuova causa morbifica, che spiega, com'è naturale, i suoi perniciosi effetti su l'organo della digestione. 123 Finalmente anclie l'apparalo circolatorio prende parte all' incendio ; ed il trapasso o la continuazione del processo flogistico ai vasi sanguigni è somma- mente ovvio per due diverse vie: quella dei vasellini dell' aracnoidéa spinale, e quella del tubo gastro-enterico. I fenomeni febrili o circolatorj per conseguenza sopragiungono con le analoghe materiali modificazioni nelle tonache dei vasi e nel cuore. Cotale successione di morbo, se bene più lontana e posteriore, è quella che accelera e precipita il deperimento, che mena i pericoli maggiori, che tronca in fine 1' esistenza. E ciò non sempre co '1 tardo marasmo; ma spesso con infiammazioni acute locali all' utero nella femina , ai polmoni , alle meningi cerebrali. Per tutte queste considerazioni adunque noi siamo pure costretti, senza vo- lerlo, a conchiudere che la tabe dorsale nel suo principio e nelle sue fasi suc- cessive è una malatia profondamente infiammatoria, che s'accende da prima nel- l'apparato nervoso spinale, indi nel digerente, in fine nel circolatorio, consu- mando co '1 suo rapido fuoco tante vite immature. Nello stabilire cotale patogenia dietro l'accurato esame dei malati e dietro il fatto anatomico , mi sono scostato dal sentimento di riputatissimi autori , i quali veggono nella tabe dorsale tutt' altro che flogosi. E sicuramente sarò cen- surato, sarò sentenziato siccome visionario e sistematico da quelli tra i medici clie credono più all'autorità che ai fatti, o da quelli che hanno interesse di far credere al volgo che la mia mente è traviata e le mie massime sono fallaci. Non getterò parole a convincerli, certo com'io sono ch'essi sono risoluti di non ascol- tarle. 31a reputo non inutile rivolgermi al buon senso di ogni buon pensatore; a quel buon senso che sarebbe pure precipua fonte di verità anche in medicina , se presso molte persone dell'arte o da falsi principj o dall'interesse o dall'orgo- glio non fosse soffocato. V'hanno, non ha dubio , alcune apparenze, le quali a prima vista possono far sembrare men che vera l'esposta dottrina; e su tali apparenze noi dobbiamo brevemente arrestarci. Il nome stesso di tabe o consunzione, 1 impotenza delle membra, l'esauri- mento, l'incapacità al cibarsi, lo squallore, il quadro in somma spaventevole del smtomi poc'anzi delineato, non indica a bastanza una estinzione, una deficienza di vigor vitale, quella deficienza che i medici cliiamano ipostenia? Le perdite d altronde e lo scialaquo di un liquore nobilissimo, quale si è lo sperma, non rende a bastanza ragione di questa idèa? Se lo sperma, come ci ammonisce il Tissot nel suo Onanismo, è la quintessenza del sangue; se ogni goccia «li que- sto umore corrisponde a qualche oncia dell'umor sanguigno; potrà ella la jat- tura del prolifico seme altrimenti influire su l'animale economia clie depaupe- rando, esaurendo, sottraendo la forza vitale ? L'errore di quest'argomentazione è riposto nell'attrlLuire tutti i danni degli abusi venerei alla sola perdita dell' umor seminale, mentre sono da attribuirsi a ben altra cagione; ed è il commovimento, la scossa, il tiunulto che nelle più intime fibre del sistema nervoso viene con impeto quasi fulmineo eccitato. Si contempli l'aspetto, si misuri il polso di uno che da poco abbandonò i conjugali abbracciamenti; e il frequente e ardito battere delle arterie, il viso infocato, lo scintillar degli occhi , il fremito sostenuto di tutta la persona , ci diranno in quale alto grado di vitale orgasmo egli si trova. Giti volesse una maggior prova di questa verità , die i tristi effetti della li- bidine su i vitali poteri non sono dovuti alla perdita dell' umore seminale , ma air eretismo ed allo scompiglio del sistema nervoso , osservi colui che sia posto in occasione di estro venereo non risolto; e, se no '1 può su 1' uomo, facia l'os- servazione su gli animali, che in questa funzione non valgono meno dell'uomo: e vedrà che l'inquietudine, il tremore, la spossatezza, l'ambascia è più forte che ad atto venereo consumato. E dopo ciò le femine, che non hanno alcuna perdita di seme, non sono esse pure soggette quanto e più degli uomini alla tabe dorsa- le? Ed io non so se sia vero, come generalmente si sostiene, che le femine pos- sano più a lungo ed impunemente che gli uomini combattere nel campo d'amo- re: essendoché le publiche meretrici, ed alcune altre che nella brutale licenza le pareggiano, non sono esempj clic valgano a provarlo, avendo esse la facoltà di stai-sene in campo senza prendere alcuna parte attiva nella lotta. Lo sperma è senza dubio un umore molto elaborato ed eminentemente vi- tale. Egli è però una secrezione del corpo, e l'evacuazion sua per lo scopo a cui è destinato sta perfettamente in natura. Anziché indebolire, solleva da una tal quale oppressione coloro che pe '1 loro stato sono abituati, sono chiamati al coi- to, e che misuratamente ne usano. Il calcolo di Tissot, che un' ejaculazione di sperma equivalga a molte once di sangue estratto è evidentemente fallace, con- stando il liquore per la massima parte di muco animale. Questo esimio autore , trascurata la vera causa, eh' é quella dell' esaltamento nervoso, esagerò l' impor- tanza del liquor seminale ; e fu con la mira lodevole di atterrire e distogliere la gioventù dall' abitudine sordamente micidiale del vizio solitario. 3Ia travedendo 125 ed esagerando fallì il suo scopo , e poi'lò gi-ave danno ; poiché molti nello spe- rimentare co'l fatto che i tristi effetti da lui minacciati non erano precisamente veri, si fecero a credere che quella turpe e più che brutale opera non abbia tri- sti effetti. Un giovane afflitto da malatia infiammatoria era da me curato con sa- lassi e con analoghi rimedj; e la malatia non cedeva, e vie più imperversava. Venni per alcuni indizj in sospetto che ne fosse causa 1' onanismo. Confessan- domi egli il fatto, mi soggiunse, che poiché io gli faceva estrar sangue, lo co- stringeva a dieta tenue, ed usava altri rimedj debilitanti, aveva pensato con quel mezzo di cooperare al mio scopo ed alle mie intenzioni d'indebolirlo. Ecco co- me un errore di scienza può anche dove meno si crede riuscir pernicioso. Concludiamo adunque , che il vero danno degli abusi venerei non è per la pei'dita seminale, ma per la scossa che mette il sistema nervoso in quel trambu- sto, sotto il quale tutte le fibre più dilicate e più mobili oscillano e si agitano violentemente , ed il poter della vita con indicibile impeto si erige. L' abbatti- mento conseguente delle membra non è debolezza vitale, ma oppressione; il dimagrimento non è per mancanza di materia riparatrice, ma p«r inceppamento della funzione delle arterie nutritive infiammate. Chi non sa che le malatie iper- steniche e flogistiche quanto più profonde rendono i malati più impotenti al- l'esercizio delle loro funzioni ed al riparamento della loro sostanza ? PROGNOSI. La tabe dorsale, allorché è stabilita, è tra quelle malatie, nelle quali si può di rado avere il conforto di un pronostico felice. Arduo oltremodo é il vincere i guasti che dalla stessa si sono orditi, ed arduo parimente é il distaccare i ma- lati da quel vizio che li mena all'eccidio. Molte volte deve il medico limitare le sue speranze a prolungare una vita inferma, e ad impedire guasti maggiori. Al- lora solo che non sia molto innoltrata , che s' incontrino individui ragionevoli e docili alle insinuazioni, e che si abbiano idée giuste e non pregiudicate su l' in- dole del processo morboso, può il medico vagheggiare l'idea d'una guarigione radicale. 126 CURA. Dalle cose fin qui discorse e dalla mia propria esperienza ho ragione di af- fermare asseveranteraente, che la tabe dorsale, finché è curabile, non può con- dursi altrimenti a guarigione che co '1 metodo antiflogistico. I salassi quindi, a norma del grado della malatia e della tempra dell'individuo, e i rimedj iposte- nizzanti più idonei, non dovranno essere omessi. Fra questi merita la preferen- za per ispeciali indicazioni la canfora, ed io n'ho avuto risultainenti oltre ogni credere fortunati. Questo rimedio, che presso i più classici autori dell'antichità era ritenuto siccome un valido refrigerante, si collocò più tardi nella classe de- gli eccitanti o calefacienti ; ma una lunga serie di esperimenti da me instituiti m'ha fatto a chiare note vedere che gli antichi la pensavano in ciò più giusta- mente dei moderni , poicliè la canfora spiega in fatto una decisa facoltà iposte- nizzante su '1 sistema cerebro-spinale e su '1 vascolare sanguigno; i quali due .sistemi essendo appunto nella labe dorsale i più male affetti, si viene con la canfora a corrispondere ad una doppia indicazione. Ma ciò non basta. Per que- sta medesima facoltà la canfora ha un effetto singolare su gli organi della gene- razione, eh' è quello di frenare ed ammorzare in essi l'audacia libidinosa. Tale effetto era pur noto agli antichi, onde il celebre aforismo della Scuola Salerni- tana : Camphora per nares - Castrai odore mares; ed il consiglio che danno i pratici a' marina] nelle lunghe navigazioni, ai pittori che studiano il nudo con la femina , a' claustrali ed agli allievi dei collegi di educazione , d' usare la can- lora per allontanare i carnali appetiti. Ad un'altra indicazione adunque, e fra tutte importantissima perchè preservatrice, si soddisfa con la canfora. Allorquando la malatia ha tratto seco lo sconcerto della digestione , e quel processo di adeno-enterite lenta , di cui si veggono le vestigia nelle cripte mu- cose indurite ed ingrossate dei cadaveri , giova unire alla canfora 1' efficacia in «(ueste affezioni assai valida e salutare dei preparati di jodio per bocca, o per unzione intorno alle glandule inguinali. In quello stadio finalmente avanzato del morbo, in cui l'infiammazione s'è impossessata delie tonache dei vasi sanguigni, ed un movimento febrile si fa quotidiano con emaciazione progressiva, non v'ha rimedio che possa fungere le veci del solfato di chinina dato a dosi generose e lungamente continuate. È que- sto il solo che può alcune volte ottenere il difficile trionfo; è questo il solo che 127 anco nei casi più disperati può promettere qualche sosta al rulnoso cammino della malatia, qualche periodo ancora di esistenza. Né il medico onesto e co- scienzioso potrà mai scostarsi da esso, quand'anche sapia clie la cabala di alcuni è presso il volgo giunta a tale da far calunniare il più utile dei rimedj, e d'in- colparlo d'avere ucciso que' disperati infermi ch'egli non poteva salvare. Quanto ai soccorsi dietetici , merita molta ponderazione il vitto. Sarà esso leggiero, blandamente nutritivo e di facile digestione. Si anteporrà ad ogni cosa il latte. Non sempre però lo stomaco infermo e sopra eccitato varrà a sostenere uè pure ogni specie di latte; ed in questo caso conven-à si dia inaquato; con- verrà si cominci dal latte di giumenta, per passare con grado a quello di capra ed al vaccino. In generale però i malati praticano tu It' altro, e tutt' altro consigliano i dot- tori dell' arte. La preconcetta opinione che il morbo sia di languore vitale , ciie la causa vera ne siano le perdite seminali, e l'idèa della mancanza della nutri- zione, che salta troppo all'occhio, gì' inganna e seduce ad usar cibi molto suc- culenti, nutritivi e riscaldanti insieme; onde si lodano i brodi forzati ed aroma- tizzati, le carni, le uova, il cosi detto zabaj'on, il cioccolate, e perfino i liquori alcoolici. Con tal pratica si favorisce il guasto degli organi digerenti, si dà mag- gior esca alla febre , si accelera la consunzione ; conciossiachè non è già quello che si mangia che vada in nutrizione , ma quello eh' è a seconda delle forze re- golarmente smaltito ed assimilato. L'esercizio moderato di corpo, che sia compatibile co '1 grado della malatia, il viaggiare, la navigazione, la vita campestre , la caccia , ed altri innocenti tra- stulli, potranno venire in ajuto siccome mezzi dietetici, e potranno altresì ser- vire a titolo di soccorsi morali , che in questa malatia hanno importanza somma e principale. La musica, lo studio, la lettura amena, ogni genere di cultura ed occupa- zione di spirito, che valga a deviare il pensiero dai delirj d' amore e dar tregua alle funzioni sessuali, saranno farmachi sommamente preziosi. Molti autori sug- geriscono pure il sacramentale nodo del matrimonio ; ma non v' hanno che al- cune particolari circostanze che possano far adottare con piena fiducia una si- mile misura. Se i proposti presidj , le insinuazioni , i consigli non bastano , sarà forza ri- correre a mezzi più sicuri per impedire il rinascente fuoco lascivo. Quelli mas- simamente che sono invischiati nel lezzo dell'onanismo lianno bisogno di straor- 428 dinar] mezzi di ritegno. Si pensò tanto nei masclii che nelle femine alla infiLu- lazione delle parti genitali con adatti strumenti , che vietino a quelle 1' accesso della mano. Si pensò ai ceppi, ai corsaletti, e simili argomenti coercitivi. E vi- sto come la rea abitudine di que' forsennati seppe assai spesso deludere ogni specie di vigilante previdenza, si pensò perfino alla misura estrema della ca- strazione. Ma contro un tale odioso ed inumano partito sono troppo gravi e trop- po ovvie considerazioni da farsi, perchè possa dai medici venire giammai prati- camente accolto. 129 SU LA RIFORMA domandata dal Secolo XIX. nella dottrina del Contagio. MEMORIA IV. DEL SOCIO ORDINARIO G. F. SPONGIA LETTA NELLA TORNATA XXVII GIUGNO MDCCCXLIV. a) Critica della influenza topograSca rignardo alla febbre gialla d'America. 6) Critica dell'endemismo, dell'epidemismo, e della infezione riguardo alla stessa. (da continuarsi nella Memoria V.) I. Jlilla la è osservazione costante finora, confermata dai viaggiatori medici ed anche non medici , le malattie acute febbrili della torrida occidentale pre- sentar tutte il fenomeno della itterizia, se non a principio, su la metà o presso al finire del corso ; talmentecliè, dal più al meno, ogni malattia debbasi avvici- nare alla forma della febbre gialla, avvegnaché non necessario che questa sem- pre offrir debba quel sintoma (I). Ed è costante del pari la osservazione, ogni malattia acuta febbrile , che avvenga in pressoché tutte le regioni della torrida orientale , mostrare e bubboni ed antraci ; quasi la forma reale della peste, cui non sono indispensabili d'altronde né questi né quelli, tragga al proprio domi- nio le malattie che, sotto altre circostanze climatiche, non darebbero forse il benché menomo indizio d' ingorghi ghiandolari o di carbonchioso processo. Ma i bubboni e gli antraci non sarebbero fenomeni nuovi anche In una epidemia tifica di Europa (2), o di febbre gialla d'America; e la itterizia, il vomito nero, le emorragie comparire or nella peste, or nei tifi, se non sempre ad un tempo (1) Savaresy J. De La fi'evre faune en general, et en particulier de celle à la Mar- linique l'an XI. et XII. (1803-1804) etc. Naples 1809. (2) Andrai (fils) , Encyclopédie du ig.""' siede. Sciences médicales , art. Typhus. Tom. XIII. '7 130 solo ed in più individui, in tempi divei'sl talvolta ed in pochi ammalati: d'onde la necessità d'un sommo avvedimento per non confondere le forme ibride, in- tercorrenti, con le legittime d'una malattia popolare; d'onde ancora la precau- zione di eoncliiudere su gli effetti d'una costituzione epidemica soltanto allora clic la giusta cognizione delle cause derivi da quella degl'influenti, estrinseci ed intrinseci, una data epidemia. E se i sintomi abituali ad una forma epide- mica manchino alcuna volta in apprezzabile numero di attaccati, e vengano in- ve3e sostituiti da altri , radamente mancanti nelle malattie più assidue in di- versa regione del globo; come dirigersi nella investigazione delle cause, nella legittimazione degli effetti, saldissime basi del diagnostico e della cura? Ben s'avvede qualunque non essere quivi argomento di quelle individuali eccezioni destinate ad introdurre in ogni malattia sporadica fenomeni accessorj, neces- sarj,per dir cosi , alla particolare organizzazione ; e siccome discorriamo di epidemie, né ci occupiamo d'individui, ma di masse popolari, ci sembra logico il pronunziare cos'i: — — In una data epidemia v'hanno ordinariamente feno- meni abituali della forma, ne mancano alcuni talvolta, ne vengono tal altra d'in- soliti alla forma principale, proprj d'altronde a forme che sembrano di gran lunga diverse. Se sia vero (e tutti ne convengono) che il morbo epidemico pro- venga dalle due fonti generali, endemismo diffuso dopo e per influenza me- teorica costante^ quindi sconvolgimento meteorico con necessaria modifica- zione climatica; sarà forza ammettere che la regolare apparizione dei fenomeni abituali provenga dalle cause ordinarie a quella epidemia, notoria per essersi ripetuta in epoche anteriori ; che la mancanza di alcuni derivi da minor nu- mero e da potenza minore delle medesime; che gl'insoliti finalmente muovano non da altro, che da cause insolite: clic se per avventura gl'insoliti ad una li- nea geografica sieno solili ad altra linea, gli agenti fisici di quella abbiano ac- quistato per un dato tempo il valore die d'ordinario svolgono in questa; quasi potenza climatica , imitata dalla sconvolta natura per ingenerare quivi entità organiche aventi patria in altra regione: in ogni circostanza però prodotte sic- come effetti non sempre necessarj da causa sempre necessaria. II. Le due torride usarono in più epoche a questa guisa. Forme reciproca- mente straniere entrarono, ibride nell'aspetto, e , come direbbesi, miercor- renti^ nelle epidemie dell'una e dell'altra banda; il vomito nero, la itterizia, le emorragie, le dejezioni alvine nere, apparvero nelle cos'i dette pestilenze dell'Africa e dell'Asia, come i bubboni e gli antraci in quelle di America; con 131 minore frequenza la zona temperata, e persino le parti più settentrionali di Europa e d'Asia, provarono le malattie dei tropici e dell'equatore : il solo Della dell' Indostan, anzi tutta l'India orientale (regioni abituate più tosto alla cia- nosi, al vomito, ed alle dejezioni alvine simili al siero), non ha sperimentato giammai i sintomi della febbre gialla, congiunti insieme nella forma comune, la itterizia cioè, il vomito nero, il secesso nero, le diverse emorragie. Sapute le quali cose, ove starebbe la importanza del calcolo faticoso, che la febbre gialla nel giro di 327 anni apparisse in regioni insolite per ben 194 volte, se non se nel confermar vere le cose dette poc'anzi, e nel cerziorare su la mutabilità delle grandi azioni fisico-geografiche , come principale influen- te (1)? Quel calcolo ci viene dall'infaticabile Moreau de Jonnès ; e piace sog- giugnere con altri etiologisti , che non si vide giammai la forma della febbre gialla, tanto nel nuovo quanto nel vecchio Continente, se non che preceduta ed accompagnata dalle condizioni termo-igrometriche di atmosfera; che l'in- dole del suolo, e specialmente la situazione prossima al mare, e bagnata da fiu- mi, fu indispensabile perchè la forma epidemica svolgessesi ; che l'esercizio ec- cedente della vita addominale (quel regime di vita che favorisce ancora lo svol- gimento delle febbri biliose) tenne luogo di principale influenza (2): d'onde la conchiusione razionale a bastanza, ripetersi generalmente l'effetto ove si ri- peta la causa; conchiusione sorretta dalla pratica per le moltiplicate osserva- zioni, le quali, per essere ripetutamente slmili e pure, non temono gli attacchi del dubbio, che sarebbero In altra maniera potenti. Voi vi accorgete, o Signori, eli' Io amo d'insistere nel divlsamento mio; seguire II piano che avea l' onore d' esservi presentato fino dal 1 839 ; leggervi questa , che sarà la quarta Memoria su le malattie diffusibili nelle popolazioni dei due Continenti. Fedele al detto di non allontanarmi un istante dal sentiero analitico, ho fiducia poter accingermi fra non molto alla sintesi; speranzoso an- (1) Moreau de Jonnès, Precis historique sur l'irruption de La fièvre jaune à la Mar- tinique en 1802. [Transactions de la Société medicale d'emulalion, 1816.) Le mème , Monographie hislorique et medicale de la fi'cvre jaune des Antilles, et recherches physiologiques sur les lois da développement et de la propagalion de celle maladie peslileniielle. Paris 1820. (2) Balme M. CI., Observations et réjlexions sur les causes, les s/mptomes et le Irai- tement de la conlagion dans dijjérentes maladies, et spècialement dans la peste d' Orient et la fièvre jaune. Paris et Lj'on 1822. in Cora di non impiegare mollo tempo e fatica alle concliiusloni , le quali, poiché figlie dei fatti e della ragione , positive o negative che siano , usciranno facili , ed altrettanto sicure. Gioverà ora ch'io mi rivolga all'emisfero occidentale, cosi volendo il metodo; ritornerò all'orientale, e facilmente, svolte che saranno le idée indispensabili a fissare se v'abbia l'analogia delle forme, finché almeno il principio logico lo permetta. III. Dal 1690, in cui, dicesi, un medico portoghese, Ferreira o Perreyra da Rosa (1), abbia dato per il primo caratteri della febbre gialla (descrivendo la epidemia di Fernambuco dal 168T al 1694); da quell'anno, dissi, al 1839, epoca in cui il dott. Chervin ne descrisse la forma epidemica regnante per un biennio alla Martinica, 108 principali autori si annoverano, .occupati in diverse guise di questa malattia (2): ora intenti a mostrarne l'indole contagiosa, ora persuasi della origine miasmatica ed infezionistica; tutti o quasi tutti, dal più al meno, convinti che una influenza epidemica (se non causa immediata pe '1 sentire d'ognuno) preparatrice o conservatrice ne fosse dello sviluppo e della forma: talché della origine epidemica, infezionistica, contagiosa, nella lunga serie di coloro che ne scrissero, trovate sostenitori accaniti; come d'ogni ma- lattia popolare, dal secolo decimosesto in poi, fu questione ognora rinascente tra i medici di tutte le scuole. Per esordire nell'analisi ci gioverà ricorrere ad epoca in cui la medicina, purgata dal prestigio scolastico , incominciava un' èra più dignitosa ; volea dir quella d' una correzione filosofica, nascente quando moriva il secolo decimotta- vo : epoca nella quale la irruzione del dualismo browniano , ferace di grandi calamità, avea questo di buono, che, sebbene concetto stranamente ipotetico, apriva una via al metodo , ed invitava ad usarne. Coloro i quali lian letto gli scritti di Volney, sanno ch'egli dal 1795 al 1T98 si stette agli Stati-Uniti di (1) Ferreira , Iram de Rosa , Traltado da constitucao peslilencial de Fernambuco. Lisboa 1694. [7.) Bibliotheca epidemiograpliica , sive Catalogus librorum de historia morhorum epidemicorum, tam generali quam speciali, conscriplorum. Collegit atque digessit Hen- ricus Haeser , Med. et Ch. doctor , Academiae Jenensis Professor exlraordìnarius. Je- nae, sumjitibus Friderici Mauke, 1843. — Rimetto il lettore a questo eccellente lavoro del dott. Haeser, utilissimo per chiunque sì applica a tali studj , ove troverà non solo i nomi degli autori che trattarono della febbre gialla , ma le indicazioni più acconce a rinvenire quello che si ricerca. 133 America, ove, occupato di ricerclie filosofiche d'ogni genere, primissimo suo studio fu quello del clima e del suolo d' un paese che interessava allora d'assai la politica delle nazioni (1). Egli narra che nel 1793, anno funestissimo per Filadelfia, i medici anglo-americani, trovando nuova per loro la forma della febbre gialla, aveano creduto di stabilire un metodo il più acconcio, incomin- ciandone la cura co' i cardiaci e co' i tonici ad isvegliare le forze depresse, con- tinuando co' i drastici per cacciare gli umoiù morbifici ; quindi acque aromati- che e vino di Jladera a più d'una pinta per giorno; jalappa, calomelano, gom- magotta a scrupoli , e ripetutamente. Per compimento di cura chiudevano gli ammalati nelle stanze, coprivanli a più coperte di lana in letti di piuma; e tal- volta (sebbene nell'Agosto e Settembre di quell'anno i 25.° R. si mantenessero costanti, con aria calma soffocativa) ordinavano che si accendesse fuoco nelle stanze dei privati e nelle infermerie degli spedali. Risultamenti di questo metodo furono: pochi aver oltrepassato in vita il terzo giorno di cura; di cinquanta, due appena scappavano da morte: quindi terrore universale ; un gridare che la malattia non poteva venire se non da contagio ; essere pestilenziale, incurabile : d'onde l'abbandono degl' infermi, del padre, della madre, del figlio, della moglie, del marito; le abitazioni deserte, ed una disperata dittatura, mutata a brevi intervalli, nella pubblica ammini- strazione. Ferveva il miserando trambusto, e l'azzardo conduceva a Filadelfia alcuni medici e chirurghi francesi. Uno fra questi, che il tremendo malore veduto e curato avea a S. Dominguo con pieno successo, sostituisce agli stimolanti ed ai tonici il salasso , i lassativi , le bevande acidule (fra queste l' acqua mefitica semplice); assicura trattarsi di tutt' altro che di contagio; ne nega anzi la esi- stenza nel corso tutto della epidemia ; consiglia l'aria libera e fresca ; apre co- municazione fra sani e malati; non si accinge giammai a provocare il sudore; favorisce le suppurazioni del secondo stadio, o con gli epispastici a via migliore le dirige : finalmente con qualche bevanda aromatica , co '1 vino di Bordeaux diluto, con la china-china assolve la cura; dichiarando, secondo le occasioni, che, tentato l'oppio, non ha veduto giammai effetti buoni, quali i medici dei paese poco innanzi vantavano (2). Un cenno mi pareva acconcio a commemo- (1) Volney, Tableau du climat et du sol des États-Unis d'Amérique. Oeuvres com- plètes. Paris 1838. — (2) Jean Dey'eze (ou de Vèze) ancien chirurgien distingue et ac- rare un trionfo di Giovanni Devcze, il primo ohe vedesse un po' clu'aro nella diao-nosi e nella cura della febbre gialla: trionfo che non dissimile riportare dovea Giovanni Rasori nella epidemia petecchiale di Genova cinque anni dopo; d'onde quella salutare riforma, di cui avrà a sentire i duraturi vantaggi la me- dicina del vecchio e del nuovo Continente. Avvegnaché sentissero potente la voce del fatto , ed imitatori del Devèze nella epidemia del susseguente anno a New-York ottenessero il più fausto suc- cesso, non s'acquetarono i medici riguardo alle cause, ed incominciarono le dis- pute. Venisse il morbo dalle Antille, né potersi dire un prodotto del suolo de- gli Stati-Uniti , perché trovavano appena qualche rara epidemia avanti la pace del 1783; i rapporti di commercio con le isole, cresciuti di poi, aver favorito la importazione. Così pensarono gli uni accusando nominatamente quei tali ap- prodati "navigli ; con testimonj positivi negarono altri la importazione pretesa, e provarono ad evidenza (non disconosciuta dall'opposto partito) che in quei navigli si svolse la febbre quando approdati a Filadelfia e a New- York, l'equi- paggio loro mescolavasi nella massa della popolazione, e fu preso anch'esso. Ed unendo insieme le circostanze di luogo, di stagione, d'individualità, dimo- strarono : a) la malattia aver attaccato di preferenza le città popolose , i villaggi e le abitazioni sparse nelle campagne; b) a New- York, Filadelfia, Baltimora essersi quasi esclusivamente svol- ta nei quartieri bassi , immondi , nelle contrade non selciate , non ventilate, fangose, in riva al mare, ove tocca ed inonda la marèa ; c) non essere apparsa che in Luglio, Agosto, Settembre, mesi nei quali la temperatura non suole mostrarsi minore di 25.° R. ; d) che il numero degli ammalati cresceva nelle giornate umide , con vento di S E, ed anche di N E ; e) diminuiva, abbassandosi il termometro con vento di N W^; e cos'i a piogge abbondanti, con l'altro di S W; y) che nella diversità delle annate, quelle preferiva d'un caldo estivo più secco, e d'aria meno agitala dai venti; credile au Cap Francois. Così Volnej. Lo scritto pubblicato con le stampe s' intitola : He- cherches et observalions sur la malaiie epidémique qui a désolé Philadelphie depuis Aoilt jus dovea averla acquistata nelle sue comunicazioni co '1 littorale del Continente americano. Fosse dunque nato quel morbo su questo littorale? E qui doman- derei volentieri, in caso di risposta negativa, da quale altra regione siasi im- portata tal malattia su '1 Continente d'America, giacché in un qualche luogo si avrebbe a rinvenirne il principio, e comprenderne la formazione a mezzo degli agenti fisici esterni alla vita, come ne dovrebbe convenire ognuno (1). Premessi questi cenni particolari, io troverei necessarie alcune conside- razioni , per non lasciare illusione su questo soggetto d' una importanza sani- taria gravissima. V. Un contagionista, versato d'assai nelle scienze fisiche, preparava indizj sufficienti a dedurre ch'egli si diede a tutt'uomo in traccia di quel valore che si presume negli agenti fisici esterni alla incubazione della malattia, diffusibile in séguito. E facile accorgersi che senza un tale divisamente non si passano a disamina le circostanze di suolo, di temperatura, di umidità, di vegetazione, animalizzazione , ed altro , d' una data linea geografica , dominata da sempre uguale malattia; quando non fosse che, preconcetta una idea contraria affatto alle speranze che altri avrebbero da una scrupolosa investigazione, s' intrapren- desse questa, e si maneggiasse in tal guisa da far apparire che, esaurito o*ni sforzo analitico, la idea preconcetta rimane, né altre surrogare si possono. L'au- tore ha cercato quale influenza esercitassero gli agenti fisici, e non l'ha trova- ta; ha negato quindi le cause di produzione locale, e si accinse alle notizie del- la propagazione. Si rimase al contagio, qual mezzo unico, autorizzando il siste- ma della importazione; e quando toccò di parlare su le emanazioni morbifiche (ed era indispensabile fuggire l'assurdo di non ammettere ciò che anche i meno A'eggenti vedevano), assoggettando quelle, con più di ragione che altri non fe- cero, al grado della malattia , volle immediato il confronto , con circostanze uguali, nella peste d'Oriente. Dire che la febbre gialla, attese le emanazioni (1) Queste e moltissime altre notizie date dall'autore all'A-Ccademia di Francia tro- vansi nell'Opera del barone G. Cuvier, Hìstoire des progrès des sciences nalurelles de- piiis 1789. Voi. 1. 2. Bruxelles 1838. » 143 morbifiche nella stanza chiusa dell' ammalato j necessarie pure in circostanza pari di peste africana, dovea riuscire più contagiosa della peste istcssa, ciò era un voler dare confronti non cliiesti dalla qualità dell'esame, per conseguenza inattesi; era un anticipare nozioni di contagio ben lunga dal punto d'una reale dimostrazione ; era un voler misurare la forza d' un ente non conosciuto ; era un precipitare la conseguenza, confondendo sciauratamente i principj della infezione con quelli che, giusta le dottrine del contagio, sostengono i con- tagionisti. Che la geognosia delle Antille, il conoscere che sono terre antiche emerse a suolo primario, ad ammassi porflrici e serpentini, e così pure a calcare juras- sico, e copia di suolo subapennino, siano notizie per ora valevoli allo studio etlologico delle grandi epidemie, veruno, che abbia parte nel circolo delle co- gnizioni attuali, vorrà affermarlo ; veruno ancora, che abbia fior di senno, oserà negare all' avvenire una importanza geologica maggiore per la scienza del me- dico. La sola nozione , che la febbre gialla , sino dal momento che il vecchio- mondo r apprese , siasi detta febbre gialla d America , e più particolarmente delle Antille^ può bastare al punto storico della origine; e se chi, ivi non na- to, prova la influenza di quel suolo, di quel clima, e soggiace pure a morbo che tale non sarebbe in altro clima e paese per F indigeno o pe 'I forestiere giunto appena a provamela ; sarà pur forza di confessare almeno che le circostanze fìsiche esclusive e locali v'abbiano qualche parte, appunto perchè altrove le circostanze esclusive e locali del paro sanno produrre effetti di gran lunga di- versi. Ad onta di ciò, siamo ben lontani dal punto in cui le cause geologiche diverranno apprezzabili, e non ha guari il dicemmo; v'hanno però effetti di cause più note nel vecchio Continente, d'un assicurato valore pe'l medico pra- tico; e quegli effetti, o meglio quelle cause, nell'arcipelago delle Antille, come in altri siti del tropico gigantesche e maravigliose , conducono ad argomentare per analogia, senz'altro inciampo, in fuori della differenza esistente tra 1 mi- nore e '1 maggiore. Il terreno, ognun lo sa, è in gran parte vulcanico; i terremoti sono fre- quenti. Il clima è ardente: è un clima della torrida. La temperatura d'un gior- no solo mostra variazioni facili dal -(- 1 G° R. al + 29° co '1 più rapido avvi- cendamento. Al -|- 1 6° v' ha un freddo , che diremo relativo , assai sensibile ai creoli; al 25. e 2G. il calore è molesto a tutti; al 27, 28, 29 si fa soffocante; porta un malessere universale; ed è sicurezza del popolo, che i sintomi della 1U febbre gialla comincino quando la temperatura supera il 25" od il 26° (l), I venti periodici dall' E. soffiano ad ogni mattina; crescono co '1 Sole, cessano al tramonto, e sottentrano i venti dall' W.: gli uni e gli altri valgono a temperare l'ardore, con la differenza che i secondi favoriscono la rugiada, abbondante nelle notti. Ciascuno s'avvede quali vicende di circolo, di respiro, di calorificazione si attendano da cambiamenti di temperatura si rapidi e frequenti nello spazio del giorno, dall'abbassamento di temperatura e dalla umidità delle notti. La stagione secca (da Ottobre ad Aprile), la più propizia a quegl' isolani, rende men aspre le variazioni di temperatura dai 18° ai 20° in meno, dai 22° ai 24 in più; ed ella è pure la stagione che si consiglia ai forestieri, giacché d'ordi- nario si suole partire da Europa in Novembre , per aver agio di acclimatarsi alle Antille nei quattro mesi clie seguono. La stagione delle piogge (da Aprile ad Ottobre) è la più trista che s'abbia alle Antille: leggiere e fecondatrici del suolo sino al Maggio compiuto, divengono diluviali da Giugno o Luglio ad Ot- tobre. Il termometro nell' imperversare delle piogge si sta al di sotto dei 20 ; cessata la pioggia, rimonta sùbito ai 27° o 29°, ed annunzia già un temporale novello. L'Europeo che giunga alle Antille in questa tremenda stagione assu- me tostamente il pallore febbrile , visibile su '1 volto degli abituati ; ed è raro (1) Questa verità, passata per tradizione nel popolo , avrà certamente influito alla credenza che l'alta temperatura sia da annoverarsi fra le principali cause della febbre gialla. Lo stesso Devèze n'era persuaso. Osserva a proposito F. Dubois (d'Amiens), che la malattia si svolge sotto l'azione di un'alta temperatura, siccome tutti ne convengono, ma non pe '1 fatto di un'alta temperatura ; ed è quindi perciò ch'egli intenderebbe esser questa, più tosto che causa, condizione allo sviluppo. E crede di avvalorare la osserva- zione sua con ciò che addusse M. Levicaire: avervi caldo di stagione al Brasile ed al Però di gran lunga maggiore che non agli Stati-Uniti d'America, e nondimanco la feb- bre gialla non essersi veduta giammai al di là dell'equatore. Secondo alcuni, ciò non sarebbe assolutamente vero; e citano annate di febbre gialla al Brasile meno evidente al Perù; e sarebbe forse il caso di persuadersi, nel percorrere i molti scritti, che la vera forma della febbre gialla non siasi osservata al Brasile egualmente che nelle regioni so- lite dell'America settentrionale; che la itterizia (sintoma proprio delle malattie acute nella torrida occidentale) siasi congiunta alle dissenterie , comuni ad ogni clima dei tropici; ed abbia condotto la persuasione verificarsi la forma anche al di là dell'equa- tore. Ma su questo soggetto ritorneremo a suo luogo. (Ved. Dubois (d'Amiens) Fr. , Traile de pathologie generale. Bruxelles 1835.) . 145 il caso die non ammali in su i primi giorni ; mentre gli abituali in generale resistono appena a quelle gravi vicende. Nella stagione die diremo salubre le Antille offrono lo spettacolo di due popolazioni distinte: quella degli abituati, e nondimanco soggetti (come i creoli od indigeni) alle malattie ordinarie del clima caldo ; l'altra dei non abituati, costantemente perseguitata da morbi più o meno gravi , generalmente mortali. I venti aquilonari (denominati alle Antille venti della morte) conducono notti fredde ed umide , alla cui molestia non re- sistono le abitazioni più riparate; e le copiose rugiade die seguono, passano facilmente alla congelazione. Da qui la sorgente di malattie toraciclle le più fu- neste; e siccome i venti australi sottentrano all'apparire del giorno, e condu- cono l'estremo caldo di 27°, 28°, 29°, all'alternativa dei due estremi, die stra- volge l'equilibrio tra circolo e respiro, l'organismo non regge; e pronto susse- gue il disordine delle secrezioni, quale immediato effetto d'una ematosi Indiret- tamente viziata. Niuna meraviglia di tali vicende : le regioni tropicali , o vicine al tropico, le offrirono sempre, siccome effetti, variabili in più od in meno, di causa cosmica invariabile; con una differenza, die la stagione secca, propizia alle Antille, sarà micidiale, per mo' di esemplo, su la costa del Goromandel, senza die se ne conosca apprezzabile cagione: come, per tutto convincimento, si sa che, toccati quegli estremi meteorici alle Antille, su le coste del Messico, agli Stati-Uniti, si dichiara prontamente la febbre gialla; all' Iiidostan il elide- rà; su '1 Delta egiziano la peste: né s'è potuto aver mai dalla storia un caso solo di reale ed ordinaria epidemia d'una di queste tre regioni sviluppata in un'altra, con tutte le circostanze di principio, continuazione, fine; circostanze esclusive al sito cui natura ha voluto ad ognuna assegnare. VI. Esponemmo questi, die ognuno accorderà si cìnimìno fatti fisici^ senza dubitare che siano costanti, a meno che non ami rinunziare alle più comuni no- zioni di geografia, alla verità storica del passato, confermata in presente da mil- liaja di contemporanei. Que' fatti fisici però avranno d'uopo d'una illustrazione che conduca all'argomento della costituzione cosi detta epidemica; e qui ne fa- remo un cenno, il quale sarà richiamato a suo tempo, quando, compiute le par- ticolari trattazioni, ci sarà dato dedurre, confrontare, conciiiudere ed appli- care (I). (I; Vedere quanto filosoficamente esposero Levacher, Guide medicai des Anlilles, et des regions inlertropicales eie, Paris 1840; Lévy, Traile dliygi'ene publitjiie et pri- vèe, nella Sezione Des climais cìinuds, Paris 1844j SigauJ nel suo eccellente lavoro Du »9 U6 . Ad una epidemia ordinaria , ripetentesi ad intervalli diversi , e sempre nella medesima topografia, non possono condurre che cause endemiche a que- sta. Egli è impossibile si rinovelli le cento volte in un suolo , con una data pe- riodicità meteorica , una malattia a circostanze previsibili , perchè vedute più volte, senza che vi abbiano parte gli agenti fisici, perenni, per legge fisica, in quella data regione. Nelle mie precedenti Memorie io credo avere dimostrato a bastanza la inutilità di ricorrere alla importazione, e l'assurdo ancora di questo sistema applicato alla peste orientale che si voleva importata oggi, quando re- gnava già, da uno, due, tre mesi prima, sporadicamente. E se ad ogni sviluppo di febbre gialla alle Antille ed alle coste orientali del Nord-America si volesse ricorrere alla importazione, non si farebbe, cred' io, che un circolo di parole vi- zioso ; posciacliè 1' uno o 1' altro di questi punti geografici dovrebbe trovarsi , e dirsi in fine la funesta sentina. Che sia questa o quella la sorgente del male , non importa per chi chiede la causa : noi domandiamo qual essa sia , giacché non si può metterne in dubbio la essenza. Un po' diversa sarà la questione della epidemia straordinaria; cioè quando in una data regione, lontana dal focolare endemico, svolgasi la malattia. Dicono la febbre gialla essersi formata ancora nell'America meridionale (•), in Asia, in Africa, in Europa ; e ciò equivarrebbe al dire che le cause concorrenti allo svi- cliniat et des maladies du Brésil, Paris 1844. Il primo ed il terzo viaggiarono »d abita- rono le Americlie per più anni, e furono testimonj oculari di non poche vicende epide- miche; il secondo , avvengachè non consti se abitasse per qualche tempo nel Nuovo - Mondo, la sua squisita relazione, appoggiata ai fatti osservati da molti, ci dà pienissi- ma fede. (I) Secondo Volney, la febbre gialla sarebbe conosciuta da gran tempo nelle regioni calde, maremmane dell'America meridionale, oltreché nell'arcipelago Colombiano. Nota egli, quanto a frequenza di sviluppo, Cartagena. La Martinica. Nuova-Orléans. Porto-bello. La Luigiana. Pensacela. Vera-Cruz. Il Lido delle Floride. Savanah. Giammaica. della Georgia. Charlestown. Santa Lucia. delle Caroline. Norfolk. S. Dominguo. della Virginia. .^— — -.^^— Sembrerebbe a lui che il Polomac servisse come di limite alla febbre gialla , poiché nel secolo decimottavo non fu che negli anni 1740, 1762 , nei quali si mostrasse al nord di .quel fiume, primamente a New-York, poi a Filadelfia. Però dal 1790 in poi si svolse cosi 1.47 luppo nelle regioni solite si formai-ono insolitamente in altra regione; ed il no* Siro modo di vedere, consono a ciò che fisicamente si può dimostrare, armo- nizza co '1 vedere dei più, sendochè , grazie al Cielo, lo spirito di prevenzione in adesso lia perduto gran parte del suo passato dominio. L'Andrai mara\'igliava sostenessero alcuni la febbre gialla, perchè americana di origine, non potesse svolgersi altrove se non importata, citando le sue apparizioni in Europa; ha potuto, diceva egli , manifestarsi nelle Spagne, comparire in Italia , egualmente che a S. Dominguo, alla Martinica; e si manifesterà ovunque, ogni qual volta i resti di vegetali e di animali cadranno sotto influenza d' una necessaria condi- zione termo-igrometi'Ica dell' atmosfera (1) : ciò che in fine non vorrebbe dire che infezione vera, attiva, dalla influenza epidemica; non già infezione isolata- mente presa , non la stanza chiusa d' un ammalato , offerta in esempio dal de Jonnès, come ne parlammo più sopra. .' VII. Avvegnaché la dottrina della infezione facesse progressi rapidi in questi ultimi anni, in Francia specialmente, e rimanesse intatta quella dell'endemismo, perchè purgata dalle infinite sottigliezze scolastiche, nel 1836 vi fu questione, mossa dal dott. Audouard, a proposito della epidemia di Barcellona del 1821, e di Porto del Passaggio del 1823, La questione appoggia su '1 principio, non forse la tratta dei Negri aver si dovesse per causa della febbre gialla. Alcuni quesiti comparvero nel Moniteur de Paris 2-4 Ottobre 1836, mandati per so- luzione a tutt' i Consoli francesi in America a mezzo del Ministro per gli affari esteri di Francia (2). Su quel soggetto è interessante il rapporto dei medici di S, Jago di Cuba al Console francese di quella residenza. Dimorati da più anni a Cuba, assolti ili frequente da ritenerla pur propria della settentrionale, come della meridionale (Vol- ne_y, Opera citata). ; Nell'articolo Tj-phus della Encyclopédie du 19."* siede (Opera citata) si accenna l'apparizione della febbre gialla, oltrecliè al Messico, al Brasile, al Perù; ed i medici di S. Jago di Cuba, in un rajiporto di cui fra poco avremo a parlare, ripetono la stessa cosa. (1) A proposito dei sintomi della febbre gialla manifestatasi a Parigi nella state cal- dissima del 1822, nel quale incontro più infermi morirono all' Hòtel-Dieu con color giallo alla pelle e vomito nero, e due casi simili furono veduti nelle sale del Jott . Ler- mlnier all'Ospedale della Carità, vedi Dictionnaire de Dlédecine, e Journal des connais- saiices médico-cltirurgicales, 6.""= anne'e. (2) Journal des connaissances médico-chirurgicales, 6.""" année. Paris 1838-39. > U9 due viaggi alle coste d'Africa, quivi soggiornati per nove mesi, si fanno forti, oltreché della sperienza altrui, della propria; ed avanzano le maraviglie, come cQjitro alla costante nozione di secoli, essere la febbre gialla di origine ameri- cana in America, quivi la si volesse ora far giungere dall'Africa. Un fatto rife- rito dal dott. Lassis, a proposito della epidemia di Barcellona, cioè che i primi malati venivano dalla polacra la Concezione , ancorata nel porto dal 23 Apri- le 1821, né provenuta da America; e che nel 28 seguente salpava dall'Avana un convoglio di 52 bastimenti, 21 dei quali arrivarono a Barcellona dal 17 al 23 Giugno, con documenti autentici non sapersene di febbre gialla all'Avana: esser fatto non sufficiente contro milliaja d' altri ; andarne convinto lo stesso Lassis, il quale nel suo scritto conchiude, la malattia di Barcellona essere stata indigena di sviluppo, puramente epidemica-^ e non contagiosa, di propagazione; con una lunga lista di medici francesi, spagnuoli, inglesi, soscrittori alla di- chiarazione del dott. Lassis. Altro fatto , cioè del brick la Donostiarra , solito darsi alla tratta dei Negri, ancorato a Passaggio; non aver detto il Lassis se il bastimento, deposto il carico all'Avana od altrove, fosse passato per altro porto, per indi tornare all'Avana , e da qui al Passaggio ; essere certo d' altronde che veruno dell'equipaggio rimase còlto dalla febbre gialla nell'ultima traversata. Venire quindi di conseguenza, che dei due fatti offerti dal dottore Audouard, 1 uno significa niente, l'altro è del tutto ipotetico. Poscia i porti francesi, attivi nella tratta dei Negri prima della rivoluzione , giammai infetti al ritorno dei loro navigli; la tratta abolita a S. Dominguo da un mezzo secolo; e, ad onta di ciò, ad ogni anno la febbre gialla; e cos'i a Vera-Cruz, alla Nuova-Orléans, a Filadelfia. L'isola di Francia, l'isola Bourbon, commercianti al 3Iadagascar e nel canale di Mozambico , sempre esenti dalla febbre gialla. E conchiudono in- vece per le cause locali e per l'endemismo americano, con le più comuni con- siderazioni su '1 clima, e su quanto videro nel lungo loro soggiorno, da rove- sciare affatto il nuovo edlfizlo del dott. Audouard. Ognuno imaglna facilmente che il dott. Audouard, cui stava a cuore la gloria d'una bella e nuova veduta sanitaria, non avrebbe potuto acquetarsi al rapporto dei medici di S. Jago; dei quali non saprei dirvi il nome, perché il giornalista si contenta finire l'articolo scrivendo — suwent les signatures — senza darsi la briga di metterle. Si è stabilita dunque una forte polemica, ove l'analisi dell'Audouard claudica, e poi precipita; e l'autore si trova costretto di chiudere , manifestando al Pubblico di avere spedito gli scritti suoi precedenti I U9 ai medici di S. Jago, onde meglio conoscessero le osservazioni dalle quali trae- va origine la nuova idea. Un certo dott. Blaquière, il quale si sottoscrive membro dell'Accademia di Messico, si avvisò di entrare in quella polemica con un Articolo assai strin- gente contro alla tesi dell' Audouard , da sembrare un nonnulla il rapporto dei medici di Cuba, sebbene appoggiato alla nuda storia dei fatti. Se, die' egli (svolgendo, dopo i positivi, i fatti negativi), la febbre gialla non si debba che alla tratta dei Negri , avrebb' essa a regnare sopra tutto dove fassi la tratta, es- seme la compagna fedele e come l'ombra del corpo. Al Brasile, ove la tratta si fa legalmente ed ampiamente, d'ordinario non regna; a Buenos-Ayres, Monte- video, avanti si stabilissero le nuove repubbliche , egualmente, né v'era che qualche caso sporadico. Alla quale considerazione aggiugne l'Audouard che i fatti negativi provano niente; d'altronde le località, le precauzioni, le circo- stanze che sono in potere dell' uomo , valere per l' attenuazione degli agenti produttori la febbre gialla ; mentre l' uomo non avrebbe potenza contro gli agenti atmosferici, ai quali l'attribuisce il Blaquière. Ella era questa una polemica semplice e disinvolta fra quante rinven- gonsi nei fasti delle epidemie ; e sarebbe ita più innanzi , se il giornalista , rin- graziando il dolU Audouard dell'aver meditato a distruggere la tratta dei Negri in nome della igiene, come dovrebbe pur farsi in nome della morale, non aves- se eliminata la questione dal suo giornale con una nota a pie di pagina , che non lascia equivoco, né permette risposta. Considerando ben bene gli elementi della disputa, non può dirsi (come l'Audouard pretenderebbe) che il dott. Bla- quière si mostrasse un semplice epidemista: egli accorda, l'ammassamento, la sporcizie 5 gli alimenti pessimi, il caldo soffocante, la umidità vaporosa contri- buiscano alla formazione d'un focolare d'infezione; non sa poi rinunziare alla semplicissima idèa, che le potenze fìsiche locali, esclusive al suolo americano ed al clima , ne costituiscano la causa principale. L'Audouard invece , cui sta inoltre persuasione la razza negra non andar soggetta alla febbre gialla, limita a ristretto circolo la infezione, volendola tutta esclusiva ai bastimenti della trat- ta; né s'avvede d'inconseguenza, ricordando che dove questa non si verifica. 150 la febbre gialla regna conLuiua ('). E questo è un fatto negativo non pev altro, se non perchè, mancando la causa pretesa, si presenta nullaostante un effetto, il quale dovrà pur venire da causa che non sarà giammai la pretesa. Più anco- ra : ove la tratta si fa in grand'estensione , la febbre gialla non dà che qualche caso sporadico; e questo sarà un fatto positivo, ma tale che l'Audouard non dovrebbe desiderarlo siccome appoggio all'assunto; mentre ciò proverebbe, con- tro ogni principio pratico su la infezione , che il valore dell' effetto apparisce nella ragione inversa del potere causale. Nella febbre gialla epidemica la infezione, studiata meglio in questi ul- timi tempi, non può esser causa primitiva di origine e di sviluppo; ne in ogni tempo e luogo di svolgimento epidemico la infezione si sarebbe trovata vera- mente attiva. Se ciò fosse stato, il potere amministrativo in più casi, ed anche radicalmente per sempre, avrebbe saputo tentarne la estinzione; e la malattia in adesso, grazie ai lumi della filosofia e della igiene, ed ai fatti tentativi, non sarebbe che argomento di storia. La infezione da materia putrida morta, op- pure qual prodotto di malattia nelle masse popolari, nelle caserne , negli spe- dali, sarebbe più tosto una causa d'inasprimento nella forma, di costanza, di permanenza e di maggior vigore epidemico ; contro alla quale varranno sempre i mezzi sanitari , divenuti ornai comuni fra le nazioni incivilite. Già in alcuna delle grandi e delle piccole Antille, specialmente francesi, si ottenne, se non altro, finora una mitigazione nei sintomi; quindi un corso (non precipitato, co- m' era quasi sempre in addietro sino allo stadio di decremento epidemico) re- golare e tranquillo nella pluralità dei casi ; e per conseguenza la diminuzione (1) In un lavoro interessante e recenlissimo su '1 clima e su le malattie del Brasile leggiamo un piccolo cenno a proposito. Les causes que M. Audouard indique camme productrices de la jìèvre jaune, la chaleur tropicale et Vintroduction des Noirs, soni per- rnaiientes dans ce pajs, et pourlant elles n ont fourni, que je sache, aitcune condition de propagation de celie maladie; au contraire, elles ont donne un dementi, jusqu'à ce jour, à l'opinion de ce médecin. Sigaud , Du climat et des maladies da Brésil, ou Statistique médiciile de cet Empire. Paris 1844, pag. 2-58..1 ;,; ;..„ „„i..,^ „ e: 151 del per 100 nella mortalità degli attaccati, dovuta in gran parie al metodo cu- rativo più semplice e razionale. Se dunque la infezione non sia causa primitiva di origine e di sviluppo, ma causa d'inasprimento nella forma, di costanza, di permanenza e di maggior vigore epidemico ove infierisce la epidemia, resterà ad investigare del come possa influirvi ; e , sceverato il dubbio dal vero , studiare la causa originale , la incubazione ed il modo con cui svolgesi e diffondesi la malattia. 27 Giugno 18U. r,t 153 STUDI SOPRA LE PRODUZIONI MORBOSE ACCIDENTALI NELL'ANIMALE ECONOMIA MEMORIA DEL DOTT. M. BENVENISTI DI PADOVA PREFAZIONE I M-Jà scienza patologica oggigiorno domanda istantemente che in cliiai-a luce sia posto, e con fatti solidi stabilito il modo con cui si formano e si sviluppano nella economia animale le accidentali sue produzioni; né più mostra d'essere altre- tanto sollecita di sapere le fasi successive a cui dopo il loro pieno sviluppo pos- sono andar soggette queste particolari ed oscure alterazioni dell'organismo. E saviamente i medici attuali dirigono di preferenza la dotta loro curiosità su tal soggetto ai due punti ora accennati che lo riguardano : non solo per ciò che nei comuni Trattati di patologica anatomia si trovano già bastantemente dipinti e seguiti quegli stati patologici dopo che hanno aggiunta la loro piena maturità, e assunsero intiera quella fisionomia eh' è propria alla loro età adulta ; ma si an- cora perchè la essenza si ricava singolarmente dalla nozione della sorgente onde derivano, e da quella del processo che ne getta i primi starai, che ne svolge il primo germe; perchè il metodo profilattico e preventivo, che nelle organiche malatie vale assai più del curativo quasi unicamente sintomatico, può essere ra- gionevolmente dedotto dalla sola conoscenza delle condizioni patologiche le quali originaronle , e dei primi passi che fecero innanzi di ridursi irresolubili e 15', ferme ; e perchè il radicale metodo chirurgico o esterno viene unicamente per- messo, negato od imposto dalla certezza della genesi locale od universale, estin- ta o permanente, di cui sian figlie. Devono essere riconosciuti come utili e brillanti i mezzi che oggi possedia- mo , ed erano ignoti ai nostri maggiori , la mercè dei quali è dato avverare con certezza e limitare con precisione le accidentali produzioni già sviluppate per- fettamente , con cui si può accompagnarne le metamorfosi successive sino alla distruzione loro, o a quella del corpo nel quale annidano: valgono assai quei mezzi fisici per la precisione della diagnosi e per la felicità del pronostico. Ma finalmente tutta questa precisione a guerra, per cosi dire, finita rileva assai più per l'onore del medico che per la utilità del malato, la quale invece dev'essere il primo oggetto, e destar deve le più sollecite cure nell'animo di chi esercita coscienziosamente ed utilmente il sacerdozio d' Igea. A.d ottenere questo santo scopo, ove si tratti di organiche malatie (delle quali le produzioni accidentali formano la parte maggiore), nulla v' lia di meglio conducente che le ricerche tendenti a disvelare con maggiore facilità e a fissare con qualche precisione la natura e la età del processo locale che pone i fondamenti del male organico , della produzione accidentale, la qualità delle leggi funzionali che ne determi- nano la generazione, la specie di costituzione e la diatesi generale, che valgono ad alimentarne l'ulteriore sviluppo. Giacché quel pi'ocesso molte volte, se non sempre, a tempo conosciuto e fortemente attaccalo jiuò essere attutito ed estin- to ; quelle leggi, noto l'ordine con che si legano, spesso si possono sospendere o commutare a volontà ; quella costituzione riferita all'organico sistema, dalla cui prevalenza o deviazione necessariamente discende, talvolta può essere o diret- tamente o indirettamente corretta e distrutta. E siccome trattandosi di suLjetto quanto utile e necessario, altretanto diffi- cile, vasto e nuovo, può meritare uno sguardo di benevolo compatimento anche il più breve saggio, anche il più imperfetto tentativo; così mi arrischio ad as- soggettare al giudizio dei dotti Colleghi questo piccolo mio scritto, ben lontano dalla folle pretesa d'empiere con esso una lacuna della Patologia, o soddisfare pienamente alle giuste esigenze della scienza. Bisognandomi far principio dal fissare precisamente il valore delle parole produzione accidentale, onde sia limitato e contornato esattamente il campo delle indagini e delle speculazioni, senza fare una storia altretanto lunga, quanto inutile e nojosa a chi sa, degli oggetti diversi che, secondo le varianti dottrine 155 deli autori antichi e moderili, quella espressione comprende; lasciando di ac- cumulare in questo luogo storiche particolarità, che facilmente potrebbe altrove rinvenire clii curioso ne fosse; io mi limiterò a dire che per produzione acci- dentale s'intende oggi dai più o un umore scorrevole (1), o un organo aderente analoso agli altrove esistenti (2), o un organo aderente da tutti i normali total- mente dlssimigliante (3), o un corpo libero (4) che non soglia formar parte inte- grante dell'animale economia in istato di salute costituita. Molti dissero che le trasformazioni morbose degli umori, degli organi e dei tessuti nostri sono rarissime ad accadere, e che il massimo numero dei patolo- gici avvenimenti, che furono contradistinti con questo nome, si devono ridurre alla famiglia delle produzioni accidentali , delle novelle creazioni. Altri sosten- nero tutto il contrario , vale a dire difesero che tutte le cos'i dette accidentali o patologiche produzioni altra cosa non sono , fuorché sostituzioni di molecole straordinarie per quantità o per natura alle solite; trasformazioni in somma, ma così avanzate e perfette, che, giunto il completo loro sviluppo, sembra che siansi generati o fluidi affatto nuovi , perchè affatto difformi da quelli nel cui luogo si stanno ; od organi nuovi e sopranumerarj , perchè forniti di assai mag- gior volume, di forma ben diversa, e di costituzione non poco aliena da quella delle parti che eclissarono ; od esseri aggiunti al corpo di che sono ospiti infau- sti, perchè spogli in fine anche di continuità e di organico legame con esso. 11 solo esame dei primi segni di formazione, la sola cognizione dei primi passi di sviluppo può sciogliere la questione, togliendo l'illusione di quei patologi che considerano le produzioni accidentali soltanto quando sono maturate e perfette. (1) Sono il pus e la linfa plastica, o cotennosa sostanza. {2) Sono : le granulazioni delle ferite , le vegetazioni cutanee , le pseudo-membrane organizzate, i polipi vescicolari, che presentano qualche analogia co '1 tessuto cellulare; i lipomi, che simigliano all'adiposo; le cisti, gli Igroml, le natte, i tumori idatiferi, che simigliano al seroso; Il tessuto plogenlco , che simiglia al mucoso; le telangectasle , le voglie materne, I tumori emorroidali, le strame sanguigne, che simigliano al tessuto va- scolare, a quello della placenta o della milza ; I corpi e i polipi duri, gli scleromi e i sar- comi, che simigliano al fibroso; le litiasi, che simigliano all'osseo; le cisti contenenti peli, unghie e denti, o emettenti corna, che simigliano all'epidermico. (3) Sono il tubercolo, lo scirro, ììjìmgo e la melanosi. (4) Sono le produzioni dette libere, cioè I calcoli, i corpetti sferici delle articolazioni, ifieboliti e gli entozoarj. 156 Fermati cos'i i limiti dell'implicato soggetto, clie tento, quasi vergine ed in- culto terreno, a svolgere e digrossare, prima che io scenda ad occuparmi parti- tamente dei molti articoli che vi sono racchiusi , e trovansi da particolari nomi contrasegnati, trovo necessario di tratteggiare ad uno ad uno, ed enumerare nell'ordine della relativa loro importanza i molti fonti d'istruzione a cui può attingere ed abbeverarsi chi desidera proporre con la maggiore verisimiglianza, clie attualmente è possibile, quel modo di formazione e di sviluppamento per cui arrivano a costituirsi parti strane e talora mostruose, sostanze incomode e spesso fatali negl'intimi recessi del corpo nostro: quelle sorgenti voglio indi- care, a cui sono ricorso per quanto ho saputo; e delle quali ognuna a parte può dare lumi preziosi, e somministrò veramente plausibili risultati a chi con mag- giore parzialità vi si appressò; e unite insieme permettono forse l'abbozzo di quel corpo di dottrina che ancora si desidera su questo vago ed intralciato ar- gomento , su questi avvenimenti che sono scandalo consueto dei fantastici teo- rizzatori, e scoglio perpetuo dei troppo esclusivi sistemi. 1.° E di prima necessità una piena conoscenza dell'anatomia generale più fina e della scienza istologica moderna, onde aver presenti agli occhi della mente anco i più piccoli elementi anatomici distinti e speciali, i quali in grazia di un incremento eccessivo possono prestar base a strane e grandiosissime produzioni che con gli organi più appariscenti non serbano più alcuna analogia , non pre- sentano simiglianza di sorte alcuna; ond'essere al fatto di quelle leggi, secondo le quali i fluidi si organizzano in cellule solide, e sapere in quale fatta di cel- lule ogni fluido si può cangiare ; né ignorar quelle , in ordine alle quali le cel- lule elementari crescono, si moltiplicano, si uniscono, si fondono, si mutano in fibre, in canali , in isquame , e quindi compongono organi grandi , discernibili e composti. 2.° L' esame anatomico della massa che costituisce la produzione morbosa Sviluppata, perfetta e matura, ha una immensa importanza ove si tratta d' in- durne la prima origine ed il posteriore sviluppo ; posciachè lasciando dall' un dei lati la mutata forma e l'accresciuto volume, Tintima costruzione che ne vie- ne svelata valer deve a trovarne la simiglianza con alcuna delle parti normal- mente esistenti , e la derivazione de' suoi primi germi da quella. Ma si noti che questo esame dev'essere praticato con tutti i più esatti e fixii metodi, e non co' i più grossolani , che soli un tempo si adoperavano. In oggi si deve instituire si fatto esame con la più minuta e scrupolosa disezione, con le infezioni più ca- 157 pillar! , con le macerazioni meglio condotte, e con l'uso dei microscopj più poderosi. 3,° Siccome alcuna volta la produzione morbosa è liquida, od è di una con- sistenza sì molle che non ammette o rende poco fruttifero l'impiego dei proce- dimenti ora accennati ; o se anco ha una solidità che in parte li sopporta , pure contiene in sé una maggiore o minore proporzione di liquidi elementi : cosi del pari si rende necessario l'esame chimico-patologico, a fine di vedere se i prin- cipj prossimi od immediati , onde la produzione risulta nella sua totalità od in una sua parte, sono identici o vicini a quelli di che suol essere impastato in qualche suo punto l'organismo normalmente costituito; e dedurre all'azione plastica di quale organo o sistema sono da ascriversi, di qual liquore fisiologico sono elementi essenziali o preponderanti. 4.° Non meno di ciò è necessaria la conoscenza dello stato dinamico e ma- teriale in cui si trovavano tutte le più influenti parti del corpo , prima che la produzione accidentale incominciasse a dar segni fisici o funzionali di sua pre- senza : uopo è fissare quali organi , quali sistemi , quali umori vi prevalevano o forviavano dalle regole della propria costituzione , per conoscere dallo scon- certo di quale trasse i problematici suoi primi semi la produzione nuova mor- bosa. Trattandosi di affezione organica e di prodotti materiali, è ben chiaro che sopra tutto si esige la conoscenza dell'antecedente condizione dell'uomo vege- tante, dei sistemi servienti alla vita organica, delle tre provincie in cui si sud- divide il sistema vascolare, con le parti ch'entrano nel novero delle sue più vi- cine dipendenze. E certo appare come occorra non meno della piena conoscenza su lo stato organico dei solidi, quella che versa su l'impasto dei liquidi ripara- tori , considerati e rispetto alla massa loro totale , e alla relativa distribuzione nei varj ordini di vasi, e alla prevalenza di questo o quello tra gli ordinarj loro principi immediati, e alla esistenza o mancanza di principi nuovi ed insoliti per entro alla crasi loro. 5.° E ritenuta non meno utile e necessaria la cognizione semiologica del complesso solido-fluido della machina animale, quale si trova dopo eh' è già spuntata la formazione, e mentre procede il maggiore sviluppo della produzio- ne: cosi si crede poter giungere con facilità a conoscere qual fluido alterato nella sua miscela, qual solido offeso nella sua struttura, o sregolato nel ritmo delle sue funzioni, alimenti l'accrescimento, o favoreggi la moltiplicazione della produzione medesima. Ma a questo proposito giova riflettere, credo io, contro la 158 comune dei patologi, che assai facilmente sì può confondere e molto spesso venne confuso allora quel più o men difuso sconcerto, che può essere causa di quell'ingrandimento e di quella moltiplicazione, con l'altro che n'è semplice ef- fetto e conseguenza inevitabile: per lo che men di luce si trae in verità da questa face, di quello che generalmente si speri, si creda e si aspetti. 6.° Cotale inconveniente non risparmia per la medesima ragione le deposi- zioni dello scrutinio anatomico-chimico dell' intiero cadavere di quei soggetti che perirono pe' i progressi, per l' approfondamenlo o per l'irradiazione della pro- duzione malaugurata, e di quelli che non per sua colpa, ma con essa attorno perirono. E valga il vero, se insieme ad una produzione morbosa riscontreremo con immancabile costanza alterato e scomposto questo fluido o quel sistema, potremo ammettere senza esitanza tra i due fatti sensibili un certo legame, una qualclie dipendenza. Ma chi potrà decidere quale dei due è la causa, quale l'ef- fetto, senza tutte le altre scaturigini d'istruzione enumerate già sinora non so- lo, ma senza le tante altre che seguiranno ? 7.° Certo èj per esempio, che rileva sommamente nel caso nostro la più minuziosa perquisizione delle parti àncora riconoscibili, perchè non guaste af- fatto , in mezzo alle quali la massa novamente prodotta trovasi e crebbe ; giac- ché in esse parti prossime e matrici se ne devono rinvenire le prime tracce, il rudimento , 1' embrione ; elleno rappresentar devono e rappresentano infatti la transizione, la sfumatura, l'annello intermedio, onde ne sono separate le parli normalmente condizionate : là quindi è dato a chiunque con maggiore agevo- lezza conoscere il vero elemento organico di cui la massa nuova può essere una deformazione, e il processo del quale così fatto tramutamento può esser figlio. 8. E pur conveniente che con attenzione si badi alle circostanze esterne ed interne dell'individuo, clie sogliono favorire l'incremento della produzione patologica, quali sono il sesso, 1' età ed il temperamento ; e più ancora a quelle affezioni generali e malatie locali di fissato processo, d'indole chiara, di sede conosciuta, con cui la produzione, della quale vuoisi possedere la genesi e lo sviluppo, trovar si suole con costanza o con gran frequenza in certo legame di coincidenza o di successione ; giacché in ultima analisi dalla equa valutazione di tanti dati o si avrà la finale conoscenza di quel sistema organico, di quell'or- gano interno, di quel tessuto generale, o di quel fluido elementare che predo- mina o eh' è squilibrato prima che la produzione si formi ; o si saprà che fuori della località sola, ove questa si manifesta, nulla vi era che in grado proporzio- 159 nato deviasse dalle regole della salute : si stabilirà quindi almeno per questa via se locale o generale, se prossima o remota sia la provenienza della patolo- gica risultanza, su i cui natali vogliamo aver luce, lacerando il velo misterioso che ai curiosi nostri occhi li nasconde. 9.° Ma l'esperimentazione diretta nelle presenti indagini va tenuta in pre- gio non minore di quello che alle osservazioni si accorda; deve anzi venire in soccorso di queste , e riprodurne i risultamenti , onde i concepiti sospetti pos- sano convertirsi in probabilità e certezza. E se bene sino ad ora non si abbia da tale ajuto cavata tanta utilità, quanta per avventura ne prometteva, pure qualche cosa si è già fatto, qualche partito la scienza ne ha tratto, qualche luce ne derivò ; e nei diversi casi con mezzi varj : ora eccitando artificialmente certo determinato processo in quella località dove per l' osservazione si sospetta or- dirsi frequentemente le origini di una produzione morbosa, per vedere se così realmente se ne determina l'apparizione; ora assoggettando un individuo a quelle circostanze esterne ed interne, dalle quali si crede poter essere ne' suoi primordi provenuta la produzione ; ora insinuando un fluido od un principio qualunque che si ritenga contenerne i germi lontani, o una porzione della so- stanza medesima dentro ad un organismo sano, per mezzo di contatto, d'inno- culazione o d'injezione, a fine di scorgere se le conseguenze corrispondono alle presunzioni, e giustificano l'aspettativa; ora mettendo a nudo per mezzo di fe- rita, di cauterio, di vescicante alcun tessuto o alcuni stami organici, ove la pro- duzione morbosa dipendente negli essenziali suoi elementi da causa interna, re- mota o difusa, può deporsi e maturare, all'oggetto di seguirne con gli occhi, senza velo di tegumento ed impaccio di strati intermedj , la genesi e il perfe- zionamento ; ora assoggettando la produzione già sbucciata ed un po' cresciuta alla influenza di topiche potenze irritanti , infiammanti , o di altro genere non meno conosciuto, perchè la palesata natura di quei segreti lavorìi, che ne favo- riscono l'incremento e ne governano i successivi tramutam€nti, può rischiarare non poco quella dei lavorìi primordiali o produttori. Vanno praticate quelle spe- rienze che da minor danno e da nessun pericolo sono accompagnate su l' orga- nismo dell'uomo; vanno tentate le più gravi ed arrischiate su gli animali che subiscono quella tale patologica produzione di cui occorre conoscere la forma- zione e lo sviluppo, e che più per la loro costruttura si avvicinano all' uomo. 10.° In altro modo ancora gli animali sono in caso di somministrare dei dati utili alla soluzione della presente questione patogenetica, in quanto esposti 160 essi pure agli attacchi di questa o quella produzione moi-Losa , possono presen- tarla e la presentano infatti non rade volte in parti più sviluppate ed esterne , in organi meno composti ed involuti. Ond'è che la Patologia comparata sommi- nistra per la storia delle anomale organizzazioni, per la genealogia degli organi così detti di superfetazione non più scarso insegnamento di quello che per la storia della normale organogenia ci è esibito dall'Anatomia comparativa. Né que- sto basta: anche le piante, tanto dell'uomo e degli animali più semplici nell'in- trinseca loro costituzione , e tanto anche più addentro esaminate e conosciute rispetto alle leggi che governano la composizione dei fluidi loro elementi , e la organizzazione delle loro parti solide; anch'esse le piante incontrano alcune pro- duzioni e degenerazioni straordinarie e morbose, che nei tratti precipui e nella essenza fondamentale alle più colossali si avvicinano di quelle che sono nostro triste retaggio : anch' esse quindi devono esser poste a contribuzione da un cu- rioso e severo patologo, ove tratta di considerare in modo generale questa classe di organiche infermità. 11. Peraltro non basta indagare le precedenze delle organiche produzio- ni; non basta cercare nel cadavere le loro epoche prime e le loro fasi succes- sive; non basta procurare di produrle artatamente, per essere più sicuri della loro realità: ma occorre altresì coglierne i diversi stadj e i periodi principali jiello stesso vivo organismo in cui annidano. E a questa impresa si presta in parte l'osservazione diretta su le parti esterne che ne sono sede, specialmente se sopra esista una soluzione di continuità, una piaga od un'ulcera, siccome di spesso avviene. A questo scopo conduce ancora meglio la esplorazione fatta per necessità di diagnosi naturalmente dal chirurgo co '1 bistorino, co '1 trequarti, con lo specolo, e con altri mezzi penetranti negl'intimi recessi della massa mor- bosa. A questa meta possono infine guidare le indagini sottili che l'operatore può fare dopo il taglio o la estirpazione di quella massa , quando la mala sorte del suo infermo promuove poi in quel sito snudato e aperto la rigenerazione della sostanza che ne asportò. Là di fatto l'occhio curioso, posto in giusta aspet- tazione e libero da ogn' ingombro , non si lascerà sfuggire quei primi passi del processo più istruitivi dei seguenti, che la prima volta han potuto passare senza alcuna colpa inavvertiti. 12.° L'analogia fornisce anch'essa degli elementi non ispregevoli, special- mente ove si parli di produzioni accidentali che nelle loro apparenze si avvici- nano alquanto a qualche organo integrante, od a qualche sostanza propria dello iGl organismo umano già fatto adulto, dell'embrione, o Ji qualche animale infe- riore. È probabile che alle leggi della creazione elementare e del successivo in- cremento di quell'organo o di quella sostanza, fissate dalla Embriologia e dal- l'Anatomia comparativa, simiglino quelle che sono seguite dall'analoga produ- zione morbosa ancor bambina : ma siccome non è certo che le cose avvengano a questo modo in tutti i casi, cosi i barlumi derivanti da questo lato sono da porre in una linea inferiore dei precedenti argomenti, e non mai in cima a tutti, come da molti autori incautamente si fa. Aventi per base una più o meno in- duttiva ragione di analogia, meritano collocazione nel medesimo ordine subal- terno i rischiaramenti che possono essere tolti e dalle leggi fisiologiche cui è legata la formazione del feto, prodotto veramente nuovo, e l'esistenza sua insie- me a quella delle appendici fetali dentro all'utero della madre; e dalle leggi con cui si riproducono spontaneamente le parti recise agli animali inferiori: oggetti di tanta curiosità pe '1 popolo, e di tanto interesse per lo studioso na- turalista. 13.° Finalmente l'esame delle opinioni che regnarono in proposito dalle epoche più lontane sino alla presente nei libri dei più semplici ed ingenui os- servatori, nei più disgiunti paesi, sotto la influenza delle più varianti dottrine cardinali di Patologia, merita uno sguardo, domanda considerazione, presenta im qualche peso. Per quanto si voglia tenere a vile l'autorità e inconcludente l'erudizione ove si può osservare e sperimentare co' i sensi proprj, resta sem- pre die un concetto , il quale con vario linguaggio espresso , e sotto forme di- verse rappresentato , sopravisse e si sostenne , doveva avere un fondamento nel fatto, doveva contenere in sé una parte almeno di vero; e aggiunto agli altri dati più positivi, può dare nei casi ambigui il tracollo alla bilancia del sospeso giudizio, od altrimenti deve destare un giusto sospetto, e dirigere su la via delle più fruttuose ricerche. Da questa non breve categoria di diligenze ed esami risulta, che per errare meno degli altri in questa interessante ma scabrosissima ricerca della forma- zione e dello sviluppo di ogni singola produzione accidentale, occorre cavare no- stro prò, e prendere insegnamento contemporaneo, equabile, intiero dalle os- servazioni fortuite, dalle apposite, dalle semplici e dalle comparate, dalla spe- rimentazione, dall' analogia e dalla erudizione, che alla fin fine sono le sorgenti di ogni umano sapere solido, positivo, utile, applicabile, duraturo; escludendo le ipotesi leggiere ed i fantasmi ideali: occorre far tesoro tanto dei risultati pò- 162 sitivi come dei negativi, semprechè siano completi, sicuri e fedeli, rigettando come scoria impura ed impedimento nocevole i fatti spurj, manchi ed adidterini. Raccogliendo , raffrontando e classificando i risultamenti finali relativi ad ognuna delle ammesse produzioni accidentali in prima, ad ognuna delle mag- giori loro classi di poi, è dato tessere o, dirò meglio, proporre una storia gene- rale della loro formazione e del loro svolgimento. SU LE PRODUZIONI ACCIDENTALI SENZ'ANALOGHL Giacché si riconosce universalmente il bisogno, da tutti si sente il deside- rio di prevenire , per quanto possibile fia , l' arrivo fatale , di arrestare le deva- stazioni terribili delle produzioni maligne con mezzi terapeutici interni, non vi spiacia, cortesi Academici, accogliere dal mio labro, sotto forma più che potrò compendiosa e ristretta, quella parte del mio lavoro intorno alle patologiche produzioni, che versa appunto su le disorganizzazioni tubercolari e cancerose, su i tubercoli cioè, su lo scirro, su '1 fungo e su la melanosi; e giudicare non vi pesi delle mie idée, alquanto dalle più comuni diverse, su '1 loro fondo orga- nico, su la vera loro essenza, su la condizione patologica interna che le produce e governa, e dalla cui conoscenza è regolato l'uso del ferro chirurgico non me- no che delle mediche prescrizioni. Sarò troppo breve per dare pieno sviluppo a tanto argomento ; troppo lungo per riempiere lo spazio concesso ad un'acade- mica lettura. Ho dunque bisogno più che mai dell'indulgenza vostra; ed ho fidu- cia clie solo l'importante soggetto varrà a procurarmela. Sicché passo senz'altro a richiamare l'attenzione di chi mi ascolta su la prima specie, ch'é il tubercolo. Tubercoli. Siccome nei varj casi è diversa la prima origine e differente il vero luogo di formazione di codesti patologici corpetti, cosi furono emanate su questo conto disparatissime sentenze. E se parliamo dei polmoni, ove i tubercoli sono più frequenti e più nume- rosi a vedersi, chi li fece derivare da infiammazione o da ipertrofia delle pic- cole glandule conglobate che annidano tra le primarie e le secondarie divisioni dei bronchj (Morton, Morgagni, Portai, Rroussais, Andrai, Bouillaud); chi da subinfiammazione dei tessuti bianchi che vi abondano intorno; chi da infiamma- 163 zlone od ipertrofia del follicoli mucosi dei bronclij e delle vescIcheLte polmonari (Giacomini, Gruveilhier, Andrai e Ravin); chi da infiammazione o da ipertro- fia limitate fra due valvole di un tronchetto linfatico, o insorte nel punto in cui molti di questi s'incrocicchiano (Baron, Cooper). Altri autori, che trovo inutile di nominare perchè celebri assai, ed a bastanza noti ad ogni studioso, ne ripe- tono l'apparizione da effusione di globicini sanguigni pronti a passare allo stato di sostanza caseosa, o da deposizione di linfa plastica e pus concrescibile di co- mune provenienza infiammatoria dentro ai detti follicoli, alle vescichette termi- nali dei bronchj, a limitati tratti di vaserelli linfatici, nelle maglie della cellu- lare interstiziale che lega insieme i molti elementi anatomici che concorrono alla formazione del polmone. Ma molli fecero invece consistere la genesi dei tubercoli polmonari nel ver- samento spontaneo, nella infiltrazione, a principio inavvertita, di certa materia quasi inorganica , non si sa dire d' onde provenuta, ma fornita di particolari ca- ratteri fisico-chimici, e chiamata con apposito nome tubercolare; liquida da pri- ma, suscettibile poi d'induramento, in fine soggetta a rammollimento spontaneo. Questa materia consta essenzialmente di albume (Schoenlein); è composta chi- micamente più di albumina che di fibrina e gelatina, e di sali terrei variamente prevalenti l'uno su l'altro nei varj stadj della malatia, specialmente di carbonato e di fosfato di calce (Thenard, Hecht, Prout, Leliritier). Microscopicamente poi è mostrata da Sandras la materia tubercolare composta di globelti rotondi, ma involti da un tomento che si stacca con le lavazioni. Secondo Nasse, che ne esa- minò i depositi nelle vie biliari dei conigli, è costituita dalle più belle cellule ovoidi che veder si possano, trasparenti, e contenenti un nucleo ovale ben con- tornato. Esaminati da Addison i tubercoli tritati e sciolti in una goccia d'aqua sotto 1' azione di un forte microscopio , se ne i-invenne formata la sostanza di granelli, grumi granulari, e residui membranaceo-filamentosi delle celle pol- monari. Da Lebert si hanno per elementi costanti, dei granelli molecolari, una sostanza interglobulare jalina ; e i globicelli propr j , nel di cui cavo v'è certo numero di granelli molecolari. In fine Vogel mostra ora in alcuni punti dei pol- moni tubercolosi dei nuclei nel mezzo di una sostanza amorfa e senza involu- cro; in altri punti cellule compiute, cioè con involucro, nucleo e nucleoli; in altri ancora cellule granulose: oltre a ciò molti globicini adiposi. Microscopica- mente in somma la sostanza del tubercolo per tutte queste recentissime inda- gini è formata di celle perfette contenenti nuclei e nucleoli : di questi nuclei o 1C4 granelli molecolari disgregati e disciolli; più, di un cemento molle jalino e amorfo, e di globicini adiposi. Si vuole depositata nel centro di alcuni degli or- gani elementari recentemente da me annoverati , senza previo interessamento dei medesimi , sia flogistico o di altra differente natura. Si ammette sempre da questa classe di autori, che tal fatta di patologica secrezione cresca per justapo- sizione di lamine e di strati alla maniera dei corpi inorganici e dei sali : alcuni, come ho detto, di questa particolare sostanza semi-fluida non curarono cercare il luoi^o di prima preparazione; e alcuni la ritennero in conto di pus concreto, basandosi su la simiglianza della chimica loro composizione, e non conoscendo o non curando la molta differenza nella microscopica struttura che vige tra i due umori. Lasciando da una parte il polmone , e considerando la cosa nei molti altri organi e nei molti altri tessuti in cui i tubercoli possono far comparsa, si sono presso a poco rinovate le medesime questioni, si emisero analoghe sentenze; giacché follicoli o cellule o vasellini linfatici, capaci di convertirsi in corpetto tubercolare, o di contenere la materia che ha questo nome, si trovano ovunque. Io però osservo che ognuna delle enunciate diverse teorie essendo basata su alcuni fatti d'osservazione e di sperimento intieri ed esatti, ha un lato vero ; ma il difetto di ognuna sta nell'essere esclusiva, e rigettare quella parte di ve- rità che giace a fondamento delle altre: ed è questo il caso, a mio credere, in cui è vie più pressante il bisogno di adoperare un giusto ed indipendente eelettismo. Terrei di avvicinarmi più degli altri al vero , sostenendo che il sito di for- mazione originaria del tubercolo può trovarsi in ogni parte del corpo, entro alle maglie cellulari interstiziali e sotto-serose , ai follicoli di varia specie che vi sono nicchiati , a limitate porzioni dei vasellini linfatici che lo percorrono, alle glandule conglobate che lo tempestano, alle cellule delle ossa, ed anco allo spessore di una pseudomembrana di provenienza flogistica che vi sia stesa so- pra, di idatidi o piccole cisti che accidentalmente vi si potessero essere svilup- pate. Che quindi il tubercolo si forma prima, più spesso e in maggiore abon- danza per entro ai visceri dedicati alla funzione del respiro, riuscendovi causa frequentissima di tisi , perchè il polmone è ricco più che ogni altro viscere di quegli elementi anatomici che ora si sono nominati; e al polmone tien dietro immediatamente, sotto questo rispetto, il tubo degl'intestini con la provincia del mesenterio. Che alcune volte precedono in questi organi minuti, visibili e 165 patemi tracce di un travaglio d' irritazione , di un processo flogistico acuto o lento, di una congestione sanguigna attiva, di un processo d'ipertrofia concen- trica od eccentrica; ed altre volte di queste precedenze non siamo fatti certi dalla osservazione, siccliè ammettervele sempre non si potrebbe senza taccia giustissima di aver creata una ipotesi : essendo certo peraltro che la flogosi fa- vorisce in tutti i casi lo sviluppo, accelg.i'a le metamorfosi di questi patologici corpetti, e attacca le parti organiche, nel cui seno le loro masse vengono a cre- scere ed allargarsi. Che la sostanza bianco-giallognola , prima liquida e bianca (Magendie), poi opaca, friabile, priva di organizzazione, e riconoscibile ai ca- ratteri chimici e microscopici che furono sopra con qualche difusione indicati, e senza la cui presenza raramente e forse mai si può dire ch'esista dove che sia vero tubercolo, è una materia la quale non può andare confusa co '1 pus, né con la linfa plastica , ordinarj prodotti concrescibili ed organizzabili di un processo flogistico genuino; ma più tosto pe' i caratteri fisici e pe' i caratteri chimici e microscopici si confonde (Baron, Ravin, Reil, Andrai, Cruveilhier) co '1 muco, con la linfa e col cliilo addensati e concreti: giacché (come altrove mostrai) questi fluidi naturali del nostro corpo, mano mano che vengono perdendo i loro elementi aquosi e grassi, ed esibendo altretanto più distinti gli albuminosi e terrigni, assumono come il tubercolo l'aspetto della crema, del cacio, del ma- stice, della creta, del calcolo stridente sotto il coltello. Sia conviene riflettere che quasi tutti i varj elementi anatomici del tuber- colo si possono considerare come tante appendici del sistema linfatico, perché sono tali , da cui le prime radici e le più minute reti di quel sistema sorgono in vistosissima abondanza, e la di cui chimica composizione presenta quegli stessi principi che prevalgono nella linfa e nel chilo; e che l'elemento semi- fluido, il quale in quei piccoli ricettacoli si depone per costituire il tubercolo, si avvicina all'umore che contiene il condotto toracico per modo, che qualclie volta i più abili anatomici non seppero distinguere se tal condotto fosse pieno di chilo concreto, o di materia tubercolare addensata. Oltre a ciò conviene aver presente, che, per sentenza ed asserzione di tutti quanti sono i più abili osservatori dei passati e dei presenti tempi, il sistema organico, la cui estensione prevale nei soggetti tubercolosi, è il linfatico-glan- dulare;il temperamento che maggiormente dispone a quest'organico malore è quello appunto in cui si avvera un predominio di umori linfatici; gli animali che più di spesso incontrano la condizione tubercolosa {ladrerie dei Francesi) I GG sono quelli (i porci) che presentano eminentemente sviluppato il sistema linfa- tico, e voluminose le sue glandule. 11 più delle volte la cosa giunge al punto, che una gran parte delle glandule conglohate del corpo, e specialmente le mesenteriche, le bronchiali, le cervi- cali, le inguinali, le lombari (Louis, Lombard) sono fatte ipertrofiche, congeste di sangue, purulente, e in altri modi dalla normale loro costituzione forviate in- sieme ai vasellini che le avvicinano; onde molti rispettabili autori (Portai, Brous- sais, Bouillaud, Glacomini) furono indotti a ritenere non altro essere nella sua essenza la tubercolosi fuorché una lenta linfadenite. h veramente gli antichissimi Ippocrate , Aretéo e Fernelio facevano proce- dere i tubercoli dall'addensamento dell'umore linfatico e della pituita, che cor- rispondono precisamente alla linfa ed al muco. Volendo adunque tentare una determinazione, per quanto ora si può, esatta o verosimile della origine e dello sviluppo dei tubercoli in generale considerati, stabiliremo che sotto questi due punti di vista: I. Bisogna incominciare dal distinguere, specialmente nella provincia dei polmoni, le granulazioni dai veri tubercoli. Quelle nascono per l'ingorgo, per l'induramento o la ipertrofia concentrica dei follicoli d'ogni specie, delle glan- dulette linfatiche, di alcuni punti isolati dei vasi linfatici; questi invece dalla tieposizione di una materia speciale concrescibile per un tratto , ma poscia sog- getta a rammollimento, avvenuta dentro a quegli stessi piccoli ripostigli. Quelle non domandano quindi necessariamente una disposizione generale antecedente o concomitante, ma possono trarre origine da sole cause accidentali e locali; mentre questi suppongono una previa o contemporanea esaggerazione nell'atto assimilatore dell'universale sistema dei linfatici, pronta a farlo cadere in lento processo flogistico, a portare l'ipertrofia dei diversi segmenti che lo compon- gono, a far che abondino nel sangue l'albumina e i sali terrosi, elementi quasi unici di quella speciale sostanza, senza della quale vero tubercolo non si può dare. Quelle dipendono sempre da un attivo esaltamento della circolazione ca- pillare arteriosa o dell'atto nutritivo della località; questi, per quanto depone l'imparziale osservazione, si possono produrre senza un tale momento locale, e m ogni caso vi tiene la minor parte. Finalmente, anche in quanto concerne l'ac- crescimento rispettivo , differiscono non poco; giacché quelle (le granulazioni) di poco ingrossano, ma più tosto si moltiplicano, restando isolate e disperse nel tessuto proprio dell'organo in cui sono surte; questi crescono e ingrossano dal 167 volume (li un capo d'ago a quello di un melarancio e per la continuata deposi- zione della materia che li caratterizza, e per una specie di atti'azione che le loro prime molecole esercitano su gli umori circonvicini e su la intiera massa del sangue; o si riducono a poclie ma grandi masse, avvicinandosi e fondendosi in- sieme varj nuclei primitivi. II. Bisogna poi distinguere i tubercoli priinarj dai secondar/ sotto questo jìunto di vista, rispetto cioè alla estensione, profondità o lontananza del linfatico impegno. I tubercoli secondar], quelli che mai si veggono per primi, ma tardi tengono dietro agli altri anche più numerosi dei polmoni o degl'intestini, sono singolarmente quelli che si trovano nelle cellule delle ossa, nell'asse cerebro- spinale, nelle pseudo-membrane di flogistica provenienza, nelle cisti avventizie idatiche o serose. I tubercoli ossei sono costituiti dalla medesima sostanza che compone i primarj, ora raccolta in masse, ora infiltrata a modo di macchie o di grani, prima liquida, poi solidata, in fine fusa e purulenta nelle cellule delle ossa o sane o ipertrofizzate con le due forme di cistico dilatamento, o di ad- densamento eburneo. E queste varie condizioni dei tubercoli , frequentissime nel tessuto delle ossa spugnose , costituiscono le cosi dette /lagosi scrofolose delle ossa, e sono la ordinaria base degli artrocaci^ dei tumori bianchi, del male di Pott, allorachè la materia tubercolare, giunta a rammollimento, deter- mina la suppurazione delle parti vicine, la tumefazione e la fistola dei tessuti molli, gli ascessi per congestione, ec. ec. I tubercoli dell'encefalo, non rari nella prima età e all'epoca della prima dentizione, causa frequente di idrocefalo, per solito sono pochi , ma grossi ; stanno nei siti dove la pia madre forma delle ri- piegature, come nella fossa del Silvio (Sclioenlein); sogliono stanziare nel tes- suto cellulare della pia madre, deprimono la superficie corrispondente del cer- vello, vi si scavano in qualclie modo una cavità ed un letto; e quando sono con- siderevoli per volume, ed intrusi profondamente nelle circonvoluzioni del cer- vello, a prima giunta mostrano di occuparne propriamente la polpa (Gruveilhier). Di queste due sorta di tubercoli , e cosi di quelli delle accidentali produzioni pseudo-membranose e cistiformi, non si può per alcun modo spiegare la forma- zione e lo sviluppo, se non si ammetta non solo l'esistenza dell'umore partico- lare tubercoloso, risultante dal condensamento del muco, del chilo e della lin- fa , ma sì ancora una sovrabondanza del medesimo ; per cui non solamente nei luoghi, ove i linfatici abondano, da questi sia versato, ma dal luogo di sua prima preparazione venga tradotto innanzi, dentro all'alveo della circolazione sangui- 168 gna, e quindi dalle arterie depositato in tutti i punti anclie più remoti della economia animale , anche meno proveduti di vasi linfatici e di glandule di que- sto nome. Scirro o Carcinoma fibroso e semplice. Cancro areolare duro. Fungo fibroso. Molte sono le differenze che tengono separata questa produzione acciden- tale etcrologa dalla precedente, mentre sono tali e tante le analogie che 1' avvi- cinano alle due che seguiranno , che alcuni rispettabili autori ne fecero tre va- rietà della stessa specie, e chiamaronle tutte insieme degenerazioni cancerose, carcinomi o funghi (Hodes). Abernethy, fra gli altri, le assimiglia a certi co- lori, le cui gradazioni quantunque sensibili all'occhio, non si potrebbero però né caratterizzare, né denominare distintamente. Questa proposizione trova un va- lido appoggio nelle diverse ragioni di età, temperamento, successione morbosa, e nella mistione loro tanto frequente; ma è comprovata singolarmente dal te- nore della prima formazione, e dalle regole del successivo sviluppo che a code- ste produzioni morbose appartengono. Il che ora tenterò di appianare. Anche su '1 proposito presente varie sentenze, dedotte da un certo numero di fatti, furono emesse dagli scrittori di miglior nome; e semjjra che abbiano tutti una parte di ragione, ma nessuno l'abbia intiera, se intende di abbracciare con la sua dottrina la totalità dei casi possibili. Di fatto alcuno fece nascere lo scirro da una lenta flogosi , o da una subin- fiammazione dei tessuti bianchi in generale e delle glandule linfatiche in ispe- cie (Broussais); chi da una ipertrofia o addensamento lardaceo della cellulare interstiziale degli organi, e particolarmente poi della sottocutanea e della sot- tomucosa (Andrai); chi da una simile condizione fissata precisamente nel tes- suto cellulo-fibroso degli organi che meglio ne abondano, nonché nell'adiposo (Cruveilhier); taluno lo richiamò da una lenta flogosi dei follicoli, delle cripte, degli stami linfatici delle glandule conglomerate (Giacomlni), o dei vasi sei'osi e dei tessuti che sono ricchi di albumina e di grasso (Alard) ; e vi fu in fine chi giunse ad ascrivere lo scirro ad un'acuta flogosi del tessuto fibroso con produ- zione di sostanza granulosa speciale (Pappenheim). V'ebbero invece quelli che vollero provenuto lo scirro nei primi suoi passi e nel successivo suo incremento dalla deposizione spontanea e fatale di una ma- I 1C9 teria composta in varie proporzioni di aqua, fibrina, albumina, gelatina, grasso, materie coloranti e saline (Colard de Martigny, Heclit, Flasslioff) in un qual- siasi tessuto del corpo, ma più di spesso negl' inlerstizj della pelle esterna, della introflessa, e delle glandule conglomerate. Alcuni considerarono questa materia quale una degenerazione in induramento della esalazione cellulare, della secre- zione sebacea, della deposizione adiposa. Molli la riguardarono quale una sem- plice escrezione procedente negli elementi suoi dal sistema dei vasi linfati- ci, ec. ce. Ma nello stalo attuale della scienza i molti fatti precisi che si posseggono, e debbo dispensarmi dal descrivervi minutamente e riportare uno per uno, par- mi permettano di stabilire le seguenti proposizioni. 1.° L'elemento anatomico, lo scheletro, il telajo in cui può aver principio la formazione dello scirro, non è uno, ma vario. Suole esserlo più comune- mente il follicolo molliloculare , che va fornito internamente (Weber) di setti numerosi disposti a raggi intorno ad una colonnetta centrale; o l'aggregato di simiglianti follicoli che si trovano in molte regioni, e che uniti in gruppo van- no a comporre le elementari granulazioni delle glandule conglomerate (Cruveil- hier). Il maggior numero degli scirri mostra quindi internamente questa dis- posizione di setti quasi raggiati (Scarpa), che danno alla sezione del tumore l'aspetto che ha la carne della carota (Masnata). Suole esserlo a quasi eguale frequenza quella particolare suddivisione del tessuto cellulare che fu tanto ac- curatamente illustrata da Cruveilhier, ed insignita per luì del nome di cellulo- /ìbrosa. Questo tessuto è diviso in quantità prodigiosa di lobetti ed alveoli; ab- onda nell'utero, nelle mammelle, nelle parotidi, nel fegato; e in esso sovente e facilmente trasformasi il tessuto cellulare ordinario e seroso. In tali casi l'in- tima apparenza dello scirro è più tosto areolare che radiata. Ma può divenirlo anche ogni altro tratto di cellulare semplice, specialmente se sottocutanea, sot- tomucosa, od adiposa ; con che si ha quell'altra forma di scirro eh' è conosciuto con gli aggiunti di infiltralo o lobato. 2.° Questi tessuti elementari, fatti sede o canovaccio dello scirro, raro è che presentino i segni di una injezione capillare arteriosa , di una flogosi evi- dente; ma quasi sempre in quella vece sono còlti da sensibile ipertrofia, da ef- fetti distinti di nutritiva irritazione, nel senso dei Francesi; onde se ne ingran- disce la espansione, se ne accresce lo spessore, la forza e la consistenza sino a dare sotto al taglio del coltello uno stridore cartilagineo. ■ITO 3.° Insieme poi acciò si abbia non uno scleroma, non una ostruzione, ma un vero scirro, deve aver luogo il versamento di un prodotto morboso, di una materia speciale prima dura e densa, poi soggetta a rammollimento spontaneo, la quale occupi gli spazietti vuoti dell'elemento preso di mira, li distenda, e con le pareti contigue nell' addensarsi quasi s'immedesimi e si combini. Con una modica pressione può esserne cacciata fuori; e allora spargendosi su la su- perfìcie della sezione simile ad un succo lattescente (Gruvellhier) , in breve la rende lucida e come inverniciata (Scarpa). Su la precisa sua chimica composi- zione mi riporto al principio di questo Capo; e quanto alla sua elementare e microscopica struttura ecco a che si riducono i risultamenti delle indagini più recenti. La matei'ia scirrosa è composta, secondo Miiller, di corpetti trasparenti sferici od ellittici, in cui si distinguono dei granelli, dei nòccioli, delle cellette, non diversi da quelli che compongono altri tessuti normali, e che appunto come essi si perfezionano e si sviluppano. I glomeri di codesti corpicciuoli si levano con facilità dalle maglie organiche, dentro alle quali sono deposti (Miiller e Mandi). Secondo Nicolucci, sono ammassi di cellule più tosto grandi, ora più ed ora meno strettamente addossate le une alle altre, e composte poi ognuna alla sua volta di globicini tenuissimi, che Garsvell considera particolari modifi- cazioni dei globuli sanguigni. Vogel mosti-a nello scirro una trama fibrosa, nel mezzo della quale sono dlseminate cellide di forma variabile , con e senza nu- clei, e talvolta nuclei di colesteiina. Si avvicina dunque al sangue il succo can- ceroso non meno per la molteplice chimica composizione, che per la globulare sua mici-oscopica formazione. 4.° Questa sostanza, eh' e simile in apparenza al sego, al latte, allo siero ed all'adipe, ma intrinsecamente e chimicamente non ci ha punto che fare, procede di lontano, deriva certamente da un disordine qualunque negli atti della generale assimilazione; ma mi pare che asserir si possa più che tanto, e presumere inoltre con qualche verosimiglianza da quale organico sistema nella sua azione sconcertato ed offeso essa derivi. Già molti dimostrarono che non si dà scirro senza predominio di sangue venoso su l'arterioso (Gandolfi), né senza un'apparenza molto nera e carboniosa del primo (Puchelt). La cos'i detta discra- sia cancerosa primitiva del sangue si caratterizza per colorito cupo, per inde- bolita consistenza, minorata coagulabilità, niuno o insignificante arrossamento nell aria libera; in somma, porta tutti i segni di una natura sopravenosa (En- gel). Taluno con buoni ragionamenti persuase che gli organi chilopojetici in 171 genere. eJ il fegato e la milza in ispecie, o sono prevalenti per volume, o ec- cedono nell'azione loro assimilatrice e sccernenle, o sono malati nell'intima compaoine prima che gi'indizj dello scirro si appalesino (Gorticelli). Schoenleiu svelò il legame che ha la condizione goltoso-emorroldaria, da lui localizzata nella vena-porta, co'l carcinoma: e Cahanis ha dimostrato che durante il tempo della vita, in cui persistono le congestioni ipocondriache addominali della vena-porta, le glandule sono più soggette alle degenerazioni scirrose, sempre accompagnale da affezioni dell'animo tristi e melancoliche. Ben è nota la dipendenza in cui è lo scirro dello stomaco dalle così dette gastralgie più che dalle gastriti, quello del retto dalle emorroidi, quello del fegato e della milza dalle ostruzioni, quello dell'utero e delle mammelle dall'isterismo, dall'impeto, dalie irregolarità, dalla sospensione del turgore e del trihuto lunare. E riconosciuto con pari certezza che il fegato è l'organo prediletto dalla degenerazione scirroso-cancerosa; sic- ché in venti casi di cancri per masse diseminate osservati nella economia, di- cianove appartengono a questo viscere (Gruveilhier e Rokitansky) : il che a molti fece credere essere primo organo produttore de' suoi elementi il fegato. Di fatto, posta questa supposizione, dove verranno essi deposti più per tempo, più frequentemente ed in maggior copia , senonchè nelle maglie e nei tuhetti appartenenti al viscere che li viene generando? I buoni pratici dell' antichità sostenevano che lo scirro è un prodotto dell' atra-bile , è un deposito di umore melancolico; ed ora ben sapiamo come queste vaghe espressioni corrispondano alle altre ben più positive e precise di esaggerala attività della vena-porta. Ma ciò non basta. Polii sostenne che lo scirro delle palpebre, e specialmente il verrucoso, .... orititr solum a casis i'aricosis membranarum Odili ac inte- guinentoriim .... E nel carcinoma vulgare delle palpebre .... \,'asa albugi- neae varicosa sanguine atro injcircta, carnea quasi redduntur ^ sensiin to- tani bulbum ob regressum sanguinis impedituni scirrkosum efjìciunt .... E non è gran tempo che Gruveilhier faceva chiaramente vedere come intorno allo scirro ed al cancro sono malate e contengono materia cancerosa le più piccole vene; e sosteneva, guidato da molti e precisi fatti, che la vena-porta secerne ed espelle da sé codesta materia cancerosa. La stessa cosa, mercé bellissime ri- cerche, convalidava or ora T. Gordon Hake pe '1 carcinoma dei condotti epati- ci, avendone rinvenuti gli elementi in qualche luogo non ancora versati per en- tro alle rispettive venetle fatte ipertrofiche e varicose. Anche Langenbek veri- ficò la preparazione e la moltiplicazione spontanea delle molecole celluioso- 172 granulari, costituenti le masse cancerose, in vene di&tantisslme dal luogo delia loro visibile deposizione. In fine vogliamo ricordato leggersi presso Lobstein, che in donne affette da scirro degli ovarj e della vescica la vena cava inferiore non si trovò piena dei materiali di quello, ma talmente dilatata fra il cuore e le iliache da ammettere comodamente tre dita d'una mano. Se dunque l'apparizione dello scirro in un organo particolare importa la precedenza di un predominio di sangue venoso su l'arterioso; la modificazione sopravenosa o atrabilare di tutto il sangue; la esistenza di ostruzioni o di con- gestioni addominali ipocondriache , emorroidarie o mestruali; il volume ecce- dente o l'azione esaggerata del fegato, della milza e della vena-porta; la pree- sistenza nelle vicinanze di vene semplicemente dilatate , ipertrofiche, varicose, farcite di sangue atro, oppure così offese e insieme contenenti i corpetti speci- fici del carcinoma, intanto che le arterie non si veggono e non si possono per alcun modo ed artifizio anatomico injettare: come non sarà lecito presumere e sospettare che la materia scirrosa, analoga per le chimiche qualità e per la mi- croscopica struttura al sangue, sia, anziché altro, un prodotto dell'universale sistema delle vene da lungo tempo prevalente e sovreccitato, se anco non attual- mente o non profondissimamente alterato? La continuata deposizione, senza proporzionale riassorbimento, delle mole- cole scirrose , negli spazj ove sono destinate a stanziare ; il successivo loro ad- densamento e adesione alle pareti delle piccole cavità ed areole che le ricetta- no; l'espansione consecutiva di questi piccoli recipienti; la fusione dei primi nuclei o focolari scirrosi che siano poco discosti; l'endogena moltiplicazione cellulare che avviene nei globelti elementari ovunque trovano di far riposo; quella specie di assimilazione, di fermento o catalisi che imprimono negli umori circonvicini le prime molecole dei fluidi di nuova formazione, e per cui ne con- vertono una parte nella propria sostanza; sono tanti argomenti che rendono ra- gione soddisfacente dell'accrescimento e dello sviluppo locale che prende sino ad un certo limite la produzione scirrosa: come la cessazione d' ogn' impegno centrale delle vene, dopo che diede il suo limitato prodotto, può spiegare la successiva stazionarietà e l'isolamento del tumore novello, e il ritorno della sa- lute ciie tante fiate tenne dietro ad un'ablazione ben fatta. Il cancro-lupo non differisce né per le origini né per la evoluzione dallo scirro comune : ciò che ha di proprio consiste nel tenersi ristretta la massa scirrosa in un piccolo volume, e nel percorrere rapidamente tutti i suoi stadj. I 173 Fungo vascolare, o Sarcoma midollare. Encefaloide. Carcinoma molle. Struma di Walther. Osteosarcomi. Il fungo , che sotto tante altre denominazioni si conosce e si descrive , stu- diato convenientemente appena da un mezzo secolo a questa parte , e distinto ben tardi e ben dapoclil dal cancro, eh' è una metamorfosi e un grado più avan- zato dello scirro; il fungo è considerato anche oggidì da molti come una sem- plice varietà, come una modificazione, e non altro, della produzione precedente. A me sembra che abbia visibile fratellanza con lo scirro in secondo stadio, che si chiama di cancro occulto, quando (Severino) si pronuncia esternamente ad esso la varicosità, la ipertrofia, la tortuosità delle vene fatte nerissime ; quando internamente le cellule si riempiono di umore sanguigno e di sostanza molle; quando il suo accrescimento piglia ad avanzare a gran passi. A me il fungo par- rebbe quasi uno scirro, il quale per ispeciali circostanze di predisposizione, di occasioni di luogo (tra le quali primeggiano queste due : più profonda, più este- sa, o ancora viva e sussistente fucina di molecole speciali; non esistenza di causa mecanica, che non fortemente ma diuturnamente agendo su la membrana tegumentaria , tutte là dentro le richiamasse) non presenta il primo stadio di durezza lapidea, d'isolamento, di mobilità, d'integrità cutanea; ma comincia co '1 secondo, per poi subire il terzo di carcinoma, e le conseguenze che que- st'ultimo seco trascina. Noi intanto ci faciamo a studiare quei casi in cui il fungo offre sùbito i suoi caratteri, e a ricercare come spunti e come poi si accresca. Egli è appunto, per testimonianza dei più diligenti anatomici, o nei folli- coli sebaceo-mucosi dilatati e fusi insieme (Weber); o nei follicoli adiposi, e loro lobicini e glebe specialmente sottocutanee (Walther) e mldoUai-i delle ossa (Cruveilhier); o nel fino tessuto cellulare, elie costituisce il fondamento comune di tutti gli organi o la base dei tessuti bianchi , e la trama dei parenchimi (As- son), che l'occhio incomincia a scorgere le prime tracce della produzione fun- gosa. Sono questi gli elementi anatomici che formano il canovaccio del fungo , ridotti che siano a maglie finissime e larghe (Miiller e Maunoir). Le belle ricer- che di Rurns, quelle posteriori di Cortese, e le ultime di Panizza, fatte con l'oc- chio nudo, con la lente, con le injezioni, con le macerazioni, ed altri procedi- menti di v^n minore efficacia, provano che di mezzo alle maglie cellulose, ai 174 selli follicolari, alle vesciclielte adipose e midollari va crescendo la complica- zione e l'ampiezza della reticella sanguigna loro propria, e segnatamente dei tubuli venosi ch'entrano a formar parte di quella; clie questi vasi, mano mano che si allungano, si assottigliano, s'incrociano, si aggomitolano in modo vorti- coso, si allargano e si decompongono in tante piccole ampolle, in tante specie di celle, costituiscono una spugna, un tessuto cavernoso, una placenta, un cor- po erettile; che i raggi più lontani di questo plesso, meno numerosi, ma falli più grossi, più lai'ghi , più frequentemente anaslomizzati, quasi tante zampe (Panizza) , si propagano sino alla pelle , e alle parti esterne che contornano il nuovo fungo; mentre, fatto un confronto, la ipertrofia delle radichette e delle branche arteriose riesce un nulla. Avviene di poi che alcuni degl' interni rami si rodono, si aprono, e in grembo al tumore formansi delle caverne più o meno capaci, e piene di un umore cruoroso, fluido, disciolto, composto di coaguli san- guigni e di un impasto analogo alla sostanza della milza e della placenta (Wal- ther). Allora si ha ì\J'uiigo emalode o sanguigno, del quale, anche per opinio- ne di Maunoij", elemento essenziale sono le masse di sangue coagulato effuse nell'interno, e sparse alla superfìcie per erosione dei vasi interni o dei superfi- ciali. Ma raro è che a questo punto si arresti la disorganizzazione : quasi sem- pre , ed anche presto , si aggiunge la deposizione di una nuova sostanza , prima gelatinosa e semidiafana, poi bianco-rossastra, e nella sua consistenza simile alla polpa cerebrale dei fanciulli, o alla polpa cerebrale per condizione di pletora o flogosi sparsa di numerosi punti sanguigni (Porta). Maunoir volle considerata questa sostanza per vera materia cerebrale accumulata od effusa, ma nella es- senza sotto ogni rispetto se ne distacca. La materia encefaloide è composta ele- mentarmente di un liquido; di molti globuli grossi, pallidi, ovali, fusiformi o rotondi (Gluge, MiiUer, Mandi, Vogel), che sono cellule-madri imprigionanti nuclei o granelli, cioè celle minori capaci di endogena moltiplicazione o di al- lungamento fibroso (Hodes, Schleiden, Valentin, Lebert) ; di gocce di grasso (Miiller), e di cristalli di colesterina (Lebert). Sotto il punto di vista chimico contiene albumina, materia grassa, osmazoma, calce, magnesia, fosfato di calce, zolfo e fosforo (Bartkis, Kelius) ; ma principalmente porge albumina e due sorta di grasso (Berzelius) , e quel grasso in ispecial modo che non è saponificabile , che si chiama colesterina, ed è un principio costituente della bile e dei calcoli biliari (Henle). Dall'istante in cui apparisce questa sostanza il fungo incomin- cia ad essere misto, ossia emato-midollare ; ed assume il nome solo di midol~ 175 lare quando la effusione della polpa bianca è cresciuta tanto da attirare a se tutta l'attenzione dell'osservatore, ed eclissare o, se non altro, rendere meno palesi la ipertrofia capillare e i coaguli sanguigni poco sopra accennati. Egli è un fatto però degno di tutta l'attenzione questo, che la pappa midol- lare non si trova solamente negl'interslizj clie separano i vasellini del fungo, nelle maglie che li legano insieme, nelle areole in cui sono rigonfiati e decom- posti ; ma riempie pur anco le vene più cospicue che mettono a quella parte, e in altre più remote ancora si vede; e si vede fare graduato e sfumato passaggio al sangue nero che le percorre. Questo è un punto di tanta rilevanza agli occhi nostri, che crediamo necessaria cosa a fermarlo riunire alcune citazioni, e ri- portare alquanti nomi. Andrai dice che le masse encefaloidi della milza altro non sono fuorché il sangue delle cellule spleniche, modificato un poco nelle materiali sue qualità. Egli asserisce di aver veduto che il sangue semplicemente alterato nel colore e nella consistenza va facilmente confuso con la materia encefaloide di Laen- nec. Velpeau ebhe a trovare prodotti simili nel mezzo dei semplici coaguli in- travenosi. Ribes rinvenne nella vena splenica una materia che per tutti i carat- teri si doveva chiamare cerebriforine. Breschet vide aderire internamente alla vena cava una materia bianca, disciolta, e come midollare, la quale in nessun organo era deposta , da cui si potesse credere riassorbita. Langstaff trovò le vene prossime alle parti affette da fungo maligno piene di sostanza molle, pol- posa, midollare. Gruveilhier, parlando del cancro cerebriforme uterino, disse clic gli tornò facile vedere, con l'ajuto di una lente forte, la sostanza encefa- loide spicciare, dopo una compressione leggiera, dalle numerose areole venose che costituivano la mucosa vaginale in casi di cancri uterini estesi alla parte prossima della vagina. E da molti fatti anatomico-patologici posteriormente os- servati a lui risultò che « .... le areole o cellule, nelle quali stavasi contenuto » il succo canceroso , erano venose ; che i capillari venosi , i quali vi formano H una rete inestricabile, un vero tessuto cavernoso, erano distesi e trasformati » in celle, nell'intervallo delle quali il tessuto proprio dell'organo era compres- » so ed atrofizzato a tal segno, che si vedeva convertito interamente in cellule » piene di succo canceroso; che fra queste celle e le vene libere vicine vesci- » cali e vaginali v' era una comunicazione, perchè ima pressione esterna , men- )) tre faceva sgocciolare il succo canceroso dalla superficie areolare del taglio, n lo faceva anche scappar fuori dagli estremi liberi di dette vene .... » 176 Molte volte Cruveilhier si fece a studiare attentamenle la degenerazione di cui si sta ragionando; e trattandosi di quella dell'utero, ai limiti suoi, cioè nella vagina, vide sempre « . . . . che se cautamente si levi colà l'epidermide mucosa, » e se con eguale delicatezza si laceri la rete venosa che forma in qualche mo- » do la trama di quel condotto , tosto l' occhio avvisa che una tal rete è estre- H mamente sviluppata, costituita da vene ingorgate di un sangue qua liquido, là )) coagulato, intanto che s'incrociano per ogni sorta di direzione. Ben presto si )) veggono punti bianchi di mezzo al sangue coagulato: ella è la materia polta- )) cea che comincia a spuntare. Se si procede dal lato dell'alterazione, questi )) vasi si presentano pieni della materia poltacea, nodosi e distesi , come avreb- )) bero potuto essere ridotti dalla più felice injezione: un mezzo diseccamento )) ne rende più spiccati i contorni. Se si progredisce ancora più, colali vasi sono » perforali, tagliali a picco, distrutti per metà, per due terze parti della loro » circonferenza, e veramente irriconoscibili .... » In altro luogo della preziosa sua Anatomia patologica questo illustre autore ci racconta, che avendo scorto l'orifizio di un vaso nella sezione di una massa encefaloide del fegato, si fece ad incidere quest'orifizio, che gli sembrò una delle ramificazioni della vena-por- ta : allora tagliò con grande attenzione questa vena , e non meravigliò poco ve- dendo che dalle più grandi alle più piccole ramificazioni (procedenti e funzio- nanti nella sostanza del fegato alla maniera centrifuga delle arterie) era riem- piuta della polla encefaloide aderente alle sue pareli, e simile affatto a quella che si spremeva dalle sezioni praticate nella sostanza del fegato. Nel cancro encefaloide dei reni Cruveiliiier e Rayer videro otturate da mas- se poltacee la vena renale e la cava inferiore , e insieme enormemente dilatate e notabilmente ingrossate nelle pareti. Osserva in fine su questo proposito quel Cruveilhier eh' io non mi stanco di encomiare e citare , clic nelle vene prossi- me al tume.re il succo canceroso aderisce alle pareti loro per uno o più punti, ed alcuni vasi di nuova formazione ne percorrono in tutti i sensi lo spessore ; per lo che deve crederlo procreato nel luogo medesimo, e non penetratovi per opera di assorbimento. Il che d'altronde parmi cosa impossibile: 1.° attesa la grandezza e la con- formazione sopra addotte dei globuli encefaloidi, i quali, quand'anche le ultime estremità delle vene fossero aperte ed esercitassero assorbimento , superereb- bero di troppo il loro lume per potervisi insinuare; 2.° per la facoltà che han- no certamente di snaturare ed assimilare i principj delle sostanze eterogenee f 177 clie assorbono, onde quei globuli, quelle gocce e quei cristalli verrebbero dis- formati o distrutti; 3.° poicliè dovrebbersi trovare in pari numero e forma nel lume dei vicini linfatici, i quali se non sono gli esclusivi agenti di ogni assor- bimento, certo è almeno clie ne dividono con le vene l'importantissimo officio; 4.° perocché le vene slesse ne sarebbero semplicemente allargate e distese, e per niun motivo invece sarebbero, come sono, trasformate in areole , nodose, molto ingrossate, involute, perforate e distrutte. Com'è fatto impossibile che sì dentro come fuori la vena si mostri alterata e scomposta per una difusione progressiva del morboso processo dal tessuto che la involge verso di essa , mentre perchè in allora (come insegna Rokitansky) dovrebbero comparire inalterate le arterie compagne? Or dunque dal complesso di tanti fatti risulta clie la materia encefaloide non solamente suole stanziare dentro alle vene che mettono nelle masse fun- gose, ma si può anche procreare primitivamente nell'interno di una cellula splenica, d'un tronco remoto ed isolato di vena, d'una branca arteriforme della porta, d' un coagulo intravenoso, senza che sia depositata in alcun'altra località; e ch'essa materia verosimilmente non è che sangue venoso modificato nel co- lore, nella consistenza, nella forma dei globuli, nella copia della ematosina, e in qualche altra materiale qualità meno essenziale. Sembrerebbe che le vene con 1' eccessivo organico sviluppo in tutti i sensi, e con la rottura delle loro assottigliate pareti, formassero la base del fungo ematode ; e successa una più profonda modificazione dell' umore contenuto e tradotto , venissero a costituire il fondamento della successiva conversione mi- dollare od encefaloide. Il vero osteosarcoma^ osteosteatoma, è il fungo o cancro molle delle ossa : talvolta però corrisponde allo scirro o cancro duro delle medesime; e nella es- senza, nella origine, nell'intima costituzione niente differisce dal cancro delle parti molli, del quale ordinariamente è secondario. Anche nell' osteosarcoma si scopersero le vene vicine ed esterne, le maggiori e le minori sviluppatissime , morbosamente friabili , e piene di sangue degenerato ; le cellule diploiche fra- gili, dilatate, ipertroficlie ; aventi nel loro cavo, invece che fosfato di calce, un succo canceroso abondante , una sostanza albuminoso-grassa , ora simigliante a crema, ora a lardo, ma più spesso a polpa cerebrale (Cheluis). Dalla sostanza encefaloide è invasa la cavità midollare delle ossa lunghe, è compenetrato il tessuto spugnoso delle corte e larghe, ossia il tessuto adiposo midollare rac- 2) 178 chiuso in questi spazj, nel quale tanto abonJano i capillari venosi, che Cruveil- liier non esitò a farlo entrare nell'ordine degli organi cavernosi od erettili. MelanosI, o Degenerazione nera. Fungo pigmenloso. Cancro nero. Rare volte la melanosi forma da sé sola una produzione di nuova origine: per lo più è accidentale associazione delle altre due, e segnatamente della fun- gosa. Meckel ne fa una cosa sola co '1 fungo eraatode. Zimmermann la confonde con questo e co '1 midollare. Schoenlein la chiama carcinoma delle l'ewe, ed lìoies J'ungo pigmenloso. La melanosi è una sostanza di apparenza omogenea senza vasi, senza nervi; è nera come l'inchiostro della Cina, ed essenzialmente granulosa, perchè con- siste in molecole pigmentali nate e racchiuse dentro a cellule madri da princi- pio, ma poscia fatte libere ed ammucchiate attesa la successa disoluzione delle cellule primitive (Henle). I grani nerastri o giallastri del pigmento clie la com- pongono stanno prima raccolti dentro a celle per forma e tinta differenti ; ma in séguito sono liberi, perchè la cella andò lacerala e distrutta (Miiller, Mandi, Hodes, Vogel). Alle volte la sua chimica composizione è tale, che fatta quasi esclusivamente di carbonio (Foj, Thenard) , è identica, si può dire, al pigmento naturale del- l'iride, della coroide, della cute dei Negri, delle glandule bronchiali dei vecchi, della placenta di alcuni animali carnivori: allre volte è tale, che porge tutti gli elementi del sangue molto venoso o aggrumato e annerito dall'ingerenza di un qualche acido principio (Glarion, Barruel, Lassaigne, Hecht). Ora la melanosi è conformata in grumi di nuclei solidi e consistenti , lisci o bernoccoluti, che rappresentano altretante glandule linfatiche conglobate, ed è racchiusa nelle maglie larghe, dislese e lacerate di un tessuto fibroso-areolare, che votato resta slmile ad una spugna, ad un frammento di milza (Gruveilhier); ora è depositata a modo di strato omogeneo su le membrane, o contenuta liqui- da in alcuna cavità; ora in fine va dispersa per punti, linee e strie dentro ad altre masse di normale o morbosa costituzione. Quando è solida, presenta anch'essa, come il tubercolo e lo scirro, il perio- do di crudità e quello di rammollimento, nel quale si squaglia in un liquame nero come l'inchiostro, atto come l'icore ad esulcerare le parti vicine. 119 Sembrami duplice, appunto come la chimica composizione, la provenienza della melanosi. In alcuni casi è sangue nero, salino, carbonioso (Noak, Collier), simile al sangue della vena-porta, a quello che ingorga le cellule di alcune mil- ze, all'emorragico annerito da acidi princlpj, come per esempio al sangue eva- cuato per secesso nella melena, o per vomito nella febre gialla. Tale, cioè emor- ragica e capillare, mi pare che sia la provenienza della melanosi liquida che fu trovata nel cavo addominale dopo una lenta peritonite, e in molti organi di se- crezione dopo flogosi sostenute dalle loro glandule particolari; delle masse me- lanotiche trovate nei polmoni ulcerati dei tubercolosi; dell'indumento melanico fuliginoso che copre le labra, le gengive, la lingua nelle così dette febri adina- niiclie 0 nervose; della melanosi ch'empie le vasche dei funghi e dei cancri, ed impartisce a quelli il titolo di melanodi, a questi l'aggiunto di neri. In altri casi, e sono quelli in cui è quasi unicamente composta di carbonio, altra cosa non mi sembra poter essere la melanosi, fuorché una morbosa escre- zione di pigmento o più abondante ove naturalmente esiste, o novella dove pri- ma non si vedeva. E siccome il pigmento nero fisiologico (altrove mi sforzai di provarlo) s'appalesa non meno certamente della bile per un prodotto del sangue venoso, per una escrezione delle reticelle venose dove meglio spesseggiano e sono larghe e sviluppate, come nell'uvea e nella coroide; così anche il pigmento patologico, che compone questa specie di melanosi, mostra d' avere analoga de- rivazione, ed ha luogo appunto nei soggetti melancolici e atrabilari, in quei vi- sceri che per originaria organizzazione abondano di vene , qual è il caso del fe- gato, dell'utero, delle glandule conglobate, dell'occhio, della mucosa degl'inte- stini, di quelle morbose produzioni che hanno I vasi varicosi e intensamente nereggianti {cancro inelcinode, fungo melanico). Notisi che molti autori (Breschet, Cruveilhier, Lauth, Heyfelder, Halliday) assicurarono di avere incontrata sotto forma di globetti e di goccioline la so- stanza nera che costituisce la melanosi nei più piccoli vasi delle parti che inco- minciavano ad essere invase dalla degenerazione nera. Lauth asserisce esplici- tamente, che tutti i vasi venosi, i quali penetravano nel tumore melanotico, e lo formavano, « . . . . erano pieni di una sostanza bruna assai carica, offerente » in filamenti irregolarmente intrecciati un'apparenza di organizzazione; e che » in alcune vene la sostanza che le ostruiva , era aderentissima alla loro tonaca » interna, e pareva continuarsi co '1 tessuto di questa .... » Anche Schoenlein accerta che in casi di generale melanosi fu trovata un'organica comunicazione 180 tra la produzione accidentale ed il lume delle vene vicine. Ma nulla meglio che un fatto minutamente riferito dal Prof. Porta può confermare questa deriva- zione, essendovi esposta tutta l'autopsia di un cadavere, nel quale esistevano ragguardevoli masse di melanosi. Una di queste masse, dura, omogenea, neris- sima come il carbone, esisteva nell'ascella ; e mentre le arterie ed i nervi vicini ad essa erano sanissimi, « .... la vena ascellare era molto dilatata, con le pareti )) inspessite, e turgida di sangue nero: lo stesso delle vene laterali, di cui molti » grossi rami si vedevano sboccare fuori del tumore , e metter foce nel tronco , » come le vene epatiche confluiscono nella cava ascendente. E nell' esame di » queste vene dentro alla sostanza del fungo si riconobbe aver tutte pareti molto X) grosse, quasi a foggia delle arterie; contenere un umore nerastro, che pareva )) la materia nera del fungo ; ed uno di tali tronchi venosi era in un punto obli- n terato da un piccolo lobo della sostanza nera di questo ) Oltre di che erano nerastri i polmoni, e l'addome pieno di atro umore; il fegato tutto pieno di tubercoli neri com* ebano, duri quanto la pietra: il sistema della vena-porta non appariva sensibilmente alterato; ma la cava ascendente, alquanto dilatata, era di pareti grosse e dense più dell'ordinario. Una massa melanotica ancor più molle, e che pareva un grumo di sangue venoso, era nella milza. In tutto il ca- davere poi si vedeva prevalere il sangue profondamente cupo e carbonizzato. Però un terzo modo di formazione della melanosi sembra, per avviso di ce- lebrati autori , essere riposto in una specie di trasporto del pigmento naturale dai siti soliti a contenerlo in altri nuovi, o sotto specie d'infiltrazione, od in massa. Così sembra che la melanosi dei polmoni e delle glandule bronchiali nei vecchi debba la sua origine ad una trasposizione del pigmento oscuro dei ca- pelli e dei peli fatti canuti: cosi sembra che le masse melanotiche, frequentis- sime a vedersi sopra i cavalli a mantello bianco, siano dovute ad un simile tras- locamento ed accumulo in ispazj circoscritti, e specialmente sotto la coda, di quel pigmento eh' è proprio di tutto il sistema cutaneo e peloso di quegli animali. Ognuno scorge però che in ultima analisi questi tre differenti modi di for- mazione della melanosi, sotto qualunque forma essa ci si presenti, riduconsi ad una sola sorgente. Giacché se bene si tratti nell'uno dei casi di sangue emorrasico e DO ed alterato, e negli altri casi di deposizione pigmentale o per luogo o per copia fuori degli ordini naturali: pure quel sangue ha assunto primitivamente o secon- dariamente tutti i caratteri del venoso, carbonioso, nero; quel pigmento trapela dalle reticelle venose ; e quindi si può molto verosimilmente concludere , che 181 anche il materiale costituente la inelanosi, sotto qualunque forma ed in qualsiasi luogo appaia, ha il suo punto di partenza nel sistema delle vene, ed i suoi ele- menti nel sangue nero. Quanto al suo sviluppo , codesta produzione accidentale suole aver princi- pio sotto la forma di piccoli punti neri o violetti, i quali si estendono, s'ingros- sano, si avvicinano, prendono una forma rotonda ed un volume più o meno con- siderabile, 0 si distendono sotto quella di strato e di membrana. CONCLUSIONE. Giunto a questo punto, trovo l'opportunità di fare alcune generali conside- razioni su '1 genere secondo delle produzioni accidentali solide ed aderenti, su quelle che per la esterna loro configurazione furono proclamate prive di analo- ghe, etcrologhe, preternaturali, e che sinora con qualche minuziosità ho procu- rato di esaminare e dipingere. È inutile far pompa di facile erudizione, riportando per esteso, partitamente criticando e confrontando tra loro le molte equivoche, mistiche e stravaganti opi- nioni che furono emesse su 'l conto della loro origine, sviluppo, intima essenza. Bastami ricordare , che da alcuni si ebbero quasi tante specie di animali parasiti, o d'idatidi viventi, o di esseri equivoci posti su i confini dei due regni organici, da non sapersi ben definire se per animali o per piante. Da alcuni si ritennero per tante masse di cisti composte od avventizie ; da altri per ostru- zioni di umori lenti e fermentabili: da altri ancora per esiti purulenti o linfa- tici di lenta , ma pur genuina infiammazione. Bastami far presente , che ora si considerarono come effetti di diatesi specifiche, come sviluppi di germi partico- lari; ora si considerarono prodotti organici d'infiammazioni particolari e mali- gne. Bastami in fine di porre sott' occhio , che dal più degli scrittori d'oggidì si hanno in conto di nutrizioni o di secrezioni viziate per eccesso o difetto di animalizzazione nei nostri umori. E passerò invece, che ben è tempo, a fermare alcune conclusioni non avventate né pregiudicate , ma dedotte dai molti parti- colari in cui m' ho dovuto sopra difondere e soffermare. Dirò adunque che : 1. Si allontanano più che le altre queste produzioni morbose dalla forma e dall'impasto dei nostri organi normali. E vero che alcuni autori vollero anche per queste trovare una qualche analogia , una pallida e lontana rassimiglianza con alcuna delle parti proprie alla organizzazione ordinaria, e ne accostarono taluna alle glandule conglobate, o alle cartilagini, o alla sostanza midollare del *a5 1S2 cervello; tal altra alle glamlule salivari, alle mammarie, ai muscoli od al lardor ma è pur verissimo, e per le cose dette già chiaro, che questi avvicinamenti sono più ingegnosi che giusti; che queste Imitazioni sono più tosto suggerite dallo spi- rito di sistema e dalla superficiale osservazione dei fatti, che non dall'attenta osservazione, dalla sperienza esatta, dalla induzione filosofica e scrupolosa. 2.° In apparenza e di prima fronte sono quattro; cioè il tubercolo, lo scir- ro, il fungo e la radanosi : ma in realtà si riducono a due sole, la degenera- zione tubercolosa e la cancerosa, mentre le tre ultime coesistono, si succedono, sono fra loro collegate per modo tale, che figurar devono come tre specie dello stesso genere, o meglio ancora tre varietà della medesima specie, o tre grada- zioni di un colore. i 3.° Tutte le nominate pi-oduzioni etcrologhe sogliono avere la loro radice, la loro trama areolare, l'elemento anatomico, lo scheletro insomma, o nel tes- suto cellulare (laminare, adiposo, fibroso, diploico), o nel sistema follicolare (semplice e composto), o in alcuna delle più semplici produzioni accidentali con analoghe. 4.° Un vero processo d'ipertrofia, spiegatosi in queste parti per ogni sen- so, ne accresce il volume, ne aumenta la densità, ne altera la forma, ne aggran- disce 0 ne varia il lume e la capacità, divenendo causa di compressione, atrofia e struggimento per le parti limitrofe e sottoposte. Sicché né pure rispetto alla località e all'elemento anatomico, in cui le produzioni eterologhe fanno com- parsa e prendono incremento , si potrà mai dire che siano semplici deposizioni escrementizie; e molto meno si potrà credere che un impoverimento di vita, un degrado di attività preceda, accompagni o favorisca la loro sopravenienza : ma vi si dovrà riconoscere in quella vece un incremento locale di forza plastica, di movimento nutritivo, a cui corrisponde esattamente l'idea e il nome di produ- zione accidentale nuova. Quand'anche fosse vero in qualche caso ciò che Raspail or ora dichiarava costante e generale avvenimento, che le produzioni eterologhe, che questi or- gani di superfetazione., com'egli li denomina, derivassero da lavorio profondo di lan'e d'estri^ da parasitismo di lan'e d icneumoni, da travaglio sotto-cutaneo di qualche insetto,, la proposizione emessa poco fa non rimarrebbe meno fondata e vera: perocché tali cause animate non potrebbero che succhiare ed attrarre a sé con maggior forza quantità considerevole dei fluidi circolanti; non potreb- bero che comunicare un nuovo e più forte impulso alla nutrizione delle parti 183 dove hanno nido e sviluppo; non potrebbero, a dir breve, farvi nascere cosa diversa da un eccesso di forza plastica, da una ipertrofia, da una flogosi. 5.° 3Ia l'elemento essenziale, se bene remoto, delle preserti maligne e straordinarie produzioni, ciò che vale a differenziarle dalle granulazioni, dalle papale, dagli scleromi, dalle telangeclasie, dalle ostruzioni che sono locali e be- nigne, è riposto in una sostanza particolare liquida o molle , essenzialmente di- versa dalla linfa plastica e dal pus , perchè capace di tre fasi successive : di li- quidità primitiva, di successivo addensamento, di rammollimento finale; e col- locata nella trama cellulosa, nello scheletro fiiroso sopr' accennati , ed ivi in parte libera e capace d'esserne espressa, ed in parte adesa per modo d'accre- scerne la densità. G.° Tale materia essenzialmente globulare, cioè composta di celle nucleate e granellose, nella tubercolosi albuminoso-salina, nei carcinomi adipoceraceo - carbonlosa, prima che fluida sia versata nei già ricordati organici interstizj e nell'intimità dei parenchimi profondi, è preparata e contenuta o nei vasi linfa- tici o nei venosi, che tanta parte hanno, come ognun sa, nell'animale assimila- zione e nella crasi dei fluidi, sia fisiologica, sia morbosa. E siccome nella ele- mentare loro struttura , non meno che nella chimica natura, quei due umori tubercoloso e canceroso si mostrano vicini o alla linfa del condotto toracico, od al sangue dei vasi venosi, e in essi quella linfa e questo sangue si veggono far passaggio mano mano che si riducono più elaborati, più concrescibili, più den- si, più disposti a solidamento, più carichi di quei principj immediati che ne formano il carattere proprio e distintivo : siccome la loro deposizione è pre- ceduta da originaria prevalenza nella machina intiera della linfa o del sangue venoso, dei linfatici o delle vene, degli organi e ganglj che sono eminentemente forniti e quasi per intiero costituiti da quelli o da queste ; e accompagnata poi così esternamente come internamente alla località prescelta, da varicosa, iper- trofica, plessiforme evoluzione dei rami minori dell'uno o dell'altro sistema: siccome si trovano prima , e senza che siano effusi nelle cellule e nei follicoli , stanziare aderenti dentro al lume dei tali vasi dilatati, opacati, inspessiti, ostrut- tl, distrutti quasi e corrosi; così sorge ragionevolmente il sospetto, e trova ap- poggio l'ipotesi, che l'umor proprio dei tubercoli e dei cancri debba la sua origine remota, interna e profonda ad un'accresciuta azione dei linfatici o delle vene, dell'uno o dell'altro ordine cioè dei vasi centripeti e valvolosi, nonché delle appendici viscerali interne, delle quali ognuno è provisto; e si può ere- <84 dere facilmente che un eccesso di forza plastica, un atto assimilatore esaggera- to 5 uno stato di stimolo degenere anche in flogosi pertinace e profonda dei si- stemi linfatico o venoso , sia appunto la recondita condizione patologica meglio atta a generare e moltiplicare i germi tubercolari e cancerosi. 7.° Questo si può credere eh' esprimessero gli osservatori antichi più at- tendibili ed ingenui quando dicevano che i tubercoli sono originati dall' adden- samento degli umori linfatici e della pituita; i cancri da deposito e fissazione dell' umore melancolico e dell'atrabile. 8.° La dottrina con brevi parole qui abbozzata su la prima origine e su i germi profondi delle produzioni tubercolari e cancerose, alle quali tutte le etc- rologhe vanno ridotte, può, a mio avviso , meglio delle altre rendere ragione di ulteriori particolarità che loro si aspettano. Spiega perchè possano svilupparsi in quasi tutti gli organi dell'animale economia, e in moki contemporaneamente a modo spesse volte inavvertito su i principj ; perchè affettino con diversa parzialità certi animali , certi tempera- menti ed abiti di corpo, certe regioni, certe età; perchè colgano l'uomo di pre- ferenza in quei tali periodi della sua vita, in cui o il sistema linfatico o il ve- noso prevale su l'arterioso, vale a dire o nella età giovanissima o nella molto provetta (Scharlau) ; perchè mostrino spesse fiate derivazione ereditaria ; per- chè si riproducano facilmente dopo che furono totalmente estirpate, interes- sino la generalità dell' organismo non meno delle località ove spuntano , di- pendano da cause interne, e possano rispondere più ai mezzi preventivi, che ai curativi. Spiega non meno il fatto (Walther), che le produzioni eterologhe, a dif- ferenza solenne dalle accidentali con analoghi, scarseggino tanto di vasellini arteriosi nutritivi, che le injezioni più dilicate non giungono a riempierne che i tronchi maggiori ; e perchè manchino di nervi, soliti compagni delle arteriuz- ze, i quali dalle parti vicine si prolunghino nel loro seno a sostenervi una vita manifesta, un'animale sensibilità. Spiega ancora quest'altro fatto importantissimo, osservato da Hasse, che non si diede ancora una sola osservazione ben cerziorata, in cui le pareti delle maggiori arterie fossero attaccate da eterologhe produzioni; e che tutto quanto intorno a questo articolo venne qualche volta spacciato e creduto si riferisce alle varie forme dell'induramento ateromatoso, o a tumori adesi alla tonaca ad- scitizia delle arterie. 185 Spiega in fine perchè le vene più grosse (Hasse) vadano immuni dalla degenerazione tubercolosa, propria eminentemente dei vasi linfatici; e dall'altro canto lo scirro (Scarpa, Travers) non invada mai primitivamente il sistema lin- fatico assorbente e le sue glandule. 9.° L'accrescimento e la moltiplicazione di queste a buon diritto chiamate maligne creazioni si debbono a varie cause, e si effettuano in più di un modo. Ci ha parte la continuazione del processo, si dica pur secretorio, da cui ne de- rivarono i primi semi; e la moltiplicazione spontanea per endogeno sviluppo cellulare degli elementi speciali onde risultano (Langenbek, Mandi, Miiller); ed un'attrazione, una catalisi, un'assimilazione quasi direi fagedenica, ch'esercitano le molecole tubercolari e cancerose prime prodotte su le parti vicine, su '1 san- gue che va a nutricarle , su la cellulare che ne forma la base comune (Wal- ther); e la fusione di molti nuclei tra loro vicini. Ci ha parte in fine, e non piccola, escluso forse il fungo, l' interessamento consecutivo delle glandule con- globate, delle adjacenti o corrispondenti in prima, poi delle più lontane per varj luoghi disperse (Langstaff, Breschet, Ferrus, Scarpa, Travers, Andrai, ec), e insieme anche del condotto toracico. 1 0.° Il processo flogistico genuino , ossia dei' capillari arteriosi , al quale molti autori amarono vedere ascritto quanto v'ha e vi può essere di morboso nella umana e nell'animale economia, non sembra necessario né alla formazione, né allo sviluppo dei tubercoli e dei cancri; ma accidentalmente associato ne sollecita lo sviluppo, ne affretta le fasi successive; attacca poi con facilità le parti sovraposte o circonvicine : sicché tra esso processo , e quello cosi locale che generale , onde ripetiamo le produzioni in discorso , non esiste certo una opposizione di fondo, ma anzi vige un'analogia ragguardevole di natura. Or dunque, a qual meta di pratica applicazione può condurre questo qual- siasi scritto? quale utilità per gì' infermi può ridondarne? Questa è certo la vo- stra domanda; ed eccovi in due parole la mia risposta. Ammetto co '1 maggior numero il fondo linfatico o scrofoloso della produzione tubercolare, e credo che se non a co«ibatterla insorta , certo a prevenirla minacciata valgano appunto i più poderosi mezzi che mirano elettivamente al sistema linfatico e alle glandule di questo nome. Ma d'altra parte se veramente, come credo, la malalia cance- rosa non è una semplice lenta flogosi della località ove il tumore appare , come molti si sbracciano a persuadere ; non è una conseguenza di vizio scrofoloso eminente, cioè di morbosa preponderanza del sistema linfatico, come pensano, 186 tra molli altri j e Pauizza e Glacomini e Puccinotti e Lugol; i«a sia invece ra- dicala in una esaggerala azione o in una nutrizione viziata del sistema venoso, in una sovrabondanza del sangue nero, o in un esaltamento de' suoi speciali ca- ratteri in tutta la massa circolante: perchè inutilmente insistere nei soli mezzi antiflogistici locali ed esterni? o perchè aggiungervi eternamente per uso inter- no e iodio e cicuta e aqua di mare; e non invece tentar d'impedirne la forma- zione nei predisposti, o la riproduzione negli operati, ponendo in uso quegli al- tri mezzi ch'esercitano la loro azione elettiva su le vene, su '1 fegato, su i vasi emorroidarj ? Questa Memoria fu letta all'Academla di Scienze, Lettere ed Arti di Padova nell'Adunanza del giorno 13 Marzo 1845. 187 BIBLIOGRAFIA ABEHcnoMBiE. Su ì tubercoli. Omodei , annali Universali di Medicina. Ottobre e No- vembre 1826. A EDISON. Microscopia dei tubercoli. Nella Encyclographie des Sciences méd. Mars 1844. Andral. Compendio di anatomia patologica. Articoli relativi. — Clinica medica. Tra- (luz. Livorno 1838, Tom. I. — Essai d' Hematologie pathologique. Paris 1843. — Memoria su le inalatie del condotto toracico. AssoN. Annotazioni anatomico-patologiche, ec. Venezia, Tom. I. — Produzioni acciden- tali,ed Ossen'azioni intorno alle produzioni organiche. Nel Memoriale della Me- dicina contemporanea. Voi. IV. Fase. II. 1840. B.inoN. Su i tubercoli. Omodei, Annali Unit'ersali di IMedicina. Ottobre 1830. Berard. Encyclopédie des Sciences inédicales. Venise 1840. Livre XXVI. Art. Cancer. Breschet e Ferrus. Art. Cancro del Dizionario Classico di Medicina interna ed esterna. Traduz. 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'opo che i Geologi abbandonarono il costume di lambiccarsi il cervello per costruire Teorie della Terra, come facevano nel secolo scorso e nei primordj di questo ; acquistarono non lieve grado d' importanza le pazienti e laboriose descrizioni degli strati di cui si compongono le catene montuose , e dai Corpi Academici si accolsero con maggior favore le relazioni anche di minimi fatti, purché nuovi , in luogo delle Memorie ingemmate di sola erudizione , che ten- devano ad ordire speciose ma stravaganti ipotesi. Quest'utile direzione data agli studj anche negli altri rami della Storia na- turale recò particolare vantaggio alla Geologia, e contribuì ad assegnarle un posto presso le altre Scienze fisiche, costringendo i suoi cultori a lasciare i poe- tici voli dell'imaginazione, ed attendere soltanto alla semplice ricerca del vero. Nella prima Parte del mio lavoro per servire allo studio della Geologia (1) io consacrai alcune pagine a questo argomento , sebene l' utilità di tale im- pulso non avesse bisogno di dimostrazione , essendo evidente come la riunione (1) De Zigno , Inlroduzione allo studio della Geologia, 1843, Parte I. pag. 115 e 121, ec. 25 190 del maggior numero possibile di fatti e di descrizioni locali sia una condizione indispensabile all'avanzamento di questa scienza, la quale tosto o tardi dovrà pure occuparsi del loro coordinamento, per potere stabilire quelle leggi generali che contribuir debbono a farle conseguire il suo maggior grado di perfezione. Questo fine, a cui mirano più o meno direttamente gli studj dei Geologi, ci spiega quella certa tendenza ch'ebbero sempre al comporre sistemi. Senon- chè quando le osservazioni erano ancora in iscarso numero, ed instituite senza il sussidio che oggidì ci arrecano i progressi delle altre scienze, era troppo pre- coce il desiderio di fondare con esse le basi della scienza, e riuscivano noce- voli alla conoscenza del vero I tentativi di realizzarlo; imperciocché ove man- cavano le sperienze ed i fatti si cercava di spiegare i fenomeni geologici con idée' stabilite a priori, e se ne acconciava poi l'esposizione alla teorica di cui si era il seguace o l' inventore. Convinti di questa verità , i moderni Geologi diressero più tosto ogni loro fatica ad estendere il dominio della Geologia pratica e descrittiva. Non ultimi anche in ciò furono gì' Italiani ; ed i lavori del Brocchi, del Ma- raschini, del Pasini, del Catullo, dei Sismonda, del Pareto, del Savi, del Della- Marmora , del Pilla ec. servirono di guida al piemontese Prof. Collegno per istendere l'abbozzo della Carta geologica d'Italia, che presentò ai nostri Con- gressi (I). Questo commendevole tentativo, publicato co '1 modesto titolo di semplice abbozzo, merita d'essere incoraggiato, affinchè l'autore, correggendone i difetti, sia animato ad intraprendere più in grande la Carta geologica dell'Italia, correda- ta di esatti profili e di un testo descrittivo, mantenendosi in corrispondenza, tanto per la scala che per la colorazione, con le Carte geologiche della Francia e della Germania, con le quali si andrebbe a congiungere. Non andrò qui annoverando le difficoltà a superarsi pe 1 conseguimento di cosi utile impresa: dirò soltanto, come la maggiore consista in una qualche dis- cordanza fra le varie opinioni dei Geologi su '1 posto occupato nella scala ge- nerale delle formazioni da alcuni piani del nostro terreno di sedimento, e quindi su la loro esatta corrispondenza con quelli delle regioni limitrofe. . •" 9 Quest'ostacolo potrà esser tolto con lo studio dei petrefatti che giaciono negli strati delle nostre montagne ora eh' è scemata l'importanza una volta li .geq .' ^ •>" (I) H. de Collegno, Esquisse d'une Carte gcologii/ue de l'Italie. Paris 1844. 191 esclusivamente concessa ai caratteri mineralogici, ed a quelli desunti dalle re- lazioni di giacitura (1). Era facile allora il cadere in errore nello studio comparativo dei terreni; irapei'cioccliè non si avvertiva come le correnti di uno stesso mare potessero aver deposto in varj punti dei sedimenti mineralogicamente diversi , ma ciò nonpertanto appartenenti allo stesso livello geognostico, e quindi alla stessa epoca geologica. La legge poi di sovraposizione, per cui i sedimenti più moderni giaciono sempre sopra i più antichi, è, a dir vero, guida sicura là dove gli sconvolgimenti cagionati dall'uscita delle rocce cristalline non ebbero a produrvi delle perturba- zioni; ma ove siano avvenuti degli spostamenti verticali (ya/Z/e*) o dei rovescia- menti, è forza ricorrere ai caratteri paleontologici, giacché, come vi è noto, ogni epoca geologica porta l'impronta di una vita sua propria, indicata da par- ticolari organismi. Ed è bello il vedere come la Geologia, prendendo le mosse, per cosi dire, da un semplice sasso, sia giunta per gradi a tessere la storia an- tica degli esseri animati , dividendo in zone concentriche la crosta terrestre a seconda delle differenti spoglie organiche che queste zone contengono. Questa divisione porge in linea verticale la svariata espressione della vita nelle diverse epoche del globo, e quella delle condizioni fisiclie compatibili con gli organismi che lasciarono tracce di sé nelle sue viscere ; e ci dà il migliore criterio possibile per istabilire gli orizonti geognostici contemporanei, e quindi i punti di comparazione per lo studio dei terreni stratificati nelle regioni più lontane fra loro. E agevole quindi lo scorgere come senza l'ajuto della Paleontologia debba riuscire assai difficile ogni tentativo diretto a rendere concordi fra loro le diverse opinioni dei Geologi circa la denominazione dei nostri terreni di sedimento, il posto reale che occupano nella serie generale delle formazioni , e la loro corri- spondenza con quelli delle altre parti d'Europa, specialmente avuto riguardo ai grandi scompaginamenti più volte avvenuti nelle Alpi. (1) Lo studio dei petrefatti non fu però negletto dai Geologi italiani. La Conchiolo- gia subapennina del Brocchi, la Zoologia fossile del Catullo, ed i recenti lavori dei due Sismonda lo provano. Sembra però che i Geologi oltramontani non si faciano carico delle osservazioni dei Geologi locali ; e stabiliscano a tavolino le formazioni dell' Italia senza leggere gli autori, e senza esaminare le località. 192 Altra volta richiamai la vostra attenzione su i segni non dubj di sollevamen- to presentati dal gruppo cretaceo nelle nostre montagne (1), e su '1 parallelismo d'inclinazione che sussiste fra gli strati di quello ed i varj piani del terreno ter- ziario, per cui è forza ritenere che anche le ultime loro ramificazioni, gli ultimi controforti che scemando gradatamente di elevazione le legano alla veneta pia- nura, debbano la loro attuale posizione al sollevamento delle Alpi orientali, a cui si congiungono per il Tirolo e la Carnia. Sollevamento posteriore a quello degli A pennini (ove il terreno terziario più recente manifesta d'essere tuttora nella sua positura originale), e che forse contribuì possentemente a dare l'attuale forma peninsulare all'Italia. Le apparenze che più chiaramente palesano gli effetti dei sollevamenti so- no, come dissi, la inclinazione, i rovesciamenti, le ripiegature e gli spostamenti verticali degli strati. Vediamo esempj d'inclinazione concordante co '1 pendio meridionale delle Alpi in tutto il terreno terziario che dal Friuli si estende pe '1 Trivigiano e pe '1 Vicentino fino al Lago Maggiore : questa favorì pure il declivio dei depositi al- luviali, e la direzione Sud-Est dei fiumi, che uscendo dal seno delle Alpi da que- sto lato convergono nel Golfo Adriatico (2). Effetti secondar] dell'azione sollevante sono tutte le altre deviazioni dalla linea orizontale , che unitamente alle grandi fenditure ed ai successivi sposta- menti velano il più delle volte o travolgono il naturale ordinamento delle masse sedimentarie; ed esempj di tutte queste rivoluzioni sono pur frequentissimi nelle nostre Alpi, e devonsi appunto riferire alle epoche in cui si operò il loro inal- zamento, ed alla uscita delle rocce cristalline, le quali con la espansione loro ne modificarono a più riprese la forma. Però mentre gli spostamenti verticali, le ripiegature, le arenazioni ed i ro- vesciamenti indussero il più delle volte nella giacitura degli strati apparenze problematiche, della cui anomalia l'esame dei fossili può solo chiarirci, pure gio- varono nel tempo stesso alla scienza co '1 trar fuori dal fondo della crosta ter- (1) De Zigno, Su i terreni di sedimento del Trivigiano , Padova 1840; e nel Bulle- tin de la Société Géologique de France pour l'année 1842. jt (2) È su questa generale pendenza che deye principalmente fondarsi ogni speranza di riuscita nelle perforazioni che venissero fatte per la ricerca d'aqua dolce saliente nelle venete lagune, e nella pianura padana. ^ ^ , 193 restre e porgere alle meditazioni dei Geologi fatti che senza di ciò sarebbero rimasti per sempre sepolti, e sconosciuti all'uomo. Una bella arcuazione dei banchi cretacei è quella che si osserva nel punto ove la Piave, seguendo il vano di un'antica spaccatura, prima di estendersi nel Trivigiano, taglia perpendicolarmente la direzione degli ultimi depositi secondarj che compongono le montagne di Fener e di Valdobiadene. Questa giacitura mi offrì l'opportunità di studiare con qualche precisione quella serie di depositi, non essendo tale da oscurare la naturale giacitura degli strati; che anzi in questo estremo lembo della catena l'in-adiazione della forza sollevante essendo stata in su '1 finire, e quindi assai mite, essa li tolse all'abisso senza gran fatto scomporli, ed ora li presenta all'occhio dell'osservatore nella posizione più acconcia per esaminarli. Per cotal guisa la natura facilitò in questa località lo studio non solo dei caratteri mineralogici e delle relazioni di giacitura di quelle stratificazioni, ma eziandio le ricerche intente a svelare da quali abitatori fosse stato popolato il mare che le depose, onde poter loro assegnare con sicurezza un posto nella. serie cronologica dei terreni. Dirette a questo fine principalmente le mie indagini, m' è sembrato scorgere nella presenza di alcune specie particolari argomento bastevole a somministrare qualche dilucidazione maggiore su i banchi componenti presso di noi la forma- zione cretacea; e siccome gli studj da me fatti su lo spaccato di quelle mon- tagne mi diedero risultamenti che stanno in qualche opposizione con le osser- vazioni altrui, così stimai opportuno, dotti Colleghi, farne subjetto alle vostre considerazioni questo giorno , in cui mi corre l'obligo di leggervi in qualità di Socio Ordinario. Valicate le colline di Gornuda e di Onigo, prodotte dalle testate sporgenti dei depositi terziarj che dal Serravallese si protendono quasi senza interru- zione fino a Bassano, s' incontra al piede meridionale della Monfenera, e preci- samente a Pederoba , dopo alcune stratificazioni di una calcarea bianco-giallo- gnola, un deposito calcareo-marnoso formato da un avvicendamento di strati più o meno argillosi ed ai-enacei, ora sottilissimi e schistosi, ora alquanto com- patti, e di qualche maggiore potenza, ma tutti per lo più caratterizzati da una tinta d'un rosso-cupo che li fa agevolmente distinguere da lungi. Questo deposito fascia quasi sempre la base delle nostre alte montagne, e sovente si estende su i pianori compresi fra queste nel seno delle Alpi. q6 194 E sebene alcune fra le stratificazioni clie lo compongono per colore e com- pattezza simiglino di molto a quelle della calcarea ammonitica; tuttavia, consi- derandone in massa la totalità , predomina in esse una struttura così scissile e scagliosa, accompagnata da tale scarsezza di fossili, che impedisce il confon- derle con quella roccia assai più antica recentemente levata dal gruppo creta- ceo, e riposta nel jurese, ove pare che le assegnino un posto particolari specie dell'innumerevole stuolo d'Ammoniti, ond' ebbe il nome. La potenza complessiva del banco testé descritto è varia; però sempre assai considerevole, come lo è la sua estensione , che serve a marcare quasi da per tutto nelle Alpi venete la presenza della formazione cretacea, di cui forma il piano superiore caratterizzato da particolari specie di Fucoidi e Zoofiti. Procedendo a rovescio del corso della Piave, lungo la sponda destra del fiu- me, si vede che gli strati di questa scaglia rossa passano per gradi ad un altro gruppo composto di rocce mineralogicamente simili , ma diverse per colore, compattezza e struttura. Sono esse generalmente grigie, a frattura che si avvi- cina alla concoide ; ed alternano con istrati sottili di marne argillose verdastre, di calcarea bruna e con ammassi sti-atiforml di focaja nera. Tutte queste stratificazioni sono abbellite da gran numero di Fucoidi, ed inferiormente passano ad un'arenaria bigia., clie se non fosse caratterizzata dalla sua posizione si potrebbe agevolmente scambiare all'aspetto per una roccia del- l'epoca terziaria. Soggiaciono a queste gli strati di una calcarea assai dura, pie- na di punti e di rilegature spaticiie, che le danno un aspetto alquanto cristallino; e poscia comparisce quella roccia bianca compatta a spezzatura concoide, cono- sciuta da tutti sotto il nome di Biancone o Marmo-majoUca. 11 parallelismo di tutti questi strati, e l'inclinazione loro verso il Sud, si conservano costantemente. Soltanto mentre quelli della scaglia rossa finiscono ad un terzo dell'ascesa, quelli del Biancone s'ergono più degli altri, e spuntano fuori con le loro testate dai pascoli che rivestono le vette superiori della Mon- fenera. Attraversando questi ultimi, e dirigendosi verso Settentrione, scendendo pe'i burroni che prospettano il piccolo paese di Alano, e la valle ove scorre il tor- rente Tegorz, s'incontra invertito lo stesso sistema; cioè prima il Biancone, poi la calcarea cinericcia con Fucoidi, e la scaglia rossa simile a quella di Pederoba. Senonchè la inclinazione di 45 gradi da Sud verso Nord del pendio settentrio- nale, affatto opposta a quella del pendio meridionale , che corre all' incirca con 195 la stessa graduazione dal Nord al Sud , e 1' aspetto dell' andatura generale delle stratificazioni tanto a destra che a sinistra della Piave (aspetto che ho cercato di delineare , per quanto riguarda la Monfenera, nella Tavola annessa), manife- stano come questa ramificazione del lembo estremo delle Alpi sia dovuta ad una arenazione degli strati. Di fatto si veggono sorgere con inclinazione meridionale , continuare con lieve ondulazione nella sommità, indi profondarsi verso il Nord , per risorgere più addentro nella valle, e dar origine a nuove eminenze, che formeranno il sog- getto d'altra lettura. Il pendio settentrionale, per essere più dilavato dalle aque, permette di stu- diare con maggior precisione la natura delle rocce di cui è composto , alcune delle quali sono altrove velate dal terreno vegetale. Ivi si osserva più spiegata la calcarea , che su '1 Biancone immediatamente s' appoggia. Essa è d' un bianco-sudicio , pellucida su gli spigoli, alitata manda odore d'argillaj e pare tutta composta di frammenti calcarei e di tritumi di con- chiglie collegati da un cemento spatico, e spatizzate anch' esse. Questa roccia è molto più solida e pesante del Biancone, ed alquanto difficile a rompersi co'l martello; i corpi organici, del cui detrito sembra in qualche parte costituita, non hanno lasciato tracce a bastanza visibili per poterne determinare la natura. Taluno vi ha rinvenuto delle Nummuliti ; ed io pure vi ho scorto dei minuti corpi lenticolari che si potrebbero conguagliare ad esse, e che unitamente agli altri caratteri m'inducono a ritenerla identica ad una roccia nummulitica che trovasi nella stessa posizione geologica presso Monte Torrigi nel Distretto di Valdagno , ed a quella che accompagna il Biancone di Chiampo. Per tali osservazioni verrebbe indicato come questa calcarea nummulitica abbia ad avere il suo posto immediatamente sopra il Biancone (1), e sia ricoperta dalla calcarea grigia a Fucoidi che le succede superiormente , procedendo dal basso all'alto. Quest'ultima e la scaglia rossa conservano anche da questa parte i caratteri che le distinguono su '1 pendio meridionale, e formano con la calcarea nummu- litica e co '1 Biancone, o Marmo-majolica, un complesso di strati che la giacitura ed i fossili provano ( come vedremo meglio in appresso ) appartenere all' epoca cretacea. (1) Quantunque io non abbia ancora raccolti dati a bastanza positivi per affermarlo con sicurezza, pure credo che a questa calcarea superiore al Biancone debbansi riferire gli strati con rudiste di cui parlarono Catullo e Pasini. 196 Quest'ordine si scorge parimente ripetuto in linea più o meno parallela al profilo della Monfenera tanto nelle pareti dei torrenti di Possagno e di Cre- spano , quanto al Nord di Bassano , ove la Brenta tra Sarzon e Gampese porge un altro bellissimo spaccato egualmente istruttivo; e combina con quanto si può dedurre dai lavori del Catullo e del Pasini intorno alla Geologia del Bellunese e del Vicentino, e con le osservazioni di recente instituite nelle Alpi lombarde: presentando così sopra una linea a bastanza estesa dati sufficienti per istabilire la posizione normale di questi depositi, e distinguerla da quelle anomalie di giacitura che ne hanno finora inceppato lo studio. Sotto questo gruppo stanno le stratificazioni della calcarea ammonitica, dal Prof. Collegno collocata unitamente al Biancone nel piano superiore della for- mazione jurese : posto clie le venne confermato dal De Buch al Congresso di Milano, dietro l'esame dei numerosifossili che contiene. E siccome questa clas- sificazione della calcarea ammonitica viene ritenuta come uno dei più impor- tanti risultamenli ottenuti dalla Sezione geologica di quel Congresso; cosi è giusto rammentare come fino dal 1 827 il nostro Collega Prof. Catullo avesse assegnato lo stesso posto a questa roccia, indicando tra i fossili che in essa rin- venne varie specie che sono proprie dei banchi jnresi. Concedendo che fra questi ultimi possa benissimo collocarsi la calcarea ammonitica per le particolari specie di Cefalopodi che racchiude, io sono tratto per lo stesso motivo a separarne il Marrao-majolica o Biancone, che dal Colle- gno, come dissi, viene riunito e compreso nella medesima formazione; giacché un accurato studio comparativo dei petrefatti che giaciono nicchiati in questa roccia mi diede per risultamento, che la sua Fauna è identica a quella del ter- reno neocomiano della Francia, e quindi che la grande massa delle sue stratifi- cazioni non solo appartenga alla formazione cretacea, ma ne rappresenti per- fettamente in Italia il piano inferiore. Io spero che questa nuova classificazione del Marmo-majolica verrà ammessa dal Prof. Gollegno , percliè fondata su i caratteri paleontologici, ai quali egli concede esclusivamente il primato nella distinzione dei terreni , come vediamo nella sua interessante Memoria su le Alpi lombarde (1), ove conclude l'articolo su '1 terreno jurese dicendo che le classificazioni dei signori Pasini, Catullo, Curioni, De Filippi, basate sopra caratteri puramente mineralogici , non pos- (I) liulletin de la Sociélé Géologique, Serie II. Tomo 1 pag. 197. i 107 sono più sostenersi oggidì , clie si cominciano a conoscere i fossili della parie meridionale delle Alpi italiane. — Però conviene osservare, come ponendo il Biancone nel terreno neocomiano che costituisce il piano inferiore della for- mazione cretacea , io mi avvicini di più a quanto scrissero que' chiarissimi Geologi che lo adeguarono al banco superiore della stessa, che all'opinione di chi lo colloca invece nella formazione jurese. I caratteri paleontologici, su la cui importanza ben giustamente insiste quel mio dotto Collega, non hanno potuto servirgli di guida per classificare in tal guisa: il Biancone delle Alpi lombarde, confessando egli nella stessa Memoria d'ignorare da quali fossili sia caratterizzato (1). Che se all'incontro porremo attenzione a quelli eh' egli desume dalla giacitura, vedremo come in altro scritto (2) la stabilisca superiore al calcare ammonitico: ciò che, a dir vero, non giova gran fatto a convalidare il suo assunto. Tuttavia mentr'egli fa rimarcare come siano sconosciuti i fossili della ma- jolica lombarda, soggiunge però che ciò non si ripete nelle Alpi venete , ove, secondo lui , il Prof. Catullo indica nella majolica la Terebratula diphya , ed una quantità considerevole d'altri fossili che si trovano eziandio nella calcarea rossa della stessa contrada. Al quale proposito comincerò dall' osservare, che il Prof. Catullo fino dal 1827, nella sua Zoologia fossile, parlando della Terebratula diphya sotto il nome di T. antinomia (3), quantunque allora l'ammettesse promiscua ai due terreni, pure riferisce di averla trovata nel Biancone dei Sette-Comuni. Recen- temente, come si rileva da altri suoi scritti, la rinvenne con maggiore frequenza nelle stratificazioni eh' egli calcola decisamente cretacee (4). Lo stesso Barone De Buch, che ora la vuole propria del Jura, la collocò fra le Terebratule della creta nella sua Monografia di questo genere inserita nel To- mo III. delle Memorie della Società Geologica di Francia. ' II sig. Dubois de Montpéreux, nelle sue Lettere su la Geologia del Cau- caso e della Crimea , annovera questa Terebratula tra i fossili ivi trovati nel terreno neocomiano (5). (1) Bulletin de la Società Géologique, Serie II. Tomo I. pag. 191. (2) Bulletin de la Sociélé Géologique, Serie li. Tomo II. jjag. 366. (3) Catullo, Zoologia fossile, pag. 169 e 263. (4) Giornale // Cimento. Catullo, Lettera al Prof. Pilla. Febrajo 1845. (5) Bulletin de la Società Géologique, Tomo Vili. pag. 385. 198 Il sig. Verneuil, nella sua bella Memoria su la Geologia della Crimea, inserita nel Tomo III. delle Memorie della Società Geologica di Francia, riporta l'elenco del sig. Dubois de Montpéreux, senza farvi alcun' alterazione, e quindi lasciando la Terebratula diphya nel terreno neocomiano di quella contrada. Finalmente il Prof. Coquand assicura che in tutta la Provenza la Terebra- tula diphja ha certa ed indubitata sede nel terreno neocomiano inferiore, carat- terizzato dallo Spatangus retusus, dal Belemnites dilatatus, dal B. subjusifor- mis, e dal suo Aptjchus Blainvillei. Coq (1). Quindi la presenza della Terebratula diphja non è carattere sufficiente per levare il Biancone dalla formazione cretacea; ed anzi, stando alle osserva- zioni del Coquand, proverebbe il contrario di ciò che si vuole solennemente stabilito dal Prof. Collegno; mentre gli altri fossili citati dal Catullo in varj suoi scritti tendono più tosto ad assegnare a questa roccia un posto nei banchi superiori al neocomiano, di quello che a collocarla in quelli del gruppo jurese. Anche il Pasini ed il De-Filippi, che da molti anni vanno illustrando la Geo- logia dell'Italia settentrionale , ben lontani dal trovare nelle proprie osserva- zioni motivo di riconoscere questa giacitura del Biancone, vedrebbero in esso più tosto un rappresentante della creta bianca, terreno ancora più moderno del neocomiano (2). L'esistenza nelle nostre Alpi di due calcaree rosse spesso mineralogicamente simili, ma una superiore e l'altra inferiore al Biancone, e le false apparenze pro- dotte dagli spostamenti di cui fu causa l' inalzamento di questa catena, possono sole giustificare le diverse classificazioni fin qui date a questa roccia. Nel vero Biancone o Marmo-majoLica , in quella roccia bianca compatta a frattura concoide, la cui giacitura normale è riconosciuta superiore a quella cal- carea rossa ammonitica che il De-Bucli proclamò jurassica al Congresso di Mi- lano, io non ho mai rinvenuto fossili riferibili all'epoca jurese; e non solo tro- vai che i generi Belemnites , Animonites , Ancjloceras , Terebratula , Inoce- ramus^ Aptychus, Spatangus^ Ananchytes ec. vi sono rappresentati da specie proprie della creta; ma ebbi pur anco l'opportunità di riconoscere tanto su gli esemplari da me raccolti, che su quelli esistenti nelle collezioni altrui, delle (1) Bulletin de la Società Géologique, Serie II. Tomo II. pag. 192. (2) Pasini, annali delle Scienze del Regno Lombardo- Fenelo, Tomo II. pag. 208. De Filippi, Su 'l terreno secondario della Provincia di Como. Bibl. Ital., Tomo XCI. \ 199 specie riferibili ad un genere esclusivamente cretaceo, qual è il genere Crioce- ras su '1 quale richiamai la vostra attenzione in altro Consesso (1). Dopo la breve Nota ch'io presentai all'I. R. Istituto per chiarire l'esistenza di questo genere di Gefalopodi nella Fauna fossile dell' Italia, ebbi novamente occasione di trovare in più luoghi il nostro Biancone caratterizzato dal mio Crio- ceras Da Bio i~), dal Crioceras Enterici D'Okb., dal C. Ditvalii D'Orb., e dal C. Cornuelianits D'Ore., specie ritenute dal D'Orbiony,e da altri valenti Paleontologi, come proprie soltanto del terreno neocomiano inferiore. Inoltre tanto nel Biancone della Jlonfenera, quanto in quello dei Sette-Co- muni e degli Euganei, raccolsi il Belemnites dilatalus Blaikville, il B. latus Blainville , e gli Ammonites Astierianus D' Orb., macilentus D' Ore., JhH- leti D'Okb.. qttadrisulcatus D'Ov.b., bidic/iolomus Leymerie, Guettardi D'Obb.^ V Ancjloceras dilatalus D'Ore., la Terebratula triangulus Lamark, \Aply- chiis radians e VAptychus Didaj'i Coquand {Bulletin de la Sociètè Géologi- que^ Tom. XII. Juin ISAI , pag, 383): fossili che caratterizzano la formazione neocomiana in tutto il Mezzodì della Francia. Aggiungerò, che nella raccolta Caregnato, la quale si conserva nel nostro Seminario, e che mi fu graziosamente concesso di esaminare, lo riscontrai ripe- tutamente sopra molti esemplari le specifiche differenze -che passano fra gli Ammoniti racchiusi nel calcare ammonitico, e quelli nicchiati nel Biancone. Negli esemplari del primo predominano le specie degli Ammonites annii- latiis, communis, Holandrei ^ Baquinianus, fimbriatus, proprie della forma- zione jurese. Nessuna di queste si ripete in quelli del Biancone, ove all'incon- tro, oltre ai fossili neocomiani da me raccolti ed indicati più sopra, ho ricono- sciuto V Ammonites inaequali-costatus, il Grasianus, il Morelianus^ il snbfini- brialus, il recticostatus, il Matheroni, il Terverij D' Ore., i quali essendo assai frequenti nel terreno neocomiano della Provenza e del Delfinato, vengono in questa guisa a convalidare il mio assunto; imperciocché vi è noto come i petre- fatti della collezione Caregnato appartengano tutti alle formazioni delle Alpi vicentine. (1) De Zigno, Memoria sopra due fossili della calcarea bianca dei monti padovani- Giornale dell' Istituto Lombardo, Tomo XII. (2) Avendo trovato nella collezione Caregnato, esistente nel Seminario di Padova, al- cuni individui bene caratterizzati, ho creduto di dover conservare questa specie per le Slesse ragioni indicate nella Memoria presentata all' I- R. Istituto di Venezia. 200 Dal fin qui detto noi vediamo come né pur una delle specie proprie del Bian- cone si possa ritenere adeguabile a quelle dell'epoca jurese; ma bensì tutte a quelle che nei primordj dell' epoca cretacea popolarono il mare, clie depose gli strati neocomiani , ai quali io non esito punto di riferire il nostro Biancone o Marmo-majolica, a ciò indotto tanto dalle sue relazioni di giacitura, che dal- l'esame dei fossili. Quindi la stessa guida dei caratteri paleontologici , che ci viene suggerita dai Geologi stranieri , facendo rientrare nei piani del gruppo cretaceo questa roccia, ci sforza ad ammettere una classificazione diversa da quella ch'essi hanno data un po' troppo frettolosamente a questo banco dei nostri terreni, e che s'ap- prossima più tosto a quella che i Geologi locali con una lunga serie di laboriose indagini avevano per lo innanzi adottato. Però avendo stabilito come il Marmo-majolica rappresenti presso di noi il terreno neocomiano, e si leghi pe' i fossili con quello del Bacino provenzale, avrei con ciò precisato in qual gruppo della formazione cretacea debba avere il suo posto, e reso cosi più agevole lo studio degli altri banchi cretacei ; sempre- cliè si ponga mente ad una esatta determinazione dei fossili, alle relazioni di giacitura, ed alle innumerevoli anomalie che produssero nelle nostre montagne gli sconvolgimenti che ne accompagnarono il sollevamento. Fratanto le osservazioni ed i fatti eli' io vi esposi tendono a dimostrare: 1.° Che la scaelia marnosa rossa non ha alcuna relazione con la calcarea rossa ammonitica che soggiace al Biancone. 2.° Che fra la prima ed il Biancone havvi una scaglia grigia con Fucoidi, e la calcarea nummulitica cretacea, il cui posto così verrebbe immediatamente fissato al di sopra del Marmo-majolica. 3.° Che il Biancone costituisce il piano inferiore del nostro sistema creta- ceo, e contiene una Fauna che lo adegua al terreno neocomiano della Provenza e del Delfinato, di cui presso noi sarebbe il rappresentante. A.° Che finalmente il Biancone o Marmo-majolica essendo assai bene svi- luppato tanto in Lombardia che nelle Provincie venete , viene con ciò stabilito un esteso punto di comparazione co' i terreni illustrati nelle altre regioni, e fa- cilitato lo studio dei depositi che lo accompagnano. rS su L'INTIMA STRUTTURA DELLE TONACHE PROPRIE DEI VASI SANGUIGNI MEMORIA DEL SOCIO ORDINARIO PROF. FRANCESCO CORTESE IETTA KELLA TORNATA DEL DI XX FEBRAJO MDCCCXLV l_ia grande Opera su la legatura dei vasi, publicata nell'estate del 1 845 dal chiarissimo Prof. Porta di Pavia , e raccomandata ai dotti lettori da tante in- teressanti osservazioni, deduzioni e notizie, frutto non comune di studj lunghi e pazienti, hanno finalmente confortato l' Autore della presente Memoria a la- sciarne libera la stampa, appunto per ciò che molte sue viste anatomiche, in essa liberamente espresse fino dall'antecedente Febrajo, si trovarono confermate da im' autorità di tanto rilievo. Laonde questi risidtamenti di molte sue precedenti investigazioni potranno oggidì essere vie più utilizzati nella patologia di que- gli organi, nella qiiale molti si sono adoperati con amore sincero e con ferma volontà di giovare alla pratica Medicina, ed in cui lo stesso Autore si propone di seguitare i proprj studj. Limitatosi ora alla parte anatomica di sì fatti ca- nali, e inteso a render noto soltanto ciò eh' egli vide e rivide assai volte senza spirito di prevenzione, non si è creduto obligato di riferire con una esuberante erudizione i lavori di varj illustri che io precedettero , e dei quali non disco- nosce la utilità e l' importanza. •36 402 Xn mezzo alle diverse opinioni che tuttavia si comLattono intorno al numero degli strati costituenti un vaso sanguigno 5 tutte iq credo concordino nel!' asse- gnarvi a fondamento una membrana sierosa. Anzi questo elemento di costru- zione distingue sostanzialmente queljigenere di canali da ogni altro destinato a tragittare umori di secrezione; i quali essendo aperti su la superficie della cute o delle sue introflessioni, ricevono Fa loro esistenza da prolungamenti delle an- zidette membrane. Se non che le tonache sierose, come tutti i sistemi organici, presentano gradazioni sì manifeste nello sviluppo, che gli estremi di quella fa- miglia appajono quasi all'aspetto di natura disparatissima ; tanta essendo infatti la differenza della jaloidéa, o della membrana dell'umor aqueo, dalla pleura e dal peritoneo, le più perfette fra le membrane di questa tempera, da non parer quasi che appartengano alla medesima classe delle due precedenti. Ma l'Anato- mico, che ha ravvisalo l'unità di composizione fra la moltitudine di sì fatte ap- parenze, ha spinto più oltre ancora le analogie ;^ e cosi riconobbe la perfezione di quelle procedere dai gradi successivi di perfezione della tela cellulosa, che da lassa e rarefatta divenuta condensata e laminare, fodera in certe regioni la cute, o si costituisce velamento a certi organi; e da ultimo discendendo per gradi, ritrovò il prototipo di quelle stesse membrane nelle bolle cellulose deati- , .ioi'i vailtetisAilj nate a secernere ed a contenere 1 olio ed il vapore animale. •^' Ora chiunque guarda alla struttura di queste bolle rileva co '1 microscopio la parete essere costituita da una semplice laminetta di materia amorfa accar- tocciata e ravvolta a modo di vescichetta: materia die, distribuita abondante- mente nel corpo, forma, direi quasi, il cemento dei prodotti fibrillari, che sono il materiale precipuo di composizione dei tessuti viventi; disposta in larghi pia- ni, dà nascimento agli strati epidermici, che sotto il nome di epitelio tapezzano le libere superficie delle membrane. Così questa materia animale permeabile, omogenea o, come dicono , inorganica , basta da sé sola a costruire il parete di quell'organo primigenio, dentro cui un cerchietto vascolare intermedio versa il prodotto di secrezione. 'JS' Niun' altra differenza pertanto sta fra questo rudimento di organo sieroso e là membrana di questo nome, tranne la sovraposizione all'anzidetta intonacatura di strati esterni gradatamente più complicati; intantochè quell'indumento epi- dermico rimane pur sempre come contrasegno della originaria struttura. Laonde 403 nelle più perfette iiiemLrane sierose si riscontra sotto lo strato epidermico, omogeneo, lucente e levigatissimo, una successione di stratcrelii composti di fascetti o fibre celluioso, correnti in direzione contraria.^ e perciò decussantisi reciprocamente: tantoché il più interno rappresenti una tela ben complessa e condensata; gli esterni una tela più lassa, i cui spazj magliati sono riempiuti da 61i celluiosi tortuosissimi e molli; e continua da ultimo ad una cellulosa più rarefatta, intarsiata di bolle adipose, e costituente il mezzo conduttore dei vasi, e di aderenza con gli organi circostanti. Che se tra gli officj di questa tonaca diventi principalissimo quello d'una protezione dell'organo prominente nella sua cavità , allora all'ordimento celluioso si associano fascetti stipati, robusti, argentini, quali si ravvisano nei tessuti fibrosi: onde da quesl' associazione' la membrana assume quel carattere che Bichat distinse con l'appellazione di ftbro- sierosa^ rappresentato principalmente dal pericardio. Ecco pertanto un primo grado di quella organica trasformazione, che tende a ridurre di nuovo questi organi di esalazione perspiratoria per un sentiero contrario alla nativa semplicità. Imperciocché nessuno sarà che contradica a questa sentenza: essere le croste cartilaginee dei capi articolari delle ossa e la lamina viscerale della dura-madre ricoperte da una superficie sierosa; cioè quella essere una continuazione della sinoviale, e questa dell'aracnoide, conna- turate co 1 tessuto straniero su cui si sono rillesse : tantoché l'arte con nessun mezzo anatomico arrivi mai a farsene dimostratrice. Ma se la dura-madre in quella sua faccia presenta un piano levigato omogeneo, lucente, come l'arac- noide da cui direttamente procede ; se le incrostazioni cartilaginee articolari ricevono dalla sinoviale riflessa gli stessi caratteri anatomici che a questa sono speciali, senza che nelle injezioni sottili si consegua mai traccia della vasco- lare diramazione propria alla membrana da cui deriva; ne viene chiara e spon- tanea la conseguenza, che la membrana genitrice si è ridotta in quelle superfi- cie allo straterello omogeneo ed amorfo, che forma il primo rudimento della sua composizione. Quindi la tela cellulosa, la fibro-cellulare, la fibrosa stipata, e la slessa cartilaginea, che modificano le varie specie delle membrane sierose, sono più presto tessuti stranieri ed associati alle medesime, che materiali indispen- sabili della loro composizione; anzi appropriati a modificarne la importanza fisiologica, che non ad impartir loro il carattere essenziale e distintivo da ogni altra specie di tonache secretorie. Che d'altronde la diversa attività di secre- zione di queste membrane è specialmente condizionata alla copia e natura dei /.04 vasellini che formano parte del loro tessuto, anziché all'associamenlo degli ele- menti stranieri che le rafforzano; ed ove le reti vascolari decrescano nella im- portanza tanto da scomparire del tutto, soprafatte dalla concorrenza di questi elementi, si ridurranno al primo rudimento della loro fabrica, rappresentato da quel semplice strato epidermico, la cui funzione si limita allora ad offrire agli organi che ne sono investiti una superficie omogenea, congenere a quella degli organi circostanti e contigui. Premesse queste generali considerazioni, vuoisi ora indagare se nel sistema dei vasi sanguigni appajano le medesime trasformazioni. Riguardalo co '1 mi- croscopio quell'ultimo tratto dell'albero vascolare, distinto co'l nome di sistema dei vasi capillari ed intermedj , si presenta infatti composto di canaletti omo- genei, con pareti, come Henle apertamente dichiara, prive d'ogni struttura, cioè affatto sprovedute di fibre o di strie che accennino ad una vera organizza- zione. Sono, in brevi parole, una reminiscenza di quei vasellini che nello stato embrionico formavano tutto l'insieme del sistema circolatorio; in quello stato cioè dell'animale organismo, in cui per non essere ancora gli elementi costrut- tori accomodati e conserti in masse lineari, non poteva esistere alcuna orga- nica tessitura. Ne perciò vuoisi intendere riprodotta la rejetta sentenza del Dòl- linger, che il sangue dai capillari arteriosi si effonda per un parenchima, s'ag- giri con capricciose correnti dentro il medesimo, e s'incanali poscia di nuovo nei capillari venosi. Quel tratto dell'albero vascolare che sta di mezzo fra i due sistemi è fornito incontrastabilmente di pareti cilindriche e chiuse; le quali appunto per ciò, che non sono sostenute da strati resistenti per tessitura com- plessa, hanno quella tanta distensibililà che provano apertamente le felici inje- zioni , e molto ancora durante la vita le congestioni locali e le risipelacee in- fiammazioni. Oltreché 1' essere ordinati in reti costanti nella forma , nella dis- posizione, e perfino nel diametro si dei eanali che delle aree vuote, secondo la natura del tessuto a cui appartengono, tanto da costituire uno dei più sicuri caratteri distintivi del tessuto medesimo, è prova evidente che sono canali veri e perfetti. Chi ha fatto studio su lo sviluppo progressivo dell'embrione del pollo, di cui si possono ravvisare distintamente i periodi fino dalle primissime epoche della vita, ha veduto certamente che alcune ore dopo la incubazione comincia a presentarsi il vaso terminale sotto l'aspetto d'un cerchio nel grembo dell'area germinativa ; che alcune ore più tardi entro a questo cerchio si rilevano delle 405 piccole correnti, le quali poco appresso andranno a comporre la meravigliosa area vascolosa. A questa singolare apparizione precede un brulichio , come di fluidi che si vadano sprigionando da una materia più densa e granellosa, per iscavarsi fra quella degli alvei. In su le prime questi canali rassimigliano più presto a solcature scavate nella medesima materia granellosa dall'impulso del sangue tendente ad un moto circolatorio; e lo stesso vaso terminale ha la sem- bianza niente più che d' un interstizio irregolarissimo nelle sue dimensioni , e fiancheggiato da due argini della sostanza blastodermica in su '1 confine del- l'area vascolosa. Ma poco appresso quel vaso ha pareli manifeste, circoscritte e cilindriche, cosi diafane da non permettere che si rilevi in esse alcuna tessitura filamentosa; e tali si mantengono del pari i vasi dell'area anzidetta, nonché quelli medesimi dell'embrione, fincliè crescendo lo sviluppo del corpo, il tronco cardiaco si riveste di strati più densi, che lo rendono opaco. Questo stato transitorio della organizzazione del sistema vascolare segna una legge costante nella costrutlura delle varie sue parti. La porzione perife- rica (cioè i vasi intermedi del Berres), costituita da vasellini diafani, permea- bili, è fornita soltanto di quello strato interno che compone il fondamento pri- migenio dell'albero vascolare, e rappresenta cosi in epoche più avanzate dello sviluppo del corpo la originaria trama vascolare dell'intiero embrione. La por- zione all'incontro ciie succede, sotto il nome di vasi capillari propriamente detti, presenta un aumento di strati all'esterno dell'involucro primitivo, che si vanno tanto maggiormente afforzando e moltiplicando nel numero, quanto più si procede nella indagine dai rami verso i ceppi primarj , soltanto modificati nella composizione secondochè appartengono all'uno od all'altro dei due alberi arterioso o venoso. Laonde quei vasi intermedj per sì fatta semplicità di strut- tura sono acconcissimi a quel principale officio del sistema circolatorio di pro- vedere alle funzioni della vita vegetativa ; a mettere cioè la massa del sangue in relazione immediala co' i fluidi circumambienti, e così a stabilire un perenne ricambio fra la materia assimilata dell' organismo vivente , e quella che gli de- riva dal mondo esteriore. La parete di questi minutissimi canaletti , che in certi tessuti agguagliano appena il diametro d'un globetto sanguigno, risulla di corpicciuoli aggregali uno appresso dell'altro, che sono noccioli di cellule rotonde od ovali, taluni più piccoli, come per sofferto aggrlnzamento. Quest'apparenza, comune a tutti gli epitelj pavimentosi, porge sotto al microscopio il carattere di una fettuccia omo- 406 genea, i bordi della quale, alquanto meno lucidi e perspicui della linea cen- trale, decorrono paralleli, senz' alcuna traccia di fibre, e soltanto sotto forti in- grandimenti appariscono tumefatti qua e là dagli anzidetti nuclei e noccioletti imprigionati nella materia amorfa che serve di cemento alla loro riunione, e mette continuità nel parete del vaso. Confrontando allora i vasellini di questa famiglia più cospicui per diametro, e che si accostano ai veri capillari visibili ad occhio nudo, si scorge di leggieri che quel semplicissimo epitelio primigenio è rafforzato da sedimenti esteriori di noccioli più crassi ed allungati , disposti co '1 lungo diametro intorno alla circonferenza del vaso, e senz' altra continuità fra di loro , tranne quella che deriva dal cemento omogeneo in cui sono invi- schiati. Per la qual cosa chi guarda a certo mite ingrandimento la tessitura di quel parete, è condotto a sospettare due ordini di fibre : l'uno disposto secondo la sua lunghezza nello strato dei noccioli più interni; l'altro secondo la circon- ferenza, eccentrico al primo: laddove non ha sott' occhio altra cosa che lo stesso epitelio pavimentoso più crasso per la raddoppiata stratificazione, come l'epite- lio delle più dilicate libere superficie sierose differisce dal più robusto delle su- perficie maggiori, e questo dalla epidermide della cute esteriore. Queste cose io sono andato brevemente esponendo, per trarne la seguente spontanea, e credo giusta conchiusione : che il primo elemento costruttore del sistema dei vasi sanguigni è un epitelio affatto simile a quello delle libere su- perficie delle membrane sierose, il quale come costituisce la totalità del parete nelle ultime radici dello stesso sistema, cosi rimane rivestito di strati diversi e più complicati, salendo verso i rami, e di là ai tronchi più ragguardevoli desti- nati a tragittare larghe e generose correnti. E però le gi-andi divergenze nei ri- sultatnenti dell'esame microscopico appartengono soltanto a questo tessuto este- riore, che abbraccia ed investe il primitivo interno parete. 11 Gaddi, nelle sue pregevoli osservazioni su le pareti dei vasi, ha ridotto a tre gli strati che s'addossano nelle arterie alla membrana primitiva: cioè uno a fibre longitudinali; un secondo a fascetti circolari distinti; l'ultimo più esterno, costrutto di veri elementi celluiosi, conosciuto volgarmente co '1 nome di mem- brana avventizia. Nelle vene all'incontro mancando lo strato delle fibre annulari si rilevebbero tre strati soltanto, i quali per non essere forniti di quella tanta compattezza e resistenza che presenta la tonaca a -fibre, annulari nelle arterie, darebbero al canale venoso quella rilassatezza che forma uno dei materiali carat- teri distintivi fra esso e le arterie. /.07 Henle, sottilissimo indagatore della intima struttura degli organi animali, ha I-avvisato sei strati nelle tonache vascolose, che trovò disposti nel modo che segue : 1.° Un epitelio cosi immedesimato co '1 vicino tessuto da rendersi quasi invisibile all' osservatore , ma sovente affatto consimile a quello che tapezza le membrane sierose. ciif' 2. Una tonaca striata o Jenestrata, esilissima, translucida, rigida e fra- gile, nonché pronta ad accartocciarsi dal lembo superiore all' inferiore, se si ar- rivi a staccarne un pezzetto di qualche estensione. Questo slraterello gli appar- ve composto da strie dilicate condensatissime, di rado tendenti secondo la lun- ghezza del A'aso, più spesso in direzione trasversa, ma inclinate sempre a ra- mificarsi ed ammagliarsi fra loro ad angoli acuti. INè per molte indagini ch'egli facesse potè mai determinare se quelle fibre appartenessero più presto all'inter- na od alla esterna membrana, tanto sono esse inseparabili dall'una e dall'altra. Però rispetto alla loro formazione le giudica risultare da uno strato di cellule, od altrimenti dall'epitelio trasformato, dopo l'assorbimento dei noccioli, in una membrana omogenea, forse per immediata applicazione di sottili granelli. 3.° Una tonaca a fibre longitudinali^ che procedono da nuclei ovali dispo- sti secondo la lunghezza della membrana vascolare primitiva. Questo piano di fibre egli riguarda come l'effetto probabile dello sviluppo della medesima, tanto da. sostituirla ov'essa totalmente dispaja. E però nei vasi d'un certo calibro, sòpratutto venosi, esso acquista una consistenza considerevole per moltiplica- zione di strati, le cui strie mantengono sempre tuttavia la sembianza di fibre nuoleate della cellulosa. Queste fibre isolate sono poi disposte ad incurvarsi in sé stesse a modo di riccio, come fanno le fibre elastiche, con le quali congiun- gonsi con branche laterali ad angoli acuti, facendo con esse un relicello di ma- glie romboidali sempre più larghe di quelle del tessuto elastico, e composto di fibre più pallide, ma mutabili anch' esse dall'azione dell'acido acetico. 4.° Una tonaca a fibre annidarla che forma la vera membrana media delle arterie, composta di fascelti crassi, disposti l'uno sopra dell'altro, e connessi fra loro mediante branche unitive nel senso della lunghezza, in modo da comporre un reticello analogo a quello delle fibre elastiche. Questo strato acquista una configurazione notevole per la formazione d' una tonaca corrispondente nelle vene cospicue, nelle quali esso risulta per lo più di veri fascetti celluiosi, laddove nelle arterie nessun vestigio di tessuto cellulare congiunge le fibre anzidette. 408 5,° Una tonaca elastica, visibile soltanto nelle grosse arterie sotto l'ap- parenza di membrana coerente , bianca , non lacerabile né in lunghezza né di traverso, e divisibile soltanto in piccoli frustoli con le pinzette. Cosi mentre la membrana a fibre annulari é fragile e dilicata, questa mantiene una coerenza no- tevole, e si presenta anzi sovente distribuita in piani affatto reticolari. Le vene Ja possedono soltanto nei tronchi vicinissimi al cuore. 6.° L'ultima tonaca è uno strato celluioso molle e rarefatto, che contorna nei piccoli vasi immediatamente la membrana a fibre annulari; ed ivi si presenta a bastanza crassa e robusta , laddove nei tronchi primarj appare degenerata m tessuto cellulare amorfo e semplicissimo. Questa moltiplice separazione delle tonache proprie al parete d un vaso, che gli Anatomici fino ai dì nostri avevano compendiato nella cellulosa od av- ventizia, nella elastica o contrattile^ e nella sierosa o polita, parrebbe com- plicare maggiormente le cognizioni anatomiche sopra un soggetto di tanto in- teresse, da renderne anzi oscura la conoscenza, se non fosse ridotta al suo giu- sto valore. E primamente io dirò alcune cose relative ai due strati quarto e quinto dell' Henle , il cui tessuto presenta molte proprietà anatomiche interes- santi, di cui ho fatto cenno altra fiata. Il tessuto elastico presenta anch'esso varj gradi d'organizzazione chele avvicinano a poco a poco ai muscoli involontarj del canale digerente, della ve- scica orinaria , e degli organi generativi. Nel grado più infimo di composizione esso si presenta sotto l'aspetto di fibre crasse, polpose, granulose, che sotto la frattura si mostrano alla estremità risolte in fiJjrille secche intersecate di gra- nelli, e disposte ad arricciarsi quando si trovano libere. Queste fibre, allorché formano un piano sottile, si ammagliano fra loro, costituendo una orditura a grandi maglie romboidali. Ma la tendenza del tessuto è di condensarsi notevol- mente per accumulamento successivo delle sue fiJjrille elementari; ed allora acquista la sembianza di grossi fascetti strettamente congiunti fra loro per tralci anastomotici ; i quali fascetti quanto più sono cospicui e robusti, tanto maggior- mente si possono disgregare sotto la compressione, perchè le branche congiun- tive non corrispondono d'ordinario alla forza di quelli. Ed allora lo spazio che si consegue da sì fatto disgiungimento è sempre allungato e romboidale , occu- pato anch' esso da fascicoletti minori che la pressione distacca dal fascio vicino. In quelle condizioni appunto si possono studiare le proprietà fisiche del tessuto, il quale mostra allora come elemento costruttore le anzidette fibrille elementari rigide, granellose, stipate l'una su l'altra, alle ad allungarsi sotto una compres- sione alquanto più valida, per retrocedere al posto primiero, se si cessa di pre- mere ; e tuttavia dotate di una cedevolezza limitata, come risulta dalla com- parsa frequente di frammenti brevi di fibrille, che l'atto della pressione distacca dai tronchi , quelle e questi offerenti nel luogo della frattura una estremità tronca e netta; a differenza delle fibre cellulose, le quali, come anzi si strac- ciano clic spezzarsi, manifestano il moncherino filamentoso e vellutato. 11 per- chè i fascetti, stante la natura rigida e granellosa delle fibrille, appajono sem- pre a bastanza opaclii sotto il microscopio, se non si assotligliano con la com- pressione; laddove le fibre cellulose presentano sempre, oltre la naturale loro cedevolezza, una trasparenza palese; e quelle del tessuto fibroso un parallelismo nei margini, ed una indipendenza od isolamento dalle vicine, che le distingue dalle une e dalle altre. Per le proprietà anatomiche di si fatta specie di tessuto elastico, se con una pinzetta se ne afferri un fascicolo, e lo si distacchi da' suoi compagni, stiran- dolo secondo l'andamento delle sue fibre, si vede in quell'atto allungarsi, come farebbe la gomma elastica, per un terzo e fors' anche pe '1 doppio della sua na- turale lunghezza; poscia abbandonato a sé stesso, riprendere con iscroscio im- proviso le sue dimensioni. Che se quello stiramento superasse per avventura la coerenza de' suoi elementi, dopo quel tanto allungarsi si spezza con un crepito sensibile e subitaneo, e con arricciamento manifesto dei due capi disgiunti. Sì fatto tessuto si trova principalmente nei legamenti gialli delle vertebre e nella lonaca media delle arterie, ove per la prevalenza di quelle proprietà fisiche ed anatomiche; le quali poc' anzi ho descritte, si costituisce a tipo di quella organica orditura che appellasi propriamente elastica. Ond'io chiamerò elastico questo tessuto, per distinguerlo dal grado più nobile di organizzazione che for- ma la transizione alle fibre dotate di forza contrattile. Soltanto noterò questa importante osservazione, che trovo avvertila anche nell'Henle: cioè che dove le fibre elastiche siano condensate per guisa da comporre uno strato fitto e ro- busto, come in quei legamenti ed in quella membrana, la condensazione loro è sì ferma e costante da escludere qualunque altra specie di tessuti stranieri. Onde nell'esame di quegli organi, se male non avviso, non si rinvengono mai né fibre cellulose, ned altro qualunque organico elemento in mezzo a quella trama di fibre specifiche, le quali appunto per ciò formano la massa totale degli organi anzidetti. I /ilo La tonaca elastica, descritta da Henle come II 5.° degli strati componenti il parete dei vasi, appartiene propriamente ad un ordine di tessuti più nobili, i quali 5 per la facoltà che Jianno insita nel loro organismo, sono suscettibili di dare manifestazione di moto. A questi io darò l'appellazione di contrattili^ per distinguerli in qualche modo dall'elastico propriamente detto, il quale come si distende ed allunga per opera delle cause mecaniche, e ritorna alle prime con- dizioni quando quelle hanno cessato d'agire ; cosi manifesta una proprietà al- quanto diversa dai contrattili, che si rinserrano e accorciano attivamente sotto gli stimoli. Questo passaggio dalla semplice elasticità alla contrattilità è così sfumato nei tessuti di tal fatta, che nelle forme intermedie sembra tenere quasi ad ambidue. Imperciocché lo strato esterno che ravvolge la tonaca elastica o gialla nei grossi vasi arteriosi del bue porgendo una singolare spessezza al loro parete, è per certo meno attivo nelle sue proprietà, e meno sviluppato ne' suoi fascetti, di quello che forma il rivestimento della tonaca mucosa ai condotti se- miniferi, alle trombe falloppiane, agli organi erettili, e simiglianti : tanto è que- sto più prossimo alla natura dei muscoli vegetativi , che anzi sotto certe condi- zioni di accresciuto sviluppamento (come nell'utero) si tramuta veramente in masse muscolose distinte. Ciò nondimeno, se si guardi co'l microscopio, si scor- gerà di leggeri che la struttura delle sue fibre, comunque tuttavia granellosa e crassa, tende ad una forma fascicolare meglio distinta e continua; che F intrec- ciamento delle funicelle si fa da per tutto con minore condensazione, lasciando areole più basse e rotondeggianti, tanto intricate ed annodate fra loro da sem- brare un feltro complicatissimo; essendo le aree degli strati superficiali occu- pate dai fasci del sottoposto reticolo, e cosi via discorrendo, fino ai piani più profondi che trasmigrano nel tessuto giallo, in quegli animali non mai molto crasso. D'onde viene quell'apparenza lassa e porosa che si scorge nella sezione trasversa o verticale di quei grossi vasi, la quale cessa, mutandosi in un tessuto stipato e fitto, verso lo strato più interno. Per lo che in mezzo a quelle aree si vedono chiaramente nello stato di freschezza serpere vasellini, che troncati nella sezione danno aspetto di punti rossi , come quando si taglia la sostanza midol- lare del cervello; laddove quell'apparenza vascolosa cessa del tutto nello strato giallo od elastico sottostante. Oltre le quali particolarità, che ognuno facilmente rileva nello studio di quelle arterie, si nota una differenza nel colorito; essendo la trama contrattile inclinata al roseo incarnato con un fondo succoso e mor- bido, intantochè lo strato elastico è gialliccio ed asciutto. Ed altresì vuoisi no- 411 tare l'altra visibile diversità che risulta nell'alto dello stracciamento, il quale si consegue a stento nel primo, e si riduce a piccoli frustoli, senza una direzione manifesta, come lia notalo anche l'Henle; mentre nell'altro si effettua sempre secondo l'andamento circolare con cui sono disposti i fascetti. Queste due forme organiche non si scorgono in eguali proporzioni disposte nelle arterie dell'uomo ed in quelle dei grossi animali. Nell'uomo prepondera di gran lunga lo strato elastico, in guisa che direhbesi comporre quasi per intiero la parete arteriosa; laddove il contrattile si limita ad un reticolato di fibre bian- che condensate, immediatamente connesse con l'avventizia di cui rappresentano lo stralo Interno, cosi intimamente serrate intorno alla circonferenza del vaso, che dopo averne stracciata l'avventizia può tuttavia distaccarsi sotto forma d'una membranella coerente e continua. Quel tessuto sotto al microscopio si mostra composto di fascetti di fibre cel- lulose intrecciali a maglie larghe, e cedevoli sotto la stiratura, come sempre la cellulare filamentosa: 6 sotto questo rispetto io non saprei considerarlo conie una tonaca particolare, dotata di proprietà specifiche, e costrutta di elementi stranieri alla tela involvente. Soltanto in mezzo alle maglie di quel tessuto re- ticolare non si riscontrano più quelle masse adipose che si ricettano sempre nel grembo della cellulosa avventizia. Ben vuoisi avvertire, che nel tratto ascen- dente dell'aorta lino al suo arco si ravvisa, sùbito sotto alla tonaca pericardica, un tramaglio di fibre succose fascicolari, molto analoghe al tessuto contrattile, percorse dai molli rami del plesso cardiaco, che sotto a quella tonaca fa le sue prime e più robuste intrecciature. Nel bue e nel cavallo all'incontro quell'apparato contrattile non solamente continua lungo l'aorta ed i tronchi precipui, ma sì anche appare tanto spesso ed abondante da costituire ben due terzi della spessezza della parete; perfettamente distinto dal colore e dall' accennata slruttura, noncliè dal serpeggiare dei vasel- lini nutrizj , ciie cessano bruscamente su '1 confine con lo strato giallo sotto- stante. Queste diversità di composizione si accordano con la maggiore tenacità e potenza delle pareti del cuore, che in quegli animali, paragonate al lume del ventricolo, sono certamente stragrandi: accordo che osserviamo anche nell'uo- mo, sempreehè si confrontino II ventricolo destro co '1 sinistro, l'arteria polmo- nare e l'aorta. Premesse queste risultanze dell'esame comparativo delle varie forme di tes- suto elastico, eh' io rinvenni nelle tonache arteriose, passerò alla dichiarazione /fl2 di quelle die conducono alla conoscenza diretta degli strati costituenti le arterie umane. Aprendo per lungo un'arteria cospicua, massimamente l'aorta (dov' essa non sia per vecchiezza dell' individuo, o per lunga macerazione, o per precedenti infermità, o per cominciata corruzione del corpo alterata nella sua fabrica), si trova uno stento grandissimo a sciogliere una lamina sottile di quello strato, clie suolsi generalmente appellare tonaca interna. Sia che se ne sfiori la superficie con un rasojo affilato, o che se ne stracci un piano sottile, mettendone sotto il microscopio la porzione più diafana, è cosa evidente che l'elemento fibroso ap- partiene interamente allo strato elastico che succede. Si ravvisa di sopra una dis- posizione superficiale di cellule nucleate, conserte fra loro al modo degli epitelj pavimentosi , le quali si staccano in acervoli sotto la pressione necessaria all'in- dagine microscopica. Sottoposto a quei globuli ed a quello strato cristallino, ap- pare un reticolato di fibrille rigide, brevi, ramose, intrecciate a maglie romboi- dali molto evidenti, se si usi d'un ingrandimento di 400 e più diametri. Fra queste si vedono spesso delle sottili scaglie di sostanza amorfa , priva d' ogni struttura, che 1' aqua allontana ai margini dell'oggetto, e che tendono ad accar- tocciarsi come farebbe uno straterello corneo tenuissimo ed ammollito. In mez- zo a quelli ammagliamenti si scorge una materia granellosa intersecata da nuo- ve maglie spettanti ad uno strato più profondo, e probabilmente derivante da jjrolungate ramificazioni del superficiale , anastomizzate nella stessa maniera. Guardandb ad un ingrandimento minore, si notano soltanto serie di fibrille mol- to condensate con granulazioni intermedie , come fossero il mezzo di aderenza fra quelle; le quali , se il pezzo non si comprime, rappresentano in massa una disposizione di strie trasversali, e nulla più ; ma se con la pressione se ne allar- gano le maglie violentemente, e se ne allontana la massa globulare intermedia, danno la sembianza di un tessuto quadrigliato, o veramente di due piani diversi intersecati fra loro. Per la qual cosa, dopo avere esaminato l'oggetto a deboli in- grandimenti, è mestieri ricorrere a più forti per riconoscere l'interno commet- timento di quelle fibre ramose, e vedere a quale elemento organico esse vera- mente appartengono. Perocché soltanto in quelle condizioni si scorge su'l mar- gine dell'oggetto, ove le fibrille sono tronche, e non oscurate da stratificazioni sottogiacenti , la loro tendenza ad arricciarsi , il modo speciale di ramificarsi a brevi distanze, la natura rigida e poco succosa del loro organismo, che sono af- fatto comuni al tessuto elastico giallo della tonaca media. Prendendo poscia con diligenza gli strati che succedono, costituenti l'anzi- 413 detta tonaca media, io non seppi rinvenire mai altra forma organica, fuor quella che precedentemente ho descritta. O sia che si distacchi un fascetto circolave e lo si segua in tutta la sua lunghezza , o che se ne recida a fette sottili la pa- rete di mano in mano fino all'involucro esterno; sempre ho avvertile le mede- sime fibrille rigide, ramose, anastomizzate, ricciute alia estremità tronca, e pun- teggiate lungo il tragitto e nel mezzo delle maglie dalla materia globulare ed amorfa. La sola differenza che mi parve di scorgere è quella di una maggiore ro- bustezza delle fibrille, ed una tendenza ad intrecciarsi più lassamente, secon- dochè si procede nella indagine verso l'esterno del vaso. Infatti, se si prendono delle sottili sezioni trasverse di tutto il parete vascolare, e si assoggettano ad una sufficiente pressione, si presentano nel largo piano, che ne deriva, le seguenti particolarità di struttura: 1.° Su '1 margine corrispondente alla faccia esterna del parete medesimo le fila cellulose, molli, flessibili, intarsiate di globuli d'adi- pe , spettanti alla tonaca avventizia. — 2.° Sotto a quelle, una disposizione di fasci elastici congiunti a maglie larghe, fatte ovali o rotonde dalla pressione, ed occupate nel mezzo dagli stracci del tralcio anastomotico, che la sezione divise dai circostanti. — 3.° Più sotto, quella medesima forma meglio serrata, e sem- pre continua allo strato anzidetto, la quale verso il margine libero del parete si addensa e costipa sì fattamente da rappresentare un tessuto di fili stretto ed uniforme. Ivi si ravvisa ben chiaramente (cresciuta la forza magnificante del mi- croscopio) clie le maglie si riducono alle forme ultime fibrillari, e manca la contestura di maglie fascicolari. Quella disposizione , che negli strati esterni appartiene ai singoli fascetti , qui costituisce tutto per intiero lo strato interno, come se gli elementi costruttori si condensassero successivamente per accre- scere la robustezza del vaso. — 4.° Il margine libero di quest'ultimo strato, che formerebbe il piano levigato e lucente della interna superfìcie vascolare, si vede fatto irregolare da stracci dell'epitelio pavimentoso, aderenti strettamente alle fibrille del tessuto elastico, composti d'una materia amorfa, omogenea e cristal- lina, che racchiude qua e là cellulette nucleate comuni agli strali epidermici. Perchè una investigazione tanto importante alla conoscenza della struttura delle arterie possa frullare deduzioni giuste e sicure, è mestieri ripeterla con sezioni longitudinali della parete. E queste offrono i risultamenti medesimi tanto nella successione dei piani , ciie nella forma delle maglie e nel rinserramento delle medesime. Ondechè da sì fatto riscontro, ripetuto assai volte sempre con identità di effetti, mi sembra poter dedurre un corollario assai grave; ed è: che le pareti vascolari arteriose dell'uomo sono sostanzialmente costrutte duna strato elastico, piìi o meno crasso e robusto secondo il calibro e la natura del vaso., e mancano affatto d' una vera tonaca sierosa; alla quale è sosti- tuito un epitelio pavimentqso costituente la superficie libera, che sta in contatto con la corrente del sangue. Questa deduzione, che ridurrebbe le tonache delle arterie ad un'avventizia, alla elastica propriamente detta, e ad un semplice epitelio, potrebbe a taluno parere viziosa per soverchia semplicità, raffrontata alla comune e già antica dot- trina di tre tonache bene ordinate, ed ai moltiplici strati descritti dall' Henle. Dei quali è , se non erro, evidente nei tre primi la comune origine, e la facile trasformazione d'uno nell'altro, come lo stesso autore avverte nella sua minuta e diligente descrizione. Essendoché la tonaca finestrata, secondo la sua sen- tenza, è una sostituzione dell' epitelio pavimentoso, ove questo appare scancel- lato e mancante: anzi appartenere essa medesima agli strati epidermici, mi sem- bra dichiarato a bastanza dalla sua tenuità e trasparenza, e dalla poca coerenza del suo tessuto, dalla presenza delle cellule nucleate che sono proprie degli epitelj , e da quel genere di fibrille ramificate ed anastomizzate fra loro, ch'io per le anzidette ragioni attribuisco allo strato più intimo della tonaca elastica, rimasto incollato alla esterna faccia dell'epitelio, o che s'immedesima tanto allo stesso da formarne una cosa sola. E la bisogna essere veramente così è dimo- strato eziandio dalla estrema aderenza di questa tonaca con la media sottoposta, che ne rende impossibile nelle arterie fresche la divisione di tratti a bastanza estesi da poter servire ad una microscopica investigazione. Laddove una pro- lungata macerazione riduce divisibile questa lamina dalla sottostante tonaca ela- stica, nella stessa guisa che per l'avvenuta imbibizione questa medesima si ri- solve agevolmente in piani successivi sino all'estremo confine dell'avventizia. Queste considerazioni io credo di poter applicare altresì alla tonaca a fibre longitudinali di Henle, come quella ch'egli considera un tessuto di transizione della finestrata. Ma questa produzione, patente singolarmente nei vasi venosi, essere un tessuto analogo all'elastico della tonaca media, si dichiara dalle varie prove anatomiche e chimiche a cui lo stesso autore 1' assoggettò nelle sue in- dagini. Perciocché all'azione dell'acido acetico le sue fibre si comportano al modo delle elastiche, gl'intrecciamenti reticolari di quelle hanno lo stesso carattere che a quelli é comune e costante, e la loro disposizione ad arricciarsi é alle medesime affatto conforme. Anzi nei grossi vasi questo strato si accolla cosi for- 415 temente al sottoposto, da i-enderne impossibile il disgiungimento perfino d' una laminetta sottile. Per la qual cosa è molto evidente che la tonaca primitiva del vaso, da ori- gine costituita d'un epitelio pavimentoso, può trasformarsi, salendo a più com- plessa organizzazione, in quelle due tonache le quali sembrano essere la scala alla composizione del tessuto clastico; e sempre pe '1 ministero di quelle cel- lule nucleale, di cui la membrana primitiva è composta. Imperciocché i noc- cioletti di quelle si allungano prima , e si dispongono in serie lineari , tenuti conserti dalla materia amorfa ed omogenea; poscia quei fili intersecati da altri noccioletti fanno prendere la forma reticolare alla membrana. Afa ciò che im- porta conoscere è sopra tutto questo fatto costante, che nei i'asi arteriosi le melamorfosi delC interno epitelio hanno sempre la tendenza a raggiungere le forme e la natura del tessuto elastico^ per guisa che, ove ne abbiano ra''- giunto il carattere, si osservano nei vasi queste due cose essenziali: 1.° la scom- parsa di noccioli primitivi, non rimanendo dell'epitelio che lo strato amorfo cri- stallino e lucente che ne formava il cemento; 2.° la intimità dei fili elastici de- rivati da quei noccioletti con quelli della tonaca media propriamente detta, così ferma e costante da renderne impossibile la divisione senz' artificiale strac- ciamento. Questi fatti basterebbero da sé soli a provare che la tonaca elastica e la in- terna degli autori formano un lutto continuo per identità di composizione, e non due tonache diverse e distinte. Perché, ove questa separazione esistesse, verreb- be sempre il tessuto cellulare a mettersi nel mezzo come elemento unitivo, co- me strumento conduttore dei vasi nutrizj. Né infatti la cellulosa manca mai fra le membrane di diversa natura che compongono il canale intestinale, i condotti escretorj, ed altri simiglianti , comechè ridotta alle semplicissime condizioni di cellulosa parenchimale. Ma la indagine microscopica non permette mai di rav- visare, in tutta quella spessezza di parete artei-ioso che risulta dalle volgarmen- te dette sue tonache proprie^ elemento di costruzione straniero all'elastico: sem- pre quella stessa trama, quella stessa natura di fibre, quell'identica contestura; non mai una stria che ricordi la presenza di fibre cellulose, né disposizioni ca- naliformi che accennino a vasellini capillari od intermedj scorrenti per mezzo a quel singolare ordimento. E pure la presenza di questi vasellini, comunque tenuissimi, si rileva agevolmente nelle membrane sierose sotto la sembianza di fettucce piane, diafane nel mezzo, ramose, scorrenti nel campo delle fibrille cel- 416 lulari tortuose e serpentine con anastomosi manifeste , e dichiarate assai volte dalla esistenza di globuli sanguigni ancora superstiti nell'interno delie loro pa- reti. E di quei vasellini si vedono le forme patenti nelle stesse tonache fibrose per entro la cellulosa che lega i fascetti rigidi che le compongono. E persino tra i fasci crassi e polposi dei legamenti gialli delle vertebre, in grembo alla cellu- losa che s' insinua fra loro. Ma dove non è cellulare, cioè nell'interno dei fasci- coli stipati delle produzioni fibrose, e in quelli dei legamenti gialli, non se ne scorge vestigio. Ed infatti, per quanto io abbia moltiplicato le mie sottili injezioni con quel- la penetrantissima materia, che mi porse tanti esemplari di perfetto riempimento di vasellini microscopici nelle parti più difficili ad injettare , io non sono mai venuto a capo di scorgere traccia di quella materia penetrata nel grembo delle tonache proprie di un vaso arterioso; né so che i più felici incettatori abbiano mai dato prove manifeste della loro esistenza. Io parlo qui di vasellini sangui- gni capaci di tragittare la parte globulare del sangue, fosse anche una sola filie- ra di globuletti; perciocché avendo questi globuli nell'uomo a un di presso due millesimi di linea nel diametro, il calibro del vaso deve almeno equivalere a si fatta misura. E come di cosi fini canaletti si consegue l' injettamento nelle mem- brane sierose, nelle bolle adipose, nei muscoli animali, nelle cripte sebacee e mucose, ed in altre infinite particelle periferiche degli oi-gani vascolosi; non si comprende perché non si possa conseguirlo almeno una volta nelle tonache pro- prie delle arterie umane. Ecco pertanto quali sono i risultamenti di queste mie injezioni, che da molti anni ripeto. La tonaca avventizia delle arterie è molto vascolare.^ e s in- jetta agevolmente. La ricchezza massima de' suoi capillari si scorge nell'aorta ascendente toracica, che essendo ricoperta dal pericardio riflesso, poi dai molti cordoni del plesso cardiaco, e da una cellulare succosa e laminare, presenta così molti strati son'aposti alla tonaca elastica. Eguale e forse maggiore vascolarità vedesi nell' avventizia dell'aorta addominale, per gli stretti rapporti con la rete nervosa derivante dal ganglio semilunare e dal plesso ipogastrico. Nelle arterie minori la vascolarità corrisponde alla copia della cellulosa, lungo la quale esse fanno tragitto. I vasellini nutrlzj dell'avventizia si comportano alla stessa ma- niera che nelle membrane cellulari ; si diramano secondo la forma dendritica, anastomizzandosi in grandi maglie ovali , la cui area è spesso occupata da ma- gliette minori, corrispondenti alle piccole masse adipose che quella membrana 417 assai frequentemente ricelta nelle sue lamine. Dove però quelle arterie sono accompagnate da numerosi filamenti del grande intercostale si ravvisa una dis- posizione lineare nei vasellini, che appartiene per intiero a questi organi; e molti tralci anastomoticij die si scambiano fra loro, danno all'insieme una sembianza reticolare- Se si prende un pezzo di quest'arleiia injettata, e la si apre per lungo, non si vede che quei vasellini traspajano all'interna superficie. Staccando con dili- genza la membrana avventizia dalla elastica, i vasi injettati rimangono tutti ap- plicati alla prima, e l'altra non ne serba più traccia. Siccome potrebbe supporsi che la opacità del tessuto elastico facesse velamento ad una più minuta inje- zione , si stenda allora il preparato sovra una lastrina di vetro, per guisa che l'avventizia rimanga disgiunta dall'altra come un libro aperto, e si lasci disec- care perfettamente. I vasi dell'avventizia per l'asciugamento della trama cellu- losa spiccano allora vermigli e netti nei loro contorni, presentando evidenti le forme del finale loro ammagliamento ; ma della elastica non si scorge che una sostanza cornea, in cui diseccandosi si è convertita, senza vestigio di ramifica- zioni vascolari incettate. Questo fatto anatomico, ch'io tengo per dimostrato finché altri piiì felici injettatori non lo smentiscano, non mi conduce però a dicliiarare come inorga- nico il tessuto delle tonache proprie delle arterie. Persuaso che nell'organismo animale niente sia veramente inorganico, io voglio soltanto fare una giusta se- parazione fra quei tessuti che crescono e vivono per immediata ed interna cir- colazione del sangue nelle parti loro più sottili, e conseguentemente jier rapporti diretti fra questo fluido ed il proprio parenchima, da quelli che derivano indi- rettamente la loro conservazione , fors' anche per semplice endosmosi ed imbi- bizione. Tale questione appartiene al Fisiologo, ed esige altre esperienze e di- mostrazioni. Soltanto ritenuto per vero quel fatto, può dedursi dall'esame com- parativo dei tessuti slraiglianti alle tonache arteriose co' i più patentemente vascolosi questo corollario, che le loro condizioni patologiche prevalenti appar- tengono più presto ai vizj d'assimilazione , anzicliè alle vere e genuine infiam- mazioni. Ritraendo il loro alimento dai vasi dell'avventizia, filtrato pe' i varj strati della tonaca elastica, mi sembra a bastanza chiaro ed aperto che la inte- grità di quella tonaca dipende sostanzialmente dalle buone e sane condizioni di quel sugo riparatore; il quale, ove permutata attività dei vasellini dell'avventi- zia, od anche per mala elaborazione del sangue da cui procede, sia depravato ne' 28 /; I 8 suoi elementi, esercita un' azione diretta su la natura della membrana, la gua- sta, la muta nel suo organismo, e conseguentemente nelle facoltà vitali che le sono inerenti: e ciò tanto più permanentemente, quantocliè la deficiente vasco- lari! à della medesima non si presta ad una pronta riparazione. Laonde vediamo frequentissima la comparsa, nell'interno delle grosse arterie, di macchie caseose e di squame, senza che pertanto (se non m'ingannarono gli occhi) appajano mai circondate da vasellini generatori. Lo studio di quelle macchie, fatto primamente dal BailHe, ripetuto e fecon- dato dall'Aglietti e dal Zannini, e ultimamente illustrato ne' suoi scritti dal dot- tissimo mio amico Dott. Asson, ha, se non erro, un gran peso in così grave e difficile questione. Sempre quelle maccliie si mostrano su l'estremo confine della tonaca elastica al di sotto dell'interno epitelio. Sotto il microscopio, nel primo stadio della loro formazione, hanno la sembianza di ammucchiamenti di granelli crassi, nucleati, irregolari nella dimensione, translucidi al centro, e molto opa- chi nei margini, se hanno una certa grossezza. La tonaca elastica, che sta sotto a quei mucclij, appare sempre consentanea nelle sue forme e nelle sue intrec- ciature, nonché nel carattere delle sue fibrille. Si direbbe quasi essere un resi- duo del plasma costruttore del tessuto elastico, il quale, come inefficace a' suoi usi, rimase su 1' estremo confine della sfera d'attività dei vasi secretorj non as- sorbito. Quelle macchiette, da origine simiglianti ad annebbiamenti, si rendono più spesse e confluenti per nuove deposizioni sotto all'epitelio, facendo a poco a poco prominenza su '1 livello della interna parete. Esaminate allora si vedono risolversi in laminette a guisa di cipolla , che tengono ancora una coerenza e continuità co' i fascetti delle fibre annulari più interne ; con quest' unica diffe- renza d'un' assai maggiore quantità di strati sovraposti e contigui. Si scorge che quella materia plastica, comechè alterata ne' suoi componenti, tende a congre- garsi pur sempre secondo le forme del primitivo suo tipo. Ora se quei compo- nenti mantengono la natura molle e polposa connaturale al tessuto, l'accresci- mento degli strati invade le parti più esterne della tonaca elastica, e le tras- muta in un tessuto cedevole e floscio, che cedendo al continuo impulso del sangue, dà luogo alle dilatazioni aneurismatiche senza esulceramento, ed anzi con manifesto ispessimento del parete del vaso. L' epitelio in quei casi non di rado disquamato, e sciolto in lamelle libere su '1 principio della formazione della macchia, si vede sovente crasso, rugoso, ove la malattia abbia invaso gran tratto del parete, ed aumentatane la spessezza. Ora all'incontro nel grembo della ma- 419 leria molle si depongono elementi calcarei, i quali cominciati da piccoli punti centrali sotto forma d'una sabbia biancastra, si congregano in isquame più o meno vaste, che vanno ad occupare il confine della maccliia primitiva. Fino ad un certo punto quelle scaglie terrose sono coperte da un sottile epitelio; ma più tardi anche questo sparisce , convertito in una vernice lucida ed omogenea su la fac- cia libera della squama, e visibile soltanto alla sua periferia , ove sr distende su le porzioni ancora sane del vaso. Se non che non resistendo alle continue vicis- situdini di dilatazione e restringimento del canale quell'epitelio , tenuto teso dalla squama, suole rompersi al margine della medesima, e permettere cosi la filtrazione del sangue, la fusione della materia molle più profonda, e da ultimo quelle forme di singolare esulceramento, clie sono pur troppo frequenti cagioni di crepatura dell' intiero parete. Così, se mal non m' appongo, è facilmente spie- gato: 1.° come da un solo processo morboso, modificato secondo la qualità del prodotto materiale di nutrizione delle tonache vascolari, avvengano vaste e complete dilatazioni aneurismatiche di tutto il tubo arterioso, senza esulcera- mento delle tonache proprie; 2.° come all'incontro appajano in esse delle vaste ed enormi generazioni litiache, senz' alcuna dilatazione aneurismatica, tendenti invece alla crepatura od al ristoppamento del canale , se si parli delle arterie minori. Ma ciò che principalmente si affa allo scopo di queste patologiche di- gressioni è il non vedere nel principio di quella infermità nessun' apparenza di vasellini capillari su la superficie che sta per costruire la maccliia steatomatosa, la quale, finciiè altri non provino altramente, io tengo in conto d'un prodotto di pervertita nutrizione del vaso. Imperciocché quegli arrossamenti circostanti alla macchia ed alla squama, che alcuni hanno avvertito e supposto essere prove di vere injezioni, né sono costanti, né lianno carattere alcuno che s'assimigli alle vere reti periferiche capillari. Per quante volte io le abbia osservate co '1 microscopio, non vi ho scorto altro giammai, fuorché filtrazioni della materia colorante del sangue a traverso all'epitelio, principalmente dov'esso era desqua- mato e scaglioso. In ciò affatto consimile a quei rossori che si trovano spesso, aprendo i cadaveri, nell'interno dei grossi vasi, tultochè sani, ora generali e cu- pi come il sangue abbrunato da incipiente corruzione, massimamente negli apo- plettici e negli annegati, nei morti per congestioni gravissime, specialmente in estate ; ora parziali sotto forma di strisce corrispondenti ai coaguli sanguigni che vi appoggiano sopra , intantoché il rimanente parete é del tutto bianco e natu- rale. Le quali apparenze sotto il microscopio danno sempre il carattere d' un 420 coloramento rossastro omogeneo dentro la spessezza dell'epitelio, o tutt'al più nei piani dell'elastica a quello immediatamente contigui, senza mai traccia di strie canaliformi e reticolate, che sarebbero le prove di vasellini injettati. Anzi io credo tanto più provato questo giudizio, quanto più osservo gli strati circon- ferenti prossimi all'avventizia anche nei più forti arrossamenti mostrarsi pallidi e giallicci ; laddove se quei rossori fossero vascolari, dovrebbero essere più in- tensi colà per la più grande vicinanza alla fonte dei vasellini. Cosi se le prove dirette non dimostrassero a bastanza la provenienza di cotesto arrossamento, questa sola considerazione basterebbe a provarne il cominciamento dal cavo del- l'arteria verso l'esterno del suo parete; e quindi essere effetti di cause fisiche e materiali. L'incostanza loro nelle forme, e perfino nella presenza (essendoché in molti casi analoghi essi mancano totalmente), può dipendere da cause varia- tissime ; come sono la maniera del coagularsi del sangue negli ultimi istanti della vita, la stagione, le crasi del sangue medesimo, e più d'ogni cosa il grado di ca- lore del corpo sinché quel fenomeno si compie. Imperciocché la permeabilità dell'epitelio, come quella di tutti gli strati congeneri, è sensibilmente maggiore durante il calore del corpo e la umidità naturale dei tessuti, che non hanno an- cora perduto tutte le qualità vitali che loro appartengono. La vera vascolarità delle pareti arteriose si ridurrebbe pertanto, dietro que- ste considerazioni ed indagini, alla sola tonaca avventizia , provata dalle artifi- ciali e naturali infezioni, dagli esami microscopici, dalle sperienze chirurgiche, e dallo studio medesimo dei tessuti analoghi nella composizione; perciocché sempre é minore la vascolarità in quelli, i cui elementi costruttori sono più con- densati, rigidi ed uniformi , quali sono i fibrosi , i fibro-cartilaginei, e gli stessi legamenti gialli delle vertebre: anzi la poca vitalità delle tonache proprie delle arterie é dimostrata dalla Chirurgia nei casi di legatura circolare per otte- nere la chiusura permanente delle pareti. E troppo noto che questo laccio, stretto circolarmente intorno ad un' arteria , é costante cagione di crepatura immediata delle tonache proprie , dalla quale risulta un travaso di linfa pla- stica, elemento principale dell'adesione; laddove la legatura temporaria, pro- mossa dallo Scarpa con l'intendimento d'impedire quello squarciamento, e d'ot- tenere l'adesione per opera d' un semplice avvicinamento delle pareti, fu dai pra^ tici considerata incerta ed infedele, e quasi universalmente posposta. Perché nei casi felici di questa manier^a di compressione o precorse una parziale rottura delle tonache proprie, ovvero per gli effetti della pressione lenta e continua si 421 rammollì il tessuto delle tonache proprie, si consumò a poco a poco sollo il pro- cesso della infiammazione dell'avventizia, ed i vasi di questa operarono con più tardo processo quel genere di versamento plastico, eli' è il fondamento dell'ade- sione. Lo che si compendia in queste parole: a produrre il coalilo di uri arte- ria è mestieri che la membrana avventizia s" adoperi di venire in conlatto con se medesima. Né certamente deve tacersi la conferma che offrono di questa dottrinai fatti ormai universalmente notorj della tolleranza delle arterie alle irritazioni, alle stracciature, e a tutte le cause che in generale sogliono produrre l'infiamma- mento. Perchè nelle amputazioni o nelle demolizioni di grandi tumori si tagliano, si legano, si torcono molte e ragguardevoli arterie simultaneamente , senza che la flogosi le invada mai oltre un breve tragitto dal luogo della offesa; tendendo quasi sempre anche colà al lavoro benefico dell'adesione, se bene le tonache siano comprese anticipatamente da guasti di tessitura. In ciò molto dissimili dalle ve- ne , le quali pur troppo sovente per una locale irritazione sono incendiate da processo progrediente di flogosi , capace di difondersi con una celerità maravi- gliosa sino ai ceppi primarj del sistema, e minacciare anche irreparabilmente la vita. E dove nelle arterie si scorga quel lavoro flogistico occupare una certa lun- ghezza del vaso, sempre si ravvisa tuttavia limitato all'avventizia, clie abondan- temente fornita di canaletti sanguigni, è produttrice dell'esulceramento, del pus, o della linfa plastica organizzabile versata dentro e fuori del vaso, intantòchè le tonache proprie si mantengono straniere ad ogni altro travaglio, che non sia il rammollimento e la successiva scomparsa del loro tessuto, o l'indurimento prodotto da aggiunta di nuovi strati esterni che le raggrinza , le ingrossa e le disforma. Considerando le arterie dal lato fisiologico , mi si presenta al pensiero que- sta poca vitalità delle loro tonache proprie come perfettamente adeguata all'uso a cui sono sortite. Sottoposte agli urti immediati e continui dell'onda sanguigna validamente slanciata dalle contrazioni del cuore, e per conseguenza soggette a cause impellenti, che sarebbero predisposizioni immediate d'infermità, massi- mamente neir accelerata velocità della corrente, la natura ha proveduto le pa- reti loro d'una condensazione che sta in rapporto con la poca percettività del loro tessuto. L'elasticità di quelle pareti, per la quale diventano mezzi indiretti di azione su la corrente del sangue, qualifica la loro funzione ad un grado ben più elevato di semplici canali passivi di trasmissione; e intantòchè essa decresce nei 422 vasi minimi per la progressiva scomparsa degli strati contrattili , nei tronchi maggiori essa s'aumenta in proporzione della vicinanza al cuore, e dell'incre- mento nella spessezza di questi strati medesimi. Ciò è quanto dire, che mentre nei capillari e negl'intermedj il vaso arterioso rimane limitato alla tonaca pri- mitiva , e per quest' anatomica tessitura diventa permeabile ai fluidi che lo tra- gittano, e forse anclie ai circumambienti, nonché subordinato più da vicino alle influenze delle correnti nervose ; nel tronco primario all'incontro, per la con- correnza di più validi strati accessorj, acquista proprietà contrattili, che appajono quasi gradazioni della virtù stessa del cuore. Lo che se per avventura riesce me- no sensibile nell'uomo si rileva chiaramente nelle grosse arterie dei grandi ani- mali, ove il tessuto elastico è foderato all'esterno da veri strati contrattili, che sono in armonia con la enorme condensazione delle pareti del cuore. E qualun- que sia la specie dell'animale, si scorge sempre fra il destro ed il sinistro ven- tricolo quella differenza eh' è conforme fra l'arteria polmonare e l'aorta. Pertanto la proprietà del tessuto elastico mi parrebbe ridursi nelle arterie ad una incessante tendenza al rinserramento delle sue maglie, ed all' abbrevia- mento delle sue fibre sùbito che cessa la forza mecanica che le urta e distende. La quale proprietà in nessun modo può meglio essere verificata clie dall'espe- rimento dell'Hunter, rinovato or sono due anni nell'Istituto Veterinario di que- sta Città, presenti i Professori Brugnolo e Fabeni, i Dottori Argenti ed Olivieri, ed il sig. Sabbadini; più tardi poi ripetuto con analoghi risultamenti. Ad una ca- pra robusta essendo stata denudata pe'l tratto di cinque pollici la sinistra carotide, e misuratone diligentemente con un compasso il diametro naturale, si trovò se- gnare in punto 9 millimetri, e lo si riportò esattamente sopra una carta. Scoperta poco appresso la sinistra crurale arteria, si punse uno de' suoi rami cospicui, e si lasciò sgorgare dal medesimo un pajo di libre di sangue. Questa perdita, tuttoché lenta, restrinse il calibro della carotide a 7 linee. Troncata allora totalmente la crurale, avvenne una si profusa ed improvisa emorragia, che tolse rapidamente la vita, fino allora energica, dell'animale; ed in quel breve periodo che scorse tra la ferita e la morte l'arteria carotide s'era ristretta a 5 millimetri, cioè a poco più della metà del diametro primitivo. Questa sperienza parrai dimostrare che l' azione della tonaca elastica si ri- duce ad un rinserramento progressivo del suo tessuto, il quale essendo più ma- nifestamente costrutto di fascetti annulari, tende ad impiccolire il lume del vaso, ed addossarsi su la colonna sanguigna quanto comporta la misura della medesi- 423 ma. Ma sì fatta contrazione operando sotto la sembianza di un' azione vitale, de- ve considerarsi viva ed energica finché dura la vita; la quale, come appena lia cessato, non lascia nella superstite tonaca altra proprietà, se non quella eli' è comune a tutte le sostanze elastiche. Laonde esaminate quelle medesime arte- rie dopo la morte, si vedono riprendere il calibro naturale , ed acquistare sotto le injezioni quella tanta circonferenza clie avevano durante la vita. Con che io credo potersi molto chiaramente spiegare quelle vicissitudini del polso sotto le angustie della circolazione specialmente polmonare, le quali sostenute da certi vasti e profondi processi flogistici che opprimono l'azione contraente del cuore, potrebbero essere scambiate talvolta con .rr f i ; ■ s r. j>. B *W^' - *' A^nstini dis. / -' i3 .(S ,Z oiqtaoe!) laq) iisaiBH sub ZONA I. AUSTRALE; D = — 2" 23c Num. Grami. tii-tl'> AR. media Vaiiaz. Declinaz. media Variazione B — S progr. slulk- 1 Gen. i84o annua 1. Genajo i8/|0 annua Aì\. Deci. =• i. ^ o 1 7.8 h , 0 0 3 1.3 1 + 3.070 — S G 49.7 + 2(1.056 — 0.2 1 + 0.5 1 2 7 1 43.64 3.070 3 27 7.8 120.054 .... 2 3 7 2 45.01 3.071 2 57 52.5 20.0n4 — 0. 1 3 — 1.0 2 4 8 4 28.21 3.070 2 7 7.1 20.052 — 0.56 + 1.8 2 5 8 6 13.37 3.069 3 5 14.9 20.049 — 0.05 + 5.7 2 6 8 9 37.42 3.068 2 45 8.6 20.039 — 0.03 — 1.3 2 7 7 10 7.12 3.068 2 54 16.0 20.037 — 0.11 + 2.1 1 8 6.7 16 19.35 3.065 3 6 18.6 20.005 .... .... 3 9 6 18 25.14 3.069 0 56 10.5 19.991 .... .... 2 10 8 21 39.51 3.068 1 12 28.8 19.965 — 0.10 + 0-0 2 11 8 21 42.61 3.066 1 59 58.4 19.965 + 0.22 — 0.7 1 12 8 23 29.87 3.064 2 40 40.3 19.951 + 0.13 — 1.3 2.3 13 6.7 27 20.19 3.066 1 23 9.0 19.913 — 0.27 + 1.8: 3 14 7 29 53.97 3.066 1 23 4.7 19.885 — 0.37 + 0.8! 3 15 9 35 58.95 3.059 3 7 22.9 19.809 — 0.27 + 1.6 3 16 7 39 26.97 3.058 3 11 48.1 19.759 .... .... 1 17 7.8 41 43.56 3.066 1 5 51.4 19.724 — 0.12 + 1.8 2 18 5 44 50.02 3.061 2 0 53.8 19.673 .... 3 19 8 47 21.93 3.066 0 50 49.5 19.628 —59.70 + 1.4 3 20 7 49 40.22 3.057 2 37 56.7 19.593 + 0.21 — 1.5 2 21 9 53 22.54 3.064 1 10 58.8 19.514 — 0.31 — 0.5 3 22 8 0 59 0.77 3.055 2 35 24.4 19.395 — 0.23 + 3.5 3 ; 23 6.7 1 3 35.52 3.051 3 6 11.1 19.284 — 0.18 + 0.9. 3 i 24 6.7 6 39.26 3.058 1 49 54.3 19.214 + 0.12 — 4.0 2 25 6.7 8 47.92 3.049 3 7 11.8 19.159 — 0.17 + 4.7 2 26 6 11 37.71 3.061 1 21 6.3 19.081 — 59.87 + 1.1 4 27 6.7 14 24.03 3.061 1 17 20.1 19.008 .... .... 2 28 8 16 31.31 3.057 1 48 25.3 18.949 — 0.04 + 0.7 3 29 8 17 58.18 3.047 3 2 4.3 18.907 + 0.03 — 4.6 2 30 7.8 18 16.09 3.061 1 13 57.9 18.898 + 0.20 — 0.6 1.2 31 8.9 21 38.05 3.061 1 16 9.9 18.797 — 0.26 — 0.4, 3 32 8 26 38.97 3.046 2 51 14.7 18.638 + 0.03 + 1.0 1 33 8 29 5.68 3.060 1 9 58.3 18.559 + 0.38 + 1.6 3 34 7 31 56.17 3.061 1 3 25.3 18.464 + 0.27 + 2.7 3 35 8.9 1 32 18.22 + 3.048 — 2 24 54.4 + 18.450 — 0.26 — I-I 3 23G ZONA I. AUSTRALE: 1) = — 2" \ Granii uni >i-.li.- progr. bidli: AH. media i. Gen. iìi4o Variaz. an II liti Di'clinaz. media I Genajo iS4o Variazione annua B — S in .AR. Deci. Z 5 36 9 37 8 3S 8.9 39 7 40 S 41 7 42 6.7 43 7.8^ 44 7 45 6.7 46 8.9 47 6.7 48 7.8 49 6.7 50 8.9 51 7 52 9 53 8.9 54 8.9 55 8.9 56 7 57 7.8 58 6 59 7 60 9 61 8.9 62 7 63 8 64 7.8 65 6.7 66 8 67 8 68 6-7 69 7 70 7.8 h 1 34 lj.74 + 3.053 34 1G.44 3.043 42 30.15 3.042 49 51.79 3.040 52 57.31 3.034 54 45.14 3.035 55 37.05 3.058 1 59 27.13 3.054 2 3 28.62 3 039 4 37.41 3.032 9 34.04 3.059 14 3.51 3.049 19 20.00 3.049 24 1.15 3.046 29 2.17 3.028 33 2.56 3.050 38 24.64 3.039 43 18.10 3.050 44 2.20 3.043 45 21.15 3.051 51 36.78 3.021 2 59 7.00 3.031 3 4 36.89 3.04U 10 11.51 3.044 13 1.86 3.020 20 4.71 3.034 22 54 85 3.052 25 6.89 3.027 30 47.88 3.032 31 51.95 3.040 35 17.91 3.022 35 31.53 3.022 36 23.30 3.039 41 11.97 3.033 3 44 1.47 + 3.039 ■ I 50 54.0 2 58 12.5 2 51 34.5 2 50 35.4 3 16 35.2 3 9 3.9 1 6 43.7 1 22 3.6 2 34 52.3 3 8 45.2 0 54 16.0 1 37 3.3 1 28 30.5 1 44 46.2 3 2 6.9 1 22 48.9 2 3 39.9 1 21 13.3 1 18 45.4 1 13 37.9 3 6 28.6 2 25 28.0 1 48 1.4 1 31 6.6 1 6 28.9 3 2 26.3 1 1 57.2 2 24 24.8 2 3 11.0 1 38 44.2 2 34 51.5 2 35 27.8 1 40 24.2 1 56 47.4 1 38 4.9 + 18.384 18.383 18.083 17.795 17.669 17.596 17.557 17.493 17.214 17.163 16.945 16.722 16.462 16.225 15.963 15.748 15.454 15.176 15.134 15.058 14.690 14.237 13.901 13.536 13.353 12.887 12.695 12.547 12.154 12.079 11.839 11.823 11.762 11.417 + 11.213 — 001 + 2.4 + 0.40 — 5.2 — 0.38 + 2.7 — 0.28 — 2.0 — 0.58 + 3.4 — 0.51 + 5.8 + 0.79 + 10.6 — 0.14 + 2.6 + 0.26 + 1.3 — 0.16 + 1.7 + 0.05 + 1.8 — 0.3 7 + 5.2 — 0.09 + 4.3 — 0.42 + 3.1 — 0.43 + 6.5 — 0.13 + 1.6 — 1.17 + 2.7 + 0.07 + 7.5 — 0.06 + 6.5 + 0.15 + 2.4 — 0.53 + 3.6 — 0.45 + 3.9 — 0.60 + 4.7 + 0.08 + 4.8 — 0.01 + 0.7 — 0.19 + 1.7 — 0.21 + 1.9 — 0.12 + 1.0 + 0.07 + 3.0 — 0.21 + 3.6 — 0.15 + 3.0 — 0.24 + 2.7 — 0.49 + 6.6 3 3 3 2 1 2 2 1 3 2 3 3 3 3 3 3 3 3 3 1 O 3 3 3 2 3 2 3 6 3 3.2 3.2 3 3 1 I ZON.V I. AUSTRALE; D = — : _"_ 237 Num. Grand. d..-lle AR. media Variai. Declinaz. media Variazione D - - S = 5 1= £ progr. stelle I Gen. 1840 annua I Gcnajo iS4o annua AH. ' Deci. 1 71 5 h , , 3 46 15.73 + 3.004 — 3" zi 59 3 + 11.051 " 3 72 8 50 35.88 3.009 3 6 56.4 10.733 — 0.34 + 5.9 3 73 6.7 53 25.95 3.031 2 0 12.8 10.521 — 0.34 — 0.5 3 74 8 3 57 7.02 3.050 1 0 32.2 10.247 0.22 + 1.8 3 75 8 4 4 30.06 3.011 2 56 3.1 9.685 — 0.42 + 2.9 2 76 7 5 31.05 3.038 1 33 48.4 9.607 — 0.06 + 4.8 3 77 8 12 13.07 3.008 3 1 9.9 9.088 — 0.52 — 3.7 3 78 8 17 37.98 3.016 2 36 14.8 8.662 — 0.21 + 1.3 3 79 8.9 24 6.3 5 3.031 1 51 24.1 8.149 — 0.18 + 6.2 3 80 6.7 29 33.27 3.010 2 47 58.3 7.711 + 0.30 + 3.9 4.2 81 7 31 39.77 3.041 1 22 22.8 7.540 — 0.20 + 5.1 1 82 7 37 48.80 3.000 3 12 28.1 7.039 + 1.19 + 1.9 3 83 7.8 38 23.33 2.999 3 14 57.8 6.992 + 0.85 + 4.9 3.2 84 8.9 42 31.43 3.000 3 12 26.3 6.653 + 0.0 1 + 0.8 3 85 9 46 54.88 3.053 0 48 38.0 6.287 — 0.35 + 0.0 3 86 7 52 36.26 3.019 2 18 35.1 5.814 + 0.19 + 1.5 3 87 7.8 55 40.50 3.008 2 46 22.0 5.556 — 0.27 + 2.5 3 88 8 4 58 3.81 3.037 1 27 59.7 5.355 — 0.37 + 1.6 3 89 7.8 5 1 26.26 3.017 2 20 46.6 5.070 + 0.25 — 2.7 2.1 90 7 2 54.14 3.015 2 27 10.1 4.945 — 0.22 + 1.2 3 91 7 3 16.19 3.009 2 41 40.0 4.912 — 0.15 — 0.1 2 92 7 7 12.86 3.034 1 36 0.1 4.579 + 0.07 + 2.3 2 93 7 11 29.22 3.034 1 35 0.6 4.214 + 0.03 — 1.0 2, 94 8 13 57.75 2.999 3 7 36.9 4.003 + 0.3 8 + 0.9 2 95 7 15 43.24 3.047 1 1 20.2 3.851 — 0.15 — 0.4 2.1 96 4.5 16 21.14 3.047 1 3 4.2 3.797 — 0.21 — 0.4 2.1 97 6.7 21 36.77 3.042 1 13 26.9 3.345 + 0.32 — 2.6 2 98 7 24 35.76 3.031 1 42 52.8 3 086 + 0.21 — 0.5 3 99 8.9 29 19.60 3.020 2 11 9.9 2.675 + 0.30 — 1.0 2 100 8 31 58.26 3.051 0 47 52.2 2.447 — 0.13 — 4.4 2 101 2 32 41.19 3.023 2 1 59.3 2.385 — 0.04 + 0.0 3 102 7 35 3.81 3.031 1 41 36.6 2.177 + 0.29 + 2.9 2 103 7 39 44.32 3.015 2 21 37.5 1.771 + 0.52 + 2.4 3 104 7 40 36.17 3.027 1 50 46.7 1.696 + 0.49 + 3.3 1 105 7 5 40 39.47 + 3.034 — 1 33 45.6 + 1.691 + 0.35 + 2.6 1 238 ZONA I. AUSTRALE; D = — 2''. Num. Gaand dell.- AR. media Variaz. Declinaz. media V ariazione B - - S progr. stello I Gen. i84o annua I Genajo iS^o annua in AR. Deci. " hi o gj li 106 7 5 44 27.45 + 3.016 — 2° 19 49.2 + l".360 + i'.42 + 4.2 3 107 8.9 47 56.36 3.004 2 49 54.4 1.055 + 0.57 + 2.7 0 108 8.9 48 5.30 3.004 2 49 56.3 1.043 .... .... 3 109 8 50 7.22 3.023 2 3 28.8 0.865 + 1.07 + 6.3 2 HO 6 52 3.24 2.999 3 5 15.2 0.696 + 0.21. + 6.2 1 111 8 5 56 37.16 3.033 1 34 39.8 + 0.297 + 0.94 + 5.7 3 112 7.8 6 0 52.26 3.023 2 1 2.9 _ . 0.076 + 1.09 + 5.4 3 113 7 4 42.29 3.013 2 28 15.2 0.412 + 0.47 + 2.5 3 114 6.7 11 58.87 3.003 2 52 59.8 1.048 + 0.33 + 5.0 3 115 8 15 1.81 2.996 3 12 13.6 1.310 + 0.40 + 3.1 3 116 8 18 33.30 3.03 7 1 25 8.3 1.621 + 0.17 + 1.9 3 117 7 25 30.48 3.045 1 6 19.2 2.227 —29.14 + 1.8 3 118 8 27 37.16 3.048 0 58 28.3 2.411 .... . . . . 3 119 S 32 2.76 3.019 2 13 19.4 2.795 + 0.51 + 0.9 3 120 7.8 35 29.37 3.043 1 11 42.4 3.094 + 0.13 + 3.5 4 121 7 40 12.57 3.044 1 8 53.4 3.500 — 0.18 + 6.3 4 122 7 41 13.24 3.022 2 5 52.6 3.588 — 0.05 + 35.9 3 123 7 46 57.39 3.011 2 36 30.1 4.080 — 0.26 + 4.0 4 124 8.9 50 43.41 3.033 1 37 44.2 4.403 + 0.29 + 2.4 3 125 8 55 34.18 3.020 2 14 47.0 4.815 + 0.33 + 4.8 3 126 8 6 59 14.96 3.009 2 43 22.3 5.127 — 0.02 + 1.6 3 127 8.9 7 2 49.87 3.019 2 18 13.4 5.430 + 0.11 + 1.8 3 128 8 - 6 43.16 3.045 1 6 21.1 5.756 — 0.47 + 4.4 3 129 8.9 9 46.53 3.033 1 41 55.4 6.012 + 0.16 + 7.5 3 130 8.9 13 9.11 3.024 3 4 7.1 6.293 + 0.26 + 1.7 2 131 7.8 13 22.29 3.003 3 0 38.6 6.303 .... .... 2.1 132 7.8 14 16.82 3.011 2 40 53.2 6.386 + 0.31 + 3.1 2 133 7 17 53.27 3.028 1 56 9.7 6.686 — 0.02 + 5.9 3 134 7 21 13.46 3.036 1 34 52.3 6.959 — 0.13 + 1.0 3 135 8.9 23 47.31 3.048 1 1 27.3 7.169 + 0.22 + 4.4 2 136 8 26 12.42 3.049 0 58 36.0 7.366 + 0.05 + 1.6 3 137 8 30 36.00 3.047 1 5 42.1 7.723 — 0.24 + 2.0 2 138 7 34 35.64 3.021 2 18 44.8 8.045 — 0:02 + 0.4 3 139 9 38 37.52 3.003 3 8 34.7 8.367 — 0.16 +, 4.8 2 140 8.9 7 41 9.35 + 3.043 — 1 17 2.7 — ■ 8.567 .... I ZONA I. AUSTRALE; D =: — 2°. 239 Num Grand, . n i- j„,l„ A R. media Variaz. Declinaz. media V ariazione B - - S — K t OS progx . stelle I . Gen. i84o annua I Genajo i84o annua AR. ' Deci. ^ u 0 ^ h 141 7.8 7 42 Ó.16 + 3.043 — 1° 1 7' 2.0 — 8.634 + 0.06 + 3.6 3.2 142 8 44 6.85 3.015 2 39 3.4 8.801 + 0.11 + 5.9 2 143 8 46 29.22 3.050 0 59 57.0 8.987 + 0.80 + 9.5 3 144 8 48 53.91 3.008 3 2 1.9 9.175 — 0.22 + 5.5 2 145 5 51 44.65 3.003 3 14 56.7 9.396 — 0.08 + 2.8 2 146 6 53 4.58 3.051 0 57 15.5 9.498 + 0.41 — 1.5 1 147 7 7 56 58.14 3.008 3 2 53.9 9.797 — 0.04 + 1.8 2 148 5 8 0 33.13 3.020 2 31 24.6 10.070 + 0.04 0.3 3 149 8.9 5 13.72 3.051 0 57 2.6 10.422 + 0.12 6.1 3 150 8 9 46.28 3.045 1 18 15.3 10.760 — 0.23 + 8.9 3 151 8 11 59.97 3.026 2 17 12.2 10.923 — 0.26 + 3.1 3 152 7 13 13.13 3.049 1 5 56.0 11.013 + 0.01 4- 2.5 3 153 7 16 36.22 3.008 3 14 20.3 11.258 . . . 2 154 5 17 39.69 3.005 3 23 23.8 11.334 + 1.29 0.7 5 155 7.8 18 27.45 3.004 3 28 0.0 11.391 .... 2 156 7 20 24.50 3.032 1 59 31.1 11.532 + 0.45 + 3.9 2 157 7.8 24 36.01 3.021 2 38 25.3 11.832 + 0.03 0.5 2 158 7.8 25 22.67 3.045 1 23 7.6 11.886 .... . . . . 1 159 7 25 55.99 3.040 1 36 38.0 11.925 + 0.25 + 0.8 1 160 8 30 5.98 3.046 1 18 54.2 12.216 + 0.04 + 0.0 5 161 7.8 34 5.83 3.025 2 28 59.2 12.492 + 0.89 — 1.9 2 162 7 39 8.38 3.047 1 18 56.0 12.834 — 0.40 — 2.7 2 163 8.9 42 11.27 3.032 2 8 41.7 13.037 — 0.25 — 2.2 2 164 9 44 52.36 3.021 2 49 36.0 13.215 — 0.18 S.9 2 165 8.9 47 14.00 3.033 2 8 24.8 13.370 .... . . . . 1 166 7.8 47 35.84 3.033 2 11 9.4 13.394 — 0.16' + 0.2 2 167 8.9 51 52.03 3.037 1 55 44.3 13.670 — 0.03 3.9 2 168 8.9 53 10.54 3.038 1 56 15.0 13.753 + 0.16 -+ 0.1 2 169 8.9 56 6.01 3.018 3 7 6.4 13.938 .... . 1 170 8 57 3_.08 3.018 3 8 55.3 13.998 — 0.07 + 0.6 2 171 8 8 59 55.63 3 040 1 50 3.3 14.240 — 0.40 3.8 2 172 8 9 4 36.39 3.032 2 22 45.9 14.463 — 0.17 + 0.9 2 173 , 8 9 51.12 3.028 i 2 43 3.9 14.778 0.00 + 2.3 2 174 9 12 58.67 3.037 2 7 41.4 14.961 .... .... 2 175 . Sl_ 9 13.39.44 + 3.038 — 2 7 0.5 - .15.001 + 0.21 + 0.8 2 240 ZONA. I. AUSTFJALE; D = - 2", Wum. Grani drll,' AR. media Variaz. Declinaz. media Variazione B . - S progr >t.'ll« I Gen, iS4n annua I Genajo i84o annua AR. in Deci. 170 9 h 9 13 49.91 + 3'.038 0 , „ — 2 8 : : — 15.010 ■■ 2 177 7 18 13.25 3.059 0 46 34.4 15.262 — 0.22 — 0.7 2 178 7 21 1.55 3.040 2 4 26.1 15.421 + 0.02 + 0.3 2 179 8 26 28.28 3.030 2 46 51.9 15.721 — 0.17 + 2.9 2 180 9 29 12.92 3.026 3 7 21.9 15.870 • • . . 1 181 8 30 54.08 3.024 3 17 36.7 15.960 — 0.35 — 0.8 2 182 8 30 53.25 3.041 2 7 17.5 15.963 — 0.45 + 0.2 1 183 8.9 38 37.77 3.037 2 28 49.2 16.360 + 0.23 + 4.8 2 184 8.9 38 51.08 3.035 2 3 7 57.1 16.371 — 0.01 — 1.4 2 185 8 43 10.13 3.056 1 6 31.0 16.586 — 0.28 + 4.3 2 186 8.9 46 25.89 3.046 1 51 54.7 16.745 + 0.14 — 4.5 2 187 7.8 49 35.13 3.056 1 10 59.3 16.895 + 0.24 — 2.8 2 188 8 49 39.67 3.056 1 11 13.3: 16.900 + 0.19 — 2.5 1 189 8 52 53.14 3.041 2 25 26.2 17.049 + 0.53 — 1.0 2 190 8.9 55 33.14 3.038 2 42 34.3 17.171 + 0.12 — 0.1 1 191 8 57 6.67 3.038 2 44 37.3 17.241 + 0.09 + 2.7 2 192 8.9 9 59 49.28 3.050 1 44 38.7 17.317 + 0.24 — 4.6 2 193 9 10 5 49.35 3.033 3 20 0.3 17.591 • • . . .... 2 194 8 7 58.67 3.062 0 48 12.7 17.707 + 0.01 — 1.5 3 195 8.9 8 46.12 3.064 0 37 17.6 17.740 • • • . 2 196 8 13 29.83 3.038 3 3 24.7 17.929 — 0.41 — O.I 3.2 197 6 1521.36 3.037 3 16 5.2 18.001 — 0.49 — 1.1 2 198 7 15 26.62 3.041 2 50 13.9 18.005 — 0.10 + 0.7 1 199 7 20 37.51 3.042 2 55 38.1 18.200 — 0.21 + 3.2 3 200 6 21 21.34 3.052 I 55 21.0 18.227 — 0.2i — 0.5 3 201 7 26 43.71 3.042 3 4 7.0 18.419 — 0.02 + 2.3 3 202 8.9 30 1.35 3.061 1 8 42.1 18.530 + 0.03 + 2.3 3 203 8 30 23.24 3.060 1 13 17.7 18.542 — 0.09 + 2.0 3 204 7 33 15.95 3.063 0 54 9.9 18.636 + 0.10 — 5.4 2 205 8.9 38 3.07 3.057 1 36 17.6 18.788 — 0.37 + 4.4 1 206 7 41 10.97 3.045 3 10 49.2 18.882 — 0.42 — 0.5 2 207 7 42 57.69 3.061 2 14 49.4 18.934 — 0.40 + 1.5 2 208 6 45 35.06 3.052 1 16 51.0 19.009 + 0.06 — 1.7 2 209 9 50 4.46 3.060 2 37 48.1 19.130 — 0.27 — 0.3 2 210 8.9 10 53 10.67 + 3.060 — 1 36 18.0 19.209 + 0.27 — 1.6 3 4 ZONA I. AUSTRALE; D = 241 Num. Grand, dclk' AR. media Varunz. Derlinaz. media Variazione B — .S a. : progr. stelli- I Gen. i84o annua 1 Genajo 1840 annua AR. Del. 0 ^ 'fi i 211 5.6 h 10 53 40.09 + .S.OS'.l — 1°3 7' 3l''.5 — 19.222 — 0.19 + 2.2 5 212 8 10 56 35.49 3.04'.) 3 21 202 19.293 + 0.36 + 7.2 3 213 8 11 0 6.67 3.064 1 2 19.9 19.374 + 0.21 — 2.4 3.2 214 9 4 27.1; 3.052 3 12 33.9 19.469 + 0.27 + 0.6 0 215 6 8 31.61, 3.05C 2 46 42.6 19.552 + 0.09 + 2.8 '> 216 8 11 14.o:i 3.066 0 46 30.8 19.603 .... .... 3 217 7 16 48.37 3.065 1 20 0.9 19.701 + 0.07 + 4.1 3 218 6 22 8.5: 3.062 2 7 21.8 19.783 — 0.03 + 3.6 3 219 8 26 37.U 3.066 1 36 34.4 19.843 — 0.21 + 0.7 3 220 7 30 13.60 3.066 1 33 7.7 19.886 + 0.05 + 1.7 3 221 8.9 34 40.15 3.063 2 39 24.5 19.934 + 0.32 + 2.4 3 222 8.9 40 15.52 3.066 2 21 5.0 19.981 — 021 + 4.9 3 223 8 45 41.28 3.06f: 2 53 11.0 20.017 + 0.22 + 6.6 3 224 7 52 50.41 3.070 0 52 31.6 20.046 + 9.67 + 6.6 3 225 7 li 57 48.39 3.070 2 14 26.3 20.055 + 0.01 + 1.7 3 226 7 12 3 10.03 3.07! 1 48 21.0 20.055 + 0.18 + 1.3 2 227 8 4 23.25 3.071 2 12 47.9 20.052 + 0.77 — 7.8 3 228 7 9 56.97 3.074 3 3 59.9 20.037 + 0.29 + 1.5 2 229 7.8 9 57.29 3.074 3 3 38.5 20.037 + 0.04 + 0.5 1 230 9 18 46.64 3.076 2 38 42.8 19.989 + 0.22 + 5.1 4 231 7.8 20 57.45 3.074 1 32 41.7 19.971 + 0.10 + 2.5 4 232 7.8 22 3 7.77 3.078 3 10 38.9 19.958 + 0.34 + 2.3 4 233 8 28 52.44 3.076 1 26 4.5 19.897 + 0.18 + 2.9 4 234 8.9 33 11.79 3.0S1 3 6 49.8 19.845 — 0.18 + 1.2 4 235 7 35 58.60 3.078 1 57 56.3 19.809 + 0.52 + 2.9 4 236 8 37 3.76 3.082 3 0 45.5 19.794 + 0.12 — 0.1 4 237 . . . 42 11.07 3.074 0 57 9.3 19,717 .... 1 238 9 42 56.92 3.074 0 52 32.8 19.705 + 0.32 — 2.4 1 239 7 45 0.06 3.083 2 41 1.2 19.670 + 0.42 + 3.0 3 240 7 50 25.87 3.0SI 2 2 18.2 19.572 + 0.3 4 — 0.9 3 241 7 52 21.75 3.084 2 30 25.7 19.535 + 0.13 — 1.3 3 242 7 12 55 39.91 3.08(. 2 48 5.0 19.467 + 0,50 + 2.8 3 243 8 13 0 15.9'.i 3.081 1 49 29.5 19.366 + 0.35 + 1.9 3 244 8 5 6,46 3.088 2 38 42 8 19 252 + 0.20 + 4.4 3 245 8 13 5 50.65 + 3.083 — 1 57 32,0 — 19:234 + 0.08 + 6.8 3 242 ZONA I. AUSTRALE; D =z — 2". Nuni. GaanJ. AU. media Variaz. Declinaz. media Variazione B - - S ^ ^ ^l progr. slcUe I Gen. i84o annua I Genajo iS^o annua AR. Deci. 246 9 li 13 13 13.98 + 3.094 — 3° 15 44.7 — 19.041 + Ó'.09 + 4.7 3.2 247 8 17 52.78 3.093 2 49 40.3 18.909 + 0.23 + 1.9 3 248 7.S 22 36.12 3.089 2 13 29.8 18.767 + 0.32 + 5.5 3 249 7 24 42.70 3.084 1 36 2.0 18.701 +60.50 + 5.2 1.2 250 7.8 29 31.02 3.092 2 25 7.4 18.545 + 0.38 + 4.9 3 251 8 34 40.10 3.086 1 39 35.5 18.370 — 0.01 — 0.2 5 252 7 40 23.24 3.090 2 2 26.1 18.162 — 0.11 — 3.3 4 253 8 44 55.14 3.099 2 44 56.4 17.991 — 0.04 — 1.8 3 254 7 47 43.24 3 101 2 52 29.4 17.898 — 0.16 — 1.5 4 255 7 51 32.22 3.101 2 46 4.4 17.727 — 0.34 + 0.1 4 256 8.9 54 36.79 3,100 1 36 9.1 17.600 + 0.03 — 0.1 3 257 8.9 13 58 5.29 3.109 3 23 46.7 17.452 — 0.74 — 2.2 3 258 7 14 2 42.65 3.093 1 55 3.8 17.249 + 0.35 + 0.6 2 259 7 4 14.82 3.096 2 13 1.8 17.180 — 0.15 + 3.0 2 260 7 4 29.41 3.102 2 33 9.0 17.169 + 0.34 + 6.6 2 261 7 8 13.08 3.101 2 26 58.1 16.998 — 0.05 — 0.1 3 262 5.6 Il 17.91 3.090 1 31 22.2 16.854 + 0.10 — 0.8 3 263 7 13 44.01 3.091 1 15 12.7 16.737 + 0.33 — 3.5 3 264 7 16 20.15 3.092 1 36 54.4 16.606 — 0.11 + 0.9 4 265 6 19 57.80 3.091 1 30 27.2 16.431 + 0.05 — 2.1 3 266 8 23 48.44 3.085 1 4 42.4 16.226 — 0.10 — 1.9 2 267 7.8 27 51.00 3.114 3 4 48.2 16.072 — 0.03 + 0.6 3 268 7.8 28 48.44 3.116 3 11 29.7 15.975 + 0.17 — 1.0 3 269 7 30 9.91 3.112 2 54 53.2 15.903 + 0.39 + 1.3 6 270 7 35 29.93 3.097 1 49 17.5 15.614 + 0.32 — 1.8 3 271 6 42 43.51 3.095 1 37 45.9 15.199 + 0.21 + 3.3 3 272 8 46 37.20 3.117 2 58 38.2 14.983 — 0.17 — 2.3 3 273 8 49 22.08 3.123 3 22 58.6 14.823 + 0.11 + 1.2 3 274 7 54 26.57 3.109 2 23 51.0 14.521 + 0.76 + 1.4 3 275 7.8 14 57 26.78 3.093 1 21 34.5 14.339 + 0.17 + 0.1 3 276 8.9 15 0 52.39 3.103 I 57 43.9 14.128 + 0.74 + 3.6 3 277 7.8 6 8.86 3.117 2 45 49.5 13.796 + 0.12 + 3.6 6 278 9 10 57.09 3.098 1 34 38.9 13.489 — 0.44 + 0.7 3 279 8 14 50.72 3.118 2 41 32.5 13.235 — 0.20 — 2.0 3 280 g. IO 1519 39.51 4- 3.128 — 3 12 31.8 — 12.915 — 0.39 + 3.7 3 ZONA I. AUSTRALC; ]) 0" Num progr. r. ranti. .11.' l.'ll.j AK. media I. Gen. i84o Vnriaz. annua Declina?,, media i Genajo iS^o Variazione a un iia 15 — S in AR. Deci. 281 8 282 8 283 8 284 8 285 9 286 9 287 8 288 6 289 7.8 290 7 291 6 292 8 293 7 294 6.7 295 7 296 7 297 6.7 298 7.S 299 8 300 8 301 5.6 302 7 303 8 304 7 305 7 306 7 307 7 308 8.9 309 7 310 6 311 7 312 7 313 8 314 6 315 6 15 24 8.59 25 18.71 29 24.40 33 6.30 37 8.80 3 7 42.50 40 55.14 42 56.03 47 37.94 15 50 46.38 10 1 28.54 4 29.13 4 59.42 5 23.31 6 47.47 8 4.56 14 21.01 16 20.22 16 32.68 23 27.92 27 57.58 30 18.13 30 25.61 30 58.04 32 47.76 36 7.92 36 49.60 41 52.73 43 46.20 45 53.57 49 16.48 51 3.96 55 40.76 58 35.30 16 59 58.44 + 3.093 3.121 3.12/ 3.110 3 087 3.088 3.099 3.121 3.103 3.132 3.132 3.097 3.091 3.092 3.099 3.096 3.106 3.115 3.114 3.106 3.113 3.090 3.090 3.101 3.125 3.132 3.131 3.092 3.126 3.101 3.133 3.103 3.123 3.103 + 3.090 1 14 14.2 2 45 36.1 3 4 18.3 2 6 53.5 0 53 2.5 0 56 21.8 1 29 35.7 2 36 6.4 1 41 23.9 3 5 13.9 3 2 28.5 1 18 24.0 0 59 7.8 1 3 43.9 1 22 1.7 1 14 46.8 1 41 54.6 2 6 41.3 2 5 50.0 1 40 35.6 1 58 40.9 0 54 24.3 0 52 : : 1 26 16.0 2 31 17.6 2 49 26.2 2 47 3.8 0 57 59.3 2 3 1 27.0 1 20 33.0 2 45 43.5 1 26 22.9 2 21 1 0.0 I 26 8.1 . 0 51 47.8 12.612 + 0 26 + 3.2 12.533 — 0.08 + 1.9 12.2 50 + 0.15 — 0.9 1 1.903 + 0.12 + 0.3 1 1.70 7 + 0.30 — 3.2 11.608 .... . . . . 1 1 .43 7 + 0.13 + 1.6 11.292 — 0.08 — 0.4 10.951 — 0.14 + 3.7 10.272 — 0.19 + 6.2 9.916 — 0.10 + 0.6 9.683 — 0.53 + 1.4 9.647 + 0.41 + 2.5 9.616 + 0.02 — 2.4 9.509 + 0.28 + 2.0 9.410 -J- 0.22 — 2.0 8.S21 + 0.03 + 2.7 8.766 + 0.26 — 7.5 8.749 + 0.99 + 1.6 8.200 + 0.24 + 0.4 7.839 — 0.57 + 6.8 7.651 + 0.45 — 1.6 7.596 + 0.03 + 0.3 7.448 — 0.20 + 6.4 7.197 .... . . 7.119 — 0.43 + 1.0 6.705 + 0.00 — 4.6 6.549 — 0.17 + 3.3 6.372 + 0.35 + 4.7 6.091 + 0.13 + 3.9 5.942 — 0.28 + 0.2 5.555 — 0.45 + 1.8 5.311 + 0.21 + 2.1 5.193 + 0.28 + 0.2 2 3 3 3 3 3 3 2 6 3 2 1 2 1 2 3 2.1 2.1 3 3 2 1 1 2 1 3 3 2 3 3 3 3 3 2/i4 ZONA. I. AUSTI\A.LE; D = — 2°. ÌN'uin. progr. Giaiid. itulk- AR. media 1. Gen. i84o Variaz. annua Derlinaz. media i Gcnaju i84i' Variazione annua B - S in AR. Deci. 316 8 li 17 6 38.26 + 3.123 — 2''l8' 48'.'4 — 4.628 + 0.01 — 4.0 3 317 6 10 30.17 3.131 2 37 58.6 4.298 + 0.48 + 1.5 3.2 31IS 7 10 59.85 3.129 2 34 32.4 4.256 + 0.2 2 — 0.5 3.1 31'J 6.7 14 30.63 3.122 2 13 26.7 3.955 — 0.18 + 1.8 3 320 6 17 39.85 3.101 1 30 26.9 3.684 — 0.01 + 2.3 2 321 7 18 24.6ii 3.090 0 51 21.5 3.620 — 0.48 — 2.7 1 322 7 22 40.41 3.133 2 41 54.8 3.253 — 0.02 + 3.4 5 323 7 26 35.30 3.105 1 29 33.0 2.915 — 0.25 — 0.6 2 324 7 28 58.25 3.134 2 46 23.4 2.701 — 0.30 — 1.4 2 325 8 32 49.00 3.100 1 18 28.0 2.373 + 0.13 + 2.9 2 32G 7 34 51.04 3.122 2 12 59.9 2.196 — 0.05 + 1.4 2 327 7 38 36.04 3.109 1 39 12.0 1.870 . > . • • • . ■ 2 328 7 40 0.94 3.111 1 44 50.2 1.747 — 0.14 + 1.0 9 329 7.8 44 12.35 3.14J 3 8 21.5 1.381 — 0.34 + 5.2 2 330 8 49 28.48 3.111 1 44 28.4 0.921 — 0.43 — 0.1 2 331 7 52 35.94 3.130 2 33 56.2 0.648 + 0.05 + 0.5 2 332 7.8 54 31.00 3.102 1 19 52.3 0.480 + 0.12 + 1.0 2 333 8 1757 13.58 3.116 1 58 11.4 — 0.243 + 0.04 — 3.6 1 334 6.7 18 0 16.70 3.140 2 55 30.5 + 0.025 — O.ll — 1.2 2 335 7 4 57.81 3.111 1 45 18.4 0.435 + 0.37 — 0.8 1 336 6 S 30.20 3.142 3 2 42.9 0.744 — 0.07 + 6.5 2 337 7 9 49.73 3.103 1 23 2.5 0.860 + 0.12 — 3.1 1 338 8 10 37± 3.146 3 13 46.2 0.929 .... + 10.6 1 339 4 13 1.95 3.139 2 56 9.2 1.140 + 0.52 + 13.4 2 340 7 16 39.50 3.109 1 39 39.1 1.456 + 0.34 + 2.5 2 341 8 21 32.07 3.115 1 54 35.5 1.881 + 0.06 + 0.4 2 342 7 23 41.21 3.096 1 6 42.1 2.069 + 7.72 + 1.9 3 343 7.8 29 6.96 3.141 3 3 0.6 2.541 + 0.29 — 0.4 2 344 8 34 13.16 3.104 1 27 18.2 2.983 + 0.10 + 1.3 2 345 7 38 12.90 3.096 1 7 29.4 3.329 + 0.27 — 1.2 2 346 9 44 20.70 3.125 2 25 40.7 3.857 — 0.06 + 0.4 2.1 347 7.8 47 36.65 3.092 0 56 7.1 4.136 + 0.12 + 3.3 2 348 8 51 15.30 3.140 3 2 57.0 4.449 — 0.20 + 1.7 2 349 7.8 52 31.71 3.086 0 40 24.3 4.557 + 0.03 — 2.8 2 350 8 18 5455.80 + 3.139 — 3 1 0.7 + 4.761 + 0.17 + 3.5 2 ZONA I. AUSTRALE; D = — 2" 245 Num. progr. jrarul. slcllc AR. media 1 Gcn. l84o Variaz. annua Derliiiaz. media 1. Genojo i84o Variazione annua B — in AR. S Deci. £ a 351 7 h , 19 0 31.72 + 3.128 — 2° 32 1U.4 + 5.23 5 + 0.03 — 4.6 2 352 7 1 37.87 3.686 0 40 48.8 5.329 + 0.40 — 0.6 4 353 9 7 37.06 3.115 2 0 28.1 5.832 + 0.10 + 3.7 2 354 7 12 9.36 3.106 1 36 11.5 6.120 + 0.04 — 4.8 •> 355 7.8 12 50.59 3.103 1 28 13.6 6.263 + 0.08 — 1.4 2 356 8 16 58.60 3.124 2 25 1.8 6.609 — 60.07 — 1.7 3 357 7.8 17 18.59 3.123 2 22 19.4 6.608 — 50.09 — 1.6 3 358 6 22 17.69 3.138 3 7 0.1 6.967 + 0.04 — 2.4 2 359 8.9 24 42.42 3.099 1 20 25.2 7.244 + 0.31 + 0.8 2 360 6 32 28.70 3.092 0 59 11.0 7.874 + 0.20 — 3.1 2 361 8 35 45.67 3.121 2 22 58.6 8.138 + 0.40 + 0.6 2 362 7.8 40 20.48 3.117 2 13 9.4 8.496 + 0.3 1 + 1.5 2 363 7 42 50.69 3.131 2 51 38.0 8.725 + 0.15 + 0.2 2 364 8.9 45 9.55 3.139 3 7 23.6 8.882 + 0.07 + 0.7 2 365 8.9 47 36.98 3.119 2 18 46.8 9.075 — 0.27 + 1.4 2 366 7 50 3.21 3.126 2 39 32.3 9.265 + 0.31 — 0.1 2 367 6 56 8.57 3.094 1 9 2.7 9.732 _f- 0.21 + 1.8 2 368 6.7 19 59 46.02 3.093 1 8 2.9 10.010 — 0.09 + 2.8 2 369 3.4 20 3 2.68 3.096 1 17 27.4 10.258 + 0.39 — 2.4 2 370 7 4 58.08 3.100 1 29 2.0 10.403 + 0.06 — 0.4 2 371 8 8 8.84 3.110 1 59 5.9 10.639 + 0.43 + 0.4 1 372 8.9 8 18.77 3.112 2 5 : : 10.651 .... .... 1 373 8.9 11 10.57 3.121 2 37 15.0 10.864 4- 1.02 — 3.0 1 37-i 7.8 15 5.39 3.089 0 57 39.6 11.149 + 0.30 + 0.1 4 375 7.8 18 47.69 3.089 2 42 22.2 11.418 2.1 376 7.8 19 8.45 3.110 2 4 41.7 11.441 + 0.3 8 — 1.3 1 377 7 19 9.44 3.120 2 37 17.9 11.442 + 0.10 — 3.6 o 378 7 20 31.86 3.114 2 15 31.2 11.542 + 0.09 — 2.0 3 379 8 26 9.20 3.089 1 1 17.3 11.940 + 0.14 — 4.3 2 380 8 26 19.29 3.093 1 13 4.3 11.952 + 0.64 — 3.S 1 381 5.6 28 23.67 3.128 3 5 57.3 12.098 + 0.12 — 3.0 2 382 5.6 30 4.47 3101 1 39 35.6 12.214 + 0.07 — 3.3 2 383 8 34 8.41 3.123 2 53 40.8 12.494 — 0.21 — 1.0 3 384 8 34 18.57 3.124 2 57 : : 12.505 — 0.72 .... 1 385 8 20 37 47.80 + 3.086 — 0 55 8.2 + 12.744 — 0.09 — 1-5 3 2 AG ZONA I. AUSTRALE: D = Num progi Gran • dclK A R. media I Gen. iS4' Variai, annua Declinaz. media I Genajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. 386 7 li 2041 3.51 + 3'.09] — 1° 9' l".6 + 12.963 + 0.10 — 1.5 3 387 8 46 37.76 3.10' 1 58 47.0 13.331 + 0.30 — 0.4 2 388 7 46 52.00 3.105 1 58 44.0 13.346 — 0.06 — 3.4 3 389 8 53 3.25 3A24 3 8 6.1 13.745 + 0.35 2.2 2 390 7.8 55 12.67 3.107 2 12 27.4 13.882 + 0.50 — 1.3 2 391 7 58 20.60 3.08: 0 44 33.9 14.079 2 392 7 20 59 20.00 3.123 0 48 S.l 14.141 + 0.90 — 2.3 3 393 7.8 21 1 2.26 3.085 0 52 43.7 14.246 — 0.06 — 4.4 3 394 7.8 8 22.76 3.106 2 16 14.4 14.690 + 0.03 — 3.7 3 395 8 14 56.00 3.093 1 27 7.1 15.074 + 0.10 — 2.5 3.2 396 8.9 20 0.40 3.116 3 18 8.2 15.364 — 0.02 — 1.0 2 397 8.9 23 49.38 3.103 2 14 35.8 15.576 — 0.38 — 3.2 1 398 8.9 24 24.43 3.104 2 18 38.7 15.608 + 0.39 + 0.3 2 399 7 29 20.61 3.086 1 6 14.8 15.876 + 0.13 — 3.1 2 400 7.8 31 16.51 3.081 0 46 13.5 15.980 + 0.00 — 4.3 2 401 7 38 14.43 3.104 2 26 55.0 16.341 + 0.11 — 1.9 2 402 8 38 49.82 3.111 3 1 33.2 16.369 + 0.08 + 0.8 1 403 8.9 43 10.36 3.110 2 59 17.1 16.586 + 0.02 + 0.4 1 404 9 48 12.16 3.089 1 26 12.1 16.830 + 0.76 + 2.1 1 405 6 55 2.19 3.106 2 55 27.7 17.148 + 0.39 — 3.2 2 406 6 56 33.47 3.091 1 40 38.7 17.216 + 0.80 + 0.7 2 407 2 21 57 33.90 3.084 I 5 40.5 17.261 + 0.20 — 3.1 2 408 7.8 22 5 8.95 3.099 2 26 1 5.4 17.589 — 0.09 — 4.9 1 409 8 8 18.81 3.097 2 23 26.6 17.720 + 0.27 — 1.9 2 410 4 13 23.62 3.093 2 n 28.5 17.925 — 0.25 — 2.0 5 411 7.8 18 52.17 3.091 2 7 20.1 18.135 — 0.74 + 1.3 3 412 3.4 20 35.84 3.087 0 50 7.0 18.199 — 0.31 — 9.8 3 413 7 25 48.21 3.093 2 23 44.1 18.386 — 0.17 — 4.1 3 414 8.9 32 24.81 3.078 0 54 13.8 18.608 — 0.18 2.2 3 415 7.8 36 46.13 3.084 1 34 18.7 .18.747 — 0.50 + 0.2 3 416 7 39 15.57 3.092 2 37 49.7 18.824 — 0.27 + 0.2 3 417 7 42 29.79 3.081 1 25 27.1 18.921 — 0.53 — 1.5 3 418 8 46 4.79 3.085 1 53 50.4 19.021 — 0.29 — 1.0 3 419 7.8 50 40.15 3.078 I 10 19.5 19.145 — 0.27 — 0.9 3.2 420 6.7 22 52 25.76 + 3.075 — 0 40 25.7 + 19.191 .... .... 3 ^ ZOlNA I. AU.STRALE; D = — 2". 247 Num. piogr. Grand, delle stelle AR. media I Gen. t84o Variaz. annua Deelinaz. metlia I Genajo i84o Variazione ennua Jj — S in AR. Deci. 421 h 22 53 11.03 + 3.078 — 0 44 12.6 + 19.210 — 0.35 + o'.7 2 422 7 ó4 5G.77 3.079 1 16 58.4 19.254 — 0.21 + 5.2 3 423 7 22 59 33.61 3.078 1 9 41.9 19.362 — 0.28 + 4.3 2 424 7 23 0 12.94 3.079 1 21 48.9 19.377 — 0.70 + 2.2 3 425 8 3 59.23 3.091 2 54 55.5 19.460 — 0.42 + 1.7 2 426 6.7 7 45.18 3.083 2 17 45.6 19.537 .... .... 2 427 7 9 22.02 3.083 2 23 25.2 19.568 — 0.60 + 1.3 3 428 7 16 23.94 3.082 2 37 5.2 19.694 + 0.15 4- 3.0 2 429 7 21 17.82 3.078 1 54 56.9 19.770 + 0.28 + 0.1 2 430 6 23 44.88 3.078 1 58 9.7 19.805 + 0.25 — 0.6 2 431 7 29 53.76 3.077 2 13 16.8 19.883 + 0.02 + 0.5 2 432 8 33 41.05 3.073 0 53 2.9 19.924 + 0.38 + 2.5 1 433 7 36 47.78 3.074 1 32 54.6 19.953 + 0.04 — 1.5 2 434 7 39 29.75 3.074 t 39 1.6 19.975 + 0.52 — 0.5 1 435 7 46 26.37 3.074 2 50 10.6 20.020 + 0.30 + 0.5 2 436 7 5t 34.83 3.071 1 10 10.9 20.042 + 0.08 — 2.5 2 437 7 51 59.22 3.071 1 15 5.7 20.044 — 0.21 — 0.3 2 438 7 23 56 51.58 + 3.071 — 1 23 30.1 + 20.054 + 0.21 — 2.3 4 248 dimostrante le sei di questa Da 23.56 fino 1.32 3.22 5. 3 6.35 8.25 10. 8 10.53 12. 4 13.34 14.30 15. 6 15.56 17.22 19. 1 20.15 22.13 23. 0 h 1 .34 3.35 5. 2 6.32 8.30 10. 8 10.53 12. 4 13.34 14.30 15. 6 15.56 17.22 19. 1 20.15 22.13 23. 9 0. 3 INDICE I. e nelle quali furono osservate le stelle Zona 1. Australe D := — 2°. 5. 6. 7. 11 Dicembre 1840. 2. 3. 4 Genajo 1843. 22. 27.28 Genajo 1841. 28 Febrajo, 1. M Marzo 1841, 13. 14. 19. 21 Marzo 1841. 2. 3 Aprile 1845. 29. 30 Aprile, 2 Maggio 1843. 30 Aprile, 7. 11 Maggio 1842. 22. 23. 25. 26 Maggio 1843. 6. 14. 17. 19 Giugno 1843. 21. 22. 25 Giugno 1842. 28. 29 Giugno, 1 Luglio 1842. 13. 18. 20 Luglio 1841. 16. 17 Agosto 1842. 20. 23 Luglio 1844. 13. 14. 17 Agosto 1844. 19.24. 25 Novembre 1845. 27.28 Dicembre 1844. INDICE IL dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona I. con le Zone di Bessel. h h Da 23.56 fine a 1.33 estratte dalla Zona 136 di Cessel 1.25 . . . 3.34 . . . . . 46 ■ 3.21 . . . 5.30 . . . . 50 5.31 . . . 7. 1 . . . . 147 7. 5 . . . 8.29 . . . . 63 8.32 . . . 10. 3 . . . . 145 10. 6 . . . 12. 2 . . . . 68 12. 8 . . . 13.27 . . . . 70 13.33 . . . 15. 0 . . . . 76 15. 4 . . . 16. 3 . . . . 84 16. 5 . . . 18.10 .. . . 173 18.12 . . . 20.25 . . . . 99 20. 1 . . . 21.42 . . . . 16 20.39 . . . 22.31 . . . . 18 22.35 . . . 0. 2 . . . . 112 249 Noie relative alla Zona I. N.° 22. Doppia strettissima : si osservò la seguente più risplendente. » 45. Doppia : la precedente è di 9.^ ; ha — l" in AR ; — 6" in deci, a slima, n 71. Doppia: l'altra di 7.= gr. ha — 0,3 in AR; + 6', 5 in deci, a stima, n 93. Segue altra stella di 7.8 ; + 6" in AR ; — 9 circa in deci, a slima. j> 111. Precede ad essa altra di 9." ; — 11" in AR , + 24' in deci, a stima. » 178. Segue altra di 8.9; + 0,6 in AR; + 1' in deci, a stima. » 206. Doppia strettissima : si collimò al medio delle due stelle. » 208. Precede altra di 6.7 ; — 20" in AR; — 7' in deci, circa. » 212. Questa stella nella Zona 68 di Bessel è segnata dopp. 9"; apparve isolata. » 216. Doppia di due uguali stelle: si osservò la seguente; la precedente ha — O' , 85 in AR; — 6" in deci, a slima. n 220. Doppia: si osservò la precedente; la seguente molto debole è di color verde. » 228. Doppia : si osservò la precedente; l'altra ha -\- 0", 55 in AR; -j- 18" in deci, a stima. » 236. Doppia: si osservò la seguente; la precedente fu stimata di eguale splendore con — O", 5 in AR; -f- 14" in deci. » 289. Doppia : si osservò la seguente più splendente ; la precedente di 8.9 è di colore azzurro con circa — 0 ' 2 in AR ; + 5' , 5 in deci. » 845. Doppia: si osservò la precedente; la seguente di 7.8 ha circa + 1 ,0 in AR — 10" in deci. » 361. Precede altra stella di 9.' gr. ; ha circa — 2o" in AR; + 7'in deci. \ 3i 250 ZONA. II. AUSTRALE; D = — 4^ Num. Grand. dellf AR. media Variai. Declinaz. media Variazione B- -S .2 N -0 £ progr. stelle I Gen. 1840 annua I Genajo iS^o annua AR. Deci. 1 7 0 0 0.45 +, 3.070 — 3°2Ó 23.5 + 20.056 + Ò'.2 5 + 2.2 2 2 8 2 58.45 3.069 4 12 46.5 20.054 .... • • > • 1 3 8 3 22.25 3.069 3 58 9.6 20.054 — 0.17 + 4.9 2 4 7.8 6 45.28 3.068 3 55 1.9 20.048 + 0.01 + 2.0 3 5 7.8 13 2.14 3.065 4 12 14.5 20.023 -f- 0.37 + 4.6 4 6 7 16 19.34 3.065 3 6 20.0 20.005 + 0.30 + 1.5 4 7 7 21 52.49 3.060 4 50 33.3 19.965 + 0.33 + 3.2 4 8 7.8 23 29.96 3.064 2 40 41.1 19.951 + 0.24 + 5.5 4 9 7 26 19.82 3.056 5 25 50.3 19.924 .... . • • . 3 10 6.7 27 0.75 3.058 4 28 31.0 19.917 — 0.23 + 3.0 2. II 8 31 27.68 3.058 3 57 44.6 19.867 + 0.12 + 8.7 2 12 6.7 32 33.74 3.053 5 13 53.4 19.853 .... ■ • . . 3 13 9 35 40.63 2.056 3 57 25.9 19.813 + 0.22 + 4.3 2 14 6 37 15.51 3.050 5 30 28.7 19.791 .... .... 4 15 8.9 39 55.01 3.052 4 35 16.4 19.752 + 0.09 + 4.3 3 16 9 43 40.67 3.049 4 57 26.5 19.692 + 0.26 + 7.3 3 17 8 47 53.70 3.048 4 36 26.0 19.619 + 0.32 + 3.7 4 18 8 49 40.32 3.057 2 37 58.0 19.586 + 0.09 + 0.2 4 19 8 50 16.81 3.058 2 28 : : 19.575 .... .... 1 20 8 51 53.67 3.055 2 52 54.1 19.544 — 0.18 + 0.7 3 2] 6 0 54 57.11 3.039 5 41 39.3 19.482 .... 4 22 7 1 3 35.43 3.060 3 6 11.9 19.289 + 0.26 + 4.4 4 23 7 8 29.18 3.047 3 20 41.2 19.167 + 0.26 + 1.8 4 24 7 12 27.48 3.041 4 5 23.5 19.061 + 0.12 + 2.9 4 25 7 16 41.19 3.042 3 41 3.6 18.943 + 0.03 + 5.8 3 26 8 19 48.92 3.035 4 24 18.7 18.852 + 0.32 + 2.7 3 27 8 26 39 11 3.046 2 51 15.6 18.638 — 0.10 + 1.7 3 28 8 29 8.64 3.027 4 57 48.0 18.557 — 0.09 + 5.6 3 29 7.8 29 45.85 3.032 4 15 30.0 18.537 — 0.04 4-3.5 3 30 8 32 39.30 3.039 3 26 3.3 18.440 — 0.03 + 3.6 3 31 7.8 33 31.12 3.036 3 46 20.1 18.410 + 0.05 + 4.3 3 32 6 34 38.24 3.028 4 30 2.0 18.371 + 60.33 + 6.7 3 33 8 37 15.02 3.032 3 58 35.9 18.277 .... .... 1 34 8 38 57 08 3.032 3 55 7.6 18.216 + 0.33 + 9.5 2 35 8 1 39 25.63 + 3.034 — 3 42 45.3 + 18.198 + 0.08 + 7.4 2 ZONA II. AUSTRALE: D = — 4°. 251 Num. Grand. d,-ll<; AR. media Variaz. Decllnaz. media Variazione B- -S li progr. stelle 1 Gen. i84o annua 1. Genajo 1840 annua AR. Deci. z 0 36 8 h 142 24.47 + 3.025 — 4° 29' 36.0 + 18.087 + 0.60 + 9.5 3 37 8 43 29.11 3.035 3 26 0.2 18.048 + 0.16 + 14.4 3 38 9 47 4.03 3.030 3 49 53.9 17.907 + 0.08 + 10.0 3 39 7.8 49 51.78 3.040 2 50 37.7 17.798 + 0.02 + 3.5 3 40 7.8 52 10.22 3.025 4 8 55.7 17.701 + 0.18 + 8.5 3 41 7 54 44.98 3.035 3 9 7.0 17.594 + 0.09 + 7.3 3 42 8 57 6.42 3.011 5 10 33.5 17.495 .... .... 3 43 8 58 12.35 3.011 5 7 56.7 17.447 + 0.21 + 5.4 1 44 8 1 58 59.36 3.013 4 59 5.2 17.414 -f- 0.54 + 13.2 2 45 8 2 1 3.3} 3.034 3 5 33.9 17.323 + 0.53 + 5.2 3 46 8 2 29.77 3.021 4 10 26.2 17.259 + 0.32 + 10.8 2 47 6 4 37.02 3.033 3 8 43.6 17.163 + 0.07 + 3.9 3 48 8 9 40.63 3.036 2 47 9.2 16.930 + 0.03 + 6.0 3 49 7 11 38.63 3.031 3 5 11.9 16.838 + 0.31 + 7.1 3 50 16 21.76 3.038 2 28 52.7 16.609 .... 1 51 7 16 53.38 3.024 3 30 32.5 16.583 + 0.12 + 7.5 2 52 21 36.50 3.029 3 6 : : 16.348 . • . • .... 2 53 8 21 58.06 3.028 3 6 26.8 16.330 + 0.91 + 9.8 3 54 7 27 18.83 3.011 4 14 52.3 16.054 + 0.23 + 19.8 3 55 8.9 27 30.35 3.012 4 9 48.3 16.035 + 0.18 + 8.4 t 56 7 29 38.34 3.012 4 5 37.5 15.932 — 0.04 + 5.7 3 57 7 33 45.15 3.014 3 54 11.1 15.769 + 0.43 + 7.7 3 58 7.8 35 23.68 3.024 3 13 4.4 15.619 + 0.21 + 8.1 3 59 8 40 10.83 3.006 4 17 33.5 15.354 + 0.09 + 9.7 3 60 8 41 1.97 2.996 4 53 48.9 15.305 + 0.26 + 9.1 2 61 8 43 19.08 3.014 3 39 45.6 15.176 — 0.04 + 6.5 1 62 6.7 48 36.28 3.002 4 21 46.6 14.868 + 0.17 + 7.4 3 63 6 50 38.70 3.016 3 25 38.5 14.748 + 0.08 + 10.5 2 C4 7 51 36.49 3.021 3 6 27.1 14.691 + 0.13 + 6.1 2 65 7 52 47.22 3.014 3 31 7.4 14.621 + 0.30 + 6.4 2 66 8 256 12.71 2.990 4 57 25.3 14.379 + 0.33 + 8.1 2 67 7 3 3 18.41 2.996 4 25 21.3 13.976 — 0.28 + 5.6 4 68 7.8 6 31.86 3.021 2 56 1.9 13.772 — 0.28 — 0.7 2 69 7 8 28.93 2.987 4 52 52.8 13.647 — 0.38 — 0.7 2 70 7 3 10 56.44 + 3.010 — 3 25 38.4 + 13.489 — 0.47 + 3.6 2 252 ZONA II. AUSTRALE; T) = — A". Num. progr Grand, delle AR. media I Gen. iS4o Variaz. annua Declinaz. media I Genajo i84'> Variazione annua B — AR. S Deci. 71 7 72 7.8 73 7 74 8.9 75 G.7 76 7 77 8 78 7.8 79 7 80 7.8 81 7.8 82 5 83 7.8 84 7.8 85 8 86 8 87 7 88 7.8 89 8 90 7.8 91 5 92 8 93 6 94 8 95 5 96 7 97 8 98 5 99 8 100 7 101 8 102 8 103 8 104 S 105 8 h 1 3 17 11.32 23 39.39 26 52.87 30 13.83 31 37.94 32 39.64 39 15.84 39 42.09 40 40.31 41 35 68 42 19.61 46 15.74 50 35.77 50 41.51 55 14.80 3 59 30.47 4 1 49.94 5 14.29 10 15.7U 14 15.04 15 43.11 21 48.52 24 37.43 27 26.78 28 19.61 29 33.10 32 57.53 37 30.26 37 48.46 38 23.16 42 31.28 43 29.26 44 22.31 49 53.66 4 50 41.86 + 2.911 2.997 2.99S 3.013 2.997 3.017 2.998 3.012 2.995 3.016 2.986 3.003 2.992 2.989 3.014 3.001 2.989 2.982 3.013 2.964 2.984 2.965 2.994 2.962 2.991 3.010 2.987 2.993 3.001 2.999 3.000 3.016 2.994 2.961 + 2.963 ■5 3 3.5 4 2 56.2 3 57 5.9 3 5^27.0 3 55 0.0 2 50 43.6 3 47 45.7 3 3 53.7 3 55 2.9 2 49 18.1 4 22 45.1 3 26 1.1 3 6 55.7 4 7 45.7 2 48 40.5 3 25 52.1 4 0 0.9 4 18 0.4 2 47 58.7 5 3 41.0 4 7 18.9 4 57 15.2 3 33 20.4 5 4 15.3 3 41 8.6 2 47 59.4 3 50 2.4 3 33 15.4 3 11 26.3 3 14 55.9 3 12 27.4 2 28 24.3 3 26 49.0 4 54 31.1 4 48 36.0 + 13.080 — 1.55 13.646 + 0.15 12.424 — 0.18 12.196 — 0.27 12.096 — 0.08 12.023 — 0.94 11.556 — 0.02 11.525 — 0.45 11.455 11.388 — 0.26 11.335 — 0.28 11.051 — 0.9 0 10.733 — 0.36 10.725 — 0.01 10.386 — 0.21 10.066 — 0.17 9.889 — 0.15 9.628 — 0.47 9.241 — 0.25 8.929 — 0.10 8.814 — 0.09 8.333 — 0.12 8.107 — 0.13 7.880 — 0.15 7.809 + 0.03 7.711 — 0.19 7.435 + 0.12 7.064 + 1.76 7.040 .... 6.993 + 1.16 6.651 .... 6.571 .... 6.498 + 1.72 6.040 + 1.23 + 5.972 + 0.96 + 4.7 + 6.1 + 4.4 + 5.9 — 3.4 — 3.1 + 7.0 + 4.8 + 5.5 — 0.1 + 2.7 + 3.0 -359.6 — 2.5 + 4.9 + 2.5 + 2.7 + 2.7 + 4.2 + 5.7 + 2.6 + 1.5 + 5.2 + 2.4 + 0.8 + 1.5 + 7.0 + 4.7 f 8.2 + 8.1 + 5.1 2 6 6 3 3 2 1 1 1 3 4 2 2 3 3 3 3 3 2 3 3 3 1 2 1 3 2 1 2 3 1 2 2 2 ZONA IL AUSTRALE; D = — 4°. 253 Num. progr. Grand, delle stelle AR. media I Gen. iS4o Varia z. annua Declinar, media 1 Genajo l84o Variazione annua B — in AR. S Deci. -a C 0 ^ %; ■& Zh 0 106 7 h 4 54 48.92 + 2.971 — 4° 26 4617 + 5.627 + i'.62 + 6:7 3 107 7.8 56 18.28 2.989 3 37 59.1 5.503 • . . . .... 1 108 8 58 14.17 2.987 3 42 25.0 5.340 + 1.39 + 6.2 5 109 8 459 13.27 2.987 3 42 48.4 5.257 .... 2 110 8 5 0 31.50 3.002 3 2 12.8 5.147 .... .... 2 111 8 0 55.00 3.005 2 54 : : 5.113 .... .... 1 112 8 5 34.40 2.960 4 50 47.3 4.718 + 1.25 + 0.1 2 113 8.9 8 16.22 2.987 3 40 1.3 4.489 + 0.25 + 2.2 2 114 8 11 49.20 2.945 5 2 51.3 4.188 + 1.34 + 1.7 2 115 7 13 58.10 2.999 3 7 37.0 4.002 + 1.07 + 3.8 2 116 8 17 0.49 3.002 2 57 58.8 3.741 + 1.15 + 2.4 2 117 7 20 58.16 2.992 3 26 31.9 3.400 + 0.81 + 1.3 2 118 7 21 26.13 2.988 3 34 46.7 3.360 + 0.19 + 2.3 2 119 8 25 39.51 2.988 3 34 45.3 2.994 + 1.31 + 0.1 2 120 6 26 30.66 2.957 4 55 5.4 2.921 + 0.72 — 0.4 2 121 6.7 27 30.18 2.956 4 56 55.2 2.834 .... 2 122 6.7 27 46.20 2.955 4 59 : : 2.811 — 0.04 .... 1 123 9 30 20.3± 2.986 3 39 21.8 2.589 2 124 7 31 33.26 2.986 3 39 32.4 2.483 + 0.88 — 0.1 2 125 7 32 36.84 3.003 2 54 55.6 2.391 .... 2 126 7.8 36 38.02 2.960 4 46 16.8 2.043 — 0.30 — 0.6 0 127 8 40 38.35 2.974 4 8 40.1 1.692 — 0.38 + 2.0 2 128 7 46 38.57 2.975 4 6 1.7 1.169 — 0.25 — 6.5 2 129 7 47 35.90 2.962 4 38 54.2 1.085 — 0.15 — 2.8 2 130 7 50 26.82 2.961 4 39 47.3 0.836 — 0.29 + 1.3 2 131 8 53 53.77 2.961 3 41 20.6 0.534 — 0.43 — 3.5 2 132 6 5 58 43.18 2.973 4 10 57.3 + 0.113 + 0.18 — 4.8 2 133 8.9 6 1 37.30 2.992 3 22 26.7 — 0.142 — 0.53 — 1.0 2 134 6 3 50.10 2.962 4 38 6.6 0.336 — 0.22 — 2.2 2 135 5.6 5 57.02 2.984 3 42 13.7 0.521 — 0.06 — 3.1 2 136 8 8 43.49 2.961 3 18 31.5 0.755 + 0.06 — 3.6 2 137 8 10 59.00 2.954 5 0 17.3 0.962 — 0.57 — 4.8 2 138 6 11 59.51 2.951 2 52 55.6 1.050 — 1.35 — 3.4 2 139 7.8 14 17.02 2.961 4 40 55.7 1.250 — 0.40 — 3.3 1 140 7 615 28.85 + 2.963 — 4 36 40.5 — 1.357 — 0.25 — 2.5 2 254 ZONA. II. AUSTRALE; D = — 4". Nuni. progr. Gr.inJ. steUe AR. media I. Geo. iSJ^o Variaz. annua Declinaz. media 1 Genajo iS4o Variazione annua AR. ■S Deci. 141 7 142 7.8 143 5.6 144 7 145 7 146 7 147 7 148 7 149 8.9 150 7 151 7.8 152 8 153 8 154 8 155 8 156 7 157 7 158 7.S 159 6 160 5 161 7.8 162 8 163 5 164 7 165 7 166 7 167 7 168 7.8 169 7.8 170 7 171 8 172 5 173 7.8 174 7 175 7 6 17 34.92 18 40.34 20 3.83 22 26.74 22 50.08 26 25.14 27 37.32 28 1.30 32 13.91 34 17.85 38 22.23 42 47.27 43 1.92 47 59.68 48 1.67 48 53.33 50 28.52 50 40.50 52 26.67 54 58.05 55 30.38 6 59 12.94 7 2 16.75 3 15.28 6 12.91 12 10.86 18 7.14 21 18.45 21 51.55 22 57.21 26 44.99 29 19.32 31 58.48 35 16.25 7 37 15.06 + 3.003 2.965 2.962 3.003 2.987 2.959 2.981 2.981 3.003 2.981 2.953 2.976 2.976 3.010 3.008 2.991 2.972 2.972 2.953 2.979 2.983 3.003 2.980 2.953 2.989 2.966 2.977 2.978 2.964 2.963 2.999 2.989 3.001 2.990 + 2.984 2° 54 2 5.8 4 30 31.1 4 40 7.6 2 55 8.5 3 36 28.9 4 46 55.0 3 51 18.1 3 51 13.0 2 52 36.5 3 49 32.7 5 5 11.7 4 5 10.7 4 5 : : 3 4 31.7 3 0 12.8 3 29 18.5 4 19 1.3 4 19 16: : 5 9 17.0 4 0 54.2 4 2 18.1 2 58 55.6 3 59 37.8 5 12 46.7 3 38 1.3 4 42 7.0 4 13 30.1 4 13 5.3 4 52 25.1 4 53 48.8 3 17 28.8 3 45 36.8 3 13 27.6 3 45 25.8 4 4 19.7 1.537 1.635 1.754 1.961 1.994 2.306 2-411 2.446 2.811 2.991 3.343 3.723 4.170 4.172 4.246 4.381 4.399 4.554 4.764 4.809 5.124 5.378 5.465 5.714 6.211 6.705 6.967 7.013 7.101 7.412 7.620 7.834 8.098 8.257 — 0.65 — 0.07 — 0.32 — 0.63 — 0.63 + 0.07 — 0.49 — 0.66 — 0.93 — 0.12 — 0.27 + 0.07 + 0.57 + 0.53 -^ 0.14 + 0.77 + 0.65 + 0.41 — 0.06 — 0.10 + 0.62 + 0.16 + 0.02 + 0.18 + 0.22 + 0.27 + 0.13 + 0.36 + 0.34 — 0.12 — 0.04 — 6.7 — 4.8 — 0.0 — 4.0 — 4.2 — 1.8 + 2.8 — 3.9 + 1.5 — 8.1 — 5.1 — 1.7 +383.1 + 4.7 + 0.2 — 0.4 — 0.1 + 4.7 + 0.6 + 2.7 — 3.4 + 2.2 + 3.2 + 3.0 + 4.0 0.9 3.8 5.7 8.2 9.3 3.6 1 1 1 2 1 2 2 1 2 4 1 1 1 1 2.1 1 3 3 1 3 2 1 3 3 3 2 1 2 3 3 3 3 3 ZONA. II. AUSTRALE ;D = - 4°. 255 Nutn. progr. Grand, delle stelle AR. media I. Gen. i84o Variaz. annua Declinaz. media I Genajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. 176 8 h 7 39 47.45 + 3.004 — 3° 8'27'.'l — 8.460 + Ò'.33 + 3.6 3 177 8 42 30.72 3.003 3 11 56.2 8.675 — 0.03 + 10.4 3 178 9 48 4.18 2.964 5 5 47.4 9.110 — 0.08 + 0.2 3 179 7 51 5.47 2.989 3 54 10.3 9.403 — 0.04 — 173.4 3 180 8 56 13.47 2.981 4 22 52.8 9.740 — 0.17 + 1.1 2 181 8 7 59 39.95 3.011 2 56 57.7 10.003 .... , . . . 3 182 8 8 1 50.89 2.996 3 41 12.3 10.168 + 0.21 4.2 3 183 8 9 2.05 2.973 4 55 44.3 10.705 — 0.42 6.4 3.2 184 7.8 9 20.32 2.974 4 52 54.4 10.728 .... . • . 3 185 7.8 12 55.57 2.985 4 21 57.9 10.992 — 0.04 + 1.5 3 186 7 16 38.19 2.989 4 12 6.1 11.260 + 0.34 + 2.7 2 187 5.6 17 39.82 3.005 3 23 24.8 11.335 .... , • . • 2 188 6.7 18 27.26 3.004 3 27 56.5 11.391 — 0.01 0.0 2.1 189 7 19 41.53 2.996 3 53 26.4 11.481 + 9.97 + 4.4 2 190 8 24 21.45 2.984 4 34 18.2 11.815 + 0.11 + 0.1 3 191 6 29 29.13 2.989 4 23 54.5 12.174 + 0.31 + 1.2 3 192 8 32 46.91 3.003 3 39 36.9 12.400 — 0.24 + 3.0 3 193 7 34 36.46 3.000 3 50 22.8 12.527 + 0.80 5.6 1 194 7 41 45.86 2.980 5 6 16.1 13.009 + 0.73 4.0 1 195 6.7 46 24.13 2.986 4 49 55.6 13.316 + 1.09 4.3 1 196 6 49 58.68 2.997 4 14 41.7 13.551 + 10.68 — 0.9 1 197 7 53 30.74 3.005 3 50 1.5 13.775 + 0.77 — 1.1 2 198 7 55 19 82 3.006 3 48 51.9 13.890 + 0.91 + 1.2 2 199 7 8 55 44.49 2.997 4 32 33.5 13.916 + 0.34 — 3.1 1 200 8 9 0 31.22 2.988 4 59 16.1 14.214 + 0.51 — 6.6 1 201 8 4 20.81 3.004 4 4 13.5 14.448 + 0.86 + 0.6 2 202 8 7 8.42 3.017 3 18 28.5 14.616 + 0.72 ^ 4.5 2 203 7.8 11 50.07 2.987 5 19 11.7 14.894 + 0.47 + 0.7 2 204 7 14 50.01 3.003 4 21 37.9 15.068 + 0.36 + 0.0 2 205 7 15 54.82 2.999 4 40 45.4 15.131 + 0.63 — 2.5 1 206 7.8 16 1.04 2 997 4 47 0.4 15.137 + 0.23 — 4.0 2 207 5.6 17 23.73 3.003 4 25 52.6 15.217 — 0.02 + 0.2 2 208 6.7 21 29.67 3.018 3 32 52.2 15.448 + 0.74 — 0.7 3 209 7 22 37.89 3.020 3 22 1.2 15.511 + 0.74 + 0.2 2 210 7 9 27 0.69 + 3.010 — 4 10 43.1 — 15.751 + 0.65 — 3.5 3 25S ZONA. II. AUSTRALE; D = — 4°. Num. progr. Grand, delle stelle AR. media I Gen. 1840 211 7 212 7 213 7 214 7 215 8 216 6 217 7 218 7 219 8 220 7 221 7.8 222 7 223 7 224 7 225 7.8 226 6 227 7 228 7 229 7 230 7 231 8 232 7 233 7 234 7 235 7.8 236 8 237 8 238 6.7 239 7 240 8 241 8 242 8 243 8 244 7 245 ■ • 9 27 6.44 30 18.07 30 53.66 36 27.97 41 2.58 43 9.82 45 37.89 47 34.10 50 37.92 9 54 54.52 10 0 27.37 2 22.10 5 28.21 5 42.96 8 14.63 11 28.69 12 40.96 13 3.73 16 1.56 18 41.66 21 43.51 24 25.00 25 9.09 26 43.49 31 4.75 34 56.75 38 8.15 41 10.48 43 11.79 47 38.34 10 56 18.42 11 0 9.68 4 38.70 8 27.14 8 35.56 Variaz. annua + 3.003 3.024 3.024 3.017 3.015 3.024 3.030 3.017 3.028 3.012 3.031 3.017 3.022 3.021 3.015 3.024 3.022 3.022 3.028 3.035 3.040 3.020 3.033 3.042 3.026 3.040 3.030 3.045 3.040 3.036 3.048 3.052 3.041 3.054 + 3.054 Declinaz. media 1 Genajo i84o ■ 4 39 27.8 3 8 15.1 3 17 39.2 3 55 35.4 4 8 0.8 3 29 47.0 3 6 38.8 4 13 11.3 3 25 1.4 4 50 50.5 3 21 55.7 4 41 9.3 4 17 45.2 4 25 47.2 5 2 4.2 4 18 9.9 4 34 47.6 4 36 48.7 4 7 9.7 3 34 35.0 3 5 50.5 5 15 5.1 4 32 1.8 3 4 7.9 5 3 3.7 3 34 20.8 4 55 17.2 3 10 49.8 3 53 24.7 4 42 0.0 3 31 35.3 3 1 53.6 4 14 58.0 3 5 41.9 3 5 : : Variazione annua -15.756 15.928 15.960 16.250 16.481 16.586 16.706 16.798 16.944 17.141 17.389 17.471 17.603 17.619 17.718 17.850 17.897 17.912 18.027 18.129 18.240 18.337 18.363 18.418 18.565 18.689 18.790 18.882 18.940 19.064 19.286 19.376 19.473 19.551 B — S AR. Deci. i o + 0.37 + 0.90 + 0.41 + 0.35 + 0.46 + 0.57 + 0.15 + 0.65 — 0.06 + 0.74 + 0.09 + 0.54 + 0.36 + 0.71 — 0.19 + 0.48 + 0.38 + 0.09 + 0.20 + 0.21 + 0.70 + 0.17 + 0.26 + 0.18 + 0.28 + 0.12 — 0.11 + 0.00 + o.is + 0.32 — 0.21 + 0.15 + 0.25 + 0.63 — 4.4 -59 59 + 3. + 5 + 2 3 3 2.3 3 3 2 2 2 1 2 1 2 3 3 3 3 3 3 3 3 3 2 3 5 3 1 1 2 2 2 2 2 2 1.2 1 ZONA II. AUSTRALE; D = — 4". 257 Num. progr. GranJ. bU-lIc AR. media 1 Gen. i84o Varia z. annua Declinaz. media 1. Genajo i84o Variazione annua 13 — S in AR. Deci. « e 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 358 259 260 261 262 263 264 265 266 207 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 8 8 7 7 7 8.9 7 7 8 8 6.7 7 7.8 7 8 7.8 7 7.8 7 7.8 8 7 7.8 7 6.7 7 7 7.8 8.9 7.8 7 9 5 8.9 7.8 U 10 17.48 13 7.71 16 14.52 21 4.91 24 15.14 24 35.36 26 13.13 2G 49.31 31 46.62 36 31.57 42 51.49 48 50.88 49 57.08 57 23.61 11 57 37.00 12 1 36.19 6 3.88 9 56.78 9 56.96 12 3.97 15 14.58 19 39.28 21 49.07 23 25.27 28 33.18 30 29.92 31 15.74 3 7 17.59 42 39.40 45 23.52 51 25.27 1255 35.52 13 1 40.11 5 24.20 13 7 46.07 + 3.045 3.054 3.048 3.056 3.053 3.053 3.054 3.059 3.059 3.062 3.063 3.066 3.067 3.069 3.069 3.072 3.073 3.074 3.074 3.075 3.078 3.078 3.082 3.080 3.085 3.081 3. 087 3.085 3.093 3.086 3.091 3.095 3.099 3.094 + 3.103 • 5 1 2/. 7 3 29 30.8 5 1 45.4 3 34 4.0 4 44 35.0 4 45 ? 4 38 45.4 3 28 33.2 4 3 56.7 3 37 22.8 4 26 41.1 3 53 36.9 3 29 0.6 4 57 23.0 4 57 54.2 4 20 12.2 4 49 56.0 3 4 0.8 3 3 39.9 3 37 18.2 5 14 1.6 3 43 49.2 5 8 7.0 4 10 12.0 4 57 0.0 3 29 37.3 5 13 i4.6 3 56 5.6 5 11 17.5 3 21 8.4 3 56 53.5 4 17 31.4 4 40 59.5 3 31 31.7 . 4 49 15.5 — 19.585 19.637 19.691 19.767 19.812 19.817 19.838 19.845 19.903 19.951 20.000 20.032 20.037 20.054 20.054 20.054 20.049 20.037 20.037 20.028 20.012 19.982 19.9G4 19.952 19.902 19.878 19.869 19.791 19.710 19.663 19.553 19.468 19.334 19.245 — 19.186 + Ó'.2 7 + 0.22 4 0.23 + 0.13 + 0.01 + 0.20 + 0.47 + 0 12 0.48 — 0.60 — 0.00 — 0.49 — 0.31 0.16 — 0.15 0.44 + 0.13 + 0.04 0.36 0.03 0.07 0.01 0.22 0.06 — 0.27 0.13 0.24 0.27 0.03 + O.Il + 0.21 0.02 + 6.0 + 3.7 + 3.8 + 4.6 — 1.5 + 6.8 + 1.7 + 3.9 + 3.7 + 0.7 + 1.3 — 3.3 + 4.1 — 0.1 — 0.9 — 3.1 — 0.5 — 1.4 4- 8.3 + 2.3 + 2.5 + 0.2 + 2.2 -|- 3.9 + 3.1 — 0.8 + 2.7 + 2.8 + 2.7 + 6.3 + 8.5 — 1.1 1 2 2 2 2 1 1 1.2 2 3 3 3 3 3 3 3 3 2 2 2 3 2 3 2 3 3 3 3 2 3 3 2 8 4 1 258 ZONA. II. AUSTRALE; D = — A^ Num. Grami di-lln AR. media Variai. Declinaz. media Variazione B - S 2 2 progr. sU-llf I Gen. 1 S4ii aiuiua I Geiiajo i84o annua AR. Deci. =. s Z o 281 8 13 10 O.OG + 3.105 — 4 56 4Ì'.0 — 19.128 + 0. 1 9 1.7 5 282 8 13 54.5'.( 3.099 3 49 27.6 19.022 + 0.14 — 4.3 5 283 15 38.70 3.103 4 18 50.3 18.973 .... 1 284 6.7 16 13.9b 3.104 4 19 36.8 18.957 — 0.33 — 0.9 4 285 7.8 20 44.12 3.111 5 7 33.0 18.824 + 0.40 — 1.3 5 286 7 27 12.12 3.110 4 34 45.5 18.621 + 0.36 — 3.8 4 287 8 30 14.80 3.096 2 53 23.1 18.521 + 0.24 — 2.4 4 288 7 35 34.91 3.115 4 41 31.6 18.337 + 0.32 + 3.1 4 289 7.8 36 36.74 3.120 5 11 51.4 18.300 + 0.35 + 2.6 4 290 8.9 40 56.85 3.118 4 49 56.0 18.143 — 0.07 + 0.4 3 291 7 47 42.92 3.101 2 52 31.3 17.882 + 0.36 + 1.2 4 292 8 51 6.27 3.121 4 38 8.5 17.745 + 0.18 + 12.3 4 293 8.9 55 42.76 3.107 3 1-2 43.3 17.553 + 0.43 + 0.6 3 294 8 13 59 43.31 3.113 3 58 54.7 17.381 + 0.55 + 2.0 4.3 295 7 14 6 3.49 3.131 3 12 4.4 17.099 + 1.01 + 0.2 3 296 8 8 43.15 3.112 3 54 59.1 16.984 + 0.23 — 1.3 2 297 8 11 19.71 3.126 3 24 26.8 16.852 + 1.37 + 2.6 2.1 298 8.9 IG 27.1;-» 3.114 3 17 55.6 16.605 + 0.04 — 1.3 3 299 7 20 20.02 3.131 4 30 8.8 16.408 + 0.49 + 2.4 3 300 7.8 21 4061 3.118 3 31 51.2 16.345 + 0.59 + 1.3 3 301 8 27 21.05 3.134 4 33 52.5 16.052 + 0.37 + 0.4 3 302 8 30 35.89 3.144 5 5 30.8 15.880 + 0.37 + 2.3 4 303 8 34 2.44 3.134 4 23 56.5 15.694 + 0.20 + 0.2 3 304 5 34 38.14 3.14:; 4 57 34.0 15.662 — 0.01 + 5.4 3 305 7.8 39 38.23 3.143 4 50 0.8 15.386 + 0.06 + 2.5 3 306 8 42 31.61 3.126 3 28 ll.l 15.216 + 0.43 + 1.1 3 307 7 46 37.26 3.117 2 58 41.1 14.984 + 0.14 + 3.2 3 308 6 48 50.12 3.129 3 41 30.1 14.855 + 0.67 + 2.1 5 309 7 50 33.13 3.139 4 20 26.9 14.785 + 0.30 + 0.9 3 310 8.9 54 17.24 3.134 3 55 51.6 14.531 — 0.40 + 1.1 3 311 7.8 14 59 45,34 3.122 3 8 20.7 14.197 — 0.11 — 0.8 3 312 8.9 15 1 11.08 3.150 4 46 39.9 14.171 + 0.16 + 0.3 3 313 7.8 5 45.10 3.130 3 31 45.1 13.822 + 0.30 -r 0.2 3 314 7 9 16.86 3.150 4 36 38.5 13.596 + 0.18 + 1.7 3 315 8.9 15 12 11.02 + 3.149 — 4 32 13.6 — 13.408 + 0.19 + 1.2 3 ZONA II. AUSTRALE; D =— 4". 259 1 NuTn. Gr;itid. AR. media Varlaz. necliniz. medi.T V ariazioiip B - - S progr. sulle I Gen. iS4" annua 1 Genajo lS4o aanua in AR. D( ci. h SU') 8 15 18 12.04 + 3.161 — 5° 5'32".(i - - 13.012 — ó'.23 + 1.4 3 317 8.9 22 35.J-2 3.145 4 7 51.6 12.717 + 0.04 + 4.5 3 318 8 29 24.26 3.12'/ 3 4 18.9 12.250 + 0.34 + 1.4 2 319 8.9 32 22.61 3.166 5 6 39.3 12.045 + 0.07 + 1.7 3 320 8 38 7.27 3.13S 3 33 25.7 11.639 + 1.15 + 0.6 2 321 5 41 15.61 3.12: 2 56 11.7 11.411 + 0.2 7 + 3.4 3 322 9 46 56.95 3.14!-' 4 0 23.0 1 1.0(11 1 323 8.9 47 5.82 3.14} 3 56 24.0 10.990 — 0.27 + 2.5 1 324 8.9 51 16.41 3.162 4 37 0.2 10.684 .... . . . . 2.1 325 8 51 49.60 3.161 4 37 24.9 10.640 + 0.06 + 1.8 3 326 7 53 19.01 3.136 3 18 38.9 10.530 — 0.02 — 2.8 3 327 8 56 59.89 3.149 3 54 26.4 10.255 + 0.54 + 5.4 3 328 8 58 1.9". 3.131 2 53 29± 10.177 — 0.36 + 5.4 2 329 8 15 58 36.9: 3.127 2 49 9.3 10.133 + 0.20 + 10.7 0 330 6.7 16 1 28.50 3.132 3 2 28.3 9.916 + 0.06 + 02 3 331 8 2 50.28 3.143 33412.9=fc 9.811 + 0.05 + 5.7 3 332 7 4 32.01 3.148 3 48 15.2 9.682 + 0.00 — 2.0 3 333 5 5 58.04 3.138 3 16 40.8 9.572 — 0.12 + 2.0 3 334 6 9 51.77 3.160 4 17 50.9 9.272 + O.IS — 1.3 3 335 8 14 8.0G 3.151 3 51 35.1 8.939 + 0.46 + 1.6 3 33G 8 17 9.33 3.145 3 29 44.1 8.700 — 60.17 — 3.2 2 337 8.9 24 58.27 3.154 3 54 58.9 8.079 + 0.39 + 0.8 3 338 8.9 31 2.74 3.131 2 47 11.4 7.591 + 0.59 + 1.9 6 339 8 84 46.77 3.158 3 50 31.2 7.273 + 0.22 + 1.2 3 340 7.8 36 49.57 3.131 2 47 3.1 7.119 + 0.25 — 0.5 3 341 8 42 5.87 3.144 3 20 44.8 6.638 + 0.21 + 7.6 3 342 8 44 1.16 3.178 4 52 34.5 6.527 + 0.04 — 2.6 3 343 48 46.64 3.132 2 45 37=t 6.128 .... • ■ 1 344 7.8 49 16.59 3.132 2 45 42.4 6.091 — 0.08 + 3.8 3 345 7 51 22.94 3.159 3 58 29.8 5.915 + 0.39 + 3.1 3 346 6 52 37.67 3.159 3 58 37.2 5.812 + 0.00 + 0.3 3 347 52 51.87 3.159 3 58 34:: 5.792 . . 2 348 7 1656 43.73 3.133 4 47 23.8 5.467 + 0.79 + 20.0 3 349 6.7 17 0 29.75 3.153 3 39 49.4 5 149 + 0.27 + 2.4 3 350 7 17 3 15.37 + 3.171 — 4 26 21.5 - - 4.915 + 0.41 + 1.1 3 2G0 ZONA II. AUSTRALE; D = — 4°. Num Gr.nnd d.'ll<< AR. media Variaz. Declinaz. media Variazione B- -S progr stelle 1 Gen. i84o annua 1 Genajo i84o annua AR. n Deci. _Z e 351 8 17 8 51.44 + 3.182 — 4° 5 7 1.2 — 4.440 + ò'.18 + 0.4 3 352 8 11 23.98 3.161 3 52 37.9 4.222 + 0.28 — 0.7 3 353 7.8 15 4.37 3.138 2 57 51.6 3.907 + 0.40 — 1.0 3 3 54 5 18 8.76 3.174 4 56 23.6 3.643 + 0.17 + 0.1 3 355 7 21 52.39 3.168 4 14 18.0 3.322 + 0.37 + 2.1 3 356 7 25 46.18 3.138 2 56 18.5 2.985 + 0.38 + 0.9 3 357 7 28 58.12 3.134 2 46 24.3 2.621 + 0.57 — 2.1 3 358 7.8 31 45.11 3.150 3 26 37.8 2.466 + 0.69 — 1.0 3 359 7 34 5.42 3.181 4 45 55.0 2.263 + 9.89 — 1.0 3 360 8 38 14.96 3.163 3 59 8.4 1.900 + 0.11 — 1.7 3 361 7 44 22.73 3.152 3 31 13.2 1.366 — 0.10 — 2.1 3 362 7 46 4.98 3.150 3 25 6.0 1.218 + 0.25 + 0.8 3 363 6 48 21.03 3.165 4 3 10.9 1.020 — 0.27 — 0.8 3 364 6 51 7.20 3.182 4 47 58.2 0.779 — 0.13 + 0.8 3 365 5 52 1.76 3.156 3 40 25.9 O.G98 — 0.18 + 4.1 2 366 6 57 44.25 3.181 4 45 29.9 0.198 — 0.05 — 6.8 2 367 7 1758 31.71 3.145 3 14 52.3 — 0.128 — 0.25 — 6.7 2 368 7 18 0 19.27 3.164 4 0 32.3 + 0.028 — 0.03 — 0.5 2 369 7 3 19.19 3.135 2 45 15.0 0.291 + 0.05 — 3.2 3 370 7 4 43.15 3.165 4 2 52.2 0.413 + 0.12 — 1.4 3 37i 6 7 32.75 3.156 3 39 52.7 0.660 — O.IO — 0.7 3 372 6 8 29.94 3.142 3 2 43.2 0.744 — 0.02 — 5.5 3 373 0.7 15 38.64 3.156 3 39 32.5 1.367 — 0.08 + 0.5 3 374 8 20 O.GO 3.162 3 57 25.6 1.749 + 0.35 + 4.7 3 375 8 25 33.99 3.139 2 56 13.2 2.231 — 0.11 + 1.5 3 376 7.8 27 58.20 3.179 4 40 : : 2.441 — 0.21 .... 1 377 7 28 33.72 3.181 4 44 38.4 2.491 — 0.18 + 2.3 1 378 7 29 15.66 3.185 4 56 23.8 2 553 + 0.63 + 1.G 1 379 8.9 32 52.04 3.146 3 16 3±: 2.867 1 380 7 33 10.27 3.146' 1 3 15 50.8 2.893 — 0.28 + 1.9 2 381 8 40 14.54 3.147 3 16 42.9 3.504 — 0.18 — 2.3 3 382 7 41 43.57 3.158 3 47 54.1 3.631 — 0.04 + 2.5 3 383 6.7 42 58.09 3.1 51 ' 3 29 59.6 3.738 — 0.20 + 2.6 2 384 7 44 0 07 3.160 3 54 44.3 3.827 — 0.06 + 2.4 I 385 7.8 18 44 42.80 + 3.183 1 — 4 55 18.6 + 3.888 1 I ZONA. II. AUSTRALE; D = — 4°. 261 Num. progr GranJ. ddl,' stelle AR. media I. Gen. iS^n Variaz. annua Declinaz. media I Genajo i84o Variazione annua B - S AR. Deci. 1) • -0 £ 386 8 h 18 50 23.73 + 3.183 — 4°56'l5'.'7 + 4.375 + 0.16 — 0"9 3 387 7 52 41.33 3.177 4 39 31.9 4.571 — 0.06 — 2.9 3 388 7 54 28.85 3.160 3 55 33.2 4.723 — 0.13 — 1.5 3 389 7 18 56 30.77 3.167 4 15 52.0 4.895 — 0.16 — 4.9 3 390 8.9 19 2 41.45 3.169 4 23 21.8 5.418 — 0.72 + 10.3 9 391 8 7 3.58 3.146 3 23 14.0 5.784 — 0.20 — 0.8 3 392 8 10 27.83 3.161 4 3 39.6 6.069 + 0.04 + 2.0 3 393 8.9 12 16.02 3.132 2 46 5.5 6.219 + 0.47 + 4.6 1 394 8.9 13 15.86 3.132 2 46 35=t 6.302 + 0.06 — 7± 1 395 7.8 14 8.55 3.160 4 1 1.7 6.374 + 0.08 + 4.9 2 396 9 19 3.93 3.169 4 30 4.7 6.782 — 0.13 — 1.5 2 397 6 22 17.63 3.139 3 7 4.0 7.048 + 0.33 — 3.2 3 398 8.9 26 45.40 3.171 4 39 17.9 7.412 — 0.20 + 2.2 3 399 8.9 31 54.25 3.135 3 1 20.1 7.828 — 0.18 + 0.5 3 400 8 36 26.27 3.145 3 30 : : 8.192 .... .... 1 401 7 36 47.16 3.143 3 24 57.3 8.220 .... .... 2 402 7 37 30.27 3.120 3 15 57.8 8.277 — 0.23 + 1.5 2 403 7 42 20.67 3.178 5 5 36.3 8.661 — 0.20 — 3.0 2 404 8.9 45 9.57 3.136 3 7 24.2 8.883 — 0.34 — 3.5 2 405 7.8 50 8.40 3.153 3 58 48.1 9.272 + 0.54 — 2.8 2 40 G 8.9 54 46.33 3.174 5 4 26.4 9.629 — 0.03 — 0.4 2 407 6 19 57 46.11 3.163 4 31 41.1 9.819 — 0.09 — 6.0 2 408 7 20 4 25.38 3.140 5 28 17.9 10.362 + 0.32 + 2.9 2 409 7 6 47.6?i 3.150 3 58 58.4 10.539 + 0.07 + 0.6 2 410 7 8 26.99 3.149 3 58 18.3 10.662 — 0.07 — 10.3 2 411 S 14 39.31S 3.134 3 17 : : 11.119 .... .... 1 412 8 14 44.17 3.155 4 19 9.1 11.124 + 0.04 — 3.1 1 413 8 18 47.37 3.122 2 42 25.0 11.416 + 0.13 — 3.0 2 414 7 19 9.59 3.122 2 37 14.9 11.443 .... .... 1 415 6.7 20 1.99 3.145 3 52 50.2 11.505 .... 1 416 9 24 0.41 3 161 4 45 0.9 11.796 — 0.11 — 12.3 3.2 417 6 28 23.57 3.128 3 5 58.2 12.133 + 0.19 — 0.3 2 41S 7 30 53.64 3.125 2 58 15.5 12.271 — 0.02 — 2.2 2 419 7 31 52.45 3.132 3 12 43.2 12.339 + 0.08 + 0.6 2 420 8.9 20 35 22.94 + 3.125 — 3 1 15.2 + 12.580 + 0.44 — 0.1 i 2 \ 262 ZONA II. AUSTRALE; D = — A". Num. piogr GranJ. dell.- stelle AR. media I Gen. |B4" Varia?., annua Declinaz. media 1 Genajo i84o Varia7Ìone annua B — S in AH. Deci. '- Ih 421 9 2041 13.32 + i'.isi 0 — 4 30 : ; + 12.973 + 0.39 . . . 2 422 9 41 23.19 3.151 4 27 42Ì4 12.984 2 423 7.8 45 39.23 3.161 5 8 36.0 12.267 + 0.16 - - Ì'.8 O 424 8.9 49 7.92 3.137 3 50 49.1 13.494 + 0.38 - - 1.9 2 425 S.9 52 46.72 3.140 4 3 41.4 13.728 + 0.14 - - 1.6 2 42G 8 20 57 8.16 3.154 4 59 41.6 14.003 + 0.35 - - 2.0 2 427 89 21 3 15.73 3.131 3 46 7.7 14.382 + 0.04 - - 4.6 2 428 8.9 9 46.54 3.131 3 48 28.0 14.773 + 0.44 - - 1.5 2 429 7.8 12 40.71 3.152 5 14 5.5 14.943 + 0.2 7 - - 1.7 9 430 8 16 30.74 3.133 4 6 : : 15.175 • . . . . 1 431 7 16 55.83 3.135 4 14 18.3 15.189 + 0.42 - - 1.1 2 432 9 21 51.67 3.148 5 11 55.4 15.468 + 0.04 - — 2 . .'i 2 433 7 26 56.19 3.142 4 41 34.8 15.747 + 0.63 - 1- 179.7 3 434 9 30 37.80 3.115 3 13 42.4 15.945 . . . . . . . 3 435 9 32 13.57 3.116 3 14 19.3 16.029 — 0.12 - — 3.3 4 436 8 38 14.49 3.110 2 56 55.1 16.340 + 0.22 - h 2.7 2 437 9 38 49.53 3.111 3 1 31.7 16.369 . . . . . . . . 2 438 7 44 2.24 3.122 3 55 20.3 16.629 — • 0.15 - f 3.3 2 439 6.7 45 48.90 3.136 5 1 22.8 16.714 — ■ 0.09 - f 0.6 2 440 9 50 1.28 3.115 3 30 47.4 16.916 + 0.10 - f 1.8 2 441 5 2155 2.17 3.106 2 55 29.8 17.148 — 0.18 . - 1.4 2 442 7 22 2 1.60 3.124 4 40 29.7 17.457 + 0.06 - f 4.0 2 443 7 2 13.05 3.130 5 3 5.7 17.465 — 0.06 - f 7.4 2 444 9 8 56.89 3.112 3 48 11.7 17.747 + 0.32 - — 3.2 2 445 8.9 13 44.05 3.118 4 36 14.8 17.939 . . . 2 446 9 14 19.20 3.118 4 32 28.1 17.961 + 0.25 - - 1.9 2 447 8 17 58.13 3.117 3 35 48.7 18.101 + 0.58 - - (1.8 0 448 7.8 23 2.04 3.106 3 43 43.2 18.287 + 0.22 - - 2.6 2 449 8.9 26 21.84 3.109 4 7 50.4 18.405 + 0.18 - - 3.2 2 450 7 29 28.10 3.115 5 3 6.0 18.512 + 0.51 - b 2.7 2 451 8 30 58.12 3.110 4 28 11.8 18.561 . . . 1 452 7.8 32 31.09 3.109 4 23 5.5 18.612 — 0.13 - - 0.7 2 453 9 38 4S.3± 3.112 5 9 15.3 18.820 • 1 454 7.8 39 34.99 3.111 5 3 30.2 18.834 — 0.09 - h 8.4 2 455 9 22 39 36.62 + 3.111 5 4 14.3 + 18.835 • • • . . . . 2.1 ZONA II. AUSTRALE; D = — A" 263 Num, progr Grand, dello stelle AR. media I Gen. i84o Variaz, annua Dcelinaz. media I Gcnajo 1840 Variazione annua B — S in AR. Deci. 456 8.9 457 7.8 458 7.8 459 9 460 9 461 8.9 462 7 463 8 464 8 465 7.8 460 8 467 8 468 8.9 469 8.9 470 9 471 9 472 8 473 7 474 7 475 9 476 6 477 0.7 478 8 479 7 h 22 44 24.64 + 3.09 7 45 59.43 3.095 48 50.99 3.098 49 9.70 3.099 53 22.06 3.094 22 53 40.59 3.093 23 7 19,69 3.093 11 58.09 3.094 16 24.30 3.082 21 14.27 3.081 23 15.67 3.082 27 0.63 3.086 28 31.28 3.083 30 36.13 3.082 33 0.84 3.081 35 22.94 3.081 36 19.84 3.080 39 43.08 3.078 44 42.60 3.077 48 2.58 3.076 50 29.08 3.075 53 37.40 3.073 57 14.06 3.072 23 59 32.48 + 3.07 1 3 28 25.0 3 19 20.0 4 5 58.4 4 0 21.1 3 30 40.6 3 22 39.3 4 22 0.8 4 47 20.7 2 37 5.7 2 40 16.4 4 57 40.4 4 44 20.6 3 50 48.9 3 50 37.2 3 44 40.5 4 12 6.1 4 3 43.1 3 39 3.9 4 2 35.3 4 22 57.6 4 26 36.7 3 55 4.4 4 44 28.4 - 3 26 25.9 + 18.975 19.019 19.097 19.105 19.214 19.222 19.528 19.616 19.694 19.769 19.799 19.849 19.866 19.891 19.917 19.940 19.949 19.977 20.011 20.028 20.039 20.048 20.054 + 20.056 — 9.54 •0.06 ■ 0.10 • 0.57 ■0.25 ■0.15 . 0.24 -0.13 + 0.39 + 0.11 + 0.12 + 0.24 — 0.3 5 — 4.9 0.9 + 6.7 + 0.3 — 1.3 4- 0.9 + 5.2 — 3.2 — 3.1 — 0.12 — 0.4 + 1.9 — 1.5 — 3.1 + 5.2 2 1 2 1 2 2 2 2 1 2 1 2 2 2 1 2 2 2 3.2 5f)^ INDICE I. dimostrante le sere nelle quali furono ossenmte le stelle di questa Zona II. Australe D ^ — 4 . Da 23.59 fino a 1.29 3. 3 3.23 A.58 6.42 8.34 10.26 11.36 13. 2 1/1.49 16.31 18. 8 19.36 21.30 h , 1.34 3. 3 3.27 4.59 6.43 8.32 10.31 11.31 13. 1 1 4.49 16.31 18. 7 19.32 21.32 23.57 13. 21. 24. 25 Dicembre 1840. 11. 24. 25 Genajo 1843. 27.28 Genajo 1844. 30. 31 Gen., 2. 5 Febr. 5. 17. Genajo 1845. 24. 25. 26 Marzo 1841. 17. 18. 21 Aprile 1845. 1841. 6. 12 Ma 1843. 13. 16. 18 Maggio 1843. 30 Aprile, 1 . 2. 3. 4 Maggio 1 846. 1. 2. 3 Giugno 1846. 24. 28. 29 luglio 1841. 20. 24. 30 Agosto 1841. 30 Luglio, 2 Agosto 1844. 12. 17 Settembre 1844. INDICE II. dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona II. con le Zone di Bessel. h h Da 23.35 fine a 1.32 estratte dalla Zona 132 di Bessel 1.28 . . . 3. 2 . . . 128 3. 6 . . . 4.32 . . . . 212 4.36 . . . 5.47 . . . . 140 5.26 . . . 7. 3 . . . . 210 7. 6 . . . 8.32 . . . . 219 8.34 . . . 10. 5 ... . 223 10. 8 . . . 11.31 . . . 222 11.34 . . . 13. 0 . . . 67 13. 4 . . . 14.32 . . . 81 14.33 . . . 16. 1 ... 78 16. 1 . . . 16.16 . . . 250 16.25 . . . 17.31 . . . 251 17.34 . . . 18.43 . . . 258 18.44 . . . 20.31 . . . 98 20.34 . . . 21.31 . . . 19 21.37 . . . 22. 1 . . . 17 22. 7 . . . 23.31 . . . 20 265 Note per le stelle della Zona II. D := — U.° N." 47- Doppia. Si osservò la seguente; per la precederne da^ — i ", 2; rfSrr — t2''. » 8a. Doppia. Si osservò la seg, ; per la preced. di colore azurro si ha dazn — o" i; di^z-\- 8" circa. » 94. Segue allra stella di 8.9; d a zz -\- /f" ; di:::z-\- io' circa, » 116. Precede altra stella di ga grand. ; d a^^ — i5",5; dS::: -|- .5o" circa. n 121. Segue nello stesso parallelo una stella di g-"» grand.; c/a^::-|- 12" circa. )) 129. Precede altra stella di gì grand.; da-^ — 4"; rfSrr-|- 1 circa. » 148. Precede altra stella di ^-i grand.; da^ — 24"; rf 3 zr o circa. )ì 23i. Ooppia. SI osservò la seguente; la precedente di color verde ha — o", 2 in AR ; -|- 12 in declinazione, n 264. Doppia. Si osservò la seguente; per la precedente si ha rf a =: — o">8; di:^: — 12", 5. !5 2^8. Doppia. Si osservò la seguente; per la precedente si ha rf a zz — 0,1; dS = + 4",o. » 314. Segue altra stella di ^, 8; rf a :r: + G '; t/ò^:-)- 4^ stima. » 38g. Doppia. Precede altra stella di S^ grand.; da = — t", 5; c?3zz — 24 'circa. » 409. Doppia. Si osservò la seguente; la precedente di colore rosso è di S.g, e per essa si ha d a.'^z — o", S ; d^zzL — 8 ". « 4'4. Pi'ccede altra stella di 9» grand. ; d a.'zz — i",o; (/ 3 ^ — i' circa. » 454. Doppia strettissima. Si collimò al medio. 34 266 ZONA III. AUSTRALE: D = — G". Num. Grnnd. dclli- AR. media Variaz. Declinaz. metlia Variazione B - - S progi-. stelle I Gen. iS4o annua I Genajo l84o annua AR. Deci. 1 7 h 0 2 7.46 + 3.069 — 6° 8 19.3 + 2Ó'.054 — Ó'.34 + l".9 5 2 7 5 49.65 3.067 4 47 57.6 20.049 + 0.35 + 4.7 o 3 S 9 37.85 3.063 7 2 35.8 20.039 + 0.08 + 5.4 3 4 7 14 4.37 3.062 6 4 48.9 20.018 —59.72 + 1.0 3 5 8 16 22.89 3.061 5 32 10.9 20.005 + 0.04 + 1.6 3 G 7 18 55.51 3.059 5 53 26.0 19.988 + 0.37 + 3.8 3 7 8 21 8.21 3.056 6 47 14.6 19.970 + 0.13 + 7.1 3 8 7 25 1.78 3.058 4 43 57.1 19.937 + 0.06 — 2.0 3 9 7 26 19.79 3.056 5 25 51.6 19.924 — 0.41 + 3.7 1 10 7 27 50.85 3.052 6 26 57.1 19.908 — 0.14 + 4.9 1 11 6 32 33.54 3.053 5 13 53.7 19.853 — 0.14 + 2.7 3 12 7 34 52.09 3.054 4 44 7.5 19.824 + 0.16 + 0.2 3 13 7 37 15.29 3.049 5 30 30.5 19.792 — 0.92 — 3.8 3 14 8 42 24.23 3.044 6 11 16.6 19.714 + 0.31 + 0.2 3 15 8 47 33.60 3.047 4 51 45.7 19.625 + 0.43 + 1.8 2 16 8 50 39.56 3.036 6 44 44.1 19.567 + 0.26 + 1.0 3 17 7.8 52 54.60 3.041 5 30 37.7 19.524 + 0.22 + 2.2 2 IS 7 0 54 57.00 3.039 5 41 39.4 19.482 + 0.13 — 2.1 3 19 8.9 1 0 22.21 3.038 7 1 52.2 19.363 + 0.47 — 1.8 3 20 7.8 5 45.52 3.033 5 41 46.6 19.236 + 0.10 + 0.0 3 21 8 9 16.45 3.025 6 28 42.5 19.147 + 0.05 + 0.2 3 22 7.8 13 13.51 3.019 7 0 0.2 19.041 + 0.33 + 1.0 3 23 8 14 26.80 3.036 4 38 24.1 19.002 + 0.36 — 1.0 2 24 7 16 56.99 3.018 6 46 58.6 18.936 + 0.33 + 0.3 3 25 7 21 49.57 3.018 6 25 31.9 18.791 + 0.03 — 0.6 3 26 8.9 26 14.35 3.009 7 5 43.2 18.651 + 0.12 — 0.3 3 27 8 29 8.52 3.026 4 57 46.0 18.558 + 0.26 + 3.0 3 28 8.9 32 56.70 3.013 6 12 56.8 18.430 + 0.33 + 2.5 3 29 7 35 51.58 3.017 5 34 20.7 18.327 + 0.35 — 2.0 7 30 6.7 37 57.78 3.007 6 32 11.5 18.251 — 0.01 — 4.3 4 31 8 43 23.41 3.019 5 0 43.4 18.049 + 0.14 — 3.2 4 32 8 46 36.94 2.996 7 3 41.8 17.925 — 0.37 — 3.3 4 33 9 50 3.66 3.016 5 5 7.0 17.788 — 0.67 — 5.0 4 34 8.9 53 20.83 3.008 5 34 43.2 17.652 — 0.10 — 3.5 4 35 8 156 14.40 + 2.996 — 6 28 57.6 + 17.526 + l.OG — 3.4 4 ZONA III AUSTRALE; D= — 6". 267 Num. progr. Grand. d,;lli- AR. media 1 Gen. i84o Vaiiaz. annua Decllnaz.medin V I. Genajo 1840 ariazione annua Z 0 B — S in AR. Deci. 3G 7 h , , 1 58 41.85 + 2.994 — 6° 32 35.7 4 - 17.426 — Ó'.12 4- 4.1 4 37 8 2 3 42.49 2.988 6 53 26.8 17.204 + 1.13 4- 5.8 4 38 8 6 22.11 2.995 6 1 9.8 17.083 + 0.25 + 7.8 4 39 8 10 12.61 3.010 4 50 29.2 16.905 + 0.10 + 5.2 4 40 8 11 57.96 2.980 7 3 34.6 16.822 + 0.12 4-10.0 3 41 8 12 33.39 2.980 7 6 49.8 16.793 + 0.10 + 6.8 2.1 42 7 15 25.00 2.980 6 55 21.5 16.656 + 0.25 4- 9.0 4 43 8 19 7.54 2.984 6 49 14.6 16.473 + 0.46 4- 8.6 4 44 7.8 22 26.99 2.992 5 44 46.6 16.305 4-0.44 + 9.6 4 45 8 '26 9.09 2.982 6 20 34.3 16.114 + 0.55 + 10.7 4 46 8 29 32.59 2.988 5 47 20.5 15.936 + 0.43 + 8.1 4 47 8 34 56.53 2.965 7 10 21.3 15.644 + 0.04 + 7.9 3 48 7 38 0.28 2.987 5 38 3.3 15.476 + 0.01 + 6.2 3 49 7 40 23.80 2.986 5 35 30.4 15.341 — 0.29 + 6.6 3.2 50 7.8 42 23.41 2.984 5 39 10.5 15.228 — 0.03 + 8.4 2 51 7.8 45 15.25 2.979 5 54 26.8 15.063 + 0.67 + 8.3 3 52 7 46 41.33 2.977 5 59 6.9 14.980 + 0.14 -1- 9.1 3 53 8 50 39.70 2.994 4 51 12.0 14.747 + 0.66 + 7.4 2 54 6.7 54 14.83 2.955 7 7 24.9 14.533 + 0.12 + 11.4 3 55 7 56 9.28 2.975 5 52 23.7 14.418 + 0.54 + 10.0 3 56 5 2 58 38.83 2.960 6 42 41.9 14.265 + 0.31 + 729.0 3 57 7.8 3 2 6.37 2.971 5 58 7.4 14.051 + 0.25 + 9.3 3 58 7.8 2 42.05 2.970 6 0 20.1 14.014 — 0.12 + 5.2 5 59 6 8 6.46 2.959 6 30 52.7 13.671 + 0.21 + 7.6 3 60 7 8 26.83 2.962 6 19 27.4 13.650 + 0.17 + 7.0 1 61 8 14 14.98 2.970 5 42 55.9 13.273 + 1.04 + 5.9 2 62 7 17 22.88 2.978 5 13 26.6 13.067 + 0.44 + 5.9 2 63 4 22 41.00 2.968 5 37 42.6 12.734 + 0.11 + 6.8 2 64 7 28 1.85 2.966 5 39 41.0 12.345 + 0.44 + 5.7 2 65 6 31 7.35 2.955 6 8 37.4 12.132 + 0.36 + 4.9 9 66 6.7 32 43.27 2.963 5 43 56.8 12.050 + 0.36 + 6.0 0 67 8 34 46.90 2.974 5 7 17.7 11.875 + 0.21 + 6.4 2 68 8 39 51.67 2.968 5 20 7.1 11.513 4- 0.13 + 4.3 2 69 8 42 44.92 2.972 5 6 6.2 11.305 + 0.24 + 8.2 2 70 7 3 44 35.82 + 2.963 — 5 32 22.3 4 -11.172 + 0.20 + 3.5 2 2(58 ZONA III. AUSTRALE ; D=- Ù". Nura piog . "^Sf AR. media r. stelle I Gen. iS4o Variai, annua Declinaz. media I Genajo 1840 Variazione aimua B-S in AR. Deci. r^ co 0 ^ 71 h 6 3 44 4S : : + £957 — 5° 50' 4Ó'.0 + n".i57 — 0.36 + 3"7 1 72 6.7 47 53.04 2.972 4 59 52.0 10.932 + 0.04 + 2.9 0 73 6.7 50 59.33 2.953 5 55 30.2 10.704 + 0.21 + 5.2 2 74 7.8 3 59 37.97 2.940 6 26 32.2 10.056 + 0.34 + 3.5 2 75 7 4 5 6.14 2.931 6 47 54.6 9.638 + 0.99 + 11.1 2 76 8 8 44.80 2.923 7 7 46.4 9.358 + 0.11 + 2.9 2 77 7 9 30.14 2.928 6 52 18.4 9.300 + 0.03 + 2.3 2 7S 8 13 39.96 2.936 6 27 23.0 8.975 + 0.33 + 3.5 2 79 7 16 52.82 2.942 6 3 49.3 8.722 + 0.06 + 4.5 1 80 8 17 25.99 2.943 6 1 27.5 8.679 + 0.49 + 3.1 2 81 8 21 48.09 2.965 4 57 16.3 8.333 + 0.03 —536.6 2 82 7 25 51.83 2.949 5 38 55.6 8.008 — 0.43 + 5.1 2 83 7 33 17.24 2.917 7 3 44.4 7.409 + 0.29 — 3.3 2 84 7.8 35 19.14 2.922 6 46 40.3 7.243 — 0.09 — 2.0 2 85 6 40 41.89 2.917 6 57 4.1 6.802 — 0.19 + 3.1 2 86 5.6 45 2.15 2.943 5 43 30.3 6.443 .... • . • • 2 87 7 46 3 5.45 2.945 5 38 10.8 6.314 + 0.22 —175.0 1 88 6 48 31.67 2.949 5 25 47.5 6.153 — 0.32 + 0.8 2 89 7 52 52.62 2.938 5 56 50.9 5.790 — 0.88 + 26.3 2 90 7 54 9.37 2.942 5 44 15.8 5.683 — 0.16 — 3.1 2 91 7 56 28.57 2.929 6 15 36.3 5.488 — 0.30 + 6.0 2 92 6.7 4 58 51.14 2.961 4 52 31.2 5.288 + 0.05 — 1.6 4 93 ' 7 5 0 14.42 2.925 6 25 56.8 5.170 + 0.00 — 1.2 2 94 7.8 5 34.37 2.960 4 50 49.4 4.719 + 0.17 — 1.3 3 95 8 9 10.96 2.908 7 7 2.7 4.411 — 10.19 — 3.0 1 96 5.6 9 50.36 2.910 7 1 18.8 4.355 + 0.18 — 7.7 2 97 7 12 11.05 2.947 5 22 39.0 4.154 + 0.16 — 3.7 1 98 7 12 34.72 2.945 5 32 8.7 4.120 — 0.06 — 2.2 2 99 G 18 11.22 2.940 5 39 54.0 3.640 — 0.24 + 5.1 3 100 8.9 21 19.16 2.914 6 46 10.9 3.370 — 0.01 — 6.3 2 101 8 24 53.58 2.933 5 4 51.7 3.060 — 0.03 — 3.5 3 102 5 27 36.71 2.931 6 1 13.8 2.826 .... • • 2 103 7 28 46.75 2.927 6 10 10.5 2.723 — 0.02 — 6.8 2 104 6.7 29 37.94 2.931 6 2 27.1 2.650 — 0.15 — 4.5 2 105 7 5 33 36.93 + 2.907 — 7 1 24.4 + 2.304 ' ' 1 ZONA III. AUSTRALE: D = — G" 269 I Num. (1,.11„ AK. media Variai. Dcclinaz. media Vaiia/lone B — S piogr. slfllc I Gen. l84o annua 1 Genajo iS.'jo annua AR. Deci. « o 106 1 7 5 1 35 7'.83 + 2.910 — 6° 52 49.7 + 2.172 + 0.23 _^ 3.3 3 107 7 36 9.27 2.963 4 38 : : 2.083 1 108 7 36 37. GO 2. 960 -4 46 18.0 2.043 + 0.19 — 0.7 o 109 8 40 46.41 2.933 5 53 18.0 1.680 + 0.10 — 4.2 3 110 8.9 41 1.88 2.934 5 49 36.3 1.658 .... 1 111 7 45 51.51 2.936 5 44 35.2 1.237 + 0.14 — 3.9 1 112 7 47 31.83 2.934 4 46 : : .... — 0.75 . . 1 113 7 47 41.95 2.958 4 49 14.0 1.076 — 0.57 — 1.1 2 114 7 52 1.60 2.916 6 36 47.4 0.698 + 0.05 — 4.3 3 115 5 56 27.12 2.906 6 42 28.9 0.311 + 0.07 — 4.7 3 IIG 7 58 12.63 2.933 5 52 18.3 0.157 + 0.99 — 2.0 2 117 6.7 5 59 10.08 2.926 6 11 23.8 + 0.073 . . . . 2 118 7 6 0 51.77 2.946 5 18 35.2 — 0.077 — 0.46 — 4.0 2 119 7 1 26.80 2.946 5 19 45.2 0.127 — 0.52 — 0.7 3.2 120 6 3 14.88 2.913 6 43 32.8 0.284 + 0.12 — 4.9 2 121 5 4 4.68 2.918 6 31 11.9 0.357 — 0.22 — 0.8 3 122 6.7 5 9.45 2.955 4 53 55.0 0.452 + 0.12 + 2.5 2 123 7 5 20.16 2.954 5 0 : : 0.467 . . 2 124 5 7 3.19 2.925 6 13 55.3 0.617 + 0.01 + 0.6 3 125 8 9 23.59 2.947 5 17 29.3 0.823 — 0.07 — 3.8 2 126 7.8 9 39.42 2.948 5 15 23.4 0.845 .... 1 127 8 13 11.61 2.916 6 37 31.3 1.154 — 0.33 — 3.2 3 128 8 16 56.77 2.944 5 25 18.5 1.480 — 0.03 + 2.0 3 129 8.9 22 30.33 2.923 6 19 39.3 1.966 — 0.09 + 0.6 2 130 7 24 33.34 2.937 5 45 25.4 2.144 — 0.36 + 0.5 2 131 6 28 42.75 2.953 5 5 2.0 2.505 + 0.31 — 2.8 2 132 7.8 33 18.16 2.941 5 33 40.5 2.904 — 0.10 + 34.1 2 133 7 34 18.21 2.932 5 58 1.9 2.991 — 0.25 + 1.4 2 134 7.8 38 22.00 2.953 5 5 9.8 3.343 .... 1 135 8 40 4.09 2.956 4 59 1.7 3.489 — 0.23 — 1.6 2 13* 7 41 51.17 2.904 7 14 10.3 3.642 — 0.23 + 0.0 2 137 7 43 47.07 2.914 6 46 57.0 3.792 + 0.23 — 2.1 2 138 7 46 18.17 2.940 5 39 32.0 4.025 + 0.05 — 2.8 9 139 8 49 1.14 2.950 5 16 33.2 4.258 »... . . 1 140 8 6 49 1.82 + 2.953 5 9 5.9 + 4.258 .... 1 270 ZONA III. AUSTRALE; D = — 6". Num. Grana, delle AR. media Variaz. Dei-linaz. media Variazione B- -S -0 £ progr. .l..-lle 1 Gen. i84o annua 1 Genajo i84o annua AH. Deci. 1 141 8 h , 649 31.44 + 2.951 — 5° 12 43.5 — 4.300 — Ó'.14 - 4.8 1 142 8 53 42.61 2.917 6 43 1.9 4.657 — 0.19 - 0.6 2 143 8.9 58 38.00 2.952 4 41 35.3 5.075 .... . 1 144 5 6 58 46.69 2.940 5 44 41.3 5.087 — 0.03 -4.7 1 , 145 8 7 2 1.62 2.946 5 28 52.0 5.362 .... . . . . 1 146 8 3 58.72 2.948 5 24 30.1 5.394 — 0.15 — 1.9 2.1 147 8 7 46.16 2.918 6 48 43.6 5.845 — 0.47 — 3.7 2 14.S 7 9 43.67 2.928 6 23 56.4 6.008 + 0.87 — 1.1 2 149 7 12 23.11 2.940 5 50 49.1 6.229 .... .... 1 150 7 12 59.14 2.941 5 50 23.5 6.279 + 0.22 — 13.6 2 151 7 14 34.8.T 2.944 5 40 54.3 6.411 — 0.05 — 5.9 2 152 7 17 59.32 2.950 5 27 46.4 6.694 — 0.23 — 1.9 2 153 7.8 21 47.59 2.931 6 22 7.7 7.007 + 0.59 — 10.4 154 7.8 22 56.40 2.931 6 23 14.3 7.100 + 0.32 — 1.7 155 7 24 6.73 2.948 5 36 29.1 7.196 + 10.00 — 3.3 156 7 30 3.46 2.930 6 36 6.0 7.679 — 0.20 — 4.0 157 7.8 33 56.46 2.925 6 46 54.0 7.992 — 1.09 + 0.0 158 6 38 12.10 2.934 6 23 3.0 8.333 + 0.21 4- 0.8 159 9 42 5.05 2.919 7 10 9.2 8.641 + 0.29 — 0.5 160 8 42 43.11 2.958 5 21 13.4 8.690 + 0.59 — 181.1 161 7.8 44 42.17 2.955 5 3! 1.7 8.847 — 0.19 — 0.9 162 6 44 53.68 2.970 5 1 13.8 8.862 + 0.13 + 2.6 163 8 50 32.59 2.946 5 58 43.6 9.302 — 0.08 — 2.7 164 6 53 12.74 2.947 5 58 55.4 9.50S — 0.05 + 1.8 2 165 7 54 54.98 2.957 5 52 58.1 9.640 + 0.10 + 6.1 o 166 7 7 56 54.47 2.970 4 57 52.7 9.791 — 0.15 -f 0,9 2 167 8 S 2 15.73 2.944 6 16 45.9 10.199 — 0.08 + 3.9 2 168 7.8 5 42.82 2.943 6 7 5.8 10.457 — 0.14 + 2.9 2 169 8 8 7.35 2.964 5 23 7.1 10.636 — 0.03 + 3.8 2 170 7 10 36.36 2.931 7 4 46.8 10.821 .... 2.1 171 7 11 25.56 2.931 7 3 50.0 10.881 — 0.14 + 3.0 0 172 6 14 37.47 2.960 5 40 25.1 11.115 — 0.10 + 0.0 2 173 7 17 24.98 2.942 6 39 22.5 11.317 + 0.15 + 2.3 2 174 6.7 19 24.81 2.957 5 53 17.1 11.461 — 0.10 + 4.3 2 175 8 8 22 32.98 + 2.947 — 6 30 : : — 11.687 .... 1 ZONA. III. x\USTR\LE ; D = - C. 271 Num. GraiiJ. , d.-ll- A R. media Variaz. Declinaz. media Variazione B - S — M ■V £ progr. stelle 1 . Gen. i84o annua I Genajo i 8^0 annua AR. Deci. 176 8 S 22 44.04 + 2.944 — 6°37'25'.'4± — 11.692 + Ó'.12 9'.'9 2 177 7 24 40.50 2.969 5 21 45.2 11.837 + 0.18 + 4.3 2 178 6.7 30 27.40 2.957 6 6 27.7 12.240 + 0.05 + 2.9 2 179 5 35 48.69 2.949 6 39 47.8 12.609 + 0.09 + 1.0 2 180 7 40 10.91 2.963 5 58 26.1 12.904 — 0.14 + 2.4 2 181 8 43 51.78 2.961 6 11 23.7 13.149 — 0.03 1.3 2 182 8.9 48 9.23 2.972 5 39 51.9 13.430 — 1.26 0.3 2 183 8.9 52 59.16 2.956 6 47 29.1 13.741 — 0.12 + 0.5 2 184 8 8 57 50.35 2.954 6 58 18.2 14.048 — 0.21 + 0.5 2 185 7 9 0 6.34 2.952 7 9 51.4 14.188 + 0.15 1.2 2 186 6.7 4 32.18 2.965 6 27 30.3 14.460 — 0.09 + 5.3 2 187 5.6 8 44.98 2.980 5 41 25.3 14.712 — 0.16 4.4 5 188 7.8 12 52.22 2.960 7 3 20.8 14.954 — 0.04 + 11.2 2 189 8 16 54.65 2.989 5 19 31.5 15.188 4-14.04 + 1.6 1 190 5.6 19 51.06 2.989 5 22 36.5 15.353 — 0.04 + 5.4 3 191 7 22 56.05 2.997 4 57 52.2 15.527 — 0.31 + 1.5 4 192 7 25 24.55 2.975 6 29 5.3 15.663 — 0.05 + 3.7 3 193 6 26 33.63 2.995 5 12 19.1 15.726 — 0.24 + 7.5 2 194 7.8 32 44.25 2.984 6 10 0.6 16.056 — 0.04 + 2.1 4' 195 7.8 36 10.11 2.996 5 27 13.8 16.235 .... . . . 2 196 8 36 40.92 2.994 5 32 55.8 16.260 + 0.10 + 5.3 3 197 7 40 15.60 2.983 6 30 22.6 16.442 — 0.19 + 0.2 3 198 7 43 23.28 2.999 5 26 21.4 16.595 + 0.16 + 1.9 4 199 7 48 10.93 2.982 6 53 24.3 16.829 4- 0.03 — 1.4 4 200 8 51 36.29 2.982 7 5 38.5 16.999 + 0.25 — 4.2 3 201 8 56 26.47 2.993 6 26 16.1 17.211 — 0.08 + 6.1 3 202 7 9 59 47.80 2.990 6 51 4.2 17.360 + 0.42 — 3.6 1 203 7 10 3 18.41 2.996 6 31 50.8 17.518 — 0.11 — 3.4 3 204 7 6 10.03 2.990 7 12 9.9 17.632 + 0.02 + 4.1 3 205 8 8 14.61 3.015 5 2 7.5 17.718 — 0.02 + 1.6 3 206 7 12 37.08 3.016 5 23 29.1 17.895 — 0.23 + 0.4 3 207 6 17 44.54 3.007 6 15 21.2 17.092 + 0.14 + O.I 3 208 7 22 58.28 3.005 6 49 9.1 18.285 — 0.59 — 0.1 3 209 7 24 25.39 3.021 5 15 12.4 18.337 + 0.19 + 0.3 3 210 8 10 30 30.38 + 3.014 — 6 21 12.2 — 18.546 + 0.17 + 1.8 3 272 ZONA III. AUSTRALE: D = — 6". Num. progr. Gniiid. AR. media i. Gea. itì4o Vari.nz. annua Decllnaz. media i Gcnajo i84o Variazione annua AR. •S Deci. Z o 211 7 212 8 213 8 214 7 215 8 216 7 217 7 218 7.8 219 8 220 0 22 1 8 222 8 223 8 224 7.8 225 7 226 8 227 6 228 7 229 7 230 9 231 8 232 7 233 7 234 8 235 7 230 8 237 8 238 7.8 239 8.9 240 8.9 241 8 242 7 243 6 244 7.8 245 7 10 33 50.01 35 50.24 41 57.15 44 47.04 47 17.02 54 39.84 55 45.15 10 58 0.23 11 2 12.58 8 51.77 14 25.20 14 41.00 18 42.21 22 42.53 23 48.25 30 40.93 35 44.63 41 0.72 43 0.72 46 34.74 50 49.68 54 40.36 57 23.47 11 57 37.02 12 2 14.77 6 55.86 9 41.48 15 14.53 19 45.70 25 42.02 27 30.02 28 33.24 30 59.77 33 41.58 12 39 17.65 + 3.021 3.026 3.018 3.025 3027 3.034 3.026 3.032 3.036 3.038 3.037 3.037 3.041 3.048 3.050 3.050 3.056 3.057 3.058 3.064 3.065 3.067 3.069 3.069 3.072 3.075 3.076 3.079 3.084 3.088 3.089 3.086 3.093 3.093 + 3.092 — 5 44 25.6 5 14 33.3 6 38 9.8 5 57 55.1 5 58 38.5 5 32 4.5 6 49 31.1 6 8 44.1 5 49 19.2 6 15 46.5 7 11 52.0 7 14 : ! 6 54 44.0 5 50 16.3 5 35 5.9 6 42 52.1 5 47 19.3 6 28 22.6 7 6 5.5 5 4 29.6 5 45 52.7 6 47 39.2 4 57 24.9 4 57 54.9 6 53 5.9 6 21 52.2 5 32 26.9 5 14 1.8 6 40 55.9 6 53 49.0 6 33 52.7 4 56 59.6 7 6 50.8 6 37 12.0 — 5 25 30.3 — 18.654 18.718 18.905 18.986 19.055 19.246 19.273 19.326 19.422 19.557 19.660 19.664 19.731 19.791 19.806 19.891 19.944 19.987 20.001 20.021 20.041 20.050 20.054 20.054 20.054 20.047 20.038 20.012 19.981 19.930 19.912 19.900 19.872 19.839 — 19.762 — 0.05 + 6.9 — 0.20 — 1.8 — 0.01 — 0.6 + 0.16 + 1.0 — 0.21 — 3.1 + 0.06 — 0.6 + 0.16 + 2.6 + 0.29 + 0.3 + 0.11 — 0.1 + 0.33 + 1.2 + 0.24 + 0.5 + 0.12 — 0.8 — 0.23 + 3.9 + 0.08 — 0.5 J- 0.29 — 1.1 + 0.56 + 2.0 + 0.41 + 2.8 — 0.08 + 2.1 + 0.26 + 3.4 + 0.66 — 0.9 + 0.15 — 0.6 + 0.70 + 7.0 + 0.30 + 1.1 + 0.52 + 8.9 + 0.87 + 10.9 + 0.18 + 7.0 + 0.31 + 11.6 + 0.26 + 10.0 + 0.18 + 4.0 + 0.03 + 10.0 — 0.10 + 9.4 — 1.22 + 8.4 — 0.13 + 8.0 3 1 1 1 1 2 1 2 2 3 1 1 2 2 1 2 2 2 2 1 1 3 3.2 3.2 4 2 2 3 2 2 2 3 3 3 3 ZONA. III. AUSTRALE; D = — G" 27S Nura. progv. 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 Grami. stdlL- AR. media I. Gen. i84o Variaz. annua Declinaz. media I Genajo 184» Variazione annua B - S in AR. Deci. 8 8 8 8 8 8 8 8 8.9 8 7 8 7 7 6 7 8 8 7 7 7 8 8 7 8 8 8 7 5 7 7 8 7 6 8 1241 26.53 43 56.58 50 18.91 50 43.11 1255 5.70 13 0 9.46 1 27.72 7 10.05 9 17.74 11 26.43 14 12.93 16 28.61 20 44.59 22 5.47 23 39.42 25 3.59 29 12.72 33 25.35 39 4.42 39 56.61 42 26.83 45 16.38 46 35.67 50 36.44 53 22.57 13 56 26.31 14 2 35.14 6 1.74 7 38.17 7 57.71 11 29.36 14 11.20 19 1.05 20 16.02 14 22 39.04 + 3. 090 3.094 3.101 3.097 3.101 3.109 3.113 3.119 3.109 3.111 3.110 3.117 3.112 3.117 3.116 3.128 3.133 3.133 3.128 3.130 3.141 3.126 3.124 3.137 3.125 3.136 3.133 3.134 3.135 3.144 3.147 3.161 3.143 3.154 + 3.140 • 6 0 25.2 5 13 4.3 6 4 59.8 5 13 33.0 5 34 19.9 6 27 23.0 6 48 5.2 7 12 39.8 5 33 8.9 5 41 59.1 5 21 30.8 6 0 18.2 5 7 38.0 5 38 35.2 5 25 47.9 6 48 0.8 7 3 16.2 6 44 42.6 5 54 15.9 6 2 14.5 6 59 18.9 5 23 38.3 5 5 21.3 6 8 30.9 4 53 29.5 5 46 57.7 5 13 2.8 5 12 10.3 5 14 6.7 5 52 35.0 6 0 24.6 7 1 48.6 5 23 49.5 6 10 48.9 - 5 5 19.8 19.729 + o".02 19.688 + 0.42 19.574 — -0.41 19.567 + 0.89 19.479 — 0.09 19.368 + 0.17 19.338 0.06 19.201 — 0.10 19.146 + 0.49 19.089 + 0.20 19.013 — 0.11 18.950 + 0.21 18.824 — 0.06 18.783 — 0.00 18.733 + 0.08 18.689 — 0.04 18.555 + 0.22 18.414 + 0.05 18.212 — 0.3 5 18.179 — 0.19 18.085 + 0.26 17.978 -— 0.18 17.926 + 0.11 17.766 + 0.25 17.652 + 0.01 17.523 — 0.38 17.255 + 0.35 17.099 + 0.45 17.025 + 0.23 17.010 + 0.27 16.844 + 0.41 16.715 + 0.10 16.478 + 0.25 16.416 + 0.24 16.295 + 0.72 + 5.2 + 8.0 + 8.6 + 7.8 + 11.5 + 8.3 + 13.4 + 14.6 + 13.7 + 12.7 + 12.6 + 11.2 + 12.3 + 9.7 + 11.8 + 12.5 + 9.8 + 6.7 + 11.6 + 10.2 + 10.4 + 9.8 + 8.2 + 9.9 + 11.6 + 8.6 + 13.4 + 13.0 + 13.8 + 13.8 + 10.8 + 13.2 + 11.4 + 12.9 + 11.2 3 3 2 1 3 9 2 3 1 3.4 2 1 1 1 1 1 2 3 3 3 3 2 9 3 3 3 3 3 2 1 3 3 3 3 3 35 2T4 ZONA III. AUSTRALE: D = — 6". Num. progr Grand, dell» stelle AR. media r. Gen. i84o Variai. annua Declinaz. media i Genajo iS^o Variazione annua B — S in AR. Deci. 2H1 8 282 8 283 8 284 8 285 8 2S6 8 287 8 288 8 289 9 200 6 291 8 292 6.7 293 6 294 8.9 295 8 296 8 297 7 298 7.8 299 8 300 7 301 7 302 9 303 7 804 7 305 7 306 7 307 7 308 8 309 7 310 7 311 6 312 8 313 8.9 314 6.7 315 7 14 24 54.48 25 14.71 27 3.03 30 35.94 31 37.G1 35 57.64 40 12.73 45 35.50 49 15.42 53 38.25 14 59 42.20 15 6 24.86 12 40.77 16 22.52 16 3 5.99 21 34.11 25 54.13 28 24.20 33 15.01 36 58.37 38 16.01 42 26.96 48 37.81 51 7.25 54 33.90 56 55.09 15 57 12.81 IG 5 19.54 8 19.23 10 35.66 19 6.58 23 12.81 27 10.26 29 27.80 16 29 49.42 + 3.157 3.156 3.147 3.143 3.160 3.154 3.167 3.146 3.167 3.182 3.191 3.154 3.162 3.172 3.171 3.184 3.165 3.172 3.182 3.177 3.177 3.183 3.185 3.206 3.178 3.194 3.194 3.204 3.126 3.206 3.224 3.214 3.199 3.205 + 3.218 6°13'4l".5 6 9 49.0 5 7 45.5 5 5 33.6 6 14 58.3 5 42 27.2 6 26 12.4 4 54 48.1 6 5 37.6 6 56 25.3 7 16 32.1 4 54 14.9 5 14 37.1 5 42 3G.0 5 40 35.6 6 17 29.3 5 9 16.4 5 29 33.0 5 55 36.5 5 38 23.2 5 37 7.0 5 50 22.0 5 49 31.9 6 50 30.6 5 23 6.8 5 51 5.1 5 51 6.4 6 29 40.1 5 5 38.9 6 28 42.8 7 13 36.9 6 40 22.8 5 56 46.0 6 12 42.1 6 49 3 5.2 ■ 16.179 16.161 16.066 15.880 15.824 15.588 15.352 15.054 14.830 14.570 14.201 13.780 13.376 13.134 13.118 12.786 12.492 12.319 11.982 11.720 11.628 11.319 10.951 10.695 10.437 10.261 10.229 9.621 9.392 9.214 8.547 8.220 7.903 7.718 - 7.689 + 0.52 + 0.38 + 0.18 + 0.03 + 0.27 — 0.07 + 0.09 + 0.21 + 0.36 — 0.14 + 0.23 + 0.18 + 0.3 3 + 0.25 -1- 0.22 + 0.12 — ■ 0.18 + 0.47 — ■ 0.30 — -0.64 + 0.15 — -0.17 — -0.21 — -0.25 — -0.04 — -0.02 — 0.38 — 0.16 — 0.01 — 0.07 + 0.29 + 0.37 + 0.04 + 0.03 11.1 11.5 10.3 11.7 11,0 6.9 4.8 3.5 ■ 0.9 0.7 10.6 3.0 6.1 2.2 3.5 2.8 1.8 4.7 5.2 5 2 3.8 ■ 9.1 10.4 3.3 8.0 3.0 5.3 2.0 0.7 7.4 3.8 3.4 7.0 1.0 2 1 o 2 5 3 3 3 3 3 3 3 3 1 3 3 5 2 o o 1 2 2 2 2 1 ZONA III AUSTRALE ; D = - G". 275 Num. jn-ogr. Grami .l.ll,- AR. media I Gcn. 184.0 Vaiìaz. annua Declinaz. media 1 Genajo iS4a Variazione annua B-S in AR. Deci. ■Se 0 s a 0 316 8 h , 16 44 i'39 + 3.177 — 4° 52 35'.3 — 6.527 — o".08 + l".5 1 317 7.8 46 32.61 3.212 6 23 12.3 6.319 — 0.11 + 0.4 2 3X8 8 52 36.96 3.222 6 47 13.4 5.812 — 0.02 — 9.9 2 319 8 16 54 23.59 3.205 6 7 5.7 5.663 — 0.09 + 1.4 2 320 8.9 17 0 19.23 3.183 4 58 47.7 5.163 — 0.15 + 2.0 2 321 8.9 6 50.18 3.214 6 19 14.3 4.611 — 0.29 — 11.2 2 322 7 8 8.41 3.209 6 3 44.5 4.501 + 0.10 + 1.9 3 323 7 11 25.85 3.202 5 44 20.3 4.219 — 0.11 + 2.7 3 324 7 17 23.61 3.219 6 26 3.1 3.707 + 0.23 + 5.2 3 325 S 18 34.76 3.236 7 10 6.6 3.605 + 0.34 + 3.2 2 326 7.8 21 14.18 3.204 5 47 1.5 3.377 — 0.59 + 2.5 3 327 7 24 57.33 3.200 5 37 20.3 3.0,';4 + 0.24 + 1.7 3 328 7 27 8.28 3.210 6 0 41.9 2.866 — 0.19 — 4.9 3 329 8 27 20:: 3.210 6 1 11 :: 2.849 .... .... 3 330 7 35 9.06 3.234 7 0 1.8 2.170 + 0.04 + 0.1 3 331 8 42 14.04 3.194 5 16 42.4 1.574 — 0.13 + l.l 3 332 8 43 7.20 3.216 6 12 48.1 1.476 .... 1 333 7 44 4.11 3.213 6 5 58.8 1.393 — 0.12 + 2.1 3 334 8 47 31.97 3.226 6 38 29.2 1.091 — 0.27 + 1.5 3 335 8 50 48.02 3.213 6 5 38.0 0.901 — 0.12 — 2.1 3 336 7 54 14.36 3.226 5 21 9.7 0.501 + 0.52 + 2.4 3 337 7 17 57 44.04 3.182 4 45 32.1 — 0.199 + 0.37 + 5.9 3 338 7 18 2 55.58 3.192 5 14 1.7 + 0.257 — 0.02 + 2.8 2 339 7 3 22.87 3.203 5 39 19.0 0.296 — 0.34 — 3.6 1 340 7.8 7 1.88 3.199 5 31 10.6 0.616 + 0.06 + 2.4 1 341 8 11 16.71 3.188 5 1 25.1 0.987 — 0.21 — 1.7 3 342 8 14 59.98 3.218 6 19 32.3 1.312 — 0.39 — 1.4 3 343 7 21 41.04 3.206 5 49 41.0 1.894 + 0.17 + 12.2 3 344 7 24 48.89 3.210 6 1 28.1 2.167 — 0.16 + 0.4 3 345 8 27 30.86 3.230 6 51 57.2 2.402 + 0.16 + 2.1 3 346 8 31 58.77 3.209 5 50 57.8 2.749 — 0.26 + 1.3 2 347 7 33 58.02 3.214 7 13 22.4 2.961 — 0.24 + 1.8 1 348 7 35 2.97 3.253 7 53 3.6 3.055 . . ■ • ... ; 1 349 7 35 13.81 3.232 6 58 12.8 3.071 — 0.15 + 2.7 3 350 7 1838 34.58 + 3.209 — 6 3 52.6 + 3.360 + 0.28 — 0.2 2 276 ZONA III. AUSTRALE; D= — 6". Num. Grand. d,-lle AR. media Varia z. Declinaz. media Variazione B-S .2 N progr. stella I Gen. i84o annua I Genajo iS4o annua AR. '" Deci. 'i , „ 351 7 18 40 5.46 + 3.213 — 6°1Ó 40.7 - - 3.491 — 6'.29 + Ó'.5 2 352 7 41 7.44 3.211 6 5 17.6 3.580 — 3.70 — 0.3 3 353 7.8 44 41.98 3.183 4 55 17.2 3.887 — 19.60 + 1.0 3 3 54 5 48 29.75 3.209 6 2 54.6 4.213 + 0.09 + 0.0 2 355 7 50 14.70 3.204 5 50 41.1 4.363 + 0.36 — 2.8 2 356 7 50 23.93 3.183 4 56 18.2 4.37 5 + 0.48 + 3.4 1 357 5 53 8.28 3.206 5 57 26.8 4.609 + 0.60 + 4.9 2 358 7.8 55 51.57 3.205 5 54 59.7 4.840 + 0.28 — 0.4 2 359 5 1857 45.46 3.186 5 7 2.4 5.001 + 0.65 + 3.8 2 360 7 19 0 48.22 3.233 7 9 48.3 5.258 + 0.46 — 1.2 2 361 7 2 22.12 3.226 6 52 39.4 5.391 + 0.69 + 0.9 2 362 7 6 48.41 3.212 6 19 22.2 5.764 + 0.27 + 1.2 2 363 6 12 0.29 3.198 5 42 32.2 6.199 + 0.38 — 2.7 2 364 7 16 31.69 3.185 5 11 34.5 6.573 + 0.43 + 0.8 2 365 7 22 19.07 3.220 6 50 17.0 6.998 + 0.90 + 3.4 2 366 8 23 14.64 3.181 5 4 54.3 7.289 + 0.30 + 2.3 2 367 8.9 28 10.29 3.199 5 56 48.4 7.527 + 0.68 + 1.5 2 368 7 31 50.22 3.196 5 48 37.0 7. 823 + 0.53 — 1.0 2 369 8 38 47.24 3.212 6 43 47.5 8.380 + 0.63 -^ 1.7 2 370 7 42 20.49 3.221 5 5 37.9 8.660 + 0.83 + 1.0 2 371 7 46 44.51 3.228 7 8 52.9 9.007 + 0.63 — 0.2 2 372 7 48 50.05 3.221 7 6 51.7 9.170 + 0.79 + 3.8 9 373 8 52 22.07 3.168 4 44 40.9 9.445 + 0.60 — 0.1 2 374 7.8 19 56 40.21 3.167 4 45 35.3 9.773 + 0.32 + O.l 2 375 8 20 1 57.99 3.204 6 37 46.9 10.177 + 0.30 — 2.6 4 376 7 2 34.12 3.202 6 33 25.6 10.222 + 0.26 — 1.0 4 377 8 4 6.23 3.198 6 50 17.0 10.338 — 0.3 7 — 7.0 2 378 8 5 52.51 3.201 6 31 38.2 10.470 + 0.02 — 1.5 2 379 8 9 41.85 3.205 6 48 17.7 10.755 — 0.37 — 1.5 2 380 9 14 7.34 3.183 5 46 18.0 11.079 .... 2 381 7 15 8.04 3.183 5 46 33.3 11.153 + 0.93 — 8.9 2 382 8 17 51.81 3.200 6 40 33.4 11.349 — 0.36 + 2.0 2 383 8 22 5.66 3.183 5 55 14.6 11.653 — 0.08 — 2.2 2 384 7 23 3 7.15 3.181 5 46 47.3 11.762 — 0.06 — 2.6 2 385 8 20 27 13.44 + 3.169 — 5 15 55.2 — 12.015 — 0.06 + 2.4 2 ZONA IH. AUSTIIALI' ; T) = ~ C. 277 Num. progr. Grand d.-llf blullu AR. metile I Gen. tHio Variaz. annua Dcrlinaz. media I Genajo 1840 \ aria /.ione annua B — S in AR. Deci. h , „ 386 7 2029 43. 3G + 3'. 162 — 4° 56 li'.l + 12.190 — Ò.08 — 1.4 2 387 7 30 39.09 3.172 5 29 14.7 12.254 + 0.12 — 2.9 2 388 7.8 32 54.0) 3.191 6 33 46.7 12 410 — 0.07 + 1.9 1 389 8 36 46.65 3.197 6 43 58.2 12.668 — 0.57 + 0.3 2 390 7.8 38 47.47 3.173 5 41 : : 12. 8± .... 9 391 5.6 39 17.57 3.171 5 36 33.4 12.845 + O.Ol — 6.7 2 392 7 42 56.53 3.181 6 13 13.5 13.088 — 0.21 — 4.7 2 393 7 43 40.90 3.179 6 6 11.6 13.148 + 2.80 — 2.3 2 394 7 45 39.13 3.161 5 8 41.2 13.267 + 0.25 + 0.1 2 395 9 48 32.26 3.194 7 4 51.7 13.455 + 0.35 + 1.9 2 396 7 52 5.16 3.175 6 5 52.8 13.684 + 0.36 — 1.2 1 397 7 52 8.92 3.1G2 5 20 37.9 13.688 — 0.57 + 0.8 1 398 7 20 55 36.7G 3.180 6 27 8.2 13.907 + 0.08 — 2.4 2 399 7 21 031.19 3.173 6 13 24.5 14.214 + 0.47 + 1.7 2 400 7.8 5 8.Ì0 3.186 7 7 15.8 14.495 + 0.3 3 + 3.1 2 401 7 6 37.48 3.170 6 12 36.8 14.585 + 0.22 — 1.5 1 402 7 12 40.80 3.152 5 14 6.6 14.943 + 0.16 — 4.0 2 403 7 14 11.06 3.168 6 18 38.5 15.031 + 0.21 — 3.4 1 41)4- 8 18 3 5.64 3.179 7 10 3.4 15.284 — 0.19 — 0.9 2 405 8 24 3,34 3.174 7 0 40.2 15.592 + 0.19 — 0.8 2 406 6.7 26 56.16 3.139 4 41 34.2 15.746 + 0.07 + 0.3 2 407 7 30 19.63 3.140 4 52 1.2 15.930 + 0.32 + 1.2 4 408 8.9 32 47.3(1 3.147 5 30 7.9 16.059 — 0.20 — 2.8 1 409 8 33 57.07 3.141 5 3 56.5 16.119 + 0.20 — 1.7 3 410 7 38 16.55 3.164 6 50 30.7 16.342 ...» 2 411 7 38 16.55 3.164 6 50 43.7 16.342 .... 0 412 9 44 25.99 3.163 7 5 38.9 16.648 + 0.03 + 3.7 1 413 8 47 58.59 3.141 5 30 43.7 16.819 + 0.10 — 0.3 1 414 7 49 50.15 3.148 6 10 47.8 16.907 — 0.26 + 0.4 1 41j 8 53 11.16 3.157 6 58 49.6 17.062 + 0.05 + 1.3 1 416 8 21 57 41.51 3.143 6 7 50.6 17.267 — 0.03 + 1.6 1 417 7 22 2 13.14 3.128 5 3 2.5 17.465 + 0.17 — 0.7 2 418 7.8 4 17.70 3.130 7 15 24.1 17.554 — 0.46 + 1.4 2 419 7 8 45.22 3.116 6 11 1.2 17.739 — 0.11 — 2.5 2 420 8 22 11 30.41 + 3.101 — 4 51 56.2 + 17.850 + 0.09 + 1.6 2 278 ZONA III. AUSTRALE; D = — 6" Nam. progr. Grand, delle stelle AR. media 1 Gen. i84o Variaz. annua Decllnaz. media I Gcnajo i84'-^ Variazione annua B — S AR. Deci. 421 7 422 9 423 8 424 8 425 7 426 8 42 7 9 428 7 429 7 430 9 431 9 432 7 433 8 434 8.9 43 5 8.9 436 8.9 437 7.8 438 9 439 C 440 7 441 7 442 7 443 7 444 7 445 7 446 7.8 447 8.9 44S 8.9 449 7 450 7 451 8.9 452 7 453 5 454 5.6 h , 22 15 20 25 28 33 39 39 4G 49 49 50 53 22 55 23 0 1 7 8 9 11 11 13 20 21 23 27 31 35 37 39 41 47 51 53 23 57 46. CG 0.84 35.05 57.78 46.48 35.16 36.62 52.99 0.22 50.31 17.54 14.79 54.63 44.53 20.81 4.70 59.71 38.27 6.14 57.92 2.8=h 31.98 15.71 15.65 0.49 36.68 35.93 39.9! 24.74 19.58 11.00 28.29 45.34 8.84 + 3.108 3.097 3.105 3.115 3.104 3.09,'; 3.095 3.098 3.097 3.102 3.102 3.094 3.100 3.108 3.099 3.099 3.098 3.097 3.100 3.094 3.097 3.096 3.092 3.089 3.086 3.089 3.088 3.086 3.085 3.082 3.078 3.0/6 3.075 + 3.072 0 5 38 38.7 4 43 7± 5 42 31.0 6 53 36.7 5 56 3.4 5 3 28.4 5 3 36± 5 50 17.7 5 39 43.5 6 32 22.8 6 31 37.3 5 34 10.2 6 38 2.3 6 12 22.9 4 49 39.5 5 24 9.9 5 18 19.8 5 23 38.1 5 59 46.7 4 47 31.6 5 32 41.9 6 16 6.7 5 24 12.5 4 57 37.8 4 44 19.0 6 25 52.0 7 9 19.4 6 49 14.7 6 42 48.1 6 26 28.4 5 47 28.3 G 46 45.4 6 54 10.2 6 36 7.0 + 18.018 18.188 18.379 18.495 18.652 18.834 18.834 19.044 19.101 19.1 -'3 19.136 19.211 19.277 19.389 19.403 19.524 19.561 19.573 19.601 19.616 19.636 19.759 19.770 19.799 19.84S 19.902 19.942 19.960 19.974 19.989 20.024 20.042 20.048 + 20.054 + 0.21 + 0.06 + 0.16 — 0.35 + 0.29 + 0.26 — 0.07 — 0.33 + 0.17 + 0.03 + 0.17 + 0.94 — 0.36 + 0.11 + 0.03 — 0.41 — 0.29 + 3.8± — 0.22 — 0.23 — 0.19 — 0.04 — 0.05 — 0.02 — 0.01 — 0.18 + 0.17 — 0.04 — 0.58 + 0.03 + 4.3 + 3.7 + 2.0 + 1.9 — 0.8 — 1.1 — 5.5 — 0.6 + 1.5 — 2.6 — 3.1 — 2.5 — 4.7 — 6.3 — 6.9 — 6.9 + 11.4 — 9.2 — 3.3 + 4.7 + 3.4 — 1.9 — 2.5 — 1.0 — 3.0 — 2.3 — 8.3 — 6.9 — 1.5 — 6.3 o 2 2 2 9 2 2 2 2 1 1 1 2 2 2 2 2 2 1 2 2 2 2 2 ■> 279 Da dimostrante le sere di questa Zo h lino a h 0. 2' 1.3G 2.58 4.59 6.22 7.42 9. 8 10.35 11.54 13.11 1 4.3 J 15.26 16.29 18.35 20. 2 , 21.30 . 1.35 3. 2 4.59 Ci 7 7.44 9. 8 10.33 , 12. 2 . 13.11 . 14.31 . 15.25 . 16.29 . 18.35 . 20. 2 . 21.34 . 0. 2 . INDICE I. nelle quali furono ossercate le stelle na III. Australe D = 6". ... 26. 29.30 Dicembre 1840 • . . '-^'1.29. 30Nov., 2D;c. 1843 • • • 31 Die. 1843,3.5 Gen. 18/,4 ... 18. 23. 27 Gcnajo 1845. ... 27. 29 Geiiajo 1845. ... 3. 8 Aprile 1841. • . ■ 21.22. 24. 25 Aprile 184J. . ■ . 7. 13. 16 Maggio 1841. • .. 17. 18. 20 Maggio 1841. • . . 2. 4. 10 Giugno 1842 ... U. 12. 13 Giugno 1842. ... 4. 8 Luglio 1842. ■ • . 2. 10. 13 Agosto 1841. • . 13. 14 Luglio 1844. . . 4. 5 Agosto 1844. . . 31 Agosto, 1 Settembre 1844. INDICE n. dimostrante la corrispondenza delle sielle di questa Zona III con le Zone di Bessel. Da 23. 0 fino a 0.3,' estratte dalla Zona 105 di Cessel. ".-5-5 . . . 1.54 .nn ;■;« • • • 3.42 : ; ; ^^^i 3-'3 • . . 4.25 oro 4 32 ... 6. 4 : ;]? ^- ^> . . . 7.44 " ' Òn" 7-42 ... 10. 0 .'■■■■ 206 ^0. 3 ... 12. 2 • • • 2,0 '2. 6 . . . 14,31 039 ^«•29 . . . 18.34 o'I ^8.37 ... 20. 1 ; : • • ~11, 2'>- 1 ■ . . 21.33 00 2'-3^ • . . 23. 0 : ; : J^^ """" ' ■^'^ tZtlSt ""° '- -'-''''-- -"^ ^rparenti registrate 280 Noie per le stelle della Zona III. T) := — 6.° N.° n. Stella doppia. Fu osservata la precedente. » II. Precede altra stella di ga grand.; da^z — 5"; rfòr^-j-23". » io. Precede allra stella di 8^ grand, circa; daz:: — 5"; rf5:^+ »' a stima. » 45. Doppia. Distanza 3". Si collimò al medio. » gg. Precede altra stella di ■j.S"; da:^i — 12", 5; (iò:zi — 8' a stima. » 102. Stella doppia in un bel gruppo di piccole stelle. Si osservò la precedente. La se- guente ha rfa^+1',0; rf Sz^-f- 10" circa. 91 1 1 5. Segue altra stella di 8.g azurra, per cui t/ a zz -j- i "; f/ S rz: -f- 5 circa. ?» 143. La declinazione è segnata incerta. )) itì5. Precede altra stella di ^=» grand., per cui da^ — 22"; c/orz — 25", 51 1^9. Precede altra stella di colore azurro; d a. z^ — i'^^', rfB.^i-{-24- » 220. Doppia. La seguente di S.g è azurra ; rf a ^ -j- 4 ', o; rf 5 zi; — 6". 91 23G. Do^ìpia. Si è osservato la preced. ; per la seg. di 8^ grand, si La (/ a :zi -j- 0", C; (^S = — 4",o. » 243. Segue altra stella di ga grand. ; rf a =z -[- y, o ; dò^z — 5' circa. )> 262. Doppia strettissima. Distanza 2" di arco. 1) 2'j'j. Doppia, Si osservò la precedente; per la seg. rf a rz: -)- o ", i ; rf5^ — 5' circa. « 28^. Precede altra stella di g" grand.; (?a=i — 1"; d 3 :;: -^ 22" a stima. '1 Sag. La posizione eli questa stella riposa sopra semplici stime. » 352. Segue allra stella di S.g; AR. i8h. 41'. g''; declinazione — 6°.8' circa, 11 352. Precede allra stella di 'j. 8 ; daz^ — 61 ,6; (fS:= — 5,25'. » 353. Precede allra piccola stella di 8. g; dazzz — 2o",6; d S ::: + 2' circa. ZONA. IV. AUSTRALE ; D=- 8°. 281 Num. progr. Grand, delle stelle AR. media I Gen. i84o Varia z. annua Declinaz. media 1 Genajo l84o Variazione annua B — S in AR. 0 ed. — ri ^ E 1 8.9 0 0 37.58 + 3.070 — 8° 47 15.3 + 20.05 5 + 0.16 l".4 1 2 8 5 58.55 3.065 8 5 9.6 20.049 + 0.15 0.3 2 3 7 10 27.62 3.061 8 56 12.8 20.035 + 0.00 + 2.8 4 4 7.8 11 26.10 3.061 8 6 28.2 20.031 + 0.30 + 2.4 2 5 8 14 50.76 3.059 7 21 4.5 20.014 + 0.41 + 2.5 4 6 8.9 18 59.47 3.053 8 45 53.9 19.987 + 0.35 + 5.5 1 7 8.9 23 47.96 3.053 7 12 9.0 19.948 — 0.07 — 1.1 2 8 8 26 19.74 3.051 7 23 3.0 19.924 + 0.21 + 5.5 2 9 8.9 31 37.96 3.042 8 53 0.3 19.864 + 0.22 + 142.5 2 10 8.9 35 11.06 3.044 7 12 57.6 19.820 + 0.46 + 1.1 2 11 9 39 45.74 3.043 6 52 2.5 19.755 + 0.10 + 2.1 2 12 7 47 37.17 3.031 8 12 52.8 19.624 + 0.09 + 4.2 2 13 7 50 39.67 3.036 6 44 45.4 19.567 — 0.09 + 12.0 2 14 8 53 28.94 3.029 7 39 49.0 19.512 + 0.53 + 1.0 2 15 9 56 34.05 3.021 8 32 14.9 19.448 + 0.01 — 8.0 2 16 8 0 59 43.84 3.015 9 5 34.0 19.378 — 0.12 + 8.7 2 17 7.8 1 2 25.40 3.027 6 56 29.6 19.317 + 0.14 + 5.4 2 18 7 4 44.51 3.020 7 38 5.3 19.261 + 0.20 + 3.0 2 19 6 6 20.42 3.012 8 47 7.0 19.222 — 0.26 — 1.9 2 20 7 9 40.02 3.011 8 30 26.6 19.137 + 0.02 + 3.4 2 21 7 13 13.69 3.019 7 0 0.8 19.041 —59.80 + 2.9 22 7 15 59.76 3.003 8 50 34.5 18.963 — 0.22 + 2.3 23 8 20 13.53 3.004 6 54 38.4 18.840 + 0.27 + 11.8 24 7 23 59.21 3.007 7 32 40.5 18.723 — 0.30 — 2.1 25 6 25 39.75 3.003 7 50 45.0 18.670 — 0.06 + 3.0 26 7 29 32.56 3.003 7 34 29.8 18.544 + 0.26 + 3.4 27 8 35 22.66 2.996 7 53 9.8 18.345 — 0.06 + 3.6 28 7 42 13.27 2.985 7 30 13.6 18.094 — 0.20 + 3.7 29 7 43 38.39 2.992 7 40 9.2 18.040 + 0.11 + 2.5 30 7 49 15.55 2.989 7 36 2.5 17.820 + 0.23 + 5.6 31 7 1 50 28.84 2.985 7 51 46.6 17.770 + 0.56 + 3.6 32 7 2 0 33.71 2.983 7 26 33.1 17.345 4- 0.29 + 5.3 33 9 6 7.59 2.972 8 0 19.1 17.095 — 0.40 + 2.8 34 5.6 9 0.43 2.981 7 9 52.0 16.971 — 0.08 + 9.3 35 7 2 10 56.50 + 2.966 — 8 12 0.9 + 16.871 — 0.15 + 8.0 36 t 282 ZONA IV. AUSTRALE; D =—8'. Nur, prog Grani], dello stelle AR. media I Gen. ib4o Varia 2. annua Declinaz. media I. Genajo 1840 Variazione annua B — S in AR. Deci. 36 8 37 8 38 7 39 8.9 40 6.7 41 6 42 8.9 43 7 44 8.9 45 7 46 9 47 7 48 7 49 6.7 50 6 51 7 52 8 53 8.9 54 8 55 7 56 8 57 6.7 58 8 59 7 60 8 61 8 62 7 63 8 64 8.9 65 8 66 7 67 7.8 68 8 69 8 70 7 +_13 49 46 16 14.59 19 42.86 2 23 2.59 26 49.10 28 7.62 34 18.32 36 3.56 40 32.09 44 24.21 47 32.55 51 44.04 53 18.37 54 51.29 56 25.29 2 57 22.16 3 2 49.60 2 54.12 6 1.82 6 49.00 11 3.26 15 28.98 19 7.50 21 49.17 25 49.16 25 51.92 30 40.74 36 8.28 40 0.20 40 58.27 45 18.30 48 19.30 49 49.52 50 22.45 3 56 31.64 + 2.975 2.964 2.968 2.951 2.950 2.950 2.938 2.943 2.967 2.933 2.954 2.946 2.937 2.935 2.936 2.924 2.951 2.950 2.947 2.946 2.910 2.922 2.917 2.937 2.924 2.924 2.904 2.911 2.926 2.926 2.932 2.910 2.923 2.923 + 2.910 - 7 22 48.9 8 8 6.4 7 38 59.3 8 42 42,1 8 33 43.6 8 31 54.0 9 3 51.8 8 35 32.6 6 51 31.3 8 55 41.9 7 28 40.1=t 7 49 12.5 8 17 52.7 8 19 7.6 8 13 51.4 8 54 7.7 7 8 13.1 7 11 12.1 7 15 40.8 7 18 10.5 9 11 8.0 8 21 35.8 8 32 46.5 7 21 24.4 7 57 31.1 7 58 27.1 8 55 5.9 8 23 35.7 7 31 30.1 7 30 34.5 7 6 55.8 8 6 50.0 7 28 15.5 7 24 31.5 - 7 58 20.0 + 16.732 16.615 16.444 16.275 16.079 16.011 15.680 15.583 15.334 15.113 14.931 14.684 14.590 14.497 14.402 14.345 14.005 14.001 13.806 13.755 13.482 13.192 12.951 12.769 12.497 12.494 12.162 11.779 11.503 11.432 11.121 10.901 10.790 10.749 + 10.291 Ò'.U 0.05 + 024 + 0.04 + 0.11 + 0.07 + 0.29 0.04 + 0,38 + 0.47 0.13 + 0.31 + 0.05 + 0.30 0.02 0.21 + 0.13 + 0.13 + 0.10 +10.68 + 0.25 + 0.07 + 0.19 + 0.58 + 0.10 + 0.38 + 0.46 + 0.56 + 0.73 + 0.33 + 0.32 + 0.39 + 0.26 + 4.3 + 7.1 + 3.3 + 18 + 3.0 + 2.7 + 0.1 + 1.6 + 3.4 + 3.1 —10.9=!= + 3.1 + 11.7 — 0.7 — 1.3 + 0.5 — 2.5 — 1.6 — 9.0 + 5.9 + 1.2 + 0.7 — 2.5 + 4.3 + 0.3 + 0.9 + 0.6 + 0.2 + 0.2 + 0.4 + 4.6 + 6.3 — 1.7 2 2 2.1 2 3 2 2 3 4 2 2 2 1 1 1 2 2 1 2 2 I ZONA. IV. AUSTRALE; D = — 8". 283 Njm. progr. Grand. JL-Ile stelle AR. media I. Gen. i84o Variaz. annua Declinaz. media l Genajo l84o Variazione annua B — S in AR. Deci. =3 N ■V > 71 72 8 8.9 h 3 58'32;73± 3 58 40.78 + 2.903 2.903 1 1 — 8° 15 59.3 + 10.128 . ■ . • \ '. '. '. 73 8.9 4 0 24.50 2.902 8 15 0.9 9.997 9.006 74 7 1 36.37 2.900 8 21 21.6 ti — 0.06 + i'.i 1 2 75 7 1 55.52 2.90O 8 19 26.5 9.882 + 0.69 — 1.8 2 76 6 4 2.39=t 2.921 7 15 38.7 9.720 + 1.78 — 0.9 1 77 6.7 7 54.00 2.007 7 54 38.1 9.424 + 3.21 + 62.3 4 78 7 9 30.13 2.928 6 52 18.7 9.299 + 0.35 — 2.1 2 79 7 12 57.53 2.903 7 58 49.7 9.030 — 0.08 — 5.0 5 80 9 13 3.59 2.903 > . . . .... .... 1 81 14 46.55 2.903 7 55 52.8 8.888 .... .... 1 82 7.8 15 34.99 2.900 8 4 59.0 8.825 — 0.37 — 4.0 3 83 8 19 48.99 2.888 8 33 20.9 8.480 + 0.22 + 2.0 3.2 84 7 25 45.11 2.913 7 19 52.8 8.017 + 0.35 — 3.3 2 85 7 26 7.40 2.918 7 4 48.0 7.988 + 0.15 — 1.0 2 86 7 26 27.37 2.916 7 10 : : 7.961 + 0.24 > • > > 2 87 7.8 31 10.25 2.884 8 32 49.8 7.580 — 0.04 — 1.9 3 88 8 33 46.43 2.885 8 29 59.5 7.368 + 0.14 + 2.7 2 89 7 35 54.89 2.873 9 6 5.8 7.194 — 0.24 + 12.8 2 90 8 41 46.33 2.879 8 24 9.6 6.714 + 0.30 + 1.2 2 91 8 48 2.75 2.888 8 9 18.7 6.194 — 0.01 + 0.1 2 92 6 53 41.01 2.904 7 24 52.3 5.723 + 0.14 + 0.5 2 93 7.8 4 59 46.54 2.869 8 52 14.8 5.210 + 0.47 + 1.3 2 94 7 5 0 40.49 2.866 8 52 42.1 5.134 + 0.27 + 2.1 2 95 6 1 29.85 2.866 8 57 53.4 5.064 — 0.13 + 3.0 1 96 8 5 16.33 2.883 8 12 : : 4.744 .... 1 97 7 5 51.97 2.880 8 20 31.0 4.692 + 0.37 — 2.5 2 98 7 6 56.21 2.905 7 15 41.6 4.601 + 0.04 + 1.6 1 99 8 11 37.10 2.897 7 31 10.3 4.204 — 0.20 + 0.1 2 100 7 15 38.19 2.873 8 34 22.6 3.859 — 0.33 + 0.7 2 101 8 21 2.41 2 874 8 30 54.7 3.394 + 0.51 + 9.0 2 102 7 21 41.09 2.899 7 23 40.2 3.338 + 0.18 — 2.7 2 103 5 24 11.69 2.899 7 25 30.8 3.121 + 0.10 — 1.6 2 104 7 27 3.40 2.901 7 18 48.4 2.874 + 0.13 — 8.4 2 105 5.6 5 31 8.77 + 2.900 — 7 18 32.6 + 2.518 + 0.35 + 2.8 2 2S4 ZON.\ IV. AUSTRALE: D Nura. progr Graivl. slelle AR. media t. Gen. iS4o Variaz. annua Declinaz. media I Genajo i84o 106 6.7 107 7 108 8 109 7-8 110 7 111 7 112 8 113 7 114 8 115 7 116 8.9 117 7.S 118 6 119 5 120 8 121 7 122 6 123 8 124 7 125 7.8 126 5.6 127 7.8 128 7 129 7 130 8.9 131 7 132 7 133 9 134 8 135 7 136 8 137 7 138 8 139 7 140 7 5 35 7.95 36 47.34 40 19.76 40 30.43 44 30.08 46 49.27 51 59.23 52 20.31 5 57 19.52 6 1 2.16 5 25.91 7 16.10 12 0.42 12 24.99 16 21.40 18 16.50 24 8.89 30 11.94 33 17.99 38 13.09 39 58.52 47 50.21=h 48 53.35 49 17.93 51 55.83 52 42.48 53 0.91 6 57 33.04 7 1 18.16 1 38.38 3 33.52 5 40.51 6 2.53 9 12.32 7 11 1.10 + 2.910 2.909 2.874 2.873 2.857 2.872 2.881 2.880 2.894 2.911 2.896 2.864 2.888 2.888 2.859 2.888 2.882 2.869 2.898 2.904 2.866 2.882 2.884 2.887 2.902 2.883 2.865 2.910 2.896 2.889 2.874 2.876 2.875 2.908 + 2.873 6 52 50.5 6 56 24.4 8 23 8.5 8 26 42.7 9 5 19.7 8 26 52.4 8 3 42.6 8 7 23.5 7 31 23.6 6 48 10.4 7 25 11.3 8 45 41.7 7 45 32.2 8 59 31.8 7 48 33.1 8 2 55.3 8 38 56.3 7 25 45.8 7 10 35.8 8 49 48.0 8 13 5.4 8 7 50.0 7 58 29.6 7 10 32.5 8 11 21.5 8 59 6.6 7 3 6.9 7 41 25.1 8 2 1.6 8 52 32.1 8 35 51.9 8 39 : : 7 14 50.9 . 8 50 19.5 Variazione annua B — S in AR. Deci. Z ó + 2.174 2.027 1.719 1.704 1.355 1.152 0.700 0.671 + 0.234 — 0.091 0.475 0,637 1.051 1.430 1.597 1.760 2.635 2.904 3.330 3.482 4.156 4.247 4.281 4.506 4.572 4.598 4.984 5.301 5.329 5.491 5.668 5.700 5.964 — 6.116 + 0.18 — 0.12 + 0.34 + 0.04 — 0.03 — 0.49 + 0.11 + 0.20 + 0.01 + 0.04 + 0.28 — 0.08 — 0.20 -^ 0.10 + 0.21 + 0.27 + 0.06 + 0.03 + 0.53 — 0.59 + 0.36 — 0.64 + 0.09 + 0.36 + 0.62 + 0.18 — 0.11 + 0.14 — 0.26 — 0.39 + 0.23 — 0.05 — 1.7 — 0.1 + 2.7 — 1.0 + 1.0 + 3.0 + 1.0 — 2.8 — 1.6 — 3.6 + 1.3 — 10.1 + 13.5 — 3.0 + 3.0 — 3.1 + 1.0 + 0.3 + 1.7 — 1.8 — 0.4 — 3.2 — 0.1 + 10.5 + 1.2 + 0.1 — 4.3 + 1.4 — 1.0 + 1.2 — 1.8 2.1 2 1 2 2 1 2 3 2 1 2 3 2 2 3 3 3 1 2 2 ZONA. IV. AUSTRALE; T) = ~ R". 285 Nun prog Gr..)nd '• d..|le r. sldie AR. media I Gen. iS4o Variai, annua Declinaz. media I Genajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. '.' Ih O ^ 14 l 7 h , 7 12 36.99 + 2.886 — 8° 15 34.5 — 6.248 — Ò.23 — 1.7 2 142 > 7.8 18 39.72 2.914 7 3 40.6 6.750 — 0.06 + 1.9 2 14; 7 23 42.27 2.886 8 24 35.3 7.162 — 0.15 — 1.3 2 14^ t 6 24 25.47 2.883 8 32 27.4 7.222 -f- 0.06 + 6.1 2 14t i 7.8 28 4.40 2.896 8 0 59.8 7.519 .... 2 146 6 28 32.81 2.897 7 57 48.7 7.558 — 0.17 — 0.5 2 147 7 30 17.33 2.902 7 46 17.2 7.698 + 0.07 — 2.6 2 148 5.6 32 51.07 2.924 6 49 13.3 7.904 + 0.31 — 3.3 2 149 89 37 12.73 2.913 7 20 43.0 8.254 — 0.06 — 1.4 2 15C 8.9 41 47.18 2.909 7 37 22.5 8.617 + 0.30 + 4.1 2 151 9 47 46.49 2.906 7 52 8.1 9.061 — 0.08 + 1.3 2 152 7.8 49 33.15 2.917 7 22 51.3 9.226 + 0.02 + 11.3 2 153 7 54 19.14 2.886 8 55 9.3 9.594 — 0.04 + 1.0 2 154 7 55 46.57 2.912 7 43 55.5 9.706 — 0.08 — 1.3 2 155 8 7 59 52.04 2.90.'i 8 7 14.6 10.018 + 0.09 + 3.1 2 156 7 8 2 48.93 2.886 9 8 23.0 10.241 + 0.04 + 5.7 2 157 5.6 3 45.82 2.924 7 18 5.2 10.3 12 + 0.39 — 1.6 1 158 7 10 36.29 2.931 7 4 44.2 10.822 — 59.99 — 0.8 2 159 7 11 26.00 2.931 7 3 43.6 10.853 — 0.40 + 0.4 2 160 7 13 49.76 2.910 8 10 2.8 11.058 — 0.17 — 2.3 2 161 6.7 17 52.83 2.907 8 26 24.3 11.278 — 0.25 — 2.5 2 162 7 18 20.51 2.916 7 59 52.0 11.383 + 0.02 + 1.7 1 163 8 23 59.95 2.912 8 19 '8.6 11.789 — 0.26 + 1.0 1 164 5 27 39.64 2.931 7 26 11.4 11.046 + 0.16 — 3.5 2 165 7.8 28 56.33 2.899 9 9 49.4 12.136 > • ■ • .... 1 166 7.8 31 39.46 2.903 9 1 7.5 12.323 — 0.32 + 5.3 3 167 7.8 31 59.37 2.903 9 1 34.8 12.346 + 0.02 + 8.9 4 168 7 37 2.12 2.931 7 40 34.7 12.692 — 0.46 — 3.8 2 169 7 38 48.04 2.925 8 3 37.3 12.811 — 0.47 — 3.1 2 170 8 43 19.84 2.913 8 49 56.3 13.114 — 0.30 — 0.3 2 171 7 47 39.16 2.942 7 21 50.9 13.397 — 0.44 + 5.3 2 172 7 52 33.31 2.925 8 29 47.8 13.713 .... .... 2 173 7 52 58.32 2.924 8 34 13.6 13.740 — 0.36 + 11.9 2 174 7 53 14.31 2.923 8 35 54.5 13.757 + 0.02 + 2.9 2.1 175 8 8 57 50.16 + 2.954 — 6 58 14.7 — 14.047 + 0.01 — 3.5 1 286 ZONV IV. AUSTRALE; D = — 8". »T Grand. AR. media V'ariaz. Deolinaz. media Variazione B -S in .2 N progr, st.-U..- 1 Gen. i84i. annua I Gi-najo i84o annua AR. Deci. S5 S 176 5 h , , 9 0 52.17 + 2.939 — 7° 56 48.2 — 14.236 + Ò'.22 — Ó'.7 1 177 6 1 46.18 2.936 8 8 34.1 14.291 + 0.20 + 2.9 1 178 8 7 2.79 2.940 8 5 57.6 14.605 — 0.04 + 2.5 1 179 6.7 8 51.05 2.942 8 4 51.8 14.719 — 0.05 — 0.6 2 180 7.8 12 32.55 2.930 8 56 4.7 14.93 5 — 0.05 — 6.3 2.1 181 6 12 40.26 2.931 8 52 53.1 14.943 — 0.21 — 1.3 2 182 7 15 2.88 2.928 9 9 31.4 15.081 — 0.26 + 1.0 2 183 2 19 43.34 2.950 7 58 7.6 15.347 — 0.03 — 2.5 2 184 7 25 9.63 2.953 7 47 59.1 15.650 — 0.09 + 0.1 2 185 7 30 0.83 2.946 8 42 33.7 15.913 — 0.07 — 1.3 2 186 8 34 18.50 2.973 7 2 13.6 16.138 — 0.01 + 4.8 2 187 7.8 37 31.06 2.964 7 44 55.2 16.303 + 0.15 + 0.4 2 188 7 41 23.71 2.962 8 5 39.3 16.499 .... . . . . 2 189 6 44 35.28 2.974 7 21 19.3 16.656 — 0.26 + 1.9 2 190 7 47 50.32 2.967 8 4 56.4 16.812 + 0.04 vf 1.0 2 191 8 49 6.74 2.958 8 49 44.3 16.873 .... 1 192 8 52 39.35 2.956 8 50 54.5 17.038 — 0.18 + 0.4 2 193 8.9 9 56 24.33 2.969 8 23 22.6 17.209 + 6.65 — 0.1 2 194 6.7 10 2 10.55 2.982 7 37 29.7 17.464 — 0.01 — 1.3 2 195 6.7 2 58.48 2.983 7 37 54.6 17.498 — 0.01 — 0.9 1 196 8.9 5 11.93 2.989 7 12 47.0 17.591 — 0.32 — 4.4 2 197 7 6 10.07 2.990 7 12 7.4 17.632 + 0.04 + 1.5 2 198 6 9 40.72 2.992 7 16 21.6 17.777 — 0.03 — 2.3 2 199 7 12 2.81 2.982 8 15 18. 5 17.872 — 0.13 — 1.3 2 200 7.8 14 44.69 2.981 8 35 25.9 17.978 + 0.09 — 1.7 2 201 8 17 56.97 2.999 7 2 52.7 18.100 — 0.21 — 4.0 2 202 8 20 31.92 2.981 9 3 58.9 18.197 — 0.05 — O.g 2 203 8 23 45.72 2.992 8 7 53.3 18313 + 0.01 — 1.8 2 204 7.8 29 1.24 2.998 8 0 36.3 18.497 — 0.12 + 0.2 2 205 7.8 31 29.24 3.006 7 7 58.7 18.578 — 0.09 — 1.2 2 206 9 31 49.53 2.992 8 52 10.6 18.589 — 0.12 — 3.3 1.2 207 7.8 34 26.54 3.003 7 53 34.1 18.672 — 0.52 — 1.2 4 208 7 40 57.01 3.005 8 15 19.4 18.875 + 0.00 + l.f 2 209 6 41 43.08 2.999 9 0 24.1 18.898 + 0.03 — 0.1 2 210 6.7 1042 16.65 + 3.007 — 8 3 9.0 — 18.914 — 0.05 — 2.2 2 ZON\ IV. AUSTRALE; D = — 8" 287 Num. piogr. Grand, cli-lk- slclle AR. media I Gen. 1840 Variai, annua Declinaz. media 1 Genajo i84o Variazione annua B — S ia AR. Deci. 211 8 212 7 213 7 214 7 215 7 216 8 217 7 218 7.8 219 8 220 7 221 7 222 7 223 7.8 224 8 225 7 226 7 227 7 228 7 229 7 230 7 231 7 232 8 233 7 234 8 235 8 236 8 237 7 238 7 239 7 240 8 241 8 242 7 243 7.8 244 7 245 8 1046 43.22 52 20.31 53 12.98 54 29.57 1059 7.26 11 2 25.35 6 7.58 7 57.80 12 29.17 14 23.32 18 11.23 21 32.12 24 38.03 27 6.68 28 33.84 31 31.77 32 43.30 34 49.57 35 46.33 40 53.59 43 1.00 46 25.29 49 37.07 52 37.17 52 59.73 56 49.25 1159 36.62 12 2 29.08 2 36.14 5 8.23 6 25.13 9 26.69 10 18.09 11 6.64 1215 2.49 + 3.015 3.012 3.010 3.010 3.014 3.022 3.030 3.028 3.028 3.033 3.032 3.034 3.039 3.028 3.042 3.045 3.045 3.049 3.050 3.054 3.058 3.058 3.061 3.064 3.064 3.068 3.070 3.072 3.073 3.076 3.076 3.079 3.079 3.080 + 3.084 7 31 44.8 — ly.038 8 38 5.6 19.188 8 54 48.5 19.210 9 8 8.6 19.242 9 1 1 36.4 19.351 8 9 25.5 19.426 7 27 29.1 19.504 8 1 44.6 19.541 8 48 55.6 19.625 5 57 59.8 19.659 8 59 55.4 19.723 9 10 52.0 19.774 8 3 53.3 19.817 8 23 5.3 19.849 8 55 4.5 19.867 8 34 47.4 19.901 9 1 49.0 19.914 8 13 58.4 19.935 8 14 39.1 19.944 8 13 44.2 19.986 7 6 5.6 20.001 8 49 26.5 20.020 9 15 59.7 20.035 9 4 3.2 20.046 8 59 1.9 20,047 7 38 6.2 20.054 7 35 39.8 20.056 8 30 42.8 20.054 8 30 17.4 20.054 8 11 19.2 20.051 8 5 59.5 20.048 8 48 52.2 20.039 8 0 44.6 20.036 8 1 30.3 20.033 8 52 50.4 — 20.013 -ro.15 — 0.06 + 0.15 + 0.23 + 0.03 + 0.38 + 0.23 + 10.20 + 0.14 + 0.08 — 0.17 + 0.15 — 0.10 + 0.12 + 0.50 + 0.17 — 0.16 + 0.30 — 0.07 + 0.09 — 0.25 + 0.21 + 0.20 + 0.39 + 0.63 + 0.04 + 0.19 — 0.08 + 0.11 — 0.11 — 0.26 + 0.10 + 0.08 + 0.3 — 3.9 — 1.5 + 0.2 + 4.7 + 0.6 — 3.3 — 0.8 + 12.4 — 2.6 + 1.3 — 3.8 — 6.5 — 1.5 + 1.6 — 2.4 — 1.2 — 1.8 + 1.9 + 1.2 — 0.2 + 8.3 + 0.6 + 174.1 — 1.7 + 0.3 — 1.1 + 1.4 + 1.9 + 2.2 + 2.1 — 2.8 + 3.6 2 2 2 3 3 3 3 3 3 3 3 3 1 1 3 3 3 5 5 2 1 9 2 1 2 2 3 2 2 1 3 1 2 3 3 288 ZONA IV. AUSTRALE; D = — 8" Num. Graiul. delle AR. meclla Variaz. Deelinaz. media Variazione B - in S piogr. stelle I Gen. i84o annua i Gcnajo i84o annua AR. Deci. 246 9 1218 36.66 + 3.085 _ 7° 44 44.6 — 19.990 + 0.97 + i'.l 1 247 7 19 42.99 3.086 7 47 27.4 19.981 + 0.70 + 3.4 3 248 7.8 23 20.44 3.095 10 11 24.4 19.952 .... • • • . 2 249 9 23 54.70 3.091 8 36 3.5 19.947 .... • . • • 1 250 7 25 31.47 3.093 8 34 6.7 19.932 + 0.72 + 2.6 2 251 7.8 29 5.53 3.092 7 25 3.8 19.894 + 0.64 + 0.3 2 252 6 30 59,57 3.093 7 6 50.2 19.872 + 0.13 + 2.7 3 253 8 35 31.36 3.103 8 53 26.0 19.815 + 0.36 + 1.4 2 254 8 38 43.06 3.100 6 55 21.0 19.771 + 0.16 + 1.3 2 255 7 45 18.28 3.108 8 11 33.0 19.675 + 0.44 + 3.6 2 256 7 48 59.82 3. Ili 8 2 39.8 19.599 + 0.37 + 0.2 2 2 257 7.8 52 10.31 3.114 8 14 4.6 19.539 + 0.42 + 1.4 258 8 12 56 27.59 3.115 7 42 38.4 19.451 + 0.60 + 6.1 2 259 6 13 0 12.31 3.118 8 7 32.8 19.367 + 0.12 + 1.8 3 260 7 0 53.61 3.114 8 41 1.9 19.352 + 0.12 + 4.6 2 261 9 4 6.20 3.119 7 27 49.2 19.277 + 0.44 + 10.9 2 262 1 9 22.52 3.126 7 53 16.0 19.144 — 0.23 + 8.0 1 263 8 12 49.99 3.130 9 9 42.6 19.051 + 0.12 + 9.0 1 264 •^ 20 4.55 3.142 8 54 54.7 18.845 — 0.24 + 6.3 1 265 8 22 32.34 3.145 7 2 6.0 18.769 + 0.01 — 1.9 1 266 6 24 32.82 3.150 9 20 25.8 18.705 + 0.11 + 9.5 2 267 7.8 25 54.98 3.138 7 47 44.0 18.656 — 0.25 + 5.3 1 268 8 29 12.78 3.133 7 3 15.2 18.555 — 0.14 + 6.5 2 269 5.6 33 13.28 3.144 7 53 39.1 18.421 + 0.20 + 5.0 2 270 7.8 37 11.18 3.155 8 47 33.6 18.279 . . . . 1 271 7 38 46.81 3.157 8 54 20.2 18.225 — 0.99 + 10.1 1 272 8 39 39.31 3.142 7 13 17.3 18.189 + 0.05 + 14.4 2 273 7 42 26.82 3.141 6 59 16.8 18.085 — 0.10 + 4.3 3 274 7 46 35.21 3.147 7 16 6.4 17.927 — 0.49 2.7 3 275 7 47 20.57 3.164 8 46 20.9 17.897 — 0.46 + 3.1 2 276 7 47 25.11 3.166 8 58 10.6 17.893 — 0.28 + 6.4 1 277 7 51 39.15 3.151 7 22 54.1 17.722 — 0.08 + 8.3 3 278 7 55 53.65 3.167 8 29 1.7 17.545 + 0.25 5.7 3 279 7 57 50.05 3.164 8 7 31.5 17.463 — 0.20 + 3.1 3 280 5 13 58 15.33 + 3.170 — 8 32 52.4 — 17.445 + 0.61 + 1.6 1 i ZONA. IV AUSTRALE; D = — 8°. 289 Num. Grand, delle AR. media Variaz. Declinaz. media Variazione B- It -S 0) j^ le piogr. bielle I Gen. 1840 annua 1 tìenajo l84o annua AR. Deci. 0 s .e 0 281 7.8 14 4 2.63 + 3.181 — 9° 8 44.4 — - 17.189 It — 0.43 + 3.6 3 282 7 451.16 3.164 7 41 35.5 17.139 -t- 0.55 + 2.3 3 283 7 7 15.68 3.156 6 55 9.3 17.042 — 0.18 + 13.2 3 284 7 8 19.93 3.172 8 8 21.0 16.990 — 0.35 + 6.7 1 285 7 13 35.04 3.165 7 21 22.8 16.674 — 0.03 + 3.2 3 286 7 19 59.61 3.196 9 17 2.6 16.429 — 0.02 + 6.7 2 287 8 26 44.35 3.188 8 23 28.1 16.084 — 0.04 — 4.6 2 288 7 27 17.67 3.181 7 52 22.9 16.054 + 0.19 + 0.7 2 289 7.8 33 7.25 3.203 9 7 16.5 15.744 .... . 1 290 7 34 51.59 3.203 9 0 55.4 15.649 — 0.21 + 5.0 2 291 7.8 35 45.08 3.182 7 34 28.0 15.604 — 0.16 + 4.2 2 292 7.8 40 53.30 3.189 7 50 5.8 15.314 — 0.44 + 4.1 2 293 7 45 17.31 3.201 8 25 41.4 15.061 + O.OI + 5.4 2 294 8 50 2.01 3.198 8 4 25.4 14.784 — 0.56 + 5.2 2 295 5 52 25.91 3.197 7 52 53.3 14.642 + 0.07 + 5.8 2 296 7 53 59.09 3.187 7 12 21.4 14.549 — 0.57 + 5.7 2 297 8 1458 34.96 3.207 8 18 26.9 14.271 — 0.26 + 5.5 5 29» 8.9 15 426.63 3.226 9 13 20.3 13.904 — 0.36 + 7.6 5 299 8 6 11.10 3.186 6 52 23.4 13.794 — 0.14 + 5.2 5 300 7 10 45.05 3.219 8 33 29.3 13.501 + 0.08 + 1.6 5 301 9 16 33.95 3.227 8 48 25.4 13.132 — 0.23 + 3.6 3 302 6.7 19 30.79 3. 228 8 46 23.4 12.925 — 0.24 + 12.4 3.2 303 7.8 19 33.14 3.228 8 46 54.6 12.922 — 0.35 + 9.6 3.1 304 6 25 48.62 3.229 8 38 26.9 12.49S + 0.03 + 0.9 3 305 7 30 2.31 3.225 8 15 43.0 12.207 + 0.37 — 5.4 3 306 8.9 33 44.58 3.205 7 8 35.1 11.948 + 0.03 + 2.2 3 307 8 38 38.63 3.223 7 57 1.5 11.600 — 0.22 — 1.5 3 308 7 38 58.46 3.243 8 58 54.0 11.577 + 0.33 + 2.8 3 309 8.9 43 15.93 3.224 7 54 24.0 11.262 + 0.44 + 7.2 3 310 7 47 3.89 3.231 8 10 18.5 10.992 — 0.30 + 3.3 3.2 311 7 51 6.79 3.206 6 50 28.4 10.695 + 0.47 — 4.9 2.3 312 5 52 9.75 3.229 7 57 17.5 10.616 + 0.51 + 3.0 3 313 7 54 21.67 3.223 7 35 55.2 10.452 — 0.58 — 10.4 3 314 8 1557 21.59 3.239 8 19 43.5 10.228 — 0.30 + 3.4 3 315 8 ir, 0 19.49 + 3.248 — 9 13 1.6 — -10.003 — 0.36 + 0.2 3 37 290 ZONA IV. AUSTRALE; Dzzz — 8^ Niini. progr. Grami, delle stelle AR. media I Gen. 1840 Varia z. annua Declinaz. media I. Genajo i84o Variazione annua B in S AR. D( ci. 3J6 7 317 6.7 318 6 319 7 320 8.9 321 8.9 322 5 323 7 324 7.8 325 7 326 7 327 7 328 7 329 7 330 8 331 8 332 8 333 8 334 7 335 8 336 7 337 8 338 8 339 7 340 7 341 8.9 342 7 343 6 344 8.9 345 7 346 8.9 347 8 348 7 349 8.9 350 6 16 0 23 42 3 27.55 6 56.01 10 30.29 15 14.85 17 57.38 15 9.32 21 53.04 25 54.43 27 50.05 29 49.26 30 6.71 30 54.55 32 16.37 34 53.50 40 17.37 44 48.22 50 52.54 52 37.16 16 55 51.59 17 4 52.07 6 39.53 11 19.44 14 26.49 19 21.49 22 19.28 28 42.72 29 9.33 29 27.44 35 9.14 38 13.18 44 50.40 46 17.80 49 55.66 17 54 22.36 + 3.219 3.227 3.235 3.215 3.260 3.229 3.241 3.223 3.239 3.255 3.218 3.251 3.271 3.245 3.241 3.262 3.230 3.243 3.223 3.239 3.278 3.231 3.251 3.230 3.257 3.251 3.255 3.257 3.258 3.234 3.229 3.274 3.251 3.270 + 3.262 7° 47 22.1 8 7 44.7 7 56 30.5 6 55 30.2 8 58 35.3 7 28 57.7 8 0 32.3 7 9 38.2 7 48 33.9 8 31 15.9 6 49 34.4 8 17 36.1 9 13 39.8 7 59 37.5 7 48 41.5 8 38 31.3 7 10 51.1 7 42 30.7 6 47 14.1 7 28 31.1 9 5 17.3 7 0 39.7 7 50 35.3 6 56 39.7 8 3 48.0 7 49 5.2 7 55 56.3 8 0 57.5 8 2 42± 7 0 3.3 6 47 45.7 8 40 2.1 7 41 45.6 8 29 44.8 8 10 29.5 9.999 9.764 9.498 9.222 8.851 8.716 8.542 8.326 8.005 7.849 7.689 7.666 7.602 7.492 7.277 6. 830 6.479 5.957 5.813 5.540 4.778 4.626 4.228 3.961 3.538 3.272 2.729 2.691 2.662 2.180 1.903 1.326 1.251 0.881 — 0.493' _ Ó'. 10 + 0.06 — 009 + 0.34 + 0.33 + 0.47 + 0.36 + 0.13 + 0 12 — 0.19 + 0.37 — 0.11 — 0.25 — 0.01 + 0.08 + 0.05 — 0.04 + 0.28 + 0.40 + 0.20 — 59.78 + 0.39 — -0.04 — -0.25 4- 0.00 — -0.08 — ■0.33 + 0.09 — 0.01 — ■ 0.04 + 0.00 — 0.22 — 0.08 + 0.03 + 0.06 - 4.3 + 3.0 + 9.5 + 04 + 4.3 + 32.6 + 4.3 — 0.3 + 0.4 + 3.0 + 4.0 — 1.8 + 6.8 + 4.7 + 1.1 + 3.2 + 5.8 + 1.6 + 3.1 — 0.6 + 1.5 + 2.8 + 5.8 + 3.6 + 4.5 — 1.9 + 2.5 + 1.2 + 47± + 3.2 + 2.3 — 1.2 + 4.6 — 0.9 + 3.9 3 2 3 3 3 3 3 3 4 3 3 3 3 3 3.2 3 2 3 3 3 3 3 3 ZONA. IV. AUSTRALE; ì) = — 8" 291 Num. progr. Grand. stelle AR. media I Gen. it)4o Variaz. Declinaz. media annua i Genajo i84o Variazione annua 15 — S in AR. Deci. 35i 352 353 354 355 356 357 35H 359 3 60 361 3G2 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 6.7 7 8 7 8 8 7 7 7 8 8 7.8 6.7 6 6.7 7.8 7 8.9 7.8 7.8 8 7.8 7 7 7 7.8 7.8 7 7 7 8.9 7 7 17 57 24.50 + 3.266 17 59 30.52 3.238 18 0 57.46 3.27/ 3 17.14 3.277 8 31.22 3.241 8 43.67 3.242 11 23.44 3.259 13 3l.r.5 3.248 16 2.90 3.238 18 27.39 3.260 24 37.13 3.273 27 31.34 3.229 31 20.21 3.255 33 31.18 3.285 34 48.92 3.266 38 15.14 3.252 41 39.18 3.257 42 29.59 3.255 42 32.58 3.260 46 21.55 3.278 47 9.37 3.278 50 22.73 3.281 56 13.64 3.261 IS 59 21.15 3.254 19 2 22.53 3.226 2 23.40 3.244 5 32.59 3.273 7 33.88 3.272 9 57.78 3.226 11 27.59 3.225 13 40.16 3.260 14 26.53 3.242 18 0.01 3.248 20 45.13 3.233 1< )22 1.62 + 3.232 • 8 19 52.9 7 8 8.7 8 47 27.9 8 45 35.9 7 16 5.0 7 20 13.3 8 2 30.3 7 34 0.7 7 9 12.3 8 7 43.1 8 40 43.7 6 51 50.3 7 55 36.9 9 11 53.9 8 25 36,0 7 44 34.4 8 5 1.5 7 58 42.4 8 11 26.7 9 0 17.7 8 59 34.8 9 10 47.0 8 21 10.2 8 5 26.2 6 52 33.6 7 40 49.3 8 59 3.7 8 57 52.7 6 58 15.8 6 54 58.3 8 29 49.4 7 41 57.3 8 1 45.3 7 21 58.4 - 8 30 47.0 — 0.228 — 0.044 + 0084 0.288 0.638 0.677 0.996 1.183 1.403 1.613 2.149 2.402 2.734 2.923 3.034 3.333 3.627 3.698 3.701 4.029 4.097 4.373 4.871 5.136 5.391 5.393 5.655 5.827 6.028 6.154 6.336 6.399 6.695 6.921 + 7.027 + 0.18 — 2.7 — 0.23 + 2.8 — 0.53 — 0.9 — 0.16 + 0.4 — 0.26 — 2.3 — 0.61 — 5.3 — 0.39 — 2.3 — 0.49 — 3.6 — 0.29 — 1.9 — 0.33 — 4.0 — 0.10 — 2.7 + 0.49 — 4.9 — 0.39 — 1.8 — 0.27 — 6.4 — 0.46 — 3.4 — 0.56 — 5.8 — 0.33 — 5.2 — 0.29 — 5.1 — 0.27 — 3.8 — 0.60 + 1.5 — 0.39 — 3.0 — 0.13 — 0.1 — 0.40 — 3.1 — 0.36 — 2.8 — 0.61 — 5.0 — 0.43 — 2.7 — 0.75 — 4.0 — 0.72 — 6.4 — 0.59 — 1.6 — 0.67 — 3.7 — 0.57 — 3.8 — 0.96 — 3.6 3 2 3 6 2 2 3 2 2 2 2 2 2 2 2 3 2 1 1 2 2 3 3 3 1.3 2 3 3 1 3 3 2.3 3 3 2 292 ZONA IV. AUSTRALE; D = — - 8" Num Gr.Tnd. d.'lli' AR. media Variaz. Declinaz. media Variazione B- -S progr . stelle 1 Gen. i84o annua l Gcnajo iS4o annua AK. Deci. 386 5 h 19 28 17.47 + 3.231 - - 7''22 37.0 + 7.537 — Ò'.75 — 4.4 3 387 7.8 32 6.86 3.240 7 52 23.4 7.845 — 0.75 — 4.7 3 388 7 34 22.79 3.258 8 40 34.6 7.027 — 0.62 — 4.0 3 389 7.8 34 27.01 3.258 8 41 56.8 8.03 3 — 1.10 — 2.7 1 390 8 38 32.53 3.239 7 55 25.8 8.360 — 0.42 — 4.7 2 391 6.7 45 58.24 3.252 8 38 17.4 8.94 7 — 0.39 + 0.9 2 392 7 49 24.14 3.213 6 52 3.7 9.214 .... .... 1 393 8.9 51 2.46 3.212 6 50 33.7 9.341 — 0.82 — 2.4 2 394 7 55 24.96 3.233 7 54 41.8 9.678 — 0.48 — 4.7 3 395 8 19 58 25.26 3.247 8 38 8.8 9.908 — 0.58 — 1.9 3 396 8 20 4 6.18 3.232 8 1 18.4 10.338 — 0.42 — 4.6 4 397 7.8 4 18.68 3.230 7 55 55.2 10.353 — 0.44 — 6.8 5 398 7.8 6 52.29 3.231 8 0 48.2 10.544 — 0.17 — 2.7 o 399 8 10 23.65 3.211 7 7 46.7 10.806 — 0.37 — 3.2 2 400 8.9 14 59.14 3.233 8 17 57.9 11.142 — 0.08 — 5.4 2 401 8 19 17.67 3.209 7 li 44.1 11.452 + 0.15 — 3.8 2 402 8 23 26.99 3.242 8 58 26.9 11.750 + 0.02 — 2.1 2 403 9 27 53.45 3.198 6 50 5.8 11.062 — 0.39 — 4.3 2 404 8 31 19.24 3.221 S 7 56.0 12.300 — 0.21 — 1.2 3 405 8.9 35 48.60 3.235 9 0 3.6 12.609 — 0.16 + 0.6 2 406 8.9 41 17.45 3.201 7 17 11.7 12.978 — 0.22 — 5.1 3 407 8 45 45.18 3.231 9 6 50.7 13.274 + 0.33 + 9.0 0 408 8 50 35.01 3.200 7 31 18.9 13.587 + 0.21 — 4.4 2 409 8 54 25.42 3.206 7 56 55.0 13.832 — 0.50 — 4.0 2 410 7 20 58 52.60 3.218 8 52 21.4 14.112 1 411 8.9 21 0 2.93 3.218 8 52 16.3 14.185 — 0.30 — 1.3 n 412 7 5 3.15 3.177 6 34 0.9 14.491 .... 1 413 8 6 8.71 3.178 6 39 zh 14.557 .... .... 1 414 8 6 56.29 3.177 6 40 7.2 14.604 — 0.14 — 1.5 2 415 8 10 23.85 3.183 7 6 24.1 14.810 — 0.37 — 9.1 2 416 8 13 25.85 3.198 8 11 53.9 14.987 + 0.43 + 1.4 2 417 8 15 41.83 3.185 7 26 =+: 15.118 .... 1 418 7.8 2116 7.96 3.184 7 23 47.5 15.144 — 0.32 — 5.4 2 419 7.8 18 54 23 3.187 7 42 9.5 15.301 + 0.16 — 1.1 2 420 S 2124 3.38 + 3.174 - -70 40.6 + 15.589 + 0.04 — 1.3 2 ZONA. IV. AUSTRALE ;D=r- 8°. 293 Num. progr. Grand. delle stdle AR. media 1. Gen. i84o Variaz. annua Declinaz. media I Genajo l84o Variazione annua B - S in AR. Deci. 4; . 4; RI 2 421 8 h 21 28 21.75 + 3.167 0 1 ,1 — 6 42 58.7 + 15.824 — o".21 — oli 422 7.8 33 57.84 3.199 9 11 27.5 16.120 — 0.04 + 1.4 2 423 8.9 38 14.69 3.190 8 44 31.6 16.340 + 0.08 + 2.5 2 424 8 42 34.15 3.185 8 39 11.0 16.557 — 0.40 - 0.1 2 425 8 47 47.51 3.170 7 44 7.4 16.810 — 0.17 - 4.6 2 426 7.8 51 14.77 3.156 7 2 10.7 16.982 — 0.10 - 2.7 2 427 8 53 11.34 3.157 6 58 47.8 17.062 — 0.07 - 0.5 2 428 7 54 51.63 3.159 7 17 30.5 17.140 — 0.28 - 4.4 1 429 8.9 2158 21.75 3.160 7 30 17.9 17.297 + 0.05 — 5.0 2 430 7 22 1 3.04 3.167 8 18 40.1 17.415 — 0.31 + 8.9 5 431 7.8 4 17.40 3.152 7 15 26.3 17.553 — 0.07 — 3.3 1 432 7.8 6 18.31 3.151 7 11 26.8 17.635 — 0.08 — 2.5 3 433 6 8 22.90 3.165 8 34 38.9 17.722 + 0.54 + 1.1 1 434 8.9 12 37.68 3.153 7 45 58.7 17.895 + 0.36 — 6.6 2 435 9 13 17.17 3.159 8 24 35.7 17.921 .... . • ■ • 1 436 7 15 8.30 3.154 8 0 6.3 17.993 + 0.42 + 0.6 3 437 8 19 29.99 3.137 6 43 6.7 18.159 + 0.34 . 5.1 3 438 8 19 38.27 3.138 6 45 8.8 18.164 + 0.38 + 0.6 1 43^ 7 22 54.56 3.141 7 22 7.8 18.282 + 0.09 . 3.2 3 440 7.8 24 9.23 3.140 7 17 20,6 18.317 — 0.22 — 4.4 3 441 8 28 57.58 3.132 6 53 40.4 18.494 + 0.05 — 1.7 3 442 8 34 50.90 3.139 8 3 6.3 18.686 + 0.08 + 1.0 3 443 9 37 29.39 3.146 9 5 24.1 18.770 .... .... 1 444 8 37 57.43 3.147 9 13 43.5 18.781 .... 1 445 8 40 0.13 3.142 8 57 22.2 18.847 + 0.35 + 3.3 3 446 5 44 15.86 3.135 8 25 44.9 18.970 — 9.80 — 2.1 3 447 7 46 13.91 3.130 8 3 14.4 19.025 + 0.38 + 1.9 2.3 448 8.9 52 45=1= 3.124 7 48 3.7 19.198 .... .... 1 449 7 53 4.44 3.124 7 55 4.8 19.207 + 0.15 — 4.8 3 450 8.9 53 26.32 3.123 7 49 4.5 19.216 + 0.35 + 0.0 1 451 7 54 13.0± 3 123 7 26 :: 19.235 + 1.46 .... 1 452 8 22 57 22.78 3.126 8 47 57.8 19.315 + 0.29 + 0.8 2 453 8 23 2 4.31 3.121 8 40 23.4 19.419 + O.IO + 3.9 3 454 6 6 1.87 3.10ÌS 6 54 37.2 — 19.503 + 0.00 + 3.0 3 455 6.7 23 8 33.16 + 3.116 — 8 35 53.1 + 19.552 + 0.39 — 2.5 3 294 ZON.\ IV. AUSTRALE: D = — S" Num. progr. Grami. J.-ll.- AR. media I Gen. 1^4'^ Variaz, annua Deelinaz. media T Genajo i84'^ Variazione annua B - S in AR. Deci. 456 8 457 8.9 458 8 459 8 460 8.y 401 7 462 S 463 8 464 8.9 465 9 466 7 467 9 468 8 469 7.8 470 7.8 471 6 472 7.8 473 8.9 474 7 h , 23 12 14 18 21 21 22 27 32 35 36 40 44 44 48 51 53 57 59 23 59 5«.90 44.71 17.86 23.80 42.88 45.88 16 60 33.10 3.23 26.14 18.92 34.44 54.13 14.64 28.13 45.21 16.43 29.02 49.02 + 3.104 3.105 . 3.100 3.098 3.098 3.098 3.098 3.095 3.089 3.087 3.085 3.082 3.082 3.079 3.076 3.075 3.074 3.071 + 3.071 0 t 7 4 4.8 7 28 18.4 7 29 10.4 7 11 23.6 7 8 39.7 7 10 8.7 8 20 58.7 8 47 58.3 7 9 25.7 7 1 6.6 7 16 6.8 7 25 8.8 7 32 20.0 6 51 59.4 6 46 53.0 6 54 14.7 8 33 17.6 8 48 40.8 8 26 14.6 + 19.635 19.666 19.725 19.772 19.776 19.792 19.839 19.912 19.937 19.950 19.981 20.010 20.010 20.029 20.042 20.048 20.054 20.056 + 20.056 + 0.11 + 0.42 + 0.09 + 0.01 + 0.12 + 0.42 + 0.58 — 0.10 + 0.24 + 0.05 + 0.10 + 0.14 — 0.37 + 0.20 + 0.60 — 1.3 — 2.9 — 1.2 — 9.7 — 1.9 — 1.5 — 1.3 + 1.4 + 0.8 + 0.1 — 3.1 — 2.1 + 2.6 + 0.0 2 1 2 2 2 2 3 3 1 2 3 1 2 2 3 3 5 2 — — ^^"P^g-'TJ'H^ "■ 295 INDICE I. dimostrante le sere nelle quali furono osservate le stelle dì questa Zona IV. Australe D = — 8°. h h Da 23.57 : 0.10 1.25 2.19 2.51 4.1.3 6. 1 6.49 8.31 10.31 11.35 13. 0 14.58 16.31 18. 1 20. 4 21. 1 ino a 0.15 1.24 2.19 3.22 4.13 6. 1 6.52 8.32 10.34 11.35 13. 4 15.11 16.31 18. 3 20. 4 22. 1 0. 0 25. 26 Dicembre 1844. I. 8 Genajo 1841. 1 Genajo 18^1. IT. 19 Genajo 1844. II. 14 Febrajo 1843. IT. 18. 23 Febrajo 1844. 28 Febrajo 1845. 22. 26. 27 Marzo 1845. 5. T. 8 Aprile 1845. 24 Aprile, 1. 6 Maggio 1845. IT. 19. 22 Maggio 1845. T. 9. 11 Giugno 1845. 22. 24, 26 Giugno 1844. 23. 24. 26 Luglio 1846. 6. 11. 12 Luglio 1844. T. 8. 9 Agosto 1844. 2. 4. 5 Dicembre 1 844. INDICE II. dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona IV. con le Zone di Bessel. Da 23.35 1. 2 2.35 4.35 5.21 7. 1 9. 6 10.31 12. 6 13. 9 15.15 16. 0 17. 6 18.49 20. 3 21.37 ino a h 0.59 2.34 4.33 5.20 T. 3 9. 1 10.34 12. 2 13. 4 15.10 16. 3 IT. 3 18.4T 20. 3 21.33 23.31 estratte dal a Z ona 134 (li 259 OR/, Bessel. 207 216 221 233 224 225 241.244 169 170 255 18S 101 123 296 N.» '9 )) "7 )ì 52 » Si » 89 )) 94 5) 100 n io5 » 171 )i 248 5) 268 « 2'34 » 2,5 » 2,8 » 5o5 » 365. » 391. !) JflO. Note per le stelle della Zona III. D = — 6." Precede una stella di ga grand, ; e? a r:: — 3"; rf 3 :^ -|- 3o" circa. Doppia. Si osservò la seguente; per la precedente si ha tios— i", 5; dò:iz — 20" circa. Doppia. La posizione di questa stella è incerta per sospettato errore di lettura nei minuti all'orologio. Doppia. Si osservò in una sera la precedente, nell'altra la seguente; sono di eguale splendore; rfazzo",3; d5rz-)-,",o. Segue altra stella di g3 grand.; cf a :i: -f- i ", , ; cf S:z: -f- 4 jO. Doppia. Si osservò la seguente; la precedente, molto debole e verde, ha da.:zz — o",d; (/ 5z3 -|- 4 i o . Doppia. Si osservò la preced. ; per la seg., debole e verde, si ha d a ^ + o", 2 ; dizz: — 5", o circa. Fu giudicata doppia strettissima, e forse tripla. Doppia. Si collimò al medio ; c^azzo; d^:^b" circa. Doppia. Si collimò al medio. Doppia strettissima. Si collimò al medio. Doppia strettissima. Si collimò al medio. Precede altra stella di ,.8 grand. ; d a.^z — 1,"; c?5iz:-f-3'a stima. Doppia strettissima. Si collimò al medio. Doppia. Si osservò la seguente; per la precedente si ha d a zz — 0', i ; rf 3 n: — 11,5. Segue altra stella di 8.9 grand. ; d a- z^ -\- 3" , S ; di^z — 8' circa. Doppia. Si osservò la preced. ; per la seg. si ha d a::^-{- o",»; rf 8 rr — 24". Precede altra stella di 8.g grand,; posiiìone stira. .A R ^: 20''. 58. Si' declina- zione :::: — 8°. 4'3 • f ZONA V. AUSTRALE; D = — 10" 297 Nura. Grand. AR. media Vari.-ìz. Declinaz, meilia Variazione B - - S ^ Ih progr. blfllL- I Gen. iS4o annua 1 Genajo iS^o annua AR. "* Deci. Z o 1 6 h 0 0 6.97 + 3.070 — 9° 42 48.8 + 2Ó'.056 + 0.35 — o"2 3 2 7.8 1 51.90 3.069 9 51 55.7 20.054 — 0.15 — 2.4 3 3 6.7 6 45.01 3.063 10 27 37.3 20.048 + 0.22 — 9.0 2 4 7 10 28.31 3.061 8 56 14.5 20.035 + 0.04 — 5.0 2 5 4.5 11 16.9) 3.060 8 42 43.6 20.032 2.3 6 8 14 34.57 3.055 10 30 38.9 20.015 + 0.73 — 4.9 2 7 7.8 18 59.80 3.049 10 45 32.1 19.987 + 0.59 — 4.9 3.2 8 8 26 31.30 3.045 9 10 55.0 19.922 .... .... 3 9 9 31 38.53 3.041 8 53 1.6 19.865 + 0.54 — 3.7 3 10 7 34 36.45 3.032 10 48 11.0 19.825 + 0.28 + 8.3 3 11 7 43 16.53 3.035 10 16 44.3 19.700 + 0.27 + 0.4 3 12 6.7 46 13.76 3.025 9 36 33.3 19.649 + 0.13 — 2.4 3 13 7.S 51 46.79 3.022 9 11 24.9 19.546 + 0.10 _ 1.0 3 14 8 55 48.81 3.016 9 59 27.5 19.464 + 0.50 + 1.0 3 15 6 57 36.25 3.007 10 50 18.2 19.426 + 0.41 + 3.5 2 16 6 58 3.89 3.007 10 41 55.7 19.416 + 0.40 — 2.5 2 17 8 58 25.99 3.007 10 36 : : 19.408 .... .... 2 18 6 0 59 44.86 3.006 10 38 37.5 19.378 — 0.59 — 1.5 3 19 5 1 0 32.92 3.009 10 1 57.5 19.359 + 0.31 + 4.1 1 20 2 10.71 3.009 9 45 32.1 19.321 + 0.89 — 2.8 1 21 5 6 20.99 3.012 8 47 5.1 19.222 + 0.16 + 2.8 2 22 8.9 11 10.19 2.997 10 13 21.5 19.096 .... .... 1 23 7 12 3.62 2.992 10 43 24.7 19.073 + 0.88 + 2.2 2 24 3 16 2.02 3.001 9 0 43.0 18.962 + 0.42 — 5.3 % 25 7 19 29.81 2.980 10 7 45.1- 18.862 + 0.42 + 2.8 3 26 7 25 5.61 2.986 9 50 24.6 18.688 + 0.47 _ 1.0 3 27 6 29 38.51 2.978 10 13 33.5 18.541 + 0.23 + 1.0 3 28 8.9 33 13.74 2.970 10 46 47.0 18.420 + 0.20 + 0.8 6 29 8 35 54.00 2.978 9 27 54.8 18.326 — 0.63 — 2.2 3 30 9 40 18.66 2.970 10 2 26.8 18.166 — 0.42 — 0.0 3 31 8.9 44 21.63 2.961 10 31 25.1 18.013 — 0.24 + 1.0 3 32 7 49 21.03 2.951 11 0 57.6 17.816 + 0.22 + 3.6 3 33 6 52 30.70 2.967 9 18 6.3 17.687 — 0.32 — 0.2 3 34 7.8 52 53.14 2.968 9 14 : : 17.671 — 0.14 .... 2 35 7 158 19.08 + 2.942 — 11 2 33.6 + 17.443 — 0.38 + 0.8 3 SS 298 ZON,V V. AUSTIIÀLE; D = — 10^ Num. progr. Grand. delle stelle AR. media I Gen. iS4o Variaz. Declinaz. media annua i Genajo 1840 Variazione annua B — S in AR. Deci. 2 ^i a 0 36 6.7 h 2 3 31.83 + 2.940 — 10° 48 6.5 + 17'.212 — 0.45 + 9.3 3 37 8.9 5 53.36 2.936 10 52 30.4 17.105 .... .... 1 38 6.7 6 1.03 2.950 9 49 4.3 17 099 — 0.11 — 0.1 0 39 6.7 7 36.83 2.943 10 12 50.9 17.020 — 0.04 — 4.0 0 40 8 10 34.75 2.955 9 6 5.6 16.888 — 0.34 — 1.3 3 41 9 16 24.78 2.947 9 20 13.0 16.607 — 0.32 — 0.3 3 42 8.9 18 5.68 2.93 7 9 57 58.5 16.524 — 0.57 2.2 3 43 8 23 2.82 2.951 8 42 41.3 16.274 — 0.39 + 0.1 3 44 7.8 27 35.39 2.928 10 3 15.3 16.040 — 0.34 — 2.7 3 45 6.7 32 25.63 2.923 10 8 29.5 15.791 — 0.04 _ 0.8 3 46 9 38 41.49 2.940 8 42 11.2 15.439 — 0.26 — 36.3 3 47 7 45 2.72 2.913 10 6 10.0 15.075 — 0.14 — 3.9 3 48 5 48 36.95 2.920 9 32 20.6 14.868 — 0.27 + 3.8 3 49 7 51 2.26 2.903 10 25 13.1 14.725 — 0.25 + 2.1 3 50 7 54 11.58 2.898 10 35 48.6 14.537 — 0.11 — 0.7 3 51 7 57 22.20 2.891 10 54 8.5 14.343 — 0.71 + 0.8 3 52 7.8 2 58 50.12 2.890 10 52 26.7 14.254 — 0.50 — 3.4 4 53 8.9 3 0 42.35 2.900 10 9 51.7 14.139 .... .... 1 54 9 1 56.82 2.899 10 11 22.0 14.061 — 0.36 — 1.2 4 55 7 7 45.62 2.910 9 22 4.6 13.693 — 0.32 + 2.2 2 56 5.6 8 4.00 2.908 9 25 7.6 13.674 — 0.73 — 3.8 o 57 6.7 8 50.91 2.902 9 45 6.4 13.624 — 0.23 — 1.9 2 58 7 10 17.19 2.878 11 1 57.7 13.595 — 0.25 + 3.9 2 59 8.9 14 18.68 2.889 10 13 45.9 13.270 — 0.16 + 5.8 2 60 7.8 21 38.47 2.868 11 6 45.7 12.781 + 0.41 — 1.5 2 61 7 22 58.32 2.880 10 17 5.2 12.692 — 0.58 + 3.7 2 62 4 25 23.29 2.80G 10 0 13.6 12.525 + 0.04 — 1.4 2 63 7 26 56.02 2.876 10 24 33.4 12.419 + 0.96 + 5.1 2 64 7 31 46.63 2.864 10 57 32.6 12.085 + .0.15 + 6.0 2 65 7 32 26.73 2.891 9 33 47.2 12.039 — 0.02 + 3.7 2 66 3 35 35.09 2.874 10 18 34.6 11.818 + 0.33 — 14.1 2 67 6 35 56.75 2.860 10 59 52.2 11.792 — 1.10 + 8.4 1.2 68 8.9 41 45.16 2.902 8 43 22.7 11.377 + 0.35 + 5.1 2 69 8.9 45 16.32 2.855 11 0 34.1 11.124 .... 1 70 7.8 3 45 46.77 + 2.853 — 11 1 33.5 + 11.076 + 0.01 — 0.8 2 I f ZONzi V. AUSTRALE; D = — 10". 299 Num. p.ogr. Grand. AR. media I Gen. i84o Variaz. annua Decllnaz. media Variazione 1 Genajo iS4o annua B- in AR. -S Deci. ^ g = % zi e 71 7 h 3 46 54!51 + 2.873 — 9° 59 5lJ'.4 + 1 1.003 + o".43 + Ó'.7 2 72 7 48 57.78 2.868 10 13 16.4 10.853 + 0.38 — 0.1 2 73 8 51 58.99 2.855 10 47 3.4 10.629 + 0.21 + 2.3 2 74 7 58 14.40 2.862 9 17 40.7 10.160 — 0.04 + 2.5 2 75 7 3 59 36.90 2.863 10 11 29.6 10.133 + 0.28 + 2.2 2 76 7 4 1 4.32 2.847 9 5 58.5 9.947 — 0.62 + 1.7 2 77 5.G 3 5.84 2.881 9 14 34.6 9.792 .... .... 2 78 7 4 13.93 2.880 9 15 24.7 9.705 + 0.15 + 1.3 2 79 5 6 47.15 2.849 10 39 35.3 9.509 — 0.05 -t- 3.7 2 80 7 8 59.29 2.851 10 29 22.6 9.415 — 0.42 + 1.1 2 81 S.9 13 23.19 2.874 9 14 20.5 8.997 — 0.14 + 3.1 2 82 7 18 5.04 2.851 10 17 50.1 8.627 + 0.64 + 0.8 2 83 8.9 20 56.00 2.837 10 53 48.7 8.401 + 0.44 + 7.6 2 84 9 21 46.35 2.840 10 44 : : 8.336 .... 1 85 5 26 32.05 2.869 9 18 19.3 7.953 + 5.56 + 2.7 2 86 7 27 36.61 2.839 10 4 20.3 7.877 + 0.04 — 1.1 2 ^^ 8 32 13.77 2.829 11 0 56.8 7.495 + 0.53 — 0.2 2 8,8 7 35 54.12 2.870 9 5 55.3 7.195 — 0.17 — 2.4 1 89 6 36 24.34 2.876 8 48 32.2 7.154 — 0.44 4- 4.1 1 90 7 40 36.40 2.853 9 47 45.4 6.810 — 0.15 — 0.2 2 91 7.8 44 5.07 2.835 10 34 0.4 6.522 — 0.40 + 0.7 2 92 8.9 49 39.13 2.853 9 40 28.6 6.060 — 0.32 + 0.2 2 93 6 52 15.64 2.833 10 30 13.3 5.842 + 0.09 + 3.8 2 94 7 54 16.25 2.818 11 10 23.7 5.674 — 0.22 — 3.9 2 95 7 55 22.22 2.870 8 53 48.6 5.581 — 0.25 — 6.4 o 96 7 4 59 46.62 2.869 8 52 16.0 5.210 — 0.33 + 1.0 2 97 6.7 5 0 40.27 2.868 8 52 41.6 5.134 — 0.20 — 1.4 2 98 5 1 29.42 2.866 8 57 54.0 5.065 — 0.28 + 0.3 2 99 8 5 51.84 2.880 8 20 31.7 4.693 .... .... 2 100 1 6 50.99 2.878 8 23 32.3 4.610 — 0.46 — 1.3 2 101 8 1149.12 2.818 10 55 15.1 4.184 — 0.34 + 4.0 1 102 8 11 50.16 2.818 10 55 12.2 4.184 .... .... 1 103 7 14 38.83 2.871 8 49 35.4 3.943 — 0.53 — 0.3 1 104 6 17 28.71 2.808 10 28 42.8 3.700 — 0.72 + 0.3 1 105 - 7 5 23 24.43 + 2.834 1 — 10 11 42.0 f 3.190 — 0.56 + 5.4 2 3Ò0 ZON.V V. AUSTRALE; D = — 1 0°. Nutn. progr. Grand, d.-lle stelle AR. media i Gen. iii4i> Variaz. annua Declinaz. media 1 Genajo i84o Variazione annua B — S in AR. Deci. 106 7.8 h 5 26 56.54 + 2.822 — 10°36 54.3 + 2.883 + Ó'.Ol + 1 s'.o 2 107 7 31 55.67 2.841 9 48 2.8 2.450 + 0.03 + 1.1 2 108 7 33 13.93 2.825 10 29 54.4 2.337 — 0.46 — 2.2 2 109 7.8 36 41.95 2.834 10 5 13.2 2.035 + 0.94 + 4.3 2 110 3 40 10.02 2.842 9 43 55.9 1.734 — 0.06 + 1.0 2 111 7 44 30.15 2.857 9 5 19.6 1.355 — 0.20 — 3.0 2 112 7 47 16.94 2.854 9 12 58.5 1.112 — 0.33 + 4.3 2 113 7 51 24.35 2.849 9 24 6.8 0.753 — 0.01 — 2.0 2 114 6 54 18.75 2.820 10 36 22.3 0.499 — 0.19 + 0.9 2 115 8 57 34.11 2.852 9 17 10.1 0.213 + 0.31 + 10.8 4 116 7 57 53.56 2.829 10 14 13.9 0.183 — 0.01 — 3.5 2 117 7 59 22.38 2.807 11 9 42.0 0.056 — 0.13 + 0.8 2 118 8 559 23.68 2.843 9 43 36.9 + 0.055 + 0.11 + 14.5 6 119 7 6 0 55.71 2.807 11 7 45.9 — 0.082 + 0.27 + 12.2 6 120 8 1 41.74 2.856 9 6 22.2 0.149 — 0.50 + 2.0 2 121 7.8 4 7.40 2.830 10 13 19.3 0.360 + 0.09 + 6.8 6 122 8 5 36.83 2.858 9 2 47.7 0.490 — 0.06 + 2.8 4 123 8 5 4G.53 2.820 10 36 26.7 0.505 + 0,16 + 9.5 2 124 8 7 55.04 2.840 9 48 22.5 0.693 — 0.14 + 7.5 5 125 7 8 48.54 2.832 9 53 15.8 0.771 + 0.26 + 11.7 1 126 7 10 3.79 2.819 10 40 20.5 0.880 + 0.09 + 2.9 4 127 6.7 11 14.01 2.851 9 19 58.8 0.983 + 0.27 + 12.5 5 128 7.8 12 29.79 2.864 8 46 35.5 1.093 — 0.94 + 10.6 2 129 7 14 7.57 2.844 9 36 52.2 1.235 — 0.95 — 0.1 4 130 6.7 16 1.35 2.840 9 47 57.2 1.401 — 1.08 + 3.3 6 131 7.8 17 44.13 2.859 9 0 32.8 1.551 — 1.09 + 7.3 5 132 8 20 45.38 2.842 9 43 46.1 1.813 — 0.38 + 0.1 4 133 7 21 42.62 2.857 9 6 36.4 1.897 — 0.02 + 9.7 4 134 8 23 39.90 2.829 10 18 20.6 2.067 + 0.19 + 2.9 4 135 7.8 25 20.96 2.863 8 51 5.6 2.213 + 0.12 + 0.7 4 136 7 27 1.95 2.799 11 34 44.4 2.360 .... .... 1 137 7 28 24.80 2.807 11 15 3.2 2.480 .... 4 138 7 29 20.93 2.806 11 17 58.2 2.561 + 0.10 + 4.3 1 139 5.6 34 18.39 2.861 9 1 11.4 2.991 — 0.28 + 6.9 4 140 8.9 6 35 25.28 + 2.847 — 9 34 48.6 — 3.088 + 0.24 + 3.3 2 ZONA V. AUSTRALE: D=: — 10" 301 Num Grand. AR. media Va rinz. Dcrlinaz. media Variazione B — S .S N S 2 progr stelle 1. Gen. iS4o annua I Genajo l84o annua AR. Deci. o ^ Z o 141 6 h 6 39 4.51 + 2.839 — 9° 56' 34.4 — 3.403 — Ó'.12 + 3.4 4 142 8 41 23.33 2.847 9 37 42.1 3.602 + 0.17 + 1.4 4 143 8 45 42.24 2.851 9 30 3.8 3.973 + 0.40 + 4.4 4 144 7-8 47 46.45 2.840 9 59 27.5 4.150 + 0.37 + 3.1 4 145 7 47 59.41 2.839 10 1 20.3 4.169 — 0.10 + 5.3 2 146 7 49 37.13 2.826 10 37 10.0 4.309 + 0.09 — 0.3 4 147 6.7 50 26.59 2.827 10 34 43.2 4.379 + 0.17 + 6.3 3 148 8.9 53 6.71 2.817 11 1 39.4 4.612 — 0.50 + 4.1 3 149 7 54 18.94 2.816 11 4 41.1 4.709 • . . . 2 150 9 56 30.00 2.851 9 36 49.4 4.89 5 1 151 7 6 59 45.65 2.849 9 44 30.1 5.163 + 0.26 + 2.7 2 152 6.7 7 1 45.52 2.840 10 5 46.1 5.339 + 0.12 + 4.0 6 153 8 4 57.89 2.851 9 34 54.2 5.609 + 0.37 — 0.4 1 154 6 8 8.73 2.833 10 18 34.3 5.876 — 0.40 + 3.7 3 155 8 10 39.94 2.820 11 6 45.7 6.086 — 0.05 + 4.2 1 156 7.8 15 10.39 2.863 9 19 39.4 6.460 -^ 0.20 + 5.4 3 157 7 18 48.72 2.854 9 46 31.6 6.762 — 0.05 + 1.7 3 158 7 20 57.50 2.856 9 43 19.8 6.938 + 0.18 + 0.8 3 159 6 23 9.49 2.862 9 26 53.7 7.118 + 0.25 + 5.0 3 IGO 7 23 21.82 2.855 9 46 34.5 7.128 — 0.07 — 0.7 2 161 8 24 42.78 2.847 10 9 57.4 7.245 + 0.64 + 5.5 3 162 8 27 24.07 2.846 10 15 46.5 7.465 .... 1 163 7.8 29 7.01 2. 846 IO 17 11.2 7.603 .... 3 164 7 30 36.44 2.847 10 15 25.4 7.724 + 0.14 — 0.2 2, 165 8 33 6.84 2.862 9 10 34.0 7.925 — 0.12 — 0.9 2 166 4 33 36.04 2.852 9 10 59.2 7.965 — 0.16 + 1.8 3 167 8 37 38.30 2.846 10 26 31.7 8.288 + 0.24 + 2.7 3.2 168 8 37 42.47 2.845 8.296 — 0.18 .... 1 169 39 43.22 2.846 10 29 13.5 8.454 3.1 170 7 41 32.57 2.840 10 47 13.1 8.598 — 0.24 + 0.5 3 171 7 43 20.38 2.843 10 43 35.4 8.740 + 0.06 + 1.7 2 172 8 46 25.84 2.857 10 8 53.2 8.983 .... .... 3 173 8 47 55.35 2.855 10 14 40.4 9.099 + 0.14 + 4.5 3 174 8.9 48 21.53 2.855 10 15 16.9 9.133 + 0.20 + 0.4 1 175 9 7 51 1.17 + 2.870 — 9 38 23.0 — 9.339 — 0.01 + 3.7 3 302 ZONA V. AUSTRALE: D=— 10°. Nura. Granii. AR. media Variaz. Derlinaz. media Varia/.ioiie B- -S progr. btcUc 1 Gen. 1840 annua 1. Genajo ib4o annua AR. Deci. z 0 176 7 h 7 54 18 93 + 2.886 — 8° 5 5' 3". 6 — y.594 + 1.44 + 0.5 3 177 8 56 30.30 2.864 9 58 49.7 9.761 — 0.12 — 2.1 3 178 7 7 57 49.73 2.867 9 40 18.2 9.863 — 024 + 23.7 3 179 8 1 16.08 2.853 10 41 38.1 10.124 .... .... 1 180 7 1 21.23 2.849 10 52 38.3 10.131 + 0.42 + 0.5 1 181 9 3 52.56 2.891 8 53 48.8 10.321 + 0.01 + 15.8 3 182 8.9 8 19.04 2.885 9 17 25.1 10.652 + 0.29 — lO.O 3 183 7.8 10 40.07 2.879 9 37 58.1 10.826 + 0.50 — 1.2 3 184 7 11 34.90 2.879 9 40 14.8 10.894 + 0,26 — 5.1 3 185 7.8 14 17.96 2.870 10 14 36.7 11.092 + 0.25 + 5.3 3 186 8.9 14 53.29 2.894 9 0 4.8 11.135 + 0.11 + 1.8 2 187 8.9 16 50.12 2.876 9 59 35.7 11.275 .... 1 188 7 18 21.22 2.876 9 59 55.0 11.384 + 0.25 — 2.0 3 189 7 21 8.21 2.893 9 13 17.2 11.585 + 0.46 — 3.8 3 190 7.8 22 10.42 2.880 9 56 20.1 11.659 + 0.68 + 6.2 2 191 8 24 50.97 2.864 10 51 50.1 11.849 + 0.46 — 5.1 3 192 8 26 4.05 2.908 9 27 20.1 11.935 .... 193 8 26 26. 8G 2.910 9 24 33.7 11.962 + 0.46 — 3.0 3 194 8 28 51.63 2.879 10 0 53.9 12.131 + 0.97 — 4.3 3 195 8.9 31 38.95 2.907 9 1 2.6 12.324 .... . . • . 3 196 8 31 59.22 2.908 9 1 31.4 12.346 + 1.29 + 5.3 4 197 7 35 10.00 2.901 9 14 6.8 12.565 + 0.18 + 7.9 1 198 7 38 26.43 2.881 10 25 41.2 12.787 + 0.53 + 7.0 2 199 7 41 40.96 2.885 10 17 51.7 12.982 + 0.19 + 6.6 1 200 7 45 48.67 2.881 10 47 29.9 13.277 + 0.37 + 6.2 1 201 7 46 57.55 2.881 10 46 25.2 13.352 + 0.15 ■j- 6.2 1 202 7.8 47 35.68 2.881 10 45 54.3 13.394 + 0.09 + 9.8 1 203 8 57 12.33 2.911 9 29 25.3 14.008 + 0.46 + 4.8 1.2 204 8 8 59 34.15 2.902 10 5 33.8 14.155 + 10.09 + 3.2 1.2 205 7.8 9 1 9.12 2.903 10 6 32.9 14.253 + 0.77 + 8.1 2 206" 8 5 42.71 2.907 10 34 18.5 14.531 + 0.59 — 3.3 3 207 7 9 12.59 2.903 10 26 9.1 14.739 + 0.05 — 1.1 3 208 7 11 50.07 2.902 10 38 35.7 14.894 + 0.54 — 4.2 3 209 6 12 3.75 2.893 11 18 7.1 14.907 + 0.64 — 6.0 1.2 210 9 9 14 15.57 + 2.927 — 9 13 30.7 — 15.033 .... .... 1 ZON/V V. AUSTRALE; D— — IO". 303 Num. Grand. dfUo AR. medisi Variai. Derlinaz. metlia Variazione B - S progv. stelle 1. Gei». i84n annua i Genajo 1 ìiI^tì annua in AR. Deci. "° u Z o h , „ 211 7 9 15 2.58 + 2.929 — 9° 9 28.3 — 15.080 + o".02 — 3.3 3 212 7.8 20 18.12 2.929 9 19 52.0 15.381 + 0.31 — 2.9 1 213 7.8 20 42.26 2.930 9 17 36.1 15.403 — 9.99 — l.U 1 214 7 23 50.81 2.924 9 50 58.7 15.578 + 0.45 — 4.3 3 215 7 24 8.40 2.927 9 40 8.6 15.594 + 0.19 — 3.6 3 216 7.8 28 44.20 2.918 10 33 38.6 15.844 + 0.24 — 5.1 3 217 7 31 58.56 2.931 9 50 56.8 16.017 + 0.20 — 7.0 3 218 7 32 31.58 2.928 10 2 50.1 16.045 + 0.74 — 2.9 3 219 8 36 57.53 2.920 10 55 59.1 16.275 + 0.47 — 2.3 3 220 7.8 39 20.43 2.935 10 0 21.4 16.396 + 0.27 — 3.8 2 221 7 41 45.83 2.922 11 2 33.2 16.492 + 0.39 — 6.5 3 222 7 43 51.80 2.930 10 35 31.3 16.620 + 0.20 — 1.7 3 223 7.8 47 23.75 2.937 10 16 48.6 16.743 + 0.17 — 5.2 3 224 7 49 7.94 2.958 8 49 45.3 16.874 .... 1 225 8 52 39.35 2.961 8 50 51.1 17.038 + 0.54 — 3.8 3 226 8 54 17.94 2.952 9 39 42.0 17.114 + 0.31 — 4.1 3 227 8 57 28.18 2.945 10 25 32.1 17.257 + 0.06 — 5.0 2 228 7.8 9 55 29.63 2.949 9 57 29.1 17.168 + 0.33 — 1.8 2 229 7 10 0 53.28 2.952 10 6 15.3 17.408 + 0.30 — 0.0 3 230 8 4 26.17 2.953 10 20 58.9 17.559 + 0.02 — 1.1 2 231 8.9 7 45.23 2.955 10 23 38.1 17.697 — 0.21 + 5.1 1 232 7 8 16.28 2.955 10 24 34.0 17.719 — 0.02 + 0.4 2 233 8 13 47.13 2.976 8 58 6.0 17.941 — 0.44 + 0.6 2 234 8.0 15 5.95 2.961 10 28 29.7 17.992 — 0.29 — 3.1 2 235 9 17 55.87 2.977 9 13 8.5 18.099 — 0.20 + 1.3 2 236 7.8 22 37.02 2.973 9 59 28.7 18.272 — 0.01 + 2.6 2 237 7 24 5.54 2.969 10 36 7.8 18.326 — 0.30 + 2.2 2 238 7 28 19.99 2.981 9 45 21.4 18.473 — 0.03 + 2.9 2 239 8.9 33 0.89 2.982 10 8 28.0 18.627 — 0.29 + 3.4 2 240 7.8 37 49.90 2.987 9 52 28.0 18.781 — 0.24 + 3.3 2 241 7 41 43.30 2999 9 0 26.4 18.898 — 0.27 + 2.4 2 242 8.9 46 49.33 3.002 9 14 3.0 19.041 + 0.06 + 3.0 2 243 8 48 19.64 2.999 9 46 17.0 19.083 — 0.23 — 2.3 2 244 7 51 16.90 3.004 9 28 13.2 19.161 — 0.20 + 1.1 2 245 6.7 1055 15.01 + 3.009 — 10 26 24.7 — 19.261 — 0.14 + 5.4 2 304 ZONA. V. AUSTRALE; D = — 10°. Nun pvog Grand. dAU- stelle AR. media I Gen. iti4>' Variaz. annua Deelinaz. media 1 Genajo i84'^ Variazione annua B — S in AR. Deci. 246 7 247 8 248 9 249 7.W 250 8 251 8.9 2 52 7 253 6 254 7.8 255 7.8 256 6.7 257 8 258 8 259 8.9 260 7 261 9 262 8.9 263 8.9 264 7 265 7 266 7.8 267 7.8 268 8 269 7 270 8 271 9 272 8.9 273 7 274 9 275 8.9 276 8.9 277 8.9 278 7 279 8 280 8.9 h 10 57 32.61 + 3.006 - Il 1 29.60 3.014 4 24.68 3.019 7 20.74 3.013 10 50.67 3.016 11 37.81 3.017 12 27.78 3.027 16 32.09 3.026 21 32.15 3.034 26 49.55 3.032 28 34.46 3.034 29 49.3 7 3.033 32 42.95 3.045 35 55.31 3.046 40 15.48 3.051 40 20.62 3.051 46 31.30 3.056 49 13.19 3.058 50 58.72 3.062 52 32.21 3.063 55 48.87 3.066 11 58 36.32 3.070 12 4 11.83 3.075 6 56.87 3.077 7 26.78 3.078 10 56.51 3.082 14 17.25 3.086 15 4.05 3.087 19 35.69 3.089 23 19.7=± 3.095 24 53.85 3.097 27 15.79 3.102 27 36.92 3.099 31 11.59 3.103 1233 53.14 + 3.106 ■10 13 27.0 9 31 57.4 9 6 38.0 10 42 56.1 10 53 38.5 10 53 25.9 9 25 13.0 9 59 0.2 9 10 54.3 11 12 19.6 8 55 5.6 8 56 58.3 9 1 49.9 9 53 5.2 9 25 9.4 9 24 45.0 10 9 34.7 10 54 49.2 9 35 11.5 9 32 7.1 9 24 21.1 9 20 58.6 10 46 7.8 9 22 44.4 9 22 56.8 10 38 0.7 10 53 35.0 10 55 26.4 9 16 52.1 101127.7ii 10 14 55.1 11 8 11.9 8 10 27.9 10 17 14.1 -10 18 18.2 -19.315 19.406 19.469 19.509 19.596 19.610 19.625 19.696 19.774 19.846 19.867 19.882 19.914 19.945 19.981 19.982 20.021 20.034 20.041 20,046 20.053 20.055 20.053 20.047 20.047 20.033 20.017 20.013 19.982 19.953 19.938 19.914 19-910 19.870 -19.837 + 0.05 + 0.17 + 0.22 — 0.18 + 0.56 — 0.13 + 0.27 + 0.11 — 0.05 — 0.11 + 0.26 + 0.02 + 0.32 + 0.21 + 0.30 + 0.44 + 0.25 + 0.60 + 0.32 + 0.39 + 0.57 — 0.04 + 0.28 + 0.72 + 0.20 + 0.76 + 0.22 + 0.52 + 0.01 —59.55 + 3"2 — 7.6 — 10.0 — 6.8 + 0.6 + 1.7 — 7.6 — 0.3 + 1.7 + 2.7 .^ 17.2 + 0.3 + 6.7 + 7.3 + 4.1 + 5.8 + 7.2 + 4.7 + 13.8 + 6.0 + 1.0 + 0.8 + 26.0 + 5.8 + 5.3 + 5.3 + 4-1 + 0.9 + 1.6 + 6.1 2 2 2 1 5 3 3 1 3 3 3 3 3 3 3 3 1 2 1 2 2 1 1 1 1 1 0 I ZONA. V. AUSTRALE; D = — 10". 305 Niim. progr. GrjnJ. Urli,- AR. media I. Gen. j8^o Variaz. annua Dcclinaz. media \ I Gunajo 1 1)/|0 ""ariazione annua B - S in AR. Deci. 4) ■ ■a t h 281 8.9 12 36 45.62 + 3.108 — 10° 7 23.2 - -19.799 + Ò'.23 + 6'.9 2 282 7 43 3.66 3.113 9 27 57.4 19.703 + 0.25 + 2.3 3 283 7 45 59.29 3.121 10 46 45.3 19.653 + 0.62 + 4.2 3 284 7 48 21.22 3.125 11 4 27.7 19.611 .... , 3 285 7 48 51.24 3.126 11 11 57.0 19.602 — 0.02 + 3.1 3 286 8 50 50.22 3.117 8 58 3 7.7 19.564 + 1.73 + 0.8 3 287 8.9 55 15.21 3.131 IO 43 3.3 19.476 + 0.17 + 4.7 3 288 6.7 125931.37 3.130 9 52 59.1 19.383 + 0.46 + 2.1 5 289 7 13 1 23.25 3.129 9 28 28.5 19.340 + 0,00 + 7.3 2 290 7 6 22.51 3.134 9 31 10.2 19.221 + 60.18 + 0.5 2 291 7 8 57.98 3.145 10 38 17.9 19.155 + 60.48 + 4.3 2 292 7.8 11 56.28 3.147 10 27 41.3 19.076 + 0.3 7 + 5.2 2 293 9 20 4.44 3.150 8 54 47.5 18.845 + 0.44 + 5.8 2 294 7.8 23 23.77 3.150 9 25 45.0 18.742 .... , . . . 1 295 6 24 32.91 3.150 9 20 24.7 18.705 + 0.41 + 11.3 2 296 9 27 29.56 3.149 8 57 50.3 18.611 + 0.59 + 6.4 2 297 9 30 2.36 3.163 10 17 8.3 18.528 — 0.08 6.6 2 298 9 30 51.75 3.164 10 15 4.4 18.500 + 0.41 + 8.9 1 299 7 32 55.40 3.160 9 38 25.8 18.431 + 0.20 5.4 2 300 7.8 34 6.58 3.177 11 16 32.8 18.389 + 0.47 + 4.1 2 301 7.8 35 46.23 3.172 10 37 44.7 18.330 — 0.32 10.4 2 302 7.8 44 25.04 3.173 9 53 19.5 18.010 + 0.01 1.3 1 303 7.8 45 36.90 3.185 10 54 20.3 17.964 — 0.25 + 0.6 1 304 7.8 49 52.75 3.193 11 16 11.3 17.795 + 0.12 + 3.7 2 305 8 53 48.01 3.186 10 18 16.9 17.635 — 0.09 6.1 2 306 7.8 55 0.42 3.183 9 57 27.1 17.583 + 0.16 0.1 2 307 8 13 58 58.99 3.182 9 33 25.8 17.414 + 0.01 — 4.6 2 308 7 14 0 29.77 3.184 9 34 24.0 17.347 — 0.29 — 2.3 2 309 7.8 2 33.49 3.205 11 11 32.3 17.256 — 0.02 0.2 2 310 5 4 22.26 3.186 9 31 31.3 17.174 + 0.16 5.2 2 311 8 10 13.39 3 214 11 19 15.5 16.905 — 0.14 — 0.4 2 312 8 13 0.34 3.195 9 38 4.9 16.772 + 0.07 + 3.5 2 313 8 14 49.77 3.214 10 58 40.8 16.684 .... . . . . 1 314 7 16 5.50 3.215 10 56 24.4 16.623 + 0.09 + 2.6 2 315 7 1419 59.76 + 3.195 — 9 16 58.6 - -16.429 + 0.09 1.6 2 59 306 ZON.V V. AUSTRALE; D = — 10°. Num. progr. Grand, delle stelle AR. meilia I Gen. i84o Voriaz. a un Ita Declìnaz. media I Genajo i84o Variazione annua AR. S Deci. 316 8 317 8.9 318 7 319 7 320 7 321 8 322 8 323 8 324 7 325 7 326 8 327 8 328 8 329 8 330 7 331 7 332 7.8 333 8 334 4 335 7.8 336 7 337 8.9 338 8.9 339 8.9 340 8 341 7 342 8 343 9 344 8 345 7 346 7.8 347 5.6 348 7 349 8 350 8 1424 1.85 28 5.35 30 24.91 34 51.44 36 11.60 40 32.65 43 41.31 46 54.09 49 33.67 50 14.90 51 49.83 55 13.86 1455 37.01 15 1 16.85 4 33.92 8 52.02 12 52.67 14 22.26 15 31.94 19 29.00 23 35.89 30 51.86 31 3.98 32 22.45 34 51.25 38 58.52 42 12.55 44 25.09 48 22.15 15 59 42.57 16 0 19.66 3 15.61 6 38.17 11 15.95 1612 58.91 + 3.196 3.226 3.212 3.203 3.204 3.224 3.239 3.222 3,238 3.237 3.250 3.240 3.240 3.24J 3.247 3.242 3.262 3.263 3.243 3.267 3.251 3.240 3.241 3.255 3.253 3.243 3.275 3.252 3.277 3.268 3.258 3.269 3.292 3.268 + 3.277 9° 2 53.2 10 56 32.3 9 51 35.9 9 0 47.6 9 1 12.8 10 9 24.8 10 48 39.9 9 37 41.2 10 30 24.5 10 29 47.8 11 14 4.0 10 22 14.5 10 23 38.9 10 38 50.9 10 24 2.6 9 54 25.3 10 54 17.2 10 52 39.3 9 44 33.0 10 53 15.7 9 53 17.4 9 3 31.2 9 5 29.9 11 20 50.5 9 36 45.7 8 58 48.0 10 30 1.1 9 18 34.1 10 25 0.0 9 39 50.2 9 13 1.6 9 38 39.7 10 38 18.0 9 27 31.1 9 48 3.7 16.224 + Ó'.12 — 6Ì'.3 16.014 + 0.08 + 0.3 15.889 + 0.15 — 1.0 15.649 .... 15.575 + 0.46 — 2.3 15.333 + 0.29 — 0.6 15.154 + 0.30 + 2.9 14.968 + O.U + 0.7 14.812 — 0.18 — 3.8 14.771 + 0.37 + 0.4 14.678 + 0.15 + 3.5 14.474 + 0.16 — 6.2 14.451 + 0.30 + 0.3 14.103 + 0.17 — 1.7 13.897 + 0.24 + 2.1 13.622 + 0.56 — 0.7 13.363 + 0.46 — 9.5 13.266 — 0.27 — 2.9 13.189 + 0.35 + 2.1 12.927 + 0.12 + 0.3 12.650 + 0.42 — 1.0 12.149 + 0.40 — 3.7 12.136 + 0.30 — 4.6 12.044 + 0.13 — 0.9 11.870 + 0.26 — 5.5 11.577 + 0.31 — 5.4 11.345 + 0.17 — 4.3 11.185 — 0.13 — 3.4 10.897 + 0.15 — 4.9 10.050 — 0.07 — 12.4 10.003 + 0.47 — 9.4 9.779 + 0.39 — 1.3 9.521 + 0.53 — 1.6 9.162 + 0.37 — 1.7 9.028 — 60.00 — 2.0 3 2 5 3 3 3 o 2 2 2 1 2 9 2 2 2 1 2 2 2 3 1 2 2 3 3 3 3 3 3 5 6 ZONA V. AUSTRALE; D = — 10" 30T Nura. Grami, il'-ll.- AR. meiUa Variaz. Declinaz. media Variazione B- -S progr sU-lk- 1. Gcn. is4o annua I Genajo i84o annua in AR. Deci. o ^ h 351 8 16 15 15.18 + 3".290 — 10° 38 49.2 - - 8.850 + 0.03 2.6 2 352 8.9 16 52.56 3.277 9 42 44.3 8.723 + 0.38 — 1.1 2 353 7 20 59.05 3.301 10 46 20.8 8.397 + 0.23 + 0.5 2 354 7 21 39.87 3.287 10 4 58.8 8.343 + 0.20 0.9 2 355 7.8 23 16.18 3.271 9 20 52.0 8.216 + 0.36 2.5 2 356 7 24 8.01 3.290 10 12 59.3 8.146 + 0.14 ._ 3.4 2 357 3 28 21.34 3.293 10 14 13.8 7.807 0.28 _ 3.8 2 358 7 30 54.35 3.272 9 13 36.2 7.C02 + 0.19 + 3.1 2 359 8 36 32.41 3.299 10 21 45. G 7.143 + 0.35 + 0.5 2 360 8 40 11.01 3.284 9 38 3.0 6.845 + 0.34 + 6.1 2 361 5 40 59.45 3.304 10 29 39.3 6.778 0.24 ... 0.4 2 362 6.7 48 35.23 3.311 10 42 12.2 6.148 + 0.13 + 1.2 2 363 9 52 39.83 3.285 9 30 21.8 5.808 + 0.41 + 3.1 2 364 7 16 55 41.90 3.317 10 51 32.3 5.5G2 + 0.16 + 0.5 2 365 6 17 0 57.43 3.306 10 18 31.4 5.110 + 0.43 + 0.3 2 366 8 3 41.35 3.301 10 4 42.6 4.878 -1- 0.28 0.7 2 367 7 6 53.49 3.291 9 37 14.8 4.606 — 0.05 + 0.8 2 368 8 9 51.30 3.302 10 2 32.2 4.3 54 + 0.21 _ 2.6 2 369 6.7 12 1.02 3.314 10 31 39.5 4.169 — • 0.18 + 0.5 2 370 8 16 16.43 3.279 9 3 17.0 3.804 — 0.16 + 4.7 2 371 8 21 40.03 3.302 9 57 51.6 3.340 — 0.12 + 0.3 2 372 5.6 25 52.60 3.331 11 7 37.4 2.975 + 0.03 — 3.3 2 373 6 29 16.99 3.323 10 49 27.6 2.680 + 0.18 + 0.6 2 374 8 35 43.83 3.311 10 15 34.1 2.119 + 0.20 + 0.4 2 375 8 37 0.37 3.312 10 16 54.7 2.009 — 0.06 — 6.4 2 376 8 39 48.44 3.310 10 12 34.9 1.765 + 0.25 — 1.2 2 377 6.7 44 10.25 3.326 10 51 15.8 1.384 + 0.01 + 0.9 4 378 8.9 47 57.67 3.281 8 58 54.8 1.053 — 0.17 + 2.8 2 379 3 50 13.28 3.300 9 44 53.9 0.856 — 0.22 + 1.2 2 380 8 55 7.53 3.288 9 14 55.0 0.427 + 0.06 — 8.6 2 381 7.8 55 28.35 3.327 10 53 : : 0.396 . . . , 1 382 7.8 17 56 37.96 3.331 11 1 26.0 - - 0.295 — 0.29 — 0.3 2 383 8 18 0 57.08 3.27 7 8 47 31.6 4 - 0.085 + 0.24 + 3.8 2 384 7 3 16.86 3.276 8 45 36.5 0.288 — 0.02 + 0.9 2 385 7 IS 7 26.51 + 3.302 — 9 51 19.3 -t ■ 0.651 • • • ■ • • 1 308 ZONA. V. AUSTRALE; D = — 10° Num. progr. Grand, dd le stcUc AR. media I Gen. 184" Variaz. annua -)eclinaz. media i Genajo 1840 Variazione annua B — S in AR. Deci. Z 0 386 7 h , 18 8 33.63 + 3.301 — 9°48'26'.6 + 0.752 + 0.04 — l".6 2 387 8.9 10 59.32 3.319 10 31 48.5 0.962 — 0.38 — 0.5 2 388 7 14 12.02 3.312 10 17 27.0 1.242 — 0.37 — 2.3 2 389 6 14 53.74 3.282 9 0 40.9 1.303 — 0.26 — 3.5 1.2 390 7 17 47.30 3.28.S 9 17 15.9 1.538 + 0.06 — 2.3 2 391 8 21 39.63 3.328 10 57 56.2 1.893 + 0.01 — 2.9 1 392 6.7 22 33.27 3.326 10 54 0.4 1.970 + 0.31 — 2.7 2 393 9 26 46.94 3.276 8 48 41.1 2.338 + 0.16 + 2.1 2 394 7 31 3.70 3.334 11 14 30.9 2.709 + 0.14 + 1.6 2 395 6 33 30.88 3.285 9 12 02 2.922 + 0.52 + 0.9 2 396 6 37 53.90 3.310 10 17 18.3 3.302 0.27 — 2.7 2 397 8.9 40 52.06 3.283 9 12 19.7dz 3.557 + 0.31 + 12.4 1 398 6 44 14.25 3.295 9 45 50.6 3.847 + 0.21 — 0.5 2 399 8.9 46 40.96 3.305 10 9 8.5 4.056 + 0.19 — 5.7 2 400 8 50 22.44 3.281 9 10 49.3 4.373 — 0.10 + 0.3 2 401 7 53 42.80 3.322 10 56 42.2 4.658 + 0.18 — 2.2 2 402 7 18 57 23.63 3.296 9 52 10.8 4.971 — 0.05 — 1.6 2 403 8 19 0 13.30 3.276 9 4 7.5 5.209 — 0.05 + 7.5 2 404 9 3 24.05 3.313 10 39 30.6 5.478 + 0.23 — 4.8 2 405 7 5 32.00 3.273 8 59 9.0 5.657 + 0.06 — 0.8 2 406 8 9 13.66 3.29.S 9 58 5.5 5.966 + 0.26 — 1.7 2 407 8 14 19.89 3.317 11 0 16.8 6.391 — 0.14 — 1.8 2 408 8 i7 12.48 3.277 9 19 22.8 6.629 + 0.13 — 0.7 2 409 8 21 33.97 3.310 10 49 49.2 6.949 + 0.02 + 1.6 2 410 8.9 25 20.91 3.306 10 44 6.3 7.297 + 0.13 + 3.8 2 411 6 26 18.07 3.310 10 54 15.1 7.375 — 0.70 _ 2.3 2 412 7 28 3.44 3.300 10 30 25.7 7.517 + 0.31 9.0 2 313 7 33 18.73 3.277 9 33 36.3 7.941 — 0.0 1 + 4.3 2 414 7 36 5.90 3.307 10 56 56.6 8.165 + 0.22 + 0.7 2 415 7 41 20.04 3.292 10 22 39.5 8.581 .... .... 1 416 7 41 23.43 3.292 10 24 18.8 8.586 + 0.32 + 1.1 2 417 8.9 46 58.64 3.263 9 10 1.2 9.025 + O.ll + ;3.6 2 418 6.7 51 4.97 3.287 10 22 18.5 9.344 + 0.67 + 7.0 2 419 8.9 53 15.52 3.262 9 15 11.6 9.513 — 0.24 — 4.0 2 420 7 19 59 43.43 + 3.291 — 10 46 25.6 + 10.007 + 0.12 + 1.0 1 ZON;V V. AUSTRALE; D = — 10°. 309 Nuni. progr. Grand. slL-Ile AR. meJia I Gen. i84" Varia z. annua Declinaz. media 1 (jcnajo i84o Variazione annua B~^S AR. Deci. 421 6 422 6.7 423 7 424 7.8 425 7 426 7 477 7 428 7 429 7 430 8 431 8.9 432 7.8 433 7 434 8 435 7.8 436 7-8 437 5 438 7 439 7 440 7.8 441 8 442 8 443 6.7 444 7 445 7 446 7 447 9 448 7 449 7 450 6.7 451 7 452 7.8 453 9 454 8 455 7 19 59 20 2 5 9 12 16 19 22 23 28 32 33 35 36 39 41 44 46 48 52 57 20 59 21 2 6 7 7 11 14 15 16 20 23 27 28 2131 46.30 29.07 17.13 17.28 45.53 4.70 45.23 12.64 38.52 S.35 55.47 16.47 37.45 46.39 28.06 25.67 1.20 8.94 14.86 11.38 5.49 11.65 8.96 24.15 42.00 53.52 27.12 22.69 21.36 36.79 18.76 0.4(1 49.38 19.21 37.01 + 3.285 3.259 3.274 3.291 3.281 3.251 3.262 3.273 3.269 3.254 3.244 3.243 3.247 3.248 3.258 3.257 3.241 3.238 3.251 3.226 3.223 3.222 3.236 3.216 3.230 3.228 3.247 3.226 3.226 3.231 3.217 3.226 3.231 3.228 + 3.220 10° 31 18.6 9 18 39.9 10 5 43.9 11 5 17.4 10 38 43.7 9 16 55.8 9 53 41.8 10 33 56.8 10 23 40.1 9 44 16.2 9 21 32.9 9 20 23.0 9 37 19.5 9 42 45.9 10 20 0.5 10 23 50.1 9 34 45.0 9 29 5.4 10 18 25.1 8 57 52.7 9 1 48.5 9 4 8.6 9 59 57.6 9 0 39.4 9 52 35.8 9 49 13.1 11 8 38.3 10 0 12.5: 9 59 52.4 10 25 35.4 9 40 57.9 10 26 23.5 11 0 32.3 10 53 16.5 10 30 30.3 + 10.011 10.216 10.426 10.724 10.979 11.221 11.486 11.662 11.763 12.079 12.411 12.435 12.596 12.675 12.856 12.986 13.159 13.300 13.436 13.690 14.001 14.132 14.314 14.572 14.650 14.6G2 14.872 15.042 15.098 15.171 15.381 15.531 15.974 15.821 + 15.998 + 0.26 — 0.03 + 0.20 + 0.28 + 0.14 + 0.24 + 0.06 + 0.47 — 0.49 + 0.33 + 0.06 + 0.17 + 0.17 + 0.17 + 0.22 + 0.34 + 0.20 + 0.05 + 0.02 + O.IO + 0.11 + 0.48 + 0.28 — 0.12 + 0.17 + 0.10 + 0.47 + 0.30 + 0.07 + 3.1 — 5.1 — 1.3 + 1.1 — 4.9 + 0.5 — 2.9 — 1.7 — 2.2 — 0.3 — 3.7 + 0.8 — 0.4 + 5.1 — 2.1 — 4.2 + 3.6 + 3.4 — 5.4 + 3.1 — 4.4 — 4,4 + 2.8 + 21.5: — 0.5 — 2.8 + 0.8 + 1.1 + 4.5 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 4 3 3 1 4 3 2 3 3 1 3 3 3 2 2 1 2 2 2 2 1 2 2 310 ZONA V. AUSTRALE; D = 10° Num. progr. Grand. ddlL- stelle AR. raetlia t Gen. i84*' Variaz. annua Deelinaz. media i Genajo i84o Variazione annua B — S in AR, Deci. 456 7 467 6 458 7 459 7 460 7 461 8 462 9 463 8 464 7 465 7 466 8 467 9 468 7 469 8 470 7 471 8 472 8 473 7.8 474 8 475 7 476 6 477 7 478 7 479 8 480 7.8 481 7 482 8 483 7.8 484 9 485 8.9 486 7 487 5 488 4.5 489 490 7.8 h 21 36 36 37 42 45 49 49 56 21 59 12 0 4 6 8 11 12 16 18 20 22 25 29 31 34 37 40 44 47 51 22 56 23 0 4 7 9 10 23 15 23.11 + 3.205 28.50 3.206 44.03 3.208 3.50 3.200 2.38 3.216 10.01 3. 189 12.12 3.189 2.73 3.185 15.41 3.199 59.01 3.175 8.75 3.173 31.59 3.179 25.44 3.179 0.02 3.171 24.47 3.172 0.65 3. ISO 21.57 3.164 37.30 3.175 7.84 3.157 40.49 3.169 58.20 3.149 41.27 3.161 39.76 3.149 57.49 3.147 0.33 3.148 19.95 3.154 23.34 3.149 58.24 3.138 40.30 3.138 6.54 3.131 37.91 3.129 30.23 3.124 34.98 3.122 37.94 3.123 27.93 + 3.113 - 9 46 6.1 9 48 49.6 10 0 39.8 9 43 28.4 11 3 43.1 9 19 20.2 9 20 23.0 9 29 12.4 10 51 18.7 8 58 9.6 8 47 59.3 9 45 52.4 9 50 6.0 9 18 18.4 9 34 0.4 9 36 27.6 9 19 21.0 10 33 11.5 8 55 58.3 10 25 53.4 8 43 35.7 10 11 35.1 9 8 49.5 9 13 45.3 8 57 19.8 10 52 25.9 8 40 18.1 9 44 15.2 10 26 41.0 9 52 20.7 10 26 19.2 9 57 29.2 IO 3 17.8 10 29 4.6 - 9 20 12.3 + 16.346 16.249 16.315 16.531 16.578 16.876 16.877 17.193 17.336 17.412 17.547 17.647 17.725 17.830 17.886 18.026 18.115 18.200 18.255 18 381 18.528 18.585 18.680 18.785 18.847 18.973 19.058 19.179 19.295 19.374 19.473 19-532 19.572 19.592 — 19.678 — 0.23 — 0.13 + 0.09 + 0.37 — 0.01 + 0.07 + 0.12 — 0.06 + 0.07 + 0.12 — 0.06 + 0.22 — 0.03 + 0.09 + 0.42 + 0.04 + 0.12 + 0.17 + 0.05 + 0.54 — 0.17 — 0.16 + 0.37 + 0.20 + 0.45 + 0.61 + 0.06 + 0.25 +14.99 + 0.42 + 0.64 — 0.09 + 0.46 — 9.49 + 0.58 + 1.3 + 1.0 + 2.8 + 2.8 + 0.2 — 3.1 — 1.4 + l.I — 5.2 + 0.5 + 0.8 — 10.4 + 0.2 + 3.9 — 4.7 — 3.7 — 2.5 + 2.8 — 0.4 — 2.6 — 4.7 — 2.7 — 2.5 — 2.5 — 1.9 — 4.3 — 0.2 + 2.5 —78.0 — 3.0 — 3-6 — 4.7 — 1.2 + 9.0 + 4.5 2 2 1.2 3 3 3 1 2 2 2 2 ZONA V. AUSTRALE; D = — 1 0°. 311 Num. Gr.-ind. dille AR. media Varia 3. DecUnaz. media Variazione B - - S 1 2 progr. stelle I Gen. 1840 annua 1 Genajo 1840 annua in AR. Deci. 491 7 h , ,, 23 20 43'.72 + 3.111 — 10 8 45.1 + 19.762 + 0.61 — l".7 0 492 8 24 39.46 3.107 10 2 32.1 19.817 + 0.59 — 3.5 2 493 7.B 27 44.42 3.102 9 39 0.7 19.857 + 0.53 + 1.9 2 494 7 29 56.54 3.100 9 30 42.5 19.883 — 0.06 — 1.2 2 495 8 36 27.35 3.093 9 21 0.0 19.950 + 0.46 — 3.9 2 496 7.8 38 17.76 3.093 9 52 50.4 19.965 + 0.36 — 9.1 1 497 7.8 38 35.96 3.092 9 47 1.0 19.968 + 0.14 — 3.0 Z 498 6.7 41 59.44 3.091 10 52 2.6 19.994 — 0.32 — 2.4 2 499 7 44 36.42 3.086 9 53 9.4 20.011 + 0.20 — 1.4 2 500 7 46 49.77 3.085 10 21 5.2 20.022 + 0.97 — 2.9 2 501 8 50 55.12 3.079 9 22 35.5 20.041 + 0.53 + 2.1 1 502 8.9 54 4.86 3.077 10 3 56.6 20.049 — 0.16 — 1.7 2 503 7 23 57 18.63 + 3.073 — 10 30 19.2 20.054 + 0.38 — 0.3 9 Note per le stelle della Zona V. D = — 10,° N.° 21. Precede altra stella di 8.g di colore azurro; dazzi — 2",5; rfò=:-f-3o". » 4>- Precede altra stella ài Cf' . . . . d a.'=z — 12"; rf S :::z -(- 2', 5 a stima . » 61. Doppia. Si osservò la preced. ; per la seg. rfa=:-)-o",5; (£S=: + 12' circa. » 86. Doppia. Si osservò la seguente; per la precedente ciazz — o",8; rf5= + 4' . » 88. Doppia. Si osservò la precedente. « gS. Doppia strettissima. Si osservò la precedente. » 100. Rigel, 0 /3 di orione. Doppia. il loS. Precede altra stella di S.g. » i3i. Doppia. Si osservò la seguente. )i log. Rossa. 35 i-jg. Osservazione incerta. » S'ja. Osservazione incerta fra nuvole. Medio di due stellette di S.g. )> 4;4. Doppia. Si osservò la seguente. n 478. Doppia strettissima. Si collimò al medio. » 4S7. Precede per 2", 5 una stella di g» grandezza. » 49**' Doppia. Si osservò la seguente; per la precedente (icx^^o", 6; ■ìl-=z^. » 499- Precede per circa 5" una stella di è» giandf ;zza. 3»2 INDICE I. dimostrante le sere nelle gitali furono osservate le stelle di questa Zona V. Australe D =r — 10°. h h , Da 0. O' fino a 1.33 19. 21. 23 Dicembre 1842. 1.33 ... 3. 2 1 4. 15. 17 Novembre 1843. 2.5!) . . . 4.32 24. 25 Genajo 1844. /i.36 ... 6. 1 29 Febrajo, 2 Marzo 1844. 5.57 ... 7. 2 . 6. 17. 25 Die. 1845, 30.31 Gen, 3 Febr. 184 6. 7. 2 . . . 8.32 28. 30. 31 Marzo 1845. 8.31 . . . 9.57 13. 19. 20 Aprile 1845. 9.55 ... 11.33 22. 23 Aprile 1845. 11.33 ... 13. 0 9. 11. 12 Maggio 1845. 13. 0 . . . 14.30 1. C Giugno 1845. 14.30 ... 1(5. 3 16. 17. 18 Giugno 1843. Ki. 0 . . . 17.44 7. 8 Giugno 1844, 17.44 ... 19. 3 15. 17 Giugno 1844. 19. 5 . . . 20.44 27. 28 Giugno 1844. 20.35 . . . 22.11 26. 27. 28 Agosto 1844. 22. 8 . . . 0. 2 6. 7 Dicembre 1844. INDICE II. dimostrante la corrispondenza delle stelle di questa Zona V, con le Zone di Bessel. Da 23.54 fino 1.o5 3. 7 4.35 5.57 8. 1 9.55 11.35 13.33 15.30 17. 6 19. 4 21.30 22.11 h 1.33' estratte dalla Zona 197 di Bessel. 3. 1 204 4.31 267 6. 1 205 7.57 268.269 9.57 215.217 11.32 234 13.34 238 15.32 243 17. 3 171 19. 3 256 21.27 102 22.10 125 0. 1 186 -=^5»0(S5*Kossunt , il che corrisponde ad una verità nosologica: come falsamente quella febre chiamarono esantematica, eruttiva, cui stavano i sintomi precursori, concomitanti, susseguenti l'esantema; né a dirla tale fu sem- pre necessario che l'esantema seguisse. La febre, foss'ella continua od intermit- tente, regolare od anomala, accompagnare l'ordine od il disordine dei sintomi; evacuazioni, se v'abbiano, durante il dominio della febre, sempre sine letamine, espressione comune dei pratici; fino a tanto che l'esantema, manifesto o latente, deciderà meglio il carattere febrile, e condurrà la malatia a quell'esito qualun- que cui sarà destinata. Da questa fonte nosologica il criterio della impronta epi- demica nelle malatie intercorrenti fra mezzo ad una epidemia. Che se domandisi ove sia quel prodotto morboso cutaneo, p. e., che dovea apparire e non apparve, soggiugnesi non esser sempre la cute una sede topografica di esso; avere regnato ìiec malignae admodum indolis sii, facile inlelli(jilur febrim desi-nere oporlere. Contro, si pars ejus tantummodo secesserit, et natura adhuc irritari pergat, aut venenata, el perniciosa iMero- genei illius principii vis totum sanguinem infecerit, aut ejus plurimum. sili assimilarit , illud necessario consequitur, ut febris etiam post puslularum eruptionem assidua persistat, aut inor- dinale et per circuitus redeal, remiltalque, aut prout virus evolvitur, extricatur, irritatque, ac- cessiones suas subinde repetat, iniermittentium instar, et partilis vicibns illud expellat, nec ante decedat, (juam tota hnmorum massa omnino repurgafa fnei-it, ctc. Jo. Bapt. Burserius de Kanil- fcld, De moriis exanihematicis febrilibus cjcneralim, Caput I. § IV. 3-'i3 forse sotto altra forma, in altre regioni interne; essersi perduto nella massa delle escrezioni; disperso per lisi ('). La risposta dovea incliiudere necessità d'un principio specifico, cui attribui- re i sintomi siccome effetti della causa ignota, non sapendo imaginave altri- menle una serie di fenomeni, die sarebbe compiuta se l'esantema si fosse pro- dotto. Non tutti però saranno i credenti la dottrina specifica; e verrà l'incre- dulo, il quale, non potendo concepire esantema senza esantema, negherà il va- lore di esantematica a quella febre , e dirà che la serie dei fenomeni compo- nenti una epidemia di febre esantematica allora dovrà dirsi compiuta, quando vi avrà l'esantema visibile, scarso o abondante, maturato o immaturo, che ciò non imporla. E noi diremo delle due cose l'una : o i fenomeni tutti componenti la forma della malatia sono necessariamente prodotti da principio sui generis, come effetto da causa, ed allora non altrimente che pe'l processo specifico avran- no a prodursi, ned altra causa diversa potrà ingenerarli; o pure gli stessi feno- meni appariranno ancora del tutto eguali sotto comuni influenze, e sarà neces- sario conclùudere non essere specifico quell'effetto clie può aversi da cause non specifiche, ma ordinarie e comuni. Vajuolo, rosolia, morbillo, scarlatina sono tali (1) Merita una particolare attenzione quanto dice SjJenham descrivendo la febre continua degli anni 1667-68-69. Ut vero febris haec ab isla aeris constitutione efidemica pendebat, quae eodem tempore variolas producebal; ila projecto dieta fulris, si non eadem piane esset, ejusdem fere curii tlh's naturae alfjue indolis per omino vidcbalur, demptis solummodo symptomatis istis quae eruptionis vel consequenliae , vel effecta erant necessaria, JSam eodem modo iiterque morbus agrjrediebatur; dolor idem in partibus , quae cordis scrobiculo subjacent, si maniis admoveretur; Uncjuae item color, ìirinae consisieniia, eie; sudores spontanei copiosi ab inilio oborti ubique respondebant. Propensio ilidem quam habebat hic morbus, quoties in flam- mam vehemenliorem assurgerei, se per ptyalismum exonerandi, eadem prorsus erat atque m va- riolis hisce, quoties scilicet confluebanl. Cum insuper liaec febris eo praecipue tempore saeviret, quo lalius quam numquam alias, quantum ego observavi, hic locorum grassabanlur variolae, ne- mini dubium esse palesi, quia ejusdem omnino sint prosapiae. Id certo scio, pliaenomena pra- clica omnia, quae curationem respiciebanl, eadem piane fuisse in iitroque morbo, exceptis istis, quae variolarum eruplio, ejusque efj'ecla in islo morbo indicabant, quae cum nulla essent in Ime febre, indicari proinde non potuere; quod quidem mihi abunde constabat ex accuratissimis illis observationibus, quas feci dum utroque morbo laborantes iraclarem. Quapropler danda mihi est venia {non quod nova rerum nomina affectem, quae perinde mihi sunt invisa, atque illi cui maxi- me, sed ut hanc febrim a caeteris disliuguam), ut islam a similitudine, quam cum liac vano- Inruiii specie hahet, fcbrera varlolosam insigniam. 344 esantemi particolari affatto, di forma cosi esclusiva, che sarà sempre impossi- bile confonderli con altre forme ; non così di altre eruzioni, di altre apparizioni periferiche, che trovarle sotto altre condizioni morbose è facile impresa. Se sia argomento dei sintomi concomitanti una eruzione , una mutazione esterna die debba apparire, ed apparsa percorra le fasi proprie; quelli troveremmo in ma- lalie di gran lunga diverse, ed in copia tale da non imaginare giammai la ca- gione esclusiva, né pretendere di rimontare a questa, verificati una volta que sintomi . Per quante volte dichiarisi febre continua , con dolore gravativo del capo, con acuti dolori dorsali e vomito intercorrente, fenomeni precipui e pro- dromi della eruzione vaiolosa, non vi sarà pratico, per quanto consiimmalo si voglia, che osi assicurare 1' esantema imminente ; potrà bensì avere sospetto, e ragionevole, di futura eruzione, se questi sintomi appariranno in qualche infer- mo, nel corso d'una epidemia di vajuolo, e nel focolare di quella. Questo ragio- namento vale pe' i fenomeni che si vogliono far dipendere da causa specifica, e si cliiamano esclusivi; vale pure per liberarne altri dal vincolo con la causa spe- cifica, e ritenerneli indipendenti, prodotti cioè da cause comuni. Non varrebbe a render conto del mancare alcuni fenomeni, tenuti essenziali alla forma, con- siderala come effetto della causa ignota specifica: comechè consonando a ragio- ne la causa senza effetto, ripugna lo ammettere effetto senza confessare una causa. Lunghe ed arcane delitescenze di giorni, mesi ed anni sottentrerebbero ad acquetarci su '1 difetto dei fenomeni essenziali ; ma nell' avversione a supporre ciò che non si può sperar di provare, ci sembra migliore partito lo approfittare delle poche ma sicure idee che ci vengono positive da osservazioni semplicissi- me, alla portata dei medici e dei non-medici, e delle inteUigenze le più medio- cri ancora. Una epidemia scarlatinosa darà l'angina tonsillare e laringea gravis- sima qual fenomeno costante in ciascuno degli ammalati ; una epidemia vajolosa, se non angina assoluta, una infiammazione gutturale almeno, assidua e del pari costante in ogni ammalato : e così dicasi di altri fenomeni compagni di morbi epidemici, la sintoniologia dei quali ha, secondo le annate, una impronta sua propria, sebene la essenza non muti; che altrimenti non sarebbe questione d'un dato morbo al suo novello apparire. Ebbene , framezzo alle masse degli scarla- tinosi e de'vajolosi v'hanno malatie che non sono né scarlatlna, né vajuolo, ma conducono pur seco l'attacco alle fauci, eh' è fenomeno principale, prodromo e socio del morbo epidemico. Kè basta ancora: cessa la epidemia, e per lungo andare di tempo una gran parte delle malatie avventizie presenta, dal più al 345 meno, il carattere dell' allacco alle fauci, il quale, continuando dopo il corso della epidemia, si direbbe dai pratici cdrallere stazionario epidemico. Ella è questa una osservazione ripetuta -dai pratici di ogni tempo; e nelle epidemie scarlatinosc, raorjiillose, vajolose, occorse più volte dal 1827 In poi, fu facile convincersi di questo vero nello Spedale di Padova, in Padova, nella Provincia ed altrove: cosicché una piccola irritazione alle fauci era prodromo della futura infiammazione, ed in su le prime sospettare ci faceva la scarlatina od il vajuolo anche in coloro che non vi doveano soggiacere: quasi tutte cioè le malatie di stagione, durante e dopo la epidemia, offrivano uno, due e più feno- meni dei concomitanti la scarlatina, il morbillo, il vajuolo; ben lunge dall'esan- tema, solito presentarsi con maggiore corredo di sintomi. Ora se il principio ge- neratore di que' fenomeni, comechè della febre e dell'esantema, fosse il peculiare illud lietcrogcneum, qiiod ut nervis et cordi arteriisque intolerahile, a cunciis secerni humoribus et exirorsum ad cutim protendi debet ; quel principio specifico, il quale, se non dà l'esantema alla cute, va a perdersi nella massa delle escrezioni; tale principio si avrebbe a presumere difuso nell'aria in ogni epidemia esantematica, ed anche consumata questa: quindi latente, ove e come nessuno saprebbe ima- ginare ; soltanto sensibile quando circostanze ignote concorressero a liberarlo dalla sua arcana delitescenza. Così un caso sporadico di vajuolo, rosolia, scarla- tina, morbillo, miliare, che avvenisse in una regione per la prima volta, o dopo una irruzione epidemica di molti anni prima ; così il carattere stazionario epi- demico residuo, che dia l'impronta ad ogni morbo straniero alla epidemia stes- sa, sarebbero effetti del principio morbifero, destinato a vivere e conservare sua specie, quasi essere organizzato, al cui svolgimento debbano cooperare circo- stanze speciali di temperatura, di umidità, di pressione; vicende meteoriche più o meno frequenti per alta ragione geografica e climatica, permanente o trans- itoria, dietro inattese mutazioni cosmiche e radicali. Coloro ai quali si presenta troppo gratuita la supposizione, discendono a distinguere, e ci danno in ogni malatia difusibile i fenomeni proprj del principio specifico, diversi da quelli che spettano alla costituzione epidemica dell'anno, o pure alla preponderanza me- teorica. Cosi nella scarlatina e nel vajuolo il virus generatore dell'esantema non avrebbe che fare, secondo essi, con la infiammazione delle fauci, se non perchè in quell'annata lo stato meteorico conduce tal genere di affezioni, che si trovò per avventura unito alla irruzione virulenta. Ed ecco, dicono, il perchè, estinta la epidemia virulenta produttrice dell' esantema, continua l'angina nei morbi 346 successivi; il perchè ancora le malalie che non sono né scarlatina, né vaiuolo, si accompagnano all'affezione gutturale, 'che sotto altre circostanze non sarebbe ragionevole avvenisse. Queste luuglie delitescenze, questi perpetui serbato] di sostanze morbose non resistono aJ un ragionamento a priori, quando la sostanza morbosa sia me- ramente ipotetica; ne reggono alla deduzione a jwsieriuri, molti essendo i feno- meni attribuiti all'ente specifico, i quali si producono per azione di altre cause note e comuni. Se parlisi di febri eruttive, è sì palese la osservazione di casi sporadici in istretlo senso, dei quali non si saprebbe dar prova di comunica- zione, elle ormai entra convincimento di spontaneità, come per qualunque af- fezione non intesa giammai per ispecifica (1). Su le influenze fisiche note, co- muni a diverse regioni, esclusive ad altre, ebbi a publicare altra volta dati po- sitivi; addussi dati negativi ancora: p. e. la innoculazione del vajuolo e del vac- cino, inutile, dopo replicati tentativi, sotto una condizione meteorica particolare alle coste africane, tra '1 Capo-verde ed il Capo-Lopez; la quale innoculazione, cessata che sia quella condizione meteorica, si rende facile e con pienissimo effetto (2). Senza ricorrere all'Africa, abbiamo esempj frequentissimi nella no- (1) Quamquam fatendum est, semina morbi non soli aeri insìdere, neque in eo vacjari semper, cut» satis constet , ut supra animadversum est, illa pannis linteis , vestimentis , aliisque rebus adhaerere, et dici in ipsis integra latilare posse, donec causa accesserit, qua exolvantur, aique halitu, aut contactxi in corpora sanorum immissa conlagionem pariant. At interdum variolae spo- radice tantum, imo sin(jularem aliquem hominem inexpectatae adoriuntiir^ quin contagionis uìla evidens causa comperìatur. An ìatuit jamdudum in corpore venemim istiid, et tuni solum, interce- dente aliqua causa procatarclica, erumpit et manifeslatur? An vero (tini etiam in aere, ut dictum est, jam existebat, nec communicari poterai, quod corpus ad illud suscipiendum minus paratum es- set? Certa qiiadam fortasse eget temporum, aerisque constitutione, ut se exserat; aut ut eam no- cendi poleslatem acquirat, qua vno potius tempore, f/ii«m alio emicet et propacjelur; aut ut corpora ììoslra habitudinem, dlathesimque sibi comparent, qua miasmatis vim, conlagionisque persenliant ej'ficacitalem. Atque liinc piane inleUitji polest, cur prò diversa hujusmodi iemporum , corporumque constitutione modo universim, sive epidemice, modo sparsim, sive sporadice, variolae proserpant. Miasma enimvero variolosum sine ejusmodi conditione variolas nequaquam ingenerai, ne tnocuJa- tum quidem, ut frustra tentatae in qìiibusdam insitiones saepe ostenderunt. Burserius, De morbis exanlliemaìicis febrilibus, Caput IX. § CLXI. — I dubj vengono dalla idea preconcetta di delitesccnza e sviluppo dietro particolari circostanze; non cessa jierò clie alla mente d'im pensatore sia venuto e venga il pensiero della spontaneità. (2) Commentai^ dì Medicina. Opera periodica di G. F. Spongia. Voi. III. p. 225. Pad. 1837. 347 stra Europa Ji camLiamenli meleorici ordinarj e slraorJinarj, i quali precedono, accompagnano e seguono pure malatie ordinarie e straordinarie , cessando que- ste quando cessano quelli; né ci vuol molto a convincersene, quando si abbia meditato un poco, e soltanto la storia delle malatie popolari dominate nel se- colo decimonono, dei tifi, delle petecliiali, della grippe, del morbo indiano, senza ingolfarsi in quella dei secoli precedenti, ricchissima di fatti a soprabon- darne le prove. Chiunque abbia conceduto un po' di attenzione alla storia delle malatie vul- gari, alle descrizioni anche deformi dei cronisti, alle questioni dei medicanti, sempre eguali in ogui tempo, e non altro clie ripetute, svisate, forse amplificate al nuovo insorgere d'una epidemia, avrà facilmente veduto come a straordinarie irruzioni si cercasse applicare teoriche straordinarie del pari, ripugnando a pri- ma giunta il considerare eventi non comuni siccome effetti di cause comuni. Era ben naturale s'introducesse per prima la idea della individualità organica, cui seguiva spontanea la conservazione della specie: circostanza assai comoda ad ispiegare un novello apparire fortuito. Si chiamò in ajuto l'analogia: sotto all' egida di essa non sembrava strano che una forma di malatia in essere orga- nico sempre eguale a sé stessa, produttrice di materiali elaborati organicamen- te, e di apparenza uniformi, avesse a seguire leggi non dissimili da quelle clie reggono la vegetazione. Creazione fu quella d' uno specificismo vegetante para- sito, quasi di sementa che germogli e moltiplichi, nutrendosi a spese dell'ani- male; di tanto è vero che, annestando la idea madre agli esantemi, al vajoloso principalmente, parve vedere nella pustula le divisioni e le concamerazioni del pericarpio a bacca (del melarancio e del cedro), destinale a contenere il pus, veicolo del virus germinativo. Fissata la idea di ovario , non avremmo a sor- prenderci se leggessimo ne fosse venuta un'altra naturalissima, quella dei due sessi; ma la teoria fisiologica si sarà arrestata ad una specie di generazione spontanea, per non apparire complicata di troppo. Non contenti d'una teorica semplicemente vegetale, perchè non si accomo- dava forse del tutto alla risurrezione del principio dopo morte e disfacimento, tentarono i diversi sentieri della Zoologia. Letargo, invei-nazione periodica, metamorfosi riproduttiva, generazione spontanea, fìssipara, gemmipara, sessua- le ; temperatura, umidità, influenze di stagione, meteorologia, erano forti argo- menti a dominare le fasi dell'agente specifico, la incubazione, lo sviluppo, la delitescenza. Di una pianta si fece un ente capace di locomozione; da Redi a 348 Raspai! passarono due secoli, con qualche sforzo, a fondare una Patologia ani- mata: ultimamente il morbo asiatico, avendo rispettato da lungo le popolazioni prossime alle miniere di mercurio, sendo preceduto da insetti di nuova specie, serpendo bizzarramente nella nostra Europa, diede nuove speranze ai teoriz- zatori; e siccome sarebbesi trattato di enti più piccoli dei microscopici, gli omiopatisti vedevano luce novella nella sintomologia e nella cura. Non negando la presenza di esseri viventi in alcune produzioni morbose, resta la grande que- stione se quelli dessero origine a queste, o pure sieno effetti di decomposizioni organiche, frutto di date malatie. Seguendo l'analogia del fatto, visibile sotto alle escare, nelle pustule ; partendo da quello della elmintiasi intestinale, ch'è ovvio osservarla in seguito a false digestioni, ad irritazioni gastro-enteriche, la questione si presenta già sciolta dal fatto stesso. I medici credettero lunga pez- za la verminazione fosse causa di malatia ; ma quando meditarono, oltre ai sin- tomi prossimi della verminazione, quelli che la precedevano, hanno dovuto con- fessare la occasione, al nascimento del verme, in una malatia preesistente. I morbi difusibili diventavano produzioni di essere organico; le precauzioni d' isolamento individuo e popolare non servivano d' ostacolo alla difusione. Fino a tanto che il morbo si difondeva per gradi, e lasciava campo a discorrere, la teorica dello specificismo organico vivente poteva dare ai seguaci una speranza di successo ; ma quando al primo apparire i casi individui divenivano letali ad un tratto (siccome è solito di alcune malatie epidemiche), i settatori della Pato- looia organica, vegetale ed animata dovettero in ogni epoca cedere il campo a coloro i quali non sapevano capacitarsi d'una rapidità letale, fulminea a mezzo di que' principi. Entrò la idea d'una intossicazione, d'un veleno; e nella recente epidemia asiatico-europea si sospettò persino le carni fossero state impregnate di rame; l'aria stessa fosse saturata di molecole di questo metallo dopo la ca- duta d'un aerolito, cui segui la irruzione epidemica. La idea d'un veleno nei morbi popolari persuase in ogni epoca e medici e popolo, testimonio la storia. Dalla teoria del principio morboso vegeto-animale, e da quella d'una intos- sicazione non è a sorprendersi che si ricorresse ad una dottrina inorganica, si ritornasse al quid divinum in aere, trasmutato nella espressione d'influenza cosmo-tellurica, per ispiegare come meglio potevasi la serie, la forma, il corso, le fasi, principio, mezzo e fine d'una irruzione epidemica. Quando di malatie individuali e popolari si possa dar conto co' i mezzi or- dinari e comuni, pare la ragione stessa vieti ricorrere a straordinarj elementi; 3/.9 peggio poi se nella ignoranza di questi la imaginazione dia a se la compiacenza di crearne di nuovi. Si veggono effetti clie impongono, e si presumono straor- dinarj senza penetrare più oltre; l'effetto costringe rimontare alla causa, ed, ignota questa, non solo la si denomina, ma le si fa un corredo di proprietà fìsi- clie, che più non si farebbe se, isolata a mo' di elemento, la si tenesse sott' oc- chio in un vase destinato a chimici tentativi. Fenomeni straordinarj in apparen- za, sono ordinar] pe '1 fatto, né diversi dai comuni clie pe '1 grado, o per la mo- dificazione arrecata dal clima, più le accidentali influenze meteoriche: clima e meteore sono cause potenti, dominatrici d'ogni essenza organica ed inorganica, d' onde la specialità talvolta illusoria nelle produzioni di questa e di quella, se mai avvenga che mutino le consuete apparenze. Né il processo genetico potreb- be stabilirsi altrimenti, senza cadere nella inconseguenza delle supposizioni gra- tuite ; il quale processo una volta formato, ne viene che l'ammalare di molti in- dividui corrisponda in tutto e per tutto all'ammalare di un solo, quando l'azione risultante dalle cause fisiche trovi materia idonea a sentirla e soggiacervi , nò manchi una necessaria libertà di esercizio. Avvertite le dottrinarie speculazioni su '1 principio genetico e propagatore, l'ordine delle idee ci chiama a conoscere i caratteri principali della malatia che si fa figliare da quello; vedere cioè se giustifichino la qualità specifica di cui furono vestiti, e sieno effetti indipendenti da causa comune alla situazione geo- grafica, e di non ordinario apparimento. Non altrimenti che per gli esantemi febrili, tenuti siccome produzione di processo specifico, adoprarono i medici pe '1 morbo egiziano e delle due Indie, orientale ed occidentale. Nella forma esterna cercarono gli effetti d'un' azione sui generis; qualunque mutazione avvenisse alla periferia, cutanea affatto, o pro- pria di organi coperti dalla cute, o portata all'esterno nel fervore della malatia, non fu perduta di vista ; e sempre con mira di ridurla al movente causale. La costanza della forma favorì sempre l' intento , e convinse , come di verità che più non abbisognasse della dimostrazione. Buhone , carhonchio , antrace, peiechia , cianosi, itterizia, vomito, diarrea, emorragie divennero rappresentanze sintomatiche, per dignità non dissimili dal- le macchie della scarlalina, dalle papule del morbillo, dalla pustula vajolosa; si chiamarono prodotli di azione specifica, si ebbero siccome cumulo del prin- cipio attivo, giunto più o meno maturamente alla periferia, dopo lotta organica, felice od infelice per l'esito, che ciò non monta; e quando si parlò di morbo t 350 tlifuso, que' prodoUi si tennero unicamente od assolutamente opportuni per co- municare al sano e propagare la malatia da cui sorgevano. Che cosi la pensasse- ro, il fatto delle innoculazioni tentate, dei contatti provocati a bella posta, a ba- stanza lo dimostra; la marcia dei buboni, l'icore cancrenoso degli antraci, il sangue evasalo, i liquidi delle escrezioni furono materiali adoperati: in una pa- rola, governarono il tentativo come avrebbero governalo la insizione del vainolo umano e vaccino a mezzo del pus dei furuncolettl già passati a suppurazione. Se poi, come pe '1 vajuolo, l'effetto corrispondesse allo intento, o pure mancasse 1 effetto che si attendeva, sarà un'altra questione che per noi non potrà passare inosservata. Testimonio chi vide più volte la epidemia egiziana, e potè notarne le fasi, suole il bubone pressoché in ogni individuo aprire o chiudere la scena della ma- latia, o comparire a mezzo il corso di questa, ciò clie avviene con maggiore fre- quenza; più proprio dell' anguiuaglia, come dal vocabolo, in quella regione ed alle ascelle si svolge di preferenza, radamente alle cervicali, più rado alle po- plitée. Le necroscopie apprendere ingorgo profondo di tutto il sistema ganglio- nare linfatico; quindi non solo le gliiandole periferiche, ma delle cavità interne ancora, intasate, distese. Il bubone esterno essere di presagio fausto ; il suppu- rare del bubone indizio pressoché certo, guarire la malatia, e ne danno i mo- tivi: non perchè l'apertura del bubone favorisse la uscita del materiale morbi- fero, ma perchè sondo quello un sintoma secondario, giammai primitivo, l'ap- parir suo annunzia morbo di già avanzato, e morbo finito la sua maturazione. Del che offrirebbei-o prova: quando cioè la malatia procede rapida, non appare il bubone esterno, quasi il tempo mancasse a produrnelo; sicuri d'altronde che la sezione del cadavere mostrerà ingorgate le ghiandole interne, e tutte. Dunque non obliare che il bubone esterno sia fondamento di buon presagio, pessimi gì ingorghi delle ghiandole interne, gli abdominali sopra tutto ; e cosi interes- sando aver contezza del pessimo, dicono clie i dolori vivissimi all'arcata crurale ed all' annoilo inguinale annunziano il resto dell'infarcimento più interno, visi- bile tal fiata, ed in parte, alla regione del dolore ed a' suoi dintorni. Avvertono per ultimo, la infiammazione ghiandolare propagarsi al peritoneo ed ai visceri circostanti ; d'onde un'affluenza enorme di sangue, che nel cadavere finisce con evasamento sanguigno. Ora diremo noi: e prima di tutto, il bubone, isolatamente preso, non è sintoma esclusivamente africano; compare nel vecchio e nel nuovo Continente, 35 ì dietro processo morboso acuto; è anclie apiretico ed abituale all' interno del- l'Africa; parlando in ispecialità dell'Egitto, le ostruzioni viscerali, gì' Ingorghi gbiandolosi sono osservazioni clie rimontano all' epoca di Prospero Alpino, se guardisi l'aggiustatezza, giacché prima erano note confusamente. Il bubone si direbbe meglio un sintoma tropicale, avvegnaché non manchi, ma sia raro d'al- tronde nei tifi d'Europa; e sia qui ancora apiretico, come nella scrofola e nella sifilide. Riducendo a più stretti confini la tendenza alla forma buboniea, la si trova più propria della Torrida boreale; d'onde ragionevolezza e necessità che allo svolgersi di morbo acuto più manifesta si renda un' affezione già endemica, per lo innanzi afebrile ; seminio vero di morbi, che provocherà facilmente la fe- bre, quale sarà in fine l'effetto di quella stessa causa climatica che favoriva len- tamente gl'ingorghi delle ghiandole e le ostruzioni dei visceri. Chiunque desi- deri prove maggiori può meditare su '1 fatto, che nell'ultima epidemia egiziana alcuni individui portanti tumori scrofolosi antichi, colpiti da quella, soffrirono per entro a quegl' ingorghi dolori vivissimi, con in séguito la infiammazione acuta del tumore, talvolta passata all'esito di suppurazione. ì-i'antrace, usurpato un tempo per carbonchio, e vice-versa, non è così per la Commissione medica del Cairo, che vuole una differenza tra carboncliio ed an- trace, per situazione di sviluppo, forma ed esito. Antrace sarebbe una larga mac- chia, rossa, dolorosissima, appariscente al dorso, alle spalle, agi' inguini, or proclive a risoluzione, or a cancrena; carbonchio invece una o più vescichette aggregate, con areola rossa, riempiute di siero bruno o nerastro, le quali, perve- nute al volume d'un' avellana, scoppiano, lasciando a nudo una superficie del tutto cancrenata ; d'onde il nome proposto di irustula cancrenosa. La quale si ma- nifesta, ed è propria del tronco, delle membra, delle genitali, del capillizio, della faccia, persino della superficie dei buboni : circostanza questa eh' é negata da Clot-Bey, cui non fu dato né pure riscontrare la imsiula cancrenosa né al ca- pillizio, né alle palme, né alle piante. Già molto tempo prima il Dupuytren, co- me sapete, parlando del carbonchio, avea provocato la distinzione di questo dal- l'antrace, fondata sempre su l'esito cancrenoso, ma di derivazione diversa; e comunque sia la cosa, v'ha però quell'analogia che condusse molti a non far dif- ferenza, e ritenere per una gradazione patologica ciò che in adesso si vuole una forma tutta particolare, distinta nell'uno e nell'altro. Il carbonchio è quasi sempre preceduto o seguito da bubone nel sito stesso del suo primo apparire. Sembrerebbe una macchia petecbiale, che si dilata a 352 visla d'occhio in pari tempo che sorge, nel centro di figura, una flittena riem- jiiula di siero; destinala pur questa ad ingrandire, circuita sempre da una linea più rossa dclFareola; linea che il volume della flittena spinge sempre al di fuori- si arresta là dove più non cresce il volume della flittena, e dovrà incominciare il processo cancrenoso. Non v'ha regione del corpo, in cui non siasi pronunziato una volta o F altra il carbonchio durante il corso del morbo egiziano; quanto al numero, se ne contarono in un solo individuo più di trenta. Vogliono il suo ap- parire, come del buhone esterno, fosse parecchie volte di buono augurio, fre- quente a vedersi su la metà del corso od al declinare della malatia ; ne lo ten- gono qual sintoma necessario, restando a questa il carattere proprio, senza che il carbonchio apparisca. Sarà egli molto meno un fenomeno esclusivo al tifo d'Africa, comparendo, sebene più radamente, in quello di America; e conside- rato siccome morbo a sé, lo si trova in Europa ancora negli abitanti delle cam- pagne, però sotto gli ardori estivi. E memorabile la epidemia carbonchiosa della specie umana nella Linguadoca durante la stale del 172^1 ; e del 1797 nel Di- partimento francese delle Basse-Alpi: epidemie di contado, che hanno mietuto vite preziose all' agricultura : d'onde una nozione statistica, quel morbo colpire le popolazioni campestri di preferenza, per altre ragioni ancoi'a che non sarebbe qui luogo ad enumerare. La pelechia suole nel morbo egiziano annunziare che l'ammalato è agli estremi; ed è quindi precursore di esito pessimo. Alla pelechia non v'ha re- gione del corpo che sia vietata; le membrane interne e la lingua ancora possono mostrarla. Tre colori segnerebbero , secondo alcuni , il grado crescente di gra- vità : il roseo, il violetto, il nerastro; scomparendo, è solita seguire le gradazioni di colore proprie della echimosi cutanea . V hanno casi nei quali la petechia presentasi non appena morto l'infermo; come ve n'hanno d'altri di larghe echimosi nunziatrici di morte imminente ; il rilassamento dei capillari che per- mette al sangue 1' uscita e la effusione. Si allontanerebbe dal vero colui il quale ai tifi d'Africa e d'America volesse assegnare quel sintoma, tanto comune ancora ai tifi d'Europa; dappoiché, com- pagno di malatie acute in qualunque regione del globo, non ha d'uopo che d'uno spandimento sanguigno per costituirsi: ciò ch'é ben facile avvenga nei gran- di disordini della circolazione. Così facendo, mostrerebbe non avvedersi della circostanza importante, la petechia solitamente apparire quando sta per ispe- gnersi la vita dell'infermo, o pur dopo morte; la quale in altri casi s'annunzia 353 Ja lai-glie ecliimosi , non diverse dalla pctecliia che per maggiore occupazione di superficie. E di fatto i descrittori del morbo tengono la petecliia qual feno- meno emorragico passivo: né per accorgersi d' un trasudamento di sangue in avanti disciolto è d'uopo andare in Egitto, ed osservare la endemia; i morbi pe- lecliiall di Europa , descritti in tempi diversi, Incliiudono la idèa di colliqua- zione, e riluxham stesso, come scrive il Borsieri, sìbi persuasit in omni peticu- lari morbo sanguinem quodani dissolutionis genere liqiiari et corrumpi ; alqiie adeo fehrem peiechialem putridis malignisque morbis admimeravil. Il Borsieri però non è persuaso che sempre la sia cosi ; e vi mette il plerumque, con ingegnose os- servazioni fondate su la qualità del sangue estratto: il che non basta a togliere le dubiezze ch'egli stesso avanza nel suo ragionare; e si trova costretto a con- chludere : Falcar equklem petkulas et cuin echymosibus et cum infiammai ione si- militudinetn aliquam praeseferre ; sed non ea est^ quae communem earuni naturam ostendat (1). La cianosi e la itterizia sono due coloramenti della cute, che primeggiano nella endemia delle due Indie, orientale ed occidentale. La cianosi dell'adulto {^morbus coeruleus^^ In cui persista fatalmente la funzione del tubo del Botallo, o pure viziato il cuore per comunicazione aperta nella parete dei due ventri- coli, è lume fisiologico che ne rischiara la patologia. Una stagnazione nei capil- lari, che avvenga per forza dlailnulta di circolo, per minore facoltà contrattlva dei ventricoli, può condurre la cianosi: né chiameremo questo colore un feno- meno esclusivo del morbo indiano orientale, un effetto di causa specifica; noto com' è che in qualcuno degli stadj dell'occidentale, e dell'egiziano ancora, il co- loramento azurro della pelle fu parecchie volte osservato. Della itterizia egual- mente : colore cutaneo assai comune alle malatle tropicali dell' uno e dell' altro emisfero; frequente, non necessario, nel morbo indiano occidentale; veduto più volte in Egitto, specialmente nella epidemia del 1834-'! 835, siccome più de- scrittori lo attestano (2). A proposito della itterizia egli è ben singolare la osservazione, che la en- demia delle due Indie conduca seco il fenomeno del coloramento cutaneo, azur- )0 in Oriente^ giallo in Occidente, siccome effetto d'una medesima causa, la sta- gnazione del sangue ; accompagnata però da circostanze diverse e ben rilevanti (1) Burserlus, 7iis(i(. Med. pract. Voi. II. pag. 243-244-245. Medlolani 1785. (2) Clot-Bej, De la peste obseriée en Egypte. Paris 1840, pag. 52. 354: nell'una e nell'altra regione. Giuseppe Frank, nel sao Ratio medendi Instihili Clinici Ticine7ìsis del 1 795, Capo II. de fehrihus intermiUentibus, rigettando la idèa invalsa nella pratica di derivare dalla bile qualunque giallume di sputi, di lin- gua, d'ocelli, di cute, incomincia a dire della echimosi, la quale rossa in pria, passa al livido, al verde, al giallo: colore che ninno certamente vorrebbe attri- buire alla bile. Poi della itterizia clie istantanea si manifesta dopo còlerà vee- mente ; che non vi starebbe il tempo da condurre la bile, per la via dell'assor- bimento, dalla cistifellea al corpo tutto. Veder egli più ragionevole sorgesse quel colore dal sangue effuso in quantità tenuissima nel tessuto celluioso, ed anche diluto dagli umori co' i quali necessariamente si mesce. Il giallo cutaneo della echimosi essere emorragico ad evidenza; il giallo dall'accesso d'ira, emorragico ancora, che di già la violenza dell' ira è madre di emorragie frequente ; il giallo del morbo indiano occidentale ripetere la stessa origine, siccome in quella en- demia non v'ha strato mucoso immune da effusione di sangue. Di già Pugnet nel 1804 soscri^'eva alla opinione del Frank, attribuendo ad una echimosi sottocutanea la itterizia del morbo delle Indie; molti anni dopo Levacher, nella sua Guide medicai des Antilles, trovò quadrargli la osservazione del Frank; lo stesso Boisseau, sostenitore del principio che in quel morbo la ittei'izia sia legata ad una irritazione del fegato, non potè non applaudire alla dimostrazione Frankiana, ed a quanto l'autore ne seppe dedurre. Il Boisseau per altro vede aumento di secrezione biliare quando vi sia vomito, e dejezioni di bile pura, gialla o verdastra; sospesa la secrezione, quando vi sia itterizia; quin- di una irritazione di fegato: e sia che la itterizia provenga dal riassorbimento della bile o dalla sospesa secrezione, deduce quella irritazione (almeno simpa- tica) appoggiandosi alla base analogica, che la itterizia è fenomeno frequente della epatite. La interpretazione del Boisseau è assai precaria; ma d'altronde partecipa della maniera di vedere comune ai pratici del passato tempo, contro ai quali insorgeva il Frank nel 1795, e dopo ancora, perchè un giallume qual- siasi si volesse far sempre dipendere dal colore della bile. Quel eh' è certo si è, che nella endemia delle Antille sono tali e tanti i caratteri che depongono di un'affezione sanguigna primitiva e generale, e di conseguente slato emorragico, che fissare nel fegato e negl'intestini un'azione primaria non può clie venire da assai limitate vedute; mentre ammalato il sistema del circolo, soffrono gl'inte- stini, il fegato, i visceri tutti: e sarebbe questa una illusoria ragione di chi sos- tiene il centro morboso in que' visceri. 355 Su '1 vomito nero di America, su '1 bianco d'Asia, e su le materie diarroiche eguali non sarebbe d'uopo intratenersi, se non fossero fenomeni costanti e vul- gavi a segno da fermare l'attenzione d'ognuno. Sia pure che la materia uscita in ambedue i modi venga da una effusione intestinale diretta, o portata al tubo gastro-enterico da un'azione dinamica lontana da questo: non sarà possibile at- taccare a que' due fenomeni una idea specifica, senza nuocere al buon senso. Specifico il vomito no, perchè quel movimento spasmodico appoggia su base troppo generale e manifesta in malalie ben differenti; specifico il materiale né pure, perchè la sua composizione non esce dall'ordine delle esalazioni che av- vengono nei profondi guasti vascolari, nella viziata ematosi; ed il colore non fu mai norma sicura, mutabile com'è per cause accidentali e leggiere, senza clie mutino gli essenziali caratteri della materia che presenta il colore. Nella febre delle Antille, p. e., il vomito è semplicemente mucoso; nel primo periodo bian- castro; più tardi d'una sostanza nerastra, simile alla l'uligine che fosse sospesa nell'albume d'uovo; avente un odore epatico secondo alcuni, secondo altri un odore di sangue: più tardi ancora il vomito è di pretto sangue annerito; e tal- volta il sangue precede la materia nera, e va alternativamente proseguendo con questa o con sangue. Così le dejezioni alvine; senonchè queste presentano assai spesso colore bianco-sporco, giallo, verdastro, sanguigno, nerastro. Si sa che quei materiali innoculati e deglutiti in via di sperimento non produssero né pure una gastrica indisposizione nunzlatrice di morbo anche lieve (0; per lo clic né il sintoma in sé stesso, né la materia espulsa varrebbero ad esprimere un prodotto specifico, in cui si facesse per avventura il solito accumulamento del principio propagatore della malatia. Le macchie rosse, rosso-livide, aride, urenti, dolenti; i gruppi di vescichette miliari, di furuncoletti, di puslule, sono apparizioni accidentali, accessorie, non comuni a tutti gl'individui presi dalle malatie acute tropicali, come pure da quelle che spettano ad altre latitudini ; e vanno, per consenso dei pratici, nella categoria delle risipole, dei sudamina, degr/droa, delle flittene, delle vibici, ec. Come non risponderebbero alla origine specifica senza imbarrazzare colui che progettasse ridurvele ; quelle apparizioni tutte, diverse di aspetto, non isfuggo- no, come effetti d'una profonda lesione del circolo, a chi sapia rimontare alla origine. Vengono quindi facilissime le conchiusioni : (1) Dubois d'Amiens, Traile de Palhoìogìe generale, pag. 151. 356 1.° Se il bubone, sempre secondario, delle raalatie tropicali non fosse altro che un inreparata: ciò che andrà a costituire, come ben si vede, le basi della moderna dottrina, ap- poggiala alla verità dei fatti, e che chiamasi della infezione, di cui in séguito. 367 OSSERVAZIONI ASTRONOMICHE FATTE NELL'IMPERIALE REGIO OSSERVATORIO DI PADOVA INTORNO ALLA COIVEETA PERIODICA DI BIELA NEL SUO RITORNO AL PERIELIO DEL FEBRAJO MDCCCXLVI MEMORIA LETTA all' ACADEMIA DI PADOVA IL GIORNO XI iUARZO BIDCCCXLVXI DAL SOCIO GIOVANNI SANTINI I JTìù e più volte, dotti e cortesi Academici, mi è avvenuto, nel lungo periodo delle mie esercitazioni astronomiche, d'inlratenervi intorno a questa interes- santissima Cometa, e di porre a dura prova la sofferenza vostra con la esposi- zione (se bene abbreviata) di lunghe ricerche numeriche, alle quali io mi sono in più riprese abbandonato per seguirne i movimenti, e tracciarne le efemeridi che ne potessero facilitare la ricerca ne' suoi successivi ritorni al perielio. Infatti nel 1 829 io cominciava dall'esporvi la storia della sua scoperta, fatta per opera del sig. Cav. Biela e del defunto sig. Gambard, e vi esponeva pure le mie prime ricerche intorno a' suoi elementi ellittici, congiunte alle osservazioni da me instituite nel 1 826 in due separate Memorie, che cortesemente voi acco- glieste nel vostro terzo Volume dei Nuovi Saggi. Ripresi in séguito a trattare più difusamente della teorica di questa Cometa in occasione del suo ritorno al perielio nel 1832; ed allora io vi esposi le osservazioni fatte in quella reappa- rizione, e gli elementi ellittici da essa risultanti. Ma poiché le forti perturba- zioni prodotte dalle azioni planetarie nei movimenti delle Comete rendono molto variabili da una rivelazione all'altra i loro elementi ellittici ; cos'i in altra sepa- rata Memoria io intrapresi il calcolo delle perturbazioni indotte nei movimenti di questa Cometa co '1 penoso metodo delle quadrature mecaniche nel periodo il compiutosi fra il 1826 ed il 1832, assegnando così i suoi elementi ellittici por queste due epoche, avendo riguardo alle azioni della Terra, di Venere, di Mar- te, di Giove e di Saturno per modo che soddisfacessero nel miglior modo possi- bile alle osservazioni astronomiche fatte in questi suoi due ritorni alle vicinan- ze del perielio. I risultati di queste mie ricerche, esposti difusamente nella se- conda Memoria del Volume quarto, a pag. 1 07, servirono di punto di partenza per calcolare gli elementi, dietro i quali si poteva sperare di ricercarla nel suo passaggio al perielio nel 1 839. In questa nuova rivoluzione io continuai il cal- colo delle perturbazioni per gli ultimi elementi ellittici del 1832 fino al ritorno al perielio nel 1839, avendo riguardo all'azione di Giove, di Saturno e della Terra, e formai in tal guisa il seguente sistema di elementi, corrispondente al- l'epoca del passaggio pe '1 perielio nel 1839: T=r: 1839 a giorni 204,03907. T. medio in Padova. {= 23 Luglio) T=110°. 6'.16",33, „ medio zJ Lunlio. w = 248. 13. 18, 59 (eq.° , = Ì3. 12.24, 49 log. a = 0,5483 'i 36. (p = 48. 43. 16, 80 moto diurno siderale medio = 533", 938407. Log. sen. (p = 9. 8759347. Dietro questi elementi vi presentai, dotti Academici, una efemeride esten- dentesi dal 20 di Alaggio fino al 3 di Ottobre di quell'anno, che doveva servire a ricercarla, ed osservarla nel suo ritorno. In pari tempo fu da me avvertito (come facilmente si poteva comprendere dalla semplice ispezione della citala efemeride), che trovandosi in tutto questo intervallo di tempo la Cometa mollo vicina alla sua congiunzione co '1 Sole, e quindi piccola e molto dalla Terra distante, difficilmente si sarebbe potuta osservare a motivo della forte luce cre- puscolare. Il fatto verificò tale congettura; giacché, per quanto è a mia notizia, non riuscì ad alcuno di poterla distinguere in quel suo ritorno al perielio. Non avendo permesso una tale disgustosa circostanza di verificare i lunghi e nojosi calcoli da me intrapresi per limarne la teoria, si rendeva indispensa- bile attendere il suo ritorno nel 1846, e quindi era mestieri con nuovo calcolo stimare le variazioni che in questo nuovo periodo avrebbero indotto agli ele- menti già calcolati per il 1 839 le azioni perturbatrici degli altri pianeti. Intrapresi una tale ricerca nel 1842 con la vista di renderne conto al Con- gresso Scientifico tenuto nel Settembre di quell'anno in questa Città, e ne pu- blicai la Relazione nel Voi. I. degli Atti dell'I. E. Inslituto Veneto. Il poco tempo 369 che potei accordare a queste nuove mie ricerche, ed altre affligenti circoslanze nelle quali io mi trovava, non mi permisero di calcolare l'azione clic avrebbero sopra di essi esercitato la Tei-ra, A'enere e Marte, e dovetti contentarmi allora di tenere a calcolo soltanto le variazioni dipendenti dai due più potenti pianeti del nostro sistema, cioè di Giove e di Saturno. Si poteva prevedere clic le azioni di Venere e Jlarte non sarebbero state sensibili, e quelle della Terra avrebbero potuto manifestarsi soltanto verso il suo ritorno al perielio , alla qual epoca molto sarebbesi a noi avvicinala ; ma allora anclie sarebbesi potuta effettiva- mente osservare, e meno importante quindi riusciva di avervi riguardo, quando non si avesse altro in mira che il calcolo di un' efemeride, per poterla agevol- mente rinvenire ed osservare, e quindi si sarebbero co '1 fatto potuti verificare tutti i calcoli precedenti e tutte le nostre congetture. Gli elementi ai quali io pervenni, ed ai quali appoggiai il calcolo della Efe- meride inserita negli Atti del Congresso Patavino, ed anche in quelli dell' In- stituto, e trasportata in varie estere Collezioni astronomiche, sono i seguenti : Passaggio al perielio t = 184G a giorni 42,40127, ì T. medio o vero Febrajo ì 1,40127. ; in Padova. Longitudine del perielio . . t= 109". 4'. 29", 11 ^ dall' eq. medio del nodo .... co = 245. 57. 24, 4G > dell'1 1 Febrajo Inclinazione all'eclittica . . i =. 12°. 35'. 25", 85. Angolo di eccentricità . . . . (pz=A9. 10.39, 98. Moto diurno siderale medio n = 537", 653C27. Los:, semiasse maggiore, log. a = 0. 54623G0. o oc o Da questi elementi si ottennero i seguenti logaritmi e le seguenti formale per il calcolo della posizione geocentrica della Cometa riferita al piano del- l'equatore mediante le consuete coordinate designate per AB, e declinazione. Log. sen. (p = 9. 8789476 ; log. R" sen. (p = log. e" = 5, 1 933727. Log. ^ = log. 1^2^. sen. ^45 + -^ cp") = 0. 39552J9. Log. B=:log. yT'a. COS. (a5 -{- ~ (p^ = 9. 966202 J. Gli ultimi due dei quali servono al calcolo dell'anomalia vera v e del raggio vettore r mediante l'anomalia eccentrica m co '1 mezzo delle seguenti relazioni: sen. — V y r = y/. sen. — u 370 COS. — vyr ^=: B. cos. — u. 2 2 Per ultimo le coordinate vere eliocentriche della Cometa rapporto al piano dell'equatore, partendo dall'equinozio degli 1 1 Febrajo, e dalle quali con somma facilità si formano le posizioni geocentriche (Astronomia, Voi. I. pag. 254), die- tro i superiori elementi mi risultarono le seguenti : x= m.r. sen. {v + 198°. 33'. 5", 9) log. m-= 9.9912196 + y=n.r. sen. {y + \ 04. 47. 39, 1) . . . . log. n = 9. 9785007 + z=p.r. sen. {v + 139. 39. 32, 9) . . . . log. p =z 9. 5633736 + Questa volta la posizione geocentrica della Cometa riusciva tale da potere fondatamente sperare di osservarla facilmente e lungamente nel suo ritorno verso il perielio; tuttavia fu con grande esitazione che mi azzardai a puhlicare la serie de' miei risultati, ben conoscendo quanto facile sarebbe stato per una parte di commettere un qualche errore nel nojoso calcolo delle perturbazioni per il giro di due intiere rivoluzioni, che avrebbe potuto avere una perniciosa influenza nel risultato finale; e per l'altra l'azione di Giove nel perturbare i movimenti di questa Cometa essendo fortissima, sarebbe stato possibile che il grado di approssimazione conseguito nel calcolo delle perturbazioni per qua- dratura con gli arbitrar] intervalli da me assunti non fosse stato sufficiente ad assegnare con idonea precisione il suo ritorno al perielio, e l'eccentricità del- l'orbita; dai quali elementi precipuamente dovevano dipendere le posizioni geo- centriche calcolate per ricercarla al suo ritorno. Infatti lo sviluppo delle operazioni mi aveva dimostrato che l'alterazione della rivoluzione periodica fra il 1826 ed il 1832 avrebbe dovuto essere: = — 10^,02345 fra il 1832 ed il 1839 = + 1, 71970 fra il 1839 ed il 18/i6 = — 3), 88400. Parimente l'angolo di eccentricità negli stessi intervalli aveva variato (se- condo i miei risultati) per ordine al modo seguente: + 24'. 34", 9; +0'. 41", 8; + 2T. 23", 2. Variazioni si forti in questi fondamentali elementi mi facevano temere che l'influenza delle seconde potestà delle perturbazioni trascurate nel loro calcolo co '1 mezzo delle quadrature potesse riuscire perniciosa ; ed in questa sentenza quasi mi confermavano alcune infruttuose ricerche da me fatte per rinvenire la Cometa nel nostro Osservatorio verso il fine di Novembre 1845, allorché con 371 vera compiacenza ricevetti nello stesso giorno due gentilissime lettere: una del sig. Cav. Encke , Direttore dell'Osservatorio Regio di Berlino, 30 Novembre; l'altra del diligentissimo osservatore e scopritore di Comete P. Francesco de Vico, Professore di Astronomia nel Collegio Romano (4 Dicembre): nelle quali essi ebbero la gentilezza di annunziarmi il riconoscimento della Cometa in si- tuazione vicinissima alla posizione assegnatale dalla mia Efemeride. Le osservazioni comunicatemi dal P. de Vico corrispondevano alle sere 26, 28, 29 Novembre, e 1." Dicembre 1845. Le prime osservazioni di Berlino, fatte con quel grande e magnifico equa- toriale, erano dei giorni 28 e 29 Dicembre; esse differivano dall' Efemeride di — G' di arco in AB, e ài — 0', 8 in declinazione (!' Efemeride dando una posizione minore della osservata). Il sig. Encke terminava la sua lettera con queste parole: La faiblesse de la Comete est si grande, que je ne crois pas quii soit possible de la voir avec des lunettes d^une dimension plus petite que celle de no- tre réfracteur. Peut-étre quii durerà encore un mois avani quon puisse Vohserver avec des fls eclairés. Queste parole del grande Astronomo di Berlino formano elogio alla chiarez- za e precisione del cannocchiale dell'artefice Cauchoix di Parigi, costruito per il Collegio Romano, ed alla diligenza ed accuratezza del chiariss. nostro P. de Vico. Nel nostro Osservatorio si potè soltanto vedere alla machina paralattica nel giorno 25 Dicembre, se bene forse anche nei giorni precedenti sarebbe stata visibile senza il costante cattivo tempo, che impedì le osservazioni astronomi- che. Da me e dal sig. Dott. Pietropoli fu osservata assiduamente, quando lo stato del cielo lo permise, fino alla sera 30 Marzo 1846, nella quale era ridotta de- bolissima in grazia del chiarore della Luna. Dopo quest'epoca, essendo divenuta molto debole, non sarebbe stata visibile al piccolo cannocchiale della machina paralattica, e si cessò dall'osservarla. Questa Cometa nel corso della sua ultima apparizione presentò un fenome- no singolarissimo, non avvertito in alcuna delle sue precedenti apparizioni, e non mai osservato (almeno tanto circostanziatamente ) intorno ad alcun' altra Cometa. Voi comprendete, Academici dottissimi, che intendo di parlare dell ap- parente divisione del suo nucleo in due, della quale ebbi già l'onore di farvi cenno eziandio in altra Seduta. La prima notizia che mi pervenisse intorno a questo singolarissimo feno- meno, di cui hanno parlato tutti i Giornali scientifici e letterarj, fu per una lellera del sig. Consigliere Schumacher di Altona, in data 2 Febrajo, dal cui estesissimo ed interessantissimo Giornale astronomico l'Astronomia riconosce per la massima parte gli odierni suoi rapidi progressi. In essa mi annunziava die il sig. Cav. Encke al suo gran rifrattore in Berlino nella sera 27 Genajo aveva distinta nella Cometa di Biela due nuclei, aventi ciascheduno una leggiera coda che prolraevasi nel senso perpendicolare alla linea congiungente i centri dei due nuclei; il più debole precedeva il più luminoso per 1'. 24" di arco in AR, avendo mia declinazione maggiore di 2'. 26". La loro posizione scambievole ri- maneva inalterala nel giorno consecutivo 28 Genaio. La medesima lettera an- nunziava che simile osservazione era stata fatta in Inghilterra da CLallis, Ilind, ed altri Astronomi Inglesi. Si seppe in séguito che il sig. Wichman in Rònigsberg al grande eliometro di quell'Osservatorio aveva precedentemente riconosciuto la duplicità della Cometa mediante un ingrandimento di 45, ed aveva da bel prin- cipio ritenuto che due Comete si fossero presentate nel campo del cannocchia- le ; ma ben tosto dovette abbandonare questa congettura, vedendo che avevano air incirca lo stesso movimento geocentrico, e la loro distanza scambievole ri- maneva anche nelle consecutive sere sensibilmente la medesima. Le osserva- zioni del sig. Wichmann, egualmente che quelle fatte a Berlino, attribuiscono minore splendore al nucleo precedente; anzi nella prima osservazione del gior- no 1 5 Genajo si giudicò il precedente tre o quattro volte più debole quanto al grado di luce del seguente, che ritenevasi come la Cometa principale. Questa circostanza mostra la ragione per cui generalmente non fu avvertita tale miste- riosa separazione; poiché soglionsi osservare le Comete con cannocchiali di pic- colo ingrandimento e molta luce, nei quali gli oggetti più deboli non vengono facilmente avvertiti in presenza di oggetti più luminosi, venendo la debole loro impressione nelFoccliio cancellata dalla impressione più forte dei più risplen- denti. Ma appena fu divulgata la notizia di questo importante fenomeno, venne anco a gara da tutti osservato, e fu determinata in tutti gli Osservatorj la gior- naliera posizione dei due nuclei ed il vario loro progresso, come può vedersi nelle relazioni numerose inserite con tutti i detagli nelle Notizie astronomiche del sig. Schumacher. Lna circostanza degna di osservazione si è, che, secondo le relazioni con- cordi degli Astronomi, da principio i due nuclei furono vicinissimi, e lentamen- te si andarono allontanando, molto variando nella rispettiva intensità di luce: imperciocché fu prima il precedente molto più debole del seguente. Indi si os- 3t:5 servò che fra i giorni 9 e 12 Felirajo si eguagliarono in luce, e si andarono al- ternando, sembrando scambiarsi vicendevolmente in intensità, apparendo ora il precedente ed ora il seguente il più debole fino ai primi di Marzo; alla qual epoca il precedente, che si mantenne sempre il più boreale, rapidamente s'in- debolì , e non fu più visibile che co' i grandi rifrattori, co' i quali si continua- rono le osservazioni fino verso la fine di Marzo. Le osservazioni che qui in fine riferirò nei loro dati originali, furono fatte alla solita nostra machina paralaltica, la quale ha un chiarissimo cannoccliiale di 30 pollici di foco, ma di troppo debole ingrandimento per potere competere co' i grandi rifrattori di Napoli, Berlino, Vienna, e di altri insigni Osservatori dei nostri giorni. Nelle osservazioni dei giorni 2-^1, 30 e 31 Genajo mi sorprese l'aumento apparente della Cometa, e la rapida variazione degli errori della Efe- raeride clie per mio uso avevo costruita su i miei superiori elementi ; ma non sospettai la separazione dei nuclei, e solo l'avvertii per la prima volta nella os- servazione del giorno 12 Febrajo, dopo l'avviso sopra indicalo del sig. Consi- gliere Schumacher. Prima però di passare a riferirvi il quadro delle mie osser- vazioni, brevemente indicherò il risultato delle ricerche intraprese da celebri ed esercitati calcolatori dei nostri giorni per correggere con le osservazioni di questa apparizione gli elementi dell'orbita da me congetturali dalle precedenli apparizioni, e per ispiegare la duplicità cometaria, della quale vi ho sopra rife- rito brevemente l'istoria. Siccome la Efemerlde costruita su i miei elementi si andava sensibilmente allontanando dalle osservazioni a proporzione che si avvicinava l'epoca del pas- saggio per il perielio, in grazia della crescente influenza delle quantità trascu- rate nel calcolo degli elementi; così li signori Brunow ed Arresi, Astronomi presso l'Osservatorio Reale di Berlino, già cotanto benemeriti della teoria delle Comete e dei Pianeti per le molle ricerche intraprese intorno alle numerose Comete dei nostri giorni, da essi e da altri scoperte, e pe'i laboriosi calcoli pu- blicati intorno al nuovo pianeta Astrea , Intrapresero a ricercarne direttamente 1 orbita ellittica con le osservazioni instituite in questo suo ritorno verso il pe- rielio, senz'alcun riguardo alle precedenti sue apparizioni ; e dalle osservazioni fatte in Amburgo, Padova e Berlino nei giorni 29 Novembre, 26 Dicembre e 27 Genajo determinarono un'orbita ellittica, la quale si avvicinava a quella da me dedotta dalle anteriori sue apparizioni al di là di quanto avrei potuto sperare, come rendesi manifesto dal seguente confronto (Astron. Nachr. B. XXIV. p. 19). 3T4 Elementi di Santini. (Epoca delle longitud Elementi nuovi. Differenze. ini inedie per 0 Genajo a Berlino =: L.) L = 102°. 44'. 23", 96 T = 109. 4. 23, 33 w = 245. 57. 18, 68 ; = 12. 35.25, 85 = 102°. /i 6'. 27", 48 = 109. 5. 46, 56 = 245. 56. 57, 82 = 12. 34. 14, 49 = 49. 3. 59, 42 = 0. 5442926 . = 541", 46161 -I- 2'. 3", 52 + 1. 23, 23 — 20, 86 — 1. 11, 36 — 6. 40, 56 — 0. 0020434 + 3, 80798 0, 37282. = 0 2. Zona I. Z) = 0 Cometa . . . 1. St 2. St Cometa . . . 1. St 2. St Cometa . . . 2. Zona I. D = 0 Cometa . . . 2. St Cometa . . . 2. St Cometa . . . 2. St Cometa . . . 8. Zona l.Dz Cometa . . . 8. Zona I. . . Cometa . . . 38. Balena . Cometa . . . 38. Balena . Cometa . . . 38. Balena . Cometa . . . 38. Balena . Cometa . . . 42. Balena . 1. 52. 35, 27 1. 56. 1, 60 2. 0. 56, 77 2. 8. 49, 67 2. 12. 13, 83 2. 17. 8, 97 2. 23. 8, 00 2. 26. 28, 83 2. 31. 23, 80 3. 8. 8, 63 3. 10. 24, 00 3. 17.42, 67 3. 19. 55, 33 3. 27. 44, 33 3. 29. 55,00 3. 33. 42, 00 3. 35. 54, 33 3. 21. 26, 17 3. 34. 8, 83 3.44. 41, 67 3. 57. 22, 50 2. 56. 35, 30 3. 13. 3, 63 3. 17. 46, 35 3. 34. 6, 43 3. 16. 42, 67 3. 29. 33, 57 3. 35. 28, 13 3. 48. 5, 67 4. 3. 55. 83 4. 9. 57, 60 — 0. 27. 36 — 0. 5. 8 + 0. 36. 14 — 0. 27. 12 — 0. 5. 6 + 0. 36. 16 — 0. 27. 32 — 0. 5. 6 + 0. 36. 16 — 0. 34. 12 + 0. 36. 44 — 0. 34. 44 + 0. 37. 0 — 0. 33. 20 + 0. 37. 0 — 0. 33. 22 -I- 0. 36. 58 — 1. 10. 20 — 0. 58. 24 — 1. 10. 26 — 0. 58. 16 — 1. 48. 44 — 1. 43. 18 — 1.48. 8 — 1. 43. 8 — 1. 55. 40 — 1. 43. 6 — 1. 55. 8 — 1. 42. 56 — 2. 18. 50 — t. 14. 6 — 5. 27, 0 5. 36, 0 Santini. Pletropoli. Santini. • 6. 46, 3 — 6. 50, 0 Santini. Santini. Santini. I 380 I84G. Febr. 3. 12. 13. Nomi delle stelle osservate. 29. Zen. 1. 2).=- Cometa .... 42. Balena . . Passaggio alla lamina media. Declinai, appar. nella machina. =-4°. Cometa 27. Zen. II. Z?. Cometa . . 27. Zona II. Cometa . . 27. Zona II. Nucleo precedente. Nucleo seguente. . Nucleo precedente. Nucleo seguente. . 39.Zon.II.Z>. = -4°. 40. idem 41. idem Nucleo precedente. Nucleo seguente. . 40.Zon.II.£>=-4° Nucleo precedente. Nucleo seguente. . 40. Zona II. ... Nucleo precedente. Nucleo seguente. . 40. Zona II. ... Nucleo precedente. Nucleo seguente. . 40. Zona II. ... Nucleo precedente. Nucleo seguente. . 40. Zona II. ... 4. 16. 17, 33 4. 23. 24, 50 4. 29. 22, 67 4- 59. 27,80 5. 3. 17, 27 5. 18. 47, 33 5. 22. 33. 83 5. 26. 12, 33 5. 29. 59, 40 4. 42. 17, 17 4. 42. 24, 67 4.48. 6,17 4. 48. 12, 83 4. 54. 22, 97 4. 56. 41, 67 4. 59. 16, 50 4. 30. 4. 30. 4. 34. 4. 45. 4.46. 4. 50. 4. 53. 4. 53. 4. 57. 5. 4. 5. 4. 5. 8. 5. 12. 5. 12. 5. 16. 23,43 31,27 29, 27 57, 83 6, 17 1, 13 6, 40 13, 83 7,80 26, 00 34, 30 28, 77 15, 30 23, 33 13, 57 — 2. 55. 4 — 2.19. 0 — 1. 13. 54 — 2. 55. 24 — 2. 51. 22 — 2.55. 4 — 2. 51. 0 — 2. 55. 16 — 2.51. 0 — 3. 47. 38 — 3. 52. 20 — 3. 47. 32 — 2. 43. 24 — 4. 1. 32 — 3. 1.42 — 4. 0. 10 — 4. 4.18 1, 58 0. 6 4. 6 1. 40 ■ 4. 0. 22 ■ 4. 4. 32 ■4. 1.52 • 3. 59. 16 4. 1.20 • 3. 59. 58 •4. 4. 4 ■ 4. 1. 20 ■4. 4. 4. 4. Correzione dell' orologio — 7. 5,0 — 7.23, 0 — 7. 45, 5 ■7. 49, 3 Osseivaiori. Pietropoli. Santini. I due nu- clei sono uguali in splendore. Santini. Il jirece- dente ap- parisce più risplenden- te del seguente. Pietropoli. I 381 1 846. Continuazione delle osservazioni su la Cometa Biela. Febr. 14. Designeremo con n^ il nucleo secondo, ossia il seguente eh' è il prin- cipale, ritenuto per la ordinaria Cometa di Biela; con «, il nucleo secondario, che fu il precedente, di minore AR per tutta l'appari- zione. Correzione dell'orologio z=. — T. 54", 0. Furono confrontati i nuclei alla stella 40 della Zona II. D. ^— 4°. ( Il secondo nucleo era notabilmente più debole del primo.) Deci. «2 — deci, n = — 4'. 7", 3 da 3 confronti. AR Mj — AR n, = + 7", 933 da 9 confronti (in tempo). A5\V2'.Ì0"; decl.M, — decl.st.40=: — ir.41"da2confr. 5.20. 8; Ji? (m,— st. 40) =-|- 43".90 da3 confr.(intempo). ... 16. Le due Comete si presentavano nel cannocchiale come nella sera an- tecedente; cioè il secondo nucleo appariva più debole del primo. Correzione dell'orologio =. — 8'. 1 ". Deci, n^ — deci. ?«, = — 4'. 53", 25 da 4 confronti a 4^ 47'. orol. AR n^ — AR. M, = -(-7", 66 da 9 confronti (in tempo). ^St. 39. Zon. III. D = - 6") -mj in ^i? = + 7'. 45", 8 1 5 (in tem.)) da 2 U5\16'. 35" 5indecl.=-3'. 12',0 fconfr. ... 17. Correzione dell'orologio a 5''. 20 ::= — 8'. 5", 7. A 4^ 43' deci, n^ — deci, ji, = — 4'. 47", 0 da 4 confronti. A 5. 3. AR. «2 — AR. n, i= -j- 7", 567 in tempo da 9 confronti. A 5\ 2'. 35", 2 -«.-39 Zon. III. in Ji? = - 2'. 54", 1 5 (in tem.)) medio di in deci. =-11 '.25", 7 J 3 confr. In questa sera fu osservata la Cometa co '1 rifrattore di Starke, di 6 piedi ; vedèvansi i due nuclei con ogni distinzione ; n^ era meno splendente di jj, , ambidue involti in una grande nebulosità più compatta e luminosa verso il centro. Si tentò di osservarli con un micrometro circolare ; ma essendo troppo incerto il centro della ne- bulosità, le osservazioni riuscivano troppo irregolari, e non se ne tenne conto. ,. . 20. La Cometa vedevasi distintamente duplice; ma la seconda, che nei giorni precedenti era più languida, aveva aumentato in splendore 382 Febr. 20. e grandezza a segno, che in questa sera appariva doppia della prima. Correzione dell'orologio = — 8'. 19", 5. A ò^. 5' . . deci, n^ — deci, n, =z — 5'. 52", 0 da 4 confronti. A 5. 28 AR. n, — AR. n, = + 1 0", 833 da 1 2 confronti. ^5\27'.3T',4^/?.7i,-Ji?.46.Zon.III.=-6'.4T",21(intem.)imed.di decl.»i.-decl.46.Zon.III.=+0°.0'.2",0 5 4 confr, . . . 22. Le osservazioni in questa sera furono fatte dal sig. Dott. Pietropoli. Correzione dell'orologio = — 8'. 27", 3. A 5\ 35' deci. «, — deci, n, = — 0°. 6'. 1", 5 da 4 confronti. 6^ 8' c\ AR. n^ — AR «, =: + 0\ 0'. 1 0", 736 da 1 4 confronti. A6'.7'.46",4 J/?«,_St. 48. Zon.m.z= — 0\ 4'. 22", 1 5 i ^ed. di deci, n, — St. 48. Zon. III. = — 0°. 41 . 58, 8 ) 5 confr. . . . 24. Giorno nuvoloso; alla sera sereno imperfetto; vedevasi n, a stento; «2 a bastanza distintamente ; osservazione incerta. Correzione dell'orologio = — 8'. 39". A 5 . 22' deci, n^ — deci, n, :=: — 6'. 46'', 7 medio di 3 confronti. 5. 30 AR n^ — AR n,= -{- 15, 0 (in temp.) da 3 confronti. A 5^ 29'. 57", 0. n, — St. 54. Zona III. = — 0\ 9'. 22", 53 in AR ; -j- 0°. 7'. 24" in declinazione. n^ _ St. 5G. Zona III. = — 0\ 13'. 46", 73 in AR; — 0°. 1 7'. 28" in declinazione. . . . 28. Correzione dell' orologio rr — 8'. 52", 5. La sera da principio nuvo- losa; si serena a tratti più tardi. La Cometa Biela presenta i suoi due nuclei bene visibili e splendenti ; però n^ più debole e meno esteso di n^ ; si sono sensibilmente l'uno dall'altro allontanati. A 5^ 47' deci, n^ — deci, n, ^ — 7'. 1 6" da 6 confronti. 5. 55 AR n, — AR ìi,= + 0. 0. 16", 555 da 9 confronti. 5^ 45'. 29", 7 ; «, — St. 57. Zona IV. = — O*". 6'. 46", 38 in AR ; -t- 0°. 1 5'. 22", 0 da 3 confronti. Marzo I. Si vedono le due Comete ad onta del chiaro di Luna, e di un'atmosfe- ra un poco torbida; n^ debolissimo, e non sempre visibile; n^ bello, luminoso, e dilatato. I 383 Marzo I. Correzione deirorologi'o = — 8'. 5/i", 7. A 5\ 49' deci, n, — deci, n, = — V. 31", 5 da 4 confronti. 6. 0 JR. n, — AR. M, = + 0\ 0'. 1 1", 25 (in tem.) da G confr. 5. 59. 24", "in, — St. 58. Zona IV. = — 0\ 4'. 3", 54 AR ; = + 0°. T. 30" deci, da 2 confronti. Dopo il primo di Marzo in grazia del chiaro di Luna, e dell' indeboli- mento del nucleo precedente ?», non fu più questo visibile alla no- stra machina paralatlica ; le seguenti poche osservazioni di Marzo furono fatte alla machina stessa, e si riferiscono qui nel modo con- sueto. Continuazione delle osservazioni su la Cometa Riela. 1846. Nomi delle slclle osservate. Passaggio alla lamina media. Declinaz. appar. nella machina. Correzione dell'orologio. Osservalori e Note. Marzo 3. Cometa n, .... h , 7. 21. 16'; 67 — 9°. 4. 5o" Santini. 63. Zona IV. austr. Cometa tij .... 7. 28. 34, 83 7. 32. 58, 00 — 8. 15. 50 — 9. 3. 46 Gran cliiaro di Liuia. 63 7. 40. 12,77 — 8.15.40 — Cometa n, .... 7. 44. 45, 17 — 9. 3. 8 Pietropoli. 63 7. 51. 57,47 — 8. 15. 0 — 9. 2.4 11. Cometa n^ .... 7. 22. 39, 67 — 11. 37. 12 — 9. 35. 3 Santini. 87. Zona V. austr. 7. 27. 37, 17 _ 10. 54.42 — Cometa n, .... 7. 35. 15, 20 — 11. 36.44 Anonima (7. 8) . . 7. 36. 49, 13 — 11. 29. 30 Anonima (7. 8) . . 7. 38. 31, 70 — 11.23. 0 87. Zona V. . . . 7. 40. 10,35 — 10. 54. 18 12. Cometa n^ .... 7. 10. 32, 97 — 11. 55. 18 + d. 1 1" 3 91. Zona V. austr. 7. 19. 27, 60 — 10. 28.12 94. Zona V 7. 29. 38, 77 — 11. 4.42 13. Cometa n, .... 6. 50. 15, 50 — 12. 12.10 94. Zona V 7. 1. 22. 27 — 11. 5. 6 — Cometa n^ .... 7. 6. 14, 00 — 12. 11. 56 94. Zona V. . . . 7. 17. 16, 20 — 11. 4.54 + S" 5 49 I 38'.. 1846. Nomi delle stelle osservate. Passaggio alla lamina media. Declinaz. appar. nella machina. Correzione dell'orologio. Osservatori e Note. Marz. 15. Cometa « .... h 7. 33'. 19^ 83 — 12°. 43. io" ■■,•■■. tìl8.delGat.diBail_y. 7. 39. 17, 75 — 13. 2.14 — Cometa n, .... 7. 48. 33, 77 — 12. 43. 14 613. Baiìy ... ; 7. 53. 26, 50 — 11. 58. 0 + i, 5 16. Cometa ji, 8. 4. 3t, 97 — 12. 53.32 — 3, 0 rietropoli. Cometa 631. Baily .... 8. 6. 20, 20 — 13. 35.16 debolissima. (Osservaz. incerta.) 27. Cometa ti. 8. 0. 59, 17 — 14. 28.48 Santini. 862. Baily .... 8. 6. 9, 63 — 13. 46. 0 Cometa ^~ Cometa n^ 841. Baily .... 8. 41. 37,33 8. 37. 22, 40 — 14. 28.40 — 14. 10.28 languidiss. Ira i vapori, ed estesa. 862. Baily .... 8. 46. 36, 13 — 13. 45.42 (Osservaz. 28. Cometa n, 8. 53. 17, 17 — 14. 29.56 incerta.) Santini. 878. Cat. di Baily. 8. 57. 23, 87 — 15. 19.42 — Cometa n .... 2 9. 4. 55, 00 — 14. 29.40 878. Baily .... 9. 8.59,17 — 15. 19. 32 — l'. 55,4 30. Cometa n 9. 41. 25, 67 — 14. 27. 40 Cometa debolissima. 100. Piazzi .... 9. 49. 33,90 — 15. 48. 32 — 2.27,0 d chiaro i Luna. 385 Pusizioni apparenti delle stelle, alle quali venne confrontata la Cometa nelle precedenti osservazioni. Si ebbe cura di riferire la Cometa a stelle reperibili nei Cataloghi di Baily, di Piazzi, od in quelle Zone di due in due gradi, che furono da me osservate e ridotte al 1 840, estendentesi dal 1 0° di declinazione boreale fino al 1 0° di de- clinazione australe, publicate nel precedente Volume IV., e nel presente della nostra Academia. Prendendo da questi Cataloglii le posizioni medie, si sono cal- colate le correzioni dipendenti dall'aberrazione, nutazione e precessione, ad og- getto di ridurle alla loro posizione apparente mediante le tabelle dei numeri f, g, h ec, inserite nelle Efemeridi di Berlino, e sonosi ottenuti i seguenti ri- sultati . 25 Dicembre 1 84 5. Le stelle 2784,2798 Baily, coincidendo con le 262,270 della Zona I. boreale, si sono da essa Zona desunte le po- sizioni medie; quindi le seguenti apparenti a', V. 25 detto 2784 Baily x'= 23^ 12'. 30", 28 S'= + 4°. 32'. 34", 7 2798 r=23. 19. 3,01 = -f 0. 24. 53, 3. 31 detto 2798 =23.19. 2,94 ==+0.24.52,9. .„^ „) 1. Zonal. bor. a'=0''. 0'. 59" 5G S' = — 0. 9'. 53", 1 Ue16 Gen. 1846( „ ^ ' ' ) 2. Zona I. bor. a= 0. 5. 54, 91 =: + 0. 31. 41, 3. 24 Genajo .... La stella di questa sera è inserita tanto nella Zona L boreale, come nella Zona L australe. Il medio delle due determi- nazioni pressoché coincidenti conduce ad * = Q\ 42'. 2", 47; S' = — 1°. 3'. 52", 3. . . 38. Balena (24. Zona I. australe). «■ = 1''. 6'. 58", 1 5 ; 5' = — r. 48'. 0", 4. . . 42. Balena = 26. Zona I. australe. a'= 1. 11. 56, 61; 8' = — 1. 19. 13, 4. . . 27. Zona II. australe. «'=1. 26. 57, 92; 5' = — 2. 49. 25, 6. 39. Zon. II. austr. «'=1''. 50. 10", 60; S' = — 2°.48'.55',0 . . 40 =1. 52. 28, 95 —4. 7. 13, 5 41 =1. 55. 3, 77 —3. 7. 25, 5. .. 39. Zon. in. austr. a'=: 2. 10.31, 27 S'=:— 4. 48.52, 5. 30 < 3 31 detto 3 Febrajo 7 detto 12, 13| [ detto 14, 16' 17 1 detto )8G 28 detto 1." Marzo 3 detto 1 i detto •12 detto 15 detto 1 6 detto 2T detto 28 detto 30 detto 5. 36. 37, 6. 5, 5. 20 Febrajo 1846. 46.Zonani. austr. ^'==2\29'. 5 1", 16; Z'=— 5°. /i5'.5J",8 22 detto 24 detto .... 54. Zona III. austr. «' = 2. 54. 33, 26 S'=— 7. 6 56 ^'=2. 58. 57, 29 S'=— 6. 41. 24, 2. . 57. Zona IV. austr. a'— 3. 15. 47, 21 S'=— 8. 20. 46, 5. . 58. Zona IV. austr. a'— 3. 19.25, 70 S' = — 8. 31.38, 6. . 63. Zona IV . 87. Zona V. austr. . 91 94 .613. Baily 618. Baily . 031. Baily .841. Baily 862. Baily . 878. Baily . 100. Piazzi .... = 3. 36. 26, 50 = 4. 32. 31, 63 = 4. 44. 23, 05 = 4. 54. 34, 13 = 5. 5. 7, 55 0. 10, 13 = 5. 12. 29, 51 = 6. 39. 50, 36 = 6. 49. 4, 04 = 6. 46. 48, 54 = 7. 17. 43, 90 — 8. 22. 35, 6. — 11. 0. 25, 9. — 10. 33. 38, 1. -11. 10. 4, 5. — 12. 3. 42, 4. — 12. 48. 51, 6. — 12. 38. 55, 2. — 14. 16. 8, 6. — 1 3. 51. 13, 2. — 15. 24. 51, 9. — 15. 55. 32, 5. Mediante le riferite posizioni apparenti delle stelle sonosi dedolte dalle su- periori osservazioni originali le AB, e declinazioni della Cometa per ogni sin- gola sera ; e prendendo il medio dei tempi, e dei risultali particolari di ciascun confronto, si sono ottenute le posizioni registrate nel Quadro seguente. Osserverò, che nelle riduzioni si è avuto riguardo alle differenze di rifrazio- ne media fra la Cometa e le stelle di confronto; ma non si è tenuto alcun conto né della paralasse, né dell'aberrazione. Ho stimato conveniente di riferire in- nanzi tutto le prime osservazioni trasmessemi dalla gentilezza del Prof. Vico e del Cav. Encke nei primi giorni delle loro osservazioni; quelle di Berlino mi vennero trasmesse ridotte al piano dell'equatore; quanto a quelle di Roma, le ho ridotte desumendo la posizione apparente delle stelle di confronto dalle Zone di Bessel, alle quali esse appartenevano. Per ultimo ho slimato non del tutto fuori di proposito riferire i risultati del confronto delle osservazioni con la Efe- meride dal eh. Ilind, calcolata con ogni cura su i miei elementi sino alla fine dell'anno, che per mio uso continuai sino alla fine di Marzo, affinchè si veda la rapidità con la quale vanno variando le differenze da un giorno all'altro; ri- servandomi ad allro momento di correggere gli elementi stessi con la serie completa delle osservazioni. In un tale confronto si è avuto riguardo all' aber- 387 razione della luce, togliendo dai tempi dati delle osservazioni il tempo impie- gato dalla luce a giungere dalla Cometa al nostro occhio, e calcolando il luo^o geocentrico dell' Efemeride per il tempo cosi ridotto. Siccome però l'Efcmeride procedeva di due in due giorni, le differenze riescono grandi ed irregolari, e però le assegnate correzioni riescono soltanto prossime. Osservazioni fatte in Roma. 18 ',6. ^fov. 28 =9 Tcmp. med. in Iloma. 8. i3. 4o 8. 8. 4, .^7?. osservata di Comeia. 336. 49. 58" 337. 5. 02 Deci, osservata di Conicla. + 3. 40. 34, g 5. 3i. 5,3 Osservaz. — Calcolo. AR. Deci. + 6. i8, 2 + 8. 8,0 + o. 58, 0 Osservatori. Vico. Vico. Osservazioni fatte in Berlino. 1846. Tcmp med. in Berlino. AR. osservata di Cometa. Nov. 28 Die. 21 6.11.35 7. 0. 0 6. 37.26, 9 0 1 II 336. 49- 0, 337. a. 46, 8 344.54. 6,1 Deci, osservata di Cometa. + 3. 4o. 3o, + 3. 3r. i5, 8 + o. 59. 8, 3 Osservaz. — Calcolo. AM. Deci. Osservatori, e numero dei confronti. + 6'. 3, + 6. 5 1 + 6. 22, 6 + 0. i5. 6 + o. 39, 6 — I. 38,6 Galle, pros. Galle, 10 C. Galle, IO C. 388 Osservaziuni falle in Padova. IS45. Tenip. med. in Padova. //i?. osservata di Cometa. Deci, osservala di Cometa. Osservaz. - — Calcolo. ■^4 Iicc0¥'\r3 tor AB. Deci. '-'bbcr Valuti . Die. 2 0 C. J7. 5i, 0 346? 54. S^o + 0.40. 28,2 + C'.39',7 — 2'. So'is 3 Santini. sG 6.36.23,4 347.25. 8,6 + 0. 36. 3o, 3 + 6.44,9 — 2. 27, I 3 Sant. e Piet. '1 6. 39. i5, 7 347.57.11,6 -f- 0. 32. 1 1, 2 + 6.42,6 - 2.47,4 3 Santini. 3 1 s. 48. 57, i 35o. 14. 56, 4 -f- 0. iG. 46, 1 + 6.43,9 - 3.52,4 2 S (sera fosca) i84tì. Gen. 14 6. 27.31,6 35g. 23.58, 2 — 0.32. 8,6 + 8. 4,0 - 6. 2.9 5 Santini. iG 7.32.57,1 0. 55. 3o, 3 — 0.39. 12,7 + 8-='i,9 — 5.5o,3 4 Pleiropoli. ^4 7. 11.59,6 7. 20. 11,0 — 1.15.55, 3 + 9- '7' 5 - 8.4',4 2 Santini. 3o 6. 22. S, 0 12.38.29,3 — 1.53. i3, 4 + 10.33,8 — 11.46,3 2 Santini, 3i Febr. 3 6.37. 0,0 7 12.58,5 13.34.44,0 — 2. o.4i,9 + 11. 0,0 — 11.25,6 -13.34, 4 2 2 Santini. Santini. 16. 29. 8, 0 — 2. 24. 12, 1 4- 10. 18,4 f. r 5": 23. 0 20. 47' 55, 6 26. 0. 9, 6 — 3, 53. 5 1 0 3 Pietrop. =fc S. (Il nucl. nj t 12 7.10.48,1 - 3.57.54,5 + 12.46,1 — 18.37,9 I lÓ 7. 11.52,4 27. 8.39,3 — 4- 9- 4o, 6 + 13.43,9 — .8.21,4 5.. Santini .... ■ 4 iG 7. 26.28,5 q8. 20.11,8 — 4-23. i.S + 13.39, ' + i3.58,5 — 19. 5,0 — 30. i5, 9 3.. 3 . . Santini .... 7.23. i3, 7 30.43.16,8 ^ 4- 5o. 33, 8 Santini . . • •7 7. 5.i5,7 5i. 56. 10, 5 — 5. 5. 5,2 + i4.i3,5 — 21. 5,4 3.. Santini. 30 7. i8. 14. 0 35.48.41,8 — 5.5i.4i,S + 16.44,9 — 33,l5, I 4.. Santini. 23 7.50.18,1 38. 51.49, 1 — 6. 24.41,5 + .7.23,4 — 24.10,8 5.. Pietropoli. ^-i 7. 4-30,7 41. 17.39,7 — 6.58.46,9 + .8.25,7 — 25.27,8 I . . Santini, zh 28 ÌVl3rzo I 7. i5.ii,4 7.14. 5,S 8.39. 8,9 47.19.20,7 48.54.55,1 52. 17.35, 3 - 8.12.40,5 - 8.3i.4o, 5 - 9.11. 8,3 + 22. 31,3 1 23. 3 1 0 — 28. 28. 5 — 2Q. 20 3.. 2 . . Santini. 3 + 25.20, 5 — 29. 59, 5 3 . . Santini. 1 1 8. 3. 7,0 66.53.47,1 — 11.43.57,9 +35.44,4 — 33.11,3 2 Santini. I 2 7. 50.34,6 68.52. 2,6 — 13. 0.48,5 + 36 49,8 — 33.40,5 I . . Santini. i3 7.34.19.8 70. 52.22, 5 — 13.17. 12,7 + 38.23,7 — 55.21, 1 2 . . Santini. i5 8. 8.55,9 75. 3. 6,3 — 13.48.55,4 + 40.28,6 — 32.43,8 2 . . Pietropoli. 2- 8. 0. 29, 2 100. 59.58, I -14.34. 11,4 + 5o. 14, 9 — 28.14,6 2 . . Santini. 28 8. 33.49! a io3. 10.48,5 — 14.34. 58,5 + 50.58, 4 — 26. 55, 0 2 . . Santini. .io 9. 7.38,4 107. 24. 0, 0 — 14.34.32,5 + 51.17,6 -26.36,6 1 . . Santini. 389, APPEM)ICE ALLA PRECEDENTE MEMORIA CONTENENTE ALCUNE OSSERVAZIONI DI ALTRE COMETE SCOPERTE KELl'aKNO MDCCCXLVI, E AL PRINCIPIO DEL MDCCCXLVII. J-ia indefessa attività degli Astronomi della nostra età arricchì l'Astronomia anche nell'anno appena compiuto di varie Comete nuove, e per molti riguardi interessanti. Mi propongo di riferire in altra occasione la storia della loro sco- perta, e le laboriose ricerche intraprese da valenti calcolatori intorno alle rispet- tive loro orbite. Qui intendo di riferire le poche osservazioni che nel periodo dell'apparizione della Cometa di Blela io potei instituire intorno a tali Comete, due delle quali scoperte dal nostro Padre Vico in Roma, ed una dal sig. Brorsen in Kiel, per la quale venne poscia calcolata un'orbita ellittica di breve periodo. Prima Cometa scoperta in Roma dal Padre Fico ai 24 Genajo 1846. Con sua lettera del 26 Genajo mi avverti gentilmente il Padre Vico di avere scoperto presso la stella 38. dell' Eridano una nuova Cometa, la quale si pre- sentò con nucleo ben distinto, facilmente visibile al cercatore. JMi parve impos- sibile (così esprimevasi ingenuamente II chiarissimo Astronomo Romano) che po- tesse passare inosservata agli occhi di tanti Astronomi, se pur ciò non si spiegasse coti Vattendere eli essi fanno ad altre parti del cielo, ove li chiama Astrea e la Co- meta di Biela. Ecco il medio di tre comparazioni cìi ebbi il piacere di prenderne con la 38 deWEridano. 1 846 Gen. 24 ; 1 0'". 38. H", 8 T. med. di Roma : AR Com. — 4^ 6'. 59", 2 deci. = — 7. 11. 30, 6. Dopo lo spazio di imora sembra avere un moto di circa 1 '',434 (l'rt tempo verso Est]^ e di 0°. 2'. 56" verso Nord. 390 Con queste indicazioni facilmente la ritrovai, e la osservai nelle due sere 30 e 31 Genajo; ina occupalo nella riduzione delle Zone delle stelle australi inserite nel presente Volume, e nelle osservazioni della Cometa di Biela, do- vetti abbandonarla. In queste due sere essa fu confrontala alla stella n.° 513. del Catalogo di Baily, ciré la lih. dell' Eridano, la quale trovasi pure registrata fra le stelle da me osservate, e publicate nel precedente Volume di questi Atti, tanto nella pri- ma clie nella seconda Zona. Ritenendo la posizione media da me determinata, la quale concorda dentro stretti limiti con la posizione di Piazzi , trovasi la sua posizione apparente come segue: «■=4\20'. 3G",34 S'= + 1". r. 56",4. Ciò posto, ecco le indicate due osservazioni originali. Tempo dell'orologio. Dee nella linazione machina. Correz. dell'orologio e Note. Gen.30 Cometa. Il 4. 6. 7, 50 0 + 0. 0. 58Ì 0 Circolo a Ponente. 513. B. 4. 14.42,0 + 1. 4. 4, 0 — Cometa. 4. 26. 54, 33 + 0. 3. 40 Circolo a Levante. 513. B. 4. 35. 29, 20 + 1. 5. 34 — 6'. 46", 5. 31 Cometa. 4. 9. 7, 67 + 1. 13. 4 513. B. 4. 16. 46, 10 + 1. 3. 46 — Cometa. 4. 27. 20, 50 + 1. 16. 20 513. B. 4. 34. 44,17 + 1. 5. 42 Quindi si ottengono le seguenti posizioni della Cometa, avendo riguardo alla correzione delle rifrazioni. Tempo medio. /4/?. apparijione di Cometa. Declinaz. appar. di Cometa. li 3 Gen.30 31 7. 31. 16, 6 7. 28. 55, 0 63°. d. 24, 3 63.15. 4,4 — 0? o'. 35',' 8 + 1. 11. 54, 6 2 2 391 Seconda Cometa del Padre Vico, scoperta la sera 20 Febrajo IS-'iG. Mentre questo infaticabile Astronomo stava continuando le osservazioni della Cometa del 24 Genajo, di cui sopra abbiamo fatto parola, un'altra pur te- lescopica ne discopri la sera 20 Febrajo presso la stella 36. della Balena, alla quale egli la riferì, e trovò mediante tre confronti fra loro concordi, per medio, i seguenti risultati, comunicatimi gentilmente con lettera 21 Febrajo 1846. Febrajo 20; T'. 18'. 36", 9 Tempo medio in Roma. AR di Cometa, in tempo = AB. di steli. — 7'. 8". Declinazione di Cometa = deci, di steli. -\- 6. 45. Il suo movimento in declinazione verso Settentrione era assai rapido, e di 4'. 27", IT per ora; la sua AR diminuiva di circa 3",2 per ora. Presentavasi come una piccola nebulosità, di luce assai viva. La stella di confronto coincide con la 18. della Zona IV. australe, ed ho adottato la posizione media da me de- terminata per ridurre la osservazione romana. Ho cosi ottenuto la seguente po- sizione apparente della Cometa rapporto all'equatore : AR = 14°. 28'. 42", 9 Deci. =z — 7. 29, 28, 0 per il tempo medio sopra indicato. Appena ricevutane la notizia, la ricercai, e la ritrovai nella sera 1.° Marzo alla machina paralattica, dopo osservata la Cometa Biela. Si trovò con un disco pallido e mal contornato, grande quanto quello di Giove, con debole nebulosità all'intorno, di cui non potevasi riconoscere la estensione, a motivo del chiaro di Luna. Le osservazioni seguenti giungono lino al 4 di Aprile, alla qual epoca essendo divenuta molto debole, cessai di osservarla; che anzi le osservazioni di quest'ultima sera essendo risultate incerte e contradittorie, si sono abbandonate, pe '1 sospetto che siasi scambiata la Cometa con qualche accidentale nubecola. Mediante la osservazione di Roma sopra riferita, e le osservazioni da me in- stituite nelle sere i-iì Marzo, ho dedotto i seguenti elementi parabolici: Passaggio al perielio 1846 a giorni 64,18958 Tempo medio di Berlino, Longitudine del perielio = 88°. 49', 06 del nodo . . =: 76. 53, 65 Inclinazione =85. 34, 02 Log. dist. perielia . . . . = 9,82524; moto diretto. 5o 392 is4G. Nomi delle stelle osservate. Passaggio alla lamina media. Declinazione nella machina. Correzione dell'orologio. Osservatori. Marzo 1 Cometa 1' , 6.25.25,00 + 7? 54'. 4' Santini. 132. Bailjr 6.30. 31, 5dz 6. 52. 28 158. Bally 6.45. 6,33 7. 16. 20 — 8. 54^'7 3 Cometa 6.43.56,65 11. 2. 4 170. Baily. .... 7. 10. 17,59 11. 52. 58 — 9. 2,4 7 Cometa 6.44.49,97 16. 52. 24 133. Baily 6. 51.48,03 15. 25. 12 150. Baily. . ; . . 7. 3.46,33 18. 28. 6 — 9.20,5 11 Cometa 6.43.49,73 22. 14. 36 302. Piazzi. ILO. 6.48. 16,67 22. 10. 36 — Cometa 6.56.32,05 22. 14. 54 302. Piazzi .... 7. 0.59,47 22. 10. 40 — Cometa 7. 5.40,07 22. 15. 16 302. Piazzi .... 7.10. 7,67 22. 11. 8 — 9. 35,3 12 Cometa 6.34.26,13 23. 29. 6 131.BaiIjr 6.43.55,20 23. 51. 4 — Cometa 6.49. 1,83 23. 30. 0 131. BaUy 6.58.30,70 - 23.51. 8 + 0. 11,3 13 258. H. 0\ Piazzi. 6.25.23,47 24. 32. 44 Cometa 6.27. 6,00 24. 42. 20 131. Baily 6. 37.22,57 23. 51. 4 + 0". S",5 16 Cometa 7.12. 7,37 28. 16. 20 97. BaiJy 7. 9. 11,33 28. 14. 58 126. Baily 7.22. 51,90 29. 21. 24 — 0. 3",0 27 Cometa 8.20.48,67 39. 19. 58 94. Baily 8.29. 11,30 3 7. 45. 40 — 1.29,6 28 Cometa 8.41. 21,00 40. 13. 4 83. Baily 8.44. 5,77 40. 20. 6 — 1.55,4 I 393 iS.iC. Nomi delle stelle osservate. Passaggio alla lamina media. Declinazione nella machina. Correzione dell'orologio Osservatori e Note. Marzo 30 Aprile 4 Cometa r 83. Baily Cometa . 83. Baily Cometa . 65. Baily Cometa . 65. Baily. 8. 14. 52,83 8. 20. 16, 17 8. 25. 21, 67 8. 30. 48,60 9. 6. 4, 67 9. 12. 0, 20 9. 16. 18, 33 9. 20. 7, 90 + 41. 54. 8 40. 19. 42 41. 55. 22 40. 20. 2 46. 0. 22 46. 16. 0 45. 58. 0 46. 16. 16 .2'.27",0 — 2. 42, 9 Santini. Pietropoli. Osserva?, incertiss. Prima di riferire le posizioni della Cometa risultanti dalle precedenti osser- vazioni, stimo conveniente di esporre eziandio le posizioni apparenti delle stelle che ho adoperato; e qui pure avvertirò, che nel prendere le posizioni medie dal Catalogo di Piazzi del 1814 si è tenuto conto dei termini di secondo ordine nel calcolo della precessione mediante le Tavole del sig. Carlini (Efemeridi di Mi- lano 1 820), e della differenza di rifrazione media fra la Cometa e le stelle di confronto, quando questa era sensibile. 36 della Balena (dalla Zona IV. austr.) «'=:1^ 5'.2",8C; 5'=— 1°. 30'. 13",0. Questa posizione ha servito ad assegnare la posizione della Cometa nella os- servazione fatta dal P. Vico in Roma la sera 20 Febr., e si è ottenuto la seguente: Tempo medio in Eoma 20 Febrajo 1846. 7^ 18'. 36", 9 JR. di Cometa = 1 4°. 28'. 42", 9 ; deci. z= — 7°. 29'. 28", 0. ^32. Baily a'=1^ 5'. 41 ",62; S'=:-|- 6°. 45'. 35", 7 158. Baily = 1. 20. 18, 94 170. Baily .... 1 33. Baily .... 150. Baily .... 302. Piazzi. H. O*-. 131. Baily .... 258. Piazzi. H. 0\ 97. Baily =0. 49. 30, 44 126. Baily ..... =1. 3. 10, 96 94. Baily =0. 48. 14, 43 83. Baily =0. 41.20, 38 65. Baily = 0. 3^. 57, 57 = 1. 26. 41, 18 "~~* 'l , 5. 56, 86 = 1. 17. 57, 74 = 1. 1. 4, 94 z= 1. 5. 23, 96 = 0. 53. 24, 85 + 7. 9. 41, 3 -f 11. 46. 9, 2 -f 1 5. 1 9. 2, -(- 18. 22. 13, + 22. 5. 4, + 23. 46, 3, 4 8 8 1 -J- 24. 27. 51, 8 + 28. 9. 32, 8 + 29. 16, 19, 1 + 37. 39. 47, 5 -I- 40. 14. 21, 0 -f 46. 10. 52, 5 394 Dietro le precedenti posizioni delle stelle si ottennero i seguenti risultati per le posizioni osservate della Cometa. i846. Tempo medio in Padova. AB. osservata di Cometa. Declinaz. osservata di Cometa. H E Z Marzo 1 h 7. 39. 44,' 2 15? 9. 15, 2 + ?! 47'. 27'; 3 1 3 7. 50. 13, 7 15. 4.55,2 10. 55. 5, 7 1 7 7. 35. 5, 1 14.45. 1,7 16. 46. 23, 3 1 11 7. 29. 35, 7 14. 9. 24, 3 22. 9. 12, 6 3 12 7. 21. 50, 3 13. 58.43,4 23. 24. 28, 1 2 13 7. 3. 16,1 13. 46. 52, 1 24. 37. 25, 0 1 16 7. 36. 10, 9 13. 6.34,2 28.11. 1,6 1 27 7. 59. 59, 6 9. 58. 13, 8 39. 14. 26, 8 1 28 8. 16. 6,9 9. 38. 54,2 40. 7. 19, 0 1 30 7. 46. 33, 2 8. 59. 0, 9 + 41. 49. 30, 7 2 Nota. Le osservazioni di questa Cometa fino al giorno 16 Marzo furono comunicate eziandio al sig. Consigliere Sclnmiacher, ed inserite nel n.° 569. delle sue Notizie Astrono- miche. Alcune differenze, che si riscontreranno fra quelle posizioni e le precedenti, deri- vano da leggieri errori commessi nel calcolo della posizione apparente delle stelle di con- fronto, i quali furono poscia diligentemente corretti. Osservazioni della Cometa scoperta dal sig. Brorsen in Kiel ai 26 Febrajo 1846. Il sig. Brorsen in Kiel scoprì nella costellazione dei Pesci una nuova Co- meta, la quale fu da bel principio da alcuni ritenuta per quella scoperta a Ro- ma ai 20 Febrajo, e della quale abbiamo sopra riferito le osservazioni. Ma ben presto essendo stati calcolati gli elementi dell'orbita sì per l'una che per l'altra, si dimostrarono diverse affatto, e quella del sig. Brorsen divenne rimarchevole per la sua orbita ellittica, che la ripone fra le Comete di breve periodo, ap- partenente alla famiglia degli asteroidi diseminati fra Marte e Giove. In altra occasione mi riservo a riferire la storia dei lavori intrapresi intorno a questa Cometa ; intanto riferirò due osservazioni da me fatte nella nostra Specola, non avendo potuto seguirla ulteriormente in grazia di altre occupazioni. 395 Nomi delle stelle osservate. Marzo 28 30 Cometa Anonima (7. 8) . . 226.Piazz.H.XXIII. Anonima (7.8) . . Cometa Anonima Cometa Appaisi alla lamina media. Declinazione nella machina. h 9. 1 20. Il 56,00 9. 25. 37, 33 9. 33. 49,00 8. 55. 36,93 8. 56. 16,00 9. 6. 51,83 9. 7. 28,33 + 61. 59. 30 61. 52. 2 56. 42. 38 64. 33. 40 64. 29. 42 64. 33. 4 64. 29. 20 Osservatovi e Note. Stella doppia; si osservò la precedente. Pietropoli. Santini. L'anonima del giorno 28 non esiste nelle Zone boreali del sig. Argelander, che sono una eccellentissima e copiosissima raccolta di stelle boreali, delle quali è uscito recentemente un primo Volume (Bonn 1846), formante una preziosa e desiderata continuazione alle non mai a bastanza lodate Zone del celebre Bessel, di cui l'Astronomia lamenta la recente perdita. L'anonima del giorno 30 è una piccola stelletta di 7.8 grandezze, registrata nella Zona XLL pag. 79 della ci- tata Raccolta di Argelander, la cui posizione media mi risulta pe '1 1 842 come segue : AB. media = 23\ 17'. 2", 65 ; deci, media = 64". 28'. 40", 1 Variaz. annuale. . . + 2, 549 + 19,704. Quindi ho formato le seguenti posizioni apparenti: 226. Piazzi. H. XXIII. «' = 23\ 46'. 41", 2 1 S' = 56°. 38'. 29", 6 Anonima Argelander . . . = 23. 17. 12, 18 ... z= 64. 29. 59, 5. Dietro ciò, ottenni le seguenti posizioni della Cometa: medio. AR. di Cometa. Declinazione di Cometa. li 9 — «-3 Tempo Marzo 28 30 0 ' '■ 353.27.18 349.27.29,6 0 ' " + 61.56.10 64.26. 8,5 1 2 Il ■ 8. 55. 8. 28. 35, 4 11,4 Vuoisi osservare, che la posizione del giorno 28 riesce un poco incerta, per essere sovercliio differente in declinazione dalla stella di confronto ; per lo 39G rlie le Jevlazloni della macliiiia dalla sua vera pos'izione possono esercitare una pericolosa influenza. Osservazioni della Cometa scoperta in Londra dal sig. Hind ai 6 Fehrajo 1847. Nel giorno 26 di Febrajo pervenne al nostro Osservatorio una Circolare del Jiencmerilo sig. Consigliere Schumacher di Altona, con la notizia di una nuova piccolissima Cometa scoperta in Londra dal sig. Hind, a cui l'Astronomia deve la scoperta di molte altre Comete, ed il suo nome è giustamente riverito per molte interessanti e laboriose ricerche intorno alle orbite di antiche e recenti Comete, ed intorno a quelle dei nuovi Pianeti. ' j Le osservazioni comunicate erano le seguenti: .847- Tem. med. di Greeuwich. AB. di Cometa. Declinazione della Cometa. Febr. 6 h 1 11 9. 16. 58 0 ' » 21. 9. 11, 2 0 ' " + 71. 25. 44 10. 50. 39 21. 9.43,9 7). 23. 54 7 6. 55.55 21. 16. 58, 8 70. 56. 42 13.10. 5 21. 19. 9, 5 70. 47. 46 8 11. 22.28 21. 26. 59,9 70. 15. 43 I molli giorni trascorsi dopo la prima scoperta, il chiarore della Luna, la falsa supposizione da me ritenuta, che fosse difficile a vedersi per l'annunziata sua debolezza, mi tratennero dal tentarne la ricerca. Intanto il sig. Carlini pu- Llicò.le seguenti osservazioni da lui fatte in Milano, dietro le quali potei tosto ricercarla, e senz' alcuna difficoltà osservarla qui pure fino a tanto che si per- dette nei raggi solari dopo il giorno 18 Marzo. Marzo 8 9 Temp. med, di Milano. AH. di Cometa. h 1 11 8. 44. 35 8. 18. 37 0 ' " 357. 2. 37 357. 46. 33 Declinazione di Cometa. 0 ' " + 45. 37. 48 44. 24. 32 Nella nostra machina paralaltica la osservai per la prima volta nella sera 15 Marzo: essa era divenuta molto splendente, e presentavasi sotto la forma di 397 un disco pallido, mal terminato, avente circa un minuto di diametro. Sosteneva una forte illuminazione del campo; pe '1 crepuscolo e chiaro di Luna non bene vedevasi la estensione della sua nebulosità e della sua coda. Dopo il giorno 18 Marzo non potei più ricercarla che nelle sere 22 e 24 dello stesso mese; ma erasi talmente avvicinata al Sole, che rimaneva immersa nella forte luce crepu- scolare, e non mi riuscì di vederla. Ecco le poche osservazioni che ne feci, unite alle posizioni apparenti delle stelle di confronto e della Cometa, che se ne deducono. i847. Nomi delle stelle osservate. Passaggio alla lamina media. Declinazione nella machina. Osservatori. Corr. dell'orol. Marzo 15 Cometa h 6.51 1 11 .15,70 0 1 11 + 36. 15. 40 Santini. 35. Piazzi. H. 0. 6. 54 L 35, 50 36. 2. 14 46. Piazzi. . . . 6. 57 .24, 3ii: 37. 13. 8 — Cometa 7. 3 .51,83 36. 14. 4 35. Piazzi . . , 7. 7. 6,53 36. 2. 32 37. 13. 24 46. Piazzi . . . 7. 9. 48, 50 — Cometa 7. 14. 36,90 36. 13. 22 35. Piazzi . . . 7. 17.51, 17 36. 2. 38 46. Piazzi . . . 7.20.34,07 37. 13. 40 + 1'. 39", 5 16 Cometa .... 7. 3. 6, 80 34. 40. 44 Pietropoli. 46. Piazzi . . . 7. 6.45,47 37. 13. 34 — Cometa 7.13. 57,93 34. 40. 2 46. Piazzi . . . 7. 17. 34,33 37. 13. 40 — Cometa .... 7.21.52,07 34. 40. 6 46. Piazzi . . . 7.25.28,03 37. 13. 40 + r. 40", 0 17 Cometa 6.50.42,43 32. 59. 14 Cometa 59. Piazzi. H. Oh 6.55.44,43 30. 38. 20 annebbiata. — Cometa 7. 16. 59,00 33. 2. 48 59. Piazzi. . . . 7.21.58,03 30. 39. 14 + 1'. 34", 8 18 Cometa 6.52.32, 57 31. 22. 12 Santini. 59. Piazzi . . . 6.55.23,67 30. 38. 14 35. Bailj'. . . . 7. 0. 49, 43 29. 1. 32 — Cometa .... 7. 6.44,07 31. 21. 26 59. Piazzi . . . 7. 9. 33,73 30. 38. 40 35. Baily. . . . 7.15. 0,74 29. 1.48 + r. 28", 9 (1) (1) Dopo l'osscrvaz., accomodando l'indice dei minuti dell'orci., si fermò per circa 6" 398 Posizioni apparenti delle stelle di confronto. 35. H. 0\ Piazzi, (cr Andromeda) a'r= O'-. 10.'20',50; S'= + 35°.56. 14", 5 46. . . . Piazzi. (/3 Andromeda) «'==0. 13. 4, 01 8'= 37. 7.21, 0 Piazzi oc' = 0. 16. 37, 93 5 = 59. . 86. . . . Piazzi «' = 0. 22. Quindi risultano le seguenti posizioni apparenti per la Cometa di Hind. 3, 16 8' = 30. 31. 31, 2 28. 54. 29, 4. .847. Tempo medio. AR. ài Cometa. Declinazione di Cometa. t g C O Osservatori. Marzo 15 h ■ n 7. 33. 35, 3 0 ' " 1. 46. 5, 3 0 > " + 36. 8.11,0 3 16 7. 49. 34, 1 2. 21. 28, 7 34. 33. 39, 0 3 17 7. 26. 34, 4 2. 54. 2. 8 32. 53. 7, 8 2 Pietropoli. 18 7. 18. 21,2 3. 26. 34, 8 31. 15. 0, 7 2 Il sig. Cav. Carlini dalle osservazioni del giorno 8 Febrajo del sig. Hind, del 25 Febrajo di Amburgo, e del 14 Marzo fatta da lui stesso in Milano, ha dedotto i seguenti elementi parabolici , che assai bene rappresentano le osser- vazioni : Pass, al perielio =. 1847 a giorni 89,3184. Tempo medio in Milano. Longit. del perielio = 275°. 51 '. 14" del nodo. ... 21. 32. 42 Inclinazione 48. 39. 6 Log. dist. perielia . = 8,654283; moto diretto. Blediante questi elementi calcolò una Efemeride estendentesi dal 22 Aprile al 1 7 Maggio, che doveva servire a facilitarne la ricerca e le osservazioni dopo la sua congiunzione co '1 Sole ; ma il forte chiarore del crepuscolo ne impedi le osservazioni: almeno io non potei giungere a rinvenirla, né mi consta fino al presente che altri sia stato più fortunato di me. 399 INTORNO ALLE CXXra FAVOLE ESOPLIINE QUALI CE LE TRAMANDÒ BABRIO SCRITTORE VISSUTO AI PRIMI TEMPI DI AUGUSTO. MEMORIA TEL SOCIO LETTA ALL ACADEMIA PI PADOVA HELL AKNO MDCCCXLVI. i nell'atto che io metteva mano alla penna per iscrivere una serie di pensieri su la favola, venutimi per il capo dall' aver letto un libro di antica letteratura, mi sentiva risonare agli orecchi due gravi objezioni, che, a dire il vero, mi tennero per lunga pezza duLioso. — Che fate? Parlare di favole a questi tempi di civiltà innoltrata ! Volete voi per caso ritornarne all'infanzia? Se ne piace lodare la virtù, o censurare il vizio, non abbiamo noi in pronto la satira, o le splendide allegorie? Fatica spesa inutilmente. — Che fate? All'età nostra corrono i proverbj, le sentenze morali, in una parola gli astratti; si ac- corcia cosi quel tempo e quello spazio per cui voi vorreste oziare all'antica. Rimanetevi: non è affare per noi. — Ed io già docile, deposta la penna, era per rimanermene; quando, considerate queste due objezioni con calma, e cercato di misurarne con lo sguardo della mente tutta l' ampiezza , mi trovai convinto che la loro verità non era assoluta; che il loro senso aveasi a restrin- gere dentro certi limiti, oltre i quali si darebbe nell'errore. Siamo ai tempi di una civiltà innoltrata, io mi rispondeva, qui non v'ha dubio; anzi, la Dio mercè, vi tocco io pure la mia porzione di beni. Ma è pur vero che , se il carro del progresso guadagna sempre più il largo e la luce, una turba numerosissima di donne, di uomini, di giovinetti restano di dietro in mezzo ai crepuscoli, mentre il giorno cresce per quelli che si cacciarono al dinanzi. Si suole nella civiltà di ogni popolo segnare quattro stagioni, imitate dalle stagioni della vita umana ; ma /lOO è vero altresì clie in ognuna di esse si rigenera una turba d'intelligenze che si trova sempre nell'infanzia, ed alle quali non verrà mai meno l'uopo di favole e di apologhi pe '1 loro naturale e più pronto sviluppo nel sapere, comunque il resto del popolo s'adoperi altrimenti. Oltre diche, la satira è troppo pericolosa, troppo difllcile ; né può, essendo figlia della occasione, bella s'i quanto vi pare e piace, ma sfuggevolissima come l'occasione, essere afferrata e tenuta stretta da mani ancora deboli ed incerte; e l'allegoria, le si conceda pure un merito stragrande d'imagini, esige però sempre una mente già adulta, ed esercitata d'assai nello scoprire e gustare le sue ora sottili ed ora larghissime analogie. Su'l conto poi de'proverbj e delle sentenze morali, cioè degli astratti, è egli fermo che l'istruzione possa per essi sempre andare innanzi con passo celere e sicuro, e che da sé soli bastino a migliorare vie più il nostro secolo? L'astratto tanto più lo diciamo bello e solenne, quanto è maggiore l'estensione e l'inten- sità degli elementi ond' ebbe vita; ma allora appunto riesce più difficile ad es- sere compreso. La mente dei giovanetti si trova come sospinta in una solitudine senza confini, ove nessun fantasma d'idée li soccorre a tracciarsi una via; o tult' al più i fantasmi che a loro si parano innanzi sono per la mente confusi e sfigurati. Appena enunciato un astratto, il maestro legge su le facce de' suoi sco- lari l'attonitaggine dell'intelletto, la quale si tramuta in ilarità, e finisce in segni esterni di comprendimento, se sùbito dopo di fronte all'astratto avrà schie- rala una serie opportuna di sensibili concreti, nei quali l'occhio degli scolari avvisi ed afferri il più ed il meno degli elementi che desuntine si fusero insie- me per la formazione dell'astratto. Ora quella che nella favola e nell'apologo si mette a capo dell'istruzione è l'analisi: è dessa che, guidando la mente dei giovani per entro ad una serie svarialissima di fatti, che dilettandone per via i sensi, che avvivandone la fantasia co '1 ferace magistero delle osservazioni, li conduce alla meta. Allora volgendosi indietro, la loro mente può misurarne tran- quilla lo spazio percorso; e rendendosi conto dei punti principali, raccoglierli in uno, per crearne così l'idèa netta e precisa di tutto l'insieme. Qui sta la sin- tesi, ed è qui dov'essa cade meglio in acconcio. L'analisi perciò li mena alla scoperta, la sintesi li fornisce della scienza. All'incontro se tu famigliarizzi la loro mente con gli astratti, lenendola lontana dal concreti, soffochi in loro la curiosità, eh' è fiacola alla scoperta; e nell'applicazione degli astratti al fallo li troverai sempre di necessità fallaci; o se talvolta colgono nel segno, è il caso che li diresse, non mai la coscienza della ragione. Dunque questa scienza di astratti, che tanto gonfia, è per molli un suono di cembalo che stordisce, ma all'animo nulla apprende. Levatimi così d'attorno i dubj ch'erano in me derivati da quelle due objezioni, ripresi con più coraggio la penna; né a' miei pensieri su la favola si aflacciò più oltre difficoltà alcuna, tuttoché la favola, di cui parlo, sia la greca, ed il libro che ne contiene gli esemplari risalga ben dicianove se- coli indietro da noi: poiché, a dispetto d'inutili querele e dicerie, havvi per certe cose un legame fra tutti i popoli inciviliti, comunque disparati di luogo e di tempo; havvi di necessità un legame tra il vecchio ed il nuovo. A chi voglia essere sincero, molti eventi dell'oggi mostreranno le loro remote origini negli eventi di mille anni addietro: tal è l'andamento della natura. Per la qual cosa io mi feci a cercare quale vantaggio possa ancora venire da quella polverosa sapienza alle moderne intelligenze dei nostri giovanetti , in onta alla distanza dei tempi, sia per il costume che per 1' arte ; dopo però aver dimostrato in che consistano la sostanza e la forma del libro medesimo. Il nome di gioventù, alla quale voi, dotti Colleghi, preparate per gli anni avvenire un solido nutrimento di scienza, mentre io mi studio di loro spiccare qualche tenero frutto nei primi campi delle lettere, m'incoraggiò a portare dal banco della scuola su'l banco dell' Academia le mie ricerche su tal proposito; e questo libro sono le Favole Esopiane tramandateci in lingua greca da Babrio. Ma innanzi tutto ove noi troveremo gl'incunabuli della favola? Io per me credo, e credo di credere il vero, ch'essa fosse nata e vissuta insieme con le orde del popolo greco al tempo in cui questo errava per gli andarivieni del- l'antro, di sotto alla tettoja delle querce, di mezzo alle lande della foresta, al tempo in cui F uomo e gli animaK erano una sola famiglia , trascorrenti d' un subito dalla facile amicizia ad una guerra più facile, stretti e divisi tutt' insieme dal bisogno e dalla forza. Ma quando poi, per grazia del Cielo, l'amara espe- rienza dei più e il retto senso dei pochi li trasse da si penoso travaglio, e loro apprese ad erigere stabili dimore in faccia al mare, lungo le rive dei fiumi, nella valle feconda, sopra ai pascoli dell'altipiano, perché ad un vivere incerto e mi- cidiale succedesse un vivere più sicuro e meno ferino; parte degli animali, io dico i più docili di tempra o i più sociali per gratitudine , tennero dietro alle migrazioni dell'uomo, accompagnandosi a' suoi nuovi destini; parte invece, aman- ti della solitudine e di una natura caparbia, se ne discostarono per sempre, e vivono tuttora selvaggi. Salta agli occhi di tutti che al popolo greco dovesse 402 sin d'allora accadere quello die tra noi accade al moderno fanciullo finché la ma^oior parte del tempo conversa e si diletta co' suoi balocchi: che, cioè, agli animali partecipi delle sue faticlie e de' suoi piaceri, ed anzi membri più in- trinseci della propria famiglia, ponesse un affetto da noi sconosciuto, o di certo non più comune, e si volgesse con ogni diligenza ad istruirli, studiandone le in- clinazioni, le forze, le qualità dell'animo e dell'intelletto. Per il Greco d'allora non c'erano oggetti di maggior rilievo a distrarne ed avviarne a più alto fine le passioni: e quanto più gli animali con cui viviamo gli riuscivano amabili per la loro abilità nel sopperire a' suoi bisogni per il progresso dell' educazione, per la leggiadria delle forme , la varietà dei colori , la dolcezza del canto ; tanto più rifondeva in loro tutto se stesso co'l ricambio di un buon pasto, con le carezze, con le lodi, mostrandosi ad un tempo più contegnoso e guardingo verso gli ani- mali più deformi, o maliziosi, od ingrati. Noi pure a questo secolo non abbiamo dismesso una gran parte di questi modi: non ne sarà eguale il grado, né eguale la frequenza, anzi non dev'essere; ma certo vi siamo attirati da un consimile sentimento. Credete voi forse poca cosa per il Greco mezzo selvaggio vedersi lavorato il campo dal bue, appareccliiati dalla pecora i vestiti, dalla capra le tende? vedersi la capannuccia custodita dal cane, il cortile vigilato dal gallo, rallegrata la cena dal rosignuolo, dal paziente camelo trasportate per più millia le supelettili; i servigi per la caccia, la guerra, e le corse agevolati dal cavallo, per non dire troppo di troppi? Nessuna meraviglia se, avendo del continuo que- sti oggetti dinanzi agli occhi, la fantasia ancora vergine del Greco ne desumesse le prime imagini del suo linguaggio figurato, il quale nel suono ritraeva ancora molto da quello degli animali; che a loro con trasporto parlasse, e credesse essi stessi capaci di pur tra loro parlare, dacché ne li vedeva con sé intelligenti, e in parecchie qualità dell'animo a sé rassimiglianti. Per tutto ciò io sono d'av- viso che la infanzia della favola greca abbiasi a collocare in quello stadio die discorsi di una società appena sbozzata. Intanto che avvenne? Dalla Feni- cia, dall'Egitto, dall'isola di Creta approdano ai lidi della Grecia avventurose colonie, e vi pagano l'offerto ospizio co' i doni di una civiltà già matura: la civiltà greca per si felice innesto più rapidamente si avanza, si avvezza alla dottrina ed alla giustizia, si ordina nei poteri; le arti mecaniche e quelle della plastica prendono incremento ; il valore o la prudenza di alcune fa- miglie afferrano il comando, e con la successione vi assodano i piccoli regni; nelle feste, negli spettacoli, nei congressi si sviluppa la coscienza delle proprie 403 forze, si accendono le nobili passioni, si difonde il sentimento della gara; e l'orgoglio di nazione, la bramosia della gloria vogliono fecondate metter frutto: il mare frastagliato da mille isole invila la Grecia a navigarlo e a popolarle; un avveduto consiglio di sfogare al di fuori le irrequiete passioni dell'interno tras- porta le armate greche alle rive fatali della Frigia. Troja la rivale del commer- cio, l'invidiato focolare della civiltà asiatica, dopo dieci anni di versato sangue si estingue. Le opime spoglie e le reliquie ne passano alla Grecia, ove la lon- tananza dei poteri per si lungo tratto ed il silenzio delle leggi aveano profanato le regie d'incesti e di usurpi, e si continuò nei massacri. Il popolo stanco di essere il percosso pe'i delirj dei Re, rialza il capo, vuole la sua parte nel po- tere, e trova finalmente in Licurgo ed in Solone il desiderio dei tempi, un nuo- vo ordine di cose, l'aspettata costituzione. Era ben naturale clie durante il cor- so di SI tumultuose vicende, nello scontro ripetuto di si gagliarde passioni si facessero sentire nell'animo del popolo alcuni pratici veri del convivere in fa- miglia ed in società o bene o male, sul publlco e su'l privato interesse : veri inoltre che toccano i difetti e le virtù dell'uomo, il suo carattere, la sua voca- zione, la sua natura. Il popolo, strada facendo, se ne accorge, e passa innanzi; ma il sacerdote ed il poeta, che ne misuri co '1 guardo della mente la loro vasta applicazione, si ferma; ed ora li formula in oracoli, ora co'l canto li tramanda sotto il velame d' ingegnosissime imagini, per essere consultati e difusi a secon- da del bisogno e della progressiva intelligenza popolare. Ecco adesso venuto il giorno di schiudere al popolo i penetrali del tempio , di togliere quei veri alle corde troppo solenni della lira, al suono troppo prolungato della tromba epica ; ora che il popolo veniva assunto al potere, era d'uopo di clii, in accordo con le vedute di Licurgo e di Solone, per migliorare le sorli di esso sapesse e volesse rendergli que'veri accettevoli e famigliari con la efficace persuasione di precise, sensate e lepidissime finzioni, toltane via la cortina di Delfo. All'uopo fu presto il popolo stesso: un uomo della Frigia, uno schiavo, Esopo, senza porsi in su'l viso la maschera per insultare con protervia da satiro la nobiltà, prendendo per mano la favola già adolescente, ne la condusse per primo alle piazze e iu su i ti'ivj ; la verità uscita da quel labro ingenuo sotto forme scherzevoli e con frizzi piccanti cominciò a rallegrare le assemblée, il popolo vi riconobbe sé stes- so senza scandalo od offesa, si compiaque a questa scuola tutta sua propria; ed in breve Esopo divenne l'idolo della persuasione. Allorché poi corse la voce come Socrate per placare il Genio della poesia da lui negletta, che gli turbava i sogni 404 con solenni rimproveri, avesse prescelto ad offerta le semplici grazie della fa- vola volgare, e che Platone medesimo avesse voluto più tardi bandite le poesie dalla sua tranquilla Republica, eccetto la sola favola, siccome quella che si an- nuncia sincera lavoratrice di finzioni che inchiudono un'utile verità, né facen- dosi largo air attenzione con un fatto storico, finisce poi di diluirlo in continue fantasie, falsando la verità dei tempi, dei luoghi, degli attori, ed esaggerandone le passioni; del qual peccato abituale vanno macchiati molti odierni romanzi; non è a dire se il popolo greco si contenesse dal menarne vanto, e n'avea ben d'onde. Anzi con quella lena medesima, con cui mossero gli altri a cantare su la lira le donne e gli amori, le arme e gli spettacoli, le feste e i conviti; a si- mulare dal palco scenico le sventure dei grandi ed i costumi del popolo, provo- cando la pietà ed il terrore; e temperando il riso co'l pianto, a ritrarre in tele ed in marmi le forme divine ed umane con un alito di vita; ad abbellirne le città di edifizj e monumenti, in cui l'ordine si accompagni alla grazia, la ma- teria risponda sempre al concetto; ed altri caldi dell'amor patrio spiegarono nella storia della Persia, del Peloponneso, dei Diecimila, la vivezza, 1' energia, la ingenuità di uno siile insuperabile; ed altri invece perorarono le ragioni del privato, i pericoli della patria e le espilazioni dell'erario con un'eloquenza o casta o veemente o fiorita: la favola, che mai non depose per gratitudine il nome di Esopiana, ebbe anch'essa i suoi fervidi cultori, anch'essa con le arti sorelle sostenne lodevolmente una parte nel progresso dell'aurea civiltà greca. Non andò molto che dalle piazze entrò festiva nelle famiglie del popolo; istruì e divertì nella veglia le madri ed i fanciulli, quando adorna di grazie, e quando semplice come la verità; si fermò per le scuole studio gradito al maestro ed allo scolare; visitò con un fare ora serio ed ora patetico gli orti dell' Academia, i portici della Stoa, accarezzata ad un tempo dal succinto giovinetto e dal barbato filo- sofo. I bei tempi finirono ben presto. La 3Iacedonia si rovescia su la Grecia, tut- tedue trascinate da Alessandro si rovesciano su l'Asia: Alessandro la vide e la vinse. Con la medesima rapidità, morendo lui, il colosso del nuovo Impero ap- pena alzato si sfasciò; ed i pezzi ne passarono senza tregua alle mani del più forte o del più astuto. In quel solenne trambusto alle lettere greche già silen- ziose e costernate si aggiungeva il ramarico che in su i lidi d'Egitto il fatale conquistatore avesse eretta dal suo nome una città, ove per il concorso di qual- unque lettere straniere nella novità arroganti si sarebbe sconosciuto il loro ge- nuino valore, perchè antico; ed esse contro voglia costrette di assumere una A&5 bellezza fittizia per l'andazzo comune. Qual prò che l'Attica infelice, straziala dai Governatori di Macedonia, ringraziasse la clemenza di Demetrio Faleréo con l'inudito testimonio di trecento statue? ed il buon patriota cercasse inoltre di dare in se stesso l'esempio di una blanda eloquenza, ed a conforto di un po- polo già stracco dai mali ricantasse le verità morali e civili nel metro gioviale della favola, in uno stile limpido e carezzevole ad un tempo? La politica di Roma, sempre in agguati co'l prelesto di guerreggiare l'ultimo Filippo, afferra i porti della Grecia, promette libertà, e prepara catene, poco appresso se la in- tende con Filippo, accusa le Leghe di favorire Antioco, e le scioglie; distrugge Corinto, lume e propugnacolo di tutta la Grecia , e feroce trasporta prigioni.°re nel Lazio le arti e le scienze. Là voleva che i Greci, come gli Ebrei al tempo di Nabucco su le rive dell'Eufrate, staccassero dal carro trionfale le loro lamen- tevoli cetre, ed a rallegrare i bagni ed i simposj della matrona romana negli orli Luculliani cantassero le grazie e gli amori; là abbracciatisi con le Muse in- trecciassero voluttuosi una danza su la pietra stessa, sotto cui sepolta viva, come un tempo la disgraziata Vestale, gemeva la loro patria. I Greci smarriti per il recente disastro, attaccati a Roma dalla forza, distaccatine dal rancore, non si poterono per molti anni riavere ne manco in fatto di lettere ; molte tradizioni furono dimenticate, molte Opere perdute di vista ; e per noi tardi posteri provide ventura che Babrio abbia salvato dal naufragio le tradizioni della favola, ed abbia potuto tramandarcele ancora suffuse di un pudore e di un sapore tutto greco. La squisitezza e l'armonia non poteano regnare che nel paese ove naquero le due Veneri; e quanto il Greco toccava sotto il loro patro- cinio, fosse pur tenue o vulgare argomento, si cambiava in oro, e ricordava il loro cinto. Si suol dire che lo stile è l'uomo, che la letteratura è il ristretto della relativa società: ebbene, proviamo se vale anclie per noi il sussidio di questi due adagi ricantati più che mai a' nostri giorni. Se bene le favole di Ba- brio non sieno che una piccola parte del vasto regno letterario, anzi, secondo alcuni, r ultima briciola che restava a raccogliere da Fedro nel convito della sapienza greca, ci basterà a conghietturare lo stato della civiltà greca in quella misura e sotto quell'aspetto che ad una favola si compete, nulla più. Babrio !.... Chi è desso?, mi dimandai la prima volta che mi capitò alle ma- ni questo libro, uscito alla luce in Parigi con le stampe di Didot or volgono due anni. E desso il greco scrittore di favole in versi coliambi , da' cui frammenti 406 ancora profumati di grazia e di geniale eleganza, si andava per gli anni addietro congetturando e lamentando la disgraziata perdita dell'insieme? quello, da cui si vuole sieno derivate nella massima parte le favole che si divulgarono poscia in Europa tessute alla ventura con una prosa irregolare, in mezzo alla quale si ravvisano tuttora le membra indegnamente lacerate di si ingenuo autore, che non valse a tra tenere dallo scempio di sé le mani furibonde dei Sofisti e degli Scolastici, come non era riuscito ad impietosire Medea T infelice Absirto della favola? E desso. Sieno rese grazie al dottissimo uomo Vilmain, tanto beneme- rito delle lettere francesi e straniere, al quale non erano sfuggite dalla vista le lacune della superstite letteratura greca anche allorquando le cure della pu- blica istruzione parevano occuparlo tutto, ed anzi rapirlo fuori di sé le dispute della più alta importanza, che l'Europa attenta ascoltava agitarsi e mischiarsi nelle Camere di Francia su la libertà dell' insegnamento. Il suo cuore batteva pur dietro alle sacre reliquie dell'antico saper greco; e a tal uopo un uomo greco, notissimo in Francia per lavori letterarj, io dico il signor Menas, partiva tutto lieto degl'incarichi del Ministro, e discorreva per le contrade della rina- scente sua patria in cerca di preziosi manoscritti, senza risparmio di tempo o di spese. Nel convento di Santa Laura su'l monte Athos gli venne fatto, pochi mesi appresso, di frugare nella biblioteca, e di sotto a molti volumi lordi di polvere, e prossimi alla corruzione, scovare, e trovarsi con sua somma sorpresa alle mani il manoscritto di Babrio : autore che quasi da dicianove secoli era scomparso dal mondo letterario, non si sa dirne il come. Ecco cosi in nostro potere un autore che vissuto, secondo il parere dei più, nei primi anni del se- colo di Augusto, ci giova come punto luminoso di partenza per risalire il fiume sino alla sorgente che per le favole venne aperta ai Greci da Esopo. Noi avremo così un mezzo efficace, onde giudicare lo stato di tal genere di letteratura, cioè della favola, collocandolo accertatamente nello stadio chiuso da queste due mete estreme; poiché è da sapersi che Esopo non lasciò scritte le sue favole; che Socrate recandosele a memoria già vicino a morte , non ebbe tempo di traman- darne che assai poche ; che 1' aureo libro di favole di Demetrio Faleréo peri : che delle molte e lodatissime favole in versi ed in prosa, di cui formicolava la Grecia sotto l'unico nome di Esopiane, non rimaneva in piedi per 1 avvicen- data procella di avverse circostanze che il libro di Babrio, quasi unico asilo aperto dal suo ingegno sotto l'impunità del cielo romano alle superstiti e mal- conce figlie della greca fantasia. Ecco così acquietata l'ombra dell'Inglese Fyr- 407 vili, che nel 1775 per primo raccolse pietosamente alcuni brani di Babrio nella reale biblioteca di Londra, pose in chiaro i pregi delia loro bellezza, ed eccitò negli altri il desiderio e la cura di rintracciare i resti di un corpo barbaramente sformato: il che già dissi come avvenne. Ecco infine resa giustizia ai redattori del greco Vocabolario, i quali, non ostante le lodi tributate alla fatica delle colle- zioni di favole Esopiane scritte in prosa, che si successero 1' una all'altra sotto gli auspizj onorevoli di Buon -Accorso Pisano, di Roberto Stefano, di Nicolao Neveleto, non consentirono mai di cogliere da quel campo tanto largo voci o di- zioni greche. Quell'odore sapea loro male, ed erano a ragione convinti che in quelle zolle arruffate, e feraci solo di selvagge erbe, non era mai corsa la lim- pidissima onda del fiume Penéo, ma sì la salmastra delle cisterne aperte altrove da Greci ignoranti, o da monaci di grossa bonomia, i quali si sa come nei secoli decimoterzo e decimoquarto alfastellassero insieme qualche esempj di favole greche pescate in antichi autori con le tradizioni di alcune altre; e dove, per far peggio, creando da sé, dove innestando un frammento di Babrio, e dove po- nendo o sotto o sopra una morale desunta dai Santi Padri o dalla Bibbia, tra- mandassero cos'i ai posteri un insieme informe tutto proprio, co '1 suggello per altro di una preziosa antica eredità. Babrio adunque è il libro che io svolsi ; e rientrando in me stesso, pensai che si avesse a dire della favola greca, stando ai centoventitrè modelli là dentro esposti; e qual vantaggio ne potrebbe emer- gere per l'intellettuale e morale educazione dei nostri giovanetti, conducendoH, dopo tanto volgere di secoli e di costumi diversi, ad osservare que' modelli, e ad esercitarsi in sì fatto genere di creazioni fantastiche. La favola, quale l'abbiamo in Babrio, trasceglie dalla ricca distesa del suolo greco quelle scene della natura che più si confanno alla sua semplicità, e che cadevano più di frequente sotto gli occhi del popolo; pochi oggetti del pari prende in prestito dalle arti belle e mecaniche. Essendo ad ogni volta ch'essa favola si mostra un brevissimo drama,cheper l'ordinario si riduce ad un atto , poco o nessuno imbarrazzo le poteva venire dalla varietà dei siti , o dalla distanza del tempo: un solo sito, ma acconcio, e pochi istanti le bastano per esaurire pienamente il suo soggetto. Talora è una conca di aqua ombreggiata da piante che vi si specchiano; talora una caverna che s'insinua nelle viscere del monte : qui ci offre dalla riva un mare levato in borrasca ; altrove la erbosa superficie di un pascolo frastagliata da capanne e da pecorili : adesso è un ru- scello loquace, che si dilunga dalla sorgente; poco dopo una fragile canna che Ii2 /.OS tremola nella palude, una quercia annosa, una siepe fiorila, un rustico cortile. Ad un campo biondeggiante di spighe succede una vite dai grappoli porporini; ad un cielo messo in tumulto dalla bufferà succede un altro purgato dai ra^si i o co di un Sole tranquillo; quinci l'apparire di una ròcca a cavalliere di un dosso; quindi una statua di Mercurio su'l crocicchio delle strade: ecco 1' ara del cam- pagnuolo -vestita di pampini; ecco un'altra del cittadino figurata nei marmi: una lucerna povera d'olio si spegne in faccia al Lucifero che monta scintillante; il terrazzo di una regia contrasta co '1 fumaiuolo di una casipola; i sedili di un tribunale si avvicendano co'i viali di un bersaglio: qui le bisacce ruvide del poveretto ; là 1' elegante biga del ricco, e i lari, e il foro, e il porto ; e così via discorrendo. E pure su questo palco scenico, in tanta parsimonia di mezzi, la favola toccando con la magica verga della sua imaginativa il cielo, la terra e il mare, sa trarne e introdurvi, con mirabile sorpresa ed aggradimento del Pu- blico, infiniti attori, ognuno dei quali risponde nelle sue qualità al soggetto, e vi funge le sue parti così, che meglio non si potrebbe : Dei, uomini, animali, le piante stesse. Non dovendo la favola ne' suoi drami prescindere dalle cre- denze (che adesso non importa siano vei-e o false, sincere o superstiziose, ma che ad ogni modo non s'ignora con quanta influenza s'ingeriscano nell'animo del popolo, e si accompagnino agli atti della vita), le sta bene il diritto di ri- correre talvolta all'intervento di un Dio; sempre però che l'intreccio lo esiga, o glielo comporti la gravità dell'istruzione. Ecco dunque la favola non dimen- ticarsi del loro culto; e per correggerne nel popolo i relativi sentimenti nel- l'eccesso o nel difetto, introdurre a tempo Venere e Apollo, Minerva e Nettuno, Giove e Marte, e la Fortuna e Nemesi e Momo. Più largo dominio si permette la favola nel consorzio degli uomini, traendo, come le torna meglio, gli attori dalle loro varietà, distinte ciascuna nei noti rapporti di famiglia e di patria, di età e di sesso, di condizione e di abitudine; sia l'uomo agricultore od artiere, medico o pastore, musico o magistrato; si diletti della pesca o della caccia, delle fatiche della guerra o degli studj della pace. Ma questi attori, nei quali la favola pare si compiacia seco stessa, ed a sortire nel Publico un effetto più si- curo e più favorito manda fuori più di frequente, sono gli animali. Dalla fero- cia degli uni passa con sano accorgimento alla mansuetudine degli altri ; dal- l'affettuoso delfino allo stupido ghiozzo, dalla superbia dell'aquila alla mode- stia del pettirosso, dalla giuba del leone alle setole del riccio, dal gemito del gufo alle note soavi del rosignuolo; ed uno dopo l'altro, sempre intenta al suo AOO fine, obliga ad agire o a dialogare naturalmente II timido lepre e la feconda gal- lina, il lupo vorace e la mosca proterva, il gatto perfido, il bue laborioso^ la rana loquace, il paziente camelo; per non dire d'infiniti altri o di stabile di- mora o di passaggio, diversi nel vantaggio o nello scapito di dimensioni, di forme, di vesti, di colori, di linguaggio, di servizio, di affetti, d'intelligenza. Su questo palco scenico, fornito co'i semplici mezzi clie la favola di Babrio ricevette in dono dalla natura e dalle arti, essa ci palesa inoltre un talento non comune di contraporre con risalto gli uni all'altro i suoi svariati attori, d'in- ventare sempre nuove combinazioni, di disporre i suoi quadri per modo che il soggetto dell'azione per gli accidenti dell'intreccio corra felicemente alla fine, mentre per via esso acquista cosi sempre maggior lume ; e , quel che più im- porta, le massime, i proverbj, le pratiche, pe'i quali soli alla fine si assumono dalle favole di Babrio tante facende, lasciano scolpita nell'animo un'impronta durevole, che poi solleciterà agli alti la persuasa volontà. Veniamo alla prova, e supponiamo di assistere a parecchi di cotesti drami l'un dopo l'altro. — Gio- ve, raccolti in un vaso tutti I beni, e messogli il coperchio, lo depone senz'al- tro in casa dell'uomo. L'uomo, non potendo capire in sé dalla curiosità, ne leva il coperchio; e quelli sprigionati volano d'un sùbito dalla terra al cielo tutti; ed è appena che ribassato in fretta il coperchio, 1' uomo abbia potuto ritenerne al fondo la speranza. Essa è la sola clie là rimasta promette di richiamargli dal cielo or r uno or 1' altro dei beni fuggevoli. — Mercurio in abito da mercante è in viaggio con una vettura stracarica d'ogni assortimento di bugie, d'inganni, di astuzie ; ne vende alla spicciolata dove più dove meno a tutti i paesi pe'i quali passò: entra in fine nell'Arabia, e la vettura, strada facendo, d'impro- viso si sfascia. Gli Arabi, visto l'accidente, vi accorrono da ogni parte; e sac- cheggiando in furia le mercanzie, ne lasciano vuota affatto la vettura. D'allora in poi non c'è paese che in menzogne ed in cabale possa vantarsi più ricco del- l'Arabia. — Altrove gli Dei menano moglie. Come ciascuno s' ebbe accomodato, la Guerra, ch'era stata presente alla scelta di tutti, stende la mano di sposo all'Ingiuria, sino allora donna a Marte, e l'ama sì perdutamente, che l'Ingiu- ria non può dare un passo senza che la Guerra non le sia ai talloni. — Uscito or ora da oziose stalle, satollo d'orzo sino alla gola, il mulo scorrazza per le vie a salti incomposti, a scrollatine di capo, e pare che dica in quell'insolito porta- mento: si vede bene che la cavalla mi è madre, né da lei traligno nel correre velocemente. Due istanti appresso quella tracotanza si arresta, ed il capo si 410 raumilia melancolico sino a terra. Che avvenne? Niente altro clie un rapido ri- cordo di avere avuto l'asino per padre. — Qui il pavone, dispiegando pompo- samente l'occhiuto ventaglio della sua coda^ s'avviene nella gru. A quell'amlare dimesso, al colore cinerognolo di quelle piume ride della meschina; ma l'altra per tutta risposta gli accenna i lunghi tratti di cielo che appunto con quelle ali dimesse sapea misurare, mentre alle sue con tutto l'oro d'attorno non ve- nia fatto di alzarlo da terra una pertica, degno appena di accompagnarsi co'l gallo. — Povero leone! dei servi disumani quale a sassi e quale a colpi di mazza cacciano fuori di casa il re della foresta: ridotto alla misera impotenza di un vile giumento muove a pietà; e per qual mai colpa? Per colpa di amore posto in mal punto ad una donzella di diverso lignaggio. Smarrito il senno, si era lasciate disarmare dei denti le mascelle, cavare dalle zampe gli unghioni; e poi?... poi la mercede fu questa. — Poco appresso una vecchia cagnetta non può tacere ad un cane la sua sciocca superbia. Il miserabile! farsi vedere per le piazze co'l sonaglio al collo, e ad ogni passo vanitosamente agitarlo, quasi a solenne testimonio di sue virtù; mentre il padrone glielo appese per avver- tire la gente si guardassero le gambe, poiché quella trista bestiuola mordeva di nascosto. — L'altra, che con molto bel garbo va significando al bue che se gli terrebbe d'addosso, qualora il suo peso lo affaticasse di troppo, è la mosca: tant'aria d'importanza in sì misero insetto! e il bue non s'era mai accorto che essa gli occupava appena la punta di un corno. — Ma basti sin qua. Io non vor- rei, prolungando lo spettacolo dei drami, abusare della co.tes .altrui. Questi pochi mi sembrarono un' accettevole caparra per convenire dove più e dove meno su'l merito degli altri che non si posero in mostra. Glie se qualcuno, tolte via le finzioni del fatto e le illusioni del teatro, amasse meglio sentirsi annunciare in una serie ordinata, se non tutte, molte almeno delle massime morali e civili che la favola con quest'arte promulgava nel popolo greco a co- mune uso e benefizio ; io penso che la favola abbia a cedere il luogo alla sa- pienza greca, della quale nessun altro potrebbe meglio ciò fare. L'ascolti adun- que : è dessa che parla , e riepiloga in un tempo solo e in un filato discorso ciò che la favola ebbe il costume d'insegnare secondo i bisogni o le circostanze in tempi diversi e sotto disparatissime finzioni. — Figliuol mio (così la sapienza greca), poni mente ai modi che uno tiene: essi sono lo specchio in cui l'animo si riflette ; e tu saprai come diportarti con essolui. — Non credere alle promes- se di chi non conosci, se prima non ne abbi avuto delle prove. — Se avrai 411 commesso alcun male che non può celarsi a chi torna in danno, non richiedere che altri già oculare testimonio, per far piacere a te, interrogatone si tacia. — Non ti gravi d' esser piccolo : il piccolo trova salvezza dai mali là dove il gran- de per lo più la morte. — Non essere millantatore, malcontento, inofficioso, vano, lascivo. — Quando con le tue azioni puoi andare su'l diritto, a che cer- cherai tu un cammino tortuoso? — Guardati dall'ira e dai cattivi compagni, dalla falsa pietà, dalle contese, dalle lusinghe della donna. — All'ingannatore presto o tardi cade la maschera dal viso. — Il mansueto la vincerà sempre so- pra il violento. — Il ritiro e la conversazione con le amene lettere conforte- ranno il tuo animo dalle disgrazie più die altra cosa qualunque. — Vivendo in mezzo agli uomini, ti abbatterai bene spesso nello scioperato, nel pusilla- nime, nel temerario, nell'indocile, nel genitore parziale, nell'avido d'illu- sioni, nello scialaquatore dell'altrui. — Bicórdati che non torna conto ai pic- coli cozzare co' i grandi; chela concordia è forza, la discordia è distruzione; che le opinioni degli uomini peccano sovente di stranezza. — Non aspettarti dal malvagio beneficj ; sarà molto che non facia male. — Non trascurare il certo per r incerto. — Sii tenace degli amici, dei nemici difidente. — Vi è l'onesto a parole, e spergiuro ai fatti ; clii nulla fa, e vantasi di tutto fare ; chi inesperto esce dalle imprese co '1 capo rotto ; chi per invidia trova da dire su tutto ; chi per ghiottoneria muore volentieri. — E meglio eccitare l'ammirazione sotto poveri panni, che vivere ignoto sotto un manto da Re. — 3Iisura te stesso, né ti associa mai co'l più potente. — La vittoria tien dietro all'uso acconcio dei mezzi; la guerra all'ingiuria; al farsi bello de' meriti altrui, la beffa; al gusto per le adulazioni, il danno e il vitupero. — — Il tempo abbatte ogni fasto. — I malvagi sogliono scaricarsi la colpa l'uno addosso dell'altro. — Tu non contra- dire co' i fatti alle parole. — Vuoi esser felice? lascia i piaceri labili e perico- losi; attienti ad un vivere discreto e tranquillo; infine benedici sempre a quel giorno in cui le leggi servono di scudo alla debolezza ed alla mansuetudine contro gli assalti della forza e della violenza. — Tali e molte altre massime e proverbj , oli' io tralascio per amore di brevità, messe in bocca alla sapienza greca, gli basteranno, io spero, a persuadersi che le favole Esopiane, di cui ab- biamo in Babrio un felicissimo saggio, non fossero soltanto vecchie frivolezze, balocchi da fanciulli, ma adulte cooperatrici di civiltà per un popolo intero, al quale mescere l'utile co'l dolce fu e sarà sempre il migliore partito della po- litica e della sana filosofia. 412 Fratanto invito di nuovo la vostra cortesia a pazientare la conclusione di quello che venni sin qua esponendo su '1 conto della favola. CONCLUSIONE Tutto si cambia in questo mondo ; e verrà anche per noi la volta, che chia- meranno antico questo nostro tempo. Si vanno del continuo mutando le esterne sembianze e le interne condizioni del nostro pianeta ; e del pari si vanno del continuo mutando le credenze, i costumi, e le leggi della umana famiglia che ci vive sopra. Egli è vero che gli elementi della materia restano gli stessi per qual- unque transizione, e per qualunque varietà di aspetti sotto cui una forza ope- rosa li aggrega o li disgiunge ; ma è vero altresì che questa forza vi procede ordinata ed a rilento, mentre nella umana famiglia rimanendo costanti da per tutto ed in tutti parecchie tendenze dell'animo e parecchi lumi dell'intelletto, una forza operosa di ragionevole volontà, indefinita ne' suoi impulsi ed inesau- ribile ne' suoi modi, ne altera più di frequente o ne compone a novità con maggiore agevolezza lo stato e le forme. La letteratura altro non fa co' suoi se- gni artificiali che secondare cotesto andamento, anzi si studia di esprimerne le fasi con la maggiore verità e possibile vivacità di rilievi che le vengano all'uo- po ; sicché la si può dire uno specchio fedele, in cui non solo ci si para dinanzi la storia di ogni fare sociale, ma ancora vi si può scorgere il legame dell'una all'altra, e che cosa nella successione dei tempi e dei bisogni si depose del vec- chio, che cosa si creò di nuovo, che cosa infine si conservò di sua natura inal- terabile, e giovi di conservare tuttavia. Od io m'inganno, o fra le tante specie dell' antica lettei'atura la favola è una di quelle che meno contrasta alla cor- rente del tempo, e meno disdice alle esigenze del progresso, o ne si guardi alla sostanza, o si si fermi alla sola sua forma ; tuttoché non possa la favola citare a suo prò, come fanno le altre specie , né un corredo di artificiali accessorj , né una splendida sequela di finzioni poetiche, o di eloquenti arringhe: le quali cose vivono la loro vita in accordo ai costumi, alle credenze, alle leggi onde la derivarono; ma questi cessati, se destano ancora l'ammirazione ed il culto di ricordanza, all'uso certamente vengono meno. E onde mai alla favola cotesto scampo nel quasi comune fallimento al trasformarsi delle società? onde mai? Dall'avere scelto, io penso, quelle scene della natura die quasi sempre e da per tutto s'incontrano, meno qualche differenza di climi e di prodotti; dall'ave r preso di mira unicamente l'uomo ne' suoi generali rapporti di famiglia e di cit- 413 tadinanza, e dentro a quella cerchia di vizj e di virtù, onde l'uomo non sarà sbalzalo giammai; dall' essersi occupata delle qualità e delle abitudini di quegli animali che ancora ci servono o ci dilettano, ancora dividono con noi, sempre eguali a sé stessi, le veglie, i viaggi, le villeggiature. Poco disturbo ella ci reca con r Olimpo ; e se talvolta lo apre per evocarne qualche Nume, mai ne avvilisce il concetto, e lo presenta più come simbolo, che come oggetto di pagana teologia, dal quale perciò gioverà sempre anclie ai più tardi posteri ed ai più dillerenti di costume l'apprendere quale e quanta parte di sapere lo spirito umano sotto vi raccolse e lasciò in eredità, e come le arti belle per l'alito vitale di quella in- spirazione, qualunque essa sia stata, popolassero d'incantevoli prodigi il mondo sensibile e morale. Del resto la favola, raccomandata dai pregi che testé ac- cennai della sua sostanza, e vie maggiormente dai pregi, che tantosto discorrerò, della sua forma, può e deve ancora trovare facile accesso nelle famiglie, ove intertenersi a vantaggio del fanciullo, dell'idiota, della donna: e se, già estinta la libertà del Foro, non le vien fatto di acconciarsi scherzevolmente per entro alle arringhe di esso^ a sé la chiamano ancora nelle scuole le studiose compa- gnie d'ingenui giovinetti, ai quali inserirà nell'animo i germi primaticci di una buona morale ; servirà di ameno esercizio al loro intelletto ; e, quel che non manco importa, li metterà senza loro saputa per entro ai secreti dell'arte dif- ficilissima dello scrivere. Non sarà mai cosa vecchia, né da smettersi, io dico, che i giovinetti, dietro l'esempio della favola greca, imparino per tempo come, per guarire una ragione o cieca o rozza o inferma per vizj o per cupidigie, possa chiamarsi in consiglio ed in ajuto la semplice natura: come si abbia a maneggiare il rimprovero, senza che l'amor proprio di alcuno tradisca con le grida i suoi dolori (1' amor proprio è ancora più paziente del giovinetto spar- tano, che si premeva al seno la mordace volpe senza mettere un lagno, purché non si conosca preso di mira esso solo, purché gli altri non possano dire: sei tu quello; il tuo furto è già palese): come, senza i pericoli dell'odio e salva la modestia, possa il lamento del giusto, del debole e del suddito inviarsi fino alla coscienza dell'ingiusto, del forte, del signore, ed iscuoterla: come infine il vero morale s' insinui nel cuore, e lo informi al bene co '1 diletto, e non con la noja ; con le attrattive della persuasione, e non co '1 brusco comando; co'l discorso famigliare, e non con le sottigliezze e le lungaggini del sofista. E 'poi l'età loro non è dessa l'età dell'azione, della fantasia, del colloquio? Ecco adunque che se io con la favola metterò in accordo questi tre toni diversi del loro vivere, 414 io ne otterrò un'armonia, per la quale saranno disposti senza quasi saperlo a rappresentare in sé stessi e più efficacemente a significare negli scritti il bello ed il vero, in cui con l' esercizio della favola vennero educati ed istruiti. Il giovinetto vuol essere attivo; glielo comandano le sue mobilissime fibre, dentro alle quali non può capire a lungo la quiete : ma Y azione di lui sia breve, varia, sempre intrecciata da graziosi o mirabili accidenti; che se no, il diletto fugge via dall' animo, e subentrano tosto la noja e la stanchezza. Il giovinetto vuol essere fantastico; e come no? Ma la curiosità vi combini nell'avida mente sem- pre nuove imagini. Noi lo diciamo, ed è di fatto, simigliante a leggerissima far- falla , che se ne va instabile volando su i fiori più leggiadri. Ti basti adunque che si fermi per poco sopra il lato più luminoso degli oggetti ; il volernelo in- dugiare di tanto, che tu gliene abbi diciferata una stucchevole anatomia, è lo stesso che strappare le ali alla farfalla: la mente non sarà più capace di cogliere e di assembrare le imagini per la manifestazione delle idée. Il giovinetto vuol essere loquace; ma gli argomenti si mutino spesso: il concetto vada per le più corte; le parole sieno proprie, vivide, famigliari; le costruzioni quale dentro le détta il sentimento. Ora la favola non risponde appieno a questi tre modi dell'età in cui si trova il giovinetto? Non ajuta il relativo concerto degli studj ne' primi passi eh' esso move per la carriera della vita e delle lettere ? Forse ogni favola non è un'azione breve, moltiforme, feconda d'accidenti? Non descrive essa del continuo or 1' uno or l'altro oggetto della ricchissima natura nelle sue più pronunciate qualità, tratto ora da questo, ora da quel regno? Non toglie sempre i suoi dialoghi dal labro il più intelligibile e più vivificante del popolo.'' Non offre agli sguardi sotto diverse e graziose attitudini il felice sodalizio del bello co'l vero? E nel suo stile non è essa sempre semplice con decoro, casta e graziosa, agevole e faceta? Ma infine sono scherzi, dirà taluno. Si, saranno scherzi, io per poco lo concedo; ma con essi il giovinetto giunge a concepire un'azione con lo sviluppo naturale de' suoi relativi accessorj: ma con essi dalle qualità delle piante e degli animali acquista un facile criterio per meglio discernere e discorrere quelle dell'uomo, per discernere in ognuno il carattere che ne lo dislingue, e con questo mettere in accordo gli atti, i gesti e le paro- le ; non ignaro inoltre del come animare un fatto con le imagini e le grazie di una docile fantasia. Anzi che dico ? Nelle finzioni egli ha già imparato a cono- scere il vero: sa che sotto a quel pavone si nasconde la vanità della bellezza; sotto la volpe l'astuzia; sotto il lupo l'avidità; e che nel corpo di ogni pianta, 4i5 (i; ogni animale vive ed opera un altro essere, con cu ha eguali molte tenJen- ze; e non gli occorre che levare un IcniLo della finzione per dire: ecco il sag- glo ed II pazzo, l'ingrato ed il prudente, il balordo e il mentitore, il vile ed H magnanimo, e così cento altri; e quindi con Tajuto di questi scherzi lo studio dell'uomo e la scuola della vita pèrdono In gran parte tutto ciò che hanno di più arduo e di più pericoloso. Voglia pure il Cielo che una nausea tracotante non riesca mal a bandire dalla società cosi utili scherzi! Ma quand'anche ciò che Io dissi or ora non fosse altro che una mera utopia, a raccomandarne Io studio, a volernell felice esempio, basterebbe senza più quella mirabile quiete , quella decenza inviolata, le quali s'incontrano tanto spesso nelle Opere di antica let- teratura, qualunque ne sia il loro genere, canzone o favola, storia o satira II culto del vero e del bello presso gli antichi era religioso, e l'arte nel rappre- sentarlo dovea del pari essere pura, semplice, riverente. Quindi II giovane di qualunque tempo, di qualunque nazione, di qualunque civiltà, che accostando- sele di buona fede ne parta Istruito dell'ordine, della moderazione nelle idée e nelle parole, della convenienza nello stile, della chiarezza e dell' armonia, terrà nell animo :1 fuoco sacro per vivificare, quando lo guidi un buon gonio, qual- unque nuovi pensieri, sotto qualunque nuova forma di lingua, i„ modo che la libertà e T originalità non abbiano a peccare di licenza o stranezza ; ma le rap- presentazioni del vero e del bello sempre conformi alla natura rivelino per al- tro 1 progressi del tempo. FINE DEL VOLUME .'iIT INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO SESTO VILUME o« ' aialogo dei Membri componenti V I. R. Àcademia Pag. v Libri mandati in dono alla medesima » xiii Su la riforma domandata dal secolo XIX. nella dottrina del Gonlafjio. — Memorie di G. F. Spongia (III. lA^ V.) Pag. 1. i'2'J. 33'J Di un nuovo Psicrometro o Igrometro a raffreddamento per evaporazione. — Del Prof. Giuseppe Belli i Pag-. 20 Polipi della famiglia dei Tubuliporiani finora osservati nell'Adriatico. — Del Prof. Giuseppe Meneghini " ò'J Illustrazione delle piante nuove o rare deW Orto Botanico di Padova. — Memoria II. del Prof. Roberto De Visi ani » l'-i Della imitazione e creazione in Letteratura. — Del Prof. Stefano Ago- stini » 09 Su la tabe dorsale. — Del Prof. Giacomandrea Giacomini « UT Studj sopra le lìroduzioni morbose accidentali nclV animale economia . — Del Dott. M. Benvenisti » 153 Osservazioni su 7 terreno cretaceo delV Italia settentrionale. — Del Nobile Achille De Zigno I SD Su V intima struttura delle tonache proprie dei vasi sanguigni. — Del Pr^3- ^^ w^ /^■^^,^ V/^: ,.,^A^(^^^r;^.;A^.A/^^c^':::::^*'- :s«s-V/: .A^'^^Ar.' »^^^rc ,<^^rA^^^A ^1^^:^^'^ 'k^^-a/^^^* ^^i..^ ^i^^>a^?;;;-.^: ,^J^Al^f.,?::2^;,,AAAA/^;^;.^ M^^ ■f<^^^^' «, ,r\ n ^ ■ '^Arv'i',;^,^ ■^.■-•• '->■'•'■ ]f^;!^^^' .A-^^AA.::^^s-; .aY^'^^AA.,,, ■:h^n^^' nAa.'^'''A.; ' AA . I**^S' '* • •Va'''? ■ìa'''. ■"/^KÌ; JAAaAA' '^i^'I^A^A^^^ ». A'iAA»*' '" ■■" /^^Aaa^^V