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Quest’ opera era preparata per la stampa, quando la morte colse mio padre di benedetta memoria, ed io avrei voluto che, come s’ egli fosse ancora vivo, immediata- mente ne seguisse la pubblicazione, che non prevedute difficoltà concorsero invece a ritardare. Ora finalmente essa comparisce al pubblico, e pur tale quale l’ Autore l'aveva lasciata, benchè parecchi insigni Ornitologi mi facessero la generosa offerta di rivederla e completarla, del che professo ad essi sincera gratitudine, e pubblica- mente li ringrazio. Sarebbe infatti stata opportuna quella revisione, per ciò che spetta specialmente alla sinonimia ed alla citazione di molte opere straniere, che mio padre non ebbe occasione di consultare; e le scoperte fatte in questi ultimi anni avrebbero forse dato motivo ad im- portanti aggiunte; ma più di tali considerazioni potè in me il sentimento: io ho sentito scrupolo di porre o la- sciare ad altri por mano nell'opera sua, e preferii pub- blicarla quale egli l’aveva scritta. S'è vero che più delicatamente degli altri sentano i Naturalisti, questo scrupolo di un figlio sarà compatito. ADOLFO SAVI. AI LETTORI. Nella mia prima gioventù, avendo già incominciati gli studii di Ornitologia, ed avendo trovato in questi grandi difficoltà, a causa specialmente di non esistere allora in Italia alcun libro, nel quale si trattasse con l'estensione sufficiente degli uccelli del nostro paese, mi venne fin d'allora il pensiero di rimediare a tal man- canza componendo l' Ornitologia Toscana. Di fatto verso il 1823 mi accinsi a questo lavoro; ma, quantunque io vimpiegassi tutta l'energia della gioventù, a causa del- l’accennata difficoltà e di quell’ ancora della mancanza in Pisa d’una collezione di uccelli sufficientemente ric- ca, non potei incominciarne la pubblicazione prima del 1827, nè ultimarla avanti del 1831, cioè dopo che al- cuni viaggi all’estero non mi ebbero dato campo di procurarmi le notizie che mi mancavano in patria, e di completare qua in Pisa, in modo sufficiente, la già in- cominciata Raccolta degli Uccelli italiani. Quel mio libro, quantunque non potesse a meno di risentirsi delle angustie scientifiche, nelle quali io mi era trovato, pur nonostante ebbe una tal favorevole acco- glienza dai miei compatriotti, che ben presto ne fu esau- rita l edizione, e che numerose premure, per me mas- simamente lusinghiere, mi furono fatte onde ne facessi una ristampa. Ma due differenti cause m' impedirono per circa quarant'anni di soddisfare questo pubblico Ornitologia italiana. — I. 1 2 AI LETTORI. desiderio: la prima fu l’ esserne distratto dalle numerose. cure ed occupazioni che mi diedero per molti anni la for- mazione e perfezionamento delle collezioni zoologiche del Museo pisano, non che la creazione d’un sufficiente- mente ricco Gabinetto d’ Anatomia comparata, la cui nuova cattedra fu creata in quel periodo nella nostra Università, ed a me affidata. La seconda causa si fu lo studio della Geologia italiana, al quale venni quasi in- volontariamente trascinato dai fatti interessantissimi re- lativi a questa bellissima scienza, che spontaneamente e successivamente a me si presentarono nel percorrere che allora facevo il suolo toscano, all’ oggetto di stu- diarne l' Ornitologia e l' Entomologia. Finalmente circa quattr’ anni addietro potei deter- minarmi a soddisfare alle non poche sollecitazioni che tuttora avevo, di pubblicare cioè la seconda edizione di detta mia opera; al che fui anco incoraggiato dall’ aiuto che venivami offerto da altri distinti Ornitologi ita- liani; talchè avendo ormai ultimato un tal lavoro lo pub- blico qual è, fidando sull Roio dei miei colleghi e connazionali. Per altro volendo ristampare la mia antica Orni- tologia, onde renderla atta a soddisfare conveniente- mente agli amatori di questa scienza tanto della To- scana, quanto del resto d’ Italia, dovetti completare il mio libro, aggiungendovi tutte le specie d° uccelli pro- prie alle altre regioni di questo paese, e quelle non pe- ranche conosciute all’ epoca della prima pubblicazione; per lo che mi fu necessario d’ indurre non pochi cam- biamenti nella classazione che nella prima opera avevo adottata. Giacchè allorquando stampai l' Ornitologia To- scana molto scarso essendo fra noi il numero de' cultori di questa scienza, e così pochi essendo quelli, i quali conoscevano le classazioni adottate dagli esteri, poco importava che io seguissi in quel libro una o un’ altra classazione, purchè quella adottata fosse tale da porre PI AI LETTORI. 3 in grado ancora i meno esperti in questa scienza, di co- noscere e determinare la specie degli uccelli del loro paese, o che a loro capitavano. Ma adesso che lo studio dell’ Ornitologia si è così generalizzato anche fra noi, io non poteva dispensarmi d'indurre nella classazione e nella nomenclatura di questo nuovo libro varii e non lievi cambiamenti; e questo affinchè, allontanandomi ri- guardo alle dette due parti della scienza ornitologica il meno possibile dai metodi seguìti attualmente, il nuovo libro fosse con più facilità compreso da tutti; ma an- cora per dar modo ai miei lettori d'intendere le altre recenti Opere di Ornitologia, nelle quali vi è adottata una classazione ed una nomenclatura assai diverse da quelle dell’antica Ornitologia toscana. E questo è, come si vedrà, quello che ho cercato di fare, senza peraltro giammai perder di vista i tre seguenti assiomi che, a mio credere, è indispensabile d’osservare scrupolosamente in qualunque lavoro zoologico, e che indicai e .seguii nel- l’Ornilologia Toscana. Vale a dire: 1° che la classa- zione adottata sia naturale il più che si può, cioè si basi essenzialmente sulle affinità zoologiche, zootomi- che e biologiche; 2° che tutte le divisioni e suddivi- sioni in Ordini, Tribù, Famiglie, Generi e Specie, sieno ‘determinate, e si fondino sopra caratteri zoologici veri e precisi, ed apprezzabili il più facilmente possibile; e 3° finalmente, che la Tassonomia, o i nomi scelti per de- signare le specie, e gli aggruppamenti di queste in ge- neri, sieno quelli indicati dalla loro priorità, cioè sieno quelli che si adottarono i primi dopo che l'immortale Linneo stabilì le sue filosofiche leggi tassonomiche, le quali in generale sono state osservate così scrupolosa- mente dai Botanici. Nella presente introduzione al nuovo libro, il quale a causa dell'estensione sua, del suo oggetto e destina- zione ron può ulteriormente dirsi Ornitologia Toscana, bensì Italiana, io esporrò di nuovo non solo i motivi 4 AI LETTORI. che nel 1827 m'indussero ad adottare una classazione cotanto diversa da quelle che allora erano usate, ma farò conoscere ancora e più estesamente da quali cause adesso son stato condotto a cambiarla. Oltre a ciò, e sempre per render l’opera profittevole anche ai non Ornitologi, ed ai semplici dilettanti di questa bellissima scienza, vi unirò alcuni capitoli concernenti delle impor- tantissime generalità su i volatili, delle quali non feci parola nell’ Ornitologia Toscana. Incomincio questo preambolo col riportarvi testual- mente la prefazione dell’ Ornitologia Toscana pubblicata nel 1827, e ciò per dar meglio a conoscere ai miei lettori quale era in quell’epoca lo stato della scienza ornito- logica in Italia, ed i motivi che mi determinarono a pub- blicare detto libro. Per brevità mi sono astenuto poi di riportare per intiero il resto di quell’introduzione: ma sic- come ancora nel seguito di essa si trovano delle parti e de’ periodi che per le cambiate condizioni, nelle quali si trova adesso la scienza degli Uccelli italiani, se non han più l’opportunità che allora avevano, ciò non pertanto meritano d'esser sempre considerati con un valutabile interesse, se non fosse altro per la storia della scienza ornitologica italiana, così in vista ancora dell’attuale ra- rità di quel mio vecchio libro, ho reputato opportuno. di riportarne testualmente i relativi brani, ma separati dal testo, e stampati in distinte note. | PREFAZIONE DELL’ORNITOLOGIA TOSCANA PUBBLICATA NEL 1827. L’Ornitologia, io dicevo in quell’epoca, è una scienza quasi nuova per gl’ Italiani; e confessar bisogna che fa vera- mente maraviglia il vedere, come presso d'una nazione in tutti i tempi feconda di menti ben disposte ad ogni sorta di studi, e capaci di gustare le bellezze sublimi della natura, possa esser stato trascurato lo studio di quegli esseri che per le forme, e per la voce, e per l’agilità, e pel ramero, sono l’anima e il principale ornamento delle nostre «campagne; di quelli che tanti vantaggi, e tanti danni arrecano all’agricoltura; di quelli finalmente che ci producono piaceri sì grandi e va- riati, nel nobile esercizio della caccia. Oll'e di ciò, quand’an- che gli uccelli fossero privi di tante qualità così interessanti per noi, al punto di cultura cui è giunto adesso lo spirito umano , fa vergogna il lasciare non curata anche una sola delle opere dell’ Onnipotente che esistono nel nostro paese ; * mentre nella massima parte dell’altre contrade non solo le produzioni patrie si studiano con ogni diligenza, ma di continuo i Natura- listi sen vanno a cercare e studiare quelle di regioni lontane. 1 « Omnes res create sunt divine sapienti et potentie testes, divi - tie felicitatis humana; ex earum usu Boniîtas Creatoris; ex pulcritudine Sapientia Domini; ex Oeconomia in conservatione, proporlione, renova- tione Potentia Maiestatis elucet. Earum itaque indagatio ab hominibus sibi relictis semper estimata; a vere eruditis et sapientibus semper exculta; male doctis et barbaris semper inimica fuit. » Linneo, Syst. Nature cur. Gmel., tomo I, pag. 7. ma \ 6 PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. È sicuramente un dovere l’ illustrare il paese che ci ha servito di cuna, e sarà ben degno di rimprovero colui che potendolo fare lo trascurò, ed obbligò in tal modo con la sua negligenza uomini d’altre nazioni a venire a compiere ciò che ad esso spettava. E per quello che riguarda la Storia Naturale, pur troppo noi altri Italiani ci siam meritati un simil rimprovero. Rinacque questa scienza fra noi, ma poco ci sì trattenne, ed ancor bambina passò le Alpi: così che se adesso vogliamo aver notizie esatte delle produzioni patrie, quasi sempre fa d’uopo ricorrere a libri oltramontani. Gl’Italiani, che si danno allo studio delle scienze naturali, sono in numero ben piccolo: di questi i più negligendo il proprio paese, solamente si occu- pano delle produzioni straniere, e fra quei che le patrie stu- diando han Ja sorte o l'ingegno di fare in esse osservazioni e scoperte interessanti, molti dominati da soverchia modestia, o privi de mezzi o del tempo necessario, non le fanno cono- scere, ed inutili le lasciano seco loro perire. Ma tornando alla scienza ornitologica, come ii essa è conosciuta poco in Toscana, e forse meno di varie altre parti della Sforza Naturale. Poche opere ed anche incomplete noi abbiamo sugli uccelli di questa penisola. L’ Aldovrandi, quell’uomo sommo che tanto onora la nostra patria, vera arca di scienze, nella sua opera sull’ Istoria Naturale ha parlato degli uccelli, ‘ ed unendo alle notizie, che a’ suoi tempi si ave- vano, tutto quel più da lui stesso osservato, lasciò un mo- numento glorioso del suo istancabile zelo, delle sue estese cognizioni ornitologiche, e della sua universale erudizione. Malgrado tutto questo per altro , l’ Ornetologia a non è completa, non è un’ Ornitologia nazionale, e non è da proporsi per guida, perchè manca di molte specie nostrali, e di moltissime delle esotiche, perchè ne contiene delle favolose, e perchè a cagione del tempo, in cui fu scritta, è priva dei principii, e del linguaggio adattato e indispensabile all’esat- tezza della scienza. i Ulysses Aldovrandi Ornithologia, sive Avium Historig, lib. Vino nie : in tre tomi in foglio. Il primo, tomo Stam 10 He A596 contiene siti al dodicesimo libro; il secondo arriva fino al g ciotiesimo/i 1) o, e l’ultinto tomo fu pubblicato nel 1603. Nel 4638 ne fuf fatta in Bologna un’altra-édi- zione, che è quella da me citata, ci ) PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. g Abbiamo |’ Uccelliera di Giovan Pietro Olina di Novara, stampata a Roma nel 1622: piccola cosa, perchè ristretta ad un piccolissimo numero di uccelli, ma che ha belle figure, buone descrizioni de’ costumi delle specie compresevi, come pure particolarità interessanti sulle cacce italiane. La Storia Naturale degli uccelli, stampata a Firenze nel 1767, è l’opera più estesa d’ Ornitologia che abbiamo in Ita- lia, dopo quella dell’Aldovrandi. Racchiude una numerosa collezione di uccelli indigeni ed esotici, rappresentati con sufficiente esattezza, considerando la poca pratica che avevasi in quell'epoca nel disegnare ed incidere oggetti di Storia Na- turale. Il difetto più grande di quelle figure è nella lor posi- tura strana e forzata. Vedesi chiaramente che il disegnatore non aveva mai osservato le attitudini naturali degli uccelli da lui rappresentati, e che solo lasciavasi guidare da una fanta- sia pittoresca. Furono queste tavole copiate dalla collezione del marchese senatore Giovanni Gerini, patrizio fiorentino, ap- passionalo ornitologo, che molto tempo occupò a raccogliere, far figurare e descrivere uccelli d'ogni razza e d'ogni paese. Dopo la sua morte, diversi uomini dotti ed eruditissimi in qualunque altro ramo dell'umano sapere, fuorchè in quello riguardante gli uccelli, credendo poter sostituire 1’ erudizione della scienza ornitologic4, o che uno studio superficiale di po- chi libri equivalesse alle osservazioni di anni ed anni, intra- presero ardilamente, riuniti in società, a pubblicare l’ opera incompleta del Gerini, a riempire le lacune da lui lasciatevi, ed anche ardirono in molti luoghi alterarla. Dimodochè essi compilarono un testo pieno di notizie superficiali, sbagliarono: la classazione, confusero Je specie, ne omisero molte che cer- tamente dovevano essere interessanti, neglessero le località, ec. Insomma un’opera che, qualora fosse stata diretta da persona abile, doveva divenire utilissima ed arrecar lustro all’Italia, altro non è che una disordinata collezion di figure. Con tutto ciò anche per questo solo lato è stata di qualche utilità per l’Ornitologia, giacchè in essa si son pubblicate le figure di varie specie di uccelli per avanti non conosciuti, come per esempio il Falco Cencris, il Cuculus pisanus, la Fringilla ci- salpina, la Sylvia provincialis, la Sylvia melanocephala, la Sterna leucoptera, ec. 8 PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. Nel 1776 Francesco Cetti pubblicò a Sassari l’opera inti- tolata Gle uccelli di Sardegna, volumetto in ottavo, il quale benchè contenga la descrizione d’una sola parte degli uccelli sardi, nonostante è molto pregevole per le notizie che ci dà riguardo a’'costumi di quelli uccelli, e per contenere la descri- zione di varie specie nuove. Il professore F. A. Bonelli, direttore del Museo zoologico di Torino, naturalista notissimo per un gran numero d’osser- “vazioni da lui pubblicate sopra quasi tutte le parti della Zoo- logia, nel 1811 stampò le Catalogue des oiseaux du Piemont, ove, oltre i nomi scientifici di tutte le specie di uccelli da lui osservati in quel Regno, e che ascendono al numero di 262,1* vi sono i varii nomi volgari, che là a queste specie si danno, e di più ancora alcune osservazioni sopra specie mal conosciute, e descrizioni di altre assolutamente nuove. Giambattista Baseggio di Bassano, nel 41822, inserì nel tomo XXVIII della Bebliofeca Italiana una enumerazione degli uccelli da lui osservati nelle vicinanze del suo paese. Questo catalogo è classato secondo l’Index Ornith. di Latham, contiene 137 specie, ed a ciascuna vi è unito il nome volgare, l’indi- cazione del luogo ove abita, ove nidifica, e se in quel paese si mangia o no. Nel 1823, Fortunato Luigi Naccari stampò a Treviso l'Or- nitologia Veneta, ossia Catalogo degli uccelli della provincia di Venezia. È questo catalogo disposto secondo il sistema di Linneo, edizione di Gmelin, e ad ogni specie v'è la frase del medesimo autore: il signor Naccari vi ha unito poi la notizia se nel Veneziano quel tale uccello è di passo, o stazionario, se vi nidifica, e se è adoprato per le tavole. Il numero delle specie contenute in questo catalogo è di 206. Nello stesso anno 1823, io pubblicat a Pisa il Catalogo degli uccelli della Provincia pisana, e loro toscana sinonimia. Gli uccelli vi son disposti e nominati secondo il Manuel d'Or- nithologie di Temminck, e contiene 220 specie. Il signor Camillo Ranzani, che professa Storia Naturale in quella stessa Università, in cui fiori l’Aldovrandi, ci dà adesso un Trattato di Zoologia ehe è il miglior libro di que- e, 3 $ È ' Camillo Ranzani, Elementi di Zoologia» tomo terzo, contenente la - PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEI, 1827. 9 sto genere esistente in Italia, e ne ha pubblicata di già la parte ornitologica. Comprende questo Trattato i fondamenti della scienza bene sviluppati, ed anche illustrati con appropriate figure; ma dovendo quest’ opera considerar la natura in tutta la sua estensione, era necessario ammettervi tutti i generi fo- restieri, e per conseguenza classarla con un metodo, il quale, “come in seguito mostrerò, non può essere a portata dell’in- telligenza del numero maggiore di quelle persone, cui io de- stino il mio libro, e che abitando lontano dalle capitali non hanno i mezzi di conoscere le specie esotiche, su cui partico- larmente è basata tal classazione. Sa Un'altra operetta concernente l’Ornitologia italiana è lo Specchio comparativo delle Ornitologie di Roma e di Filadelfia fatto da Carlo Bonaparte principe di Musignano, la quale adesso pubblicasi nel nuovo Giornale de’ Letterati; avendo quest'opera per oggetto di comparare le specie d’uccelli viventi a longi- tudini tanto distanti, benchè presso a poco sotto la medesima latitudine. L'autore riporta la nota delle specie proprie a cia- scuna di quelle regioni: nel tempo medesimo però indica se son stazionarie, o migratorie; e come si cacciano, e spesso ancora vi unisce delle osservazioni interessanti o su i loro costumi, o sulla loro nomenclatura; e ci dà così un’idea del- l’Ornitologia romana, della quale avanti di lui non avevasi nessuna cognizione. Le specie d’uccelli da esso trovate nel Romano sono in numero di 247. Or ecco dunque tulto quello che possediamo riguardo alla storia degli uccelli in Italia. Non v'è, come si vede, opera al- cuna che ne tratti esclusivamente, e che possa servire per far- celi con esattezza distinguere, che ci indichi i loro costumi, i loro viaggi, le loro cacce, ec. Io son persuaso che un libro di tal natura sia quello appunto, che più convenga per diffonder l’amore dell’Ornitologia e propagarne lo studio. Su tal per- suasione ho formato il libro, che adesso offro a’ miei compa- triotti, cioè |’ Ornitologia della Toscana, dando a questo la maggior perfezione che ho potuto, e classandolo mediante ca- Naturale degli ùte divisa in nove part pubblica el 1824; la terza e arta nel 1822; la la settima nel ; l'ottava nel 1825; ia nel 14826, rima e la seconda i la sesta e 10 | PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. ratteri tolti solo da specie nostrali. Un altro motivo ancora, ag- giungerò, mi ha dato coraggio ad intraprendere questo lavoro, ed è stato quello di coadiuvare alla redazione della completa Ornitologia italiana, e dell’Ornitologia generale, che anche a giudizio vi. celebre Buffon deve resultare da Ornilologie par- ticolari. * Sono oramai otto anni che raccolgo ed esamino gli uc- celli, che presso di noi si ritrovano, tarito stazionari che di passo. La campagna pisana, comodissima per le mie ricerche, è, come altrove feci vedere,” una delle più abbondanti in uc- celli di ogni razza. Tutti gli anni nelle vacanze estive ho falto delle gite ora in una, ora in un’altra parte della Toscana, rac- cogliendo uccelli, e studiandone le abitudini; e la bontà del Principe mi ha dati i mezzi di estendere le mie escursioni fino ne’ siti più remoti del nostro paese, e di più mi ha accordata Ja facoltà di fare uccidere nelle sue ricchissime Bandite qua- lunque sorta di uccelli occorresse. Varii miei amici dilettanti di Storia Naturale, che in diversi punti della Toscana soggior- nano, m’inviano tutti gli uccelli più rari, ne’quali s'incontrano, insieme con le notizie relativeai costumi dei medesimi. ® Così 1 « Le seul moyen d’avancer l’Ornithologie historique, serait de faire l’histoire particulière des ‘ciseaux de chaque pays; d'abord de ceux d'une seule province, ensuite de ceux d’une province voisine, puis de ceux d'une autre plus éloignée: réunir après cela ces histoires particulières pour composer celle de tous les oiseaux d'un méme climat; faire la mème chose dans tous les pays et dans tous les différens climats; comparer ensuite ces histoires particulières, les combiner pour en tirer les faits, et former un corps entier de toutes ces parties SRI Buffon, Hist. Natu- relle des oiseaua. Plan de l’Ouvrage. ? Vedi l'introduzione al Catalogo degli uccelli della Provincia pisana. ® Nel mio Catalogo degli uccelli della Provincia pisana io già nominai non pochi dei miei amici, alle cui premure mi professo obbligato d' un gran numero di notizie interessanti, con le quali han coadiuvato al mio la- voro. Ho il piacere adesso di poter accrescere quella lista con il nome del sig. Andrea Coli di Castelnuovo di Garfagnana, de’ miei parenti del Borgo San Lorenzo in Mugello, Vincenzo ed Antonio Savi, del sig. Martino Fantacci, del sig. dottor Massimino Samminiatelli di Calci, del sig. Giovanni Carboncini di Campiglia, e del sig. Ferdinando Lucciani. Quest'ultimo, appassionatissimo per la Storia Naturale, abitando a Castelnuovo di Val di Cecina, su monti di non piccola altezza, e prossimo alle Maremme vol- terrane, mi ha fornito dei fatti interessantissimi sulla nidificazione ed arricchito il nostro Museo d' una bella collezione di nidi, CA VR I AA cr vi ne UL rà AT (VIRA VAR i € ‘Hi Pi Met gii Poe 'AP./ + i Ù 17 Sd . 97 fo i . è, 1%; (I " | PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 41827. . 44 adunque son potuto giungere a riunire una gran quantità di materiali per la Storia degli uccelli toscani, ed a poter for- mare nel Museo di questa Università, a me affidato, una col- lezione tale, che si può dire quasi completa, non solamente per il numero delle specie, ma ancora per gli individui di cia- scuna di esse, nel vario abito che vestono nelle diverse sta- gioni ed età, e per i nidi che fabbricano presso di noi. In tale stato di cose adunque, io ho-creduto di poter dare il primo abbozzo dell’Ornitologia Toscana. Chiamo abbozzo questo mio lavoro, e non ho la pretensione di considerarlo come perfetto, giacchè, malgrado tutte le premure che mi sono date, le circostanze che mi hanno favorito, e gli aiuti parti- colari che ho avuti, non sono sicuramente arrivato ad un tal punto. Acciocchè io potessi sperare che il mio libro fosse an- che semplicemente prossimo alla perfezione, sarebbe stato necessario in primo luogo, che più remota fosse l'epoca, nella quale cominciai a raccogliere uccelli, ed inoltre che la Toscana fosse stata tutta, e in tulte le stagioni, o da me, o da altri, ‘ per un tale oggetto minutamente ed accuratamente percorsa ed esaminata. Ma se avrò la sorte che questo mio libro incon- tri Ja pubblica approvazione, che si diffonda, e che sia da molti studiato, siccome lo credo atto a mettere ciascuno in grado di conoscere da se medesimo le varie specie d’uccelli, io spero che, quantunque imperfetto, arrecherà utilità grande a questa parte della Storta Naturale, e renderà facilissima la compilazione di una perfetta Ornitologia toscana. Le persone, le qualiio credo possano essere i più utili col- laboratori, sono gli appassionati per la caccia. Questa passione, sulla quale in pro e in contra è stato detto quanto mai dir si poteva, è quella che più tenacemente di qualunque altra si radica nel cuore degli uomini, ed alla quale difficilmente si rinunzia, anche al declinare delle forze del corpo. Essa non mette in rischio le fortune, non altera la salute, ma la rin- franca, non lascia il luogo a passioni dannose, e non è con- dannabile, se non che nel caso di eccesso, nel quale anche molte cose virtuose diventano vizi. La passione della caccia obbligando l’uomo a percorrere in ogni parte e in ogni epoca la campagna, ponendolo nelle circostanze più opportune ad 0s- servare e godere delle magnifiche e variate scene della natura, * 42 PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. non può fare a meno, a parer mio, di risvegliare in lui l’am- mirazione per le immense opere dell'Onnipotente, e di ispi- rargli il gusto dell’osservazioni. Chi è colui, infatti, che non abbia provata una commozione dolce e inesplicabile, penetrando in uno di que’ foltissimi ed antichi boschi delle nostre Ma- remme? che non abbia sentito sollevarsi la mente, contem- plando le sottoposte regioni dalla cima di elevate montagne? che non sia stato commosso dal maestoso cospetto dell’immen- sità del mare? Piaceri purissimi e celestiali, che fanno obbliare le miserie dell'umanità ; innalzano l’anima a contemplare la Provvidenza del Creatore, e ci pongono in un dolce stato di quiete. Chi sortì un'anima capace di sentire, è impossibile che rimanga indifferente a tali spettacoli; è impossibile che una volta gustati li dimentichi, e che potendo non cerchi gustarne de’ nuovi con un esame più minuto e più accurato della natura: | Di più è necessario all’uccellatore, per far prede abbon- danti, il conoscere le specie, di cui vuole impadronirsi, il sa- pere quali sono le stazionarie, quali le migratorie, quale il tempo della loro partenza, quale è quello del loro ritorno, ove costruiscono il nido, ed ove vanno a trovare di che cibarsi. — Ma per l’amore grande che egli porta alla caccia, non si limita a ricercare di sapere ciò che gli è indispensabile, ma grata è © a lui ogni notizia riguardante quell’esercizio. in tal modo egli acquista senza’accorgersene delle cognizioni di Storia naturale, e studia l Ornitologia del proprio distretto. Per questa ragione non vi è, a parer mio, persona, che esser potrebbe di maggiore utilità all’ Ornitologia di un dato paese, di quei vecchi, che per molti e molti anni altro non fecero che percorrere la campagna cacciando, in qualunque ora, in qualunque stagione. Ma per motivo della differenza grandissima fra la nomenclatura ornitologica volgare e la scientifica, fra quella di un paese e quella di un altro, questa loro dottrina non è che pochissimo utile; giacchè non possono comunicare le cognizioni acquisiate che ad altri pochi del proprio distretto, cui quelle specie sono note sotto il mede- simo nome. Di più essendo impossibile, senza il soccorso della scienza, il distinguere le specie affini, e senza la no- menclatura ornitologica intendere i varii libri, è anche perciò gi* PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. 413 a loro impossibile, leggendo questi, il rettificare de osserva- zioni già falte: e leggendo e non intendendo, applicano ad una specie quello che appartiene ad un’altra, confondono tutto, e intessono racconti così imbrogl'ati ed erronei, dai quali nulla o quasi nulla di utilità sì può ricavare. . Ora a simili inconvenienti spererei che questo librò fosse capace di rimediare. Mediante esatte descrizioni di tutte le specie di uccelli, che io so trovarsi presso di noi, potrannosi esse tutte riscontrare, e vedere quale è il loro nome scien- tifico, quale il toscano, ec. Così facilmente ogni dilettante di Ornitologia potrà con esa'tezza classare le sue idee sopra i varii uccelli, distinguere chiaramente fra loro anche i più affini; e, conosciutone il nome, potrà farsi intendere dagli altri Naturalisti, risrontrare nei libri i fatti che avrà osser- vali, istruirsi nella storia di ogni razza di uccelli; e final- mente, vedendo quali sono le specie che ho omesse, e in quali errori sono incorso, aggiungendo quelle, e correg- gendo questi, potrà utilmente cooperare alla compilazione della completa Ornitologia Toscana, Tale essendo dunque l’ oggetto primario del mio libro, ho cercato di rendercelo atto più che ho saputo. Destinandolo ad ogni sorta di persone, l’ ho scritto nella nostra propria lingua, ed anche nelle descrizioni, per quanto ho potuto, ho fatto di meno dei linguaggio scientifico. Solamente ho adottati diversi termini tecnici per sfaggire la prolissità inutile, nella quale sarei caduto, ogni volta; che, dovendo indicare una qual- che parte priva di nome proprio nel comune linguaggio, mi fossi trovato nella necessità di descriverla. Ma perchè questi nomi tecnici non siano di confusione a quei leggitori del mio libro, ,che son digiànifaffatto di qualunque principio d’ Ornitologia, alla descrizione delle specie ho premesso una succinta esposizione di questi nomi, descrivendo chiaramente le varie parti che indicano, e vi ho riportato ancora il corri- spondente nome latino onde facilitare |’ intelligenza de’ libri sari in guesto idioma. Il parlare all’ occhio, oltre il parlare alla mente, credel dovesse esser cosa della più grande uti- lità per i miei lettori, ed è perciò che ho unito al mio libro delle figure adattate 2 mostrare i caratteri più essenziali, ed anche a dare un'idea dell'insieme e del portamento degli 14 PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. uccelli che formano i diversi gruppi. Ma siccome era mia intenzione di fare un libro atto ad andare nelle mani di tutti, era necessario per quest’ oggetto che egli fosse di poco prezzo, il che non sarebbe seguito sicuramente se ci avessi unito una collezione di tavole o in rame o litografiche. Ho pensato perciò di fare incidere in legno le figure più indi- spensabili, in piccola dimensione, e frapporle al testo ove era necessario. ! Ma, lo ripeto, questi sono ornamenti acces- sorii, ed i quali non possono nè aumentare, nè togliere pre- gio alcuno a questo libro : il mio oggetto è stato di formare un’ opera descrittiva, e non iconografica. Per allontanar poi dal mio lavoro l’ aridità e monotonia di semplici descrizioni di parti, e per renderlo più ulile e dilettevole che mi fosse possibile, non ho mai trascurato d’arricchirlo delle notizie relative alla storia degli uccelli descritti. Così ho indicato sempre il tempo del passo, ove abitano, quale è il loro cibo, il modo che tengono nel. viag- giare, ec., e per le specie stazionarie, il luogo che prediligono per nidificare, la forma del nido, il numero ed il color delle uova: ho descritto le varie cacce, che presso di noi per le varie specie si fanno ;° ho indicato quali sono gli uccelli più 1 Mi risvegliò una tale idea il vedere la bellissima opera inglese del sig. Bewick, intitolata History of Britsh Bird, Newcastle, 1809. E siccome trovai nel sig. Francesco Torri, studente in legge, la necessaria capacità per simili lavori, ad esso feci imitare le incisioni che in questo libro ri- porto. ? E qui cade in acconcio riporti almeno in nota un brano della pre- fazione al III tomo della vecchia Ornitologia, col quale mi rivolsi ai non cacciatori onde pregarli a scusarmi « se alcune volte troppo mi trattenni a » parlare di caccia. Quando se ne presentò l’ occasione, non solo mi ab- » bandonai al piacere di descrivere quelli esercizii, che fin dalla mia » prima gioventù furon per me una sorgente di sensazioni grate e vivaci, » edai quali tante volte dovetti la quiete del mio spirito e del mio corpo; » ma nemmeno seppi sempre resistere all’involontario impulso che mi » portava a desiderare di fare altrui conoscere le pianure, le montagne, » i prati, i paduli, le selve, la primavera, l'inverno, la notte, il levar del » sole, l’intera Natura insomma, che sì varia, sì animata e sì bella ca- » ratlerizza il paese ove nacqui. E siccome conosco la debolezza della » mia penna, per quanto ardentemente lo desiderassi, mai avrei osato di » prendere a trattare nemmeno la più piccola e triviale scena di questo » soggetto, se non avessi conosciuto che, per la sua propria sublimità e PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. 15 apprezzati alle nostre tavole, ec.: tutti que’ materiali, in somma, che ho potuto raccogliere concernenti l’Ornitologia Toscana, gli ho qui registrati, sperando che di ciò possano essermi grati ancora 1 Naturalisti oltramontani, cui la mas- sima parte di queste cose sono finora sconosciute del tutto. E per questo motivo confido che m’ avran per iscusato quelli de’ miei leggitori toscani, che troveranno qui descritte con qualche estensione delle cose a loro notissime. Siccome poi molte specie d’ uccelli solamente pochi giorni si trattengono fra di noi, non ci si stabiliscono, e non ci figliano, e la mas- sima parte delle altre ci passano solamente una stagione, se io mi fossi limitato a parlare soltanto di quella parte di vita che esse conducono in Toscana, la storia di queste specie sarebbe stata incompleta. È bensì vero che ciascuno avrebbe potuto con facilità supplire ad una tal mancanza, consultando altri libri; ma siccome scrivo principalmente per quelli che di tali libri son privi, ho perciò reputato ben fatto di riem- pire io stesso queste lacune, e con notizie tratte da autori degni di fede. In tal caso però ho avuto sempre cura d'’ in- dicare scrupolosamente quello che ad altri autori appartiene, o quello che da altri Ornitologi mi è stato comunicato, ac- ciocchè non si possa credere che io lo presenti come frutto delle mie proprie osservazioni. Ancora per la descrizione della specie, qualche volta mi è convenuto servirmi di quelle fatte da altri Ornitologi. Così per esempio, quando per termi- nare l’'enumerazione di diversi stati d’ una di esse, m’ abbi- sognò descrivere un individuo da me non conosciuto per essere in abito sotto cui mai si mostra fra noi, o che fino ad ora non ho potuto procurarmi, allora mi servii della de- scrizione che qualche altro autore ne dà: quando dovei indi- care a quale età prendono l’uno o l’altro vestito quelle specie che restano fra noi solo pochi giorni, e per conse- guenza intorno alle quali io non ho alcuna osservazione pro- pria, anche allora presi per guida un autore d’ una esattezza conosciuta /1I più delle volte questo è stato il celebre olan- » bellezza, era atta ad imprimere un certo tal quale interesse in ogni più » debole ed imperfetta descrizione, che avuta l’avesse a modello. Chiun- » que conosce il bel Paese d’Italia, ed in questo il beato suolo toscano, » son persuaso che saprà compatirmi. » 16 PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827. dese Temminck, uno de’ Naturalisti i più benemeriti per 1° Or- nitologia, ed alla cui esattezza e perspicacia noi dobbiamo l opera più bella, più utile e più conosciuta sugli uccelli d’Europa, cioè il Manuel d’Ornithologie.* Anche in tulti questi casi però cito costantemente l’ autore che quelle no- tizie mi somministrò, affinchè, lo ripeto, non si confonda col mio quello che ad altri appartiene. Avendo veduto che varie delle specie d’ uccelli proprie all’ Europa settentrionale e meridionale, le quali ordinaria- mente non trovansi in Toscana ed in Italia, pure qualche volta vi capitano, ed avendo pensato esser cosa possibile il vedervi comparire ancor le altre specie fino ad ora non viste, affinchè, ciò seguendo, que’ dilettanti provveduti solo del mio libro le possan conoscere, credei ben fatto l’ unire nella mia opera la descrizione di tutti quegli uccelli che tro- vansi costantemente o accidentalmente in qualunque parte d'Europa prossima all'Italia. Di più mediante questa ag- giunta io riduco il mio libro capace di poter servir di guida anche a tutti gli abitanti delle altre partì d° Italia, le quali al pari della Toscana son prive d'un’ opera adattata a simile oggetto. A ciò fare fui ancora indotto dal soccorso prestalomi fin dall’ epoca della pubblicazione dell’ Ornitologia Toscana da molti Ornitologi italiani. Anzi è per me cosa gratissima poter rendere loro pubblicamente grazie, e far conoscere con qual generosità mi abbiano offerta ogni assistenza, dal momento in cui seppero voler io tentare di formare un libro, Il cui oggetto poteva essere utile al nostro paese * E son stati di tanto conforto per me questi sussidii, che se quando io li ricevetti, non era già incominciata la stampa, sento mi avrebbero reso ardito in modo da formare un’ opera, cui potessi dar per titolo, Ornitologia Italiana. Non posso intanto fare a meno di profittare dell’ occasione che or si presenta di nominare questi Naturalisti italiani, che mi onorano colla loro corrispondenza, cioè Carlo Bonaparte principe di Musi- gnano, F. A. Bonelli professore di Zoologia a Torino, conte Niccolò Contarini di Venezia, M. Rev. Barnaba La Via di Cata- 1 Manuel d'Ornithologie, ou Tableau systématique des oiseaua qui se trouwvent en Europe, etc., par C.J. Temminck ; seconde édition. Paris, 1320, Mr . I IPO _ LS n etareneoe 1 @o© uu r PREFAZIONE ALL’ EDIZIONE DEL 1827, 17 nia, cav. Della Marmora di Sardegna, Fortunato Luigi Naccari di Chioggia, D. Fr. Paiola di Venezia, cav. Prunner diret- tore del Museo di Cagliari, e professor Viviani di Genova. Finirò questa prefazione dicendo, come io son persuaso diversi errori essere scorsi nel mio libro, ma essere ancora probabile che alcuni dilettanti di caccia credano di trovarcene un numero maggiore di quelli che effettivamente vi sono; giacchè ovunque incontreranno un qualche fatto esposto in modo diverso da quello con cui ad essi sì è presentato, fa- cendosi forti dell’ esperienza di più e più anni, non esite- ranno punto a condannarmi. Io per altro gli prego a diffe- rire di pronunziare il giudizio fino a che abbiano avuta l'opportunità di far nuove osservazioni sugli articoli dubbil. L'oggetto primario delle loro escursioni non essendo stato quello d’ osservare accuratamente i costumi degli uccelli, ma soltanto di farne cacce copiose, non v'è nulla di più facile che possano essersi ingannati su cose relative alle abitudini de’ medesimi. Ripeto per altro che io non ho la sciocca pre- tensione di credere questo mio libro privo d’ errori. Più volte ho dovuto riportare de’ fatti sull’ osservazione d’ altri autori, e non posso star garante dell’ esattezza di questi: ed in quanto ai fatti da me osservati, benchè io abbia cercato di impiegarvi l’attenzione più scrupolosa, pure non oso di- chiararli scevri di qualunque sbaglio, conoscendo bene quanto sia facil cosa l’ illudersi nell’ osservare. Ornitologia italiana, — |. 7. INTRODUZIONE ALL’ ORNITOLOGIA ITALIANA, Questo mio nuovo libro egualmente che |’ Ornitologia To- scana essendo destinato più in particolare, secondo quanto ho qui addietro dichiarato, per uso di que’ dilettanti d’ Ornitologia che mancano di profondi studii preliminari, credo utile d’ in- cominciare col far loro conoscere con esattezza ciò che signi- fichi la parola specie, genere, ec., avanti d’incominciare a par- lare degli uccelli che si trovano nel nostro paese. E siccome io ho qui classati gli uccelli in modo diverso dall’ usato, avendo spesso adottate delle modificazioni, e delle variazioni non pic- cole nella distribuzione delle specie, e desiderando che gli altri Ornitologi prima di tacciarmi d’ amar novità, apprezzino le ra- gioni che m’ indussero a contenermi in tal modo, è indispen- sabile che io parli alcun poco di Classazione e di Tassonomia. CAPITOLO PRIMO. Definizione della Specie, delle Razze e Varietà. In Ornitologia, come in qualunque altra parte di Storia naturale, gl’ individui che fra loro si assomigliano in tutti li organi essenziali, ne’ colori e ne’ costumi, o che solo differi- scono per sesso o età diversa, o anche per qualche cambia- mento accidentale e non permanente, e che mediante la con- 20 INTRODUZIONE. giunzione dei due sessi son capaci di generare esseri a loro. simili, diconsi appartenere alla medesima specie. In tutte l’ epoche i Naturalisti si occuparono della non fa- cile questione riguardante la natura della specie, e delle varietà di forme che queste presentano in correlazione colle varietà, razze, ec.; ma, come è noto, fu specialmente in questi ultimi anni che tal soggetto venne con ogni cura dibattuto, giacchè gli scienziati essendosi divisi in due distinti campi appunto sulla natura della specie, gli uni considerandola come perma- nente, e gli altri come variabile, per poter conoscere quali dei due partiti sia più nel giusto, era indispensabile l’approfondare il più che si potesse un tal soggetto. Senza pretendere per nulla di risolvere una tal’ ardua questione nel suo generale, cioè senza decidere se l’ asserta variabilità della specie, o il pas- saggio di una in un’altra possa avere avuto luogo nelle più an- tiche epoche dell’ esistenza della vita sulla terra, considererò solo tal questione per quel che concerne l’ epoca attuale, giac- chè le ricerche sopraindicate riguardanti le passate epoche non spettano nè possono spettare al Naturalista, il quale deve solo argomentare sopra fatti da esso stesso veduti, o che mediante esperienze sl possono verificare ogni qualvolta si voglia. Ecco adunque come dai Naturalisti si definisce la Specie, e le loro dipendenze, Varietà, Razze, ec., argomentando solo, come ho detto, sopra i fatti e le esperienze. Chiamasi Specie l insieme di tutti gl’ individui, i quali (al- meno quelli dell’ epoca attuale) trassero o traggono origine da genitori a loro simili; che con l'unione dei due sessi producono dei figli a loro somiglianti per tutti i caratteri essenziali, e che restano costantemente fecondi, perciò atti a provvedere all’ esi- stenza della loro specie, e mantenerla inalterata. La fecondità costante della progenie è il carattere non solo più importante, ma l’essenziale della specie; giacchè espe- rienze fatte nel presente e nel passato secolo provarono come gl’ ibridi, 0 i bastardi, cioè i prodotti dell’ unione d’ individui di specie diverse, caratterizzati da forme intermedie a quelle del padre e della madre, non sono permanenti, cioè non possonsi mantenere o riprodursi con la propagazione sessipara (o me- diante fecondazione) essendo o assolutamente sterili (come i Muli prodotto dall’ unione dell’ Asino con la Cavalla, ed i Bar- INTRODUZIONE. 91 dotti prodotto del Cavallo con l’ Asina), o essendo fertili, lo sono solo per un determinato numero di generazioni. E final- mente perchè, anche conservandosi in loro la fecondità, dopo un numero maggiore o minore di generazioni, ritornano o al- l’uno o all’altro dei primitivi tipi, cioè o a quello del padre o a quello della madre. Questo è quello che è stato provato av- venire per gl’ Ibridi provenienti dall’ unione della Lepre col Co- niglio, dei Cani con i Giakal, della Vigogna col Lama, del Canarino col Cardellino «mesta» della Trota col Salmo- ne, ec. Gl’' Ibridi del regno vegetale presentano gli stessi feno- meni: e le numerosissime esperienze, che relativamente a que- sti sì fecero, diedero li stessi resultamenti. A tali caratteristiche della specie devesene aggiungere un’altra, cioè l’antipatìia, anzi assoluta avversione che in gene- rale hanno fra loro gl’ individui animali di sessi di specie di- verse; antipatia, la quale non può esser vinta che dall’ azione dell’ uomo sugli individui che esso tiene in domesticità, o anche in schiavitù. Tale avversione, la quale nello stato di natura per il solito è insuperabile, provvede mirabilmente negli ani- mali selvaggi al mantenimento della purità della specie. Ancora fra gl’ individui della medesima specie si presen- tano non di rado delle differenze, principalmente nei prodotti d’ individui che vissero sotto |’ azione di agenti esteriori diversi da quelli ove il tipo specifico suoleva trovarsi. Tali differenze possono essere transitorie o permanenti. Gl’ individui che pre- sentano solo differenze transitorie, vale a dire che non ripro- duconsi costantemente nei figli, diconsi Varietà: si dicono Razze quelli, nei quali tali differenze si mantengono ancora nelle suc- cessive progeniture. Le Razze adunque altro non sono che Varietà divenute permanenti, il che avviene quando riesca mantenere, o far riprodurre per più generazioni una determinata varietà. L'uomo può di fatto convertire a suo piacere le Varietà in Razze me- diante la selezione artificiale, cioè col scegliere per la propaga- zione fra i prodotti delle varietà quegli individui, nei quali le forme diverse che voglionsi mantenere si mostrano più de- cise. Ma per mantenere le Rasze nella loro purezza non solo conviene che non avvengano incrociamenti fra razze diverse, 2A i INTRODUZIONE. ma oltre a ciò che si mantengano gli stessi agenti esteriori, specialmente riguardo al vitto, all’ ambiente, ec. Le differenze, che presentano le diverse razze d’ una stessa specie, sono spesso così cospicue da sembrare dover caratte- rizzare specie diverse (ne danno esempio le varie razze de’ Cani, delle Capre, de’ Piccioni, delle Galline, ec., non che quella della specie umana); ma la propagazione dà modo certo di ricono- scere quali sono le differenze di forme provenienti da una di- versità specifica, e quali sono .quelle dipendenti da semplici diversità di Razza: giacchè, mentre, come si è visto di sopra, i prodotti di specie differenti, o gl’ ibridi, o sono sterili, o ritor- nano più o meno sollecitamente ai tipi primitivi, invece i Me- ticci, 0 gl’ individui provenienti da razze diverse, sono atti a procreare fra loro figli indefinitamente fecondi, i quali sempre partecipano delle forme proprie alle razze, dalle quali pro- vengono. Volendo dunque determinare se le differenze, che presen- tano fra loro alcuni animali, caratterizzano specie diverse, o altro non sono che differenze di razze, basta conoscere quali. sono i prodotti della loro unione. Quelli derivanti da semplici diversità di razze sono indefinitivamente fecondi, e conservano forme intermedie a quelle de’ genitori; mentre che quelli pro- venienti da specie diverse, come si disse, o sono infecondi, o dopo un numero più o meno grande di procreazioni ritornano al tipo primitivo, o paterno o materno. Oltre a ciò, mentre vi ha sempre una avversione più o meno decisa fra gl’ individui appartenenti a diverse specie, niuna avversione esiste fra quelli, i quali appartengono a diverse razze. Ciò chiaramente avviene per le varie e ben caratterizzate razze della specie umana, per quelle del nostro cane domestico (Canis familiaris, Lin.), de’ piccioni (Columba livia, Lin.). Ho creduto necessario trattenermi su questo soggetto, im- perocchè nel corso di quest’ opera non poche volte mi converrà non solo parlare di Varietà, di Razze, e d’ibridi; ma ancora di mostrare come per molte qualità di uccelli che dal maggior numero degli Ornitologi si considerano come specie dalle altre ben distinte, in forza delle precedenti considerazioni si ha ra- gione di riguardarle come semplici varietà permanenti, le quali sono state originate, e persistono per una o per un’ altra delle aa “sat * vati Doe 1 Pe e.) LL Sd Pine INTRODUZIONE. . pa) cause sopra enumerate, e che per decidere senza appello, ri- guardo alla natura loro, necessario sarebbe di ricorrere alla prova delli incrociamenti, e dello studio de’ prodotti delle suc- cessive generazioni. < Classazione degli Uccelli, e Lo 7 dij } NT La divisione adunque degli u delli i in tante)s è la primaria, e l’ unica che\esis stà în natur i merosissima è la serie iwgras specie) in e ' rebbe stato il (conogcerle\ ed ipkegh arè, ad\althi a quando si fosserb consideraté a MIIÀISS te 1 sième e\ g6n use. Era di mestieri dunque per, fociiduaa 10, studio: form&re l’intiera massa degli uècel delle grandi divisidni Je quali ‘sero distint fra\lo ro da \egfratteri costanti, È ben Visibili \non che dalla manierà, di vivete: è nuovamente dividendo e snddi- videndo ciascun grupp ipa nuovi dariMeri, per mezzo di successive eliminazi, i giungere finalmente alla de terMina- zione della Specia, _\ \ LX Si Questo mode Vi dividére ‘© NA «li \essòri didesi SIE e Classazione chiamasi il complesso di e division, De pecie che si somigliano per la struttura de’ loro apparatà e Li i ostumi, si riuniscono in gruppi chiamati Generi, e di SAT goneri iche son detti que’ tali caraiteri che distinguono ùn gehere dall’ altro: Je quali differenze onde esser tali d :, deler- minare un cenere “diverso, o in altre paròle essere realmente i atl ri generici, consister debbono in differenti strutture di Via odificàzioni essenziali e ben visibili degli or serie delle spetie conìprese in un venere, uelle Ve fra loro si assomigliano i in modo par- Mioato OR LMENE ione de’\colorì, per i costumi, ec., ma che diffeNscona p caràtteri Nias ani o infe- riore alla Senerida, > lora” stituisèeno le Sezioni il genere si suddivide ‘n sezioniGli a ruppadhenti de generi affini fra Vil L dA INTRODUZIONE. loro costituiscono le Famiglie, le quali non son altro che le divisioni delle tribù, cioè del resultato dell’ unione delle famiglie simili. Gli Ordini poi, che sono la prima divisione della classe, resultano dagli aggruppamenti delle tribù, e si formano di uc- celli dotati di struttura assolutamente diversa, che conseguen- temente hanno anche indole, vitto e costumi differenti. Ma per gli ordini accade qualche volta quello che ho detto accader per i.generi, cioè che contenendo questi ordini un numero troppo srande di generi, allora si possono in essi formare le Divisioni, come accade appunto nell’ ordine dei Rapaci, il quale resulta dalle due divisioni dei PRapaci diurni e dei Rapaci notturni. Recapitolando adunque dirò che la Classe dividesi in ordini, l’ Ordine qualche volta in divisione, costantemente in tribù, la Tribù in famiglie, le Famiglie in generi, e questi in specie, e le Specie qualche volta si riuniscono in sezioni. Da tutto il fin qui esposto vedesi dunque come gli unici aggruppamenti naturali, ai quali possono assoggettarsi gl’ indi- vidui, è quella in Specie, e che gli altri in Genere, in Famiglie, in Tribù, ec., non)sono che artifizii da noi immaginati per fa- cilitarci lo studio degli esseri organici, giacchè queste secon- darie riunioni possono variare tutte le volte che prendonsi per caratteri distintivi di esse o quelle o quell’altre parti. Qui forse qualcuno mi dirà, che questo discorso può esser vero solo nel caso in cui si tratti di Classazioni puramente artificiali, di quelle cioè che han solo per oggetto di facilitare la cognizione delle specie, mediante separazioni distinte da qualsivoglia carattere, senza aver cura alcuna che i gruppi siano formati da specie affini il più che si può, e per le forme e per i costumi, e non nelle Classazioni o Metodi naturali, in cui principalmente si ha cura di ravvicinare fra loro quelle specie che han le maggiori affinità non solo zoologiche, o di caratteri esterni, ma ancora per quelli anatomici, fisiologici e biologici onde aggrupparli con quell’ ordine, con cui sembra essersi prodotti in natura. Anche in questo secondo caso per altro il più delle volte 1’ esposto mio ragionamento è vero, giacchè di tutti gli uccelli non es- sendo per anche conosciuta con la conveniente perfezione l’ana- tomia, la biologia, ec., non si può a meno di ricorrere nella loro disposizione metodica a de’ caratteri artificiali; talchè ne consegue che, allorquando siasi preteso di seguire per la clas- INTRODUZIONE: zo sazione di quelle specie, non anche ben conosciute, un metodo © non perfettamente naturale, è facilissimo che a causa della qualità de’ caratteri prescelti per stabilire que’ tali aggruppa- menti, e tali caratteri sono d’ una o d’ un’ altra qualità, dieno luogo ad aggruppamenti diversi riguardo alle divisioni in Tribù, in Famiglie, in Generi. Ma un altro cangiamento potrà alcune volte accadere variando i caratteri di distinzione, cioè una nuova classazione delle specie, la quale non avrà meno natu- ralezza dell’ altra. I partigiani dell’ ipotesi che tutti gli esseri creati formino un’ unica serie, e siano in questa collegati come gli anelli d’ una catena, saranno al certo d’ opinione diversa dalla mia; ma pienamente meco converranno quelli che, avendo meglio osservata la natura, avranno veduto esser le specie in- sieme unite non come gli anelli d’ una catena, ma piuttosto come i rami al tronco d’un albero, o meglio, le maglie d’una ;I rete: cioè che non solo una specie è collegata con 1’ antece- dente e la seguente, ma spesso ancora con varie altre laterali, per mezzo delle quali essa è connessa con altrettante serie di- stinte. Or dunque quando si osservino le cose sotto un tal punto di vista, è facile il persuadersi che si può trovare più d’ una classazione naturale, seguendo l’una o l’altra della serie di nodi o diramazioni delle serie stesse, da cui son collegate le maglie della rete supposta, o le divisioni dei rami in ramo- scelli, prendendo in esame quelli o quelli altri caratteri che rappresentano tali divisioni. Da ciò in conseguenza io conclu- do, come essendo provato che vi può essere più d’ una classa- zione naturale, cioè in cui le specie sempre siano unite da na- turali passaggi, sarà dovere dell’ Ornitologo di scegliere quella tal disposizione , nella quale egli veda di poter combinare e la naturalezza maggiore, ed il metodo più adatto a giungere alla cognizione delle specie che ha prese particolarmente in esame. E che dallo studiare un numero maggiore, o un numero mi- nore di specie, divenga più facile o più difficile il classare que- ste specie medesime, è ciò che io credo di poter qui sotto fa- cilmente provare. Se prendesi a disporre con metodo naturale un numero limitato di specie, tolte a gruppi e senz’ ordine, dalla gran serie, o da varii punti della gran rete, non si vedrà nessuna somiglianza fra un gruppo e 1’ altro: vi saranno delle grandi 26 INTRODUZIONE. diversità che distingueranno questi gruppi, e per conseguenza in ognuno di essi sì potranno formare a un genere chiaramente distinguibile da tutti gli altri, e sarà facilissimo il classare e caratterizzare con precisione quel numero di specie che si è scelto. Ma se al contrario si volessero trovare caratteri suffi- cienti.a dividere in Ordini, in Tribù, in Generi, ec., tutte le specie, dalla cui connessione deve resultare la rete o 1° albero che noi abbiamo supposti, è facile il comprendere che allora sarà, se non impossibile, almeno della massima difficoltà, il riuscire in tale impresa; giacchè, essendo tante le somiglianze che collegano una specie con l’altra, e tanti essendo i punti di contatto, non sì troverà un carattere che sia esclusivo a quel dato genere, e se pur uno se ne trova, essendovene molti altri in comune con generi diversi, toglieranno a quelli il valore, e le divisioni rimarranno sempre mal caratterizzate e sempre incerte. Or siccome dalllesame della geografia ornito- logica, vale a dire dall’ esame della distribuzione delle specie alla superficie del globo si vede che gli uccelli appartenenti ad una certa porzione della rete, ossia tutti quelli che han fra loro punti di somiglianza generalmente non son riuniti tutti in una data regione, ma parte son sparsi in un luogo, parte in un altro, ne segue da ciò, come si è premesso, dover essere molto più facile il classare con caratteri certi e ben distinti quelli uccelli che popolano un dato paese, piuttosto che tutti quelli, da cui è popolata l’intiera superficie del globo. Guidato adunque da tali argomenti, allorquando 43 anni fa, pubblicai l’Ornitologia Toscana, io mi convinsi che, per ren- dere questo libro anche più atto allo scopo che con esso mi proponevo, mi sarebbe convenuto adottare una classazione speciale, la più adattata cioè per comporre un libro destinato specialmente a soddisfare i bisogni degli amatori toscani di detta scienza. E da ciò mi determinai tanto più che era con- vinto come, adottando per quel mio libro una classazione spe- ciale, molto poteva guadagnare in chiarezza e nulla perdere nel filosofico di esso; giacchè, come sopra ho mostrato, può esservi più d’ una disposizione naturale nella medesima serie d’ animali. L’ unico difetto d’ un simil metodo era quello di non poter servire a classare tutti gli uccelli di tutti i paesi, ma nel caso mio egli era di nessun valore, giacchè scriveva per quelli, INTRODUZIONE. TI i quali bramavan di conoscere i soli: uccelli italiani, e nella mia classazione non solo eran ‘compresi gl’ italiani, ma tutti quelli d’ Europa. Con tutto che io fossi persuaso come lo sono ancora at- tualmente di quanto ho qui sopra esposto circa alla natura delle classazioni adottabili nelle Faune ornitologiche speciali, particolarmente quando son scritte per servire ai dilettanti del paese, a cui quella fauna appartiene, pure, come già ho accen- nato, si vedrà in questa nuova opera, perchè abbia reputato opportuno di fare non pochi cambiamenti alla sua classazione ; cambiamenti, i quali bene spesso mi fecero scostare non poco dalle regole stabilite e seguìte nell’ Ornitologia Toscana. Le seguenti ragioni furono quelle che mi obbligarono ad adottare tali cambiamenti: 1° 1’ aver conosciuto che uno studio completo e minuto degli uccelli de’ varii ordini, quando esten- dasi non solo alla struttura di poche parti del loro corpo, ma a tutte indistintamente, dà in realtà modo di ben caratterizzare quasi tutti quei generi che prima era stato impossibile; 2° 1’ es- sere in oggi molto più numerosi i cultori delle scienze naturali di quel che lo fossero 40 anni addietro, allorchè scrissi la mia Ornitologia, per cui non solo è da credersi sarà molto minore il numero di quelli incapaci d’ apprezzare il valore di caratteri generici, benchè minuti; 3° finalmente il desiderio d’ offrire agl’ Italiani amatori dello studio degli uccelli un libro, mediante il quale non solo abbian modo di conoscere tutti gli uccelli ita- liani; ma oltre a ciò sieno immediatamente messi al giorno della moderna e più giusta loro nomenclatura. E dico della più giusta, giacchè senza temere la taccia che potrà da qualcuno darsi d’ antiquato a questo mio nuovo libro, per non avervi io adottate tutte le divisioni e suddivisioni che trovansi negli attuali trattati d’° Ornitologia, spero che ne sarò scusato, avendo volta per volta qui riportate le ragioni, per le quali con franchezza ho soppresso quelle di tali divisioni che non trovai basate sopra sufficienti caratteri. | Da tutto quello che ho fin qui detto rilevasi quali ragioni mi guidarono a formare la classazione che adottai nell’ Ornito- logia Toscana, e quali son state quelle che mi hanno adesso con- dotto a fare de’ notevoli cambiamenti in quella seguìta nella nuova òpera. Resta adesso a dirsi come mi regolai nell’antica ISO A TT E TALI DATA SI 925 i INTRODUZIONE. Ornitologia, e come in questa riguardo alla nomenclatura; e qual metodo tenni nel formare le descrizioni delle specie. Benchè il conoscere e contemplare le opere del Creatore, il desiderio di cooperare a’ progressi della scienza e d’ illu- strare i prodotti del proprio paese, siano lo scopo che il Natu- ralista si propone nelle sue ricerche, e che per causa della bel- lezza degli oggetti che l’occupano, ei trovi in esse la ricompensa delle sue fatiche, è ben giusto che un’altra ricompensa più permanente ne abbia nella memoria e riconoscenza de’ Natu- ralisti, quando per sorte la meritò, facendo qualche scoperta nella scienza da lui coltivata. Ora il far conoscere delle specie nuove, o il ben classare quelle che erano confuse, è uno dei servigi non piccoli da prestarsi alla scienza, e per questo è sanzionato dall’ uso, che il ritrovatore di nuove specie, o chi meglio classa quelle già conosciute, ha il diritto di dare un nome alla specie trovata, o al gruppo che nuovamente formò. E siccome è usanza di unire a ciascun nome quello ancora del suo autore, così facendo offresi un tributo permanente di ri- conoscenza alla memoria di coloro che degni se ne mostraro- no. Debbonsi adunque considerare i nomi come sacrosanti, e nessuna causa si deve creder capace ad autorizzare a cam- biarli: il primo che a quella tal specie fu dato, è il suo vero, e quello che devesi costantemente e scrupolosamente mantene- re; e se questa specie per i progressi della scienza converrà porla in altro genere, sarà allora permesso cambiare il nome generico, dovendo bensì rimanere immutabile lo specifico. Ma in oggi da un gran numero di Naturalisti non s° opera così: alcuni per puro capriccio e profittando del nome ed autorità che hanno acquistati, altri sotto il pretesto che i nomi antichi erano male appropriati, li cangiano come e quante volte a lor piace. Di quale inconvenienza sia un tal modo di agire, è facile a vedersi. Anche senza por mente alla sua ingiustizia, uno si accorge che un danno reale ne viene alla scienza, estendendo le simonimie, e perciò aumentando le sorgenti di confusione. Il pretesto poi dell’ inconvenienza de’ nomi non ha valore alcu- no, giacchè qualunque nome è bastante per denotare una spe- cie; e nulla devesi badare al suo significato, giacchè quand’ an- che nulla significasse, non vi sarebbe niente di danno. Allorquando io scrissi 1’ Orritologia Toscana, i Botanici INTRODUZIONE, 29 già osservavano assai scrupolosamente questi precetti; ma non era così per i cultori della Zoologia. Per altro di già il celebre ornitologo Carlo Luciano Bonaparte in un libro, che nel 1325 pubblicò in Filadelfia, ‘ avea con gran forza alzata la voce contro quell’ inconveniente usanza. Io dunque fin d’ allora ope- rando secondo l’ esposta mia maniera di pensare appellai le specie col nome Linneiano, se Linneo le conobbe, o col nome dell’ autore posteriore al Linneo che il primo le classò. Lo stesso ho fatto nella presente opera, meno che seguendo l’ esempio del Degland, alcune volte, quando le nomenclature di Linneo non erano abbastanza sicure, mi prevalsi di quelle dell’ Ormi- tologia del Brisson, opera sistematica essa pure e di poco an- teriore al Sist. Nat. di Linneo. Le nomenclature anteriori ai detti due autori nulla le considerai. Quando scrissi 1’ Orritologia Toscana, quantunque facessi quanto potei per non allontanarmi dal detto metodo, mancando di un gran numero di libri non potei che imperfettissimamente raggiungere il mio intento. Adesso peraltro ciò mi fu massi- mamente facilitato da non poche delle opere moderne, nelle quali la regola stessa è scrupolosamente osservata, ma nelle quali ‘di più si trovano le sinonimie che fan corredo ad ogni specie munite dell’indicazione del millesimo, ne’ quali i respet- tivi nomi furono usati. D’ogni specie d’ uccelli io do una descrizione particola- rizzata e completa, del maschio, della femmina, dei giovani, e dell’ abito che vestono nelle varie stagioni, quando in questi diversi stati si osservano delle differenze, benchè poco notabili. Ma seguitando il costume Linneiano, a tali descrizioni fo prece- dere una frase caratteristica specifica, da me composta, cioè una descrizione, per quanto è possibile, breve e formata con que’ soli caratteri essenziali, i quali son sufficienti a far distin- guere quella data specie da tutte le altre dello stesso genere, da me in questo libro descritte. Son queste frasi di grandissima utilità, quantunque in oggi non siano quasi più usate dagli Zoologi, i quali si contentano di dare solamente le minute descrizioni di tutte le parti del- l’animale. Tali descrizioni sono sicuramente utilissime, ed anzi ' Charles Lucian Bonaparte American Ornithology, northe natural History of Birds Inhabiting the united states. Philadelf, 1825. w SARI i 5 Ai di 30 INTRODUZIONE. un libro di sole frasi a poco o a nulla servirebbe, e sovente non produrrebbe che incertezza e confusione. Ma il porre in testa a ciascuna delle descrizioni complete una frase specifica, è di vantaggio grandissimo, perchè senza di essa accade che, studiandosi due specie molto simili fra loro, a prima vista non vien fatto il conoscere i caratteri essenziali e distintivi, e per uscire dal dubbio è necessario un esame lungo ed attento, e qualche volta non è neppur esso bastante; giacchè, se i carat- teri distintivi non son vistosissimi, mescolati fra tutti gli altri, per il solito non si presentano al leggitore con la necessaria chiarezza e facilità. Le sole frasi isolate poi non son bastevoli se non quando si studino con esse di quelle specie, che erano nel numero delle esaminate dall’ autore; giacchè facilmente si intende poter spesso accadere, che i caratteri buoni a far di- stinguere l’ una dall’ altra un numero di specie determinato, possan diventare insufficienti, se questo numero venga ad ac- crescersi. Qualora si fosse certi d’ aver sott’ occhio tutte le specie esistenti, si potrebbero comporre frasi caratteristiche perfette ed immutabili, ed allora le descrizioni estese si ren- derebbero inutili; ma questa sicurezza non essendoci mai, e potendosi sempre trovare di quelle specie che abbiano carat- teri comuni a più d’ una delle già conosciute, ne deve seguire che que’ caratteri creduti esclusivi possono diventare insuffi- cienti, ed insufficienti e confuse diventeranno allora le frasi; ma quando alle frasi siano unite descrizioni complete, trovasi in queste ad ogni occorrenza onde supplire ai difetti di quelle. Nella descrizione delle specie io comincio sempre dalle parti della testa: becco, cioè, occhi, penne che vestono la te- sta; poi passo a quelle che vestono le parti superiori; indi prendo in esame quelle delle parti inferiori, quelle della coda e delle ali, e termino ciascuna descrizione col color delle zam- pe. Bisogna notare che quando parlo de’ colori del becco, del- l’iride e delle zampe, intendo che tali colori siano osservati in animali vivi, o morti da poco tempo, e non stantii o dissec- cati. Le dimensioni delle parti vengono dopo le descrizioni. Queste son prese sopra individui adulti, e riguardano la lun- ghezza totale, la lunghezza del becco, quella della coda e del tarso. Per misura totale intendo la distanza che passa dalla punta del becco alla cima della coda, tenuto ben disteso l’ani- INTRODUZIONE. 31 x male e supino sopra un piano. Quella del becco è presa dal- l'angolo delle mascelle alla punta del becco; misura che, pro- priamente parlando, è piuttosto quella dell’ apertura che della lunghezza del becco, giacchè questa bisognerebbe prenderla dalla di lui estremità fino alla sua base. Ma siccome questa base non è sempre chiaramente visibile, per esser molte volte nascosta fra le penne o peli che cuoprono le narici, così io preferisco il modo indicato, nel quale i due termini son sempre bene apparenti. Per lunghezza della coda intendo ordinaria- mente quella delle sue penne medie, e quando per qualche particolar disposizione e forma della medesima non mi posso attenere a queste penne, non manco d’ avvisarlo. Non bisogna poi credere che queste dimensioni sieno esattamente le stesse in tutti gli individui della stessa specie, anche d’ eguale età, perchè non di rado se ne trovano di quelli che sono straordi- narii o per la grandezza o per la piccolezza; ma è bensì vero che le differenze mai non sono grandissime, e le dimensioni si posson sempre riguardare come caratteri di molta impor- danza. Ad ogni specie oltre il nome scientifico latino ci ho posto un nome, che deve tenere il posto di nome specifico nel nostro idioma, e quando mi è noto il nome francese, tedesco e in- glese, ho avuto cura d’ indicarlo alle respettive specie. CAPITOLO TERZO. Considerazioni sulla Divisione della Classe degli Uccelli . Do: Lab ‘ur È pere Da A af CINA. ] “in due Sotto-Olassi.- VESTI OZ d Come già ho accennato, nel corso di questo libro esporrò successivamente nei luoghi opportuni le ragioni che mi deter- minarono a sopprimere non solo molte delle Divisioni generiche adottate da altri autori, ma ancora di Famiglie. Trovo peraltro esser qui il luogo ove debbo far conoscere perchè non adottai la divisione dell’ intiera classe degli uccelli in due Sotto-Classi, ti È 39, INTRODUZIONE. come si praticò e praticasi ancora da non pochi de’ più distinti Ornitologi. Questa divisione fu proposta per il primo da Sundwald, il quale diede il nome d’ Altrices a quelli d’ una delle due Sotto- Classi, e di Precoces all’ altra. Il principe Luciano Bonaparte fino dal 1840 adottò tal classazione cambiando il nome d’ Al- trices in quello d’ Insessores, e quello di Precoces in Grallatores. I caratteri, sui quali si appoggiò tal divisione, sono di due qualità, gli uni embriologici, gli altri zoologici: i nomi dati da Bonaparte d’ Insessores e Grallatores, attengono a caratteri z0o- logici, giacchè per /rsessores s' intendono quegli uccelli, i quali hanno le zampe generalmente brevi, munite di quattro dita, tutte, cioè le anteriori ed il posteriore, articolate ad uno stesso livello, per cui riesce facile ed efficace agli uccelli, che hanno tale organizzazione, di stare non solo appollaiati sui rami degli alberi, ma anche fortemente abbrancati, il che li rende attis- simi alla loro stazione sugli alberi, e ad approfittarsi del cibo per essi il più utile, cioè dei prodotti organici di qualunque sorte essi sieno, che si trovano nei luoghi asciutti, tanto nel- l’aria, quanto nei boschi, prati, ec. Mentre che i GraWatores, o quelli della seconda Sotto-Classe, avendo il dito posteriore articolato sul tarso, perciò più in alto degli anteriori, e quasi sempre più piccolo di questi, ed anche a volte essendo muniti soltanto dei tre anteriori per l’ assoluta mancanza o un quasi completo abortimento del posteriore, in niun modo o malissi- mamente è a loro dato di stare a pollaio. Oltre a ciò gli uccelli di questa divisione ci presentano nelle loro zampe tre tipi di struttura, non solo differentissimi da quello degl’ Insessores, ma differentissimi ancora fra loro, ciascuno dei quali è adat- tato ad una stazione propria, ma essa del tutto differente da quella degli uccelli della precedente divigigme, 0 degli Zrsesso- res. Così vi hanno dei Grallatores che haWWpiedi brevi, assai robusti con dita divise, atti solo alla locomozione sopra i ter- reni asciutti, tali sono i Gallinacei. Vi hanno quelli, dei quali i piedi egualmente brevi e robusti han peraltro le dita riunite fra loro da una membrana, le quali, se è continua, diconsi palmate, se è interrotta diconsi lobate, per cui la loro sta- zione è la superficie delle acque e la locomozione il nuoto come i Lamellirostri ed i Lobipedi. E vi hanno infine i veri INTRODUZIONE. Di Grallatores, Corritori, Limicoli, Macrodattili, ec., nei quali le zampe essendo lunghissime, tanto per lo sviluppo del tarso, quanto della gamba, hanno per stazione i luoghi inondati ove possono camminare senza ricorrere alla natazione. Più importante e più preciso è il carattere embriologico. Tutti sanno che gli uccelli non sono vivipari, ma ovipari; le loro uova, quando son partorite, contengono entro le loro dife- se, Panno e Guscio, il germe già fecondato applicato alla su- perficie della gran massa vitellina, circondata dal bianco del- l'uovo, o albume. L’incubazione, a cui le sottopone la madre, sovente coadiuvata dal maschio, fa sviluppare quel germe, il quale per le condizioni favorevoli in cui sta l’ uovo incubato, e mediante i materiali di nutrizione a sufficienza somministrati all’ embrione dal chiaro e dal torlo, e mediante l’ attiva respi- razione che si effettua attraverso i pori del guscio, più o meno sollecitamente, secondo le specie, il detto embrione converti- tosi in feto arriva a quel grado di sviluppo, nel quale può libe- ramente escire dall’ interno del suo guscio e nascere. Ora si osserva che non tutti gli uccelli nascono, avendo raggiunto uno stesso grado di sviluppo; giacchè, mentre alcuni escono dal- l’uovo così perfezionati da poter poche ore dopo andare in trac- cia degli alimenti, di questi potersi nutrire senza niuna prepa- razione data loro dalla madre, ed in grazia di una ammirabile veste pennuta, che già perfetta han portato con loro dall’ in- terno dell’ uovo, essere in grado di sopportare senza danno gli sbilanci di temperatura, perciò di potere abbandonare il nido, e far di meno di una continua incubazione: gli altri in- vece nascono con uno sviluppo così poco perfezionato, tanto per gli apparati di locomozione, per quelli di nutrizione, per le difese del corpo ed e peri sensorii, che senza le continue cure de’ genitori sareBbero condannati a perire. Difatti il loro apparato di locomozione è così poco completo, che non solo sono incapaci di camminare, ma anche solo per poco tempo possono tener sollevata la osta; il loro becco è così debole da non poter prendere e preparare il cibo, e il loro canale di- gerente è ancora così imperfetto da non essere atto ad ela- borare nel modo conveniente gli alimenti; perciò convien loro riceverli dai genitori, i quali li vomitano nella loro bocca spa- lancata, precedentemente modificati, come si conviene, dal sog- Ornitologia italiana. — |, d) 34 INTRODUZIONE. giorno nella prima porzione del proprio canale digerente. Oltre a tutto ciò questi uccelli hanno nei primi giorni della loro vita gli occhi chiusi, e siccome la loro pelle o è del tutto nuda, 0 rivestita soltanto da peli radi, e gruppi di cannoni di penne; così, perchè possano vivere e continuare il loro sviluppo, è in- dispensabile che essi continuino ad esser covati dai genitori fino a che la loro prima veste pennuta :non si sia in modo sufficiente perfezionata. Gli uccelli, di cui adesso si è tenuto parola, dai moderni Ornitologi son posti nella Sotto-Classe detta degli Altrices, e corrispondono agli Insessores del Bona- parte: gli altri invece son chiamati Precoces, e sono i Gralla- tores del citato naturalista. Se i due specificati caratteri, gli Zoologici cioè (che pos- sono dirsi ancora anatomici) e quelli Embriologici, sì trovas- sero sempre in tutti gli uccelli insieme riuniti, quali si conven- gono o all’ una o all’ altra delle due progettate Sotto-Classi, certamente tal divisione sarebbe adottabile, ed allora l’ una e l’ altra costituirebbero due ben distinte serie nella classe degli uccelli, le quali potrebbero, o porsi luna al seguito dell’ altra, o scorrere fra loro parallele, appunto come nella Classe dei Mammiferi si potè fare con la giusta e filosofica divisione dei Placentati e non Placentati. Ma negli uccelli non è così, almeno fino a quando la divisione, di cui si di- scorre, voglia basarsi sopra gl’ indicati caratteri Zoologici ed Embriologici: giacchè, mentre al certo per molti questi due caratteri sono in realtà concomitanti fra loro, per altri in- vece non è così. Di fatto noi vediamo che nei Rapaci tutti, Psittacidi e Passeracei, esistono chiari e ben decisi i caratteri degli Altrices o Insessores, e che nei Gallinacei, nei Grallipedi corridori, nei Nuotatori lamellirostri, abbiamo ben distinti i due caratteri dei Precoces o Grallatores. Ma per altro vi sono esempi, ne’ quali i due indicati caratteri son uniti in modo assolu- tamente contrario: così noi troviamo nella singolare famiglia de- gli Pteroclidi il carattere zoologico proprio dei Gra/latores, men- tre che lo embriologico è quello degli Irsessores. Giacchè, mentre hanno il pollice articolato più in alto delle dita anteriori, nascono così imperfetti da avere gli occhi chiusi, e da avere bisogno d’es- sere imbeccati e covati dai genitori. Ed invece troviamo nelle Gallinule, nei Ralli, Folaghe, ec., il carattere embriologico dei INTRODUZIONE. sh Grallatores, non avendo bisogno al loro nascere nè di essere imbeccati, nè di essere covati; mentre che hanno chiaro il ca- rattere degli Insessores, cioè tutte e quattro le dita articolate ad uno stesso piano. Oltre a tutto quanto adesso ho esposto e che ci prova la poca costanza e instabilità dei caratteri indicati per poter dividere in due ben distinte Sotto-Classy l’intiera se- rie degli uccelli, di ciò ci convinceremo ancora maggiormente quando si osservi quel che ci presenta riguardo ad un tal par- ticolare, tanto l’ordine dei Grallipedi, quanto quello dei Nuo- tatori. Ambedue questi ordini per la struttura generale del corpo, per quella della loro veste pennuta, e particolarmente poi per la loro dimora e maniera di vivere, è manifesto do- versi riporre tra i Grallatores. Di fatti in generale anche il ca- rattere della struttura delle estremità nel maggior numero tanto degli Uccelli di ripa, quanto degli Acquatici, dà a conoscere esser diversissimi dagli /wsessores, e non potersi a meno di porli fra 1 Grallatores. Ma nell’ordine degli Uccelli di ripa ab- biamo il ben caratterizzato gruppo delle Gavie, Ardee, Ar- deole, Cicogne, ec., che, mentre sono indubitatamente Gralla- tores per i caratteri generali della struttura e delle abitudini, come la gran lunghezza del Torso, Gambe e Collo, son poi . per la conformazione del piede, che ha tutte le dita poste ad uno stesso piano, e per il piccolo grado di sviluppo, nel quale nascono, Insessores ossia Altrices, giacchè han bisogno d’esser covati, imbeccati, ec. E lo stesso fatto si riscontra nell’ ordine dei Nuotatori, nel quale, mentre abbiamo. tutta la gran divi- sione dei Lamellirostri, i quali, non vi ha dubbio, siano dei veri Grallatores o Pracoces, vi hanno poi tanto i Toti-palmati, quanto i Volatori ed i Tuffatori, che sono delle vere Altrices o Insessores per il piccol grado di sviluppo, che hanno alla loro nascita, e per l’ articolazione delle dita. Resulta adunque, da quanto si è detto, che, mentre non può negarsi essere d’ importanza assai notevole il significato delle differenze, sulle quali si appoggiò la divisione in due Sotto- Classi della serie degli uccelli, pure tal divisione non è da adottarsi in un libro destinato come questo a dar modo di no- minare le varie specie di uccelli ancora a coloro, i quali poco o anche punto sono versati nelle scienze naturali; per que- sti una classazione, la quale si basi soltanto sulle affinità ana- 36 INTRODUZIONE. tomiche, fisiologiche ed embriologiche, a nulla potrebbe ser- vire, e per essi è indispensabile il valersi di una classazione che si appoggi solo sopra caratteri esterni, o, come diconsi, Zoologici, sia pure artificiale; perciò in questa seconda edi- zione della mia Ornitologia nella composizione e distribuzione dei varii ordini non mi allontanerò da quanto praticai: nella vecchia Ornitologia Toscana, che in sostanza è quanto prati- casi anche attualmente dal maggior numero degli Ornitologi, senza peraltro trascurare di far conoscere, parlando dei varii gruppi di uccelli, quali son quelli, i quali debbonsi riferire ai Grallatores, e quali agli Insessores. CAPITOLO QUARTO. Del Volo degli Uccelli, e della struttura dei relativi apparati. La natura degli uccelli, non che le correlazioni loro con gli altri esseri, e può dirsi anche le missioni ad essi affidate nell’ universo, sono talmente collegate con la loro primaria maniera di locomozione, cioè l’ aerea, da riescire impossibile il potere studiar bene tali Vertebrati, senza avere una suffi- ciente notizia del loro modo di muoversi nell’ aria, e degli apparati ed organi che in essi sono a ciò destinati. Di più, siccome la struttura di tali organi interessa ancora massima- mente la loro classazione zoologica, per tali motivi ho repu- tato opportuno di aggiungere il presente capitolo a questa se- conda edizione del mio libro. Essendo in sostanza il volo una natazione nell’aria, in un mezzo cioè tanto meno resistente dell’ acqua, e di una gra- vità specifica infinitamente minore di quella del corpo del vo- latile, occorreva che questa, per trovare nel detto fluido 1’ ap- ,«poggio conveniente a resistere alla pesantezza, e per poter progredire, avesse quelle speciali e cospicue modificazioni che riconosconsi nella sua struttura di fronte a quella degli altri Y 7 *- pi Lee e dati ee è INTRODUZIONE. SI Vertebrati tanto acqualici, quanto terrestri. Di fatto, conside- rando l’ ampliezza del loro apparato respiratorio, non per uno straordinario sviluppo di polmoni, ma per le grandi sacche aeree che con questi connesse s’ estendono in ogni dove della cavità toraco-addominale; l’ avere tutte le ossa del Cranio, Colonna vertebrale, Cassa toracica, Cinture, ec., cave, e ri- piene di aria, e di più la speciale loro veste pennuta, son tutte particolarità di conformazione che, mentre tendono a ren- der minore il peso del loro corpo, tendono ancora ad aumen- tarne il volume, e così a dar loro due delle qualità le più fa- vorevoli a sostenersi, e progredire nell’ aria. Oltre a ciò nella singolare curva ad S del loro lungo collo, per cui possono con la massima facilità condurre, ce fare sporgere in avanti la testa (assai pesante per il cervello . che conliene), oppure portarla cotanto indietro da porla sulla verticale del loro centro di gravità: la facilità che hanno egual- mente di portare in avanti o indietro le loro estremità poste- riori, accostandone così la porzione estrema al detto centro di gravità, o da questo scostarla, intendesi agevolmente come debbano favorire il mantenere e dirigere il corpo loro nel piano orizzontale; ed a ciò è adattissima la gran massa dei muscoli pettorali, che, applicati sotto lo sterno ed ai lati della sua carena, agiscono come una valida zavorra. E qui è da os- servarsi ancora che la particolarità dello scheletro degli uccelli di presentare le ossa estreme degli arti anteriori, cioè almeno quelle delle mani e quelle dei piedi nelle posteriori, non vuote, come tutte l’ altre, ma ripiene di midollo, dando a queste parti una pesantezza maggiore, le rende molto più atte a com- piere anche l’ ufficio di bilancere. Passando adesso ad esaminare i varii organi del volo, o i remi aerei, osserveremo che, mentre sono costituiti, come in tutti gli altri Vertebrati, dalle estremità toraciche o anterio- ri, mosse da muscoli pettorali convenientemente sviluppati, sono peraltro conformate in un modo speciale, e molto più adattato a raggiungere lo scopo della loro destinazione: giac- chè, mentre negli altri Vertebrati volatori (per esempio, nei Mammiferi i Pipistrelli) l espansione del remo destinato a tro- vare l’ appoggio, ed agire sull’ aria, costituiscesi da una esten- sione della pelle stesa fra dito e dito, che per tale oggetto 33 INTRODUZIONE. trovansi quasi tutti estremamente allungati; negli uccelli in- vece, anzichè essere l’ espansione della pelle, è l’espansione di alcune di quelle produzioni epidermoidee proprie solo di questi Vertebrati, cioè delle penne. Come ognun sa, tali produzioni resultano da uno stelo di sostanza cornea, sui lati del quale disticamente son disposte altre lamelle della medesima natura, dette Barbe, che sui loro lati di destra e di sinistra hanno altre piccolissime lamellule, le barbule, il cui ufizio è coll’incastrarsi fra le barbule delle contigue barbe, e con tale incastro connettere la serie delle barbe stesse in modo, non solo da formarne delle specie di lamine regolari, ma ancora tanto resistenti da agire con suf- ficiente validità sull’ aria. Le produzioni cornee, delle quali si parla, o le penne, in due maniere sono modificate nella loro forma e nella. loro srandezza, a seconda dei due primarii uffici, ai quali son de- stinate, cioè a costituire l’istrumento del volo, ovvero a for- mare la veste degli uccelli o difesa epidermica. Quelle che servono a tale ultimo ufficio son molto più corte delle altre, han le due lamine o superfici formate dalle barbe di eguale larghezza, con l’ estremità attondata, la faccia superiore con- vessa, l’inferiore concava: per cui stando impiantate nella pel- le, non verticalmente alla sua superficie, ma distese tutte dall’ avanti all’ indietro, ed in modo che le une sulle altre in tal direzione si imbricano, costituiscono una difesa, la quale non permette nelle parti superiori all’ acqua di pioggia di giungere sul corpo, ma obbliga l’ acqua stessa a scolare in- feriormente o dai lati. Ed il facile scolare dell’ acqua di so- pra delle penne, ed il non bagnarsi di queste, devesi, come a tutti è noto, alla secrezione sebacea delle due glandole Uro- pigee, che stanno sopra la base della coda, la quale a bella posta spremuta e raccoltane dall’ uccello mediante l’ estremità del suo becco, è poi diligentemente ed egualmente distesa sulla superficie delle sue penne. La stessa veste pennuta di- fende ancora nel modo il più efficace il corpo dell’ animale dai nocivi effetti degli sbilanci di temperatura, e dal freddo, e dal caldo: tanto per esser ciascuna penna formata da ma- teria cornea, la quale è per se stessa cattivissimo conduttor di calorico, e per esser tal materia sì entro lo stelo, quanto INTRODUZIONE. 39 entro le barbe non compatta, ma spungiosa, però al mas- simo coibente al calorico, e di più per intercettare fra la loro concava superficie inferiore, e la superficie superiore della penna, o penne successive, sopra le quali s’ imbricano, una non indifferente massa d’aria che, come ognun sa, essa è massimamente coilbente. Le penne destinate in modo esclusivo a costituire gli or- gani di locomozione sono, in primo luogo, quelle impiantate sul margine posteriore delle estremità anteriori, o ali, le quali diconsi Remiganti. Nella massima parte degli uccelli poi a coa- diuvare l’azione motrice delle loro ali prendono parte altre penne impiantate a destra e sinistra dell’ ultime vertebre cau- dali, in modo da stare in uno stesso piano: tali penne son quelle che si dicono Timoniere, giacchè è mediante di esse che essenzialmente la coda può adempire l’ ufficio di timone, cioè di determinare il corpo del volatore, mentre è obbligato a pro- gredire in conseguenza dell’ azione delle ali, a dirigere a de- stra o sinistra, secondo che la coda inclinasi in uno o in un altro senso, e ad abbassarsi o inalzarsi secondo che la coda con la sua estremità sempre con le timoniere dilatate s’ inalza e s'abbassa. Le penne remiganti primarie sono, come già ho accen- nato, molto più lunghe delle altre, benchè nella larghezza poco ne differiscano; oltre a ciò son più robuste e resistenti, la materia cornea che ne forma lo stelo e le barbe essendo più compatte. Oltre a ciò in questa qualità di penne la lamina esterna è molto più ristretta dell’interna, che trovasi sempre esser sottoposta alla penna che le succede dall’ esterno all’ in- terno. E siccome l’ estremità basilare dello stelo (o Cannone) di ciascuna remigante è impiantata nella pelle che margina po- steriormente 1’ ala in modo da potere liberamente rotare so- pra se stessa, per circa un terzo di cerchio, consegue da un tale ammirabile meccanismo che queste penne, quando 1’ ala si abbassa o s’'inalza per produrre il volo con l’ agire sul l’aria, queste si dispongono da loro stesse nel modo il più atto ad ottenere l’ effetto voluto: giacchè la lamina interna molto più grande dell’ esterna, essendo sottoposta alla penna successiva, nell’ atto dell’ abbassamento dell’ ala è obbligata, dalla resistenza dell’ aria, applicarsi alla faccia inferiore della 40 INTRODUZIONE. penna che le sta accanto, ed a formare con le altre remiganti tutte un piano continuo: il quale trova nell’ aria sottoposta. l'appoggio conveniente per sollevare il corpo, o spingerlo in avanti. Ed invece, allorchè dopo l’abbassarsi dell’ ala deve que- sta sollevarsi per mettersi nuovamente in posizione di poter reagire di nuovo sull’ aria coll’abbassarsi, le Remiganti stesse incontrando in questo movimento di basso in alto la resistenza dell’ aria con la faccia superiore delle due lamine, e per con- seguenza risentendola molto maggiore sull’ interna, che è la più larga, questa viene ad abbassarsi facendo rotare alquanto lo stelo della penna stessa, e perciò a scostarsi dalla faccia in- feriore della penna successiva, e ad aprire in tal modo fra luna e l’altra un largo varco, per il quale passando l’ aria urtata dall’ ala che si solleva, l’ala stessa trova al di sopra di sè una resistenza infinitamente minore di quella che aveva trovato nell’ abbassarsi: il che era indispensabile onde l’azione del sollevamento delle Remiganti non .venisse a distruggere quella del loro abbassarsi. i Esaminata così brevemente la struttura degli organi del volo degli uccelli, conviene accennare in egual modo come si compia l’ atto del volo. Onde il volo si possa effettuare, è ne- cessario che l’ uccello abbia sotto di sè tal massa d’aria da potervi liberamente fare agire le sue ali; perciò quelli, i quali hanno gambe cortissime, relativamente. alla lunghezza delle loro ali, non possono mettersi in volo che lasciandosi cader da un qualche posto elevato, sul quale han sempre cura di posar- si: tali sono per esempio i Rondowni, che, se per caso sono ca- duti o furono posati sulla superficie del suolo, è a loro impos- sibile o difficilissimo di riprendere il volo. Quelli poi, i quali hanno le zampe sufficientemente lunghe e robuste (come Qua- glie, Starne, Pernici, Beccacce, Beccaccini, ec.) incomincian sem- pre la loro locomozione aerea con un salto, o con un frullo, secondo il linguaggio dei Cacciatori, mediante il quale, solle- vandosi sufficientemente dalla superficie del suolo, trovansi tosto ad avere sotto di sè tal massa d’ aria, sulla quale istan- taneamente agendo con le ali, che allora soltanto dispiegano, possono cominciare a farle agire utilmente. Gli uccelli invece che, come alcuni Trampolieri (Grè, Ci- cogne, ec.), hanno le zampe troppo lunghe e troppo sottili, INTRODUZIONE. 41 per potere spiccare il salto con la sufficiente rapidità e senza pericolo, fanno precedere il loro volo da una corsa, nella quale successivamente sì eseguiscono dei piccoli salti che van sempre divenendo più elevati perchè son coadiuvati dalle ali, le quali di già si distesero, ed in breve essi pure si trovano tanto sollevati da terra da potersi valere soltanto degli organi del volo. * Una volta che le ali son messe in azione, due sono gli oggetti di questa: primo di vincere la gravità del volatile per impedirgli l abbassamento, secondo di far procedere o avan- zare il volatile stesso; e questi due intenti contemporanea- mente li raggiunge col fare agire le ali non solo in piano per- fettamente orizzontale, che ciò servirebbe soltanto ad impedir la discesa, ma contemporaneamente un poco inclinato dall’in- dietro all’ innanzi, per cui poggiandosi così |’ ala obliquamente sull’ aria che ne cinge il suo corpo, obbliga questo ad avanzar- si. Ma la progressione in avanti nel volo degli uccelli è pro- dotta ancora, allorquando il lor corpo ha concepito una suffi- ciente velocità o impulso in senso leggermente ascendente, dalla resistenza che offre la massa d’ aria sottostante, non solo la superficie inferiore del corpo dell’ animale, ma ancora quella delle timoniere se stanno estese, ed in posizione presso che orizzontale, e più specialmente le ali, se lasciata la posizione inclinata prendono l’ orizzontale, giacchè allora la progressione si effettua in modo analogo a quello che ha luogo in un aquilo- ne. Ciò accade tanto se l’aria sia ferma o tranquilla, quanto sia mossa, o spirando vento: bisogna peraltro che questo vento spiri in senso contrario, o presso che contrario alla direzione che vuol seguire l’ uccello, ed anzi in tal caso più efficace di- viene la progressione, quanto maggiore è l’ impulso che ha il corpo dell’ animale. Da ciò comprendesi come nelle emigrazioni degli uccelli sia a loro propizio un vento proveniente dalla regione ove vo- gliono andare. Ed avendo inteso quale è la disposizione delle penne remiganti e quale è quella delle penne costituenti la veste dell’ animale, si comprenderà ancora agevolmente come sia impossibile agli uccelli di volare con regolarità ed efficace- mente con un vento un poco forte, il quale abbia la direzione che essi vogliono seguire; giacchè in tal caso le remiganti 492 INTRODUZIONE. prese singolarmente, e l’ ala nel suo complesso, non può tro- vare gli appoggi necessarii, ed oltre a ciò perchè le penne che rivestono il corpo venendo ad esser sollevate dall’ aria che fra l'una e l’altra s’insinua, essendo diretta contrariamente all’im- bricazione delle penne stesse, la veste pennuta in tal modo si disordina, lo che impedisce assolutamente all’ uccello qualun- que regolare movimento. Da tutto quanto si è adesso premesso, avendo fatto cont- scere, come erami prefisso , la generale struttura degli appa- rati del volo, ed il meccanismo col quale essenzialmente que- sto si eseguisce dagli uccelli, potremo passare ad occuparci dell’ importantissimo soggetto de’ viaggi periodici a traverso l’aria che il maggior numero di essi adempiono, cioè dell’ emi- srazioni, tosto che poche parole avremo dette anche sulla veste degli uccelli neonati. CAPITOLO QUINTO. Della Calugine o Veste degli Uccelli neonati. Gli uccelletti, allorquando escono dall’ uovo, non son tutti in un medesimo stato: alcuni sono interamente coperti da una veste in apparenza lanosa, benchè composta di piccole e speciali pennuzze dette Calugine ; veste, la quale li rende atti a sopportare gli sbilanci di temperatura senza le continue cure della materna incubazione. Altri invece nascono del tutto nudi (come le Passere, ec.) o solo muniti in alcune parti- colari regioni di bordoni o cannoni che producono le vere penne molti giorni dopo la nascita, e dopo essere stati quasi sempre covati. I primi, come già si è detto, furono dal Sundwal denominati Precoces, e dal Bonaparte Grallatores; i secondi Altrices dal Sundwal, Insessores dal Bonaparte. Qui è da osservarsi che tanto gli uni quanto gli altri, riguardo alle penne che devono vestirli nella gioventù, e dar loro modo di volare, al loro nascere ne mancano del tutto, giacchè le pennuzze che dagli astucci o bordoni, di cui son INTRODUZIONE. 43 coperti allora i Precoces, ne escono produzioni cornee che hanno struttura interamente diversa dalle vere penne, e non restano sull’ animale che fino a quando è avvenuto lo sviluppo di queste. Per lo che in generale può anche dirsi essere i Precoces, riguardo alle vere penne, inferiori agli Altrices ; giac- chè, mentre molti degli uccelli di questa categoria, allorchè nascono, hanno nelle varie regioni del corpo, destinate ad esser pennute, già sviluppati i bordoni che racchiudono le vere penne, invece la massima parte dei Precoces nella stessa epoca ne mancano del tutto. E se questi non avessero al nascer loro gli occhi già aperti, gli organi di locomozione così per- fetti da poter sollecitamente funzionare, l’ apparato digerente cotanto perfezionato da permetter loro d’ alimentarsi senza il soccorso de’ genitori, sarebbe del tutto erroneo quanto è stato detto dagli Zoologi del maggior grado di sviluppo che essi hanno nel nascere di fronte a quello degli Altrices. Per comprender bene quanto concerne la singolar veste dei Precoces neonati, credo conveniente fermarmi un poco a parlare della comparsa delle pennuzze, dalle quali si forma. L’ apparecchio produttore della prima veste de’ Precoces, che con proprio nome dicesi Calugine, è quello stesso che origina la veste pennuta degli Altrices, e tutte le altre produ- zioni cornee, cioè il Derma. Tanto i follicoli penniferi che i caluginiferi racchiudono una papilla, dalla quale è originata la produzione cornea che ciascuno di essi deve produrre. Questa papilla negli uni e negli altri è vestita d’un astuccio cilindrico, chiuso nella sua estremità, impiantato con la base nel Derma: tale astuccio si forma d’una materia cornea assai resistente e tenace fino a che è molle, fragile e sfacelabile quando è dissec- cato. È noto che la papilla è I’ organo produttore delle penne, qualunque ne sia la forma ela destinazione sua, sieno cioè vere Penne o sieno Calugini. I follicoli che producono le vere penne contengono papille, le quali per un tempo notevole continuano ad accrescersi dalla base, o al fondo del follicolo, mentre con la estremità loro producono successivamente la penna. Anche l'accrescimento dell’ astuccio corneo procede di pari passo, e non si arresta se non che allorquando essendo compiuto lo sviluppo dell’intera papilla, da questa fu completata la penna. Ma la materia cornea, da cui detto astuccio si forma, 4 INTRODUZIONE. come dissi, non è tenace e resistente se non che fino a quando è fresca, e non disseccata, e così molle conservasi per tutto il tempo che è in contatto con la papilla, la quale per l’attività vitale, di cui è dotata, dà continuamente luogo alla sua super- ficie a tale e tanta emanazione d’ umidità, che è sufficiente a mantenere l’astuccio corneo sempre molle e fresco. Ma in ra- gione che la penna si forma, la papilla, la quale nel formarla s’ esaurisce, disseccasi (convertendosi nella così detta Anima della penna), ed allora mancando l'umidità che teneva molle e flessibile la tessitura dell’astuccio corneo, esso pure disseccasi, e conseguentemente sfacelasi e cade, lasciando libera la nuova penna. Speciale e degno d’esser ‘conosciuto è il processo, me- diante il quale le produzioni pennute originate dalle loro papille sbocciano e si svolgono dall'interno dell’astuccio pro- duttore; e siccome questo processo è lo stesso tanto per le Calugini, quanto per le Penne, facendo conoscere quello delle une, s’intenderà ugualmente quello dell’ altre. Avanti la rottura della porzione dell’ astuccio corrispon- dente a quella ove sta la parte già formata della nuova penna, questa per l’ umidità, che tuttora conserva in sè, è sempre talmente molle che le parti, di cui si compone, possono man- tenervi quella particolar posizione, nella quale le produsse la papilla, cioè lo stelo verticale, e le piume delle due parti di questo ad esso applicate lateralmente, ed anche un poco av- volte a spira attorno al medesimo. Ma allorquando per la rot- tura dell’astuccio corneo le dette piume si disseccano, in grazia d’un ammirabile meccanismo della loro struttura, meccanismo che non saprei come non si debba dire provvidenziale, le piume d’ogni penna nel prosciugarsi prendono spontaneamente quelle curvature e quelle posizioni, in conseguenza delle quali la penna divien laminare, perciò larga e piana, oppure legger- mente concava dalla faccia inferiore, dalla superiore convessa, come è necessario, a séconda dblle loro destinazioni. In modo analogo ‘segue lagproduzione e sviluppo della calugine: la differenza essenziale esistente fra quello delle Penne e quello delle Caluginis si è il non aprirsi in queste degli astucci o bordoni, che allorquando la Pennuzza o Calu- gine in ciascuno di essi contenuta è perfettamente sviluppata , INTRODUZIONE. 45 e che questo perfetto sviluppo avviene avanti che il feto sia liberato dai suoi invogli. Ma quando poi ciò è avvenuto, e quando poco dopo il pulcino è uscito dal guscio, siccome la superfice dei bordoni non è più immersa negli umori dell’ammnios, e l’interna non è più in contatto con la papilla, bensì con la calugine che da questa ebbe origine, ne consegue il suo pro- sciugamento per effetto del contatto dell’aria e del calore della madre, che per un poco lo cova. Allora essendo gli astucci divenuti fragili e sfacelabili a causa de’ movimenti dell’uccello, del suo frequente assettarsi e grattarsi col becco, sì rompe e si sfà, cade a pezzi, e lascia libera la calugine; la quale, esten- dendo le sue piumuzze, costituisce l’ammirabile veste lanuta del pulcino. Esposta così la natura e maniera di prodursi della calu- gine, passando a enumerare gli uccelli, nei quali si riscontra, dirò che, per quanto è a me noto, sono i seguenti. Tutti i Gallinacei, eccettuandone gli Pteroclidei,i Grallipedi tutti, meno gli Ardeoîdi e tutti i Nuotatori Anseres e Gavie, cioè, come si è detto, quasi tutti i Precoces. Ma vi sono peraltro degli Al- trices, i quali sono egualmente forniti di folta calugine similis- sima a quella dei Precoces qui sopra enumerati, giacchè ancora in questi le pennuzze della calugine si trovano per- feltamente sviluppate entro l’astuccio all’epoca del loro na- scere, e di più hanno il carattere di questa speciale qualità di produzioni cornee, cioè di stare impiantate su tutta l’intiera superficie nuda del corpo, e non sulle ristrette regioni, sulle quali sì svilupperanno in seguito le vere penne. Tali sono i Fapaci specialmente notturni. Vi hanno peraltro non pochi uccelli del gruppo degli A/- trices, i quali alloro escire dall’uovo sono realmente coperti di calugine; ma è questa molto diversa da quella dei Precoces, ! Ancora ì pulcini gel Caprimulgus Europous sono, nascendo, vestili d'una calugine similissfma a quella de’ Rapaci. {Mi è noto questo fatto per trovarsi nelle collezioni del Museo pfsano tre pulcini preparati di quest'uc- cello: non avendg peraltro niuna ngtizia relativa alla lo ed estensione della veste infaptile de’ Caprimulghi\jnon oso peNadesso asserire che essa siacompagna 39fquella de’ Rapaci notturni, che, se ciò fosse, dovrebbe con- siderarsi comé un altro legame impoNante fra questi Fissirostri ed i Ra- paci notturni. AR i ioni scali LO RROE (LINATE 46 INTRODUZIONE. specialmente per la sua origine, e per le sue correlazioni: tale è quella che veste i pulcini delle Sitte, delle Bubbole, dei Rosignoli, dei Codirossi, degli Storni, delle Rondini, di gran numero di Granivori, come Verdoni, Zigoli gialli, dei Colum- bidi, delle Ardee, ec. Ora tal calugine diversifica da quella dei Pr@coces, per- chè non riveste tutta la superficie del corpo, ma riveste solo le regioni del corpo, sulle quali staranno impiantate le vere penne. Di più, per quanto ho potuto conoscere studiandola in individui disseccati, essa non proviene da bordoni speciali, ma non è altro che la prima produzione degli stessi bordoni, dai quali poco dopo sbocceranno le vere penne. Anzi, siccome queste calugini sono con il loro stelo unite all’ estremità delle piume delle vere penne, è da credersi ne facciano parte: è certo poi che negli uccelli, di cui si parla, anche allorquando son già spuntate le penne di gioventù, vedonsi tuttora muniti di detta calugine, la quale sta come appesa alla loro estre- mità, e col suo insieme le vela. Passando adesso a descrivere la conformazione o strut- tura della calugine, dirò che resulta da un brevissimo stelo, dalla sommità del quale si partono degli steli secondari, cui sono attaccate le piume, che in tutti son mancanti di plumule, e di più rade o assai distanti le une dalle altre. Per le osservazioni che ho potuto fare sopra calugini tolte da pul- cini appartenenti a varie specie d’uccelli (ma sopra individui disseccati), sembrami doverne concludere che la disposizione di queste piume sugli steli secondarii non è in tutti la stessa, bensì che ha due strutture o disposizioni diverse, cioè negli uni vi è disposta disticamente, e negli altri ne è fastigiata, cioè la disposizione loro è analoga a quella dei rami d’un ci- presso sopra il tronco. Mi è comparsa distica nel pulcino della Canapiglia, dell’ Anatra domestica, del Larus fuscus, della Sterna anglica, della Sterna minuta e del Podiceps cristatus. Mentre- chè l'ho veduta fastigiata, o pressiforme, nella Sciabica, nel ' Im alcuni pulcini di Rapaci notturni, come nello Strix, nei quali suc- cessivamente si osservano due qualità di calugini, la prima bianca, la se- conda cenerina, è, a mio credere, molto probabile che, mentre la prima sia della qualità propria ai Pr@coces, ia seconda sia invece di quella degli Al trices, di cui adesso si parla. INTRODUZIONE. 4A] Piviere col collare, nella Beccaccia, nel Beccaccino, nel Totanus calidris, Tot. Glottis, e nella Folaga. Dal che quando ulteriori osservazioni confermino le presenti, se ne potrà concludere che gli uccelli veri Nuotatori, Anatidei e Gavie, hanno le piume distiche, mentre i Gallinacei ed i Trampolieri le hanno fa- stigiate. Terminerò di parlare di questa veste infantile degli uc- celli dicendo che, mentre in tutti ha colori non vivaci, pure varia assai negli uccelletti che appartengono a famiglie diverse. Candida più o meno nei Rapaci: candida con macchie nere nel Caradrius. Ne’ Gallinacei, color bianco ruggine o bianco giallastro, con macchie a strie più o meno ondulate, ma longi- tudinali, nerastre. Ne’ Grallipedi Limicoli, bianco cinereo sudi- cio, al solito con le macchie longitudinali nerastre. Le Scolo- pax e le Rusticole 1 hanno in egual modo macchiata, ma il fondo del colore è un bel castagno fulvo. Ne’ Macrodattili, Sciabiche, Gallinelle, come pure nelle Folaghe, è nera. Nera tendente al verdastro nei Nuotatori o Lamellirostri, invece nei Nuotatori volatori, come Sterne, Larus, ec., bianco ruggine sudicio, maculata di scuriccio o di scuriccio nerastro. Tali colori più o meno analoghi a quelli delle località ove passano l'infanzia i pulcini che ne son muniti, offrono un fatto di più in appoggio di quanto dirò susseguentemente sullo stesso soggetto, parlando dei colori degli adulti. CAPITOLO SESTO. Delle Mute delle penne. Avanti di lasciar di parlare del volo e delle penne degli uccelli, è necessario mi trattenga alcun poco a trattare della Muta di queste, che son del più grande interesse zoologico, e specialmente per la Tassonomia ornitologica. Primario oggetto della muta si è, non v’ ha dubbio, quello di sostituire nuove penne alle già consunte e indebolite dal- l’uso, perciò non più atte a servire con la perfezione che sì 48 INTRODUZIONE. conviene ai due ufficii importantissimi, ai quali son destinate tali produzioni epidermiche, cioè, come si disse, alla locomo- zione aerea ed alla difesa del corpo. Farò primieramente osservare che nelle diverse mute le vecchie penne non cadono tutte contemporaneamente, ma a poche per volta, ed in ragione che compariscono le nuove, per lo che l’uccello, se è in buona salute, trovasi sempre munito della sua veste e de’ suoi organi del volo, se non completa- mente, almeno in modo sufficiente ai suoi bisogni. Grandi varietà si riscontrano nelle mute delle differenti specie di uccelli, e ciò tanto per il numero delle mute stesse durante un’ annata, quanto per l’ epoca, nella quale accadono, ed anche per l’ estensione, cioè per essere o totali o parziali. Alcuni uccelli son soggetti ad una sola muta, gli altri a due. Non han che una muta quasi tutti i Silvani tanto insettivori (come Beccafichi, Lu), Codirossi), come Granivori (Fringuelli, Passere, Ligoli, ec.). Egualmente le Pernici, le Quaglie, le Nonne, V Aironi, le Cicogne, le Grù, ec. E quando la muta è unica, questa avviene nell’ autunno. Peraltro, secondo il signor Natterer, fanno a ciò eccezione le Rondini ed i Rondoni, nei . quali uccelli, benchè dotati d’ una sola muta, questa non av- verrebbe che nel febbraio e marzo. Hanno poi doppia muta tutti i Palmipedi della famiglia dei Cigni, Oche, Anatre, Morette, ec. I Palmipedi marini grandi volatori, come Gabbiani, Gabbianelle, Stercorari, Sterne, ec. Quasi tutti gli Uccelli di ripa, Otarde, Pivieri, Gambette, Piri- piri, ec. E considerando la natura ed abitudine degli uccelli, nei quali si effettua o una sola muta o due, sembrami non si possa a meno di vedere in ciò una di quelle misure provvidenziali, le quali diedero ai varii animali i mezzi opportuni di compiere gli atti necessari non solo al loro benessere, ma anche al- l’ esistenza loro individuale, e perciò della loro razza. Di fatto noi vediamo che gli uccelli sottoposti ad una sola muta di pen- ne, sono appunto quelli che vivendo nei boschi o ne’ macchio- ni, fra le stoppie de’ campi, o aggirandosi e nascondendosi fra le alte erbe de’ prati, le cannelle e falaschi de’ paduli, anche durante i loro lunghi viaggi poco allontanandosi dalle località loro predilette, han sempre modo, quando occorra, di garan- INTRODUZIONE. 49 tirsi dall’ azione logoratrice de’ venti e pioggie, allorchè diven- gono tempestose. Ma quelli dell’ altra categoria, cioè gli Uccelli di ripa ed Acquatici, i quali abitando sempre i luoghi aperti, viaggiando costantemente sui mari, o lungo il corso de’ grandi fiumi, ove i venti e le tempeste con più frequenza e maggior forza imperversano, e che per conseguenza di continuo hanno le penne della veste loro, e quelle delle ali e della coda espo- ste tanto più spesso e tanto più fortemente alle azioni deterio- ranti ed erodenti, dicerto non avrebbero potuto adempire la missione loro, se non avessero avuto il vantaggio d’ esser do- tati di doppia muta. L’ epoca della muta ne’ Migratori, sia essa doppia o scem- pia, avviene sempre, come più estesamente dirò nel seguente capitolo, più o meno avanti la partenza; fatto che conferma quanto sopra ho accennato, l'essere la muta principalmente de- stinata a procurare agli uccelli i mezzi della più energica loco- mozione aerea. Le mute che avvengono una sol volta 1’ anno son generali, cioè portano il rinnuovamento di tutte le penne, vale a dire, tanto di quelle che formano la veste, quanto delle altre che servono al volo: ma negli uccelli che hanno due mute l’ una è generale, l’ altra lo è solo per le penne che formano la veste dell’ animale, persistendo in questa le Remiganti ed in molti ancora le Timoniere. Vi hanno poi degli uccelli, nei quali la muta di primavera limitasi alle penne della testa e del collo, come nelle Sterne e nei Gabbiani. Ed in questa stessa epoca in altre specie, ma nei maschi soltanto, si sviluppano nel collo e testa special- mente, penne di colori più vivaci e di dimensioni e forme di- verse dalle penne che trovansi ordinariamente in quelle regio- ni, bensì l’ esistenza di tali nuove penne è limitata peraltro alla sola epoca degli amori; cosicchè tanto le prime, quanto le se- conde di queste nuove e temporarie penne, non possono aver per oggetto che d’ ornare maggiormente, ed in modo più vago, gli uccelli che se ne addobbano quasi per celebrare quel pe- riodo più importante della loro vita. Così ne° Cormorani o Ma- rangoni appariscono all’ epoca degli amori penne candide in mezzo alle nero-cangianti della testa e dei lati del collo. Nel- l’Otarde è di lunghe e sottili penne che si adornano i maschi Ornitologia italiana. — I, 4 50 INTRODUZIONE. alla base della testa: nel Tetrao cupido dell’ America setten- trionale appariscono ai lati dell’ occipite due ciuffi di lunghe penne. Ma fra gli uccelli europei la specie più singolare per la ricchezza ed abbondanza delle penne temporarie sono i maschi adulti della Gambetta o Machetes pugnax, de’ cui giovani indi- vidui ne arrivano da noi stormi sì grandi nell’ epoca del passo di primavera. Non solo in quell’ epoca la livrea dei maschi, come dettagliatamente si dirà a suo luogo, è di colori più o meno varii nei diversi individui, ma la loro testa si cuopre di verruche, e si guarnisce all’ occipite posteriormente d’ una specie di cappello a tesa pendente, che formasi da foltissime e assai lunghe penne, ed un largo pettorale cuopre i lati del collo e del petto, come una specie di scudo. Forse tali masse di penne, oltre l’ oggetto d’ ornare i maschi nell’ epoca degli amori, hanno ancor quello di difenderli durante gli accaniti combattimenti che si danno fra loro per conquistarsi la fem- mina. Dobbiamo adesso parlare delle variazioni del colorito delle penne che si presenta in uccelli della medesima specie, le quali, come vedremo, avvengono per più cause ed in diverso modo. Il variar dell’ età è una delle cause generali; perciò è di questa e delle variazioni dipendenti da tal causa che discor- reremo in primo luogo. Avanti peraltro devo premettere che per adesso non considero la primissima veste, o quella de’ Ni- diacei, giacchè essa, allorquando esiste, non si forma di vere penne, bensì di calugine, la quale cade successivamente all’ ap- parire di quelle. Ora queste penne, che formano la veste de’ gio- vani, son sempre più o meno diverse tanto nel colore, quanto nella pittura da quelle che ad esse succedono dopo la prima muta. E queste penne anteriori alla prima muta si assomigliano perfettamente nella forma, colore e pittura nei due sessi, di- modochè fino a quell’ epoca non si possono distinguere i maschi dalle femmine. Giunta peraltro la prima muta, in generale i maschi si ve- stono d’ una livrea che non solo è diversa per i colori e per la loro disposizione da quella che precedentemente avevano, ma ancora da quella che comparisce nelle femmine della stessa età, la quale in esse conserva gran somiglianza con la livrea de’ Nidiacei. Nei maschi adulti poi riscontrasi in generale un INTRODUZIONE. 5I nuovo cambiamento di livrea, col cambiare di stagione, giac- chè in essì la coloritura della veste d’ estate, o di quella che prendono con la muta di primavera, è diversa in tutti, benchè più o meno da quella che riprendono con la muta d’ autunno; il che non avviene nelle femmine, le quali conservano costan- temente, come ho detto, un abito molto simile a quello dei giovani. Abbiamo già visto essere fra gli abiti de’ maschi e quelli delle femmine adulte, in tutte le epoche dell’ anno, qualche dif- ferenza di colori. In alcune specie queste differenze son lievis- sime, come per esempio nei Piccioni, nelle Lodole, nelli Strdl- lozzi, nelle Ardee, ec.; in altri invece sono massime, per esempio nei Tetraoni, nei Francolini, ne’ Fagiani, nelle Ana- tre, ec. E tali differenze essendo sempre a vantaggio dei ma- schi, si direbbe essersila natura compiaciuta non solo nel dare | maggior vigorìa e coraggio a questi, quantunque alcuni ab- biano dimensioni minori, come avviene nei Rapaci, ma ancora bellezza maggiore tanto per il colorito della veste, e spesso per gli ornamenti prodotti da insigni modificazioni nella strut- tura e grandezza di alcune qualità di penne: 1 Fagiani, i Galli ed i Pavoni ne danno magnifici esempi. La differenza costante che presenta la livrea de’ maschi adulti in primavera, paragonata con la loro autunnale, consiste sempre, o in una maggior vivacità di colori, o in una diversità assoluta dei colori stessi. Due sono i mezzi, con i quali avven- gono questi cambiamenti di colori, cioè o per l’ assoluto cam- biamento delle penne, o solo per una modificazione di queste: il primo caso non ha nè può avere luogo che negli uccelli a muta doppia; il secondo avviene in quelli dotati d’una sola muta. I Pivieri maschi, le Gambette, il Maggiaiolo, ed altre specie di 7ringhe, che, come si disse, mutano due volte all’ anno, | possiedono un sistema di penne, il quale vi dà esempio della prima maniera semplice e facile a comprendersi, consistendo ‘ nel prodursi nella muta di primavera delle penne di colori vi- vaci proprii alla loro livrea d’ estate, le quali si sostituiscono alle penne di colori sbiaditi che avevano precedentemente. Abbiamo poi anche fra gli uccelli europei belli esempi del secondo modo di cambiamento di livrea, o di quello che av- viene negli uccelli sottoposti ad una sola muta. Tali sono i Pi 52 INTRODUZIONE. maschi de’ Fringuelli, de’ Montanelli, de’ Codirossi, nelli Stiac- cini, Saltimpalo, ec.; uccelli tutti che, quantunque sieno sotto- posti, come si è detto, alla sola muta dell’ autunno, pure nella primavera hanno un abito non solo di color più splendido, ma ancora molto diverso da quel d’ autunno. Questa importante particolarità ornitologica fu fatta cono- scere e stabilita dal Temminck nel suo Manuale di Ornitologia, ed anche dal signor Yarrell in un’ apposita Memoria conte- nuta nel primo volume delle Transactions of the Zoological So- ciety. Le penne che vestono il corpo di tali uccelli, sieno di colori chiari o scuri, quando si svolgono dai respettivi canno- ni, hanno tutta la parte estrema terminata da una porzione di color bianco sudicio, o bianco ruggine, per cui viste separata- mente si presentano come marginate da una fascia di questi colori chiari. Se invece si osservano in posto sull’ animale, siccome stando applicate strettamente le une sulle altre, le estremità delle barbe sono scostate fra loro, la loro parte estrema di color chiaro non nasconde perfettamente il colore della parte media delle sottostanti penne, ma solo lo vela, e se non lo cambia del tutto, almeno molto lo smortisce; per cui, per esempio, quelle parti vestite di penne di un colore bianco candido appariscono d’ un bianco sudicio, quelle di color nero compariscono grige, le rosso-carnee, o rosso-cremisi, d’un cinereo vinato. I maschi dei sopraccitati Stiaccini nel loro abito d'inverno ci mostrano le prime due qualità di colori smorti, ed i Yrin- quelli e Montanelli egualmente maschi, nella stessa stagione ci danno esempi dei due secondi. Ma alla fine dell’ inverno quando 1’ azione delle intemperie, e specialmente quella della confricazione d’ una penna contro l’ altra, ha consumato la parte estrema delle piume che formano la marginatura chiara d’ ogni penna, allora vedendosi scoperta la parte centrale delle penne stesse che è dotata dei colori vivaci a lei proprii, com- prendesi agevolmente come l’ uccello debba apparire vestito d’ una livrea assolutamente diversa dall’ autunnale, mentre, come si è visto, non ne è che una modificazione. Avendo parlato delle mute degli uccelli, tanto riguardo alle epoche, nelle quali avvengono, quanto alla loro estensione, agli effetti che hanno per il benessere degl’ individui, e per la INTRODUZIONE. 53 conservazione della specie, conviene adesso accennare il modo, col quale si compiono, e quindi terminare lo studio della veste degli uccelli col ricercare quali altri uffici hanno queste mute nella economia della natura. | A mio credere, la causa efficiente della muta, cioè del cadere delle vecchie penne, e la sostituzione a queste di nuove, si è la stessa che dà luogo alle mute dei denti, de’ peli, delle squame, della cuticola, ec., cioè di tutte le produzioni dermiche de’ Vertebrati, delle quali le penne non sono che una delle più complicate modificazioni. Giunta l’ epoca’ della muta, si mani- festa un’ insolita attività vitale nell’ apparato cutaneo, in con- seguenza della quale sviluppansi nella spessezza del Derma quei germi, origine de’ follicoli penniferi, dai quali sbucheranno in seguito le nuove penne. Contemporaneamente allo sviluppo de’ follicoli penniferi avviene un successivo indebolimento, e ‘quindi la scomparsa degli attacchi che univano i cannoni delle vecchie penne alla pelle (cioè gli avanzi delle loro capsule pennifere), per cui tali penne o ne cadono spontaneamente, o ne vengono con facilità strappate dagli stessi uccelli mediante il loro becco nelle fre- quenti assettature e ripoliture che essi danno alla loro veste, ogni qual volta si trovano tranquilli a prender riposo. Egli è al certo un fenomeno sorprendente ed ammirabile quel periodico rinnuovarsi negli uccelli de’ follicoli che origi- nano le produzioni cornee, mediante le quali essi han modo di volare, e che costituiscono la più valida difesa del loro corpo contro le intemperie. Ma è ancora più .ammirabile il vedere come i germi contenuti in questi follicoli, di cotanto semplice struttura al loro apparire, nello svilupparsi acquistano tale or- ganizzazione non solo da esser capaci di produrre nelle diffe- renti parti del loro corpo penne di quella conformazione che vi è necessaria, ma di più che illoro colore, quando occorre, sia esso pure differente nelle mute delle differenti stagioni. Que- sto è appunto quel che avviene nel gran numero di uccelli do- tati d’un abito o livrea d’ estate diverso da quello d’ inverno, come per esempio, tutti i Gabbiant e Gabbianelli , i Maggiaioli, la Pernice della neve, o Lagopode, ec. Quale è l'oggetto di questo cambiarsi periodico del colore delle penne nelle indicate specie di uccelli, ed in molte e 54 INTRODUZIONE. molte altre a loro analoghe e che per brevità ho trascurato di nominare? Che effetti utili possono derivarne per gli animali, ne’ quali tali fenomeni si manifestano? Han relazione alcuna col benessere degli altri animali, con i quali sì trovano o si possono trovare? Queste ed altre analoghe questioni relative al colore degli uccelli, e che posson farsi egualmente peri co- lori degli altri esseri viventi, sono certamente di grande inte- resse, e risvegliano grande curiosità; ma è peraltro molto diffi- cile, se non impossibile , il risolverli: ciò non ostante io credo non inutile di occuparmene un poco, se non foss’ altro, per esporre le supposizioni che si hanno o si possono avere in proposito. Tralascio come fuor di luogo di parlare della materia or- ganica, la quale dà luogo ai colori, ed accennerò solo che ge- neralmente consiste nel così detto Pigmento, che è un pro- dotto di secrezioni dell’ apparato dermico. Ma se ciò è noto, nulla si conosce peraltro circa alle modificazioni che esister devono se non nella sua composizione, almeno nella sua struttura, per le quali diviene atto, allorchè è percosso dalla. luce, ora a manifestare un colore, ora un altro. Nulla dirò neppure dell’ opinione di quei Fisiologi, i quali fan dipen- dere la colorazione degli animali dall’ azione degli agenti esteriori, ed in particolar modo della luce e del calore, ed anche dallo stato di energia vitale che in conseguenza di questi agenti hanno i diversi animali. Tali supposizioni a me sembrano, almeno per adesso, così poco fondate da non me- ritare d’ occuparsene. Per lo che, considerando i fatti relativi alla colorazione quali si vedono, ne apprezzerò gli effetti, e cercherò come possono essere vantaggiosi agli animali, nei quali si manifestano. Il fatto più generale e più facile a verificarsi sì è che tutti sli animali hanno la superficie del corpo d’un colore spe- ciale; ed è egualmente certo che questa colorazione, in spe- cie per le parti superiori, è più o meno analoga a quella dei corpi, sui quali o presso i quali tali animali sogliono vivere. Così tutti gli uccelli che abitano sulle terre spogliate, o fra le erbe disseccate che nei nostri paesi le ricuoprono in estate, han tinte o grige o scure, od omogenee, o miste di macchiuzze più o meno nerastre. Danno di ciò esempio le Lodole, le Qua- per N SE e AR nt n a a Tu LIA) #* s la De i RIPES e ar INTRODUZIONE. 55 glie, Starne, Tallurini, Galline-prataiole, Strillozzi, Corrion- cini, ec. Tanto gli Uccelli insettivori, quanto i Granivori bosca- recci, hanno colori più vivaci o cenerini o verdastri, i Beccafichi, Sterpazzole, Luì, ec. I Grallipedi abitatori delle sponde de’fiumi, de’ sreti o letti di torrenti sono in generale grigi screziati, e perciò d’ un colore analogo a quello della sabbia e delle ghiaie, sulle quali abitualmente essi vivono. Gli Uccelli marini volatori, Gabbiani, Gabbianelle, Sterne, Puffini, ec., son tutti bianchi, o cenerini, vale a dire di colori chiari come quelli delle acque, sulle quali si posano, e dell’ aria caliginosa, nella quale si aggirano. Secondo il mio proposito, astenendomi affatto di ricer- care la causa della similitudine che riscontrasi nel colore del- l’abitatore con quello del luogo abitato, è agevole peraltro il riconoscere l’ effetto utile dell’ analogia di queste colorazioni; vale a dire quello di facilitare ai varii animali il modo di fug- eire alle persecuzioni de’ loro nemici, col renderli a questi meno visibili. E di ciò non può a meno il convincere un nu- mero grande di fatti analoghi che ci son presentati da molti altri animali, come Insetti, Batrachidi, Rettili, Mammiferi. Gl’ insetti offrono fatti d’ importanza sì grande su questo par- ticolare, che non posso a meno di citarne alcuni per esempi. Così, se ponesi mente al colore delle larve de’ Lepidotteri diurni o notturni che sieno, sì vedrà come queste han quasi tutte un colore ora verde analogo a quel delle foglie, delle quali si ali- mentano, o più o meno scuro come la scorza e irami dei tronchi, sui quali stanno attaccati neltempo del riposo. Di più la loro forma è cilindrica come li stessi steli o ramoscelli: mentre che le Farfalle provenienti da tali larve, se diurne, han colori vivaci, come i fiori sui quali si posano, ali laminari come i petali dei medesimi. Le Mantis e le Pasme dell’ Ordine de- gli Ortotteri offrono altri analoghi e magnifici esempi del me- desimo fatto. Le Mantis (o Pregaddio), che compariscono ab- bondanti nell’ estate, han forma e colore simile a quel delle foglie, sulle quali e fra le quali si aggirano per dar la caccia agl’ insetti. Le Pasme invece, che appariscono più tardi, quando le erbe sono in gran parte disseccate, somigliano per la loro struttura e colore ai frammenti dei seccumi stessi. Altro bellissimo fatto relativo al soggetto stesso che per es- 56 INTRODUZIONE. sere forse più importante non posso trascurare, è quello of- ferto dai nostri Batrachidi anouri, Ranocchi e Raganelle, nei quali il colore, che è variabile, sembra trovarsi analogo a quello degli oggetti, in mezzo o presso ai quali si trovano, giacchè per una loro particolarità questo colore cambia ap- punto col cambiare della stazione. Così le Rane son di colore scuro quando stanno nel fango de’ pantani, divengono d’un bel verde dopo che anche per poco tempo son restate esposte ai raggi del sole, posate sul piano galleggiante che formano le foglie di Ninfa e Potamogeti viventi nell’ acque stesse. Il me- desimo fenomeno lo presentano le Raganelle che di scure o cenerine quando stanno o nella mota, o nell’ acqua, son d’un bel verde erba quando restano applicate alla superficie delle foglie degli alberi, e osservandole è facile il conoscere come esse stesse cooperino volontariamente a quel naturale effetto del loro organismo che in modo spontaneo le maschera alla vista dei loro nemici, prendendo sempre tal posizione sulle foglie da farne imitare le forme al proprio corpo, come lo spontaneo cambiamento del loro colore imita quello delle fo- glie stesse. Tornando adesso a parlar degli uccelli, noterò come il colore possa essere in essi nel modo soprindicato non solo fa- vorevole alla conservazione degl’individui, ma in alcuni ancora alla conservazione delle specie. Si è veduto esistere in molte di queste differentissima, anche per il colore, la veste dei ma- schi da quella delle femmine. Ora, a mio vedere, questa di- versità di colore favorisce la propagazione della specie, ren- dendo più facile l’incontro, perciò l’ unione d’ un sesso con l altro. Ma oltre a ciò il fatto che si osserva nei maschi di non piccolo numero di specie di avere colori molto più vivaci e forti di quelli delle femmine e dei giovani dell’ anno, i quali essendo molto più chiari e grigiolati maggiormente assomi- gliano al suolo, sul quale abitano, ci dà a credere che l’ oggetto primario della indicata differenza di livrea sia quello di prov- vedere alla sicurezza degl’ individui più deboli appartenenti alla specie, cioè le femmine ed i giovani, contro la persecuzione de’ loro maggiori nemici, gli Uccelli di rapina, e così provve- dere alla sicurezza della famiglia. Giacchè egli è certo, lo sguardo di questi Rapaci sarà più facilmente attirato dal colore INTRODUZIONE. 57 scuro de’ maschi, che da quello grigio macchiettato de’ gio- vani e delle femmine. Riflettendo alle livree de’ Tetraoni e dei Fagiani, sembrami non si potrà disconoscere la giustezza di questa mia maniera di pensare. Restami adesso a parlare d’ un altro cospicuo cambia- mento nel color della livrea, che si riscontra non solo negli uccelli, ma ancora tra i Mammiferi, di quello cioè che è in correlazione col cambiare del colore del suolo per effetto delle nevi invernali: intendo parlare di quello che si presenta nel genere Lagopus o delle Pernici della neve. Son questi uccelli abitatori delle alpestri regioni; le quali mentre nella stagione estiva, essendo il suolo denudato di neve, hanno il color fosco di questo, o delle erbe che lo rivestono, invece dopo la ca- duta delle nevi divengono uniformemente candide. Da ciò si vede come tali uccelli che in estate hanno una veste gri- gia, perchè fortemente macchiata di scuro, essi pure come il suolo, sul quale vivono, prendono in inverno una candidis- sima veste. Come può disconoscersi in questo fatto una mi- sura provvidenziale diretta a fare sfuggire questi uccelli dalla vista de’loro nemici? Analogo benefizio ritrae certamente il Lepre variabile, esso pure vestito di grigio in estate, di candido nell’ inverno, che abita le stesse regioni montuose, patria del Lagopode. Vi hanno ancora altri Mammiferi, i quali, come il Lepre bianco, cambiano in egual modo la veste col cambiare della stagione; ma questi non essendo timidi come detto Le- pre e anche 1 Lagopodi, essendo invece arditi, rapaci, perciò assalitori e non vittime, così l’indicato cambiamento di veste serve a loro, mascherandoli, a render più agevole le loro cacce e così la loro alimentazione. Tali sono fra i Mammiferi europei gli Ermellini e gl’Jatisse o Volpe bianca. E qui terminerò di parlare dell’ interessantissima colori» tura della veste degli uccelli con l’enumerare fra gli oggetti di questa quello che per il primo ne’ passati tempi da tutti indicavasi, e che in oggi ancora da non pochi si ammette, cioè d’ornare nel modo il più gradevole l’insieme del creato. E considerando la vaghezza del maggior numero de’ loro co- lori, l’armonica varietà di questi e l’elegante e simmetrica loro disposizione, non si potrà a meno d’ avere una tale opi- nione; di pensare cioè che una delle più importanti missioni 58 INTRODUZIONE. di questi esseri sulla terra sia quella d’ornare maggiormente le opere del Creatore, mediante la bellezza e vivacità de’ co- lori della loro veste, nel modo stesso che l’animano col loro numero non che con la vivacità dei movimenti, e come la rallegrano non pochi con la soavità del loro canto, tutti con la lor voce forte e squillante di continuo, in un modo o in un altro modulata. CAPITOLO SETTIMO. Emigrazioni e Stazioni degli Uccelli. Quantunque in un Opera, quale è questa, sia fuor di luogo il trattare completamente di tutti gli attributi e funzioni degli uccelli, per le ragioni stesse che ho esposto in principio del precedente capitolo, io credo non potermi dispensare di far co- noscere quanto concerne le emigrazioni e le stazioni degli Uccelli europei, non tanto per essere un tal soggetto di mas- simo interesse per l’Ornitologia geografica, quanto ancora per la biologia e per la classazione di questi animali. Uno dei resultamenti più importanti ottenuti dai numerosi studii di Geografia zoologica, che con tanta cura da un certo tempo si vanno facendo, fu quello di stabilire con molta mag- gior precisione il limite delle così dette regioni ornitologiche, cioè di quelle porzioni della superficie del globo, ove stan- ziano 0 dove si aggirano particolari razze di uccelli, forman- done così un’avifauna diversa da quella delle circonvicine regioni. Da lungo tempo era stato riconosciuto che gli uccelli di un emisfero, anche i più girovaghi o cosmopoliti, non si esten- dono nell’altro. In oggi, grazie alle numerose ed accurate ricer- che dei viaggiatori, si è potuto determinare, almeno approssi- mativamente, quale è 1’ estensione nel senso della latitudine e cella longitudine dell’indicate regioni ornitologiche. L’inglese Sclater, che di tal soggetto si è particolarmente occupato, sta- bilì nelle sue relative Memorie con assai precisione il limite INTRODUZIONE. 59 delle medesime che le recinge approssimativamente, e a cia- scuna assegnò un nome particolare. Così la regione Paleartica o dell’antico mondo è la più vasta di tutte, avendo una superficie di 14,000,000 di miglia quadratè. Essa comprende in sè l'Europa e l’Affrica al Nord della catena atlantica, l'Asia al Nord dell’ Imalaia fino al Giap- pone e ancora alle Isole Aleutiche, e per conseguenza quella, nella quale stanno e si aggirano ancora gli uccelli che for- mano il soggetto di questo libro. Ciò premesso, intendesi age- volmente che volendo occuparsi delle stazioni ed emigrazioni degli uccelli proprii d’un determinato paese, sia questo un Regno, una Provincia, ec., è necessario incominciare dal con- siderar generalmente tal soggetto per quel che concerne l’in- tiera regione ornitologica, a cui quel paese appartiene. E ciò fatto, passar quindi a considerare il soggetto stesso solo in quel- l'estensione di paese che ornitologicamente si vuole studiare. È con tal metodo che mi occuperò dell’ emigrazioni degli Uccelli italiani. Gli uccelli dividonsi, riguardo alle loro stazioni fisse o temporarie, in due grandi categorie: cioè in quelli che non sì allontanano giammai notevolmente dal luogo ove nacquero, che diconsi Stazionari; ed in quelli che periodicamente se ne allontanano, o nei Migratori. L'oggetto primario delle emigrazioni si è quello di prov- vedere e assicurare la qualità e quantità di alimento, di cui han bisogno le varie specie di uccelli. L’ energia massima della funzione respiratoria, il bisogno di riparare le perdite prodotte dalla loro attiva e svariata locomozione, ec., esigono un'alimentazione abbondante e quasi continua, sia animale, sia vegetale: e siccome tale abbondanza degli alimenti ora è maggiore, ora è minore, ora manca del tutto periodicamente nelle varie parti della superficie terrestre, a seconda cioè del variare delle stagioni, essi in conseguenza han bisogno di va- riare stanza, o di emigrare in relazione di detti cambiamenti. Di fatti è all’accostarsi dell'inverno che nell’ emisfero boreale gli uccelli emigrano dal Nord verso il Sud} giacchè se ciò non facessero, in conseguenza del successivo abbassarsi della temperatura si troverebbero in breve mancanti del tutto di nutrimento, o almeno lo avrebbero insufficiente ai proprii 60 INTRODUZIONE. bisogni, tanto a causa della scomparsa dalla superficie della terra degl’Insetti, Vermi, ec., che formano il cibo del maggior numero, quanto del disseccarsi delle piante, dei cui semi, gemme e fronde si nutrono; oltre a ciò la caduta delle nevi che ricuoprono in inverno la superficie del suolo, ed il congelarsi dei luoghi inondati e de’ vari corsi di acqua, sono altrettanti potenti fenomeni meteorologici invernali che rendono inabi- tabili agli uccelli in detta stagione quelle regioni, le quali nel- l'estate furono per loro così propizie e gradite. Calando adun- que verso il mezzogiorno in ragione che il Nord è per divenir loro inabitabile, provvedono mirabilmente alla propria sus- sistenza, e perciò alla conservazione della loro specie, emi- grando verso il Sud. Ma nel modo stesso che nella stagione invernale per il sopraggiungere del freddo, il cuoprirsi di neve la superficie della terra, ed il ghiacciarsi di questa, non che le acque dei laghi e dei fiumi, l’obbligò a calar verso il Sud, al giungere della primavera l’imminenza dei calori ed asciuttori estivi, effetto dei quali si è egualmente la diminuzione, ed anche scom- parsa di quanto occorre per la loro nutrizione, li determina ad altra emigrazione, cioè a quella dal Sud verso il Nord. Altro oggetto validissimo delle emigrazioni verso le regioni boreali sì è, per un numero grande di uccelli, quello di prov- vedere ad una sicura e comoda propagazione della specie. Così la massima parte dei Grallipedi e dei Nuotatori abbandonano le regioni calde e temperate d'Europa per portarsi più o meno verso il Nord anche al di là del cerchio polare; giacchè in quelle regioni boreali selvagge e deserte, ove non solo rado vi è l’uomo, e non troppo vi sono numerosi i Mammiferi carnivori, vi trovano estesissimi spazii, ove possono stabilirsi per com- piervi tranquillamente la nidificazione ed educazione dei figli, e vi trovano ancora abbondanza di nutrimento; giacchè, come è noto, ove la vita dei vegetali e degli animali fu costretta a restare per lungo tempo sospesa o latente a causa delle con- trarietà della stagione, quando queste cessano, e che la vita risvegliasi, quasichè riacquistar volesse il tempo perduto, ma- nifesta colà, tanto con lo sviluppo delle piante, quanto con quello degl’ Insetti, Vermi, ec., un’ energia molto maggiore che nei climi più meridionali. INTRODUZIONE. 61 È qui da notarsi che ancora non pochi di quelli uccelli, de’ quali la maggior parte compie le più estese emigrazioni, qualcuno se ne ferma nelle località intermedie, quando ne trovino di quelle sufficienti ai loro bisogni. Così, per esempio, mentre la maggior parte dei Germani, delle Morette, delle Folaghe, Gallinelle, ec., vanno a nidificare presso ed anche al di là del cerchio polare, pur nonostante non vi ha neppure in Italia padule assai esteso, ove non si arrestino a propa- garsi più coppie de’ nominati uccelli; e la Beccaccia ancora, che ha per culla le grandi boscaglie del Nord, non di rado si trattiene nelle nostre foreste, specialmente in quelle mon- tane, ove incontra la mitezza del clima necessaria alla sua progenie. Se da quanto si è detto fin qui, chiaramente apparisce quali sono gli oggetti delle emigrazioni, non egualmente facile si è il determinare le cause che inducono gli uccelli ad intra- prenderle. Egli è certo che queste non sono la mancanza del cibo, nè l’ asciuttore, nè una temperatura o troppo bassa o troppo elevata, osservandosi sempre incominciare le emigra- zioni in una stagione, nella quale tuttora persistono le condi- zioni favorevoli a quella specie, cioè abbondanza di vitto, tem- peratura, ec., per quegli uccelli la più propizia. Dicesi, e con ragione, che è in forza dell’ istinto, cioè di quella guida poten- tissima, di cui tutti gli animali più o meno furono muniti, che tanto maggiormente è valida, quanto meno essi son dotati di quel soffio d’ intelligenza anche ai bruti compartito. Quest’ im- pulso, questa potenza incognita, a cui sì dà il nome d’ istinto, è validissima negli Uccelli migratori talmente, che ancor quelli ritenuti in schiavitù, e per conseguenza in stato, nel quale poco o nulla possono risentire dell’ azione delle cause esteriori, dan segno, giunto che è il periodo dell’ emigrazione propria della loro specie, di risentirne il bisogno potentemente. Benchè anche, a mio credere, non si possa dubitare esser l'istinto il motore primario che determina gli uccelli ad emi- grare, pure io credo esser molto da valutarsi ancora l’ opi- nione di coloro, i quali l’attribuiscono ancora all’ abitudine, la quale determina i vecchi, o quelli già che eseguirono varie emigrazioni, e che coll’ esempio trascinano con loro i più gio- vani, i quali simili viaggi non hanno giammai effettuato. REA RARO Ve FILA 62 INTRODUZIONE. Dopo ciò passiamo a considerare brevemente quali pos- sono essere le guide, col di cui soccorso gli uccelli si dirigono durante i lunghi viaggi che debbono eseguire. Primieramente, quantunque io pensi che non si possa a meno di enumerare ancora fra queste l’ istinto, credo ancora ve ne abbiano tre altre, le quali sieno loro di grande soccorso: quella, cioè, che traggono dalla vista, e quella ad essi somministrata dall’ azione dell’ aria sul loro corpo, mossa o immobile che sia; e di più la loro forte memoria locale. È noto come gli occhi degli uccelli abbiano una struttura molto più perfetta di quella degli altri Vertebrati, giacchè in grazia dell’ ammirabile cerchio osseo che guarnisce l’ emisfero dell’ involucro di questo sensorio, potendo essi a volontà al- lungarne o scorciarne il diametro longitudinale, e così appros- simare o scostare il cristallino alla retina, possono a loro pia- cere ridurre il sensorio stesso atto a vedere esattamente gli oggetti prossimi ed i più lontani. Di più avendo nei loro potenti organi di volo facile maniera di elevarsi a grande altezza nel- l’aria, e così procurarsi un orizzonte molto più esteso di quello degli animali terrestri, resta agevole, almeno a quelli i quali: non per la prima volta eseguiscono le emigrazioni, di dirigersi verso le regioni ove di già passarono sotto la guida di uccelli più esperti. In quanto all’ azione dei venti, anzi più esattamente espri- mendomi, dell’ atmosfera nella quale si trovano, quieta o mossa essa sia, è agevole il comprendere come questa debba eser- citare in essi effetti infinitamente più potenti che negli altri animali, tanto per la straordinaria estensione che ha in loro l'apparato respiratorio, quanto la squisitezza di varii de’ loro sensorii; quello del tatto, per avere impiantate nella loro cute le penne, cioè estesissime produzioni cornee, le quali per l’ ela- sticità del loro tessuto debbono far risentire ad essi le minime vibrazioni atmosferiche; quel dell’ odorato in molti di una sor- prendente squisitezza, e fors° anche di quel dell’ udito. E che eli uccelli abbiano una perfezione di sentire molto superiore a quella d’ ogni altro animale, ne è. prova il fatto a tutti noto, di prevedere, direi, il sopraggiungere delle burrasche, de’ ter- remoti, e delle grandi e forti commozioni meteorologiche, prima assai che siansi in niun modo manifestate ai sensi nostri. ip ta IO 0g MER red ide! ar seit INTRODUZIONE. 63 Quando poi l’aria è mossa (cioè spira vento), in altro modo ancora coopera a far loro conoscere la direzione che debbono seguire per le loro emigrazioni, quando peraltro tali venti provengono dalle regioni, verso le quali la emigrazione è diretta: cioè col grado di calore di cui son dotati, e con le emanazioni che seco loro trasportarono. Imperocchè, siccome le emigrazioni son costantemente dirette in un senso o nell’ al- tro del meridiano, intendesi di leggieri come quando emigrano dal Nord al Sud, i venti, contro i quali sì dirigono, debbono ordinariamente avere una temperatura più alta di quella della regione ove essi viaggiano, e viceversa. Di più, siccome l’ aria si carica facilmente delle emanazioni che si sollevano nelle re- gioni che esso traversa, e seco le trasporta per lungo tempo, è, a mio credere, molto probabile debbano servire anche tali emanazioni a guidarli nei loro viaggi. Infine venendo a parlare della memoria locale, rammen- terò come è potentissima, e perciò causa di mirabili effetti non solo in quasi tutti i Vertebrati, ma ancora in molti animali di organismo assai inferiore. Basta riflettere al come, mediante di questa, l’ Ape operaia che escita da ore dall’ interno della cellula, ove da larva si svolse in insetto perfetto, sortendo per la prima volta dall’ alveare, dopo essersi alquanto inalzata nell’ aria, e colà per un poco trattenendosi volando a destra e a sinistra per ben conoscere gli oggetti che circondano la sua dimora, e quelli che incontrar deve nel suo cammino, guidata fors’ anche dal suo istinto va a distanze notevoli a posarsi sui fiori che somministrare le possono o il polline o il nettare, di cui abbisogna la società, alla quale appartiene: e come dopo aver fatta la conveniente raccolta del primo ammassandolo sulla faccia esterna delle sue zampe posteriori, e del secondo riempiendone l’ amplio gozzo, di cui la dotò a tale oggetto la provvida natura, ritorni senza commettere sbaglio, e per la via più retta che già aveva percorso, al materno alveare. Chiunque ha avuto occasione di traversare un’ estesa fo- resta, mancante di vie tracciate, sopra un cavallo estraneo del tutto al paese, e che per la prima volta percorre quelle regio- ni, sa come, se nel ritorno si lascia dal suo cavallo ricondurre, questo, senza nessuno sbaglio, lo fa di nuovo passare per la strada precedentemente percorsa. eo Ta tt Fe : - 64 INTRODUZIONE. Molti e molti fatti analoghi potrei riportare, che sono pre- sentati tanto dai nostri Ruminanti domestici, quanto dai Gar- nivori; ma, per non dilungarmi di troppo, mi limiterò a citare 1 Piccioni domestici, così detti Viaggiatori. Or dunque da quanto ci insegnano tutti gli esempi qui sopra riportati, a me sembra non potersi dubitare dover essere la memoria locale ancora per gli Uccelli'migratori, che già adem- pirono uno dei loro periodici viaggi, una potentissima guida. Per quelli che lo compiono per la prima volta, certamente è l’ esempio de’ provetti che insegna loro la strada. Per terminare d’ esporre quanto sembrami opportuno. al soggetto di questo libro circa le emigrazioni in generale, mi resta solo a dire come esse incominciano ed in quali condizioni sia necessario si trovi allora l’ atmosfera, ed in quali gli uccelli stessi. Si è già esposto quanto vi ha di più probabile sulle cause determinanti il cominciare dell’ emigrazione; si è indicato come, quantunque avvengano ogni anno sempre nelle stesse stagioni, non è peraltro costantemente nella medesima precisa epoca di queste. Onde gli Emigranti possano partire, conviene prima di tutto che la muta delle penne abbia in loro avuto il suo compimento, e quindi che le condizioni atmosferiche sieno favorevoli. Le penne, cioè le complicate produzioni cornee co- stituenti la loro veste pennuta, sono la parte più essenziale degli apparecchi del volo: benchè formate d’ un tessuto compatto e resistente, pure essendo continuamente in attività, e sottoposte di continuo all’ urto ed alla confricazione dell’aria, ed anche de’ corpi solidi, in mezzo ai quali s’ aggirano, in breve deterio- ransi cotanto da non esser più atte a compiere che malamente le funzioni a cui son destinate, ed in specie quella del volo. Ma ‘ la natura ha provveduto a ciò con le mute, cioè col periodico rinnovamento delle penne, e col fare avvenire tal rinnovamento poco avanti l’ epoca dell’ emigrazione. Per potere adunque adempire i loro viaggi muniti degl’ organi del volo nello stato della conveniente perfezione, occorre che la muta sia compìta: e siccome nella muta delle penne la massima parte dell’ energia vitale degli uccelli è richiamata nell’ apparato cutaneo, ove ac- cade lo sviluppo dei nuovi germi di queste produzioni cornee, perciò la macchinadell’ animale si trova in uno stato di debo- lezza che impedisce loro di partire. Questo stato malaticcio è INTRODUZIONE. 65 peraltro vantaggioso alla emigrazione che avverrà dopo la muta, e quando per conseguenza sarà cessato tale stato anor- male, col far dimagrare gli uccelli emigratori, col far perder loro quella soprabbondanza di pinguedine che avevano prece- dentemente acquistata, la quale sarebbe nociva con l’aumen- tarne di soverchio il peso. E siccome la muta degli adulti ac- cade, secondo il Temminck, in epoca diversa da quella dei giovani, da ciò ne avviene che gli uni partono prima, gli altri dopo; ed ancor questa è una delle cause della separazione che quasi costantemente si osserva fra gli uccelli della medesima specie. Adunque, allorquando dopo che è compiuta la muta, si trovano dotati di nuovi strumenti del volo, perciò robu- sti e completi, all’ approssimarsi dell’ epoca dell’ emigrazione risentono il bisogno di effettuarla, cominciano a poco per volta a riunirsi più giorni avanti in drappelli, che dopo non molto si sciolgono, e quindi giunto il giorno adattato, ad un tratto prendono tutti d’ accordo il volo, ed incominciano la loro emigrazione. Certamente una delle condizioni indispensabili all’inco- minciare dell’ emigrazioni, si è un vento favorevole ed un tempo che non minacci burrasca o venti contrarii, e già si è visto come la Provvidenza diede loro energici mezzi per giu- dicare con esattezza non solo dello stato atmosferico attuale, ma ancora per prevedere quale sarà per essere in un pros- simo avvenire. Si è visto di più che la direzione del vento la più favore- vole è la contraria a quella, nella quale devono eseguire il loro viaggio. Questo si effettua bene anche con tempo assolu- tamente calmo. Un vento contrario obliquamente non fa che render più faticoso il loro progredire; se è nella direzione stessa del viaggio, li determina a fermarsi e posarsi o sulla terra o sulle acque a seconda della propria natura: lo stesso effetto producono i venti che spirano normalmente alla dire- zione dell’emigrazione. E qualora questi venti normali sorgono improvvisi ed impetuosi, mentre la turba degli emigranti o è molto elevata, o distante dalla terra per trovarsi sul mare, al- lora produce sovente la dispersione della banda, e sovente ancora la sua deviazione, se non di tutta, almeno di una gran Ornitologia italiana. — 1. 5 66 INTRODUZIONE. parte degl’ individui che la compongono. Ed allora quegli uc- celli deviati, come se avessero perduto il modo di ritrovare i compagni, e di rimettersi sul retto cammino, prendendo dire- zioni insolite, son causa dell’ apparizione nelle varie regioni d’ uccelli che ordinariamente non vi si incontrano, ed ai quali sì dà il nome d’ uccelli erratici o avventizzi. La rapidità del volo degli uccelli è tale che, se il tempo è favorevole , in breve e senza fermarsi potrebbero compiere il loro viaggio. Per altro ciò non accade quasi giammai, giacchè bene spesso sono obbligati a sospendere il viaggio loro tanto per la contrarietà de’ venti, quanto per il sopraggiungere di pioggie violenti, durante le quali sogliono fermarsi. Ma altra potente causa di soste è il bisogno di nutrirsi, sempre in essi veemente, e molto più quando son sottoposti alla fatica di que’ lunghi e continuati voli. Ed è appunto per supplire all’ alimentazione che, secondo il loro regime, percorrono delle speciali strade. Gli Acquatici ed i Grallipedi son quelli che maggiormente de- viano, per seguire il più che possano le spiagge del mare, i grandi laghi ed il corso de’ fiumi. Gl’ Insettivori, Granivori ed Onnivori percorrono vie più rette; imperocchè ovunque sono boscaglie, campi sativi, praterie, ec., possono trovarvi quanto occorre per il loro pascolo. I Rapaci poi, se vivono d’ uccelli, seguono le emigrazioni delle specie che ordinariamente sono la loro preda. Egli è per le stesse ragioni, cioè per potersi procurare ogni volta che ne hanno bisogno, o il cibo o il ri- poso, che, dovendo traversare il mare, sempre e tutti prescel- gono quei tratti ove si trovano delle isole. In quanto all’ ore delle emigrazioni, queste, secondo le mie osservazioni, variano molto per le stesse specie di uc- celli, ora avvenendo durante il giorno, ora nella prima o nella seconda parte della notte. E non sono solo gli uccelli notturni o i crepuscolari che viaggiano di notte, come sarebbero i Gral- lipedi e Nuotatori, ma gli assolutamente diurni, i quali fuori dell’ epoca delle emigrazioni non è che nel giorno che si tra- sportano da un luogo all’ altro. Una prova di ciò è il fischio di varii di tali uccelli, che sentesi nell’ aria durante la notte; ma prova molto più valida la danno i Fari, attorno alla lanterna o fanale dei quali trovasi ogni mattina durante i due passi nu- mero grande di uccelli, o assolutamente morti o tramortiti, INTRODUZIONE. 67 per aver percosso contro i cristalli della lanterna stessa nel- l’accorrere verso la luce che tramanda. Non solo Beccacce, Beccaccini, Alzavole, ed altri uccelli, i quali a ragione pos- sono dirsi crepuscolari, sì trovano stramazzati presso i Fari; ma ancora Colombacci, Colombelle, Lodole, Frinquelli, ec., uc- celli cioè che fuori di quel tempo sono assolutamente diurni. Ancora l’ altezza o distanza sopra il livello della terra, alla quale sogliono tenersi emigrando, varia moltissimo, e questo principalmente a cagione dei venti, ed anche dei peri- coli e degli ostacoli che incontrano sulla loro strada. Dopo avere fin qui considerato i fatti che in generale ci presentano l’ emigrazioni dell’ intiera regione ornitologica del- l’ antico Continente o Paleartica, per terminar di discorrere di un tal soggetto, debbo adesso trattare delle particolarità pro- prie alle emigrazioni che si compiono nella porzione occiden- tale di detta regione, nella quale è compresa la nostra Peni- sola, soggetto primario degli studii di questo libro. Anche gettando solo un colpo d’ occhio sopra un plani- sferio, si conoscerà tosto come in detta porzione occidentale di quella regione le emigrazioni debbono avervi speciali anda- menti, tanto in conseguenza della sua posizione geografica, quanto della forma delle parti continentali che la compon- sono, e de’ mari mediterranei che l’ attraversano dall’ E. al- lO. nella sua zona temperata. Riguardo alla Penisola italiana che in direzione N. O. S. E. inoltrasi nel primario di questi ma- ri, e che per conseguenza trovasi appunto sulla linea delle due primarie emigrazioni, in mezzo ai tre grandi antichi conti- nenti, l Europeo, l’Asiatico e 1’ Affricano, sì comprenderà agevolmente come non possa a meno di presentare in propor- zione della sua superficie una delle più ricche faune ornitolo- giche. Per mia propria esperienza non posso parlare che delle emigrazioni, le quali avvengono sul suolo italiano: e siccome a seconda del mio assunto conviene faccia conoscere il modo, col quale avvengono le emigrazioni nelle regioni circonvicine, per queste mi è giocoforza valermi di quanto ne scrissero i distinti ornitologi G. J. Temminck, il barone Edm. De Sélys-Long- champs, ed i signori J. B. Jaubert e Barthélemy-Lapomme- raye. tele ae 68 INTRODUZIONE. Secondo tali Autori adunque, gli Uccelli emigratori euro- pei, quando al giungere dell’ inverno debbono dal Nord scen- dere verso il Sud, seguono secondo la propria natura le dire- zioni indicate loro dalle leggi generali sopraesposte, cioè se Acquatici, siano essi Nuotatori o Grallipedi, percorrono le coste dei mari che in questa direzione si trovano, vale a dire i pro- venienti dalle parti più occidentali, quelle bagnate dal mare del Nord e dall’ Atlantico, della Germania, dell’ Inghilterra, Francia e Portogallo ; e quelli che provengono da regioni più orientali s° inoltrano nel Continente, ove percorrono il corso dei grandi fiumi, seguendone le vallate: E i Granivori ed In- settivori, per le ragioni in addietro indicate, non essendo co- stretti a seguire il corso delle acque, scendono dal Nord al Sud in direzione più retta, fino a che siano giunti sulla sponda settentrionale de’ mari interni, cioè Mediterraneo, Adriatico, Arcipelago, o nelle loro isole, ove un numero non piccolo degli Acquatici, quanto degl’ Insettivori e Granivori, si arresta a nidi- ficare. Il maggior numero peraltro continua la sua emigrazione. verso il Sud. I provenienti dall’ Europa orientale per la mas- sima parte inoltransi nella Siria e prossima Arabia, gli altri nell’Egitto e nelle vicine regioni affricane. Di questi, i più dei Grallipedi e Nuotatori si trattengono sulle rive del Mediter- raneo, nei piani ove il Nilo serpeggia, giacchè trovano colà co- moda stazione ed il nutrimento abbondante che a loro con- viene: mentre che gl’ innumerevoli stormi d’uccelli Insettivori e Granivori, risalendo questo gran fiume, penetrano molto più lontano verso il centro dell’ Affrica. Quelli poi che venendo di Europa han traversato il Mar Nero, ed anche l’Egeo, si avan- zano sul Continente asiatico, e spingono le loro emigrazioni, secondo il Temminck ed altri moderni Ornitologi, fino al Giappone. Molti poi degli Uccelli migratori che tornando dal Nord hanno percorso la parte occidentale dell’ Europa, seguendo le coste della Spagna, Portogallo, ec., si dirigono lungo la costa atlantica affricana, ed arrivano fino al Senegal, ove, seguendo il corso del Gambia, vanno a fermarsi nelle boscaglie, paludi e praterie che trovansi lungo le rive di questo gran fiume. Nel ripasso, o emigrazione di primavera, dopo che gli Uc- È MYA, lla RAI TA e TOTI RT Ma Li La cm" 4 si o e Da SEA GA ARENA I i "NOg” “MU eS f #73 A : INTRODUZIONE. 69 celli viaggiatori risalirono dall’ Asia e dall’ Affrica fino alle sponde dei nostri mari mediterranei, là alcun poco si tratten- sono, e riformatevi le loro brigate traversano il Mediterra- neo e l’ Egeo, preferendo più che possono, come nel prece- dente viaggio, i tratti di tali marì ove sono delle isole, o dove ne è più breve il tragitto. Quelli che vengono dalla parte oc- cidentale dell’ Affrica, quando han traversato il Mediterraneo e raggiunta la costa di Spagna, proseguono il loro cammino verso il Nord, o lungo quelle dell’ Atlantico e del Baltico, o percorrendo più che possono l’ andamento delle grandi valli ed il corso dei loro fiumi. Gli altri poi che arrivano sul Medi- terraneo dalla rimanente e più orientale costa affricana, tra- versati il Mediterraneo stesso e l’ Adriatico, si fermano presso le sponde dei grandi golfi che incontrano in quella parte del Continente europeo per quindi continuare di là il loro cammi- . no. Di quelli che arrestansi presso il golfo di Lione o di Genova, non pochi, inoltrandosi lungo la falda occidentale delle grandi Alpi, vanno a raggiungere i laghi della Svizzera, verso i quali si dirige ancora gran quantità degli uccelli che traversarono il Nord della nostra Penisola. Peraltro il maggior numero di que- sti prende la via dei grandi laghi delle Alpi italiane e di là, dopo aver traversato questa gigantesca catena, si inoltrano nella Germania e, percorrendo il corso dei suoi fiumi, pro- seguono il loro viaggio fin presso ed anche al di là del cer- chio polare. Quelli poi che risalgono lungo le coste dell’ Adriatico, dopo essersi trattenuti nelle vaste paludi e nelle estese pia- nure che si trovano, tanto sulla sua sponda orientale, quanto sull’ occidentale di detto mare, continuano fino al fondo del golfo di Venezia, e, prendendo allora il corso del Taglia- mento, vanno sui laghi di Willak e di KXlangenfort: di là si spandono negli estesi paludi di Balaton e Neuzidel, ove molte specie si fermano a nidificare, mentre altre inoltrandosi lungo il corso del Danubio van poi a fermarsi sulle rive del Baltico. - NEST - enna 70 INTRODUZIONE. CAPITOLO OTTAVO. Nidi degli Uccelli, e loro Olassazione,. Fra le pregevoli doti degli uccelli non è la minore l’abi- lità che tutti hanno di fabbricarsi un nido, quando l’ istinto in- segna ad essi che approssimasi l’ epoca di deporre le uova, cioè di preparare un ricettacolo per il frutto de’ loro amori, e di costruirlo in modo adattato alla loro natura e dimora. Sarà nell’ enumerazione delle varie specie degli Uccelli italiani che io descriverò la struttura de’ nidi fabbricati da ciascuna di esse. Qui non voglio che esporre alcune considerazioni gene- rali sopra gli stessi, e far conoscere la Classazione per i me- desimi adottata da molti anni nei miei corsi universitarii. Come è noto, la destinazione, o l'oggetto de’ nidi, non è una sola, ma varia. La primaria è di offrire un letto morbido, o almeno di superficie così unita da preservare le uova stesse dalla rottura del loro fragile guscio: opporsi alla dispersione del calorico proveniente dall’ incubazione, e difenderle dai no- cevoli effetti degli sbilanci di temperatura: dare una comoda stazione alla madre incubante ed ai neonati: ed in fine di- fenderla prima insieme alle uova, e quindi con i figli, dai loro nemici e dalle contrarie meteore. Ora tutti questi diversi ed importanti intenti son raggiunti dalle varie specie mediante la scelta de’ materiali, con i quali fabbricano il nido, e della località ove lo costruiscono, come pure dalla forma e dal modo, con cui, in grazia dell’ istinto e di quel grado d’ intelligenza dato ad ogni animale proporzio- natamente ai bisogni, sanno gli uccelli conformarli secondo le esigenze di questi. Nello stesso modo che è impossibile ne- gare l'istinto alle Api, per esempio, nella costruzione de’ loro favi, così è impossibile negarlo agli uccelli relativamente a quella de’ nidi, vedendosi che la medesima specie li fab- brica ovunque con uno stesso disegno, e li pone in località analoghe. Ma egli è impossibile egualmente il non ammettere che in quelle ammirabili loro costruzioni non sieno guidati ancora dall’ intelligenza, e che tutto facciano per effetto d’ un INTRODUZIONE. 74 cieco istinto (dell’ intelligenza più o meno perfetta sono dotati gli animali; della ragione, o dell’ intelligenza perfezionabile, non è dotato che l’ uomo). Il vedere come sanno a proposito cambiare, secondo le circostanze, la situazione dell’ opera loro, mutarne i modi di collegarla e di consolidarla, e come oltre a ciò essi sappiano valersi di materiali diversi, quando gli or- dinarii ed i più adattati vengon loro a mancare, sono, a mio credere, altrettanti fatti, i quali provano essere essi guidati an- cora da un grado sufficiente d’ intelligenza. Siccome nel corso di questo libro, descrivendo la nidificazione d’ ogni specie, ho esposto tutti i fatti che comprovano tal mia opinione, così essendo inutile che mi trattenga adesso maggiormente su tale proposito, passo tosto a parlare della Classazione generale da me adottata per i nidi. Giova peraltro che faccia in prima notare, che in tutti i nidi conviene distinguere due porzioni essenziali, cioè l’ in- terna ed inferiore che serve d’appoggio e di letto alle uova, e l'esterna, sulla quale il letto è posato e che in gran numero di nidi con la sua espansione ne costituisce le pareti laterali, ed anche la superiore. In alcuni il sostegno, le pareti e la volta, son formati to- talmente di materiali di natura del tutto diversa da quella del letto, ed in altri, anzi nei più, son ambo composti di materiali della stessa natura, ma non della medesima qualità. Alcuni esempi chiariranno pienamente il mio concetto. Le Budbole e i Rondoni posano le loro uova sopra uno strato di pagliuzze, foglie, penne, ec., e tale strato forma la porzione inferiore, interna de’ loro nidi; ma l’altra porzione, l’ esterna o la pa- rete, in quello delle Bubbole si forma dal legno della parte dell’albero cavo, nel quale esse depongono le sue uova; e per il nido de’ Rondoni la porzione esterna o la parete è formata da quella della buca del muro o dello scoglio, ove tali uccelli si stabilirono. Nei nidi poi della maggior parte degli altri uccelli, per esempio, in quello del Rigogolo, de’ Lanius, de’ Fringuelli, Cardellini, Rosignoli, Codibugnoti, ec., non solo il letto si forma di frammenti di materiali vegetabili ed animali, ma di so- stanze analoghe si forma ancora la parte esterna, il sostegno del letto e le pareti di detto nido. Ciò premesso, venendo a parlare della Classazione dei 72 INTRODUZIONE. nidi, noterò come avendo, per maggior semplicità, reputato conveniente di non far caso in essa della natura e costruzione della parte interna o del letto, io la basai essenzialmente sulla qualità, forma e situazione della parte o parete esterna, per cui i nidi tutti vengono divisi nei seguenti quattro gruppi: 1° Nidi scavati; 2° Nidi cementati ; 5° Nidi tessuti; 4° Nidi cuciti. Nel primo gruppo pongo quelli contenuti in cavità, o na- turali o scavate per intiero o in parte dagli stessi uccelli che ‘ vogliono deporvi le uova. Tali nidi debbono suddividersi in quelli incavati nella terra o ne’ massi, ed in quelli incavati nel legno. Quelli della prima suddivisione li divido di nuovo: 1° in quelli fatti in un semplice e superficiale încavo nel terreno: ce ne danno esempio quelli dei Piri-pirî (Tringhe Totanus, ec.), dell’ Occhione (Oedicnaemus), de’ Gabbiani, Gabbianelli, ec.; 2° in quelli nascosti in duche di massi o di muri: i Rondoni (Cipselus Apus), i Piccioni selvaggi (Columba livia), i Barba- gianni (Strix flammea), il Gheppio (Falco Tinnunculas, Lin.), fanno le loro cove in questi siti; 3° in quelli che sono real- mente incavati entro la terra, mediante l’azione del becco, e delle zampe degli uccelletti che vogliono nidificarvi, e che ese- guiscono escavando un cunicolo più o meno lungo, e dilatato nel fondo in una cameretta a forno. Tali sono quelli del Topino (Cotyle riparia), del Gruccione (Merops apiaster), dell’ Uccel Santa Maria (Alcedo hispida), per quanto fu osservato dal si- enor Bettoni, ec. I nidi della seconda suddivisione di questo primo gruppo o quelli cavati nel legno, cioè contenuti nelle cavità de’ tronchi d’alberi, dividonsi di nuovo essi pure in quelli posti in vacui naturali de’ tronchi dalberi, e de’ quali gl’ uccelli si valgono come sono: appartengono a questo gruppo i nidi delle Bubbole (Upupa epops), de’ Torcicolli (Yuna torquilla), degli Storni (Sturnus vulgaris), degli Assiolì (Ephialtes Scops). Vi hanno poi quelli fabbricati in vacui di tronchi d'albero, per pene- 1 Storia Naturale degli Uccelli che nidificano in Lombardia, ad illu- strazione della Raccolta ornitologica dei fratelli Turati, scritta da Eugenio Bettoni. Milano. ‘} RARA TT AIAR OE TEA ONT PRO 1 7% INTRODUZIONE. Ta trare nei quali conviene che l’ uccello pratichi esso stesso l’ occorrente apertura, ed il cunicolo successivo, escavando a colpi di becco il tronco, e spesso ancora occorre che nello stesso modo amplii la cavità naturale che in essi s’ incontra. Il Picchio nero (Dryopicus martius) ed il Picchio martinaccio (Gecinos viridis) ci presentano nidi di tal qualità. I nidi cementati, o della seconda categoria, son quelli co- struiti con mota che ‘gli uccelli raccolgono col loro becco, e con questo dispongono come si conviene per costruire l’allog- gio a loro occorrente. I Balestrucci (Chelidon urbica) sono fra i nostrali gli uccelli che ci danno il più bell’ esempio di tali nidi, formandoli intieramente di sola mota, quasi emisfe- “rici, con una piccola apertura per ingresso. Le Rondini ancora (Hirundo rustica, Lin.); ma il nido di queste è fatto a culla, ed alla mota, di cui essenzialmente componesi, son miste delle pagliuzze. Altro nido cementato è quello del Picchio muratore 0 Pecciotto (Sitta caesia, Lin.), giacchè, quantunque non sia tutto fatto con cemento di mota, pure, siccome non è piccola la costruzione che esso spesso fa per diminuire la larga apertura de’ vecchi nidi di Picchio, e delle buche naturali degli alberi ove si vuole stabilire, così non puossi a meno di porlo fra i cementati. E l’uccelletto che lo fabbrica merita più di qua- lunque altro il titolo di Cementatore, e meglio quello che a lui danno i cacciatori di Muratore, giacchè, oltre al saper murare, sa ancora fare un cemento adattato, dicendoci il signor Bet- toni che all’argilla mescola ancora sterco di vacca, materia che, come a tutti è noto, dà all’argilla una molto maggior resistenza. Secondo il mio pensiero, devesi poi riferire a questo gruppo ancora il nido del Fenicottero (Phoenicopterus ruber), giacchè esso pure essenzialmente lo costruisce con mota, la quale impasta con erbe d’ estuaril: ma anzichè esser cavo, consiste in un cono rovescio pieno, con la base superiore leg- sermente concava per ricevere le uova, e che è tanto alto da permettere all’ uccello di covarle senza piegare le gambe, le quali pendono l’ una da un lato, l’altra dal lato opposto. I nidi del 3° gruppo, o i nidi tessuti, sono i più comuni, e quelli che presentano maggior varietà, tanto per i materiali, de’ quali si compongono, quanto per la posizione e per la con- figurazione: il carattere essenziale di essi si è quello di ripe- 74 INTRODUZIONE. tere la loro forma, e la resistenza, dal modo con cui son fra loro intralciati o tessuti i materiali che gli uccelli adoprano nel comporli. Tali materiali generalmente consistono in ramo- scelli, radici, stecchi, pagliuzze, foglie di varie piante, borrac- cine, licheni, lanugini vegetali ed animali, penne, e qualche volta anche un poco di mota; e la loro forma, come la solidità loro, è dovuta intieramente all’industriosa maniera, con la quale quegli abili artieri sanno prevalersene. Diversificano, come ho detto, molto fra loro tali nidi per la forma, ma peraltro tutti possonsi riunire ai tre seguenti tipi: cioè quelli fatti a Culla, quelli fatti a Capanna, e quelli fatti a Borsa. Il maggior numero degli uccelli di tutti gli Ordini e Fami- glie fabbricano de’ nidi a culla: son callotte rovesciate con la loro concavità tanto amplia da poter ricevere tutte le uova d’ un parto, più il corpo della madre che deve covarle. Queste cal- lotte son poi fermate e attaccate in vario modo ai corpi o oggetti, sui quali gli uccelli le pongono, e si formano o d’ un solo o di più qualità dei materiali soprindicati. I nidi tessuti più semplici sono quelli del Colombaccio (Columba palumbus), della Tortora (Turtur auritus), del Falco Cappone (Buteo Poiana), i quali si formano di stecchi e ramoscelli secchi, ed: a volte d’alcune sottili radici d’albero, malamente intralciati, e solo posati e non collegati con le biforcazioni dei rami che sostengono il rozzissimo nido. Quelli delle Cornacchie (Corvus Cornix) sono un poco più perfetti, giacchè, quantunque la loro parte inferiore sia costruita di grossi ramoscelli alla peggio intessuti, la superiore è di ramoscelli assai più sottili, talchè in questi nidi le uova non si posson vedere guardando il nido dal lato inferiore, come avviene per quello dei Colombaccî e delle Tortore. Le Cecche o Gazzere (Pica caudata) fabbricano esse pure nidi intessuti ed a culla, con steccoli e radici d’alberi; ma siccome questi materiali son più sottili, e perciò più pieghevoli di quelli usati dalle Cornacchie, perciò la tessitura riesce più efficace: ed oltre a questo, 1’ uccello per render maggiormente stabile la sua costruzione sempre ne consolida la base me- scolandovi della mota argillosa, la quale non solo collega fra loro i ramoscelli e radici, di cui essenzialmente si forma, ma li connette e li fa molto meglio aderire ai rami degl’ alberi, sui INTRODUZIONE. 75 quali il nido si appoggia. Quelli de’ Merli son formati in modo eguale, benchè di materie più fini. Negli altri nidi a culla, specialmente de’ piccoli e medio- cri uccelli, i materiali che costituiscono le loro pareti, es- sendo più fini, son molto meglio intessuti, e varii potrebber dirsi anche infeltriti. In generale trovasi che in essi i materiali più grossolani formano la base e la superficie esterna del nido, i più delicati l’ interna, sulla quale stanno le sostanze cotonose e lanute, e le penne che costituiscono il letto, di cui si è già parlato. Il nido del Cardellino (Carduelis elegans) e del Fringuello danno belli esempi di tali costruzioni; anzi quello di quest’ ultimo è fabbricato in modo e con tali ma- teriali da meritare d’ essere descritto. Internamente guarnito d’ un letto di penne, pagliuzze e crini: vi ha poi uno strato medio fatto di musco come ancora di crini, nel quale strato sono intralciate pagliuzze; e nella parte esterna di questo strato vi sono lanugini, ed altre sostanze cotonose che si mescolano ed intralciano con le fronde della borraccina. Ma quel che vi ha di più singolare ed interessante sì è uno strato di frondi di licheni, applicate esternamente in maniera che la faccia superiore o aerea della fronda è ancor là all’ esterno, e la faccia inferiore o quella che suol vegetare sul terreno è a contatto della esterna superficie del nido stesso. É siccome detta faccia inferiore delle frondi è tutta irta di quelle punte più o meno adunche e dentate che fan le funzioni di radici alla fronda del lichene, così esse agganciandosi alle sostanze cotonose mescolate ai muschi, di cui è formata la superficie esterna del nido, servono mirabilmente a consolidarlo, come far potrebbero altrettante staffe, nel tempo che lo abbelliscono in modo notevole. Uno dei nidi a culla de’ più singolari, e degno d’ esserne fatta menzione, tanto per la qualità della materia di cui si compone, quanto per il modo con cui è connesso all’ albero, sul quale è fabbricato, si è quello del Kigogolo (Orsolus Gal- bula, Lin.). Quest’ uccello fabbrica il suo nido sugli alberi, come un grandissimo numero d'’ altri, ma differentemente da tutti non lo riposa su irami, nè lo incastra fra le loro divisioni, bensì lo appende nell’ angolo d’ una loro biforcazione; e per- chè possa questo stare annesso con la necessaria stabilità ai 76 INTRODUZIONE. rami che formano la forca, l’ abile artefice incomincia il suo lavoro foderando di lana convenientemente tessuta ed avvolta la biforcazione stessa per tutta quell’estensione, sotto la quale si troverà il nido che successivamente vi è costruito dall’ alto al basso, estendendo da quel lato la tessitura di lana e pa- gliuzze, e dando a questa la conveniente concavità. Nidi a Capanna, cioè subovali con apertura da un lato, son fabbricati dalle varie specie del genere del Luì (Phyl- lopneuste), componendone le pareti con foglie, fili d’ erba, mu- sco e qualche penna. Pongo fra i nidi a capanna ancora quello dello Scricciolo, quantunque esso non abbia la forma ovata, ma quasi sferica, e quantunque alcune volte anzichè essere isolato sia rinchiuso fra massi, o in cavità di tronchi d’ albe- ri: peraltro avendo esso pure apertura laterale e le sue pa- reti di fronde di musco, credo sia assai giustificato se lo classo in questa divisione. I soli generi Oréfes (del Codibugnolo) ed Aegithalus (dei Pendolini) ci danno esempio di nidé a Borsa. Questi nidi han la forma ovato-subsferica, con 1’ apertura nella callotta supe- riore, ma non all'apice. Debbono distinguersi in due catego- rie, cioè nei Sorretti e negli Appesi. Alla prima appartiene il nido del Codibugnolo (Orites caudatus), il quale ha forma sub- sferica, è fabbricato e nascosto fra le diramazioni degli arbu- sti; ha un’ apertura attondata, laterale al polo superiore, non marginata. Nella sua tessitura havvi abbondanza di sostanze cotonose, alle quali son mescolate molte fronde di Licheni che, aggruppandosi a dette sostanze con le loro radici, danno una notevole resistenza a questi nidi; nell’ interno son riccamente forniti di piume. Di nidi appesi, abbondanti fra gli esotici, noi non abbiamo che quello del Pendolino (Aegithalus pendulinus), che è certa- mente fra tutti uno dei più ammirabili. Esso è subovato piri- forme, o della figura d’ un fiasco che col collo stia appeso al l estremità di qualche sottile, flessibile e pendente ramoscello, col quale solidissimamente è connesso, giacchè il ramoscello, sempre bifido alla sua estremità, ha la sua biforcatura intes- suta entro le pareti del nido stesso. Si formano queste esclu- sivamente delle sostanze cotonose che l’ uccelletto trova nelle vicinanze dell’ albero, sul quale si è stabilito: e siccome esso INTRODUZIONE. vr abita quasi sempre in prossimità delle acque, così fra noi con- sistono ordinariamente in pappi o lanugini di frutti di Pioppo, e della Tifa, o Mazza sorda, tanto abbondante nei nostri pa- duli. Ma quelli, i quali si stabiliscono lontano dai luoghi umidi, se vi hanno materie lanose d’ altra qualità, di queste sanno in modo ammirabile valersi, quantunque per far ciò convenga loro intesserle variamente. Di fatto nella collezione del Museo di questa Università di Pisa conservasi un nido di Pendolino stato fabbricato sopra un albero de’ poggi di Vignale nella Maremma piombinese, ove non crescono piante produttrici di materie cotonose, ma solo macchioni di Scope, Lentischi, e Marruche (Ramnus palinurus, Lin.). In que’ poggi peraltro pa- scolano costantemente branchi di Pecore, le quali, aggirandosi fra queste ultime piante, lasciano sempre appesi ai loro adun- chi aculei de’ fiocchi di lana del loro vello. Fu di questa che i Pendolini si prevalsero per comporre il nido, di cui parlo. E siccome la lana a causa della lunghezza de’ suoi peli dava maggior facilità alla tessitura delle pareti, che la corta pelu- ria de’ pappi vegetabili, così quel nido è povero di filamenti vegetali e si forma quasi esclusivamente di lana. Un tal fatto prova nel modo più valido, a mio credere, quanto ho di sopra accennato, cioè che gli uccelli non solo son guidati nelle loro costruzioni dall’ istinto, ma ancora da quel grado d'’ intelli- genza che a loro è necessaria. Negli ordinarii nidi de’ Pendolini le lanugini vegetabili sono aggruppate in piccole massarelle, massarelle come annodate, fra loro unite non tanto dall’ intrelciarsi delle loro pelurie, quanto da lunghe fibre vegetali, tolte dalle scorze e foglie di varie piante, come di Cannelle, di Carici, d’ Urtica-dioica, ec., le quali fibre traversando in tutti i sensi le pareti del nido, e fra loro intrecciandosi, danno a queste massima solidità. L° in- gresso del nido è nella parte sua superiore, presso a quella porzione che rappresenterebbe il collo del fiasco: è tubulata, assai lunga, leggermente curvata, in modo che la sua aper- tura riguarda assai in basso, per cui è impossibile che l’acqua di pioggia vi possa penetrare. Alcune volte, ma di rado, an- zichè una sola apertura ne ha due. È al massimo ingegnoso ed ammirabile il modo, con cui questo piccolo uccellino, conduce a termine l’opera sua. E sic- Mero CNR RETE ET, dt PERU LORO o RSI AN SIAE IDR MAIA GERI ONERI INCI TL TRN di 78 INTRODUZIONE, come non so che sia stata fino ad ora fatta conoscere con i convenienti particolari, credo opportuno di farlo, avendo avuto la sorte d’ assistervi più d’ una volta. Fu nel vastissimo padule di Castiglione della Pescaia, nelle Maremme senesi, che feci tali osservazioni fino dal 1882. Al- lora era incipiente la grand’opera della colmatura di quel vasto impadulamento, del quale la massima parte della superficie era nascosta dalla Cannella (Arundo phragmitis) e da Sala (Carex paludosa) e particolarmente da Tifa (Tipha latifolia); ed in qua ed in là, ed in specie verso i margini, da grandi boschetti di vecchissime Tamarici, alle estremità de’ cui sottili e flessibili ramoscelli amano i Pendolini in quelle paludi sospendere i loro nidi. Fu là che assiso entro un barchino, e nascosto fra le alte e folte cannelle, potei, con tutto mio comodo ed alla di- stanza di pochi metri, assistere alla costruzione de’ loro nidi. Cooperano a tal costruzione vispi e gai, sempre pigolan- do, tanto i maschi quanto le femmine. L’ uno lavora, 1’ altro va a raccogliere i materiali occorrenti e li porta al lavoratore, e forse per riposarsi in queste diverse bisogne di frequente si alternano. Il ramoscello da essi prescelto deve essere piut- tosto sottile, pendente, bifido in cima a guisa d’ un issilon ro- vesciato, e che penda distante da grossi rami. La prima ope- razione che fanno i costruttori, si è quella di congiungere l’ estremità dei ramoscelli della biforcatura terminale: e fan ciò collegandoli insieme con li stessi materiali, di cui deve es- ser formato il nido, vale a dire di fibre vegetali, che in quella località sono dell’ Arundo Phragmitis, e di lanugine di Tifa. La congiunzione è sempre fatta in tal modo che resta chiuso uno spazio, il cui diametro è di qualche poco minore della lun- ghezza dell’ uccelletto, quando sta col collo e con le gambe mediocremente piegate. Tenendosi allora appeso successiva- mente in varii punti di questa specie d’ anello, col suo becco, dal lato opposto a quello a cui sta con le zampe attaccato, vi avvolge e connette e le fibre e le lanugini quasi filate, o com- miste ed intrecciate. Formato così detto anello, il cui vacuo è la misura del vuoto del futuro nido, continuano ad ingrossarlo per un poco, aggiungendovi nuovi materiali, che estendono anche successivamente sul ramoscello al di là della biforca- tura. Quando poi l anello ha acquistata la grossezza che deve di, INTRODUZIONE. 79 avere la parete del nido, allora lo allargano aumentando sem- pre nuova materia sui suoi margini laterali, per lo che questi d’ allora in poi s’' espandono: e siccome per fare tale espan- sione il piccolo operaio non stacca mai i suoi piedi dall’anello, o dalla superficie interna dell’ espansione che esso produce, ne consegue che tale espansione dà origine alla cavità sferica del fu- turo nido, la quale in conseguenza non può avere che un diame- tro eguale alla lunghezza dell’ uccelletto. Per altro nel principio della sua costruzione il Perndolino lascia costantemente tanto a destra che a sinistra un’ apertura, poichè due ne sono a lui ne- cessarie per ricevere più sollecitamente i materiali che gli porta il compagno, e per potere con maggior sollecitudine escire dal cavo del nido e rientrarvi, e portarsi a lavorare secondo l’ oc- correnza sulla sua esterna superficie; quindi la maggior gros- sezza necessaria alle varie parti della parete essi la ottengono, aggiungendo nuovi materiali all’ esterno: così essi allungano ed ingrossano quanto conviene il sostegno del nido, risalendo con la tessitura di tali materiali lungo il ramoscello, a cui il nido è appeso: ed in egual modo aumentano cotanto la parte inferiore del nido stesso, che di sferico, come era in principio, acquista la figura piriforme ad esso caratteristica: tale ingros- samento ha per oggetto di dare la stabilità e resistenza oc- corrente alla parte inferiore, onde possa non solo sopportare il peso degli uccelletti nati e cresciuti che sieno, ma resistere anco agli sforzi e movimenti che essi vi fanno. Una volta giunti a:questo punto dell’ edificazione, chiudono una delle aperture; e aggiungendo nuovi materiali al margine dell’ altra che vogliono lasciare aperta, vi costruiscono quella specie di canale leggermente inclinato, di cui qui sopra parlai. Forse mi son trattenuto di soverchio a discorrere del nido del Pendolino, ma non seppi resistere al desiderio di far co- noscere il processo semplice ed ingegnoso, col quale una cop- pia di questi piccoli uccelli sa così maestrevolmente venire a capo della costruzione di un ricovero per il frutto de’ suoi amori, entro il quale questo non solo sarà riparato dall’ in- temperie, ma ancora sicuro contro l’ attacco degli uccelli, e de’ piccoli Mammiferi rapaci, e oltre a ciò da quello de’più te- mibili nemici delle covate, cioè dei Serpi. Giacchè a causa della sottigliezza e flessibilità de’ rami, ai quali quei nidi sono appe- 80 INTRODUZIONE. si, nè il Coluber natris; nè il quadrilineatus, cotanto abbondanti in quei paduli, posson giungere fino a loro. In Europa non abbiamo che un sol nido appartenente al gruppo che ho denominato de’ nidi cuciti, ed è quello del Beccamoschino (Cisticola schaenicola, Bp.) da me fatto conoscere per la prima volta nel 1826 (Nuovo Giorn. Lett., T. VI). Tali nidi han per carattere essenziale d’ avere le loro pareti for- mate da foglie tuttora vegetali ed attaccate alla pianta, le quali son fra loro collegate mediante una vera cucitura eseguita con sottili cordoncini, per la massima parte formati con fili e tele di ragno. Trovandosi di tali nidi una particolareggata descri- zione.in questo stesso libro, colà ove trattasi del Beccamoschi- no, null’ altro qui ne dirò. CAPITOLO NONO. Spiegazioni de’ nomi usati nelle deggrizioni degli Uccelli. PARTI DEGLI UCCELLI. Incominciando ad esaminare le parti della Testa, CAPUT, si presenta primieramente il Becco, Rostrum. In esso si distin- guono le mascelle, mANnDIBULAE, la superiore cioè, e l’ inferiore, le quali variano molto di forma, e particolarmente la supe- INTRODUZIONE. 81 riore, giacchè essa ora è diritta, RECTA, ora adunca, ADUNCAÀ; èc.; Ima siccome tutte queste varietà di figura s’ indicano assai suc- cintamente, servendosi del comune linguaggio, senza abbiso- gnarvi termini specifici particolari, perciò non starò qui ad ‘enumerarle, nè a darne particolari spiegazioni. Chiamo apertura del becco, wATUS ROSTRI, lo spazio che passa dall’ estremità del becco all’ angolo fatto dall’ unione delle due mascelle (Vedi Fig. II, a). Per il solito questa aper- tura è rettilinea: ma in alcuni uccelli è angolata (Storni e Zigoli), cioè la mascella inferiore presenta verso la base un angolo sporgente, e la superiore uno rientrante. Il margine delle ma- scelle, MARGO, varia molto; ora è intero, INTEGER (vedi quello dei Corvi): cioè senza nessun dente nè intacco. Ora dentato, DENTATUS (i Merghi), con denti più o meno prominenti. O /a- mellato, rameLLosus (Mestolone): vale a dire, munito di laminette verticali parallele le une alle altre. Intaccato, enARGINATUS (La- nius, Muscicapa, ec.): quando ha nella mascella superiore una tacca più o meno profonda da ciascun lato. Questa tacca forma un carattere di grande importanza; ed usitatissimo nelle Clas- sazioni; ma conviene prevenire che alcune volte la tacca è così piccola da volerci un esame attentissimo per scorgerla. Ye- stonato, sinuatus (Falco-buteo): quando la mascella superiore « ha un dente talmente ottuso; che fa col margine una curva dolce come quella d’ un festone. Becco dentato ed intaccato dentato, quando, oltre ad avere una smarginatura o tacca nel margine dell'una o dell’ altra mascella; ha di più; dietro a questa, un rilievo sullo stesso margine, che vi costituisce una specie di dente. Per il solito è Ornitologia italiana. — I. 6 82 INTRODUZIONE. l'angolo posteriore della tacca che, essendo elevato al di so- pra del margine del becco, costituisce il dente. Il becco dei Falchi del gruppo dei nobili presenta tale struttura. Variando la forma delle mascelle varia ancora la ci del becco, e fra le numerosissime sorta di becchi credo ne- cessario il far conoscere il Becco compresso, compressum (le Sgarze): quello cioè che essendo schiacciato lateralmente è più alto che largo. Becco depresso, verrEssum (Mestolone): che essendo schiac- ciato dall’ alto al basso è più largo che alto. Becco tetragono, tetraGonum (i Picchi): quello che ha quat- tro lati piani e quattro spi Becco cilindrico, cvuinpricum (Picchio muraiolo). Becco fatto a vòlta, rornicatum (le Quaglie, 1 Fagiani, le Starne, ec.): con la parte superiore tondeggiante, come la volta di un forno. Becco diritto, rectum (Beccaccia): che non è piegato nè in alto nè in basso. Becco adunco, ADuUncuUM (1 Falconi): quando la mascella su- periore, che è piegata in basso, oltrepassa con la sua estre- mità la mascella inferiore. Spigolo della sinfisi della mandibula o mascella inferio- re: in varii Uccelli palmipedi volatori avendo estensione note- vole in senso verticale e variando il profilo dello spigolo, of- fre pregevoli caratteri (ne’ Gabbiani, nelli Stercorari, ec.). Unghie rostrali delle mascelle e mandibule: modificazione della porzione estrema della teca cornea dell’ una o dell’ altra mascella, per la quale questa acquista tal forma da sembrare un’ unghia, e da farne gli uffici. Trovansi nel becco di vari Palmipedi Lamellirostri (dei generi Anser, Anas, Fuligola, ec.) e Volatori (dei generi Lestris, Procellaria, ec.). Unghia rostrale mascellare è quella propria alla mascella superiore. Unghia rostrale mandibulare, quella dell’ inferiore. Le Narici, NArRES, che son situate sempre nella metà po- steriore della mascella superiore, variano molto per la figura. Ora la loro apertura è immediatamente circoscritta dal guscio corneo della mascella (Pollo sultano), ora da una membrana (gli Aiîroni). Ora sono scoperte, nuDAE, cioè hanno l’ apertura NSITOA INTRODUZIONE. 83 non coperta nè da penne nè da peli (le Cicogne): ora son co- perte, tECTAE, 0 da peli o da setole (i Corvi, le Muscicape). Narici pistillate son quelle degli uccelli del genere Falco, le quali hanno l’ apertura circolare, e che mette direttamente nella cavità nasale anteriore, per cui queste cavità son dal- l’ esterno visibili, e presentano nel loro centro un corpiciattolo subsferico, che è un turbinato subclavato, o fatto a pestello, connesso con la parte interna e superiore di detta cavità na- sale. Fu il Bonaparte che disse tali narici pistillate. Le Pennuzze che ricuoprono le narici diconsi pettinate, quando le loro piume essendo fra loro distanti formano come un pettine: se son poco distanti diconsi fittamente pettinate, e se lo sono assai sl dicono latamente pettinate. La Membrana, che ristringe l’ apertura delle narici, al- cune volte le cinge da tutti i lati: altre volte solo di dietro, ma | più spesso solo superiormente. Questa membrana o è nuda (Ri- gogolo), o pennuta (Merlo acquaiolo), o piana (Cicogna), 0 fatta a vélta, rorNIcATA (Fagiano). Qualche volta è coperta da una polvere bianca, che sembra farina: dicesi allora farinosa (i Piccioni). La Cera, CERA, trovasi solo in alcuni generi d’ uccelli. Essa è un’ espansione cutanea cartilaginea con epidermide assai spessa, la quale espansione ricuopre la base della ma- | scella superiore, cingendo le narici, e ché ha ordinàriamente color diverso da quello del becco (i Falchi, le Strigi, gli Ster- corari).. Gli Occhi ordinariamente son situati su 1 lati della testa, dimodochè uno guarda a destra, l’ altro a sinistra: diconsi al- lora occhi laterali, ocuLi LATERALES (Falco, Scolopax, ec.). Al- cune volte son posti sulla parte anteriore della testa, così che suardano tutti e due in avanti, ed allora son chiamati occhi anteriori, OCULI ANTERIORES (le Strigî). In quanto poi alla lor maggiore o minore prominenza sulla superficie della testa, essi sono: 0 incassati, ocuLi CAVI (i Falconi); o sporgenti, EMINENTES, che sporgono assai al di fuori del piano della testa (le Civette); o finalmente sono allo stesso livello della superficie della te- sta, e chiamansi allora z0n incassati, suPERFICIALES (Avvoltoio, Corvo, ec.). Nella Testa, CAPUT, si distinguono le parti seguenti: 84 INTRODUZIONE. Il Pileo, Pireus: cioè tutta Îa regione superiore limitata anteriormente dalla base del becco, posteriormente dalla cer- vice (Vedi Fig. I, G A). Nel Pileo si distinguono: La Fronte, Frons, che è la parte anteriore del Pileo (Fig. I, A). L’ Occipite, Occiput, che è la parte posteriore del Pileo (Fig. I, 0). Il Vertice, VeRTEX, ossia l’ alto del Pileo, che è la por- zione posta fra la fronte e 1’ occipite (Fig. I, B). vi Le parti laterali della testa si dividono in Gote e in Tem- pie. Le Gote, GeNAE, son quelle parti situate fra la base del becco, la fronte e 1’ occhio. Nelle gote lo spazio situato fra l’ occhio e la base laterale del becco chiamasi Redine, Lorum. Le redini non di rado sono nude (Colymbus) (Fig. II, a); 0 solo vestite di setole (Biancone). Le Tempie, Tempora: lo spazio che è fra l’occhio, l’occi- pite e 1’ orecchio. i Regione orbitale, Regio oRBITALIS, si chiama lo spazio che circonda l’ occhio. ) Regione auricolare, REGIO AURICULARIS: lo spazio che cir- conda l'orecchio. Fascia sopraccigliare, FAsciA suPERCILIARIS (Stiaccino, Tordo sassello, Luì, ec.), chiamo quella fascia, ordinariamente di co- lor chiaro, che, partendo dalla base del becco, passa sopra l’occhio e termina sull’ orecchio. Penne ciliari, PennAE cILIARES: le penne che cuoprono il contorno delle palpebre. La parte anteriore della testa, in alcuni uccelli, e partico- larmente nelle ,Strigî, ha una serie di penne diverse dalle altre per figura e lunghezza, disposte in maniera che formano un cerchio, in cui son racchiusi gli occhi. A questa serie di penne do il nome di Cerchio, Zona. La Lingua, Linsua, ‘anch’ essa somministra de’ caratteri importanti con la sua diversa figura, consistenza, ec. Così per la consistenza dicesi: Lingua carnosa (l’Anatre): quella che è ricca di parti molli e carnose. | Lingua scariosa, Linsua scArIosa (i Tordi, le Lodole, ec.): che ha la consistenza d’ una cartapecora secca. INTRODUZIONE. PO S5 Lingua cartilaginosa, Lincua cartiLAginea (Gallo): della consistenza di cartilagine. Per la figura dicesi: Lingua aguzza, Linaua ACUTA: con la cima appuntata, non bifida nè lacerata. Lingua lanceolata, LincuA LANcEOLATA, fatta a lancetta. Lingua setolosa, Lingua setosA (Scricciolo): con l’apice munito di setole. Lingua bifida, Lincua BIrIDA (i Corvi): con l’apice diviso in due da una tacca. Lingua lacerata, Lingua LACERA (i Beccafichi): con l’apice rotto in più striscie longitudinali. Alcune volte nella testa ci sono degli ornamenti, come per esempio: I Ciuffi, PENNAE AvRICULAEFORMES (Assiolo): che son gruppi di penne più lunghe delle altre, spesso erigibili, che trovansi al di sopra degli occhi. La Cresta, CrIstA (Bubbola): formata da penne più lun- ghe delle altre, spesso erigibili, impiantate sul Pileo e qual- che volta anche sulla nuca. Caruncola, CARUNcULA (Gallo): escrescenza carnosa, più o meno estesa, situata in una o in un’altra parte del Pileo. Bargiglio, PaLeA: Caruncola o compressa e pendente at- taccata alla mascella inferiore. Nel Collo si distingue: La Cervice, CeRVIX, cioè la parte superiore del collo, limi- tata in alto dall’ occipite, in basso dal dorso (Fig. I, Q). Nuca, Nuca: la parte superiore della cervice che confina con l’ occipite. La Gola, Guta: quella regione situata immediatamente sotto la mascella inferiore (Fig. I, E). Il Gozzo, Iugurum: l’altra parte del collo che è fra la gola e il petto (Fis. I, F). Baffi, VrrrAe GenaLES (Falcone pellegrino): chiamo così due macchie di color diverso da quello delle altre parti del collo, che, partendo dagli angoli del becco, calano sotto le suance verso i lati del collo. ._ Nella parte superiore del tronco, o Dorso, Dorsum (Fig. I, HI), vi è: 3 86 INTRODUZIONE. La Schiena, TerGum, cioè la parte del dorso limitata dalla cervice e dal groppone (Fig. I, H). Groppone, Uropyerum: la parte inferiore del dorso, che resta fra la schiena e la coda (Fig. I, I). Scapolare, o Penne scapolari: quelle che ricuoprono la re- gione delle scapole, unitamente ad un gruppo d’altre più lunghe, impiantate sulla base dell’ omero (Fig. I, K). Nella parte inferiore del tronco poi si distingue : Il Petto, Prctus, che è situato immediatamente sotto il gozzo (Fig. I, G). L'Addome, ABpowmen, cioè quella porzione posta dopo il petto; e Iegione anale chiamasi quella serie di penne poste nell’infima parte dell'addome, che cingono ed ascondono l’ano. Fianchi, Ia: chiamo gli spazi laterali, posti fra il dorso, il petto e l'addome. Do il nome di Spallacci, HumerALIA (le Sgazze), a quei gruppi di penne che trovansi avanti le scapole, lateralmente al petto, e sono destinati a cuoprire l’angolo dell’ala, quando sta applicato al corpo. Gli spallacci non si trovano che in po- che specie di uccelli. Nelle estremità anteriori degli uccelli, o Al, debbonsi considerare: Le penne Remiganti, Rewices, che son quelle penne im- piantate nel margine posteriore dell’ala (Fig. I, ML). Sono lo strumento primario del volo. Queste si dividono in Remiganti primarie, Rewices PRIMARIAE, quelle cioè, che sono impiantate nell’ ultime due articolazioni, vale a dire sul metacarpo e sulle dita: sono le più lunghe e le più forti delle altre (Fig. 1, L). Remiganti secondarie, RemGES SECUNDARIAE, diconsi poi tutte le altre (Fig. I, M). La proporzione delle remiganti somministra un carattere buonissimo per distinguere fra loro le varie specie, spesso anche i varii generi ed anche le varie tribù: ma siccome le penne sono soggette a cadere, un certo tempo impiegano poi a riacquistare la loro ordinaria lunghezza, spesso ancora poco avanti Ja muta, le vecchie sono molto scorciate dall’azione dell’intemperie e dalla confricazione; per tali motivi avanti di proferire un giudizio, fondandolo sopra il carattere della te i) i e TP ATI DR BP SALI CA e. C > AT | : i S i INTRODUZIONE. 87 proporzione delle remiganti, è necessario avere esaminato più d’ un individuo della specie in questione. La prima remigante varia molto in lunghezza, paragonata con le altre. Ora è la più lunga di tutte, ora è più corta della metà della seconda, ora è talmente corta che appena si vede, ed allora, secondo alcuni Ornitologi, ha il nome di Penna spuria. Ma in questo caso per potersi accertare che essa è veramente una remigante, e non una cuopritrice, fa d’ uopo un esame bene accurato: bensì esiste un carattere, il quale toglie facil- mente d’ incertezza. Se la piccolissima penna in questione è una cwopritrice, essa avrà la sua pagina inferiore applicata sulla pagina superiore della più prossima remigante. Inoltre avviso i principianti di stare attenti, cercando la penna spuria, a non confonderla con qualche penna dell’aletta. Cuopritrici, TectRICES, sono le penne destinate a cuoprire l’ala e la base nuda delle remiganti. Quelle che vestono il disotto dell’ala diconsi Cuopritrici inferiori, TectRICES INFE- RIORES; e quelle che ne vestono il disopra diconsi Cuopritrici superiori, TectRIcES supeRIORES (Fig. I, NOP). Queste ultime poi si dividono in Grandi cuopritrici, TectRICES MAIORES, le quali posano immediatamente sulle remiganti (Fig. I, N). Medie cuopritrici, TecrrIces meDIAE, quelle penne che vengono dopo le grandi cuopritrici (Fig. I, O). Piccole cuopritrici, TectRICES PARVAE, sono impiantate lungo il margine anteriore dell’ala, e sono più piccole di tutte le altre (Fig. 1, P). Angolo dell'ala, FLEXURA ALAE, è l’articolazione del cubito col corpo. Margine dell'ala, MarGo ALAE: la serie di penne che cuo- prono il solo spigolo anteriore dell’ala. Aletta; ALuLa: gruppo di penne impiantato sul pollice, posto dietro l'angolo dell’ala (Fig. I, R). Specchio, SpecuLum (Germano, Marzaiola, ec.), è una mac- chia di color vivace, di figura ordinariamente parallelogram- mica, situata o sulle remiganti secondarie o sulle grandi cuo- pritrici, , 88 L’ estremità posteriori son formate dalla Coscîa, dalla Gamba, dal Tarso e dalla Zampa. La Coscia, Femvr, che è la prima porzione, la quale si ar- ticola sul tronco, rimane sempre interamente nascosta o sotto gl’integumenti, o sotto le penne dell’addome (Fig. III, a). Gamba, Tigra: la seconda porzione che s° articola colla , Coscia e col Tarso; è vestita di muscoli dall’ estremità supe- riore, ed è sempre, o tutta o in parte, eo di penne (Fig. I, 7, e; Fig. II, b; Fig. IV, 0). Il Tarso, Tarsus, non è mai carnoso, per il solito molto sottile; ora è coperto di penne, ora nudo (Fig. 1,2; Fig. III, c). Zampa, Popium, è la riunione dei diti. I Diti (Fig. I, 3; Fig. III, d, e, f) non sono mai più di quattro, nè meno di tre, nelle specie europee; variano per la positura, essendo ora tutti rivolti in avanti (Zondone), ora tre rivolti in avanti ed uno in dietro (1 Falchi, i Corvi, le i ROTA IT NOI IRRTA VASTI TRI AI Ie, DAS EUBNO SUOR An DOTOT AI Ì VIRATA LE ALIOTTRI DATO, di ) INTRODUZIONE. 89 Verle, ec.), ora due in avanti e due in dietro (i Picchi, il Tor- | cicollo). Ma ve ne son poi alcuni, i quali a piacer dell’ animale possono esser voltati in avanti e in dietro; questi diconsi Diti versatili, Diciti versATILES (i Barbagianni, la Civetta, ec.). Spesso sono i diti intieramente separati l’ uno dall’ altro, ma alcune volte son riuniti fra loro da una membrana. Questa ora gli unisce per tutta la loro lunghezza: Palmati (le Ana- tre, gli Smerghi, i Marangoni), o solo alla base per la lun- ghezza della prima o seconda falange (Aquila, Caprimul- 90, ec.); alcune volte unisce insieme i soli tre anteriori (le Anatre e gli Smerghi), talora tutti e quattro (i Marangoni e Pellicano). Non di rado il dito esterno anteriore è saldato alla base col medio (Ballerina, Passera, Fringuello, ec.); e qual- che volta finalmente tutti e tre gli anteriori sono insieme sal- dati alla base (Uccel Santa Maria, Fig. IV, Db). Si trovano poi de’ diti, i quali son resi larghissimi da una membrana cornea, che s' espande sopra ciascuno de’ loro lati. Quando questa membrana è divisa da tante smarginature quante sono presso a poco le falangi del respettivo dito, allora quelle zampe così conformate diconsi Pinnate (Folaga e Fa- laropo), e chiamansi Zampe lobate quando non hanno alcuna di queste smangiature (1 Tuffetti, Fig. III). Le Unghie, Ungues, da cui son sempre terminati i diti, ora sono acute (i Falchi); ora smussate (Occhione); ora più alte che larghe, compresse; ora più larghe che alte, depresse (i Tuffetti); ora inferiormente son piane (Falco pescatore); ora solcate (Falcone, ec.). Piede, Pes, chiamasi quella parte formata dal tarso e dalla zampa (Fig. I, 2, 3; Fig. II, c, d, e, fi). Quando il tarso non è vestito di penne, esso è allora quasi sempre coperto da squame cornee: quelle di queste squame, che ne cuoprono la parte posteriore, sono ordinaria- mente d’ una figura diversa da quella che hanno le vestienti la parte anteriore. La forma di queste ultime squame som- ministra de’ caratteri importantissimi per distinguere le varie specie: perciò i tarsi, che son ricoperti anteriormente da squame d’ una o d’ altra figura, hanno avuti nomi diversi. lo solo distinguo fra questi il Tarso reticolato, Tarsus RETICULATUS: quello che è co- 90 INTRODUZIONE. perto anteriormente da piccole squame, le quali son disposte ‘come le maglie d’ una rete (Capovaccato) ; e Tarso scudettato, Tarsus scuteLLATUS: quello che ante- riormente è coperto da tanti scudetti parallelogrammici, che lo cingono da destra a sinistra (Averla, Storno, ec.). Qualche volta, benchè raramente, non è coperto nè di penne nè di squame. Calzoni, FEMORALIA, son quelle penne impiantate sul lato esterno dello samba, più lunghe delle altre e pendenti (i./al- chi, gli Avvoltoi, i Cuculi). Nella di CAUDA, vi è da osservare: Le o) RecrRrIces, che sono le penne più grandi della coda, ordinariamente forti come le remiganti (Fig. I, S). Sopraccoda, TectRICES suPERCAUDALES: quella serie di penne poste dopo il groppone e destinate a cuoprire la base delle timoniere (Fig. I, T). Il Sottocoda , TecTRICES SUBCAUDALES : serie di penne opposte al sopraccoda, e che fanno l’ ufficio stesso. In quanto poi alla figura della coda, essa si dice Troncata, Truncata: quella che, quando è aperta, ha le estremità delle timoniere tutte ad una stessa linea retta (Gal- letto marzòlo). Subtroncata, SUBTRUNCATA (Rosignolo): quella, la cui estre- mità essendo aperta, è rotondeggiante a causa delle timoniere esterne, che sono un poco più corte delle medie. ‘ Rotondata, RoTtuNDATA: quella, in cui le timoniere essendo tutte della stessa lunghezza, quando è aperta divien tondeg- giante in cima come un ventaglio. Cuneata, CuneaTA: che avendo le timoniere medie più lunghe delle n ha la forma d’un cuneo (i Picchî). Graduata, GRADUATA: quella, in cui le timoniere esterne son molto corte, e vanno gradatamente crescendo in lunghez- “za, così che quando è aperta, ha una figura più o meno ellit- tica (il Capovaccaio, gli Occhirossi). Forcuta, ForricATA: in questa le timoniere esterne son più lunghe dell’ interne (Rondine). La lunghezza della coda è anch’ essa un carattere molto importante, e di cui faccio sovente uso; particolarmente pa- ragonandolo alla lunghezza delle ali serrate ed applicate al (e, NU Li ‘ "| PROSE peli, ® pic po DIRT RPMIE E, o Tai Mz inte °. al 400! di PI ” 4 Ù * DA ho Ò vi N È î LOR S k - x INTRODUZIONE. 94 tronco: ed anzi ho adottato un modo succinto d’ esprimere queste proporzioni, che qui mi è necessario spiegare. Quando le ali, per esempio, essendo serrate, giungono con la loro estremità all’ estremità della coda, io dico allora che la coda è eguale alle ali. Quando l'estremità delle ali oltrepassa l'estremità della coda, allora dico che la coda è più corta delle ali, ec. Si deve notare che questo carattere non è da valutarsi negli uccelli preparati, e neppure sempre nei fre- schi; acciocchè in quest’ ultimo caso non possa esservi mo- tivo di sbaglio, è necessario d’ avere attenzione che le Timo- niere e le Remiganti sieno intatte, e che abbiano acquistato tutto il loro sviluppo. In ciascuna Penna poi, presa isolatamente, devesi consi- derare lo Stelo, o quella sua parte media destinata a sostener ‘le Barbe. Le Barbe quasi sempre sono unite fra loro mediante l’ intralciamento d’ alcune altre barbe più piccole; ma alcune volte o queste seconde barbe non vi sono, o non son fatte in modo da potersi intralciare insieme, ed allora quelle penne così costituite diconsi Penne a barbe separate (Vedi quelle del groppone della Garzetta). DEI COLORI. I vari colori delle diverse parti degli uccelli, e partico- larmente delle penne, somministrano de’ caratteri importan- tissimi. Ma volendo far conoscere questi colori denotandoli cori un nome, è cosa difficile, almeno per la massima par- te: i colori primitivi, il rosso, il bianco, il nero, il turchi- no, ec., difficilmente si sbagliano; ma i colori secondarii, i colori misti, con facilità si confondono, mentre chi ad uno connette un'idea, chi un’ altra. Perciò ad oggetto di far co- noscere il meglio possibile, e fissare il valore de’ nomi dei colori che indico in questo libro, ho creduto necessario darne una lista, indicandone con la maggior chiarezza il significa- to, o paragonandolo al colore di qualche corpo ben cognito, o indicando i colori, dalla cui mescolanza resulta. A ciascun nome unisco ancora il suo corrispondente latino. Bianco, Albus. 92 INTRODUZIONE. Candido, Candidus, Niveus, bianco purissimo come quello della neve, Bianco sericeo, Sericeus, bianco lucido come un raso. Biancastro , Albidus, bianco leggermente sudicio. Giallo, Luteus, il giallo della Gommagutta. Giallo-zolfino, Suphureus, color di Zolfo. Ceciato, Cicercinus, bianco-giallo simile al color dei Ceci. Lionato, Helveolus, giallastro tendente al rossiccio, come il color del pelo del Leone. Color d’ Isabella, Isabellinus, color giallo-lionato misto con carnicino. | Color di Cannella, Cinnamomeus, un carnicino-grigiastro, come quello della Cannella. Rugginoso, Ochraceus , giallo fosco simile a quel della rug- _ gine. Croceo, Croceus, color rosso-giallo di Zafferano. Rosso Cinabro, Phoeniceus. Rosso di minio, Miniatus. Rosso Amaranto, Amaranthinus, colore de’ fiori di Gom- phrena globosa. Rosso sanguigno, Sanguineus. Rosso mattone, Rufo-lateritius, color di terra cotta. Rosso fegatoso, Hepaticus, rosso-scuro simile a quel del Fegato. | S Carnicino, Carneus. Ametistino, Amethistinus, carnicino violetto, il color del- l Ametista. Paonazzo o Violetto, Violaceus, colore della Viola mam- mola. Azzurro, Azureus, color dell’ azzurro oltremarino. Turchino, Cyaneus, azzurro cupo come quello dell’ In- daco. Celeste, Coeruleus. Castagno, Castaneus, scuro-cupo non vivace, quello del guscio di Castagna. Scuro, Brunneus, scuro-nerastro, il color della terra d’ ombra. Scuro-cioccolata, Brunneo-rubescens, scuro-rossastro, si- mile a quel della Cioccolata. INTRODUZIONE. 93 Baio, Badius, uno scuro-castagno tendente al lionato, simile al colore de’ cavalli di questo nome. Fulvo, Fulvus, scuro tendente al croceo o al rosso- siallo. Il colore del Zafferano secco. Color di nocciola, Spadiceus, scuro-rossiccio chiaro, come i gusci di Nocciole. Verde, Viridis, verde-erba. ‘Verde-mare, Glaucus. Olivastro, Olivaceus, verde cupo, tendente allo scuro, co- lore delle Olive quasi mature. i | Nero-puro, Niger, nero intenso, e che non cangia in al- cun altro. colore. Nero-lavagna, Nigro-ardesiacus, nero leggermente ten- dente al cenerino-celestognolo. Il color della Lavagna. Nero-filiggine, Nigro-fuliginosus, nero tendente allo scuro. Color di Corno, Nigro-corneus, nero cenerognolo, qual- che volta pendente al gialliccio. Cenerino, Cinereus, il color della Cenere ordinaria. Cenerino-piombato, Cinereo-plumbeus, cenerino simile a quello d’ una lastra di piombo che comincia ad ossidarsi. Cenerino-perlato, Cinereo margaritaceus, cenerino-chiaro e lucido come il raso bianco. Grigio, Griseus, cenerino leggermente tendente al gialla- . stro. Il colore del piccolo Topo domestico. Adopro l’ epiteto di Bruno, Nigrescens, ogni volta che, | parlando di qualsisia colore, voglio indicare che tende al ne- ro: così dico Carnicino-bruno, Giallo-bruno , Grigio-bruno, ec., tutte le volte che questi colori son più cupi e tendono al nero. —>otaso4— I mi iii te ORDINE PRIMO. UCCELLI DI RAPINA. ACCIPITRES. Becco adunco, robusto. Narici cinte dalla cera. . Gambe tutte coperte di penne. Tarsi robusti. Diti quattro, tre davanti e uno di dietro, articolati allo stesso piano, o liberi, o il medio unito al- l'esterno da una piccola membrana. Unghie grandi, adunche, acute, mobilissime. va Vivono quasi tutti o solitarii, o a coppie: po- chi son quelli che si riuniscono in branchi. Alcuni emigrano periodicamente, ma il numero maggiore è stazionario o errante senza alcuna regola. Si cibano d’ animali: molti li prendono da loro stessi, pochi si contentano dei cadaveri. I primi go- dono d’ una acutissima vista, i secondi d’ un odorato squisito. Ve ne sono di quei che fan le loro cacce solo nel giorno, al- tri solo nella notte. Sono monogami. Fabbricano il nido con poca industria, o sugli alberi, o nelle buche dei massi, o delle fabbriche vecchie. I figli han bisogno per un certo tempo d’es- ser covati, e di nutrirsi con cibi semidigeriti dai loro genitori. Avanti di vestirsi delle penne, son coperti da una calugine abbondante. Mutano le penne una sol volta 1’ anno. Costumi. #S È 96 i ORDINE PRIMO. PRIMA DIVISIONE. RAPACI DIURNI. Testa mediocre. — Occhi laterali. Collo lungo. Penne resistenti, lisce. Nora. — Gli uccelli nostrali [del gruppo dei rapaci presen- tano, per dividerli in famiglie ben distinte e naturali, maggiori dif- ficoltà che quelli degli altri eruppi: giacché quelle determinate e particolari modificazioni di struttura, sulle quali convenzionalmente fu stabilito di basare le divisioni in famiglie, si trovano ne’ nostri Rapaci talmente distribuite, che occorrerebbe farne altrettante fami- glie quanti ne sono i generi, oppure tutti comprenderli in una sola, che è quanto dire non farne alcuna. Ora siccome adottando tanto l'uno che l’ altro di questi partiti, vi son tali itconvenienti che mi sembra debbansi per quanto si può er , così ne ho preso uno in- termedio che, quantunque non raggitthga pienamente l’ intento, pure un poco di più vi sì avvicina. PRIMA TRIBÙ. GLI AVVOLTOI. — VULTURES. . Becco allungato, foderato d’astuccio corneo solo nella parte estrema, nella basilare superiore ve- stito da cute molle, coperta da cera essa pure non resistente. Occhi non incassati. Narici aperte verso la metà della lunghezza del becco. Testa e collo, o nudi, o coperti in parte, o intiera- mente di penne brevi. Costumi. — Stanno per il solito riuniti in truppe sulle più alte montagne. In generale son privi di coraggio, e solo resi: | UCCELLI DI RAPINA. 97 stono ai loro nemici con il numero. Si cibano dei cadaveri che scuoprono anche da una gran distanza mediante il loro odo- rato acutissimo. Volano lentamente, ma per lungo tempo, e si inalzano a grandi altezze. Il maschio è sempre più piccolo della femmina. 1° Famiglia. — VULTURIDEI. Testa e collo in gran parte nudi. Cera nuda. Tarsi nudi. Dito medio unito all’ esterno da una membrana. 41° Genere. — VULTUR. Linneo. Apertura delle narici ovali un poco oblique. Pelle della testa e ‘del collo senza pieghe decise e persistenti; o nudi, o con rade e piccole piume. Coda attondata.. Testa piuttosto piccola subovata. Occhi mediocri, non infossati. Becco grosso robusto, compresso verso la cima, subeguale alla testa. Mascella superiore diretta, festonata, in cima adunca. Cera nuda, estesa. Lingua liscia nel margine. Narici ‘ovali attondate, aperte nel terzo anteriore della cera. Calzoni mediocri. Tarso grosso reticolato nella parte inferiore; vestito di penne nella superiore. Diti quattro, tre davanti, uno di dietro, il medio unito alla base con l’ esterno da una piccola membrana. Unghie forti, non molto lunghe, poco aguzze, poco retrattili. Coda mediocre attondata, stelo delle timoniere, che ‘ quasi sempre oltrepassa la loro cima. Ali lunghe che giungono all’ estremità della coda. Remiganti: 1° più corta della 6%; 3° e 4° le più lunghe. Grandi cuopritrici, che si estendono fino ai due terzi delle remiganti. Ornitologia italiana. — I. v ORDINE PRIMO. AVVOLTOIO. — VULTUR MONACHUS. Linneo. Dodici timoniere. Tarsi biancastri. Adulti. Becco bruno nerastro. Cera carnicino-cerulea. Iride scuro-cupa. Occipite e nuca senza penne nè pelo, e di color celestognolo: sulle altre parti della testa e del collo una. calugine scuro-fulva. Lati del collo guarniti da una specie di collare di penne lunghe, ed un poco ricciute. Spallacci grandi, formati di lunghe penne a barbe separate. Tutte le penne son. di color nerastro, qualche volta tendente allo scuro. Coda ro- tondata. Tarsi coperti di penne fino alla metà. Piedi celesto- enoli. Unghie nere. ‘ Femmina: è un poco più grande, ed ha i colori più cupi. Giovani: hanno tutto il collo coperto di peluria; tutte le penne delle parti superiori son di color più chiaro nella cima. Avvoltoio, Vultur cinereus, Linn., Savi, Orn. Tosc., I, p. 3. Sinonimia. — Vultur monachus, Linn., S. N. (1766), I, p. 122. — Vultur, Briss., Ornith. (1760), I, p. 453, et Vultur arabicus, Suppl., - p. 29. — Vultur cinereus, Gmel., S. N. (1788), I, p. 247. — Vultur arrianus et monachus, Lapeyr, M. et Ois. de la H.-Garon. (1799), | p. 5. — Aegypius niger, Savig., Ois. d’Égyp. (1809), p. 74. — Vultur cinereus, Temm. (1820), I, p. 4. — Gyps cinereus, Bp. nec Savig. B. of Eur. (1838), p. 2. — Aegypius cinereus, Bp. Ucc. Eur. (1842), n. 4. — Vultur monachus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 5. FicuRE. — Aegipius cinereus, Buff., PI. Enl., 425, sotto il nome di Vautur. — Avvoltoio nero, Lepraiolo, Storia degli uccelli (1567), tav. 9. — Graver, Geier, Meyer et Wolf, Ois. d’Allem., liv. XVIII, pl. 1. Nomi voLGarI sTRANIERI. — Franc. Le Vautour noîr. Ingl. The black Vulture. Ted. Derschwars Geier. Dimensioni. — Adulto. Lunghezza totale : 1m, 138. Costumi, — È assai comune in Sardegna, ove è staziona- rio. Vive sulle alte montagne del Tirolo e del Napoletano. È pro- prio anche alla Sicilia, ove sembra non sia molto raro. Qual- cuno mi ha assicurato che è stato ucciso anche in Toscana: ma io non ve lo ho mai veduto. i ' Temminck, Manuel d’Ornithologie, tomo I, pag. 4. 2 Id., op. cit. “ta UCCELLI DI RAPINA. 99 2° Genere. — GYPS. Savigny. Aperture delle narici ellittico-allungate col diame- tro maggiore obliquo all asse del becco in basso, dirette dal davanti all’ indietro. Pelle della testa e collo senza pieghe permanenti, vestite di rade e piccole piume. Coda un poco graduata. Testa piuttosto piccola subovata. Questa come il collo con pelle senza pieghe, o passeggere; vestita di piume bianche, rigide, piliformi, che ‘sul collo si convertono in calugine molle. Becco grosso, compresso, subeguale alla testa. Mascella su- periore diritta, festonata, in cima adunca. Cera nuda, estesa. Lingua aculeata nel margine. Narici ristrette, ellittico-allungate, oblique, poste vicino al margine della cera. Calzoni mediocri. Tarso grosso reticolato nella parte inferiore, vestito di pen- nuzze nella superiore. Diti quattro, tre davanti, uno di dietro: il medio unito alla base all’esterno con una membrana. Unghie forti non molto adunche. Ali che giungono verso la cima della coda. Remiganti: 1° subeguale alla 6°; 3° e 4% le più lunghe. Costumi, — Sono un poco più audaci degli altri Avvoltoi, ai quali-per altro somigliano per i costumi. IL GRIFONE. — GYPS FULVUS. G. R. Gray ex Briss. Color generale delle parti superiori fulvo scuro: penne delle parti infe- riori strette, allungate, acuminate. Gozzo scuro chiaro. «Adulti. Becco color di corno. Cera color carnicino celesto- gnolo. Iride bruna. Testa e collo vestiti d’ una folta calugine bianca, con alcuni peli sul vertice ed alla gola. Parte inferiore del collo munita di un collare di penne a barbe divise. Penne delle parti superiori color fulvo scuro, colore che schiarisce nelle parti basse del dorso; groppone e sopraccoda. Grandi e piccole cuopritrici delle ali scure, marginate di grigio gialliccio i Ne iti AL 1 - si Ò FIS A sta " . tilt E PT e NT V Ta AI ato: e n RE Con lit n" se 100 ORDINE PRIMO. chiaro. Gozzo vestito da penne corte e rigide color fulvo scuro. Penne delle parti inferiori color fulvo cinereo, allungate ed acuminate. Remiganti e timoniere scure nerastre. Tarsi pen- nuti nel terzo superiore, nella porzione nuda sono grigio-cele- stognoli, come i diti. Giovani. Testa e collo coperti di calugine bianca: penne delle parti superiori lanceolate, color bruno fulviccio, quelle delle parti inferiori e del collare lunghe e strette e dello stesso colore. Timoniere e remiganti di colore grigio-giallastro sudicio. Le penne delle parti inferiori molto più acuminate all’ apice che negli adulti. Grifone, Vultur fulvus, Linn., Savi, Orn. Tosc., I, p. 4. Sinonimia.— Vultur fulvus, Briss., Ornith. (1760), I, p. 462.— Vultur fulvus, Gmel., S. N. (1788), I, p. 249. — Vultur percnopterus et fulvus, Daud., Ornith. (1800), II, p. 13 e 16. — Gyps vulgaris, Savig., Ois. d’Ésyp. (1809), p. 74. — Vultur leucocephalus, Mey et Wolf, Tasch. Deutsc. (1810), I, p. 7. — Vultur persicus, Pall., Zoogr. (1811-1831), I, p. 377. — Gyps fulvus, G.R. Gray, Gen. of B. (1841), p. A. — Gyps fulvus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 9. Ficure. — Buff., P]. Enl., 426. Nomi voLcarI STRANIERI. — Franc. Le Vautour Griffon. Ing]. The fulvus Vulture. Ted. Der weisskopfige Geier. Dimensioni. — Lunghezza totale: Am, 15 a Am, 20. Costumi. — È proprio, secondo gli Autori, delle regioni orientali, e fra le più prossime all’ Italia, 1’ Istria, la Dalmazia, la Grecia, ed anche l’ Egitto: ma di là non di rado passa in Provenza e viene ancora sul continente italiano. Il Bonelli disse apparire esso a quando a quando in Piemonte. Il De Betta, sul- l’ asserzione del Perini, dice esserne stato visto uno nei monti veronesi. Il prof. Pietro Doderlein ci fa sapere che questa specie apparisce non di rado negli Appennini modenesi, e che tre individui se ne conservano nel Gabinetto di quella Università: l'uno preso nel 1842, il secondo ucciso sul confine bolognese nel 1853, ed il terzo nella provincia reggiana nel 1863. Ancora nel Museo di Bologna si racchiudono due spoglie di questa specie uccise nelle vicinanze. È un uccello audace e coraggioso, per lo che non solo alimentasi della carne di carogne, ma ancora di animali da se stesso uccisi, e specialmente di Agnelli ; UCCELLI DI RAPINA. 101 per cui è molto temuto e perseguitato dai pastori della Dalma- zia e delle altre regioni ove dimora. Propagazione. Pone il suo nido sugli scogli più inaccessi- bili, lo forma con frasche e ramoscelli, dandogli anche più d’un metro di diametro. Vi partorisce due sole grosse uova ovoildi, di color bianco sudicio. GRIFONE ITALIANO. — GYPS OCCIDENTALIS. Bp. ex Schleg. Color generale delle parti superiori grigio scuro, più o meno tendente al lionato sporco: penne delle parti inferiori più brevi che nel Gyps fulvus, ed attondate nella cima: gozzo scuro cupo. Adulto. Becco color di corno. Cera grigia nerastra. Iride scura. Testa e collo vestiti di calugine bianca paonazza, alla quale trasparisce il color celestognolo della pelle. Alla base del collo un collare di penne candide molli, a barbe divise; al margine superiore di questo collare, ove corrisponde con la faccia posteriore del collo, delle penne grigio-lionate, strette, assai lunghe, un poco arricciate in avanti. Tutte le penne delle parti superiori nero-scure lungo lo stelo, con largo margine ‘grigio lione che sfumasi col nero della parte media. Cuopri- trici delle ali nello stesso modo colorate, ma con la parte scura ‘nera più ristretta. Gozzo vestito di penne piccole, scuro ful- vico. Penne delle parti inferiori fulvo-cineree, più brevi e più acuminate che nella specie precedente. Remiganti e timoniere bruno-nere. Coda subtroncata. Parte interna delle gambe ve- stita di calugine bianca, che estendesi alla parte superiore e anteriore del tarso. Tarsi nudi e diti grigio-neri. Giovani. Han colori più chiari che gli adulti. Sinonimia, — Vultur Kolbi, Temm. nec Daud., Man., 42 parte (1840), p. 587. — Vultur fulvus occidentalis, Schleg., Rev. crit. (1844), p. 12.— Gyps occidentalis, Bp., Rev. et Mag. de Zool. (1854), ser. VI, p. 530. — Gyps occidentalis, Salvadori, Catalogo degli Uccelli di Sar- degna (1864), p. 1A4.— Gyps occidentalis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 11. Nomi voLGaRI ITALIANI. — Sardegna. Bentruriu murru (al Capo meridionale). Anturzu o Benturzu (al Capo Selbe). — Sicilia. Vufuri o ROC da È Fa 15% PRTIIOA CLS RI RIE MPA AR RI 6) - lat A a i ; NL; O - RR > RI | Vapra «gl it PS A a LI di dei y a ,i . ae. 1092 ORDINE PRIMO. Buturu, Vuturazzu (a Castrogiovanni). Arpazza (a Catania). Grifumi | (a Girgenti). Nomi voLGarI stRANIERI. — Franc. Gyps occidental. "air Dimensioni. — Lunghezza totale: Am a Am 20. Costumi. — Quest’ Avvoltoio è proprio delle parti mon- tuose dell’ Affrica settentrionale, dei Pirenei, della Sardegna e della Sicilia, e sembra che in queste due isole, ove è staziona- rio, sia più comune che altrove. Il Salvadori ne vide molti' su i monti di Oridda e di Capoterra in Sardegna; riguardo alla Si- cilia, il professor Doderlein li dice assai comuni su i monti della parte centrale dell’isola e particolarmente su quelli delle Mado- nìe, di Corleone, di Castrogiovanni, d’Alcamo, di San Vito, ec. Ecco come il prelodato Autore concisamente e con bel modo dà a conoscere i costumi di tali uccelli: « Bande di 30 e 40 di codesti uccellacci si vedono sovente aleggiare intorno le sco- scese eminenze che circondano, Palermo, attrattivi dall’ odore de’ putrescenti carcami abbandonati su quelle alture, su i quali piombano inosservati in un coi Corvì e coi Gracchi; spacciarne le carni, i visceri, è affare di breve momento: tal- chè, divenuti inetti a riprendere e sostenere il volo, cadono sovente in mare.e son presi dai pescatori, o restando sul luogo danno adito ai pastori di ucciderli a colpi di bastone, e cattu- rati di tradurli vivi alle vicine città. » Secondo quanto ne scrive il dettor Salvadori, ancora i pastori sardi di sovente uccidono di tali uccelli, quando trovato un qualche grosso cadavere se i ne sono eccessivamente pasciuti. Nota. — L’ opinione degli Ornitologi non è uniforme riguardo alle due qualità di Gyps qui sopra descritti: giacchè, mentre alcuni ‘ le ritengono come appartenenti a due vere e ben distinte specie, altri invece le credono non essere che razze d’ una sola e medesima specie. Non essendo io in grado di decidere tal questione, ho creduto più conveniente il riportare la descrizione d’ amendue, e lasciare così ai Naturalisti, che ne avranno l’occasione, il decidere sulla que- stione stessa. 1 Avifauna del Modenese e della Sicilia, per P. Doderlein. x Ì UCCELLI DI RAPINA. 103 3° Genere. — OTOGYPS. Geor. Rob. Gray. “ Testa nuda. v Pelle della testa e collo con pieghe che passando “ dalla regione auricolare s’ estendono verso il | QOZZO. Narici ellittiche, con diametro maggiore perpendico- lare all’ asse del becco. Coda graduata. ) _ Testa piuttosto grossa, -subrotonda, con la pelle nuda, munita di pieghe trasverse nelle parti superiori, longitudinali nelle laterali. Occhi mediocri, non infossati. Becco grosso, ro- busto, diritto. Mascella superiore molto adunca nella cima. Cera nuda. Narici aperte verso il margine della cera, ellittiche, ‘col, diametro maggiore quasi perpendicolare all’asse del becco. Calzoni mediocri. Tarso grosso, reticolato. Diti quattro, tre davanti, uno di dietro; il medio, che è assai lungo, unito alla base con l’ esterno da una membrana. Unghie forti, non molto adunche, poco retrattili. Coda mediocre, attondata, graduata: . più corta delle ali. Costumi. — Glli stessi di quelli degli Avvoltoi. L) L’ ORICU. — OTOGYPS AURICULARIS. G. E. Gray ex Daud. Maschio adulto. Becco giallo ocraceo. Parti nude della fe- sta e del collo carnicine: lateralmente e inferiormente al collo una cintura rilevata, formata da penne corte ed attondate di color scuro-filiggine. Tutte le parti superiori ed ali color scuro-filiggine. Penne dell’ addome molto lunghe, acuminate, curve, di colore scuro, marginate di scuro più cupo: queste penne ricuoprono malamente una gran massa di piumino can- FI 104. ORDINE PRIMO. dido. Gambe vestite solo di peluria scura. Tarsi e diti color cenerino bruno. Giovani. Becco nero. Penne di colore scuro chiaro. Parti della testa e del collo, che negli adulti son nude, vestite da calugine serrata. Le penne dell’ addome, diritte e non piegate a sciabola, come negli adulti. Sinonimia. — Vultur auricularis, Daud., Ornith. (1800), II, p. 10.— Vultur nubicus, H. Smith in Griff., Anim. Kingd. Av. (1829), pl. 4. — Otogyps auricularis, G. R. Gray, Gen. of B. (1841), p. 2.— Otogyps auricularis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 7. Ficure.— Temm. et Laug., PI. col. 407, giovane, e 426, adul- to; sotto il nome di Vultur aegipius et Vultur imperialis. Dimensioni. — Lunghezza totale: circa 1, 30. Costumi. — Vive in tutta l’ Affrica, di dove accidental- mente passa qualche volta in Spagna ed in Provenza. Barthe- lemy ne descrive un individuo ucciso nella Crau d’ Arles. Lo stesso Ornitologo asserisce che quest’ Avvoltoio si trova e ni- difica in Spagna. Secondo il Temminck sarebbe comune in Grecia, e si propagherebbe anche nelle vicinanze d’ Atene. Non so che ne sieno stati uccisi in Italia. 4° Genere. — NEOPHRON. Savigny. Testa e gola senza penne. Occhi non infossati, laterali. Becco sottile. Cera nuda. Tarsi nudi. Remigante prima più corta della quinta. Testa piccola, in parte spelata. Gola spelata. Occhi me- diocri, laterali, non infossati. Becco più lungo della testa, diritto, piuttosto sottile. Mascella superiore diritta, adunca de- bolmente nella cima. Lingua carnosa, bislunga, ottusa, cana- liculata, striata superiormente verso la cima. Cera nuda, che 1 Temm., Mar. d’Ornith., tomo IV, pag. 585. UCCELLI DI RAPINA. 105 s’ estende oltre la metà del becco. Narici aperte nella cera verso la metà del becco, nude, grandi, bislunghe. Calzoni mediocri. Tarso nudo, mediocremente grosso, reticolato. Diti tre davanti, uno di dietro; il medio unito alla base con l’ esterno mediante una piccola membrana. Unghie forti, non molto lunghe, spuntate. Coda graduata di quattordici timonie- re. Ali lunghe: la prima remigante più corta della quinta; la seconda poco più corta della terza, che è più lunga di tutte. Costumi. — Hanno presso a poco le abitudini medesime degli Avvoltai. CAPOVACCAIO. — NEOPHRON PERNOPTERUS. Savig. ex Linn. Bianco, o lionato, 0 scuro: remiganti primarie nere. Vecchi. Becco giallo con la punta nera. Pelle nuda della testa e della gola gialla, velata da sottil calugine bianca. Iride giallo-cannella. Remiganti primarie nere; secondarie grigio- giallastre, nere internamente. Tutte le penne del rimanente del corpo bianche ; quelle della cervice e dei lati del collo son lunghe, strette e debolmente inarcate. Piedi carnicini. Unghie nere. Giovani che non passano V età d’ un anno. La parte nuda della testa è di color carnicino livido, sparsa di calugine gri- giastra. La cera è di color grigio carnicino. L’ iride scura. Tutte le penne del rimanente del corpo son di colore scuro cupo, macchiato di bruno giallastro. Remiganti primarie nere. | Piedi grigio-cenerini. 106 ORDINE PRIMO. Adulti, ma non vecchi. Hanno le penne colorite di lionato, più o meno intenso secondo l’ età. Capovaccaio, Neophron Pernopterus, Savig., Savi, Orn. Tosc., I, p. 6. SinoniMia. — Vultur percnopterus, Linn., S. N. (1766), I, p. 123. — Vultur aegyptius et leucocephalus, Briss., Ornith. (1760), I, p. 457 et 466. — Vultur fuscus, Gmel., S. N. (1788), I, p. 248. — Vultur Alimock et stercorarius, Lapeyr, M. et Ois. de la H.-Garon. (1799), p. 10. — Vultur ginginianus et albus, Daud., Ornith. (1800), I, p. 20 e 24. — Neophron percnopterus, Savig., Ois. d’Egyp. (1809), p. 76. — Vultur meleagris, Pall., Zoogr. (1841-1831), I, p. 377. — Chatartes percnopterus, Temm., Man. (1820), p. 8. — Neophron percnopterus , Degl. et Ger. (1867), I, p. 12. Figure. — Buff., PI. Enl., 427, giovane, sotto il nome di Vau- tour de Malte, e 429, adulto, sotto il nome di Vautour de Norvége. — Pernopterus, Aldrov., Orn., T, p. 216, tav. 219. — Vaccaia bigia, Stor. degl’Uccelli, tav. 14 (adulto); Vaccaia scura, tav. 15 (giovane). Nomi voLGaRI sTRANIERI. — Franc. Le Catharte Percnoptere. Ingl. The alpine Vulture. Ted. Der schmutziger Aasvogel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 00, 672; tarso, 0m, 08; coda, om, 233. Costumi. — Sono i Capovaccai uccelli essenzialmente > stazionari, che solo per caso abbandonano il luogo della loro abituale dimora, la quale per altro è molto estesa. Copiosi. nell’Affrica settentrionale, Egitto e Barberia, si trovano egual- mente su diversi punti de’ Pirenei, in Provenza e specialmente nel dipartimento del Varo, sulle montagne del Nizzardo, in Savoia, nelle Alpi svizzere, in Grecia. Sono proprii ancora al- l’Italia, ma non son molte le località ove essi s’incontrino , limitandosi queste, per quanto è a mia notizia, alla Sicilia, al Romano, alla Toscana. Gli Autori della Storta Naturale degli Uccelli, stampata a Firenze nel 1767, furono i primi a far conoscere l’esistenza di questi uccelli in Toscana, e special- mente nelle Maremme senesi. Difatti io fin dalla primavera © del 1826 m’assicurai della verità di tale asserzione, giacchè ag- girandomi un giorno nella selvaggia boscaglia di Macchia Scan- dana, che limitava il vasto padule di Castiglione della Pescaia alla falda del Monte di Buriano, ne incontrai un bell’individuo adulto, ed in quella stessa epoca due coppie ne vidi più Vi A argo Veja) LA) IN'LOT n A NI at lo A LO RATA RAMIRO TV 0 nd " SII dp n I dia (ar orpe MIA DITO ui + OLA La i hi i > f} af UCCELLI DI RAPINA. 107 volte volare al disopra delle elevate cime dei monti che costi- tuiscono il Promontorio Argentario. Secondo ciò che mi dissero molti degli abitanti di quella singolare penisola, sono i detti monti dimora costante del nostro Pernottero, e di questa loro asserzione me ne fu prova il distinguerlo essi col nome par- ticolare di Capovaccaio, il che non sarebbe stato, quando solo accidentalmente e di rado colà comparisse. Le pendici scoscese e dirupate imminenti al mare che formano il lato occidentale di quelle montagne, ed i boschi dai quali son ve- stite le sue cime, servono ad essi di ricovero, e di là poi estendono le loro escursioni in tutte le vaste ed estese pia- nure delle sottostanti Maremme, ove trovan sempre per nu- trirsi qualche cadavere de’ numerosi armenti che vi pascolano. Quest’ uccello trovasi ancora nella Maremma piombinese, giacchè più volte lo vidi volare al di sopra dei monti, su i quali stanno gli avanzi dell’etrusca città di Populonia, e sulle vette calcaree del non lontano Monte Calvi, presso Campiglia: e di più traversando in un giorno del maggio del 1828 la vasta sottostante pianura piombinese, in quell’ epoca quasi del tutto incolta, in gran parte impaludata o vestita di macchie, trovandomi presso i Pozzali nello sboccare di mezzo ad alcuni cespugli, mi trovai in faccia d’un bel Capovaccaio adulto, ve- . Stito della sua candida livrea, che in compagnia di due Cornac- chie e d’ una Cecca stava pascolandosi dilaniando il cadavere . d’un cavallo. | Il volo dei Capovaccaî non è molto rapido, ma è lunga- mente sostenuto. Bene spesso essi si vedono aggirarsi volteg- giando ad una grande altezza, ove descrivono a quando a quando delle ampie curve. Sono estremamente sospettosi, ed an- cora allorquando la fame li stimola, non si gettano sul cadavere che hanno scoperto se non dopo avergli girato più e più volte attorno per accertarsi che ogni pericolo ne è lontano. In do- mesticità vivono molto bene, e s° adattano a mangiare qualun- que sorta di carne. Io molti anni addietro ne possedetti uno che acquistai a Scansano nelle Maremme senesi da un ma- cellaro, il quale lo possedeva da quattordici anni. Avendo tagliate le remiganti, io lo teneva libero nell’Orto botanico di Pisa, ove per più anni visse sempre stando all'aria aperta, senza dar segno d’ essere incomodato nè dai forti calori del- 108 ORDINE PRIMO. l'estate, nè dai maggiori freddi dell’ inverno, i quali tra altro non oltrepassavano i cinque ai sei gradi sotto zero del Ter- mometro di Reaumur. Propagazione. Fabbrica il nido su i massi di più diffi- cile accesso delle vette dei monti. Lo compone con ramoscelli piuttosto corti, disposti in due strati: l’inferiore di stecchi più grossi, il superiore di più sottili, che copre poi di musco e de- licate radiche. Le uova sono in ogni covata per solito in nu: mero di due, ma a volte non ve ne ha che uno, ed a volte invece, più raramente, son tre. Sono attondate, con superficie scabra, di color cenerognolo o giallastro scuro rossastro.‘ Ni- difica ancora su i monti maremmani. 2* Famiglia. —— I GIPETI. GyPAETIDEI. Testa e collo pennuti. Base del becco coperta da cera vestita intieramente da penne setolute voltate in avanti, lunghe. Tarsi pennuti. I diti anteriori uniti fra loro alla base da membrane. 5° Genere. — GYPAETUS. Storr. Occhi un poco incassati, laterali mediocri. Testa piccola, pennuta. Collo pennuto. Occhi mediocri un poco infossati. Becco subeguale alla testa, compresso, robusto. Mascella superiore diritta; in cima adunca e un poco rigonfia. Cera molle, che cuopre la base del becco, nascosta da penne setolose, lunghe, distese in avanti. Narici ovali, oblique, co- perte dalle penne setolose della base del becco. Calzoni lunghi e pendenti. Tarso certo, robusto, pennuto. Diti nudi, tre da- vanti, uno indietro; l’ anteriore unito alla base col medio da una piccola membrana. Unghie forti, non molto grandi, aguzze. Coda graduata, di dodici timoniere. Ali lunghe. Remiganti: 1* più corta della 4*; 3° la più lunga. 1 Degland., Ornith. Europ., 1867, tomo I, pag. 19. UCCELLI DI RAPINA. 109 Costumi. — "Tanto per la struttura del corpo, quanto per le abitudini, non vi ha dubbio essere i Gipeti animali intermedi fra i veri Avvoltoi e le Aquile, il che è anche | espresso dal nome assegnato dallo Storr: Gypaetus, cioè Av- voltoio- Aquila. Trovansi i Gipeti non solo in Europa, ma ancora in Affrica, nell'Asia Minore, nel Caucaso, nell’ Ima- laia, e perfino nella China e nel Naupal. In Affrica incontransi nell’ Abissinia, nell’Egitto, nell’ Algeria, ec. In Europa nel- l Ungheria, nella Dalmazia, nella gran catena delle Alpi, dalle Giulie a quelle del Tirolo, e nella Svizzera. Trovansi poi an- cora nei Pirenei, in Sicilia ed in Sardegna, e mostransi an- che qualche volta sopra alcuni punti del continente italiano. Così il Bonelli nel suo Catalogo li enumera fra gli uccelli delle più alte Alpi piemontesi, e il Durazzo li annovera fra gli uccelli della Liguria, assegnando ad essi per dimora gli alti monti d’Ormea e di Briga. Sono uccelli dotati di forza e di corag- gio: uccidono da loro stessi gli animali di cui si cibano, che il più delle volte sono mammiferi, e li divorano nello stesso posto, non avendo negli artigli forza tale da sollevarli. Vivono ordinariamente a coppie: di rado si vedono riuniti in truppe. AVVOLTOIO BARBUTO. — GYPAETUS BARBATUS. Temm. ex Linn. . Gola guarnita d’ un gruppo di penne setolose, nere, rivolte in avanti. Adulti. Becco nero. Iride aranciona. Palpebre rosse. Penne della barba nere. Pileo e cervice bianco sudicio: una fa- scia nera dalla base del becco passa dietro 1’ occhio, un’al- tra cuopre l’ orecchio. Gozzo, petto, addome lionato arancione. Penne delle parti superiori grigio-scure, con fasce bianche lon- gitudinali sullo stelo. Remiganti e timoniere grigio-cenerine, con lo stelo bianco. Coda graduata. Zampe cenerine. Unghie nere. Giovani prima di compiere due anni. Iride scura. Testa e collo color nero scuro. Parti inferiori grigio-scure, macchiate di bianco sudicio. Parti superiori nerastre, con macchie più ? Temminck, Manuel, etc., tomo I, pag. 11. 110 ORDINE PRIMO. chiare: sul dorso grandi macchie. Remiganti scuro-merastre. Zampe color livido. Avvoltoio barbuto, Gypaetus Barbatus, Guv., Savi, Orn. Tosc., I, p.9. Sinonimia, — Vultur barbatus, Linn., S. N. (1766), I, p. 123. — Vultur niger et aureus, Briss., Ornith. (1'760), I, n. 457 e 458; et Vultur barbatus, Suppl., p. 26. — Falco magnus, S. G. Gmel., Voy. (1770-1784), III, p. 365. — Gypaetus grandis, Storr, Prodr. meth. M. et Av. (1780). — Vultur barbarus et barbatus, Lath., Ind. (1790), I, p. 3.— Gypaetus alpinus, aureus et castaneus, Daud., Ornith. (1800), II, p. 25 e 26. — Phene ossifraga et gigantea? Savig., Ois. d’Egyp. (1809), p. 78. — Gypaetus leucocephalus et melanocephalus, Mey. et Wolf., Tasch. Deuts. (1810), I, p. 9 e 10. — Gypaetus barbatus, Temm., Man. (1820), p. 11. — Phene ossifraga, P. Roux., Orn. Prov. (1825), p. 86. — Gypaetus occidentalis, T. Salvadori (1864), Cat. Ucc. di Sard., p. 16. — Gypaetus barbatus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 16. — Gypaetus barbatus, Doder]., Avifauna del Modenese e della Sici- lia (1869), p. 26. Ficure. — Temm. et Laug., PI. col. 431, soggetto adulto. Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. Le Gypaete des Alpes, Vau- tour des agncaux. Ingl. The bearded Vulture. Ted. Der bértiger Geieradler, Limmergeyer. Nora.— Verso il 1850 essendosi osservato dal distinto ornito- logo belga H. Schlegel, trovarsi quasi sempre delle differenze assai notevoli fra i Gipeti che vivono sulla gran catena delle Alpi, e quelli proprii ai Pirenei, alla Sardegna ed alla Sicilia, cioè che questi ultimi han colori più vivaci, dimensioni minori, calzoni mai molto sviluppati, tarsi meno impennati degli altri, esso ne fece due distinte specie; nell’ una delle quali pose i primi, lasciandole l’ antico nome di Gyp. barbatus, e nell'altra, alla quale diede il nome di Gyp. occidentalis (cambiato dal Brehm con quello di nudipes), compren- dendo i secondi Ma siccome ulteriori e molteplici osservazioni di- mostrarono non essere costanti nè esclusivi gli enumerati caratteri, così lo stesso Schlegel abbandonò tal maniera di vedere, e d’ allora in poi le due qualità di Gipeti non furono considerate che come semplici varietà dipendenti dall’ età, o al più da differenze di razza. Dimensioni. — Lunghezza totale assegnata nella Ornitologia Eu- ropea del Degland et Gerbé al Gyp. barbatus, perciò certamente alla varietà orientale o delle Alpi: 1%, 40 a 4", 50. Dimensioni d’ un individuo che conservasi preparato nel Museo di questa Università, il quale appartiene certamente alla varietà occidentale (Gyp. occidentalis, Schleg., o nudipes di Brh.), non solo UCCELLI DI RAPINA. 111 per essermi stato dato come proveniente dai Pirenei dal defunto Edou. Verreaux, ma perchè tanto per le dimensioni, quanto per l’impennatura delle gambe, benissimo corrisponde a tal varietà: lunghezza totale: metri 1,10; apertura del becco, 0,105; coda, cioè timoniere medie dalla lor base all’ apice, 0,647; tarso, 0,08: dito . medio, non compresa l’ unghia, 0,09. Dall’ angolo dell’ ala all’ estre- mità delle remiganti, 0,80. Dimensioni d’ un individuo adulto della Sardegna o della va- rietà occidentale, misurate dal dottor Salvadori:* lunghezza to- tale: metri 1,00 circa; apertura del becco, 0,10; coda, cioè timoniere medie, da 0,58 a 60; dito medio, non compresa l’ unghia, 0,09. / Costumi. — Come ho già detto qui sopra, alcuni de’ monti liguri le Alpi piemontesi, le due grandi isole della Sicilia e della Sardegna, sono le parti d’Italia ove più abbondano i Gipeti. Da quanto ne scrissero il Benoit? ed il prof. Doderlein, non può dubitarsi che quest’uccello sì mostri a quando a quando in Sicilia, ma sembra possa anche ritenersi esservi poco co- pioso se stazionario, o se avventizio capitarvi raramente. L’isola ‘ di Sardegna è la parte d’Italia, ove più che altrove abbondi il Gipeto. Il dottor Tommaso Salvadori dice non essere colà molto raro; ciò rilevasi ancora da quanto ne scrisse il Cara, e stando all’ Opera del Cetti, nel tempo in cui esso viveva (1776), eravi molto più abbondante che adesso. È un abilissimo e potente volatore, così che con facilità sollevasi anche, al ‘dire del Doderlein, a enormi altezze. Fa caccia specialmente di'animali alpini, dallo Stambecco fino all’ umile Coniglio, non che agli Agnelli, Capretti ed ai piccoli Cani. Per altro per l’asserzione di molti autori degni di piena fede io credo quanto asseriscesi da alcuni scrittori che, quando voglion predare animali adulti di specie grosse, Stambecchi, Camozze, Capre, ec., per render- sene padroni con più facilità, mentre gl’inseguono volando, spiano il momento, in cui i detti animali passano sopra un qualche precipizio, piombano loro addosso e ve li fan cadere. E riguardo alla nutrizione dei Gipeti asseriscono molti Natura- listi, e fra questi il dottor Salvadori, che questa formasi an- «cora di frantumi delle ossa de’ citati animali; giacchè a lui fu da più persone assicurato durante la sua dimora in Sar- 1 Salvadori, Catalogo degli Uccelli di Sardegna, 1864. ? Benoit, Ornitologia Siciliana, 1840. 112 ORDINE PRIMO. degna avere il costume di ghermire le ossa che trovano per la campagna, le portano volando ad una grande altezza, e di lassù le fan cadere sulle roccie sassose onde si spezzino, e quindi vanno a raccoglierne i frantumi più piccoli e gli inghiottono. Il Salvadori non ebbe la fortuna di osservar da se stesso un tal fatto, ma gli venne confermata la verità di questo dal dottor Cauglia, il quale una volta erane stato spettatore: di più, in conferma del medesimo, riporta i due nomi sardi che si danno a quest’ uccello d’ Engurt ossa, e di Achila ossaia; il primo significando Ingoia ossa, il secondo Aquila mangia ossa. Anche il nome di Phene ossifraga, dato al Gipeto dal Savigny e dal Vieillot, viene in conferma della singolar maniera d'alimentazione di questo rapace. Propagazione. Nidifica fra gli scogli più inaccessibili. Le uova son due, molto grosse, scabre, bianche, bianco-celesto- gnole, o giallo-scuricce, delle volte con macchie più scure. SECONDA TRIBÙ. FALCONI. — FALCONES. Becco foderato d’ astuccio corneo in tutta la sua estensione, con la porzione basilare superiore vestita di cera coriaceo—cartilaginea. Narici aperte verso la base del becco. Occhi incassati più o meno. Testa e collo vestiti di penne. Testa mediocre, coperta di penne, che quasi sempre son simili fra loro. Occhi mediocri più o meno incassati, laterali. Becco poco più corto o subeguale alla testa, compresso. Ma- scella superiore adunca, intaccata, o con festone più o meno visibile. Lingua carnosa e semicornea, ordinariamente ottusa in cima, qualche volta smarginata. Cera che cuopre la base della mascella superiore, nuda o solo vestita di pennuzze o peli, alla base. Narici laterali, aperte nella cera, nude, rotonde o ovali. Gambe coperte da penne folte, ed ordinariamente con calzoni. Tarso di varia lunghezza, grosso, sempre con un pic- colo spazio coperto di penne sotto l'articolazione della gamba: alcune volte impennato fino alle dita: ora scutellato, ora re- ticolato. Diti tre davanti, uno di dietro: l’ esterno o libero, 0 versatile, o unito col medio da una piccola membrana. Una protuberanza sotto l'articolazione di ciascuna falange. Unghie adunche, appuntate. Coda grande di varia figura, di dodici timoniere. Ali grandi; proporzione delle remiganti varia. Costumi. — I Falchi si cibano di preda vivente, chi d’ una razza, chi d’ un’ altra, benchè quando non possono scegliere, ogni sorta d’ animali sia buona per essi. Secondo la natura loro, se ne impadroniscono, chi inseguendola a volo, raramente a corsa, chi piombandovi addosso. Qualche volta si gettano | ancora sopra i cadaveri, ma ciò accade solo quando non tro- vano alcun altro alimento. Per il solito non bevono, bastando ad essi per dissetarsi il sangue delle vittime che uccidono; ma quando questo lor manca, bevono, immergendo tutta la bocca sott’ acqua. Spesso si lavano. Alcuni fanno il covo sugli alberi, altri fra i massi, o nelle buche delle fabbriche vecchie. Poche specie emigrano periodicamente dal Nord al Mezzo- giorno, ma il numero maggiore è stazionario. 1* Famiglia —!I PESCATORI. HaAuetIDEI. Testa piuttosto allungata. Occhi non ‘incassati. Narici nude semilunari, non pestellate. Becco più corto della testa, festonato, non intaccato. Redini setolute. Tarsi reticolati, coperti da squame rilevate. Diti intieramente separati tra loro; lunghi: medio eguale al tarso, più lungo dell'esterno che è versatile. i del Unghie attondate anche inferiormente, arcuate, acute. Ali eguali alla coda. Ornitologia italiana. — I. 8 UCCELLI DI RAPINA. +.:113 114 ORDINE PRIMO. Remigante 12 poco più lunga della 52: 2a e 32 eguali e le più lunghe. Coda grande, troncata. 6° Genere. — PANDION, Savigny. Testa piuttosto piccola. Occhi non incassati, piccoli. Becco mediocre. Mascella superiore adunca in cima, un poco festonata, non intaccata. Cera nuda, solo un poco ricoperta alla base dalle penne setolute delle redini; leggermente convessa. Narici ovato-semilunari, in basso un poco rivolte in dentro, con cavità assai visibile, non pestellate. Tarso rivestito di penne solo nella parte superiore dal lato esterno: in tutto il resto reticolato da squame rilevate. Diti mediocri, intieramente reticolati, meno che presso le unghie dalla parte superiore. Unghie grandi, molto adunche, non solcate, ma attondate alla parte inferio- re. Ali grandi, che raggiungono ed anche oltrepassano l’ estre- mità della coda. 1% remnigante assai lunga: 2* e 3° eguali e le più lunghe. Coda subtroncata. FALCO PESCATORE. — PANDION HALIAETUS. G. Cuv. ex Linn. Parti superiori scure, inferiori biancastre: una macchia biancastra sul- l’occipite: delle macchie nerastre lanceolate sul petto. Adulti. Becco nero turchino. Cera celestognola. Iride bianco-gialla. Penne del vertice e della cervice lunghe ap- puntate; quelle della cervice sono più lunghe delle altre, di color bianco, con lo stelo ed estremità scuro-nero. Una larga fascia dall’ angolo posteriore dell’ occhio va fin verso il dorso: lati del collo, dorso, scapolari, cuopritrici delle ali, e soprac- coda di color scuro cupo, un poco tendente al gialligcio. Le parti inferiori son bianche, o bianco-giallicce, ma le penne del petto hanno sul lor mezzo una macchia lanceolata del color del dorso. Spesso una macchiuzza bislunga nerastra è sulle penne della gola, e una leggiera tinta lionata sul petto, sulle ascelle e sul sottocoda. Remiganti primarie nere, con la base biancastra e striata in traverso da larghe fascie scuricce. Re- IU UCCELLI DI RAPINA. 115 miganti secondarie del color del dorso, marginate di bianco giallastro. Coda troncata, più corta dell’ ali. Timoniere giallo- scuricce, più cupe dal lato esierno, terminate di biancastro, con lo stelo biancastro, e striate trasversalmente da larghe fasce più cupe, poco apparenti: nelle due medie, che son di colore più intenso, queste macchie son visibili. Penne delle gambe bianche. Piedi giallo-biancastri. Unghie nere. Nelle diverse età i colori variano solo per esser le macchie più o meno visibili. I giovani sempre son più chiari, e più macchiati degli adulti. Falco pescatore, Falco Haliaetus, Linn., Savi, Orn. Tosc., I, p. 12. Sinonimia. — Falco haliaetus, Linn., S. N. (1766), I, p. 129. — Aquila marina, Briss., Ornith. (1760), I, p. 440. — Pandion flu- | vialis, Savig., Ois. d'Egypte (1809), p. 96.— Aquila haliaetus, Mey. et Wolf., Tasch. Deuts. (1810), I, p. 23. — Accipiter ichthyaetus, Pall., Zoogr. (1841-1831), I, p. 355. -— Balbuzardus haliaetus, Flem., Brit. An. (1828), p. 51. — Aquila balbuzardus, Dumont, Dict. des Sc. nat., I, p. 354. — Pandion haliaetus, Keys. et Blas., Wirbelth. (1840), p. 29. — Pandion haliaetus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 47. — Pan- dion haliaetus, Durazzo, Uccelli Liguri, p. 4. — Pandion haliaetus, T. Salvadori, Cat. degli Ucc. di Sard., p. 20. — Pandion haliaetus, Doderlein, Avifauna, p. 30. Ficure. + Buff., Pl. col. 414, sotto il nome di Balbuzard- Halaetus, Aldrov., Orn., I, p. 187, tav. 188, 190. — Falco pescatore, + Stor. degli Ucc., tav. 40. Nomi voLGARI ITALIANI. — Toscana. Alpiggine. Nomi voLcarI sTtRANIERI. — Franc. Le Balbuzard. Ingl. The Osprey Eagle. Ted. Der Fluss-adler. Dimensioni. — Adulto. Lunghezza totale: cent. 58 e millim. 4; coda, cent. 17 e 8 mill; tarso, cent. 6; apertura del becco, cent. 3 e 8 mill. il maschio. La femmina è più corta di 3 o 4 cent. Costumi. — Non si allontana giammai dalle acque; e par- ticolarmente da quelle dolci, giacchè il pesce forma quasi esclusivamente il suo nutrimento. Stando posato sopra un ramo, o sopra uno scoglio imminente all’ acqua, aspetta che qualche grosso pesce comparisca alla superficie per piombar- glivi addosso; e dicesi che alcune volte sì tuffi ancora un poco nell’ acqua per arrivare quei pesci che sono ad una certa pro- 116 ORDINE PRIMO. fondità. Secondo quello che ho fino ad ora osservato, il Palco . pescatore non si trova da noi altrochè nell’ inverno, ed è piut- tosto raro. Propagazione. Non so che giammai abbia nidificato in To- scana. Si propaga per altro in Sicilia ed in Sardegna, secondo quanto ne scrissero Salvadori e Doderlein. Secondo Temmifck pone il nido nelle buche dei massi, o sopra i grossi tronchi degli alberi. Le uova sono tre o quattro, bianco-giallastre, con grandi e piccole macchie rossastre. 2° Famiglia. — LE AQUILE. Aqui. Testa piuttosto allungata e depressa superiormente. Becco subeguale alla testa, festonato, non intaccato, Redini setolute. Tarsi o impennati fino ai diti, o solo nella parte su- periore, nel resto scudettati: robusti. Diti lunghi: il medio più de’ laterali, l’ esterno unito al medio da una membrana, cioè non versatile. Unghie solcate inferiormente, grandi, adunche, acute. Ali che giungono verso la cima della coda. Remigante 1° subeguale alla 6% o alla 7°; la 3°, la 42 e la 5° le più lunghe, o solo la 3° e la 4°, Coda grande, troncata. "° Genere. — HALIAETUS. Savigny. Tarsi nudi, scudettati nella parte inferiore; in alto per un piccolo spazio pennuti. Diti anteriori tutti liberi. Testa mediocre, superiormente spianata, allungata. Occhi piccoli, poco incassati. Becco lungo circa quanto la testa, di- ritto. Mascella superiore adunca in cima, non intaccata, legger- ‘mente festonata. Cera nuda a margine convesso, solo alla base velata dalle penne setolute delle redini rivolte in avanti. Narici UCCELLI DI RAPINA. 117 ovato-bislunghe, con cavità visibile, non pestellate: col diame- tro maggiore inclinato in basso ed in dentro. Tarso rivestito di penne nella metà superiore, dal lato anteriore, nel resto nu- do: anteriormente in alto scudettato, nel resto reticolato. Diti reticolati in alto, scudettati superiormente verso le unghie, il medio più lungo degli altri, non unito con l'esterno. Unghie grandi, adunche, inferiormente solcate. Ali grandi. Remigante 1* mediocre: 3*, 4*, 5*, subeguali: la 4° è la più lunga. Coda grande, troncato-attondata. AQUILA DI MARE. — HALIAETUS ALBICILLA. Leach. ex Linn. Scuro chiaro, macchiato di nerastro: becco ed iride di color quasi scuro (giovani): scuro o scuro cenerino uniforme: becco biancastro, iride scuro-chiara (adulti). Adulti. Becco biancastro, subeguale alla testa, con l’aper- tura che oltrepassa di poco l’angolo anteriore dell’occhio. Nessun dente alle mascelle. Iride scura. Cera bianco-gialla: redini coperte da piccole setole, e da una corta calugine biancastra. Penne della testa e cervice lunghe e sottili, bianco-cenerine. Penne del corpo scuro-cenerine. Remiganti nere. Coda rotondata, della lunghezza delle ali, di color bianco. Metà superiore del tarso coperta di penne del colore di quelle del corpo; l’altra metà nuda, scudettata, e di color bianco giallastro. Dito medio poco più corto del tarso. Unghie nere. ‘ Giovani. Becco nero. Cera gialla. Iride scura. Tutte le penne del corpo, e le cuopritrici delle ali, hanno lo stelo nero, la base bianca, l’ estremità scuro-nera, e la parte media lionato-sudicia, cosicchè l’ uccello comparisce macchiato di questi vari colori. Penne delle gambe e del tarso color marrone cupo. Remiganti primarie nere: secondarie nero- scure. Timoniere esternamente scuro-nere, internamente lio- nato-sudicie, macchiate irregolarmente di scuro nerastro. Aquila di mare, Falco albicilla, Linn., Savi, Orn. Tosc., I, p. 15. Sinonimia. — Vultur albicilla e Falco ossifraga, Linn., S. N. 1 Temm,, loc, cit,, pag. 49. 118 ORDINE PRIMO. (1766), I, p. 123, 124. — Aquila albicilla et ossifraga, Briss., Ornith. (1760), I, p. 427 e 437. — Falco albicilla ossifragus et albicaudus, Gmel., S. N, (1788), I, p. 253, 255 e 258. — Falco hinnularius, Lath., Ind. (1790), I, p. 15. — Haliaetus nisus, Savig., Ois. d’Égypte (1809), p. 86. — Haliaetus albicilla, Leach., Cat. M. and Birds. B. Mus. (1816), p. 9. — Haliaetus albicilla, Degl. et Ger., I, p. 39. , Ficure. — Aldrov., I, tav. 200. — Aquila comune, Aquila nera o Valeria, Storia degli Uccelli, tav. 1 e 3 (giovane). — Buff., PI. Enl., 112, individuo giovane, sotto il nome di Grande aquila di mare; . 415, individuo di media età, sotto il nome di Orfraie o Grande aquila di mare femmina. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Le Pygargue, ou l’Orfraie. Ingl. The sea Eagle, or Osprey. Ted. Der See-Adler. Dimensioni. — Lunghezza totale: 4m, 406; coda, 0%, 292; aper-. tura del becco, 0, 63; tarso, 0m, 95. Costumi. — È forte e coraggiosa. Gli servono di pastura mammiferi di mediocre grandezza, uccelli e pesci grossi, tanto di mare che d’acqua dolce; a volte gettasi ancora sopra gli animali morti. Fra noi è piuttosto rara: comparisce solo in in- verno , e tutti quelli individui che io ho veduto uccisi in Toscana, erano giovani. Non vola alto, e di rado allontanasi dalle vici- nanze del mare. Nei paesi boreali se ne trovano molte, e di adulte ve ne sono stazionarie, e là son da quei popoli ricercate per mangiare e per farsene degli abiti con la lor pelle. Propagazione. Pone il nido o sopra altissimi alberi, o nello spacco di qualche scoglio. È questo nido composto di rametti intralciati, coperti da più strati alternanti d’ erbe, di borrac- cine e di penne. Le uova sono grosse come quelle di oca, ot- tuse, bianche, macchiate di giallastro. 8° Genere. — AQUILA. Maehr. Tarsi intieramente pennuti. Dito esterno unito alla base col medio. Testa piuttosto piccola: superiormente spianata, allunga- ta. Occhi incassati, piccoli. Becco poco più corto della testa. Mascella superiore diritta in cima, fortemente adunca: legge- 1 Vieillot, Fauna Franc., V, pag. 10. UCCELLI DI RAPINA. 119 rissimamente festonata, non intaccata. Cera nuda, appena ri- coperta alla base dalle setole delle pennuzze setolute che ri- vestono le redini. Narici ovato-allungate, col diametro maggiore che guarda in basso ed in dietro. Tarso intieramente vestito di penne. Diti reticolati, solo scudettati presso le unghie, il medio più lungo degli altri due: unito alla base coll’ esterno da una membrana. Unghie grandi, adunche, acute, infe- riormente solcate. Ali grandi. 1° Remigante mediocre: 3*, 4* 5° subeguali: la 4° la più lunga. Calzoni più o meno svilup- pati. Coda grande, troncata, attondata. Costumi. — Son fra 1 volatili dei nostri paesi i più terri- bili distruggitori d’ animali. Uccelli, mammiferi, e qualche volta anche piccoli ragazzi, servono ad essi di cibo. Hanno . l’odorato ottuso, quasi a nulla utile; ma essendo dotati d’ un occhio acutissimo, ed aggirandosi ordinariamente nelle regioni più elevate dell’aria, scuoprono con facilità una vittima nella vasta campagna, che comprendono in una sola occhiata. So- gliono stabilirsi in un dato distretto, e là non soffrono che niuno dei loro simili vi ponga stanza, e se pure alcuno lo tenta, ne seguono degli ostinati combattimenti. Diversi abitano le alte montagne, altri le foreste del piano. Tutti sono abili | viaggiatori, ed alcuni emigrano periodicamente. AQUILA IMPERIALE. — AQUILA MOGILNIK. Gmel. . Apertura del becco che giunge al di là della metà dell’ occhio: ali più lun- ghe o eguali alla coda: coda o con macchie, o con fasce trasverse: sull’ ultima falange del dito medio cinque squame. Uccello più grosso d'un Tacchino. Adulto. Becco poco più corto della testa. Mascella su- periore curva in modo da formare un quarto di cerchio: la tacca è appena visibile. La mascella inferiore ha tre tacche molto sensibili nella sua estremità: ambedue le mascelle son di color grigio celestognolo, nere in cima. La cera ed il mar- gine posteriore dell'apertura del becco è d’un bel color giallo. Redini coperte da setole, e da una corta calugine. Iride di color castagno. Penne del pileo e della cervice lanceo- PRE e MET 120 late, castagno-brune. Penne del dorso, del petto, addome, fianchi e scapolari nere, tendenti un poco al castagno: tutte queste penne sono bianche verso la base, così che in molti luoghi, e particolarmente sul petto e sull’addome, non es- sendo la base coperta dalla parte di color nero della penna che gli è sovrapposta, ne segue che l’animale sembra tutto macchiato di bianco. Piccole cuopritrici delle ali di color nero- marrone con stretto margine marrone-chiaro: di questo stesso colore sono le penne che cuoprono l’angolo anteriore delle ali. Grandi cuopritrici nere; remiganti nere intieramente nel terzo superiore e nel margine esterno: bianco-grigie macchiate di nero nel rimanente. Sopraccoda bruno-marrone. Sottocoda bianco, con l’estremità castagna. Timoniere graduate, nere in cima, dipoi grigie macchiate di nero, bianche alla base. Coda poco più corta delle ali. Tarso impennato fino all’origine dei diti da piume corte, folte, di color grigio castagno. Diti coperti da piccole squame, solamente avanti l'unghia ve ne sono alcune grandi: cinque al dito medio, quattro*al dito posteriore, tre agli altri due diti; sono di color giallo. Unghie nere e grosse: quelle del dito posteriore e dell'interno più lunghe del dito. Penne della gamba dello stesso colore di quelle del corpo, ma con una maggior quantità di spazii bianchi. ORDINE PRIMO. Nora. — L’ individuo che qui sopra ho descritto, e che conser- vasi nel nostro Museo, visse per più di un anno nell’ Orto botanico. Quello che a me lo vendè, dissemi essere stato portato dall’ isola dell’ Elba. Quando lo ricevei, aveva gli stessi colori che al momento. in cui fu preparato, meno due penne bianche fra le grandi cuopri- trici dell’ ala destra, le quali si svilupparono nell’ ultima muta. Era femmina: io non so niente rapporto alla sua età; solo giudicando dalle descrizioni che dà Temminck di tale specie, suppongo esso fosse d’ una età media, giacchè, secondo quest’ Autore, i vecchi e i giovani hanno le seguenti livree. Vecchi. Penne del vertice di color fulvo rossiccio chia- ro, con una striscia bruno-rossiccia nel mezzo: dorso di color castagno cupo. Piccole scapolari bianche, l'altre del color del dorso. Parti inferiori bruno-nerastre; regione anale e sotto- coda fulvo-giallognole. Ali superiormente color del dorso, or c% } UCCELLI DI RAPINA. 191 inferiormente bruno-nerastre. Coda grigio-bruna con varie fasce trasversali più cupe: l’ultima più larga delle altre, e ter- minata di fulvo giallastro. Penne delle gambe scuro-nere. Giovani nel primo e secondo anno. Parti superiori scuro- fulve, con grandi macchie di color fulvo chiaro. Gola e gozzo giallo fulvo. Penne della base del gozzo, del petto e addome giallo-lionate. Scapolari scure ed internamente orlate di scuro fulvo: alcune delle prime scapolari sono ornate in cima d’una macchietta bianca: cuopritrici superiori delle ali bruno-baie, molte di esse sono orlate di giallo fulvo, altre di scuro fulvo: remiganti primarie scuro-nerastre, secondarie scure, con un piccolo margine lionato. Coda cenerina, con alcune macchie scure poste verso l’apice che è fulvo rossiccio. Aquila imperiale, Falco imperialis, Bechst., Savi, Orn. Tosc., I, p.i7. i | Sinonimia. — Falco mogilnik, S. G. Gmel., S. N. (1788), p. 445. — Falco imperialis, Bechst., Orn. Tasch, (1802-1803), III, p. 553. — Aquila heliaca, Savig, Ois. d’Egyp. (1809), p. 82. — Aquila chrysaetos , Pall., Zoogr. (1841-1831), I, p. 341. — Falco împerialis, Temm. (1820), I, p. 36. — Aquila imperialis, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 40. — Aquila imperialis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 24. Ficure. — Temm. èt Lang., PI. col. 1541, soggetto adulto; 152, ‘soggetto giovane. Nomi voLGarI sTRANIERI. — Franc. Aigle imperial. Ingl. The ‘imperial Eagle. Ted. Der Kònigs-Adler. Dimensioni. — Lunghezza totale : adulto, 0%, 876; volo, 20, 218; apertura del becco, 0m, 64; coda, 00, 31; tarso, 00, 117. Costumi. — È proprio quest’uccello dei paesi orientali e meridionali: sulle montagne dell'Egitto e della Barberia è co- mune; trovasi spesso anche nella Dalmazia, e nell’ Ungheria, e su i Pirenei, e non di rado comparisce in Provenza. Il pro- fessor Doderlein dice esserne stato ucciso un individuo a To- eneli ne’ monti modenesi nel 1844, e secondo l’ asserzione del prof. Bianconi ne sarebbe stato preso un altro individuo nel- l’alto Appennino bolognese. Nei primi tempi che possedevo vivente l'individuo sopra descritto, egli era mansuetissimo, amava ad essere accarezzato, e quando voleva mangiare, con un piccolo sibilo cercava di risvegliar l’attenzione di chi a lui 129 ORDINE PRIMO. s’appressava. Egli passava le intiere giornate a pollaio, immo- bile, in una positura verticale, girando maestosamente la testa ora da uno, ora da un altro lato. Quando, ben nutrito, si era pettinate e ravviate col becco tutte le penne, dal mezzo del petto escivagli un ciuffo di lanugine bianchissima che gli for- mava ornamento non piccolo. Qualunque sorta di carne pia- cevagli, ed anche piccola quantità a lui bastava. Ma negli ul- timi tempi della sua vita, dopo essersi rivestito di nuove penne, verso l’inverno, diventò fiero e intrattabile: si rivoltava minac- cioso contro chi a lui si accostava, assaliva i Cani, ed un giorno si slanciò contro di me. Libero vive sulle alte montagne, e sceglie particolarmente quelle vestite di boschi densi, giac- chè là trova un nutrimento più abbondante. Daini, Caprioli, Pecore, Capre, Lepri, Grà, Cigni, ec., formano il suo cibo con- sueto. Propagazione. Nidifica, al dir di Temminck, nei boschi di monte, o sopra rocce scoscese. Le sue uova sono due o tre per covata, di color bianco sudicio o bruno vinato. AQUILA REALE. — AQUILA FULVA. Savig. ex Linn. - Apertura del becco che non oltrepassa l’ angolo anteriore dell’ occhio: ali più corte della coda: coda biancastra e scura, o con fasce trasver- sali: sull’ ultima falange del dito medio tre squame. Uccello più grosso d’un Tacchino. Adulti. Becco nero corneo, poco più corto della testa, adunco; tacche quasi nulle. Apertura del becco che oltrepassa di poco l'angolo anteriore dell’ occhio. Iride scura; cera gialla. Redini coperte di setole, e d’una corta calugine bianca. Penne del pileo e della cervice appuntate e di color marrone-fulvo dorato. Dorso, cuopritrici delle ali, e parti in- feriori di colore scuro-nerastro. Coda rotondata che oltre- passa l'estremità delle ali, scuro-grigia, con fasce più cupe, strette, trasversali, irregolari. Penne della parte interna delle gambe e del tarso, di color scuro chiaro. Tarso poco più lungo del dito medio, coperto di penne fino ai diti. Diti gialli, UCCELLI DI RAPINA. 123 reticolati, solo tre squame grandi sull’ultima falange di cia- scun dito. Unghie nere. * Giovani. Penne di tutto il corpo scuro-nere nella cima, bianche alla base. Lati della testa, gola, lati interni delle co- sce, di ‘color biancastro. Penne del sottocoda bianche, con l'estremità castagno-nera. Coda bianca, con l'estremità nera: una sfumatura cenericcia unisce questi due colori. Aquila reale, Falco fulvus, Linn., Savi, Orn. Tosc,, I, p. 20. Sinonimia. — Falco fulvus et melanaetos, Linn., S. N. (1766), I, p. 135 e 125. — Aquila, Aquila aurea et nigra, Briss., Ornith. (1760), I, p. 419, 431 e 434. — Aquila fulva, Savig., Ois. d'Égyp. (1809), p. 82. — Aquila nobilis, Pall., Zoogr. (1814-1831), I, p. 338. — Falco regalis, Temm., Man., 18 ed. (1815), p. 10; e Falco fulvus, 2a ed. (1320), I, p. 38. — Aquila regia, Less., Ornith. (1834), p. 36. — Aquila Barthelemy, Jaub., Rev. et Mag., Zool. (1852), IV, p. 545. — Aquila Fulva, Degl. et Ger. (1867), I, p. 20. Ficure. — Storia degli Uccelli, tav. 2, 4, 5, gli adulti; tav. 7, i giovani. Buff., PI. Enl., 409, giovane individuo sotto il nome d’ Aquila comune; e 410, individuo vecchio, sotto il nome di Grande Aquila o Aquila reale. Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. L’Aigle royal. Ingl. The golden Eagle. Ted. Der Stein-Adler. Dimensioni, — Lunghezza totale: 0, 96; coda, 0%, 37; aper- tura del becco, 0", 37; tarso, 0M, 107. Costumi. — Abita ordinariamente le boscaglie delle alte montagne, ma qualche volta si fa vedere anche in quelle di piano. È la specie di Agu/la la più comune in Italia, trovandosene qual- che coppia su tutte le grandi nostre catene di montagne. Non è comune sulle Alpi piemontesi, lombarde, ec. ° Se ne trovano sulle alte cime dell’intera catena appenninica; ne abita sempre qualche coppia sulle scoscese vette delle Alpi Apuane. Al dir degli Autori della Storia degli Uccelli, stanno ancora nei monti di Controne nel Lucchese; trovansi pure nella Sardegna e nella 1 Temm., loc. cit., pag. 38. 2 Il prof. M. Monti ci fa sapere nel suo interessante Catalogo e notizie com- pendiose degli Uccelli di stazione e di passaggio nella città, provincia e diocesi di Como, essere 1° Aquila reale frequente nella Valtellina, nel Canton Ticino e sugli alti monti delle Tre Pievi. Verso il 41800 cessò di nidificare sulla Grona, sul Sasso della Porta e sopra Cuslino in Val Cavargna; ma ritoroò a porvi i nidi nel 4881. - 124 ORDINE PRIMO. Sicilia. È un uccello che, essendo dotato di una sorprendente forza muscolare, d’amplissimi e robusti organi del volo (ad ali spiegate misurano da metri 2 e 18 a metri 2 e 25), di dita assai lunghe, e d’artigli molto sviluppati ed acuti, ha grande ardire, percui attacca tutti gli animali alpestri, le giovani Ca- mozze, Capre, Cani, e tutti gli altri mammiferi di mediocri di- mensioni che incontra, ed afferrati con i suoi potenti artigli seco li trasporta sulle inaccessibili rocce, e quando ha i figli, nel loro amplissimo nido per alimentarli. Qualche volta anche, raramente, piomba addosso ai bambini, ed' egualmente sol- levali e quindi se ne alimenta. Non pochi sono i racconti di tali fatti, ed uno, sulla verità del quale non può aversi alcun dubbio, è quello comunicato all’ Accademia delle Scienze di Tolosa ! dal distinto naturalista Moquin-Tandon, del rapimento avvenuto nel Cantone di Vaud di una bambina di cinque anni, che, mentre faceva il chiasso in compagnia con altra di anni tre, fu ghermita da un’ Aquila, e malgrado i gridi: della com- pagna, e dell’accorrere di alcuni contadini, fu trasportata per l’aria, e solo due mesi dopo ne fu ritrovato il cadavere sull’alto d’un monte, mutilato e disseccato. Le Aquile reali vivono assai bene in schiavitù, ed anche per lungo tempo, essendovi noti- zie sicure che alcune vi passarono più d’un secolo. Propagazione. Il nido lo fabbricano in qualche scoscesa pendice, o sopra un alto e largo tronco d’albero. Ha questo nido ordinariamente due metri e più di diametro; è formato con grosse pertiche o canne intralciate, e coperto con fieno e musco. Sempre è imbrattato di carne corrotta, ossa, san- gue, ec., giacchè quando le prede non sono d'una mole troppo grossa, ordinariamente l’ Aquila le trasporta al suo nido per divorarle in quiete. Partorisce due uova, raramente tre, di color bianco sudicio, picchiettate di rossiccio. AQUILA ANATRAIA. — AQUILA NAEVIA. Briss. Apertura del becco che giunge fin verso la metà dell’ occhio: ali subeguali alla coda: coda scura: colorazione cioccolata scura: parti superiori 1 Memorie, 1839-41. UCCELLI DI RAPINA. 125 delle ali con molte macchie bianche (giovani). Tarso lungo una volta e mezzo il dito medio. Sull’ ultima falange del dito medio 4 squame. Grossezza di un Tacchino. Giovani. Becco nero celestognolo con la punta nera, poco più corto della testa, con l'apertura che giunge fino alla metà dell'occhio. Cera gialla. Iride scura. Redini coperte di peli radi e d’una corta calugine. Penne della testa, del collo, del petto, dei fianchi, dell'addome, del dorso, cuopritrici delle ali, e penne delle gambe, color cioccolata-cupo. Le sca- polari, le cuopritrici delle ali, le penne del groppone e delle. gambe, hanno nella cima una macchia bianco-ceciata, ovato- . bislunga: quelle dell’ addome e dei fianchi hanno lungo lo stelo una macchia bislunga lionato-sudicia. Di questo colore sono le penne della regione anale e del sottocoda. Remi- santi nero-scure. Sopraccoda biancastro. Coda poco più corta delle ali, troncata. Timoniere scuro-nere, con lo stelo bianco, e la cima bianco-lionata. Tarso poco più lungo del dito medio, coperto fino ai diti di penne corte di color castagno. Dili gialli. Unghie nere. Adulti. Il color delle loro penne è più intenso, e non — hanno nessuna macchia. ‘ Aquila anatraia, Falco naevius, Linn., Savi, Orn. Tosc., I, p. 22. Sinonimia. — Aquila naevia, Briss., Ornith. (1760), I, p. 423. — Falco naevius, Gmel., S. N. (1788). — Aquila melanaetas, Savig., Ois. d’Égypte (1809), p.81. — Aquila planga, Vieill., N. Dict. (1816), I, p. 235. — Aquila naevia, Degl. et Ger. (1867), I, p. 26. Ficure. — Morphnos, Aldr., Orn., I, p. 214, tav. 215 (adulto). — Gould, B. of Eur., pl. 8. Nomi voLGARI STRANIERI. — Franc. Aigle plaintif, ou criard, cu tachete. Ingl. The spotted Eagle. Ted. Der Schrei-Adler. Dimensioni. — Giovane. Lunghezza totale: 00, 672; coda, 0m, 246; apertura del becco, 0%, 37; tarso, 0, 95. Costumi. — (Questa specie non è comune, ma nemmeno molto rara in Italia, trovandosi indicata in quasi tutti i Trattati e ne Cataloghi ornitologici italiani. Sembra che siavi stazio- naria, nell’estate abitando le alte montagne per nidificarvi, 1 Temm., loc. cit., pag. 42. Pa 3 SL ae das PAIS api Se DE Now lata SRI MSI RE a ARRE Pip Pa. chalet aa iN] L'ERIRI > de ” Coal s prec ARA e DR TSO » AE: x Pat a na TIE TA POT LL MAC gg 126 ORDINE PRIMO. nell'inverno scendendo ne’ piani ed accostandosi al mare. Nel 1822, di luglio, trovandomi sul Corno alle Scale, che è una delle cime più elevate dell’ Appennino pistoiese, due di que- ste Aquile anatraie giovani passarono, volando lentamente, poco lontane da me. Durante l’inverno non di rado ne arrivano e vi sono uccise nelle grandi boscaglie summarine del Pisano, come pure in quelle dell’interno della Toscana. Secondo l’osservazioni di Temminck, in Italia, e nelle altre parti meridionali dell'Europa, non vi si trovano che dei gio- vani, mentre che solo degli adulti si trovano nel Nord. Dicesi che è la meno coraggiosa di tutte le altre Aquile, cosicchè or- dinariamente non si nutrisce che di Topî, Pipistrelli e grossi insetti, ma qualche volta assale anche le Lepri, i Piccioni, i Germani e 1 Conigli. Propagazione. Nidifica tanto nel Settentrione quanto nel Mezzogiorno. È noto che si propaga in Savoia: egualmente nidifica in Sicilia su i grandi alberi delle sue foreste, come asserisce il Benoit ed il Doderlein. Partorisce due uova per covata, bianco-grigie, punteggiate di scuro rossastro o di ne- rastro. AQUILA BONELLI. — AQUILA BONELLI. Bp. cx Temm. Apertura del becco, che giunge verso la metà dell’ occhio. Ali più corte della coda. Coda biancastra e scura con fasce trasversali. Parti infe- riori lionato-sudice. Tarso mediocremente grosso : eguale in lunghezza al dito medio, non compresa l’ unghia. Grossezza d’ un’ Oca. Maschio adulto. Becco nero celestognolo. Cera gialla. Iride scuro-nerastra. Parti superiori di colore scuro tendente al nocciola più o meno cupo: senza macchie ben distinte: parti inferiori d'uno scuro nocciola-ocraceo, più o meno ac- ceso, con strie bruno-nerastre longitudinali di varia larghezza. Timoniere cenerine, o cenerino-rossastre, con una sola fa- scia scura trasversale in cima, oppure con diverse assai decise. Tarsi impennati fino all’ origine delle dita. Diti gialli. GI individui perfettamente adulti hanno le parti inferiori bianco-candide, e sullo stelo di ogni penna una sottile stria ; dd e / P_ped ii PO ERRE AITST tici La di Ria Pari cani Sei #44 a Sa ; 193 UCCELLI DI RAPINA. 127 nera. Tali individui, al dire del signor Salvadori, son molto rari; uno ne ha visto nel Museo di Cagliari. Femmina adulta. Becco con la punta nera, verdastro alla base: scuro nerastro superiormente. Gote, gola, gozzo, lati del collo, d’uno scuro-nocciola tendente al fulvo, con pic- ‘ cole strie scure longitudinali sullo stelo. Tutte le altre parti inferiori d’uno scuro fulvo-ocraceo meno acceso, con larga macchia longitudinale scura, e gli steli di-tutte le penne, neri: le penne del tarso: sono macchiate in egual modo: le cuopri- trici inferiori delle ali, nere: la base delle remiganti primarie hanno la cima nera; le secondarie, marmorizzate di nero. Coda o cenerina quasi unicolore, o con fasce più cupe poco distinie. Tutte le penne hanno una larga fascia nerastra verso l’ apice, il quale è più o meno. bianco sudicio. Diti giallastri. Giovane. La testa, la nuca, il dorso, le scapolari e le ali d’uno scuro cenerino con macchie bislunghe, o strie scuro- nerastre sullo stelo d’ogni penna: tutte le grandi cuopritrici, le scapolari, e le penne delle ali, hanno a distanze molto erandi delle fasce nere disposte in zic-zac; le remiganti e le penne secondarie son bianche sul margine interno, e ancor esse con fasce nerastre: tutte le penne della coda superior- mente son di color cenerino scuro, con nove o dieci fasce trasversali, separate da intervalli il doppio più larghi che le. fasce stesse: tutte queste penne son terminate in fulvo dorato, più o meno vivace. La coda inferiormente è biancastra con una sfumatura di fulvo, e con deboli indizi di fasce trasversali: il davanti del collo, il petto e l'addome son di un color fulvo chiaro, e gli steli delle penne sono scuri: il che cagiona delle piccole strie sul fondo fulvastro delle penne, all’incirca disegnato come nell’ Aquila imperiale giovane: le cosce, le penne del tarso, l'addome, e le cuopritrici inferiori della coda, sono di color bianco sudicio tinto di fulvastro, e senza macchie. Falco Bonelli, Temm., Savi, Orn. Tosc., I, p. 24. Sinonimia. — Aquila fasciata, Vieill., Soc. Linn. de Paris (1822), 2e part., Mémoires, p. 152. — Aquila intermedia, Boitard, Ois. d’Eur. (1835). — Falco Bonelli, Temm., Man., 3° part. (avril 1835), p. 19. — Nisaetus grandis, Hodgs., Journ. A. S. B. (1835), V, p. 230. — 128 ORDINE PRIMO. Hieraetus Bonelli, Kaup, Classif. Saiig. und Vog. (1844). — Tol- maetus Bonelli, Blyth., Journ. A. S. B. (1845), XV, p. 5. — Falco ducalis, Lincht. in. Bp., Catal. Parzud. (1856), p. 1. — Pseudaetus Bonelli, Bp., Cat. Parzud. (1856), p. 1. — Aquila fasciata, Degl. et Ger. (867), /1,9p.132. Ficure. — Temm. et Laug., PI. col. (1824) 288, soggetto da 2 a 3 anni. — Schleg, et Susem. Fog. Eur., pl. 18, adulto; pl. 19, gio- vane. Nomi voLGARI ITALIANI. — Sardegna. Achiloneddu, Abilastru. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 65; coda, 0m, 24; ala, dall’ angolo all’ apice, 0, 446; tarso, 0%, 10; dito medio, 0, 65; unghie del dito posteriore, 0m, 55. Costumi. È molto comune in Sardegna, ove fino dal 1776 lo indicò il Cetti col nome di Aquila minima. Fu poi fatto meglio conoscere da A. La Marmora! e d’allora in poi gli Ornitologi lo riconobbero, ed in varil paesi si ritrovò, peraltro in prossimità al Mediterraneo. In Toscana più d’un individuo ve ne è stato ucciso. Nella regia tenuta di San Rossore un bell’individuo ne fu preso non molti anni addie- tro: ed il signor Enrico Benvenuti, giovane naturalista da im- matura morte rapito alla scienza, fa sapere che nel novembre del 1861 e nel dicembre 1862 ne furono uccisi nella regia tenuta di Coltano due individui, che conservansi nel Museo di Firenze; e che nel febbraio del 1865 un altro ne fu ucciso nel Mugello. Il signor Benoit l’enumera nella sua Ornitolo- gia Siciliana, come pure il professor Doderlein nell’ Avifauna; Cara e Salvadori lo dicono assai comune in Sardegna; De Betta l’annovera fra gli uccelli che capitano nel Veneto, ma dichiara esservi molto raro. Il Barthelémy che nella sua Opera Lichess. Ornith. diede due belle figure di quest’ uccello, e scrisse di lui un interessante articolo, fa sapere come at- tualmente questa specie, la quale esso suppone fosse ra- rissima nel passato, è sedentaria ed abbondante in Provenza, ove ancora riproducesi sulle montagne che limitano le grandi pianure paludose del litorale. Abita 1’ Aquila Bonelli ancora in 1 Determination et description des differences d’age de l’Aigle Bonelli, par le chev. Albert de la Marmora. (Lu à la Seance du 24 juin 1832.) Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino, tomo XXXVII, pag. 110. PREVIA RL ep s- Ba 2 PSE» age STES mati CLS DI dere fe ver feta veste. I persb i) LI e Ti ri ii UCCELLI DI RAPINA. 129 Spagna ed in Algeria. Vivendo principalmente d’uccelli acqua- tici, frequenta i luoghi palustri. Propagazione. Fa il nido negli spacchi di massi, e come i suoi congeneri partorisce due uova per covata. Questo è tutto quanto sappiamo fino ad ora della sua propagazione. AQUILA FORESTIERA. — AQUILA DEMURSII. Hartlaub Verthaus. Apertura del becco che giunge verso la metà dell’ occhio. Ali eguali o un poco più lunghe della coda. Coda scuro-nera, con fasce più chiare ondulate, trasverse, rade, scuro-ruggine. Tarso assai sottile, lungo due volte il dito medio, non compresa l’unghia. Calzoni brevi. Gros- sezza d’ un’ Oca domestica. Becco piuttosto lungo, adunco; mascella superiore senza festone nè tacca : anche l’inferiore integra. Ambedue color di corno: la superiore nera nella cima; l’ inferiore giallastra nella base. Cera gialla. Redini coperte di peli radi. Testa e | collo color grigio-ruggine chiaro : penne della regione occipi- tale, della temporale e della cervice lanceolate acuminate; quelle della base del collo, del gozzo e dell’ alto del petto dello stesso color grigio-ruggine, ma un poco più chiare; ri- manente del petto, fianchi, addome e calzoni della stessa tinta, ma un poco più scura e tirante al castagno. Grandi sca- polari e grandi cuopitrici delle ali castagno-grigie; piccole e medie cuopitrici dello stesso colore, ma sul margine sfumate del colore grigio-ruggine delle penne della testa. Remiganti nere, con stelo nero cangiante in castagno porporino. Timo- niere: di sopra scuro-nere, con steli bianchi verso la base; di sotto, scuro-nerastre più chiare, con rade fasce trasverse, sbia- dite, un poco ondulate, piuttosto lunghe e fra loro distanti, color biancastro-ruggine. Penne del sottocoda color bianco- ruggine sudicio, con larghe fasce trasverse cenericce. Tarsì scuro-ruggine, con macchie piùxéupe. Diti gialli, unghie nere. Remigante 1* due terzi della;è2#;.3* subeguale alla 4*, ed alla 3*, che sarà la più lunga. 00° Nora. — L’ uccello qui sopra descritto, che probabilmente è un, individuo giovane, è l’unico di questa specie da me veduto. Fu ucciso Ornitologia italiana. — 1. 9 erronee 130 ORDINE PRIMO. il 6 marzo del 1843 nel bosco delle Cascine di Firenze da un guardia- caccia che lo vendè al professore Carlo Passerini, distinto entomo- lego ed ornitologo. Nè esso nè io si seppe a quale specie d’ Aquila sì potesse riferire, e fu solo dall’ accurato studio fattone dai celebri ornitologisti belgi il Bar. Edm. De Selys Longchamps ed il Visc. Du Bus, ai quali lo comunicai, che seppi doversi riferire all’ Aquila De- murstîiì dell’ Africa occidentale. Adesso l’ individuo in questione con- servasi nel Museo pisano. i Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 61; apertura del becco, om, 5; coda, 0%, 24; tarso, 0", 950. AQUILA NANA. — AQUILA PENNATA. Brehm ex Briss. Apertura del becco che giunge poco al di là dell’ angolo anteriore dell’oc- chio. Ali assai più corte della coda. Coda superiormente tutta scura: un ciuffo di penne bianche all’ articolazione delle ali (adulti): penne delle parti inferiori o bianche o biancastre, con striscia stretta scuro- cupa lungo lo stelo, od ocraceo-scuricce, con stria nerastra longi- tudinale. Tarso lungo poco più d’una volta e mezzo del dito medio, non compresa l’ unghia. Calzoni assai sviluppati. Grossezza del Falco Cappone. . i Adulti. Becco color di corno chiaro ; iride e cera gialle. Fronte biancastra; gote e parte posteriore della testa scuro-cupe; vertice ed occipite di colore scuro-nocciola chiaro con macchie brune; dorso e cuopritrici delle ali scuro-cupe, con margine più chiaro: un ciuffo d’ otto o dieci penne candide all’ inserzione d’ ogni ala. Remiganti e timoniere bruno-nere ; sopra queste ultime si travedono alcune fasce trasverse molto strette. Tutte le penne delle parti inferiori son candide, con una fascia scura molto stretta longitudinale comprendente lo stelo. Le penne delle cosce hanno le fasce scure trasversali, dando in scuro- ruggine chiaro. Tarso interamente pennuto fino alle dita, che sono gialle. La femmina ha gli stessi colori del maschio, o presso a poco, ma è più grossa. Giovani. I loro colori sono in generale, specialmente sulla testa e sul collo, d’ un color bruno rossastro più intenso che negli adulti. Le parti inferiori color scuro-nocciola chiaro, con le strie longitudinali nere ben decise. Le fasce trasverse sulle timoniere sono esse pure più decise che negli adulti. Le penne LI e —_——’—’ sia Re — ee UCCELLI DI RAPINA. 131 bianche poste presso l’ inserzione delle ali, simili e dello stesso candore di quelle degli adulti. * Sinonimia. — Falco pedibus pennatis, Briss. Ornith. (1760), VI, Suppl., p. 22. — Falco pennatus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 272. — Aquila pennata, Brehm Lehr. der Nat. Eur. Vòg. (1823), I, p. 20. — Hieraetus pennatus, Kaup Classif. Saiig. und Vog. (1844), p. 120. — Aquila pennata, Degl. et Ger. (1867), I, p. 36. Ficure. — Temm. et Laug., PI. col. 33, maschio adulto. Nomi voLcari stRANIERI.— Franc. Aigle bottee, Faucon pattu. Ingl. Booted Falcon. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 45; apertura del becco, om, 03 ‘/,; coda, 0%, 19 ‘/,; tarso, 0", 063. Gostumi. — Molto raro in Italia. In Toscana non so che vi sia stato trovato giammai: ma non vi ha dubbio che debba figurare nell’ Ornitologia Italiana. Il marchese Durazzo ci fece sapere nel suo Catalogo averne veduti due nelle vicinanze di Genova; l’ uno fu preso nell'ottobre del 1863 da un cacciatore che con le reti tendeva ai piccoli uccelletti. Un altro ancora fu preso presso Genova, il quale attualmente si con- serva dal signor De Negri. Al dire del signor Barthélemy è assai comune in Provenza, ove periodicamente vi arriva dai Pirenei e dalla Spagna: dicesi che là nidifichi nelle foreste che cingono la reale villa d’Aranjuez. Egli è poi comune sulle coste di Barberia, dal Marocco fino all’ Egitto. 3a Famiglia. — I BUTEI. BurronIDEI. Testa piuttosto attondata. Becco più corto della testa, non intaccato, appena festonato. Occhi poco incassati. Redini setolute. Narici aperte presso il margine della cera, ovato— allungate, col diametro maggiore diretto in basso ed in dietro: non pestellate. I) 1 'Temm., Man. d’Ornith., tomo I, pag. 44. > FONTI RICO VOTI SRNEORTA LOT III LAI ARIA CRETA GP aIOTIIoe \ 52 ORDINE PRIMO. Tarsi o nudi o impennati presso al calcagno fino ai diti: più lunghi del dito medio. Diti corti, il medio assai più lungo de’ laterali. Unghie solcate inferiormente, poco adunche. Ali che giungono verso la cima della coda. Remigante 12 più corta della 62; 32, 4° e 52 le più lunghe. Coda grande, o troncata, o troncato-altondata. 9° Genere. — CIRCAETUS. Vieillot. Tarsi intieramente nudi reticolati. Diti reticolati, con solo due o tre scudetti avanti le unghie. Redini setolute. Diti brevi. Unghie piuttosto corte. Testa grossa, subrotonda. Becco più corto della testa, non intaccato, appena festonato. Cera nuda. Narici ovato-allungate, aperte verso il margine della cera, col diametro maggiore. quasi verticale. Tarso mediocre reticolato, con piccolo spazio pennuto all’ estremità superiore. Diti reticolati, con soli due o tre scudetti avanti alle unghie : esterno unito alla base col me- dio da piccola membrana: più corto del tarso, un poco più lungo de’ laterali. Unghie mediocri, non molto adunche. Ali grandi, più corte della coda. Coda grande, subtroncata. BIANCONE. — CIRCAETUS GALLICUS. Vieill. ex Gmel. Parti superiori cenerine: inferiori bianche, con macchie bislunghe sulla coda, con tre fasce trasverse sbiadite. Maschio adulto. Becco con la cima nera, la base celesto- snola. Cera celestognola. Redini coperte da una calugine corta e bianca, che è sormontata da setole lunghe, rade e nere. Regione dell’ occhio senza penne, e coperta solo di calugine È ld ; A, ali 4 VE SP RIAIA PR AP AIN UR Aia led »" UCCELLI DI RAPINA. 133 bianca. Sopraccigli formati da setole folte, nere. Penne della testa, della cervice e del gozzo bianche alla base, ceciate in cima, con lo stelo nero nella punta. Penne del dorso, soprac- coda, scapolari e cuopritrici delle ali bruno-rossastre, col mar- gine più chiaro e con la base bianca. Petto e addome di color bianco : sul primo grandi macchie longitudinali, sull’altro delle macchie trasversali scure. Remiganti bruno-nere, col margine interno bianco. Timoniere cinereo-bruno-giallastre, con tre fasce trasverse più cupe. Coda troncata. Piedi bianco-gialla- stri, un poco tendenti al celestognolo, coperti da piccole squame imbricate. Tarso lungo. Diti corti. Unghie nere. Femmina adulta. Penne delle parti superiori bruno-rossa- stre, con la base bianca e lo stelo nero. Gola e gozzo casta- gno giallognolo, con lo stelo delle penne nero e qualche mac- chia bianca. Penne del petto, addome, e cuopritrici inferiori della coda e delle ali, bianche, con delle larghe macchie tra- sversali del medesimo color del collo, cioè castagno giallo- enolo. Remiganti e timoniere superiormente di color nero bruno, con la base del margine interno bianco : le più hanno delle larghe e rade fasce trasversali più scure: inferiormente son bianco-cinerine: il loro stelò è bianco. Biancone, Falco Gallicus, Gmel. Savi Orn. Tosc., I, p. 27. Sinonimia. — Aquila pygargus , Briss. Ornith. (1760), I, p. 127. — Falco gallicus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 259. — Falco leucopsis, Bechst. Nat, Deutsch. (1801), 1er edit., II, p. 572. — Aquila leucampho- ma, Borkhaus Deutsch. Orn. Heft., p. 9. — Aquila brachydactyla, Mey. et Wolf. Tasch. Deutsch. (1810), I, p. 21. — Accipiter hypoleucos, Pall. Zoogr. (1811-1834), I, p. 354. — Circaetus leucopsis et angui - num, Brehm Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 36 e 37. — Falco brachydactylus, Temm. Man. (1820), I, p. 46. — Circaetus gallicus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 50. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Jean le blanc. Ingl. The Jeenste-bleme.-Ted. Der Nattern-Adler. bar Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 739; apertura del becco, 0%, 058; tarso, 0", 106; coda, 0, 263. Costumi. — E piuttosto comune fra noi, particolarmente in estate, giacchè allora molti individui ci vengono a nidificare: qualcheduno se ne trattiene anche in inverno. Ama le estese 134 ORDINE PRIMO. boscaglie; fuori del tempo degli amori vola non molto alto, ma in quell’ epoca vedesi non di rado fare delle ampie rote a grandi altezze. Nello stomaco di tutti gl’individui che ho avuti, non ho trovato che avanzi di Serpî e Lucertole: si dice che qualche volta assalga anche uccelli e piccoli mammiferi. Propagazione. Secondo varii Autori nidifica sugli alberi più elevati; bensì uno, che fece il nido nella nostra macchia di San Rossore, lo pose all’ altezza di quattro o cinque braccia sopra un ramo orizzontale di pino. Questo nido era fatto con stecchi e frasche, e non conteneva che un sol figlio, coperto d’una calugine foltissima e candida. Ordinariamente partorisce due o tre uova di color grigio nitido. 10° Genere. — BUTEO. G. Cuvier. Tarsi vestiti di penne presso al calcagno, scudettati anteriormente. Diti alla base reticolati: alla cima presso le unghie scudettati. Redini setolute. Diti mediocri. Unghie mediocri. Testa mediocre subrotonda. Becco più corto della testa, non intaccato, appena festonato. Cera nuda. Narici aperte verso il margine della cera, ovato-allungate, col diametro masg- giore parallelo all’ asse del becco. Tarso piuttosto lungo, nudo, con piccoli scudi sulla faccia anteriore, reticolato sui lati: ve- stito di penne presso al calcagno. Diti reticolati nella metà superiore, scudettati nell’ inferiore: piuttosto corti; il medio unito all’ esterno da una breve membrana; più corto del tarso, più lungo de’ laterali. Unghie piuttosto grandi, mediocremente adunche. Ali poco più corte della coda. Coda piuttosto grande, troncato-rotondata. Nora. — Gli uccelli appartenenti a questo genere sono poco agili al volo, per cui in generale fanno la caccia a piccoli vertebrati, o ai giovani di tutte le classi, eccettuando peraltro, per quanto io so, PRA 10 01 UCCELLI DI RAPINA. 135 i pesci. Abitano le grandi boscaglie, dalle quali sì allontanano an- cora per andare a cacciare nei prossimi piani. Sono anche in certo modo emigratori: le loro emigrazioni non credo s’ estendano a re- gioni molto lontane. Nidificano sugli alberi e depongono tre o quat- tro uova per covata. Il loro abito varia secondo l’età, specialmente per la disposizione e forma delle macchie, da cui è ornato; almeno si trovano nello stesso paese appartenenti a varie specie di questo genere individui, i quali presentano le differenze di cui parlo: ma circa a queste differenze vi ha diversa opinione fra gli Ornitologi, giacchè alcuni le considerano come solo dipendenti dall’ età , e que- sti non ne ammettono che un’ unica specie in Europa, cioè il Falco buteo, del Linneo, o Buteo cinereus, di Bonaparte; altri poi mossi non solo dalla diversità grande che esiste nella colorazione e pittura delle loro livree, ma più specialmente dalla costanza ed uniformità che presentano in alcuni paesi tali differenze, le considerarono come realmente dipendenti da differenze specifiche. Il Vieillot è fra questi ultimi, ed io pure lo sono fino dal 1831, in forza degli studii che allora feci, e che pubblicai nel tomo III dell’ Ornitologia, e che qui sotto riporto per intiero; * studi, che, come ho qui detto, mi con- 1 Articolo concernente il presente genere, pubblicato nel tomo III dell’ Orni- tologia Toscana, a pag. 191: Nel tomo vigesimoterzo delle Memorie della Reale Accademia di Scienze di To- rino, a pag. 217, trovasi una Memoria del Vieillot sopra alcune specie di Falchi, ove, dopo avere stabiliti i caratteri del suo genere Bufeo, cercò mostrare la diversità che passa fra due razze di uccelli di questo suo genere, stati tutti racchiusi fino al- ‘ lora nella specie Falco Buteo, e stabilì quelle differenze, con le quali determinava le due nuove specie, Buteo mutans e Buteo fasciatus. Ma da diversi Ornitologi, e fra questi , particolarmente dal Temminck, le due sunnominate specie non furono ammesse, e quelle differenze, che erano state assegnate per distinguerle, si considerarono come l’effetto di diversa età o come accidentali. Quando nel 1827 pubblicai il primo tomo dell’ Orni- tologia Toscana, siccome non aveva mai veduto nessuno individuo, nè del Falco mutans, nè del Falco fasciatus, uccelli proprii a regioni più settentrionali del mio paese, credei che quella specie della famiglia de’ Buteoni qua vivente, e che col nome di Falco Buteo descrissi, fosse 1’ uccello dal Temminck con tal nome indicato: e sic- come veddi anche di questa specie in Toscana individui fra loro assai diversi per alcuni caratteri, benchè identici per molti altri, io mi uniformai alle idee dell’ Ornitologo olandese, e non feci nessuna attenzione alle descrizioni ed alle figure del Falco mutans e del Falco fasciatus. Ma dopo quell’ epoca, nel viaggiare per la Francia e per la Germania, avendo potuto esaminare una gran quantità d’ individui del /co mutans e Falco fasciatus, rimasi sorpreso delle differenze d’ abito e di colori che fra quelli ed il toscano passavano, e del vario colore dell’ abito che 1’ una dall’ altra distingue le specie oltramontane, dimodochè cominciai allora a persuadermi che il Vieillot avesse ragione, e che il Temminck si fosse un poco affrettato a riunirle. Imperocchè egli è verissimo che nelle medie età del Zu/co mutans e del Falco fasciatus spesso alcuni di questi uccelli son vestiti d’ abiti similissimi ; ma è vero ancora che molti individui adulti , vestiti dell’ abito completo, diversificano fra loro in tal maniera da non esser possi- (AU ESR ao VE a TAI La 136 i . ORDINE PRIMO. dussero a credere doversi considerare come appartenente ad una specie distinta anche il nostro Falco Cappone, o il Buteo proprio alla parte centrale d’Italia; specie che nello stesso anno 1834 proposi agli Ornitologi di designare col nome specifico di Falco Poiana. Non nego esser possibile che tutte le differenze, di cui si parla, dipendano da varia età, e che possono essere anche differenze di razze locali: ma siccome fino ad ora, per quel che so, ciò,non è provato da con- bile il confonderli. E se è vero, come il Vieillot asserisce, che gl’individui adulti trovansi sempre o col petto scuro e 1’ addome dipinto di fasce, vale a dire con l° abito distintivo del Falco fasciatus , 0 con il collo e tutto l’ addome bianco, cioè con l’abito assegnato al Malco mutans, allora quasi con certezza si potrà credere esatta la distin- zione fatta dall’ Ornitologo francese, essendovi molti esempi di distinte specie, delle quali gli individui giovani s’ assomigliano perfettamente , e solo son diversi gli adulti. Ma per accertarsi se tutti gli individui d’ una razza vadano costantemente soggetti alle medesime varietà di colori, se, come supponesi, quegli abiti considerati per i per- fetti siano realmente incapaci di soffrir mutazioni, e proprii solo degli adulti, sarebbe necessario di allevare e mantenere in vita, fino alla più inoltrata vecchiaia, individui di ciascuna di queste razze; e non uno solo, ma diversi; e tenerli nelle circostanze, il più che fosse possibile, similia quelle in cui trovansi essendo liberi. Allora fondati‘sull’ os- servazione, potrebbesi con certezza dire che queste specie esistono o non esistono ; ma fino a che tali esperienze non sono state instituite e verificate , gli Ornitologi potranno solo esser guidati da fatti di secondaria importanza. Ora, siccome manchiamo di tali decisive osservazioni, basando io i raziocinii sopra fatti di quest’ ultima categoria, e guidato anche dall’ opinione del maggior numero degli Ornitologi alemanni e francesi, sembrami dover preferire 1’ opinione del Vieillot. Ma oltre a questo, 1’ esaminare le collezioni oltramontane mi fece nascere il sospetto, ed in seguito quasi la convinzione, che quel Falco descritto in quest’ opera, sotto il nome di Za/co Buteo, non possa ri- portarsi ne al Falco mutans, nè al Falco fasciatus, ma appartenga ad una specie del tutto distinta. E vero, come accade fra le specie mztans e fasciatus, che trovansi nel Falco toscano (ed a cui darò il nome di Fa/co Poiana) alcune età intermedie vestite di abiti facilmente confondibili con quelli delle due altre specie di Buteoni; ma è vero ancora che egli non veste mai la livrea perfetta degli adulti m2utans e fasciatus, e malgrado quella somiglianza d’ abiti d’alcuni delle medie età, la massima parte son sempre vestiti con livree molto diverse da quelle degli altri Buzeori. Siccome in fine, per quel che posso arguire dalle osservazioni fatte sopra molte e molte diecine di Falchi Poiana, anche negli abiti più simili a quelli del Falco mutans e Falco fasciatus , trovansi sempre alcuni costanti caratteri e distintivi, sembrami aver prove tali da essere autorizzato a stabilire questa nuova specie. Con tutto ciò ancora io son privo di quei dati irrefragabili, di cui sopra ho parlato, ed ho detto esser mancanti per la certa di- .stinzione delle specie mutans e fasciatus: giacche, quantunque per molti e molti mesi abbia tenuto viventi de’ Falchi Poiana, quantunque ne abbia esaminati di quelli presi sul nido, ec., fino ad ora io non ho avuto il comodo di conservarne alcuno tanto da poter con esattezza descrivere tutte le mute a cui va soggetto , indicare a quali epoche queste mute accadono , determinare l’ abito della più inoltrata vecchiaia, ec.; però io propongo solo come dubbia la specie Falco Poiana, e principalmente ad oggetto di determinare gli Ornitologi a rivolgere le loro indagini ed osservazioni sopra tal sorta di uccelli, ancor involti in una grande incertezza. UCCELLI DI RAPINA. 137 venienti osservazioni, così per adesso non credo dover cambiare modo di valutare tali differenze da quello, nel quale le valutai nel 1834; e per ciò continuo ad ammettere tre diverse specie di Butei, cioè il Buteo mutans, Vieillot; Buteo fasciatus, Vieillot; e Buteo Poiana, Nobis. Ma oltre a ciò, debbo aggiungere che, dopo la pubblicazione del- } Ornitologia, ho dovuto ancor maggiormente persuadermi essere il Buteo Poiana realmente distinto da buoni caratteri specifici per aver riconosciuto essere costante la differenza dal Ruppel trovata fra la lunghezza delle ali di queste specie: nuovo carattere che il ce- lebre Naturalista viaggiatore di Francfort indicò al Malherbe, quando l’interpellava sulla di lui opinione relativamente al Buteo Potana.! Affinchè possano esser bene apprezzati i caratteri, i quali distin- guono le tre specie, come feci anche nell’ Ornitologia, io qui ripor- terò anche le descrizioni e le frasi specifiche del Vieillot; e ciò lo faccio ancora, perchè, quantunque non sappia con certezza sia stato ritrovato in Italia né il Buteo fasciatus, nè il Buteo mutans, pure incontrando queste specie in regioni a noi prossime, ciò è possibile sì verifichi poco prima 0 poco dopo; solo, secondo il costume adot- tato nel presente libro, con un asterisco posto avanti a ciascuna delle due specie indicherò esser dubbio che si possano inscrivere fra gli Uccelli italiani. Siccome, qualora sia giusta la maniera di vedere del Vieillot e la mia, non è possibile, o almeno difficilissimo, lo stabilire a quale delle tre specie da me ammesse, cioé, Buteo fasciatus, mutans e Poiana, e a quelle dai vari Autori designate con i nomi di Falco vul- garis, variegatus, cinereus, obsoletus, ec., appartenga il Buteo vulga- rîs, @c., per ciò, onde non accrescere la confusione, alle sinonomie di dette specie, non porrò presso ciascuna delle tre soprannomi- nate che le poche citazioni, della cui esattezza son sicuro. FALCO CAPPONE. — BUTEO POIANA. Nob. Penne del sottocoda bianco-ceciate, o senza macchie, o con una gran macchia nerastra, subcordata: penne superiori esterne dei calzoni scure, senza macchie: unghie nere. Lunghezza dell’ ala chiusa, dal- l’ angolo all’ estremità della remigante massima, cent. 42 !/,. ? Adulto. Beeco color di corno, con festone molto pronun- ziato. Cera ed angolo del becco gialli. Iride scura. Penne del ' Vedi Degland e Gerbé, Ornithologie Europ., edizione 22, tomo I, pag. 53. ® Questa misura è la media di tre individui delle ordinarie dimensioni che con- servansi in questo Museo. Misurando in questi ]Ja detta porzione d’ala: nel primo cent. 41, nel secondo cent. 43, nel terzo cent. 44. 138 ORDINE PRIMO. pileo, della cervice e de’ lati del collo scuro-chiare nella cima, bianche alla base e sui margini laterali; la porzione di stelo compresa nella macchia scura è di color nero. Penne della schiena, del groppone, sopraccoda, scapolari, cuopritrici delle ali e remiganti secondarie, di colore scuro chiaro, leggermente cangiante in paonazzo, con un sottil margine ceciato sbiadito. Alcune delle scapolari e le cuopritrici medie hanno delle larghe - macchie ceciate sui margini. Le penne del sopraccoda hanno delle macchie simili, ma di color ceciato lionato. Penne della gola, gozzo, petto e addome di color bianco leggerissimamente tinte di ceciato, con lo stelo scuro nero, e verso la cima una macchia scura, bislunga: quelle penne che sono sulla linea media del corpo han la macchia più ristretta, ed in molte ap- pena visibile. Penne del sottocoda bianco-ceciate, e senza al- cuna macchia, o con una macchia subcordata nerastra. Penne esterne de’ calzoni scure, con qualche macchia laterale ed uno stretto margine di color ceciato: interne ed anteriori bianco- ceciate, con una piccola striscia scura sullo stelo, più o meno, ed irregolarmente dilatata. Cuopritrici inferiori delle ali scure, con margine e macchie laterali biancastre. Remiganti primarie nero-scure, col margine interno bianco alla base. Stelo bian- co. Timoniere scuro-chiare, alternativamente dipinte da sedici o diciotto fasce, le une scuro-nere, le altre scuro ‘più chiare, e che lungo lo stelo si cangiano in ceciato lionato. Piedi gialli: unghie nere. i Abito di gioventù. Becco scuro di corno. Cera ed angolo del becco gialli. Iride scura. Penne del pileo, del dorso, scapolari e cuopritrici superiori delle ali, scure, con stretto margine lio- nato chiaro; alcune delle cuopritrici delle ali e delle ‘scapolari hanno sui lati qualche larga macchia rotondata biancastra. Penne della nuca bianche alla base, colla cima scuro-nera. Penne della gola, lati del collo, scuro-chiare nella cima, colla base bianca, coni margini laterali ceciato-lionati, collo stelo nero. Penne del petto scure, con una o due larghe macchie sub- ‘ - rotonde lionato-ceciate sopra ciaschedun margine; le penne che son sulla parte media hanno queste macchie più grandi. Penne dell’ addome bianco-ceciate, con tre larghe macchie trasverse scure, le quali più o meno si connettono lungo lo stelo. Penne de’ fianchi scure, con il margine estremo e qualche macchia ) + J i no E x abalarad i va p FOR nlaboa ce dd dla Giara to ta o 5 Hone, ava . Sa sti UCCELLI DI RAPINA. 139 laterale lionata. Penne anali e del sottocoda bianco-ceciate, con una larga macchia scuro-chiara trasversa posta verso la cima; al di sotto di questa spesso vedesi uno o due rudimenti d’una seconda fascia. Cuopritrici inferiori delle ali scure, aventi sui margini una o due macchie ceciato-lionate. Remiganti primarie scuro-riere, con margine interno bianco verso la base, stelo biancastro. Timoniere scuro-chiare, alternativa- mente dipinte da sedici o diciotto fasce, le une scuro-nere, le altre scuro più chiare, e che lungo lo stelo si cambiano in ceciato lionato. Piedi gialli. Unghie nere. Giovani all’ uscir dal nido. Becco nero di corno. Cera e angolo del becco gialli. Penne del pileo, della schiena, scapo- lari medie e grandi cuopritrici delle ali, di colore scuro inten- .so, con i lati ceciato-lionati o fulvo-lionati, e lo stelo nero. Penne del groppone, del sopraccoda, piccole cuopritrici delle ali, scuro-nere: quelle del sopraccoda hanno sui margini al- cune macchie rotondato-ceciate ; quelle de’lati del collo, del petto e dell'addome sono ceciato-lionate, con una macchia bislunga o a gocciola sul mezzo. Penne della gola biancastre con stelo nero, e una macchia stretta verso la cima. Penne del sottocoda ceciato-lionate, con una macchia assai grande verso la cima scuro-chiara. Timoniere con stelo bianco, dipinte da diciotto o venti macchie trasverse, alternativamente scuro- \cenerine o scuro-nere; la prima delle scuro-nere è più larga di tutte le altre. Cuopritrici inferiori delle ali scure, con due o tre macchie subrotonde sui margini: queste diverse volte sono ; connesse insieme. Remiganti scuro-nere, col margine interno bianco‘ verso la base. Piedi gialli. Unghie nere. _- Falco cappone, Falco buteo, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 29. — Falco Poiana, Nob. Orn. Tosc., III, Appendice al tomo I, pag. 197. Sinonimia. — Buteo sagitta, Rupp. Ficure. — Buteo cinereus, Eug. Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia, vol. II, tav. 42 (1868-1870). Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 56; apertura del becco, dall’ apice della mascella superiore all’angolo, 0”, 038; coda, 0", 20; . tarso, lunghezza totale, dal calcagno alla pianta del podio, 0”, 082; parte del tarso denudato di penne, 0", 05; lunghezza del dito me- dio, 0», 038. e » pa 140 ORDINE PRIMO. Costumi. — Non l'ho trovato che in Toscana, ed è que- sta l’unica specie della famiglia delle Poiane che vi sia comune. Sembra che viva ancora nell’ Affrica orientale, giacchè, se- condo quanto riportasi nell’ Ornithologie Européenne, dei signori Degland e Gerbé, 22 ediz., tomo I,. pag. 53, il sig. Ed. ‘Ruppel, consultato su questa mia specie dal signor A. Malherbe, avrebbe ad esso risposto che è il suo Bufeo sagîtta:da esso ucciso in Abissinia. Ne ho veduti tanto nella pianura, quanto sui monti; ma sempre e più frequente nei luoghi bassi. Vola molto: per il solito si trattiene ad un’ altezza mediocre. Non di rado sta posato sulla cima degli alberi, o de’ gran macchioni, e vi ri- mane immobile per molto tempo. Il suo nutrimento consiste in Leprotti, Polli, Germani, Topi, Rettili, e non avendo altro, in- setti. Nell’ inverno ingrassa molto, ed allora è mangiato con piacere dal popolo, che lo chiama perciò Falco Cappone. Propagazione. Pone il suo nido sopra gli alberi alti: alcune | volte s° impadronisce di quelli abbandonati dalle Cornacchie e dalle Piche. Il suo lo compone di ramoscelli e frasche coperte da uno strato di borraccine o licheni. Le uova sono della gros- sezza di quelle di Gallina, ma più corte e più rotonde; il loro colore è un bianco leggermente tendente al celestognolo, con qualche macchia di giallo sudicio. * POIANA BIANCA. — BUTEO MUTANS. Vieill. Penne del sottocoda bianco-ceciate, o senza macchie, o con poche e grandi macchie subcordate: penne esterne de’ calzoni bianche o biancastre,.senza macchie, o con poche macchie trasverse scure. Unghie color di corno. Lunghezza dell’ala chiusa, dall'angolo all’estre- mità della remigante maggiore, cent. 40 e mill. 50.* Becco con festone appena visibile, nero corneo nella cima, cenerino piombato alla base. Cera ed angolo del becco gialli. Iride scuro-nocciola. Penne del pileo bianche, con una larga macchia subrotonda ed ovata verso la cima. Penne della cervice dipinte nella stessa maniera, ma colla macchia nera più grande, particolarmente quelle della parte media. Penne della schiena scuro-nere in cima, bianche alla base. 1 Questa misura è la media di quella presentata da due individui di questa specie da me presi in Francia, nell’ uno de? quali 1’ ala misura cent. 40, nell’ altro cent. 41. r n (ati RT CASE, DA UCCELLI DI RAPINA. 141 Penne scapolari e cuopritrici superiori delle ali bianché alla base e sul margine, con una larga macchia scura rotondata nella cima. Groppone bianco, leggermente macchiato di fulvo. Penne del sopraccoda bianche, con rade macchie trasverse scure. Sul bianco di queste penne, e su quello delle cuopri- trici delle ali e della schiena, in varii luoghi vedesi una tinta ceciata più o meno forte. Lati della testa e del collo, una larga fascia sopraccigliare, gola, gozzo, e tutte le altre parti inferiori, compresevi le penne del sottocoda, di color bianco legger- mente tendente al ceciato. Sopra i lati del collo vi è una serie di macchiette bislunghe scure, che dall’ angolo del becco diri- consi verso i lati del petto. Sopra i lati del petto vi son delle rade e larghe macchie bianche, le quali arrivano anche sul- l'addome. Il sottocoda è del tutto senza macchie, o pochissime vi se ne vedono, ma grandi e sbiadite. Remiganti scuro-nere, col margine interno bianco verso la base. Stelo bianco sudicio. Sulle secondarie vi si vedono leggermente e fugacemente dise- gnate delle larghe fasce più scure. Cuopritrici inferiori delle ali bianco-ceciate, con macchie rade, nerastre, disposte tra- sversalmente. Timoniere dipinte da -ventitrè o ventiquattro fasce trasverse, alternativamente scuro-nere e scuro-lionate; le nere sono le più strette; sul lato esterno queste si confondono in- sieme; han lo stelo biancastro. Piedi gialli. Unghie scure. Varia. Trovansene degli individui, nei quali la testa, il collo e tutte le parti inferiori son prive di qualunque macchia, e ne’ quali tutte le cuopritrici delle ali, le scapolari e le penne della schiena hanno un larghissimo margine bianco o bianco lionato. In altri individui il groppone è quasi intieramente scuro. In altri è solo dipinto da fasce trasverse scure. Infine innume- rabili sono le varietà del colorito di quest’ uccello, ma consi- stenti tutte in una maggiore o minor quantità di macchie, e dall’ essere in un modo o in un altro disposte. Poiana bianca, Falco mutans, Vieill. Savi Orn. Tosc., II, Ap- pendice al tomo I, p. 193. Sinonimia. — Buleo mutans, Vieill. Fauna francese, p. 17. Figure. — Buteo mutans, Vieill. Fauna francese, pl. 8, fig. 2. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 57; ! apertura del becco 1 La misura totale di questa specie e quella del Buteo fasciatus, non avendola potuta prendere che sopra individui montati, devesi considerare come approssimativa. 149 ORDINE PRIMO. (come per l’altra specie), 01, 04; coda (idem), 0m, 24; tarso (idem), Om, 088; parte sua media, 0m, 044; lunghezza del dito, 0m, 053. Costumi. — Non l’ ho mai trovato in Toscana. È assai comune in Francia ed in Germania. Gl’ individui, con il collo e l'addome intieramente bianco, sono i più rari. Propagazione. Secondo ciò che ne dice il Vieillot, fa il nido sopra gli alberi molto elevati. Partorisce tre o quattro uova per covata, di color verde-giallastro pallido, con alcune mac- chie più scure a zic-zac. * POIANA A STRISCE. — BUTEO FASCIATUS. Vieill. Penne del sottocoda ceciate’, con quattro o cinque fasce trasverse nerastre : penne della parte superiore esterna de’ calzoni scure, senza macchie: unghie nere. Lunghezza dell’ ala, dall’ angolo all’ estremità della mag- giore remigante, cent. 37 ‘/,. ‘ . Becco col festone appena visibile, con apertura che oltre- passa l’ angolo anteriore dell’ occhio, di color di corno. Cera gialla. Iride giallastra. Penne della fronte, del vertice, delle tempie, de’ lati del collo, della cervice, della schiena, delle scapolari, piccole e grandi cuopritrici delle ali, groppone, e sopraccoda, colore scuro nerastro. Le penne dell’ occipite, e della porzione alta della cervice, sono bianche alla base, e scuro-nere sol nella cima. Le grandi penne scapolari hanno delle macchie grandi bianche o biancastre nella porzione ba- silare, che dell’ altre penne rimane coperta. Tempie, lati del collo, petto, fianchi e penne de’ calzoni dello stesso colore delle parti superiori. Le penne de’calzoni, particolarmente quelle del lato inferiore, hanno la cima giallastro-baia. Penne della, gola bianche con stelo nero, ed una macchia scura cuneata verso la cima. Penne della parte media del gozzo scure, con largo margine o macchie rotondate bianche dal lato esterno; penne dell’addome bianche, con larghe fasce trasverse; e lo stelo di colore scuro.” Penne del sottocoda bianche, conotto o dieci fasce trasverse al- - ternativamente bianche e scure. Cuopritrici inferiori delle ali, scure, con larghe macchie bianche sui margini a guisa di fasce. 1 Tal misura è la media di quella presentatami dai due individui di questa specie presi in Francia, nell’ uno dei quali misura cent. 36, nell’ altro cent. 39. UCCELLI DI RAPINA. 143 Remiganti scuro-nere, col margine interno bianco verso la base: stelo bianco-sudicio: sulle remiganti secondarie sì vedono leg. germente e fugacemente disegnate delle larghe fasce più scu- re. Timoniere dipinte da sedici o diciotto fasce trasverse, alter- nativamente scuro-nere o scuro-cenerine; l’ estremità l’ hanno marginata di ceciato-sudicio. Tarsi gialli. Unghie nere. Varia. Trovansene degli individui quasi intieramente scuri, e ne’ quali le poche macchie, poste sui lati del collo, sul gozzo e sulla gola, invece di esser bianche sono di un co- lor lionato assai acceso. In questi le penne del sottocoda hanno il fondo ceciato e lionato. Poiana a strisce, Buzeo fasciatus, Vieill, Savi Orn. Tosc., III, Appendice al tomo I, p. 195. i Sinonimia. — Buteo fasciatus, Vieill. Fauna francese, p. 17. . Ficure. — La Buse, Buff. PI. enl. 419, — Vieill. Fauna Franc., pl. 8, fig. 4. Dimensioni. — Lunghezza-totale : 0", 55; dell’ ala chiusa, dal- l'angolo all’estremità della remigante maggiore, 0, 39. Costumi. — È assai comune di là dalle Alpi. Non so che mai sia stato trovato in Toscana. Propagazione. Nidifica sugli alberi. Partorisce tre o quattro uova alla volta, subrotonde, di color verdastro, con macchie scure irregolari. 144° Genere. — ARCHIBUTEO. Brehm. Tarsi intieramente pennuti. Diti. scudettati presso della parte ungueale, retico- lati nella basilare. Redini setolute. ‘Testa mediocre subrotonda. Becco più corto della te- sta, appena festonato. Cera nuda. Occhi poco incassati. Na- rici aperte nel terzo basilare della cera, ovato-allungate, col diametro maggiore inclinato verso l angolo del becco. Tarso piuttosto lungo, impennato fino ai diti. Diti scudettati nella 144. ORDINE PRIMO. parte ungueale, reticolati nella basilare: piuttosto corti; me- dio unito all’’esterno da una breve membrana, di poco più lungo della metà del tarso, più lungo de’ laterali. Unghie mediocremente grandi ed adunche. Ali eguali, o poco più lunghe della coda. Coda piuttosto grande, troncata. FALCO CALZATO. — ARCHIBUTEO LAGOPUS. Brehm ex Briinn. . . gue . a) Testa e collo bianco-giallastro, con macchie bislunghe scure. Maschio adulto. Becco nero, cera gialla, iride scura. Te- sta, cervice, gola, petto e gambe di color bianco-giallastro, con larghe strisce scure: penne delle parti superioti bruno-ne- rastre, marginate di grigio-fulvo: una larga macchia scura cinge il bassoventre ; addome, groppone e sottocoda bianco- giallastri. Coda scura, con la base bianca e l’ apice bianco- sudicio. Tarso coperto di penne. Diti giallo-scuri. Unghie nere. Femmina adulta. Ha una maggior quantità di bianco sulla testa. Collo, coda, fianchi e addome di color più scuro che nel maschio. Le penne delle parti superiori marginate di bianco- giallastro. Gambe e tarsi di color più chiaro. ‘ Varia secondo l’ età, spesso con più o meno, di macchie scure. Le parti superiori più o meno macchiate di bianco : una striscia bianca sopra gli occhi. Dello scuro e del bianco di- sposti irregolarmente sul petto. Addome spesso, per la mas- sima parte, biancastro e con alcune piccole macchie scure. La macchia trasversa dell’ addome è mancante, ed accennata solo. da grandi macchie scure sui fianchi. Penne delle gambe striate per traverso. Coda che ha verso la cima tre fasce, di cui 1° ul- tima è la più larga. ° Falco calzato, Falco lagopus, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 23. Sinonimia.— Falco lagopus, Briinn. Ornith. Bor. (1764), p. 4. — Falco sclavonicus, Lath. Ind. (1790), I, p. 26. — Falco plumipes, Daud. Ornith. (1800), II, p. 163. — Buteo lagopus, Vieill. N. Dict. 1 Temm., Manuel d’ Ornithologie , pag. 65. ? Temm., ibid., pag. 66. lt AT as A SA ì, ; li È Pa kY PERTER - Ar” à LI UCCELLI DI RAPINA. 145 (1816), IV, p. 482. — Falco lagopus, Temm. (1820), I, p. 65. — Ar- chibuteo lagopus, Brehm Isis (1828), p. 1269. — Accipiter lagopus, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 360. — Butaetes buteo, Less. Ornith. (1831), p. 83. — Butaetes lagopus, Bp. B. of Eur. (1838), p. 3. — Archibuteo lagopus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 59. Ficure. — Meyer et Wolf, Ois. d' Allem., liv. XXVII, pl. 7. (adulto). — Gould. B. of. Eur., pl. 13. Nom: voLcari stkANIERI. — Franc. Buse pattue. Ingl. The Rough- falcon. Ted. Der Rauhfuss-Bussard. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 584; apertura del DOEco Om, 035; tarso, 0m, 067; coda, 0®, 213. Costumi. — Non l’ho mai veduto in Toscana. Si trova per altro a Genova edin Piemonte. Il principe Carlo Bonaparte ne trovò nel Veronese, nel Romano, in Sardegna, ma sembra che, specialmente nelle parti meridionali d° Italia, sia puramente avventizio. La sua patria è nelle regioni N.-E. dell’ Europa e dell’ Asia, peraltro se ne trovano degli individui ancora in quelle poste al N.-O., ed anche nelle Americane; Barthélemy scrive d’ averne avuto una nidiata presa a Terranuova. Propagazione. Dove quest’ uccello si propaga, ora è fra gli scogli che fabbrica il nido, ora sopra i grandi alberi: almeno secondo quanto ne scrisse Barthélemy; e secondo lo stesso Autore le uova sono in numero di tre o quattro bianco-ceru- lee, macchiate di fulvo e scuro. 4* Famiglia. -— FALCHI PECCHIAIOLI. PeRNIDEI. Testa piuttosto attondata, Becco più corto della testa, non intaccato, non fe- stonato, adunco. Redini coperte da penne analoghe a quelle della fronte. Narici aperte verso la metà della cera, ristrette, ret- tilinee, inclinate verso l’ angolo del becco, non pestellate. | Tarsi reticolati, subeguali al dito medio. Ornitologia italiana. — 1. 10 i idee e 146 ORDINE PRIMO. Diti anteriori tutti separati fra lore fino alla base: il medio di poco più lungo de’ laterali. Unghie solcate inferiormente, lunghe, proporzionata mente sottili; non molto adunche nè acuminate. Ali che giungono verso la cima della coda. Remiganti: 12 subeguale alla 22; 3a e 4a subeguali: 3° la più lunga. Coda grande, troncata. Nora. — Le redini pennute, i tre diti anteriori perfettamente separati fra loro, la proporzione relativa di questi stessi diti, e la lunghezza e poca curva delle unghie, formano un corredo di caratteri talmente esclusivi a questo Falcone, non solo da consigliare a porlo in una famiglia distinta, ma da far maravigliare come fino ad ora sia stato unito o ai Buteonidi o ai Milvidei. Ancora la conforma- zione e l’ apertura delle sue narici, la quale andando direttamente dall’avanti all’indietro impedisce che vedasi niuna porzione della cavità nasale, è una specialità che essa sola obbligherebbe a distin- guere questo Falconide dagli altri più che genericamente. 12° Genere. — PERNIS. Cuvier. Narici aperte d' avanti in MERE Redini pennute. Diti anteriori separati. Unghie lunghe. Nora. — Questo genere non ha che una specie europea: ma al- tre ve ne sono fra le esotiche, come per esempio il Pernis cristata Cuv., proprio di Giava. FALCO PECCHIAIOLO. — PERNIS APIVORUS. Cuv. Testa o cenerina (adulti), o scura (giovani). Coda cinereo-scuriccia, con tre larghe fasce nero-scure. Maschio adulto. Becco nerastro. Iride gialla. Cera cene- rino-cupa. Redini coperte da piccole penne fitte. Pileo ceru- leo-cenerino. Gola bianco-giallastra, con macchie scure: collo UCCELLI DI RAPINA. 147 e addome biancastri, con macchie triangolari scure. Remiganti secondarie con macchie alternative scuro-nerastre e grigio- celestognole. Coda con tre fasce penne, poste a Nuti distanze. Piedi giallastri. Unghie nerastre. ‘ Femmina adulta, e giovani. La fronte sola è ceruleo-cene- rina. Gola e gozzo con grandi macchie scuro-chiare. Petto e addonie fulvo-giallastri, con macchie scuro-cupe. Spesso l’ad- dome biancastro, con delle macchie scuro-rossastre. ? Giovani dell’ anno. Cera gialla, iride scuro-chiara. Testa e .cervice scura, macchiata di bianco: parti inferiori bianco-gial- liccie, con delle grandi macchie scure: penne delle parti su- periori marginate di gialliccio-scuro. Nora. — Quantunque io abbia studiato otto individui di questa specie presi in Toscana, neppure uno, per la disposizione de’ colori delle sue penne, corrisponde ad alcuna delle tre diverse livree de- scritte dal Temminck, e che ho creduto dover riportare, come rap- presentanti quelle proprie alle età stesse. Per quel che ne dicono gli Ornitologi, questa variabilità di livree sarebbe propria specialmente ai giovani individui, e tali differenze sarebbero limitate ora a varietà di forza di tinte, ora alla forma ‘e distribuzione delle macchie, ora alla diversità assoluta del colore. Quantunque, come ho detto, abbia potuto osservare un numero non piccolo d’ individui di tali uccelli, disgraziatamente non posso dire quale rapporto abbiano le loro sva- riate livree nè col sesso, né coll’età, giacchè uno solo dei Falchi pec- chiaioli che posseggo, e degli altri da me veduti fra quelli presi in Toscana, l’ebbi in carne, e tutti gli altri li vidi già preparati, per cui non mi fu dato di conoscere se erano giovani, vecchi, maschi o femmine. Questa osservazione relativamente al sesso non era stata fatta che sopra un individuo maschio, il quale appunto riscontrasi avere avuto una livrea analoga a quella assegnata al maschio adulto. Analoga, ma non compagna, perciò credo non inutile d’ indicare qui appresso le differenze che mi ha presentato. Maschio adulto. Corrisponde alla descrizione datane dal Temminek e qui sopra riportata, non solo per avere la fronte, il pileo e i lati della testa di color cenerino piombo, ma ancora per la coloritura delle altre parti superiori: nelle inferiori pe- 1 Temm., Manuel d’Ornithologie , pag. 67. 2 Temm,, ibid. 148 ORDINE PRIMO. raltro lo seuro domina molto più, le penne che le ricuoprono essendo quasi che intieramente scure, con due macchie bian- castre alla base, anzichè biancastre, con semplice macchia trian- golare alla cima. Oltre a ciò le penne bianche della parte po- steriore dell'addome, e quelle del sottocoda, hanno larghe fasce trasverse scuro-nere. Questo individuo fu preso nelle vicinanze di Firenze, circa 10 anni fà, e conservasi nel Museo di Pisa. Ecco le più svariate livree degli altri Falchi pecchiaioli toscani da me conosciuti: 1® Varietà. Becco nero, con la base della mascella infe- riore gialla. Cera gialla. Iride giallo-scura. Redini coperte da piccole penne. Tutte le penne che cuoprono l’intiero uccello son di colore scuro-cioccolata, con lo stelo nero: la cervice ha delle macchie biancastre prodotte dallo scostamento delle penne, le quali scuoprono così parte della loro base, che è bianca. Le remiganti son di colore scuro-cupo quasi nero nella parte superiore, nella parte inferiore grigio-cenerine macchiate o fasciate di biancastro. Le timoniere sono: supe- riormente, scuro-nerastre con tre fasce trasverse, più scure, larghe e distanti; inferiormente son di color bianco-cenerino, con tre larghe fasce cenerine ben distinte : lo stelo da questa parte è bianco, mentre dall'altra è scuro. Piedi gialli. Unghie nere. Quest’individuo fu preso nel 1824 alle Cascine di Firenze, e conservasi nel Museo di Storia naturale di quella città. Nel nostro Museo di Pisa avvene uno come il descritto, tutto color scuro-cioccolata, ma anche più cupo, e lo stelo delle penne, anzichè nero, è esso pure color cioccolata: la sua cervice è ol- tre a ciò mancante delle macchie bianche esistenti nell’ indivi- duo sopra descritto. Fu ucciso come l’altro presso Firenze, alle Cascine, nel maggio del 1844. 9% Varietà. Tutte le parti superiori, comprese le ali, scuro- cupo-uniformi; sul vertice e sul collo delle macchie bianche, prodotte al solito dallo scostamento d’alcune penne che scuo- pre parte della base d’altre, la quale è candida. Gola e gozzo bianchi, con fitte macchie scure a gocciole: tali macchie piccole sulla gola si accrescono scendendo sul collo, sul petto sono già amplie; scendendo ancora sull’addome diminuiscono d’ al- tezza, e si convertono in larghe fasce trasverse, le quali ve- 4‘ Reina n le ‘ agli oe et Ie E e sii E RSA PL CAI) MISE Ped e i VASI D) Ma UCCELLI DI RAPINA. 149 donsi ancora sulle penne de’ calzoni e del sottocoda. Le timo- niere sono scure, con tre larghe fasce trasverse: quella pros- sima all'estremità delle timoniere è maggiore delle altre ; le al- tre due stanno nel primo terzo delle penne, e son più strette: la rimanente porzione d’ogni penna ha altre fasce trasverse, ma di color molto più debole, e con margine dentellato: infe- riormente sono le timoniere cineree o cinereo-fulvine, con le solite tre grandi fasce trasverse scure, e le minori a margine ondulato sono ancora più incerte che nella lor faccia supe- riore. Di questa varietà avvene nel Museo di Pisa un indivi- duo, come gli altri ucciso nei boschi delle Cascine, presso Fi- renze, nel 4 maggio 1842. 3° Varietà. Tutte le penne delle parti superiori, comprese le ali, scuro-nocciola-lionato, con lo stelo nero e la porzione centrale estrema più cupa: le scapolari posteriori di colore scuro intenso. Parti inferiori, dalla gola fino a tutto il sot- tocoda, i fianchi, le penne delle gambe e de’calzoni, color nocciola-chiaro tendente al lionato: le penne della gola, gozzo e petto hanno lo stelo nero. Remiganti scuro-cineree di sopra, cenericcio-scure di sotto, con fasce trasversali molto più de- boli che nelle varietà precedenti. Ancor questo fu ucciso nei boschi delle Cascine di Firenze. 4% Varietà. Testa e collo di un bianco tinto leggermente di “ruggine, con macchie scure. Penne dell’alto del dorso bianche nella metà basilare, scure nell’ altra, con una macchia bian- ‘ castra attondata presso la cima: le altre parti superiori, come pure le ali, scuro-chiare. Le grandi cuopritrici e le remiganti anch’ esse scure, con macchia bianca alla cima. Tutte le penne delle parti inferiori bianche appena tinte di lionato. Quelle del- l’alto dell'addome e de’ fianchi scure, con una striscia nero- scura sullo stelo, la quale striscia sulle penne de’ fianchi, verso la cima, s'aumenta e prende l'aspetto di grosse gocce. Uc- ciso il 24 agosto del 1844 nel solito bosco delle Cascine. Tutte le varietà qui sopra descritte, e che adesso sì tro- vano in questo regio Museo, facevan parte della collezione or- nitologica del cavalier Carlo Passerini di Firenze. Falco pecchiaiolo, Falco apivorus, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 31. Sinonimia.-— Falco apivorus, Linn. S. N. (1766), I, p. 130. — aeree e n, » dì Toni 4 © Mbit. 034 LIRE SICURE STAR, API RING a i CESROI 150 ORDINE PRIMO. Buteo apivorus, Briss. Ornith. (1760), I, p. 410. — Falco Paliorhyn- chos, Bechst. Tasch. Deutsch. (1801), I, p.19. — Accipiter lucertarius, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 359. — Falco apivorus, Temm. (1820), I, p. 67. — Pernis apivorus, Bp. B. of Eur. (1838), p. 3. — Pernis apivorus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 61. Ficure. — Bufîf., PI. enl. 420, maschio. Nomi voLcarI stRANIERI. — Franc. La Buse bondrée. Ingl. The Honey Buzzard. Ted. Der Wesper Buzzard. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 613; apertura del becco, 0, 035; tarso, 0, 064; coda, 0, 251. Costumi. — Al dire di Bonaparte questo singolare uc- cello è di passaggio presso che regolare in primavera nella provincia di Roma; in Sicilia insegnaci il Doderlein che è egualmente di passo regolare nella medesima stagione; e verso la metà del mese di maggio degli anni 1864, 65 e 66 egli fu spettatore presso Palermo del passo di numerosi branchi di tali Falchi, i quali dirigevansi verso il Nord. Il Durazzo scrisse che nel 1835 e nei due successivi anni vi fu abbon- dante passo di tali uccelli nel Genovesato: forse ne avvenne in uno de’detti anni lo straordinario passaggio accaduto in Provenza, del quale parla il Barthélemy: esso dice che in una bella giornata di settembre cominciarono a passare tali uccelli diretti da S.-E. a N.-0., e si succedettero fino a sera. In To- scana è avventizio, ed ovunque raro, ma nella parte occi- dentale di questa provincia, cioè nel Pisano, giammai l’ ho veduto in più di trent'anni che studio l’ Ornitologia. Al con- trario a quando a quando ne comparisce qualche individuo nelle vicinanze di Firenze, ove il distinlissimo naturalista pro- fessor Carlo Passerini, nel periodo di circa venti anni, n’ ebbe 15 individui. Il suo principal nutrimento consiste in insetti, in rettili e piccoli mammiferi, ed anche pesci, specialmente du- rante l’allevatura dei figli. Propagazione. Nidifica nei gran macchioni, o sugli alberi: partorisce due o tre uova per covata, di color cenerino mac- chiate di bruno e di rossastro. ' Non so che mai abbia covato in Toscana. ! Vieillot, Fauna Frane., lib. V e VI, pag. 21. UCCELLI DI RAPINA. 151 5° Famiglia. — NIBBI. Miviper. Becco più corto della testa, non intaccato: appena festonato. Occhi poco incassati. Narici ovate, col diametro maggiore inclinato verso l’angolo della bocca; non pestellate. Tarsi corti, pennuti nella parte superiore, scudettati nell’ inferiore. -Dita corte: il medio più corto del tarso; più lungo de’ laterali. Ali grandi, che giungono alla cima delle timoniere medie. Remiganti 3°, 4°, 5°, oppure la 2° e la 3a, le più lunge. Coda grande, forcuta. 13° Genere. — MILVUS. G. Cuvier. Cera nuda. Coda molto forcuta. Remigante quarta la più lunga. Tarso scudettato. Becco non intaccato, appena festonato, molto adunco nella cima. Cera nuda. Narici ovate, col maggior diametro inclinato verso l’angolo della bocca. Tarso piuttosto corto scudettato, pennuto nella faccia anteriore della parte supe- riore. Dita: il medio scudettato quasi fino alla base; gli altri solo nella cima; nel resto reticolati, mediocri: esterno unito alla base col medio; questo, senza l’unghia, più corto del tarso. Unghie mediocri, non molto adunche. Ali grandi, subeguali alla coda. Remigante 1% molto più corta della 6°, seconda un poco più corta della 5*, terza quasi eguale alla 4*, che è la più lunga. Coda grande, forcuta. RATIFICA NE, SLIP TgEO 152 ORDINE PRIMO. Costumi. — Essendo muniti d’ali grandi e di una lunga coda, volano con facilità, per molto tempo ed elegantemente; ma i loro moti non sono così solleciti ed agili come quelli dei Falchi d’ale corte. Ascendono ad elevazioni grandissime, e tali, che qualche volta spariscono all’ occhio; lassù descri- vono grandi cerchi, movendo con grazia or da un lato, or dall’altro la coda, mentre le loro ali sembrano immobili. Hanno il becco debole, i diti e le unghie corte, perciò son molto peggio armati di qualunque dei più piccoli Falchi no- bili: di più le loro grandi ali ponendo ostacolo ai movimenti destri e solleciti, necessari al combattere, fan che essi son timidissimi, e paventano e fuggono al comparire anche del Gheppio o dello Sparviere. Il loro nutrimento consiste in in- setti, rettili o piccoli uccelli: non inseguono la preda, ma se. ne impadroniscono col piombarle addosso dall’ alto dell’aria, ove sogliono spesso fermarsi librati sulle ali per cercarla con il loro occhio penetrante fra le zolle ed i cespugli. Fanno il nido sugli alberi. | NIBBIO REALE. — MILVUS REGALIS. Briss. Color dominante fulvo-vivace: coda molto forcuta. Maschio adulto. Becco nero, cera gialla. Iride gialla. Penne della fronte, gote e gola bianche, con una striscia nera lon- gitudinale: quelle del vertice, collottola e lati del collo acumi- nate fulve, con una stria nera longitudinale. Penne del dorso e scapolari scuro-nere, con margine stretto fulvo, più o meno chiaro. Parti inferiori e cuopritrici delle ali fulvo-accese, mac- chiate di nero. Remiganti primarie nere; secondarie esterna- mente cenericce. Coda più lunga delle ali, molto forcuta. Timoniere fulve, con estremità gialliccia, macchiate trasver- salmente di nerastro, particolarmente verso la punta, con lo stelo nero. Piedi gialli. Unghie nere. Femmina adulta. Le penne delle parti superiori più cupe e marginate di chiaro. Testa più biancastra. Giovani. Penne della testa rotondate, fulvo-chiare, mar- ginate di bianco, senza ‘macchie nere. Penne delle parti infe- UCCELLI DI RAPINA. 153 riori di color più acceso che negli adulti : delle grandi macchie bianche sulla base del collo. ‘ Nibbio reale, Falco milvus, Linn. Savi Orn. Tosc,, I, p. 35. Sinonimia. — Falco milvus, Linn. S. N. (1776), I, p. 126. — Milvus regalis. Briss. Ornith. (1760), I, p. 414. — Falco austriacus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 262. — Milvus castaneus et russicus, Daud. Ornith. (41800), II, p. 146 e 188. — Milvus ictinus, Savig. Ois. d’Esyp. (1809), p. 88. — Accipîter regalis, Pall. Zoogr. (1841-1831), I, p. 358. — Falco milvus, Temm. (1820), I, p. 59. — Milvus ruber, Brehm, Hand. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p.50. — Milvus regalis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 64. - Figure. — Nibbio maggiore, Storia degli uccelli, tav. 39 (1767). — Buff., P]. enl. 422, individuo probabilmente femmina. Nomi voLcarI stRANIERI. — Franc. Le Milan royal. Ingl. The Heite falcon. Ted. Der rothe Mîlon. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, ‘70; coda, 0m, 292; aper- tura del becco, 0, 044; tarso, 0m, 058. Costumi. — È un uccello comunissimo: si trova da noi in tutte le stagioni ; bensì al principio dell’ inverno e nella prima- vera se ne vedono in maggior quantità e spesso uniti anche in branchi di sei o sette: ma in quest’abbondanza si trattengono solo per i pochi giorni in cui dura il loro passo, giacchè essi sono veri uccelli migratori. Si nutriscono d’insetti, rettili, to- pi, uccelletti; i pulcini piacciono loro moltissimo. Sono vili, e si lasciano battere fino dai Corvi. Se qualche Falco gli insegue, per liberarsene salgono a tali altezze, ove sovente si perdono di vista. Uno dei più bei divertimenti nella caccia della Falco- nerìa era il fare inseguire i Nibbi da’ Falconi o da’ Gerfalchi. Propagazione. Nidifica sugli alberi molto alti. Il nido è grossolanamente intessuto con stecchi, licheni e musco. Le uova sono in numero diitre o quattro, grosse quanto quelle di Gallina, ma più rotonde, di color biancastro, con qualche macchia giallognola. NIBBIO NERO. — MILVUS NIGER. Briss. HI e Color dominante scuro : coda poco forcuta. Adulti. Becco nero. Cera ed iride gialla. Penne del pileo, della parte superiore della cervice e de’lati della testa bi- ! Temm,, ibid., pag. 60. 154 ORDINE PRIMO. slunghe ed appuntate, color lionato-nocciola, con una striscia nera sullo stelo. Quelle della gola e del gozzo lionato-bianca- stre, con sottile stria nera sullo stelo. Una macchia nerastra dietro 1’ occhio. Penne della base della cervice, del petto, del- l’addome, calzoni e cuopritrici delle ali scuro-castagne, di color più tendente al lionato nell’ apice e sui margini, con una stria nera sullo stelo. Penne del torso, scapolari e remi- santi scuro-cupe. Timoniere scure, debolmente fasciate in traverso di biancastro nel margine interno. Piedi gialli. Un- ghie nere. Giovani. Iride castagno-cupa. Penne del vertice lionato- sudicie, rotondate, con una stria nera sullo stelo. Penne della sola simili a quelle del vertice. Quelle della collottola, dei lati del collo, del petto, dei fianchi e dell'addome sono castagno nere alla base, castagno-rossastre alla cima, con una fascia nera longitudinale. Una macchia nera dietro gli occhi. Penne del dorso e cuopritrici delle ali scuro-nere, con piccol margine più chiaro e tendente al rossastro. Remiganti primarie scuro- castagno-cupe; secondarie e timoniere con fasce nere trasver- . sali. Piedi giallo-chiari. Unghie nere. Nibbio nero, Falco ater, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 37. Sinonimia. — Milvus niger, Briss. Ornith. (1760), I, p. 413. — Falco ater, Gmel. S. N. (1788), I, p. 262. — Milvus aler, Daud. Ornith. (1800), II, p. 149. — Falco fusco-ater, Mey. et Wolf. Tasch. Deutsch. (1810), I, p. 27. — Accipiter milvus, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 356. — Milvus aetolius, Vieill. N. Dict. (1818), XX, p. 562. — Falco ater, Temm. (1820), I, p. 60. — Milvus fuscus, Brehm Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 53. — Milvus niger, Degl. et Ger. (1867), I, p. 65. Ficure. — Buff., PI. enl. 472, probabilmente è un giovane in- dividuo. Nomi voLcarI sTtRANIERI. — Franc. Le Milan noir. Ingl. The black Kite. Ted. Der schwarz Brovrer-Milan. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0®, 554; apertura del bec- co, 0%, 037; tarso, 0m, 054; coda, 0m, 222. Costumi. — È molto raro in quasi tutta Italia, abbonda nell’ Affrica settentrionale, e abita particolarmente i luoghi montuosi, ma scende anche nelle boscaglie delle pianure: di UCCELLI DI RAPINA. 155 fatto nel 12 aprile 1837 ne ebbi un bell’ individuo ucciso presso Pisa nei boschi di San Rossore. Parecchi anni indietro ne con- servai uno vivente per più d’ un anno e mezzo, il quale era stato preso di nido nel Genovesato sui monti della Riviera di Levante, ove costantemente abita. Anche il Durazzo assicura che vive nelle alte montagne, da cui quella Riviera è chiusa al N.-E., e specialmente sui monti del Bracco. Egli aveva acqui- stato una certa domesticità: si mostrava assai coraggioso: si difendeva molto bene contro i Cani e contro i Gatti, slancian- dosi addosso di essi per ferirli con gli artigli e col becco. Spesso cantava, o per dir meglio gridava con voce piena e piuttosto sonora: il suo verso si può alla meglio scrivere così: kijjuuu , lgi, kgi, kgi, kgi. Si alimenta di tutti i piccoli verte- brati che può prendere, ma preferisce i pesci, specialmente d’acqua dolce. | Propagazione. Io non ne ho mai veduto il nido. Per quel che dicono, lo pone sugli alberi, e contiene tre o quattro uova bianco-giallastre, con una gran quantità di macchie brune, così fitte, che cuoprono quasi intieramente il fondo. 14° Genere. — ELANUS. Savigny. Cera velata da peli. Coda poco forcuta. Remigante seconda la più lunga. Tarso reticolato. Becco non intaccato, appena festonato, molto adunco ed acuto in cima. Cera vestita e velata da setole lunghe. Narici ovate col maggior diametro trasversale. Tarso corto; reticolato, pennato nella faccia anteriore del terzo superiore. Dita reticolate, mediocri; l’ esterno non versatile, unito alla base col medio da piccola membrana: medio (non compresa l’unghia) eguale al tarso. Unghie mediocri, non molto adun- che. Ali mediocri, eguali alla coda. Remigante prima e se- conda quasi eguali, la seconda la più lunga. Coda appena for- cuta. RI Ei Ada i Aa IA NAZ DA ne LIL i i it, TERZA MB LIT ri eo Riti NEAR] Ta i, él fi Pi netta A LR È hi Na î “i toi TIRI TARA E 1) i “| y sè e” 7 î RESTI 156 ORDINE PRIMO. ELANUS CAERULEUS. — Bp. ex Desfont. Cenerino superiormente, con cuopritrici delle ali nere. Inferiormente candido. Adulti. Becco nero corneo. Tutte le parti superiori d’ un bel cenerino perlato: pileo, occipite e cervice più chiari. Fronte, margini esterni del pileo, gola, gozzo, tutte le parti inferiori e laterali del corpo, cuopritrici inferiori delle ali, cal- zoni e penne delle cosce, bianco-candide. Margine degli oc- chi, ed una macchia al davanti di ciascuno di questi, nero-mo- rati. Tutte le cuopritrici superiori delle ali egualmente di color nero-morato: pugno, o angolo anteriore dell’ ale, e pros- simi margini di queste, candide. Remiganti nero-cenerine, col margine interno bianco: i loro steli neri superiormente, bian- chi inferiormente. Timoniere bianche, meno che le due medie che son cenerine: i loro steli, come quelli delle remiganti, son neri di sopra, bianchi di sotto. Tarsi e diti gialli. Unghie nere. Giovani. Hanno le parti superiori di color cenerino-sbia- dito, col margine delle penne bianco-fulviccio. Le ali cenerino- lavagna, con tutte le loro penne terminate di bianco: le piccole cuopritrici sono nerastre, marginate di biancastro. Le partiin- feriori bianco-fosche o bianco-grigiastre; tutte le penne con macchie longitudinali dilatate, in basso bruno-scure: queste macchie, col variar dell’ età, si convertono in strie più o meno larghe. Timoniere cenerino-cupe dal lato esterno , dall’ interno biancastre: le esterne nella parte estrema cenerino-nere, con la punta bianca. Sinonimia. — Falco caeruleus, Desfont. Ois. de Barberie, Mém. de l’Acad. R. des Sc. (1787), p. 503, pl. 15. — Falco melanop- terus, Lath. Ind. Suppl. (1801), p. 6. — Elanus caesius, Savig. Ois. d’Egyp. (1809), p. 98. — Elanus melanopterus, Leach. Zool. Misc. (1847), p. 122. — Elanoides coesius, Vieill. Encycl. (1823), I, p. 1206. — Falco melanopterus, Temm. (1835), III, p. 33; e (1840), IV, p. 592. — Elanus caeruleus, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 2. — Elanus cae- ruleus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 68. Ficure. — Le Vaill., Ois. d’Afr., pl. 36 e 37. UCCELLI DI RAPINA. 157 Nomi voLGARI STRANIERI. — Franc. Elanion blane. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 31; coda, 0%, 115; aper- tura del becco, 0, 027; tarso, 0, 035. Costumi. — Questa bella specie di Falco è propria dell’ Af- frica, ed è comune nell’Egitto ed in Barberia. Fino ad ora non è certo che si faccia vedere anche in Italia, quantunque sia indubitato che siasi trovato nella Spagna e nella Francia meri dionale. Per altro il Malherbe lo numera nella sua Fauna Or- mitologica come uno degli uccelli che compariscono di passag- gio in Sicilia nell’ autunno, e su questa asserzione è riportato ancora dal Doderlein nella sua Avifauna, benchè dubitati- vamente. Essendo per altro probabilissimo che esso compari- sca sul suolo italiano, io non potevo dispensarmi di farlo co- noscere in questo libro. Dicesi che si nutra specialmente di piccoli mammiferi, specialmente roditori, e d’insetti, come Ca- vallette, Mosche, ec. Propagazione. Nidifica sugli alberi, e partorisce quattro o cinque uova per covata, intieramente bianche. 6° Famiglia. —I FALCONI. FaLconIDEI. Becco più corto della testa; o fortemente intaccato, con margine posteriore dell'intacco sporgente a guisa di dente, od un poco festonato. —» Occhi poco incassati. Narici circolari, o un poco circolari-ovate; nella mas- sima parte delle specie chiaramente pestellate, in poche mancanti di pestello. Muniti di calzoni. Tarsi nella parte inferiore nudi e reticolati; nella su- periore impennati. Diti lunghi: medio eguale al terzo, più lungo degli altri due, Unghie solcate inferiormente, adunche, acute. Ali strette, subeguali in lunghezza alla coda. 158 ORDINE PRIMO. Remigante 1° subeguale alla 22, e questa più lunga dell’ altre, oppure 1° poco più corta della 2%; e 22 e 3* eguali, o subeguali, e le più lunghe. Coda grande troncata, o subrotondata in cima. Costumi. — Essendo fra tutti gli uccelli i più potenti ed abili volatori, ed anche de’ meglio armati, sono ancora i più corag- giosi. Debbono la forza e la destrezza del volo alla struttura delle loro ali lunghe e strette, formate da remiganti forti ed elasti- che, ed al grande sviluppo de’ loro muscoli pettorali, i quali in grazia dell’ampliezza e robustezza dello sterno su cui s° at- taccano, possono effettuare i più grandi sforzi, e per tempo molto lungo. Il loro cibo consiste in animali tuttora palpitanti; ma varia col variar delle specie, ora essendo mammiferi, ora uccelli, rettili e pesci, ed in altri anche gl’ insetti. I più se ne impadroniscono inseguendoli a volo, alcuni facendo loro la po- sta da sito elevato. Quasi tutti costruiscono il nido negli ‘spac- chi de’ massi elevati e scoscesi, o sulla parte più alta di vec- chi edifizi, pochi sugli alberi. S'addomesticano con facilità, per tal motivo era fra questi che sceglievansi i Falchi destinati alle cacce del Falcone, uno de’ divertimenti prediletti de’ Nobili e Principi del Medio Evo. È questo ancora il motivo, per il quale gli uccelli del presente gruppo furono denominati Falchi no- bili o gentili. Tutti impiegano molti anni, o tre, o sei, o sette, a rivestire la livrea perfetta: in ogni muta delle loro penne avvengono de’ cangiamenti ne’ colori, o nelle forme, nelle macchie, fasce o strie delle loro penne. Anche più che in qua- lunque altra qualità de’ Rapaci compresi nella presente Tribù, essi presentano differenze di dimensioni ne’ due sessi, il ma- schio essendo in-tutti circa un terzo più piccolo della fem- mina. 45° Genere. — FALCUS. Linneo. Becco più corto della testa. Mascella superiore fortemente intaccata, e posterior- mente all’ intacco dentata. Mascella inferiore essa pure intaccata all’ apice. UCCELLI DI RAPINA. 159 Tarsi nella parte inferiore nudi e reticolati; nella superiore impennati. Nora. — Avendo ancora io riconosciuta |’ impossibilità di tro- vare in uccelli della Famiglia de’ Falconi tali differenze caratteristiche che permettano dividerli in molti generi, come varii Ornitologi ten- tarono di fare, e come a prima vista ciò sembra possibile, lascio tali uccelli in un sol genere riuniti, dividendolo per altro in tre Sezioni, formate di quei Falchi che maggiormente si rassomigliano fra loro, non solo per caratteri zoologici, ma ancora per le abitu- dini. Le tre Sezioni che stabilisco sono quelle de’ Falchi gentili, de- gli Smerigli e de’ Gheppi. Sezione I. — FALCHI GENTILI o NOBILI, FALCONI. (Gen. FALCO Linn. GENNAIA di Kaup.) Parti superiori di color fosco più o meno iurchiniccio: parti inferiori bianche o biancastre, con numerose macchie longitudinali nere. Penne brevi e rigide. Ali lunghe appuntate. Narici pestellate; lunghezza dai quaranta ai sessanta centimetri. Costumi. — La perfezione del loro apparato da volo, la” squisitezza della loro vista e la potenza delle loro armi, becco ed artigli, dà a questi Falchi non solo l’ ardire, ma ancora i mezzi di predare gl’ uccelli e mammiferi anco di dimensioni eguali, se non maggiori delle loro. Potendosi inalzare molto nell’ aria, si pongono in situazione da scorgere anche a distanza erande la preda, e quindi piombare ad essa addosso con tal veemenza e sollecitudine da rendersene facilmente padroni. Asseriscesi come all'oggetto di mettere l’animale predato nella impossibilità di resistere e di fuggire sogliano, appena 1’ han raggiunto e ghermito con i potenti artigli, per prima loro cura, acciecarlo con uno o due colpi di becco dati con massima destrezza e rapidità. Io stesso ebbi, molti anni addietro, occa- sione di verificare quella loro crudel pratica. Mi trovavo nelle prime ore d’ una mattinata d’ autunno nell’aperta pianura detta Le Lenze, poco distante da Pisa e posta presso al confine del Parco Reale di San Rossore, quando un vivo e sempre rinfor- zante sibilo, simile a quello che fa una palla di cannone che at- traversa l’aria, richiamò la mia attenzione e mi fece scorgere un 160 ORDINE PRIMO. Colombaccio, che ad ali serrate piombavasi verso terra inse- guìto in egual modo da un grosso Falco Pellegrino. Pochi istanti dopo, quando il Colombaccio, giunto a poca distanza dal suolo, per non urtarvi fu obbligato ad aprir le ali e prendere una di- rezione quasi che orizzontale, il Falco, approfittandosi di quella piccola diminuzione di velocità che conseguentemente avvenne nel volo del Colombaccio, fu a lui addosso'e lo fermò sul suolo ghermendolo con gl’ artigli. Ciò avvenne quasi ai miei piedi, giacchè probabilmente nè il Colombaccio nè il Falco m'avevan veduto, il primo essendo solo intento a fuggire il nemico, il secondo a cercare di raggiunger la preda: non ‘ebbi dunque che a far pochi passi per farmi addosso ai due uccelli: accorti per altro che gli arrivassi, il F'w/co riprese il volo e fuggì; ebbi bensì il Colombaccio, perchè restato sul suolo dibattendosi. Aveva ambo gli occhi sbranati: sana ogn’ altra parte del corpo. Essendo tutti i Falchi di questo gruppo non solo dotati delle indicate qualità fisiche, ma ancora docili ed educabili, furono da epoche molto remote prescelti per la caccia della ‘ Falconerìa, caccia che fu in gran moda prima che per questa si fossero adottate le armi da fuoco. Adesso in Europa man- tiensi solo presso alcuni potenti come oggetto di lusso e di curiosità : per altro è sempre usata in alcune parti dell’ Asia. Il Gerfalco, il Sacro, il Terzuolo erano i più apprezzati. Il primo di questi è quello che sempre riscosse la maggior fama. Esso è proprio particolarmente dell’ Islanda. I giovani ogn’ anno di là si portavano, e si portano tuttora in Danimarca alla Falco- nerìa Reale, di dove poi erano spediti in tutte le parti d’ Europa per fornirne i Principi e Nobili, i quali volevano avere nella propria Falconerìa de’ più rinomati Falconi. Non è esclusiva questa specie all’ Islanda, giacchè incontrasene anche in alcune parti del Nord della Germania. Non so che giammai siasi fatto vedere in Italia.! 1 Falchi gentili vivono o solitari o a coppie, e di rado ed accidentalmente lasciano i luoghi nativi. i Credo non inutile il far conoscere anche quella specie, riportandone la frase spe- cifica e le dimensioni. Falco Gyrfalco Linn. : Ali che giungono alla metà della coda; dito medio un poco più corto del tarso, senza baffi. Penne del dorso cenerino-nerastre, margi- nate di bianco sudicio , e con fascie trasversali ondulanti dello stesso colore. Piedi giallo- verdastri ; unghie nere. DimENSIONI. — (Del maschio.) Lunghezza totale : cent. 56; coda, cent. 20. Ala, dal- UCCELLI DI RAPINA. 161 FALCONE. — FALCO PEREGRINUS. Briss. Ali che giungono all’ estremità della coda. Dito medio eguale al tarso: baffi grandi: dorso scuro-nerastro, o turchino-cenerino, con fasce trasverse più cupe: piedi gialli: unghie nere. Adulti. Becco nero-celeste. Iride gialla. Pileo, cervice e baffi di color nero-turchino. Dorso, scapolari e parti superiori dell’ ale di color turchino-cenerino, con fasce trasverse più cupe. Coda turchino-cenerina, con fasce strette, trasverse e alternativamente cenerine e nerastre. Gola e petto di color bianco, con macchie longitudinali all’ intorno, nerastre. Le altre parti inferiori di color bianco sudicio, con macchie nerastre trasversali. Remiganti turchino-cenerine, con un gran numero di macchie nerastre o biancastre, disposte irregolarmente al lato interno. Piedi gialli. Unghie nere. Giovani. Fronte, gote e nuca bianco-giallastre, macchiate di nerastro. Penne del vertice e parti superiori color nerastro scuro, marginate di giallastro sudicio. Baffi nerastri. Gola bianco- giallastra. Petto, addome, fianchi, regione anale e calzoni color bianco giallastrozggon un’ infinità di macchie longitudi- nali nero-scurastre. Coda superiormente nerastro-scura, infe- riormente nerastro-cetiétina, con fasce trasverse strette e in- terrotte, color di nocciòla: una fascia bianca è alla sua estremità. Falcone, Falco peregrinus, Gmel. Savi Orn. Tosc., I; p. 40. Sinonimia. — Falco et Falco peregrinus, Briss. Ornith. (1'760), I, p.321 e 341. — Falco communis, Gmel. S. N. (1788), I, p. 170. — Falco peregrinus, Temm. (1820-1835), I, p. 22; III, p. 11. — Falco cornicum, Brehm. Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1831), p. 42.-— Falco communis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 81. Ficure. — Buff., PI. enl. 421, maschio adulto, sotto il nome di Faucon; 430, femmina adulta, sotto il nome di Lanier; 469, gio- vine, sotto il nome di Faucon noir et passager. — Sparviere pelle- | grino, o Terzuolo pellegrino, Storia degli Uccelli, tav. 25 e 27. Nomi voLGARI stRANIERI. — Franc. Faucon-Lanier, Pelerin. Ingl. The peregrine Falcon. Ted. Der Tauben-Falke. l’ angolo all’ apice della maggior remigante, cent. 39. Apertura del becco, cent. 3 e mezzo. Tarso, cent. 6 e mill. 2. Dito medio, cent. 5 e mill. 2. (Della femmina.) Lunghezza totale, centimetri 50. Ornitologia italiana. — I, 11 162 ORDINE PRIMO. Dimensioni. — Il maschio, lunghezza totale: 0m, 38; apertura del becco, 0, 032; coda, 0, 1175; tarso, 0, 056. La femmina, lun- ghezza totale: Om, 46. Costumi. — È assai comune in tutta Italia. Abita partico- larmente i monti sassosi, e quelli non lontani dal mare; ma trovasi ancora nelle grandi boscaglie. Il suo cibo consiste per il solito in grossi uccelli, come Piccioni, Colombacci, Pernici, Starne, Germani, ec. Egli se ne impadronisce a volo; a que- st’ oggetto, quando dà la caccia a qualcuno, sempre cerca, vo- lando, di prendergli il di sopra, e poi lo ghermisce, piomban- dogli addosso con la rapidità d’ un dardo: ed appena lo ha ghermito, con uno o due colpi di becco 1’ accieca: di ciò potei accertarmi io stesso, avendone avuta l’ occasione superior- mente narrata. Propagazione. Nidifica nelle buche e spacchi de’ massi. Sullo scoglio o isoletta dell’ Argentiera, posta non molto lon- tano da Porto Santo Stefano, ne trovai una coppia che aveva fatto il nido in una buca: il fondo di questa era coperto da un alto strato di penne di Piccione. Non vi erano che due figli. Qualche volta, ma raramente, fa il nido ancora sugli alberi. Le uova, dicesi, che siano in numero di tre o quattro, bianco- ‘celestognole, irregolarmente macchiate di grigio o d’ olivastro.* IL SACRO. — FALCO SACER. Briss. Ali che giungono ai due terzi della coda: dito medio più corto del tarso: penne delle parti superiori bruno-cenerine, marginate di scuriccio- ruggine chiaro: piedi celestognoli : unghie nere. Maschio adulto. Becco grigio celestognolo. Pileo scuro- fulvo chiaro, con macchie bislunghe scuro-nere: fascia so- praccigliare bianca estesa fino all’ occipite, con piccole strie scure: penne della cervice, schiena, dorso e sopraccoda scuro- cenerine, marginate di scuriccio-ruggine chiaro: baffi sottili: parti inferiori candide, con macchie lanceolate piccole sul gozzo e petto, che ingrandiscono avvicinandosi alle cosce: cuopritrici inferiori della coda e gola senza macchie: lamina interna 1 Temm., Man. d’Ornith., pag. 22. fe UCCELLI DI RAPINA. 163 delle timoniere con macchie ovoidi bianco-ruggine. Parte nuda attorno agli occhi, cera ed iride gialle. Piedi celestognoli.‘ Femmina adulta. Somiglia al maschio, ma differisce per il pileo scuro cupo; per la marginatura delle penne delle parti superiori più ristretta, le macchie delle parti inferiori più lar- ghe; e per avere delle strie trasverse tanto sulla gola, quanto sulle cuopritrici inferiori della coda. ° Giovani. Le penne del pileo e cervice sono, lungo lo stelo, scuro-cupe, con largo margine lionato-chiaro: tutte le altre delle parti superiori sono scuro-cupe, con sottil margine più chiaro scuro-lionato. Lati del collo e gola bianco-lionati, con sottili strie scuro-cupe sullo stelo; baffi mediocri, scuro-neri. Penne delle altre parti inferiori, compresi i calzoni, con larga macchia ovato-allungata centrale, e larghissimo margine lio- nato; cuopritrici inferiori della coda lionate, con ristrette mac- chie scure a gocciola. Remiganti scure, con numerose fasce trasverse e larghe sulla lamina interna. Timoniere scuro-nere, con macchie rotonde, rade, lionate: quelle della lamina esterna alternano con quelle dell’ interna. Sinonimia. — Falco sacer, Briss. Ornith. (1760), I, p. 337. — Falco lanarius, Temm. Man. (1820), I, p. 20; (1835), IIl, p. 10. — Falco cyanopus, Thieneman, Eur. Jagdf. in Rbea (1846), p. 44-98. — Gennaia lanarius, Kaup Isis (1847). — Gennaia sacra, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 2. — Falco sacer, Degl. et Ger. (1867), I, p. 79. Ficure. — Buff., H. nat. des. Ois. (1770), I, pl. 14, sotto il nome di Sacre. — Gould, B. of Eur., pl. 20. Nomi voLGaRI STRANIERI. — Franc. Faucon Sacre. S' alerhat Dimensioni. — Lungh. totale: 0m, 55; coda, 0, 20; ala, 0m, 38; apertura del becco, 0m, 093; tarso, 0, 064; dito medio, 0%, 053. Costumi. — Proprio delle contrade E. e N-E. d’ Europa. Comparisce peraltro accidentalmente ancora nelle parti meri- dionali; così noi lo vediamo enumerato fra gli uccelli che a quando a quando‘son presi in Provenza ed in Italia. Di fatto il Cara l’ annovera fra gl’uccelli trovati in Sardegna. Il Salvadori ne incontrò un bell’individuo sul mercato di Roma, ed il prof. 1 Temm., Man. d’Ornith., pag. 20. 2 1d., op. cit. ut eh 164 ORDINE PRIMO. Doderlein! nel giugno 1868 ne ebbe a Palermo una femmina adulta uccisa alle falde del Monte Pellegrino. Io non l’ ho mai veduto in Toscana. Ha li stessi costumi del Falco pellegrino. Propagazione. Nidifica fra i massi, e, secondo il Degland, partorisce cinque uova simili a quelle del .Falco pellegrino, ma un poco più grosse e ruvide. Sezione II. — SMERIGLI. (Gen. DENDROFALCO Bp.) Parti superiori nero-cenerine o nero-turchinicce: parti inferiori bianco- lionate o bianco-nocciòla, con numerose macchie nere bislunghe : penne un poco più lunghe che ne’ Falconi gentili e meno rigide. Lunghezza da 30 a 40 centimetri. Narici pestellate. Costumi. — Sono intermedii a quelli de’ Falchi nobili e dei Gheppi. LODOLAIO. — FALCO SUBBUTEO. Linn. Ali più lunghe della coda; baffi grandi; dorso scuro nero, o scuro cele- stognolo. Cera gialla; piedi gialli; unghie nere.i Volume d’ una Co- lombella. i Muna Maschio adulto. Becco celestognolo. Cera gialla. Iride bru- na. Vertice e lati della testa di color nero scuro. Le penne del vertice son debolmente sfumate di giallastro. Base della fronte giallastra. Penne delle parti superiori nero-cenerognole, con lo stelo nero. Su i lati della cervice due macchie giallo-lionate, poco visibili. Baffi neri. Gola, gozzo e lati del collo bianchi. Petto, addome, fianchi e cuopritrici inferiori delle ali bianca- stre, con larghe macchie longitudinali nere. Cosce, base del- ‘ l’addome e sottocoda color fulvo-nocciòla, senza alcuna mac- chia. Remiganti nero-celestognole, internamente con macchie rotondate color di nocciòla sbiadito. Timoniere cineree, mac- chiate trasversalmente di color di nocciola dal lato interno. Piedi gialli. Unghie nere. Femmina adulta. Ha le parti superiori di color più nero, le inferiori di color più sbiadito. 1 Avifauna, pag. 35. UCCELLI DI RAPINA. 165 Giovani. Gola, lati del collo, petto e addome bianco-crema. Penne delle parti superiori nerastre, con ristretto margine giallo rossiccio. Sulla cervice due grandi macchie bianco-gialle. Macchie delle parti inferiori e laterali del corpo più grandi che negli adulti. Cosce, base dell’ addome e cuopritrici inferiori della coda, dello stesso colore delle altre parti inferiori. Timo- niere macchiate trasversalmente e terminate di bianco-noc- ciòla. Nel 1837 ricevei dal marchese Durazzo una bella varietà melanotica di questo Falco da esso avuto nelle vicinanze di Genova. Lodolaio, Falco subbuteo, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 42. Sinonimia. — Falco subbuteo, Linn. S. N. (1766), I, p. 427. — Dendrofalco, Briss. Ornith. (1760), I, p. 375. — Falco subbuteo, Temm. Man. (1820), I, p. 25. — Hypotriorchis subbuteo, Boie, Isis (1826), p. 976. — Dendrofalco subbuteo, Bp. Rev. Crit. (1850), p. 131. — Falco subbuteo, Degl. et Ger. (1867), I, p. 85. Ficure. — Buff., PI. enl. 432. + Nomi voLcari Toscani. — Falchetto da uccelli (Pisano). Nomi voLGaRI sTRANIERI. — Franc. Hobereau. Ingl. The Hobby Falcon. Ted. Der Lerchen-Falke. Dimensioni. — Maschio, lunghezza totale: 0, 354; apertura del becco, 0, 018; coda, 0m, 129; tarso, 0, 038. La femmina è più lunga circa 0, 48. Costumi. Si trova da noi nel tempo de’due passi e nel- l'inverno: mai l’ho veduto in estate. Nutresi di piccoli uccelli, come Lodole, Frinquelli, ec. Propagazione. Non so che faccia il nido in Toscana. Tem- minck dice che lo fabbrica sopra gli alberi più alti, o nelle buche degli scogli: le sue uova, in numero di tre o quattro, sono rotondate, celestognole, inegualmente moschettate di grigio e di color d’oliva. FALCO SUBBUTEO-MICROPTERUS. Museo Pisano. Nota. — Esiste nella Collezione ornitologica di questo Museo di Pisa un Falchetto di statura press’ a poco eguale alla femmina del Falco subbuteo, il quale, mentre nell’ insieme di molti caratteri da =" Milo i SMI Xi POLAS Ra Bb si VE î 166 ORDINE PRIMO. sembra appartenere a questa specie, per altri poi ne differisce. Dif- ferisce ancora dal Falco Eleonora, al quale egualmente per altri ca- ratteri rassomiglia. Qui lo descrivo col nome di Falco subbuteo- micropterus. Becco scuriccio celestognolo. Iride gialla. Penne della testa, parte superiore del collo, dorso, groppone, sopraccoda . e cuopritrici delle ali piccole e medie, di color nero-scuro, mar- ginate di bianchiccio-lionato: tal margine è sottilissimo nelle penne del pileo, e va dilatandosi in ragione che s° accostano alla coda. Due larghe macchie bianco-lionate sulla cervice: re- dini, e regioni sottorbitali e postorbitali, nero-morate; dalle redini si parte una larga fascia, o baffo, che cala fra la gola e il lato del collo. Gola, lati del collo, addome e. fianchi color bianco-lionato, molto più chiaro nelle parti superiori: gola, gozzo e lati del collo; più cupo o più acceso nelle inferiori: petto, addome, fianchi e sottocoda, con fitte e larghe macchie longitu- dinali nere; il sottocoda però ha macchie nere, ma son trasversali e triangolari. Penne de’ calzoni lionate più accese, egualmente che sui fianchi, macchiate longitudinalmente. Grandi cuopritrici delle ali e remiganti scuro-nere, marginate di bianco appena lionato: la lamina interna delle remiganti con larghe macchie trasverse lionato-nocciòla. Remiganti del solito color nero scuro, eccettuate le due medie; tutte le altre hanno numerose fasce trasversè lionato-nocciòla che occupano la lamina interna, e s’ estendono un poco ancora sull’ esterna. Piedi gialli. Un- ghie nere. Le estremità delle ali raggiungono i due terzi della coda. Prima remigante uguale alla terza, la seconda è la più lunga. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 295; coda, 0m, 4117; dall’ angolo dell’ ala all’ estremità della 2a remigante, 0m, 234; aper- tura del becco, 0", 013; tarso, 0”, 003; dito medio, 0", 034. Qualora le ali fossero più lunghe della coda, non esite- rebbesi a considerare l'uccello adesso descritto come un Falco subbuteo: ma la notata differenza di proporzione prodotta da una così notevole minor lunghezza dell’ali (le penne delle quali.nel descritto individuo son tutte perfettamente sviluppate), Lù Lal Tali Ù } ot (NY ro bj ea e Til Ai, e } UCCELLI DI RAPINA. 167 e le differenze che riscontransi nel colore e dipintura delle penne paragonate a quelle del Subbuteo, dan motivo a dubitare che realmente si possa a questa specie referire. Tali differenze consistono principalmente nella presenza delle macchie tra- sversali e triangolari sulle cuopritrici inferiori caudali, e nella maggiore abbondanza delle macchie nere longitudinali del petto, addome e fianchi. Non essendo in grado di decidere se l'uccello ora descritto sia una semplice varietà accidentale del Falco subbuteo, o unibrido di questo col Litofalco, oppure una specie distinta, e credendo conveniente pur nonostante di farlo conoscere agli Ornitologi, siccome fra gli uccelli conosciuti il Falco subbuteo è quello, al quale più si rassomiglia, così ho creduto doverne parlare uni- tamente a quest’ultima specie. FALCHETTO DELLA REGINA. — F'ALCO ELEONORA. #1 Gent. Ali più lunghe della coda: baffi grandi: dorso scuro nero. Cera turchina (giovane e femmina), o gialla (maschio adulto): piedi gialli: unghie nere. Volume d’ un Colombaccio. Giovane del 1° anno. Becco color di corno celestognolo, leggerissimamente festonato, dentato. Cera carnicino-celesto- gnola. Le penne di tutte le parti superiori, compresa la fronte, e le cuopritrici superiori della coda, non. che tutte le cuopri- trici delle ali, di color nero tendente un poco allo scuro-filig- sine, marginate di color nocciòla-chiaro; le scapolari più infe- riori son quelle che hanno tal margine più largo: quindi ven- sono le superiori; le cuopritrici alari e quelle della cervice l’hanno più ristretto di tutte le altre. Le penne poi che oc- cupano un limitato spazio in ogni lato della cervice, hanno le parti laterali d’ogni penna color nocciòla-biancastro, mentre la porzione centrale ha un’assai larga macchia del solito co- 1 Il professor Gené denominò la presente specie Falco Eleonora in memoria ed onore della Regina di Sardegna di tal nome, la quale regnando in quell’ isola in tempi barbari pensò, in una saggia legislazione da lei promulgata colà, non solo a protegger l’onore, la vita ed i beni degli uomini, ma ancora i Falconi nobili e gli Astori che vi nascevano e che erano cotanto apprezzati per le cacce. 163 ORDINE PRIMO. lore scuro-nero: la fronte apparisce di color nocciòla misto di nerastro, per aver le sue penne munite d’un più largo mar- gine. Pelle nuda attorno agli occhi color turchino-celestognolo. Redini coperte da rade pennuzze strettissime, pettinate, nere sullo stelo, di color nocciòla sul margine. Regioni sottorbitale ed auricolare nere. Gola e lati del collo di un bianco-ceciato più acceso, e passante al lionato su i lati del collo: molte strie nere sottili longitudinali su i lati del collo e la parte in- feriore della gola. Gozzo, petto, addome, fianchi, calzoni e sottocoda color bianco-nocciòla, con larghe e lunghe macchie subtriangolari nere: il color nocciòla di queste parti è più chiaro nelle superiori, più acceso tendente al lionato sull’ad- dome, bianchi calzoni e sottocoda: questa è munita di macchie nere cordato-lanceolate. Cuopritrici inferiori delle ali nero- ‘#g_filiggine, con margine assai ristretto di color nocciòla. Remi. ganti nere: nella porzione marginale della lamina interna vi sono delle macchie larghe, ondulate, trasverse, cenerognolo- nocciola, ma poco apparenti. Timoniere del color nero delle ali, con larghe fasce ben distinte color nocciòla-lionato nella lamina interna. Piedi gialli. Unghie nere. Nora. — L'individuo ora descritto fu donato vivente a questo Museo dal celebre naturalista generale Alberto La Marmora. Visse nel Museo da circa un anno, e quando vi arrivò nell’inverno era giovanissimo, giacchè ]’ avevano preso nidiaceo l’ estate avanti in Sardegna: per cui, se non fosse noto che in domesticità le mute non avvengono regolarmente come nello stato selvaggio, potrebbesi asserire essere la descritta livrea quella de’ giovani di circa un anno e mezzo. Sembra peraltro che sia così, giacchè la livrea del se- condo anno per l’esatta descrizione datane dal dottor Salvadori (Ca- talogo degli Uccelli di Sardegna) non differisce da quella qui sopra ‘riportata che per mancare il margine chiaro alle parti superiori: per cui nelle penne del gozzo, petto, addomee fianchi è predominante il nero al lionato-nocciòla, talché questo colore forma solo un margine chiaro alle penne : e finalmente per marcare del tutto le marmoriz- zature chiare alla lamina interna delle remiganti. L’ individuo figu- rato nella Fauna Italica dal Bonaparte sarebbe stato d’ un’età anche più inoltrata di quello descritto dal Salvadori. Il maschio adulto infine ha, secondo quanto ne dicono gli Autori, e specialmente il signor Teodoro Heuglin, colore uni- UCCELLI»DI RAPINA. 169 forme nero tendente al lavagna, la cera e la parte nuda cir- condante l’ occhio giallo-sulfuregg, i piedi giallo-cupi e le un- ghie nere. E questa livrea la figurò il Gené negli Atti della Regia Accademia di Torino, anno 1840, pag. 48, tav. 2. Femmina adulta. Becco e cera celestognole. Iride scura; pileo, cervice, dorso, scapolari, cuopritrici delle ali e della coda di color nero, leggermente tendente al cinereo-turchinic- cio. Gola, sozzo e lati del collo bianchi, ma dall’angolo del becco scendono obliquamente fra la gola ed i lati del collo due lunghe basette, una per parte. Petto e piccole cuopritrici infe- riori delle ali e fianchi di color nero, con rade macchiuzze longitudinali a fiammella, mal determinate, di color fulvo-cupo ferruginoso: questa tinta predomina sull’addome, ove abbon- dano le macchie nere longitudinali, ovato-allungate. Penne della regione anale, cuopritrici inferiori della coda, e quelle delle cosce, color fulvo-ruggine, con sottile stria nera lungo lo stelo. Grandi cuopritrici inferiori delle ali intieramente nere. Remiganti e timoniere nere: dal lato inferiore cenerognolo- cupe. Le timoniere inferiormente hanno delle fasce trasverse color nocciòla poco distinte. Piedi gialli; unghie nere. ‘ Sinonimia. — Falco Eleonorae; Gené Rev. zool. (avril 1839), II, p:105; e Mem. Acc. di Torino (1840), II, tav. 1 e 2. — Falco Arcadicus, Lindermayer, Isis (1843), I, p. 330. — Falco concolor, + Von der Miihle, Ornith. Griech. (1844), p. 14. — Dendrofalco Eleo- norae; Bp. Rev. crit. (1850), p. 131.— Hypotriorchis Eleonorae, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 2. — Falco Eleonorae, Degl. et Ger. (1867), PIPaisb: Ficure. — Schleg. et Susem. Vog. Eur., pl. 53 e 54. — Bp. Faun. Ital., I, p. 24 (giovane). Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. Faucon Eleonore. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 385; coda, 0n, 168; tarso, 0%, 3; ala, dall’ angolo alla punta della più lunga remigante, Om, 326. ? Costumi. Îl Falco della Regina fu per la prima volta ritro- vato dal marchese Durazzo di Genova; nel 1836 fu veduto nel- l’isola di Sardegna dal La Marmora, il quale nel 1838 ne uc- 1 Gené, Mem. R. Soc. delle Scienze di Torino 1840, pag. 41, tav, 1. 2 Ibid., idem. 170 ORDINE PRIMO. cise due femmine sull’isolotto detto il Toro, presso la penisola di Sant’ Antonio. Vedesi anche a quando a quando in Provenza, ove probabilmente arriva dalle coste barbaresche, che ne sono assai ricche: non è raro peraltro neppure in Siria. Abita nelle scoscese pendici sassose di quelle spiagge, ove ancora co- struisce il suo nido. Ha un grido particolare, e fu da questo che il La Marmora s’ avvide essere una specie per allora non conosciuta. Le sue abitudini sembra sieno simili a quelle del Falco tinnunculus. Propagazione. Il suo nido, che, come ho detto, lo pone nelle crepature degli alti scogli, contiene due o tre uova color rossigno slavato, con macchiuzze più scure sull’ estre- mità più ottusa. SMERIGLIO. — FALCO LITHOFALCO. Gmel. Ali più corte circa un terzo della coda: baffi nulli, o poco visibili: dorso cenerino piombato, o scuro-cenerino, con strie nere longitudinali : cera gialla: piedi gialli: unghie nere. Volume d’ una Colombella. Maschio adulto. Becco celestognolo, cera e palpebre di color giallo, iride scura. Fronte e lati della testa biancastri, macchiati di nero. Penne del vertice e di tutte le altre parti superiori di color cenerino-piombato cupo, con una striscia longitudinale nera sullo stelo. Lati della cervice color di noc- ciòla macchiata di nero. Gola e gozzo bianchi, e su quest’ ul- tima parte delle macchiuzze nere. Lati del collo, petto, addo- me, fianchi, gambe e sottocoda color fulvo nocciòla-chiaro, con una gran quantità di macchie nere a gocciola. Remiganti nerastre, macchiate trasversalmente di bianco nella parte in- terna: la prima è marginata di questo stesso colore. Le timo- niere son cenerino-piombate, han l'estremità biancastra, l’ul- timo terzo nero, e delle macchie nere trasverse sparse sul fondo cenerino. Piedi gialli. Unghie nere. Femmina. Parti superiori più cupe che nel maschio, e le inferiori più chiare, con le macchie nere più grandi. Giovani avanti l'età d’un anno. Han tutte le penne delle parti superiori di colore scuro-cenerino, marginate di nera- stro, con lo stelo nero. Le timoniere sono di questo stesso co- lore scuro, con larghe macchie bianco-giallastre trasverse. UCCELLI DI RAPINA. 171 Parti inferiori bianco-giallicce. Penne del petto, addome e fianchi con una larga macchia scura nel mezzo, e lo stelo nero. Smeriglio, Falco lithofalco, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 43. Sinonimia. — Lithofalco et Aesalon, Briss. Ornith. (1760), I, p. 349 e 382. — Falco regulus, Pall. Voy. (1776), VIII, de l’Édit. Fr. in-8, p. 27. — Falco lithofalco et Aesalon, Gmel. S. N. (1788), I, p. 278 e 284. — Falco smirillus, Savig. Ois. d’Égyp. (1809), p. 100. — Falco caesius, Mey. et Wolf. Tasch. Deutsch. (18410), I, p. 60. — Aesalon lithofalco, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 40. — Falco aesalon, Temm. Man. (1820), I, p. 27; (1835), III, p. 13. — Falco lithofalco, Degl. et Ger. (1867), I, p. 91. Ficure. — Buff., PI. enl. 447, maschio adulto, sotto il nome di Rochier; 468, femmina, sotto il nome di Emerillon. Nomi voLcari stranIERI. — Franc. Emeritlon. Ingl. The Stone Falcon. Ted. Der. Merlin-Falke. Dimensioni. — Maschio adulto, lunghezza totale: 0”, 301: aper- tura del becco, 0%, 045; coda, 0", 086; tarso, 0", 034. La fem- mina è 0”, 354 più lunga. Costumi. — Questo bel Falchetto, benchè sia uno de’ più piccoli, è con tutto ciò uno de’ più coraggiosi. Fa guerra a tutte le sorta d’ uccelletti, ed anche le Quaglie e le Starne restano spesso vittima della sua destrezza. A causa di tali qualità era molto ricercato dai Falconieri, tanto più che in poco tempo si addomestica. Emigra in inverno verso il Mez- zogiorno, seguitando i branchi degli altri uccelli, e nel tempo de’ due passi spesso se ne trovano da noi, tanto de’ giovani che de’ vecchi. Anche nel corso dell'inverno se ne vede qualcuno, ma giammai ne ho incontrati in estate. Propagazione. Dicono i Naturalisti che nidifica sugli alberi o fra gli scogli, e che depone cinque o sei uova per covata, biancastre, marmorizzate di bruno-verdastro ad una delle estremità. Sezione III. — I GHEPPI. (CERCHNEIS Boie.) Parti superiori fulve, o fulvo-nocciòla, o scuro-cenere: parti inferiori bian- che o biancastro-lionate, con macchie nere. Lunghezza da cent. 29 a 32. Narici o non pestellate, o con pestello appena visibile. Costumi. — Sono fra tutti i Falchi i più sociali ed i più portati ad emigrare: il Tinnunculus è il più stazionario, ed il 172 ORDINE PRIMO. Vespertinus quello che emigra con maggiore regolarità. Oltre queste somiglianze d’abitudini, anche nel vitto presentano grandi analogie fra loro; giacchè tutti amano a cibarsi d’ in- setti, di Ortopteri, e specialmente di Locuste e d’ Acridii, ai quali insetti fanno con gran destrezza una continua caccia. E[UVNTYIZA Ae i Rezza VÀ e TEN. A) ati GHEPPIO. — FALCO TINNUNCULUS. Linn. Ali un quarto più corte della coda: baffi poco o punto visibili: dorso tutto color di nocciuola, o con macchie nere: piedi gialli: unghie nere. Maschio adulto. Becco celestognolo, con la punta nera. Cera ed iride gialla. Penne del vertice, cervice, lati del collo, grop: pone e sottocoda cenerino-piombate, conlo stelo nero. Dorso, scapolari e cuopritrici delle ali color di nocciola, con macchiette nere triangolari. Gola bianco-ceciata. Petto, addome e fianchi isabellini, con macchie nere ovato-appuntate, e collo stelo delle penne nero. Gambe, regione anale e sottocoda color d’Isa- bella, senza macchie. Remiganti bruno-nere, con sottil mar- gine più chiaro dal lato esterno: internamente macchiate ad angolo di bianco isabellino, ed in modo che, unendosi queste macchie, fan bianco tutto il margine interno, lungo lo stelo. Cuopritrici inferiori delle ali bianche, macchiate di nero. Ti- moniere cenerine, terminate da una fascia bianca, che è pre- ceduta da una più larga nera: le due timoniere esterne sono esternamente marginate di bianco: tutte han lo stelo nero. Piedi gialli. Unghie nere. UCCELLI DI RAPINA. 173 Femmina adulta. Penne delle parti superiori color di noc- ciòla: quelle della testa e del collo hanno una macchia nera bislunga sullo stelo. Quelle del dorso, scapolari, cuopritrici delle ali e del sopraccoda hanno lo stelo nero, e delle larghe e rade fasce nere trasverse. Parti inferiori ceciato-isabelline, con macchie nere bislunghe. Timoniere color di nocciòla, termi- nate di bianco isabellino, e con nove o dieci fasce trasverse nere: l’ ultima è più larga delle altre. Igiovani somigliano quasi perfettamente alle femmine. Gheppio, Falco tinnunculus, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 45. Sinonimia. — Falco tinnunculus, Linn. S. N. (1766), I, p. 127. — Accipiter alaudarius, Briss. Ornith. (1760), I, p. 379. — Falco brunneus, Bechst. Nat. Deutsch. (1805), II, p. 807. — Falco tinnun- culus, Temm. Man. (1820), I, p. 29; (1835), III, p. 14. — Cerchneis tinnuncula, Boie, Isis (1828), p. 314. — Tinnunculus alaudarius, G. R. Gray, Gen. of B. (1841), p. 3. — Falco tinnunculus, Degl. et Ger. (1867), 1, p. 93. Figure. — Buff., PI. enl. 401, maschio; 47/1, femmina. — Bettoni Eugenio {1868-1871), Uccelli che nidificano in Lombardia, I, tav. 35. Nowmr voLGaRrI sTRANIERI. — Franc. Faucon cresserelle. Ingl. The Kestril Falcon. Ted. Der Thurm-Falke. Dimensioni. — Maschio adulto, lunghezza totale: 0”, 379; coda, Om, 158: apertura del becco, 0", 018; tarso, 0", 044. La femmina è più lunga del maschio 0», 58. Costumi. — Il Greppio è fra gli Uccelli di rapina diurni il più comune. In tutti i monti dirupati, sulle alte ed antiche fabbriche, anche delle grandi città, si trovano quasi sempre di questi uccelli. Non v’ è poi alcun edifizio, un poco cospicuo e abbandonato, che non serva loro d’ asilo. Entrando in quelle antiche abbazìe, in quei fortilizi, in quelle ville deserte e se- midirute che quasi ad ogni passo s’ incontran nei boschi delle nostre Maremme, da per tutto s’ ode la voce stridula de’ Ghep- pi, che son succeduti ai monaci, ai guerrieri, ai coloni. Vi- vono questi Falchetti dando la caccia ai Topi, ai Pipistrelli, alle Passere ed agli altri piccoli uccelli; ma qualora non trovino altro, sì cibano anche di rettili e d’ insetti. Nel Bresciano si adopra per attirare le Lodole nella caccia che si fa a questi uc- celli col fucile. Propagazione. Depositano le uova nelle buche dei massi MAAAS I? 174 ORDINE PRIMO. o delle antiche muraglie, raramente degli alberi: sono esse in numero di quattro o cinque, di color bianco-gialliccio, tutte foltamente macchiate di rossastro-mattone. FALCO GRILLAIO. — FALCO TINNUNCULOIDES. Netter. Ali eguali alla coda: schiena color d’Isabella, o senza macchie, o con mac- chie nere: piedi gialli: unghie biancastre. Maschio adulto. Becco celestognolo, con la punta nera. Iride castagno-cupa. Palpebre e cera giallo-arancione. Parte su- periore e laterale della testa, cervice, groppone e sopraccoda d’ un bel color cenerino-piombato. Lati del petto di questo medesimo colore, ma più chiaro, e misto con un poco di ce- ciato. Schiena, scapolari e piccole cuopritrici delle ali d’ un bel colore Isabella chiaro; grandi cuopritrici cenerine con lo stelo nero, e col margme in alcuni luoghi color di nocciòla. Remiganti bruno-nere esternamente, internamente biancastre; cuopritrici inferiori delle ali bianche, con delle piccole macchie longitudinali nere. Gola e gozzo bianco- "ceciato; petto, addo- > me e fianchi d'un bel colore Isabella: sui fianchi e sull’ ad- dome alcune gocce nere. Sottocoda bianco-giallastra. Timo- niere cenerine con lo stelo nero, bianche nella cima, e con una larga fascia nera avanti al bianco. Coda subeguale alle ali, un poco graduata. Piedi gialli. Unghie biancastre. Femmina adulta. Tutte le parti superiori, le cuopritrici su- periori delle ali e le timoniere son di color di nocciòla chiaro, variamente macchiate di nero. Le penne del pileo, de’ lati della testa e del collo hanno una macchia nera lungo lo stelo: tutte le altre hanno lo stelo nero, e delle larghe fasce nere tra- sversali ed appuntate. Gola ceciata: petto ceciato-rossastro, con delle larghe macchie longitudinali bruno-nere. Penne de’ fianchi e dell’ addome ceciate, con una macchia irregolare lungo lo stelo. Remiganti bruno-nere, con una serie di mac- chie ceciate, rotondate sul margine interno. Cuopritrici infe- riori delle ali ceciate, con molte macchie nere, angolate, a goccia. Le timoniere hanno nella cima una larga macchia DI nera: il loro margine estremo è ceciato. Sottocoda ceciato- chiara. UCCELLI DI RAPINA. 175 I maschi giovani per ì colori delle penne del tronco somi- gliano molto ai maschi adulti, e solo se ne distinguono per una leggiera sfumatura rossastra sull’ estremità delle penne cene- rine della testa e del collo: alcune volte queste hanno, di più, lo stelo nero. Essi ne differiscono poi ancora per avere delle grandi macchie nere sulle parti inferiori. Per i colori delle ali somigliano perfettamente alle femmine. Ancora la coda loro somiglia molto a quella di queste ultime; ma le macchie nere trasversali vi sono più strette, ed il color di nocciòla spesso tende al cenerino. d Falco Grillaio, Falco tinnunculoides, Natter. Savi Orn. Tosc., ISP. dt: Sinonimia. — Falco tinnuncularius, Vieill. N. Dict. (1847), XI, p. 93. — Falco tinnunculoides, Natterer in Temm. Man. 2a édit. (1820), I, p. 3/4, e 3a part. (1835). — Falco cenchris, Naum. Vòg. Deutsch. 22 édit. (1822), T, p. 318, pl. 29, fig. A e 2. — Falco gracilis, Less. Ornith. (1831), p. 94. — Tinnunculus cenchris, Bp. Cat. Par- zud. (1806), p. 2. — Cerchneis cenchris, Ch. Bp. B. of Eur. (1838), p. 4. — Falco cenchris, Degl. et Ger. (1867), I, p. 94. Figure. — P. Boux, Ornith. Prov., pl. 44, maschio adulto. — Expédition de la Morée, pl. 2, maschio; pl. 3, femmina. Nomi voLGari sTRANIERI. — Franc. Faucon cresserine, ou Cresse- rellette. Dimensioni. — Maschio, lunghezza totale: Om, 31 ; coda, 0m, 146; tarso, 0m, 032; apertura del becco, 0m, 018. Costumi. È proprio dell’Affrica settentrionale e delle parti più meridionali d’ Europa, ed emigra verso il Nord nella primavera. In Toscana compariscono negli ultimi giorni di , aprile questi graziosi F@lchetti riuniti in piccole truppe, e si stabiliscono sugli alberi del margine de’boschi, o su quelli che sono in mezzo a grandi praterìe; ma questa loro venuta non è costante: prima dell’aprile del 1824 io non conosceva il Falco grillaio, ed in detto anno non ne potei avere che un solo individuo; nel 1826 non se ne vide alcuno, mentre nell’anno 1825 al contrario, verso gli ultimi d’aprile, ne era comparsa una gran quantità, insieme a pochi Falco ve- spertinus. Si trattennero da noi fino al cinque od al sei di mag- gio. Nel tempo del passo, cioè in autunno, io non so che giam- mai ne siano stati trovati in Toscana. In Sardegna, nel Geno- 176 ORDINE PRIMO. vesato, nella Lombardia e nelle parti settentrionali d’Italia è avventizio come in Toscana. In Sicilia invece, specialmente nelle provincie meridionali ed occidentali, vi abbonda nella estate; all'autunno emigra verso il Mezzogiorno, ma parec- chie coppie restano a svernare nell'isola. ! In Provenza, al contrario, non si fan vedere che in quella stagione. ? Essi stanno ordinariamente posati sopra qualche ramoscello nudo d’un albero alto, e quando scorgono uno di quegli insetti che più lor piacciono, piombano sopra di esso, e tornano poi a po- sarsi sull'albero da cui son partiti, o su qualcuno vicino. Spesso, anche quando non son costretti dal timore, abbando- nano l’albero, e volando lentamente s’aggirano per il prato, fermandosi di quando in quando librati sulle ali a spiare gl’in- setti: se ne scorgono qualcuno, si gettano su di esso e lo ghermiscono, altrimenti s’inalzano di nuovo e seguitano a vo- lare. Alcune volte in questi lor voli si elevano ad una grande altezza, descrivendo dei cerchi, ma ben presto con le ali im- mobili si veggono calare e posarsi nuovamente. Sono gl’insetti il loro cibo prediletto: e le Rufole, 1 Grilli, le Cavallette, quelli che sempre prescelgono. Nello stomaco di molti, che ho aperti, non rinvenni mai il minimo avanzo di vertebrati. Propagazione. Al dire dei signori Degland e Gerbé nidifica in Grecia, sui tetti delle case, ed in generale, come il Gheppio, nelle vecchie fabbriche e negli spacchi dei massi. Trattenen- dosi tutta l’estate in Sicilia, è da credersi che ancora in quel- l'isola si propaghi. Le sue uova sono per ogni covata in nu- mero da quattro a sei, più piccole di quelle del Gheppio, rossastre, picchiettate, e moschettate di rosso-mattone. FALCO CUCULO. — FALCO VESPERTINUS. Linn. Ali subeguali alla coda: baffi o nulli o brevi: dorso o cenerino unicolo- re, o con fasce trasverse ondulate nerastre: piedi rosso-gialli : un=- ghie giallastre. Maschio adulto. Becco celestognolo, con la base giallastra e la punta nera. Palpebre e cera di color giallo-rosso vivace. 1 Doderlein, Avifauna, pag. 39. ? Roux, Ornithologie Provencale, ou description avec figures coloriées des Qi= seaux, etc., pag. 62. Marseille, 1825. UCCELLI DI RAPINA. #77 Penne delle gambe, della regione anale e sottocoda di color fulvo-rosso. Tutte le altre penne color cenerino cupo, con lo stelo nero. Coda subeguale alle ali, di color più cupo delle altre penne. Piedi giallo-rossi. Unghie giallastre, con la punta nera. Femmina adulta. Penne della testa e cervice di color rosso- nocciòla, con lo stelo nero. Fronte, gola, lati del collo di color ceciato. Contorno degli occhi e baffi neri. Petto, fianchi, ad- dome, cosce, sottocoda e piccole cuopritrici delle ali di colore Isabella più o meno cupo: sulle penne de’ fianchi qualche mac- chia nera bislunga a goccia. Penne del dorso, scapolari, cuopri- trici delle ali e piccole remiganti, color cenerino piombato cupo, con lo stelo nero e con delle larghe fasce traverse nerastre. Remiganti primarie di color cenerino-piombato cupo, con delle macchie ovate, bianche. Grandi cuopritrici inferiori delle ali di color bianco-isabellino, macchiate di nero. Timoniere cenerino- piombate, con apice color di nocciola, con otto o dieci fasce trasverse nerastre, ondulate: l’ultima è più larga delle altre. US Nora. — Varia spesso il colore della cervice e delle parti infe- riori, ora essendo più cupo, ora più chiaro. Alcune volte ancora le penne del dorso son marginate di color di nocciuola. Altre volte il vertice è cenerino. . Maschio giovane. Somiglia l'adulto, ma ha la gola e i lati del collo macchiati di bianco: spesso quest’ultima parte è mac- chiata anche di color di nocciola. Le penne del petto, dell’ad- dome e de’fianchi han tutte lo stelo nero: la massima parte son color cenerino-piombato; e molte, sparse in qua e in là, color rosso-nocciòla, qualcuna bianca. Il sottocoda e le gambe color nocciòla-baio vivace. Timoniere bianco-lionate e cene- rino-lionate, con undici o dodici fasce trasverse scuro-nere. Nora. — Molti degli individui, che ho esaminati in questo stato, «avevano alcune penne della coda già mutate, e che erano perfetta- mente compagne a quelle de’ maschi adulti. Femmina giovane. Penne del vertice ceciato-lionate, con una striscia nerastra assai larga lungo lo stelo. Penne delle parti superiori cenerine, variate d'isabellino, con delle larghe strisce trasverse nerastre. Contorno dell'occhio nero; questo Ornitologia italiana. — 1. 12 alla A: dl ELE 178 ORDINE PRIMO. colore inferiormente s’estende verso la base del becco in forma di baffi. Gola, gozzo e lati del collo di color bianco leg- germente tinto di ceciato. Le altre parti inferiori son color di isabella chiaro. Le penne del petto, addome e fianchi hanno una macchia nera bislunga sullo stelo, che nella cima si dilata in gocciola. Remiganti scuro-nere. Cuopritrici inferiori delle ali bianco-isabelline, macchiettate di nero. ‘Timoniere scuro- nere, con nove o dieci macchie trasverse di color lionato sopra ciascun margine. Nora. — Nell’ individuo, da cui ho tolta questa descrizione, sei penne medie della coda erano di già mutate, ed avevano tutti i co- lori di quelle delle femmine adulte. Falco Cuculo, Falco vespertinus, Linn. Savi Orn, Tosc., I, p. 50. Sinonimia. — Falco vespertinus, Linn. S. N. (1766), I, p. 129. — Falco rufipes, Beseke, Vòg. Kurlands (1822), p. 13. — Falco rufi- pes, Temm. Man. (1820), I, p. 33, e 32 parte (1835), p. 17. — Ery- thropus vespertinus, Brehm, Isis (1828), p. 1270. — Pannychistes rufipes, Kaup, Nat. Syst. (1829), p. 57. — Falco rubripes, Less. Ornith. (1831), p. 93. — Falco vespertinus, Degl. et Ger. (1867), I, Peis9: FicuRrE. — Buff., Pl. enl. 431, maschio adulto, sotto il nome di Variete singuliére du Hobereau. Nomi voLGari srrRaNIERI. — Franc. Faucon d pieds rouges, ou Kobez. Ingl. The ingrian Falcon. Ted. Der Rolhfuss-Falk. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 301; coda, 0", 1147; tarso, Om, 082; apertura del becco, 0", 014. Costumi. — Non solo sulla sera va in cerca del vitto, come sembrerebbe indicarlo il nome di Falco vespertinus, ma in tutte le ore del giorno. Nel maggio passa ogni anno di To- scana ora un maggiore, ora un minor numero di questi Fal- chi, così che ho potuto più e più volte esaminare il loro modo di vivere. Giungono a branchi, spesso ancora molto numerosi, e si fermano nei luoghi aperti e pianeggianti. Le praterìe, le gronde de’paduli ! coperte di erbe basse, e con 1 S° intende in Toscana, per gronda de’ paduli, quella porzione di terreno asciutto che li circonda, e da cui le acque piovane scolano o sgrondano nel padule me- desimo. UCCELLI DI RAPINA. 179 arboscelli sparsi in'qua e in là, sono i luoghi da loro pre- scelti. Dopo essersi fermati un poco, ordinariamente tutti riuniti sopra una medesima pianta, si disperdono per la pia- nura, e vanno a posarsi sulle cime de’pali, e macchioni, e massi, che si trovano in quelle vicinanze. Là immobili atten- dono, appunto come fanno le Averle, di vedere scaturire dalla terra o camminar fra l’erba qualche insetto, ed immediata- mente, slanciandoglisi addosso, lo ghermiscono con gli artigli e tornano di poi sull’arboscello, da cui sono partiti, a mangiarlo con quiete. Qualche volta prendono il volo, e descrivendo am- pie ruote si inalzano molto nell’aria; ma io non ho veduto giammai che allora abbiano per oggetto l’inseguire qualche uccello o altro animale, giacchè mai gli ho veduti piombar dall'alto. Pare che gl’insetti, e particolarmente gli Ortopteri , siano fra gli animali quelli che più loro convengono, giacchè in un gran numero di Falchi Cuculi che ho aperti, non ho trovato nel loro stomaco altro che zampe di Acridi, Locuste e Fufole; mai nessun osso, nessuna penna. Con tutto ciò gli uccelletti, 1 piccoli mammiferi ed anche i piccoli rettili ad essi piacciono assai, e san bene impadronirsene all’ occasione, giacchè ne ho più volte veduti prendere da uno che tenni in schiavità per molto tempo. Come ho detto, arrivano in Toscana nel maggio, e seguitano a farsi vedere per quindici o venti giorni. Niuno ne vidi giammai nell’ autunno: e da quanto ho potuto rilevare dai vari Autori, anche nelle altre parti. d’Italia compariscono soltanto in primavera. Ve ne sono allora di tutte l’età e sessi, ma i giovani predominano: i ma- schi adulti in livrea perfetta sono rarissimi. Passato quel tempo, spariscono affatto, e fino all'anno seguente nessun altro se ne fa vedere, e giammai ne sono stati uccisi in autunno. Secondo le osservazioni del signor Roux, compariscono in Provenza solo in questa stagione. Nel novembre del 1821 ne fu presa una gran quantità in vicinanza di Marsilia. ! La loro propagazione è poco conosciuta. L'Asia occidentale, 1’ Affrica settentrionale e l Europa orientale sono le regioni ove questo Falco abbonda. Propagazione. Non so che si propaghi in Italia. Scrivono 1 Roux, Ornithologie Provencale, etc., tome I, pag. 56. LISA CLEAR CE NTFIANOTI SI VI GU RATE CRVR VOLL ILE PA VPI Pi TRAE ARRE PRCANTORLO si TEU, n ( VIAL Ri IMA ME di Di, MIURA 180 ORDINE PRIMO. gli Autori che fa il nido sopra i grandi alberi del limite dei boschi, e quando può, dispensasi dal costruirlo, impadronen- dosi dei nidi vecchi ed abbandonati dalle Gazze. Schlegel dice //” 44/4 che in Grecia, ove qualche coppia si riproduce, pone il suo nido i sui tetti delle case. Partorisce da tre a sei uova, assai globose, srigio-ruggine chiare, moschettate e macchiettate di rossastro SCUrOo. Nora. — Per inavvertenza, nella Sinonimia della presente spe- cie è stato omesso nella Ornit. Tosc. il nome di Falco rufipes, Bech- stein, che è quello adottato da Temminck nel Manuale d’ Ornitolo- gia. Per sbaglio pure al titolo di specie è stato messo Linneo in vece di Gmelin. 7% Famiglia. — GLI ASTORI. AccipITRIDEI. Becco più corto della testa, festonato, non intaccato, robusto. Occhi poco incassati. Narici subovali, o subovali-allungate, col diametro maggiore diretto verso l'angolo del becco. Non pestellate. Tarsi lunghi, pennuti per piccolo spazio in alto, nel resto scudettati e reticolati. Diti piuttosto lunghi, medio più corto del tarso, più lungo de' laterali. Unghie lunghe, adunche, acuminate. Ali che raggiungono la metà della coda. Remiganti: la 1% molto più corta della 2°; 3a sub- eguale alla 4°, che è la più lunga. Coda rotondato-troncata. 16° Genere. — ASTUR. Lacépède. Narici basilari, subovali, poco velate dalle setole delle redini. UCCELLI DI RAPINA. 181 Tarso scudettato anteriormente e posteriormente, reticolato lateralmente. Becco non intaccato, decisamente festonato, molto adunco. Cera in gran parte velata dalle penne a setola delle redini, che si continuano rivolte in avanti. Narici ovate bene aperte, vicine al margine della cera: un poco inclinate verso l’angolo del becco. Tarso piuttosto lungo e robusto, scudettato anterior- mente e posteriormente, reticolato lateralmente. Dita scudet- tate verso la cima, reticolate alla base: esterno non versatile, medio subeguale al tarso. Unghie grandi, adunche. Ali che giungono verso la metà della coda, attondate. Coda rotondata. ASTORE. — ASTUR PALUMBARIUS. Bechst. Parti superiori cinereo-turchinicce: addome bianco, striato per traverso di scuro-nerastro (adulto): ovvero parti superiori nero-castagne, ad- dome color d’ Isabella, con macchie nere longitudinali (giovane): tarsi robusti : ali che giungono oltre la metà della coda. Statura del Falco Cappone. Adulti. Becco scuro-celestognolo. Cera verde-giallastra. Iride gialla. Parti superiori di color cenerino-cupo turchiniccio. Fascia sopraccigliare bianca, macchiata di nero. Gola bianchic- cia, con qualche sottile striscia longitudinale nera. Gozzo e altre parti inferiori bianche, coperte di strie trasverse, angolate dalla parte inferiore, scuro-nere. Sottocoda bianco. Ali che giungono oltre la metà della coda. Cuopritrici superiori delle ali colorite come le penne del dorso, le inferiori come quelle dell’ addome; remiganti scure, con fasce trasverse scuro-nere sul margine interno, e delle bianche frammezzo a queste. Coda grande, rotondata, cenerina, con quattro o cinque fasce tra- sverse scuro-nerastre. Tarso robusto, giallastro. Unghie nere. Giovani. Penne del vertice, gote, tempie, collottola , dorso, sopraccoda, scapolari e cuopritrici delle ali, di color nero- castagno, marginate di giallo-fulvo; quelle dell’ occipite hanno un largo margine fulvo. Gola,, gozzo, petto, addome, fianchi e sottocoda d’ un bel colore giallo-fulvo. Le penne della gola, gozzo e petto hanno una bella fascia nera sullo stelo. Quelle dell’ addome, dei fianchi, e le cuopritrici inferiori della coda, (AIR io dt fi Ha Dita RSI AE ZA LUSTRO x Sa ud Re La 4 " WS RE REV CORAL IA PR VEE RA LATO SA (RI MIO SIT ARIALA RA (o ; i " o Re PICO I Mio ae, x \ vi SUVBILI; cal SS La FARI TC PARTE AZOTO 182 ORDINE PRIMO. hanno la macchia sullo stelo dello stesso color nero, ma in forma di una grande gocciola. Le penne delle gambe hanno solo una sottile stria, che poco si dilata in cima. Remiganti di color bruno-nero, con macchie color d° Isabella sul margine esterno. Coda terminata di bianco: il rimanente è colorito di fasce alternanti nero-castagne e cinereo-castagne, che sono separate fra loro, particolarmente sulle penne esterne, da sot- tili strie ondolate di color baio. Nella parte inferiore la coda è cenerina, con fasce bruno-nere. Astore, Falco palumbarius, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 55. Sinonimia. — Falco palumbarius et gentilis, Linn. S. N. (41766), I, p. 126 e 130. — Astur, Briss. Ornith. (1760), I, p. 317. — Falco gallinarius, Gmel. S. N. (1788), I, p. 266. — Astur palumbarius, Bechst. Ornith. Tasch. (1802), Il, p. 268. — Daedalion palumbarius, Savig. Ois. d’Egyp. (1809), p. 94. — Sparvius palumbarius, Vieill. N. Dict. (1817), X, p. 331. —- Falco palumbarius, Temm. Man. (1820), I, p. 55. — Accipiter astur, Pall. Zoogr. (1811-1834), II, p. 367. — Accipiter gallinarum, Brehm, Handb. Nat. Voòg. Deutsch. (1831), p. 83. — Astur palumbarius, Degl. et Ger. (1867), I, p. 96. Figure. — Buff., PI. enl. 418, adulto; 425 e 461, giovani indi- vidui, sotto il nome di Autour sors. Nomi voLgari sTRANIERI. — Franc. L’Autour. na The Go- shawk.'Ted. Der Hiibner Habicht. Dimensioni. — Giovane, lunghezza totale: 0”, Guala penna del becco, 0%, 047; coda, 0, 281. Costumi. — È raro in Toscana, ed io non so che ve ne siano stati uccisi altro che due individui, uno nelle vicinanze di Firenze, l’ altro nelle Maremme pisane presso Monteverdì. Ambedue erano giovani. L’ Astore è un uccello forte, audace ed astuto: assale animali di grossa mole in paragone della sua, - giammai piombando sopra di essi come i Falchi nobili, ma sorprendendoli col volare a fior di terra, o gettandosi loro ad- dosso obliquamente, o guatandoli di fra i rami d’un albero, ec. Abita particolarmente i boschi di monte, ove fa la caccia agli Scoiattoli, ai Leprotti, alle Starne, Piccioni, ec. Adopravasi nel- l’arte del Falconiere, ed anzi egli era uno degli uccelli che dava un profitto maggiore, addestrandosi piuttosto facilmente, e non richiedendo diligenze tanto estese e minuziose come i Falchi nobili. UCCELLI DI RAPINA. 183 Propagazione. Nidifica sugli alberi molto alti. Partorisce due o quattro uova bianco-celestognole, striate e macchiate di bruno. 17° Genere. — ACCIPITER. Brisson. Narici mediocri, ovali, semi—lineari, tutte velate dalle penne setolute delle redini. Tarsi scudettati da tutti i lati. Becco non intaceato, fortemente festonato, adunco. Cera intieramente velata dalle penne, o dalle setole delle redini ri- volte in avanti. Narici ovali, bene aperte verso la metà della ce- ra, col margine maggiore un poco inclinato verso l’angolo del becco. Tarso piuttosto lungo, sottile, scudettato anteriormente, posteriormente e lateralmente. Diti scudettati in tutta la lun- ghezza: esterno non versatile: medio più corto del tarso. Un- ghie mediocri, non molto adunche. Ali che giungono verso la metà della coda, attondate. Coda troncata. SPARVIERE. — ACCIPITER NISUS. Pallas ex Linn. Parti superiori cinereo-turchine : addome biancastro-striato per traverso di fulvo-nocciuola (adulto): parti superiori scuro-bigie, e addome biancastro, striato in traverso di scuro (giovane): tarsi sottili: ali che giungono ai due terzi della coda. Statura d’ una Cecca. //;4 y/ ul Adulti. Becco nero-celestognolo. Cera giallo-verdastra. Iride gialla. Vertice, cervice, dorso, sopraccoda, scapolari e cuopritrici delle ali, color cenerino-piombato cupo. Qualche macchia bianca sulla collottola e sulle scapolari. Parti inferiori bianche. Gote lionato-fulve. Tutte le penne del collo son pure sfumate all’ estremità di lionato, e quelle del petto, dell’ addo- me, dei fianchi e delle gambe ne sono trasversalmente striate. Alcune di quelle dei fianchi ed i calcagni sono dello stesso co- lore, ma più acceso e rasato. Sottocoda candido. Ali che giun- gono ai due terzi della coda. Remiganti e timoniere cenerino- scure, con fasce trasverse più cupe. Coda troncata, terminata di biancastro. Tarsi gialli, lunghi e sottili: dita lunghe: unghie nere. 184 ORDINE PRIMO. Giovani. Penne delle parti superiori scuro-cenerine mar- ginate di lionato. Sopra l’ occhio e sull’ occipite, molte macchie bianche. Penne delle parti inferiori bianche: quelle del gozzo e della gola con macchie sottili e bislunghe scuro-nere: nel petto, le macchie son più grandi e fatte a cuore; sull’ addome, regione anale, fianchi e gambe, son trasverse, quasi semilu- nari, angolate dal lato inferiore, scuro-nerastre nel contorno, nel mezzo lionate. Sottocoda bianco, con qualche macchiuzza scura. Remiganti scuro-cenerine, marginate di giallastro, e con fasce larghe trasverse, poco apparenti. Timoniere cene- rino-rossicce, marginate di fulvo, con cinque larghe fasce tra- sverse quasi nere. Sparviere, Falco nisus, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 57. Sinonimia. — Falco nisus et minutus, Linn. S. N. (1766), I, p.130 e 131. — Accipiler maculatus, Briss. Ornith. (41760), I, p. 344. — Daedalion fringillarius, Savig. Ois. d’Egyp. (1809), p. 94. — Accipiter nisus, Pall. Zoogr. (1841-1831), I, p. 370. — Sparvius nisus, Vieill. N. Dict. (1817), X, p. 319. — Fulco nisus, Temm. Man., Aa parte (1820), p. 56, e 3a parte (1835), p. 28. — Astur nisus, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 34. — Accipiter nisus, Degl. et Ger. (1867), p. 99. Ficure. — Buff., P]. enl. 467, maschio adulto, sotto il nome di Tiercelet hagard d’Epervier; 412, vecchia femmina. — Accipiter nisus Bettoni Eugenio, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 58. tea Nomi voLGaRI stRANIERI. — Franc. Epervier. Ingl. The Sparrow Howk. Ted. Der Finken-Habicht. Dimensioni.— Maschio, lunghezza totale: 0”, 321 ; coda, 0", 135; apertura del becco, 0", 015; tarso, 0", 054. La femmina è più lunga 4 centimetri. Costumi. — Questo Falchetto è di passo. In autunno ne giungono moltissimi, insieme con i branchi degli uccelli grani- vori; molti rimangono da noi per tutta la cattiva stagione, ma il più gran numero seguita il suo viaggio verso il Mezzogiorno. Nel maggio ritornano, si trattengono poco tempo, e nel corso dell’ estate nemmen uno se ne vede, almeno nella pianura pi- sana. Lo Sparviere vola con moltissima destrezza: è forte e petulante, così che non di rado assale Piccioni, Pernici, Star- ne, ec.; ma gli animali, di cui per il solito si pascola, son Lo- UCCELLI DI RAPINA. 185 dole, Passere, Frinquelli, Quaglie, ec.; mangia ancora rettili e insetti, quando non trova altro. Era adoprato per la Fal conerìa. Propagazione. Nidifica sugli alberi: vi partorisce tre o sei uova bianco-sudice, macchiate di nerastro. Io non so che nidi- _ fichi in Toscana. tirati mtv duo im dammlinnidi det (- Caccia. Se ne prendono Di al Micia] ed alle reti aperte. Ordinariamente appena han visto svolazzare il zimbello, gli si gettano addosso furiosamente , senza ayer timore nè delle reti nè del cacciatore. 8: Famiglia. — FALCHI DI PADULE. Circe. Becco più corto della testa, non intaccato, appena festonato. Tarsi lunghi, sottili, scudettati. Diti mediocri: medio più lungo de’ laterali, più corto del tarso. Unghie mediocri, poco arcuate, acute. Ali grandi che giungono all'estremità della coda. Remiganti: 12 più corta della 68; 3° e 4a le più lunghe. Coda graduata, attondata. Cerchio faciale più o meno visibile. Vivono ne’ luoghi bassi ed umidi. Predano e si cibano d’uccelli e loro uova, di Topi, Arvicole, rettili, grossi insetti, ed a volte anco Pesci. Volano lentamente, quasi mai inalzandosi molto: fanno il nido ne’ terreni palustri, poco al di sopra dell’ acqua, fra i macchioni e le cannelle. Le loro uova son bianche, o bianco-celestognole. Tutti van soggetti a grandi cambiamenti di colori, secondo la differenza del sesso e del- l’ età. Più o meno son migratori. Costumi. VIAAD Ta AT 186 ORDINE PRIMO. Sezione I. — FALCHI DI PADULE o CIRCIDI. (Gen. CIRCUS Briss. Bp.) Cerchio faciale poco distinto. Colore dell’abito dei maschi adulti diverso da quello delle femmine adulte. Color dominante scuro-castagno o scuro-lionato. i Testa mediocre, leggermente depressa di sopra. Occhi a fior di testa, mediocri. Un disco limitato da un cerchio di penne un poco rilevate e di forma diversa da quella delle cir- costanti da ogni lato della testa. Becco mediocre, svelto, festonato, non intaccato: mascella superiore adunca in cima. Cera tutta velata dalle penne setolute rivolte in avanti, e di- stese col margine convesso. Narici ovato-allungate semilu- nari, col diametro maggiore quasi parallelo al margine del becco. Tarsi lunghi, sottili, vestiti di penne in piccolissimo spazio dell’ estremità superiore, anteriormente? nel resto scu- dettati anteriormente, reticolati posteriormente. Diti medio- cri, in gran parte scudettati dal lato superiore: alla base ed in tutto il resto della loro superficie reticolati. Dito medio più lungo degli altri, unito all’ esterno da una membrana basilare. Unghie mediocri, mediocremente adunche, ma molto acute. Ali grandi, che oltrepassano l’ estremità della coda. Prima remigante mediocre, seconda e terza subeguali: la seconda è la più lunga. Coda grande, troncata, attondata. FALCO CAPPUCCINO. — CIRCUS AERUGINOSUS, Savig. ex Linn. Cerchio faciale poco distinto. Individui de’ due sessi analoghi nel colore. Color generale scuro-castagno o scuro-lionato. Remigante terza la più lunga. Ali subeguali alla coda. Senza fasce trasverse sulle ali. Maschio e femmina dopo la terza muta. Becco nero. Iride giallo-nerastra. Cera giallo-verdastra. Penne del vertice, del collo e del petto giallo-lionate, con una macchia nel mezzo, scuro-nera, longitudinale, acuminata. Penne dell'addome, dei fianchi e delle gambe, dipinte nel modo stesso, ma di co- UCCELLI DI RAPINA. 187 lor fulvo-cannella. Quelle del dorso, scapolari e piccole cuo- pritrici delle ali colore scuro-cioccolata, molte delle quali hanno il margine macchiato di fulvo; l’angolo dell’ ala è mac- chiato di lionato. Medie e grandi cuopritrici delle ali, remiganti secondarie e timoniere, di colore cenerino. Remiganti prima- rie nere. Parte inferiore dell’ ala bianca, eccettuata l’ estremità delle timoniere primarie, che è nera. Coda appena rotondata, eguale alle ali. Piedi gialli. Unghie nere. — Dopo la seconda muta. Penne del vertice e dell’ occipite gialle, cangianti leggermente in fulvo, con delle macchiette scuro-nere longitudinali, particolarmente sulla fronte. Gola dello stesso colore cenericcio. Tutte le altre parti di color cioc- colata puro. Variano. Con delle larghe macchie gialle sull’addome, o anche con un’intiera e larga fascia gialla attraverso, ed ancora con l’angolo delle ali giallo. Avanti la prima muta. Penne color di cioccolata: le pic- cole e grandi cuopritrici delle ali, le remiganti e le penne . caudali terminate di bianco-giallastro. L’ alto della testa, 1’ oc- cipite e la gola color bruno-giallastro, senza macchie, più o meno chiaro. Altre volte, delle grandi macchie fulve sul petto, sull’ angolo dell’ ale o sul dorso.! Falco di padule, Falco rufus, Linn. Savi Orn. Tosc., 1, p. 60. Sinonimia. Falco aeruginosus, Linn. S. N. (1766), I, p. 130. — Circus palustris et rufus, Briss. Ornith. (1760), I, p. 403 e 404. — Falco rufus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 266. — Falco arundinaceus, Bechst. Natur, Deutsch. (1805), II, p. 684. — Circus aeruginosus et rufus, Savig. Ois. d’Egyp. (1809), I, p. 90 e 94. — Falco rufus, Temm. Man. (1820), I, p. 69, e 3* parte (1835), p. 39. — Circus rufus, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 5. — Circus aeruginosus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 105. Ficure. — Buff., Pl. enl. 423, giovane, sotto il nome di Busard ; 494, mezza età, sotto il nome di Busard des marais ; 460, adulto, sotto il nome di Harpaye. — Circus aeruginosus, Bettoni Eugenio, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1871), vol. I, tav. 31. Nomi voLgari roscani. — Falco di padule, Pisano. Cappuccino, Bientina. 1 Temminck, Man. d’Ornith., pag. 74. 188 ORDINE PRIMO. Nomi voLgari straniERI. — Franc, Le Busard Harpaye, ou de Ma- rais. Ingl. The Harpy Falcon, the more Buzzard. Ted. Die Rohr-Weihe. Dimensioni. — Adulto, lunghezza totale : 0”, 525; coda, 0", 242; tarso, 0", 088; apertura del becco, 0%, 029. Costumi. Si trova in ogni epoca dell’ anno nei nostri paduli; egli vedesi sempre girare ad una mediocre altezza, par- ticolarmente sopra le Giuncaie e sopra i Pollini.! Sovente sta ancora posato sopra i pali o i cespugli. È coraggioso, assale gli uccelli aquatici, e qualche volta anche piccoli Leprotti. Varil altri uccelli rapaci lo fuggono. 1 Le erbe vegetanti sui margini de’ paduli o de’ laghi, come Ranuncoli, Idro- cotili, Ninfee, Menianti, Alisme, ec., stendono sull’ acqua le radici ed i rami, che intralciandosi, avviticchiandosi insieme, ed inviluppando le paglie e stecchi vicini, danno origine a delle piote natanti. Gli Sfagni, ed altre borraccine di fronde folte ed intralciate, uniscono insieme dipoi tutti i rami di quelle diverse piante. La Tifa, le Carici , gli Scirpi, le Cannelle, gl’ Ibischi ed un’ infinità d’ altre erbe lacustri, poco dopo, nascono sopra quel primo strato dai semi che il vento e gli uceelli vi traspor= tarono, insinuando le radici loro nella terra vegetale, prodottavi dalla decomposizione delle foglie e dei rami. Tutte queste piante, che per natura sono di pronto sviluppo , crescono e si moltiplicano in quei luoghi con rapidità molto maggiore, in grazia del- l’ umido che loro non manca, e del calore ad esse somministrato dalle acque. In tal modo queste specie di praterie natanti, formate dalla sola forza di vegetazione, aumen- tano con una prestezza notabile, quando l’acqua del padule sia abbastanza quieta per non disturbare il meccanismo della natura, ed assai limpida per non far sommergere quei corpi galleggianti, aumentandone troppo il peso , col depositarvi arena e terra. Per- ciò è comune l’incontrare di tali praterie così grosse ed estese da poter sostenere corpi molto pesanti, e da servir di base ad arbusti, ed anco ad alberi grandi. Sopra qua- lunque di esse trovansi de’ cespugli di Salci, di Tamarici, di Spincervino, ma non è raro il vedervi dei boschetti d° alti Pioppi, Frassini e Ontani. Gli uomini non solo vi camminano sopra senza tema di sommergersi; ma in varii luoghi vi han costruito delle capanne e casette, ove stanno a far guardia alle mandre di grosso bestiame, le quali colà si pascolano. Non di rado segue che delle grandi estensioni di simili prati fortemente sospinte da violentissimi venti, o troppo commosse dalle acque agitate del lago, si staccano dalla terraferma, e divenute isole natanti errano in qua ed in là a piacere del vento. Son famose quelle delle valli di Comacchio , ove son chiamate Cuore, Nel nostro padule di Bientina se ne trovano delle molto estese, e son queste che di- consi Pollini. Esse non han generalmente la grossezza di quelle di Comacchio, ma sono nonostante assai forti per sostenere gli uomini e gli animali: solo si senton crollar sotto i piedi, s’ abbassano e si cuoprono d’acqua nei luoghi ove più d’ una persona si fermi, ed ascondendo molte aperture, e molti siti coperti da uno strato troppo debole e troppo sottile, non è senza pericolo il praticarvi. Secondo il Tar- gioni, * questi prati hanno in Toscana anche il nome d° Aggallati o Pattumi, e nel Lucchese For:fori. * Targioni, Ragionamento sopra le cause e sopra i rimedii dell’ insalubrità d’ aria della Valdinievole, pag. 66. Fireaze, 1761. UCCELLI DI RAPINA. 189 Propagazione. Fa il nido sulla terra, e lo nasconde fra le cannelle o fra i giunchi. Le uova son rotonde e bianche, in numero di tre o quattro. Caccia. Se ne prendono facilmente tendendo delle tagliole lungo i paduli, in que luoghi ove questi Falchi si sogliono ag- girare, ed adescandoli con un 7opo o un uccelletto. Ne restano presi anche alle reti, quando tendesi alle Starne ed ai Piropiri. Sezione II. — ALBANELLE. (Gen. STRIGICEPS Bp.) Cerchio faciale molto distinto. Colore dell’abito de’ maschi adulti e delle femmine simile. Colore de' maschi adulti cinereo-perlato, de’ giovani e delle femmine scuro-castagno. ALBANELLA REALE. — CIRCUS CYANEUS. Botîe ex Linn. Cerchio faciale molto distinto. Maschi e femmine adulti differenti nel co- lore. Colore dominante ne’ maschi cinereo-perlato: delle femmine e de’ giovani scuro-castagno. Remiganti terza e quarta eguali fra loro, e le più lunghe. Senza fascia nera in traverso sulle ali. Ali che giungono ai tre quarti della coda: nel maschio adulto parti inferiori senza macchie longitudinali. Cuopritrici superiori della coda bianche senza fasce. Maschio adulto. Becco nero. Cera ed iride gialle. Sull’oc- cipite uno spazio macchiato di lionato e di nero. Testa, collo, petto, dorso, scapolari, cuopritrici superiori e timoniere me- die cenerine. Le scapolari son di color più intenso. Addome, fianchi, calzoni, cuopritrici inferiori e sottocoda di color bianco: qualche macchiuzza sull’ addome e sui fianchi. Le remiganti son nere, eccettuatane una piccola porzione al di sopra del- l’impiantatura, che è bianca: remiganti secondarie cenerine all'estremità ed esternamente, bianche nel resto. Timoniere esterne bianche, macchiate di cenerino. Piedi gialli. Unghie nere. Variano i maschi già vestiti della livrea degli adulti. Variano per avere un maggiore o minor numero di fasce sulla coda, di colore ora'più ora meno intenso, e per avere le penne delle parti superiori orlate di giallastro, e la macchia dell’ oc- cipite più o meno visibile; e finalmente per un maggiore o mi- 190 ORDINE PRIMO. nor numero di macchie, più o meno grande sull’ addome, sui fianchi, sui calzoni e sul sottocoda. Femmina. Penne della testa e del collo scuro-nere, con largo margine bianco-ceciato o lionato. Penne del dorso, sca- polari e cuopritrici superiori scuro-chiare, con margine lionato; qualche macchia di questo stesso colore trovasi sulle scapo-. lari e sulle cuopritrici superiori. Parti inferiori lionato-fulve, con macchie longitudinali acuminate, fulvo-scure. Remiganti scure, interiormente bianche, con fasce trasversali nerastre. Sopraccoda bianco, con qualche macchia fulva. Sottocoda del colore dell’altre parti inferiori. Coda lionato-fulva, con quattro o cinque fasce trasverse larghe, scuro-cupe. Le due timoniere medie sono più scure dell’ altre. I Giovani somigliano quasi perfettamente la femmina. Albanella reale, Falco cyaneus, Montagu, Savi Orn. Tosc., I, p. 63. fo) Sinonimia. — Falco cyaneus et pygargus, Linn. S. N. (1866), I, p. 126. — Falco bohemicus, albicans, griseus et montanus, Gmel. S. N. (1788), I, p.'76 e '79. — Circus gallinarius, Savig. Ois. d’Égvp. (1809), p. 91. — Accipiter variabilis, Pall. Zoogr. (1814-1831), T, p. 364. — Falco strigiceps, Nils. Orn. Suec. (1817), I, p. 21. — Falco cyaneus, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 72, e 32 parte (1835), p. 41. — Cércus cyaneus, Boie, Isis (1822), p. 549. — Sfrigiceps pycargas, Bp. B. of. Eur. (1838), p. 5. — Strigiceps cyaneus, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 2. — Circus cyaneus, Deg. et Ger. (1867), I, p. 107. Ficure. — Bauff., P]. enl. 443, femmina, sotto il nome di Sou- buse; 459, maschio adulto, sotto il nome di Oiseau Saint-Martin; 180, giovane. Nomi voLcari sTRANIFERI. — Franc. L’Oiseau Saint-Martin, ou la Soubuse. Ingl. The Hen Harrier. Ted. Die Korn-Weihe. Dimensioni. — Maschio, lunghezza totale: 0”, 496; coda, 0%, 022; apertura del becco, 0", 027; tarso, 0", 066. Femmina, lunghezza totale: 0m, 525. Costumi. — Quest’ Albanella è in Italia la più comune di | tutte le altre: i suoi costumi sono i medesimi di quelli del Falco Cappuccino. Viene da noi ogn’anno in primavera; ed è certo che non poche coppie vi nidificano. Secondo il Bianconi nidifica nel Bolognese. È molto comune in Sicilia, specialmente UCCELLI DI RAPINA. 191 ne’ cantoni di Lentini, Siracusa e Trapani, come ci fa sapere il professor Doderlein. Propagazione. Nidifica sulla terra vicina all'acqua, e par- torisce quattro o cinque uova bianco-celestognole. ' ALBANELLO PICCOLO. — CIRCUS CINERACEUS. Naum. ex Montagu. Cerchio faciale molto distinto: maschi e femmine adulti differenti per il colore: colore de’ maschi adulti cenerino-perlato: de’ giovani e delle femmine scuro-castagno. Remigante terza la più lunga, con fascia nera trasversa sulle ali. Ali eguali alla coda: nel maschio adulto delle macchie allungate scure-sudice sulle penne dell’ addome: cuopritrici sopra la coda, con lunghe fasce cineree trasverse più o meno decise. Maschio adulto. Becco nero. Cera e angoli della bocca gialli. Iride gialla. Tutte le parti superiori color cenerino-celestognolo intenso : una fascia nera trasversale sopra le penne secondarie di ciascuna ala; parte interna della base delle remiganti nera. Gola e petto di color cenerino chiaro. Fianchi, addome e gambe bianche: ma tutte queste parti son macchiate longitu- dinalmente di bel color fulvo. Coda cenerina, ordinariamente con fasce trasverse scuro-ruggine. Piedi gialli. Unghie nere. Femmina. Parti superiori ed ali scuro-rossastre, con l'orlo più chiaro. Una macchia bianca sulla nuca: contorno dell'occhio biancastro: regione dell’ orecchio color scuro-cupo. Sopraccoda bianco. Addome di color giallo rossiccio, più o meno intenso, con macchie bruno-fulve, grandi e longitudi- nali. Cuopritrici superiori delle ali scure, con orlo rossiccio: inferiori giallo-rossicce, con la punta scura. Remiganti prima- rie e secondarie nerastre nell’ estremità: nel resto di color cenerino più o meno intenso, con fasce trasverse nerastre. Scapolari simili nel colore alle cuopritrici superiori. Timo- niere medie cenerine, con fasce trasverse nerastre: le altre cenerine, con fasce bruno-rossicce. Calzoni bruno-rossicci, con fasce brune. Giovani avanti V età d’un anno. Fronte, gola, regione del- l'occhio, ed una macchia più o meno grande sulla nuca, di 1 Temminck, Man. d’Ornith., pag. 75. 199 ORDINE PRIMO. color giallo-ceciato. Penne delle parti superiori di color cioc- colata-scuro, con orlo fulvo: quelle del vertice e le piccole cuo- pritrici delle ali hanno questo margine molto più distinto. Parti inferiori di color fulvo senza macchie. Cuopritrici inferiori delle ali ceciato-fulve. Remiganti, alla base del lato interno, bianche con fasce nere; nel rimanente scuro-nere, con fasce più cupe, poco apparenti, di color ‘cenerino vellutato nella parte supe- riore del margine esterno. Sopraccoda biancastro, sottocoda fulvo; coda dipinta da fasce larghe trasverse, quattro scuro- nere, quattro fulvo-lionate. Le due timoniere medie son molto più cupe delle altre. Varietà melanotica di questa specie, posseduta dal Museo orni- tologico di Pisa Becco nero. Tutte le penne delle parti superiori del corpo, e cuo ritrici superiori ed inferiori delle ali, di color ce- nerino cupo, il quale in molti punti DL: al nero: parti inferiori cenerino-lavagna intenso ed unito. Remiganti nero-scuricce, con stelo nero. Timoniere cenerine, senza alcun indizio di fasce: supe- riormente più fosche) e tendenti allo scuri&cio, che inferiormente, con lo stelo biancastro-scuro. Zampe gialle. Urighie nere. Dimensioni, — Lunghezza totale: 0®, 476; coda, 0m, 215; aper- tura del becco, 0®, 029; tarso, 0M, 061. Deve questo Museo Na varietà adesso Uci alla gentilezza del signor prof. Magri-Griffi, che l’ uccise nelle praterie prossime a Sarzana. u Ho reputato non inutile di far conoscere la descritta varietà, non perché sia raro di trovarla in questa specie di Falchi; ma per- chè, appunto essendo cosà, frequente l’incont\arla in alcune parti- colari località (come, per sonia in Francia Nel dipartimento di Saona e Loira), fu da alcuni \Ornitologi creduto che essa costituisse una specie distiàta, quella cioè che il sig. De La Fresnaye denominò Circus caper. Per\altro questa maniera di vedere in generale ab- bandonata, in conseguenza delle\ interessanti osservazioni fatte dal sig. dottor Montessus sopra molti Ya/chi di questa pl che erano attaccati da melanismo)e che esso &bbe occasione di studiare anche viventi. Albanella piccola, Falco cineraceus, Montagu, Savi Orn. Tosc., I, p. 65. Sivonimia. — Falco cineraceus, Montagu, Trans. of the Linn. Soc., IX, p. 188. — Circus Montagui, Vieill. N. Dict., XXXI, p. 441.— Falco cineraceus, Temm.,1* parte (1820), p.76, e 3° parte (1835), p.42. VI IU UCCELLI DI RAPINA. 193 — Circus cineraceus, Naum. Vog. Deutsch. (1822), I, p. 402. — Strigiceps cineraceus, Bp. B. of Eur. (1838), p. 5. — Circus cinera - ceus, Degl. et Ger. (1867), I, p.109. Fieure. — P. Roux, Ornith. prov., pl. 18, maschio; 19, fem- mina. — Gauld, Birds of Eur., pl. 34. Nomi voLgari 1iraLiani. — Toscana, Albanella minore. Bolo- gnese, Falchett d’padul. Sicilia, Albaneddu iancu. Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. Busard Montagu. Tagl. The ash-colored Bugrar4Ted. Der Wiesen- Weihes. Dimensioni. —- Lunghezza totale: 0m, 46; coda, 0", 134; aper- tura del becco, 0®, 03; tarso, 0”, 06. Costumi. — È più rara della specie precedente. Io non so esserne stati uccisi in Toscana che due individui; uno presso Pisa nel settembre, e l’altro che fu acquistato sul mercato di Firenze dal fu professor Carlo Passerini. È comune in Dal- mazia, in Ungheria, in Crimea. Arriva nell’ Europa temperata verso il maggio, ne riparte nel settembre. Propagazione. Fabbrica il nido fra le alte erbe dei terreni palustri, o nei grandi scopeti: lo compone di steccoli, e vi de- pone quattro o cinque uova bianco-grigiastre, qualche volta bianche senza macchie. ALBANELLA SICILIANA. — CIRCUS SWAINSONII. Smith. Cerchio faciale molto distinto: maschio e femmina adulti differenti per il colore. Colore de’ maschi adulti cenerino-perlato : de’giovani e delle femmine scuro-castagno. Remigante terza la più lunga, senza fa- scia trasversa sulle ali. Ali eguali alla coda: sopraccoda con larghe fasce cenerine trasversali. Maschio adulto. Becco scuro di corno. Iride giallo-verdastra. Parti superiori di color cenerino-celestognolo; i lati della testa e del collo bianco-cenerini; vertice cenerino, con macchie cene- rino-scure; sull’ occipite delle macchie biancastre. Gola e petto di color bianco tendente al cenerino-perlato; parti superiori ce- nerino-fosche: cuopritrici superiori della coda bianche, con lar- ghe fasce trasverse-ondulate cenerine. Addome, fianchi e calzoni candidi; penne del sottocoda esse pure candide, ma con qual- Ornitologia italiana. — |. 19 194. ORDINE PRIMO. che macchia cenerina chiara verso la cima. Cuopritrici delle ali e remiganti secondarie di color cenerino intenso. Remiganti pri- marie nero-scure: la prima cinerea, la seconda cinerea solo sul margine esterno: ambedue con lo stelo bianco; quello delle altre è nero. Timoniere: le esterne bianche, con sei o sette lar- ghe fasce trasverse ondulate, cenerino-cupe: l’ esterna di cia- scun lato ha il margine esterno bianco: le due timoniere medie son cineree, senza fasce trasverse. Lo stelo di tutte è bianco. Piedi gialli. Unghie nere. Maschio forse con V abito non perfettamente d’adulto. Becco nero di corno: parti superiori di color cenerino tinto di scu- riccio; penne del vertice e de’ lati della testa fino alla zona esterna de’ cerchi faciali e nuca cenerine, ma più o meno tinte e macchiate di scuro-ruggine: sull’occipite delle macchie bian- che. Penne della zona esterna, de’ cerchi faciali, lato del collo e del petto cenerino-perlate; della gola, gozzo e petto bianco- cenerine; dell’ addome, regione anale, sottocoda, fianchi e cal- zoni candide: quelle della gola, gozzo, petto ed alto dell’ ad- dome, con stretta stria scuriccio-giallastra sullo stelo: su quelle de’ calzoni e del sottocoda poche macchie dello stesso colore. Timoniere colorite come nell’adulto, ma con fasce più intense e tendenti allo scuro. Piedi giallastri. Unghie nere. Femmina. Ha le penne dipinte nello stesso modo di quelle del Circus cyaneus, ma tutti i colori son più pallidi; la coda ha sel larghe fasce scure, mentre quella del Circus cyaneus non ne ha che quattro. Sinonimia. — Circus Swainsonti, Smith, South Afric. Quarter. (1830), p. 384. — Circus albescens, Less. Ornith. (1831), p. 85. — Circus pallidus, Sykes, Proceed. of the Zool. Soc. (1832), p. 30. — Strigiceps pallidus, Bp. B. of Eur. (1838), p. 5. — Falco dalmati- nus, Ripp. Mus. Senck. (1836-1837), II, p. 177. — Falco pallidus, Temm. Man. (1836), 4° parte, p. 595. — Busard méridional, Crespon, Ornith. du Gard (1840), p. 47. — Circus cineraceus pallidus, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 6.— Strigiceps Swainsonii, Bp. Rev. crit. (1850), p.- 133. — Circus Swainsonti, Degl. et Ger. (1867), I, p. 141. Ficure. — Smith, Ilust. Zool. S. Afr. Birds, pl. 43 e 44. — Gould, B. of Eur., pl. 34. Nomi voLcari ITALIANI. — Sicilia, A/baneddu raru. Nomi voLGaRI STRANIERI. — Franc. Busard de Swainson. UCCELLI DI RAPINA. 195 Dimensioni. — Lungh. totale : 0, 46; coda, 0M, 20; apertura del becco, 0m, 04; tarso, 0M, 07; dito medio, senza l’ unghia, 0”, 03. Costumi. — Dicesi abbondante in Spagna; non è raro in Provenza. Abita più nell’ Affrica, nell’ Asia e nell’ Europa orien- tale. Secondo le notizie che ne dà il cav. Doderlein, è piutto- sto comune in Sicilia. Vi arriva nel maggio, spesso insieme con le Quaglie. È raro nell'Italia centrale. In Toscana io non ne ho veduto che un individuo maschio. Propagazione. Dicesi che frequentemente nidifichi in Unghe- ria, Valacchia e Russia meridionale. Probabilmente anche in Sicilia ed in Spagna. Nidifica nelle stesse località de’ suoi con- generi, e le sue uova sono simili a quelle del Circus cyaneus. SECONDA DIVISIONE. RAPACI NOTTURNI. Testa grossa. Occhi anteriori. Collo corto. Penne piuttosto flosce, vellutate. TRIBÙ UNICA. LE STRIGI. — STRIGES. Testa grande, con un cerchio di penne più lunghe e riunite, circondanti gli occhi. Occhi grandi, guardanti in avanti. Becco poco più corto o subeguale alla testa, com- presso, rivolto un poco in basso. Mascella superiore adunca, con i margini intieri. Mascella inferiore più corta dell'altra, con l' estre- 196 ORDINE PRIMO. mità fatta a doccia, ed i margini ora intieri, ora. intaccati verso la cima. Cera colorita, che cuopre la base della mascella su- periore. Lingua carnoso-scariosa, linguiforme, smarginata in cima. Narici laterali, aperte nel margine anteriore della cera, rotonde, ovate, rivolte in avanti, nascoste da' peli e dalle penne della fronte. Tarso robusto, coperto di penne. Dita quattro, ordinariamente corte, perfettamente separate, il medio più corto del tarso; l'esterno versatile: ora vestite di penne, ora nude e retico- late: eccettuate le Nyctale, in tutte le altre Strigi vi ha uno o due scudetti avanti l'unghia. Unghie grandi, adunche, bene appuntate, inferior- mente solcate. Coda corta, di dodici timoniere. Ali grandi : 1° remigante più corta della 2°; 2° sub- eguale alla 3*, che è la più lunga di tutte. Penne flosce. O Costumi. — Questi uccelli carnivori non esercitano le loro rapine che nel tempo in cui pochissima luce è sulla terra. Ai crepuscoli, al lume di luna o anche al semplice splendore delle stelle ci vedono chiaramente, in grazia delle loro pupille dilatabilissime: ma non distinguono niente, e sono incapaci di regolarsi, quando manchi la luna e il cielo sia coperto da nuvole dense. La massima parte non si fan vedere nel giorno, giacchè troppo gli abbaglia la viva luce solare; ma qualcuno ve ne è che, stimolato dalla fame, anche allora esce alla cac- cia. Volando, non s'inalzano molto da terra; agitano continua- mente e con forza le ali nel salire o andando orizzontalmente, ma le tengono immobili nel discendere. Essendo destinati a procurarsi il vitto con assaltare gli animali che stanno in ri- UCCELLI DI RAPINA. 197 poso nella quiete e nel silenzio notturno, la natura li munì di penne in modo costruite da non produrre nel volare nes- sun romore capace d’ avvisare le loro vittime del pericolo che lor sovrasta. Appunto come i Filibustieri ed altri ladri di mare, volendo sorprendere i loro nemici, mentre la notte o una densa caligine li nasconde, fasciano con panni i remi dei loro bat- telli per non essere traditi dal romore dell’acqua percossa; così la natura rivestì tutte le penne remiganti delle Strigi di una sottil peluria, di un delicato velluto, che smussa l’ urto dell’aria ed impedisce qualunque romore. Questi uccelli si cibano d’animali da loro stessi uccisi. Gridano solo di notte, ed han tutti una voce strana, spiacevole, rauca, aspra e mo- notona. Nidificano fra i massi, nelle buche degli alberi e de’ vecchi muri. Le uova sono ordinariamente tutte bianche. Alcune specie sono stazionarie, altre emigrano periodicamente. Nora. — La divisione in Famiglie da me adottata per i Rapaci notturni è quella di G. R. Gray per il nome ed il numero; ma ne differisce alquanto per la distribuzione de’ Generi, e ciò in conse- guenza dell’aver io voluto valermi per stabilire dette divisioni di certi particolari caratteri consistenti, o in differenti strutture d’ or- gani, o in importanti loro modificazioni, i quali caratteri certamente non furon quelli presi di mira dal Gray nella di lui classazione. 4° Famiglia. — SURNIDEI. Conca auricolare nulla. Dischi mediocremente sviluppati, convessi. Tarsi pennuti. Diti ora pennuti, ora nudi. Ciufti mancanti nei più, esistenti in alcuni. Iride gialla. 1° Genere. — NOCTUA. Briss. Becco adunco fin dalla base. Tarsi vestiti di penne corte, appuntate. 198 ORDINE PRIMO. Diti vestiti solo superiormente di penne rade, se- tolute. Senza ciuffi o con ciuffi. Pileo attondato. Becco adunco fin dalla base. Mascella superiore con mar- sine diritto, non intaccato. Mascella inferiore leggermente in- taccata in cima. Cera a margine convesso, un: poco rilevata lateralmente. Narici marginali alla cera, ovali. Cera e narici nascoste intieramente dalle penne allungate e setolose delle parti interne de’ cerchi. Dischi poco sviluppati. Conca auricolare nulla. Apertura dell'orecchio a fior di testa, un poco più grande che nei diurni. Ali mediocri, attondate : prima remigante meno lunga, più d’ un terzo o della metà, della quarta, che è la più lunga di tutte. Coda. mediocre, troncata. Tarso vestito di penne corte, setolose. Diti egualmente vestiti di penne di egual natura, ma più rade, più corte, e solo superiormente. Unghie mediocremente acute. Nora. — Le due specie che io riunisco in questo Genere, in ciò seguendo l’ esempio di varii altri Ornitologi, trovansi nelle più recenti classazioni divise in due generi distinti: cioè l’ ordinaria Civetta, posta nel genere Athene Boie, e la Civetta nana (Strix aca- dica di Linneo) nel genere Glaucidium egualmente di Boie: io pe- raltro non ho seguito tale esempio, non trovando che le dette specie presentino sufficienti caratteri per autorizzare a distinguerle generi- camente. CIVETTA. — NOCTUA MINOR. Briss. Penne della schiena cenerino-giallicce, con delle piccole macchie rotonde sulle ali e sulle scapolari: una larga macchia semilunare sulla cer- vice. Diti quasi nudi presso le unghie. Statura d’una Ghiandaia. ld = xe _ {i Î aki I, f / he Adulti. Becco giallo-verdastro. Cera olivastra. Iride gialla. Cerchio poco distinto, di color lionato, macchiato di cenerino- rossiccio. Faccia biancastra. V’ è un secondo cerchio di mac- chie cenerino-giallicce attorno agli occhi. Tutte le parti su- periori di color cenerino tendente al lionato, con una gran UCCELLI DI RAPINA. 199 macchia bianco-gialliccia sulla collottola ; molte piccole macchie bianco-lionate sulla testa, o molte macchie bianche, grandi, ro- tonde sulle scapolari e sulle cuopritrici delle ali. Gozzo bianco; petto, addome e fianchi di color bianco, o bianco-lionato, macchiato irregolarmente di cenerino-cupo. Regione anale e sottocoda bianco-ceciate. Remiganti scuro-cenerine, con mac- chie rotonde bianco-giallastre sui margini. Coda cenerino-ros- siccia, con quattro fasce trasverse, interrotte. Tarsi coperti di penne biancastre. Dita coperte alla base da poca calugine bianca, e da pennuzze setolose; ultima falange nuda. Un- ghie nere. I giovani avanti la prima muta hanno i colori tendenti più al cenerino, e punto misti col giallastro. Proporzioni delle remiganti. Prima più corta un terzo della seconda. Seconda più corta della terza. Terza e quarta sub- eguali, e le più lunghe. Nora. — Quando io pubblicai il 1° tomo dell’ Ornitologia To- scana, regnava una confusione indicibile nella sinonimia di quest’uc- cello, giacchè i veri caratteri della specie Linneana non trovandosi registrati in alcuno scritto, tutti gli Autori chiamavano Strix passerina la specie più piccola del loro paese. Ma nel 1830 il principe di Mu- signano, nelle osservazioni sulla 2* edizione del Regno animale del Cuvier,*! con quella scrupolosa esattezza che caratterizza i suoi scritti, chiaramente sviluppò questo nodo, dando della nostra Civetta un’ esatta sinonimia. ; Dalle sue osservazioni adunque resultò che la Stria passerina di Linneo è quella che il Temminck chiama Acadica, mentre dai Tedeschi, Francesi ed Italiani (e dallo stesso Temminck) quel nome Linneano è stato applicato alla nostra Civetta comune: da alcuni fra gl’Inglesi alla Strix Tengmalmi, e dal Wilson alla Striîx acadica di Latham. Il Retzius fu il primo che distinguesse la Civefta nostrale, applicandole il nome di Strix noctua ; per ciò, secondo il principio fissato d’adottar sempre quei nomi che sugli altri godon priorità, seguendo l’esempio del Lichtenstein e del principe di Musignano, Noctua è il nome specifico che deve avere la nostra Civetta: ma siecome il Brisson prescelse tal nome per il genere, allora secondo che fece lo stesso Brisson, alla Civetta nostra demmo il nome di Noctua minor. 1 Inserite nei fascicoli X e XI degli Annali di Storia Naturale che pubblicansi a Bologna. 200 ORDINE PRIMO. Civetta, Stria passerina, Linn. Savi Orn. Tosc., I, p. 76. Sinonimia. — Noctua minor, Briss. Ornith. (1760), I, p.115. — Strix noctua, Retzius, Faun. Suec. (1800), p. 315. — Stria passe- rina, Bechst. Nat. Deutsch. (1805), II, p. 963. — Noctua Glauz, Savig. Ois. d’Égyp. (1809), p.105. — Strix nudipes, Nilss. Orn. Suec. (1817), I, p. 68. — Strix passerina, Temm. Man., 1* parte (1820), p.92, e 3* parte (1835), p. 49. — Athene passerina, Boie, Isis (1822), p. 549. — Athene noctua, Boie, Isis (1826), p.315. — 4 thene Psilodactyla, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 110. — Noctua passerina, Je- nyns. Man. Br. vert. An. (1835), p. 94. — Surnia noclua, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 32. — Noctua veterum, Licht. in Schleg. Mus. des Pays-Bas (1862), Striges, p. 28. — Noctua minor, Degl. et Ger. (1867), I, p.122. Ficure. — Buff., PI. enl. 430. — Athene noctua, Bettoni Euge- nio, Uccelli che nidificano in Lombardia (1867-1871), vol. I, tav. 20. Nomi voLgari toscani. — Lucchese, Cuccumeggia. Nomi voLgari straniERI.— Franc. La Chevéche, ou Petite Chouette. Ingl. The Little Qwl. Ted. Der Stein-Koutz. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 233; coda, 0m, 07; tarso, om, 023; apertura del becco, 0, 018. Costumi. — È l’uccello rapace notturno più comune in Toscana. Non vi è quasi abitazione di contadino, sul tetto della quale non stia la Civetta; non vi è fabbrica vecchia, nelle cui mura siano buche o spacchi, ove non vivano più coppie di questi uccelli: ed inoltre una quantità non piccola vive nelle cavità degli alberi e nei massi non molto lontani dall'abitato. Sono uccelli che meno degli altri congeneri temono la luce del sole, così che non di rado vedonsi anche nel giorno slanciarsi dall'albero, o dalla buca d’un muro dove stavan nascosti, addosso ai piccoli animali che passano a loro vicini. Ma l’epoca per essi la più adattata alla caccia è, come per l’altre Strigî, il nascere e il tramontare del sole: i grossi insetti, i rettili, i Topi, i Pipistrelli, le Passere, le Ballerine, ec., fanno il loro or- dinario e prediletto cibo. Appena hanno scoperto alcuno di questi animali, se ne sono ad una giusta distanza, gli piom- - bano addosso quasi ad ale chiuse, lo afferrano con una zampa, e tornano poi al luogo da cui son partiti. Là, con la loro vit- tima sospesa agli artigli, rimangono in quiete per qualche tempo, avanti di ucciderla con due o tre colpi di becco. Se è UCCELLI DI RAPINA. 201 un uccello, prima di mangiarlo lo pelano, e se è un quadru- ‘-pede lo spellano con la massima destrezza, e lascian la pelle, che sempre trovasi rovesciata, cioè col pelo al di dentro. Come le altre Strigi, ha la Civetta il costume di gridare nella notte, e particolarmente nel tempo degli amori. Allora anche in mezzo alle città più popolate, ove sempre ne abita un gran numero, sentonsi i loro gridi aspri, monotoni, creduti d’un au- gurio sinistro dalle deboli menti delle vecchiarelle, ed anche riguardati come indizio certo di morte, quando si odano vi- cino alla finestra d’un malato. Del resto, hanno le Civette un canto che è loro particolare, e che assai bene si può scrivere colle seguenti sillabe: cu cu ti0, cu cu tio, tio, tio, ripetuto più volte di seguito. Ma sempre non è lo stesso; altre volte è una specie di sordo guaiolìo, altre un gemito flebile e prolungato, al sommo spiacevole e tetro, dimodochè sono in qualche modo compatibili quelle persone ignoranti e superstiziose, che sen- tendo voci sì strane, nell’ore in cui il silenzio e l’oscurità della notte danno forza ai terrori dell’immaginazione, attribuiscono poteri soprannaturali agli autori di tali orride voci. Nonostante tutte le cattive prevenzioni che vi sono per le Civette, moltis- sime se ne allevano e si tengon domestiche in Toscana. In grazia delle loro gesticolazioni mimiche, delle continue rive- renze che fanno con la testa e col corpo, sono adattate più di ogni altra Strige a risvegliare la curiosità, e a richiamare at-” torno di loro gli uccelli diurni: di più, essendo così comuni ed educabili così facilmente, son preferite a tutte le altre loro congeneri, per adoprarle nelle cacce come zimbello. Nel luglio, nell’ agosto e nel settembre, girando pei borghi e per le piccole città di Toscana, accanto a quasi tutte le botteghe, se ne vede un numero grandissimo montate sopra le loro grucce o so- stegni foderati di rosso, che attente e con paura osservano ogni moto del padrone e maestro, e fan continuamente inchini a quei che vedon passare. Come in seguito dirò, esse son lo strumento principale d’un gran numero di cacce, per esempio, quella de’ Codibianchi , de’ Pettirossi, Strisciaiole, Lodole, ec.; cacce tutte facili, che richiedono poca spesa, assai profittevoli, e che per conseguenza son, nei giorni di festa, il sollievo e la delizia d’ un gran numero di manifattori. L’ educazione che debbono aver le Civette per queste cacce, è d’ imparare a scen- 209 ORDINE PRIMO. dere dalla gruccia sulla terra, e dipoi ritornar sulla gruccia: alcune ve ne sono che da se stesse eseguiscono questi movi- menti, ma il numero maggiore ha bisogno d’esservi incitato dall’uccellatore mediante il filone. Propagazione. Nidifica sui tetti, e per il solito ai piedi dei camini, nelle buche de’ muri, o nei tronchi degli alberi. Le sue uova sono in numero di due, quattro o cinque per covata, rotondate, bianche, e più piccole di quelle di Piccione. Caccia. Quelle per addestrarsi a volar sulla gruccia, od a fare i ritornelli, come dicesi dai Cacciatori, ordinariamente si prendono quando son nidiacee. Nella nostra pianura si pre- scelgono le nate sopra i tetti: quelle nate nei tronchi degli al- beri meno s’apprezzano, credendosi comunemente esser più deboli, ed aver penne più fragili e vetrine. In alcuni luoghi della Toscana si fa la caccia anche alle vecchie, o per ado- prarle come zimbello, o per mangiarle, giacchè, quando son grasse, sono assai delicate e saporite. Per far questa caccia, va l’uccellatore sul venir della sera in una valletta, spogliata d’ alberi, arbusti, o qualunque altro posatoio, ma circondata da boschi, o non lontana dall'abitato, e nel suo mezzo pone sei o sette bastoncelli guarniti di paniuzzi. Egli poi sdraiatosi in terra e nascosto con frasche, o sotto qualche cespuglio, imita 1 varii gridi delle Civette. Tutte quelle delle vicinanze al- lora accorrono nella valletta, e, svolazzando da un luogo all’ al- tro, incappano quasi sempre nel vischio. CIVETTA NANA. — NOCTUA PASSERINA. Schl. ex Linn. Penne di tutte le parti superiori cenerino-giallicce, tutte asperse di pic- cole macchie bianche. Diti coperti di rade penne fino alle unghie. Statura d'un piccol Tordo. Becco giallo. Iride giallo-vivace; palpebre giallo-chiare. Tutte le parti superiori di color cenerino-gialliccio, con punti e piccole macchie tonde di color bianco; parti inferiori bian- che, con macchie allungate cinereo-giallicce : fianchi cinereo- scuri, con macchie bianche. Cuopritrici inferiori delle ali bian- UCCELLI DI RAPINA. 203 che. Remiganti del solito cinereo-scuriccio, con macchie bianche sulla lamina ésterna, e con larghe fasce pallide trasverse sull’in- terna. Coda del color delle remiganti, con quattro ristrette fasce trasverse bianche. Unghie nere in cima, color di corno alla base. Proporzioni delle remiganti. Prima cortissima, lunga la metà della quarta. Seconda più corta della terza. Terza e quarta subeguali, e le più lunghe. Sinonimia. — Strix passerina, Linn. Faun. Suec. (1761), p. 26. — Strix pusilla, Daud. Ornith. (1800), II, p. 205. — Strix pygmaea, Bechst. Nat. Deutsch. (1805), II, p. 978. — Strix acadica, Temm. Man. (1820), I, p. 96. — Glaucidium passerinum, Boie, Isis (1826), p. 976. — Surnia passerina, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 32. — Noctua passerina, Schleg. Mus. des Pays-Bas (1862), Striges, p. 41. — Surnia passerina, Degl. et Ger. (1867), I, p. 120. Figure. — Le Vaill. Ois. d’Afric., pl. 46. Nomi voLGarI stRANIERI. — Franc. Surnie Chevechetie. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 175; apertura del becco, 09, 04; coda, 0%, 052; ala, 0%, 096; tarso, 0%, 017; dito medio, 0, 015. Costumi. — Propria al Nord, ma trovasi ancora ed anche piuttosto frequentemente, secondo quanto ne scrive il signor Boilly, nelle montagne del Vallese ed in quelle della Savoia: è adunque probabilissimo che arrivi ancora nelle contigue montagne italiane. Di più, secondo il professor Doderlein, due individui stati uccisi ne’ contorni di Palermo esistono tuttora nel Gabinetto dell’ Ufiiversità di Catania.! Nutresi, come la Civetta comune, di piccoli mammiferi e di insetti. Propagazione. Nidifica, secondo il Temminck, sulle alte ‘ montagne, e partorisce due uova bianche. 2° Genere. — SCOPS. Savigny Becco adunco fin dalla base. Con ciuffi grandi. Senza conca auricolare. 1 Doderlein, Awifauna, pag. 48. 904. ORDINE PRIMO. Tarsi vestiti di pennuzze attondate. Diti nudi. Pileo un poco spianato. Iride gialla. Becco adunco fin dalla base. Mascella superiore con margine appena festonato: infe- riore appena intaccata all’ apice. Cera leggermente convessa. Narici marginali, rotondo-ovate, nascoste, com’ anche la cera e quasi tutto il becco, dalle lunghe penne setolose delle por- zioni interne de’ cerchi. Dischi assai ampli, convessi. Conca auricolare nulla. Apertura dell’ orecchio a fior di testa, assai piccola. Ali mediocri. Prima remigante poco più corta della seconda; seconda e terza, che è la più lunga, quasi eguali. Coda mediocre, attondata, troncata. Tarso vestito di piccole penne attondate. Diti nudi, reticolati. Unghie piuttosto pic- cole, mediocremente adunche. Nora. — Il più importante carattere della famiglia de’ Surni- dei, come fece osservare l’abilissimo e sagace ornitologo C. L. Bo- naparte, si è la mancanza della conca auricolare, la quale più o meno sviluppata si trova nelle specie degli altri analoghi gruppi. Ma il maggior numero degli Autori che dividono in famiglie gli Uc- celli rapaci notturni, imitando il Cuvier col prendere per carattere primario l’esistenza o la mancanza de’ciuffi, han dovuto non curare il detto carattere presentato dall’indicata modificazione dell’appa- rato uditivo: per lo che dovettero escludere dal gruppo de’ Sur- nidei l’ Assiolo (Ephialtes Scops), il quale, essendo munito di lunghi ciuffi, fu da essi Autori riunito ai Bubonidei. Ma siccome la man- canza 0 la presenza de’ ciuffi, non significando che un minore 0 mag- giore sviluppo di alcune delle produzioni cornee epidermoidee quali sono le penne, costituisce un carattere d’importanza infinitamente minore di quello offerto dalla mancanza o presenza della conca udi- tiva, cioé d’una importante porzione del sensorio dell'udito, perciò, seguendo le norme date dal Bonaparte, io ho tolto l’ Assiolo dalla famiglia de’ Bubonidei, e lo pongo in questa dei Surnidei. UCCELLI DI RAPINA. 205 ASSIOLO. — SCOPS ALDROVANDI. Wieill. Ciuffi mediocri: addome bianco e fulviccio, con strie nere longitudinali ed altre sottilissime trasverse: tutto finissimamente punteggiato di cenerino; dita nude. Becco cenerino-bruno. Iride gialla. Tutte le penne del corpo hanno una stria nera lungo lo stelo, di grossezza disu- guale, che spesso manda alcune sottili diramazioni, le quali vanno verso il margine, risalendo anche verso la base: tutto il rimanente della penna è dipinto regolarmente da piccoli punti, e da sottili strie trasverse ondulate, scuro-cenerine. Il colore delle penne varia nelle varie regioni: quelle che circon- dano l’ occhio, quelle dei lati del collo, del petto e dei fianchi son bianco-cenerine, con alcune sfumature bianche. Le penne della parte media della fronte e del vertice, dell’ occipite, della cervice, del dorso, le cuopritrici delle ali, le scapolari e le penne del sopraccoda son di color lionato-bruno, con al- cune macchiuzze bianco-cenerine. Le scapolari esterne hanno una larga macchia nera nella cima, ed il loro lato esterno è lionato, senza alcuna macchia. L’ addome è biancastro, mac- chiato da strie nere, come quelle dell’ altre parti. Una larga macchia bianca ovata è alla estremità delle cuopritrici tanto grandi che mezzane. Le remiganti son bruno-nere macchiet- tate di lionato, particolarmente dal lato esterno ed all’ estre- imità: di più hanno esternamente una serie di larghe macchie ceciate. Le cuopritrici inferiori son grigio-ceciate, senza alcuna macchia. Timoniere colorite presso a poco come le altre penne. Piedi delicati. Tarso coperto di piccole penne ceciate, con una stria bruna sul mezzo. Diti nudi, cenerini, coperti da piccole squame. Unghie nere. Assiolo, Sfrix scops, Linn. Savi Orn. Tosc,, I, p. 73. Sinonimia. — Strix scops, Linn. S. N. (1766), I, p. 132. — Scops Aldrovandi, Wilug. Ornith. (1676), p. 65. — Scops, Briss. Ornith. (1760), I, p. 495. — Strix Gui, Scop. Ann. Hist. Nat. (1768), p. 10. — Strix zorca et carniolica, Gmel. S. N. (1788), I, p. 290. — Scops ephialtes, Savig. Ois. d’Egyp. (1809), p. 107. — Bubo scops, Boie, Isis (1822), p. 549. — Strix scops, Temm. Man., 1* parte (1820), p.103,e 3° parte (1835), p. 54. — Scops carniolica, Brehm, Handb. Nat. 206 ORDINE PRIMO. ‘Vog. Deutsch. (1831), p. 126. — Scops europaeus, Less. Ornith. (18341), p. 106. — Scops zorca, Swains, Classif. of B. (1837), II, p. 217. — Ephialtes scops, Keys et Blas, Wirbelth. (1840), pag. 33. — Otus scops, Schleg. Rev. crit.(1844), p. 18. — Scops Aldrovandi, Degl. et Ger. (1867), I, p. 142. Ficure. — Buff., PI. enl. 436, sotto il nome di Petit-Duc. — Scops zorca, Bettoni Eugenio, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. I, n. 47. Nomi voLcari toscani. — Vecchiano, Tassolo. Fiorentino, Chi. Senese, Usciolo fiorentino. Pisano, Assiolo. NowmI vocLcagi stRranIERI. — Franc. Le Scops, ou Petit-Duc. Ing]. The Suops-cared Owl. Ted. Die Zwerg-Ohreule. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 222; apertura del becco, 0m, 0415; coda, 0, 058; tarso, 0m, 029. Costumi. È l’ Assiolo 1 unica Strige che emigri da uno ad un altro continente, benchè il Bettoni lo dia per stazionario. Forse sarà per la Lombardia, ma certamente non lo è per la Toscana e per altre parti d’Italia, ove invece è uno dei più costanti emigratori. Egli passa l’inverno nell’Affrica e nel- l’ Asia occidentale, l’estate nelle parti meridionali d’ Europa. Tostochè comincia a farsi sentire il tepore della primavera, egli ritorna da noi, ed in quelle dolci e quiete serate, prima ancora che il Rosignolo incominci a cantare, odonsi gli Assioli, che sparsi sui pioppi delle nostre campagne, formano un con- certo strano, ma piacevolmente melanconico, unendo il loro fischio monotono, e ripetuto ad uguali intervalli, collo stridulo gracidare d’innumerabili cori di Raganelle. Il fischio dell’ As- stolo, che s’imita assai bene con la parola chià, si seguita a udire nelle serate d’estate; ma siccome allora son gli Assiolî quasi sempre occupati nell'educazione dei figli, più di rado e per meno tempo essi cantano. In libertà non si cibano che d’ insetti: almeno nello stomaco di più e più diecine non ho trovato altro che avanzi di Scarabei, Locuste, Grilli, ec. Le 0s- servazioni di Spallanzani son pur conformi alle mie su questo punto: ond’ è che credo abbiano errato quei Naturalisti, i quali asseriscono nutrirsi gli Assioli ancora di piccoli vertebrati. La delicatezza del becco e degli artigli prova essa pure che son destinati solo a ghermire e divorare piccoli animali, e deboli.* 1 In domesticità per altro mangiano ancora piccoli Topi , uccelletti, ec. ke UCCELLI DI ‘RAPINA. 905 Propagazione. Depongono le uova nelle buche naturali de- gli alberi, sopra il terriccio che vi trovano, senza farvi nessun nido. Queste uova son quattro o cinque per covata, rotondeg- gianti e bianche. Caccia. Nelle notti di primavera, quando sono in amore, è facile uccidere dei maschi, nascondendosi ai piedi d’un al- bero secco o poco fronzuto, ed imitando il loro canto col fischio. Quei che son nelle vicinanze, rispondendo al fischio , vanno a posarsi sull’albero, sotto di cui è il cacciatore, ed espongonsi così ai suoi colpi. Quando poi nel giorno i nostri contadini ne scuoprono qualcuno nascosto fra i rami, ecco il modo con cui il più delle volte riesce loro di prenderlo. Uno fra essi pone un cappello in cima ‘ad una pertica della lun- ghezza necessaria per arrivare l’ Assiolo, ed insieme con un compagno armato d’altra pertica, alla cui estremità vi sono due o tre paniuzzi disposti a ventaglio, va all'albero ove l’ uc- cello è nascosto. Allora il primo, facendo girare lentamente il cappello, adagio adagio l’accosta all’ Assiolo. Quello, che di giorno vi distingue poco, riman sorpreso alla vista d’un 0g- getto per lui sì strano, in esso fissa gli occhi, attentissima- mente lo guarda, e non fa alcuna attenzione all’altro conta- dino che di dietro, quatto atto? gli si accosta e gli pone addosso i paniuzzi. 22 Famiglia. — BUBONIDEI. Conca auricolare o breve ed ovale, o grande e se- milunare, Dischi mediocremente sviluppati, poco convessi. Tarsi e diti pennuti. Ciuffi, o grandi o piccoli. Iride gialla. Nora. — Questo gruppo di Strigi corrisponde a quello de’ Bubo- niani di M. O. del Manus, e degl’ Asioniani di Degland, meno che io ne ho tolto il genere Scops, il quale, come più dettagliatamente dirò in appresso, doveva esserne escluso a causa della struttura del suo orecchio. ARRE na TL 47 E e, te I Sat a e DLE A D'I SAVA EANEORI ACI ATI te e AO VARONSI NP NINE MOMO COS CONTO “AE ORARIO LS aa Lula DI (UR ATO ENTE AT Breagii là 194 ; è GIUNGE l SM ; INA MATA AN 208 ORDINE PRIMO. 3° Genere. — BUBO. Brisson. Conca auricolare piccola, ovale. Con ciuffi. Diti impennati fino agli scudetti. Pileo un poco spianato. Iride gialla. Becco adunco fin dalla base. Mandibola superiore con margine quasi rettilineo. Man- dibola inferiore appena intaccata all'apice. Cera leggermente convessa. Narici ovali, inclinate, aperte parte nella cera, parte nel becco. Cera, narici e gran parte del becco coperte dalle lunghe ed affilate penne setolose della porzione interna dei dischi. Dischi assai grandi, poco concavi. Conca auricolare pic- cola, ovale. Apertura auricolare mediocre, poco incassata. Ali grandi. Prima remigante poco più corta della seconda. Se- conda più lunga di tutte, e quasi eguale alla terza. Coda mediocre, troncata, attondata. Tarsi vestiti da penne assai lunghe. Diti muniti di due scudetti presso le unghie : nel resto intieramente vestiti di penne analoghe a quelle del. tarso, dalla parte superiore. Unghie lunghe, adunche, acute. GUFO REALE. — BUBO MAXIMUS. Flemming. Ciuffi lunghi. Addome lionato, con macchie nere longitudinali ed altre ri- strette trasversali. Tarsi e diti abbondantemente coperti di penne. Dito medio eguale ai */, della lunghezza del tarso. Maschio. Becco nero. Iride gialla. Cerchio e gote di color lionato-nerastro, con strie trasverse nerastre, sottilissime e poco visibili. Due ciuffi grandi sulla testa. Penne del vertice e della cervice con larga fascia nera longitudinale, che lateral- mente ha qualche stretta e corta stria nera ondulata: scapo- lari, penne del dorso, medie e grandi cuopritrici lionate, con. fascia nera longitudinale, che si dilata lateralmente e irrego- larmente. Groppone lionato sudicio, striato in traverso di ne- rastro. Gola bianco-nerastra. Sul petto una larga macchia bianca. Parti inferiori lionate, con larghe fasce nere longitudi- nali, che han delle corte e strette strie trasverse sui lati. Penne UCCELLI DI RAPINA. 209 della base dell'addome e sottocoda dipinte elegantemente da fasce nere strette, trasverse, ondulate: nel sottocoda queste fasce sono molto più chiare. Piccole cuopritrici quasi intiera- mente nere. Remiganti e timoniere grigio-lionate, macchiet- tate di nerastro, con un gran numero di fasce trasverse ne- rastre. Tarso e diti coperti di folte pennuzze lionate, con qualche macchia nerastra. Unghie nere. Femmina. Non ha la gola bianca. La coda e le ali hanno un color più chiaro. Le sue dimensioni son maggiori di quelle del maschio. Gufo reale, Strix bubo, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 68. Sinonima. — Strix bubo, Linn. S. N. (1766), I, p. 131. — Bubo et Bubo italicus, Briss. Ornith. (1760), I, p.477 e 482. — Strix bubo, Temm. Man., 4 parte (1820), p. 100, e 3* parte (1835), p. 53. — Bubo maximus, Flem. Brit. anim. (1828), p. 57. — Bubo europaeus, Less. Ornith. (1831), p. 115. — Bubo germanicus, Brehm, Handb. Nat. Vos. Deutsch. (1831), p. 119.— Otus dubo, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 13. — Bubo maximus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 141. Ficure. — Buff., PI. enl. 435. NomMI VOLGARI STRANIERI. — Franc. Le Duc, ou Grand-Duc. Ing]. The Great-eared Owl. Ted. Ubu-Ohreule. Dimensioni. — Lunghezza totale: 00, 6472; apertura del becco, om, 049; tarso, 0, 088; coda, 0%, 251. Costumi. — Fa caccia di Lepri, di Volpacchiotti, di Gatti, d’altri mediocri e piccoli quadrupedi;, di grossi uccelli ed an- che di rettili. I grossi quadrupedì lacera e sbrana col becco e con le zampe, ed i piccoli, come Topi e Pipistrelli, gl’ inghiotte intieri dopo aver loro spezzate le ossa. È un uccello molto forte e coraggioso, di modo che sa ben difendersi dai più grossi Folchi, e dai branchi di Corvi e Cornacchie, i quali sogliono assalirlo tutte le volte che lo vedono comparire di giorno. I crepuscoli son l’ epoche, in cui particolarmente fa le sue cac- ce, e, non ostante la mole grande del corpo e la poca resi- stenza delle penne, è agilissimo per inseguire ed aggranfiare la preda. Abitano questi Gufi nelle boscaglie dei monti, nelle grotte o negli edifizi rovinati: qualche volta si stabiliscono an- cora nelle grandi fabbriche delle città; così più volte alcuni han dimorato nella cupola del Duomo di Firenze, ove vivevano, Ornitologia italiana. — 1. 14 910 ORDINE PRIMO. dando la caccia ai Piccioni, Topi e Gatti. Il loro grido, che fan sentire solo di notte, è forte, rauco e spaventoso. In qualche luogo, ma non in Toscana, che io sappia, adoprasi per la cac- cia, cioè per richiamare, qual zimbello, in un’ampia tesa di panie gli uccelli diurni, come Ghiandaie, Merli, Tordi, ec. Propagazione. Nidificano ordinariamente negli spacchi dei monti, o nelle buche di fabbriche antiche ;' qualche volta an- cora dentro alberi vuoti. Partoriscono due o tre uova rotonde e bianche. 4° Genere. — OTUS. Cuvier. Conche auricolari grandi e semilunari, che si esten- dono dalla regione inferiore all'occhio fino al pileo. Con ciuffi. Diti impennati fino agli scudetti antiungueali. Pileo subsferico. Iride gialla. Becco adunco fin dalla base. Mandibola superiore con margine quasi rettilineo: inferiore, quasi intiera all'apice. Cera leggermente convessa. Narici ovali, inclinate, aperte, parte nella cera, parte nel becco. Cera, na- rici e gran parte del becco coperte dalle lunghe ed affilate penne setolose della porzione interna dei dischi. Dischi assai grandi, poco concavi. Conche auricolari grandi, semilunari, che si estendono dalla regione sottorbitale fino al pileo. Aper- ture auricolari mediocri. Ali grandi: prima remigante poco più corta della seconda, che è la più lunga, e subeguale alla terza. Coda mediocre, troncata, appena appena attondata. Tarsi e diti abbondantemente vestiti di penne. I due scudetti prece- denti l’unghie meno grandi e decisi che nel genere prece- dente. Unghie lunghe, adunche, acute. UCCELLI DI RAPINA. 911 ASCALAFO. — OTUS ASCALAPHUS. Lesson ex Savig. Ciuffi mediocri. Addome lionato, con macchie larghe nere, longitudinali. Tarsi e diti mediocremente vestiti di penne. Dito medio eguale alla metà della lunghezza del tarso. Becco nero di corno. Iride gialla. Penne delle parti supe- riori ed inferiori color lionato acceso. Parti superiori fittamente macchiate di nero, egualmente che le cuopritrici delle ali. Petto ed alto dell'addome con larghe macchie allungate, a margine in vario modo dentato. Remiganti e timoniere fulve, con macchie trasverse nere. Cosce, tarsi e diti vestiti di penne unicolori fulve. Unghie nero-cornee, più cupe all’apice che alla base. Sivonimia. — Bubo ascalaphus, Savig. Ois. d’Égyp. (1809), p. 110. — Strix ascalaphus, Wieill. Tab. Ency. (1823), p. 1276. — Olus ascalaphus, Less. Ornith. (1831), p.109. — Strix ascalaphus, Temm. Man., 3, parte (1835), p. 52. — Ascalaphia Savignyi (Is. Geoff.) in G. R. Gray, Gen. of B. (1841), p.'7. — Otus ascalaphus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 139. Ficure. — Temm.et Leug., PI. col. 57. Nomr voLcari sTRANIERI. — Franc. Hibow ascalaphe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 478; coda, 0m, 017; aper- tura del becco, 0m, 04; tarso, 0m, 08; dito medio, 0m, 042. Costumi. — È questo un uccello proprio dell’ Egitto, del- l'Asia settentrionale e centrale. Secondo quanto ne credea il professor Pietro Doderlein, ! vi ha ragione di credere che due individui ne fossero stati uccisi nelle montagne del Palermitano ed uno nel Napoletano nel territorio di Salerno. ALLOCCO. — OTUS VULGARIS. Flemm. Ciuffi lunghi. Addome lionato, con macchie longitudinali nere, ed altre trasversali più strette. Becco nero. Iride gialla. Cerchio macchiato di nero, di cenerino, di bianco e di lionato. Penne delle gote lionate; 1 Awifauna del Modenese e della Sicilia, pag. 45. Palermo, 1869, 912 | ORDINE PRIMO. parte media della faccia bianca, fimamente striata di nero. Contorno dell’occhio dal lato interno nero. Due ciuffetti di penne sulla testa, lunghe, erigibili, nere, biancastre sul mar- gine interno, lionate alla base. Penne del vertice, della cervice, del dorso, scapolari, cuopritrici superiori, remiganti seconda- rie, timoniere e sopraccoda di color lionato, alla base, lionato— cenerino nella cima, macchiate sottilmente di nero per traverso a zic-zac sullo stelo. Alcune macchie grandi biancastre sulle scapolari e sulle cuopritrici. Piccole cuopritrici o inferiori bian- che, con l’estremità lionata, ed una linea scuro-nera sullo stelo: grandi cuopritrici nere nella cima, biancastre alla base. Remiganti primarie lionate alla base, giallo-cenerine verso la cima, con fasce trasverse nerastre, e punteggiate di nero verso l'apice. Penne della gola, gozzo, petto, addome e fianchi lio- nate, con l’estremità bianca; una macchia nera longitudinale sullo stelo, e varie fasce trasverse ondulate. Penne che cuo- prono i tarsi lionate. Unghie nere. Allocco, Strix otus, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 70. Sinonimia. — Strix otus, Linn.-S. N. (1766), I, p. 132. — Asto, Briss. Ornith. (1760), I, p. 486. — Bubo otus, Savig. Ois. d’Égyp. (1809), p.109. — Stris otus, Temm., 42 parte (1820), p.1102, e 3° parte (1835), p. 54.— Otus vulgaris, Flemm. Brit. an. (1828), p. 60. — Otus communis, Less. Ornith, (1831), p. 110. — Aegolius otus, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 32. — Otus otus, Schleg. Ber. crit. (1844), p. 14. — Otus vulgaris, Degl. et Ger. (1867), p. 138. Fieure. — Buff., PI. enl. 29. — Gould, B. of Eur., pl. 39. — Otus vulgaris, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 56. Nomi voLGari stRANIERI. — Franc. Le Moyen-Duc, ou Hibou. Ingl. The long-eared Owl. Ted. Die Wald-Ohreule. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 35; coda) 0", 146; aper- tura del becco, 0”, 024; tarso, 0%, 045. Costumi. — Non è molto raro; abita nei boschi: per il solito in inverno in quei di piano, in estate in quei di monte. Si ciba d’uccelletti, Topi, Pipistrelli, insetti, ec. La notte grida con voce forte e lamentevole. | Propagazione. Ordinariamente non pensa a fabbricar nido, ma si impadronisce d’ uno di quelli abbandonati dalle Cornac- ‘UCCELLI DI RAPINA. 213 chie, o Agasse, 0 Falchi Capponi. Vi partorisce quattro o cin- que uova rotondate e bianche. * Non è di mia scienza che covi in Toscana. ALLOCCO DI PADULE. — OTUS BRACHYOTUS. Boie. Ciuffi corti. Addome lionato, con sole macchie longitudinali nere. Becco nero. Iride gialla. Cerchio di color bianco e lionato, macchiato di nero. Gote scuro-lionate; parte media della fac- cia bianca, striata finamente di nero. Contorno degli occhi nero, più esteso dal lato esterno: gola bianca. Due ciuffetti piccoli e poco visibili sulla testa. Penne del vertice, della cer- vice del dorso e scapolari giallo-lionate, con larga fascia longi- tudinale nel mezzo. Penne delle parti inferiori giallo-ceciate, con fascia nera longitudinale sulla parte media. Regione anale ceciata. Cuopritrici superiori e remiganti secondarie scuro-nere, con macchie trasverse ceciate, e qualcuna bianca. Remiganti | primarie lionate, con fasce trasverse, e la punta di color ne- rastro. Cuopritrici inferiori ceciate, con larga macchia nerastra. Coda lionata, con fasce trasverse nerastre. ar che cuoprono i tarsi ceciate. Unghie nere. - Allocco di padule, Strix brachyotus, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, P72% i Sinonimia. — Strix brachyotus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 289. — Strix brachyura, Nìls. Faun. Suec. (1807), I, p. 62. — Strix aego- lius et ulula, Pall. Zoogr. (1814-1831), I, p. 309, 322. — Strix bra- chyotus, Temm. Man., A parte (1820), p. 99, e 3° parte (1835), p. 54. — Otus brachyotus, Boie, Isis (1822), p. 549. — Otus palustris, Brehm, Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1831), p. 124. — Brachyotus pa. lustris, Gould. B. of Eur., pl.40. — Strix palustris, Schinz, Eur. Faun. (1840), I, p. 139. — Acegolius brachyotus, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 32. — Brachyotus aegolius, Bp. Consp. Accip. Rev. et Mag. de Zool. (1854), p. 541. — Otus brachyotus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 136. Ficure. — Buff., PI. enl. 438, sun il nome di Chouette. Nomi voLGarI stRANIERI. — Franc. La Chouette a aigrettes È Temminck, Man. d’ Ornih., pag. 103. "tag i 0 914 ORDINE PRIMO. courtes, ou Brachiote. Ingl. The Shout-eared Owl. Ted. Die Sumpf- Ohreule. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 409; apertura del becco, 0, 025; tarso, 0", 051; coda, 0”, 135. Costumi. — Probabilmente questo AMlocco va a passare. l’estate su i monti, o nei paesi transalpini, giacchè mai in questa stagione ne ho veduti nella pianura pisana, ove d’al- tronde è assai comune nelle altre. In autunno e in inverno abita le nostre giuncaie e le rive de’ paduli, così che allora accade spesso di vederne alzare, quando si battono questi luo- ghi con i cani, cercando i Beccaccini, 1 Re di Quaglie, le Galli- nelle, 1 Voltolini, ec. Sono allora grassissimi e molto buoni a mangiarsi. Nel loro stomaco io ho sempre trovato dei Topi acquaioli (Lemmus amphibius), dei Topi campagnoli (Mus ar- valis), delle Prispole, dei Pett azzurri, ed altri animaletti pro- prii ai luoghi umidi. Propagazione. Fa il nido sulla terra, o sopra qualche grossa zolla fra le erbe, e particolarmente nei luoghi palustri. ' 5° Genere. — NYCTALE. Brehm. Conche auricolari brevi, ovali. Diti abbondantemente impennati fino all’ unghie. Senza ciuffi. Pileo leggermente convesso. Iride gialla. Becco adunco fin dalla base con suo margine, senza festone: mascella inferiore leggermente incavata in cima. Cera poco convessa. Narici marginali, piccole, nascoste, unitamente alla cera ed a quasi tutto il becco, dalle lunghe penne setolute delle porzioni in- terne de’cerchi. Dischi grandi, poco concavi. Conca auricolare assai grande, ovato-lunata. Ali mediocri. Prima remigante un terzo più corta della seconda. Seconda poco più corta della terza: terza subeguale alla quarta, che è la più lunga. Coda. piuttosto grande, troncato-attondata. Tarso subeguale al dito medio, riccamente vestito di penne. Diti riccamente vestiti di penne fino all’unghia. Unghie assai grandi, adunche, acute. ! Temm., Man. d’ Ornith , pag. 100. UCCELLI DI RAPINA. 9215 CIVETTA CAPO GROSSO. — NYCTALE TENGMALMI. bp. cx Gmel. Parti superiori cinereo-scuricce, con macchie rotonde candide: sul pileo, e sui J]ati della testa, tali macchie son piccole e con margini decisi. Coda cinereo-scuriccia, con fasce bianche, ristrette, trasversali. Becco giallo, scuro-nero alla base. Iride gialla. Penne delle parti superiori, delle ali e della coda cenerino-scure, con mac- chie rotonde, sparse, bianche. Fronte biancastra. Una macchia nerastra fra l'occhio e le narici. Parti inferiori bianche, con macchie cenerino-scure. Ali piuttosto grandi. Coda lunga. Tarsi e diti coperti da penne bianchicce, folte e lunghe. Un- ghie grigio-nere. Civetta Capo grosso, Strix Tengmalmi, Linn. Savi, Orn. Tosc.,I, piadio: Sinonimia. — Strix funerea, Linn. Faun. Suec. (1761), p. 25. — Strix noctua, Tengmalm, Act. Stockh. (1783), Ae trim. — Stria Tengmalmi, Gmel. S. N. (1788), T, p. 291. — Strix dasypus, Bechst. Nat. Deutsch. (1805), II, p. 972. — Stria passerina, Pall. Zoogr. (4841-1834), I, p. 328. — Strix Tengmalmi, Temm. Man., 4° parte (1820), p. 94, e 3° parte (1835), p. 49. — Athene Tengmalmi, Boie, Isis (1822), p. 549. — Aegolius Tengmalmi, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 34. — Noctua Tengmalmi, Less. Ornith. (1834), p.102. — Nyctale Tengmalmi, Bp. B. of Eur. (1838), p. 7. — Nyctale funerea, Bp. Ucc. Europ. (1842), p. 24. — Ulula funerea, Schleg. Mus. des Pays-Bas (1862), Striges, p. 8. — Nyctale Tengmalmi, Degl. et Ger. (1867), I, p. 125. Ficure. — Vieill., Gal. des Ois., pl. 23. — Gould, B. of Eur., pi. 49. Nomi voLgari stRANIERI. — Franc. La Chouette Tengmalm. Ing]. The Tengmalm Owl. Ted. Der Tengmalms Kautz. Dimensioni. — Femmina, lunghezza totale: 0", 233; apertura del becco, 0%, 015; tarso, 0”, 027; coda, 0”, 40. Costumi. — Abbonda nel Nord d’Europa, ma trovasi an- cora nelle Alpi italiane; Builly dice non esser rara in Savoia; e De Betta dice che non solo incontrasi ne monti veronesi, ma ancora che, secondo il Perini, una volta vi avrebbe nidificato. Ul “a i Ma i: Mg 216 ORDINE PRIMO. Il Durazzo l’annovera fra gli uccelli genovesi, e crede che qualche volta abbia nidificato nei monti di quella provincia: secondo i ricordi manoscritti lasciati dal professor Brignoli, sarebbe avventizio nei monti modenesi. ‘ Propagazione. Al dir di Temminck, nidifica nelle buche dei tronchi degli alberi, e partorisce due uova bianche. 3* Famiglia. — ULULIDEI. Conca auricolare breve, ovale. Dischi grandi, poco concavi. Senza ciuffi. Tarsi e diti pennuti. Iride nera. 6° Genere. — SYENIUM. Savigny. Tarso lungo presso -che il doppio del dito medio: tutto impennato, egualmente che i diti, fino ai due scudetti ungueali. Coda attondata. Pileo convesso. Iride scura. Becco adunco fin dalla base: con margine senza festone. Mascella inferiore leggermente in- taccata all'apice. Cera poco sviluppata. Narici marginali, col margine anteriore formato dalla sostanza del becco, ovali, col diametro maggiore orizzontale. Cera, narici e parte del becco nascoste dalle lunghe penne setolute delle porzioni in- terne de’cerchi. Dischi grandi, poco concavi. Conca aurico- lare breve, ovale. Ali grandi: prima remigante circa un terzo più corta della seconda; seconda poco più corta della terza; terza subeguale alla quarta che è la più lunga. Coda medio- cre, attondata. Tarso presso che il doppio del dito medio: - vestito di penne larghe, le quali vestono ancora tutte le dita, ma solo fino ai due scudetti antiungueali. Unghie mediocre- mente lunghe ed adunche. 1 Doderlein, Awifauna, pag. 47. UCCELLI DI RAPINA. S7 GUFO SALVATICO. — SYENIUM ALUCO. Savig. Dorso cenerino, o fulvo rosso lionato, con fasce longitudinali, o nere, o scuro-cupo , e delle trasversali, strette, ondulate : macchie bianche grandi sulle scapolari e sulle cuopritrici delle ali. Maschio adulto. Becco biancastro-verdognolo. Iride nera- turchiniccia. Cerchio bianco macchiato di nero e di fulvo. Faccia cenerina macchiata di nerastro. Penne del vertice, cervice e dorso, scapolari e cuopritrici superiori bianco-ce- nerine, con leggiera sfumatura fulva in vari punti, una fascia nero-cenerina longitudinale sul mezzo, e molte fasce strette ondulate trasverse. Una serie di macchie bianche sulle scapo- lari esterne, e varie sparse sulle cuopritrici superiori. Penne delle parti inferiori bianche, con una fascia nera longitudinale in mezzo, e molte fasce strette, ondulate, trasverse. Remi- ganti primarie scuro-nere, macchiate di biancastro. Cuopritrici inferiori bianche, con sfumature ceciate, e macchie longitudi- nali nere. Coda rotondata grigio-nerastra, macchiata in tra- verso di linee ondulate nerastre. Penne che ricuoprono i tarsi e i diti bianche, macchiate di cenerino nerastro. Unghie nere. Femmine adulte: hanno tutte le penne, tanto delle parti superiori che delle inferiori, colorite di fulvo più o meno acceso. si - I giovani, avanti lo spuntare delle penne, son coperti di calugine cenerina, striata in traverso di nerastro. Gufo salvatico, Strix aluco, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 80. Sinonimia. — Strix aluco et stridula, Linn. S. N. (1766), I, p. 132 o 133. — Ulula, Briss. Ornith. (1760), I, p. 507. — Syrnium ululans, Savig. Ois. d’Égyp. (1809), p. 112. — Strix aluco, Temm,, Aa parte (1820), p. $9, e 3° parte (1835), p. 48. — Syrnium aluco, Brehm, Handb, Nat. Vég. Deutsch. (1831), p. 116. — Ulula aluco, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 33. — Syrnium aluco, Degl. et Ger. (1867), I, p. 427. Ficure. — Buff., Pl. enl. 437, femmina e giovane, sotto il nome di Chat-Huant. — 44A, adulto, sotto il nome di Hu/otte. — Syrnium almo, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868- 1870), vol. II, tav. 76. 33 WES PEIPEZOI 918 ORDINE PRIMO. Nomi voLcaRI sTRANIERI. — Franc. La Hulotte, ou le Chat- Huant. Ingl. The Tawny Owl. Ted. Wald-Kautz. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 418; apertura del becco, 0”, 029; tarso, 0”, 056; coda, 0", 153. Costumi. — Abita sempre i boschi: nel giorno sta nasco- sto fra i rami. È comunissimo nei boschi delle campagne pisane. Si ciba di Topi, uccelli, rettili, ec., ma dei primi, e particolarmente di quei di campagna (Mus decumanus Linn., Mus tectorum Nob.), ne fa grandi stragi. Nell’ inverno del 1825-1826 uno di questi uccelli si stabilì nell’Orto botanico di Pisa, e vi sì trattenne fino al tempo degli amori, nutrendosi de’ Topi che vi chiappava: nel giorno stava rimpiattato in una bassa Sughera posta in luogo anche molto frequentato, e non si impauriva punto passandogli vicino, e nemmeno ferman- dosi ad osservarlo. In qualche luogo di Toscana, per esempio a Pitigliano, s’ addomestica per servirsene di zimbello come si fa delle Civette. Propagazione. Cova nelle buche degli alberi, oppure nei nidi abbandonati dai Falchi e dalle Cecche: le sue uova son candide, grosse presso a poco come quelle di Gallina, ma più sferiche, ed in numero di quattro o cinque per covata. 4° Famiglia. — STRIGINIDI. Conca auricolare grande, semilunare. Dischi grandi, comuni. Ciuffi nulli. Tarsi pennuti. Diti velati. Iride nera. 7° Genere. — STRIX. Linn. Tarso lungo il doppio del dito medio, impennato. Diti solo coperti da rade setole: muniti d’uno o due scudetti im- perfetti avanti le unghie. Coda troncata. Pileo convesso. Iride scura. Becco piuttosto lungo, diritto nella metà basilare, adunco nell’altra. Mascella superiore leggermente festonata. UCCELLI DI RAPINA. 919 Mascella inferiore leggermente intaccata all’ apice. Cera poco sviluppata. Narici marginali, anteriormente intaccate nel becco, ovali, solo appena velate da peli e dalle penne setolute del corrispondente margine de’ cerchi. Dischi grandi concavi, i cui cerchi sulla fronte e sul becco incontrandosi vi costitui- scono una cresta prominente. Conche auricolari grandi, che estendonsi dalla regione inferiore oculare fino al pileo. Ali grandi. Prima remigante pochissimo più corta della seconda, che è la più lunga, e subeguale alla terza. Coda mediocre, troncata. Tarso lungo il doppio del dito medio. Diti coperti solo da nude setole, muniti in cima d’uno o due scudetti imperfetti, antiungueali. Unghie piccole, poco adunche. BARBAGIANNI. — STRIX FLAMMEA. Linn. Schiena giallo-lionata , striata finissimamente di cenerino in vari posti, e con macchiuzze bianche e nere. Becco bianco-gialliccio. Iride nera. Cerchio visibilissimo, formato di penne troncate nella cima, le interne bianche, le esterne fulve; fra queste, quelle situate verso la gola sono macchiate di nerastro all’ estremità. Fronte bianca: una mac- chia baio-fulva avanti l’ angolo interno dell’occhio. Parti su- periori giallo-lionate, con macchiette nerastre rotondate sparse, o con finissime fasce trasverse a zic-zac cenerine, e sullo stelo con macchie alternanti angolate bianche e nere. Parti inferiori bianco-nivee o bianco-ceciate, ordinariamente asperse di macchiette nerastre, rotondate: qualche volta affatto imma- colate. Remiganti lionato-fulve esternamente, internamente bianche, con fasce trasverse, rade, o cenerine o nerastre. Coda lionata, macchiettata di cenerino verso la cima, con quattro fasce trasverse, nerastre, più o meno distinte. Tarso coperto alla sua base di penne bianche, corte, che diminuiscono verso la metà, così che verso l’ articolazione de’ diti, il tarso non è coperto che da setole sottili e rade. I diti sono anche essi coperti da sole setole. Unghie color di carne. I giovani, avanti d’ impennarsi, sono coperti da una calu- gine copiosa e bianchissima. 220 ORDINE PRIMO, EC. Barbagianni, Strix Flammea, Linn. Savi, Orn. Tosc. I, p. 82. Sinonimia. — Strix Flammea, Linn. S. N. (17766), I, p. 133. sal Aluco, Briss. Ornith. (1760), I, p. 503. — Strix Flammea, Temm., Aa parte (1820), p. 94, e 3° parte (1835), p. 48. — Aluco Flammeus, Flem. Brit. an. (1828), p. 57. — Strix guttata, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 106. — Strix Flammea, Degl. et Ger. (1867), Tp. 13300 FicurE. — Buff., PI. enl. 440. — Strix Flammea, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 36. Nomi voLcari srranIERI. — Franc. L’Effraie, ou Fresail. Ingl. The White Owl. Ted. Der Schleir-Kautz. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 035; coda, 0%, 40; aper- tura del becco, 0", 037; tarso, 069. Costumi. — Spessissimo grida nella notte. La sua voce è fioca e debole, e produce per lo più un romore simile a quello che fa un uomo russando fortemente. Dimora nelle buche o nelle crepe delle fabbriche semidirute, nelle soffitte o fra le travi degli antichi edifici. La cupola del Duomo di Firenze, il celebre Camposanto di Pisa, le mura urbane ed un infinità d’altri luoghi, ne sono popolatissimi. Di giorno sta sempre nascosto, ed esce alla caccia dopo il tramontar del sole. Allora gira con grande attività in traccia dei Topî, o dei Pipistrelli, o per sorprendere qualche albergo d’uccelli: e se per disgrazia impara una Colombaia, ad uno per sera uccide, e porta via tutti i Piccioni. Animale utilissimo all’ uomo, giovane distrugge una quantità grande di Topi, Bellore, Ghiri; ma se per questo lato è utile, è anche dannoso, predando non pochi uc- celli, e specialmente Piccioni. Per altro vi sono vari esempi, riportati dal Nauman e dal Gené, di Bardagianni che, a simi- litudine de’ Gheppi, abitavano insieme ai Piccioni, senza nuo- cere ad alcuno de’ componenti la società, con la quale ave- vano scelto di convivere. Propagazione. Nidifica nelle buche. Le sue uova sono bian- castre, cinque o sei per covata. si di ii o ORDINE SECONDO. Patuse DeL SELVA TNT PASSERES. Becco non adunco. Narici o nude, o coperte da Dn O) pennuzze. Gambe quasi sempre intieramente coperte di penne. Tarso sottile, di mediocre lunghezza. Diti quattro, tre davanti e uno di dietro, o due da- | vanti e due di dietro; tutti articolati al mede- simo piano; 1 tre anteriori, o solo i due esterni, uniti alla base. Unghie mediocri, arcuate, acute, poco mobili. Il loro nutrimento è vario; alcuni non man- iano che semi, altri soli insetti. I più si cibano indistintamente i frutti e d’insetti, e quasi a tutti piacciono al massimo segno le frutta. Altri amano ancora la carne, ed anche quella semi- corrotta; ma non ve n’è nessuno che si nutra esclusivamente di carni, come gli uccelli compresi nell'ordine precedente. Sono monogami. I giovani han bisogno d’ esser covati ed im- beccati, avanti di poter da loro stessi cibarsi. Gals La carne di quasi tutti i Silvani è buona a man- giare, ed in conseguenza sono state trovate infinità di ma- niere per far loro la caccia. Secondo il mio metodo, tutte quelle usate in Toscana per prendere una od un altra specie, io le descrivo in ragione che parlo delle specie medesime: ma siccome, riguardo ai Silvani, alcune cacce vi sono, con le quali, non una, ma un gran numero di razze d’ uccelli sì prendono Costumi. it ORDINE SECONDO. nel medesimo tempo, egli è però che di tali cacce, in seguito delle altre generalità, qui pongo la descrizione. Son cinque quelle, di cui ora voglio parlare, cioè il Chioccolo, la Ragnaia, il Frugnòlo, il Diavolaccio, e la Caccia dell’ Abbeveratoio. La caccia del Chioccolo, o Fistierella, o Fraschetta, non dif- ferisce molto dalla Pipée de’ Francesi, anzi si può considerare come una modificazione di quella. Prende nome dal fischio che adoprasi in essa per attirar gli uccelli, che è il medesimo, con cui imitasi il chioccolar delle Merle. Egli è un fischio d’ ottone della figura di quello da Lodole, ma quasi tre volte più grande. Gli uccelli si prendono mediante piccole bacchette, lunghe circa mezzo braccio, quasi dappertutto invischiate, a cui si dà il nome di Paniuzzi. Per trasportarle sì tengono tutte insieme riposte nel Pariaccio, custodia o fodera di carta pecora: la sola estremità non invischiata rimane al di fuora, ed è o ap- puntata o meglio anche armata d’uno spillo. Si fa la caccia al nascere o al tramontar del sole, qualche volta anche sul mez- zogiorno, nei luoghi macchiosi, o in mezzo ai giovani Tagli o boschi cedui, vicino ai Botri guarniti d’ alberi, o ai boschetti ove sian soliti andare all’albergo molti uccelli. Là si sceglie un luogo mediocremente distante dagli alberi alti, ed in cui siano due o tre giovani piante poco fronzute, ed alte sole otto o dieci braccia. In mezzo di queste devesi fabbricare, e me- diante i loro rami più bassi, e mediante altri rami e frasche che si tagliano nelle vicinanze, un capannello capace di con- tenere una o due persone, avvertendo bene di cuoprirlo esatta: mente, e non lasciarvi nessuna apertura, per la quale possan gli uccelli scuoprire il cacciatore. (Debbonsi poi togliere agli alberetti che circondano la capanna tutti i rami sottili, e la- sciare ad essi semplicemente i grossi come il maggior dito, o poco meno. Col piegarli, legando quei d’ una pianta con quei dell'altra, si distendono in modo da farli stare orizzontal- mente più che si può, e da circondare il meglio possibile il capannello. Guarnisconsi quindi tutti questi rami di paniuzzi, che mediante lo spillo, di cui se n’ è armata la cima, si fic- cano nella scorza in modo che facciano col ramo, presso a poco, un angolo di quarantacinque gradi, e che siano distanti un palmo circa gli uni dagli altri. Se non son muniti dello spillo, si fanno stare sui rami, ficcandone la punta in tanti intac- UCCELLI SILVANI. 993 chi fatti nella scorza. Abbiasi cura che nessun posatoio resti senza paniuzzi. Tutto ciò preparato, non manca, per incomin- ciare la caccia, che d’ aspettare il momento opportuno, vale a dire quello, in cui gli uccelli lasciano il bosco per andare a pa- scere nei campi, nelle vigne, ec., o quando ritornano al bosco per dormire, cioè, come ho detto, o poco dopo il nascer del sole, o poco avanti il tramontare. Si nasconde allora il cacciatore nel suo casotto, e comincia a fischiare col Chioccolo, cioè a fare escire a traverso di questo un suono o romore monotomo e prolungato, simile a quella voce o soffio, come suol chia- marsi, che fanno i Gatti e le Civette vedendo qualche loro nemico. Tutti gli uccelletti che stan nelle vicinanze, probabil- mente prendendo quel romore per la voce di qualche Gufo 0 Barbagianni, animati dall’antipatia che han per questi loro nemici, tutti entrano in moto. Fischiando, svolazzando, si avvicinano adagio adagio al luogo, da cui parte quella voce strana. Quei che sono ad una distanza maggiore, benchè non odano ‘il Chioccolo, sentendo il grido de’ primi, anch'essi ri- spondono, ed agli altri si accostano, così che ben presto una folla ne è intorno alla tesa. Le Ghiandaie, i Merli, le Cince, le Capinere, i Fringuelli sono de’ primi ad accorrere, e a sparger nel bosco l'allarme: tutti agitatissimi ed irati, sono continua- mente in moto con l’ali e con la coda: volando di rametto in rametto, chi gracchia, chi fischia, chi chioccola, tutti insomma con le varie lor voci fan conoscere il sentimento che gli agita. Siccome non vedon niente da spaventarli, sempre più s’ac- costano alla capanna del cacciatore, e la loro curiosità e rabbia essendo maggiormente incitata dal fischio che odono più da vicino, anche di più vogliono appressarsi a questo, e volano sopra i rami imminenti al capannello: ma non badando al visco, posandosi sopra i paniuzzi o ramoscelli posticci, o anche solo urtandovi, ci restano impaniati, e con i loro sforzi e col loro peso li staccano, e seco li portan cadendo. L’uc-. cello allora che trovasi preso, stride sempre più, e sempre più dibattendosi, maggiormente s’invischia. A quei gridi accor- rono nuovi uccelli, che, dalla rabbia affascinati, non prendono ammaestramento dalla disgrazia dei compagni, ma ancor essi stolti si precipitano verso la loro rovina; così che, quando la foresta sia ben popolata d’uccelli, ben presto termina la cac- DIA ORDINE SECONDO. cia, per non esser rimasto più alcun paniuzzo su gli albe- retti. Una caccia d’invenzione fiorentina, secondo alcuni Au- tori, è quella della Ragnaia. Moltissimi uccelli si prendon con essa, e di molte razze; ma richiede dei grandi preparativi. Son necessarie strisce di macchia (dette Ragnaie) espressa- mente piantate, o ridotte con arte, e delle reti vastissime. Queste reti che diconsi Ragne, giacchè gli uccelli restanvi prese nell’urtarvi, come gl’insetti in una tela di Ragno, son triple: la media è di maglia sottile; le due esterne sono di maglia larga da un palmo, e servono a far produr sacco alla rete di mezzo, quando in essa incappa qualche uccello. Verso il levare o il tramontar del sole tendesi la Ragna attraverso la macchia, di cui essa deve aver la larghezza e l’altezza. Dipoi molte persone, scacciando ora da una estremità del bo- schetto, ora dall'altra, verso la rete, fan sì che gli uccelli nel fuggire v’inciampino, e vi si avviluppino. Ma siccome l’Olina nella sua Uccelliera * parla estesamente di questa caccia, e in special modo della piantatura e del mantenimento della Ra- gnaia, così a quell’ opera rimando chi volesse averne notizie più minute ed estese. Il Frugnòlo è una caccia che si fa di notte, in autunno ed in inverno. Consiste nell’andare a sorprendere gli uccelli al loro alberghi, ed ha preso il nome da quella specie di lan- terna che adoprasi per scuoprirli, detta Frugndlo, corrotta- mente da Fornuolo, giacchè in qualche modo è simile ad un piccolo forno. Si fa questa caccia da due persone, una delle quali porta il Frugnòlo e la Ramata, che è una specie di me- stola fatta di vimini; l’altra persona porta la balestra, ed una buona provvisione di palle di argilla. Deesi aspettare per en- trare in caccia l’un’ora di notte, ma è inutile il tentarla se la luna è sull’orizzonte; quanto più l'oscurità è profonda, tanto più felice riescirà la caccia: e quelle rigide notti d’inverno, in cui spira una leggiera tramontana, accompagnata da sottil pioggia o da nevischio, sono le più adattate. Allora girando per i borroni coperti di macchia, per le vallatelle boscose, nei giovani Tagli, ed avendo cura d’esaminar particolarmente 1 Uccelliera di Giovan Pietro Olina. Roma, 1622. UCCELLI SILVANI. 995 quei sitii più riparati dal vento, s'è certi di trovare una buona quantità d’uccellame. Egli è uno spettacolo bellissimo e sor- prendente il vedere i Tordi, i Merli, le Ghiandaie ed una infi- nità d’uccelli che, nel giorno, solo da lontano possono esami- narsi, come allora, benchè liberi e desti, rimangano in faccia del cacciatore immobili e sorpresi, vedendo quella luce strana ed improvvisa; molti ancora neppure si destano: con la testa nascosta sotto l'ala, tutte le penne dell'addome e dei fianchi soffici e rimboccate verso il dorso, sembrano tanti palloncini di lana. È necessario che i cacciatori abbiano l'occhio già av- vezzo a vedere di notte nelle fronde gli uccelli, giacchè altri- menti le illusioni delle ombre e l’effetto della luce artificiale gl’'inganneranno talmente, che la massima parte sfuggirà al loro esame. Quando il frugnolatore ha scoperto un uccello, ei lo percuote con la Ramata, se è basso ed allo scoperto: altri- menti il balestriere, che sempre gli si tiene d’appresso, na- scosto nell’ombra della lanterna, l’atterra con il suo colpo. Se la Balestra è d’arco dolce, e fabbricata in modo da non produrre romore nello scatto, quando s'incontrano tre o quat- tro uccelli a pollaio sul medesimo ramo, ed anche uno accanto all’altro, tutti successivamente si possono abbattere; perciò è preferibile la Balestra allo Schizzetto che alcuni, invece di que- sta, sogliono adoprare. Il Diavolaccio. Anche questa è una caccia che si fa nella notte. Se nell’ oscurità gli uccelletti sono spaventati e vedono un lume, quasi sempre accorrono verso di esso. Sopra questo loro costume è fondata la caccia, della quale ora parlasi. Su di una serie di bacchette, congegnate a raggio attorno ad un centro, presso a poco come le stecche d’un ombrello, sì forma una specie di rete, intralciandovi uno spago impaniato, e nel mezzo, sul centro, vi sì appende un lume. Mediante un ma-_ nico articolato alla rosta, presso a poco come quello dellè%* ventarole, si tiene in alto quasi verticalmente questa mac- china, detta Diavolaccio. Un cacciatore, nelle notti bene oscure, porta il Diavolaccio lungo le siepi, macchioni e boschetti, men- tre un compagno, dal lato opposto, percuote tutti quei luoghi ove possono essere uccelli ad albergo. Questi spaventati e confusi, fuggendo, accorrono verso il lume e rimangon presi, urtando nella rete o nelle mazze invischiate. Ornitologia italiana. — I. 15 I SERA ONT ICE CA IRPI a SOIT ARZIANNE SI UNO IDE TO I, ig 296 ORDINE SECONDO. Della Caccia all’ Acqua o all’ Abbeveratoîo restami ora solo da dir qualche cosa. La necessità di soddisfare ad uno de’ più tormentosi bisogni, alla sete, ha somministrato al cacciatore uno de’mezzi più efficaci, benchè non de’meno crudeli, per impadronirsi d’ una gran quantità d’ uccelli. Quando 1’ ar- dente sole dell’ estate, nel luglio e nell’ agosto, ha dissec- cato la massima parte degli stagni, dei fossi, de’ruscelli, ec., un numero immenso di volatili accorre, ed anche da gran distanza, per dissetarsi a quelle fontane che tuttavia ge- mono un poco di acqua, o a quelle pescine non ancora esaurite. Conosciuto dall’ uccellatore uno di questi abbevera- toi, se l’estensione della superficie dell’ acqua, a cui possono appressarsi gli uccelli, è troppo grande, egli comincia dal ri- stringerla, coprendola di sterpi e frasche. Dipoi, con sottili paniuzzi, ne circonda tutto il rimanente del margine che ha lasciato libero, e vi tende un paio di reti aperte. Fabbrica con gran diligenza un capannello, a distanza adattata per poter tirare le reti, o per potere invigilare la tesa di panie e, là dentro nascosto, pazientemente attende la sua preda. Ma non molto sta egli ad aspettare: ben presto incominciano ad ac- correre da tutti i lati gli uccelli. Colombacciî, Tortore, Ghian- daie, Rigogoli, Averle, Picchi, Bubbole, insomma tutte quelle specie d’ Uccelli silvani che stanno da noi in estaie, e vari anche d'altri ordini, possono esser preda del tenditore al- l’ Abbeveratoio. Cheti cheti, arrivano da un lato e dall’ altro del bosco, si fermano sugli alberi imminenti all’ acqua, e molti accorgendosi delle mutazioni che vi sono state fatte, s° inso- spettiscono, ed anche un poco stanno titubanti. Ma ben pre- sto, l’aspro bisogno di bere, che sempre più va incalzando, spess’ anche la sollecitudine di sollevar dalla sete i figli nel nido, li determina, e senz'altro riflettere si gettano all'acqua desiderata, e rimangono o avviluppati dalla rete, o invischiati al paniuzzi. UCCELLI SILVANI. 907 PRIMA TRIBÙ. I RAPACI. — COLLURIONES. Becco più corto della testa, compresso, subadunco, fortemente intaccato, dentato. Apice della mascella inferiore rivolto in alto. Narici nude, o semicoperte dalle penne della fronte. Gambe vestite di penne. Diti tre davanti, e uno di dietro. Nora. — Questa tribù, ricca di generi, fra gli Europei non ne conta che due: cioè il genere Lanius comune a tutta Europa, ed il genere Telephonus fino ad ora trovato soltanto in Spagna; generi ambo appartenenti alla famiglia de’ Lanidei. La mancanza della cera, ed i piedi poco forti e male armati, son gli unici caratteri che separino questi uccelli da quei di rapina, avvicinandoli ai Silvani, per cui essi costituiscono un passaggio naturalissimo da uno all’ altro di questi ordini. Unica Famiglia. — DELLE AVERLE. Lanmrr. Bp. Becco più corto della testa, fortemente dentato. Tarsi e diti gracili. | Costumi, — Si nutriscono d’insetti, d’ uccelletti e di piccoli mammiferi, che prendono vivi da loro stessi. Sono molto co- raggiosi e forti. Nidificano sugli alberi, o nei macchioni. Ab tano i luoghi boscosi. Tutti emigrano. 1° Genere. — LANIUS. Linn. Becco più corto della testa. Mascella inferiore con Y estremità acuta rivolta in alto. Narici basilari, semicoperte da peli e penne. Becco più corto della testa, subconico, molto compresso all’ estremità. Mascella superiore diritta alla base, leggermente LIRA ORIO N, pa Ro 998 ORDINE SECONDO. curva verso la cima, con dente e intacco ben distinto. Ma- scella inferiore assai robusta, con l'estremità acuta e rivolta in alto. Lingua scarioso-cartilaginea, triangolare, lacerata verso la cima. Narici basilari, semicoperte da una piccola mem- brana, alcune volte quasi intieramente ascose da pennuzze rivolte in avanti. Tarso scudettato, più lungo del dito medio. Diti tre davanti, uno di dietro; l’ esterno appena saldato alla base col medio. Unghie mediocri, poco adunche, pochissimo retrattili. Coda grande, più o meno graduata, di dodici timo- niere. Ali mediocri: prima remigante corta; seconda, o terza, o quarta, le più lunghe. i Nora. Come è avvenuto ad un gran numero dei generi adot- tati nell’ Ornitologia Toscana, ancora quello de’ Lanti fu, dopo la sua pubblicazione, suddiviso, per farne il genere Collurio di Vigors, quello d’ Enneoctonus di Boie, e l’altro detto Phoneus di Kaup. Ma ' siccome le differenze, sulle quali basansi le indicate divisioni gene- v 0 Costumi. — Sono i Lanius uccelli di piccola mole, ma di molto coraggio. Non solo dan la caccia agl’ insetti i più grossi, loro ordinario nutrimento, ma spesso assalgono i piccoli mam- miferi. Fieri ed insofferenti, scacciano dall’albero, ove han co- struito il nido, qualunque altro uccello vi si voglia accostare; ed una volta ho veduto un’ Averla cenerina combattere co- raggiosamente e fugare una Gazza, che si era posata sull’olmo ove l’ Averla aveva i figlioli. Ma, al dir degli Autori, le Averle non attaccano soltanto le Gazze: quando lor capita l’ occasione, si slanciano coraggiosissime su uccelli molto più grossi e più forti di loro, come Corvi e Falchi, e quasi sempre li met- tono in fuga. Stando ferme sopra le cime nude e più elevate \ | i \ riche, non sono costituite che da diversità di colorito, o da diversa | | proporzione nella lunghezza delle ali, i più non adottarono i nuovi, generi, e degli uccelli in quelli riuniti formarono solo delle sezioni.) \.E ciò è quello che facciamo ancor noi. Li; degli alberi, de’ macchioni, specolano attentamente il terreno circonvicino, e, appena qualche grosso insetto esce dal suo nascondiglio, gli piombano addosso elo divorano. Nella prima- vera, nell’estate e nel principio dell’ autunno questi uccelli son comunissimi per i nostri piani e per i nostri colli, ma in ine verno non si trova più che qualche individuo del Lanius excu- UCCELLI SILVANI. — 229 bitor, e ben raramente: tutte le altre specie vanno a cercare il nutrimento ed il calore, di cui han bisogno, di là dal mare, nei paesi più meridionali. Hanno questi uccelli una bella voce, e nella primavera cantano piacevolmente, peraltro quasi sem- pre imitando il canto degli altri uccelli. Costruiscono il nido sugli alberi, o nei macchioni, con solidità ed eleganza, me- diante paglie, muschi, licheni, ec.; e spesso ancora con erbe fresche da loro colte a bella posta. Le uova son subrotonde, in numero di cinque o sei, di color carnicino o celestognolo, in un modo o in un altro macchiate. lg Caccia. Sul finir dell'estate si fa a questi uccelli una “gran caccia, essendo molto buoni a mangiarsi. Le ritrose, i paniuzzi e gli archetti sono i mezzi che più comunemente si adoprano per prenderli. Una Rufola ancor viva, posta nell’ in- terno della ritrosa, o davanti al laccio dell’ archetto, è per loro un’esca irresistibile; ed i cacciatori han cura di fare le tese sui prati che limitano i boschi, in vicinanza di qualche albero o di un grosso macchione, giacchè questi sono i luoghi ove sogliono andare le Averle per far la posta agl’ insetti. In questi stessi prati si fan le tese con le paniuzze. Si sospende a poca di- stanza da terra una Eufola o qualch’ altro grosso insetto, me- diante un filo: tre o quattro paniuzzi gli si mettono attorno, infilzandone un’ estremità nella terra, ed è a questi che riman presa la Verla, mentre vuole impadronirsi dell’ insetto. La 7 prima di tali cacce è usitatissima nella nostra pianura pisana, ed. essa occupa molte persone in autunno; l’ altra è usata nei colli del Fiorentino. _ SameO ccm —__ Gruppo I. — LE AVERLE. (Gen. LANIUS Boie.) Colori dominanti: cenerino chiaro, bianco e nero. AVERLA MAGGIORE. — LANIUS EXCUBITOR. Linn. Parti superiori cenerine chiare; petto bianco; base delle remiganti secon- darie bianca. Maschio adulto. Becco nero; pileo, cervice e dorso di co- lore cenerino chiaro. Una fascia nera parte dalla base della ma- scella superiore, passa l’ occhio, e ricuopre l’ orecchio. Soprac- 930 ORDINE SECONDO. coda e scapolari di color cenerino più chiaro. Fronte, sopraccigli, sola, gozzo, lati del collo, addome, fianchi, sottocoda, di co- lor bianco. Ali nere. Base delle remiganti primarie e seconda- rie, ed estremità delle secondarie, di color bianco. Timoniere bianche e nere: le prime esterne son bianche, ed hanno una piccola macchia nera alla base; le seconde, anch’ esse bian- che, hanno alla base una macchia nera più estesa; nelle terze questa macchia lo è anche di più, così che le due medie sono tutte nere, ed hanno soltanto una piccolissima macchia bianca nella cima. Piedi neri. Femmina e giovani hanno il petto traversato da delle sottili strie cenericce. * Proporzione delle remiganti. Prima mediocre; seconda eguale alla sesta; terza, quarta e quinta le più lunghe e sub- eguali. Averla maggiore, Lanius excubitor, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 94. Sinonimia. — Lanius excubitor, Linn. S. N. (1766), I, p. 135. — Lantîus cinereus, Briss. Ornith. (1760), II, p. 144. — Lanius maior, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 401. — Lanius excubitor, Temm. Man., Aa parte (1820), p. 142, e 3? parte (1835), p. 80. — Lanius eacubitor, Degl. et Ger. (1867), I, p. 221. Ficure. — Buff., PI. enl. 445, sotto il nome di Pie-Griéche. — Lanius excubitor, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombar- dia (1868-1870), vol. II, tav. 87. Nomi voLGARI Toscani. — Averla grossa (Pisano). Verla grossa (Fiorentino). Castorchia grossa (Senese). Nomi voLGARI STRANIERI. — Franc. La Pie-Griéche grise. Ing]. The grey Shrike. Ted. Der grauer Wurger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 242: apertura del becco, 0”, 024; coda, 0”, #06; tarso, 0%, 021. Costumi. — È la specie la più rara. Che sia a mia noti- zia, due soli individui ne sono stati presi nel Pisano: uno in inverno, l’ altro al termine dell’ autunno. E quest’ultimo ri- mase nelle reti d’ un cacciatore che tendeva alle Prispole; a guisa di un Falco, si gettò sul zimbello per mangiarlo. Fra le europee è la specie la più carnivora: quasi esclusivamente si nutrisce di piccoli vertebrati, come Topî, uccelletti, Ranocchi, Lucertole, ec.; ma, non trovando altro, si adatta anche a man: UCCELLI SILVANI. i 231 giare grossi insetti. Anticamente addestravasi l’Averla come i Falconi a cacciare gli uccelli, portandola sul pugno, e lascian- dola libera quando vedevasi un salvaggiume per lei adattato. Propagazione. Fa il nido sugli alberi, o nei macchioni. Lo forma esternamente con fieno, rametti, musco, ec., ed interna- mente lo fodera di lana o penne. Le uova sono in numero di cinque, o sette, macchiate di grigio sudicio. ‘ AVERLA CENERINA. — LANIUS MINOR. Linn. Parti superiori cenerine; petto più o meno carnicino ; remiganti seconda- rie tutte nere. Maschio adulto. Becco nero. Vertice, occipite, cervice, sca- polari e sopraccoda color cenerino. Fronte, regione degli oc- chi e degli orecchi di color nero. Gola, gozzo, lati del collo e sottocoda bianco-nivei: petto e fianchi bianchi, con sfuma- tura di color roseo-vinato. Ali nere: base delle remiganti pri- marie bianca. Timoniere bianche e nere: la prima esterna, da ciascun lato, intieramente bianca; la seconda con lo stelo nero nella parte superiore; la terza con lo stelo ed una gran macchia nera; la quarta bianca solamente alla base ed al- l’ estremità; le altre intieramente nere. Piedi neri. Femmina. Differisce dal maschio per avere il color roseo ! Ranzani, Elementi di Zoologia, tomo III, parte VI, pag. 198. 959 ORDINE SECONDO. del petto meno vivace: la fascia nera della testa più ristretta, e le ali di color nero meno puro. Giovani. Non hanno la fronte nera, ma il pileo e tutte le altre parti superiori di color cenerino, dipinto da strie trasverse più cupe e più chiare. Le cuopritrici superiori delle ali, le timoniere e le remiganti son marginate di bianco nella cima. Il color roseo del petto non è visibile, ma invece vi è una gran quantità di piccole strie trasversali cenerine. Proporzione delle remiganti. Prima piccola; seconda sub- eguale alla terza, che è la più lunga. Averla cenerina, Lanius minor, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 96. Sinonimia. — Lanius minor, Gmel. S. N. (1788), I, p. 308. — Lanius etalicus, Lath. Ind. (1790), I, p. 74, — Lanius vigil, Pall. Zoogr. j1841-1834), I, p. 403. — Lanius minor, Temm. Man., 12 parte (1820), p. 144, e 32 parte (1835), p. 84. — Enneoctonus italicus, Bp. Rev. Zool. (1853), p. 438. — Lanius minor, Degl. et Ger. (1867), 1, p. 224. Ficure. — Buff., PI. enl. 32, f, 4. Nomi voLcari Toscani. — Agassella, Verla gazzina o Ghierla gazzina (Pisano). Velia cenerina (Fiorentino). Castorchia o Castrica tramontana (Senese). Guaia (Volterrano). Nomi voLGARI sTRANIERI. — Franc. Pie-Griéche d’Italie. Ingl. The lesser grey Shrike. Ted. Der schwartzstirniger Wiirger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 224; apertura del becco, 0”, 018; tarso, 0n, 024; coda, 0, 088. Costumi. — Arriva in aprile, parte in settembre. Abita gli alberi alti che son vicini ai prati o ai campi. Di rado assale gli uccelletti o i piccoli mammiferi, cibasi quasi esclusiva- mente d’ insetti. Propagazione. Il suo nido ha le pareti molto grosse, for- mate quasi sempre con rami di piante erbacee, come trifogli, crepidi, lupini, ec., che l'uccello ha colti a bella posta: inter- namente è foderato di sottili fusti di graminacee. Contiene cinque o sei uova piuttosto bislunghe, di color celestognolo chiaro, con larghe macchie cenerine, particolarmente sul- l'estremità più ottusa. UCCELLI SILVANI. 933 Gruppo II. — LE CASTRICHE. (Gen. ENNEOCTONUS Bose.) Colori dominanti: fulvo castagno, nero e bianco. AVERLA CAPIROSSA. — LANIUS RUFUS. Briss. Fronte nera; vertice, occipite e cervice fulvo-castagni (adulti); scapolari, piccole cuopritrici delle ali e sopraccoda di color bianco, con macchie brune semilunari (giovani). Adulti. Becco bruno-nero. Vertice, occipite e cervice d’ un bel color fulvo-castagno vivace. Fronte di color nero, il qual colore si estende sui lati del collo fin quasi all’ origine delle ali, cireondando gli occhi e ricuoprendo gli orecchi. Due macchie bianche sopra la base del becco. Penne della schiena nere, con sottilissimo margine fulvo. Tutte le penne delle ali son nere, con un sottil margine ceciato. Base delle remiganti primarie bianca. Timoniere con la base bianca: la prima ha di questo colore anche il margine esterno, e la cima; nelle seconde, terze e quarte, è bianca soltanto la cima. Parti infe- riori, scapolari, sopraccoda e sottocoda bianche. Piedi bruno- neri. Nora.— Il margine fulvo delle penne della schiena si osserva solo negl’ individui che han mutato le penne da poco tempo. Giovani. Differiscono assai dagli adulti. La loro testa è bianco-rossastra, striata di cenerino bruno; il dorso rossa- stro, con delle macchie semilunari nerastre e bianche. La gola e il sottocoda bianchi e senza macchie; ma tutte le altre parti inferiori, il sopraccoda e le scapolari, che sono anch'esse bianche, hanno una gran quantità di macchie semilunari bruno- . cenerine. Penne delle ali bruno-nere, marginate di biancastro e di giallo-rossastro. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre; terza e quarta eguali, e le più lunghe. Averla capirossa, Lanius rufus, Briss. Savi, Orn. Tosc., I, p. 98. Sinonimia. — Lanius rufus, Briss. Ornith. (1760), II, p. 147. — Lanius pomeranus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 302. — Lanius rutilus, EST PAR n GA È LET PRE RI TN ue RULLO PARI i LASA A LE UO o De PORCI DR Y ti don I da ta a Li } j h È VINI SESIVIETZA I Ù 934 ORDINE SECONDO. Lath. Ind. (1790), I, p. 70. — Lanius ruficeps, Retzius in: Bechst. Nat. Deutsch. (1805), II, p. 1327. — Lanius melanotus, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 238. -— Zanius rufus, Temm. Man., Aa parte (1820), p. 146. — Lanius rutilus, Temm. Man., 3* parte (1835), p. 82. — Phoneus rufus, Kaup. Nat. Syet. (1829), p. 33. — Enneoctonus rufus, Bp. B. of. Eur. (1838), p. 28. — Lanius rufus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 225. Ficure. — Buff., PI. enl. 9, f. 2, maschio; e 34, f. 1, giovane, sotto il nome di Pie-Grieche rousse de France, femmina. — Enneo- ctonus rufus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. 1, tav. 40. NomI voLGarI Toscani. — Averla o Ghierla, Vierla o Velia capi- rossa (Fiorentino). Castrica e Castorchia capirossa (Pisano). Capo rosso (Senese). Guaia rossa (Volterrano). Nomi voLGARI stTRANIERI. — Franc. La Pie-Griéche rousse. Ingl. The Wood-chat Shrike. Ted. Der rotk6pfiger Wurger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 193; apertura del becco, Om, 018; coda, 0", 074; tarso, 0", 024. Costumi. — Non è tanto comune quanto la specie prece- dente, ed abita luoghi più selvaggi. Propagazione. Si trova poca differenza fra il nido di questo Lanius, e quello del Larius collurio. Press’ a poco lo costruisce nei medesimi luoghi, adoprando 1 medesimi materiali. Le uova variano per il colore del fondo, che ora è celestognolo, ora rossastro; e per la disposizione e numero delle macchie, che ora son disposte a corona, ora occupano tutta la estremità più ottusa. AVERLA PICCOLA. — LANIUS COLLURIO. Linn. Pileo, cervice e groppone cenerini; dorso e scapolari castagno-giallastri (maschio adulto); parti superiori grigio*castagne, più o meno striate di bruno trasversalmente (femmina e giovane). Maschio adulto. Becco nero. Pileo, cervice e sopraccoda di. color cenerino: la cervice è d’ un colore un poco più cupo, che insensibilmente s’ unisce con il castagno-fulvo della schiena e delle scapolari. Una sottil fascia nera circonda la base della mascella superiore, dipoi allargandosi cinge gli occhi e ricuo- pre le orecchie. Gola, lati del collo, parte media dell’ addome UCCELLI SILVANI. 235 e sottocoda bianche. Petto, parte superiore dell’ addome e fianchi, di un color carnicino delicato un poco tendente al- l’ametistino. Ali bruno-nere. Cuopritrici e remiganti secon- darie marginate dello stesso color castagno-fulvo del dorso. Coda con le due timoniere esterne molto più corte delle al- tre: le due medie intieramente nere, le altre con lo stelo e la cima nera, e la base bianca. Femmina. Pileo color castagno scuriccio. Cervice casta- gna tendente al cenericcio. Schiena, scapolari e piccole cuo- pritrici delle ali castagno-fulve, con qualche sottile strietta nerastra trasversa, pochissimo apparente. Fronte, redini e fa- scia sopraccigliare bianco-sudicie, macchiettate di nero. Le parti inferiori son bianche, e le penne dai lati del collo, del petto e dei fianchi han tutte una stria semilunare cenerina verso l’ estremità. Remiganti bruno-nere. Timoniere grigio- rossastre, marginate di biancastro. Giovani all’ uscir dal nido. Penne delle parti superiori di color scuriccio, terminate da un margine bianco-sudicio, che è preceduto da una lineetta nerastra. Le scapolari, le cuopri- trici delle ali e le piccole remiganti hanno questo margine, e la linea bianca che ‘lo precede, molto meglio visibili. Proporzioni delle remiganti. Prima piccola; seconda sub- eguale alla quinta; terza e quarta le maggiori. Averla piccola, Lanîus collurio, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p.100. SinoniMia. — Lanius collurio, Linn. S. N. (1766), I, p. 136. — Lanrus spinitorquus, Bechst. Nat. Deutsch. (1805), II, p. 1335. — Lanius collurio, Temm. Man., 4? parte (1820), p. 147. — Lanius col- luris, Temm. Man., 3* parte (1835), p. 82. — Enneoctonus collurio, Boie, Isis (1826), p. 973. — Lanius dumetorum, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 234. — Lanius collurio, Degl. et Ger. (1867), I, p. 228. Ficure. — Boff., PI. enl. 34, fig. 2. — Enneoctonus collurio, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-4870), vol. II, tav. 59. Nomt voLcaRrI Toscani. — Averla, Ghierla, o Verla scopina o piccola (Pisano). Velia piccola (Fiorentino). Castrica o Castorchia bigiarella (Senese). Guaia piccola (Volterrano). Nomi voLGariI straNIERI. — Franc. La Pie-Griéche Ecorcheur. Ingl. The red-baked Shrike. Ted. Der rothbriichiger Wurger. la had 936 ORDINE SECONDO. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 184; coda, 09, 074; aper- tura del becco, 0", 018; tarso, 0, 024. Costumi. — È la specie più comune di tutte. Arriva e parte presso a poco nel tempo medesimo dell’ altre Velie. Abita nei boschi, nelle macchie, nelle filate d’ alberi che cin- gono i campi, nei giardini, in tutti iluoghi in somma ove sono alberi o macchioni. Benchè sia la più piccola di questo genere, in coraggio non la cede ad alcun altro Lanîus: assale spesso i piccoli uccelletti, come Capinere, Sterpazzole, ec:, mentre son nel loro nido, e ne divora le uova e i figli. Ha poi la singolare abitudine d’infilare gl’ insetti che prende, dopo essersi sa- ziata, nelle spine delle varie specie d’ arbusti che crescono ove ha preso stanza: le specie affricane, che hanno il medesimo costume, dicesi che, se non trovano spine ove infiggere le loro prede, le fissano, cacciando la testa delle medesime nelle strette biforcazioni di ramoscelli. Secondo il Bettoni, dai primi di settembre in poi, sì ciba ancora di bacche, semi di ce- reali, ec. Propagazione. Il nido lo fa indistintamente e sugli alberi e nei macchioni. Per fabbricarlo adopra ciò che prima le si presenta, radici, ramoscelli di scopa, fieno, foglie, borraccina, penne, lanugini, ec. Le uova sono in numero di sel o sette, bianco-cenerine, o celestognole, con una larga corona di mac- chie bruno-rossastre dal lato più grosso. AVERLA FORESTIERA. — LANIUS MERIDIONALIS. Temm. Parti superiori cenerino-cupe: petto più o meno carnicino: base delle re- miganti secondarie bianca. Maschio adulto. Becco nero. Pileo, cervice, dorso, scapo- lari e groppone color cenerino cupissimo: una larga fascia. nera passa sotto gli occhi, e copre l’orifizio degli orecchi. Gola bianco-carnicina vinata: tutte le altre parti inferiori d’ un vinato un poco cenerino, che si sfuma e s’ unisce sui fianchi e sulle cosce ad un color cenerino cupo. Origine delle remi- ganti ed estremità delle penne secondarie candide. Le quattro UCCELLI SILVANI. 937 timoniere medie tutte nere, le due esterne bianche, la terza nera verso lo stelo, la quarta terminata da un grande spazio bianco. Femmina. Ha le parti superiori di color cenerino cupo, ma sempre più chiare di quelle del maschio: le parti inferiori anche più tendenti al cenerino, e con delle linee a mezza luna che marginano tutte le penne: la fascia, che'si estende sulle orecchie, non è d’ un nero tanto puro. Averla forestiera, Lanius meridionalis, Temm. Savi, Orn. Tosc., I, p. 102. SinoniMia. — Lanius meridionalis, Temm. Man., 42 parte (1820), p. 143, e 3° parte (1835), p. 80. — Lanius meridionalis, Deg]. et Ger. (1867), I, p. 223. Ficure. — Temm. et Laug., PI. col. 143. Nowmr voLGARI STRANIERI. — Pie-Griéche méridionale. Dimensioni. — Lunghezza totale: Om, 242. Costumi. — Temminck è stato il primo a descrivere que- sta specie: egli dice che è propria della Dalmazia, della Fran- cia meridionale, di Spagna lungo il Mediterraneo, e dell’Italia meridionale; ma fino ad ora io non l’ ho mai trovata in To- scana. Il principe Carlo Bonaparte ne trovò un individuo nelle vicinanze di Roma. Durazzo dice che a quando a quando tro- vasi nel Genovesato. Trovasi ancora non di rado in Provenza. 2° Genere. — TELEPHONUS. Swainson. Becco lungo quanto la testa. Mascella inferiore con l’ apice un poco curvo in alto. Narici aperte verso la metà del becco, nude. Becco lungo, compresso, con spigolo attondato: margine un poco adunco, decisamente dentato. Mascella inferiore con apice rivolto in alto. Narici aperte verso la metà del becco, nude: le penne della fronte s’ avanzano da ogni lato dello spi- golo del becco fino alle narici, perciò molto in avanti. Tarso scudettato, molto più lungo del dito medio. Coda grande qua- 938 ORDINE SECONDO. drata. Remiganti: la prima mediocre, la quarta e la quinta le più lunghe. Nora. — Questo genere, formato da varie specie esotiche, ne contiene una sola europea, e propria delle parti più meridionali. * AVERLA DI SPAGNA. — TELEPHON US TSCHAGRA. Boie ex Le Vail. Pileo nero; parti superiori di colore scuro terra d’ ombra; cuopritrici delle ali fulvo-accese; scapolari con grandi macchie nere; timoniere con gran macchia bianca verso la cima. Pileo nero: una lunga fascia bianca anteriormente, bian- castra posteriormente, che parte dalla base del becco, passa sopra gli occhi e termina all’ occipite; al di sotto di questa, una larga fascia nera, che parte dal becco, giunge all’ occhio, e che dall’ occhio va’ fino all’ occipite. Parti superiori scuro- marrone. Lati della testa, del collo e petto di color cenerino- seuriccio, che sui fianchi passa di più al cinereo: gola ed addome inferiore bianchicci. Ali fulvo-rossicce accese: le sca- polari son nere, marginate dal lato esterno dello stesso color fulvo. Remiganti scuro-nere, col margine esterno del solito color fulvo. Timoniere: le due medie nero-scure, le altre nere con l’ estremità bianca; l’ esterna da ciascun lato è anche marginata di bianco. Sinonimia. — Pomatorhynchus tschagra, Boie, Isis (1826), p. 973. — Telephonus erythropterus, Swains. — Classif. of Birds. (1837), II, p. 219. — Lanius cucullatus, Temm. Man., 4* parte (1840), p. 600. — Lanius tschagra, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 21.— Telephonus tscha- gra, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 8. — Telephonus tschagra, Degl. et Ger. (1867), I, p. 230. | Ficure. — Le Vaill., Ois. d’Afr., pl. ‘70, sotto il nome di 7schagra. Nomi voLgari sTRANIERI. — Franc. Téléephone tschagra. Dimensioni. — Lunghezza totale: Om, 25 a 26. Costumi. — Trovasi nella Spagna, in Andalusia. Dicesi che accidentalmente comparisca ancora nella parte occiden- tale della Francia: abbonda nell’ Affrica, specialmente al Se- negal; ma è comune ancora in Barberia. Il Museo di Pisa ne UCCELLI SILVANI. 939 ha due individui ricevuti da Tripoli. Non mi è noto che fino ad ora siasi veduta in Italia. Per altro, essendo probabile che dalle prossime spiagge barbaresche prima o dopo qualche in- dividuo ne arrivi in Sicilia, o nelle altre nostre provincie più meridiane, per ciò ho creduto conveniente darne la definizione. I suoi costumi son molto analoghi a quelli delle nostre Averde. Propagazione. Dice il Beyland che partorisce da cinque a sette uova, molto analoghe per la forma, volume e colori a quelle del Lanius meridionalis. SECONDA TRIBÙ. I CALLICROMI. — CALLICHROMI. Becco subeguale alla testa, grosso, subconico, com- presso, acuminato, subadunco, non intaccato. Apice della mascella inferiore un poco piegato in basso. Narici nude. Lingua lacerata. Gambe vestite di penne. Diti tre in avanti, uno in dietro. Prima remigante una delle più lunghe. Nota. — Nell’ Ornitologia Toscana, parlando del genere Coracias, l’unico europeo dal quale sia composta la presente tribù, esposi le seguenti osservazioni, le quali qui riporto, non perchè abbiano an- cora adesso l’importanza che allora avevano, ma per servire alla storia degli studii ornitologici: « Il genere Coracias, l’unico di questa tribù, fra i nostri, è » Stato da tutti i Naturalisti posto in quella de’ Corvi: ma, a parer » mio, egli sicuramente ne differisce tanto per le forme e per i co- » stumi, da dover esserne separato. In quanto alle forme, la diffe- » renza più essenziale consiste: nelle narici e nella lingua. La Co- » racias ha narici scoperte, ed i Corvi le hanno coperte di penne » rigide, e rivolte in avanti; essa ha la lingua scariosa e lacera, ed » i Corvì l’ hanno scarioso-cornea e bifida. Questi caratteri, essendo 2940 ORDINE SECONDO. » dei primarii nella famiglia degli Onnivori, sono sicuramente anche » in questa de’ Callicromi (che così ho chiamata per motivo de’ suoi » bei colori) di gran valore. Per i costumi poi non v'è fra queste » due razze nessuna somiglianza. Le Coracias sono assolutamente » insettivore, e non onnivore come i Corvî. » Attualmente son ben pochi gl’Ornitologi, i quali continuino l’an-. tico improprio ravvicinamento delle Coracias ‘con i Corvi: tutti o quasi tutti gli Ornitologi si son convinti dell’ etereogenità esistente fra questi uccelli; ma, per altro, son ben lontani d’assegnar loro uni- formemente lo stesso posto. Così il principe Bonaparte, nel 1842, gli riunì ai Rigogoli. Giorgio Rob. Gray, nel 18441, li pose fra le Rondini e gl’Eurilami; e lo stesso fece, nel 1855, Iohn Edward Gray: Barthé- lemy, nel 4859, li classò fra i Caprimulgidi e i Meropidei; e Salvadori, nel 1864, fra i Cuculidi e le Alcedini; e nel 1867, Degland e Gerbé, guidati dalla struttura de’ loro piedi, li posero fra i Sindattili, per cui gl’ unirono alle Meropî ed alle Alcedini. Io, basandomi sul loro regi- me e sulla maniera di cacciare, come anche sulla forma del becco, lingua, ec., credo non aver ragioni sufficienti per toglierli dal luogo ove li posi fino dal 4827. Gostumi. — Non si nutriscono che di grossi insetti, a cui fan la caccia appunto come i Lanius, aspettandoli paziente- mente posati sopra qualche albero o arbusto. Unica Famiglia. — CORACIDEI. Der Rot. 3° Genere. — CORACTIAS. Linn. Becco subeguale alla testa, subconico, grosso alla base, compresso, appuntato, leggermente curvo. Mascella superiore col margine intiero, e l’ apice un poco adunco: quello della mascella inferiore leg- germente piegato in basso, e fatto a doccia. Lingua scariosa, aguzza e lacera. Narici basilari, laterali, bislunghe, nude, semichiuse da una membrana vestita dalle penne della fronte. Tarso scudettato da squame sensibilmente imbri- 1 cate, più corto del dito medio. RRAARIL TI. ù pi UCCELLI SILVANI. 941 Diti tre davanti, uno di dietro; gli anteriori intiera- mente divisi. Unghie mediocri, poco adunche, compresse. Coda piuttosto grande, troncata, di dodici timoniere. Ali mediocri: prima remigante subeguale alla se- conda e alla terza, che sono le più lunghe. Costumi. — Abitano nell’ interno delle grandi boscaglie o sul loro confine. Gl’ insetti sono il loro cibo quasi esclusivo. Hanno un naturale selvaggio, e difficilissimamente si addo- mesticano. Nidificano nei tronchi degli alberi. La nostra spe- cie europea emigra. Poca differenza vi è fra gl’individui di varia età, o di vario sesso. GHIANDAIA MARINA. — CORACIAS GARRULA. Linn. Testa, collo, addome e grandi cuopritrici di color verde-mare; dorso e scapolari color di nocciòla; remiganti inferiormente azzurre. Adulti. Becco nerastro. Iride grigio-castagna. Testa, collo, petto, addome, fianchi e sottocoda di color verde-mare. Fronte e gola biancastre. Dorso e scapolari color di nocciòla cupo. Groppone e parte media del sopraccoda color violetto ae Piccole cuopritrici e parte inferiore delle remiganti n color d’azzurro oltremare. Medie e grandi cuopritrici color qua verde-mare fosco. Remiganti della parte superiore di color gfareo nero cangiante in violetto, con la base verde-mare, dalla parte - inferiore violette. Coda troncata: la timoniera esterna da cia- scun lato appuntata ed un poco più larga delle altre; le due medie di color verdone cupo; le altre azzurre alla base, verde- mare verso la cima; lo stelo nero: le due esterne hanno nera anche la punta. Piedi giallastri. Giovani. Hanno la testa, il collo e il petto di color verde- mare tendente al giallastro: le scapolari e il dorso color di A nocciòla smorto; groppone, sopraccoda e coda verde-mare fosco. Le timoniere esterne son più corte delle altre, e senza Ornitologia italiana. — 1. 16 949 ORDINE SECONDO. la punta nera; e la massima parte delle piccole cuopritrici son color verde-mare. Ghiandaia marina, Coracias garrula, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 104. Sinonimia. — Coracias garrula, Linn. S. N. (1766), I, p. 159. — Galgulus garrulus, Vieill. N. Dict. (1819), XXIX, p. 428. — Co- racias garrula, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 127, e 3* parte (1835), p. 72. — Coracias garrula, Degl. et Ger. (1857), I, p. 169. Now voLgari stRANIERI. — Franc. Le Rollier. Ingl. The Roller. Ted. Die blau Racke. Dimensioni, — Lunghezza totale: 0m, 35; apertura del becco, Om, 044; tarso, 0m, 022. Costumi. Questo bellissimo uccello è di passo acciden- tale in Toscana. Si sta più e più anni senza vederne, poi in alcuni ne comparisce, ed anche abbondantemente. Nell’ aprile del 1824, un sol giorno, ne vidi diversi sopra i cotoni della Bandita di San Rossore, e nell’ agosto dell’anno medesimo ri- comparvero, e molti ne furono presi in tutte le nostre mac- chie. Quanti a me ne furono portati, tutti erano giovani. D’al- lora in poi, in quella stagione, non se ne è veduto più alcuno. I luoghi ove si trovavano erano il margine dei boschi, o sulle praterìe, o sui cotoni, o nelle lame asciutte: stavano posati sui macchioni, o sugli alberetti, dai quali si slanciavano so- pra gl’insetti che vedevano. Frequente è nel Grossetano ed Orbetellano, ove mi assicurano che non di rado cova: fre- quentissimo nel Romano, ove egualmente cova ogni anno. In Sicilia vi arriva periodicamente nell’ aprile, e ne parte in set- tembre, e là ancora nidifica. Secondo l’ asserzione d’ alcuni Ornitologi, qualche volta mangia anche piccoli rettili, e par- ticolarmente Ranocchi: io per altro, come dissi, trovai costan- temente nel suo stomaco degl’ insetti. È comune in Germania e in Svezia, di dove ogni anno emigra per andare a svernare ‘| nella Barberia e nel Senegal. Propagazione. Le uova sono da quattro a sette per covata, bianche e lustre; il loro nido è grossolano e fatto di erbe: e lo fabbricano nei tronchi vuoti degli alberi, nelle buche dei massi de’ monti scoscesi ed anche ne’ vecchi edifici. Il barone UCCELLI SILVANI. 243 Selys de Longchamps ne vide uno fabbricato fra i membri di una cornice d’ un tempio di Pesto. Caccia. Quasi tutti si prendono nel Pisano alle gabbiuzze o agli archetti, ove per esca si pone una Cavalletta; le tese si fanno lungo il margine de’ boschi. Anche la maniera di farne la caccia prova il loro naturale insettivoro, e la loro affinità con le Averle. TERZA TRIBÙ. GLI ONNIVORI. — CORACES. Becco conico, grosso, o intiero o debolmente intac- cato, appuntato. Narici coperte da penne folte e rigide, voltate in avanti. Lingua bifida. Gambe vestite di penne. Diti tre in avanti, e uno indietro. Costumi. — Sono onnivori: tutti cibansi d’ insetti, frutti e semi, ed alcuni ve ne sono che mangiano a preferenza le carni in putrefazione. Alcuni ancora assalgono e s’ impadroni- scono de’ giovani uccelli, e tutti sono ghiottissimi delle uova: nel mangiare adoprano spesso le zampe perimpugnare e rite- nere quei corpi che vogliono rompere col becco. Hanno il co- stume di nascondere il superfluo degli alimenti. Alcune specie emigrano. Son furbi al massimo segno: petulanti, coraggiosi e chiacchieroni, continuamente gridano e si bisticciano tra loro, combattono con gli altri uccelli, gl’inquietano e gli scacciano dal loro vicinato. S' adattano bene alla domesticità. Nidificano o sugli alberi o fra i massi: le loro uova son di color verda- stro, macchiate di scuriccio. DA: ORDINE SECONDO. 4° Famiglia. — I CORVIDEI. Dr Corvi. Becco diritto, non intaccato. Tarso coperto da molte squame d’eguale altezza. Coda mediocre, troncata. Color dominante nero, o nero cangiante; in alcuni unito al cinereo.. Costumi. — Vivono nelle pianure, e sui monti non troppo alti. Amano, i più, le carni delle carogne, di zz in Di ) De 4° Genere. — CORVUS. Linn. Becco conico, più lungo o subeguale alla testa, non intaccato, leggermente curvo in basso alla cima. Narici ovato-attondate, nascoste da pennuzze assai lunghe, rigide, pettinate. UCCELLI SILVANI. 945 Lingua corneo-scariosa, lanceolata, bifida. Tarso scudettato, eguale al dito medio, forte. Unghie assai forti, subovate. Coda piuttosto grande, troncata. Remiganti: la terza e la quarta son le più lunghe; la prima della forma ordinaria. CORVO IMPERIALE. — CORVUS CORAX., Linn. Nero violetto; becco più lungo della testa, fatto a volta, con apice sub- adunco; coda cuneata: seconda remigante più lunga della sesta. Becco nero, grosso, tondeggiante superiormente. Apice della mascella superiore un poco rivolto in basso. Iride nera- stra. Tutte le penne di color nero, cangianti leggermente in violetto od in porporino. Ali poco più corte della coda. Coda grande, cuneata. Piedi neri. Proporzione delle remiganti. Prima di mediocre lunghezza; seconda più lunga della sesta; terza e quinta subeguali alla quarta; la terza è la più lunga di tutte. Corvo imperiale, Corvus corax, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 412. Sinonimia. — Corvus corax, Linn. S. N. (1766), I, p. 155. — Corvus borealis albus, Briss. Ornith. (1760), VI, suppl. p. 33. — Cor- ‘ vus maximus, Scopoli. Ann. I, Hist. Nat. (1769), p.34.— Corvus corax, var. d. Gmel. S. N. (1788), I, p. 364. — Corvus leucophaeus, Vieill. N. Dict. (1817), VII, p. 27. — Corvus corax, Temm. Man., 4* parte (1820), p. 107, e 3* parte (1835), p. 56. — Corvus leucomelas, Wagl. Syst. Avium (1827), g. corvus, p. 4. — Corvus corax, Degl. et Ger. (1867), I, p. 196. Fieure. — Gould. Birds of. Eur., pl. 220. — Vieill. Gal. des Ois. (1820), pl. 100. Nomr voLcariI sTRANIERI. — Franc. Le Corbeau ordinaire. Ing]. The Raven, Ted. Die grosse Kréhe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 642; coda, 0®, 235; aper- tura del becco, 0, 7; tarso 0®, 069. Costumi. — Vivono questi Corvî sulle alte montagne, ma non molti ce ne sono in Toscana. Se ne trovano, a mia noti- alimaeT è 246 ORDINE SECONDO. zia, sulle punte degli Appennini della Garfagnana, sopra i monti più alti del Mugello, e varie coppie ne ho vedute sulle erte cime del Monte Argentaro, e nelle vicinanze dell’ antica Populonia. Sono. stazionari: d’ estate e d’ inverno dimorano nei medesimi luoghi, ma essendo muniti di ali fortissime, estendono molto le loro escursioni. In grazia della vista po- tente e dell’ odorato squisito, di cui son dotati, scuoprono da grandi distanze i cadaveri, cibo per essi il più diletto: e se trovano qualche animale languente, qualche Pecora o Capra malata, non stanno ad aspettarne la morte, ma immediata- mente cominciano a lacerarla, e gli occhi son quasi sempre la prima parte che attaccano. Le uova, i pesci rigettati dal mare, o galleggianti sui paduli, e le frutta, piacciono loro moltissimo. Assalgono e uccidono i piccoli quadrupedi, come Leprotti, Topi, ec.; gli uccelli di nido, i GaMWetti, gli Starnotti, ec. Hanno un coraggio proporzionato alla loro forza, e come tutti i loro congeneri, essendo petulantissimi, spesso combattono fra loro: combattono ancora sovente con i Falchi, ed allora ascendono nell’ aria ad altezze grandissime, giacchè ognuno de’ combattenti cerca di ferire l’ avversario dall’ alto. Hanno la voce forte, ma fioca, e volando ripetono quasi sempre cran cran, e nel tempo degli amori clang clang. Presi giovani, si ad- domesticano con la più gran facilità, ed imparano anche a parlare: divengono bensì audacissimi, beccano le gambe di tutti quei che non conoscono, o che gl’ inquietano, assalgono 1 Cani, e non di rado ne hanno accecati. Propagazione. Nidificano per il solito nelle buche o nei massi sporgenti di qualche costa dirupata; alcune volte an- cora sopra alberi alti. Le uova sono verdastre, macchiate di nerastro, in numero di quattro o sei. CORNACCHIA NERA. — CORVUS CORONE. Linn. Nero cangiante; becco subeguale alla testa, fatto a vòlta, con apice sub- adunco; coda rotondata: seconda remigante più corta della sesta. Becco mediocre, nero, un poco rigonfio, e rotondeggiante verso la cima. Mascella superiore con la pùnta un poco rivolta in basso. Iride color di nocciola, Tutte Je penne di color nero n LA Fe al LIV 1 SUE tia A UCCELLI SILVANI. 247 cangiante in violetto, o in porporino. Coda rotondata, poco più lunga delle ali. Piedi neri. ; Proporzione delle remiganti. Prima corta; seconda più 4 i corta della sesta; terza più corta della quinta; quarta poco i più lunga della quinta, e la più lunga di tutte. » Cornacchia nera, Corvus corone, Linn. Savi, Ornit. Tosc., I, p. 114. Sinonimia. — Corvus corone, Linn. S. N. (1766), I, p. 155. — Corvus corone, Temm. Man., 1? parte (1826), p. 108, e 3* parte (1835), p. 58. — Corvus corone, Degl. et Ger. (1867), I, p. 199. Ficure. — Buff., PI. enl. 495, sotto il nome di Corbeau. Nomi voLcari strANIERI. — Franc. La Corneille noire, ou Cor- bime. Ingl. The Carrion Crow. Ted. Die Rabenkràhe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 485; coda, 0, 175; aper- tura del becco, 0, 058; tarso, 0, 058. Nota. — Tra questa specie e la seguente (Corvus cornix) vi sono nelle forme tali somiglianze che, se si sopprimesse la diversità del colore, non sarebbe possibile distinguere l’ una dall’altra. Siccome in varii paesi si trovano anche viventi unite nel medesimo branco, perciò è opinione d’alcuni Naturalisti non esser questi uccelli altro che sem- plici varietà d’ una specie medesima. Di più, spesso trovansi degli individui che per il loro colore sembrano dare una forza grande ad una tale ipotesi, essendo dalla parte di sopra come la Cornacchia nera, dalla parte di sotto come la bigia, o viceversa. Temminck, il quale ammette le due specie, considera questi individui dubbi come ibridi, provenienti dall'unione del Corvus corone col Corvus cornix. Una di queste varietà l’ ho trovata nelle vicinanze di Pisa; un’altra mi fu favorita dal prof. Bonelli. Siccome la Cornacchia nera è raris- sima in Toscana, io non sono in stato di decidere questo dubbio, giacchè punto ne conosco, per propria esperienza, i costumi. Mi basta dunque d’ avere indicato le diverse opinioni che si hanno sopra il Corvus corone e Corvus cornix, per determinare gli studiosi d’Orni- tologia a dirigere le loro osservazioni sopra un tal soggetto affine di schiarirlo. Costumi. — ] costumi della Cornacchia nera son gli stessi di quelli della digia: come quella è stazionaria, e al par di quella seguita i bestiami, si ciba d’ insetti, semi, carogne, ec. È comunissima, secondo Temminck, nell’ Europa occidentale, In Toscana è rarissima. URTO NERE AS E GORE E PRO TSI PIPFTORIRATI N DI Vie n SERIA la SOI UA RI E 248 ORDINE SECONDO. Propagazione. Nidifica sugli alberi di mediocre altezza. Il nido è fatto esternamente con stecchi, spine intralciate, ec., tutto assodato da mota o da sterco di cavallo; internamente è foderato da uno strato di rami sottili. Contiene cinque o sei uova verdi-celestognole, con un gran numero di macchie scure. CORNACCHIA BIGIA. — CORVUS CORNIX. Linn. Dorso e addome cenerino; testa, davanti del collo, ali e coda di color nero cangiante; becco con apice subadunco; seconda remigante più corta della sesta. Adulti. Becco nero: estremità della mascella superiore leggermente adunca. Testa, gola, parte media del gozzo e del petto, ali e coda, di color nero cangiante in violetto e in por- porino. Le penne di tutte le altre parti son di color bigio, con lo stelo nero. Coda leggermente rotondata. Penne del collo del piede nere. Piedi neri. I giovani all’ uscir dal nido differiscono dagli adulti per aver tutta la cervice di color nero; il quale colore sì unisce a grado a grado, sfumandosi col bigio del dorso. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre; seconda più corta della sesta; quarta poco più lunga della quinta, e più lunga di tutte. Cornacchia bigia, Corvus cornix, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 115. Sinonimia. — Corvus cornix, Linn. S. N. (1766), I, p. 156. — Cornia cinerea, Briss. Ornith.(1760), II, p. 19. — Corvus cornix, Temm. Man., 1° parte (1820), p.109, e 32 parte (1835), p.59. — Corone cornix, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 99. — Corvus cornix, Degl. et Ger. (1867), I, p. 200. Ficure. — Buff., PI. enl. 76, sotto il nome di Corneille mante- lée. — Corvus cornix, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lom- bardia (1868-1870), vol. II, tav. 55. Nomi vocgari toscani. — Cornacchia (Pisano, Fiorentino). Mu- lacchia (Fiorentino). Nomi voLcari STRANIERI. — Franc. La Corneille mantelee. Ingl. The Hooded Crow. Ted. Die Nebelkràhe. 1 Vieillot, art. Cornezle noire, dans le Nouveau Dictionnaire d’ Histoire Natu- relle. ( IAA 1 GRAM Pete AR IITALIT VEST I ICE t) UCCELLI SILVANI. 249 Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 505; coda, 0», 184; tarso, 0%, 054; apertura del becco, 0", 054. x è parte di Toscana ove non si tro- vino le Cornacchie bigie. Esse vivono ordinariamente coppia per coppia; ma nell’ estate, poco dopo che i figli sono volati dal nido, veggonsi riunite in branchi, ed anche numerosi: sono onnivore come le Cornacchie nere ed i Corvi imperiali. Accor- rono ovunque son cadaveri, e spesso ne disputano il possesso anche ad altri uccelli. Seguitano i bestiami, e stan quasi sem- pre beccando intorno di essi, e nel loro sterco. Non spari- scono mai di Toscana. Propagazione. Fanno il nido sopra gli alberi alti e ben fronzuti; scelgono per il solito quelli che sono in mezzo ai prati ed agli stagni, o sul margine de’ boschi. Lo fabbricano con stecchi intralciati, e l' assodano con mota. Partoriscono quattro o sei uova verdastre, macchiettate di scuro-rossiccio. Costumi. — Non vi i C. ) by yi do 1) I, sb a —2 > vo: x; Ho ami AG 8 = TA = A STINO SZ, SNSZIÒ LEMNT7, SE SUN CORVO REALE. — CORVUS FRUGILEGUS. Linn. Nero cangiante; becco conico, poco più lungo della testa, compresso verso l’ apice, acuminato, non adunco ; coda rotondata; seconda re- migante più lunga della sesta. Adulti. Becco nero, appuntato, compresso verso la cima. Mascella superiore con la punta acuta, e non rivolta in basso. 950 ORDINE SECONDO. Iride nera. La fronte, le gote e la gola di color grigio-ceneri- no, senza penne, ma solo con gli avanzi de’ loro steli consu- mati. Tutte le penne di color nero lucido cangiante in violetto. Coda leggermente rotondata. Piedi e unghie nere. | Giovani. Hanno la base del becco, la fronte, le gote e la gola coperta di penne e setole come le altre specie. Proporzione delle remiganti. Prima di mediocre lunghezza; seconda più corta della quinta; terza subeguale alla quarta, e la più lunga di tutte. Corvo nero, Corvus frugilegus, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 147. Sinonimia. — Corvus frugilegus, Linn. S. N. (1766), I, p. 156. — Cornix frugilega, Briss. Ornith. (1760), II, p. 16. — Corvus fru- gilegus, Temm. Man., 4° parte (1820), p. 110, e 3° parte (1835), p. 59. — Corvus agrorum, granorum et advena, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1834), p. 170 e 171. — Colaeus frugilegus, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 114. — Corvus frugilegus, Degl. et Ger. (1867), p. 201. Ficure. — Bufîf., PI. enl. 484 e 483, giovane, sotto il nome di Corneille. Nomi voLGari Toscani. — Corvo, Corvo nero (Pisano). Corvo, Cornacchia nera (Fiorentino). Nomi voLGaRrI sTRANIERI. — Franc. Le Freux, ou Frayonne. Ingl. The Rook. Ted. Die Saakriihe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 505; coda, 0%, 175; aper- tura del becco, 0”, 064; tarso, 0, 064. Costumi. — Durante l’ estate non si vede in Toscana ner pur uno di questi Corvi. Nel novembre cominciano ad arrivare | | a branchi, e ben presto una così gran quantità se ne stabili- / sce nelle nostre pianure, che a nuvole vedonsi traversare per l’aria, e degli interi prati e campi ne divengono nereggianti. Tutto il tempo che restano fra noi, cioè fin all’ aprile, restano uniti in branchi, e pure in branchi ritornano verso il Setten- trione. Nel giorno pascolano per i prati e per i colti, cercando sul suolo le larve, i semi, le radici farinose, ec.; e siccome han l’abitudine di raspare e di cacciare in terra continuamente, non solo il becco, ma ancora una parte della testa, perciò quelle penne che la rivestono si consumano, e danno in tal modo origine al carattere da me sopra indicato per distinguere gli % ta ivi cirie i IA e E RL li UCCELLI SILVANI. 951 adulti dai giovani. Essi non si gettano mai sui cadaveri, come molti degli altri Corvî, perciò la loro carne è piuttosto piace- vole, ed è mangiata dal basso popolo senza il ribrezzo che ha per quella delle Cornacchie e del Corvo imperiale. Sono i Corvi neri estremamente dannosi all’ agricoltura, giacchè, razzolando nel campi, mangiano gran parte del seme che vi era stato gettato; e se qualcuno de’ loro immensi branchi si posa sopra un oliveto, in pochissimo tempo quegli alberi rimangono quasi affatto spogliati de’ loro frutti. Perciò nell’ epoca della sementa delle fave, che accade quando essi son già arrivati, e nel- l’ epoca della raccolta delle olive, è necessaria una continua vigilanza per liberarsi dalle rapine di questi arditi ladroni. La grandissima furberìa, di cui son dotati, li sottrae quasi sem- pre alle insidie che Ioro si tendono. I lacci, le reti, le stiacce, benchè nascoste e mascherate con tutta la cura, son da essi conosciute a prima vista, ed è impossibile con queste pren- derne neppure uno. Vanno quasi fra i piedi de’ vangatori, ap- pena si scansano per lasciar passare i barocci e i viandanti; ma se comparisce qualcuno armato di fucile, non è anche giunto alla distanza di due tiri, che quel Corvo incaricato di sorvegliare alla sicurezza dei compagni, dà un grido d’ avviso, al quale tutti subito prendon la fuga. Sembrerà forse strano ed incredibile che degli uccelli abbiano una previdenza sì grande da determinare uno di loro a stare in osservazione, mentre gli altri pascolano; ma non vi è fatto più certo di que- sto, e che più facilmente si possa verificare: ognuno de’ no- stri cacciatori, ognuno de’ nostri contadini lo conosce. Se nel luogo ove è posato il branco vi è un albero, un monte di le- tame, o qualunque altro corpo prominente, lassù sta la senti- nella, che al presentarsi del minimo pericolo dà un segno d’allarme, secondo il quale o stanno i Corvi in maggiore at- tenzione, o prendono immediatamente la fuga: e la sentinella abbandona il suo posto solamente quando vede in sicurezza i compagni, che affidarono la loro vita alla di lei vigilanza. Quando il sole è vicino a tramontare, questi uccelli la- sciano i prati, i campi, gli oliveti, ove per tutto il giorno han pascolato, si uniscono in branchi più grandi, e vanno a dor- mire nel luogo che la prudenza e l’esperienza loro ha fatto riconoscere come il più sicuro, spesso anche essendo obbli- 952 ORDINE SECONDO. gati, per giungervi, di fare un tragitto assai lungo. Se vi è un gruppo d’ alberi in mezzo ad uno stagno, o sui massi di diffi- cile accesso, o in un parco ove sia impedita la caccia, è là che essi vanno all’ albergo. Così nella nostra pianura, poco dopo le ventitre ore italiane, se ne vedono de’ numerosi bran- chi volando ad una mediocre altezza, e che dagli oliveti dei monti di Calci, d’ Asciano, Gorliano, ec., vanno a passar la notte nella Regia Bandita di San Rossore, facendo un viaggio di sette od otto miglia. Ma là arrivati, questi uccelli sospettosi non si posano subito sull’ albero che han scelto; in silenzio, o solo facendo sentire un interrotto e sordo gracchiare, girando e rigirando, ne esaminano con tutta 1’ attenzione le vicinanze, e cercano di scoprire se qualche insidia li attende. Di già la notte è quasi arrivata, ed ancora, benchè confusamente, ve- donsi strisciare sui bosci le torme nere de’ Corvi, che sem- brano attendere l’ oscurità per fermarsi, temendo di far cono- scere ai loro nemici il ricovero che han scelto per il riposo. Propagazione. Verso il tempo degli amori, come ho detto, partono e vanno verso il Settentrione: non credo che alcuno rimanga nell’ Italia settentrionale, ma so che nessuno nidifica in Toscana. Nidificano in Germania, in Francia, in Inghil- terra, ec., di dove poi arrivano a noi nell’ inverno quelle innu- merabili torme. Là, anche otto o dieci sul medesimo albero, fanno de’ nidi simili a quelli delle Cornacchie, e che conten- gono da cinque a tre uova bislunghe, verdastro-pallide, mac- chiate di cenerino-olivastro, o di scuro. ‘ Caccia. Se ne uccide nel Pisano un gran numero, ado- prando per ingannarli uno de’ loro compagni. Avendo scelto il cacciatore un albero de’ più elevati e posto in un di quei luo- ghi, da cui sogliono passare i branchi per andare a pascolare, vi manda sopra un Corvo addomesticato, ed eisi nasconde col fucile in un capannello fabbricato con frasche, accanto al tronco 0 a poca distanza. I Corvi che passano, vedendo uno de’ loro simili starsene a pollaio quieto e sicuro, s’ affidano a lui, ed in truppa si posano sull'albero, esponendosi così ai colpi del cacciatore. 1 Temminck, Man. d’Ornith., pag. AU. TR RA el OSAMA TALE TRL e L O) = È UCCELLI SILVANI. 953 TACCOLA. — CORVUS MONEDULA. Linn. Tronco nero-cenerino; pileo, ali e coda nero cangiante; seconda remi- gante uguale alla quinta. Becco mediocre: estremità della mascella superiore non adunca. Iride biancastra. Pileo, ali e coda di color nero can- giante in violetto, o in turchino chiaro. Occipite, cervice e lati del collo di color cenerino-sericeo , ordinariamente più chiaro verso le spalle. Dorso, scapolari, sopraccoda e tutte le parti inferiori di color nero-cenerognolo, leggermente cangiante in turchino. Piedi neri. Proporzione delle remiganti. La prima corta; seconda uguale alla quinta; terza la più lunga, e subeguale alla quarta. Taccola, Corvus monedula, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 124. Sinonimia. — Corvus monedula, Linn. S. N. (1766), T, p. 156. — Corvus monedula, Temm. Man., 4° parte (1820), p. 111, e 3a parte (1835), p. 60. — Lycos monedula, Boie, Isis. (1822), p. 551. — Co- laeus monedula, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 114. — Monedula tur- rium, arborea et septentrionalis, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (4831), p. 172 e 473. — Corvus monedula, Degl. et Ger. (1867), I, p. 202. i È __Ficure. — Buff., PI. enl. 522, giovane; 523, adulto, sotto il nome di Grolle o Choucas gris. Nomi voLGari Toscani. — Corvetto, Corvo de’ campanili (Fio- rentino, Pisano). Gracchiola (Bientinese). Cornacchiella (Vecchiano). Nomi voLgari strANIERI. — Franc. Le Chowcas. Ingl. The Jack- daw. Ted. Die Dohle. Dimensioni. — Lunghezza totale : 02, 35; coda, 0%, 129; tarso, 0”, 048; apertura del becco, 0", 037. Costumi. — Questa piccola specie di Corvo non ama molto la carne, e solo si posa sulle carogne quando vi è costretta dalla fame. Gl’ insetti, i frutti, i semi sono il suo cibo ordina- rio. Abita e nidifica nelle fabbriche elevate ed antiche, e par- ticolarmente nelle torri. Molti vivono nelle buche dell’ antica cappella della Badiola sul padule di Castiglione. La torre di È o], PUMA l. agi ANI ORA ST TINA SALA OTTO SEAN TLT NNUITICSONSEGINRANENE, RE LET 954 ORDINE SECONDO. San Piero in Grado ne è stata popolata per lungo tempo. In Pisa stessa ne visse un tempo una copiosa colonia sulla cu- pola del Battistero. Propagazione. Partorisce nelle buche da quattro a sette uova di color verde-mare, con delle macchiette nerastre e cenerine. 2° Famiglia. — GARRULIDEI. Le Gmanpa. Becco diritto, intaccato. Tarsi coperti da molte squame d’eguale altezza. Coda mediocre, troncata. Colori dominanti chiari, ed in parte anche splendidi e scuricci, con tinte fulve assai accese. Costumi. — Abitano i boschi de’ piani e de’ bassi monti, specialmente alla loro periferia: vivono ancora ne’ terreni col- tivati, ma alberati, facendo loro dimora sugli alberi delle fila- te, cioè su quelli, ai quali s' appoggiano le viti. Componesi questa famiglia dei generi Graculus e Periso- reus, e quest’ ultimo contiene una sola specie europea, ma non italiana. 5° Genere. — GARRULUS. Briss. Becco conico, ottuso in cima. Apice della mascella superiore un poco curvo in basso, leggermente intaccato. Tarsìi assai robusti. Becco conico, diritto, leggermente intaccato, più corto della testa. Narici subrotonde, nascoste da penne di mediocre lunghezza latamente pettinate. Tarso scudettato, più corto del dito medio; mediocremente forte, o piuttosto sottile. Unghie subarcuate, ovate. Coda piuttosto grande, troncata. Remiganti: la quinta e la sesta le più lunghe; seconda sub- eguale alla nona o alla decima; prima corta, di forma ordi- naria. [dI é UCCELLI SILVANI. 95 GHIANDAIA. — GARRULUS GLANDARIUS. Vieill. ex Linn. Pileo bianco grigio-rossiccio, macchiato di nero; occipite grigio-rossiccio vinato. Becco color di corno. Iride celestognola. Penne della fronte e del vertice biancastre, con una macchia nera nella punta. Lati della testa biancastri. Occipite, cervice, schiena, scapolari, lati del collo, del petto e dei fianchi, color grigio- rossiccio vinato. Le penne del vertice e dell’ occipite sono più lunghe delle altre, ed erigibili. Gola biancastra. Baffi grandi, neri. Parte media del petto e dell'addome bianco-rossiccia. Re- gione anale, sottocoda e sopraccoda di color bianco. Cuopri- trici delle ali: le esterne, cioè le grandi, medie e piccole più lontane dal corpo, celesti con strie trasversali nere; le interne nere. Remiganti primarie nere, col margine esterno bianca- stro: delle secondarie, le medie son nere, con la metà inferiore del margine esterno bianco; le altre intieramente nere, ec- cettuatane l’ ultima, che è color di cioccolata nella massima parte della sua estensione. Coda troncata, nera. Piedi e un- ghie nerastri. Proporzione delle remiganti. Prima corta; seconda più corta dell'ottava; terza più corta della settima; quarta, quinta e sesta subeguali; sesta più lunga di tutte. Ghiandaia, Corvus glandarius, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 122. Sinonimia. — Corvus glandarius, Linn. S. N. (1766), I, p. 156. — Glandarius pictus, Koch, Baier. Zool. (1816), p. 99. — Garrulus glandarius, Vieill. N. Dict. (18417), XII, p. 474. — Lanius glanda- rius, Nilss. Ornith. Suec. (1847), pars. pr., p. 76. — Corvus glanda- rius, Temm. Man., 4° parte (1820), p. 114. — Garrulus glandarius, Temm. Man., 3* parte (1835), p. 65. — Garrulus glandarius, Degl. et Ger. (1867), I, p. 245. Ficure. — Buff., PI. enl. 484. — Garrulus glandarius, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 24. ss Nomi voLgarI straNIERI. — Franc. Le Geai. Ingl. The Jay. Ted. Der Eichel-Rabe. 956 ORDINE SECONDO. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 36; coda, 0", 43; tarso, Om, 042: apertura del becco, 0%, 035. Costumi. — Le Ghiandaie si trovano in Toscana in tutte l’ epoche dell’anno, ma non so se costantemente le medesi- me, o nella medesima quantità, giacchè, secondo le osserva- zioni del Sonnini, questo è un uccello migratorio, ed ogni anno ne arriva dall’ Europa un gran numero nel Basso Egitto. Checchè ne sia, egli è uno de’ più comuni, che vive tanto in monte quanto in piano, garrulo, vivacissimo: di carattere ira- condo, spesso si batte coni suoi compagni, ed è il primo ad insultare il Barbagianni, o la Civetta, quando compariscono nel giorno. Si ciba con frutti, semi, insetti, uccelletti, piccoli mammiferi, rettili, ec. Propagazione. Nidifica sugli alberi bassi, o nei grandi mac- chioni. Il nido lo intesse con stecchi e radici; i materiali della parte interna son più sottili e più delicati. Le uova hanno un color verdastro, e son tutte finamente macchiettate di scu- riccio; sono assai più piccole di quelle di Piccione, e più ton- deggianti. Caccia. Molte Ghiandaie si prendono al chioccolo, al fru- gnolo, all’ abbeveratoio. *GHIANDAIA GRECA.— GARRULUS MELANOCEPHALUS. Gené. Pileo nero. Becco nerastro. Penne della fronte, presso al becco, bian- castre, all’ apice macchiate di color scuro-fulvo, le quali mac- chie risalendo verso il pileo incupiscono, talchè presto diven- gono nere, ed allargandosi s’ uniscono insensibilmente con quelle del pileo e dell’ occipite, le quali parti son nere, uni- colori. Penne che ricuoprono le narici biancastre, macchiate di fulviccio all’ apice, come quelle della fronte, perciò molto. più chiare che nella specie nostrale. Una larga fascia bianca- stra, tinta di fulviccio, estendesi per ogni lato dalla base del becco all’ occhio, passa sopra di questo, copre la regione auri- colare, e va a sfumarsi col grigio-rossiccio vinato de’ lati del collo. Le parti inferiori: gola, gozzo, petto, addome, fianchi e Si er ni deli Casto e te rt UCCELLI SILVANI. 957 sottocoda, son degli stessi colori che nella specie nostrale, menochè il color del gozzo, petto, fianchi e addome è più cupo, tendendo maggiormente al cenerino. Tutte le restanti parti superiori, come pure le ali e la coda, hanno la medesima co- lorazione di quella dell’ ordinaria Ghiandaia. Proporzione delle remiganti. Prima piccola; seconda sub- eguale alla nona; quarta, quinta e sesta subeguali; quinta la più lunga di tutte. Sinonimia. — Garrulus melanocephalus, Gené, Annales de la R. Académie des Sciences de Turin (1834), XXXVII, p. 293, tav. T. — Garrulus melanocephalus, Temm. Man., 4 parte (1840), p. 598. — Corvus glandarius, Var. pileo nigro, Hohenacker, Enum. Av. Sch. in Bull. Soc. Nat. de Moscou (1837), p. 1441. — Garrulus Krynicki, Kalenicz. Bull. Soc. Nat. de Moscou (1839), p. 319, pl. 14. — Gar- rulus glandarius melanocephalus, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 55 e 74. — Corvus ‘iliceti, Mus. Berolin. (De Sélys, in Litter., 1846). — Garrulus Krynicki, Degl. et Ger. (1867), I, p. 216. Ficure. — Susemihl. Eur. Vog., II, pl. 6. Nomi voLGarI stRANIERI. — Franc. Geai è calotle noire. Dimensioni. — Le stesse di quelle dell’ordinaria Ghiandaia. Nora. — Supponesi da varii Naturalisti, e non senza ragione, sia questa una vera razza, dovuta ad influenze locali, anzichè una specie distinta dalla Ghiandaia nostrale. Per altro, non avendo di ciò | niuna prova sicura, noi crediamo di dover continuare ad annoverarla come una vera specie. Costumi. -- Analoghi a quelli della specie precedente. As- segnasi per patria a quest’ uccello la Crimea, la Siria, la Gre- cia e l’ Algeria. Fino ad ora non è noto che alcun individuo ne sia stato trovato sul suolo italiano; pur nonostante ho re- putato non inutile il farlo conoscere in questo libro, giacchè, considerando la prossimità de’ paesi, ai quali esso è proprio, sembrami molto probabile che prima o dopo vi sì faccia vedere. 3° Famiglia. — PICADEI. DeLLe Gazze.. Becco diritto, leggermente intaccato. Tarso coperto da molte squame d' eguale altezza. Coda lunga, graduata. Ornitologia italiana. — I. 17 2958 ORDINE SECONDO. Colori dominanti: nero e bianco, o nero e azzurro, e cinereo. Costumi. — Vivono ne’ monti bassi, e nei piani. Non appartiene a questa famiglia chel’ unico genere Pica Briss. I 6° Genere. — PICA. Briss. ll” cp Becco conico, più corto della testa: leggermente in- taccato, e leggermente incurvato. Narici subrotonde, nascoste da pennuzze assai ma ghe, strettamente pettinate. Tarso scudettato, poco più lungo del dito medio: as- sai robusto. Unghie subarcuate, acute. Coda molto lunga, graduata nella metà estrema. Remiganti: la prima corta, acuminata, perchè forte- mente smangiata dal lato interno; la seconda subeguale alla decima; quarta subeguale alla quinta, questa la più lunga. GAZZERA. — PICA CAUDATA. Lim. Penne delle scapolari e dell'addome bianco-nivee; quelle dell’ altre parti nere, cangianti in verdone o in violetto. Becco nero, con la punta della mascella superiore legger- mente voltata in basso. Iride grigio-nera. Testa, collo, petto, schiena, sopraccoda, sottocoda e collo del piede di color nero. Le penne del vertice son cangianti in violetto. Le ultime penne del groppone cenerine. Scapolari e penne dell’ addome e dei fianchi color bianco-niveo. Cuopritrici delle ali e remiganti secondarie nere, cangianti vivacemente in violetto e-in ver- done. Remiganti primarie bianche, col lato esterno e il mar- gine superiore dell’ altro lato nero. Coda lunghissima, cunea- _ta, di color verdone, cangiante verso la punta in azzurro el in ‘ioletto. Piedi neri. = UCCELLI SILVANI. 959 Proporzione delle remiganti. Prima corta e stretta; se- conda più corta dell’ ottava; terza subeguale alla settima; quarta, quinta e sesta subeguali, e le più lunghe. Gazzera, Pica caudata, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 124. Sinonimia. — Pica caudata, Linn. S. N. (1748), 6. édit., sp. 8. — Corvus pica, Linn. S. N.(1766), I, p.157. — Pica, Briss. Ornith. (1760), II, p. 35. — Pica melanoleuca, Vieill. N. Dict. (1818), XXVI, p.120. — Corvus pica, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 113. — Garrulus picus, 3» parte (1835), p. 65. — Pica europaea, Boie, Isis (1822), p. 551. — Pica albiventris, Vieill. Faun. Fr. (1828), p.119. — Pica varia, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 54. — Pica caudata, Degl. et Ger. (1867), p. 241. Figure. — Buff., PI. enl. 488. — Pica caudata, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 101. Nomi voLcari Toscani. — Cecca, Gazzera (Fiorentino). Agassa, Agazza, Cecca (Pisano). Pica, Cecca (Senese). Nomi voLGARI STRANIERI. — Franc. La Pie. Ingl. The Magpie. Ted. Die Elster. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 467; coda, 0", 242; aper- tura del becco, 0", 037; tarso, 038. Costumi. — Vivono le Cecche appaiate, ancora fuor del tempo degli amori; e, dopo che i figli son volati dal nido, per qualche poco vanno unite in branchetti. Si cibano, come gli altri Corvi, di semi, di radici e di piccoli vertebrati; ma gl’ insetti sono il loro cibo ordinario, e perciò si vedono con- tinuamente correre sui prati fra i bestiami, e spesso si po- sano con tutta la familiarità e confidenza sul dorso delle Vac- che e de’' Cavalli per beccarvi le Zecche, i Tafani ed altri insetti parasiti, che sempre là sono in abbondanza. Nel- l’ epoca delle cove guastano gran quantità di nidiate, portan- done via le uova ed i pulcini. Propagazione. Fanno il nido sopra i più alti alberi; ester- namente è composto di radici, pagliuzze e stecchi collegati con mota; internamente è foderato di paglia e musco: la sua parte superiore è coperta da una volticella di pruni, da uno de’ lati del quale vi è un’ apertura che serve d’ingresso. Le uova sono poco più piccole di quelle di Piccione, di color verde-grigio, macchiettate di scuriccio. LOVRIBERENI. ANTO ME Pe I OE a a o alice: ee COLI pera Ne 260 ORDINE SECONDO. 4° Famiglia. — PIRROCORACIDEI. De’ GraccHI. Becco più o meno curvo. Tarso per tre quarti coperto da una sola squama. Coda mediocre, troncata. Colore dominante nero vellutato. Zampe e becco di colori vivaci. Costumi. — Vivono nelle regioni più elevate de’ monti. La famiglia contiene, fra gli Uccelli europei, il genere Pyrrho- corax Vieill., ed il genere Fregilus Cuvier. Hanno moltissima somiglianza con i Corvi, non solo per le forme, quant’ anche peri costumi: ma non ostante son do- tati di varii caratteri che dai Corvi gli allontanano, avvicinan- doli agli uccelli della famiglia de’ Canori e particolarmente ai \ Merli. Il cibo loro consiste in insetti, semi e frutti. Vivono sulle più alte montagne. Stanno riuniti in branchi, e non emi- grano. Fanno il nido fra i massi, o sulle antiche fabbriche. 7° Genere. — PYRRHOCORAX. Vieill. Becco più corto della testa, un poco curvo alla cima, leggermente intaccato. Narici coperte da pennuzze rigide, lanceolato-acu- minate, pettinate, distese sulla base del becco. Becco più corto della testa, leggermente curvo alla cima, e leggermente intaccato. Narici basilari, ovato-rotondate, na- scoste da pennuzze rigide, lanceolato-acuminate, pettinate, distese sulla base del becco. Lingua cornea, scariosa, lanceo- lata, bifida. Tarso quasi intieramente coperto dalla squama superiore: tre altre ristrette squame stanno fra questa ed il podio; lungo circa un terzo più del dito medio. Unghie medio- cri, assai forti. Coda mediocre, troncata. Ali che non raggiun- gono la estremità della coda. Remiganti: prima assai lunga; se- (RT x PENURIA TIR RR RA RR gr e $ fel n Ae ì / È Le UCCELLI SILVANI. 261 conda un poco più lunga della sesta; terza e quarta quasi eguali, e Je più lunghe. GRACCHIO. — PYRRHOCORAX ALPINUS. Vieill. Nero morato. Becco giallo-zolfino. Adulti. Becco subeguale alla testa, quasi diritto, giallo- zolfino. Iride scura. Tutte le penne son di color nero-morato, leggerissimamente cangianti in turchino-verdone. Piedi giallo- arancioni. Unghie nere. Giovani avanti V età d’ un anno. Becco nero, con la base della mascella inferiore gialla. Penne non cangianti. Piedi neri. Gracchio, Pyrrhocorax alpinus, Vieill. Savi, Orn. Tosc., I, p. 126. Sinonimia. — Corvus pyrrhocorax, Linn. S. N. (1766), I, p. 158. — Pyrrhocorax alpinus, Vieill. N. Dict. (1817), VI, p. 568. — Pyrrho- corax pyrrhocorax, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 121, e 3* parte (1835), p. 68. — Pyrrhocorax alpinus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 204. Ficure. — Buff., PI. enl. 531, giovane, sotto il nome di Choucas des Alpes. Nomi voLcarI STRANIERI. — Franc. Le Choquard des Alpes. Ingl. The Alpine Crow. Ted. Die Alpenkràhe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 35; coda, 0", 152; tarso, 0%, 042; apertura del becco, 0”, 032. Costumi. — Alcuni monti vicini a Seravezza sono l’ unico luogo della Toscana ove si trovino i Gracchi, uccelli propri di quelle regioni delle Alpi, e dell’ alte montagne del Setten- trione, ove regnan perpetuamente il diaccio e la neve. Là vi abitano di continuo, e solo scendono verso il piano negli in- verni più rigidi. Stanno riuniti in branchi come i Corvi ; spesso si vedono ascendere a grandi altezze nell’aria, ove più o | meno si trattengono, girando in cerchio confusamente, e man- dando dei gridi acuti. Son garruli e clamorosi, ed al vedere un corpo che loro sembri strano o sospetto, tutti in coro co- minciano a urlare. Sono onnivori: i frutti, i semi, gl’ insetti, le uova, i piccoli uccelletti ed i piccoli quadrupedi piacciono ad essi ugualmente; a quest’ ultimi, per il solito, non man- giano che il cervello. qu VIZIO. a 262 ORDINE SECONDO. È il Gracchio al certo uno degli uccelli che più facilmente degli altri si adatta alla domesticità, e prende il più grande attaccamento per quello che ne ha avuto cura. Una volta ad- domesticato, non occorre tenerlo rinchiuso, nè con le alì im- pedite, giacchè ancor volando libero dove a lui piace, torna poi sicuramente alla casa. Io ne ho posseduto uno per cinque anni, che libero viveva meco, e girava ovunque come padro- ne. All’ ora del desinare e della colazione, saliva sopra la ta- vola, e fermo su d’un angolo di quella, esaminava attenta- mente i piatti che arrivavano, e quando ne vedeva qualcuno di suo genio, andava a farne buona provvista. Alcune volte preferiva il vino all’ acqua. Amava molto il latte; la carne cruda e cotta, le frutte, particolarmente uva, fichi e ciliegie, il torlo d’ uovo, il cacio un poco secco ed il pane scuro, erano le sostanze che più appetiva, e di cui si cibava ordinaria- mente. Come i Corvî, aveva l’ abitudine di servirsi delle sue zampe per ritenere ciò che voleva rompere, e di nascondere l’avanzo delle sue provvisioni. Era cosa piacevolissima il ve- dere la cura con cui egli cercava qualche luogo ove fare il suo deposito, come lo nascondeva coprendolo con pezzetti di carta, stecchi, ec., l’ attenzione che aveva di girargli intorno, chinare e alzare la testa per vedere se da qualche parte si scuopriva. Spesso, dopo aver formato qualcuno di questi ma- gazzini, si poneva immobile a farvi la guardia, ed a chiunque vi si accostava, uomo o animale che fosse, gli si slanciava addosso, con le penne rabbuffate, le ali mezzo aperte, la testa bassa, ed a colpi di becco cercava d’ allontanarlo. Aveva un gusto strano per il fuoco: molte volte andava a levare i luci- gnoli accesi dalle lucerne, e così gl’ inghiottiva: spesso nel- l'inverno, quando si teneva del fuoco nelle stanze, ingoiava de’ piccoli carboncelli ardenti, ed io rimaneva sempre estre- mamente sorpreso vedendo che egli non ne avesse mai ri- sentito alcun danno. Aveva piacere a vedere inalzarsi del fumo, e tutte le volte che trovava un vaso con fuoco, correva attorno cercando qualche pezzo di carta o cencio o stecco, ve lo poneva dentro, e poi si ritirava, stando con grande atten- zione, e quasi direi serietà, a vedere il fumo che essi produ- cevano. Diverse erano le sue voci: quando vedeva un oggetto per NIN + WEA AZIN RO SI PLEIICIAZIANAI NERE TECO TRI SAGPIAOO cd SIETE VO" ge) pria ‘ da rad A.S UCCELLI SILVANI. 263 lui strano, o di cui temeva, come una Serpe, un Granchio, ec., allora battendo le ali e sollevando e abbassando rapidamente la coda, mandava de’ gridi similissimi al gracchiare dei Corvi. Se poteva salire sopra una finestra, nell’ osservare quelli che passavano per la strada, e se in casa arrivava gente a lui ignota, attaccava allora degli urli così acuti, che quasi assorda- vano. Quando poi qualcuno della famiglia, di quelli da lui più amati, lo chiamava e gli discorreva, egli allora rispondeva con un gracchiare breve e interrotto, esprimente quasi que, que, que, que, que. Oltre tutti questi suoni, che sembrano avere un certo valore, un certo significato nel suo linguaggio, egli aveva ancora un canto, che faceva sentire quando stava in riposo, o quando voleva muovere a compassione, specialmente se gli accadeva la cosa per lui più spiacevole, cioè d’ esser chiuso fuori della stanza ove la famiglia era raccolta. Questo suo canto era di due qualità: il primo era un gracchiare quasi modulato, più debole e'più dolce di quello che usava essendo impaurito; e l’altro era un fischio pieno e sonoro, simile molto a quello del Merlo. Con questo fischio aveva imparato a ripe- tere una piccola marciata, ed anche l'aveva imparata con molta facilità. 7 È degna poi di meraviglia l affezione grandissima che aveva per tutti quei di mia casa. Se qualcuno se ne allon- tanava per più dell’ ordinario, allorchè ‘tornava era certo d’ es- serne accolto con lo stesso piacere, con gli stessi segni di allegrezza, che potrebbe aspettarsi dalla più tenera madre; esso gli correva incontro con le ali mezze aperte, lo festeg- giava con la voce, voleva saltargli sul braccio, e non era contento se non gli si sedeva vicino. La mattina, poco dopo il nascer del sole, lasciava il suo pollaio, e se trovava le porte non chiuse, correva in camera d’uno de’ suoi predi- letti; arrivando, chiamava due o tre volte, ma se niuno ri- spondeva, s’acchetava, e immobile sul capezzale, o sopra una seggiola vicina al letto, aspettava pazientemente che il suo favorito si svegliasse. Allora egli non aveva più nessun ri- guardo, urlava con quanta forza poteva, correva da un luogo all’altro, e mostrava in tutti i modi il piacere che provava per la compagnia del padrone. Era in somma estremamente sorprendente la sua affezione, e la perfettibilità del suo istin- 264 ORDINE SECONDO. to, e temerei di noiare il lettore, se volessi qui seguitare a descrivere tutte le azioni che provano a qual grado erano in lui giunte queste due qualità. Ma se il Gracchio ha accor- dato l’ amicizia agli uomini con cui è stato allevato, in nes- sun modo se ne riguarda come lo schiavo: ei si rivolta osti- natamente, qualora si voglia obbligare a far cosa contro suo genio. Non con tutti, nè sempre, egli è amoroso e compia- cente; alcuni vi sono per lui antipatici al segno, che non li vede senza rabbuffarsi e cercar di beccarli: e nemmeno da quelli a lui più simpatici soffre mai volentieri di essere preso e ritenuto fra le mani. Egli muta le penne una sol volta 1’ anno. Abbonda que- st’ uccello nelle Alpi centrali e nelle marittime. Trovasi anche negli ultimi monti del Genovesato, ed in quelli della Sicilia. Propagazione. Nidifica, secondo gli Autori, negli spacchi de’ massi più erti, e partorisce quattro uova bianche, mac- chiate di bianco-sudicio. Varie persgne mi han detto che, nei monti di Seravezza, un gran numero ne cova in una grotta, la quale perciò è chiamata la Grotta de’ Gracchi. 8° Genere. — FREGILUS. Cuv. Becco più lungo della testa, arcuato, acuminato, non intaccato. Narici coperte da pennuzze rigide, troncate, petti- nate, semi-erette, ma rivolte in avanti. Becco più lungo della testa, arcuato, acuminato , non in- taccato. Narici basilari, subrotonde, coperte da pennuzze ri- gide, troncate, pettinate, semi-erette, ma pendenti in avanti. Tarso coperto quasi intieramente dalla sola squama supe- riore; due altre ristrette squame sono fra questo ed il podio: lungo poco meno del doppio del dito medio. Unghie mediocri: Coda grande, troncata. Ali lunghe che giungono alla cima della coda. Remigante prima mediocre; seconda più lunga della settima, più corta della sesta; quarta e quinta subeguali; la quarta più lunga di tutte. UCCELLI SILVANI. 265 GRACCHIO FORESTIERO.— FREGILUS GRACULUS. Cuvier. 4 Nero cangiante in violetto. Becco giallo arancione. Adulti. Becco più lungo della testa, arcuato, appuntato, colore arancione. Iride scura. Tutte le penne nere cangianti in violetto ed in verdone cupo. Piedi arancioni. Unghie nere. Giovani. Becco e piedi neri; penne non cangianti. Gracchio forestiero, Pyrrhocorax graculus, Temm. Savi, Orn. Tosc,, I, p. 130. Sinonimia. — Corvus graculus, Linn. S. N. (1766), I, p. 158. — Corvus eremita et docilis, Gmel. S. N. (1738), I, p. 375 e 385. — Graculus eremita, Koch. Baier Zool. (1816), I, p. 9I. — Coracia erythroramphos, Vieill. N. Dict. (1817), VIII, p. 2. — Fregilus gra- culus, G. Cuv. Rég. anim. (1817), I, p. 406. — Pyrrhocorax gracu- lus, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 122, e 3° parte (1835), p. 69. — Pyrrhocorax rupestris, Brehm, Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1834), p. 175. — Fregilus europaeus, Less. Ornith. (1831), p. 324. — Fregilus erythropus, Swains., Classif. of B. (1831), II, p. 268. — Coracia gracula, G. R. Gray, Gen. of B. (1847-1849), II, p. 321. — Coracia gracula, Degl. et Ger. (1867), I, p. 205. I Ficure. — Buff., PI. enl, 255, sotto il nome di Coracias des Alpes. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Le Coracias, ou le Grave. Ingl. The Red-leged Crow. Ted. Die Steinkrihe. Dimensioni. —- Lunghezza totale: 0®, 379; coda, 0%, 135; aper- tura del becco, 0%, 56. Costumi. — Vive sulle Alpi di Savoia, del Tirolo e sulle marittime, sempre nelle regioni più elevate. Propagazione. Nidifica negli spacchi de’ massi e nelle vec- chie fabbriche. Le uova son tre o quattro, bianco-sudicie, macchiate di scuro. ‘ ! Temm., Man. d’Ornith., pag. 123. 266 ORDINE SECONDO. QUARTA TRIBÙ. I RAMPICATORI. — CORTICICOLI. 0 Retro i Becco conico, subtetragono, appuntato, diritto, non intaccato. Narici coperte da peli, o da penne corte, rivolte in avanti. Gambe vestite di penne. Tarso eguale all’ apertura del becco. Diti tre in avanti, e uno indietro. Costumi. — Si cibano d’ insetti, che cercano sopra o den- tro alle scorze, e di mandorle di vari semi. S° arrampicano sugli alberi, servendosi solo delle unghie. Nidificano nelle bu- che degli alberi. Nora. — I due generi, coni quali ho formata questa tribù, cioè Nucifraga e Sitta, nei libri sistematici erano stati situati fino adesso ad una gran distanza l’ uno dall’ altro. Temminck pose la Nucifraga fra gli Onnivori, e la Sitta fra gli Anisodactyli (ossia fra i miei Tenui- rostri). Vieillot in questo ha agito nello stesso modo di Temminck, giacchè egli ha riposto la Nucifraga nella famiglia de’ Coraces, la quale corrisponde press’ a poco a quella degli Onnivori di Temminck, e la Sitta nella famiglia degli Anerpontes, ché è la stessa degli Aniso- dactyli di Temminck, meno il genere Upupa. Ma se si considera la struttura del becco e della lingua della Nucifraga, si vedrà che queste parti hanno una forma assai diversa da quelle degli Onnivori, cioè de’ Corvi e de’ Gracchi: il becco di questi è conico e legger- mente curvo in basso, e quello della Nucifraga è diritto e subtetra- gono; la Nucifraga ha la lingua bifida e cornuta in cima, e la lingua de’ Corvi e de’ Gracchi è solamente bifida. Molto maggiori poi sono le differenze di forme fra la Sitta e gli uccelli della famiglia dei Tenuirostri, in cui era stata collocata, cioè Upupa, Thicrodroma e Certhia. Questi hanno il becco sottile ed arcuato, la Sitta lo ha grosso, diritto, subtetragono; la lingua dei Zenuirostrî è appun- tata o troncata o ottusa, e quella della Sitta lacerata. Cospicue an- cora sono le differenze de’ costumi fra questi uccelli: per esempio, i Corvi ed i Gracchi mai s' arrampicano sui tronchi degli alberi, né i Ra To (a n Ù a Tp aa ta DRAPER, PAZZA FILO IPP OII E rt MATTA Va' Di Vate ‘g ‘rift Mt VPI 0 L'ala Di AGG LI id dei j i K he p ; UCCELLI SILVANI. 267 percuotono le scorze come fanno le Nucifraghe; la Sitta si nutre d’insetti e di mandorle, ed unicamente d’insetti si nutrono i Tenui- rostri. Ora questi stessi costumi e forme, per cui la Sitta e la Nuci- fraga differiscono dagli uccelli, con i quali erano stati confusi, es- sendo comuni ed alla Nucifraga ed alla Sttta, li fan somigliare in tal modo fra loro, che mi sembra doverli necessariamente riunire in una tribù a parte. La struttura del becco, della lingua, de’ piedi e della coda è la stessa nei due generi: ambedue hanno il costume d’ arrampicarsi sulle scorze e percuoterle, cercandovi gl’insetti.! Si cibano indistintamente e d’ insetti e di mandorle, e fanno il nido nelle buche naturali degli alberi. Dimodochè, formando con essi una nuova tribù, due vantaggi si ottengono: primo, di togliere da due tribù molto naturali degli uccelli che ne alteravano l’esattezza; e secondo, di formarne una nuova anch’ essa naturalissima, che stabi- lisce un passaggio ben graduato fra quella degli Onnivori e quella de’ Mirmecofagi. Quanto è esposto fin qui nella presente Nota, io lo scrivevo trentanove anni addietro, quando cioè incominciavo ad occuparmi d’Ornitologia: dopo quell’ epoca ebbi molte occasioni di studiare le Nucifraghe, tanto morte quanto viventi ed in libertà ne’ boschi della Svizzera e della Germania, e sempre più mi confermai nel pensiero che, per le grandissime affinità esistenti fra questi due generi, essi deb- bano insieme riunirsi in una stessa tribù. I miei studii poi circa alle relazioni esistenti fra i nominati uccelli e gli altri Silvani m° hanno indotto a stabilire: 1° che niun rapporto nè zoologico, nè anatomico, né fisiologico esiste fra le Nucifraghe e i Corvi; 2° che mentre le Sîitle son legate con le Nucifraghe in modo da doverle porre in una stessa famiglia, esse hanno per altro delle analogie zoologiche assai notevoli con i Dendrocolaptes, e delle biologiche con le Cince o Pa- ridei. Queste son le ragioni che mi determinano a nulla cambiare ai ravvicinamenti stabiliti nella Ornitologia Toscana fra i due generi, con ì quali costituì la tribù de’ Corticicoli. f 1° Famiglia. — NUCIFRAGIDEI. (nu Che Dito posteriore più corto del tarso. ! lo ho veduto delle Nucifraghe volare ed attaccarsi sulla scorza de’ grossi alberi appunto come fanno i Picchi, e come questi arrampicarvisi. Anche il Tem- minck aveva asserito che sono rampicatori: « Le Casse-noix escalade les arbres » et en frappe l’écorce, qu'il perce è coups de bec. » (Temm., Man. d’Ornith., pag. 117.) 268 ORDINE SECONDO. 9° Genere. — NUCIFRAGA. Brisson. Becco più lungo della testa, conico, con l’ apice leg- germente compresso: margine delle due mascelle diritto, intiero. Lingua scariosa, breve, a lati quasi paralleli, pro- fondamente intaccata, perciò bifida. Narici basilari, laterali, (io nascoste da pen- nuzze strette, rigide, distese in avanti. Tarso scudettato, più corto del dito medio. Diti tre davanti, uno di dietro: l’ esterno unito alla base col medio; il posteriore molto più corto del tarso. : Unghie piuttosto lunghe, poco curve, subcompresse, appuntate. Coda rotondata, mediocre, di dodici timoniere ro- tondate, e flosce nella cima. Ali mediocri: prima remigante mediocre; quarta e quinta le più lunghe. NOCCIOLAIA. — NUCIFRAGA CARYOCATACTES. Briss. Nero-scura, macchiata di bianco. Becco nero. Iride scura. Remiganti nere, con una piccola macchia bianca nella cima. Coda nera, con la cima bianca. Sottocoda bianco. Tutte le altre penne di color nero di filig- gine. Pileo, groppone e sopraccoda senza macchie. Delle macchie bianche a gocciola sopra le‘altre parti. Piedi ed un- ghie nere. Nocciolaia, Nucifraga caryocatactes, Briss. Savi, Orn. Tosc., I, p. 133. Sinonimia. — Corvus caryocatactes, Linn. S. N. (1766), I, p. 157. — Caryocatactes maculatus, Koch. Baier Zool. (1816), I, p. 93. — Nucifraga guttata, Vieill. N. Dict. (1816), V, pag. 354. — Caryoca- My n° 3 COMI IT UCCELLI SILVANI. i 269 tactes nucifraga, Nilss. Ornith. Suec. (1817), I, p. 90. — Nucifraga caryocatactes, Temm. Man., 12 parte (1820), p. 117, e 3° parte (1835), p. 67. — Nucifraga brachyrhyncha et macrorhyncha, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 181 e 182. — Caryocatactes caryocata- ctes, Schleg. Revue crit. (1844), p. 55. — Nucifraga caryocatactes, Degl. et Ger. (1867), p. 207. Ficure. — Bufîf., PI. enl. 50. Nomi voLgari sTRANIERI. — Franc. Casse-noix. Ingl. Nutcrake. Ted. Nussrabe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0®, 135; coda, 0, 026; aper- tura del becco, 0%, 049; tarso, 0M, 039. Costumi. — Abita le Alpi ed i monti che ne dipendono: perciò non rara in Piemonte, nella Lombardia e nel Veneto, ove in estate vive nelle boscaglie alpestri, nell’ inverno in re- gioni più basse, ove apparisce nel settembre. Molto rara è di ‘ qua dagli Appennini; per altro scrisse il Durazzo che non di rado si vede nella Riviera di Ponente. Molti anni addietro una fu uccisa nell’ Appennino di Firenze; nell’ inverno del 1336 un bell’individuo fu preso presso Livorno ne’ boschi di Mon- tenero, ed un altro nelle vicinanze di Lucca. E nei primi di otto- bre 1868 un individuo maschio fu preso presso Campiglia, ed al- tro, del quale non si conosce il sesso, a Treggiaia. S' arrampica sui tronchi degli alberi, cercando le larve che vivono al di sotto della scorza, delle quali, secondo Temminck, s’ impadro- nisce forandola. Mangia anche molti insetti, ma asseriscono che mangia ancora de’ semi di guscio duro, come nocciòle, pi- noli, ec.; e,'di fatto, nello stomaco di quella uccisa a Campiglia nell’ ottobre del 1868 io non trovai che frammenti di Coleot- teri. Dicesi per altro che mangia con piacere mandorle di va- rie specie di semi, il che stabilisce un’altra analogia fra le Nocciolaie e le Sitte. In alcuni paesi emigra regolarmente: in altri è di passo accidentale. Propagazione. Per il solito, secondo il signor Baldomus, ni- difica fra i rami degl’ alberi. Il suo nido è simile a quello delle Ghiandaie, formato cioè con steccoli sottili nell’ interno, più grossi all’ esterno; alcuni Ornitologi asseriscono che fa il nido anche nelle buche degli alberi. Partorisce cinque o sei uova alla volta, color grigio turchiniccio, asperse di punti violetti e scuro-ruggine, più numerosi sull’ estremità ottusa. 270 ORDINE SECONDO. 2% Famiglia. — SITTIDEI. DeLte StrtE. Dito posteriore eguale al tarso. 10° Genere. — SITTA. Becco subeguale alla testa, diritto, conico subtetra- gono, un poco depresso in cima, col margine in- tiero. Lingua scariosa, bislunga, troncata, e quadrifida in cima. Narici basilari, laterali, rotonde, nascoste da pen- nuzze setolose, distese in avanti. SOA Tarso scudettato, subeguale al dito medio. Diti lunghi, tre in avanti, uno in dietro: questo lungo quanto il tarso: l'esterno unito alla base col medio. Unghie arcuate, acute. Ali mediocri: prima remigante corta; seconda più corta della sesta; terza, quarta e quinta eguali, e le più lunghe. Coda corta, rotondata, di dodici timoniere rotondate, e flosce. © 3 Cla ft rai) 5 PIRA to. 271 (53 \ea È LI \ii DÒ; i. SI UR Ù È o TL IMI À Zi NI HU \ ii i = La i OI Dì INN N DINNY = ANWUTRMNSZZZO MURATORE. — SITTA CAESIA. Mey. e Wolf. Parti superiori celestognolo-cenerine, inferiori lionate; sottocoda fulvo- castagno e bianco: prima remigante lunga appena un quarto della coda; quarta più lunga della settima e più corta della sesta, la quale è più corta della terza; quarta e quinta, che sono le più lunghe; per “altro la quinta è un poco più corta della quarta e della terza. Becco superiormente nerastro, inferiormente celestognolo. Iride castagna. Parti superiori celestognolo-cenerine. Gola e gote biancastre. Lati del collo, gozzo, petto e addome di color lionato. Una linea nera parte dalla base della mascella supe- riore, traversa l’ occhio e le tempie, e s° estende un poco an- che sui lati del collo, separando il color cenerino dal lionato. Fianchi di color fulvo-castagno sericeo. Penne del sottocoda molto convesse, rotonde, alla base fulvo-castagne, bianche nella parte estrema. Timoniere: le due medie del color cele- stognolo del dorso; le altre nere terminate di cenerino, con una macchia bianca verso la cima dal lato interno; l’ esterna da ciascun lato ha bianca anche la parte esterna del margine esterno. Ali cenerino-celestognole cupe. Piedi cenerino-gialla- stri. Unghie nerastre. Nora. — È questo l’uccello italiano che fino a questi ultimi tempi fu conosciuto col nome di Sifta europea: ma tal denominazione scientifica essendo stata data dal Linneo alla specie che ha le parti 972 ORDINE SECONDO. inferiori bianche (corpore ex cano coerulescente subtus album), * non può adattarsi alla nostra specie italiana, la quale invece, per le pro- porzioni delle remiganti primarie, corrisponde alla specie che il Wil - luby denominò nel 1676 Sitta cinerea, e che Meyer e Wolf nel 1810 dissero Sitta coesia. Io adotto questo secondo nome, giacché quello del Willuby è anteriore di troppo alla pubblicazione del Sistema Nat. di Linneo, che ho preso come il limite più antico dei nomi da adottarsi. La Sitta europaea Linn., e la Sitta siriaca Ebrenberg, sono le altre sole due specie europee che si conoscano; ma né l’una nè l’altra, per quanto io mi sappia, furon giammai trovate in Italia ; con tutto ciò reputo opportuno il riportare qui in nota la frase della Sitta euro- pea, e perchè, essendo propria della maggiore estensione dell'Europa settentrionale, sembrami non improbabile ne capiti qualche individuo nelle Provincie italiane alpine, e perchè, siccome fino a questi ultimi tempi la nostra specie si è continuato a denominarla Sitta europea, abbiano i nostri dilettanti d’Ornitologia modo di giudicare una tal questione. ° Muratore, Sitta europaea, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 135. Sinonimia. — Sitta cinerea, Willuby (1676). — Sttta europaea, Lath. Ind. (1730), I, p. 261. — Sîtta, Briss. Ornith. (1760), IMI, p. 588. — Sitta coesia, Mey et Wolf. Tasch. Deutsch. (1810), 1, p. 128. — Sitta europaea, Temm. Man., 1? parte (1820), p. 407, e 32 parte (1835), p. 285. — Sitta affinis, Blyth. Journ. As. Soc. Ben. (1846), XV, p. 288. — Sitta coesia, Deg]. et Ger. (1867), p. 182. — Sitta cinerea, Doder. Avif. (1869), p. 58. Ficure. — Buff., PI. enl. 623, fig. 1, sotto il nome di Torche-pot. — Sitta europaea, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombar- dia, vol. I, tav. 7. Nomi voLGARI Toscani. — Picchio muratore, Picchiotto (Fioren- tino). Dottore (Pisano). Muraiolo (Senese). Muraiola (Volterrano). Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. La Sitelle, ou Torchepot. Ingl. The Nuthatch. Ted. Der gemeine Spechtmeise. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 153; coda, 09, 044; aper- tura del becco, 0, 2; tarso, 0®, 018. Costumi. — Mediante le sue grandi e forti unghie s’ar-. rampica benissimo sopra i tronchi e sui rami degli alberi, e vi. 1 Linn., Sistema Naturale, tomo l, pag. 441. Lipsia, 1788. 2 parti superiori celestognolo-tenerine; parti inferiori bianche: prima remigante lunga circa un quarto della seconda; seconda eguale alla quinta ; terza e quarta eguali, e Je più lunghe. i UCCELLI SILVANI. 973 cammina in tutte le direzioni, senza bisogno dell’ appoggio della coda, come avviene ai Picchi, la quale non potrebbe d’ altronde servire a tale ufficio, formandosi di timoniere a stelo e .barbe flessibili verso la cima. Là, sopra le scorze di detti alberi, cerca degl’ insetti, che formano nella buona sta- gione quasi l’ unico suo cibo: ma in inverno mangia anche le mandorle di vari semi, come nocciòle, pinoli, ec. Non emigra: quasi sempre rimane nel bosco ove è nato, va solo o a cop- pie; e soloi giovani, poco dopo che sono esciti dal nido, si tro- vano in truppe. Abita i boschi d’ alberi alti, ove si fa sempre sentire gridando, in un modo o in un altro, con voce tonda e squillante. Secondo il Bettoni, vive assai bene ancora in schia- vitù, alimentandosi con miglio, seme di canapa, di lino, di Orzo, ec. Propagazione. Nidifica nelle buche naturali degli alberi, o nei nidi abbandonati dai Picchi, e quando l’ apertura ne è troppo grande, la ristringe con mota, sterco di cavallo e, secondo Bettoni, con un poco della sua saliva: ne fa un cemento con l'argilla dei fossi e dei fiumi, col quale cemento ostrue an- cora le crepe dell’ interno dell’albero ove stabilisce il nido, e qualche volta ne fodera ancora l’ interno delle *sue pareti. Le uova sono in numero di sei o sette, bianche, macchiate di rosso cupo, e riposano sopra uno strato di foglie secche. Tanto il maschio che la femmina prendono parte all’ incubazione. Facilmente si allevano. QUINTA TRIBÙ. I MIRMECOFAGI. — SAGITTILINGUES. n Becco subtetragono, diritto. Gambe vestite di penne. Diti due rivolti in avanti, e due in dietro. Lingua estensibile, diritta. Costumi. — La situazione de’ diti, cioè due rivolti in avanti e due indietro, rende loro molto facile l arrampicarsi Ormnitologia italiana. — 1. 18 74 ORDINE SECONDO. sui rami e sulle scorze degli alberi, ove essi cercano di conti- nuo gli insetti, loro quasi esclusivo cibo. Son muniti d’ una lingua cilindrica ed estremamente estensibile, in grazia delle due branche dell’ osso ioide, le quali son così lunghe che, men- tre la lingua è ritirata, si rivoltano sulla testa, e con la loro estremità giungono fino alla base bel becco. Nidificano nei tronchi degli alberi, e le uova loro son bianche e lustre. 1° Famiglia. — I PICCHI. Prcmper. Timoniere acuminate, rigide. . 3 Becco mediocre, tetragono, diritto, con l’ estremità com- Di pressa, cuneata, troncata. Margine delle mascelle intiero. Lin- gua carnosa, cilindrica, retrattile, lunghissima, con l’ estre- mità cornea, sagittiforme, e munita di setole voltate in dietro. Narici basilari, ovali, ricoperte da penne setolose, rivolte in avanti. Tarso scudettato, più corto del dito esterno anteriore, più o meno vestito di penne nella parte superiore. Diti due ri- volti in avanti, e due in dietro: gli anteriori saldati alla base; i posteriori divisi. Unghie arcuate, forti ed aguzze. Coda me- diocre, graduata, di dieci o dodici timoniere, appuntata, con stelo e piume forti e rigide. Ali piuttosto grandi: la prima re- migante corta, la seconda più corta della terza, la terza e la quarta sono le più lunghe. Costumi. — Sono insettivori, e formano il loro cibo ordi- nario le Formiche e le larve de’ Coleotteri, che vanno a cer- care sopra gli alberi e sotto la loro scorza; ma, quando non trovano di questi animali, s° adattano anche a mangiare dei semi, delle noci e de’ pinoli. Di rado si vedono camminare sulla terra, e solo, fra le specie nostrali, qualche volta vi sta il Picchio verde. Sempre vanno rampicandosi sugli alberi, il che fanno benissimo in grazia della disposizione de’ diti, delle unghie fortissime, e della coda rigida, l’ estremità della quale, tenuta applicata alla scorza, serve loro di puntello. Men- tre salgono sugli alberi, ne percuotono la scorza continua- mente col becco durissimo, per farne escire gl’insetti. Di più, dal suono che l’ albero tramanda alle loro percosse, si accorgono ove stanno nascoste le larve de’ Coleotteri: allora, SI UCCELLI SILVANI. i i 975 ì lì, con il becco che è fatto a scalpello nella cima, vi prati- cano un foro, attraverso al quale introducono sotto la scorza la lunghissima lingua, e, mediante quella specie di dardo corneo, con denti rivolti indietro, di cui è armata la punta, trafiggono e tirano fuori la larva. Siccome poi il rimanente della superficie di quest’ organo è coperto dall’ umore vi- schioso secreto dalle grosse loro due glandole sublinguali, l’adoprano ancora per prendere le Formiche, insinuandola nelle aperture dei formicai. Covano i Picchi nei tronchi de- gli alberi; una specie sola, cioè il Picchio piccolo, cova nei fori ‘naturali; le altre specie si scavano il nido a forza di colpi di becco, ma bensì han cura di scegliere un albero, il cui legno sia tenero, come Pioppo, o Gattice, o qualche parte, in cui il legno sia guasto. Volano a ondate; hanno una voce forte e spiacevole. Il loro naturale è selvaggio e sospettoso. Non emi- grano. Caccia. A causa della qualità del nido è facile impadro- nirsi dell’ intiera famiglia. Perciò, in primavera, da quei che fan mestiero di cercar nidi sì distrugge una grandissima quantità di Picchi. Per il solito è necessario allargare con un accettino l'apertura di questi nidi per potervi introdurre la mano. 14° Genere. — DRYOCOPUS. Boie. Becco con i margini laterali leggermente convessi, più lungo della testa. Tarsi scudettati nella metà inferiore, pennuti nella superiore. Diti quattro. Color dominante nero, e poco rosso. Becco con i margini laterali un poco convessi, più lungo della testa, misurandolo dalle penne della fronte all’ apice; le due sue facce superiori leggermente rigonfie, con solchi longi- tudinali: il più alto, che parte dalle narici, più profondo degli al- tri. Tarsì scudettati nella metà inferiore, vestiti di penne nella superiore. Dita quattro. Color dominante nero, e poco rosso. Coda più lunga del tronco. LAO palio sa TA DIA AVRA AE C MAIA 276 ORDINE SECONDO. PICCHIO NERO. — DRYOCOPUS MARTIUS. Boise. Vertice rosso (maschio), o nero (femmina); dorso nero; penne anali nere. Maschio. Becco biancastro, con qualche sfumatura turchi- niccia, e la punta nerastra. Iride bianco-giallastra. Pileo rosso- carnicino. Tutte le altre penne di color nero. Tarsi coperti da penne nella parte superiore. Piedi cenermo-nerastri. Femmina. Ha rosso solamente l’occipite. Picchio nero, Picus martius, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 139. Sinonimia. — Picus martius, Linn. S. N. (1766), I, p. 173. — Picus niger, Briss. Ornith. (1760), IV, p. 21. — Picus martius, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 390, e 3% parte (1835), p. 280. — Dryocopus martius, Boie, Isis (1826), p. 977. — Carbonarius martius, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 131. — Dryocopus martius, Deg. et Ger. (1867), I, p. 448. Ficure. — Buff., PI. enl. 596. Nomi voLGARI STRANIERI. — Franc. Le Pic noir. Ingl. The. great blacke Wood-pedcker. Ted. Der schwartz Specht. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 467; apertura del becco, 0%, 069; tarso, 0m, 042; coda, 0M, 165. Costumi. — Il Picchio nero è proprio delle grandi boscaglie montane delle parti settentrionali dell’ Europa, fino in Siberia, ma trovasi ancora nell’ Europa temperata, benchè in minore abbondanza; ed in Italia può dirsi che s’ incontra in qualunque delle sue regioni, ove costantemente, ove di quando in quando, ma in niunain grande abbondanza. Così esso fa parte dell’ Or- nitologia delle Alpi italiane, ed annoverasi fra gli uccelli av- ventizii di tutte le grandi foreste della catena appenninica, come ancora di quelle della Sicilia. Im addietro era assai frequente ne’ boschi, dai quali erano vestiti i monti di Sasso Forte, nella Maremma toscana: ma adesso non ve ne ha più alcuno, es- sendone scomparsi dopo i grandi diboscamenti che vi furono fatti. Oltre al mangiare le Formiche, larve di Coleotteri ed altri insetti, come le altre specie di Picchi, piaccion loro anco le larve di Vespe e di Api. Di più asseriscesi che, non trovando insetti, cibansi con piacere di frutti, noci, pinoli di varie spe- cie; ed anzi a questo proposito è da notarsi un fatto riportato UCCELLI SILVANI. SI9 dal Bailly nell’ Ornitologia di Savoia, cioè che il Picchio nero della Moriana fa nell’ autunno delle provviste di semi, spe- cialmente de’ pinoli del Pinus cembra, che ammassa in fori, i quali a lui servono di magazzino. Propagazione. Nidifica negli alberi, e vi partorisce tre uova bianche: anche il maschio prende parte all’ incubazione. 12° Genere. — GECINUS. Boie. Becco con margini laterali leggermente concavi, subeguale alla testa. Tarsi scudettati, vestiti di penne in breve tratto, solo nella parte superiore e anteriormente. Diti quattro. Color dominante verde, e poco rosso. Becco con i margini laterali un poco concavi: subeguale alla testa, misurandolo dalle penne della fronte all’ apice: con le due facce superiori leggermente rigonfie, con solchi longitu- . dinali poco profondi. Tarsi scudettati, vestiti di penne solo in piccolissima porzione della faccia anteriore della parte supe- riore. Coda lunga circa quanto il tronco. Dita quattro. Color dominante il verde, con poco rosso. PICCHIO GALLINACCIO. — GECINUS VIRIDIS. Boie ex Linn. Occipite, vertice e fronte color rosso cinabro. Dorso verde. Maschio adulto. Becco celestognolo-verdastro. Iride bianca. Penne del pileo, nella cima di color rosso vivacissimo, nel ri- manente cenerine. Penne della base superiore del becco, gote e regione orbitale, di color nero. Baffi rossi, circondati di ne- ro. Cervice, schiena, scapolari e cuopritrici delle ali, color verde-giallo. Groppone e sopraccoda giallo acceso, un poco tendente al verdastro. Parti inferiori bianco-grigie verdastre. Il sottocoda e le cuopritrici inferiori delle ali macchiate trasver- salmente di cenerino-nero. Remiganti bruno-verdastre: le pri- 278 ORDINE SECONDO. marie macchiate di bianco-giallo esternamente, le secondarie internamente. Timoniere grigio-verdastre, con macchie ondo- late nerastre. Piedi grigio-cenerini. Femmina. Ha i baffi intieramente neri; le penne del pileo meno colorite di rosso. Giovani avanti la prima muta. Hanno tutte le penne delle parti superiori, eccettuate le timoniere e le remiganti, macchiate di bianco-cenerino. Le penne delle parti inferiori sono in essi macchiate di cenerino-nero. Nella testa vi è pochissimo nero, e le penne del pileo hanno una piccola porzione rossa. Picchio verde, Picus viridis, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p.140. Sinonimia. — Picus viridis, Linn. S. N. (1766), I, p. 175. — Picus viîridis, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 391, e 3° parte (1835), p. 280. — Gecinus viridis, Boie, Isis (1831), p. 542. — Brachylo- phus viridis., Swains., Classif. of B. (1831), p. 308. — Chloropicus viridis, Malh. Mon. des Pics (1862), II, p. 118. — Gecinus viridis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 156. Ficure. — Buff., PI. enl. 371 e 879. Sion. viridis, Liosniù Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 65. Nomi voLcari Toscani. — Picchio gallinaccio, Picchio grosso: (Fiorentino e Pisano). Picchio galletto (Senese). Picchio giallo (Vol- terrano). Nomi voLgaRrI sTRANIERI. — Franc. Le Pic-vert. Ingl. The green Woodpecker. Ted. Der griîn Specht. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 321; apertura del becco, 0”, 048; coda, 0%, 093; tarso, 0”, 035. Costumi. — È comune nell’ Italia continentale, raro in Sardegna e più in Sicilia. Abita in tutti i boschi, tanto di monte che di piano, e quasi di continuo ne turba la quiete, o con i suoi urli forti, Xa ka, ka ka ka, che ripete volando, o con il romor risonante del becco, che va battendo sugli alberi. Qual- che volta si vede posato a terra, cercando Formiche e altri insetti. | Propagazione. Nidifica nei tronchi degli alberi, e partico- larmente ne’ Gattici e ne’ Pioppi: col becco vi scava un canale largo tanto da poterci passar per l’ appunto; canale che ter- mina in una cavità molto più ampia, ordinariamente naturale , cagionata dalla putrefazione del legno, e che il Picchio avea UCCELLI SILVANI. 279 già riconosciuta dal di fuori, in grazia del suono prodotto dal tronco percorso. Le uova son quasi rotonde, bianchissime, da sei a otto. Caccia. Oltre quelli presi nel nido, nell’ agosto parecchi rimangono alle reti, accorrendovi per veder la Civetta. PICCHIO CENERINO. — GECINUS CANUS. Boîe cx Gmel. rd L Lab Ar Occipite cenerino, con macchie nere; vertice e fronte rosso-cinabro (nel maschio), o cenerino macchiato di nero (nella femmina); dorso verde- cenerino. Maschio adulto. Becco cinereo-carneo ; iride bianca; penne della fronte e della parte anteriore del pileo color rosso-sangui- gno: le penne rivolte in avanti, che cuoprono la base del becco e le narici, nere in cima, cinereo-cupo alla base. Spazio so- prastante agli occhi, lati della testa, parte posteriore del pi- leo, occipite, cervice e lati del collo color cenerino-piom- bato, che leggermente è tinto di verdastro nelle regioni medie sul pileo, in prosecuzione delle penne rosse, vi sono delle lar- ghe macchie nero-sbiadite sfumate sui margini; dorso, sca- polari e groppone verde-oliva chiaro, che sul sopraccoda passa al giallo-limone; gola bianca, leggermente tendente al gialliccio-verdognolo; gozzo, petto e tutte le parti inferiori dello stesso color cinereo, fugacemente ‘verdognolo da’ lati del collo; sotto l’ occhio, ai lati della gola, due o tre macchie nere. Le penne dell’ addome presentano leggerissime macchie trasverse di colore scuriccio, le quali, nelle penne del sottocoda, divengono semilunari e nerastre. Piccole e grandi cuopritrici delle ali di color verde-olivastro tendente allo scuriccio, sul quale appariscono delle larghe fasce trasverse un poco più fosche. Remiganti scuro-brune, con piccole macchie bianca- stre sui margini esterni. Timoniere scuro-nerastre: le due medie giallo-verdastre esternamente. Piedi cenerino-carnei. Femmina. Manca del color rosso sulla fronte e sulla testa; macchie nere de’ lati della testa e del collo meno decise: nel resto somigliante i maschi. Sinonima. — Picus-viridis Norvegicus, Briss. Ornith. (1'709), IV, p. 18. — Picus canus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 434. — Picus GEIN 980 ORDINE SECONDO. Norvegicus, Lath. Ind. Ornith. (1790), I, p. 236. — Picus-viridis ca- nus, Mey et Wolf, Tasch. Deutsch. (1810), I, p.120. — Picus chlorio, Pall. Zoogr. (1811-1831), p.408. — Picus canus, Temm. Man., 4* parte (1820), p. 393, e 3* parte (1835), p. 281. — Gecinus canus, Boie, Isis (1834), p. 542. — Chloropicus canus, Malh. Mon. des Pics (1862), II, p. 124. — Gecinus canus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 157. Ficure. — P. Roux, Ornith. Prov., pl. 59, fig. 1, maschio; fig. 2, femmina. — Gauld, Birds of Eur., pl. 227. Nomi voLGarIi STRANIERI. — Franc. Gécine cendré. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 028; apertura del becco, 0, 058; coda, 0", 091; tarso, 0”, 3. Costumi. — È comune nel Nord dell’ Europa, dell’ Asia ed anche dell’ America. È copioso in Germania, e non meno in Francia. È raro in Italia: nella Toscana e nelle provincie meridionali non fu mai veduto. Il signor Perini‘ per altro dice essere stato trovato due volte nel Veneto, cioè nel 1844 e nel 1353. Sembra non debba esser raro nelle vicinanze di Ge- nova, avendovene trovati più individui tanto il professor Calvi, quanto il marchese Durazzo. Propagazione. Come il Picchio verde, pone il nido nelle bu- che de’ tronchi d’ albero. Partorisce quattro o sei uova candide. 13° Genere. — PICUS. Linn. Becco con margini laterali quasi rettilinei, più corto della testa. Tarsi scudettati, vestiti di penne solo in breve tratto, nella parte superiore ed anteriore. Diti quattro. | Colori dominanti: nero, bianco, e poco rosso (nei maschi.) Becco più corto della testa, misurato dalle penne della. | fronte all’apice, con margini laterali quasi rettilinei; le due facce superiori leggerissimamente rigonfie, con solchi longitu- ! Perini, Degli Uccelli weronesi 1858, tomo XXXVII delle Memorie dell’Ac- cademia di Verona. UCCELLI SILVANI. 281 dinali poco profondi. Tarsi scudettati, vestiti di penne in pic- cola porzione della parte superiore e anteriormente. Coda subeguale al tronco. Dita quattro. Color dominante nero, e bianco o biancastro, con poco rosso nel maschio. e UNI {My joe Fer io » SA "j LS PICCHIO ROSSO MAGGIORE. —- PICUS MAIOR. Linn. Vertice nero; dorso nero; penne anali rosse. Maschio adulto. Becco celestognolo-nerastro. Iride rossa- stra. Fronte bianco-rugginosa. Penne dell’ occipite nere alla base, rosso-vivacissime in cima. Parte superiore e laterale del collo, dorso e sopraccoda, una fascia che dalla base del becco va ai lati del collo, e un’altra che dalle spalle cala sul petto, di colore nero leggerissimamente cangiante in pao- nazzo. Spazio fra l’ occhio e il becco, contorno dell’ occhio e tempie, due macchie larghe sui lati del collo, e scapo- lari di color bianco puro. Parti inferiori bianco-sudicie. Re- gione anale e sottocoda di color rosso-focato. Cuopritrici delle ali: le esterne nere, le interne bianche. Remiganti ne- re, macchiate di bianco sopra i loro margini: l’ esterna sola ha il margine esterno tutto nero. Le timoniere medie tutte nere, le altre macchiate di bianco e di nero, in cima bianco- sudicie. Piedi nero-cenerini. Femmina. Non ha punto rosso sul capo. 989 ORDINE SECONDO. Giovani avanti la prima muta. Hanno il vertice rossastro, la nuca nera, e le parti inferiori con macchie bruno-nere. Picchio rosso maggiore, Picus maior, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 142. Sinonimia. — Picus maior, Linn. S. N. (1766), I, p. 176. — Picus cissa, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 412. — Dendrocopus maior, Koch. Baier. Zool. (1816), I, p. 72. — Picus maior, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 395, e 3° parte (1835), p. 284. — Dryobates maior, Boie, Isis (1828), p. 395. — Picus mator, Degl. et Ger. (1867), I, p. 150. Ficure. — Buff., PI]. enl. 595, femmina 4196, sotto il nome di Épeiche mile, ou Pic varié. — Picus maior, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia, vol. I, tav. 16. Nomi voLarI Toscani. — Picchio rosso (Fiorentino e Pisano). Picchio mezzano (Senese). Nomi voLGaRri srRANIERI. — Franc. L’Epeiche, ou Pic varie. Ingl. The greater spotted Woodpecker. Ted. Der grosse Buntspecht. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 263; apertura del becco, 0”, 029; coda, 0n, 083; tarso, 0", 024. Costumi. — Anche questa specie è comune, tanto in monte quanto in piano. Ha gli stessi costumi del Picchio verde, ma la: sua voce è diversa. Propagazione. Nidifica nei tronchi degli alberi, scavandovi il nido a colpi di becco. Le uova son rotonde, bianchissime, in numero di cinque o sei per covata. PICCHIO ROSSO MEZZANO. — PICUS MEDIUS. Linn. Vertice rosso; dorso nero; penne anali rosse. Maschio adulto. Becco piuttosto sottile, celestognolo. Iride bruna, circondata di cenerino. Fronte bianco-cenericcia scura. Penne del vertice e dell’ occipite lunghe, sottili, cenerine alla base, rosso-focate in cima. Gote, tempie, gola e gozzo bian- castri. Parte superiore del collo e lati neri. Una macchia bianca sui lati del collo, che scende verso le spaile e verso il petto. Dorso e sopraccoda neri. Scapolari bianche. Petto e ad- dome bianco-giallastri. Fianchi bianco-carnicini, con larghe strisce nere. Parte inferiore dell’addome e sottocoda rosso- UCCELLI SILVANI. 283 acceso, appena tendente al rancione. Cuopritrici delle ali: le esterne nere, le interne bianche. Remiganti nere, macchiate sui margini di bianco. Timoniere: la quattro medie nere, le altre macchiate di bianco. Piedi bruno-cenerini. Femmina. Ha i colori meno vivaci, e particolarmente il rosso, ed è un poco più piccola. Giovani avanti la prima muta. Hanno pochissimo rosso sulla testa, i colori meno vivaci che negli adulti; e le macchie nere dei fianchi sono più grandi. Picchio rosso mezzano, Picus medius, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 143. Sinonimia. — Picus medius, Linn. S. N. (1766), I, p. 176. — Picus varius, Briss. Ornith. (1760), IV, p. 38. — Picus cinaedus, Pall. Zoogr. (1841-1831), I, p. 413. — Picus medius, Temm. Man., 42 parte (1820), p. 398, e 3a parte (1835), p. 282. — Picus medius, Degl. et Ger. (1867), I, p. 152. Ficure. — Buff., P]. enl. 611, sotto il nome di Pic varie è téte rouge. Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. Pic mar, ou Pic varie è téte rouge. Ingl. The middle spotted Woodpecker. Ted. Der mittler Bunt- specht. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 213; coda, 0%, 086; apertura del becco, 0", 027; tarso, 0", 022. Costumi. — Specie molto rara in tutta Italia. Non l’ ho mai trovata nella pianura pisana, e gl’ individui che possiedo mi sono stati mandati dai boschi della montagna di Santa Fiora, e da quelli di Castel Nuovo di Val di Cecina. Propagazione. Nidifica nei fori, che da se stesso scava nei tronchi degli alberi. Le uova sono tre o quattro per nido, bianche. ; PICCHIO FORESTIERO. — PICUS LEUCONOTUS. Bechst. Fronte bianca. Vertice e occipite neri fittamente e largamente macchiati di rosso-cremisi (maschio), o nero (femmina). Dorso bianco e nero. Penne anali rosse. Maschio adulto. Becco cinereo-corneo; penne della fronte bianche, che presso la base del becco sfumano in scuro; Q84 ORDINE SECONDO. quelle del pileo e dell’ occipite rosso-carnicine nella cima, nere alla base, per cui, la parte rossa non ricuoprendo la nera delle prossime e successive penne, la parte superiore della te- sta di quest’ uccello apparisce nera macchiata longitudinal- mente di rosso. Cervice, parte superiore del dorso, groppone. e una fascia che dalla base d’ ogni mascella inferiore va alla spalla, di color nero intenso. Spazio fra l’ occhio ed ilbecco, contorno dell’ occhio, regioni auricolari ed una macchia sulla base laterale del collo, color bianco, leggermente tinto di scu- riccio. Dorso con larghe fasce trasversali alternativamente bianche e nere. Gola e gozzo bianchi. Petto, parte alta del- l'addome e fianchi di color bianco tinto di giallastro scuriccio; parte bassa dell’ addome e de’ fianchi e sottocoda rosso-cina- bro pallido, che sfumasi sul bianco dell’ addome e de’ fianchi; una larga fascia nera, la quale superiormente uniscesi con quella che dalla base del becco va alla spalla, cala conver- gendo sui lati del petto, de’ fianchi e dell'addome; assai lar- ghe, ma rade macchie nere bislunghe. Piccole cuopritrici delle ali nere: medie e grandi cuopritrici nerè, con larghe macchie bianco-sudicie, quasi tutte subquadrate, disposte in serie tra- sverse, che fanno seguito alle fasce bianche del dorso. Remi- santi nere, con macchie del solito color bianco-sudicio sul loro margine esterno. Sopraccoda nero-morato, leggermente can- giante in paonazzo. Le quattro timoniere medie intieramente nere: le altre nere dal lato interno, dall’ esterno con fasce bianche e nere. Piedi bruno-cenerini. Femmina. Mancante il color rosso sul pileo e sull’ occi- pite ; il color rosso del sottocoda è molto più dilavato che nel maschio, ed estendesi meno sull’ addome e sui fianchi. Il bianco delle parti inferiori e superiori del corpo, delle macchie delle ali e della coda è candido, e non tinto di giallo scuric- cio come nel maschio. I giovani somigliano le femmine. Sinonimia. — Picus leuconotus, Bechst. Ornith. Tasch. (1802), p. 66. — Picus leuconotus, Bechst. Nat. Deutsch. (1805), II, p. 1034. — Picus cirris, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 412. — Picus leuco- notus, Temm. Man.,, 1° parte (1820), p. 396, e 3* parte (1835), p. 282. — Picus leuconotus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 151. Ficure. — Gould, B. of Eur., pl. 228. UCCELLI SILVANI. 285 Nomi voLcarI STRANIERI. — Franc. Pic leuconote. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 27; apertura del becco, Om, 038; coda, 0», 083; tarso, 0", 026. Costumi. — Quest’ uccello è proprio del Settentrione di Europa. Per quel che so, è raro anche nelle parti meridionali dell’ Alemagna. Per altro un bell’ individuo maschio ed adulto, che conservasi nel Museo di Pisa, fu ucciso circa venti anni addietro in Garfagnana, cioè di qua dagli Appennini. Propagazione. Dice il Temminck che fa il nido nelle bu- che naturali degli alberi. Le sue uova sono bianche, quat- tro o cinque per covata. PICCHIO PICCOLO. — PICUS MINOR. Linn. Vertice rosso (maschio), o bianco (femmina); dorso bianco e nero; penne anali bianche e nere. Maschio adulto. Becco cenerino-nero. Penne della base del becco bianco-sudicio, quelle della fronte biancastre, quelle del vertice rosse in cima, poi bianche, alla base nerastre. Una fascia nera scende sul mezzo della cervice; un’ altra fascia si- mile dalla parte inferiore dell’ orecchio cala sui fianchi. La parte superiore del dorso ed il sopraccoda di color nero puro. Dorso, scapolari e sottocoda bianchi, con fasce e mac- chie nere trasverse. Parti inferiori bianco-sudicie. Fianchi stri- sciati di nero. Cuopritrici superiori delle ali: le esterne nere, le interne bianche e nere. Remiganti nere, macchiate sui margini di bianco. Le quattro timoniere medie nere, le altre macchiate di bianco e di nero. Piedi cenerino-neri. Femmina. Ha il vertice tutto bianco, e una maggiore estensione nera all’ occipite. Picchio piccolo, Picus minor, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 145. Sinonimia. — Picus minor, Linn. S. N. (1766), I, p. 176. — Picus varius minor, Briss. Ornith. (1760), I, p. 41. — Picus pipra, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 414. — Picus minor, Temm. Man., A° parte (1820), p. 399, e 3a parte (1835), p. 283. — Dryobates minor, Boie, Isis (1826), p.326. — Picus minor, Degl. et Ger. (1867), I, p.153. Ficure. — Bufîf., P]. enl. 598, fig. 4, maschio: fic. 2, femmina; i PVT Ra AL ITA SMI NV PERUCCI ORAZIO LI PSI : Ta È “x “ dal] 986 ORDINE SECONDO. sotto il nome di Petit pic varie. — Picus minor, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 78. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. La petite Epeiche. Ingl. The lesser spotted Woodpecker. Ted. Der kleiner Buntspecht. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 134; coda, 0”, 012; aper- tura del becco, 0%, 019; tarso, 0%, 017. Costumi. — Trovasi in tutta Italia, più comune verso il Nord che nel Mezzogiorno; in Toscana è stazionario, e meno raro della specie precedente. Ha gli stessi costumi del Picchio rosso maggiore. Propagazione. Nidifica nei fori che già trova negli alberi. Le uova sono tre o quattro bianche. 14° Genere. — PICOIDES. Lacep. Becco con margini laterali rettilinei, un poco più corto della testa. di n Tarsi scudettati nei due terzi inferiori, vestiti di penne nel terzo superiore. Diti tre. Color dominante nero e bianco, con poco giallo. Becco poco più corto della testa, misurato dalle penne della fronte all’ apice, con margini laterali rettilinei: facce superiori piane e non solcate. Tarsi scudettati nei due terzi in- feriori, vestiti di penne nel superiore. Coda subeguale al tronco. Diti tre, due rivolti in avanti, uno indietro. Color dominante :. nero, bianco e poco giallo, solo nel maschio. Nora. — Questo genere contiene una sola specie, la quale fino ad ora, che io sappia, non fu trovata in Italia. Ma siccome, vivendo nei paesi limitrofi alla sua parte settentrionale, specialmente in Sviz- zera, è probabile che qualche individuo venga anche nel nostro paese, perciò credei bene di parlarne in questo libro. UCCELLI SILVANI,. 987 *PICCHIO CON TRE DITA. — PICOIDES TRIDACTYLUS. Lacep. Maschio. Vertice e fronte nero, macchiato di giallo; tutte le altre parti nere e bianche. Femmina. Differisce dal maschio per avere la fronte ed il vertice macchiati di bianco argentino, anzichè di giallo dorato come il maschio adulto. Sinonimia. — Picus tridactylus, Linn. S. N. (1766), I, p. 177. — Picus tridactylus, Temm. Man., 4? parte (1820), p.401, e 3* parte (1835), p. 283. — Dryobates tridactylus, Boie, Isis (1828), p. 326. — Picoides tridactylus, Kaup, Nat. Syst. (1829), p. 135. — Picoides eu- ropeus, Less. Ornith. (1831), p. 217. — Apternus tridactylus, Bp. B. of Eur. (1837), p. 39. — Gould. B. of Eur., p. 232. — Picoides Iridactylus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 154. Ficure. — Wern., PI]. du Man. de Temm. (senza numero d’or- dine). Nomi voLcarI sTRANIERI. — Franc. Pico?de tridactyle. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 17. LI Costumi. — Sono gli stessi di quelli degl’ altri Picoidi. E assai comune nelle foreste dei Carpazi, ove avendo reputa- zione di distruggere gran quantità d’insetti perniciosi per gli alberi di quelle foreste, come Bostrichi e Cerambici, è rispettato dagli abitanti di esse regioni. Propagazione. Fa il nido come gli altri Picchi nelle buche degl’ alberi, e vi partorisce quattro o cinque uova bianche e lustre. 2° Famiglia. — I TORCICOLLI. TorquILLIDEI. Timoniere rotondate, flosce. 15° Genere. — YUNX. Linn. Becco subeguale alla testa subtetragono, diritto, ap- puntato. Margine delle mascelle intiero. 288 ORDINE SECONDO. Lingua scariosa, cilindrica, lunghissima, retrattile, con l’ estremità cornea, troncata, smarginata, senza setole. Narici basilari larghe, guardanti in alto, nude. Tarso scudettato, subeguale al dito esterno anteriore. Diti due in avanti, e due in dietro: gli anteriori sal- dati alla base, i posteriori divisi. Unghie mediocremente arcuate, aguzze. Coda mediocre, un poco rotondata. Timoniere dodici: l’esterne cortissime, molto larghe, quasi piane, rotonde nella cima, a stelo e barbe deboli. Ali mediocri. Prima remigante cortissima; seconda poco più corta della terza, che è la più lunga. Costumi. Vivono. d’ insetti, che per il solito prendono mediante la loro lingua costruita nello stesso modo di quella . de’ Picchi. Ma, a differenza di questi, gli Yunx non si arram- picano che raramente sulle scorze, e solo vi si attaccano un momento per chiappare l’ insetto che vi han veduto, e poi tor- nano a pollaio sui rami. Spesso camminano sulla terra. TORCICOLLO. — YUNX TORQUILLA. Linn. Cenerino macchiettato di nero. Becco cenerino-corneo. Iride castagno-gialliccia. Penne delle parti superiori cenerine, macchiettate delicatamente di nero: in diversi luoghi variegate di bianco, di giallastro e di scuro. Le penne della parte media della cervice, quelle del dorso e le scapolari hanno più nero delle altre. La gola, il gozzo, i lati del collo, il petto e il sottocoda son di color ceciato, di- pinto vagamente da linee trasverse arcuate, nere. La parte più alta della gola, e due spazii che si estendono sui lati del collo, son bianchi. Addome e fianchi bianco-giallastri, con macchie nere a dardo. Cuopritrici delle ali e ultime remiganti UCCELLI SILVANI. 289 dipinte nello stesso modo dell’ altre parti superiori, ma di co- lor giallo rugginoso. Prime remiganti bruno-nere, con molte macchie giallo-rugginose sul margine. Coda del medesimo colore della schiena, ma con fasce a zic-zac nere e bian- castre. Piedi cenerini. Torcicollo, Yuna torquilla, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 146. Sinonimia. — Yuna torquilla, Linn. S. N. (1766), I, p. 172. — Torquilla, Briss. Ornith. (1760), IV, p. 4. — Yuna torquilla, Temm. Man., 4° parte (1820), p. 403, e 3* parte (1835), p. 284. — Yuna tor- quilla, Degl. et Ger. (1867), I, p. 159. pi Ficure. — Buff., PI. enl. 698. — Yunx torquilla, Eugenio Bet- via toni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 48. } Nomi voLcari toscani. — Girasole (Fiorentino). Torcicollo (Pi- sano). Collotorto (Senese). Ted. Der bunter Wendehals. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 175; apertura del becco, Om, 019; coda, 0n, 054; tarso, 0”, 022. Gostumi. — Il Torcicollo giunge a noi dalle parti meridio- nali nella primavera insieme con gli altri uccelli migratori, presso a poco cioè quando il Cannareccione, il Lui verde, il Ri- gogolo, la Bubbola, la Tortora, ec.; ma, a differenza di questi, anche nell’ inverno sempre co ne rimane in Toscana. È comunissimo: nel tempo delle cove abita"i campi alberati, dopo si ritira nelle macchie e vicino ai padulif Sta nascosto nelle fronde degli alberi a pollaio sopra i rami: di rado si vede aggrafipato alle scorze. La qualità più curiosa di questi uc- celli, é che gli ha dato il nome, è quella-dr"mt@Yere collo da tutti i lati, e celerissimamente, quando son presi in mano ‘o sono feriti: pare che siano attaécati da convulsioni, girano . e rigirano la testa da tutte le parti in modo stranissimo e sor- prendente. Alcuni autori dicono che il Torcicollo fa tali movi- menti anche essendo libero e tranquillo; ma non ho mai po- tuto verificare questa loro asserzione, benchè più volte mi sia trattenuto espressamente ad osservarli liberi in campagna: essi tenevano allora la testa nell’ attitudine ordinaria, e non la muovevano che quando era necessario per far ciò, di cui si Ornitologia italiana. — 1. 19 Nomi voLGaRI stTRANIERI. — Franc. Le Torcol. Ingl. The Tivutci. 290 ORDINE SECONDO. occupavano. lo sono adunque persuaso essere il timore la sola causa di queste strane contorsioni. Propagazione. Covano nelle cavità degli alberi, particolar- mente de’ Pioppi e de’ Salci. Le loro uova son piccole, ovate, bianchissime, e in numero di sei o otto: non fanno nido, ma le depositano immediatamente sul terriccio o frantumi di le- gno che trovansi in quelle buche. Caccia. Se ne prendono agli archetti ed ai panioni, ten- dendo ai Codibianchi. SESTA TRIBÙ. I CUCULI. — AMPHIBOLI. Becco mediocre, conico, subarcuato, dilatato alla base. Gambe vestite di penne. Diti due in avanti, e due indietro: l'esterno poste- riore versatile. Costumi. — Quantunque i loro piedi somiglino quelli dei Mirmecofagi, e degli altri uccelli rampicatori, giacchè quasi sempre l’ esterno anteriore lo tengono voltato a dietro, pure giammai s’ arrampicano. Camminano male, bensì volano con grandissima facilità ed eleganza. Si cibano d’insetti, ed in specie di larve di Lepidotteri. Unica Famiglia. —I CUCULI. CucuuprI. Nora.— Secondo i moderni Ornitologi, gli uccelli di questa fami- glia sono da dividersi in tre generi, cioè: 1° Cuculus, 2° Oxylophus, 3° Coccyzus. Non trovando che i caratteri, sui quali si basa la di- stinzione del secondo di questi generi dal terzo, sieno sufficienti, seguo l'esempio del Vieillot, e non ammetto che i due soli generi Cuculus e Coccyzus, a questo riunendo gli Ocylophus. UCCELLI SILVANI. 291 16° Genere. — CUCULUS. Linn. Narici marginate, rotonde. Tarso subeguale al dito esterno. Ali che oltrepassano la metà della coda. Becco subeguale alla testa: un poco curvo, leggermente compresso in cima. Apertura che si estende fin sotto l’angolo degli occhi. Margine delle mascelle intiero. Lingua corta, in- tiera, terminata a freccia. Narici basilari, aperte quasi accanto al margine della mascella, nude, rotonde, con un orlo rilevato. Penne del vertice e dell’ occipite della lunghezza e forma di quelle delle regioni circonvicine, per ciò non formanti ciuffo. Tarso scudettato, coperto di penne nella metà superiore, sub-X eguale al dito esterno. Diti quattro: l’ esterno anteriore sepa- rato dal medio e versatile, i due interni uniti alla base. Coda graduata, grande, di dieci timoniere, flosce e rotondate in cima. Ali grandi: prima remigante mediocre, seconda subeguale alla quarta, terza più lunga di tutte. CUCCO. — CUCULUS CANORUS. Linn. Addome biancastro, striato in traverso di nerastro. Adulti. Becco scuro-cenerino, con gli angoli gialli. Iride n. gialla. Palpebre nude, gialle. Parti superiori d’ un bel color cenerino-piombato. Gola, gozzo e petto dello stesso colore, ma più chiaro. Addome, fianchi e cuopritrici inferiori delle ali di color bianco, con fasce sottili, trasverse, nerastre. Re- gione anale e sottocoda bianchi, leggerissimamente ceciati. Ali cenerino-scure: grandi remiganti macchiate di bianco nella parte interna. Timoniere nere, macchiate di bianco lungo lo stelo, nella cima e sul margine. Piedi gialli. Giovani dun anno. Penne delle parti superiori scuro-ne- re, terminate di lionato-nocciòla e di bianco: tutte sono an- cora macchiate trasversalmente di lionato nocciòla. Una mac- chia bianca sull’ occipite. Penne della gola, gozzo, petto, Q92 ORDINE SECONDO. addome, fianchi e cuopritrici inferiori delle ali bianco-gialla- stre, con strette fasce trasversali nere. Remiganti e timoniere bruno-nere, macchiate di lionato-nocciòla e di bianco. Nora. — Alcuni Cuculi, nella livrea che ho adesso descritta, tornano a noi nella primavera, si appaiano e covano, portando sem- pre lo stesso abitò, cosicchè fino a questi ultimi tempi furono ri- guardati come appartenenti ad una specie distinta, a cui fu dato il nome di Cuculus hepaticus. Temminck, nel suo Manuale d’ Orniîtolo- gia, con buone ragioni prova che questa specie non esiste, e che la varietà di colore, per cui si distingue dal Cuculus canorus, è prodotta dalla diversa età. Ancor io son di questa opinione, giacché nella pri- mavera del 1824 ebbi uno di tali Cuculi epatici, il quale, non avendo peranche terminato di mutare tutte le penne del primo anno, chia- ramente faceva vedere il passaggio da una all’ altra livrea. Io farò ancora osservare che, quando Temminck dice essere in Italia il Cu- culo epatico nella primavera più comune del Cenerino, ciò non si deve intendere in quanto alla Toscana, giacchè qui, benché qualcuno vi se ne trovi, essi son sempre in numero molto minore de’ cenerini. Giovani avanti la prima muta. Hanno le penne delle parti superiori cenerino-cupe, marginate di bianco. Quelle delle ali e della coda sono anche macchiate di giallastro-rugginoso. Cucco, Cuculus canorus, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 149. Sinonimia. — Cuculus canorus, Linn. S. N. (1766), I, p. 168. — Cuculus hepaticus, Lath. in Ornith. (1790), p. 215. — Cuculus ru- fus, Bechst. Ornith. Tasch. (1802), I, p. 84. — Cuculus borealis, Pall. Zoogr. (1811-1834), I, p. 442. — Cuculus canorus, Temm. Man., A* parte (1820), p. 381, e 3a parte (1835), p. 272. — Cuculus canorus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 461. i Figure. — Buff., PI. enl. 841, sotto il nome di Coucou gris. — P. Roux, Ornith. Prov., pl. 65, giovane o sortito dal nido, e pl. 66, all’età di un anno. — Cuculo, Olina, Uccelliera (1862), p. 38, adul- to. — Cuculus canorus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 92. Nomi voLcari Toscani. — Cuculo (Pisano, Fiorentino). Cucco (Senese). Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Le Coucou. Ingl. The com- mon Cuckow. Ted. Der gemeiner Kukulk. Dimensioni. — Lunghezza totale: 01, 35; coda, 0%, 165; aper- tura del becco, 0, 032; tarso, 0m, 022. UCCELLI SILVANI. 993 Costumi. — È uccello migratorio: in Toscana arriva nel- l'aprile, e parte in settembre. Appena arriva comincia a can- tare, e quantunque il suo verso non abbia alcuna varietà, no- nostante la voce, essendo dolce e rotonda, si sente con pia- “cere. Grandissimo è il numero che ne rimane in Toscana: non vi è bosco in monte o in piano che in primavera ed in estate non risuoni dal cu cu cu cu di questo uccello. Nel settembre comincia a muoversi per emigrare: allora in alcuni anni se ne vede passare una quantità grandissima per la pianura pisana. Nel settembre del 1823 gli alberi dello stradone che da Pisa va al Parco Reale di San Rossore, attraversando vastissime praterìe, ne furono pieni per una diecina di giorni. Volavano i Cuculi da una pianta all’ altra, andavano a posarsi un poco sul prato, ritornavano sugli alberi, ma di là non si allontana- vano, benchè continuamente fossero molestati dai non pochi cacciatori che vi erano accorsi. Questi uccelli volano con grande agilità, e spesso, particolarmente andando a posarsi, senza muovere le ali, come sogliono fare i Falchi. Propagazione. Tutti gli uccelli hanno una cura grandissima delle loro uova, per esse fabbricano un nido, le covano, e al- levano i figli col massimo amore. Il solo Cuculo, poco dopo che le ha fatte, le abbandona. La femmina, dovendo partorire, de- posita un uovo sull’ erba delicata d’ un prato, o sopra la bor- raccina: poi, avendolo preso e nascosto nell'interno della sua larga bocca, volando, va a depositarlo nel nido di qualche piccolo uccello, che prima aveva prescelto, e lo pone accanto alle uova che quello già conteneva. Secondo le osservazioni del signor Bettoni, qualche volta, benchè raramente, ne pone due in uno stesso nido: difatti esso asserisce di avere trovate due uova di Cuculo in un nido di Lodola. Per il solito i nidi preferiti son quelli di Pettirosso, Capinera, Strisciatola, Sterpazzola,. V Verla, Tordi, Luì, Re di macchia, Peppola, Zigolo, Lodole, ec., quasi sempre però d’uccelli insettivori. Dopo un intervallo, che è as- sal lungo e vario, e ciò supponesi che sia una delle cause, per . cui i Cuculi non fabbricano da se stessi il nido, va a depositare un secondo uovo in altro nido, e così seguita a ripetere que- st’ operazione fino a che non abbia terminato di collocare tutta la sua covata, la quale ordinariamente è di cinque o sei uova e che, secondo asserisce Bettoni, hanno un colore analogo a quello 994 ORDINE SECONDO. dell’ uova, nel cui nido sono poste. Quelli uccellini, nel covo dei quali il Cuculo ha lasciato l’ uovo, non vi fanno attenzione: come uno de’ loro seguitano a covarlo; e quando è nato, imboccano e custodiscono il piccolo Cuculo con lo stesso amore e con la cura medesima de’ figli proprii. Ma ben presto egli paga d’in- gratitudine le premure dell’ amorosa sua balia: crescendo molto più de’ compagni, dopo poco tempo il nido è per lui troppo stretto; allora ricorrre a un barbaro espediente per procurarsi un alloggio più comodo: egli si ritira nel fondo del nido più che può, adagio adagio caccia una spalla sotto uno degli uc- celletti legittimi possessori di quello, e sollevandosi a un tratto lo getta fuori. Ripete questa operazione successivamente, in ragione che cresce, e che gli altri compagni lo incomodano, di modo che alla fine rimane solo nel nido usurpato. Così quei miseri uccelli, che costruirono il nido e che han fatto la balia al Cuewlo, sono da lui privati successivamente ad uno ad uno di tutti i figli. Ma qui non termina la loro trista sorte: finchè quell’ intruso rimane con essi, non v'è nè pace nè quiete; è necessario che di continuo corrano in traccia di cibo, giacchè egli, corpulento e voracissimo, sempre a gola aperta altro non fa che stridere e chieder mangiare. L’ uovo del Cuculo, per i poveri uccelletti a cui tocca, è un vero fla- gello: come il fantastico Vampiro d’ alcuni popoli orientali, non porta che fatiche e desolazione nella famiglia ove sì in- troduce. Questi singolari costumi de’nostri Cuculi, questa man- canza nelle loro femmine d’amore per i loro figli e del bi- sogno di covare le proprie uova, bisogno imperiosissimo, come sì disse, in tutte le altre specie d’ uccelli, risvegliarono fino dalle più antiche epoche la curiosità de’ filosofi e Naturalisti, i quali per rendersene ragione immaginarono molte e sva- riate ipotesi, che per altro si riconobbero poi tutte insosteni- bili. Fu in questi ultimi tempi che osservazioni assennate dig varii Ornitologi, e specialmente quelle del signor F. Prevost, capo dei lavori zoologici del Museo di Storia naturale di Pa- rigi, sembra abbiano sparsa una viva luce su tal soggetto. Adunque, secondo tali osservazioni, pare si debba ritenere esser causa nella specie del Cuculo del provvedere con quel- l'eccezionale maniera all’incubazione delle proprie uova la soprabbondanza del numero de’ maschi su quello delle: fem- UCCELLI SILVANI. 995 mine, per cui queste, onde soddisfare ai bisogni de’ numerosi maschi, conviene sieno poliandre: il che rendendo loro impos- sibile, non tanto d’ accudire alla costruzione de’ nidi, ma più specialmente di trattenersi a covare le proprie uova, le ob- bliga a depositarle ne’ nidi altrui, ed affidarle alle cure d’ al- tre femmine. Asseriscesi che in primavera, quando arrivano da noi i Cuculi, i maschi che qua si fermano si stabiliscono in distretti destinati, ne’ limiti de’ quali ciascuno trattiensi, e dal quale caccia i Cuculi de’ distretti vicini. Invece le poche femmine fermatesi nel paese non prendono in alcun luogo stabile domicilio, ma dall’ uno all’ altro. passano per poco, in ciascuno trattenendosi cioè solo quel tempo che trascorre fra la partorizione delle loro uova e la deposizione di queste ne’ nidi stranieri. Il frequente cantare de’ maschi, che fa così piacevolmente risuonare le nostre campagne nella primavera, sembra abbia per oggetto d’ invitare qualche femmina ad an- dare a trovarli nel distretto ov’ essi si son stabiliti, e dai quali la gelosia de’ compagni impedisce d’ allontanarsi. Secondo alcuni Naturalisti, quando il Cuculo ha deposto le uova ne’ varii nidi, benchè le abbia affidate alla cura di stranieri, non ostante non le abbandona affatto, e fino al mo- mento in cui i suoi figli non sono in grado di poter da loro procurarsi il cibo, e difendersi, gira loro all’ intorno, mai li perde di vista, pronto a soccorrerli, quando qualche pericolo x li minacciasse: se ciò è vero, non è per anche noto se sia il padre o la madre che eserciti quella vigilanza. Caccia. Se ne prendono molti nelle gabbiuzze e agli ar- chetti, specialmente in agosto. 17° Genere. — COCCYZUS. Vieill. Narici non marginate, bislunghe. Tarso più lungo del dito anteriore esterno. Ali che non giungono oltre la metà della coda. Becco subeguale alla testa, grosso, un poco curvo, leg: germente compresso verso la cima: Apertura che si estende fin sotto gli occhi. Margine delle mascelle intiero. Lingua bre- Sx 996 ORDINE SECONDO. ve, stretta, acuta. Narici basilari, aperte accanto al margine delle mascelle, nude, bislunghe, semichiuse nella parte supe- riore da una piccola membrana. Penne del vertice e dell’ occi- pite lunghe ed acuminate, formanti un ben distinto ciuffo, o dell’ ordinaria lunghezza. Tarso scudettato, coperto di penne sotto l’ articolazione colla gamba, più lungo del dito esterno. Diti quattro: l’ esterno anteriore separato dal medio, e versa- tile; i due interni quasi intieramente separati. Coda lunga, graduata, di dieci timoniere, flosce e rotondate in cima. Ali grandi: prima remigante mediocre, seconda subeguale alla quinta, terza e quarta le più lunghe. du v, di 9A. dI } dI 7 bi; i 4 De 7 Si ‘ oa 7 9 CUCULO COL CIUFFO. — COCCYZUS GLANDARIUS. Vieill. Pileo con cresta; parti superiori macchiate di bianco, con un ciuffo all’ oc- cipite. Adulti. Becco grigio-bruno. Penne del pileo cenerino- chiare, con lo stelo nero, molto lunghe, e formanti un bel ciuffo. Tutte le altre penne delle parti superiori cenerino-brune. Alcune scapolari e tutte le cuopritrici sono bianche nella cima. Penne della gola e del gozzo ceciato-lionate. Le altre parti in- v A Msi Dr LAN na) Pri, Me dA (Pag CI e A PSA E in A n LL, se. È b VESTI 7 (CN) AAA PTRPIAGI A zie a Me D An È cla t) . VI taz 3 : dl ut ha n) SETA ra E x 3 À Ù VT i k sd ve] i . 4 Li ‘ , I : ; w UCCELLI SILVANI. 997 feriori bianche. Timoniere bruno-nere, con l’ estremità bianca. Piedi cenerino-neri. D' età intermedia. Le penne sono più lucide, e di color più variato che nello stato perfetto; il ciuffo e tutte le parti della testa son di color nero cangiante in verdastro; la nuca, il dor- so, le scapolari e le cuopritrici delle ali d’ un color bruno lu- cido, leggermente verdastro; le macchie bianche son più grandi e più decise; le remiganti hanno una sfumatura rossastra as- sai vivace, son scuro-verdastre verso la cima, e terminate di bianco niveo; tutta la gola, il gozzo ed il petto di colore fulvo-chiaro, il rimanente delle parti inferiori è bianco-niveo. ‘ Giovani dell’ anno. Il loro ciuffo è corto, d’ un nero brutto; tutto il rimanente della testa è nero-lucido. Le macchie delle penne del dorso e delle cuopritrici delle ali hanno una tinta lionata: del grigio-ceciato è sparso sulla base delle penne se- condarie delle ali. La parte anteriore del collo ed il petto hanno una sfumatura fulva assai forte; tutte le altre parti inferiori son di color bianco-ceciato. I piedi ed il becco sono piombati, e l’iride è grigia. ° Proporzione delle remiganti. Prima più corta della metà delle maggiori; seconda eguale alla quinta; terza e quarta eguali fra loro, e le più lunghe. Cuculo col ciuffo, Coccyzus glandarius, Wieill. Savi, Orn. Tosc., I, p. 154. Sinonima. — Cuculus glandarius, Linn. S. N. (1766), I, p. 169. Cuculus Andalusiae, Briss. Ornith. (1760), IV, p. 126. — Cuculus pi- sanus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 416. — Coccyzus pisanus, Vieill. Encycl. Méth. (1825), p. 1347. — Cuculus macrourus, Brehm, Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1831), p. 153. — Cuculus glandarius, Temm. Man., 3° parte (41835), p. 274. — Oxylophus glandarius, Bp. B. of Eur. (1838), p. 40. — Coccystes glandarius, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 34. — Oxylophus glandarius, Degl. et Ger. (1867), I, p. 164. Ficure. — Temm. e Long., PI. col. 414, femmina adulta. — P. Roux, Ornith. Prov., pl. 67, età mezzana, e pl. 68, giovane. Nomi voLGaRI STRANIERI. -— Franc. Oxylophe geai. ! Temminck et Laugier, Nouveau recueil de Planches colorices, livri LXX, pag. 414. 2 Ibid., idem, a MICH RI 998 ORDINE SECONDO. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 438; coda, 0", 204; aper- tura del becco, 0", 038; tarso', 0”, 035. Costumi. La sua patria è l’ Affrica settentrionale: di là alcune volte emigrando, accidentalmente passa in Italia. Incontrasi ancora in Spagna, e, secondo il Temminck ed il Malherbe, non solo vi arriverebbe dalle prossime coste del- l’ Affrica, ma ancora vi si propagherebbe. Molte volte fu uc- ciso in Sicilia, come ne referiscono il Benoit, il Cupani, il Doderlein. In Toscana è rarissimo: da quando m°’ occupo d’ Ornitologia, uno solo so esservene capitato. Fu ucciso a Populonia nel 1853, e quell’individuo ora conservasi in que- sto Museo. Secondo quello che scrivesi dagli Autori della Sto- ria degli Uccelli, nel 1735 una coppia propagò nei boschi di Pisa. Sembra essere assai frequente nel Genovesato, giacchè il professor Viviani disse che nel 1782 ne aveva ucciso uno nella Riviera di Ponente, ed il marchese Cav. Durazzo assi- cura, nelle sue Notizie sugl Uccelli della Liguria, che non è raro d’ incontrarlo colà. Anche in Provenza apparisce non di rado. ! Propagazione. Non si ha niuna notizia certa del modo di propagarsi di questa specie; sembra che l’ opinione più gene- ralmente adottata sia che la sua femmina non fabbrichi nido, ma che, come quella del Cuculo, depositi le proprie uova nei nidi d’ altri uccelli. Degland riporta tal cosa come provata; ° e Doderlein, dicendo essere opinione che il Cuculo col ciuffo deponga preferentemente le sue uova nel nido della Gazza, fa credere partecipare esso pure di questa opinione. Stando in- vece a quanto leggesi nella Storia degli Uccelli, converrebbe ammettere l’ opinione opposta, giacchè vi è detto (tomo I, pag. 81) che quella coppia, la quale si propagò ne’ boschi di Pisa nel 1739, vi costruì un nido, nel quale allevò quattro figli. Ed in appoggio a tale opinione farò notare come un’ altra spe- cie di Coccyzus, lAmericanus , secondo l’ asserzione del Wilson, fabbrichi il suo nido, e la femmina covi le proprie uova. | 1 Roux, Ornithologie Provencale, pag. 105. 2 « Ila, comme le Cowcow gris, l’habitude de pondre dans le nid d’autrui et de ne point donner ses soins à ses petits. » Degl. et Gerbé, Ornit/. Europ., tomo I, pag. 169. UCCELLI SILVANI. 299 COCCYZUS ERYTHROPHTHALMUS. Wils. Pileo non crestato; parti superiori unicolori scuro-gialliccie. Becco intie- ramente nero-corneo. Becco nero-corneo; pileo, lati della testa, cervice, dorso, groppone, sopraccoda, cuopritrici delle ali, remiganti e timo- niere colorate uniformemente di scuro-nocciòla gialliccio, con fugaci reflessi aurei. Gola, gozzo, petto, alto de’ lati del collo, addome, fianchi, calzoni, cuopritrici inferiori delle ali e sot- tocoda, di color bianco-ceciato: la gola ha una sfumatura giallastra, ed il petto cinereo. La coda lunga, ed ha le sue cuopritrici inferiori brevi. Piedi neri. Proporzione delle remiganti. Prima lunga circa la metà della seconda, questa poco più lunga della sesta: terza e quarta eguali fra loro, e le più lunghe di tutte. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 295; coda, 0%, 143; aper- tura del becco, 0", 025; tarso, 0m, 025. Costumi. — La sua patria è 1’ America settentrionale, e fino al 1858 non erasene veduto alcun individuo in Europa: in detto anno ne fu ucciso uno nella pianura circostante alla città di Lucca, ed è quello che conservasi nel Museo di Storia naturale di Pisa. Nora. — Nelle stesse regioni dell’ America del Nord trovasi un altra specie di Coccyzus (Coccyzus americanus, Jen.) simile molto al- l’Erythrophthalmus qui descritto, che più volte è stato veduto in Europa, specialmente in Inghilterra ed Irlanda, e del quale (secondo l’asserzione del sig. J.-B. Jaubert) due individui ne sarebbero stati uccisi ancora nel Mezzogiorno della Francia. Io qui riporto la de- scrizione di questo Cuculo, non per crederne probabile la comparsa anche in Italia, ma perché essendo, come ho detto, molto simile al- l’Erythrophthalmus, questo sia meglio conosciuto confrontandolo con l’ altro. 300 ORDINE SECONDU. * COCCYZUS AMERICANUS. Jenyns ex Linn. Pileo non crestato; parti superiori scuro-gialliccie; mascella inferiore gialla, con apice nero. Becco nero-corneo, con la base della mascella inferiore gialla; tutte le penne delle parti superiori scuro-gialliccie, leggermente brunate; remiganti e cuopritrici delle ali dello stesso colore delle altre parti superiori; cuopritrici inferiori e base della lamina interna delle remiganti, color lionato-chiaro. Timoniere terminate di bianco. Piedi nero-cenerognoli. Sinonimia. — Cuculus americanus et Dominiîcus, Linn. S. N. (1760), I, p. 170. — Cuculus caroliniensis, Briss. Ornith. (1760), IV, p. 112. — Cuccyzus pyropterus, Vieill. N. Dict. (1817), VIII, p. 270. — Cureus americanus, Boie, Isis (1831), p. 541. — Erythrophrys ca- roliniensis, Swains. Class. of B. (1837), II, p. 322. — Cuccyzus ame- ricanus, Jenyns, Man. Brit. Vert. anim. (1835), p. 155. — Erythro- phrys americanus, Bp. B. of Eur. (1838), p. 40. — Cuculus cinerosus, Temm. Man, (1840), 3* parte, p. 277. — Cuccistes americanus, Keys et Blas. Wirbelth. (1840), p. 24. — Coccyzus americanus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 166. i Ficure. — Buff., PI. enl. 816, sotto il nome di Coucou de la Caroline. Nomi voLGARI sTRANIERI. — Franc. Coulicou americain. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 029; apertura del becco, 0, :028:coda; 0%, 135; tarso, 0®: 02. Costumi. — Abita l'America settentrionale. Secondo le affermazioni del Vieillot, trovasi dalla Giammaica fino al Ca- nadà: È estate la passa nel Nord, e l’ inverno nelle grandi Antille. Il suo canto somiglia quello del nostro Cuculo, e sembra ripetere culicù, culicò, e da questo è venuto ad esso il nome vernacolo Coulicou. Propagazione. Tanto secondo il Wilson, quanto secondo il Vieillot, fa il nido sugli alberi; esternamente lo compone con ramoscelli e radici, e internamente lo fodera di peli. Le sue uova sono scuro-celestognole, ed in numero di quattro a cin- que per covala. UCCELLI SILVANI. 301 SETTEIRIA TRIBÙ. I FISSIROSTRI. — HIANTHES. Becco corto, depresso, subadunco nella cima, de- ‘ bole, alla base larghissimo, non intaccato. Gambe vestite di penne. Diti tre avanti e uno in dietro, o tutti e quattro in avanti. Costumi. — Si cibano esclusivamente d’ insetti che pren- dono con facilità a volo, in grazia della loro bocca larghis- sima. L'inverno vanno a passarlo in altro continente. Alcuni sono diurni, altri notturni. Tutti camminano pochissimo, e con fatica; ma volano bene, e per lungo tempo. Fan delle uova, o bianche o bianche macchiettate. ‘4* Famiglia. — CAPRIMULGIDEI. Testa grossa. Occhi grandi. Penne molli, vellutate. Diti tre rivolti in avanti, uno in dietre: il medio unito alla base con i laterali da una membrana. Unghie lunghe non retrattili. Notturni. 18° Genere. — CAPRIMULGUS. Linn. Diti tre rivolti in avanti, uno in dietro: il medio unito alla base con i laterali da una piccola membrana. Becco piccolo, compresso, debole; la sua apertura è larghissima, giungendo quasi al di là dell’ occhio. Mascella superiore diritta, stretta, adunca un poco nella cima. Mascella PV: AE AO N REMO IAA LARA Pa re a Re MSI NS RA e O INI x dg sf AIA CI SALDI ea ae LA x Me DUERT N RO a Re. Sat pr DAI, 302 ORDINE SECONDO. inferiore triangolare, ristretta, compressa in cima, e curva un poco in alto. Lingua carnoso-scariosa, stretta, intiera. Peli lunghi rivolti in avanti, situati dietro le narici. Narici nasco- ste dalle penne che sporgono sulla base del becco, membra- nose, tubulose, rivolte in avanti. Piedi corti. .Tarso reticolato, con penne nella parte superiore, subeguale al dito medio. Diti tre davanti, uno di dietro; il medio, più lungo degli altri, è unito ai due laterali da una membrana. Unghie piccole e ot- tuse: quella del dito medio più grande, dilatata e seghettata dalla parte interna. Coda grande, rotondata, di dieci timonie- re. Ali piuttosto grandi. La prima remigante poco più corta | della seconda: questa più lunga di tutte. Costumi. — Sono notturni. Fan caccia d’ insetti, nel modo stesso delle Rondini. In Europa se ne trovano due sole specie: una è comune in quasi tutti 1 paesi non troppo settentrionali; l’altra, cioè il Caprimulgus ruficollis, fino ad ora non è stata trovata che nelle vicinanze di Gibilterra. NOTTOLONE. — CAPRIMULGUS EUROPAEUS. Linn. Penne del pileo, della cervice e del dorso grigio-cineree, macchiettate e striate in nero : nessun collare sulla cervice, nè sui lati del collo. Maschio. Becco bianco-sudicio. Penne delle parti superiori grigio-ceciate, screziate di nero. Delle strie nere longitudinali scorrono sulla testa e sul dorso. Le scapolari hanno delle mac- chie più grandi, nere e lionate. Le cuopritrici delle ali son terminate di bianco-giallastro. Penne delle parti inferiori, o bianco-cenerine o bianco-ceciate, macchiettate di nero. Una fascia biancastra attraverso il gozzo. Grandi remiganti bruno- nere, macchiate di lionato: le prime tre hanno una larga mac- chia bianca sul margine interno. Coda colorita presso a poco ‘ come le penne del dorso. Le due prime timoniere esterne da cia- scun lato bianche, ceciate nella cima. Piedi scuro-carnicini. Femmina. Non ha la macchia bianca sulla prima remi- gante: i suoi colori son più sbiaditi. pen), DN Nottolone, Caprimulgus europaeus, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 158. UCCELLI SILVANI. 303 Sinonimia. — Caprimulgus europaeus, Linn. S. N. (1766), I, p. 346. — Caprimulgus punc'atus, Mey. et Wolf., Tasch. Deutsch. (1810), I, p. 284. — Caprimulgus europaeus, Temm. Man., 4* parte (1820), p. 436, e 3* parte (1835), p. 304. — Caprimulgus vulgaris, Vieill., Faun. Fr. (1828), p. 140. — Caprimulgus maculatus, Brehm, Handb, Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 134. — Nyctichelidon euro- paeus, Rennie, Montagu in Ornith. Dict. (1834), 2© edit., p. 335. — Caprimulgus europaeus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 604. Ficure. — Buff., PI. enl. 193, sotto il nome di Crapaud volant. — Caprimulgus europaeus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 15. Nomi voccari Toscani. — Calcobotto, Nottolone, Stiaccione, Succiacapre, Fottivento (Fiorentino). Nottolo (Fucecchiese, Pisano). Piattaione (Senese). Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. L’Engoulevent. Ingl. The Goatsu@ker. Ted. Der Tagschlifer. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 242; coda, 0m, 126; aper- tura del becco, 0, 032; tarso, Om, 016. Costumi. — Sono uccelli di passo: d’inverno stanno in Affrica, d’estate in Europa. Nel giorno stan posati sulla terra fra i cespugli, e solo prendono il volo quando si passa loro d’accanto. Tramontato il sole, e quando non resta sull’oriz- zonte altro che una luce incerta, questi uccelli escono da’loro ripostigli, e volando con molta agilità scorron per l’aria, e inseguono a bocca aperta le Farfalle crepuscolari e gli Scara- faggi. Spesso allora si vedono anche posati nei luoghi ove la terra è smossa e senz’ erba, come sulle carbonaie, sulle strade, ec. È opinione di alcuni Naturalisti che allora i Nottoli siano occupati ad uccidere gli Scarafaggi o altri insetti grossi che han chiappati. Le collinette coperte da scopicci sono i luoghi prescelti per abitazione dai Caprimulgus. Propagazione. Depositano le uova sulla terra, a’ piedi d’ un albero o d’un ciuffo di scopa, senza fare alcun nido. Queste uova son due per covata, della grossezza di quelle di Merlo, bianche e macchiate di grigio-celeste e di grigio-scuro. 304 ORDINE SECONDO. * NOTTOLONE COL COLLARE. — CAPRIMULGUS . RUFICOLLIS. Temm. Penne del pileo e del dorso grigio-cineree fulvicce, macchiettate e striate di nero; un collare color lionato acceso, striato longitudinalmente di nero, passa sulla cervice e cinge il collo. Becco bruno sudicio. Iride nerastra. Parti superiori grigio- cineree, tinte di fulviccio, punteggiate e striate longitudinalmente dinero; scapolaricon larghe macchie, alcune lionate, altre nere. Gola color lionato acceso, variato di macchie nere: due larghe macchie bianche nella parte bassa della gola; un lungo col- lare, color lionato-acceso, con macchie nere, cinge il collo pas- sando sulla cervice. Parti inferiori grigio-perla, striate di nero in traverso. Remiganti nero-scure: le tre prime esterne hanno una gran macchia bianca rotonda sulla lamina interna, la se- conda e la terza ne hanno ancora una fulviccia sull’ esterna. Timoniere scuro-nere, ondulate in traverso di giallo-fulviccio: le due esterne da ciascun lato sono terminate da una larga porzione bianca. Piedi scuri. Sinonimia. — Caprimulgus ruficollis, Temm. Man., 4, parte (1820), p. 438, e 3* parte (1835), p. 304. — Caprimulgus rufitorqua- tus, Vieill. Faun. Fr. (1828), p. 142, e Encycl. Méth., p. 546. — Ca- primulgus rufitorguatus, Roux, Ornith. Prov. (1830), p. 242. — Caprimulgus ruficollis, Barthélemy-Lapommeraye, Riches. Ornith. du Midi de la France (1859), p. 319. — Caprimulgus ruficollis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 605. Ficure. — Werner. At]. du. Man. d’Ornith. — Gould, Birds. of Eur., pl. 52. Nomi voLGaRI STRANIERI. — Franc. Engoulevent a collier roux. Dimensioni. — Lunghezza totale: 02, 27; apertura del becco, 0”, 03; coda, 0, 158; tarso, 0, 024. Costumi. — Proprio di tutta la Barberia, ma trovasi anche nel Mezzogiorno della Spagna; e più volte fu preso in Provenza. Quantunque non sappia che fino ad ora sia stato trovato in Italia, pure credei doverlo qui far conoscere, sembrandomi molto probabile vi si possa incontrare. Propagazione. Fa il nido sulla terra, e rozzo come quello ERI UCCELLI SILVANI. 305 del nostro Nottolone, ed anche le sue uova sono compagne a quelle di detto uccello. 2 Famiglia. — LE RONDINI. IrunpINEI. Testa ed occhi mediocri. Penne rigide, glabre. Diti tre rivolti in avanti, uno indietro, medio unito alla base con l esterno. Unghie poco retrattili. Diurni. Costumi. — Sono le Rondini uccelli migratori, che vengono | a passare la stagione calda, ed a propagarsi in Europa: all’ av- vicinarsi della fredda tornano in Affrica. Verso la metà di marzo ordinariamente si comincia a veder qualcuno di questi uccelli, e nell’aprile sempre son di già quasi tutti arrivati. Fra volatili non ve n’ è alcuno che al pari di questi tanto ravvivi il luogo ove abita: come il Cigno, le Anitre e gli altri uccelli acquatici rallegrano e animano l’acque, il Rosignolo, il Merlo, il Rigogolo, ec., i boschetti e le selve; così le Rondini, essendo continuamente in moto dal nascere al tramontar del sole, con i loro voli, di cui variano le direzioni in mille modi, animano e rallegrano l’aria. Questo esercizio continuato è loro neces- sario per procurarsi il vitto, non cibandosi d’ altro che dei piccoli insetti chiappati nell'aria. Sono in caccia di questi, quando si vedono strisciare sui prati, sugli stagni, sul boschi. All’oggetto di far conoscere di quanta utilità sono le Rondini per l’uomo col distruggere una quantità dei suoi più acerrimi, benchè piccoli nemici, vale a dire gli insetti, e quanto sconsi- derata sia la pratica di quegli uomini che fanno alle Rondini la caccia, io credo opportuno di riportare qui il calcolo che fa il signor dottor Bettoni nella sua Storia degli Uccelli che nidificano in Lombardia (vol. I, foglio 19-20, tavola 30): « Una coppia di Rondini va al nido ad imbeccare i figli circa venti volte all'ora, ed ogni volta porta loro circa 10 insetti. In una giornata, cioè dalle ore 4 alle 8 pomeridiane, cioè in 16 ore, vanno al nido 640 volte! per cui in ogni giorno uccidono e consumano 6400 in- Ornitologia italiana. — 1. 20 306 ORDINE SECONDO. setti, ai quali è giusto di aggiungerne altri 600 consumati per l'alimentazione propria; per ciò in ogni giorno ogni coppia uccide 210,000 insetti. Ogni famiglia formasi di sette individui, due adulti e cinque giovani; ciascuno di questi consuma gior- nalmente 21,000 insetti, che quindi, nei quattro mesi di perma- nenza da noi, fanno 250,000, che, sommati con i 210,000 nel mese dell’ allevamento, danno un totale di 462,000. E siccome, senza timore di esagerazione, sì può ritenere che in un villag- . gio e vicinanze vi passino l’estate almeno 100 coppie di questi uccelli, in tre mesi di permanenza consumerebbero 46,200,000 di esseri cotanto nemici dell’agricoltura, quali sono gl’insetti. » Il carattere delle Rondini è dolce.e socievole. Sempre in bri- gate arrivano e partono dal nostro paese, in brigata vanno in traccia del cibo, ed in brigata costruiscono il nido. Affezionate al luoghi che le han vedute nascere, è cosa notissima la co- stanza con cui tornano a ritrovare il loro nido, o a costruirne un nuovo accanto a quello ove sono state allevate. Se qual- cuna di esse è in pericolo, o assalita da un altro uccello, o rimasta a un laccio, tutte le volano attorno, e fan gli sforzi possibili per soccorrerla. Amorosissime e premurose al sommo son per i figli: oltre la pena indicibile che si danno per nu- trirli, è ammirabile la pazienza e l'industria con cui insegnan loro a volare, la cura con che li conducono in luoghi ove pos- san trovare da posarsi comodamente, l’attenzione con la quale li avvertono dell’approssimarsi di qualche pericolo, ec. Termi-- nate le cove, quasi tutte le specie nostrali abbandonano quel sito ove nidificarono, e vanno a stabilirsi in vicinanza de’ laghi o de’ fiumi, alcune in quei di monte, altre in quei di piano. Di là ogni giorno si spargono per la campagna, calano a girare nei piani cercando nutrimento, e la sera si ritirano di nuovo al luogo del loro domicilio. Partono di Toscana nel settembre, alcune volte più presto, alcune più tardi: ma avanti questo tempo per più giorni si vedono al levar del sole riunirsi in truppe numerosissime, o sulle alte torri, o sui massi sporgenti da una rupe scoscesa, o sugli alberi, cantando e volando in mille guise: poco dopo a un tratto prendono tutte il volo, poi nuovamente si posano; ma alla fine più non ritornano, e par- tono per un continente più meridionale. Propagazione, Il nido lo fanno con molt’arte. Le più lo UCCELLI SILVANI. 307 fabbricano di mota, tappezzandolo internamente di borra e di piume; alcune lo scavano nelle spiagge arenose. Caccia. Fra noi si uccide una quantità grandissima di Rondini, benchè la carne loro sia poco o punto buona a man- giarsi. Questi piccoli animali, sicuramente de’ più utili, giacchè distruggono un'immensa quantità d’insetti incomodi, essendo dalle Leggi toscane riposti, non si sa il perchè, nella serie de- gli uccelli dannosi, insieme con le Passere, Falchi, Corvi, ec., sono perciò privi della protezione che queste Leggi accordano a tutti gli altri uccelli, ed anche nel tempo del divieto di cac- cia a chiunque è permesso d’ ucciderle con ogni sorta d’ ordi- gno, solo eccettuato il fucile. I cacciatori adunque che in quel tempo non possono predare nessun altro uccello, o per pia- cere o per cupidigia di poco guadagno, tendono con le reti e ‘con ilacci alle Rondini, e spesso con le prime ne fanno strage grandissima. | 19° Genere. — HIRUNDO. Linn. Becco assai depresso alla base. Narici basilari, con margine non rilevato, in parte chiuse da una membrana. Tarsi nudi, scudettati. ‘ Pollice subeguale al dito medio. Becco basso alla base. Narici basilari, laterali, con mar- gine piano. Ali lunghe, strette. Coda molto forcuta, le timo- niere esterne avendo una lunghezza proporzionatamente molto maggiore delle altre. Tarso coperto da varie squame. Pollice subeguale al dito esterno. Color dominante nelle parti superiori nero-violetto. Costumi. — Sono analoghi a quelli de’ Chelidon o Bale- strucci, amano di abitare vicino all’ uomo, perciò i loro nidi son quasi sempre appesi alle sue abitazioni, e sono fabbricati da loro stessi con mota e pagliuzze. 308 ORDINE SECONDO. RONDINE. — HIRUNDO RUSTICA. Linn. Fronte castagno-fulva; vertice , occipite, cervice e tutte le altre parti su- periori color nero cangiante in violetto: una fascia trasversa nero- cangiante sul petto; tutte le parti inferiori son di color bianco, legger- mente tinto di castagno ; timoniere nere: meno le due medie, tutte le altre con una macchia rotondata bianca sulla lamina interna. Dorso, groppone e coda nero-violetti; coda con macchie bianche. Maschio adulto. Becco nero. Iride scuro-nera. Fronte e gola color castagno acceso. Tutte le parti superiori e il petto di color nero-violetto. L’ addome e i fianchi di color lucente, bianco, leggermente tinto di giallo-ceciato. Sottocoda dello’ stesso colore, marginato di rossastro-castagno. Coda forcuta: le due prime timoniere esterne più lunghe quasi il doppio delle seconde, tutte di color violetto; eccettuate le due medie, le al- tre hanno una larga macchia bianca nella parte media. Piedi nero-castagni. i Femmina. Ha le timoniere esterne più corte di quelle de maschio. Giovani. Hanno la fronte e la gola di color giallastro-rug- ginoso. Il nero del petto più smorto, e le due prime timoniere . esterne poco più lunghe delle seconde. "\ li e LI ca Ai aa Lea Se AT AN e pl peg 9» 47°) MENTI ALI AV fed Lo Pit dA, po ti AGRO Du 1/0, 495 a Ign td = x NALE RIMINI P 4% i ‘ UCCELLI SILVANI. 309 Rondine, Mrundo rustica, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 162. Sinonimia. — Hirundo rustica, Linn. S. N. (1766), I, p. 343. — Hirundo domestica, Briss. Ornith. (1760), II, p. 486. — Hirundo rustica, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 427, e 3? parte (1835), p. 297. — Cecropis rustica, Boie, Isis (1826), p. 971. — Cecropis pagorum, Brehm, Handb. Nat. Vég. Deutsch. (1834), p. 138. — Hi- rundo rustica, Degl. et Ger. (1867), I, p. 587. Ficure. — Buff., PI. enl. 543, fig. 1, sotto il nome di MHirondelle des cheminées. — Hirundo rustica, Eugenio Bettoni, Uccelli che ni- dificano in Lombardia (1867-1870), vol. I, tav. 30. Nomi voLcari srraNIERI. — Franc. L’Hirondelle de cheminee. Ingl. The Common Swallov. Ted. Die Rauch-Schwalloe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 18 circa. Costumi. — La Rondine arriva da noi dopo la metà di marzo. Per San Benedetto la Rondine è sul tetto, dice un antico proverbio toscano, di cui quasi sempre ho verificata l’esat- tezza, e cade quella festa, come ognun sa, il 21 di marzo. La temperatura adattata al loro soggiorno nei nostri paesi è dai gradi 6° 30, e gradi 3 al più. Le Rondini amano i luoghi abi- tati, più de’ Balestrucci; ma nell’ agosto , finite le cove, se ne allontanano e vanno a stabilirsi sugli arbusti de’ margini dei paduli o de’ fiumi. In Lombardia, secondo il signor Bettoni, nel settembre, quando sono per emigrare, vanno all’ albergo nei canneti, ove penetrando silenziosi con i barchetti se ne fanno numerosissime cacce. Avanti di partire si riuniscono sopra degli alberi alti. Propagazione. Il nido lo fabbricano sulle nostre case, tanto. nelle città che nelle campagne. Hanno così poco timore del- l’uomo, che spessissimo lo costruiscono nell’ interno delle stanze più frequentate. Nel palco del nostro Spedale di Pisa ve ne covava una grandissima quantità, e per molti anni sono state lasciate vivere in quiete, in grazia del vantaggio che arrecano, distruggendo le Mosche e le Zanzare. Il nido loro ha la forma presso a poco d’ una barchetta tagliata in mezzo per il lungo, attaccata al muro dalla parte tagliata. Al di fuori è fatto con mota, in cui vi sono intralciati e impastati crini e pagliuzze. Dentro vi è uno strato di fieno delicato, e poche penne. Tutti i materiali necessari per costruirlo li prendono sulla terra, nelle strade e sul greto de’ fiumi. Le uova sono 310 ORDINE SECONDO. ordinariamente sei, di color bianco, con macchiette rosso- SCUre. RONDINE DEL CAIRO. — HIRUNDO CAHIRICA. Lichst. Fronte castagno-fulva: vertice, occipite, cervice e tutte le parti supe- riori color nero-cangiante in violetto; gola castagno-fulva, come la fronte: sul petto ha una larga fascia nera cangiante in violetto; tutte. le parti inferiori dello stesso color castagno-fulvo della fronte; ti- moniere nere: meno le due medie, tutte le altre con una macchia rotonda castagna sulla lamina interna. Becco ed iride neri. Per la coloritura delle penne di tutte le altre parti del corpo perfettamente somigliano a quella del- l’ordinaria Rondine; quando al color biancastro leggermente castagno dell’ addome e delle altre parti inferiori si sostituisca il castagno-fulvo acceso della fronte, e d’analogo colore si con- siderino le macchie attondate delle timoniere. Sinonimia. — Hirundo cahirica, Lichst. Daubl. Zool. Mus. (1823), p. 58. — Hirundo Savignyi, Steph. in Shaw., Gen. Zool. (1823 ?), X, p. 90. — Hirundo Riocourii, Audouin, Descr. de l’Egypte (1828), II, n. 22, p. 339. — Cecropis Savignyi, Boie, Isis (1828), p. 316. — Hirundo Boissonneautii, Temm. Man., 3* parte (1835), Append., p. 652. — Hirundo rustica orientalis, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 18. — Hirundo cahirica, Degl. et Ger. (1867), p. 589. Ficure. — Savig., Exp. d’Égyp, PI. enl. 4, fig. 4. Nomi voLcari sTRANIERI.— Franc. Hirondelle du Caire. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 17; apertura del becco, 0", 042; coda, 0", 097; tarso, 0”, 09. Costumi. — Comunissima in Egitto, e siccome ha i medesimi costumi dell’ ordinaria Rondine, è molto probabile abbiano ra- gione Schlegel, Sélys De Longchamps, Nordmann, non conside- randola come una specie distinta dall’ Hirundo rustica, ma come una semplice varietà locale. Dicesi essere stata trovata anche in Sicilia; l che daltronde è probabilissimo, essendo, come ho detto, quest’uccello così abbondante nella prossima Affrica. RONDINE COLLO GIALLO. — HIRUNDO DAURICA. Gmel. Fronte e vertice nero-violetti: cervice e lati del collo di color fulvo-ca- stagno ; groppone nella metà superiore fulvo=castagno, nell’ inferiore UCCELLI SILVANI. 311 di color più chiaro, che schiarisce anche più presso la coda : cuopri- trici inferiori della coda nere nella parte estrema, bianco-lionate alla base; niuna stria longitudinale sulle penne fulvo-castagne della cer- vice e del groppone; penne del gozzo, petto, addome e fianchi color ceciato-ruggine, con sottile stria scuro-cupa longitudinale sullo stelo ; timoniere nere: l’ esterna da ciascun lato con macchia biancastra subtriangolare sulla lamina interna. Becco mediocre, nero. Pileo, schiena, scapolari e piccole cuopritrici delle ali nero-violette. Alcune delle grandi scapo- lari han l'estremità lionata. Cervice e groppone di color fulvo- castagno. Penne del sopraccoda e de’lati del collo ceciato-ac- cese. Gola, gozzo, petto, addome, fianchi e cuopritrici inferiori delle ali ceciato-rugginose: quelle del petto e dell’addome hanno lo stelo nerastro. Penne del sottocoda, e quelle del sopraccoda che sono a contatto con le timoniere, di color nero- violetto. Ali e coda nere, debolmente cangianti in violetto. Coda molto forcuta; la timoniera esterna da ciascun lato ha sulla parte media del suo margine interno una debole macchia biancastra. Piedi nerastri. Nora. — Questa specie di Rondine, già descritta da Gmelin col nome di Hirundo daurica, e come un uccello asiatico, fino dal 1831 io pubblicai che facevasi vedere anche in Italia, giacchè nel precedente 1830 ne avevo potuto studiare un bell’individuo inviatomi dal pro- fessore Calvi di Genova, il quale individuo era stato ucciso insieme ad un altro alla Foce del Bisagno, presso la-detta città. Richiamata allora: l’ attenzione de’ Naturalisti sopra questo nuovo acquisto del- l’Avifauna europea, e studiate con maggior cura le specie affini, anzi che farsi su di esse una chiara luce ne resultò confusione maggiore, giacchè varie di tali specie furono giudicate fra loro identiche ed altre differenti, per cui alcuni Ornitologi riportarono la Rondine da me descritta ad una delle specie già note, altri a specie differenti, come apparisce dalla sua sinonimia qui riferita. E non riescì nemmeno all’ abilissimo zoologo Sélys De Longchamps di portar piena luce su tal soggetto nella dotta Memoria da lui pubblicata nel tomo X.XII dell’Academie Royale de Belgique; giacché, mentre esso erasi accer- tato chela Rondine presa in Italia per molti caratteri pienamente cor- rispondeva alla Daurica di Gmelin, a cui io l'aveva referita, per altri invece sarebbesi dovuta riportare ad altra specie estremamente affine alla Daurica (l’Hirundo rufula) stabilita dal Temminck nel 1835 sopra individui che esso aveva ricevuto, tanto dal Capo di Buona Speranza, quanto dall’ Egitto, Per altro, l'esatto confronto delle due 312 specie, avendo ad esso dimostrato che i caratteri differenziali, sui quali era stata basata la nuova specie del Temminck (Hirundo ru- fula), erano d'una lievissima importanza ' e che poco o nulla sapen- dosi sui costumi della Hirundo daurica, non si potea decidere se tali caratteri erano da differenza di età e di sesso, così esso dovè dichia- rare, nella detta Memoria, non essere in grado di decidere, se l’ Hirundo daurica è o non è una specie distinta della Rufula. Oltre a ciò, lo stesso Sélys De Longchamps scrivendo al Jaubert nel 1859 dichiara che gl’ ulteriori suoi studii fatti sopra altri esemplari della così detta Hirundo rufula d° Europa e d' Affrica, lo avevano persuaso non solo non potersi riferire ad una specie diversa dalla Daurica asia- tica, ma non si posson nemmeno considerare come razze distinte d’ una stessa specie. Stando adunque alla decisione di questo Natu- ralista, e dovendo per conseguenza considerare l’ Hirundo rufula del Temminck come una specie puramente nominale o non esistente, io credo che alla Rondine, di cui adesso si parla, debbasi conservare il nome che le diedi fino dal 1831, cioè quello d’ Hirundo daurica, giacchè le era stato dato dal Gmelin fino dal 1788, e non può adottarsi per essa l’ altro di Hirundo rufula, questo essendo stato proposto dal Temminck solo nel 1835. ORDINE SECONDO. #2, Rondine di Siberia, Hirundo daurica, Linn. Savi, Orn. Tosc., tomo IIl, App. al tomo I, p. 201. Sinonimir. — Hirundo daurica, Linn. S. N. Gmel., 2? parte (1788), I, p. 1024. — Hirundo rufula, Temm. Man., 32 parte (1835), p. 298 (excl. Syn.). — Hirundo alpestris, Bp. Faun. Ital. (1832-1841). — Hirundo capensis, Durazzo, Ucc. Lig. (1840), p. 14. — Cecropis rufula, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 8. — Hirundo daurica, Sélys De Longchamps, Bulletin de l’Ac. R. de Belgique, XXII, n. 8, p. 34. — Hirundo rufula, Degl. et Ger. (1867), I, p. 590. ? Affinchè gli studiosi d’ Ornitologia possano da loro stessi giudicare in che cosa consistono le differenze, sulle quali si credè potere stabilire le due specie, ne riporto le frasi che ne diede il De Selys nella Memoria citata: HiR, RUFULA, Temm. HiR. DAURICA, Linn. Media, capite supra, dorso alis cauda- que nigris rectricibus extimis (plerumque) que nigris rectricibus extimis (plerumque) Media, capite supra, dorso alis cauda- macula obsoleta albida nuca RurA non macula obsoleta albida nuca RUFA sus- STRIATA, UROPYGIO PALLIDE RUFO, POSTICE ALBIDO: sublus, genis et tectricibus infe- rioribus alarum albido-rufescens, striis ANGUSTISSIMIS FUSCIS în regione anali nul- lis: tectricibus inferioribus caudae apice abruptenigris: pedibus mediocribus. STRIATA: UROPYGIO RUFO SUBSTRIATO po- stice pallidiori, genis griseis: subtus et tectricibus inferioribus alarum albido- rufescens striùs ANGUSTIS NIGRICANTIBUS: TECTRICIBUS inferioribus CAUDAE apice abrupte nigris: pedibus mediocribus. LA AL) fia va SRO AO PIENO RIV RAMA MALTA entre ISO, MEIALIA NE Mo TO o ea D UT vi oi Pt) , Ni VIPARBIIORIAIATA' NOAA Lio Te ile x Î Ù , IALIA 4 Spa ; UCCELLI SILVANI. 313 Figure. — Rondine scherzosa, Gerini, Storia degli Uccelli (4767), tav. 410, fig. A. Nomi voLGaRI sTRANIERI. — Franc. Hirondelle rousseline. Dimensioni. — Lunghezza totale (misurata dall’ estremità del becco all’ estremità delle timoniere medie): 0m, 135; lunghezza delle timoniere medie, 0%, 044; apertura del becco, 0", 014; timoniere esterne, 0%, 085; tarso, 0", 017. Costumi. — Come già dissi, fu nell’ aprile del 1830 che due Hirundo dauriche furono prese sotto gli spalti della città di Ge- nova; nel successivo 1831 altro individuo fu ucciso qui in Toscana, vicino a Livorno; secondo Benoit, molte ne furon ve- dute in Sicilia, presso al Faro di Messina, nella primavera del 1832, e vi venivano mescolate all’ ordinaria Rondine (Hirundo rustica). Nel 1840, il marchese Cav. Durazzo scriveva nella sua Ornitologia apparirne ogni anno a Genova. Questo per altro non avvenne in Toscana, giacchè, dopo quella comparsa in Livorno nel 1831, niun’altra se ne vide: bensì rilevasi dalla Storia degli Uccelli, pubblicata dal Gerini in Firenze 1767, che già ve ne erano stati presi altri individui, uno de’ quali trovasi assai esat-& tamente figurato con la figura 1 della tavola 410 di detta opera. Varie, numerose e poste a grandi distanze sono le sta- zioni di quest’uccello. Gmelin lo dice proprio della Siberia, ed il Pallas ancora assegna ad esso per patria le Alpi di quelle . regioni, i monti alti. Per altro è proprio ancora, secondo l’as- serzione # De Sélys, delle alte montagne dell’ Asia Minore, e lo è aricora di quelle del Capo di Buona Speranza e del- l'Egitto, di dove pervennero al Temminck gl’individui, sui quali stabilì la sua nuova specie, l’ Hirundo rufula. Propagazione. Molte nidificano nelle Alpi siberiche, ove lo costruiscono sui massie nelle grotte delle montagne. Il nido ha forma emisferica ed è composto di mota, nella quale sono intes- sute delle radici; la superficie sua esterna è scabrosa, e da al- cuni Autori si asserisce che l'apertura stia all’apice d'un canale, esso pure di mota, largo vari pollici. Le uova sono bianche, co- sperse di punti scuro-rossastri. Nidifica ancora, al dir di Tem- minck, al Capo di Buona Speranza. I signori Degland e Gerbé asseriscono \che nel 1845 una coppia covò presso Avignone. 314 | ORDINE SECONDO. 20° Genere. — CHELIDON. Bose. Becco rigonfio superiormente alla base. | Narici basilari, laterali, con margine non rilevato. Tarsi e diti pennuti. Pollice più corto del dito esterno. Becco piccolo, depresso alla base. Narici basilari, laterali, con margine piano. Ali lunghe, strette. Coda forcuta. Tarso e diti pennuti. Pollice versatile, più corto del dito esterno. Color dominante nelle parti superiori nero-violetto. Costumi. —I Chelidon amano la vicinanza dell’uomo, per- ciò, come le Rondini, abbondano nelle città, villaggi e vicinanze. Il loro nido è intieramente fabbricato con mota. BALESTRUCCIO. — CHELIDON URBICA. Boie. Dorso e coda nero-violetto; groppone bianco. Maschio adulto. Becco nero. Iride scuro-nera. Pileo, cervi- ce, dorso, scapolari e sopraccoda di color nero-violetto. Coda forcuta. Ali e coda di color bruno-nero. Parti inferiori e grop- pone bianchi. Piedi coperti di piccole piume, fino alle unghie. Femmina. La sua gola e il petto son di color bianco- sudicio. Giovani. Hanno il color nero meno cangiante in violetto. Il petto, particolarmente sui lati, macchiato di cenerino, e le remiganti con un sottil margine biancastro, particolarmente le secondarie. Nora. — Possiedo una curiosa varietà di questa specie, stata trovata in Pisa, che sulla nuca ha un ciuffo bello e grande, di penne bianche voltate in avanti. ! | Balestruccio, Hirundo urbica, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 164. Sinonimia.— Hirundo urbica, Linn. S. N. (1766), I, p. 344. — Hirundo minor seu rustica, Briss. Ornith. (1760), II, p. 490. — Hi- 1 Vedi Catalogo degli Uccelli della Pianura pisana, inserito nel N. 10 del Nuovo giornale de’ Letterati. UCCELLI SILVANI. 315 rundo urbica, Temm. Mapn., 12 parte (1820), p. 428, e 3, parte (1835), p. 300. — Chelidon urbica, Boie, Isis (1822), p. 550. — Hirundo lago- poda, Pall. Zoogr. (1811-4834), I, p. 532. — Chelidon fenestrarum, et rupestris, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 140. — Chelidon urbica, Degl. et Ger. (1867), I, p. 592. Figure. — Buff., PI. enl. 542, fig. 2, sotto il nome di Petit Mar- tinet. — Chelidon urbica, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1867-1870), vol. II, tav. 67. Nomi voLGaRI sTRANIERI. — Franc. L’Hirondelle de fenétre, ou cul blanc. Ingl. The Martin. Ted. Die Haus-Schwolbe. Dimensioni. — Lunghezza totale : 0”, 146; coda, 0”, 066; aper- tura del becco, 0”, 011; tarso, 0”, 09. Costumi. — È molto più abbondante della Rondine. Ogni strada di qualunque città o villaggio è nella buona stagione ripiena da questi uccelletti, che volano e gridano continua- mente, inseguendo gl’ insetti o scherzando fra loro. Questa è la specie che in settembre vedesi la mattina, poco dopo il na- scer del sole, riunita in branchi numerosissimi sopra le torri o altri edifizii elevati, ora volando loro attorno e avvolgendoli quasi in una nuvola, ora prendendo riposo, coprendone tutte le prominenze, le mensole, cornici, anche travi di finestre, ec. Tali riunioni, forse come riviste o consigli generali, precedono di poco l’ emigrazione. Propagazione. Un numero grandissimo fa il nido sui monti, dentro le grotte e gli spacchi de’ massi; ma un numero grande ancora lo fa sulle fabbriche de’ villaggi e delle città. Questi nidi sono ordinariamente molti, riuniti in un luogo medesimo, co- sicchè spesso se ne veggono coperte delle intiere porzioni di fabbriche: e, nell’ epoca nella quale pubblicai l Ornitologia To- scana, era celebre la villa del signor Bernardi, situata nel Pian di Pisa, e detta delle Rondini, per l'immenso numero di nidi di Balestrucci che, da molti e molti anni ammassati gli uni sugli altri, avevano nascosto affatto il vero cornicione, e ne avevano formato un altro d’ una architettura strana e singolare. Il nido de’ Balestrucci è fatto esternamente con mota mescolata a pa- gliuzze: ha la figura quasi emisferica; ma siccome i Balestrucci han sempre cura di collocarlo negli angoli delle finestre, o delle cornici, o de’ massi, e giammai sulle superficie piane, così giammai è un perfetto emisfero, anzi spesso non è che ICONA ate E 316 ORDÎNE SECONDO. un quarto di sfera. L'apertura, la quale è situata verso la parte superiore, è rotonda e assai più larga di quel che sia neces- sario per lasciar passare un uccello alla volta. Internamente vi è uno strato piuttosto grosso di piume e lana. La mota ne- cessaria alla fabbricazione della parete esterna vanno a pren- derla sul margine de’ fiumi, e col becco Ila trasportano e la di- spongono come conviene nel loro nido, ec. Ma le pagliuzze, le penne e le lanugini, con le quali fanno lo strato interno, le prendono per l’aria, quando il vento in qua ed in là le sospinge. Nel tempo che questi uccelli costruiscono il nido, è una cosa dilettevolissima il veder la destrezza con cui prendono quei corpi leggieri e volanti; ed io spesso in quell’ epoca mi son di- lettato a gettare da una finestra de’ pezzetti di cotone o di penne, per osservar l’abilità con la quale li inseguono e li prendono, ancorchè da forte vento sian mossi. Le loro uova son quattro o cinque, rotondate e bianche. Caccia. Nel tempo che i Balestrucci costruiscono il mdc è facile prenderne, sospendendo ad un lungo filo un laccio di crino, nel cui mezzo vi sia una penna o un poco di cotone. I Balestrucci, che vedono quel corpo notare nell’aria, subito vi accorrono per prenderlo, e quasi sempre rimangono appesi, cacciando la testa nel laccio. Moltissimi poi se ne prendono con le reti aperte, particolarmente poco dopo il loro arrivo, tendendo la mattina presto sui prati o lungo l’acqua. Quando uno se ne è posto a zimbello, la caccia per il solito diviene ab- bondante, giacchè quasi tutti gli altri che passano v’accorrono. Le prime ore di sole, dopo le pioggie, son le più propizie per questa caccia. 241° Genere. — COTYLE. Boie. Becco piuttosto alto alla base. Naricl con margini rilevati. Tarsi nudi, scudettati. Pollice subeguale ai dito esterno. Becco piccolo, depresso verso la cima, piuttosto alto alla base. Narici basilari, marginate da un rilievo assai deciso. Ali lunghe e strette. Coda o trancata o forcuta. Tarso coperto da UCCELLI SILVANI. 317 varie squame. Unghie mediocri, arcuate, sottili. Color domi- nante nelle parti superiori cinereo-scuriccio. Costumi. — Poco amiche dell’uomo. Abitano le regioni montuose o le rive de’ fiumi, in luoghi scoscesi, o lungo le sponde tagliate a picco de’ fiumi. Fanno il nido negli spacchi de’ massi, o nelle buche de’ muri, oppure in brevi cunicoli che si scavano da loro stesse nei terreni sabbionosi. TOPINO. — COTYLE RIPARIA. Bore. Dorso, groppone e coda bigio-cenerini. Adulti. Becco nero. Iride scuro-nera. Tutte le parti supe- riori e il petto color grigio-cenerino. Gola, gozzo e addome bianchi; i fianchi bianchi, macchiati longitudinalmente di cene- rino. Ali e coda bruno-grigie. Coda forcuta. Piedi nudi, nero- rossastri. Giovani avanti la prima muta. Tutte le penne delle parti superiori marginate di lionato. Il groppone e il sopraccoda quasi intieramente lionati: le penne delle ale hanno il margine più largo e più chiaro. La gola è macchiettata di cenerino e di lionato. Topino, Hirundo riparia, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 166. Sinonimia. — Hirundo riparia, Linn. S. N. (1766), I, p. 344. — Hirundo cinerea, Vieill. N. Dict. (4817), XIV, p. 526. — Hirundo riparia, Temm. Man., Aa parte (1820), p. 429, e 3 parte (1835), p. 300. — Cotyle riparia, Boie, Isis (1822), p. 550. — Cotyle fluvia- tilis et microrhynchos, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (4834), p. 142. — Cotyle riparia, Degl. et Ger. (1867), I, p. 596. Figure. — Buff., PI. enl. 345, fig. 2. — Rondine riparia, Bale- struccio ripario, 0 Salvatico o Dardonello, Gerini, Storia degli Uccelli, tav. 408, fig. 2. — Cotyle riparia, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidi- ficano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 53. Nomi voLgari stRANIERI. — Franc. L’Hirondelle de rivage. Ing]. The Sand Martin. Ted. Die Ufer-Schwalbes. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 126; coda, 0, 053; aper- tura del becco, 0, 012; tarso, 0, 04. Costumi. — È l’ultima ad arrivare e la prima a partire. Vola in branchi sull'acqua de’ paduli e de’ fiumi, e qualche 318 ORDINE SECONDO. volta sui prati, particolarmente a certe variazioni di tempo. Ingrassa molto, e non è cattiva a mangiarsi. Propria a tutta Europa, trovasi nella Russia fino nel Sud; in Siberia, nel Kam- schatka ed in tutta 1’ Asia settentrionale. A Malta ed in Sicilia si trattiene ancora l'inverno. Secondo l’ osservazione dello Spallanzani, per trasportarsi da Milano a Pavia, cioè per tra- scorrere la distanza di 25 chilometri, vi impiegò minuti 13, il che mostra che ha un volo molto veloce. Che sia falsa l’idea del letargo, a cui vanno soggetti questi uccelli, lo prova il sa- persi cheile ragunate antecedenti all’ emigrazione si fanno nei canneti. ‘f Propagazione. II nido lo scava nelle piagge scoscese e sab- biose de’ fiumi. Consiste in un foro lungo poco più d’un metro, in fondo al quale vi è una dilatazione ove sono le uova, posate sopra ad uno strato di radichette e di poche piume. Queste uova son da cinque a sette, e bianche. Fino ad ora non ho tro- vato il luogo ove tali uccelli nidifichino nel Piano di Pisa, ben- chè vi siano molto comuni. RONDINE MONTANA. — COTYLE RUPESTRIS. Y Bote. Dorso, groppone e coda bigio-cenerini; coda con macchie bianche ro- tonde. Adulti. Becco bruno-nero. Iride giallo-rossiccia. Tutte le parti superiori di color bruno-bigio uniforme: Gola, gozzo e petto bianchi, leggermente ceciati. La gola è findmente mac- chiata di cenerino-cupo. Parte media dell’addome lionato-ros- sastra. Fianchi bruno-grigi. Sottocoda bruno-nera. Coda tron- cata; timoniere e remiganti dello stesso colore delle parti superiori, ma un poco più cupe: eccettuate le due medie e le due esterne, tutte le altre hanno sulla parte interna una bella macchia bianca rotonda. Piedi grigio-nerastri. Giovani. Le penne delle parti superiori sono marginate di bigio-rossastro chiaro. Le parti inferiori sono giallo-rossastre o color d’Isabella. Ordinariamente le quattro timoniere medie senza macchie, e le macchie delle altre penne più piccole che negli adulti. 319 UCCELLI SILVANI. II Rondine montana, Hirundo rupestris, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 167. ‘ Sinonimia. — Hirundo rupestris, Scopoli, An. I. Hist. Nat. (1768), p. 167. — Hirundo montana, Gmel. S. N. (1788), I, p. 1019. — Hi- sundo rupestris, Temm. Man., 4 parte (1820), p. 430; e 3° parte (1835), p. 300. — Chelidon rupestris, Boie, Isis (1822), p. 550. — Cotyle rupestris, Boie, Isis (1826). — Biblis rupestris, Less. Compl. a Buff. (1837), VIII, p. 495. — Ptyonoprogne rupestris, Cab. in Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 8. — Biblis rupestris, Degl. et Ger. (1867), I, p. 597. HA Ficure. — Gould, Birds of Eur., pl. 56. — JU scura, Gerini, Storia degli Uccelli, tav. 409. Nomi voLGari strANIERI. — Franc. L’Hirondelle de rocher. Ing]. The crag Swallow, Rockswallow. Ted. Dié Felsen-Swalbe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, / gfta, om, 05; aper- tura del becco, 01, 012; tarso 0, 09. i 4 Costumi. — È una delle specie più'rayf diiguesta famiglia; ma anch'essa si trova in Toscana. Io ne / 6/ Vedute parecchie volare vicino a Castagno, paesetto situato sull’ Appennino, ai piedi della Falterona: esse avevano i loro nidi in una scosce- sissima pendice voltata a ponente. Alcune altre, benchè in pic- colo numero, ne ho vedute alle falde dei monti di Carrara, strisciando sull’erba d’un praticello, come usano fare i nostri comuni Balestrucci. Ma siccome poco tempo là mi trattenni, io non potei vedere se, come asserivano alcuni contadini, aves- sero i loro nidi fra i massi delle grotte incavate nelle pendici del monte, da cui il prato era cinto, oppure sulle cime nude e scoscese delle Alpi Apuane, che quasi a picco si vedono inal- zate al di sopra di quelle valli. Propagazione. Nidifica negli spacchi de’ massi. Le uova, al dire di Temminck, sono cinque o sei, bianche, macchiettate di SCUro. 3° Famiglia. — DE’ RONDONI. I CyPsELIDEL. Testa ed occhi mediocri. Penne rigide, glabre. Diti intieramente separati, tutti rivolti in avanti, di egual lunghezza. 320 ORDINE SECONDO, Unghie retrattili. Diurni. Ao Genere. — CYPSELUS. Illiger. Diti tutti e quattro rivolti in avanti, intieramente separati. | Unghie retrattili. Becco piccolo, depresso, triangolare, con apice molto compresso: la sua apertura è larghissima e grandissima, giun- gendo all’angolo anteriore dell’ occhio. Mascella superiore con l’estremità incurvata. Mascella inferiore triangolare, compressa in cima, e con i margini molto ripiegati in dentro. Lingua car- noso-coriacea, triangolare, bifida. Narici che guardano in alto, basilari, bislunghe , longitudinali, chiuse posteriormente da una membrana. Piedi corti e forti. Tarso quasi eguale al dito me- dio, pennuto. Diti corti, tutti e quattro rivolti in avanti, ed intieramente separati. Unghie grandi, grosse, arcuate ed acute. Coda mediocre, forcuta, di dieci timoniere. Ali lunghissime, strette, appuntate. Prime due remiganti le più lunghe. Costumi. — Sono i più abili volatori di tutti gli uccelli. Me- diante le loro ali lunghe e resistenti, che ora agitano rapida- mente, ora tengono immobili, solcano l’aria con la velocità d’ una freccia. Ma son poi affatto incapaci di camminar sulla terra o tenersi a pollaio sui rami, a causa delle loro zampe cortissime, e de’ diti rivolti tutti in avanti. Avendo le unghie grandi e forti, possono con facilità tenersi aggrampati ai muri ed agli scogli; ma, per la posizione de’ diti, non vi possono stare che con la testa in alto, ed allora anche la coda gli aiuta, servendo come di puntello. La piccolezza delle sambe e la lunghezza delle ali son causa che non possano prendere il volo, o almeno senza grandissima difficoltà, quando sian posati sulla terra, ed è perciò a loro necessario di lasciarsi cadere da qual- che luogo elevato. Si cibano d’ insetti, a cui fan la caccia come le Rondini volando, e conte le Rondini bevono strisciando sul- l’acqua. Fanno il nido nelle crepe de’ massi, o ne’ buchi dei muri alti. n autunno emigrano verso il Mezzogiorno. UCCELLI SILVANI. 321 RONDONE. — CYPSELUS APUS. IMig. Addome nero. % Adulti. Becco nero. Iride scura. Gola biancastra. Tutte le altre parti del corpo son di color nero-scuro, Il dorso in qual- che posto cangia in nero-verdone. Giovani. Hanno la gola bianco-nivea. Rondone, Cypselus apus, IHlig. Savi, Orn. Tosc., I, p. 170. Sinonimia. — Hirundo apus, Linn. S. N. (1766), I, p. 344. — Micropus murarius, Mey. et Wolf., Tasch. Deutsch. (1810), I, p. 284. —, Cypselus apus, Illig. Prod. Syst. (1811), p. 230. — Cypselus mura- rius, Temm. Man. (1845), p. 274; 2° edict., 1a parte (1820), p. 434, e 3* parte (1835), p. 303. — Cypselus niger, Leach, Syst. Cat. M. and. B. Brit. Mus. (18416), p. 19. — Micropus apus, Boie, Isis (1844), p. 165. — Cypselus apus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 604. Ficure. — Bufîf., PI. enl. 542, fig. 1, sotto il nome di Grand Martinet. — Cypselus apus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 44. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Le Martinet noir, ou Marti- net de muraille. Ingl. The common Swift. Ted. Die Mauer-Schwalbe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 177; coda, 0”, 077; aper- — tura del becco, 0m, 017; tarso, 0, 047. Costumi. — Arrivano verso la metà di aprile, dopo le Ron- dinî. È noto ad ognuno il numero grandissimo che se ne sta- bilisce nei villaggi e nelle città, particolarmente ove sono fab- briche antiche ed elevate: molti ancora vanno a stare sulle montagne, nelle scogliere alte e precipitose. L’ ore più calde del giorno le passano nascosti nei fori ove fanno il nido, o aggiran- dosi ad una sì grande altezza nell'atmosfera, che spesso non si distinguono, benchè il loro stridere si oda chiaramente. La mat- tina e la sera girano per le strade, o attorno alle grandì fab- briche, sempre riuniti in brigate di dieci o venti, volando con una rapidità estrema, ora distanti fra loro e sparpagliati, ora serrati gli uni accanto agli altri, sempre stridendo acutissima- mente. Dopo che han figliato, i, e vecchi lasciano i luo- ghi, e vanno a stabilirsi sopra i monti, per aspettare la fine di agosto, tempo della loro partenza per andare al Sud; ciò non Ornitologia italiana, — I. 21 329 ORDINE SECONDO. ostante, anche quando più non abitano fissi le pianure, in alcune ore del giorno vi si vedono comparire, dando la caccia agl’insetti sui campi e sui prati. Il signor Bettoni assicura che ne rimangono a svernare in Sicilia. Propagazione. Il nido lo fanno nelle buche degli alti edi- fizi, o negli spacchi de’ massi. Ne ho veduta un’ immensa quan- tità in tutti i punti del littorale d’Italia, ove è scogliera. Que-. sto nido è piccolo, compresso, fatto con penne, pagliuzze, radici, ec., tutte collegate esternamente da una sostanza lustra e agglutinante che i Rondoni gemono dalla bocca. I materiali necessarii alla costruzione di questo nido sogliono andarli a rubare da quei di Passera, di Rondine o di Balestruccio. Le uova son bianche, ovate, tre o quattro per nido. Caccia. Essendo la carne de’ Rondoni adulti durissima, non si tira loro col fucile che per divertimento o per eserci- zio. Ma se i vecchi sono poco buoni, buonissimi e ricercatis- simi al contrario sono i Rondinotti; e siccome questi uccelli fanno il nido in luoghi d’accesso difficilissimo, si usa comu- nemente in Toscana di preparar loro a bella posta, nelle pa- reti più elevate delle case, nella cima delle torri, ec., alcune buchette aperte all’ esterno, ed internamente chiuse in maniera da potersi schiudere e visitare a volontà. In tal modo è facile d’ impadronirsi de’ Rondinotti, quando sono arrivati al loro giusto sviluppo: ed affinchè i loro genitori non si sdegnino, vi è l’uso di lasciarne uno per ciascun nido. Poco distante da Massa di Carrara, rimontando il fiume Frigido, ho veduta una fabbrichetta a guisa di torre, costrutta arditissimamente sopra un masso sporgente dalla costiera quasi a picco. Questa tor- ricella, a cui non si può giungere che mediante una scala pe- ricolosa, ha le sue pareti tutte traforate per dar ricetto ai Rondoni che vi vogliono nidificare, ed a questo solo oggetto fu fabbricata. Nel Fiorentino vi ha l’uso di apprestare tali località artificiali nelle pareti delle colombaie ; nelle quali cavità non solo nidificano Rondoni, ma anche Passere. Per non sdegnare gli uccelli vi ha l’uso di lasciare un uovo o due, nA4 4, Pe eg) () u° } ef ii (f UCCELLI SILVANI. 323 RONDONE DI MARE.— CYPSELUS MELBA. Illig. ex Linn. Addome bianco. Maschio. Becco nero. Iride color di nocciola cupo. Tutte le parti superiori, i lati del collo, il petto, i fianchi, il sotto- coda e le penne che cuoprono i tarsi, di color grigio-bruno. Gola e addome bianchi. Zampe scuro-nere. Femmina, È di color più chiaro. Rondine di mare, Cypselus melba, Vieill. Savi, Orn. Tosc., TI, MP 2. Sinonimia. — MHirundo melba, Linn. S. N. (1766), I, p. 345. — Hirundo alpina. Scop. Ann. I, Hist. Nat. (1768), p. 166. — Micropus alpinus, Mey. et Wolf., Tasch. Deutsch. (18410), I, p. 282. — Cypselus melba, Illig. Prod. Syst. (1814), p. 230. — Cypselus alpinus, Temm. Man., 4° edict. (1815), p. 2'70; 2e edict., 4* parte (1820), p. 433, e 3* parte (1835), p. 303. — Micropus melba, Boie, Isis (1844), p. 165. — Cuypselus melba, Degl. et Ger. (1867), p. 602. Ficure. — Gould. Birds of Eur., pl. 53, fig. 2. — Rondine dello stretto di Gibilterra, Gerini, Storia degli Uccelli, tav. 412. — Cypse- lus melba, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. IT, tav. 64. Nomi voLcari toscani. — Rondone di padule (Pisano). Rondone grosso, Rondone bianco (Bientinese). Rondone marino (Grossetano). Nomi voLgari srranIERI. — Franc. Le Grand Martinet è ventre blanc. Ingl. The white-bellied Swift. Ted. Die Alpen-Schwalbe. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 215; coda, 0", 077; aper- tura del becco, 0", 023; tarso, Om, 044.0 Costumi. — Questa specie di Rondone è più rara dell'altra. In Toscana non so che abiti nelle città, nè sopra nessun edi- fizio, come fa in alcuni luoghi della Svizzera, e segnatamente a Berna, ma spesso si trova intorno le falde scoscese dei monti. Ad Uliveto, nel Pisano, fa il nido nelle cave di pietra da calcina, in alcuni punti della montagna tagliata a picco. Moltissimi poi di. questi Rondoni abitano fra gli scogli e ne’ poggi dirupati del nostro littorale. Ne abbonda la costa del Poggio di Populonia e del Monte Argentaro, che quasi LE RINO RI ARA IR MORIVA RATE RENT TOTEM GONNA DAN UTSARI RAA MIDO 0808, CCI ED NGN TI MEARATE ADI GL 324. ORDINE SECONDO. tutta è formata da piagge sassose e scoscese, o da promontori altissimi e precipitosi. Là, in branchetti di sei o sette, spesso mescolati con i Rondoni comuni, rasentano volando rapidissi- mamente quelle scogliere, e le fan risonare de’ loro acuti stridi: ora bassissimi entrano nelle caverne bagnate dal mare, ora con incredibile destrezza e velocità s’ inalzano al di sopra de’ colli più elevati, e vanno a girare intorno alle mura di que’ fortilizi d’ osservazione che ne guarniscono le cime. Propagazione. Il nido lo fanno negli spacchi de’ massi, ed i materiali che lo formano sono, come in quello dell’ordinario Rondone, intonacati della saliva dell’uccello fabbricatore, la quale nel disseccarsi diviene lucida e di consistenza solida. OTTAVA TRIBÙ. GLI ANGULIROSTRI. — ANGULIROSTRES. Becco lungo subtetragono. Gambe nude sopra al collo del piede. Diti tre davanti, e uno di dietro; gli anteriori tutti riuniti alla base. Costumi. — Come gli uccelli della precedente tribù, vo- lano più di quel che camminino: e volando, prendono il loro cibo o nell'aria o rasentando la superficie dell’acqua, cioè de- gli insetti o de’piccoli pesci. Fanno il nido nella terra. Le uova son bianche. Tutti hanno dei colori vivaci. 4* Famiglia. — DE’ GRUCCIONI. MeRropPIDEI. Becco leggermente arcuato, tetragono. Lingua lunga, scariosa, lanceolata. Coda con le due timoniere medie molto più lunghe delle laterali, ed acuminate. Tarso scudettato. " Di it Pl I CÒ SS) (DA UCCELLI SILVANI. 23° Genere. — MEROPS. Linn. Becco più lungo della testa, leggermente arcuato, tetragono, appuntato. Margine delle mascelle intiero, tagliente. Apertura del becco larga, che arriva sotto all’ angolo anteriore degli occhi. Lingua scariosa, lunga, lanceolata, appuntato-lacerata. Narici basilari, rotonde, coperte da piccole penne distese in avanti. Gamba nuda sopra il collo del piede. Tarso scudettato, più corto del dito medio. Diti tre davanti, uno di dietro: l interno saldato col medio fino alla prima articolazione, il medio con l'esterno fino alla seconda; il posteriore ha la base dilatata. . Unghie piccole, adunche: quella del dito medio col margine interno dilatato. Coda troncata, di dodici timoniere, con le due me- — die più lunghe, Ali grandi, acuminate: prima remigante corta, se- conda più lunga di tutte. Costumi. — Questo genere, che formasi d’uccelli assoluta- mente insettivori, non enumera fra gli europei che due sole specie: vale a dire il Merops apiaster, che regolarmente viene dall’ Affrica a nidificare fra noi, perciò vero uccello migratorio; ed il Merops Aegyptius, il quale solo a caso, 0 per erratismo, vi arriva qualche volta dall’ Affrica. 7 GRUCCIONE. — MEROPS APIASTER. Linn. /1e&Éî AC Cervice e schiena di color castagno; gola gialla, in basso marginata di nero; petto ed addome color verde-glauco. Adulti. Becco nero. Iride rossa. Penne della fronte bian- che e verdi; quelle poste sulla base del becco intieramente LO LA: 326 ORDINE SECONDO. bianche, le più alte color verde-mare o verde-pisello. Fascia sopraccigliare verde-mare. Vertice , occipite e parte superiore della schiena, color castagno vivace : questo colore, diventando sempre più chiaro, s’ unisce insensibilmente al giallo-fulvo della parte inferiore della schiena e delle scapolari. Penne del groppone di color verde, misto con giallo. Una larga fascia nera s’estende dalla base del becco fin sopra all’orecchio, circondando l'occhio. Gola di color giallo dorato. Gozzo, e tutte le altre parti inferiori, di color verde-mare. Una sottil fascia nera separa i due colori della gola e del gozzo. Remi- santi con l’apice nero: le primarie son di color verde-mare, con lo stelo castagno ; le secondarie giallo-castagne, ma quelle poste accanto al tronco intieramente verdi. Cuopritrici supe- riori delle ali verdi e giallo-castagne; le inferiori bianco-ceciate. Timoniere verdi, con lo stelo color castagno: le due medie più lunghe delle altre. Sopraccoda color verde-mare. I giovani uscendo dal nido hanno tutti i colori più pallidi. Il color castagno della testa e della cervice è sfumato di verde. Dorso verde. Scapolari verdi-giallastre. i Gruccione, Merops apiaster, Linn. Savi, Orn. Tosc., T, p. 174. Sinonimia. — Merops apiaster, Linn. S. N. (1766), I, p. 182. — Merops chrysocephalus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 463. — Merops apiaster, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 420, e 32 parte (1835), p. 293. — Merops apiaster, Degl. et Ger. (1867), 1, p. 172. Ficure. — Buff., Pl. enl. 338. — Tordo merino, Merope, Gerini, Storia degli Uccelli, tav. 494. — Merops apiaster, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 104. NOMI VOLGARI Toscani. — Gruccione (Fiorentino). Tordo marino, Gorgoglione (Pisano). Grottaione, Barbiglione (Senese). Nomi voLgaRI STRANIERI. — Franc. Le Guépier.Ingl. The common Beecater. Ted. Der gelbkehliger Bienenfresser. ‘ Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 242 (dalla punta del becco fino all’ estremità delle timoniere più corte); apertura del becco, 0”, 044 ; tarso, 0", 016; lunghezza delle timoniere più corte, 0", 088. Costumi. — Arrivano nel maggio, partono verso il set- tembre. Viaggiano in branchi, e sempre molto alto nell’ aria, mandando continuamente una voce rauca che sì può esprimere col gra, gra, gra, pronunziato con suono gutturale. Abitano iluoghi ove il terreno è arenoso; nelle praterìe che sono lungo UCCELLI SILVANÌ. STI il mare, e ne’ Tomboli che ne rasentano la spiaggia, se ne stabilisce una quantità grandissima: bensì molti ancora sì fer- mano dentro terra ove son colline d’ arena, lungo i fiumi, ec. Nel giorno spesso si allontanano dal loro domicilio, e volando in branchi vanno a cercare il nutrimento anche a una certa distanza: esso consiste in Api ed in Vespe.Io non ho mai trovato nello stomaco dei Gruccioni, e ne ho aperti molti e molti, al- tri insetti che Imenotteri: le Bembex ne formavano il numero maggiore. Secondo diversi Autori, chiappano questi insetti vo- ‘lando, ma io ho veduto che un gran numero ne prendono an- che essendo posati sulla terra: a quest’oggetto, quando nel- l aggirarsi per l’aria han veduta l’ apertura d’ un nido di Bembex o di Vespa, gli si posano accanto e chiappano allora tutte quelle che van per entrare o escire dal nido. Sovente si posano sopra gli alberi, e tanto allora che quando son sulla terra o per l’aria, quasi continuamente gridano. I nostri contadini consi- derano come un segno di pioggia il sentirli cantare, mentre vo- lano ad una grande altezza. Il loro volo è lento, ma unito e sostenuto; descrivono quasi sempre de’ grandi cerchi e mediante questi si avvicinano o s’allontanano dalla terra. Propagazione. Il nido lo scavano nella rena. Col becco e colle zampe, smovendola e gettandola indietro, fanno una gal- leria lunga spesso due braccia, che cammina quasi orizzontal- mente, nel fondo della quale depositano le uova; queste sono in numero di sei o sette, bianchissime, lucide e quasi sferiche. I giovani, dopo avere spuntate le penne, escono spesso dal nido, e si pongono a scaldarsial sole accanto all'ingresso: ma appena veggono qualche cosa che gli spaventa, si precipitano con furia nelle loro case, non camminando con la testa in avanti, ma rinculando. Sono abilissimi a camminare in tal modo, e tanto vi sono abituati, che ancor quando si tolgono dal nido, non sanno per un poco muoversi progredendo in avanti, ma sol retrocedendo. Caccia. Sì prendono facilmente o a volo col fucile, o ten: dendo de’ lacci all'apertura de’ loro nidi; 328 ORDINE SECONDO. GRUCCIONE FORESTIERO. — MEROPS AEGYPTIUS. Forskal. Cervice e schiena color verde-glauco; gola superiormente gialla, inferior- mente castagno-fulva; petto e addome verde leggermente glauce- scente. Adulto. Becco nero. Iride rossa. Penne della fronte bian- che presso il becco, che sfumano in celeste verso il vertice, il quale, egualmente che la cervice, il dorso, le scapolari ed il groppone, è di color verde leggermente cangiante in glauco. Gola giallo-limone, che inferiormente passa al castagno fulvo, il qual colore sfumasi col verde del petto e de’lati del collo. Una fascia nera parte dall’ angolo del becco posto sotto l’ oc- chio e termina ricuoprendo la regione auricolare. Le penne nere di questa regione cangiano in verdone: al disotto delle descritte fasce ve ne ha una bianca, ristretta, la quale, pas- sando prima al celeste, sfumasi col color verde de’lati del collo. Cuopritrici delle ali di color verde, eguale a quello del dorso: dello stesso colore sono le remiganti, ma han lo stelo ed il margine interno scuro-nero. Cuopritrici‘inferiori delle ali color cannella-chiaro. Sopraccoda, addome e sottocoda del solito verde sfumante al glauco. Timoniere verdi di sopra, con lo stelo nero-castagno. Coda troncata, rotondata: le due timoniere medie acuminate, la metà circa più lunghe delle altre. Piedi e unghie grigio-scure. Femmina. Ha colori più smorti, e le penne medie della coda meno lunghe. Giovani avanti la prima muta. Penne delle fasce laterali della testa scuro-nere. Coda di color giallo-ruggine chiaro. Gozzo tinto di marrone-fulvo. Penne delle parti superiori verde-olivastre, marginate di celestognolo: questo colore pre- domina sul groppone, sopraccoda e sottocoda. Cuopritrici in- feriori delle ali color cannella-chiaro. Petto ed addome di co- lor verde-glauco cenerognolo. SinoNIMmIa. — Merops aegyptius, Forsk. Descript. anim. It. Orient. (1775), p. 2, sp. 2. — Merops persica, Pall. Voy. (1776), ed. fr. in-8, VIII, Append., p. 36. — Merops Savignyi, Temm. Man., 4a parte (1740), p. 649. — Merops aegyptius, Degl. et Ger. (1867), I, p. 173. UCCELLI SILVANI. 329 Ficure. — Le Vaill. Promerops, pl. 6 e 6 bis, sotto il nome di Guepier Savigny. — Bp. Faun. It. (1832-1841), I, p. 115. Nomi voLcari stRaNIERI. — Franc. Guépier d'Egypte. Dimensioni. — Lunghezza totale: Om, 25 (dalla punta del becco fino alla cima delle timoniere più corte); apertura del becco, 0, 04; tarso, 0, 08; coda, 0%, 09; lunghezza delle timoniere più lun- ghe, 0%, 453. Costumi. — È patria di questo bell’uccello la Persia, l’ Egitto, e probabilmente tutta la Costa affricana del Mediterra- neo. In Europa è rarissimo, ed erratica ne è l’ apparizione. Per quanto a me è noto, in Italia non furon presi che tre soli indi- vidui: i due, de’ quali parla il marchese Durazzo, uccisi nel 1834. nelle vicinanze di Genova, de’ quali l’ uno era maschio, l altro | femmina, comparvero mescolati alla specie antecedente; il terzo fu preso in Sicilia, nelle vicinanze di Palermo, secondo quanto asserisce il signor A. Malherbe. Barthélemy dice es- serne stati uccisi anche in Linguadoca. 2* Famiglia. — LE ALCEDINI. ALceDINIDEI. Becco diritto, subtetragono. . Lingua brevissima, acuta. Coda con timoniera media che termina alla stessa linea delle laterali. Tarso coperto da pelle nuda e molle. Nora. — Secondo i moderni Ornitologi, gl’uccelli della fami- glia degl’ Alcedinidei trovati in Europa apparterrebbero a due di- stinti generi: a quello A/cedo del Linneo, ed all’altro detto Ceryle dal Boie; il primo contenente la comune A/cedo rudis, Linn., il secondo l’Alcedo alcyon, Linn. Io per altro ho lasciate le due specie riunite in uno stesso'gruppo generico, non sembrandomi che il terminarsi dello spigolo del becco (nella Rudis) ed il prolungarsi di questo spigolo per breve estensione fra le penne della fronte, sia un carattere di tal valore da autorizzare la detta divisione generica. 24° Genere. — ALCEDO. Linn. Becco più lungo della testa, diritto, subtetragono alla base: acuminato, subcompresso in cima. 330 ORDINE SECONDO. Margine delle mascelle diritto, intiero. Lingua carnosa, brevissima, acuta. i Narici basilari, bislunghe, chiuse dalla parte supe- riore da una membrana vestita di penne. Gamba nuda sopra il collo del piede. Tarso più corto del dito medio, coperto di pelle. molle, e senza squame. Diti tre davanti, e uno di dietro; gli anteriori uniti insieme alla base per più della metà. Unghie piccole, arcuate. Coda corta. Ali mediocri. Prima remigante poco più corta della seconda; seconda e terza le più lunghe di ‘tutte. AZIZ NI ) SEZZÀ UCCEL SANTA MARIA. — ALCEDO ISPIDA. Linn. Dorso celeste, misto di scuro; addome fulvo. Maschio adulto. Becco nero, con la base della mascella inferiore giallo-carnicina. Pileo, cervice e lati del collo di color verde-olivastro, con macchie d'un bel color celeste-verdastro splendente. Una fascia giallo-fulva parte dalle narici e va verso We VERO ge Tn ult DI MU si Cdl I 0 VERTE Metto, VISA i 7 Pegtafi Nd Ù A ST, ‘ 6 x n° $i SPARI fr: À - x . UCCELLI SILVANI. 331 l'occhio: un’altra dello stesso colore parte dall'angolo del becco, e s’ estende fin sopra all'orecchio: in seguito a questa, dirigentesi verso il collo, ve n° è un’altra di color bianco-puro, o leggermente ceciato. Dorso, groppone e sopraccoda di color verde-celeste splendente. Scapolari e spallacci verde-olivastri. Gola e gozzo bianco-giallastri. Petto, addome, fianchi e sotto- coda color lionato-cupo. Cuopritrici delle ali verdi, macchiate di celeste nella cima. Remiganti e timoniere bruno-nere, col margine esterno verde. Piedi rosso-carnicini. Femmina e giovane. Hanno i colori meno vivaci. Uccel Santa Maria, Alcedo ispida, Linn. Savi, Orn. Tosc., IL p.178. Sinonimia. — Alcedo ispida, Linn. S. N. (1766), I, p. 179. — Gracula Atthis, Gmel. S. N. (1788), I, p. 398. — Alcedo ispida, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 423, e 3* parte (1835), p. 296. — Alcedo ispida, Degl. et Ger. (1867), I, p. 175. Ficure. — Buff., PI. enl. 77. — Ispida, Uccel pescatore, Uccel Santa Maria, Gerini, Storia degli Uccelli, tav. 493. — Uccello pesca- tore, Olina, Uccelliera (1622), pag. 39. — Alcedo ispida, Eugenio Bet- toni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 1. Nomi voLcari toscani. — Uccel Santa Maria! (Pisano, Fioren- tino). Piombino (Fiorentino). Uccel bel verde (Garfagnana). Nomi voLGarI srRANIERI. — Franc. Le Martin-pecheur. Ingl. The common Kingfisher. Ted. Der germin Eisvoggel. Dimensioni. — Lunghezza totale : 0" ,#1'77; coda, 0", 032; aper- tura del becco, 0", 048; tarso, 0”, 018. Costumi. — Non emigra. Abita sempre vicino alle acque: vola parallelamente al di sopra di esse, in linea retta, o sta posato sopra qualche rametto secco sporgente sulla spalletta di un ponte, o sopra qualunque altro corpo imminente all'acqua. Quando dal luogo ove si è fermato ha scoperto nell’ acqua qualcuno degli animaletti, di cui cibasi, piccoli pesci cioè, vermi o insetti acquatici, piomba loro addosso perpendicolar- 1 « Ha questo diversi nomi, accordandosi però ì più dal pigliar che fa de’ pesci, a » chiamarlo Pescatore e Re pescatore: a Roma ein Toscana chiamasi Vece/ Santa Ma- » ria, o della Madonna, dal molto azzurro ch’in esso si vede, del quale come che i » pittori sien soliti ammantarne ne’ loro quadri le figure, che della Madonna dipingono, » l’ hanno perciò chiamato della Madonna. » Olina, Uccelliera, ec., Dell’ Uccel Pesca= tore, pag. 99. 332 ORDINE SECONDO. mente, e bisognando si tuffa anche un poco. Se poi egli scuo- pre la preda mentre vola, allora si ferma a un tratto, libran- dosi sull’ali rimane immobile, ed aspetta il momento opportuno per lasciarglisi cadere addosso. Essendo la preda un poco. grossa, la porta a terra e l’uccide avanti d’ingoiarla. Assicura il Dubois di avergli visto mangiare ancora un piccolo uccello. Per il solito non grida, ma qualche volta fa sentire, volando, e particolarmente quando è inseguìto da qualche altro della sua specie, un fischio chiaro e piuttosto acuto. Fuori del tempo degli amori vive solitario: e se allora accade che più d’uno si trovino sulle medesime acque, s’inseguono e si battono. Propagazione. Cominciano a covare nel maggio. Il nido con- siste, secondo il Bettoni, in una breve galleria che termina in una dilatazione, sul cui piano sono depositate le uova bian- chissime, ovate, in numero da cinque a sette, posate sopra un sottile strato di lische e scaglie di pesci vomitatevi dalla madre. Da noi raramente nidifica in pianura, impiega tre settimane per costruire il suo nido, venti giorni vi vogliono per l’incuba- zione. I pulcini nascono nudi, quindi si rivestono di cannoncini rigidi. Caccia. Si prendono con facilità, tendendo degli archetti lungo le ripe de’fossi o de’ fiumi, ove si vedono girar questi uccelli, e anche mettendovi de’ panioni. *ALCEDINE BIANCA E NERA. — ALCEDO RUDIS. Linn. Superiormente nera, macchiata di bianco; addome bianco. Becco nero. Penne dell’ occipite più lunghe delle altre; parti superiori nere macchiate di bianco: una fascia bianca parte dalla base del becco, passa sopra l’occhio e termina alla regione dell’orecchio; parti inferiori candide, con una fascia nera irregolare attraverso al petto; remiganti e timoniere nere, con grandi macchie bianche; piedi neri. Sinonimia. — Alcedo rudis, Linn. S. N. (1766), I, p. 184. — Ispida ex albo et nigro varia, Briss. (1'760), IV, p. 520. — Ceryle rudis, Boie, Isis. (1828), p. 316. — Alcedo rudis, Temm. Man., n tri e Sai ie teni | UCCELLI SILVANI, 393 A° parte (1835), p. 294. — Ceryle varia, Strickl, — Ceryle rudis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 177. Ficure. — Buff., PI. enl. 62, giovine, sotto il nome di Martin- Pécheur du Sénégal ; e 716, maschio adulto, sotto quello di Martin- Pécheur huppé du Cap de Bonne-Esperance. Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. Céryle Pie. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0», 025; apertura del becco, Qm, 07; coda, 0”, 07; tarso, 0m, 012. Costumi. — Eguali a quelli dell’ _Acedo ispida. È comune nell’ Egitto, ed in altre regioni affricane; trovasi ancora nel- l’ Asia occidentale. Temminck dice trovarsi ancora nelle Isole dell’ Arcipelago, ed i signori Dugland e Gerbé asseriscono comparire egualmente in Spagna ed in Sicilia. È. su questa asserzione che enumero l’A/cedo rudis fra gl’ uccelli itali. NONA TRIBÙ. I TENUIROSTRI. — TENUIROSTRES. Becco lungo, sottile, arcuato. Gambe vestite di penne. Diti tre davanti, e uno di dietro ; l. esterno unito alla base col medio. Costumi. — Alcuni s’arrampicano come i Picchi sulle scorze degli alberi, sui massi, sui muri, ec., per cercarvi gl’insetti, che formano il cibo esclusivo di tutti i Tenwirostri: altri lo cercano passeggiando sulla terra. Nidificano nelle buche degli alberi, sotto le scorze o negli spacchi de’ massi. 1: Famiglia. — LE BUBBOLE. UpupIpei. Becco tetragono, ottuso nell apice. Pileo ornato d’ un ciuffo formato da due serie longi- tudinali di penne erigibili. Tarso vestito da non meno di sei squame. 94% ‘ ORDINE SECONDO. 250 Genere. — UPUPA. Linn. Becco più lungo della testa, sottile, un poco arcuato, tetragono, leggermente depresso nella cima. Mascelle internamente piane, non intaccate. Lingua corta, triangolare, ottusa in cima. Narici basilari, laterali, ovate, mezze coperte dalle penne della fronte. Tarso scudettato, più lungo del dito medio. Diti tre davanti, e uno di dietro: l esterno saldato col medio alla base. Unghie piccole, e poco adunche. Coda troncata, di dieci timoniere rotonde in cima. Ali grandi: prima remigante mediocre, seconda su- beguale o più corta della settima, quarta più lunga di tutte. x | Costumi. — Sono uccelli che cibansi d’ insetti ordinaria- mente viventi sulla terra, o fra lo sterco degli armenti. Non mutano le penne che una volta l’ anno. Poca differenza esiste fra il maschio e la femmina, gli adulti e i giovani. Due sole specie formano questo genere, una Europea, 1’ altra Americana. bio iti Gti TOTI VEE MT Mi a II nta NOR) MIST), 19, ) , Pe dle È L % UCCELLI SILVANI,. 335 BUBBOLA. — UPUPA EPOPS. Linn. Cresta fulva e nera; ali e coda bianche e nere. Maschio adulto. Becco nero in cima, scuro-carnicino alla base. Iride scura. Penne del pileo lunghe, disposte in due se- rie, e formanti un bel ciuffo, che a volontà s'alza e s’' abbassa: queste penne son color lionato-cannella, biancastre verso la cima, e terminate da una bella macchia nera. La testa e il collo son di color lionato pallido: il dorso dello stesso color lionato, ma pendente al nerastro. Una larga fascia, superior- mente e inferiormente limitata da del nero, traversa il dorso e le scapolari. Penne del groppone bianche in cima, nere alla base. Gola biancastra; gozzo e petto lionato. Addome bianco, macchiato di nerastro nella parte superiore. Fianchi con strie longitudinali. Piecole cuopritrici delle ali del color del dorso; erandi e medie nere, traversate da due fasce bianche. Remi- ganti nere: la prima senza macchie, le sei seguenti con una bella fascia bianca trasversa, le tre che vengon dopo con una piccola macchia bianca in cima, le altre con quattro fasce bianche trasverse. Coda nera, con fascia bianca trasversa. Piedi scuri. Femmina. Ha il ciuffo più corto di quello del maschio, ed ha i colori meno vivaci. Fira 12 Abs 336 ORDINE SECONDO. Giovani all’ uscir dal nido. Hanno il becco più corto e più diritto degli adulti, il ciuffo più piccolo e senza macchie bian- che, e le parti inferiori più fortemente striate di bruno. Bubbola, Upupa epops, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 182. Sinonimia. — Upupa epops, Linn. S. N. (1766), I, p. 183. — Upupa vulgaris, Pall. Zoogr. (4811-1831), I, p. 433. — Upupa epops, Temm. Man., 12 parte (1820), p. 415, e 3a parte (1835), p. 294. — Upupa epops, Degl. et Ger. (1867), I, p. 193. Ficure. — Buff., PI. enl. 52. — Olina, Uccelliera (1622), p. 36. — Upupa, Aldrov., Ornith., tomo II, pag. ‘702, tav. ‘704. — Upupa o Galletto di marzo, o Galletto di maggio, Gerini, Storia degli Uc- celli, tav. 205. — Upupa epops, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidi- ficano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 27. Nomi voLGari Toscani. — Bubbola (Fiorentino). Galletto mar- zolo, Galletto di bosco (Pisano). Puppola (Senese). Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. La Huppe, ou le Puput. Ingl. The common Hoope. Ted. Der gebiudeter Wiedehopf. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 282; coda, Om, 104 !/,; apertura del becco, 0m, 06; tarso, 0”, 023 ‘/,. Costumi. — Il nome di Bubbola è stato dato a questo uc- cello a cagione del grido che manda in primavera. Stando na- scosto dentro gli alberi, continuamente ripete du du du, du du con voce sonora e forte, di modo che ne risuona la campagna, anche a distanza assai grande: ma egli canta solo nel tempo degli amori. In aprile arrivano le Bubbole dai pé&esi meridio- nali oltremarini, dove han passato l'inverno; e di qui par- tono nel settembre per ritornarvi. Vivono ne’ boschi, da cui bensì si allontanano spesso per andare a cercare sui prati, nei campi e lungo i paduli il loro cibo, cioè gli insetti, nello sterco de’ Cavalli e delle Vacche. Volano a scatti, e battendo spessissimo le ali. * = Propagazione. Nidificano nelle buche naturali degl'alberi, o ne’ nidi abbandonati da’ Picchi. Il loro covo è fatto esterna- mente con penne, internamente con pelo di Bove, Cavallo, ec. Le uova son bislunghe, bianco-grige, finmamente macchiate di scu- ro. I giovani, quando sono nel nido o che di poco ne son vo- lati, puzzano molto. 1 In Lombardia usano tenerla domestica nelle case per distruggervi le Piattole. UCCELLI SILVANI. 337 2% Famiglia. — LE CERTIE. CerTHIDEI. Becco subcilindrico, alla base angolato, acuminato. Pileo senza ciuffo. Tarso vestito da tre squame. 26° Genere. — TICHODROMA. Timoniere rotondate, floscie. Becco più lungo della testa, sottile, un poco arcuato, an- golato alla base, subcilindrico, e un poco depresso nella cima. Mascelle con margine intiero. Lingua corneo-scariosa, stretta, lunga, lanceolata nella cima, bifida. Narici basilari, bislunghe, nude, mezze chiuse dalla parte superiore da una piccola mem- brana. Tarso quasi intieramente coperto da una squama, più corto del dito medio. Diti tre davanti, uno di dietro, lunghi: l'esterno saldato col medio per tutta la lunghezza della prima falange. Unghie lunghe ed arcuate: quella del dito posteriore molto più lunga delle altre. Coda troncata, di dodici timoniere rotonde in cima. Ali grandi. Prima remigante mediocre, quarta e sesta le più lunghe di tutte. PICCHIO MURAIOLO. — TICHODROMA MURARIA. Ilig. ex Linn. Ali nere e rosse, dorso e addome cenerino. Maschio in abito da nozze. Becco nero. Iride nera. Pileo di color cenerino: le altre parti superiori dello stesso colore, ma più chiaro. Addome, fianchi e sopraccoda color cenerino cupo. Gola e gozzo di color nero puro. Piccole cuopritrici delle ali e margine esterno delle grandi di color rosso-carminio viva- cissimo. Remiganti nero-brune: tutte hanno l’ estremità mar- ginata di biancastro, eccettuate le due prime; la parte esterna e inferiore delle altre di color rosso-carminio, come le cuo- | pritrici. Due larghe macchie rotonde bianche sono sul margine interno delle cimque primarie remiganti, eccettuatane la prima. 22 Ornitologia italiana. — |. 338 ORDINE SECONDO. Cuopritrici inferiori dell’ ala color rosso-carminio e nero. Ti- moniere bruno-nere, con l’ estremità cenerina, eccettuate le due esterne che l’ han bianca. Penne del sotto-coda cenerine, mar- ginate di biancastro. Piedi neri. Femmina. Differisce dal maschio per avere il pileo d’ ugual colore del dorso. La gola e la parte anteriore del collo non è nera, ma biancastra. Maschi in inverno. Somigliano alla femmina. ‘ Picchio muraiolo, Tichodroma muraria, Bp. Savi, Orn. Tose., T, p. 185. Sinonima. — Certhia muraria, Linn. S. N. (1766), I, p. 184. — Certhia muralis, Briss. Ornith. (1760), III, p. 607. — Ticho- droma muraria, Illig. Prod. Syst. (1811), p. 210. — Petrodroma mu- raria, Vieill. N. Dict. (1818), XXVI, p. 106. — Tichodroma phoeni- coptera, Temm. Man., 12 parte (1820), p. 412, e 3 parte (1835), p. 290. — Tichodroma muraria, Degl. et Ger. (1867), I, p. 190. FicurE. — Buff., PI. enl. 3'72, fig. 1, maschio in abito d’ estate; fig. 2, maschio in abito d’ autunno, indicato come femmina. Nomr voLcari stRANIERI. — Franc. Le Grimpereau de muraille. Ingl. The Wall Creeper. Ted. Der Mauer-Baumlaîifer. Dimensioni. —- Lunghezza totale: 00, 146; coda, 0%, 051; aper- tura del becco, 0, 031 ‘/,; tarso, 0, 024 !/,. Costumi. — Si ciba particolarmente di Ragni, che va a cercare sopra i muri e sopra i massi, e qualche volta sulle scorze degli alberi, alla superficie de’ quali corpi s’ attacca fortemente con le unghie, quantunque essi sieno anche a piombo. Bensì egli non vi cammina come fan le Certie, e ter- minato d’ esaminare il luogo ove si era posato, riprende il volo e va ad attaccarsi ad un altro. Vive il Picchio muraiolo ordinariamente ne’ monti sassosi e nudi. Nel Genovesato, se- condo quanto asserisce il Durazzo, vi è stazionario: nell’ estate abitando le parti alte de’ monti, nell’ inverno scendendo al piano. Il Barthélemy lo dà come regolarmente migratorio in Provenza. Non di rado s’ incontra nel Monte Pisano, special- mente ove son pendici precipitose di Raukalk, Verrucano, ec.; ne ho ucciso uno ne’ monti d’ Asciano e della Faeta e ne ho veduti in quelli d’ Agnano. Mi han detto che è assai comune in Garfagnana, e me ne sono stati inviati ancora da’ Bagni UCCELLI SILVANI. 339 di Casciana, da Castelnuovo di Valdicecina, da Monteverdì, da Montalcino, ed uno fu ucciso sulle mura di Pisa. Propagazione. Fa il nido negli spacchi de’ massi alti e ta- gliati a picco, qualche volta anche ne’ muri. Partorisce per covata cinque o sei uova subglobose, bianche e senza mac- chie. i 27° Genere. — CERTHIA. Linn. Timoniere acuminate, rigide. Becco subeguale alla testa, arcuato, acuminato, compres- so, intiero. Lingua scariosa, cornea in cima, acuminata. Na- rici basilari, bislunghe, longitudimali, nude, chiuse superior- mente da una membrana fatta a volta. Tarso quasi intieramente coperto da una squama, subeguale al dito medio. Diti tre da- vanti, uno di dietro: l’ esterno saldato al medio per tutta la lunghezza della prima falange. Unghie assai lunghe, compres- se, arcuate, acute: la posteriore più lunga delle altre. Coda subcuneata; timoniere acuminate, con stelo e barbe dell’ estre- mità resistenti e rigide. Nora.— Fino al 1830 non si ammise che una sola specie euro- pea in questo genere, cioè la Certhia familiaris del Linneo, per- ciò con questo nome io designai nell’ Ornitologia Toscana (1827) la Cerzia toscana. Per altro, nel 1834, gl’Ornitologi tedeschi (Mayer, Brehm, ec.) avendo veduto che la Cerzia del Nord dell’ Europa di- versifica da quella dell’ Europa meridionale per avere dimensioni un poco maggiori, le parti inferiori più uniformemente candide, e per una diversa proporzione nella lunghezza delle remiganti prima- rie esterne, lasciarono alla specie nordica il nome di Certhia fami- liaris, dell'altra fecero una nuova specie, e le diedero quello di Certhia brachydaciyla: per lo che ammettendo ancora io, almeno per il momento, l’ esistenza delle due specie di Certhie, devo togliere a quella toscana e delle altre parti meridionali d’Italia il nome datole nel 18217 di Certhia familiaris, e darle l’altro di brachydactyla, giacchè i caratteri della specie designata con questo nome ad esse molto bene convengono. È qui da notarsi come nel 1852, essendo stato osservato dal Bailly che nelle alte montagne dell’ Europa media, cioè in quelle della Svizzera, della Savoia e nelle Basse Alpi, vive una specie di Cerzia diversa da quella propria alle regioni basse delle stesse pro- 340 ORDINE SECONDO. vincie, della indicata Cerzia alpina fece esso Bailly una specie di- stinta che denominò Certhia Costae. Per altro, siccome da osserva- zioni e studii posteriori risultò che la Certhia Costae è delle nostre regioni alpine, così adesso non s' ammettono in Europa che due sole specie, vale a dire la familiaris e la brachydactyla. Infine non debbo mancare di notare come ancora per alcuni Ornitologi non è certo che la Certhia brachydactyla sia realmente diversa dalla familiaris, e credesi più probabile non ne sia che una varietà o razza perma- nente locale: opinione, la quale è fortemente convalidata dall’ avere il Sélys De Longchamps osservato nel Belgio una specie intermedia per i colori fra la brachydactyla e la familiaris. Non essendo in grado, per mancanza d’osservazioni proprie, di decidere la questione, provvisoriamente ammetto ambedue le specie. Costumi. — Le Cerzie si servono delle penne rigide e forti della coda come d’un puntello, quando s’ arrampicano sulla scorza degli alberi per cercare i Ragni, Afidi, piccoli Co- leotteri ed altri insettini che sono il loro cibo. Tenendo la coda piegata e appoggiata con forza contro la scorza su cui camminano, e puntandola così dentro le scabrosità di que- sta, sostengono il peso del loro corpo, di modo che allora con le zampe altro non debbono fare che reggetsi per non cadere addietro, e progredire nel loro cammino. Ma a quest’ oggetto, come facilmente si comprende, serve la coda solo quando l’animale vuole andare dal basso all’ alto, ed è perciò che le Cerzie non camminano sulle scorze che in questa direzione, e quando una volta son giunte alla cima dell’ albero, invece di calarne aggrappandosi, come ne sono salite, prendono il volo e tornano alla base di quello o d’un altro. RAMPICHINO COMUNE.— CERTHIA BRACHYDACTYLA. Brehm. Parti inferiori di color bianco-sudicio sfumato irregolarmente di scuro ful- viccio, eccettuatane per altro la gola che è bianco-candida;-cuopri- trici inferiori delle ali bianche , con qualche macchia; seconda remi- gante subeguale all’ ottava. Becco superiormente scuro-nero, inferiormente tendente al carnicino. Iride color di nocciòla. Pileo, cervice, dorso, sca- polari e cuopritrici delle ali di color scuro-nero, con mac- chie bislunghe bianche, e delle sfumature giallo-rossastre. Fa- + Al rata) 0‘) UCCELLI SILVANI. 341 scia sopraccigliare biancastra. Penne del groppone brune alla base, giallo-rosse nella cima, con una macchia bianca sul mezzo. Parti inferiori bianco-sudicie; la gola è candida. Fian- chi di color bianco sudicio di scuro fulviccio. Remiganti cine- reo-scure: tutte, dopo la terza, hanno verso la parte media una larga macchia biancastra, un’ altra sulla parte superiore del margine esterno, ed un’ altra in cima. Penne del soprac- coda di color lionato grigio-scuro, con l’ estremità cenerina. Timoniere lionate bigio-scure. Piedi grigio-carnicini. Proporzione delle remiganti. Seconda remigante subeguale all’ ottava: prima corta, eguale circa ad un terzo dell’ ottava. Rampichino comune, Certhia familiaris, Linn. Savi, Ocn. Tosc., I, p.187. — Sinonimia. — Certhia, Briss. Ornith. (1760), III, p. 603. — Certhia familiaris, Temm. Man. (1815), p. 252; 2° edict., 1° parte (1820), p. 440, e 3? parte (1835), p. 288. — Certhia brachydactyla, Brehm, Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1831), p. 210. — Certhia bra- chydactyla, Degl. et Ger. (1867), I, p.187. — Certhia brachydactyla, Doder. Avifauna (1869), p. 59. Ficure. — Buff., PI. enl. 634, fig. A. — Certhia familiaris, Euge- nio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 83. . Nomi voLgari 1TALIANI. — Abbriccagnolo (Fiorentino). Rampi- chino (Pisano). Scorzaiola (Senese e Maremmano). - | Nomi votcari srRANIERI. — Franc. Le Grimpereau. Ingl. The common Creeper. Ted. Der gemeine Baumlaufer. , Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 126; apertura del becco, 0", 02; coda, timoniere medie, 0", 055; timoniere laterali, 0”, 033; dall’angolo dell’ala all’estremità delle più lunghe remiganti, 0”, 061; tarso, 0", 014; unghia del pollice, 07, 04. rho Costumi. — Quest uccelletto è comune in tutta Italia, ed ancora in Sicilia; ma sembra mancare nell’ Isola di Sardegna, giacchè non si trova rammentato nè dal Cara, nè dal Salva- dori nei loro respettivi scritti relativi a quest’ Isola. Vivono i nostri Rampichini quasi sempre riuniti in famiglie. Sono irre- quieti, continuamente percorrendo ed esaminando le scorze de- gli alberi per cercarvi i Ragni ed i piccoli insetti, de’ quali si cibano; sempre van ripetendo un debole ed acuto io. Han pochissima paura dell’uomo, probabilmente perchè, essendo PI "Sat è. % de PLO s SE PE gt e dal Re 349 ORDINE SECONDO. così piccoli, e le loro carni avendo sapore cotanto cattivo, nes- suno cerca d' offenderli. Propagazione. Sono de’ primi a costruire il nido. Negl' ul- timi di marzo han già cominciato a fabbricarlo, ed ai primi di aprile hanno già i figli. Il nido lo fanno entro î tronchi vuoti, sotto le scorze staccate degl’ alberi. Vi usano poca arte, e Io compongono, riunendo fibre e brani sottili e flessibili di scorze, e delle penne. Le loro uova son sette od otto per covata, di color bianco, macchiate di rosso. Nora. — Nel 1849 trovai nelle vicinanze di Pisa un singolare Rampichino, differente dal comune tanto per la coloritura delle penne, quanto per la forma e lunghezza della coda, ma che per il colore delle parti inferiori, come per le proporzioni delle remiganti esterne, assomiglia e sembra doversi considerare come una Certhia brachy- dactyla; ma differendone notevolmente per la coloritura delle parti superiori, e per la lunghezza e forma della coda, non potendo deci- dere se ne sia una semplice ed accidental varietà, o se appartenga a specie distinta, mi limitai a porlo nella collezione ornitologica di questo Museo col nome di Certhia brachydactyla leucoptera. Eccone la descrizione: Certhia brachydactyla leucoptera, Mus. Pis. Ha gli stessi colori dell’ ordinario Rampichino, ed in egual modo disposti; ma nel terzo superiore delle ali presenta una larga fascia bianca, giacchè son bianche quasi tutte le grandi cuopritrici delle ali. La sua coda è un poco più lunga e cuneata di quella dell’ordinario Rampichino. La sua seconda remigante primaria è subeguale all’ ottava. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 12; apertura del becco, 0", 024; timoniere medie, 0", 065; timoniere esterne, 0%, 045; di- stanza dall’ angolo dell’ala all’estremità della più lunga remigante, , 064; tarso, 0%, 016; unghia del dito posteriore, 0, 08. RAMPICHINO ALPESTRE. —- CERTHIA FAMILIARIS. Parti inferiori tutte di color bianco-serico puro, meno che sulla regione delle cosce, ed al sottocoda, ove il bianco è fulviccio sudicio; cuo- pritrici inferiori delle ali bianche, senza macchie; seconda remigante più corta dell’ ottava. Becco superiormente scuro-nero: inferiormente colorito come nell’ altra specie. Ancora la coloritura di tutte le parti UCCELLI SILVANI. 343 superiori, delle ali e della coda, è la stessa di quella della specie precedente; non è così per le parti inferiori, le quali in questa specie son tutte d’ un bianco candido e serico, meno che sulle regioni anali ed al sottocoda, ove sono leggermente sfu- mate di scuro-fulviccio. Proporzione delle remiganti. Prima molto corta; seconda più corta dell’ ottava. Sinonimia. — Certhia familiaris, Linn. S. N. (4766), I, p. 484. — Certhia scondula, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 432. — Certhia Costae, Bailly, Bull. de la Soc. d’Hist. Nat. de la Savoje (janvier, 1852), et Ornith. de la Savoje (1853), II, p. 485. — Certhia familiaris, Degl. et Ger. (1867), I, p. 186. Nomi voLGaRI STRANIERI. — Franc. Grimpercau familier. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 136; coda, 0", 063; dal- l’ angolo dell’ ala all'estremità delle più lunghe remiganti, 0", 064; unghia del dito posteriore, 0", 09. Costumi. — Comune nell’ Europa settentrionale. Da noi abita le alte montagne della Svizzera, della Savoia e delle Basse Alpi. Non so che fin ad ora sia stata trovata in quelle dell’ Ita- lia media, nè della Meridionale. I suoi costumi sono analoghi a quelli dell’ altra specie. Abita nelle boscaglie alpine, dalle . quali, secondo l’ abitudine, non discenderebbe nemmeno nel più forte dell’ inverno. i Propagazione. Tanto per la situazione e forma del nido, quanto per numero e color delle uova, simile a quella della Certhia brachydactyla. DECIMA TRIBÙ. I CANORI. — CANORI. . Becco eguale alla testa, o poco più corto, subconico, diritto, quasi sempre intaccato. Narici nude. Gambe vestite di penne. Diti tre in avanti ed uno indietro. Prima remigante corta. PRESA a ARTT e 3 SR” i 3 ATE è r® Ligier "e, * è peli | Re . nf he” sane 2a PS OA MT ME e tar MAT IAT 1 E ER ORDINE SECONDO. Costumi. — Il cibo de’ Canori è formato quasi esclusiva mente da insetti; ma quando è il tempo de’ frutti, allora man- siano anche di questi, e varii li preferiscono a qualunque altro cibo. I più vivono solitari, pochi in branchi: alcuni nidificano nelle buche degli alberi, de’ muri o de’ massi; ma il maggior numero fabbrica il nido fra i rami. Sono in questo genere gli uccelli dotati della voce più bella, e che sanno meglio adoprarla. Abitano alcuni nei bo- schi, altri fra i giunchi e le canne dei paduli, altri fra i ce- spugli, altri sui terreni nudi. Quasi tutti emigrano in inverno. In autunno divengono grassissimi, e squisita ne è allora la carne. Fanno de’ nidi eleganti, chi fra i rami, chi sulla terra, chi nelle buche. 1° Famiglia. — DE’ MERLI ACQUATOLI. Cincuper. Becco più corto della testa, subulato, leggermente curvo in alto, verso la metà compresso, appena intaccato: con apertura leggermente arcuata. Narici verso la metà del becco. Tarsi quasi intieramente vestiti da una sola squama. Coda corta, troncata, rotondata. Costumi. — Abitano presso le acque, e camminano an- che al fondo di queste. Stazionarii. 283° Genere. — CINCLUS. Bechstein. Becco subeguale alla testa, compresso, intaccato. Narici semicoperte da una membrana pennuta. Tarso coperto quasi intieramente da una sola squama. | Becco subeguale alla testa, diritto, alla base quasi tanto alto che largo, in cima compresso. Mascella superiore legge- rissimamente curva in alto, di là delle narici, con estremità un poco adunca, leggermente intaccata. Lingua scariosa, bi- fida in cima. Narici poste nella metà inferiore del becco, bi- slunghe, scoperte, semichiuse posteriormente da una breve UCCELLI SILVANI. 845 membrana vestita di pennuzze, che poi estendendosi sulla base del becco si uniscono a quelle della fronte. Tarso sub- eguale al dito medio, coperto quasi intieramente da una sola squama. Diti tre in avanti, uno indietro; l’ esterno saldato un poco alla base col medio. Unghie mediocri, arcuate. Coda corta, rotondata, di dodici timoniere. Ali piccole. Prima remi- gante molto corta, seconda poco più corta della terza; terza e quarta son le più lunghe. MERLO ACQUAIOLO. — CINCLUS AQUATICUS. Bechs. Parti superiori scuro-nere e cenerino-turchinicce; gola, gozzo e petto, bianchi; addome castagno. Adulti. Becco nerastro. Iride color di nocciòla scuro. Parti superiori della testa e cervice color scuro-filiggine. Penne del dorso, del sopraccoda e scapolari cenerino-turchinicce, mar- ginate di nero. Gola, gozzo e petto color bianco candido. Ad- dome castagno-rossastro. Penne anali e del sottocoda cene- rino-turchinicce: quelle del sottocoda marginate di color noc- ciòla. Fianchi nero-cenerini. Ali e coda cenerine. Piedi grigio- cenerini. Giovani all’'uscir dal nido. Hanno tutte le penne delle parti superiori di color cenerino-turchiniccio ‘cupo, marginate di _ bruno-nerastro. Tutte le parti inferiori bianche, macchiettate di i gm Sottocoda color giallo-castagno chiaro. erlo acquaiolo, Cinclus aquaticus;, Bechs. Savi, Orn. Tosc., I, p. 200. Sinonimia. — Sturnus cinclus, Linn. S. N. (1766), I, p. 290. — Merula aquatica, Briss. Ornith. (1760), V, p. 252. — Turdus cin- clus, Lath. Tad. (1790), I, p. 343. — Cinclus aquaticus, Bechst. Ornith. Tasch. (1802), I, p. 206. — Hydrobata albicollis, Vieill. N. Dict. (1816), I, p. 168. — Cinclus aquaticus, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 177, e 3° parte (1835), p. 105. — Hydrobata cinc'us, G. R. Gray, Gen. of B. (1841), p. 35. — Hydrobata cinclus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 389. FiGure. — Bauff., P]. en]. 940, sotto il nome di Merle d’eau. — Cincelus aquaticus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lom- bardia (1868-1870), vol. II, tav. 105, 346 ORDINE SECONDO. Nomi voLgari stRANIERI. — Franc. L’Aquassière, le Merle d’eau, le Cincle plongeur. Ingl. The Waterouzel. Ted. Der Wasserchwitzer. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 204; coda, 0”, 051 !/,; apertura del becco, 0%, 022 '/,; tarso, 0, 029. Costumi. — ] torrenti de’ monti alti, che han sempre acque | limpide e fresche, sono la dimora de’ Merli acquaioli. Là nei ‘ siti più cupi e più adombrati, e nei forroni profondi, van sem- pre visitando il margine delle acque e spesso ancora si tuffano sotto di queste, per cercare gli insetti, loro ordinario cibo. Sono uccelli sedentari, e solo quando ne’ giorni più freddi tutte le acque de’torrenti montani son gelate, allora calano ne’ fiumi e nei fossi de’ colli più bassi, ma giammai vengono in pianura. Propagazione. Sempre egli fa il nido accanto all’ acqua, ed anzi il più delle volte lo pone fra le pietre delle pescaie, ed al di dietro della cascata. Questo nido è grande molto, quasi sferico, con l’apertura laterale; è formato tutto con musco in- tralciato diligentemente con pagliuzze, e nell'interno, sul fondo, vi è uno strato di foglie, sopra cui riposano le uova. Queste sono cinque o sei, candide. 2* Famiglia. DEGLI STORNI. StURNIDEL. Becco subeguale alla testa, subconico, depresso verso la cima, quasi diritto. | Margine delle mascelle fortemente angolato presso Il terzo inferiore. Narici aperte verso la metà del becco, spazio fra le narici e la fronte vestito da piccole penne. Tarso coperto da più squame. Coda mediocre, troncata, unicolore. Costumi. — Abitano specialmente le pianure, in branchi: pascolano presso i bestiami. I più migratori, una specie sta: zionaria,. Mali di Ae Y \° i n ali Ji UCCELLI SILVANI. 347 29° Genere. — STURNUS. Linn. Becco subeguale alla testa, depresso, non intaccato. Narici nude, semicoperte da una membrana nuda fatta a vòlta, | Tarso coperto da più squame, eguale all’ apertura del becco. . Becco subeguale alla testa, conico-subtetragono, diritto, depresso, particolarmente verso la cima. Margine delle ma- scelle intiero: alla base piegato ad un tratto in basso. Lingua scariosa, troncata, lacerata, bifida. Narici poste nella metà inferiore del becco, all’ estremità d’una serie di pennuzze, che dalla fronte s’estendono sul becco; ovato-bislunghe, nude, coperte superiormente da una piccola membrana fatta a vòlta. Tarso subeguale al dito medio, scudettato. Diti tre davanti, uno di dietro: l’ esterno unito alla base col medio. Unghie me- diocri, poco arcuate. Coda troncata, di dodici timoniere. Ali mediocri. Prima remigante piccolissima: seconda e terza quasi uguali, e le più lunghe. | Costumi. — Vivono quasi sempre in branco. Si cibano con semi e bacche, ma più che d’ ogni altra cosa con insetti, i quali vanno a cercare fra l'erba, sui cadaveri, nello sterco de’ Cavalli, Vacche, ed anche sul dorso di questi stessi animali. Covano negli alberi vuoti, nei nidi abbandonati dai Picchi, sotto i tegoli dei tetti o nelle buche delle vecchie fabbriche. I giovani differiscono molto dagli adulti. ORDINE SECONDO. î STORNO. — STURNUS VULGARIS. Linn. Becco alla base più largo che alto; penne della testa, collo e petto me- diocri, ottuse all'apice; color generale delle penne nero a riflessi metallici, con macchie bianche triangolari. Adulti in autunno. Becco nero. Iride scura. Tutte le penne di color nero: quelle della gola, gozzo e petto cangiano in violetto-porporino, le altre in verde-dorato. Le penne della testa, collo, schiena, petto, addome e fianchi, attondate o sub- attondate in cima: hanno una macchia bianca in cima, che nelle parti superiori tende al color di ruggine; quelle del petto lunghe circa 0,020, larghe 0,04. Le penne cuopritrici superiori, quelle del groppone, il sopraccoda e sottocoda, le remiganti e le timoniere son di color nero-scuro. Piedi castagni. Unghie nere. Adulti in estate. Becco giallo-zolfino acceso. Penne della testa, del collo, del petto, addome e fianchi, senza macchie bianche nella cima. Quelle del dorso le hanno piccolissime, Giovani avanti la prima muta. Becco scuro-nero. Tutte le penne sono di color scuro-cenerino, senza alcuna macchia bianca. Quelle dell’ ali sono marginate di lionato-cenerino. UCCELLI SILVANI. 349 Storno, Sturnus vulgaris, Linn. Savi, Orn. Tosc,, I, p. 193. Sinonimia. — Sturnus vulgaris, Linn. S. N. (1766), I, p. 290. — Sturnus varius, Mey. et Wolf. Tasch. Deutsch. (1810), I, p. 208. — Sturnus vulgaris, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 132, e 3* parte (1835), p. 74. — Sturnus vulgaris, Degl. et Ger. (1867), I, p. 232. Ficure. — Buff., PI. enl. '75, sotto il nome di Sansonnet, o Étour- neau de France. — Olina, Uccelliera (1622), p.18.— Sturnus vulgaris, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 28. - Nomi voLcari Toscani. — Storno, Stornello (Pisano, Fiorentino, Senese). Nomi voLGaRI stRANIERI.—Franc. L’Etourneau, ou le Sansonnet. Ingl. The common Stare, or Starling. Ted. Der gemeiner Star. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 223; coda, 0, 058; aper- tura del becco, 0", 029; tarso, 0, 029. Costumi. — Le praterìe umide, le gronde de’ paduli, ec., particolarmente ove pascolano molti bestiami vaccini e caval- lini, sono i luoghi più amati dagli Storri. Sempre sì vedono in branchi passeggiare saltellando fra le Vacche e i Cavalli, e non di rado ancora riposarsi sopra di essi. Spesso si trovano in compagnia de’ Corvi, Cornacchie e Cecche, ed io suppongo che ciò dipenda non solo dal cibarsi tanto gli uni che gli altri di insetti, ma ancora dal conoscer di correr meno pericoli essendo così riuniti, ambedue confidando nella vigilanza ed accortezza reciproca. È singolarissimo il loro modo di volare, quando sono riuniti in gran branchi: essi stanno allora ad una piccola di- stanza gli uni dagli altri, così che quasi si4occano con le ale: non volano in un sol piano o in una sola linea come la mas- sima parte degli altri uccelli, ma vanno ammassati, ed i loro branchi hanno una forma globosa. Mentre il branco si muove nell'aria, cangia quasi di continuo la forma, ora allungandosi e ristringendosi, ora allargandosi e stiacciandosi, ec. Non sem- pre bensì volano in questa maniera: qualche volta vanno di- spersi, ma allora è quando fan piccoli tragitti e non temono d’essere assaliti da alcun uccello rapace. Anche la notte dor- mono riuniti, ne’ macchioni posti in mezzo agli stagni o sul margine de’ boschi, e sulla sera appena là si son posati, e la mattina avanti di volarsene, fan sempre un romore grandis- simo, tutti fischiando nel medesimo tempo. Un copioso numero 350 ORDINE SECONDO. rimane a covare ne’ nostri boschi; ma è un nulla in paragone della quantità immensa che in inverno riempie le nostre pia- nure. Si addomesticano con gran facilità, ed imparano a fischiare delle marciate, ed anche a ripetere alcune parole, non che la voce di altri uccelli. Per alimentarli in domesti- cità si dan loro le stesse sostanze che ai MerW. Propagazione. Di là dall’ Appennino, nella Lombardia, ni- dificano gli Sforni in quantità grandissima sotto i tegoli , nelle buche delle fabbriche, ec., come in Toscana vi nidificano le Passere. Ciò, cosa singolare, non segue fra noi: una quantità non piccola, come ho detto, vi si propaga, ma sempre lontano dalle case, ne’ boschi, entro le buche degli alberi. Le uova le depongono sopra uno strato di paglia e di radichette sottili; queste uova sono sei o sette per covata, bislunghe , di color verde-mare. Caccia. La carne di questi uccelli, benchè in molti luoghi disprezzata, nel Pisano piace assai, ed è di ciò una riprova il valore che vi hanno gli Storni, non mai minore di centesimi quattordici l'uno, quantunque a sacchi si portino al mercato. Queste prese così abbondanti si fanno con le reti aperte, ten- dendo sui prati, fra i bestiami, ove, come ho detto, gli Stornî sogliono frequentare, ed attirandoveli con de’ zimbelli e dei cantarelli chiusi in gran quantità in un gabbione. Bisogna che il cacciatore si nasconda in un capannello di frasche ben fatto, giacchè essi son molto sospettosi: serve anche benissimo ad ingannarli più facilmente il porre in mezzo alle reti un Corvo domestico, giacchè, conoscendone la furberìa, non sospettano insidia ove lo vedon tranquillo. Non istò a descrivere più parti- colarmente questa caccia, giacchè l’ha fatto 1’ Olina con grande esattezza. ! Solo dirò che con essa se ne prendono spesso più e più diecine in un sol tiro di reti, a causa del modo con cui gli Storni volano. Ancora mediante il diluvio, sul finir della estate, se ne fanno delle ricche prede. 1 Olina, Uccelliera, pag. 49 e 20. mine. ie ASIA UCCELLI SILVANI. 351 STORNO NERO. — STURNUS UNICOLOR. La Marmora. Becco alla base tant’ alto che largo ; penne della testa, collo e petto lun- ghe ed acuminate; color generale delle penne nero con riflessi me- tallici, senza macchie bianche. Maschio adulto in primavera. Becco giallo-zolfino acceso, con la base celeste (rsa. Iride bruno-nera. Penne della testa, del collo e del corpo appuntate e più lunghe e sottili che nella specie precedente: quelle del petto misurano in lunghezza 0,040, in larghezza 0,02. Il colore di tutte queste penne è nero cangiante in violetto ed in verdone, bensì meno - che nella specie precedente. Remiganti e timoniere nere, con qualche riflesso vellutato. Le remiganti secondarie hanno il margine esterno molto largo, con riflessi vivaci. Piedi casta- gno-rossastri. Unghie nerastre. Femmina adulta in primavera. Ha le penne meno lunghe e proporzionatamente un poco più larghe del maschio : color nero meno intenso, riflessi meno vivaci. In inverno. I maschi PRE su colore somigliano le fem- Vin Giovani (ono la prima muta. Han l’abito adesso descritto, nia di più presentano delle macchiette biancastre all'apice delle penne, specialmente quelle dell'addome. Giovani all’uscir dal nido. Colore scuro-cinereo cupo: e somigliano moltissimo quelli dello Sturnus vulgaris. Storno nero, Sturnus unicolor, La Marmora Savi, Orn. Tosc., I, p. 196. Sinonimia. — Sturnus unicolor, La Marmora, Mem. della Accad. R. di Tor. (1859). — Sturnus unicolor, Temm. Man., 1® parte (1820), p. 133, e 3° parte (1835), p. 75. — Sturnus vulgaris unico- lor, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 57. -- Sturnus unicolor,/ Degl. et Ger. (1867), I, p. 234. FIGURE. — Vieill. Gal. des Ois., pl. 91. — Gould, Bi TT pl. 211. — Temm. et Laug,, pl. col. 3. Nomi voLcari srraniERI. — Franc. Étourneau unicolore. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 225; coda, 0M, 062 !/,; apertura del becco, 0%, 027; tarso, 0m, 029. 0. SI 352 ORDINE SECONDO. Costumi. — Questa specie è stazionaria, propria alla Sar- degna ed alla Sicilia, ed ho ragione di credere ancora alla Cor- sica. Abita le pianure, ove vedesi in grandi branchi, spesso uniti ai Corvi, come la specie precedente; pascolano pigolando nei luoghi umidi, appunto come 1’ ordinario Storno. In Sardegna, al dire del dottor Salvadori, 'nel suo Catalogo degli Uccelli di Sardegna, dal qual libro ho tolto quanto di più interessante qui referisco di tale uccello, nella sera vanno sui tetti delle case de’ villaggi o delle abitazioni isolate, per passarvi la notte riparati sotto i tegoli o nelle buche. Al mattino, posati sul co- mignolo o su qualche albero vicino al luogo ove passarono la notte, fan sentire, avanti d’andare a pascolare, un fischio so- noro e pieno, ma monotono. Non so che lo Storno nero siasi giammai fatto vedere in Toscana. Barthélemy asserisce che un individuo fu ucciso nel Mezzogiorno della Francia a Dra- quignan. Propagazione. Nidifica sopra i tetti negli edifizii abbando- nati o nelle grotte. Le uova son di color verde, molto simili a quelle dello Stormo comune. 30° Genere. — PASTOR. Temm. Becco subeguale alla testa, compresso, intaccato. Narici nude, semicoperte da una membrana pennuta. Tarso coperto da più squame. Becco subeguale alla testa, alle base tanto alto che largo, compresso verso la cima, appuntato. Mascelle leggermente curvate in basso; cima della superiore leggermente intaccata. Narici poste verso la metà del becco, all’ estremità d’ una serie di pennuzze che dalla fronte s’estendono sul becco, ovato-bi- slunghe, nude, semichiuse da una membrana pennuta. Tarso subeguale al dito medio, scudettato. Diti tre davanti, uno di dietro: l'esterno saldato alla base col medio. Coda troncata, di dodici timoniere. Ali mediocri: prima remigante piccolissima, seconda la più lunga. ‘ UCCELLI SILVANI. STORNO MARINO. — PASTOR ROSEUS. Temm. ex Linn. Corpo roseo e nero (adulto), o grigio-Isabella (giovane). Maschio adulto. Becco roseo, base della mascella inferiore nera. Testa, collo e davanti del petto, di color nero cangiante in verde o in pavonazzo. Le penne di queste parti son lunghe e appuntate: quelle del pileo, molto lunghe, formano un bel ciuffo. Dorso roseo. Sopraccoda nero cangiante. Penne del sot- tocoda e gambe di color nero, con qualche macchia bianca. Lati del petto e addome di color roseo. Piccole cuopritrici “marginate di roseo. Ali e coda di nero cangiante. Piedi giallastri. Unghie cenerine. Femmina. Il suo ciuffo è più corto, i suoi colori sono meno vivaci. - Giovani avanti la prima muta. Becco giallastro alla base, scuro-nerastro verso la cima. Penne del pileo non più lunghe delle altre: queste, e quelle del collo e del petto, hanno l’estre- mità rotondata. Parte superiore e laterale della testa, superiore e laterale del collo, schiena, scapolari, groppone e sopraccoda, di ‘color cenerino-Isabella scuro. Gola biancastra. Gozzo, petto e ‘addome, di bianco-sudicio; sul gozzo delle macchiuzze lanceo- late più scure. Penne delle ali e della coda scuro-nere, margi- nate di biancastro-sudicio. Penne del sottocoda scuricce, con largo margine bianco. Piedi e unghie scuro-carnicine. Storno marino, Acridotheres roseus, Ranz. Savi, Orn. Tosc., I, pro4985.h Sinonimia. — Turdus roseus, Linn. S. N. (1766), I, p. 294. — Merula rosea, Briss. Ornith. (1760), II, p. 250. — Sturnus roseus, Scop. An. I. Hist. Nat. (1769), p. 191. — Turdus seleucis, Gmel. S. N. (1788), I, p. 837. — Pastor roseus, Temm. Man. (1815), p. 83; 1 parte (1820), p. 136, e 3, parte (1835), p. 76. — Acridotheres roseus, Ranz. Elem. di Orn. (1823), V, p. 177. — Roseis rosea, Brehm, Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (18341), p. 401. — Pastor roseus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 235. Ficure.— Buff., Pl. enl. 251, sotto il nome di Merle couleur de rose de Bourgogne. — Storno roseo o Storno morino, Guicciardini, Sto- ria degli Uccelli, tav. 316, adulto; Storno terreo, tav. 317, giovane. Ornitologia italiana. — I. 23 354 ORDINE SECONDO. Nomi voLcari sTRANIERI.— Franc. Le Roselin, le Merle couleur de rose. Ingl. The rose coloured Thrush. Ted. Die rosenfarbige Drossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 204; coda, 09, 034; aper- tura del becco, 0M, 27; tarso, 0, 029. Costumi. — Questo bellissimo uccello, al dir di Durazzo, passa regolarmente per il Genovesato alla fine di maggio. Ma tanto in Toscana, quanto nelle altre parti d’ Italia, apparisce irregolarmente, e spesso sta molti anni senza farsi vedere. Gli Autori dell’Orritologia Fiorentina riferiscono che nel 1739, in cui fu un gran freddo, molti ne comparvero nel Mugello , vi ri- masero fino alla seguente primavera e vi nidificarono. Nel 1818, in primavera, varii ne furono uccisi nel Lombardo-Veneto, ma allora nessuno, che sia a mia notizia, giunse in ‘Toscana. Bensì nel settembre del 1824 due giovani furono veduti nelle vicinanze di Pisa sui prati di San Giusto, ed uno di questi, che rimase preso alle reti, è quello che qui sopra ho descritto. Nell’ agosto 1828 un altro bell’ individuo fu preso vicino a Pisa: nel luglio 1830 il professor Calvi di Genova ne ebbe uno pre- dato nei dintorni di questa città. Ma il passo più abbondante di questi belli uccelli avvenne nel maggio e giugno del 1837, nella quale epoca se ne videro parecchi, & parecchi ne furono presi a Viareggio, sui prati di Vecchiano, Tombolo, San Ros- sore, a Piombino, a Castelnuovo di Val di Cecina, in Garfa- gnana: in quell’epoca non erano individui isolati, ma branchetti, che, come quelli degli ordinarîî Storni, si fermavano presso i bestiami pascolanti; tale straordinaria invasione di questi uc- celli non si limitò all’Italia, ma estesesi ancora in Provenza, come nota il Barthélemy nella sua opera: esso asserisce che nell’anno seguente si ripetè e che allora ebbe modo d’ accer- tarsi arrivarne in quell'epoca dal Sud-Est e dal Sud. Gli indi- vidui che arrivano nell'autunno ordinariamente son de’ giovani dell’anno, e vengono in compagnia dello Sturnus vulgaris. Lo Storno color di rosa è proprio della Russia meridionale e delle province dell’ Asia che a questa son limitrofe: estendesi anche nelle regioni del Caucaso e su le rive del Mar Caspio: e, secondo Normand, quest’uccello è una vera provvidenza, distruggendo sulle steppe di queste regioni una immensa quan- ia e Me IE dt et siena (AE oe ia ra geo pa È Ve » DI r UCCELLI SILVANI. 355 tità delle Cavallette, che sono dannosissime, perchè numerosis- sime vi si trovano. Propagazione. È poco nota. Si sa che nidifica nelle buche degli alberi o delle case rovinate, e che vi depone quattro 0 sei uova, ma il colore di queste non si conosce. ' 3° Famiglia. — DE’ RIGOGOLI. OrIoLIDEI. Becco subeguale alla testa: leggermente curvo, in- taccato, con apertura non angolata, ma solo leg- germente arcuata. Narici basilari. Tarso più corto del becco, vestito da molte squame. Coda piuttosto grande, troncata, nera e gialla, o ver- dastra. Colori dominanti giallo e nero, o verde, giallo e nero. Costumi. — Abitano i boschi ed i frutteti: migratori. 31° Genere. — ORIOLUS. Linn. Becco subeguale alla testa, subtetragono, intaccato. Narici semichiuse da una membrana nuda. Tarso scudettato, più corto dell'apertura del becco. Becco della lunghezza della testa; alla base, tanto largo che alto, conico, subtetragono , acuminato, superiormente con spigolo ottuso. Mascella superiore leggermente curva, con la estremità subadunca e leggermente intaccata. Lingua scariosa, appuntata, lacerata e bifida. Narici basilari, ovate, larghe, scoperte, semichiuse posteriormente da una piccola membrana nuda. Tarso scudettato, subeguale al dito medio. Diti tre in avanti e uno in dietro: l’esterno saldato alla base col medio. Unghie mediocri. Coda troncata, di dodici timoniere. Ali me- diocri. Prima remigante corta; la terza è la più lunga. * Temminck, Man. d’Ornith., pags 138, Mia * ORDINE SECONDO. RIGOGOLO. — ORIOLUS GALBULA. Linn. Giallo e nero , o verdastro e nero. Maschio adulto. Becco scuro rossastro. Iride di un rosso- acceso. Penne delle redini nere. Dietro l’ occhio un piccolo spazio nudo, triangolare. Testa, collo e tutte le penne del tronco, d’ un bel colore giallo-dorato. Scapolari esterne, ali e coda nere; le remiganti sono in cima marginate di bianco-giallastro, e le grandi cuopritrici delle remiganti primarie han la metà supe- riore gialla. Timoniere medie con la sola punta gialla: le altre ne han giallo uno spazio sempre maggiore, in ragione che di- vengono più esterne. Piedi neri. Femmina. Tuttele parti superiori di color verde-giallo. Gola egozzo cenerini, macchiati di più cupo. Petto cenerino., addome biancastro: queste due parti sono sparse di macchie nerastre, lanceolate, longitudinali. Regione anale bianca, senza macchie. Sottocoda color giallo-acceso. Penne delle ali verdi-nerastre, marginate di biancastro. Timoniere verdi-nerastre, terminanti in giallo. Piedi neri. Giovani dell’anno. Becco grigio-nerastro. Iride scura. Mac- chie del petto e dell'addome in maggior numero che nella femmina, alla quale poi somigliano perfettamente in tutte le altre parti. Rigogolo, Oriolus galbula, Linn. Savi, Orn. Tosc., I, p. 190. Sinonimia. — Oriolus galbula, Linn. S. N. (1766), I, p. 160. — Coracias oriolus, Scop. An. I. Hist. Nat. (1766), p. 41.— Oréolus gal- bula, Temm. Man., 4° parte (1820), p. 129, e 3* parte (1835), p. 73. — Oriolus galbula, Degl. et Ger. (1867), I, p. 392. ui Ficure. — Buff., PI. enl. 26, maschio. — Regogolo comune, Gerini, Storia degli Uccelli, tav. 307. — Oriolus galbula, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 78. i Nomi voLGarI Toscani. — Rigogolo (Fiorentino, Pisano). Golo (Senese). Nomi voLcariI sTRANIERI. — Franc. Le Loriot. Ingl. The com- mon Oriole. Ted. Der gelber Pirol. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 242; coda, 0m, 084; aper- tura del becco; 0", 029; tarso, 0", 019. UCCELLI SILVANI. DO Costumi. — Arrivano in Toscana i Rigogoli verso la fine d’aprile, e ne ripartono nel settembre. Mangiano insetti e frutti, e fra quest’ ultimi le ciliegie ed i fichi piacciono a loro in modo particolare. Cantano, facendo un bel fischio pieno e sonoro, modulato sempre nel modo stesso, e nel quale molti de’ nostri campagnoli credono d’intendere: Contadino, è ma- turo lo fico? come in alcuni luoghi di Francia s’ immaginan che dicano: c'est le compère Loriot, qui mange les cerises, et laisse le noyau. Il Rigogolo è un uccello selvaggio e poco socievole. Abita sempre ne’ boschi, o ne’ gruppi d’ alberi e ne’ macchioni che cingono i fiumi: e solamente s’ accosta all’ abitato, entra negli orti e ne’ giardini, quando vi è attirato da’ frutti che vi maturano. Nell’ autunno emigra in famiglie. — Propagazione. Nidifica sulla cima degli alberi alti. Sceglie la biforcatura di due rametti, ed a quelli, nell’ angolo, attacca una parte del margine del suo nido; l’ altra parte la forma, ten- dendo una corda di fili di paglia intralciati con lana, da un rametto all’ altro: il nido, che è emisferico, pende inferior- mente ed è tutto formato con lana, tessuta delicatamente con foglie di gramigne. La parte interna è coperta da uno strato di fieno delicato. Le uova sono quattro o cinque, bianche, con delle macchie nere e disuguali. Caccia. Sono i Rigogoli di sapore squisito, particolarmente nell’ autunno, quando, avendo mangiate le frutte, divengono grassissimi. Si prendono facendo loro la posta sotto i fichi, o attirandoli a sè con imitarne il canto. Se ne prendono parec- chi ancora al frugnòlo, all’ acqua, al chioccolo. 4° Famiglia. — DE’ TORDI. Turpiper. Becco subeguale alla testa, leggermente curvo, po- tentemente intaccato, con apertura non angolata, ma solo leggerissimamente arcuata. Narici basilari. | Tarso eguale o poco più lungo del becco, vestito da più squame. Coda grande, troncata, unicolore. DEVA RE API RIN "EN co AI n A ; A Pg LA SIE SI OBTNALTIRICRIRSI IO RIAVERE CONI CORNO (RINPI PL OVARO I E RO IN ARE tà i ia NI SI Ù ria; RI al "i 358 ORDINE SECONDO. Colori dominanti nero e biancastro, o grigio—oli- vastro. Statura non minore di quella dello Storno. Costumi. — Abitano i boschi e le macchie de’ monti e de’ piani. Son grandi viaggiatori. 32° Genere. — TURDUS. Linn. Becco potentemente intaccato. Tarso più lungo dell'apertura del becco. Parti superiori unicolori. Addonme, o di color chiaro e macchiettato a gocciola, . o d'un color cupo. Coda troncata. Statura non minore di quella dello Storno. Costumi. — Tutti i Tordi hanno delle forme eleganti, ed un portamento bello e disinvolto. Son di grossezza mediocre, e nel tempo degli amori cantano con bella voce, e piacevol- mente. Fan viaggi più o meno lunghi al variare della sta- gione, ma il maggior numero delle specie oltrepassa il mare: bensì diverse, proprie alle regioni orientali, compariscono a quando a quando fra noi. Quantunque loro piacciano molto le bacche ed i frutti succulenti, con tutto ciò i vermi e gl’ in- setti fanno il loro cibo principale. Abitano i boschi di piano come que’ di monte: nel tempo della propagazione stan coppia per coppia, ma nelle altre epoche vanno quasi tutti in branco. Il nido lo costruiscono con assai industria sopra alberi di al- tezza mediocre, ordinariamente assodandolo ton argilla o qualche altra sostanza pastosa. Le uova hanno un color cele- stognolo più o meno verdastro, e sono macchiate di scuro. Sezione I. —I MERLI. (MERULA Ray.) Colori delle parti inferiori uniformi, o in grandi masse: mancanti di fascia sopraccigliare, Tanto per i colori, quanto per AGa) ito UCCELLI SILVANI. 359 la disposizione di questi, gli uccelli della presente sezione di- versificano assai dai veri Tordi, e siccome una qualche diffe- renza trovasi ancora nel loro portamento e ne’ loro costumi, perciò non senza ragione varii Ornitologi, come Ray, Leach, Barthélemy, Durazzo, ne formarono un genere distinto. MERLO. — TURDUS MERULA. Linn. Tutto nero (maschio adulto), o scuro-nerastro (femmina e giovane); remi- gante seconda più corta della sesta. g Maschio adulto. Becco e palpebre gialle. Iride nera. Tutte le penne d’ un bel color nero. Piedi scuro-neri. Femmina. Becco scuro-cenerino. Palpebre scure. Tutte le parti superiori di colore scuro nero-olivastro ; la gola, il gozzo e il petto biancastri, con macchie irregolari scure. Addome color cenerino-cupo. Giovani. Somigliano le femmine. Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda più corta della sesta, quarta e quinta le più lunghe. Varietà. Il Merlo è uno degli uccelli più soggetti all’ al- binismo, cioè a cangiare il colore in bianco assoluto, o in mezze tinte: non di rado trovansi de’ Merli tutti bianchi, col becco, -l’iride e le zampe color di rosa: se ne trovano di quei color | lionato, de’ cenerini; ma la varietà più bella, ed è anche la varietà più comune, è quella dei Merlî con la massima parte delle penne nere, e macchiati di bianco a toppe. Havvi ancora un’ altra varietà assai costante, nella quale, tanto ne’ maschi che nelle femmine adulte, si trovano le penne del petto e dell'addome o intieramente o solo col margine d’ un bel color fulvo-vinaceo. Da qualcuno fu denominato que- sto merlo Zitrda& merula, Merlo, Sylvia merula, Savi, Orn. Tosc., I, p. 205. Sinonimia. — Turdus merula, Linn. S. N. (1766), I, p. 295. — Turdus merula, Temm. Man., 1? parte (1820), p. 168, e 3* parte (1835), p. 90. — Merula merula; Boie, Isis (1822), p. 552. — Merula vulgaris, Bp. B. of Eur. (1838), p. 17. — Turdus merula, Degl. et Ger. (1867), I, p. 399. FIGURE. - Bufî, PI. enl. 2, maschio, sotto il nome di Merle com- fi ti dine dl LIL Ai pig me e TTI 49 Mar I ot. È do P ma tisi 360 ORDINE SECONDO. mun, 555, femmina. — Merlo, Olina, Uccelliera (1622), tav. 29. — Merlo comune, Gerini, Storia degli Uccelli (1768), tav. 299, maschio; 300, femmina; 302, 303, varietà albina. — Merula vulgaris, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 14. Nomi voLGaRrI STRANIERI. — Franc. Le Merle. Ingl. The Blackbird. Ted. Die schwarze Drossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 263; coda, 0%, 097; aper- tura del becco, 0%, 027; tarso, 0M, 0341. Gostumi. — L’ estrema abbondanza degli uccelli di questa specie l’ha resa così nota, che credo inutile di parlare de’ suoi costumi. Ognuno conosce l’ intelligenza de’ Merli, la loro bella voce, ornamento primario de’ nostri boschi, e 1’ abilità che esso ha d’imitare, ancora nello stato selvaggio, il canto degli altri uccelli, il fischio dell’ uomo, e le suonate che da questo si ese-. guiscono. Ognuno sa che in qualunque epoca dell’ anno si tro- van fra noi, e che nell'autunno ne arriva dal Settentrione una gran quantità per svernare nelle nostre campagne. Propagazione. Il nido lo fabbricano indistintamente sulla terra o ne’ macchioni. Della paglia e del musco ne formano la parte interna; al di fuori lo intonacano e consolidano con mota e borraccina mescolata. Ai primi di maggio già si trovano i nidi dei Merlì. Le uova son quattro o sei, di color verde-chia- ro, macchiettate di color grigio-cenerino. Caccia. Se ne prendono molti con le penere, le ragnale, il chioccolo e col frugnòlo. MERLO COL PETTO BIANCO. — TURDUS TORQUATUS. Linn. Penne nere o nerastre,'marginate di bianco o di biancastro ; petto bianco (maschio adulto), o bianco-sudicio (femmina e giovane); remigante seconda più lunga della sesta. Maschio adulto. Becco giallo, con la cima nera. Iride scura. Tutte le penne delle parti superiori del corpo nere, marginate di bianco-scuro. Quelle del dorso, le scapolari, e quelle del sopraccoda, han questo margine più visibile. Quelle della gola e del gozzo son colorite nella stessa maniera. Quelle dell’ ad- put KOTAY i UCCELLI SILVANI. 361 dome e dei fianchi han le stesse distribuzioni di colori, ma il loro margine è più largo e bianco-puro. Penne del sottocoda simili a quelle dell’ addome, ma di più hanno una bella macchia bianca longitudinale. Penne del petto color bianco più o meno sudicio, con sottil margine nero: le remiganti e cuopritrici bruno-nere, con una sfumatura biancastra sul margine esterno. Timoniere nere. Piedi scuro-neri. Femmina. Ha le penne di un nero un poco rossastro, ed il bianco del petto è meno puro, e macchiato di brunastro. Giovani. I maschi hanno il petto bruno-rossastro, e nelle femmine non v'è gran differenza fra le penne del petto e quelle delle altre parti inferiori. Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda più lunga della sesta, terza e quarta uguali e le più lunghe. Merlo col petto bianco, Sylvia forquata, Savi, Orn. Tosc., I, p. 206. SinoniMia, — Turdus torquatus, Linn. S. N. (1766), I, p. 296. — Merula montana, Briss. Ornith. (1760), II, p. 250. — Turdus torqua- tus, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 166, e 3? parte (1835), p. 89.— Merula torquata, Boie, Isis (1822), p. 552. — Copsichus torquatus, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 157. — Merula collaris et alpestris, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 376-377. — Turdus torquatus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 401. Ficure. — Buff., PI. enl. 182, giovane, sotto il nome di Merle de montagne; 516, maschio adulto, sotto il nome di Merle d collier. Nomi voLGari strANIERI. — Franc. Le Merle à plastron blanc. Ingl. The Ring Tarchi Ted. Die Ring, Drossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0°, 236; coda, 0°, 10/4; aper- tura del becco, 0m, 023; tarso, 02, 038. Costumi. — È la specie più rara di questo genere. Com- parisce accidentalmente. Nell’ inverno del 1824 ne furono uc- cisi parecchi tanto nelle nostre macchie, quanto in quelle di Maremma. Qualche coppia rimane, benchè di rado, a covare da noi; e nel 1822 in agosto una ne trovai nei monti del Mugello. Propagazione. Nidifica sulla terra a’ piedi dei cespugli, e le sue uova, in numero di quattro o sei, sono di color verdastro, ricoperte da una gran quantità di macchiuzze bruno-rossicce, * ! Temminck, Man. d’Ornith., pag. 16. at te 1, TI E RE e a META # O CEI ET 362 ORDINE SECONDO. TORDO DI GOLA NERA. — TURDUS ATRIGULARIS. Temm. Parti superiori grigio-olivastre ; petto nero (maschio). Maschio. Becco color di corno nella cima, giallastro alla base. Parti superiori grigio-olivastre, sulla linea mediana più cupe. Remiganti e timoniere bruno-nerastre, marginate di gial- | lognolo-rugginoso. Gola, gozzo e petto coperti da penne nere marginate di bianco. Penne de’fianchi cenerine, con lo stelo più cupo. Addome bianco: qualche macchia cenerina sulle penne che circondano il nero del petto. Penne del sottocoda bianche, con la base nerastra, e con del fulvo all’unione del bianco col nerastro. Cuopritrici inferiori delle ali colore ocra- ceo-pallido. Piedi grigio-nerastri. Unghie nere. Giovani dell’anno. Tutte le parti superiori e le gote son d’un colore cenerino-olivastro. Gola e parti anteriori del collo di color biancastro, ma lateralmente cinte da una serie di mac- chie longitudinali, che s'uniscono sul petto in uno spazio mac- chiato di nero, o di scuro, secondo l’età. Tutte le altre parti inferiori sono bianche, bensì eccettuandone i fianchi, i quali hanno una tinta cenerina ed alcune macchie angolari scure. Tordo di gola nera, Sylvia atrigularis, Savi, Orn. Tosc., III, p. 203. Sinonimia. — Turdus atrigularis, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 169, e 3° parte (1835), p. 93. — Merula atrigularis, Bp. B. of Eur. (1838), p. 17. — Planesticus atrigularis, Bp. Cat. Parzud. (1854), p. 5. — Turdus atrigularis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 415. Ficure. — Naum. Vòg. Deutsch., PI. 69, fig. 4, maschio adulto; pl. 364, fig. 4-2, maschio di età intermedia, sotto il nome di Turdus atrigularis. Nomi voLcarI STRANIERI. — Franc. Merle è gorge notre. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 29 incirca. Costumi. — Un individuo adulto fu preso nelle vicinanze di Torino ne’ primi giorni di gennaio del 1826: e adesso con- servasi nel Museo di quell’ Università, ove, in grazia alla genti» 1 Temminck, Man. d'Ornith., tomo I, pag. 169; De i e 11 Mme va ni Co a 11° ste a dai NRE Mi I, DI ue rea tin - 1 pupe A Ò ; UCCELLI SILVANI. 363 lezza del fu professor Bonelli, potei fare la descrizione che qui sopra ho riportato. Questa bella specie d’uccello è molto rara: gli Autori dicono che abita l’estese boscaglie d’ una gran parte della Siberia, del Caucaso e dell’ Himalaia: spesso comparisce in autunno nel Sud della Russia, in Ungheria ed in Gallizia : rarissime sono le sue comparse in Italia. Barthélemy dice es- serne stati uccisi due individui nelle vicinanze di Saint-Marcel in Provenza: a Dresda ne ho veduto un bell’individuo trovato dal dott. Thienemann. In Ungheria ed in Austria dicesi esser più comune. Propagazione. Sconosciuta. Sezione II. — I TORDI. (TURDI Linn.) Colori delle parti inferiori chiari, abbondanti. Una lunga fascia sopracci- gliare per lato; spesso delle macchie nere sui fianchi e sul petto. Le fasce sopraccigliari, ed il color chiaro più o meno ten- dente al grigio o all’ olivastro delle parti superiori, son le più costanti caratteristiche che distinguono i Tordi dai Merli. Oltre a ciò, i Merli non solo ne differiscono nel portamento, ma an- cora per il costume di viaggiare in branchetti, e così riuniti passare la stagione invernale. Nell'estate i Tordi molto più dei Merlì preferiscono il soggiorno montano. TORDELA. — TURDUS VISCIVORUS. Linn. Parti superiori grigio-olivastre cenerine; petto bianco, con macchie nere lanceolate ; cuopritrici inferiori delle ali, bianche. Becco bruno=nero, giallastro alla base della mascella in- feriore. Iride di color cenerino-castagno. Pileo, cervice, schiena, scapolari, groppone e sopraccoda di color grigio=cenerino, leg- germente tendente all’olivastro sul dorso e sulle scapolari. Le penne del sopraccoda son marginate di biancastro. Una fascia biancastra parte dalla base del becco, e giunge fino all’occhio. Penne cigliari anch’ esse bianche. Parti inferiori di color bianco tendente al giallognolo ; particolarmente sul petto e sui fianchi. Le penne de’lati del collo, del gozzo e del petto hanno una mac- chia lanceolata nella cima, la cui punta riguarda in alto, Penne Mi 364 ORDINE SECONDO. dell'addome e de’ fianchi con una macchia del medesimo colo- re, ma ovale. Remiganti bruno-cenericce, marginate di bianco. Timoniere del medesimo colore, con una macchia biancastra nella parte inferiore verso la cima, dal lato interno, che è più grande nelle timoniere esterne. Cuopritrici inferiori delle ali di color bianco purissimo. Piedi grigio-carnicini. Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda e terza uguali fra loro, e le maggiori. Tordela, Sylvia viscivora, Savi, Orn. Tosc., I, p. 208. Sinonimia. — Turdus viscivorus, Linn. S. N. (1766), I, p. 291. — Turdus maior, Briss. Ornith. (1760), II, p. 200. — Turdus visci- vorus, Temm. Man., la parte (1820), p. 161, e 3a parte (1835), p. 87. — Ixocossyphus viscivorus, Kaup. Nat. Syst. (1829), p.145. — Turdus arboreus, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1831), p. 380.— Turdus viscivorus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 418. Ficure. — Buff., PI. enl. 489. — Turdus viscivorus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 19. I Nomi voLgari Toscani. — Tordela, Tordiera (Fiorentino, Pisa- no). Tordescaia (Senese). Nomi voLGaRI sTRANIERI. — Franc. La Draîne. Ingl. The missel Thrush. Ted. Die Mistel-Drossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 272; coda, 0", 09; apertura del becco, 0", 027; tarso, 0”, 031. Costumi. — Poche Tordele si trovano in estate nelle pia- nure. Nell’autunno calano ne’ boschi de’ nostri piani e delle Ma- remme, per passarvi la cattiva stagione. Allora vanno sempre riunite in copiosi branchi, scegliendo per loro dimora i luoghi ove abbondano i ginepri ed 1 corbezzoli. Sono uccelli sospettosi, ed alla più piccola apparenza di pericolo fuggono inalzandosi molto nell’ aria circolarmente. Propagazione. Nidificano tanto in monte che in piano so- pra le quercie, abeti, ec., ad un’ altezza mediocre. Il nido è fatto con molt’arte: dei licheni filamentosi intralciati con sottili stecchi ne fan la parete esterna, che è grossa e resistente: l’in- terna è un intonaco fatto d’ una pasta dura, formata, per quel che io credo, di legno putrefatto, impastato e ammollito dal becco della Tordela. Le uova son piccole, subrotonde, di color celeste-verdastro , con macchiette nere dal lato più grosso. AT LAS dit BA RA Tee UCCELLI SILVANI. 365 CESENA. — TURDUS PILARIS. Linn. Pileo e groppone di color cenerino-piombato; petto giallo-cociato, mac- chiato da piccole strie nere, longitudinali; schiena e cuopritrici delle ali di color castagno-cupo. Becco giallo, con la punta nera. Iride scuro-nera. Pileo di color cenerino-piombato, con qualche macchia nera. Cervice e sopraccoda di color cenerino-piombato puro. Penne della schiena, scapolari e cuopritrici delle ali di color castagno-cupo, con la parte interna nera e col margine biancastro. Gola, gozzo e lati del collo di color giallo--ceciato. Petto del medesimo co- lore, ma più cupo. Tutte queste parti son macchiate da piccole strie nere longitudinali, che sono in numero maggiore sui lati del collo: quelle de’lati del petto, molto più larghe, hanno una punta voltata in basso. Una macchia larga e nera è all’ origine di ciascun’ ala. Penne dell'addome, sottocoda, cuopritrici infe- riori delle ali e penne de’ fianchi, di color bianco-niveo; que- st'ultime penne hanno verso la cima una bella macchia nera semilunare, con punta sul mezzo inferiormente. Remiganti pri- marie bruno-cenerine. Timoniere nere: l’esterne marginate di grigio. Piedi neri. Proporzione delle remiganti. Prima piccolissima, seconda subeguale alla quinta, terza e quarta le più lunghe. Cesena, Sylvia pilaris, Savi, Orn. Tosc., I, p. 209. Sinonimia. — Turdus pilaris, Linn. S. N. (1766), I, p. 291. — Turdus musicus, Pall. Zoogr. (1811-1834), I, p. 454. — Turdus pilaris, Temm. Man., A= parte (1820), p. 163, e 3a parte (1835), p. 88. — Arceutornis pilaris, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 33. — 7urdus pilaris, Degl. et Ger. (1867), I, p. 407. Ficure. — Buff., PI. enl. 406; Gould. B. of Eur., PI. enl. ‘76. Nomi voLcari Toscani. — Cesena, Tordela gazzina (Fiorentino). Tordela (Pisano). Tordela alpigina (Senese). Nomi voLgari sTRANIERI. — Franc. La Litorne. Ingl. The Field- fare (Fheusk} Ted. Die Wachholder-Drossel. imensioni. — Lunghezza totale: 0m, 267; coda, 0m, 097; aper- tura del becco, 0", 029; tarso, 0", 031. Costumi. — Per il solito è meno abbondante della Tordela, ed il suo passo non è così regolare. In alcuni inverni, e parti- J N UT ‘ L* ” de Sr in IN tr 366 ORDINE SECONDO. colarmente ne’ molto freddi, son le Cesene comuni ne’ nostri piani, ma qualche anno non se ne vede neppur una. Amano di pascolare sopra i prati, ed essendo spaventate vanno a rifu- giarsi sugli alberi più prossimi. Propagazione. Non so che nidifichi da noi. Ne’ boschi del Nord, ove in estate se ne trovano molte, costruisce il nido sugli alberi alti, e vi pone quattro o sei uova di color verde- mare, punteggiate di rossastro. ‘ TORDO BOTTACCIO. — TURDUS MUSICUS. Linn. Parti superiori di color grigio-olivastro; petto bianco-giallognolo, con macchie nerastre; fascia sopraccigliare appena visibile; cuopritrici inferiori delle ali di color giallo-ruggine chiaro. Becco scuro-nero, con la base della mascella inferiore giallastra. Iride scuro-nera. Tutte le parti superiori di color grigio-olivastro. Gola, gozzo, lati del collo e petto di color bianco leggermente giallastro. I lati del petto sono d’un color giallo più vivo. Tutte queste parti, eccettuato il mezzo della gola e del gozzo, son coperte di piccole macchie nerastre, delle quali, benchè d’una figura un poco più rotondata, varie se ne estendono sopra i fianchi e sopra i lati dell'addome. Quest’ ul- time parti ed il sottocoda sono di color bianco-puro. Le cuopri- trici superiori delle ali hanno una macchia giallastra nella cima. Le cuopritrici inferiori son di color giallo-ruggine chiaro. Piedi grigio-carnicini. Proporzione delle remiganti. Prima piccolissima, seconda uguale alla quinta, terza e quarta le più lunghe. ‘Tordo bottaccio, Sylvia musica, Savi, Orn. Tosc., I, p. 211. Sinonimia. — Turdus musicus, Linn. S. N. (1766), I, p. 292. — Turdus pilaris, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 455. — Turdus musì- cus, Temm. Man., 42 parte (1820), p. 164, e 3° parte (1835), p. 88. — Turdus philomelos, Brehm, Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1829), p. 382. — 7urdus musicus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 422. Ficure. — Buff., PI. enl. 406. — Olina, Uccelliera (1622), p. 25. — Turdus musicus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lom- bardia (1868-1870), vol. II, tav. 95. 1 Temminck, Man. d’Ornith., pag. 164. pe STAI per Sat 1 vat?” a DR Pala DEA dato eee ei i + UCCELLI SILVANI. 367 Nomi voLcari toscani. — Tordo bottaccio (Fiorentino). Tordo (Pisano). Tordo gentile (Senese). Nomi voLcarRI sTRANIERI. — Franc. La Grive. Ingl. The Song Thrust. Ted. Die Sing-Drossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 01, 233; coda, 0%, 077; aper- tura del becco, 0®, 027; tarso, 0%, 038. Costumi. — Il Tordo bottaccio, che somministra una delle più comuni e migliori vivande alle nostre tavole nell'autunno e nell'inverno, da tutti è certamente conosciuto. Nell'autunno cala da’ monti alti e dal Nord in grandissima quantità, e viene a svernare ne luoghi più bassi, e particolarmente nelle Ma- remme, in quelle bellissime ed estese macchie sempre verdi, formate dalla mescolanza de’ lecci, sugheri, albatri, ginestre, filliree, alaterni, ec. Quando i Tordi emigrano, volano ad una grande altezza, e per il solito nella notte e verso il nascer del sole. È facile accorgersi del loro passaggio per il fischio, o come propriamente si chiama per lo #0, che di continuo ri- petono. Verso la fine di marzo abbandonano il be basso, e ritornano sui monti, ove nidificano. Propagazione. Là nelle foreste de’ faggi e degli abeti si sta- biliscono per tutta la buona stagione, e intessono il loro nido dentro i grossi macchioni, o fra i rami bassi degli alberi. Que- sto nido è formato all’esterno con radici, muschi, licheni, pa- gliuzze, foglie secche, ec., molto bene intralciate. La parte in- terna è intonacata di legno putrefatto, appunto come il nido della Tordela. Le uova son per ilsolito quattro o cinque, d’un bel color celeste-verdognolo, asperse dappertutto di punti, radi, neri. Caccia. Il Boschetto, la Ragnaia e le Penere fanno una gran strage di Tordi. Chiamasi Boschetto un piccolo spazio di terreno, tutto piantato d’alberetti sempre verdi, come allori, lecci, corbezzoli, ec., tenuti all'altezza di un metro e mezzo o due, e potati in modo d’avere una figura presso a poco cilindrica: sono lontani fra loro circa un metro. La mattina, avanti che incominci il passo de’ Tordi, il cacciatore na- sconde in questi cespugli varie gabbie con de’ Tordi stati tenuti in chiusa nella estate, e dopo aver guarnite di paniuzzi le cime di tutti i cespugli va a nascondersi in un capannello 368 ORDINE SECONDO. posto nel mezzo della tesa, dal quale partono a croce quattro strette e basse gallerie di frasche, che vanno a terminare al margine del boschetto. Incominciato il passo, i Tordi dall’alto ove volano, sentendo i loro compagni fischiare nel boschetto, vi sì gettano sopra, e posandosi sulle paniuzze, o toccando queste anche solo coll’ ali, restano invischiati e cadono a terra. Il cacciatore dall’interno della galleria li tira a sè, senza farsi. vedere, mediante un piccolo rastrello od oncino. Si dà nome di Penere a quattro lacci fatti con setole di cavallo, infilati in un cordino pur esso di setole, che è mante- nuto teso da due piccole mazze dette staggette: queste son con- gegnate sul ramo che deve servire di posatoio agli uccelli, in modo che esse vi stiano verticali, e facendo col ramo un an- golo press’a poco retto. Balco è il nome che si dà a questo po- satoio: ora egli è un ramo dello stesso macchione scelto per la tesa, ora posticcio, secondochè torna più comodo al caccia- tore: deve essere orizzontale, o poco inclinato, e situato tra- verso ad una apertura del macchione, o fra un macchione ed un altro. I boschi ove si fanno le tese delle penere son quei formati di mortella, ginepro, filliree, sondri, corbezzoli, ec., così che i Tordi ed 1 Merli nel girare che vi fanno per cercare e mangiare le bacche, posandosi sui balchi, o anche volando sopra di essi, incappano ne’lacci, e vi rimangono appiccati. Oltre un gran numero d’abitanti delle Maremme che fanno i Merlai, giacchè questo è il nome che si dà a’tenditori di pe- nere, moltissimi montagnoli calano nell'inverno in que’ paesi, da varii punti dell’ Appennino toscano, lucchese e modenese, esclusivamente per darsi a questa sorte di caccia, che è una delle più lucrose, benchè non delle meno faticose. Ogni Merlaio prende a fitto una estensione di bosco per le sue caccie, e là egli continuamente è occupato per farvi le tese, o per mante- nerle in buono stato. Molti de’ boschi di Maremma son talmente folti, che è impossibile il penetrarvi senza camminare col ven- tre a terra, seguitando i viottoli che le bestie selvagge vi hanno tracciati, ed esponendosi ad esser lacerati da’ pruni. È neces- sario, per questa ragione, che il tenditore incominci dall’aprirsi una strada con il suo pennato, e che sia vestito in modo da non temere il pungolo e l’oncino delle marruche e de’ roghi. Perciò egli calza delle ghette di lana forti ed alte, che difen- UCCELLI SILVANI. 369 dono tutta la gamba ed il ginocchio; un grembiule di grossa tela, oppure, ed anche meglio, come in varii luoghi si usa, una pelle di Capra con tutto il suo pelo, essendo legata al collo, gli pende fin sotto alle ginocchia, coprendogli in tal modo e difendendogli il petto e le cosce: questa pelle ha uno spacco longitudinale nella parte inferiore per non impedire i movimenti delle gambe, ed un nastro la cinge alla vita. Un grosso pen- nato, che deve servire a formare la strada fra irami e le spine, pende dietro al Merlaio, da una cintura divacchetta. A tracolla dal lato destro egli ha una sacca di tela, ove ripone la caccia, ed ove tiene, in una divisione particolare, le penere da sosti- tuirsi a quelle che troverà rotte o guaste; ed a sinistra ha un mazzo di bacchette per riattare i balchi, le staggette, ec. Ogni . Merlaio tende per il solito tremila penere: questo è il numero, a cui egli è capace di badare, e che continuamente l’occupa, o per rivederle o per assettarle. Le prede che essi fanno sono comprate da alcuni incettatori, che per mezzo di procacci, a ciò esclusivamente destinati, sono inviate a vendersi nelle città più prossime. * TORDO SASSELLO. — TURDUS ILIACUS. Linn. Parti superiori grigio-olivastre; petto bianco-ceciato, con macchie bislun- ghe bruno-nerastre; fascia sopraccigliare larga, bianco=gialliccia ; cuopritrici inferiori delle ali fulve. Becco bruno-nero, con la base della mascella inferiore giallastra. Iride scura. Tutte le parti superiori di colore oliva- stro-grigio. Fascia sopraccigliare ceciata. Gozzo e petto bianco- ceciati. Addome e parte inferiore de’ fianchi bianchi. I lati della gola, del gozzo ed il petto coperti di macchie bislunghe bruno- nerastre. Parte inferiore dell'addome ed i fianchi sono ancor | essi macchiati dello stesso colore, ma un poco più chiaro: molte di queste macchie hanno nella parte media una piccola fascia trasversa ceciata. Sopra i lati del collo v'è un grande spazio ceciato. Cuopritrici inferiori delle ali e fianchi di color fulvo. 1 Io debbo queste notizie, e molte altre assai interessanti che per brevità mi conviene omettere, alla gentilezza del sig. Martino Fantacci pievano della Sassa, luogo delle Maremme Volterrane ove abita un gran numero di Merlai, Ornitologia italiana. — 1. qh 370 ORDINE SECONDO. Penne del sottocoda bianche all’ estremità, grigio-olivastre alla base. Ali e coda color delle parti superiori. Proporzione delle remiganti. Prima piccolissima, seconda piu lunga della quinta, terza e quarta le più lunghe. Tordo sassello, Sylvia iliaca, Savi, Orn. Tosc., I, p. 215. Sinonimia. — Turdus iliacus, Linn. S. N. (1766), I, p. 292. — Turdus illas, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 456. — Turdus iliacus, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 165, e 3* parte (1835), p. 89. — Turdus iliacus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 421. Ficure. — Buff., PI]. enl. 51. Nomi voLcari Toscani. — Tordo sassello (Fiorentino, Pisano). Tordo alpigino (Senese). NomI voLcagI STRANIERI. — Franc. Le Mauvis. Ingl. The red- wing Thrush. Ted. Die rothe-Drossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 252; coda, 0m, 069; aper- tura del becco, 0”, 023; tarso, 0m, 027. Costumi. — I suoi costumi son presso a poco gli stessi di quelli del Tordo bottaccio, ma è meno abbondante, e arriva da noi più tardi. Propagazione. Non so che nidifichi in Toscana. Nei paesi settentrionali fa il nido ne’ macchioncelli d’ arbusti alpini, e vi depone sei uova d’un celeste verdastro, macchiettate di bruno- nero. * i TORDO DORATO. — TURDUS AUREUS. Hollandre. Parti superiori bruno-olivastre, volgenti al giallo-dorato; petto bianco, con macchie nere semilunari. Becco assai sviluppato, scuro di sopra, giallastro di sotto. Parti superiori bruno-olivastre, con tinta giallo-dorata: tutte le penne di queste parti con una macchia nera semilunata, pa- rallela al loro margine; parti inferiori bianche, passanti al gial- lastro sui lati del collo e sui fianchi, con le stesse macchie semilunari nere che sì trovano nelle parti superiori. Remiganti nerastre, con largo margine fulvo-dorato esternamente, bian- castro internamente: cuopritrici delle ali nere, marginate di 1 Temminck, Man. d’Ornith., pag. 166. rt n n zi UCCELLI SILVANI. ALA siallo-ocraceo. Coda troncata, di 14 timoniere: le quattro me- die di color bruno-olivastro come le parti superiori, le altre con macchia bianca verso la cima; le più esterne hanno il mar- gine fulvo-dorato. Piedi lunghi, robusti, nerastri. Nora. — Questa descrizione è tolta dalle opere del Temminck e di Barthélemy, non possedendo la specie. Sinonimia. — Turdus varius, Pall. Zoogr. (1811-1835), I, p. 449. — Turdus aureus, Hollandre, Faune de la Moselle (1825), 2e edict. (1836), p. 60. — Turdus Whitei, Evton, Rar. Brit. Birds (1836), p. 92. — Turdus varius seu Whitei, Temm. Man., 48 parte (1840), p. 602. — Oreocincla aurea, Bp. Ucc. Eur. (1842), p. 136. — Turdus squamatus, Boie, Isis (1845). — Oreocincla aurea, Jauber.-Barth. Rich. Ornit. (1859), p. 202, con una figura. — T'urdus aureus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 420. Ficure. — Naum., Vog. Deutsch., pl. 354. Nomi voLcarI sTRANIERI. — Franc. Merle dore. Dimensioni. — Lunghezza totale: circa 0", 30. Costumi. — Proprio dell’ Asia: secondo Temminck trovasi ancora ed assai abbondante a Giava ed al Giappone; acciden- talmente capita in Europa: non so che mai siasi visto in To- scana. Nell'inverno del 1863 ne fu preso un individuo nelle vicinanze di Genova, il quale si conserva nella collezione del sig. De Negri (vedi Salvadori, Catalogo). Barthélemy riporta che ‘nell’ottobre del 1840 ne fu preso un individuo presso Marsiglia. Propagazione. Ignota. TORDO FORESTIERO. — TURDUS NAUMANNI. Temm. Parti superiori di color arancione o fulviccio grigio-scuro. Fascia soprac- cigliare larga e molto estesa posteriormente. Petto fulvo (maschio adulto) o grigio-cenerino, con grandi macchie nere e scure (femmine e giovani); sui fianchi delle larghe macchie angolate, fulvo-ruggine (maschio) o nerastre (femmina); cuopritrici superiori delle ali e re- miganti secondarie marginate di scuro-fulvo; timoniere fulvicce in quasi tutta la loro estensione. * Maschio adulto. Becco nero verso la cima, giallastro nel resto della sua estensione. Iride scura. Penne del pileo scuro- 1 Degland et Gerbé, Ornith, Europ., 2° édit., tome I, pag. 411. 3792 ORDINE SECONDO. cenerine al centro, scuro-fulve sui margini; parte superiore del collo grigia, tinta di fulviccio; dorso grigio-aurora, sfumato di cenerino; groppone e penne sopracaudali scuro-fulve, con margine più chiaro; gola, gozzo, petto e fianchi d’ un fulvo-rug- gine, più intenso sul petto e sui fianchi, ove ogni penna è marginata di biancastro; sottocaudali color fulvo-ocraceo alla base, con l’apice bianco o bianco-fulviccio. Fasce sopracci- gliari bianco-fulvicce, larghe e che s’estendono dalla base del becco alla nuca; redini scure; regione auricolare scuro-fulvic- cia, con sfumature cenerine; cuopritrici medie delle ali mar- ginate e terminate di scuro-fulviccio; remiganti scure, le pri- marie marginate di grigiastro, le secondarie di giallo-ruggine. Timoniere scuro-fulvicce o scuro-arancione, marginate di scuro dal lato esterno e verso la cima: la più esterna da ciascun lato intieramente scuro-fulviccia, con un margine ristretto più chiaro dal lato esterno. Tarso scuro, sfumato di giallo. ‘ Femmina. Parti superiori scuro-cenerine; gola, gozzo e lati del collo color biancastro, con macchie scure e nerastre; petto biancastro sfumato di grigio, con numerose macchie scure o bruno-fulviccio; addome bianco; fianchi cenerino-chiari, con macchie cenerine più cupe e scure; sottocaudali scuro-ruggine alla base, bianche in cima; cuopritrici medie delle ali marginate di cenerino; timoniere medie scure, le più laterali quasi intie- ramente scuro-ruggine, le intermedie in parte scure, in parte tinte di scuro-ruggine. ° Sinonimia. — Turdus dubius, Bechst. Nat. Deutsch. (1807), III, p. 396. — Turdus Naumanni, Temm. Man., 12 parte (1820), p. 170, e 3? parte (1835), p. 96. — Turdus ruficollis, Glog. nec Pall. Handb. Vog. Eur. (1834), p. 180. — Cychloselys? dubius, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 5. — Turdus dubius, Jaub. et Barth. Riches. Ornith. (1859), p. 213, con due figure. — Turdus Naumanni, Degl. et Ger. (1867), I, p. 410. Ficure. — Naum., Vòg. Deutsch., pl. 358. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Merle Naumann. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 29, secondo -Joubert et Barthelemy; secondo Degland et Gerbé, Ornith. Europ., 0®, 25. 1 Degland et Gerbé, Ornith. Europ., 2° édit., tome I, pag. 411. 2 Ibid., idem. feta <. UCCELLI SILVANI. DU Costumi. — Quest’uccello raramente comparisce in Italia. Un individuo ne fu preso a Genova nell’inverno del 1862, e conservasi nella collezione del sig. De Negri (vedi Salvadori, Catalogo). Il sig. Barthélemy riporta nella sua opera che due individui, a sua notizia, furono presi nel Mezzogiorno della Francia, uno vicino a Marsiglia nel settembre 1845; l’altro, ucciso nel dicembre 1856, fu preso nella comune d’Allauch. Non so che giammai siasi veduto nell’Italia centrale. È proprio dell’Asia centrale; comparisce, al dire di Temminck, in Slesia, in Austria, e più frequentemente in Ungheria. Propagazione. Non si conosce, come pure non si conoscono i suol costumi. * TORDO AMERICANO. — TURDUS SWAINSONII. Caban. Tutte le parti superiori, la fronte e l’ estremità della coda di colore scuro- olivastro uniforme; gola, gozzo, petto e lati dell'addome bianchi o bianco-giallicci, sparsi di macchie scuro-cupe. * Maschio adulto. Becco nerastro, eccetto solo la base della mascella inferiore che è giallastra. Iride scura. Tutte le parti su- periori color scuro-olivastro uniforme: parti inferiori bianche sfu- mate di giallastro sul petto, con numerose macchie e macchiuzze nere sui lati del gozzo, scuro-cupe sul petto , e scuro cenerine su quelli dell'addome; addome e sottocaudali bianche ; fianchi e penne delle cosce scuro-cenerine, con qualche macchia più scura. Penne cigliari ed una sottil fascia sopraccigliare bian- castre; cavezze scuro-cenerine chiare; gote e regioni auricolari scuro-verdastre, striate di biancastro; cuopritrici superiori delle ali colore del dorso, marginate dello stesso colore un poco più chiaro. Remiganti scure, marginate alla base di scuro volgente al fulvo. Timoniere, colore scuro nella faccia superiore, oliva- stro eguale a quello del dorso grigio-scure nell’inferiore. Piedi grigio-scuri. ° La femmina ha le macchiettature del collo e del petto meno numerose e più pallide. ° 1 Degland et Gerbé, Ornith. Europ., 2° édit., tome I, pag. 8. 2 Ibid., idem. p 3 Ibid., idem. 374 ORDINE SECONDO. I giovani dell’anno hanno le parti superiori colorite esatta- mente come negl’individui adulti; ma se ne distinguono in gra- zia d’una marginatura scuro-rossiccia che hanno le cuopritrici superiori delle ali e tutte le remiganti, e per un colore più giallastro delle fasce sopraccigliari, delle penne cigliari, delle gote, de’ lati del collo e dell'addome. ‘ Sinonimia. — Turdus solitarius, p. Wils., Am. Ornith. (1812), V (la figura 2 della tavola 43 solamente). — Merula Wilsoni, Swains. nec Bp.: in Richards. Faun. Bor. Am. Birds (1831), p.182.— Merula olivacea, Brewer. Proceed. Bost. Soc. Nat. Hist. (1844), 1, p. 194. — Turdus Swainsoni, Cab. in Tschudi, Faun. Peruan. (1845), Ornith., p. 188. — Turdus minimus, Lafresn. Rev. Zool. (1848), XI, p. 5. — Turdus minor, Bp. nec. Gmel. C. Gen. Av. (1850), I, p. 274. — Tur- dus Swainsonti, Degl. et Ger. (1867), I, p. 427. Ficure. — Wilson, Am. Ornith., pl. 43, fig. 2, sotto il nome di Turdus solitarius. — Naumann, Vòg. Deutsch., pl. 355, fig. 4, sotto il nome di Turdus Swainsont. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Merle de Swainson. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 19 circa. Costumi. — Questa specie è propria dell’ America setten- trionale e della meridionale, e qualche volta comparisce anche in Europa, essendone stati uccisi alcuni individui in Belgio ed in Germania. Nel 1840 ne comparve un individuo sul mer- cato di Namur, il quale dopo essere stato illustrato dal si- gnor Deby, passò nella collezione del sig. barone De Sélys-Long- champs, ove ancora adesso si trova/Il principe Carlo Luciano | Bonaparte disse essere stata trovata anche in Italia, ed è slla/ sua asserzione che l’ annunciamo in questa Ornitologia. TORDO SBIADITO. — TURDUS PALLIDUS. Gmel. Parti superiori color grigio-olivastro; petto in alto dell’ addome e fianchi senza macchie nere; gola bianca, circondata da macchie bislunghe nere (giovani) o grigio-cupe (maschi adulti); fascia sopraccigliare larga, biancastra (giovani) o biancastra, striata di scuro-cenerino; cuopri- trici inferiori delle ali colore bianco-sudicio. Maschio adulto. Becco scuro-nerastro, con la base giallo: gnola. Iride scura. Parti superiori color grigio-olivastro uniforme; 1 Degland et Gerbè, Ornizh. Europ., 2° èdit., tome I, pag. 8. m Ri r v UCCELLI SILVANI. 375 il pileo dello stesso colore, ma un poco più fosco; parte supe- riore del collo con sfumature trasverse cenerognole: gola die- tro il mento bianca, inferiormente, o più in basso verso il gozzo, color bigio-lavagna, che divien gradatamente più chiaro sui lati del collo, e che col colore del gozzo sfumasi in quello del petto e dei fianchi, i quali sono pur ocracei, senza macchie; addome bianco puro; penne sottocaudali bianche in tutta la parte scoperta, macchiate di bruno-olivastro alla base e sui lati. Fa- sce sopraccigliari bianche striate di cenerino scuro, strette avanti degl’occhi, più lunghe posteriormente; redini e lati della testa scuro-nerastri: questi striati di bianco-giallastro e di cenerino. Cuopritrici esterne medie delle ali, con una macchia biancastra nella cima: remiganti e timoniere scure, marginate di grigio- olivastro; la più esterna delle remiganti ha all’estremità sulle bande interne una piccola macchia bianca-fulviccia, la remi- gante successiva ha essa pure una macchia analoga, ma più piccola, la terza ha in qualche individuo una stretta margi- natura invece di macchie attondate. Piedi scuricci. * Maschi giovani dopo la prima muta. Becco pure nerastro verso la cima, giallastro alla base. Iride scura: parti superiori grigie-olivastre: pileo più scuro. Fascia-gote sopraccigliare as- sal larga, che estendesi oltre la regione auricolare bianco-su- dicia: gote bianco-sudice: redini e regione auricolare del colore delle parti superiori; gola, gozzo, parti inferiori de’lati del collo di color bianco, con macchie bislunghe e nella parte media supe- riore fatte a freccia, del solito colore delle parti superiori; alto del petto grigio-giallognolo, che uniscesi col colore de’ fianchi fulvo-chiaro, ma senza macchie scure: addome e sottocoda candidi: sulle parti laterali delle penne del sottocoda alcune macchie grigio-olivastre. Remiganti e timoniere del colore del dorso: remigante primaria con margine bianco, assai largamente presso la base, sottilmente nel resto dell’estensione: grandi cuopritrici medie, con macchia bianca alla cima dal lato ester- no. Piedi, compreso l’unghie, color giallastro-carnicino. ° Proporzione delle remiganti. Prima piccolissima, seconda pure più corta della quarta, terza la più corta di tutte, quinta più corta della quarta. 1 Degland et Gerbé, Ornith. Europ., 2° édit., tome I, pag. 403. 2 Livrea d’ un giovane preso in Piemonte, ricevuto dal signor B. Salvadori; "i LA | 4 Petit I ine = e Li O fe TA Lul PI P. ; ” t- 376: ORDINE SECONDO. Sinonimaa. — Turdus pallidus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 845. — Turdus pallens, Pall. Zoogr. (1811-1831), I, p. 457. — Turdus iliacus, var. Pallidus, Naum. Nat. Vòg. Deutsch. (1822), II, p. 279. — Turdus Seyffertitzii, Brehm. Lehrb. Nat. Eur. Vog. (1829), II, p.972.— Turdus Werneri, Géné, Mem. Ac. R. Torino (1834), XXXVII, p. 296. — Turdus pallidus, Temm. Man., 3* parte (1835), p. 97, e 4° parte (1840), p. 605. — Planesticus obscurus, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 5. — Turdus obscurus, I. B. Joubert et Barthelemy, Riches- ses Ornithologiques (1859), p. 214, con tav. — Turdus pallidus, Degl. et Ger. (1867), p. 402. Ficure. — Géné, M. Ac. R. Torino, XXXVII, pl. 2, femmina giovane? — Naumann, Vég. Deutsch. (1854), pl. 357, maschio di età intermedia. Nomi voLGari stRANIERI. — Franc. Merle pale. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 22; apertura del becco, o", 023; coda, 0", 073; tarso, 0", 03. Costumi. — È questa una specie propria alle regioni orien- tali e meridionali. Non di rado si è fatto vedere nella parte nord-ovest d’Italia, e particolarmente in Piemonte, ove per il primo l’incontrò il Bonelli, quindi il Géné. Giammai io lo vidi nella Toscana, e non so sia fino ad ora stato trovato nell’Ita- lia centrale, benchè nuovi individui ne sieno stati uccisi in Pro- venza, e specialmente nelle vicinanze di Marsiglia. Propagazione. Non si conoscono nè i suoi costumi, nè il suo modo di propagazione. TORDO OLIVASTRO. — TURDUS OLIVACEUS. Linn. Parti superiori scuro-olivastre; testa un poco più scura; gola bianca striata di scuro: petto olivastro senza macchie (adulti); addome, fianchi, cuopritrici inferiori delle ali fulve, senza macchie (adulti) o con moschettature (giovani); le timoniere le più esterne senza alcuna macchia all’ estremità. Maschio adulto. Becco con l’apice scuro, la base giallastra. Parte superiore della testa, del collo e del dorso, groppone, cuo- pritrici superiori delle ali e della coda, scuro-olivastri; gola e gozzo bianchi, striati di scuro; lati del collo con macchie gialle; petto colore olivastro-chiaro, con sfumatura giallastra senza macchie; addome, fianchi e coperture inferiori delle ali di color UCCELLI SILVANI. 377 fulvo acceso; sottocaudali bianche, con macchie scure e ruggi- nose; remiganti scure, frangiate di scuro-olivastro ; timoniere medie del colore del dorso: tutte le altre scure, con fasce tra- sverse ondulate. | | Femmina adulta. Differisce dal maschio, solo per essere un poco più piccola e per avere meno acceso il color fulvo delle parti inferiori. Giovani avanti la prima muta. La coloritura delle parti su- periori e delle inferiori analoga a quella degli adulti, ma con le tinte più fosche: il margine delle loro timoniere e remiganti un poco rossiccio: le strie del gozzo nerastre: la massima parte delle penne del dorso con una stria giallastra lungo lo stelo, e quelle delle parti inferiori hanno una macchia terminale scuro- | cupa. Piedi giallo-pallidi. * Sinonimia. — Turdus olivaceus, Linn. S. N. (1766), I, p.9. — Merula olivacea, Briss. Ornith. (1760), II, p. 294. — Planesticus olivaceus, Bp. Cat. Parzud. (1856), p.3. — ZTurdus olivaceus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 405. Ficure. — Le Vaill., Ois. d’Af., pl. 98, adulto, e pl. 99, giovane. Nomi voLGARI sTRANIERI. — Franc. Merle olive. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 24, oppure 25. Costumi. — Quest’uccello vive nell’ Affrica del Sud, e solo accidentalmente si fa vedere a quando a quando nell’ Europa meridionale. Secondo quanto disse il professor De Filippi nel 1845 al Congresso scientifico tenulo in quell’anno in Napoli, nell’autunno del 1843 ne erano stati presi un gran numero a Polavina nella provincia di Brescia. Propagazione. Secondo il Vaillant, il nido di quest’ uccello somiglia quello delle Ghiandaie, cioè è compatto, di sottili ra- metti all’esterno, di radici all’interno, e manca di quella spe- cie di cementazione che si trova ne’ nidi de’ Merli e de’ Tordi. Le sue uova sono quattro o cinque per covata, subrotonde, bianco-verdastre, macchiettate di scuro-fulviccio, e tali macchie sono confluenti sulla estremità più ottusa. Non possedendo questa specie, la sua frase e le descrizioni delle livree delle varie età sono date dal Degland e Gerbé. 378 ORDINE SECONDO. 5° Famiglia. — I TORDI RUPESTRI. MonticoLDEI. Orn.. Tosc. Becco subeguale alla testa, conico, subulato, con apertura appena arcuata, non intaccato o appena. Narici basilari. Palpebre pennute. Tarso o eguale o più lungo del becco, coperto e poco distinto anteriormente o da una sola squama o da poche. Coda piuttosto grande, troncato-attondata, o unico- lore o bicolore in due zone trasverse. Colori dominanti: o nero-azzurro, o fulvo misto a nero, 0 bianco e nero, o nero bigio bianco. Livrea ne’ due sessi adulti differente. Ova celestognole, senza macchie. Statura del Tordo bottaccio. Costumi. — Abitano i monti sassosi e nudi e le pianure scoperte, giammai vivono ne’ boschi. Hanno grandi somiglianze cogl’uccelli delle due seguenti famiglie; non emigrano in grandi truppe. Nidificano negli spacchi de’massi, o delle antiche fabbriche. 383° Genere. — MONTICOLA. Bose. Becco non intaccato, subcilindrieo. Tarso eguale, o appena più lungo dell’ apertura del becco. Coda troncata. Costumi. — Abitano sui monti nudi e sassosi, o sulle fab- briche alte ed abbandonate. Son più esclusivamente insettivori de’ Tordi. Non vivono che ne’ paesi temperati o caldi. Nidifi- cano negli spacchi de’ massi, o nelle buche de’vecchi muri, o sopra i mucchi di sassi: le loro uova sono unicolori celesto= gnole, Ss UCCELLI SILVANI. 379 Gli uccelli uniti in questo genere, che formano un chiaro passaggio fra i Tordi ed i Codibianchi, sono stati giustamente separati dagli altri Tordi per diversificarne non solo nelle forme e nella coloratura delle penne, ma di più ne’ costumi, ed anche per alcuni caratteri anatomici, come, esempligrazia, le forme della lingua pennicillata in cima ne’ Tordi, biforcata nelle Pe- trocincle, e di più connessa ad osso ioide munito di corna così lunghe e di muscoli tanto sviluppati, da farlo risalire sull’ oc- cipite come nei Vermilingui, Picchi e Torcicolli. Vivono o soli- tari o in famiglia. PASSERA SOLITARIA. — MONTICOLA CYANEA. Bose. Maschio adulto. Becco nero. Iride scuro-nera. Tutte le penne, eccettuate le remiganti e le timoniere, di color turchino- celestognolo. Quelle della parte superiore della testa, delle gote, della gola e del gozzo, son di colore più vivace. Le penne del petto son marginate prima da una sottile stria bruna, poi da un’altra biancastra. Penne delle ali bruno-nere. Le grandi cuo- pritrici terminate da una piccola macchia biancastra. Timoniere di color nero, leggermente tendente al ceruleo. Piedi neri. Femmina. Il suo colore è più tendente al cenerino-cupo, ed il ceruleo non si scorge che sulle scapolari e sul groppone. Le penne dell'addome e de’ fianchi hanno all'estremità una stria bianca, e dopo una bruno-nera. Penne della gola, del gozzo, lati del collo e del petto, con una larga macchia bianco-gialla- stra nel mezzo. Maschio giovane. Differisce dall’adulto per avere le penne terminate di biancastro. Proporzione delle remiganti. Prima cortissima, seconda poco più corta della terza, e uguale alla quinta; terza e quarta eguali, e le più lunghe. Passera golitaria, Sylvia solitaria, Savi, Orn. Tosc., I, p. 247. Sinonimia.— Turdus cyaneus, Linn. S. N. (1766), I, p. 296. — Merula caerulea, Briss. Ornith. (1760), II, p. 282. — Turdus solita- rius (femmina), et Monillensis (giovane), Lath. Ind. (1790), p. 345. — Turdus cyaneus, Temm. Man., 1% parte (1820), p. 174, e 3° parte (1835), p. 103. — Petrocossyphus cyaneus, Boie, Isis (1826), p. 972. — Petrocossyphus cyaneus, Ch. Bp. B. of Eur. (1838), p. 16. — 380 ORDINE SECONDO. Petrocynela cyanea, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 50. — Petro- cyncla cyanea, Degl. et Ger. (1867), I, p. 447. Ficure. — Buff., PI. enl. 250, maschio, sotto il nome di Merle solitaire femelle d’Italie. — Passera solitaria, Olina, Uccelliera (1622), p. 14, con tav. — Petrocossyphus cyaneus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 51. Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. Le Merle bleu, le Merle so-. litaîre. Ingl. The bleu Ihrush, The solitary Ihrush. Ted. Die blaue Drossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 204; coda, 0%, 064; aper- tura del becco, 0", 027; tarso, 0”, 027. Costumi. — Abita 1 monti; sta sui gran massi, o nelle torri o altre fabbriche elevate ed antiche. Canta con voce soavemente melanconica, e per il solito poco dopo il nascer del sole e al tramonto; ed ha l’abitudine in quelle occasioni di battere le ali. Allevasi e vive bene anche in domesticità. Propagazione. Il nido lo fa sempre in qualche buca dei massi o delle vecchie fabbriche, con foglie e radici. Le uova son cinque o sei per covata, di color celestognolo-verdastro. CODIROSSONE. — MONTICOLA SAXATILIS. Bote. Coda di color fulvo; addome giallo-fulvo, immacolato (maschio), o tra- sversalmente striato di nero (femmina e giovane). Maschio adulto. Becco nero. Iride castagno-scura. Testa e collo di color turchino-cenerino. Dorso, scapolari e penne del groppone di color nero-bruno. Una gran macchia bianca sulla schiena, e sulle scapolari interne. Petto, fianchi, addome, cuo- pritrici inferiori delle ali e sottocoda, di color fulvo acceso. Ali nero-brune. Penne della coda del medesimo colore delle parti inferiori, ma un poco più tendenti allo scuro: le due medie sono scuricce. Piedi bruno-neri. Femmina. Parti superiori di color grigio-cenerino, con pic- cole macchie giallastre. Stelo delle penne del dorso nerastro. Gola e parte media del gozzo bianco-ceciate. Tutte le penne delle parti inferiori bianco-giallognole, con una fascia nera on- dulata verso la cima. Guopritrici inferiori delle ale di color giallo-rosso, meno vivace che nel maschio. Ali scuro-nere, con \ (Ti [a MC MANTO | a ® UCCELLI SILVANI. 381 grandi cuopritrici e remiganti secondarie terminate di bianca- stro. Coda simile a quella del maschio. Maschio giovane. Penne delle parti superiori di color gri- gio-cenerino, con una fascia trasversale nera verso la cima, e terminate da un’altra fascia larga bianco-giallastra. Penne de’ lati del collo e del gozzo bianco-giallastre verso la cima, marginate di nero. Penne dell’altre parti inferiori di color giallo- rosso, terminate da una fascia nera e da una bianco-gialla- stra. Penne delle ali bruno-nere, marginate di bianco-giallo- gnolo. Coda come negli adulti. Proporzione delle remiganti. Prima quasi invisibile, seconda appena più corta della terza, terza più lunga di tutte. Codirossone, Sylvia saxatilis, Savi, Orn. Tosc., I, p. 218. Sinonimia. — Turdus saxatilis, Linn. S. N. (1766), I, p. 294. — Merula saxatilis, et Merula saxatilis minor, Briss. Ornith. (1765) II, p. 238, 240. — Lanius infaustus, Gmel. S. N. (1788), I, p. 310. — Saxicola montana, Koch., Baier. Zool. (1816), I, p. 185. — Turdus saxatilis, Temm. Man., Aa parte (1820), p. 172, e 3* parte (1835), p. 132. — Monticola saxatilis, Boie, Isis (1822), p. 592. — Petro- cincla saxatilis, Vig. Gen. of B. (1835), p. 306. — Petrocossyphus saxatilis, Boie, Isis (1826), p. 972. — Petrocossyphus Goureyi et Polyglottus, Brehm, Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1834), p. 370. — Petrocincla sazatilis, Degl. et. Ger. (1867), I, p. 446. Figure. — Buff., PI. enl. 262, maschio adulto. — Codirosso maggiore, Olina, Uccelliera (1822), p. 47, con tav. — Monticola sa- xatilis, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868- 1870), vol. I, tav. 35 e p. 25. Nomi voLgari Toscani. — Codirossone (Pisano). Codirosso mag- giore, Codirossolone, Codirosso sassatile (Fiorentino, Senese). Tordo marino (Fiorentino). Nomi voLGaRI stRANIERI. — Franc. Le Merle de roche. Ingl. The lesser rock Ihrush. Ted. Die Stein-Drossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 184; coda, 0", 05; aper- tura del becco, 0m, 023; tarso, Om, 02. Costumi. — Arriva da noi negli ultimi di aprile o nei primi di maggio, e parte per l’ Affrica, ove sverna, nel settembre. Abita i colli sassosi e nudi: ordinariamente sta posato sulla cima de’ massi più elevati e inaccessibili. Il maschio canta con voce piuttosto grata, quando è fermo sui sassi, o anche quando va per posarvisi. Sono uccelli accorti molto, così che è ben dif- Vi EROE di ino TOA È , 382 ORDINE SECONDO. ficile ucciderne col fucile. Si addomestica, ed in questo stato vivono assai bene; il maschio impara ad imitare la voce degli altri uccelli, ancora alcune sonate che s’insegnano loro con or- ganetti, ed alcune parole. In Toscana son piuttosto comuni, ma nelle località che ho sopra indicato. Propagazione. Costruisce il suo nido nelle fessure de’ massi e nell’interno di queste, e qualche volta sopra i piccoli cespu- . gli. Esternamente lo intesse con ramoscelli secchi di piante erbacee, internamente con radici sottili. Le uova sono tre e quattro, quasi sferiche, d’un bel color celeste. 6° Famiglia. — LE MACIOLE. SaxrcoLipri. Orn. Tosc. Becco subeguale alla testa, subulato, con apertura appena arcuata, non intaccato o appena. Narici basilari. | Palpebre pennute. Fascia sopraccigliare bianca. Tarso più lungo del becco, coperto anteriormente nella parte superiore da una sola squama. Coda troncata, bianca alla base, con nero alla cima. Livrea ne’ due sessi adulti differente. Colori dominanti: nero e bianco, e qualche volta ci- nereo, grigiastro, ne' maschi adulti; nelle fem- mine e giovani il bianco ed il cinereo diviene biondo, o biondo-ruggine. Uova unicolori celestognole, o celestognole verdastre. Statura sempre minore del Tordo sassello. 34° Genere. — SAXICOLA. Bechst. Nulean, Becco non intaccato. Narici semichiuse da una membrana nuda. Tarso più lungo dell’ apertura del becco sottile, co- perto quasi intieramente da una sola squama. Ali di color nero più o meno puro. UCCELLI SILVANI. 383 Costumi. — Nell'estate vivono sui monti scoperti, calano poi ne’ piani nudi. Sono emigratori, vivono d’insetti che stanno adesplorare ed attendere su punti elevati del terreno. Stan quasi sempre sulla terra, fermi sopra alle zolle od ai sassi, facendo la posta ed inseguendo gl’ insetti. Con le ali e con la coda son continuamente in moto. Tutti nidificano fra le zolle ed i sassi. I maschi cangiano qualche poco di colore all’epoca degli amori; ma ciò dipende non da una muta di penne, ma dall'aver con- sumata l'estremità di quelle che vestirono in autunno, estre- mità sempre d’un colore diverso dal rimanente della penna. I nidiacei hanno abito diverso dagli adulti. Nora. — Le specie più comuni e ben note a tutti gl’ Ornitologi . sono, cioè, la Saricola oenanthe , la Saxicola aurita, e la Saxicola sta- pazina: delle altre due specie Saxicola leucura, e la Saxricola leucomela, questa, la Zeucura, benchè ben conosciuta e che costantemente si trovi nelle parti medie e meridionali d’ Italia, vi è sempre da per tutto rara e scarsa; e l’altra, o la leucomela, che è realmente affricana, a caso una sol volta qua si fece vedere. L’aurita poi e la stapazina sono state per molto tempo soggetto di questioni assai animate, giac- chè, mentre alcuni asserirono essere due specie del tutto distinte, altri invece sostenevano che le supposte specie non erano altro . che individui d’ età diverse. Le osservazioni del marchese Durazzo fatte sui monti delle vicinanze di Genova, ove frequentemente . ambedue nidificano, sciolsero, a parer mio, definitivamente la que- stione a-favore de’ primi, mostrandole del tutto indipendenti l’ una dall’ altra, giacchè giammai le vide miste in una stessa famiglia. CULBIANCO. — SAXICOLA GENANTHE. Bechst. Parti superiori cenerine; gola ceciata; remigante seconda più lunga della quinta. Maschi adulti in primavera. Becco nero. Iride scuro-nera. Pileo, cervice, schiena e scapolari di color cenerino puro. Base della fronte e fascia sopraccigliare bianche. Dalla base del becco parte una fascia nera, che cinge la parte inferiore del- l'occhio e ricuopre l'orecchio. Gola, gozzo e petto di color ce- ciato. I fianchi eil sottocoda sono di questo stesso colore, ma molto più chiaro. Parte media dell'addome biancastra. Soprac- coda bianco, Ali nere. Cuopritrici inferiori delle ali bianche e FI "LO A a LITI ANTE 384 ORDINE SECONDO. nere. Timoniere: le due medie intieramente nere, le altre bian- che con la cima nera. Piedi neri. Femmina. Pileo, cervice, schiena, groppone e scapolari color grigio-lionato. Fascia sopraccigliare più ristretta e d’ un bianco meno puro che nel maschio. La fascia che dalla base del becco va sull’ orecchio è di color nero, solo fra il becco e l'occhio, scuro-gialliccia nel rimanente. Parti inferiori di color più vivo. Remiganti, cuopritrici delle ale e timoniere margi- nate di lionato. ‘Giovani all’uscir dal nido. Hanno il pileo, la cervice, il dorso e le scapolari bianco-grigie marginate di nerastro. Penne della gola, gozzo e petto, bianco-giallognole marginate di ne- rastro. Penne delle ali con largo margine color di nocciòla. Culbianco, Sylvia cenanthe, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 221. Sinonimia. — Motacilla ananthe, Linn. S. N. (1766), I, p. 332. — Vitiflora cinera, et grisea, Briss. Ornith. (4760), III, p. 452, 454. — Sylvia enanthe, Lath. Ind. (1790), I, p. 529. — Saxicola cenan- the, Bechst. Orn. Tasch. (1802), Il, p. 217. — OEnanthe cinerea, Vieill.» N. Dict. (1818), XXI, p. 418. — Saxicola enanthe, Temm. Man., 1? parte (1820), p. 237, e 3° parte (1835), p. 164. — Vitiflora enanthe, Boie, Isis (1822), p. 552. — Saxicola enanthe, Degl. et Ger. (1867), I, p. 450. Ficure. — Baff., PI. enl. 554, fig. 1, maschio; fig. 2, femmina. — Sazicola cenanthe, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in ia bardia (1868-1870), vol. II, tav. 54. Nomi voLcari Toscani. — Massaiola (Fiorentino). Codibianco (Pisano). Culbianco (Senese). Maciòola (Volterrano). Nomr voLcari sTRANIERI. — Franc. Le Motteau, ou Vitrec. Ingl. The wite-rumped Wheatear. Ted. Der grauriickiger Steinschmòtzer. Dimensioni. — Lunghezza totale: 01, 153; coda, 0m, 048; aper- tura del becco, 0%, 017; tarso, 0®, 024. Costumi. — Nella buona stagione un numero assai grande di Culbianchi sta a nidificare sopra le coste meridionali de’ no- stri monti nudi e sassosi, e non troppo elevati: ma dopo le prime pioggie d’autunno calano nelle pianure, e vi sì tratten- gono fino agli ultimi di settembre. I campi cinti da viti, o qua- lunque altro luogo ingombro d’alberi, non piace a questi uc- celli; l’aperta campagna, le grandi praterìe, le giuncaie asciutte, sono i luoghi ove si fermano. Là volando di zolla in zolla, po- UCCELLI SILVANI. 385 sandosi sopra i piccoli macchioni, o sugli steli secchi delle piante erbacee, van cercando insetti, di cui san bene impadronirsi an- che inseguendoli a corsa. Dopo aver fatto un volo molto lungo, o che sono stati spaventati, allora per poco si posano sugli alberi alti. Agli ultimi di settembre quasi tutti partono, ma qualcuno ne rimane fin verso la metà d’ottobre: dopo spari- scono affatto, e nessuno più se ne vede fino all’aprile. Propagazione. Fanno il nido negli spacchi de’ sassi, dietro qualche zolla, o in qualche buca del terreno, con fili di paglia, radici, sottili scorze, ec., grossolanamente riuniti; le uova son di color celeste chiaro, in numero di quattro o sei. Caccia. Essendo i Culbianchi de’ più delicati e saporiti uc- celli, vengono molto ricercati, e sempre hanno un prezzo non basso: per la qual cosa si tendono loro molte insidie nel tempo che passano per i nostri piani. Oltre quelli che si uccidono col fucile, molti se ne ‘prendono e con gli archetti, e colle gab- biuzze tese ne’ campi o prati ove sogliono fermarsi, adescan- doli con un Formicone alato. Ma la caccia più piacevole, ed anche più fruttuosa che loro, si faccia, è quella con la Civetta. Avanti lo spuntare del giorno l’uccellatore munito di sei o sette panioni, e d’una Civetta bene ammaestrata, va nel luogo ove ha destinato incominciar le sue tese. Appena l'oscurità è tanto dissipata da poter distinguere chiaramente la campagna, egii conficca in terra la gruccia della Civetta, e l’attornia, alla di- stanza di cinque o sei braccia, con i panioni fitti in terra, e un poco inclinati. Ciò fatto, si nasconde dietro qualche cespuglio o in qualche fossa, e di lì fa svolazzare la Civetta, imitando nel tempo stesso il fischio cià cià, che sogliono fare i Culbianchi. Poco dopo, tutti quelli che sono ad una tal distanza da poter. sentire il fischio o veder la Civetta, accorrono intorno alla tesa volando da una zolla all'altra e, desiderosi forse di meglio esa- ‘minar quell’ uccello per loro sì strano, montano sui panioni. Le loro zampe ed ali allora s'invischiano talmente che, non potendosi più sostenere, s' abbandonano, ed il loro proprio peso staccandoli dal panione li fa cader fra le zolle, ove restano incapaci di muo- versi. Altri in quel tempo ne vengono e come i primi s’ invi schiano, cadono, ec., talchè, spesse volte, dieci o dodici sì pren- dono nella medesima tesa, senza che il cacciatore muovasi dal suo posto. Questa caccia dura fin verso le ore nove della mattina. Ornitologia italiana. — |. 25 386 ORDINE SECONDO. MONACHELLA.—SAXICOLA AURITA. Temm. Gola e parti superiori bianco-ceciate, o baio-lionate; remigante seconda più corta della quinta. Muschio adulto in inverno. Becco nero. Una fascia nera. stretta cuopre la parte superiore del becco, s’estende lateral mente sui lati della testa, allargandosi così che cinge l’occhio, e ricuopre tutta la regione dell’orecchio. Penne scapolari e delle ali di color nero morato, ma con margine lionato. Timoniere bianche verso la base, nere in cima. Groppone, sopraccoda e sottocoda bianchi. Schiena, petto e addome lionati. Piedi neri. Maschio in primavera. Le ali e le scapolari son di color nero morato senza alcuna macchia lionata. La macchia che cinge gli occhi e gli orecchi è d’un nero puro. La testa, .il grop- pone e l'addome son bianchi. La schiena ed il petto di color ceciato. Femmina. Ha solo una macchia scuro-nerastra, mescolata con fulvo sull’orecchio. La gola è di color bianco-sudicio. Il color nero delle timoniere ne occupa una maggiore estensione. Giovani dell’anno. Somigliano la femmina, ma non hanno quasi nessuna macchia sulla regione auricolare. La gola l’ han di color bianco-fulviccio. Monachella, Sylvia rufescens, Savi, Orn. Tosc., I, p. 223. Sinonimia. — Vitiflora rufescens, Briss. Ornith. (1760), III, p. 457. — Motacilla stapazina, Var. B. Gmel. S. N. (1'788) I, p. 966. — Sylvia stapazina. Var. B. Lath. Ind. (1790), I, p. 530. — Sazicola aurita, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 241, e 32 parte (1835), p. 165. — OEnanthe albicollis, Vieill. Faun. Franc. (1825), p. 190. — Vitiflora aurita, Ch. Bonap. B. of Eur. (1838), I, p. 16. — Saxi- cola aurita, Degl. et Ger. (1867), I, p. 455. Fieure. — Gould. B. of Eur., pl. 92. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Traquet oreillard. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 146; coda, 0", 062; apertura del becco, 0%, 017; tarso, 0m, 022. Costumi. — Credo che viva in alcune parti del nostro Ap- pennino toscano, ma non ne sono certo. Nell'aprile del 1847 UCCELLI SILVANI. 387 un bell’individuo maschio in abito d’ amore fu ucciso nella te- nuta di Tombolo presso Pisa. Sicuramente abita i monti sas- sosi del Romano e del Genovesato. Propagazione. Fa il nido sulle cime a pendici scoscese, in riva al mare. Lo compone intessendo grossolanamente radi- chette, fili di paglia, sottili scorze, ec. Le uova han colore ce- leste-verdognolo, macchiate assai fittamente di scuro. MONACHELLA CON LA GOLA NERA. — SAXICOLA STAPAZINA. Temm. Gola nera; parti superiori bianco-ceciate, o baio-lionate; remigante se- conda più corta della quinta. Maschio adulto in primavera. Becco nero. Pileo, cervice e dorso di color ceciato-chiaro. Fronte, gozzo, petto, addome, fian- chi, sopraccoda e sottocoda di color bianco. Parti laterali della testa, gola, scapolari ed ali nere. Timoniere bianche e nere : le due medie bianche solo alla base, le altre nere solo nella ci- ma, le due esterne hanno la macchia nera che si prolunga as- sai in basso. Piedi neri. Maschio in inverno. Parti superiori di color baio-cenerino. . Petto di color lionato-baio sfumato, che rischiara accostandosi alla coda. Penne della gola, delle scapolari e delle ali nere, ‘con margine lionato-rossiccio. Groppone e base della coda candidi. Femmina. Parti superiori di color più intenso: il nero della sola e de’lati del collo misto a rossastro. Parte anteriore del collo e dell'addome di color bianco-lionato. Scapolari e penne delle ali nere, con sottil margine lionato. Monachella con la gola nera, Sylvia stapazina, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 225. Sinonima. — Vitiflora rufa, Briss. Ornith. (1760), III, p. 459. — Motacilla stapazina, Gmel. S. N. (1788), I, 966. — Sylvia stapa- zina, Lath. Ind. (1790), II, p. 530. — OEnanthe stapazina , Vieill. N. Dict. (1818), XXI, p. 428. — Saxicola stapazina, Temm. Man,, A= parte (1820), p. 239, e 3* parte(1835), p. 164. — Viti/lora stapazina, Bp. B. of Eur. (1838), p. 10. — Sazicola stapazina, Degl. et Ger. (1867), I, p. 454. Ficure. — Gould, Birds of Eur., pl. 9. Vf L ‘eil slryro Lat A " el È 7% - ped» ER EN nt A RAILS I POEMI: d4 ORDINE SECONDO. Nomi voLGarI stRANIERI. — Franc. Le Motteau stapazina. Ingl. The red WeateagTed. Der Stapazina Steinschmàtzer. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 128; coda, 0m, 062; aper- tura del becco, 0®, 017; tarso, 0, 024, Vive sulle montagne del Genovesato. A quando a quando appariscein Toscana. Fu nell'aprile del 1847 che per Costumi. Ja prima volta vidi quest’uccello: ne furono uccisi due maschi in Tombolo, ed erano in perfetto abito d'amore. Propagazione. Fa il nido sui monti nudi e sassosi, fra i mucchi di pietre, o negli spacchi delle rupi, ne’ buchi de’ muri, o presso gl’ammassi di legna, fascine. Il nido, che è sempre posto a livello del terreno, è formato, senza niuna esattezza, con fili d'erba secca, con peli, lana e crini. Le uova son cin- que o sei per covata, di color celeste-verdastro più o meno in- tenso, con piccole macchie scuricce o scuro-ruggine: per il solito tali macchie son più numerose sull’estremità più ottusa, ma alcune volte sono ancora in egual modo disseminate su tutta la superficie dell'uovo. CODIBIANCO RARO. — SAXICOLA LEUCOMELA. — Temm. ex Pallas. Gola, gozzo, lati della testa e del collo di color nero intenso; dorso ed ali nero-scure; pileo, cervice e sopraccoda bianchi. Maschio. Becco nero. Iride nerastra ; lati della testa, gola, gozzo e lati del collo color nero puro. Pileo, cervice, alto della schiena e groppone bianchi. Dorso ed ali scuro-nere. Ventre e fianchi di color bianco. Sottocoda bianco, leggermente tinto di fulvo. Coda bianco-candida dall'origine fino ai due terzi della. lunghezza: l’altro terzo e le due penne medie di color nero. Piedi neri. Femmina. Parti superiori bruno-cineree, e pileo e cer- vice più chiari; gola biancastra; parti inferiori cineree: gozzo ed alto del petto di color cenerino cupo che-sfuma in fulviccio. Maschi giovani dell’anno. Gola e gozzo striato di fulviccio e di nero; le penne delle parti superiori della testa color bianco- sudicio, terminate di bruno; penne del dorso e cuopritrici delle ali marginate di fulviccio. Ventre bianco-sudicio. UCCELLI SILVANI. 389 Sinonimia. — Motacilla leucomela, Pall. N. Com. Petrop. (1769), XIV, p. 584. — Muscicapa leucomela et melanoleuca, Lath. Ind. (1790), II, p.469. — Sylvia leucomela, Temm. Man. (1815), p. 138. — OEnanthe pleschanka, Vieill. N. Dict. (1818), XXI, p. 423. — Saricola leucomela, Temm. Man., 1 parte (1820), p. 243, e 3a parle (1835), p.166. — Vitiflora leucomela, Bp. B. of Eur. (1838), p. 16. — Saxi- cola leucomela, Degl. et Ger. (1867), I, p. 457. Ficure. — Gould. B. of Eur., pl. 89. ; Nomi voLcari sTRANIERI. — Franc. Traquet leucomele. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 448. Propria della Nubia; dicesi che si trovi anche nella Russia sulle rive del Volga e dell’ Oka: estendesi anche in Crimea, ed in altre regioni del Levante. Secondo il sig. dottor Salvadori, nel 1860 a Corneliano ne fu preso un individuo, che trovasi adesso nella collezione del signor De Negri a Genova. Devesi adunque ancor questa specie annoverare fra quelle, le quali, almeno per erratismo, si trovano in Italia. Propagazione. Costruisce il suo nido sempre al coperto, cioè o ne’ fori escavati nel terreno o negli spacchi de’ massi, ‘0 sotto i tegoli delle case e delle chiese. Costumi. CULBIANCO ABBRUNATO.— SAXICOLA LEUCURA. i Koch. Sopraccoda e sottocoda bianchi. Le timoniere bianche : le due medie nella metà esterna nere, le altre nere solo all’ estremità; tutte le altre parti del corpo vestite da penne nere. Maschio. Becco nero. Groppone, sopraccoda e sottocoda bianchi. Coda quasi tutta bianca: solo le due timoniere medie nere nella metà estrema, tutte le altre hanno una fascia nera verso la cima, e son terminate da una punta bianca. Tutte le altre parti del corpo son di color nero. Piedi neri. Femmina. Le penne che nel maschio son nere, in» essa tendono al color di filiggine, particolarmente nelle parti infe- riori. La coda abbonda più di nero che nel maschio. Culbianco abbrunato, Sylvia leucura, Savi, Orn. Tosc., I, p. 226. Sinonimia. — Turdus leucurus, Gmel, S. N. (1788), I, p. 820. — OEnanthe leucura, Vieill. N. Dict. (1818), XXI, p. 422. — Sazicola cachinnans, Temm. Man., 1% parte (1820), p. 236, e 3* parte (1835), si n * + mlt vi E 3 FAL Ar mn PE IRE Mo dee ih £W de i + modus SR è 1a Re » ‘ © SOR MA PL ene Th 9 Le TTI e ee Ac Pt +60 “fa ? 390 ORDINE SECONDO. p. 163. — Vitiflora leucura, Bp. B. of Eur. (1838), p. 16. — Saxi- cola leucura, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 40. — Dromolaea leucura, Bp. C. Gen. Av. (1850), p. 303. — Sazicola leucura, Degl. et Ger. (1867), I, p. 459. Ficure. — Gould. B. of Eur., pl. 88. Nomi voLGarI stRANIERI. — Franc. Le Motteau noir. Ingl. The white-tailed Ihrush. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 186. Nora. — Tanto per il modo di coloritura della coda, quanto per i suoi costumi, quest’uccello differisce alquanto dalle altre Sassicole; per cui, se non vi fosse fra questo e quelle perfetta eguaglianza nei caratteri che convenne scegliere per i generici di questi Silvani, sa- rebbe conveniente seguire l’ esempio di coloro che ne formarono un genere distinto col nome di Dromolaea. Esso per il modo di vivere, ed un poco anche per il portamento, avvicinasi assai a qualche Pe- trocyncla, e specialmente alla Cyanea. Costumi. -- Io ho veduto due individui di questa bella spe- cie sui monti del Genovesato, e per l’appunto in quelli bagnati dal mare, nella riviera di Levante. Uno lo vidi a Portovenere svolazzare sulle rovine dell’antico tempio e fortilizio ; l’altro era sopra uno de’ massi del Capo del Mesco. Io non potei avere alcuno di questi uccelli, ma assai da vicino li esaminai per es- sere certo della loro specie. Il Durazzo e Barthélemy assicu- rano esser questo un uccello stazionario, e che nidifica nelle vicmanze di Genova e di Marsiglia. In Toscana non l’ho finora trovato. Vive anche in Sardegna ed in Sicilia. Propagazione. Scrive Barthélemy-Lapommeraye che ni- difica nelle buche de’ massi, negli spacchi de’ vecchi muri, e costruisce il suo nido grossolanamente con quanto trova sul luogo, come barbe di piante, fili d’erba, lana, crini. Gli Au- tori dicono che le uova sono in numero di cinque o sei, allun- gate, d’un color celeste pallido, con piccoli punti, e con mac- chiette disposte a corona. 7° Famiglia. —I SALTIMPALO. (ENANTHOIDEI. Becco più corto della testa, subulato, con apertura diritta, appena ed ottusamente intaccato. Fascia sopraccigliare lunga. UCCELLI SILVANI. 391 Narici basilari. Palpebre pennute. Tarso più lungo del becco, vestito nella parte supe- riore da una sola squama. Coda troncata piuttosto breve, o unicolore nerastra, o nerastra con la metà basilare bianca. I due sessi adulti poco differiscono fra loro in inverno. Color dominante sulle parti superiori ..scuriccio-rug- gine, con macchie longitudinali nere. Uova o verdastre immacolate, o con molte piccole macchie e punti di color rosso—-mattone. Statura non maggiore del Pettirosso. Costumi. — Hanno pur questi grandi analogie con gli uccelli della famiglia precedente, ma più di essi amano i luoghi vestiti di macchioni ed i limiti de’ boschi. Nidificano sulla terra. 35° Genere. — PRATINCOLA. Koch. Becco leggermente intaccato. Narici semichiuse da una membrana nuda. Becco leggermente intaccato. Narici semichiuse da una membrana nuda. Tarso più lungo dell’apertura del becco, sot- tile, coperto quasi interamente da una sola squama. Coda tron- cata, o unicolore-nerastra, o nerastra con la base bianca. Parti superiori macchiate longitudinalmente di nero. Cuopritrici su- ‘periori interne bianche. Costumi. — Vivono ne’ luoghi aperti, ove son cespugli e macchioncelli, ne’ terreni spogliati, negli scopicci, ec., giammai ne’ boschi di grandi alberi. Si posano spesso sulle zolle e sui sassi, ma più costantemente stanno a pollaio sulla cima. dei pali, de’ tronchi nudi, de’ ramoscelli più alti e più puliti. Nidifi- cano sulla terra, fra l’erbe, o a’ piedi de’ macchioni. Le loro uova sono verdastre, senza macchie, o con macchie scure. * 392 ORDINE SECONDO. , STIACCINO. — PRATINCOLA RUBETRA. Koch. ex Linn. Coda bianca e nera. Maschio adulto in primavera. Becco nero. Penne del pileo, cervice, dorso e sopraccoda nere nel mezzo, marginate di lio- nato. Fascia sopraccigliare larga, bianca. Spazio fra il becco e l’occhio, gote e regione dell’ orecchio bruno-nere, con piccole macchie bianche o lionate. Dalla gola partono due fasce bian- che, le quali calano sui lati del gozzo. Gozzo e petto d’un bel color lionato. Fianchi dello stesso color lionato, ma più chiaro. Parte media dell’addome, sottocoda e cuopritrici inferiori delle ali di color bianco-ceciato. Guopritrici medie delle ali bruno- nere nella cima, bianche nel resto: le altre cuopritrici son di color bruno-nero, con sottil margine ceciato-scuro. Le: due ti- moniere medie scuro-nere: le altre scuro-nere verso la cima, bianche alla base. Piedi neri. Femmina. Differisce dal maschio solo per avere il bianco un po’ sudicio, ed il lionato del petto meno vivace. n Adulti in autunno. I maschi e le femmine si somigliano fra loro, e differiscono dall’abito di primavera, perchè il bianco delle fasce sopraccigliari è giallo-sudicio. Le gote son grigio- lionate e nerastre. La gola e i lati del collo son dello stesso colore. Le penne del petto son di color giallo-rugginoso, mar- ginate di biancastro, con una piccola macchia nera nel mezzo. Le altre parti inferiori son di color bianco-ceciato. Delle cuo- pritrici medie superiori solo le interne son bianche, e queste hanno anche una macchia nera con margine ceciato nella cima. Le penne delle ali son nerastre, con un largo margine giallo- ceciato scuriccio. Stiaccino, Sylvia rubetra, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 228. Sinonimia. — Motacilla rubetra, Linn. S. N. (1766), I, p. 332. — Rubetra maior siveBubicola, Briss. Ornith. (1760), III, p. 432. — Sylcia rubetra, Lath. Ind. (1790), Il, p. 525. — Sazicola rubetra, Bechst. Orn. Tasch. (1802), 1, p. 248. — Pratincola rubetra, Koch. Baier. Zool. (1816), I, p. 194. — OEnanthe rubetra, Vieill. N. Dict. (4848), XXI, p. 427. — Sazicola rubetra, Temm. Man., 1? parte (1720), p. 244, e 3° parte (1835), p. 167. — Fruticicola rubetra, UCCELLI SILVANI. 393 Macgill. Hist. Brit. Birds (1839), lI, p. 273. — Pratincola rubetra, Degl. et Ger. (1867), I. p. 464. Ficure. — Buff., PI. enl. 678, fig. 2, maschio, sotto il nome di Tarier.— Praticola rubetra, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1867-1870), vol. I, tav. 4. Nomi voLcari roscani. — Salt’in vanghile (Fiorentino). Stiac- cino (Pisano). Sall’in seccia, Saltancini, Piagnaccia (Senese). Scroc- chino (Bientinese). Noi voLGarI STRANIERI. — Franc. Le Traquet Tarier. Ing]. The Miinccha: Wearklen- Ted. Der braunhalsiger Steinschméitzer. Dimensioni. — Lunghezza totale : 0M, 111; coda, 0”, 048; aper- tura del becco, 0%, 017; tarso, 0%, 021. Costumi. — Arriva ne’ nostri piani verso il settembre in- sieme a’ Culbianchi, e verso il novembre sparisce con loro. Ri- torna poi nell'aprile, ma solo pochi giorni si ferma. Non so che nidifichi in Toscana. Propagazione. Il nido dicesi che lo fabbrichi fra l’erbe o fra i piccoli cespugli, e contenga ordinariamente sei o sette uova verdastre. Il Bettoni dice che nidifica frequentemente in Lombardia. SALTIMPALO. — PRATINCOLA RUBICOLA. I Koch. ex Linn. Coda nerastra. Maschio adulto în primavera. Becco nero. Testa, cervice, gola e parte media del gozzo di color nero puro, o solo con qualche piccolissima macchia gialliccia. Penne della schiena e scapolari nere nel mezzo, con un margine assai largo giallo- ceciato. Lati del collo e del gozzo, petto e fianchi color giallo fulvo cupo. Addome e sottocoda del medesimo colore, ma più chiaro. Penne delle ali nere, marginate di giallo-ceciato. Cuopritrici interne bianche. Coda nera. Prima timoniera mar- ginata esternamente di lionato-giallastro. Piedi neri. Femmina in primavera. Penne del piléo, della cervice, delle gote e delle scapolari bruno-nere nel mezzo, col margine gial- lastro. Gote grigio-ceciate, con macchiuzze più cupe. Una macchia bianco-giallastra sui lati del collo. Gola di color bianco- sudicio. Penne della parte media del gozzo nere, con mar- 394 ORDINE SECONDO. gine grigio-ceciato. Petto e fianchi color fulvo-lionato. Ad- dome del medesimo colore, ma più chiaro. Grandi cuopritrici interne bianche. Penne delle ali e della coda bruno-nere, con margine giallo-ceciato. Maschi in inverno. Somigliano la femmina. Giovani all’uscir dal nido. Hanno tutte le penne del pileo bruno-nere, con una stria bianca sullo stelo. Quelle della cer- vice, della schiena, del groppone e delle scapolari nerastre alla base, con una macchia bianca e giallo-rossastra verso la cima. Penne della gola, gozzo e petto marginate di bruno-nero; quelle del collo son biancastre; quelle del petto e dell'addome son ceciate; tutte le penne delle ali marginate di bianco-ceciato più o meno cupo. Una macchia bianca sulle cuopritrici in- terne delle ali. Saltimpalo, Sylvia rubicola, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 230. Sinonimia. — Motacilla rubicola, Linn. S. N. (1766), I, p. 332. — Sylvia rubicola, Lath. Ind. (1790), II, p. 523. — Sazicola rubi- cola, Bechst. Orn. Tasch. (1802), T, p. 220. — Pratincola rubicola, Koch. Baier. Zool. (1816), I, p. 192. — OEnanthe rubicola, Vieill. N Dict. (1818), XXI, p. 429. — Saxicola rubicola, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 246, e 3* parte (1835), p. 168. — Pratincola rubicola, Degl. et Ger. (1867), I, p. 462. Ficure. — Buff., PI. enl. 6178, fig. 1, sotto il nome di Traquet. — Pratincola rubicola, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lom- bardia (1868-1870), vol. II, tav. 66. Nomi voLcari Toscani. — Salt’ in palo (Fiorentino, Pisano). Fornaiolo (Senese). Salt'in punta (Bientinese). Nomi voLGaRI STRANIERI. — Franc. Le Traquet Patre. i The stoxe-chat Wrerbter. Ted. Der schwarzhalsiger Steinschmétzer. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 128; coda, 0", 048; aper- tura del becco, 0”, 013; tarso, 0”, 023. Costumi. — Questa è la specie più comune nei piani del- l’Italia meridionale e media, ove resta stazionaria, mentre in molti luoghi della settentrionale è emigratoria. Nell’ Italia media abita i luoghi coperti di cespugli: lungo le siepi, sul mar- gine de’ paduli, ec., quasi sempre se ne trova una gran quantità. È stazionaria: solo per il tempo del caldo maggiore dell’estate e dell'autunno molti di questi uccelli abbandonano le pianure e sì ritirano sui monti per cercar luoghi più freschi. Ha quasi UCCELLI SILVANI. 395 le medesime abitudini dello Stiaccino, solo ama di più i luoghi macchiosi e palustri. Propagazione. Il nido lo fabbrica sulla terra fra l’ erbe, or- dinariamente sui cigli delle fosse. La prima covata la fa in x pianura, le altre sui monti. Il nido è costrutto esternamente con un grosso strato di borraccina e fieno, nell’ interno con paglia delicata, crini e lana. Le uova sono per l’ ordinario sei, rotondate, di color verdastro, con l’ estremità più grossa, co- perta da una grandissima quantità di piccoli punti color rosso- mattone. 62 Famiglia. — I CODIROSSI. RuTIcILLIDEI. Becco più corto della testa, subulato, un poco incurvo all’apice, leggermente intaccato. Fascia sopraccigliare nelle femmine e nei giovani: negl'adulti o mancante o poco sviluppata. Narici basilari. Palpebre pennute. | Tarso più lungo del becco, vestito nella parte supe- riore d'una sola squama. Coda troncata, fulva e nera, o tutta fulva. Livrea nei due sessi poco differente. Color dominante nelle parti superiori scuro-cenerino, o scuro-olivastro. Uova celestognole, o celestognolo-verdastre, unico- lori, o con macchie dello stesso colore, ma più cupo. Statura d’ un Pettirosso. Costumi. — Han molte abitudini che li legano con le tre precedenti famiglie: Tordi rupestri, Maciole e Saltimpalis ; ma son di tutti molto più boscarecci, per lo che, tanto riguardo alla stazione, quanto per riguardo al modo di prendere gl’insetti, s’accostano molto più ai MerZ ed ai Tordi. Amano di star na- scosti fra le frondi, e gettansi correndo sugl’insetti che scuo- i, a 396 ORDINE SECONDO. prono dai loro nascondigli, o che trovano camminando sul prossimo terreno. 36° Genere. — RUTICILLA. Brehm. Abitano ne’boschi, nascosti nell’interno de’mac- chioni che sono fra albero ed albero, o nell’interno delle siepi. Con la coda e con le ali son quasi sempre in moto, contem- poraneamente mandando un piccolo fischio a scatto, ciò, ciò, simile a quello de’ Cwbianchi. Il nido lo costruiscono fra i sassi, nelle fabbriche vecchie, o nei cavi tronchi degli alberi. Le uova son di color celeste, o verde-mare. Costumi. CODIROSSO. — RUTICILLA PHOENICURA. Bp. ex Linn. Timoniere laterali fulve: medie scuro-nere ; seconda remigante eguale alla quinta. Maschio adulto in primavera. Becco nero. Fronte e fascia sopraccigliare di color bianco-niveo. Parte superiore della te- sta, cervice, dorso e scapolari di color cenerino. Penne che ricuoprono la base della mascella superiore, guance, gola, gozzo e lati del collo nere. Petto, parte superiore dell’addome, fian- chi e sopraccoda di color fulvo-acceso. Parte posteriore del- l’addome bianca. Sottocoda bianco-giallastro. Remiganti bruno- nere, con un margine stretto cenerino. Timoniere del medesimo colore del petto, eccettuate le due medie, che son bruno-nere. Piedi neri. Maschio in autunno. Ha tuttii colori meno vivaci. Le penne bianche della testa son cenerine in cima. Le cenerine del dorso son terminate di scuro-rossastro. Le nere e le fulve della gola, del gozzo, petto e addome son terminate di bianco. Femmina. Parti superiori cenerino-rossicce. Sopraccoda e timoniere giallo-fulve: le due medie scuro-nere. Penne delle ali seuro-nere, marginate di lionato-sudicio. Parti inferiori ce- nerino-giallastre. La femmina vecchissima ha la gola nerastra, macchiata di rossastro.! 1 Temminck, Man. d’Ornith., pag. 220. ; sila » ; pio À bl ti Pa / fe pia PORTATO N cl iii UCCELLI SILVANI. 397 Proporzione delle remiganti. Seconda eguale alla sesta, terza e quarta le più lunghe. Codirosso, Sylvia phoenicurus, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 232. Sinonimia. — Motacilla phoenicurus, Linn. S. N. (1766), I, p. 335. — Ruticilla, Briss. Ornith. (1760), III, p. 493. — Sylvia — phoenicurus, Lath. Ind. (1790), II, p. 5I4. — Saxicola phocnicurus, Koch. Baier. Zool. (1816), II, p. 188. — Sylvia phoenicurus, Temm. Man., la parte (1820), p. 220, e 3, parte (1835), p. 146. — Ficedula phoenicurus, Isis (1822), p. 553. — Phoenicura ruticilla, Swains. Nat. Syst. B. (1837), II, p. 240. — Lusciola phocnicura, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 31. — Erythacus phoenicurus, Degl. Ornith. Eur. (1849), I, p. 502. — Ruticella phoenicura, Degl. et Ger. (1867), I, p. 438. Ficure. — Buff., PI. enl. 351, fig. 1, maschio; fig. 2, femmina. — Codirosso ordinario, Olina, Uccelliera (1622), p. 47. — Ruticilla phoe- nicura, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1867- 4870), vol. I, tav. 26. Nomi voLcaRI Toscani. — Codirosso (Pisano). Culrosso (Senese). ‘Nomi VOLGARI STRANIERI. — Franc. Le Rossignol des murailles. Ingl. The red-start Warkter. Ted. Der schwarzhalsiger Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 138; coda, 0”, 055; aper- tura del becco, 02, 0413; tarso, Om, 024. Costumi. — Alla fine di settembre se ne vedono apparire molti ne’ nostri piani; ma vi rimangono per poco tempo, e se- guitano poi il loro viaggio per l’Affrica o per l'Asia. Abitano il margine de’ boschi e i luoghi macchiosi. In inverno non ne ho giammai veduto alcuno. Propagazione. In estate si ritirano sui monti, e là nei primi di giugno costruiscono il nido, spesso vicino alle abitazioni, nelle crepe de’ muri, o negli ammassi di pietre, o nelle buche degli alberi. Il nido è fatto grossolanamente con scorze, fieno, fo- glie e penne. Le uova son sei od otto, bislunghe, d’un bel co- lor celeste. Caccia. Nel tempo del passo di settembre si prendono con __, gli archetti e con la Civetta e i panioni. Allora son grassissimi e buonissimi a mangiarsi. 598 ORDINE SECONDO. CODIROSSO SPAZZACAMINO. — RUTICILLA TITHYS. Brehm. Timopiere laterali fulve, medie scuro-nere ; seconda remigante eguale alla settima. ’ Maschio adulto în primavera. Becco nero. Parte superiore della testa, cervice e groppone d’un bel colore cenerino-piom- bato cupo. Schiena e scapolari dello stesso colore, ma variato di nero. Fronte, gote, tempie, gola, gozzo, lati del collo, petto ed una gran parte dell’addome d’ un bel color nero ; la porzione rimanente dell'addome è bianca dal lato del petto, bianco- giallastra dalla parte della coda. Fianchi neri, variati di ce- nerino. Cuopritrici delle ali e remiganti nero-brune: le re- miganti secondarie son bianche sopra il loro margine esterno. Sopraccoda d’un bel giallo-rosso vivace: dello stesso colore son tutte le timoniere, eccettuate le due medie, che son bruno-nere verso la cima. Sottocoda del medesimo color giallo-rosso, ma più pallido. Piedi neri. Femmina. La coda è colorita come nel maschio. Tutte le altre parti, eccettuata la regione anale che è biancastra, son di color cenerino-cupo. Maschio în inverno, e giovani. Somigliano i maschi in prima- vera; ma le penne nere della testa, gola, gozzo e petto son terminate di cenerino. Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda sub- eguale alla settima, terza poco più lunga della sesta, quarta e quinta poco più lunghe e le maggiori. Codirosso spazzacamino, Sylvia tithys, Scop. Savi, Orn. Tosc., I, p. 234. Sinonimia. — Motacilla erythacus, Linn. S. N. (1766), I, p. 335. — Ruticilla gibraltarensis, Briss. Ornith. (1769), III, p. 407. — Syl- via tithys, Scop. An. I, Hist. Nat. (1769), p. 187. — Sazicola tithys, Koch. Baier. Zool. (1816), I, p. 186. — Sylvia tithys, Temm. Man,, 1° parte (1820), p. 403, e 32 parte (1835), p. 145. — Ruticilla tithys, Brehm. Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1831), p. 365. — Phoenicura ti- thys, Tard. et Selb. Ill. Zool., pl. 86. — Lusciola tithys, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 34.— Erythacus tithys, Degl. Ornith. Eur. (1849), I, p.504. — Ruticilla tithys, Degl. et Ger. (1867), I, p. 440. UCCELLI SILVANI. 399 Ficure. — Gould, Birds. of Eur., pl. 96. — Ruticilla tithys, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. IT, tav. 46. Nomi voLGarI STRANIERI. — Franc. Le Rouge-queue. Ingl. Black redtail. Ted. Der schwarzbauchiger Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 155; coda, 0, 055; aper- tura del becco, 0, 017; tarso, 0%, 023. Gostumi. — Nell'inverno del 1826-27 spesso trovai nel “mercato di Pisa de’ Codirossi spazzacamini, cosicchè questa specie pare non debba riporsi fra quelle che costantemente vanno a passare l’inverno al di là del Mediterraneo. È più rara della Sylvia phoenicurus. Abita sempre in estate i monti. Ne ho veduti su quelli di Carrara, di Massa e del Genovesato, e me ne sono stati mandati da quei di Castelnuovo di Val di Ce- cina e del Casentino. Propagazione. Nidifica, secondo quello che dice Schinz, negli spacchi de’ massi, ne’ muri rovinati, e qualche volta sui tetti o ne’ campanili. Le uova son sei, bianche, lucide. PETT' AZZURRO. — RUTICILLA SUECICA. De Sélys. Timoniere laterali fulve nella metà basilare, nel resto scuro-nere; seconda remigante eguale alla sesta. Maschio adulto. Becco scuro-nero, un poco tendente all’oli- vastro. Fascia sopraccigliare bianco-sudicia : al di sopra di que- sta ve ne è un’altra quasi nera, ma poco distinta. Penne cigliari dello stesso color bianco-sudicio. Gola e gozzo d’un bel colore azzurro lucente, con una macchia grande nel mezzo d’ un bianco purissimo e sericeo. Due fasce strette, una nera e una biancastra, poi una molto larga d’un bel color giallo-fulvo, vengono dopo il colore azzurro e traversano l’addome. L’ad- dome ed i fianchi son di color bianco-giallastro. Penne del sot- tocoda bianche nella cima, giallastre alla base. Le penne delle ali hanno lo stesso colore di quelle del dorso, ma son margi- nate di color più chiaro. Penne del sopraccoda e timoniere me- die colorite nello stesso modo: le altre timoniere son fulve nella metà basilare, e nerastre nell'altra metà. Piedi di color bruno-rossastro. Maschio vecchissimo. Una fascia bianca sopra gli occhi, alla 400 ORDINE SECONDO. quale ne succede una nera. Sul colore azzurro non ci è la mac- chia bianca. Spazio fra l'occhio ed il becco nero-celestognolo. Fascia fulva del petto molto più larga. ‘ Maschio giovine. Differisce dagli adulti per aver la gola bianco-giallastra. La macchia della parte media del gozzo dello stesso colore, i lati del collo neri; e le penne azzurre della base del collo, e quelle della fascia nera, sono un poco macchiate di bianco nella cima. Femmina. Non ha colore azzurro sulla gola nè sul gozzo, ha invece uno spazio bianco-giallastro, circondato da una serie di macchie nere, che dalla base del becco s’ estende fino al petto. La fascia di color fulvo si vede appena trasparire sotto le penne. Femmina vecchissima. Sulla parte inferiore del gozzo vi ha una largha macchia azzurro-cupa cinta di nero. La fascia fulva è più visibile. Lateralmente alla base della mascella inferiore vi sono delle penne azzurre. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre, seconda eguale alla sesta, terza e quarta uguali fra loro e le più lunghe. Petto azzurro, Sylvia suecica, Lath. Savi, Orn. Tose., I, p. 236. Sinonimia. — Motacilla surcica, Linn. Faun. Suecc. (1746), p. 83, sp. 220. — Cyanecula, Briss. Ornith. (1760), III, p. 413. — Motacilla suecica, Var. B. Gmel. S. N. (1788), I, p. 989. — Sylvia suecica, Lath. Ind. (1790), II, p. 521. — Sylvia cyanecula, Mey et Wolf. Tasch. Deutsch. (1810), I, p. 240. — Saxicola suecica, Koch. Baier. Zool. (1816), p. 189. — Sylvia succica, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 216, e 32 parte (1835), p. 143. — Ficedula suecica, Boie, Isis (1822), p. 5353. — Cyanecula suecica, et Wolfii, Brehm. Handb. Nat. Vog. Deutsch. (1834), p. 503, 352. — Lusciola (Cyanecula) suecica, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 582. — Lusciola cyanecula, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 32. — Erythacus cyanecula, Degl. Ornith. Eur. (4849), I, p. 511. — Cyanecula suecica, Degl. et Ger. (1867), I, p. 434. Ficure. — Buff., PI. enì. 361, fix. 2, maschio, con la macchia bianca; 610, fig. 4, maschio, senza macchia bianca: fig. 2, fem- mina; fig. 3, giovane. Nomi voLcari sTRANIERI. -— Franc. Le Gorge-bleu. Ingl. The throated Warbler. Ted. Der blauhalsiger Sénger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0M, 136; coda, 0", 054; aper-. tura del becco, 0”, 017; tarso, 0%, 029. 1 Temminck, Mur. d’Ornith., pag. 217. UCCELLI SILVANI. 401 Costumi. — Si trova in Toscana solamente nell'aprile e nel settembre. Il margine de’ paduli e le giuncaie sono i luo- ghi ove si ferma; sempre passeggia o svolazza a’ piedi de’ ce- spugli di tamarici, di salcio, ec., o fra i gruppi di giunchi. Fa voli poco lunghi, e subito si posa a terra, o si nasconde nei macchioni. Anche quando vola, con facilità si riconosce dalla sua coda di-due colori, e dalla macchia bianca del mezzo del | petto, che splende da lontano quasi come uno specchio. Propagazione. Non credo che nidifichi in Toscana. Il nido, secondo Schinz, lo fa ne’ cespugli, o fra le radiche degli alberi state scavate dall'acqua: esternamente è formato di fieno e borraccina, internamente è foderato di pelo. Le uova son cin- que o sei verdi-celestognole. AA Nora. — Molti degli Ornitologi, seguendo |’ esempio di Brehm, formano col Pet? azzurro un genere distinto denominato Cyanecula, e qualcuno, come il detto Ornitologo di Nizza, pone anche tal genere in una tribù diversa da quella in cui inscrive le RuticiZle. Io per al- tro, non trovando caratteri che giustifichino tal divisione, ho creduto non dovere ammetterla. 9° Famiglia. — DE’ PETTIROSSI. ErvyrHacus. . Becco più corto della testa, subulato, un poco incurvo all’ apice, leggermente intaccato. Fascia sopraccigliare nulla. Narici basilari. Occhi grandi. Palpebre pennute. Tarso più lungo dell’ apertura del becco, vestita d'una sola squama nella parte superiore. Coda mediocre troncata, unicolore, scuriccia. Livrea de’ due sessi la stessa. Colori dominanti grigio-olivastro superiormente, € inferiormente fulvo-acceso. Uova bianco-giallastre, macchiate di scuro. Statura della Passera. Ornitologia italiana, — I. i 26 442 ORDINE SECONDO. Costumi. — Per la singolarità delle loro abitudini, come per la colorazione della loro veste, era indispensabile formarne una famiglia distinta. Somigliano ai veri Tordi, ed anche ai Merli nel modo d’inseguire la preda, nell’abitudine di vivere e ripararsi ne’ cespugli e boschetti, nel fischiettare di continuo verso il nascere ed il cadere del giorno; ma son poi differenti dagli altri Ganori per l'estrema loro familiarità e dirò quasi . amicizia per l’uomo, come ancora per l’innata antipatia che han con i loro simili, a causa della quale fra loro si battono tutte le volte che incontransi. "a Sri $ 37° Genere. — ERYTHACUS. G. Cuv. Becco più corto della testa, leggermente intaccato, un poco curvo verso la cima. Fascia sopraccigliare nulla. Coda troncata, unicolore, scuriccia. Tarso più lungo dell’ apertura del becco, vestito da una sola squama, ne tre quarti superiori. Parti superiori unicolori. Colore dominante olivastro-cinereo. PETTIROSSO. — ERYTHACUS RUBECULA. Cu. Superiormente olivastro; coda troncata, cenerino--olivastra ; remigante seconda subeguale all’ ottava. Adulti. Becco scuro. Occhi grandi, neri. Pileo, cervice e dorso olivastri. Ali e coda dello stesso colore, ma meno ten- denti al verde. Grandi cuopritrici con una macchia giallastra nella cima. Fronte, gote, gola, gozzo, petto, ed anche una porzione d’addome, d’un bel colore arancione vivace-tendente al rosso: lateralmente questo colore è limitato da cenerino puro. Fianchi tinti leggermente di verdastro. Addome e sotto- coda bianchi. Piedi scuro-rossastri. Giovani avanti la prima muta. Le parti superiori son gri- gio-olivastre, con delle piccole strie e macchie triangolari ros- sastre. Gola, gozzo e petto leggermente sfumati di giallo-ros- SI IONE IERI SS VETTE UCCELLI SILVANI. 403 sastro, e macchiati da piccole strie bruno-olivastre. Addome bianco-sudicio, ondulato di grigio-olivastro. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre, seconda uguale all’ ottava, terza uguale alla sesta, quarta e quinta uguali fra loro e le più lunghe. Pettirosso, Sylvia rubecula, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 243. Sinonimia. — Motacilla rubecula, Linn. S. N. (1766), I, p. 337. — Rubecula, Briss. Ornith. (1760), IM, p. 418. — Sylvia rubecula, Lath. Ind. (1790), II, p. 520. — Sylvia rubecula, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 215, e 3* parte (1835), p. 142. — Dandalus rubecula, Boie, Isis (1826), p. 972. — Rubecula familaris, Blyth. Anim. Kingd. Birds (1840). — Erythacus rubecula, Macgill. Hist. Brit. Birds (1839-1841), II, p. 263. — Lusciola rubecula, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 32. — Rubecula familiaris, Degl. et Ger. (1867), I, p. 429. Ficure. — Buff., PI. enl. 361, fig. A. — Pettirosso, Olina, Uc- celliera (1622), p. 16, con tav. — Rubecula familiaris, Eugenio Bet- toni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 109. Nowmr voLgari Toscani. — Pettirosso, Pittirosso (Pisano). Petti- rosso, Pettiere (Fiorentino, Senese). Pittiere (Volterrano). Nomi voLgariI sTRANIERI. — Franc. Le EOLIE Ingl. The Redbreast. Ted. Der roth-brustiger Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 126; coda, 0”, 052; aper- “tura del becco, 0", 014; tarso, 0, 023. Costumi. — Quest’uccello si trova in Toscana in tutte le stagioni. In estate si ritira ne’ luoghi più selvaggi e più freschi de’ boschi, particolarmente montani; ma nell’autunno cala in pianura, e dall'ottobre fino all’aprile tutte le macchie, tutte le siepi, tutti i giardini, ne sono ripieni. Egli è naturalmente con- fidente e curioso, così che spesso si vede saltare per i viali avanti a chi passeggia, accostarsi, volando di ramo in ramo per veder lavorare gli operanti, o per osservare qualche abito d’un color vivace, ec. Spesso ancora s’introduce nelle aran- ciere, nelle-stufe, nelle capanne, o per mangiare quelli insetti che vi son nascosti, o anche per semplice curiosità. In questa stagione, in cui più familiare lo vediamo con noi, non ha la voce rotonda e sonora, con la quale ravviva i boschi montani in primavera, ma continuamente fa un piccolo fischio, che da tutti è conosciuto. Nonostante, nelle belle giornate d’inverno, quando son quieti i venti boreali, il Pettirosso, lasciati i mac- 404 ORDINE SECONDO. chioni ove continuamente suole stare, e posato sopra un ra- moscello nudo di qualche albero alto, spesso si sente gorgheg- giare, e qualche volta ancora sviluppare l’intiera sua voce; allora tutto occupato a godere i raggi del sole, fors’ anche in- cominciando già a risentire il bisogno d’amare, ed intento solo ad apprendere il modo di far partecipare questo bisogno me- diante il canto, egli ha quasi persa la sua natura ordinaria, e inutilmente il cacciatore cerca d’allettarlo col fischio, o di ri- svegliare la sua curiosità con quegli oggetti che altre volte han per lui una sì grande attrattiva. Propagazione. Fa il nido dentro i cespugli più folti, o ne’cavi degli alberi, sempre ne’luoghi più nascosti; forma la parete esterna con foglie di querce o di castagno, la media con musco, radici sottili e lana: l’interna è quasi esclusiva- mente di crini. Per il solito questo nido contiene sei uova bianco-giallastre macchiettate di rosso-mattone: sull’ estre- mità più grossa queste macchie sono in numero maggiore. Caccia. È naturale che un uccello tanto poco pauroso e dotato di tanta curiosità si debba prendere facilmente. Di- fatto un immenso numero sempre se ne trova nei mercati per tutto il tempo che stanno da noì a svernare. La ragnaia, gli archetti, le gabbiuzze, le stiacce, la gaggìa, ne uccidono molti; ma la caccia con cui se ne prende una grandissima quantità (imperocchè in un giorno un sol cacciatore è arrivato a pren- derne fino a centocinquanta e dugento), è quella della Civetta e panioni. Gli arnesi necessaril per questa caccia sono il gab- bione, i panioni, e la Civetta montata sulla sua gruccia. Di tutto ciò munito il cacciatore, la mattina dopo che la guazza è asciu- gata, va per le macchie, per le fratte, lungo i boschi e siepi, in que’ siti ove sa abbondare i Pettirossi. Subito che ne ode qualcuno cantare si ferma, pone due o tre panioni sopra il macchione in cui è nascosto il Pettirosso, ne’ luoghi ove sup- pone che l’uccelletto andrà per meglio osservar la Civetta. Di- poi fitta la gruccia in terra, con il gabbione accanto, e ad una giusta distanza dalla macchia, egli sì ritira, e si nasconde die- tro qualche albero o cespuglio. Se il Pettirosso ha veduta la Civetta, poco sta a comparir fuori del suo nascondiglio, e nel mutar posto, nel saltellare da un rametto in un altro per me- glio osservarla, accade quasi sempre che incontra un panione, bri UCCELLI SILVANI. 405 : e ci resta invischiato: se. poi ciò non segue, e che avendo tro- vato un luogo, da cui può soddisfare comodamente la sua curio- sità, e da quello più non si muova, allora il cacciatore fa scen- dere dalla gruccia la Civetta, e nascondendola dietro il gabbione, obbliga nuovamente il Pettirosso a mettersiin moto per poterla esaminare. La buona riescita di questa caccia dipende dall’abi- lità dell’uccellatore nel saper conoscere quali saranno i posti ove il Pettirosso anderà di preferenza per esaminar la Civetta, e nel mettervi convenientemente i panioni. La Gaggìa ancora è una caccia molto curiosa e proficua. Fuori del tempo degli amori sono i Pettirossi fra lor nemicis- simi, ed anche in quel tempo, mentre sono uniti in coppie, le coppie si fuggono reciprocamente: ' se una vuol porre il nido ove l’altra si è stabilita, ne nasce una viva battaglia. Sopra questa loro indole è basata la caccia della gaggìa. Una piccola gabbia di fil di ferro, sferica, posta in cima ad un bastone, gli ha dato il nome, giacchè somiglia un poco ad un fior di gaggìa. Quattro o cinque mazzette impaniate sono infilzate nel manico, in maniera che la gabbia ne resti circondata: dentro a questa si pone un Pettirosso vivo. Giunto il cacciatore in vicinanza di qualche boschetto ove ne ode alcuno cantare, lì egli lascia la :gaggìa ficcandone in terra il manico, e si ritira ad una certa distanza, mentre chiama col fischio o col chioccolo il Pettirosso, ‘affinchè uscendo dal macchione veda il compagno nella gab- bia. Subito che quello l’ha conosciuto, vola tutt'ira e dispetto sopra la gaggìa, ed attraverso i ferri cerca di beccare il prigio- niero. Ma o nel volar sulla gabbia, dando il primo assalto, o staccandosi da questa per prender riposo, sempre accade che, o volontariamente o a caso, egli tocchi un panione e rimanga preso. 10° Famiglia. — PHILOMELIDI. I Rosienuoti. Becco subeguale alla testa, diritto, leggermente curvo all'apice, non intaccato. Narici aperte verso la base del becco. Palpebre pennute. 1 Zalde pugnax,ut non una arbor duos capiat erithacos. Linn,, Syst. Naturae. ei e een i È, Pa, 406 | ORDINE SECONDO. Tarso più lungo dell’ apertura del becco, coperto quasi intieramente da una sola squama. Livrea dei maschi e delle femmine uguale. Color dominante scuro-olivastro. Uova olivastre, scure, immacolate. Statura un poco maggiore di quella del Perso Costumi. — Sono uccelli migratori, amanti la solitudine, assolutamente boscarecci. Il loro nutrimento, che abitualmente. consiste in vermi ed insetti, vanno a cercarlo sul terreno, ove frequentemente scendono dalle fronde degl’alberi ed arbusti, in mezzo alle quali costantemente vivono. Secondo il Degland hanno per i costumi molte affinità con i Merli e coni Pettirossi, ed al pari di questi mangiano ancora con paco bacche e frutti polposi. 38° Genere. — PHILOMELA. Selby. Becco subeguale alla testa, subulato. Fascia sopraccigliare nulla. Tarso assai più lungo dell'apertura del becco. Coda. grande, leggermente attondata , unicolore , scuro-fulva. RUSIGNUOLO. — PHILOMELA LUSCINIA. Selby. ex Linn. Superiormente castagno ; coda subironcata, unicolore, fulva; seconda re- .. migante più corta della Aug. Adulti. Becco bruno-nero, con la base della mascella infe- riore di color carneo. Parti superiori di color marrone-chiaro. La coda dello stesso colore, ma più tendente al fulvo. Gola e parte media dell’ addome bianche. Parti laterali del collo, gozzo, petto e fianchi cenerino-scuricci. Penne cigliari bianche. Sot- tocoda e cuopritrici inferiori delle ali giallastre. Piedi scuro- cenerini. ; Giovani all’uscir dal nido. Somigliano agli adulti per il co- iù d) Ni pr 6; bi; UCCELLI SILVANI. ) 407 lor della coda e delle remiganti, ma ne differiscono per aver le penne delle altre parti di color bianco-sudicio, marginate di bruno-scuro. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre, seconda più corta della quinta e più lunga della sesta, terza e quarta le più lunghe. Rusignuolo, Sylvia luscinia, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 240. Sinonimia. — Motacilla luscinia, Linn. S. N. (1766), I, p. 328. — Sylvia luscinia, Lath. Ind. (1790), II, p. 506. — Curruca luscinia, Koch. Baier. Zool. (1816), I, p. 154. — Sylvia luscinia, Temm. Man., 1® parte (1820), p. 195, e 3? parte (1835), p. 125. — Philomela lusci- nia, Selby. Brit. Ornith. (1833), I, p. 206. — Luscinia philomela, Bp. B. of Eur. (1838), p. 145. — Lusciola luscinia, Keys. et Blas. Wir- . belth. (1840), p. 48. — Erythacus luscinia, Degl. Orn. Eur. (1843), I, p. 499. — Philomela luscinia, Degl. et Ger. (1867), I, p. 431. Ficure. — Buff., P]. enl. 615, Il. — Olina, Uccelliera (1622), p. e fig. A. — Philomela luscinia, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidi- ficano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 32. Nomi voLgariI Toscani. — Rusignuolo (Fiorentino, Pisano). Usi- gnoòlo (Fiorentino, Senese). SIRENE Nomi voLGARI stRANIERI. — Franc. Le Rossignol. Ingl. T'he Nigh- tingale. Ted. Der Nachtigall. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 138; coda, 0%, 058; aper- tura del becco, 0", 017; tarso, 0m, 027. Costumi. — Ritorna nel maggio il Rusignuolo fra noi dal- l'Egitto e dalla Siria, ove ha passato l'inverno: nell'ottobre parte per andar di nuovo a cercare climi più caldi. A tutti è nota la dolcezza e la melodia della sua voce, e chiunque è do- tato diun’ anima gentile, si è al certo più volte trattenuto nelle belle serate di primavera ad udir quest’uccelletto, il solo che esprima col canto il suo amore, ancor quando l’intiera natura ‘riposa. Ogni boschetto, un poco folto che sia, ed abbia in vi- cinanza dell’acqua, è in primavera e in estate abitato da qual- che famiglia di Rusignuoli. Propagazione. Essi costruiscono il loro nido sulla terra a’ piedi d’un arboscello, o dentro qualche macchione, ed han sempre gran cura di scegliere un luogo ben nascosto o dalle fronde o dall’erbe. Ne formano l’invoglio esterno, che è molto grosso, delle foglie secche di querce, agrifoglio, leccio, al- 408 ORDINE SECONDO. loro, ec., ammassate giudiziosamente. L’interno è tessuto con sottili radici e paglia. Le uova sono in numero di quattro o sei, piuttosto globose, d’un bel colore olivastro-cupo. Caccia. La ritrosa, o gabbia a scatto, serve particolarmente per prendere i Rusignuoli. Un baco della farina (larva del Tene- brio molitor), posto nell’ interno della gabbia, è per il Rusignuolo una tentazione, a cui non sa resistere. Appena l’ha veduto corre a prenderlo, e riman prigioniero. RUSIGNUOLO FORESTIERO.T— PHILOMELA MAIOR. Brehm. ex Schwenck. Superiormente castagno-olivastro; coda subtroncata, unicolore, fulvo- nera; seconda remigante più lunga della quarta. Becco scuro-nerastro, conla base della mascella inferiore carnicina. Parti superiori di color castagno-fosco tendente al- l’olivastro , la coda dello stesso colore, ma più tendente al fulvo. Gola e parte media dell’ addome bianco-cenerine: parti laterali del collo, gozzo, petto e fianchi cenerognoli, con qualche mac- chia semilunare trasversa appena visibile. Piedi grigio-carnicini. Proporzione delle remiganti. Prima cortissima, seconda più lunga della quarta e poco più corta della terza, che è la più lunga. Rusignuolo forestiero , Sylvia philomela, Bechs. Savi, Orn. Tosc., I, p. 242. Sinonimia. — Luscinia maior, Schwenckfeld, Hist. Nat. Siles. (1603), Av., p. 296. — Motacilla luscinia maior, Gmel. S. N. (1788), I, p. 950. — Sylvia philomela, Bechst. Nat. Deutsch. (1807), III, p. 507. — Motacilla aedon, Pall. Zoogr. (1844-1834), I, p. 486. — Sylvia philomela, Temm. Man., 1 parte (1820), p. 196, e 3° parte (1835), p. 126. — Philomela maior, Brehm, Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1831), p. 356. — Lusciola philomela, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 58. — Erythacus philomela, Degl. Orn. Eur. (1849), I, p. 501. — Philomela maior, Degl. et Ger. (1867), I, p. 432. Ficure. — Gould, Birds of Eur., pl. 417. NomI voLGaBIi STRANIERI. — Franc. Rossignol Progne. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 053; coda, 0", 022; aper- tura del becco, 0", 022; tarso, 0", 32. UCCELLI SILVANI. 409 Costumi. — Non ho mai trovato questa specie in Toscana: ma, secondo le osservazioni del dottor Paiola di Venezia, essa trovasi, benchè raramente, nelle vicinanze di quella città. 39° Genere. — CALLIOPE. Gould. Becco eguale alla testa, leggermente compresso, alla base tanto largo che alto. Fascia sopraccigliare bianca. Coda mediocre, rotonda, unicolore, scura. Parti superiori unicolori, scuro-nerastre. Nora la. — Gli uccelli di questo genere son proprii dell’ Asia orientale e settentrionale, i quali a quando a quando con casuali emigrazioni, o per erratismo, si son fatti vedere ancora in varie parti d’ Europa. Ma, per quel che io mi sappia fino ad ora, niuno ne comparve in Italia, per cui rigorosamente non devono enumerarsi nella sua Avifauna. Per altro io credei opportuno parlarne in que- sto libro, onde, quando avvenga che un qualche nostro dilettante d’ Ornitologia abbia la fortuna d’incontrarne, possa subito ricono- scerlo. Il fatto d’ esserne stato preso un individuo in Provenza, pro- vando che qualche volta essi dirigono le loro emigrazioni verso Po- nente, prova pure la possibilità che prima o dopo questo bell’ uccello s' incontri ancora in Italia. Nora 2a. — Le Calliopi, tanto per le forme, quanto per il colore del petto de’ maschi adulti, credo che meritino di far parte d’ una famiglia distinta; ma siccome per adesso non ne conosco nè i co- stumi, né la maniera di nidificare, e per conseguenza son privo a loro riguardo di caratteri più importanti per determinare gl’ aggrup- pamenti in famiglie, così credei fosse il miglior partito d’ unirli provvisoriamente ai Rusigruoli, con i quali hanno alcune somiglianze nel portamento e nella coloritura generale delle penne. CALLIOPE.— CALLIOPE CAMTSCHATKENSIS. Strickl. Maschio adulto. Parti superiori bruno-olivastre cupe. Fascia sopraccigliare bianca; sul gozzo una macchia occhiuta di un bel- lissimo color rosso-ribes, circondato da una fascia nera ; petto srigio-ferro sfumato in bruno, che sui fianchi passa al fulvo- olivastro. Becco, tarsi ed iride di colore scuro. - ; da rare VOLTI às sui Ra E DI IR LAPILLO PROPIA da si 1 Sn IEZZO na. pre 1% vi pei TRI , a ny FE pat ta RE de Pity e I Pall I We IA a , - 9 PARO DU , TEA DI "> 410 ORDINE SECONDO. SRI A | Femmina adulta. Differisce dal maschio per aver la gola di color rosso sbiadito, che in basso passa al bianco; in essa manca la fascia nera, che nel maschio cinge la gola e il da- vanti del collo. I giovani în autunno somigliano per 1 colori la femmina, ma han le parti superiori di color più chiaro. Sinonimia. — Motacilla calliope, Pall. Vòg. (1776), Edit. Franc., in-8, VIII, Append., p. 76. — Turdus CamtschatKensis, Gmel. S. N. (1788), I, p. 817. — Turdus calliope , Lath. Ind. (1790), I, p. 334. — Accentor calliope, Temm. Man., 3% parte (1835), p. î72. — Calliope Camtschatkensis, Strickl. — Lusciola (Melodes) Calliope, Keys. et Blos. Wirbelth. (1840), p. 58. — Calliope Camtschatkensis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 464. Ficure. — Calliope Lathamii, Gould. B. of Eur. (1836), pl. 114. Nomi voLcari stgANIERI. — Franc. Calliope du Kamtschatka., Dimensioni. — Lunghezza totale: da cent. 16 a cent. 18.. Costumi. — La Calliope è un uccello di Siberia, di dove in inverno emigra verso l’ Asia centrale, e raramente alcuni indi- vidui giungono ancora nell’ Europa orientale, e fino in Italia. Secondo quanto asserisce il signor Barthélemy-Lapomerai, nel 1835 ne fu preso nelle vicinanze di Perpignano un magni- fico individuo maschio, che si conserva nel Museo di quella città. Non avendone veduto nessun individuo, quanto dico di tale uccello è tolto dal relativo articolo del signor Barthélemy. ‘ 11° Famiglia. — SILVIDEI. I Bossa Si Orn. Tosc. f5A 6. AA lo Becco più corto della testa, diritto, subulato, legger- mente intaccato. | Narici basilari. Palpebre pennute. Fascia sopraccigliare nulla. Tarso poco più corto dell’ apertura :del vin nel maggior numero delle specie vestito nella parte. superiore da una sola squama. ' « Richesses ornithologiques du Midi de la France. » UCCELLI SILVANI. 411 Coda troncata, o debolissimamente graduata, unico- lore, e solo con le timoniere esterne marginate di bianco. Livrea eguale nei due sessi, per il colore del pileo. Colori dominanti: grigio cenerino o grigio-olivastro superiormente, bianco o bianco-sudicio inferior- oppure diversificante mente, immaculato, meno che in una specie, nella quale vi sono macchie trasverse. Uova di color chiaro o biancastro o bianco-rossiccio, o giallo-verdastro, e con macchie di varia gran- dezza ed intensità. Costumi. Poche specie di questa famiglia sono sedenta- rie, le più emigrano. Abitano i boschi ed i macchioni, e quasi sempre stanno aggirandosi in mezzo alle loro frasche in trac- cia degli insetti, ed anche de’ frutti, dei quali son molto ghiotte. 40° Genere. — SYLVIA. Stop. Becco subeguale alla testa, leggermente intaccato, e un poco curvo verso la cima. Fascia sopraccigliare nulla. Coda subtroncata, unicolore. Tarso subeguale all apertura del becco, vestito da più squame. Cervice e dorso unicolore. Color dominante cinereo. CAPINERA. —- SYLVIA ATRICAPILLA. Linn. Superiormente olivastra; coda troncata, cenerino-olivastra, unicolore ; remigante seconda subeguale alla sesta; pileo nero (maschio) 0 ca- stagno (femmina e giovani). Maschio adulto. Becco bruno-cenerino. Pileo nero. Cervice, gola, gozzo e petto color cenerino. Dorso, scapolari, soprac- 419 ORDINE SECONDO. coda, ali e coda color cenerino-olivastro. Addome bianco; fianchi cenerini. Piedi cenerini. Femmina. Differisce dal maschio per avere il pileo casta- gno-scuro, e la cervice dello stesso colore del dorso. Giovani all’ uscir dal nido. Somigliano la femmina. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre, seconda poco più lunga della sesta; quarta più lunga di tutte, e quasi uguale alla terza. Capinera, Sylvia atricapilla, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 247. Sinonimia. — Motacilla atricapilla, Linn. S. N. (1766), I, p. 332. — Curruca atricapilla, Briss. Ornith. (1760), IIT, p. 380. — Sylvia atricapilla, Scop. An. L. Hist. Nat. (1769), n° 229. — Sylvia atrica- pilla, Temm. Man., 41* parte (1820), p. 201, e 3° parte (1835), p. 131. — Monachus atricapillus, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 33. — Philo- mela atricapilla, Swains. Nat. Syst. (1837), II, p. 240. — Epilaîs atricapilla, Cab. Mus. Orn. Hein., pars 12, Osc. (1850-1851), p. 36. — Sylvia atricapilla, Degl. et Ger. (1867), I, p. 473. Ficure. — Buff., P]. enl. 580, fig. 4, maschio; fig. 2, femmina. — Olina, Uccelliera (1622), p. e fig. 9. —- Curruca atricapilla, Euge- nio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1867-1870), vol. I, tav. 6. Non: voLcari toscani. — Bigiola (Fiorentino). Capinera (Pisano). Nomi voLcari stramERI. — Franc. La Fauvette à téte noire. Ingl. The Black-cap. Ted. Die schwarz-schutliger Grasmike. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 136; coda, 00, 058; aper- tura del becco, 0%, 014; tarso, 0, 017. Costumi. — Si trovano le Capinere tanto nelle selve e fratte più folte e lontane dal domestico, che nei boschetti dei giardini posti in mezzo alle più popolose città: e la vicinanza dell’uomo così poco le spaventa, ché spesso esse fabbricano il nido nelle pergolate che adombrano i passeggi più frequen- I | tati. Le siepi di rogo, di prunbianco, i cespugli di fillirea, di mortella, ec., sono il loro soggiorno prediletto. Propagazione. Il nido lo sogliono situare all’ altezza di due o tre braccia da terra. Esso è formato con sottili rami di sco- pa, radici legnose, o pagliuzze, e nell’interno v'è sempre. qualche crino o pelo grossolano. Le uova, in numero di quat- tro o sei, sono di color carnicino-giallastro e macchiate di rosso-marrone, o di bruno-cenerino. UCCELLI SILVANI. 413 BIGIONE. — SYLVIA HORTENSIS. Lath. ex Gmel. Superiormente olivastro-cenerino; coda troncata, unicolore, cenerino-oli- vastra; remigante seconda subeguale alla terza. Becco scuriccio. Base della mascella inferiore biancastra. Tutte le parti superiori olivastro-cenerine. Gola, gozzo, addo- «me, sottocoda e penne cigliari di color bianco-niveo. Una macchia cenerina sui lati del petto. Petto lateralmente dello stesso color del dorso: nel mezzo biancastro, ma una sfuma- tura unisce col medesimo colore le due macchie de’ lati. Cuo- pritrici inferiori delle ali giallo-ocracee chiare. Piedi cenerino- giallastri. Proporzione delle remiganti. Prima piccolissima, seconda quasi uguale alla terza, terza più lunga di tutte. Bigione, Sylvia hortensis, Bech. Savi, Orn. Tosc., I, p. 248. Sinonimia. — Motacilla hortensis, Gmel. S. N. (1788), T, p. 955. — Sylvia hortensis, Var. passerina, Lath. Ind. (1790), II, p. 507, 508. — Curruca hortensis, Koch, Baier. Zool. (1816), I, p. 155. — Sylvia Edonia, Vieill. N. Dict. (1817), XI, p. 162. — Sylvia horten- sis, Temm. Man., 1a parte (1820), p. 206, e 3a parte (1835), p. 133. — Epilais hortensis, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 145. — Adornis horten- sis, G. B. Groy, Gen. of B. (1841), p. 29. — Sylvia hortensis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 474. | Ficure. — Buff., PI. enl. 879, fig. 2, sotto il nome di Petite Fauvette. — Beccafico ordinario, Olina, Uccelliera (1622), p.e tav. 11. — Curruca hortensis, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lom- bardia (1867-1870), vol. II, tav. ‘73. Nomi voLGaRrI Toscani. — Bigione, Beccafico (Fiorentino). Becca- fico (Pisano). - Nomi voLGARI stRANIERI. — Franc. La petite Fauvette. Ingl. The garden Warbler. Ted. Die graue Grasmiicke. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0", 146; coda, 0", 051; aper- tura del becco, 0", 043; tarso, 0", 019. Costumi. — Si trovano i Bigioni su tutti gli alberi della nostra pianura, dopo le prime pioggie di settembre; stanno sempre nascosti nelle frondi, ove beccano i frutti e gl’ insetti. Ma negli orti in cui son pedali di fichi, e ne’ boschi ove ab- bondano i lambruschi e i roghi, ci si trovano in maggior quan- 414 ORDINE SECONDO. tità, e vi si trattengono un tempo maggiore; e subito che tali frutti son terminati, i Bigioni spariscono, e vanno a svernare in Asia od in Affrica. Propagazione. Non mi è mai riuscito di trovarne il nido in Toscana, nè in pianura nè in monte. Mi han detto bensì che nidifica in Lombardia. Temminek dice che nidifica ne’ mac- chioni e nelle siepi, e che depone cinque o sei uova bianca- stre, sparse di punti verdastri e grigiastri. Caccia. In settembre, quando questi uccelletti si tratten- gono da noi, nutrendosi di frutti, sono grassissimi e d’ ottimo sapore, così che fanno in quel tempo la principale delizia delle tavole. Il numero maggiore di quella gran quantità che allora sì consuma, è ucciso col fucile. Quei cacciatori che, giunti alla sera della vita, sentono le loro membra non aver più il vigor necessario per le escursioni sulle balze o ne’ paduli, nè di po- ter più impunemente affrontare quelli stessi disagi, e quelle stesse fatiche che furono una volta per essi di tanito piacere e sollievo, sono fra noi tutti occupati in settembre a far la cac- cia ai Bigioni. Seduti sotto 1’ ombra d’ un pedale, armati d’ un leggiero schizzetto, spesso anche con gli occhiali aiutando la vista loro indebolita, passano delle intiere giornate a far la posta, ed a tirare a questi uccelletti, compiacendosi in tal modo d’ occuparsi ancora di quell’ esercizio che diede tanto diletto alla lor gioventù, e godendo, come suol farsi in quel- l’ età, delle memorie de’ tempi passati, che quell’ arme, quegli alberi, que’ venti, que’ suoni, richiamano loro alla mente. Sono stato assicurato che in alcuni luoghi di Toscana si prendono molti Bigioni col tendere sopra un albero una gran quantità di paniuzzi, e mettervi per richiamo uno o due Filunguelli can- tanti. 441° Genere. — CURRUCA. Boite. Becco subeguale alla testa, leggermente intaccato, e compresso verso la cima. Fascia sopraccigliare nulla. Coda subtroncata, con le timoniere esterne margi- nate di bianco. di e, Puo Ud PALETTA cl PRA Serra ri a J bj Cage Ti è y x i RED Rare SEDE NOD, Ve Mete ve: Erldezzti der i È FOLAT ld ] pu d r VA Cr À ) gd 7 n x ue MI CALATE LRD, ci N Wa IL i ‘ 3 ne “ " Ù ° GIA [Rata yi, I e Ù LICALIO 9% A » i MR PA Ao) VEONELI, SILVANI, 415 pi. - Tarso subeguale all'apertura del becco, vestito da più squame. d Parti superiori unicolori. 0 Color dominante cinereo. di I TEL ERE BIGIA GROSSA. — CURRUCA ORPHEA. d 4 Boie ex Temm. 0 D Superiormente grigio-cenerina; coda subtroncata, biancastra esterna- o’ mente ; penne cigliari cenerino-cupe ; seconda remigante più corta RA della quinta; piedi cenerino-nerastri; statura non minore di quella i del Filunguello. di: Maschio adulto. Becco nero-corneo. Pileo, gote e tempie Bir di colore nerastro, che insensibilmente s’ unisce col grigio ni cenerino della cervice e di tutte le altre parti superiori. Alcune ssa penne medie del sopraccoda bruno-baie. Gola, gozzo e mezzo ‘200 dell’addome bianchi. Petto e fianchi leggermente sfumati di ie, carnicino; regione anale e sottocoda color ceciato-carneo. “a Ù Penne dell’ ali nero-scuricce, marginate di cenerino-fosco. 90) Timoniere nerastre con la punta biancastra: le esterne bian- i che con lo stelo nero. Piedi cenerino-nerastri. * ii Femmina. Pileo e lati della testa cenerino-cupi. Le altre 20 parti superiori sono tinte di grigio-rossiccio. Parti inferiori sfu- | 6; °. mate di giallastro-carnicino. Timoniere medie senza bianco in fi cima. A Giovani. Somigliano le femmine. pe: Proporzione delle remiganti. Prima corta, seconda uguale Ù e‘ alla sesta, terza e quarta uguali e le più lunghe. % % | Bigia grossa, Sylvia orphea, Temm. Savi, Orn. Tosc., I, p. 250. bi SinonIiMIa. — Curruca, Briss. Ornith. (4760), III, p. 372. — “SA Sylvia orphea, Temm. Man. (1845), p. 107; 4% parte (1820), p. 198, cal e 3° parte (1835), p. 127. — Sylvia grisca, Vicill. N. Dict. (1817), < 0 II, p. 188. — Curruca orphea, Boie, Isis (1822), p. 552. — Curruca cx orphea, Degl. et Ger. (1867), I, p. 4179. sa Figure. — Buff., PI. enl. 579, fig. 1, femmina, sotto il nome di Nin: Fauvette. — Curruca orphea, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano Sinonimia. — Sylvia nisoria, Bechst. Nat. Deutsch. (18077), III, p. 547. — Curruca nisoria, Koch, Baier. Zool. (1816), I, p. 434. — Sylvia nisoria, Temm. Man., 1? parte (1820), p. 200, e 3* parte (1835), p. 128. — Adophoneus nisorius, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 28. — Nisoria undata, Bo. B. of Eur. (1838), p. 159. — Curruca nisoria, Degl. et Ger. (1867), I, p. 485. Ficure. — Gould, Birds of Eur., pl. 128. Nomi voLgari stRANIERI. — Franc. Le Bec-fin Rayée. Ted. Die gesperberte Grasmiicke. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0”, 175; coda, 0, 067; aper- tura del becco, 0”, 017; tarso, 0”, 023. Costumi. — Vive in maggiore abbondanza nel Nord del-. Mal i ci, € ad 5! LI ra Cha "i VA é p k ta Y agg rie Ra a, nr Ì, i E i La Chi mi " UCCELLI SILVANI. i 421 "4° Lana l’ Europa. Si trova anche in Lombardia. Frequenta i cespugli e le macchie. | i Propagazione. Nidifica, secondo Schinz, nei macchioni di prunbianco: partorisce quattro o cinque uova biancastre, con macchie cenerino-porporine, o di cenerino puro. fe . STERPAZZOLINA. — CURRUCA LEUCOPOGON. de Nob. de: Superiormente cenerino-turchiniccia (maschio), o grigio-gialliccia (fem- Re mina e giovani); petto e gola rosso-mattone ametistino (maschio), 0 du bianco-ceciato (femmina e giovani): penne cigliari rossastre (ma- vi . . . . . Ù ve schio), o ceciate (femmina e giovani); coda subtroncata, biancastra va esternamente; piedi giallo-carnicini; statura del Lucherino. i v-; di Maschio adulto. Becco nerastro. Base della mascella infe- Rf" riore carnicina. Iride scuro-nerastra. Contorno interno delle 3 CR * CO 2 . . . Adi pap ebre nudo e rossastro, cinto da un giro di penne rosso- N: «mattone. Pileo, gote, tempie, cervice, dorso, sopraccoda, sca- de polari e piccole cuopritrici delle ali, di color cenerino-piombato, 16 leggermente tendente al turchiniccio; gola, gozzo, petto, fian- i È 6 4 DA 4 Bb, chi, regione anale e gambe, color rosso-mattone più o meno rick si: (0) —_ “gi tendente all’ ametistino. Parte media dell'addome e sottocoda ca biancastri. Due striscie bianche a guisa di baffi calano dall’an- Ni; golo del becco fino alla metà de’ lati del collo. Penne delle ali 8 bruno-nere, marginate di giallastro. Timoniere bruno-nere: la fe prima bianca per metà dal lato esterno, la seconda e la terza ae hanno solo una macchia bianca nella cima. Piedi carnicino- i giallastri. "A i Nora. — Per esser conseguente a’ principii che ho premessi nel- hi l’ Introduzione, e che debbono servire di norma nella nomenclatura, "iS io ho dovuto cangiare a questa specie il nome di Sylvia subalpina ume: stato a lei dato dal Bonelli in quello di leucopogon, giacché que- po st ultimo gli era stato dato dal Meyer molto tempo avanti. Ora però “al " | che si è creduto essere la Sylvia passerina descritta dal Temyphinck SG ‘identica con la leucopogon, converrebbe sostituire il nome di passe- 0 rina a quello di leucopogon, giacchè-questo, essendo stato formato Nei dal Latham, è il più antieo di tutti. Ma siccome non è cosa certa ra che la Sylvia passerina del Latham sia la stessa della Sylvia passe- LAI rina di Temminck, quantunque così sembri credere questo Ornito- un È CA i È " sO 499 ORDINE SECONDO. logo, assegnando Latham alla sua per carattere Uropygium albidum, cosa che in quella di Temminck sicuramente non vi è, perciò, a scanso di confusione, credo che sia più conveniente il considerar per nulla la specie descritta dal Latham. Femmina adulta. Penne cigliari bruno-ceciate. Pileo, gote, tempie, cervice, dorso, scapolari e sopraccoda di color cene- rino, leggermente tendente al rossiccio-olivastro. Fronte legger- mente tinta di scuriccio: spazio fra 1’ occhio e il becco cene- rognolo. Petto, fianchi e lati del collo di color ceciato-lionato chiaro. Parte media dell’ addome bianca, leggerissimamente tinta di ceciato. Penne delle ali e della coda di color cenerino- bruno, con sottil margine ceciato. Cuopritrici inferiori delle ali e penne del sottocoda bianche leggermente ceciate. Prima timoniera bianca nel margine esterno e nell’ estremità, seconda bianca solo all’ estremità. Piedi grigio-giallastri. Giovani avanti la muta d’ autunno. Somigliano la femmina, ma le loro parti superiori son d’ un colore un poco. più ten- dente al rossiccio-nocciòla ; le parti inferiori d’ un color ceciato più chiaro; un margine più largo è alle penne delle ali e della coda, ed il margine esterno della prima timoniera è d’ un bianco molto più sudicio. Nora. — Avanti di conoscere la Sylvia leucopogon in tutti i suoi diversi abiti, io ne aveva avuti molti individui giovani e fem- mine, che supposi essere femmine e giovani della Sylvia passerina di Temminck; ma quando vidi la figura che si dà nelle Planches coloriées della femmina della Sylvia leucopogon, e molto più quando da me stesso ebbi ucciso la femmina e i giovani di questa specie, io rimasi dubbioso, giacchè non mi riesci di trovare nessuna diffe- renza essenziale fra la Sylvia leucopogon femmina o giovane, e la Sylvia passerina femmina o giovane: si faccia attenzione che io parlo solo delle femmine e de’ giovani, giacché il maschio che Tem- minck descrive e figura neila citata opera delle Planches coloriees, * differisce realmente, e non poco, dalla Sylvia leucopogon femmina e giovane. Quale è adunque la causa di questa confusione? Forse ho io errato applicando alla Sylvia leucopogon femmina la descrizione della Sylvia passerina femmina? Non lo credo, giacché quella de- scrizione che ne dà Temminck è troppo chiara e precisa per ammet- ter dubbi. Vi sarà dunque lo strano caso che le femmine e i giovani ! Fascicolo IV, Tav. 2, fig. 1, LETI A UCCELLI SILVANI. 4923 di queste due specie si somiglino tanto da non potersi distinguere? Anche questo sembra impossibile. Di modo che considerando qual- mente Temminck stabili di nuovo la specie Sylvia passerina di Latham, avanti di conoscere la femmina della leucopogon, giacché la Sylvia subalpina, che come femmina descrive nel Manuel d’ Orni- thologie, non è che un maschio giovane di questa specie, e che egli stesso confessa di non esser bene al giorno de’ costumi della sua Sylvia passerina, io credo che la femmina e i giovani di questa specie siano identici con la femmina e i giovani della Sylvia leuco- pogon. Resta ora a sapere se il maschio della passerina da lui de- scritto debba considerarsi come formante una specie distinta, op- pure debba referirsi a qualche varietà delle già conosciute. Io sono di quest’ ultima opinione, ed anzi dubiterei che si dovesse referire alla stessa Sylvia leucopogon, giacchè io lo trovo non poco somigliante con quella varietà d’ abito, che io ho chiamato maschio dopo aver perduto l’ abito d’ infanzia. Concludendo adunque io dirò che, nello stato delle cose, credo debba sopprimersi la specie Sylvia passerina, e che questo nome debba considerarsi come sinonimo della Sylvia | leucopogon. Maschio dopo aver perduto V abito dl’ infanzia. Somiglia il maschio vecchio per i colori delle parti superiori; ma il gozzo, la gola ed il petto sono d’ un colore molto più smorto, quasi bianco, e solo sui lati del collo e del petto vedesi debolmente il rossiccio-vinato, che colorisce il bel petto de’ maschi vecchi. Nora.— Fino dal 1825, in una Memoria che pubblicai nel Nuovo Giornale de’ Letterati, * io feci conoscere che la mia opinione era diversa da quella de’ sigg. Temminck e Laugier, riguardo alla qualità d’abito degl’individui descritti adesso e che, nel Manuel a’Ornithologie, Temminck riguarda come una femmina, e nelle Planches coloriées come un maschio in livrea perfetta di primavera, stato ucciso dopo poco la muta, dicendo che la diversità del colore delle penne delle sue parti inferiori dipende da non averle per anche consumate dalla confricazione e dall’azione dell’ aria. Nella mia Memoria sopraccitata esposi le ragioni che mi facevano essere d’opi- nione diversa da quella del Temminck e di Laugier, e quelle le quali m’inducevano a credere essere gli individui in questione in livrea d’ autunno, supponendo la specie soggetta ad una doppia muta. Ma dopo quel tempo, avendone avuti in inverno degli individui con il 1 Osservazioni per servire alla Storia d’alcune Sylvie toscane. — Nuovo gior= nale de’ Letterati, n. XXII. LIRZIA ORDINE SECONDO. petto perfettamente colorito, altri col petto debolmente colorito, come lo ha l’individuo descritto qui sopra, avendo presi due di questi ultimi nel nido, covanti le uova, e finalmente avendone ucciso in autunno uno in muta, il quale conservava sempre qualche penna dell’ abito d’infanzia, credo poter asserire che ancor io sbagliai, che questa specie non è come nessun’ altra delle sue congeneri s0g- getta a doppia muta, e che l’individuo descritto nel Manuel d’Orni- thologie, col nome di Sylvia subalpina, debba considerarsi come un maschio delia Sylvia leucopogon dopo aver perdute le penne d' infanzia. ] Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda sub- eguale alla sesta, terza e quarta uguali e le maggiori. Sterpazzolina, Sylvia leucopogon, Mey. Savi, Orn. Tosc., I, ‘ pi 257. ‘ Sivonimia. — Sylvia subalpina, Temm. Man. (1820), I, p. 214. — Sylvia passerina, Temm. Man. (1820), I, p. 213, e 3 parte (1835), p. 138. — Curruca subalpina o passerina, Boie, Isis (1822), p. 552. — Sylvia leucopogon, Mey. et Wolf., Tasch. Deutsch. (1822), ITI, p. 91. — Sylvia Bonelli, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 57. — Cur- ruca subalpina, Degl. et Ger. (1867), I, p. 482. Ficure. — Temm. et Laug., PI. col. 251, fig. 2 e 3, maschio e femmina, sotto il nome di Becfin subalpin. — Le Fauvette passerine, Vieill., Ornith. Franc., pl. 174, fig. A, giovane. Nomi voLgari stRANIERI. — Franc. Babillarde subalpine. Dimensioni. — Lunghezza totale: 00, 117; coda, 0", 123; aper- tura del becco, 0”, 012; tarso, 0%, 017. Costumi. In inverno quest’ uccelletto è fra noi molto raro: solo qualcuno rimane nelle macchie di Maremma; ma in aprile ne arriva una quantità grandissima, che va a stabilirsi ne’ colli bassi ed aprici de’ siti più caldi del nostro paese. Alle Cinque Terre, nella riviera di Levante del Genovesato, ove lo vidi per la prima volta, ve ne abita una gran quan- tità; alla base del Monte Argentaro, negli scopeti e mustieti, ‘ che ricuoprono i poggi più bassi delle rive del padul di Casti- glione, sotto Gavorrano e Scarlino, nella macchia di Biserno, ec., ne ho sentiti moltissimi cantare; ma ove ne ho veduta riunita la più gran quantità, è nei colli del promontorio su cui era i Icisti suffruticosi chiamansi Musti in Maremma, e Mustieti quelli spazii di terra, spesso estesi più miglia, che sono ricoperti da folte piante di cisto. Il Cistus monspelten- sis è la specie più abbondante. UCCELLI SILVANI. i 495 l'antica Populonia. Negli scopicci e ne’ cespugli di prunbianco e di stipa, che nascono in mezzo alle estesissime felcete, da cui son vestiti i declivi arenosi di que’ poggi dal lato di terra, vi abita un numero grandissimo di questi uccelli: dal lato di mare molti ancora abitano nelle macchie foltissime di sondri, filliree ed ulivi insalvatichiti, che foderano quelle pendici sco- scese. Là, di maggio e di giugno, non si sente che il fischio d’appello ed il canto della Sterpazzolina, dell’ Occhiorosso e della Magnamina: vi abitano ancora qualche Rosignuolo, de’ Bec- cafichi-finocchi, de’ Saltinpalo , degli Zigolgialli e de Calandri; ma giammai vi ho incontrato nè Sterpazzole nè Capinere. Il ‘verso della Sterpazzolina somiglia un poco quello della Sterpaz- zola, ma la sua voce è più dolce: Quando il maschio vuol can- tare, esce dall’ interno de’ macchioni, e va a posarsi sopra a: qualche alberetto o cespuglio elevato, spesso dopo essersi inalzato nell’ aria fischiando. Ma subito che egli vede qualche cosa capace d’intimorirlo, o che ha terminato il suo verso, rientra nel folto, e solo si può sapere ove è dal fischio d’ ap- pello, simile a quel dello Scricciolo, che ripete spessissimo. Per causa di questa estrema sua timidezza è molto difficile ucci- derlo col fucile, e quasi sempre dopo averne udito uno a can- tare mi era necessario seguirlo per più di mezz’ ora, prima che capitasse il momento di vederlo e tirargli, attraverso le foltissime macchie, ove andava aggirandosi. In settembre e ne’ primi d’ ottobre ne passa da noi un gran numero, ma al- lora neppur uno ne ho trovato con gli abiti degli adulti. In quel tempo stanno sempre nascosti nell’ interno de’ macchioni e siepi di roghi, e pare che temano ad uscir fuori: mangiano i frutti di quella pianta, e in poco tempo divengono molto grassi. Verso la metà di ottobre non se ne trova più alcuno nella nostra pianura. Propagazione. Nidifica nel maggio e nel giugno. Fa due covate per anno. Il maschio prende parte all’incubazione, e di ciò mi sono accertato, avendone io stesso preso più d’ uno col laccio, mentre era sulle uova a covare. Il nido di questi uccelli è posto ordinariamente da un metro a due alto da terra, ne’ cespugli di ramerino, aranci, limoni, mortella, scopa, son- dro, olivi, ec. È emisferico, con le pareti assai grosse, esterna- mente formate di paglia ed erbe secche, ed internamente di 426 ORDINE SECONDO. radici sottili e delicate, raramente di lanugini. Le uova sono in numero di quattro o cinque, rotonde, di color bianco-ver- dastro, e macchiate da piccole moschettature scure, delle quali sul lato più ottuso ve ne sono alcune più larghe. STERPAZZOLA DI SARDEGNA. — CURRUCA CONSPICILLATA. Boie cx La Marmora. Superiormente cenerino-turchiniccia; petto grigio-rossiccio ametistino; gola bianca; penne cigliari bianche; piedi giallo-carnicini; coda sub- troncata, biancastra esternamente ; statura del Lucherino. Maschio. Becco nerastro, con la base della mascella infe- riore grigio-carnicina. Penne cigliari bianche. Pileo e lati della testa color cenerino. Cervice, dorso, sopraccoda e scapolari color cenerino, leggermente tendente al rossiccio color di noc- ciòla. Gola bianco-candida. Gozzo, petto e fianchi color gri- gio-rossiccio ametistino. Addome e sottocoda bianco-rossicci. Penne delle ali nerastre; le cuopritrici e le remiganti secon- darie hanno dal lato esterno un largo margine color di noc- ciòla. Coda subtroncata, bruno-nerastra: la prima timoniera esterna quasi tutta bianca, la seconda bianca solo nella cima. Piedi grigio-giallicci. Unghie nerastre. Femmina. Ha le penne d’ un color più chiaro, particolar- mente nel capo. Maschio în primavera. Le penne del pileo son di color più intenso. Nora. — Quest uccello somiglia molto alla Curruca leucopogon o Sterpazzolina, ma se ne distingue bene: 1° per avere le penne cigliari candide, mentre la Zeucopogon le ha rossastre ; 2° per avere la gola bianca che sfuma in cenerino sui lati del collo e del gozzo, mentre la Zeucopogor ha la gola dello stesso colore rosso-mattone ametistino proprio al gozzo, petto e fianchi. Proporzione delle remiganti. Prima corta; seconda subeguale alla sesta, e poco più corta della terza; terza subeguale alla quarta, che è la più lunga. Sterpazzola di Sardegna, Sylvia conspicillata, La Marmora, Savi, Orn. Tosc., I, p. 263. Sinoninia. — Sylviaconspicillata, La Marmora, Mem. Accad. di UCCELLI SILVANI. 497 Torino (1819). — Sylvia conspicillata, Temm. Man., 42 parte (1820), p. 210, e 4a parte (1840), p. 617. — Curruca conspicillata, Boie, Isis (1822), p. 552. — Sterpazzola (sic) conspicillata, Bp. Ucc. Eur. (1842), p. 37. — Stoparola conspicillata, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 6. — Curruca conspicillata, Degl. et Ger. (1867), I, p. 484. Ficure. — Gould, Birds of Eur., pl. 126. Nomi voLgari sTRANIERI. — Franc, Babillarde & luntetes. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 147; coda, 0%, 054; apertura del becco, 0%, 013; tarso, 0m, 019. i Non è stata trovata fino ad ora in Toscana: vi ha per altro nelle vicinanze di Genova, come egualmente s'incontra in Provenza. È abbondante in Sardegna, ove il La Marmora per il primo la trovò, e la fece conoscere ai Natura- listi. Abita costantemente ne’ cespugli di cisto, di sondro, giam- mai ne’ luoghi adombrati da alberi. Propagazione. Secondo quel che dice il Barthélemy, que- st’ uccello fabbrica il nido ne’ macchioni bassi e folti di scopa, ginestra, leccio, ec., sempre molto vicino a terra, quasi esclu- sivamente composto di pagliuzze ed erbe secche, e contiene quattro o cinque uova più attondate di quelle della comune Sterpazzola, che son di color bianco-sudicio, macchiettate. Costumi. 42: Famiglia. — PYROPHTALMIDEI. GLi OccHIRossI. Nora. — Formasi questa famiglia de’ Canori che nella Ornito- logia Toscana, cioè fino dal 1827, avevo riuniti nella sezione delle Silvie dumeticole o degli Occhirossì : sezione approvata dal Bona- parte nel 1832, e con la quale il Kanp ed il Leach formarono i ge- neri Shaumodus, Pyrophthalma, Melizophilus. Senza negare che fra la Sylvia melanocephala o Capinera nera, ed i due Occhicotti (Silvia provincialis e Sarda), siavi una qualche differenza più che specifica, siccome, secondo la mia maniera di pensare, questa non è tale nep- pure da caratterizzare un sotto-genere, così seguendo l’esempio di Barthélemy-Lampomerai, ed appoggiato dal parere espresso dal prin- cipe Bonaparte nella sua Iconografia, mantengo l’aggruppamento già fatto da me nel 1827, col convertire la sezione delle Dumeticole nella famiglia de’ Pyrophthalmi; ma lascio sempre unite la Capi- nera nera alle altre specie di Occhirossi nello stesso genere Melizo- philus, stabilito dal Leach fino dal 1816. sadiche î . et è bf ” * be freni PE LR gg <2 = Po IF ‘4 498 ORDINE SECONDO. 42° Genere. — MELIZOPHILUS. Leach. Becco subeguale alla testa, subulato, leggermente compresso, leggerissimamente intaccato. Narici basilari. Palpebre o nude o guarnite di papille. Fascia sopraccigliare nulla. Tarso più lungo dell’ apertura del becco ; vestito di più squame. Coda lunga, fortemente graduata, coperta solo alla base dall’ estremità delle ali, scuro-nera, con le timoniere esterne marginate di bianco. Colore dominante superiormente nerastro o nero- cinereo; inferiormente bianco, o bianco-cinereo sudicio, o vinato mattone. Livrea dei due sessi eguale. Uova color bianco sudicio, macchiettate. Statura minore di quella del Pettirosso. Costumi. — Le specie fino ad ora conosciute di questo genere abitano le parti più meridionali dell’ Europa. Quasi mai si trovano nell’ interno de’ boschî, ma stanno ordinaria- mente negli scopeti, per le fratte, o in quei luoghi ove son de’ macchioni bassi e distanti. Si cibano di bacche, e degl’ in- setti che trovano attaccati alle foglie ed ai rami. Nel tempo degli amori cantano con voce piacevole, ma non molto va- riata. Fanno il nido dentro i macchioni. MAGNANINA. — MELIZOPHILUS PROVINCIALIS. Jenyns ex Gmel. | Superiormente cenerino-cupa ; gola e petto di color rosso-fegatoso (adul- ti), o cenerino-giallastro (giovani); coda lunga, graduata, biancastra esternamente. Maschio adulto in estate. Becco nerastro, con la base della mascella inferiore gialliccia. Iride castagno-rossiccia. Margine delle palpebre nudo e rosso, cinto da un cerchio di penne . UCCELLI SILVANI. 4929 color rosso-fegatoso. Pileo , lati della testa, cervice, dorso, sca- polari e sopraccoda color cenerino-cupo, leggermente ten- dente all’ olivastro sul dorso. Gola, gozzo, petto, fianchi e lati dell'addome d’ un bel color rosso-fegatoso. Parte media dell’ addome bianchiccia. Penne delle ali bruno-nere. Timo- niere nero-lavagna: la prima bianca sul margine esterno ed in cima. Piedi giallastri. Maschio e femmina in inverno. Penne cigliari rossastre. Pileo, cervice, dorso, scapolari e sopraccoda color cenerino- cupo: sul dorso leggermente tendente al rossiccio-castagno. Gola, gozzo, petto, fianchi e lati dell'addome di color rosso- vinato fegatoso. Gola e gozzo finamente striati longitudinal- mente di bianco. Penne delle ali marginate di olivastro-nocciòla. Giovani all’ uscir dal nido. Penne cigliari scuricce. Parti superiori di colore scuro tendente un poco all’ olivastro. Tutte ..le penne delle parti inferiori son cenerino-cupe alla base, giallo-lionate nella cima. Nora. — Nella primavera del 1826 io uccisi in Maremma due Magnanine in quest’abito d’infanzia, il quale non credo sia stato fino ad ora da nessuno descritto. Il padre, con il petto d’ un bel rosso- fegatoso, era insieme con esse e le imbeccava, così che non vi può esser dubbio alcuno sull’ identità della specie. Proporzione delle remiganti. Prima corta, seconda eguale alla decima, quarta la più lunga, terza e quinta subeguale alla quarta. Magnanina, Sylvia provincialis, Temm. Savi, Orn. Tosc., I, p. 264. Sinonima. — Motacilla provincialis, Gmel. S. N. (4788), I, p. 958. — Sylvia d’artfordiensis, Lath. Ind. (1790), II, p. 547. — Melizophilus dartfordiensis, Leach, Syst. Cat. M. and. B. Brit. Mus. (1816), p. 25. — Sylvia ferruginea, Vieill. N. Dict. (1817), XI, p. 218. — Sylvia provincialis, Temm. Man., 1% parte (1820), p. 214, e 3° parte (1835), p. 137. — Curruca provincialis, Boie, Isis (1822), p. 553. — Melizophilus provincialis, Jenyns, Man. Brit. Vert. An. (1835), p. 112. — Thamnodus provincialis, Kaup, Nat. Syst. (1829), p. 109. — Melizophilus provincialis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 490. Figure. — Buff., PI. enl. 655, fig. 1, maschio, sotto il nome di Pitte-chou de Provence. ar to pi: en 430 ORDINE SECONDO. Nomr voLcarI sTRÀNIERI. — Franc. Le Pitte-chou, ou Bec-fin de Provence. Ingl. The DartfordWarbler. Ted. Der Dartforder Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 126; coda, 0", 062; aper- tura del becco, 0m, 013; tarso, 0, 019. Costumi. — Si trova da noi in ogni stagione, benchè giam- mai in grande abbondanza. Essa vive sui colli bassi, ne’ luo- - ghi più caldi e difesi da’ venti, nei mustieti, negli scopicci, e nelle macchie di sondri, filliree, ec., insieme con la Sterpazzo- lina e V Occhiocotto. Neltempo degli amori canta in modo assai simile a quello della Sterpazzolina, ma il suo verso è più corto. Più di questa sta nascosta dentro i macchioni. Non ho mai veduto che cantando si inalzi nell’ aria come la Sterpazzolina. Propagazione. Cova in Toscana; in estate ne ho trovate delle coppie sul Monte Pisano, ne’ mustieti dei poggi posti fra Batignano e Grosseto, e nel maggio del 1826 ne uccisi due in- dividui giovani ed un maschio adulto negli scopeti de’ poggi che cingono il porto di Baratti. Malgrado le ricerche numerose da me fatte in que’ luoghi, fin adesso non mi fu dato il poterne trovare il nido con le uova. Secondo Schinz, essa lo fabbrica ne’ bassi cespugli: ha una forma emisferica, esternamente è composto di radici sottili, con qualche poca lanugine vegetabi- le; internamente è tappezzato tutto di lanugini tanto animali che vegetabili. Le uova son cinque, biancastre, con una gran quantità di piccoli segni bruni. OCCHIOCOTTO SARDO. — MELIZOPHILUS SARDUS. Z. Gerbé ex La Marmora. Superiormente cenerino-cupo ; gola e petto di color cenerino-cupo ; coda lunga, graduata, biancastra esternamente. Maschio. Becco nero, con la base della mascella inferiore giallastra. Pileo, gote, gola e gozzo di color cenerino-nerastro, intenso sulla fronte e vicino agli occhi. Cervice, dorso e so- praccoda cenerino-nerastri. Lati del collo e petto di color più chiaro. Parte media dell’ addome, e inferiore de’ fianchi, leg- ‘ germente colorite di vinato. Ali e coda nerastre: la sola timo- niera esterna marginata di bianco. Femmina. Differisce per i colori generalmente più chiari. PRA: MUTO RREMNAORI 7» dI Sat UCCELLI SILVANI. 431 Solo lo spazio fra il becco e l'occhio è di color nero: tutto il resto è d’ un cenerino fosco. Sotto la tnascella inferiore vi sono alcune pennuzze biancastre.‘ Proporzione delle remiganti. Prima corta, seconda sub- eguale all’ ottava, terza poco più corta della quarta, che è la più lunga. Occhiocotto sardo, Sylvia sarda, La Marmora, Savi, Orn. Tosc., I, p. 266. Sinonimia. — Sylvia sarda, La Marmora, Mem. della R. Accad. di Torino (Mémoire lu le 28 aoùt 1819). — Sylvia sarda, Temm. Man., 4* parte (1820), p. 204, e 3 parte (1835), p. 133. — Curruca sorda, Boie, Isis (1822), p. 553. — Pyrophtalma sarda, Bp. Ucc. Eur. (1842), p. 37. — Melizophilus sardus, Z. Gerbé, Dict. Univ. d’Hist. Nat. (1848), XII, p. 4113. — Melizophilus sardus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 492. Ficure. — Temm. et Laug, PI. col. 24, fig. 2, maschio adulto. Nowmr voLcarI stRANIERI. — Franc. Pitte-chou sarde. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 134 0 0", 135. Costumi. — La Sylvia sarda è una specie molto affine alla Sylvia provincialis, abita gli stessi luoghi, e molto a lei somiglia ne’ costumi, ma bene se ne distingue per la voce: il grido di richiamo della provincialis ha qualche cosa di tronco e di rauco, che non ha quel dell’ altra. Fino adesso non è stata trovata che in Sardegna. OCCHIOCOTTO. — MELIZOPHILUS MELANOCEPHALUS. Cabany. Superiormente cenerino-nero (maschio), o cenerino-rossiccio (femmina); pileo nero (maschio), o del color del dorso (femmina); gola bianca ; coda lunga, graduata, bianca esternamente. Maschio. Becco bruno-nero. Iride scuriccia. Pileo e gote di color nero, che insensibilmente si unisce col cenerino della cervice e di tutte le altre parti superiori. Gola, gozzo, petto, addome e sottocoda bianco-nivei. Lati del petto e fianchi cenerini. Remiganti marginate di cenerino-rossastro. Timoniere nere: la prima esterna bianca esternamente e nella cima; la 1 Temm., Man. d’Ornith., pag. 204, 205. 4392 ORDINE SECONDO. seconda, la terza e la quarta hanno solo una macchia bianca nell’ apice. Piedi scuri. Femmina. Tutte le parti superiori castagno-cenerine, senza che vi sia nessuna varietà di colore sul pileo. Le remiganti e Do le timoniere sono castagno-brune, marginate d’ una tinta più ni chiara: la sola prima timoniera è bianco-sudicia nel margine ci esterno e all’ estremità; la seconda solo un poco nell’ estre- mità. Parti inferiori bianche, leggermente sfumate di vinato. Fianchi castagno-cenerini. Proporzione delle remiganti. Prima corta, seconda uguale all'ottava, quarta la più lunga, terza e quinta subeguali alla È: quarta. Occhiocotto, Sylvia melanocephala, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, 9A Pi2bI da Sinonimia. — Motacilla melanocephala, Gmel. S. N. (1788), I, fi p. 770. — Sylvia melanocephala, Lath. Ind. (1790), II, p. 500. — È Sylvia ruscicola, Vieill. N. Dict. (1817), XI, p. 186. — Sylvia mela- nocephala, Temm. Man., 1 parte (1820), p. 203, e 32 parte (1835), p. 132. — Curruca melanocephala, Boie, Isis. (1822), p. 553. — Pyrophthalma melanocephala, Bp. Ucc. Eur. (1842), p. 37. — Melizophilus melanoceplialus, Cab. Mus. Orn. Hein., pars 42, Osc. (1850-1851), p. 35. Curruca melanocephala, Degl. et Ger. (1867), p. 487. Ficure. — Gould, Birds of Eur., pl. 142. Nomi voLgari Toscani. — Capinera nera, Occhiorosso (Pisano). Nomi voLaari strRANIERI. — Franc. Le Bec-fin mélacéphale. Ted. Der schwarzkOpfiger Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 153; coda, 0, 058; aper- tura del becco, 0, 0415; tarso, 0%, Qi9. Falsamente fu detto da alcuni Naturalisti che le abitudini degli Occhiocotti erano le stesse di quelle delle Ca- pinere. Nulla si somigliano questi due uccelli, nè per i costumi nè per la voce. I primi vivono costantemente fuori de’ boschi d’ alto fusto, ed i terreni coperti di cespugli bassi e folti sono quelli ove sempre sì trovano: così in tutte le stagioni se ne vede un grandissimo numero ne’ bassi e folti macchioni di os- sicedro, sabina, fillirea, sondro, passerina, ramerino, ec., che vestono le collinette o tomboli della nostra spiaggia, e nei mu- Costumi. UCCELLI SILVANI. ‘ 433 stieti o scopeti che sono un poco più dentro terra; ma giammai ne ho trovato alcun individuo stabilito ad una maggior distanza di otto o nove miglia dal mare. In inverno ha un fischio d’ ap- pello particolare: cee cee cee, ce cere ce ce, simile assai a quello d’ alcuni Forapaglie, e che spessissimo ripete con voce fessa e sommessa. In primavera e in estate il maschio canta assai piacevolmente, con verso corto, e con voce non molto squil- lante: allora esce dall’ interno de’ macchioni e si posa sopra uno dei loro rami più elevati e puliti. Propagazione. Il suo nido è emisferico, o bislungo, fatto con pagliuzze intralciate con lana, con spighe di Lagurus ova- tus, ed altri corpi lanuginosi. Lo fabbrica sempre molto basso, circa ottanta centimetri alto da terra, ne’ cespugli di sondro, cisto, fillirea, ec. Contiene quattro o cinque uova bianchicce, punteggiate di scuro-olivastro; questi punti sono in maggior quantità, e disposti a corona, sull’ estremità più ottusa del- l'uovo. Ho trovato un gran uumero di questi nidi lungo la ri- viera delle nostre Maremme. 13° Famiglia. — LATICAUDIDEI. I LaticAUDI. Becco subeguale alla testa, subulato, leggermente compresso; mascella inferiore ‘appena incurvata ed intaccata. Narici quasi basilari. Palpebre pennute. Fascia sopraccigliare poco distinta o incompleta. Tarso poco più lungo dell’ apertura del becco, vestito di più squame. Coda grande, lunga, graduata, unicolore e coperta solo sulla base dalle ali, con timoniere larghe, piane, rotondate in cima. Colore dominante grigio-castagno più o meno acceso. Uova o biancastre macchiate di bruno, o di color rosso-mattone, senza macchie. Statura quasi eguale a quella del Pettirosso. Ornitologia italiana. — I. 28 Sui 434 ORDINE SECONDO. Costumi. — La loro voce è poco bella, abitano nell’ interno de’ boschetti, macchioni e siepi prossime alle acque, o che dalle acque son bagnate, e là entro stanno ostinatamente na- scosti: giammai si vedono sugl’ alberi alti. 43° Genere. — LUSCINIOPSIS. Bp. Prima remigante piccolissima, la seconda è la più lunga di tutte. Timoniere in numero di dieci. Nora. — Questo genere non formasi che d’ una sola specie ita- liana, la quale è ancora migratoria. SALCIAIOLA. — LUSCINIOPSIS LUSCINOIDES. Z. Gerbé ex Savi. Superiormente di color castagno; coda graduata unicolore; parte media della gola e gozzo senza macchie. Becco scuro-nero, con la base della mascella inferiore grigio-carnicina. Iride castagno-giallognola. Parte superiore della testa, cervice, dorso, scapolari, ali e coda color casta- gno-olivastro, senza macchie; ma le penne del groppone e della coda sono striate trasversalmente da fasce parallele fugacissi- me del medesimo colore, solo un poco più intenso. Penne delle gote e delle orecchie bianco-sudice, con lo stelo bianco. Gola e parte media dell’ addome bianche. Lati del collo, parte superiore del petto e fianchi di color lionato-grigio sudicio. Ai lati della gola e nella parte superiore del gozzo qualche volta vi hanno delle piccole macchie cenerine, lanceolate, con la punta rivolta in alto, ora più o meno apparenti; ma la parte media della gola e del gozzo costantemente ne son prive. Coda grande, larga ; timoniere dodici, piane, larghe, molto attondate in cima. Penne del sottocoda del color de’ fianchi, con lo stelo bianco, e l'estremità sfumata di bianco. Piedi color cenerino- SCUro,. Nora. — Le fasce della coda e del groppone son così fugaci, che solo ben si distinguono ad alcune particolari riflessioni di luce. E le macchie de’ lati della gola e del gozzo, come ho detto; variano UCCELLI SILVANI. 435 molto secondo i diversi individui, essendo ora più ora meno, e spesso anche punto visibili: non so a che attribuire questa diver- sità, giacchè l’ ho osservata e ne’giovani e ne’ vecchi, e in quelli presi in primavera, e in quelli presi in autunno, e ne’ maschi e nelle femmine. Proporzione delle remiganti. Prima piccolissima; seconda più lunga di tutte. Salciaiola, Sylvia luscinioides, Savi, Orn. Tosc., I, p. 2170. Sinonimia. — Sylvia luscinioides, Savi N. Gior. Letter. (1824), n° XIV, e (1825), n° XXII — Sylvia luscinioides, Temm. Man., 3* parte (1835), p. 119. — Pseudo-Luscinia Savii, Bp. B. of Eur. (1838), p. 12. — Salicaria luscinioides, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 53. — Lusciniopsis Savii, Bp. Ucc. Eur. (1842), n° 153. — Calamodyta luscinioides, G. B. Gray, Gen. of B. (1844-1846), I, p. 172. — Cettia luscinioides, Z. Gerbé, Dict. Univ. d’ Hist. Nat. (1848), XI, p. 240. — Lusciniola Savii, Bp. Cat. Parzud. (1856); ‘p. 6. — Lusciniopsis luscinicides, Degl. et Ger. (1867), 1, p. 520. Ficure. — Savig. Description de l’Egypte, pl: 13, fig. A4.! — Gould, Birds of Eur., pl. 104. Nomi voLgari stRANIERI. — Franc. Lusciniole lusciniorde. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 158; coda, 0, 067; aper- tura del becco, 0%, 0416; tarso, Om, 019. Nora.-- Quest’ uccello ha una qualche somiglianza con la Sylvia fluviatilis Temm., ed anzi un poco mi tratterrò a ragionare su questa somiglianza, giacché conoscendosi la Sylvia fluviatilis da’ più per la sola descrizione che ne dà Temminck, se si volesse giudicare della mia Sylvia luscinicides paragonandola solo con quella descrizione, non sarebbe facile il distinguere le differenze che separano le due specie, e vi sarebbe anche da crederle identiche. Io stesso quando .mi capitò questa nuova specie, guidato solo dall’ opera di Temminck rimasi indeciso, ma quando, in grazia della gentilezza del signor Schraibers, direttore del Museo imperiale dì Vienna, potei parago- 1 Io avevo già pubblicata da un pezzo la descrizione della Sy/wia luscinioides, quando, essendomi capitata fra mano la bellissima Opera sull’Egitto, vidi nella tavola qui sopra citata una figura esattissima di questo mio uccello, Ma nell’ esemplare che al- lora avevo fra mano mancava il testo concernente quella tavo'a : dopo quel tempo un al. tro esemplare ne ho esaminato, ma ancor quello aveva la stessa mancanza, e fuì assicue rato non esser fino ad ora stata pubblicata la parte che io cercavo. Se la cosa è realmente , così, e che in altri luoghi non sia già data notizia di questa specie, essa allora deve se- guitare a portare il none da mé assegnatole, altrimenti io glielo cambierò, e le darò quello con cui fosse stata da altri indicata prima che da me. 436 ORDINE SECONDO. nare la mia specie dubbia con un individuo della Sylvia luviatilis che egli mi inviò, vidi chiaramente la gran differenza che passa fra l'una e l’altra. La Sylvia Auviatilis adunque, nell’ abito in cui la descrive Temminck nella seconda edizione del Manuel d’Ornithologie, e che è precisamente compagno a quello dell'individuo inviatomi da Vienna, è sempre d’un colore più verde, tanto nelle parti supe- riori che ne' fianchi : le parti inferiori sono di color bianco più puro; più bianche ancora sono le penne del sottocoda; e finalmente, e . questo è il più essenziale carattere di distinzione fra le due specie, la sua gola, il gozzo ed il petto sempre son coperti dagrandi macchie lanceolate di colore olivastro-cupo, mentre nella Sylvia luscinioides queste parti o non hanno alcuna macchia, o ne hanno delle piccolis- sime, e tanto debolmente segnate che appena si vedono; ma sol- tanto sui lati del collo, e sulla parte più alta del petto, e costante- mente la parte media della gola e del gozzo ne sono perfettamente prive. Qualcuno potrebbe supporre che queste differenze dipendessero, o da una diversità di stagione o d’età; ma oltre che l’analogia ci. fa conoscere esser ciò difficile, sapendosi che tutte le Syluîe di que- sta famiglia poco o punto mutano d'’abito nell’invecchiare, o nel mutar della stagione, ciascuno sarà facilmente, credo io, persuaso dell’ impossibilità d’ una tale ipotesi, quando saprà che nel Museo di Pisa esistono degli esemplari di Sylvia luscinioides stati uccisi da me, tanto in primavera quanto in autunno e nel principio del- l’inverno, e che tutti son vestiti nel modo medesimo, e sempre di- versissimi dalla Sylvia fluviatilis; e finalmente che la vera Sylvia fluviatilis mai è stata trovata in Toscana, nonostante che io ne abbia fatte le più esatte ricerche, mentre che, se fosse una varietà della luscinioides, vi si dovrebbe trovare, tanto più che questa non ci è molto rara. ‘ Costumi. — Alla metà d’ aprile si veggono comparire que- sti uccelletti. Allora stanno nascosti ne’ macchioni de’ paduli, e particolarmente in quelle piante di tamarici e salci che son bagnate dall’ acqua. Sono pochissimo paurosi, essendo neces- sario d’ avvicinarvisi molto perchè fuggano di dove sono sta- 1 Affinchè meglio si possano apprezzare i caratteri che distinguono queste due specie, unisco qui la frase comparativa della Sylvia fluviatilis fatta sull’ individuo’ ri- cevuto dal Museo di Vienna. esi LUSCINIOPSIS FLUVIATILIS. Bp. ex Mey. et Wolf. SYLVIA FLUVIATILIS. Meyer. Parti superiori olivastre; coda graduata, unicolore ; seconda remigante la più lunga; gola, gozzo e petto, tutti coperti da larghe macchie lanceolate olivastre. } x catania CAR Ary * sgi È pd cea C. 2: # è it È 24 , » “a UCCELLI SILVANI. 437 biliti. Volano su’ rametti bassi, camminano sulla terra e fra i | vicini cespugli di giupchi, cercando i piccoli vermi e le piccole mosche. Coll’ avanzarsi della stagione o in cars ma nell’ autunno qualcuno di più ne comparisce. Fino adesso non mi è stato possibile di trovarne il nido, benchè sia certo che qua nidificano, giacchè più d’ una volta, nel luglio e nel- l'agosto, ne ho avuti di quelli che da poco tempo erano volati. 44° Genere. — CETTIA. Bp. Prima remigante assai sviluppata, lunga la metà della seconda: quarta e quinta eguali, e ie più lunghe; timoniere in numero di dieci soltanto. Costumi. — Eguali a quelli della Lusciniopsis. A differenza di questa, la Cettia è stazionaria in varie parti d’ Ialia, e non ‘è come quella silenziosa, ma si fa sovente sentire per il fischio squillante. ROSIGNUOLO DI PADULE. — CETTIA ALTISONANS. Bp. Becco scuriccio-carnicino. Tutte le parti superiori d’ un bel color castagno. Lati del collo e del petto cenerini. Penne | cigliari, fascia sopraccigliare, gola, gozzo e parte media del petto e dell'addome di color bianco. Ali e coda di color casta- eno. Timoniere in numero di dieci, ! larghe e piane. Penne del sottocoda castagno-chiare, marginate di bianco. Piedi scuro- carnicini. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre, seconda eguale alla nona, terza poco più corta della quarta, quarta e quinta le più lunghe. Rosignuolo di padule, Sylvia Cetti, La Marmora, Savi, Orn. Tosc., I, p. 273. Sinonima. — Sylvia Cetti, La Marmora, Mem. della R. Acc. di Torino (1820), XXV, p. 254. — Sylvia Cetti, Temm. Man., 1% parte (1820), p. 194, e 3* parte (1835), p. 118. — Sylvia platura, Vieill. 1 Questo bel carattere, che facilita tanto la distinzione della Sy/wia Cetti dalla ffu- viatilis e dalla luscinioides, con le quali a prima vista si potrebbe confondere, non sono stato io il primo ad osservarlo : fu il prof. Bonelli di Torino. Re i ese 438 ORDINE SECONDO. Encyc. Meth. (1820), p. 466. — Calamoherpe Cetti, Boie, Isis (1822), p. 552. — Poramodus Cetti, Kaup. Nat. Syst. (1829), p.129.— Cettia altisonans et sericea, Bp. B. of Eur. (1838), p. 11, 12. — Salicaria Cetti, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 55. — Calamolyta Cetti et sericca, G. B. Gray. Gen. of Birds (1844-1849), n°8 16 e 417. — Ceitia Cotti, Degl. Orn. Eur. (4849), I, p. 578. — Bradypterus Cetti, Cab. Mus, Orn. Hein., pars. Osc. (1850-1851), p. 43. — Cettia Ceti, Degl. et Ger. (1867), I, p. 524. — Usignolo di fiume, Cetti, Uccelli della Sardegna. * Ficure. — Buff., PI. enl. 635, fig. 2, sotto il nome di Bouscarle de Provence. — Z. Gerbé, Mag. de Zool. (1840), p. 24, maschio. Nomi voLcari Toscani. — Occhiorosso (Pisano). Nomi voLgari stRANnIERI. — Franc. Bouscarle. Ted. Der Cettischer Scnger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 122; coda, 0%, 051; aper- tura del becco, 0%, 017; tarso, 0%, 0149. Costumi. Abita nelle siepi, ne’ boschetti di salci, on- tani, ec., che crescono lungo i fiumi, o nei luoghi bassi e palu- dosi. E raro che esca fuori de’ folti macchioni ove sta nascosto, ma facilmente conoscesi la sua presenza dal fischio cic-ciàdà, cic-ciàà chiaro e forte con cui li fa risonare. Vola come i Yo- rapaglie, e come questi sempre scaletta i rami e le cannelle. Mai non abbandona i nostri piani. Propagazione. Fabbrica il nido ne’ macchioni poco lontani dall’ acqua, all’ altezza di circa trenta centimetri da terra. Que- sto nido è emisferico, con la parete esterna molto grossa, for- mata di paglie e fusti di piante erbacee disseccate e mezze decomposte, perciò molto leggiere e pieghevoli. La parete in- terna è di paglie più fini e di crino, con pochissime penne. Le uova son subglobose, d’ un bel colore rosso-cupo un poco tendente al rosso-mattone, senza alcuna macchia. Fa la prima covata verso la metà di maggio. 14° Famiglia. — PALUDICOLIDEI. I Forapague. Apertura del becco più corta della testa, becco sot- tile, subulato, diritto, leggermente compresso; mascella superiore diritta, non intaccata. 1 (4776), p. 216. UCCELLI SILVANI. 439 Narici quasi basilari. Palpebre pennute. Fascia sopraccigliare assai lunga, ben distinta, com- pleta. Tarso più lungo dell’ apertura del becco, vestito da più squame. Coda mediocre, graduata, con timoniere attondate o attondato-acuminate. Colori dominanti sul dorso: giallo-scuro, o giallo-oli- vastro, 0 castagno, con macchie allungate longi- tudinali nere. Uova: o bianco-celestognole o cenerognole, cene- rognolo-fulvicce o verdastre, macchiettate e pun- teggiate. Statura minore di quella del Pettirosso. Costumi. — Non vivono i Forapaglie che in prossimità delle acque. Alcuni dimorano fra le paglie e le cannelle de’ pa- duli, altri ne’ cespugli di giunchi da,cui son circondati gli sta- eni, Si cibano tutti degli insetti che in tanta abbondanza vivono ne’ luoghi umidi, e nessuno, o solo per.caso, mangia de’ frutti. Eccettuate le Locustelle, han 1’ abitudine di salire e scendere sui culmi perpendicolari delle cannelle, e delle altre piante acqua- tiche; non sono molto solleciti a prendere il volo, e quando sono entrati in qualche cespuglio, ostinatissimamente vi stanno nascosti. Non cantano in versi, ma solo hanno una voce forte e monotona, priva di modulazioni. Costruiscono il nido molto industriosamente, che ha l’ apertura dalla parte superiore. Vi è poco o punto di differenza fra il maschio e la femmina, l’adultose il giovane. Varie specie emigrano da uno a un altro Continente. 45° Genere. — CALAMODYTA. Mey. et Wolf. Prima remigante (penna spuria) cortissima e stretta; seconda subeguale alla terza, che è la più lunga. Timoniere piuttosto ristrette, con apice subacuto. 440 ORDINE SECONDO. Fascia sopraccigliare che s’ estende dal becco al di là della nuca. Color delle parti superiori: o giallo-lionate, o lionato— olivastre, macchiate di nero. Veste di penne piuttosto strettamente applicata sul corpo. FORAPAGLIE. — CALAMODYTA PHRAGMITIS. Mey. et Wolf. ex Bechst. Dorso lionato-olivastro, macchiato di nerastro; pileo nero, macchiato di lionato-olivastro; fascia sopraccigliare ceciata ; timoniere unicolori ; seconda remigante subeguale alla terza, che è la più lunga. Adulti. Becco nerastro, con la base della mascella- infe- riore gialla. Interno della bocca d’ un bel color giallo-croceo. Fascia sopraccigliare larga, di color ceciato. Penne del pileo nere, marginate di lionato-olivastro. Penne della cervice, della schiena e scapolari lionato-olivastre, nerastre nel mezzo. Grop- pone e sopraccoda di color lionato-olivastro vivace. Lati del collo e petto ceciato-olivastri. Penne della base dell’ addome lionate; gola, gozzo, addome .e penne del sottocoda di color bianco leggermente ceciato. Penne delle ali e timoniere nero- olivastre, marginate di olivastro-lionato. Piedi cenerino-oli- vastri. Giovani dell’ anno. Hanno un margine più largo alle penne del vertice, le macchie nere della schiena più visibili, i colori chiari un poco più tendenti al fulvo, ed il petto asperso di piccole macchiette lanceolate, bruno-cenerine. Proporzione delle remiganti. Prima molto piccola; seconda subeguale alla terza, che è la più lunga. Forapaglie, Sylvia phragmitis, Bechst. Savi, Orn. Tosc., I, p. 275. Sinonimia. — Sylvia phragmitis, Bechst. Nat. Deutsch. (1807), III, p. 635. — Calamodyta phragmitis, Mey. et Wolf. Tasch. Deutsch, (1810-1822), I, p. 234. — Muscipeta phragmitis, Koch, Baier. Zool. (1816), I, p. 163.— Sylvia schoenoboenus, Vieill. nec. Scop. N. Dict. (1817), XI, p. 196. — Acroc:phalus phragmitis, Naum. Vòg. Deutsch. (1849), p. 202. — Sylvia phragmitis, Temm. Man., 4* parte (1820), UCCELLI SILVANI. 441 p. 189, e 3* parte (1835), p. 115. — Calamoherpe phragmitis, Boie, Isis (1822), p. 552. — Calamodus phragmitis, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 116. — Salicaria phragmitis, Selby, Brit. Orn. (1833), I, p. 201. — Calamodyta phragmitis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 533. Figure. — Gould, Birds of. Eur., pl. 110. Nomi voLGaRI stRANIERI. — Franc. Le Bec-fin phragmite. Ing]. The Sedge Warbler. Ted. Der Schilf-Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale : 0", 124; coda, 0", 048; aper- tura del becco, 0", 015; tarso, 0%, 019. Costumi. — Abita sempre nell’ interno de’ giunchi e de’ pa- glioni. Nel settembre è molto comune, ma ai primi d’ ottobre parte, e non torna che nell’ aprile: allora, fino a che i paduli non siano rivestiti d’ erbe, si ritira ne’ campi di grano. Questa specie, come la seguente, nell’ autunno diviene grassissima, co- . sicchè è uno de’ più pregevoli uccelletti per farli arrosto. . Propagazione. Nidifica sulla terra, fra le cannelle e fra i giunchi. Il nido è fatto con foglie secche di gramigna e borrac- cina: internamente foderato da poche penne. Le uova son quattro o cinque, giallastre, punteggiate finamente di più cupo, eccettuata bensì l’ estremità più ottusa. Io non l’ho inai tro- vato. PAGLIAROLO. — CALAMODYTA AQUATICA. Bp. Dorso giallo e nero; pileo nero, con una fascia media longitudinale gialla ; fascia sopraccigliare gialla; timoniere unicolorij seconda remigante subeguale alla terza, che è la più lunga. Becco nero superiormente, giallastro inferiormente. Iride castagno-cupa. Fascia sopraccigliare ceciata; un’ altra dello stesso colore scorre longitudinalmente sul pileo, partendo dalla ‘base del becco:i due spazii intercettati da queste tre fasce sono d’ un bel color nero. Penne della cervice, della schiena e sca- polari giallo-lionate, con una bella macchia nera e bislunga sul mezzo; penne del groppone e del sopraccoda colorite nello stesso modo, ma col color giallo più acceso. Lati del collo, fianchi e petto color giallo-lionato. Gola quasi bianca. Gozzo, parte media dell'addome e sottocoda ceciati. Penne delle ali nere, marginate di ceciato-lionato. Timoniere ristrette, ap- puntate. Piedi giallo-carnicini. nà Lutr 449 ORDINE SECONDO, Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda e terza uguali e le più lunghe. Pagliarolo, Sylvia aquatica, Lath. Savi, Orn. Tosc., T, p. 2177. Sinonimia. — Sylvia schoenoboenus, Scop. Ann. I, Hist. Nat. (1768). — Sylvia aquatica, Lath. Ind. (1790), II, p.510. — Sylvia sali- caria, Bechst. Nat. Deutsch. (1807), IIT, p.625. — Muscîpeta salicaria, Koch, Baier. Zool. (1816), I, p. 163. — Sylvia paludicola, Vieill. N. Dict. (1817), XI, p. 202. — Sylvia striata, Brehm. Beitr. (1820), II, p. 286. — Sylvia aquatica, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 188, e 3* parte (1835), p. 114. — Sylvia cariceti, Naum. Vog. Deutsch. (1823-1844), III, p. 668; pl. 82, fig. 4 et 5. — Calamodyta cariceti et schoenoboenus, Bp. B. of Eur. (1838), p. 12. — Salicaria aquatica, Keys. et. Blas. Wirbelth. (1840), p. 54. — Calamodyta aquatica, Bp. Ucc. Eur. (1842). — Calamodus salicarius, Caban. Mus. Orn. Hein., pars. 1, Osc. (1850-1851), p. 59. — Calamodyla aquatica, Decl. È: Ger. (1867), I, p. 535. Ficure, — Gould, Birds of Eur., pl. Ma, NoMI VOLGARI STRANIERI. — Eouc La Fauvette des marais. Ing]. The aquatic Warbler. Ted. Der Binsen-Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 117; coda, 0%, 048; aper- tura del becco, 0”, 150; tarso, 0%, 022. Costumi. — Nell'agosto, settembre, ed anche ne’ primi d’ ottobre, si trova un’ immensa quantità di questi uccellini nei paduli e stagni ove sono molte erbe, cioè salafolicchie (caricò), cannelle (Arundo phragmitis). Volano di canna in canna, sal- gono e scendono di continuo obliquamente sopra di queste e su’ giunchi, beccando gl’ insetti e spesso per cercarli si posano anche sull’ erba bassa che veste i margini di questi paduli. In quel tempo son grassi in modo che han perso quasi le forme, e che appena posson volare, per lo che buonissimi sono a man- giarsi, per il sapore, eguagliando gli Ortolani stati in serbatoio. Nell’ inverno spariscono tutti. Caccia. L’ abitudine loro è di stare costantemente fra le erbe alte, pochissimi ne restan presi agli archetti, e la caccia più fruttuosa che se ne fa, è col fucile di piccola portata (a schiz- etto), caricato con munizione sottile. Propagazione. Credo che nidifichino in Toscana, ma il loro nido non 1’ ho mai potuto vedere. Il nido ha la forma emisfe- rica, trovasi in mezzo alle erbe alte, e contiene quattro o cin- UCCELLI SILVANI. 443 que uova grigio-nere lustre, picchiettate di grigio e di oli- vastro. 46° Genere. — LOCUSTELLA. Kaup. Prima remigante breve e stretta; seconda moltis- simo più lunga, subeguale alla terza, che è la più lunga. Timoniere mediocremente larghe, elittico-acute nella cima, Fascia sopraccigliare che estendesi solo dall'occhio alla regione auricolare : poco distinta. Veste di penne piuttosto strettamente applicata sul COrpo. Color dominante delle parti superiori grigio-olivastro, macchiato di nero. FORAPAGLIE MACCHIETTATO. — LOCUSTELLA LANCEOLATA. Bp. ex Temm. Parti superiori olivastre macchiate di nero. Timoniere unicolori. Becco gialliccio-carnicino, con la parte superiore nerastra. Penne di tutte le parti superiori olivastre, con una macchia nera rotondata nel mezzo. Lati del collo e petto di color giallo un poco ceciato. Fianchi color d’ oliva un poco tendente al lionato. Gola, gozzo e addome bianchi: le penne della base del gozzo hanno nella lor parte media una macchiolina rotonda cenerino-cupa. Remiganti e timoniere nerastre, marginate d’olivastro. Timoniere larghe, piuttosto rotondate in cima. Piedi carnicino-olivastri. Proporzione delle remiganti. Prima piccola; seconda poco più corta della terza, che è la più lunga. l'‘orapaglie macchiettato, Sylvia locustella, Lath. Savi, Orn. Tose., I; p. 278. Sinonima. — Sylvia locustella, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 184, 3° parte (1835), p. 112, e 4* parte (1840), p. 614. — Cisti- siae Ri pe ded Be n ir PALTITA lr % : , . n » Ll LAI Le i È LALA ORDINE SECONDO. cola lanceolata, Durazzo, Uccelli Liguri (1840), p. 35. — Salicaria lanceolata, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 30. — Calamodyla lanceo- lata, Bp. C. Gen. Av. (1850), p. 287. — Locustella lanceolata, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 6. — Locustella lanceolata, Degl. et Ger. . (4867), I, p. 531. Ficure. — Vieill., Ornith. Franc., num. 581, fig. 3. — Schinz, Hist. Nat. des nids., 7, pl. 18. | Nomi voLgarI strANIERI. — Franc. Le Bec-fin locustelle. Ingl. The Grashopper Warbler. Ted. Der Heuschrecken-Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 139; coda, 0%, 058; aper- tura del becco, 0%, 013; tarso, 0m, 021. Costumi. — Questa specie è per noi una delle più rare, e non so che in Toscana ne siano stati trovati altri individui che quello conservato nel Museo di Pisa. L’ uccisi nel padule d’ Arnino nel settembre del 1823: era in un boschetto. di ta- marici. Propagazione. Il suo nido non lo conosco. Schinz dice che lo fabbrica con fili d’ erba e sostanze cotonose, dentro i grandi macchioni di piante spinose, a poca altezza da terra. Le uova son verde-mare chiaro, coperte da piccole linee e punti oliva- stri e cenerini. 47° Genere. — AMNICOLA. Z. Gerbé. Prima remigante (o penna spuria) breve e stretta, più corta assai della seconda, questa più corta della terza ; terza più corta della quarta ; quarta subeguale alla quinta, che è la più lunga. Timoniere piuttosto larghe, spianate, attondate al- l'apice. Fascia sopraccigliare che estendesi dal becco alla nuca. Colore delle parti superiori grigio-castagno, macchiato ‘dinero. Veste pennuta soffice. UCCELLI SILVANI,. 445 FORAPAGLIE CASTAGNOLO. AMNICOLA MELANOPOGON. Z. Gerbé ex Temm. Dorso castagno e nerastro ; pileo nero; fascia sopraccigliare bianca; timo- niere unicolori. Becco nero. Pileo nero con qualche sottile stria castagna. Cervice, groppone e sopraccoda di color baio-castagno. Fascia sopraccigliare di color bianco leggermente tinto di castagno. Penne della schiena, scapolari e cuopritrici delle ali dello stesso colore, con una fascia nera longitudinale sulla parte media. Gola, gozzo e parte media dell’ addome bianchi. Lati del collo, petto e fianchi di color bianco-castagno chiaro. Le penne della parte media del petto hanno una piccola stria scura sullo stelo. Remiganti e timoniere nere, marginate di ca- stagno. Piedi nerastri. Proporzione delle remiganti. Prima corta, seconda più corta della terza, terza poco più corta della quarta, quarta subeguale alla quinta e la più lunga. Forapaglie castagnolo, Sylvia melanopogon, Temm. Savi, Orn. NOsci I Pa279: 1 Sinonimia. — Sylvia melanopogon, Temm. Man., 3° parte (1838), p. 121.— Calamodyta melanopogon, Bp. B. of Eur. (1838), p. 12. — Salicaria melanopogon, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 53. — Lu- sciniola melanopogon, G. B. Gray, List. of the Gen. of B. (1841), p. 28. — Cettia melanopogon, Z. Gerbé, Dict. Univ. d° Hist. Nat. (1848), XI, p. 240. — Amnicola melanopogon, Degl. et Ger. (1867), I, p. 527. Ficure. — Temm. et Long., PI. col. 245, fig. 2. Nomi voLGarI stTRANIERI. — Franc. Amnicole è moustaches noires. Dimensioni. — Lunghezza totale: 01m, 136; coda, om, 048; aper- bura del becco, 0%, 016; tarso, 0, 019. Costumi. — Quest’ uccello fu ben conosciuto solo verso il 1835. È proprio dell’ Europa meridionale, ed è stato trovato in Italia, compresa la Sicilia, e nella Provenza. La Toscana è la provincia, ove per la prima volta fu veduto dagli Ornitologi. Arriva, per il solito, verso il principio dell’ inverno, ed in pri- mavera quasi sempre qualcuno se ne trova: ma il suo passo, . $ ADI 44.6 ORDINE SECONDO. per quel che sembra, non è molto regolare. Poco io so dei suoi costumi. Quelli che ho uccisi volavano fra le cannelle e saltavano nei macchioni di tamarici. Propagazione. Secondo il signor Lebrun, che ne trovò un nido nelle vicinanze di Montpellier, lo fabbrica nei cespugli, ma lo forma di terra, e vi deposita quattro o cinque uova, color bianco-celestognolo, con punti scuri sull’ estremità più grossa. 15° Famiglia. — CISTICOLIDEI. I BeccAmoscami. Becco con apertura più corta della testa, appena in- taccato, leggerissimamente curvato. Narici basilari. Palpebre pennute. Fascia sopraccigliare ristretta o nulla. Tarso un poco più lungo dell’ apertura del becco, vestito di più squame. Coda fortissimamente graduata. Timoniere attondate nella cima, la quale è più larga della loro base, colorite di nerastro e grigio-Tug- gine, con macchia nera o bianca alla cima. Livrea ne’ due sessi eguale. Colori dominanti: nelle parti superiori, rugginoso- fulvo con macchie nere, nelle inferiori biancastrò- rugginoso scuriccio. Statura del Lu, 48° Genere. — CISTICOLA. Lesson. Becco più corto della testa, leggermente arcuato in cima, compresso, non intaccato. Fascia sopraccigliare ristretta. Ali che oltrepassano di poco l’ origine della coda. Timoniere nere in cima, marginate di bianco. Parti superiori macchiate longitudinalmente di nero- lionato; inferiori biancastre. UCCELLI SILVANI. 447 BECCAMOSCHINO. — CISTICOLA SCHOENICOLA. Bp. Dorso giallo-lionato e nero; timoniere inferiormente cenerine, con una macchia nera verso la cima, e terminate di biancastro; seconda re- migante assai più corta della quinta, che è la più lunga. Becco bruno-nero di sopra, giallastro disotto. Penne del pileo un poco più lunghe delle altre. Le penne della schiena, le cuopritrici delle ali e del sopraccoda sono nere nel mezzo, col margine giallo-lionato. Cervice giallo-lionata scuriccia. Go- la, gozzo e parte media dell’ addome bianco-candidi. Petto giallo-lionato chiaro. Fianchi e sottocoda di questo stesso co- lore, ma un poco più intenso. Groppone lionato. Remiganti bruno-nerastre marginate di lionato. Timoniere superiormente bruno-nere marginate di giallastro : inferiormente cenerine, con una macchia nera ben limitata posta un poco avanti l’ apice: Io spazio compreso fra questo e la macchia nera è di color bianco-grigio. Piedi giallo-carnicini chiari. Femmina. Fuori del tempo degli amori non v° è differenza veruna fra i due sessi, ma in quell’ epoca è facile conoscerli per il colore della parte interna della bocca. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre, seconda eguale alla nona, terza subeguale alla quarta, quinta poco più lunga della quarta e la maggiore. Beccamoschino, Sylvia cisticola, Temm. Sayi, Orn. Tosc., I. p. 280. Sinonimia. — Sylvia cisticola, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 228, e 3* parte (1835), p. 123. — Cisticola schoenicola, Bp. B. of Eur. (1838), p. 12. — Salicaria cisticola, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p.55.— Drymocia cisticola, G. B. Gray. Gen. of B. (1844-1846), n° 49. — Gisticola schoenicola, Degl. et Ger. (1867), I, p. 537. Ficure. — Temm. et Laug., PI. col. 6, fig. 3 Nomi voLcarI Toscani. — Beccamoschino o Tintì (Pisano). NomI voLGARI sTRANIERI. — Franc. Le Bec-fin cisticole. Ted. Der Cisten-Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0©, 097; coda, 0", 037; aper- tura del becco, 0", 013; tarso, 0%, 019, Nora. — Da Temminck, e da altri Ornitologi che lo hanno imi- tato, questa Sylvia è stata posta nella sezione delle Muscivore, CA SE, 6; ar Ma Er Ma , ' ’ : 448 ORDINE SECONDO. ossia nella mia famiglia de’ Lut: ma essa era mal collocata. La sua coda graduata, le ali corte e rotonde, il vivere vicino all'acqua, il modo con cui costruisce il nido, sono appunto i caratteri che distin- guono i Forapaglie, e che non si riscontrano mai in alcun Lut. Costumi. — In tutti i luoghi palustri, coperti di giunchi e d’ erbe alte, trovasi il Beccamoschino nelle nostre pianure to- scane e nelle altre parti dell’ Italia meridionale. Quando è fer- mo, di rado si vede, perchè sta nascosto nell’ interno de’ ce- spugli o fra l’ erbe; ma ordinariamente, dopo esser rimasto per due o tre minuti a saltellare fra i rami delle tamarici, prunbianchi, spincervini, ec., o a scorrere sopra le foglie di siunchi, cannelle e ciperi, beccando i piccoli insetti, s’ inalza nell’ aria, e dopo che volando si è trattenuto per un piccol tempo alla medesima altezza, cala di nuovo a nascondersi den- tro qualche altro cespuglio. Il suo volo non è unito nè rettili- neo, ma risulta dalla riunione di molte curve guardanti con la loro concavità in alto, curve che sono eguali in numero a’ colpi d’ ale dati dall’ uccello. Volando, per il solito, manda un fischio acuto e forte, che sentesi anche ad una distanza assai grande, e che in qualche maniera si può imitare con la sillaba cein, facendo appena sentire la prima lettera c, e l’ultima 7, nel pronunziarla. Eccettuando il forte dell’ inverno, trovasi sempre fra noi: nell’ estate e nell’ autunno abita esclusivamente i pa- duli e le giuncaie; ma in primavera quando ricomparisce, e che trova questi luoghi affatto desolati e spogliati di qualunque pianta dalle burrasche e dai ghiacci dell’ inverno , allora va ad abitare provvisoriamente le erbe alte dei prati, e i campi de' ce- gen Propagazione. Il nido di questo interessantissimo uccel- letto non era conosciuto prima del 1823, epoca nella quale per il primo ne pubblicai la descrizione in una Memoria sulla Sylvia cisticola o Beccamoschino, inserita nel tomo VI del Nuovo Giornale dei Letterati. Le Cisticole cominciano a fabbricare il nido per la prima covata in aprile. L’ ultima covata la fanno nell'agosto, e qualche anno ancora nel settembre. Il nido è sempre posto trenta centimetri circa, alto da terra, entro un cespuglio di piante graminacee, o di salicchio, o di cannelle. Le foglie o culmi di queste piante ne costituiscono l’ esterna UCCELLI SILVANI. 44.9 parete, essendo collegate insieme; e quelle che dovrebbero passare per il luogo occupato dal nido medesimo, avanti d’ ar- rivarvi, sono state curvate una o due volte, in modo da fare delle ripiegature tali che con il loro intersecamento ne for- mino la parete inferiore. È poi ammirabilissimo il modo con cui tutte queste foglie sono insieme collegate: non v’ è niente d’ intralciato come negli altri nidi, ma esse sono unite insieme da vere cuciture. Nel margine di ciascuna foglia l’uccelletto fa col becco delle piccole aperture, attraverso alle quali passa uno o più cordoncini formati con tela di ragno, con chiome de’ semi d’ asclepiadee, d’ epilobi, di pappi, di singenesie, ec. Questi cordoncini non son molto lunghi, e bastano solo per passare due o tre volte da una foglia all’ altra: son disuguali in grossezza, ed han de’ gruppetti sparsi in qua e in là che paiono nodi. La parte interna del nido è fatta con sole lanu- gini, quasi tutte vegetabili. I nidi costruiti in aprile son sempre fatti più grossolanamente, giacchè allora mancano a’ Beccamo- schini i materiali necessari per fabbricarli con la solidità e l’ eleganza di quei dell’agosto. Le uova son quattro o sei per covata, di color bianco, ora tendente al carnicino, ora al cele- stognolo. %; 416° Famiglia. — CALAMOERPIDEI. I Beccmerossi. Apertura del becco più corta della testa. Becco subtetragono, conico-subulato, subcompresso verso la cima. Mascella superiore leggerissimamente arcuata, ap- pena intaccata. Narici aperte oltre il primo terzo del becco. Palpebre pennute. Fascia sopraccigliare ristretta, di color bianco-sudicio. Tarsi subeguali all’ apertura del becco, vestito da po- che squame mediocri, subrotondate, unicolori. Colori dominanti: nelle parti superiori scuriccio, oli- vastro-grigio; nelle inferiori biancastro, o giallo- Ornitologia italiana. — I. 29 450 ORDINE SECONDO. chiaro, senza macchie, o con macchiuzze bi- slunghe. Statura: una sola specie è della grossezza d'un Tordo sassello; le altre più piccole d’ un Pettirosso. Uova: o celestognole, o grigio-brune, o rosso-car- nee macchiate di scuro. Nora. — Gli uccelli compresi in questa famiglia attualmente dal maggior numero degli Ornitologi dividonsi in tre generi: uno formato con la Sylvia turdoides Linn.; l’altro con l’arundinacea e la palustris; il terzo con l’ Hyppolais. Forse sarebbe giusto il porre in un gruppo distinto la (urdoides, avendo statura maggiore di quella delle altre specie che ad essa ho riunito, ed il suo becco essendo un . poco meno diritto. Ma siccome queste differenze non consistono che in gradazioni, e di più, siccome i caratteri essenziali tolti dallà strut- tura della coda e delle ali, nonchè dalla colorazione, sono identici, come simili sono i loro costumi, perciò le lascio riunite in un sol genere, seguendo così l’ esempio del Boie e del Degland. % quasi punto in- taccato, subtetragono, piuttosto largo specialmente alla base. Fascia sopraccigliare ristretta, biancastro-sudicia. Coda subrotondata. Timoniere rotondate in cima, o rotondato-cuneate. Tarso più lungo dell'apertura del becco, vestito di ‘ più squame. Nora.— I caratteri che ho adoprati per questo e per il seguente , genere a prima vista sembrano di piccola importanza, e, senza una conveniente attenzione, a fatica serviranno per distinguere le poche specie che qui son riunite da quelle del genere seguente, dal quale per altro perfettamente differiscono nei costumi. Ma, per quanta cura abbia impiegata ad esaminare questi uccelli, non mi è stato possi- bile il trovare in essi caratteri comuni di maggior rilievo, benchè — dal loro portamento e da’ loro costumi si veda facilmente quanta po AO. VISI at A RT ba Ki bela. lati i $i Tal vu Par | MTA E A pu IRE CSI L) Me 000, tn g "i 3% à WA mex #1 sit gt si ni PMT 4 o - di de 4 3 e ca a E ani Ta VERTE ai . ‘ pre 4 7 DI " » A f UCCELLI SILVANI. 451 affinità abbian fra loro e quanto dagli altri diversifichino. Di più, ‘ mi era indispensabile lo stabilire questo genere per impedire che, mediante le specie in esso comprese, cioè quelle delle Sylvie paludicolae, non si unissero con le Sylwvicolae, nè con le Muscivorae. Ma io qui lo ripeto : la naturalezza della tribù de Passerace? canori d’ Europa è così grande, son tanto numerosi i punti di somiglianza fra l’ uno e l’ altro dei generi, dai quali componesi, che è cosa diffici- lissima, se non impossibile, il classare queste specie con tutta la chiarezza e precisione desiderabili. CANNARECCIONE. — CALAMOHERPE TURDOIDES. Boie ex Meyer. Parti superiori grigio-olivastre rugginose, inferiori bianco-ceciate; se- conda, terza e quarta remigante le più lunghe; statura poco minore di quella dello Storno. Becco grosso, scuro-nero in cima, giallastro alla base della mascella inferiore. Parti superiori grigio-olivastre ruggi- nose. Groppone di colore un poco più vivace. Parti inferiori e fascia sopraccigliare color bianco-ceciato sudicio. Remiganti e timoniere nero-giallicce scure. Piedi cenerino-olivastri. Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda poco più corta della terza, che è la più lunga. Cannareccione, Sylvia turdoides, Meyer, Savi, Orn. Tosc., I, p. 284. Sinonimia. — Turdus arundinaceus, Linn. S. N. (1766), I, p. 296. — Sylvia turdoides, Meyer, Vég. Liv. und. Estl. (1815), p.116.— Sylvia turdoides, 'Temm. Man., Aa parte (1820), p. 118, e 3* parte (1835), p. 109. — Calamoherpe turdoides, Boie, Isis (1822), p. 552. — . Arundinaceus turdoides, Less. Ornith. (1831), p. 419. — Salicaria turdoides, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 53. — Acrocephalus arundinaceus, G. R. Gray, List. of the Gen. of B. (1841), p. 28. — Salicaria turdina, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 27. — Calamoherpe turdoides, Degl. et. Ger. (1867), I, p. 515. Figure. — Buff., PI. enl. 513. — Calamoherpe turdoides, Eu- genio Bettoni, Uccelli che nidilicano in Lombardia (1868-1870), vol. I, tav. 2. Nomi voLcarI Toscani. — Cannareccione (Bientinese). Cannaiola (Valdichiana). 452 ORDINE SECONDO. Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. La Rausserolle. Ingl. The red Thrush. Ted. Der Rohrdrossel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 199; coda, 0%, 067; aper- tura del becco, 0%, 021; tarso, 0%, 029. Costumi. — Nella buona stagione si trova il Cannareccione in gran quantità ne’ paduli, fra le cannelle alte e le erbe. Alla fine di aprile arriva da noi; ed in Toscana sempre ne ho tro- vato nella buona stagione una notevole quantità stabilita nelle paglie che sono avanti la stazione del paese di Porcari, lungo la via ferrata da Lucca a Pescia; e nell’ agosto, e ancora più tardi, riparte per andare a svernare al di là del mare. Secondo il Bettoni, vive particolarmente di donaste, ed in ispecie di quelle della Ninfea. Ha una voce forte e squillante, che fa quasi sem- pre sentire. Qualche volta si stabilisce anche ne’ cespugli che pendono sulle correnti dei fiumi. i Propagazione. Il suo nido è con grand’ arte intessuto fra le cannelle: ordinariamente quattro di queste passano nell’ in- terno delle sue parett e lo sostengono come colonne. È for- mato con paglie, scorze e fili d’erbe acquatiche : ha il fondo molto alto e forfé. Le uova, che sono quattro o cinque per covata, hanno/un bel colore celestognolo, e sono macchiate molto ed irregolarmente di scuro, 7 BECCAFICO DI PADULE. — CALAMOHERPE ARUNDINACEA. Boe ex Gmel. Parti superiori olivastro-rugginose grigie , inferiori bianco-ceciate; secon- da, terza e quarta remigante le più lunghe ; statura d’' un Beccafico, Becco superiormente nerastro, inferiormente bruno-gial- lastro. Parti superiori di color grigio-olivastro rugginoso. Parti inferiori di color bianco tendente leggermente al lionato. Penne | cigliari, de’ fianchi e sottocoda color bianco-lionato. Fascia sopraccigliare di questo stesso colore, ma appena visibile. Re- miganti e timoniere cenericcio-brune. Piedi cenerino-gialla- stri. Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda poco più corta della terza, terza più lunga di tutte. | bi N Bia UCCELLI SILVANI. 453 Beccafico di padule, Sylvia arundinacea, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 285. Sinonimia. — Motacilla arundinacea, Gmel. S. N. (1788), I, p. 992. — Sylvia arundinacea, Lath. Ind. (1790), II, p. 510. — Sylvia strepera, Vieill. N. Dict. (1817). II, p. 182. — Acrocephalus arundinaceus, Naum. Vòg. (1819), p. 201. — Sylvia arundinacea, Temm. Man., 4a parte (1820), p. 191, e 3° parte (1835), p. 113. — \ Calamoherpe arundinacea, Boie, Isis (1822), p. 972. — Salicaria . arundinacea, Selby. Brit. Ornith. (1833), I, p. 203. — Sylvia affinis, Hardy, Ann. de l’ Assoc. Norm. (1841). — Calamodyta strepera, G.R. Gray, Gen. of B. (1844-1846), I, p. 172. — Calamoherpe obscu- rocapilla, Dubois, in Cabanis, Journ. Ornith. (1856), p. 240. — Cala- moherpe arundinacea, Degl. et Ger. (1867), T, p. 516. Ficure. — Beccifico di padule grigio, Gerini, Storia degli Uccelli (1767), tav. 394, fig. 4A. — P. Roux, Ornith. Prov., pl. 227. — Gould, Birds of Eur., pl.109. — Calamoherpe arundinacea, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1863-1870), vol. I, tav. 10. Nomr voLGari. STRANIERI, — Franc. La Verderolle. Ted. Der Sumpf- Stinger. fnanst LA Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%,429; coda, 0%, 051; aper- tura del becco, 0”, 017; tarso, 0”, 019. Costumi. — È molto comune nelle nostre pianure umide: vive costantemente nel più folto delle canne, de’salci e dei macchioni prossimi all'acqua. Alla fine d’ ottobre sparisce per ritornare in primavera. Propagazione. Credo che nidifichi fra noi, ma fino adesso non mi fu dato trovarne il nido. Secondo Schinz, lo fabbrica fra i giunchi, intralciandone due o tre nelle sue pareti. Questo nido è molto lungo, benchè la sua cavità sia piccola: è for- mato di foglie secche di piante palustri, di borraccina, di la- nugini di salcio, di tifa, ec. Le uova son quattro o cinque, di ‘ color grigio-bruno, con macchie più cupe, che si uniscono e confondono insieme sull’ estremità più ottusa. Nora. — Quest’uccelletto, a confessione di molti Ornitologi , somiglia talmente la Calamoherpe palustris per le forme e colori, che è cosa' ben difficile distinguere l’uno dall’ altra: ma i loro co- stumi dicono essere talmente diversi, da non lasciar dubbio alcuno sulla diversità della specie. Temminck, nel suo Manuale d’Ornitolo- gia, assegna delle frasi a queste due specie: ma esse sono state per me di tanto poco valore, che giammai mi è riescito mediante di esse x À f dA; 14 454 ORDINE SECONDO. determinare se l’uccello che esaminavo, apparteneva alla specie della palustris o dell’ arundinacea.* Secondo però i costumi, mi è sem- brato che quella qui sopra descritta sia la Calamoherpe arundinacea. 50° Genere. — HYPOLAIS. Brehm. Becco subeguale alla testa, appena intaccato, subte- tragono, piuttosto largo, specialmente alla base. Fascia sopraccigliare ristretta, gialla o giallastra. Coda troncata, leggermente incavata nel mezzo. Timoniere piuttosto ristrette, subottuse in cima. Tarso più lungo dell’apertura del becco, vestito da più squame. Nora. — Gli uccelletti di questo genere hanno massima somi- glianza con quelli del precedente, tanto nell’ abito, quanto in molti costumi; ma siccome ne differiscono, non solo nella stazione (i pre- cedenti, le Calamoherpe, preferendo le rive degli stagni, le Hypolaîis stando sugli arboscelli lontani dalle acque), e di più differendo fra loro per la forma della coda, che è ne’ primi attondata, ne’ secondi troncata, così credetti conveniente seguire l’ esempio de’ recenti Naturalisti, e porli in due gruppi distinti. Costumi. — Sono assai analoghi a quelli delle Calamoherpe, meno che vivono nei giardini, sulle colline, cioè in luoghi asciutti, insomma ne’ luoghi vestiti d’ alberi e di arbusti bacci- feri, e non prediligono come gli uccelli del genere precedente le siepi ed 1 cespugli di giunchi de’ luoghi palustri, ove solo accidentalmente s’ incontrano. Nora. — Oltre alle due specie in questo genere enumerate, secondo Bonaparte converrebbe aggiungervi ancora la icterina. Ma non avendo mai veduta tale specie, e vari Ornitologi mettendone in dubbio l’ esistenza, ho creduto doverla omettere. 1 Sylviaa rundinacea Lath.: « Bec comprimé à la base; plumage generalement teint de roux. » Sylvia palustris Bechst. : « Bec plus long que haut à sa base ; plumage généralement teint d’olivàtre. » Temm., Man. d’Ornith., tomo I, pag. 194, 192. UCCELLI SILVANI. 455 BECCAFICO CANAPINO. — HYPOLAIS POLYGLOTTA. Z. Gerbé cx Vieill. Superiormente olivastro, inferiormente giallo-sulfureo; prima remigante più corta, seconda subeguaie alla sesta, terza subeguale alla quarta, che è la più lunga; piedi cenerino-giallastri. Adulti. Becco giallo-scuro, lungo, grosso, con lo spigolo superiore molto cospicuo. Tre peli lunghi e rigidi son posti da ciascun lato della base della mascella superiore. Parti supe- riori di colore olivastro-giallo. Parti inferiori giallo-zolfino pallido. Regione orbitale gialla: fascia sopraccigliare gialla. Remiganti e timoniere nerastre, marginate del medesimo co- lore olivastro del dorso. Piedi cenerino-giallastri. Giovani. Hanno le parti inferiori di color più chiaro, e i peli della base del becco più corti. Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda poco più corta della sesta, terza più lunga della seconda e sub- eguale alla quarta, che è la maggiore di tutte. Beccafico canapino, Sylvia hypolais, Lath. Savi, Orn. Tose., Tpi287. Sinonimia. — Sylvia polyglotta, Vieill. N. Dict. (1817), XI, p. 200, Syn. excl. — Sylvia hypolais, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 222, e 3 parte (1835), p. 148. — Sylvia hypolais, Millet, nec . Lath. Faune de Maine-et-Loire (1828), I, p. 231, Syn. excl. — Hypolais polyglotta, Z. Gerbé, Rev. Zool. (1844), VII, p. 440, e (1846), IX, p. 434. — Ficedula polyglotta, Schleg. Obs. sur les S.-G. des Pouillots (1848), p. 27. — Hypolais polyglotta, Degl. et Ger. (1867), I, p. 502. Ficure. — P. Roux, Ornith. Prov., pl. 224. — O. des. Murs, Icon. Ornith., pl. 57, fig. 1. — Beccafico canapino, Olina, Uccelliera (1822), p. A1. — Hypolais solicaria, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. IT, tav. 43. Nomi voLGARI stRANIERI. — Franc. La Fauvette à poitrine jaune. Ingl. The Pettichops Warbler. Ted. Der gelbbatichiger Stinger, Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 124; coda, 09, 046; aper- tura del becco, 0%, 016; tarso, 0, 021. Costumi. — Abitano questi uccelli tanto i boschi che gli orti ed i giardini, così in monte come in piano, negli alberi 456 ORDINE SECONDO. cespugliuti, ne’ sieponi e ne’ campi di canapa. Da noi compa- riscono nel maggio, e vi si trattengono fino alla metà di set- tembre. Mentre essi sono in amore, hanno una voce piace- vole, delicata e variabilissima, e cantano quasi continuamente, posati sull’ estremità d’ un ramo mediocremente alto. In Lom- bardia, dice il Bettoni, arrivano alla seconda metà di aprile, e ne ripartono in agosto. Propagazione. Il nido lo fanno poco alto da terra. È for- mato con foglie di sraminacee secche quasi decomposte e in- canidite, così che, leggerissime e cedevolissime, bene sì ripie- gano, e possono intralciarsi perfettamente insieme. Esse son mescolate ancora con tele di ragno e con lanugini, e partico- larmente di semi di pioppo. La parete interna è di crini e sot- tilissime paglie. Tutto il nido ha una forma quasi sferica. Le uova sono cinque, d’ un bel color rosso-carnicino, leggermente tendente all’ametistino, con molte macchie e strie sottili bruno- nerastre. HYFOLAIS ELAEICA.— Z. Gerbé ex Lund. Parti superiori cinereo-olivastre, inferiori bianco -sudice; piedi cenerino- giallastri; remiganti terza e quarta eguati e le più lunghe. Becco superiormente scuro-giallastro, inferiormente bianco- giallastro sudicio. Parti superiori cineree, con leggiera sfu- matura olivastra. Parti inferiori bianco-sudice, con sfumatura cinereo-gialliccia sui lati del collo e de’ fianchi. Fascia soprac- cigliare che estendesi poco al di là dell’ occhio: questa, come le penne cigliari, di color bianco-sudicio. Remiganti e timoniere di color grigio-scuro. Piedi cenerino-giallastri. Proporzione delle remiganti. Prima piccola, seconda più corta della sesta, terza e quarta eguali e più lunghe di tutte. * Sinonimia. — Sylvia (Salicaria) elacica, Lindermayer, Isis (1843), . p. 342, et Rev. Zool. (1843), VI, p. 212. — Hypolais elaeica, Z. Gerbè, Rev. Zool. (1844), VII, p. 440; (1846), IX, p. 434, et Dict. Univ. d’Hist. Nat. (1848), XI, p. 237. — Ficedula ambigua, Schleg. Rev. ' L’ individuo di questa specie che conservasi nel Museo di Pisa non avendo com- pleto il numero delle sue remiganti, le proporzioni delle medesime qui riportate son tolte dall’ Ornithologie Europeenne de Degland et Gerbe. UCCELLI SILVANI. 457 crit. (1844), p. 24. — Ficedula elacica, Schleg. Obs. sur le S.-G. des Pouillots (1848), p. 27. — Hypolais Verdoti, Jaubert, Rev. di Mag. de Zool. (1855), 2e ser., VII, p. 70. — Chloropeta elaeica, Bp. Cat. Parzud. (1856), p. 6. — Hypolais elacica, Degl. et Ger. (1867), I, p. 509. Ficure. — O. des Murs, Scon. Ornith., pl. 58, fig. A. — Hypolais elaeica, Dott. F. Magni-Griffi, vol. I delle Memorie della Società di Scenze Naturali con tav. Nomi voLGari stRAnIERI. — Franc. Hypolas ambigue. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0, 127; coda, 0%, 08; aper- tura del becco, 0%, 017; tarso, 0M, 021. Costumi. — Quest’ uccelletto, trovato per la prima volta in Italia dal signor professore Francesco Magni-Griffi, abbonda in Grecia e nell’ Asia occidentale. Le sue abitudini sembra sieno analoghe a quelle della specie congenere. Il professore Magni l’ uccise sulle rive del fiume Magra. 17° Famiglia. — MUSCIVORIDEI. I Luì. Apertara del becco poco più corta della testa. Becco diritto sottile. Mascella superiore diritta, appena intaccata o in- tiera nella cima. Narici basilari. Palpebre pennute. Fascia sopraccigliare gialla. Tarso più lungo dell’ apertura del becco, vestito da poche squame. Coda mediocre, troncata, o leggermente forcuta. Timoniere obliquamente troncate alla cima. Livrea ne’ due sessi: lo stesso color dominante, o grigio-olivastro, o grigio-cinerco di sopra; di sotto giallastro, o giallo-zolfino. Statura assai minore di quella del Peltrosso. Costumi. — Son questi uccelletti quelli che nella mia Or- nitologia, lasciandoli nel gran genere Sylvia, aveva denominati 458 ORDINE SECONDO. delle Muscivore o de’ Luì. Sono i Luì piccoli uccelletti, viva- cissimi, che sempre sono in moto, che sempre fischiano. Si cibano di soli insetti e vermiciattoli, che continuamente stanno cercando sulle piante, o li prendono nell’ aria inseguendoli a volo. Tutti costruiscono il nido in terra, nascosto fra l’ erbe; nido voluminoso in proporzione del loro corpo, quasi sferico, con apertura laterale, fatto con foglie secche e mezzo decom- poste, e scorze di piante erbacee. Esso contiene delle uova bianche macchiate di rosso-scuro. Tutte le specie si somi- gliano per le forme e per i colori; tutte le parti superiori son verdastre o giallo-olivastre, la fascia sopraccigliare o gialla o verde-chiara, e le parti inferiori bianche o giallognole. 54° Genere. — PHYLLOPNEUSTE. Meyer et Wolf. Becco più corto della testa, sottile, debolmente in- taccato, compresso verso l'apice. Fascia sopraccigliare larga, estesa e gialla. Ali che oltrepassano la base della coda. Coda tronca, leggermente forcuta, Timoniere obliquamente terminate in cima. Tarso più lungo dell'apertura del becco, vestito da più squame. Parti superiori unicolori, olivastre, verdastre o ce- nerognole; inferiori di color chiaro, o bianco o giallo più o meno puro. LUÌ VERDE. — PHYLLOPNEUSTE SIBILATRIX. Brehm ex Bechst. Parti superiori giallo-olivastre; inferiori bianche, lateralmente gialle; seconda remigante eguale alla quarta. Becco nerastro. Tutte le parti superiori d’ un bel color giallo-olivastro. Fascia sopraccigliare, penne cigliari, gote, gola e lati del petto d’ un bel color giallo-canarino debolissi- mamente tendente al verdognolo; gozzo, addome e sottocoda no UCCELLI SILVANI. 459 di bianco purissimo. Penne delle ali e della coda bruno-nere, marginate dello stesso colore olivastro delle parti superiori. Piedi grigi. Proporzione delle remiganti. Prima appena visibile, seconda eguale alla quarta, terza la più lunga di tutte. Lui verde, Sylvia sylvicola, Savi, Orn. Tosc., I, p. 290. SinoniMia. — Asilus sibilatrir, Bechst. Orn. Tasch. (1802), p. 176. — Sylvia sylvicola, Lath. Ind. Suppl. (1802), p. 53. — Sylvia sibilatriv, Bechst. Nat. Deutsch. (1807), p. 561. — Ficedula sibila- tric, Koch, Baier. Zool. (48416), p. 159. — Sylvia sitilatrix, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 223, e 3° parte (1835), p. 149. — Curruca sibilatrix, Flem. Brit. Anim. (1828), p. 70. — Sibilatrix sylvicola, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 98. — PhyUopneuste sibilatrix et sylvicola, Brehm, Handb. Nat. Vòg. Deutsch. (1831), p. 425, 426. — Sylvicola stbilatria, Eyton, Brit. Birds (1836), p. 44. — Pyllopneuste sibilatrix, Degl. et Ger. (1867), I, p. 548. Ficure. — Temm. et Laug., PI. col. 245, fig. 3 Nomi voLcari stRANIERI. — Franc. Le Bec-fin Sun Ingl. The Wood Warbler. Ted. Der griiner Stinger. ‘Yo, Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 117} coda, 0%, 044; aper- tura del becco, 0, 014; tarso, 0%, 017!/,. Costumi. — Nel corso dell’ estate abita sui nostri monti: l'inverno lo passa in Egitto o in Asia. Nella pianura pisana non si trova che in aprile, e solo in quei giorni in cui dura il suo passo. Allora si vede volare in quantità sugli alberi. delle campagne ed anche de’ giardini della città, e specialmente su quegli alberi, le cui gemme o sono per aprirsi o sono ‘faperte di poco. Nell’ Orto botanico di Pisa ogn’ anno molti di questi uccelli s’ aggirano, in detta epoca, sui grandi alberi che l’ adornano. Propagazione. Nidifica sui monti della Toscana: varii nidi ‘mi sono stati mandati da Castelnuovo di Val di Cecina. Que- sto nido è quasi sferico, con l'apertura laterale, formato di pagliuzze, foglie secche e scorze. Le uova sono quattro o sei per nido, bianche, macchiate di rosso-fegatoso. Rei 460 ORDINE SECONDO. LUÌ GROSSO. — PHYLLOPNEUSTE TROCHILUS. Brehm ex Linn. Parti superiori olivastre, inferiori biancastre macchiate di giallo-zolfino;. remigante seconda subeguale alla sesta. Becco bruno. Parti superiori di colore olivastro. Gola, gozzo, petto, fianchi, addome, fascia sopraccigliare e penne cigliari d'un bel color giallo-zolfino. Gola, gozzo, petto e parte superiore dell'addome con macchie giallo-zolfino più intenso. Remiganti e timoniere bruno-nere, marginate di giallo-olivastro. Piedi scuro-carnicini. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre, seconda poco più lunga della sesta, terza e quarta eguali e le più lunghe. Lui grosso, Sylvia trochilus, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 291. Sinonimia. — Motacilla trochilus, Linn. S. N. (1766), I, p. 338. — Astlus, Briss. Ornith. (1760), III, p. 479. — Sylvia trochilus, Lath. Ind. (1790), II, p. 550. — Sylvia fitis, Bechst. Nat. Deutsch. (1807), III, p. 643. — Phyllopneuste fitis, Mey. et Wolf., Tasch. Deutsch. (18410), I, p. 248. — Ficedula fitis, Koch., Baier. Zool. (1816), I, p. 159. — Sylvia trochilus, Temm. Man., 1* parte (1820), p. 224, e 3 parte (1835), p. 152. — Phylloscopus trochilus, Boie, Isis (1826), p. 972. — Phyllopneuste trochilus, Brehm. Hand. Nat. Vòg. Deutsch. (1828), p. 429. — Phyllopneuste icterina, Bp. nec Vieill. B. of Eur. (1338), p. 13. — Ficedula trochilus, Keys. et Blas. Wirbelth, (1840), p. 56. — Phyllopneuste trochilus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 545. Ficure. — Buff., PI. enl. 651, fig. 1, sotto il nome di Chantre. Nomi voLgari Toscani. — Beccafico finocchio (Pisano). Nomi voLcari strANIERI. — Franc. Le Pouillot, ou le Chantre. Ingl. The Yeliow Wren. Ted. Der Fitis-Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 124; coda, 0%, 048; aper- tura del becco, 0”, 014; tarso, 0, 0419. Costumi. — Si trova nelle pianure a’ suoi due passi, cioè in settembre ed in aprile. Non va in truppe come la Sylvia ru- fa, ma solitaria, o al più a coppie. Per il fischio poco differi- sce dalla suddetta specie, ma lo fa sentire più di rado. Propagazione. Io non ne ho mai trovato il nido. Secondo Temminck, è sferico; lo fabbrica sulla terra, vicino alle radici degli alberi, e contiene sei uova bianche, macchiate di rosso- cupo porporino. Era; È "ri PURI IO ATALA 0 DO NON vr SN dA eng CORE I ASI MO CATA fi Da ui si LAP A RA, DATI VA VELA Magdi LEVA vate } gi \ È \ i î n PI UCCELLI SILVANI. 461 LUÌ PICCOLO. — PHYLLOPNEUSTE RUFA. Bp. ex Briss. Parti superiori scuro-olivastre, inferiori biancastre macchiate di giallastro, remigante seconda subeguale all’ ottava. Becco scuro. Fascia sopraccigliare giallo-sudicia; parti superiori di colore olivastro fosco, inferiori bianco-sudice. Gola, gozzo, lati del collo e petto macchiati da piccole strie giallo-zolfine. Remiganti e timoniere bruno-nere marginate di giallo. Piedi carnicino-scuri. Proporzione delle remiganti. Prima corta, seconda sub- eguale all’ ottava; terza, quarta e quinta subeguali, e le mag- gori. Lui piccolo, Sylvia rufa, Lath. Savi, Orn. Tosc., I, p. 292. SinoNnIMIA, — Curruca rufa, Briss. Ornith. (1760), III, p. 389. — Sylvia rufa, Lath. Ind. (1790), II, p. 516. — Ficedula rufa, Bechst. Ornith. Tasch. (1802), I, p. 160. — Sylvia hypolais, Leach. Syst. Cat. M. and B. Brit. Mus. (1816), p. 24. — Ficedula rufa, Koch, Baier. Zool. (1816), p. 160. — Sylvia collybita, Vieill. N. Dict. (1817), XI, p. 235. — Sylvia rufa, Temm. Man., 4a parte (1820), p. 225, e 3* parte (1835), p. 154. — Phylloscopus rufus, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 94. — Phyllopneuste rufa, Bp. B. of Eur. (1838), p. 13. — Phyllopneuste rufa, Degl. et Ger. (1867), I, p. 546. Ficure. — Gould, Birds of Eur., pl. 131, fig. 2. — PAylMlopneuste rufa, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868- 1870), vol. II, tav. 100. ta > Nomi voLGarI Toscani. — Lu, Luicchio (Pisano). © Nomi voLgari stRANIERI. — Franc. Le Bec-fin veloce. Ingl. The Rufous Warbler. Ted. Der Weiden-Stinger. «Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 107; coda, 0”, 038; aper- tura del becco, 0, 011; tarso, 0%, 017. Costumi. — In ottobre arriva da noi in abbondanza, e vi rimane fino alla primavera. Ordinariamente va in branchi di sette o otto individui; ma ciascuno sta molto distante dall’ al- tro, così che quasi mai più di due s’ aggirano sul medesimo albero. È un uccellino vivace ed allegro, che sempre scherza con i suoi compagni, sempre è in moto; ora battendo le ali e 462 ORDINE SECONDO. la coda saltella di rametto in rametto, o s’ attacca a’ tronchi degli alberi, ora agile come una farfalla insegue gl’ insetti a volo, sempre ripetendo in tuono lamentevole un piccolo fischio, che assai bene s’ esprime col suo proprio nome Lui. Da sera è uno degli ultimi ad andare a dormire: il Pettirosso, già a pollaio nel macchione, ha smesso di cantare; già il Merlo chioc- colando saluta la notte che arriva; mentre tuttavia il Lui svo- lazza sopra gli arboscelli, ed inalzandosi a piombo nell’ aria, spesso librato sulle ali, vi si trattiene immobile e come so- speso dando la caccia alle Culici, alle Coretre ed altre piccole Mosche, che a quell’ ora danzano a branchi fra albero e albero. Propagazione. Fa il nido sui nostri monti alti; io ne ho avuto uno da quelli di Castelnuovo di Val di Cecina. Questo nido è sferico, di pareti grosse, fatte con foglie secche e fieno delicatissimo, esternamente foderato da paglie, internamente da penne. Le uova son quattro o cinque per covata, bianche, con una corona di punti rosso-fegatosi attorno all’ estremità più ottusa, e qualcuno rado e sparso sopra le altre parti. LUÌ BIANCO. — PHYLLOPNEUSTE BONELLI, Bp. cx Vieill. Parti superiori cenerino-verdastre ; groppone giallo-verdastro; parti in- feriori bianto-sericee; seconda remigante subeguale alla sesta. Becco scuro-nerastro. Pileo, cervice, schiena e scapolari di color cenerino leggerissimamente tendente al verdastro. Groppone e sopraccoda d’un bel color verde-giallo vivace. Remiganti e timoniere bruno-nere, con un margine assai largo del color del groppone. Fascia sopraccigliare biancastra. Tutte le parti inferiori bianco-sericee candide. Piedi scuro-nerastri. Proporzione delle remiganti. Prima mediocre, seconda eguale alla sesta, terza e quarta eguali e le più lunghe. Lui bianco, Sylvia Bonelli, Vieill. Savi, Orn. Tosc., I, p. 294. Sinonimia. — Sylvia Bonelli, Vieill. N. Dict. (1819), XXVIII, p. 94. — Sylvia Nattereri, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 227, e 3a parte (1835), p. 154. — Phyllopneuste Bonelli, Bp. Ba of Eur. (1838), p. 13. — Ficedula Bonelli, Keys. et Blas. Wirbelth. (1840), p. 56. — Phyllopneuste Bonelli, Degl. et Ger. (1867), I, p. 549. UCCELLI SILVANI. 463 Ficure. — Temm. et Laug., PI. col. 24, fig. 2. — Phyllopneuste Bonelli, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868 - 1870), vol. I, tav. 29. Nomi voLcarI stRANIERI. — Franc. Pouzllot Bonelli. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0m, 117; coda, 0", 047; aper- tura del becco, 0%, 011; tarso, 0, 019. Costumi. — Si trova nelle pianure solo al tempo de’ suoi passaggi, cioè in aprile, nell’ agosto e in settembre; va. soli- tario e fischia di rado, e con voce diversa da quella del Luì piccolo. Ama gli alberi ben fronzuti, e i campi di saggina. L’estate sta sopra i nostri monti alti. Propagazione. Il nido lo fabbrica sopra i monti, sulla ter- ra, fra l’erbe e fra le felci; esso è, come quello degli altri Luì, sferico e con apertura laterale. Le sue pareti sono di fieno, .radichette e scorze, esternamente vestito di foglie sec- ‘che. Le uova, in numero di quattro o cinque, son più globose di quelle degli altri Luì, bianche, e tutte asperse fittamente di punti di color rosso-fegatoso. 18% Famiglia. — TROGLODYTIDEI. GLi ScriccIoLI. Becco subeguale alla testa, subulato, non intaccato. Narici semichiuse da una membrana nuda. Tarso coperto da più squame. Coda breve, rotondata, semi-eretta. Lingua setoluta all’ apice, e sotto l’ apice. Costumi. — Abitatori de’ terreni boscosi è macchiosi. Mi- gratori. 52° Genere. — TROGLODYTES. Vieillot. BA/ 21 Becco subeguale alla testa, subulato, non intaccato. Lingua setolosa nell’ apice, e sotto l' apice. Narici semichiuse da una membrana nuda. Tarso più lungo dell’ apertura del becco, scudettato. 464 ORDINE SECONDO. Becco subeguale alla testa, subulato, leggermente com- presso verso la cima. Mascelle col margine intierissimo. La su- periore leggermente curva. Lingua scariosa, stretta, lunga, . terminata da setole disposte in tre ordini: uno medio più lun- go, due laterali situati più in basso e più corti. Narici basi- lari, bislunghe, scoperte, semichiuse superiormente da una piccola membrana nuda. Tarso più lungo del dito medio, co- perto da poche squame. Diti tre davanti, uno di dietro: l’ esterno saldato alla base col medio. Unghie mediocri: la posteriore più lunga e più armata delle altre. Coda rotondata, di dodici timoniere. Ali piccole, rotondate. Prima remigante corta, se- conda eguale all'ottava, terza e quarta le più lunghe. SCRICCIOLO. — TROGLODYTES PARVULUS. Koch. Superiormente color castagno ondulato di nero. Becco bruno-carnicino. Tutte le parti superiori di color castagno più o meno rossastro. Lati del collo macchiati di biancastro. Fasce sopraccigliari strette, biancastre. Il pileo e la cervice quasi unicolori, ma le penne del dorso e le scapo- lari sono striate in trasverso finamente di nero. La gola, il sozzo, il petto e l'addome color bianco-sudicio. I fianchi son dipinti da strie trasversali ondulate, bruno-nere. Penne delle ali e della coda del medesimo color castagno-rossastro, ma tutte macchiettate trasversalmente di nero. Le grandi cuopri- trici sulla lor cima, e le remiganti primarie sul margine ester- no, hanno delle macchie biancastre. Penne del sottocoda con le estremità bianco-candide. Piedi carnicini. Scricciolo, Troglodytes Europaeus, Leach. Savi, Orn. Tosc., I, p. 296. ; Sinonimia. — Motacilla Troglodytes, Linn. S. N. (1766), I, p. 337. — Regulus, Briss. Ornith. (1760), III, p. 426. — Sylvia Troylodytes, Lath. Ind. (1790), II, p. 547. — Troglodytes parvulus, Koch, Baier. Zool. (1816), I, p. 164. — Troglodytes Europaeus, Vieill. N. Dict. (1819), XXXIV, p. 511. — Sylvia Troglodytes, Temm. Man., 1° parte (1820), p. 233. — Troglodytes punclatus, Boie, Isis (1822), p. 551. — Anorthura communis; Rennie, Mont. Orn. Dict. (1831 2), p. 570. UCCELLI SILVANI. 465 — Troglodytes vulgaris, Temm. Man., 3* parte (1835), p. 160. — Troglodytes Troglodytes, Schleg. Rev. crit. (1844), p. 44. — Troglo- dytes parvulus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 540. Ficure. — Buff., PI. enl. 615, fig. 2, sotto il nome di Roitelet. — Passer Troglodytes, Aldrov. Ornith. (1599), II, p. 654, tav. 655. — Reattino, Olina, Uccelliera (1622), p. 6 con. tav. — Scricciolo o Re di macchia, Gerini, Storia degli Uccelli (1'767), fig. 2, tav. 389. — Troglodytes Europaeus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 49. Nomi voLgarI Toscani. — Re dî macchia, Reccacco (Fiorentino). Scricciolo (Pisano). Re di macchia, Foramacchie (Senese). Reattino (Garfagnana). Nomi voLGari stRANIERI. — Franc. Le Troglodyte. Ingl. The Wren. Ted. der Zaunkònig. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 088; coda, 0%, 029; aper- tura del becco, 0", 013; tarso, 0”, 012. Costumi. — Uccello comunissimo, proprio a tutta Euro- pa, e trovasi fino al cerchio polare artico. In inverno abita la pianura, ma nell’ estate si ritira ne’ cupi boschi de’ monti: al- lora sviluppa una voce sonora e piacevole, mentre in inverno non ha che un fischio monotono ed aspro. Egli è di naturale poco pauroso, ed anzi sembra amare la società dell’uomo, così che spesso in inverno entra a cercar gl’ insetti nelle no- stre aranciere e tepidarii, ed in estate non di rado costruisce il nido sotto la tettoia di paglia delle abitazioni degli alpi- giani. Propagazione. Il suo nido è uno de’ più belli. Quasi sem- pre lo pone in una buca del terreno, o in uno spacco d°’ albe- ro, o sotto una radice, ma qualche volta lo intesse ancora fra i rami. È sferico, di quattro o cinque pollici di diametro, con apertura laterale: le sue pareti molto grosse sono formate di frondi verdi e delicatissime di musco, intralciate insieme con la più grande esattezza: la parte interna è tappezzata di penne. Contiene sei od otto uova bianco-scuricce, con punti ros- sastri. Ornitologra italiana, — |. 30 406 ORDINE SECONDO. 19° Famiglia. — ACCENTORIDEI. Nora. — Gli Accentori differiscono dalle Silvie per due carat- teri essenziali, cioè per la forma del becco maggiormente simile a quello delle Lodole che a quello delle Stivie, e per il loro regime più granivoro che insettivoro: in conseguenza di che, seguendo l'esempio di Sir Giorgio Roberto Gray, separo il genere Accentor dal gruppo delle Silvie, nel quale lo ripone il maggior numero degli Ornitologi, e ne faccio un gruppo distinto, che denomino, col Gray, la famiglia degli Accentoridei. Costumi. — Abitano le macchie folte poste sul margine de’ terreni aperti, tanto di monte, quanto di piano. 53° Genere. — ACCENTOR. Bechstein. Becco più corto della testa, conico, depresso alla base, non intaccato, o appena intaccato, coi mar- gini delle mascelle, nei tre quarti inferiori; rivolti in dentro o rientranti. Narici basilari semichiuse da una membrana nuda. Tarso più lungo dell’ apertura del becco, scudettato. Coda mediocre, troncata. Ù Becco un poco più corto della testa, diritto, conico, acu- to, un poco gonfio alla base, e compresso nella metà basi- lare. Margine della mascella superiore intiero: tanto quel della superiore che dell’ inferiore un poco rivoltato in dentro. Narici basilari, bislunghe, semichiuse superiormente da una larga membrana. Tarso più lungo del dito medio, coperto da poche squame. Diti tre davanti e uno di dietro: 1’ esterno saldato col medio alla base. Unghie mediocri. Coda mediocre, troncata, di dodici timoniere. Ali piuttosto grandi: prima remigante pic- colissima, seconda un poco più corta della terza; terza, quarta e quinta le più lunghe. Costumi. — Mediante il loro becco forte e tagliente rom- pono con facilità gl’ inviluppi de’ semi, il nucleo de’ quali forma MARIA PE RINO TOLTI RIM Ab 19) Reg LTTRIS a de PO UE - aci e A sN VUZIO RUIZ ili De PE sh . NPI RION Sr do Ta gra) / BR UCCELLI SILVANI. 467 in inverno una gran parte del loro cibo; ma nelle altre sta- gioni mangiano ogni sorta d’insetti. O emigrano da’ monti a’ piani, o restano sempre ove son nati. Non v'è differenza fra i due sessi, nè fra i giovani e gli adulti. PASSERA SCOPAIOLA. — ACCENTOR MODULARIS. Bechst. Pileo e cervice del medesimo colore; gola cenerina; fianchi castagno- chiari, macchiati di nero; coda bruna. Becco nerastro. Iride di color castagno. Pileo e cervice castagno-cenerino, con macchie più cupe. Penne delle gote e della regione auricolare scure, con una stria biancastra sullo stelo. Penne della schiena e scapolari color baio-castagno , con grandi macchie nere. Penne del groppone di color nocciòla o olivastro, con larghe macchie brune. Sopraccoda olivastro- castagno. Gola bianco-cenerina. Gozzo, lati del collo e parte media del petto di color cenerino-piombato; lati del petto di giallo-castagno chiaro. Penne de’ fianchi giallo-ceciate cupe, con la parte media bruna. Parte media dell’ addome bianca. Penne del sottocoda biancastre sul margine, scuro-nere nel mezzo. Penne delle ali bruno-nere, col margine giallo-casta- gno. Le grandi cuopritrici e le ultime remiganti hanno due macchiette bianco-giallognole nella cima. Timoniere nero- castagne, con margine più chiaro. Piedi giallo-grigi. Passera scopaiola, Accentor modularis, Cuv. Savi, Orn. Tosc., JRPs72991 Sinonimia. — Motacilla modularis, Linn. S.N.(41766), I, p. 329. — Curruca sepiaria, Briss. Ornith. (1760), III, p. 394. — Sylvia modularis, Lath. Ind. (1790), II, p. 541. — Accentor modularis, Bechst. Nat. Deutsch. (1807), III, p. 617. — Prunella modularis, Vieill. Ornith. élém. (1816), p. 43. — Accentor modularis,Temm. Man., 1* parte (1820), p. 249, e 3* parte (1835), p. 174. — Tharraleus mo- dularis, Kaup. Nat. Syst. (1829), p. 137. — Prunella modularis, Degl. et Ger. (1867), I, p. 468. Ficure. — Buff., PI. enl. 615, fig. 1, sotto il nome di Mouchet. — Prunella modularis, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidificano in Lombardia (1868-1870), vol. IT, tav. 52. 468 ORDINE SECONDO. Nomi voLGaRI ToscaNI. — Passera scopina (Fiorentino). Passera stipaiola (Pisano). Passerina boscarina (Bientinese). Passera sepaiola (Senese). Nomi voLGaRI STRANIERI. — Franc. Le Mouchet, Traine-buisson, ou Fauvette d’hiver. Ingl. The hedgeW, Sparrowamd, red Warbler. Ted. der schieferbrustiger Stinger. Dimensioni. — Lunghezza totale; 0, 146; coda, 0%, 048; aper- tura del becco, 0", 014; tarso, 0”, 019. Costumi. — Trovasi in tutta l’ Europa, compresa la Scan- dinavia. Nella stagione calda, tra noi, non se ne trova nessuno ne’ piani; ma nell’ autunno e nell’ inverno ne calano dai monti in gran quantità, e si stabiliscono nei giardini, nei boschetti, ec. Vive per le macchie, siepi, e di rado sale per gli alberi. È po- chissimo pauroso, e s' addomestica facilmente. In gabbia s° ali- menta con panìco e midolle di pane. i Propagazione. Nidifica sui monti due volte per anno; il nido, dice Schinz che lo pone di preferenza sulle giovani piante resinose. È composto intieramente con borraccina: solo nell’ in- terno foderato da pochi peli; contiene cinque o sei uova cele- stognole. SORDONE. — ACCENTOR ALPINUS. Bechst. ex Gel. Pileo e cervice del medesimo colore; gola e .gozzo di color bianco mac- chiato di nero; fianchi fulvi con macchie bianche; coda con macchie bianche nella cima. Becco superiormente nero, inferiormente giallo, con la punta nera. Iride castagno-cupa. Penne del pileo e della cervice srigio-cenerine, un poco più cupe nel mezzo: quelle del dorso son cenerino-giallognole, con una gran macchia nerastra nel mezzo. Lati del collo e petto di color cenerino, senza macchie. Penne della gola e del gozzo bianche, con una macchia nera nella punta. Penne de’ fianchi fulve e quelle dei lati dell'addome fulve, con l'estremità biancastra. Penne della parte media e infe- riore dell'addome bianco-grige. Scapolari e remiganti bruno- - nere, con largo margine grigio-nocciòla. Piccole cuopritrici VR £ GRA sl pasa tt. LIA > SI se Lo Pe la FINTA ti AI più pi 1 fa x ira DIE f PI MASO) LA ; “ VIRET ‘5 VGA RAPTOR ana) i i Ù i % 4 - i è ; È UCCELLI SILVANI. 469 delle ali cenerine: medie nere, con una macchia bianca ro- tonda nella cima. Timoniere bruno-nere, con sottil margine giallastro, ed una bella macchia obliqua biancastra all’ estre- mità. Penne del sottocoda nerastre, con margine bianco. Piedi giallastri. Unghie nerastre. Sordone, Accentor alpinus, Bechst. Savi, Orn. Tosc., I, p. 300. Sinonimia. —- Motacilla alpina, Gmel. S. N. (1788), I, p. 957. — Sturnus moritanus et collaris, Gmel. S. N. (1788), I, p. $04 e 805. — Accentor alpinus, Bechst. Nat. Deutsch. (1807), II, p. 700. — Accentor alpinus, Temm. Man., 42 parte (1820), p. 248, e 3* parte (1835), p. 171. — Accentor alpinus, Degl. et Ger. (1867), I, p. 466. Ficure. — Baff., PI. enl. 668, fig. 2, sotto il nome di Fauvette des Alpes. — Accentor alpinus, Eugenio Bettoni, Uccelli che nidifi- cano in Lombardia (1868-1870), vol. II, tav. 72. Now voLcarIi stRrANIERI. — Franc. Le Fauvette des Alpes, ou Pegot. Ingl. The alpine Warbler, coloured Stare. Ted. der Alpen- Flugvogel. Dimensioni. — Lunghezza totale: 0%, 175; coda, 0m, 065; aper- tura del becco, 0%, 017; tarso, 0%, 024. ; Tad Costumi. — Egli è un abitatore di quelle regioni più ele- vate delle montagne ove, per causa delle continue burrasche, dell’ imperversare de’ venti, dell’ eccessivo freddo, poche e basse piante vi nascono. In Toscana, le vette dell’ Alpi Apuane, alcune dell’ Appennino lucchese e della Garfagnana, la cima nuda del monte di Radicofani, sono gli unici posti ove si trovi. Lassù si propaga, e passa la buona stagione; ma quando in inverno la neve ed il ghiaccio han coperta la terra, egli, non trovando più in que’ siti di che nutrirsi, cala verso regioni più ‘ basse; e non di rado è accaduto di vederlo sopra i nostri monti pisani, ed anche nella pianura, quando il freddo è stato eccessivo e le nevi abbondanti. Fuori del tempo degli amori, vive unito in piccole truppe. In primavera il maschio canta as- sal dolcemente. Propagazione. Il nido, secondo la descrizione datane da Schinz, è emisferico, tessuto, con molta diligenza, di musco e fill di fieno: l'interno qualche volta è tappezzato da crini, pelo di vacca e lana. Quasi sempre è situato in terra, o nello spacco d’ un masso, o nell’ impronta d’ un piede di vacca o di stre, in numero di Mi, O) cinque. ' La terza specie di questo genere descritta dal Temminck è l’Accentor montanellus , che dice trovarsi nel Napoletano. Questa specie non 1’ ho mai trovata in Toscana, ma essendo stata trovata in Italia , eccone la frase : « Pileo nero (maschio), o bruno-=nerastro (femmina); cervice cenerino-rossastra, . macchiata di rosso-mattone; parti inferiori isabella-giallastre ; coda scura. » Accentor pileo nigro (in masculo) , vel fusco nigrescente (in foemina); cervice cinereo-rufescente ex rufo-lateritio maculata; corpore inferne isabellino-lutescente; cauda brunnea. FINE DEL VOLUME PRIMO. n dA: } LO + Ro nt: È INDICE DEL VOLUME PRIMO. IRENE OE I A IA ERE e AR ES OR o (da Prefazione dell Ornitologia Toscana pubblicata nel 1827............ Introduzione all’ Ornitologia Italiana. ....... RAI AU VESCICA LO CapitoLo I. Definizione della specie, delle razze e varietà...... » IT. Classazione degli Uccelli, e loro nomenclatura ... . » HI. Considerazioni sulla divisione della classe degli Uc- celli in due sotto-classi. MEI LLE(I LT (0 » IV. Del volo degli Uccelli, e dla a dei i apparati. . ASI ASS E A SRI SR AT » V. Della calugine o e HG il neon L'ANII ; » MiNDelleimute;delle) penne Gt n EIN : ». VII. Emigrazioni e stazioni degli Uccelli. ...........0.. » VIII Nidi degti Uccelli, e loro classazione.............. » IX. Spiegazioni dei nomi usati nelle descrizioni degli Uc- Celine no IR A ite O OR) See RIESI DIRRALTE de UE Ce. Si DIRI CIC ONO NI RE E E IAN o a Loreta SI GREENE N. Uccelli di rapina. Acciniei LIT RRISTNRUAROCI CO ARI D 42 Bivisione. Rapaci diurni.............. RR TRO D'ALULORE 12 Tribù. Gli Avvoltoi. Vultures........... PIET ALTE SIN IIVOLIT ORE Rat 4R'EAMIGLIA. Vulluridei..... .... ARCA CI PR RAI CARI I IMGRNE RESERO I i TRE SILA CAO SRO ino mao CIITIDNTIO AVRAI RALE LO È CCENERE GONE e cel ZIA EIN II ORIO, VIMENAZTEI UG fONEL Gyps fulousi inte Grifone ntaliano. (Gyps occidentalis! iii ae : SMRGENERE:OLOGUPSIN n t RI TA IR ta de III L’ Oricu. Otogyps auricularis............. SO TAGREDIORETIANE 4° GENERE. Neophron ........ SAI CERCA AMAVA MI ART ARI A SRRLISI MARR. Capovaccaio. Neophron percnopterus. ........... RIA, 23 FAMIGLIA. I Gipeti. Gypaetidei ......... ASL TRNC Lilo CALI 5° GENERE. Gypaelus......... ; ICI À ST CORE Avvoltoio barbuto. RIOT Laftalgoi ERIN 472 INDICE DEL VOLUME PRIMO. Dal'Eribu. Falconi. MFalconess. ei Pag. 442 Aa FAMIGLIA. I Pescatori. Hliaetidei...........0.... i 118 6° GENERE PARO SI NIA R e TL IBIS OLI AE 114 Falco pescatore. Pandion haliaelus................... ivi Sa FAMIGLIA: LetAquile. Aguilidel LL e a 116 TGENERE: HAMID I RARA] ivi Aquila di mare. Haliaetus albicilla................... 417 SIIGENERE: > AQUARION 00 118 Aquila imperiale. Aquila Mogilnik.................... 149 AquilarealeSAQGUa UVA OO Re 4122 Aquila anatraia. Aquila naevia................00.. 124 Aquila Bonelli. Aquila Bonelli... ... 0 126 Aquila forestiera. Aquila Demursii ................6.. 129 Aquila:nana. Aguila pennala. i 130 SER AMIGELA. I Butei.Buleonider i O I 434 90 GENERE: CINCAELUSA RA 132 Biancone! *CiCA6 US tg ORA ivi A0OSGENERE BUCO I RI TI IR DAI 134 Falco cappone: Bufeopoiana lin - 4137 E0iana DIANCa BUE MUAINSL OE 140 Poiana a:strisce. Buleo fAscialus. on 442 MAKGENERE: ATM RR IA ARE 143 Falco calzato. Archibuteo lagopus............:....... A4L 48PRAMIGLIA.Ealchi.pecchiaioli: Pernide eo 445 12 GENERE SPESSA I O O RI 146 Falco pecchiaiolo. Pernis @pivorus .. .................. ivi be EAMIGLIANibbI MU 454 AIGENERE, MIVUS: LIO e e ivi Nibbio:reale. Miluus regalis............... e. 152 Nibbio:mero M/S. iger 153 VO GENERE SBORSARE 155 AO GENERE, PAlCUs:i i e 153 Sezione I. Falchi gentili o nobili, Falconi (gen. Falco Linn. Gennaia Ai'KaUPi)icai an e IR E 159 Falcone. Falco peregrinus............ LI RSA 164 Il Sacro. Falco saceri.. lu Le 162 Sezione II. Smerigli (gen. Dendrofalco Bp.)........<......-0.6... 4164 Lodolaio.:-Falco subbuleo:.-... han ivi Falco subbuteo micropterus..... FICO RIA 165 Falchetto della regina. Falco Eleonora................ 4677 Smeriglio. Falco TM hofde0 EA 470 Sezione III. I Gheppi (gen. Cerchneis Boie)............. 00.0 174 Gheppio. Falco tinnunculus. << sL. n ne AUR Falco grillaio. Falco tinnunculoides................ 0 AT Falco cuculo. Falco vespertinus....., 0.0... 176 UR MEAMIGLIA.'Gli Astori. Accopilridel. MELA e. 180 IRENE RE ASA e RT nine ttt Pag. ASTOTES ASI POIUMDATIUS: nen nente 47° GENERE. ACCIpilOr.. ....0. 0.00 PMR Ape vr ig ng ot i 0 } SPALVIELE NA CCR EUSUS i e e en nnt dela Sato 8a FAMIGLIA. Falchi di padule. Circidei............0. erre IM CENERARO NC US I i rece ta el Sezione I. Falchi di padule o Circidi (gen. Circus Briss. Bp.)...... Falco cappuccino. Circus aeruginosus. ................ Sezione II. Albanelle (gen. Strigiceps Bp.)...c0..... e... .0 ret Albanella reale. Circus cyaneus.......... ITA ARIE Albanella piccolo. Circus cineraceus........... Albanella siciliano. Circus Swaînsonti. ................ 22 mivisione. Rapaci notturni ............... i oniann Rripuiunica Le: Strioli Sinigesi ioni etnei sa one ot IMITA URI nn nina DOGENERE VIVO GIUR etnie tale noto GIVettar NO CUAtmiRROrit Is tei eine Civetta ‘nana. Nociua passerina............. 0.0.0. RMGENERERESCONSISE Ae te i ASSIOIONSCOPSTALIROVANAÙ: 2 ol ae toto enta ZE NMIGINASIIDOM AES ITA INI n SIRGENERES, BUIO n ateo ne Gufo:reale. Bwubo maximus... i.e IGIENE RESO LUSTRI ENI NO) a ET Nile a TITO ai IO Ascalafo. Otus Ascalaphus........... NIN ANOCCOMOLUSIVUIGARISE ERA II A SN . Allocco di padule, Otus brachyotus................... BEGENERESGNYCIO,O i nen BORDO INTAORD DN be Civetta capo grosso. Nyctale Tengmalmi............+. SERAMIGLIAZUUIIOI IR nine SUI 6° GENERE. Syrnium...... AA RC ESONERATO Teo i iaia ; Gufo salvatico. Syrnium aluco...........-...0.0000 SRREPANNI GPAISERO RIO I toe e nn USCENDO RISI Re te e ce pe Srna apo tal BarbaSiaMDI Str MAMMEAIIS init ORDINE I. Uccelli silvani. Passeres....... Lei Reni pin era paci COLlUrntones.. ini init UNICA FAMIGLIA. Delle Averle. Lanidei............-......00... GENERE USANO E DO enne spie ee ce SE Gruppo I. Le Averle (gen. Lanius Boie.)....:.................- Averla maggiore. Lanius excubîtor................0.. AVErlaNCenerna; LAMmUSMINONz. ee inal die Gruppo II. Le Castriche (gen. Enneoctonus Boie.)................ Averla capirossa. LARius PUfus.... e. eee rrrrronee AVErla:picGUlatSL@mMAuUS'COMUTIO.. 00 oi Averla forestiera. Lanius meridionalis ......... MEA ROGER RI RONUS IT eni one ro dna SE Averla di Spagna. Telephonus Tschagra............... 47% INDICE DEL VOLUME PRIMO. #* Tribu. Callictomi: Calice . Pag. UNICA FAMIGLIA. Dei Rolli. Coracidei............. LL SC GENERE: (COrACIIS ci NL. OE I I Ghiandaia marina. Coracias garrula................... 3. Fribu. Gli Onnivori. Caratese e A de :BAMIGLIA: Dei Corvi. Corptide i n O KO GENERE CODES MORI SE Gorvo imperiale. Corvus'coragiii i en Cornacchia mera. Corvus corone Sl Mo Cornacchia bisia. Corvus compie Corvolreale-' Corvus frugilegust O MEC Taccola: Corvus Monella 2a FAMIGLIA, Le Ghiandaie. Garrulidei.......... LOTO ILL CAMRICIE ACLOLRNNI VU DA GENERE.: GANRUUSE I A VAR A eo Ghiandaia. \Garrulus gladanus RO Ghiandaia greca. Garrulus melanocephalus............. 3a FAMIGLIA. Delle Gazze. Picadei......... E IONI ROME 60AGENBRE LUPIN i A AR Gazzera. Pica caudata..... VIA INI AO UO di 4a FAMIGLIA. Dei Gracchi. Pyrrhocoracidei ...................... ÎGERNERED PUFFROCOFAZEA ROL Gracchio. Pyrrhocorax alpinus...... i o SO GENERE O ERCGUUS O O I I Gracchio forestiero. Fregilus gracwlus................. 4° Tribù. I Rampicatori. Corticicoli.............. OO RO. Aa FAMIGLIA Nucifragidei o RANGO. . 90 GENERE. Nuciftraga O A Nocciolaia. Nucifraga caryocatacles................... 22 FAMIGLIA. Delle Sitte. Sittidei...................... pi : 10° GENERE. Sitla.......... BRIAN ARS EIA, Muratore.!.Sittavcaesia 0 ie Sa Tribù. I Mirmecofagi. Sagiltilingues.................... SIRIO fa FAMIGLIA. .IPiechi: Piede i PAIA 41° GENERE. DPYOCOPust st o FILI GEAR AS Picchio nero. Dryocopus martiusi i lO Aia: 120 GENERE: (GeCMUssi i na LARIO Vo Picchio gallinaccio. Gecinus piridis.............:,00. Picchio cenerino. Gecinus canus............... SE 43° GENERE. Picus.........:.... MO AN e SASA Picchio rosso maggiore. Picus major................ . Picchio rosso mezzano. Picus medius.............. SR Picchio: forestiero. Picus leuconotuse li ee Picchio piccolo. Picus minor nn. 44° GENERE. Picoîdes.............. SOR I E EE) Picchio con tre dita. Picoides tridactylus........... I 2a FAMIGLIA. I Torcicolli. Torquillidei............... OE #50 (GENERE. Yung i e A I Torcicollo. Yuna torquilla............. OI SRRIARATERo MII sti > —- INDICE DEL VOLUME PRIMO. CREDA IS GOCnILiAMpRidoli, e en Lap ene O Pag. UNICA FAMIGLIA. I Cuculi. Cuculidei........ AR dai Lia dae VOR GENE SRO RC E A ND alei dia tc) SIU MEa A IO, a cantati Ceo CES GUCCONCUCUIUSICARONUSI N NOS IR MIO ENE RECON CUISINE Cuculo col ciuffo. Cuccyzus glandarius. ...... FRATE, ARIA Coccyzus erythrophthalmus................ GORI COCCUZUSCOMER CANISTRO NIE LOS RI a 72 Tribù. I Fissirostri. Hianthes.... Aa FAMIGLIA. Caprimulgidei . ISNGENERE GAP MUTUO Nottolone. Caprimulgus europaeus................ Nottolone col collare. Caprimulgus ruficollis... AE QURAMIGLIA:Fe:Rondini: Hirundig@i iii il ee lo 19° GenERE. Hirundo. .=>@ RR IDRA Rondine. Hirtndo Dei O ROSI TRO ATI pe Rondine del Cairo. Hirusdo co MR ASILI LIA LEI RIPARI ‘Rondine collo giallo. Hirundo daurica.. ............ sE Q0GENERE ORE OA SRL Re Balestruccio, (Ghel:donurbica e MOAGENERE OLIO I I NE ST Topino. Cotyle riparia.....i........ MAIA PIO sura Rondme montana. Cotyle:rupestris.i ili i an ene 38 FAMIGLIA. De’ Rondoni. SEE SUL RAR Ra TO UE SRO Ro 290 GENERE. Cypselus.. DAATA. iii RONAONECYPSC US APUANE Rondone di mare. Cypselus Melba.................... SATribu- Gli Anpulirostri. Angulgrostresi v.le Aa FAMIGLIA. De’ Gruccioni. Meropidei..............0.. 0 IICCGENEREMENOPS e nn Gruccione. Merops apiaster. 43 3 Gruccione forestiero. Merops aegyplius..... HER 22/FAMIGLIA, Le: Alcedini: Alcedinider ie SAAGENERE ACER Le O Te co, cef Uccel Santa Maria. Alcedo ispida., 7 Alcedine bianca e nera. Alcedo rudis.. .&.....,....... Srribus I Denuirostri.!MenWifostres RN eine nie (RM PRAMIGLIA:"Le"BubboleUpuprdet.. it 25° GENERE. Upupa...... ERI ITC IONI PARE SONIA ASI CIC VAIO Bubbola. Upupa Epops......... UR IR Se 22: FAMIGLIAzILe GertielCerthider et. iii ee cele 200% GENERE. (DICROATOMA tt ine LORA PRUA RR MILA. Picchio muraiolo. Ti hoaiona muraria. PASTA DANGANARE CERRI RR O e la Rampichino comune. Certhia brachydactyla.. ....... Rampichino alpestre. Certhia familiaris.............. TOsmeibu: I Ganorin! Campi ci ii i cp RN Aa FAMIGLIA. De’ Merli acquaioli. Cinclidei............... gi Ci Her: LIL IR Ro CASI ES IPS SOR NPEMENZEORITNI SIA ELIS PI 1001 IRON RE. >< Pa o. i, i n . » Neli -ORERASII IONE D Ù e È N am S # * x N PO, È Mii ‘ao 476 INDICE DEL VOLUME PRIMO. IS GENERE Ss (CINCIUS O Pag. 344 Merlo acquaiolo. Cinclus aquaticus........... ........ 345 9*FAMIGLIA: Degli Storni. Stummidet o. e 346 29° GENERE. Slurnus.. IR VE PI ZI IRR ETO L2IRSRRAOII Storno. Sia DO ara n 34S Storno nero. Sturnus unicolor......... RTLA GSC DIE 351 S0AGENERES PASINI TITO ORO 352 STOLNO Marino. CPASIOr NOSCUSERTRAOA NAVI CARA 353 s* FAMIGLIA. Dei Rizogoli. Oriolidei........... 1.0.0 355 IICCENERESS O NOUS NARRA a RI I ivi Rigogolo. Oriolus Galbula...(.0./.-.y00. een 356 4a FAMIGLIA. De’ Tordi. TUFAidEi > oeriiii ii Re 357 320 GENERE. Turdus:. gl... .... nn Ria N A 358 Sezione I. I Merli (Merula Ray.)........-.-. 0600000... LIRE ivi Merlo: TW AUSIMEWAIE III IAN 359 Merlo col petto bianco. Turdus torqualus............. 360 Tordo di gola nera. Turdus atrigularis................ 362 SEZIONE ORTONE) RI IRE _ 363 T'ordela" T'URAUSIVISCDOFUS TENER AO I ivi Cesena. TUFCUSPMARS ti I ANAAO 365 Tordo bottaccio. Turdus musicus.............-.0..... 366 Tordo: sassello. Turdus iliacus. i... 09 Tordo*dorato ST'UXIUS AUrCUS TA OO) Tordo forestiero. Turdus Naumanni. ................ 371 Tordo americano. Turdus Swainsoni.................. 373 Tordo sbiadito. Turdus pallidus...................... 374 Tordo olivastro. Turdus olivaceus.. MIAO MOTO, Da 5° FAMIGLIA. Tordì rupestri. Monticolidei.:. ..............--..... i » IZAGENERESMONIICOAIE I i AI RI ivi EDS, Passera solitaria. Monticola cyanea. ................- 379 Codirossone. Mornticola saxatilis..................... 380 6a FAMIGLIA. Le Maciole. Sazricolidei..................000 0 382 3KOGENERE SILICON ivi Gulbianco: Sazicola 0Enan ee 383 Monachella. Sazicola aurita...-.......0. eee 386 Monachella con la gola nera. Sazicola stapazina....... 387 Codibianco raro. Sazicola leucomela................. 388 Culbianco abbrunato. Saricola leucura............... 389 7a FAMIGLIA. I Saltimpalo. OEnanthoidei..............-..00 390 99 GENERE: PRAbnCole:: iii II 391 Stiaccino. Pratincola rubetra..............00 ii 392 Saltimpalo. Pratincola rubicola ..........-...0....... 393 FAMIGLIA. E Codirossi. RUNCURA ee e 395 F0%GENERES MURCUHIRIT R I n E ITACA AIRPORT L_ 396 Codirosso. Ruticilla ROOT SODI EI RN AE ivi Codirosso spazzacamino. Ruticilla Tilhys............. 398 Pett' azzurro. Ruticilla suecica.......0. 00 399 9a FAMIGLIA. De’ Pettirossi. Erythacidei............... 0. . 404 INDICE DEL VOLUME PRIMO. VETO a E ASA SME RA PSE A O RR A Pag. Pettirosso. Erythacus rubecula..................000. 402 FAMIGLIA. I Rusignuoli. Philomelidei ..................... IRON NERE OMO a care Re TE aa ne argo a sto Rusignuolo. Philomela luscinia...........-. ce... Rusignuolo forestiero. Phylomela major............... SOACRNERB CALO Ner aaa nanne Let Calliope. Calliope Camischatkaensis................... MAP NMIGILIASE Boscarecene Syloiden e Sn HUSGENTRE SSA RR N ia MITI o Capmera SYLVIA ni COM I BiZ1ONESSYMIAHOYIENSISSI RA on MICENEI AOC ie enna SE IT Ln dolce BICIANgnossa SCUTIUCANORPRES I Sterpazzola. Curruca cinerea.......... CBiniarellaCUrtuca: GOKU ETA ent Celega padovana. Curruca nisoria........... 0.000 Sterpazzolina. Curruca leucopogon............. 6... Sterpazzola di Sardegna. Curruca conspicillata.. ....... 4122 FAMIGLIA. Gli Occhirossi. Pyrophialmidei.................... IQACENERE SME ZOP MUSA RI a Magnanina. Melizophilus provincialis.................. Occhiocotto sardo. Melizophilus sardus................ Occhiocotto. Melizophilus melanocephalus.............. 438 FAMIGLIA. I Laticaudi. Laticaudidei............. cane, (stTalste EIIGENERROTEUSCOPS a Ln nile TAB e — Salciaiola. Lusciniopsis luscinoides.................... DIDIGRNERE ROCHE RO AA SI RO oe Rusignuolo di padule. Cettia altisonans................ A4® FAMIGLIA. I Forapaglie. Paludicolidei........................ IAGENERE O AAMOMIR OI e tore i Forapaglie. Calamodyta phragmitis................... Pagliarolo. Calamodyta aquatica..................... HOCNGENERE SS PLOGUStela n te in e Forapaglie macchiettato. Locustella lanceolata.......... CAGENE REANO Ninni ninna ono en St Forapaglie castagnolo. Amnicola melanopogon.......... ‘45% FAMIGLIA. 1 Beccamoschini. Cisticolidei...... 00. SEGNI ROBA CO SSR I inte anna Lean Beccamoschino. Cisticola schoenicola.................. 16° FAMIGLIA. I Becchigrossi. Calamoherpidei.................... EIIGENERESI ORO ORIO I o e ti na Cannareccione. Calamoherpe lurdoides.. ario Beccafico di padule. Calamoherpe arundinacea......... BOSGENEREE YO GS RE ele ee a O Beccafico canapino. BUsoldis polyglottat" ERRE YPOLAISI ERANO ile rego pre ART STE dA MAG TTAN. EL: MUSstIvORInen. Lul ra n Luì SI fn trochilus.. Luì piccolo. Phylopneusle rufa ..... 9/00... Luì bianco. Phylopneuste Bonelli.....|.......... A 488 FAMIGLIA. Gli Scriccioli. ‘Mrogiodylideri.. pa HEOGENERE DI OGIOGYIES in 3 5 Scricciolo. Troglodytes parvulus. .... N09 XFAMIGLIA.. Accenlorider..<.. ceti LRRRZIA, 4 IRR LE TRENTA AO SION Sordone. i: ADINASIALIO i en 168 ì E 1 fel POSA CAR ALI di <9- ee Vin rene NM ” Sri afifee MR LIONE nuo De to “Long a c Bri Ledrenend 7 def sero sn pred ari ra A IE EE è PSE da ue MRI > Peri, ie | dò serata . , È Ca : Vr ARI A a : Rei Aeg pl , < ; c Pan CATA Cave (n an > TT ero i dest agi è AL po E È i 2a sd io 1 5 a pull acts a re ene ae e SE rst LE ca 2a Ri TRAZILA. Kos Paid ini eo) lai ti ai Gea TT pra Cart € SA cea zi Spera balia) Reni E te, bi Ta 4g didnt hg) r RP ne] RR eat Sat sido CI Sali ho”, i go pan ere Kc aL perte. viso » » Ai | a