DO VaR et x AS VA \- SÉ iS *“*L= A STI Dì L'A gii das d MEA i RS Sa è Ò ei, AA PIA et e E “4 j " 3 ì rd LESIZAO a at si TRL ; 3 È Pat fai 3 ù E i BA N x è > E 4 pat ti DAY. f Ù ile: Le Y è DA = DI - = E IRR ha Va iremm SPOTT ba e \ Ne e ù ” sq Polato. at... XX NE \ RS si x >“ è N e i R x Ò = ra e nt NE \\y A : j sa Ù © P = _ de so ù» i ta ® CSR pt _ ® > = Lo a Peo È a da ge NE mA pa C a 5 DI ù i ROSSI NA = ETA NORRR — TO YI (idr EIN PIE. \ VE È _ n a per z SS n w N - è e 1/2 . di Re ene ì S RS 2 i x & Bh sprzieni mn N NALI NAMI a | LASA? PZ È USE ax aa a HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY 4 MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. i x No 2\, \9IN MEMORIE DI PALEONTOLOGIA Fucini A. Tommasi A. . Checchia-Rispoli G. Zuffardi P. PUBBLICATE PER CURA DEL PIRRO:ENMPAC:E:EO, C AIN AVAST Musrko GroLoGIco DELLA R. UNIVERSITÀ DI Pisa mo VoLume XIX — 1913. CIO Indice Nuovo contributo alla conoscenza dei Gasteropodi liassici della Montagna del Casale (Sicilia) (Pav. I, SI (I, I1]). I fossili della lumachella triasica di Ghegna in Valsecca presso Roncohello. Parte II: Scaphopoda, Gastropoda, Cephalopoda. — Appendice, Conclusione (Tav. III, 1V [IV, V] e Fig. 1-6 interc.). l Foraminiferi dell’ Eocene dei dintorni di S. Marco la Catola in Capitanata (Tav. V, VI [I, II). Eletanti fossili del Piemonte (Tav, VII-XII [I-V1]). Del Campana D. . .— I Cani pliocenici di Toscana (Tav. XIII-XXII [I-X] e Fig. 1,2 interc.). De Stefani C. . . .— Fossili della Creta superiore raccolti da Michele Sforza.in Tripolitania (Tav. XXIII-XXVII [I-V]). PISA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI 1913 a È Da) mei dia al N PALABONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA UBBLICATE PER CURA PROF. MARIO CANAVARI Muspo GroLoGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PISA —_ muo___ VoLume XIX — 1913. = Hecini A. . .- Tommasi A. e — CaeccHIA-RispoLi G. — Zurrarpi P. Sa INDICE DEL VOLUME XIX. Nuovo contributo alla conoscenza dei Gasteropodi liassici della Montagna del Casale (Sicilia) (Tav. 1, II [1, 1I]) I fossili della lumachella triasica di Ghegna in Valsecca presso Roncobello. Parte II: Scaphopoda, Gastropoda, Cephalopoda. — Appendice, Conclusione (Tav. INICIV |IV, V] e Fig. 1-6 intere.) I Poramnvniferi dell’ Eocene dei dintorni di S. Marco la Catola in Cupitanata. (Tav. VIVI (1, 11)) Elefanti fossili del Piemonte (Tav. VII-XII [I-VI]). DeL Campana D. . — I Cani pliocenici di Toscana (Tav. XII-XXII [I-X] e Fig. 1,2 intere.) Dr SteFANI CO. . — Fossili della Creta superiore raccolti da Michele Sforza in Tripolitania (Tav. XXIIEXXVII [I-V]) pas. A. FUCINI NUOVO CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI GASTEROPODI LIASSICI DELLA MONTAGNA DEL CASALE (Sicizia) (Tav. I, Il [I, 11]). La montagna del Casale, in provincia di Palermo, non molto lungi da Corleone, è omai famosa per la ricchissima fauna di Lias inferiore che contiene e che è stata primieramente descritta dal GemmELLARO e quindi, dopo altre ricerche, dal TaGLIARINI e CaraPEZZA 2), dal MeRrcrar 3), dallo Scaria #, il quale ha dato una lunga lista di nuove specie, ed infine molto recentemente da me? per i Polyplacophora. Nel presente lavoro io intendo di far conoscere alcune fra le più interessanti specie nuove di Ga- steropodi, che fanno parte della ricchissima collezione del Museo di Pisa, la quale fu messa insieme semicalcinando una grande quantità di roccia fossilifera; e poichè questo sistema di preparazione dei fossili ha permesso di isolarne alcuni in modo relativamente eccellente e tale da mostrare in molti esemplari di Gasteropodi i caratteri del peristoma in specie e in generi nei quali erano sconosciuti, ho creduto anche utile di riesaminare quelle tra le specie già descritte nelle quali mi è stato possibile osservare nuovi ed interessanti caratteri morfologici. Mi parve così che il presente lavoro dovesse riuscire utile alla sistematica ed alla filogenia di alcuni generi di Gasteropodi del Mesozoico. In quanto all’età precisa da assegnarsi alla fauna del Casale ho poco da aggiungere a ciò che è ben noto ed a ciò che io stesso ho altre volte detto). Certo essa non è più recente della zona ad A. Bucklandi e, crederei, nemmeno più antica perchè, oltre che dalle considerazioni esposte in miei precedenti lavori, ciò parrebbemi resultare anche dall’osservazione accurata di alcune ammoniti raccolte nella stessa località i GEMMELLARO. Sui fossili del calcare cristallino delle Montagne del Casale e di Bellampo in provincia di Pa- lermo, 1876. 2) CARAPEZZA e TAGLIARINI. Sopra talune nuove specie di fossili del calcare bianco cristallino della Montagna del Casale. Estr. Bull. Soc. di Se. nat. ed econ. Palermo, n. III, 1894. 3 MeRrcIaI. Lamellibranchi liassici del calcare cristallino del Casale. Bull. Soc. geol. ital. Roma, 1904. 4) ScaLta. Sopra alcune nuove specie fossili del calcare bianco del Casale. Bull. Accad. Gioenia, fasc. LXXVI. Catania, 1903. 5) Fucini. Polyplacophora del Lias inf. della Montagna del Casale. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 9 Fucini. Sopra gli scistiî lionati del Lias inferiore dei ‘dintorni di Spezia. Mem. d. Soc. tosc. d. Sec. nat. vol. XXII, 1906. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. t 2 A. FUCINI [2] del Casale e che si trovano oggi conservate nel Museo pisano. Queste corrispondono infatti a specie della parte alta del noto giacimento del Lias inferiore di Spezia, illustrato già dal CanavaRI !.. Per non dare occasione a sinonimie errate o inopportune, nella descrizione delle nuove specie di Gasteropodi, ho chiesto ed ottenuto in esame dalla gentilezza del prof. ScaLia il materiale nuovo da lui nominato nella nota preventiva sopra ricordata ed io sono ora lieto di porgergli i miei ringraziamenti. Im un lavoro riassuntivo che ho intenzione di compilare sopra l’intiera fauna del Casale farò le considerazioni biologiche relative alla specie ed ai generi che vi si rinvengono; per uno studio limitato quale è quello presente, basterà che io rilevi intanto l’importanza di avere notato nel Lias inferiore del Casale, certo non estremamente profondo, la presenza di diversi generi propri del Trias, come pure quella del gen. Brachitrema,.che sembrerebbe bene accertata, per quanto l’individuo sia di ben piccole dimensioni, e che non era conosciuta che nel Giura superiore. Noterò per ultimo che molte delle figure delle annesse tavole sono in grandezza doppia di quella degli originali. Ho dovuto ricorrere a questo espediente per potere rendere visibili o meglio scolpiti i caratteri minuti e talora interessantissimi della maggior parte delle specie, data la loro piccolezza e spesso anche la loro delicata e fine ornamentazione. Le fotografie mi sono state eseguite cortesemente dall’amico prof. MeRCIAI, al quale esprimo qui i miei vivi ringraziamenti. Trochotoma Di Stefanoi Sc. — Tav.I [I], fig. 1,2. 1902. Trochotoma Di Stefanoi Scania. Nuove sp. di foss. d. cale. crist. di Casale, pag. 5. Boll. Acc. Gioenia. di Sc. nat. in Catania, fasc. LXXVI. ; Gli esemplari sui quali lo ScaLraA istituì questa specie, che gentilmente mi ha comunicato, sono molto piccoli e non mostrano perciò ancora bene sviluppati tutti i caratteri distintivi, che appaiono in- vece ben manifesti in altri appartenenti al Museo di Pisa. i La conchiglia è più larga che alta, a spira conica, depressa, scalariforme. Gli anfratti separati da suture canaliculate, sono angolosi a cagione di una carena che si trova al primo terzo della loro altezza e che li divide nettamente in due porzioni. L’inferiore di queste è piana, la superiore leggermente concava; ambedue sono ornate da costoline spirali irregolari, talora anche un poco ondulate. Con lo svi- luppo la parte inferiore si presenta ornata anche da pieghe oblique, numerose, irregolari, retroverse, le quali segnano l’andamento delle strie di accrescimento. 1 due primi giri sono però lisci, arrotondati e, quindi, senza la carena mediana che si sviluppa in seguito, insieme con gli altri ornamenti. L'ultimo giro, negli individui giovani, si mostra nettamente angoloso nella parte superiore ed ha la base pianeg- giante ed alquanto escavata nel mezzo; nell’individuo adulto, da me figurato, esso invece si è grada- tamente arrotondato nella parte superiore, per cui la carena netta, che in avanti separava la base, è meno spiccata e la base meno appiattita, per quanto escavata maggiormente nel mezzo. Le strie di acere- scimento e quelle spirali della base si arrestano repentinamente ad un piccolo cordoncino che limita la cavità mediana. Questa è molto profonda, perfettamente liscia, e presenta alla metà circa della sua altezza, una ripiegatura elicoidale che scende entro la cavità, seguendo l’andamento del giro. Il peristoma non è intieramente conservato e se ne ha solo una piccola porzione entro la stessa cavità mediana, ove il margine interno si distacca da un leggero rigonfiamento columellare e si dirige obliquamente all’esterno. 1) CanAVARI. Contribuzione alla Fauna del Lias inferiore di Spezia. Mem. del R. Comit. geol. d’Italia, vol. III, 1888. ; [3] i A. FUCINI 3 Sono stato incerto se dovessi riferire le conchiglie in esame alla Ditremaria gradata Gemm.! e la figura di questa ed in parte anche la descrizione mi sembravano che loro convenissero. Il GEMMELLARO non dice però se la sua specie abbia trasversalmente ai giri i caratteristici e bene evidenti ornamenti da me osservati nei miei individui; egli poi non accenna alla ben netta e caratteristica ripiegatura elicoide della cavità mediana che è uno dei caratteri più interessanti della specie studiata. Certo non posso escludere che con l’esame diretto degli esemplari dell’una e dell’altra forma si possa addivenire ad una loro riunione specifica. Gli esemplari esaminati di questa specie non sono molto numerosi; parte appartengono al Museo di Catania e parte, fra i quali quelli figurati, sono del Museo di Pisa. Discocirrus Gemmellaroi n. sp. — Tav. I |Ij, fig. 3-5. Conchiglia piccola, sinistrorsa, a spira breve, molto depressa e largamente ombelicata. I giri, sub- quadrangolari in principio, arrotondati da ultimo, si accrescono rapidamente. I primi sono lisci, divengono poi ornati, tanto superiormente che inferiormente, da pieghe trasversali un poco retroverse, le quali nascono deboli presso le rispettive suture e si ingrossano verso l’esterno ove terminano in un mammel- lone senza congiungersi con quelle della parte opposta. Consegue da ciò che i fianchi dei giri stessi, non essendo attraversati da tali pieghe, rimangono ornati solamente da cordoncini longitudinali, più o meno uniformemente distribuiti, e questi, che in tutti sono circa quindici, si trovano anche nelle parti aventi le pieghe, anzi, sopra esse si rendono alquanto più spiccati. Nell’esemplare più grande, col peristoma parzialmente presente (Tav. I [I], fig. 3) e che non ha però ben conservato il guscio per tutta la spira, le pieghe trasversali terminano in vicinanza della bocca o per lo meno si fanno molto rade, cosicchè mentre nella prima metà dell’ultimo giro esse sono sei o sette, nell’altra ed ultima metà sono quattro al più. I modelli portano lievi rilievi in corrispondenza delle pieghe della conchiglia. Il peristoma, parzialmente conservato e molto caratteristico, appare continuo e molto spiccatamente rotondo ed ha un grosso cingolo marginale periferico. Questo si presenta più rilevato all'indietro, ove scende molto rapidamente, che non in avanti, ove cade più rotondamente, ed è attra- versato fino all'apertura dai cingoli longitudinali. Sottili strie di accrescimento rendono poi squamosi gli intervalli dei cordoncini longitudinali. Questa specie, che rammenta la destrorsa Liotia circumcostata Can.?, ha grandissima analogia con una specie sinistrorsa che trovasi nei marmi di Vinca nelle Alpi Apuane. Il Disc. Gemmellaroi ha anche notevole affinità col Cirrus (Discocirrus) tricarinatus GimBEL, illustrato da Ammon , dal quale però si distingue per le pieghe trasversali, che non attraversano l’esterno dei giri e che non lasciano tanto vistosi rilievi sul modello, e per i cordoncini longitudinali più numerosi. La Scaevola intermedia Gemm.4 che probabilmente non alle Seaevolae, ma a questo stesso genere appartiene, differisce dalla specie in esame per la spira assai più alta, per le pieghe che attraversano i giri, che sono più larghe e che lasciano un solco distinto nel modello, nonchè per i cordoncini longitu- i) GAMMELLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 370, tav. 28, fig. 17. 2) CanAVARI. Sui fossili d. Lias inf. d. App. centr. Atti Soc. tosc. Sc. nat., vol. IV, pag. 147, tav. XI, fig.3; — La Montagna del Suavicino. Boll. Comit. geol., vol. XI. 3) Ammon. (Gastr. d. Hochfellen-Kalkes, pag. 171, fig. 8. 4) GEMMELLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 342, tav. XXVII, fig. 7-9. 4 i A; FUCINI [4] dinali meno regolari, intramezzati anche da strie sottili ed infine per l’ombelico più ristretto. Il peristoma sembra però essere dello stesso tipo. i Ho accettato il nome generico di Discocirrus proposto dall’Ammon per il Cirrus (Discocirrus) trica- rinatus GixMBEL, poichè mi è sembrato di non potere riferire queste specie ai Cirrus in senso stretto e nemmeno alle Scaevolae del GeMMELLARO che alcuni vogliono sinonime dei Cirrus stessi. Questi e le Scaevolae hanno infatti spira assai più alta e, quel che più conta, il peristoma più o meno angoloso, talora anche poligonale, certo. non così arrotondato come quello dei Discocirrus. Questi si avvicinano quindi alle Liotiae, che però sono destrorse ed hanno una caratteristica callosità intorno al peristoma. La specie esaminata è rarissima e di essa se ne conservano solo tre esemplari nel Museo di Pisa. Solarium glaucum Gr. — Tav. I [I], fig. 6, 7. 1872-82. Solarium glaucum GemeLLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 362, tav. XXVII, fig. 62, 63. Il peristoma di questa specie è sub-arrotondato; ha il labbro interno leggermente svasato, ingros- sato ed addossato al giro precedente e presenta quattro leggiere doccette che lo rendono di contorno leggermente trapezoidale. Di tali doccette le più spiccate sono quelle che si trovano in corrispondenza della sutura spirale, della sutura ombelicale e della carena ombelicale nodosa; la meno distinta è quella in rapporto alla carena esterna dei giri. I quattro esemplari esaminati, aventi il peristoma conservato, appartengono al Museo di Pisa insieme con altri in peggiori condizioni di conservazione. Bifrontia Scacchii Gem. — Tav. I [I], fig. 8-12. 1872-82. Bifrontia Scacchii GemweLLARo. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 363, tav. XXVIL fig. 55-59: tav. XXVIII, fig. 5, 6. Credo opportuno dare diverse illustrazioni del peristoma di questa specie, per precisarne meglio la posizione generica, sulla quale il GemmELLARO fece una discussione, allora ragionevolissima, in confronto col gen. Straparollus. Il peristoma è triangolare, ingrossato sugli spigoli, sinuoso superiormente, attenuato a ridosso della spira, protratto in avanti a guisa di becco in corrispondenza della carena esterna dei giri e di quella che circonda l’ombelico. Nei grandi esemplari esso è maggiormente obliquo e mostra spiccata tendenza ad arrotondarsi mentre l’ultima porzione del giro si distacca talora dalla spira. È specie comunissima e nel Museo di Pisa se ne conservano molti esemplari, anche col peristoma conservato. Scaevola busambrensis Gemm. — Tav. I [I], fig. 15, 16. 1872-82. Scaevola busambrensis GemmeLLARO. Paune giuresi e liasiche della: Sicilia, pag. 341, tav. XXVII, tito, de io Un piccolo esemplare di questa specie, che non ha però ben conservata tutta la spira, mi permette di dare alcuni caratteri del peristoma. Questo non è perfettamente rotondo, sebbene continuo, ma piut- tosto sub-ovale, essendo assai spiccatamente angoloso in avanti. Il suo margine è poco ingrossato, spe- [5] È A% FUCINI 5 cialmente in corrispondenza della base, il che è in relazione con la mancanza, ivi evidente, delle pieghe longitudinali che esistono nella parte superiore dei giri; all’interno esso fa poi una ripiegatura legger- mente svasata, che tende a chiudere la non grande apertura ombelicale. L’esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa insieme con pochi altri. Scaevola liotiopsis Gem. — Tav. I [I], fig. 13, 14. 1872-82. Scaevola liotiopsis GexmeLLako. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 343, tav. XXVII, fig. 3-6. Il peristoma di questa specie differisce grandemente da quello della Sc. busambrensis; è più slar- gato, con tendenza a divenire poligonale, e più angoloso anteriormente ed anche posteriormente, ove presenta una piccola doccetta. La Sc. busambrensis e la Sc. liotiopsis hanno una grande affinità generica con i Cirrus; questi però hanno la spira, spesso concava, costituita di un numero assai maggiore di giri e l’ombelico sempre molto ampio e profondo. Nella Sc. busambrensis l’ombelico è invece ridotto ad una semplice fessura ombelicale. La Scaevola intermedia Gemm. come ho accennato più sopra, a proposito del gen. Discocirrus, ap- partiene molto probabilmente a quest’ultimo genere e non alle .Scaevolae. Ha infatti il peristoma molto spiccatamente rotondo, ingrossato e marginato uniformemente, in relazione al fatto che nella base, ed anche un poco nell’ombelico, sono manifeste le pieghe trasversali dei giri, le quali sono da considerarsi come antichi peristomi. Un carattere notevole della Sc. intermedia, che contrasta con quelli delle Scaevolae e dei Discocirrus, consiste nell’avere il contorno peristomatico svasato ed ingrossato internamente per modo che nei modelli restano, quali rappresentanti di antichi peristomi ed in corrispondenza delle pieghe esterne dei giri, dei solchi trasversali ai giri stessi, spiccati e dirò anche a margini molto netti. La Sc. liotiopsis è assai frequente ed il Museo pisano ne possiede parecchi esemplari, tre dei quali con peristoma conservato. Crossostoma cristallinum Car. et Tacx. — Tav. I [I], fig. 17-22. 1894. Orossostoma cristallinum CaraPezza e TaGLiARINI. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 8, tav. I, fig. 8,9. Il Crossostoma cristallinum, essendo una delle specie più frequenti della fauna in esame, è rappre- sentato da molti esemplari ben conservati anche nel peristoma. Questo, per quanto non sembri corri- spondere del tutto a quello della specie sulla quale fu istituito da Morris e LycetT? il nuovo genere, tuttavia corrisponde perfettamente al peristoma del Crossostoma (Delphinula) reflerilabrum D’ORB. che quegli autori e lo stesso ZirteL * ritengono genericamente tipico. L’apertura è rotonda, i labbri sono irregolarmente ingrossati da una doppia piega, con solco mediano, la quale nei giovani individui (Tav. I [I], fig. 19a, 200) è limitata al bordo columellare e negli adulti (Tav. I [I], fig. 17) circonda completamente il peristoma. In questo caso anche il margine esterno del labbro resulta ingrossato (Tav. I [I], fig. 170). Il margine labiale nell’attaccarsi alla spira dà luogo ad una piccola doccetta posteriore che sparisce con 4) GEMMELLARO. Faune giuresi e liasiche, pag. 342, tav. XXVII, fig. 7-9. 2) MoRRIs and LyceTT. Great Oolite, pag. 71, tav. VII, fig. 21. 3 p’OrBIGNY. Paléont. frang. Terr. jurass., t. II, pag. 317, tav. 323, fig. 14-16. 4 ZirTEL. Traité de Paléontologie, vol. II, pag. 191, fig. 249. 6 A. FUCINI [6] l’accrescimento. Con questo invece si sviluppa sempre più una grossa piega spirale che circonda la colu- mella, che arriva a chiudere la fessura columellare e che svanisce sulla parte esterna del giro, partecipando: talora all’ingrossamento del margine esterno del labbro. Credo utile osservare per ultimo che alcuni indi- vidui, come ad esempio quello più piccolo figurato, mostrano una sottilissima striatura spirale, estesa tanto ai fianchi quanto alla base della spira, la quale non fu osservata dai primi illustratori della specie. Occorrerebbe avere in esame diretto gli originali del Yrochus (Trochococlaea 2) bellampensis del Gem- MELLARO ! per stabilire se le due specie sono da riunirsi o quali relazioni passino tra l’una e l’altra. Gli esemplari esaminati sono numerosissimi, una quindicina dei quali con peristoma ottimamente con- servato; tutti appartengono al Museo di Pisa. var. intermedia n. var. — Tav. I [I], fig. 23. L’esemplare che io distinguo come var. infermedia rappresenta un termine di passaggio tra il Cros- sostoma cristallinum ed il Cr. angulatum Gemm.? Del primo ha infatti la forma allungata della conchiglia e ne differisce per la mancanza di spiccata carena sulla metà dei giri; del secondo ha la forma dei giri e la profondità delle suture, ma se ne allontana assai per la forma più allungata della conchiglia e quindi per la maggiore altezza della spira. È da escludersi la sua pertinenza al 7. Moroî Gemm. che potrebbe talora parere possibile per alcuni simili caratteri esteriori della conchiglia. L’unico esemplare studiato appartiene al Museo di Pisa. Astralium Palmieri Gem. — Tav. I [I|, fig. 24-27. 1872-82. Turbo Palmieri GeuxmeLLaRO. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 348, tav. XXVII, fig. 10, 11. Il peristoma ha pressochè gli stessi caratteri di quello del gen. Crossostoma. E rotondeggiante, continuo, ingrossato tanto sul margine columellare quanto su l’esterno e si rovescia leggermente negli esemplari adulti. In questi, cosa notevolissima, l’ultima porzione della spira si distacca e si rende libera per alcuni millimetri, come succede in talune specie del genere paleozoico Trochonema e come è'ben evidente nel T. segregatum HeB. et DesL.*, specie più recente, ma molto probabilmente dello stesso genere. Non credo possibile attualmente riferire questa specie al sen. 7urdo s. str. I suoi caratteri più importanti la fanno rapportare alle Astralinae e probabilmente, insieme con le due seguenti, appartiene: ad un nuovo sottogenere degli Astralium. È tuttavia molto difficile potere stabilire in proposito qualcosa di sicuro dati i numerosi generi e sottogeneri creati nella fam. delle 7rochidae e quando, per la grande: persistenza di cui essi in generale sono dotati, può ragionevolmente supporsi di avere a che fare con generi o sottogeneri fatti sopra caratteri che solo le forme viventi possono mostrare. Il genere Eucyelus, cui da alcuni vengono riportate specie simili a questa ed alle seguenti, sembra che debba cadere in si- nonimia con Amberleya. 1) GEMMELLARO. FPaune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 360, tav. XXVII, fig. 44, 45. 2) GEMMELLARO. Ibidem, pag. 334, tav. XXVII, fig. 12-14. GEMMELLARO. Ibidem, pag. 351, tav. XXVII, fig. 19-23. HéBERT et DESLONCHAMPS. Le fossiles de Montremil-Bellay. Estr., vol. 5.8. Bull. Soe. Linn. de Normandie, pag. 57, tav. II, fig. 10. (iS 7] î A. FUCINI ° 7 È questa una delle specie molto frequenti della fauna in esame ed io ho potuto averne molti esem- plari con peristoma conservato. Astralium Waageni Ger. — Tav. I [I], fig. 28, 29. 1872-82. Calcar Waageni GemmeLLARO. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 360, tav. XXVII, fig. 42, 43. Il peristoma è irregolarmente arrotondato, continuo, ingrossato sul bordo columellare, spinoso in corrispondenza delle due carene che ornano la spira. I giri sono ornati, tra la sutura e la carena supe- riore, avente tubercoli spinosi vuoti, da sottilissime strie, serrate, ondulose, che non furono notate dal ‘GEMMELLARO e che sembrano mancare tra le due carene e nella base. Ho ascritto questa specie al sen. Astralium, preso in senso lato, non credendo possibile in alcuna maniera di separarla genericamente dalla precedente e dalla susseguente con le quali è legata per tutti i caratteri, compresi quelli importanti del peristoma. i Gli esemplari esaminati sono poco numerosi; tre soli hanno il peristoma conservato: appartengono al Museo di Pisa. Astralium Buccai Car. et Tacr. — Tav. I [I], fig. 30. 1894. Turbo Buccai Caraprzza e TaGLiARINI. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 8, tav. I, fig. 38, 39. (. Ho due esemplari che mostrano i caratteri del peristoma. Questo è molto simile a quello del Cros- sostoma cristallinum GeMM. precedentemente descritto. L'apertura è rotondeggiante, i margini sono intieri, continui, ingrossati e alquanto rovesciati, specialmente quello unito e contiguo al bordo columellare. Il x peristoma è poi tutto eccezionalmente obliquo. ‘Questa specie è in modo molto appariscente intermedia alle due precedentemente studiate. Anche per ciò io ho creduto di doverle tutte riunire genericamente. L’Astr. Buccai, tolte alcune minute diffe- renze nelle ornamentazioni, ha infatti la spira dell’Astr. Waageni e la base, compreso il peristoma, del- l'Astr. Palmierti. Anche in esso l’ultima porzione della spira si distacca e si rende libera per breve tratto. Gli esemplari esaminati appartengono al Museo di Pisa e non sono molto numerosi. Turritella (?) busambrensis n. sp. — Tav. I [I], fig. 31, 32. Non ho voluto trascurare questa specie, per quanto rappresentata da due esemplari non completi, essendomi sembrata genericamente molto interessante. La conchiglia si accresce con un angolo spirale assai acuto ed i giri, alquanto rigonfi e più alti assai che larghi, si svolgono rapidamente in modo che le suture, molto profonde, resultano grandemente oblique e la spira quasi sciolta. La conchiglia corrisponde allora per la forma generale a quella del gen. Spiro- stylus e specialmente a quella dello Sp. columnaris Mst. del Trias di S. Cassiano ®, se non che, a no- tevole differenza si mostra ornata da tre cordoncini longitudinali, dei quali il mediano più spiccato degli altri. L'ultimo giro ha un quarto cordoncino che ne separa il fianco dalla base. Questa sembrerebbe liscia. Niente può dirsi del peristoma. 1) KiTTL. Gastr. v. St. Cassian, pag. 217, tav. VII, fig. 8-10. 8 A. FUCINI [8] La specie ha grande analogia con la Chemmitzia fistulosa St.!, ma ha i giri assai meno obliqui e più larghi che alti, i cingoli longitudinali meno regolarmente spazieggiati, essendo i due laterali più distanti dal mediano, e la base striata secondo la spira. Minori somiglianze si riscontrano con la Turr. Dunckeri TeRg. To riténgo quasi sicuramente che la specie in esame, cui unirei anche quella dello STOLICZEA, ap- partenga al gen. Turritella, ma non posso escludere del tutto la possibilità che essa possa riferirsi agli Spirostylus od alle Loxonemae. Rissoa (?) problematica n. sp. — Tav. I [I], fig. 33. Conchiglia piccola, piuttosto spessa, a spira leggermente pupoide, costituita di giri più larghi che alti, convessi, che si accrescono con angolo mediocremente acuto e che sono separati da suture spiccate ed ondulate. Gli ornamenti consistono in cinque cordoncini longitudinali per giro, di varia grossezza, e in dieci od undici pieghe trasversali, le quali nascono con grande rilievo, non ad immediato contatto con la sutura inferiore, però molto vicino, e si perdono prima della sutura superiore. Il cordoncino posteriore, a immediato contatto con la sutura, è minuto ed ondulato e non attraversa le pieghe; il secondo e terzo cordoncino, assai distanti fra loro e più distinti degli altri, attraversano le stesse pieghe e le rendono sub-spinose; gli altri due cordoncini superiori sono minuti e serrati fra loro. L’ultimo giro ventricoso ha la base ampia, non molto chiaramente delimitata, convessa, e con cordoncini spirali evanescenti al centro. Il peristoma obliquamente ellittico, ma un poco angoloso posteriormente, non continuo, è tagliato obliquamente all’asse della conchiglia, per cui la sua parte anteriore è sfuggente. Il margine esterno è leggermente ispessito e senza alcuna dentellatura interna; il margine columellare è ingrossato anterior- mente e si unisce con l’anteriore facendo una curva assai ristretta. Per alcuni caratteri ornamentali la specie in esame poteva riferirsi alle Scalariae di tipo antico, ma. a ciò si oppongono i caratteri del peristoma obliquo, non arrotondato, non continuo. Potrebbe darsi il caso che si trattasse di una Lozonema, ma dati i caratteri peristomatici, mi è sembrato meglio riportare, per quanto dubitativamente, la specie in esame al gen. Zissoa, non da tutti ammesso per i terreni liassici. L’esemplare in esame appartiene al Museo di Pisa. Promathildia Riccoi n. sp. — Tav. I [I], fig. 34. ip Conchiglia piccola, conica, allungata, a spira che si accresce con angolo piuttosto acuto. I giri non molto numerosi, più larghi che alti, sono divisi da suture profonde, canaliculate e sono ornati da due serie di circa quindici tubercoli ciascuna. La serie posteriore è contigua alla sutura ed ha tubercoli pic- coli, rotondeggianti; quella anteriore si trova ad una discreta distanza dalla sutura corrispondente, tra. la quale interpone una superficie spirale concava, ed ha tubercoli più robusti, allungati verso quelli del- l’altra serie, con i quali alternano o si uniscono, indifferentemente. Tra le due serie di tubercoli il giro si mostra escavato. La base dell'ultimo giro è nettamente distinta per una carena che si trova in con- tinuazione della sutura spirale ed ha in prossimità di tale carena un cingoletto spirale lieve e depresso; 1) SroLICZKA. Gastr. v. Acephalen d. Hierlatz, pag. 166, tav. I, fig. 9. 2) TERQUEM. Paléont. du Luxembourg et du Hettange, pag. 297, tav. XIV, fig. 5. [9] A. FUCINI ( 9 del resto essa si mostra completamente liscia e priva anche di strie di accrescimento evidenti. Queste sono invece molto spiccate sui fianchi dei giri, ove sono tortuose, squamose e specialmente marcate nelle superficie escavate, che si trovano fra le due serie di tubercoli, e tra la serie anteriore e la sutura ove si presentano anche molto oblique. Il peristoma non è molto ben conservato, ma parrebbe però che dovesse essere spiccatamente quadrangolare. La Promathildia Ricco ha le sue maggiori rassomiglianze con la Pr. colon MstR., molto bene illu- strata dal Kirrx ®, la quale ha però i tubercoli della serie anteriore meno spiccati e la superficie dei giri ornata da strie spirali. L’unico esemplare studiato appartiene al Museo di Pisa. Promathildia Buccai n. sp. — Tav. I [I], fig. 35. Anche questa conchiglia è piccola, allungata, conica, costituita da sette giri piani che si accrescono con un angolo non molto acuto e che sono separati da suture ondulate, profonde, canaliculate. Gli or- namenti sono distinti e caratteristici e consistono in pieghe trasversali ai giri ed in cordoncini longitu- dinali. Le prime, nove per giro, molto rilevate, sono allineate con quelle dei giri contigui per cui la conchiglia appare fornita di pieghe quasi continue, essendo solo interrotte in corrispondenza delle suture, dall’apice alla base ed alquanto oblique. I cordoncini longitudinali, sono cinque per giro; quattro assai uniformi e regolari, vengono separati da intervalli parecchio più larghi di loro e sono rilevati e nodosi in corri- spondenza delle pieghe trasversali; il quinto è in contiguità della sutura superiore e non presenta nodosità alcuna. L’ultimo giro ha la base distinta da un cordoncino non più spiccato degli altri, cui ne seguono poi altri tre assai leggeri e quasi indistinti in vicinanza della columella, e non è attraversata dalle pieghe trasversali che si arrestano sul suo margine, rendendolo sub-angoloso. Il peristoma non è ben conservato, ma sembra che debba essere stato quasi arrotondato e non molto angoloso. Non si vedono strie d’ac- crescimento. Questa specie ha grande affinità con la Pr. Bittneri KirtL® del Trias di S. Cassiano, ma se ne distingue per avere quattro regolari e nodosi cordoncini longitudinali per giro, anzichè tre di diversa grossezza, e per le pieghe trasversali molto più distintamente e regolarmente allineate con quelle dei giri contigui ed un poco meno numerose, nonchè per la base dell’ ultimo giro con minor numero di cor- doncini spirali. Debbo ora far notare che tanto questa quanto la specie precedentemente studiata e le due susseguenti non hanno nulla a che fare con la Pr. Capellinii Sc.3 che io ho esaminato direttamente, ma che non ho creduto di dovere descrivere perchè rappresentata da un frammento troppo deficiente. L’esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Promathildia Scaliai n. sp. — Tav. I [I|[, fig. 36. Come le altre congeneri, anche questa specie è molto rara, essendo rappresentata da un solo indi- viduo, che non ha nemmeno conservato perfettamente il peristoma e manca anche dei primi giri i cui i) KirTL. Gastr. v. St. Cassian, pag. 245, tav. X, fig. 4-6. ? KiTTL. Ibidem, pag. 245, tav. X, fig. 1. 3) Scania. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 3. (SS Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 10 A. FUCINI [10] caratteri sono tanto importanti. La conchiglia è piccola, allungata, un poco pupoide, a spira non grande- mente acuta e con giri quasi il doppio più larghi che alti, sub-piani e divisi da suture profonde, ondulate, canaliculate. Gli ornamenti consistono in pieghe trasversali, delle quali se ne hanno otto nel primo giro conservato ed undici nell’ultimo, un poco oblique, interrotte prima di giungere alle suture, talora alli- neate con quelle dei giri contigui, ed in quattro cordoncini longitudinali dei quali il superiore è in contiguità della sutura e non noduloso e gli altri tre sono nodulosi e quasi spinosi in corrispondenza delle pieghe trasversali. Di questi tre cordoncini il mediano e alquantu più sottile degli altri due ed un poco ravvicinato al posteriore. L’ultimo giro ha la base leggermente convessa e ornata da tre cordoncini spirali, degradanti in rilievo verso l'interno. Il peristoma, che non ha il margine esterno ben conservato, presenta il lato columellare discretamente scavato e la columella assai obliqua. Tenuissime strie di ac- crescimento appaiono a malapena distinte negli intervalli dei cordoncini longitudinali. Ancora più della precedente la specie esaminata trova affinità con la Pr. Bittnerì ! di S. Cassiano cui corrisponde specialmente per gli ornamenti. La specie del KrrrtL ha però un cordoncino longitudi- dinale per giro di più in contiguità della sutura inferiore, la base vi è ornata da numero maggiore di cordoncini spirali e la spira più spiccatamente conica e non punto pupoide. La Pr. Scaliaì differisce dalla specie precedente per le pieghe trasversali non sempre in linea con quelle dei giri contigui, per i cordoncini longitudinali meno numerosi e molto più spiccatamente para in corrispondenza delle pieghe, per la spira un poco pupoide e per la base più curvata. L’esemplare appartiene al Museo di Pisa. Promathildia Carapezzai n. sp. — Tav. I [I], fig. 37. Questa interessante e caratteristica specie ha la conchiglia piccola, allungata, conica, costituita da giri un poco più larghi che alti, che si accrescono con angolo assai acuto e che sono separati da suture presso che indistinte. Essa è ornata da due pieghe longitudinali per giro, molto spiccate, rilevate, acute, che le danno l’apparenza di una vite a breve passo e delle quali la posteriore è situata in contiguità immediata della sutura, che rimane quasi nascosta, mentre l’altra si trova sulla metà del giro ed è un poco più grossa della precedente. Questa nell’ultimo giro ed in vicinanza dell’apertura diviene fornita di nodosità allungate in senso spirale. Nel solco largo e profondo, che si interpone alle due pieghe, corrono poi tre minute e sottili costoline ed un’altra di queste si trova anche nel solco, pure-largo e profondo, che sta al di sopra della piega superiore, tra questa e la sutura. Tale sutura è dunque situata non nel fondo del solco, bensì nel suo margine anteriore. L'ultimo giro ha una carena assai evidente che ne separa nettamente la base, piana e liscia, e che è seguita parallelamente da un piccolo cordoncino spi- rale, molto leggero. Il peristoma non è ben conservato, sembra però, dalla sezione del giro, che. esso debba essere sub-quadrangolare. Le strie di accrescimento, più manifeste in uno che non nell’altro dei due esemplari esaminati, sono irregolari, sub-squamose, talora affasciate, e mentre nella parte inferiore o posteriore dei giri si dirigono, dall’indietro in avanti, obliquamente da destra a sinistra, nella parte superiore vanno invece più obliquamente ancora da sinistra a destra. Avevo creduto in principio che la specie in esame dovesse riportarsi alle Protorexlae del Kim ?), però un esame accurato delle strie di accrescimento, che naturalmente hanno relazione diretta con la i) KirTL. Gastr. v. St. Cassian, pag. 245, tav. X, fig. 1 2 KirTL. Ibidem, pag. 188. [11] A. EUCINI i 11 forma del peristoma, mi ha fatto piuttosto ritenere di avere a che fare con una Promathildia. In questo genere infatti si hanno le forme che più si avvicinano a quella studiata e fra queste debbo ricordare la la Pr. trocleata MsrR. che dalla illustrazione del Krrrr! appare avere le strie di accrescimento con gli stessi caratteri, ma che ha però una sola piega longitudinale per giro. I due esemplari esaminati appartengono al Museo di Pisa. Promathildia subtrocleata n. sp. — Tav. I [I], fig. 38-40. Conchiglia molto piccola, come tutte le sue consimili, allungata, acuta, costituita da sette od otto giri, divisi da suture non molto distinte. Questi giri sono longitudinalmente ornati da una grossa piega che li rende angolosi circa sul terzo superiore della loro altezza e da altri pochi e piccoli cordoncini pure longitudinali, dei quali i più distinti sono contigui alle suture. Il peristoma è sub-quadrangolare. La base dell’ultimo giro resulta pianeggiante e limitata da una carena periferica. Questa specie ha molta analogia con la Pr. trocleata MsrR. dal Trias di S. Cassiano ®, la quale però ha giri assai più scavati intorno alle suture e strie di accrescimento assai distinte. Essa somiglia moltissimo anche alla Pr. terebralis Cossm. ® dell’ Infralias della Vandea, dalla quale sì distingue solo che per non avere la base ornata da alcun cordoncino spirale. Gli esemplari esaminati sono tre ed appartengono al Museo di Pisa. Promathildia Merciaii n. sp. — Tav. I [I], fig. 41. Conchiglia molto allungata, elegante, formata da numerosi giri un poco più larghi che alti, crescenti con angolo molto acuto e separati da suture non affatto profonde, ma bene evidenti, lessermente ondulate. Gli ornamenti molto caratteristici consistono in tubercoli, granulazioni e in cordoncini longitudinali. Questi sono sette per giro; quattro, decorrenti sulla metà posteriore dei giri stessi, più piccoli, più ristretti, meno distinti, e tre situati in avanti, molto spiccati e rilevati, dei quali uno in immediata contiguità con la sutura. In corrispondenza del secondo e minuto cordoncino posteriore si trova una serie di piccole granulazioni, appena distinguibili con lente di ingrandimento; sopra il cordoncino di mezzo, fra quelli anteriori, spiccano molto evidentemente dei tubercoli arrotondati, rilevati, distaccati gli uni dagli altri e poco differenti in grossezza tra i primi giri, ove sono cinque o sei, e gli ultimi ove se ne contano da otto a nove. La base, molto bene distinta, pianeggiante, ha un cordoncino spirale assai robusto presso il margine periferico, il quale è molto netto e più precisamente costituito dal cordoncino superiore che è poi la continuazione di quello in contiguità della sutura spirale; del resto essa si presenta liscia. Il peristoma non è ben conservato. Nessuna traccia sicura esiste dalle strie di accrescimento. To non conosco specie che possa venire con profitto paragonata a quella in esame. Fra le varie Cerithinellae illustrate dal GemmeLLARO vi è solo la Cer. elegans Gemm. 4 che si presta ad un lontano ravvicinamento; ma si distingue evidentemente per i cordoncini longitudinali anteriori non certo più spic- cati dei posteriori, per le sranulazioni della serie posteriore molto più grossolane e meno numerose ed 1) RirtL. Gastr. v. St. Cassian, pag. 235, tav. 8, fig. 31; tav. IX, fig. 2. 2) KirTL. Ibidem., pag. 235, tav. VIII, fig. 31; tav. IX, fig. 2. 3) Cossmann. Infralias de la Vandeé, pag. 184, tav. III, fig. 28,29. 4) GEMMELLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 306, tav. XXIII, fig. 34-37. 12 A. FUCINI [12] infine per i tubercoli della serie anteriore invece meno rilevati, più numerosi e quindi molto meno di- stanziati fra loro. i L’unico esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Schizogonium Russoi n.'sp. — Tav. I [I], fig. 42. Credo di potere riferire a questo genere tanto interessante, e non piuttosto a Coelocentrus — che al- cuni vogliono sinonimo di Omphalocirrus — oppure agli Onustus od ai Cirrus, una piccola conchiglia molto elegante e caratteristica, sebbene non di ottima conservazione. Essa ha la spira bassa, trochiforme e con anfratti rigonfiati superiormente, scavati nferiormente, nonchè divisi da suture profonde e festonate. L'ultimo giro, molto grande, è angoloso esternamente, ove presenta, a rari intervalli, delle espansioni radiali spiniformi, vuote anteriormente, simili a quelle che nei giri precedenti danno aspetto festonato ‘ alle suture dei giri stessi. Altri ornamenti della conchiglia consistono in numerose pieghette trasversali, aventi il margine anteriore netto ed il posteriore declive, le quali nascono presso le suture superiori, attra- versano il giro con andamento sinuoso e si estinguono presso la sutura inferiore o, nell'ultimo giro, presso l’angolosità esterna. La base resulta concava leggermente verso il bordo esterno, assai convessa invece al centro o intorno all’ombelico, il quale è parecchio sviluppato. Rade, irregolari, ben poco distinte strie di accrescimento ornano la base, e con la loro sinuosità, volta in avanti nella parte centrale, in dietro alla periferia, fanno giustamente pensare ad un peristoma sinuoso inferiormente e curvato esternamente. Il peristoma non è però ben conservato, l’apertura dell’ ultimo giro appare cordiforme. i L’unico esemplare esaminato e figurato appartiene al Museo di Pisa. Coelochrysalis mirabilis n. sp. — Tav. I [I], fig. 43-45. Conchiglia ovale, allungata, di mediocri dimensioni, a spira spiccatamente pupoide e quindi ad an- golo spirale convesso. I giri sono molto bassi, assai più larghi che alti, a superficie piana, a sezione non precisamente rotonda, ma piuttosto ellittica, e divisi da suture superficiali, straordinariamente ondu- late. Quest'ultimo carattere delle suture, strano e raro per i Gasteropodi, non è casuale, riscontran- dosi, non solo nei tre esemplari del Lias del Casale ora in studio, ma anche in altro esemplare della stessa specie, proveniente dai calcari ceroidi del Lias inferiore di Campiglia Marittima, e che io ho os- servato nella collezione paleontologica del prof. Mercrai. L’ondulosità delle suture è in rapporto alla asimmetricità dei giri, che come ho detto hanno una sezione alquanto ellittica; ed infatti esse presen- tano un andamento discendente, in corrispondenza del minore diametro della conchiglia o dei giri, ed un andamento ascendente in vicinanza del maggior diametro dei giri stessi. La prima porzione della spira manca; sembrerebbe però, dall'andamento che hanno i primi giri presenti, che essa, cessando di essere pupoide, si allungasse sotto un angolo concavo, alla stessa guisa delle tipiche specie congeneri, Coel. pupeiformis Msrr. del Trias di S. Cassiano, molto bene figurata dal KrrrL !, e Coel. tenuicarinata KirtL della Marmolata, della quale vengono date molte interessanti fisure dal Bònm ?. Il maggiore diametro della spira si trova in corrispondenza della sutura tra il terzultimo ed il penultimo giro. L’ultimo giro, assai più ristretto dei due precedenti, però quasi ugualmente alto, è carenato in basso, per cui la base i) KRirtL. Gastr. v. St. Cassian, pag. 225, tav. VI, fig. 15-20. 2) Bonm. Gastropoden d. Marmolatakalkes, pag. 289, fig. 81, 82. [13] ; A. FUCINI 13 rimane nettamente distinta, piana o leggermente escavata. L'ultima porzione della spira non è mantenuta fino alla bocca in nessuno dei miei tre esemplari; in quello maggiormente mancante (Tav. I [I], fig. 45) si scopre assai bene l’apertura dell’ombelico, non molto ampio; in quello più completo l'ombelico resta chiuso dall’ingrossamento columellare che costituiva il labbro interno della bocca. Questa dato il restrin- gimento dell'ultima parte della spira conservata, doveva essere molto ristretta e di forma rotondeggiante. Gli ornamenti non sono molto decisi e consistono in poche, incerte e rade striature spirali ed in strie di accrescimento, pure irregolari e poco distinte, specialmente sinuose nella parte basale dell’ ultimo giro. Questa specie, oltremodo caratteristica e ben distinta per i suoi caratteri, è rappresentata, come ho detto, da tre esemplari appartenenti al Museo di Pisa, uno dei quali (Tav. I [I], fig. 45) è in gran parte conservato in modello. Pseudomelania Di Stefanoi Car. et Tar. — Tav. I [I], fig. 47. 1894. Pseudomelania Di Stefanoi Cararrzza e TacLiarini. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 3, tav. 1, fig. 15, 16, L’esemplare che io riferisco a questa specie e che figuro perchè ha il peristoma ottimamente con- servato, corrisponde per ogni carattere alla descrizione fatta da CaraPEZzA e TAGLIARINI. Il peristoma è ovale angoloso in dietro, slargato in avanti ed ha il labbro esterno arrotondato strettamente in avanti e l’anteriore sub-truncato. Il labbro interno incrosta leggermente la columella ed in avanti produce una leggera piega. L’esemplare figurato insieme con altri meno ben conservati appartiene al Museo di Pisa. Pseudomelania Cleola Gem. — Tav. I [I], fig. 48. 1872-82. Chemmitzia (Pseudomelania) Cleola GemmeLLaro. Maune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 267, tav. XXXIV, fig. 3, 4. Il peristoma di questa specie è ovale, un poco più allungato di quello della specie precedente, più espanso ed esteso anteriormente, ove presenta una curva più ristretta. Il labbro interno non si distacca anteriormente dalla columella. L’esemplare figurato appartiene al Museo di Pisa. Pseudomelania paludinaeformis Car. et Tacr. — Tav. I [I], fig. 46, 49. 1894. Ohemmitzia (Pseudomelania) paludinaeformis CArarEzza e TAGLIARINI. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 2, tav. I, fig. 19-21. Il peristoma della Ps. paludinaeformis è tanto caratteristico poichè è molto piccolo, in rapporto alle «dimensioni della conchiglia, obliquamente ovale, con forte callosità sul lato columellare e presenta una caratteristica doccetta posteriore. Questa viene ad essere ristretta dalla callosità mentovata, che nella parte posteriore s’ingrossa e si rialza maggiormente. È specie comune e nel Museo di Pisa se ne conservano parecchi esemplari oltre a quelli figurati. 14 A. FUCINI [14] Oonia Hebe Gem. — Tav. I [I], fig. 50, 52? 53, 55. 1872-82. Chemnitzia (Oonia) Hebe GemwerLarRo. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 272, tav. XXII, fis. 10, 11. i Il peristoma delle Ooriae tipiche non era fino ad ora completamente conosciuto; è utile quindi che io dia la figura di alcune specie e di alcuni esemplari che lo mostrano sufficientemente. conservato. Nella U. Hebe esso è ovale o meglio cuoriforme, assai allungato, acutamente angoloso in dietro, giustamente arrotondato anteriormente. Il labbro esterno, sempre sottile, non è tanto slargato e quello interno incrosta tenuamente la culumella, insieme con la quale, anteriormente, dà luogo ad una superficie pianeggiante svasata che si connette col margine anteriore. È da notarsi che in questa specie la corrosione produce sopra la superficie dei giri delle solcature a zig-zag (Tav. I [I], fig. 53). La fig. 52 (Tav. I [I]) riproduce un esemplare alquanto più slanciato e meno globoso di quelli più tipicamente riferiti a questa specie e per il quale non posso escludere la possibilità che appartenga ad altra specie, forse nuova. Gli esemplari figurati, insieme con altri, appartengono al Museo di Pisa. Oonia pupoidea Car. et TAL. — Tav. I [I], fig. 56. 1894. Oonia pupoidea Carapezza e TaGLiARINI. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 4, tav. I, fig. 22, 23. Per quanto non abbia suture tanto distinte, come parrebbe dovesse avere questa specie dalle illustrazioni datene dagli autori, riferisco all’Oo. pupoidea diversi esemplari, fra i quali quello figurato e che ha il peristoma molto ben conservato. Ogni altro carattere da poi ragione del riferimento. Il peristoma, cuoriforme, assai slargato anteriormente, è allungato e molto ristretto posteriormente; dal lato columellare presenta poi una caratteristica ripiegatura svasata lateralmente, la quale rimane stac- cata dalla parte basale del giro. L’O. pupoidea è certamente molto vicina all’O. furgidula GeMm.: se ne distingue però per spira più pupoide, per l’ultimo giro meno slargato e meno sub-angoloso anteriormente e quindi per l’apertura meno slargata e meno arrotondata nella parte anteriore. L’esemplare, insieme con altri, appartiene al Museo di Pisa. Oonia turgidula Gemx. — Tav. I [I], fig. 57, 58. 1872-82. Chemnitzia (Oonia) turgidula GemmeLLARO. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 273, tav. SOI] sia, 12, 18, 1885. Oonia turgidula Canavari. Poss. d. Lias inf. d. Gran Sasso ece., pag. 14. Questa specie ha il peristoma poco differente da quello della O. Hebe e specialmente della 0. pupo- idea esaminata in addietro. Se ne distingue per avere il labbro esterno alquanto più espanso e slargato in relazione anche alla maggiore gonfiezza dei giri. La piega che il labbro interno fa anteriormente in- sieme con la columella è meno spiccata. Il margine anteriore più largamente arrotondato. E specie molto frequente e nel Museo di Pisa, oltre a quelli figurati, se ne conservano numerosi esemplari. (15] A. FUCINI 15 Oonia rupestris Gem. — Tav. I [I], fig. 59. 1872-82. Chemnitzia (Oonia) rupestris GemmeLLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 275, tav. i XXII, fig. 26, 27. L’esemplare che io riferisco a questa specie ha il peristoma non benissimo conservato esternamente, meno allungato e più arrotondato delle specie precedenti ed ha più sottile e meno svasata la piega termi- nale del labbro esterno che è un poco distaccato dalla columella. Questo carattere insieme con una leggera angolosità del margine anteriore, ravvicina il presente peristoma a quello delle specie da me ascritte alle Omphaloptycha. L’esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Oonia dubitata n. sp. — Tav. I [I], fig. 51, 54. Conchiglia sub-ovale, a spira breve e alquanto pupcide, composta di giri un poco arrotondati e divisi da suture nette, ma non tanto profonde. L’ultimo giro e grandissimo, poichè da solo costituisce quasi tutta la conchiglia. Il peristoma ha la stessa forma di quello dell’O. Hede sopra descritta, presenta però un inizio di fessura tra il labbro interno e la columella, la quale anteriormente fa una ripiegatura assai distinta, molto simile a quella dell’ O. pupoidea più sopra esaminata. Sono stato in dubbio se dovessi riferire l'esemplare in esame all’0. turgidula Gemm. invece di quelli riferitivi e studiati precedentemente. Non l'ho fatto nella considerazione che esso è più globoso, a spira più pupoide e con l’ultimo giro più grande ed anche perchè appartiene ad una specie rarissima, mentre lO. turgidula è invece molto frequente, secondo quanto afferma anche il GemMELLARO. Il peristoma della specie presente è diverso da quello della O. turgidula per essere più allungato, per non avere il labbro esterno tanto espanso in avanti e per i caratteri della columella. L’O. dubitata differisce dell'O. pupoidea CAR. et TaGL.! per essere più globosa e per mancare delle sottili strie longitudinali. L’esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Hypsipleura Di Stefanoi n. sp. — Tav. I |I], fig. 60. La conchiglia, allungata, un poco fusiforme, ha la spira piuttosto lunga, crescente con angolo piuttosto acuto e costituita da giri non molto numerosi. Questi sono più larghi che alti, separati da suture distinte, ma non molto profonde, al di sopra delle quali presentano una superficie spirale di piccola altezza, liscia, leggermente scavata. Gli ornamenti, consistenti in circa quindici pieghe trasversali per giro, cominciano subitamente sopra la superficie spirale suddetta e con rilievo assai spiccato. Essi piegano subito nel senso dell’accrescimento spirale, ma ben presto si volgono e si raddirizzano in avanti e, deprimendosi gradatamente, scompaiono presso la sutura anteriore dei giri. Nell’ ultimo giro, e specialmente presso il peristoma, gli ornamenti sì fatti sono gradatamente sostituiti da pieghette che si amalgamano e si con- fondono con le strie di accrescimento. Queste, che in addietro erano appena distinguibili, sono allora molto marcate e presentano un andamento largamente arcuato in avanti ed un poco sinuoso in corri- 1) CARAPEZZA e TAGLIARINI. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 4, tav. I, fig. 22, 23. 16 A. PUCINI [16] x spondenza della superficie spirale su ricordata. Il peristoma è molto ristretto ed allungato, angoloso acutamente in dietro e strettamente arrotondato in avanti. Il labbro esterno è mal conservato e l’interno non apparisce distinto dalla columella, la quale anteriormente presenta una ripiegatura assai distinta. La specie esaminata ha le maggiori somiglianze con la Hyps. sub-nodosa Ku. figurata dal KirtL! per cui ritengo per buono il riferimento generico. Microschiza pulcherrima Car. et Taer. — Tav. I [I], fig. 61-63. 1894. Chemnitzia (Microschiza) pulcherrima Cararnzza e TagLiarINI. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 6, tav. I, fig. 17, 18. Data l’importanza che oggidì ha assunto il gen. Microschiza del GEMMELLARO, in seguito alla sco- perta di generi affini e se si vuole per i legami che d’altra parte esso sembra avere con generi più recenti, quali ad esempio Amauropsis, non ritengo disutile dare altre riproduzioni del peristoma di questa specie, per quanto esso fosse già sufficientemente conservato nell’esemplare originale. Dal mio individuo della Tav. I [I], fig. 61 si vede molto bene la forma, la grossezza e l'estensione verso la columella della caratteristica callosità del margine columellare, ed il suo modo d’attacco col margine esterno, che avviene con l’ interposizione di una ristretta doccetta posteriore. Gli individui delle fig. 62 e 63 della stessa Tavola mostrano quella callosità assai meno spiccata, certo per essere essi di sviluppo meno avanzato, ma lasciano invece vedere molto bene la caratteristica forma e l'andamento del margine peristomatico esterno. Questo segue il percorso delle pieghe e delle strie di accrescimento e mentre è largamente sinuoso nella parte posteriore, resulta poi spiccatamente arcuato nella parte anteriore ove si espande in avanti e nel senso spirale, quasichè in sua corrispondenza il giro seguitasse il suo sviluppo ed il suo svolgimento. La specie è assai frequente; nel Museo di Pisa, oltre ai figurati, se ne trovano diversi esemplari. Microschiza acutispira Gemm. — Tav. I [I], fig. 64, 65. 1872-82. Microschiza acutispira GemmerLaro. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 277, tav. XXI, fig. 16, 17; tav. XXV, fig. 14, 15. Di questa specie figuro due individui giovanili che non presentano ancora bene sviluppate le pie- ghette sinuose ornamentali, ma che corrispondono molto bene alla specie del GemmELLARO, della quale io ho anche altri molti individui più grandi. Ho creduto di non doverli trascurare poichè essi mostrano assai bene il peristoma. Questo vi è naturalmente dello stesso tipo di quello descritto per la specie precedente, ma si distingue per avere il labbro esterno anteriormente più espanso in senso spirale, per cui il margine corrispondente resulta più spiccatamente arcuato, mentre il margine posteriore diviene più sinuoso. Omphaloptycha Sellae Gemu. — Tav. I [I], fig. 66, 67. 1872-82. Tylostoma Sellae GemmeLLARO. Maune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 313, tav. XXII, fig. 28, 29, 53, 54. Il GemmELLARO riportò al genere Zy/ostoma alcune specie di gasteropodi della Montagna del Casale, che a me non sembrerebbero riferirvisi in quanto che sono prive del carattere più peculiare di quel 1) KrrrL. Gastr. v. St. Cassian, pag. 221, tav. VIII, fig. 12-16. Aaa [17] È A. FUCINI i 17 genere e che consiste nell’avere i giri forniti internamente di ingrossamenti callosi trasversali analoghi a quelli peristomatici esterni di tanti altri Gasteropodi. Di tali ingrossamenti, che dovrebbero lasciare corrispondentemente solchi spiccati nei modelli, non esiste affatto traccia; il labbro esterno del peristoma non è poi ingrossato. Quelle specie a me parrebbero ora meglio aggregate alle Omphaloptycha, genere tanto rappresentato nel Trias superiore alpino ®. L'Omph. Sellae ha infatti notevole rassomiglianza con l’Omph. extensa KirtL®. Il peristoma di questa specie è semilunare, angoloso posteriormente, espanso ed attenuato sul margine esterno, leggermente calloso internamente, ove incrosta la columella, e allungato, svasato e ristretto in avanti, in continuazione con la columella stessa. Questa è debolmente contorta in avanti. I numerosi esemplari esaminati appartengono al Museo di Pisa. Ompholoptycha rimata Gem. — Tav. I [I], fig. 68. 1872-82. Tylostoma rimatum GemxeLLaro. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 315, tav. XXV, fig. DIEMoZA Credo utile, di questa specie, figurare l’unico esemplare discretamente conservato e con buona parte di peristoma, in quanto che questo è in essa genericamente più caratteristico di quello della specie pre- cedente. Vi si vede intanto assai distinta la fessura ombelicale; il labbro interno è distaccato dalla co- lumella e si prolunga notevolmente in avanti; il margine anteriore si mostra piuttosto ristretto e alquanto svasato. Questa specie per la forma della spira e dell’ ultimo giro rammenta la Omph. subextensa KirtL9). L'unico esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Loxonema liasicum Fuc. — Tav. II [II], fig. 14. 1894. Lorxonema liasica Fucini. Fauna d. cale. ceroidi d. M. Pisano, pag. 186, tav. XII, fig. 2. Studiando molti anni addietro la fauna dei calcari bianchi ceroidi del Monte pisano, che, come è ben noto, corrisponde cronologicamente e faunisticamente a quella che attualmente ho in esame, io sta- bilii questa specie di Loxonema, che ora sono ben lieto di ritrovare nel presente materiale di studio. To mi risparmierò una nuova descrizione specifica e rimanderò per essa a quel mio primo lavoro, tanto più che l’esemplare della Montagna del Casale corrisponde perfettamente a quelli del Monte pisano; dirò solo che la bocca, che ora ho meglio conservata, ha il labbro esterno sinuoso, l’interno diritto ed una leggera insenatura sifonale. Io ritengo ancora che la determinazione generica sia bene appropriata, considerando la grande rassomi- ‘glianza di questa specie con la ben caratteristica Loronema elegans HornEs® già fatta da me rilevare. La Lox. Haidingeri Stor.9, che veramente pare ben riferita allo stesso genere, è alquanto diffe- rente. perchè sì accresce con un angolo spirale meno acuto ed ha la bocca più arrotondata. i Rirrr. Gastr. d. Esinokalke, pag. 105-140. © KirTL. Ibidem, pag. 126, tav. XIV, fig. 2-4. 3) KirTL. Ibidem, pag. 125, tav. XIV, fig. 1-2. 4) HoRNESs. Gastr. u. Acephalen d. Hallstadt, pag. 4, tav. I, fig. 2. 5) STOLICZKA. Gastr. u. Acephalen d. Hierlatz, pag. 177, tav. IV, fig. 3. (Sb) Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 18 A. FUCINI [18] Io ho voluto rendere nota la presenza di questa specie nella fauna studiata poichè mi è sembrato che ciò sia doppiamente interessante; si viene infatti, oltre ad avere una maggiore conoscenza della specie, a stabilire che questa è fra le tante a comune fra i due lontani, ma corrispondenti, depositi, e sì viene poi a confermare sempre più la persistenza del genere Zoxzonema fino al Lias inferiore. L’esemplare figurato è l’unico da me preso in esame ed appartiene al Museo di Pisa. Brachytrema siculum n. sp. — Tav. Il [II], fig. 1. A questo raro genere io ritengo che vada riferito un esemplare non di perfetta conservazione, ma che non per questo mi sembra di dovere trascurare. La conchiglia, molto spessa, purpuriforme, ha spira molto breve, che si accresce con angolo leggermente acuto ed ha l’ultimo giro molto grande. Le suture sono poco profonde, canaliculate e pochissimo oblique. I giri, alquanto convessi, sono ornati da cinque cordon- cini longitudinali. dei quali l’anteriore ed il posteriore più grandi degli altri, e da strie di accrescimento, irregolari, squamose, che si manifestano maggiormente negli intervalli dei cordoncini. L'ultimo giro è angoloso in corrispondenza del cordoncino anteriore, dopo il quale esso presenta un solco longitudinale piuttosto largo, e quindi altri cinque o sei cordoncini sempre meno spiccati in avanti. Vi si osservano poi delle rade, larghe e poco distinte pieghe trasversali. La bocca sub-trapezoidale è angolosa poste- riormente, scavata dal lato columellare, allungata in avanti e slargata lateralmente. Il labbro esterno è angoloso in corrispondenza dell’angolosità del giro ed è intagliato, specialmente in dietro, in corrispon- denza dei cordoncini ornamentali. Il labbro interno, un poco ingrossato, aderisce in principio alla colu- mella; poi se ne distacca, dando luogo ad una tenue fessura. La columella è liscia, tozza e contorta; il canale anteriore corto ed obliquo. Per la forma generale la conchiglia descritta si riporta a quelle originali sulle quali fu da MORRIS e Lycert! istituito il nuovo genere e specialmente al Br. furbiniformis M. et L.® però ha altri ornamenti e ultimo giro più grande. Per la forma del peristoma essa trova corrispondenza con la Br. superba Zir. 8) del titonico di Strambreg, specie però di dimensioni assai più notevoli. L’unico esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Tomocheilus gradatus Gr. — Tav. II [II], fig. 2-4. 1872-82. Tomocheilus gradatus GemmeLLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 302, tav. XXIV, fig. 25-27. Il gen. Zomocheilus ha caratteri peristomatici interessantissimi, che non furono osservati dal GEMEL- LARO perchè non ebbe esemplari completi. Io ho potuto ottenere parecchi individui ottimamente conser- vati, specialmente del Zom. gradatus, e quindi sono in grado di completare la diagnosi del genere in quanto riguarda il peristoma. È opportuno intanto osservare che l’ultima pozione del giro in vicinanza del peristoma stesso si allarga (Tav. II [II], fig. 26, 35) si spande in avanti e si volge lateralmente, venendo ad essere tagliata dall’apertura, anzichè in senso radiale, quasi tangenzialmente alla spira come nel Mi- crocheilus Brauni KLip. del Trias di S. Cassiano 4). s i) MoRrIs a. Lycert. Great Oolite, pag. 24. dal ® MorrIs a. LvycerT. Ibidem, pag. 25, tav. IX, fig. 35. 3 Zire. Gastr. d. Stramberg. Schichten, pag. 328, tav. XLIII, fig. 1 4 KirTL. Gastr. v. St. Cassian, pag. 232, tav. VII, fig. 45-47. 2 SZ [19] ‘00 A. FUCINI i 19 La bocca, arrotondata imbutiforme e con tenue, ma assai spiccata doccietta posteriore, presenta il margine esterno leggermente spessito, tagliato parallelamente all’asse ed assai prolungato posteriormente. Il margine columellare è ingrossato e ripiegato e la sua callosità molto alta, scende fino all’angolosità posteriore, talora mantenendo traccie spiccate delle passate docciette. Il margine anteriore mostra una insenatura molto speciale e caratteristica, che doveva essere in relazione col sifone respiratorio, che è più o meno estesa e profonda, spesso di forma ovale allungata (Tav. II [II], fig. 2c, d) talora anche aper- tamente slargata (Tav. II [II], fig. 34, 4b e 4d) ed a bordi debolmente rialzati. A di dietro di tale inse- natura, cioè verso la base del giro, si ha una specie di espansione auriculare della callosità columellare che contribuisce a formare ed a delimitare quella stessa insenatura. Un’insenatura consimile è mostrata dalla Pleur. culminata Hes. et Desn.! di epoca assai più recente, forse, però, accidentalmente, certo con inferiore valore biologico. Ml KirrtL? ha riferito al gen. Zomocheilus una specie di Gasteropodo del Trias di S. Cassiano, che per la forma semplice del peristoma appartiene a genere affatto differente. Non potrei piuttosto escludere in modo assoluto la pertinenza a questo genere dell’esemplare figurato dal Cossmanx ® col nome di Exelissa infraliasica, perchè esso ripete, in modo sorprendente tutti i caratteri che vengono presentati ad esempio dal Zom. clathraus Gemm.' quando sia privo del margine peristomatico. Tomocheilus semiplicatus Gem. — Tav. II [IT], fig. 5. 1872-82. Tomockeilus semiplicatus GemmeLLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 302, tav. XXV, fig. 34, 35. Questa specie, assai vicina al Zom. gradatus, dalla quale differisce nelle ornamentazioni per avere le pieghe trasversali limitate ai primi giri, ha il peristoma quasi della stessa forma; l’insenatura carat- teristica e però assai più aperta, quindi l’espansione del margine columellare è meno dilatata ed il margine anteriore meno ritirato in dietro. La specie è piuttosto frequente e nel Museo di Pisa oltre ai due esemplari col peristoma conservato se ne hanno molti altri. Tomocheilus Deslongchampsi Gem: — Tav. II [II], fig. 6-8. 1872-82. Tomocheilus Deslongchampsi Gexmerraro. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 301, tav. XXIV, fig. 21-24; tav. XXV, fig. 31-33. Di questa specie, per quanto comunissima nella fauna studiata, ho, col peristoma conservato, solo tre esemplari, uno dei quali (Tav. II [II], fig. 7) mancante di gran parte della spira, sempre, però, di sicura determinazione. Il peristoma ha naturalmente gli stessi caratteri generali di quello descritto per le specie precedenti; se ne distingue tuttavia per essere più espanso in avanti, quindi per essere tagliato più obbli- quamente all’asse della conchiglia; per essere un poco più aperto esternamente in rapporto, s’ intende, alla maggior gonfiezza e rotondità dei giri, per avere il margine esterno più ingrossato e spessito, e per i) HeBERT et DesLoncHamPs. Fossiles de Moutreuil-Bellay, pag. 75, tav. IV, fig. 5. 2) RirtL. Gastr. v. St. Cassian, pag. 252, tav. X, fig. 33, 34. 3 Cossmann. Znfralias de la Vandée, pag. 182, tav. III, fig. 19. 4) GEMMELLARO. Faune giuresi e liasiche, pag. 304, tav. XXV, fig. 38, 39. 20 A. FUCINI [20] presentare l’insenatura caratteristica del margine antero-laterale assai meno profonda e spiccata. Nel- l'esemplare della fig. 6 della Tav. II [1I] questa è anzi quasi del tutto mancante. In quest’ultimo individuo nella. porzione più anteriore del margine peristomatico si trova anche una specie di callosità sulla quale non passano le costoline longitudinali ornamentali. Gli esemplari esaminati, insieme con molti altri senza peristoma conservato, fanno parte della col- lezione del Museo pisano. Tomocheilus clathratus Gemx. — Tav. II [II], fig. 9-11. 1872-82. Tomocheilus clathratus GemmeLLARO. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 304, tav. XXV, fig. 38, 39. Per quanto non abbiano il peristoma del tutto conservato, ritengo utile alia miglior conoscenza di questa specie dare l'illustrazione fotografica di due esemplari. Con ciò sarà resa maggiormente manifesta la differenza con la specie seguente, data sopra tutto dalla diversa forma e posizione delle pieghe trasversali ai giri, le quali, in questa specie, non sono, come in quella, tanto poco numerose, tanto più strette degli intervalli ed allineate da un giro all’altro, nè attraversate da cordoncini longitudinali tanto minuti. La specie non è rara, e nel Museo dell’ Università di Pisa se ne conservano, oltre i figurati, diversi altri esemplari. Tomocheilus poligonus n. sp. — Tav. II [II], fig. 12, 13. Il peristoma, per quanto non del tutto conservato, avente la caratteristica callosità columellare, non lascia dubbio sul riferimento generico di questa specie. La conchiglia è tozza, poco allungata, assai pupoide, con giri quasi piani, più larghi che alti e divisi da suture poco profonde, ma abbastanza evidenti. Gli ornamenti consistono da sette a nove pieghe trasversali per giro, non molto rilevate, assai più strette degli intervalli, estese per tutta l’altezza dei giri stessi, continue e allineate con quelle degli altri giri ed in sette o nove cordoncini longitudinali di grossezza un poco variabile e dei quali gli ultimi ed i primi sono specialmente più rilevati degli altri. Tali cordoncini passando sulle pieghe trasversali non si rendono più robusti, anzi si attenuano alquanto. La base dell’ultimo giro è convessa, poco bene distinta e ha altri incerti cordoncini spirali. E Questa specie non ha affini nella fauna del Casale nè in altre, a cagione della forma poligonale caratteristica che le viene data dalla contiguità delle pieghe trasversali. Può tuttavia essere in certo qual modo paragonata al Tom. semiplicatus Gemm. ! che ha però spira meno pupoide, pieghe trasversali di altra forma e limitate ai primi giri e cordoncini longitudinali assai più grossolani. Ho notato nella descrizione del Zom. clathratus Gemm. le differenze tra tale specie e quella in esame presentemente. Per i caratteri superficiali ed ornamentali le conchiglie esaminate hanno grande somiglianza con il Cerithium strangulatum e con il Cer. pentagonum illustrati dal MoRRIS e LycerT ? e che probabilmente non hanno avuto una giusta determinazione generica. L’esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. GEMMELLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 303, tav. XXVI, fig. 34, 35. ? Morris and LycETT. Great Oolite, pag. 30, tav. IX, fig. 3; pag. 31, tav. IX, fig. 18. [21] 0A. FUCINI 21 Procerithium cristallinum Gem. — Tav. Il [II], fig. 15-20. . 1872-82. Cerithium cristallinum GewmeLLARO. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 295, tav. XXIII, fig. 51, 52. Questa specie ha notevolissime affinità generiche con alcune infraliasiche della Vandea che il Cos- smann ! ha riunito nel nuovo genere Procerithium, e, poichè essa non può essere ora strettamente riferita ai Cerithium, io la noto col nuovo nome generico, non senza però qualche dubbio, dovuto alla non perfetta rispondenza peristomatica. Debbo infatti osservare che le conchiglie in esame non hanno il peristoma così arrotondato come quello assegnato ai Procerithium dal Cossmann, bensì sub-rettangolare ; la columella vi è più lunga e ritorta, e, quel che più conta, la doccia anteriore più spiccatamente sviluppata. Specificamente debbo far notare poi la variabilità del Pr. cristallinum tanto rispetto alla forma quanto agli ornamenti. Le pieghe trasversali ai giri, ora più ora meno numerose, talora sottili, tal’altra grosso- lane, inclinano ugualmente da destra a sinistra, o viceversa e sono talvolta perfettamente assiali od anche sinuose. I cingoletti longitudinali di regola sono cinque; uno di questi, non noduloso, è contiguo alla sutura superiore; gli altri quattro, di disuguale ed incostante grossezza, sono nodosi, più o meno spicca- tamente, in corrispondenza delle pieghe trasversali. Talora questi ultimi cingoletti sono ridotti a tre per la fusione dei due inferiori; più frequentemente però divengono cinque, in quanto che invece dei due inferiori se ne hanno tre, i quali allora, naturalmente, sono più sottili degli altri. La forma cambia poi specialmente in riguardo all’accrescimento spirale, ora più ora meno acuto, ora più ora meno pupoide. Non è improbabile che appartenga a questa specie il Cerithium avvicinatovi dal PARONA ®), prove- niente dai calcari a Megalodontidi delle cave di Trevi (Spoleto) cronologicamente indentici a quelli del Casale. La specie è comunissima. Paracerithium liasinum Sc. — Tav. II [II], fig. 36-40. 1903. Zrophon liasinum Scania, Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 5. L’esemplare originale dello ScALia è indicato nell’etichetta che lo accompagna, dubitativamente, col nome generico di ritor, non credo però esservi confusione specifica. La conchiglia fusiforme o muriciforme, piuttosto massiccia, ha la spira assai breve, conica, ed i giri più larghi che alti, angolosi nel mezzo, separati da suture non tanto profonde, ma evidenti ed un poco ‘ondulate. Sopra ogni giro si trovano, secondo gli individui, sette od otto pieghe trasversali, specialmente rilevate sopra la metà dei giri stessi, alquanto più strette degli intervalli, le quali divengono nodose e quasi spinose all'incontro di un forte cordoncino longitudinale, che si trova sulla metà circa dell’altezza dei giri e che col suo rilievo contribuisce a rendere angolosi i giri stessi. Al di sopra di tale cordoncino se ne trovano altri un poco più deboli; quattro o cinque sull’ultimo giro, due o tre sui precedenti. Altri cordoncini longitudinali, ancora minori, ornano poi tutta la superficie della conchiglia. Se ne contano infatti una diecina al di sotto del cordoncino più forte, cioè tra questo e la sutura posteriore, che sono assai i) CossMann. Infralias de la Vandée. Bull. Soc. géol. de France, 4° sér., tav. II, pag. 177-181, fis. 8, tav. III, fig. 11, 12, 15, 16, 18, 30, 26, 31. 2) PARONA. Sulla fauna e sull’età dei calc. a Megalodonti ecc., pag. 8. Estr. dagli Atti d. R. Acc. Se., vol. XLI. Torino, 1906. 29 A. FUCINI [22] uniformi, regolari, sebbene un poco ondulati; due o tre di vario rilievo si trovano anche per ogni inter- vallo determinato dai cordoncini più forti, e circa dodici o quattordici si trovano poi, nell’ ultimo giro, al di sopra del più forte cordoncino superiore, cioè sulla base, e questi si mostrano piuttosto regolari, per quanto gradatamente meno sviluppati e distinti verso la columella. Sottili strie di accrescimento, inter- secandosi con i cordoncini longitudinali, rendono questi leggermente scabrosi. Internamente (Tav. II [II], fig. 3) la conchiglia è ornata, in opposizione ad ogni nodosità delle pieghe trasversali, da un tubercolo assai spiccato, che lascia corrispondentemente un impronta scavata sulla parte inferiore del modello dei giri e da una leggera piega trasversale, che lascia naturalmente un lieve solco nello stesso modello. Il peristoma nell’esemplare originale dello Scaria (Tav. II [II], fig. 38), che manca di una piccola porzione‘ finale della conchiglia, parrebbe fornito di una doccia anteriore lunga, diritta e con la columella ripiegata in modo da presentare una leggerissima fessura. Alcuni esemplari si distinguono sopra tutto per essere più globosi, per avere la spira più breve ed un minor numero di pieghe trasversali per giro, cioè cinque; e sebbene all’esterno essi non appariscano poi notevolmente diversi nella ornamentazione, da quelli esaminati precedentemente, nel modello hanno però i giri forniti, oltre che della cavità inferiore, corrispondente ai tubercoli esterni, più marcata, anche di un solco che da essa si estende superiormente in corrispondenza delle pieghe trasversali. Vuol dire che in opposizione a queste nella parte interna dei giri si hanno delle altre pieghe che terminano inferiormente con un rilievo. L’esemplare rappresentato con la fig. 39 (Tav. TI [II]) ha il peristoma assai bene conservato, presso a poco ellittico, angoloso anteriormente e posterior- mente. Il labbro esterno, un poco ingrossato, è internamente liscio e con un leggero solco in corrispondenza dell’ ultima piega esterna peristomatica e ciò è tanto più notevole in quanto che contrasta con i caratteri interni che le conchiglie presentano posteriormente. Esso ha poi il margine posteriore sottile, arcuato e prolungato un poco in avanti lungo la sutura. Il labbro interno è leggermente incrostato; la columella un poco arcuata, che non presenta alcuna fessura, si piega nella parte anteriore, prendendo parte alla formazione della doccia; questa resulta breve, obliqua, larga e assai distinta. L’esemplare della fig. 40 (Tav. II [II]) che ha il peristoma non ben conservato nella parte anteriore, mostra il labbro interno, che è senza solco interno in corrispondenza dell’ ultima piega, talmente ingros- sato che l’apertura ne rimane ridotta e limitata. L'individuo rappresentato dalla fig. 36 (Tav. II [II]) è mancante di una piccola parte dell’ultimo giro, in corrispondenza del labbro interno, per cui appare col peristoma sifonato. i E specie assai frequente e nel Museo pisano se ne conservano parecchi esemplari. Paracerithium muriciforme Gem. — Tav. II |II], fig. 31-35. 1872-82. Cerithium muriciforme GenmeLLARO. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 299, tav. XXIV, fig. 15-17. Questa specie ha grande rassomiglianza con la precedente; se ne allontana però per avere la con- chiglia più svelta, con angolo spirale più acuto e quindi con spira alquanto più lunga e con pieghe tra- sversali ai giri in generale meno numerose. Il peristoma è dello stesso tipo; ha però una leggera fessura. columellare anteriore e talora un incrostamento della columella sì forte da sembrare una callosità. Non di rado lungo la spira si vedono degli intagli lasciati da antichi peristomi di cui ripetono la forma. I cordoncini longitudinali più forti sono presso a poco della stessa grossezza di quelli del Par. liasinum e se ne osservano tre per ogni giro, compreso l’ultimo. Nei modelli si trovano bensì i solchi trasversali al giri, ma non terminano inferiormente con una cavità più spiccata. Ciò dimostra che le pieghe che {23] A. FUCINI 23 ornano internamente le conchiglie, in corrispondenza delle pieghe trasversali esterne, non terminano qui inferiormente con alcun rilievo speciale. La conchiglia della specie fino ad ora esaminata e quella delle specie congeneri susseguenti, allo stato attuale, non possono essere riferite genericamente che ai Paracerithium del Cossmann ') tenuto conto anche della grande somiglianza che una di esse, il Par. oblongum, presenta col Par. acanthocolpum, preso da CossmaAnn a tipo del suo nuovo genere. Sarebbe tuttavia molto importante conoscere se le forme tipiche hanno nei giri e in corrispondenza delle coste trasversali esterne altre coste interne capaci di lasciare la loro impronta sui modelli, poichè e certo che questo potrebbe essere un carattere distintivo, generi- camente molto importante. È specie assai comune. n Paracerithium pentaplocum Gr. — Tav. II [II], fig. 41-47. 1872-82. Cerithium pentaplocum GrmmeLLARO. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 296, tav. XXV, fig. 27, 28. Questa specie, rappresentata da un grandissimo numero di esemplari, è moltissimo variabile, come del resto lo sono anche tutte le altre congeneri studiate. Vi sono degli individui, corrispondenti perfetta- mente a quelli del GemmeLLARO, con la conchiglia pentagonale, almeno negli ultimi giri, a cagione di cinque pieghe trasversali che si continuano dall’ultimo agli altri giri, in maniera però più o meno co- stante, e per gli altri caratteri notati nella descrizione originale. Il peristoma che dalla figura del Gem- MELLARO sembrerebbe avere caratteri così particolari, è assai ristretto, ovale, obliquo ed ha il labbro esterno ora più ora meno ingrossato, ora più ora meno obliquo all’asse, ed in generale col margine posteriore più acuto dell’anteriore, per quanto talora più spesso ed allungato in avanti in contiguità della sutura; il margine columellare, che non apparisce affatto incrostato, è molto scavato, non però quanto sembrerebbe dalla figura originale; la columella è tozza, robusta e piegata a destra sulla sua metà; la doccetta anteriore resulta spiccata, assai profonda, piuttosto lunga ed alquanto obliqua. Nei modelli si hanno dal più al meno i solchi in corrispondenza delle pieghe trasversali della conchiglia. Alcuni esemplari (Tav. II [II], fig. 43, 44) e sono forse i più numerosi, si distinguono da quelli tipici sopra descritti, per avere un minor numero di pieghe trasversali per giro, quattro invece di cinque e quindi per essere quadrangolari anzichè pentagonali. Essi, che io ho distinto come var. fetrangula, hanno il peristoma più obliquo, col margine columellare assai chiaramente incrostato e non tanto scavato e con la columella meno robusta e meno contorta. Le strie longitudinali sono ora più ora meno distinte da un individuo all’altro, come nella forma tipica. L’esemplare rappresentato dalla fig. 42 (Tav. II [II]) riguarda una var. #riangula. Ha nell’ ultimo e nel penultimo giro tre sole pieghe trasversali che lo rendono triangolare. Il peristoma corrisponde per- fettamente a quello della forma tipica. La superficie, non di ottima conservazione, sembra mancare dei sottili cordoncini longitudinali, ciò che potrebbe dare un carattere distintivo di valore capitale. Per dimostrare ancora la variabilità della specie credo bene dare la rappresentazione (Tav. II [II], fig. 45, 46) di due esemplari che, insieme ad altri assai numerosi, potrebbero distinguersi, forse anche specificamente, come var. perlonga appunto per avere la conchiglia assai più allungata delle altre forme fino ad ora esaminate. 1) CossMann. Infralias de la Vandee, pag. 173. 24 A. FUCINI [24] L’esemplare rappresentato dalla fig. 47 (Tav. II [II] rappresenta un termine intermedio tra la var. perlonga e la var. tetrangula. Tutti gli esemplari studiati appartengono al Museo di Pisa. Paracerithium Todaroi Gewx. — Tav. II [II], fig. 21-24. 1872-82. Cerithium Todaroi GenmeLLARO. Paune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 298, tav. XXIV, fig. 18-20. Specie affine alla susseguente dalla quale si distingue sopra a tutto per essere più allungata, meno pupoide e per avere i giri meno angolosi ed ornati da un maggior numero di pieghe trasversali e di cordoncini longitudinali più forti, che possono essere anche cinque per giro. Anche il peristoma è molto simile; tuttavia sembra essere in generale più allungato, col margine esterno più slargato e talora on- dulato e svasato anteriormente (Tav. II [II], fig. 22) e con la columella meno incrostata. L’esemplare rappresentato dalla fig. 23 (Tav. II [II]) che ha il peristoma con il labbro esterno non slargato anterior- mente, come l’originale della fig. 18 del GemmELLARO, con molta probabilità non era giunto al suo com- pleto sviluppo. L’esemplare rappresentato dalla fig. 24 (Tav. II [II]), per avere spira più allungata, punto pupoide, apertura più ampia, potrebbe considerarsi come una varietà. Questa specie e pure assai vicina al Pr. muriciforme; ma questi differisce per essere un poco meno allungato, per avere il peristoma col labbro esterno non slargato anteriormente, nè cadente tanto acuta- mente alla sutura e per avere i cordoncini longitudinali, uno più piccolo ed uno più forte, alternanti regolarmente fra loro. E il Paracerithium più frequente della fauna in esame per cui nel Museo di Pisa se ne conservano moltissimi esemplari. Oltre a questi ho potuto esaminare anche gli originali del GemmELLARO per genti lezza del prof. Di SteFANO cui rendo pubbliche grazie. Paracerithium Strueveri Gem. — Tav. II [II], fig. 25, 26. 1872-82. Cerithium Strueveri GemmeLLaro. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 297, tav. XXV, fig. 29, 30. Il peristoma di questa specie, non osservato integralmente dal GemmELLARO, è un poco obliquo, ovale ristretto ed angoloso posteriormente, talora slargato; ha il labbro esterno ingrossato o sottile, a seconda se coincide o no con una piega trasversale, e negli individui adulti cade alla sutura appena un poco . obliquo e nei giovani si allunga inferiormente lungo la sutura stessa; il labbro esterno incrosta assai evidentemente la columella in specialmodo in avanti, ove questa si piega a destra per prendere parte a formare la doccia anteriore, che resulta breve, obliqua e assai spiccata. I modelli presentano, in cor- rispondenza delle pieghe trasversali esterne dei giri, dei leggeri solchi, preceduti da un tenue rilievo, in rapporto ai caratteri interni del guscio simili a quelli notati per il Par. liasinum sopra descritto. Oltre ai numerosi esemplari appartenenti al Museo di Pisa ho esaminato anche gli originali del GemMELLARO molto gentilmente favoritimi dal prof. Di StEFANO. Il CanavarI !” confronta con questa specie un esemplare assai malconcio proveniente dal Lias infe- riore del Gran Sasso d’Italia. ) CANAVARI. Foss. d. Lias inf. de Gran Sasso. ece. pag. 16, tav. VI, fig. 3. [25] A. FUCINI i 25 Paracerithium Grimaldii n. sp. — Tav. II [II], fig. 27-30. Questa specie, molto bene distinta per avere assai numerosi i cordoncini longitudinali più forti, intramezzati da altri più deboli, resi tutti rugosi da strie di accrescimento assai spiccate, presenta un peristoma, poco obliquo, allungato, sub-ellittico e angoloso in dietro e in avanti. Il labbro esterno in generale non è molto ingrossato, perchè spesso non coincide con alcuna piega trasversale e poichè queste nell’ ultima porzione della conchiglia di frequente si assottigliano, addossandosi fra loro ed aumentando di numero; posteriormente cade poi alla sutura con angolo non tanto ristretto, determinante una doccia più o meno distinta, e dal più al meno ripiegato e allungato nel senso della sutura stessa. Il labbro interno inerosta la columella e questa resulta molto scavata e anteriormente ripiegata un poco a destra e spesso pieghettata a cagione delle forti strie di accrescimento; la doccia anteriore è breve, obliqua, non molto larga e piuttosto profonda. Nei modelli si hanno al solito dei tenui solchi, preceduti da lieve rilievo, in corrispondenza delle pieghe trasversali dei giri. L’esemplare rappresentato dalla fig. 28 (Tav. II [II]) appartiene ad una forma molto allungata. La specie è molto frequente e di essa se ne conservano nel Museo di Pisa moltissimi esemplari. Paracerithium oblongum n. sp. — Tav. II [II], fig. 48. Conchiglia molto piccola, non però quanto quella del Par. pentaplocum precedentemente esaminato, costituita da otto giri crescenti con angolo spirale, conico e piuttosto acuto, alquanto angolosi sul terzo poste- riore della loro altezza, alti più della metà della larghezza e divisi da suture scolpite, evidenti, non però profonde, e leggermente ondulate. I giri sono ornati da pieghe trasversali, angolose e troncate posterior- mente prima della sutura, diritte, talora allineate con quelle dei giri contigui, assai più strette degli intervalli e di numero variabile da un giro all’altro. Nell'ultimo di questi esse sono infatti cinque, mentre nei due precedenti se ne contano sette. Nell'ultimo giro tali pieghe svaniscono alla base, che resulta liscia. Sul terzo posteriore dei giri corre un cordoncino longitudinale assai spiccato il quale, facendosi alquanto più rilevato all'incontro delle pieghe trasversali, concorre a rendere queste corrispon- dentemente angolose e appuntite. Altri nove cordoncini longitudinali molto più sottili e quasi indistinti, specialmente verso la base, si trovano al di sopra di tale cordoncino, come pure al di sotto se ne hanno due, situati in.una piccola depressione spirale cha precede la sutura. Il peristoma, non benissimo con- servato, è un poco obliquo, sub-ellittico, angoloso in dietro e in avanti, con il labbro esterno ingrossato e regolarmente curvato, con la columella molto incavata, leggermente incrostata ed un poco ripiegata anteriormente e con la doccia anteriore poco distinta e non molto allungata. Questa specie ha grande rassomiglianza con il Par. acanthocolpum Cossm. ! di età un poco più antica e dal quale differisce solo che per avere giri un poco meno rigonfi, ornati da pieghe trasversali piu di- ritte e per la base dell'ultimo giro non ornata di coste spirali e più scavata sulla columella. Essa ha anche qualche affinità col Par. Strueverì e col Par. Todaroi, studiati precedentemente, però sì differenzia per essere più allungata, per avere l’ultimo giro meno alto della restante porzione spirale, per presentare un solo cordoncino longitudinale più forte, quindi per non avere cordoncini longitudinali più forti e più deboli fra loro intramezzati, e per la base dell’ultimo giro più depressa. I due esamplari esaminati appartengono al museo di Pisa. 1) CossMmann. /nfralias de la Vandee, pag. 175, tav. III, fig. 20-21. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 26 A. FUCINI [26] E Cerithinella obeliscus Sc. — Tav. II [II], fig. 49-53. 1903. Chemnitzia obeliscus Scania. Nuove sp. di foss. d. Mont. del Casale, pag. 5. 1903. Chemnitzia helicoides Scauta. Ibidem. : Questa interessante conchiglia è oltremodo interessante e caratteristica. Si compone di numerosi anfratti che si accrescono con un angolo spirale molto acuto e che sono uniti da suture superficiali, però assai distinte, assai oblique, le quali si approfondiscono alquanto con l’accrescimento. I giri sono nettamente quadrangolari a cagione delle quattro pieghe longitudinali di cui ognuno di essi è fornito, che si estendono da sutura a sutura, che sono disposte regolarmente ad ugual distanza fra loro e che, per essere contigue con quelle degli anfratti prossimi, si trovano allineate a costituire le quattro costole quasi perfettamente longitudinali dell’ intiera conchiglia. Dico quasi perfettamente longitu- dinali poichè in verità tali costole hanno un andamento alquanto elicoide, e mentre nella parte superiore 0 posteriore della spira esse si dirigono leggermente, talora molto indistintamente, da sinistra a destra, nella parte inferiore ed ultima si svolgono invece molto chiaramente da destra a sinistra. Nell’esemplare della fig. 49 Tav. II [II] tale carattere è oltremodo evidente e spiccato. I primi giri appariscono lisci, gli altri, con l'accrescimento, si mostrano sempre più evidentemente ornati da tre coste spirali, che sono ugualmente spazieggiate fra loro stesse e fra le suture, e che in corrispondenza delle pieghe longitudinali si elevano e si irrobustiscono per dar luogo a delle spiccate nodosità. L'ultimo giro, invece di tre, ha quattro coste poichè un’altra, alquanto meno spiccata però, si trova. nella parte inferiore di esso a costituire una ben distinta carena che limita la base. Questa è fornita di due o di una grossa piega che girano intorno alla, columella e che interpongono, con la quarta: costa suddetta, una leggera depressione periferica. Niente di certo posso dire dei caratteri della bocca, essendo questa mancante in ogni esemplare; tuttavia sembra che essi non si allontanino da quelli delle CeritRinellae, mostrati dalle illustrazioni del GEMMELLARO. Data quest’ultima deficienza non è facile dare alla. specie in esame un’assegnazione generica del tutto sicura, tuttavia io credo che il suo riferimento alle: Cerithinellae sia assai giustificato per i prin- cipali caratteri della conchiglia e per il suo habitus; in ogni modo io ritengo che esso sia meglio appro- priato di quello di Chemnitzia adoperato dello Scatta. Di specie molto affini alla presente io non ne conosco; che vi possa essere avvicinata in qualche modo vi è la Chemnitzia acutissima Hornes del Lias di Hierlatz ! la quale nella parte superiore della spira ha costole longitudinali simili alle nostre; esse sono però in numero di cinque e la sezione dei giri resulta quindi pentagonale e non quadrata. La specie dell’HòRnES perde poi con l'accrescimento . quelle costole e la sezione dei giri diviene normalmente rotonda. i Oltre agli originali sui quali lo Scania fece le specie sinonimizzate, costituite su porzioni difeso di spira, io ho ‘esaminato altri quindici esemplari appartenti alla collezione pisana, tutti però più o. meno incompleti, dei quali sono figurati cinque di differente sviluppo. Cerithinella sicula n. sp. — Tav. II [II], fig. 55. Conchiglia molto allungata e costituita da numerosi giri più larghi assai che alti, che si accrescono con un angolo molto acuto. La spira dall’unico esemplare in esame, mancante di parecchi primi giri, è leg- 1) STOLICZKA. Gastr. u. Aceph. d. Hierlatz, pag. 165, tav. I, fig. 6. [27] A. FUCINI 27 germente curva in principio, non saprei però se per carattere specifico o per fossilizzazione. I giri sono escavati ed angolosi un poco sotto alla metà della loro altezza, ove presentano una specie di solco lon- gitudinale; quindi le suture, distinte ma non profonde, si trovano nella parte più elevata di essi. La spira è ornata ‘da sei o sette costicine longitudinali molto sottili e quasi indistinte e da strie di acere- scimento molto caratteristiche. Queste sono molto distinte nella porzione superiore dei giri, al di sopra del solco longitudinale, ove si presentano irregolari, più o meno rilevate, spesso a guisa di pieghe e molto oblique da sinistra a destra. Per esse tale porzione dei giri appare irregolarmente pieghettata. Nell'altra porzione inferiore dei giri le strie di accrescimento sono appena visibili con forte ingran- dimento, si vede però che esse dopo una piccola curva si piegano e si inclinano in senso opposto al precedente cadendo oblique alla sutura. La base resulta piana, nettamente distinta per una carena pe- riferica, ed ornata da alcune lievi costoline spirali e da sinuose e sottilissime strie di accrescimento. Il Peristoma non è molto ben conservato anzi sembra che l’esemplare manchi dell’ultima porzione della spira. La sezione dell’apertura è quadrangolare e più alta che larga. Potrebbe credersi che la specie in esame fosse da ascriversi ai Puchystylus del GemmeLLARO ! che lo ZivreL ?, non giustamente, pone in sinonimia degli Aptyris, seguito poi dal Cossmany ?, ma è da osservarsi però che la columella non presenta il caratteristico ingrossamento, nè le strie di accresci- mento lo speciale percorso. La somiglianza con le conchiglie di questo genere è data sopra tutto dalla forma dei giri escavati ed angolosi nel mezzo. Si deve poi osservare che tutti i Puchystylus del Gem- MELLARO non hanno poi ornamenti longitudinali. La Cer. Scherina Gemm. # è specie assai prossima alla presente e come questa è ornata da costoline longitudinali; per quanto però essa abbia i giri un poco scavati non li ha poi angolosi, quindi essi non hanno solco longitudinale, nè resultano forniti di pieghe e di strie di accrescimento tanto evidenti. L’unico esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Cerithinella pulchra n. sp. — Tav. II |II|, fig. 54. Sebbene l’esemplare di questa specie non sia molto ben conservato in corrispondenza del peristoma e manchi di una buona porzione di spira, tuttavia non ho creduto di doverlo trascurare per i suoi ca- ratteri speciali e molto distintivi. La conchiglia è molto allungata, costituita da un grande numero di giri, che si accrescono con angolo molto acuto, che sono divisi da suture appena distinte e superficialis- sime e che infine, essendo alquanto più larghi che alti, resultano poi escavati ed angolosi nel mezzo, presso a poco come nella specie precedente. Mentre in quella però le due porzioni del giro declinanti verso il solco longitudinale mediano sono pianeggianti, nella specie presente sono invece convesse, e, siccome si uniscono e combaciano con quelle dei giri contigui nella parte più elevata, la loro sutura si trova sopra un rilievo convesso. La sezione longitudinale della specie precedente sarebbe limitata per ogni lato da una linea spezzata a zig-zag, quella della Cer. pulchra invece da una linea alquanto ondulata ; 1) GamMmELLARO. Faune giuresi e liasiche, della Sicilia, pag. 278. . 2) ZirTtEL. Traité de paléontologie, T. II, pag. 245. 3) Cossmann. Paléoconch. comparée, 2 Livr., pag. 41. Pone i Pachystylus in sinonimia di Aptyxiella, nome che avrebbe la precedenza a quello di Aptyxis, il cui tipo sarebbe la Ner. sexcostata D’OrB. — Bisogna notare che i Pa- chystilus hanno uno speciale andamento delle strie di accrescimento che rivela una forma di peristoma loro propria e differente da quella delle Aptyx/ellae per essere anche quadrangolare e non triangolare. 4) GEMMELLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 289, tav. XXVIII, fig. 25, 26. @ 98 4 A. FUCINI [28] nella prima le suture, che sono assai più distinte, si trovano sulle angolosità esterne, nella seconda sopra i rigonfiamenti rotondeggianti. Il solco longitudinale mediano che anche in questa specie resulta dalla conformazione dei giri non è molto spiccato. Gli ornamenti consistono in sei costoline longitudinali per giro, molto tenui e quasi indistinte e da strie di accrescimento quasi invisibili, aventi il percorso di quelle dalla specie precedente, che sono di gran lunga più marcate, e anche di quelle della Cer. turritel- loides e della Cer. Manzonii rappresentate dal GemmeLLARO ”. La base resulta quasi concava, limitata nettamente da una carena marginale acuta, cui segue all’interno un piccolo cordoncino spirale, ed è ornata da lievi strie di accrescimento sinuose. Valgono per questa specie le stesse considerazioni generiche fatte per la precedente. L'unico esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Alaria Psyche Gem. — Tav. II [II], fig. 56, 57. 1872-82. Alaria Psyche GemeLnaro. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, pag. 307, tav. XXV, fig. 45. Non credo disutile di dare qualche cenno del peristoma di questa specie, giacchè non potè farlo in alcun modo il GemmeLLARO. Esso è triangolare, leggermente ingrossato e svasato sul margine esterno, ove presenta una stretta e lunga doccetta in corrispondenza della grossa carena che cinge la spira e della conseguente ed estesa angolosità. Il margine interno non è molto spesso ed inerosta la columella che si prolunga quasi fino all’estremità del lungo canale sifonale e che anteriormente si contorce in modo assai spiccato. I due esemplari figurati, insieme con altri di peggiore conservazione, appartengono al Museo di Pisa. Actaeonina (Cylindrobullina?) Vinassai n. sp. — Tav. II |II], fig. 58. Conchiglia ovale, allungata, sub-fusiforme, a spira breve e disposta a gradini, alquanto pupoide. I giri, pressochè piani anteriormente, presentano posteriormente una carena, non però molto spiccata, sul primo quarto della loro altezza, e quindi un solco spirale, non molto ‘profondo, che precede le suture. Queste sono molto distinte. L'ultimo giro è alto il doppio della spira precedente, poco convesso sui fianchi. ed ha la base poco bene individualizzata e senza speciali ornamenti. Il peristoma è ovale allungato, angoloso posteriormente e strettamente arrotondato in avanti; il labbro esterno manca; l’interno è cal- loso, breve, ripiegato e gradatamente riunito al margine anteriore. La columella appare leggermente in- crostata. Gli ornamenti consistono in pieghe irregolari, che attraversano i giri, che nascono deboli dalle suture, che s’ingrossano spiccatamente in corrispondenza della carena posteriore e che, nell’ultimo giro, svaniscono gradatamente in avanti confondendosi con le strie di accrescimento. La specie in esame, che non ha niente a che fare con la susseguente, rassomiglia alla Ate. (Ortho- stoma) arduennense Prerte 2? molto spiccatamente. Questa però è assai più piccola, manca, nella parte posteriore dei giri, del solco spirale ed ha la spira alquanto più corta. Per questa specie esistono alcune incertezze sulla sezione cui deve essere ascritta fra quelle istitute nel genere Acfaconina ampiamente inteso. Per i caratteri della spira e dei giri, aventi il caratteristico 1) GEMMELLARO. Faune giuresi e liasiche della Sicilia, tav. XXIII, fig. 17; tav. XXV, fig. 25. 2 TERQUEM et PieTTE. Lias inf. de VEst de la France, pag. 40, tav. I, fig. 26-28. [29] A. FUCINI i 29 teristico solco spirale essa si riporterebbe molto bene alle .Striactaconinae del Cossmann !, ma manca delle strie spirali che quest’autore pone presenti almeno per la base. Nemmeno ritengo che l’Actaeorina in esame possa ascriversi alla sezione della Ovactaconinae pure del Cosswann ? poichè, al solito, manca delle strie ornamentali ed ha poi il solco spirale caratteristico. Rimane perciò da ritenere che 1’ Act. Vinassai debba entrare nella sezione delle Cylindro bullinae dell’Ammon, la cui diagnosi è stata completata dal Cossmann 5) stesso, se però a tale riunione non si oppongono le pieghe trasversali che non dovrebbero ornare la conchiglia stando alla stretta interpetrazione diagnostica di questa sezione e di questo sottogenere. L’unico esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa. Actaeonina (Ovactaeonina) Scaliai n. sp. — Tav. II |II], fig. 59, 60. Conchiglia ovale allungata sub-fusiforme, a spira piuttosto breve, pupoide, scalariforme. I giri lisci che sono pianeggianti sui fianchi, scendono rapidamente verso le suture senza però produrre carene spiccate, ma disponendosi nettamente a gradini. Le suture resultano perciò molto distinte. L'ultimo giro molto grande, alto circa due volte e mezzo la spira precedente, è leggermente rigonfiato ed ha la base ornata da una diecina di strie spirali, che vanno divenendo più fitte e più lievi in avanti. Il peristoma è ovale, allungato, angoloso in addietro, strettamente arrotondato in avanti. Il labbro esterno è un poco arcuato in avanti; la columella breve, liscia, è leggermente curvata; il labbro interno, assai calloso e ripiegato, termina acutamente in avanti, mentre si congiunge all’anteriore senza alcuna angolosità. Questa specie è del tipo dell’Acf. Loriereana D’ORB. 4, di terreni assai più recenti; se ne distingue sopra tutto per ultimo giro più appiattito sui fianchi e con base maggiormente distinta e individualizzata. Dalla Act. (Orthostoma) gracilis Mart. >) essa differisce poi per avere le coste spirali limitate alla sola base. L’Act. Scalia non corrisponde perfettamente con nessuna delle sezioni stabilite nel genere Actaeonina D’OrB. Sembrerebbe infatti che essa, per la massima parte dei caratteri, dovesse entrare nella sezione delle Striactaconinae istituita dal Cossmann®, ma non ha però i giri disposti a gradini con carena e manca del solco spirale al di sotto della carena stessa, solco che il Cossmann dice invariabilmente presente; parrebbe quindi, per tali mancanze, più opportuno il riferimento della specie in esame alle Cylindrobullina dell’Ammon, delle quali il Cosswman® ha completato la diagnosi, ma si oppone però all’esattezza di tale riferimento la presenza delle strie spirali della base. Le Ovactaeoninae 3) corrisponderebbero molto meglio delle sezioni precedenti ai caratteri della specie in esame, avrebbero però tutta la conchiglia ornata da strie spirali, giri più convessi e apertura più breve. Il Cossmann® riferisce però alle Ovactaconina la sua nuova specie O. Stuerî, che ha grandissima affinità con la specie presente, ma che è di età più recente. x è La specie è piuttosto rara e di essa se ne conservano solo pochi esemplari nel Museo di Pisa. 1) Cossmann. Paléoconch. comparee, I livr., pag. 59. 2) CossMmann. Ibidem, pag. 60. 3) CossMann. Ibidem, pag. 62. 4) p' ORBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., II, pag. 168, tav. 286, fig. 3, 4. 5) MARTIN. Paléont. strat. de l Infra-Lias de la Cote d'Or, pag. T1, tav. I, fig. 17, 18. Cossmann. Paléochonch. comparee, I. livr., pag. 59. ” Cossmann. Ibidem, pag. 62. 8) Cossmann. Ibidem, pag. 60. Cossmann. Etudes s. 1. Gastropodes d. terr. jurass., pag. 38, tav. II, fig. 9-11; tav. III, fig. 26, 27. 6 9 30 A. FUCINI [30] Cylindrites busambrensis n. sp. — Tav. II [II], fig. 61, 62. Piccolissima conchiglia, sub-cilindrica, allungata, a spira molto breve e gradinata, costituita da cinque giri angolosi carenati, alquanto escavati posteriormente e divisi da suture poco evidenti, e che comincia con un bottone mammellonare. L'ultimo giro, molto grande, ha la sua maggiore larghezza posta in dietro e si attenua leggermente in avanti; posteriormente ha una ben distinta carena, dalla quale cade alla sutura quasi verticalmente; la sua superficie è liscia sui fianchi, solcata invece anteriormente da una diecina di sottili cordoncini spirali, che si attenuano verso la columella. Il peristoma, ristretto in dietro slargato in avanti, ha il labbro esterno sottilissimo ed un poco obliquo, specialmente in avanti, leggermente arcuato, sub-angoloso in corrispondenza della carena inferiore del giro, angoloso. alla sutura; il margine anteriore è strettamente arrotondato e quello columellare resulta calloso e attenuato tanto esteriormente, nell’unione con quello anteriore, quanto posteriormente nell’avvolgimento spirale. Il Cyl. busambrensis ha qualche analogia con la Tornatella fragilis Dunx.! che ha però spira più alta, ultimo giro completamente striato, peristoma differente e piuttosto corrispondente a quello delle Actaeonina. Non posso escludere assolutamente che anzichè ai Cylindrites le conchiglie esaminate possono rife- rirsi invece alle Zetusae in quanto che la piega della columella, che dovrebbe caratterizzarle, non è tanto bene evidente e potrebbe anche mancare. Gli esemplari esaminati sono cinque ed appartengono al Museo di Pisa. 1) DUNKER. Lias bei Halberstadt, pag. 111, tav. XIII, fig. 4. Finito di stampare il 29 maggio 1913. A. TOMMASI I FOSSILI DELLA LUMACHELLA TRIASICA DI GHEGNA IN VALSECCA PRESSO RONCOBELLO PARTE Il. — Scaphopoda, Gastropoda, Cephalopoda. — Appendice, Conclusione. (Tav. III, IV [IV, V|], fig. 1-6 intere.) Scaphopoda. Fam. Solenoconchae Lac.-DuUTH. Gen. Entalis Gray. 54. Entalis (?) nov. sp. — Tav. III [IV], fig. 1. Tubo conico, ricurvo, con leggera tendenza a torcersi ad elica. La sezione è circolare: su una superficie di frattura risalta bene il guscio colla cavità interna occupata da calcare spatico. Lo spessore del guscio è poco meno di !/» millimetro: la sua superficie è scabra, rugosa e non mostra linee di accrescimento nè alcun altro benchè minimo accenno di ornamentazione. Si scorgono soltanto traccie incerte di un solco, che sembra nascere in vicinanza dell’estremità anteriore e non raggiunge l’estremità posteriore. L’esemplare è unico ed incompleto ad entrambi i capi: misura mm. 75 in lunghezza, mm. 8 di dia- metro alla estremità anteriore e mm. 4 all’estremo posteriore. Non saprei a quale altra forma congenere avvicinare questa di Ghegna se non al Dentalium exile Towm. del piano di Wengen dei pressi di Schilpario (Canal del Pézol) nella Valle del Dezzo, già da me descritto e figurato da oltre un decennio . È però molto più grande di esso ed è privo affatto d’ogni ornamentazione. Nè d’altra parte posso tacere la grande somiglianza nella forma e nelle dimensioni che l'esemplare di Ghegna presenta coll’Entalis cfr. ingens Kon. degli strati a Bellerophon di Orahovica nei dintorni di Serajevo in Bosnia, descritto e figurato da E. KirTL ?). Però, ad onta di queste somiglianze, resta per me sempre dubbio il genere a cui riferire la nuova forma, sebbene più che per qualunque altro io propenda per quello prescelto. i) Tommasi A. Contribuzione alla Paleontologia della Valle del Dezzo, pag. 56 (8), tav. I, fig. 10. Memorie del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Classe di Sc. mat. e natur., vol. XIX, X della serie III, fasc. IV. Milano, 1901. ? KirTL E. Geologie der Umgebung von Serajevo, pag. 696, tav. XXII (II), fig. 28. Jabrb. d. k. k. geolog. Reichs- anst., LIII Bd., 1903. Wien, 1904. 32 A. TOMMASI [88] Se non si fosse in presenza d’uno Scafopode, si potrebbe pensare d’avere a che fare con un Ver- metus, od una Siliquaria o con un tubo di verme tubicolo. Ma sulle superfici di frattura dei tre fram- menti, in cui si ruppe il fossile nel liberarlo dalla roccia, non potei scorgere nessuna traccia di setti, di creste o di lamelle sporgenti nella cavità interna. Questo carattere negativo oltre alla forma esterna ben diversa, esclude che si sia qui in presenza di un Vermetus. Nè credo possa trattarsi del genere Siiquarîa !, sia perchè manca la fenditura laterale prolungantesi dalla bocca su tutta la lunghezza della conchiglia fino al suo apice, sotto forma d’una fessura o di una serie di pori, sia perchè la forma di Valsecca non è decisamente attorta ad elica come la conchiglia delle Siiquaria. Se è incerta la spettanza della forma sopra descritta al genere Enzalis, non avrei avuto d’altra parte più validi motivi per interpretarla come un tubo di Verme tubicolo e tentar di riferirla al genere Ser- pula o al genere Ditrupa. L'assenza dell’estremità posteriore nella forma di Valsecca non mi lascia de- cidere se il tubo sia stato aperto ad ambo i capi, come nelle Ditrupa, oppure chiuso all'estremità posteriore come nelle Serpula 2. Gastropoda. Fam. Patellidae CARPENTER. Gen. Patella Linxe. 55. Patella crateriformis KimL. 1894. Patella crateriformis Kinnr E. Die triadischen Gastropoden der Marmolata und verwandter Pundstellen in den weissen Riffkalken Sidtirols, pag. III, tav. I, fig. 1, 2. 595 — _ J. Bénm. Die Gastropoden des Marmolatakalkes, pag. 213, tav. IX, fig. 6 e fig. 2 del testo. 1896. — _ - Mariani. Appunti di Paleontologia lombarda, pag. 13 (125), tav. I, fig. la, db. 1899. — — _ Die Gastropoden der Esinokalke, nebst einer Revision der Gastropoden | der Marmolatakalke, pag. 5. 1905. — _ _ Rrap A. Die Gastropoden der Pachycardientuffe, pag. 176. 1906 cfr. — _ — Auueure. Die Trias im sidlichen Oberschlesien, pag. 87, tav. IMI, fig. ia o 1907. — _ Broni F. Die Fauna der Pachycardientuffe der Seiser Alp, pag. 74, tav. VI, fig. 8. 1908. — _ _ HarBerLE D. Palaeontologische Untersuchung triadischer Gastropoden aus dem Gebiet von Predazzo, pag. 445. Di questa specie mi venne sottomano un esemplare unico ed incompleto. Vi si osserva l’apice eccen- trico, acuto e sporgente a guisa di papilla dal resto della conchiglia, che ha forma d’un cono ottuso. Sul lembo di guscio che rimane si notano delle coste irraggianti dall’ apice al margine, alcune più gros- 1) Pei caratteri dei generi Vermetus ADANSON, sen. str. e Siliquaria Bru. vedi il « Traité de Paléontologie » 1887, tom. II, parte I, di K. ZirreL a pag. 209 e 211. 2 Vedi: K. ZivreL « Traité de Paléontologie » 1887, tom. I, gen. Ditrupa BEKERLEy a pag. 570, e gen. Serpula LINNÈE, a pag. 568. [39] "OA. TOMMASI 33 solane, altre più delicate, alternanti irregolarmente tra di loro. Il maggior diametro della valva doveva oltrepassare i mm. 20: trattasi quindi di un individuo adulto. KitrL trovò questa specie alla Marmolata e la cita anche dai dintorni di Esino (Pizzo di Cainallo e Prada-Monte Croce); MARIANI ne descrisse e figurò un esemplare di Lenna, ed HaEBERLE la ricorda inoltre nei tufi a Pachycardia della Seiser Alp, e, con dubbio, nel Wellenkalk della Slesia Superiore. Fam. Pleurotomariidae D'ORB. Gen. Trachypembix J. Bon. 56. Trachybembix Junonis KirrL sp. — Tav. II [IV], fig. 2. 1894. Pleurotomaria Junonis Kinrr. Gastrop. d. Marmolata, pag. 114, tav. I, fig. 15-17. 1895. Trachybembix -- — J. Bon. Gastrop. d. Marmolatakall, pag. 220, tav. IX, fig. 11. 1899. — _ — Gastrop. d. Esmokalk, pag. 9. 1908. _ _ — Haeserie. Gastrop. aus d. Geb. v. Predaxzo, pag. 448, tav. II, fig. 2a, b,3. Un solo esemplare, che presenta tre giri, compreso l’ultimo, ma manca dei primi. Il guscio vi è quasi completamente conservato, ma è in molte parti eroso. Per le dimensioni e per l’abito generale corrisponde assai bene alla fig. 2 di HiBERLE, presentando un angolo apicale di circa 106° ed un diametro alla base (misurato in corrispondenza della carena inferiore) di mm. 17,5. Anche tutti gli altri caratteri distintivi della specie vi si lasciano rilevare. Qualche leggera differenza esiste nelle particolarità della base; poichè mentre nell’esemplare descritto da HiBERLE corrono su di essa dalla carena inferiore al- l’ombelico strie trasversali — che sono la continuazione delle pieghette oblique, che ornano la parte apicale degli ultimi giri ed il solco laterale — e linee spirali (visibili queste colla lente anche nel solco laterale), nell’esemplare di Ghegna le strie trasversali della base sono sostituite da rade pieghettine visibili con difficoltà all’occhio armato di lente, e le linee spirali nel solco laterale non si veggono, mentre sono estremamente sottili su tutta la superficie della base. Ad onta di tali differenze, del resto leggere, credo che l'esemplare di Valsecca debba essere assegnato senza esitazione alla elegante specie di KIrTL. Questa specie fu raccolta anche alla Marmolata, al Pizzo di Cainallo presso Esino, ed alla Cima di Viezzena. Gen. Worthenia KovxIxck. 57. Worthenia indifferens Kim. — Tav. III [IV], fig. 3. 1894. Worthenia indifferens Kiorr. Gastrop. d. Marmolata, pag. 113, tav. I, fig. 11. 1895, —_ i — JJ. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalli, pag. 218, fig. 3 del testo. 1899. - _ — Gastrop. d. Esinokalk, pag. 10. Piccola ed elegante conchiglia, conica, non ombelicata, costituita da 5 giri foggiati a gradino e colla parte apicale inclinata a rampa. Sull’ ultimo e sul penultimo giro corrono due carene ben distinte ma evanescenti sugli altri giri; quelli sono ornati anche da tenuissime linee spirali discernibili colla lente e da sottilissime strie d’accrescimento leggermente ricurve ed oblique all'indietro. Sulla base si scorgono delle pieghette ‘d’accrescimento piuttosto grossolane e concave all’avanti. La bocca non è conservata. L’angolo apicale misurando circa 80°, sarebbe un po’ maggiore di quello ammesso da KirTL (=70°), ma su per giù eguale a quello misurato sulle figure ‘di questa specie di KirtL e di:J. BòHw. Questa specie fu trovata anche alla Marmolata. In Ghegna ne raccolsi oltre 20 esemplari. Palaeontographia italica vol. X1X, 1913. 34 A. TOMMASI [40] 58. Worthenia Cyrenes nov. sp. — Tav. IIL [IV], fig. 4. Conchiglia conica, torricolata, costituita da 6 (?) giri separati da suture profonde. L’angolo apicale è di circa 50°. I giri presentano due carene laterali: di queste la superiore è più robusta dell’ inferiore ed è accompagnata, sopra e sotto, da un debole solco. Nell'ultimo giro però la carena inferiore si riduce ad uno spigolo ottuso. attondato, da cui resta delimitata la base verso l’esterno. La parte apicale dei giri, inclinata a rampa, è sentitamente concava e provvista di una leggera carena sub-suturale. Sull’ ultimo giro tra la carena superiore e lo spigolo inferiore si rilevano colla lente incerte traccie di alcune sottilissime linee spirali. Su tutto il guscio, sempre coll’aiuto della lente, si possono scorgere delle strie d’aceresci- mento più marcate sulla parte apicale dei giri, dove si presentano arcuate colla convessità rivolta verso la bocca. Sulla base, che è discretamente rigonfia, esse si fanno più distinte e sigmoidali e sono incero- ciate da sottili strie spirali, che diventano più marcate in prossimità dell’ombelico, che è chiuso. La bocca non è conservata; la sezione dell’ultimo giro è irregolarmente poligonale. Di questa specie raccolsi due esemplari. Essa presenta somiglianze con altre già note, quali: la Worthenia Marmolatae Kr, la W. esinensis Kirti, la MW. latemarensis HABERLE. Dalla W. Marmolatae Kiri , cui molto rassomiglia per l’abito complessivo, differisce la specie di Ghegna per le dimensioni, che sono minori della metà; per la mancanza di linee spirali sotto la carena sub-suturale dei giri e per la mancanza sull’ultimo giro di una vera carena laterale inferiore; carattere questo per cui si distingue anche dalle due specie seguenti. Dalla W. esinensis Krrti ® si differenzia perchè sulla base le manca quella carena adiacente alla ‘carena laterale inferiore, che nella MW. esinensis è invece bene sviluppata, e perchè non vi si notano che strie spirali finissime invece di carene. Dalla W. latemarensis HiBRL. differisce per la mancanza della serie sub-suturale di nodi, per la presenza di strie d’accrescimento e per essere l’altezza dell’ ultimo giro minore, anzichè maggiore, della metà dell’altezza della conchiglia. 59. Worthenia sp. — Tav. IMI [IV], fig. 5, 6. Di questa conchiglia conica, trochiforme, ombelicata ebbi ad osservare tre esemplari incompleti e ridotti quasi al solo nucleo. I due meno danneggiati dall’erosione presentano cinque giri, ma sono privi dei giri iniziali. L’angolo apicale nell’esemplare maggiore (Tav. IMI [IV], fig. 5) misura 58° FIG. 1. e nel minore (Tav. III [IV], fig. 6a) tocca i 65°. Del guscio non si conservano che traccie sull'ultimo giro e specialmente sulla base. I giri presentano due carene laterali: l’inferiore è meno pronunciata della superiore, e nell'ultimo giro limita la base, che è discretamente rigonfia. In tutti i giri la parte laterale è verticale, la parte apicale inclinata a rampa: sono incerte le traccie di una carena sub-suturale. Sul lembo di guscio, che riveste ancora la base, si rilevano delle linee d’accrescimento arcuate, che dall’ombelico tendono verso la carena inferiore. Manca la bocca; la sezione dell’ ultimo giro è pentagonale. Worthenia sp. i) KirrL E. Gastrop. d. Marmolata, pag. 112, tav. I, fig. 6,7; — J. BòHm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 216, tav. IX, fig. 17. » KirtL E. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 12, tav. I, fig. 11. 3) HiBpRLE D. Gastrop. aus. d. Geb. v. Predazzo, pag. 311, tav. II, fig. 4a-d. [41] A. TOMMASI 35 Gen. Wortheniopsis /J. BòHwm. 60. Wortheniopsis Margarethae KirrL sp. — Tav. III |IV], fig. 7, S. 1894. Pleurotomaria Margarethae Kim. Gastrop. d. Marmolata, pag. 114, tav. VI, fig. 1-3. 1895. Wortheniopsis —_ — J. Bon. Gastrop. d. Marmolatakall:, pag. 220, tav. XIV, fig. 24 e fig. 6 del testo. Questa bella specie mi si presentò con parecchi esemplari. Il migliore conserva perfettamente il guscio, conta 6 giri, ma ha rotta la bocca. L'angolo apicale è di 45°. Il guscio è molto sottile. Uno spigolo spirale ottuso divide la superficie dei giri in due parti, una apicale minore, l’altra laterale maggiore e piatta. La parte laterale dell'ultimo giro è limitata da un altro spigolo smussato, che la separa dalla base, la quale è sentitamente rigonfiata. Il guscio è ornato da strie spirali piatte, larghe meno di mm. 0, 5, separate da linee ben incise. Nei miei esemplari le strie sono ben marcate sulla base e sui due terzi inferiori della parte laterale, mentre mancano sulla parte apicale e sono poco distinte sul terzo superiore della parte laterale. Le strie d’accrescimento sono rade ed assai tenui: colla lente a mala pena si rilevano nell’ ultimo e penultimo giro, massime sulla parte laterale e sulla base. Sulla parte laterale sono arcuate, colla convessità rivolta all’avanti, mentre sulla base volgono all’avanti la concavità. Le strie d’aceresci- mento accavalcano anche lo spigolo superiore, che non è limitato al di sotto da nessuna sorta di carena. . Sul nucleo si ripete l’ornamentazione spirale del guscio e soltanto sulla base si scorgono anche le traccie delle strie d’accrescimento. I miei esemplari, quindi, in complesso corrispondono molto bene alle descrizioni di K1rTL e di J. Bòrnm. N.10 esemplari. KrrTL cita questa specie dalla Marmolata. Gen. Stuorella Kim. 61. Stuorella infundibulum Kim. 1894. Stuorella infundibulum Kiri. Gastrop. d. Marmolata, pag. 116, tav. I, fig. 19. 1895. - _ — J.Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 223, fig. 8 del testo. 1899. — - — (Gastrop. d. Esinokalk, pag. 18. 1901. — - — Bakonyi Triasx-Gastropoddl:, pag. 14. Conchiglia conica, a giri piani, colle suture leggermente impresse. Il migliore degli esemplari studiati presenta quattro giri, compreso l’ultimo, ma manca dei primi: in tutto sommavano forse a sei o sette. L'angolo apicale, misurato nel meno incompleto degli esemplari, è di 66°: in un altro è di 68°. Il guscio è sottile, ornato da linee spirali e da strie di accrescimento. Nell'ultimo giro la base è Separata nettamente dalla parte apicale mercè una carena leggermente nodulosa, al di sopra della quale e ad essa molto ravvicinati stanno due cordoncini spirali a mala pena visibili senza la lente. Sugli altri giri manca una vera carena, ma presso la sutura inferiore si scorgono colla lente alcune linee spirali assai meno marcate di quanto appaia dalle figure, che danno di questa specie KrrrL e J. BonMm. Le linee d’accrescimento, che hanno piuttosto l’aspetto di pieghettine larghe e basse non discernibili ad occhio nudo e sono quasi obliterate sugli altri giri, sull’ultimo sono arcuate e volgono la convessità verso la bocca. La base è incavata, colla superficie adorna da evidenti linee spirali, che tutta la percorrono dalla carena marginale all’ombelico e vengono incrociate da linee d’accrescimento falciformi ben distinte. L’om- 36 A. TOMMASI [42] belico è stretto, imbutiforme e profondo. La bocca è larga ma depressa. La base dell’esemplare più grande presenta un diametro di mm. 9; quella del più piccolo ha un diametro di mm. 7. KirrL raccolse un solo esemplare di questa specie alla Marmolata e la cita anche nelle marne di Veszprèm. N. 3 esemplari. Fam. Trochidae D’ORB. Gen. Turbo Linxf. 62. Turbo (2) vix-carinatus Muensr.? — Tav. IMI [IV], fig. 9. 1841. Turbo vix-carimatus Muensrer. Bestr., IV, pag. 116, tav. XII, fig. 34. 1841. -— Melania MvensteRr. Ibid., pag. 117, tav. XII, fig. 42. 1849. — wir-carinatus D’Orienx. Prodr., I, pag. 191. 1849. — Melania v’Orzienv. Ibid., I, pag. 192. È 1852. — wvix-carinatus GrepeL. Deutschlands Petrefacten, pag. 524. 1864. Chemmitzia vix-carinata Lausr. Bemerk. im Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., XIV, fig. 524. 1891. Turbo? vix-carinatus Mvensr. Kiorn. Gastrop. d. Schichi. v. St. Cassian, I, pag. 73, tav. V, fig. 35. Conchiglia acuto-conica, costituita da 6 giri larghi, bassi e rigonfii divisi da suture profonde. L° ul- timo giro, appena sotto la sutura, presenta una debole carena ed uno spigolo ottuso, che separa la base dalla parte laterale. Anche sul penultimo giro si scorge colla lente una carena sub-suturale ma più debole. Non potei rilevare i caratteri nè dell’ombelico, nè della bocca, perchè questa parte è rotta. Il guscio, relativamente spesso, è ornato da linee d’accrescimento diritte. Quà e là sull’ ultimo giro rilevai colla lente delle fini punteggiature ordinate in linee spirali, come spesso è dato di vedere nelle Coelostylina. Per l’abito complessivo questa forma richiama la Coelostylina cochlea MuENsST. sp., dalla quale parmi si distingua principalmente per la presenza della carena sub-suturale, di cui è sprovvista quest’ ultima specie. Un solo esemplare. Minster e KimtL citano questa specie negli strati di S. Cassiano. S. Scania la trovò tra i fossili del gruppo di Monte Judica. Gen. Paratrochus Kimi. 63. Paratrochus sp. ex aff. Par. margine-nodosus J. Bò sp. — Tav. IM [IV], fig. 10. 21895. Tectus margine-nodoso J. Bòam. Gastrop. d. Marmolata, pag. 250, tav. XIV, fig. 26. 1899. Paraitrochus margire-nodosus (J. Bon). KirtL. Gastrop. d. Esinok., pag. 24, tav. I, fig. 22. L'unico individuo, che mi capitò tra mano, è un esemplare costituito da 5 giri e mancante dei giri iniziali e dell'ultimo. La conchiglia è conica, piccola, ombelicata: l’angolo apicale di circa 35°, i giri sono piani, le suture bene incise, relativamente profonde. I giri sono ornati da pieghette o costelle trasversali, oblique, continue da una sutura all’altra ed ingrossate in tenui nodetti sul margine inferiore d’ogni giro. Sul giro più giovane se ne contano 22, sugli altri successivi da 14 a 12. Non riuscii a scorgere strie d’accrescimento. I nodetti sporgono sul * [43] ° A TOMMASI i (37 margine libero del giro più basso a guisa di dentelli, così che quel margine presenta un contorno den- tellato. Sulla sua base non si scorge nessuna carena spirale, come pure non v’ha traccia alcuna delle 3 linee spirali profondamente punteggiate ed equidistanti, che secondo la diagnosi di J. BòEM ornano i fianchi della sua specie. La sezione del giro più giovane è romboidale. DIMENSIONI Altezza È , È . 6 x mm. 5,4 Diametro della base . 3 ; o SINO Questa forma differisce dalla specie di J. Binm per la mancanza delle strie d’accrescimento, per l'assenza delle 5 carene spirali sulla base e delle 3 linee spirali sui fianchi dei giri. La specie descritta da Bònm fu raccolta alla Marmolata. Fam. Euomphalidae DE KOoNINCK. Gen. Euomphalus Sow. 64. Euomphalus Canavarii nov. sp. — Tav. IMI [IV], fig. 11. Concniglia discoide, piatta, a largo ombelico, formata da 4-5 giri, che appena si toccano. I primi giri si avvolgono nello stesso piano, l’ultimo sovrasta colla sua metà anteriore al piano d’avvolgimento dei precedenti. La porzione apicale dei giri è piana e separata dalla por- ‘ zione laterale mercè una carena marginale continua per tutta la spira. i Al Uno spigolo ottuso, meglio che una vera carena, delimita la stessa parte cat apicale verso la sutura, in corrispondenza della quale decorre un solco ben distinto. La porzione laterale dell’ultimo giro porta, circa nel suo mezzo, una seconda carena, e la parte compresa tra le due carene è fog- giata a rampa piuttosto erta e leggermente concava. La carena superiore è provvista di nodetti ben distinti sull'ultimo giro, debolissimi sul se- condo, obliterati sui giri più interni. La carena inferiore è affatto liscia. Al di sotto di questa la parte laterale scende verso la base con una scarpa inclinata, che appena accenna ad incurvarsi, e si continua poi colla base fortemente convessa, che abbraccia un largo ombelico imbutiforme, degradante a scaglioni. Al limite tra la parte esterna e la base scorrono due cordoncini spirali molto ravvicinati, che pas- sano per le opposte estremità di pieghettine trasversali oblique, rialzate ai due capi a formare due tenui nodi d’ineguale grossezza e d’aspetto granulare. Si hanno così due file spirali di nodicini; quelli della fila interna sono più elevati e robusti degli altri della fila esterna. Anche i giri interni sono ornati da nodi*disposti su. una fila semplice. Il guscio è relativamente spesso ed ornato da strie d’accrescimento. Queste sulla porzione apicale dei giri sono assai fini e fitte, decorrono continue dal solco della sutura alla carena superiore, s’incurvano, volgono la convessità all’innanzi e si accavalciano ad ansa sui nodetti della carena. Ancora un po’ più fini e fitte e col medesimo andamento esse adornano la parte laterale fino alla carena inferiore. Da questa alla duplice fila dei nodetti verso la base scorrono rettilinee, oblique dall’avanti all’indietro ed estremamente sottili: solo in prossimità dei nodetti si ingrossano confluendo in essi. La base, che scende verso l’ombelico, è un po’ erosa; ma anche qui si vedono delle pieghette grossolane più forti e più deboli alternativamente, Euomphalus Canavarii. 38 A. TOMMASI (44) pure oblique, salire dall’ombelico a raggiungere i nodetti della fila interna. La sezione dell’ultimo giro è irregolarmente pentagonale. DIMENSIONI Larghezza . ò : o È . mm. 9 Altezza 6 6 a : 3 ò » 3 (scarsi). Esemplare unico. Tra tutte le specie note di questo genere la forma di Valsecca meglio rassomiglia al Euomph. corri- dioides Kivr ® della Marmolata; ma ne differisce per la sezione pentagonale, invece che trapezoidale, dell’ultimo giro; per essere sentitamente concava tutta la porzione laterale compresa tra la carena supe- riore e l’inferiore; per la forma molto convessa della base, che nella specie di KirTL, almeno a giudicarne dalle figure, è piuttosto pianeggiante; finalmente per la presenza della duplice fila di nodetti ai limiti tra la parte laterale e la base. Si distingue dall’ Euomph. ( Wohrmannia) cirridioides KrvrL descritto da J. BoHM ? e ribattezzato da Kit 3 col nome di Euomph. ( Wohrmannia) Bohmi KirtL n. n. per la presenza della duplice fila di nodetti tra la base e la parte laterale, anzichè di tre deboli carene; per i giri interni che non sporgono sul piano dell'ultimo giro (come invece appare dalle fig. 22, 22a di JY Bon); per le strie d’acerescimento, che sulla parte laterale tra le due carene sono curvilinee colla convessità rivolta all’innanzi, invece che diritte ed oblique dall’avanti all’indietro. La presenza della doppia fila di nodicini circoscriventi la base distingue questa forma dalle nume- rose congeneri del S. Cassiano. Fam. Umboniidae ADAMS. Gen. Umbonium Link. 65. Umbonium Vinassai nov. sp. — Tav. III [IV], fig. 12-15. Conchiglia liscia, discoidale, a spira bassissima, pianeggiante, quasi nulla emergente dal piano della superficie apicale dell'ultimo giro, il cui fianco è curvato pressochè a semicerchio. I giri, a lentissimo: accrescimento, negli esemplari meglio conservati sono in numero da 6 a 7. La sezione dell’ ultimo e del penultimo giro, fatta secondo il piano mediano verticale della conchiglia, è quasi circolare con una leg- gera incavatura alla superficie di contatto dei due giri; mentre la. sezione dell’ ultimo giro, fatta presso‘ l'estremità boccale, è ellittica. Le suture, che li separano, sono ben segnate ma non profonde, nè a foggia di soleo o di canale. La base è pure appiattita ed incavata da un ombelico discretamente profondo, largo poco meno di !/, della larghezza della base. In tutti i miei esemplari era occupato dalla roccia includente. La parete dell’ombelico giace quasi a perpendicolo rispetto alla base e ne è separata da uno spigolo ton- deggiante. Il guscio è discretamente spesso e negli esemplari meglio conservati presenta sull’ultimo giro, in vicinanza della estremità boccale, un leggero strozzamento e tracce di tenui strie d’accrescimento i) KrrrL E. Gastrop. d. Marmolata, pag. 117, tav. I, fig. 22. Wien, 1894. 2 Bonm J. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 228, tav. IX, fig. 22. Stuttgart, 1895. 3) KirTL E. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 19. Wien, 1896. [45] A. TOMMASI 39 appena visibili colla lente. Su taluno degli esemplari si notano incerte traccie di colorazione consistenti in macchie trasversali più scure. Dimensioni: L’esemplare maggiore è alto mm. 8, e largo mm. 20; per cui l’altezza sta alla larghezza come 1:2 !/,, e tale rapporto si conserva anche negli altri esemplari più piccoli. N. 12 esemplari. Il genere Umbonium è noto a S. Cassiano e nei tufi a Pachycardia della Seiser-Alp. Questa specie, più che ad altre, somiglia all’ V/. umbilicus Reap ! = U. Grobbeni BLAscHKE ®; ma se ne distingue per essere la spira ancora più depressa the in questo (almeno giudicandone dalla figura che ne danno gli autori), e per la presenza di un ombelico relativamente ampio. Differisce poi dall’ U. Butsehli di HiBerLE * pel diverso rapporto tra l’altezza e la larghezza, che in tale specie risulta= 1:3. Ne differisce ancora per la diversa figura della sezione dei giri che, sub-circolare nella nostra, è ovale coll’asse maggiore pressochè verticale nella specie di HABERLE; e se ne scosta per le suture, che sono ben marcate ma lineari invece che a foggia di solco come nell’ U. Butsehlii HABRL. Dall’ U. helicoides MunstER descritto e figurato da Krrr1*® si differenzia per la forma pianeggiante della spira, che nelle figure di Kirmrr è invece distintamente conica; pel diverso rapporto tra l’altezza e la larghezza, che nell’ U. helicoides MNsT.9 è di 1:2, e per la figura della sezione dei giri, che nella specie descritta da KrrrL è ovale coll’asse maggiore obliquo dall’interno all’esterno. La nostra specie somiglierebbe per contro assai di più all’ Euomphalus sphaeroidicus KLIPsT. 9 quale è figurato dal suo autore e che Krirrt vuole identificato coll’ 7. Relicoides Myst. ed HiBERLE confronta col suo U. Butschlii. Fam. Neritopsidae FISscHER. Gen. Delphinulopsis LauBr. 66. ? Delphinulopsis Laubei Kirrr. — Tav. IM [IV], fig. 16. 1870. Delphinulopsis binodosa Lause. Fauna v. St. Cassian, pag. 30, tav. XXXIII, fig. 3. 1892. _ Laubei KirrL. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, II, pag. 62 (125), tav. VIII, fig. 44. Riferisco con dubbio a questa specie un unico esemplare incompleto presso l’estremità boccale e man- cante per buona parte del guscio. La conchiglia consta di 3 giri, che appena si toccano: il penultimo e l’ultimo hanno la parte apicale piana e la parte laterale leggermente convessa, tra di loro separate da uno spigolo appena ottuso, guernito di una serie di nodi. Una seconda serie di nodi, inferiore, scorre sui due ultimi giri parallela a quella superiore e nell’ ultimo giro separa la parte laterale dalla base. Sui residui lembi di guscio si vedono anche delle grossolane pieghette di accrescimento. L’esemplare riprodotto nella citata figura di LauBe provenne dagli strati di S. Cassiano. A. GALDIERI menziona questa specie tra i fossili triasici di Giffoni. i) BROILI F. Fauna d. Pachycard.-tuffe d. Seiser-Alp, pag. 89, tav. VII, fig. 29, 30. 2) BLASCHKE F. Gastrop. Fauna d. Pachycard.-tuffe d. Seiser-Alp, pag. 181, tav. XIX (1), fig. 14a-c. 3) HABERLE D. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 325, tav. II, fig. 190, è, 20 e 21. 4) RirTL E. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, pag. 242, tav. VI, fig. 1. 5) HABERLE D. Op. cît., pag. 325 (19). 6 KLIPSTHIN. Beitr. 2. geol. Kenntniss d. vstl. Alpen, pag. 201, tav. XIV, fig. lla, db. 40 o A. TOMMASI [46] Fam. Hologyridae Km. Gen. Dicosmos CANAVARI. 67. Dicosmos declivis KirtL sp. — Tav. IMI [IV], fig. 17. 1894. Naticopsis (Hologyra) declivis KirrL sp. Gastrop. d. Marmolata, pag. 140, tav. IV, fig. 10-14. 1895. Dicosmos declivis J. Bonn. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 257, tav. XIII, fig. 3. 1899. — (Fedajella) declivis KinrL. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 36 e 219. 1908. — declhvis KinrL. HarBERLE. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 330, tav. III, fig. 5. Sebbene l’esemplare che io riferisco a questa specie, sia incompleto presso l'estremità boccale, esso presenta tuttavia sufficienti caratteri per indurmi ad insistere in tale riferimento. La conchiglia è globosa, più larga che alta, fortemente involuta, costituita da 4 giri, di cui il primo appena riconoscibile. L’ultimo giro è leggermente convesso nella sua porzione apicale, assai panciuto sul fianco: la spira, è piccola, depressa, molto ottusa. Le suture sono discretamente profonde. L'ombelico conserva traccia della callosità che lo copriva. Il guscio presenta sul suo strato esterno larghe macchie pigmentari, irre- golari, e strie d’accrescimento assai fini, un po’ tortuose. Traccie di linee spirali si rilevano a mala pena colla lente qua e là sull’ ultimo giro. Esemplari n. 1. DIMENSIONI Altezza complessiva o o 6 mm. 16,5 Larghezza : : " Sh Re. » 22,5 Kirrr e J. BònM citano questa specie dalla Marmolata, e Kurrc la rinvenne anche al Sasso della Mar- gherita presso Agordo: HiBERLE ne ricorda un esemplare dalla cima Est del Latemar. 68. Dicosmos conoideus KirrL sp. — Tav. IMI [IV], fig. 18, 19. 1894. Naticopsis (Hologyra) declivis var. conoidea KirtL. Gastrop. d. Marmolata, pag. 141, tav. IV, fig. 15, 16. 1895. Dicosmos declivis var. conoidea J. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 258, tav. XIII, fig. 8 e 48 del testo. 1899. - conoîdeus KirtL. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 37. 1908. = = — Harserle. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 539, tav. III, fig. 8. I due esemplari, da cui è rappresentata questa specie, sono imperfettamente conservati, poichè vi mancano i due primi giri. Il penultimo e l’ultimo giro sono molto rigonfi e quello emerge distintamente al di sopra di questo, così che la spira, sebbene ottusa, doveva essere alquanto elevata. La sutura è ben marcata, lineare, non incisa, ed accompagnata da una depressione piuttosto larga ed appena rilevabile. La bocca non è conservata: è invece conservatissima la ripiegatura del labbro in- terno, che ricopre e chiude completamente l'ombelico. Il guscio è piuttosto grosso. Sullo strato esterno di uno degli esemplari non si scorgono che fini strie d’accrescimento, mentre sullo strato interno sì vedono colla lente, oltre alle strie d’accrescimento, delle lineette spirali assai fini e fitte, leggermente ondulate, che s' incrociano con quelle. Gli esemplari corrispondono per l’abito complessivo e per le dimensioni a quello figurato nel testo da J. Bònwm, e, per la grandezza, stanno di mezzo a quelli rappresentati da KirrL nel suo lavoro del 1894 [47] A. TOMMASI 41 sulla Marmolata, ai quali corrispondono poi benissimo per la forma. Differiscono inoltre molto, quanto alla forma, dalla Hologyra declivis var. conoidea Krrti, figurata da MARIANI nei suoi Appunti di Paleon- tologia lombarda (Atti Soc. ital. di Scienze natur., vol. XXXVI, pag. 137, tav. I, fig. 3), e mi associo al- l'opinione di KittL e di HiBERLE che ritengono che quest’esemplare, proveniente dalla Val dei Molini, sia da riferire ad altra specie. KirrL e BòHM citano questa specie dalla Marmolata. HiBERLE ne ricorda un esemplare trovato nei Lastei di Cima della Val Sorda. Gen. Fedajella Km. Non mancano, nel materiale che ho esaminato, i rappresentanti di questo vistoso genere; ma il loro stato di conservazione è così deplorevole che qualunque determinazione specifica sarebbe assai arrischiata e da prendere con largo beneficio d’inventario. Trattasi infatti d’esemplari tutti incompleti, rotti nel- l’estremità boccale, col suscio, quando e dove ce’ è, assai eroso: in due soltanto rimane un lembo del labbro interno che. espanso in larga callosità, ricopre l'ombelico. Il maggiore e meno incompleto di questi esemplari misura una larghezza di mm. 100. Un frammento d’ultimo giro, di forse 20 centimetri quadrati di superticie, per essere ornato da linee nere interrotte, alternanti quelle d’una riga inferiore con quelle della riga superiore, come è rappresentato da KrrrL !, si lascierebbe riferire alla # 69. Fedajella lemniscata M. Hirnes sp. mentre un’esemplare, incompleto nella parte boccale ed eroso nella spira, per avere questa molto bassa e la parte apicale dell’ ultimo giro quasi pianeggiante, s’accosterebbe alla Marmolatella complanata StoP- PANI Sp. °° e viceversa per la presenza dì serie lineari spirali di macchie nere triangolari, e per la evi- dente depressione, che si rileva presso la sutura nell’ ultimo giro, meglio si lascia avvicinare alla 70. Fedajella Meriani M. Hornrs sp.8) Ma, come dissi più sopra, tali riferimenti specifici vanno considerati solo come approssimativi. Gen. Hologyra. 71. Hologyra fastigiata Srorr. sp. — Tav. IN [IV]; fig. 20, 21. 1857. Natica fustigiata Stoppani. Studit.... ete., pag. 360. 1358-60. — -— _ Les Petrif. d'Esino, pag. 48, tav. XI, fig. 11-16. 1894. Naticopsis pseuloangusta Kirrr. Gastrop. d. Marmolata, pag. 147, tav. TIT, fig. 18-22. 1895. Hologyra fastigiata Srorr. in J. Bònm. Gastrop. d. Marmolata, pag. 250, tav. XV, fig. 1 e fig. 42 del testo. 1599. — _ — sp. Ki. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 50, tav. IV, fig. 4-9 e pag. 191, 219. i KirrL E. Gastrop. d. Esinokalk, tav. VIII, fig. 2. ®) Marmolatella (Natica) complanata StopP. sp. KirTL. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 45, tav. IX, fig. 9 ed 1l. 3 Natica Meriani M. H6rNES. Ueber Gastropoden aus der Trias der Alpen, pag. 26, tav. II, fig. 6a, d. (Denkschr. d. Wien. Akad. d. Wiss., XII Bd.). Fedajella Merianiì Hòrx. sp. KirtL. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 43, tav. IX, fig. 4, 5. Palaentographia italica, vol. XIX, 1913. 6 42 A. TOMMASI [48] 1901. Hologyra fastigiata Stop. MarIanI. Note geol. sul.gruppo delle Grigne, pag. 13. 1907. — excelsa Hav. Broni. Fauna d. Pachycardien-tuffe, pag. 94, tav. VII, fig. 53. 1908. _ —_ — sp. Harserue. Gastrop. aus d. Geb. von Predazzo, pag. 337, tav. III, fig. 11. Gli esemplari, che ho riferiti a questa specie, ne presentano i caratteri più salienti. La conchiglia è ovoidale, costituita da quattro giri, che vanno facendosi sempre più rigonfi dal primo all’ultimo, separati da suture lineari ben marcate. Sull’ultimo giro si nota una strozzatura subsuturale tanto più distinta quanto più si appressa all’estremità boccale, ove tende a foggiarsi a doccia. A seconda degli esemplari essa è più o meno manifesta. La spira è corta ed acuta: l’angolo apicale, misurato nei tre esemplari meglio con- servati, mi risultò rispettivamente di 87°, 88°, 91°. La bocca non è conservata: la sezione dell'ultimo giro è ovale, un po’ ristretta in alto. Il guscio è grosso, ornato da strie d’acecrescimento sottili, diritte, ma, come HiBeRLE ha bene osservato, inflettentisi un po’ all’avanti nella strozzatura subsuturale. In due esemplari è evidente il labbro interno inspessito a formare una callosità pianeggiante, di discreta larghezza, che ricopre del tutto l’ombelico. N. 15 esemplari. DIMENSIONI I i II TIT Altezza complessiva 5 : mm. 17 mm. 15 mm. 17 Larghezza o 0 o . » 12 » 11 59M Ù Angolo apicale 0 ; 5 88° EHIO 87° Località: Pizzo di Cainallo e Val del Monte presso Esino (StoPPANI); Esino (J. Bom); Esino, Cainallo, Caravina, Costa di Prada, Canova, Monte Croce, Marmolata (KirrL); versante Nord della Grigna meri- dionale (MaRIan1); Seiser Alp (Brorti); Cima Est del Latemar (HABERLE). Quanto all’opportunità di fondere la Holog. (Natica) fastigiata di StoPPANI colla Natica excelsa HAUER del Sasso della Margherita presso Agordo, a me non sembra abbastanza giustificata dalla asserzione di KirtL! che la N. excelsa HAUER, pei caratteri esterni concorda perfettamente colla Hologyra (Natica) fasti- giata di SropPAnI. A parte le maggiori dimensioni della forma bellunese, questa, a giudicarne dalle figure, non presenta nemmeno l’accenno alla strozzatura subsuturale, che è evidente negli esemplari fig. 11, 13, 15 di SroPPANI ed in quasi tutti quelli di Valsecca. Fam. Protoneritidae KITTL. Gen. Neritaria Koxen. 72. Neritaria neritina Muensr. sp. ? 1841. Natica neritina Munster. Bestr., IV, pag. 100, tav. X, fig. 13. ? 1857. — — Sroppani. Studw.... ete., pag. 208. 1858-60. Les Pétrif. d’ Esino, pag. 48, tav. XI, fig. 17, 18. 1892. — — Km. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, II, pag. 149, tav. (X) VII, fig. 28-30 1894. Naticopsis neritina KirrL. Gastrop. d. Marmolata, pag. 146. 1895. Neritaria subneritina J. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 238, tav. XV, fig. 4. 1899. —_ neritina Kirrn. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 60. i KitTL E. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 191. [49] Au TOMMASI 7 43 Riferisco a questa specie una piccola conchiglia affatto liscia, lunga mm. 5 ed alta mm. 3, che è costi- tuita da 3 giri, di cui quello apicale è quasi riassorbito. I giri. sono a rapido accrescimento, ampiamente abbraccianti, talchè i primi due giri formano una spira molto bassa. Le suture sono poco impresse. L'ultimo giro è molto rigonfio. La bocca, imperfettamente conservata, è ovale, ristretta all'indietro. Il labbro interno è calloso, un po’ concavo e la callosità copre completamente la regione ombelicale: il labbro esterno è rotto. Il mio esemplare, unico, somiglia assai bene alla fig. 30 della tav. (X) VII di KirtL. (S. Cassiano). Questa specie, oltre che a S. Cassiano, fu trovata alla Marmolata e presso Esino al Pizzo di Cainallo. Gen. Cryptonerita KInTI. 73. Cryptonerita elliptica Kirrr. 2 1858-60. Natica robustella Stop. Lés Petrif. d’ Esino, pag. 50, tav. II, fig. 25, 26. 1894. Cryptonerita elliptica KirrL. Gastrop. d. Marmolata, pag. 126, tav. II, fig. 13, 15, 17. 1895. - — J. Bonm. Gastrop. d. Marmolatakallk, pag. 241, tav. XV, fig. 12. 1895. _ — Pampri. Grignagebirge, pag. 710. 1899. _ — Kim. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 71, tav. II, fig. 14, 15. 1901. = — Martani. Note geol. sul gruppo delle Grigne, pag. 13. 1905. — — Btraschke, Gastrop. Fauna d. Pachycard.-tuffe d. Seiser Alp, pag. 198. 1906. _ — Auvpure. Die Trias im sitdl. Oberschlesien, pag. 98, tav. III, fig. 13 a, db. 1907. — — BromiF. Fauna d. Pachycard.-tuffe der Seîser Alp, pag. 102, tav. IX, fig. 19, 20. 1908. —- — Harsrrue. Gastrop. aus d. Geb. von Predaxxo, pag. 486, tav. IV, fig. 13a, db. Gli esemplari che ho riferiti a questa specie sono molto piccoli. La conchiglia è larga, a spira poco elevata, piuttosto ottusa, a suture profonde, fiancheggiate da un appiattimento subsuturale molto ben manifesto in alcuni esemplari. I giri, in numero da 4 a 5 sono assai convessi: l’ultimo tocca i *, ed anche più dell’altezza totale della conchiglia. La bocca è ovale, il labbro interno calloso, rettilineo dalla parte della Bocca, leggermente arcuato nel suo orlo esterno. Il guscio è sottile, percorso da fini strie d’accresci- mento, che partono dalle suture ‘e si dirigono obliquamente all'indietro. N. 15 esemplari, di cui il maggiore è alto mm. 8. Per l’abito complessivo somigliano, più che ad altre, alle figure di HABERLE ed alla fig. 20 di BROILI. Questa specie fu trovata alla Marmolata, a Mezzovalle, a Forno, al Latemar, nei calcari d’Esino (Grigna), nei tufi a Pachycardia della Seiser Alp, nel Wellenkalk Superiore della Slesia Superiore ed alla Cima di Viezzena. Gen. Trachynerita Kiri. 74. Trachynerita nodifera Kerr. — Tav. II [IV], fig. 22. 1894. urna nodifera Kinrr. Gastrop. d. Marmolata, pag. 136, tav. III, fig. 15, 16. 1595. — —_ J. Binm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 240, tav. X, fig. 1e3. 1899. _ — Kirrn. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 72. 1908. = — HaeBERLE. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 544, tav. IV, fig. 15a, d. Conchiglia globosa, a lento accrescimento, più larga che alta, formata da quattro giri succedentisi a gradino, di cui l’ultimo è molto panciuto e misura da solo quasi i °; dell’altezza totale: ne risulta che la 44 A. "OMMASI [50] spira è bassa ed ottusa. La parte apicale dei giri è orizzontale, mentre il fianco è inclinato a scarpa molto erta. Lungo la sutura corre una evidente depressione a doccia limitata verso l'esterno da uno spigolo ottuso. Su questo, nel penultimo e nell’ultimo giro, stanno dei grossi nodi arrotondati, di cui alcuni si continuano in pieghe grossolane dirette in basso ed all’indietro ed evanescenti verso la metà dell’ultimo giro, In questo i nodi sono 11. Sulla zona di maggiore rigonfiamento dell’ultimo giro, che ne corrisponde su per giù alla metà, si osservano due assai deboli carene, di cui l’inferiore è meglio riconoscibile della superiore. Le strie, o meglio le pieghe d’accrescimento, sono assai grossolane e dirette obliquamente all’inaietro ed in basso, ma si rilevano a mala pena stante l’accentuata erosione del guscio. La bocca non è conservata: la sezione dell’ ultimo giro è ovale-obliqua. Nessuna traccia del labbro interno e dell’ombelico. DIMENSIONI Altezza complessiva . 3 ; i mm. 44 Larghezza . ò 6 3 i 3 » 54 Un solo esemplare. Questa specie fu trovata alla Marmolata, al Monte S. Salvatore, ai Lastei della Cima di Val Sorda e negli strati di Raibl. L’esemplare di Valsecca non corrisponde nè alla descrizione nè alle figure del Turbo Stabilei Ha. ne differisce anche per le diverse proporzioni tra l'altezza e la larghezza. Non tento quindi nessun acco- stamento tra la forma del Monte S. Salvatore e questa di Valsecca. Trovo invece la massima somiglianza tra la specie ora descritta e la 7rachynerita Stabilei (?) di KtrtL, figurata a tav. III fig. 15 del lavoro sui Gastropodi della Marmolata. 75. Trachynerita depressa M. Hòrnes sp. — Tav. IM [IV], fig. 23. 1856. Turbo depressus M. HòrnEs. Gastrop. d. Alpen, pag. 24, tav. I, fig. 3. 1858-60. — - Stoppani. Les Petrif. d’ Esino, pag. 63, tav. XIV, fig. 5-7. ba 1894. Trachynerita depressa Hòrn. sp. Kit. Gastrop. d. Marmolata, pag. 137, tav. III fig. 17. 1895. _ _ J. Bòonm. Gastrop. d. Marmolatakalli, pag. 240. 1899. —_ _ Kanrr. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 73, tav. II, fig. 4-8. Riferisco a questa specie due esemplari incompleti, di cui uno quasi ridotto al semplice nucleo. L'altro, meno guasto, presenta una conchiglia spessa, più larga che alta, che, tra le figure di questa specie date da ‘ KirtL nel 1899, e per le dimensioni e per l’ornamentazione, si avvicina, meglio che ad ogni altra, alla fig. 5. Vi si contano tre giri, mancandovi per lo meno il primo. Ognuno di essi presenta una parte apicale ed una laterale, questa foggiata a rampa convessa, quella orizzontale pianeggiante. Le suture sono lineari ma ben marcate. Il penultimo giro ha il fianco ornato da brevi coste oblique all’indietro e continue dalla sutura fino allo spigolo ottuso, che separa il fianco dalla parte apicale, su cui le coste medesime sporgendo risaltano a guisa di nodi. L'ultimo giro presenta una carena subsuturale formata da una serie di veri nodi, e nella sua zona mediana, che è la zona di massimo rigonfiamento,sdue serie di nodi bassi .ed insieme fusi due a due così da dar luogo a pieghe grossolane, oblique dall’avanti all'indietro, che prolungandosi nella stessa direzione 1) Sitzungsb. d. Wien. Akad. d. Wissensch., Bd. XXIV, pag. 150, tav. II, fig. 1-3. [51] A. TOMMASI 45 - vanno a raggiungere i nodi della carena subsuturale. Così l’ultimo giro viene a somigliare quasi perfet- tamente per l’ornamentazione a quello della fig. 5 di KrrrL: solo che in questa le pieghe non risultano formate, almeno a giudicarne dal disegno, da una duplice fila di nodi fusi per paja. La base è affatto priva di carene longitudinali. Il guscio è spesso ed ornato da strie d’accrescimento grossolane, ondulate ed oblique. La bocca non è conservata: la sezione dell’ultimo giro è ovale, ristretta in alto. Il labbro interno si stende con una larga callosità a coprire la regione dell’ombelico. Sull’esemplare quasi denudato del guscio si rileva l’assorbimento dei primi giri già notato in alcuni dei suoi esemplari da STOPPANI. Località: Esino (Costa di Prada, Bocchetta di Prada, Strada di Monte Codine, Val dei Mulini, Cara- vina, Cainallo, Val del Monte): Lenna; Marmolata; al Seespitz sull’Achensee nel Tirolo. Gen. Platychilina Koxex. 76. Platychilina Cainalloi Storr. sp. 1857. Capulus pustulosus Stoppani. Studti.... ete., pag. 280. 1858-60. — — _ Les Petrif. d’ Esino, pag. 70, tav. XV, fig. 12, 13. 1858-60. Stomatia Uainalli Storr. Ibid., pag. 68, tav. XV, fig. 1-3. 1899. Platychilina Cainalloi Stopr. sp. Kimrr. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 76, tav. I, fig. 26-30. (Vedasi qui completa la precedente letteratura della specie). 1905. _ — = BLascage. Gastrop. Fauna d. Pachye.-tuffe d. Seiser Alp, pag. 188, tav. XIX, fig. 23. 1907. hi - — Broni F. Puuna d. Pachycardien-tuffe d. Seiser Alp, pag. 99. tav. VIII, fig. 14-16, tav. IX, fig. 1-4. Ho determinato come tale un giovane esemplare provvisto di guscio, ma incompleto nella parte boccale, ed un nucleo. Per l’abito generale, le dimensioni e l’ornamentazione somiglia assai all’esemplare figurato nel 1899 da KrirtL a tav. I, fig. 26 del suo lavoro sopra citato. Come questo presenta una marcata sporgenza della spira ed appiattita la parte apicale dell’ultimo giro. Ne differisce pel minore risalto della carena subsuturale e dei suoi nodi. Il nucleo presenta dei nodetti corrispondenti a quelli del guscio. Località: S. Cassiano; Esino (Pizzo di Cainallo, Bocchetta di Prada, Ca’ nova al Monte Croce); calcari della Marmolata; Schlernplateau; tufi a Pachycardia della Seiser Alp. Fam. Purpurinidae ZITTEL. Gen. Moerkeia /J. Bonwm. 71. Moerkeia Pasinii Srdbr. sp. 1858-60. Trochus Pasini Stoppani. Les Pétrif. d’ Esino, pag. 57, tav. XII, fig. 21, 22. 1894. Angularia — Kinsr. Gastrop. d. Marmolata, pag. 174. 1895. Moerkeia — I. Bonm. Gastrop. d. Marmolatakall, pag. 299. 1899. = — Kn. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 81, tav. XVIII, fig. 4-6. Sebbene trattisi d’un frammento, anche un po’ eroso, non esito ad assegnarlo a questa specie, attesi i decisi caratteri, che fanno facilmente riconoscere la bella forma per la prima volta descritta dallo SroPPAnI. 46 A. TOMMASI [52] Il frammento consta di quattro giri: l’angolo apicale misura circa 50°. I giri sono concavi e le suture a foggia di doccia: quelli presentano uno spigolo laterale ornato da una carena semplice nei tre giri superiori, doppia nel giro inferiore. Sulla loro parte apicale si vedono colla lente numerose strie longi- tudinali, incrociate da sottili strie d’accrescimento curvilinee. Tra queste si intercalano su ogni giro 10-12 pieghe grossolane trasverse, che sullo spigolo diventano veri nodi e lo rendono ondulato come a festoni. L’esemplare di Ghegna per l’ornamentazione somiglia molto bene alla fig. 4 e per le dimensioni alla fig. 6 della tav. XVIII di KirTL. Finora questa specie non si conosceva che ad Esino (Val Caravina, Cainallo, Strada di Monte Codine, Val dei Molini). 78. Moerkeia praefecta Kirrr sp. 1894. Angularia praefecta KirrL. Gastrop. d. Marmolata, pag. 176, tav. VI, fig. 37-42. 1895. Moerkeia _ — J. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 299, tav. XIV, fig. 7. 1899. — —_ — Gastrop. d. Esinokalk, pag. 81. Anche di questa specie non trovai che un frammento costituito di 6 giri, non tutti completi. Mancano i primi e gli ultimi giri. L'angolo apicale è di poco superiore ai 30° (= 34° circa). Il guscio è molto sottile, la conchiglia turricolata, acuta. I giri sono leggermente concavi e provvisti di una carena laterale aguzza, che sporge sulla sutura per modo che ogni giro è rialzato su quello che segue. La carena è fornita di nodi, i quali le danno un andamento ondulato. Dai nodi partono delle deboli pieghe trasversali, diritte che si prolungano sulla parte apicale fin presso la sutura. Non potei riscontrare nessun altro carattere. KirtL e BOHM citano di questa specie più che 80 esemplari della Marmolata. Gen. Purpuroidea Lyc. 79. Purpuroidea subcerithiformis Kirrr sp. — Tav. II [IV], fig. 24. 1894. Purpuroidea subcerithiformis KintL. Gastrop. d. Marmolata, pag. 175, tav. 6, fig. 35, 36. 1895. Coronaria subcerithiformis KirrL sp. J. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 266, tav. XV, fig. 9 e 55 del testo. i 1899. Purpuroidea subcerithiformis Kinrr. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 81. Piccola conchiglia di giovane esemplare, mancante dei primi giri; se ne conservano quattro compreso l’ultimo. Essi sono a lento accrescimento, separati da suture ben marcate e come strozzati al di sotto. delle suture. La parte apicale d’ogni giro è molto erta e separata dalla parte laterale moderatamente: rigonfia mercè uno spigolo ottuso, così che la conchiglia ha un aspetto che arieggia allo scalariforme. Circa 9 nodetti, nascenti presso lo strozzamento, accavalcano questo spigolo e si continuano come tenui ‘ pieghette fino alla sutura sottostante. La base è conica. Su tutta la conchiglia, ma meglio sull’ultimo giro, si scorgono colla lente delle tenuissime pieghette d’accrescimento appena appena ondulate: nessuna traccia di strie longitudinali. La bocca non è conservata: la sezione dell’ultimo giro è piuttosto amigdaloide. Altezza mm. 8. KirtL e BòAm citano questa specie, in esemplari più adulti, alla Marmolata. [53] A. TOMMASI i 4 Fam. Sealariidae Brop. Gen. Scalaria Lam. 80. Scalaria triadica KirrL. — Tav. IMI [IV], fig. 25, 26. 1892. Scalarra triadica Kim. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, IL, pag. 108, tav. (XI) VIII, fig. 34, 35. 1894. —_ _ — Gastrop. d. Marmolata, pag. 119, tav. I, fig. 26. SI DANN = — JJ. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 259, fig. 49 del testo. 1899. _ _ — Gastrop. d. Esinokalk, pag. 84. 1907. = — — Broni. Fauna d. Pachycard.-tuffe d. Seiser Alp, pag. 107, tav. X, fig. 8. Nella sua monografia dei Gastropodi della Marmolata KrrTtL diagnostica questa specie così: “ Conchiglia liscia, in forma di cono acuto, con suture profonde, giri molto rigonfi, su ognuno dei quali stanno circa 7 cingoli trasversi. L'ombelico è chiuso, la bocca circolare ,. Gli esemplari che ho riferiti a questa specie sommano ad una trentina; ma di essi soltanto quattro sono completi. Questi presentano cinque giri: sull’ultimo di essi si contano 9 coste trasverse e, presso la bocca, traccie di sottilissime strie d’accre- scimento parallele alle coste. La bocca è pressochè circolare. dd Pel numero delle coste gli esemplari della Valsecca stanno di mezzo tra la {W Sec. triadica KirrL della Marmolata, che non ne conta che 7 per giro, e la Sc. triadica W KirtL di S. Cassiano, che ne novera 12. Per la presenza delle tenui strie d’accre- Scalaria trindica. scimento in vicinanza della bocca i nostri esemplari si accosterebbero di più alla forma di S. Cassiano, e per l’abito complessivo agli esemplari della Marmolata figurati da Kr e da BroiLi. Località: San Cassiano, Marmolata, Seiser Alp, Seelandalpe. Fic. 3. a b Fam. Capulidae Cuv. Gen. Capulus Monte. 81. Capulus (?) Gortanii nov. sp... Tav. III [IV], fig. 27-29. Conchiglia a foggia di berretto, un po’ compressa ai lati, colla base a contorno suborbicolare. Il dorso è curvilineo, l'apice adunco, leggermente ritorto a sinistra, applicato contro la conchiglia. Il guscio negli esemplari meno erosi si presenta ornato da lamelle d’accrescimento squamose ed ondulate, che vengono incrociate da costelle spirali irraggianti dall’apice. Esse raggiungono tutte il margine della conchiglia, sommano a 6 o 7 e non sono equidistanti. Tra di loro s’intercalano in numero vario delle linee filiformi più sottili, solo visibili colla lente e meglio in quegli esemplari, a cui l'erosione abbia tolto od attenuate le lamelle d’accrescimento. Per esse la superficie del guscio acquista un aspetto fibroso. Nei due esemplari meglio conservati la base mi presentò le seguenti DIMENSIONI I II Diametro (tra il labbro interno, al disotto dell’apice, ed il labbro esterno) mm. 7 mm. 5 » (misurato normalmente a quella direzione) b 5 A 7 DLGS » 5 48 A. TOMMASI [54] Di questa specie estrassi colla calcinazione 16 esemplari, di cui due senza guscio ridotti al solo nucleo, e pochi coll’apice conservato. In nessuno riuscii a vedere nè sul guscio nè sul nucleo 1’ impressione mu- scolare così caratteristica per la sua forma nel senere Capwus: perciò ho riferito con riserva a tal genere le eleganti conchigliette di Ghegna. D’altra parte per l’abito complessivo esse richiamano anche il genere Emarginula Lamk.; ma in nessuna mi fu dato di scorgere la caratteristica fenditura, che incide più o: meno profondamente il margine anteriore delle conchiglie delle Wnarginala. Posto che debba mantenersi il riferimento al gen. Capuus, la specie di Valsecca si distingue per l’ornamentazione del suo guscio dalle altre fino ad ora trovate nel Trias alpino, quali il O. Apollinis I. Bonm.!, della Marmolata, il C. dilateralis BLascHKE?), il O. H. Philippì HiBrL. 3) (specie tipo e var. rotunda) del Latemar, ed il Capulus (?) fenestratus LauBe®, del S. Cassiano. Tra tutte però meglio si approssima per la forma generale, la base orbicolare e le dimensioni di questa alla specie di HABERLE, dalla quale tuttavia differisce per la presenza delle costelle e delle linee filiformi spirali interposte, che mancano nel O. H. Philîppì HirL. e per l’apice volto a sinistra in tutti gli esemplari, in cui esso è conservato. Fam. Pyramidellidae GRAY Gen. Loxonema PuÙintips. S2. Loxonema tenue Mwsr. sp. 1541. Turritella lenwis Muensrer. Beitr. IV, pag. 121, tav. XIII, fig. 31. 1855. Chemmitata — Hauer. M.te S. Salvatore, pag. 411, tav. I, fig. 5. 1892. Loronema — Ku. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, II, pag. 146, tav. [XIII] IV, fig. 1-5. (Si veda qui e nel lavoro «di HaEBERLE, più sotto citato, la completa letteratura della. specie). 1894. = — Kim. Gastrop. d. Marmolata, pag. 151, tav. V, fig. 3. 1895. _ — E. Panipri. Grignagebirge, pag. 730. 1899. _ — Km. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 89 e 220. 1901. - — Martani. Sw alcuni fossili del Trias medio . . . ete., pag. 13. 1907. _ — Brorni. Fauna d. Pachycardien-tuffe d. Seiser Alp, pag. 110-11, tav. X, fig. 19, 20. 1908. _ — Harserue. Gastrop. ms d. Geb. v. Predazzo, pag. 493, tav. V, fig. 6a, db. Di questa specie ho riscontrato un solo esemplare, in parte aderente alla roccia, che con un’altezza complessiva di 14 mm. presenta 13 giri, compresi gli iniziali: manca però l’ultimo giro. La conchiglia è svelta, acuta, torricolata con un angolo apicale di almeno 15°. I giri sono ad assai lento accrescimento, quasi il doppio larghi che alti e ciascuno fa risalto sul precedente, per cui le “suture appaiono piuttosto profonde. I giri iniziali sono lisci, gli altri sono percorsi da coste trasverse, rettilinee, oblique dall’avanti all’indietro, ma che sui due ultimi giri tendono a diventare arcuate colla concavità 1) BéòHm J. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 261, fig. 51 del testo. °) BLAscHKE. Gastrop. Fauna d. Pachycard.-tuffe d. Seiser-Alp, pag. 174, tav. XIX (I), fig. dae. % HABERLE. D. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 364 (118), tav. IV, fig. 17, 18, 19a-c e 20. 4 Laure. Fauna v. St. Cassian, IV, pag. 15, tav. XXX, fig. 11; KirtL. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, IL pag. 58 (121), tav. (XII) IX, fig. 8. [55] i - A. TOMMASI © s 49 volta all’innanzi. Esse sono separate da larghi intervalli ornati da linee sottili d’acerescimento. Essendo l'esemplare in parte attaccato alla roccia, non potei rilevare esattamente quante coste si trovassero su ciascun giro, ma il loro numero non dovrebbe superare quello riscontrato da KirtL e da HABERLE, cioè 8. Per la mancanza dell’ ultimo giro non potei constatare i caratteri, che vi si connettono. È specie del S. Cassiano. Oltre che in questa località fu rinvenuta alla Marmolata, nei tufi a Pa- chycardia della Seiser-Alp, nella dolomia del Monte S. Salvatore presso Lugano, alla Seeland Alpe e nel Muschelkalk superiore di Marlenheim. PHiLippi la trovò nella parte inferiore dei calcari di Varenna (Muschelkalk) sopra Olcio. 83. Loxonema hybridum Mvysr. sp. — Tav. INI [IV], fig. 30. 1594. Loxonema hybridwn Myst. in Kirmr. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, (III), pag. 166, tav. XIII, fig. 6-S. (Vedasi qui anche la letteratura precedente). 1894. — fernuis Mysr. in Kieor. Gastrop. d. Marmolata, pag. 151, tav. V, fig. 3. 18599. _ hybridum Musr. in Kinor. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 89. Ho trovato di questa specie due esemplari, di cui il meglio conservato, alto mm. 10, presenta sette giri, mancando dei due o tre primi. La conchiglia è torricolata, non ombelicata, con suture ben impresse, ‘con angolo apicale di 15°. I giri crescono piuttosto lentamente, sono leggermente convessi, larghi più che due volte di quanto sono alti, ornati da coste avvicinate, oblique dall’ indietro all’avanti, ben marcate su tutti i giri, tranne che sull’ultimo, dove a mala pena si intravedono. Di queste se ne contano 10-11 sui ‘primi giri e 14 sul penultimo e terzultimo. Il guscio è conservato, la bocca è rotta. KirrL cita questa specie da S. Cassiano e dalla Marmolata. 84. Loxonema arctecostatum Mxsr. sp. — Tav. III [IV], fig. 31-35. 1841. Movitella aretecostata Murxsrer. Bertr. IV, pag. 121, tav. XIII, fig. 35. 1893. Loronema arctecostatum Ocrvie-Gorpon. On the Wengen and St. Cassian Strata ete., pag. 56. 1894. — arctecostatia —Kinrtr. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, III, pag. 148, tav. [XIII] IV, fig. 9-14. (Vadasi qui anche la letteratura precedente). 1894. _ _ >» Kim. Gastrop. d. Marmolata, pag. 151, tav. V, fig. 5. 1395. — = Dr Srerano G. Lo schisto marnoso con Myophoria vestita della Punta delle Pietre Nere. Boll. R. Comit. geol. d’Italia, pag. 44, tav. II, fig. 8. 1895. _ arciecostatum J. Boum. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 263. i 1899. -_ —_ Kirrr. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 9L. 1907. —_ — Broni. Fauna d. Pachycardien-tuffe d. Seiser Alp, pag. 111, tav. X, fig. 23. 1908. - _ HarperLe. Gustrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. [133] 379. Il meglio conservato tra gli esemplari in cui m’imbattei è un frammento alto mm. 10, che conta 11 giri (fig. 32), mancando dei giri iniziali e degli ultimi. L'angolo apicale oscilla attorno a 15°. I giri sono convessi, separati da suture profonde larghi un po’ più del doppio di quanto sono alti. Essi sono ornati da coste oblique dal basso all’alto e dall’avanti all'indietro, che raggiungono la maggiore grossezza lungo la linea di massimo rigonfiamento dei giri e s’attenuano presso la sutura del giro precedente. Il loro numero, almeno nei giri più giovani, è di 14. KirrL nel suo lavoro sui Gastropodi di S. Cassiano distingue in questa specie forme a giri piani e suture leggere da forme a suture profonde e giri rigonfi. L’esemplare di Ghegna meno incompleto tro- Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 7 50 b + A. TOMMASI : ; [56] verebbe posto in questa seconda categoria e corrisponde assai bene alla fig. 11 della tav. (XIII) IV del menzionato lavoro di KitrL. Un altro frammento, invece, assai più incompleto, costituito da 4-5 giri (fig. 31), si avvicina di più alla fig. 10 della stessa tavola di KirtL. È specie molto diffusa, poichè, oltre che a S. Cassiano, ricorre alla Seeland-Alpe, nel calcare della Mar- molata, alle Pietre nere (Foggia), negli strati di Raibl dell’altipiano dello Schlern, nei tufi a Pachycardia della Seiser-Alp e nelle marne di Veszprèm. Gen. Trypanostylus Cossm. 85. Trypanostylus triadicus KirrL. — Tav. IM [IV], fig. 34. 1894. Hustylus triadicus KiurL. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, IL, pag. (214) 195, tav. (XVII) VII, fio. 26, 27. 1894. — _ Kim. Gastrop. d. Marmolata, pag. 170. 1895. Spirostylus radiciformis J. Bonn. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 292, tav. XV, fig. 10 ed 85 del testo. 1899. Trypamostylus triadicus Kinmn. Gastrop. d. Esinokall, pag. 100, tav. XI, fig. 29 e 31 del testo. 1905. — (Turristylus) triadicus Brascake. Gastrop. Puuna d. Pachyc.-tuffe d. Seiser Alp, pag. 206. tav. XX, fig. 23. i 1907. — triadicus Broni. Fauna d. Pachycardien-tuffe d. Seiser Alp, pag. 117, tav. X, fig. 49. 1908. -- —_ HiserLe. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 397, tav. V, fig. 22-24. Conchiglia conica, acuta, con angolo apicale di 20°. I giri sono bassi, a lento accrescimento, pianeg- gianti, non scendenti a gradino l’uno verso l’altro, larghi quasi il doppio di quanto sono alti. Le suture sono lineari ma bene incise. La base è leggermente inarcata, conico-ottusa, ben distinta dai fianchi mercè uno spigolo quasi rettangolo. L'ombelico è chiuso, la columella piena, la sezione dell’ultimo (?) giro romboidale: i giri iniziali mancano. Sull’ ultimo giro si vedono colla lente delle tenui linee d’accrescimento leggermente curvate ad S. Un solo esemplare. Specie trovata a S. Cassiano, nei calcari d’ Esino e della Marmolata, alla Cima Est del Latemar, nei tufi a Pachycardia della Seiser-Alp e nelle marne di Veszprèm. 86. Trypanostylus obliquus Stopp. sp. — Tav. IMI [IV], fig. 35. 1857. Loronema obliqua Stoppani. Studii ecc., pag. 348. 1858-60. Ohemmitzia — _ Pétrif. d’ Esino, pag. 27, tav. VII, fig. 6, 7. 1899. Trypanostylus obliguus Stopp. KimrL. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 98, tav. XI, fig. 28 e fig. 30 del testo. Conchiglia svelta ed acuta, coi tre giri più giovani sentitamente convessi sui fianchi, mentre gli altri giri fino all’apice sono piani. Le suture che separano gli ultimi giri sono bene impresse, quelle dei giri più vecchi poco marcate. Il guscio è piuttosto sottile, liscio su tutti i giri tranne che sull’ultimo, sul quale si intravedono traccie di qualche debole linea longitudinale. La bocca non è conservata, l’angolo apicale tocca i 20°. Un solo esemplare. Località: Esino al Pizzo di Cainallo (StoPP.); Esino e Costa di Prada (KirtL). [57] A. TOMMASI 51 87. ? Trypanostylus geographicus (Srorr.) KimrL. — Tav. III [IV], fig. 36-38. 1899. Trypanostylus geographicus (Stopr.) Kim. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 96, tav. XI, fig. 23-25 e fig. 23-29 del testo. (Vedasi qui anche la letteratura precedente). È con molta esitazione che riferisco a questa specie alcuni esemplari da me raccolti in Ghegna, tutti caratterizzati da una conchiglia acuta, turricolata, conica, il cui angolo apicale oscilla tra 20° e 24°, I giri superiori sono conici ed a fianchi pianeggianti, larghi quasi una volta e mezza quanto sono alti, se- parati da suture poco impresse; gli ultimi giri si fanno debolmente convessi e di conseguenza le suture meglio marcate. La base è conico-ottusa, l’estremità della columella un po’ protratta. Il guscio è relati- vamente spesso e quasi liscio: soltanto colla lente vi si scorgono delle strie d’accrescimento sporadiche e, per la maggior parte. diritte: sull'ultimo giro però esse tendono ad incurvarsi ad S. Solo su due individui rilevai la presenza di macchie pigmentari. La columella mi parve piana, e non osservai strie longitudinali. — Dei miei esemplari uno (Tav. IIIl [IV], fig. 36) somiglia assai bene per le dimensioni e l'aspetto alla fig. 24 (del testo) di KrrrL, un altro (Tav. III [IV], fig. 37) alla sua fig. 25 (pure del testo) ed esso pre- senta inoltre conservato il labbro esterno della bocca limitato da un cingolo ben distinto, ed un terzo (Tav. III ]IV], fig. 38) si lascia avvicinare alla fig. 29 (del testo), riproducente la Ohemnitzia exilis StoPP., che Kirrt riferisce con dubbio al Tryp. geographicus StoPP. 10 esemplari. Località: KtrrL cita questa specie da Esino (Costa di Prada, Pizzo di Cainallo ed altre località non . nominate) e dalla Marmolata. 88. Trypanostylus Konincki Mwsr. sp.? — Tav. III [IV], fig. 39. 1841. Melania Koninckiana Murnsror. Beilr. IV, pag. 95, tav. IX, fig. 25. 1894. Eustylus Konincki Must. sp. KirrL. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, III, pag. 194 (213), tav. VI, fig. 39-47. 1899. Tyypanostylus Konincki (Mnsr.) Kim. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 95, tav. XI, fig. 20, 21. 1908. = — — Hareerte. Gastrop. a. d. Geb. v. Predazzo, pag. 392. tav. V, fig. 150, db. (Vedasi qui la letteratura completa). 1908. — ctr. Konincki Msn. HarBerLE. Op. cit., pag. 394, tav. V, fig. 19, d. Assegno con dubbio alla specie su notata un frammento privo della base e dell’apice, ma che con- serva quattro giri col guscio. Questi sono ad accrescimento abbastanza rapido, a fianchi pianeggianti, separati da suture che si fanno tanto più profonde e larghe quanto più si scende verso la porzione di base della conchiglia: verso le suture i fianchi declinano con una debole rampa. Nei tre giri superiori la larghezza è circa una volta e mezza l’altezza : il giro più basso è tanto largo quanto alto. Il guscio è piuttosto sottile ed ornato da strie d’accrescimento curvate leggermente ad S nei tre giri più bassi, semplicemente ricurve colla concavità volta all’innanzi nel giro superiore: di tratto in tratto queste strie d’accrescimento s’ ingrossano a formar delle pieghette. Presso la sutura, sulla parte apicale dei due giri più bassi le strie d’accrescimento sono incrociate da alcune fini linee longitudinali (4-2). Su una superficie di levigatura fatta nella porzione apicale m’apparve una columella piena. L’angolo apicale è di 16°. i Questo frammento di Ghegna per l’abito e le dimensioni somiglia assai bene a quello riprodotto da HiBERLE nella fig. 19@,d, della sua tav. V, che egli si trattenne dal riferire decisamente al Tryp. Konineki 52 A. TOMMASI [58] >» Must. pel cattivo stato di conservazione del guscio. Si lascia ben confrontare anche colle fig. 44 e 45 della tav. VI della monografia di KrrrL sui Gastropodi del S. Cassiano. Se presenta qualche differenza rispetto agli esemplari figurati da HiBeRLE e da KrTL, questa consiste nell’avere il frammento di Ghegna un angolo apicale maggiore (16° invece di 11°-13°) e giri più rapidamente crescenti. Località: È specie assai diffusa; fu trovata negli strati di S. Cassiano, alla Marmolata, nella cima orientale del Latemar, nella cima di Viezzena, nei calcari d’ Esino, negli strati a Pachycardia della Seiser- Alp, negli strati raibliani dell’altipiano dello Schlern, nelle marne di Veszprèm, nel Muschellkalk superiore di Weiblingen, nel calcare a Sturia di Recoaro e nel Wellenkalk superiore della Slesia superiore. 89. Trypanostylus Preveri nov. sp. — Tav. II [IV], fig. 40, 41. Conchiglia conica, d’aspetto un poco pupoide, a giri bassi, incavati leggermente i più vecchi e l’ultimo, pianeggianti quelli di mezzo, quasi tre volte più larghi che alti. Le suture sono poco :profonde. Ogni giro presenta presso la sutura inferiore, e su di essa un po’ sporgente, una carena ottusa. Il guscio è piuttosto sottile ed ornato da strie d’accrescimento sottili e rettilinee su tutti i giri ad eccezione del- l’ultimo, ove s'incurvano un po’ ad S. Tra tali strie s'intercalano, specialmente sui giri meno vecchi, delle pieghette basse ma larghe, arieggianti a nodi ottusi. Nei due esemplari studiati mancano i primi giri ed è incompleto l’ultimo, così che sfuggono i caratteri della bocca. La base è rigonfia, separata dalla parte laterale mercè una carena attondata; l'ombelico è completamente chiuso, la columella non cava. L'angolo apicale va da 22° a 23°. 90. Trypanostylus Airaghii nov. sp. — Tav. II [IV], fig. 42. Conchiglia svelta, acuta, conica, con angolo apicale di 21°-22°, priva dei giri iniziali. Quelli che re- stano sono otto, ad accrescimento discretamente rapido, larghi il doppio dell’altezza. Le suture sono basse ma bene incise ed oblique all’asse della conchiglia. I giri presentano una leggera strozzatura sub-suturale nella parte apicale, mentre si rigonfiano verso la base e mostrano qui la linea di loro maggiore rigon- fiamento, formando un bassissimo gradino, che sovrasta alla sutura. Nell’ultimo giro uno spigolo quasi acuto separa la parte laterale dalla base, che è leggermente conica. La bocca è rotta, il labbro interno è rovesciato sull’ombelico, che ne resta chiuso. Il guscio è quasi liscio; solo sull’ ultimo giro si scorgono colla lente sottili strie d’accrescimento rettilinee, che adornano anche la base fino all’ombelico. Questa specie presenta una certa somiglianza col Trypamnostylus (Spirostylus) radiciformis J. BOnM — (Tryp. triadicus Kiri) della Marmolata, ma se ne distingue pel maggiore angolo apicale e per i giri strozzati superiormente e rigonfi inferiormente invece che piani. Un solo esemplare. 91. Trypanostylus (?) sp. — Tav. III [IV], fig. 43. y y i Conchiglia conica, acuta, torricolata, costituita da giri lentamente crescenti, tutti piani, separati da suture bene incise. Mancano i giri iniziali: degli altri il penultimo forma un tenue gradino sulla sutura che lo separa dall’ultimo. Il guscio è sottile, liscio, senza traccia di pieghe: solo colla lente si può scorgere qua e là qualche sottile stria d’accrescimento. La bocca non è conservata; l’ombelico è chiuso. i) Bonm J. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 292, tav. XV, fig. 10 e fig. 85 del testo. lb1i (3%) [59] i A. TOMMASI Nelle dimensioni e nell’aspetto complessivo questa forma somiglia un poco al Zryp. varzeplicatus KirrL ® di Esino (Val Caravina); ma se ne distingue per l’assoluta mancanza di pieghe. L’esemplare è unico. Gen. Spirostylus Kim. 92. Spirostylus longobardicus KreL. — Tav. III [IV], fig. 44. 1899. Sperostylus longobardicus Kimrr. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 101, tav. XII, fig. 7, 8. 1905. — cfr. — — in Brascaxe. Gastrop. Fauna d. Pachyc.-tuffe d. Seiser Alp, pag. 207 (47). 1907. - — — in Bro. Fauna d. Pachycardien-tuffe d. Seiser Alp, pag. 118, tav. X, fig. 59, 60. Riferisco a questa specie un frammento costituito da 6 giri, che sono probabilmente i mediani. Essi accennano ad una conchiglia a foggia di punteruolo, con un angolo apicale di circa 10°. Le suture sono discretamente profonde, i giri appena più larghi che alti e presso la sutura leggermente rialzati a gradino sul giro susseguente. Non esiste alcuna apertura ombelicale. Per questi caratteri questo frammento ri- sponde alla diagnosi di KrrrtL ed alla fig. 8 della citata sua tavola. Distinguo poi come varietà di questa specie, denominandola 93. Sp. longobardicus Kim var. valseccensis nov. var. — Tav. III [IV], fig. 45. una forma in cui la parte visibile di tutti i giri esistenti è larga quasi il doppio di quanto è alta e mai in nessuno la larghezza eguaglia l'altezza; la parte laterale dei giri è leggermente e regolarmente con- Vessa e su nessun giro appare un rialzo sub-suturale, che sporga a gradino sul giro seguente. Il guscio, che è conservato, presenta strie d’accrescimento ‘poco distinte ma o in forma di S o concave verso l’avanti. La bocca non è conservata. Ad onta di questi caratteri differenziali, che mi hanno indotto a fare della forma di Valsecca una varietà dello Sp. longobardicus, è innegabile la forte somiglianza, che quella presenta colla fig. 8 della tav. XII di KirTL e, forse, ancora più colla fig. 60 della tav. X di BRoiLI. KirtL cita la sua specie dalla Val dei Mulini presso Esino, dalla Marmolata e dai prati di Stuor (Stuoreswiesen) presso S. Cassiano; BLascaxe e Brotti dai tufi a Pachycardia dell’Alpe di Seis. Di questa varietà trovai un esemplare quasi completo ed un frammento. 94. Spirostylus subcolumnaris Mnsr. sp. — Tav. III [IV], fig. 46. 1894. Sptrostylus subcolumnaris Myst, sp. Kimrr. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, III, pag. 198, tav. VII, fig. 1, 2, 4-7 e tav. VIII, fig. 28. (Si veda qui anche la lettera- tura precedente). 1895. —_ = — J. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 292, fig. 86 del testo. 1899. _ —- «_— Kn. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 102, tav. XII. fig. 1-4. 1905. — _ — BrascaÙ€e. Gastrop. Pauna d. Pachyc.-tuffe d. Seiser Alp., pag. 207, tav. XX, fig. 25. i) KirtTL E. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 100, tav. XVIII, fig. 10. 54 A. TOMMASI [60] D 1901. Spwoustylus subcolumnaris Mnsr. Bro. Fauna d. Pachycardien-tuffe d. Seiser Alp, pag. 117, tav. X, fig. 52-54. 1908. — — -- HaeBerLe. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 400 e 500, tav. V, fig. 26. Ho riferito a questa specie un esemplare incompleto costituito da tre giri e da parte di un quarto: vi manca la bocca e con essa la porzione terminale dell’ultimo giro. Si può scorgere nella conchiglia la forma svelta, torricolata ed il rapido accrescimento dei giri, che sono circa ! più alti che larghi, assai leggermente convessi, separati da suture profonde, presso le quali la parte basilare del giro precedente si rialza un poco. Il guscio è conservato e presenta delle pieghette quasi verticali e solo sull’ultimo giro un po’ torte ad S. L’angolo apicale tocca i 15° Il mio esemplare somiglia assai bene alla fig. 3 della tav. XII di KirrL (Esinokalk) ed alla fig. 86 del testo di J. Bònm. Località: S. Cassiano; Monte Cislòn presso Egna, Marmolata, Esino, cima di Viezzena, tufi a Pa- chycardia dell'Alpe di Seis, marne di Veszprèm (Selva Bakonia). Gen. Omphaloptycha Awuwmon. 95. Omphaloptycha princeps Srorp. sp. — Tav. III [IV], fig. 47, 48. 1858-60. Chemnitzia princeps Stoppani. Lés Pétrif. d Esino, pag. 11, tav. I, fig 1. 1899. Omphaloptycha princeps Srorp. KinrL. Gastrop. d. Esinokalli, pag. 132, fig. 61, 62 del testo. STOPPANI descrive questa specie così: “ Conchiglia piramidale. Spira formata d’un angolo un poco concavo, composta da 17-18, giri pure concavi, con linee d’accrescimento appena sensibili e flessuose.. L’ultimo giro, proporzionalmente agli altri, si presenta rigonfio e convesso ma in modo regolare su tutta. la sua superficie, senza formare nè gradini nè punti salienti. Alcuni esemplari hanno conservato i loro. ornamenti primitivi, formati da linee trasversali di tinta oscura, che si lasciano appena intravedere at- traverso al velo testaceo, ma che appaiono perfettamente conservate, quando si tolga lo strato testaceo esterno. Queste linee nel loro complesso sono arcuate e seguono quasi la stessa direzione delle linee d’accrescimento, mentre, prese singolarmente, si presentano in vario modo accidentate e mostrano sopratutto . una tendenza a divenir angolose a zig-zag (fig. 48). La bocca è ovale, arrotondata; il labbro sottile, la columella assai grossa ed ornata d’un gran numero di pieghe formate dalle linee d’accrescimento. L'angolo Spirale è di 24° ,. A questa diagnosi poche aggiunte o modificazioni sono portate da KirtL. Egli nota che a sviluppo completo la conchiglia presenta una forma alquanto pupoide; che i giri superiori sono piatti, con suture basse, per lo più ornati da liste trasversali larghe e colorate, ma di rado piegate a zig-zag; che l’ultimo giro è, come nella Omph. Aldrovandi StoPP., panciuto e che sembra perdere le liste colorate o che queste sono sostituite da deboli pieghe trasversali. La columella è cava. Di questa specie gigante, che nell’esemplare figurato da Stoppani raggiunge la lunghezza di mm. 282, non potei raccogliere un solo individuo completo, ma una dozzina di frammenti, da cui, tranne l’apice e la bocca, sono rappresentate tutte le altre parti della conchiglia. Uno d’essi, quello meno incompleto, che ho figurato, conserva quattro giri, compresa buona porzione dell’ultimo, e parte del quirtultimo. Nel complesso corrispondono bene alle diagnosi di SroPPANI e di KrtTL, quantunque per qualche carattere si (11 [61] A. TOMMASI scostino dalla descrizione datane da Stoppani. Così, ad es., non tutti i giri sono concavi, ma ordinaria- mente, come osservò KirrL, i superiori sono piatti e solo il penultimo e l’ultimo presentano sulla loro metà superiore una leggera insenatura, che però manca nell’esemplare da me figurato. Quasi tutti i miei frammenti presentano i loro giri ornati dalle caratteristiche striscie trasversali brune, che seguono l’an- damento delle strie d’accrescimento, quindi arcuate colla concavità volta all’innanzi: in un pezzo solo esse accennano a piegarsi a zig-zag. Quanto all’ornamentazione dell’ultimo giro, in alcuni pezzi questa risulta da sole pieghe d’accresci- mento in forma di S, tanto più rilevate e vicine quanto più s’accostano all’estremità boccale; in due altri, invece, da pieghette d’accrescimento poco marcate e dalle bende brune molto distinte, che le accompa- gnano, L’angolo apicale, misurato in tre dei frammenti meno manchevoli, mi risultò in uno (fig. 47) di circa 27°, negli altri due di circa 24°. i Era da attendersi di trovar così copiosamente rappresentata questa specie nella Valsecca di Roncobello, mentre manca ad Esino, dal momento che tra la località di Ghegna ed i dintorni di Lenna, d’onde provennero gli esemplari studiati da SroPPANI, corre una distanza che non tocca i dieci chilometri. E poichè in Ghegna figura in numerosi e ben caratterizzati esemplari anche la Ompl. Aldrovandii, credo che queste due forme si debbano tener distinte come specie a sè, quantunque esista innegabilmente tra loro molta affinità. 96. Omphaloptycha Aldrovandii StorP. sp. 1858-60. Chemnitzia Aldrovandi Stoppani. Les Pétrif. d’ Esino, pag. 12, tav. I, fig. 4, 5. 1899. Omphaloptycha Aldrovandi (Srore.) Kirtr. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 136, tav. XVI, fig. 1-4; tav. XVII, fig. 1-4 e fig. 66-69 del testo. (Si veda qui anche la letteratura precedente). Intendo questa specie nel senso lato datole da KrrrL nella sua monografia sui Gastropodi del calcare d’ Esino e non nel senso ristretto, nel quale fu intesa da Stoppani nel “ Les Pétrifications d’ Esino ,. Dei parecchi esemplari, non perfettamente conservati, raccolti in Ghegna il maggiore misura una lunghezza di mm. 180, conta otto giri, ma manca dei giri iniziali e della bocca, ed è un po’ deformato da schiacciamento. Questo ed altri quattro più incompleti, che mostrano sulla metà superiore dell'ultimo giro una depressione, quasi uno strozzamento, per la quale riceve rilievo una carena longitudinale molto ottusa, presentano giri superiori piatti, aspetto leggermente pupoide ed un angolo apicale, che oscilla tra 27° e 29°. dssi corrispondono molto bene alle fig. 4, 5 della tav. I, di Sroppani ed alla descrizione di KirrL, nonchè alle figure della sua tavola XVII. Altri 5 esemplari hanno un aspetto decisamente pupoide e non presentano mai sull’ultimo giro una distinta carena longitudinale, ma un’ornamentazione fatta da linee spirali a foggia di deboli cordoncini, alternativamente più e meno rilevate, in numero assai vario, da 2 a parecchie (7-8), sviluppate princi palmente sulla parte laterale dell’ultimo giro e quasi mancanti sulla base. Le suture sono ben marcate, la parte apicale dei giri si rialza su di esse a gradino discretamente distinto, ed i giri superiori sono più o meno convessi, mai piatti. Questi esemplari corrisponderebbero a quella varietà di Omph. Aldro- vandii, che KirtL disse provenire da Lenna e figurò nella fig. 4 della sua tavola XVI. Finalmente un unico esemplare quasi completo, se non mancasse dei primi 3-4 giri e della bocca, meglio corrisponderebbe a quella forma, che Stoppani distinse specificamente come Chemnitzia fusiformis 56 A. TOMMASI CA - [62] e che KrrtL riunì alla Ompl. Aldrovandi. Ne differisce solo perchè manca di quelle piccole protuberanze a foggia di nodi, che nella CW. fusiformis di StoppANI ornano l’orlo posteriore dei giri. Questa specie fu trovata ad Esino specialmente copiosa in Val dei Mulini, scarsa invece a Costa di Prada e Valle di Prada. Fu rinvenuta anche in Val Brembana a Lenna e tra Lenna e S. Giovan Bianco. 97. Omphaloptycha ctr. Alsatiorum KirrL. © Tav. IV [V], fig. 1. 1899. Omphaloptycha Alsatiorum KirrL. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 128. tav. XIV, fig. 14. KirtI così diagnosticò questa forma: “ La spira è conica, le suture sono alquanto profonde, le parti visibili dei giri minori sono quasi tre volte più larghe che alte. Nei giri di media grossezza e nei grossi appare sul contorno più esterno uno spigolo provvisto d’una debole carena: nel penultimo giro sotto questa carena marginale si trova una seconda carena. Nell’ ultimo giro sotto la seconda carena marginale appaiono sulla base tre distinte carene ,. L’esemplare che ho accostato a questa forma di KrrrL, mancante dei primi giri e della bocca, pre- senta tutti i caratteri della diagnosi riportata, ma nello stesso tempo se ne allontana per le seguenti differenze: l’aspetto della conchiglia è maggiormente pupoide; l’angolo apicale è di circa !/, minore; l’ultimo giro presenta fra la sutura e la carena marginale una sentita depressione incavata, e sulla base al di sotto della carena marginale, quattro carene meno distinte invece di tre. KirrL cita questa forma dalla Val Caravina presso Esino. Un solo esemplare. - 98. Omphaloptycha irritata KinrL. — Tav. IV [V], fig. 2. 1894. Coelostylina invitata Kinor. Gastrop. d. Marmolata, pag. 159, tav. V, fig. 15-19. 1895. Omphaloptycha — — J. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalki, pag. 278, tav. XII, fig. 12 e fig. 63-67 del testo. 1899. - _ — Gastrop. d. Esinokalk, pae. 130, tav. XIV, fig. 10, 11. Conchiglia acuta, leggermente pupoide, con angolo apicale di 29°-30°, mancante dei giri iniziali e della parte boccale dell’ultimo giro. I giri più piccoli fino al terzultimo sono piani; dal terzultimo al- l’ultimo presentano invece fianchi di mano in mano sempre più convessi. Le suture, basse dapprima, si fanno più profonde tra gli ultimi giri. Tutti i giri fino al penultimo, incluso, mostrano linee d’accresci- mento diritte, mentre l’ultimo le presenta lievemente curvate ad ,S. Sull’ultimo giro, che, se fosse stato completo, doveva in altezza superare alquanto il resto della spira, si rileva sotto opportune incidenze di luce una ornamentazione longitudinale dovuta a deboli linee, alternate da leggeri solchi, meglio manifeste sulla porzione basilare che su quella laterale del giro. Nei solchi e colla lente si scorgono qua e là traccie di una fine punteggiatura. | Di questa specie raccolsi due esemplari: l’uno, quello figurato, lo riferisco decisamente alla Ompr. irritata Kiri; l’altro, molto eroso, ve lo assegno con dubbio. L’esemplare figurato somiglia, più che ad altre, alla fig. 17 (var. 1) della tav. V di KrrtL sopra citata, di cui la fig. 63 di J. BoHM parmi la ri- produzione. Se ne scosta però leggermente, perchè l'esemplare di Ghegna non presenta presso alla sutura tra l’ultimo e il penultimo giro quella faccetta sub-suturale inelinata, colla quale la superficie dell’ ultimo giro scende alla sutura. KirrL cita questa specie da Esino e dalla Marmolata. [63] "A. TOMMASI i 57 99. Omphaloptycha aequalis Srorr. sp. var. torquata nov. var. — Tav. IV [V], fig. 3. 1858-60. Chemnitzia aequalis Stop. Les Pétrif. d’ Esino, pag. 16, tav. II, fig. 8. 1899, Omphaloptycha — — Km. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 108, tav. XII, fig. 9-11 e fig. 35 i del testo. 1908. — cfr. — — Harsrrie. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 407 e 502. Un solo esemplare incompleto, perchè privo dell’apice e dell’estremità boccale, e piuttosto eroso. La conchiglia è conica, acuta: l’angolo apicale misura 18°. I giri sono ad accrescimento discretamente rapido, a fianchi quasi piani: le suture sono basse e su di esse i giri non sovrastano a gradino. Una striscia x chiara, sub-suturale, fascia l’orlo apicale dei giri, escluso l’ultimo. Il guscio è abbastanza spesso, senza visibile ornamentazione, forse perchè eroso. La base è separata dalla parte laterale mercè uno spigolo arrotondato molto ottuso ed è alquanto protratta. Il labbro interno chiude l'ombelico, che appare a foggia d’una stretta fessura. L’esemplare di Ghegna somiglia soddisfacentemente alle figure di KrrrL e massime alla fig. 10 della tav. XII. Se ne scosta però per il maggiore angolo apicale e per la mancanza d’una faccetta suturale, che è ben manifesta nelle figure di KrrrL, in particolar modo nella fig. 35 del testo. Perciò l’ho distinta dalla forma tipica della specie come una varietà, denominandola dal carattere, per quanto accidentale, della striscia chiara che fascia l’orlo apicale dei giri. StoPPANI trovò questa sua specie ad Esino (Val di Cino, Costa di Prada, Pizzo di Cainallo), KirtI la ricorda alla Marmolata, e trovasi con probabilità, secondo HiBeRLE, sulla Cima Est del Latemar e . sulla Cima di Viezzena. 100. Omphaloptycha Scaliai nov. sp. — Tav. IV [V], fig. 4. Conchiglia torricolata, acuta, costituita forse da 12 giri, ma di cui non ne restano che 9, mancando i giri iniziali. Essi sono ad accrescimento piuttosto rapido, leggermente convessi, gli ultimi due quasi piatti. Le suture che li separano sono bene incise ma non profonde. L'angolo apicale è di circa 25°. La superficie è liscia con qualche leggera pieghetta d’accrescimento a foggia di S presso la columella. È rotto il labbro esterno, quindi fanno difetto i caratteri della bocca, che era forse di forma ovale allungata. Il labbro interno è rovesciato sull’ombelico, che chiude quasi completamente, lasciando solo una stretta fessura ombelicale. Esemplare unico. Questa nuova forma sembrami appartenere al gruppo della OmpA. turris, secondo KirrL ”. Somigha fino ad un certo punto alla Ompà. equalis StopP., ma ne è meno svelta, ha un maggiore angolo spirale e manca quasi affatto di strie di accrescimento. 101. Omphaloptycha (Coelostylina) conica Mwsr. sp. — Tav. IV [V], fig. 5, 6. 1841. Melania conica MuensteRr. Bettr., pag. 94, tav. 9, fig. 21. 1894. Coelostylina conica KitL. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, III, pag. 181, tav. V, fig. 1-7. 1907. —_ — Broni. Mauna d. Pachycardien-tuffe d. Seiser Alp, pag. 120, tav. XI, fig. 7-12. 1908. Omphaloptycha ((l’oelostylina) conica HarBERLE. Gastrop. uus d. Geb. v. Predazzo, pag. 411, tav. VI, fig. 7. (Vedasi qui la letteratura precedente). i) KirTL E. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 108-111. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 8 58 : A. TOMMASI [64] Conchiglia conica, un po’ fusiforme, costituita, quando è completa, da 7-8 ‘girì, piuttosto rigonfi, se- parati da suture bene incise. Nei miei esemplari i giri iniziali non sono inclinati rispetto all’asse della conchiglia, e l’ultimo, e talora anche il penultimo giro, sono ornati da strie d’accrescimento quasi retti- linee, leggermente concave all’avanti, incrociate sull’ ultimo giro da sottilissime linee spirali finemente punteggiate. i In nessuno degli esemplari è conservata la bocca. Di questi il maggiore misura un’altezza di mm. 9. N.9 esemplari. Questa specie fu rinvenuta nel S. Cassiano, alla Seeland-Alp, nei calcari d’ Esino e della Marmolata, a Mezzovalle, nella Cima Est del Latemar, negli strati raibliani dello Schlern, nei tufi a Pachycardia del- Alpe di Seis, nelle marne di Veszprèm, nel Muschelkalk superiore dell’alta Slesia. S. ScaLra la cita tra i fossili del gruppo di Monte Judica. 102. Omphaloptycha (Coelostylina [Gradiella]) fedajana Kim sp. — Tav. IV [V], fig. 7. 1894. Coelostylina fedajana Kirn. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, II, pag. 182, tav. VIII, fig. 21 1894. SI = — Gastrop. d. Marmolata, pag. 163, tav. VI, fig. 11 e 12 (non 10). 1895. = = — J. Bon. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 284, tav. XIV, fig. 21 e 75, 76 del testo. 1899. _ (Gradiella) fedajana KinrL. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 148. 1908. Omphaloptycha (Coelostylina [Gradiella]) fedajana Kinrr sp. HarBERLE. Gastrop. aus d. Geb. v. Pre- dazzo, pag. 415 e 506, tav. VI, fig. 14, 15. Conchiglia conica, acuta, con angolo apicale di 47°. I giri superiori sono larghi quasi due volte e mezza quanto sono alti e mostrano una leggera convessità. Ma, quanto più si appressano all'ultimo, i giri tendono ad appiattirsi un po’ sui fianchi ‘ed a dar luogo ad una faccetta suturale limitata da uno spigolo sub-suturale ottuso, che è meglio pronunciata sull’ultimo che sugli altri giri, senza però essere delimitata molto nettamente verso la parte laterale. I giri sono separati da suture bene incise. Il guscio è discretamente spesso, ornato da strie e pieghette d’accrescimento un po’ oblique e per- corso in ciascun giro da 2-3 linee longitudinali debolmente rilevate. Mancando all'ultimo giro l’estremità boccale, non si può rilevare la forma nè della bocca nè del labbro interno. L’esemplare che riferii a questa specie è unico e misura un'altezza complessiva di mm. 27. Esso, più che ad altra, somiglia alla fig. 11 della tav. VI di KrrtI (Gastrop. d. Marmolata) per le dimensioni, per la forma e per l’ornamentazione. KIrTL cita questa specie dagli strati di S. Cassiano e dal calcare della Marmolata: HABERLE ne ri- corda un esemplare dalla Cima Est del Latemar ed un altro dalla Cima di Viezzena. Gen. Undularia Koken Sottogen. Toxoconcha KirtL 103. Undularia (Toxoconcha) transitoria KirrL. — Tav. IV [V], fig. 8. 1894. Undularia transitoria Kim. Gastrop.d. d. Marmolatakalk, pag. 155, tav. V, fig. 11. 1895. Torxonema transitorium KirrL sp. J. Bonn. Gastrop. d. Marmolatakall, pag. 271, fig. 59 del testo. 1899. Undularia (Toxoconcha) transitoria Kirtr. Die Gastrop. d. Esinokalk, pag. 162. [65] A. TOMMASI i 59 Conchiglia acuta, conica, con angolo apicale di circa 33°. La superficie dei giri superiori è debol- mente convessa, quella dei giri inferiori, più grandi, è piatta e limitata da uno spigolo vicinissimo a ciascuna sutura. L’ultimo giro è leggermente incavato sotto allo spigolo, che ne orla la parte apicale. ‘ Le suture sono ‘bene incise. Le strie d’accrescimento, ben manifeste sull’ ultimo giro, sono curvate ad S. La base è rigonfia e conica e separata dalla parte laterale mercè uno spigolo ottuso. La bocca non è conservata, nè si può rilevare se la columella sia piena o cava. L’esemplare, unico, di Ghegna corrisponde esattamente alla diagnosi di KirTL, riportata da J. BònM ed alle figure di questi due autori. Questa specie fu trovata nel Muschelkalk superiore tedesco ed alla Marmolata. 104. Undularia (Toxoconcha) Brocchii SrorP. sp. — Tav. IV |V], fig. 9-11. 1857. Loronema falcifera Srorpani. Studii.... ece., pag. 276. 1857. _ strigilata — Id., pag. 276. 1858-60. Chemmitzia Brocchii — Les Pétrif. d’ Esino, pag. 14, tav. II, fig. 6. 1899. Undularia (Toroconcha) Brocchii (Storr.) KirrL. Gustrop. d. Esinokalk, pag. 163, tav. XII, fig. 15-24 e fig. 93, 94 del testo. (Vedasi qui la letteratura completa). Intendendo questa specie in quel senso lato che le fu attribuito da KrrTt (1899), potei distinguere nel materiale che ebbi in esame alcuni esemplari, che vi possono essere riferiti, e tra essi: 2, che corrispondono alla forma tipica (Tav. IV |V], fig. 9). 105. 3, che rappresentano la U. Brocchii var. brevis Kim. — Tav. IV [V], fig. 10. 106. 3, che collimano colla U. Brocchii var. pupoidea KinrL. — Tav. IV [V], fig. 11. Il meglio conservato dei due esemplari che rispondono alla forma tipica, presenta cinque giri, tra cui l’ultimo incompleto. L'angolo apicale è di 26°. I giri sono pianeggianti; ogni giro successivo è rial- zato a gradino sul siro che precede e come tagliato di sbieco da una faccetta suturale obliqua. Le suture sono bene incise se non profonde: la superficie del guscio è ornata da strie grossolane d’accrescimento leggermente sigmoidali. Questa forma è abbondantissima presso Esino a Caravina in Val Ontragno ed alla Marmolata. KiTTL la ricorda inoltre in Val dei Mulini, in Val di Cino, a Cainallo ed al Sasso Mattolino. Var. brevis KirtL. Dei due esemplari riferiti a questa varietà uno è quasi completo. L'angolo apicale misura 35°. I giri sono meno alti (e quindi relativamente più larghi) che nella forma tipica. Vi potei riconoscere una columella cava. KimtL cita questa forma in Val di Cino ed a Caravina in Val Ontragno presso Esino, ed alla Marmolata. Var. pupoidea Kirtr. I tre esemplari che vi riferii, sono abbastanza conservati, hanno aspetto leg- germente pupoide causato da un allungamento nel senso dell’asse e da un contemporaneo appiattimento degli ultimi giri. Le strie d’accrescimento sono arcuate. In un esemplare potei riconoscere che la columella è cava. L'angolo apicale è rispettivamente di 28°, 29°, 30°. KimtL ricorda questa varietà nei pressi di Esino (Caravina, Cainallo, Val dei Mulini). 107. Undularia (Toxoconcha) uniformis StopP. sp. — Tav. IV [V|], fig. 12. 1858. Ohemnilzia uniformis Stoppani. Les Petrif. d’ Esino, pag. 32, tav. VII, fig. 23. 1899. Undularia (Toroconcha) uniformis Storp. Kimi. Gastrop. d. Esinokalli, pag. 168, tav. XII, fig. 28. 60 A. TOMMASI [66] Conchiglia conica, svelta, costituita da nove giri presenti e priva forse dei primi due. I giri sono quasi piani o insensibilmente convessi, separati da suture poco profonde: l’ultimo giro scende verso la sutura, che lo separa dal penultimo, con una angusta faccetta suturale. Tenui strie d’accrescimento flessuose ornano tutti i giri: nessuno di questi mi presentò traccie di striatura longitudinale. La base è discreta- mente rigonfia e conica, separata dalla parte laterale mercè uno spigolo tondeggiante. La bocca non è conservata. L’angolo apicale è di 30°. Esemplare unico. L’esemplare di Ghegna somiglia abbastanza a quello d’ Esino (Val del Monte) riprodotto dalla fig. 23 dello SropPAnI ed all’altro figurato nella fig. 28 di KrrrL. Rispetto al primo però ha un angolo apicale un po’ maggiore (30° invece di 28°): confrontato con quello di KrrrL ne appare più acuto. Kirt,, ricorda questa specie da Esino (Val di Cino e Val Ontragno). 108. Undularia (Toxoconcha) ontragnana Kurt. ? 1899. Undularia (Toroconcha) ontragnana Kinrtr. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 170, tav. XII, fig. 29, 30. Conchiglia conica, acuta, con un angolo apicale di 29°. Mancano i primi giri: gli altri sono pianeg- gianti e separati da suture bene incise, su ciascuna delle quali il giro seguente si solleva a tenue gradino inclinato verso la sutura. I giri presentano delle sottili linee d’accrescimento incrociate da fini strie longitudinali, per la maggior parte visibili solo colla lente. L'ultimo e il penultimo giro lasciano scorgere sulla loro parte mediana una assai leggera depressione. Per le dimensioni e l’aspetto complessivo l'esemplare esaminato corrisponde molto bene alla fig. 29 di KirTL. Esemplare unico. KirtL cita di questa specie due esemplari da Esino, di cui uno da Caravina in Val Ontragno. Gen. Loxotomella J. Bònm 109. Loxotomella (?) Hornesi Sropr. sp. — Tav. IV [V], fig. 13. 1858-60. Nerinea Hornesi Stoppani. Les Petrif. d’ Esino, pag. 35, tav. VII, fig. 31. 1899. Loxotomella (2) Hbrnesi Stop. Kim. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 172, tav. XV, fig. 20, 21 e fig. 101 del testo. Un frammento costituito da 5 giri, di cui i due più giovani incompleti. Manca l’ultimo giro. L'angolo apicale misura 27°. Il guscio, per buona parte conservato, è molto grosso ed in qualche punto rivestito da uno strato di color bruno sottilissimo. I giri sono a superficie pianeggiante, separati da suture lineari poco impresse; la loro parte basilare, che resta intieramente coperta dal giro successivo, è netta- mente separata dalla parte laterale mercè un brusco spigolo ottuso. Non havvi traccia di carene sub- suturali. Sulla parte basilare d’un giro, che restò scoperta in seguito alla mancanza d’un pezzo di guscio sul giro che segue, si osservano delle pieghette d’accrescimento dirette obliquamente all’indietro. La super- ficie del guscio è increspata da rughe leggere ed ornata da linee nerastre, che vanno obliquamente da una sutura all’altra, alcune con direzione dall’avanti all’indietro, altre in senso opposto, così che inero- ciandosi tra di loro formano un reticolato irregolare con maglie a losanga. La columella mi parve cava. [67] A. TOMMASI : 61 Finora questa specie non era conosciuta che ad Esino, d’onde BirtNER ne cita tre esemplari prove- nienti dal Pizzo di Cainallo. Gen. Coelochrysalis Kt. 110. Coelochrysalis tenuicarinata Kim. — Tav. IV [V], fig. 14, 15. 1894. Coelochrysalis tenuicarinata KrrrL. Gastrop. d. Marmolata, pag. 168, tav. VI, fig. 19-21. 1895. _ _ — J.Boònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 289, tav. IX, fig. 29, tav. XII, fig. 3, 3a e fig. SI e 82 del testo. 1908. —_ _ — Hargerne. Gastrop. aus d. Geb. von Predazzo, pag. 526 (Tabella). Di questa specie ebbi in esame alcuni esemplari. Uno di essi con un'altezza complessiva di mm. 25 conta 15-16 giri: l’altro, alto mm. 21, ne conta 9. Entrambi mancano dei primi giri ed hanno aspetto pupoide. Nell’esemplare meglio conservato il quarto superiore della spira, comprendente 10 giri, è foggiato a capezzolo ed è leggermente obliquo a sinistra rispetto all’asse della conchiglia. Questi giri sono a lentissimo accrescimento e solo i primi cinque di essi vanno provvisti di due deboli carene, una sub- suturale, l’altra laterale delimitanti un leggero solco. I giri che dal quintultimo seguono fino all’ ultimo sono ad accrescimento meno lento e la porzione di conchiglia, che da essi è costituita, ha forma cilindro- conica. L'ultimo giro presenta una base moderatamente rigonfia e separata dalla parte laterale per mezzo di uno spigolo ottuso tondeggiante. Il guscio è sottile e senza alcuna traccia di ornamentazione. Questo esemplare (fig. 14) somiglia molto per l’abito complessivo alla fig. 19, tav. VI di KirtL, ed alla fig. 81 (del testo) di J. BonM: somiglia un po’ meno alla fig, 30, tav. XII di questo medesimo autore. L’altro esemplare, il minore (fig. 15) differisce da quello ora descritto perchè conserva le due carene quantunque molto indebolite, ed il solco ad esse interposto fino sul sestultimo giro, e mostra alla lente su tutti i giri delle tenui strie spirali. Inoltre, nell’ ultimo, penultimo e terzultimo giro l’orlo anteriore, od inferiore, del precedente sovrasta un po’ sulla sutura e sul giro susseguente. Un terzo esemplare, privo dei giri superiori, alto mm. 35 corrisponde bene a quello figurato da J. Bonm nella fig. 3, 3@ della citata sua tav. XII. N.5 esemplari. Questa specie fu raccolta in parecchi esemplari alla Marmolata e si trovò anche a Mezzovalle ed a Forno. . 111. Coelochrysalis Ammoni J. Bònwm. — Tav. IV [V], fig. 16. 1895. Coelochrysalis Ammoni J. Bonn. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 290, tav. IX, fig. 25. 1899. = — — Kn. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 176, tav. XVIII, fig. 25, 26 e fig. 104 del testo. 1908. _ — — Harserne. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 511, tav. VI, fig. 19. Conchiglia di forma spiccatamente conica, costituita da giri a lento e regolare accrescimento. Di questi se ne contano 12 su un'altezza complessiva di mm. 24 e con una base del diametro = mm. 9,5. Mancano i giri iniziali e parte dell’ ultimo colla bocca. I tre giri più giovani appaiono piani, gli altri assai leggermente incavati. Ogni giro mostra una carena laterale inferiore che fa un tenue risalto sul giro che segue. Forse per essere il mio esemplare un po’ eroso ed incrostato, non vi si scorgono strie 62 A. TOMMASI [68] d’accrescimento: vi si vedono invece qua e là alcune pieghette trasverse appena avvertibili. L'angolo: apicale misura 21°: la cavità della columella non tocca la larghezza di mm. 2. Delle figure di questa specie date dai varii autori, quelle a cui più rassomiglia l’esemplare di Valsecca sono: la fig. 26 della tav. XVIII di KirrL (che però presenta un angolo apicale di 23°), e le fig. 284,5, della tav. IX di J. BoHM, in cui l’angolo apicale è anche maggiore, salendo fino a 27°. Dalla figura, che ne dà HABERLE, si scosta ancora maggiormente. Esemplare unico. i Questa specie fu trovata alla Marmolata; in varie località nei dintorni di Esino (Val dei Molini, Costa di Prada, Cainallo, Val di Cino), a Forno ed alla Cima di Viezzena. 112. Coelochrysalis Lepsii J. Bònm. — Tav. IV [V], fig. 17. 1895. Coelochrysalis Lepsiusi J. Bonn. Gastrop. d. Marmolata, pag. 290, tav. XII, fig. 22. 1895. — Lepsti _ Ibid., nella spiegazione della tav. XII. 1895. ? Calliosoma semipunetata — Ibid., pag. 229, tav. XIV, fig. 25. 1908. Coelochrysalis Lepsti — HarperLE. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. 510, tav. VI, fig. 18 a, bd. (Vedasi qui la letteratura completa). L’esemplare da me trovato conserva, sebbene alquanto eroso, il guscio e 4 giri: mancano i giri ini- ziali ed è incompleto l’ultimo. La conchiglia ha forma conica ed aspetto leggermente pupoide, con angolo: apicale di circa 33°. I siri sono presso che piani, bassi, dal doppio a quasi il triplo più larghi che alti: le suture bene incise ma non' profonde. Il giro più giovane presenta sul suo orlo superiore una debolis- sima faccetta subsuturale ed è separato dalla base, che è conico-ottusa, mercè uno spigolo, che ha quasi l’aspetto di carena. Nel centro della base si apre l’ombelico, la cui ampiezza oscilla attorno ad !/, della larghezza della base. i i I fianchi dei giri sono ornati da deboli strie d’accrescimento diritte, tra cui s’intercalano delle te- nuissime pieghette: sulla base queste diventano falciformi e meglio distinte. Colla lente si scorgono anche traccie di fini punteggiature distribuite in serie spirali. Questa specie era nota nei calcari della Marmolata e nella Cima di Viezzena. Gen. Spirochrysalis Kim. 113. Spirochrysalis nympha Mwsr. sp. — Tav. IV [V], fig. 18. 1841. Melania Nympha MurnNstEr. Bettr. IV, pag. 94, tav. IX, fig. 18. 1891. Spirochrysalis Nympha Mnsr. Kinrr. Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, III, pag. [210] 191, tav. [XIV] V, fig. 34-39; tav. [XVII] VIII, fig. 24. (Vedasi qui anchela let- teratura precedente). L’unico esemplare, ch’ ebbi in esame, presenta una conchiglia pupoide, colla base poco rigonfia, l’ombelico quasi chiuso, costituita da 10 giri. Mancano i giri iniziali e buona parte dell’ ultimo giro. I giri più vecchi hanno la parte laterale leggermente convessa con una specie di spigolo molto ottuso in vici- nanza della sutura, mentre i giri più giovani (dal quartultimo all’ ultimo) presentano fianchi pianeggianti e: forma che s’avvicina alla cilindrica. Le suture sono lineari tra gli ultimi giri, più profondamente incise: tra.;i primi. La sezione dell’ultimo giro è \ovulare, stretta in alto. [69] À. TOMMASI 63 Quest’esemplare corrisponde, meglio che a tutte le altre, alla fig. 34 della tav. [XIV] V di KrrrL, che rappresenta la forma tipica. E specie del San Cassiano. Gen, Euchrysalis LauBE 114. Euchrysalis cfr. sphinx Stop. sp. — Tav. IV [V], fig. 19. 1857. Chemmitzia sphina Stoppani. Studi etc., pag. 353. 1858-60. — — — Les Pttrif. d' Esino, pag. 25, tav. VI, fig. 11, 12. 1899. Euchrysalis —- _ Kim. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 178, tav. XVIII, fig. 11, 12 e 105 i del testo. 1905. — — _ Brascukxr. Gastrop. Fauna d. Pachycard.-tuffe d. Seiser Alp, pag. 203, tav. XX (II), fig. 200, d. Se non fosse per le molto diverse dimensioni, avrei senz'altro riferito alla specie su notata l’esem- piare di Ghegna. Esso presenta una conchiglia pupoide, liscia, quasi quattro volte più alta che larga, con suture bene impresse, giri crescenti piuttosto rapidamente, quasi alti quanto sono larghi, rigonfi, con fi- nissime linee d’accrescimento un po’ oblique sull’ultimo giro, come si vedono nella fig. 11, tav. VI di Stoppani. Manca l’apice e l’ultimo giro è incompleto presso la bocca. Non c'è ombelico. Esemplare unico. Altezza mm. 7,5. Questa specie fu trovata ad Esino (Pizzo di Cainallo) ed alla Marmolata; BrascHke la cita anche nei tufi a Pachycardia della Seiser-Alp e, con dubbio, a San Cassiano e negli strati di Raibl. Gen. Macrochilina BarLe 115. Macrochilina (?) turrita Kirr. — Tav. IV [V], fig. 20, 21. 1899. Macrochilina (2) turrita Kirrr. Gastrop. d. Esinokalk, pag. 183, tav. XV, fig. 28. Conchiglia acuto-conica, torricolata, costituita da 7-8 giri leggermente convessi, divisi da suture non profonde. L’angolo apicale è di 33°-36°. L'ultimo giro supera appena la metà dell’altezza complessiva della con- chiglia, e presenta una base conica, debolmente rigonfia, che è separata dalla parte laterale mercè uno spigolo ottuso, tondeggiante. La sezione dell’ultimo giro è elittico-allungata, un po’ strozzata all’angolo superiore: di fianco alla columella si scorge una pieghetta poco elevata. Colla lente si rilevano a mala pena alcune strie d’accrescimento leggermente arcuate. N.° 3 esemplari. KirtL ne cita un solo esemplare della Marmolata. Fam. Cerithiidae MENKE Gen. Promathildia ANDREAE 116. Promathildia Antonii KirrL. — Tav. IV [V], fig. 22. 1894. Promarhildia Antoni Kirrr. Gastrop. d. Marmolata, pag. 175, tav. VI, fig. 34. 1895. — _ —- J. Bònm. Gastrop. d. Marmolatakalk, pag. 298, fig. 94 del testo. 64 A. TOMMASI [70] Di questa specie trovai un esemplare quasi completo, alto mm. 12,5 e costituito, prima che nella preparazione saltassero i due giri iniziali, da 10 giri. Vi mancava probabilmente solo l’ultimo giro. La conchiglia è acuta, con giri angolosi, suture profonde ed un angolo apicale di 10°. I due giri iniziali, perduti, erano lisci, rigonfii e sulla continuazione dell’asse della con- chiglia, non ad esso obliqui. I quattro giri che succedono fino al sesto sono un po’ erosi e non lasciano vedere che un’ unica carena, la laterale, a circa metà altezza d’ogni giro. Finalmente gli ultimi quattro giri portano quattro carene di diversa grossezza: la più robusta corre sulla parte laterale, è molto sporgente e separa la porzione apicale legger- A mente concava del giro dalla porzione ombelicale piuttosto convessa. Sopra la carena la- Antonii. terale esiste una debole carena subsuturale, ed al di sotto della medesima due carene gradatamente più deboli, pressoche equidistanti, separate da due leggeri solchi. L’orna- mentazione è completata da strie d’accrescimento distinte e diritte. Mancando l’ultimo giro, non potei ri- levare i caratteri che presenta questa parte. KirrL cita un solo esemplare di questa specie dalla Marmolata. Fic. 4. 117. Promathildia Arthaberi nov. sp. — Tav. IV [V]. fig. 23. La conchiglia, presso che completa, presenta, l’ultimo compreso, sette giri ben conservati e parte di altri due: mancano forse i due primi. La sua forma, molto svelta, è torricolata: l’angolo apicale misura 12°-13°, il passo della spira 15°. Le suture sono piuttosto profonde, quasi canalicolate. I giri sono larghi quasi un po’ più del doppio di quanto sono alti, ottusangoli, provvisti di una distinta carena marginale, che ne percorre lo spigolo. La loro parte apicale è alta quasi il doppio della parte basale: l’una e l’altra sono pianeggianti. Sulla parte basale tra la sutura e la carena marginale s’intercalano due carene spirali della stessa grossezza e senza linee longitudinali interposte, mentre sulla parte apicale a mala pena se ne può scorgere una nell’immediata vicinanza della sutura. Solo sui primi giri si scorgono colla lente, e con difficoltà, delle debolissime strie d’accrescimento rettilinee. L’ultimo giro è il più ornato. Esso presenta ben marcata la carena marginale e sotto PIOoNIAiA di questa sulla base fin presso alla columella quattro carene spirali presso che equidistanti, Aniiabert. delle quali la più vicina alla columella è più debole. Delle pieghe d’acerescimento trasversali incrociano le carene spirali e si prolungano fino alla sutura. Il contorno della base accenna. ad essere stato poligonale. La bocca non è conservata. Esemplare unico. Questa specie appartiene indubbiamente al gruppo della Promathildia Bolina MUNSTER, ma differisce da questa e dalle specie fino ad ora conosciute e che più le si avvicinerebbero: Dalla Pr. Bolina Mùnsr. sp. ! si differenzia oltre che per la quasi assoluta mancanza delle strie d’accre- scimento, per la maggiore ottusità dello spigolo dei giri e per essere le due carene spirali, soggiacenti alla carena marginale, deboli sì ma della stessa grossezza e non l’una più e l’altra meno robusta. Dalla Pr. Antoni Krrtr ?, la distinguono: la parte apicale dei giri, che è piana anzichè concava, la parte basale che è pure piana invece di convessa, e la mancanza di strie d’acerescimento su quasi tutti i giri meno che sui primi. i i) KirtL E. Die Gastrop. d. Schicht. v. St. Cassian, pag. [236], tav. [XVIII], IX, fig. 6-9. 2) Ip. Gastrop. d. Marmolata, pag. [T7] 175, tav. VI, fig. 34. [71] A. TOMMASI il 65 Dalla Pr. nov. sp. indet. di HiBERLE ! differisce per l’altezza doppia, anzichè quasi eguale, della parte apicale rispetto alla basale dei giri; per la presenza d’una sola carena spirale, invece di due, e molto debole sulla porzione apicale dei giri; finalmente per l’assenza di qualsiasi linea longitudinale, che s°in- tercali tra le carene spirali. Cephalopoda. Ammonoidea. Fam. Ceratitidae v. BucH. Gen. Hungarites Moss. 118. Hungarites (?) sp. Tra il materiale esaminato va, con dubbio, riferito a tal genere un frammento dell’ultimo giro, in parte privo del suscio, lungo mm. 43 ed alto mm. 30. Sulla sua parte esterna spicca un’alta chiglia mediana, fiancheggiata da due spigoli acuti ornati da nodi marginali. Sui fianchi sì osservano delle coste o piut- tosto delle pieghe larghe e basse, meglio distinte sul nucleo che sul guscio, le quali dal margine ombe- licale, pure provvisto di nodi, decorrono fino a raggiungere i nodi marginali. Anche la linea lobale è in parte visibile. Prescindendo dal lobo esterno, che non si può seorgere, si con- ‘tano sul fianco fino all’orlo ombelicale tre lobi a dentature semplici successivamente decrescenti in altezza, l’ultimo dei quali accavalca un nodo ombelicale. I capi delle selle ((Satfelkopfe) sono a margine integro. Non corrisponde a nessuna delle forme già note nel Trias alpino meridionale. Gen. Celtites Moss. 119. Celtites (?) nov. sp. ind. (B) Sanom. 1895. Celtites (2) nov. sp. ind. (B) SaLomon. Geol. und palueontol. Studien veber die Marmolata, pag. 187, tav. VI, fig. 19. Ho riferito a questa specie un esemplare incompleto, aderente per uno dei lati alla roccia, ed un’im- pronta da cui trassi un modello in cera. Non avendo potuto scorgere nessun indizio dei lobi, mi rimane ancora incerto il riferimento generico; ma pei caratteri specifici questa forma, salve le maggiori dimensioni, corrisponde assai bene alla diagnosi ed alla fig. 19, tav. VI di SALOMON. È infatti una conchiglia piuttosto evoluta, colla parte esterna larga, pianeggiante, debolmente elevata lungo la linea mediana. I giri più interni non sono conservati, ma sul penultimo e sull’ultimo, che sono a fianchi quasi piani, stanno delle coste robuste, diritte ed ordinate a guisa di raggi. Esse mostrano il loro massimo rilievo presso il margine ombelicale, dove spiccano a mo’ di nodi, s’allargano deprimendosi circa a metà dell’altezza del giro e svaniscono prima di raggiungere la parte esterna. Il diametro dell’esemplare col guscio è di mm. 25: quello dell’impronta è di mm. 14. Salomon trovò questa specie sul versante Nord della Marmolata. i) HiseRLE D. Gastrop. aus d. Geb. v. Predazzo, pag. [177] 423, tav. VI, fig. 24a, db. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 9 66 A. TOMMASI [72] Gen. Dinarites Moss. 120. Dinarites Misanii Moss. — Tav. IV [V], fig. 24. 1882. Dinarites Misanii Mossisovics. Die Cephalop. d. medit. Trias-Provina, pag. 15, tav. XXX, fig. 11-13. 1895. —_ — - SaLomon. Op. eît., pag. 179. 1899. - _ _ Tommasi. La Fauna dei calcari rossi e grigi del M. Clapsavon. .., pag. 21. 1909. — _ _ Wircxgens R. Palaeont. Untersuch. triad. Faunen aus d. Umgeb. v. Pre- daxx0, pag. (94) fig. 6, 7 del testo. Questa specie è rappresentata da due frammenti, di cui il meno incompleto presenta giri a lento ‘accrescimento, appena abbraccianti, più alti che larghi, colla parte esterna stretta e tondeggiante ed ornati i più esterni da deboli pieghe falciformi meglio pronunciate nella metà inferiore dei giri. La linea lobale, che potei intravedere nel frammento più piccolo, corrisponde a quella del Din. Misaniè Moss., presen- tando un lobo esterno, un altro laterale ed il 1° lobo ausiliario situato sul margine ombelicale. È specie nota nella dolomia del M. S. Salvatore; nel calcare bianco della Marmolata; nella cima di Viezzena; nel calcare rosso del M. Clapsavon; nel calcare a scogliera delle Murge del Principe (De Lo- RENZO); presso Prags nella Pusteria; nel calcare bianco di Forràs hegy presso Felsò Ors nella selva Ba- conia; nel calcare di Wetterstein del Zugspitzmassiv. Gen. Balatonites E. Moss. 121. Balatonites Waageni Moss. 1882. Balatonites Waageni E. Mossisovies. Die Ceph. d. medit. Trias-Provinz, pag. 82, tav. XVI, fig. 3-5. 1395. _ — — Sanomon. Op. cit., pag. 181, tav. VI, fig. 8-10. Un frammento dell’ultimo giro, in cui sono ben visibili la chiglia, non crenata, della parte esterna ed una decina di coste complete ornate da tre serie di nodi, una ombelicale, una marginale subito al di sotto ed al di fuori della chiglia, ed una terza intermedia laterale, che soggiace immediatamente alla metà dei fianchi. Le coste sono leggermente piegate ad S, ed al di sopra dei nodi laterali mostrano una tendenza alla biforcazione. Dei lobi nessuna traccia. Il frammento è poco più grande di quello riprodotto dalla figura 3@,6 di MoysIsovics, e meglio ri- sponde per le dimensioni a quello della fig. 10 di Salomon. È specie del piano ladinico, nota anche alla Marmolata (versante Nord) e forse pure nel calcare del Latemar, di Forno e di Fiemme. Fam. Tropitidae Moys. (emend. ZITTEL) Gen. Trachyceras LauBE Sottog. Anolcites Moss. 122. Anolcites doleriticus Moss. — Tav. IV [V], fig. 25. 1882. Zrachyceras doleritieum Mossisovics. Die Cephalop. d. medit. Trias-Provinx, pag. 103, tav. XIII, fig. 5; tav. XXXVII, fig. 1. [73] ‘A. TOMMASI : 67 1893. Anolcites doleriticum Moysisovios. Die Cephalop. d. Hallstitter-kalke, pag. 622 (Das Gebirge um Hallstatt, I Abtheil., 2 Bd. 1899. Protrachyceras doleriticum Moss. Tomasi. La Fauna del M. Clapsavon, pag. 22. Un frammento nel quale sono rappresentati circa i */, dell’ultimo giro. Vi sono ben distinte le coste leggermente incurvate, colla concavità all’avanti, nel terzo superiore dei fianchi. Di esse alcune si biforcano già presso il margine ombelicale, altre circa a metà dell’altezza della parte laterale, altre ancora più vicino alla parte esterna. Qualche costa presentasi anche tripartita. Si distinguono due serie di nodi: una marginale costituita da nodetti ottusi, in corrispondenza ai quali le coste si piegano obliquamente al- l’avanti, per formare dopo brevissimo tratto, da un lato e dall’altro della parte esterna, una serie di nodi esterni. Si scorge anche una porzione della parte esterna che è assai leggermente incavata tra le due file di nodi esterni: su di essa le coste sembrano continuarsi sotto forma di basse pieghette trasversali. Dei lobi nessun indizio. Questa specie fu rinvenuta nel piano ladinico in molte località delle Alpi meridionali ricordate da Mossisovics, e tra esse a San Cassiano ed al M. Clapsavon in Carnia. Fuori della catena alpina, Mogsi- sovics la cita nella selva Bakonia a Forràs-hegi presso Felsé-Ors. Fam. Amaltheidae FIiscHER Gen. Ptychites Moss. 123. Ptychites sp. Anche questo genere ha il suo rappresentante nel materiale da me esaminato; ma esso è purtroppo un frammento d’un grosso individuo specificamente indeterminabile. Fam. Arcestidae Moss. Gen. Proarcestes Moss. 124. Proarcestes sp. Due frammenti globosi risultanti dai giri più interni. Il maggiore misura un diametro di mm. 7,5. La linea lobale, quasi diritta, lascia constatare la presenza di un lobo esterno, di due lobi laterali e di tre ausiliari: l’ultimo di questi accavalca il margine ombelicale. Nessun altro dettaglio è visibile. Fam. Cyclolobidae ZITTEL. Gen. Megaphyllites Moss. 125. Megaphyllites obolus Moss.? — Tav. IV [V], fig. 26. 1882. Megaphyll. obolus Mossisovies. Cephalop. d. medit. Trias-Provina, pag. 192, tav. 53, fig. 3-5. 1895. — = —_ SaLomon. Op. cit., pag. 190. 1899. _ — = Tommasi. Fuuna del M. Clapsavon, pag. 32. 1903. _ = _ ArraGnI. Nuovi Cefalop. del calcare di Esino, pag. 23. 68 A; TOMMASI [74] Con dubbio riferisco a questa specie un frammento di esemplare, che presenta i giri più interni e misura complessivamente un diametro di mm. 9. La conchiglia è appiattita, discoidale, a pareti laterali poco rigonfie, con uno strettissimo ombelico chiuso da una specie di callosità. Su uno dei fianchi rimane il guscio, che è sottile ed ornato da finissime linee falciformi appena visibili colla lente. La linea lobale, che misi allo scoperto corrodendo il guscio coll’acido, lascia vedere il lobo esterno e due lobi laterali colle selle interposte: il secondo lobo laterale trovasi quasi sulla linea che segna la metà dell’altezza del giro: ad esso fa seguito fino all’ombelico una linea leggermente ondulata, nella quale non è più possibile distinguere nè lobi, nè selle. La piccolezza dell'esemplare, e forse la corrosione troppo progredita, tol- gono di rilevare i dettagli dei lobi e delle selle; però vi si può veder benissimo che la sella esterna è parallela e non obliqua alla parte esterna, carattere questo che, secondo Mossrsovics, fa separare dal Megaph. sandalinus le altre specie di Megaphyllites. Loc. Nel calcare grigio della Val di Cino e della Val del Monte presso Esino; nei dintorni di Forno in Val di Fiemme; negli strati di Wengen del P.:° del Corvo presso Caprile; nel calcare rosso del M. Cla- psavon; nel calcare bianco della Marmolata (versante Nord). Gen. Monophyllites Moss. 126. Monophyllites cfr. Wengensis KuIpsn. sp. — Tav. IV [V], fig. 27. 1882. Monophyllites wengensis (v. Kurestem). E. v. Mogsisovies. Cephalop. d. medit. Trias-Provina, pag. 20%, tav. 78, fig. 10-12. 1895. _ cfr. _ — SaLomon. Op. cît., pag. 191, tav. VII, fig. 8,9. 1899. _ — _ Tommasi. Fauna del M. Clapsavon, pag. 33, tav, IV, fig. 5, da. Di questa specie trovai un solo esemplare incompleto e molto eroso, che tuttavia colla lente lascia scorgere sulla superficie del guscio le finissime strie d’accrescimento un po’ falciformi. Dei lobi non potei scorgere nessuna traccia: onde il dubbio se trattisi del Monoph. wengensis o del Monoph. sphaerophyllus, che se ne distingue solo per una lieve differenza nella dentellatura della linea lobale. Del resto l’esem- plare di Valsecca s’accosta molto, anche per le dimensioni, a quello riprodotto nella fig. 8 di Saromon ed a qualcuno di quelli da me raccolti nel calcare rosso del M. Clapsavon. Questa specie, oltre in questa località carnica, è citata da Moysisovies nella Val di Cino presso Esino; nei calcari della Marmolata; negli schisti neri a Daonella Lommelii di Wengen; a S. Cassiano ed in molte altre località alpine ed estraalpine. APPENDICE Dopo che era già stata stampata la prima parte di questa monografia sui Fossilî della lumachella di Ghegna, nell’autunno del 1911 il sig. dott. cav. Matteo Rota di Bergamo, a novella prova del suo interes- samento e della sua squisita cortesia, mi spediva una buona quantità di pezzi di quella lumachella da lui raccolti. Da essi ho potuto estrarre alcune altre forme di Alghe, di Lamellibranchi e di Gastropodi, che riconobbi appartenere in maggioranza a specie già note. Ho fuso i Gastropodi con quelli, che sono de- scritti in questa seconda parte, ed ora aggiungo qui in appendice la Gyroporella ed i Lamellibranchi troppo tardi restituiti alla luce per poter trovar posto nella 1.* parte, già pubblicata, di questo lavoro. [75] A; TOMMASI ; 69 Algae. 27. Gyroporella (Diplopora) herculea Sropr. sp. — Tav. IV [V], fig. 28. 1858-60. Gastrochaena herculea Stoppani. Les Pétrif. d’ Esino, pag. 81, tav. 16, fig. 11, 12. 1872. Gyroporella aequalis Guemer. Die sogen. Nulliporen und Di Betheil. an d. A nin der To Th. II, pag. 49, 50, tav. D III fig. l4a-e; tav. DIV, fig. 9a-f, ? Abhandl. d. k. bayr. Akad. d. Wissensch. 1895. Diplopora herculea Tak = SaLomon. Op. cit., pag. 127, tav. I, fig. 13- 1a: 1899. = = = Tommasi. La FPuuna del M. Clapsavon, pag. 7, tav. I, fig. I. 1899. — = = Mariani. Appunti geologici e paleontologici sui dintorni di Schilpario cc., pag. 1250. 1901. = — = Marrani. Alcuni fossili del Trias medio di Porto Valtravaglia ece., pag. 42. 1912. Teutloporella herculea Store. sp. J. v. Pra. Neve Studien ueber die Triadischen Siphonene verticillatae, pag. 3%, tav. II, fig. 2%.tav. II, fi. 1,2. x Questa specie è rappresentata da un unico frammento, che è la estremità superiore tondeggiante ed a foggia di clava. In altezza misura mm. 14 e ne ha 9 di diametro. La superficie esterna è divisa in anelli regolari, contigui e molto tra di loro serrati mercè leggerissimi solchi circolari appena visibili ad occhio nudo. Contai sette di questi anelli su un tratto verticale di mm. 5. Quest’esemplare differisce da quello già da me raccolto al M. Clapsavon per l’altezza un po’ minore degli anelli, e, tranne che pel diametro di poco maggiore, corrisponde assai bene per l’ornamentazione alla porzione terminale della fig. 13 tav. 1.3 di SALOMON. Località: Questa specie fu trovata anche ad Esino, al M.!* S. Salvatore presso Lugano, nel gruppo della Presolana alla Cima di Camino e nel P.2° Arera, alla Marmolata, al M. Clapsavon, nel calcare dell’Hottinger Alpe presso Innsbruck, e nel calcare di Wetterstein presso Rohrbach. Brachiopoda. Gen. Cyrtina Davis. 128. Cyrtina sp. ind. ex aff. C. Fritschii Brrmn. 1890. Cyrtina Fritschii Brorn. Brachiop. d. alp. Trias, pag. 79, tav. XLI, fig. 20. Due grandi valve, in cattivo stato di conservazione, rappresentano nella fauna di Ghegna questo genere. Esse hanno un’apice leggermente ricurvo, un’area triangolare un po’ più larga che alta e dimezzata da una fenditura pure triangolare, relativamente angusta. Questa è chiusa da un pseudo deltidio rigonfio, di cui rimane qualche traccia. Perciò il riferimento generico parmi fuori di dubbio; ma non altrettanto può dirsi di quello specifico, differendo la forma di Ghegna dalla ©. Buchii Kust. sp., dalla ©. Zittelì Burrn., dalla Spiriferina (Cyrtina?) Boeckhii BrutN., e mostrando invece sentita affinità colla C. Fritschiù BITTN. La grande valva della nostra forma presenta un solco mediano ben marcato, che dall’apice si prolunga fino al margine frontale, e lateralmente ad esso da entrambe le parti tre coste, separate da spazii inter- costali pressochè della stessa larghezza di quella delle coste. Queste sono robuste, triangolari, ottuse: ad esse aggiungesi, a foggia di una quarta costa, lo spigolo che limita l’area. tl 70 Ì A. TOMMASI 1 [76] Il guscio è conservato solo in parte. L’altezza di queste due valve, misurata dal margine frontale all’apice, è di quasi 4 mm. La ©. Fritschii è specie del S. Cassiano. 129. Spirigera trigonella Scunta. sp. — Tav. IV [V], fig. 29. 1820. Terebratulites trigonellus Scarornrim in Petrefactenkunde, pag. 271 (parte). 1890. Spirigera trigonella Scurta. sp. Brrrner. Brachiop. d. alp. Trias, pag. 17, tav. XXXVI, fig. 8-31 e pag. 274, tav. XL, fig. 20, 21. (Vedasi qui completa la letteratura precedente). 1894. — _ —_ Tommasi A. La Fauna del calcare conch. di Lombardia, pag. 72, tav. 1, fig. 5, 1895. —_ — — Pmrrppi. Grignagebirge, pag. 121, tav. XXI, fig. 4. 1903. = — _ Birrner. Brackhiop, und Lamellibr. aus d. Trias v. Bosnien, Dalmatien und Venetien, pag. 567, tav. XXXIII (VI), fig, 23-26. 1904. — _ — PaiLipp H. Palaeont.-geolog. Uniersuch aus d. Geb. v. Predaxzo, pag. 78, tav. IV, fig. 32-34. 1909. _ _ — Wircxens. Palaeont. Untersuch. aus d. Umgeb. v. Predazzo, pag. 193 (113). L’unico esemplare, che trovai di questa specie, somiglia nell’abito e nelle dimensioni a quelli del La- temar, che H. PHÙinipp riprodusse nelle fig. 32 della citata sua tavola. Misura in altezza mm. 6, 5. È specie di notevole diffusione orizzontale e verticale, che BIrTNER ricorda in varie località dalle Alpi settentrionali alle meridionali e fino nella penisola balcanica, e che dal Muschelkalk sale, secondo quel- l’autore, forse fino al Dachsteinkalk. Per noi è importante che sia stata trovata in più d’un esemplare nella cima Est del Latemar. Gen. Rhynchonella FiscH. 130. Rhynchonella sp. ex aff. Rh. Blaasii Bir. — Tav. IV [V], fig. 30. 1890. Rhynchonella Blaasti Brrrner. Brachiop. d. alp. Trias, pag. 104, tav. III, fig. 24. Piccola conchiglia, leggermente inequilaterale, asimmetrica, essendo una metà più sporgente verso la fronte e più protratta di fianco che l’altra. Il contorno è quasi triangolare, a fianchi compressi, spigoli assai ottusi presso che pianeggianti, e commessure semplici. L’apice, sebbene un po’ malconcio, è piuttosto: pronunciato; la grande valva poco rigonfia, quasi piatta; la piccola valva decisamente inarcata. Sulla grande: valva presso la fronte esiste una depressione mediana debole ma larga. Le coste sono semplici, piuttosto acute, originanti a circa !/, della distanza che separa l’apice dal margine frontale. Su ogni valva se ne contano 9. i DIMENSIONI Lunghezza . è c L . c mm. 7 Larghezza . ° ò 7 3 i >» 6 Spessore c ; , o c c DIO. Esemplare unico. [77] IO TOMMASI ; F7a]Ì Mi astenni dall’identificare questa forma colla specie di BrrrNER, perchè ne differisce pel contorno più decisamente triangolare, per gli spigoli non arrotondati ma subpianeggianti e per le coste acute e non tondeggianti, come appaiono dalle figure di BrrTNER. La RA. Blaasii Birtn. è specie del S. Cassiano. Lamellibranchi. Gen. Cassianella Brrr. 131. Cassianella planidorsata Mnsr. sp. var. tenuidorsata Kurest. — Tav. IV [V], fig. 35. 1841. Avicula planidorsata Muensner. Bestriige x. Petrefactenk. IV, pag. 76, tav. VII, fig. 11. 21841. — @mpressa — Ibid., pag. 76, tav. VII. fig. 12. 1343. — —_ Must. var. (enwidorsata KuiestEIN. Oestl. Alpen, pag. 243, tav. XV, fig. 23 a, d. 1895. Cassianella planidorsata Mnsr. sp. Brrtner. Lamellibr. d. Alp. Trias, pag. 65, tav. VII, fig. 16-19. 1904. = = _ Broni F. Fauna d. Pachycardien-tuffe d. Seiser Alp, pag. 170, tav. XI DG ago Di questa specie ho trovati due esemplari ma incompleti. Il meno manchevole presenta tra i caratteri citati da BirtnER i seguenti: Dorso largo, piano, incurvato quasi a cerchio. Il dorso nella regione del- l’apice s’incava a doccia e l’apice è così fortemente ricurvo che la sua estremità resta celata. La porzione mediana della conchiglia strapiomba sull’ala anteriore, mentre scende con pendìo meno erto verso l’ala posteriore. L’ala anteriore è ornata da fini strie d’accrescimento e separata mercè un robusto cercine dal solco radiale che la delimita. Quanto all’ornamentazione della parte mediana e delle due carene che la comprendono, la forma di Ghegna si allontana dagli esemplari figurati da BirTNER, perchè la superficie del guscio, invece di presen- tare coste radiali di grossezza diversa tra loro alternanti ed incrociantisi con ben marcate linee d’ac- crescimento, è quasi liscia ed appena percorsa da sottilissime linee radiali e da ottuse pieghettine tra- sversali visibili solo colla lente. Per tale carattere di scultura la forma di Valsecca corrisponderebbe nel miglior modo alla Avicula impressa Mùnst. var. tenuidorsata KLIPST., che questo autore ha riprodotta nella fio. 235 della sua opera citata. E siccome BirtNER considerò come esemplari a dorso stretto della 0. planidorsata Munst. sp. quelli da questo autore battezzati per Av. impressa, e ritenne che anche l’Av. fenvidorsata di KLIPSTEIN (0 più esat- tamente Av. impressa Minst. var. fenuidorsata KuPsT.) potesse venire identificata colla Av. plarnidorsata MunsT., così io ho creduto di denominare gli esemplari di Ghegna: Cassianella planidorsata MuùnST. var. fenuidorsata Kupsr. Aggiungo infine che l’esemplare peggio conservato, mancando di guscio sul dorso, lascia quivi a nudo il nucleo, che è perfettamente liscio senza traccia lacuna di coste. Questa è specie del S. Cassiano. Della C. planidorsata Mùnst. il BRoILI ricorda 8 esemplari da Tchapit- bach e 2 dal Pitzbach. 132. Cassianella Broilii nov. sp. — Tav. IV [V], fig. 36-38. Oltre alla precedente, mi si presentò nel materiale studiato un’altra forma di Cassianella, che ritengo appartenere ad una specie nuova. E di dimensioni molto piccole (alt.=mm. 5,5—largh.=mm. 6?) e di- 72 A. TOMMASI [78] sgraziatamente priva di guscio su tutta l’ala posteriore e sulla metà inferiore dell’ala anteriore. La valva sinistra, la sola da me posseduta, è ricurva a guisa di virgola. La metà superiore del dorso, che comprende l'apice, è discretamente rigonfia e convessa e l’apice molto adunco: la metà inferiore invece, pianeggiante, si va tanto più sensibilmente incavando quanto più ci si accosta al margine palleale. Il dorso scende da una parte e dall’altra verso le due ali con una rampa non troppo alta nè erta e, mentre è delimitato verso la rampa posteriore da una costa tondeggiante ma robusta e saliente, è sepa- rato dalla rampa anteriore mercè uno spigolo attondato molto ottuso. Dall’apice par- FIG. 6. tono 4 solchi decorrenti fino al margine palleale; ma mentre il più marcato, quello che scorre all’innanzi e lungo la costa posteriore del dorso, move dalla punta dell’apice, i tre altri si staccano da questo a distanza dal vertice di mano in mano maggiore. Inoltre sul fondo del solco posteriore si vedono colla lente due costicine radiali lineari, meglio distinte presso il margime palleale. Questi 4 solchi delimitano 3 pieghe basse e più larghe dei solchi medesimi: di A esse la più distinta e più ampia percorre la linea mediana del dorso, emergendo leg- Broilii. germente sulle due altre che le stanno a lato. La costa anteriore è la meno evidente delle tre, perchè il solco che la separa dallo spigolo, che cala verso l’ala anteriore, è appena accennato e non raggiunge il margine palleale. Dell’ala anteriore è conservata col guscio la porzione superiore che finisce all’apice. Essa à separata dal dorso mercè un solco profondo percorso da una sottile costella radiale e presenta le traccie di due coste, che partono dall’apice e probabilmente si continuavano fino al margine anteriore dell’ala medesima. Il guscio è relativamente spesso ed ornato da listerelle d’accrescimento ondulate, concentriche, appena discernibili colla lente e come provviste di dentini sul loro margine superiore. Volendo accostare questa a qualche specie già nota, non saprei far di meglio che avvicinarla alla Cas- sianella Ampezzana Biurx. !) 133. Posidonomya obliqua Hau. » 1857. Posidonomya obliqua Hauer F. Palacontolog. Notizen, pag. 145, tav. II, fig. 8, 9. 1904. — = = PuiLippr H. Palacontolog. Untersuch. ecc., pag. 94, tav. VI, fig. 23, 24. 1909. — — _ Wirckens R. Palaeontolog. Untersuch. aus d. Umgeb. v. Predazzo, pag. 201 (21), e Tabella II. Gli esemplari da me preparati mi hanno permesso di rilevare i seguenti caratteri: Conchiglia inequi- laterale a contorno obliquamente ovoidale, piuttosto rigonfia, più lunga che alta. Apice molto avanzato: verso l’ estremità anteriore, adunco ed eminente sul margine cardinale, che è diritto. I margini anteriore, inferiore e posteriore sono curvilinei, tondeggianti. Posteriormente la valva si dilata a preferenza verso: l’alto. Il guscio è ornato da cercini concentrici molto più ravvicinati tra loro presso l’apice, che verso il margine inferiore e posteriore, ove prevale una ornamentazione a sottilissime strie. Gli stessi cercini, mas- sime sul mezzo del dorso, sembrano risolversi in fasci di pieghettine concentriche. Dimensioni: L’esemplare meglio conservato misura mm. 12 in lunghezza e mm. 9 di massima altezza; ma alcuni esemplari meno completi accennano a dimensioni un po’ maggiori. i) BrrTNER A. Die Lamellibranchiaten der alpinen Trias, pag. 98, tav. VI, fig. 10, 11. [79] ‘A. TOMMASI 73 N. 8 esemplari, di cui 4 di valva sinistra ed altrettanti di valva destra, che somigliano più alla fig. 9 di HavER che alle figure di PaitIpp. E specie trovata già nel M. S. Salvatore, nel Latemar ed a Teltschen pr. Aussee. 134. Pecten (Hinnites?) flagellum Sropp.? — Tav. IV [V], fig. 32. 1858-60. Pecten flagellum Storrani. Les Pétrific. d’ Esino, pag. 100, tav. 21, fig. 15. Assegno con dubbio a questa specie una valva incompleta, nel suo contorno, la cui forma resta quindi indecisa. La valva è sentitamente convessa e provvista d’un guscio molto sottile. La superficie di questo è ornata da coste irradianti dall’apice, irregolari, flessuose, di cui alcune principali più grosse e salienti alternano con una, due o tre coste più sottili. L’apice è acuto: la regione apicale scende con lento declivio a sfumarsi nella espansione protratta a foggia di orecchietta. Su di questa non si scorgono che costelle grossolane, pure ondulate, pressochè egualmente sviluppate. Lo SwoppPAnI nella diagnosi di questa specie, raccolta al P. di Cainallo, ne disse la superficie “un peu raboteuse ,,: l'esemplare di Ghegna conserva una distinta ornamentazione trasversale consistente in esili strie concentriche e molto fitte, che ornano tutta la superficie del guscio compresa l’espansione auricolare. (£ 135. Pecten Salomoni Tomi. — Tav. IV [V], fig. 31. 1911. Pecten Salomoni Tommasi. I Possili della Lumachella triasica di Ghegna, parte I, pag. 19, tav. II, fig. 6-8. Nel materiale ultimamente speditomi figurano due altre valve di questa specie, una delle quali conserva complete le due orecchiette. L’orecchietta posteriore ha il margine libero un po’ obliquo e ret- tilineo: l’orecchietta anteriore è più lunga della posteriore, presenta il margine libero superiormente ar- cuato ed incavato al di sotto in corrispondenza dell’insenatura per l’uscita del bisso, inoltre una leggera doccia che.dal margine fin presso all’apice la separa dalla regione apicale. 136. Pecten Roncobelloi nov. sp. — Tav. IV [V , fig. 33, 34. Un’ unica valva, ovale-orbicolare, sentitamente convessa, inequilaterale. Il guscio è piuttosto spesso ed ornato da strie concentriche visibili soltanto colla lente. Esse sono finissime, subgranulose, fitte e di un po’ diversa grossezza, poichè tra ogni 3-5 strie sottilissime se ne intercala una un po’ più larga e rilevata, così che la superficie del guscio appare alla lente come fasciata o divisa in zone irregolari. Manca ogni traccia d’ornamentazione radiale. L’angolo apicale è di 97°. Il margine cardinale è rettilineo e lungo ?/, della lunghezza della valva. Le orecchiette hanno mediocre sviluppo e presentano il margine esterno un po’ incurvato ad S. Sul loro piano sporge nettamente distinta la rigonfia regione apicale della valva, che ne è separata dall’uno e dall’altro lato mercè una brusca depressione a gradino. L’orecchietta anteriore è leggermente convessa, la posteriore invece assai debolmente concava. Su entrambe si continuano le fini strie concentriche, di cui va adorno il dorso e vi assumono un andamento leggermente sigmoidale, e quindi parallelo al margine esterno delle orecchiette. DIMENSIONI Altezza 5 3 5 ì È 5 mm. 13,5 Larghezza . 5 . . . DIE Palaentographia italica, vol. XIX, 1913. 10 TER ia 74 A. TOMMASI [80] Questa specie presenta qualche somiglianza col: P. concentrice-striatus HòRNES !; ma se ne distingue per la molto maggiore convessità della valva, per la ornamentazione estremamente fine, distinguibile solo alla lente, e per l’assenza di veri cingoli con- . centrici. P. undiferus BrrtNER ? ; ma se ne differenzia per gli stessi caratteri per cui diversifica dal 2. concen- trice-striatus HORN. e per il contorno che tende assai più all’orbicolare. P. discites ScaLtH. sp. 3 dal quale si scosta, oltre che pel maggiore rigonfiamento della. valva, per la regolare e fitta striatura concentrica, per l’assoluta mancanza d’ogni traccia di strie radiali e per la diversa forma delle orecchiette. i Forse presenta la maggiore somiglianza col P. magneauritus KirtL #, di Haliluci, e per le dimensioni e per la fine scultura; ma ne differisce perchè nessuna delle sue orecchiette mostra, come la specie bo- sniaca, una insenatura per l’uscita del bisso e perchè, almeno a giudicarne dalla figura, la forma di Hali- luci è molto meno rigonfia. Gen. Prospondylus ZimmERMANN 137. Prospondylus Taramellii Mar. — Tav. IV |V], fig. 39. 1908. Prospondylus Taramellii MarianI. Contrib. allo studio delle bivalvi del « Calcare d’ Esino », pag. 19, tav. X, fig. 6, 6a. n Un esemplare, incompleto nella porzione marginale posteriore e provvisto di guscio solo nella regione apicale e nella regione laterale anteriore, presenta tra i caratteri citati da MARIANI i seguenti: “ Conchiglia (se fosse stata completa) di forma ovoidale, più larga che alta, col lato conservato molto espanso obliquamente. Superficie ondulata, convessa per circa |; dell’altezza a partire dall’apice e presso- chè gibbosa nella parte mediana: il tratto marginale è appiattito. L’ornamentazione è fatta da coste si- nuose, robuste, quasi tutte irradianti dall’apice. Apice adunco, fortemente incurvato verso il lato espanso del guscio ,. Nell’esemplare da me esaminato, ridotto per due terzi al semplice nucleo, è visibile buona parte della impressione muscolare situata presso la regione dell’apice e verso il lato non espanso della valva. Gli esemplari incompleti studiati da MARIANI provenivano dal calcare d’ Esino sopra Lierna. Confron- tato con essi quello di Ghegna, mi persuasi trattarsi della medesima specie. 138. Mysidioptera ornata San. var. laevigata Brren.? — Tav. IV [V], fig. 40. 1895. Mysidioptera ornata Sar. var. laevigata BrrrneR. Lamellibr. d. Alp. Trias, pag. 185-86, tav. XXI, fig. 12. Non senza qualche esitazione assegno a questa varietà della specie di SALomon un esemplare di valva destra, che ancora mantiene, bene conservata, una metà del guscio. Esso corrisponde benissimo nella forma i) H6rnEs. Ueber die Gastrop. und Acephalen d. Hallstétter-Schichten, pag. 54, tav. II, fig. 22. 2) BirTNER À. Lamellibranchiaten d. alpinen Trias, pag. 164, tav. XIX, fig. 20. 3 SaLomon W. Geolog. und palaeontol. Studien veber die Marmolata, pag. 145, tav. IV, fig. 20-26. » 4 KirtL E. Geologie der Umgebung von Serajevo. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., Bd. LIII, pag. 711 (197), fig. 39 del testo. Wien, 1903. [SS ‘A. TOMMASI ; 75 del contorno e nelle dimensioni alla Mys. ornata var. lombardica Bimix. figurata da BrrrneR ”, ma, pur coll’aiuto della lente, non lascia scorgere alcuna traccia di costicine radiali, mentre mostra assai distinta la fine striatura concentrica. Perciò l’ho riferito alla var. laevigata di BrrrnER, dalla quale però differisce alquanto per le sue minori dimensioni e perchè è piuttosto sentitamente rigonfio, mentre l'esemplare di Val del Monte presso Esino, figurato da BrrrNER, è da questi dichiarato molto piatto. Non istituisco confronti della valva di Ghegna colla Mys. Wohkrmanni Sar. di Val Caravina presso Esino, figurata da BirtNneR a tav. XX, fig. 10 della citata sua opera, perchè, mancando a questa comple- tamente il guscio, nulla si può giudicare dell’ ornamentazione, ed inoltre perchè, se vi sarebbe corrispon- denza nel grado di rigonfiamento dei due esemplari, c'è discordanza nella forma del contorno, essendo nell’esemplare di Ghegna la lunghezza del margine cardinale eguale od un pochino maggiore della corda dell’insenatura lunulare, mentre nella Mys. Wohrmanni SAL. il margine cardinale è più corto della corda dell’ insenatura lunulare. Oltre a questa, altre Mysidioptera figurano nel materiale di recente speditomi dal Dott. RorA, le quali diversificano da quelle fin qui da me descritte; ma il loro stato di conservazione è così deplorevole da consentirmi tutt’al più un semplice accostamento a specie già note. Una valva che, se non fosse stroncata presso i due margini, l'anteriore ed il posteriore, avrebbe pre- «sentato un contorno orbicolare, s'avvicina per la forma del contorno, per le dimensioni {altezza mm. 33), per il considerevole rigonfiamento, per la tinta nerastra lucida del guscio alla Mys. (2) obscura Brrmn. 3), ma ne differisce per l’ornamentazione. Infatti nella Mys. obscura Birin. la superficie del guscio è ornata da coste numerose, piatte, piuttosto ineguali, irradianti dall’apice, e non è fatto alcun cenno di una striatura concentrica, mentre nella valva di Ghegna la superficie del guscio è ornata ovunque da fitte e piatte strie concentriche e le coste radiali, appena visibili colla lente presso il margine posteriore, mancano su tutto il resto della valva. Per tale modo di ornamentazione la valva di Ghegna si avvicinerebbe meglio alla Lima Victorie De Lorenzo 3), del calcare a scogliera della valle del Chiotto. Altri frammenti di .Jysidioptera, privi di guscio e quasi tutti troncati nella regione del cardine, pre- sentano in comune il carattere d’avere il nucleo ornato da coste radiali, che dall’apice decorrono fino al margine palleale. Sono in numero da 10 a 14, robuste, separate da spazii intercostali più stretti delle stesse coste; ma ciò che più le distingue è che nella metà o nel terzo inferiore della valva si presentano più o meno nettamente bi- o tripartite. Inoltre vengono incrociate da pieghette d’accrescimento, che meglio si ac- centuano nella regione palleale. Io n’ebbi l'impressione che possano formare un gruppo colla Mys. Emiliae Birmn.4, colla Mys. crassicostata Brotni ?) e colla 2Mys. acuta Brotti 5), che pure sono ornate da coste bifide. i) BITTNER A. Op. cit., tav. XXI, fig. 12. 2?) BrrTNER A. Op. cit., pag. 199, tav. XXII, fig. 13. 3) De Lorenzo G. Fossili del Trias medio di Lagonegro, pag. 142, tav. XVIII (IV), fig. 1-6. 4) Broni F. Die Fauna der Pachycardien-tuffe der Seiser-Alp, pag. 181, tav. XXI, fig. 4, 5. . 3) Ip. Ibid., pag. 182, tav. XXI, fig. 6-8. * 6 Ip. Ibid., pag. 184, tav. XXI, fig. 16, 16a, 17. 76 A. TOMMASI [82] Osservazioni sulla Mytiliconcha, orobica mihi. Nel materiale di quest’ultimo invio ho trovato un frammento di valva destra della forma da me de- nominata nella I.* Parte di questo lavoro “ Mytiliconcha nov. gen. (?) orobica nov. sp. ,, ed alcune valve in- complete, destra e sinistra, a quella nell’aspetto somiglianti ma di piccolissime dimensioni (circa mm. 10 d’altezza). Riuscii anche a procurarmi il lavoro del Dott. L. WaaGen “ Die Lamellibranchiaten der Pachy- cardientuffe der Seiser Alm , (Abhandl. d. k. k. geolog. Reichsanstalt, XVIII Bd, 2 Heft. Wien, 1907), che precedentemente non aveva potuto consultare, ove è descritta una forma somigliante alla Mytil. orobica, la Johannina Johannae WAAGEN. Credetti opportuno stabilire un confronto tra queste due forme per conoscere a qual grado giungesse la somiglianza, sulla quale il prof. F. Brorci della Università di Monaco con sua cortese comunicazione scritta dello scorso febbraio aveva richiamata la mia attenzione. Il risultato del confronto avrebbe potuto essere più fruttuoso, se gli esemplari di Ghegna fossero stati completi nel margine cardinale, che è invece in tutti rotto subito dinanzi all’apice. Mi fu dato tuttavia di constatare che tra quelle due forme esistono molti caratteri comuni, ma che ciò nonostante la bivalve di Ghegna differisce da quella della Seis-Alm principalmente per questi: a) pel guscio assai spesso anzichè sottilissimo (auffallend diinn): b) per la mancanza di quel cercine (Schalenzwulst), che nel più grande esemplare di Johannina biseca l’erta parte posteriore della valva in tutta la sua altezza a cominciare dall’apice e che va di mano in mano appiattendosi quanto più se ne allontana: c) per non essere il margine superiore della valva molto prolungato dinnanzi all’apice, ma, invece, stroncato. Però a questo carattere negativo non posso dare molto peso, anzitutto perchè nell’esemplare già da me figurato nella Parte I* a Tav. III fig. 215 quel margine appare protratto di circa mm. 6, poi perchè in questo come negli altri miei esemplari il margine superiore è rotto avanti all’apice. d) per la probabile presenza d’una lunula poco profonda al di sotto dell’apice. Sicchè, per concludere, sono d’avviso che prima d’accettare o respingere la fusione del genere My- tiliconcha, da me proposto, col genere Johannina WAAGEN, sia da attendere che si riesca a trovare, mas- sime della forma di Valsecca, grandi esemplari più completi, che possano permettere un confronto più sicuro e decisivo. Ma l’egregio prof. BrorLi mi faceva altresì notare in quel suo scritto che la Mytiliconcha orobica richiama anche la Sanguzmolites Shumardi Gemm.! del calcare a Fusulina della Pietra di Salomone vicino a Palazzo Adriano in provincia di Palermo. Ho voluto perciò confrontare la forma di Ghegna colla descrizione e la fisura della bivalve siciliana e rilevai che all’una ed all'altra sono comuni questi caratteri: — l’aspetto complessivo — la grandezza — la presenza di una piccola e profonda lunula — la carena pronunciata e continua dall’apice all'angolo postero-inferiore. Ma d’altronde fra quelle due forme esistono anche delle dif- ferenze, poichè, mentre la S. Shumardì è più lunga che alta, la M. orobica, sebbene incompleta nel suo con- torno, accenna ad essere stata più alta che lunga; mentre nella S. Shumardì il margine ventrale è concavo, i) GemMELLARO G. G. La Fauna dei calcari con Fusulina della Valle del fiume Sosio nella provincia di Palermo, fasc. III, tav. XXIII, fig. 26-28, pag. 186. Palermo, 1895. =I I [83] A. TOMMASI questo nei due esemplari di Ghegna che lo conservano è per contrario convesso. Inoltre delle due porzioni, in cui la conchiglia resta divisa dalla carena, nella S. Shumardì la porzione posteriore è un po’ più grande ed allargata dell’anteriore, che è depressa e sinuata, mentre nella M. orobica si osserva precisamente l’op- posto e la porzione anteriore non è sinuata e tanto meno depressa. Perciò ritengo che le due forme ora confrontate siano diverse e genericamente e specificamente. * À x* Vengo ora ai piccoli esemplari Tav. IV [V], fig. 41 @, 6, 42, 43 nei quali mi imbattei ultimamente e che credo di dover riferire pure alla M. orobica. Sono sette, 3 di valva destra e 4 di valva sinistra, nessuno completo nel suo contorno, tutti di minime dimensioni, misurando il più alto soltanto mm. 11 di altezza. L’unica differenza che potei notare tra questi individui nani e quelli relativamente giganteschi figurati nella mia pubblicazione del 1911, consiste nel diverso sviluppo della carena, che è in proporzione assai più rilevata e più acuta negli esemplari, per così dire, pigmei. Sarebbe anche da aggiungere che in questi è molto evidente davanti agli apici una lunula stretta e profonda e dietro ad essi un’area lanceolata, deli- mitata verso il dorso da uno spigolo acuto; ma di questa è pure traccia nell’ esemplare già da me figurato nella P.'° 1.° a Tav. III fig. 215. Anche nel margine cardinale, che sebbene incompleto, riuscii a mettere a nudo nella maggior parte degli esemplari, non notai differenze sensibili a petto del cardine degli esemplari maggiori. Solo in un frammento, ridotto alla metà superiore d’una valva sinistra (fig. 43), il margine cardinale apparve ingrossato e dilatato sotto l’ apice come in una sorta di piastra cardinale percorsa dall’alto al basso da 3-4 pieghettine oblique dall’avanti all'indietro. Data però la loro irregolarità, non posso escludere che tale parvenza non dipenda dal lavoro di preparazione compiuto in pezzi così minuti. | Percui, fino a prova contraria, io inclinerei a ritenere questi piccoli esemplari quali individui giova- nissimi della M. orobica. CONCLUSIONI Composizione della Fauna. — Suoi tratti caratteristici. — Sua comparazione. Sua posizione stratigrafica. Come appare dalle descrizioni che precedono, il numero delle specie tratte dalla lumachella di Ghegna, a studio finito, ha superato di quasi *; quello previsto nella “ prefazione , alla parte I del mio lavoro, poichè è salito da 80 a 133, più cinque varietà che non hanno numero nel Quadro comparativo a pag. 80-89. E nutro fiducia che, ove fossero trattati colla calcinazione quei pezzi di lumachella che ancora si possono trovare disseminati per la pineta, qualche altra specie ancora dovrebbe essere aggiunta alle già elencate. I blocchi, da cui fu estratta una così ricca fauna, erano di dimensioni molto varie, da quelle di una testa d'uomo a quelle di grossi massi. Alcuni di essi, e di regola i più piccoli, apparivano come veri nidi di Brachiopodi quasi esclusivamente terebratulidi, di tinta grigio-chiara contrastante col colore grigio- nerastro, talvolta assai scuro, degli altri blocchi molto più numerosi. Questi avevano l’aspetto di frammenti di una lumachella costituita dalle forme più svariate, con predominio dei lamellibranchi e dei gasteropodi, ma a cui sempre si associavano individui di Spirigera trisulcata, il fossile che nella fauna è rappresentato da oltre 300 esemplari. Dei varii fossili i brachiopodi erano senza dubbio i meglio conservati, completi, colle due valve riu- nite, facilmente isolabili dalla roccia madre. Per la loro buona conservazione seguivano poi subito i Ti SR rogaecS 78 A. TOMMASI [84] gastropodi; ma questi, massime gli esemplari di grosse e di medie dimensioni, difficilmente isolabili venivano fuori per lo più a pezzi con sacrificio costante dell’estremità boccale. I lamellibranchi, pure numerosi, erano, fra tutti, i peggio conservati, quasi tutti a valve disgiunte, spesso ridotti al solo nucleo, per lo più incompleti e tra loro e cogli individui delle altre classi così fortemente cementati da opporre grande resistenza all’isolamento, pel quale pativano nuovo danno. I cefalopodi, assai rari, non erano meglio conservati delle bivalvi, poichè le conchiglie ne erano sempre incomplete e prive sempre dei giri esterni. Particolarità pure degna di nota è che qualche conchiglia di lamellibranchi e parecchi nicchi di gastropodi conservavano ancora le tracce della primitiva ornamentazione riconoscibili in linee, punti e macchie brune o nere spiccanti sulla superficie esterna del guscio. Oltre ai molluschi ed ai brachiopodi, formanti il grosso della fauna illustrata, non figura che la classe degli antozoi, rappresentata da una sola specie con pochi esemplari. Soltanto due specie di Gyroporella stanno ad affermare la presenza del regno. vegetale. Ma, se prescindiamo dalle Gyroporella per occuparci più in dettaglio della composizione della fauna, questa ci risulta costituita da 131 specie, alle quali vanno aggiunte tre varietà, quindi da un complesso: di 134 forme. Vi figurano: gli Antozoî con una sola specie, la Montlivaultia radiciformis; i Brachiopodi con 3 famiglie ((Spiriferidae, Rhynchonellidae, Terebratulidae), 5 generi e 15 specie; i Lamellibranchi con 13 famiglie (Avicalidae, Pectinidae, Pernidae, Mytilidae (?), Pinnidae, Spondylidae, Ostreidae, Limidae, Mo- diolopsidae, Arcidae, Trigoniidae, Lucinidae, Panopaeidae), 20 generi e 45 specie; gli Scafopodì con un genere ed una specie: i Gastropodi con 13 famiglie (Patellidae, Pleurotomariidae, Trochidae, Euomphalidae,, Umboniidae, Neritopsidae, Hologyridae, Protoneritidae, Purpurinidae, Scalartidae, Capulidae, Pyramidellidae, Cerithiidae), 32 generi e 60 specie; i Cefalopodi con 9 generi ed altrettante specie da ripartire tra le 5 famiglie dei Ceratitidae, Tropitidae, Amaltheidae, Arcestidae e Oyclolobidae. Risulta da questo novero come per numero di famiglie, di generi e di specie predominino sugli altri gruppi i Glossofori, tengano il secondo posto i Lamellibranchi e seguano poi i Cefalopodi che contano un maggior numero di famiglie e di generi che non i Brachiopodi. Ma se si bada al numero degli indi- vidui, prevalgono di certo sui Cefalopodi i Brachiopodi, tra i quali la sola specie Spèrigera trisulcata è rappresentata, come già s’ è detto, da più che 300 esemplari, da una settantina la Waldheimia orobica, da 35 la Waldh. lenticularis, da più che 30 la Waldh. ladina e da una trentina la Waldh. prorima. Nè di ciò è da farsi meraviglia, trattandosi di animali che vivevano fissati pel loro peduncolo a costituire: vere nidiate ricche d’individui assai più che di specie. Tra i Lamellibranchi contano parecchie specie i generi Avicula, Pecten, Mysidioptera e tra i Gastro- podi i Pyramidellidi Trypanostylus ed Omphaloptycha. i Tra i Lamellibranchi le specie più ricche d’ individui risultarono: la Myophoria Wòhrmanni BIrtN sp. colla mia nuova varietà var. levicincta, rappresentata da una cinquantina d’esemplari; la Myoconcha Brin- neri con circa 20 individui; il Macrodus esinensis con 12; la Mysidioptera vix-costata con 9 esemplari. Le specie dei Gastropodi sono in generale rappresentate da uno o due individui; fanno eccezione : la Worthenia indifferens con 20; la Wortheniopsis Margarethae con 10; 1° Umbonium Vinassaì con 11; l Hologyra fastigiata con 15; la Cryptonerita elliptica con 15; la Scalaria triadica con 30; il Capulus (2): (rortanii con 16; il Trypanostylus geographicus con 16; l’Omphaloptycha princeps con 12; l’Omph. Aldro- vandi con 11; l’Omph. conica con otto esemplari. I Cefalopodi non contano più di uno o due individui per ogni specie. [85] x A° TOMMASI 79 I fatti più notevoli, che emergono da questa rapida rassegna e che danno alla fauna di Valsecca un'impronta sua speciale, senza perciò invalidare i caratteri che la collegano con altre faune, sono i seguenti: a) l'abbondanza, quanto al numero degli individui, dei Brachiopodi, che non è di molto inferiore a quella dei calcari della Marmolata di Val di Rosalia; mentre tale classe di esseri è assai scarsamente rappresentata nei calcari d’ Esino. 5) l’assoluta assenza d’ogni reliquia di Echinodermi. c) la ricchezza di grosse forme di Umphaloptycha quale si osserva nella formazione dei calcari d’ Esino, assai più che in quelli della Marmolata. d) La presenza del genere Umborium, che nel Trias alpino, pur apparendo già nel calcare della Cima Est del Latemar, tocca però il suo maggiore sviluppo nel S. Cassiano e nei tufi a Pachycardia della Seiser-Alp. e) la mancanza completa di Evinosponge, che, per converso, cotanto abbondano nei calcari d’ Esino. f) e da ultimo, per quanto si riferisce alla flora, la estrema scarsezza, per non dire rarità, delle Gyroporelle, che per numero d’individui sono invece straordinariamente abbondanti nel versante Nord della Marmolata, ove costituiscono alla lettera delle vere roccie. A chi esamini un po’ attentamente la fauna della lumachella di Ghegna non sfuggirà nemmeno un’altra nota, se non caratteristica, degna tuttavia di rilievo: voglio dire la presenza in essa, così tra i lamellibranchi come tra i gastropodi, di alcune forme, che hanno una spiccata impronta di antichità, destando in chi le osserva il ricordo di forme del paleozoico. Infatti, per trovare nelle faune alpine Pecten così minutamente ornati come questi di Ghegna, bisogna rifarsi ai Pecten del calcare a Bellerophon di Val ‘Gardena e della Carnia e più precisamente a quelli del giacimento di Dierico in Val del Chiarsò, quali il P. Pardulus Sv., il P. Trincheri Sv., il P. Bellerophontis Gort. È eziandio assai grande la somiglianza tra l’Himnites flagellum StopP. di Esino e di Ghegna e l’Hinn. crinifer St. del Bellerophonkalk di S.* Jacob in Val Gardena, somiglianza che è anzi a mio avviso molto maggiore di quella, che il prof. BrorLi ha rilevato tra la forma di S.* JacoB ed i Prospondilidi dei tufi a Pachycardia ”. E SaLomon e BIrtNER già richiamarono la nostra attenzione sulle relazioni intercedenti fra il genere Mysidioptera e certi generi paleozoici. Così pure quella nuova bivalve, ch'io battezzai per Mytiliconcha, sia essa più vicina alla Johannina Johannae Waasen od alla Sanguinolites Shumardi Gemm., o sia da ritenere una Mytiloidea, è innegabile che ha un abito spiccatamente paleozoico. Nè minori legami ci presentano con forme del paleozoico i Gastropodi, dei quali sono generi o già noti in quell’era, od in essa rappresentati da generi affini, che hanno avuto una parte importante nella costituzione delle faune di quel tempo, i generi Euomphalus, Capulus, Loxonema, Worthenia, il quale ultimo nel Trias rimpiazza il genere Pleurotomaria così ricco di specie nel Siluriano, Devoniano e Car- bonifero. E per ultimo anche dei Brachiopodi sopravvivono nella nostra fauna tra i generi paleozoici il genere Spiriferina, Cyrtina, Spirigera, Retzia. * i * Premesse queste notizie sui tratti caratteristici e sulla costituzione della fauna di Valsecca, è ora da vedere quale ne sia la posizione stratigrafica, che ci risulterà dai rapporti di affinità ch’essa presenta con altre faune già note. 4) BroILI F. Die Fauna d. Pachycardien-tuffe der Seiser-Alp. Scaphopoden und Gastropoden, pag. 136. —===_oonltn NO) A. TOMMASI [86] Prospetto comparativo delle specie trovate nella lumachella = 2 Sa Vi MRO CRE MT E È Rae .: ELENCO DELLE SPECIE BS eee e S 5 SSR (Zali fl Soa e e o, ae E E ò $ I È = = S TREN Gua î | Algae. | | | Gyroporella (Diplopora) porosa SCHAFH. : ò c ti 5) | Sai Sa 1 ble 1 » » herculea SroPP. Sp. È b a I + sia il I — 1 Anthozoa. | | | | 3 Montlivaultia radiciformis MNST. sp. . . o é na Fo Nate rr e 1 Brachiopoda. | | | r Spiriferidae. | 4 | Spiriferina fragilis ScaLTA. * È 3 3 ì ) Nba) 1 Ire 2. al 9 Cyrtina sp. ind. ex aff. 0. Pritschiù BrrtN. i : : 2 | — | | |a _ 6 | Spirigera trisulcata BITTN. . 0 ò 6 circa | 5300 er = = 0a e ca » aff. eurycolpos BITTN. S A î £ cl 2 I | | | a = lo) ORO trigonella ScHALTH. sp. ? È ; È 1004 CO LINTIVIINACA IBN 1 — — _ — | Rhynchonellidae. | i | | | 9 Rhynchonella sp. ex att. Ph. Blaasi BITTN. ; è LE nota Oa 20, RI = = Terebratulidae. | | | | 10 {| Waldheimia orobica nov. Sp. ò c ò 0 circa 10 | — | ge 4 _ = — 11 » Caffii nov. sp. . D c . c o c | 3 | - —_ | 1001} rat) Rage = 12 | » Gervasonii nov. sp. . - i È SR SR I NE —_ 13) | » platinota nov. sp. . . . 5 ; di 5 | _ | = = | = 53 = 14 » lenticularis nov. Sp. + . o o c 5 Lapsriip be | —_ | — —_ — 15 | » (Terebratula) ladina BirTN. 0 5 , i 32 | | | | = i 16 » nov. form. ex aff. W. Eudoxa BITTN. i 5 | | = | , eo = = strani » (Aulacothyris) angusta SCHLTH. sp. ? , : MO 46 6 (era —_ if 18 » proxima nov. sp. : $ Ì È î eni | | ZA = = Lamellibranchiata. | Aviculidae. | | 19 Avicula myftiliformis STOPP. 5 i s È s : lippi = | > glia at en 20 » caudata StoPP. 5 È È ; : : selon a re 1 | 1 | i 1 21 ea Hallensis WOHRM. . : s 3 . . ò | RE e rt | 2 = | —_ —_ 22 Bio ctr. Wohrmanni nov. nom. WILCK . o © c 2 | = | = | a | 23 Vallio obtusa BrrTN. Ì : ò 5 . : È | 1 = di | na — 24 » erilis STOPP. 5 à 6 ; , 0 È 10/58 ide AS | = | 1 — = 25 Cassianella planidorsata Myst. sp. var. tenuidorsata KLIPST, | 2 a, — | De | = | = SS 26 » Broiîli nov. sp. . | a = SA = 2a 2î0 Daonella sp. | 1 MISS 3 sa | al | = I 28 Posidonomya obliqua HAuER | 8 _ - | 1 | — | _ — [87] A. TOMMASI SI di Ghegna e della loro presenza in altre località ed orizzonti. nz —T1eemIemeII_GEESÉ(‘SÎÎLÎL(( ÎtHLZL L+ttétH1g=e....rrooÈttT. SS SI | | I | | E | | = | | A : s. Cassi: E a s | S | SI | ‘s 5 E S. Cassiano È [ARTE o | x ® | Fi E | > 3) z “e n a 2 39 a 5 N E SE SID ds SC = SUE 5 = " T00 ) CHIODI CIEPIES FAL s s = 8 BOS = Z s ‘5 2 ALTRE LOCALITA PERE D 5 iii o = = Pi = Dia & 5 = MS i | n] 3 SIE 3 A UA Salemi DES SU MESIA =) Di Di es = 53: © e 193 = QoE w ZO NOE A ss 5 È) 3 resag,on Si Se SERE E = = SCE £ 5 E ORIZZONTI sì | » = [i e Tsi Sai = | PP s = Si 271 | 9 © n Si 5 E n N 9 = (©) A = N Ì ie) = £ o G I Co | SA ] I a î 1; = = == luana "= =") 4 Tp a A FE T Pi là == = | È | e il 1 ei Poncione di Ganna. Mendola. — a — Il = — _ = = = = = = = Presolana. Hottmger Alp. | er — = E = da e — 8 = = - = = = Germignaga (Porto). Ì | Ì | | mi pes = SA e 2: Pe = Lai PS al i = = ces Ù = = = = = = LO, = ca le HU — _ _ = = | = = = 1 _ = a = i | | | | - 6SOSSRRI; | | | = 1 2 > "044 RISE DA ES dA | | I | | | | Me | | dle | | n sh e ei il = CRA = = 23 pe. > 2 Re ea i x: TT = 1 = Trai ta | i I 1 ES a = = 2 Ar Fri ca = | | = _ = —_ =_ _. — _ | ca: l | DS Ì TRA Pa a 1 = _ 1 1 — Poneione di Ganna. le > PS Ni = = SE 1 = | = | 2 12 | 4 = AM. a “Sei nag = | 56 nà lo i SD "Fi “al Ja Ì Il 1/ EA aa IS Sal 73 “Di aa a 2 = = te = L 1 _: ala 1 = ea se CS SA = = SS La, mule + NM pts Da | | | - SI e e ver == — = = ia, = Ju 1 |A ae (Ci LINES Ia E ta ea 2a 977, ong me, E Teltschen pr. Aussee Ì Ì Ù (età ladinica). . Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. ll 82 A. TOMMASI [88] = 3 Salala 23 Sellia | e e, CONE SE ELENCO DELLE SPECIE E È 5 E F | È S E ss de 3 | Pectinidae. | | 29 | Pecten subalternans D'ORE. 3 ; : " 5 oe | _ 1 gol! = = 30 | » Repossiî Mar. RR n 1 | I | | GI | » = anceps nov. Sp. 1 — — — —_ — —_ e] » Brugnatellii nov. sp. 5 ò 3 ; 2 A | 4 o ARIE = 1 > i 33 | » Salomoni nov. sp. 4 | = = = = = 34 | » Rotai nov. sp. ta de e —_ — _ —_ 35 | ” Caroli-Fabriciîù nov. sp.* . = 6 c È d | 2 I - —_ = 86/0» ep ME RR 37 | » Roncobelloi nov. sp. 4 È 5 6 B È 2 = la LS 5 - 38 | » (Hinnites) flagellum STorP. | 1 _ SER 1 —_ = 39 | Prospondylus Taramellii MAR. [SL A O —_ | —_ 1 _ = I Pernidae. | | | | | 40 | Gervilleia (Hòrnesia?) cfr. leptopleura San. 5 A . 2 = - _ — | — 1/9 | Pinnidae. | | 41 | Pinna (?) sp. È 5 : è : . s i È 1 _ = —_ —_ _ —_ | Spondylidae. | | 42 | Plicatula (2) sp. . È ; . È h 3 S ; 1 Ri _ — si ne Ostreidae. | | | 43 Ostrea sp. | CI SS | ae SA ss ES 44 | Terquemia Cassiana MnST. sp. Sa —_ _ = —_ —_ _ 45. | » (Placunopsis) denticostata LAUBE sp. 1 25 = DA = &: 2a 46 | » margine-lobata nov, sp. 2 _ _ — —_ _ —_ 41 | 5 sp. 1 Re Le: pe. 2 Bo. si | | Limidae. | | | 48 | Mysidioptera Cainalli StoPP. sp. 3 5 È 3 È | 3 = = = 1 | A 1 49 | » vix-costata STOPP. Sp. Oui e = Sai 1 1 (ea: 50 | » ornata SAL. var. elata nov. var. - . a | 1 = = = WE Be = — | ? > » var. laevigata BIrTN. Il _ — = 4/, =“ = Dl | » Sp. prop. Mys. Reyeriì BITTN. 1 = = = = = + 52 | 0 0. e_N 53 | Badiotella excellens H. Pun. ? : 4 i 6 £ Sn ONION — = — = = 54 | » (?) Zaramellii nov. sp. ; 3 ; ; È | 1 © = = = | = = Modiolopsidae. 55) Myoconcha Brinneri Hau. 6 7 ; È ; miO _ CI moi 1 — 1 * AVVERTENZA. — Essendo venuto a conoscenza dell'autore che già esisteva un Pecten Paronai, a tale designazione specifica usata nella prima parte TOMMASI A. 189] fs + É fd fed ® Ta pa) N Ì > È [e] E À Be 3 2d se 3 CE < * * ROIPIL OZUON RES RS Se e 05) | | | ESTERA] ES Rei cale es 0130u08er] p =; SE Pope pr Loos ? «a à A Sia 165 LAS] O i Ul: IT ; x Togo ice | cali pi Reti UtOISTOR(] IP O1B0T8A eee e | | aolelesesi la GERE siasi BITPIgd) V IQBIIS O Za io "RARE Ii i eg a6ESt ESE Fior Far" es 223 | | | Dod pae are vIpamoAToUg © MIT ee aloe i. 251] | | Aerea ol leges] 3 | nontodns ymIS [ata ela | | ere i Dl TGS] ‘A e Sie MEO AAT se TATO DL: es = SR OI 2. È 5 | Wonogu: MRS Re AA | | | SE 5] Raso (o10u05 u1) SS Ho n oumisst) IS Rie ee | Il lella SUB]OYOITY I TSRIA il Rene ]i icatald4i4 sleale moAUsdUT) SJUON Legea Sn a | Is l'aa ar] [Eco UPia1os, VA liceale ie | | | [RSS Eclealeale IRWOYRT [OP IST RAI ll ealesgsicete Ceca | | VASCA atea @uozzerA Ip euno Filiale | | | fees ca ele] di questo lavoro, viene sostituita l’altra di Pecten Caroli-Fabricii nella lusinga che non esista altro Peeten così denominato nella specie. | ELENCO DELLE SPECIE progressivo degli esemplari Piano anisico Muschelkalk tedesco Monte San Salvatore Caleari di Esino della Marmolata Muschelkall alpino Arcidae. 56 Macrodus esinensis STOPP. Sp. | d2 _ _ = n > 1 57 ? Arca (Macrodus?) cfr. nuda Must. 2) —_ — — — — Trigoniidae. 58 | Myophoria Wohrmanni BrrTx. sp. var. levicincta nov. var. 50 = | = — ZIA = Lucinidae. | | | | | | 59 | Gonodus cingulatus SToPP. sp. . è ; i; é x 4; RI OSSIE ES — RA a INIST i | | | | 60 » cfr. lamellosus BIrTN. S " . ò Si e e Ren = ME = | | | 61 | » Mariani nov. sp. 7 ; ; È ; Mio e e — | — = = Panopaeidae. | | | | 62 Arcomya Sansonii SAL. : ? È È ; . opta C- Lia | d'ira 1 | | | | | | i | 63 | Mytiliconcha orobica nov. gen. et sp. ? . . 5 . | 12 _ _ — | — — = | | | { | | Glossophora. | | | | | | | | | Solenoconchae. | | | Î | Î 64 Entalis (?) sp. nov. ; 1 “i |\\= = | —_ — | | | | Patellidae. | | | | | | Ì 65 | Patella crateriformis KirtL. IAS = | #6 E I 1 1 | | | | | { Pleurotomariidae. | | | | | | È | | | P 66 | Trachybembix Junonis KiTtTL . : i i ; x 1 - — | — 1 mag 67 | Worthenia indifferens KirTL 5 o ò } 3 1 20 ee _ EI | | | 68 » Cyrenes nov. sp. ; ; P ; ; Gua ae — - 69 | » nov. Sp. . ; ; 6 . . ; a | — | —- — Î | | 70 | Wortheniopsis Margarethae KirtL sp. o 5 : SON i —_ —_ —_ AR | | | i 1 Stuorella infundibulum KirTL . 5 sl Ò A Da. 3 = _ — Mi Et c r | Î î I | Trochidae. | | 72 Turbo (?) vix-carinatus MUNST. ? È 5 o È : I —_ = | = — | - | 13 | Paratrochus sp. ex aff. P. margine-nodosus J. BòHM sp. ; 1 = | = —_ — | — + | Euomphalidae. | | 74 | Euomphalus Canavarii nov. sp. È : . È Ai #3 a AE _ —_ Ses fata | = | Umboniidae. | | | | 75 Umbonium Vinassai nov. sp. È ; 3 ; 3 È CI Mn = ESS 23 Lab as Neritopsidae. | | 76 | Delphinulopsis Laubei KirTL lie: = = Sg (ER = TOMMASI A. [91] ALTRE LOCALITA E ORIZZONTI ROIpng OJUON oldOuUOdU] 1] ILIOZUL(] LOTITO) UIQJSTOV(] IP AIB018) UIPIBO B MBIIR O TIM IP _HUIIS BIPIBoL]oVgT è Yu], LO TTOdMS IpRIIS Montenegro alpe pr. Sehluder- d nel Muschelk. super. bach. Seeland (S. Cassiano). Nelle marne di Veszprém S. Cassiano LIOLOJUE UIIS (ot0u08 ut) OURISSBA) Ugg SOV[OQOTY ‘ofqoeI] e 8uo7 uoABSdR]) 0JuUON MPIOS TRA IBUIOYRT [OP ISH BUIO BUOZZOIA IP BuIN) 86 A. TOMMASI [92] | = A | 3 3 ° È a e) I 5 È ELENCO DELLE SPECIE | E n sd E | s È E di ——_—a | Hologyridae. Fari Dicosmos declivis KITTL sp. è . 5 . : È io — —_ — _ 1 T3 | » conoideus KITTL sp. . 3 È 7 ; ; Diam - _ — _ 1 19 Fedajella sp. ctr. lemniscata HORN. 1 — = — 5 — Y 80 » » Meriani HORN. sp. . : : 5 c 2 = = 3 ila sa < 81 Hologyra fastigiata SToPP. sp. . ; £ ì i , 15 —_ - — 1 ec 1 Protoneritidae. 82 | Neritaria neritina MUNST. sp. . È è o ; : il _ = — 1 —_ 1 Sh} Cryptonerita elliptica KiTTL ; a . È a 15 (ife 1 —_ 1 — 1 84 Trachynerita nodifera KimrL 1 _ = 1 = _ 1 85 | » depressa H6RN. sp. , ; 3 ; 4 3 = | BAI (NE Lo 1 1 86 | Platychilina Cainalloi SrorP. sp. 4 —- —_ — 1 - 1 Purpurinidae. 87 | Moerckeia praefecta KirTL Sp. . ; ° 7 7 ; — | = — _ _ —_ 1 88 | » Pasinii STOPP. Sp. : à o c 0 . —_ — _ sn 1 —_ — 59 | Purpuroidea subcerithiformis KiTTL sp. 6 i ; ; 1 = - —_ — — 1 | Scalariidae. 90 | Scalaria triadica KITTL , È é é c o . 30 — —_ = = — 1 | Capulidae. 91 Capulus (?) Gortanii nov. sp. B È 5 5 5 i 16 = | = | = 23 a, | Pyramidellidae. | | I 92 | Loronema tenue Mnsw. Sp. 3 è 5 ì 5 ò USI Il | — | 1 1a = 1 5) | » hybridum Mxst. sp. 92 è se 23 = Ea 1 94. » arctecostatum MNST. sp. x: I a | | —_ 1 95 | Trypanostylus triadicus KITTL . 5 o o Ò 6 1 = | = | = 1 — 1 96.1 » obliquus STOPP. Sp. . c 0 6 5 0 | 1 — _ Orani » geographicus (StopP.) KITTL 16 eo | SS ME 1 - 1 98 | » ? Konincki MNsT. sp. 1 1, tl, = 45 = 45 99 | » Preveri nov. Sp. 1 = ze I — = = 100 | » Airaghii nov. sp. c . 1 = = TE | n “a = 101 | » sp. 1 2 Ma dh | Si 3 ma 102 | Spirostylus longobardicus KirtL 1 — — — | 1 _ 1 n | 2 D var. valseccensis nov. var. 4 sen = La | pa fa. LA 103 | » subcolummnaris MNST. sp. 3 “i | 1 = il 104 | Omphaloptycha princeps SroPP. Sp.» 12 OSIO pen LI dl 1 e: 105 | » Aldrovandii SToPP. sp. 11 a si CISTI il 1 o, 106 | » cfr. Alsatiorum KITTL 1 | = i pe | il AE Lon TOMMASI A. [93] x ALTRE LOCALITA E ORIZZONTI Calcare delle Pietre nere Marne di (Foggia). Seeland-Alp.; Veszprém. Marne di Veszprém. Marne di Veszprém. * Schlern. Monte Cislon. Marne di Veszprém. VITPNL QUO 013008] Ip TuLOLutT Wog1) uaIs or Ip eLtouo UUPIVO è UIIS © TOM ID QUIS BIPIBOATOVI © yu], Tonrodns 19813g Cassiano IONTOFUL 19U1IS S. | (c10u0S ut) OURISSB) UBS SOU[QYOLY ‘OftoeI], è euog uoAUsdR]) QUO Sei ca: 5 È N o S < Z Re SES DEI E D lele liga agi SI ese ale glii RSS [tuali ie] oz lets Et UPIOS IVA IVUOJET [OP ISH 801) BUOZZerA Ip eu) 88 A. TOMMASI [94] | iz | Î E È | 5 ° e | DE | E È | è a È | E £ s 9 5 88 | ELENCO DELLE SPECIE S3| REI È E a | SG 22 | VEegeset Sa “3 (A A) ae È E E E | (CA Si s s . | F SCR i LAS | T BE a 9 107 Omphaloptycha irritata KirtL 2; _ 1 — 1 108 » aequalis STOPP. Sp. E È è 6 AI] er ST MAT | —_ —_ _ var. forquata nov. var. 5 - | De cn = —_ I + So + 109 » Scaliai nov. Sp. . : 5 i . 0] L |Ue= _ CC bo E - _ nOn » (Coelostylina) conica MNST. sp. . 5 0 SH et 1 = | 1 — il 111 » » fedajana KirTL sp. | LR] IL | | | 112. Undularia (Toroconcha) transitoria KITTL . A È So =. | 1 == (2417020000) 1 113 » » Brocchii STOPP. sp. form. tip. | 2 2} — | + | 1 _ SS] — » » » var. brevis KITTL . 0] NERZIONIO —_ _ 1 — 1 —_ » » » var. pupoidea KiTTL 5 | 5) —_ _ i de | = ! 114 » » uniformis STOPP. Sp. . ; SE da = SA a — | 115 » » ontragnana KiTTL ? Te — = eli A —_ | 116 | Loxotomella (?) Hornesi STOPP. Sp. È 5 È 3 | AG i IAN | 1 = — o 117 Coelochrysalis tenvicarinata KiTTtL | Oa e a e = | di i 118 » Ammoni J. B6HM | Lul tes — Es] il (PS 1 | 119 » Lepsii J. BòOnM . 5 3 i ò a |ORO 23 A 1 o 120 Spirochrysalis nympha Mnsr. sp. | Il -- — _ — | Mi 121 | Euchrysalis ctr. sphine STOPP. Sp. PE — = —_ 4/, [cr HIS 122 | Macrochilina (?) turrita KirTtL. ; ; k 3 ; | ni | Se, e: | AA I = 1 Cerithiidae. | | | | i 123 Promathildia Antoni KirTL | | | 124 | » Arthaberi nov. sp. | Cephalopoda. 125 Hungarites (?) sp. | 126 .Celtites nov. sp. ind. (B) SaLom. | 127 Dinarites Misanii Moys. | 128 Balatonites Waageni MoJs. 129 Trachyceras (Amolcites) doleriticum Moys. 150 Ptychites sp. 151 Proarcestes sp. 132 Megaphyllites obolus Moys. ? 5 . 6 È i; se 15° Monophyllites ctr. wengensis KLIPSI. sp. : 6 5 sul Specie identiche (comprese 2 varietà)= (1) : c 99 il Specie non sicuramente identiche (compresa una varietà)= (4/5) | ) /2) | Forme confrontabili n. 89 | [95] ». TOMMASI 89 IA = E E £ & E 5 | S. Cassiano | Sal agi | 8 | ki © 35 > ° === | [n] [23 2) ° | i S E & (2) ds doi a | E | E | Rael As MI 2 x 2 s$8| È BRIN USIRRE ES Ss USI ei È CRAIG ALTRE LOCALITÀ Rada Si SA E ea i PENSILI fe Sr 3 5; Cv ee TL EMA age zeE| 5 s È PES a Sie È Ri A I | EL E lle 5 E ORIZZONTI ©) © n Si S “ nu 5 = = 5 È SS MT AZ NES NES Pale - | LI. È | Ri | 2 | = 5) | me ii == ———_+————__—_ i oo = — = I = = || = = = = = = =_= | — Forno in Val di Fassa. È, Ì | | Marne di Veszprém. a aa Rai ari | Tadi ta <> sa AI a | Î Î — — —_ | _ — | _ —— — == Il =: _ ——_ Î _ _— Ì | | A rail a SS 1 = = — 1 _ Il Il 1 == —_ i 1 Mezzovalle. Seelandalpe. 1 | | n Marne di Veszprém. 1 = | = = = = => = = = = - Î | | ai sè; Fai su ras | | 22 e n outlet = = = = = Pe e su | ! | _ —_ — | _ — — —_ —_ => — = —_ — Î i | | a 2° iS ANAS & e = = = PS È TR | | | | | pa ==> 0: n CELA pa Fini e. 2: DE ren > Lo || PRES «è | | | | = = | = | = - _ — _ _ = = ia E I Mn > SS > Sd DA SS La A = = 2 I = = = =) = n a = cai = Ca = = = Forno e Mezzovalle. 1 a = =" = e) = = an = => dr a Forno. i | ae RUSSI SEGA RIA A Ds ea = rv = Il = = = = = = = = (= > | = = peu ? = È, Ho ? = ped o, | on | | | SE PS = = 2 = de e i — | — e Mr La pr: ZA 2 dia = ala de = 2A Le di, Pu | | | n A | 1 —_ — 1 Il = _ = — = = = Lu = Prags. PETE orràs Hegi. — — | - | 1 Ilsa 1 —_ _ —_ — = DI = Agordino, Prezzo nelle | ì Giudicarie, Val Palu- Re LET NI ni — = = a es SI SO = — dina pr. Schilpario, | | | Forràs Hegi. — = — 16 — — — — — = | = == a = Presso Forno. =: — i/, t/a {lo di a pos Ri RUE. nad == = | | i SESSO. 10 10 | 3 3 b) 18 3 3 Ia) [ — Bb) 5) 3 | 2 2 3 2 1 6 3 2 3 2 | = —_ —_ 1 { | ibi n |a 4 4 21 5 4 5 | *8| — 3 5 4 | | | < | | | | | | ROS ao] 6% E 1% 24%] 6%] 46%] 9%) — | $%| 6% 4%] } Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. | | 12 90 A. TOMMASI [96], Ho detto che le forme venute a giorno dalla lumachella di Ghegna sommano a 133 specie, oltre a tre varietà di due specie rappresentate anche dalla loro forma tipica. Di esse sono nuove 27: le forme ‘ (specie e varietà) note e di sicura identità sommano a 70, quelle non con tutta certezza identiche a 19, ‘ percui le forme comparabili di questa fauna sono in totale 89; ne rimasero 11 determinate nel genere ‘ ma non nella specie: le poche restanti sono o dubbie o solo affini. Se quindi confrontiamo la fauna di Ghegna, cui si aggiungono le due alghe, con quelle di altre ‘località delle Alpi meridionali, vediamo che il maggior numero di forme comuni ci risulta dalla compa- ‘razione colla fauna della Marmolata. Esse giungono a 53, come dalla seguente lista: Î | Gyroporella porosa ScHAFH. Scalaria triadica Kirrn. » herculea Stop. sp. Loronema tenue Mnsr. sp. Montlivaultia radiciformis Mnsn. sp. » hybridum Mwsr. sp. Spiriferina fragilis Scaura. » arciecostutum Must. sp. Waldheimia angusta ScuLta sp.? Trypanostylus triadicus Krrrn. Avicula caudata StopP. » geographicus (Storp.) Kimru. Gervilleia cfr. leptopleura SAL. » Konincki Mnsr. sp. ? Mysidioptera Cainallor Sropp. sp. Spirostylus longobardicus KimrL. Myoconcha Brunneri Hau. » subcolumnaris Mnsr. sp. Macrodus esinensis StopP. sp. Omphaloptycha erritata Kirrn. Arcomya Sansoni SAL. È » (Coelostylina) conica Mnst. sp. Patella crateriformis Kit. » » fedajana KirtL sp. Trachybembix Junonis KinrL sp. Undularia (Toroconcha) transitoria Kiri. Worthenia indifferens Kirrr. » » Brocchii StoPP. Sp. Wortheniopsis Margarethae Kinrt sp. » » >» var. brevis Kim. Stuorella infundibulum KirtL. Coelochrysalis tenuicarinata Kimri. Dicosmos declivis KirtL sp. » Ammoni J. Bònm. » conoideus Kiri sp. » Lepsi J. Bòmm. Fedajella sp. cfr. lemniscata Horn. Hologyra fastigiata StopP. Sp. Neritaria neritina Msn. sp. Cryptonerita elliptica KirtL. Trachynerita nodifera Kirtr. “to depressa HORN. sp. Platychilina Cainalloi Stop. sp. Moerkeia praefecta Kimrl sp. Purpuroidea subcerithiformis Kit sp. Euchrysalis ctr. sphina. StoPP. Sp. Macrochilina (?) turrita Kt. Promathildia Antoni Kirnr. Celtites n. sp. ind. (B) San. Dinarites Misanii Moss. Balatonites Waageni Moss. Megaphyllites obolus Moys.? Monophyllites cfr. wengensis Kumst. sp. Se ora vogliamo determinare la percentuale delle forme comuni alle faune delle due località, non ci resta che vedere quante tra le forme, che figurano anche nella fauna della Marmolata, siano compa- rabili, ed in qual grado *, con le 89 di Ghegna. Siccome delle 53 forme comuni anche alla Marmolata 46 i) Per la comparazione di questa fauna con quelle di altre località m’attenni io pure al metodo seguito da SALOMON, HiBeRLE e WILCKENS, basandomi per la bisogna soltanto sulle forme o sicuramente identiche (che anch'io indicai nel prospetto colla cifra 1) o non del tutto sicuramente identiche (che distinsi con la frazione ‘/,) e non tenendo conto nè di quelle notate col segno (-|), che sta ad esprimere solo una tal quale affinità, nè delle forme non deter- minate specificamente, nè, ben s'intende, di quelle nuove. . [97] A. TOMMASI 91 sono sicuramente identiche e 7 non con piena certezza identiche e debbono quindi essere valutate cia- scuna= */, la somma di queste 7 sarà= 3 !/:, ed, in cifra tonda, a 4, che aggiunte alle 46 identiche danno un totale di 50. Per conseguenza, dalla proporzione: 50:89=:100 si ricava il valore della percentuale di forme comuni = 56 9/,. Sono pure molto strette le relazioni della nostra fauna con quella d’ Esino, poichè le specie comuni ad entrambe salgono a 49, delle quali 39 di certa identità e 10 che, per non essere con tutta sicurezza identiche, contano per ciascuna soltanto !/,. Perciò si riduce a 44 il numero esprimente le forme com- parabili, che qui vengono elencate: Gyroporella porosa SCHALH. Cryptonerita elliptica Kurrn. » herculea Sropr. sp. Trachynerita depressa HORN. sp. Montlivaultia radiciformis Mnsr. sp. Platychilina Cuinalloi Stopr. sp. Avicula mytiliformis Stopp. Moerkeia Pasinii Svorr. sp. » caudata Stop. Trypanostylus triadicus Kim. >». exilis Stop, » obliquus StoPP. Sp. Pecten subalternans D'ORE, D) geographlicus (Storp.) KirmL. >» Repossii Mar. > Konincki Mast. sp. >» flagellum Sropp. Spirostylus longobardieus Kim. » Brugnatellii nov. Sp. » subcolummaris Mnsr. sp. Prospondylus Taramellui MAR. Omphaloptycha Aldrovandi Sropp. sp. Mysidioptera Owinalli Storr. sp. » ctr. Alsatiorum Kirtr. » vir-costata StoPP. Sp. » irritata Kivnn. » ornati San. var. laevigata Binrn. ? » (Coelostylina) conica Mnsr. sp. Myoconcha Briinneri Hav. Undularia (Toroconcha) Brocchii StorP. sp. Macrodus esinensis StoPr. Sp. » » > var. brevis Kirnn. Gonodus cingulatus Srorr. sp. » > » var. pupoîdea Kinrr. » cfr. lamellosus Birrmx. » > ontragnana KirtL? Arcomya Sansonti SAL. » » uniformis STOPP. Sp. Patella crateriformis Kim. Lorotomella Hornesi Stopp. sp. Trachybembix Junonis Kim sp. Coelochrysalis Ammoni J. Bon. Fedajella sp. cfr. lemmiscata HORN. Buchrysalis cfr. sphinr Stopp. sp. » > Meriani HORN. Sp. Megaphyllites obolus Moss. ? Hologyra fastigiata Stop. sp. Monophyllites cir. wengensis KLIPST. Sp. Neritaria neritina Myst. sp. La percentuale delle forme comuni alle due località sarebbe=49 0. Per conseguenza nella fauna di Ghegna le forme comparabili sono 89, di cui 70, determinate come di sicura identità, e 19 come non del tutto sicuramente identiche. Ciò premesso, se chiamo y il numero delle forme comparabili di una fauna che non sia quella di Ghegna, ottengo la percentuale x dalla proporzione: RASIRIER00 percentuale che, meglio che coi metodi innanzi seguiti, rivela il grado di parentela maggiore o minore, che corre tra le varie faune confrontate. o) DO A. TOMMASI [98] * * * Rapporti assai meno stretti corrono tra la fauna di Ghegna e le faune della Cima di Viezzena e della Cima Est del Latemar. Coll’ una e coll’altra è in comune lo stesso numero di forme, come appare dal seguente elenco: Con la Cima di Viezzena: Con la Cima Est del Latemar: Mysidioptera Cwinalli Stopr. sp. Gyroporella porosa ScHAFH. Sp. » vix-costata StopP. Sp. Spirigera trigonella ScALTE. Sp. Macrodus esinensis StopP. Sp. Posidonomya obliqua Hav. Trachybembix Junonis KirtL sp. Dicosmos declivis KrmL sp. Fedajella sp. cfr. lemniscata HORN. Fedajella sp. ctr. lemniscata HORN. Cryptonerita elliptica Krrri. Hologyra fastigiata Stop. sp. Trypanostylus Komincki Mnsr. sp.? Cryptonerita elliptica KirtL. Spirostylus subcolumnaris MNst. sp. Loxonema arctecostatum Mrs. sp. Omphaloptycha (Coelost.) fedajana Kiri sp. Trypanostylus triadicus KirtL. Coelochrysalis Ammoni J. Bònm. » Konincki Mnsr. sp. » Lepsùi J. Bònm. Omphalopiycha (Coelost.) conica Mnsr. sp. Dinarites Misanii Moss. » » fedajana KirtL. Sp. Siccome in ciascuno di questi due elenchi delle 12 forme notate 10 sono con piena certezza identiche e 2 non certamente identiche, la percentuale di forme, che ognuna di quelle località ha in comune colla fauna di Ghegna, calcolata nel modo già dichiarato, raggiunge appena il 12 oo. x ACHE Da vincoli maggiori è legata la nostra fauna con quella di San Cassiano, colla quale ha in comune le forme seguenti: Terebratula ladina Brun. Loxronema tenue Mnsr. sp. Avicula Hallensis WònRM.? » hybribum Must. sp. » obtusa Birtx.? > arctecostatum Must. sp. Cassianella planidorsata Mnst. sp. var. tenwidor- Trypanostylus triadicus KirtL. sata Kurpsr. 5 Ionincki Mnsr. sp. Pecten subalternans D’ORB. Spirostylus longobardicus KirtL. Terquemia (assiana Mnsr. sp. » subeolumnaris Myst. sp. » (Placunopsis) denticostata LauB. sp. Omphaloptycha (Coelost.) conica Mnst. sp. Turbo (?) vix-carinatus Mnst.? » » fedajana Kirtn. Delphinulopsis Laubei Kirru? Spirochrysalis nympha Must. sp. Neritaria neritina Mnsr. sp. Trachyceras doleriticum Moss. Platychilina Cainalloi StopP. sp. Monophyllites cfr. wengensis Kurest. sp. Scalaria triadica Kirrn. Di queste 24 forme comuni 18 specie sono esattamente identiche e 6 non con piena certezza iden- tiche. Le forme confrontabili colle 89 di Ghegna sono quindi in complesso 21 e la percentuale, che ne risulta, è = 24 0o. [99] A. TOMMASI 93 * * * Un grado di affinità non trascurabile corre anche tra la fauna di Valsecca e quella dei tufi a Pa- chycardia della Seiser-Alp e Seiser-Alm. Ad entrambe appartengono, in comune colla fauna di Ghegna, le forme qui notate: Avicula caudata StopP. Loronema tenue Must. sp. » cfr. Wohrmanni nov. nom. Wixc€gens. » arctecostatum Must. sp. Cassianella planidorsata Mnst. sp. var. fenwidor- Trypanostylus Konincki Mnsr. sp. sata Kripsr. > triadicus KintL. Patella crateriformis Kimmi, Sprwrostylus longobardicus Kiron. Hologyra fastigiata StoPP. Sp. » subcolumnaris Myst. sp. Cryptonerita elliptica Kirn. Omphalopiycha (Coelost.) conica Myst. sp. Platychilina Cainalloi SrorP. sp. Euchrysalis cfr. sphinx Store. sp. Scalaria triadica Kirtr. Sono cioè 13 specie sicuramente identiche e 3, la cui identità non è al tutto sicura; possiamo quindi ritenere 15, in cifra tonda, le forme comparabili, e ne risulterebbe una percentuale= 17 0/0. * s * Legami di parentela molto più deboli stringono la fauna di Valsecca con quelle del Monte San Salvatore, degli strati di Raibl, del Muschelkalk tedesco, di Lenna, della Val Sorda, dei dintorni di Lagonegro, dei Muschelkalk alpino (=piano anisico), del Monte Clapsavon, di Giffoni nel Salernitano e del Monte Judica in Sicilia, come si può vedere dal premesso prospetto comparativo. E quei legami sono messi in tutta evidenza dalla tabella, qui sotto trascritta, delle percentuali delle forme rappresentate nelle singole faune, con cui ho comparata quella di Ghegna: Conglagiauna dea Manno ta RE e 5 60/0 È PORSI O RM ge e ae ne AG z "IRSA A CASS AMOR anta 495, pa minadeltufisalBachycardiapnodiai ah abusio i e ite i7oh, ii dela Cimagtdi AVitezzen Min ti enne o) 10) 3 A VARA Rn » So del’ Nome San Salvate oe II, si ca decli strati di Rai] eee at i RO ; n del Muschelkalk tedesco . . . 410) 00 EER dI » di Lenna (Valletta della Chinaniena) 3 SEREIRARA OTO di 5 a Ue. VAL SARE Mea caio o) 6 7 » dei dintorni di Lagonegro . . . MR # 3 » del Muschelkalk alpino (= piano 0. Si “MmiuidelWiMonte (Glapsavoni:! gemecito en ni or 49) La SORA I CIIMIO ICE ATE AE AE O IRE Ino \ n SRI RITO NIE RR RIN RR N nare O 94 A. TOMMASI [100] Emerge da questo elenco che la fauna di Ghegna presenta la maggiore affinità con quella dei calcari della Marmolata (56 ° di forme comuni) ed una affinità di poco minore colla fauna dei calcari d° Esino (49 0fo): che, col 4 °/ di forme comuni, appena accenna alla fauna del Muschelkalk alpino (in senso stretto) o piano anisico !, e che, più strettamente che con quella del Muschelkalk, si mostra legata colla fauna di San Cassiano, colla quale ha in comune il 24 ° delle forme comparabili e colla fauna dei tufi a Pachy- cardia con cui mostra il 17 ® di forme comuni. Assai debole è la parentela che la nostra fauna presenta con quella della vicinissima località di Lenna o, meglio, della Cornamena ?) (solo il 7 oo di forme comuni); ma io credo che ciò dipenda quasi esclusivamente dalla circostanza che quella località non fu perlustrata a fondo, nè fu ancora studiato tutto il materiale, che da essa fino ad ora provenne e che trovasi disperso in varie collezioni. E più che da altre la fauna di Ghegna differisce sostanzialmente da quella del Monte Clapsavon, sebbene appartenga allo stesso piano di questa, per essere la fauna del Monte Clapsavon costituita quasi esclusivamente da cefalopodi con estrema scarsezza di lamellibranchi e quasi completa assenza di gastro- podi e di brachiopodi. Venendo ora a concludere, la fauna di Ghegna, che presenta la massima affinità con le due dei calcari della Marmolata e dei calcari di Esino, ritengo che sia, come queste, d’età ladinica e pressochè coeva con quella della Marmolata. Osservo però che la fauna di Ghegna contiene il 24 % di forme co- muni colla fauna di San Cassiano, 1° 8 ° di forme comuni con quella del Muschelkalk tedesco e solo il 4 °lo di forme comuni colla fauna del Muschelkalk alpino (sen. stricto). Per contro la fauna dei calcari della Marmolata, presenta con quella del Muschelkalk vincoli assai più stretti che la nostra, ed invece legami più lassi colia fauna di San Cassiano. Infatti fa fauna della Marmolata, solo a tener conto dei cefalopodi, novera 10 specie comuni colla fauna del Muschelkalk della Schreyer-alm ! e. tra i gastropodi, soltanto il 17% di forme comuni colla fauna di San Cassiano ?. Inoltre non va trascurato che la nostra 1) v. ARTHABER G. Die Alpine Trias des mediterran-Gebietes, pag. 261. Stuttgart, 1906. 2) Credo quì opportuno avvertire che a Lenna (chiesa e camposanto) non affiorano che calcari del Muschel/Zalk. I fossili del piano /adinico, che pure passarono e passano nei lavori di più d’un autore sotto il nome di fossili di Lenna, non provengono esattamente da questa località, ma dalle frane addossate alle scogliere calcareo-dolomitiche sorgenti sulla destra del Brembo fra Pontesecco e Lenna, e specialmente dalle frane di una valletta, che si apre a sud di Lenna, di fronte ad una cascina — C. Cornamena — situata sulla manca del fiume, e che presta il nome alla stessa valletta. i) KirtL E. Die Gastropoden der Esinokalk nebst cine Revision der Gastropoden der Marmolatakalk, pag. 204. 2) Ip. Ibid., pag. 207. ; KirTL a pag. 207 dell’opera sopra citata dichiara che la fauna della Marmolata su 206 specie di Gastropodi ne ha in comune col San Cassiano 35, cioè il 17.5 9/,. Nella fauna della Marmolata studiata da Salomon le specie com- parabili, tra quelle di Val di Rosalia e le altre del versante Nord della Marmolata, sarebbero, se non ho errato il calcolo, 24 per la prima località e 44 per la seconda: in complesso 68. La fauna di Val di Rosalia ne ha 4 in comune: con quella di San Cassiano: la fauna del versante Nord della Marmolata ne conta 10, quindi in totale 14 tra le due località. La fauna intiera della Marmolata risulterebbe perciò costituita da 274 forme, di cui 206 gastropodi e 68 specie: appartenenti ad altre classi. Siccome le forme, che essa ha in comune col San Cassiano sono 49, cioè 35 gastropodi e 14 d'’altre classi, così la percentuale delle forme comuni al San Cassiano, calcolata nel modo già dichiarato, risulterebbe =18 oe [101] A. TOMMASI 95 fauna presenta anche il 17 °/, di forme comuni con quella dei tufi a Pachycardia, che sono ritenuti un po’ più giovani degli strati di San Cassiano. Di conseguenza sono propenso ad ammettere che la fauna di Ghegna sia mon esattamente coeva ma un po’ più giovane di quella della Marmolata e forse contemporanea a quella dei calcari della Cima di Viezzèéna e della cima Est del Latemar, che WiLcKEns ! considera coevi e da situare, per la loro età, tra i calcari della Marmolata e gli strati inferiori di San Cassiano. Ne segue che gli strati racchiudenti la fauna di Ghegna dovrebbero nella serie stratigrafica alpina occupare molto probabilmente la medesima posizione. Dal Museo di Geologia e Paleontologia della R. Università di Pavia, luglio 1912. 1) WiLcknns R. Palaeontologische Untersuchung triadischer Faunen aws der Umgebung von Predazzo in Sid-Tirol, pag. 218 (138). A. TOMMASI [102] INDICE GENERALE DELLE SPECIE Parre I PARTE II , pagina pagina Anolcites doleriticus M0Js. . . . - 6 . 5 = 66 [72] Arca (Macrodus?) cfr. nuda MNnsr. ? ° 0 3 c 32 [32] = I Arcomya Sansonii SAL. o . 5 o 6 o o 35 [85] — | Avicula caudata StoPP. i; c 5 ì | È o 19 [12] — » exilis STOPP. . c o 5 0 0 o 15 [15] _ » Hallensis W6HRM. ? > o . : , Ò 13 _[13] x _ ” myftiliformis STOPP. , i 3 o 7 o 11 [11] — » obtusa BIrTN. ? $ o o : 6 6 a 15 [15] — » cfr. Wohrmanni nov. nom. WILCK.? 6 ; - 14 14] _ Badiotella excellens H. PoaIL.? . : ) 6 ò 5 29 [29] —_ » (?) Taramellii nov. Sp. 6 - - c ; 30 [30] — Balatonites Waageni Moss. . è s c 3 . : — 66 [72] Capulus (?) Gortani nov. Sp. ? x E 3 E 3 — 47 [53] Cassianella Broilii nov. Sp. . 3 : ; . o o — TI [17] » planidorsata MnsT. sp. var. tenvidorsata KLIPST. —_ ro [17] Celtites (?) nov. sp. ind. (B) SALOM. 5 o î . 6 _ 65 [1] Coelochrysalis Ammoni J. BOBM . c . o 5 . — 61 [67] » Lepsii J. BOHM . 0 5 o o * — 62 [68] » tenuicarinata KITTL 0 c 6 o . — 61 [67] Cryptonerita elliptica KiTTL K . à ) A o _ 43 [49] Cyrtina sp. ind. ex aff. C. Fritschii BITTN. " 5 È — 69 [15] Daonella sp. 3 7 È 6 : 3 Ì x a 16 [16] = (2) Delphinulopsis Laubei KirTL . ò , : " } = 39 [45] Dicosmos conoideus KITTL Sp. + È 6 . b o —_ 40 [46] » declivis KITTL Sp. . 0 o : 0 o _ 40 [46] Dinarites Misani MoJs. ” È 7 o S È à - 66 [72] i Entalis (?) sp. nov. 3 î ò : ; 9 . 6 _ 31 [37] Euchrysalis cfr. sphinx STOPP. SP. o : c o 6 - 63 [69] Euomphalus Canavarii nov. Sp. c ò 5 : : —_ 37 [43] Fedajella sp. cfr. lemniscata HORN. 6 7 3 ò -. 41 [47] » » Meriani H6RN. Sp. . ; sa ; = 41 [47] Gervilleia (Hornesia?) cfr. leptopleura San. 0 b 6 22 [22] —_ Gonodus cingulatus STOPP. Sp. . 3 o } | è 33 [33] — ». cfr. lamellosus BITTN. ò o c 6 0 34 [34 = [103] A. TOMMASI Gonodus Mariani nov. sp. Gyroporella (Diplopora) herculea StoPP. sp. » » porosa SCHAFH. Hologyra fastigiata STOPP. Sp. Hunguarites (?) sp. Loxonema arctecostatum MNST. Sp. » hybridum MNST. sp. » tenue MNST. Sp. Loxotomella (?) Hoernesi SToPP. Sp. Macrochilina (?) turrita KITTL Macrodus esinensis STOPP. Sp. Megaphyllites obolus Moys. ? Moerckeia Pasinii STOPP. Sp. » praefecta KIrTL Sp. Monophyllites cfr. wengensis KLIPSI. Sp. Montlivaultia radiciformis MNsT. sp. Myoconcha Brimneri Hau. Myophoria Wohrmanni BrrtN. sp. var. levicineta nov. var. Mysidioptera Cuinalli STOPP. sp. » ornata SAL. var. elata nov. var. » » var. laevigata BITTN. ? » sp. prop. MMys. Reyeri BITTN. » vix-costata STOPP. Sp. » (2) sp. Mytiliconcha orobica nov. gen. et sp. ? Neritaria neritina MUNST. Sp. Omphaloptycha aequalis StoPP. sp. var. torquata nov. var. » Aldrovandi STOPP. Sp. ” efr. Alsatiorum KiTTL » irritata KirTL » princeps STOPP. Sp. » Scaliai nov. sp. » (Coelostylina) conica MNST. sp. fedajana KiTTL sp. Ostrea (?) sp. Patella crateriformis KiTIL 3 ir Paratrochus sp. ex aff. P. margine-nodosus J. BOHM sp. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PARTE I PARTE II pagina pagina 34 [34] = — 69 [75] 2 2] = _ 41 [47] — 65 [71] —_ 49 [55] = 49 [55] —_ 48 [54] = 60 66] — 63 [69] 31 [31] - — 67 [73] —_ 45 [51] —_ 46 [52] —_ 68 [74] 3 [3] S 30 [30] - 39 [83] _ 26 [26] _ 28 [28] — — T4 [80] 28 [28] _ 27 [27] _ 29 [29] —_ 35 [35] 76 [82] _ 42 [48] —_ 57 [68] _ 55 61] — 56 62] i 56 [62] _ 54 60] — 57 63) _ 57 63] _ 58 [64] 23 [23] — — 32 [88] — 36 [42] 13: 97 98 A. TOMMASI Pecten anceps nov. sp. » Brugnatellii nov. Sp. » (Hinnites?) flagellum SToPP. » Paronaì* nov. Sp. » Repossiù MAR. » Roncobelloi nov. sp. » Rotai nov. Sp. » Salomoni nov. sp. » Sp. » subalternans D’ORB. Pinna (?) sp. i Platychilina Cainalloi STOPP. sp. Plicatula (?) sp. Posidonomya obligua HAUER Proarcestes sp. Promathildia Antoni KITTL » Arthaberi nov. sp. Prospondylus Taramellii MAR. Ptychites sp. Purpuroidea subcerithiformis KITTL sp. Ehynchonella sp. ex aff. Rh. Blaasi BITTN. Scalaria triadica KIiTTL Spiriferina fragilis SCHLTH. Spirigera sp. aff. Sp. eurycolpos BITTN. » trigonella SCHLTH. Sp. » trisulcata BITTN. Spirochrysalis nympha Mnsr. sp. Spirostylus longobardicus KITTL » » » var. valseccensis nov. var. » subcolumnaris MNST. sp. Stuorella infundibulum KirTL Terquemia Cassiana MNST. sp. » (Placunopsis) denticostata LAUBE sp. » margine-lobata nov. Sp. » ? sp. * Vedi pag. 82, 83, in nota. PARTE I pagina 1700] 18. [18] 20. [20] o |] 20. [20] 19 [19] 2200 [22] 16 [16] 23 [23] 23 [23] 3 [BI 5 [I 4 [4] 24 [24] 9 [24] 2% [25] 2 [25] 13 13 [104] [105] A. TOMMASI Trachybembix Junonis KITTL sp. Trachyceras (Anolcites) doleriticum Mogs. Trachynerita depressa HORN. sp. » nodifera Kimt'rL Trypanostylus Airaghii nov. sp. » » » » » » geographicus (StopP.) KITTL Konincki MNsT. sp. ? obliquus STOPP. sp. Preveriì nov. Sp. ? sp. triadicus KiTTL Turbo (?) vix-carinatus MUNST. ? Umbonium Vinassai nov. sp. Undularia (Toxoconcha) transitoria KIrTTL » Brocchii STOPP. Sp. var. brevis KITTL » » » » var. pupoidea KITTL » ontragnana KirTL ? » uniformis STOPP. Sp. Waldheimia (Aulacothyris) angusta ScALTH.-sp. ? » Caffii nov. sp. Gervasonii nov. Sp. (Terebratula) ladina BiTTN. lenticularis nov. sp. ‘ nov. form. ex aff. W. Eudoxa BITTN. orobica nov. Sp. platinota nov. sp. proxima nov. sp. Worthenia Cyrenes nov. sp. » » indifferens KirTL Sp. Wortheniopsis Margarethae KITTL sp. ParTE I pagina 10 [10] U [7] 7 [7] 9 [9] 8 [8] 10 [10] 6 [6] 8 [8] 11 [11] PARTE II pagina 33 [39] 66 [72] 44 [50] 43. [49] 52 [58] DIRNNTISTI] 51 [57] 50 [56] 52 [58] 52 [58] 50 [56] 36 [42] 38. [44] 58 [64] 59 [65] 59 [65] 59 [65] 60 [66] 59 [65] 34 [40] 33 [39] 34 [40] 35 ‘ (41) 99 100 A. TOMMASI [106] DÒ Pa ELENCO BIBLIOGRA FICO . 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INTRODUZIONE Il materiale paleontologico illustrato in questo lavoro proviene dalla formazione eocenica che si estende lungo il fianco destro della media vallata del fiume Fortore in provincia di Capitanata ed è stato raccolto da me nell’estate scorsa, durante il rilevamento geologico di una parte della regione appenninica della Capitanata. Questi strati finora non erano stati oggetto di studio da parte di alcun geologo, sola- mente il prof. F. Sacco nella cartina geologica che accompagna il suo lavoro sul Molise, indica, nella regione di cui ci stiamo occupando, vagamente l’ Eocene, assegnandogli però una estenzione di certo superiore a quella che effettivamente ha !. Essendomi dedicato da qualche anno allo studio geologico di questa parte dell'Appennino meridionale, ho dovuto naturalmente cominciare ad occuparmi anche dello studio dell’ Eocene, i cui primi resultati ho di già esposto in due mie Note 2). Perciò per quanto riguarda i caratteri di questa formazione, i suoi rapporti con le altre, la sua estensione, rimando a quanto ne ho già scritto. In questo lavoro ci occu- peremo solamente dello studio della fauna, sia per precisare meglio l’età di questi strati, sia per docu- mentare quanto abbiamo brevemente detto nelle nostre due Note geologiche. Come ho scritto, l’ Eocene è fossilifero da pertutto; ma per ora ci limiteremo allo studio dei fossili raccolti in una sola località, rimandando a successive pubblicazioni, se ne sarà il caso, quello dell’altro materiale raccolto. I fossili, che formano oggetto di questa prima Memoria, provengono dalla contrada detta Serra Castiglione sita tra il fiume Fortore a sinistra ed il torrente Za Cafola a destra, ad ovest dell’abitato di San Marco la Catola in Capitanata. Essi si raccolgono nelle brecciuole calcaree intercalate dentro le 1) Sacco F. IZ Molise. Schema geologico. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXVII, fase. V. Roma, 1908. 2 CHnccHIA-RIsPoLI G. Osservazioni geologiche sull’ Appennino della Capitanata. Parte prima. Giorn. Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXIX. Palermo, 1912; — In. Osservazioni geologiche sull’Appennino della Capitanata. Parte seconda. Gior. Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXX. Palermo, 1913. 104 G. CHECCHIA-RISPOLI [2] argille scagliose variegate: gli strati della brecciuola a causa dell’erosione fluviale, emergono qua e là dalle argille; l’azione degli atmosferili ha poi contribuito a rendere più disgregabile la roccia, cosicchè i fossili facilmente si possono isolare. Questi, che qui illustriamo, provengono tutti da un unico e spesso strato, il quale si trova proprio sulla costa della regione Serra Castiglione, che scende verso il letto del torrente la Catola. I fossili, che, ripeto, si trovano associati e saldati insieme, sono quasi tutti foraminiferi appartenenti ai generi Alveolina, Operculina, Nummulites, Orbitoides s. str., Lepidocyclina, Orthophragmina, Gypsina, ecc. i quali comprendono le seguenti specie, finora determinate: Alveolina Baldacciù CH.-RIsp., Alv. milium Bosc con la var. lepidula Scawe., Alv. cfr. oblonga D’ORB., Alv. festuca Bosc., Flosculina pasticillata Scawe., FI. decipiens Scawe., FI. daunica Ca.-Risp.; Operculina granulosa Levm.; Nummulites latispira MNGA. (A), Numm. Dollfusi CH.-Risp. (A) e (B), Numm. atacicus Ley. (A) e (B), Numm. Beaumonti D’ARcH. (A), Numm. frentanus CR.-RisP. (A) e (B) con la varietà diconi- cus Cu.-Risp. (A), Num. incrassatus DE LA H. (A) e (B), Numm. variolarius Lmx. sp. (A), Numm. gargani- cus TeLL. (A) e (B), Numm. sp. CR.-Risp. (A), Numm. Partschi pe LA H. (A), Numm. millecaput BougsE (A); Orbitoides media D’ArcH., var. Philippi Ca.-Risp.; Lepidocyclina marginata Micart. sp. (A) e (B), Lep. apula CH.-Risp., Lep. Raulini Lem. et Dauv.; Orthophragmina scalaris ScHumB., Orth. umbelicata DEPRAT, Orth. sella D’ArcH. sp., Orth. Di-Stefanoi CH.-Risp., Orth. apula CH.-Risp.; Gypsina globulus ReUSS sp. * *o Vediamo ora brevemente quali sono i risultati di ordine cronologico che emergono dallo studio della fauna suddetta, esaminando le indicazioni forniteci dai vari gruppi di fossili. In primo luogo per abbondanza di specie e di esemplari predominano le Nummuliti, le quali sono rappresentate da ben dodici specie, oltre che da qualche altra di piccole dimensioni e di non sicura determinazione. Di queste dodici, nove sono note e salvo qualche eccezione, come si vedrà nella parte speciale, sono rappresentate da molti esemplari, ben conservati e quindi sicuramente determinabili. Per quanto riguarda la distribuzione geologica di queste, ci serviremo del recente ed importante lavoro del dott. J. Boussac !.. Le N. latispira, N. Dollfusi, N. atacicus, N. Beaumonti, N. garganicus, N. Partschi e N. millecaput sono specie che vissero tutte nel Luteziano, spingendosi sino nella parte più elevata di questo piano. Una osservazione dobbiamo fare solamente riguardo a N. millecaput, che nel deposito in esame è rap- presentato dalla sola forma A (=N. helvetica KaurrMANN). Secondo il Boussac questa forma si troverebbe nel Luteziano unicamente; secondo noi pare invece che essa abbia attraversato tutto 1’ Eocene e sia giunta anche agli inizii dell’Oligocene. A parte infatti le citazioni di altri autori, limitandoci alle nostre osservazioni, abbiamo rinvenuta N. kelvetica in quella formazione nummulitica dei dintorni di Termini- Imerese in Sicilia, che per noi rappresenta od un livello elevatissimo dell’ Eocene, od un termine di passaggio all’Oligocene *. Recentemente poi l'abbiamo rinvenuta, se non abbondante, ma in ben conser- vati esemplari, nella formazione nummulitica dei dintorni di Campofiorito in provincia di Palermo, riferita 1 Bvoussac J. Etudes paléontologiques sur le Nummulitique alpin. Mém. pour servir à l’explication de la Carte géologique détaillée de la France. Paris, 1911. 2) CarccHIa-RispoLi G. La serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese in pr. di Palermo, P.I, Il Val- lone Tre Pietre. Giorn. di Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXVII. Palermo, 1908. [3] G. CHECCHIA-RISPOLI 105 all’Oligocene inferiore, la quale contiene con N. vascus, N. intermedius, Orthophragmina e Lepidocyelina !. Nel mio lavoro questa specie non è citata, perchè solo ora l'abbiamo rinvenuta. N. variolarius è invece una specie che cominciò a vivere sicuramente nell’Auversiano inferiore e risalì poi attraverso tutto il Bartoniano. Sri N. incrassatus ha una diffusione stratigrafica maggiore, che va dalla base dall’Auversiano a tutto l’Oligocene. Dopo le Nummuliti sono le A?veolîna i fossili che occupano il secondo posto nella fauna di Serra Castiglione. Però, se il numero delle specie è rilevante, cioè sette, non si può dire altrettanto per quello degli esemplari, che sono relativamente scarsi in confronto a quelli delle Nummuliti. Di queste specie una sola è nuova, cioè F/oseulina duunica forma interessante, perchè è la prima Flosculina tipica al- lungata conosciuta, mentre le altre note sono sferiche o sub-sferiche. Alv. Baldacci, Alv. miliwn, con la var. lepidula, Alv. oblonga, Alv. festuca, Flosc. pasticillata, Xlosc. decipiens vissero tutte nell’ Eocene. La caratteristica degli esemplari di Serra Castiglione è che indistintamente tutti gli esemplari sono piccoli, non raggiungendo mai le dimensioni che le stesse forme mostrano nel tipico Luteziano. Le Orthophragmina sono rappresentate da cinque specie, di cui una sola è nuova, cioè Ort@. appula. Le altre quattro si presentano sin dal Luteziano e attraversano tutto 1° Eocene; l’Ort. sella, 1 Orth. scalaris e l’Orth. Di Stefanoi persistono poi anche nell’Oligocene inferiore. Alle specie ora dette si accompagnano rarissimi esemplari dell’Operculina granulosa e qualche Gyp- sina globulus. l Alla fauna ora indicata si associano le Orbitoides s. str. e le Lepidocyclina, come abbiamo di già scritto. In una mia Nota dianzi citata io rapportai la formazione delle argille scagliose di questa parte dell’Appennino foggiano al Bartoniano superiore nel senso lato ®. Ora lo studio del nuovo materiale raccolto,‘ben più importante ed abbondante, mi permette di stabilire meglio l’età di quel complesso di argille, calcari e brecciuole calcaree, che appartengono a strati di passaggio dal Luteziano superiore all’Auversiano, secondo sono intesi oggidì questi due piani dell’ Eocene. Sono a ciò determinato dai resultati dello studio dei vari gruppi di foraminiferi e specialmente delle Nummuliti. Questi ultimi fossili, per la grande importanza che vanno sempre più acquistando, occupano tra i Foraminiferi indubbiamente il primo posto per la determinazione dei terreni compresi tra il Cretaceo ed il Miocene. * * * Dunque nei calcari dell’ Eocene dei dintorni di San Marco la Catola saldate insieme con Alveolina, Nummulites, Orthophragmina ed altri fossili si trovano Lepidocyclina ed Orbitoides s. str.; queste ultime più rare delle prime. Tali fatti constatati in questa regione, non sono nuovi, perchè essi si verificano anche nell’ Eocene della Sicilia ed altrove. L'associazione delle Lepidocyclina con gli altri foraminiferi nella stessa roccia è un fatto indubitato. La loro presenza non può essere qui giustificata con la comoda supposizione del rimaneggiamento di strati oligocenici o miocenici. Le nummuliti e gli altri fossili insieme ai quali si trovano associati dimo- strano indubbiamente l’età eocenica di quella formazione. i CaeccHIa-Rispoci G. Sull’Oligocene dei dintorni di Campofiorito in pr. di Palermo. Giorn. di Sc. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXVIII. Palermo, 1911. 2) CHECCHIA-RISPOLI &. Osservazioni geologiche sull’ Appennino della Capitanata. Parte prima, 1912. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 14 106 G. CHECCHIA-RISPOLI [4] Gli esemplari di Orbitoîdes s. str. sono di perfetta conservazione e si presentano senza alcuno indizio di rimaneggiamento, come quelli da noi rinvenuti nell’ Eocene siciliano. Per quanto riguarda le Orbòtoides s. str. dell’ Eocene di Bagheria e di Termini-Imerese in provincia di Palermo, io ho già esposte le ragioni, per le quali non credo che si possa giustificare ivi l’esistenza di un rimaneggiamento e rimando quindi ai miei più recenti lavori sul proposito !. Debbo qui ripetere che le brecciuole verdiccie con foraminiferi eocenici ed Orbitoides di tipo cretaceo della contrada Caca- sacco presso Termini-Imerese sono bensì in posto, ma che esse sono certamente eoceniche e non cretacee e che nella contrada strati cretacei in posto assolutamente non ve ne sono. Questi ritrovamenti di Orbifoides s. str. nell’ Eocene sono oramai frequenti tanto in Italia che fuori ed acquistano sempre più maggiore importanza per la geologia ?). Essi meritano quindi di essere stu- diati attentamente ed in modo obbiettivo, non solamente al tavolino, sibbene anche sul terreno, altri- menti riesce inutile di rimestare sempre lo stesso argomento senza mai visitare i giacimenti sui quali si elevano controversie. PARTE PALEONTOLOGICA 7 Gen. Alveolina D’OrBIGny ?). Alveolina Baldaccii Carccnia-Rispori. — Tav. V [I], fig. 1. 1909. Alveolina Baldaccii CaeccHIA-RispoLi. Nuova contribuzione alla conoscenza delle Alveoline eoceniche della Sicilia. Palaeontographia italica, vol. XV, pag. 61, tav. III, fig. 2 e fig. 1 nel testo. Alveolina di piccolissime dimensioni e di forma sub-sferica, la quale esternamente mostra da 7 ad 8 concamerazioni principali, separate da solchi netti. La lamina spirale al suo termine fa evidente spor- genza sulla superficie del plasmostraco per causa del suo spessore. i) CHEccHIA-RispoLI G. La serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese in pr. dì Palermo. II, La R."e Cacasacco. Giorn. di Se. Nat. ed Econ. di Palermo, vol. XXVII. Palermo, 1909. Za serie nummulitica deì dintorni di Bagheria in pr. di Palermo. Ib., vol. XXVIII, 1911. 2 Recentemente il sig. A. RiABININ ha pubblicato una Noticina su alcune Orbitoidi di Cahetie nel governo di Tiflis (Trauscaucaso) (v. Sur quelques Orbitoides de Cahetie. Boll. du Comité geologique, t. XXX, n.° 196. Pietroburgo, 1911). Queste orbitoidi appartegono per la maggior parte al gen. Orbitoides s. str. ed il resto al gen. Orthophragmina. Per alcune Orbitoides s. str. l’autore indica la possibilità che gli strati da cui provengono possano appartenere al Cretaceo superiore; per altre invece, come l’Orb. media, O. apiculata, O. Schuberti, ecc. l’autore ne indica l’Rabitat nell’Eocene insieme con le Orthophragmina. Però in ultimo il RIABININ invece di discutere se si tratti di fossili ir situ o pur no, si riferisce senz'altro alle idee del prof. HENRI DouviLLÈ, che attribuisce tali associazioni a miscugli meccanici. 3) Crediamo opportuno di segnalare qui un interessante lavoro testè comparso del sig. Otto ALTPETER riguar- dante l’anatomia e la fisiologia del gen. Al/veolina, nel quale con piacere vediamo confermate varie osservazioni da noi già fatte sin dal 1905 su questo importante genere di Foraminiferi (v. AL'rPETER O. Beitrage zur Anatomie und Physiologie von Alveolina in Neues Jahrbuch fiir Min. Geol. u. Palaeont., XXXVI Beil. Bd, 1913). [5] G, CHECCHIA-RISPOLI 107 La sezione equatoriale e quella trasversale fanno vedere la camera iniziale di forma rotonda e di medie dimensioni. La spira è regolare; lo spessore della lamina cresce gradatamente fino all’ ultimo giro, ove è abbastanza rilevante; esso però è lo stesso tanto verso la metà che verso i poli delle concamerazioni principali. Su di un raggio di mm. 0,75 si contano 9 giri di spira. Le cellette secondarie hanno la sezione rotonda in tutti i giri, meno nell’ultimo, dove è ovale. 1 setti fra di queste sono molto spessi e lo spessore di essi uguaglia sino a due volte il diametro delle cellette. Le dimensioni del più grande esemplare sono di mm. 2 per mm. 1,50. Ho riferita questa forma all’ Av. Baldacci mihi dell’ Eocene siciliano, non ostante che essa presenti delle leggere differenze riguardo specialmente allo spessore dei setti secondari e quindi al numero delle cellulette trasversali. Gli esemplari studiati ora corrispondono peraltro bene a quelli siciliani per la forma del plasmostraco, per l’andamento della lamina e per la forma delle cellette secondarie. L’Alveolina Baldaccii si distingue poi dall’ Alv. milium Bosc. oltre che per le dimensioni più piccole, per la forma più accorciata, quasi sferica, per il maggiore spessore della lamina spirale, per le cellette trasversali a sezione circolare e per i setti più spessi. Questa specie che finora era nota solamente nella formazione eocenica dei dintorni di Bagheria in provincia di Palermo, non è rara a Serra Castiglione presso San Marco la Catola in Capitanata. Alveolina milium Bosc. — Tav. V [I], fig. 2, 3. 1800. A/veolite graîn de millet Bose. Nouveau bulletin des Sciences de la Société philomatique, tav. V, fig. da-c. 1883. Alveolina ellipsoidalis Scawager. Die Poraminiferenfauna den Eocaenablagerungen der libyschen Wiiste und Aegyptens, pag. 96, tav. XXV, fig. la-2 e fig. 2a-c. 1909. AMeolina ellipsoidalis Scawe. CaEccHIA-RispoLi. Nuova contribuzione alla conoscenza delle Alveotine coceniche della Sicilia, pag. 60. tav. III, fig. 1 (cum syn.). 1909. Alveolina sphaerica Forr. var. granum milium Bosc (pars) Osio. Studio critico sul genere Alveolina D’ORB., pag. 83, tav. IV, fig. 7-21. 1911. Alveolina milium Bosc. Caeccnia-Rispori. La serie Nummulitica dei dintorni di Bagheria in provincia di Palermo, pag. 122. L’Alveolina milium Bosc è la più comune fra le alveoline di Serra Castiglione presso San Marco la Catola in Capitanata. Di questa specie mi sono occupato parecchie volte e poichè gli esemplari in di- scorso non presentano nulla di particolare da richiedere una descrizione, mi limito qui a figurarne due nelle loro sezioni equatoriali. L’Alveolina milimum Bosc è una specie comunissima in molti giacimenti dell’ Eocene medio sia in Italia che fuori. Alveolina milium Bosc var. lepidula Scawaeer. — Tav. V [I], fig. 4, 5. 1883. Alveolina lepidula Scuwe. var. typus A. ellipsordalis Scawacsr. Die foraminiferenfauna aus den Eo- caenablagerungen der lybischen Wiiste und Aegyptens, pag. 98, tav. XXV, fig. 3a-g. 1905. Alveolina ellipsoidalis var. lepidula Scuwe. CaEccHiA-RispoLi. Sopra alcune alveoline eoceniche della Sicilia, pag. 156, tav. XII, fig. 2. 108 G. CHECCHIA-RISPOLI [6] 1909. A/veolina sphaerica (Fort.) var. Haueri (0°OrB.) Osimo. Studio critico sul genere Alveolina D’ORB., pag. 84, tav. IV, fig. 23-32. Questa forma accompagna sempre l’ Alveolina milium in tutti i giacimenti, ove questa'si trova, e dalla quale si distingue per avere l’asse maggiore sempre più lungo, per cui si originano forme più acute ai poli, ed internamente per un maggiore spessore della lamina spirale verso le estremità dell’asse. Avendo noi considerato come specie autonoma l’Alv. milium, secondo anche il parere di DoLLFus, crediamo di riservare a questi esemplari più allungati la denominazione di Zepidula, con la quale lo ScAWAGER distinse tale varietà, anzichè quella di Hauerì D’ORB., con la quale il D’ORBIGNY descrisse certe forme molto gonfie del Miocene del bacino di Vienna ”. Questa forma è comune, come la precedente, a Serra Castiglione presso San Marco la Catola in Capitanata. Alveolina cfr. oblonga D’OrBIeny. — Tav. V [I], fig. 5. Riferisco con dubbi all’Alv. oblonga D’ORB. un esemplare, che per il cattivo stato di conservazione, non permette una sicura diagnosi e quindi un confronto minuto con la specie del D’ORBIGNY. E rarissima a Serra Castiglione presso San Marco la Catola. Alveolina festuca Bosc. — Tav. V [I], fig. 7, 8. 1800. Alveolina grain de fétuche Bosc. Loc. cit., tav. V, flg. 10-14. 1909. Alveolina granum festucae Bosc. Osnro. Studio critico sul genere Alveolina D’ORB., pag. 86, tav. V, fig. 10-17 (cum syn.). L’Alveolina festuca Bosc è una forma comune a Serra Castiglione presso San Marco la Catola. Gli . esemplari da noi figurati corrispondono bene a quelli figurati dalla signorina Osimo. A proposito di questa specie, come abbiamo fatto per l’Alv. milium, crediamo di semplificare il nome e scrivere festuca, invece di granum festucae. Subgen. Flosculina STACHE. Flosculina pasticillata ScawaGER. 1883. Flosculina pasticillata Scawacer. Die Foraminiferenfauna aus den Eocaenablagerungen ecc., pag. 104, tav. XXVI, fig. 2a, db. A 1909. Flosculina pasticillata Scawe. CreccniA-Rispori. Nuova contribuzione alla conoscenza delle Alveoline eoceniche della Sicilia, pag. 68 (cum syn.). 3 1909. Alveolina bulloides D’OrB. (pars) Osio. Studio critico sul genere Alveolina D’OrB., tav. VI, fig. 13-16. Questa specie non è rara a Serra Castiglione presso San Marco la Catola in Capitanata. Noi ne abbiamo trovati tre esemplari. La lose. pasticillata è una specie eocenica. Non sappiamo per quali ragioni la signorina Osimo metta in sinonimia la forme in esame con l’Al- veolina bulloides D’ORB., di cui oggi, grazie al FORNASINI, noi possediamo il disegno originale del D’OR- 1) p’ORBIGNY. Die fossilen Foraminiferen des tertiîiren Beckens von Wien, pag. 178, tav. VII, fig. 17, 18. [7] G. CHECCHIA-RISPOLI 109 x BIGNY !). Se il disegno edito è esatto, si osservano, almeno nell’ultima concamerazione, diverse serie (tre) di cellette trasversali regolarmente sovrapposte; ora ciò non avviene nella 7. pasticillata Scawe. L'A. bulloides D’ORB. sembrerebbe piuttosto appartenere al sottogen. F/osculinella ScnuBERT ®, in cui, negli ultimi giri almeno si osservano che soprapposte serie di concamerazioni secondarie. Flosculina decipiens Scawacer. — Tav. V [I], fig. 9. 1909. Flosculina decipiens Scawe. CaEccHIA-Rispori. Nuova contribuzione alla conoscenza delle Alveoline co- ceniche della Sicilia, pag. 68, tav. III, fig. 11 (cum syn.). 1909. Alveolina bulloides D’OrB. (pars) Osimo. Studio critico sul genere Alveolina D’OrE., tav. VI, fig. 17, 18. Questa specie, del tipico Eocene, si trova frequentemente nelle brecciuole calcaree di Serra Castiglione presso San Marco la Catola. Non avendo da aggiungere altri particolari alla descrizione da me data, in varie mie pubblicazioni, mi limito qui a figurarne una nella sua sezione equatoriale. Flosculina daunica sp. n. — Tav. V [I], fig. 10. 1909. Alveolimna bulloides D’OrB. var. sphaeroidea-oblonga (Forr.) (pars) Osimo. Studio critico sul genere Alveolina ’OrB., tav. VII, fig. 104, d. 1912. Flosculina daunica Caeccria-Risponi. Osservazioni geologiche sull’ Appennino della Capitanata. Parte prima, pag. 108. Plasmostraco di piccole dimensioni, di forma cilindroide, allungata e arrotondata ai poli. Nell’ ultimo giro si contano da 9 a 10 concamerazioni principali strette ed allungate. La sezione equatoriale mostra nella parte centrale una concamerazione iniziale di forma sub-rotonda e di medie dimensioni. Su di un raggio di mm. 0,90 si contano 5 giri di spira. La lamina spirale è notevolmente spessa e questo spessore aumenta verso i poli del plasmostraco. La legge di avvolgimento in questa specie è data dalla seguente serie: (15) - 20, 28, 30, 40, 50, 50, ‘65, 70, 85. Le cellule trasversali sono piccolissime, alquanto schiacciate. I setti di separazione sono molto sottili. Le dimensioni sono di mm. 1,80. La Fl. daunica per lo spessore che assume la lamina sin dal primo giro appartiene alle Flosculine tipiche; essa è-la prima forma appartenente al sottogenere Flosculina StAcHE, che presenta un plasmo- straco allungato secondo l’asse principale, mentre le altre Flosculine finora note erano tutte sferiche o .sub-sferiche. Questa forma non è rara a Serra Castiglione presso San Marco la Catola. Gen. Operculina D’ORBIGNY. Operculina granulosa Levwerie. — Tav. V [I], fig. 11. 1844. Operculinagranulosa LevwerIe. Mémoires sur le terrain à Nummulites des Corbières et de la Montagne Noîre. Mém. Soc. géol. de France, 2.° serie, tom. I, pag. 359, tav. XIII, fig. 12a-c. 1) FoRrNASsINI C. IWustrazioni di specie orbignyane di Foraminiferi istituite nel 1826, pag. 15, tav. IV, fig. 11. 1904. ? ScHUBERT A. in RicHarz S. Geologische Mitteilungen aus den Indo-Australischen Archipel. VII, Der geologische Bau von Kaiser Wilhelms-Land nach dem heutigen Stand unseres Wissens. Neues Jahrbuch fiir Mineralogie ece., XXIX, pag. 533. 1910. 110 G. CHECCHIA-RISPOLI [8] Gli esemplari, che riferisco a questa specie, sono rari a Serra Castiglione presso San Marco la Catola. Essi corrispondono sia per i caratteri esterni, che per quelli interni a quelli descritti e figurati dal LeyMERIE nel lavoro sopra citato. Gen. Nummulites LAMARCK. I.— Nummuliti senza pilastri. 1.— Nummuliti senza pilastri ed a strie meandriformi. Nummulites latispira Savi et MeneGHINI. — Tav. VI [II], fig. 1-5. 1851. Nummulites latispira Savi et MeneGHINI. Considerazioni sulla geologia deila Toscana, pag. 465 e 475 (pars). 1853. Nummulites latispira Savi et Mncz. D’ArcHiac et Harme. Monographie des Nummulites; pag. 93, tav. I, fig. 6a. 1890. Nummulites latispira Savi et Mnan. TeLuini. Le Nummulitidi della Majella, delle Isole Tremiti e del Promontorio garganico, pag. 17, tav. XI, fig. 13-15. 1902. Hantkgnia latispira Mncu. Prever. Le nummuliti della Forca di Presta e dei dintorni di Potenza, pag. 72, tav. IV, fig. 3 (pars). 1911. Nummulites Tchihatcheffi Arca. CaeccHIA-Rispori. La serie nummulitica dei dintorni di Bagheria in provincia di Palermo, pag. 135, tav. INI. fig. 31-52 e tav. IV, fig. 38. 1911. Nummulites latispira Savi et Mner. Curccnia-RispoLi. Op. cit., pag. 137. Plasmostraco di medie dimensioni, di forma lenticolare, poco gonfio. Margine leggermente arroton- dato. La superficie è ricoperta di strie ben distinte, meandriformi, come nella N. distans A (=N. Tchihat- cheffi D’ARCH.). La camera centrale è piccola relativamente alla N. Tehihatcheffi e di forma rotonda. Spira regolare o sub-regolare, dal passo meno ampio della N. Zehihatcheffi e più uniforme. Nell’ ultimo giro il passo decresce rapidamente. Setti più numerosi, che nella specie del p’ARCHIAC. N. latispira sicchè differisce dalla precedente, a cui è indicata per i caratteri esterni, per la conca- merazione centrale più piccola, per l’andamento della spira più regolare, e per i setti più numerosi. Riferisco ora anche alla N. latispira gli esemplari, provenienti dal calcare bianco luteziano dei din- torni di Bagheria, da me determinati, come N. Tehihatcheffi. Avendo ripreso lo studio di questi, mi son convinto che essi sono simili in tutti a quelli ora descritti; e poichè questa specie non è stata mai figurata esternamente, così credo utile ripubblicare la figura, già da me edita, perchè mostra in modo evidente la disposizione delle strie sulla superficie. 2.— Nummuliti senza pilastri ed a strie radiali. Nummulites Dollfusi Curccna-Risponi. — Tav. V [I], fig. 14, 15. 1909. Nummulites Dollfusi Cneccuia-Rispori. La serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese, I. IV Vallone Tre Pietre, pag. 90, tav. III, fig. 8. Abbiamo trovato di questa specie tanto la forma a megasfera (A), che quella a microsfera (B); quest’ultima finora era sconosciuta. [9] G. CHECCHIA-RISPOLI 111 Tanto la forma (A), che la (B) hanno un plasmostraco sottile, poco gonfio, dal margine acuto e rico- perto da sottili filetti radiali falciformi. Gli esemplari della forma (B) misurano un diametro di circa 8 mm., mentre quelli della forma (A) raggiungono appena mm. 5 di diametro. La sezione equatoriale degli individui megasferici mostrano 9 giri di spira su un raggio di mm. 4, dal passo rapidamente crescente sino all’ultimo giro. La spira è regolare e la lamina spirale è sottilissima e di uniforme spessore in tutto il suo percorso. Ù I setti sono sottilissimi, alti, numerosi, equidistanti, paralleli, rivolti indietro sin dalla base e rego- larmente incurvati. Nell’ ultimo giro i setti sono alquanto più allontanati fra di loro. Concamerazioni regolari e falciformi. I caratteri della generazione megasferica sono i medesimi, a parte la presenza della loggia iniziale e la sua ripercussione sull’allontanamento dei primi giri. sx Nummalites Dollfusi era finora nota nell’Eocene medio del Vallone Tre Pietre presso Termini-Ime- rese in Sicilia. ’ Nummulites atacicus LeymerIie. — Tav. VI [II], fig. 7. 1912. Nummulites atacicus Levm. Boussac. Etudes paléontogiques sur le Nummulitique alpin, pag. 28, tav. II, fig. 26; tav. III, fig. 15; tav. IV, fig. 14 (cum syn.). A Serra Castiglione presso San Marco la Catola esiste tanto la forma (A), che la forma (B) di N. atacicus; esse però vi sono piuttosto rare. Nummulites Beaumonti n’ ArcHiac. — Tav. V [I], fig. 40, 41. 1853. Nummwulites Beaumonti n’ ArcHIAc et Hamer. Description des animaux fossiles du groupe nummulitique de V Inde, pag. 133, tav. VIII, fig. 1a-d, 2 e 3. 1883. Nummulites sub-Beaumonti ne La Harpe. Monogr. der in Aegypten und Lybischen Wiiste, pag. 112, tav. XXXI, fig. 48-56. 1902. Hnatkenia Beaumonti D’Arc. Prever. Le Nummuliti della Forca di Presta ect. e dei dintorni di Potenza ect., pag. 95, tav. IV, fig. 40. 1902. Hankienia sub-Beaumonti pe La Harpe. Prever. Idem, pag. 96, tav. IV, fig. 41-43. 1903. Nummulites Beaumonti p’Arcniac. MARTELLI. I fossili dei terreni eocenici di Spalato in Dalmazia, pag. 19, tav. I, fig. 7. 1904. Lenticulina Beaumonti v’Arc. (B) CaeccaTa-RispoLi. I foraminiferi eocenici del gruppo del M. Iudica e dei dintorni di Catenanuova ecc., pag. 45. Gli esemplari da noi raccolti appartengono tutti alla forma megasferica (A); ed essi corrispondono bene a quelli descritti e figurati dal pe La HARPE e dal PREVER sotto il nome di N. sub-Beaumonti DE LA H. N. Beaumonti è una specie comune nei sedimenti dall’ Focene medio di molte località del bacino mediterraneo. Questa specie è comunissima a Serra Castiglione; presso San Marco la Catola. 112 G. CHECCHIA-RISPOLI [10] Nummulites frentanus sp. nov. — Tav. V [I], fig. 12, 13. Forma a microsfera (B) — Tav. V[I], fig. 11. Diametro . 7 ò 7 5 é i 3 mm. 8 Spessore . 7 3 6 0 c 5 » 2,8 Giri in numero di 8 su di un raggio di . È a 4 Setti in numero di 7 sudi 4/,. o . o del 2.° giro » » » 9 » ; A x A D 90 » » » 10 » 4 ; n 4 Dedo » » PAMELA » È l 1 È PINTO LORO » » PIO » È a : a nio, » » » 15 » 7 o 5 n DO » » » 10 » é 4 5 s Por SO Forma a megasfera (A) - Tav. V [I], 12. Diametro . : E : 5 b . mm. 4-4,2 Spessore . 7 3 È ò o o » 1,4-1,6 Giri in numero di 4 su di un raggio di . »_ 2 Setti in numero di 7 su di 4/, . 6 o del 2.° giro » » » 10 » 0 d di » 90» » » Si ill » A î Ù » 4,0 » Plasmostraco di forma lenticolare, non molto gonfio, coperto di strie finissime, poco appariscenti, raggianti dal centro, ove sono poco flessuose; verso la periferia sono più flessuose. Margine acuto. Spira molto regolare, dal passo gradatamente crescente sino al quinto giro e costante nei successivi. Lamina spirale discretamente spessa ed uguale all'incirca ad un terzo del canale, di uniforme spessore sino alla fine. I setti sono regolari, paralleli, equidistanti, vicinissimi, crescenti di numero gradatamente sino al penultimo giro e più radi e meno regolari nell’ ultimo. Essi sono sottili, poco inclinati e propriamente: diritti fino ai due terzi della loro altezza, e poi inclinati indietro. Concamerazioni strette, alte, regolari. Nell’ ultimo giro, a causa della maggiore distanza dei setti,. esse sono sub-quadrangolari. I caratteri della forma (A) sono i medesimi a parte la presenza della loggia centrale, di piccole di- mensioni e rotonda e la sua ripercussione sullo svolgimento dei primi giri della lamina spirale. Anche la forma del plasmostraco è alquanto più gonfia. La forma (A) di N. frentanus è più abbondate e più comune della (B) a Serra Castiglione presso. San Marco la Catola in Capitanata. Nummulites frentanus n. sp. var. biconicus n. v. — Tav. V [I], fig. 25-31. Diametro . - o 0 c o . 5 mm. 4 Spessore 6 c 0 - 5 ò : È DA Giri in numero di ò su di un raggio di . . » 2 Setti in numero di 4 su !/, . . : . c del 1.° giro » » 9 » PESO » » » 10 » » a) O) » » » 11 » Delo. [11] G. CHECCHIA-RISPOLI ds x Plasmostraco di piccole dimensioni, molto spesso, e quasi in tutti i casi lo spessore è uguale al diametro o è di poco inferiore. Le facce sono molto elevate, coniche, più o meno appuntite nel mezzo, con i fianchi leggermente piegati a sella. Margine per lo più assottigliato. Le due superfici sono ricoperte di strie irraggianti da un piccolo mammellone centrale, che vanno diritte sino alla periferia. La sezione equatoriale mostra al centro una concamerazione relativamente piccola, rotonda e cinque giri di spira, il cui passo, piuttosto ampio, cresce gradatamente e lentamente sino all'ultimo giro. Anche la lamina spirale aumenta gradatamente di spessore sino al penultimo giro. Setti numerosissimi, equidistanti, paralleli, regolari, inclinati indietro debolmente nella metà inferiore, fortemente nella superiore. Il loro numero è quasi costante nei vari giri, quindi essi vanno man mano distanziandosi fra di loro; nell’ultimo giro essi sono ancora più distanti ed alquanto irregolari. Concamerazioni strette e falciformi. La sezione trasversale fa osservare, oltre i caratteri della forma, anche il forte spessore della lamina, il quale va aumentanto regolarmente dalla periferia verso il centro delle faccie. Gli esemplari appartenenti a queste varietà sono abbondantissimi; possiamo anzi dire che fra le Nummuliti di Serra Castiglione, questa forma è una delle più abbondati; inoltre essa è rappresentata da esemplari di tutte le dimensioni, che vanno dal diametro di 2 mm. a 4mm. Anche i più piccoli esem- plari presentano la forma gonfia con le faccie coniche. Per questo fatto noi riteniamo che tali esemplari costituiscono una buonissima varietà legata però specificamente a N. frentanus per tutti gli altri caratteri. Nummulites incrassatus pe La Harpe. — Tav. V [I], fig. 16-24. 1912. Nummulites incrassatus ve La H. Boussac. Etudes paléontologiques sur le Nummulitique alpin, pag. 32 (cum syn.). Il dott. Boussac ha recentemente separato specificamente da N. vascus Joy et LevmERIE gli esem- plari noti come N. vasca var. incrassata e tenuispira DE LA HARPE con i corrispodenti a megasfera !, quelli descritti da A. Hem sotto il nome di N. Boucheri pe La H. e varietà 3), quelli dal SiLvestRI riferiti a N. vasca (B) ed (A), ecc., ed ha riunito a questi anche tutti quelli finora riferiti a _.N. Rosai TELLINI, dalla PaRIScH, dal Boussac, da R. DouviLLé, da FABIANI, distinguendo tutti questi esemplari da N. vascus per la forma più gonfia e per le strie della superficie meno flessuose. Il Boussac però rileva le strettissime relazioni tra N. 2ferassatus e N. vascus, che considera come una mutazione distaccata dalla prima alla base dell’Oligocene, mentre N. incrassatus sarebbe una muta- zione priaboniana ed oligocenica di N. globulus LeEYm. Ora noi abbiamo rinvenuto a Serra Castiglione, insieme alle altre specie descritte in questa Nota, parecchi esemplari di una nummulite, che avevamo di già determinati come N. vascus JoLy et Levm., quando nel corso del presente lavoro ci giunse l’interessante Memoria del Boussac. Riesaminando meglio i nostri esemplari, ho visto che essi si adattano più alla descrizione di N. 2ncrassatus, così come è in- tesa dal Boussac, che a quello di N. vascus, sia per quanto riguarda la forma più gonfia del plasmostraco i) Dn La Harpe. Nummulites de la Suisse. Mem. de la Soc. pal. suisse, X, pl. VII, fig. 27-28, 29-32, e 47-59. 2 Hrim A. Die Nummuliten-und Flyschbildungen der Schweizeralpen. Abhandl. d. schweiz. palàont. Ges., XXXV, pag. 218-220, pl. VI, fig. 1-20 e 24. 3) SiLvestrI A. Nummuliti oligoceniche della Madonna della Catena ecc., pag. 613-630, tav. XXI, fig. 1-7. Palaeontsgraphia iialica, vol, XIX, 1913. 15 RIC G., CHECCHIA-RISPOLI [12] che per le strie della superficie, e quindi li abbiamo riferiti alla prima. Noi per ora lasciamo impregiu- dicata la questione se N. incrassatus rappresenti veramente una specie a sè, come stima il Bousssac, o sia una varietà di N. vascus, secondo il pe LA HARPE ed altri: certo fra le due forme vi sono strettissimi rapporti, e forse un giorno si finirà col fonderle. N. incrassatus nel deposito in esame è rappresentato da forme a microsfera e a megasfera. Nummulites variolarius LaxmARcK sp. 1912. Nummulites variolarius Lux. sp. Boussac. Etudes paléontologiques sur le Nummulitique alpin, pag. 48 (cum syn.). Questa specie, facilmente riconoscibile, è rappresentata da esemplari megasferici, che sono piccoli, gonfi, a strie radiali. La spira è stretta; la lamina spirale spessa; i setti uguali e di spessore costante sono curvi sin dalla base; le concamerazioni un po’ più alte che larghe. N. variolarius è frequente a Serra Castiglione presso San Marco la Catola. II. — Nummuliti con pilastri. 1. — Nummuliti con pilastri ed a strie radiali. Nummulites garganicus TeLuni. — Tav. VI [I], fig. 8. 1890. Nummulites garganica Teruni. Le Nummulitidi della Majella, delle Isole Tremiti e del Promontorio garganico, pag. 25, tav. XII, fig. 5 e tav. XIV, fig. 4, D. 1890. Nummulites sub-garganica Teuuini. Ibidem, pag. 26, tav. XII, fig. 10, 11 e tav. XIV, fig. 1-3. 1904. Lenticulina garganieca TeLuini (A). Carccnia-Risponi. I foraminiferi del gruppo del M. Iudica e dei dintorni di Catenanuova ecc., pag. 18, tav. I, fig. 7, 8. Abbiamo trovato tanto la forma (A), che la (B). E una nummulite di piccole dimensioni, ed il dia- metro dell'esemplare figurato sorpassa di poco i 4 mm. Plasmostraco lenticolare, ricoperto di granuli piuttosto radi disposti secondo una linea spirale, in mezzo ai quali si scorgono i filetti settali diritti, raggianti dal contro verso la periferia. La spira è regolare dal passo regolarmente crescente sino all’avantultimo giro, mentre nell’ ultimo si restringe bruscamente. Lamina spirale spessa ed a spessore crescente sino alla fine. I setti sono regolari, poco numerosi, poco inclinati ed incurvati, i quali sì vanno man mano distan- ziando fra di loro, a misura che la spira si svolge. \ Le concamerazioni sono presso a poco rombiche, col soffitto fatto a volta. La forma corrispondente a megasfera è più piccola, più gonfia, ma identica in tutti gli altri caratteri alla forma (B). N. garganicus è stata per la prima volta trovata negli strati dell’ Eocene medio del promontorio garganico e delle Isole Tremiti. Poi fu da me in seguito rinvenuto nelle brecciuole calcaree dei dintorni di Catenanuova in provincia di Catania associata con N. laevigatus, irregularis, contortus, ecc. ed Ortho- phragmina. [13] G. CHECCHIA-RISPOLI 1I15 Nummulites sp. — Tav. VI [II], fig. 6. Diametro . o o o : ò 5 5 mm. 4 Spessore . ; . 5 à 0 . E » (NI Giri in numero di 5 su di un giro di i È DI Setti in numero di 3 in 4/, : 5 - - del 2.° » » 4 » n . . . . » SO » » Go 4 7 o 5 » 40 » » 6 » . . . . . » 5.0 Nummulite di piccole dimensioni, lenticolare, poco gonfia, ricoperta di strie rade, raggianti e di tu- bercoletti poco appariscenti disposti tra i setti. Concamerazione centrale di medie dimensioni, circolare. Spira regolare, dal passo costante sino alla fine. Lamina spirale sottile. Setti poco numerosi, poco regolari, talora inequidistanti, inclinati indietro, poco incurvati. Questa forma, che noi per ora non abbiamo potuto identificare a nessuna nummulite nota, è raris- sima a Serra Castiglione presso San Marco la Catola. Noi abbiamo trovato un solo esemplare, che è quello qui figurato nella sua sezione equatoriale. Nummulites Partschi pr ra Harpr. - Tav. V [I], fig. 32-39. 1880. Nummulites Partschi ne La Harpe. Note sur les Nummulites Partschi et Oosteri. Bull. de la Soc. vand. des Se. nat., XVIII, pag. 37-38, tav. III, fig. I 1-17 (B). 1880. Nummulites Oosteri pe La Harpe. Idem, pag. 38-39, tav. III, fig. II 1-6 (A). 1909. Nummulina gallensis A. Henri. Numm.-und Flyschbild. d. Schweixeralpen, pag. 233-239, tav. III, fig. 12-23; tav. IV e tav. V(A e B). 1912. Nummulites Parischi ve La H. Boussac. Etudes palcontologiques sur le Nummulitique alpin, pag. 53 e seguenti. Questa specie è solamente rappresentata da esemplari a megasfera (A). Il plasmostraco è di forma lenticolare e molto gonfio. L’esemplare più grande, che misura mm. 8 di diametro, ha uno spessore di mm. 4. Le strie sono irraggianti dal centro, piuttosto rade e poco flessuose. I granuli sono sopratutto ag- gruppati verso la parte centrale e situati sulle strie, ma senza che questa regola sia assoluta, come giustamente ha osservato il Boussac, perchè spesso sono situati accanto alle strie, od anche in mezzo ad esse. Generalmente mancano verso la periferia del plasmostraco. La spira è regolare; la lamina spirale è piuttosto spessa ed eguale al terzo od alla metà del passo; questo cresce lentamente nei primi giri e poi si mantiene costante. I setti sono pochissimo incurvati ed inclinati, un po? ispessiti alla base ed assottigliati all’estremità. La loggia iniziale è di medie dimensioni e arrotondata. N. Partschiì è la specie più abbondante fra le nummuliti di Serra Castiglione presso San Marco la Catola. 2.— Nummuliti con pilastri ed a strie meandriformi. Nummulites millecaput Bousgr. — Tav. V [I], fig. 42-45. 1611. Nummulites millecaput Bousgr. Boussac. Études paléontologiques sur le Nummulitique alpin, pag. 93, tav. I, fig: 7 e 15; tav. IV, fig. 15; tav. V, fig. 9, 10 (cum syn.). 116 G. CHECCHIA-RISPOLI [14] x Questa specie è comunissima nelle brecciuole intercalate tra le argille scagliose di Serra Castiglione ed è rappresentata da esemplari a megasfera (A) (= N. helvetica KaurMANN). Questa forma è stata con- fusa per lunghissimo tempo con N. Zehihatcheffi D’ARCH., che è invece la corrispondente a megasfera di N. distans DESH., secondo ha dimostrato il DoUvILLE. N. millecaput Bouste e N. distans DesHAYES si distinguono fra di loro, perchè mentre la prima porta dei granuli, visibili specialmente verso la periferia man mano che il plasmostraco cresce, la seconda invece ne è esente. Questi fatti importanti si osservano tanto sugli individui microsferici (B), che su quelli macrosferici (A), dell’una o dell’altra specie. Molto probabilmente la maggior parte degli esemplari determinati come N. ZeWhihatchefi debbono riferirsi invece a N. hRelvetica, che è, come ha dimostrato A. Her, la corrispondente a megasfera di N. millecaput (= N. complanata auctorum). Una osservazione dobbiamo fare riguardo alla distribuzione geologica di N. millecaput. Secondo le osservazioni del Boussac i giacimenti in cui si trova questa specie appartengono tutti al Luteziano. Pare invece che questa abbia attraversato tutto 1° Eocene. A parte le citazioni di altri autori, come quelle del TeLuINI che la cita nel Bartoniano piemontese, noi in Sicilia l'abbiamo trovata nei dintorni di Termini- Imerese, in quel livello elevatissimo dell’ Eocene, che può anche rappresentare un termine di passaggio all’Oligocene. Recentemente poi l’abbiamo rinvenuta se non abbondante, ma in ottimi esemplari, in quella forma- zione dei dintorni di Campofiorito in provincia di Palermo, da me riferita all’Oligocene inferiore, insieme con N. vascus, intermedius, Orthophragmina e Lepidocyclina. Gen. Orbitoides D'ORBIGNY. é Subgen. Orbitoides s. str. Orbitoides media D’Arcn. var. Philippi Cx.-Risp. 1907. Orbitoides Philippi Carccaia-RispoLi. Nota preventiva sulla serie nummulitica dei dintorni di Bagheria e di Termini-Imerese, pag. 8-17. 1911. Orbitoides media D’Arca. var. Philippi CurccHta-Rispori. La serie nummulitica dei dintorni di Ba- gheria in provincia di Palermo, pag. 184, tav. VI, fig. 64 (cum syn.). Abbiamo raccolto vari esemplari di questa specie, i quali non sono rari. Essi sono in perfettissimo stato di conservazione e sicuramente riferibili alla varietà PWilippi mihi della Ord. media D’ARcHIAC. Non avendo da fare nuove osservazioni su questi altri esemplari, mi rimando ad un mio lavoro sul- l’ Eocene della regione Cacasacco, presso Termini-Imerese, per quanto ho scritto a proposito di questa varietà 1). Questa forma si raccoglie a Serra Castiglione insieme con gli altri foraminiferi descritti nel corso di questo lavoro. . i) v. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche di Palermo, vol. XXVII, 1909. [15] G. CHECCHIA-RISPOLI 117 Subgen. Lepidocyclina GuuBEL. Lepidocyclina marginata Micuetomi: — Tav. VI [II], fig. 18-22. 1904. Lepidocyclina marginata Micart. Lemore et DouviLL®. Sur le genre Lepidocyclina GuemBEL, pag. 16, Tae bia rev IE i 6 ZO tn II i EEE 1904. Lepidocyclina Morgani Lemore et DovvinLi. Sur le genre Lepidocyclina GuewBsL, pag. 17, tav. I, fig. 12, 15, 17; tav. IL, fig. 4,12; tav. IU, fig. 2. 1911. Lepidocyclina marginata Micart. Carcona-RispoLi. La serie nummulitica dei dintorni di Bagheria in provincia di Palermo, pag. 159, tav. VI, fig. 11-38 (cum syn.). Abbiamo trovato di questa specie tanto la forma (B) (= Zep. marginata Mrcat.), che la forma (A) (= Lep. Morgani Lex. et Douv.), la quale è più abbondante della prima. Ho avuto occasione di dire più volte le ragioni che mi spingono a considerare la Lep. Morganiì Lem. et Douv., come la forma a megasfera delle Lep. marginata Micat. Le osservazioni compiute sul nuovo materiale raccolto mi convincono sempre più in questo mio modo di vedere. La Lep. marginata è una forma oramai ben conosciuta, ed una nuova descrizione sarebbe cosa su- perflua e mi limito perciò solamente a figurare qualche esemplare. La Lep. marginata è una specie piuttosto frequente nelle brecciuole calcaree intercalate nelle argille scagliose della regione Serra Castiglione, presso San Marco la Catola. Essa si trova associata in dette brecciuole con tutte le altre specie di foraminiferi eocenici descritti in questo lavoro, come è detto nel- l'introduzione. Lepidocyclina apula sp. nov. — Tav. VI [II], fig. 24, 25, d. Lepidociclina di piccole dimensioni, del diametro di circa 5 millimetri e dello spessore nella parte centrale di poco più di 1 mm. Il plasmostraco è lenticolare, assottigliato verso il margine e ricoperto da numerose e piccole pustolette, che si fanno più grosse dalla periferia verso la parte centrale. La sezione equatoriale mostra al centro un apparecchio embrionale, relativamente di piccolissime di- mensioni, costituito di una prima loggia a sezione circolare e di una seconda reniforme, entrambe a parete piuttosto spessa. Le loggette equatoriali sono ogivali, di piccolissime dimensioni, sovrapposte in numerosi cicli rego- lari. Le loggette aumentano gradatamente e lentamente di dimensioni del centro verso la periferia. Per tutti i suoi caratteri la Zep. apwa appartiene alla sezione delle Nephrolepidina istituita dal DouviLLe, nella quale sezione questi comprende le forme piccole di Zepidocyelina lenticolari, a loggette ogivali e a nucleo centrale di tipo reniforme; mentre nelle Eulepidina si comprendono quelle forme generalmente di grandi dimensioni, caratterizzate dalle loro loggie equatoriali a spatula o ad esagono regolare ed a nucleo del tipo abbracciante ”. La forma del plasmostraco lenticolare, le piccolissime dimensioni dell’apparecchio embrionale e delle loggette equatoriali, danno una fisionomia speciale a questa lepidociclina, che serve a distinguerla delle altre dello stesso tipo e specialmente delle Lep. Zournoueri e Lep. Morgani, le quali hanno le logge equa- i) DouviLLÈ H. Le foraminiferes dans le tertiaire des Philippines. The Philippine Journal of Science, vol. VI, n.° 2, 1911. 118 G. CHECCHIA-RISPULI [16] toriali molto più grandi e l’apparecchio embrionale più sviluppato e la prima loggia non precisamente a se- zione circolare. La Lep. apula è una forma rara a Serra Castiglione presso San Marco la Catola. Lepidocyclina Raulini Lemorne et Douviué. — Tav. VI [II]; fig. 23. 1911. Lepidocyclina Raulni Lex. et Douv. CaeccHIA-RispoLI. La serie nummulitica dei dintorni di Bagheria in provincia di Palermo, pag. 162, tav. VI, fig. 1-10 (com syn.). Anche questa forma non è rara a Serra Castiglione presso S. Marco la Catola; essa vi è rappresentata da individui a megasfera, i quali però non sorpassano mai i 9 o 10 mm. di diametro. Anche questa è una forma ben conosciuta. Subgen. Orthophragmina Munirr-CHALmMas. Orthophragmina scalaris Scaromsererr. — Tav. VI [II], fig. 10, 11. 1904. Orthophragnina scalaris ScarumBerGER. Troisiome Note sur les Orbitoides, pag. 277, tav. VIII, fig. 4 e tav. IX, fig. 12, 13. E una delle Orthophragmina più comuni nel deposito eocenico di Serra Castiglione presso San Marco la Catola. L’O. scalaris è una specie ben conosciuta ed anzichè tornare a descriverla, ci limitiamo qui a dare la sezione equatoriale e quella verticale di due esemplari. Orthophragmina umbelicata |Drrrar. — Tav. VI [II], fig. 12-14. 1905. Orthophragmina umbelicata Deprat. Les dépots éocènes méo-caledoniens ecc., pag. 497, tav. XVI, fig. 2-11. Riferisco a questa specie alcune ortofragmine, che non misurano più di 8 mm. di diametro, dal pla- smostraco discoidale, le quali mostrano sempre nella parte centrale una depressione più o meno profonda. La superficie è ricoperta di granulazioni piccole, non visibili ad occhio nudo, più grandi nella parte mediana del plasmostraco, e più piccole verso la depressione centrale e verso il margine, che è assottigliato. La forma del plasmostraco risulta meglio dalla sezione trasversale, la quale ha la forma presso a poco di un 8, e per questa corrisponde a quelle indicate coi numeri 3 e 4 della figura A, nel lavoro del DEPRAT e che rappresenta il tipo I, più semplice, di questa interessante specie, caratterizzata “ par une section verticale montrant un type d'épaisseur variable, à dépression centrale plus ou moins profonde, mais. dans le quel la créte du renflement annulaire est toujours très arrondie et descend en pente régulièrement inclinée vers la caréne et vers la dépression; la caréne est. plus ou moin obtuse ...... Anche per i caratteri interni gii esemplari in esame corrispondono all’O. umbelicata, per cui nessun dubbio, noi crediamo, puo esistere sulla determinazione degli esemplari in esame. Mercè il rinvenimento di esemplari facilmente isolabili dalla roccia, noi oggi conosciamo pure l’aspetto esterno di questa ortofragmina, nota sinora solo per mezzo delle sue sezioni verticale ed orizzontale. I tubercoli rossi della superficie e la distanza che li separa, distinguono 10. umbelicata dell'O. omphalus FRITSCH. LO. umbelicata non è rara a Serra Castiglione presso S. Marco la Catola. [17] G. OHECCHIA-RISPOLI 119 Orthophragmina sella p’Arcarac. — Tav. VI [II], fig. 9. 1903. Orthophragmina sella D’Arca. ScaLumBrRGER. Troîsiome Note sur les Orbitoides, pag. 278, tav. IX, fig. 14-16, 25. Abbiamo rinvenuti tre esemplari di questa forma di ortofragmina, i quali corrispondono in tutto, sia per i caratteri esterni, che per quelli interni all’Ort4. sella D’ARcH. (= Lenticulites ephippium SCHELOTE.). L’Orth. sella è una specie comune nell’Eocene ed abbastanza nota, perchè occorra una nuova descri- zione. Ci limitiamo perciò qui a figurarne uno esemplare nella sua sezione equatoriale. Non rara a Serra Castiglione presso S. Marco la Catola. Orthophragmina Di-Stefanoi Cx.-Risp. — Tav. VI [II], fig. 17. 1906. Orthophragmina Di-Stefanoi Carccuia-Rispori. Sul! Eocene di Capo S. Andrea presso Taormina. RA. R. Acc. d. Lincei, vol. XV, ser. 52, sem. 2°, fasc. 6. 1909. = = CrHeconia-Rispori. La serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese, T. Il Vallone Tre Pietre, pag. 110, tav. IV, fig. 6-13; tav. VI, fig. 23- 26 e tav. VII, fig. 11, 12. 1909. i _ CarccHia-RispoLi. La serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese, II. La R.° Cacasacco, pag. 203, tav. I, fig. 12. 1910. —_ = CarccHia-RispoLi. La serie nummulitica dei dintorni di Bagheria, pag. TO Tac NG ia iii 20) 1910. se —_ Ca.-Risp. Ravagni. Nummuliti ed Orbitoidi eoceniche dei dintorni di Hirenze, pag. 237. Ii, _ _ Cneccuta-Rispori. Sul! Oligocene dei dintorni di Campofiorito in provincia di Palermo, pag. 299, tav. I, fig. 21. È una specie comunissima a Serra Castiglione presso San Marco la Catola. Questa ortofragmina, fa- cilmente riconoscibile per il suo plasmostraco piegato a sella, ma molto spesso, per i grandi tubercoli che ornano la superficie e per le sue piccole dimensioni, è comunissima in Sicilia e comincia ad essere rin- venuta anche nel continente, ove per la prima volta è stata trovata dalla dott.* M. RavaGLI nell’ Eocene dei dintorni di Firenze. La massima diffusione di questa specie è nell’ Eocene, ma noi in Sicilia l'abbiamo trovata anche nel- l’Oligocene dei dintorni di Catenanuova in provincia di Catania e di quello di Campofiorito in provincia di Palermo. Orthophragmina apula sp. nov. — Tav. VI [II], fig. 15, 16. Plasmostraco lentiforme, molto gonfio, tanto che lo spessore nella parte centrale supera sempre la metà del diametro. Lo spessore diminuisce rapidamente verso l’estremità del raggio per formare uno stretto collaretto attorno al mammellone centrale più o meno ondulato. Le due facce sono ricoperte di grosse protuberanze che aumentano di dimensione verso il centro. La sezione equatoriale mostra un apparecchio embrionale composto di due logge circolari, di cui la più grande avvolge completamente la più piccola. Le loggie equatoriali sono al solito rettangolari a pareti sottili e vanno aumentando di altezza verso la periferia del plasmostraco. 120 G. CHECCHIA-RISPOLI [18] La sezione verticale, oltre il grande spessore del plasmostraco, fa vedere i radie forti pilastri, rag- gruppati verso la parte centrale della conchiglia, e le loggie laterali sovrapposte in gran numero ed an- ch’esse a pareti sottilissime. Il più grande esemplare misura mm. 4 di diametro per 2,5 di spessore; un altro più piccolo ha un diametro di mm. 3 ed uno spessore di 2 mm. Questa specie non è rara a Serra Castiglione presso S. Marco la Catola. Gypsina globulus Reuss sp. 1911. Gypsina globulus Reuss sp. Caeccaia-RispoLi. Sul! Oligocene dei dintorni di Campofiorito in provincia di Palermo, pag. 300 (cum syn.). La Gypsina globulus non è infrequente nelle brecciuole calcaree intercalate dentro le argille scagliose della contrada Serra Castiglione presso S. Marco la Catola. I più grandi esemplari non raggiungono i 2 mm. di diametro; questi sono simili in tutto agli altri da me descritti della Sicilia, provenienti dalle formazioni eoceniche ed oligoceniche della provincia di Pa- lermo. Finito di stampare il 4 settembre 1913 P. ZUFFARDI ELEFANTI FOSSILI DEL PIEMONTE (Tav. VII-XII [I-VI]). Cenni storici della raccolta. — Degli elefanti fossili del Piemonte pochi e di sfuggita si occuparono poichè la copiosa messe preziosa dei resti di Mastodonte attraeva e occupava di più gli antichi studiosi dall’Actroni al Cuvier, al Borson e al SISMONDA. Il Cuvier nel 1806, parlando degli Elefanti fossili, dichiarava che il Piemonte ne ha forniti parecchi e che egli aveva ricevuto dal sig. Grorna due notevoli porzioni di mascelle tolte al Gabinetto di Storia Naturale di Torino. Il sig. GIorNA poi gli scriveva che nello stesso Gabinetto era ancora un femore di Elefante, mentre il CuvieR conservava anche un frammento d’avorio di Buttigliano (forse Buttigliera) in provincia di Asti (v. GastALDI [49] pag. 7). L’AmoreTTI nel 1808 (Gasratpi [ib.] pag. 8) cita pure un elefante dissot- terrato a Buttigliera d'Asti nei fondi del conte FrarLino (forse FREYLING) ma è noto come in quel tempo venissero molto facilmente confusi resti di Mastodonti con quelli di Elefanti data anche la loro promiscuità in uno stesso giacimento. Questa osservazione muove pure il GasraLDI (0p. cit., pag. 12) al Borson che nel catalogo della collezione di Torino pubblicato nel 1830 ([8] pag. 703 e seg.) elencava numerosi resti di elefanti tratti in più punti del Piemonte. Il Borson stesso nella sua memoria ([9] pag. 8-10) letta pure nel 1830 all’Accademia delle Scienze, ricordava con precisione diverse località con avanzi di Proboscidati. Di poi nel 1858 il Gasratpi ([49] pag. 47) dava un nuovo catalogo dei vertebrati fossili Piemontesi tra cui ricorda il Zoxodon meridionalis NeSTI e l’Elephas antiquus delle “ alluvioni plioceniche nel Pleistocene dell’ Astigiano ,,, l’Elephas primigenius di Carignano ! in strati superiori, nonchè i resti di Z/ephas delle breccie di Nizza Monferrato. Ma nessuna descrizione o illustrazione ancora si ha. :Ed anche i più autorevoli studiosi stranieri che in tempi successivi visitarono la raccolta si limitarono a lasciare qualche segno sui cartellini indicatori dei singoli esemplari e a qualche cenno nelle loro pubblicazioni. Così il FALcoNER, che visitò la collezione nel 1856-1859, crede riscontrare tra gli esemplari‘i rappresentanti della sua nuova specie 1° E. antiquus ([40] vol. II, pag. 176-188) e dell’E. primigerius ([ib.] pag. 162) nonchè il rappresentante della sua specie provvisoria lE. armeniacus ([ib.] pag. 249). ; Il PorLIG visitò pure la raccolta e nel 1882 alla presenza stessa del PortIs ([89] pag. 4) vi ebbe a fare varie cancellature limitandosi ad accennare nelle sue memorie la presenza di vari denti delle tre specie principali e del suo nuovo E. trogontherii (vedasi [83] vol. 53, pag. 25, 169, 206, 207, 208, 200, 238). 1) Che come vedremo è invece E/ephas antiquus (pag. 167 [47], tav. X [IV], fig. 8). Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913, 16 122 P. ZUFFARDI 12] — Intanto si andavano accumulando anno per anno nuovi campioni di molari elefantini fossili scoperti in lavori agricoli dell’Astigiano. Di questi pur troppo, per soverchia fiducia nella propria memoria di chi allora presiedeva il Museo di Torino, non resta più altro ricordo se non che appunto provengono dal territorio d'Asti come potè apprendere il prof. PARONA quando venuto a dirigere il Museo si accinse al non lieve lavoro di ordinamento delle raccolte. In seguito, il primo ad occuparsi un po’ più estesamente di qualche esemplare della collezione fu il Porris nel 1896 ([87], vol. II. Intermezzo: Elefanti di Torino, pag. 299-309) e più e meglio ancora nel 1898 [89] quando illustrò due molari di E. antiquus e uno di E. primigenius. Ultimamente poi il chiar.®° prof. PARONA determinò un molare di E. primigenius recentemente sco- perto a Testona sulla collina di Torino (1907 |26]). La ricca raccolta di esemplari mancava dunque di essére completamente conosciuta e d’altra parte le nuove idee che sorgevano sul valore sistematico e cronologico delle varie specie elefantine rendevano utile uno studio completo; perciò ho accolto con grato animo l’invito del chiar.®° prof. PARONA nel solo scopo di portare alla soluzione delle attuali questioni un piccolo contributo, quale lo studio accurato della raccolta poteva permettermi. Avendo a disposizione una bibliografia ricchissima, altri denti elefantini di diverse località italiane ed estere, nonchè copiosi modelli, un esame comparativo doveva riuscirmi più agevole, ma non appena cercai di istituire qualche confronto tra i molari in studio e le figure e i cam- pioni degli altri accennati, ben difficilmente potei constatare una grande se non perfetta somiglianza. Mi proposi perciò anzitutto di esaminare il valore dei caratteri dentali ritenuti specifici dai nume- rosissimi studiosi di resti elefantini fossili. * * > Valore dei caratteri dentali. — Da quando la classificazione degli elefanti fossili venne basata sui caratteri dentali per la maggior copia degli esemplari raccolti in confronto con altre ossa o di scheletri completi, essa gradatamente venne a perdere di consistenza e rigorosità quanto più si moltiplicavano gli studi e veniva quindi a mettersi in evidenza la grande variabilità dei caratteri ritenuti dapprima come base della determinazione specifica. Questo spiega il sorgere delle innumerevoli specie, basate su qualche particolare carattere dei denti, che dovettero poi opportunamente essere distrutte dal PoHLIG. Anche per le sole tre specie principali: dell’Elephas meridionalis Nesti, Elephas antiquus Farc., Elephas primigenius Brum., si assiste ad una mutazione continua nella valutazione dei caratteri ritenuti specifici, onde il PortIs per la specie dell’E. antiquus osservava che si può constatare “ quali esemplari le siano stati in tempi, luoghi ed occasioni diverse attribuiti, e quali e quanti dopo esserle stati attribuiti siano stati restituiti e ritolti le quante volte nelle diverse pazienti e dotte peregrinazioni del FALcONER in Italia e altrove, ma sopratutto in [talia ed anche nel termine di una sola peregrinazione ,,}.. È necessario quindi, prima di procedere ad una determinazione qualunque, valutare, per quanto più possibile, esattamente l’importanza specifica dei singoli caratteri che si possono riscontrare nei denti. Limitiamoci pertanto all’esame delle tre specie accennate nei caratteri che usualmente servono alla de- terminazione e cioè: 1.° Numero delle lamine; 2.° Indice dentale, densità e frequenza laminare; 3.° Forma della corona: a) larghezza, b) lunghezza, c) altezza; 4.° Spessezza dello smalto; 5.° Figure di abrasione. Circa il numero delle lamine da cui si ricava la formula dentale, l’accordo tra i numerosissimi studiosi esteri e nostri è abbastanza soddisfacente nel ritenere che per lE. meridionalis si va da un 1) PoRTIS. [91], pag. 99. [3] P. 4UFFARDI 123 numero dix 3 pel 1.° molare (o 1.° molare da latte) a un massimo dix 14 pel molare VI (3.° vero molare); per lE. antiquus rispettivamente da x 3 x a x 21xe per VE. primigenius da x 4x a x 29 a. Certo queste cifre che rappresentano per ora la conclusione più sicura, non possono considerarsi per se stesse fisse, poichè può benissimo darsi che ulteriori scoperte costringano ad allargare i limiti, come ad es. appare in qualche molare ultimo di £. primigenius ove solo recentemente si sono contate sino a 29 lamine mentre prima il numero massimo si riteneva fosse 27. Ciò che per noi ora importa è rilevare la proporzionalità costante di ciascuna serie dentale in se stessa e in rapporto con le altre. Così dalla serie a minor numero di lamine dell’£. meridionalis si passa all'estremo opposto nell’ E. primigenius che ha invece la serie con il maggior numero. Un altro carattere che può ritenersi costante nelle singole specie è 1’ indice dentale che per lE. meri- dionales va da 0,02-0,025 e per LE. antiquus da 0,015-0,020, per IE. primigernius da 0,07-0,014: senza discutere sulla giustezza di ciascun valore speciale, importa anche qui notare la graduale diminuzione dell'indice attraverso la specie dell’. meridionalis all’ E. primigenius. A proposito è noto che il PoHLIG ottiene il valore dell’indice misurando una lamina completa (un disco di dentina [avorio] con le due la- melle di ganeina [smalto] che la rivestono) più un attiguo intervallo di cemento. Tale valore in ciascuna specie è indipendente dal maggiore o minore ravvicinamento delle lamine, perchè si verifica — in molti degli esemplari in esame l’ho io stesso constatato — che lo sviluppo del cemento è inversamente proporzionale a quello delle lamine; per tui se esso è molto stretto e le lamine si trovano perciò raccostate, queste per converso sono assai più larghe, e viceversa a grandi intervalli di cemento corrispondono lamine assai più strette; il valore complessivo dell’indice dentale resta dunque invariato. Abbastanza costanti e caratteristiche per le diverse specie sono: la densità e la frequenza laminare. Per densità, secondo gli autori, devesi intendere non tanto il maggiore o minore raccostamento delle lamine, quanto il numero maggiore o minore di esse, e allora, per quanto si è detto, si capisce come la densità vada aumentando dall’E. meridionalis all’. primigenius e possa fornire quindi un altro buon ca- rattere specifico. i Strettamente dipendente dalla densità, e di conseguenza dall’indice dentale e dal numero delle lamine, è la frequenza laminare. Con questo nome mi pare si possa designare il valore ricavato col nuovo metodo di misura proposto dalla PauLow *, la quale si serve di una quantità costante, 10 cm., per vedere quante lamine vi si comprendono. Ed è chiaro che la frequenza laminare aumenterà pure dall’ E. meridionalis all’E. primigenius. Questo metodo che deve essere usato con un certo criterio, scegliendo nei denti completi una porzione media, mi pare (specialmente quando il dente è incompleto e non si possono vedere tutte le lamine) possa fornire ottimo aiuto agli altri caratteri per una buona determinazione specifica. Meno costanti e di valore meno caratteristico sono invece le forme della corona; larghezza, lunghezza, e altezza di cui occorre occuparci partitamente. Quanto alla larghezza gli autori sono concordi nel ritenerla massima nei molari dell'E. meridionalis i cui denti sono detti dal PonLie estremamente laticoronati. Nell’ E. antiquus invece i denti sono considerati comunemente come Angusticoronati. Secondo il PoHLIG 0,0685—0,098 0,062—0,09 di solito la media si aggira intorno a 0,07, mentre egli considera come eccezioni, ritenendoli quali di vecchi Goondah o elefanti isolati e randagi, i molari aventi dimensioni che stanno tra 0,08—0,09. La le loro dimensioni in larghezza variano rispettivamente pei denti superiori e inferiori 1) PauLow. [78], pag. 54. 124 P. ZUFFARDI [4] dimensione massima di 0,098 egli l’ha riscontrata in un molare VI superiore destro conservato nel Museo di Jena dal quale ha ricavato queste misure: 0,34 X 0,098 X 0,24 !. Tale larghezza massima egli ha pure riscontrata in un molare ultimo superiore destro di E. antiguus che è il più largo fino ad ora conosciuto ed ha il minimo della formula dentale, x 14%, con un indice di oltre 0,02 ©. Fa d’uopo però ricordare come il LerrH-ApAws, pur riconoscendo che i denti di . antigquus hanno corona generalmente stretta in confronto della lunghezza rispettiva, vi ascrivesse ancora quale semplice varietà una serie di denti a corona larga e massiccia comprendendoli nella sua varietà A. Egli per un esemplare “ caratteristico ,, del Forest Bed Ostend Norfolt n.° 16229 dà una larghezza massima di 3 pollici per 9 di larghezza; per un altro n.° 27907 dà una larghezza di 3-5 pollici su 10 di lunghezza 3). La massima larghezza egli poi ha riscontrato in un molare superiore di Cromer che è di 4 pollici su 11 di lunghezza. Il PoxnLIG considerava la larghezza come carattere di valore specifico per cui sepa- rava i denti attribuiti alla varietà A dell’. antiguus per comprenderli nella sua nuova specie lE. tro- gontheriì. IE. primigenius ha denti ritenuti laticoronati ed il Lerta-Apams considera pure la larghezza della corona come abbastanza rilevante in confronto della rispettiva lunghezza, mentre il PoHLIG per 1° ultimo molare vero di questa specie dà per la larghezza queste misure: 0,065—0,117 anormali sino a 0,13 0,063—0,1 specie le larghezze di 0,072 e anche inferiori, tanto che il PoHLI& ne forma persino una varietà angu- sticoronata di cui un eccellente rappresentante, a detta di lui, è un molare ultimo mascellare sinistro della regione del Reno che ha: x 22. in 0,29 m. ed è largo solo 0,078, alto 0,2 ed è molto simile all’E. antiquus, conservato nella collezione Sociale di Bonn. È notevole però che persino il paio di ultimi molari mascellari di Karlsruhe, i più grossi che PoHLIG abbia visto, col massimo numero di lamine x 27 e con 0,365 X 0,094X 0,235 appartengono alla varietà angusticoronata *. Per intanto si può dunque osservare che la larghezza massima si trova nei molari di E. meridionalis e se riusciremo a dimostrare che nell’ambito della specie dell’E. arziguus debbono anche comprendersi parte dei denti larghi attribuiti all’. frogontherii, aventi come è noto larghezza minore di quelli dell’. meridionalis e maggiore di quelli dell’E. primigenius, noi potremmo anche logicamente riguardare questo carattere della larghezza come un segno di evoluzione continuativa. Quanto alla lunghezza, dal FaLconER agli autori più recenti, si ritiene che i denti di 4. meridionalis siano brevi, corti, mentre quelli dell’. anziguus siano invece lunghi. Il PornLIE nota: “i denti più lunghi dell’. meridionalis in Italia raggiungono soltanto circa i ?/3 della lunghezza massima dei molari dell’ E. antiquus, mentre la massima larghezza di questi ultimi è di altrettanto superata dai primi ,?. Quanto ai denti di Z. primigenius gli autori stranieri e i nostri (Portis, De AneELIS, Ricci ecc.....) ritengono che siano pure lunghi. E infatti prendendo i valori assoluti dati nelle tre specie dal Po&LIc, pei molari . Sono comuni però negli stessi penultimi e ultimi molari di questa 1) PoHLIG. [83], vol. LIII, pag. 183, tav. 6, fig.2 e 2a. 2) Ip. Vol. LVII, pag. 301, tav. A, fig. 1 e la. 3) LpiTH-ADAMS. [98], vol. XXXV, pag. 31. 4) PoHLIc. [83], vol. LIII, pag. 233-234. 5) PogLIc. Ibid., pag. 226. [5] P. ZUFFARDI 125 0,230—0,30 i : 0,23 —0,38 0,230—0,320° per lE. antiquus ultimi di E. meridionalis si hanno lunghezze che variano da 0,275—0,48 0,2 —0,365 , 0,21—0,37 di lunghezza superano assai quelli dell’E. meridionalis e si avvicinano piuttosto a quelli dell’E. antiquus. Ad analoghe conclusioni ci portano i valori della larghezza relativa alla lunghezza dei denti singoli, il cui rapporto da alcuni è detto indice dentale, ma che, per evitare confusioni, si potrebbe chiamare indice coronale. Ho potuto infatti ricavarne molti dai numerosi dati offerti dai moltissimi autori per le tre specie e ne ho avuto i seguenti valori principali: per lE. antiquus: 2,2-2,3-2,9-3,1-3,4-4-4,5; per lE. meridionalis: 2-2,1-2,2-2,3-2,4-2,6-2,8; per VE primigenius: 2,8-2,9-3,1-3,2-3,7-3,8; facendo una media complessiva di tutti quelli riscontrati ho ottenuto rispettivamente 2,3 per 1’E. meridionalis, 3,2 tanto per l’E. antiquus che per VE. primigenius. Dunque possiamo anche legittimamente concludere che pure nei rapporti tra la lunghezza e la larghezza della corona, da cui dipende la forma complessiva del dente, vi è stata un’evoluzione dall’E. meridionalis all’E. antiquus che si mantenne anche nell’. pri- Migenius. Così pure per altezza gli autori sono concordi nel ritenere i valori dell’E. meridionalis assai più bassi che non nelle altre due specie. E il PoHLIG per questo carattere chiama precisamente i denti di E.meridionalis “tapinodischi,, mentre nell’ E. antiguus li ricorda estremamente “ipselodischi ,, carattere che di regola afferma pure riscontrarsi nell’E. primigerius; e di questo avviso, tra i nostri, è pure il Ricci. Nel- « L'E. antiquus il FALconER dice anzi che l’altezza delle lamine è più che doppia della larghezza della corona 2). Anche il De ANGELIS, il PoRtIs, il Ricci tra i nostri, concordano in queste osservazioni e mentre chiamano bassicoronati i denti dell’E. meridionalis, dicono invece alticoronati tanto quelli dell’E. antiquus che dell’E. primigenius. Dunque l’altezza va aumentando dall’E. meridionalis allE. antiquus per conser- varsi anche nell’E. primigenius e si può considerare pure quale carattere continuo evolutivo. Se esami- niamo qualche valore numerico si vede, ad esempio dal PogLIe, che mentre l’altezza dell’ultimo molare dell’ E. meridionalis varia da 0,104—0,140, nell’E. antiguus può arrivare sino a 0,200 e nell’E. primigenius, pure per i molari ultimi, da un valore minimo di 0,091 nei mandibolari, a un massimo di 0,240 dei mascellari 3). Per la spessezza dello smalto o ganeina si è concordì nell’attribuire all’ E. meridionalis la maggiore spessezza delle lamelle che già il FaLconeR chiamava adamante crasso e il PornLIE diceva pachiganali. Più discordi sono i pareri circa lE. antiquus, i denti del quale alcuni, come il De ANGELIS, dichiarano assolutamente pachiganali; e prima ancora il LertaA-ApAMs, più opportunamente, dichiarava che lo smalto era vario ma ordinariamente più spesso che nell’E. primigenius da tutti concordemente considerato assolutamente endioganale ossia a smalto sottile. Certamente lo spessore dello smalto è soggetto a variare grandemente ed è forse uno di quegli elementi che entrano nell’ambito delle variazioni individuali o ma- gari del sesso. Difatti il PoELIG per lo stesso E. primigenius ricorda una varietà pachiganale riscontrata in molari ultimi della regione del Reno e conservati a Bonn 4; per lE. meridionalis non escludeva che, per eccezione, vi potessero essere denti a smalto più sottile, poichè dichiarava che di regola era pachi- e per VE. primigenius ) che dimostrano come anche nell’E. primigenius i valori massimi ) Pons. [83], vol. LIII, pag. 226 e 251. 2) FALCONER. [50], vol. II, pag. 14. 3 PoHLic. [83], vol. LIII, pag. 226 e 249. 4) PonLie. Ibid., pag. 282. 126 P. ZUFFARDI [6] ganale. Il WrlrHoFER nota che in generale nell’E. antiguus lo smalto è più sottile che nell’. meridionalis, però spesse volte “in quest’ultimo è così fine che è molto sorpassato in spessore dal primo ,,. La PAULOW stessa distingue nell’E. meridionalis un’ intera varietà a smalto più sottile ed io pure, nella serie che sto illustrando, come si vedrà dalla descrizione, ho riscontrato diversi molari i cui caratteri principali sono sicuramente dell’E. meridionalis e che hanno lamelle di smalto notevolmente più sottili dell'ordinario. Per lE. antiquus poi, il PonLIG dà molti esempi di molari a smalto grosso e sottile come pure avviene per la nostra collezione. In ogni modo sta il fatto che la pachiganalità è massima nell’ E. meridionalis, media nell’ E. antiquus, minima nell’E. primigenius, rivelandoci così un’altra prova di evoluzione regolare e continua delle tre specie. L’accordo cessa per diventare invece un vero disaccordo nel valutare gli altri caratteri secondari ritenuti qualche volta come caratteri principali e taluni di valore specifico. Tali sono: a) Andamento delle lamine; b) Dilatazione delle lamine; e) Increspamento delle lamine di smalto; d) Elementi accessori; e) forme di abrasione delle lamine. a) Andamento delle lamine. — Il WeITHOFER dice che i dischi consumati nell’E. meridionalis sono irregolarmente piegati con ondulazioni irregolari e grossolane e “più o meno contorte , spesso con il margine anteriore e posteriore curvato. Egli inoltre aggiunge che nell’. merèdionalis s'incontra “ un’altra ben distinta particolarità che si ripete più o meno in tutti i molari superiori; vale a dire che i mam- melloni hanno una forte curvatura semilunare, la cui parte convessa è rivolta in avanti, mentre nei molari inferiori guarda all’ indietro , (archidiscodonti di PornnIe, Ricci, ecc.); inoltre le corna laterali delle lamine sono più o meno evidentemente volte all’innanzi 2). Il PogLIG constatava nelle lamine dell’E. meridionalis spesso irregolarità grottesche e il Ricci afferma che VE. antiquus ha riflessione dei corni laterali delle lamine (carattere riscontrato pure dal WEITHOFER, il quale pensa sia comune a tutti gli elefanti ®) ed un’ondulazione pronunciata dei dischi. Nell’E. prò- migenius il FaLconeR * denomina i denti machaeridibus vix ondulatis e il CuvieR ® tenwibus rectis, mentre il PoHLIG ritiene copiose le figure di abrasione tortuose, come pure il Ricci il quale però ne constata delle tortuose, talora diritte o lievemente arcuate, nonchè la mancanza di riflessione delle corna. Ancora più il De ANGELIS ‘) ritiene come uno dei caratteri distintivi dell’E. primigenius la flessuosità delle lamine; viceversa nei molari concordemente ritenuti di £. prîmigerius della nostra raccolta e in molti altri della stessa specie, che recentemente vidi nel Naturhistoriches Museum di Vienna, le lamine sono parallele, diritte e non tortuose. b) Dilatazione delle lanvine. — Il WEITHORER a proposito dell’E. meridionalis affermava che la “ parte media è di regola un po’ romboidale e più larga in senso sagittale , , aggiungendo che l’espansione media non è a punta, come nell’Z. antiquus, ma di forma larga ”. I Riccr 8) dichiara che nell’E. meridionalis i dischi sono espansi senza angolarità. Per 1’ E. antiquus già il FALcoNER, fondatore della specie, riteneva 1) WEITHOFER. [106], pag. 110. 2) WEITHOFER. [106], pag 66 e 70. 3) Ip. Ibid., pag. 107. 4) FALCONER. [40], vol. II, pag. 14. 3) CUVIER. [24]. 5) DE ANGELIS. [27], pag. 380 e 381; [28], p. 329. 7) WEITHOFER. [106], pag. 55. Li 8) Ricci. [96], pag. 128. [7] P. ZUFFARDI 11277 caratteristica “ l’espansione romboidale mediana dei dischi usati , ®, e il Lerta-Apaws la riscontrava spe- cialmente nella sua varietà C ove ammetteva pure l’espansione centrale e l’angolazione dei dischi. Il PogLIG dice invece semplicemente che la festonatura è per lo più pronunziata, e il Ricci afferma che i denti dell’ E. antiquus per lo più sono loxodonti, con dilatazione centrale angolare dei dischi. c) Increspamento dello smalto. —Il Leita-ApAWS ® ritiene che per E. meridionalis lo smalto sia rara- mente increspato ma ordinariamente scabroso (uneven), ondulato (looped) o scannellato (chanelled), d’ac- cordo anche con il WeITHOFER * il quale rileva pure che lo smalto è grossolanamente ondulato. Il Ricci *) poi, tra i nostri, ritiene che nell’. meridionalis vi sia assenza o lieve accenno di crespature dello smalto, mentre nell’ E. antiguus dice che la crispazione e la festonatura dello smalto è molto variabile. Il LeITH- Apams trova che l’E. primigenius manca generalmente d’increspamento; e dello stesso avviso sono anche gli altri autori, che ritengono mancanti o di poco conto le crespe dello smalto. d) Elementi accessori. — Il Lerra-Apams afferma che nell’ E. meridionalis i denti hanno generalmente mammille (crown) in eccesso e il PoHLIG ?! stesso constatava nei denti dell’E. meridionalis digitelli inter- calari e dischi cuneiformi (mezze lamine) non rari e spesso con digitelli (intercalari) mediani superficiali (pseudo-loxodonti). Per 1'E. antiguus invece il Letta-Apams trova che non esistono dischi aggregati; il PogzLie ammette digitelli laterali estranei e posteriori non rari, mentre il Ricci afferma rare le digitazioni intercalari. Per lE. primigenius gli autori sono abbastanza concordi nel ritenere che esistono digitazioni esterne, interne, laterali, fitte e insignificanti. e) Forme -di abrasione delle lamine. — Ma un carattere accessorio che presenta una maggior costanza . e a cui sì è data dagli autori un’ importanza notevole è la forma generale delle lamine a figura di abra- sione incompleta. Esse sono divise generalmente in tre parti, delle quali, nell’ E. meridionalis'ed E. pri- migenius, la centrale sarebbe di forma anulare e le laterali orbicolari. Il FALcoNER per vero si era limi- tato a dire che nell’. meridionalis i colliculi sono grosso digitati ® ma successivamente il Pornnie affer- mava che “le figure di abrasione sono a lungo incomplete, originate il più delle volte da fusione di un elemento centrale anulare con due laterali per lo più laminari ,, carattere che riscontrava pure nell’ E. primigenius, mentre nell’E. antiquus “le figure complete di abrasione sono costituite dalla fusione di una parte laminare mediana con due laterali anulari , ”. E dello stesso avviso furono quasi tutti gli autori posteriori. È È innegabile che esiste effettivamente in generale la forma con anuli centrali tanto nell’. meridio- nalis che nell’E. primigenius, mentre è particolarmente frequente nell’E. gntiquus l’altra forma con ele- mento mediano laminare. Però è tale questo carattere da poter da solo opporsi agli altri in modo da fare separare dalla serie fin qui supposta continua, lE. antiquus 3). L'esame analitico di molti autori convincono del contrario. Già il PonLi6 per lE. meridionalis non escludeva che vi potessero essere forme diverse dalla normale, ed il WEITHOFER, al quale non era sfuggito il fatto, notava nella suddivisione in isole delle lamine di ultimi molari di £. meridionalis, che le isole “ di mezzo si riuniscono per le prime 1) FALCON®R. [40], vol. II, pag. 14. 2) LeitH-Apawms. [58], vol. XXXV, pag. 232. 3) WEITHOFER. [106], pag. 55. 4. Ricci. [96], pag. 128, 129. 5) PoHLIG. [83], vol. 53. 6) FALCONER. [40], vol. II, pag. 14. © PoHBLIG. [83], vol. 57, pag. 231. 3) WEITHOFER. [106], pag. 65, 66. pe P. ZUFFARDI [8] in un complesso che rimane visibile anche più tardi per quel particolare allacciamento, poi si riunisce questo complesso con la terza parte esterna; finalmente queste due parti si riuniscono con quella interna ,,; “che queste particolarità non siano però di natura essenziale risulta da ciò che esse sono riunite da numerosi passaggi; solo nei loro estremi presentano differenze notevoli ,. Infatti soggiunge che “ la sol- catura mediana può sparire senza lasciar traccia, sicchè si ha una collina (lamina) unica con margini paralleli, stretta e allungata , e un esempio di questo l’abbiamo anche nella raccolta in istudio (Dono ALBENGA, pag. 147 [27], Tav. VII [I], fig. 14, 15). Così pure per lE. primigenius faccio notare come gli unici denti di località italiane che senza discus- sione e di completo accordo sono riconosciuti come sicuramente appartenenti a questa specie mancano appunto di questo carattere. Tali sono precisamente i due molari che si conservano nella nostra raccolta Quello rinvenuto a La Loggia (pag. 179 [59], Tav. XII [VI], fig. 6a, 65) e studiato dal PorrIs !) che lo ritenne un antipenultimo vero molare mandibolare sinistro, ed in cui notava appunto fin dal 1898 come contro tutti i caratteri propri di tale specie riscontrata nell’esemplare, stava questo solo carattere “invocato bensì come saliente, ma che non ha fatto ancora tutte le sue prove e che pur questa volta, a volerlo commi- surare con tanti altri caratteri più moti e appariscenti, dimostravasi forse un po’ meno efficace ,. E ag- giungeva “ accontentiamoci dunque, per rigorosità scientifica di averlo ricordato, messo in mostra e tentato di farlo valere per quanto era possibile; ma non andiamo fine al punto di voler, insistendo su questo, forzare tanti altri caratteri ,, 2). Lo stesso fatto si osserva in quello di Testona, illustrato dal prof. PARONA (pag. 180 [60], Tav. XII [VI], fig. 7a, 76) ®. Inoltre nella nostra raccolta vi sono esemplari con la metà an- teriore a lamine liscie e quella posteriore tripartita con l’elemento mediano anuloide (Tav. XII [VI], fig. 5). E di questi esempi non mancano neppure negli studi di altri autori. Ricordo fra i tanti le figure lami- nari fra anulari di molte lamine di £. primigenius della PauLow ® provenienti dalla stazione preistorica di Kirilowskaya, da Kalouga, da Vologda e di quelli pure della stessa specie figurati da LortET et CHANTRE®. Possiamo dunque ritenere che questo, pur essendo un carattere abbastanza costante, ha però impor- tanza notevolmente minore dei caratteri principali sì che da solo non è sufficiente a distinguere una specie dall’altra. Da quanto si è detto possiamo intanto concludere che tra i caratteri dentali specifici principali possono annoverarsi: 1.° il numero delle lamine (densilamellarità); 2.° l’indice dentale; 3.0 frequenza lami- nare; 4.° indice coronale; e tra gli accessori tutti quelli che si collegano alle figure di abrasione. Come logica conseguenza .di quanto pure si è detto potremo anche affermare che in base ai caratteri specifici principali e a molti degli accessori le tre specie accennate sono tra loro intimamente unite e sì mostrano come i termini di una serie evolutiva che dall’E. meridionalis, per E. antiquus, giunge all’E. primigenius. i Ma il PonLie, già tanto meritevole per la semplificazione della sistematica elefantina, distruggendone numerose specie, ha fondato, come è noto, una nuova specie: lE. trogontherii, che sostituisce VE. antiguus nella supposta catena, lasciando quest’ultimo senza discendenti, derivato parallelamente pure dall’ E. meridionalis. È 1) PORTIS. [89]. 2) PoRtISs. [89], pag. 114. 3) PARONA. [76]. 4) PauLOW. [78], tav. 2, fig. 29, 31, 33, 36, 38, 39, 41, 42. 5) LORTET et CHANTRE. [59], tav. 16, fig. 3-6; tav. 17, fig. 1-4. [9] P. ZUFFARDÎ 129 Data l’importanza che ebbe successivamente questa specie, occorre vagliare ora i precisi caratteri su cui si fonda. AIE. trogontherii il PonLIE riferisce “una serie di molari ultimi i quali nella formula delle lamine somigliano all’E. antiquus e nella forma della corona e delle figure di abrasione stanno fra lE. primigenius e lE. meridionalis. Questa razza appare, sotto ogni riguardo, come diretta precorritrice del Mammuth ,). In confronto poi con lE. antiquus il PornLIG afferma che la sua nuova specie ha anche stesso indice dentale e per lo più uguale a 0,015, mentre nella mandibola anzi può arrivare sino a 0,02,.variando precisa- mente negli identici limiti dell’. antiquus. Per questi caratteri 1’. trogontherti si differenzia dall’E. meridionalis e dall’E. primigenius accostandosi di più all’E. antiguus da cui però il PozLI& lo tiene separato, considerandolo parallelo, per le figure com- plete di abrasione delle lamine costituite dalla fusione di un elemento mediano anulare con due lamine laterali. Su questa differenza insiste assai in molti punti dell’opera sua. Dall’E. antiguus poi si differenzia ancora per la larghezza della corona, che nell’ E. frogontheriù è di 0,1 “non mai raggiunta dall’ E. anti- quus, mentre la larghezza dei molari dell’E. trogontherii può elevarsi fino a 0,11. Le stesse somiglianze e dissimiglianze fra lE. trogontherii e le tre specie principali si Seganala negli autori posteriori come il De ANGELIS ®), che lo dichiara: alticoronato, laticoronato, pachiganale, con denti a forma dell’E. meridionalis e numero di lamine come nell’. antiquus; dello. stesso avviso è il Riccr” il quale constata pure l’identità nell’indice dentale di 0,015— 0,020 con lE. antiquus. Egli dichiara inoltre .che lE. trogontheriù ha i denti senza la riflessione dei corni laterali delle lamine, mentre il Po&Lic ri- : tiene il contrario. Si che riepilogando, nell’E. frogontherii abbiamo i caratteri dianzi dimostrati principali: Numero delle lamine, indice dentale, altezza della corona e alcuni accessori uguali e comuni all’E. antiquus da cui dif- ferisce per due soli caratteri secondari: la larghezza e le figure di abrasione. Questo sarebbe già suffi- ciente per concludere che 1’ E. trogontheriù non può esistere come specie diversa ‘dall’E. antiguus di cui invece dovrebbe considerarsi come una varietà. Ma anche altre considerazioni sul valore dei caratteri stessi dissenzienti dall’. antiquus ci soccorrono. Anzitutto quello su cui principalmente insiste il PonLIe delle figure incomplete di abrasione, costituite da un elemento anulare mediano fra due laterali, abbiamo già dimostrato come nel fatto sia suscettibile di grande variabilità e come perda di valore nella determinazione specifica. Il PogLIG stesso poi mostra una figura di ultimo molare mandibolare di E. trogontherii, conservato nella collezione di Wisebaden, in cui si notano lamine con e senza anello mediano; quelle prossimali, queste distali, ciò che fa pensare ad un effetto particolare dell’ usura anzichè a diversa costituzione originaria. Quanto alla larghezza della corona, il PoHLIG ricorda un mascellare 6° sinistro di Turingia con lar- ghezza di 0,09 ed un altro del Museo di Iena da lui ritenuti molto tipici con larghezza di 0,085; altri ne ricorda di larghezza inferiore a 0,082 (quello di Wisebaden) e persino di 0,067, quale si verifica appunto in un molare mandibolare a corona molto stretta di Weimar. Onde è logico concludere che, se per gli estremi, tanto la larshezza che la forma di abrasione delle lamine possono fare dell’E. trogontherii solo una differenza di valore puramente di varietà, non si può certo ritenerlo specificatamente diverso dall’ E. antiquus col quale anzi ha comuni tutti i caratteri principali costanti. G i PoHLIG. [83], vol. 53, pag. 163, 191. 2) In. Ibid., pag. 189-191, 202, 204. 3) Dn ANGELIS. [28], pag. 328, 329. 1 Ricci. [96], pag. 128,129. Palaeontographia, italica, vol. XIX, 1913. 17 130 P. ZUFFARDI [10] Volendolo invece come molti hanno fatto, considerare come specie autonoma, 1° E. trogontherii divenne la specie rifugio in cui si ponevano tutti gli esemplari che, anche con una certa tolleranza, non potevano entrare in una delle tre specie principali. Così sotto il nome di £. trogontherti si riunì una falange ete- rogenea di individui, alcuni decisamente meridionaleggianti, altri più simili all’. pròmigerèus, sicchè ap- parve opportuno dividere questo materiale in due categorie l’una detta £. meridionalis trogontherù per i primi, l’altra detta £. pròmigenius trogontherii per i secondi, come subito aveva sentito il bisogno di scrivere il PoHLIG stesso 1). Ma anche queste denominazioni, oltre a non corrispondere alla denominazione binomia Linneana, come bene faceva osservare il Botti 2), avevano il difetto dell’ambiguità del nome comune che rivelava una continuità dall’. meridionalis allE. primigenius, indipendentemente affatto dall’E. antiquus rimasto così completamente isolato e senza discendenti. Per conciliare dunque la verità dei fatti con le nozioni attuali e porre un po’ d’ordine nella dibattuta quistione mi è parso fosse logico e utile dividere in tre porzioni tutto il materiale attribuito all’£. tro- gontherii. Quella che abbraccia esemplari a caratteri eminentemente meridionalipeti, avendo i caratteri principali (numero delle lamine e indice dentale) della specie E. antiguus, e caratteri secondari, tra cui principalmente la larghezza, dell’ E. meridionalis, la considero come una varietà antecedente dell’ E. antiguus. A questa varietà lo scorso anno in una mia nota d’indole preventiva ® assegnavo il nome di var. intermedius GauDRY, perchè effettivamente il GaupRy fin dal 1894 4) riteneva che lE. antiquus typus fosse derivato dal- lE. meridionalis attraverso 1 E. antiquus razza intermedius. Però pensando che il JoURDAN considerava la sua specie E. intermedius come specie di passaggio dall’E. antiquus all’E. primigenius, per evitare dannose con- fusioni, proporrei ora il nome di E. antiquus var. trogontherioides alla varietà in questione, in ricordo del nome specifico dapprima dato al materiale attualmente ad essa attribuito. La porzione formata da materiali a caratteri maggiormente simili alla specie tipica dell’E. antiquus e che occupano il giusto mezzo tra VE. meridionalis e VE. primigenius, rientra senz’altro nell’. antiquus typus. La terza porzione che comprende le forme primigenipete, per le stesse ragioni precedenti, la ritengo come una varietà dell’ E. primigenius. Infatti lo studio del materiale mio e il consenso unanime degli autori considerano questi materiali strettamente uniti all’E. primigenius, e l'ho potuto riscontrare io stesso ri- levando in essi indice dentale, carattere a mio avviso il più fondamentale e costante, inferiore a 15 e quindi compreso nei limiti di quello dell’E. primigenius. Li considero perciò come varietà di questa specie chiamandola E. primigenius var. trogontherii. Ho serbato il nome specifico originario a questa varietà perchè effettivamente secondo l’idea prima del PoHnLI& e di molti altri posteriori E. trogontherii veniva consi- derato come diretto e immediato precursore dell’ E. pròmigerius. Per tal modo possono aver ragione il LypEKKER 5 ed il WerrHoFER È di ritenere sinonimo lE. tro- gontheriù dell’E. antigquus mentre certamente la sinonimia non poteva essere giustificata quando nella specie, ritenuta autonoma, si comprendevano forme tanto meridionalipete che primigenipete. i i) PoHLIG. [83], pag. 205. ? BortI. [14] e [15]. 3) ZUFFARDI. [110]. ; z 4) GAUDRY, [50]. 5) LYDPEKRR. [88]. 5) WwEITHOFER. [106], pag. 94. [11] P, ZUFFARDI 131 * * * L’E. trogontheriù dunque così interpretato rientra completamente nella catena delle tre specie principali : E. meridionalis Nesti, E. antiquus FaLc., E. primigenius BLum. e non osta più alla loro evoluzione l’una dall’altra quale ci aveva già dimostrato l’esame dei caratteri dentali . Del resto tale evoluzione è più o meno ormai quasi generalmente ammessa. Già il Gunn infatti ? riteneva che lE. primigenius e VE. antiquus fossero collegati da un’indubbia serie di passaggi e il JourDAN, come ho detto, collegava pure queste due specie per mezzo del suo E. intermedius. Mentre il PoHLIG, pur tenendo separata la linea dell’E. meridionalis-E. primigenius da quella dell’E. antiquus, ammetteva che quest’ultimo. fosse pure derivato per evoluzione dall’. meridionalis attra- verso la sua forma provvisoria dell’E. Nestii 3). Attualmente poi, tra gli altri, anche il PormIs che dapprima riteneva lE. antiguus indipendente dalla linea £. meridionalis-E. primigenius *, afferma invece che ) “ il concetto del PoHLI& di un £. trogonthertì, il quale segua direttamente, dall’E. meridionalis all E. primigenius e poi magari all’. îndicus, il cammino, marciando per un tratto di esso parallelamente all’ £. antiquus, lascia quest’ultima specie isolata, senza ascendenti e senza discendenti, ed urta contro la verità dei fatti e la copiosità della rappresentanza di essa, per notevole potenza di terreno, per vasta area sua di distribuzione ,,; e aggiunge che 1’ E. trogontherii può servire solo come astrazione per accogliere i numerosi esemplari che non possono trovar posto in una delle specie ben determinate e deve quindi fornire rispettivamente i ponti che colleghino 1’ E. antiquus sia col- | DE. meridionalis che con lE. primigenius. Più recentemente poi l’HarLE dando alla Società Geologica di Francia una raccolta di denti elefantini del marchese CERRALBO DI TorRALBA in Spagna, dichiarava che essi rappresentano una transizione, “ un passaggio dall’E. antiquus all’E. meridionalis , e soggiunge: “ Mi si fa osservare giustamente che questo ordine è contrario a quello reale, perchè 1’ E. meridionalis ha preceduto lE. antiquus nella successione dei tempi. È dunque preferibile, io credo, invertire l’ordine e pensare che gli elefanti del marchese di Cer- ralbo costituiscano un’evoluzione dall’E. meridionalis all’E. antigquus o almeno fanno dimostrazione della loro parentela ;, 9). Con l’ammettere poi le varietà di passaggio così come le ho considerate, oltre a lasciare intatto il numero delle specie principali, si ottiene anche il notevole vantaggio di precisarne meglio il valore cro- nologico poichè così si possono mettere nella vera luce certe associazioni di forme diverse, credute per l’addietro specificatamente indipendenti, che toglievano ogni efficacia al valore cronologico. ? 1) V. più copiose notizie in proposito nella mia nota cit. [110]. 2) Gunn. [52], pag, 456. 3) Ponte. [83], vol. LVII, pag. 300. 4 PoRtIS. [88], 17,18, 34. 5) In. [9], pag. 104,105. 9 HARL®. [53], pag. 164. © Durante la correzione delle bozze di stampa potei avere il recentissimo lavoro di W. SoeRGRL: Elephas tro- gontherii Pohl. und Elephas antiquus Falc., ihre Stammengeschichte und ihre Bedeutung fiir die Gliederung des deutschen Diluviums (Palaeontographica 60° Band, 1° e 2° Fase., pag. 1-114. Stuttgart 1913). Per quanto il tempo e lo spazio non mi consentano di analizzare l’interessante studio, come pure sarebbe mio desiderio, mi pare tuttavia che le con- clusioni cui arriva l’A. di tenere separata la linea filogenetica: 4. meridionalis-E. trogontheri-E. primigenius, dalla . linea parallela: E. meridionalis-E. antiquus, possano già trovare risposta in questo mio lavoro che cerca di dimostrare invece l’insostenibilità di tale separazione. Debbo inoltre fare osservare che: 1.° circa i caratteri principali, l'indice 132 P. ZUFFARDI [12] In base ai suesposti criteri ho proceduto all’esame e alla determinazione degli esemplari piemontesi che descrivo secondo la successione regolare delle specie e varietà, e seguendo pure l’ordine naturale dei molari nei singoli sistemi dentari. Ho abbandonato le antiche suddivisioni di molari e premolari, o molari veri e molari di latte, unifor- mandomi ai criteri della PauLow [78], preceduta del resto dal nostro Botti [15] e in parte da LoRrer et CHANTRE [59] e persino da BLAINVILLE [35], perchè, almeno per le specie che ci interessano, tale suddivisione non appare in alcun modo giustificata. Ho creduto invece di conservare al simbolo dentale i rispettivi talloni ad onta che il più delle volte essi non differiscano dalla forma comune delle lamine, per poter meglio confrontare le formule ritenute caratteristiche per ciascun dente in ciascuna specie. Nella descrizione però ho avuto cura di rilevare volta per volta la forma dei talloni. Quanto ai valori metrici ho preso: la lunghezza, più che mi fu possibile, normalmente alle lamine, e la larghezza sempre massima, perchè solo in questo modo potevasi avere il giusto criterio per valutare l’indice coronale. Altrettanto dicasi per l’altezza. Ho misurato l’indice dentale, secondo il sistema PoHgLIG, direttamente in ogni singola lamina, serven- domi di uno speciale compasso, e facendo poi una media per ciascun dente, di tutti i valori ottenuti. Nei casi dubbi controllai prendendo un certo numero di lamine con altrettanti spazi di cemento e dividendolo per la lunghezza occupata. Per frequenza laminare ho già detto che s'intende, secondo il metodo della PauLow [78], il numero di lamine compreso in una lunghezza costante (10 cm.). Nelle misure osteometriche delle mandibole ho seguito i metodi di Hue [54] e la nomenclatura di BraAuUNIS-BoucHARD [5]. Mii Del resto le figure che, meno qualcuna, sono tutte ridotte a un terzo per far risaltare anche dal loro assieme, i rapporti tra le dimensioni delle diverse specie, insieme alla descrizione dettagliata e all’annessa tavola riassuntiva dei caratteri specifici, serviranno a meglio comprendere e giustificare la classificazione adottata. dentale si dimostra, secondo i numerosissimi dati ricavati dall'A. seguendo il metodo di Wist ed esposti in 8 tabelle, gradualmente e in modo continuo decrescente dall’E. meridionalis all’E. primigenius attraverso 1’ E. antiquuss; 2.° circa i caratteri secondari l’A. afferma, contrariamente a quanto sosteneva il PoHLIG, che tanto 1’ E. antiguus quanto lE. trogontherti e lE. primigenius hanno le figure di abrasione incompleta delle lamine formate da; un elemento centrale laminare tra due laterali anulari, ciò che, secondo l’A., sarebbe in diretto rapporto con la'costituzione delle lamine di cui appunto egli fa un interessante studio. E poichè d’altra parte l’A. assegna, come il PonnG, all’E. trogontherii, mantenuto come specie distinta, caratteri principali uguali a quelli dell’E. antiguus, se ne deve concludere che la specie del PoHLIG, dopo lo studio del SoERGEL, resta sminuita di uno dei due caratteri distintivi, rimanendole solo l’altro carattere della maggiore larghezza di corona che, come ho cercato di dimostrare, non può assolutamente ri- tenersi specifico. Tavola riassuntiva dei caratteri specifici 134 P. ZUFFARDI Elephas meridionalis NESTI Elephas antiquus Farc. var. trogontherioîdes Formula dentale Indice dentale Indice coronale . Frequenza laminare . Caratteri dentali ge- nerali. Forme di corona prin- cipali. Accessori xde c(0_6) e x (1-8) x x3x x (5-6) x x (7-8) a ce(6-9) x e (611) e ae(10-14)x x (8-9) x x (0-11) e e(11-14)x > 0,02 - 0,02 Brevi, estremamente laticoronati, tapinodischi (bassicoronati), parsilamellati, per lo più archidiscodonti e pachiganali. Corona massiccia e bassa. — Piano di abrasione ovale e in generale molto largo. — Lamine (dischi) larghe, espanse senza regolarità e con andamento pure irregolare. — Spesso riflessione laterale delle corna. — Smalto per lo più forte e grossolanamente pieghettato, talora quasi assolutamente privo di inere- spamento. — In generale larghi intervalli di cemento. — Figure di abrasione a lungo incomplete, in generale costituite da un ele- mento mediano anulare e due laterali la- minari. Bisolcatura longitudinale mediana più o meno evidente separante isole cicloidi irregolari. — Digitelli intercalari e mezze lamine (dischi cuneiformi) non rari. — Differenze di dimen- sione lievi o minime fra molari superiori e inferiori. Uguale a quella dell’E. antiguus typus. 0,02—0, 015 O*fTt/a Piuttosto brevi, laticoronati, mediocrement ipselodischi (alticoronati) e pachiganali. Corona massiccia e poco alta. — Piano di abr: sione ovale e largo. — Lamine non molt larghe per lo più diritte, senza notevoli toi tuosità e regolarmente parallele. — Spess accenno a leggera riflessione delle corna. - Smalto di solito grosso, con increspament particolarmente sentito nella parte median delle lamine. — Assenza o lieve accenno espansione loxodontoide. — Spazi di cement larghi di regola come le lamine. — Figui di abrasione per lo più molte complete. Pure non molto forti differenze tra molari st periori e inferiori. [15] P. ZUFFARDI Elephas antiquus FALc. typus Elephas primigenius BLum. var. trogontherti Elephas primigenius BLum. typus e e(-)ae e (8-10) x e(6-8) a 2 (8-10) x2(9-12)e (12-13) x x(15—-20) x X(10-12) x (12-13) 2 2(16-21) x 0,02—0,015 3,2 BIT, nghi, di regola angusticoronati, ipselo- dischi (alticoronati), talvolta mediocre- mente pachiganali, di solito loxodonti. ‘ona alta e stretta. — Piano di abra- sione elittico allungato. — Lamine piuttosto strette, con dilatazione ango- lare mediana, e ondulazione pronun- ziata. — Notevole increspamento dello smalto di regola non molto grosso.— Fi- gure numerose di abrasione completa, per lo più risultanti dalla fusione di una parte mediana laminare con due laterali anulari o subanulari. ;quente fusione mediana delle lami- ne. — Mezze lamine cuneiformi .non rare. — Digitelli laterali esterni e po- steriori pure non rari, talora anche intercalari mediani. — Notevoli diffe- renze di dimensione tra molari supe- riori e inferiori. Uguale a quella dell’E. primigenius typus Sempre >0,010 sino a 0,015 Piuttosto lunghi, di regola non molto laticoronati, ipselodischi, endioga- meno che nella specie tipica. Corona pure alta e piuttosto stretta. — Piano di abrasione ovale-allun- gato. — Lamine molto sinuose e tortuose, strette, più aperte però che nella specie tipo. — Discreto increspamento dello smalto di re- gola alquanto sottile. — Figure di abrasione completa molto numerose il più spesso derivate dalla fusione di un elemento anulare mediano con due laminari laterali. Mezze lamine cuneiformi e geminali non rare. — Fusione dicotoma cen- trale e non rare fusioni conver- genti. — Digitelli aberranti * non rari. x24x x(6-8) e x (9-12)x x4x e(6-8) x x (9-12) x c(I-15) 2 2 (14-16)x x (18-29) x x(9-15) x 2(14-16) x x(18-29) x Di solito = 0,010 3,2 T_-12 Non molto laticoronati e ipselodischi (alti- coronati), densilamellati, endioganali. Corona non molto alta nè larga. — Piano di abrasione ovale-subrettangolare. — Lamine molto ravvicinate, assai strette, di solito diritte e parallele. — Man- canza di espansione loxodontoide. — Increspamento debole e finissimo delle lamelle di smalto che sono estrema- mente sottili. — Molte figure di abra- sione completa risultanti indifferen- temente da fusione di un elemento mediano laminare o anulare con due laterali anulari o laminari. Copiose fusioni convergenti delle la- mine. — Digitelli esterni, interni, la- terali, fitti e di poco conto. 134 P. ZUFFARDI Blephas meridionaliîs NESTI pia] Elephas antiquus Farc. var. trogontherioides Elephas antiquus Farc. typus P. ZUFFARDI Elephas primigenius Brum. var. trogontherii Elephas primigenius BLum. typus Formula dentale Indice dentale Indice coronale . Frequenza laminare . Caratteri dentali ge- nerali. Forme di corona prin- cipali. Accessori Brevi, estremamente laticoronati, tapinodischi r(p_6)x e((_8) a i c(peoa e ((-8) x e(8—9)a e (8-11) x(10-14)x r(8=9)2 a (9-11) x(11-14) e > 0,02 - 0,02 4-6 (bassicoronati), parsilamellati, per lo più archidiscodonti e pachiganali. Corona massiccia e bassa. — Piano di abrasione ovale e in generale molto largo. — Lamine (dischi) larghe, espanse senza regolarità e con andamento pure irregolare. — Spesso riflessione laterale delle corna. — Smalto per lo più forte e grossolanamente pieghettato, talora quasi assolutamente privo di inere- spamento, — In generale larghi intervalli di cemento. — Figure di abrasione a lungo incomplete, in generale costituite da un ele- mento mediano anulare e due laterali la- minari. Bisolcatura longitudinale mediana più o meno evidente separante isole cieloidi irregolari, — Digitelli intercalari e mezze lamine (dischi cuneiformi) non rari. — Differenze di dimen- sione lievi o minime fra molari Superiori e inferiori. Piuttosto brevi, Uguale a quella dell’ E. antiguus typus. 0,02—-0,015 laticoronati, mediocremente ipselodischi (alticoronati) e pachiganali. Corona massiccia e poco alta. — Piano di abra: sione ovale e largo. — Lamine non molto larghe per lo più diritte, senza notevoli tor- tuosità e regolarmente parallele. — Spesso accenno a leggera riflessione delle coma, — Smalto di solito grosso, con inerespamento particolarmente sentito nella parte mediana delle lamine. — Assenza o lieve accenno & espansione loxodontoide. — Spazi di cemento larghi di regola come le lamine — Figwe di abrasione per lo più molte complete. ro pi sue Pure non molto forti differenze tra molari periori e inferiori. r3x 2(0-1)x 2(8-10)a 32 2(6-8) x 2 (8-10)x x(9-12)x2 x(12-13)x 2x(15—20) (10-12) x 2(12-13) x 2(16-21) DL L 0,02—0, 015 Lunghi, di regola angusticoronati, ipselo- dischi (alticoronati), talvolta mediocre- mente pachiganali, di solito loxodonti. Corona alta e stretta. — Piano di abra- sione elittico allungato. — Lamine piuttosto Strette, con dilatazione ango- lare mediana, e ondulazione pronun- ziata. — Notevole increspamento dello Smalto di regola non molto grosso.— Fi- Sure numerose di abrasione completa, Der lo più risultanti dalla fusione di Una parte mediana laminare con due laterali anulari o subanulari. Prequente fusione mediana delle lami- ne.— Mezze lamine cuneiformi .non lare. — Digitelli laterali esterni e po- Aietori pure non rari, talora anche Intercalari mediani. — Notevoli diffe- lenze di dimensione tra molari supe- tiori e inferiori. Uguale a quella dell'E. primigenius typus Sempre >0, 010 sino a 0,015 7 (ee) Piuttosto lunghi, di regola non molto laticoronati, ipselodischi, endioga- meno che nella specie tipica. Corona pure alta e piuttosto stretta, — Piano di abrasione ovale-allun- gato. — Lamine molto sinuose e tortuose, strette, più aperte però che nella specie tipo. — Discreto inerespamento dello smalto di re- gola alquanto sottile. — Figure di abrasione completa molto numerose il più spesso derivate dalla fusione di un elemento anulare mediano con due laminari laterali. Mezze lamine cuneiformi e geminali non rare. — Fusione dicotoma cen- trale e non rare fusioni conver- 0 genti. — Digitelli aberranti non rari. ix (6-8) e 2(9- c4x e(6-8) x w(9-12)x (9-15) 2 2014-16) 2(18-29) 0 r(9-15) 0 e (14-16) x(18-29)r Di solito =0,010 7-12 Non molto laticoronati e ipselodischi (alti- coronati), densilamellati, endioganali. Corona non molto alta nè larga. — Piano di abrasione ovale-subrettangolare. — Lamnine molto ravvicinate, assai strette, di solito diritte e parallele. — Man- canza di espansione loxodontoide, — Inerespamento debole e finissimo delle lamelle di smalto che sono estrema- mente sottili. — Molte fisure di abra- sione completa risultanti indifferen- temente da fusione di un elemento mediano laminare o anulare con due laterali anulari o laminari. Copiose fusioni convergenti delle la- mine. — Digitelli esterni, interni, la- terali, fitti e di poco conto. 136 Elephas meridionalis Nesm. — Tav. VII [I]; Tav. VII [II]; Tav. IX [III], fig. 1,2. P. ZUFFARDI 1775. (?) Elefante Indiano G. TareIoniI-TozzentiI. [102]. 1808. Elephas primigenius Brux. (Elefante primitivo). Nesti. |70], pag. 8. 1821. 1825. 1828 1841 1886-91. 1889. 1890. 1890. 1891. 1891. 1893. 1894. 1894. 1895. 1895. 1895. 1896. 1896. 1897. 1898. 1899. 1900. 1901. 1903. 1904. 1904. 1907. 1908. — — CuvierR. [24]. meridionalis Nesti. [71]. . Elephant à larges lumes Crorzer et JoBERT. [23], pag. 131, 132. . Elephas primigenius Brum. BLarvinue. [35], pag. 220. = — Ovwrx. [75], pag. 238. minimus FaLconer. [36], pag. 53. (Loxodon) meridionalis Nesti. FaLconER. [38], pag. 105, 108, 109, tav. 8, fig. 1-4. nuinutus FaLcoNER. [38], pag. 105. meridionalis Nesti. E. proboletes? Frscuer. Larter. [56], pag. 500, 514, tav. 15, fig. 10. = — CoccuÙi IG. [21], pag. 16, 17. _ — Anca e Gemwannaro. [2], tav. 2, fig. 1. _ — TAxca. ||]: [16] = — Lorreret Cuantre. [59], tav. 19, fig. 1-4; tav. 20, fig. 1-4; tav. 21, fig. 1-4. = — Lermrs-Apaxs. [58], vol. 31, pag. 48; vol. 33, pag. 88; vol. 35, pag. 185, 208, 232, con tavole. promigenius comune Issen. [55]. meridionalis Nesti. Naumann. [69]. —_ — Braousns. [1%], pag. 20. - — Ponti. [83]. lyrodon — Wrrrworer. [105], pag. 80. primigenius Brom. Caccramani. [18], pag. 47, fig. L. meridionalis Nesti. Caccramatt. [19], pag. 424, fig. 3. — — WeirsoreR. [106], pag. 32 con molte tavole. lyrodon WrrrzorER. [106], pag. 72 pure con molte figure. meridionalis Nesti. Porms. [87], pag. 9. - — Gauprr. [50]. = — Zurev. [109], vol. IV. — — Pomrt. [85], pag. 13, tav. 1, fig. 3, 4. primigemius BLum. FLores. [42], pag. 31 (Casalvieri). meridionalis typus Porms. [87], vol. 23, pag. 272. - — Ports. [88], pag. 6. (Loxodon) meridionalis Nesti. De AnceLis. [27], pag. 388, 390. _ — Dr Ancruis. [28], pag. 328. _ — Porms. [90], pag. 246. _ — Dr Srerawo. [31], pag. 427. antiquus Farc. FLores. [43], pag. CKXXVI. (Loxodon) meridionalis Nesti. De Srerano. [32], pag. 339. - — Frorss. [47], pag. 358, tav. 13, fig. 3, 4 (conf. nel 1904 [48]). - — Borrotorti. [7], pag. 88, tav. 4, fig. 1, 3, 4; tav. 5, fig. 5. antiquus Farc. BortoLortI. [7], pag. 86, tav. 5, fig. 1,2. Mararazzi. [63], pag. 130, tav. 4. meridionalis Nesti. Mei, [66], pag. 434. [17] P. ZUFFARDI 137 1910. — — — Paunow. [78], pag. 25, tav. 1, fig. 19-22 (v. anche [79], tav. 5). 1911. — _ — Ponmer. [86], pag. 463, tav. 10, fig. 1, 2. 1912. — i — Ampretco!. [3]. Nella raccolta del Museo ho trovato un piccolo dente, alquanto logoro e mal conservato, troncato anteriormente, costituito da una corona bassa, a fianchi convessi dall’avanti all’indietro e dal basso all’alto, e da una massa radicale unica, trasversalmente molto ristretta. Sulla superficie di abrasione, concava, si elevano tre robuste lamine con lamelle di smalto molto forti quasi totalmente prive di increspamento. La prima distale è costituita da una grossa espansione anulare mediana che si continua mediante due stroz- zature laterali in due elementi laminari rispettivamente esterno e interno rotti alle estremità. Nella se- conda l’anello mediano pur essendo molto accosto ai due elementi laterali, conserva la sua individualità. La terza lamina è rappresentata da due grossi digitelli saldati tra loro. Manca completamente il ri- vestimento esterno di cemento che si conserva solo negli intervalli molto larghi tra le lamine. In proposito dalla sezione verticale del fianco interno del dente (Tav. VII [I], fig. 1a, 10) ho ricavato le seguenti misure: spessore della 1° lamina distale completa (comprese le due lamelle di smalto) in alto 0,015, in basso 0,020; spessore dell’intervallo di cemento tra la 1° e 2% lamina: in alto 0,014, in basso 0,009; spessore della 3% lamina completa: in alto 0,014, in basso 0,024. Da questo viene confermato quanto ebbi ad affermare più sopra che cioè lo sviluppo del cemento negli intervalli e lo spessore delle lamine complete stanno fra loro in ragione inversa, sì che l'indice dentale in una stessa forma può ritenersi costante indipendentemente dal maggiore o minore ravvicina- mento delle lamine. Nel caso presente si constata come a un minore spessore delle lamine corrisponda in alto un maggiore sviluppo di cemento, e viceversa in basso. Le misure complessive del dente sono: Lunghezza della corona normalmente alle lamine . o : m. 0,078 Larghezza massima della corona . o ò 6 È 7 > 0,060 Altezza massima della corona 2 i 5 s È ; >» 0,044 Indice dentale medio 6 7 5 È i è o " » 0,024 Se si considerano come tallone prossimale i due digitelli posteriori il simbolo dovrebbe scriversi — 2. E poichè dalla forma della superfice di abrasione, e della frattura trasversa onde il dente è troncato anteriormente può presumersi che manchino al massimo due lamine, compreso il tallone distale, si viene così a raggiungere la formula dentale 2 3. riscontrata nei molari primi di E. meridionalis ed E. antiquus. Gli altri caratteri: rilevati: il massimo indice dentale, la pachiganalità delle lamine e la loro stessa forma di abrasione ci portano senz’altro a scegliere la prima specie e ad attribuirvi il dente considerandolo ap- punto come primo molare inferiore sinistro. Nella raccolta l’ esemplare non portava indicazione alcuna, ma l'aspetto complessivo, il colore rosso mattone conferitogli dalla fossilizzazione, lo fanno molto simile a quelli di S. Paolo. Lo indico perciò come proveniente dall’Astigiana segnandolo con la lettera A. Considero tra i molari secondi un dente completo di color caffè scuro, segnato “16202, nella col- lezione GastaLpi, e indicato come E. meridionalis proveniente da Felizzano. (Tav. VII [I], fig. 2a, 25). Ha radici molto sviluppate e fuse in due grosse masse laminari parallele dirette all'indietro, a loro volta saldate assieme presso la base della corona e nella faccia posteriore del dente dove danno luogo a due specie Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 18 138 P. ZUFFARDI c [18] di grossi cordoni verticali tra cui si avvalla un leggero solco. Nell’estremità distale invece esiste ancora un rudimento della base della radice libera anteriore. La corona ancor rivestita di cemento è bassissima, a fianchi convessi, anteriormente assai ristretta e posteriormente molto più larga con una marca trasversale di pressione. La superficie di abrasione, leggermente concava lungo l’asse trasversale mediano è un po’ convessa secondo l’asse longitudinale, è piriforme, molto larga e consta di 6 lamine a figura completa di abrasione. La prima anzi è quasi totalmente scomparsa e non ne esistono più che due porzioni della lamella di smalto posteriore che saldandosi coni residui di quella anteriore della 2° lamina circoscrivono l’ intervallo di cemento sotto forma di due piccole isole. La 2? lamina comunica pure con la 3%, e tutte poi sono larghe, separate da intervalli di cemento pure larghi, con andamento arcuato a convessità rivolta all’in- dietro che decresce in senso antero-posteriore. La curvatura generale delle lamine è interrotta nel mezzo da inflessioni angolari della dentina e delle lamelle di ganeina, che nelle tre prime distali sono dirette rispettivamente in avanti nella porzione anteriore e indietro nella porzione posteriore di ciascuna lamina, mentre nelle rimanenti prossimali le angolosità sono dirette concordemente in avanti e vanno gradata- mente scemando di valore. Le lamelle di ganeina, dello spessore di mm. 4, presentano un accenno a pieghet- tatura irregolare e decrescente verso l’estremità prossimale del dente dove una lamella compressa contro l’ultima lamina completa, testimonia la presenza di una ulteriore lamina schiacciata, omologa forse del tallone prossimale. Perciò il simbolo del dente può scriversi x 5. Riferisco le principali misure direttamente ricavate: Lunghezza della corona normalmente alle lamine . é È m. 0,143 Altezza massima della corona 3 © 6 - } ; » 0,042 Larghezza massima della corona . . - 6 È ; » 0,092 Indice dentale : ò ; - 5 ; - 3 3 » 0,025 Frequenza laminare c 5 - c È 7 : È 4 Indice coronale : È - ; 5 3 . È È 1,554 Altezza massima delle radici . . : È : : F m. 0,077 In conclusione il nostro dente è dunque laticoronato, pachiganale, tapinodisco, parsilamellato, con elevatissimo indice dentale e bassa frequenza laminare, caratteri tutti che ci portano a riferirlo. all’ Ele- phas meridionalis NESTI. ; Infatti anche dai confronti con molari consimili studiati da molti autori, appare come esso somigli al molare secondo di . Zyrodon figurato e descritto dal WeITHOFER ([106], tav. VII, fig. 5, pag. 84), specie ritenuta successivamente dal PoaLie sinonima di £. meridionalis. Quanto alla espansione angolare accennata che ci porterebbe verso VE. antiguus o a qualche specie ritenuta sua precorritrice, mi è utile far notare che è stata rinvenuta altre volte in molari di £. meridionalis. Ricordo quelli studiati dal PortIs ([87], tav. III, fig. 21, 22, pag. 256) e io penso debba ascriversi tra quelle espansioni senza regolarità molto comuni nelle lamine dei denti di questa specie. Per il numero delle lamine, per la forma della corona e delle lamine la cui convessità rivolta all’indietro è, secondo il WrITHOFER ([106], pag. 66) propria dei molari inferiori, considerò il nostro dente come molare 2° inferiore probabilmente sinistro. Un altro molare secondo (Tav. VII [I], fig. 3a, 36) porta il numero “ 20' ,, con l’indicazione “ Lozodon meridionalis Nesti ( Elephas) — terr. plioc. lac. — Astigiana — S. Paolo ,,. Ha corona larga, bassissima, tanto che nella parte anteriore le radici raggiungono quasi la superficie di abrasione mentre la parte posteriore è un po’ più alta e presenta un’ampia marca di pressione. Le radici per quanto rotte ci appaiono in forma di mammelloni isolati disposti in due file parallele: quella [19] P. ZUFFARDI 139 del fianco interno con quattro, quella esterna con tre elementi; posteriormente le due file si fondono ori- ginando una massa trasversale compatta e unica. La superficie di abrasione concava, larga e di forma rettangolare arrotondata, consta di 6 lamine ampie, con figura completa. Nell’estremo anteriore anzi l’usura è così avanzata da eliminare quasi completamente le tracce di almeno un’altra lamina e del tallone distale. Le lamine, più larghe degli interspazi di cemento, hanno andamento un po’ tortuoso, leggermente allargate nel mezzo, con le corna dell’estremo interno rivolte indietro nelle tre lamine prossimali. La prima di queste, trasversalmente un po’ più breve, porta le tracce di pressioni posteriori e si continua nella sua estremità dal lato esterno in tre piccolissime mammille quasi esclusivamente formate di ganeina strettamente ravvicinate e rivolte in avanti. Essa può considerarsi come tallone prossimale sì che il dente avrebbe il simbolo — 6% e non manca probabilmente che del tallone distale. Lo smalto non molto robusto ha debolissime increspature e il cemento riveste ancora i fianchi della corona. Le misure principali ricavate sono le seguenti : Lunghezza della corona normalmente alle lamine . ; ; m. 0,146 Altezza massima della corona È È È , 5 » 0,035 Larghezza massima della corona . . i. i : È » 0,003 Indice dentale medio 5 c SONAR 5 ; 2 È » 0,022 Frequenza laminare ; È : ; : ; 3 6 <% Per i caratteri accennati, simili a quelli del molare precedente, ritengo anche questo come molare 2° inferiore probabilmente destro. Mi giova qui far notare appunto come questo dente appaia quasi una mo- dificazione del precedente in cui siano ammorbidite le angolosità mediane delle lamine. Si confrontino all’uopo le rispettive figure (Tav. VII [I], fig. 2a, 20). Le angolosità dirette in senso contrario, rispet- tivamente in avanti e in dietro, nelle lamine distali del n. 16202, trovano riscontro in un’espansione ar- rotondata subcircolare nella 3? e 4* lamina del n. 20'; le angolosità dirette nello stesso senso, della lamina prossimale del n. 16202 si addolciscono invece nelle curvature mediane parallele delle due prime lamine distali del n. 20'. A parte dunque l’ordine di successione delle lamine in ciascun dente, che è puramente fortuito come lo dimostra l’alternarsi senza regola di lamine a figura diversa in uno stesso esemplare, pos- siamo ritenere che i due denti appartengano alla stessa specie e che la angolosità o meno della espansione mediana delle lamine, così come l’abbiamo riscontrata nei due denti, non può avere valore di carattere specifico. Tolto quindi ogni elemento di dubbio, deponendo tutti gli altri caratteri riscontrati in essi a favore dell’Elephas meridionalis, dobbiamo logicamente ritenerli pertinenti a questa specie. Infatti anche per il secondo dente ci confortano nella determinazione i confronti. Così per la lunghezza e forma delle lamine esso richiama alquanto i molari terzi superiori di £. meridionalis figurati del Wrr- THOFER ([106], tav. IX fig. 4, tav. XI, fig. 3, pag. 52) a parte le differenze dipendenti dalla loro di- versa posizione nel sistema dentario. Lo stesso può dirsi rispetto al molare della stessa specie ricordato dal FaLconeER ([40], vol. II, pl. 8, fig. 4, pag. 137). Esso inoltre potrebbe avere qualche affinità col frammento di vero molare ascritto dal Lerta-Apams dubitativamente all’ E. antiguus, ma che invece sembra piuttosto per quanto si può presumere dalle misure della figura ([58], vol. XXXV, pl. XXVI, fig. 2) che lo ripro- duce al naturale, un vero molare di £. meridionalis. Un altro molare secondo (Tav. VII [I], fig. 4) porta la sola indicazione “ 6, Astiano, Castiglione Mon- ferrato, aprile 1893 ,. Presenta un color mattone per alterazione della dentina e del cemento; con corona bassissima quasi completamente erosa nella porzione anteriore con radici rappresentate da un rudimento dei due rami liberi distali e da una massa troncata diretta indietro derivata dalla fusione delle altre. 140 P. ZUFFARDI b [20] Sulla superficie di abrasione, di forma ovale e un po’ concava presso il margine interno, sì contano 6 ro- buste lamine, larghe, diritte, con forti lamelle di smalto grossolanamente increspate, che tendono a espandersi a punta all’infuori della lamina lungo l’asse longitudinale del dente. In generale però tale espansione è rappresentata semplicemente da una crespa di smalto un po’ più lunga delle altre. Le lamine hanno tutte figura completa e la prima distale è anzi quasi totalmente scomparsa essendo solo rappresentata dalla lamella di smalto posteriore, mentre è scomparso il tallone. Così considerando l’ultima lamina, piu breve delle altre: cui è strettamente addossata, come tallone prossimale la formula dentale sarebbe x 5 «. Il cemento è sviluppato negli interspazi specialmente della metà posteriore, mentre in quella anteriore le lamine si toccano nel mezzo e sembra anzi che la prima confluisse nell’estremo esterno con la seconda e questa nello stesso lato fosse unita per una lamella di smalto alla 3. e alla 4.* rimanendo libere invece le corna interne. Valori metrici: Lunghezza della corona . 5 . m. 0,130 Altezza massima della corona . o » 0,035 Larghezza massima della corona o » 0,074 Indice dentale . 1 } . - » 0,022 Frequenza laminare . : 5 : < 5 Indice coronale È o c o NT Il dente è dunque parsilamellato, tapinodisco, pachiganale e, nelle proporzioni con la lunghezza, lati- coronato, ha una frequenza laminare molto bassa e un elevato indice dentale, per cui lo ritengo di £. meridionalis NESTI e precisamente, per gli altri caratteri riscontrati, un molare secondo inferiore sinistro. Debbo notare però che nei confronti esso sembra alquanto simile al secondo molare vero inferiore di E. africanus BLumB. figurati da Anca e GemmeLLARO ([2], tav. III, fig. 4, pag. 19) dal quale invece si distingue notevolmente per le dimensioni essendo il nostro più breve, più basso e più largo. Per questi stessi motivi differisce dal molare 4.° di E. antiquus rappresentato dal Porte ([83], vol. LITI, fig. 40) col quale avrebbe in comune l’espansione mediana a punta. Credo di allogare tra i molari secondi anche un piccolo dente che ho trovato nella raccolta senza indicazione alcuna e che indico con lettera B (Tav. VII [I], fig. 5a, 50). Ha corona larga e bassissima con superficie d’abrasione piana, di forma ellittica, composta di cinque lamine larghe, regolari, tutte a figura completa e alquanto arcuate con la convessità rivolta in avanti, sensibilmente allargantisi nel mezzo in modo da toccarsi quasi tutte. Le lamelle ganeiniche, alquanto spesse, presentano un debolissimo accenno a incresparsi; e il cemento forma dei coni meno larghi delle lamine, i quali però si ampliano verso il margine interno della corona in causa del divaricamento delle lamine. Nella estremità distale la corona termina a punta e sembra dovesse portare almeno ancora un’altra lamina o il tallone. Posteriormente invece esistono tracce della forte compressione operata dal dente seguente per cui venne schiacciato un mezzo elemento laminare, che considero come tallone prossimale, il quale confluiva medialmente con l’ultima lamina. Il simbolo dentale dovrebbe quindi essere x 5 x. Le radici, in parte logore e assai ri- strette sotto la corona, formano una massa unica in cui però si possono ancora distinguere due tronconi paralleli di rami anteriori. Misure: Lunghezza della corona . 5 . m. 0,120 Altezza massima della corona . h » 0,041 Larghezza massima della corona . » 0,075 Indice dentale . È : s . » 0,021 > Ul Frequenza laminare . [21] P. ZUFFARDI 14I Per il colore ceruleo dello smalto e biancastro del cemento, nonchè per la forma e disposizione delle lamine, il dente presenta grandissima affinità con gli altri della raccolta segnati rispettivamente “20, e “21, provenienti da S. Paolo; mi è facile quindi identificarlo come appartenente a questa stessa loca- lità e ritenendolo molare secondo inferiore destro di E. meridionalis mi riservo di giustificare la presente determinazione con i confronti opportuni dopo che avrò illustrati gli altri due denti affini. Descrivo subito il “21, perchè mi sembra ancora appartenere ai molari secondi. Esso porta l’in- dicazione “ Loxodon meridionalis Nesti (Elephas), terr. plioc. loc. — Astigiana —S. Paolo , (Tav. VII [I], fis. 6). È fornito di corona estremamente bassa, con la faccia posteriore appiattita su cui notai una pic- cola tabula di pressione, quella anteriore appuntita e logora. Il fianco interno è longitudinalmente convesso, leggermente concavo l’esterno. La superficie di abra- sione di forma ovale allargata è leggermente convessa nella metà longitudinale esterna, concava nell’altra. Si compone di 6 lamine a figura completa leggermente arcuate, con la convessità all’indietro, e allar- gate nel mezzo, molto addossate verso l’estremità anteriore e gradatamente discoste verso la posteriore. Le lamelle di smalto sono non molto robuste e presentano solo qualche traccia di tenue increspamento. Il tallone distale doveva avere forma di lamina strozzata nel mezzo come ne testifica un residuo di lamella appunto con tale forma, addossata alla prima lamina. Anche le due ultime lamine presentano una simile strozzatura mediana molto pronunziata, in corrispondenza della quale, dietro l’estrema lamina, si attacca un grosso elemento anulare verticalmente rotto per metà, cui più in basso se ne salda un altro più piccolo e li considero come tallone prossimale. Notevole pure un digitello regolarmente abraso, saldato al corno esterno dell’ultima lamina e spostato in avanti in guisa da corrispondere all’ interstizio di cemento, da- vanti al quale in basso sorgono le vestigia di un altro digitello, mozzato verso la base. Le radici molto logore si presentano sotto forma di massa unica, assai ristretta sotto la corona. Le misure danno i valori seguenti: Lunghezza della corona . È . m. 0,143 Altezza massima della corona . ; » 0,055 Larghezza massima della corona È » 0,087 Indice dentale . ; : È ; » 0,020 Frequenza laminare . : : È ZI05) Indice coronale . ; 5 4 2,6 Per la formula dentale che può ritenersi uguale a #6 e per gli altri caratteri riscontrati considero questo dente come molare secondo inferiore destro. Anche il“20,, porta l'indicazione “ Loxodon meridionalis Nesti (Elephas), terr. plioc. lac. — Astigiana — S. Paolo, ed è molto simile al precedente da cui differisce solo per il diverso numero delle lamine che lo fanno considerare come un molare terzo (Tav. VII [I], fig. 7). È un dente allungato con le radici rotte e la corona molto bassa con l’estremità anteriore rotta e quella posteriore pianeggiante. La superficie di abrasione, leggermente convessa e di forma rettangolare arrotondata agli spigoli, consta di 8 lamine più larghe e più ravvicinate nella metà distale, all’estremità della quale anzi l'usura è tanto avanzata da aver cancellato una parte della prima e tutta intera la lamina precedente o tallone distale. Tutte le lamine hanno figura completa con leggero allargamento arrotondato, e non a punta, nel mezzo. La prima confluisce nel mezzo con la seconda, questa si tocca con la terza e gli intervalli occupati dal cemento si fanno poi gradatamente più ampi. La penultima lamina presenta bene sviluppata la strozzatura ricordata più sopra e che comincia già ad abbozzarsi nella precedente, mentre l’ultima, infranta nella 142 P. ZUFFARDI [22] sua astremità esterna, si presenta composta di un elemento allungato unito a un grosso annulo nell’estre- mità interna. Sul dorso di questa aderiscono fortemente i residui di due digitelli che formando un corpo unico con la lamina considero complessivamente come tallone prossimale. Due altri digitelli, ancora intatti, si inseriscono alle estremità interna ed esterna di esso corrispondendo all'intervallo di cemento. Il simbolo quindi può ritenersi x (7-8) x quale precisamente compete ai molari terzi di E. meridio- nalis. Misure: Lunghezza della corona . 2 ‘ m. 0,167 Altezza massima della corona . 5 » 0,055 Larghezza massima della corona , » 0,076 Indice dentale . i ; ; ; » 0,020 Frequenza laminare . } 3 È 5 3 Per la «diversa curvatura dei fianchi della corona esso poi può considerarsi come ‘mandibolare sinistro. Se si passa ai confronti è certo che i denti B, “21, e “20, presentano notevoli somiglianze coi molari scoperti dal SimoNELLI ([101], tav. I, fig. 1-3) a Candia nella Grotta di Grida Avlaci e da lui attri- buiti dall’. priscus FaLc. non GoLpe. considerandoli come una varietà intermedia tra lE. antiquus e VE. africanus. Tra i nostri il più simile sarebbe il “21, il quale però assieme agli altri ne differisce per essere più largo, con un indice coronale di neppure 2 tale quindi da eliminare l'impressione dell’appa- rente angusticoronatismo. L'espansione a punta che secondo il WeIrHOFER ([106], pag. 110) sarebbe un carattere delle lamine dentali dell’. antiguus non è poi nei nostri nè caratteristica, nè costante, poichè s'è visto come vari da lamina a lamina anche nello stesso esemplare sino a scomparire completamente. Per questo fatto essi richiamano molto i primi veri molari di £. meridionalis Nesti illustrati da ANncA e GemmeLLARO ([2], tav. II, fig. 1, pag. 16), mentre la pieghettatura mediana pure a punta, verificata nel nostro molare n.° “ 6, si identifica con quella presentata appunto da un molare ultimo di £. meridionalis Nesti figurato dalla Pautow ([78], pl. I, fig. 21). Confrontati poi con i molari di £. africanus quali ven- gono descritti dagli autori, i nostri differiscono oltre che per le dimensioni anche per la mancanza della caratteristica forma a losanga delle lamine. Identica forma e andamento ho riscontrato anche nelle prime lamine di un molare precisamente di Z. meridionalis, proveniente dal Pliocene di Durfort e conservato nel Museo di Vienna. D’altra parte le gradazioni di forma che fanno passaggio insensibilmente da queste forme ad altre più sicuramente riferibili all’E. meridionalis, col quale i denti in questione hanno comuni anche gli altri caratteri essendo parsilamellati, tapinodischi, leggermente archidiscodonti, con grande in- dice dentale, basso indice coronale e frequenza laminare, mi confermano nel riferimento a. quest’ ultima specie, considerandoli tra quelle forme che il WreIrHorER riconosceva fornite di lamelle ganeiniche più sottili e la PAuLoW distingueva per le lamine più ravvicinate. «99, Loxodon meridionalis NestI (Elephas), terr. plioc. lac. presso Asti. “ Dono del sig. avv. Pagliani ,, (Tav. VII [I], fig. 8a, 88). Con tale indicazione viene distinto un dente non molto grosso, di color rossastro scuro, allungato, provvisto di bassa corona ancor rivestita di cemento e spezzata all’estremità anteriore, mentre in quella posteriore porta sulla faccia dorsale una tacca circolare di pressione. La superficie di abrasione è leggermente concava, non molto larga e subrettangolare, con 6 lamine ristrette, separate da forti intervalli di cemento specialmente sviluppati nella metà prossimale. Hanno tutte figura completa meno la penultima e l’ultima; quella composta di un piccolo elemento allungato nel terzo esterno, cuì ne fa seguito uno più lungo che sembra essere derivato per fusione con un anello medianò, questa formata [23] P. ZUFFARDI 143 da sei cercini saldati fra loro per le pareti di smalto. Nell’estremità prossimale si ha un tallone costituito da un digitello addossato all’ ultima lamina, affiorante in mezzo al cemento molto copioso. All’ estremità distale invece si scorgono le vestigia di un’altra lamina rappresentata dalla lamella ganeinica posteriore. Lo smalto costituisce lamelle con tenui crespe che nel mezzo della lamina si allargano a punta come nei denti precedenti. Le radici sono infrante e accennano a una massa primitiva diretta all'indietro e terminano in grossi tronconi verticali saldati fra loro sotto il tallone prossimale. Misure: Lunghezza della corona . . . m. 0,132 Altezza massima della corona . 1 » 0,067 Larghezza massima della corona 3 » 0,074 Indice dentale medio n P : » 0,020 Frequenza laminare . ; ” È 5 Il simbolo del dente può scriversi — 6 @ e probabilmente manca una lamina e il tallone distale; per cui esso devesi considerare come molare terzo inferiore, probabilmente destro. Se però mancasse solo il tallone dovrebbe ascriversi invece tra i molari secondi. Nè è questo il solo dubbio che presenta il dente alla determinazione. Poichè la strettezza delle lamine e della corona lo fanno somigliare all’. antiquus. Però riesaminandolo più volte accuratamente ho riscontrato sempre un indice dentale minimo di 0,020 sull’asse longitudinale mediano della prima lamina distale, che va aumentando verso l’estremo prossimale dove, fin dalla penultima lamina misura già 0,022. Quest'ultimo valore lo si ricava anche dal rapporto tra la lunghezza della superficie d’abrasione e ii numero totale delle lamine, mentre l'indice coronale, per quanto inesatto mancando la porzione estrema anteriore della corona, dà un valore molto basso. L’in- crespamento delle lamelle è poi molto simile a quello, certo più sviluppato, che presentano i due ultimi molari inferiori di E. meridionalis conservati nella stessa nostra raccolta sotto la denominazione “ Dono comm. ALBENGA , che descriverò più avanti (pag. 147 [27]). Ci conforta nella nostra determinazione anche un altro carattere, per quanto di importanza molto accessoria, cui il PoHLIG attacca grande valore e che può servire di aiuto agli altri riscontrati. È l’ac- cenno che presenta la penultima lamina a un’espansione anulare mediana fiancheggiata da due elementi laminari ed in comunicazione con quello del lato interno. Anche dai confronti non trovo nella copiosa letteratura nessun esemplare che collimi perfettamente con questo. Quelli che più s’ avvicinano sono: il molare sesto inferiore di E. meridionalis di Koujalnik (PauLow [78], pl. I, fig. 21, pag. 26) unicamente per la forma allungata della corona e la piega saliente mediana delle lamelle; e il dente superiore pure di 7. meridionalis figurato dal WemHoFER ([106], tav. VIII, fig. 1, pag. 50). Con quest’ultimo special- mente il nostro dente ha molto simile la forma della corona pur essendone un po’ più lungo e meno alto. Distinguo con la lettera C un dente che ho trovato nella collezione senza alcuna indicazione. (Tav. VII [I], fig. 9). Ha la corona molto bassa e larga, con fianchi convessi e sfuggenti in basso verso le radici assai ristrette trasversalmente, con la estremità anteriore rotta e quella posteriore arrotondata. La superficie di abrasione elittico-ovale, quasi piana e leggermente convessa nel terzo laterale interno, un po’ concava verso la parte prossimale del terzo esterno, si compone di 6 lamine e di un digitello posteriore circondato da forte sviluppo di cemento, cui considero come tallone prossimale. Davanti alla prima v'è una porzione residuo di lamella di smalto posteriore di una precedente lamina rotta e scom- parsa probabilmente insieme al tallone distale. Tutte, meno le due ultime, hanno figura completa di abra- sione, allargate medialmente per non breve tratto, addossate le une alle altre specialmente nella metà anteriore del dente, con le corna ripiegate in avanti. La penultima lamina è composta di cinque elementi 144 P. ZUFFARDI [24] saldati fra loro, dei quali uno mediano più grosso tende a sdoppiarsi, e due per ciascun lato, l’uno più piccolo e l’altro un po’ più allungato, sembrano costituire quasi un corpo unico laminare allungato a. ciascun lato di quello mediano. L'ultimo ha quattro piccole isole unite fra loro. Lo smalto, spesso e ro- bustissimo, forma lamelle grossolanamente pieghettate, e il cemento pure abbondante si insinua tra le lamine, ricco particolarmente nell’estremo prossimale del dente. Le radici sono guaste, tuttavia vi si può distinguere un paio di rami anteriori liberi dalla massa seguente. Valori metrici: Lunghezza della corona . È > m. 0,145 Altezza massima della corona . E » 0,065 Larghezza massima della corona . » 0,095 Indice dentale . - ” È O » 0,022 Frequenza laminare . È ) È £ Il suo simbolo — 6x per quanto si è detto può integrarsi con x 7 e considerando la forma com- plessiva della corona e della superficie abrasa, può ritenersi come molare terzo probabilmente superiore destro di 4. meridionalis. Poco possiamo trovare di particolare corrispondenza tra gli esemplari figurati e descritti nella numerosa letteratura. Come forma generale e per la particolare inflessione delle corna e della figura delle lamine esso presenta discreta somiglianza coll’ultimo molare mandibolare destro di £. trogontherii del PozLie ([83], fig. 91dîs, pag. 202), il nostro però è assai più parsilamellato, più pachiganale, con lamine più larghe ed è anche maggiormente laticoronato. Per questi caratteri mi sembra giustificata la determina- zione assegnatagli di £. meridionalis. Un dente molto mal conservato porta semplicemente la scritta “ Dono del dott. RoccatI, novembre, 1904, Mombercelli ,, (Tav. VII [I], fig. 10). Esso si compone di tre frammenti che potei riunire abbastanza bene ottenendone una forma dalla corona bassissima, piuttosto larga, con superficie di abrasione di forma ovale, molto concava secondo l’asse anteroposteriore e lateralmente leggermente pendente verso il margine interno nei due terzi posteriori. Su di essa si aprono 7 grossi dischi a figure complete, tutti quanti larghi, con lamelle ganeiniche fittamente e irregolarmente increspate. La prima lamina distale, presente solo per la metà esterna, mostra il caratteristico grosso cercine mediano che si prolunga in un elemento laminare. Mancano le prime lamine prossimali ed.arguendo dalla rimanente superficie radicale, dalla forma complessiva della superficie d’abrasione e delle singole lamine, si può pensare che ne man- chino due al massimo. Il cemento interposto è abbondante formando dei larghi coni specialmente nella metà prossimale del dente, manca invece nel rivestimento esterno. Le radici molto logore formano una massa unica rivolta all’indietro e lateralmente ristretta sotto la superficie coronale. Le misure che ho: potuto ricavare sono le seguenti: Lunghezza del dente ? ò ò m. 0,200 Larghezza massima . . c , » 0,090 Altezza massima | { : 3 » 0,038 Indice dentale . 3 . , 5 » 0,024 Frequenza laminare . ; : 7 4 Simbolo. 0 0 ; 7 6 —T1- Nei confronti ho potuto constatare identità assoluta solo con un molare di E. meridionalis di Saint. Prest del Museo di Vienna; inoltre trattandosi di un dente bassicoronato, abbastanza laticoronato, tapi- [25] P. ZUFFARDI 145 nodisco, pachiganale, parsilameilato, con massimo indice dentale, tenendo conto del numero dei dischi e della curvatura dei fianchi, lo ritengo terzo molare inferiore destro di E. meridionalis NESTI. Jredo dovere ascrivere tra i primi tre ordini di molari, senza potere precisare quale, un frammento di dente che non porta indicazione alcuna e che attualmente nella raccolta va distinto con la lettera U (Tav. VII [I], fig. 11). Si tratta di una porzione anteriore di corona bassissima e di rudimenti di radici quasi completamente distrutte. Sulla superficie d’abrasione le lamine sono a figura completa, molto larghe, a ganeina forte e increspata nel mezzo, strettamente addossate nel punto mediano mentre gli interstizi di cemento sono ridottissimi. Le due prime anteriori anzi per l’avanzatissima usura sono quasi comple- tamente scomparse non rimanendo di esse che la lamella posteriore della seconda e un anello mediano derivato dall’ unione delle rispettive lamelle anteriore e posteriore. Per l’indice dentale uguale a 0,20, per la forma delle lamine, la bassezza della corona e la concavità evidente dolla superficie di abrasione parmi logico considerare il frammento come spettante a qualche molare giovanile di E. meridionalis NESTI. Un molare che porta il “ N. 23744, coll’indicazione “ Cat. Gast. Eleph., Buttiglieria d’Asti , (Tav. VII [I], fig. 12a, 120) è quasi totalmente mancante del rivestimento di cemento. Ha corona a fianchi couvessi dall’alto al basso e sul fianco interno anche in senso anteroposteriore. Essa è assai bassa e ha una super- ficie di abrasione, un po’ guasta e leggermente concava, di forma ovale, composta di 8 lamine abrase e due digitelli posteriori un po’ più bassi e intatti che considero come tallone prossimale, mentre quello distale manca per rottura. Le lamine incontrano il piano della superficie di abrasione sotto un angolo molto acuto e sono larghe, pachiganali, alquanto crispate, aperte ad anello nel mezzo dove anzi si individuano dei larghi cercini quando le !amine non hanno raggiunto la figura completa, come accade nel terzo posteriore. Le corna sono rivolte in avanti, e Je valli sono occupate da rilevante quantità di cemento. Delle radici manca quella libera anteriore; sono presenti le altre dirette all’indietro e fuse in una massa unica. Valori delle misure: Lunghezza della corona . : : È m. 0,200 Larghezza della corona 5 ì ; 5 » 0,094 Altezza della corona * E ; ; i » 0,080 Lunghezza della superficie di abrasione ° » 0,150 Indice dentale . ; 3 3 : ; > 0,022 Frequenza laminare n È x P 3 4-44/, Simbolo : ; 5 7 È $ : — Sx Le maggiori somiglianze di questo molare con quelli figurati e studiati dai molti autori, le ho riscon- trate con l’ultimo mandibolare destro di £. trogontherii di Rixdorf figurato dal PogLIG già ricordato, ([83], fig. 91 bis, pag. 202) col quale ha in comune la forma meridionalipeta delle lamine costituite da un accenno anulare mediano e da porzioni laminari laterali, la figura generale della corona, la tortuosità stessa dei dischi e il ripiegamento delle corna. Il nostro però è meno largo, meno alto, più parsilamellato, più pachiganale e con un più elevato indice dentale. Per questi caratteri che lo separano completamente dall’ E. antiquus e dall’ E. primigenius, avvicinandolo invece dall’ E. meridionalis, per le somiglianze che presenta col dente C' precedentemente descritto e quello recante il “N. 23684, della nostra raccolta, che studieremo in seguito, denti entrambi spettanti all’ E. meridionalis, io io ascrivo a quest’ultima specie considerandolo come un molare quarto, inferiore, destro. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 19 146 P. ZUFFARDI [26] * i * Senza indicazione prima e ora colla lettera D (Tav. VII [I], fig. 13) va distinto un grosso molare incompleto con corona larga e massiccia priva di rivestimento esterno di cemento, e che si allarga gra- datamente dalla superficie di abrasione sino alla base. La superficie di abrasione è piana, ovale, piri- forme e termina anteriormente con una faccia quasi piana risultata dallo schiacciamento contro il dente precedente. Posteriormente mancano diverse lamine e quelle presenti, in numero di 8, sono grosse e bene sviluppate, le tre ultime prossimali non ancora usate sono formate da sette digitelli ciascuna, ancora chiusi. Delle lamine usate, larghe, tortuose, con lamelle ganeiniche spesse e leggermente crispate nella porzione mediana, intervallate da larghi spazi di cemento, la 1* risulta di un elemento anulare allungato nella estremità interna, saldamente unito a un elemento laminare assottigliato all’estremità e ricurvo con la convessità in avanti, che confluisce con la seconda lamina. Questa 2* molto sinuosa, ha figura completa di abrasione col corno interno rivolto in avanti e quello esterno rivolto indietro. La 3% ha andamento inverso della precedente e si compone di tre elementi laminari di cui il mediano è più sviluppato e lascia riconoscere le isole dalla cui fusione esso è derivato. La 4* si compone di cinque elementi subanulari, dei quali i tre mediani stanno per confluire tra loro. La 5% ha sette elementi anulari saldati tra loro e intaccati dall’usura meno il primo esterno. I dischi sono diretti dall’avanti all'indietro e formano un angolo acuto con la superficie d’abrasione, mentre questa fa angolo ottuso col piano della superficie coro- nale non usata. Le radici sono state completamente infrante. Valori delle misure: Lunghezza della corona 7 ; : È ; 6 m. 0,170 Larghezza massima della corona o 6 o 5 » 0,104 Altezza minima (anter.) della corona { ; ; » 0,055 Altezza massima (12 lam. pross.) della corona . o » 0,122 Lunghezza della superficie di abrasione usata . ò » 0,112 Lunghezza della superficie di abrasione non usata . » 0,061 Larghezza massima della superficie di abrasione 5 » 0,087 Indice dentale . di 6 o - 5 : » 0,024 Frequenza laminare . : , i 7 È 5 44/ Simbolo : 7 : c : i ; ; tico 8 — Per le misure e per i caratteri evidenti che questo molare presenta parmi non siavi dubbio nel ritenerlo come molare probabilmente quinto superiore sinistro di Z. meridionalis. Come penultimo molare sinistro della stessa specie credo si possa considerare pure un frammento trovato senza indicazione alcuna e che distinguo colla lettera £. È la porzione prossimale di un grosso molare inferiore che doveva avere forma allungata rettangolare, molto simile a quelli di Incisa Belbo donati dal cav. ALBENGA che descriverò subito dopo. Il frammento consta dell’ultima lamina e della lamella ganeinica posteriore della precedente. Entrambe sono regolarmente arcuate, con la convessità all'indietro e si mostrano composte di tante isole cerciniformi, delle quali le mediane hanno già confluito e non ne rimane che l’indizio nelle ripiegature dello smalto. Il cemento è presente tanto nel rivesti- mento che nell’intervallo molto ampio, largo in senso anteroposteriore 0,012, sì che aggiungendovi lo spessore del disco che è di 0,013 si ha un indice dentale di 0,025. La larghezza massima è di 0,099 e l’altezza massima misurabile 0,085. Nella faccia posteriore del frammento, quasi piana, è notevole nel rivestimento di cemento una larga massa di pressione, ciò che fa appunto supporre un dente successivo. [27] P. ZUFFARDI 147 * * o * Due denti ben conservati e che reputo appartenenti a uno stesso individuo portano entrambi l’indi- cazione “ Elephas meridionalis Nesti, Incisa (Valle del Belbo). Dono del signor comm. ALBENGA, 1873 ,. (Tav. VII [I], fig. 14, 15). Il primo presenta una corona massiccia, allungata, a fianchi convessi dall’alto in basso, e secondo l’asse antero-posteriore rispettivamente convesso l’interno e concavo l’esterno. La estremità posteriore è arrotondata senza alcuna marca di pressione. La superficie di abrasione si estende a tutta quanta la sommità coronale assumendo una forma quasi rettangolare, depressa nel centro sia longitudinalmente che trasversalmente, essa inoltre tende a debolmente inclinare verso il fianco interno nell’estremità prossimale e verso l’esterno nell’estremo distale. Le lamine sono in numero di 10 ma nell’estremità distale vi sono traccie che lasciano supporre l’esistenza di almeno un’altra lamina andata distrutta. Esse sono bene sviluppate e spiccano tra il cemento interposto inclinando indietro nella parte alta e in avanti nella parte bassa dei due terzi anteriori del dente, mentre nel terzo posteriore le lamine hanno inclinazioni inverse. Notevole è anche la divergenza verticale delle lamine per cui il cemento che superiormente è largo in media 0,013, aumenta appena più sotto sino a circa 0,022. Esse poi sono divergenti anche orizzontalmente dall’esterno all’interno. Tutte quante sono affette dall’usura e presentano una cavità interna unica di forma rettangolare allargata regolarmente nel mezzo, ad eccezione delle tre ultime lamine prossimali che mostrano ancora i digitelli componenti, sotto forma di cercini più o meno deformati. Le . lamelle di smalto sono brillanti, forti e spesse, grossolanamemte increspate nella loro parte mediana. L’altro dente simmetrico del precedente ne offre ancora gli stessi caratteri sia nella forma generale che in quella delle lamine e delle rispettive lamelle. Consta di 6 lamine ma è facile riconoscere, dalla curva interrotta della corona, dalla larghezza massima della prima lamina presente, che esso manca di tutto il terzo anteriore sì che se si aggiunge anche una lamina visibile in basso nell’estremità posteriore e non ancor raggiunta coi suoi digitelli dalla superficie di abrasione, possiamo attribuire anche a questo un numero di lamine pressochè identico a quello del molare precedente. Particolarmente notevole è in questo secondo dente la disposizione della 5? lamina formata da un elemento mediano laminare tra due laterali anulari. Però già nell’elemento mediano si notano i segni indubbi delle isole dalla cui confluenza esso è derivato e che sono poi evidentissime nelle lamine seguenti ove l’ usura è meno avanzata. A entrambi-i molari mancano il rivestimento esterno di cemento e le radici. Valori delle misure: 1° 2.9 Lunghezza della corona (nel fianco interno) . : m. 0,320 m. 0,250 Altezza massima della corona . ; i i. È » 0,066 » 0,066 Lunghezza della superficie di abrasione . . : » 0,265 » 0,186 Larghezza massima della superficie di abrasione 1 » 0,107 » 0,106 Indice dentale . ; . ; ; 5 ; 5 » 0,025 » 0,025 Frequenza laminare . 5 o 5 s « 3 4 4 Simbolo . : : È È 5 . î b — 9x — la Sono dunque due denti lunghi, tapinodischi, pachiganali, parsilamellati, e per il numero delle lamine, che possiamo ritenere con molta approssimazione uguale a 11, per la mancanza di marche di pressione nella parte posteriore, possiamo ritenere il primo come molare sesto inferiore destro e il secondo come 148 P. ZUFFARDI [28] molare sesto inferiore sinistro di . meridionalis NestI. E infatti essi corrispondono assai bene per molti caratteri a quelli di questa specie figurati da LorreT et CHANTRE ([59], tav. 18, fig. 3) e a quelli del- l’Elefante di Riofreddo studiati dal PortIs ([87], tav. III, fig. 21 e 22, pag. 254) dopo lunga disquisizione da lui attribuiti all’. meridionalis NesTI. A questa specie vanno riferiti pure per la frequenza laminare eguale a quella che la signora PauLow dà per l’ E. meridionalis (cfr. [79], pl. V, fig. 5, pag. 172, e [78], pl. L fi. 20, 21, pag. 26 e 55). Però nelle forme di Kouialnik descritte dall’ autrice come spettanti a questa specie, le interposizioni di cemento sono più larghe e lo smalto quasi liscio. Per questo carattere somi- gliano invece di più a quelli attribuiti dal Germirz ([51], Text XI-XII-a) all’ E. antiquus Facc., da cui però si distinguono per l’indice dentale e per la meno spiccata figura romboidale delle lamine abrase. Vi è poi quel carattere, cui il PonLIG dà tanta importanza, presentato dalla terzultima lamina del secondo dente costituita come s'è detto da un elemento mediano laminare tra due laterali anulari, che ci farebbe riferire i molari descritti dall’ E. antiquus Farc. Ma a parte la fallacia di questo carattere, come abbiamo già dimostrato, nel caso nostro è evidente che l’elemento laminare mediano è puramente casuale, derivato dalla particolare fusione degli elementi cerciniformi. Tanto vero che questo elemento, per così dire, pseudo- laminare, è invece laterale nella terzultima lamina dell’altro molare. È qui il caso di ricordare quanto osservava già il WeITHOFER !, che cioè la peculiare suddivisione in isole delle lamine di £. meridionalis può talora essere mascherata da una fusione unica in cui però, come nei molari esaminati, possono ancora vedersi i segni degli elementi componenti. Nulla dunque si oppone al nostro riferimento specifico. Un altro molare che porta solamente il n. 13 (Tav. VIII [II], fig. 1a, 1) e che non risulta dai cataloghi del Borson e del GaAsraLpI, si presenta massiccio, di color bianco, completo, col rivestimento di cemento abbastanza conservato specialmente nel fianco interno. La superficie di abrasione, piana, ha forma di ellissi larga e allungata, con 11 lamine larghe, separate da intervalli di cemento pure larghi. Esse sono sensi- bilmente diritte e per la concavità del fianco esterno sono quivi più ravvicinate, divaricando invece verso - l’interno. La 1% è presente solo per la dentina e la lamella ganeinica posteriore, la 2% e 3* hanno figure complete: quella con le corna leggermente ripiegate in avanti, questa con l’interno ripiegato in avanti, e l’interno indietro. La 4% e 5* invece hanno tre elementi: due laminari laterali e uno più allargato, tondeggiante, nel mezzo, separato dai primi per interposizione di cemento che si fa poi più abbondante tra la 52, 6% e 72, nelle ultime delle quali l’elemento mediano si scinde in più cercini saldati fra loro. La Ss? e 9° hanno cinque elementi anulari saldati assieme salvo l’ interposizione di cemento che. isola quello più esterno. La 10* ha cinque digitelli chiusi ancora, come la 11% cui segue un gruppo di digitelli : cinque disposti a lamine e tre più piccoli addossati ai primi, che considero tutt’assieme come tallone prossimale. Le radici sono state logorate e si hanno solo le vestigia della robusta radice isolata anteriore e di quella diretta all'indietro che segue immediatamente. Valori delle misure: Lunghezza della corona o È 3 s 5 ” m. 0,258 Altezza massima della corona . ; i . ; DIOLESIO: Lunghezza della superficie di abrasione usata . , » 0,192 Lunghezza della superficie di abrasione non usata . » 0,076 Larghezza massima della superficie di abrasione - » 0,102 i) WEITHOFER. [106], pag. 65, 66. [29] P. ZUFFARDI 149 Indice dentale . ; È i i, ; 7 ; È m. 0,024 Frequenza laminare . c ; È ; c . ) 44/5 Simbolo t o o . s - = 3 È 3 — llx Questo molare per la forma e disposizione delle lamine e per la piccola frequenza laminare corrisponde abbastanza bene al M 6 di £. meridionalis di Kouialnik studiato dalla PAULOw ([78), pl. I, fig. 19, pag. 26 e 55) del quale il nostro sarebbe solo un po’ più lungo. S’avvicina pure all’ ultimo molare superiore della stessa specie, figurato dal WEITHOFER ([106], tav. X, fig. 2, pag. 64 e segg.). In conclusione presentando il molare in esame i caratteri più spiccati di E. meridionalis lo ascrivo a questa specie considerandolo come molare sesto, probabilmente inferiore, destro. Altri due molari trovati senza indicazione e che distinguo colle lettere Y e Y' (Tav. VIII [II], fig. 2, 3a, 30) si presentano fra loro molto simili tanto da far presumere appartenessero a uno stesso individuo. Hanno un colore rossastro per alterazione del cemento ancora abbondante tanto nel rivestimento esterno che negli intervalli tra le lamine. La corona è alta, a fianchi pochissimo convessi, posteriormente arrotondata e molto ristretta, con superficie di abrasione piana, larga e ovale. Sembrano completi quan- tunque manchi uno spigolo della parte interna anteriore dell’ #', e al massimo può mancare il tallone distale. In entrambi la superficie di abrasione si compone di 6 lamine usate, molto spazieggiate, ad anda- mento tortuoso. Nell’ ' già la 1° lamina ha figura incompleta poichè nella porzione rimasta si vede un cercine laterale saldato all’inizio di un altro troncato. La 2* invece sembra dovesse essere a figura completa. La 3* consta di due elementi mediani anulari confluenti, larghi e crispati, seguiti da altri due allungati. Analogamente la 4* in cui però l’elemento mediano sembra suddividersi in tre, come nella 5* dove anche quelli laterali sono sdoppiati. L'ultima è composta di sei elementi anulari, piccoli, appena usati. Nell’ la 1% e la 2° lamina hanno figura completa, molto tortuose e irregolarmente dilatate nel mezzo: quella accenna a una strozzatura verso l’estremo esterno che isolerebbe quasi un annulo diretto indietro, questa, con il corno esterno e interno rispettivamente rivolti indietro e in avanti, accennerebbe a una strozzatura nel terzo interno. La 3* e 4* hanno tre elementi ciascuna di cui il mediano è il più sviluppato. La 5* e 6* sono invece costituite da elementi annuliformi strettamente saldati. In entrambi i molari segue un buon numero di lamine giovani ricoperte dalla crosta di cemento e perciò difficili a contarsi. Tuttavia per quanto si può vedere sui fianchi e sulla superficie basale della totale corona, si possono attribuire, con molta approssimazione, a questa porzione 8 lamine, per cui il numero sarebbe di 14. Le radici non sono affatto conservate. Valori delle misure: P' P Lunghezza della corona . , ; È 3 2 m. 0.260 m. 0,270 Altezza massima della corona . o ; 3 È » 0,140 DIO ID) Lunghezza della superficie di abrasione usata . 6 » 0,150 n 0,134 Lunghezza della superficie di abrasione non usata . » 0,150 » 0,150 Larghezza massima della superficie di abrasione 7 » 0,092 » 0,091 Indice dentale . 6 : È ; | 7 3 » 0,023 » 0,023 Frequenza laminare . i; È ; È È } 44/5 44/5 Simbolo . i ; o , . ; - È; VNLOre RO 150 P. ZUPFARDI [30] Nei confronti si osserva che per le dilatazioni irregolari mediane delle lamine, per la grandezza e forma generale della corona si avvicinano assai bene alla fig. 13 ([78], pag. 27) della PauLow rappresen- tante un molare ultimo superiore di 2. cfr. Aysudricus Fato. di Tiraspol, o di E. aff. planifrons. Ma a parte l’affinità di queste specie con 1° E. merid. col quale anzi secondo alcuni autori esse si potrebbero identificare !, i nostri differiscono da quelle, assimilandosi invece a quest’ultima, per il minor numero delle lamine e per altri caratteri. Infatti essi non corrispondono più all’ E. planifrons figurato dal PoHtLIc ([83], fig. 45, 52) nè all’ E. (meridionalis) hysudriae Farc.-CAUuTL., pure dello stesso autore ([86], fig. 66) accostandosi invece di più alle figure che ancora il PoHLIG dà per 1° E. meridionalis Nesti ([83], fig. 55, pag. 148). Salvo poi il diverso numero di lamine essi presentano pure notevoli somiglianze con i due molari superiori, quarto e quinto, di E. meridionalis descritti dal WeIrHoFER ([106], tav. IX, fig. 1, 1a-2, 2a, pag. 53 e 57). Tra i molari figurati dal LeirH-Apaws, mentre i nostri si distinguono da quelli dell’ E. antiquus (vol. XXXI, pl. I-V) principalmente per essere i nostri più larghi, con lamine ad andamento più irregolare, e per il maggior numero di figure incomplete nelle lamine, ecc., si possono invece identificare con quelli di E. meridionalis ([58], vol. XXXIV, pl. XXIV, fig. 1, 2). Per questi confronti e per i caratteri rilevati ritengo giusto considerare questi molari rispettivamente come ultimi superiori sinistro #' e destro # di E. meridionalis NESTI. Un altro molare massiccio, ben conservato, porta semplicemente il “N. 24684, cui nel catalogo del Gasranpi (Tav. VIII [II], fig. 4a, 45) corrisponde l’indicazione seguente: “ Dente di Elefante, Feliz- zano ,. Esso è spoglio quasi completamente del rivestimento esterno di cemento. La superficie di abra- sione di forma ovale allargata e convessa in senso anteroposteriore, si compone di 7 lamine larghe, irregolarmente tortuose, con le corna indifferentemente piegate in avanti e indietro. Le lamelle di smalto sono assai forti e increspate, con notevoli interspazi di cemento, tanto più larghi quanto più si va verso l’estremo prossimale. La 1 lamina manca della metà interna. Compressa contro di essa, con breve inter- posizione di cemento, si ha la traccia della metà interna di una precedente lamina che doveva essere fortemente schiacciata dal dente anteriore poichè non sono rimaste che le lamelle di ganeina aderenti l’una all’altra, con scomparsa totale gel disco di dentina. Possiamo pertanto considerare come tallone questo residuo di lamina. La 2* ha pure figura completa con le corna ripiegate indietro e allargata nel mezzo; la 3* ha un elemento laminare nel terzo interno saldato con un altro più lungo che occupa gli altri due terzi. La 48 e 5* hanno tre elementi laminari saldati, la 6% ha sei elementi anulari intimamente uniti, la 7 ha cinque digitelli di cui due mediani appena tocchi dall’usura. Seguono altre 7 lamine con numero vario da 4 a 5 digitelli ciascuna. Le radici rotte e quasi completamente asportate, lasciano vedere la base di due grosse radici anteriori libere, dirette in avanti, e un terzo troncone diretto indietro che prelude la massa delle altre radici. Valori delle misure: Lunghezza della corona . È E 6 . ò m. 0,255 Larghezza massima della corona 5 9 i, È » 0,092 Altezza massima della corona . . c ) i » 0,120 1) FALCONER. [40], vol. II, p. 119; — PoHLIG. [81], p. 414; — WEITHOFER. [106], p. 62 (quest’ultimo limita la somi- glianza coll’ E. meridionalis all’ E. planifrons, e non all’E. hysudricus). [31] P. ZUFFARDI 151 Lunghezza della superficie di abrasione usata . . - » 0,140 Lunghezza della superficie di abrasione non usata . » 0,133 Indice dentale . : 3 } E 5 4 P » 0,021 Frequenza laminare . ; ; 5 ; - È 44/5 Simbolo . : 7 , : 7 : ” Due Il molare presente ha qualche caratteristica in comune coi due precedenti /, F', quali la tortuosità delle lamine e la forma delle loro figure di abrasione, nonchè con quelli già descritti “23744, e D, per il ripiegamento delle corna nelle lamine. Applicando anche ora quanto già ho scritto, per la forma stessa della fusione nelle figure d’abrasione, che ci rivela ancora i componenti elementi anulari, come si verifica di solito nei molari di £. meriîdionalis, e sopratutto per gli altri caratteri più importanti come il forte indice dentale, la pachiganalità e la larghezza stessa della corona, lo classifico con tal nome spe- cifico ritenendolo un molare ultimo superiore sinistro. A questa stessa specie riferisco anche un altro molare (Tav. VIII [II], fig. 5; Tav. IX [III], fig. 1), che nella raccolta è accompagnato da questa indicazione: “ Elephas antiquus KAuTL e FaLc. Astiano inf. passante al Piacenziano-C. Paccioretta-Nizza Monferrato-Trovato nel 1888. Portato dal sig. avv. PLInIo PERAZZO a nome del sig. FERRERO ,. Ha una corona piuttosto stretta e allungata, mediocremente ipselodisca, di color ros- sastro per alterazione. I fianchi della corona sono assai poco convessi longitudinalmente e non molto dall’alto in basso. La faccia anteriore è alquanto pianeggiante e schiacciata come lo dimostra anche la prima lamina; la faccia posteriore è invece assai assottigliata e regolarmente convessa senza traccia di compressione. La ‘superficie masticatrice si compone di una faccia di abrasione di forma ovoide piuttosto larga specialmente nella parte distale. Essa è costituita da 4 lamine larghe, pachiganali, appena increspate nel mezzo. La prima è assai logorata e schiacciata contro la seconda con relativa scomparsa del cemento interposto. La seconda ha un elemento mediano largo, cicloide, fiancheggiato da due corti elementi laminaroidi, la terza ha l'elemento mediano sdoppiato, la quarta ha cinque cercini assai raccostati. Seguono poi 10 lamine giovani di 5 e 4 digitelli ciascuna, l’ultima porta dorsalmente un gruppo di tre digitelli che si può ritenere come tallone prossimale. Valori delle misure: Lunghezza della corona . b , : m. 0,250 Larghezza massima della corona : ; 3 : » 0,075 Altezza massima della corona . . i : - » 0,110 Lunghezza della superficie di abrasione usata . A » 0,085 Lunghezza della superficie di abrasione non usata . » 0,165 Indice dentale . , È : 3 ò ò È » 0,020 Frequenza laminare . E i o . ; i 5-6 Simbolo . ; È È È 4 . î . e 3a È un fatto che la relativamente elevata frequenza laminare, l’indice dentale non molto caratteri stico, la corona alquanto stretta e alta, possono sollevare il dubbio sulla spettanza di questo molare all’ £. antiquus Farc. Però poichè questi stessi caratteri depongono anche per un riferimento all’ E. meridionalis, è proprio il caso di vedere se gli accessori almeno si dimostrano più per questa o per l’altra specie. Ora l’assenza di increspatura nelle lamelle, la ‘forma di abrasione delle lamine, e l’andamento loro rendono somigliantissimo questo molare specialmente a quelli E" e 7" già descritti come sicuramente spettanti all’ 4. meridionalis. E a questa conclusione si arriva anche dai confronti. Infatti esso corrisponde assai bene alla . 152 P. ZUFFARDI [32] fisura e alla descrizione del dente di Casalvieri ritenuto dal FLores come tipico di E. meridionalis NESTI ([47], tav. XIII, fig. 4, pag. 357) e che invece il Portis ([92] e [93], pag. 447) considera come appartenente all’E. antiquus assimilandolo alla fig. 1, tav. Adel PorLie ([83], vol. LVII). E veramente il PornLie (ib. pag. 300) parlando di questo dente, cui si riferisce il PoRTIs, conservato nel Museo di Siviglia, lo dichiara appartenente ancora all’E. antiquus FaLc. considerandolo come un gigante della sua specie poichè ha il numero minimo di lamine 14x compatibile coll’ ultimo molare di tale forma, mentre viceversa ha un indice dentale massimo, uguale a 0,020. Ma nella figura del PonLI@ si osserva che la forma delle lamine ad abrasione incompleta è costituita da un elemento mediano laminare con due laterali annulari, e a questo carattere come distintivo dell’E. antiquus il PornLIG dava la massima importanza. Nel caso nostro invece, oltre la riconosciuta poca costanza di tale carattere, ammessa dal PoRrtIs stesso !, esso manca completa- mente poichè tanto nel nostro dente che in quello di Casalvieri l’elemento mediano anzichè laminare è annulare, vale a dire presentano proprio il carattere ritenuto dal PoHLIG come distintivo dell’ E. meridionalis. Perciò mi sembra logico attenermi alla determinazione del FLoRES cui più si addice, differenziandosi invece da quella del Portis, anche la pachiganalità, la deficienza di increspamento nelle lamelle e il forte indice dentale riscontrato nel molare nostro. Esso poi somiglierebbe anche all’ ultimo molare mascellare di E. meridionalis studiato pure dal Portie ([83], fig. 41, pag. 141), sia per la forma della superficie di abrasione che per la relativa strettezza, sia per il numero dei digitelli e delle lamine nella parte non usata. Anche tra le illustrazioni del WerrHOFER il nostro molare trova corrispondenza nel molare ultimo di E. lyrodon fisurato nella tav. XI, pag. 1 ([106], pag. 88). L'E. Zyrodon istituito dal WEITBOFER stesso [105] è per dichiarazione dell’autore molto affine all’£. meridionalis Nesti e solo differirebbe per la statura minore e la struttura forse un po’ più debole dello scheletro, mentre i denti sarebbero pressochè identici. Per questo VE. lyrodon può considerarsi con NEUMAYR ? e col PoHLIG #) come una semplice variazione sessuale o indi- viduale di E. meridionalis cui si può quindi ascrivere, per la somiglianza riscontrata, il nostro molare. E somiglianza con quest’ultima specie troviamo pure nelle figure del FaLconER ([40], vol. II, pl. 8, fig. 1, 2, pag. 130 e 131) che rappresentano appunto molari ultimo e penultimo superiori. Tenendo conto dunque delle somiglianze riscontrate, e trattandosi di ultimo molare (come ci dimo- strano altri elementi quali la strettezza della estremità posteriore e l'assenza di marche di pressione) la formula dentale mentre corrisponde a quella segnata appunto per un ultimo molare di £. meridionalis non raggiunge quella del corrispettivo di E. antiquus, credo perciò giustificato il mio riferimento, aggiun- gendo che il nostro molare è superiore sinistro. Ho tenuto per ultimi due denti perfettamente conservati e ancora in posto nella rispettiva mandibola. (Tav. VIII [II], fig. 6a, 60; Tav. IX [III], fig. 2). Li accompagna questa indicazione: “ 19. — Loxodon me- dionalis (Elephas) — denti ultimo e penultimo molari nella mandibola — terr. plioc. lac. — Astigiana. S. Paolo ,,, ripetuta più brevemente in un successivo cartellino: “ EZephas meridionalis Nesti. S. Paolo (Asti) ,. Il corpo della mandibola è costituito da due rami orizzontali che sono assai divergenti alla estremità posteriore ove hanno inizio le branche o rami ascendenti, mentre in corrispondenza del terzo anteriore dei due ultimi molari si fanno paralleli ‘conservandosi tali sino alla loro unione. Il ramo orizzontale destro è molto sciupato mancando degli orli esterno e interno del margine al- veolare, e del rivestimento del margine inferiore. 1) PoRTIS. [89], p. 111. 2) NEUMAYR. [72], p. 173. 3) PoHLIe. [84], p. 314, 334. [33] P. ZUFFARDI 153 È scomparso poi totalmente il ramo ascendente destro e quello sinistro è tronco superiormente. I rami orizzontali si mostrano molto grossi, arrotondati, con faccia interna ed esterna liscie, e col margine inferiore sensibilmente parallelo a quello superiore o alveolare. Dei rami ascendenti è conservato solo la parte inferiore del sinistro, molto forte, arrotondato e convesso posteriormente. Esso però è pure alquanto guasto, tuttavia vi si può riconoscere ancora l’estrema porzione basale dell’apofisi coronoide a faccia piana, diretta all’esterno e in avanti della branca mandibolare, con la relativa porzione di incavatura sigmoidea che la separava dalla base del condilo. I due rami orizzontali unendosi anteriormente formano un mento largo, a forma di battello +, indice della notevole vecchiezza dell’ individuo. La sinfisi è alta, con una doccia pure larga e alta; il rostro è quasi del tutto ritirato. Sulla faccia esterna del ramo orizzontale sinistro si osservano due ben distinti fori mentonieri di cui l’uno è più largo, superiore e spostato in dietro in corrispondenza dell’alveolo del pe- nultimo molare; l’altro assai più piccolo è inferiore e sta presso il margine diastemale. Quasi alla stessa altezza di quest’ultimo, nella faccia interna, se ne apre uno più largo dei precedenti e unico. Sul ramo orizzontale destro invece si ha un solo piccolo foro mentoniero esterno corrispondente in tutto per forma e posizione al secondo dei precedenti. Sembra però che le rotture abbiano fatto scomparire altri fori di cui si possono forse ravvisare le traccie in una scanalatura presso l’ estremità superiore del diastema, esternamente all’alveolo, sul ramo sinistro, e in un foro che per frattura appare verticale, sul margine alveolare anteriore del ramo orizzontale destro. Sul margine superiore dei rami orizzontali si hanno anteriormente i due alveoli dei molari penultimi . scomparsi, e si presentano sotto forma di fossette col massimo diametro trasversale. Assai bene conservati sono i due molari ultimi dei quali il destro, per la ricordata mancanza dell’orlo e del rivestimento alveolare, è libero e lo si può analizzare in tutte le sue parti, mentre il sinistro, ancora infossato nel suo alveolo, non si può rimuovere ed ha anzi la sua porzione estrema prossimale ancora in- castrata sotto il ramo ascendente. Per le misure quindi mi sono servito del molare destro, riferendo però anche quelle che si possono trarre dal sinistro nelle condizioni in cui si trova. Del resto entrambi sono identici fra loro tanto nei caratteri generali che negli accessori, come appare bene anche dalla figura. Essi sono piuttosto allungati con corona a fianchi verticalmente convessi e longitudinalmente concavi al lato esterno, presentano segni di forte compressione subita per opera dei precedenti molari, dai quali ebbero schiacciata la prima lamina. L’usura non è molto avanzata e non ha raggiunto il piano massimo della corona per cui Ja superficie di abrasione, concava e piriforme, appare notevolmente più ristretta, con diverse lamine ancora chiuse e intatte. ; Il molare destro che si può, come ho detto, isolare, manca di radici e la corona si compone di 12 lamine, più un piccolissimo gruppo embrionale di digitelli indistinti, sì che ritenendo quest’ ultimo come tallone prossimale e la prima lamina schiacciata come tallone distale la formola dentale può scriversi x 11 x. La superficie di abrasione è composta di 4 lamine posteriori non ancor toccate dall’ usura, con la sommità ancora nascosta dal cemento, formate da vario numero di grossi digitelli, e da 8 lamine già usate ma non ancora a figura completa. Esse sono tutte leggermente arcuate con la concavità rivolta in avanti, tendendo pure a divaricarsi verso il fianco interno. La prima per lo schiacciamento si trova spostata verso il fianco esterno e ha avuto abrasa quasi tutta la lamella anteriore e la dentina. La seconda si compone di due mezze lamine un po’ tortuose; la terza ha un grosso elemento mediano circolare a perimetro assai ir- 1) WEITHOFER. [106], pag. 42 e seg. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 20 154 P. ZUFFARDI [84] regolare, fiancheggiato da due altri elementi laminari; nella quarta l'elemento mediano tende a sdoppiarsi, ciò che si verifica nella quinta lamina composta di cinque piccoli annuli; la sesta ne presenta invece appena quattro e sono appena tocchi dall’usura. Le lamelle di smalto sono molto robuste e prive di increspamento. Il cemento è abbondante tra le lamine e nel rivestimento esterno specialmente nel molare sinistro. Valore delle misure: Lunghezza (misurata sulla faccia esterna) del ramo orizzontale dal rostro alla base dell’apofisi coronoide m. 0,330 Lunghezza massima del ramo ascendente sinistro ) . $ È ; » 0,185 Lunghezza del margine superiore, o alveolare, al margine anteriore della corengido 5 È 5 ; » 0,260 Spessore massimo del ramo orizzontale sinistro . $ 2 3 È : » 0,145 Altezza del ramo orizzontale sinistro presso il margine anteriore ‘alla COTOIOIAE c 7 7 5 » 0,145 Altezza del ramo orizzontale sinistro inclusi i molari (anteriormente ed esternamente) - 3 : OIL Altezza del ramo orizzontale sinistro all’estremità superiore (rotta) del diastema 0 6 ; ; » 0,145 Altezza del ramo ascendente sinistro . È . 5 o È 0 , . ; c . c » 0,185 Spessore massimo (larghezza) del ramo ascendente sinistro . ; : E ; . E - : » 0,175 Divergenza massima dei rami ascendenti (misurata alla base) . . i 5 5 ; ; : »* 0,280 Divergenza supponibile circa È 7 : 0 o È o 3 ; 5 » 0,240 Divergenza minima dei rami cliccontala eso sso la sinfisi) 5 ; ; ò È 7 c » 0,087 Altezza massima della sinfisi compreso il rostro È . : 6 ) ; 3 0 a ; » 0,090 Lunghezza della sinfisi Ò î 5 6 . ; i ? 5 : ; 6 » 0,093 Diametro massimo della doccia Cn6) dio Sings È È : ; 5 È , i 7 . » 0,078 Altezza massima del diastema compreso il rostro 3 ; 5 . 5 » 0,170 Distanza del foro mentoniero superiore esterno nel ramo sinistro, da AO IRSnIoTO ; o . » 0,058 Distanza del foro mentoniero superiore esterno nel ramo sinistro, dall’estremità del rostro ò o » 0,157 Distanza del foro mentoniero inferiore esterno nel ramo sinistro, dall’estremità del rostro 6 ò » 0,096 Distanza del foro mentoniero interno nel ramo sinistro, dal margine sinfisario . 5 6 : : » 0,062 Distanza del foro mentoniero inferiore esterno nel ramo destro, dall’estremità del rostro . È È » 0,094 Diametro trasversale massimo dell’alveolo del penultimo molare sinistro . È 2 : 5 2 » 0,075 Lunghezza massima della corona dell’ultimo molare destro ; È ; : È : 9 n » 0,237 Lunghezza massima della corona visibile dell’ultimo molare sinistro . . È : o 5 ò » 0,175 Larghezza massima della corona dell’ultimo molare destro 5 : 4 . o : - » 0,090 Larghezza massima della corona dell’ultimo molare sinistro ; È : ì È ; 5 : » 0,090 Altezza massima della corona dell’ultimo molare destro " 5 È » 0,095 Altezza massima visibile (dal margine alveol. interno) della corona dell’ SUO tnolare sinistro . 5 » 0,054 Indice dentale dell’ultimo molare destro o. È _ ; È 5 4 ? i h 3 5 » 0,021 Indice dentale dell’ultimo molare sinistro. : : i 2 ; i o x P ; È » 0,020 Frequenza laminare dell’ultimo molare destro o : . E È é A È È i : È 6 Frequenza laminare dell’ultimo molare sinistro . - È ; - ; 5 : : b 5 6 % Oltre che la formula dentale, la quale corrisponde al minimo fin qui riscontrato per gli ultimi molari inferiori di E. meridionalis, ci induce a considerare i due denti come ultimi anche il restringimento quasi a punta dell’estremità posteriore, ciò che concorda con il ripidissimo pendio con cui nella mandibola il margine anteriore dell’orlo alveolare precipita al debole rostro, dando al mento la forma di battello, € Aaa di età molto avanzata. | Che si tratti poi di £. meridionalis, lo confermano tutti i caratteri principali e accessori riscontrati sui molari e cioè: l'indice dentale, l’essere parsilamellati, laticoronati, tapinodischi, pachiganali, la forma delle figure incomplete di abrasione nelle lamine, e la mancanza di increspamento nelle lamelle. (3) [85] P. ZUFFARDI 15 Anche nei confronti troviamo identità quasi assoluta di forma coll’ultimo molare mandibolare di Nor- folkcoast n. 23354 figurato dal Letta-Apaws ([58], vol. XXXV, pl. XXIV, fig. 1, pag. 198) come appartenente all’. meridionalis, il nostro però è un po’ più largo e con tre lamine di meno. Di conseguenza anche tutta la mandibola deve appartenere a questa specie quantunque sia difficile riscontrarne i caratteri peculiari dato il variare sine lege, come osserva SIMONELLI ! e come affermano altri autori 2), del mento degli elefanti e di tutti gli elementi mandibolari. Così noi abbiamo riscontrato il quasi parallelismo dei margini superiore e inferiore nei rami orizzontali, divergendo però verso l’estremità mentoniera di guisa che rispetto all’ inferiore, quello superiore sembra rialzarsi piegando un po’ all’insù. È questo, secondo il WeIrHOFER 3, un carattere distintivo delle man- dibole di E. meridionalis a differenza di quelle di £. pròmigenius in cui i margini si conservano paralleli. Anche l’angolo del diastema (margine alveolare con linea sinfisiale) uguale a 119° è molto prossimo ai valori segnati dal WrrtHoreR 4 per lE. meridionalis uguali a 120°-130°, e differisce da quelli riscontrati in campioni di uguale senilità di E. primigenius dove, secondo il WEITHOFER, si ha sempre un angolo di 110° Sembra anzi secondo il Lerta-Apams ? che il diastema cresca in verticalità e in altezza nelle mandibole a pari età dall’. meridionalis, E. planifrons, E. africanus, attraverso VE. antiquus, E. namadicus, E. asiaticus, sino all’E. primigenius dove tocca il massimo valore. Tale carattere pure in mezzo alla variabilità non lieve ricordata, si verifica anche comparando fra loro le diverse mandibole figurate dal PonLIG per E. meridionalis, E. africanus ed E. primigenius ([83], vol. LVII, fig. 131-152, pag. 427 e seg.). Tra esse la nostra per la forma del profilo del mento può essere . avvicinata a quella dell’. meridionalis di Bologna (ib. fig. 133, pag. 429). Elephas antiquus Farc. var. trogontherioides n. var. — Tav. IX [III], fig. 3-6. 1886-91. Zlephas trogontherii Pon. Poruie. [83], pars. 1886-91. — meridionalis trogontherii Ponnie. [83], vol. 53, pag. 205. 188%. — — — — [S2], pag. S07. 1891. — antiquus Nesti. Ponti. [83], vol. 57, pag. 303, 304. 1894. — — razza intermedius GaupRE. [50]. 1895-96. — meridionalis antiquitatis Porms. [88], pag. 6; [87], pag. 272. 1896. — — trogontheriù — [88], pag. 6. 1896. — . — = Vorz u. LeonHARD. [103], pag. 362. 1901. — trogontheriî Porn. Ricci. [97], pag. 374, 375, tav. 6, fig. 2. 1901. — _ «—— Wusr. [10%]. 1904. — - — em. Vorz. Germnirz. [51], tav. 11, 12, fig. &. 1910. — Wwstiù PauLow. [78], pag. 6, tay. 1, fig. 1-12; [79], tav. 5. Ricordo prima un dente (Tav. IX [III], fig. 3 a, 35) che si trovava in raccolta senza indicazione alcuna e che distinguo colla lettera G. La corona larga con fianchi non molto corvessi, termina anteriormente con una faccia ristretta e arrotondata, e posteriormente è tronca. La superficie di abrasione è concava 4) SIMONELLI, [101], p. 6. 2) LerrA-Apams. [58], vol. XXXIII, p. 138 e seg.; WeEITHOFER. [106], p. 43. 3) WEITHOFER. [106], p. 12. 5 In., p. 42. 5) Leita-ApaAms. [58], vol. XXXIII, p. 138. 156 P. ZUFFARDI [36] e di forma ovale. Tutte le lamine hanno figura completa poichè l’usura è tanto avanzata che la 1.3 la- mina è quasi totalmente scomparsa non rimanendo che le traccie di un isola cicloide di cemento nel terzo esterno, che la separava dalla 2.* con la quale confluiva. Di questa è presente solo la iamella posteriore di smalto e confluisce con la 3. nel mezzo e più ancora nel terzo interno. Le seguenti 3?, 4°, e 5*, più dilatate nel mezzo, confluiscono tra loro per una strettissima strozzatura mediana del cemento interposto; la 6°, e 7% invece sono libere pur conservando l’accennata dilatazione mediana che va poi gradatamente scomparendo nelle rimanenti. Le corna delle lamine sono rivolte in avanti sino all’83, mentre nelle tre seguenti si rivolgono gradatamente all’ indietro. Le lamelle ganeiniche, abbastanza spesse, sono molto ondulate e increspate; il cemento forma dei coni laterali negli intervalli sempre più larghi procedendo verso la parte posteriore. Completando idealmente la figura della superficie di abrasione si può supporre esistessero almeno altre tre lamine. Le radici molto logore formano una massa unica diretta all’indietro, mentre le prime due lamine sembra dovessero essere portate da una ramificazione anteriore. Valori metrici: Lunghezza della corona . ; o m. 0,156 Larghezza massima della corona c » 0,105 Altezza massima della corona . ? » 0,094 Indice dentale . È 3 : È » 0,015 Frequenza laminare . . . o 605 Simbolo . ; ; . 7 ! x 10 — Della giustificazione della determinazione assegnata a questo molare e per conseguenza della sua posizione nel sistema dentario, dirò dopo la descrizione e i confronti relativi dei due molari seguenti segnati in raccolta coll’indicazione: “8, Euelephas antiquus CautL. et Farc. (dente infer. ultimo) terr. plioc. lac. Astigiana S. Paolo , e “9, (Tav. IX [III], fig. 4, 5a, 50). Il “n.08, è un dente massiccio, quadrato, con la corona che termina posteriormente con una faccia piana, stretta nella posizione superiore, assai larga in quella media e inferiore, lasciando supporre la scom- parsa di una parte notevole forse formata di lamine non ancora usate. La superficie di abrasione ha forma ovale, leggermente concava, e si compone di 15 lamine già affette dall’ usura e per la maggior parte con figure complete di abrasione, più strette delle valli di cemento interposte. Hanno corna leg- germente incurvate in avanti, lamelle di smalto discretamente pachiganali e molto increspate. Della 1.2 lamina è presente solo la lamella ganeinica posteriore, la 10.* ha un elemento laminare che occupa il terzo interno, comunicante per una piccola strozzatura con un secondo elemento, nel terzo mediano, @ sua volta accennante a scindersi, mentre nel terzo. esterno si ha un cercine allungato, laminaroide. Nel- l'11.à il terzo mediano è ancora laminare e isolato con traccie di strozzature, seguìto da due laterali più piccoli. Le altre lamine seguenti sono formate da tanti elementi annulari più o meno deformati. Altrettanto può dirsi per il “9, dove la forma della corona appare un po’ più allungata, più rilevante l’increspamento e la grossezza delle lamelle e l’ incurvamento delle corna delle lamine. Queste accennano pure a un’espansione leggera mediana per cui, specialmente le prime tre distali, si toccano. La 1.° lamina è rap- presentata solo dalla lamella posteriore e tutto il resto, e qualche altra lamina, è andato distrutto come lascia supporre la troncatura anteriore della corona. Le prime sette lamine hanno figura completa, 1° 8.* ha cinque elementi saldati fra loro in modo da descrivere quasi una linea spezzata ad angolo retto nel mezzo. Per questo fatto vengono determinati due [B7] P., ZUFFARDI 157 larghi spazi: l’uno interno fra 1° 8.8 e Ja 9.* lamina e l’altro fra la 7.* e 1°8.3 rispettivamente occupati da due mezze lamine di due brevi elementi allungati ciascuna. La 9.? e la 10. sono diritte con sei elementi annulari alquanto deformati; 1°11.* con quattro elementi è parallela alle precedenti. Segue poi una massa di digitelli, aleuni assai grossi e qualche altro non usato ancora, che formano un complesso unico arro- tondato posteriormente che si potrebbero considerare come un tallone a fiocco. In entrambi i denti le radici sono completamente troncate. Valori mettici : «N.8» «N.9» Lunghezza della corona . : 4 m. 0,205 m. 0,195 Larghezza massima della corona . » 0,102 » 0, 105 Altezza massima della corona . : » 0,115 » 0,115 Indice dentale : 5 2 È » 0,015-0, 016 » 0,016-0, 017 Frequenza laminare 7 : ; 6 4/5 -7 6 Simbolo . c $ È c é — 15 — — libia Dai confronti si rileva una discreta somiglianza di questi tre molari con il molare sesto inferiore di E. antiquus di Tiraspol studiato dalla PauLow ([78], pl. V, fig. 4, pag. 172); però essi sono notevolmente più larghi. Per questo stesso carattere differiscono pure dal molare trovato nel sottosuolo di Milano attribuito all’E. primigenius dal MARIANI ([62], tav.I, pag. 34), assomigliandosi invece per questo e per . gli altri caratteri morfologici all’altro ascritto alla stessa specie dal medesimo Autore ([61], tav. I, pag. 34) interpretato dal PortIs ! come E. antiguus. Questo infatti ha una larghezza di 0,104, lunghezza massima di corona 0, 320, e di superficie d’abrasione 0, 235. Però esso ha un indice dentale di 0,0125 e quindi inferiore a quello dei nostri. Le stesse osservazioni si possono fare in confronto con parecchi molari di E. antiquus figurati dal PoHLIG ([83], specialmente tav. 3-8, pag. 163, 259 e 251). Si accostano pure al molare ultimo inferiore di E. primigenius ([66], tav. XVI, pag. 4, 5, pag. 139, 140) e a quello di E. trogontherii ([91], tav. VI, fig. 3) studiati dal Ricci, i nostri però sono più laticoronati, con indice dentale maggiore, lamine più diritte e lamelle più pachiganali. Per la forma complessiva della corona e delle lamine potrebbero riferirsi al penultimo molare di E. antiguus pure dal PogLIG figurato nella tav. IV, fig. 4 [83] e ai due ultimi attribuiti alla stessa specie dal medesimo Autore ([83], tav. VI, fig. 2, pag. 183) i quali però quantunque ritenuti giganteschi dal PoHLIG stesso sono tuttavia di larghezza inferiore ai nostri. Essi hanno le dimensioni seguenti: lungh. 0, 34, largh. 0,098, altezza 0, 24 con x 18 *|, x. Lo stesso si può osservare in confronto con i molari di E. antiguus del Forest Bed figurati dal Lerra-ApAms ([58], vol. XXXI, pl. V, fig. 1; vol. XXXV, pl. XX, fig. 1 e 1@) che pure appartenendo alla varietà A, cioè a corona più larga, istituita da questo stesso Autore, hanno valori sempre inferiori ai nostri. In conclusione dai caratteri riscontrati e dai confronti ci risulta che i nostri molari G, “8, e “9, hanno i caratteri specifici dell’. anziguus (alticoronati, ipselodischi, lunghi, indice dentale, fre- quenza laminare), da cui però differiscono per la forte larghezza della corona incompatibile col carattere angusticoronato ritenuto tra i principali di questa specie. Per tale larghezza, superiore alla massima fin ‘qui riscontrata nei molari ultimi inferiori di £. antiquus, mi pare logico istituire una varietà nel senso fin da principio indicato pur mantenendola nella specie di E. antiquus quale ci viene dimostrata dagli 1) PoRTIS. [94], p. 162. 15 P. ZUFFARDI [38] (00) altri caratteri. Di conseguenza per il numero delle lamine e la forma della corona considero il G come molare probabilmente quinto, inferiore sinistro, e i n. “8, e “9, come ultimi molari inferiori rispettiva- mente destro e sinistro. La stessa discussione può farsi in riguardo di un altro grosso molare superiore (Tav. IX [III], fig. 6a, 65). Esso porta l'indicazione “5, Euelephas antiquus CautL. et Farc. Nizza della Paglia — Dono del sig. cav. Pio Corso BoseNASsco , ed è accompagnato da un biglietto così concepito “ n.° 20 — Rinvenuto nel 1819 in un podere della famiglia Corso Bosenasco dal sig. Pro Corso Bosenasco Sindaco di Nizza Lapaglia, a Nizza Lapaglia ,. È un dente alto e massiccio, troncato davanti, arrotondato e assottigliato in dietro. I fianchi della corona, ancora rivestiti dal cemento, sono verticalmente quasi diritti, e longi- tudinalmente convesso l'interno, concavo l’esterno. La superficie di abrasione, quasi rettangolare-arrotondata, è composta di dodici lamine, tortuose, larghe come gli interspazi di cemento e tendono ad allargarsi bruscamente nel mezzo in modo da originare una espansione ovolare. Le corna piegano più o meno sen- titamente all’indietro, le lamelle sono leggermente pachiganali e fittamente increspate. Della 1.8 lamina è presente solo la metà interna della lamella di smalto posteriore, e della 2.2 manca la metà esterna della lamella anteriore. Sino all’ 8.8 compresa, le lamine hanno figura completa; la 9, 10?, 11.* hanno tre elementi laminaroidi di cui il mediano più sviluppato, e assai meno l’estremo interno ridotto quasi a un semplice anulo. La 12.* è composta di quattro cercini appena usati. Segue l’altra parte della superficie di abrasione non usata che forma con la precedente un angolo di poco superiore al retto. Essa quan- tunque ricoperta ancora da cemento, dalle costolature laterali può ritenersi costituita da cinque lamine delle quali l’ultima, strettissima e arrotondata, può considerarsi come tallone prossimale. Le radici, per la massima parte perdute, si iniziano in un brusco restringimento laterale della corona e vi si vedono i tronconi basali di un paio di robusti rami anteriori probabilmente liberi, e i resti del- l’ammasso delle altre radici. Dall’andamento di queste e dalla forma della corona sembra manchino al mas- simo altre due lamine. Valori metrici : Lunghezza della corona . È b m. 0,210 Larghezza massima della corona È » 0,110 Altezza massima della corona . ; » 0,150 Indice dentale . 5 - ò 0 » 0,015 Frequenza laminare . 3 : E 64/5-7 Simbolo . i 5 ; : : —15x Richiamando quanto ho detto per i molari precedenti e cioè che siamo in presenza di un-molare lungo, alticoronato, con frequenza laminare e indice dentale di E. antiquus da cui differisce un poco come forma tipica per la notevole maggiore larghezza, mi pare giusto considerarlo nella varietà trogontherioides antecedente di tale specie, ritenendolo quale molare ultimo superiore sinistro. È d’uopo notare però che il FALcoNER ([40], vol. II, pag. 249-250) si riferiva forse anche a questo dente quando parlando del suo E. armeniacus, che credeva ravvisare in un grosso molare segnato col n.° 7 nella nostra raccolta, e che ci occuperà più avanti (pag. 174 [54]), affermava che altri ve n’erano tra i molari di S. Paolo. Il molare in questione differisce ancor più dell’altro dalla specie falconeriana, anche ritenuta auto- noma, per il diverso andamento delle lamine che mancano della caratteristica ondulazione dello smalto, e sopratutto per il più elevato indice dentale. 189] P. ZUFFARDI Elephas antiquus (typus) Faro. — Tav. IX [III], fig. 7-9; Tav. X [IV]. 1821. Der primigenius BL. Cuvier. [24]. meridionalis Nesti. Nesti. [79], pag. 199. primigenius Br. Borson. [9]. 1825. 1830. 1841. 1846. 1846-47. 1857. 1858. 1859. 1867. 1872. 1876, 1877-82. 1882. 1883. 1883. 1886-92. 1886-92. 1890. 1891. 1893. 1893. 1894. 1895. 1895. 1895. 1896. 1896. 1896. 1896. 1897. 1897. 1897. 1897. 1898. 1898. 1900. 1901. 1901. 1903. 1904. 1904. 1908. 1908. — Bramvinne. [35]. — Owen. [75]. meridionalis Nesti. FALCONER. [37]. antiquus FaLconer. [39], pag. 176, fig. 1-5. primigenius Bn. GastanpI. [49], pag. 61, 62. antiquus Farc. Borter. [56], pag. 501 e 514, tav. 15, fig. 11. IG. Cocca. [21], pag. 16, 17. Anca. [1], pag. 2 Lorter et Cranrre. [59], tav. 18, fig. 1- Lemrg-ApAWS. [58], vol. 31, pag. 31 e 47: 176, 231 con tavole. Naumann. [69], pag. 25, tav. 6, 7 primigenius BL. NiccoLvcci. [73], pag. 5. ntiquus Farc. Brauns. [17], pag. 33, tav. J, fig. 1-4. (Euelephas) a antiquus Fan c. Pornnic. [83], (con molte tavole). trogontherii Pon. (pars) Ponnie. [83] e [82]. antiquus Farc. Cacoramani. [19], pag. 423, fig. 1. WEITHOFER. [106], pag. 94, con tavole. Ponuie. [84]. PortIs. [87], vol. I, pag. 9. Zire. [109], vol. IV. Frores. [42]. d. primigenius Br. FLores. [42], pag. 31 (defite di Castelliri). antiquus Farc. De AnceLIS. [26], pag. 242. (Buelephas) antiquus Fare. De AnceuS. [27], pag. 387, antiquus Farc. Marr. [64], pag. 294. . (meridionalis) Porms. [88], pag. 5 antiquitatis Pornis. [88], pag. 6. 389. (Euelephas) antiquus Farc. De ANGELIS. [29], pag. 31 e segg. fig. 11-15: [28], pag. 3 — — Dr Ancrus. [28], pag. 328. _ — Men. [65], pag. 186. antiquus Farc. Votz. [104], pag. 195-197, fig. 1a, 1D. Porms. [90], pag. 246; [89], pag. 95-103. (Buelephas) a Ports. [89], pag. 95-103. ntiquus Farc. CAECCHIA. [20]. trogontheri Porn. Ricci. [97], pag. 376, tav. 6, fig. 3 Pali Farc. FLores. [47], pag. 353, 354, tav. 13, fig. BortoLorti. [7], pag. 86, 87, tav. 4, fig. GrimnImz. [51], tav. 11, 12, fig. a. Mei, [66], pag. 433, 434. CLERICI. [22], fig: H. — Dx Strrawo. [33], pag. 10, fig. 1-6. 1 (conf. 1904 [48]. 2e 5. DI ai 8 vol. 33, pag. 88, 127; vol. 35, pag. 160 ? P. ZUFFARDI [40] 1910. Elephas antiquus Fare. PauLow. [78], pag. 19, tav. 1, fig. 13; [79], pag. 172, tav. 5, fig. 4. LO _ — Ponmer. [86], pag. 464, tav. 10, fig. 3, 4. 1912. — — — AnprEws. [4], pag. 111, 112, fig. 4, B. Secondo WelrzorER ([106], pag. 94) sono pure sinonimi dell’E. antiguus Farc. i seguenti: 1821 H. priscus Gonpr.; 1867 Leptodon giganteus e Lept. minor Gem. ; 1868 Elephas Gunmi Lortet; 1874 E. ntermedius JovRD.; (2) 1883 E. ausonius Mayor; 1884 E. trogontherii Poni; e secondo il Ponrie ([83], vol. 57, pag. 334) anche lE. affinis Bicaw. e VE. jubatus ScHLornEnI. Ascrivo a questa specie due denti molto. simili che nella raccolta portano: il primo semplicemente il numero “24787, non considerato nè nel catalogo del Borson, nè in quello del Gasranpi; il secondo invece lo scritto “ 11 — Euelephas antiquus CAUTL. et FaLc. — Terr. plioc. lac. Astigiana-Buttigliera. Dono FreYLING,.— Il primo (Tav. IX [III], fig. 7), “ n.° 24787 ,, è un po’ più piccolo del secondo e ha la corona rivestita ancora di cemento, con fianchi regolarmente convessi, troncata anteriormente e posteriormente, gradatamente ristretta e arrotondata, senza marche di pressione. La superficie di abrasione, concava se- condo l’asse longitudinale, ha 6 lamine molto sporgenti dal cemento, più addossate nell’estremità anteriore e assai distanziate posteriormente. Esse sono piuttosto strette, appena un po’ ricurve, con la convessità in avanti, con lamelle pachiganali e fittamente increspate. Hanno tutte figura completa, meno l’ultima composta di un elemento mediano più lungo e di due annulari ai lati. Succede immediatamente un gruppo di digitelli, di cui solo due però sono visibili sulla superficie di abrasione, che formano il tallone prossimale. Devesi anche notare che nella faccia anteriore della corona esiste il rudimento dello smalto di un’altra lamina andata perduta con le altre che precedevano. Il secondo molare (Tav. IX [II], fig. 8) “n.° 11 ,, è un po” più grosso e tronco alle estremità tanto anteriore che posteriore. I fianchi della corona sono più marcatamente convessi, la superficie di ‘abrasione piana o lesgerissimamente convessa accenna ad una forma ovale con sei lamine assai sporgenti dal cemento e in cui la dentina venne per buona parte asportata. Esse tendono ad allargarsi nel mezzo e hanno lamelle non molto pachiganali e fittamente pieghettate nella parte mediana. Le prime quattro hanno figura com- pleta di abrasione, la 5.* ha un elemento mediano laminare che si salda ai lati con due altri più piccoli un po’ allungati. L'ultima, alquanto tortuosa, si compone di sette piccoli cercini. Posteriormente vi sono i resti di un’altra lamina che doveva pure essere composta di digitelli, dei quali è integro solo il primo dal lato esterno. In entrambi i denti le radici sono troncate e non ne rimane che il residuo in una massa unica assai compatta. Valori metrici: È « N. 24787 » «N.11» Lunghezza della corona . È : m. 0,113 m. 0,121 Larghezza massima della corona | . » 0,056 » 0,093 Altezza massima della corona : » 0,090 » 0,087 Indice dentale ; 7 , : » 0,018 » 0,015 Frequenza laminare o 4 î 6 > 5 Simbolo . o i ; ; ; — 6 —_— 6—- Poco ci dicono i confronti, potendosi solo riscontrare qualche rassomiglianza nella forma generale col premolare di E. antiquus figurato dal FaLconeR nella pl. 9, fig. ‘2 ([40], vol. II, pag. 180). E io li man- [41] P. ZUFFARDI 161 tengo in questa specie per il loro indice dentale che li fa differire dalle altre forme elefantine, conside- randoli come molari secondi o terzi, superiori, rispettivamente destro e sinistro. “N.° 10. Euelephas antiquus CavtL. et Farc. (ultimo dente inferiore sinistro), terr. plioc., lac. Astigiana. S. Paolo , (Tav. IX [III], fig. 9a, 96). Con questa denominazione è distinto nella raccolta un dente quasi completo di forma ovale allungata. I fianchi della corona sono regolarmente convessi tanto l’ interno come l’esterno il quale però diventa concavo nel terzo prossimale. Quest’ultimo poi a differenza del fianco interno è convesso anche dall’alto in basso. La parte anteriore della corona è molto assottigliata e appuntita, mentre quella posteriore, piatta e in basso concava, lascia supporre l’esistenza di qualche lamina andata perduta. La superficie di abrasione, ovale-allungata, è leggermente concava e presenta 12 lamine dirette verso l’indietro, le quali nella compagine della corona si affondano con direzione opposta, cioè in avanti, per tornare poi nella primitiva direzione più in basso in guisa da descrivere verticalmente tanti archi con la convessità rivolta in avanti. Nella estremità distale l’usura è tanto avanzata che la corona è quasi totalmente sostituita dalle radici. Per questo, della 1° lamina non rimane che il posto occupato dalla radice; essa confluiva certo con la 2° come dimostrano le traccie mammilliformi del cemento interposto. Della 2* è visibile solo la dentina e la lamella di smalto posteriore e confluisce pure con la 3°. Seguono altre cinque lamine a figura completa; la 9* è composta di due digitelli nell’ estremità del lato interno, che per usura formano alla superficie due cercini, seguiti da un elemento laminare e da un nuovo cercine all’orlo esterno. La 10? è composta di sei cercini di cui il primo, nel fianco interno, si trova più in basso degli altri ed è logorato lateral- ‘ mente. Tra queste due ultime lamine nel fianco interno si interpongono due elementi annulari ravvicinati di cui il primo è pure più basso e logorato lateralmente. Le altre due lamine rimanenti presentano tutti i loro annuli bene allineati, nell’ultima anzi sono disposti ad arco, per cui il dente termina alquanto arro- tondato. Le lamelle di smalto, non molto spesse, sono increspate e tortuose; il cemento è abbondante spe- cialmente negli intervalli delle lamine mediane. Sulla base della corona si hanno due serie di radici appaiate formanti una massa unica diretta all'indietro. Mancano le tracce di radici libere anteriori. Valori metrici: Lunghezza della corona . : È m. 0,200 Larghezza massima della corona 7 » 0,090 Altezza massima della corona . È » 0,085 Indice dentale . È È È o » 0,019 Frequenza laminare . ; , i Di/s Simbolo È ù , i : : na BO) He Per i caratteri rilevati, per l’arrotondamento della parte posteriore e per la presenza di una marca di pressione che ho creduto vedere in basso nella faccia prossimale della corona, ritengo che questo dente sia un molare quarto o quinto, anzichè ultimo come dice il cartellino, inferiore sinistro di E. antiquus FALCONER. Dai confronti però si rileva come esso per la frequenza laminare corrisponda piuttosto al corrispet- tivo dell’E. meridionalis (cfr. PAuLow [78], pag. 55) da cui però si distingue per essere più angusti- coronato e più lungo, mentre invece per la forma della superficie di abrasione e per l’indice dentale si accosta di più al molare sesto di E. antiquus del Tiraspol studiato dalla stessa PauLow ([79], pag. 4, pl. V, pag. 172 = [718], fig. 13, pl. I, pag. 19). Tra le figure del WeITHoFER l’unica che s’avvicini Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 21 162 P. ZUFFARDI [42] al nostro” dente, tra l’altro per la forma delle lamine con le estremità rotonde e rivolte in avanti, salvo il diverso loro numero, è quella rappresentante un ultimo molare di E. antiquus di S. Romano nel Valdarno inferiore ([106], pag. 106, tav. XII, fig. 1). Così pure esso si identifica con ia forma di £. an- fiquus di Weimar figurata dal PogLIe ([83], vol. LIII, pag. 168, tav. VI, fig. 7) sia nella forma comples- siva che nel numero delle lamine e nei caratteri accessori, per la interposizione di laminette allungate fra due cercini nelle lamine a figura incompleta. Pur essendo notevolmente più largo e più lungo il nostro dente corrisponde pure alla fig. 3, tav. I Anca e GeMMELLARO ([2], pag. 78) rappresentante un quarto molare inferiore destro di . antiquus FaLc. della grotta di S. Ciro. Di due molari simili per il loro stato d’uso e per i caratteri più salienti della specie tipica di E. antiquus, l'uno reca semplicemente il numero “23743, pure senza corrispondenti indicazioni nei cata- loghi del Borson e del GasvaLDI; l’altro manca di qualsiasi indicazione e io lo distinguo con la lettera H. Il primo, “ 23743 ,, (Tav. X [IV], fig. 1), ha corona allungata e piuttosto stretta con fianchi pochissimo convessi, con la faccia anteriore profondamente intaccata dalla pressione del dente precedente la quale ha distrutto quasi completamente la 1.8 lamina e ha eliso buona parte della lamella di smalto anteriore dei digitelli componenti la 2%. La faccia superiore è invece ben conservata, convessa e assottigliata. La superficie di abrasione è ancora quasi vergine. Infatti oltre alle due lamine accennate solo la 3.8 mostra cinque suoi digitelli logorati di sbieco, tutte le altre, in numero di 9, hanno generalmente sette digitelli ciascuna ancora chiusi. Addossati all’ultima senza interposizione di cemento stanno quattro digitelli di cui i mediani troncati in basso sono i più grossi. Ritenendo questi come tallone prossimale e la 1.* lamina come tallone distale, il simbolo del dente potrebbe scriversi x 11 x. Lo smalto è grosso e il cemento, bene sviluppato negli intervalli, è molto al- terato e manca nel rivestimento esterno. Le radici sono state rotte, però dai rudimenti rimasti sembra che le prime tre formassero una massa anteriore separata da un’altra massa più grande posteriore, risultante dall’ unione basale delle rimanenti lamine. L’altro dente (Tav. X [IV], fig. 2) ha la corona pure priva di rivestimento di cemento, con grosse lamine trasversalmente strette alla superficie di abrasione e allargate verso la base, per cui in sezione assumono fisura piriforme. Le facce coronali, anteriore e posteriore, sono piatte: quella più ristretta, questa più larga dalla quale pare manchino le ultime lamine del dente. Nella superficie di abrasione l’usura inte- ressa appena e leggerissimamente le due prime lamine mentre le sette rimanenti, che si innalzano molto dal cemento interposto, sono ancora chiuse e si mostrano composte di sei-sette digitelli ciascuna più o meno grossi, qualcuno dei quali è tronco per le condizioni di fossilizzazione, come la 7.8 lamina completamente spezzata. Un digitello aberrante spunta poi nel mezzo dell’intervallo di cemento tra la 3. e 4.* lamina. Mancano le radici e poichè il fianco esterno si mostrava già quasi sezionato naturalmente, ho pensato di compiere la sezione per mostrare l'andamento delle lamelle di smalto nella formazione delle lamine Valori metrici: «23749» . H Lunghezza della corona . : È m. 0,185 m. 0,145 Larghezza massima della corona . » 0,077 » 0,085 Altezza massima della corona < » 0,109 » 0,105 Indice dentale . 5 5 5 » 0,016 » 0,019 Frequenza laminare : 5 3 6 o 6 Simbolo . È ì i 3 t ap IDL 79 xr8 — [43] P. ZUFFARDI ; 163 Naturalmente, date le particolari condizioni di questi due molari, non ho potuto ottenere nulla dai confronti, e mancano i caratteri della forma e dell’andamento delle figure di abrasione delle lamine, tuttavia poichè essi sono: angusticoronati, relativamente ipselodischi e pachiganali, per l’indice dentale e la frequenza laminare, tenendo conto del loro simbolo, li considero entrambi come spettanti all’E. an- tiquus FaLc. e probabilmente molari quarti, inferiori, sinistri. Un frammento di mandibola con un molare quarto ancora in posto è contrassegnata col cartello: “14 Euelephas antiquus? CautL. et FALc., dente molare destro con porzione di mandibola, — terr. plioc. lac. , (Tav. X [IV], fig. 3a, 3). Il campione porta inoltre sul dente il n.° 19 e sur un frammento interno della mandibola il n.° 13. Per queste indicazioni e pel colorito bruno caffè, identico a quello di altri denti conservati nella raccolta son certo di identificarlo con quello indicato dal Borson nel suo catalogo ([S], pag. 705) come proveniente precisamente dai dintorni di Asti. Il campione consta della metà destra di una mandibola rotta anteriormente a metà circa dell’alveolo del molare terzo scomparso, e manca di tutta la superficie inferiore del ramo orizzontale. Per questo fatto non si può riconoscere l’andamento del margine inferiore che sembra però dovesse essere parallelo al margine superiore o alveolare, e arcuato. Tale curvatura interessa tutto il ramo orizzontale e si con- tinua regolarmente nel ramo ascendente, pure tronco, che è diretto in dietro. I due rami, orizzontale e ascendente, formano così tra loro un angolo ottuso. Dell’apofisi coronoide esiste solo un frammento ba- sale, e del canale dentale sono visibili: la grande apertura posteriore sulla faccia interna del ramo man- dibolare ascendente, e la sua estremità anteriore rappresentata da un piccolo solco nel setto divisorio dei due alveoli. Anche il dente, che si può isolare, è alquanto guasto. Ha la corona alta, allungata e stretta, con fianchi pochissimo convessi. La superficie di abrasione, allungata, lascia vedere una 1° lamina, o tallone distale, molto schiacciata e rappresentata solo da una lamella di ganeina. La 2*, pure schiacciata, ha figura completa, mentre la 3.* si compone di due mezze lamine indipendenti e di un piccolissimo digitello stret- tamente addossato alla estremità nel fianco coronale interno. La 4. e 5.% hanno figura completa con ac- cenno all’allargamento loxodontoide mediano; la 6.3 si compone di tre elementi saldati tra loro di cui il mediano è più lungo e laminare; la 7.8 e 8.* hanno un numero vario di digitelli dei quali solo qualcuno è tocco dall’usura. Il loro numero, come quello degli altri digitelli componenti le 5 lamine intatte, non si può precisare perchè ancora nascosti dalla copertura di cemento. Dietro l’ultima si hanno traccie di digitelli probabilmente omologhi del tallone prossimale. Tutte le lamelle di smalto sono piuttosto pachi- ganali e a grosse crespe. Le radici sono troncate per buona parte, tuttavia si può riconoscere un troncone di un ramo libero anteriore risultante dall'unione delle prime 4 lamine e di metà della 5.* cui corrisponde una fossetta speciale nell’alveolo, e qualche residuo della rimanente massa radicale unica, rivolta all'indietro. Valori metrici: i Lunghezza massima del ramo orizzontale, sino al margine anteriore basale dell’apofisi coronoide ; m. 0,120 Lunghezza massima del ramo ascendente dal margine ant. basale dell’apofisi coronoide all’orlo post, » 0,258 Spessore massimo del ramo orizzontale (estremo distale) 6 5 0 * . E : o » 0,135 Altezza del ramo orizzontale presso il margine anteriore dell’apofisi ron cas : 5 : 1 ; » 0,122 Altezza del ramo orizzontale incluso il molare . : ° . * 6 ; ; È 5 5 » 0,140 Altezza del ramo ascendente o > È . 0 3 o : » 0,274 Spessore massimo del ramo ascendente, sotto SRI del Paziale Reiole è 5 6 ; È » 0,073 Diametro verticale massimo del canale dentale, all’apertura posteriore È ; : 4 ; 5 » 0,050 Diametro trasversale massimo del canale dentale, all’apertura posteriore . ; , È ; : » 0,033 o 164 P. ZUFFARDI [44] Diametro trasversale massimo del canale dentale, nella parete divisoria degli alveoli a ; 3 » 0,017 Diametro trasversale massimo dell’alveolo del 3° molare . ; z È 3 3 A » 0,065 Diametro trasversale massimo dell’alveolo del 4° molare (nel terzo distale) È È 7 : è » 0,068 Diametro longitudinale massimo dell’alveolo del 4° molare o o . o ò . c " » 0,175 Lunghezza della corona del 4° molare c : 5 : 3 6 5 ; . o . E » 0,195 Larghezza massima della corona del 4° molare . d È } c o c o : 7 3 » 0,060 Altezza massima della corona del 4° molare - 5 - b 4 ; i è è È SEE) (01108) Indice dentale del 4° molare - ° - : : ; c - - 3 E 7 . È » 0,015 Frequenza laruinare del 4° molare 5 > c s ; 5 5 5 ò 5 dra 6 di Simbolo : È ò ò c ò " o ; ° , - . : : o o x 12 Quantunque nulla abbia potuto ricavare dai confronti, pur tuttavia la considerazione dei suesposti caratteri principali, quali la strettezza, altezza e lunghezza della corona, l’ indice dentale, cui si aggiun- gono anche gli accessori come la tendenza all’espansione loxodontoide mediana nelle figure di abrasione delle lamine, caratteri tutti distintivi della forma tipica di E. antiquus Fanc., non lascia dubbio sulla assegnazione del nostro molare e di conseguenza del frammento mandibolare a questa specie. Un molare lungo e strettissimo è accompagnato dalla indicazione “ Machelière fossile d’élephant var. de l’éspèce d’Asie du Piemont , (Tav. X [IV], fig. 4a, 48). Di color nero presenta una corona alta a fianchi verticalmente diritti, longitudinalmente convessa all’interno, concava all’ esterno, arrotondata anteriormente e senza marche di pressione, posteriormente assottigliata. La superficie di abrasione, quasi piana, legge- rissimamente concava, ha forma di ellissi allungata e si compone di 9 lamine strette, non molto pachi- ganali e con lamelle fittamente increspate. La 1° più stretta delle altre, ritengo omologa del tallone di- stale; la 2* ha una regolare ramificazione dicotoma centrale per cui dal lato esterno della corona si conta una mezza lamina in più. La 3°, 4% e 5, come le precedenti, hanno figura d’abrasione completa e tendono a ripiegare le corna in avanti; la 6* e 7 sono costituite da un lungo elemento laminare me- diano accompagnato da due elementi anulari nella 72, e da uno nella 6. La 8* e 9 lamina hanno un numero vario di digitelli appena usati, seguite da altre 6 lamine intatte con un numero di digitelli non esattamente riconoscibile ma che sembrano in media sei per ciascuna. Considerando l’ultima come tallone prossimale il simbolo sarebbe x 13 !/, x. Manca quasi totalmente il rivestimento di cemento, e delle radici esiste il troncone basale della prima grossa radice libera anteriore e i ruderi delle altre dirette all’indietro. Valori metrici: Lunghezza della corona . 4 m. 0,260 Larghezza massima della corona 5 » 0,065 Altezza massima della corona . 7 » 0,135 Indice dentale . 6 5 È : » 0,017 Frequenza laminare . 6 ò È 61/5 Simbolo . o 0 . . 6 x 134, Nei confronti troviamo somiglianza di forma delle lamine nei molari di E. antiquus di Corvo studiati dal De Srerano ([33], tav. I, fig. 1) e in quelli della stessa specie figurati dal Vorz ([104], pag. 196, fig. 1a, 15) e dal Porne ([83], tav. 5, fig. 12). Analogie simili si riscontrano nei molari ultimi di £. antiquus Fac. del WEITHOFER ([106], tav. XII, fig. 1, 1a) dei quali è anche più angusticoronato. Per la forma generale della corona e disposizione delle lamine esso poi ricorda molto il molare ultimo di Cromer attribuito pure alla stessa specie dal LeitE-Apaws ([58], vol. XXXI, pag. 34, pl. III, fig. 2), e quelli pure di E. antiquus figurati dal FaLconER ([40], vol. II, pag. 247, pl. 10, fig. 3), e da Anca e GemmeLLARO ([2], pag. 9, tav. I, fig. 5). STO ZA TTT —__m [45] P. ZUFFARDI 165 Per queste somiglianze e per essere il dente spiccatamente angusticoronato, ipselodisco, a lamine fittamente increspate e con rilevante indice dentale, caratteri tutti che lo distinguono dalle altre specie identificandolo invece con lE. antiguus FaLc., lo assegno a questa specie considerandolo come molare probabilmente penultimo, inferiore, sinistro. Un altro molare che ho trovato senza indicazione alcuna e che distinguo con la lettera L (Tav. X [IV], fig. 5a, 50) è pure completo, di color caffè chiaro, col rivestimento di cemento quasi intatto. La corona, piuttosto stretta e allungata, è arrotondata posteriormente e assottigliata in avanti. Ha il fianco interno diritto e quello esterno convesso secondo i due assi verticale e longitudinale. La superficie di abrasione leggermente concava ha forma ellissoidica e si compone di 11 lamine tortuose, strette, endioganali, cri- spate, con espansione mediana loxodontoide per cui le prime cinque confluiscono medialmente tra loro. Le prime 10 lamine hanno figura completa; anzi la 1% è pressochè totalmente usata. L’'11® è costituita da un elemento laminare che occupa tre quarti di superficie e da un elemento anulare nel quarto interno, ed è arcuata in modo da divergere assai dalla precedente sul fianco esterno. Così nel largo cono di ce- mento che intercede tra questa e la 10 lamina si inserisce all’orlo esterno un breve elemento anuloide isolato. La porzione prossimale della superficie di abrasione è costituita da altre due lamine a piccoli elementi sub-laminari raccostati che partendo dal lato esterno piegano nel mezzo quasi ad angolo retto dirigendosi verso l’estremità posteriore della corona. Anche qui nell’intervallo di cemento così risultante nel lato interno, sembra inserirsi un piccolo digitello alquanto logoro. Una nuova lamina a elementi anulari parte pure dal fianco esterno e si piega ad arco in avanti sboccando sul fianco interno che ne è orlato sino in corrispondenza della prima delle due precedenti lamine accennate. Infine si ha un tallone formato da tre grossi digitelli rotti. Delle radici sono presenti i tronconi delle prime due anteriori libere, le altre dirette indietro si saldano in una massa unica in cui però le singole componenti spiccano a guisa di cordoni tortuosi, rilevati. Valori metrici: Lunghezza della corona . s _ m. 0,235 Larghezza massima della corona ; » 0,092 Altezza massima della corona . $ » 0,096 Indice dentale . 7 3 ; : » 0,019 Frequenza laminare . : î ; 6 Simbolo . 0 i : : ; 0925 Pur essendo di larghezza superiore, il nostro molare si accosta a quello di £. antiguus del Tiraspol descritto dalla PauLow ([78], pag. 19, pl. I, fig. 13) e agli altri della stessa specie illustrati dal PonLIe specialmente nella fig. 6, tav. III*is, vol. LVII [83]. Essendo queste le uniche somiglianze possibili a ri- scontrarsi con le illustrazioni delle diverse specie elefantine, richiamando quanto si è detto per il molare precedente, parmi giustificata la designazione di E. antiquus Farc. per il presente molare che considero pure come penultimo inferiore destro. “ JQtis. Euelephas antiquus CautL. et FaLc. — Terr. plioc. lac. ,. Con questa indicazione è distinto un molare di forma generale molto simile a quelli già descritti “ n. 8 e n.9, dei quali però è più angusti- coronato (Tav. X [IV], fig. 6). La corona è spoglia del rivestimento di cemento e termina posteriormente restringendosi quasi a x punta. La superficie di abrasione è molto guasta e lascia scorgere le lamine strette, diritte, un po’ pa- x chiganali e increspate. Anteriormente la 1° lamina è rappresentata dalla lamella di smalto posteriore; 166 P. ZUFFARDI [46] la 22, 33, 4° e 5 hanno figura completa; la 6% e 7° hanno un elemento mediano laminare fiancheggiato da due più piccoli rispettivamente laminari e anulari La 9* ha quattro elementi dei quali i mediani sono più lunghi; la 10, appena intaccata dall’ usura, è composta di sei elementi: laminiformi i due mediani, digitiformi gli altri. Seguono cinque lamine giovani di circa sei digitelli ciascuna. Le radici sono rappresentate nella parte posteriore del dente da grossi mammelloni risultanti ciascuno dalla unione delle lamelle rispettivamente anteriore e posteriore di due lamine contigue. Valori metrici : Lunghezza della corona . 3 m. 0,230 Larghezza massima della corona ; » 0,095 Altezza massima della corona . 0 » 0,105 Indice dentale . i, 0 ; o » 0,015 Frequenza laminare . : 5 3 6-6 4/5 Simbolo. ; SEMO] ] £ 213% Le maggiori rassomiglianze di questo molare si riscontrano con l’ultimo mandibolare sinistro fisurato dal Porntie ([83], LVII, pag. 315, tav. 3Pis, fig. 9, 9a) come appartenente ad E. pròmigenius, il quale però, anche dalle dimensioni che ne dà VAutore, per la strettezza della corona è forse riferibile ancora all’. anziguus. In ogni modo l’indice dentale del nostro dente ce lo fa subito separare dall’. meridionalis e dall’E. primigenius, e poichè anche il valore della sua larghezza è compreso neì limiti attribuiti ai molari di £. anfiguus, deponendo tutti gli altri caratteri in favore di questa specie, come tale lo classifico ritenendolo molare penultimo inferiore sinistro. Un altro molare porta l’indicazione “ Dono del dott. RoccatI, Castiglione-Faletto-Alba. Dicembre 1905 ,, (Tav. X [IV], fig. 7a, 75). Esso è grosso e massiccio e di color bruno-nero. La corona ha fianchi diritti, privi del cemento esterno, leggermente convessi verso la superficie di abrasione, ed è troncata tanto davanti che posteriormente ove termina con una superficie piana. La superficie di abrasione di forma ovale dimezzata è leggermente convessa e si compone di tre lamine strette, ma molto spazieggiate, tortuose, con espansione cerciniforme mediana, endioganali. Dato il cattivo stato di conservazione delle lamelle non si può conoscere la crispazione. Hanno tutte figura incompleta: la 1% con una lamina lunga due terzi dal lato interno, accostata da un’altra più piccola nel terzo esterno; la 2° con un unico ele- mento laminare nella metà interna unita a tre altri cerciniformi nella metà esterna; la 3% è pure formata da cinque elementi variamente deformati. Seguono sette lamine non usate con sei digitelli ciascuna. Mancano le radici e sulla faccia basale della corona si osservano, dei tramezzi paralleli derivati dalla unione della lamella posteriore di ciascuna lamina con quella anteriore della lamina seguente. Valori metrici: Lunghezza della corona . x m. 0,156 Larghezza massima della corona 5 » 0,085 Altezza massima della corona . 5 » 0,160 Indice dentale . ; : 5 ì » 0,016 j Frequenza laminare . . " È 6 Simbolo. È ; 3 : È — 10 — Quantunque non ci soccorrano i confronti data l’imperfezione dello stato di conservazione del molare, sembra tuttavia per i caratteri rilevati e specialmente per il rapporto tra la larghezza e l’altezza della [47] P. ZUFFARDI 167 corona che si dimostra estremamente ipselodisca, si debba considerare come molare ultimo superiore, pro- babilmente destro, di E. antiquus Farc. Il molare che porta l'indicazione: “ Euelephas antiquus CautL. et FAaLc. — Terreno quaternario. Al- luvioni del Po presso Carignano. — Dono del sig. cav. TARDIETI ,, (Tav. X [IV], fig. 8) ricordato dal Borson [9] e dal GasraLDI ([49], pag. 61 e 62) come di E. primigerius, e successivamente dubitativamente ascritto all’E. antiquus dal FaLconeR ([40], vol. 2, pag. 176-188) venne studiato e ampiamente illustrato dal PorTIS che lo ritenne molare ultimo superiore di E. antiquus Farc. ([89], pag. 97; [87], vol. II, pag. 299 e 309). Identica classificazione specifica, il PoRrTIsS applica a un altro molare illustrato da lui assieme al prece- dente, e che, quantunque sfornito di qualsiasi indicazione, egli per deduzione dagli accenni del GASTALDI reputa proveniente dalla stessa località e verosimilmente appartenente a uno stesso individuo ([89], pag. 95 e 101). Il primo molare si trova in cattivissimo stato di conservazione, con la corona talmente deformata che è difficile stabilire il posto occupato nella serie dentale e rende impossibile prenderne le opportune misure. Tuttavia dai caratteri che si possono rilevare appare giusta la determinazione del Portis alla quale perciò mi attengo rimandando ai suoi lavori citati per la descrizione e la dimostrazione. Quanto al secondo ricordato e che secondo il PortIs dovrebbe pure essere molto male conservato, non ho potuto identificarlo nella raccolta. A meno che esso non sia quello da me distinto con la lettera L e già descritto come molare penultimo inferiore di £. antiquus, solo al quale infatti possono adattarsi in parte le poche notizie date in proposito dal PoRtIs. Elephas primigenius Brux. var. trogontherii Ponr. — Tav. XI [V]; Tav. XII [VI], fig. 1-3. 1863. Elephas Armeniacus Fano. Fanconer. [40], vol. II, pag. 249, 250, tav. 10, fig. 3. 1886-91. — trogontherii Porn. Pons. [83] pars. 1886-91. — —primigenius trogontherii Ponuia. [88], vol. 53, pag. 205. 1SSÙ. — — - Pons. [82], pag. 799. 1894. — trogontherii Ponn. Zimmer. [109], vol. 4°. 1894. — primigenius trogontheri GaupRY. [50]. 1896. — -_ _ Vorz u. LronHzarp. [103], pag. 362. 1596. — trogontherii Ponr. VoLz u. LeonHARD. [103], pag. 359-361, fig. 1a, 2a. 1896. — (Euelephas) primigenius BL. (?) De AnerLIs. [27], pag. 379, 380, 388. 1897. — trogontherti Pon. De ANGELIS. [28], pag. 7, $. 1897. —. primigenius trogontherii Pozn. Paunow. [77]. - o orti — BL. Riccr. [96] pars. 1902. — antiquus Farc. Porris. [91], pag. 104. 1907. — prinvigenius Bux. Martani. [61], pag. 33, tav. 1, fig. 1-3. 1907. — antiquus Farc, Ports. [94], pag. 162. 1910. — primigenius Brun. Mariani. [62], pag. 34, tav. 1. gli. — intermedius JourD. in Ponmier. [86], pag. 466, tav. 10, fig. 5. Due piccoli denti (Tav. XI [V], fig. 1, 2a, 28) appartenenti verosimilmente a uno stesso individuo, e che io contradistinguo con le lettere M e N portano questa semplice indicazione: “ Strada ferrata — Dusino ,. Essi hanno corona bassissima che termina anteriormente quasi a punta mentre la faccia poste- riore è allargata e piatta, sfuggente verso il basso. La superficie di abrasione è piriforme e leggerissi- mamente concava; si compone di 7 lamine regolarmente parallele e arcuate con la convessità rivolta in avanti, tutte a figura completa e fra loro comunicanti nel punto mediano. Le lamelle di smalto sono 168 P. ZUFFARDI [48] sottili e finamente increspate; il cemento che riveste ancora i denti forma delle piccole valli di gran- dezza molto minore delle lamine. Nel dente VM le prime due lamine sono indicate solo da un’isola di cemento interposta, circondata dalle rispettive lamelle anteriore e posteriore saldate. È probabile che oltre a queste due sia andata distrutta un’altra lamina o tallone distale. L’ultima prossimale è invece presente solo pel corno esterno e doveva essere largamente confluente e fortemente schiacciata contro la precedente per la pressione del dente seguente. Nel dente N l’usura più avanzata ha fatto scomparire le prime lamine anteriori, probabilmente due. Delle sei rimanenti la 1 è presente solo per la lamella di smalto posteriore; e l’ultima per quella posteriore conservata nel terzo interno, tutto il resto essendo stato distrutto per la pressione del dente seguente. Anche in questo dente le lamine comunicano fra loro, però la 5* è completamente isolata e ha il corno interno staccato in forma di grosso cercine. Le radici, specialmente bene conservate nel dente .M, sono fuse in una massa unica, molto alta (circa 0,054) e diretta all’indietro ove termina con una faccia concava. Valori metrici: M N Lunghezza della corona . & 5 m. 0,074 m. 0,079 Larghezza massima della corona . » 0,067 » 0.068 Altezza massima della corona . > 0,025 » 0,036 Indice dentale ; , ; 3 » 0,012 » 0,013 Frequenza laminare (in 5 em.) : 5-54/, 4 Simbolo . ò i ; 3 , — ba — ba Sono certamente questi i molari che il PogLIG ha visto nella nostra raccolta e cita come spettanti alla sua nuova specie E. trogontherii, provenienti appunto da Dusino !). E veramente entrambi i denti somigliano assai per l’indice dentale, la convessità, crispazione e confluenza delle lamine, con i molari terzi superiori e inferiori di Kurgan attribuiti dal Ricci appunto all’ E. trogontheriù ([97], pag. 374, tav. VI, fig. 2 e 3) distinguendosi solo pel diverso numero delle lamine che fa assegnare ai nostri molari un diverso posto nel sistema dentario. Richiamando perciò quanto si è detto in proposito fin da principio li ritengo molari secondi inferiori, rispettivamente sinistro e destro, di E. primigenius BLum. var. trogontheriù PoHLIG. Il molare segnato “ N. 9, — Euelephas antiquus CaUTL. et FaLc., terr. plioc. lac. — è molto bene conser- vato e sul fianco esterno porta quest'altra indicazione di più antica data “ XIX-O ,. (Tav. XI [V],. fig. 3a, 30). La corona bassa e allungata è priva del rivestimento esterno di cemento e ha una superficie di abra- sione ovale-elittica formata da quattordici lamine tutte a figura completa, parallele e un poco sinuose con tendenza a un allargamento cicloide mediano che si individua poi bene nelle sei ultime lamine. Davanti alla prima esiste il rudimento del tallone distale, e addossati all’ultima quattro digitelli, superiormente logori, costituiscono il tallone prossimale. Lo smalto è sottile e leggermente increspato, il cemento forma delle valli di larghezza eguale a quella delle lamine. Le radici si originano nel restringimento basale della corona e sono spezzate nella parte anteriore del dente. Come si rileva benissimo dalla faccia inferiore esse sono costituite da una lamina unica ver- ticale che orla tutto il dente inflettendosi a formare pieghe rilevate a guisa di cordoni in corrispondenza i) PoHLIG. [83], p. 206-208. [49] P. ZUFFARDI 169 degli intervalli di ciascuna lamina della corona. Tali cordoni meno visibili nelle estremità anteriore e posteriore del dente, spiccano assai bene in corrispondenza degli intervalli tra la 7°, 82, 9* e 10* lamina. Valori metrici: Lunghezza della corona . 3 * m. 0,220 Larghezza massima della corona . >» 0,089 Altezza massima della corona . o » 0,085 Indice dentale . È 5 ; ò » 0,014 Frequenza laminare . 4 ; : 6-7 Simbolo . o ; : ì 3 xcl4o Le maggiori somiglianze con questo molare le troviamo, per forma e dimensioni, nel penultimo molare di Grayford attribuito all’E. primigerius dal Uerta-ApAws ([58], fig. 1, pl. XII, vol. XXXIII) e in quelli pure penultimi inferiori della stessa specie figurati dal FELIX e provenienti da Borna ([41], fig. 1 e 2, tav. VI, pag. 33). E infatti i caratteri riscontrati corrispondono a quelli generali di questa specie da cui però il nostro molare si distingue per non avere il distintivo indice dentale minimo; perciò lo considero nella varietà antecedente di questa stessa specie, giudicandolo come penultimo molare inferiore sinistro. Due molari molto simili per colore, stato di conservazione e struttura (Tav. XI [V], fig. 4, 5a, 55), tantochè sembrano appartenere a uno stesso individuo, sono nella raccolta senza indicazione e io li distinguo con le lettere 0 e P. L’O ha la corona alta e piuttosto stretta, con i fianchi convessi più longitudinalmente che ver- ticalmente. La faccia posteriore è tronca e si può presumere che il dente manchi di tutta la parte non toccata dall’usura; la faccia anteriore è completa e arrotondata. La superficie di abrasione ben conservata è leggermente concava e di forma ovale. Si compone di 9 lamine strette e molto tortuose, con lamelle di smalto assai ondulate e finemente increspate. La 1% lamina è rudimentale, sottile, piccola, convessa e schiacciata dalla pressione del dente precedente; ia 2* ha figura completa come le quattro che seguono e si continua nell’estremità esterna in un piccolo digitello spostato in dietro. Così pure la 2 ne ha due alle rispettive estremità. La 3* ne ha uno solo spostato in avanti in continuazione col ripiegamento del corno interno della lamina. Tali digitelli vengono perciò a corrispondere ai margini degli intervalli di cemento e per usura assumono forma di isole circolari o anuli. La 4% e 5*, sensibilmente parallele e meno tortuose delle precedenti, mostrano un ingrossamento anulare nel corno interno, un’ondulazione più accentuata nella parte media e uno strozzamento presso il corno esterno. Nella 6° lo strozzamento del corno interno è più accentuato, mentre l’estremità esterna è completamente isolata e forma una piccola isola allungata. La 72 ha due elementi mediani saldati fra loro: uno laminare, l’altro anulare, e due laterali cerciniformi. L°8* è costituita da numerosi anuli come la 9*in cui essi sono in parte rotti. Il secondo molare, P, ha la corona più alta, con fianchi a convessità meno diversa l’uno dall’altro. La faccia posteriore è pure tronca e quella anteriore schiacciata per compressione. Le lamine incontrano ad angolo acuto la superficie di abrasione che è pure di forma ovale e leggermente convessa anzichè concava. Le lamine usate sono otto, hanno figura sinuosa e sono più larghe che nel molare 0. Lo smalto delle lamelle e il cemento degli intervalli è pure un poco più abbondante. La 1° e 2? lamina sono fian- cheggiate alle loro estremità da isole anulari, qualcuna delle quali piccolissima. La 3% e 4* hanno figura intera, in quest’ultima però è notevole uno strozzamento quasi completo che isola il terzo interno. Nella 5° tale strozzamento è completo mentre nel mezzo la lamina si piega in dietro sino a toccare la 6 formata da sei piccoli elementi anulari. L°8* e le altre quattro non usate hanno un numero vario di digitelli for- bo (da Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 170 P. ZUFFARDI [50] temente stretti fra loro. Lungo il fianco interno della corona spuntano, sulle lamine, dei digitelli aberranti, chiusi, che terminano molto al disotto della superficie di abrasione. Anche in questo molare manca certa- mente buon numero di lamine nella porzione non usata. Le radici sono in entrambi completamente troncate. Valori metrici: (0) lp Lunghezza della corona . i , m. 0,103 m. 0,133 Larghezza massima della corona . » 0,074 » 0,080 Altezza massima della corona ò » 0,125 » 0,155 Indice dentale — . A y } » 0,013 » 0,014 Frequenza laminare ; à 0 9-10 8-9 Simbolo . È È ; 5 5 x 10 — cli — Dai confronti risulta che i molari presenti, specialmente 1° 0, hanno forma e dimensioni analoghe a quelli di Arezzo figurati dal Ricci ([96], pag. 143, tav. III, fig. 2) come appartenenti ad £. primigenius, e che ad onta fossero riconosciuti tali anche dal PoHLIG, il PortIs considera di E. trogonthert. I nostri però hanno l’indice dentale notevolmente maggiore. Per la caratteristica tortuosità delle lamine trovano pure molta somiglianza nei molari superiori di E. primigenius jllustrati da LortET et CHANTRE ([59], tav. 3, fig. 2) e nel penultimo molare di Dogger Banck ascritto dal Lerra-Apaws alla stessa specie ([58], vol. XXXIII, pag. 105, pl.IX, fig. 1). Corrispondono esattamente al molare conservato nel Museo geologico univer- sitario di Pavia, che potei vedere io stesso, dal De ANGELIS ascritto prima provvisoriamente all’ E. prèmi- genius ([27], pag. 380) e dipoi all’E. trogontherti, e somigliano alguanto, specialmente il P, al molare superiore del Diluvium di Weimar che vidi ascritto all’E. primigentus nel Naturhistorisches Museum di Vienna. Avendo dunque i molari in esame i caratteri principali di questa specie e differendone solo per l’indice dentale non così minimo, e in confronto specialmente con quelli di E. primigenius typus conservati nella nostra raccolta, differendo per il tortuoso andamento delle lamine e per essere assai meno densila- mellati li ascrivo alla varietà trogontherti di questa stessa specie, considerandoli molari probabilmente penultimi, destri, rispettivamente inferiore e superiore. Altri due denti evidentissimamente simmetrici (Tav. XI [V], fig. 6a, 60, 7) e appartenenti a uno stesso individuo portano lo scritto: “ E/ephas antiquus CAuTL. et FaLc., terr. plioc. lac., Astigiana S. Paolo , e li distinguo con le lettere Q e R. y Hanno colore grigio-scuro con corona allungata e superficie di abrasione subpiriforme allargata nel- l’estremità anteriore, con lamine strette, molto tortuose, specialmente le distali, e lamelle sottili e increspate. Nel dente @ la 1° lamina è molto stretta e arcuata con la convessità rivolta in avanti; il corno interno si trova strettamente unito a un piccolo digitello chiuso addossato alla 2* lamina, e quello esterno è seguito da tre digitelli di grandezza decrescente, l’ultimo dei quali si trova nella stessa linea della 2* lamina la quale ha pure figura completa come la 32, 4° e 52. Tra la 2° e la 3* si intercalano alle estremità dell’intervallo di cemento due digitelli usati, più grossi dei precedenti. La 6% ha tre elementi laminari presso a poco di egual lunghezza; la 7? ha più sviluppato e tortuoso quello mediano; 1°8* ha cinque cercini stretti e allungati; la 9* è composta di sette piccoli digitelli con usura incipiente solo nei cinque di mezzo. Seguono otto lamine di sette, sei e cinque digitelli ciascuna non ancora usati. Nel dente & la 1° lamina è molto più piccola e spostata verso il fianco esterno, composta di sei piccolissimi digitelli che non giungono neppure alla superficie di abrasione, strettamente addossati alla 2* [51] P. ZUFFARDI 171 la quale è composta di due stretti elementi laminari mediani saldati tra loro, seguiti da due piccoli cercini a ciascun lato. A questi ultimi succedono, continuando la linea convessa secondo cui sono disposti, altri cercini fino a. contatto con la 3* lamina che ha figura completa. Tra questa e la 4 si inseriscono ai lati due digitelli come nel dente @. La 4% è molto tortuosa con l’estremità interna costituita da un anulo cui si addossa in basso un piccolo digitello chiuso. La 5° ha due elementi laminari, dei quali più breve l’esterno, e una figura anulare nella estremità interna. La 6* e 7 hanno tre elementi allungati de’ quali più sviluppato il mediano; 1°8* cinque piccoli cercini laminaroidi; la 9* sei digitelli ad incipiente usura. Seguono otto lamine non usate con sette e sei digitelli ciascuna. In entrambi i denti mancano le radici, e la loro faccia inferiore corrisponde per forma alla reciproca di quella superiore: è cioè più stretta nella parte anteriore e più allargata nella posteriore. Nel dente Q però le prime sei lamine sembra si fondano con la loro base originando un’unica massa solcata longitudinalmente nel mezzo, mentre tutte le altre si saldano l’una all’altra per le rispettive lamelle an- teriore e posteriore. Valori metrici: Q R Lunghezza della corona . - ò m. 0,230 m. 0,215 Larghezza massima della corona . » 0,090 » 0,085 Altezza massima della corona ° » 0,117 » 0,117 Indice dentale ò Ò 3 0 » 0,014 » 0,014 Frequenza laminare 7 ; È 8 to) Simbolo . 5 » è 4 è x 15% r15x Poichè i due molari, pur differendone per il minor numero di lamine, hanno molti caratteri comuni ad altri due molari pure simmetrici della nostra raccolta, riferirò i confronti dopo la descrizione di questi. Essi sono accompagnati dalla indicazione comune: “ Euelephas antiquus CautL. et Fanc., dente molare inferiore, terr. plioc. lac., Astigiana S. Paolo , e vengono distinti rispettivamente con i “ N. 15 e 16, (Tav. XI [V], 8a, 80, 9). Anche questi molari hanno color grigio-bruno, con la corona piuttosto stretta e alta molto ricurva secondo l’asse -longitudinale. Il suo fianco interno è anche convesso verticalmente, mentre quello esterno è quasi piano. La corona termina con una superficie anteriore pianeggiante, più larga nel “ N. 16 ,,, leg- germente convessa, e con una faccia posteriore concava in basso, pure più larga nello stesso dente. La superficie di abrasione, quasi piana, ha forma ellissoidico-ovale, subrettangolare, formata da 11 lamine nel primo e dieci nel secondo, già usate, strette, addossate, con andamento tortuoso e lamelle di ganeina sottili e increspate; in generale nelle lamine si osserva, in senso anteroposteriore, l’accentuarsi di una espansione cicloide mediana. Il cemento che manca nel rivestimento è pure molto scarso nelle valli e non si fa abbondante neppure nella porzione inferiore della corona dove le lamine sono un po’ più divaricate. Nel dente “N. 15 ,, (Tav. XI [V], fig. 8a, 80) la 1° e 2* lamina confluiscono alla estremità interna in guisa che quella sembra dovuta a un ripiegamento di questa, e hanno figura completa come le altre sino alla 6° inclusa. La 7° è invece composta di tre elementi laminari presso a poco eguali: il primo esterno separato, gli altri due uniti per lo smalto. Nell’8* l’elemento mediano si sviluppa a spese dei collaterali, mentre perdura anzi si accentua il distacco di quello esterno. Nella 9* si hanno ormai due piccoli anuli allungati laterali e un elemento più lungo, laminare, nel mezzo. La 10° presenta sei elementi mammillari 172 P. ZUFFARDI [52] DI allungati dall'interno all’esterno e 1°11® quattro digitelli dei quali solo i due mediani aperti. Seguono poi lamine con quattro o cinque digitelli chiusi ciascuna. Anche il dente “ N. 16 ,, (Tav. XI [V|], fig. 9) ha dieci lamine abrase, talune assai guaste ; si ricono- scono inoltre, davanti la 1, traccie sicure di una lamina precedente rappresentata solo da esili lamelle di smalto fortemente schiacciate. La 1% presenta un digitello nel lato esterno cui succede, senza distacco alcuno, un elemento laminare prolungato sino al terzo:interno dove si salda con un’espansione digitiforme della 2* lamina la quale ha figura completa come le seguenti 3?, 4° e 5%. La 6% ha due elementi ‘laminari, la 72 tre: due laterali laminari e il mediano subanulare, e tre ne ha pure 1°8® col mediano di poco più lungo dei laterali. La 9* ha cinque digitelli erosi con due mediani confluenti per logorio più avanzato, e la 10% è pure con cinque, dei quali solo i tre mediani sono leggermente intaccati dall’usura. Seguono nove lamine chiuse con sei o cinque digitelli ciascuna, qualcuno troncato sulla punta forse nel processo di fos- silizzazione. Nella estremità posteriore del dente una piccola placca di cemento fa supporre l’esistenza di qualche altra lamina andata perduta. Anzi con questo dente ne ho trovato un gruppo staccato di tre che però non vi si possono addattare. Delle radici sono notevoli in entrambi i denti due tronconi rappresentanti delle radici libere ante- riori che risultano dalla unione delle prime quattro lamine. A questi seguono altri due tronconi diretti in dietro formati dalla fusione di altre quattro lamine. La parte rimanente è rotta e mostra l’accennata fusione delle lamelle di smalto. Valori metrici: «OM» «q» «O» ‘626° «N? SCI » «81? S€e)I » «OT» ‘GT? HOMO) » 182 INHTUML sndhi snuobrurad “17 Moyguobosg “IA smuobrunrad “FT «EPLEG? «QISV,p 209ds9 "IBA » «TT» «Ep» “«)8LFG? « IIBODOY OUO( > « 19IIPIG], QUO(] > « OIL » Legi » « LI » «PI? «d) » «ag» «6° «MQ» ey» «q? FICA E) ‘e? «> «q» «Ip» « TE » 4 «08% *<€ 03” HI GL? « TPLEG ‘GG? «Q» € PRITE? ‘€ GOGIL > « ION OUO(I ? « H » «RSUIAy QUO > «VIIQTOIDIVA » ‘ CURIIIISY 0)9IIRH QUOTIISEI oueuSI—IBAÀ BISSOT] RT] VU0IS9,L * QUISN(A TI8V.P OT0ed ‘S VIS MINA 195Y OSSOIJ OQVIIQJUO]I QUO]ITSBA OUEZZI]O A I[[Q210qQuIo Ty * * OQ0g Eesiouz OVBIIQJUONI BZZIN sndhiz snnbguo ‘7 sapror9puobor] “IVA snnbyuo “KH SUMUOLPLLIW “LT VLITVOOT rr [63] P. ZUFFARDI 183 Come subito appare, le locatità tipiche villafranchiane sono caratterizzate dalla presenza prevalente, se non esclusiva, di . merzdionalis NESTI, accompagnato già in parte dell’. antiquus var. trogontherioides. Più difficile è invece stabilire la esatta corrispondenza cronologica tra terreni e fossili quando il nome della località è troppo comprensivo rispetto alle sue particolari condizioni geologiche. Così ad esempio a Buttigliera mentre il paese è situato sul Diluviale inferiore, appena a qualche centinaio di metri ad oriente si ha completo sviluppo di alluvioni preglaciali (ceppo) e plioceniche (villafranchiano). Certamente il raccoglitore denominò con lo stesso nome principale il posto d’onde furono tratti i due resti di E. meri- dionalis e di E. antiquus typus, magari tra loro non molto distanti ma già in terreni cronologicamente diversi. Altrettanto dicasi per i dintorni di Asti dove si hanno terreni piacenziani, astiani, villafranchiani e diluviali. Non altrimenti si può spiegare l’associazione dei resti che vanno sotto l’indicazione comune: “ San Paolo d’Asti ,,. In questa località si verificano infatti condizioni assolutamente simili a quelle di Butti- gliera. E il Sacco ([99], pag. 557) pur ritenendola come classica regione villafranchiana, ammette però la successione regolare, quale vi si riscontra in molte sezioni naturali, dal suo Fossaniano, alla base del Villafranchiano, al suo Sahariano (Diluviale) all’estremità superiore. Nella carta geologica che accompagna il suo studio, il Sacco colloca appunto il paese di S. Paolo sul Diluviale (Sahariano) e segna il Vilafran- chiano, come a Buttigliera, a solo un centinaio di metri ad ovest. Si aggiunga poi che in questo caso entra in campo anche il rimaneggiamento del deposito quale ci viene dimostrato dalle condizioni di gia- citura di questi e di altri fossili. La prevalenza poi dell’E. primigenius var. trogontherii che si riscontra, dal nostro quadro, in questa località è solo apparente se si ricorda, come ho detto nella descrizione, che a differenza degli altri, i quattro esemplari “ 15-18, appartengono verosimilmente a uno stesso individuo. La successione di terreni diversi in breve spazio si verifica pure a Dusino ove si hanno alluvioni del Ceppo e del Diluviale inferiore; e come rimaneggiato devesi considerare il fossile di Carignano che venne trovato nelle alluvioni del Po appartenenti al Diluviale superiore secondo PREVER e all’Alluviale secondo Sacco. Pure rimaneggiato è stato probabilmente anche lE. antiquus di Castiglione Falletto dove secondo la carta del Sacco si hanno terreni nientemeno che elveziani. Quantunque io non abbia potuto recarmi sul posto tuttavia il rimaneggiamento mi appare tanto più probabile data l'ubicazione di questa località posta suHe rive del torrente Talloria. A meno che non vi esista qualche placca di diluviale non rilevata dal Sacco, come possono far supporre i rapporti altimetrici tra questa e le località diluviali sulla sinistra del Tanaro. Quanto ali’ E. primigenius, quello di La Loggia che fu trovato nelle “ ghiaie impietrite del Po ,, come dice la lettera accompagnatoria del donatore, ricordata anche dal Portis ([89], pag. 103), se non è rima- neggiato spetta al Diluviale superiore; e quello di Testona giaceva in depositi del Diluviale inferiore. Per la congerie di fossili compresi nella denominazione: “ Astigiana , non si può naturalmente dire nulla di meno che ipotetico. Sicchè dai brevi cenni esposti possiamo ritenere certo solo questo: che mentre lE. meridionalis NESTI caratterizza il Villafranchiano non essendo stato trovato in Piemonte in terreni più giovani, E. primigenius typus Bcum. invece fu raccolto solo in terreni sicuramente spettanti al Diluviale inferiore e superiore. Le due specie che si considerano come i due estremi di una stessa serie si sono dunque succedute cronologicamente, e allora, anche in mancanza di dati positivi per la regione esaminata, si può logica- mente supporre che i termini intermedi appartenessero pure a terreni intermedi tra i due estremi a E. meridionalis e a E. primigenius. Museo di Geologia e Paleontologia della R. Università di Torino. 184 (oli P. ZUFFARDI [64] ELENCO DELLE OPERE CITATE . Anca Fr. — Sull’Elefante africano rinvenuto fra i fossili postpliocenici presso Roma. Estr. Att. R. Ace. Lincei, sess. VII, 9 giugno 1872. . Anca Fr. e GemmELLARO G. G. — Monografia degli Elefanti fossili di Sicilia. Palermo 1867. . AnpREUCCI A. — Avanzi di Elephas meridionalis rinvenuti a Sangimignano (Siena) ed a Lari (Pisa). Riv. It. d. Paleont. Ann. XVIII, fasc. II, III, pag. 88. Parma 1912. . AnpREWS G. W. — Note on The Molar Tooth of an Elephant from the Bed of the Nile, near Kartum. The Geo- logical Magazine, vol. IX, n. 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XII-XXII [I-X] e Fig. 1, 2 intere.) INTRODUZIONE Nel licenziare alle stampe questo mio lavoretto sui Cani pliocenici della Toscana, spero d’aver contribuito ad illustrare, sia pure modestamente, una delle pagine più belle della paleontologia di questa regione. È noto agli studiosi come fino dal 1877 il ForsrrH Masor pubblicasse una memoria sullo stesso argomento !, illustrando il materiale che allora si trovava nel Museo di Paleontologia di Firenze, venutovi in massima parte dalle antiche collezioni del Museo Granducale. Non copiosi erano i fossili sui quali il MaysoR condusse il suo studio; scarsi, sebbene importanti, i con- fronti pur tanto necessari, colle specie affini viventi. Pur non di meno, dall’acuto osservatore che è, il MAJOR poteva, anche con materiale non abbondante, affermare con sicurezza l’esistenza di due specie nuove del genere Canis, il Canis etruscus ed il Canis Falconeri; e porre inoltre, sia pure indirettamente, alcune questioni che avrebbero potuto esser risolute soltanto in seguito a nuovi rinvenimenti di fossili. Infatti il Canis etruscus MAJ., osservato nei varî pezzi fossili ad esso riferiti, era ben lontano dal presentare quella uniformità di tipo, che le specie viventi presentano non ostante le varianti individuali. D'altra parte, data la scarsezza del materiale fossile, difficile sarebbe stato il trarre da queste osser- vazioni delle conseguenze in ordine alla classificazione di essi resti; per ciò il MaJoR si limitò ad esporre i fatti senza discuterli. Fortunate circostanze di ulteriori rinvenimenti hanno permesso a me di riprendere la questione dei Cani pliocenici toscani, ed io mi limito qui a dirne brevemente, riservandomi di tornare più diffusamente in materia nel corso del presente studio. Per ciò che riguarda il Valdarno, i resti venuti al Museo di Paleontologia di Firenze posteriormente agli studi del Masor datano dal 1882. La loro importanza è straordinaria perchè, oltre a farci conoscer meglio la grossa specie Canis Fal- coneri May., invero fondata fin qui su resti ben scarsi, ci rivelano l’esistenza di una terza specie, nuova ) C.I. ForsytH MaJoR, M. D. Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi pliocenici e post-pliocenici della To- scana. — Cani fossili del Val d’Arno superiore e della Valle d’Era. Atti della Società toscana di Scienze naturali residente in Pisa, vol. III. Pisa, 1877. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 25 190 D. DEL CAMPANA [2] secondo me, di Canis; cioè il Canis arnensis sp. n. con dimensioni e caratteri morfologici prevalentemente sciacallini. Non meno prezioso pel nostro studio è pure il materiale proveniente da Olivola in Val di Magra. Sull’ossario pliocenico di questa regione rimando gli studiosi a quanto ne scrisse già il Mayor ®; qui occorre solo porre in rilievo che i resti fossili di Canis rinvenuti in quella regione, hanno servito felicemente a chiarire le questioni già poste dal Masor intorno al Canis etruscus MAs. M°è parso, e lo vedremo altrove, che lo studio di quel materiale giustificasse ampiamente le riserve prudenti fatte dal Masor e che certe varianti potessero con sicurezza esser ritenute non individuali ma specifiche. Per questo io credo che la specie del Mayor abbia ad essere scissa in tre ben distinte tra loro, tioè il Canis etruscus s. s., il Canis olivolanus sp. n. ed il Canis Majori sp. n. In questa opinione mi ha con- fermato lo scarso ma interessante materiale proveniente dalla Val d’ Era. Quest'ultima località, insieme al Valdarno, ha dato pure alcuni resti di un Canis di dimensioni assai ridotte come nelle attuali Volpi. Un molare del Valdarno era stato, se debbo giudicare dalle etichette del Museo, già veduto dal Mayor e da iui distinto sotto il nome nuovo di Canis alopecoides. Ma intorno a questa nuova specie nessuna notizia si trova nei lavori dell’autore ricordato. Ora i resti della Val d’Era hanno permesso di controllarne e di stabilirne con sicurezza l’esistenza. Debbo, prima di chiudere queste poche parole di introduzione, aggiungere qualche notizia sul modo con cui ho condotto il presente studio. i Seguendo l’esempio del ForsyrH MAJOR, non ho creduto mal fatto di accompagnare le osservazioni le più minuziose sui fossili, con identiche osservazioni sulle forme. affini viventi. Nessuno è che non veda quanto questo sistema serva mirabilmente a rendersi ragione di certi caratteri notati nei fossili; indispensabile esso si rende poi, quando di certe varianti si voglia conoscere il valore più sicuro possibile ed in questo caso è necessario l’esame non di crani isolati, ma di serie di crani appartenenti ad una medesima specie. A questa necessità del mio studio ho supplito o con acquisti personali, o valendomi del materiale esistente in collezioni pubbliche e private. Debbo per ciò un ringraziamento speciale al personale diri- gente il Museo di Zoologia dei vertebrati di Firenze, e delle Collezioni GieLIoLI annesse a quel Museo, non che agli amici e colleghi prof. E. ReGALIA e dott. Riccarpo FoLLr. Anche il sig. AneeLo GHIDINI del Museo di Ginevra e il sig. Enrico BeRrcIGLI conservatore al Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze mi hanno ceduto o messo a mia disposizione importante materiale vivente di confronto; è giusto quindi che essi pure sieno qui ricordati. Debbo pure un ringraziamento alla Direzione del Museo civico di Montevarchi in Valdarno che mi concesse in comunicazione il materiale fossile da quel Museo posseduto; e ad alcuni Padri Missionari dell’India inglese e dell’Affrica, i quali raccolsero per me interessante materiale di confronto vivente. Credo non dispiacerà agli studiosi conoscere le specie di Canidi viventi colle quali ho potuto fare i confronti : Gen. Canis. Canis familiaris Linn. — Crani n.° 7. (1 Levriero, 1 Maremmano, 1 San Bernardo, 1 Bull Dogg, 3 razza mista) Sesso sconosciuto. Avuti in comunicazione dal sig. ENRICO BERCIGLI. i) C.I. ForsyrH MAJOR. L’ossario di Olivola in Val di Magra (Provincia di Massa Carrara). Atti della Società toscana di Scienze naturali. — Processi verbali, vol. VII, pag. 57. — Adunanza 2 marzo 1890. [3] D. DEL CAMPANA 191 Crani n.° 4. (Estratti da tombe dell’antico’ Egitto [VII*® Dinastia]). Sesso sconosciuto. Raccolti dal Missionario padre Z. BERTI. Un cranio 97. Razza adoperata dai cacciatori di pernici a Tiflis. Acquistato da A. GHIDINI. Un cranio. Razza adoperata dai pastori a Tiflis. Sesso sconosciuto. Acquistato da A. GHIDINI. Canis lupus Linn. — Un cranio. Maremma. Sesso sconosciuto. Collezione FoLti. Un cranio g°. Capalbio (Maremma). Collezione generale italiana dei vertebrati del Museo Zoologico del R. Istituto di Studî superiori in Firenze. Un cranio dg. Lenola. Fondi (Gaeta). Collezione generale italiana dei vertebrati del Museo Zoolo- gico, Firenze. Un cranio. Sesso sconosciuto. S. Basilio Mottola (provincia di Lecce). Avuto in comunicazione dal sig. ENRICO BERCIGLI. Due crani 99. Melfi (Basilicata). Acquistati da cacciatori della località. Un cranio g°. Niwnii Nowgorod (Wolga). Acquistato da A. GrIINI. Un cranio g' ?. Finlandia. Presso Helsingfors. Collezione REGALIA. Un cranio. Sesso sconosciuto. Delabyn-Galizia (Polonia). Acquistato da A. GHIDINI. Canis Laniger 2 Hones. — Un cranio 7°. S2°-mao-Yunan (Cina). Museo Zoologico, Firenze. Canis Simensis? Ripp. — Un cranio. Sesso sconosciuto. Colonia Eritrea. Collezione FoLti. Canis latrans Sav.— Un cranio. Sesso sconosciuto. Red-deer Alberta. n. w. Canada. Collezione REGALIA. Gen. Thos. Thos aureus Linn. — Tre crani. Dalmazia. 7 (Curzola), 9 (Blatta-Curzola), £ (Postrana-Curzola). Collezione generale italiana dei vertebrati. Museo zoologico, Firenze. Due crani. 7 9. Scutari di Albania. Acquistati da A. GHIDINI. Un cranio. Sesso sconosciuto. Bareilhy (India inglese). Raccolto dal missionario P. B. Coppi. Thos mesomelas ScHREB. — Due cranî. Sesso sconosciuto. Eritrea. Collezione Foti. Due crani. Sesso sconosciuto. Setit (Eritrea). Museo zoologico, Firenze. Un cranio. Sesso sconosciuto. Eritrea. Collezione REGALIA. Due crani. Sesso sconosciuto. Africa Orientale-Meridionale. Museo zoologico, Firenze. Un cranio. Sesso sconosciuto. El Gadmaes (Tripoli). Acquistato da A. GHIDINI. Thos anthus Cuv.— Un cranio 9. Africa. Museo zoologico, Firenze. Gen. Nothocyon. Nothocyon parvidens Mrv. — Un cranio. Sesso sconosciuto. Brasile meridionale. Acquistato da A. GHIDINI. Gen. Cerdocyon. Cerdocyon Azarae Wren. — Due crani. Repubblica Argentina. g? (Cochangasta), sesso sconosciuto (Rioja). Mu- seo zoologico, Firenze. Cerdocyon thous Linn. (Canis cancrivorus Desm.) — Un cranio 9. Santa Fe, Repubblica Argentina. Museo zoologico, Firenze. 192 D. DEL CAMPANA [4] Gen. Vulpes. Vulpes vulgaris Linn. — Diciannove crani 9° 10, 99 delle diverse località italiane seguenti: Milano (dintorni). — Firenze (La Volpaia. Montemurlo [Prato]. Lamole [Greve]. Ronta, Borgo Saù Lorenzo [Mugello]). — Pisa (San Romano). — Grosseto (Monte Argentario). — Orbetello. — Massa Marittima. — Sar- degna (Papillonis [Oristano]. Orune [Sassari]). — Sicilia (Madonie). Museo zoologico, Firenze. Un cranio 2. Porlezza. Lago di Lugano. Museo zoologico, Firenze. Tre crani 2 g’, 1 Q. Basilea (Grenzach). Museo zoologico, Firenze. Vulpes fulva Desm. — Due crani Td. Lago Giorgio. Nuova York. Museo zoologico, Firenze. Due crani 7g. Montreal (Canada) Hyde Park. Collezione REGALIA. Vulpes fulva Desw. (var. argentata Saw). — Un cranio 9. Anticosti (Montreal). Collezione ReGALIA. Vulpes aegyptiaca Desm. — Un cranio 9. Suez. Collezione REGALIA. Vulpes lagopus Linn. — Due crani. Sesso sconosciuto. Lapponia. Collezione REGALIA. Vulpes bengalensis SaAw. — India Bareilhy. Raccolto dal Missionario P. Romoro da Pistoia. Canis etruscus MAI. Canis etruscus Ma;. s.s.— Canis Majori sp. n — Canis olivolanus sp. n. PARTE PRIMA Crani e dentizione della mascella superiore. Il materiale valdarnese attribuito dal Masor al Canis etruscus e che gli servì per illustrare la dentizione della mascella superiove in questa specie, non era, come non lo è oggi, troppo abbondante. Oltre ad un cranio del Museo di Montevarchi, ridotto alla sola parte faciale e ritrovato colla man- dibola in posto ad Ostine, presso i Renacci (Figline) (Tav. XIII [I], fig. 1, 2) — Tavola delle misure (A.1) (B. III) — lo componevano i seguenti pezzi appartenenti alle raccolte del Museo di Paleontologia di Firenze e cioè: Un frammento di mascellare sinistro sul quale stanno impiantati il ferino e i due molari. — Tavola delle misure (A. IV). Altro frammento di mascellare destro col ferino ed i molari, di cui il secondo frantumato. — Tavola delle misure (A. V). Un terzo frammento di mascellare col ferino e M 1 ben conservato raccolto nei dintorni di Figline da E. PirraLLi nel 1865 (Tav. XIX [VII], fig. 3a, 9). — Tavola delle misure (A. III). Un frammento di premascellare con sei incisivi benissimo conservati, raccolti a San Mezzano e donati al Museo dalla march. MARIANNA PAOLUCCI. Un ferino destro ed un frammento di ferino sinistro provenienti dalla località valdarnese “ Vacchereccia ,,. TIE a [5] D. DEL CAMPANA 193 A questi resti si aggiungono due M1 superiori destri raccolti dal sig. R. LawLEY nei dintorni di Peccioli in Val d’Era. Il primo di questi — Tavola delle misure (A. VII) — fu trovato più precisamente nella località detta “ Podere del Tesoro, insieme ad una mandibola di cui diremo più avanti, e colla quale fu donato gentilmente dal detto sig. R. LawLEY al Museo di Firenze. A questo materiale altro non meno importante deve oggi aggiungersi proveniente in parte dal Val- darno, ed in molto maggiore quantità da Olivola in Val di Magra. Provengono dal Valdarno superiore i pezzi seguenti: Parte faciale di cranio appartenente al Museo di Montevarchi e, come il cranio dello stesso Museo già ricordato, rinvenuto ad Ostine, presso i Renacci (Figline). — Tavola delle misure (A. VI). I pezzi che seguono appartengono al Museo di Paleontologia del R. Istituto di Studi superiori in Firenze e sono: Un osso incisivo, con tre incisivi superiori destri e il mediano sinistro ancora in posto, ma molto consunti. Un MI1 superiore destro benissimo conservato. Frammento di mascellare superiore destro raccolto alle Ville, avente in posto conservati Pm 2, Pm 3, Pm4, M1 (Tav. XIII [I], fig. 3a, 6). — Tavola delle misure (A. IL). È pure da citare una callotta cranica proveniente dalle antiche collezioni del Museo Granducale, la quale, quando il Mayor fece il suo studio, sembra non fosse presa in speciale considerazione, ma che assume ora un'importanza maggiore in vista dell’abbondante materiale di Olivola. Da questa località provengono i resti seguenti : N.° 1. Cranio unito ancora alla mandibola, colla quale è incassato nella roccia, donde non mi è riu- scito toglierlo per quanti tentativi sieno stati fatti. Il cranio ha subìto una non lieve compressione in senso trasversale, ma ad onta di questo non è senza interesse pel nostro studio. N.° 2. Cranio ridotto soltanto alla parte posteriore. È isolato dalla roccia e sebbene abbia subìto una forte compressione dall’alto in basso, mostra ancora ben visibili i caratteri morfologici. Dei denti rimangono solo in posto alcuni frammenti dei due ferini ed M1 destro rotto in varie parti. — Tavola delle misure (A. IX). N.° 3. Cranio costituito dalla sola calvaria e parte della regione frontale. N.° 4. Cranio mancante solo delle arcate zigomatiche. Dei denti mancano i due canini. 12, 13, Pm 1, sinistri, hanno la corona in massima parte frantumata (Tav. XVII [V], fig. 1a, 6; Tav. XVIII [VI], fig. 1). — Tavola delle misure (A. XII). N.° 5. Cranio ridotto alla parte faciale coi due ferini e i quattro molari completamente conservati e poco consunti. — Tavola delle misure (A. XIII). N.° 6. Cranio come il precedente. Sono conservati del tutto I1,I2,13 sinistri, I1, 12 destri; il ca- nino destro, Pm4 e molari destri, conservati solo in parte; Pm 3 e Pm4, M1 e M2 sinistri completa- mente conservati. — Tavola delle misure (A. X). N.° 7. Cranio mancante della cassa cefalica e delle arcate zigomatiche. Dei denti rimangono in posto, con tracce di usura piuttosto avanzata, il canino destro, e Pm 3, Pm4, M 1, M2 di destra e di sinistra (Tav. XV [III], fig. 1a-c). — Tavola delle misure (A. XI). A questi sette crani si aggiunge un frammento di mascellare destro, con Pm 3 e Pm 4, M1 e M2 in posto, ben conservati, e finalmente un M1 destro pur esso ben conservato. — Tavola delle misure (A. XIII). Tutti questi pezzi, i quali stanno a rappresentarci ben otto individui diversi, sono stati rinvenuti insieme a varie branche mandibolari, non però in posto, delle quali parleremo più tardi. 194 D. DEL CAMPANA [6] Nello studio di tutto questo materiale seguiremo di pari passo, per ciò che riguarda la dentizione, le osservazioni fatte dal Masor sul materiale da esso studiato, dopo aver fatto precedere le osservazioni sulla conformazione del cranio che il materiale abbondante di cui disponiamo ci permette di fare. * * * » L’esame dei crani fossili, comparativamente a quelli del Canis lupus Linn. e di altre forme affini, mostra relativamente alla cassa cefalica alcune varianti che mi piace notare. Nel Canis lupus Linn. la cassa presenta in corrispondenza, o quasi, della sutura che unisce il pa- ietale col frontale, uno strozzamento il quale la divide come in due regioni. Una posteriore più estesa e slargata, l’altra anteriore più ristretta ed accorciata. Tale conformazione ho potuto riscontrarla in tutti i crani di Canis lupus Linn. esaminati, sebbene, come è naturale, non tutti la presentino in ugual grado. Anche il cranio di Canis lupus Linn. figurato dal BLAINVILLE, presenta questo particolare !). Per quello che riguarda poi i due crani quaternari di Canis della Chiana, da me illustrati in altre mie precedenti note ?, ho già osservato come in questi pure esista la suddivisione della cassa cefalica in due regioni. Senonchè lo strozzamento essendo più marcato e più spostato verso le apofisi post-crbitali, ne viene che essi formano come un termine intermedio tra i Cani pliocenici ed i Lupi viventi ai quali per altro si avvicinano di preferenza. Questi medesimi strozzamenti ho notato pure, più o meno marcati, anche in alcuni crani di Cani dome- stici e nella forma di Canis dell’ Eritrea, affine al Canis lupus Linn., mentre non si osserva nel Cane del Pliocene che stiamo studiando. In questo lo strozzamento si ha solo in vicinanza dei processi post-orbitali, punto nel quale la cassa cefalica si ristringe più o meno rapidamente come nel Thos aureus Linn., nel Thos mesomelas ScHREB., nel Thos anthus Cuv., nel Vulpes vulgaris Linn., in molti Cani domestici ed in una forma di Canis della Cina molto vicina per le sue dimensioni al Camis lupus Linn.; rimanendo per altro le specie di os i termini più di tutti vicini alla forma pliocenica. Alcuni crani di cani delle terre-mare dell’Emilia mostrerebbero invece un termine intermedio tra il Canis lupus Linn. ed il Cane del Pliocene oggetto del nostro studio. A proposito del quale ultimo noto che i caratteri della cassa cefalica, quali li ho descritti, mi resultano dall’ esame di sei individui, di cui cinque di Olivola ed uno del Valdarno superiore. Solo ho da aggiungere qualche osservazione sopra alcuni degli esemplari di Olivola, in cui le ossa frontali, all'indietro dei processi post-orbitali, si presentano un po’ rilevate rendendo così meno marcata la divisione della cassa cefalica di cui ho parlato sopra. Questo particolare, che in qualche caso è accentuato anche per la cattiva conservazione, non per- mette tuttavia di asserire che i crani che lo presentano si avvicinino alla forma speciale riscontrata nel Canis lupus Linn. Infatti dall’esame dei crani di 7'%os mesomelas ScHREB. ricavo che uno di questi appar- tenente ad un vecchio individuo (Raccolta FoLti) presenta il frontale rilevato allo stesso modo che nei crani pliocenici in questione sebbene non ugualmente accentuato. Lo stesso potrei notare, e con maggior ragione, per due dei crani di los aureus LInN. avuti in confronto. 1) BLAINVILLE. Ostéographie. Mammifères Carnassiers. Gen. Canis. Atlante, tav. VI. 2 DeL Campana D. Sopra un cranio ed una mandibola del Quaternario di Toscana attribuiti al Canis lupus Linn. Boll. d. Soc. geol. italiana, vol. XXIX, 1910; — Nuovo contributo alla conoscenza del Cane quaternario della Val di Chiana. Boll. d. Soc. geol. italiana, vol. XXXI, 1912. [7] D. DEL CAMPANA 195 Sembrerebbe quindi di poter dire che nelle due forme di Sciacalli, come nel Cane del Pliocene, la cassa cefalica è soggetta a qualche leggera variante che ragionevolmente è a ritenersi individuale. Mentre nel Canis lupus LINN., pur tenendo conto delle varianti individuali, si ha all'opposto una maggiore uniformità di tipo. Per ciò che riguarda la conformazione del muso, i crani di Olivola, al pari di quelli di Ostine, per il loro stato di conservazione, non mostrano completamente conservata la regione faciale. Ma ad onta delle trasformazioni subite in seguito alla fossilizzazione, essi permettono ancora delle osservazioni inte- ressanti e dei confronti utili con alcune delle specie viventi ricordate. Inizio i confronti col Canis lupus Linn. Mi risulterebbe per tanto dall'esame dei crani viventi e quaternari che ho a disposizione, che nel Canis lupus Linn. i mascellari, pur restringendosi al di là del ferino, dànno luogo ad un muso piuttosto tozzo e robusto. All’opposto nei crani pliocenici il muso, oltre ad essere più ristrettito, è anche più al- lungato, tenuto conto delle dimensioni molto minori che i crani anzidetti hanno di fronte a quelli di Canis lupus Linn. Per meglio verificare la giustezza di queste mie osservazioni si può esaminare la seguente Tabella di misure relative alla lunghezza delle ossa nasali, e più specialmente i due esemplari di Canis lupus Linn. provenienti da Lenola (Gaeta) e da Melfi (A) ed il cranio quaternario del Vingone. Questi, non ostante le loro maggiori dimensioni generali, hanno una lunghezza dei nasali poco diversa da quella che si ri- scontra nel Canis pliocenico. Lunghezza dei nasali. Canis lupus LINN. Canis del Pliocene Thos aureus LINN. Thos mesomelas SCHREB. Capalbio . . .mm,101 Ostine (II) in Val- Curzola (Dalm.) . mm. 55 Setit (Eritrea) A mm. 54 GERIDO 4 oo. o nun SO Maremma . . . » 93 Pastrana » 5 Deo » » B » 56 Olivola (Val di Magra) Lenola (Gaeta) . » 85 Blatta » . » 44,6 » » CMEMI5355 7 CASSE MON x E Melfi (Basil.) A_. » 93 Scutari (Albania) Eritrea 55 BE o Ma90) » » 3 o © (6559 ARRE SD Africa (Loc. ignota) Delabyn (Galizia) » 89 1 also oi o Lao Ji o o gi, 5) Helsingfors(Finl.) » 94 IMGNE) td g 8A BIN PN 502 Nowgorod(Wolga) » 89,5 El Gadmaes presso Località ignota . » 96 elogi o o im 6a Cranio del Vingo- ne (quaternario) » 84 Cranio della Chia- na(quaternario) » 79 Non posso aggiungere cifre sulla larghezza dei nasali perchè non si prestano ad esser misurati sia pure con approssimazione relativa. Vero è che esaminando la figura di uno dei crani di Olivola consi- derati sopra, presenta l’estremità dei nasali rotta; ma ove si tenga presente che l’espansione esterna dei nasali combina sempre coll’angolo che divide la metà posteriore del premascellare dalla metà anteriore (osso incisivo) si può ritenere giustamente la misura data più reale che approssimativa. 196 D. DEL CAMPANA [8] Che la lunghezza e strettezza del muso sia maggiore nel Canis pliocenico che nel Canis lupus LINN., mi sembra anche provato dalle misure relative alla larghezza del palato, che io riporto qui sotto. Larghezza del palato !). Canis lupus Linn. Canis del Pliocene Thos aureus LINN. Thos mesomelas SCHREB. Capalbio . . .mm.61 Ostine (II) in Val- Curzola (Dalm.) .mm.42 Setit (Eritrea) A mm. 35 darno . . . .mm. 54 Maremma . . . » 60,3 TASTE i Pastrana » . >» 41 » » B_» 39 ivola l di M Lenola (Gaeta) . » 58 Sole (Veli Macra) Blatta: | n Ki 00 i Ae aio, Melfi (Basil.) A. » 62 Scutari (Albania) Britrea 0. N >088 Breslo e 52 3 Su ia È i A. . . » 43 | Africa (Loc.ignota) NIE: 51 Delabyn (Galizia) » 62 3 Bici A. . .mm. 36 Ditte 45) Helsingfors(Finl.) >» 73 India o oe e Bini 0) Nowgorod(Wolga) » 60 El Gadmaes presso Tripoli. . . mm. 40 Località ignota . » 61 Cranio del Vingo- | ne (quaternario) » 62 | Cranio della Chia- | na (quaternario) » 57 Non è fuori di luogo osservare che le cifre di questa tabella, per ciò che riguarda il Cane. pliocenico, sono in alcuni casi piuttosto leggermente maggiori della realtà; fatto che si spiega facilmente pensando che in seguito alla compressione dall’alto in basso, subìta in quei casi dal cranio, anche il palato andò soggetto ad allargarsi. Non di meno esse cifre servono ugualmente bene al caso nostro, ed oltre a provarci le minori dimen- sioni che il Canis del pliocene mantiene costantemente di fronte al Canis lupus LINN.; ci mostrano, con- frontate colle cifre della tabella precedente, le diverse proporzioni del muso, e conseguentemente la diversa conformazione della faccia nelle due specie. Aggiungo, a maggiore illustrazione dei crani fossili, le misure relative alla larghezza massima della cassa’ cefalica, le quali in alcuni casi si approssimano con leggero aumento alle reali, per le ragioni esposte sopra a proposito delle misure di larghezza del palato. i) Presa fra l’angolo formato con approssimazione dal Pm4 e M1 da ambedue i lati. [9] D. DEL CAMPANA i 197 Larghezza massima della cassa cefalica. Canis lupus LINN. Canis del Pliocene Thos aureus Linn. Thos mesomelas SCHREB. Capalbio . . .mm.74 Valdarno . . . mm. 59 | Curzola (Dalm.) . mm. 53,9 | Setit (Eritrea) A. mm. 48 Maremma . . . » 70,5 | Olivola (Val di Magra) Pastrana >» > 3 0 » » 3 o. SO Lenola (Gaeta) . » 71 PAG N 1 Blatta » - © 58 » » Oo 0 Melfi (Basil.) A. » 1 B_. . . . » 60 Scutari (Albania) Africa (Loc. ignota) » pi ini oo. Ge CR a DI AS PERDO AC Mo VO. Delabyn (Galizia) » 70 Bree Me MORO, B oo i E Helsingfors (Finl.) » 80 ingl, ue Met o oe El Gadmaes presso Nowgorod(Wolga) » 70 Ere Cranio del Vingo- ne (quaternario) » 68 Cranio della Chia- na(quaternario) » 68 Riassumendo dunque quanto abbiamo detto fin qui, possiamo, mi sembra, affermare con buone ra- gioni, che i caratteri riscontrati nei crani pliocenici consigliano a ritenerli con sicurezza come appartenenti a forma ben distinta dal Canis lupus Linn., tanto per la diversità facilmente apprezzabile delle dimen- sioni, come per la diversa conformazione delle varie parti di essi crani. Queste diversità trovano il loro opportuno riscontro nelle diversità del sistema dentario, come vedremo nel corso del presente studio, e vengono a convalidare abbastanza bene il valore delle osservazioni del Mayor sul suo amis etruscus, quantunque condotte su materiale molto meno completo di quello da me preso in esame. Qualche altro confronto colle specie di Sciacalli ricordate sopra non sarà senza interesse per la mi- gliore conoscenza dei crani fossili in questione. Ho notato già sopra le somiglianze che passavano tra il Canis del pliocene e gli Sciacalli, vediamone ora le differenze. Le tabelle precedenti ci mostrano che i cranî fossili si mantengono costantemente e marcatamente superiori a quelli delle diverse specie di Sciacalli prese in esame. Un'altra differenza noi possiamo notarla nella conformazione del muso, il quale sebbene negli Sciacalli sia meno ottuso che nei Lupi, pure non è mai allungato in proporzione come nei crani di Olivola. Sicchè, concludendo, le osservazioni fatte sui caratteri craniali come hanno consigliato a ritenere distinti i resti fossili dal Caris lupus Linn., così consigliano a ritenerli distinti dal 7'%os aureus Linn. Possiamo è vero riconoscere nei fossili delle maggiori affinità con questa seconda specie, ma esse non ci dànno diritto, a me sembra, per riferirvele; soltanto ci permettono di affermare che la forma cui ap- partennero i crani di Olivola e quello del Valdarno aveva maggiori punti di contatto cogli Sciacalli, pur mantenendosene nettamente distinta per le dimensioni molto maggiori e per la diversa conformazione del muso. Qui avrebbero luogo i confronti craniali colle varie specie plioceniche, ma come è noto agli studiosi, il materiale su cui esse sono fondate è tale da non permettere altri confronti che sui denti, ad eccezione del Canis megamastoides Pom. del Pliocene di Perrier. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 26 198 D. DEL CAMPANA [10] Ora gli studî del BouLe ! ci dicono che il cranio di questa specie, oltre ad avere dimensioni più grandi di una grossa volpe, aveva dei caratteri morfologici che l’avvicinavano più specialmente alle Volpi americane, mentre la tenevano distinta dai Cani, dai Lupi e dagli Sciacalli. Questo basta a noi per stabilire che la specie in parola non è affatto da confondersi coi Cani di cui ci occupiamo. * * * I confronti e le osservazioni sul sistema dentario ci daranno modo di chiarire ancor meglio le dif- ferenze notate esaminando i caratteri del cranio. Vediamo innanzi tutto i caratteri dei denti della mascella superiore. Le tabelle di misure, colle quali ho ampliamente corredato la presente memoria, mostrano che nel Canis etruscus May. i denti, pur conservando dimensioni generalmente minori che nel Canis lupus Linn., sono però più sviluppati, proporzionalmente alle diverse dimensioni del cranio che ha la forma fossile in confronto di quella vivente. La diversità di dimensioni appare d’altra parte notevole quando si confrontino le misure ricavate sui crani di Sciacalli delle diverse specie esaminate. Il distacco di questi dal Canis etruscus May. si fa netto, rimanendo sempre le cifre riscontrate negli Sciacalli notevolmente inferiori a quelle del Canis etruscus May. Premesse queste brevi osservazioni, vengo più direttamente a trattare dei caratteri morfologici. I crani di Olivola, come anche quelli di Ostine, non offrono materia per osservazioni diffuse sui denti incisivi. Riguardo ai sei incisivi superiori di San Mezzano, il Mayor riscontrò già nei mediani la lobatura caratteristica del genere, mentre l’esterno è più slanciato che nei Cani domestici e nel Lupo. Carattere che insieme alla mancanza di lobatura, lo avvicina per la forma più ad un dente canino che ad un incisivo. Lo stesso il MAJoR potè osservare sull’incisivo esterno del cranio di Montevarchi, conservato soltanto nella parte sinistra della corona. L’osso incisivo del Valdarno superiore, sebbene abbia i denti profondamente consunti, non sembra dia luogo ad osservazioni diverse da quelle fatte già dal MAyOR. Dei Canini superiori il Mayor non parla affatto. Le scarse osservazioni da me fatte sopra uno dei cranî di Olivola ed i due di Ostine, indurrebbero a ritenere che nel più dei casi (due su tre) i canini fossero impiantati un poco più verticalmente che nel Canis lupus Linn. Non è però da escludersi che ciò sia anche dovuto a varianti individuali, data la scarsezza dei termini di contronto fossili. Per altro mentre nel Canis lupus Linn. e nelle forme affini i canini sono più sviluppati in spessore, nel Cane pliocenico sembrano invece essere proporzionalmente più sviluppati in lunghezza. Sotto tal riguardo il 7'Ros mesomelas SCHREB. si avvicina a quest’ultimo, mentre il Z'hos anthus Cuv. ed il 7hos aureus Linn. hanno in generale canini più robusti e meno verticali come nel Canis lupus Linn. * * Ciò che dei denti premolari resta ancora conservato nei crani di Olivola e nel cranio (II) di Ostine permette di completare a tal riguardo lo studio molto limitato fatto dal Mayor per deficienza di resti fossili. i) BouLe M. Le Canis megamastoides du Pliocèéne moyen de Perrier (Puy-de-Dòme). Bulletin de la Société géologique de France, troisième série, tome dix-septième. Paris, 1889. [11] D. DEL CAMPANA 199 Confrontato il Pm. 1 del Cane pliocenico con quello di Canis Zupus Linn. non che della forma affine dell’ Eritrea, si osserva che nel fossile il dente ha la corona più appuntata e ricurva verso l’indietro, a differenza del Cumis lupus Linn. ove la corona è più ottusa e meno ricurva. Solo nel Caris della Cina il Pm 1 si avvicina alla forma riscontrata nel fossile. Il 7hos aureus Linn. ed il Z'hos mesomelas ScHREB. non offrono in proposito particolarità speciali.. Più importanti riescono per noi i caratteri del Pm 2. Questo dente si trova conservato nei due crani di Ostine ed in uno solo di quelli di Olivola. Esso ha sempre il margine posteriore tagliente e mostra, come già notò il MAJOR, il ripiegamento al colletto, non però molto accentuato. La corona, come vedremo anche nel Pm 3, ha forma di triangolo isoscele e non è obliqua verso l’indietro come si osserva nel Caniîs lupus Linn. e nelle forme affini dell’ Eritrea e della Cina. Ciò fa sì che il Cane pliocenico abbia la corona più ristretta, proporzionatamente alla base, ma più sviluppata in altezza. Un particolare meritevole, perchè costante, d’essere notato, è la presenza nel Pm 2 del Canis lupus Linn. e delle forme vicine dell’ Eritrea e della Cina, di un piccolo lobo sul bordo posteriore. Anche il tallone è in generale meglio distinto. Lv stesso si può notare riguardo al Pm 2 del 7hos anthus Cuv. e del Thos mesomelas SCHREB. Nel Z%hos aureus Linn. il piccolo lobo sul bordo posteriore del Pm 2 può in qualche raro caso man- care come rilevo da uno dei eranî di questa specie esaminati, in cui il dente in parola non presenta neppure il ripiegamento sottostante a guisa di tallone. i Al contrario il 7hos aureus LiNN., come anche il 77os mesomelas ScHREB., hanno la corona meno obliqua verso l’indietro che nei Canis lupus LInN., avvicinandosi in tal modo a quanto abbiamo visto nel Pm 2 del Cane pliocenico. Veniamo ora ad esaminare i caratteri del Pm 3. Nei crani di Olivola non sempre questo dente è conservato; nei casi però in cui rimane ancora, esso presenta sempre sul bordo posteriore un lobo, sotto il quale il colletto della corona si ripiega a guisa di piccolo tallone come ho accennato sopra a pro- posito del Pm 2, In alcuni casi il lobo ha dimensioni molto ridotte, ma in due esemplari lo si nota invece assai sviluppato ed allora il tallone pure si ingrandisce a guisa di secondo lobo. Quanto alla posizione di questo dente, noto che nei crani di Olivola esso non è mai intimamente unito al Pm4 come ho potuto vedere in qualche cranio di canide vivente. Nel Canis quaternario della Val di Chiana, come nel Camiîs lupus Linn. vivente, il Pm 3 ha il lobo, e per conseguenza anche il tallone, assai sviluppato. Lo stesso può dirsi del Pm. 3 delle forme viventi di Cina e di Eritrea affini al Canis lupus Linn.; vi è però una differenza che separa marcatamente il Pm 3 della specie pliocenica da quello delle specie quaternaria e vivente. In queste infatti la cuspide si mostra sempre assai più obliqua verso l’indietro e, proporzionalmente alla lunghezza della corona, anche più bassa; all’opposto nella forma pliocenica la cuspide ha la forma di un vero triangolo isoscele ed è pro- porzionalmente più alta. Sotto tal riguardo mentre i Cani domestici ed un po’ meno quelli delle Terre-mare si uniformano al Canis lupus Linn., le diverse specie di Z%os più volte ricordato si avvicinano un poco più ai cranî di Olivola, pei caratteri del Pm 3, sebbene nei primi la cuspide presenti una leggera obliquità versc l’ interno. Nessun'altra differenza’ morfologica si nota tra il Pm 3 dei cranî di Olivola e quello delle tre ultime specie ricordate. Relativamente poi ai caratteri di Pm 2 e Pm3 nelle specie plioceniche, per ciò che riguarda il 200 D. DEL CAMPANA [12] Canis megamastoides Pom. essi presentano corona eretta, aguzza e compressa lateralmente. Il bordo ante- riore è poco inclinato, mentre il posteriore è concavo ed ha alla base un tallone ben sviluppato. Pm. 3 porta anche un piccolo lobo sul bordo posteriore 1. i Al contrario nel Canis Issiodorensis Cr. IoB. ?° del Monte Perrier presso Issoire essi hanno sempre il bordo posteriore privo di tubercoli, pure uniformandosi per la massima parte dei loro caratteri alla specie precedentemente citata. A. proposito dei due premolari mediani superiori, il MayoR 5 fa le seguenti osservazioni : “ Degli altri premolari sono conservati soltanto Pr 2 e Pr34 nel cranio del Museo di Montevarchi, tav. XIV, fig. 1. Pr 2 tocca quasi il ferino; dista dal Pr 3 di 4mm.; la distanza dal Pr 3 al canino è di 9,8 mm. Pr 2 e 3 hanno a un dipresso una medesima configurazione triangolare e il margine posteriore privo di ogni lobo; appena vi è un indizio di tallone basale posteriore , . Avendo avuto in esame, per gentile concessione del Direttore del Museo valdarnese, il cranio ora ricordato e da me già citato, ma liberato in gran parte dalla roccia fossilizzante in cui era incluso, non ho che a riconfermare le osservazioni del Mayor. Si può anzi notare che il margine posteriore dei due premolari mediani in questione, si arresta repentinamente senza toccare il tallone e questo particolare si presenta visibile in modo speciale pel Pm 3 (Tav. XIII [I], fig. 1). Tutto ciò invece non si osserva sul secondo cranio di Ostine — Tavola delle misure (A. VI) — che il Mayor non conobbe e che rientra quindi pei caratteri generali nella forma più comune riscontrata. Richiamando ora a memoria quanto abbiamo osservato riguardo al Pm 3 dei crani di Olivola, si ricava che nel 1.° cranio di Ostine il Pm 3 assume una forma del tutto diversa. Ora questa forma si ripete in un Pm3 destro raccolto a “ Le Ville , nel Valdarno superiore, dal colono Pacciani nel 1880. Questo dente è riunito insieme al Pm 2, Pm4 e M1 sopra un frammento di mascellare mal conservato, ed è distanziato dal Pm 2 e dal Pm4 quasi al modo stesso che si osserva nel cranio di Montevarchi (Tav. XII [I], fig. 3). Mette conto per il nostro studio di rilevare queste differenze, perchè in nessuna delle forme di Sciacalli da noi più volte citate si ha il Pm 3 privo di lobo al bordo posteriore e così pure nel Canis lupus Linn. e nelle forme affini. Non mancano tuttavia specie nelle quali il Pm 3 superiore, a somiglianza del Pm 2 è privo di lobo al bordo posteriore; ed io cito ad esempio il pliocenico Canis Issiodorensis Cr. IoB. e gli attuali Canis latrans SAv., Nothocion parvidens Miv., Vulpes lagopus Linn., Vulpes fulva Desm. Ed è davvero interessante il notare che in tutte queste forme ai due premolari mediani della ma- scella, privi di lobi al bordo posteriore, corrispondono sempre i due premolari mediani inferiori i quali presentano la stessa particolarità. Troveremo più avanti che alcune delle mandibole del Valdarno presentano appunto i due premolari mediani privi di lobi al bordo posteriore e vedremo, coll’aiuto di nuove osservazioni, qual valore sia da darsi alle differenze fino ad ora notate. Studiando il Mayor il Pm4 del suo Canîs etruscus, sui resti del Valdarno superiore, notò che lo svi- luppo del tubercolo interno, a guisa di cuspide ben distinta e rilevata, separava questo dente dagli omo- loghi di Canis lupus Linn. 1) BouLE. Op. cit. 2) BLAINVILLE. Op. cit., pag. 123, tav. XIII. 3) ForsyrH MAJOR C. I. Op. cit., pag. 220. 4. Rispettivamente Pm 3, Pm 2 secondo l’ordine di numerazione dei denti da me seguito. [13] D. DEL CAMPANA 201 Nel secondo cranio di Ostine i denti, essendo assai logori dall’uso, non permettono tale osservazione, possiamo però confermarla a proposito dei crani di Olivola. Nei cinque individui in cui ho potuto esaminare questo dente, il tubercolo interno pur presentando, al solito, varianti individuali è sempre poco espanso, ben distinto e separato da una vallecola più o meno profonda dalla cuspide principale. A questo proposito il Masor osservava opportunamente che il Canis lupus Linn. presenta il tubercolo interno di forma ottusa; quindi non rialzato a guisa di cuspide, ma espanso invece verso l’interno. Quanto poi al Cane quaternario della Val di Chiana notava come esso presenti nel cranio del Vin- gone, il tubercolo ugualmente ottuso, ma così sviluppato come non gli fu dato di trovarlo in nessun altro ferino di Canis lupus LINnN., vivente. Tale osservazione è confermata anche dall’esame che ho fatto dei crani di questa specie avuti a di- sposizione. In questi il tubercolo può anche presentare delle piccole sporgenze a guisa di cuspidi rudi- mentali, ma corrisponde sempre alla forma descritta dal Masor e non mai a quella che assume nei Cani pliocenici. Si uniforma pure al Pm 4 del Canis lupus Linn. l’omologo della forma affine della Cina, ove il tubercolo interno, quantunque sempre meno sviluppato che nel cranio quaternario del Vingone, riproduce in tutti i suoi dettagli la stessa conformazione. Nella forma di Canis dell’ Eritrea invece il tubercolo meno espanso si eleva in una piccola cuspide, costituendo così un termine intermedio tra la forma pliocenica ed il Canis lupus Linn. Sempre a riguardo del Pm 4 il Mayor nota che fra le specie viventi il T7os aureus Linn. è quella che più di tutte si avvicina per la forma di questo dente al Canis del pliocene, mentre il Vulpes vulgaris Linn. il Cuon alpinus PaLL. e la maggior parte dei cani domestici starebbero di mezzo tra il Cane plio- cenico ed il Canis lupus Linn. Le stesse osservazioni ho potuto ripetere ancora io per le due specie Vulpes vulgaris Linn. e Thos aureus Linn. Quest’ ultimo anzi, a giudicare dai crani avuti in esame, presenta nel Pm 4 un tubercolo interno più sviluppato in confronto alla specie pliocenica, non ostante le minori dimensioni. Le specie Ros mesomelas ScHREB., Zhos anthus Cuv., Cerdocyon Azarae Wiep., Nothocyon parvidens Miv., si trovano, rispetto al Cane del Pliocene, negli stessi rapporti del 7hos aureus Linn. Quanto ai Cani domestici, di sette crani esaminati, appartenenti a razze disparatissime, sei hanno il tubercolo interno ottuso, ed uno solo (San Bernardo) presenta il tubercolo rilevato in piccola cuspide. Al contrario ho riscontrato quasi sempre la cuspide nel ferino di vari Cani delle terre-mare. N Pm4 del Canis Cautley Bose del pliocene indiano ”, si differenzia dalla forma pliocenica studiata da noi non solo per dimensioni molto maggiori, ma anche per uno sviluppo proporzionalmente più grande del tubercolo interno. Nell’altra specie pliocenica Canis megamastoides Pow. il dente in questione si pre- senta notevolmente sviluppato in larghezza con tubercolo interno ben distaccato e conico, offrendo così, secondo le osservazioni del BouLe, delle somiglianze col Pm 4 del Cerdocyon thous Linn. e dell’ Urocyon cinereo-argentatus Mint. Nel Canis Issiodorensis CR. IoB. Pm 4 si avvicina per le sue forme all’omologo di Vulpes vulgaris Linn. specialmente per ciò che si riferisce al suo tubercolo interno. Quanto al Pm4 del Canis brevirostris Cr. Io. ? di Gergovie, esso appare meno compresso lateral- 1) Cfr. LyvpeKkeR R. Siwalik and Nurbada Carnivora, pag.259 [82], tav. XXXII, fig. 3, 6, 6a. Palaeontologia In- dica, ser. X, vol. II. Calcutta, 1884. 2) Cfr. BLAINVILLE. Op. cît., pag. 122, tav. XIII. 202 D. DEL CAMPANA [14] mente che nella precedente specie, ma il suo tubercolo esterno, oltre ad essere ottuso, è anche propor- zionalmente assai più espanso che nel Canis pliocenico da noi studiato. È poi inutile il ricordare che i Cani pliocenici francesi si distinguono tutti marcatamente anche per le loro dimensioni ridotte. Nell’esame del M.1 superiore il MAJOR notò molto opportunamente che il materiale fossile Valdarnese presentava delle varianti di una certa importanza in confronto del dente di Peccioli già ricordato. Nel dente raccolto nei dintorni di Figline (Valdarno) (Tav. XIX [VII], fig. 3) mentre il tubercolo interno anteriore assume un certo sviluppo, il posteriore si vede assai ridotto pel fatto che il tallone basale del dente si sviluppa in maniera da dar luogo ad un vero e proprio tubercolo, il quale occupando in parte il posto del tubercolo interno posteriore lo spinge, per modo di dire, verso la base del tubercolo esterno po- steriore. Al contrario nel dente di Peccioli il tubercolo del tallone è appena delineato e maggiormente sviluppato il tubercolo postero-interno. Da questa diversa conformazione ne viene che assume una forma diversa la vallecola che divide, nel dente in questione, i tubercoli esterni dagli interni, sicchè la si ritrova proporzionalmente più vasta nel M1 di Valdarno e più ridotta nel M 1 di Peccioli. Il quale presenta la sua metà interna (formata dai due tubercoli interni e dal tallone basale) più assai ripiegata verso l’indietro che nel M1 di Figline e quindi, come osservò giustamente il Mayor, il lato posteriore di quest’ ultimo dente appare più rettilineo. Così pure il dente di Figline mostra nel suo complesso tubercoli più sviluppati che in quello di pa Il M1 nei crani di Olivola (Tav. XV [III], fig. 1; Tav. XVII [V], fig. 1) si uniforma sempre, anche tenuto conto delle varianti individuali, al M 1 di Peccioli, anzichè a quello del Valdarno. Debbo anche parlare del M 1 superiore destro del Valdarno da me ricordato sopra e non studiato dal MAJOR. g Dalla perfetta conservazione della sua corona esso mostra di avere appartenuto ad un ancor giovane individuo. I suoi caratteri lo riuniscono al tipo dei crani di Olivola; soltanto si diversifica per le sue pro- porzioni. In fatti, in corrispondenza dei due tubercoli interni e del tallone basale, sì presenta ristrettito più assai dell’altro dente valdarnese e degli altri di Olivola e Peccioli. Anche le creste dei tubercoli si mostrano spiccatamente taglienti, ma non so se in questo debba considerarsi un carattere dovuto all’età dell’individuo o a cause diverse. Il Masor non parla del M 1 nei due frammenti di mascellari che pure ebbe in esame. In questi, è vero, il dente è profondamente consunto; ma un confronto col dente dei dintorni di Figline mostra ch'essi pure erano del medesimo tipo, sia pure presentando delle leggere varianti individuali. È Del secondo M 1 di Peccioli studiato dal Masor ed appartenente alle collezioni del sig. R. LAwLEY, scrive lo stesso autore che corrisponde per la forma,all’altro trovato esso pure nella medesima località e da noi già esaminato; solo il diametro maggiore è un poco più grande e nella sua metà il dente è più stretto. Questa breve descrizione ci fa supporre con molto fondamento che in quella località gli in- dividui di cui sono stati trovati i resti fossili dovevano presentare dei caratteri generali identici. Su questo particolare avremo luogo di tornare più avanti, quando prenderemo in esame le mandibole del Cane pliocenico. Nei due crani di Ostine più volte ricordati, il M 1 si nota conforme, pei suoi caratteri generali. al- l’omologo di Peccioli e dei crani di Olivola, ad onta delle diversità notate sopra nei premolari. [15] D. DEL CAMPANA 203 Il MayoR, a proposito del dente in questione, estende opportunamente i confronti ad un M 1 di Caris lupus Linn. della caverna di Levrange, che figura nelle tavole illustrative; ed osserva che il M 1 di Peccioli presenta con esso maggiore analogia che col molare di Valdarno. Il cranio quaternario del Vingone permette a me pure di rinnovare i confronti. Le dimensioni nel M 1 di Lupo sono maggiori, e sembra ancora ch’esso sia proporzionatamente più sviluppato nel senso della larghezza. Non ostante però questa piccola variante i caratteri della corona avvicinano il dente al molare di Peccioli, e per conseguenza a quei di Olivola e di Ostine, riconfermando in tal modo le osservazioni del Mayor. Soltanto si potrebbe osservare che nel Lupo essendo il tallone basale più sviluppato, si nota in corrispondenza del tubercolo postero-interno assai ingrossato, un leggero accenno alla struttura tuberco- lare, senza che per questo il tubercolo postero-interno venga a perdere nel suo sviluppo, come avviene appunto nel M 1 di Figline. Il M1 del Canis lupus Linn. vivente si assomiglia ai M 1 di Peccioli e di Olivola; ed in quei casi in cui il tallone è meno sviluppato, la somiglianza si fa anche maggiore. Noto pure che in qualche caso la lunghezza della corona del M 1 sta alla larghezza negli stessi rap- porti che abbiamo riscontrato pel cranio quaternario del Vingone; quindi la medesima variante che io ho riscontrata tra il cranio di Vingone ed un cranio di Maremma, deve nel Canis lupus Linn. ritenersi presumibilmente come variante individuale. Anche pel M 1 del Canis della Cina valgono le osservazioni fatte a proposito del Caris lupus Linn. Nei 7'hos aureus Linn., Thos mesomelas ScAREB. e T'hos anthus Cuv., il M 1 col tallone che si accresce rapidamente, in corrispondenza del tubercolo postero-interno, si assomiglia pur esso al tipo del M 1 di Peccioli e di Olivola. Nel Canis Cautley Bose la forma del M 1, ripete presso a poco la forma della specie pliocenica (Olivola) ma ha dimensioni molto più sviluppate. Nel Canis megamastoides Pom. la corona del M1 si differenzia nettamente perchè si slarga all’interno per passare dalla forma triangolare, alla quadrata irregolare. Il BouLe ! osservò giustamente a proposito dei molari superiori di questa specie, che essi assumono un forte sviluppo rispetto allo sviluppo che presenta il ferino, mostrando con ciò nuova affinità colle due specie americane più sopra citate Cerdocyon thous Linn. e Urocyon cinereo argentatus MùLu. Tali affinità, che si riscontrano del resto anche nelle altre specie plioceniche francesi citate sopra, servono appunto a tenerle tutte nettamente distinte dai fossili che andiamo esaminando. Del M 2 superiore il Mayzor non ci dà che una breve descrizione, osservando solo in questo dente un tallone basale interno ed un cingolo esterno ben sviluppati. Il materiale di Olivola permette tuttavia qualche altra osservazione in proposito. Se si confronta infatti il M 2 dei crani di Olivola, con quel M2 del Valdarno, conservato insieme al M1 e al ferino in un frammento di mascellare superiore sinistro (Tavola delle misure A. IV), ad onta che su questo frammento i denti sieno profondamente usati, si nota che il M 2 era in esso più slargato e più compresso in senso antero-posteriore, e colla metà interna (tubercolo interno e tallone basale) assai più ricurva verso l'interno che in tutti i crani di Olivola. I quali si distinguono quindi per avere il M 2 più massiccio, perchè più ristretto e meno compresso in senso antero-posteriore. I crani di Ostine si uniformano a quelli di Olivola. 1) BouLe. Op. cit. 204 D. DEL CAMPANA [16] Tali differenze, sebbene notate su di un solo dente del Valdarno, non perdono della loro importanza, perchè si accompagnano in uno stesso individuo alle altre differenze riscontrate nel M 1 e notate già a suo tempo. ì Nel cranio quaternario del Vingone, il M 2 si accosta invece al M 2 del Valdarno; si può anzi dire che le differenze notate in quest’ultimo si ritrovino anche più accentuate nel Cane quaternario. Del resto la stessa osservazione vale per il Lupo vivente, ed alcuni dei crani da me avuti in esame presentano il M 2 anche più compresso in senso antero-posteriore, che il M 2 del Cane quaternario. I due Canis provenienti l’uno dalla Cina l’altro dell’Eritrea, affini al Canis lupus Linn. si urifor- mano a questo per i caratteri del M 2. Ciò invece non si può ugualmente ripetere per Z%os mesomelas ScHREB. ove M 2 ricorda l’omologo dei crani di Olivola. Nel 7%hos aureus Linn. M 2 ha caratteri variabili, ma tende ad esser compresso in senso antero posteriore. Nel 7hos anthus Cuv.ho invece osservato M2 foggiato sul tipo dell’omologo riscontrato nel mascel- lare del Valdarno, ma con dimensioni proporzionatamente e marcatamente maggiori, rispetto al M 1, che nella forma pliocenica e nel vivente Zhos mesomelas ScHREB. Chiudendo queste osservazioni sui denti della mascella superiore, noi vediamo confermate le diffe- renze che già abbiamo riscontrate nei caratteri craniologici della forma fossile e delle forme viventi. Anche i caratteri dentari infatti ci mostrano che il Caris del pliocene oggetto del nostro studio è forma ben distinta non solo dalle altre specie plioceniche già note, ma anche dal Canis lupus Linn. e dalle varie specie di Sciacalli prese in esame, non ostante che queste ultime presentino con essa maggiori punti di contatto che il Canis lupus Linn. PARTE SECONDA Mandibole e loro dentizione. Studiando le mandibole del suo Canis etruscus il Mazor notò, come queste si potrebbero dividere in due gruppi. Nel primo, insieme a maggiori dimensioni, si avrebbero premolari più distanti gli uni dagli altri, e Pm2 e Pm3 sarebbero caratterizzati per la mancanza di lobi sul margine posteriore che resulta per ciò tagliente. Un secondo gruppo invece comprenderebbe mandibole di minori dimensioni, con premolari che si seguono senza intervalli, ed in parte si addossano, e coi Pm 2 e Pm 3 forniti sul margine posteriore di quel lobo che manca, come abbiamo detto, nelle mandibole assegnate al primo gruppo. Il Masor osservò inoltre che alcune mandibole presentavano tuttavia un termine di transizione, perchè oltre ad avere i premolari avvicinati tra loro, il Pm 3 presenta sul margine posteriore, un poco sotto la metà, un piccolo lobo, mentre il Pm 2 non ha un tal carattere. Premesso ciò, prendo ad esaminare rapidamente le mandibole Valdarnesi studiate dal Maysor tenendo sott'occhio le misure indicate nell’apposita tabella alla quale rimando il lettore. Le mandibole poste sotto i numeri I-IV della Tabella delle misure, hanno i premolari mediani di- [17] D. DEL CAMPANA 205 stanziati tra di loro e tra il Pm 1 e Pm 4; onde ne resulta, come notò già il Mayor, che sommando le sin- gole lunghezze dei denti, si ottiene una cifra ch'è naturalmente inferiore alla lunghezza della loro serie. Inoltre Pm 2 e Pm3 hanno il margine posteriore tagliente perchè sprovvisto di lobi (Tav. XII [I], fig. 2,4; Tav. XIV [II], fig. 2a,d, 3a, 6; Tav. XV [III], fig. 3). Appartengono quindi al primo dei gruppi distinti dal MAJOR. Di queste mandibole tre furono già figurate dal Mayor nell’opera più volte citata alla tav. XIV, fig. 1, 13 e 14, sebbene in proporzioni un poco maggiori del naturale. Esse corrispondono rispettiva- mente alle figure seguenti da me date: Tav. XIII [I], fig. 2; Tav. XIV [II], fig, 2a, 5, 3,6; Tav. XV [III], fis. 3 e sono quelle che nella Tavola delle misure stanno sotto i numeri I, III sinistro, IV. A proposito del Pm 3 (Pm 2 secondo la numerazione del Mayor) il Mayor osservò giustame te che esso in alcuni casi presenta all’estremità del margine posteriore un ripiegamento del colletto il quale accen- nerebbe, secondo questo autore, ad un lobo basale omologo a quello del Pm 4 (Pm.1 secondo il Mayor). Per verità la figura 14 della tav. XIV esagera il particolare ora ricordato, mentre la fig. 13 mostra l’estremità del margine posteriore del dente un po’ più accorciata di quello che è in realtà. Osservato inoltre il Pm 3 nel frammento di mandibola, indicato nella Tavola delle misure sotto il nu- mero II, trovo che esso può costituire un termine di passaggio tra il Pm. 3 con ripiegamento pronunziato del margine posteriore e quelli che non lo hanno affatto; onde ne concludo che le varianti riscontrate, sieno da ritenersi come varianti individuali. Un esame, anche superficiale, delle mandibole in parola, ci mostra che esse appartengono ad individui diversi; perchè diversa è l'usura dei denti, diversi il modo di fossilizzazione e le dimensioni. Esse face- vano parte delle antiche collezioni del Museo di Fisica e Storia naturale di Firenze e non portano altra indicazione di provenienza che quella di “ Valdarno superiore ,. Adunque i resti fin qui esaminati, apparterrebbero, secondo me, a quattro esemplari distinti, compresa la mandibola appartenente al primo cranio di Ostine (Tav. XIII [I], fig. 2). ‘Quest’ ultima, sebbene oggi abbia potuto essere staccata dal cranio ed isolata dalla roccia fossilizzante, pure, per lo stato di cattiva conservazione in cui si trova, non permette alcun confronto osteologico si- curo, all’infuori dei denti i quali, osservati già in parte dal MazoR, verranno nuovamente ripresi in esame più avanti. Le mandibole recanti nella tabella i numeri V-VII apparterrebbero invece al secondo gruppo del Mayor (Tav. XVI [IV], fig. 1a, 6; Tav. XVIII [VI], fig. 2 a, è, 34,6; Tav. XIX [VII], fig. 1, 2). Alle minori dimensioni si uniscono la presenza dei lobi sul bordo posteriore dei premolari mediani e la sovrapposi- zione dei premolari; onde la cifra che rappresenta il totale delle lunghezze dei singoli denti, supera la cifra che rappresenta la lunghezza della serie, contrariamente a quanto si verifica nel primo gruppo. Riguardo alle mandibole poste sotto il numero V un esame completo di tutti i loro caratteri, oltre alla quasi perfetta uguaglianza delle misure ricavate sui denti, mi inducono a ritenerle come appartenenti ad uno stesso individuo. Sono infatti uguali in ambedue la ‘fossilizzazione, il grado di usura dei premolari e del ferino e. le dimensioni delle branche che si combinano perfettamente nella regione sinfisaria. Solo sulla branca destra si notano più profondamente usati il M 2 ed il canino, ma non credo errato l’attribuire questa diversità a rotture subite da quei due denti; molto più che un caso simile si riscontra talvolta anche nei Cani domestici. La branca sinistra fu figurata già, come destra, dal Mayor alla tav. XIII, fig. 2 della sua memoria; le proporzioni sono anche in questo caso un po’ maggiori del naturale, essa corrisponde nella Tav. XVI [IV], alle figure 1@,d, e nella Tav. XIX [VII] alla fig. 2. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 27 206 D. DEL CAMPANA | 18] Il frammento di mandibola posto sotto il numero VII porta ancora in posto Pm 2 e Pm 3, M1 ed M 2 dei quali tutti ho: potuto dare le dimensioni. Del M 3 è conservato solo l’alveolo, onde le dimensioni del dente sono solo approssimative. Il Mazor non parla direttamente di questo pezzo, ma le dimensioni ridotte dei denti e l’avere i due premolari imbricati tra loro.e col M 1, mi ha persuaso a riunirlo alle mandibole delle quali ho già parlato. Un altro frammento di mandibola, non citato particolarmente dal Mazor, da me riunito ai precedenti è quello distinto col numero VI, e che porta conservati in posto Pm 2, Pm 3 e Pm4. Questi denti non sono tra loro imbricati, come nelle mandibole già esaminate, ma Pm 2 è un po’ distanziato dal Pm 3, e questo a sua volta è semplicemente giustapposto a Pm 4. In tutti e tre i premolari, sebbene un po’ logorati dall’uso, si nota però la presenza del tubercolo al bordo posteriore e di qui la ragione d’averlo riunito al secondo gruppo; il quale, dopo quanto abbiamo osservato sulle branche mandibolari, sarebbe rappresen- tato da tre individui. Le mandibole del Valdarno superiore riunite nel terzo gruppo sotto i numeri da VIII a XI (Tav. XIV [II], fig. 1 a, d) si distinguono tutte dalle precedenti per avere il Pm 2 privo di lobo al bordo posteriore, mentre Pm 3 lo ha. Il Mayor dopo avere distinto, come accennai più avanti, le mandibole Valdarnesi nei due gruppi di forme sulle quali ci siamo fin qui trattenuti, aggiunge le seguenti osservazioni: “Questi ca- ratteri se fossero costanti, certamente giustificherebbero la distinzione dei due gruppi per mezzo di due nomi: ed ero sul punto di farla, se non che trovai parecchie mandibole le quali formano un grado di passaggio tra i due gruppi...... Le branche di mandibole che presentano le forme di transizione, sono in numero di quattro. I loro premolari sono abbastanza vicini tra di loro e pa (Pm 3 secondo la nume- razione da me adottata) presenta sul suo margine posteriore, un poco sotto la metà, un piccolo lobo; Ps (Pm 2 secondo la numerazione mia) però non ne ha ,. Una di queste branche fu dal Mayor riprodotta alla fig. 1 della tavola XIII colla seguente leggenda: “ Canis etruscus Masor probabilmente del Valdarno di sopra. Mandibola destra figurata come sinistra di un giovane individuo, coi tre premolari ed un dente di latte dietro il canino il quale non era completa- mente spuntato ,. Questa mandibola, per quante ricerche abbia fatto, non si trova nella collezione paleon- tologica del Museo di Firenze. Vi è però un frammento mandibolare sinistro di giovane individuo, pro- veniente dal Valdarno superiore ed appartenente alle antiche collezioni del Museo; esso ha in posto il Pm 1, Pm 2 e Pm 3. Di questi Pm 1 è completamente fuori dell’alveolo, Pm 2 lo è solo in parte ed ha il bordo posteriore tagliente, Pm 3 al contrario è ancora dentro l’alveolo ed ha un lobo al bordo posteriore. Le due branche mandibolari portanti rispettivamente i numeri VILI e IX si uniformano completamente alle osservazioni del Mayor poco sopra riportate ed appartengono indubbiamente a due diversi individui, tenuto conto del loro diverso modo di fossilizzazione e del diverso grado di usura dei denti. AI contrario le branche mandibolari poste sotto il numero X appartengono ad un medesimo esem- plare. Di queste la branca sinistra da me figurata alla Tav. XIV [II], fig. 1a, venne riprodotta dal MaJor come destra alla fig. 3 della tav. XIII dell’opera più volte citata; e per essa pure, come dei resto per altre ancora, l’autore osserva che proviene probabilmente da) Valdarno superiore. A riguardo di questa probabilità di provenienza alla quale il Masor accenna più volte nel figurare le mandibole valdarnesi, appartenenti alle antiche collezioni del Museo, giova notare una volta per sempre che l’etichetta di pro- venienza è sempre stata quella di Valdarno superiore; e non saprei dire in forza di quali argomenti il Mayor ne abbia ammesso soltanto la probabilità. Le dimensioni dei denti riportate sotto il numero XI si riferiscono alla branca mandibolare destra, figu- [19] i D: DEL CAMPANA 207 rata dal Mayor come sinistra alla tav. XIII, fig. 8. L’originale si trova nella collezione privata del marchese CarLo Srrozzi di Firenze, ed il Museo di Firenze ne possiede soltanto un modello in gesso assai bene eseguito. Da questo prese il Mayor il disegno pel suo lavoro ed ho preso io le misure date nella tabella. La figura del Mayor, oltre ad esser maggiore del vero, rende poco bene i caratteri del Pm 3, perchè ne mette poco in evidenza il piccolo lubo ch’esso presenta al bordo posteriore. Tenuto conto pertanto delle osservazioni fatte, le mandibole che presentano caratteri, secondo il MAJOR, di transizione tra i due gruppi principali da lui distinti, sarebbero oggi sei, appartenenti a cinque diversi individui. Oltre alle mandibole che noi siamo venuti fin qui esaminando ripartite in tre gruppi, facevano parte del materiale fossile studiato dal Mazor alcune altre, delle quali due furono da lui figurate alla tav. XIII, fig. 4, 10, Op. cit. Posteriormente allo studio del MayoR, altre se ne aggiunsero ancora alle collezioni del Museo, provenienti pur esse dal Valdarno superiore e due più particolarmente dalle località “ L’Inferno presso Terranova , e “Le Ville ,. Si tratta però di materiale molto incompleto, in qualche caso assolu- tamente mal conservato, e che giova solo indirettamente al nostro studio. Venendo ora ad esaminare il materiale proveniente da Olivola, possiamo notare delle varianti le quali meritano d’esser fatte conoscerz (Yav. XV [III], fig. 2; Tav. XVI [IV], fig. 2a, 5, 3). Innanzi tutto le mandibole di Olivola hanno in generale dimensioni medie, rispetto a quelle del Valdarno. Per ciò che riguarda la conformazione della corona nei due premolari mediani, sebbene questi non sieno in ugual modo conservati e non abbiano un ugual grado di usura nelle mandibole olivolane, si può con sicurezza osservare che se Pm 2 non ha sul bordo posteriore quel tubercolo, o lobo, notato già in alcune mandibole Valdarnesi, lo ha però Pm 3, quantunque non abbia in tutti i casi un uguale sviluppo, ciò che si nota del resto anche per le mandibole del Valdarno. Questo carattere può assumere un certo valore quando si rifletta che lo presentano ben cinque delle sette mandibole di Olivola, e che le altre due non offrono modo di fare tale osservazione perchè non hanno conservati i due denti in questione. L'ordine con cui si susseguono i denti sulle mandibole non offre speciali particolarità, essi sono sempre avvicinati gli uni agli altri ed in nessun caso ho trovato esempi di sovrapposizione come il MAsoR notò in alcuni degli esemplari del Valdarno. Così pure in una delle mandibole esaminate i premolari, separati tra di loro da intervalli facilmente apprezzabili, ma colla corona profondamente consunta, mostrano che la loro disposizione sulla mandibola è unicamente dovuta all’età inoltrata dell’ individuo. Mette qui conto far rilevare un carattere che tutte le mandibole fossili presentano indistintamente, sia che si osservino gli esemplari di Valdarno o quelli di Olivola. Mentre in alcuni Canidi, come ad esempio nelle specie del Gen. Vu/pes, le branche mandibolari hanno una direzione più o meno regolar- mente rettilinea, e le faccie interna ed esterna si mantengono per ciò quasi pianeggianti, nel Cane plio- cenico la branca presenta, in corrispondenza dei molari, una curvatura verso l’esterno, per ripiegarsi poi nello stesso modo verso l’interno in corrispondenza dei due premolari mediani e sporger di nuovo infuori colla regione sinfisaria. Ne consegue pertanto che anche i denti seguono colla loro disposizione la linea sinuosa tracciata dalla branca e si trovano disposti su di una linea curva verso l’esterno. Ho voluto soffermarmi un poco su questo carattere perchè, come accennavo sopra, tutte le mandibole fossili ben conservate, lo presentano visibile, sia pure in un grado maggiore o minore. Avrò luogo di tornare su tale particolare nel corso dello studio che sto facendo, quando mi occuperò di un’altra specie di Canide vissuta in Toscana durante il Pliocene. La stessa varietà che il Mayor riscontrò nel contorno inferiore delle mandibole dei Valdarno, si riscontra 208 D: DEL CAMPANA [20] in quelle di Olivola. Vi predomina però la forma a contorno scafoide anzichè rettilineo, la quale ultima, nei pochi casi in cui si nota, è dovuta allo schiacciamento subito dalle mandibole in senso trasversale. Questo carattere stabilisce un nuovo punto di vicinanza col T'hos aureus Linn. e col Z'hos mesomelas ScHREB., mentre il Canis lupus Linn. col contorno inferiore ondulato o pianeggiante delle sue mandibole, si distingue facilmente dagli Sciacalli e dalla forma fossile. Delle due specie plioceniche francesi Canis mneschersensis Cr. IoB. e Canis megamastoides Pom. la prima ha il contorno inferiore della mandibola di forma scafoide, mentre l’altra ha il contorno rettilineo. È singolare lo sviluppo che nella mandibola del Canis megamastoîdes Pow. assume il lobo subangolare. La forma fossile da noi studiata si differenzia assai bene per non presentare affatto tale carattere, come non lo presentano del resto nè i Lupi nè gli Sciacalli. Il BouLE osservò in proposito che sotto tal riguardo il Canis megamastoides Pom. si avvicinava alle specie viventi Cerdocyon thous Linn. (C. cancrivorus Desw.), Urocyon cinereo-argentatus Muun. e Megalotis, le quali presentano il lobo subangolare della mandibola più o meno sviluppato. A queste posso unire, in seguito alle mie osservazioni, Notocyon parvidens Miv., notando altresì la circo- stanza che esso appartiene, insieme a Cerdocyon thous Linn. e Urocyon cinereo-argentatus MùLL., al Nuovo Continente. Anche il contorno antero-esterno del ramo ascendente si mostra, secondo le osservazioni del MayoR, più o meno verticale nei diversi pezzi del Valdarno da lui studiati. Le mandibole di Olivola non offrono campo ad osservazioni più estese, e per i limiti entro i quali tal carattere varia, mi sembra si possano tali varianti ritenere come individuali. * EE Per ciò che riguarda i caratteri della corona dei denti, procederemo nell’esame delle mandibole di Olivola ®, riferendoci ad ogni occorrenza alle mandibole del Valdarno studiate dal Mazor, ed alle specie viventi che possono offrir campo a utili confronti. I denti incisivi si vedono conservati soltanto in una delle mandibole di Olivola ed in questa suno i soli 12 e I3 sinistri, che non offrono particolarità degne di nota. La stessa mandibola ora ricordata ed una seconda ancora (destra) conservano pure il Canino. Il Mayor, a proposito di questo dente, notò che le mandibole del Valdarno lo avevano impiantato più verticalmente che il Cane domestico, il Lupo, la Volpe e lo Sciacallo. Questa osservazione vale anche per le mandibole di Olivola, sebbene si tratti di differenze che non sempre sono nettamente stabilite. Il Pm1 non offre, come osservò giustamente il Mayor, nessuna particolarità speciale; nè a questo riguardo v'è da aggiungere relativamente alle mandibole di Olivola. Dall’esame fatto sulle mandibole valdarnesi, non ho trovato nessun Pm 1 provvisto del piccolo. lobo basale posteriore di cui fa menzione il Mayor; forse si tratta di un carattere riscontrato sopra qualcuno dei pezzi studiati dal Masor ma non appartenenti al Museo di Firenze. Il Canis lupus Linn. vivente ha il Pm1 proporzionalmente assai più ridotto e meno acuminato, mentre nella forma pliocenica il dente è più sviluppato, con corona più acuminata e ricurva all’ indietro. Per ciò che concerne i caratteri del Pm 2 ho già osservato come questo nelle mandibole di Olivola sia privo di lobo sul bordo posteriore; mentre nelle dette mandibole il Pm 3 presenta sempre questo lobo sia pure diversamente sviluppato e non si sovrappone mai nè col Pm 2, nè col Pm4. i) Ho già notato altrove che il secondo cranio di Ostine (Valdarno) ne è privo. [21] D. DEL CAMPANA i 209 Avendo io esaminato il Pm 3 in tutte quelle mandibole valdarnesi, che si uniformavano per i caratteri dei Pm1 e Pm2,a quelle di Olivola e che appartengono, secondo me, a sette diversi individui, quattro su tre presentano il Pm 3 munito di lobo al bordo posteriore. Sembrerebbe quindi che nel Canis etruscus May., secondo il concetto con cui considerò questa specie il MaJoR, fosse questo un carattere piuttosto predominante. I Quanto al ripiegamento del colletto all’estremità del margine posteriore. quasi inizio di un secondo lobo basale, esiste nelle mandibole di Olivola come lo notò il Masor in quelle del Valdarno, ed è più o meno atcentuato a seconda del maggiore o minore sviluppo che assume il lobo del dente. Qui cade in acconcio di ricordare le osservazioni ed i confronti fatti più avanti su quei casi in cui il Pm2 e Pm3 superiori ed inferiori, sono mancanti di lobo al bordo posteriore. Questo carattere che si ripete come abbiamo detto anche nei premolari mediani del Canis Issiodorensis Cr. IoB. e di varie specie viventi, non si ha invece nel pliocenico Canis neschersensis CR. IoB. il quale ene tanto Pm 2 che Pm3 inferiori con lobi al bordo posteriore. Alcune altre osservazioni in proposito non saranno senza interesse pel nostro studio. Possiamo dunque notare in primo luogo come la variabilità di tipo che presentano i premolari mediani inferiori nel Canis pliocenico, oggetto del nostro studio, non si riscontri affatto negli individui che appar- tengono ad una stessa specie vivente. Già il Mayor osservò la costanza del lobo posteriore nel Pm 2 e Pim 3 del Canis lupus Linn., costanza che viene riconfermata da me per le osservazioni fatte sulle mandi- bole di Caris lupus Linn. esaminate e sulle due forme affini dell’ Eritrea e della Cina. Nel 7%os aureus Linn. e nel Z'hos mesomelas SCEREB. si osserva la stessa costanza di tipo, ossia mentre nella prima specie il Pin 2 inferiore non presenta lobo sul bordo posteriore, nella seconda il lobo è sempre presente. Nei numerosi esemplari di Vulpes vulgaris Linn. che ho avuto a disposizione, il Pm 2 offre in- vece costantemente sul bordo posteriore un piccolo rilievo, talora ridotto alle minime proporzioni e che scompare in alcuni casi in seguito all’uso del dente. Ricordo altresì nuovamente le specie Canis latrans Sav., Nothocyon parvidens Miv., Vulpes lagopus Linn., Vulpes fulva Desm., nelle quali i due premolari mediani inferiori e superiori sono privi di lobo al bordo posteriore. Mi sembra pertanto che tutte queste osservazioni dimostrino che la presenza o l’assenza di tubercoli è un carattere molto più importante che non una semplice variante individuale; e che nel caso nostro fornisca sufficienti ragioni per riunire in un gruppo distinto le mandibole con premolari mediani privi di lobo sul bordo posteriore, il frammento di mascellare superiore già descritto, proveniente da “Le Ville ,, ed il cranio di Ostine studiato già dal MAJOR. Il Pm4 ha sempre due lobi sul bordo posteriore, qualunque sieno i caratteri dei premolari mediani, nè in questo le mandibole di Olivola offrono alcun diversivo. Esse per altro non presentano quel ripiega- mento al colletto che si nota in poche mandibole del Valdarno; ma anche in queste sembra piuttosto una variante individuale che un carattere avente valore specifico. Forse non è errato asserire che le mandibole nelle quali i premolari si uniformano al tipo presentato nelle mandibole di Olivola, il ripie- gamento non esiste o è debolmente accennato, tanto che in qualche caso si confonde col secondo dei lobi che il dente in questione presenta sul bordo posteriore. Come i premolari superiori, anche gli inferiori hanno nella forma pliocenica la cuspide più eretta, a differenza del Caris lupus Linn. ove la cuspide è obliqua verso l’ indietro. Le due specie Zhkos aureus Linn. e Zhos mesomelas SCHREB., si avvicinano anche in questo caso alla forma pliocenica. 210 D. DEL CAMPANA [22] Le osservazioni fatte dal Masor sul M 1 delle mandibole valdarnesi, valgono pure riguardo al ma- teriale di Olivola. Nelle mandibole fossili il M 1 ha la cuspide anteriore più eretta che in quelle di Canis lupus Linn.; i due Sciacalli ricordati poco sopra si avvicinano invece alla specie pliocenica. Il Masor a proposito del M 1 del Canis etruscus, notò che la vallecola situata dietro i due tubercoli del tallone è più estesa e profonda che nel Canis lupus Linn., quantunque si abbiano anche sotto tale riguardo delle variazioni; egli cita inoltre un ferino di Lupo che non presenta nessuna variante. I con- fronti da me rinnovati in proposito non mi hanno condotto a conclusioni diverse; infatti vi seno alcune mandibole, sia di Olivola che del Valdarno, nelle quali la vallecola in questione è ridotta come nel Canis lupus Lunn.; la quale ultima specie offre in tal modo, costante, un carattere, che nella specie del MaAgoR al pari di altri caratteri è variabile ed individuale. Ciò che forma invece una diversità costante è il tubercolo interno del ferino, che nel Canis lupus Linn. si presenta assai più piccolo e meno distaccato dalla cuspide principale cui è addossato, di quello che non sia nel Cane pliocenico. Lo stesso si dica riguardo all’obliquità verso l’indietro che questo tubercolo ha molto marcata nel Canis lupus Linn. mentre non la presenta, o la presenta appena accennata, nel Canis etruscus May. A tal proposito noto che non in tutte le specie di Canidi questo tubercolo è ugualmente sviluppato. Così l’ho trovato poco sviluppato, come nel Canis lupus Linn., nella forma affine della Cina, ed in diverse razze di Cani domestici. Al contrario è assai sviluppato, come nella forma pliocenica da noi studiata, nel Thos aureus Linn. Thos anthus Cuv., nel 7hos mesomelas ScHREB., Cerdocyon Azarae Wiep., Vulpes vulgaris Linn., per tacer d’altri. Nelle prime due specie citate ho trovato anzi che il tubercolo in questione raggiunge lo sviluppo presentato da alcuni degli esemplari pliocenici, non ostante le dimensioni generali costantemente minori nelle due specie viventi. I Cani delle terre-mare si avvicinano sotto questo riguardo piuttosto al Canis lupus Linn. che alla forma pliocenica, sebbene, da quanto ho potuto osservare, il tubercolo interno del ferino possa avere uno sviluppo piuttosto vario nei varî individui. Sempre secondo il Mayor, la forma del tallone presenterebbe nel ferino del Canis etruseus delle somi- glianze evidenti col Canis neschersensis Cr. IoB. figurato dal BLarnviLLE ®. Questo autore non parla che brevemente di questa specie, della quale nota le affinità col Canis Lycaon ErxLEB. dei Pirenei. Un esame completo di tutti i ferini, tanto delle mandibole Valdarnesi come di quelle di Olivola, mostrerebbe che la parete laterale interna della fossa situata anteriormente ai due tubercoli del tallone, sarebbe nella forma pliocenica sempre meno profondamente increspata di quanto si osserva sulla figura del BLAINVILLE. Quanto alla conformazione di questa fossa si può ripetere, anche riguardo alle mandibole di Olivola, che essa è più profonda che nel Canis lupus Linn. ed aggiungerei anche più espansa in senso antero posteriore, sicchè in queste mandibole il tallone del ferino appare, aucor meglio che nelle mandibole Val- darnesi, più allungato che nel Canis lupus Linn. Il Masor a questo riguardo nota che Z%os aureus Linn. e Vulpes vulgaris Linn. hanno più analogia colla sua specie fossile; lo stesso posso dire io, aggiungendovi il 7hos mesomelas ScEREB. Sotto tale riguardo invece il Cane domestico si avvicinerebbe piuttosto al Lupo che alla forma pliocenica. i) BLAINVILLE. Ostéographie. Gen. Canis, vol. 2, pag. 125, tav. XIII. [23] D. DEL CAMPANA 211 Il M 2 concorda nelle mandibole di Olivola e in quelle del Valdarno in tutti i caratteri morfologici della sua corona, ed è notevole che anche in questo caso tanto la forma fossile quanto le viventi da me esaminate, si trovino tra loro negli stessi rapporti di affinità notati a proposito del M 1. Il M2 del Canis neschersensis Cr. Ios. ha corona di forma del tutto diversa dalla specie fossile e dalle viventi confrontate. Una sola delle mandibole di Olivola porta ancora il M 3. Dalle dimensioni che ho date di questo dente si può vedere ch’esso non è troppo sviluppato anche comparativamente agli altri molari. Si può anche osservare che non tutti gli individui pliocenici oggetto del nostro studio presentavano ugualmente sviluppato il M 3. Tuttavia sebbene nel caso della mandibola di Olivola si abbia un dente di assai ridotte dimensioni, esse sono sempre maggiori di quelle che ho potuto riscontrare nel Canis lupus Linn. vivente mentre non potrei dire lo stesso dei cranî quaternarî della Val di Chiana. Non credo fuor di luogo aggiungere che in due cranî di 7%os mesomelas ScEREB. il M 3 ha dimensioni pochissimo inferiori a quelle riscontrate in uno degli individui di Caris lupus Linn. ad onta delle dimen- sioni generali ‘così diverse. Prima di chiudere lo studio delle mandibole, debbo ricordare pure un’altra mandibola che ij MAyoR attribuì alla stessa specie, come varietà, non avendo dalle sue osservazioni ricavato argomenti sufficienti per tenerla distinta come specie a sè. È questa la mandibola proveniente da Peccioli, già figurata dal Mayor alla tav. XIV, fig. 27, 28 della sua opera più volte citata, e che per gentile dono dello studioso sig. RosERTO LAWLEY, si trova nelle raccolte del Museo. Io l’ho riprodotta alla Tav. XVII [V], fig. 2a, 6. Non è il caso qui di descriverla nuovamente solo mi fermo sulle differenze notate dal MAsoR in confronto colle mandibole Valdarnesi per esaminarle di fronte anche ai caratteri delle mandibole di Olivola. Una prima variante a notarsi, secondo il Mayor, è la presenza di un piccolissimo lobo posteriore sul Pm 1. Si tratterebbe quasi di un ripiegamento del colletto notato sopra negli altri premolari. Secondo le mie osservazioni, una delle mandibole di Olivola presenterebbe questo stesso particolare, sebbene meno accentuato, e lo presenterebbe pure una seconda ma un po’ meno ancora visibile. Il Pm? è identico a quello delle mandibole di Olivola; solo il ripiegamento del colletto si fa in modo da dar luogo ad un piccolissimo rudimento di tallone al lato posteriore. Il Pm 3 ed il Pm4 sono identici a quelli delle mandibole di Olivola. Il Mazor nota che il Pm4 ha alla base un’inizio di terzo lobo, effetto, in parte, del forte ripiegamento del colletto. Questo particolare si nota anche in una delle mandibole di Olivola, mentre le altre ne sono prive; ma non credo sia tale da fargli attribuire un valore specifico. Le differenze più importanti risiederebbero, secondo il Mayor, nel M 1 il quale per la sua posizione rispetto alla cuspide principale, offrirebbe dei punti di contatto col genere eocenico Cymodictis. Le mandibole di Olivola non mi hanno dato modo di portare sull’argomento nuove osservazioni, sia riguardo allo sviluppo, sia riguardo alla maggiore o minore sporgenza verso l’indietro di questo tubercolo; ed anche nel caso della mandibola di Peccioli mi sembra si sia ben lontani dall’avere, come nel Gen. Cyno- dictîs, il tubercolo e la cuspide principale del ferino situati sopra uno stesso piano, o almeno in modo che, esaminato il ferino dal lato esterno la cuspide principale nasconda il tubercolo completamente. Ritengo quindi che la mandibola di Peccioli non possa, allo stato delle conoscenze attuali, tenersi distinta dalle altre già prese in esame. 212 D. DEL CAMPANA [24] CONCLUSIONE Esaurito così lo studio del materiale fossile del Valdarno, di Peccioli e:di Olivola, noi. possiamo, in base alle osservazioni fatte ed alle misure riportate, trarre le seguenti conclusioni. 1.— La specie Canis etruscus MA3., sia che, seguendo il Mayor, la si consideri come formata da più gruppi di forme, tra loro varianti; o che la si scinda in diverse specie, come io ritengo più conveniente in seguito alle osservazioni fatte, presenta dimensioni che da un lato sono sempre inferiori a quelle riscon- trate nel Canis lupus Linn.; dall’altro non scendono mai ‘alla pari di quelle riscontrate negli Sciacalli (Thos aureus Linn., Thos mesomelas ScHREB., Thos anthus Cuv.) porgendoci in tal modo un primo argo- mento a tenere distinta la specie del Mayor, sia dal Canis lupus LINN. per ciò che riguarda gli esemplari più grossi, sia dal 7%os aureus Linn. per ciò che riguarda gli altri di minori dimensioni. 2.— Le differenze notate sia nel cranio che nella conformazione dei denti, vengono una volta di più a distinguere dal Canis lupus Linn. la forma (o le forme) del pliocene; avvicinandola piuttosto, per certi caratteri, a forme viventi di Sciacalli. gr: 3.— La presenza, o l’assenza, oppure il diverso sviluppo nei denti di certe parti, essendo caratteri che nelle specie viventi si riproducono con costanza, ne viene che le differenze basate sopra di essi e riscontrate nel materiale fossile da noi studiato, assumono una speciale importanza. Questa importanza diviene anche maggiore ove si consideri: che gli esemplari di Olivola si uniformano tutti ad un identico tipo; mentre gli esemplari provenienti dalle varie località del Valdarno, si possono distinguere in due gruppi almeno, secondo il Mayor, in tre secondo le osservazioni da noi fatte a proposito delle mandi- bole; riunendo cioè in un terzo gruppo le forme che il Masor indicò nel suo lavoro come forme di transizione. 4. —Le relazioni che passano tra la dentizione della mascella e quelle della mandibola nei Cani di Olivola, essendo le stesse che passano tra il molare superiore e la mandibola di Peccioli in Val d’Era, assumono un valore piuttosto specifico invece di essere dovute a differenze di razza locali. 5.— Nessuna delle specie viventi offrendo nella conformazione dei denti delle variazioni così estreme come gli individui finora ritenuti appartenenti al Canis etruscus MAJ., noi possiamo attenerci al principio pel quale in Paleontologia si riuniscono alla stessa specie tutti gli individui, o parti di individui che pre- sentano comuni certi caratteri, formando un insieme circoscritto indipendentemente dalla ripartizione | geologica o geografica. ) In base quindi a tal principio ed alle suesposte considerazioni, io divido il materiale fossile stu- diato nei tre seguenti gruppi tra loro specificamente distinti : 1. Ganis etruscus May. s. s. Tav. XIII [1]; Tav. XIV [II], fig. 2,3; Tav. XV [DI], fig. 3. Questa specie comprende il cranio con mandibola di Ostine del Museo di Montevarchi già studiato dal Mayor (Tav. XIII [I], fig. 1a, 6, 2), il frammento di mascellare superiore destro proveniente da “ Le [25] D. DEL CAMPANA 213 Ville , (Tav. XII [I], fig. 3a, 0), e le mandibole contrassegnate dai numeri I, II, IV appartenenti ad altret- tanti diversi individui (Tav. XIII [I], fig. 4; Tav. XIV [II], fig. 2,0, 3 a,b; Tav. XX [III], fig. 3). Carattere peculiare di questo gruppo è la mancanza di lobi sul bordo posteriore dei due premolari mediani superiori ed inferiori; inoltre le tavole delle dimensioni ci mostrano che gli individui di questo gruppo raggiungevano in qualche caso dimensioni meno lontane da quelle del Canis lupus Linn., che gli individui dei gruppi di cui parleremo tra poco. Il Canis lupus Linn. d’altra parte non presenta mai premolari mediani muniti di lobo al bordo posteriore ed ha in generale denti a corona più tozza. È per questi resti che io propongo venga ‘conservato il nome di Canis etruscus Mas. giacchè il Forsyra Mayor fu il primo a richiamare l’attenzione sulla conformazione dei due premolari mediani su- periori ed inferiori e a tenere distinte come varietà le mandibole, che noi appunto abbiamo riunite in questo primo gruppo, come specie distinta. 2. Canis Majori sp. n. Tav. XVI [IV], fig. 1; Tav. XVII [VI], fig. 2,3; Tav. XIX [VII], fig. 1-3. Appartengono a questa specie le mandibole aventi i due premolari mediani muniti di lobi al bordo posteriore ed embricati tra di loro. (Tav. XVI [IV], fig. 1a, 6; Tav. XVIII [VI], fig. 2 a,b, 3a, d). Delle tre mandibole che noi conosciamo, e controdistinte nelle Tabelle delle misure dai numeri V-VII, due, come osservai a suo tempo, appartengono ad uno stesso individuo. A questo gruppo ritengo debbano essere riuniti i frammenti di mascellare superiore raccolto nei dintorni di Figline, (Tav. XIX [VII], fig. 3a,6) e gli altri due frammenti consimili provenienti dal Val- darno senza precisa indicazione di località. In questi frammenti, che appartengono a tre individui diversi, come si desume anche dal diverso grado di usura dei denti, il M 2, l’abbiamo già fatto notare, si differenzia per i suoi caratteri morfologici tanto dal Canis etruscus MAJOR S. s., quanto dal Canis olivolanus sp. n.; i quali, come già si vide più avanti, si uniformano tra di loro per i caratteri del dente in parola. Il gruppo in questione quindi è rappresentato con molta probabilità da sei individui, i quali offrono dimensioni meno sviluppate del Canis etruscus MAJOR Ss. s. pur mantenendosi assai più grandi degli Sciacalli attuali. Anche le mandibole di questo gruppo, come ebbi a riferire in precedenza, furono oggetto di speciali osservazioni da parte del Mayor. E poichè dette osservazioni hanno potuto esser confermate coll’aiuto del nuovo materiale fossile di Olivola e del Valdarno, propongo per tutti i resti di questo gruppo il nuovo nome specifico di Canis Majori. 3. Canis olivolanus sp. n. Tav. XIV [I], fig. 1; Tav. XVIII], fig. 1,2; Tav. XVI [IV], fig. 2,3; Tav. XVII [V]; Tav. XVIII [VI]; fig. 1. Questa specie comprende: a) tutti i resti provenienti da Olivola ed appartenenti come già feci notare a otto individui diversi (Tav. XV [III], fig. 1a-c, 2; Tav. XVI [IV], fig. 2; Tav. XVII [V], fig. 1; Tav. XVII [VI], fig. 1); b) una calvaria e cinque branche mandibolari provenienti dal Valdarno, appartenenti a quattro indi- vidui (Tav. XIV [II], fig. 1a,0; Tav. XVI[IV], fig. 2a,5,3; Tav. XVII[V], fig. 1,5); Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 28 DIVI D. DEL CAMPANA [26] c) il M1 superiore destro e la branca mandibolare sinistra, To dal Podere del Tesoro nel territorio di Peccioli in Val d’ Era (Tav. XVIL[V], fig. 2 0,5.); d) Il secondo cranio di Ostine rinvenuto posteriormente agli studi del MayoR. Questo gruppo che resulta così costituito dai resti di ben quattordici individui, si distingue dal Camis lupus Linn. oltrechè per le dimensioni minori, come si ricava dalle tavole delle misure per le differenze craniologiche notate sopra e per avere il Pm 2 inferiore costantemente privo di lobo sul bordo posteriore, mentre lo presenta sul Pm 3. Il lobo è però mediocremente sviluppato, ed anche nei casi in cui lo è di più, si nota in generale sempre più ridotto di quanto si osserva nel Pm3 del Caniìs Mayorì sp. n. Il MasoR considerò come forme di transizione tra i due gruppi precedenti le poche mandibole valdarnesi che noi abbiamo riunito in questo terzo gruppo. Il quale, pei suoi caratteri morfologici, rivela meglio dei due precedenti le affinità che lo avvicinano agli attuali Sciacalli più che al Canis lupus Linn. Tuttavia tali affinità non permettono di fondere con nessuna delle forme di Sciacalli attualmente viventi i resti fossili in questione; le cui dimensioni per giunta, raggiungono, in confronto dei primi dimensioni, costantemente e marcatamente maggiori. Il giacimento di Olivola avendo dato la maggior quantità dei resti riuniti in questo gruppo, propongo per tutti il nuovo nome specifico Canis olvolanus. Tabelle delle misure det Premolari e Molari superiori ed inferiori delle specie Canis etruscus MAJ. s.s. — Canis Majori sp. n. — Canis olivolanus sp. n. ES D. DEL CAMPANA 216 dei Premolari! imMmensioni Di TABELLA A. Peccioli (Val d’Era) VII Valdarno superiore (Ostine II) VI d o @ a 5 TRN Vai" (©) = sm 2 pb è © Dal = (=| [=] È n I CIS cls ‘A g ©) AS © poi Dea TE ai si mi = È © (o) | ° da: v D H à Sha ol i = 19 6) m = Ps ® n n © (ING = CE n) +» a, A ® = DO) ICE DI N 59 fi k A © (o) (©) ; — : CT TTT TT e —— BUIISSBUL | | | 0 | © |ezzoqdagr] mi R=, i) [rioni rl E TI E TERE A et ro © A | esse | | | | 10 | BZZ09UNT ni CUISSVUL | Gn. 3 S i) SÒ o |ezzoySaer 10 n n n te) Z aaa A ARDA ATA EL ROSSI OASI N pe RETE IPSL ARRGUA 0 erarenzant iS tw || UNSsemE | (o 52 Li 1a E uzz0 qu val Ke) ev] tai (a ri GI VUISSYUI | col Q "a Z { 10 o) (cr) t si Si RZZOQIIET > Ti A |a annida o 0) 0600 POTE IN ORO O IO O RENI OA I PALIO ® A | cursseu Î O SD A ho «e (o) cn QI Ti Di RZZOI UT Gu O) I VUUSSEUI | | | (>) DD | o |BzzoqSIeT in] Ti clic ii dtd bi SO, E IO DI (°°) Ue) A | conssewi | | | - È | 7 n 10 BZZOQIUNT x po) VUUSSOOI | | Î q Ri 9° 9 VZZQUSTICT (ori la ui to) dal nariisaniezionecnnilf(eeer eri ienerieinaeo nio nsonaeo cana eii iii ie ia ca ni neneo caeeiecnenaziozenneo sone oceezananeone ninna seeaeniz ani zeeiea neo sozaena viari nascaziooaeainaanaaieziopi nen ciasaziosioneo iene Hi VWUISSVOI | | «IS + Lo BZZOqIUUT N ini Ss VUUSSEUI | | | o tm | o |ezzoqdrerg le TH ta) 3 |a e ESRI CAREER ERRE EE A | surssen | | | TH pa) | BZZOIUNT N m 19 (1°) VUISSVUI | pr d. 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Olivola (Val di Magra) XI IX XIV XIII XII Destro [ | EUISSUUI I Uzz945IU7] || vurssemi || |vzzogZung] | Destro Sinistro Sinistro TISSTUI | I uzzo inn || | 16 | | prsenw || I | | ezzogZIUTI: | | | ISSBUL I I ogzung | ezzoqiun 17 Destro UUIISSBUI ts; UZZZ Aa i Se Do) BuISSBUI TS S ezzo gian co 9,3] 21,4 14,6: 16,6| 14,7 Sinistro VUISSUUI A UZZ0]SIeT | | VuLSSEnL UZzoqIUNT | | Lie] 10,5| 21,4 18 | 14,8 Destro i NZZOQSIBT i | UUUSSVUL (ZZZSN Gittita | | | 18 et e e VUISSEOI UZZZL GA GUa | I | BUISSEUI LIZZZEN Erica | [Aa | x) ISsenI OTTO] I [ UUUSSTUI SUNT | | Sinistro VUISSVUI VZZ0qIIUT | | USV uI a (UZZAN Gltiai | Peccioli (Val d’Era) VII Destro VIUISSEUT I UZZO]TACT CZZ0ZUNT Valdarno superiore (Valdarno superiore) Dintorni di Figline LIÎ Canis etruscus May. s.s. (Valdarno superiore) (Ostine II) VI Sinistro VUISSEUI | | | | UUSSVUL BZZOIIBT MUILSSVII SI zzeqsumr 6 IV (Le Ville) II (Ostine 1) I Destro Destro TUIISSEUI | BZZO]IIUT | BMUSSBUL UZZOqs un Sinistro VuISsem BZZOIIVT 20 14 VUISSOUL | 4 Destro 6 VUIUSSELI | | BZZOTA UnNT]| 19; € 10 17 15 Î Î | BUUSSBUI | | BZZOqIIOT 5,6 Sinistro vuusseru | UzZzoTqAMUT UZZOUi UT | VR RAS RR ITS SENZA VATI ENTER RISIEDE DATATI 5,8 [11,8 : 12 218 D. DEL CAMPANA TABELLA B. Canis etruscus MAI. s.s. (Valdarno superiore) Destro ‘Bo] Dimensioni dei Premolar Canis Majori sp. n. (Valdarno superiore) massima massima (o) N N ® rd so (si s (o) Larghezza II Ostine (I) ITI IV Destro Destro Sinistro Sinistro È A (1 A (o) 9 (S] : (o) 0 l'i .da | Sa i d2 | Sa | da | da : da | Sa (da eno ‘ ‘eoQ ae i eNpQ Na : eQ Io : ‘ep SD : sy ES G8S|Ss:8s| 33:58) 55:83) 55:85 RESI PSR SE pa SIA SI 20995 13,4. 5,5/13,7 6 |12,61 6 19,4: 5,7|13,4.5,7 So lb 7164: die. €978 M 1 (90 = = 0 09 » 2 WA igg = = b 67|10798088. 9 gol ol e ERTIGO Totale | delle lunghezze 88,4 — —_ —_ 9399 Lunghezza | | della serie 92 — —_ _ 95 13) 5 15: 6,4 24 9 10,8. VI VII Sinistro Sinistro Sinistro Sinistro) s i e 9 [SH : & 8 d'a | da | Sa i da | Sia | da | Sa | dia eno : ‘esa on i enm De : sNp@ we in Pa Gil S3 S3|S3 Gs] si. 31 AF | FS GEISGIGRSE : H Da | 13 (5,4|13,7. 6,3|129,5ì1 5. | 12 ? GG i cd 15 | 6,4|16,6: 7,8|14,3: 7,2|13,7: cdi zi 9|- i -|24 9822; È 10,673. (© ge eiRe e a aa 85,6 15 66,3 79,2 | | | | | 81,5 Pa 63,5 82,8 (219 D. DEL CAMPANA [31] inferiori. Molari p. n. Canis olivolanus s ® VUILSSBUL SI 9 la) (o) o LS n (Lo) [a (Co) | air ° il i Uxjsi 9 |ezzoqarerT i Nei e È SETS lio ae e SS I al RAI SISSI A ca SOR at 5 © E) N de e EI TIE I ITA IE ARI 0 EI È S GE (di LI VUISSVUL 9 CoA SD va) 7, 2a, | 3 n do b VZZ0qIUNT ta Ge) val si Td - | eurssew cd S Si | Hi a |ezzoqsIg] o (co) Gu Gu ; Po) Co) YZ | vusse = n 19 (O) È DI | 2 \ezzoqsun ni ca n g n rosi GI 19 - | gumssew E | tu È d | | H| A |ezzoqdIer No) ori Sa |a iii de Y| E | vunsseu 2 | SL io 10 | | RL \eZZ0QSUNT N SI N BULIS8 8.01 | | | | | | | 2 |BzzogsaerT] 2 a mevcarazzzcezeo cen seratezcnatenzeo-a00nescanaoneeaionioceeeeaeenioneiceicicanioneeeanieeiieeoeeeeeeseoeeeosozeosescoseeeeeieeeee saio senaeeeeeezeneeeione D H À VUUSSVUL Î | Î SI | Î GI RZZIIUNT N Gi zi VUISSEUI | | Î Î a | | Fal 2 |ezzoqsaur ea; pP a Corea contra) ETA i e e E eno NOIA IE IA O AAT Si (ai A | BWISSBUI | | | | 10 © | < L ezzoqsan N] si E e E A E WUISSUUI Si TS a = 9 Po) 9: bal 2 |uZz0qsIeT] ssi 10 H [a 10 Ce Eee RBL Si 3 Bia en dito S sg n f | suisse ea ol d Co) 10 9 To) BZZOqIUNT Nol Ti TH Ta N a ; | erissew pr Si = S 0 | è |ezzogdaIgT 10 Po) SII ee e ae o: SERE DIRO RSS o I i RANE CI SIRO PIENO IR TR i UTI ta de Q ch DS (do) A Cn) e) DS | 8 | esse co) pr ISSVUI 3 TSI sm S S 5 w BZZOQIUNT im GE = dA e - | euIssem | Sé | | S | | È |tzz0KSaeT 10 d RZ) E n STESSO SIERO, Soa Reason N Le cs BEST ERA RRSSAA A REA IRR ARIE e I I w NECAI CRETA nine Saona cadute tone i VWUISSVUL DI | | 5 i | 2203 UN] & E VUUSSETI SD ca SI pi S 43) | 9 |uzzoqs1er I fe] [fo] [a + fe) en; DE : PETS, LI RPITORII Ze RRA ” È Foo Re Ro Si t + i À | guussewi So È = 19 9 n Î ve) Co) UZZ0qSUNT] So) tl su - | suisse | D © a Sa NE: | Z | BZZOqoIeT] 10 rt co) Co) AR. Ri | RREEEEETE TETI TE E TI ZTZ TIT a220r esi aac i allonnno nen eananio consone oceeonereeerecaoonocsopoeeoseonenezone eee ezio oo? ct E A Co + = Î 5 | RuuIsseuI q c © © 9 D (ezzoqGun] uni val Si lo im al | + NS) 10 PS) i E 5 VUISSEUI ha D TO > . | | So ee nl ala e sia ea ci a CO boe E F polare Hi = # E Q | grasse - (vi ca Sn E | | Ri BZZ0 SUNT 10 va) dn SI SÌ T ” _ s VUISSCUI na 5 Col © Î Î P 9 |ezzoqSaeT]. © Ce a w sa PRPERPPPPOREPRP PECORE, | FEPCERIEEPEEPE DERE RE DETTE PETE PIPPE PPP PEPE PERE PP PPP OPE TECO TI CI COSI II CAPO PIIIIIC CI CISICOSICILIOCICITIOOI CICCIO TOCE COLI [OLO CI CI LECCI LI OEE TE COLLE CELI LECCI 10 (c0) (lo) S| 2 eorssem î na va: 10 sa I | D. DEL CAMPANA TABELLA BB. Janis Majori sp. n. Canis etruscus May. s.S. Canis j p (Valdarno superiore) [31] e Molari inferiori. D. DEL CAMPANA Canis olivolanus sp. n. Valdarno superiore 219 [30] Dimensioni dei Premolari Ì (Valdarno superiore) È M Vv VI VII VII 1x X Olivola (Val di Magra) a I sO Ostine (1) III IV ini | Sini pn | ; ai XII XIII XIV XV si A a stes == PE ; Pe | ra e" ILA le E ETIDO | Destro Sinistro | Sinistro | Destro | Sinist; D XIX | To Sal se KH H pe Sn le i 9 Sinistro 5 a s =; S| SE DI S | 2| $ salsa i|fa sa o i; : E8 | as | È E S| 3 53) 38-83) 38 | is fa is. - - ui i 302 | Em cene | og ie | a RIERAStA (EEIES (Ei ni | Tall a" 15 ò E SHANEE SALE: EHIEE pini si + i Ì 7 ESSSELE) = HO SMINSE SÌ &F S53| S5 8 5 Tai — | | | | | î = LAFLA NEFIEG È | | | ! | | | | | | | Ì il | | I | | | i o E si r | | | | DR iste Da tia i A FE a = sodio ia. Rogi = 4 |b,T 4,4 sO 5) | | | | I |9 5 <= P # | | | | | | | | $ SR I | | | » 2 11,gi5;2| — è — |11,8 5,8| 12 :5,8|12,6: 5,5] 12: 5 | 12 5 {12,6 b,dji — i i ila 19,5: 6 | 12 5,6| 12 :5,6 11,7:5,9|12,5; 5,4) 12? 3h 12 5 e 2 ’ | | i | | | (fis aleggia | | | | | | | | | Î TO 0 La at MOL AL 3 i6,4|19,7: 6,3/12,5: ©: | 12 TUIBsO | 19: 60 | 13 REGIA lib È 945 5.5|19,7ì 6 |19,65 6 |12,45,7|13,4i5,7| 19 : 5 | 19 :5,4/19, 7 ; i tata eo i 3 a | Di | | | 2 Nei 5:51 ‘o lena ai 5,2/13.5?° — | 13,6. 6 | | | | | | Î ; 1507 |16,4/7,8|1461 7 | 15) 7 [16,6: 7,0] 15 G,4| 15 /6,4/16,6/7,8/14,9- 7,2/19,7G}B|(N 15 (6,8/14,6./7,6/14,8/7,6| 15 (74) — i lidi 7/16. 7] z , pin , | | ò a E o | Î | | | | | | | | | | | | | | il Il | | | | | D D [TINO 99 n n loOz.E 2 sea Di DE | MI Ap Tora) e pate TON SI NOTAZIONE ARAN ON 2409] 24190 B,6.9,6 25,5 9,6 9,6) 25 10/25,5: 10/|26,3: 10] 25: 10| 25: 9| 99 2% 24,7 10 | | | | | Ì | | | | | | ! SINNI 8;3| — i — |10,5f8,7|10,78,8/12,3ì 9 |10,8:7,8|10,65 7,3] — i — |11,3: 8 [10,3 BB, ia =D | | | | | | I | | 5 |} 3 3 DIDERO —_ = Seal ES — | 6,5: 6,8 5: 4,8| 52: — | — Mei e 45 e e si sg nc | | | | | | | | | | | | Î | Il I il I | | Totale | | | | | I | Co par Misa Siti Nan Dot ara 93,3 85,8 85, 6 = 66,3 79,2 = = Sia SA 9 87,7 - - 82,1 I | I | | Lunghezza I | I | | | | | | | | ao Sile Mn 81 81,5 - 63,5 82,8 S i 23 | EYpei dia il VED 86,5 —_ —_ 80,7 | | | | o 220 D. DEL CAMPANA [32] Canis Falconeri MAJ. Tav. XVIII [VI], fig. 4; Tav. XIX [VII], fig. 4, 5. Questa specie fu fondata da Forsyra MAJOR sopra un unico pezzo del quale riporto qui la sommaria descrizione datane da questo stesso studioso: “ Frammento dei premascellari e mascellari, nel quale sul lato sinistro sono conservati i mol 2, mol 1, prem 1 e prem 2; sul lato destro oltre i già detti, anche prem 3; ma ad eccezione di questo ultimo tutti i denti di questo lato sono molto mutilati. Così anche rimane pochissimo dei Canini e degli Incisivi. Questo fossile del Museo fiorentino fu acquistato nell’aprile del 1878 dal raccoglitore G. PIERALLI, e pare provenga dai dintorni di S. Giovanni nel Valdarno supe- riore. ,, ! (Tav. XIX [VII], fig. 5 a,0). “..... Oltre la proporzione affatto diversa fra la lunghezza del ferino superiore e quella dei due molari, che fa supporre d’indole molto rapace questa nuova forma di Canis, anche la forma dei denti, presi isolatamente, serve a distinguere a sufficienza il C. Falconeri dal C. etruscus. Il Canis in questione raggiungeva le dimensioni di un lupo della maggior grandezza ?) ,. Alla specie del MasoR deve, secondo me, aggiungersi oggi una mandibola trovata, fino dal 1882, nella località valdarnese denominata “ Le Strette al Tasso , o “ il Tasso ,, presso Terranova Bracciolini, insieme ad avanzi copiosi di una nuova specie di Camis che esamineremo più avanti. Le misure che ne ho ricavate mostrano che si ha che fare con una specie di dimensioni molto più grandi di quelle che si riscontrano nel Canis lupus Linn. e giustificano inoltre il ravvicinamento da me fatto alla specie del MAJOR. Si tratta, come lo dimostra bene anche la figura da me data, di un fossile benissimo conservato non solo per ciò che riguarda le due branche mandibolari, ma specialmente per ciò che riguarda la dentatura la quale, tranne che per gli incisivi della branca destra, è al completo. Questo particolare ed il grado di usura, quasi nullo, dei denti, ci dice che si tratta di un individuo adulto ma non vecchio. I primi tre molari sono distanziati tra di loro e col quarto, da piccoli intervalli come nel Canis lupus Linn. Il Pm4 si sovrappone in parte sul M 1, seguito quasi immediatamente da M 2 e M 3. Si potrebbe forse asserire con tutta sicurezza che il fossile in parola appartenne ad un individuo ancor più grande di quello studiato dal MAJOR. Infatti adattando nella debita maniera il mascellare superiore a questa mandibola, sicchè i molari inferiori si sovrappongano come avviene più o meno regolarmente nei viventi, si vede che la mandibola del Tasso è assai più lunga; e l’osservazione corrisponde alla realtà, poichè il mascellare superiore studiato dal Mayor, essendo nella sua parte anteriore compresso, ha piuttosto subìto un aumento in lunghezza. In un suo studio sui Cani fossili della Campagna Romana il PorrIs® si mostra favorevole a riunire il Canis Falconeri May. al Canis etruscus MA3., specie la quale egli farebbe rientrare in parte sotto la denominazione di Canis lupus Linn., in parte sotto il Zhos aureus Linn. Io ho già espresso la mia opinione a proposito del Canis etruscus MAy.; i confronti che andrò ora facendo serviranno ugualmente a proposito del Canis Falconeri MAI. 1) ForsyTH MAJOR C. I. Op. cît., pag. 215, tav. XIV, fig. 20. 2 Ip. Ibid., pag. 220. 3) PortIs A. Avanzi di Canidi fossili dai terreni sedimento-tufacei di Roma. Boll. d. Soc. geol. italiana, vol. XXVIII, 1909, pag. 214, 215. [83] D. DEL CAMPANA 221 Una prima osservazione a farsi riguarda l’enorme distacco che passa tra le dimensioni di queste due specie; e questo distacco merita d’esser tenuto in tanto maggior conto, in quanto non vi sono termini inter- medi che permettono di passare gradatamente dal Canis etruscus May. al Canis Falconeri May. Quest’ul- timo anzi, tenuto conto della mandibola del Tasso, poteva assumere, come si è visto, dimensioni anche maggiori di quelle dell'esemplare su cui il Forsyra MaJoR fondò la nuova specie. La quale oggi non è più rappresentata come per l’addietro, da un solo individuo, facilmente attribuibile allora, appunto. perchè solo, al Canis etruscus MAJ., come forma aberrante da questa specie per le sue maggiori dimensioni. È vero che del Canis Falconeri May., lo ScHLosser non fa mensione nel suo lavoro sui Mammiferi terziari ; ma il TrovrssaRI, venuto dopo di lui, tiene distinta la specie non solo nella edizione del suo primo Catalogo, ma anche nel supplemento quinquennale a quel Catalogo medesimo 2. In questo sup- plemento le specie figurano al posto rispettivo, modificato solo ove lavori più recenti lo richiedono; sicchè il Catalogo si trova in giorno fino all’anno 1903, epoca al di là della quale io non conosco nes- suna nuova bibliografia che riguardi direttamente il Canis Falconeri May. Intanto ritengo utile per la risoluzione della questione riportar qui un brano di lettera che il prof. E. TROUESSART aveva la compiacenza di inviarmi: “Je n’ai pas vu les specimens sur lesquels est fondée la forme Canis Falconeri Mayor. Mais, étant donné que l’espèce fondée par mon excellent ami ForsyrH Mayor, dont personne ne discute la compétence comme anatomiste et paléontologiste, était acceptée par ScHLOSSER, il etait de mon devoir de la fair figurer dans mon Catalogus ,. Del resto i confronti morfologici servono, meglio di una discussione bibliografica, al caso nostro. Non è qui il caso di ripetere ciò che il MasorR ebbe a notare nel confrontare il mascellare del suo Canis Falconeri col Canis etruscus. Tutto ciò che egli potè osservare allora col materiale, invero non copioso, di cui poteva disporre, potrei ripeterlo oggi riguardo ai crani di Olivola. Piuttosto, poichè il MAJoR non vi si fermò nel suo studio, mi piace notare qui alcune differenze che credo di aver riscontrate nella conformazione dei denti paragonando il Canis Falconerì Mas. al Canis lupus Linn. Esse sono le sole che il fossile ci permette di fare con sicurezza, ma non per questo riescono meno interessanti pel nostro studio. Osservo innanzi tutto che Pm 2 e Pm 3, oltre ad avere le cuspidi più erette che nel Canis lupus Linn., non presentano posteriormente il ripiegamento basale che si osserva nella specie ricordata ora e che assume quasi la consistenza di un secondo tubercolo non solo negli individui viventi, ma anche nel Canis quaternario, della Val di Chiana. Relativamente al Pm4 esso si presenta nel Canis Falconeri May. colla cuspide principale marcata- mente obliqua, più assai che nel Canis lupus Linn., e mentre in questa specie il tallone interno è Spo- stato più o meno marcatamente in avanti, nella specie pliocenica è spostato in direzione contraria. Uno solo tra i molti crani di Canis lupus Linn. da me esaminati presenta il Pm 4 identico, per ciò che riguarda il tallone interno, alla specie pliocenica, ma non credo che tale identità abbia a menomare il valore della differenza notata nel Pm 4 di tutti gli altri crani. 1) ScHLosseR M. Die Affen, Lemuren, Chiropteren, Insectivoren, Marsupialier, Creodonten und Carnivoren des Europùischen Tertiîrs. Beitràge zur Palàontologie Osterreich-Ungarns. Wien, 1887. 2 Trovessart E. L. Catalogus Mammalium tam viventium quam fossilium. Nova Editio, fasc. IT. Berolinii, 1897; — Ip. Quinquennale supplementum, anno 1904, fasc. I. Berolinii, 1904. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. DO ID DO D. DEL CAMPANA [34] Dunque mentre nel Pm 4 del Canis Falconeri Mays., come osservò il MAJOR, il contorno anteriore ha una direzione obliqua, pronunziatissima, all’asse longitudinale del cranio, cioè dall’innanzi all’ indietro, nel Pm4 di Camis lupus Linn. il contorno anteriore ha direzione obliqua forse anche più pronunziata, ma in senso inverso, cioè dall’indietro in avanti. Sl tallone o tubercolo interno nel Pm4 del Canis Falconeri Mas. è ottuso a somiglianza di ciò che si osserva nel Canis lupus Linn. Relativamente alla cuspide secondaria, nel Canis lupus Linn. noi la troviamo accorciata e sviluppata piuttosto in altezza; nel Canis Falconeri May. si osserva invece il contrario. Il M1 è nel Canis lupus Linn. vivente, in confronto al Canis Falconeri MAJ., più compresso in senso antero-posteriore ed il contorno posteriore è più marcatamente ricurvo ; questi particolari si notano meno accentuati nel cranio quaternario del Vingone in Val di Chiana, il quale sotto questo riguardo sta come termine intermedio tra la forma pliocenica e l’attuale. Il M2 non offre speciali particolarità nelle due specie poste a raffronto; sembra tuttavia che rispetto alle dimensioni del M 1 esso fosse meno sviluppato nel Canis Falconerì Mas. che nel Canis lupus Linn. Terminerò queste brevi osservazioni notando anche che l’esame complessivo del fossile studiato già dal Mayor, tenuto conto dello stato di conservazione, fa ripensare ad un canide di muso più slargato e più accorcito, quindi più robusto di quello che non sia il Canis lupus Linn. Non è privo d’interesse il confronto che ho potuto fare tra la mandibola del Tasso ed il Canis lupus Linn. (Tav. XVIII [VI], fig. 4; Tav. XIX [VII], fig. 4). : In questa specie il contorno inferiore descrive una linea sinuosa, con due concavità e due convessità tra loro alternanti. Partendo infatti dall’angolo della mandibola, si ha prima una concavità alla quale fa seguito una convessità che raggiunge il massimo grado in corrispondenza dei M 1 e M 2; segue, in corrispondenza dei premolari, una seconda concavità alla quale, in corrispondenza del diastema e della sinfisi, tiene dietro la seconda convessità. Ciò non ostante il contorno inferiore della mandibola nel Canis lupus Linn. è nel suo complesso leggermente ricurvo, sicchè nella regione sinfisaria la mandibola si presenta ripiegata verso l’alto. AI contrario nel Caniîs Falconeri May. le curve sono appena accennate sicchè ne resulta un contorno quasi perfettamente orizzontale. Come conseguenza dei caratteri presentati dalla mandibola nel suo contorno inferiore, ne viene che il lobo sub-angolare nel Canis Falconeri Mays. non è affatto accennatossicchè la branca montante viene ad essere nel suo complesso più obliqua non soltanto di quella delle specie plioceniche oggetto della pre- sente memoria, bensì anche del Canis lupus Linn. A Anche riguardo all’altezza della mandibola vi sono delle diversità da notare; invero mentre nel Canis lupus Linn. la mandibola tende a diminuire di altezza a misura che si va verso la regione sinfisaria, nel Canis Falconerì May. la diminuzione è molto meno accentuata, come si può anche dedurre dal seguente specchio di misure che riporto qui sotto. [35] D. DEL CAMPANA 228 Altezza della mandibola in corrispondenza del DS —_—— € —_.e————@—@@—@ M2 Pm Pml Canis lupus Linn. Capalbio (Maremma) : . mm. 32,5 mm. 29 mm. 22 » » Maremma 5 , ; i ae32 » 25 » 28 » » Lenola (Gaeta) ; : ao, > 88,9) Dv BI » » S. Basilio Mottola (Lecce) SD 2 » 23,0 >» 21 » » Melfi (Basilicata) A 7 e 23) dt » 24,4 » » » » B ; a 21 » 24,5 » 22 » » Delabyn (Galizia) . 0 qui DU » 35 » 24 » » Helsingfors (Finlandia) . i 0:38, » 38 » 30 » » Nowgorod (Wolga) . c Did 0 » 26 » 283 Canis della Val di Chiana . o i ; . » 89,5 n 1129 ». 25,0 Canis Falconeri May. 0 ) ò ; SR Ae IN6 a 80 » 28 Canis etruscus Mag. (C. olivolanus sp.n.) o o n 245 n 20 Ri nr » » » » E È So I2660) » 122 » 20 » » (sensu stricto) 5 1 2 a h25) » 24 o Dil , » » » c 5 5 » 26 » | 28 DINI » » (C. Majori sp.n.) . o . » 23 » 21 » 19,9 Questa diversità di proporzioni rende la mandibola del Canis Falconeri Mas. più robusta di quella del Canis lupus LinN., e contribuisce a far prendere una forma diversa, nelle due specie confrontate, al muso, più appuntato nel Canis lupus Linn. che nel Canis Falconeri MAS. Notiamo anche, prima di passare all'esame dei denti, che nel Canis Falconeri May. la branca ascen- dente è proporzionatamente meno sviluppata che nel Canis lupus LINN., come è più ridotto in lunghezza il condilo nella specie pliocenica ad onta delle dimensioni totali che sono maggiori: Diametro massimo trasverso del condilo Canis lupus Linn. Capalbio (Maremma) . ; ; AO 100.0000039) » » Maremma . È è ? i o De 20 » » Lenola (Gaeta) . ; . c 5 dI Ba » » S. Basilio Mottola (Lecce) . È di oO » » Melfi (Basilicata) A. : 7 1 DNN32 » » » » B . . . . » 30 » » Delabyn (Galizia) . . : i” 25 » Helsingfors (Finlandia) . o 0 pu Gil » » Nowgorod (Wolga) . . 0 oo, 28 Canis della Val di Chiana . 5 5 ; } di di EE Canis Falconeri MAJ. . . È ” ò ò IR UN>ANIAZIA5 Canis etruscus May. (C. olivolanus sp.n.) 6 . SR 23 » » » » . . . » 25 * » pb (G Majori sp.n.) . ; o siro GDO LE N.B.— Le cifre contrassegnate con * sono state prese con approssimazione. La tabella che segue mostra le diverse dimensioni in lunghezza tra la mandibola di Canis Falconeri Mas. e quella di Canis lupus Linn. QIA D. DEL CAMPANA [86] Lunghezza della Mandibola dal punto mediano del condilo al bordo anteriore della sinfisi. Canis lupus Linn. Capalbio (Maremma) . 7 ; . mm. 185 » » Maremma . i; ; 3 È ò » IO » » Lenola (Gaeta) . ù ; ; B » 165 » » S. Basilio Mottola (Lecce) . i % » 168 » » Melfi (Basilicata) A. E ; ; » 174 » » » » Bia ; 5 5 » 168 » » Delabyn (Galizia) " È ò A » 173 » » Helsingfors (Finlandia) . P po IST » » Nowgorod (Wolga) . ; ; RA IT) Canis della Val di Chiana ; , ) È ) Pi 6 l Canis Falconeri MAyJ. 7 : | 5 È È gi dI +08 Canis etruscus May. (C. olivolanus sp.n.) a ; E DIRI, » » » » : 5 o » 145 » » (sensu stricto) i È " 5 » 163 » » (C. Majori sp.n.) . 5 c Sao PID42 Venendo ora ai confronti dei denti nelle due specie, una prima osservazione a farsi riflette i canini più eretti e meno sviluppati nella specie pliocenica che nel Canis lupus Linn. È singolare anche il fatto che mentre il M1 si avvicina per la sua lunghezza alle cifre ricavate in alcuni individui di Canis lupus Linn. i premolari e molari se ne distanziano più assai, venendosi così a stabilire una diversa proporzione nelle due forme poste a raffronto. Possiamo anche notare che nel Canis Falconeri May. si hanno cuspidi più erette e, a parità di usura, più ottuse che nel Canis lupus Linn. Il Pm1 presenta, come nel Canis etruscus May., la cuspide più sviluppata e più ricurva all’indietro; gli altri premolari non offrono riguardo alla forma diversità speciali da quelli del Canis lupus Linn. Il M 1, oltre al suo sviluppo proporzionalmente piuttosto ridotto, ha la cuspide anteriore meno sviluppata; come è un po’ più ridotto, in confronto al Canis lupus Linx., il tubercolo interno. Il tallone è piuttosto allungato ed è più profonda la vallecola situata in avanti ai due tubercoli del medesimo; tutto ciò allontana il Caniîs Falceoneri May. dal Canis lupus Linn. per avvicinarlo invece al Canis etruscus MAI. Il BrarnviLLe ! figura un ramo mandibolare destro di Canis lupus Linn. proveniente da Gayleureuth, ed un ramo mandibolare sinistro della stessa specie proveniente da Parignana presso Pisa, viene figurato dal Mayor ?). Il confronto con questi due esemplari, della mandibola del Tasso, non dà luogo ad osservazioni speciali; sì tratta di individui i quali, sebbene molto sviluppati, non raggiungono nel loro complesso nemmeno essi le dimensioni presentate dal fossile pliocenico. i Il ramo di Gayleureuth d’altra parte si differenzia per avere i premolari e i molari disposti in serie continua, carattere che non si nota nel Canis lupus Linn. vivente e neppure nel ramo mandibolare di Parignana, come non si nota nel Canis Falconeri Mas. Qui si farebbe luogo ai confronti della mandibola del Tasso con le mandibole già esaminate e da me classificate sotto le tre diverse specie, Canis etruscus MAJ.s. s., Canîs olivolanus sp. n., Canis Magori 1) BLAINVILLE. Op. cit., tav. XIII. ® ForsyrH MAJOR C. I. Op. ciît., tav. XIII, fig. 6. [37] D. DEL CAMPANA 225 sp. n. Chi ponga mente alle tavole delle misure di cui è corredata la presente memoria e abbia tenuto dietro ai confronti fatti di quelle col Canis lupus Linn. e a quelli ripetuti ora tra questa specie e la mandibola del Tasso, non tarderà a riconoscere che il Canis Falconeri MAs. non può in nessun modo ascriversi al Canis etruscus May. (qualunque sia il valore specifico che si voglia dare a questa denomina- zione) sia per le sue dimensioni, come più specialmente per le costanti differenze morfologiche. Differenze le quali tengono il Canis Falconeri May. distinto dal Canis etruscus May., al modo stesso che tengono distinta da questa seconda specie il Canis lupus LINN. D'altra parte le differenze notate sopra tra il Canis Walconeri Mas. e il Canis lupus Linn. sono tali che la specie del Masor, sebbene presenti delle affinità maggiori col Canis lupus Linn., deve tuttavia esser mantenuta; e di ciò tanto più mi convinco se do uno sguardo al materiale di confronto vivente del quale mi son dovuto servire pel mio studio. Crani di specie diverse e ben note, quali possono essere il Canis lupus Linn., e le forme affini dell’ Eritrea e della Cina, differiscono tra loro così poco, che ove si togliesse qualunque etichetta, chiunque, per quanto esperto conoscitore, non esiterebbe ad attribuirli ad una iden- tica specie. A più forte ragione dunque le differenze notate tra il Canis lupus Linn. e il Canis Falconeri Mas. consigliano di andar cauti nel riunire insieme queste gue forme, le quali, anche ove si considerassero dal solo punto di vista cronologico, si presumono di leggeri specificamente separate. Per ciò che si riferisce ai rapporti tra la mandibola del Canis Falconerì Mas. e quella del Cane quaternario di Val di Chiana, già illustrata in altra precedente mia nota e le cui misure ho pur riportate nella presente memoria, non avendo altro da aggiungere a quanto già ne dissi, rimando il lettore a quel mio lavoro ora ricordato !). 1) D. DeL Campana. Nuovo contributo alla conoscenza del Cane quaternario della Val di Chiana. 226 D. DEL CAMPANA [38] Tabella delle misure dei Premolari e Molari superiori Canis Falconeri May. Valdarno superiore Il Tasso (Valdarno superiore) Capalbio (Maremma) Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Fi a IE a Q a a a A E E a ; So goiis.cgl Sie RS aa Sid. ila. iI] £ 8 Sei AE Sei SS si SS SIE SE SF SONE e | | i | Premolari e Molari | È È | superiori o. | Po SONA N i i a Î Se mu i 13,7 È 2 : | a G Se 7 7 18 7 Re RR cs 15 CÈ 15 | So 295 18 28 195 SI o 93 0 uo Mose 5 i | H | i | | | M 1 na 2 17,3 RO = SOA RSS se pi pa 15 | | 32 Si = 8 13 i = LS DA 8 15 Sn Mazza Premolari e Molari | | inferiori | | D | x | i i Pmdibcni ar — i - mo = 78 Ato, MCR ET — i - | + 5 9 = de Sr: Si 14,5 03 | a 7,3 | 12,6 6 = » 3 = e - = 16 7,5 Ma i 6 13,2 6,4 = SS a: = CR, 2 An Za — KR RN 15,6 i | i Mid Sii — SS 280 GRANO 26 »12 De EVI Ag PA 13 O ar 9,3 = 26 11 SR) = SS Pd 2 6,7 6 6,4 5,6 6 5,5 5,5 227 D. DEL CAMPANA [39] del Canis Falconeri MAI. e del Canis lupus LIxN. TOrI inferi ed Canis lupus Linn. VUINSGVUI 10 (1°) HH © N (oe) n G iS ca + d (o) 3 n Fo) o) 9 |vzzoqSier e) D S la Gn) o n ds) De dre ea Soa SEITEN INIST RION AR SETA E IA “i i inn, FSE É U | BuISSeuL Sol 1 DD 1a 10 col = Col 2 o = 10 È ezze0qs un] DI ia de n (o) 10 Uni Gi ni © mi Nos psi 2) È = È 10 322 CUISSVUI d SA 1) 00) ca PS) 10 £ n Ji Po) = E o |zzogSaag] (O Sa S > nl Si No) n [Sa PT DS CORISTA SERE E TIE EROE a ROTTE RI Ie n A | emsseni 10 DS Ss. 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CEE e ae e Di poni ere ole le ee lo e cio e nio a e IO ò VUISSE0I 10 O) o Lo) ! Da) = m 3 S Co) O to) n No) ai 10 GI Na) SO: So, ii TH To) GI n VZZO]qSUNT a oo Len e] D, DEL CAMPANA Tabella delle misur Canis Falconeri May. e dei Premolari e Molari superiori i [88] ed [39] D. DEL CAMPANA inferiori del Canis Fi alconeri MAT. e di 9 el Canis lupus Lu NN. Canis lupus Linn. 227 Valdarno superiore Il Tasso (Valdarno superiore) Capalbio (Maremma) n° Maremma Lenolw Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro na \Gasto) S. Basilio Mottola (Lecce) Melfi E = a E E E 3 = PEUTO, Sinistr Melfi (Basilicata) A Se SS $ Si $ SUE S i NOE S Gi) NOS S S È Si E a 3 2 Destro Sinistro È GF È È E E EL SG 53 SE E: Si UG è & que Na Ns CU Gi S Destro Sinistro Seli dona ea E SEA e aa, oi Sì Pel Sa ee 3 Deatso Sinistro ds È 5 due z z z = Pi Ss ei 1) P= (03 B=l i è gd Ng N Ng N ® ® 3g El 3 s PIA 2g 5_ 8 sg 5a & 5 A pai spo 2 SIA CA sn ZA COMES © & SN gd NOS Ne | 8 2 a na È A A a 5 SEE se ea A AAA PE agli 33|35 38 SE NE sese Sar A SS |a a: sa 500 80 as ea e Sa (SE: SH Sa: 3 DI IS IE MIERENS gie i Rs a: 538 | da i 48 | da i da | - = SR sd | RR Sai SEE wi Premolari e Molari | | = Si Ss Se ee é 5 superiori | | | z 5] | | | | | 9 5 = è pa eat + lst Pm 2 15 6,3 | | 14 = 13,7 5,3 | | | | » 3 17,7 ti 18 er Sia = 15 — MIRO. 6,3 | | Î | | » 4 28 13 28 12,5 la A _ 23 14,2 | 23,3 14,5 | | | | | | | | | | | MI = x SR E SA 17,9 0 | | dI Si SE 15 19,6 | | 59 = E 8 19 Sole = 99 | 8 5 n 13,7 n | | Premolari e Molari | inferiori | | Pm 1 = — Pe? | ‘ fa E | =: 7,9 4,5 | 7 4,6 = adi | SA = 32 _ 2 e i | Sl Uua i 19 | 14,5 7,3 12,6 6 LE. = Ì 03. | \MLe 1,0, | 16,2 1,6 | 19,2 64 2 _ » 4 SS pia cai 3 | 17,8 8,5 18 8,7 | 15,8 = 15,6 1,9 M 1 = 28 GA le 98 i Ì 2 mg | 0 dv i ai 26; 106 Dr ò =. = S 13 90 eg 08 = = 11 82 >» 3 = ci i Lai 6 D) Dl 6! 64 5,6 6 i 6,6. 228 Segue: Tabella delle misure dei Premolari e Molari superiori e 1 D. DEL CAMPANA [40] e Segue: Canis lupus Linn. Melfi (Basilicata) B Delabyn (Galizia) Helsingfors (Finlandia) Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro 3 È E E È Ti & oa Foa 7 A E sE SL SA Sis a Ss È d @ 2 2 DE 3 DD E > £ DE SUE COS ? $ Ea 3 2 D ARES O 5 REA fl Ri i (E 0 | | Premolari e Molari superiori Pm 2 11,8 5 11,8 5,2 13,6 5,8 13507 6 15 6,5 15 6,5 » 003 14,3 6 14 6 15 6,3 15 6,5 MO | DE 16,2 T,4 su 24 10 23,5 10 23,5 ; 10,8 24 11 27; 10,5 | 26,8 11 M 1 14,6 18 14,6 18 16,5 19 16,4 19 17,8) © (19/60 Qee 20 32 8 12,8 el 24 9 13,2 9 13,4 10 i 14,5 9,8 i 145 Premolari e Molari inferiori Pm 1 5,7 4 5,8 4 5,8 4,6 6 4,8 6,5 4,5 —_ — » 2 11 DIS 10,8 5,2 11,4 6 11,4 5,8 Lc i Ge _ —_ 58 12,4 6 12,6 6 12,8 6,4 12,8 16,3 14,8. 6,8 —_ _ » 4 14 T( 14 td 15 8 15 8 16,8 8 = sai | | M1 25,5 | 10,5 | 25,5; 10,6 | 25 11 2% 11 29,2 È 12 De _ | u » 2 10 Fasi Mor 7,8 11 8,8 11 9 12 9 = - DIE) 5 4,8 5 4,8 5 5 5 5) 5,8 6 —_ - [41] D. DEL CAMPANA 229 inferiori del Canis lupus Linn. e del Canis quaternario della Val di Chiana. Canis Nowgorod (Wolga) Cava del Vingone (Arezzo) — Quaternario Val di Chiana (Arezzo) — Quaternario Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro s E A .: E langs E Ki CM E & & e paia a | si è si ta = ( Foa USE i A ia a da î 50 £ @oriotieioiaeee e | ARETINO. Sa SI ERE E SUA SG | | Md (6 14,5 5,8 15,4 GULIONNO MISI A SN ONTO O N 1 DI È, IMG 6 O 16... 6 LEO NT o e RE E ne. | | i | | | DA CESSI DI ZL i10,6 PI AI DR RE PRIN = = = - MO 166 Mato TGR SISI 15,7 i 19 d ST E Ta ai RIE i O | | GIS i e SSR :SIMRIETTS SHOE A TIRONNE MIMMO ME NETTO 2 LESSHaFoi PIO: LIE du 6 4,5 6 4,5 —_ - — - 6 4,7 e ne RR LE e O > (a E n LA GIOR LA dale 11 INI = = — \c- 13:30 AMMIGIT ITA i: 74 Telo Lal — . = — | - IAC To Li Ba 27,1 i 10,7 im i 10 —. — — MU 008 — . - 11,7 8,5 12 8,5 - —_ = = 11 8,5 = “i > A = = = = - = 5,7 4 de 2 30 Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. D. DEL CAMPANA [40] [41] 228 D. DEL CAMPANA 299 Segue: "Tabella delle misure dei Premolari e Molari superiori ed | inferiori del Canis lupus Lixw. e del Cani, s quaternario della Val di Chiana. . ; Segue: Canis lupus Linn. Canis Melfi (Basilicata) B Delabyn (Galizia) Helsingfors (Finlandia) Nowgorod (Wolga) Cava del Vingone (Arezzo) — Quaternario Val di Chi (A Q 1 fi uana (Arezzo) — Quaternavio DO @” | CRA P non Lg Destro Sinistro Destro | Sinistro Destro Sinistro Destro ; | Sinistro Destro Sinistro Dese | n = a E. CS 5 Ca Sa 8 N a CS S 3 K 3 | quer re "== 3 3! È 8 Sinistro SUERE SCAnISTE S SES CET ISEE SE SI ERIESE $ & DINE DINE! SING S & SS Ss E SUS El PE ME E N Cna È 5 | Gigi] (3a, ca00ga IAN SR CRE gua EE Hi 3 5 Ss È 3? SON GAME E a E a s © 3 di s UE EE È | SE sea SA Ria patto IE S_F E E 5 Bs di pon È x È It ZIE) Rea se E REESE SEZ RZ © = SISI ESS SUE | € f É E RE | | | T = === Si A | | | Î H Premolari e Molari | | | | | superiori | | | | | | a: | | Î | i È | È ioni | n > | È Ò | | Ri? RE INELICIE i) [O i 2 | 136 5,8. 197: 616 6,5 15 6,5 14,4 O 0 6 15,4 GA | 6 | | | | | | | SA 14,3 G | 7 Goa e GO | 6,5 | 16,8 T,4 16,2 7,4 16 6 | 16 6,7 16,5 7 16,5 î | ts | | = — = | | | | | | | CIECO AE, 24 10 So i 10 23,5 10,8 24 | 2% 10,5 | 26,8 11 24 11 24,2 10,6 DE Il % î | E È . 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DEL CAMPANA [42] Canis arnensis sp. n. Tav. XX [VII]: Tav. XXI [IX]; Tav. XXII [X], fig. 1-4. Il materiale abbondante che sta sotto tale denominazione proviene esclusivamente dalla località del Valdarno superiore denominata “il Tasso ,. Do qui un breve elenco dei pezzi studiati prima di descriverne i caratteri morfologici. a) Cranio con mandibola. Il primo porta la serie dei denti al completo e presenta conservata parte dell’arcata zigomatica sinistra; ha per altro subìto una compressione in senso trasverso-laterale. La mandibola ha il ramo destro rotto in corrispondenza del Pm 3 e porta solamente il Pm4 e i tre molari; sul ramo sinistro, conservato quasi completamente, si notano 13, C, Pm 2, Pm 3 e Pm4,e i due molari. La branca montante di ambedue i rami è ben conservata. Tranne la mancanza di alcune parti, la forma della mandibola è rimasta in generale conservata (Tav. XXI [IX], fig. 2 a-c; Tav. XXI [X], fig. 2). — Tabella delle misure n. I. 4) Cranio e mandibola aventi ancora in posto la serie completa dei denti, tranne 13 superiore destro e gli incisivi inferiori destri. Il cranio manca delle arcate zigomatiche ed è andato soggetto a schiacciamento, onde i caratteri n'e resultano in qualche parte alterati. La mandibola ha la branca montante del ramo sinistro in buona parte mancante; manca pure il condilo sinistro, il destro è conservato solo in parte (Tav. XX [VIII]; Tav. XXI [IX], fig. 1). — Tabella delle mi- sure n. II. c) Cranio ridotto ad una piccola parte della regione occipitale ed alla parte anteriore sinistra della regione faciale, alla quale sta ancora unita l’estremità del mascellare destro. Dei denti sono conservati I1 e 12 sinistri, ambedue i canini, i premolari e molari sinistri e Pm2 destro. La mandibola appartenente a questo cranio è invece conservata completamente; solo in seguito a leggera compressione che ha ravvicinato i due rami, l’angolo sinfisario si presenta un po” ristrettito (Tav. XXII [X], fig. 1 a-c). — Tabella delle misure n. III d) Parte di cranio consistente nella cassa cefalica profondamente compressa in senso trasversale; ad essa è ancora unita l’estremità posteriore del mascellare sinistro con i due molari in posto ben conservati. Dei rami mandibolari, mancanti ambedue della parte anteriore, il destro è rotto in corrispondenza del Pm 2, e conserva ancora gli altri premolari e molari; sul sinistro si trovano invece Pm 4 ed i molari. I pezzi non hanno subìto fortunatamente quella profonda pressione che ha deformato e frantumato il cranio. — Tabella delle misure n. IV. e) Cranio ridotto soltanto alla regione faciale e per giunta mal conservata. Presenta tuttavia in posto C, Pm 3, Pm4 ed i molari di destra; Pm 2, Pm 3, Pm4 ed i molari di sinistra. i La mandibola ha i due rami rotti in corrispondenza del Pm 1 e mancanti della loro parte anteriore; gli altri denti sono ancora in posto, tranne M 2 e M 3 sinistri. Manca parte della branca montante del ramo mandibolare destro. — Tabella delle misure n. V. f) Parte di cranio consistente nella sola regione palatina, sulla quale si notano ancora conservati gli incisivi, il canino Pm 2 e Pm3 di sinistra. La mandibola appartenente a questo cranio è deformata per la compressione subìta in senso trasver- sale. Gli incisivi, Pm4 e M2 di sinistra sono mal conservati; manca Pm 1 tanto di destra che di sinistra. Gli altri denti sono ancora conservati con tutti i loro caratteri. Tav. XXII [X], fig. 4. — Tabella delle misure n. VI. [43] D. DEL CAMPANA 231 9) Frammento di mascellare superiore destro, sul quale stanno impiantati Pm2, Pm3 e Pm4, ed i molari. Appartiene a questo pezzo un ramo mandibolare destro il quale è rotto in corrispondenza della barra che separa il canino dai premolari. Porta conservata la serie dei premolari e molari al completo; manca della branca montante. (Tav. XXII [X], fig. 3 a-c), — Tabella delle misure n. VII. Come si può dunque giudicare da questo rapido elenco dei resti fossili, il Canis arnensis sp. n. di cui stiamo per occuparci è rappresentato da sette esemplari adulti, ma non vecchi, considerata la dentatura che in tutti si nota abbastanza fresca o con tracce di usura poco sentite. I crani hanno maggiormente risentito delle deformazioni causate dalla fossilizzazione; al contrario le mandibole ed i denti, hanno in generale ancora conservati i loro caratteri morfologici. Ciò riesce per noi di somma importanza, poichè ci permette, come vedremo più avanti, di valutare con sicurezza l’im- portanza di alcuni di questi caratteri. I resti furono acquistati nel 1882 dal colono PaccranI. In origine si trovavano inclusi in varie zolle di argilla turchina sabbiosa, dalle quali fu facile isolarli, conservando insieme le mandibole coi rispettivi crani. Coi resti di Canis furono pure trovate nella medesima località resti più o meno importanti di Hyaena, Felis, Cervus, Sus, Elephas, attualmente conservati nel Museo di Geologia e Paleontologia in Firenze. Cranio e dentizione della mascella superiore. Come ho già detto sopra gli esemplari di Canis arnensis sp. n. sono tutti rappresentati da parti più o meno importanti del cranio; tuttavia i crani meno peggio conservati si riducono, come si è visto, soltanto a tre. La deformazione subìta non permette tuttavia di prendere sopra di essi misure troppo esatte nè di eseguire osservazioni e confronti copiosi e particolareggiati. I pochi per altro che ho potuto fare non mi sono sembrati tuttavia privi di importanza. Possiamo intanto notare con sicurezza che la forma fossile della quale stiamo occupandoci si presenta con dimensioni minori di quelle del Canis etruscus MAI. s. s. e specie affini, mentre è più sviluppata degli attuali Sciacalli. Le ossa frontali, non troppo rigonfie e mediocremente sviluppate in corrispondenza dei processi po- storbitali, danno luogo ad una fronte piuttosto sfuggente e non molto amplia. Esse per altro non presentano mai quella incavatura superiore, in corrispondenza del processo postorbitale, che distingue così bene il gen. Vulpes; ma si mostrano invece, nell'insieme dei loro caratteri, molto vicini agli Sciacalli (Zhos aureus Linn., Zhos mesomelas ScaREB.) ed alla forma affine a questo gruppo Nothocion parvidens Mv. Le Volpi, del resto, hanno anche in generale un processo postorbitale più sviluppato e più sporgente ‘ di quello che si nota nella specie fossile in parola e negli Sciacalli. Tra le specie affini al Canis etruscus May. s.s., il Canis olivolanus sp. n. ha i processi più sviluppati proporzionalmente che nella specie in questione al modo stesso che si vedono nel Canis lupus Linn. Aggiungo pure che in uno dei crani di Canis arnensis sp. n. (Tav. XXI [IX |, fig. 2) — Tabella delle mi- sure n. II — lo schiacciamento essendo stato un po’ meno profondo, si nota il profilo della faccia meno sfug- gente che nel 7hos aureus Linn. Giò accade perchè in questa specie i mascellari presentano, in corrispondenza della metà posteriore dei nasali, un rigonfiamento; circostanza la quale, insieme alla inclinazione dei frontali, contribuisce a dare il profilo sfuggente alla faccia. Sotto tal riguardo, il 7'%os mesomelas SCEREB., si avvicina di più al Canis arnensis sp. n. come vi si avvicina anche il Canis latrans. Say. 232 D. DEL CAMPANA [44] In due soli crani si nota conservato il contorno della cavità orbitale. Esso ricorda in parte quello degli Sciacalli; anteriormente però è meno ricurvo e si avvicina piuttosto a quello che si nota nel 7'%os anthus Cuv. 3 Mi sembra anche possa affermarsi che la cavità orbitale appare nel fossile proporzionalmente più ristretta che nel Thos aureus Linn. e nel 7hos mesomelas SCHREB. I mascellari sono lateralmente poco sporgenti nella loro parte posteriore; anteriormente si presentano molto ravvicinati tra loro ed allungati. Conseguenza di tal particolare si è una volta palatina che, ad onta delle deformazioni subìte, appare visibilmente stretta ed allungata; ed un muso, di necessità, proporzionalmente più allungato. Nel 7hos aureus LinN. invece il muso è più accorcito ed i denti stanno disposti sul mascellare se- condo una linea più marcatamente sinuosa che nel fossile; il quale, anche per questo carattere, presente- rebbe analogie maggiori col Zhos mesomelas SCHREB. Quanto alla conformazione della cassa cefalica essa sembra variare nella forma fossile entro gli stessi limiti degli Sciacalli. Ho pure notato che nel fossile la regione post-occipitale tende ad essere più ristretta. I crani di Thos mesomelas ScHREB. presentano sulla regione occipitale, in corrispondenza del foro occipitale, un rigon- fiamento che non si nota, o è meno accentuato, nel 7hos aureus LinN.; così pure manca nel Canis arnensis sp. n. e nel Canis olivolanus sp. n. Ritengo dalle osservazioni fatte che un tal carattere non sia privo di importanza, perchè mentre i crani di Canis lupus Linn., Nothocyon parvidens Miv. si uniformano alle forme fossili ed al Z%os aureus Linn., invece il gen. Vulpes presenta sulla regione occipitale il rigonfiamento ricordato colla sola leggera differenza, in qualche caso, di essere un po’ più espanso lateralmente che nel 7%os mesomelas SCHREB. A questo si uniforma pure il Canis latrans SAy. come si uniformano vari dei crani di Canis familiaris Linn. da me osservati; mentre altri presentano la regione occipitale piatta come nel Canis lupus Linn. La cresta occipitale è nel Canis arnensis sp. n. sempre ben sviluppata, in qualche caso anche mar- catamente, a differenza di quanto ho notato nel Thos aureus Linn. e 7hos mesomelas SCEREB. i quali l’hanno in generale poco accentuata, sia che si tratti di esemplari più giovani o più vecchi. Non andremmo forse lontani dal vero affermando anche che nella forma fossile aveva pure una diversa apertura il foramen magnum, ma non trovandosi conservato con troppi particolari in nessuno dei crani del Tasso, non posso dare in proposito un giudizio sicuro. In questi crani inoltre va notato un processo post-glenoide non troppo ricurvo e la fossa glenoidea piuttosto slargata. Sembra pure che essa abbia la parete superiore meno estesa e più orizzontale che nel Canis olivolanus sp. n., nel T'hos aureus Linn. e nel T'hRos mesomelas SCHREB. Questi caratteri trovano il loro riscontro, come avremo luogo di vedere più avanti, nella speciale con- - formazione dei condili mandibolari. Anche le bolle timpaniche assumono nella specie fossile in questione uno sviluppo piuttosto mediocre, in confronto al T7hos aureus Linn. ed al Ros mesomelas ScHREB.; al contrario, se si prende come termine di paragone il Canis olivolanus sp. n., si nota facilmente che in questo, in proporzione delle maggiori dimen- sioni, si hanno bolle timpaniche più piccole. In complesso, per ciò che riguarda le affinità delia forma fossile in parola cogli Sciacalli attuali, mi è sembrato che il cranio della prima partecipi, per alcuni caratteri, del 7'Xos aureus Linn.; per altri, e non sono i meno, del Thos mesomelas SCHREB. Quest'ultimo del resto si differenzia dalla forma fossile assai notevolmente per le sue dimensioni che sono d’ordinario minori anche di quelle del Z'%os aureus Linn. [45] D. DEL CAMPANA 233 Vediamo ora i caratteri dei denti della mascella superiore. Nella maggior parte dei casi il canino ed i premolari sono distanziati tra di loro da intervalli più o meno lunghi, mentre il Pm 4 ed i molari sono tra loro uniti. Questo carattere, che si nota nel Canis olivolanus sp. n. ed in varie specie di Cani viventi, non si presenta colla stessa frequenza nel T'hos aureus Linn. e nel 7hos mesomelas ScaREB. Noto a tal riguardo che i tre crani di Ros aureus Linn. della Dal- mazia ‘hanno il canino ed i premolari distanziati come nei fossili, ma si tratta, a giudicare dal grado di usura dei denti, di individui non più giovani. Gli incisivi ed i canini non offrono particolarità notevoli di forma. Solo il terzo paio degli incisivi si presenta nel Zhos aureus Linn. proporzionalmente più sviluppato. Inoltre i canini nella forma fossile appaiono più allungati, più assottigliati ed impiantati più perpen- dicolarmente che nel 7'hos aureus Linn., mentre il Z'hos mesomelas ScHREB. non offre campo ad osservazioni speciali. Il Pm1 ha la corona più acuminata e più ricurva che nei due Sciacalli ora ricordati, assomigliandosi in tal modo alla forma notata già nel Pm 1 del Canis etruscus MAI. s. s. e delle forme affini Canis Majori sp.n. e Canis olivolanus sp. n. Il Pm2 non presenta mai lobo al bordo posteriore, contrariamente a quanto in generale si nota negli Sciacalli. Questi inoltre presentano la cuspide del dente in parola più eretta e la base più accorcita; sicchè il fossile si avvicina per l’insieme dei suoi caratteri piuttosto al Canis etruscus May. Il Pm 3 ha la stessa forma che si vede negli Sciacalli; presenta cioè sul bordo posteriore un lobo piuttosto pronunziato, al di sotto del quale il colletto si ripiega a guisa di tallone. Soltanto in un cranio di Zhos mesomelas ScaREB. ho notato la cuspide più obliqua verso l’indietro; la forma però è uguale e soltanto il lobo sul bordo posteriore è poco sviluppato. Nel Canis olivolanus sp. n. si ha, come si notò già a suo tempo, identica forma che nel Canis arnensis sp.n.; però il tubercolo ha sempre uno sviluppo, non solo proporzionalmente, ma anche etfettivamente minore che nella specie fossile in parola. Inoltre nel Canis arnensis sp. n. il Pm 3, rispetto all’asse longitudinale del cranio, è anche impiantato meno obliquamente di quello che si nota nel 7'%os aureus Linn. perchè in questa specie il: muso si ristringe più rapidamente che nella specie fossile. Il 7'hos mesomelas ScHREB. sembra sotto tal riguardo avvicinarsi al Canis arnensis sp. n. Il Pm 4, all’infuori delle diverse dimensioni, ha nel Canis arnensis sp. n. una corona di forma presso a poco identica a quella dei Canis etruscus May. s. s., Canis olivolanus sp. n., Canis Majori sp. n. e degli Sciacalli. Il tubercolo interno però è distinto sempre, più nettamente che in questi ultimi, dalla corona, sebbene sporga meno verso l'interno. Il Canis olivolanus sp. n., ad onta delle variazioni individuali, si uni- forma sotto questo rapporto al 7'hos aureus Linn. Un'altra variante nel Canis arnensis sp. n. è data dal margine del colletto sul lato esterno del dente, il quale descrive una linea con sinuosità più marcate e si ripiega in alto più bruscamente in corrispon- denza del lobo posteriore, di quanto si osserva nel 7'%os aureus Linn. e nel Z'hos mesomelas ScEREB. Nel Canis olivolanus sp. n. questa differenza colla specie vivente esiste pure, ma appare un po’ meno marcata. È da notarsi anche che nel Pm 4 del Canis olivolanus sp. n., ad onta delle maggiori dimensioni, la cuspide posteriore è proporzionalmente più accorcita che nel Canis arnensis sp. n. Il M1 non presenta particolarità degne di nota, nè differenze sostanziali dall’omologo degli Sciacalli e dei Canis etruscus May. s. s., Canis Majorî sp. n. e Canis olivolanus sp. n. Noto anche che la conformazione del M1 è quasi identica in queste tre specie a quella del Canis arnensis sp. n.; il quale non presenta sotto 234 D. DEL CAMPANA [46] questo riguardo le differenze individuali che si notano facilmente in altre specie, ad esempio nel Z%os aureus Linn. e nel 7'%os mesomelas SCHREB. Il M2 presenta, in confronto coll’omologo degli Sciacalli, differenze poco sentite. In confronto però col Canis etruscus MAY. s. s. e colle due nuove specie affini, si nota che lo sviluppo del M 2 è proporzio- nalmente maggiore rispetto al M 1, che nel Canis arnensis sp. n. È anche da notarsi che il M 2 nel Canis arnensis sp. n., comparativamente all’omologo dei Canis etruscus MaJ. s. s.e Canis olivolanus Sp.n., è più compresso in senso antero posteriore, e la metà interna della corona è visibilmente ripiegata verso l’indietro; carattere che non si ha nelle specie ora ricordate ove il M 2 è meno compresso e più stretto. Mandibole e loro dentizione. L’uniformità di tipo che abbiamo già riscontrata nei crani, si ripete come è naturale nelle mandibole delle quali prendo ora a far conoscere i peculiari caratteri. Per ciò che riguarda i denti in generale, noto subito che mentre il Pm 2 ha sempre il margine po- steriore tagliente, il Pm 3 ha sempre un tubercolo sul margine anzidetto. % Un altro carattere differenziale che si apprezza a prima vista, è la disposizione dei denti lungo la mandibola, diversa cioè nel Canis arnensis sp. n. da quella che si ha nel Canis etruscus MAI. s. s. e nelle forme affini. Nella prima specie infatti, una linea retta che divida per metà Pm1 e M 3, viene ad intersecare tutta la serie dei denti ad eccezione del Pm 4 che solo in alcuni casi è toccato. Al contrario nel Canis etruscus May. s. s. e nelle forme affini, i denti essendo disposti in serie arcuata verso l’esterno, la linea non interseca mai Pm 3 e Pm4, ed interessa ben poco anche il dente ferino. Le due figure della pagina seguente chiariscono ancor meglio un tal particolare. Tal particolare sta in relazione colla forma della branca mandibolare, la quale è diritta nel Canis arnensis sp. n., mentre nel Canis etruscus May. s. Ss. e specie affini si ricurva circa la metà della sua lunghezza verso l'esterno. Esaminando sotto tal punto di vista alcune delle specie viventi che abbiamo ricordate nel presente lavoro, noi dobbiamo riconoscere che le Volpi soltanto offrono dei caratteri identici a quelli ora riscon- trati nelle mandibole del Caris arnensis sp. n. Il quale appunto per questo si diversifica anche dal 7'%os aureus Linn.; sebbene in minor grado che dalle altre forme plioceniche ora ricordate. Il Zhos mesomelas ScEREB. offre un grado di somiglianza un po’ maggiore. Se ora ci ricordiamo di ciò che abbiamo sopra osservato riguardo alla conformazione del muso nelle diverse specie ricordate, vediamo come la diversa curvatura delle branche mandibolari corrisponda ad una maggiore o minor larghezza della volta palatina, ossia ad un muso relativamente più tozzo e più robusto (Camiìs etruscus MAS. Ss. s., Canis olivolanus sp. n., Canis Majori sp. n., e Sciacalli) o ad un muso più al- lungato e ristretto, come appunto si ha nel Canis arnensis sp. n. e nel Gen. Vulpes. Un carattere che il Canis arnensis sp. n. ha comune colle forme che il Mayor riunì nel secondo gruppo del suo Canis etruscus è il contorno inferiore orizzontale della mandibola. Questo particolare stabilisce un nuovo punto di contatto tra il Canis arnensis sp. n. e il Gen. Vulpes, e viene a confermare indirettamente le osservazioni già fatte sulla conformazione del muso nella specie fossile in questione. La regione sinfisaria si trova conservata solo in un esemplare, ove si presenta stretta ed allungata. L’esame delle altre mandibole, per quanto esse sieno in parte deformate, permette di dire che i carat- teri sopra accennati si ripetevano costantemente. i [47] D. DEL CAMPANA 235 Altri particolari da osservarsi si riferiscono alla struttura e alla disposizione dei condili. Nelle specie Canis etruscus Mas. s. s., Canis olivolanus sp. n., Canîs Majori sp. n., i condili si presentano piegati verso GE o 4 \ 4 Canis arnensis sp. n.— Tasso (Valdarno). 236 D. DEL CAMPANA [48] l’interno, sicchè l’asse della branca mandibolare, incontrandosi con quello del condilo, forma dal lato interno un angolo visibilmente acuto. Inoltre la superfice articolare è quasi uniformemente ricurva ed il condilo, nel suo insieme, descrive una linea leggermente sì, ma regolarmente ricurva. All’opposto nel Canis arnensis sp. n. il condilo ha una disposizione meno obliqua e descrive nel suo insieme una linea sinuosa. Si mostra cioè ricurvo nella sua metà interna e convesso nella metà esterna. Questa variante corrisponde ad una diversa forma della fossa glenoide e del processo post-glenoide, meno ricurvo questo, ed un poco più allargata quella, che nel Canis etruscus May. s. s. e nelle specie affini. Negli Sciacalli i condili sono proporzionatamente ingrossati ed accorciati; mentre nel Gen. Vulpes si mantengono ancor più nettamente distinti. Il Canis latrans Sax. offre invece maggior somiglianza di caratteri colla forma fossile in questione. Prima di passare ad esaminare i caratteri morfologici dei denti, riporto alcune misure ricavate sulle mandibole, le quali danno modo di fare qualche altra osservazione sui loro caratteri generali: Lunghezza della mandibola dal punto mediano del condilo al bordo anteriore della sinfisi. Canis etruscus Mag. (C.olivolanus sp. n.) 7 6 . mm. 152 » » » 3 à 5 > 145) » » (sensu stricto) ® . : 6 o » 163 » » (C. Majori sp. n.) o ò | >» 142 Canis arnensis sp. n. (I) ; 6 : ; o ò » 139 (II) ; 3 > ò . o » 130 (III) 5 6 i ò 5 : » 140 * Thos aureus Linn. (Curzola) . 0 : 5 1; » 113 » ” (Postrana-Curzola) 5 : 3 DU » » (Blatta-Curzola) . c o c DAMA LION » » (Scutari È ) . . E o » 114 » » (Scutari 9) o 5 c 2 » 116 » » (India inglese-Bareilhy) o 6 » 110 Thos mesomelas ScHREB. (Setit. A) : ; 5 i » 118 » » (Setit. B) ò : 6 E » 118 -» » (Setit. ©) Ò 5 . 0 Di J22 » » (Tripoli-El Gadmaes) . . > 120 Altezza della mandibola in corrispondenza del M2 Pmd Pml Canis etruscus May. (C. olivolanus sp. n.) . o ino ZIO mm. 20 mm. 19 » » » » . . » 23,5 » 22 » 20 » » (sensu strictu) Ò 0 o D. 265 » 24 Da il » » » ; 5 È » 26 d 25) >» 22 » » (€. Majori sp. n.) ò 3 DO 23 » 21 » 19,5 Canis arnensis sp. n. (I) c ; o : d= 198 » 18 » 17 » » (II) ; ù 3 o » 18 » 15,5 do do » » (III) ù È o c » 20 » 19,5 » 16 Thos aureus Linn. (Curzola) . : 5 x Di IT » 16,2 Di CIBLE » » (Postrana-Curzola) o 0 » 16,7 » 15 » 12,8 % i [49] D. DEL CAMPANA 237 Thos aureus Linn. (Blatta-Curzola) } mn 13 mm. 12,5 mm. 12,6 » » (Scutari È) 5 I ; DMI > 15,5 >» 14,5 » » (Scutari 2) RIT) dr AG » 15,5 » 12,3 » » (India inglese Bareilhy) 6 PIMNNLO » 14,4 do 18 Thos mesomelas ScHREB. (Setit. A) . 7 È » 16 » 14 DART, » » (Setit. B) . È 5 » 15 d_ VE DINI OL » » (Setit. C) . 4 o » 16 DES 13) MSA 5 » » (Tripoli-El Gadmaes) . » 17,5 » 14,8 » 14,4 Diametro massimo trasverso del condilo. Canis etruscus May. (0. olivolanus sp. n.) : 5 . mm. 28 » » » » . . o DI 25 È » » (C- Majori Sp. n.) . B > . » QOE Canis arnensis sp. n. (I) ; È 6 5 - : » 24 » » (III) c 0 ; 5 : o n 26 » » (IV) . - 5 o 0 . » ‘21,6 i » » (V) 0 6 5 — ò 6 po lOfS Thos aureus Linn. (Curzola) . 1 i : b DIRO) » » (Postrana-Curzola) . 5 . i » 20 » » (Blatta-Curzola) 3 7 1 - » 14,6 » » (Scutari È) 7 ; ; ; 3 >» 17,6 » . » (Scutari9) Ì È 3 ; È » 19,6 » » (India inglese Bareilhy) . . 0 PMBRITAS, Thos mesomelas ScHREB. (Setit. A) I 5 , i PINI » » (Setit. B) . . - è » 16, 5 » » (Setit. C) 3 , 6 ; 5 IO » » (Tripoli-El Gadmaes) ; 3 » 18,5 N. B. — Le cifre segnate con * indicano che la misura, per deficienza di conservazione, è approssimativa. Le cifre che precedono mostrano, come del resto ci avevano già rivelato altri caratteri morfologici, che il Canis arnensis sp. n. rimane intermedio per quello che riguarda le sue dimensioni tra gli Sciacalli ed il gruppo -di forme costituito da Canis etruscus May. s. s., Camis olivolanus sp. n., Canis Majorì sp. n. Al tempo stesso mostrano una volta di più la distanza marcata che passa tra le dimensioni delle ultime tre specie ora ricordate e il gruppo degli Sciacalli; sicchè possiamo trarne un nuovò argomento per non seguire l’opinione di chi vorrebbe attribuire agli Sciacalli buona parte dei resti di Canis etruscus May. dando a questa denominazione un senso anche più lato di quello attribuitole dal ForsytE MAyOR. In qualche caso, è vero, le cifre del Canis etruscus May. s. s. e forme affini si avvicinano a quelle del Canis arnensîis sp. n. ma le misure ricavate sui denti danno costantemente differenze ancor più marcate. Sicchè tenuto conto anche, e sopra tutto, delle differenze morfologiche, mi sembra che i casi di vicinanza notati sopra perdano qualunque valore, e facciano invece apprezzare la: diversità non solo di dimensioni ma anche di proporzioni che distingue il Canis arnensis sp. n. dalle altre specie ricordate. Il confronto dei singoli denti non offre campo ad osservazioni molto estese. Le forme fossili essendo rappresentate da buon numero di individui, si può facilmente riconoscere che certe differenze le quali in alcuni casi potrebbero far pensare a diversità specifiche, debbono invece ritenersi come varianti individuali. Riporto qui brevemente le osservazioni fatte in proposito. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 31 238 D. DEL CAMPANA [50] Gli incisivi non presentano nel Can?s arnensis sp. n. diversità notevoli dagli Sciacalli attuali; solo nel fossile hanno corona proporzionalmente più slargata ed accorcita che nei Canis etruscus MAJ. s. s., Canis Majori sp. n., Canis olivolanus sp. n. e Thos aureus Linn.; il Thos mesomelas ScHREB. si mostra invece più vicino alla specie fossile. Nessuna osservazione speciale può farsi sui canini. Il Pm1 nel Canis arnensis sp. n., come del resto negli altri Cani pliocenici studiati, è sempre più ricurvo che nei due Sciacalli ricordati. Il Pm2 non presenta nessuna differenza dall’omologo del Zhos aureus Linn.; all'infuori di una base più allungata e per conseguenza coi due bordi anteriore e posteriore più obliqui. Lo stesso si può osservare pel Pm 2 di 7%os mesomelas ScEREB.; il quale però presenta di regola un lobo più o meno accentuato sul bordo posteriore, differenziandosi così dalla forma fossile e dal os aureus Linn. Questo carattere che si ha pure nel Canis etruscus MAy. s. s., e nelle specie affini, si nota ugualmente sui Pm 3 e Pm4 che per il resto dei loro caratteri non diversificano dagli omologhi degli Sciacalli. Un carattere non costante nel Canis arnensis sp. n. è la presenza degli intervalli che separano i premolari tra loro. Non mi sembrò tuttavia di dovervi annettere troppa importanza pel fatto che esistono dei termini di graduale passaggio da individui con premolari riuniti, ad altri con premolari separati da intervalli; sicchè sotto tal riguardo è impossibile stabilire delle divisioni nette. Anche negli Sciacalli si osserva del resto la stessa variabilità di carattere, sia pure limitandosi ad individui che dal grado di usura dei denti si rivelano facilmente di età non disparata. Nessuna osservazione si può fare sul M 1 del Cars arnensis sp. n., che ripete la stessa forma già veduta nei Canis etruscus MAJ. s. s., Canis olivolanus sp. n., Canis Majori sp. n.; soltanto in confronto col- l’omologo degli Sciacalli si nota nel fossile in parola proporzionalmente più ingrossato il tubercolo interno che sta presso la base della cuspide principale. M2 e M3 non offrono varianti notevoli dalle forme fossili e viventi più volte ricordate. Riassumendo ora le osservazioni fatte sin qui possiamo dire che il Caniîs arnensis sp. n. è in primo luogo nettamente distinto per le sue dimensioni sia dal Canis etruseus MAT. s. s., e dalle specie affini, come dagli attuali Sciacalli. Questa distinzione ha un valore tanto più importante per il fatto che gli esemplari di Canis arnensis sp. n. su eui abbiamo condotto il nostro studio, sono tutti adulti ed offrono una non trascurabile uniformità di dimensioni. Oltre alle dimensioni diverse, distinguono il Canis arnensis sp. n. anche i caratteri morfologici. I quali se nella generalità ricordano, come è naturale, quelli comuni al grande gruppo dei Cani propria- mente detti, ricordano altresì, nei particolari, ora l’una ora l’altra specie degli Sciacalli attuali, avvici- nandosi anche in qualche caso a quelli che si riscontrano nel genere Vu/pes Linn. Tabelle delle misure dei Premolari e Molari superiori ed inferiori delle specie Thos mesomelas ScHREB. — Thos aureus LINN. — Canis arnensis sp. n. D. DEL CAMPANA 240 Th ° BZZOYSIET (Ge) (on) (to) co) co CA o) ci È de AMO REI ACIE RAI = dEi 2 | cunsseut Po) a a e © S La + d: tw 10 a © © Se ca) Si s ezZz0qFUNT Si © i) S co S (2) 5 ISSEUL È (ELI 10 [e 0) le) A 1°) co [c 0) (o) È Coli cs È È ca cali SE co oli Voll Tal = ori S| ° VZZOQIICT A I Le LISI ia DISSI ASA EE BOI SARTORI ISS (>) A | emssewi Fo) 10 fo) D do) No) 10 3 © n a Ti n È © Co) Si S 2 < ezZ0qSUNT] ca DÌ ta = E Si oa al o o VUIISSV UL 10 Lo) A 9.0) (e) o) I (fo) 3 3 + S 7 S $ 23 be, + Co) do) I ° BZZQYIIOT Gi SI Ù) SR si Boi il celo rr, dillo liiarir 5a: de (da) N VUISSBUI | (ap) | - Si tw (ro) E ezzoqSun] lo co d SI Si si S N 8 | d COLISSVUI 10 + 2 Lo) o] TO) 19 + Co) o] D Co) 35 MASO E Cal Srl GT Sì Gi Ce) Coll co (fe) co 6 s |vzzonSuer] I 3 s È I gle ia v A | ecuussew 10 10 Po) ea Ce) 10 Co) IS 10 a] 10 = 2 È x Tal È n © CS ni 5 Dies + tw (00) E ce) VZZ0q5UNT 19 Do A CS) Do D e se + SI 2 Do) + iù ZZOna co ci cd — (fo) 5) o | Ezz0uS1er] SD CO Z Ei e ee Trace "ce et oe RA IRRADIO © CT LOIERO à VUISSVUI n) ° n SI mn aq co + H o] E n I Ge) e H a] Cr) D g È E s x (n n SS IS SS = SS (i & S S A Si a A 241 D. DEL CAMPANA [53] nesomelas SCHREB. 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DEL CAMPANA [52] [53] D. DEL CAMPANA 941 Thos mesomelas ScHREB. SRBNNI GRISO] Eritrea (Setit B) Pritrea (Setit C) Eritrea (Località incerta) ipoli (E BPritrea (Setit A) ca Tripoli (El Gadmaes) Atiriea (Località incerta) MEA Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Dest CA cseialis EEA RE È i Gea Rae 3 = - > = eri Spore S È SCE S £ È o E È CARENE STER ose SES GS SES se Rea S N S 5 CuaoNea DEA se zi sE. LI RES A SESSI » 3 Bo SAR aa (E: E gs; P3| Bs PS dla ddl SES EE ==! 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DEL CAMPANA 242 Dalmazia 10 10 fel < 9 a Sì SÙ S s BZZz0qdIe 9 Eni TH i t5) i SESTANTE AGR [ceva dae VAL nnO seno I ea ono RA SITI III LIO ERI RT A AR A OTT EA NE CEE PE, TFT INSALATA Sh E VUISSEUI È, I % Co) Ni 10 & + N ezzoqsunrg n o] GS TH È DI im 3 ©) | BUIESVUI ! fo) o) Cp) È dI i Ml SÌ SD si x BZZO4SI IG 9 QoleT 2 S| [ne] bo) IH} {SIMANA [l'Antiroa A oee DI ea ASM PEA REED RR RES PE NSEDRRORE a aL| e Sa O sie peo ere ai: ci lai LE CIRO IENE É PRIN ZIE OMERO IO a III LN VUISSVUI + to) 1a Co) 10 cm BZZ0 SUNT a n n ri WWISSVUI 10 D CO 1a GA PS E SÈ < DS Co) TH Co) © Sd 10 tr = È o |ezz0q318T] î la TH un, Pri di SS IS (Oi De 100 Losana e093904 { Fronssssosa tei te rn OLE E A To e os E n E EI Sn AA ss nn A TA S| 2 | visse Co) Co) Gr) + Di q S sà Coli Coi È ni ai si Si Sì S r° [col i pi Leni 5 BZZOqIUNT Gi cz (©) | (o) BUISSGUI tr (co) (c0) Ce) o E S co S n S + 10 tw S 5 è o |uzzogSaer i 9 69) So SH © || Lv DA I III A II I ie AI i iii A | swssew (co) 10 [) [a 10 < | Sì S n 3 5 (5) 5 Si o (Co) ” ezZz0qSunT va Le Tn ce) val SA Si VUISSBT (o) (a Al tw © (0) te) 10 aa, RE Da S © n ca ” A 1a DS (fo) Br o |ezzoqdIerT ; [o pr TH RS Ti ta) .L CONE ORIIINURITONIOTA] | PATATE OTT TARANTINO NATA“ IE NOn ARA One n Stone n een e een E 7 | russe D 10 © 10 Sl fo) n cr) Si C oi nr de CF D È 2 RG < 9 ezz0q3 un] Si vo) © Leo) È = CS Gi S 5 VUIISSBUI fre) (To) si 0 10 E (e ©) (evi PA 10 43 (-*) Fu s È So = CSI Da + i CSI pa = ci cn + = cu Co) a E = a S a IS = IS SS («0 Ta I DI i Zi A (I A A A 2 ei LI 5 243 " D. DEL CAMPANA [55] vureus, Linn. rd India inglese Albania VUISSVUL BZZOIUNT or) 10 ° = H © n | a DS = | DI I 1a > S | co Co) Gs) Go) (fo) Ss VZZOQIIET Li a S QD CRSRARTE CARTONI SERI SEIN AI NT NT NTTIO EI z| 7) VUISSBUL 10 (o) | 10 OI i È Cn) [SI m GI n + w Lol Ni Lo) Co Col Col S BZZOYSUNT Ln Ln mi da i (>) [PI Co) fa VUISSVUI (To) E: tm CD Vo) tw ts È N] È Cri Co) val SÌ Cr) Col VZZOQIIET Fi ta) TAI | CRA RR RIO STRETTE nane (o) [@) VUISSEUI GS te 10 oi 7 tm (to) No) 10 10 Col Coi i (to) Co Col Col S BZZ0 SUNT val n tai re ————___-ÉP—_——__mmmmm66_1_1111_\_@_@_ n | ELcWuEÈ\ VUISSVUI Vo) 10 ca (o) 3 i - n di a) co S 3 © SI 10 vr so = Gr) o) ai Ri A Cr) To) Dr) o |tzz0Ks1erT] ini è CONI RP OR INR NI SI OOO ONTO SIA L A [a] BUIISSBUIL (ap) 10 =) (0 0) = xh GI SS S © Co) + AS Vo) i © A ) ca Co) si tw Cr) D i (fe) - |Lzzog8uen pal ini to) ta E 2 | BuISSEI [a (cp) H D (0) Hi (ell e) i 10 SA 5 ai n A (0) n © © i No) (o) D (to) ni (o) Co) ° (o) (co) Do) RZ4Z40q3UNT tai a Ta ie (o) iù 5 BUISSB IL (co) or) 10 (al dD 5 sw 3 si = n S Dr) + + 10 t DS + È co e) tm ae) o) ezzoqZaeT a Sì CRA RR nn LE et Sa E_=g CM een In e, ® A | amissew Qu Col ° co] QI tr da i 2, nia a = 190 Vo) d ini Do) Ti il t (co) (Si Tal (co) Uni TA R D. DEL CAMPANA [54] [55] D. DEL CAMPANA o TT rwTrT__r. —_——rroe@ *=zT‘ ‘041 SZ aureus Linn. no Ha no 243 Thos Dalmazia Albania India inglese Gurzola gf Postrana — Curzola © Blatta — Curzola Q Scutari 7 Scutari O Bareilly Déstro Sinistro Destro Sinistro Destro : Sinistro È D 2 È Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro z Tra Qua | E DE SE Ss È N N a QUE 30 3 3 = ESSA E E 5 è _- SA ò RIA Premolari e Molari superiori Pm 1 5 3,3 4,8 3,6 = = 5 3,5 5,2 3,5 5 3,5 5,3 3,4 5,3 3,5 = Da 4,5 3,3 o 8,7 3,6 9 3,7 Sa Le 8,6 3,7 _ - = = 8,8 3,8 8,7 3,8 8,5 3,5 8,5 3,5 8 3,6 1,8 3,5 » 3 10 4,4 10 4,4 10 = 9,8 4 = = o, = 10 4 9,9 4,2 10 4 10 A 8.7 a © Ni » 4 16,2 7,8 | 16,5 URTT 15,8 Tot 16 HI 14 ti 14 7 16,5 7,3 16,4 7,3 15,8 7 15,8 ti 16,5 6,7 16,5 T Mi 12 13,5 || 12 13,6 | 11,5 13. | 11,3 TB [oa i 036 |a ha me) 19,9 12 13,3 Il 13 13 19,2 13 12,2 13,3 » 2 7 n 7 11 7 10,8 7 11 6 10,5 6,2 i 10,5 ti 10 6,8 9,8 6,5 10 6,4 10 7 9,5 7 10 Premolari e Molari inferiori Pm 1 = = le 3 3,7 3 4 3 S A = = 559 . 4 3 È 3,3 DI “ "i E = » 2 BO e 66 i 808 asl 60 sal ci A SE di o ò 3 de 32 0 Sol Shi di Sl » 3 9 4,2 9 4 8,7 4 9 4 = ts È = 8,5 4 8,8 4,2 8,5 4 8,4 4 — _ 8,3 4 5A 99 6 aa: 5 | 5 | 10 5 £ ii E 10,3 5 10,4 5 ll 5 10,7 p 50 È dll 5 MI1 18,3 165) 18 1,8 | 17,5 7 17,4 7 17,3 6,3 17 6,4 18 7 18,2 7 17,6 7 18 7 18,6 1 18,3 I » 2 2 BG | G8) 6 8 68 ag gg 6 1,4 8,6 6,2 8,5 6,3 8 5,7 5,8 8,5 6,2 612 E >» 3 4 4,4 4 45 | 44 42 4,2 4,2 4,3 4 a o) 4 5 4 4 3,7 3,7 4,5 4 - - [56] D. DEL CAMPANA 244 Canis arnensis sp. 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DEL CAMPANA 245 Canis arnensis sp. n, Tl Tasso (Valdarno superiore) Ii III IV V VI tare n Sinistro Destro Sinistri i TT Destro Sinistro Destro LAURO, Destro Sinistro Destro Sinis i : È 2A e ez 2 — i i, : bro Sinistro Sinistro Destro Sinistro E R RS Cp e 8 Rae Neal Sr MSSTE ES $ SIOE E SPESA SIERO o S 13 53 si SE CE E AE (SME BE IS AB SUE E Cho È Ei E A 5 = È z Ei È e SI Lei 2 Premolari e Molari superiori Pm 1 6 3,8 6 3,7 6 3,5 6 Eh Ti 3 5 da Fa di Ta Si 5” o» 2 10,5 Ri CSO 4 mr ù È o + i pa: od i Î 13 4,5 - — — = 10,8 4 10 4 = = # 3 ” 4 = > 12,7 6 Es 2a 3 3 1 18 boat AG 4 | 11,7 5 si ei e N O > 4 Me ao | ad 7 | 0 SO 8 - — 21 9 29 i 8,0] (22:60: 1858 200 O. b) FILI 2148) iet)ie, =" po 9 = li sa) e Mi PA Mis aio Cie o = Ao i nt A O RE È b DÈ i = 5 7 9,8 7 FR RS N GEO - = TSI gr (CARTE, Sirio i ta Premolari e Molari inferiori Pm 1 5 3,5 4,6 3,4 5,4 3,5 5,9 3,5 = i sà n È sa di P- 6 Di pi & 2a ta G ST 9.6 47 9,8 4,5 10 4,5 | 102 4,3 = = 10 4,5 _ = = nba ER Mec 40 | 43 10,4 È 4,5 = = : ’ , o) 1 s 06) 11,4 4,8 1013 4,6 10,5 4,5 10,8 4,5 = = 11,6 4,7 10,8 i 4,5 = _ 13 5 13 5 11 4,9 11,2 i 4,93 11 4,5 È nm DE 9 Let È TR È di 5,8 | 13,7 6 13,5 6 i ha as or so LZ 2 2 lag 6 aaa ai 1 3 8,6 5 8,5 21 8 90,8 8 91 8 91 8,3 21 8 21,2 8,3 23 8,6 22,7 8,8 91,5 88 21,5 8 21,5 8 L db; O Gaia 7 9,6 6a " È 10,2 ti 10 i n 9,7 a mol doglie - - So Og Ge | 09bpi © = 3 D 5 dA i 3 4,5 4 4,5 4 sata azero = - ui «RPG ese o See SL A Palaeontographia italica, vol. XIX, 1918. 32 246 D. DEL CAMPANA [58] Canis alopecoides MAJOR (in schedis). Tav. XXII [X], fig. 5, 6. Questa specie non è mai stata oggetto di una descrizione da parte del Forsyre Mayor. Sta sotto tale denominazione un frammento di mascellare superiore destro che porta ben conservati i due molari. Fu trovato l’anno 1880 dal sig. Enrico BercieLI nella località del Valdarno superiore denominata “ il Tasso , e dal medesimo donato al Museo fiorentino di Geologia e Paleontologia. Il Mayor nelle sue frequenti fermate presso il Museo di Geologia e Paleontologia dis Firenze, vide il fossile in questione e riconosciutolo da un sommario esame come specie affatto distinta, lo pose sotto il nome nuovo di Canis alopecoides. Tale distintivo è veramente bene appropriato, perchè il Cane cui appartenne il resto fossile in parola è, per ciò che riguarda il M1, di una piccolezza assai accentuata; e per i rapporti in cui il M1 si trova riguardo al M2, fa ripensare ad un canide avente non solo dimensioni assai minori, ma anche proporzioni diverse da quelle che si riscontrano nei più piccoli esemplari di Volpe comune che ho potuto esaminare. Per convincersi di questo, basta esaminare la tavola delle dimensioni riscontrate nei due molari superiori del Canis alopecoides Mays. e della comune Volpe. Infatti non vi è un solo caso tra gli individui di Vulpes vulgaris Linn. che si accosti per le dimensioni del suo M 1 a quelle del M 1 del Canis alope- codes Mas.; il quale si differenzia anche per lo sviluppo del M 2, che in esso è, riguardo alla larghezza, proporzionalmente maggiore che nel M 2 di Vulpes vulgaris LiNN. E siccome la lunghezza in proporzione della larghezza è minore nel M 2 del Canis alopecoides MAI., così il dente in questione ha in quest’ultima forma la corona marcatamente compressa in senso antero- posteriore, a differenza del M 2 di Vulpes vulgaris Linn. che ha il M 2 d’ordinario più tozzo. Non meno interessanti sono le differenze morfologiche nella corona dei due denti nelle due specie ricordate, pel fatto anche che nei diversi esemplari di Vuwlpes vulgaris Linn. avuti in esame, la forma dei due molari superiori si ripete identica in tutti i crani salvo lievissime varianti individuali o di età. Noi esamineremo queste differenze separatamente in ciascuno dei due molari. Se si confronta il M 1 del Canis alopecoides May. coll’omologo di Vulpes vulgaris Linn. si nota che in quest’ultima specie il dente, oltre ad avere forma più tozza, ha il bordo posteriore d’ordinario ricurvo ma colla maggiore convessità in corrispondenza del tubercolo internò posteriore ®. Nella forma fossile invece questa convessità si sposta verso il tallone basale che assume in essa uno sviluppo molto mag- giore che nel Vulpes vulgaris Linn. E mentre in questa specie forma, insieme ai due tubercoli interni, una vallecola chiusa, nel Canis alopecoides May. il tallone basale è completamente isolato, sul lato poste- riore del dente, dalla corona; ha inoltre il bordo superiore leggermente dentellato carattere che non ho mai notato negli esemplari di Vu/pes vulgaris Linn. Al posto del tubercolo interno posteriore si ha nel M 1 del Canis alopecoîdes MAJ. una piccola cresta, mentre si ha sempre un vero e proprio tubercolo nel M 1 del Vulpes vulgaris Linn. I tubercoli esterni, in confronto colla forma vivente, sono nel fossile più avvicinati ed hanno più ripide le due creste laterali che si contrappongono. Per ciò che riguarda il cingulum non vi sono differenze sostanziali da quanto si vede nel Vulpes vulgaris Linn. all’infuori della maggiore spor- genza. La qual cosa non sembra abbia a dipendere dalla età ancor giovane del fossile, perchè in esemplari giovani di Vulpes vulgaris Linn. il cingulum non è ugualmente rilevato. i) Non mancano peraltro individui di VulZpes vulgaris Linn. in cui il M1 ha il lobo posteriore rettilineo. |59] D. DEL CAMPANA 247 Del M 2 del Canis alopecoides Mas. abbiamo già notato le proporzioni, relativamente al M 1, maggiori che nell’omologo del Vulpes vulgaris Linv. Noteremo ora che il tubercolo interno sul lato anteriore è nel Canis alopecoides Mas. ridotto quasi ad un semplice rilievo a mo’ di cresta, diretto verso il tallone basale. Invece nel Vu/pes vulgaris Linn. si ha un tubercolo vero e proprio, il cui asse maggiore è diretto trasversalmente e che solo in pochi casi eccezionali presenta delle riduzioni in dimensioni le quali ricordano lontanamente ciò che si è notato nel fossile. Auche nel M 2 il tallone basale offre nel Canis ulopecoides May. le stesse differenze col Vulpes vul- garîs Linn. già notate riguardo al M 1. Si può anzi notare che la frastagliatura del bordo superiore è anche più accentuata che nel tallone del M 1. Ho pure confrontato il fossile in questione col VuZpes (Cerdocyon) Donnezani Der. ! Questa specie che il DePÉRET fondò sugli abbondanti avanzi fossili rinvenuti nel pliocene del Rous- ‘ sillon apparterrebbe, secondo le osservazioni dell’autore ricordato, al gruppo delle Volpi; ma si distingue dalla comune Volpe per lo sviluppo maggiore dei due denti tubercolosi rispetto al ferino ed ai premolari ; e per la presenza all’angolo della mandibola di una apofisi angolare in forma di lobo arrotondato e non di una semplice punta diretta in addietro. A queste differenze il DePÉRET ne aggiunge pure altre di minore importanza riguardanti il maggiore sviluppo del tallone nel ferino superiore e inferiore 2). Quanto ai rapporti che passano tra Canis alopecoides Mas. e Vulpes (Cerdocyon) Donnezzani DEP. sono tali che le tengono nettamente distinte. Infatti nella specie del DePÉRET i due molari, presentandosi meno compressi in senso antero-posteriore, assumono una forma più tozza che nel Canis alopecoides May. Sicchè ne risulta una conformazione di corona del tutto differente nei caratteri particolari. A questo poi si devono anche aggiungere le dimensioni maggiori che il Vulpes (Cerdocyon) Don- nezzani DeP. presenta in confronto del Canis alopecoîdes MAJ., come si può vedere dalle misure che il DePEÉRET ha dato dei fossili da lui studiati, e che in alcuni casi sorpassano quelle del comune Vulpes vulgaris Linn. Maggiori differenze separano il Canis alopecoides May. dal Canis (Cerdocyon) megamastoides Pow. Il BoutE, che si è occupato di questa ultima specie in una sua importante memoria #), ha osservato che la conforma- zione dei due molari offre in questa dei caratteri singolari che richiamano alla mente forme di cani più antichi. Invero, mentre nelle specie viventi, come nel nostro Camis alopecoides May., i molari, come è noto, sono d’ordinario, più larghi che lunghi e presentano forma triangolare, nel Canis megamastoides Pom. lunghezza e larghezza tendono ad uguagliarsi. Sicchè i denti vengono ad assumere una forma arroton- data, che tra i viventi si ritrova non solo nel Camis (Urocyon) cinereo-argentatus Munn. e nel Cerdocyon thous Linn. (Canis cancrivorus DESM.), come ebbe a notare lo stesso BouLE, ma ancora e più visibilmente nelle specie recenti: MNotocyon parvidens Miv. e Notocyon urostictus Mrv. 4. I Canis (Vulpes) curvipalatus Bose del Pliocene indiano presenta esso pure, oltre a maggiori di- 1) CH. DePERET. Les animauxr pliocènes du Roussillon, pag. 28, tav. III, fig. 1-4; tav. IV, fig. 1-8. Mémoires de la Sociétè geologique de France. — Paléontologie. T. I., fasc. I. Paris, 1890. 2) Il TROUESSART (Catalogus mammalium-Quinquennale supplementum) include la Vulpes Donnezzani DeP. in- sieme al Canis megamastoides Pom. nel Gen. Cerdocyon H. SMITH. 3) Bull. d. la Socièté géologique di France, 8° série, tav. XVII, 1889. 4 Cfr. Mrvart. G. Procedings of the Zoological Society. London, 1890. — In. Dogs, Jackals, Walves and Foxres. A Monograph of the Canidae, pag. 16, tav. 18, fig. 28-30; pag. 78, S1, tav. 19, 31, 33; pag. 82. London, 1890. Io stesso ho potuto osservare tal carattere nel cranio .di Notocyon parvidens Mrv. 248 D: DEL CAMPANA [60] mensioni, differenze notevoli nella conservazione dei suoi molari. Infatti nel M1 la corona è assai più espansa nella metà interna, meno compressa in direzione antero-posteriore e non ricurva verso l’indietro come nel Canis alopecoides Mas. Anche i tubercoli interni ed il tallone sono variamente distribuiti. Lo stesso si può in generale osservare riguardo al M 2, che, a somiglianza del precedente ha forma più tozza !). Non credo inutile l’aggiungere qui il resultato dei confronti fatti tra il Canis alapecoides Mas. ed alcune altre specie viventi avute a disposizione. L’esemplare di Vulpes aegyptiaca Desm. (Vulpes niloticus Desm.) che ho avuto iu esame per i con- fronti, non offre campo ad osservazioni estese per il profondo grado di usura dei denti. Anche in esso si notano le dimensioni maggiori e la diversa proporzione dei M 1 e M 2; e nel M 1, il lato posteriore meno ricurvo, il tubercolo antero-interno più sviluppato ed il tallone basale disposto: nella sua quasi totalità lungo il lato posteriore del dente. Più vicino per le dimensioni del M 2 si presenta il Vulpes lagopus Linn. Ma a differenza di quanto si è notato nelle due specie precedenti, la sproporzione fra il ML e M 2 si ha qui in senso inverso, avendo il M 2 nel Vulpes lagopus Linn. dimensioni estremamente ridotte. Non mancano del resto anche differenze notevoli nel M1 della specie ora ricordata. Il tubercolo posteriore esterno sporge marcatamente in fuori dando così una distinta configurazione al lato posteriore del dente. Il tubercolo antero-interno ha forma quasi regolarmente conica, mentre il postero-interno o è marcatamente ridotto, oppure manca ed è sostituito da una leggera increspatura dello smalto. . Ho voluto anche confrontare il M1 del Canis alopecoides Mas. coll’omologo del Vulpes bengalensis Snaw. Le dimensioni sono un po’ minori in questa ultima specie, la quale si differenzia anche per avere il tubercolo antero-interno tendente a suddividersi, il tubercolo postero-esterno bene individualizzato e il contorno posteriore del dente rettilineo. Non posso estendere i confronti al M 2 perchè il cranio di Vulpes bengalensis SHAW da me posseduto non lo ha conservato. Debbo anche far cenno, sia pure brevemente, dei resultati ottenuti dal confronto del fossile in parola con Vulpes fulva Desw. ®) e la sua varietà argentata SHAW. I Canis alopecoides MA. adunque presenta il M 1 sempre minore in lunghezza ed in qualche caso anche in larghezza. Il tubercolo postero-interno è al solito assai meno sviluppato, mentre è molto più sviluppato il tallone. Il M 2 è nel fossile più corto, ma è proporzionalmente ed anche effettivamente più largo. Il tallone ha uno sviluppo proporzionalmente maggiore anche di quello che presenta nel M 1. Sotto la stessa denominazione di Caris alopecoides May. pongo un frammento di mascellare superiore destro coi due premolari mediani ed un ferino superiore destro, raccolti a Montopoli nel Valdarno in- >» i) Bosn P. M. Undescribed Fossil Carnivora from the Siwdlik Hills in the Collection of the Britisch Museum. Quarterly Journal of the Geological Society of London, 1880, vol. XXXVI, pag. 134. Cfr. Lypegker R. Indian Tertiary and Post-tertiary vertebrata-Siwalik and Narbada Carnivora. Palaeontologia Indica, ser. X, vol. II, part. 6, pag. 253 [76], tav. XXXII, fig. 1, 7. Calcutta MDCCCLXXXIV. 2) Riguardo a questi esemplari noto per incidenza una variante riscontrata nelle proporzioni del Mi e M 2. In due esemplari nei quali il M 1 tende ad espandersi nel senso della larghezza, anche il M2 presenta questo carattere; in due altri nei quali il M 1 è meno largo anche il M 2 ha forma meno tozza. Quest’ ultimo particolare è presentato da un esemplare del Museo di Fisica e Storia naturale e in un secondo della Collezione REGALIA posto sotto il nome di Vu/pes Pennsylvanica Bopp. ch’ è appunto sinonimo di Vu/pes fulva Desm. (TROUESSARI. Catalogus mammalium). [61] D. DEL CAMPANA 249 feriore l’anno 1880, ed appartenenti come gli altri resti fossili al Museo di Geologia e Paleontologia in Firenze (Tav. XXII [X] fig. 54,0). La loro fossilizzazione ed il loro identico grado di usura ci permettono di attribuirli ad un mede- simo individuo il quale, come il fossile di Valdarno precedentemente illustrato, aveva in confronto al Vulpes vulgaris Linn. in parte delle dimensioni più ridotte, in parte anche diverse proporzioni di svi- luppo tra i singoli denti. Nei due premolari mediani si nota il bordo posteriore privo di lobi e la cuspide più eretta, oltre a dimensioni ridotte, in confronto del Vulpes vulgaris LINN. Occorre peraltro notare che in tutte le specie di Volpi viventi avute in esame il Pm 2 e Pm 3 non otfrono diversità profonde le quali si prestino ‘a stabilirvi sopra delle distinzioni sicure. Dirò solo, per ciò che riguarda il Vu/pes vulgaris Linn. che essa ha i Pm2 e Pm3 privi di lobi al bordo posteriore come si è visto nel fossile, ed in un solo individuo (Q Ronta [Firenze]) ho trovato la pre- senza dei lobi in parola. Lo stesso individuo presenta nel M 1 il tubercolo posteriore interno suddiviso in due piccoli tubercoli. In un secondo individuo (g* Borgo S. Lorenzo [Firenze]) i Pm2 e Pm3 hanno invece un semplice accenno alla presenza di tubercoli. È da notarsi pure il caso che queste località si trovano ambedue nel Mugello ed hanno i territori attigui. Relativamente al Pm 4 di Montopoli, esso si presenta più compresso lateralmente che nel Vulpes vulgaris Linn. il quale presenta sempre, e in alcuni casi notevolmente più sporgente il tubercolo interno. È anche importante l’osservare che in quest’ultima specie il Pm 4 è sempre meno sviluppato in lunghezza, rispetto ai Pm 2 e Pm 3, che nella forma fossile; ciò che del resto si ricava anche dalle dimensioni da me riportate. Le differenze sono invece minori se si considera il ferino superiore di Vulpes aegyptiaca Desw., ma avendo a disposizione di questa specie un solo esemplare e con denti, come notai già, molto usati perchè vecchio, non posso esser certo della mia osservazione come di quelle fatte sopra a proposito del Vulpes vulgaris LINN. Il Vulpes lagopus Linn. ha il ferino con tubercolo interno distinto dalla cuspide principale, sporgente verso l’interno ancor più che nel Vulpes vulgaris Linn. e proporzionalmente più accorcito; differenze le quali a maggior ragione separano questa specie dalla forma fossile. Lo stesso si può ripetere presso a poco per Vulpes fulva Desm. e per le sue varietà, nelle quali il tubercolo interno assume talora uno sviluppo proporzionalmente maggiore che nelle specie ricordate, tenuto anche conto delle dimensioni generali. Anche riguardo ai resti di Montopoli non sarà fuori di luogo qualche breve confronto colle specie plioceniche ricordate sopra a proposito dei resti del Valdarno superiore. Vulpes (Cerdocyon) Donnezzani Der. presenta al solito dimensioni maggiori; ma per la forma dei premolari mediani non offre varianti degne di nota speciale. Il Pm:4 invece si presenta meno compresso lateralmente ed il tubercolo interno è situato in modo da rendere il margine anteriore della corona obliquo verso l’indietro, carattere che si nota invertito nel Canis alopecoides MAT. Relativamente. al Canis (Vulpes) curvipalatus Bosk le dimensioni appaiono minori e secondo il solito nessuna diversità particolare si osserva sul premolari mediani. Il Pm4 per altro si diversifica perchè la sua corona si restringe rapidamente verso la cuspide po- steriore la quale si mostra non molto sviluppata. Invece è sviluppato il tubercolo interno situato in avanti e molto più distanziato dalla base della cuspide anteriore che nel Canis alopecoîdes Mas. 250 D. DEL CAMPANA [62] Resulta pertanto dalle osservazioni che siamo venuti facendo, l’esistenza nel Pliocene toscano, insieme alle altre specie di Cani già note, di un’altra piccola specie, probabilmente appartenente ai Gen. Vwlpes. Questa, anche a giudicare dai pochi resti che possediamo, era piuttosto diffusa in Toscana al pari delle altre specie più grosse. In attesa che nuovi resti vengano a farci meglio conoscere il Canis alopecoides Mas. non sarà fuori di luogo notare che il BLAINVILLE accenna brevemente a resti fossili del Valdarno appartenuti, secondo lui, con probabilità oltrechè al Canis lupus Linn. ed al 7hos aureus Linn., anche al Vulpes vulgaris Linn. Di questi resti non è detto se appartenessero alle collezioni fiorentine o se il BLAINVILLE, ciò che sembra meno probabile, ebbe agio di vederli altrove. Sta però il fatto che nessun resto di canide si trova nelle antiche collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia il quale possa, sia pure con dubbio, venire avvicinato alla comune Volpe. Tenuto quindi conto di quanto abbiamo osservato nei resti di Canis alopecoides MaJ., noi dobbiamo ancora attendere argomenti più validi per asserire l’esistenza del Vulpes vulgaris Linn. nel Pliocene di Toscana. Tabelle delle misure dei Premolari e Molari superiori delle specie Vulpes vulgaris Linn., Vulpes bengalensis StAw, Vulpes lagopus Lixnn., Vulpes fulva Deswm., Vulpes Donnezzani Der., Canis alopecoides MAJ., Canis (Cerdocyon) megamastoides Pow. Vulp Località dive ] [64 LS D. DEL CAMPANA PREMOLARI 9 | 8ZZOqoae f © Pane eo ba i È MERA ' S Si bo) Si S D | Qi Si Ri o |Bzzoqsaer] (ai A | ewssenr aa Milite llca kl osi BZZ0 SUNT si E 5 n 2 | tunsseur 10 INI ® br 5 = Fo] _ | presa Si ezzoqsunr] cd S tl & |vzzog3uer] s s. z Roo pP ! z | guisseui Clo) Na) t No) WUISSVUI + do) D dee GS RGS bs S To) SD DS No) © t eZZO SUNT y s |vzzegSaeg Se) SQ Ta È vuuSSvOI È TE 5 a "i A | ° |uzzog3ae co id Sì A | vugssvw ta 1 20 = Ù I e A] DS Col È [ectana|| accertare RESINE ON REZOnA È tm DI “tr A | euIsseu > e) tw o) % ZaYS UN VZZOQIUNT > (e 0) ST ori | ——__—_—P___ FS CUISSUUI > | guussem = N ol >; 2 È È |vzzojsueT ES ts ni n o |tzz0K51eT] ea PRIRL ESSA TI SIA SERR Cp) bo) ‘A 2) [ossa Ei WUISSVUI © Lol Co Dc d 1) ‘E VZZ0qSUNT Dì Si (eri 10 7 7 | tuIsseI [| s ezz93unr VUISSVUI cu Î Soi IO: a È LELLA ° |ezzoqsaet] Cr) Ti D è Ri A = a T: P (co) S cala Sa s E CUISSUI (2) QULSSBUI & 10 Î To) DO 3) Dei 3011 = CZZO SUNT Ì er) fo) 12 - | ezzogSuer] is x E È > | erusseni De) De Le © SH E 6) | i 5 Si È |vzzoq3wr] co 10 9 È = 2 | vunssvui Da » CRISI A n 3 ì DD I Ra : Li VWUISSBUL (co) N Cel & Al ica BZZIQIUNT z BZZO GUN] Col ST TH 5 1 VUISSBUI co SO Si Sa © VUISSVUI SÒ 9 |ezzoqSter ca 10 DS iS se % Co) n a, n Fo a Fi Z s o |ezzoqdaer] RIN LOS SERRE A 9 D i 2 5) (©) VUISSBUI S (ev a) © Sd (E) [a] EZiL Lorca l'EP TIIIITI ezz0 SUNT ST Un 1 A dEi dA 7 | vurssewi 1a 10 = Tr È a ! do E ELL ce Sa C Si ta n & eZZOIUNT SÌ 10 >» Q 3 |Bzz0K51gr] ne) ce Do) Si SO ISRIN . 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XIX, 1913. [64] [65] 252 D- DED, CAMPANA D. DEL CAMPANA 953 _ { ——————————_mmteoz_eaevuppzpntlrr i; er ef "= 56 SIIT Vulpes vulgaris Linn. PREMOLARI Località diverse dell’ Italia | Castelbono, Madonie I) i (Sicilia) | Grenzach Basel RESSE | i; Sinistr Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistri dg x MOLARI Sinistro | Destro inis s — — - È È Si = mstro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro | Sinistro da Il E Se RESINE N BIN ECRE NIC SES ENEE i Ne d SE $ S SE: 3dE| 35: S58|38: 8A Ei SE SE S SUPERIORI EG 5E EA SARA EEE sims sE BE Sg Gi S| sai a a Si 83 SE SE ATRIA ”i:A A AU SEA È o Free = AI | | | A s| G glo sla7 8 || 76° 3 ina 85: 38,4. 3,3 8,5 noe | | Pm 2 Be eh9| ee th9)] OE Ep 3 SIL È D a 9 ORO miao == lolgel 69 | | Il | n sligoi a. 9 È 5 ° 5i 309 BE 35 GEE Br 3; 99 È ; ; | 5 8,5: 3,3| 8,4: 3;5|1 9,2: 3,3|\9,2 3,2| 9,5.i 3,2 9,55 3;2.|| 8,5 3,5 | 85: 3,5 9,3 i 3,4 | d 213,181 |119}13 39: 9 | 8,12 #18,:20| 18211372 ||8,5. 3) |8,7.?3;2| 10 4 | 10:49 | | | | | || È Il algo 5i 5 È 5 È 5 21 = 3: 6,2 || 12 5,6 Mio SIINO 3 6 |13,7 2 FAO PIO = Ì Sera: 124 5,3(12,5 5,2 13 O, | 13 9,5) 12,8 6,2 |12,7 i 5,6 (12,7 > 13 : 5,8 1 6 [94 7,6 | 13,4 5,2 12: 5,4 | 12 5) 12 5 2 5:80 190550 13,5: 6,4|13,8° (6,2 | | | | | | ; | | | | | | | Il | Îl Il | | Il Il Il Ii | n =, ill x 5 x pi n i 9 Il 5 G | Il il | M 1 9 :10;8| 9,2 10,7| 9 10,6) 9 :10,8|9,5 11,3] 9,5: 11 | 9,6 :10,5 | 9,6 :10,7| 10; 12 10:12 | 10. 11,8] 10) © 12 || Udo) 9, 10 | ERO oo 12,6 10° 12 | | | Il Il | | | Il I il CI Del all ER ga ng 5 3 IT, a 3 SCIA E vr mila ne Sura A PIE | Il csionab 54° 255 7 | 54 i 7,6| 5,4 7,4| 5,8: 8,3 5,85 8 5) ka) 5 7 658 6 8} 1||16,,6: 8551] 655 8470] 5,3 706 DIETRO | na _—||a,5i 8 loaina|o5i ma | 2 È î ti ____——————_—_—_—_—_———___——_—————_____rrr&&&x&€@€@€&—@—@€<€&<_—_etb: bt “ii Tr __2é$kÉkÉÉ@À#{©}@___________—___nm_____m=""@"@——_ _ MI VICARI SCO ERL Vulpes bengalensis SHAW Vulpes lagopus Linn. Vulpes fulva Desm. Vulpes fulva Desm PREMOLARI var. aegyptiaca (Drswm.) var. argentata SHAW Sì Suez Ione Loppona Pensilvania Canada Anticosti (Canada) MOLARI Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro SE 2 si $ 3 z SE 3 SE E NIE pegoa gg fa 5 I o E JE SE S E ONE a E Cs & ò OE SA 2 £ Ei SUPERIOR Se î È E CRE A è È È E E EE > i paia ai DE Da sea 4 A 55 Fila È io SR Ra si È Pietro 5 LIRE LT Paro — U. 2,8 8 3 1a = ta ce Td 3,4 7 3,8 7,8 ga Sa 3 8,5 3 Go 98) a68- 36 9 3 9 3 on Sd 9 3 8,4 3,6 8,5 4 8,8 3,5. | 18,6 3,5. | 9,5 3,2 NB ATA 10. 3,5 TONMGNES TANI MAZIONE 3 9,5 3 RAR n 5_| 12,5 5,3 = = » a 12 6 19,2 6 12 5,6 12 6. | 12,5: 5,8 | 12,6 G | 18 Gili 13,2 tea) 13,808 bre.) 13,2 0576 Mate 11 9 11 8 10 = = 8 10 8 9,6 9 10 9 10 6) 9,8 9 10 9,5 li 9,6 11 9 10, 4 9,2 i 10,8 ISO A 8 5,5 8 = Ss ta: 29 4,8 T ee = 4,5 6,7 4,5 6 4,5 6 4,6 6 5) T d T _ _ 5 6,4 =" Palaeontografia italica, vol, XIX, 1913. 954 D. DEL CAMPANA [66] Canis alopecoides May. Vulpes (Cerdocyon) | Canis (Cerdocyon) PREMOLARI Donnezzani DEP. megamastoides Pom. V O Valdarno superiore 3 Montopoli (Il Tasso) (Roussillon) (Da Depéret) (Perrier) (Da Boule) st Sinistr str Sini Pi, NS sinistr > ni Ù MOLARI Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro DIGStrO Sinistro E G E E E, E E E Ri RE E_ SEL EL E E E SUPERIORI OE | SE | SÉ | SA | 95: SÉ | 94: SE | SE: S8 | 5. 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Quei fossili appartengono tutti alla parte più alta della Creta e si trovano per ora nel Museo geologico e paleontologico di Firenze !. Nelle carte geologiche attuali tutto il territorio settentrionale della Tripolitania, salvo il littorale, dai confini della Tunisia fino al piede dei colli di Cirenaica, è segnato come Cretaceo. Infatti il Turoniano fu trovato da OverwEG nei monti di Jefren, e dal Vinassa a Msellata a SO di Homs, donde fu descritto dal PARONA; DuveYRIER indica presso Ahedjiren nell’ Hammada el Homra forme del Cenomaniano, come RocHe, geologo della spedizione FLATTER, ne indica più ad Occidente nella regione del Thingert fino a Temassinin: PERVINQUIERE cita, secondo le raccolte di HÉeny, a Lebda, due specie del Turoniano. Lo STELLA mi comunicò fossili del Cenomaniano da lui raccolti alla cascata di Ser Sciara presso Tarhuna nell’Uadi Ramle. Tra Misda e l’Hammada el Homra in più luoghi erano stati raccolti fossili della Creta superiore pari a quelli incontrati dallo Srorza. Sulle pendici dell’ Uadi Tagidscha OverwEG °) aveva trovato un Inoceramus regularis D’ORB., del Santoniano, Campaniano e Daniano, descritto e figurato dal BeyRIcH ®) come L ampressus D'ORB.; VATONNE £ trovava la medesima specie a Ghadames. Lo stesso OverwEe nell’ Uadi Semsin rac- coglieva in quantità la Exogyra Overwegi von Buca (BerRICH, Ber., p. 152, tav. IV, fig. 1, 2), che più tardi raccoglieva anche RogLrs al Gebel Mimun e nell’ Uadi Cheil donde la indicava e figurava il KunTH 5). L’avevano raccolta prima, a Ghadames FepERICO WarrINGTON (BevRICH. Ber., p. 153) e nella Hammada el Gueb el Zerzur pure presso Ghadames il VaronnE e la rifigurava poi il Coquanp ” col nome di Ostrea i) Di questa fauna si pubblicò un cenno preliminare (C. DE STEFANI e M. Srorza. Creta superiore da Orfella al Gebel Soda in Tripolitania. Rend. R. Acc. dei Lincei, Classe di sc. fis. ete., vol. XXII, serie 5, 31 maggio 1913). Vi si leggano Uadi Teza invece di Uadi Zeza e Fughà invece di Zughà. 2: OverWEG. Geognostische Bemerkungen auf der Reise von Philippeville ber Tunis nach Tripolis und von hier nach Murzuk in Fessan. Zeitschr. d. deut. geol. Gesellsch., vol. III, p.93-139. 1851. 3) BevricH. Monatsberichte iber die Verhandlungen der Gesellschaft fiir Erdkunde zu Berlin. N. F., vol. IV. 1852. — Bericht iiber die von OverwEG auf der Reise von Tripoli nach Murzuk und von Murzuk nach Gat gefundenen Versteinerungen. Zeitschr. d. deut. geol. Ges., Bd. IV, p. 151, tav. V, fig. 4a, db. 1852. 4) Varonne in MircHER. Mission de Ghadames. Alger, 1365. 5) KuntH. Ueber die von Gerhard Rohlfs im Mai und Juni 1865 auf der Reise von Tripoli nach Ghadames gesammelten Versteinerungen. Zeitschr. d. deut. geol. Ges., Bd. 18, p. 283, tav. III, fig. 4,5. 1866. 256 C. DE STEFANI [2] auricularis GEINITZ, pro parte. OveRWEG trovava insieme nell’ Uadi Semsin l’Alectryonia larva Lex. (Bey- RICH. Bericht, p. 153, tav. IV, fig. 3), come il RogLrs nel predetto Uadi Cheil e nelle strette di Raschada incontrava la stessa A/ectryonia, con 1’ Exogyra cfr. Matheroniana D’ORBIGNY figurate dal KuntE (Loc. cit.) e descritte poi anche dal KrumBeck. Sulla medesima strada presso Ghadames Varonne aveva incontrato con l’ Inoceramus Cripsi e 1° Exogyra Overwegi varie altre Ostreae indicate dal Coquanp! come Osfrea ungulata Coquanp (p. 58), Ostrea Deshayesi Coquanp (p. 87), Ostrea dichotona BArLE (p. 99), specie non raccolte, almeno fra esemplari ben determinabili, dallo Srorza nel suo itinerario sud orientale nè da altri. Altre specie trovate dal Varonne al Chef el Gueraa o Garat el Hattaba a 10 km. dal Ras Gadames, (Cardita tripolitensis Coq. = C. Beaumonti D’ArcR., e Venus (Dosinia) Desdemona Coq.) descriveva il Coquanp nel 1880 ?. ; Più a sud nel centro della Hammada, BussetiL raccoglieva ed HeBert determinava l’ Alectryonia larva Lck. predetta ®, con altri fossili non bene specificati. Nella regione Tripolina più orientale a piè del Gebel Soda, presso l’intinerario dello Srorza, al Gebel Ferdjan, lo SteckER osservava © un calcare pieno di Omphalocyelus macropora Lex. e Cardita Beaumonti D’ARcH., descritti dal KRuMBECK, appartenenti al Maestrichtiano; a Nord, dai monti Tar ed ancora più a Nord dal Bir Tar proveagono queste ed altre specie coetanee raccolte da RonLFs e de- scritte pure dal KruMBECK insieme ad altre specie notate dal RogLrs al piede orientale del Gebel Soda, fra Socna e Sella, fra le quali sono Exogyra Overwegiì von Buca, KRoudairea auressensis COQuanD, Alectryonia larva Lex. Pur secondo le osservazioni e le collezioni di RoHnnrs l’Omphalocyclus costituisce intere masse nell’Oasi Giofra nel Gebel Ferdjan ad Est di Socna. Il KrumBECK ® ha fatto una eccellente revisione dei fossili Cretacei di Tripolitania raccolti da RoHLes ed OverwEG ed esistenti nei Musei di Monaco e di Berlino ed ha aggiunto un cenno riassuntivo dei terreni della regione. Ultimamente il PeRvinquiIERE, il quale fu con la Commissione per la delimitazione dei confini tra Tunisia e Tripolitania, ha descritto parecchi fossili della Creta Superiore trovati da lui e dal Bouk nei dintorni di Ghadames ®.. Coi ritrovamenti del Maestrichtiano e del Daniano fatti dagli ultimi osservatori vengono a congiun- gersi quelli dello Srorza tra Orfella e Socna. Non fo cenno dei luoghi nei quali non furono specificati con precisione i fossili, che però gli Autori attribuiscono coi precedenti alla Creta più alta, logicamente perchè le rocce sono le medesime e gli strati sono in massima orizzontali. Le rocce contenenti i detti fossili, talora in grande quantità, sono calcari compatti rossastri o gial- lastri chiari, sovente con selce, od anche marnosi e più arenacei, sovrapposti a strati gessiferi od a marne calcaree con noduli ferruginosi. Dalle osservazioni fatte fin qui, anche da quelle dello Srorza che ritrovò le medesime rocce, non risulta se cotali strati alternino più volte fra loro ovvero se rappresentino oriz- 1) Coquanp H. Monographie du genre Ostrea. 1869. 2) Coquanp H. Etudes supplémentaires sur la Paléontologie algérienne faisant suite a la description geéologique et paléontologique de la region Sud de la province de Constantine. Bull. de l’Ac. d’ Hippone, n. 15. Bone, 1880. 3) DuveYRIER. Touareg du Nord, p. 83. 4) RogLrs G. Kufra. Reise von Tripolis nach Kufra, p. 154. Leipzig, 1881. 5) KRUMBECK L. Beitriye zur Geologie und Palaeontologie von Tripolis. Palaeontographica, Bd. 35. Stuttgart, 1906. 6 PervIinquIibRE L. Geéologie du S. E. de la Tunisie. Ghadames. C. R. Ac. Sciences., vol. 153, p. 1184. Paris, 1911; — Etudes de Paltontologie tunisienne. II. Gastropodes et Lamellibranches des terrains cretacés. Règence de Tunis. Carte géologique de la Tunisie. Paris, Lamarre, 1912. [3 C. DE STEFANI 257 zonti ben distinti almeno stratigraficamente. Tra i fossili raccolti le Ostreae (Ostrea, Gryphaea, Exogyra, Alectryonia) sono quasi sempre isolate per opera degli agenti atmosferici come pioggie eventuali, sfaci- mento atmosferico, azione delle sabbie od opera del vento o come dicono alcuni deflazione. Furono così staccate dalla roccia e si trovano sul suolo isolate in grande quantità ma per lo più rotte, e colla su- perficie rosa dalla deflazione: talora serbano frammenti del calcare giallo che contiene gli altri fossili. Questi si trovano sovente allo stato di semplice modello o ridotti talora in fosfato calcico ed in molti esemplari, come risulterà dalla descrizione, si trovano insieme specie diverse. Il ?ubulostium, la Turritella JTovis Ammonis Quaas, il. Trochus sono isolati e trasformati in Limonite; Natica fruskagorensis PeTHÒ, Cerithium subdolum sp. n., Nerinea sp. si trovano in un calcare di colore bianco-bruno sporco, compatto, un poco diverso dagli altri. Gli altri fossili provengono tutti da un calcare giallo e, come dicevo, spesso si trovano insieme in un medesimo esemplare. In un calcare un poco più bianco forse appena diverso, ed isolati sono i due Cyclaster, le due Ostreae Cellac e garummnica, la Cuspidaria, alcuni esemplari di Nu- culae, la Cinulia, il Cerithium cfr. dachelense, il Nautilus. Ma ecco senz’altro l’elenco dei fossili. Siderolites calcitrapoides Lcx. Orbitoides sp. Omphalocyclus macropora Lox. Trochammina cfr. proteus KARR. Foraminiferae compl. sp. Cliona sp. cfr. intricata SEe. Cliona perforata SEG. Cyclolites Krumbecki sp. n. Cyclaster beduinus sp. n. Cyclaster berberus sp. n. Pygorhyncus tripolitanus KRUMB.? Dodekaceria 2 sp. Sabella cretacca PortI. Serpula (Pomatoceros) Pacelli Srorza sp. n. Membranipora cfr. Dumeriliù Au. M. ( Vineularia) sp. Domopora stellata GoLDr. Ostrea Cellae sp. n. O. garumnica CoqQ. O. sp. cfr. Gauthieri Tromas et PERON Gryphaea vesicularis Lcx. Exogyra Overwegì von BucH Alectryonia larva Lox. A. semiplana Sow. Plicatula instabilis StoL. Pecten Mayer-Eymari NEwTON P. (Chlamys) sp. Modiola Michaelis sp. n. Cuspidaria? sp. cfr. striatuloides FoRBES Crassatella Sforzai sp. n. C. (Crassitina) Paronaì sp. n. Cardita Beaumonti D’ARcH. Cardium (Trachycardium) Desvauxi Cog. C. (Protocardium) HiMlanum Sow. Cytherea Andersoni BuLLEN-NEWTON Nucula tremolatestriata WANN. N. chargensis Quaas ‘ Inoceramus regularis D’ ORB. Lucina dachelensis WANN. Strombus parvulas RRUMB. Tudicla Bertoliniana SFORZA sp. n. Voluta (Volutilithes) septemcostata FoRBES Cinulia (Avellana) Humboldtii MUuLLER Bulla tripolitana sp. n. Natica plesiolyrata PETHO N. (Amauropsis) fruskagorensis PETBÒ N. (Gyrodes) Bouveti PeRv. Sigaretus Vinassai sp. n. Turritella Forgemolli CoQ. T. sexlineata RoEm. T. sp. cfr. disjuncta TE. et PERON T. (Tuba) Jovis Ammonis QuAAS Tubulostium cfr. callosum StToL. Vermetus collarius WANN. Trochus (Margarita) sp. Cerithium subdolum sp. n. C. sp. cfr. dachelense WANN. Nerinea sp. Nautilus desertorum ZITtEL Baculites anceps Lex. Callianassa sp. 258 GC. DE STEFANI [4] Aggiungo le specie di Tripolitania indicate dal KRUMBECK e non viste da me. Discoidea Nachtigali KrumB. Gebel Tar. Catopigus Rohlfsi Krums. Gebel Tar. Hemiaster chargensis Wann. Gebel Tar. Ostrea cfr. Osiris Zivt. Gebel Tar. Exogyra Matheroniana D’ORB.= O. at. Mathero niana KunrA. Chorm Raschada, a Sud di Misda. Trigonia Beyrichi KrumB.= T. sinuata PARK. BreyRrica. Gasr Jefran (Casr Jefren), S. O. di Tripoli. Crassatella Quaasi KrumB. Gebel Tar. O. Zittelì var. tipica Q. Gebel Tar. Corbis Wanneri KrumB. Gebel Tar. Roudairea auressensis CoQ. Tra Socna e Sella? Otostoma cfr. pontica D'ArcH. Gebel Tar. Turritella Beyrichi Q. Gebel Tar. T. septemcostata KrumB. Gebel Tar. T. turbo KrumB. Gebel Tar. Fusus Baryi KrumB. Gebel Tar. Ovula cfr. expansa Nort. Hammada, tra Socna e Sella. Cypraea tarensis KrumB. Gebel Tar. Seguono le specie oltre alcuna delle precedenti indicate dal PERvINQUIÈRE nei dintorni di Ghadames, mancanti alla nostra raccolta. Siliqua Keiseri Perv. Tunin. Tellina arcotensis Sto. Garat Temblili. Tapes fragilis v’OrB. Tunin, Csar el Gul, Ras Ghadamsi, Draa Hamadat. Venus? subovalis D’OrB. Ras Ghadamsi. Cytherea (Meretria) analoga ForB. Garat Tem- blili, Tunin. Cardium scerobiculatum Stor. Uadi a Sud di Tunin. O. semipustulosum J. MùuLLER, Garat Temblili. C. Beclsiù J. MùLn. Tunin. Lucina Calmani Perv. Garat Temblili, Tunin, Garat el Hamel. Astarte similis MUnst. Garat Temblili. Libitina Carteri D’ARcH. Bir Pistor. Modiolaria Michali Perv. Garat Temblili. Arca Schweinfurthi Quaas, Garat el Hamel, Ghadamès. A. Schwabenaui Zio. Tunin. Marginella garamantica Perv. Garat Temblili. Voluta stromboides Mun.-CHALM. Garat et Hamel. Fasciolaria Desjardinsi Perv. Garat Temblili. Fusus gibbosus Zexeni. Uadi a Sud di Tunin. Pseudoliva ambigua Binx. Garat Temblili. Solarium cydamense Perv. Garat Temblili. Turritella (Mesalia) Foucheri Perv. Garat Temblili. Aporrhais Fourneti Cog. Garat el Hamel. Le specie indicate dal Coquanp pure d’intorno Ghadames sono ricordate nell’introduzione o lo sa- ranno nel testo. Il KrumBecKk attribuisce senz’altro al Maestrichtiano i fossili della Creta superiore raccolti da OverwEG e da RonLes in Tripolitania. ed il PERVINQUIERE vi attribuisce quelli dei dintorni di Ghadames. Non mi pare si possa giungere a conclusione diversa per quelli raccolti dallo Srorza. Tutt’al più i tre mentovati più sopra, ridotti in Limonite, si può aver dubbio provengano da qualche strato basso: non oso dire che quelli del calcare bianco derivino da strati più alti. Certo elementi prettamente Cretacei non mancano (Baculites, Nerinea, Natica (Gyrodes), Cinulia, Omphalocyclus, Orbitoides, quasi certamente il Siderolithes, edin parte i tipi delle Ostriche) ma certo prevalgono tipi rigorosamente e talora esclusivamente Terziari come Pygorhyneus, Cyclaster: alcune delle specie (,Sì- derolites calcitrapoides, Alectryonia larva, Cardita Beaumonti, Pecten Mayer Eymari, Inoceramus regularis, Turritella Forgemolli) sono state citate anche nell’ Eocene, taluni tipi finiscono nel Miocene inferiore (le due [5] C. DE STEFANI 259 Crassatellae, Voluta, Natica (Amauropsis), il tipo del Sigaretus): i più hanno una impronta strettamente Mediterraneo-Atlantica di mari Europei (Plicatula, Modiola, Cardita, Cardium, Cytherea, Nucula, Lucina, Bulla, Turritella, Vermetus, Trochus, Cerithium, Callianassa). È proprio singolare che in qualsiasi raccolta di fossili Eocenici del Bacino mediterraneo e del resto d’ Europa, anche littorali, gli elementi che tuttora vivono nel Pacifico sieno più frequenti: perfino il Pliocene mediterraneo ha impronte dell'Oceano Pacifico (Pecter, Arcac, Verticordiae, Ficulae, Pleurotomidae, Mitridae, Cancellaridae, Muricidae, Tritonidae, Ranellae, Cerithi- deae etc.) assai più spiccate dei fossili cretacei qui elencati. È vero che i terreni Pliocenici così distinti sono per lo più di alto mare abbastanza profondo e depositi profondi della Creta nell’Africa settentrionale non se ne conoscono. Questi depositi infatti, compresi i nostri, danno indizio di essersi depositati a profondità non molto superiori a 300 m. sulla piattaforma periferica ad una più o meno estesa terraferma probabilmente costituita dai terreni Paleozoici e Giuresi dell’Africa centrale. Probabilmente verso Settentrione il mare diventava più profondo fino ad incontrarsi con le scogliere di Coralli e di Rudiste, non mancanti pur in Africa, che forma- vano allora isolotti e bassi fondi nel Sud dell’ Europa e che io distinsi come facies Balcanica della Creta media e superiore 1). Come già è stato detto da tutti gli Autori precedenti il mare IMuaestrichtiano formava una sola unità dall’Algeria e per quel poco che si sa anche dal Marocco all’Arabia. Certo le affinità più appariscenti della fauna sono con quelle del Deserto Libico e dell’ Egitto che sono state più comprensivamente studiate: ma per ora tra quelle sole raccolte dallo Srorza una quindicina di specie almeno sì ritrovano nell’Al- geria e nella Tunisia, con le quali regioni i rapporti appaiono meno a prima vista, perchè sebbene ab- bondino eccellenti lavori dai Paleontologi francesi pur non fu fatta una illustrazione esclusiva e comprensiva delle faune Maestrichtiana e Daniana. Strette affinità collegavano il predetto mare africano con quelli della Siria, della Palestina, della Persia, del Beludscistan fino alla Penisola indiana e forse oltre. Alcune affinità lo legavano pure ai mari a Sud del Sahara, dello Zululand, del Madagascar, del Camerun; più strette erano quelle coi mari dell'Europa occidentale (Pirenei), ed orientale (Ungheria): esse seguitano anche fino a Sattentrione d'Europa, fino alla Inghilterra, alla Scandinavia ed alla Russia, quindi anche fino a Maestricht donde fu preso il tipo del terreno, ma diventano via via minori man mano che, pro- cedendo verso Settentrione, i mari giravano entro le terre allora emerse ed entravano sotto latitudini diverse. Questi rapporti, specialmente con l’estremo Oriente, si mantennero anche durante 1° Eocene, per venir meno gradatamente con le età più recenti. Non trascurabili sono pure i rapporti con le faune della Creta superiore dell'America settentrionale e per fino di quella centrale. Varie specie delle regioni estreme portano il medesimo nome: ma secondo me si tratta solo di specie strettamente affini ma pur distingui- bili; come secondo me sono affini ma distinguibili parecchie specie della flora dei due Continenti ame- ricano e eurasiatico del Carbonifero e del Permiano che portano il medesimo nome. Ritengono alcuni che le specie identiche o direi meglio prossime del Cretaceo fra Eurasia ed America si propagassero a tra- verso l’Atlantico: riflettendo alle prossimità ma altrettanto alle graduali diversità, mi pare più consentaneo ai fatti e più logico ritenere che la propagazione e per così dire l’affratellamento avvenissero lungo i littorali marini costeggianti le terre dell’estremo Oriente che verosimilmente mettevano in comunicazione diretta Asia ed America anche più delle comunicazioni, pure assai strette, che esistono oggi. In egual modo si ritiene omai che avvenissero le comunicazioni generiche e specifiche, in tutta la regione Paleartica, delle flore Mioceniche e di vari tipi di Molluschi pliocenici (Unio, Viviparae) affini tra 1’ Europa terziaria 1) C. De STEFANI. I terreni terziari della Provincia di Roma. Rend. Acc. dei Lincei. Roma, 15 giugno 1902. 260 C. DE STEFANI e l’America anche odierna: in pari modo, cioè a traverso l’Oriente, sospetto avvenissero le comunicazioni tra le fiore Paleozoiche Europee e quelle del Nord America. Molto probabilmente l’Atlantico è un Oceano antichissimo, il quale, con le sue profondità, intercettava le comunicazioni dirette delle faune terrestri o marine littorali della Creta e forse da prima fra le regioni stesse ad Oriente e quelle ad Oc- cidente del medesimo. Ma con ciò si entrerebbe fuori di proposito nella puramente poetica questione del- l’Atlantide di PLarone che alcuni valenti scenziati tenterebbero oggi risuscitare. Termino col riportare la Bibliografia di alcune delle opere più frequentemente indicate nel testo, dove saranno riportate con la sola indicazione dell’annata e del nome dell’Autore. 1869. 1906. 1897. Coquanp H. Monographie du genre Ostrea. Paris, Baillière. KrumBECK L. Beitrige zur Geologie und Palaeontologie von Tripolis. Palaeontographica, Bd. 35. Stuttgart. NoETtLING F. Fauna of the upper cretaceous (Maestrichtien) beds of the Mari Hills. Memoirs of the Geol. Sur- vey of India. Fauna of Baluchistan, vol. 1, parte III. 1890-91. Peron A. Description des invertébrés fossiles des terrains crétacés des hauts plateaux de la Tunisie. Parte II. Paris. 2. ParvinquibRre L. Etudes de Paléontologie tunisienne. II. Gastropodes et Lamellibranches des terrains crétaces. Régence de Tunis. Carte géologique de la Tunisie. Paris, Lamarre. . PertHò J. Die Kreide (Hypersenon). Fauna des Peterwardeiner Gebirges (Fruska Gora). Palaeontographica, Band 52. Stuttgart. 2. Quaas A. Beitrag zur Kenntniss der Fauna der obersten Kreidebildungen in der Libyschen Wiiste (Overwegi- schichten und Blittertone). Palaeontographica, Erginzung Band 30. Stuttgart. 2. Secuenza G. Studi geologici e paleontologici sul cretaceo medio dell’ Italia meridionale. Atti R. Accademia dei DI Lincei, s. 3, vol. 12. Roma. 8. SroLIczKA. Palaeontologia Indica. Cretaceous fauna of Southern India. Vol. II. The Gastropoda. Memoirs of the Geological Survey of India. Calcutta. . SroLIiczka. Vol. III. The Pelecypoda. 2, WANNER J. Die Fauna der obersten weissen Kreide der Libyschen Wiiste. Palaeontographica, aprono Band 30. Stuttgart. DESCRIZIONE DELLE SPECIE Agli esemplari descritti ho mantenuto i numeri notati nella collezione dello SForza. “I numeri 5, 6, 8; 12, 22, 23, 28, 39, 40, 44 provengono dall’ Uadi Sofegin nel tratto attraversato dalla linea nella direzione da Orfella a Guerza: il n. 38 dall’ Uadi Guerza. I numeri 1,2, 3, 4, 7, 9, 10, 11, 13, 14, 16, 18, 19, 21, 24, 29, 31, 33, 34, 37, 41 furono raccolti a Sud di Socna nel Gebel Soda raggiunto sulla direzione della strada di Fughà. Siderolites calcitrapoides Lamarox. — Tav, XXIS [I], fig. 1. 1801. Siderolites calcitrapoides Lamarok. Système des Animauxr sans vertèbres, pag. 376. 1826. Siderolina calcitr apoides Lock. p’OrBIiGnY. Tableau méthodique de la classe des Céphalopodes. Ann. d. Sciences naturelles, vol. VII, pag. 297, n. 1. [7] C. DE STEFANI 261 21383. Calcarina calcitrapoides Lcr. Scawacer. Die Foraminiferen aus den Eacaenablagerungen der liby- schen Wiiste und Aegyptens. Palaeontographica, vol. XXX, pag. 126, tav. XXIX, fig. 1. 1906. Crania Barthi KrumBECE, pag. 92, tav. VII, fig. 7. 1907. Siderolithes calertrapoides Lor., Proveri n. sp., nummulitispira n. f., rhomboidalis n. f., Van den Broecki n. f. Osimo. IZ genere « Siderolithes > Lamx. Atti R. Acc. se, Torino, vol. XLII, pag. 273 e seg., tavola, fig. 1-8, 10, 12-25. 1908. Siderolites calcitrapoides Lex. Sinvestri. Fossili cretacei della contrada Caleasacco presso Termini Imerese. Palaeontographia italica, vol. XIV. pag. 125. Gebel Soda, n. 11 con Sigaretus Vinassai sp. n. Uadi Sofegin, n. 12 con Cyelolites Krumbecki sp. n., Omphalocyclus macropora Lcx., Orbitoides. Specie assai comune nel calcare giallo. Questa specie che il KruMBECK per equivoco ha confuso con una Craria, è comunissima sulla super- ficie degli strati calcarei alquanto corrosi, dove abbondantissime compaiono pure le sue appendici spinose rotte ed isolate. Il detto Autore la cita al Djebel Ferdjan ad OSO di Socna. È abbondante in alcune regioni del Maestrichtiano a Maestricht in Olanda, presso Termini Imerese e Bagheria in Sicilia, nel Monte Conero presso Ancona, e nell’Alta Garonna nel Dordoniano che è la facies a Rudiste del Maestrichtiano, Lo ScHwaGeR la indica pure nell’Eocene di Mokattan nel Deserto Libico: ma fondato solo sull’apparenza esteriore: rimane qualche dubbio che si tratti di Bucxlogypsinae. Gli esemplari raggiungono talora, senza le appendici spinose, il diametro di 3 o 4.,mm. e la grossezza di 1 mm. o poco più. Sono lentiformi, alquanto più rigonfi da una parte che dall’altra, ed alle volte quasi sferici; sono forniti di 3 ad 8 appendici spinose irradianti dal piano equatoriale, mai fuori di questo; non però proprio dalla periferia ma frequentemente un poco sopra a questa. Queste appendici sono talora embrionali od apparentemente mancanti; per lo più di variabile lunghezza, fin di mm. 4, sebbene quasi sempre rotte, e talora alquanto storte. Qualche esemplare è tetraedro come. la figura dello SCHWAGER, avendo tre sole grosse spine. Le appendici giovavano probabilmente a rendere più stabile la foraminifera: questa dovea vivere su fondi appena mossi dal moto ondoso, pure alquanto soggetti a movimenti, perchè, fra le altre .cose, vedesi una grandissima quantità di aculei rotti e spersi nella roccia. La superficie negli esemplari più intatti è granulosa come quella di una Orbitoîdes: i granuli, d’or- dinario, sono disposti con una-certa resolarità in serie radianti, alle quali, presso il margine, altre se ne intercalano: altre volte però sono irregolari. In qualche esemplare un granulo maggiore, rispondente forse alla camera centrale, sta nel mezzo. Gli esemplari abbondantissimi sulle superfici del calcare giallo molto corrose, sono assai difficilmente isolabili per esaminarne l'interno. Pure alcuni caratteri interni appaiono già in qualche raro plasmostraco un po’ rotto e meglio in alcuni che ho leggermente intaccati con acidi. Facendo delle sezioni, queste sono per lo più siffattamente riempite da carbonato o fosfato calcico che sia, da potersi poco o punto distinguerne le parti orgauiche. Nelle sezioni venute bene, sia di plasmostrachi sferici senza spine, sia di altri spinosi, si osservano bene il guscio inequilaterale e la spira alquanto unilaterale, le grandi camere disposte a spirale giacente in un piano, che da un giro all’altro vanno piuttosto rapidamente aumen- tando di ampiezza. La camera centrale è per lo più abbastanza grande. Le serie radiali dei granuli alla superficie rispondono ai setti divisori delle concamerazioni. I pilastri radianti talora continuano con le appendici aculeiformi, talora no se le appendici corrispondenti sono abortite, e queste appendici sono tutte formate, anche quelle frammentizie, da materiale calcareo che.si direbbe a struttura fibrosa perchè solcate da sottilissimi canali lunghi quanto l’aculeo e che arrivano più o meno fino al centro, seguendo Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 34 262 C. DE STEFANI [8] i setti che separano una camera dall’altra o saltandone alcuni; esternamente ai canali diritti radiali, altri se ne aggiungono obliqui e quasi radianti dalla periferia verso l’esterno. Ben fece il StuvestRI a riunire tutte le forme distinte dalla Osimo in modo prettamente convenzio- nale: volendo tener conto delle apparenze secondarie si farebbero diecine di specie. Omphalocyclus macropora Lamarck. — Tav. XXIII [I], fig. 2, 3. 1826-33. Orbitulites macropora Lamarck. GoLpruss. Petrefacta Germaniae, pag. 41, 42, tav. 12, fig. Sa,b,c. 1851. Orbitulites disculus LevmeRrIE. Sur un nouvean type pyrénéen. Mém. Soc. géol. de France, série 2, vol. 1, pag. 177, tav. 9. fig. 1a,0,6,d. 1902. Omphalocyclus macropora Lcx. DouviLLÈ. Distribution des Orbitolites et des Orbitoides dans lu Craie du Sud Quest. Bull. Soc. géol. de France, série 4, vol. II, pag. 307. 1906. Omphalocyclus macropora Lcxg. KrumercK, pag. 82, tav. VII, fig. 1. 1908. — — Lcx. Sivestri. Mossili cretacei della contrada Calcasacco presso Termini Imerese. Palaeontographia italica, vol. XIV, pag. 8, tav. XIX, fig. 1, tav. XX, fig. 1 (cum synomimais). Uadi Sofegin, n. 12 (1 esemplare con Siderolites e Cyclolites), 23 (1 es.), 28 (4 es.); Gebel Soda, n. 41 (4 es.), 42. Comune nel Maestrichtiano d’Olanda, dei Pirenei, di Francia, Belgio, del Kurdistan, del Luristan, del Beludscistan, e in Italia nella Terra d’Otranto ed in Sicilia. KrumBEcK lo cita in Tripolitania nel calcare bruno giallastro del Gebel Ferdjan ad Est di Socna nell’oasi Giofra dove costituisce secondo Rohlfs intiere masse. Trochammina cfr. proteus KARRER. Gebel Soda, n. 11. Guscio agglutinante calcareo, gialliccio, avente del resto presso a poco lo stesso colore della roccia includente, aderente ad una valva di A/lectryonia larva LAMARCK, appena rugoso sulla superficie, nell’ in- sieme oblungo, ovale, con 5 giri obliquamente sovrapposti ad una camera più grande, con 5 o 6 camere per giro non affatto regolari, anzi tutte diverse una glall’altra ma reciprocamente a contatto e separate probabilmente da setti superficiali. Solo per delimitare alquanto questa forma la ho ravvicinata alla 7. proteus dell’arenaria eocenica di Vienna. Cliona perforata Secuenza. — Tav. XXV [III], fig. 3b. 1882. Chona perforata SeGuenza, pag. 198, tav. XVI, fig. 1. Uadi Sofegin, n. 8 sulla Gryphaca vesicularis Lex., 40 sulla Alectryonia larva Lcx. e sulla Exogyra Vver- wegî v. B.; Gebel Soda n. 4 e 30 sulla detta: Alectryonia. Il SeguENzA cita fori identici ai nostri nelle Ostreae del Cenomaniano dell’Italia meridionale. Sulla superficie delle Ostriche sono dei solchi o canaletti circolari superficialissimi, larghi al più mm. 0,5 che, a distanze, talora uniformi, di tanto in tanto alternano con cavità o celle ovali. Questi solchi poi si internano e sotto forma di tubi o canali anche più ampi traversano e rodono tutto il guscio calcareo della conchiglia pure alternando tubi regolari e cavità ovali più grandi ma più brevi. Rispondenti a queste | : 1 [9] C. DE STEFANI 263 cavità, qualora siano prossime alla superficie, si aprono fori esterni circolari, ovati o piriformi secondo l’intersezione del cilindro con la superficie. Presso questa superficie e non lungi da questa, per quanto si può vedere, i solchi od i canaletti continuano per una stessa linea retta o quasi e si dicotomizzano ad angoli di circa 45°, biforcandosi, pare, dalle cavità ovali, quindi, alla superficie, dai fori corrispondenti. Talvolta quando i canaletti restano scoperti, per asportazione del guscio esterno, si vedono alternare le cavità più ampie, quelle stesse che si aprono con fori alla superficie ed i canaletti regolari cilindrici. Per le apparenze superficiali degli stretti canaletti o tubi esterni simmetricamente dicotomi ad angoli acuti, alternanti con più brevi cavità ovali allungate, qualora, se si tratti di individui viventi, non si verifichi la presenza dell’organismo, le analogie fra le Clionae ed i Briozoi, cioè Terebriporae D’ORBIGNY, perforanti, o sia pure le Hippothoae, se a queste devesi attribuire il genere di D’ORrBIGNY, sono grandi. I solchi o canaletti rispondono alla fibra tubulare che riunisce in serie lineari gli zoeci e che appunto è distintiva dei Briozoi predetti, mentre le celle risponderebbero ai fori o cavità isolate. Anche la regolarità delle perforazioni sarebbe altrettanto da Briozoo quanto da Ofiona. Nel Cretaceo, anzi probabilmente già dal Siluriano, quindi successivamente nei terreni più recenti, fino ad oggi, sono indicate molte specie di Hippothoa formanti colonie aderenti Je quali intaccano e lascian traccia sulla superficie delle materie calcaree cui aderiscono. Le Mippothoa perforanti 0 Terebripora furono indicate nel Devoniano, poi nel Batoniano, indi nel Terziario. Però le perforazioni da me accennate tra- versano e compenetrano tutto il guscio delle Ostreae con andamento irregolarissimo, serpeggiante, ora più ampio, or più ristretto: nè si vedono altri fori pei quali altri organismi potrebbero essere penetrati. Che delle Nereites o simili anellidi non tubicoli possano traversare e produrre simili guasti in un calcare non mi pare possibile, essendo per giunta i canali sempre più o meno dicotomi. D'altra parte i Briozoi perforanti strisciano lungo e dappresso alla superficie ed avrebbero dimensioni minori e non forma interna così irregolare; perciò credo inevitabile attribuire i fori esterni e le cavità interne a Clionae. Anche le Clionae viventi perforano e corrodono l’intero guscio di Molluschi e perfino di ciottoli calcarei come ne danno prova gli esemplari di ghiaie calcari di Lussinpiccolo comunicate dal KirtL al Fucas e da questi fisurate (T. Fucus. Aritische Besprechung einiger im Verlaufe der leteten Jahre erschie- nenen Arbeiten iiber Fucoiden. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., vol. 54, 1904, p. 362, tav. X): sono serie di camere sferiche comunicanti fra loro per mezzo di brevi canaletti dicotomi che intersecano tutto il calcare. Si vedono corrosioni simili alla superfice della Belemmitella mucronata e di altri Molluschi del Maestri- chtiano e di tutti i piani cretacei. Anche la Vioa Nardina MicHELIN (Revue zoologique, p. 60, tav. I, fig. 1, 1846; Iconographie zoophytologique, Paris 1847, p. 332, tav. 79, fig. 7) della Creta e dell’Eocene, che l'Autore dice vivente anche nel Mar Rosso e nel Golfo Persico, è prodotta da un organismo al quale il nostro dovette essere molto simile. Però i rapporti fra le camere ed i canaletti che li riuniscono, l’angolo e l’andamento delle dicotomie, le dimensioni molto probabilmente debbono essere differenti da specie a specie; perciò la nostra specie non potrà ravvicinarsi alla detta C. Nardìna MicaeLIN di dimensioni assai più piccole, di forma più regolare, nè alla Cliona vivente figurata dal Fucas nella quale i canaletti che riuniscono le camere sono uniformemente assai più brevi. L'idea di ricercare le spicule nella compagine dei fori non sempre potrà condurre a risultati pratici, indipendentemente dalla difficoltà del ritrovamento, perchè spicule di varie spugne ed anche di Radiolarie possono trovarsi casualmente nella materia racchiusa dai fori. Mancando la visione ed i caratteri dell'animale giustamente osserva il Peron che è arrischiato fare distinzioni specifiche ed attribuire i fori di Spongiari ad una specie piuttosto che all’altra. 264 C. DE STEFANI ì [10] Cliona sp. ? 1882. Cliona intricata Secuenza, pag. 198, tav. XV, fig. 2. Gebel Soda n. 7, 24, sulla Crassatella Sforzai De St.; Uadi Sofegin n. 5, 22. Mi paiono attribuibili a Spongiari certi solchi superficialissimi, quasi microscopici, irregolari, con ramificazioni irregolari, e deviazioni anche ad angolo retto (n. 24), e sottilissimi solchi sul Baculites anceps Lex. (n. 7). Anche vi attribuisco certe corrosioni superficiali assai irregolari paragonabili a quelle che il SEGUENZA figura per la sua Cliona intricata sopra una Vulsella laeviuscula del Cenomaniano di Sicilia (pure n. 24) ed altre minori sulla Cinulia Humboldtii MùLLER (n. 5). Alcune perforazioni microscopiche sulla superficie delle Cinulìa, del Baculites, potrebbero essere attri- buite ad Alghe perforanti (Gomontia, Zygomitus, Ostreobium etc.) (BorneT et FLanAULT. Sur quelques plantes vwant dans le test calcaire des Mollusques. Bull. Soc. Bot. de France, vol. 36, Paris 1889, pag. CXLVII) ma quelle descritte sopra sono troppo grandi per riferirvisi. Cyclolites Krumbecki sp. n. — Tav. XXIII [I], fig. 4, 6. 1906. Cyclolites aff. polymorpha GoLpruss. KRuUMBECK, pag. 85, tav. VII, fig. 2a, d. Uadi Sofegin n. 5 (5 esemplari), n. 12 (1 esemplare con Omphalocyelus macropora LAMARCK e abbon- danti Siderolites), n. 23 (2 esemplari) nel calcare giallo. KrumBECK la cita in Tripolitania sulla strada fra Socna e Sella. Calici quasi perfettamente circolari, talora appena ellittici, depressi o leggermente convessi da ogni parte, del diametro di 15 a 30 mm. e secondo esemplari del KrumBEck anche di 33 mm.; di grossezza quasi uniforme fin di 4 mm. appena assottigliati e arrotondati al margine. Fossa columellare lunga fin la metà del diametro del polipaio, poco profonda, più o meno ma sempre poco’ eccentrica, perciò alquanto spostata rispetto all’asse. Base per lo più appena concava: la concavità raramente si accentua mantenendosi ben lontana dalla concavità della C. polymorpha Gonpr.; ha l’epitecio, secondo gli esemplari del KRUMBEGK, fornito di deboli linee radiali e di più o meno forti linee concentriche di accrescimento. Setti fini e molto numerosi, di grossezza uniforme; sull’orlo sono 34 a 50 per 1 cm., sempre granulati, con sinapticoli con- fluenti ad una pseudocolumella nella parte superiore convessa del calice, e pur sempre. confluenti ma più irregolarmente nella parte inferiore sotto l’epitecio, carattere che non risulta dalla descrizione del KRuUMBECK il quale sembra non avere osservato la base spogliata del suo epitecio. : È diversa dalla C. polymorpha GoLpr., citata nel Turoniano in Francia e nel Gosau, come già notò KRUMBECK, per forma piatta, non assai concava inferiormente, per superficie inferiore fornita di irregolari strie radiali in minor numero e più forti: alla fessura columellare più lunga e più profonda della specie di GoLpruss risponde nella nostra una stretta ed irregolare pseudocolumella. Il numero dei setti è uguale in ambedue le specie. Attesa la variabilità dei Cyelolites ed il numero ragguardevole delle specie anche nell’Eocene, questa specie mi sembra ben distinguibile dalle altre della Creta, p. es. anche dalle C. Orbignyi FromenTEL e 0. nummulus Reuss che fra altro sono ellittiche ed hanno fessure columellari diverse. [11] C. DE STEFANI 265 Cyclaster berberus sp. n. — Tav. XXVIII [I], fig. 7,8. Uadi Sofegin n. 23, 28 (1 esemplare ciascuno nel calcare giallastro). Il prof. STEFANINI indicandomi l’appartenenza al genere Cyclaster mi ha avviato alla determinazione specifica. La specie, di mediocri dimensioni, è rotondeggiante, debolmente convessa superiormente; è inferior- mente pianeggiante. Pare regolarmente ovale; più depressa anteriormente si alza all’indietro (fig. 8e) e la parte posteriore scende in tronco. Il centro (fig. 7,8, 0) almeno in uno degli esemplari, più corroso, ma meno spo- stato. risponde alla metà della parte convessa superiore. L’ambulacro impari, lungo quasi quanto i due am- bulacri pari anteriori, sta in un solco depresso, alquanto più largo dei due ambulacri pari predetti e termina un poco più avanti di metà spazio fra il centro ed il margine anteriore, circostanza distintiva del genere; ma le paia di pori, circa 16 per zona porifera, si vanno quasi congiungendo al termine del- l’ambulacro a differenza dal C. subquadratus Desor dell’ Eocene. Gli ambulacri pari anteriori sono larghi, abbastanza lunghi, diritti, e divergono dal centro con angolo vicino a 90°. Vi sono 27 a 33 paia di pori in ogni zona porifera e sono in tutte le serie uniti in un solco. Al termine degli ambulacri sono alcune paia di pori isolati che non raggiungono il margine. La zona interporifera è uguale o poco più larga delle zone porifere. Gli ambulacri posteriori sono più corti di metà, sebbene proporzionatamente più larghi, e contengono 22 o 23 paia di pori, i quali in un ambulacro sembra si congiungano al termine della zona porifera, nel- l’altro no. I quattro ambulacri pari stanno in solchi abbastanza bene delimitati. La fasciola peripetale, ben visibile in un esemplare per avere la superficie quasi affatto liscia, segue al largo gli ambulacri quasi con forma pentagona: come nel €. subguadratus DesoR essa non forma una striscia nettamente limitata, quale si trova in altri generi, ma uno spazio inperfettamente definito fra due regioni della superficie, nell’una delle quali, in quella interna, i granuli sono piccoli e fitti, mentre nell’altra esterna sono gli scrobicoli più grossi e più radi. I pori genitali sono 4. La superficie è coperta di molti granuli isolati e da scrobiculi grandi il doppio, assai più radi, spe- cialmente sul margine convesso anteriore. La superficie inferiore è fornita di scrobiculi più grossi ma più radi; è però in gran parte mancante in un esemplare, corrosa nell’altro. Il peristoma (fig. 8 c) non è visibile in un esemplare: nell'altro pare esista il piccolo peristoma assai dappresso alla parte anteriore. Il periprocto, (fig. 8 d) situato in alto, nella parte discendente supero-posteriore, è rotondo. La fasciola subanale non si vede. Esemplare deformato Altro specialmente nell’ altezza esemplare Lunghezza . È o 3 mm. 30 mm. 27 Larghezza : : È 5 » 28 » 24 Massima altezza . 5 : DI. I DIMNRIS Finora ch'io mi sappia non erano mai stati indicati i Cyclaster nella Creta e certamente non in quella Africana; mentre nel terziario se ne conosce una dozzina di specie, particolarmente nell’Focene. Il ©. sud- quadratus Desor dell’Eocene Vicentino è più grande, con gli ambulacri pari anteriori divaricati dal centro ad angolo più acuto, ambulacri pari posteriori assai più brevi, forma meno ovale. Il C. oblongus DAMES, pure dell’Eocene Vicentino è più piccolo, più triangolare, con l’ambulacro impari assai poco marcato e gli ambulacri pari pure più vicini di lunghezza. Inoltre nella nostra specie la parte posteriore scende più 266 C. DE STEFANI [12] in tronco, il periprocto è più alto, la parte inferiore è più liscia, e gli scrobicoli più grossi sono special- mente limitati alla parte anteriore. Il C. declivis (C. declivus) CottEAU eocenico, pure del Vicentino, di Francia, della Svizzera, è più grande, ha l’ambulacro anteriore meno distinto, la parte intermedia ai due ambulacri posteriori manifestamente carenata; gli ambulacri posteriori proporzionatamente più brevi rispetto al paio anteriore; gli ambulacri anteriori meno divergenti. Presso a poco lo stesso sarebbe a ripetere del C. Stacheanus TarameLLi del- l’Eocene Istriano, per tacere di altre specie (C. tuber LauBE, C. amvenus LAUBE) un poco più differenti. Del resto questi caratteri, in generale, sebbene più che altro specifici, distinguono i nostri Cyclaster da quelli Kocenici cui pe’ caratteri fondamentali ben rassomigliano. Per la brevità degli ambulacri posteriori e per la fasciola peripetale si ravvicinano agli Hemiaster dai quali forse derivano, più che i Cyclaster eocenici; non ne diversificano principalmente perchè 1’ am- bulacro impari non arriva fino al margine. Cyclaster beduinus sp. n. — Tav. XXIII |I], fig. 9. Gebel Soda, n. 14 (1 esemplare nel calcare giallastro). Specie di piccole dimensioni, rotondeggiante, declive dall’avanti all’indietro (fig. 9e) dove è molto più elevata; pianeggiante inferiormente, poco convessa superiormente (fig. 9 a, 6); margini laterali assai convessi; scendente rapidamente nella parte posteriore. Nello spaziv interambulacrale posteriore sembra partisse dall’apice verso il margine posteriore un assai ottuso rilievo che termina al periprocto (fig. 9 c); questo è assai alto e ovale; in questa direzione è però avvenuta una compressione laterale che confonde un poco i caratteri. L’apice è quasi centrale. Gli ambulacri sono quanto mai diseguali. L’ambulacro impari, lungo quasi quanto gli ambulacri pari anteriori, sta in un solco depresso più’ stretto di quello dei due ambu- lacri predetti e termina, molto aperto, circa a due terzi dello spazio fra il centro ed il margine anteriore: ogni zona porifera ha circa 11 paia di pori finissimi, i quali si vanno perdendo senza congiungersi verso la parte anteriore: lo spazio che separa le due zone porifere è coperto da granuli. Gli ambulacri pari anteriori divergono ad angolo di circa 100°; ogni zona porifera ha 15 a 17 paia di pori oblunghi, riuniti da piccoli solchi. La zona interporifera è uguale o alquanto più stretta dell ezone porifere. Gli ambulacri posteriori sono almeno di metà più corti, conformati a foglia d’alloro, con 10 o 11 paia di porti per zona porifera, divergenti ad angolo di 90°, con zona interporifera assai stretta. I pori genitali sono nascosti da una rottura. La superficie superiore è liscia, solo cosparsa di scarsi e assai depressi grani o scrobicoli appena visi- bili, i quali serobicoli invece ben visibili e ben rilevati compaiono nella convessità marginale anteriore. Inferiormente (fig. 9 d) la superficie è pure quasi liscia. Il peristoma, in parte rotto, perciò apparentemente rotondo, è situato verso la parte anteriore. Non vedo fasciola peripetale nè fasciola anale (fig. 9). Questa specie è così vicina al ©. derberus DE STEr., che quasi l’avrei unita a questo. Però in essa le dimensioni sono minori; le coppie di pori, carattere che molti ritengono sicuramente specifico, sono in assai minor numero: le zone interporifere, specialmente negli ambulacri posteriori, sono più ristrette; gli ambulacri posteriori sono più brevi; quello impari anteriore è meno marcato; la forma, nell’insieme, è quasi altrettanto alta che lunga, mentre nel C. derberus la proporzione della lunghezza è assai maggiore : gli scrobicoli sono maggiormente limitati alla parte anteriore. Nondimeno i rapporti sono strettissimi, ed eeeszane [13] C. DE STEFANI 267 i medesimi caratteri distinguono anche questa specie dai C. subquadratus Desor, 0. declivis CorreAU e C. oblongus Dames dell’Eocene Vicentino, e d’altri luoghi. Esemplare alquanto deformato Lunghezza . c . ; . . mm. 12 Larghezza . o à : . 5 » 13 Massima altezza . E : c 3 De dI Pygorhyncus tripolitanus? KrumBECK 1906. Pygorhyneus tripolitanus KrumBEcK, pag. 89, tav. VII, fig. 5. Gebel Soda, n. 37 (2 esemplari in cattivissimo stato nel calcare giallo). KRUMBECK cita la specie nel Diebel Tar. Ad essa riunisco con molta incertezza un esemplare assai corroso, avente lunghezze quasi doppie di quello del KrumBECK (mm. 40) e forma assai più schiacciata, anche perchè ridotto a semplice modello. Combinano soltanto la forma generale ed il contorno, la situazione dell’apice, la convessità superiore e la leggera concavità inferiore, la situazione del peristoma, e per quanto si può giudicare in qualche traccia l’angolo di divaricazione degli ambulacri. Altro esemplare assai corroso è più piccolo (lunghezza 24 mm.); per la divaricazione degli ambulacri e per la forma del paio posteriore le cui zone porifere hanno 15 o 16 paia di pori risponde pure alla suddetta specie piuttosto che ai Cyelaster descritti, se pure non si tratta di specie e di genere diversi. Dodekaceria? sp. Gebel Soda, n. 1, sull’Ostrea Cellae De St.; Uadi Sofegin, n. 40, sull’ Alectryonia larva Lox. La superficie del guscio è percorsa tutta da solchi irregolari e divaricati, sebbene per lo più poco serpeggianti, talora meandriformi, poco profondi, di dimensioni quasi eguali fra loro, larghi meno di mm. 1, quindi meno dei grandi pori attribuiti a Sabella che qualche volta li accompagnano. In alcuni casi questi solehi potrebbero confondersi con le corrosioni prodotte sulla superficie delle Ostreae dal vento e da altri fenomeni meteorici in tempi recenti. Il Rovereto in Briozoi, anellidi e spugne perforanti del Neogene Ligure (Palaeontographia italica, vol. VII [1901] p. 228) suggerisce il paragone con la Dodekaceria concharum OERST. vivente, per alcune perfora- zioni di Anellidi d’età terziaria, che hanno qualche affinità con le nostre. Sabella cretacea PorrLocx. — Tav. XXIII [I], fig. 176, 190; Tav. XXV [III], fig. 35. 1845. Olona cretacea Portrocg. Report on the geology of the county of Londonderry, pag. 360. ? 1847. Vioa Duvernoyi Narno. MicaELIN. Iconographie xoophytologique, pag. 332, tav. 79, fig. 7. 1868. Chona cretacea Port. Fiscuer. Recherches sur les 6ponges perforantes, pag. 107, tav. II, fig. 5. 1882. — — — SeGueNza. pag. 197, tav. XVII, fig. 2 (cum synonimis). 18930 = — — Peron. Description des Brachiopodes, Bryosxouires et autres invertèbrés fossiles des lerrains crétacés de la region sud des hauts plateaux de la Tunisie, pag. 381. 268 C. DE STEFANI [14] Gebel Soda, n. 1, 29, sull’Ostrea Cellae De St.; n. 3,17, sull’Alectryonia larva Lex. Uadi Sofegin, n. 39, sull’Ostrea garumnica Coquanp. Fori consimili sono indicati dal Cenomaniano al Daniano ed all’epoca attuale. Nei gusci de’ Molluschi cavità e fori svariati sono prodotti da diversi organismi, Crostacei, Briozoi, Molluschi, Spongiari, Anellidi ed anche Vegetali. Frequenti fori circolari, verticali od obliqui, che ben di rado traversano tutto il guscio, grandi, di dimensioni fino a mm. 3; isolati, non contigui, talora conformati ad U si trovano sulle valve di parecchie Ostreae, p. es. 0. Cellae De Sr., tanto all’esterno, quanto nella parte interna del guscio, cioè formati dopo la morte dell’animale. Sono identici a quelli del Cenomaniano che SeGuENZA attribuì con qualche dubbio alla Cliona cretacea PortL. ma anche a quelli della vivente Oliona (Vioa) Duvernoyi NARDO. Alcuni di quei fori obliqui seguitano nell’interno fra una lamina e l’altra dell’Ostrea con andamento serpeggiante. Il PERON si limita ad indicare i fori di organismi che ritiene spugne col nome più antico loro attri- buito: anzi egli mette con la Sabella (che ritiene Cliona) cretacea PortL., anche le C. perforata e C. intri- cata del SecuENzA, della quale unione non convengo perchè potrebbe anche darsi si trattasse di perfora- zioni d’animali molto diversi dalle spugne, e perchè i fori piuttosto grossi ora accennati, quando non sono lunghi e serpeggianti, mi pare possano paragonarsi a quelli che i Pagurus fanno nelle conchiglie dei Gasteropodi e attribuirsi a Crostacei od a qualche giovane Lamellibranco perforante; ma nel caso nostro piuttosto si possono considerare come fori di Anellidi, cioè delle Sabellae o di generi affini, escludendo le Polydora che forano e danneggiano le Ostreae ma che presentano fori doppi, quasi a cifra 8. Questi grossi fori si trovano anche indipendentemente da quelli che ho descritto come Cliona e quand’anche li accom- pagnano paiono restarne indipendenti. Serpula (Pomatoceros) Pacelli Srorza sp. n. — Tav. XXIII [I], fig. 10. Gebel Soda, n. 30, aderente ad una Alectryonia larva Lcx. Tubo aderente, almeno per lungo tratto iniziale, imbutiforme, triquetro; comincia sottilissimo, con leggera curva quasi spirale e rapidamente aumenta di dimensioni, acquistando andamento alquanto ser- peggiante. Una acuta carena segue il tubo a guisa di cresta ed altre due parallele la seguono, una per lato, quasi a metà altezza fra la cresta e la base. Trasversalmente il tubo è in qualche punto appena rugoso: rugosi e dentellati sono i margini aderenti alla base. All’estremità verso l’apertura, dove il tubo accenna a diventare libero, una nuova carena si manifesta ai due lati, sotto le tre precedenti, in conti- nuazione della base precedentemente aderente. Varie specie cretacee sono più o meno vicine, come le Serpula triangularis MinsTER e arcuata MUNSTER; ma si distinguono sufficentemente. Alcune forme terziarie, come la S. bicanaliculata MùNSTER, somigliano pure; ma la disposizione e forma delle carene, la presenza o meno delle rughe trasversali, le distinguono. Membranipora cfr. Dumerilii Aupom. Gebel Soda, n. 1. Incrostante sull’Ostrea Cellae DE St. Zoeci oblunghi od unguiformi, distinti, con grandissima apertura orale, regolarmente disposti a quin- conce; i margini sembrano lisci, ma la superficie un po’ corrosa non permette affermarlo in modo sicuris- simo. Oeci grandi, globulosi, presenti sopra alcuni degli zoeci. Aviculari ad uno o a due lati. [15] C. DE STEFANI 269 x La .M. Dumerilîù Auporn è vivente nei Mari Europei ed è indicata pure nel Pliocene col sinonimo di M. Hlemingi Busx. È possibile che varie specie cretacee, la M. Vendinnensis D’ORBIGNY del Cenomaniano, la IM. cypris D’ORBIGNY del Senoniano, siano molto vicine. Su qualche altro esemplare dell'O. Cellae della stessa località pare sia qualche esemplare di Schizoporella. Membranipora (Vincularia) sp. Gebel Soda, n. 10. Entro cavità formate da Anellidi nel fango calcareo che riempiva la Cardita Beau- monti D’ARCH. Un'altra Membramipora, avente forma di Vincularia esagona od ottagona, ha celle a quinconce disposte serie per serie su ciascuna delle facce, quasi oblunghe molto allungate, inferiormente a forma triangolare, con: apertura occupante più che metà altezza delle celle ed il rimanente coperto da una lamina calcarea. Somiglia alquanto alla IM. (Vincularia) bisinuata D’OrBIGNY della Creta superiore, ma la imperfetta conservazione non mi permette una determinazione specifica. Un'altra Membranipora a forma di Vincularia presenta lo stesso tipo, però con apertura assai piccola. È annidata nelle cavità entro la valva di altra Cardita. Domopora stellata GoLpruss. 1826. Ceriopora stellata GoLnruss. Petrefacta Germaniae, I, pag. 39, tav. 30, fig. 12. 1851. Stellipora — — von Hagenow. Bryoxoen des Maestrichter Kreidebildung, pag. 44. 1866. Radiopora Goldfussi Reuss. Foramaniferen, Anthozoen und Bryozoen des deutschen Septarientons, pag. 84, tav. 0, fig. 11, 12. 1880. Domopora stellata Gornr. Hinexs. History of the British marine polyzoa, pag. 471, tav. 63, fig. 10-14. London. Tubulipora truncata JonNstoN pro parte, et auct. Coronopora truncata JonnsT. auct. Defrancia truncata Jonnst. auct. Domopora truncata Joanst. Busk. Defrancia stellata GoLor. auet. Gebel Soda, n. 30. Zoeci 2 aderenti ad una valva di A/ectryonia larva Lcx. La specie è indicata nel Senoniano di Westfalia, nel Maestrichtiano di Maestricht, nell’Oligocene di Germania, nel Miocene e Pliocene delle regioni cireummediterranee, e vivente nei mari di Norvegia. Zoario aderente semplice, discoide, circolare, depresso, appena un poco rialzato nel mezzo; ma col centro a sua volta depresso. Zoeci disposti in circa 14 costoline radianti, come gli esemplari del Septarienton oligocenico di Ger- mania e come pure in esemplari viventi, rilevate, stelliformi, or più lunghe or più brevi, quindi più o meno irregolari, che cominciano presso al centro e terminano un poco lungi dalla periferia. Generale superficie del zoario tutta coperta da pori quasi regolarmente esagonali, uniformi. Questa specie appartiene al genere Domopora D’ORBIGNY piuttosto che alle Lichenopora DEFRANCE, genere del quale è sinonimo in gran parte Fadiopora D’ORBIENY, alla quale Reuss e BeuTLER riferiscono la specie stessa. Palaeontografia italica, vol. XIX, 1913. 35 270 C. DE STEFANI È [16] Ostrea Cellae sp. n. — Tav. XXIII [I], fig. 11-20; Tav. XXIV [II], fig. 1,2. 2 1902. Ostrea acutirostris (non Nirsson) Quaas, pag. 184, tav. XXI, fig. 11. 21906. — sp. KrumBEcK, pag. 95, tav. VII, fig. 9. Gebel Soda, n. 1 (15 esemplari), 7 (6 es.), 17? (1 es.), 21 con noduli limonitici, 29 (1 es.), 41 (1 es.). Uadi Sofegin, n. 45 (1es.), 28? (1 es.). Conchiglia a forma delle Ostreae terziarie e viventi assai solida; inequivalve; talora aderente come tutte le Ostreae, anche per estensione assai grande; allungata; suborbiculata o irregolarmente triango- lare, acuminata nella regione cardinale, arrotondata in quella palleare; umboni ordinariamente acuti e quelli della valva inferiore più prominenti. Superficie Jamellosa, a lamine d’accrescimento nel numero di 6 a 9, secondo la dimensione degli esemplari, alternativamente più marcate e rilevate, specie nella valva superiore nella quale sono più grosse, più sottili in quella inferiore, ondulate ed alquanto irregolari nella valva inferiore, più liscie nella superiore, intercalate da strie rugose d’accrescimento più sottili e nella valva superiore, probabilmente per effetto di corrosione, spesso evanescenti sì che gl’ intervalli fra le coste maggiori appaiono quasi lisci. Talora, specialmente sui margini, le coste maggiori si prolungano a modo di ali o di tubercoli. La valva superiore, talora, negl’intervalli fra le lamelle maggiori è ornata di finis- simi e brevi solchi radianti appena. visibili. Valva inferiore all’esterno convessa, profonda, di rado quasi liscia per la gran depressione delle la- melle: apice acuto, diritto, ma per lo più leggermente voltato a sinistra e talora con espansione laterale aliforme: margini assai solidi, un poco superanti la valva superiore, con crenellature poco numerose ma grosse e profonde, che arrivano talora fino al margine palleare inferiore; faccia interna assai incavata che si approfonda subito sotto la fossetta ligamentare. Questa è lunga, conica, profonda, largamente sco- perta, più o meno ripiegata a sinistra, per lo meno all’apice. Impronta muscolare grande e profonda, laterale. Valva superiore esteriormente appena convessa, o di rado leggermente rialzata perciò depressa ai margini. In qualche grosso esemplare, sui margini compaiono all’esterno le crenellature rispondenti alla parte interna della valva inferiore. . DIMENSIONI Lunghezza Larghezza Spessore Valve inferiori . È a 5 mm. 50 mm, 40 mm. 4 Idem } 5 È È È » 45 » 80 » 5 Idem . o Ò . o » 40 » 25 » 2 Valve superiori E , - » 50 » 30 910 Idem 5 5 o i ? Det? » 27 » 3 Idem 0 o " ò o » 25 d 20 » 2 Secondo la descrizione e la figura parmi attribuibile a questa specie 1°0. acutirostris (non NiLsson) Quaas del Maestrichtiano del Deserto Libico e l’Ostrea sp. KrumBEcK da lui citata di Tripolitania sur un cattivo esemplare del Djebel Tar fra Socna e Sella. La presente specie non è certo la tipica 0. acutàrostris Nirsson della Creta superiore di Svezia, la quale ha avuto una quantità d’interpretazioni diverse, specie triangolare completamente liscia secondo la figura, ma con pieghe radianti secondo la descrizione, assai arrotondata, meno allungata, meno grossolana e ad 7] C. DE STEFANI 271 ogni modo meno squamosa della nostra. Nemmeno pare l’O. acutirostris (non Nirssox) GoLpruss del Mae- strichtiano di Maestricht più piccola, più triangolare, con pieghe più regolari, nè lO. galloprovincialis MargERON della Creta superiore di Provenza dal p’OrBIGNY e dal Coquanp riunita all’0. acutirostris, più triangolare e completamente liscia. Anche 1°O. crenulimarginata GABB., del Campaniano del Tennessee cui KrumBECK ravvicina la sua Ostrea sp. è più triangolare, meno solida, con impronta muscolare assai meno profonda, e più lontana dall’apice. La valva superiore della nostra specie somiglia un poco all’0. Bourguignati Coquanp del Santoniano e del Campaniano d’Algeria; ma la nostra è più triangolare, non ovale, e gl’intervalli fra le lamelle maggiori non sono lisci. Le maggiori somiglianze sono con l°0. punica THomas (Description de quelques fossiles nouveaua ou critiques des terrains tertiaires et secondaires de la Tunisie, p. 12, tav. XIII, fig. 1-5. Paris 1893), del- l’Eocene inferiore di Tunisia, cui è vicinissima l°0. acutirostris (non Nirsson) Sroniezza del Maestrichtiano del gruppo di Arrialoor nell'India. Il THomas ha separato giustamente questa O. punica dalla O. tunetana MuniER-CHaLMas (Mission du commandant Roudaire dans les Chotts tunisiens. Il. Paléontologie, p. 68, tav. I, fig. 1-5. 1881) del Gebel Diabit in Tunisia attribuita inesattamente al Senoniano, che il THomas d dice rientrare in sinonimia della più antica O. praelonga SHARPE dell’ Albiano. Gl’individui poi dell’Eocene inferiore di Chebika in Tunisia dal Peron attribuiti all’O. turetana (PeRON, Partie II, p. 168, tav. XXV, fig. 4-6, 1891) il THomas li unisce alla sua 0. punica; mentre gl’ individui del Santoniano dei dintorni di | Feriana che lo stesso Peron (Ibidem, fig. 1-3, 7-8) attribuisce pure all’O. tunetana il Tromas li pone come forme adulte o varietà nell’O. Heinzi TRomas et PERON. LO. Cellae sp. n., è però diversa dall’O. punica Thomas dell’ Eocene, perchè assai più solida, con la valva inferiore più gonfia, con squame più forti e più rilevate, più marcatamente digitate, coste trasver- sali più grosse, e nella valva pianeggiante superiore pure più marcate e separate in questa da intervalli forniti di strie d’accrescimento poco rilevate. Così pure nella valva inferiore sotto il tallone è una concavità che manca nell’O. punica. L’esemplare n. 28, dell’Uadi Sofegin (Tav. XXIV (II), fig. 2), una valva inferiore a superficie molto scorticata, con appena traccia di pieghe, somiglia più all’O. punica, perchè più depressa degli altri esem- plari, senza cavità sotto l’apice, e senza traccia di crenellature ai margini però non bene conservati, con impronta muscolare più piccola e meno profonda. Ho dedicato la specie al viaggiatore DELLA CELLA. Ostrea sarumnica Coquanp. — Tav. XXIV [II]; fig. 3-5. 1869. Ostrea garumnica Coquanp, pag. 23, tav. 34, fig. 5-8. 1881. - = Coa. LevwerIe. Description géologique et palcontologique des Pyrénées, pag. 780, tav. P, fig. la, db. 21906. — Bowguignati non Coquanp? KrumBECK, pag. 94, tav. VII, fig. 8. Gebel Soda n. 37, Uadi Sofegin n. 39 (valve inferiori 2, valve superiori 4). La specie è indicata alla base del Garumniano nei Pirenei ed in Catalogna. Nei nostri individui la valva inferiore non è così depressa, nè le lamelle sono così serrate; pur mi sembra doverli attribuire piuttosto all’O. garumrica che all’O. Cellae sp. n. perchè le lamelle concentriche sono più serrate e nella valva inferiore non vedo accenno a pieghette radiali, la cui mancanza li distingue pure dall’O. punica Thomas dell’Eocene inferiore. 272 C. DE STEFANI [18] KrumBECK attribuisce all’0. Bourguignati Coquanp del Santoniano un esemplare malandato del Gebel Tar in Tripolitania che non è allungato nè fornito di sì poche pieghe concentriche come il tipo di Coquanp e che mi sembra doversi riferire all’O. garumnica. Ostrea sp. cfr. O. Gauthieri Taow. et Pér, — Tav. XXIV [II], fig. 6. Gebel Soda, n. 15. Una valva inferiore mal conservata e rotta, alta mm. 24, larga mm. 11, esteriormente carenata, la quale per la forma triangolare assai allungata, per la parte cardinale rostriforme può ravvicinarsi alla O. Gauthieri Tomas et PRON (PERON, Partie II, 1890-1891, pag. 189, tav. XXV, fig. 9-19) del Santoniano di Tunisia. Gryphaea vesicularis Laxarcx. -- Tav. XXIV [II], fig. 7. Uadi Sofegin n. 8 (1 esemplare). La specie è comunissima nel Campaniano, Maestrichtiano e Daniano in Svezia, Inghilterra, Olanda, Belgio, Germania, Russia, Francia, Spagna, Ungheria, Siria, Palestina, Deserto Arabico, Egitto, Deserto Libico, Algeria, Tunisia. Una forma quasi perfettamente identica è indicata con questo nome anche nella New Jersey, nel Texas, nel Messico. In Italia è stata trovata nel Maestrichtiano di Brenno in Brianza (DE ALESSANDRI). Una valva adulta inferiore mancante di parte del margine palleare e del margine destro. È liscia, con appena traccia di pieghe, molto convessa e arcuata, e sebbene fornita di orecchietta nel lato ventrale, la unisco alla specie per tutti i suoi caratteri e per l’espansione laterale appariscente nella regione anale separata dal rimanente mediante una leggera depressione. Impressione muscolare grande, poco profonda, ovale, posta lateralmente in basso sul lato anale. Tallone incurvato verso il lato anale ma raddrizzato all’apice: fossetta del ligamento lunga ma poco profonda. Il largo solco sulla parte anale la distingue dalla O. proboscidea D’ARCHIACO. Exogyra Overwegi von Buca. — Tav. XXIV [II], fig. 8-10; Tav. XXV [III], fig. 1, 2. 1852. Exrogyra Overwegi von Buca. Monatsberichte iber die Verhandlungen der Gesellschaft fiir Erdkunde zu 3 Berlin, N. P., vol.IX, pag. 154, tav. I, fig. 1. ° 1852. — - von Buca. BeyrIcw. Bericht tiber die von OverwEG auf der Reise von Tripoli nach Murzuk und von Murzuk nach Gat gefundenen Versieinerungen. Zei- tschr. d. deut. geol. Ges., Bd. IV, pag. 152, tav. IV, fig. la c, 2. 1866. — — Kunna. Ueber die von Gertarn Rouues im Mai und Juni 1865 auf der Reise von Tripoli nach Ghadames gesammelten Versteinerungen. Zeit- schr. d. deut. geol. Ges., Bd 18, pag. 281, tav. III, fig. 4, 5. 1869. Ostrea auricularis Grimmz (0. cornu-arietis Nirsson nelle tavole). Coquann. Monographie du genre Ostrea, pro parte, pag. 28, tav. VIII, fig. 11. ? 1871. Exogyra ostracina LamarcK. StoLiczra, vol. INI, pag. 459, tav. XXXV, fig. 6-12; tav. XXXVI, fig. 1-4. 1902. — Overwegi von Bucz. Quaas, pro parte, pag. 190, tav. XXII, fig. 8. 1906. — — = KRUMBECK, pag. 99, figura nel testo, tav. VIII, fie. 2a, d. 1906. — Peroni KrumBreog (non Ostrea Peroni Coquanp 1869), pag. 101, tav. VIII, fig. 3a, d; nel testo E. Roklfsi (non Ostrea Rohifsi Fucas). dna dc ATTIVO 9 [19] C. DE STEFANI 273 Gebel Soda, n. 29 (1 esemplare), n. 30 (1 es.); Uadi Sofegin, n. 40 (8 es.). Tutte valve inferiori. La specie trovasi probabilmente nel Maestrichtiano del gruppo di Arrialoor in India e forse anche a Maestricht, e altrove; ma il tipo, sovente male interpretato, proviene dalla Tripolitania. Lo raccolse Overwee il 15 aprile 1850 nell’Uadi Semsin presso il margine settentrionale dell’Hammada dove copre il suolo in grande quantità (BevRIca). RogLFs raccolse la specie anche al Gebel Minum e nell’Uadi Cheil (KuntH), e venne indicata inoltre al Gebel Tar e fra Socna e Sella (KrumBecK), al Gebel Tar nel calcare marnoso sotto lo strato II (£. Peroni KrumBECK). Coquanp la cita pure e ne figura un esemplare dell’ Ham- mada el Gueb el Zerzur presso R’hadames cioè Ghadames. A Ghadames l’aveva raccolta pure WarRINGTON e la riportava il BEYRICH. Un nostro esemplare del n. 30 (tav. XXIV [II] fig. 84,0) somiglia molto alla figura 2 della tav. VILI del KrumBEcK più che al tipo descritto e figurato da BeyRIca. È adulto, non completamente liscio, poichè le interrotte pieghe longitudinali sono andate quasi scomparendo, ma persistono delle rugosità concentriche. Gli altri esemplari dei n. 29 e 40 sono pur essi valve inferiori, poichè le superiori mancano. Sono corrosi e obliterati, apparentemente adulti, ai quali manca d’ordinario la parte palleare, ma ri- spondono al tipo descritto e figurato da BEYRICH. Guscio assai solido, oblungo. Umbone molto involuto, rigirato in basso e all’esterno. Parte dorsale più ristretta, fortemente convessa; verso l’umbone avvicinata alla parte ventrale, verso il margine palleare si deprime: forma un angolo acuto assai vicino al retto con la parte ventrale alla quale però si unisce con curva dolce presso l’estremità palleare. Questa parte dorsale è fornita di 7 od 8 pieghe molto appa- riscenti, poco irregolari, inclinate sulla cresta angolosa che separa la parte dorsale dalla ventrale. In taluni esemplari queste pieghe tendono a sparire sicchè la superticie appare tutta liscia. Parte ventrale pianeggiante sulla quale apparisce solo qualche lieve traccia di pieghe longitudinali, fornita da rughe d’ac- crescimento disposte a elicoide attorno all’apice, senza tracce di strie radiali, forse anche perchè la super- . ficie della conchiglia fu corrosa da animali perforanti od obliterata da intemperie. Solo con la lente si vedono qua e là, tanto sulla parte dorsale, quanto sulla ventrale, delle sottili e fitte linee le quali si par- tono dall’apice e vanno obliquamente fino al margine palleare. Margine probabilmente tutto finamente dentellato. Fossa ligamentare lunga, curvata, solida, profonda, trasversalmente striata: impronte muscolari profonde, rispondenti quasi ad un semicerchio, lontane dal ligamento. In questi esemplari adunque, rispetto a quello del n. 30 le pieghe nella parte ventrale mancano o se ne vede appena qualche traccia, una più evidente carena separa la parte ventrale dalla dorsale, l’umbone è assai più involuto ed internato, l’impronta muscolare è alta e più vicina all’apice ed al margine palleare. Questa specie non fu bene interpretata dai vari autori. L’'Ostrea Overwegi del Coquanp è generalmente riferita alla £. olisiponensis SHARPE. Il PERON (II, 1891, p. 186) tentò strigare la questione e pose in sino- nimia dell'O. Overzcegi, fra le altre, lO. Fourneti Coquanp (Mon. genre Ostrea, 1869, p. 26, tav. III, tav. XIII,» fig. 1), del Daniano dell’Algeria, di Siria, di Dordogna, comprendendovi anche i suoi esemplari di Tunisia comparati con altri del Deserto Libico, anche per consiglio di ZrrreL. Il Quaas (p. 190, tav. XXII, fig. 3-10) accetta in tutto le osservazioni del PERON, e seguendo ZittEL cita estesamente lE. Overwegi nel Deserto Libico, distinguendo anzi nel Maestrichtiano di là una zona ad E. Overwegi. KRuUMBECK, il quale, come Beyric® e Kunra vide individui tipici di Tripolitania, rifigura il tipo di von Buca, dubita alquanto dell’interpretazione di KunrA che ritiene fatta sopra esemplari imperfetti, accetta in massima le determinazioni e le sinonimie di PreRON e di Quaas, sebbene affermi che le figure del Quaas sono male orientate, che le forme del Deserto Libico da questi descritte accennano a diverse condizioni di vita, e che talune di esse si avvicinano alla E. olisiponensis SHARPE. Nello stesso tempo egli distingue come specie nuova una E. Peronì o Eohlfsi (non Ostrea Rohlfs Fucas) nel testo, riunendovi QUA C. DE STEFANI [20 la fig. 2 dell’Ostrea Overwegi del BeYRICH, che questi considera come semplice varietà liscia, come avrebbe potuto aggiungervi anche la fig. 11 di Ghadames, dell’Ostrea cornu-arietis Nivsson o nel testo Ostrea auri- cularis GrinIitz di Coquann (Mon. genre Ostrea). Graduali passaggi uniscono però questa forma liscia (tav. XXIV [II], fig. 10; tav. XXV [III], fig. 1 a, 6) a quelle costate. A me pare che la descrizione e le figure del tipo pubblicate dal BeyRIcH siano abbastanza chiare, che quelle del KuntE ben si possono riferire al tipo, come pur quelle che KrumBecKk dà della E. Overwegi e della sua E. Peroni, in che conviene pure il PeRviNquIÈRE (p. 183) e mi pare che gli altri Autori non abbiano interpretato la specie con esattezza. L'E. Overwegi di ZirreL e Quaas del Maestrichtiano nel Deserto Libico, cui dovrà unirsi l’Ostrea Overwegi di Peron della Tunisia, meno la fig. 8 del Quaas che è il tipo stesso di BeyRIcA, è ben diffe- rente e realmente assimilabile, come proposero Quaas e Peron, alla E. Fourneti Coquanp del Dordoniano o Daniano d’Algeria e secondo il Coquanp anche del Deserto Libico, del Sinai, di Dordogna, per le sottili e regolari costole longitudinali che ornano specialmente la parte umbonale, per la mancanza delle grosse coste laterali, per la forma meno acutamente carenata delle valve inferiori. La nostra specie somiglia piuttosto alla E. cormnu-arietis Ninsson (1827) da altri detta E. ostracina LAmARCK (1801), oppure E. auricularis WAHLENBERG (1821) o Gernitz, che però è liscia, del Campaniano e del Maestrichtiano di Svezia, Russia, Maestricht in Olanda, Francia, Boemia, Algeria, Arabia, Palestina, Siria salvo la fig. 11 di Coquanp (Mon. genre Ostrea) di Ghadames in Tripolitania, che è la stessa £. Pe- roni KrumBEcK. L'E. ostracina LAMARCK di StoLiczta del Maestrichtiano d’Arrialoor in India è probabil- mente sinonima, o per lo meno assai vicina alla nostra. Anche lE. plicata Lex. GoLpruss (Petrefactenkunde tav. 87, fig. 5-6) di Maestricht e d’altrove, è molto vicina, specialmente la fig. 56, mentre le altre per maggior numero e per regolarità di pieghe sono alquanto diverse. I nostri individui di E. Overwegi diversificano dalla £. haliotidea Dv’ ORBIGNY del Rotomagiano per essere meno oblunghi, per la carena che divide le due parti ventrale e dorsale conformata a mo?’ di tetto ma non rialzata e separata, per le rughe d’accrescimento più grosse e diversamente disposte; dalla E. pyrenaica LevmerIe del Maestrichtiano dei Pirenei sono diversi per le coste del margine dorsale e per la situazione delle impressioni muscolari. A vero dire gli esemplari nostri diversificano anche dalla E. Peroni KrumBECK per le coste del margine dorsale, quantunque vi rispondano in tutto il resto: ma la . Peroni, come KRUMBECK riteneva da primo, differisce dal tipo figurato dal BeyRick soltanto per essere affatto liscia. La forma del Santoniano o Campaniano di Tunisia che PervinquiERE denominò £. Overwegi var. Ta- malleni (p. 183, tav. XIII, fig. 10-12) merita di esser tenuta separata non tanto per le dimensioni, quanto per la forma a cornucopia distorta e per le costoline radiali. Alectryonia larva Lamarck. — Tav. XXV [III], fig. 3, 4. Ostrea larva LamaRcK et auctorum. Ostrea ungulata ScaLoraeIM et auctorum. 1852. Ostrea larva Lex. BevRIca. Bericht iiber die von OverwEee auf der Reise von Tripoli nach Murzulk und von Murzul nach Gat gefundenen Versteinerungen. Zeitsch. d. deut. geol. Ges.. Bd. IV, pag. 153, tav. IV, fig. 3. 1564. Alectryonia larva Lex. Duvevrier. Touaregs du Nord, pag. 83. 1866. Ostrea larva Lck. Kunta, pag. 283. 1869. Ostrea ungulata ScaLorz. Coquanp, pag. 58. 1906. Alectryonia larva Log. KruMBECK, pag. 96, tav. VII, fig. 10a-c. DO CSI (vo) | [21] C. DE STEFANI Gebel Soda, n. 4, 11 (2 esemplari), 17 (7 es.), 18, 30 (2 es.); Uadi Sofegin, n. 40 (2 es.). Per lo meno i nn. 4, 11, 18, 30, 40 sono nel calcare giallo: il n. 4 con Vermetus collarius WANNER; il n. 11 con Tw- ritella sezlineata RoeMmER, Lucina dachelensis WANNER, Cardium Hillanum Sow., il n. 18 con Ostrea sp., il n. 30 con Serpula Pacelli sp. n., Domopora stellata GoLpeuss. La specie è comune ovunque dal Campaniano al Daniano in Russia, Svezia, Danimarca, Inghilterra, Olanda, Germania, Francia, Galizia, Ungheria, Spagna, Beludscistan, India, Asia minore, Sinai, Arabia, Egitto, Algeria, Madagascar. In Tripolitania fu indicata a Ghadames (Coquanp) nel Fezzan e nell’ Uadi Semsin raccolta da OverwEG (BevyRIcn), tra Socna e Sella, nel Gebel Tar sotto lo strato II, al Chorm Raschada insieme coll’ Ompha- locyclus macropora Lcx. (KRumBECK), al Gebel Csebb, pure raccolta da RonLrs (KuntA), nella Hammada (HeBERT) raccolta da BussetIL (vedi DUVEYRIER). Voeer (Beitrige zur Kenntnis der hollindischen Kreide, 1895, pag. 8, tav. I, fig. 1, 2) e FoURTEAU (Contribution è l’étude de la faune crétacique d’ Egypte, 1805) hanno meglio d’ogni altro contribuito a mostrare che Ostrea larva Lcx. ed O. ungulata ScHLOTE., sono sinonime. L’O. larva indicata dal WarrFIELD (Brachiopoda and lamellibranchiata of the raritan clays and green- sand marls of New Jersey. U. S. G. S., vol. IX, Washington 1885, pag. 34, tav. III, fig. 3-7) e da altri autori americani nella Creta superiore e fin nell’ Eocene inferiore della New Jersey, Missouri, dell’Ala- bama, è una specie alquanto diversa sebben vicina come sarebbero oggi alcune specie del Mediterraneo e del Nord Atlantico europeo cui pur danno il medesimo nome, e dovrà piuttosto chiamarsi Alectryonia falcata Morton. Alectryonia semiplana Sowerry. — Tav. XXV [III], fig. 5-7. 1825. Ostrea semiplana Sowerbv. Mineral Conchology, tav. 389, fig. 1,2. Uadi Sofegin, n. 22 (1 esemplare), 28 (4 es.), 39 (1 es.). Questa specie, intermedia fra le vere Ostreae e le Alectryoniae, è ritenuta estesa dal Santoniano superiore al Campaniano, al Maestrichtiano e al Daniano, in Svezia, Inghilterra, Francia, Belgio, Podolia, Boemia, Olanda, Vestfalia, Ungheria, Algeria, Tunisia, Deserto Libico. KrumBECK la cita in Tripolitania al Gebel Tar sotto lo strato II col calcare marnoso giallo sotto il nome di Alectryonia tripolitana KrumB. KuntH cita 10. armata (non GoLpruss) al Chorm Raschada a Sud di Misda nel calcare bianco-rossastro, Quaas la indica come Ostrea Forgemolli Coquanp fra gli esemplari portati da Rogtrs dalla Tripolitania. Nell’ A. semiplana sono probabilmente uniti tipi molto diversi; ma con altrettanta probabilità le si dovranno aggiungere molte forme che portano nomi svariati. Le Osfreae, così multiformi, sono sempre molto difficili a ben determinarsi ed è possibile che possedendo e comparando grande numero di esem- plari si possano notare differenze costanti nella forma generale fra tipi che abitavano mari così estremi come quelli che. passano tra il settentrione d'Europa e il centro dell’Africa. Gli esemplari delle varie località di Tripolitania, ed anche di una sola, come quelli del n. 28, e sono valve inferiori, diversificano tutti dal più al meno fra loro, sebbene tutti combinino in molti caratteri. Combinano nell’essere profonde, subtriangolari, con umboni appuntati, senza il solco o rispettivamente il rilievo al tallone che hanno le Ostrea plicata Nirsson di Svezia, 0. semiplana GoLpruss, 0. sulcata REUSS, ed O. Bronni MùLLER di Germania, 0. carinata Drxon d’ Inghilterra, 0. semiplana D’ORBIGNY di Picardia, specie che sovente furono riunite alla tipica 0. semiplana Sow. Esse hanno carena ottusa assai accostata alla 276 C. DE STEFANI [22] parte anteriore cui spesso è quasi contigua, con grosse, poco numerose, 6 a 8, coste raggianti, separate da solchi assai larghi, diseguali, oblique, anzi più o meno sigmoidali ed incurvate quasi che il guscio nel crescere avesse fatto una rotazione intorno all’apice verso il margine umbonale della parte posteriore. Impronta muscolare non visibile o mal conservata, apparentemente poco profonda. Solo nel n. 39 vedonsi tracce di costicine quasi normali al margine nella breve parte anteriore: in esso le grosse coste scom- paiono nel tratto più convesso del guscio e presso il margine palleare si biforcano. Delle piccole forme del n. 28 la meglio conservata è fornita di 8 coste più acute perchè meno corrose, leggermente embri- ciate nei punti d’intersezione con le rughe maggiori d’accrescimento; il margine palleare si mostra intagliato a zigzag; non hanno però la forma rettangolare, nè la regolare forma foliacea, nè il maggior numero di coste dell'O. armata GoLpruss del Santoniano di Westfalia che il Coquanp non senza qualche ragione attribuì pure all’O. semiplana, della quale sinonimia però il Peron, l’ HoLzaPFEL, il WEGENER, in seguito a più accurate osservazioni, non convengono, mentre G. MùrLER e JMKELLER considerano tuttavia la prima come semplice varietà della seconda. Però l’Horzaprer cita 10. semiplana simile alla nostra" nello stesso Santoniano di Vestfalia. Non esito ad attribuire all’O. semiplana i nostri individui, particolarmente dopo quanto ha detto il Peron nella descrizione dell'O. semiplana del Campaniano d’Algeria. “ La forme principale et la plus fréquente en Algerie est celle que Coquanpn a représentée sur la planche 38 fig. 11 et 12 de da Mono- graphie; mais il est des individus bien plus étroits, plus déprimés, plus allongés, plus triangulaires, ayant des còtes plus nombreuses, plus irrégulières, parfois méme un peu bifurquées vers l’extremité palléale ,. Ora appunto questi ultimi caratteri si trovano anche nei nostri individui. L’esemplare del n. 22, (fig. 5,0) con 7 grosse coste semplici risponde abbastanza all’O. flabelliformis Nirsson (non Broccni) del Maestrichtiano di Svezia ritenuta sinonima dell'O. semiplana Sow. sebbene abbia le coste meno acutamente angolose, ed un po’ meno alla fig. 1 e pure dell'O. fladelliformis Nisson in GoLpruss e in MùLLER del Senoniano inferiore di Vestfalia pur essa ritenuta anche dal HoLzaPrEL sinonima dell’O. semiplana, che ha le coste meno curve. Somiglia nella forma anche alla fig. 5 dell'O. arcotensis StoLIczta del Maestrichtiano di Arrialoor nell’India, salvo le leggere differenze generali delle quali dirò più sotto. L'esemplare del n. 39 (fig. 7 a, 6) è un po’ diverso per le coste, come dicevo, biforcate al margine umbonale e la presenza di costoline poco inclinate sul margine anteriore; somiglia assai perciò alle fig. 1 e 6 del- lO. subarcotensis Peta6ò del Maestrichtiano della Fruskagora, per la quale specie il suo Autore ha fatto giustamente constatare i piccoli ma costanti caratteri differenti dall’0. arcotensis StoLIezKza dell’ Imdia come dall’O. Renoui Coquanp e dall’O. Janus Coquanp d’Algeria. Finalmente un piccolo esemplare del n. 28 (fig. 6) riproduce quasi, in piccolo, la fig. 17 dell'O. DeviMleè Co- quanp del Campaniano di Ciply nel Belgio, dove pure è indicata 10. semiplara, e di Meudon: nè mi pare sufficente a distinguere la detta O. Devillei la concavità della valva superiore. Un altro piccolo esemplare mal conservato dello stesso n. 28 rammenta la forma del n. 39. Passando agli esemplari figurati e descritti dal KuxtE del Chorm Raschada in Tripolitania, la fig. 3 assai si avvicina alla fig. 1 della predetta O. suburcotensis PerHò, mentre la fig. 2 è, con la precedente, da lui ravvicinata alla O. armata GoLpruss del Santoniano di Vestfalia e realmente è assai vicina alla fig. 3 del GoLpruss. Se non che la forma del KunrA non presenta le appendici fogliose delle coste e queste vi sono sigmoidali e quasi spinte verso il margine umbonale della parte posteriore, mentre nell’0. armata sono più diritte, più fitte, più embriciate: la forma del Kunra sembra la riproduzione in grande del piccolo esemplare del n. 28 da me ravvicinato all’O. Devillei. è ttt [23] 0. DE STEFANI 277 Il KrumBECK da parte sua, che non ha visto gli originali del KuntA, ravvicina la fig. 3 del KunTE all’O. Forgemolli Coquanp del Dordoniano d’Algeria e probabilmente voleva dire di quella parte dell’O. Forgemolli che fu poi denominata O. Tissoti THomAS et PERON, separazione però non ammessa da Quaas: in realtà la somiglianza è grande con la fig. 5 dell’O. Forgemolli di Coquanp (Mon. du genre Ostrea, p. 25, tav. II) cioè O. Tissoti, pur rimanendo le analogie anche maggiori con lO. subarcotensis PETHO, per la forma triangolare, non oblunga. Il KRuMmBECK poi mantiene la fig. 2 nell’O. armata. Il PERVINQUIÈRE a sua volta (p. 212) attribuisce la fig. 3 del KuntH all’O. Renovi Coquanp che ritiene probabilmente identica alla O. Forgemolli Coquanp. Finalmente il KRUMBECK stesso descrive come nuova specie una Alectryonia tripolitana del Gebel Tar che paragona all’O. Villei Coquanp ed anche all’O. arcotensis STOLICZKA più sopra nominata. La sua fig. 11a poco diversifica dalle nostre, specialmente del n. 28 e 39; mentre la fig. 110 pur prossima alla precedente è diversa per maggior numero delle coste. Insomma ognuno degl’ individui Tripolini esaminati da chi volesse distinguere le specie artificiosamente potrebbe essere scisso in 6 o 7 specie, mentre tali sono i rapporti fra loro che a me sembrano appar- tenere a tutt’una specie che io appellerò O. semiplana SowerBY; ne dò più sotto la sinonimia secondo il mio modo di vedere, che non a tutti piacerà, ma che a buon conto è meno comprensiva di quella data dal Coquanp ed in parte poi rettificata da altri. Nota il Peron che si dovrebbe aggiungere alla sinonimia lO. Reboudì Coquanp, precedentemente da questi chiamata 0. plicatuloides (non LEYMERIE). Tra le specie dal Maestrichtiano del Deserto Libico descritte da Quaas, per lo meno il nucleo della fig. 16 del Gebel Gefata nell’Oasi del Dachel indicato come 0. Forgemolli Coquanp, nome dal Quaas attri- buito pure ad esemplari raccolti da RonLrs in Tripolitania, ha troppi rapporti con le nostre forme per poternelo separare. Le forme del Coniaciano e del Santoniano di Tunisia che il PERvINQUIÈRE (pag. 208, tav. XIII, fig. 3) attribuisce alla Alectryonia semiplana, d’altronde con dubbio, mi sembrano diversi. Ecco dunque la molteplice sinonimia. 1862. Ostrea plicatuloides (non LevweRrIE 1851) Coquanp. Paléontologie de la Province de Constantine, tav. 20, fig. 5-7. 1866. — armata (non GoLpruss) Kunra. Die von Ronnrs auf der Reise von Tripolis nach Ghadames gesammelten Versteinerungen. Zeitschrift d. deut. geol. Gesellschaft, vol. 18. pag. 281, tav. 3, fig. 2,,3. 1869. — Reboudi (O. Triboudi nelle tavole) Coquanp. Mon. genre Ostrea, pag. 41, tav. 15, fig. 4-6. 1869. — Devillei Coquanp, pag. 44, tav. 28, fig. 16-21. 1369. — semiplana SowerBy. Coquanp, pag. 74, tav. 38, fig. 10-12. IGIO-cil = _ Peron, pag. 155. 1902. — Forgemolli (non Coquanp?) Quaas, pag. 185, tav. XXI, fig. 16. 1906. — armata (non Gorpruss) KrumBECK, pag. 93. 1906. — cfr. Morgemolli Coquanp. KRuUMBECK, pag. 94. 1906. A/eciryonia tripolitana KruxBECK, pag. 97, tav. VII, fig. 11a, bd. 1906. Ostrea subarcotensis Petnò, pag. 186, tav. XIII, fig. 1-9. Plicatula instabilis Sroviczra. — Tav. XXV [II], fig. 8. 1871. Plicatula instabilis SroLiczra, vol. III, pag. 445, tav. XXXIV, fig. 3-14; tav. XLVI, fig. 3. 1902. — | _ Sror. Quaas, pag. 175, tav. XX, fig. 16-22. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 36 278 C. DE STEFANI [24] Uadi Sofegin, n. 22 nel calcare giallo. La specie provenne finora dal Maestrichtiano del gruppo di Arrialoor nell’ India meridionale e del Deserto Libico. Il nostro esemplare è una valva destra, appena corrosa, ben caratteristica, con 7 coste nodulose aventi indizio di biforcazione presso il margine. Probabilmente la P. paucicostata SEGUENZA (1882, pag. 170, tav. XV, fig. 7), del Turoniano o Ceno- maniano di Calabria e di Sicilia, e la P. auressensis: Coquanp (1862) che di essa è sinonima, propria del Cenomaniano dell'Algeria, di Tunisia, di Siria, del Perù, del Zululand, debbonsi unire alla presente specie, che in tal caso dovrebbe portare il nome di Coquanp. Pecten Mayer Eymari Newrow. 1898. Pecten Mayer Eymari Newton. Egyptian lower tertiary shells. Geological Magazine, vol. V, Decade IV, pag. 535, tav. XIX, fig. 9-12. 1900. - — — — Nrwr. BrankenHoRrN. Newes zur Geologie und Palaeontologie Aegyptens. Zeit- schr. d. deutsch. geol. Ges., Bd. LII, 3, pag. 412. 1902. — /arafrensis Zirr. WaANNER, pag. 114, tav. XVII, fig. 1-3. 1902. — —_ — Quass, pag. 168, tav. XX, fig. 6-8; tav. XXXI, fig. 21-23. Gebel Soda, n. 13 nel calcare giallo. La specie viene indicata dal Campaniano del Deserto Arabico (BLANKENHORN), e dal Maestrichtiano e Daniano dell’ Egitto (WannER) e del Deserto Libico (Quaas). Le località di Esnah e del Gebel Zait in Egitto attribuite dal Newron all’Eocene inferiore appartengono invece secondo BLANKENHORN al Daniano. Una valva sinistra mal conservata, appena concava, che si presenta nella sua parse interna essendo l'esterno aderente alla roccia, e per soprappiù assai frustata dalla deflazione, per la forma e biforcazione delle sue costole fin presso l’apice sembra doversi ben attribuire a questa specie. Paragonando descrizione e figure non si può a meno di riconoscere, come già fecero WANNER e QUAAS, la sinonimia delle due specie dello ZirreL e del Newron. Perciò secondo ogni buona regola il nome del Newron deve essere preferito. LevINSKI (Preyczynki do enajomosci fauny kredovej gub. Lubelskiej. Comptes rendus de la Société scien- tifique de Varsovie, ann. V, 1912, p. 212) ritiene che il P. farafrensis possa essere una semplice varietà del P. acuteplicatus Arta del Maestrichtiano di Polonia; ma le coste in questo sono meno numerose. Pecten (Chlamys) sp. Gebel Soda, n. 37 nel calcare giallo (2 frammenti in un medesimo pezzo di roccia). Un frammento con superficie esterna ha 3 rilievi e 3 intervalli depressi altrettanto larghi. Ogni rilievo è fornito di costoline radianti a sezione triangolare nel numero di 2 o 3, o forse anche 4; la principale non è sempre perfettamente mediana, ma alquanto spostata verso un de’ lati, ed è talora predominante od accompagnata da altra costa di dimensioni minori; negl’intervalli depressi, ma a distanze variabili, perciò irregolari, corre un’altra costicina assai più sottile. Queste costole, particolarmente le principali, sono embriciate, con aculei rivolti verso il margine palleare. Un altro frammento presenta verosimilmente la parte interna della stessa specie. Sono 7 coste ret- tangolari depresse con 1 a 3 leggeri solchi più marcati presso il margine rispondenti alle costicine spinose della superficie esterna. Sono separate da intervalli regolari poco meno larghi e pur depressi. ci = ee AC ea [25] C. DE STEFANI 279 Ulteriori esemplari decideranno se si tratti o meno di una specie nuova. Essa si avvicina ai Pecten asper LAMARCK, rarispinus Reuss, Marrotianus D’ORBIGNY e ad altri vicini, della Creta; ma più che altro al P. (Chlamys) asperulinus StoLIczzA (1871, pag. 432, tav. XXXI, fig. 10, 11; tav. XLIV, fig. 5) del Maestrichtiano del gruppo d’Arrialoor in India, sebbene in questa specie, abbastanza variabile come le precedenti, le costoline radianti sieno più numerose e sembra pure più regolari. Anche il P. Dujardini Rozmer del Turoniano di Francia e di Germania somiglia; ma la costolatura degl’intervalli pare diversa. Modiola Michaelis sp. n. — Tav. XXV [III], fig. 10. Gebel Soda, n. 19 nel calcare giallastro (1 bellissimo esemplare). Conchiglia evidentemente a guscio assai delicato, equivalve, allungata, molto inequilaterale. Valve ampiamente rigonfie nel mezzo, regolarmente crescenti di altezza dall’avanti all’indietro; umboni picco- lissimi, poco prominenti, regolarmente gonfi ed incurvati verso la parte anteriore. Parte ventrale delle valve pochissimo avanzata oltre l’umbone, piccola, regolarmente convessa: parte anale costituente quasi l’intera conchiglia leggermente incurvata, cioè appena convessa nel margine cardinale, concava in quello palleare: margine posteriore, che è un poco mancante, regolarmente convesso, fornito di una angolosità smussata rispondente al massimo rigonfiamento del guscio, la quale partendo dall’umbone con leggera curva va a finire alla parte infero-posteriore. La superficie è ornata di finissime costoline concentriche le quali secondano la curva dei margini anale, palleare, e ventrale; esse, nella regione cardinale sopra l’angolosità, sono più grosse, più rade, alquanto più irregolari, separate da più larghi intervalli lisci. Passata la parte superiore verso la ango- losità si spartiscono in 2 o 3 costoline di eguali dimensioni, e nella parte interiore confluiscono di nuovo prendendo direzione parallela al margine palleare e diventando più sottili, più regolari, più fitte. Se non che nella parte mediana-inferiore del guscio alcune di quelle costoline più grosse prima di confluire di- rettamente con altre scendono oblique al margine palleare intersecando diverse di quelle altre costole che seguono parallelamente al margine stesso; danno luogo così ad una particolare ornamentazione simile a quelle di alcune Gowldiae, Tellinae ed altre bivalvi. DIMENSIONI Lunghezza . . ; 5 ; © mm. 105 Altezza agli umboni . o 5 ; » 16 Altezza presso il margine posteriore . » 130 Grossezza nella parte mediana . ” DUET Questa specie parmi ben distinta dalla M. flagellifera (Modiola) Forses del Maestrichtiano delle Indie, di Francia, d'Ungheria perchè nella nostra le costole, specie superiormente e sulla convessità angolosa della conchiglia sono più sottili, più irregolarmente biforcate, non regolarmente suddivise in 3 rami, e per l’ornamentazione nella parte media-inferiore del guscio. Anche la concavità del margine pal- leale nella nostra sembra maggiore. La M. siligua (Modiola) MATHERON pur della Creta superiore ha la parte ventrale meno distinta, gli umboni più avanzati e più prominenti, la forma relativamente meno al- lungata, la costolatura diversa. Cuspidaria? sp. — Tav. XXVI [IV], fig. 10. 21902. Corbula striatuloides (non ForBrs?) Quaas, pag. 231, tav. XXV, fig. 12-15. 21906. Corbula (Neaera?) striatuloides (non ForBes?) KrumBECK, pag. 111, tav. VIII, fig. 12. 21912. Corbula striatuloides (non ForB.?) PERVINQUIÈRE, pag. 295, tav. XX, fig. 23-28. 280 C. DE STEFANI [26] Gebel Soda, n. 1 (1 esemplare incompleto) nel calcare giallo. Conchiglia inequivalve, inequilaterale. Valva destra molto rigonfia con umbone assai curvo: costole concentriche su tutta la superficie, molto marcate come nelle figure del Quaas, però all’indietro rapi- damente incurvate quasi ad angolo parallelamente al lato posteriore stesso, forse fino a raggiungere il rostro del quale, essendo il lato anteriore rotto come avviene in tante Cuspidariae, non si può bene ve- rificare l’esistenza. La valva sinistra è spostata, ma pare più piccola della destra. - Risponde come dicevo, alle descrizioni del Quaas e del KrumBECK ed alle figure del primo, conside- rando pure la varietà, anche nella gonfiezza e curvatura degli umboni, da essi attribuita alle loro forme. Però il nostro esemplare è più inequilaterale e più obliquo, sicchè l’identificazione rimane incerta. I due citati Autori, insieme col FourtEAU (Contribution è Vétude de la faune crétacique d’ Egypte, pag. 342. Le Caire, 1904) riuniscono le loro forme alla Corbula striatuloides FoRBES (1845, pag. 141, tav. XVIII, fig. 14a,6) la cui figura è riprodotta da SroLiczra (1871, pag. 43, tav. XVI, fig. 13, 14): ma le forme indiane sembrano avere le costole più rade e l’umbone della valva Sinistra meno ricurvo. Tutte queste forme, compresa la nostra, per essere inequivalvi furono attribuite a Corbulae: ma il KRruMBECK attesa la presenza di un rostro, non che per l’apparente forma del ligamento, le pone con incertezza nel genere Neaera, come già aveva proposto lo ZitreL (Beitrige zur Geologie und Palcionto- logie der libyschen Wiiste und der angrenzender Gebiete von Aegypten. I. Palaeontographica, Bd. XXX, pag. 63. Stuttgart 1883). Però il nome generico Neaera rientra in sinonimia col nome più antico di Cuspidaria proposto dal NarDo nel 1840. Probabilmente si tratta di forme intermedie fra Corbulae e Cuspidariae. La Corbula striatuloides è citata dal ForBes e da SroLiczga nel Turoniano delle Indie, dal FouRTEAU in quello d’Egitto. Quaas la indica nel Maestrichtiano del Deserto Libico, ed il KRumBECK nel calcare bianco Maestrichtiano del Gebel Tar in Tripolitania. Il PERVINQUIERE la cita presso Ghadames alla Garat Temblili nel calcare siliceo, e nei calcari dolomitici di Tunine. Crassatella Sforzai sp. n. — Tav. XXVI [IV], fig. 1, 2. Gebel Soda, n. 10 (valva sinistra: visibile anche il cardine), 24 (2 valve destre, una intera ed altra in frammento). Nel calcare giallo. Conchiglia massiccia, di grandi dimensioni, equivalve, inequilaterale, di forma ovale allungata. Parte anteriore ovale arrotondata, breve; posteriore assai più larga, caudata, posteriormente assai ristretta, con margine cardinale diritto, quasi angolosa al termine; margine palleare poco convesso: umboni ottusi, di- scretamente rigonfi, con breve lunula ovale, allungata, profonda e con area posteriore più lunga pure incavata e profonda. Una ottusa ma ben distinta carena partendo dall’umbone termina all’estremità angolosa posteriore. Il breve spazio fra questa carena ed il margine cardinale è lievemente depresso e concavo; il rimanente della conchiglia è regolarmente e dolcemente convesso. La superficie è ornata sugli umboni da 7 ad 8 rughe concentriche triangolari, rilevate, equidistanti, con intervalli sottilmente striati, e poi da linee di accrescimento poco irregolari, ben distinte specialmente verso i margini: queste sì riu- niscono e si fanno più marcate verso il margine anteriore e negli esemplari ben conservati nella parte superiore si mostrano come rugosità embriciate ricoprenti ciascuna la parte verso l’apice. I margini internamente sono denticolati. Il cardine della valva sinistra (fig. 1 @) ha 2 denti massicci, triangolari, obliqui, divergenti, quasi eguali, con profonda fossetta triangolare nel mezzo destinata a ricevere il dente triangolare obliquo della valva destra sii |27] C. DE STEFANI 281 che si vede nel frammento del n. 24. Anteriori e posteriori ai denti sono due fossette, delle quali l’an- teriore più lunga e stretta, la posteriore triangolare e meno profonda. Il ligamento interno stava in una fossetta poco profonda posteriore. Impronte muscolari profonde. DIMENSIONI Lunghezza circa . ò c È o mm. 65 Altezza dell’umbone . 7 7 5 » 45—50 Grossezza di una valva . " i ò » 20 Questo tipo comincia nel Senoniano di Gosau dove è indicata la C. austriaca ZirteL a Muthmannsdorf in Austria (A. ZirteL. Die Bivalven des Gosaugebilde in den nordostlichen Alpen. Denkschr. d. Kais. Ak. d. Wiss. Math. nat. Classe, Bd. 24, pag. 151, tav. VIII, fig. 1a-b. Wien 1865), e seguitando nell’ Eocene e nell’Oligocene scomparisce dal Mediterraneo nel Miocene ma continua con forme simili nei mari della Nuova Olanda. La nostra specie somiglia molto alla C. carcarensis MicHELOTTI dell’Oligocene ed a varie forme eoce- niche, come notò lo ZirteL per la sua C. austriaca; ma si distingue per le rughe triangolari dell’apice, per la parte anteriore molto più convessa della ©. austriuca ma meno delle specie terziarie, per la de- pressione un poco maggiore della parte posteriore situata fra la carena ed il margine cardinale, pei margini denticolati, pei denti meno obliqui. Crassatella (Crassitina) Paronai sp. n. — Tav. XXVI [IV], fig. 4-9. 1906. Crassatella Zitteli (non WannER?) KRUMBECK, pag. 107, tav. VIII, fig. 8. Gebel Soda, n. 1 (8 esemplari), 7 (3 es.) nel calcare gialliccio. Conchiglia di mediocri dimensioni, rettangolare, equivalve, inequilaterale, con l’umbone poco marcato, ottuso, rivolto innanzi, a circa un terzo delle valve; posteriormente assai ristretta; poco convessa nel quarto superiore, verso il margine palleare si va deprimendo; anteriormente arrotondata, convessa, con curva regolare si unisce al margine palleare. Margine palleare alquanto arrotondato; si unisce con angolo ottuso al margine posteriore: questo è retto, ma corre obliquamente fino ad una certa distanza dall’umbone ove si unisce pur con angolo ottuso al breve margine cardinale pur retto. Lunula breve abbastanza profonda. Dall’umbone parte fino all'angolo posteriore che termina il margine palleare una ottusa carena, cui nel margine posteriore segue una depressione nettamente distinta e profondamente incavata. 18 a 20 costole concentriche, visibili anche nei nuclei interni, abbastanza grosse, regolari, uniformi, separate da intervalli minori, ornano la conchiglia dall’apice al margine palleare, ma non arrivano alla carena posteriore, che è affatto liscia, oppure vi si perdono, con angolo ottuso, appena distinte. In un esemplare si vede bene la traccia del ligamento esterno. Somiglia molto alla €. Zittelì WANNER (pag. 121, tav. XXVIII, fig. 3, 4), citata anche dal Quaas (pag. 208, tav. XXIII, fig. 24-28) del Maestrichtiano del Deserto Libico, e specialmente alla var. lucinoides Quaas ma se nelle dimensioni risponde al tipo di WANNER, rispetto agli esemplari del Quaas ha in mas- sima dimensioni minori; ha poi forma più regolarmente quadrata, più equilaterale, margine anteriore più arrotondato, margine posteriore retto ed obliquo, più scavato e depresso; costole meno grosse che non si prolungano con eguali dimensioni alla carena posteriore. 282 C. DE STEFANI [28] L’unico esemplare non buono citato dal KrumBECK in Tripolitania al Gebel Tar nel calcare bianco dello strato 3 risponde maggiormente alle nostre forme. Altezza 5 , 5 . mm. 8-10 Lunghezza . c . 0 » 11-12 Grossezza . ù 7 ò » 6-7 Cardita Beaumonti D’Arcaiac. — Tav. XXVI [IV], fig. 11-19. 1853. Cardita Beaumonti D’ArcHIAc et Hare. Description des animaux fossiles de l° Inde, pag. 253, tav. 21, fig. 14a, b. 1871. — Jaquinoti (non p’OrBIGNY?) SroLiczga, pag. 290, tav. X, fig. 15-21. SS OMO Tripolitensis Coquanp. Etudes supplémentaires sur la Paléontologie algérienne faisant suite è la description géologique et paléontologique de la region Sud de la province de Constantine. Bull. d. l’Académie d’ Hippone, n. 15. Bone, pag. 122. 1881. — Baronnetti Munier-CHanmas. Note paltontologique sur les fossiles recueillis par M. le Comman- dant Roudaire dans son expédition scientifigque en Tunisie. RoupAIRE, Mission dans les Chotts tunisiens, pag. 70, tav. II, fig. 4-8. 1897. — Beaumonti D’Arca. var. deluchistanensis NoetLING, pag. 45, tav. 32, fig. 3-6. 1902. — libyca Zirr. Quaas, pag. 203, tav. XXIII, fig. 13-21; tav. XXXII, fig. 3-6. 1904. Venericardia Beaumonti v’ Arca. DovuviLLÉ. De Morgan, Mission scientifique en Perse, vol. III, parte IV; Mollusques fossiles, pag. 356, tav. 50, fig. 11-15. 1906. Cardita Beaumonti KrumBECK, pag. 105, tav. VIII, fig. 6a, d. 1912. — Barronnetti Mun.-Cnar. PrRvINQUIERE, pag. 241, tav. XVII. fig. 1-3. 1912. — Beaumonti D’ArcH. PERVINQUIÈRE, pag. 242, tav. XVIII, fig. 4-22 (cum synonimis). Gebel Soda, n. 1 (3 esemplari), 2 (1 es.), 3 (4 es.), 9 (2 es.), 10 (3 es.), 13 (1 es.) 16 (con Zurritella For- gemolli Coq., Natica Bouveti Perv., Cytherea Andersoni Newton), 24 (1 es. con 7. Forgemolli), 31 (6 es.), 37 (2 es). Uadi Sofegin, n. 8 (1 es.), 23 (1 es.), 43 (3 es.). Nel calcare giallo. Questa specie è propria del Maestrichtiano della Birmania, del Sind, del Beludscistan, della Persia e del Deserto Libico, di Tunisia, fino a Sud del Sahara; trovasi pure nel Dordoniano, che è la facies a Rudiste del Maestrichtiano e nel Daniano in Arabia, in Algeria, e forse nei Pirenei, al Brasile, nel Perù. In Tripolitania il KrumBECcK la cita entro il calcare chiaro e le argille gialliccie del Gebel Tar, e nel calcare giallo del Gebel Ferdjan: Coquanp la indicò (0. 7ripolitensis) presso Ghadames a Kef el Gueraa o Gur Hattaba: PeRvinquiERE pure a Ghadames nel calcare siticifero alla Garat Temblili, alla Garat el Hamel, a Tunine nel Maestrichtiano o forse nel Daniano. I nostri esemplari sono numerosi e belli, in tutte le forme di conservazione, taluni anche col cardine (fig. 16) altri come nuclei. Rispondono alle descrizioni ed alle figure sopra riportate: alcuni alla figura 6@ di KrumBECcK; altri che ricordano la C. planicostata LamaRck dell’Eocene del Bacino di Parigi e la ©. Jo- uanneti Desw. del Miocene medio, non distinguibili dal tipo se non per la corrosione degli ornamenti su- perficiali come la fig. 6, tav. XXXII del Quaas; e sono la 0. Baronnetti Mun.-CHALM.; altri piccoli, spe- cialmente sotto forma di nucleo come la fig. 21, tav. XXIII del Quaas, ed altri, tubercolati, come le fig. 16 e 18 della stessa tavola. ; Non parmi da escludere la sinonimia della C. Jaquinoti D’OrB. del Maestrichtiano del gruppo d’Ar- rialoor in India, descritta da SroLiczra, sebbene il Quaas la giudichi diversa per i due denti cardinali acutamente devianti nella valva sinistra per vero dire, a giudicar dalle figure, non perfettamente conservata. î (04) [29] C. DE STEFANI 28 PERVINQUIÈRE in parte d’accordo con Autori precedenti aggiunge alla sinonimia della specie la 0. Loryi Coquanp della Provincia di Costantina attribuita con probabile errore all’Eocene inferiore, la C. erotica GagB del Perù, la C. îinflata e la C. Sabothi LeymERIE, dei Pirenei, per verità assai incerte, la C. Mor- ganiana Warre del Brasile, la C. subcomplanata NoerLINe del Beludscistan, la Venericardia imbricatoides DouviLLé della Persia, tutte della Creta più alta. Cardium (Trachycardium) Desvauxi Coquanp. 1862. Cardium Desvauxi Coquanp. Géologie et Paléontologie de la Region Sud de la Province de Constantine. Mém. Soc. émulation de Provence, Marseille, pag. 206, tav. XI, fig. 3, 4. ? 1862. -_ Mermeti Coquanp. Ibidem, pag. 207, tav. XI, fig. 6, 7. 2 1871. -- productum (non SoweRrBY?) SroLiczra, pag. 217, tav. XI, fig. 15, 16. 1906. — pseudoproductum Pernò, pag. 292, tav. XXIV, fig. 11, 12. Uadi Sofegin, n. 23 nel calcare gialliccio con Cardita Beaumonti D’ARCE. (2 piccoli esemplari fram- mentizi nei quali si vede bene la parte umbonale). La specie è indicata nel Maestrichtiano della Fruska gora in Ungheria e probabilmente nel Cenoma- niano del gruppo di Ootatoor nell’India non che nel Cenomaniano dell’Algeria e della Tunisia. L’esemplare meno scompleto, è inequilaterale, oblungo, assai più alto che largo; lato anteriore più breve, posteriore che si amplifica e si deprime alquanto sotto gli umboni. Questi sono mediocremente convessi; diretti prima apparentemente all’indietro l’apice s’incurva al fine verso la parte anteriore: margine car- dinale brevissimo; margine anteriore poco convesso; margine palleare altrettanto poco convesso, quasi rettilineo. La superficie, più o meno corrosa, presenta numerose costoline radianti ricoprenti tutta la conchiglia, che nei punti più corrosi sembrano bifide, fornite di rugosità granulari le quali non compaiono negli stretti intervalli. Tutti i caratteri notati rispondono assai bene alla specie del Coquanp ed a quella perfettamente si- nonima del PetHò piuttosto che al tipico C. productum SowkRBy, il quale, con vari altri nomi, apparisce comunissimo dal Cenomaniano al Maestrichtiano d’Italia (C. giganteum SeGuENZA), di Francia, Belgio, Olanda, Germania, Boemia. Infatti nel C. pseudoproductum, secondo l’Autore, come negli esemplari indiani che StoLIczka denominò €. productum e come nel nostro, le granulazioni starebbero a dirittura sulle coste e non negl’intervalli. È possibile che perfetti esemplari mostrino più intimi rapporti col C. productum Sow., nel qual caso essi apparterrebbero alle sezione Gramocardium distinta per i suoi tre eterogenei strati del guscio, se- condo la interessante dissertazione del HoLzAPFEL. Cardium (Protocardium) Hillanum Sowrrzy. 1813. Cardium Hillanum SowerBy. Mineral Conchology, vol. I, p. 4L. 1865. — (Protocardium) Hillanum Sow. ZirreL. Die Bivalven der Gosaugebilde in den nordostlichen Alpen. Denkschr. d. k. Ak. d. Wissensch. Wien, Bd. 24, pag. 140, tav. VII, fig. 1, 2 (cum synonimis). 1871. Protocardium Hillanum Sow. SroLiczza, pag. 219, tav. XII, fig. 8-10; tav. XIII, fig. 1-3. Uadi Sofegin, n. 5 (1 esemplare nel calcare bianco gialliccio). Gebel Soda, n. 11 (1 es.) nel calcare giallo con Alectryonia larva Lcx. 284 N C. DE STEFANI [30] La specie è comunissima nel Cenomaniano, nel Turoniano, nel Senoniano di Inghilterra, Francia, Ger- mania, Boemia, Calabria, Algeria, Tunisia, Palestina, e nel gruppo di Trichinopoli nell’ India. Lo StoLiczzA tiene separato, giustamente, il C. Hilanum (non Sow.) Ròmer della Creta superiore del Texas. Finora la specie non è stata indicata nel Maestrichtiano; ma probabilmente le è sinonimo il €. delicatulum Sto- LICZKA (1871, p. 220, tav. XIII, fig. 8) del Maestrichtiano dell’India meridionale. Una valva sinistra del n. 5, per quanto la superficie sia imperfettamente conservata, presenta costole concentriche nel lato anteriore, e costole radiali nel quarto posteriore. È nettamente riferibile a questa specie un’altra più piccola ma ben distinta valva sinistra del n. 11 con 8 o 9 sottili solchi separanti grosse coste radiali nell’estremo posteriore, e piccole, regolari coste concentriche nel rimanente. Per le sue piccole dimensioni potrebbe ravvicinarsi alla varietà del Gosau che Reuss chiamò C. difrons [Kreideschichten in den Ostalpen. Denkschr. d. K. Ak. d. Wiss. Bd. II, Wien 1854, pag. 145, tav. 28, fig. 19] nella quale però lo ZirteL non trova alcuna differenza dal tipo, se non nelle piccole dimensioni. Esemplare Esemplare minore maggiore a Lunghezza . ? o - o mm. $ mm. 13 Larghezza . . È 5 6 » 6 » 11 Cytherea Andersoni BuLLen-Newron. — Tav. XXVI [IV], fig. 20-22. 1909. Meretrix Andersoni BurLen-Newron. Cretaceous Gastropoda und Pelecypoda from Zululand. Trans. R. Soc. of S. Africa, vol. I, pag. 75, tav. VI, fig. 7-9. 1912. Meretrix Andersoni Buur.-Newmr. PervinquièRe, tav. XX, tig. 17a, d. Gebel Soda, n. 16 (2 esemplari), 24 (4 es. nel calcare giallo con Turritella Forgemolli Coquanp); Uadi Sofegin n. 43. La specie fu indicata nel Sengniani di Tunisia e probabilmente pure nel Senoniano dello Zululand. Conchiglia arrotondata, grossolanamente triangolare, quasi equilaterale, essendo gli umboni di poco spostati verso la parte anteriore, poco più lunga che alta: margine posteriore ampiamente convesso; margine anteriore più triangolare, essendo la parte superiore discendente con linea quasi retta; corsa- letto formante un profondo solco: lunula piccola, cordiforme: margine palleare ampiamente convesso che si unisce a quello posteriore con ampio e regolare giro, a differenza di molte altre specie nelle quali la parte posteriore è più o meno angolosa. Umboni poco prominenti. Superficie quasi liscia presso gli umboni, nel resto concentricamente costata, con qualche costolina di tanto in tanto più marcata delle altre, ma in genere uniformi, però più grosse nella parte anteriore e nel mezzo, più sottili posteriormente. SIONE costole sono scalate in modo da sembrare quasi embriciate verso gli umboni. Non si vedono impressioni muscolari, e del cardine vedonsi tracce della fossetta posteriore e dei due denti cardinali; per analogia e dalla parvenza esteriore devesi giudicare una Cytherea. Lunghezza 6 ; o . mm. 18 i mm. 15 Altezza " o . c o » 14 » 12 Somiglia nelle dimensioni, alla Cytherea (Callista) fabulina STOLICZKA, pag. 174, tav. XVI, fig. 31-33, 1871, proveniente dal Cenomaniano delle Indie; ma questa è più inequilaterale, assai meno convessa posterior- mente, con gli umboni più acuti e più prominenti. Si avvicina forse anche alquanto più alla Cytherea o [81] C. DE STEFANI 285 Tapes faba SowerBy (Venus faba SowerBy. Mineral Conchology, v. 129, tav. 567, fig. 3, 1827; Cyprimeria faba Sow. HorzapreL. Ueber cinige wichtige Mollusken des Auchener Kreide. Zeitsch. d. deut. geol. Ges., Bd. XXXVI, pag. 467, tav. VII, fis. 1, 1884; Tapes faba Sow. Hovzarrer. Die Mollusken der Aachener Kreide Lamellibranchiata. Palaeontographica, vol. XXXV, pag. 165, tav. XIII, fig. 7-10, 1888-89), del Se- noniano inferiore di Vestfalia e della Creta superiore, probabilmente del piano precedente, di Blackdown e Bracquegnies in Inghilterra. HorzarreL la dice anche del Turoniano di Baviera e forse del Cenoma- niano di Boemia e di Sassonia. Però la specie del SowerBy ha dimensioni più grandi, parte posteriore meno arrotondata della no- stra e viceversa più arrotondata la parte anteriore; inoltre nella nostra la superficie verso gli umboni è più liscia: i cardini delle due specie non si possono paragonare. Le proporzioni della lunghezza all’altezza nei nostri esemplari è come 128 a 100; mentre negli esemplari della Zapes faba di HoLzaPreL della Vestfalia è come 130 a 100. HorzaPreL dice le forme sue essere identiche alla Venus faba ed anche alla Venus ovalis Sow. Egli però non usa il nome V. ovalis Sow. precedente all’altro, per non incontrarsi con la V. ovalis non Sow. GoLpruss che è una vera Cytherea od una Venus di specie diversa. Dice il predetto Autore che ha fatto una lunga dissertazione sulla Tapes faba, che causa l’imperfe- zione delle figure da queste non si possono ben giudicare i tipi esaminati dai vari autori, senza l’os- servazione degli esemplari originali. Perciò la Venus faba Sow. di Gornruss, ad onta che Honzaprer la ritenga rispondente al tipo di SoweRBY, però mal figurata, servì di tipo per la V. subfaba D’ ORBIGNY pur Senoniana, specie cui debbono riferirsi la V. faba Sow. di GemnITZ e la Tapes subfaba D’ORB. G. MùLLER del Senoniano di Broitzen, la quale è ovale ed assai più allungata della Citherea o Tapes faba Sow. e della nostra e con costoline più sottili e più numerose. Così sono diverse anche dalla specie nostra ‘la Venus faba D’ORBIGNY, e la V. faba RormER del Cenomaniano di Boemia. A me pare invece, d’accordo col GùmBEL, ma non con HocrzaPret che la Venus bavarica MùnstER della Creta di Regensburg sia per lo meno molto vicina alle specie ora indicate. HorzaPreL del resto esamina anche forme del Cretaceo di Germania descritte da altri autori, ammettendone alcune ed escludendone altre. Questi tipi di Zapes e principalmente le Cythereae sono molto variabili; pure per certi caratteri co- stanti si possono bene raggruppare quando si possiedono individui completi. Esse sono poi molto longeve ed il tipo di queste specie si conserva fino ad oggi anche nel Mediterraneo con la Cytherea rudis Pot, mentre le Zapes ivi viventi sono tutte più allungate trasversalmente. La COytherea splendida MéRIAN del- l’ Eocene del Bacino di Parigi è, per lo meno nella forma, assai vicina. Nucula tremolate-striata Wawwer. — Tav. XXVI [IV], fig. 23, 24. 1902. Nucula tremolate-striata WANNER, pag. 119, tav. XVII, fig. 15. 1902. .— - — Quaas, pag. 194, tav. XXXI, fig. 30-33. Gebel Soda, n. 1 (4 esemplari) nel calcare giallo, 7 (3 es.) nel calcare bianco. Trovasi nel Maestrichtiano e nel Daniano del Deserto Libico. I nostri esemplari sono nuciei nei quali vedonsi le tracce delle forti impronte muscolari e della linea palleare, non che talora i denti; ovvero serbano la superficie ma così mal conservata che ha per- duto ogni traccia dell’ornamentazione, salvo talora indizi delle strie concentriche in modo così caratteristico ondulate. Per la forma ovale allungata, assai inequilaterale, poco alta rispettivamente alla lunghezza, la specie è abbastanza diversa dalle Nuculae neogeniche e viventi. Palaeontographia italica, vol. XIX. 1913. 37 286 C: DE STEFANI [2] Nucula chargensis Quaas. — Tav. XXVI [IV], fig. 25. 1902. Nucula chargensis Quaas, pag. 195, tav. XXXI, fig. 34-36. Uadi Sofegin, n. 28 nel calcare giallo; un nucleo ben conservato. Quaas la indica nel Maestrichtiano del Deserto Libico. e Si distingue dalla precedente specie, come nota il Quaas, per la parte anteriore più breve, lunula più lunga, denti ben visibili anche nella regione della lunula, più evidenti, più sviluppati. Un esemplare del u. 7, triangolare, con l’apice portato in avanti, con traccia di denti normali alla linea del cardine, sembra appartenere ad una Arca sp. Però una delle valve, forse per spostamento, sembra più piccola dell’altra, e l'esemplare è troppo imperfetto per una determinazione esatta. Inoceramus regularis p’Orienv. — Tav. XXV [III], fig. 9. 1836. Zmoceramus Cripsti (non MantELL) Goupruss. Petr. Germaniae, II, pag. 116, tav. CXII, fig. 40-d. 1846. 1846. 1852. 1863. 1885. 1902. 1904. 1906. 1909. 1912. 1992. reqularis D’OrBIGNY. Pal. frangaise, pag. 516, tav. CCCCX. Goldfussianus D’OrBIGNnY. Pal. frang., pag. 517, tav. COCCXI. impressus (non D’OrB.) Beyrica. Ber. diber die von Overweg ecc., pag. 151, tav. V, fig. La, d. Uripsi (mon Mant.) Varonne in MircHER. Mission de Ghadames, Alger. = = Der Srerani. Studi paleontologici sulla Creta superiore e media del- l Appennino settentrionale. Atti R. Ace. dei Lincei, s. IV, Me- morie, vol. I, pag. 109, tav. I, fig. 1, 2. _ — Quaas, pag. 170, tav. XX, fig. 9, 10. — _ ArragnI. Inocerami del Veneto. Boll. d. Soc. geol. it., vol. XXIII pag. 194, tav. IV, fig. 10-12 e fig. 8 intercalata. _ — KrumBECK, pag. 102. balticus Bornm. Ueber Inoceramus Cripsi auct. (H. ScarornER und J. Bornm. Geologie und Palaeontologie der Subhercynen Kreidemulde. Abhandl. d. k. preuss. Geol. Lan- desanst., N. F., Heft 56, 64, pag. 47, tav. XI, fig. 2a; tav. XII, fig. 1a. regularis v’OrB. PERVINQUIÈRE, pag. 117, tav. VIII, fig. 5, 64,0, 7-9. balticus Boram. Woops. The evolution of Inoceramus in the Cretaceous Period. Q.J. of the geol. Soc., London, vol. LXVIII, pag. 16, fig. 87-89. Inoceramus Oripsi compl. auctorum. Principio dell’ Uadi Merdu prima delle antichità romane. Gebel Soda, n. 14. La specie stessa fu già indicata in Tripolitania nell’ Uadi Tagidscha, a SS O di Misda (BEYRICE, I. impressus), a Ghadames (Vatonne), e PervInQuIERE la trovò a Ksar el Gul 10 km. ad O di Ghadames, al Gebel Senirher, Msciguig, Mzezzen a Gur el Hajlane e limiti meridionali della Sebca, a Gur el Hat- taba. Arriva fino all’Eocene medio nell'Appennino e probabilmente altrove. Essa si trova già nel Senoniano di Gosau, nel Santoniano, nel Maestrichtiano di tutto il globo. Si conosce in Russia, Inghilterra, Germania, a Maestricht, in Francia, in Italia a Brenno in Brianza e nel Veneto, Algeria, Tunisia, Egitto, Indie, negli Stati Uniti. Prima D’ORBIGNY, poi BoeHM, poi Woops, hanno riconosciuto che 1’ Z. Cripsì ManTELL è diverso dalla presente specie ed è proprio del Cenomaniano. PERVINQUIÈRE fece giustamente osservare che quest’ ultimo ha avuto una infinità di nomi particolari, fra i quali si potrebbe scegliere senza ricorrere a quello ul- i } i i : [33] | ©- €. DE STERANI 287 timo di /. balticus Bornm; egli dimostrò che il nome di p’OrBIGNY, 7. regularis, come più antico fra tutti deve essere preferito, non essendosi più ritrovato il tipo dell’. Barabinìi Morton (1834) del Senoniano degli Stati Uniti da alcuni attribuito come sinonimo alla presente specie. Mi pare possibile che vari tipi descritti e figurati dall’ArracHI con nomi diversi, come 1° Z. labiatus Scurota. di Gallio attribuito al Tu- roniano, l’/. Brorngriartii Sow. del Senoniano di Fumane, non che |’ Z confusus ArragnI della Creta su- periore di Greez in Vestfalia, debbano rientrare nell’ I. regularis. La specie arriva sicuramente per lo meno all’Eocene medio in una quantità di luoghi dell'Appennino al disopra di strati con nummuliti Luteziane e Parisiane. Io, nel 1885. fondandomi sul solo Inoceramus e secondando l'opinione che tutt'oggi si può dire universale, ho attribuito alla Creta superiore i terreni che lo contengono; ma gli studi stratigrafici posteriori del Lorri e miei, e il ritrovamento avvenuto in tante e tante altre località ci hanno persuaso che si tratta di Eocene. L'opinione generale differente ha potuto mantenersi perchè i terreni eocenici ad 2rocerumus dell’Appennino settentrionale depositati in mari profondissimi sono ignoti altrove, sicchè i rarissimi fossili che contengono appartengono a tipi affatto diversi da quelli dell’ Eocene delle Alpi e di altri classici luoghi, e quei tipi si avvicinano maggiormente a quelli già notì dei mari profondi della Creta. Per quanto abbia rinnovato più volte l'esame degli Zoceramus trovati nell’ Eocene non sono riuscito a distinguerli dell’ 2. Cripsiî auct. pro parte, o 1. regularis p’ORB. del Cretaceo. L'idea che una conchiglia sì fragile come quella dell’Inoceramus possa trovarsi nei depositi dell’ Eocene perchè trasportata da terreni cretacei potrebbe forse valere pei frammenti di guscio fibroso che si trovano nei calcari nummulitici; ma non può nemmeno proporsi per gli altri depositi di mare profondo, dove si trovano le valve appaiate, e dove mancano altri fossili di origine cretacea, più resistenti, che avrebbero seguito la medesima sorte. Lucina dachelensis Wawnwor. — Tav. XXVI [IV], fig. 26-29. 1902. Lucima duchelensis WanNER, pag. 123, tav. XVIII, fig. 6. 1902. — _ Quaas, pag. 213, tav. XXV, fig. 8-12. 1906. - _ KrumBEoK, pag. 108, tav. VIII, fig. 10. Gebe! Soda, n. 1 (3 esemplari), 11 (1 es.), 13 (1 es.). 14 (1 es.), 15 (1 es.), 41 (3 es.); Uadi Sofegin, n. 232 (1 es.), 28 (1 es.). La specie fu fondata sopra individui del Maestrichtiano e Daniano del Deserto Libico. Di STEFANO la cita anche nel Daniano del Deserto Arabico. KrumBEcK poi la cita in Tripolitania nel calcare bianco del Djebel Tar. Conchiglia molto variabile, non grossa, inequilaterale, ovale, talora più lunga che alta e variabil- mente allungata, ma d’ordinario arrotondata e quasi tanto alta quanto lunga: anteriormente e posterior- mente ovale; margine cardinale quasi rettilineo, specie posteriormente; margine palleare leggermente curvo. Apici rivolti verso il lato anteriore, poco sporgenti, assai ravvicinati. Lunula profonda, lunga e stretta. All’esterno una costolina parte dall’apice posteriormente e va sparendo verso il margine palleare; essa comparisce in rilievo anche nell’interno e nel nucleo è accompagnata da due solchi. Un’altra costola anche più ottusa, pure appariscente nei nuclei, parte dall’apice verso la parte anteriore: fra la costola e l’estremo anteriore della conchiglia questa è assai depressa e vi appare un’altra ottusa angolosità ra- diante dall’apice. Finissime costoline concentriche alquanto irregolari per andamento e assai per dimen- sioni coprono la superficie, e vi è traccia pure di microscopiche, fitte striature radiali. Inoltre in tutti i vari esemplari compariscono strie radiali superficialissime, più rade, a intervalli regolari, che vanno DO G. DE STEFANÌ - |34] dall’apice al margine palleare e lasciano gl’interspazi quasi in modo appena visibile convessi: esse com- paiono anche nell'interno del guscio, quindi nei nuclei. Impronte muscolari anteriore e posteriore marcate, alte: essendo la conchiglia coperta dal guscio non si vede traccia del seno palleale. Dimensioni d’un esemplare meglio conservato: Altezza ; È ? ; 5 mm. 30 Larghezza . 5 é . È ; » 98 Grossezza 7 È È o 5 È » 14 Per la forma, in molti esemplari assai arrotondata, e ‘per le linee radiali che sotto buona luce si di- stinguono in tutti, dubitavo di poter avvicinare questa forma alla Zellîna (Linearia) circinalis DUJARDIN comune dal Senoniano al Campaniano in Francia, Boemia, Ungheria, ma le costoline concentriche in questa sono più regolari e le strie radiali più visibili. La Z. (Linearia) fenestrata Zire di Gosau è anche più ovale. I caratteri esposti da primo non furono tutti indicati nella Lucira dachelensis, pure le ottuse angolosità e la forma specialmente della parte superiore della conchiglia mi fecero definitivamente unire a quella specie e particolarmente al tipo del WanNER, la mia. Questa specie è del tipo della L. Zeonina BasteROT del terziario, se non che sul guscio conservato le costoline radiali sono appena visibili. Strombus parvulus Krumsrck. — Tav. XXVII [V], fig. 1. x 1906. Strombus parvulus KrumnBECK, pag. 118, tav. IX, fig. 12 a, d. 1912. _ - — PERVINQUIÈRE, pag. 30. Gebel Soda, n. 1 (1 esemplare), 15? (1 es.) nel calcare giallastro. KrumBecK lo cita in Tripolitania nel calcare bianco del Gebel Tar: PeRvinquièRE presso Ghadames in un Uadi scendente verso Tunine ed al Garat Hamel. I nostri due cattivi modelli interni, ma specialmente il n. 1, rispondono a quelli assai mediocri, di determinazione generica secondo me non sicura, descritti e figurati dal KrumBeck. Il n. 1 ha spira nel- l’ultimo giro superiormente pianeggiante, con tracce di tubercoli; l’ultimo giro discendente, presso l’apertura staccato dagli altri: apertura oblunga. Il guscio, scomparso, doveva essere abbastanza solido. Il n. 15, pur avendo qualche somiglianza, potrebbe anche essere il nucleo di qualche £usus o Voluta. Tudicla Bertoliniana Srorza sp. n. — Tav. XXVII [V], fig. 2. Gebel Soda; n. 34, nel calcare giallo. Esemplare di mediocri dimensioni, mal conservato. Spira brevissima, depressa, con 4 giri abbraccianti, separati da suture superficiali. Ultimo giro molto gonfio, superiormente depresso, poi con lieve convessità decrescente verso la base che verosimilmente terminava con lungo canale ora rotto. Apertura assai ampia, superiormente pianeggiante, che si restringe verso il canale. Non vi è traccia di ornamenti alla superficie. Non trovo altre specie cretacee cui paragonarla sebbene nella forma generale sia qualche analogia con la specie del Cenomaniano di Tunisia che il PeRvIiNQuIERE attribuisce, non senza qualche dubbio, allo Strombus? incertus D'ORBIGNY (pag. 27, tav. II, fig. 19-23) fornito di grosse coste periferiche; forse rientra nella sinonimia con la nostra il piccolo Sycum sp. trovato dal PervinquiERE (pag. 68, tav. V, fis. 4, 1912) alla Garat Temblili presso Ghadames in Tripolitania. [85] C. DE STEFANI 289 Forse potrebbe attribuirsi al sottogenere Pyropsis Conrap, comune nella Creta superiore dell'America settentrionale, molto più che presso la lunga coda vedesi un cenno di cavità formata dal contatto del labbro interno dell’apertura col margine columellare. Larghezza . o ; 5 È o mm. 19 Voluta (Volutilithes) septemcostata Forses. — Tav. XXVII [V], fig. 3. 1846. Voluta septemcostata ForBrs. Report on the fossil invertebrata from Southern India. Transactions of the geological Society of London, ser. 2, vol. II, pag. 131, tav. XII, fig. 13. 1867. Volutilithes latisepta SroLiczra, pag. 93, tav. IX, fig. 1,2. 1868. —_ septemcostata ForBes. StoLICzEA, pag. 454. 1897. = latisepta Sror. NoetLING, pag. 66, tav. XVI, fig. 9, 10. 1906. Voluta septemcostata Forges. PetHò, pag. 177, tav. XI, fig. 18-20. Gebel Soda; n. 32 (1 esemplare) nel calcare giallo. Specie distintiva del Maestrichtiano dell’ India meridionale, del Beludscistan, della Fruska-gora in Ungheria. Il nostro esemplare del quale si vedono 3 giri, è ovato-oblungo, è acuminato all’apice e inferiormente terminava con un canaletto presentemente rotto. Spira ad accrescimento regolare, alta, a giri salienti, al- quanto angolosi presso la sutura, ornata da 9 o 10 coste longitudinali più marcate verso le suture, ottuse, subcontinue, separate da intervalli quasi il doppio più larghi, nell’ultimo giro leggermente curve e protratte fino quasi alla base, diritte negli altri, per quanto pare traversate da sottili linee spirali. Ultimo giro convesso, assai allungato. Pel numero e per la forma delle coste somiglia specialmente alle figure dello SroLIczta. Solo per la compressione l’ultimo giro sembra meno rigonfio. I denti sulla columella presso la base del canaletto non sono riuscito a scoprirli in modo sicuro. La specie somiglia alquanto alla V. Guerargeri D’ORBIGNY del Turoniano di. Francia (Paléontologie Francaise. Terrains crétacés; Vol. II. pag. 326, tav. 221, fig. 1), ed alla V. torosa ZegeLi del Gosau (Die Gasteropoden der Gosaubilde. Abhandlungen der k. k., geolog. Reichsanstalt, Wien, 1852, pag. 74, tav. XIII, fig. 8); ma in queste la conchiglia è più rigonfia, i giri sono depressi presso le suture, il numero delle coste longitudinali è alquanto maggiore, e vi sono costoline spirali rilevate. Cinulia (Avellana) Humboldtii MueLuer. — Tav. XXVII [V], fig. 4. 1851. Avellana Humboldtii J. MueLLER. Monographie der Petrefakten der Aachener Kreideformation, II, pag. I tav 8) dia, 15, 1880. _ parnassica Brrtner. Der geologische Bau von Attika, Beotia, und Parnassis, pag. 22, tav. VI, fig. 6, 6a. 1888. Cinulia Humboldtii MvrLr. HorzapreL. Die Mollusken der Aachener Kreide. Palaeontographica, Stutt- , gart, vol. 34, pag. 84, tav. VI, fig. 19-22. 1398. — (Avellana) Humboldt Murri. G. MurLter. Die Molluskenfauna des Untersenon von Braun- schweig und Ilselde. Lamellibranchiaten und Glossophoren. Abhandl. d. k. preuss. geol. Landesanst., N. F., Heft 25, pag. 129, tav. XVII, fig. 9-11. 290 C. DE STEFANI i [36] 1912. Avellana Archiaciana v’OrBIGNY. PERVINQUIÈRE, pag. 87, tav. VI, fig. 8,9. 1913. Cinulia Humboldtii Munrr. Scupim Hans. Die Loòwenberger Kreide und ihre Fauna. Palaeontographica, Suppl. VI, pag. 106, tav. III, fig. 12?, 13. Uadi Sofegin, n. 5, 22. La specie è indicata nel Daniano, nel Maestrichtiano d’Olanda e di Tunisia, nel Senoniano di Ve- stfalia, del Brunswick e d’altrove in Germania: ma scende anche fino al Turoniano. Il n. 22, meglio conservato, per la forma rigonfia dell’ultimo giro, per la brevità della spira, per le tracce rimaste di strie spirali granulose per lo meno nei giri superiori, ed il n. 5 per la solidità del labbro esterno dell’apertura, ricordano la C. Humbolatii MuLtER così abbondante nel Senoniano di Vestfalia. Nei nostri esemplari non vi ha traccia di denti sulla columella ma afferma HoLzapreL che la grossezza o sot- tigliezza del labbro esterno, la presenza o mancanza di denti sulla columella e sul labbro non costitui- scono differenze in questa specie, i cui individui sono generalmente diversi l’uno d’altro. Altezza i : : ; 3 S mm. 20 Lunghezza . : , : ; È pe È possibile che la Globiconcha rotundata ’OrBIENY (Pal. frang. Terrains crétacés, 1842, T. II, pag. 144, tav. 169, fig. 17) del Senoniano francese, genere contestato, sia una Cinulia. I nostri iudividui per la forma rigonfia molto le si avvicinano. I paleontologi di Germania sono incerti nell’unire la presente specie alla €. Archiaciana D’ORB.: la forma di Tunisia citata dal PervinquiERE nel Daniano e nel Maestrichtiano con quest’ultimo nome somiglia alla nostra. Il ritrovamento di perfetti e numerosi esemplari consenti- rebbe forse di riunire alla presente specie anche la Cinulia (Avellana) cretacea Quaas del Daniano del Deserto Libico. Bulla tripolitana sp. n. — Tav. XXVII |V], fig. &. 21902. Cymbium sp.? Quaas, pag. 293, tav. XXXIII, fig. 21 a, d. Gebel Soda; n. 34 nel calcare giallo. Un nucleo ben conservato. Conchiglia il cui ultimo giro abbraccia tutti gli altri; globulosa, allungata, quasi cilindrica; più ri- gonfia nella metà superiore va leggermente restringendosi verso la base che in parte è mancante. Spira nascosta, quindi senza apice visibile, a columella aperta. Apertura della conchiglia alquanto più alta ed assai più lunga dell’ultimo giro, secondante la curva di questo, perciò convessa tanto esternamente quanto internamente sulla columella: più stretta superiormente va un poco allargandosi inferiormente e finisee con curva regolarmente convessa. Non vi è indizio di labbro aderente alla columella. Non si vedono orna- menti alla superficie; però, poco sopra il massimo rigonfiamento, nel terzo superiore sono tracce di due forti, distanti linee spirali come in certe Amcillariae od Olivae viventi e quali il Quaas figura nel suo Cymbium sp.? del Maestrichtiano del Deserto Libico, che potrebbe essere un giovane esemplare della specie nostra. Pe’ suoi caratteri parmi una vera Bua, quantunque ordinariamente le Bu//ae sieno più ventrose. Lunghezza dell’esemplare mancante della base . . mm. 48 Larghezza massima È È . : c È . » 30 [87] C. DE STEFANI 291 Natica plesio-lyrata Pernò. — Tav. XXVII [V], fig. 6. 2 1902. Natica sp. Quaas, pag. 240, tav. XXV, fig. 31, 32. 1906. .— plesio-lyrata Pernò, pag. 147, tav. VIII, fig. 17, 18. Gebel Soda?, n. 35 (1 esemplare) nel calcare gialliccio. Nucleo alquanto compresso, discretamente con- servato alla superficie. La specie proviene dal Maestrichtiano della Fruska-gora in Ungheria, e probabilmente vi si riferisce una specie indicata dal Quaas nel Maestrichtiano del Deserto Libico. Conchiglia diversa dalla seguente perchè quasi altrettanto larga quanto alta, più convessa, più breve, con spira assai più bassa e non scalariforme, costituita da 4 o 5 giri rapidamente decrescenti, special- mente gli ultimi 2 o 3, separati da suture poco profonde, con apice più ottuso, a suture non canalicolate od appena tali come accenna D’OrBIGNY per la N. lyrata SowERBY; con apertura semilunare, più espansa lateralmente e col labbro esterno superiormente più ampio, che si congiunge alla sutura essendo quasi pianeggiante, col margine inferiore più protratto e con ombelico, per quanto è esternamente visibile, stretto a mo’ di fessura. La superficie pare fosse ricoperta da linee spirali punteggiate o macchiate e probabilmente colorate in rosso, le quali, come avviene nelle Nazicae siffattamente colorate cred’io da ossidi di ferro, nella corrosione, pure perdendo il colore, per la differente resistenza agli agenti atmo- sferici restano rilevate. Questo carattere è indicato dal PerAò per la sua fig. 12 della seguente N. fru- skagorensis ma non per la sua plesyo-lyrata per la quale indica soltanto le usuali linee di accrescimento. Altezza e larghezza p , ; ; mm. 28 Altezza dell’apertura . 0 o 6 » 20 circa Altezza totale della spira. 5 . Qi) La N. lyrata SowerBy che il PeTHò dice mal figurata da D’ORBIGNY accenna a conchiglia meno con- vessa, con proporzioni diverse fra altezza e larghezza, a giri più scalariformi, ombelico più ampio. Natica (Amauropsis) fruskagorensis Pernò. — Tav. XXVII [V], fig. 7. 2 1902. Natica sp. Quaas, pag. 240. tav. XXV, fig. 31, 32. 1906. — (Amauropsîs) fruskagorensis Peruò, pag. 145, tav. VIII, fig. 12-16. 21906. -- ‘n. sp. Nel testo N. Quaasi KruwBECK, pag. 113, tav. IX, fig. 3. Gebel Soda; n. 14 (1 esemplare), 32 (1 es.) nei calcari scuri, 26 (1 es.) nel calcare argilloso giallo. La N. fruskagorensis PetRO è propria del Maestrichtiano della Fruska gora in Ungheria. È possibile vi si debba riunire la Natica n. sp. che KrumBECK indica in Tripolitania nel calcare bianco del Gebel Tar; mentre la MNazica sp. Quaas, del Maestrichtiano del Deserto Libico che KRuUMBEcK ravvicina alla sua è piuttosto da riunire con la N. plesio-lyrata PerBò. Conchiglia non perfettamente conservata con super- ficie cone il solito corrosa anche da Anellidi, più alta che larga, sebbene l’apice della breve spira manchi. Spira bassa, rapidamente decrescente, con giri sovrapposti a gradino, dei quali solo 3 sono rimasti, se- parati da una sutura ampiamente e nettamente canalicolata. Ultimo giro convesso, abbastanza protratto inferiormente. Apertura ampia, ovale-allungata, superiormente presso la sutura concava rispondentemente al canaletto della medesima. L’ombelico non si vede bene se fosse coperto dal labbro, ma ad ogni modo è assai piccolo; pel pro- fondo canale delle suture e pel modo di attacco dell’apertura alla sutura, fino ad ulteriori più perfette osservazioni, parmi ben corrispondente alla N. fruskagorensis. 292 C. DE STEFANI [38] Altezza di esemplari mancanti dell’apice 1 3 mm. 30—32 Lunghezza ° o c 0 , . GET » 25—28 Altezza dell’apertura 6 È È a ì n » 22 L’avrei volentieri attribuita alla N. Martini D’ORBIGNY (Paléontologie francaise. Terrains crétacés. T. II; tav. 174, fig. 5. 1842) della Creta ippuritica di Francia e del Daniano d’Algeria e Tunisia; ma D’ORBIGNY e PéRoN (pag. 54, 1890) dicono che i giri sono “ coupés carrément et pourvus d’un large méplat sur la suture ,: sono inoltre con “ ombilic étroit , visibile esternamente. Temo che la figura del n’OrBIGNY, non essendovene altre, e rappresentando un modello, sia imperfetta. Inoltre, secondo la medesima, l’ultimo giro con sarebbe regolarmente convesso, ma pianeggiante nella parte superiore al massimo rigonfiamento. La N. aurigerica LevmerIE del Garumniano dei Pirenei, stando alle figure, è diversa per l’ultimo giro meno convesso: la N. bulbiformis SowERBY, pure è assai diversa. Temo che il genere Ampullonatica proposto dal Sacco (I molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della Liguria, parte VIII, Torino 1891, p. 105) per le Naticae aventi le suture canalicolate rientri in sino- nimia di Amauropsts. Natica (Gyrodes) Bouveti Prrvinquibre. — Tav. XXVII [V], fig. 8,9. 1912. Natica (Gyrodes) Bouveti PeRvIiNnquIÈRE, pag. 48, tav. IV, fig. 5, 6. Gebel Soda; n. 24 (1 es.) con Turritella Forgemolli Coq., Oytherea Andersoni Newton; 3522 (1 es.) PervinquikRE la trovò alla Garat Temblili a S di Ghadames. Conchiglia di piccole dimensioni molto convessa, ampiamente ombilicata: spira con 4 giri ed un nucleo embrionale: apice ottuso; giri rapidamente crescenti, pianeggianti per breve tratto presso la sutura, lisci o presso la sutura appena rugosi ; l’ultimo amplissimo, convesso; con ombelico ampio e imbutiforme fino all’apice, all’esterno angoloso con l’angolosità che si interna a modo di ottuso funicolo ed esternamente accompagnato da una depressione piana che pure si interna, caratteristica del genere e che mediante un ottuso angolo è separata dalla convessità della conchiglia. La conchiglia è perfettamente conservata; solo l’apertura è rotta; questa è semilunare, oblunga, pianeggiante presso la sutura, in basso probabilmente angolosa. Larghezza massima . o : È mm, 7,5 Altezza dalla base all’apice 6 . » 9,5 L’essere affatto liscia, l’ultimo giro più gonfio, e la depressione basale dell’ombelico distinguono questa specie dal G. pansus SroLiczta della Creta superiore, anche del Maestrichtiano d’ India, che nella forma molto si assomiglia. Nel G. fenellus Storiczta della stessa provenienza, la spira è più alta, l’ombelico più stretto, la statura più grande. Il G. brunsvicensis G. MùuLLER del Senoniano inferiore del Brunswick è assai più depresso: il G. Conradi MeeK della Creta superiore del Texas ha spira più alta; il G. acutimargo RoEMER tipico e quelli di HorzapreL, DenINGER, ScuPIn, del Turoniano fino al Maestrichtiano di Germania e d'Olanda, hanno la sutura quasi canalicolata, l'ombelico più angoloso e la spira più depressa. Sarebbe bene poter fare un paragone con esemplari perfetti della Nazica farafrensis WANNER riportata poi anche dal Quaas del Maestrichtiano e Daniano del Deserto Libico, che Quaas ritiene, con dubbio, essere una Vanikoro. Il genere o sotto genere Gyrodes è esclusivamente cretaceo. [39] C. DE STEFANI 293 È possibile che un grande esemplare del n. 35 a superficie assai corrosa, apparentemente affatto liscio, ad ombelico assai ampio, con suture deformate, canalicolate con traccia d’angolosità alla base e con apertura pure angolosa inferiormente, che per la spira alta somiglierebbe al G. pansus StoL. risponda a questa specie. Sigaretus Vinassai sp. n. — Tav. XXVII [V], fig. 10. Gebel Soda; n. 11 nel calcare giallo. Un nucleo ben conservato, con Siderolites calcitrapoides Lox. Conchiglia di grandi dimensioni, gonfia, molto allungata trasversalmente, a spira breve, rapidamente decrescente, apparentemente liscia. Ultimo giro che costituisce quasi la totalità della conchiglia assai più largo che alto, convesso, separato da sutura sperficiale dal giro precedente e da quella scendente rapi- damente e regolarmente in basso, non con curva più o meno convessa, ma pianeggiante: presso l'apertura è perciò più convesso inferiormente che superiormente. Apertura molto obliqua all’indietro, semilunare; labbro esterno convesso; labbro columellare più diritto. L’ombelico non si vede: era tutt’al più piccolis- simo e probabilmente chiuso. Altezza dell'ultimo giro 6 o . * mm. 42 Larghezza dell’ultimo giro . o È » 56 Altezza dell’apertura, in piano . . » 359 Larghezza dell’apertura 5 , ; » 25 circa Si avvicina assai ai Sigaretus quantunque non si vedano linee spirali. I Sigaretopsis CossMmann, sotto- genere di Natîca, sono diversi perchè ampiamente ombilicati. La presente specie è però ben distinta per la sua depressione ed obliquità, quindi per le proporzioni ragguardevoli della larghezza rispetto all’altezza perchè l’ultimo giro è scendente verso l’apertura ed invece di essere convesso presso la sutura è pianeg- giante e ricoprente. Turritella Forgemolli Coquanp. — Tav. XXVII [V], fig. 11-14. 1862. Turritella Porgemolli Coquanp. Géologie et Paltontologie de la région sud de la province de Constantine, j TI, pag. 265, tav. XXX, fig. 3. 7 1887. _ nodosoides Frecu. Die Verstcinerungen der unter-senon Thonlager awisehen Suderode und Quedlinburg. Zeitschr. d. deut. geol. Gesellschaft, Bd. XXXIX, Heft 1, pag. 177, tav. XVI, fig. 8-11. 1897. Nerinea quettensis NoerLING, pag. 57, tav. XIV, fig. 12, 13. 1902. Turritella Forgemolli Cog. Quaas, pag. 247, tav. XXV, fig. 38-40. 1906. — _ — Krumgeck, pag. 114, tav. IX, fig. 4a, d. 191%, _ (Torcula) Forgemolli Coq. PervIinquIèRE, pag. 42, tav. III, fig. 1-5. Gebel Soda; n. 7 (1 esemplare), 11, 13, 16 (2 es.), 19, 21 (2 es.), 24 (3 es.), 37. Comune nel calcare giallo. Questa specie, secondo Quaas e KrumBECK va dal Santoniano della Germania settentrionale (NoETLING), al Maestrichtiano del Deserto Libico (Quaas), del Beludscistan (NoErLINe) è probabilmente del Luristan se è sua sinonima in parte, come ritiene KrumBeck la 7. Morgari DouvicLi (DE Morgan. Mission scien- tifique en Perse, vol. III, part. IV; Mollusques fossiles, pag. 332, tav. 47, fig. 1-14), ed arriva fino all’Eocene inferiore d’Algeria (Coquanp). Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 38 294 C. DE STEFANI [40] KrumBECK la cita in Tripolitania nel calcare chiaro del Gebel Tar; PeRviNnquIÈRE nel calcare siliceo della. Garat Temblili 3 km. a S di Ghadames. Esemplari perfetti permettono di completare le descrizioni degli Autori. I giri superiori, specialmente quelli più corrosi, ma anche gli altri, presentano sempre 5 e 6, fin 8 e 9 costoline trasversali depresse, le quali del resto si manifestano talora, più depresse, anche nei giri inferiori di alcuni individui. Se si trovassero solo i giri superiori si potrebbero attribuire ad una specie differente. Questo carattere delle costoline spirali è appena indicato da Quaas e KrumBeck che lo attribuiscono ad individui giovani. In alcuni esemplari i giri sono assai depressi essendochè i rilievi presso le suture sieno meno rilevati. Del resto la specie, come tutte le Zurritellae è assai variabile. Per l’orlo presso la sutura superiore diversifica alquanto dalle comuni Zurritellae neogeniche. Turritella sexlineata RormeR. 1841. Turritella sexlineata Rormer. Die Versteinerungen der norddeutschen Kreidegebirges, pag. 80, tav. II, fig. 22. Hannover. 1843. —_ sexcincta GoLpruss. Petrefactv Germaniae, pag. 101, tav. 197, fig. 2. 1887. _ — — Freca. Die Versteinerungen der unter-senon Thonlager awischen Sude- e rodeund Quedlinhurg. Zeitschr. d..deut.geol. Gesellsch., Bd. XXXIX, pag. 174, tav. 16, fig. 14, 15. 1887-88. - serlineata Rorwer. HorzarreL. Die Mollusken der Aachener Kreide. Palaentographica, pag. 160, tav. XVI, fig. 24. 1898. _ — — G. MueLLER. Die Molluskenfauna des Unter-Senon von Braunschweig und Ilselde, pag. 98, tav. XIII, fig. 1, 2. 1902. _ — — Quaas, pag. 243, tav. XXV, fig. 34, 35. 1906. = _ Quaas. KrumBECK, pag. 116, tav. IX, fig. 6a, d. Gebel Soda, n. 11 (2 esemplari) nel calcare giallo con Alectryonia larva Lor. Turritella Forgemolli Coq. La 7. serlineata Rorm. è comune nel Senoniano inferiore di Vestfalia, dell’Harz, del Brunswick, del- l’Annover. Quaas la indica nel Maestrichtiano del Deserto Libico. KRUMBECK ne accenna un piccolo esemplare del Gebel Tar in Tripolitania. Le Zurritellae sono, come le Ostreae, campo di studio molto difficile, poichè, a volontà vari esemplari si possono congiungere, ovvero scindere in più specie. Il meglio conservato dei nostri esemplari, risponde a tre giri non lontani dall’apice, poco convessi, non però pianeggianti; ha 6 costoline spirali equidistanti, separate da intervalli lisci, delle quali l’ inferiore aderente alla sutura e la penultima alquanto sporgente per modo che sotto ad essa i giri si dirigono con breve angolosità alla sutura, che perciò è relativamente profonda. Le linee d’accrescimento intersecano le costoline spirali per modo da renderle alquanto rugose, come nella 7. Reussiana MùLLER, sebbene non granulose. Somigliano perciò alla 7. sezlineata Ros. Quaas del Deserto Libico, sebbene non siano palesi le sottili linee intermedie alle costole principali. Anche più somigliano il piccolo esemplare del Djebel Tar in Tripolitania descritto e figurato dal KRuMBECK. Fra tutte le specie note della Creta pare anche a me come al Quaas, che la 7. sexlineata RosMER del Senoniano inferiore più rassomigli alla nostra, quantunque manchino le sottili linee spirali intermedie a quelle maggiori e forse anche la forma del RoEMER sia più ovale e con giri ancor meno angolosi dei nostri. È probabile che possedendo numerosi e perfetti esemplari si possa fare qualche distinzione specifica, quantunque le specie di Zurritella siano sovente molto longeve. Una specie dell’ Eocene vicinissima alla T. sexlineata è la T. mitis DesHaves del Bacino di Parigi. ilati [41] C. DE STEFANI 295 Quanto alle sinonimie proposte da HoLzAPFEL per quel che riguarda forme descritte con nomi diversi da J. MULLER, mi sembra che, almeno in rapporto con la specie di Tripolitania, siano da accogliere con riserva dal momento che migliori esemplari tripolini potrebbero dimostrare l’appartenenza a specie diversa. Turritella sp. ctr. T. disjuncta Tuox. et Per. Tav. XXVII [V], fig. 15. Gebel Soda, n. 1 (2 esemplari), n. 7 (1 es.) nel calcare giallo. Una terza specie di Zurritella è probabilmente denunziata da nuclei, anche mal conservati, appar- tenenti ad una conchiglia con spira allungata, giri convessi, rotondi, assai alti, separati da suture larghe e profonde, disgiunti. È rimasta qualche traccia di linee spirali e di strie d’accrescimento. ) Potrebbe ravvicinarsi alla 7. disjuncta Tromas et Piron (Descr. d. moll. foss. des terr. crét. des Hauts- plat. Tunisiens, partie I, pag. 48, tav. XIX, fig. 15, Paris 1889-90) del Santoniano di Tunisia e d’Algeria. Turritella (Tuba) Jovis Ammonis Quaas. — Tav. XXVII [V], fig. 16. 1902. Turritella (Mesalia) Jovis Amvmonis Quaas, pag. 256, tav. XXVT, fig. 18-20. Uadi Sofegin, n. 28. Quaas la indicò nel Maestrichtiano del Deserto Libico. Il nostro unico esemplare, in parte convertito in limonite, un po’ deformato, è pur discretamente conservato, in modo da far riconoscere i caratteri della specie nelle costoline spirali, quasi granulate. nelle strie longitudinali ben visibili alla base e nella forma di queste. Soltanto la deformazione dà in apparenza un angolo spirale più ottuso. Temo che la 7. turbo KRUMBECK (pag. 117, tav. IX, fig. 7) del Gebel Tar in Tripolitania, fondata sopra un unico esemplare non troppo perfetto, distinta, secondo la figura, per una carena nella parte inferiore dei giri a contatto con la sutura, sia sinonima. Anche il Zurbo inaequecostatus KAuNHOVEN del tipico Maestri- chtiano di Olanda è per lo meno specie vicinissima. Piuttosto che al genere Mesalia Gray cui la riferisce Quaas, mi pare si ravvicini alle Zuba LA, genere intermedio fra le Zurritellae e le Mathildae. Si potrebbe paragonare alla Tuba sulcata PILKINGTON dell’Eocene di Barton ed alla 7. cyclostomoides DesHAves dell’Eocene franco-belga. Tubulostium cfr. callosum Sroniozra. — Tav. XXVII [V], fig. 17. ? 1868. Tubulostium callosum Sroniczza. Palacontologia Indica, Cretaceous Pauna of Southern India, vol. IL. The Gastropoda, pag. 240, tav. XVIII, fig. 26-32. Gebel Soda?, n. 15 (1 esemplare convertito in limonite), come la Zuba Jovis Ammonis Quaas. Il tipo della specie è indicato alla base del gruppo di Ootatoor in India appartenente al Cenomaniano. Guscio levigato, destrorso, a forma trocoide, ottuso, con 2 giri visibili, a sezione circolare, essendo l’apice rotto, dei quali l’ultimo assai più grande, riuniti insieme e parzialmente coperti da callosità. Da una rottura intermedia si vede che erano veri tubi vuoti internamente e lo nota anche lo StoLIczxa nei suoi esemplari, per dedurre che nei giri dovevano essere dei setti, altrimenti la roccia avrebbe riempito tutto l’interno. 296 C. DE STEFANI [42] La superficie apparisce rugosa, e l’ultimo giro alla base è fornito di almeno una ottusa carena. La base è incavata, ma in gran parte nascosta da una callosità. Questo genere è unito dallo SroLiczta ai Vermetus, e lo ammette, sebbene con incertezza, anche lo ZirteL. Lo STOLICZKA si deve fondare sulla probabile presenza di setti interni: se ciò non fosse si potrebbe prendere per un Anellide vicino alle Serpulae. Quanto alla appartenenza specifica rimango un poco incerto, non tanto perchè il tipo proviene dal Cenomaniano, quanto perchè il mio esemplare è deficente, e non presenta bene la triplice carena indicata dallo SroLIczgtA per la specie sua. Il nostro esemplare del resto è per lo meno molto vicino. È pure vicino alla Burtinella solarioides WANNER del Daniano del Deserto Libico che però l’A. dice esser sempre levogira ed ampiamente ombelicata: probabilmente i generi Bur- tinella e Tubulostium sono sinonimi; ma, ripeto, il mio esemplare, destrogiro, non può risolvere le questioni. Vermetus collarius Wanner. — Tav. XXV [III] fig. 35. 1902. Serpula collaria WANNER, pag. 109, tav. XV, fig. 149, 15, 16. Gebel Soda, n. 4 sull'Alectryonia larva Lcx. WANNER cita la specie nel Maestrichtiano del Deserto Libico. Alcuni esemplari tubiformi, aderenti, sempre rotolati a spirale al loro inizio, continuano poi con spirale irregolare: sono forniti in parte di irregolari ingrossamenti annulari, talora fitti e piccoli, talora radi e grossi, ma talora anche di qualche poco appariscente solco longitudinale. In varie parti è rimasta solo la porzione aderente, essendo rotta quella esterna: vedendosi in un punto il residuo d’un setto in- terno credo si tratti di un Vermetus piuttosto che di una Serpula. D'altra parte sono grandi le analogie con alcune varietà del vivente Vermetus Woodii MòrcH. Molto probabilmente appartiene alla stessa specie la Serpula discoidea WANNER (pag. 110, tav. XV, fig. 20) e Quaas (pag. 166. tav. XX, fig. 2, 3), pure del Maestrichtiano della medesima regione. Trochus (Margarita) sp. Gebel Soda, n. 31. Sono appena i 5 giri apicali di un 7rochus probabilmente con la parte interna del guscio perlacea, di piccole dimensioni, ottuso; giri separati da suture poco profonde; i primi, compreso quello embrionale, lisci, gli altri ornati da 7 ad 8 linee rilevate moniliformi, granose. Ultimo giro ottusamente convesso al margine, e quasi depresso alla base; con apertura amplissima, a margine columellare alquanto espanso: umbilico amplissimo, non coperto dalla leggera riflessione del margine columellare dell’apertura, canali colato perchè fornito di un funicolo che partendo dal labbro columellare si interna a spirale nell’ombelico. La specie cui più rassomiglia è certamente il Zrochus (Margarita) grano-ltyratus Secuenza del Ce- nomaniano di Caltavuturo; il Solarium (non Delphinula) granulatum ZexeLi del Gosau e del Maestrichtiano di Baviera, è meno convesso ed è depresso alla base: più acuto e non so se con l'ombelico canalicolato è il Turbo Boimstorfensis GRIEPENKERL del Senoniano inferiore del Brunswick; 1° Euchelus ornatus STOLICZEA del Maestrichtiano di Arrialoor è più alto, acuto, non ampiamente ombelicato, diversamente ornato; il Z'urbo rotifer J. BònM del Senoniano di Vestfalia non è così umbilicato, e la Margarita radiatula ForBEs della stessa regione e del Maestrichtiano delle Indie e di Maestricht pur somigliantissima, non è granulata, come non lo è la simile Solariella (sive Margarita) strangulata SroLiczta del Maestrichtiano indiano. [43] C. DE STEFANI 297 Cerithium subdolum sp. n. — Tav. XXVII |V], fig. 18, 19. Gebel Soda, n. 32 (12 esemplari), 34 (4 es.), 35 (6 es.) nel calcare scuro. Sono per lo più nuclei, e tutti frammenti di al più 4 giri, mal conservati, come del resto il tipo del C. coloniae LevmERIE (Description géologique et paléontologique des Pyrénées, pag. 786, tav. O, fig. 6. Toulouse 1881), del Garumniano, cioè proprio della parte più alta del Cretaceo nei Pirenei, al quale mi sembrano molto vicini per l’angolo spirale, per le coste nodose, però più grosse, nel numero di circa 6 per giro, non continue, per le strie spirali. Però a loro volta sono. diversi per le coste assai grosse, oblique, le quali anche nei giri superiori giungono fino alla base. La costolatura spirale è assai visibile negli esemplari più giovani; le costoline spirali, delle quali 4 o 5 sono più grosse, sono intramezzate rispettivamente da un’altra costicina minore e a queste s’intercala un’altra costola ancora più piccola. La base, che vedesi in un solo esemplare è imperforata e leggermente depressa come nel C. coloniae. La conchiglia doveva raggiungere discrete dimensioni, anche più del C. coloniae figurato. Questo tipo di Cerithium si è conservato fino nel Mediterraneo attuale. Cerithium sp. cfr. dachelense WanneR. Gebel Soda, n. 14 (6 esemplari) nel calcare chiaro. Una specie diversa comparisce in esemplari pure pessimi però forniti di almeno 5 o 6 giri; rispetto al C. subdolum è più acuta, più pupiforme, con numero di coste assai maggiore, circa 12, e più sottili; pure con strie trasversali apparentemente più regolari ed uniformi. Pei caratteri che rimangono si potrebbe senz'altro riunire la specie al C. dachelense WANNER, pag. 130, tav. XVIII, fig. 25 e probabilmente 28 del Maestrichtiano del Deserto Libico. Però le fig. 26 e 27 dello stesso Autore rappresentano una specie appartenente ad una diversa Sezione di Cerithium. Nerinea sp. Gebel Soda, n. 13 (un ultimo giro), n. 17 (1 nucleo); Uadi Sofegin, n. 22 (1 nucleo) nel calcare giallo. Una base di un ultimo giro è convessa, non angolosa, sfornita d’ombelico, con grossi tubercoli ma- nifesti presso il margine superiore scendenti sotto forma di costole diritte, evanescenti man mano fino alla base, nel numero di 8; pare anche con sottili ma non fitte striature trasversali. Sulla bocca riempita di calcare compatto, mal conservata, a giudicare dalla disposizione della calcite rispondente al guscio si vedono 3 0 4 pieghe, ma se ne determinano male il numero e la disposizione. Si tratta probabilmente di una specie nuova vicina alla N. Padlletteana D’OrBIGNY della Creta verde ed alle N. Renauzxiana D’ORB.e Coquan- diana D’ORB. più antiche, ma diversa da queste perchè le coste sono in numero di 8 e la base è convessa. Probabilmente si riferiscono alla stessa specie i due modelli interni (n. 17 e 22) che presentano indizi di nodosità e di strie trasversali. Hanno sezione rettangolare e presentano una piega nel margine supe- riore dell’apertura, 2 sulla columella: un’altra probabilmente era sul labbro esterno. Nautilus desertorum Zirtet. 1902. Nautilus desertorum Zinrar. Quaas, pag. 299, tav. XXIX. fig. 1; tav. XXXIII, fig. 29, 30. Figura nel testo a pag. 300. 1906. _ _ — KRuMBECK, pag. 122. 298 C. DE STEFANI [44] Gebel Soda, n. 13 (pessimo esemplare incerto), n. 18 (1 es.) nel calcare giallo. Fu descritto del Maestrichtiano del Deserto Libico. Trovasi pure in Egitto e in Arabia ed ho fatto paragoni con giganteschi esemplari di queste provenienze della collezione Ficari Bey esistente nel Ga- | binetto di Firenze. Quaas l’aveva già indicato in modo generale in Tripolitania sulla fede della collezione RoHLEs; KRUMBECK lo cita più precisamente al Gebel Tar. L’esemplare n. 18, di dimensioni abbastanza grandi, non bene conservato nell’apertura, per la curva dei giri, per l'andamento dei setti, per la fittezza loro, per l’ombelico stretto e profondo risponde in tutto al tipo. Baculites anceps Lamarcx. 1840. Baculites anceps LamaRcE. D’OrBIGNY. Paléontologie frangaise, t. I. Terrains crétacés, pag. 565, tav. 139, fig. 1-7. 11902. _ — Lcx. Quaas, pag. 307, tav. XXIX, fig. 12-14. Gebel Soda, n. 7 nel calcare giallo. La specie è comune nel Maestrichtiano di Olanda, Limburgo, Francia, Galizia, del Deserto Libico e di tanti altri luoghi d’ Europa e di fuori. Un frammento diritto, a quanto pare vecchio, consente la determinazione. Ha sezione ellittica con lato dorsale alquanto più arrotondato dell’altro: liscio, appena con tracce di coste trasversali più rilevate nel lato dorsale, le quali, diventando semilunari e con la concavità rivolta verso l’apertura si innalzano de- presse nel lato ventrale come semplici linee d’accrescimento. Si vedono quà e là le linee lobali: lobi larghi e corti mal conservati, ma apparentemente molto frastagliati forse perchè si tratta di un individuo vecchio. Oxyrhina Mantelli L. AGassiz. 1889. Oxyrhina Mantelli AG. Woopwarp. Catalogue of the fossil Fishes of the British Museum. Part. I, pag. 376, tav. XVII, fig. 9-21 (cum synonimis). Gebel Soda, n. 11?; a Salsala nella Tunisia (2 esemplari). Specie comunissima dal Cenomaniano al Turoniano e al Senoniano in tutta Europa, ed anche nel Kansas, e fino al Maestrichtiano in Egitto e nel Deserto Libico, donde la citarono WANNER, QuAAS, BLANCKENHORN. Odontaspis libyca Zirren. 1902. Lamna libyca ZirreL. Quaas, pag. 312, tav. XXVII, fig. 19, 20. 1902. — rapaax — — pag. 313, tav. XXVII, fig. 21-24. Gebel Soda, n. 11?. Vi è aggiunta la indicazione Salsala. La specie è indicata nel Maestrichtiano del Deserto Libico ed è paragonata alla L. texana RoEMER della Creta superiore del Texas. Ho riunito le due denominazioni proposte dallo ZittEL perchè la L. libica rappresenta soltanto denti posteriori, mentre le fig. 22 e 23 della Z. rapax rappresentano denti anteriori, la fig. 21 denti laterali, e la fig. 24 probabilmente anche denti posteriori. Tra i nostri esemplari sono solo denti anteriori. [45] C. DE STEFANI 299 Lamna obliqua Acassiz. — Tav. XXVII [V], fig. 20. Otodus obliquus L. Aassiz et auctorum. Otodus lanceolatus L. AGassIz. N. 11 Salsala. L’esemplare è identico specialmente alla fig. 19, tav. 37 dell'O. lZanceolatus AcAssIz (Réchèrches sur les Poissons fossiles, Neuchatel 1833-43) e non si potrebbe attribuire ad altra specie, quantunque mai sia stata indicata nella Creta molto probabilmente anche la località di Salsala in Tunisia appartiene all’Eocene: nondimeno ho creduto opportuno citare anche questa specie. Soltanto il SEGUENZA la indicò, però incertamente, nel Cretaceo superiore di Sicilia. Essa è invece molto comune nell’ Eocene d’Inghilterra, del Belgio, di Francia, di Germania, di Si- cilia, di Gassino nel Piemonte, e fin nella New Jersey. È indicata pure nell’Eocene inferiore d'Egitto, d’Algeria e di Angola, e Giuseppe De SterANO la cita nel Miocene dell'Emilia, citazione però che andrebbe riconfermata. Finito di stampare il 18 dicembre 1913. tir ROIO Th) VAL ARRE LENTO Col) + aa, SUITE TS LIL PRIORI II ) ARI rn A OT REA ARI cbacci pi perio ni 115: si i RINO IARIORO 13 4371 PIANO DAVE TAI CIARA, 3 t i e tar ve rpg ito i gig DA LIA ONDA SCCI ABRODE SAI LAZ 0 SA |; UL: À i l va è 100 DT, Fio. Ta, db. 8a, bd. 9,104,5. 11,12a,b. 13, 14. 15. 16. 1Ta-c. 18. 19a,b. 20a-c. Dil, 22a-c. 23a-c. 43 a-d. 44. 454, Db. 46,494,b. 47a,b. 48a,b. 504,0. DI. b4a-c. DD: 56a-c. DI a-c. 08. 59a, db. 60a-e. 61. 62. 634, db. 64a, db. 65. 66a-c. 60a,b. 684, bd. Spiegazione della Tavola I [1]. Trochotoma Di Stefanoi Sc., a dalla parte superiore, d dalla parte basale, — pag. 2 [2]. Piccolo esemplare della stessa specie, a dalla parte laterale, d dalla parte superiore, — pag. 2 [2]. Discocirrus Gemmellaroi n. sp., ingrandito due volte, dalla parte superiore, — pag. 3 [3]. Piccolo esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dalla parte superiore, d dalla parte basale, c di fianco, — pag. 3 [3]. Altro piccolo esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, veduto di fianco, — pag. 3 [3]. Solarium glaucum Gemm., ingrandito due volte, dalla parte superiore, — pag. 4 [4]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dalla parte basale, è dall’apertura. Bifrontia Scacchii Gremm., esemplare giovanile, a dalla parte basale, d dall’apertura, — pag. 4 [4]. Altri esemplari giovanili della stessa specie, a dalla parte superiore, d dall’apertura. Esemplari adulti della stessa specie, a dalla parte superiore, d dall’apertura. Scaevola liotiopsis Gemx., ingrandita due volte, dall'apertura, — pag. 5 [5]. Scaevola busambrensis Gemm., ingrandita due volte, dall’apertura, — pag. 4 [4]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, da tergo. Crossostoma cristallinum Car. e TAGL., a dall’apertura, d di fianco, c dalla base, — pag. 5 [5]. Esemplare giovanile della stessa specie, da tergo. Altro esemplare della stessa specie, a dall’apertura, d da tergo. Esemplare giovanile della stessa specie, a dell’apertura, d dalla base, c di fianco. Altro esemplare della stessa specie, dall’apertura. Altro esemplare della stessa specie, a dall'apertura, d di fianco, c dalla base. Crossostoma cristallinum Car. e TAG. var. intermedia n. v., a dall’apertura, d da tergo, c di fianco, — pag. 6 [6]. Astralium Palmieri Gemm., a dall’apertura, d dalla base, — pag. 6 [6]. Altri esemplari della stessa specie, a dall'apertura, d di fianco, c dalla base. Altro esemplare della stessa specie, a dalla parte superiore, dè da tergo. Astralium Waageni Gemm., a dall’apertura, d da tergo, — pag. 7 [7]. Altro esemplare della stessa specie, dalla base. Astralium Buccai CAR. e TAGL., dalla bocca, — pag. [7]. Turritella? busambrensis n. sp., — pag. 7 [MT]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandita due volte. Rissoa? problematica n. sp., ingrandita due volte, a dall’apertura, d da tergo, c di fianco, — pag. 8 [8]. Promathildia Riccoi n. sp., ingrandita due volte, a dall'apertura, d da tergo, pag. 8 [8]. Promathildia Buccai n. sp., ingrandita due volte, a dall'apertura, è da tergo, — pag. 9 [9]. Promathildia Scaliai n. sp., ingrandita due volte, a dall’apertura, d da tergo, — pag: 9 [9]. Promathildia Carapezzai n. sp., ingrandita due volte, a dall'apertura, d da tergo, — pag. 10 [10]. Promathildia subtrocleata n. sp., ingrandita due volte, — pag. 11 [11]. Altri esemplari della stessa specie, ingranditi due volte. Promathildia Merciaii n. sp., ingrandita due volte, a dall’apertura, d da tergo, — pag. 11 [11]. Schizogonium Russoi n. sp., ingrandita due volte, a dalla parte superiore, dè dalla base, c da tergo, — pag. 12 [12]. Coelocrysalis mirabilis n. sp., a dall'apertura, a da tergo, c dalla base, d dall’apertura e ingrandito due volte, — pag. 12 [12]. Altro esemplare, dalla base per mostrare l’ombelico e l’ondulosità dei piani suturali. Altro esemplare, a dall’apertura, d da tergo. Pseudomelania paludinaeformis CAR. e TAGL., @ dall’apertura, d di fianco, — pag. 13 [13]. Pseudomelania Di Stefanoi CAR. e TaGL., a dall'apertura, d di fianco, pag. 13 [13]. Pseudomelania Cleola Gemm., a dall’apertura, d di fianco, — pag. 13 [13]. Oonia Hebe Gremm., a dall’apertura, d di fianco, — pag. 14 [14]. Oonia dubitata n. sp., dall'apertura, — pag. 15 [15]. Qonia Hebe? Grmw., forma poco rigonfia, da tergo, — pag. 14 [14]. Oonia Hebe Gemm., da tergo, mostrante le figure di corrosione. Oonia dubitata n. sp., a dall’apertura, d da tergo, c di fianco, — pag. 15 [15]. Oonia Hebe Gemm., da tergo, pag. 14 [14]. Oonia pupoidea Car. e TaGL., a dall’apertura, 6 da tergo, c di fianco, — pag. 14 [14]. Oonia turgidula Gemm., a dall’apertura, 6 da tergo, c di fianco — pag. 14 [14]. Altro esemplare della stessa specie, da tergo. Oonia rupestris Gemm., « dall’apertura, d di fianco, — pag. 15 [15]. Hypsipleura Di Stefanoi n. sp., ingrandita due volte, a dall’apertura, 6 da tergo, c di fianco, — pag. 15 [15]. Microschiza pulcherrima CAR. e Tagr., dall'apertura. — pag. 16 [16]. Altro esemplare della stessa specie, di fianco. Altro esemplare della stessa specie, a dall’apertura, d di fianco. Microschiza acutispira CAR. e TAGL., a dall’apertura, d di fianco, — pag. 16 [16]. Altri esemplari della stessa specie, di fianco. Omohaloptycha Sellae Gemm., a dall'apertura, d da tergo, c di fianco, — pag. 16 [16]. Altro esemplare della stessa specie, a dall’apertura, d di fianco. Omphaloptycha rimata Gemm., a dall’apertura, d di fianco, — pag. 17 [17]. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XIX, Tav. I FUGINI, Gasteropodi nuovi o interessanti del Lias inferiore del Casale. 50 i [Tav, I]. iste, VIETA X ‘ Ku TL DARE fl MARICA ong x 13. 14a,b. 15. 16. 17. 18-19. 20. 21a,b. 22a, db. 23. 24a,b. 2Da-c. 260, d. 27 a-c. 28a, Db. DO), 30a,b. 31,32a,b. 334, db. 4a, b. 35, db. 36a, db. 37. 38. 39a-c. 400, d. 4la,b. 42 a-c. 43,44a,b. 45a, db. 460,0. 47. 480, b. 49. 51-52. Dot 54. 5DI 56, 57a,b. 584, Db. 59 a-c. 604, db. Spiegazione della Tavola Il [II]. Brachitrema siculum n. sp., ingrandito due volte, a dall’apertura, è da tergo, — pag. 18 [18]. Tomocheilus gradatus Gemwm., ingrandito due volte, a dall’apertura, dè dal fianco destro, c dal fianco si- nistro, d dalla base, — pag. 18 [18]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, d dal fianco destro, c dalla base, d dal fianco sinistro. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall'apertura, d dalla base, c da tergo, d dal fianco sinistro. Tomocheilus semiplicatus Gemw., ingrandito due volte, a dall’apertura, d da tergo, c dal fianco sinistro, d obliquamente, — pag. 19 [19]. Tomocheilus Deslongchampsi Gemm., ingrandito due volte, a dall’apertura, bd dal fianco destro, c obliqua- mente, d dal fianco sinistro, — pag. 19 [19]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, dall'apertura. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, d dal fianco sinistro, c obli- quamente. i Tomocheilus clathratus Gemm., ingrandito due volte, da tergo, — pag. 20 [20]. Altri esemplari della stessa specie, ingranditi due volte, dall’apertura. Tomocheilus poligonus n. sp., ingrandito due volte, dall’apertura, — pag. 20 [20]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, dall’apertura. Loxonema liasicum Fuc., a dall’apertura, d da tergo, — pag. 17 |17]. Procerithium cristallinum Gemm., ingrandito due volte, dall’apertura, — pag. 21 [21]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, dall’apertura. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, da tergo. Altri esemplari della stessa specie, ingranditi due volte, dall'apertura. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, da tergo. Paracerithium Todaroi Grmx., ingrandito due volte, a dall’apertura, è da tergo, — pag.24 [24]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, dè da tergo. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, dall’apertura. Altro esemplare della stessa specie (var.?), ingrandito due volte, a dall’apertura, d da tergo. Paracerithium Strueveri Grmwm., ingrandito due volte, a dall’apertura, d di fianco, c da tergo, — pag. 24 [24]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, d di fianco. Paracerithium Grimaldii n. sp., ingrandito due volte, a dall’apertura, d da tergo, c di fianco, — pag. 25 [25]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, d da tergo. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, da tergo. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall'apertura, d di fianco. Paracerithium muriciforme Gemm., ingrandito due volte, a dall’apertura, d di fianco, — pag. 22 [22]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, d di fianco. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, 6 da tergo. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, d di fianco. Paracerithium liasinum Sc., ingrandito due volte, « dall’apertura, d di fianco, — pag. 21 [21]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte; modello, mostrante l’ impronta dei tubercoli interni. Esemplare originale della stessa specie, ingrandito due volte, dall’ apertura. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall’apertura, d di fianco, c da tergo. Esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, col labbro esterno ingrossato, a dall’apertura, b da tergo. Paracerithium pentaplocum Grmw., ingrandito due volte, « dall’apertura, d da tergo, — pag. 23 [23]. Paracerithium pentaplocum GEMM. var. triangula, ingrandito due volte, a dall’apertura, d di fianco, c da tergo. Paracerithium pentaplocum Gemm. var. tetrangula, ingrandito due volte, a dall'apertura, d di fianco. Paracerithium pentaplocum Grmwm. var. perlonga, ingrandito due volte, a da tergo, d di fianco. Altro esemplare della stessa forma, ingrandito due volte, a dall’apertura, d da tergo. Paracerithium pentaplocum Grmm., ingrandito due volte, forma intermedia tra var. perlonga e var. tetrangula. Paracerithium oblongum n. sp., ingrandita due volte, a dall’apertura, d di fianco, — pag. 25 [25]. Cerithinella obeliscus Sc., ingrandita due volte, da tergo, — pag. 26 [26]. Altri esemplari della stessa specie. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, dall’apertura. Cerithinella pulchra n. sp., ingrandita due volte, da tergo, — pag. 27 [27]. Cerithinella sicula n. sp , ingrandita due volte, dall’apertura, — pag. 26 [26]. Alaria Psiche Gemm., a dall’apertura, d di fianco, — pag. 28 [23]. Actaeonina (Cylindrobullina ?) Vinassai n. sp., ingrandita due volte, a dall’apertura, d da tergo, — pag. 28 [28]. Actaeonina (Ovactaeonina) Scaliai n. sp., ingrandita due volte, a dall’apertura, è dal fianco destro, ec dal fianco sinistro, — pag. 29 [29]. Altro esemplare della stessa specie, ingrandito due volte, a dall'apertura, d da tergo. 61,62a,b.— Cylindrites busambrensis n. sp., ingrandita due volte, a dall’apertura, db da tergo, — pag. 29 [29]. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 33 PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XIX, Tav. II, FUGINI, Gasteropodi nuovi o interessanti del Lias inferiore del Casale, : [Tav. 11]. 30. 30. 31: BIL TÀ Fic. 1a, db. Di 200 » a,b » 4a, b. » 5,60, Di To ) 9a, db » 10a,b » Jlla-c » 12-15 » 16. » 1Ua-c » 18,19 » 20,21 n 22% » 23a,b » 24. » 25,26. » 27a,b,28,29. o 0, » 31-33. » 34. » 35. » 36-38. P39? » 40,41. » 49. » 43. » 44, » 45. » 46. » 47,48. Spiegazione della Tavola HI [IV]. Entalis? n.sp., — pag. 31 [87]. Trachybembix Junonis KITTL Sp., — pag. 33 [39]. Worthenia indifferens KirTL, ingrand. ?/,, — pag. 33 [39]. Worthenia Cyrenes n. sp., ingrand.?/,, — pag. 34 [40]. Worthenia sp., — pag. 34 [40]. Wortheniopsis Margarethae KirTL sp., — pag. 35 [41]. Turbo (?) vix-carinatus Munsr.?, fig.9d, ingrand. ®/,, — pag. 86 [42]. Paratrochus sp. ex aff. Par. margine nodosus J. BOHM sp., ingrand. 2/1, — pag. 36 [42]. Euomphalus Canavarii n. sp., ingrand.?/,, — pag. 37 [43]. Umbonium Vinassai n.sp., — pag. 38 [44]. ? Delphinulopsis Laubei KirrL, — pag. 39 [45]. Dicosmos declivis KirTL sp., — pag. 40 [46]. Dicosmos conoideus KiriL sp., — pag. 40 [46]. Hologyra fastigiata SroPP. sp., — pag. 41 [£7]. Trachynerita nodifera KirTL, — pas. 43 [49]. Trachynerita depressa HòRN., — pag. 44 [50]. Purpuroidea subcerithiformis KirTL sp., — pag. 46 [52]. Scalaria triadica KimvL, ingrand. ?/,, — pag. 47 [53]. Capulus Gortanii n. sp., ingrand. >/,, — pag. 47 [53]. Loxonema hybridum Muxsr. sp., ingrand. °/,, — pag. 49 [55]. Loxonema arctecostatum Muxst. sp., ingrand. °/,, — pag. 49 [55]. Trypanostylus triadicus KirrL, — pag. 50 [56]. Trypanostylus obliquus StroPP. sp., — pag. 50 [56]. ? Trypanostylus geographicus (StopP.) KiTTL, — pag. bi [57]. Trypanostylus ? Konincki MUNST. sp., — pag. 51 [DT]. Trypanostylus Preveri n. sp., — pag. 52 [58]. Trypanostylus Airaghii n. sp., — pag. 52 |58]. Trypanostylus (?) sp., — pag. 52 [58]. Spyrostylus longobardicus KirTL, — pag. 53 [59]. Spyrostylus longobardicus KirTL var. valseccensis n. var., — pag. 53 [59]. Spyrostylus subcolumnaris MùnsTr. sp., — pag. 58 [59]. Omphaloptycha princeps SnopP. sp., — pag. 54 [60]. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1915. n PINTPAEONILO GRADE VEGA RAV RES av A. TOMMASI, Zossili della lumachella triasica di Ghegna. [Tav. 1V) A, TOMMASI - FOTOGR, ) La i TE CN VARIE A ’ a n pad Ta £ CRA neve \ | po \ Ù » ’ 6. » 8. » 9. » 10, » 10 » 12. » 105) » 14, 15 » 16. » ILT/o » 18. » 109 » 20-21. PIENODI » EL » 24a,b Du 255 » 26a-c » DI » 28. » 29 A, b » 80a-c » ZI DER » 33,84. » 3Da-c. » 36-38. » 394,6 » 40. » 41-43. Spiegazione della Tavola IV [VI]. Omphaloptycha cfr. Alsatiorum KirTL, — pag. 56 [62]. Omphaloptycha irritata KirTL, — pag. 56 [62]. Omphaloptycha aequalis SToPP. sp. var. torquata n. var., — pag. DT [63]. Omphaloptycha Scaliai n. sp., — pag. DT [68]. Omphaloptycha (Coelostylina) conica MùnsT. sp., ingrand. ?/,, — pag. 57 [63]. Omphaloptycha Coelostylina (Gradiella]) fedajana KimTL sp., — pag. 58 [64]. Undularia (Toxoconcha) transitoria KrrrL, — pag. 58 [64]. Undularia (Toxoconcha) Brocchii (forma tipica) SToPP. sp., — pag. 59 [65]. Undularia (Toxoconcha) Brocchii var. brevis KirtL, — pag. 59 [65]. Undularia (Toxoconcha) Brocchii var. pupoidea KirTL, — pag. 59 [65]. Undularia (Toxoconcha) uniformis SroPP. sp., — pag. 59 [65]. Loxotomella (?) Hornesi SroPP. sp., — pag. 60 [66]. Coelochrysalis tenuicarinata Kimrr, — pag. 61 |67]. Coelochrysalis Ammoni J. BòHM, — pag. 61 [67]. Coelochrysalis Lepsii J. BòHM, — pag. 62 [68]. Spirochrysalis nympha Mùnst. sp., — pag. 62 [68]. Euchrysalis cfr. sphinx SroPpP. sp., ingrand. ?/,, — pag. 63 [69]. Macrochilina (?) turrita KITTL, — pag. 63 [69]. Promathildia Antonii KitrtL, — pag. 63 [69]. Promathildia Arthaberi n. sp., — pag. 64 [70]. Dinarites Misanii Moys., — pag. 66 [72]. Anolcites doleriticus Moys., — pag. 66 [72]. Megaphyllites obolus M07s. ?, fig. 260, ingrand. ?),, — pag. 67 [73]. Monophyllites cfr. Wengensis KLIPST. sp., — pag. 68 [74]. Gyroporella (Diplopora) herculea STOPP. sp., — pag. 69 [75]. Spirigera trigonella SCHLTH. sp., ingrand. ?/,j, — pag. 70 [76]. Rhynchonella sp. ex aff. Rh. Blaasi Brrn., ingrand. °/,, — pag. 70 [176]. Pecten Salomoni Tomm., — pag. 73 [19]. Pecten (Hinnites?) flagellum StoPp., — pag. 73 [179]. Pecten Roncobelloi n. sp., fig. 34 ingrand. ?/,, — pag. 73 [19]. Cassianella planidorsata MNsT. sp. var. tenuidorsata KLIPST., ingrand. ?/,, — pag. 71 [77]. Cassianella Broilii n. sp., ingrand. °/,, — pag. 71 [77]. Prospondylus Taramellii MAR., — pag. 74 [80]. Mysidioptera ornata Sar. var. laevigata BirTN., — pag. 74 [80]. Mytiliconcha orobica Tomm., ingrand. ?/,, — pag. 76 [82]. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. DIAFAETONTOGRINENAMGISAIRICA. Voll XIX, Tav. IV. A. TOMMASI, Fossili della lumachella triasica di Ghegna. ; [Tav. V) A, TOMMASI - FOTOGR, PATIRE PRI Ue Ter Spiegazione della Tavola V [I]. Fig. 1 — Alveolina Baldaccii Ck.-Risp. Sez. equat. ingr. 13 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 106 [4]. 3RI0062 — Alveolina milium Bosc. Sez. equat. ingr. 14 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 107 5]. » 3 — Alveolina milium Bosc. Sez. equat. ingr. 11 volte. Loc. Serra Castiglione. » 4. — Alveolina milium Bosc var. lepidula ScawG. Sez. equat. ingr. 10 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 107 [5]. DD — Alveolina milium Bosc var. lepidula Scawa. Sez. equat. ingr. 14 volte. Loc. Serra Castiglione. n 6 — Alveolina cfr. oblonga p’OrB. Sez. equat. ingr. 13 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 108 [6]. » 7. — Alveolina festuca Bosc. Sez. equat. ingr, 12 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 108 [6]. » 8. — Alveolina festuca Bosc. Sez. equat. ingr. 9 volte. Loc. Serra Castiglione. » 9. — Flosculina decipiens Scawc. Sez. equat. ingr. 8 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 109 [7]. » 10. — Flosculina daunica CH.-Risp. Sez. equat. ingr. 10 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 109 [7]. » 11. — Operculina granulosa Lrvw. Sez. equat. ingr. 4,5 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 109 [7]. » 12. — Nummulites frentanus CH.-Risp. (B). Sez. equat. ingr. 3 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 112 [10]. » 13. — Nummulites frentanus (A). Sez. equat. ingr. 6 volte. Loc. Serra Castiglione. >» 14. — Nummulites Dollfusi Ca.-RIsp. (B). Sez. equat. ingr. 4 volte. Loc. Serra Castiglione, -- pag. 110 |8]. » 15. — Nummulites Dollfusi Ca.-Risp. (A). Sez. equat. ingr. 6 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 110 [8]. » 16. — Nummulites incrassatus DE LA H. (B). Sez. equat. ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 113 [11]. » 17. — Nummulites incrassatus pe LA H. (B). Sez. equat. ingr. 16 volte. Loc. Serra Castiglione. » 18. — Nummulites incrassatus pe LA H. (A). Sez. equat. ingr. 6 volte. Loc. Serra Castiglione. » 19. — Nummulites incrassatus pe LA H. (A). Sez. equat. ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione. » 20-24. — Nummulites incrassatus pe La H. Gr. nat. Loc. Serra Castiglione. Esemplare illustrato a fig. 240, ingr. 4 volte. » 25. — Nummulites frentanus var. biconicus CH.-Risp. (A). Sez. equat. ingr. 5 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 112 [10]. È » 26. — Nummulites frentanus var. biconicus CH.-Risp. (A). Sez. trasv. ingr. 6 volte. Loc. Serra Castiglione. 27-31. — Nummulites frentanus var. biconicus Ca.-Risp. (A). Gr. nat. Loc. Serra Castiglione. » 32-36. — Nummulites Partschi pe LA H. (A). Gr. nat. Loc. Serra Castiglione, — pag. 115 [13]. » 37. — Nummulites Partschi pe LA H. (A). Esemplare illustrato a fig. 360, ingr. 3 volte. » 38. — Nummulites Partschi pe LA H. (A). Sez. equat. ingr. 4,5 volte. Loc. Serra Castiglione. » 39. — Nummulites Partschi pe LA H. (A). Sez. trasv. ingr. 8 volte. Loc. Serra Castiglione. » 40. — Nummulites Beaumonti D’ArcH. (A). Sez. equat. ingr. 4,5 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 111 [9]. » 41. — Nummulites Beaumonti p’Arcu. (A). Sez. equat. ingr. 4 volte. Loc. Serra Castiglione. » 42. — Nummulites millecaput BouBée (A). Sez. equat. ingr. 4 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 115 [13]. 43-45. — Nummulites millecaput DrsH. (A). Sez. equat. ingr. 5 volte. Loc. Serra Castiglione. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PALATO NITOGIRAETA ITALICA: Val SI ita VA CHECCHIA - RISPOLI, I Foraminiferi dell’ Focene di S. Marco la Catola in Capitonata ; (Tav. 1]. CAMPAGNA) PHOT. ELIOT CALZOL AR FFKKNMIO= N Spiegazione della Tavola VI [II]. Nummulites latispira Savi et MeH. (A). Sez. equat. ingr. 6 volte. Loe. Serra Castiglione, — pag. 110 [8]. Nummulites latispira SAvi et McH. (A). Sez. trasv. ingr. 8 volte. Loc. Serra Castiglione. Nummulites latispira SAvi et MGH. (A). Ingr. 4 volte. Loc. Serra Castiglione. Nummulites latispira Savi et Mer. (A). Ingr. 5 volte. Loc. Bagheria (Sicilia). Nummulites sp. C.-Risp. Sez. equat. ingr. 5 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 115 [13]. Nummulites atacicus Levm. (A). Sez. equat. ingr. 8 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 111 [9]. Nummulites garganicus TeLL. (B). Sez. equat. ingr. 8 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 114 [12]. Orthophragmina sella D’ArcH. sp. Sez. equat. ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 119 [17]. Orthophragmina scalaris ScuLum8. Sez. trasv. ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 118 [16]. Orthophragmina scalaris ScaLUMB. Sez. equat. ingr. 4 volte. Loc. Serra Castiglione. Orthophragmina umbelicata Dep. Sez. equat. ingr. 5 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 118 [16]. Orthophragmina umbelicata Dep. Profilo ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione. Orthophragmina umbelicata CH.-Risp. Sez. equat. ingr. 7 volte Loc. Serra Castiglione. Orthophragmina apula Cn.-Risp. Sez. equat. ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 119 [17]. Orthophragmina apula CH.-Risp. Sez. trasv. ingr. 12 volte. Loc. Serra Castiglione. - Orthophragmina Di-Stefanoi Ca.-Risp. Ingr. 5 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 119 [17]. Lepidocyclina marginata Micur. sp. (A). Ingr. 5 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 117 [15]. Lepidocyclina marginata MicHT. sp. (A). Sez. trasv. ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione. Lepidocyclina marginata MicHT. sp. (A). Sez. equat. ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione. Lepidocyclina marginata MicHT. sp. (B). Sez. equat. ingr. 6 volte. Loc. Serra Castiglione. 3) Lepidocyclina Raulini Lem. et Dauv. (B). Sez. equat. ingr. 8 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 118 [16]. Lepidocyclina apula CH. Risp. (A). Ingr. 7 volte. Loc. Serra Castiglione, — pag. 117 [15]. Lepidocyclina apula Cn.-Risp. (A). Sez. equat. ingr. 8 volte. Loc. Serra Castiglione. Lepidocyclina apula. Apparecchio embrionale della stessa, ingr. 30 volte. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1915. RINMARO NO GRIP ALIDANTNICANEVOL XI dave VI. CHECCHIA - RISPOLI, / Foramniferi dell’ Eocene di S. Marco la Catola in Capitanata. i [Tav. I]. CAMPAGNA; PHOT, ELINT CALZOL AKIMEFKAN L 35 AMARI. I vi ae dito des Spiegazione della Tavola VII [1]. Elephas meridionalis NESTI. FiG. 1a. — Molare primo inferiore, probabilmente sinistro (A), — pag. 137 [17]. » 1. — Lo stesso visto dal fianco interno. » 2a. — Molare secondo inf., probabilmente sinistro (‘16202 ,,), — pag. 137 [17]. » 2b.— Lo stesso visto dal fianco esterno. » 3a. — Molare secondo inferiore destro (‘ 20',,), — pag. 138 [18]. » 35. — Lo stesso visto dal fianco esterno. »._ 4. — Molare secondo inferiore sinistro (‘°6,,), — pag. 139 [19]. » 5a. — Molare secondo inferiore destro (B), — pag. 140 [20]. » 5. — Lo stesso visto dal fianco esterno. » 6. — Molare secondo inferiore destro (‘21 ,,), — pag. 141 [21]. » ©. — Molare terzo inferiore sinistro (‘‘20,,), — pag. 141 [21]. » Sa. — Molare terzo inferiore, probabilmente destro (‘22,,), — pag. 142 [22]. » 8 0.— Lo stesso visto dal fianco esterno. » 9. — Molare terzo, probabilmente superiore destro (Cl), — pag. 143 [23]. » 10. — Molare terzo inferiore destro (Dono Roccati), — pag. 144 [24]. » ll. — Molare giovanile inferiore (U), — pag. 145 [25]. » 12a. — Molare quarto inferiore destro (‘‘ 28744 ,,), — pag. 145 [25]. » 120. — Lo stesso visto dal fianco esterno. » 13. — Molare probabilmente quinto superiore destro (D), — pag. 146 [26]. » 14. — Molare sesto inferiore destro (Dono Albenga), — pag. 147 [27]. » 15. — Molare sesto inferiore sinistro (Dono Albenga), — pag. 147 [27]. N. B. — Tutte le figure sono ridotte a 1 13» Le lettere e i numeri in parentesi, di questa e delle tavole successive. sono quelli citati nel testo per gli esemplari figurati Palaeontographia, italica, vol. XIX, 1913. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XIX, Tav. VII. [Tav. 1]. P. ZUFFARDI, Flefanti fossili del Piemonte. Fic. 1a. 1b. » N. B. — La fig. 6@ è ridotta a circa Spiegazione della Tavola VITI [IT]. Elephas meridionalis NEsTI. Molare sesto inferiore destro (‘13,,), — pag. 148 [28]. Lo stesso visto dal fianco esterno. Molare sesto superiore destro (7), — pag. 149 [29]. Molare sesto superiore sinistro (7°), — pag. 149 [29]. - Lo stesso visto dal fianco interno. Molare sesto superiore sinistro (‘24684 ,,), — pag. 150 [30]. Lo stesso visto dal fianco esterno. Molare sesto superiore sinistro (Paccioretta), —- pag. 151 [31]. Mandibola con molari ultimi (‘19 ,,), — pag. 152 [32]. La stessa vista dal fianco esterno del ramo sinistro. sla fig. 60 a circa *|la 1 4,5 Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. ; tutte le altre sono ridotte a s. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XIX, Tav. VIII. [Tav. 11]. P. ZUFFARDI, Ekfanti fossili del Piemonte. ELIOT CALZOLANIMFEKKAKIO= MILANO e IRE abem ALOE ORO Vo Nata NETTA IA CO dee ELUANA rea DATO 4 TIRI PAINT ERO cup. Pi dali ' 5 ì te di i î i casi aL i i ì = é 2 NRA ) OO à FIG. » Spiegazione della Tavola IX [III]. Elephas meridionalis NESTI. 1. — Fianco interno del molare sesto superiore destro, figurato a Tav. VII [II], fig. 5 (‘‘ Paccioretta ,,), — pag. 151 [31]. 2. — Mento della mandibola figurata a Tav. VIII [II], fig. 6a,b (‘‘19,,), — pag. 152 [32]. Elephas antiquus FaLc. var. trogontherioides n. var. 3a. — Molare probabilmente quinto inferiore sinistro (G), — pag. 155 [35]. 3 b. — Lo stesso visto dal fianco esterno. 4. — Molare ultimo inferiore destro (‘‘8.,,), — pag. 156 [36]. 5a. — Molare ultimo inferiore sinistro (‘9 ,,), — pag. 156 [36]. 5 b. — Lo stesso visto dal fianco interno. 6a. — Molare ultimo superiore sinistro (‘‘5,,), — pag. 158 [38]. 6 b. — Lo stesso visto dal fianco esterno. Elephas antiquus Falc. (typus). 7. — Molare secondo o terzo superiore destro (‘24787 ,,), — pag. 160 [40]. 8. — Molare secondo o terzo superiore sinistro (‘11 ,,), — pag. 160 [40]. 9a. — Molare quarto inferiore sinistro (‘10 ,,), — pag. 161 [41]. 9 b. — Lo stesso visto dal fianco interno. N. B.— La fig. 2 è ridotta a circa do tutte le altre a 1 o + 3 Palaeontographia italica, vol. XTX, 1913. ERATATONILOGRARETIARINIEI CRAVEN vi MID P. ZUFFARDI, fanti fossili del Piemonte. . [Tav. 111]. ELIOT CALZOLARIA FENKAKIO= MILANO N. B. — La fig. 34 è ridotta a circa 5a la fig.3 dba ti tutte le altre a DI o Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. Spiegazione della Tavola X [IV]. Elephas antiquus Farc. (typus). Molare quarto inferiore sinistro, visto dal fianco esterno (‘23743 ,,), — pag. 162 [42]. Molare quarto inferiore sinistro, visto dal fianco esterno (H), — pag. 162 [42]. Ramo mandibolare destro con molare quarto (‘14,,), — pag. 163 [43]. Lo stesso visto dal fianco interno. Molare probabilmente quinto inferiore sinistro (‘* du Piemont ,,), — pag. 164 [44]. Lo stesso visto dal fianco esterno. Molare quinto inferiore destro (ZL), — pag. 165 [45]. Lo stesso visto dal fianco interno. Molare quinto inferiore sinistro (‘12 bis ,,), — pag. 165 [45]. Molare sesto SANO, probabilmente destro (Dono Roccati), — pag. 166 [46]. Lo stesso visto dal fianco esterno. Molare sesto superiore (Carignano), — pag. 167 [47]. PALAEONTOGRAPRHIA INALIGCA, Vol XIX, Fav. X. P. ZUFFARDI, Flfanti fossili del Piemonte. i [Tau 1V7]. ELIOT CALZOLARIMEFKAAMIO- MILANO Spiegazione dellaflavo a 2x8 VA]: Elephas primigenius BLum. var. trogontherii Pont. FiG. 1. — Molare secondo inferiore, probabilmente sinistro (M), — pag. 167 [47]. » 2a.— Molare secondo inferiore, probabilmente destro (N), — pag. 167 [47]. » 2. — Lo stesso visto dal fianco interno. » 3a. — Molare quinto inferiore sinistro (‘9,,), — pag. 168 [48]. » 3. — Lo stesso visto dal fianco interno. » 4. — Molare quinto inferiore destro (0), — pag. 169 [49]. » 5a. — Molare quinto superiore destro (P), — pag. 169 [49]. » 5. — Lo stesso visto dal fianco esterno. » 6a.— Molare quinto inferiore sinistro (Q), — pag. 170 [50]. » 6. — Lo stesso visto dal fianco interno. » 7. — Molare quinto inferiore destro (R), — pag. 170 [50]. » Sa. — Molare sesto inferiore destro (‘15 ,,), — pag. 11 [51]. » $D. — Lo stesso visto dal fianco esterno. » 9. — Molare sesto inferiore sinistro (‘16 ,,), — pag. 172 [52]. N. B. — Tutte le figure sono ridotte a È, Palaeontographia.italica, vol, XIX, 1913. ECNELEONLIO GRAVARE iTv P. ZUFFARDI, Zlefanti fossili del Piemonte. [Tav V]. SLINT CALZOLAMIAFFRKNMIO- MILANO Spiegazione della Tavola XII [VI]. Elephas primigenius BLum. var. trogontherii PoHL. Fie.la » » N. B. — Tutte le figure sono ridotte a L 1. Za. 20. 3a. 3 db. 4a. 4D. da. 5 db. 6a. 6 db. T@o 7. Molare sesto superiore sinistro (‘17 ,,), — pag. 173 [53]. — Lo stesso visto dal fianco interno. Molare sesto superiore destro (‘‘18,,), — pag. 173 [53]. Lo stesso visto dal fianco esterno. Molare sesto superiore sinistro (‘7 ,,), — pag. 174 [54]. Lo stesso visto dal fianco interno. Elephas primigenius BLum. (#ypus) Molare giovanile inferiore (9), — pag. 178 [58]. Lo stesso visto da un fianco. Molare terzo inferiore sinistro (7), — pag. 178 [58]. Lo stesso visto dal fianco interno. Molare quarto inferiore sinistro (‘3,,), — pag. 179 [59]. Lo stesso visto dal fianco esterno. Molare sesto inferiore sinistro (Testona), — pag. 180 [60]. Lo stesso visto dal fianco esterno. 3° Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. LABEL NIOGRARETAME VARIARE DE Tav XII P. ZUFFARDI, E%efanti fossili del Piemonte. ELINT CALZOL ARIBFEKKAKIO - MILANO | Spiegazione della Tavola - Fic. 1a. — Canis etruscus May. (s. str.). Cranio di Ostine (Valdarno superiore), già in parte fi, 4 Vi n 5 | Mayor. Visto di lato, — pag. 192 [4]. a » 1. — Lo stesso visto di sotto. : sa 53 o gio Vista dal lato esterno, — pag. 192 [4]. » 3a.— Canis etruscus May. (s. str.).. Frammento di mascellare superiore destro visto dal esterno. Le Ville (Valdarno sup.), — pag. 193 [5]: Me eo » 8 b. — Lo stesso visto di sotto. -» 4. — Canis etruscus May. (s. str.). Frammento di branca destra di mandibola, vista dal lato esterno Valdarno sup., — pag. 212 [24]. STONE I ; otto Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PALAEONTOGRAPHIA IMTALICA. Vol cib dave dito D. DEL CAMPANA, / Cani pliocenici di Toscana. [Tav. 1]. FOT. ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO — MILANI Fig. 1 a, db. — Canis olivolanus Sp. n. Dramnmgati di branca sinistra id e pal branca destra (6) di mandibola 2 (a 2 db. È » 3a. — Canis ‘etruscus MAI. Branca destra di mandibola, veduta dal La stessa vista dal lato interno. 3 b. — La stessa veduta dal o IGATO, % Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PALAEONTOGRAPHIA MFATLJIGA:, VO de Meo davo D. DEL CAMPANA, 4 Cani pliocenici di Toscana. [Tav. 11). FOT. FLIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANO Fr. 1a. — Canis olivolanus sp. n. Parte faciale di cranio vista di sopra. (o) ivola (Val di Magra), - » 1b. — La stessa vista di sotto. » le. — La stessa vista di TI, di. sopra. I denti essendo poco usati si Modi in Pm 9 e Pm 3 il bordo posteriore iii —_ pa t DUE È 43 ha 4 i w «ri “ali - 4 3% 7 È ne È n DE x b. +5, » I - Palaeontographia.italica, vol. XTX, 1913. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. xIX, Tav. xv. D. DEL CAMPANA, / Cani pliocenici di Toscana. (Tav. III). FOT. ELIOT: CALZOLARI & FERRARIO — MILANE Spiegazione della Tavola XVI [IV]. . FiG.1a. — Canis Majori sp. n. Branca sinistra di mandibola vista dal lato interno. Valdarno sup., — pag. 205 [17]. » 1. — La stessa vista dal lato esterno. (Vedi anche Tav. XIX [VII], fig. 2). » 2a.— Canis olivolanus sp. n. Branca sinistra di mandibola vista dal lato interno. Olivola (Val di Magra), — pag. 207 [19]. » 2. — La stessa vista dal lato esterno. » 3. — Canis olivolanus sp. n. La branca destra di mandibola figurata a Tav. XV [III], fig.2, vista dal lato interno Sul bordo posteriore di Pm 2 si vede la base del tubercolo che si nota invece completamente conser- vato nelle fig. 2 a, b di questa Tavola, — pag. 207 [19]. Palaeontographia italica, vol. XIX. 1913. PALATO NITOGIR VARIE VA ITALICA, Web 90, Wai SUL D. DEL CAMPANA, 4‘ Canî pliocenici di Toscana. [Taw, IV) FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANO Di Spiegazione dell Fre. 1a. — Canis olivolanus sp. n. Cranio visto dal di sopra. O (0) «_»’ 2a. — Canis olivolanus sp. n. Branca sinistra di mandibola. ere del Tesoro, Vista dal lato esterno, — pag. 213 [25]. ui i Roig | 2b.— La stessa vista dal lato interno. | Ù ù Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PALACONTOGRAPHIA TITAUGHG/A Well bang ol Serino {Tav. V) I Cani pliocenici di Toscana. D. DEL CAMPANA FOT. ELIOT. GALZOLARI & FERRARID'- MILANI i È ale |: Li si È i, | 4 Ò - La Sl. ta i Crt x 3 i ì n + Y # x iegazione della ; DE îi î pi. 1 _— Canis olivolanus sp. n. Il cranio della Tav. XVII DI, fig. 1a, b, visto di profilo, ; 2a. — Canis Majori sp. n. Branca destra di mandibola vista dal aio interno. Valdarno SUP., — pag 2 b. — La stessa vista di sopra. (Vedi anche Tav. XIX [VII]; » » 5a. — Canis Majori sp. n. Frammento di branca sinistra di mandibola, $ n 5 Di ; SATO pag. 205. [19] i e: LE a stessa vista ‘di sopra. | E Re - Canis Falconeri May. Mandibola vista di sopra. (Vedi anche Tav. XIX [VII], fig. 4). în Strette al «(Valdarno sup.), — pag. 222 [34]. Si Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. D. DEL CAMPANA, PALADONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. xIx, Tav. XVIIL 1 Canti pliocenici di Toscana. [Tav VI]. FOT. ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO = MILANI Spiegazione della Tavola XIX [VII]. Fic. 1. — Canis Majori sp. n. La branca destra di mandibola della Tav. XVIII [VI], fig. 2 a, d, vista dal lato esterno, — pag. 205 [17]. » 2. — Canis Majori sp.n. La branca sinistra di mandibola della Tav. XVI [IV], fig. 1 a, »d, vista di sopra, — pag. 205 [17]. » 3a. — Canis Majori sp. n. Frammento di mascellare superiore destro, visto di sotto. Dintorni di Figline (Valdarno sup.), — pag.192 [4]. » 3. — Lo stesso visto dal lato esterno. » 4. — Canis Falconeri May. La branca sinistra di mandibola della Tav. XVIII [V1], fig. 4, vista dal lato esterno, — pag. 222 [34]. » 5a. — Canis Falconeri May. Parte anteriore del cranio, vista di sotto. Valdarno sup., — pag. 220 [32]. » Bb. — La stessa vista di profilo. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PYAL/ATONTOGRARIEITA MALGA Well sab Mayo Sag è D. DEL CAMPANA, ‘I Cani plrocenici di Toscana. [Tav. VII]. FOT. ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO MILANI Spiegazione de dn LÀ 9 X ; #0: DOTI Fig. 1a. — Canis arnensis sp. n. Cranio visto ( % R o; loci " IRA, Si N IM presso Terranova (Valdarno sup. — pag. 230 [42] » 10. — Lo stesso visto di sopra. na fl Ù _» le. — Lo stesso visto di sotto. IA i sopra. (Vedi ar iS ; » 1d.— Mandibola appartenente allo stesso, vi ac Tav. XXI [IX], fig. 1). 2 Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PR'ALATONTOGIRARDEIVA INAIL, Mal odo deva SOC D. DEL CAMPANA, I Cani pliocenici di Toscana. (Tav. VIII), FOT. FLIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANE Fr. 1. — Canis arnensis sp. n. Branca mandibolare sinistra, v | cranio figurato a Tav. XX [VIII]. Le Strette. sup.), — pag. 230 [42]. tte al Tasso presso Terran È ano x 3 » 2a. — Canis arnensis sp. n. Cranio visto di profilo. Le Str sup.), — pag. 231 [43]. IMLUA » 2b.— Lo stesso visto di sotto. n SN. a) » 2 e. — Branca sinistra di mandibola appartenente allo stesso, vista dal lato esterno. Tav XXI DI fig, , 4 Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. 5 PALAEONTOGRAPHIA IL'ALICA, Veli vue, Iayo SOL D. DEL CAMPANA, 4 Cant pliocenici di Toscana. [Tav. IX]. FOT. FLIOT. GALZOLARI & FERRARIO = MILANO Fic. 1a. » 1 Do dD_ Ila SALE D 9 » 3. » 3 c » 4. » ba » 50 » 6a » 60. . — La stessa v ta di sopra. Spiegazione della Tavola XXII [X]. — Canis arnensis sp. n. Parte faciale di cranio vista di profilo. Le Strette al Tasso presso Terranova (Valdarno sup.), — pag. 230 [42]. — La stessa vista di sotto. — Branca sinistra di mandibola del medesimo cranio, vista dal lato esterno. — Canis arnensis sp. n. Branca sinistra di mandibola, con parte della branca destra, vista di i sopra, appartenen e al cranio figurato a Tav. XXI [IX], g. 2 a,b, — pag. 230 [42]. — Canis arnensis sp. n. Branca destra di mandibola, vista dal lato esterno. Le Strette a Tasso presso Terranova (Valdarno sup.), — pag. 230 [42]. — La stessa vista dal lato interno. (La corrosione subita da Pm 2 sul bordo posteriore dà l’illusione della presenza di un tubercolo). — Canis arnensis sp. n. Branca sinistra di mandibola vista dal lato esterno. Le Strette al Tasso presso Terranova (Valdarno sup.), — pag. 230 [42]. . — Canis alopecoides MAJ. Frammento di mascellare superiore, visto dal lato esterno. Mon- topoli (Valdarno sup.), — pag. 249 [61]. . — Lo stesso visto di sotto. . — Canis alopecoides May. M 1 e M2 superiori destri, visti di sotto, — pag. 246 [58]. — Gli stessi visti di profilo. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PALAEONTOGRAPHIA TALIA Web Sab; ine Didi D. DEL CAMPANA, / Canti pliocenici di Toscana. [Tav A]. FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANO TE > O Spiegazione della Tavola XXIII [I]. Prc. 1a, d. —- Siderolites calcitrapoides Lck. Uadi Sofegin, n. 12. Fig. 10, ingr. 1:5/,, — pag. 260 [6]. 2. — Omphalocyclus macropora Lek. Uadi Sofegin, n. 28. Ingr. 1:5/,, — pag. 262 [8]. 3. — Omphalocyclus macropora Lck. Gebel Soda, n. 41. Ingr. 19/,, — pag. 262 [8]. 4. — Cyclolites Krumbecki sp. n. Uadi Sofegin, n. 5, — pag. 264 [10]. 5. — Cyclolites Krumbecki sp. n. Uadi Sofegin, n. 23. Veduto di fianco, — pag. 264 [10]. 6. — Cyclolites Krumbecki sp. n. Uadi Sofegin, n. 5. Altro esemplare veduto di fianco, — pag. 264 [10]. Te — Cyclaster berberus sp. n. Uadi Sofegin, n. 23. Veduto dagli ambulacri, — pag. 265 (11). 8a. — Cyclaster berberus sp. n. Uadi Sofegin, n. 28. Veduto dagli ambulacri, — pag. 265 [11]. 8b. — Lo stesso esemplare veduto dagli ambulacri ingr. 1:5/,. 8c. — Lo stesso esemplare veduto dal peristoma. 8d. — Lo stesso esemplare veduto dal periprocto. 8e. — Lo stesso esemplare veduto di fianco. 9a. — ©yclaster beduinus sp. n. Gebel Soda, n. 14. Veduto dagli ambulacri — pag. 266 [12]. 96. — Lo stesso esemplare veduto dagli ambulacri ingr. 1:9/,.. 9e. — Lo stesso esemplare veduto dal periprocto. 9d. — Lo stesso esemplare veduto dal peristoma. 9e. — Lo stesso esemplare veduto di fianco. 10. — Serpula (Pomatoceros) Pacellii sp. n. N. 30. Ingr. 1:5/,, — pag. 268 [14]. Il a,b. — Ostrea Cellae sp. n. Gebel Soda, n. 1. Valva superiore. Fig. 1la, veduta dall’ interno; fig. 11d, dall’esterno, pag. 270 [16]. n 12. — Ostrea Cellae sp. n. Gebel Soda, n. 1. Valva superiore veduta dall’interno, — pag. 270 [16]. 13. — Ostrea Cellae sp. n. Gebel Soda, n. 1. Valva inferiore veduta dall’interno, — pag. 270 [16]. 14 a,b. — Ostrea Cellae sp. n. Gebel Soda, n. 1. Valva inferiore. Fig. 14a, veduta dall’ esterno: fig. 14d, dall’in- terno, — pag. 270 [16]. 15. — Ostrea Cellae sp. n. Gebel Soda, n. 1. Valva superiore, — pag. 270 [16]. 16. — Ostrea Cellae sp. n. Gebel Soda, n. 1. Valva inferiore, — pag. 270 [16]. 17 a,b. — Ostrea Cellae sp. n. Gebel Soda, n. 1. Valva inferiore. Fig. 17a, con fori di Sabella, — pag. 270 [16]. 18. — Ostrea Cellae sp. n. Gebel Soda, n. 45. Valva inferiore veduta dall’ interno, — pag. 270 [16]. 19 a,b. — Ostrea Cellae l'esterno, 20 a, b. — Ostrea Cellae terno, — sp. n. Gebel Soda, [>] . 29. Valva superiore. Fig. 19a, veduta dall’ interno; fig. 196, dal- con fori di Sabella, — pag. 267 [13], 270 [16]. sp. n. Gebel Soda, n. 1. Valva superiore. Fig. 20a, veduta dall’esterno; fig. 20, dall’ in- pag. 270 [16]. N.B. — In questa e nelle 'Tavole successive tutte le figure, quando non sia espressamente detto, sono in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. ESESEONIOGRIREN RAMA VO XIX Tav. XXIII DE STEFANI, Fossili della Creta superiore della Tripolitania. (Tav. 1]. FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO — MILAN® Spiegazione della Tavola XXIV [II]. FIG. 1. — Ostrea Cellae sp. n. N. 45. L’esemplare figurato a Tav. XXIII [I], fig.18, veduto dall’esterno,— pag. 270 [16]. » Za,b. — Ostrea Cellae sp. n. Uadi Sofegin, n. 28. Valva inferiore; fig. 2a, veduta dall'esterno; fig. 2 d, dall’ in- terno, — pag. 270 [16]. 3a,b. — Ostrea garumnica Coo. Uadi Sofegin, n. 39. Valva inferiore; fig. 3a, veduta dall’ esterno; fig. 36, dal- l'interno, — pag. 271 [17]. » 4a,b. — Ostrea garumnica Coo. Uadi Sofegin, n. 39. Valva superiore; fig. 4a, veduta dall’ interno; fig. 4b, dal- l'esterno, — pag. 271 [17]. » Bba,b. — Ostrea garumnica CoQ. Uadi Sofegin, n. 39. Valva superiore; fig. 5a, veduta dall’ interno; fig. 50, dal- l'esterno, — pag. 271 [17]. | no: — Ostrea cfr. Gauthieri Trom. et Pér. N. 15. Valva inferiore, — pag. 272 [18]. Ta,b. — Gryphaea vesicularis Lx. Uadi Sofegin, n. 8. Valva inferiore; fig. 7a, veduta dall'interno; fig. 76, dal- l’esterno; — pag. 272 [18]. » S a,b. — Exogyra Overwegi v. Buca. N. 30. Valva inferiore di esemplare adulto. Fig. 8a, veduta dall’esterno; fig. 86, dall’ interno, — pag. 272 [18]. » 9a-c. — Exogyra Overwegi v. Bucu. Uadi Sofegin, n. 40. Valva inferiore; fig. 9a, veduta dall’interno; fig. 90, dall’ esterno; fig. 9c, di fianco, — pag. 272 [18]. » 10. — Exogyra Overwegi v. BucH. Uadi Sofegin, n. 40. Altra valva inferiore veduta dall’esterno, — pag. 272 [18]. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PALAFONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XIX, Tav. XXIV. [Tav. II]. DE STEFANI, Fossili della Creta superiore della Tripolitania. FOT, ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILAN VALSA SI GO Spiegazione della Tavola XXV [III]. Ere. 1a,b. — Exogyra Overwegi v. BucH. Uadi Sofegin, n. 40. Lo stesso esemplare della Tav. XXIV [II], fig. 10, valva inferiore; fig. 1a, veduta dall’interno; fig. 10, di fianco, — pag. 272 [18]. » 2a,b. — Exogyra Overwegi v. Buca. Uadi Sofegin, n. 40. Altra valva inferiore; fig. 2a, veduta dall'esterno; fig. 20, di fianco, — pag. 272 [18]. » 3 a,b. — Alectryonia larva Lox. Gebel Soda, n. 4. Valva superiore; fig. 30, veduta dall’esterno, con fori di Cliona, di Sabella, e con Vermetus collarius WANNER, — pag. 262 [8], 267 [13], 274 [20], 296 [42]. » 4a,b. — Alectryonia larva Lcx. Gebel Soda, n. 11. Valva inferiore, — pag. 274 [20]. » 5a,b. — Alectryonia semiplana Sow. Uadi Sofegin, n. 22. Valva inferiore; fig. 5a, veduta dall’esterno; fig. 55, dall'interno, — pag. 275 [21]. DL — Alectryonia semiplana Sow. Uadi Sofegin, n. 28. Valva inferiore, — pag. 275 [21]. » Ta,b. — Alectryonia semiplana Sow. Uadi Sofegin, n. 39. Valva inferiore; fig. 7a, veduta dall’esterno; fig. 7d, dall’ interno, — pag. 275 [21]. D 38 — Plicatula instabilis SroL. Uadi Sofegin, n. 22, — pag. 277 [28]. DEZSSE — Inoceramus regularis D’OrB. Principio dell’Uadi Merdu. Valva destra, — pag. 286 [12]. » 10a,d. — Modiola Michaelis sp. n. Gebel Soda, n. 19. Fig. 10, veduta di fianco; fig. 10, di sopra, — pag. 279 [25]. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XIX, Tav. XXV. DE STEFANI, Zossil della Creta superiore della Tripolitania. 9 [Tav, INI]. FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO — MILANE Fic. 1 a,b. — Crassatella Sforzai sp. n. Gebel Soda, n. 10. Valva sinistra; fig. 1a, veduta dall interno; fig. 16, dall’um- bone, — pag. 280 [26]. ; Crassatella Sforzai sp. n. Gebel Soda, n. 24. Valva destra veduta dall’esterno, — pag. 280 [26]. DADI 10 Spiegazione della Tavola XXVI [IV]. Crassatella Paronai sp. n. Gebel Soda, Crassatella Paronai sp. n. Gebel Soda, Crassatella Paronai sp. n. Gebel Soda, n. 1. Altra valva destra ingr. 154, — pag. 281 [27]. Crassatella Paronai sp. n. Gebel Soda, Crassatella Paronai sp. n. Gebel Soda, n. Crassatella Paronai sp. n. Gebel Soda, Crassatella Paronai sp. n. Gebel Soda, Cuspidaria? sp. Gebel Soda, n. 1. Valva destra, — pag. 279 [25]. Cardita Beaumonti D’ARCH. Cardita Beaumonti D’ARCH. Cardita Beaumonti D’ARCH. Cardita Beaumonti D’ARCH. Cardita Beaumonti D’ARCH. Cardita Beaumonti p’ARCcH. 282 [28]. Cardita Beaumonti D’ARCH. Cardita Beaumonti D’ARCH. Cardita Beaumonti D’ARCH. Cytherea Andersoni BuL-Nnwr. Da Orfella al Gebel Soda, n. 24. Valva sinistra veduta dall’esterno, — pag. 284 [30]. Cytherea Andersoni BuLL.-NEwT. Da Orfella al Gebel Soda, n. 24. Altra valva sinistra veduta dall’esterno, — pag. 284 [30]. Cytherea Andersoni BuLL.-NEwT. Da Orfella al Gebel Soda, n. 24. Valva vista dall’ umbone, — pag. 284 [30]. Nucula tremolate-striata WannER. Da Orfella al Gebel Soda, n. 7. Nueleo visto dalla valva sinistra, — pag. 285 [31]. Nucula tremolate-striata WAnNER. Da Orfella al Gebel Soda, n. 7. Nucleo visto dagli umboni, — pag. 285 [31]. Nucula chargensis Quaas. Uadi Sofegin, n. 28. Fig. 25a, veduto dalla valva destra; fig. 250, dagli um- boni, — pag. 286 [32]. Lucina dachelensis Wawwner. Gebel Soda, n. 41. Valva sinistra, — pag. 287 [33]. Lucina dachelensis WaxnER. Gebel Soda, n. 14. Altra valva sinistra, — pag. 287 [83]. Lucina dachelensis WannER. Gebel Soda, n. 1. Valva destra, — pag. 287 [33]. Lucina dachelensis WannER. Gebel Soda, n. 41. Altra valva destra, — pag. 287 [33]. Palaeontographia italica, vol. XTX 1913. Gebel Soda, Gebel Soda, Gebel Soda, Gebel Soda, Gebel Soda, Gebel Soda, Gebel Soda, Gebel Soda, Gebel Soda, n. 1. Veduta di fianco, — pag. 281 [27]. \ n. l. Valva sinistra ingr. 1:5/,, — pag. 281 [27. n. 1. Valva destra ingr.!5/,. — pag. 281 [27]. n. 1. Valva sinistra ingr. -5/,, — pag 281 [27]. 1. Gebel Soda, n. 1. Altra valva sinistra ingr.*:5/,, — pag. 281 [27]. n 1. Veduta dagli umboni, — pag. 281 [27]. n. 9. Valva sinistra veduta dall’esterno, — pag. 282 [28]. n. 9. Altra valva sinistra veduta dall'interno, — pag. 282 [28]. n. 21. Valva destra veduta dall'esterno, — pag. 282 [28]. n. 3. Vista dagli umboni, — pag. 282 [28]. n. 17. Valva destra veduta dall’ esterno, — pag: 282 [28]. n. 43. Valva sinistra veduta dall’ interno, col cardine, — pag. n. 1. Nucleo visto dalla valva sinistra, — pag. 282 [28]. n. 31. Valva destra veduta dal lato posteriore, — pag. 282 [28]. n. 37. Nucleo visto dal lato anteriore, — pag. 282 [28]. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XIX, Tav. XXVI. DE STEFANI, Fossili della Creta superiore della Tripolitania. [Tav. IV]. 99) 25b FOT, ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO=MILANE Spiegazione della Tavola XXVII [V]. Fre. 1a, bd. — Strombus parvulus KrumB. Da Orfella al Gebel Soda, n. 1. Fig. 1d, veduto dall’apertura, — pag. 288 [34]. 2 a,b. — Tudicla Bertoliniana sp. n. Gebel Soda, n. 34, — pag. 288 [34]. 9Ì — Voluta (Volutilithes) septemeostata ForBrs. Da Orfella al Gebel Soda, n. 32, -- pag. 289 [85]. 4. — Cinulia (Avellana) Humboldtii MiuLL. Uadi Sofegin, n. 22, — pag. 289 [35]. 5a,b. — Bulla tripolitana sp. n. Gebel Soda, n. 34, — pag. 290 [86]. 6. — Natica plesio-lIyrata PetHò. Da Orfella al Gebel Soda, n. 35, — pag. 291 [37]. To — Natica (Amauropsis) fruskagorensis PerHò. Gebel Soda, n. 14, — pag. 291 [37]. 8a-e. — Natica (Gyrodes) Bouveti Perv. Gebel Soda, n. 24. Fig. Sa, veduta dall’ombelico; fig. 80, dal lato poste- riore; fig. 8c-e, ingr. !:9/,, — pag. 292 [38]. i 9. — Natica (Gyrodes) Bouveti Perv. Gebel Soda, n. 35, — pag. 292 [88]. 10 a-c. — Sigaretus Vinassai sp. n. Gebel Soda, n. 11, — pag. 293 [39]. 11. — Turritella Forgemolli Cog. Gebel Soda, n. 24,— pag. 293 [39]. 12. — Turritella Forgemolli Co. Gebel Soda, n. 19,— pag. 293 [39]. 13. — Turritella Forgemolli Co. Gebel Soda, n. 13, — pag. 293 [39]. 14. — Turritella Forgemolli Coo. Gebel Soda, n. 37, — pag. 293 [39]. 15 a,b. — Turritella cfr. disjuncta THom. et Por. Gebel Soda, n. 7, — pag. 295 [41]. 16 a,b. — Turritella (Tuba) Jovis Ammonis Quaas. Uadi Sofegin, n. 28, — pag. 295 |41]. 17. — Tubulostium cfr. callosum SroL. Gebel Soda, n. 15, — pag. 295 [41]. 18. — Cerithium subdolum sp. n. Gebel Soda, n. 35, — pag. 297 [43]. 19. — Cerithium subdolum sp. n. Gebel Soda, n. 35. Altro esemplare, — pag. 297 [43]. 20. — Lamna obliqua (AGASS.). Salsala, n. 11, — pag. 299 [45]. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913. abi > PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. DE STEFANI, Zossil della Creta superiore della Tripolitania. qb XIX, Tav. XXVII. OT. ELIOT. FERRARIO= MILAN », AT A Dea bE; gii AVVERTENZA I primi diciotto volumi della Palaeontographia Italica (1895-1912) di pagine 4698 con 443 tavole, alcune delle quali doppie, e 414 figure intercalate, contegono 115 memorie su vari ordini di piante e di animali (vertebrati ed invertebrati) fossili trovati principalmente in Italia. Il Vol. XX (1914) è in corso di stampa. Prezzo di ogni volume: Fr. 50. Indirizzarsi esclusivamente presso il prof. Mario Canavari, Museo geologico della R. Università di Pisa 8 Di LN MILZA MI a N ANNE ee II - P è \ ZSZRAK Ni IN x sa >: = fr (Ca Re e atti ca TE dr grant N CM = TBQÒ LR pe) 1} L:3 pi