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UGOLINI R.. . . . .— Il Rhinoceros etruscus Fale. del Pliocene di Barga (Tav. XII [I]). Fossa-MANCINI E. . . — Catalogo dei fossili dell’ Appennino centrale conservati nel Museo di Pisa. Parte 1 (Tav. XIV [I]) DEL CAMPANA D. . . — Considerazioni sulle Antilopi terziarie della Toscana (Tav. XV-XIX [I-V]) . 147 pet S- Ki À; TOR x < ; p ; i Ù a NEVER ETA 3 MAE ‘ N° SUA NAS; B. GRECO FAUNA CRETACEA DELL EGITTO RACCOLTA DAL FIGARI BEY PARTE TERZA: LAMELLIBRANCHIATA (cont. e fine). Fasc. 2.° Lamellibranchi del Turoniano e del Cenomaniano. Tav. I-V [Tav. XVII-XXI]. III. Lameliibranchi del Turoniano. Gen. Lima BRUGUIÈERE 1. Lima Flattersi Coo. — Tav. I [XVII], fig. 1 e 2 Lie 1862. Lima Flattersi CoquanDp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 214, tav. XIV, fig. 9. Riferisco con riserva a questa specie cinque esemplari, in stato non soddisfacente, di una Lima di dimensioni piuttosto grandi, che, per la loro forma ovale assai allungata, depressa, con regione cardinale molto ristretta, regione anteriore?) troncata e prolungata obliquamente, mentre la poste- riore è arrotondata e per gli ornamenti, costituiti da numerose coste raggianti, semplici, regolari, piuttosto larghe, poco rilevate, separate da spazi di eguale ampiezza, rassomigliano molto all’ unico esemplare di Lima Flattersi descritto e figurato dal COoQUAND. Tutti e cinque però sono in stadio di sviluppo molto meno avanzato e si presentano più incompleti. La riserva sopra accennata circa tale determinazione eredo che sia opportuna non solo per le condizioni di sviluppo e di conservazione dei nostri esemplari, ma anche perchè la specie in Al- geria è indicata dal COQUAND nel Santoniano di Refana, mentre i nostri esemplari, a giudicare dalla loro fossilizzazione, proverrebbero dal caleare turoniano. Essi furono raccolti dal FIGARI BEY nella « Bassa Tebaide, Valle d’ Araba ». Gen. Avicula KLEIN 1. Avicula atra Coo. — Tav. I [ XVII], fig. 3. 1862. Avicula atra Coquanp. (réol. Pal. Prov. Constantine, pag. 217, tav. XIV, fig. 5 e 6. 1882. — — SeGuenza. Oretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 164. 1890. _ — Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 240. 1912. = — PervinquiùRre. Et. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 110. 1914. —_ — PARONA. Tripolitania, pag. 11. 1) PeRVINQUIÈRE L. Et paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 150, nota 2." Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. Il B. GRECO [184] (Se) Appartiene a questa specie un solo esemplare della nostra collezione egiziana, il quale è quasi totalmente conservato in modello, presentando soltanto un frammento di conchiglia nella valva sinistra in corrispondenza dell’ umbone e dell’ orecchietta anteriore. Esso è inequilaterale, inequi- valve, avendo la valva sinistra più convessa, con una espansione aliforme ben spiccata nella parte anteriore, mentre doveva essere appena indicata nella parte posteriore, con la linea cardinale diritta, lunga ed assai obliqua. Non si osservano ornamenti sul residuo di conchiglia, alquanto corroso, sopra ricordato. Oltre che per i tratti caratteristici, che presenta, il nostro esemplare corrisponde all’ originale del CoquaND anche per ciò che riguarda lo stadio di sviluppo; lo spessore legger- mente minore, che nel nostro si nota, si spiega bene con la mancanza quasi completa della sua conchiglia. IL’ Avicula atra fu raccolta primieramente dal CoquanD in Algeria a Tebessa, nella formazione da lui ritenuta Mornasiana, la quale in seguito fu dal PERON considerata come Santoniana e più recentemente con maggior precisione riferita al Coniaciano dal PERVINQUIÈRE. Successivamente la specie fu citata dal SEGUENZA nel Turoniano di S. Giorgio nell’ Italia meridionale e dal PERON in Tunisia negli strati di Foum- Tamesmida, da lui ascritti dubitativamente al Turoniano. Il PER- VINQUIÈRE ha trovato questa specie in Tunisia non solo in terreni Coniaciani, dai quali proviene il tipo del COQUAND, ma anche nel Turoniano e nel Cenomaniano. Inoltre essa è stata anche se- gnalata dal PARONA nel Cenomaniano della Tripolitania. Il nostro unico esemplare appartenente a questa specie, giudicando dalla fossilizzazione, proviene dal Turoniano. Il cartellino del FIGARI BEY ci fa conoscere, senza altra indicazione, che esso è stato da lui raccolto in « Egitto ». Gen. Cardium LINNEO 1. Cardium (Trachycardium) productum Sow. var. subproducta TH. et PERON et var. Byzacenica PERV. 1844. Cardium productum D’ OrBIGNY. Pal. frang. T'err. crét., vol. III, pag. 31, tav. 247. 1871. _ (Trachycardium) productum SroLiczxza. Oret. Pelecypoda S. India, pag. 217, tav. XI, fig. 15 e 16. 1882. — giganteum SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 146, tav. X, fig. 1, 1a-D. 1890. _ subproductum Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 273, tav. XXVIII, fig. 13 e 14. 1912. — ( Trachycardium) productum PrrvinquidRrE. Hi, paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 259. tav. XIX, fig. 25-27 (cum syn.). 1914. —_ —_ —_ PARONA. Tripolitania, pag. 11. 1917. — productum FourTAU. Mollusques Lamellibranches, pag. 81. Il PERON stabilì una nuova specie di Cardium, da lui denominata Cardium subproductum, rap- presentata da numerosi buoni modelli, provenienti dal Turoniano della Tunisia, i quali differiscono dal Cardium productum Sow. specialmente per la forma molto più allungata, più rigonfia e più ri- stretta, oltre che per le coste spinose più fini, più numerose, più uguali e regolari. Ma sucecessiva- mente il PERVINQUIÈRE, studiando il ricco materiale: paleontologico da lui raccolto in Tunisia, constatò la presenza nel Turoniano di quella regione del Cardium productum Sow., appartenente al sottogenere Trachycardium e, avendo osservato la notevole variabilità che questa specie presenta nei diversi stadi di sviluppo, per ciò che riguarda sia la forma della conchiglia, più o meno al- lungata, ristretta e rigonfia, sia il numero delle coste, con fondate ragioni ritenne che il Cardium subproductum TH. et PERON non potesse mantenersi come specie distinta, ma tutto al più fosse da [185] i B. GRECO 3 considerare come una var. subproducta TH. et PERON del Cardium ( Trachycardium) productum Sow. Aggiunse poi che alcuni esemplari, da lui riferiti a questa specie del SowERBY, sono ancora più allungati, che il margine inferiore diviene oltremodo obliquo, raccordandosi ad angolo acuto con il margine posteriore, risultandone così, come termine estremo, una conchiglia a forma di losanga due volte più alta che lunga, terminante in punta agli estremi superiore ed inferiore, pur restando però immutata Vl ornamentazione. Questi esemplari furono considerati dal PERVINQUIÈRE come una varietà ben definita del Cardium (Trachycardium) productum Sow. ed indicati col nome di var. By- zacenica. Notò infine che essi si allontanano talmente dal tipo, che ne avrebbe fatto una specie distinta, anche perchè essi richiamano per la loro forma i sottogeneri Hemicardium o Lithocardium, se i pochi esemplari non avessero presentato delle tracce di compressione, che possono aver pro. vocato il restringimento della conchiglia. Così stando le cose, tutte e due queste varietà del Cardium (Trachycardium) productum Sow. sono rappresentate nella nostra collezione egiziana. Alla var. subproducta TH. et PERON infatti sono da riferire tre modelli interni completi, uno adulto e due giovanili, i quali per la loro forma cor- rispondono perfettamente all’ esemplare figurato dal PERON a tav. XXVIII, fig. 13-14 e presso a poco anche a quello rappresentato dal PERVINQUIÈRE a tav. XIX, fig. 25, ma, per il loro modo di conservazione, non presentano ornamenti; soltanto il modello di dimensioni maggiori mostra al margine frequenti denticolazioni, dovute alle impronte delle numerose coste più spiccate al bordo e, in qualche tratto verso la parte inferiore, tracce evanescenti di esse, visibili sotto certe inci- denze di luce. Un quarto modello poi, costituito da un frammento della valva sinistra, ha la su- perfice alquanto in migliore stato e, oltre alle denticolazioni al margine ora ricordate, lascia scor- gere, in stato non troppo soddisfacente, le coste, corrispondenti a quelle dell’ esemplare figurato dal PERON. La var. Byzacenica PERV. d’ altra parte è rappresentata da un solo esemplare, il quale, eccet- tuate le dimensioni un poco più grandi, per quanto sia leggermente eroso da una parte, mostra tuttavia di corrispondere in modo così perfetto all’ individuo rappresentato dal PERVINQUIÈRE &@ tav. XIX, fig. 27 per la forma e per gli ornamenti, che anche per esso si può ripetere ciò che ha detto lo stesso PERVINQUIÈRE per i suoi esemplari tunisini. Il Cardium giganteum SEG. è stato indicato dal PERVINQUIÈRE in sinonimia con il Cardium (Trachycardium) productum Sow.; ed infatti sia per la forma, sia per gli ornamenti esso non può essere tenuto distinto da tale specie, anzi rassomiglia talmente, eccettuato le dimensioni, all’ esem- plare figurato dal PERON, rappresentante della var. subproducta, da essere senza dubbio considerato eome un individuo gigantesco di questa varietà. Il Cardium ( Trachycardium) Mermeti Coo. è molto affine alla specie della quale ora ci occu- piamo, come ha già fatto constatare il PERVINQUIÈRE, il quale fu quasi tentato a considerarlo come una semplice varietà di essa. Ma di ciò avremo occasione di parlare in seguito. Il Cardium (Trachycardium) productum Sow. è specie ben nota e molto diffusa nel Cretaceo, dal Cenomaniano al Senoniano, nella Germania, nel Belgio, nella Francia, nelle Alpi a Gosau, nell’ Italia meridionale e nel gruppo di Ootatoor dell’ India meridionale. In Tunisia la specie con le sue due varietà si trova nei terreni del Turoniano, mentre in terreni cenomaniani è stata se- gnalata dal PARONA in Tripolitania e dal FouRTAU in Egitto. Di età turoniana, a giudicare dalla roccia fossilizzante, ritengo che siano i nostri esemplari egiziani tanto della var. subproducta TH. et PERON, quanto della var. Byzacenica PERV. Essi sono indicati dal FicARI Bey raccolti al solito nella « Bassa Tebaide, costa arabica, versante orientale »; tre esemplari della var. subprodueta por- tano inoltre nel cartellino, che li accompagna, l aggiunta « verso il Golfo di Suez ». 4 B. GRECO [186] . Gen. Anisocardia MUNIER -CHALMAS 1. Anisocardia Hermitei CHorr. — Tav. I [XVII], fig. 4 e 5. 1901-02. Anisocardia Hermitei CHOFFAT. Lamellibranches siphonés, pag. 133, tav. IX, fig. 4-7. Lo CHOFFAT descrisse e figurò bene questa specie, distinguendovi, oltre alla forma tipica, rap- presentata colle figure 4 e 5 della tavola IX, anche una varietà, che egli indicò col nome di var. acuta e che rappresentò colle figure 6 e 7 della stessa tavola. A questa specie appunto riferisco 4 esemplari della nostra collezione egiziana in buono stato di conservazione e in diversi stadi di sviluppo, i quali corrispondono per tuttii loro caratteri alle figure sopra ricordate e ci fanno cono- scere che entrambe le forme sono rappresentate anche in Egitto. Tre di essi (Tav. I [XVII], fig. 4) appartergono alla forma tipica, mentre uno solo, alquanto corroso posteriormente (Tav. I [XVII], fig. 5), corrisponde alla var. acuta CHOFF. Nel Portogallo l’ Anisocardia Hermitei CHOFF. con la sua var. acuta CHOFF. si trova tanto nel Cenomaniano quanto nel Turoniano. Nell’ Egitto essa proviene dal Turoniano, a giudicare dalla roccia fossilizzante; gli esemplari sono indicati raccolti dal FI- GARI BEY nella « Costa arabica, Bassa Tebaide, versante orientale, Quadi Araba ». IV. Lamellibranchi del Cenomaniano. Gen. Liostrea H. DOUVILLÉ 1. Liostrea Rouvillei. CoQ. sp. — Tav. I [XVII], fig. 6-11. 1862. Ostrea Rouvillei Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 232, tav. XXII, fig. 9-11 (erroneamente nel .testo 8, 9 e 10). 1862. — Bisckarensis CoquanD. Ibidem, pag. 231, tav. XXI, fig 10-12. 1869. — curvirostris (non NIrss.) Coquanp. Monogr. du genre Ostrea, pag. 67 (ex parte). 1869. — ouvillei Coquanp. Ibidem, pag. 89, tav. XXI, fig. 3-6, tav. XXIV, fio. 7-11. 1869. — Biskarensis COQUAND. Ibidem, pag. 110, tav. LIII, fig. 15-17. 1869. — rediviva Coquanp. Ibidem, pag. 154, tav. XLII, fig. 8-11 e tav. LIV, fig. 18-30. leso ne — Coquanp. Ft. supplem. de Paléontologie Algerienne, pag. 185. 1890. — ARouvillei Peron. Moll. foss. lunisie, partie II, pag. 137. 1912. Liostrea — PervinouiÈRrE. Ht paldont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 168. 1917. Ostrea Rouvillei FourtAT. Mollusques Lamellibranches, pag. 50. Il PERON fece ben conoscere come le specie descritte dal COQUAND coi nomi di Ostrea Rouvillei, Ostrea Bisckarensis ed Ostrea rediviva, indicate rispettivamente del' Santoniano, del Provenziano e del Cenomaniano, insieme anche con alcuni esemplari dell’ Algeria, riferiti dal medesimo autore all’ Ostrea curvirostris e considerati come campaniani, formino effettivamente una sola specie, ca- ratteristica del Cenomaniano. Per essa il PERON propose di accettare il nome di Ostrea Rouvillei Coa., col quale fu indicata la forma normale di questa specie, quantunque si trovi stampata una pagina dopo la descrizione dell’ Ostrea Bisckarensis C0Q., perchè questa rappresenta una forma par- ticolare più rara, corta e un poco slargata dell’ Ostrea Rouvillei Coq. Il PERVINQUIÈRE ha conva- lidato in seguito queste ben fondate conclusioni del PERON, aggiungendo giustamente che questa [187] B. GRECO 5 specie è da riferire al genere Liostrea. Essa ha infatti entrambe le valve lamellose, per il quale carattere appunto il genere Liostrea, secondo il DOUVILLÉ, si distingue dal genere Ostrea s. str., che presenta la valva inferiore pieghettata 1). Così giustamente intesa, la Liostrea Rouvillei Coo. sp. è rappresentata nella collezione del FIGARI BEY da numerosi esemplari ed è assai variabile di forma, come appunto si presenta in Algeria. La sua conchiglia infatti, di piccole dimensioni, è linguiforme, talvolta diritta, allungata e stretta, tal’ altra corta, slargata, subtriangolare, o anche ineurvata, falciforme. La valva inferiore è poco convessa, mentre la superiore è appianata, o appena ricurva; entrambe sono ornate soltanto da rughe di accrescimento più o meno spiccate. Gli umboni sono poco sporgenti e non acuminati. Per la massima parte i nostri esemplari si riferiscono a quelli descritti e figurati dal COQUAND col nome di Ostrea rediviva C0Q., pochi a quelli dallo stesso COQUAND rappresentati come Ostrea Rouvillei Coq. Nessuno corrisponde all’ unico esemplare figurato dal CoQuAND per la sua Ostrea Bisckarensis. ì La Liostrea Rouvillei CoQ. sp., già nota nel Cenomaniano dell’ Algeria e della Tunisia, è stata recentissimamente segnalata dal FOURTAU anche in Egitto nello stesso orizzonte geologico. Dei nostri 54 esemplari egiziani 11 sono indicati dal FIGARI Bey raccolti nella « Bassa Tebaide, Costa ara- bica, versante orientale, Quadi Araba; 12 nella « Costa arabica, Bassa Tebaide » e 11 più vagamente ancora nella « Costa orientale dell’ Egitto ». Gea. Exogira SAY 1. Exogyra Olisiponensis SHARPE. — Tav. I [XVII], fig. 12-14. 1849. Exrogyra Olisiponensis SHAaRrpE. Second. district Portugal, pag. 185, tav. XIX, fig. 1 e 2. 1862. Ostrea Overwegi CoquanD (non pe BucH)..Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 226, tav. XIX, fig. 1-6. 1864. — (Exogyra) cornu-arietis MENEGHINI (non GoLpr.). Ostriche cretacee di Sicilia, pag. 412, tav. IV, i fig. 1a-le. 1869. — Otlisiponensis Coquanp. Monogr. du genre Ostrea, pag. 125, tav. XLV, fig. 1-7. 1869. — Overwegi Coquanp (non pe BucH). Ibidem, pag. 140, tav. XLIV, fig. 1-9 e tav. XLVI, fig. 14-15. 1872. — Olisiponensis LartET. Geologie de la Palestine, pag. 59, tav. XI, fig. 1 e 2. 18770, = Larter. Mer Morte, pag. 138, tav. IX, fig. 1-3. 1880. — Oxyntas Coquanp. Ht supplem. de Paltontologie Algerienne, pag. 170 (= Ostrea Overvegi Coo. non DE BucH). 1882. Erogyra — ÈSEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 178, tav. XVIII, fig. 1-1e. 1882. — Olisiponensis SEGUENZA. Ibidem, pag. 180, tav. XVII, fig. 2 -2b. TREES e = ZirteL. Libysche Wiiste, pag. 28 e 79. 1883, — Overwvegi var. scabra ZrrteL. Ibidem, pag. 79. 1886. Ostrea pseudo -africana CÒorrar. Faune erét. Portugal; Ostreidae, pag. 38, tav. IV, fig. 1-4; tav. VI, fig. 14 (pubblicata nel fascicolo del 1902 ). 1890. Exogyra olisiponensis BLANCKENHORN. Areidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. T4. 1890. Ostrea -_ PrRron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 114, tav. XXIII, fig. 14-18, 1902. — (Exogyra) olisiponensis Cnorrat. Faune crét. Portugal: Ostreidae, pag. 166, tav. VI, fig. 17-19. 1904. — olisiponensis Fourtau. Faune crét. d’ Egypte, pag. 283, figure 3-5 nel testo. 1905. — (Exogyra) olisiponensis CHorrat. Zone littorale d’ Angola, pag. 44, tav. I, fig. 4 e 5. 1) DouviLLÉ H. Observ. sur les Ostréidés, pag. 634. — PervinquièRE L. Hi paléont. tunisienne. Gastroprodes et Lamellibranches, pag. 167. 6 i B. GRECO [188] 1912. Exogyra Olisiponensis PERVINQUIÈRE. Hi. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 174, tav. XIII, fig. 4,5 e9. 1914. — — PARONA. Tripolitania, pag. 11. 1917. Ostrea — FourtAU. Mollusques Lamellibranches, pag. 44. Bella specie, ben conosciuta sopratutto per gli studi del SHARPE, del LARTET, del PERON, dello CHOFFAT, del FOURTAU e del PERVINQUIÈRE. Come già il PERON fece constatare, il COQUAND aveva dapprima riferito all’ Ostrea Overwegi DE BucH numerosi esemplari provenienti dal Cenomaniano dell’ Algeria, aggiungendovi in seguito come sinonima l’ Ostrea ( Exogyra) cornu-arietis (non GOLDF.) del Cenomaniano della Sicilia, descritta e figurata dal MENEGHINI. Posteriormente però lo stesso COQUAND, riconosciuto inesatto il riferimento di detti esemplari a quella specie del DE BuCcH, pro- pose per essi il nuovo nome specifico di Ostrea Owyntas Coo. Egli aveva già precedentemente sta- bilito anche in Algeria la presenza dell’ Ostrea Olisiponensis SHARPE, ma aveva tuttavia tenuta di- stinta da essa l’ Ostrea Overwegi (non DE BucH) = Ostrea Oxyntas, per alcuni caratteri differenziali da lui constatati. Ed il SEGUENZA successivamente per le ostriche cretacee dell’ Italia meridionale condivise l’ opinione del COQUAND, tenendo separate l’ Exogyra Olisiponensis SHARPE dalla Exogyra Oxyntas CoQ. con la sinonima Ostrea (Exogyra) cornu-arietis MGH. (non GOLDF). Se non che il PERON in seguito, avendo esaminato un considerevole numero di esemplari dell’ Ostrea Olisiponensis SHARPE, provenienti dall’ Algeria e dalla Tunisia, ha potuto constatare la grande variabilità di forme, tutte collegate strettamente tra di loro da.graduali passaggi, che essa presenta e dimostrare che a tale specie debbano essere riferiti quegli esemplari inesattamente ascritti ad Ostrea Qverwegi, ad Ostrea (Exogyra) cornu-arietis e successivamente denominati Ostrea Oryntas Coo. Egli inoltre fece notare i grandi rapporti di affinità che intercedono tra l’ Ostrea Olisiponensis SHARPE e l’ Ostrea pseudo-africana CHOFF., la quale si distinguerebbe per la mancanza di coste nella grande valva, soggiungendo che, avendo confrontato dei buoni esemplari di questa ultima specie, inviatigli dallo CHOFFAT, con i suoi individui lisci dell’ Ostrea Olisiponensis SHARPE, li avrebbe senza altro riuniti, se non l'avesse trattenuto in questa conclusione un argomento stratigrafico. In Portogallo cioè V Ostrea pseudo -africana CHOFF. occupa un livello geologico inferiore a quello dell’ Ostrea Olisipo- nensis SHARPE e tra i due livelli si trova una zona nella quale non è rappresentata alcuna delle due specie. Se non che più recentemente il FouRtAU ha trovato, nel Cenomaniano inferiore del Deserto arabico settentrionale, associati nel medesimo strato, all’ Quadi Am Rimpf, l’ Ostrea Olisiponensis SHARPE e l’ Ostrea pseudo -africana CHOFF. con i graduali passaggi e ne ha dato le figure. Quindi, venendo a cadere anche la riserva stratigrafica, posta in evidenza dallo CHorFar e dal PeERON, il FourtAU giustamente ha riunito Vl Ostrea pseudo - africana CHOFF. all’ Ostrea Olisiponensis SHARPE, tanto più che lo CHoFFAT ha fotografato a tav. VI, fig. 14 un esemplare di Ostrea pseudo - africana CHOFF., che, per le sue coste spinose, costituisce un eccellente passaggio dalla forma pressochè liscia di tale specie, figurata nella tavola IV, all’ Ostrea Olisiponensis SHARPE. Ciò mentre al con- trario il FOURTAU non ha trovato alcun termine di passaggio tra quest’ ultima specie, così intesa e la sincrona Ostrea Africana LAMEK., con la quale lo CHoFFAT aveva ritenuto che avesse rapporti di parentela la sua Ostrea pseudo -africana. L'esame dei nostri esemplari mi permette di condividere del tutto l’ opinione del FOURTAU, quantunque recentemente il PERVINQUIERE, pur considerando come sinonimo dell’ Erogyra Olisi- ponensis SHARPE l’ esemplare di Ostrea pseudo - africana, figurato dallo CHOFFAT a tavola VI, fig. 14, abbia invece riunito alla Exogyra Africana LAMK. sp. gli individui di Ostrea pseudo - africana, rap- [189] B. GRECO 7 presentati dallo stesso CHOFFAT a tavola IV, figura 1 e forse anche figure 3 e 4, non pronunzian- dosi circa la figura 2, che rappresenta invero un frammento poco decifrabile. E ciò anche per quanto recentissimamente il FourTAU?) non sia alieno dall’accostarsi al modo di vedere del PERVINQUIÈRE. Così intesa VV Ezogyra Olisiponensis SHARPE è rappresentata nella collezione del FIGARI BEY da una ventina di esemplari in diversi stadi di sviluppo ed in buono stato di conservazione. Essi sono variabili per la loro forma, che da rotondeggiante passa ad avere un contorno allungato, per la depressione posteriore della valva inferiore più o meno spiccata, per l umbone più o meno ri- curvo e per gli ornamenti in entrambe le valve. La valva inferiore, o presenta coste radiali poco spiccate, scarse, limitate alla metà superiore, o quasi mancanti, corrispondendo quindi alla Zxogyra pseudo - africana CHOFF., oppure presenta coste ben spiccate, spinose, provviste talvolta di spine molto sviluppate, delle quali in seguito a rottura sono rimasti soltanto i tronconi. La valva supe- riore, piana o leggermente convessa, presenta delle coste raggianti, ma esse sono variabili per nu- mero e per sviluppo, fino ad essere pressochè indistinte. Fra le numerose figure date dagli autori i nostri esemplari, oltre a quelli rappresentati dal FouRTAU, corrispondono alla figura 1 della tavola XLV del COQUAND, o alle figure 1 e 2 della tavola IX del LARTET ed uno infine di grandi dimensioni rassomiglia moltissimo all’ esemplare della Sicilia, già descritto dal MENEGHINI come Ostrea ( Ercogyra) cornu-arietis (non GOLDF.) e riferibile come sappiamo all’ Exrogyra Olisiponensis SHARPE. Questa specie è caratteristica del Cenomaniano del Portogallo, donde proviene il tipo, della Spagna, dell’ Italia meridionale, dell’ Algeria, della Tunisia, della Palestina; recentemente è stata segnalata dal PARONA anche nel Cenomaniano della Tripolitania. Nel Cenomaniano dell’ Egitto fu citata primieramente dallo ZITTEL al Convento di S. Paolo e all’ Quadi Mor; più recentemente poi dal FoURTAU, che l’ha raccolta in numerose località del Deserto arabico settentrionale e della peni- sola del Sinai. Gli esemplari raccolti dal FIGARI BEY sono indicati provenienti dalla « Bassa Te- baide, Costa Orientale », oppure, un poco meno vagamente, dall’ « Quadi Araba ». 2, Exogyra columba LAMK. sp. — Tav. I [XVII], fig. 15-18 e Tav. II [XVIII], fig. 1-4. 1801. Gryphaea suborbiculata LAaMaRCK. Syst. anim. sans vertèbres, pag. 398 ( Eneyclop. method., tav. 189, fig. 3 e 4). 1819. —_ columba LAMARCK. Hist. nat. an. sans vertèbres, vol. VI, pag. 198 (si riferisce alle stesse figure sopra indicate dell’ Eneyclop.). 1837. Exogyra - GoLpruss. Pelrefacta Germaniae, vol. II, pag. 34, tav. LXXXVI, fig. 9 a-e. 1847. Ostrea _ D’OrBIGNY. Pal. frang. Terr. erét., vol. III, pag. 721, tav. 477. 1862. — Mermeti Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 234, tav. XXIII, fig. 3-5. 1869. i Ratisbonensis CoquanD. Monogr. du genre Ostrea, pag. 121, tav. XLV, fig. 8-12 (sotto il nome di Ostrea columba). 1869. — Larteti Coquanp. Ibidem, pag. 153, tav. LXII, fig. 15 e 16 (erroneamente nel testo fig. 6 e 7). 1869. _ Luynesi Coquanp. Ibidem, pag. 153, tav. LXII, fig. 17 e 18 (erroneamente nel testo fig. 8 e 9). 1871. Exrogyra suborbiculata StoLIczKa. Oret. Pelecypoda S. India, pag. 462, tav. XXXV, fig. 1-4. 1872. Ostrea Mermeti et var. communis, rugosa, carinata, major, sulcata, minor LARTET. Géol. de la Palestine, pag. 60, tav. X, fig. 8-16 e (1877) LARTET. Mer Morte, pag. 139, tav. IX, fig. 4-13. 1872. — columba (?) LartET. Géol. de la Palestine, pag. 64 e (1877) LartET. Mer Morte, pag. 142, tav. IX, fig. 14. 1872. — Luynesi LartET. Géol. de la Palestine, pag. 64, tav. X, fig. 17 e 18 e (1877) LartET. Mer Morte, pag. 143, tav. IX, fig. 15 e 16. 1) FourTtAU R. Mollusques Lamellibranches, pag. 28. $ I B. GRECO [190] Ù 1882. Exogyra Ratisbonensis SeGuENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 181, tav. XIX, fig. 1-1 e. 1882. — Mermeti SEGUENZA. Ibidem, pag. 182. 1883. — — Zrrrer. Libysche Wiiste, pag. 27 e 79. ì 1890. Ostrea suborbiculata Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 119, tav. XXIII, fig. 11-13. 1904. — _ Fourrau. Faune erét. d’ Egypte, pag. 289. , 1912. Exogyra columba PERVINQUIÈRE. It. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 180. 1913. = — Woops. Cretaceous Lamellibranchia of England, vol. II, pag. 418, figure nel testo 243-248 (cum syn.). 1914. ze I PARONA. Tripolitania, pag. 11. 1917. Ostrea Mermeti FourTtAU. Mollusques Lamellibranches, pag. 40. Il PERON già fece una dotta e completa discussione anche per questa specie. Egli, avendo esa- minato i numerosi e variabilissimi esemplari dell Ostrea Mermeti CoQ., raccolti nel Cenomaniano dell’ Algeria e della Tunisia ed avendoli confrontati inoltre con quelli dell’ Ostrea columba LAMK., provenienti da numerose località della Francia, potè constatare che l Ostrea Mermeti Coa., con le numerose varietà distinte dal LARTET in Palestina, con l Ostrea Larteti Co. (= Ostrea Mermeti Coa. var. sulcata LART.) e con Vl Ostrea Luynesi LART. corrispondono senza dubbio specialmente alla var. minor dell’ Ostrea columba LAMK. del Cenomaniano della Francia; quindi stabilì giusta- mente che debbano rientrare nella sinonimia di quest’ ultima specie, per la quale però preferì il più antico nome specifico di suborbdicolata LAMK., come aveva già proposto lo SToLICZKA. Ma il PERVINQUIÈRE successivamente, pur giungendo alle stesse conclusioni per ciò che riguarda la sino- nimia di questa specie, non fu d’ accordo con lo STOLICZKA e col PERON circa la riesumazione del nome specifico di subordiculata, che d’ altra parte non è appoggiato ad alcuna descrizione e perciò insufficientemente stabilito; preferì quindi per questa specie il nome di Erogyra columba LAME. sp. col quale è conosciuta e correttamente interpetrata dalla maggior parte degli autori. Seguendo le giuste considerazioni esposte dal PERVINQUIÈRE ed in seguito dal Woops, prefe- risco anch’ io, come ha fatto anche il PARONA, di conservare per questa specie il nome di Erogyra columba LAMK. sp., col quale essa è stata universalmente indicata dagli autori per lunga serie di anni, anzichè accettare, come hanno fatto lo STOLICZKA ed il PERON il così poco conosciuto nome specifico di suborbdiculata, che, come è noto, le fu dato anteriormente dal LAMARCK, ma da lui stesso fu in seguito sostituito con quello di columba. E tanto meno mi sembra accettabile di far sussistere per questa specie, il nome molto posteriore di JMermeti dato dal COQUAND, come ha proposto recen- tissimamente il FOURTAU. Anche in Egitto, come in Algeria, in Tunisia ed in Palestina, V ExXogyra columba LAMK. sp. è oltremodo abbondante, come si può giudicare dagli innumerevoli esemplari, che fanno parte della collezione del FIGARI BEY e si presenta con forme oltremodo variabili, collegate con passaggi in- termedi. Tutte le varietà, communis, rugosa, carinata, major, sulcata (= 0. Larteti CoQ.) e minor della sinonima Exogyra Mermeti CoQ., distinte in Palestina dal LARTE1, vi sono rappresentate, essen- dovi anche degli individui costulati su tutta la superfice, corrispondenti alla figura 1c del SEGUENZA o alle figure 4 e 5 del D’ ORBIGNY. Inoltre a tali forme sono intimamente collegati alcuni nostri esemplari (Tav. II [XVIII], fig. 3a, 3d e 4), che corrispondono all’ Ostrea Luynesi LART., essendo però in stadio di sviluppo molto più piccolo dell’ esemplare figurato dal LARTET; essi confermano così l’opinione, già espressa dal PERON e dal PERVINQUIÈRE, che tale specie del LARTET sia da riunire all’ Exogyra columba LAMK. sp. Infine qualche esemplare di forma assai stretta ed allungata (Tav. II [XVIII ], fig. 2a e2 b) rassomiglia moltissimo per Vaspetto generale all’ Evogyra Africana LAME. Sp., potendosene distinguere però per le costule radiali che si osservano nella regione umbonale. |191] B. GRECO 9 L’ Excogyra columba LAMK. sp. caratterizza il Cenomaniano della Francia, dell’ Inghilterra, della Germania, dell’ Italia meridionale, dell’ Algeria, della Tunisia, della Tripolitania, della Palestina, dell India. Nel Cenomaniano dell’ Egitto fu primieramente citata dallo ZITTEL e più recentemente dal FouRtAU, il quale Vl ha raccolta in numerose località del Deserto arabico settentrionale e della penisola del Sinai. Sette dei nostri esemplari furono da me isolati da un pezzo di marna aderente all’ esemplare completo di Pterodonta Deffisi TH. et PERON, trovato nella « Bassa Tebaide, valle d’ Araba ». Per la massima parte gli altri numerosissimi esemplari furono raccolti dal FIGARI BEY nella « Bassa Tebaide, costa arabica >», portando anche molti l’ indicazione un poco più precisa di «declive verso il golfo di Suez, valle d’ Araba »; alcuni individui invece sono indicati provenienti dall’ Quadi Abutrefa nell’ Arabia Petrea. Un cartellino, che accompagna un esemplare della « Bassa Tebaide », porta la determinazione del FIGARI BEY di Gryphaea columba, che indica come, in questo caso, egli avesse giustamente determinato la specie. 3. Exogyra Africana LAMK. sp. — Tav. II [XVIII], fig. 5 e 6. 1801. Gryphaea africana LAMARCK. Syst. an. sans vertèbres, pag. 398 ( Encyel. method., tav. 189, fig. 5 e 6). 1819. _ secunda LAMARCK. Hist. nat. an. s. vert., vol. VI, pag. 199. 1852. Erogyra densata ConraD. Fossils of Syria, pag. 224, tav. 18, fig. 102 e 106. 1862. Ostrea auressensis Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 283, tav. XXII, fig. 12 e 13 (indicate erro- neamente 11 e 12 nel testo). 1864. — (ZExogyra) turtur MENEGHINI. Ostriche cretacee di Sicilia, pag. 414, tav. IV, fig. 2. 1869. -— Africana Coquanp. Monogr. du genre Ostrea, pag. 134, tav. XXXIX, fig. 5-12 e LV, fig. 10-12. 1872. — _ LarteT. Géologie de la Palestine, pag. 65, tav. XI, fig. 3-6. 1804. — -_ LartET. Mer Morte, pag. 144, tav. X, fig. 1-7. 1882. — = SEGUENZA, Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 177. 1883. — —_ ZirtEL. Lybische Wiiste, pag. 28 e 79. 1886. — — CHorrat. Faune erét. Portugal; Ostreidae, tav. IV, fig. 5-8. 1890. — = PeRrON. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 133. 1890. Exogyra — BLANCKENHORN. reidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 75. 1901-02. Ostrea (Exogyra) Africana CHorrat. Faune erét. Portugal; Ostreidae, pag. 165. 1904. — Africana Fourtau. Faune crét. d’ Egypte, pag. 250. 1912. Exogyra _ PervinQquiùRrE. Lt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 184. 1917. Ostrea _ Fourtau. Mollusques Lamellibranches, pag. 27. Questa specie, molto ben conosciuta con le sue sinonime Gryphaea secunda LAMK., Exogyra densatu CONR., Ostrea auressensis Coq. ed Ostrea ( Exrogyra) turtur MGH., è comune anche in Egitto, essendo rappresentata da circa 30 esemplari nella collezione del FigARI Bey. Essi raggiungono uno stadio di sviluppo mediocre, non presentando aleuno le grandi dimensioni dell’ esemplare dell’ A1- geria, che fu già distinto dal COQUAND col nome di Ostrea auressensis. Hanno la valva inferiore più o meno ristretta, allungata, rigonfia, con apice robusto, fortemente ricurvo ed ornata di lamelle di accrescimento alquanto ondulate e seagliose, mentre la valva superiore è appena convessa e prov- vista di lamelle più spiccate, più numerose e più fitte di quelle della valva opposta. Oltre che alla figura originale del LAMARCK, essi corrispondono alle figure 1 e 2 della tavola X del LARTET, 0 anche alla figura della sinonima Ostrea (Exogyra) turtur del MENEGHINI. Anche i nostri esemplari confermano per l’ Erogyra Africana LAMK. sp. gli stretti rapporti di affinità, già posti in evidenza dal PERON, dal PERVINQUIÈRE e dal FouRTAU, da una parte con la varietà stretta ed allungata Palaeontographia italica, vol. XXIV,.1918. 2 10 B. GRECO [192] dell’ Exogygra columba LAME. sp. e dall’ altra, come anche il LARTET ha fatto constatare, con i gio- vani individui di forma ristretta dell Exogyra Delettrei Co. sp. Dalla prima specie essi si distin- guono sempre però per la valva inferiore provvista di lamelle di accrescimento più spiccate e costantemente priva di costole raggianti. Dai giovani individui dell’ Erogyra Delettrei CoQ. sp. @ forma ristretta le differenze si riducono talvolta soltanto alle lamelle di accrescimento meno rego- lari e meno distanziate fra loro. : Riguardo poi ad alcuni esemplari dell’ Ostrea pseudo-africana CHOFF.'), considerati dal PER- VINQUIÈRE appartenenti all’Erogyra Africana LAME. sp., come ho precedentemente detto ( pag. 6 [188]- 7 [189]), ritengo che sia da accettare al riguardo l’ opinione del FoURTAU e che sia quindi da considerare totalmente l’ Ostrea pseudo -africina CHOFF. come sinonima dell’ Exogyra Olisiponensis SHARPE, sebbene recentissimamente il FOURTAU mostri di accostarsi al modo di vedere del PER- VINQUIÈRE. IL’ Exogyra Africana LAMK. sp. caratterizza il Cenomaniano del Portogallo, dell’ Algeria, della Tunisia, dell’ Italia meridionale, della Siria, della Palestina. Nel Cenomaniano dell’ Egitto fu pri- mieramente citata dallo ZITTEL; recentemente dal FOURTAU è stata trovata in diverse località del Deserto arabico settentrionale, oltre che della penisola del Sinai. I cartellini, che accompagnano gli esemplari del FIGARI BEY, portano, oltre la solita indicazione di « Tebaide inferiore, costa orientale », anche quella di « Valle d’ Araba ». 4. Exogyra Delettrei Coo. sp. — Tav. II [XVIII], fig. 7 e 8. 1862. Ostrea Delettrei Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 224, tav. XVIII, fig. 1-7. 1869. — — Coquanp. Monogr. du ‘genre Ostrea, pag. 143, tav. XLVI, fig. 16-18, tav. XLVII, fig. 1-6 e tav. XLVIII, fig. 1-5. 1872. — _ LartET. Géologie de la Palestine, pag. 67, tav. XII, fig. 5. 1877. — — LartET. Mer Morte, pag. 145, tav. X, fig. 8 e 9. 1882. — = SeEGUENZA. Cretaceo medio dell? Italia meridionale, pag. 172, tav. XVI, fig. 1-1D. 1890. — —_ Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 131. 1904. — —_ Fourtau. Faune erét. d’ Égypte, pag. 282. 1912. Exogyra — PervinquiÈRE. Ft. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 186, tav. XII, fig. 18 e 19. 1914. —_ _ PARONA. ripolitania, pag. 11. 1917. Ostrea — FourtAU. Mollusques Lamellibranches, pag. 34, tav. I, fig. 1-4. Anche questa specie è molto ben conosciuta particolarmente per opera del COQuAND, del PERON, del PERVINQUIÈRE e del FouRTAU. Già il COQUAND constatò la estrema variabilità di essa, tanto che egli la definì un vero Proteo e la suddivise nelle tre varietà exogyriforme, gryphaeiforme e ostreiforme, collegati da passaggi intermedi. Ma il CoQuaNnD non paragonò la sua specie ad alcuna altra affine. Il LARYET per il primo fece constatare la rassomiglianza che alcune forme di essa pre- sentano con l’ Ostrea Africana LAMK., distinguendosene per la valva superiore di forma slanciata e linguloide, con scartamento delle lamelle di accrescimento. Ma il PERON in seguito osservò che queste differenze si constatano fra i tipi medi, mentre l’ esemplare di Ostrea Delettrei CoqQ., figurato dal LARTET, presenta le lamelle della valva superiore molto ravvicinate. Aggiunse inoltre che lo stesso COQUAND determinò come Ostrea Delettrei COQ. alcuni esemplari dell’ Algeria, che egli gli aveva !) CHorrat P. Faune crét. Portugal; Ostreidae, pag. 38, tav. IV, fig. 1 e forse 3 e 4; non pag. 167, tav. VI, fig. 14. (193] B. GRECO 11 inviati, i quali si presentavano colla valva superiore ornata di lamelle di accrescimento più fitte e ravvicinate di quelle degli esemplari tipici del COQUAND, con la forma generale talvolta stretta e vicini perciò all’ Ostrea Africana LAMK., senza che il CoquaND abbia osservato tale rassomiglianza. Egli infine fece notare che in Tunisia si trova non molto raramente la forma tipica, figurata dal COQuaAND, di grande taglia, a grandi lamelle assai distanziate sulle due valve e di forma allungata, o depressa e più o meno slargata; ma si osservano anche degli esemplari di più piccole dimen- sioni, presentanti i caratteri di somiglianza con V Ostrea Africana LAMK. sopra ricordati, alcuni dei quali il PERON esitò a riferire alla specie del LAMARCK od a quella del CoquanDp. In seguito il PERVINQUIÈRE figurò due forme di Exogyra Delettrei CoQ. sp. diverse fra loro e che si allontanano alquanto dal tipo; una allungata, stretta e diritta, l altra corta e decisamente arcuata. Entrambe non mostrano pieghe raggianti e sono provviste di lamelle di accrescimento fitte e ravvicinate, come ha osservato il PERON. E recentissimamente infine il FourTAU ha descritto e figurato alcuni esemplari appartenenti a questa specie, i quali, come egli ha fatto notare, a prima vista si direb- ‘ bero una forma ancestrale dell’ Ostrea acutirostris del Neocretaceo. I numerosi esemplari, che rappresentano Vl’ Exogyra Delettrei CoQ. sp. nella nostra collezione egiziana, non raggiungono grandi dimensioni, come gli esemplari figurati dal COQUAND, nè, come alcuni di essi, mostrano pieghe radiali. Hanno le lamelle di accrescimento ben spiccate in entrambe le valve; ma, mentre nella valva inferiore sono quasi sempre ben distanziate, nella valva superiore sono sempre fitte e ravvicinate, secondo le osservazioni fatte dal PERON e dal PERVINQUIÈRE, appros- simandosi perciò all’ Evogyra Africana LAMEK. sp., tanto che, per i piccoli esemplari, difficile ne è in alcuni casi la distinzione, come sopra è stato esposto. Pochi sono gli esemplari con superfice di aderenza ampia, ricordati dal PERVINQUIÈRE e di forma quindi slargata, avvicinandosi alla varietà rappresentata dal SEGUENZA colle figure 1a e 15. Per la maggior parte corrispondono alla varietà fotografata dal PERVINQUIÈRE con la figura 194 e 192 della tavola XII, raggiungendo però molti di essi dimensioni assai maggiori e presentando generalmente le lamelle della valva inferiore più nettamente spiccate e distanziate. Anche V Exogyra Delettrei CoQ. sp. è specie caratteristica del Cenomaniano in Algeria, in Tu- nisia, in Tripolitania, in Palestina e nell'Italia meridionale. Nel Cenomaniano dell’ Egitto è stata già citata dal FOURTAU, il quale, oltre a degli esemplari che rassomigliano all’ Erogyra Africana LAMK. sp., ha raccolto ad Ain Araidah ed al Convento di S. Paolo qualche valva a grandi lamelle assai distanziate, di forma depressa, più o meno slargate, che si riferiscono esattamente al tipo del CoQuAND. I cartellini del FIGARI BEY, che accompagnano i nostri esemplari, ne indicano la provenienza al solito dalla « Tebaide inferiore, costa arabica »; in un caso è aggiunto anche « Valle di Araba ». . 5. Exogyra fiabellata GoLpr. — Tav. II [XVIII], fig. 9-11. 1897. Exogyra flabellata GoLpruss, Petrefacta Germaniae, vol. II, pag. 38, tav. LXXXVII, fig. 6 a-b. 1837. _ plicata (non LAMK.) GoLpruss. Ibidem, pag. 37, tav. LXXXVII, fig. 5 b-Y (non a). 1848. Ostrea flabella D’ OrBIGNY. Pal. frane. Terr. crét., vol. III, pag. 717, tav. 475. 1862. — — Coquanp. Géol. Pal. Prov. Uonstantine, pag. 295. 1869. — “iabellata Coquanp. Monogr. du genre Ostrea, pag. 126, tav. XLIX, fig. 1 e 2; tav. L, fig. 1 e tav. LII, fig. 1-6 e 8-9 (non fig. 7). 1872. — _ LartET. Géologie de la Palestine, pag. 68, tav. XI, fig. 7. 1ST7. — _ LarreT. Mer Morte, pag. 146, tav. X, fig. 10-14. 12 B. GRECO [194] 1882. Exogyra flabellata SecuenzA. Cretaceo medio dell? Italia meridionale, pag. 173, tav. XVI, fig. 3 e tav. XVII, fig. 1 a-d. 1882. — involuta Secuenza. Ibidem, pag. 174, tav. XVI, fig. 2 a-d. 1883. — Aabellata ZirreL. Libysche Wiiste, pag. 28 e 79. 1890. Ostrea — Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 128. 1890. Exogyra _ BLANCKENHORN. Mreidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 74. 1904. Ostrea —_ Fourtau. Paune erét. d’ Egypie, pag. 282. 1912. Exogyra — PrrvinquidRrE. Et. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 189, tav. XII, tig. 6-8. : 1914. — _ PARONA. Tripolitania, pag. 11. 1917. Ostrea — Fourtau. Mollusques Lamellibranches, pag. 37. L’ Exogyra flabellata GOLDF., tanto ben conosciuta specialmente in seguito agli studi del Co- QUAND, del PERON e del PERVINQUIÈRE, i quali due ultimi ne hanno fatto conoscere meglio la grande variabilità e, ben fissandone la sinonimia, hanno ad essa riunito giustamente | Exogyra involuta SEG., è specie comunissima nel Cenomaniano del Deserto arabico, avendosene esemplari numerosissimi, ben conservati e in diversi stadi di sviluppo nella collezione del FIGARI BEY. Anche essi presentano le variabilità già poste in evidenza specialmente dal PERON e dal PERVINQUIÈRE, essendovene di quelli a conchiglia relativamente larga, carenata, o arrotondata, più o meno con- vessa; altri invece più allungati, stretti, falciformi. Le coste in alcuni sono numerose e relativa- mente sottili; in altri più rare e più grosse, passando poi a degli individui che ne hanno pochis- sime. La carena, limitante la depressione della valva superiore opercoliforme, è sempre presente e talvolta anzi è molto accentuata. Nessuno dei nostri esemplari raggiunge dimensioni molto grandi, Come ha già fatto osservare il FOURTAU per i suoi esemplari, anche alcuni dei nostri a larga su- perfice di aderenza rassomigliano alquanto all’ Exogyra Boussingaulti D° ORB. '), alla quale il FRAAS*) ha riferito gli esemplari dell’ Erogyra flubellata GoLDpr. della Siria. Fra le numerose figure date dagli autori per questa specie, i nostri esemplari corrispondono particolarmente a quelle del GoLDFUSS, del LARTET, del PERVINQUIÈRE, oppure a quelle della sinonima Exogyra involuta SEG., date dal SEGUENZA e ciò in perfetto accordo con la corrispondenza notata da questo autore per la sua specie con alcuni esemplari del Deserto arabico, inviatigli dallo ZITTEL. Il PERON ha ben messo in evidenza le grandi rassomiglianze che intercedono tra 1’ Exogyra Boussingaulti D’ ORB., precedentemente ricordata, del Neocomiano della Francia, l’ Exogyra Aabel- lata GoLDpe. del Cenomaniano e l Erogyra Matheroniana D’ ORB.?) del Senoniano, giungendo con fondamento alla conclusione che si tratti di una medesima forma, la quale, con leggere modifica- zioni, si presenta successivamente nei tre piani geologici suddetti ed ha ricevuto così nomi diversi. IL’ Erogyra flabellata GOLDF. è specie caratteristica del Cenomaniano della Francia, della Ger- mania, dell’ Italia meridionale, della Spagna, del Portogallo, dell’ Algeria, della Tunisia, della Tri- politania, della Siria e della Palestina. Nel Cenomaniano dell’ Egitto fu dapprima citata dallo ZITTEL e più recentemente dal FourTAU, il quale ha raccolto questa specie in diverse località del Deserto arabico settentrionale, oltre che nella penisola del Sinai. Gli esemplari del FIGARI Bry sono al solito indicati vagamente raccolti nella « Tebaide inferiore, costa arabica, versante orien- tale » e in qualche caso anche all’ « Quadi Araba ». N 1) ’OrpIenY A. Pal. frang. Terr. erét., vol. III, pag. 702, tav. 468. 2) FraAAS 0. Aus dem Orient, pag. 86. 3) D’OrBIGNY A. Pal. frang. Terr. erét., vol. IIT, pag. 737, tav. 485. [195] | B. GRECO 13 Gen. Pycnodonta') FISCHER DE W. 1. Pyenodonta vesicularis LAMK. sp. var. vesiculosa Sow. — Tav. II [XVIII], fig. 12. 1823. Gryphaea vesiculosa SowerBy. Min. Conch., vol. IV, pag. 93, tav. 369. 1862. Ostrea ui Coquanp. Gé01l. Pal. Prov. Constantine, pag. 296. 1862. — Baylei GurraNGER in Coquanp. Ibidem, pag. 296. 13869. — vesiculosa CoquaND. Monogr. du genre Ustrea, pag. 152, tav. LIX, fig. 4.7. 1869. — Baylei Coquanp. Ibidem, pag. 124, tav. XLVI, fig. 5-9. 1871. Gryphaea vesiculosa StoLiczika. Cret. Pelecypoda S. India, pag. 466, tav. XXXIX, fig. L e 2. 1882. — = SeGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 182, tav. XIX, fig. 2-2c. 1882. _ Baylei SEGUENZA. Ibidem, pag. 185. 1890. Ostrea wvesiculosa Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 126. 1904. — — Fourtau. Faune erét. d’ Egypte, pag. 290. 1912. Pycnodonta — PrrvinquiÈRE. H. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 195. 1915. Ostrea = Woops. Cretaceous Lamellibranchia of England, vol. II, pag. 374, tav. LV, fig. 10-14 e tav. LVI, fig. 1 1917. —. vesicularis razza vesiculosa FourTAT. Mollusques Lamellibranches, pag. 56. Dalla stessa formazione marnosa cenomaniana della « Costa orientale, versante che inclina di- scendendo verso il golfo di Suez, Valle d’ Araba », nella quale il FIGARI BEY raccolse molti esem- plari di Exogyra columba LAMK. sp., proviene, avendone la stessa fossilizzazione, un grande esem- plare di Pycnodonta, che credo appartenga a questa specie. Esso è mutilato di una parte della sua regione posteriore, ma è nel resto in buonissimo stato di conservazione. La sua conchiglia è di forma subcircolare, essendo espansa anteriormente e posteriormente, vescicolare, subequilaterale, ma oltremodo inequivalve. La valva inferiore, molto e regolarmente convessa, presenta 1 espansione posteriore posta meglio in evidenza da un debole solco longitudinale, che dall’apice si dirige verso il margine inferiore ed è provvista di un umbone robusto, largo, ottuso, fortemente ricurvo sulla valva opposta fin quasi a toccare il piccolo apice poco distinto di essa. La valva superiore è rego- larmente e profondamente concava, di modo che ben ristretto doveva essere lo spazio riservato all’animale. La superfice delle valve è provvista soltanto di fitte linee concentriche di accresci- mento, fra le quali si osservano, fra loro distanziate, alcune lamelle molto più spiccate. Questo nostro esemplare corrisponde a quell’individuo che, col nome di Ostrea Baylei GUER., il CoquanD ha figurato nella sua Monographie a tavola XLVI, figure 5 e 6, distinguendosene solo per la convessità della valva inferiore più regolare, in modo da non dar luogo ad- una gibbosità e per le dimensioni di gran lunga maggiori; caratteri differenziali questi che non ritengo mi autorizzino a separare da tale specie il nostro individuo. Ma il PERON nella discussione dell’ Ostra vesiculosa Sow. ritenne già con fondamento che l’ Ostrea Baylei GUER. non possa essere considerata come una specie distinta, ma invece debba essere rite. nuta come una forma slargata e più equilaterale dell’ Ostrea vesiculosa Sow., colla quale è intima- mente collegata da tutti i termini di passaggio, che si possono esaminare in una numerosa serie di esemplari di questa specie. Anche il FOURTAU e più recentemente il PERVINQUIÈRE hanno ac- cettato questa giusta conclusione del PERON, alla quale anch’io mi uniformo, riferendo però questa specie del SoweRBY al genere Pyenodonta, come ha stabilito il PERVINQUIÈRE. 1) PERVINQUIÈRE L. Lt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 194. 14 B. GRECO [196] Così intesa, Pycnodonta vesiculosa SOW. del Cenomaniano mostra le stesse variazioni di forma che presenta Pycnodonta vesicularis LAMK.!) del Senoniano. Anzi tutti gli autori sono d'accordo nel porre in evidenza la stretta rassomiglianza che intercede tra queste due specie, delle quali in qualche caso difficilmente si può fare la distinzione, come ha affermato il PERVINQUIERE. In tali condizioni mi pare giusto di riunire le due specie in una sola, come già notammo a proposito della Pycnodonta vesicularis LAMK. Sp. € di considerare come una varietà cenomaniana di quest’ultima specie la Pycnodonta vesiculosa Sow. sp., secondo la decisione presa nella sua più recente mono- grafia dal FouRTAU, il quale ha creduto meglio di adoperare il nome di razza, invece di varietà. La Pycnodonta vesicularis LAMK. Sp. var. vesiculosa SOW, è già stata citata nel Cenomaniano dell’ Egitto dal FOURTAU ad Ain Araidah e recentissimamente a Gebel Um Raiyig; ma i suoi esem- plari sono differenti dal nostro, perchè essi per la forma rispondono, come egli ci ha fatto sapere, all’ Ostrea vesicularis LAMK. var. judaica LART.®). A proposito però di questa forma è da osservare che, mentre il PERON ed il FouRTAU la considerano come sinonima della cenomaniana Ostrea vesi- culosa Sow., il BLANCKENHORN *) ritiene, forse con maggior fondamento, la maggior parte degli esemplari, ad essa riferiti dal LARTET, come appartenenti alla senoniana Gryphaca vesicularis LAMK. E dello stesso parere è anche il WooDs *), il quale anzi vi riferisce tutti gli individui figurati dal LARTET. Ciò costituisce un’altra prova degli intimi legami che intercedono tra le due forme di Pycnodonta rispettivamente del Cenomaniano e del Senoniano, per cui alcuni esemplari possono essere riferiti o all’una o all’ altra specie e giustifica pienamente la conclusione sopra esposta. Sempre in terreni cenomaniani, Pycnodonta vesicularis LAME. sp. var. vesiculosa Sow. era già nota antecedentemente in Inghilterra, in Francia, nell’Italia meridionale, in Algeria, in Tunisia ed in India. Gen. Alectryonia FIscHER DE W. 1. Alectryonia (Arctostrea) diluviana L. em. Woops. — Tav. II [XVIII], fig. 13-14. 1767. Ostrea diluviana Linnaeus. Syst. Nat., ed. 12, pag. 1148. 1806. — pectinata LAMARCK. Foss. environs Paris, vol. VIII, pag. 165, vol. XIV, tav. XXIII, fig. 1. 1806. -— —carinata Lamarcx. Ibidem, vol. VIII, pag. 166. 1819. — colubrina LAMARCK. Hist. nat. anim. s. vert., vol. VI, pag. 216. 1819. — carinata Lamarcx. Ibidem, pag. 216. 1819. — diluviana LAMaRcK. Ibidem, pag. 214. 1824. — macroptera SowerBy. Min. Conch., vol. V, pag. 105, tav. 468, fig. 2 e 3. 1827. — diluviana Nirsson. Petrificata Suecana, pag. 32, tav. VI, fig. 1 e 2. 1898. — cearinata GoLperuss. Petrefacta Germaniae, vol. II, pag. 9, tav. LXXIV, fig. 6 a-m. 1833. — pectinata GoLpruss. Ibidem, pag. 9, tav. LXXIV, fig. 7 a-b. 1833. — . prionota GoLpruss. Ibidem, pag. 10, tav. LXXIV, fig. 8. 1888. — serrata GoLperuss. Ibidem, pag. 10, tav. LXKXIV, fig. 9. 1) p’OrBIGNY A. Pal. frang. Terr. erét., vol. III, pag. 742, tav. 487. — Woops H. Oretaceous Lamellibranchia of England, vol. II, pag. 360, figure nel testo 143-182. °) LartET L. Géologie de la Palestine, pag. 69, tav. XI, fig. 8-10 e Mer Morte, pag. 147, tav. X, fig. 17 +22. 3) BLANCKENHORN M. Kreidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 75-76 e tabella I. 4) Woops H. Oretaceous Lamellibranchia of England. pag. 363. [197] B. GRECO 15 1833. Ostrea diluviana GoLpruss. Petrefacta Germaniae, pag. 11, tav. LXKXV, fig. 4 al. 1837. — — Hisincer. Lethaea Suecica, pag. 49, tav. XIV, fig. 5. 1847. — macroptera D’OrbIGNY. Pal. frange. Terr. crét., vol. III, pag. 695, tav. 465. 1847. — carinata D’OrBIGNY. Ibidem, pag. 714, tav. 474, fig. 1-5. 1847. — rons D’OrBIGNY. Ibidem, pag. 733, tav. 483. 1847. — Milletiana, D’OrBIGNY. Ibidem, pag. 712, tav. 472, fig. 5-7. 1847. — diluviana D’OrBIGNY. Ibidem, pag. 728, tav. 480. 1862. — carinata Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 296. 1869. — macroptera Coquanp. Monogr. du genre Ostrea, pag. 164, tav. LXXII, fig. 1-4. 1869. — rectangularis Coquanp. Ibidem, pag. 187, tav. LXXII, fig. 5-12. 1869. — pectinata Coquanp. Ibidem, pag. 76, tav. XXIX, fig. 1-7 (col nome di Ostrea colubrina LAMK.). 1869. — serrata Coquanp. Ibidem, pag. 79, tav. XVII, fig. 3; tav. XXX, fig. 1-5. 1869. — carinata Coquanp. Ibidem, pag. 129, tav. XLIX, fig. 3-9. 1869. — Ricordeana Coquanp. Ibidem, pag. 148, tav. LIII, fig. 8-12. 1869. — Milletiana Coquanp. Ibidem, pag. 155, tav. LIX, fig. 11-16. 1869. — diluviana Coquanp. Ibidem, pag. 120, tav. XL, fig. 1-4. 1871. — (Alectryonia) carinata SroLiczxa. Oret. Pelecypoda S. India, pag. 468, tav. XLVIII, fig. 5; tav. XLIX figdle2. 1871. — _ pectinata StoLIczKa. Ibidem, pag. 469, tav. XLVIII, fig. 1 e 2. 1871. — _ diluviana StoLIczka. Ibidem, pag. 466, tav. XLVI, fig. 1 e 2; tav. XLVII, fig. 1 e 2. 1910. — -_ carinata Bose. Cerro de Muleros, pag. 104, tav. XVI, fig. 13 e 14. 1912. Alectryonia ( Arctostrea) rectangularis PERVINQUIÈRE. Éf. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 214. 1912. —_ _ carinata PervINQUIÈRE. Ibidem, pag. 215. 1913. Ostrea diluviana Woonps. Cretaceous Lamellibranchia of England, vol. II, pag. 342, figure nel testo 98-188 (cum syn.). 1914. Alectryonia carinata PARONA. Tripolitania, pag. 11. Mentre il PERVINQUIÈRE ha recentemente creduto di tenere distinte 1’ Alectryonia ( Arctostrea) macroptera Sow. sp. dall’ Alectryonia ( Arctostrea) rectangularis RoEM. sp. entrambe specie Aptiane, seguendo l opinione di DE LORIOL, COQUAND e PICTET, contrariamente al D’ORBIGNY ed al WoL- LEMANN, che le avevano riunite ed ha considerato, con maggior ragione, come specie distinta I Alectryonia ( Arctostrea) carinata LAMK. sp. del Cenomaniano, il WooDps invece poco tempo dopo è arrivato a conclusioni del tutto opposte, riunendo alle tre specie ora ricordate molte altre tro- vate in. piani diversi del Cretaceo. Egli, nella dotta ed esauriente discussione dell’ Ostrea dilu- viana L., accompagnata da completa, lunghissima sinonimia e corredata da 40 figure nel testo, ci fa conoscere che in seguito all’ esame di numerose serie di esemplari, provenienti da diverse loca- lità e da diversi piani del Cretaceo inglese, egli è giunto alla conclusione che non solo non è pos- sibile la distinzione tra Ostrea macroptera Sow. ed Ostrea rectangularis ROEM., ma anche non pos- sono da queste esser separate molte altre specie, fra le quali principalmente Ostrea diluviana L.. Ostrea pectinata LAMK., Ostrea carinata LAMK., Ostrea colubrina LAMK., Ostrea frons PARK., Ostrea serrato BRONGN., Ostrea prionota GOLDF., Ostrea Milletiana D’ ORB. ed Ostrea Ricordeana D’ ORB. Per la specie così risultante egli ha accettato il nome più antico di Ostrea diluviana L., della quale ha naturalmente ampliato i limiti di variazione, dandone una nuova diagnosi completa e particolareggiata. Inoltre, premesso che il p’ORBIGNY già riunì V Ostreg rectangularis RoEM. con l Ostrea macroptera Sow. entrambe Aptiane, ha aggiunto che lo stesso autore ed il COQUAND, fondandosi sul principio che gli esemplari trovati in differenti orizzonti geologici appartengano 16 B. GRECO | 198] a specie diverse, considerarono come forme distinte, fra le altre, le seguenti: Ostrea Milletiana »'OrB. del Gault, Ostrea carinata LAME. del Cenomaniano, Ostrea pectinata LAME. (Ostrea frons PARK.) del Senoniano inferiore ed Ostrea serrata DEFR. del Senoniano superiore; ma in seguito gli autori trovarono la più grande difficoltà nel distinguere queste diverse specie. L’ esame di un grande numero di esemplari, anche quando siano stati raccolti in una sola località, ha mo- strato al WooDps che la conchiglia è straordinariamente variabile e che ogni gradazione si trova fra i differenti tipi; che a prescindere dalla variazione del numero e della grossezza delle coste, della curvatura della conchiglia ecc., vi sono differenze le quali chiaramente sono dovute all’ am- piezza, alla forma ed alla posizione della superfice di attaeco; che simili modificazioni si osservano in tutti gli orizzonti e sembra impossibile di separare come specie distinte le forme trovate in dif- ferenti livelli. Quando la superfice di attacco è piccola la conchiglia diventa allungata, ma quando la superfice di attacco è ampia la conchiglia acquista forma rotondata od ovale. Ha osservato lo stesso autore che alle volte in una località, o in una qualità di deposito una forma particolare della conchiglia può essere più comune delle altre e, se si tratta di un piccolo numero di esem- plari, può dare l'impressione di una specie distinta; ma, quando se ne sia fatta una grande col- lezione, si trovano altre varietà, che rendono impossibile di considerare come una specie a sè la forma, che a prima vista sembrava essere distinta. A conferma della sua conclusione e della grande difficoltà di separare e di interpetrare tutte le suddette specie indivisibili, il WooDps ha fatto ben conoscere la grande confusione che regna nelle sinonimie delle singole specie, date dai numerosi diversi autori, che le hanno studiate ed ha messo bene in evidenza l’ opinione già manifestata dal PERON, il quale ritenne che tutte le suddette specie non possono essere accettate e stabilì che la dettagliata analisi dei caratteri attribuiti a ciascuna delle specie e lo studio della loro sinonimia dimostrano che il collegamento di queste diverse forme è completo e che usualmente la differenza di nome corrisponde soltanto alla differenza dell’ orizzonte stratigrafico. Jo sono ben lontano dall'aver sott'occhio una così ricca collezione di individui quale ha po- tuto studiare il Woops, poichè dispongo soltanto di una trentina di esemplari, nessuno dei quali è completo. Tutti appartengono alle forme allungate, più o meno ristrette ed arcuate. Non è possi- bile quindi col nostro materiale confermare o no le dotte conclusioni alle quali è giunto il WooDps. Ma poichè egli ha potuto esaminare delle serie così numerose di individui e fare osservazioni così precise e decisive circa la loro variabilità, i termini di passaggio e la causa di variazione, figu- rando anche numerosi individui, che dimostrano quanto siano fondate le sue osservazioni, sebbene a prima vista sia impressionante la: riunione di molte forme appartenenti a diversi livelli del Cre- taceo, finora tenute distinte, pure a me sembra di non poter fare a meno di ritenere giuste e di accettare le conclusioni del Woops. In tal modo l’Ostrea diluviana L., così come è intesa dal WooDs, è una specie variabilissima, molto persistente, che dall’ Aptiano passa al Cenomaniano e si ritrova poi nel Senoniano inferiore e superiore. Seguendo però d’ altra parte il PERVINQUIÈRE ed il Dou- VILLE!) per ciò che riguarda la denominazione generica, io indico infine questa specie col nome di Alectryonia ( Arctostrea) diluviana L. em. Woops. Dodici dei nostri esemplari, più o meno frammentari, per la loro forma molto stretta, incur- vata, assai spessa, carenata nella parte mediana delle valve ed anche per la forma e disposizione delle coste, corrispondono specialmente a quegli individui, che, col nome di Ostrea carinata, hanno rappresentato il D’ORBIGNY colle figure 2 e 3 della tavola 474 ed il COQUAND colle figure 3, 5 e 7 della tavola XLIX. Gli altri 19 esemplari, pure essi incompleti, per la forma meno ristretta della !) DouvILLÉ H. Observations sur les Ostréidés, pag. 637. [199] B. GRECO 17 conchiglia, per la maggiore larghezza della parte mediana delle valve, che è appianata e per gli ornamenti, sono riferibili invece all’esemplare che, col nome di Ostrea prionota GOoLDF., il GoLp- Fuss ha rappresentato a tavola LXXIV, figura 8. Tutti, a giudicare dalla fossilizzazione, proven- gono dal Cenomaniano. I cartellini del FIGARI Bey, che li accompagnano, dimostrano ehe il loro raccoglitore aveva riconosciuto questa specie, poichè portano la denominazione di Ostrea carinata, oppure di Ostrea serrata, oltre alla solita vaga indicazione di provenienza dalla « Costa arabica, Tebaide inferiore, versante orientale », alla quale è aggiunto in qualche caso « Quadi Araba ». L’Alectryonia ( Arctostrea) diluviana L. em. WooDs non era ancora nota in Egitto. Essa è specie cosmopolita, molto persistente nel tempo, la quale, oltre che nella Svezia, nell’Inghilterra, nella Francia, nella Germania, è stata trovata in Algeria, in Tunisia, in Tripolitania, in India e nel Messico. Gen. Naiadina!) MUNIER-CHALMAS 1. Naiadina Gaudryi TH. et PERON — Tav. III [XIX], fig. L 1890. Nayadina Gaudryi PeroN. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 200, tav. XXVI, fig. 4-15. 1907. Naiadina — — DouvILLÉ. Vulsellidés, pag. 10. 1917. Nayadina — Fourtau. Mollusques Lamellibranches, pag. 58. A questa specie, di forma oltremodo variabile, appartengono due esemplari della nostra colle- zione egiziana, che mostrano i caratteri così ben messi in evidenza dal PERON nella descrizione e nelle figure, che ne ha dato. Uno di essi (Tav. III [XIX], fig. 1a-1e), corrispondente alla figura 15 del PERON, presenta appunto la sua conchiglia ostreiforme, arcuata, senza tracce di aderenze a corpi sottomarini, subequivalve, poco convessa, pianeggiante, molto inequilaterale a causa della espansione infero-posteriore a guisa di ala, della quale è provvista. La chiusura delle valve è però imperfetta con leggero spostamento di esse, poichè la valva destra è anteriormente per un discreto spazio più sporgente, senza essere ricoperta dalla valva opposta, mentre posteriormente la valva sinistra, in corrispondenza della con- cavità della conchiglia, presenta una ripiegatura ad angolo retto contro la valva destra, appoggian- dosi tale piega al suo termine inferiore ad una piccola sporgenza dentiforme del margine di que- st’ultima valva, pure ripiegata similmente allo stesso punto. Tale carattere non è evidente nella figura 15 del PERON, ma questo autore accenna nella deserizione ad un debordamento irregolare delle valve, che si osserva su qualche individuo della sua specie. La ripiegatura ora ricordata coin- cide con quella parte della regione posteriore, ove la conchiglia è leggermente beante, presentando una stretta fessura semplice, arcuata. La regione cardinale è assai ristretta con apici obliquamente allontanati, divergenti molto verso V esterno e intagliati da una ben spiccata doccia per il pas- saggio del ligamento. Sono riuscito a separare le due valve di questo individuo e ad osservare così i caratteri interni. Mi è stato possibile in tal modo di constatare che, come ha osservato il PERON, anche in questo nostro esemplare la conchiglia è solida, molto spessa, costituita all’ esterno di strati lamellosi in grande numero, fitti, serrati e all’interno di uno strato irregolare, mammello- nato da innumerevoli piecoli rigonfiamenti di una sostanza subvetrosa, strato che doveva essere madreperlaceo. Anche in corrispondenza con la descrizione del PERON la fossetta ligamentare è 1) FiscHer P. Manuel de Conchyliologie, pag. 928. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 3 18 B. GRECO [200] profonda, ristretta, allungata, provvista di numerose e fitte strie di accrescimento. L’impronta mu- scolare è ben spiccata, alquanto in rilievo verso la regione posteriore, mentre, appianandosi ante- riormente, sparisce sotto lo strato mammellonato; vi si osservano ben spiccate le linee di accresci- mento concentriche, indicate dal PERON, mentre le linee radiali appena si vedono con la lente. Nella collezione del FIGARI BEY questo esemplare si trovava nella stessa scatoletta insieme con alcuni esemplari della cenomaniana Exogyra fabellata GoLDF., dei quali presenta la medesima fossilizzazione. Come queîli anch’esso è quindi cenomaniano e proviene dalla medesima località fossilifera, al solito vagamente indicata dal FIGARI BEY, della « Costa arabica, Tebaide inferiore ». L'altro esemplare, pure a valve isolate, ba la superfice tutta bucherellata da perforazioni di Cliona; presenta la struttura della conchiglia caratteristica, come sopra abbiamo descritto e pure limpronta muscolare ben rilevata, ma è beante posteriormente per una fessura alquanto più ampia, ha la forma subquadrangolare, più corta e più slargata dell'esemplare precedentemente esaminato, con una espansione posteriormente agli umboni, i quali sono poco evidenti, molto allontanati e provvisti di fossetta ligamentare molto ampia e profonda. Per tali caratteri questo individuo è riferibile alle figure 5 e 6 del PERON, distinguendosene solo per la forma alquanto più slargata superiormente, prescindendo dal suo minore stadio di sviluppo. Esso proviene, secondo l’indicazione del FIGARI BEY dalla « Bassa Tebaide, Valle d’ Araba ». : Per la rassomiglianza che questa specie presenta con la Naiadina Heberti MUNIER-CHALMAS, il PERON, piuttosto che a Chalmasia e ad Eligmopsis, si decise a riferirla al genere Naiadina, facendo tuttavia notare, come caratteri differenziali rispetto alla sua specie, nel tipo di quest’ultimo genere la struttura della conchiglia, la quale, secondo la descrizione del MUNIER - CHALMAS, sarebbe formata di un solo strato, spesso, fogliettato, non madreperlaceo e la conformazione dell’ im- pronta muscolare, che non sarebbe già in rilievo, ma invece fortemente incavata. Ma, almeno per ciò che riguarda quest’ultimo carattere, il PERON affermò che esso deve essere considerato come suscettibile di variazione, poichè, in molti esemplari di Naiadina Herberti Mun.-CHALM. da lui esaminati, potè constatare che l'impronta muscolare è in forte rilievo al suo contorno esterno ed in incavo solamente nella parte anteriore, come si presenta nella sua specie e, possiamo ora noi aggiungere, come si osserva anche nei nostri esemplari ad essa riferiti. Questa bella ed interessante specie, come il PERON fece osservare, rassomiglia molto alla Vulsella laeviuscula SEG. *) del Cenomaniano di Magliardo in Provincia di Messina, tanto che lo stesso PERON non ritenne impossibile che la sua specie, nelle sue grandi variazioni, possa essere riferibile a questa del SEGUENZA. Ma il PERON, dubitando con ragione del giusto riferimento al genere Vulsella, fatto dal SEGUENZA per tale specie, osservò d’altra parte che essa è conosciuta soltanto per mezzo di un esemplare troppo mal conservato e sfigurato dalle perforazioni di Cliona, per potere riconoscere i suoi caratteri. Aggiunse infine che questa sembra essere più liscia della sua specie, meno fogliacea e beante per una fessura pieghettata sotto gli umboni. Il DouviLLÉ infine posteriormente, nel suo pregevole studio sulle VuZsellidae, ha preso in esamé, fra le altre specie, anche la Naiadina Gaudryi TH. et PERON ed ha accettato la specie, con- fermando l’interpetrazione di essa ed il riferimento al genere Naiadina. La Naiadina Gaudryi TH. et PERON, caratteristica per molto tempo soltanto del Cenomaniano della Tunisia, è stata segnalata nel Cenomaniano dell’ Egitto dal FOURTAU nella sua recentissima pubblicazione. 1) SeEGUENZA G. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 166, tav. XV, fig. 2 e 2a. {201] B. GRECO 19 Gen. Plicatula LAMARCK 1. Plicatula Auressensis Coq. 1862. Plicatula auressensis Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 222, tav. XVI, fig. 14-16. 1862. —_ Reynesi COQUAND. Ibidem, pag. 222, tav. XVII, fig. 1 e 2. 1872. — Fourneli (non Coquanp) LARTET. Géologie de la Palestine, pag. 58, tav. XII, fig. 15. 1877. —_ Reynesi LartET. Mer Morte, pag. 137, tav. XI, fig. 21, 22. 1882. —_ auressensis SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 171. 1882. — paucicostata SecueNnza. Ibidem, pag. 170, tav. XV, fig. 7 e 7a-c. 1890. —_ Auressensis Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 204. 1890. —_ Reynesi Peron. Ibidem, pag. 205. 1890. = — BLanckeNHORrN. Kreidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 76. 1904. — auressensis FourtAU. Paune erét. d’ ÉEqypte, pag. 312. 1904. _ Reynesi FourtaT. Ibidem, pag. 313. 1912. — Auressensis PERVINQUIÈRE. Le. paléont. tunisienne. Gastropodes ei Lamellibranches, pag. 156, tav. XI, fig. 2-18. 1917. —_ _ Fourtau. Mollusques Lamellibranches, pag. 20. Il COQUAND, fra le numerose Plicatule cretacee dell’ Algeria, distinse due specie cenomaniane, che egli chiamò Plicatula Auressensis Coq. e Plicatula Reynesi Cog. Ma il PERON fece in seguito notare che i caratteri differenziali, che servirono di base al COQUAND per separare queste due specie, sono molto vaghi ed assai instabili, per cui non è sempre facile distinguere, disponendo di numerosi esemplari, la Plicatula Auressensis CoQ. dalla Plicatula Reynesi Coq. Tuttavia egli, avendo trovato nella sua collezione tunisina numerosi individui molto somiglianti a quelli, che costituiscono il tipo della Plicatula Reynesi Coa., li riferì a questa specie, mantenendola distinta dalla Plicatula Auressensis CoQ. Entrambe le specie sono state poi in seguito citate dal FouRTAU in Egitto. Ma il PERVINQUIÈRE più recentemente, in seguito ad un attento esame di tutte le sue Plicatule e di quelle studiate dal PERON, provenienti sia dalla Tunisia e sia dall’ Algeria, ha ben chiaramente dimostrato che le due specie, legate da tutti i termini di passaggio, non possono tenersi distinte, ma la Plicatula Reynesi CoQ. deve essere considerata come una semplice varietà della Plicatula Auressensis CoQ. Inoltre, in seguito all’ esame del suo ricco materiale, egli ha potuto stabilire che, con tutti i termini intermedi, dalla forma normale di Plicatula Auressensis CoQ. si passa anche alla Plicatula paucicostata SEG., la quale deve essere quindi considerata come una varietà estrema della specie del COQUAND. A. testimonianza delle sue conclusioni il PERVINQUIÈRE ha riprodotto nella tavola XI un grande numero di fotografie di esemplari appartenenti alla specie così intesa per mostrare tutti i passaggi successivi dalla forma normale di Plicatula Auressensis Coo. alla var. Reynesi Coo. ed alla var. paucicostata SEG., aggiungendo che tutte si trovano insieme nei medesimi strati. Ed il FOURTAU nel suo più recente lavoro ha accettato il modo di vedere del PERVINQUIÈRE. D'accordo pienamente con tale autore circa la variabilità di questa specie e circa le conclusioni alle quali egli è pervenuto, riferisco appunto a Plicatula Auressensis CoQ. quattro esemplari quasi completamente in modello, due dei quali sono accompagnati dalla rispettiva impronta esterna. Tutti furono da me isolati da un pezzo di roccia, che inglobava Vl esemplare di Mammites ( Pseudo- aspidoceras) Footeanus STOL., descritto nella prima parte di questa pubblicazione. Non vi ha dubbio quindi che essi appartengano alla formazione cenomaniana e che probabilmente, come V Ammonite suddetto, provengano dai dintorni del Convento di S. Paolo. Sono tutti di piccole dimensioni e 20 B. GRECO [202] poichè, fra le numerose fotografie date dal PERVINQUIERE, corrispondono alla figura 9, della quale però presentano dimensioni minori, essi sono da riferire alla forma normale della Plicatula Aures- sensis CoQ. La specie, trovata primieramente in terreni cenomaniani dell’ Algeria, è comunissima allo stesso piano geologico in Tunisia; essa esiste anche nell’ Italia meridionale, nella Palestina, nella Siria ed è stata già citata in Egitto, caratterizzando anche in queste regioni la formazione cenomaniana. 2. Piicatula Numidica Coo. — Tav. III [XIX], fig. 2. 1880. Plicatula Numidica Coquanp. Ét. suppl. Paléont. Algerienne, pag. 161. 1890. — _ Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 206, tav. XXVI, fig. 17. 1912. — _ PrrvIiNnquIÈèRE, Mt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 159, tav. XII, fig. 1-5. Questa specie, trovata per la prima volta nel Cenomaniano dell’ Algeria, fu descritta somma- riamente dal CoQuAND, ma non figurata. Non fu quindi ben conosciuta per alcuni anni, finchè il PERON potè osservare la fotografia di un individuo ad essa appartenente, fatta eseguire dal PAPIER e dall’ HeINZ. Gli fn possibile allora di formarsi un chiaro concetto della Plicatula Numidica Coq., di stabilire che essa si trova anche nel Cenomaniano della Tunisia, di studiarla più completamente e di figurarne un esemplare. In modo più completo poi la specie è stata interpetrata ed illustrata più recentemente dal PERVINQUIÈRE. Ora io credo che appunto alla Plicatula Numidica CoQ. sia da riferire un esemplare in stadio molto giovanile di sviluppo, che fu da me trovato insieme con gli individui di Plicatula Auressensis CoQ., sopra esaminati, nel pezzo di roccia, che aderiva all’esemplare di Mammites (Pseudoaspidoceras ) Footeanus STOL., raccolto, come sappiamo, nel Cenomaniano, probabilmente nei dintorni del Convento di S. Paolo. Esso è quindi della stessa età e provenienza. Per la sua forma quasi circolare appiattita, con coste poco spiccate, con le lamelle di accrescimento fogliacee, ondulate, embricate, in modo da acquistare un aspetto caratteristico, il nostro esemplare, salvo le dimensioni immensamente minori, corrisponde bene, proporzionatamente al suo sviluppo, alla figura che il PERON ha dato della Plicatula Numidica CoQ. ed a quelle del PERVINQUIÈRE. Oltre a questo esemplare molto giovanile, a tale specie del COQUAND è pure da riferire (Tav. III [XIX], fig. 2), un individuo adulto, completo, in ottimo stato di conservazione, proveniente dalla « Bassa Tebaide » e da considerare pure di età cenomaniana, essendo della stessa fossilizzazione del piccolo individuo sopra esaminato. Presenta la valva sinistra appianata e la destra appena convessa. Per i suoi ornamenti corrisponde al piccolo individuo sopra esaminato ed alla figura 1 del PERVIN- QUIÈRE; ma esso costituisce una forma anomala, essendo assai ristretto ed appuntito nella regione cardinale, raccorciato e arrotondato anteriormente, mentre è spostato e molto sviluppato posterior- mente, apparendo così distorto. Le coste risentono, nella loro direzione, di questo spostamento anor- male, diventando incurvate, e le lamelle di accrescimento nella parte raccorciata sono fra di loro molto accavallate. La Piicatula Numidica Coa., oltre che nel Cenomaniano dell’Algeria e della Tunisia, è stata trovata dal PERVINQUIÈRE in quest’ultima regione anche in terreni turoniani. Essa non era ancora nota in Egitto, ove sussiste nel calcare cenomaniano, come si può stabilire da quanto sopra abbiamo detto. [293] B. GRECO 21 5. Plicatula Fourneli Co. 1862. Plicatula Fourneli Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 220, tav. XVI, fig. 5 e 6. 1882. _ —_ SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 171. 1888. — —_ ZirtEL. Libysche Wiiste, pag. 28 e -79. 1890. —. — Prron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 203. 1904. _ — Fourrau. Faune erét. d’ Egypte, pag. 311. 1912. —_ = PervinQuIÈRE. Lt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 153, tav. X, fig. 2-6. 1917. — — FourtaUT. Mollusques Lamellibranches, pag. 22. Questa elegante specie, fondata dal COQUAND e meglio interpetrata dal PERON e dal PERVIN- QUIÈRE per ciò che riguarda le sue variazioni ed i rapporti di somiglianza con altre specie, è rappresentata nella nostra collezione da due soli frammenti, provvisti di entrambe le valve. Essi però presentano così evidente la caratteristica ornamentazione, costituita da numerose coste radiali spinose, separate da spazi molto più ampi, nei quali si osservano delle piccole costule crenulate, — che non esito a riferirli alla Plicatula Fourneli CoQ. Fra le figure date dal CoquAND e dal PERVIN- QUIÈERE, essi corrispondono bene specialmente a quella indicata da quest’ultimo autore col numero 4 della tavola X. La specie è caratteristica del Cenomaniano in Algeria, in Tunisia, nell'Italia meridionale ed in Egitto, ove è stata già indicata dallo ZItTtEL e dal FourTAU. Quella Plieatula del Cenomaniano della Palestina, determinata dal LARTET come Plicatula Fourneli Coq.!), non appartiene già a tale specie, ma, come lo stesso autore ora ricordato ha riconosciuto e come ha confermato il PERVIN- QUIÈRE, deve essere invece riferita a Plicatula Reynesi Co. ?) e quindi deve essere considerata come una varietà della Plicatula Auressensis CoQ., secondo quanto abbiamo esposto a proposito di quest’ultima specie e come appare dalla sinonimia di essa. I due nostri esemplari sopra esaminati sono indicati dal FIGARI Bry come provenienti dalla « Bassa Tebaide, Valle d’ Araba ». Gen. Lima BRUGUIÈRRE 1. Lima intermedia p’ OrB. — Tav. III [XIX], fig. 3. 1845. Lima intermedia D’OrBIGNY. Pal. frane. Terr. crét., vol. III, pag. 550, tav. 421, fig. 1-5. 1850. — — D’ORBIGNY. Prodrome, vol. II, pag. 167. o Be Un solo esemplare, costituito dalla valva sinistra *), compenetrata in un modello interno di Arca diceras SEG., rappresenta questa bella specie nella nostra collezione. Per la forma, per le dimensioni e per gli ornamenti, che consistono in coste radiali ( probabilmente una ventina) strette, sottili, assai poco rilevate, semplici, molto distanziate da ampi spazi, nei quali si osservano numerose sottilissime strie radiali, visibili con la lente, che si incrociano a graticciato delicatissimo con le fitte strie concentriche di acerescimento, per il lato anteriore privo di coste e di strie radiali, esso !) Larter L. Géologie de la Palestine, pag. 58, tav. XII, fig. 15. ?) LarTET L. Mer Morte, pag. 137, tav. XI, fig. 21 e 22. ®?) PervinquibRrE L. Et. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 150, nota 2. 99 B. GRECO [204] corrisponde così bene alle figure che della sua Lima intermedia ha dato il D’ORBIGNY, che non mi resta alcun dubbio circa il riferimento del nostro esemplare a tale specie. Esso rassomiglia alquanto per la forma e le dimensioni alla Lima Numidica TH. et PERON 1!) del Cenomaniano della Tunisia, specie dal PERVINQUIÈRE considerata, insieme con Lima parallela D’ORB. ?), sinonima della Lima Itieriana PicrEr et Roux *). Se ne distingue però molto bene per l’ornamentazione completamente diversa. La Lima intermedia D’ORB. fu raccolta dal suo autore nei dintorni di Mans (Sarthe), in terreno da lui ritenuto primieramente turoniano ed in seguito più giustamente ascritto al Cenomaniano. In questo stesso piano si trova anche in Egitto, come è provato non solo dalla natura della sua fossilizzazione, ma anche dall’ Arca diceras SEG., specie cenomaniana, colla quale è compenetrata. Il nostro eSemplare proviene dai calcari cenomaniani e fu raccolto dal FIGARI BEY, secondo la vaga indicazione del suo cartellino originale, nella « Bassa Tebaide, costa orientale, Mokattan ». C) Gen. Pecten BELON Uniformandomi alla dotta ed esauriente discussione del genere Pecten, così ben trattata dal PERVINQUIÈRE 4‘), ritengo anch’io che si debba impiegare il nome generico di Pecten per quelle specie riferite da molti autori a Vola od a Janira, come ad esempio Pecten Jacobaeus L.; che con valore sottogenerico poi sia da accettare, accanto ad altri sottogeneri, il nome di Neithea DROUET per alcune specie di Pecten, rappresentate anche nel Cretaceo egiziano, notevoli per la loro valva destra assai convessa, con l’umbone fortemente rilevato ed incurvato, per la loro valva sinistra appianata, per le orecchiette subeguali, per il cardine munito di leggeri denticoli, oltre che per gli ornamenti, in generale costituiti da poche grosse coste, fra le quali si intercalano delle coste secondarie in numero variabile, ornamentazione che dà un aspetto così caratteristico a queste conchiglie, da farle distinguere a prima vista. Degno anche di nota il fatto, posto in evidenza pure dal PERVINQUIÈRE “), che il Pecten (Neithea) aequicostatus LAMK. ha invece tutte le sue coste pressochè uguali e che inoltre il Pecten ( Neithea) laevis DROUET, che rassomiglia moltissimo al Pecten phaseolus LAMK., le ha proprio tutte uguali, pur presentando però, come vedremo, ben sviluppati i denticoli del cardine, che è uno dei caratteri del sottogenere Neithea. In tal modo si avrebbero tutti i passaggi graduali, per la forma delle coste, dal sottogenere Neithea al vero e proprio genere Pecten. 1. Pecten (Neithea) laevis Drourt — Tav. III [XIX], fig. 4-6. 1846. Janira phaseola D° OrBIGNY (non Lamx.). Pal. franc. Terr. crét., vol. III, pag. 685, tav. 444, fig. 6-10. 1850. — _. D’OrBIGNY. Prodrome, vol. II, pag. 169. 1868. — Iaevis Drouet in PicreT et CAMPICHE. Orét. Sainte- Croix, partie IV, pag. 222 e 252. 1871. Vola laevis SroLiczka. Oret. Pelecypoda S. India, pag. 438, tav. XXXI, fig..7 e $. 1890. Pecten phaseolus Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 224. 1901-02. Vola laevis CHorrar. Paune erét. Portugal; Lamellibranches asiphonés, pag. 151, tav. III, fig. 11 e 12. 1) Peron A. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 217, tav. XXVII, fig. 2. 2) D'OrBIGNY A. Pal. frang. Terr. erét., vol. III, pag. 539, tav. 416, fig. 11-14. 3) PERVINQUIÈRE L. El. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 146, tav. IX, fig. 8 e 9. 4) PervinquiÈèRrE L. Ibidem, pag. 131-134, 5) PERVINQUIÈRE L. Ibidem, pag. 188, nota 2. _ [205] B. GRECO 923 Poichè le mie ricerche per avere in prestito e consultare l’opera del DROvET, nella quale è illustrata questa specie 1), sfortunatamente hanno avuto esito negativo, sono costretto, come hanno fatto del resto lo STOLICZKA e lo CHOFFAT, mentre il PERON tacque al riguardo, a considerare an- ch’io sulla fede del PictET e del CAMPICHE la Janira phaseola D’ORB. (non LAMK.) come sinonima della Janira laevis DROUET, la quale però, per le giuste considerazioni del PERVINQUIÈRE sopra esposte, deve essere denominata Pecten ( Neithea) laevis DROUET. Appartengono a tale specie 9 esemplari più o meno incompleti; ma poichè alcuni hanno conservato ciò che ad altri manca, dall’ esame di tutti emergono evidentissimi i caratteri di essa, in modo che non resta dubbio circa questa determinazione. Quattro individui hanno conservato entrambe le valve ed è possibile così constatare che la valva destra è molto rigonfia ed assai ricurva all'umbone, mentre la sinistra è appianata. Altri due, costituiti da gran parte della valva destra, hanno la conchiglia ben conservata, la quale mostra gli ornamenti, costituiti da numerose coste radiali (ne sono visibili 21), larghe, appianate, debolmente separate da strettissime depressioni, alquanto più spiccate in prossimità dell’umbone, mentre vanno gradualmente diventando sempre più superficiali verso il contorno. Uno di questi individui ha l’orecchietta destra conservata, la quale, oltre a presentare i suoi caratteri di sviluppo è di forma in questa specie, mostra dalla superfice interna, che sono riuscito ad isolare, sul margine superiore rettilineo del cardine i nume- rosi fitti denticoli, che però non sono ben conservati, visibili con la lente, i quali sono caratteristici del sottogenere Neithea; ciò mentre per il carattere, già constatato, delle coste tutte uguali questa specie si riattacca decisamente al vero e proprio genere Pecten, rappresentando quindi un termine di passaggio tra questo genere ed il sottogenere Neithea, come abbiamo precedentemente accennato. Tre esemplari poi mostrano soltanto in parte conservata la conchiglia, ornata nel modo sopra descritto, mentre la restante parte, priva di conchiglia, ci fa vedere il modello della superfice interna di essa, permettendoci di constatare dal modello la presenza su detta superfice di coste più strette e più sporgenti di quelle che si osservano all’ esterno, separate da solchi uguali ad esse per ampiezza, ben spiccati e profondi. In uno di detti esemplari si vedono in parte ben conservati gli ornamenti della valva sinistra, consistenti appunto in numerose coste ben spiccate e separate da molto più ampi spazi nettamente distinti. Infine altri tre esemplari sono costituiti da frammenti di valve destre interamente conservate in modello. Dall’ osservazione dei caratteri ora posti in evidenza non resta alcun dubbio che i nostri 9 esemplari esaminati appartengano al Pecten (Neithea) lacvis DROUET, giacchè essi corrispondono perfettamente agli esemplari, che, sotto il nome di Janira phaseola, sono stati rappresentati dal D'ORBIGNY a tavola 444, figure 6-19 ed a quelli che, col sinonimo di Vola laevis DROUPT, come già sappiamo, sono stati figurati dallo STOLICZKA e dallo CHOFFAT. La specie fu citata già dal D’ORrBIGNY nei terreni turoniani di diverse località della Sarthe, che in seguito però dallo stesso autore furono riferiti più precisamente al Cenomaniano. Nell’ Africa settentrionale era stata finora trovata soltanto dal PERON nel Cenomaniano dell’ Algeria e della Tunisia; nell'India meridionale è stata citata dallo SToLIOZKA nel gruppo di Ootatoor e dallo CHOFFAT è stata raccolta in Portogallo nel Cenomaniano superiore e nel Turoniano inferiore. In Egitto il Pecten ( Neithea) laevis DROUET si trova nella formazione calcarea cenomaniana; il cartellino del FIGARI Bey, che accompagna i 9 esemplari sopra esaminati, ci fa conoscere troppo vagamente la loro provenienza dall’ « Egitto », senza altra indicazione. ?) Drover CH. Sur un nouveau genre de coquille de la famille des Arcacées et description d'une nouvelle espèce de Modiole fossile. Mém. Soc. Linnéenne de Paris, vol. III, 1825. 24 B. GRECO [206] 2. Pecten (Neithea) Dutrugei Coo. sp. — Tav. III [XIX], fig. 7-9. 1862. Janira Dutrugei Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 219, tav. XIII, fig. 1 e 2. 1872. — —_ LartET. Géologie de la Palestine, pag. 58. 1877. — — LarteT. Mer Morte, pag. 137, tav. XI, fig. 18. 1880. Vola _ Coquanp. Hi. suppl. Paléont. Algerienne, pag. 391. 1883. — _ HamLin. Syrian Moll. foss., pag. 61. 1890. — _ BLANCKENHORN. /reidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 78, tav. IV, fig. 8 e 9. 1901-02. Vola Dutrujei var. Beirensis CHorrat., Faune crét. Portugal; Lamellibranches asiphonés, pag. 150, tav. II, fig. 1, 2. 1904. Pecten Dutrugei FourtAUT. Paune crét. d’ Egypte, pag. 317. J Come si rileva dalla descrizione e dalle figure del COQUAND, questa specie è caratterizzata da vna conchiglia ovale, presso a poco tanto alta quanto larga, con valva destra fortemente convessa, assai ricurva all’umbone, ornata radialmente di due sistemi di coste fascicolate, uno più rilevato costituito di tre coste ben pronunziate, l’altro di una grossa costa meno sporgente, delimitata da due solchi più larghi e profondi, nei quali si trova talvolta una piccola costa, mentre la regione anteriore e posteriore presentano coste raggianti più fini in numero di 10 a 12. La valva sinistra è invece concava ed ornata da coste raggianti numerose, delimitate da solchi poco profondi, dei quali sei sono più spiccati degli altri. A. tale specie così caratterizzata appartengono 12 esemplari della collezione egiziana del FIGARI Bry. Tre, fossilizzati nelle marne cenomaniane grigio - cenerine, hanno la conchiglia ben conservata, costituita soltanto dalla valva destra e mostrano gli ornamenti caratteristici, sopra descritti, rico- perti da fittissime fine strie concentriche sulle coste e nei solchi; uno di essi (Tav. III [ XIX |, fig. 7) ha anche conservato l’orecchietta posteriore, discretamente sviluppata e priva di costoline radiali, mostrando soltanto ben visibili le sottili strie di accrescimento. Anehe ben conservato è un altro individuo, costituito pure della valva destra e proveniente dal calcare cenomaniano. Un quinto esem- plare (Tav. III [| XIX ], fig. S), raccolto nelle marne, ci mostra ben conservata la superfice interna della valva sinistra, alquanto convessa in relazione con la concavità della superfice esterna ed ornata da numerose coste, corrispondenti ai solchi esterni, fra le quali se ne contano appunto sei più pro- nunziate. È ben conservata, veduta naturalmente dall’interno, l’oreechietta posteriore, di diserete dimensioni, la quale lascia vedere con la lente sul margine cardinale diritto i numerosi caratteristici denticoli, che, insieme con gli ornamenti, che già conosciamo, non lasciano alcun dubbio circa il rife- rimento di questa specie, già ascritta a Janira od a Vola, al sottogenere Neithea del genere Pecten. Due altri individui, fossilizzati pure nelle marne cenomaniane, sono conservati in modello e sono costituiti da frammenti della valva destra. Tutti gli individui ora esaminati, per quanto siano in discreto stadio di sviluppo, sono ben lungi dal raggiungere le grandi dimensioni presentate dall’ esemplare figurato dal COQUAND; essi si avvi- cinano alle dimensioni di quello rappresentato dal LARTET. Gli altri 5 esemplari, fossilizzati nel calcare marnoso, sono in stadio gradualmente più piccolo di sviluppo; in tre di essi (Tav. III | XIX ], fic. 9) le coste appaiono più numerose e non si osserva così spiccata la regolarità nella distribuzione di esse nelle due sorte di fasci, I Il Pecten ( Neithea) Dutrugei Coqa. sp., trovato originariamente nel Cenomaniano dell’ Algeria, fu in seguito citato in terreni sineroni in Palestina, in Siria e più recentemente dal FouRTAU in Egitto, ove egli ha rinvenuto tutti individui di piccola taglia, presso a poco come i nostri e che ha distinto come var. minor. Nel Portogallo lo CHoFrFAT ha raccolto, in terreni del Cenomaniano [207] B. GRECO 25 superiore e del Turoniano inferiore, una varietà di questa specie a coste molto più deboli e più numerose, che egli ha indicato col nome di var. Beirensis. Nel Cenomaniano della Tunisia e della Tripolitania finora tale specie del CoquAnD non è conosciuta. I cartellini del FIicARI BEY, che accompagnano i nostri esemplari, portano lindicazione di provenienza dalla « Costa arabica, Tebaide inferiore, versante orientale », oppure dalla « Costa orientale, Tebaide inferiore », 0 anche dalla « Tebaide inferiore, Valle d’ Araba ». Gen. Modiola LAMARCK 1. Modiola Ligeriensis D’ORB. sp. 1844. Mytilus Ligeriensis p’OrBIGNY. Pal. franc. Terr. crét., vol. III, pag. 274, tav. 340, fig. 1 e 2. 1850. — — D’OrBIGNY. Prodrome, vol. II, pag. 165. 1900. Modiola —_ Woops. Cretaceous Lamellibranchia of England, vol. I, pag. 96, tav. XVI, fig. 4-6 (cum syn.). Riferisco con riserva a questa specie un solo esemplare, il quale ha la conchiglia in parte ben conservata, ma è logorato nella sua parte anteriore ed ha ie sue dimensioni di gran lunga più piccole dell’individuo originale figurato dal D’ORBIGNY. Tuttavia, da ciò che si può osservare, per la forma generale oblunga, arcuata, rigonfia, gibbosa, per la forte carena poco incurvata, che presenta su ciascuna delle due valve e per gli ornamenti, meglio visibili con la lente date le sue minori dimensioni e costituiti da sottilissime ed assai fitte strie radiali, interrotte dalle frequenti rughe di accrescimento, con le quali formano un disegno caratteristico, esso corrisponde all’ esemplare di Mytilus Ligeriensis descritto e figurato dal D’ORBIGNY ed a quelli della Modiola Ligeriensis D’ ORB. SP., rappresentati dal WooDps. Il nostro esemplare rassomiglia molto anche a Modiola” Roquei Tu. et PERON!) ed a Modiola indifferens Coa. sp.*); da entrambe però si distingue per i suoi ornamenti caratteristici. Avendo inoltre la superfice corrosa nella sua parte anteriore fino in prossimità della carena, non è possibile constatare se esso fosse provvisto, come la Modiola Roquei TH. et PERON, nel mezzo di ciascheduna valva, fra la carena longitudinale e la depressione susseguente, delle caratteristiche 8-10 costule raggianti finissime. La Modiola Ligeriensis D’ ORB. sp. fu citata dapprima dal D’ ORBIGNY in terreni turoniani di di- verse località della Francia, che però in seguito furono riferiti dallo stesso autore più precisamente al Cenomaniano; in terreni sincroni fu in seguito trovata nella Svizzera e nell’ Inghilterra. Anche in Egitto si trova in questo piano, giudicando dalla roccia fossilizzante ed il nostro esemplare è indicato dal FIGARI BEY raccolto nella « Bassa Tebaide, Valle d’ Araba ». 2. Modiola (Brachydontes) ornatissima D’ORB. sp. 1844. Mytilus ornatus d'’OrBIGNY (non RoEeMER). Pal. frang. Terr. crét., vol. III, pag. 283, tav. 342, fig. 10-12. 1847. — ornatissimus D’ORBIGNY. Ibidem, pag. 767. 1850. — _ D'ORBIGNY. Prodrome, vol. II, pag. 166. 1890. Modiola ornatissima Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 245, tav. XXVII, fig. 17. 1912. _ (Brachydontes) ornatissima. PERVINQUIÈRE. bt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 127. 1917. —_ —_ _ FourtAUT. Mollusqgues Lamellibranches, pag. 17. !) PERON A. Moll. foss. l'unisie, partie II, pag. 247, tav. XXVII, fig. 18. ?) Coquanp H. Geol. Pal. Prov. Constantine, pag. 213, tav. XVII, fig. 7 e 8. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 4 26 'B. GRECO [208] L'unico esemplare, che rappresenta questa piccola ed elegante specie nella nostra collezione, è costituito dalla sola valva sinistra c fu da me isolato da un pezzo di roccia, che aderiva all’ esem- plare di Mammites ( Pseudoaspidoceras ) Footeanus STOL. sp., esaminato nella prima parte di questo lavoro e proveniente dal calcare cenomaniano, probabilmente dei dintorni del Convento di S. Paolo. Indubbiamente si tratta quindi della stessa formazione e della medesima località. Esso, sia per le piccole dimensioni e per la forma, sia per la caratteristica elegante ornamentazione, corrisponde perfettamente agli esemplari così bene illustrati dal D’ OrBIGNY e dal PERON. Questa specie, denominata primieramente dal D’ ORBIGNY Mytilus ornatus e indicata come proveniente dai terreni turoniani della Sarthe, fu in seguito chiamata Mytilus ornatissimus dallo stesso autore per distinguerla dalla omonima specie del RoEMER, riferendo poi successivamente i terreni della Sarthe. con maggiore precisione al Cenomaniano. Col nome generico più giusto di Modiola poi è stata descritta e figurata dal PERON, il quale l’ ha trovata in Algeria ed in Tunisia nel Cenomaniano e nel Santoniano; in seguito il PERVINQUIÈERE l’ha citata in Tunisia nel Cenomaniano e nel Coniaciano, riferendola con maggior precisione a Brachkydontes, considerato come sottogenere di Modiola, per le coste che ornano la superfice della conchiglia. Recentissimamente infine con quest’ ultima denominazione è stata segnalata dal FouRTAU anche nel Cenomaniano della penisola del Sinai. Gen. Arca LINNEO 1. Arca (Barbatia) Trigeri Co. — Tav. III [XIX], fig. 10. 1862. Arca Trigeri Coquanp. Geéol. Pal. Prov. Oonstantine, pag. 212, tav. XV, fig. 7 e 8. 1890. — — Prron. Moll. foss. Tunisie, partie 1I, pag. 254. Dalle marne grigie cenerine cenomaniane della « Costa arabica, Tebaide inferiore » provengono 8 esemplari in diversi stadi di sviluppo, che riferisco all’ Arca Trigeri Coo. Tutti, per quanto è dato giudicare dal loro stato di conservazione non soddisfacente, corrispondono all’ esemplare descritto e figurato dal COQUAND, sia per ciò che riguarda ia loro conformazione, sia per gli ornamenti, dei quali sono rimaste tracce ben visibili, costituiti da fine coste raggianti, molto ravvicinate, incrociate con fitte e sottili rughe di accrescimento. Alcuni dei nostri esemplari raggiungono dimensioni maggiori di quello figurato dal COQUAND; in quasi tutti poi si nota, poco spiccata nella regione inferiore, una leggera depressione, che incomincia verso la parte mediana delle valve. Questo carattere non è indicato nella descrizione del COQUAND, nè nella figura dell’ esemplare tipico; ma il PERON ci fa sapere che tale depressione esiste in quasi tutti gli esemplari di Arca Trigeri da lui esaminati, aggiungendo che anche per tale carattere questa specie rassomiglia più all’ Arca Tailburgensis D' ORB. *), che all’ Arca Vendinensis D’ ORB.*), con la quale è stata paragonata dal CoquanD. Benchè ii cardine non sia visibile nei nostri esemplari, nè in quello figurato dal COQuUAND, si può ritenere probabile tuttavia che tale specie di Arca, per i suoi caratteri di forma e di orna- mentazione, sia da ascrivere al sottogenere Barbatia. IL’ Arca ( Barbatia) Trigeri CoQ. era stata finora citata nelle marne cenomaniane dell’ Algeria e della Tunisia dal COQUAND e dal PERON. Il FoURTAU ha recentissimamente segnalato in Egitto nel Cenomaniano dell’ Oasi di Baharia la presenza di un modello da lui determinato Arca efr. Trigeri Coa. ’), che forse appartiene a tale specie del COQUAND. 1) D’OrBIGNY A. Pal. franc. Terr. erét., vol. III, pag. 233, tav. 320. ?) D'ORBIGNY A. Ibidem, pag. 220, tav. 315, fig. 4-7. °) FourTtAU R. Mollusques Lamellibranches, pag. 12. [209] B. GRECO 27 2. Arca (Cucullaea) Favrei Coo. — Tav. III [XIX], fig. 11. 1862. Arca Favrei CoquanD. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 212, tav. XV, fig. 11 e 12. Credo che siano da riferire a questa specie due esemplari provenienti dalle marne cenomaniane. Uno di essi, deformato alquanto obliquamente, è di dimensioni minori del tipo figurato dal COQUAND, al quale corrisponde per la grande convessità delle valve. per gli umboni assai rilevati ed allontanati fra loro, per Vl area ligamentare ben sviluppata, per la conformazione della parte anteriore e posteriore della conchiglia, oltre che per gli ornamenti visibili in parte sulla sua superfice e costituiti da piccole costule raggianti, incrociate con le fitte strie di accrescimento. Se ne distingue per il contorno inferiore non arcuato, ma pressochè rettilineo, dando così un aspetto diverso alla conchiglia anche per ciò che riguarda il rapporto tra Valtezza e la lunghezza di essa. Questo carattere differenziale però è da ritenere che sia dovuto alla deformazione, alla quale, come sopra abbiamo accennato, è stato sottoposto l'esemplare. L'altro individuo (Tav. III [ XIX ], fig. 11) è in stadio giovanile di sviluppo; ha la superfice in migliore stato di conservazione e mostra quindi bene evidente la ornamentazione. Esso si allontana alquanto dalla forma tipo del CoQquAND per la parte posteriore più corta e quindi per l'aspetto meno inequilaterale della conchiglia, il quale carattere è dovuto forse all’età giovanile di questo nostro individuo. Quantunque non sia visibile il cardine nei nostri due esemplari, tuttavia è da ritenere che essi, per il loro aspetto generale, oltre che per la conformazione degli umboni e dell’ area, insieme con la forma tipica del COoQUuAND, appartengano con molta probabilità al sottogenere Oucullaea. Il PERON !) notò la grande analogia di forma che esiste tra questa specie e 1 Arca Delettrei Coq. 3), la quale a suo parere può essere tenuta distinta soltanto per ia mancanza delle costoline radiali; ciò nella convinzione che gli esemplari tipici delle due specie illustrate dal COQUAND fossero entrambi provvisti della loro conchiglia, come sembra evidente dalle figure date da questo autore. Ma il PERVINQUIERE *) recentemente ha mostrato di non essere dello stesso parere, ritenendo che molto probabilmente 1’ Arca Deletirei Co. possa essere il modello interno di una varietà dell’ Arca Favrei Coo. Egli ha fatto osservare che per la forma le differenze si riducono in quest’ ultima specie ad uno sviluppo maggiore degli umboni e dell’area ligamentare, oltre ad un arrotondamento della carena, che si estende dagli umboni al bordo posteriore. Ha concluso quindi che dal punto di vista della forma le due specie non possono essere separate; bisognerebbe sapere se esiste veramente il carattere differenziale degli ornamenti. Ora appunto l’attento esame dei miei esemplari non mi permette di condividere la supposizione del PERVINQUIÈRE, ma di ritenere, d’accordo col PERON, che entrambe le specie del CoquAND siano provviste della loro conchiglia, come si può rilevare dalle rispettive figure e descrizioni di quest’ ultimo autore. Infatti il nostro esemplare più grande, mentre presenta qua e là qualche resto di conchiglia, mostrando i earatteristici ornamenti, è del resto quasi completamente conservato in modello ed in tale condizione esso, oltre a presentare i caratteri differenziali di forma tra le due specie, posti in evidenza dal PERvINQUIÈRE, non mostra le rughe concentriche di accrescimento, così bene evidenti nell’esemplare di Arca Delettrei figurato dal COQUAND e quali può presentare un individuo provvisto della sua conchiglia. Stando così le cose mi sembra di poter concludere che in Arca Delettrei Coq. mancano effettivamente gli ornamenti radiali, che si trovano invece in Arca Favrei Coo. e che le due specie sono da considerare come distinte. 1) Prron A. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 254. 2) CoquanDp H. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 211, tav. XV, fig. 5 e 6. 3) PERVINQUIÈRE L. Ht. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 100. O) n B. GRECO [210] L’ Arca ( Cucullaca) Favrei Coa. era finora nota soltanto nel Cenomaniano di Tenoukla in Algeria. Dei nostri due esemplari delle marne cenomaniane dell’ Egitto il primo è indicato dal FiGARI BEY raccolto nella « Valle d’ Araba » e il secondo nella « Costa arabica, Deserto della Bassa Tebaide, versante orientale », 3. Arca (Trigonoarca) trigona Sec. — Tav. III [XIX], fig. 12, 13. 1882. Arca trigona Secuenza. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 160, tav. XII, fig. 6 e 6a. 1882. — trapezoides SecuENza. Ibidem, pag. 160, tav. XIII, fig. 2-2 e. 1912. — (Trigonoarca?) trigona PervinquiÈRre. Ht. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 103, tav. VII, fig. 20 e 21. Fra le numerose specie di Arca del Cretaceo dell’Italia meridionale, il SEGUENZA illustrò due specie nuove, che egli distinse con i nomi di Arca trigona SEG. ed Arca trapezoides Sea. Egli osservò, a proposito di quest’ ultima, che rassomiglia, per la considerevole compressione e per gli umboni avvicinati, all’ Arca trigona SEG., ma ne differisce per la forma trapezoidale e per le carene che sono più deboli. Ma il PERVINQUIÈRE più recentemente, studiando le Arche da lui raccolte nel Cretaceo della Tunisia, ha considerato con fondate ragioni Arca trigona SEG. ed Arca trapezoides SEG. come due varietà della medesima specie, le quali non si possono tenere distinte specificamente. Egli ha constatato che Arca trigona SEG. è soltanto un poco più triangolare, per quanto in realtà la forma sia ugualmente trapezoidale e che presenta le carene un poco più accentuate. Questo suo modo di vedere è avvalorato anche dal fatto che la maggior parte dei suoi esemplari occupano una posizione intermedia tra le due specie suddette. Egli ha conservato giustamente il nome di Arca trigona SEG., poichè nella descrizione delle specie, fatta dal SEGUENZA, essa precede l’ altra. Riunite in tal modo le due specie, egli ha modificato la diagnosi dell’ Arca trigona SEG., la quale quindi, secondo il PERvINQUIÈRE è, allo stato presente delle cose, caratterizzata da un modello poco rigonfio, allungato trasversalmente, triangolare, o più o meno trapezoidale, secondo lo sviluppo della parte posteriore; la regione anteriore è corta, subtroncata; la regione posteriore è più lunga, angolosa, troncata obliquamente; il bordo inferiore è pressochè diritto, o debolmente incurvato; gli umboni sono piccoli, poco rilevati, poco curvi, ravvicinati e carenati; la carena è più o meno sviluppata, estendentesi fino all’ angolo posteriore del modello; la regione posteriore è provvista di due solchi pressochè paralleli alla carena. Inoltre il PERVINQUIÈRE ha constatato che le variazioni nei modelli di questa specie di Arca, da lui ritenuta probabilmente appartenente al sottogenere. Trigonoarca, riguardano lo spessore, lo sviluppo della regione anteriore e l’ accentuazione della carena. Su qualche resto della conchiglia poi ha notato l’ornamentazione composta di piccole coste eoncentriche e forse anche di coste radiali. Ora appunto all’ Arca ( Trigonoarca) trigona SEG., così intesa, riferisco 7 modelli della nostra collezione egiziana, i quali si accordano bene colla diagnosi sopra trascritta. Meglio che alle figure date dal PERVINQUIÈRE corrispondono a quelle del SEGUENZA; essi mostrano forme intermedie tra le due specie originarie di questo autore, come gli esemplari del PERVINQUIÈRE, presentando però piuttosto i caratteri della forma trapezoidale e della carena più ottusa, quali si riscontrano nell’ Arca trapezoides figurata dal SEGUENZA a tavola XIII, fig. 2-26, le quali rappresenterebbero esemplari giovanili, mentre i nostri sono di gran lunga in stadio di sviluppo più avanzato, avendo presso @ poco le dimensioni dell’individuo di Arca irigona, figurato dallo stesso autore a tavola XII, fig. 6-6 a. In alcuni dei nostri modelli sono poco evidenti, nella regione posteriore, i due solchi quasi paralleli (211] B. GRECO 29 alle carene in relazione con le lamine mioforiche della superfice interna della conchiglia; in tutti poi mancano tracce ben conservate della conchiglia. Essi rassomigliano anche, specialmente per la conformazione della loro regione posteriore, all’ Arca ( Trigonoarca) Delettrei CoQ., la quale, oltre che in Algeria '), si trova anche in Tunisia ?) e nell’Italia meridionale ‘); ma se ne distinguono per essere proporzionatamente più allungati rispetto all'altezza, per il loro margine inferiore non spiccatamente arcuato, ma rettilineo, per le carene più arrotondate e per lo spessore assai menòd accentuato. Il tipo dell Arca ( Trigonoarca) trigona SEG. proviene dal Cenomaniano dell’Italia meridionale. In Tunisia la specie è stata trovata dal PERVINQUIÈRE nel Cenomaniano e nel Turoniano inferiore. I nostri 7 esemplari egiziani sono fossilizzati nel calcare cenomaniano; sei sono indieati dal FIGARI BEY raccolti nella < Bassa Tebaide, Valle d’ Araba », uno nella « Costa arabica, Tebaide inferiore, versante orientale ». 4. Arca (Trigonoarca) diceras SEG. — Tav. III [XIX], fig. 14, 15. 1882. Arca diceras SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 158, tav. XIV, fig. 1-1 bd. 1912. — (Trigonoarca?) diceras PERVINQUIÈRE. Lt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 102, l tav. VII, fig. 23, 25 e 26. 1914. — — — PARONA. Tripolitania, pag. 11. 1917. — diceras Fourtau. Mollusques Lamellibranches, pag. 8. Anche di questa specie di 4rca, come di molte altre cretacee, si conoscono finora solo degli individui allo stato di modelli interni. Essi, secondo la diagnosi del SEGUENZA e del PERVINQUIÈRE, hanno forma subtrigona allungata, rigonfia, molto spessa; regione anteriore corta, subangolosa; regione posteriore più lunga, troncata, angolosa; margine inferiore pressochè diritto; umboni oltremodo prominenti, incurvati, allontanati, carenati; carene ben spiccate, decorrenti fino all’ angolo posteriore; solchi lasciati dalle lamine mioforiche pressochè paralleli alle carene. Il PERVINQUIÈRE ha aggiunto che, oltre al carattere dei solchi nella regione posteriore, qualche residuo dei denti cardinali nei suoi esemplari tende a fare attribuire con molta probabilità questa specie al sottogenere Trigonoarca. Nella nostra collezione egiziana 1’ Arca ( Trigonoarca ) diceras SEG. è rappresentata da 15 modelli in vari successivi stadi di sviluppo. Come gli esemplari della Tunisia, illustrati dal PERVINQUIÈRE, presentano spiccate variazioni; alcuni corrispondono perfettamente alla descrizione ed alla figura del SEGUENZA; altri ( Tav. III [XIX], fig. 14) presentano invece la parte anteriore più corta, con gli apici subterminali e mostrano quasi un parallelismo tra il margine inferiore e quello superiore, richiamando alla memoria la forma dell’ Arca parallela Coq., conosciuta nel Cenomaniano dell’ A1l- geria ‘), della Tunisia °) e dell’Italia meridionale ©), essendo però molto più bassi, rispetto alla lunghezza, con umboni meno sporgenti e più allontanati. Altri, specialmente un esemplare di 1) Coquanp H. Geol. Pal. Prov. Constantine, pag. 211, tav. XV, fig. 5 e 6. 2) PeRON A. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 254. — PeRrviNnQuiÈRE L. Lt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 100. 5) SeGueENza G. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 157. 4) Coquanp H. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 213, tav. XVI, fig. 3 e 4. 5) PERON A. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 256. 5) SeGuenza G. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 160. 30 B. GRECO [212] grandi dimensioni ( Tav. III | XIX], fig. 15), sono molto più allungati trasversalmente, rassomigliando per questo carattere all Arca obliquissima SEG. !), dalla quale si distinguono per gli apici molto più sviluppati ed assai più sporgenti. Altre variazioni riguardano infine lo spessore in qualche caso meno accentuato. Anche dall’ esame dei nostri esemplari risultano quindi confermati i legami di affinità tra Arca parallela Coa., Arca diceras SEG. ed Arca obliquissima SEG., posti in evidenza dal PERVINQUIÈRE, il quale ha ritenuto probabile la riunione di queste tre specie in una, distinguendovi due varietà. In questo caso il nome di Arca parallela Coa., essendo più antico, dovrebbe avere la precedenza; ma, esistendo già un’ Arca parallela CONR. nel Cretaceo della Palestina *), il PERVINQUIÈRE giusta- mente preferirebbe il nome di Arca diceras SEG., che, nella descrizione delle specie fatta dal SEGUENZA, precede l’ Arca obliquissima SEG. Tenendo invece distinta V Arca parallela Coq., è necessario cam- biarle il nome specifico, come recentissimamente ha fatto il FOURTAU, che col nome di Arca Coquandi FourTAU *) ha indicato l Arca parallela Coo. (non CoNR.), ritenendola specie diversa dall’ Arca diceras SEG. e dall'Arca obliquissima SEG. A me pare che, allo stato presente delle cose, disponendo semplicemente di modelli interni, senza conoscere per nessuna delle tre specie i caratteri delle rispet- tive conchiglie, sia consigliabile e prudente di tenere provvisoriamente distinte le tre specie, come le ha considerate il FOURTAU, pur mettendo in evidenza le grandi rassomiglianze di forma dei mo- delli, in attesa che esse siano completamente conosciute, per potere allora, con sicuro fondamento, prendere una giusta decisione. Dall’ Arca Thevestensis CoQ., pure essa del Cenomaniano dell’Algeria 4), della Tunisia?) e dell’Italia meridionale £), i nostri modelli si distinguono perchè non presentano forma decisamente triangolare, assai angolosa posteriormente e non hanno le carene spiccatamente acute. IL’ Arca (Trigonoarca) diceras SEG., fu primieramente trovata dal SEGUENZA nel Cenomaniano: dell’ Italia meridionale ed in seguito, sempre in terreni della stessa età, dal PERVINQUIÈRE in Tunisia, dal PARONA in Tripolitania e dal FouRTAU in Egitto. I nostri esemplari, fossilizzati nel calcare cenomaniano, sono indicati dal FicARI BEY raccolti al solito nella « Bassa Tebaide, valle d’ Araba e valle di Hazaal ». Gen. Trigonia BRUGUIÈRE 1. Trigonia Ethra 000. — Tav. IV [XX], fig. 1-3. 1862. Trigonia distans CoquaND (non Conr. nec FraAs). Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 202, tav. XII, fig. 9. 1880. Lyriodon Ethra Coquanp. Ét. suppl. Paléont. Algerienne, pag. 388. 1882. Trigonia distans SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 155. 1912. _ Ethra PervinquIdRE. Et. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 218, tav. XV, fig. 4-7. 1914. — — PARONA. Tripolitania, pag. 11. 1917. _ — Fourrau. Mollusques Lamellibranches, pag. 59. ') Secuenza G. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 159, tav. XIII, fig. 3-3 a; tav. XIV, fig. 2. ?) Conrap T. A. Fossils 0f Syria, pag. 223, tav. XVII, fig. 98. — LartET L. Mer Morte, pag. 134, tav. XII, fig. 3. °) Fourrau R. Mollusques Lamellibranches, pag. 8. 4) CoquanDp H. Geol. Pal. Prov. Constantine, pag. 212, tav. XV, fig. 9 e 10. 5) PERON A. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 257. — PervINQquIÈRE L. Ft. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 104, tav. VII, fig. 22 e 27. °) SeGuenza G. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 158. “ [213] | B. GRECO 31 La specie della quale ora passiamo ad occuparci, trovata primieramente dal CoquaAND nel Cenomaniano di Tenoukla in Algeria, fu da lui indicata col nome di Trigonia distans Coq. In seguito però lo stesso autore, avendo saputo che esisteva già una Trigonia distans ConR.?) nel Cretaceo della Siria e che il nome generico di Trigoria era stato già adoperato per un altro genere prima del BRUGUIÈRE, cambiò il nome della Trigonia distans Coo. in Lyriodon ‘Ethra Coq. Più recentemente però il PERVINQUIÈRE ha ben fatto osservare che non vi è alcuna ragione di sostituire il nome generico di Trigoria con quello di Lyriodon, poichè il nome di Trigonia fu prima del BRUGUIÈRE adoperato per distinguere genericamente una pianta e non un animale; che si deve però accettare il nome specifico di Ethra, sostituito dallo stesso CoquAND alla originaria Trigonia distans C0Q., indubbiamente diversa dalla omonima specie del CONRAD, quale fu illustrata da questo ultimo autore e dal NoEerLING. In quanto poi alla Trigoria distans (non CoNR. nec Coq.) illustrata dal FRAAS°) è da ricordare che, come sappiamo, essa non è affatto una Trigonia, ma è invece da riferire alla Roudaircia Auressensis C0Q. sp."), secondo le ben fondate osservazioni primieramente fatte dal BLANCKENHORN ‘). La Trigonia Ethra Co0Q. fu sommariamente descritta dal COQUAND ed illustrata in modo incom- pleto, perchè fu figurata in una sola posa, di fianco. Sarebbe perciò difficile formarsi una idea completa ed esatta di questa specie, se, per fortuna, il PERVINQUIÈRE, avendone trovato degli esemplari in buono stato di conservazione in Tunisia ed avendo potuto osservare degli individui della collezione PERON, provenienti dalla stessa località di Tenoukla in Algeria, dove fu trovata la forma tipica, non ci avesse dato di essa una illustrazione completa ed esauriente. Nella nostra collezione egiziana tale specie è rappresentata da 16 esemplari per la massima parte in modello interno, poichè 6 soltanto presentano la conchiglia con gli ornamenti più o meno ben conservati. Questi ultimi individui corrispondono perfettamente per tutti i loro caratteri sia di forma e sia di ornamentazione all’ esemplare descritto e figurato dal CoQquanD ed a quelli rappresentati dal PERVINQUIÈRE colle figure 4, 5 e 6 della tavola XV; mentre gli esemplari in modello non differi- scono dall’individuo rappresentato dal PERVINQUIÈRE con la figura 7 della stessa tavola, anch’ esso conservato in modello interno. Anche i nostri esemplari confermano la grande rassomiglianza, già stabilita dal PERVINQUIÈRE tra questa specie e la Trigonia crenulata LAMK.®), molto più che non lo ritenesse il COoQuaAnND. Questi infatti disse che la sua specie si distingue da quella del LAMARCK, oltre che per le coste più allontanate ed in conseguenza in minor numero, per l’ assenza di crenulature sulle coste stesse. Questa ultima differenza si verifica nei nostri esemplari, che hanno la superfice delle coste logorata; mentre negli individui ben conservati (Tav. IV [XX], fig. 3) si constata nettamente la presenza delle erenulature sulle coste, appunto come negli esemplari tanto dell’ Algeria, quanto della Tunisia, figurati dal PERVINQUIÈRE; però, come questi ha osservato, le crenulature sono più fini e svaniscono facilmente per il logorio. Ma in ogni modo, anche a giudicare dai nostri esemplari, la Trigonia Ethra Coa., d accordo col PERVINQUIÈRE, è da tenere distinta specificamente dalla Trigonia crenulata LAMK. per il suo spessore costantemente e notevolmente minore, per le coste decisamente diritte, meno numerose, più allontanate, più sottili e provviste di crenulature molto più fini. 1) ConxrAD T. A. Fossils of Syria. Appendix, pag. 282, tav. IV, fig. 27. — NoErLING FR. Kreideformation în Syrien und Paltistina, pag. 860, tav. XXV, fig. 4 e 4a. ?) FRAAS O. Aus dem Orient, pag. 93, tav. I, fig. 14. 3) GrEcO B. Fauna cretacea dell’ Egitto. Parte terza, fase. 1.°, pag. 135 [155]-137 [157]. 4) BLANCKENHORN M. Kreidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 82. 5) D'ORBIGNY A. Pal. frane. Terr. crét., vol III, pag. 151, tav. 295. 32 B. GRECO [214] Dalla Zrigonia scabra LAMK.') anche i nostri esemplari, come quelli del PERVINQUIÈRE, si allontanano sopra tutto per l’ornamentazione dell’area posteriore del tutto diversa. Del pari rasso- migliano moltissimo alla Trigonia pseudocrenulata NOETL.®), confermando l'opinione del PERVIN- QUIÈRE che tale specie del NOETLING possa probabilmente rientrare in sinonimia con la Trigonia Ethra CoqQ. Infine i nostri modelli interni di questa specie, come i corrispondenti della Tunisia, si distinguono da quelli della Trigonia crenulata LAMK.*) soltanto per lo spessore minore; alcuni hanno conservato dei resti di conchiglia con gli ornamenti ed in questo caso si può essere più sicuri della loro determinazione. Tanto in Algeria quanto in Tunisia la Trigonia Ethra Coo. si trova in terreni cenomaniani ed in terreni sineroni è stata citata dal SEGUENZA nell’ Italia meridionale, dal PARONA in Tripolitania e recentissimamente dal FouRTAU in Egitto. Della stessa età sono i nostri 16 esemplari egiziani; di essi 11, fossilizzati nella roccia calcareo-arenacea, sono indicati dal FIiGARI BEY raccolti nella « Tebaide inferiore e superiore, versante orientale ed occidentale dell’ altipiano calcareo »; 4 nella « Costa arabica, Bassa Tebaide » e provengono dalle marne grigio cenerine e giallognole; uno, trovato nella formazione calcarea, è indicato molto vagamente raccolto in « Egitto », Gen. Cardita BRUGUIÈRE 1. Cardita Forgemoli‘') Coo. — Tav. IV [XX], fig. 4-7. 1862. Cardita Forgemolli Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 199, tav. XIV, fig. 14 e 15. 1862. — Delettrei Coquanp. Ibidem, pag. 200, tav. XIV, fig. 13 e 19. 1862. — : Beuquei Coquanp. Ibidem, pag. 200, tav. XV, fig. 1 e 2. 1880... — contorta Coquanp. Ét. supplem. Paléontologie Algerienne, pag. 122. 1880. — Corneti Coquanp. Ibidem, pag. 121. 1882. — Forgemolli Secuenza. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 151. 1882. — Delettrei Secuenza. Ibidem, pag. 151. 1883. — Beuquei ZirreL. Libysche Wiiste, pag. 79. 1890., — — Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 264. 1890. — Delettrei Peron. Ibidem, pag. 265. 1912. — Forgemoli PervinquiùRe. Zt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 238, tav. XVII, fig. 5-12. 1914. — — PARONA. Tripolitania, pag. 11. 1917. — — Fourrauv. Mollusques Lamellibranches, pag. 71. Il CoQuAND distinse, con i nomi di Cardita Forgemoli, Cardita Delettrei e Cardita Beuquei, tre nuove specie provenienti dal Cenomaniano di Tenoukla e di Batna in Algeria. Il PERON in se- 1) D’ORBIGNY A. Pal. franc. Terr. crét., vol. III, pag. 153, tav. 296. — PERVINQUIÈRE L. Ft. paléont, tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 220, tav. XV, fig. 1-3. 2) NoETLING FR. Kreideformation in Syrien und Paltistina, pag. 862, tav. XXV, fig. 5 e 5 a. 3) p’OrBIGNY A. Pal. franc. Terr. crét., vol. III, pag, 151, tav. 295, fig. 4. 4) Il Peron ha fatto osservare, a proposito della Dosinia Forgemoli Coq. sp., nella nota a pag. 311 che, essendo tale specie dedicata al generale FORGEMOL, l'ortografia del nome specifico deve essere Forgemoli e non Forgemolli, come scrisse il Coquanp. Lo stesso vale naturalmente per tutti gli altri casi in cui sia stato adoperato tale nome specifico. [215] B. GRECO . 33 guito, avendo studiato gli esemplari di Cardita raccolti nel Cenomaniano della Tunisia, vi trovò la Cardita Beuquei CoQ. e la Cardita Delettrei C0Q.; ma pose bene in evidenza che la Cardita Beuquei Coq. è vicinissima alla Cardita Delettrei CoQ. e che questa a sua volta è oltremodo somigliante anche alla Cardita Forgemoli Coa., presentando forma intermedia fra le altre due specie e varia- zioni, che mostrano come siano poco importanti i caratteri distintivi tra di esse. Gli sembrò possibile quindi che Cardita Beuquei, Cardita Delettrei e Uardita Forgemoli, trovate nei mede- simi giacimenti, fossero da considèrare come forme di variazione di una stessa specie dovute al- l’ età. Il PERVINQUIÈRE poi più recentemente ci ha fatto conoscere che, mentre dapprima si era provato per i suoi fossili della Tunisia a separare le specie di Cardite distinte dal COQUAND, dopo un nuovo. esame di essi e di quelli della collezione PERON vi ha del tutto rinunziato. Egli ha constatato che le descrizioni del COQUAND, insufficienti e non corrispondenti sempre ai disegni, indicano solo delle differenze poco importanti relative alla forma più o meno allungata, più o meno rigonfia ed al numero delle coste di 18, 20, 24. Ma la forma è variabile in tuttii sensi nei diversi esemplari e non meno variabile è il numero delle coste; inoltre non vi è alcuna relazione costante tra il numero delle coste e la forma della conchiglia, variando tutti i caratteri indipendentemente. Egli ha perciò riunito le tre specie di Cardita stabilite dal CoquanD ed ha figurato numerosi esemplari, che danno le prove di questa sua giusta conclusione. Per la specie così ampliata nei suoi limiti ha adottato giustamente il nome di Cardita Forgemoli Coq., perchè esso precede gli altri nella descrizione delle specie del CoquanD. La diagnosi di tale specie naturalmente è stata modificata dal PERVINQUIÈERE, di modo che la Cardita Forgemoli CoQ. così intesa è da considerare caratterizzata da una conchiglia equivalve, inequilaterale, con regione anteriore sempre corta, talvolta nulla, con apici terminali, escavata sotto gli umboni, con regione posteriore più o meno prolungata, ma sempre troncata, con contorno della conchiglia quasi quadrato, o rettangolare, o più raramente ovale. Umboni sempre sporgenti. incurvati e ravvici- nati. Valve mediocremente rigonfie, o oltremodo convesse, senza lunula nè corsaletto individualizzati. Tutta la conchiglia è ornata da 20 a 24 coste raggianti, arcuate, a sezione arrotondata, ordinariamente meno larghe degli spazi intercostali, incrociate con delle fini lamelle di accrescimento, che formano delle scaglie al di sopra delle coste stesse; qualche esemplare presenta delle coste granulose o spinose. La larghezza delle coste e degli spazi intercostali sono soggetti ad ampie variazioni. I modelli interni mostrano sensibilmente la medesima forma e le stesse variazioni. Le coste vi sono poco evidenti, essendo invece ben spiccate al contorno; le tracce delle impressioni muscolari sono larghe, ma non sporgenti. Dati questi confini ampi della Cardita Forgemoli Coa., il PERVINQUIÈRE ha soggiunto che in essa si possono distinguere due varietà: una corta, assai rigonfia, a coste assai larghe e ravvicinate, var. Beuquei Coa., Valtra, var. Deletirei CoQ., un poco meno spessa ed a coste ‘più fine. Ma alla Cardita Forgemoli Coq. così intesa il PERVINQUIÈRE ha con fondate ragioni riunito anche la Cardita Corneti Coa. e la Cardita contorta Coq., non avendovi constatato caratteri differen- ziali costanti e degni di nota. Ha inoltre manifestato la sua inclinazione a credere che la Cardita Boechi CoQ.?) possa essere il modello interno di una forma rigonfia della Cardita Forgemoli Coa., essendo forse spiegabili le differenze, che vi si osservano, collo stato di conservazione dell’ esemplare figurato dal CoquanD. È da aggiungere che la forma rassomiglia molto a quella della Cardita Beuquei CoQ. Infine egli ci ha fatto conoscere, come già il PERON, che gli esemplari da lui raccolti in Tunisia presentano prevalentemente presso a poco i caratteri della Cardita Beuquei Co. e della 1) Coquanp H. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 201, tav. XV, fig. 3 e 4. bi ’ Palacontographia italica, vol. XXIV, 1918, ut 34 i B. GRECO [216] Cardita Delettrei Coq. Il FourTAU, avendo recentissimamente trovato in Egitto la Cardita Forgemoli Coq., ha accettato completamente tutte le conclusioni ora esposte. La Cardita Forgemoli Coq., così come è intesa dal PERVINQUIÈRE, è frequente nel Ceno- maniano dell’ Egitto, ma essa è per la massima parte rappresentata nella nostra collezione da esemplari conservati in modello, o incompleti, essendo pochi gli individui provvisti della loro conchiglia ed a superfice più o meno ben conservata. Per tutti si può ripetere perfettamente ciò che il PERVINQUIÈRE ha così ben posto in evidenza per i suoi esemplari della Tunisia, con i quali si ha perfetta corrispondenza. Fra le numerose figure da lui date nella tavola XVII, i nostri esemplari con conchiglia più o meno ben conservata corrispondono a quelle indicate con i numeri 5, 6,7 e 9, mentre i modelli alle figure 11 e 12, essendovi però degli esemplari di dimensioni molto più grandi e più convessi. Nessuno dei nostri individui corrisponde alla forma tipica di Cardita Forgemoli CoQ. dell’ Algeria figurata dal COQUAND, ma per la massima parte essi costituiscono forme intermedie di passaggio tra la Cardita Beuquei Coo. e la Cardita Delettrei Coo., tra questa e la Cardita Forgemoli Coq., essendo pochi gli esemplari tipici quindi che, nella Cardita Forgemoli Coo., quale è intesa dal PERVINQUIÈRE, rappresentino la var. Beuquei Coq. e la var. Delettrei C0Q. La Cardita Forgemoli CoQ. è nota nei terreni cenomaniani dell’ Algeria, della Tunisia, della Tripolitania, dell’ Egitto, ove primieramente fu citata dallo ZirreL (ardita Beuquei Coa.) e dell’ Italia meridionale. A giudicare dai nostri esemplari essa nel Cenomaniano dell’ Egitto è più frequente nelle marne grigio cenerine e gialiognole, nelle quali ne sono stati raccolti dal FIGARI BEY 19 individui, mentre due soli sono stati da lui trovati nei calcari della stessa età. Tatti sono indicati dal loro raccoglitore provenienti al solito dalla « Bassa Tebaide, costa arabica, versante orientale ». Gen. Crassatella LAMARCK 1. Crassatella pusilla Coo. — Tav. IV [XX], fig. 8, 9. 1862. Crassatella pusilla Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 198, tav. XI, fig. 12 e 13. 1882. = = SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 137. 1912. —_ _ PERVINQUIÈRE. Lt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 247. Dallo stesso pezzo di roccia calcarea più volte ricordato, che aderiva all’esemplare cenomaniano di Mammites ( Pseudoaspidoceras) Footeanus STOL. sp., descritto nella prima parte di questo lavoro, ho isolato, insieme con altre specie di lamellibranchi cenomaniani precedentemente esaminate, tre piccoli esemplari, che appartengono alla Crassatella pusilla Coo. Uno è completo, ma ha la valva sinistra spostata ed alquanto deformata, mentre gli altri due (Tav. IV [XX], fig. 8a, 80) sono costituiti soltanto dalla valva destra. Per le loro piccole dimensioni, per la loro conformazione, per la carena assai pronunziata, che dagli umboni arriva fino al bordo posteriore, limitando all'indietro un’ampia area depressa e troncata al suo termine, per la superfice provvista soltanto di strie di acceresci- mento, essi corrispondono all’ esemplare descritto sommariamente e figurato dal CoQuAND. Due hanno anche presso a poco le stesse dimensioni; il terzo è in stadio più avanzato di sviluppo. Anche questi esemplari, come le altre specie da me estratte dalla stessa roccia aderente all’ Ammonite sopra ricordato, come questo, provengono probabilmente dai dintorni del Convento di S. Paolo. Alla stessa specie del CoQuAND ritengo inoltre che debbano essere pure riferiti altri tre individui conservati in modello interno (Tav. IV [XX], fig. 9a,92), che corrispondono anche essi per la loro [217] B. GRECO 35 conformazione all’ esemplare figurato dal CoquanD, ma se ne distinguono per le dimensioni molto più grandi. Anch’essi provengono dal calcare cenomaniano e al solito sono indicati dal FIGARI BEY raccolti nella « Tebaide inferiore, costa arabica, versante orientale, valle d’ Araba ». La forma tipica della Crassatella pusilla CoQ. fu trovata nel Cenomaniano di Tenoukla in Al- geria; la specie fu in seguito citata dal SEGUENZA in terreni sincroni dell’Italia meridionale e dal PERVINQUIÈRE con qualche riserva nella Tunisia, ma net Senoniano inferiore. Gen. Unicardium D’ ORBIGNY 1. Unicardium (?) Matheroni Coq. . 1862. Unicardium Matheroni Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 208, tav. IX, fig. 1 e 2. 1882. _ -— SEGuENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 150, tav. XI, fig. 2. 1890. _ _ Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 313. Questa specie, molto ineompletamente conosciuta, è rappresentata nella nostra collezione da un solo esemplare, conservato in modello interno, il quale presenta tutti i caratteri, che si osservano nell’individuo originale, pure in modello, figurato dal Coquanp. È' da notare semplicemente che il nostro esemplare è di dimensioni un poco più piccole e che, essendo alquanto logorato dalla parte posteriore, non lascia ben constatare le impronte muscolari molto accentuate in questa regione. Gli esemplari esaminati dal SEGUENZA e dal PERON sono invece in stadio di sviluppo molto più avan- zato del tipo del COQUAND e quindi a maggior ragione anche del nostro. Il COQuUAND, deserivendo molto sommariamente questa sua nuova specie, nulla disse circa le ragioni ehe l’indussero a riferirla al genere Unicardium. Lamentando questa omissione, il PERON ha osservato in seguito che una spiegazione al riguardo sarebbe stata molto utile, tanto più che questo genere non sembra essere interpetrato nel medesimo modo da tutti gli autori. Ha soggiunto che, secondo il D’ ORBIGNY, il genere Unicardium è vicino al genere Cardium e ne differisce per la presenza di un solo dente alla cerniera, carattere che non è certamente facile a distinguere su un semplice modello interno, quale è l'esemplare del CoQuAND. Nè, possiamo aggiungere, in migliori condizioni certo si trovano quelli del SEGUENZA, del PERON ed il nostro. Lo stesso PERON ha fatto notare inoltre la grande analogia di forma del suo esemplare col modello della Cyprina quadrata D’ORB.?), dalla quale si distingue per la lunghezza maggiore relativamente all’ altezza, per gli umboni meno elevati e per la linea cardinale priva delle larghe sinuosità. Le stesse considerazioni si possono perfettamente fare anche per il nostro modello. Il PERON concluse infine che, se egli avesse dovuto classificare questa specie, avrebbe preferito di attribuirla semplicemente al genere Cardium, che è largamente rappresentato nel Cretaceo dell’Africa settentrionale; ma in presenza della denominazione data dal CoquanD ed acquisita alla scienza, mancando argomenti per un più giusto riferimento generico, tale denominazione deve essere conservata. Uniformandomi a tali giuste considerazioni del PERON, per quanto anche il nostro modello presenti delle analogie di caratteri coi generi Cyprina e Cardium, mantengo anch'io, ma con grande riserva, il nome generico di Uni. cardium adottato per questa specie dal COQUAND. 1) D'’OrBIGNY A. Pal. franc. Terr. crét., vol. III, pag. 104, tav. 276. 36 B. GRECO [218] L’ Unicardium (?) Matheroni Coq. è specie conosciuta nel Cenomaniano dell’ Algeria, della Tu- nisia e dell’Italia meridionale. Anche in Egitto esso si trova in terreni sineroni, essendo il nostro esemplare fossilizzato nel calcare cenomaniano; il FIGARI Bry l’ha indicato raccolto nella « Tebaide inferiore, costa arabica ». Gen. Cardium LINNEO 1. Cardium (Protocardia) Hillanum Sow. — Tav. IV [XX], fig. 10. 1813. Cardium Hillanum SowerByr. Min. Conch., vol. I, pag. 41, tav. XIV, figura superiore. 1887. = = GoLpruss. Petrefacta Germaniae, vol. II, pag. 220, tav. CXLIV, fig. 4. 1844. —_ _ D'OrBIGnY. Pal. franc. Terr. crét., vol III, pag. 27, tav. 243. 1850. —_ — D’' OrBIGNY. Prodrome, vol. II, pag. 162. 1862. — i Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 291. 1871. Protocardium Hillanum SroLiczra. Cret. Pelecypoda S. India, pag. 209 e 219, tav. X.II, fig. 8-10 etav. XIII, fig. 1-3. 1882. Cardium = SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 149. 1884. Protocardium — WH_Ùirraves. Mesozoie fossils, vol. I, parte III, pag. 228, tav. 80 fig. 5. 1890. Protocardia Hillana Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 276. 1890. —_ — BLANCKENHORN. Kreidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 89-90 (cum syn.). 1902. non — — Quaas. Overwegischichten der lib. Wiiste, pag. 218, tav. XXIV, fig. 18 e 19. 1904. _ — Fourrau. Paune erét. d’ Égypte, pag. 331. 1908. — — Woops. Cretaceous Lamellibranchia of England, vol. II, pag. 197, tav. XXXI, fig. 6 e tav. XXXII, fig. 1-6 (cum syn.). 1910. Cardium ( Protocardia) Hillanum Bose. Cerro de Muleros, pag. 129, tav. XXVII, fig. 4 e 5; tav. XXVIII, fig. 1 e 3. 1912. _ = = PervinquIibRrE. Et. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 264. 1913. — —- — — De STEFANI. Tripolitania, pag. 283. Appartengono a questa specie, tanto diffusa e così ben conosciuta, quattro esemplari prove- nienti dalla formazione calcarea arenacea cenomaniana, raccolti dal FirgARI Bey nella « Tebaide inferiore, Costa arabica, Versante orientale ». Sono tutti e quattro costituiti dalla valva destra, di discrete dimensioni, per quanto in diverso stadio di sviluppo ed il maggiore, più completo, è al- quanto deformato (Tav. IV [ XX ], fig. 10). Essi presentano la superfice più o meno in buono stato di conservazione, mostrando bene evidente la caratteristica ornamentazione, costituita da costole concentriche molto numerose e ravvicinate, le quali sono sostituite nella regione posteriore da circa 12 coste radiali ben sviluppate; la forma è piuttosto arrotondata, ma quasi troncata posteriormente, un poco più alta che lunga. Essi corrispondono tanto bene alle figure, che del Cardium ( Protocardia) Hillanum Sow. hanno dato gli autori e specialmente il GoLDpFUSs, il D’ORBIGNY, lo STOLICZKA ed il Woops, che nessun dubbio resta circa la esatta determinazione dei nostri esemplari. La specie è molto ben nota ed ha un’ampia area di distribuzione geografica. Trovata dapprima nel Cenomaniano dell’ Inghilterra e poi della Francia, della Germania e della Boemia, fu in seguito citata nell'Italia meridionale, nell’ Algeria, nella Tunisia, nella Siria, nel Canadà, nel Messico e nel gruppo di Trichinopoly dell’ India meridionale. È specie anche persistente nel tempo, poichè è stata citata dal QUAAS nel Maestrichtiano del Deserto libico, dal DE STEFANI nei terreni sineroni della Tripolitania, dal FouRTAU in Egitto nel Turoniano di Abou Roach, oltre che nel Cenomaniano di [219] B. GRECO 37 Ain Araidah e del Convento di S. Paolo. Ma, a proposito degli esemplari riferiti dal QUAAS a questa specie, il FouRTAU nel suo più recente lavoro!) ha fatto notare, come già abbiamo prece- dentemente detto °), che essi sono da riferire a Protocardia moabitica LARTET; perciò essi sono da escludere dalla sinonimia del Cardium (Protocardia) Hillanum Sow. 2. Cardium (Protocardia) Pauli Coo. — Tav. IV [XX], fig. 11. 1862. Cardium Pauli Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 204, tav. X, fig. 5 e 6. 1862. = triangulare CoquanD. Ibidem, pag. 206, tav. XI, fig. 1 e 2. 1872. —_ Pauli LARTET. Géologie de la Palestine, pag. 53, tav. XII, fig. 6. 1877. —_ — Lartet. Mer Morte, pag. 131, tav. XI, fig. 1 e 2 1880. _ ( Protocardium) Vidali Coquanp. Ét. suppl. Paléontologie Algerienne, pag. 118. 1882. — Pauli SecueNza. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 147. 1890. - — Peron. Moll. foss. Tumisie, partie II, pag. 272. 1890. — elongatum PERON. Ibidem, pag. 275, tav. XXVIII, fig. 15. 1912. —_ (Protocardia) Pauli PERVINQUIÈRE. Et. paltont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 265, tav. XIX, fig. 21. Nella collezione egiziana del FIGARI BEy esiste un solo esemplare appartenente a questa specie. Esso è conservato in modello interno, alquanto logorato dalla parte sinistra; è di dimensioni molto più piccole dell’individuo, pure in modello, illustrato dal COQuAND, al quale però corrisponde per- fettamente per la sua forma triangolare, trasversa, per la regione anteriore escavata e troncata, per la regione posteriore assai obliqua, escavata, angolosa verso il margine inferiore, che è ampiamente arrotondato, per i suoi umboni molto sporgenti, acuti, allontanati, ricurvi e per le impronte mu- scolari ben sviluppate, specialmente le anteriori. La specie fu trovata primieramente dal CoQuAND nel Cenomaniano dell’ Algeria ed in seguito fu citata in terreni della stessa età dal LARTET in Palestina e dal SEGUENZA nell’ Italia meridio- nale. Successivamente il PERON, studiando questa stessa specie, da lui trovata nel Cenomaniano della Tunisia, notò su qualche modello, da lui raccolto a Batna in Algeria, sul margine della re- gione posteriore delle tracce evidenti di crenulature, le quali gli fecero giustamente supporre che sulla conchiglia dovessero esistere delle coste raggianti almeno nella regione posteriore, nel qual caso la specie del CoquanD avrebbe presentato gli ornamenti caratteristici da Protocardia. Gli sembrò inoltre probabile che il Cardium ( Protocardium) Vidali Coq., descritto dal COQUAND, ma non figurato, fosse stato fondato da questo autore su esemplari di Cardium Pauli CoQ.in migliore stato di conservazione e provvisti quindi di tali ornamenti; che perciò esso probabilmente dovesse rien- trare nella sinonimia di questa ultima specie. Più recentemente poi il PERVINQUIÈRE, in seguito all’esame del ricco materiale da lui raccolto in Tunisia, ha pienamente confermato ciò che il PERON aveva intravisto, giacchè molti esemplari di Cardium Pauli CoQ., aventi la conchiglia in parte con- servata, gli hanno permesso di osservare delle coste raggianti sulla regione posteriore, non lasciando alcun dubbio circa il riferimento di questa specie di Cardium al sottogenere Protocardia. Un esem- plare poi provvisto della conchiglia gli ha permesso di constatare che le coste raggianti della re- gione posteriore sono molto più fine delle coste concentriche e che esiste un’area posteriore netta- mente delimitata da una carena acuta presso gli umboni ed in seguito arrotondata. Ha stabilito 1) FourTAU R. Mollusques Lamellibranches, pag. 83-86. ?) Greco B. Fauna cretacea dell’ Egitto. Parte terza, fase. 1.°, pag. 135 [155]. 38 B. GRECO [220] ancora che, come il PERON aveva supposto, il Cardium (Protocardium) Vidali Coco. è basato real. mente su esemplari di Cardium (Protocardia) Pauli Co. provvisti di conchiglia e mostranti gli or- namenti suddetti. Ed a prova della sua conclusione ha figurato un esemplare di Cardium (Proto- cardium) Vidati CoQ., che non lascia alcun dubbio circa il suo riferimento al Cardium ( Protocardia ) Pauli Coo.; peccato che la fotografia non abbia reso il carattere delle costole nella regione poste- riore, come ha avvertito il PERVINQUIÈRE. Questo stesso autore ha inoltre dimostrato che al Car- dium ( Protocardia) Pauli CoQ. deve essere anche riunito il Cardium triangulare Coa., le quali due specie, secondo il PERVINQUIÈRE, nei due esemplari originali del CoquanD differiscono soltanto perchè il primo è un modello interno, mentre il secondo è conservato in modello esterno. Si capisce perciò come in quest’ultimo esistano delle coste concentriche ben spiccate, che non si trovano nel- l’altro conservato in modello interno e che esso sia molto più rigonfio, tanto più che la conchiglia, osservata dal PERVINQUIÈRE su alcuni suoi esemplari, che ne hanno conservato tracce, è assai spessa. Inoltre il Cardium Coquandi SEG.®) del Cenomaniano dell’Italia meridionale, fondato dal SE- GUENZA su esemplari in modello, è stato trovato nel Cenomaniano della Tunisia dal PERVINQUIÈRE È), il quale ha potuto osservare degli esemplari, che hanno conservato dei resti di conchiglia e con- statare non solo che questa specie appartiene al sottogenere Protocardia, ma che è tanto somigliante al Cardium (Protocardia) Pauli Coo., che con molta esitazione egli si è deciso a tenerla distinta. Oltre che nel Cenomaniano della Tunisia poi il PERON citò questa specie anche nel Santoniano della stessa regione, nel quale piano egli trovò anche un’altra specie di Cardium, da lui indicata col nome di Cardium elongatum TH. et PERON. Essa è assai vicina al Cardium (Protocardia) Pauli Coq., dal quale si distingue, secondo il PERON, per la regione posteriore arrotondata, meno esca- vata e non separata dal resto della valva da una carena angolosa. Il PERVINQUIÈRE ha successiva- mente confermato la presenza del Cardium (Protocardia) Pauli Coo. anche nel Senoniano inferiore della Tunisia, aggiungendo però che gli esemplari di questa specie si collegano così bene al Cardium elongatum TH. et PERON, il quale è soltanto un poco meno triangolare, che giustamente egli ha ritenuto non possa essere separata questa specie del PERON da quella del CoQuAND ora ricordata. Ciò tanto più che egli ha potuto osservare un modello, determinato dal PERON come Cardium elon- gatum TH. et PERON, che è triangolare e molto meno differente dalla figura del Cardium Pauli Coa., che da quella del Cardium elongatum THE. et PERON; che d’altra parte esistono nel Cenomaniano della Tunisia degli esemplari, che corrispondono esattamente al Oardium elongatum TH. et PERON. Infine giustamente ha fatto osservare che in ogni modo il nome specifico elongatum non potrebbe essere conservato, essendo stato già in precedenza adoperato per altre due specie di Cardium dal BRUGUIERE e dal SOWERBY. L’unico nostro modello di Cardium ( Protocardia) Pauli Coq. è stato trovato in Egitto nella forma. zione calcarea arenacea cenomaniana ed è stato indieato dal FIGARI BEY raccolto nella « Bassa Tebaide ». 3. Cardium ( Protocardia ) regulare Coo. — Tav. IV [XX], fig. 12. 1862. Cardium regulare Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 205, tav. X, fig. 13 e 14. 1882. _ —_ SEGUENZA,. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 150. Credo che debba essere riferito a questa specie un solo esemplare della nostra collezione, il quale è conservato in modello interno, mentre il tipo figurato dal COQUAND è provvisto della sua 1) Secuenza G. Oretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 148, tav. XI, fig. 1-1 db. 2?) PervinquiÈRre L. I. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 266, tav. XIX, fig. 22-24. [221] B. GRECO 39 eonchiglia. Non è possibile perciò di stabilire se anche il nostro individuo, come quello dell’ A1- geria, fosse provvisto delle ornamentazioni caratteristiche del sottogenere Protocardia; la determi- nazione è quindi basata solo sulla forma del nostro modello, per la quale esso ben corrisponde però in tutti i caratteri anche per lo stadio di sviluppo, all’ esemplare figurato dal CoQuAND. Esso rassomiglia all’individuo di Cardium ( Protocardia) Pauli Coq., precedentemente esaminato e pure esso conservato in modello nella nostra collezione; ma, a giudicare dalla forma, come è soltanto possibile, se ne distingue, come si può dire in generale anche dell’esemplare tipo del CoQquanND, per assai minore sviluppo dell’altezza rispetto alla lunghezza, per la regione posteriore molto meno sviluppata obliquamente, per il margine inferiore appena arcuato, per gli umboni meno acuti e per la mancanza, nella parte anteriore della regione cardinale, di una depressione in entrambe le valve, che dà origine ad una ben spiccata sporgenza nel Cardium (Protocardia) Pauli Coa. La specie era nota finora nel Cenomaniano dell’ Algeria e dell’ Italia meridionale. In Egitto si trova pure allo stesso livello nella formazione calcarea arenacea; il solo esemplare raccolto dal FIGARI BEY è indicato proveniente dalla « Bassa Tebaide ». 4, Cardium ( Protocardia ) dilatatum Sec. — Tav. IV [XX] fig. 13, 14. 1882. Cardium dilatatum SEGUENZA. Oretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 148, tav. X, fig. 2, 2a. Il Cardium dilatatum Sec. fu fondato dal SEGUENZA su di un solo esemplare, conosciuto allo stato di modello interno e caratterizzato da forma arrotondata, subtrigona, poco inequilaterale e scarsamente rigonfio, con la regione anteriore arrotondata, la posteriore subtroncata, angolosa, col margine inferiore appena arcuato, con gli umboni poco prominenti ed ineurvati. Ora appunto nella nostra collezione egiziana è contenuto un modello interno di Cardium, prove- niente dalla formazione calcarea cenomaniana, il quale (Tav. IV [XX], fig. 134, 135) presenta proprio questi stessi caratteri e che corrisponde perfettamente all’esemplare figurato dal SEGUENZA, ma orientato in posizione alquanto obliqua, differendone soltanto per essere di dimensioni minori. Ma dalla stessa formazione proviene un altro esemplare, che è in stadio giovanile e che, per quanto abbia la superfice non ben conservata, lascia vedere fortunatamente sulla valva sinistra (Tav. IV [XX ], fig. 14a, 14 d), soltanto dalla parte posteriore, alcune costole radiali, facendoci così conoscere che, per la sua ornamentazione, anche tale specie è riferibile al sottogenere Protocardia. Anche i nostri esemplari, come quello figurato dal SEGUENZA, differiscono dal modello interno del Cardium ( Protocardia) Hillanum Sow. !) per essere più compressi, più dilatati, per gli apici meno ricurvi e assai allontanati, invece che contigui. Dal Cardium (Protocardia) Coquandi Sea. ?) del pari essi si distinguono, a quel che è dato giudicare, per la forma più dilatata, più arroton- data, per gli umboni meno prominenti e più ricurvi. Il Cardium ( Protocardia) dilatatum SEG. era finora conosciuto soltanto nel Cenomaniano di Ma- gliardo in Provincia di Messina. I due nostri esemplari sopra esaminati, pure cenomaniani, furono raccolti dal FiGARI BEY nella « Bassa Tebaide, valle di Kenne ». 1) D’OrBIGNY A. Pal. frang. Terr. crét., pag. 27, tav. 243. 2) SEGUENZA G. Oretaceo medio dell Italia meridionale, pag. 148, tav. XI, fig. 1-1b. — PeRrvinquIÈRrE L. Pt, paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 266, tav. XIX, fig. 22-24. 40 B. GRECO [222] 5. Cardium ( Protocardia) Combei LaRrT. — Tav. IV [XX], fig. 15, 16. 1872. Cardium Combei Larter. Géologie de la Palestine, pag. 54, tav. XII, fig. 7 e 8. 1877. —_ —_ LartET. Mer Morte, pag. 132, tav. XI, fig. 3 e 4. 1880. _ — Coquanp. Zt. suppl. Paltontologie Algerienne, pag. 120. 1882. — proximum SecueNzA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 147, tav. X, fig. 3, 3a. 1890. Protocardia Combei Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 277. 1917. si — Fourrau. Mollusques Lamellibranches, pag. 83. Riferisco a questa specie due esemplari, provenienti dalle marne grigio cenerine cenomaniane, entrambi conservati in modello esterno, uno dei quali (Tav. IV | XX], fig. 16a, 160) ha la superfice in buonissimo stato di conservazione, per quanto sia un poco deformato, mentre l’altro (Tav. IV [XX], fig. 15a, 150) ci fa bene osservare la forma, essendo normale nella sua fossilizzazione, ma lascia a desi. derare alquanto per la.conservazione degli ornamenti. Dall’esame di entrambi risulta che essi sono tanto alti che lunghi, mediocremente rigonfi, a contorno arrotondato, leggermente subtroncati dal lato posteriore, poco inequilaterali, con umboni sporgenti, ricurvi l’ uno verso l’altro e un poco in avanti, approssimati, con lunula nettamente escavata. Gli ornamenti nella regione posteriore consistono in circa 20 costoline radiali gradatamente assottigliantesi fin presso la regione cardinale, ove svaniscono del tutto, mentre le altre parti delle valve sono invece ricoperte da fitte, serrate e concentriche strie di accrescimento. I due esemplari, ora esaminati, rispetto all'originale del Cardium (Protocardia) Com- bei LART., figurato dal LARTET, presentano dimensioni di gran lunga inferiori e si differenziano solo per essere tanto alti che lunghi, invece che presentare un’altezza alquanto maggiore della lunghezza. Dal Cardium (Protocardia) Hillanum Sow., precedentemente esaminato, al quale anche i nostri esemplar?î, come quelli della Palestina, rassomigliano molto, si distinguono in modo speciale per le ornamentazioni, giacchè le costoline radiali sono più sottili e più numerose, mentre le costole con- centriche sono sostituite da fittissime e sottili strie di accrescimento. Il Cardium (Protocardia) Combei LART. fu trovato primieramente nel Cenomaniano della Pale- stina; in seguito fu citato nel Cenomaniano dell’ Algeria dal CoquAND e della Tunisia dal PERON, il quale con ragione fece osservare che quel modello interno del Cenomaniano dell’Italia meridio- nale, descritto dal SEGUENZA col nome di Cardium prorimum SEG., probabilmente è da riunire a questa specie, essendo la sua forma molto somigliante e la mancanza delle coste radiali nella re- gione posteriore potendo spiegarsi con lo stato di conservazione dell’ esemplare stesso. Recentissi- mamente infine la specie è stata anche segnalata nel Cenomaniano dell’ Egitto dal FoURTAU, il quale, giustamente accogliendo l’opinione del PERON, ha posto nella sinonimia del Cardium (Proto- cardia) Combei LART. la specie del SEGUENZA, ora ricordata. I due nostri esemplari, sopra esaminati, provenienti dalle marne cenomaniane, turono raccolti dal FIGARI BEY nella « Bassa Tebaide, Costa arabica, versante orientale ». 6. Cardium ( Trachycardium ) Mermeti Coq. 1862. Cardium Mermeti Coquanp. Geol. Pal. Prov. Constantine, pag. 207, tav. XI, fig. 6 e 7. 1912. = ( Trachycardium) Mermeti PrRVINQUIÈRE. /t. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 261. 197: _ Mermeti FourtAU. Mollusques Lamellibranches, pag. S1. Riferisco a questa specie 4 esemplari della nostra collezione egiziana in diversi stadi di svi- luppo e che più o meno lasciano a desiderare per il loro stato di conservazione. Tre di essi, pro- [223] B. GRECO 41 venienti dai calcari marnosi cenomaniani e conservati in modello interno, corrispondono bensì all’ esemplare di Cardium Mermeti Coa., descritto e figurato dal COQUAND, per i caratteri della loro forma subtriangolare, assai convessa, molto più alta che larga, con regione anteriore corta e arro- tondata, con la regione posteriore troncata, alquanto obliqua verso il margine inferiore arcuato e per gli umboni assai sporgenti, molto ricurvi e ravvicinati; ma, essendo privi della conchiglia, naturalmente non possono mostrare gli ornamenti. Soltanto il modello di più grandi dimensioni lascia osservare tutto intorno al margine numerose dentellature, che si continuano per qualche tratto con sfumature di rilievi radiali, facendo supporre che la conchiglia fosse ornata sulla sua superfice dalle numerose coste radiali regolari, che si osservano in questa specie del CoquanDp. Ed infatti il quarto esemplare della nostra collezione, proveniente dalle marne grigio cenerine cenoma- niane, che è alquanto deformato, ma fortunatamente conservato in modello esterno, per quanto la sua superfice non sia in stato molto soddisfacente, mostra senza alcun dubbio i caratteristici orna- menti, indicati dal COQUAND per questa specie, costituiti da numerose coste radiali regolari, con accenni alle cicatrici delle spine ravvicinate, che si trovavano nella conchiglia e separate da spazi intercostali di uguale ampiezza. Nella figura però, data dal CoQuAND, quest’ultimo carattere non è reso fedelmente, perchè i solchi sono invece disegnati molto più stretti delle coste. Il COQUAND paragonò il suo Cardium Mermeti soltanto col Cardium Moutonianum D’ORB. *), dal quale si distingue per la sua forma triangolare più ristretta in alto e per le coste più distanziate. Ma più recentemente il PERVINQUIÈRE ha già fatto conoscere che tale specie del COQUAND, non solo per la sua conformazione e per gli ornamenti appartiene al sottogenere 7rachycardium, ma anche rassomiglia tanto al Cardium ( Trachycardium) productum Sow., specie anche da noi precedentemente esaminata a pag. 2 [184], che egli fu quasi indotto a considerarla come una varietà di questa specie del SowkeRBy, dalla quale si distingue per la forma un poco più obliqua, più allungata e più ristretta superiormente. Il Cardium ( Trachycardium) Mermeti CoQ. fu indicato dal CoquAaND in Algeria a Tebessa nel Mornasiano, in quel piano cioè nel quale egli, come il PERON ed il PERVINQUIÈRE hanno fatto constatare, collocò fossili turoniani, senoniani e cenomaniani. Il PERVINQUIÈRE in seguito ha raccolto la specie nel Cenomaniano della Tunisia ed il FOURTAU, nel suo più recente lavoro, l’ha segnalata nel Cenomaniano dell’ Egitto. Dei tre nostri esemplari, provenienti dal calcare cenomaniano, il più grande è indicato raccolto dal FIGARI BEY « negli strati dell’ altipiano mokattanieo », mentre gli altri due più piccoli nella « Bassa Tebaide, costa arabica ». Il quarto individuo, fossilizzato nella marna grigio cenerina cenomaniana, è pure accompagnato dal cartellino del FIGARI BEY, ma porta la ancor più vaga indicazione di provenienza dall’ « Egitto ». Gen. Cyprina LAMARCK 1. Cyprina cordata SHARPE 1850. Oyprina cordata SHARPE. Second. district. Portugal, pag. 182, tav. XV, fig. 2. 1862. — africana Coquanp. Geol. Pal. Prov. Constantine, pag. 202, tav. XI, fig. 18 e 19. 1882. —_ _ SEeGUENZA. Oretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 140. 1882. — Brancaleonensis SeGuENZA. Ibidem, pag. 141, tav. VIII, fig. 6, 6a. 1890. — cordata Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 292. 1) D'ORBIGNY A. Pal. frang. Terr. cret., vol. III, pag. 34, tav. 248. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 6 49 B. GRECO [224] 1904. Oyprina cordata FourtAU. Faune crét. d’ Égypte, pag. 332. 1912. — — PERVINQUIÈRE. Dt. palcont. tunisienne. Gastropodes et o intiIainca pag. 223, tav. XVI, fig. 1e 2. 1917. — — Fourtau. Mollusques Lamellibranches, pag. 62. Col nome di Cyprina africana il COQUAND descrisse e figurò, fra le altre, una sua nuova specie di Cyprina, rappresentata da un modello interno, proveniente dal Cenomaniano di Tenoukla in Algeria e ben distinta, secondo l’autore, da tutte le altre specie conosciute. Se non che il PERON in seguito, studiando tale specie, da lui trovata nel Cenomaniano della Tunisia, avendo avuto l’ occasione di esaminare numerosi esemplari portoghesi della Cyprina cordata SHARPE, potè constatare che la Cyprina africana CoqQ. è identica alla specie del SHARPE e che deve perciò essere compresa nella sinonimia di essa. Aggiunse inoltre che molte delle specie nuove di Cyprina stabilite dal SEGUENZA, provenienti dal Cretaceo dell’ Italia meridionale e tutte conservate in modello interno, sono tanto simili alla Cyprina cordata SHARPE, che potrebbero con ragione essere riunite a questa specie. Il PERVINQUIÈRE poi più recentemente, non solo ha accettato questo modo di vedere del PERON, ma con fondamento ha riunito alla specie del SHARPE la Oyprina Brancaleonensis SEG., che non sembra differire affatto. Alla Cyprina cordata SHARPE, giustamente così intesa, riferisco due modelli interni, i quali, per la forma oblunga, ovale, spessa, inequilaterale, per la regione anteriore corta e la posteriore più allungata, per le impressioni muscolari e palleale oltremodo spiccate, per gli umboni rieurvi, depressi e provvisti di una costola sporgente, che dall’ apice arriva fin presso l’ angolo posteriore, corrispondono perfettamente alle figure del COQUAND ed a quelle del PERVINQUIERE. La specie, oltre che in Portogalio, in Algeria, nell’ Italia meridionale ed in Tunisia, è stata già citata in Egitto, pure nel Cenomaniano, dal FOURTAU, che l’ha raccolta in numerose località. I nostri due modelli, fossilizzati nel caleare marnoso cenomaniano, portano nel cartellino del FIGARI BEY, che li accompagna, semplicemente la vaga indicazione di provenienza dall’ « Egitto ». 2. Cyprina orientalis Ham. — Tav. IV [XX], fig. 17. 1883. Cyprina orientalis HAMLIN. Syrian Moll. foss., pag. 44, tav. V, fig. 3. 1890. _ —_ BLANCKENHORN. Kreidesyst. in Mittel -und Nord-Syrien, pag. 91. DIMENSIONI : I I ATTOZZA MITE RE ESE N TR DI NOA MINNA. UNO DOZZA (e SRI RI RION >» SL » 74 SPESSOLE SON O TO SE) O Nella collezione egiziana del FIGARI BEY si trovano 6 modelli interni appartenenti senza dubbio a questa specie e provenienti tutti dalle marne grigio cenerine cenomaniane. Di essi tre sono più o meno deformati, uno è rotto nella parte posteriore e due si presentano fortunatamente in buono stato. Sono oblunghi, rigonfi, tumidi, equivalvi, molto inequilaterali, con la regione anteriore corta, scavata sotto gli umboni e poco sporgente oltre l escavazione, con la regione posteriore assai allungata e rotondamente subtroneata, provvista di un’ area poco spiccata, perchè non delimitata da un bordo carenale e con margine inferiore presso che diritto. Gli umboni sono assai sporgenti e inclinati in avanti, con gli apici grossi, rigonfi, ottusi, ineurvati, avvicinati, ma ben nettamente [225] B. GRECO 43 separati; la regione lunulare è grande, ben spiccata, assai profonda; nella regione del corsaletto, ben definita, allungata e piuttosto ampia, è conservato il modello della fessura lunga e ben svilup. pata, delimitata dalle ninfe, sulle quali si appoggiava il ligamento esterno. Le impressioni musco- lari anteriori sono molto più spiccate e sporgenti delle posteriori; la impressione palleale è ben rilevata. La superfice della spessa conchiglia, a quanto è permesso di vedere da qualche residuo di essa sui modelli, è provvista soltanto di fitte e numerosissime strie concentriche. Tutti i nostri modelli, ora esaminati, presentano i caratteri della Cyprina orientalis HAML., quale fu descritta e figurata dall’ HAMLIN. Questa specie fu fondata dal suo autore su un solo esemplare, conservato pure in modello interno, il quale si presentava alquanto deformato in modo da apparire inequivalve e da mostrare l'apice destro depresso e spinto al contatto col sinistro. L’ HAMLIN, figurandosi nella sua mente il modello restaurato, suppose che la conchiglia fosse equivalve e che gli apici dovessero essere avvicinati, se non effettivamente contigui. I nostri modelli, oltre a farci conoscere meglio questa specie, dimostrano che egli non si era ingannato in tale supposizione. Ben con ragione inoltre 1’ HAMLIN affermò la rassomiglianza della sua nuova specie con la Cyprina intermedia D'ORB.') e con la Cyprina Valangensis PictET et CAMP. ®), ritenendo però giusta- mente che essa è ben distinta da entrambe. Ma:un’ altra specie che pure ricorda la Cyprina orientalis HAML. per la sua forma è la Cyprina infravalangensis CHOFF.*); questa però è meno oblunga, con la regione anteriore più sviluppata, gli umboni meno sporgenti, meno rigonfi, non inclinati in avanti ed è assai meno tumida. Anche quel modello, descritto dal CONRAD come Isocardia crenulata CONR.‘), ricorda per la sua forma la Cyprina orientalis HAML., ma, a prescindere dal fatto che essa è più corta e nettamente troncata nella regione posteriore, è da tener presente, come ha fatto osservare Vl HAMLIN, che essa fu fondata, secondo quanto ci ha fatto conoscere lo stesso CONRAD, su modelli più o meno distorti e che la figura rappresenta l'originale forma, come egli ha potuto restaurarla. In queste condizioni ) HAMLIN ha ritenuto giustamente che, nè la descrizione, nè la figura del modello del ConRAD si possano applicare con certezza al modello rappresentante la sua nuova specie. Ed alle stesse conclusioni possiamo giungere noi per i nostri esemplari. Lo stesso HAMLIN ha fatto inoltre notare che il FRAAS”) già ritenne la Isocardia crenulata CONR. come riferibile a Cyprina inornata D’ ORB. 5), ma ha soggiunto però che la sua Oyprina orientalis è certa. mente distinta da tale specie del D'ORBIGNY; lo stesso perfettamente possiamo dire degli individui da noi esaminati. Anche il LARTET”) seguì la stessa opinione del FRAAS, ma il BLANCKENHORN È) infine più recentemente ha considerato la specie del CONRAD come distinta tanto dalla Cyprina orientalis HAML., quanto dalla Cyprina inornata D’ ORB. e l’ha classificata come Cyprina crenulata CONR. La Cyprina orientalis HAML. era nota finora esclusivamente nella Siria, ove era stata citata dall’ HAMLIN e dal BLANCKENHORN in terreni cenomaniani. Della stessa età sono i rappresentanti di questa specie in Egitto, fossilizzati nelle marne grigio -cenerine. Di essi tre sono indicati dal FIGARI BEY provenienti dalla « Bassa Tebaide, Valle d’ Araba », due dalla « Costa Orientale dell'Egitto » ed uno dalla « Regione del Sinai, Versante Orientale, Quadi Aboutrefa ». ') p’ORBIGNY A. Pal. franc. Terr. crét., vol. III, pag. 107, tav. 278, fig. 1 e 2. ?) PicreT F. et CampicHE G. Crét. Sainte- Croix, partie III, pag. 216, tav. 114, fig. 1 e 2. 3) CHOFFAT P. Faune crét. Portugal; Lamellibranches siphonés, pag. 28, tav. I, fig. 23 e 24. 4) ConraD T. A. Fossils of Syria, pag. 215, tav. IV, fig. 26. 5) FRAAS O. Aus dem Orient, pag. 94. 6) D’ORBIGNY A. Pal. frang. Terr. crét., vol. III, pag. 99, tav. 272, fig. 1 e 2. 7) LartTET L. Géologie de la Palestine, pag. 54. — LarteT L. Mer Morte, pag. 132. 8) BLANCKENHORN M. /reidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 91. 44 B. GRECO i [226] 3. Cyprina inornata D’ ORB. — Tav. V [XXI], fig. 1. 1843. Oyprina inornata D’ OrBIGNY. Pal. franc. Terr. erét., vol III, pag. 99, tav. 272, fig. 1 e 2. 1850. —_ —_ p’ OrBIGNY. Prodrome, vol. II, pag. 118. 1865. —_ —_ PicreT et CampicHE. Crét. Sainte-Croix, partie III, pag. 223. 1867. — _ FraAAS. Aus dem Orient, pag. 94. 1872. — —_ LarteT. Géologie de la Palestine, pag. 54. 1877. = _ LartET. Mer Morte, pag. 132. 1912. —_ — PervInQquiIÈRE. Ht. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 222. DIMENSIONI : INR oo da) I i IUS DEZZA RE E ST I IO) SPESSOLON RTRT I NEDO Dalle stesse marne grigio cenerine cenomaniane della « Bassa Tebaide, Valle d’Araba », nelle quali è contenuta la Cyprina orientalis HAML., ora esaminata, proviene un solo modello interno in discreto stato di conservazione, il quale corrisponde per la sua forma all’ esemplare di Cyprina inornata D’ORB., quale è descritto e figurato dal D’ OrBIGNY. Esso è infatti oblungo, poco rigonfio, inequilaterale, con regione anteriore corta e ristretta, con regione posteriore allungata, slargata, subtroncata leggermente, quasi arrotondata, senza area distinta, con apici poco sporgenti e ravvi- cinati. Ma tuttavia non può essere fatto senza riserva il suo riferimento a questa specie, perchè il nostro esemplare è conservato in modello interno, mentre la figura del D’ORBIGNY rappresenta un’individuo provvisto della conchiglia. Tanto più poi che il D’ORBIGNY per la Francia, il PICTET ed il CAMPICHE per Sainte-Croix ed il PERVINQUIÈRE per la Tunisia citano questa specie nel- l’ Aptiano, mentre il nostro modello proviene dalle marne cenomaniane dell’ Egitto. È vero d’altra parte che il FRAAS e poi il LARTET hanno citato la Cyprina inornata D’ORB. in Palestina in terreni del Mesocretaceo, certamente non più antichi del Cenomaniano; ma essi non hanno descritto, nè figurato gli esemplari da loro riferiti a questa specie, per cui non può essere controllata la loro determinazione, nè con essi può essere confrontato il nostro modello. Inoltre gli stessi autori assi- milano a questa specie del D’ORBIGNY l’ Isocardia crenulata CONR., come precedentemente abbiamo detto a proposito della Cyprina orientalis HAML., mentre tale specie del ConRAD è diversa dalla Cyprina inornata D’ORB., come anche dal nostro modello ed è considerata come specie a sè dal BLANCKENHORN col nome di Cyprina crenulata CONR. Se il nostro modello appartiene realmente alla Cyprina inornata D’ORB., come io credo molto probabile, è da ritenere che questa specie, comparsa nell’ Aptiano in Europa ed in Tunisia, abbia continuato a vivere fino al Cenomaniano in Egitto e forse anche in Palestina. Gen. Anisocardia MUNIER-CHALMAS 1. Anisocardia aquilina Coe. sp. — Tav. V [XXI], fig. 2. 1862. Isocardia aquilina Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 209, tav. IX, fig. 11 e 12. 1880. Isoarca _ Coquanp. Zt. supplem. Paléontologie Algerienne, pag. 388. 1882. Isocardia — SeGUENZA. Cretaceo medio dell Italia meridionale, pag. 144. 1890, _ = PrRron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 303. [227] B. GRECO 45 1904. Isocardia aquilina FourtAU. Faune crét. d’ Égypte, pag. 334. 1912. Anisocardia — PervinquIÈRE. Et. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 234, tav. XVII, fig. 18 e 19. 1914. —_ —- PARONA. Tripolitania, pag. 12. 1917. —_ —_ FourtAU. Mollusques Lamellibranches, pag. 65. Questa specie, stabilita dal COQUAND su esemplari provenienti dal Cenomaniano di Tenoukla e di Batna in Algeria, fu in seguito citata in terreni della stessa età in Tunisia dal PERON e più recentemente dal PERVINQUIÈRE, il quale, oltre alla forma tipica, vi ha distinto una varietà da lui denominata var. Madjeurensis, che non è rappresentata nella nostra collezione egiziana. Alla forma tipica invece appartengono 4 esemplari provenienti dalle marne giallognole cenomaniane della « Bassa Tebaide, Valle d’ Araba », in diversi stadi di sviluppo. Tre sono alquanto deformati (Tav. V [XXI], fig. 2a, 25), il quarto è fossilizzato con le valve aperte inferiormente e ravvicinate superiormente, in modo che gli umboni sono a contatto. Tutti, meglio che all’ esemplare disegnato dal COQUAND, che è in stadio di sviluppo molto più avanzato, corrispondono perfettamente a quello fotografato dal PERVINQUIÈRE a tavola XVII, fig. 18 a-c. Come questo, sono nettamente troncati anteriormente ed escavati sotto gli umboni, i quali si presentano ravvicinati, ma senza toccarsi, spiccatamente ricurvi in avanti e carenati posteriormente; inoltre sulla superfice, in qualche punto meglio conservato, lasciano vedere alcune fine rughe concentriche di accrescimento. Il COQUAND riferì prima la sua nuova specie al genere Isocardia e poi in seguito al genere Isoarca. Ma il PERON, ben a ragione, constatando che il CoquanDp non ha detto i inotivi per i quali si è deciso a questo cambiamento di determinazione generica, per quanto sarebbe stato interessante di conoscerli, ha espresso l’ opinione che questa, come altre specie simili del COQUAND, non sia una vera Isocardia, ma che non vi sia maggiore probabilità per il suo: riferimento al genere Isoarca. Il PERVINQUIÈRE poi più recentemente ha potuto osservare, su uno dei suoi esemplari di questa specie, qualche impronta lasciata dai denti e formarsi un’ idea della cerniera, la quale, meglio che a quella di /Isocardia, corrisponde a quella di Anisocardia, col quale genere questa specie presenta il corrispondente carattere degli umboni ravvicinati. Si è deciso perciò a collocare questa specie nel genere Anisocardia, sia per queste ragioni e sia anche per il fatto che il MUNIER-CHALMAS, autore di tale genere, ha manifestato l’opinione che appunto l’ Isocardia aquilina Coq. appartenga ad Anisocardia o a Plesiocyprina; ma questo secondo genere sarebbe da scartare, secondo il PERVINQUIÈERE, per la sua forma trigona specialissima. Aggiunse infine che non vi è alcuna ragione di riferire questa specie ad Isoarca, come fece il COQUAND, modificando la sua prima determina- zione. Per quanto nessuno dei nostri modelli abbia conservato tracce del cardine, mi sembra tuttavia che anche per essi siano da accettare queste giuste conclusioni del PERVINQUIÈRE, come anche il FOURTAU recentissimamente ha ritenuto. Oltre che in Algeria ed in Tunisia, l’ Anisocardia aquilina Coq. sp. è stata citata, pure in terreni cenomaniani, in Tripolitania dal PARONA e nell’ Italia meridionale dal SEGUENZA. In Egitto è già stata trovata dal FOURTAU, il quale nel Deserto arabico l’ha raccolta nel Cenomaniano dell’ Quadi Dakhal, del Convento di S. Paolo e di Ain Araidah, oltre che nel Sinai. I nostri esemplari proven- gono dalle marne cenomaniane e sono indicati dal FigARI BEY raccolti nella « Bassa Tebaide, Valle d’ Araba ». 46 B. GRECO [228] 9. Anisocardia Papieri Coo. sp. — Tav. V [XXI], fig. 3. 1880. Isocardia Papieri COQUAND. Et. supplem. Paléontologie Algerienne, pag. 114. 1880. Isoarca — Coquanp. Ibidem, pag. 389. 1912. Anisocardia — PrevINQUIÈRE. Ht. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 235, tav. XVII, fig. 20-22. 1914. —_ — PARONA. Tripolitania, pag. 11. Dalie stesse marne giallognole cenomaniane della « Bassa Tebaide, Valle d’ Araba », nelle quali il FIGARI BEY raccolse la precedente Anisocardia aquilina C0Q. Sp., proviene un solo esemplare, costituito soltanto dalla valva destra, alquanto mutilato della estrema parte posteriore, il quale appartiene certamente a questa specie. Essa fu descritta dal COQUAND su esemplari raccolti nel Cenomaniano di Batna in Algeria, ma non figurata; e, mentre dapprima fu da lui ascritta al ge- nere Isocardia, in seguito fu riferita ad Isoarca, senza dirne le ragioni. Il PERVINQUIÈRE riconobbe, sulla scorta anche della fotografia di HEINZ, in 4 modelli del Cenomaniano della Tunisia, i carat- teri di questa specie e potè farla conoscere al completo, dando anche le fotografie di tre di essi. All’esemplare appunto rappresentato a tavola XVII, fig. 214-0, corrisponde perfettamente il nostro individuo, sia per le dimensioni piccole, sia per la forma triangolare, presso che equilaterale, assai rigonfia, per la regione anteriore corta, leggermente scavata sotto lumbone, per la regione poste- riore, che, quantunque rotta all’estremità, sembra dovesse essere obliqua, angolosamente arroton- data verso la regione inferiore poco arcuata, per l’umbone ricurvo in dentro, provvisto di una carena ottusa, ben pronunziata, che limita la regione posteriore e per la superfice ornata di coste concentriche ben spiccate. Da tener presente però che il nostro esemplare, rotto posteriormente, è costituito soltanto dalla valva destra, mentre le figure 21a e © del PERVINQUIÈRE rappresentano un individuo intero, veduto nella fig. 21a dalla valva sinistra. Dall’ Anisocardia aquilina C0Q. sp., precedentemente esaminata, questa specie si distingue, oltre che per la sua forma triangolare e quasi equilaterale, come già stabilì il COQUAND, anche per le coste concentriche ben spiccate, come si rileva dagli esemplari del PERVINQUIÈRE e dal nostro. Anche la specie del Turoniano di Abou Roach in Egitto, denominata da PERON et FOURTAU Iso- cardia Thomasi *) e dal FOURTAU riferita recentissimamente al genere Anisocardia °), rassomiglia all’ Anisocardia Papieri CoQ. sp., ma se ne distingue per la sua forma più allungata, con regione anteriore e posteriore più sporgente, per convessità molto minore e per le coste concentriche molto meno spiccate e molto più fine. In quanto poi alla determinazione generica di questa specie del CoQuaNnD, nè gli esemplari del PERVINQUIÈRE, nè il nostro hanno permesso di conoscere il car- dine; possiamo tuttavia affermare che non vi è alcuna ragione per riferire anche questa specie al genere Isoarca, come fece il COQUAND e anche ritenere col PERVINQUIÈRE che, data la rassomi- glianza con l’ Anisocardia aquilina C0Q. sp., precedentemente esaminata, essa possa prendere la sua posizione sistematica, accanto a questa specie, nel genere Anisocardia. L’ Anisocardia Papieri C0qQ. sp. era finora conosciuta in Algeria, in Tunisia ed in Tripolitania sempre in terreni cenomaniani, come si trova anche in Egitto. 1) Fourtau R. Faune erét. d’ Eqypte, pag. 334, tav. II, fig. 15, 16. ?) FourrtAU R. Mollusques Lamellibranches, pag. 66. [229] B. GRECO 47 Gen. Venus LINNEO 1. Venus Reynesi Coo. — Tav. V [XXI], fig. 4. 1862. Venus Reynesi CoquanD. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 193, tav. VII, fig. 11 e 12. 1882. — — SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 133. 1883. — —_ ZirteL. Libysche Wiiste, pag. 79. 1890. — = Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 307, tav. XXIX, fig. 13 e 14. 1904. — — Fourrau. Faune crét. d° Egypte, pag. 337. 191258= — PeRviNnQquiÈRE. Ét. paléont. tunisienne Gastropodes et Lamellibranches, pag. 274. 9A i — PARONA. Tripolitania, pag. 12. 1917, — —_ Fourrau. Mollusques Lamellibranches, pag. 89. Un solo esemplare rappresenta questa specie nella nostra collezione. Benchè esso sia legger- mente deformato ed abbia un poco corroso la valva sinistra, mostra tuttavia i caratteri di questa specie, illustrata dal CoquAND e dal PERON, essendo di forma più lunga che alta, slargata, poco rigonfia, inequilaterale, con la regione anteriore ristretta ed escavata sotto gli umboni, con la po- steriore più lunga e leggermente angolosa verso il margine inferiore, che è arcuato e con orna- menti costituiti da rughe concentriche fine, fitte, serrate, regolari e ben pronunziate, come appunto si osservano nell’esemplare di Foum-el-Guelta in Tunisia, rappresentato dal PERON a tavola XXIX, fig. 13 e 14, dal quale il nostro si distingue soltanto per il suo stadio di sviluppo più avanzato. Come già il PERON giustamente fece osservare, la Venus Desvauxi Co. !) è assai prossima alla Venus Reynesi CoQ., dalla quale infatti differisce solo per la forma più allungata e per dimensioni di gran lunga più grandi; perciò egli, avendo per di più notato, nei suoi numerosi esemplari, delle variazioni, sia nella forma e sia nelle dimensioni, propenderebbe a eredere che la Venus Desvauri Coq. possa essere considerata come una semplice varietà della Venus Reynesi Co. Disponendo io soltanto di un esemplare di questa ultima specie e corrispondente proprio alla forma tipica, pur ritenendo probabile l'opinione del PERON, niente altro posso affermare. La Venus Reynesi CoQ. è specie del Cenomaniano dell’ Algeria, della Tunisia, della Tripolitania e dell’Italia meridionale. Nel Cenomaniano dell’ Egitto è già stata citata primieramente dallo ZITTEL ed in seguito, in numerose località del Deserto arabico settentrionale, oltre che del Sinai, dal FouRTAU, il quale ha anche trovato all’ Quadi Abon Elefieh, presso il Convento di S. Paolo, un individuo con gli ornamenti ben conservati come il nostro. L’esemplare da noi esaminato fu rac- colto dal FIiGARI Bey nella formazione calcarea arenacea cenomaniana della « Costa arabica, Tebaide inferiore ». 2. Venus Cleopatra Coq. 1862. Venus Cleopatra Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 193, tav. VII, fig. 7 e 8. 1382. — —_ SEGUENZA. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 130. 1890. — _ Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 308. 1904. — —_ Fourrau. Maune erét. d’ Egypte, pag. 336. 1912. — —_ PervinquièRre. Lt. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 274. 1917. — — FourtAU. Mollusques Lamellibranches, pag. 88. ?) Coquanp H. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 194, tav. VIII, fig. 1 e 2. 48 B. GRECO [230] Alla Venus Cleopatra Coq. appartiene un solo esemplare della nostra collezione, fossilizzato nelle marne grigio cenerine cenomaniane, il quale, sebbene lasci a desiderare per il suo stato di fossilizzazione, essendo incompleto ed alquanto deformato, mostra tuttavia i caratteri di questa specie, come sono descritti dal COQuaND e quali si osservano nell’individuo da lui figurato, che è però in stadio di sviluppo meno inoltrato del nostro. Esso è infatti di forma subtrigona, più lunga che alta, non molto rigonfia, poco inequilaterale, con regione anteriore bene sviluppata, arroton- data e scavata sotto gli umboni sporgenti e ricurvi in avanti, con regione posteriore obliqua e angolosamente congiunta alla regione inferiore, regolarmente arcuata. Ben con ragione il PERON ha posto in evidenza la grande affinità che questa specie presenta con la Venus Reynesi Coq., precedentemente esaminata. Già il COQUAND aveva fatto notare questa rassomiglianza, soggiungendo però che la Venus Cleopatra Coq. si distingue per le sue dimensioni più grandi e per un maggiore sviluppo della sua regione anteriore. Ma il PERON ha fatto giusta- mente osservare che poca importanza ha il carattere delle dimensioni più o meno grandi, essendo esse in relazione con lo stadio di sviluppo; tuttavia egli ha tenuto distinta la Venus Cleopatra Coq. per la sua forma costantemente più alta relativamente alla lunghezza, per gli umboni più alti e per la regione posteriore alquanto più angolosa. Poichè questi stessi caratteri differenziali ho con- statato tra l’esemplare di Venus Reynesi Coq., precedentemente esaminato e quello del quale ora ci siamo occupati, confermo pienamente la giusta conclusione, alla quale è giunto il PERON. La Venus Cleopatra Coq. è specie del Cenomaniano dell’ Algeria, della Tunisia e dell’Italia meridionale. In Egitto è già stata citata dal FouRrTAU nel Cenomaniano di diverse località del Deserto arabico settentrionale e del Sinai; il nostro esemplare, fossilizzato nelle marne grigio cenerine cenomaniane, è indicato dal FicARI BEY proveniente al solito dalla « Costa arabica, Tebaide inferiore ». 3. Venus Mauritanica Coo. — Tav. V [XXI] fig. 5. 1862. Venus Mauritanica Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 194, tav. VII, fig. 13 e 14. 1882. — —_ SecuENZA. Cretaceo medio. dell’ Italia meridionale, pag. 131. Iole — FourtAU. Mollusques Lamellibranches, pag. 89. Appartiene a questa specie un solo modello della nostra cbllezione egiziana, il quale corrisponde, anche presso a poco per le sue dimensioni, all’individuo figurato dal Coquanp. Come quello, è infatti tanto lungo quanto alto, arrotondato, poco convesso, inequilaterale, con regione anteriore corta, con regione posteriore più lunga, slargata, con umboni sporgenti, alquanto ricurvi in avanti, con margine inferiore arrotondato. Come carattere differenziale possiamo ricordare lo spessore un poco più accentuato nel nostro esemplare. Il COoQUAND paragonò la sua Venus Mauritanica alla Venus Forgemoli CoqQ.?), notandone le diffe- renze. Ma meglio che a tale specie, la quale, come fra poco vedremo, appartiene al genere Dosinia, essa mi sembra prossima alla Venus Dutrugei Coq.*), la quale, oltre che per le dimensioni minori, che hanno un valore molto relativo, si distingue per la regione anteriore alquanto più sporgente e per la sua lunghezza proporzionalmente maggiore dell’altezza. ') Coquanp H. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 194, tav. VIII, fig. 7 e 8. — Per l’ortografia del nome specifico Forgemoli vedi nota 4 a pag. 32 [| 214]. 2) Coquanp H. Ibidem, pag. 193, tav. VII, fig. 5 e 6. [231] B. GRECO 49 La Venus Mauritanica C0Q. è specie cenomaniana, trovata per la prima volta in Algeria, citata in seguito con riserva dal SEGUENZA nell'Italia meridionale e segnalata recentissimamente dal FourTAU nel Cenomaniano del Sinai. Il nostro esemplare proviene dal calcare marnoso cenoma- niano e fu raccolto dal FiGARI BEY nella « Bassa Tebaide ». Gen. Dosinia ScoPOLI 1. Dosinia Delettrei Coo. sp. — Tav. V [XXI], fig. 6-10. 1862. Venus Delettrei Coquanp. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 194, tav. VIII, fig. 3 e 4. 1872. — Nail Coquanp. Ibidem, pag. 194, tav. VIII, fig. 5 e 6. 1862. — Forgemolli Coquanp. Ibidem, pag. 194, tav. VIII, fig. 7 e 8. 1877. — —_ LartET. Mer Morte, pag. 128, tav. XI, fig. 13. 1882. — Nail Secuenza. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 131. 1882. Dosinia Delettrei SecuENZA. Ibidem, pag. 135. Ì 1882. — Forgemolli SecuENZzA. Ibidem, pag. 135. 1883. Venus Forgemolli et Venus cfr. Delettrei ZirtEL. Libysche Wiiste, pag. 79. 1890. Dosinia Delettrei Peron. Moll. foss. Tunisie, partie II, pag. 310. 1890. — Forgemoli PeRON. Ibidem, pag. 311. 1904. — Delettrei FourtAU. Faune crét. d° Egypie, pag. 337. 1904. — Forgemoli Fourrau. Ibidem, pag. 338. 1912. — Delettrei PervinquidRrEe. Ét. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 270, tav. XX, fig. 4-8. 1914. — = PARONA. Tripolitania, pag. 12. 1917. — — et var. Forgemoli FourtAU. Mollusques Lamellibranches, pag. 87, tav. VII, fig. 8. Con riferimento al genere Venus il COQUAND descrisse, fra le altre, tre nuove specie indican- dole con i nomi di Venus Delettrei, Venus Nail e Venus Forgemolli. Tutte e tre furono citate in seguito nel Cretaceo dell’Italia meridionale dal SEGUENZA, il quale riferì giostamente al genere Dosinia, la Venus Delettrei e la Venus Forgemolli, mentre lasciò immutata nella determinazione generica la Venus Nail. Ma successivamente il PERON, avendo trovato nel Cenomaniano della Tu- nisia le specie suddette, notò che esse si distinguono fra loro soltanto per la loro taglia e per una piccola differenza nella lunghezza relativamente all'altezza; che tutte hanno la forma arrotondata, che caratterizza il genere Dosinia, la medesima disposizione degli umboni e lo stesso spessore rela- tivo. Avendo anche osservato, fra i tipi di queste specie, degli individui con caratteri intermedi, egli fu indotto a considerare le tre specie del CoquaNnD come forme dovute agli stadi di sviluppo successivi di una medesima specie; tuttavia però, basandosi sulla osservazione, fatta dal SEGUENZA, che la Dosinia Forgemoli*), a differenza della Dosinia Delettrei, ha forma ovale, non circolare ed è più rigonfia, mantenne distinte queste due specie. Seguendo questo modo di vedere, il FOURTAU ha citato in seguito, nel Cenomaniano dell’ Egitto, la Dosinia Delettrei e la Dosinia Forgemoli. Ma il PERVINQUIÈRE recentemente, in seguito all’esame del ricco materiale raccolto nel Ceno- maniano della Tunisia, ha ritenuto giusta la conclusione già intraveduta dal PERON ed ha affer- mato che le tre specie del CoquAND sono da riunire in una sola, essendo le variazioni dovute al- età; Dosinia Nail è perciò costituita dai giovani esemplari, Dosinia Forgemoli dagli adolescenti e Dosinia Delettrei dagli adulti. Egli ha constatato che i caratteri differenziali osservati dal SEGUENZA 1) Per l'ortografia del nome specifico Forgemoli vedi nota 4 a pag. 32 [214]. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 50 B. GRECO [232] e dal PERON per distinguere la Dosinia Delettrei dalla Dosinia Forgemoli sono appunto dovuti all’età; che nella giovinezza, nella Dosinia Nail, la conchiglia è ancora più ovale e più rigonfia, facendo no- tare a questo proposito che la figura, data sotto questo nome dal COQUAND, non è probabilmente esatta, poichè tutti i suoi esemplari sono rigonfi, pur comprendendosi facilmente che si possono avere delle variazioni di spessore. Egli ha inoltre figurato 5 esemplari, che mostrano queste modificazioni dovute all’età. Alla specie così intesa il PERVINQUIÈRE naturalmente, per ordine di precedenza nelle desceri- zioni del COQUAND, ha conservato il nome di Dosinia Delettrei Coq. : Recentissimamente infine il FouRTAU ha ritenuto che le differenze notate fra le tre specie suddette non siano dovute agli stadi di sviluppo, ma che Dosinia Forgemoli sia da considerare piuttosto come una varietà della Dosinia Delettrei e che Dosinia Nail possa essere il rappresen- tante giovanile dell’una o dell’ altra forma. Uniformandomi alle conclusioni già intravedute dal PERON, giustamente stabilite in seguito dal PERVINQUIÈRE e confermate dall'esame dei miei esemplari, riferisco alla Dosinia Delettrei CoQ. sp. numerosi individui, provenienti tutti dalle marne grigio cenerine e giallognole cenomaniane del- VEgitto, per la massima parte in modello esterno e con superfice ben conservata. I piccoli indi- vidui, in numero di circa 20, per la massima parte corrispondono perfettamente, anche per il carat: tere della spiccata convessità (Tav. V { XXI], fig. 6-8), agli esemplari rappresentati dal PERVIN- QUIÈRE colle figure 7 e 8 della tavola XX (Venus Nail Coa.), mentre alcuni sono meno convessi (Tav. V [XXI], fig. 9), in relazione con ciò che in proposito lo stesso PERVINQUIÈRE ha osser- vato; quelli poi in stadio di sviluppo più o meno avanzato (Tav. V | XXI], fig. 10) presentano tutti i caratteri degli individui fotografati dallo stesso autore nella medesima tavola colle figure 4, 5 e 6. Nessuno raggiunge le grandi dimensioni del tipo figurato dal CoquaAND per la sua Venus Delettrei, come del resto lo stesso si può dire per gli esemplari rappresentati dal PERVINQUIÈRE. Non ho potuto vedere in alcuno dei pochi individui conservati in modello interno l'impronta pal- leale, nè quindi constatare il seno sifonale molto pronunziato ed acuto, che è un altro carattere del genere Dosinia, osservato dal PERVINQUIÈRE nell’esemplare rappresentato a tavola XX, figura 5a e come è evidentissimo nella figura 3 della tavola VIII del CoQuAND, rappresentante il tipo della sua Venus Delettrei. Gli esemplari in modello esterno sono molto ben conservati e mostrano gli umboni piccoli, poco sporgenti, contigui, ricurvi, inclinati in avanti, la lunula molto piccola, il corsaletto stretto ed allungato e la superfice provvista soltanto di strie di accrescimento pressochè circolari concentriche, fra le quali se ne trovano alcune più fortemente spiccate. La specie è stata trovata in Algeria, in Palestina, nell’ Italia meridionale, in Tunisia, in Tripo- litania ed in Egitto, sempre in terreni cenomaniani. In quest’ ultima regione è stata citata pri- mieramente dallo ZITTEL e successivamente dal FouRTAU, che l’ha trovata in diverse località del Deserto arabico settentrionale, oltre che nella penisola del Sinai. I nostri esemplari provengono, secondo la solita vaga indicazione del FrGARI Bry, dalla « Bassa Tebaide, costa arabica, valle d’Araba ». Gen. Anatina LAMARCK 1. Anatina Jettei Co. — Tav. V.[XXI], fig. 11. 1862. Anatina Jettei CoquanD. Geol. Pal. Prov. Constantine, pag. 190, tav. VI, fig. 3. 1890. — — Peron. Moll. foss. Tumisie, partie II, pag. 323. 1904. — — Fourrau. Paune erét. d’ Egypte, pag. 389. 1917. — — Fourtau. Mollusques Lamellibranches, pag. 94 [233] B. GRECO 51 Riferisco a questa specie tre modelli interni tutti incompleti, perchè mutilati o della estrema parte anteriore, o della posteriore, o di quella cardinale, o della inferiore, come del resto pure incompleti sono i modelli interni della Tunisia e dell’ Algeria esaminati dal PERON e l’ esemplare tipico figurato dal COQUAND, mancante della regione posteriore. Tutti e tre sono trasversalmente ovali allungati, compressi, inequivalvi, con la valva sinistra un poco più convessa, inequilaterali, provvisti di uno stretto solco poco spiccato, diritto, che si inizia dagli apici e divide la superfice in due parti ineguali e di un altro solco obliquo, partente pure dagli apici opistogiri e che rappre- senta la traccia lasciata dalla lamina interna. Tali modelli corrispondono quindi, per ciò che ri- guarda la loro forma, all’esemplare tipico dell’ Anatina Jettei CoQ. figurato dal CoquanD; ma la loro superfice alquanto erosa non lascia vedere ben spiccate nella regione anteriore le pieghe con- centriche in forma di coste ben rilevate, che svaniscono verso la parte mediana. Sono tutti e tre poi presso a poco nello stesso stadio di sviluppo dell’ esemplare tipico dell Algeria. Come giustamente il CoQuAND ha fatto osservare, questa specie è affine all’ Anatina Astieriana D’ORB.!) del Neocomiano della Francia °), distinguendosene però in modo speciale per il soleo me- diano più spiccato e per la diversa ornamentazione. 1’ Anatina Jettei CoQ., specie del Cenomaniano dell’ Algeria e della Tunisia, è già stata citata nello stesso livello geologico in Egiito dal FouRTAU, il quale ne ha trovato un esemplare ad Ain Araidab. I nostri tre modelli, fossilizzati nelle marne cenomaniane, sono stati raccolti secondo la vaga indicazione del FicARI Bey nella « Costa orientale dell’ Egitto ». Gen. T'hracia LEACH 1. fhracia Seguenzai n. sp. — Tav. V [XXI], fig. 12. DIMENSIONI : PATO ZIZ A IN RT OR E SO ENO FIOM IS IUN'CNEZZOBN RATA O ODIO SPESSOLE Re MITO. Un solo esemplare, conservato in modello esterno e fossilizzato nelle marne grigio cenerine, rappresenta questa bella specie nella collezione del FiGARI BEY. Esso è di dimensioni molto pic- cole, trasversalmente ovale, leggermente più lungo che alto, poco convesso, inequivalve con la valva destra un poco più convessa, inequilaterale con la regione anteriore alquanto più sviluppata ed arrotondata, con la posteriore raccorciata e troncata, con la inferiore regolarmente e poco arcuata. Gli umboni piccoli, poco sporgenti, approssimati, hanno gli apici leggermente ricurvi indietro e provvisti ciascuno di una carena ben spiccata, che arriva fino all’incontro col margine inferiore, delimitando così nella regione posteriore un’area ben pronunziata, ma corta. La superfice, in buono stato di conservazione, presenta soltanto delle fine rughe concentriche bene evidenti. L’esemplare ora descritto presenta a prima vista delle affinità di caratteri con gli individui della Lyonsia carinifera Sow. sp.*) del Cenomaniano della Francia‘) e dell’ Inghilterra ?); se ne 1) D’ORBIGNY A. Pal. frane. Terr. crét., vol. III, pag. 374, tav. 370, fig. 4 e 5. 2) D’ORBIGNY A. Prodrome, vol. II, pag, 74. 5) D’ORBIGNY A. Pal. frang. Terr. erét., vol. III, pag. 385, tav. 373, fig. 1 e 2. 4) D’ORBIGNY A. Prodrome, vol. II, pag. 158. 5) Woops H. Cretaceous Lamellibranchia of England, vol. II, pag. 244, tav. XL, fig. 10-13. 52 B. GRECO [234] distingue però, oltre che per le sue dimensioni di gran lunga più piccole, per il suo minore svi- luppo in lunghezza proporzionatamente all’ altezza, per la regione posteriore assai raccorciata e quindi per l’area molto più ridotta, per il margine inferiore meno arcuato e per la mancanza delle fine strie radiali, alle quali accenna il D'ORBIGNY nella descrizione di tale specie. È da tener pre- sente però che, come il Prcrer ed .il CAmPicHE') hanno fatto osservare, il riferimento al genere Lyonsia di questa specie del SOWERBY e di alcune altre, fatto dal D’ORBIGNY, non può essere accet- tato, per la presenza delle carene ben spiccate delimitanti Varea posteriore, carattere che manca nelle specie viventi del genere Lyonsia e che si trova invece perfettamente nel genere Thracia. Perciò i suddetti autori hanno giustamente riferito a quest’ ultimo genere, insieme con altre specie, la Lyonsia carinifera Sow. sp. E della stessa opinione si è dimostrato più recentemente anche il Woops °). Uniformandomi perciò anch'io a questa giusta interpetrazione generica, ritengo che anche la nostra nuova specie debba essere ascritta al genere Thracia. Quanto poi alla Lyonsia Peinii Coq.?) del Santoniano dell’ Algeria, anche essa riferita da PICTET et CAMPICHE‘) al genere Thracia e quanto alla Thracia (?) Zitteli PERON et FOURTAU?) del Cenomaniano dell'Egitto, si riconoscono a prima vista come specie nettamente distinte dalla nostra. La Thracia Seguenzai n. sp. si trova in Egitto nelle marne grigio cenerine cenomaniane; l’unico nostro esemplare è indicato raccolto dal FicArI BEY nella « Costa arabica, versante orientale, Tebaide inferiore ». Gen. Liopistha MEEK 1. Liopistha (Psilomya) Pervinquierei n. sp. — Tav. V [XXI], fig. 13, 14. 1912. Liopistha ( Psilomya) Ligeriensis PERVINQUIÈRE (non D’ORB.). Et. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamel- libranches, pag. 292, tav. XX, fig. 22. DIMENSIONI : AUTEZZA O RO DIDNIO. Lunghezza approssimativa... +... >» 54 SPESSOFEO MONO e ND Conchiglia trasversalmente ovale, alquanto più lunga ché alta, rigonfia, globulosa, equivalve, leggermente inequilaterale, con la regione posteriore di poco più sviluppata e con il margine infe- riore regolarmente arcuato; bordo cardinale debolmente ricurvo, umboni submediani, sporgenti, rigonfi, molto ricurvi Vuno verso l’altro fin quasi a toccarsi, con gli apici appena rivolti in avanti. Superfice delle valve ornata da ben spiccate coste concentriche, le quali, molto ravvicinate e fitte in corrispondenza degli umboni, vanno gradatamente allontanandosi fino al margine inferiore, diventando più ampi i solchi intercostali e da sottili strie radiali, visibili con la lente soltanto sugli umboni, ove rendono alquanto erenulate le coste concentriche, come colla figura 4 della tavola XLIII il Woops ha rappresentato gli ornamenti degli umboni della Liopistha ( Psilomya\ gigantea Sow. sp.°). 1) Prcrer F. I. et CampicuE G. Crét. Sainte - Croix, partie III, pag. 111 e 121-122. 2) Woons H. Oretaceous Lamellibranchia of England, vol. Il, pag. 244, tav. XL, fig. 10-13. 3) Coquanp H. Geol. Pal. Prov. Constantine, pag. 190, tav. VI, fig. 10 e 11. 4) Picret F. I. et CamPICcHE G. Orét. Sainte - Croix, partie IMI, pag. 122. y 5) Fourtau R. Faune erét. d’ Ygypte, pag. 340, tav. II, fig. 6-9. “) Woops H. Cretaceous Lamellibranchia of England, vol. II, pag. 257, tav. XLIII, fig. 3 e 4. Ù) [235] B. GRECO 53 Alla specie ora descritta credo che appartenga anche quell’esemplare del Cenomaniano della Tunisia, in stato di conservazione meno soddisfacente dei nostri, dal PERVINQUIÈRE ravvicinato alla Liopistha (Psilomya) Ligeriensis D’ ORB. Sp., facendone constatare, come caratteri differenziali la forma più globosa e meno inequilaterale, essendo la parte anteriore più lunga e la posteriore più corta. Ma, oltre che per questi caratteri differenziali di forma, i nostri esemplari, meglio con- servati di quello del PERVINQUIÈRE, si allontanano dalla specie del D’ORBIGNY !) per le coste con- centriche meno numerose, più allontanate, separate da più ampi spazi, ad andamento più arcuato e per la presenza delle strie radiali in corrispondenza degli umboni, delle quali, secondo il D’ORBIGNY, non si ha alcun indizio nella sua specie. Perciò io ritengo che l’ esemplare del PERVINQUIÈRE ed i nostri siano da tener distinti dalla Liopistha ( Psilomya) Ligeriensis D’'ORB. sp. e che costituiscano una specie ben caratterizzata e ben distinta, oltre che da quella ora ricordata, anche dalla Liopistha (Psilomya) gigantea Sow. sp.°), dalla Liopistha (Psilomya) superba STOL. *) sp. e dalla Liopistha (Psilomya) alta RoEm. ‘) sp., che fra poco esamineremo. Anche Pholadomya Molli Coq.*) del Cenomaniano dell’ A1- geria e Pholadomya crassesulcata SEG.*) del Cenomaniano dell’Italia meridionale, le quali pure mi sembra che appartengano al genere Ziopistha, sono specie ben diverse dalla nostra. È probabile invece che ad essa sia da riferire quella Liopistha (Psilomya) Ligeriensis D’ORB., dal PARONA 7) segnalata nell’ elenco preliminare dei fossili cenomaniani della Tripolitania; ma per potere espri- mere un fondato giudizio al riguardo, bisognerà attendere che sia pubblicata la illustrazione com- pleta di tale fauna da parte del suddetto autore. È possibile anche che alla nostra specie appar- tenga quella Pholadomya Sp. efr. Ligeriensis D’ORB. 5), che il BLANCKENHORN ha citato nella Siria; ma, non avendola egli figurata, non possiamo esserne certi. È vero che il BLANCKENHORN considera come sinonimo della specie da lui indicata l’ Inoceramus Lynchi CoNR.?®), ma la figura del CONRAD, per quanto rassomigli molto per la forma generale ai nostri esemplari, tuttavia sembra molto meno convessa, con gli apici più piccoli, meno turgidi, meno sporgenti e non presenta bene evidenti al completo i caratteri degli ornamenti, essendo la superfice dell’ esemplare mal conservata. La Liopistha ( Psilomya) Pervinquierei n. sp., così definita, era finora nota nel Cenomaniano della Tunisia e forse della Tripolitania e della Siria. In Egitto essa è rappresentata da due esemplari completi e da due frammenti, tutti fossilizzati nel calcare marnoso cenomaniano. Uno di essi, secondo la solita vaga indicazione del FIGARI BEY, è stato raccolto nella « Tebaide inferiore, costa arabica, Deserto dell’ Istmo di Suez », mentre gli altri portano la ancor più semplice indicazione di provenienza dall’ « Egitto ». ; 1) p'OrBIGNY A. Pal. frane. Terr. crét., vol. III, pag. 355, tav. 363, fig. 8 e 9. 2) Woops H. Cretaceous Lamellibranchia of England, vol. II, pag. 257, tav. XLIII, fig. 3 e 4, tav. XLIV, fig. 1 e 2. — PervinquièrE L. É#. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 292, tav. XX, fig. 21. 3) SroLiczxa F. Cret. Pelecypoda S. India, pag. 48, tav. III, fig. 2-4. — PeRrvIiNnquIiÈRE L. Ibidem, pag. 293. 4) PERVINQUIÈRE L. Ibidem, pag. 293, tav. XX, fig. 20. ®) Coquanp H. Géol. Pal. Prov. Constantine, pag. 189, tav. VI, fig. 6 e 7. ©) SEGuENZA G. Cretaceo medio dell’ Italia meridionale, pag. 127, tav. VI, fig. 8, 8a. ?) PARONA C. F. Zripolitania, pag. 12. °) BLANCKENHORN M. Xreidesyst. in Mittel-und Nord-Syrien, pag. 95. °) Conrap T. A. Fossils of Syria, pag. 218, tav. 8, fig. 47. B. GRECO [236] 2. Liopistha ( Psilomya) alta RoEm. sp. — Tav. V [XXI], fig. 15. 1852. Homomya alta RoemER F. Kreideb. Texas, pag. 45, tav. VI, fig. 11. 1912. Liopistha ( Psilomya) alta PERVINQUIÈRE. Hi. paléont. tunisienne. Gastropodes et Lamellibranches, pag. 293, tav. XX, fig. 20. Riferisco a questa specie due esemplari, alquanto deformati e conservati in modello interno, i quali sono globulosi, cordiformi, tanto alti che lunghi, assai inequilaterali, con la regione anteriore cortissima, mentre la posteriore è prolungata ed arrotondata, hanno gli umboni grossi, molto spor- (I genti e spostati molto in avanti. Essi corrispondono per la loro forma all’esemplare fotografato ®3 della grandezza naturale dal PERVINQUIÈRE, differendone soltanto per essere in stadio di sviluppo meno avanzato; ma, essendo la superfice mal conservata, non sono visibili in essi gli ornamenti, che dovrebbero essere costituiti da pieghe e strie di accrescimento concentriche, serrate ed irregolari. Il PERVINQUIÈRE ha ben posto in evidenza i caratteri per i quali questa specie si distingue dalla Liopistha ( Psilomya) Ligeriensis D’ORB. sp., dalla Liopistha ( Psilomya) gigantea Sow. sp. e dalla Liopistha ( Psilomya) superba SToOL. sp., che abbiamo sopra ricordate. Possiamo aggiungere che dalla Liopistha (Psilomya) Pervinquierei n. sp., precedentemente esaminata, si allontana, prescindendo dagli ornamenti, che nei nostri esemplari non sono visibili, ma che nella specie del ROEMER sono diversi, per gli umboni più grossi e più sporgenti, per la regione anteriore molto più corta e per la poste- riore più allungata. La Liopistha (Psilomya) alta RoEM. sp., trovata dapprima nel Texas in terreni probabilmente di età vraconniana, fu in seguito citata dal PERvINQUIÈRE nel Cenomaniano della Tunisia. I due nostri esemplari egiziani provengono dalla formazione calcarea cenomaniana e sono indicati rac- colti dal FIGARI BEY uno nella « Bassa Tebaide, costa arabica, versante orientale, l’altro sempli- cemente nella « Costa orientale ». Firenze, R. Istituto geologico, 12 maggio 1918. INDICE Indice delle abbreviazioni usate nella citazione delle singole opere. . . . . . . . . fase. 1° pag. 93 [113] CONSIAErAZIONITSCOLOFICNEMMEMIMRA NT n N » » 96 [116] MESCIIZIONEL Aellet SPEC1CHI-MAIA N MC IS O e e e ST e SONS » > 110 [130] I. LAMELLIBRANCHI DEL MAESTRICHTIANO 51 è Br O a CGA VE » > 110 [130 Genere Pycnodonta FISCHER DE W. . 0... 0.00. » >» 110 [130] * 1. Pycnodonta vesicularis LAME. Sp. 20... » >» 110 [130] Genere Alectryonia FISCHER DE W. 0. . LL L06 2 T » » 113 [133] MPA ectryoniA MV Le CORSA I I » » 113 [133] 2: Aleciryonia Aucapitainet COQ. BP... 000 2. e eee » >» 115 [135] SIPANCCITYONIAPNI CASCIA COQUSPTI n OO » >» 116 [136] 4 Aleciryonia Figari EOURTAU) Sp. Lele e e e » > 118 [138] GenoreRrliCA(4lARITANMARO KM RAS SO Cote I Re e SN e ee » > 121 [141] MIRRPlicatulaRAecipiensh COMP EI n » >» 121 [141] Genere Spondylus LINNEO . . . se Da DO OS RI INA O OMO » » 123 [143] 1. Spondylus Dutempleanus D' One! OS VETO RO DECO DA O) » » 123 [143] 2. Spondylus Fornii n. sp. : DER Ta BI DADI Ciao » > 124 [144] Genere Lima BRUGUIÈRE . ... 6 ORGA MEI DE E TAI TIRO » » 126 [146] 1. Lima insolita PeRON et Poverav BL IAA ACI MI TETRA iano » » 126 [146] Genere Arca LINNEO ©. . . P ii OR RE E RARO MIS » » 127 [147] 1. Arca ( Barbatia) Balli PELO, di RO URLANO II N n eee » » 127 [147] DIPANA (IIIGONOATCA))PRHETIINIVEDASPR O e » >» 128 [148] GenerenCardtta BRUGUISRE MR e ST e e e SO » » 129 [149] JR Cardita®Beaumont:DARCHASPa e e e e e e ee e e » » 129 [149] GenerevCrAssate ll RITAMARCKAE MMM e e e e » » 131 [151 1. Crassatella matercula MAYER-EYMAR . 0000008 6000 e e ee » » 131 [151] Genere Lucina BRUGUIDRE. . . . P SIRIA SIA RCA SEO RI O » » 133 [153 1. Lucina (Dentilucina) Saharica var. anita DEVE N AR » — >» 133 [153 Dilricina, (Dentilucina)\\Caltmoni PERV IO i e MI » » 134 [154 Genere Cardium LINNEO NESS Or EE SAR o IT I O » » 134 [154] 1. Cardium ( Protocardia ) dehioaiutum o > 134 [154 Genere Ioudaireia MUNIER-CHALMAS » 185 [155 1. Roudaireia Auressensis CoQ. sp. . >» 135 [155] > » » Genere Corbula BRUGUIÈRE » » 138 [158] 1. Corbula striatuloides FoRB. » » 138 [158] II. LAMELLIBRANCHI DEL CONIACIANO n. » » 139 [159] Genere Ostrea Linneo em, H. DOUVILLÉ > » 139 [159] 1. Ostrea Heinzi Ta. et PeRON . . . . + » » 139 [159] 56 III IV. B. GRECO Genere Liostrea H. DoUuvILLÉ 1. Liostrea Boucheroni COQ. Sp. i 20/2 2. Liostrea Thomasi PERON Sp... 000.0 +0. ee Genere Exrogyra SAY. 2 L00000 1. Exogyra laciniata NILSS. Sp. . è è Genere Alectryonia FISCHER DE W. o. +0. +00 4004 1. Alectryonia dichotoma BAYLE SP. 0.006.444 Genere Plicatula LAMARCK 1. Plicatula Ferryi CoQ. . SRI ALII SE ASI NOR INN OMEPlicatula PE latter SCO MEO ARA Genere Lima BRUGUIÈRE è È 1. Lima Bleicheri Th. et PERON . Genere Arca LINNEO . . . . . . è. 1. Arca (Cucullaea) cretacea D’ ORB. 2. Arca (Trigonoarca) Rosellinii n. sp. Genere Nucula LAMARCK . . 0... +0.00 a MOPNUCUIARBE LZ ONIVIORS A RO Genere Trigonia BRUGUIÈRE . LL LL. li Irigonsalscabra\(0) LAME. VANO N Genere Roudaireia MUNIER-CHALMAS 1. Roudaireia Forbesiana STOL. Sp. . Genere Cytherea LAMARCK . 1. Oytherea plana Sow. 2. Oytherea subovalis D'ORB. SP. 0.020 LL 0 3. Cytherea solitaria SvoL. Genere Tellina LINNEO . . . slhoo 1. Tellina ( Arcopagia) Mianii n. sp. Genere Pholadomya SowERBY B 1. Pholadomya Esmarckiî NILSS. Sp... 0. 00.008. è Genere Pleuromya AGASSIZ. . 1. Pleuromya Luynesi LART. Sp. + Genere Corbula BRUGUIÈRE . . . +...» 1. Corbula Di Stefanoi n. sp. . LAMELLIBRANCHI DEL T'URONIANO Genere Lima BRUGUIÈRE 1. Lima Flattersi C0Q. Genere. Avicula KLEIN . 1. Avicula atra Coq Genere Cardium LINNEO . 0.0.0...» FAR Ra RO ERRE 1. Cardium (Trachycardium) productum Sow. var. subproducta TA. et PERON et var. Byzacenica PERV. 5 Genere Arisocardia MUNIER-CHALMAS 1. Anisocardia Hermitei CHOFF. LAMELLIBRANCHI DEL CENOMANIANO Genere Liostrea H. DOUVILLÉ 1. Liostrea Rouvillei Coa. sp. . Genere Erogyra SAY . BE 1. Exogyra Olisiponensis SHARPE 2. Exrogyra columba LAMK. sp. fase. 1.° » [238| pag. 140 [160] » » pas. » » » » >» » 140 [160] 142 [162] 143 [163] 143 [163] 144 [164] 144 [164] 145 [165] 145 [165] 147 [167] 148 [168] 148 [168] 149 [169] 149 [169] 150 [170] 151 [171] 151 |171] 152 [1721 152 [172] 153 [173) 153 [173] 154 [174] 154 [174] 155 [175] 155 [175] 156 [176] 156 [176] 157 [177] 157 [177] 158 [178] 158 [178] 159 [179] 159 [179] 1 [183] 1 [183] 1 [183] 1 [183] 1 [183] 2 [184] [184] [186] [186] [186] 4 [186] [186] [187] [187] [189] > > > > 19 ua qa [239] B. GRECO SIPHICOGUCORPASTICONARITAMEI SP TS e ISSN AMIIZOGYE AMIDO CVACOVES PRI ANO SO 5. Exogyra flabellata GOLDE. . . Genere Pycnodonta FISCHER DE W. . ....... 1. Pycnodonta vesiculuris LAMK. sp. var. vesiculosa Sow. va Alectryonia Fiscaer DE W. . . . . ST ct Lt SAI . Alectryonia ( Arcetostrea) diluviana L. em. Weoni di Cu Naiadina MUNIER-CHALMAS . LL... 1. Naiadina Gaudryi Ta. et PERON —. <. 0.0... Genere Plicatula LamaRcki 0. e 2 Rai catula PA uressensisA CO E NO A a O DMNPlicatula INUMICICAACO O MRO E I OMPICAUAHOUTNELACO O O N n Genere Lima BRUGUIÈRE 4... MZ ANNE ME ATADA O RE OO SESTA Se STO e Genere Pecten BELON . . . IRR ISTAT RIA CIO 1. Pecten (Neithca) laevis DECO: : RINESAUi o 2. Pecten ( Neithea) Dutrugei Co. sp... ..., Cenere RMOATOLCUMITANIAR CIO MAN I ST N ce Modo latIrigertensiSIDIORBASPAR SA i 2. Modiola ( Brachydontes) ornatissima D’'ORB. sp... . 0. + Genere Arca LINNEO . . . IO OA A RARA PO 1. Arca ( Barbatia) Trigeri Co o 2. Arca (Cucullaea) Favrei Coa. SUPA NC CLIIGONOCI CO) NIGONCASEG MEO OO OO 4. Arca (Trigonoarca), diceras SEG. Vi. la GEDELONLI GOA BRUGUIEREMESG ITA ATI ALI GONARHENTAR CORRI AI OTO e Generei0ar:di@NBRUGUIERE MMM MR MRO N I: Cardità»Forgemoli Colt e a Genere Crassatella LAMARCK . 1. Crassatella pusilla COQ. .- | +... +... GenerenUnicardiUmIDLORBIGNYAM A e e 1. Unicardium (?) Matheroni Coq. 7 Genere sCax:AiUMELINNE OMM A OO 1. Cardium ( Protocardia) Hillanum Sow. SNA 2. Cardium (Protocardia) Pauli COQ. . ...... 3. Cardium (Protocardia) regulare Coq. . " 4. Cardium ( Protocardia) dilatatum SEG. . . 0.0.0.» 5. Cardium ( Protocardia) Combei LART. . + 6. Cardium (Trachycardium) Mermeti Coqa. . GenereWCyprina LAMARCK(. o eat eee 1. Cyprina cordata SHARPE 2. Cyprina orientalis HAML. —. . . >. 3. Oyprina inornata D’ORB. . 7 Genere Anisocardia MUNIER-CHALMAS . . 1. Anisocardia aquilina C0Q. sp. 2. Anisocardia Papieri Co. sp. . Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. » 17 DN INININ n So rai a Hu N [SS] (ox [195] [196] (196) [199] [199] [201] [201 [202] [203] [203] [203] [204] [204 [206] [207 [207] [207] [208] 208 [209] [210] [211] mr (CO Hi MON N LL UN mo DO "ho no no o N ON N DN o a a LS) ho DL 58 B. GRECO Genere Venus LINNEO 1. Venus Reynesi Coq. 2. Venus Cleopatra Coa. . 3. Venus Mauritanica Coa. . Genere Dosinia SCOPOLI 1. Dosinia Delettrei CoQ. sp. Genere Anatina LAMARCK . 1. Anatina Jettei CoQ. Genere Thracia LEACH . 1. Thracia Seguenzai n. sp. Genere, H0pPi8thAAMEBE 0 O 1. Liopistha ( Psilomya) Pervinquierei n. sp. 2. Liopistha (Psilomya) alta Roxm. sp. Finito di stampare il 23 dicembre 1919. fasc. 2.9 » pas. » 47 47 47 43 49 49 50 50 51 51 52 52 DA [240]. [229] [229] [229] [230] [231] [231] [232] [232] [233] [233] [234] [234] [236 P. VINASSA DE REGNY CORALLI MESODEVONICI DELLA CARNIA Tav. VI-XII [I- VII] e Fig. 1-8 intere. Ai tenaci alpini e ai baldi fanti siciliani che sull’ Alpe carnica, mal sicuro confine d’Italia, videro da lungi le nevi del vero baluardo latino, e seppero la vigile snervante attesa e il doloroso abbandono prima della radiosa vittoria. Il lavoro che vede oggi la luce era da tempo preparato; altri e più gravi compiti hanno in questi anni trascorsi impegnato l’attività scientifica italiana. Il materiale era raccolto da vario tempo ed ogni escursione lo aumentava; la ricchezza dei fossili è però tale che non credo con questa memoria di avere esaurito il numero dei coralli me- sodevonici earnici. Ed a proposito del nome Coralli debbo subito avvertire che con esso comprendo tutti quei fossili che nei primordi della paleontologia andavano sotto questo nome. Verranno perciò nel lavoro descritti non solo i coralli veri e proprii, gli Antozoi, ma anche i Tabulati, i Trepto- stomidi e gli Stromatoporidi. I fossili vennero tutti raccolti personalmente da me e da GoRTANI durante le nostre escursioni nel Nucleo centrale carnico, e vennero presi in posto, scalpellandoli dalla viva roccia o raccoglien- doli sciolti solo là dove si poteva avere piena sicurezza del punto o del livello preciso da cui provenivano. Solo pochissimi vennero raccolti lontano dal loro luogo di origine, nei depositi mo- renici sopra Givigliana. Ne volli tener conto, perchè insieme a forme comuni e tipicamente meso- devoniche, vi ho altresì trovato alcuni tipi paleontologieamente interessanti; i depositi morenici di Givigliana sono costituiti dai calcari mesodevonici della giogaia dell’alta Val Degano. La località più ricca è la costa calcarea Monumènz-Val di Collina; ricca non solo di esemplari ma anche di forme per lo più benissimo conservate, tanto che permettono ottime sezioni mierosco- piehe. Seguono per ricchezza i giacimenti della conca di Volaia poi quelli della Cianavate, del Ger- mula eee. Ma si può dire che non esiste punto ove affiori calcare mesodevonico che non offra, più o meno ben conservati, degli esemplari di coralli. Anche l'enorme pila calcarea dei monti di Vo- laia, Sasso nero, Creta bianca ecc. che appaiono a dirittura sterili, mi ha dato a migliaia di esemplari una Syringoporo che pur essendo nuova ha somiglianze grandissime con forme mesodeveniche. 60 P. VINASSA DE REGNY [2] I coralli mesodevonici della Carnia vennero parecchie volte citati ed anche in parte descritti. Non considerando le antiche citazioni e limitandoci ai più recenti lavori possiamo ricordare per primo il lavoro del FRECH (Karnische Alpen, 1892-94) nel quale sono elencate 13 forme di varie località come Pal piccolo, Passo di M. Croce carnico, Cas. Monumènz e la giogaia dalla Creta di Collina alle Crete di Cianavate (Kellerspitzen). Non tutte le indicazioni di località e nemmeno le determinazioni specifiche sembrano essere al di sopra di ogni eritica. A queste poche e comuni forme, rendendo nota la scoperta di un lembo di mesodevonico nel versante occidentale del M. Paularo a Valpudia!) ne aggiungevo altre 7; e, accennando per la prima volta alla presenza di banchi con Amphipora ramosa al Pian di Germula, vi citavo pure una nuova varietà di Clatrodiction regulare ROSEN. Successivamente nel 1912?) citavo altre forme mesodevoniche di coralii, ponendo in rilievo la ricchezza della fauna presso la Cas. Val di Collina. Nello stesso anno GORTANI *) descriveva del Mesodevonico del Cogliàns 10 forme di Stromato- poridi. E nell’anno successivo ‘) pubblicava l’ importante lavoro sulla serie devoniana del Cogliàns, nel quale sono elencati e descritti parecchi coralli e Stromatoporidi di quella interessante montagna. Recentissimo è poi il lavoro dello CHARLESWORTH ®) che dovrebbe trattare di coralli eodevo- nici. Non è impossibile però che, per talune forme, si tratti di mesodevonico. Indipendentemente dalle numerose mende e dai grossolani errori di eui è doviziosamente fornita questa memoria, pub- blicata sotto la direzione del FRECH, per quanto si riferisce al materiale studiato va ricordato che esso venne, parecchi anni fa, messo insieme dal FRECH stesso che certamente ha raccolto il materiale non in posto ma nei detriti di falda, specialmente nei dintorni del passo di Volaia, ove è assai malagevole raggiungere la roccia fossilifera. Il lavoro dello CHARLESWORTH pertanto non è da te- nersi se non in un conto molto limitato. In conclusione quindi i coralli mesodevonici della Carnia, citati e descritti sino ad oggi sono i seguenti: CyathophyUum coespitosum Gprss. — FRECH, 1892. — VINASSA, 1912. — GORTANI, 1913. O. Lindstròmi FRECH, — FRECH, 1892. — GORTANI, 1913. O. vermiculare GDFSS. — VINASSA, 1910. — GORTANI, 1913. O. vermiculare GDFSS. var. praecursor FRECH. — FRECH, 1892. O. heliantoides &DFSs. — GORTANI, 1913. O. ceratites GDFSs. — GORTANI, 1915. Endophyllum acanthicum FRECH. — FRECH, 1892. Heliolites porosus GDFSS. — VINASSA, 1910. Favosites Goldfussi M. Ep. H. — FRECH, 1892. Fav. polymorpha GDFSS. sp. — FRECH, 1892. Pachypora eristata BLUM. sp. — VINASSA, 1910. i P. reticulata BLAINV. sp. — FRECH, 1892. — VINASSA, 1910, 12. — GORTANI, 19153, Striatopora subacequalis M. Ep. H. — GORTANI, 19153. ) Vedi elenco bibliografico N.° 25. Vedi elenco bibliografico N.° 26. 3) Vedi elenco bibliografico N.° 10. ) Vedi elenco bibliografico N.° 11. 5) Vedi elenco bibliografico N.° 2. [3] P. VINASSA DE REGNY 6 Alveolites suborbicularis LAM. — FRECH, 1892. — VINASSA, 1910, 12. — GORTANI, 1913. Al. suborbicularis LAM. var. minor GORT. — GORTANI, 1915. Al. irregularis Gorr. — GORTANI, 1913. Al. reticulata STEIN. — FRECH, 1892. Amphipora ramosa PHILL. sp. — VINASSA, 1910, Aulopora repens GDFSs., var. minor GDFSS. — FRECH, 1892. Actinostroma clatratum NICH. -- FRECH, 1892. — VINASSA, 1910, 12. — GORTANI, 1912, 13. Act. clatratum NICH. var. confertum VINASSA— VINASSA, 1910, 12. Act. verrucosum NICH. — FRECH, 1892. ° Act. stellulatum NICH. var. italicum GORT. — GORTANI, 1912, 13. Clathrodiction regulare ROSEN var. carnicum VINASSA. — VINASSA, 1910. — GORTANI, 1912, 13. Stromatopora ‘concentrica GDFSS. — FRECH, 1892. — VINASSA, 1910. — GORTANI, 1912, 18. St. columnaris BARR. — GORTANI, 1912, 13. St. columnaris BARR. var. Gentilis GORT. — GORTANI, 1912, 13, St. bucheliensis BARG. -- GORTANI, 1912, 13. St. Beuthi BARG. — GORTANI, 1912, 15. Stromatoporella curiosa BARG. var. carnica GORT. — GORTANI, 1912, 13. St. socialis NICH. — GORTANI, 1912, 13. Queste forme ad eccezione di: Alveolites reticulata STEIN, di Aulopora repens var. minor e di Actinostroma verrucosum NICH., citati dal FRECH ma nè da lui nè da altri mai descritti del Devo- niano carnico, tutte si trovano nel mio materiale. Ad esse poi se ne aggiungono altre 53, di ma- niera che la fauna studiata comprende 84 forme diverse. Numero non indifferente e che, unito alle 100 forme di briozoi, brachiopodi, molluschi e erostacei descritti della stessa località da GoR- TANI ( Monumbène, pag. 216) fanno del Mesodevonico carnico uno dei più ricchi giacimenti devoniani e il più ricco certo di tutte le Alpi. Le forme studiate e che verranno successivamente descritte in questa nota sono raggruppate nello specchio seguente: P. VINASSA DE REGNY (ohi T CARNIA MESODEVONICO | o — SO | Va! di | | | Ì | | | I i | | | Î | 2 | Collina | le | di | | | S EE a ci | I VUE SPECIE EUSE || INE=9t IS |A] Z 3; a|8/P|s|aia]|ea| | | 9) |= Gi) QI A o {o S| | | a È se] salS|gls|glal \e|_|8 | 9 SUSA Ss | S| o À SI &|e| A | 5 na fra SA IS SUONI Mr] eso si ae a | Z 6|$|S|3| +|—- | —|— | bielclal=l=isi= | 81 | Hermatostroma ctr. Schliiteri NIcH. + | Dia A =.|dli Se 2 \82 Idiostroma efr. Roemeri NicH. SEPARA Rx PILSEN doo MPS IRPI [= | —|-|-|+ = | | i (SS = sii +-- +|-|-|+|=|+ |831 Stachyoides verticillata M° Cor sp. BRA Ri e STIA (6) Raiano i ea o a ae e o SaS | IX Î | | 58.) Coenites polonica GUERICH var. 0.0. Lie silla sE A SS IR onor ypalicarnic RO Ar RR O E [7] | P. ‘VINASSA DE REGNY 65 Di queste 84 forme son dubbie le dieci seguenti : CyattiophyUum cfr. volaicum CHARLESW. Actynocystis cfr. Goldfussi M. Ep. H. Aspasmophyllum cfr. ligeriense BARR. Sp. Favosites cfr. Forbesi M. ED. H. EndophyUum cfr. priscum v. MUENST. sp. Alveolites efr. irregularis GORT. Olysiophyllum cfr. praecursor FRECH Hermatostroma ctr. Schliiteri NICH. Zaphrentis Sp. Idiostroma efr. Ròmeri NICH. Delle 74 restanti sono nuove le 31 seguenti: Cyathophylum tynocistis FRECH var. carnica Actinopora carnica U. collinense Pachypora corallioides O. Gortanti i Striatopora subaequalis M. Ep. H. var. major 0. conglomeratum SCHL. var. pauciseptata Alveolites collinensis OC. Canavarii A. crinalis Olystophullum Tarametllii A, julica Amplexus Gortanii Coenites carnica A. Frechi CHARLESW. var. major O. Mariae ThamnophyHlum carnicum Syringopora carnica Plasmopora carnica Stromatopora Beuthi BARG. var. radiata Heliolites Barrandei PEN. var. carnica St. Cadornai Favosites volaica St. columnaris BARR. var. carnica PF. forojuliensis St. bucheliensis BARG. var. crassa FP. forojuliensis var. pinnata St. forojuliensis F. robiniaefolia Monotrypa carnica. P. italica Sono poi specie peculiari ai giacimenti carnici le altre otto: Striatopora vermicularis M? Covy var. volaica CHARLESW. Alveolites suborbicularis LAM. var. minor GORT. Actinostroma clathratum NICH. var. confertum VINASSA Act. stellulatum NICH. var. italicum GORT. Olathrodiction regulare ROSEN var. carnicum VINASSA Stromatopora Gentilis GORT. Stromatoporella curiosa BARG. var. carnica GORT. St. sociulis NICH. var. conferta GORI. Restano pertanto solo 35 forme che possono servire a determinazioni cronologiche ed a con- fronti con altri giacimenti. Numero certo non eccessivo e che darebbe poca speranza di giungere a qualche risultato concreto se non si avessero a disposizione in questo giacimento anche altri gruppi animali, tanto più che alcune di queste 35 forme rimanenti non hanno valore eronologico. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918, 9 66 P. VINASSA DE REGNY [8] Esaminando il gruppo dei Ciatofillidi vediamo che sono esclusivi del Mesodevonico o almeno in esso predominanti: Cyathophyllum heliantoides GDESS. C. ceratites GDFSS. O, spongiosum SCHULZ Sp. O. dianthus GDFSS. ‘ C. heterophyllum FRECAH. C. coespitosum GDFSS. var. breviseptata FRECH. O. vermiculare GDFSS. Endophylum acanthicum FRECH. O. vermiculare var. praecursor FRECH. Amplexus mutabilis MAURER. Mentre, pur essendo diffusi nel Mesodevonico, accennano al Neodevonico: Oyathophyllum coespitosum GDrss. e 0. Lindstròmi FRECH. Esclusivo poi del Neodevonico era sinora il C. heterophyUoides FRECH. Tra gli altri gruppi accenna pure al Neodevonico, sebbene trovata anche nel Mesodevonico, la Phyllipsastraea Hennahi LONSD. Sp. Le Eliolitidi ed il gruppo delle Favositidi non ci danno molte irdicazioni, perchè diffuse in tutto il Devoniano. Accennano però ad orizzonti abbastanza antichi la Favosites Ottiliae PEN, e la PF. fidelis BARR. Esclusive del Mesodevonico sono: Alveolites Battersbyi M. Ep. H. e Coenites polonica GUERICH var. Tipicamente mesodevonico è tutto il gruppo delle Stromatoporidi rinvenute nel Mesodevonico renano e tutte poi nel Mesodevonico carnico. Si può quindi concludere, con sufficiente sicurezza, che la fauna corallina studiata appartiene al Mesodevonico; e poichè gli altri animali che l accompagnano !) accennano all'orizzonte con Stringocephalus, ritengo giustificato attribuire il giacimento a questo orizzonte. Non posso del resto che ripetere ancora una volta come sia mia assoluta convinzione che le minuziose suddivisioni, a cui voleva costringerci la scienza teutonica meticolosamente precisa, non hanno aleun valore gene- rale ma tutt'al più possono applicarsi a terreni fra loro vicinissimi. Poche parole restano a dire sui rapporti che la fauna corallina ha con quelle dei bacini esteri contemporanei. Coll Inghilterra, su 35 forme, se ne. hanno a comune 20 e cioè il 57 °/,, colla Polonia la percen- tuale scende al 48°/,. Poche poi sono le forme a comune colla Francia (44°/,) e meno ancora cogli Urali (33%) e colla Spagna (31°/). Le massime somiglianze si hanno col bacino renano con cui si hanno a comune ben 32 forme, cioè il 940/,. La fauna coralligena della Carnia non conferma quindi quanto aveva accennato GORTANI ( Mo- numènz, pag. 228) rispetto al collegamento del nostro bacino con quello degli Urali, ma dimostra invece una grande affinità colle scogliere coralline renane. 1) GortanI M. Contribuzioni paleos. carnieo. — IV. Fauna Mesodevonica di Monumène, Palaeontogr. italica, XVII, 1911, pag. 227. ELENCO BIBLIOGRAFICO 1. BARRANDE J. — Systòme silurien de la Bohème, vol. VIII, 1902. 2. CnarLeswortH I. Ca. — Die Fauna des devonischen Riffkalkes. IV. /Corallen nnd Stromatoporoiden. Zeitschr. d. deutsch. geolog. Gessellsch., LXVI, 3, 1914. 3. De ANGELIS D'Ossat G. — Terza contribuzione allo studio del Paleozoico delle Alpi Carniche. Memorie R. Ae cademia dei Lincei, 1904, 4. FrecH F. — Die Cyathophylliden und Zaphrentiden des deutschen Mitteldevon. Dames und Kaiser Palaeontologr. Abhandl., 1IT, 3, 1886, citato come: FRECH, Milteldevon. 5. FrecH F. — Die Korallenfauna des Oberdevons in Deutschland. Zeitschr. d. deutsch. geolog. Ges., XXXVII, 1885, citato come: FRECH, Oberdevon. 6. Freck F. — Nachtrag sur « Korallenfauna des Oberdevons in Deutschland ». Zeitschr. d. deutsch. geolog. Ges., XXXVII, 1885, citato come: FrECH, Nachtrag. 7. 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VIGNASSA DE REGNY [10] . NICHOLSON A. — A Monograph of the british Stromatoporoids. Palaeontographical Society, 39, 42, 44, 46, citato come: NicmoLson, Stromatoporoids. . PeneckE K. A. — Das grazer Devon. Jahrb. der k. k. geolog. Reichsanst., XLIII, 3-4, 1894. . v. Perz H. — Materiali k posnaniu fauni devonskit otlogenii okrani canto y glenoskavo basseina (Sanat: naia Sibir). Travaux de la sect. géolog. du Cabinet de Sa Majesté, IV. . ScaLuRTER C. — Anthozoen des rheinischen Mitteldevon. Abh. zur Specialkarte von n Preussen, VIII, 4. . Scaoz E. — Die Eifelkalkmulde von Hillesheim. Jahrb. der k. preuss. Landesanst. und Bergakad. fiir das Jahr 1882, pag. 158-250, tav. XIX-XXIII, 18883, 5. Vinassa P. — Rilevamento geologico della Tavoletta « Paluzza ». Boll. R. Comit. geolog. it., XLI, 1, 1910, ci- tato come: Vinassa, Palusza.- 26. Vinassa P. — Rilevamento nelle tavolette di Paluzza e Prato carnico. Boll. R. Comit. geolog. it., XLII, 3, 1912, citato come: Vinassa, Palusza e Prato carnico. 27. Vinassa P. — Fossili dei monti di Lodìn. Palaeontographia italica, XIV, 1908, citato come: Vinassa, Lodìr. 28. Vinassa P. — Il Devoniano medio nella giogaia del Cogliàns. Rivista it. di Paleontologia, 1908, citato come: Vinassa, Devoniano del Coglians. 29. Vinassa P. — Fossili ordoviciani di Uggua. Memorie Ist. geolog. della R. Università di Padova, II, 1914, ci- tato come: VINASSA, Uggwa. DESCRIZIONE DELLE FORME Gen. Cyathophyllum Gprss. Cvathophyllum helianthoides Gprss. 1914. Oyathophyllum helianthoides Gprss. CHARLESWORTA. Op. cit., pag. 357, tav. XXXI, fig. 5 (cum syn. usque ad i 1886). 1902. = —_ _ LeBEDREW. Op. cit., pag. 85 (cum syn. rossica). Dei vari esemplari raccolti due meritano un cenno speciale di descrizione. Di Val di Collina ho un esemplare incompleto, che potè però esser levigato nei due.sensi. Il corallo è assai grande; misura difatti un diametro di circa 3 cm.; è perciò rispondente alle di- mensioni normali di questa specie, sebbene non sia certo dei maggiori. I setti son circa settanta, regolarmente disposti. Mentre essi verso il centro del calice sono ben netti, lineari, diritti, verso la periferia si piegano irregolarmente e si perdono in mezzo al tessuto vescicolare molto sviluppato ed irregolare. Tutti i setti raggiungono il centro del calice, si toccano e si incurvano a formare una falsa columella. È caratteristica pure la presenza di numerose trabecole settali irregolarmente disposte, ma prevalenti nella porzione marginale e mediana dei setti, le quali trabecole non si uniscono tra loro a formare delle vere traverse, ma appaiono come spine che si incurvino verso il centro del calice. I dissepimenti centrali sono pochissimo sviluppati, ma nettamente distinti dal tessuto vescicolare, che invece è riccamente rappresentato. Un secondo esemplare, di C. Monumènz, è immerso nella roecia. L'individuo presenta una leg- gera strozzatura mediana. Il calice è ovale. L'altezza dell’ esemplare raggiunge appena 3 centimetri, mentre il diametro massimo del calice è circa 14 mm. I setti sono 30 + 30, regolarmente raggianti e di larghezza pressochè uguale tra loro. Solo i setti di primo ordine raggiungono il centro e quivi si contorcono toccandosi e formando una falsa columella; mentre i setti di secondo ordine si arre- stano a circa 2-3 mm. prima di raggiungere il centro. Le traverse sono poco numerose e predo- minanti presso la porzione periferica. Questo esemplare, assai più piecolo del normale, è però ri- spondentissimo alle forme tipiche, se si faccia astrazione dal fatto che, per la sua giovinezza, non accade che i setti si perdano nel tessuto vescicolare presso la teca. L’esemplare ora descritto si può avvicinare a quello di Auburg presso Gerolstein figurato dal FRECH nella figura 5 della tav. IV del suo lavoro sui Ciatofillidi mesodevonici. La presenza di dissepimenti ed il fatto che nei giovani individui i setti sono continui sino alla teca fanno aserivere questa specie a CyathophyUum invece che ad Actìnocystis, col qual genere si hanno però forti somiglianze, tali anzi che, se non si dispone di una sezione longitudinale, la deter- minazione esatta è impossibile. 70 P. VINASSA DE REGNY [12] Il C. helianthoides è forma quasi esclusivamente del Mesodevonico, essendo citata dell’ Eo- devonico superiore come eccezione. L’ esemplare descritto dallo CHARLESWORTH sembra appartenere alla specie; ma, data la innegabile confusione che deve essere avvenuta nella raccolta del mate- riale da lui studiato; non si può asserire che quell’ esemplare provenga dall’ Eodevonico. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. — Cas. Monumènz, 1 es. M. Canale, 1 es. — M. Capolago, 1 es. e £ grossi frammenti. Cyathophyllum tinocystis FRECH var. carnica n. v. — Tav. VI [I], fig. 1. Ho un solo esemplare immerso nella roccia, per cui nulla posso dire della sua forma esterna. La determinazione è resa possibile solo dalle sezioni, le quali, essendo il pezzo benissimo conser- vato, danno ben netti i caratteri interni. Il diametro è di 46 mm.; solo di poco minore cioè di quello che normalmente si riscontra nella specie tipica. Con questo diametro i setti sono circa 64; il numero corrisponde così a quello osservato negli esemplari renani, che con 5 cm. di diametro hanno circa 70 setti. I setti sono solo lievemente ondulati e si dirigono tutti regolarmente al centro, senza mai cur- varsi nel loro percorso. Essi non raggiungono l’area centrale se non per eccezione; in generale si arrestano un poco prima di essa. Tra i setti di primo e di secondo ordine la diversità in lunghezza è minima e di rado arriva ad 1 mm. Nemmeno dallo spessore si distinguono i setti di primo da quelli di secondo ordine. Tutti i setti sono fortemente inspessiti, tanto che presso la parete essi sono assai più larghi che non lo spazio intersettale; carattere questo posto in rilievo anche dal FRECH. Questa deposi- zione secondaria di stereoplasma dà ai setti stessi un’ apparenza spugnosa vacuolare. Nella massa così inspessita si notano delle punteggiature più scure, che sono le tracce delle spinosità settali irregolarmente disseminate. In sezione longitudinale appaiono le somiglianze coll’ esemplare figurato dal FRECH (Oberdevon, * pag. 28, tav. I, fig. 1, 1a) colla sola differenza che la porzione intermedia tra le vescicole laterali e la porzione mediana con sepimenti nel mio esemplare manca. Anche le vescicole sono più nume- rose e più fitte. La porzione centrale con sepimenti occupa appena un nono del diametro. I sepimenti sono fitti, numerosi e non presentano quel rilievo mediano, quella specie di bozza sporgente che il FRECH ha figurato. Anzi i sepimenti hanno una forma netta di tazza, cosicchè anche nel calice sembra non debba essere stato quel piccolo rilievo mediano a cui accenna il FRECH. Il tessuto vescicolare è immensamente sviluppato e presenta le caratteristiche già accennate dal FRECH. Si ha cioè una prima porzione costituita da una serie di vescicole quasi diritte, per- pendieolari alla superficie del calice; porzione però che è pochissimo estesa ed a cui segue subito una forte curvatura nell’andamento. Le vescicole si dispongono infatti in serie perpendicolari alla parete. Si forma dunque come un arco molto sentito verso il centro, concavo verso l'alto. Le ve- scicole sono allungate, basse, numerose, ammassate una; sull’ altra ed in esse appaiono qua e là le tracce delle spinosità settali già notate nella sezione trasversale. Questa forma è assai interessante. Essa appartiene certo specificamente al 0. tynocystis FRECH, ma si dispingue da esso per le sue dimensioni un poco minori, per il maggior numero delle ve- scicole e più che altro per la mancanza della porzione intermedia tra il tessuto vescicolare e la porzione centrale con sepimenti. Cioè a dire che la varietà carnica è assai più un tipico Ciatofillo del gruppo €. Rhelianthoides, mentre la specie tipica si avvicina assai più ai Clistophyllum, come il {13] P. VINASSA DE REGNY 71 FRECH aveva già notato. Ma bene egli aveva riconosciuto le strette parentele con forme del 0. Rhelian- thoides, e perciò aveva riferito la sua nuova forma a questo gruppo piuttosto che ai Clisiofilli. La presenza di questa varietà mesodevonica, nella quale le somiglianze coi Clistophyllum sono minori, sta a dimostrare che la tipica forma 0. tynocystis deve esser derivata da forme tipicamente Ciatofilloidi, Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Cvathophyllum spongiosum ScHULZ sp. 1883. Heliophylium spongiosum Scnutz. Op. cit., pag. 81, tav. XXI, fig. 8. 1886. Cyathophyllum spongiosum ScHuLz sp. FRECH. Mitteldevon, pag. 58. Ho un solo piccolo esemplare che presenta però tutti i caratteri della specie. Il diametro oltre- passa di poco i 15 mm. V individuo è perciò assai più piccolo dell’ esemplare originale dello SCHULZ: il FRECH nelle poche parole che spende attorno a questa specie non parla mai di dimensioni. ] La teca è sottilissima; la forma del calice nei suoi caratteri esterni non apparisce nel mio esemplare, poichè ho solo a disposizione le sezioni trasversale e longitudinale. In sezione trasver- sale si notano 30 +30 setti nettamente alternanti. I setti di primo ordine si prolungano sino verso il centro, ma non lo raggiungono; nell’ ultima parte del loro percorso sono ondulati; i setti di se- condo ordine sono circa la metà più corti. La forma dei setti è tipicamente lanceolata con inspes- simento maggiore verso la metà del percorso. Un tale inspessimento, su per giù uguale. a quello che si nota nei setti di primo ordine, si vede anche chiaramente in quelli di secondo ordine. Le traverse settali sono numerose; assai più che non nel prossimo 0. helianthoides. Il loro nu- mero, ridotto verso il centro, va aumentando verso la metà ed assumendo una disposizione alter- nante abbastanza netta. Poco prima della metà del setto, a cominciare dalla teca, si inizia la por- zione tipicamente spugnosa. L'aspetto di questa porzione è identico a quello che si riscontra nella Phyllipsastraca pentagona, come giustamente fece rilevare il FRECH. Anzi nel mio esemplare è anche più notevole la perforazione della massa settale. In sezione longitudinale si nota la somiglianza col C. helianthoides ; ma lo sviluppo del tessuto vescicolare è assai forte, superiore a quello che si nota nel C. helianthoides. I sepimenti sono radi, regolari, quasi paralleli, un poco ondulati; differiscono cioè da quelli del C. Relianthoides perchè sono più radi e più regolari. Nonostante le dimensioni minori i caratteri sono così rispondenti che non esito a riferire alla specie eifeliana Vl’ esemplare carnico. Il C. spongiosum è stato sin adesso rinvenuto solo negli strati superiori a Calceola sandalina. Cas. Monumènz, 1 es. Cyathophyllum heterophyllum M, Ep. H. — Tav. VI [I], fig. 2. 1886. Cyathophyllum heterophyllum M. Ep. H. FRECH. Mitteldevon, pag. 59, tav. VI, fig. 5-10 (cum syn.). 1902. = — LEBEDEW. Op. cit., pag. SI (cum syn.). 1914. = —_ CHARLESWORTH. Op. cit., pag. 360, tav. XXI, fig. 6. Di . ela . 9 . . . . . . . E questa una tra le forme di coralli isolati che raggiungono maggiori dimensioni. Infatti un solo esemplare ha appena 12.5 mm. di diametro, mentre gli altri raggiungono circa 4 em. Un esem- 9 plare di Timan di 52 mm. di diametro sembra possedere un’altezza di oltre 4 cm. Ma certo era in 72 P. VINASSA DE REGNY [14] origine anche maggiore poichè alla superficie il calice apparisce eroso. La teca è sempre molto sottile, tanto che in aleuni punti è scomparsa. I setti sono numerosi; nell’esemplare minore con 125 mm. di diametro essi sono 26 + 26. Negli esemplari maggiori variano da 35 + 35 a 37 + 87. I setti di primo ordine giungono sino al centro e quivi si incurvano, serpeggiano, si piegano come raggi di una girandola a formare una pseudocolumella. I setti di secondo ordine sono pure molto, lunghi e arrivano essi pure sin quasi al centro. Quello che è veramente caratteristico per questa specie è la forma dei setti nettamente affusolati. Cominciano essi difatti sottili presso la teca poi man mano si ingrossano per tutto il loro primo terzo, poi diventano ancora sottili sino a farsi quasi filiformi nella porzione centrale del corallo. La zona vescicolare. è molto estesa e le pareti delle vescicole appaiono numerose tra setto e setto. La grande maggioranza dei miei esemplari ha note- vole somiglianza con quelli mesodevonici renani. Il minore di tutti già citato, salve le sue dimen- sioni, può avvicinarsi all’esemplare figurato dal FRECH nella fig. $ della tav. VI. I maggiori somi- gliano invece, anche per il serpeggiamento mediano dei setti, all'esemplare figurato nella fig. 7 della stessa tavola. Si possono anche rilevare somiglianze tra gli esemplari maggiori e l’ esemplare figurato dal FrECH nella fig. 1 della tav. V, che rappresenta la mutazione torquata. Ma le somi- glianze si limitano alla forma dei setti nel centro e non, ad esempio, al loro numero, che nella mut. torquata è maggiore. i Un altro esemplare proveniente dal calcare chiaro di Val di Collina ha eirca 30 mm. di dia- metro e va indubbiamente riferito a questa specie per la forma dei setti, il loro numero (35 + 35) il loro ingrossamento e le numerose vescicole. Questo esemplare ha però molte somiglianze colla Hallia Pengelli (MILNE EpbwARDS and HAIME, British fossils Corals, pag. 223, tav. 49, fig. 6). Ma questa somiglianza deriva dall’avanzato grado di alterazione in cui l’ esemplare si trova, cosicchè sembra giustificata l’ opinione del FRECH (Mitteldevon, pag. 60, nota 3) che, almeno in parte, gli esemplari determinati col nome di Hallia Pengelli dagli autori inglesi sian riferibili invece al O. he- terophyllum. Oyathopyllum heterophyllum è specie quasi esclusiva del Mesodevonico; solo per eccezione sale al Neodevonico inferiore. L’esemplare che descrive e figura il CHARLESWORTH sembra appartenere senz'altro a questa specie; probabilmente quel cfr. è stato posto dall’ Autore avuto riguardo aila provenienza del fossile dal Devoniano inferiore, orizzonte nel quale questa specie ancora non venne trovata. Se il pezzo non fu raccolto in posto, cosa più che probabile data la poca' sicurezza della provenienza del materiale studiato da CHARLESWORTH, non è escluso che anche quell’ esemplare sia del Mesodevonico. Val di Collina, calcare osenro, 4 esemplari. — Val di Collina, caleare chiaro, 2 es. — Timau, 1 es. Cyathophyllum heterophylloides FRECH. 1885. Cyathophyllum heterophyloides FrECH. Oberdevon, pag. 30, tav. I, fig. 2. 1896. - = — GuERICH. Op. cit., pag. 158, tav. II, fig. 7. 1902. = = = LeBEDEW. Op. cit., pag. 81. Ho taluni esemplari, di cui uno ha cirea 22 mm. di diametro massimo. Essendo gli esemplari immersi nella roccia, nulla posso dire dei loro caratteri esterni. Invece l’ erosione e la sezione mo- strano chiari i caratteri interni della specie. I setti sono abbastanza numerosi, contandosene, nel- l'esemplare con 22 mm. di diametro, 30 +30. I setti sono fusiformi, ingrossati cioè poco prima della loro metà come nella specie precedente. Del resto sono lineari, nel loro percorso un poco on- [15] P. VINASSA DE REGNY 73 dulati; verso il centro quelli di primo ordine si curvano e finiscono per toccarsi, senza però assu- mere la forma a girandola caratteristica della specie precedente, cosicchè la falsa columella è più semplice di aspetto. I setti di 2° ordine sono circa la metà più brevi di quelli di primo. Lateralmente ai setti si notano nettamente alcuni processi laterali, verticali, a differenza di quanto avveniva nel C. heterophyllum, ove tra setto e setto non si notavano che le sezioni delle vescicole periferiche. Questi processi laterali appaiono in sezione come nodi, tal quale nell’ esem- plare figurato dal GUERICH, che ha apparenza diversa da quelli figurati dal FRECH. Il tessuto endo- tecale è assai più fitto verso la periferia che non verso il centro del corallo, e nella zona più esterna si notano dei fitti dissepimenti orizzontali, che il FRECH fa risaltare nella sua descrizione, mentre mancano nell'esemplare del GuERICH. Questi anzi avverte che un tal carattere ha valore molto limitato. Un grosso esemplare del calcare chiaro di Val di Collina, pure immerso nella roccia, è assai bene scolpito fuori dagli atmosferili. L’individuo è assai grande, misurando nei suoi due diametri 30 e 25 mm.; l’esemplare è difatti un poco ovale. I setti son numerosi, contadosene 40 + 40. Quelli «di prim’ ordine arrivano al centro, quelli di secondo arrivano a metà. Questi setti hanno decorso lievemente ondulato; specialmente quelli di 1° ordine verso il centro assumono una disposizione falcata. Ma non avendosi disposizione nettamente a girandola la falsa columella è poco appariscente. Questa specie si distingue dal prossimo €. heterophyUum per la forma dei setti, la loro minor lunghezza, la presenza dei processi settali laterali e la forma più regolare dei dissepimenti mediani. Il FRECH ammette una derivazione genetica delle due forme in quanto dal più antico heterophyUum si passerebbe mediante graduali passaggi, che egli crede di aver scorto, al più recente heterophyloides. Pel GUERICH nou è questo il caso, facendo egli invece risaltare il legame coi tipi di /MeliophyUum del HALL ( Devon Fossils, 1876, tav. 25). L'idea del GUERICH sembra esser confermata dal fatto che anche nelle Carniche 0. hReterophyUoides si trova accanto a 0. heterophyWlum. Val di Collina, calcare scuro, 2 es.; calcare chiaro, 1 es. Ù Cyathophyllum collinense n. f. — Tav. VI [I], fig. 7-9. Ho di questa nuova forma un solo esemplare assai ben conservato, che misura un’altezza di 42 mm., e che ha una decisa forma a trottola. Il calice è ovale, misurando i suoi due diametri ri- spettivamente 34 e 27 mm. Il calice è assai profondo e stretto, poichè il suo fondo è a circa 30 mm. dalla base. La forma è quella di un dito di guanto svasato in alto. Esternamente sono abbastanza visibili le coste settali, che tralucono sotto alla teca. Più spiccati sono i numerosi ed ottusi cingoli di accrescimento tutti su per giù paralleli. A_28 mm. dalla base, e quindi quasi in rispondenza del fondo del calice, si nota un forte strozzamento dopo del quale si inizia un rapido allargamento dell’individuo ricresciuto entro al calice strozzato. I setti nel calice son nascosti dalla roccia e quindi i loro caratteri si desumono solo dalla se- zione. E in sezione trasversale si vedono questi setti nettamente alternanti in numero di 32 + 32 I setti di 1° ordine hanno una forma nettamente ovalare, lanceolata; più sottili cioè verso ila teca ed appuntiti, ma non filiformi, verso il centro. Il massimo ingrossamento è nella porzione mediana. I setti di 2° ordine sono pure ingrossati per oltre i due terzi della loro lunghezza in modo da’ venir quasi a contatto coi setti di 1° ordine. Essi pure sono più sottili verso la teca, ma verso il centro son quasi filiformi. In tutti questi setti è nettamente visibile il setto primario mediano, attorno al quale è avvenuto l’inspessimento successivo. i Questi setti sono tipicamente raggianti ed eguali tra loro, senza aleun accenno a simmetria bi. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 10 74 P. VINASSA DE REGNY |16] laterale. I setti di 1° ordine sono lunghi da 8 a 9 mm.; si arrestano cioè prima di giungere al centro del calice. I setti di 2° ordine sono da 1a 2 mm. più corti. Non si scorge traccia di traverse. In sezione longitudinale si nota la grande prevalenza del tessuto vescicolare, che occupa i due terzi di tutto il corpo del corallo. Questo tessuto ha vescicole di due tipi. Quelle più esterne, che corrispondono su per giù al punto di ingrossamento dei setti, hanno forma quasi semicircolare; sono cioè alte e brevi e poco inclinate verso il centro. Ad esse ne seguono altre e più numerose, assai più depresse ed allungate e fortemente inclinate verso il centro, tanto che in alcuni punti sembran verticali. I sepimenti mediani hanno forma concava verso l’alto, sono abbastanza numerosi e di- sposti su per giù parallelamente tra di loro. = L’unica specie a cui la nuova può avvicinarsi è il C. ReterophyUWum GDFSS. col quale ha a comune la forma lanceolata dei setti che però nel C. collinense è assai più tozza. Anche in sezione longitudinale si hanno analogie col C. Reterophyllum, ad esempio colla sezione appartenente ad una mut. torquata figurata dal FRECH nella fig. 12 della tav. VI (Mitteldev.). Ma si notano però subito non piccole diver- sità nella forma delle vescicole distali. Le somiglianze quindi si riducono a poca cosa, mentre il numero la forma la brevità e il forte ingrossamento dei setti tengono ben distinta la nuova forma carnica. Val di Collina, caleare chiaro, 1 es. Cyathophyllum vermiculare Gprs. 1886. Cyathopylum vermiculare (Gprs.) FRECH. Mitteldevon, pag. 62, tav. II, fig. 1-3, 5 (cum syn.). 1896. -_ —_ — mut. polonica GUERICH. Op. cit., pag. 159. 1902. _ — — LEeBEDEW. Op. cit., pag. 81, tav. V, fig. 58-60 (cum syn. ross.). 1908. 2 ani — Vinassa. Lodin, pag. 173, tav. XXI, fig. 2. i 1910. _ i —_ — Vinassa. Paluzza, pag. 42, tav. 1, fig. 1. 1913. _ — — GorrtanI. Cogliàns, pag. 24, tav. III, fig. 2. Poche parole sono da spendere intorno a questa ben nota specie così diffusa anche in Carnia e già descritta del Mesodevonico di Paluzza e del Cogliàns. Farò solo rilevare che un esemplare è somigliantissimo, per avere il centro del calice con un reticolato di traverse, a quella forma che MAURER ha descritto come 0. robustum (MAURER, Op. cit., pag. 95, tav. II, fig. 1) la quale certo appartiene a C. vermiculare. È questa una specie prossima al C. heterophyllum, dal quale però si distingue a prima vista per un minore sviluppo dei setti di 2.° ordine. I miei esemplari sono in generale di piccole dimensioni. Il maggiore misura circa 16 mm. di diametro. Anche in uno dei miei esemplari si nota la tendenza. già fatta avvertire da GORTANI, dei sette primari ad incurvarsi verso il mezzo per disporsi nel piano dei setti secondari contigui. La forma è diffusissima nel Mesodevonico. Val di Collina, calcare nero, 2 es.; Monumènz, calcare nero, 2 es. ; Cas. Monumènz, 1 es.; calcare nero di Ombladét a Volaia, 3 es.; Passo Volaia, 1 es.; Capolago, 1 es.; Creta di Timau, 1 es.; M. Sasso nero, 1 es.; Collinetta, 1 es.; Valpùdia, 1 es. Cvathophyllum vermiculare Gprs. var. praecursor FRECH 1902. CyathoplyMlum vermiculare (GDrs.) var. praecursor (FrRECH) LeBeDEW. Op. cit., pag. 82 (cum syn.). Questa varietà che venne benissimo descritta e figurata dal FRECH si distingue per il maggiore sviluppo dei setti di secondo ordine, e per la maggior sottigliezza della teca. Dal C. heterophyMNoides, [17] P. VINASSA DE REGNY Si (5) a cui si avvicina più della specie tipica appunto per questo maggiore sviluppo dei setti di 2.° ordine, si distingue per avere i setti di uniforme spessore e dritti alla loro determinazione verso il centro. Ho di questa varietà un solo esemplare un poco ovale relativamente grande; misura difatti circa 20 mm. nel suo diametro maggiore ed ha setti numerosi, quasi tutti di ugual lunghezza. La varietà è sparsa per tutto il Mesodevonico europeo, sia nei suoi orizzonti inferiori sia nei superiori. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Cvathophyllum Gortanii n. f. — Tav. VI [I], fig. 10, 11. (?) 1914. CyathophyMlum vermiculare mut. carnicum CHARLESWORTH. Op. cit., pag. 358, tav. XXXII, fig. 6. Corallo a forma di cilindro tozzo, segnato esternamente da netti cingoli di accrescimento tra cui stanno minuti rilievi, che, tagliando le ben visibili coste settali, danno alla superficie un aspetto cancellato. Il calice è quasi esattamente circolare con circa 18 mm. di diametro. Nessuno dei due esemplari incompleti di cui dispongo ha però il calice libero. Non si può quindi parlare che della sua sezione. In sezione trasversale si notano 52 setti quasi tutti tra loro uguali, che arrivano sino al centro, senza però nè toc- carsi, nè arrotolarsi. Il loro .percorso è ondulato a larghe ondulazioni. I setti sono tutti quanti inspessiti e decorrono regolarmente assottigliandosi dalla periferia al centro. Tra setto e setto si hanno traverse, numerose in modo speciale verso la periferia, anche esse assai spessite tanto da rag- giungere lo spessore dei setti stessi. Dalla presenza di tali traverse risulta un reticolato abbastanza regolare di maglie lungo tutto il percorso dei setti. È A È É Fig. 1. — Cyathophyllum Gortanii, n. sp. In sezione longitudinale si ha pure questo tipo di in- a, sezione trasversale; d, sezione longitudinale. spessimento, che quì è anche più nettamente calcitico. Verso Ingrand. X 3. la periferia si notano da due a tre strati di grosse vesciche semilunari addossate, di cui talune più piccole sono abbracciate dalle maggiori. Esse son tutte di- sposte su per giù verticalmente, quasi parallele alla superficie. A questa porzione con grosse vesciche segue una seconda di vescicole più ovali allungate, quasi a forma di lentiechia, che sono assai meno inclinate delle precedenti e che anzi passano ad essere quasi orizzontali nella porzione assiale. E qui prendono il posto dei sepimenti che si notano nelle altre specie di Ciatofilli. Anche in queste vescicole si nota l inspessimento della parete, quantunque in minor grado che non nella parte corticale. La nuova forma appartiene al gruppo del 0. vermiculare alla quale si collega per la forma generale, l’ornamentazione esterna, là forma dei setti e la frequenza delle traverse. I caratteri di- stintivi sono: il numero dei setti stessi che è assai più grande, le loro dimensioni quasi uniformi di modo che non si distinguono i setti di 1° da quelli di 2° ordine, la disposizione quasi regolare delle traverse e il loro forte inspessimento. Ma anehe maggiori sono le differenze nella sezione lon- gitudinale, poichè le grandi vescicole quasi semicircolari abbraceianti le minori mancano nel 0. ver- mieulare, e diversa è pure la forma e la disposizione del tessuto vescicolare medio e centrale. 76 P. VINASSA DE REGNY [18] Pongo in sinonimia con dubbio la forma riferita come mutazione al C. vermiculure dal CHARLE- swoRTH. La descrizione sembra accennare a caratteri che si notano nei miei esemplari, specialmente per quanto ha riguardo alla sezione longitudinale; ma la sezione figurata non solo non risponde ma contraddice nettamente alla descrizione. Comunque sia i caratteri, specialmente della zona vescico- lare, sono così diversi da quelli che presenta il 0. vermiculare tipico, che a parer mio si deve trattare di una nuova specie e non di una semplice mutazione. Val di Collina, caleare chiaro, 1 es. e 2 frammenti. Cyathophylium cfr. volaicum OnARI. Riferisco con dubbio a questa specie due esemplari del calcare nero con Amphipora del Germula. Le dimensioni sono minori di quelle degli esemplari figurati dal CHARLESWORTH (Op. cit., pag. 362, tav. XXXI, fig. 9-10) poichè i miei raggiungono appena i 14 mm. di diametro. Ma l’autore avverte che le dimensioni della sua specie oscillano tra 4 e 30 mm. Del resto, delle dimensioni date dal CHARLESWORTH assai poco vi è da fidarsi. La teca è sottile, i setti sono alternanti e quelli di 1° ordine giungono sin quasi al centro. Il loro numero è di 30430: ciò che darebbe, date le dimensioni dei miei esemplari, una maggior quantità di setti. L’ingrossamento forte di essi che produce quell’anello bianco caratteristico è ben visibile. I singoli setti si posson però benissimo distinguere anche nella massa di tale ingrossamento calcareo. La sezione longitudinale non rende visibili i caratteri interni; si nota solo una predominanza della porzione centrale sepimentale su quella esterna vescicolare, ciò che sta in aperta contraddi- zione colla descrizione dello CHARLESWORTH, ma, viceversa, in perfetta concordanza colla sua figura, poichè descrizione e figura, come spesso accade in questo lavoro, non collimano affatto. Nella deseri- zione difatti si dice che la porzione centrale occupa appena un sesto del diametro; nella figura invece, ammesso pure che non tutta la porzione vescicolare sia stata figurata, si tratta sempre almeno della metà. i Constatata dunque la imprecisione dello CHARLESWwORTH e lo stato dei miei esemplari son co- stretto ad una determinazione approssimativa. Calcare nero del Germula, 2 esemplari. Cyathophylilum ceratites Gprs. 1886. Cyathophyllum ceratites Gprs. FRECH. Mitteldevon, pag. 64, tav. V, fig. 4-10, 12, 14-16 (cum syn.). 1902. — — — LeBeDEW. Op. cit., pag. 78 (cum syn. rossica). 1913. = n — GORTANI. Cogliàans, pag. 22, tav. II, -fig. 10. Gli esemplari più frequenti di questa specie hanno la lunghezza da 2 a 3 cm. ed un diametro variante da 15 a 22 mm. Ma due esemplari arrivano sino a 5 em. di altezza con un diametro di 4 em. La forma generale è varia. Alcuni esemplari hanno un aspetto di corno ottuso e tozzo. La curva- tura è poco spiccata ma sempre però ben visibile. La teca è sottile, solo in un esemplare si pre- senta un poco ingrossata, spesso con forti linee di accrescimento, sulle quali però in taluni esemplari predominano le coste longitudinali rispondenti ai setti, come negli esemplari di questa specie che il QUENSTEDT ( Petrefakenkunde, 1852, tav. 59, fig. 29, 30) distinse col nome di C. lineatum. [19] P. VINASSA DE REGNY TT Il calice è poco profondo. I setti sporgono poco in esso. Nella frattura si avverte talvolta una maggior facilità ad aversi separazione netta lungo uno dei sepimenti tabulari trasversali, e allora i setti si notano come denti ottusi, di aspetto abbastanza simile a quello degli Amplerus. I setti sono regolarmente alternanti; quelli di 2° ordine più corti di quelli di 1° (in generale ne raggiungono circa i due terzi). Nei miei esemplari i setti di 1° ordine sono per lo più brevi; in uno solo essi raggiungono quasi il centro del calice. Questa apparenza però dipende dal punto ove cade la sezione o la frattura. Si ha in tal caso l’aspetto di quell’ esemplare che lo SCHULZ (Op. cit., pag. 230) credè poter distinguere col nome di Campophyllum curvatum. Il numero dei setti con 18-20 mm. di diametro è di 3£ +32, cioè a dire esattamente il numero che si nota nelle forme tipiche renane. Lateralmente ai setti si hanno, ma assai rari, dei processi spiniformi che qua e là si uniscomo a formare delle traverse settali. In sezione longitudinale si nota Vl enorme sviluppo dei sepimenti orizzontali in confronto colla limitatissima porzione vescicolare periferica. Un esemplare si presenta come quello figurato dal FRECH a tav. V, fig. 7 nella sua porzione superiore, cioè sino al punto in cui comincia la forma- zione dei sepimenti orizzontali. Salvo che per la minor lunghezza dei setti, si hanno somiglianze spiccate coll’esemplare degli strati a Stringocephalus figurato dal FRECH nella fig. 5 della stessa tavola. Mentre l’ esemplare rotto in rispondenza dei sepimenti somiglia a quello che il FRECH figura nell’ altro suo lavoro: Ueder das Kalkgerust der Tetrakorallen, pag. 946, tav. XLI, fig. S. Anche somiglianze si notano cogli esemplari descritti dal GUERICH (Op. cit., pag. 163), che pure hanno setti relativamente brevi. Il C. ceratites è specie prevalente nel Mesodevonico, ma si spinge anche in basso sino all’ Eode- vonico superiore ed in alto al Neodevonico inferiore. Val di Collina, calcare nero, 4 es.; Capolago, 1 es.; M. Canale, 1 es. Cyathophyllum dianthus Gprs. 1886. Cyathophyllum dianthus Gprs. FrECcH. Mitteldevon, pag. 68, tav. I, fig. 1-6 (cum syn.). 1896. _ —_ — GuERICA. Op. cit., pag. 164. 1914. —_ _ — CHARLESWORTH. Op. cit., pag. 363, tav. XXXI, fig. 7,8 (cum syn.). Corallo semplice cilindrico il cui diametro misura mm. 14. La teca è molto sottile e la super- ficie si presenta tutta striata longitudinalmente da coste settali che sono appena segnate perpendi- colarmente da strie di accrescimento. I setti sono in numero di 24+24 alternanti e presentano la caratteristica notata dal CHARLESWORT, che cioè essi nella loro porzione periferica sono immen- samente ingrossati, mentre verso Vl’ interno sono sottilissimi, quasi capillari. La porzione ingrossata rappresenta appena un quarto della intera lunghezza del setto. Anche è da notare che l’ assottiglia- mento dei setti non avviene gradualmente ma ad un tratto; infatti il setto dopo l inspessimento periferico diviene immediatamente sottile. I setti sono adunque nella parte maggiore del loro percorso nettamente lineari e presentano qua e là delle leggere ondulazioni. I setti di 1° ordine sono lunghi tanto che taluni di essi raggiun- gono il centro del calice, ma non si toccano. Avviene però che essi qua e là si anastomizzano eoi setti vicini. I setti di 2° ordine sono molto brevi; solo per eccezione taluni arrivano sino alla metà della lunghezza dei setti principali. 78 P. VINASSA DE REGNY [20] Le traverse, un poco ricurve, sono numerose specialmente nella parte periferica; si arriva a con- tarne sino ad $S lungo tutto il percorso dei setti. I sepimenti trasversali sono fitti, avvicinati ed abbastanza estesi tanto da occupare oltre la metà del calice. Essi vanno smorendo nella porzione periferica vescicolare, che non è quindi nettamente distinta dalla porzione mediana sepimentata. Faccio notare che taluni esemplari del Germula sono caratterizzati da un forte inspessimento dei setti, tal quale come nell’ esemplare figurato dal CHARLESWORTH nella figura 8 della tav. XXXI e proveniente dall’ alta Valentina. Tra le forme figurate dal FRECH quella rappresentata nella fig. 4 della tav. I somiglia alla nostra nella parte centrale per la forma dei setti e la loro ondulazione; si ha soltanto la mancanza del forte ispessimento nella porzione periferica dei setti stessi. Anche il numero di essi è leggermente mag- giore; con 16 mm. di diametro si hanno difatti nell’ esemplare renano 32 +32 setti, mentre nel nostro con 15 mm, se ne hanno solo 24-24. Ma non è certo questo un carattere sufficiente per separare la forma carnica. Anche gli esemplari mesodevonici della Polonia si distinguono per un maggior numero di setti ed anche perchè i setti di 1° ordine non arrivano sino al centro. Ma per tutti gli altri caratteri vi è identità perfetta. La forma venne citata ripetutamente nelle Carniche. Il DE ANGELIS ( Op. cit., pag. 90) la cita nel Neosilurico del Lodìn, ma non la figura. Basta però la sua descrizione per comprendere che si tratta di forma ben diversa. Infatti egli dice che i setti dei due ordini « presentano poca o punta differenza tra loro », cosa questa che non accade mai nel €. dianthus, ove invece i setti di secondo ordine son sempre assai più brevi che non quelli principali. Il CHARLESWORTH, che dice che i suoi due esemplari misurano 8 e 15 mm. di diametro, li figura entrambi: ma di essi uno ha effettivamente un diametro di poco minore a 9 mm. e l’altro invece ha solo S mm. Sono dunque entrambi di piecole dimensioni. Le somiglianze coi miei esemplari son forti. Specialmente con l’ esemplare che, stando alla spiegazione della tavola proviene dal Seekopf Thòrl mentre nella descrizione è indicato del Wolayer Thòrl, mantenendosi così la solita confusione di località, derivata dalle carte austriache e dai vari illustratori, che hanno sempre usato libera- mente denominazione diverse per la stessa località. Può darsi che anche per questi esemplari si ripeta l’ errore di orizzonte dovuto al fatto che il FRECH non li ha raccolti in posto. Lo stesso CHARLESWORTH nota infatti la nessuna diversità tra i suoi esemplari, che dovrebbero essere eode- vonici, e quelli mesodevonici dell’ Eifel. Del resto però la specie, che è prevalentemente mesodevo- nica, si trovò anche in orizzonti più antichi. Calcare nero di Val di Collina, 2 esemplari; M. Germula, 2 es. Cyathophyllum Lindstré6mi FRECH 1886. Cyathophyllum Lindstròmi FrecH. Mitteldevon, pag. 69, tav. I, fig. 8-12, 14-17 (cum syn.). 1896. _ = GuERICH. Op. cit., pag. 165. 1913. _ = GORTANI. Cogliàns, pag. 23, tav. III, fig. 1. È forma relativamente diffusa nei giacimenti mesodevonici carnici, ma son rari ed incompleti gli esemplari isolati. Venne già descritta dal GoRTANI del Mesodevonico inferiore del Cogliàns. La forma esterna è in generale cilindrica, poco ricurva; le dimensioni variano da un diametro di 12 sino ad uno di 26 mm. La teca è sottile con nettissime coste settali e meno nette strie di accrescimento. (21) P. VINASSA DE REGNY 79 I setti son dritti, regolarmente alternanti. radi, distanti tra loro circa un mm. Nell esemplare maggiore, con 26 mm. di diametro, essi sono in numero di 36 + 36. I setti di 1° ordine sono abba- stanza lunghi: non arrivano mai però sino al centro. Nel già indicato esemplare maggiore essi misu- rano 6-7 mm. di lunghezza, mentre i setti di 2° ordine assai più brevi misurano appena 2 mm. Le traverse son rade, prevalenti nella porzione periferica in rispondenza dei setti di second’ ordine. In sezione longitudinale i sepimenti tabulari si vedono nettamente, specialmente nel già ricor- dato esemplare maggiore. Si tratta di sepimenti su per giù orizzontali e paralleli tra loro posti ad una distanza di 1-1,5 mm. La porzione centrale che porta i sepimenti occupa una buona parte del diametro; infatti la porzione periferica, vescicolare, rappresenta solo il 37 °/. L’ esemplare che ha servito alla descrizione risponde più specialmente a quello di Pelm degli strati medi con Stringocephalus, che il FRECH figura nella fig. 17 della tav. I. Si distingue solo pei suoi setti più spiccati e più grossi nella porzione periferica. Un altro esemplare con setti più lunghi si avvicina più al C. dianthus, da cui però lo tien distinto il fatto di aver setti meno numerosi; essi difatti con 15 mm. di diametro sono 24+ 24. Questo secondo esemplare risponde abbastanza bene alla fig. 9 della tav. I del FRECH, ma ha i setti un poco più lunghi e non perfettamente dritti. Un altro esemplare proveniente dal Freikofel ha setti brevi come nella già citata figura del FRECH, ma presenta pochissime traverse tra setto e setto. Queste son invece assai numerose in un esemplare di circa 2 cm. di diametro, i cui setti principali sono lunghi da 5 a 7 mm. e quelli di second’ ordine invece da 2 a 3. Questa specie è diffusa nel Mesodevonico, ma passa anche, superiormente al Neodevonico, infe. riormente all’ Eodevonico. Val di Collina, calcare chiaro, 4 es.; Freikofel, 1 es.; Collinetta, 3 es.; tra Monumenz e la Cia- nevate, 1 grande esemplare. Cyathophyllum coespitosum Gprs. — Tav. VI [I], fig. 3-6. 1894. CyathophyIIum coespitosum (Gprs.) PENECKE. Grazer Devon, pag. 601, tav. IX, fig. 1, 2. 1896. Ceratophyllum angustum GuERICA. Op. cit., pag. 166, tav. IV, fig. 2. 1896. Fascicularia coespitosa (Gprs.) GUERICH. Op. cit., pag. 167. 1902. Cyathophyllum coespitosum LeBEDEW. Op. cit., pag. 70, tav. II, fig. 18-20 (cum syn.). 1908. —_ —_ VINnassa. Devoniano del Coglians, pag. 10, tav. VIII, fig. 13-16. Si tratta della forma più comune e più diffusa in tutto il Mesodevonico carnico. A. diecine si raccolgono gli esemplari isolati o immersi nella roccia. La forma, intesa nel senso nel quale la comprende la maggior parte degli autori, è così nota e venne da tanti, me compreso, descritta e figurata che pochissime parole si dovrebbero spendere attorno ad essa. Quello che però dà un po’ di interesse a questa specie è la discussione sui suoi limiti, che pri- mieramente venne sollevata dal PENECKE. Egli infatti ritiene che si sia fatta una confusione riu - nendo nel nome di C. coespitosum due forme diverse. Il PENECKE espresse per la prima volta questa sua idea nel 1887 ( Ueber die Fauna und das Alter einiger paliiozoischer Korallenriffe der Ostalpen, Z. deut. geol. G., pag. 273). Secondo la sua opinione di allora, nel nome di Fascicularia coespitosa SCHLUETER doveva comprendersi il 0. coespitosum di GoLDFUSS e la var. breviseptata FRECH della stessa specie. Col nuovo nome di €. Frecki doveva essere inteso il C. coespitosum FRECH non GOLDFUSS. 80 P. VINASSA DE REGNY [22] La prima forma è un vero Cyathophyllum con ricco tessuto vescicolare e setti arrivanti sino al centro : la seconda è una tipica Wascicularia con setti più brevi e uno o due soli strati di vescicole peri- feriche. Nel suo successivo lavoro del 1894 sul Devoniano di Graz (pag. 596) egli si corregge di un suo errore di sinonimia: elimina infatti la Mascicularia coespitosa di SCHLUETER (Lithodendron di GoLDFUSS) che nulla ha, secondo lui, a che fare col C. coespitosum e così ritira il nome di €. Frechi da lui proposto. Ed avendo istituito il nuovo genere Thamnoprhyllum, ascrive al Th. trigeminum QUENST. sp. una parte degli esemplari riferiti dal FRECH alla var. dreviseptata. Questa idea del PENECKE non venne presa in considerazione dal GUERICH, che pone /ascicularia come sottogenere di Cyatho- phyU0um e non si occupa del nuovo genere Thamnophyllum. Questo però viene accolto da ZIrrEL (Grundziige, pag. 84) ponendolo in famiglia diversa da quella dei Ciatofillidi. Il LEBEDEW (Op. cit., pag. 73) si contenta di citare l’ opera di PENECKE, ma non ne accoglie le conclusioni, poichè continua a lasciare sussistere la divisione del FRECH ed il suo modo di inten- dere la specie. Ora, e le osservazioni fatte sui miei esemplari lo confermano, il fatto del maggiore o minore sviluppo della porzione. vescicolare non può avere un valore eccessivo. Nel C. coespitosum la variabilità, trattandosi anche di specie rappresentata da tanti individui, è grande. Taluni esem- plari hanno persino nella regione periferica, oltre che le vescicole, anche dei dissepimenti orizzontali, ma questi, come accade anche per talune altre forme, non hanno alcun valore generico, perchè pos- sono anche mancare in taluni punti dello stesso individuo che in altri punti li possiede, Ritengo perciò che il C. coespitosum vada compreso nel senso dato dal FRECH e da LEBEDEW e comprendente cioè in generale piccoli individui allungati, riuniti in rami o fasci di svariato tipo, con teca sottile, con 20-25 setti di 1° ordine, lunghi sin quasi al centro e 20-25 setti di 2° ordine assai meno sviluppati, talvolta ingrossati nella loro parte iniziale, con tabule mediane che occupano da }/, a */, del diametro e con tessuto vescicolare periferico più o meno sviluppato. I miei esemplari raggiungono anche 8-10 em. di lunghezza e 15 mm. di diametro; in generale non son molto ramosi; frequentemente si nota l’ inspessimento dei setti verso la periferia. Il C. coespitosum è specie che scende anche all’ Eodevonico superiore e sale sino al Neodevo- nico; ma la sua principale diffusione è nel Mesodevonico. Val di Collina, frequentissimo tanto nei calcari chiari quanto in quelli neri; M. Germula; Creta di Timau alla Raiber Stel ed a Pront; Monumenz in vari punti della conca; sotto la Forca di Lanza; Capolago; Collinetta. Frequente ovunque. Cyathophyllum caespitosum Gprs. var. breviseptata FRECH 1886. Cyathophyllum caespitosum var. breviseptata FrecHa. Mitteldevon, pag. 72, tav. III, fig. 3-8. 1894. ThamnophyMlum trigeminum QuENST sp. PENECKE. Grazer Devon, pag. 596, tav. VIII, fig. 4-6. 1902. Cyathophyllum coespitosum var. breviseptata LeBEDEW. Op. cit., pag. 73 (cum syn. rossica). Dopo quanto è stato detto rispetto al l. coespitosum tipico è inutile insistere sul fatto che non può essere ammessa la nomenclatura del PENECKE. Certo, se al carattere di avere i setti principali più brevi in modo da non raggiungere la metà o i due terzi del raggio del calice ed i setti di 2° ordine ridottissimi o quasi mancanti, si aggiungesse anche il carattere della forte riduzione ad una o al più a due serie di vescicole, del tessuto vescicolare, si potrebbe chiedere se invece che di una varietà non si debba trattare di una specie e se quindi non sarebbe più logico riunire gli esemplari che rispondono a questi caratteri sotto il nome di C. dreviseptatum FRECH var. Ma a mio parere ciò [23] P. VINASSA DE REGNY 81 non è possibile. Nel mio materiale la specie e la varietà sono miste e connesse nello stesso pezzo di roccia; e sembra difficile tener distinte come specie autonome individui collegati da tanti pas- saggi e da tante somiglianze. Il massimo diametro dei calici è 12 mm.; nella maggior parte degli esemplari i setti di 2° ordine sono invisibili. Le somiglianze maggiori si notano cogli esemplari figurati dal FRECH nelle fig. 3, 4 della tav. III. La varietà si trova nel Mesodevonico insieme alla specie e sale anche al Neodevonico inferiore. Val di Collina, calcare chiaro e scuro. Frequentissimo. Cyathophyllum conglomeratum SoHL. sp. var. pauciseptata n. v. — Tav. VI [I], fig. 12-14. Corallo composto da numerosi poliperiti ammassati, spesso a contatto l’ uno dell’ altro, fascicolati, per lo più diritti o leggermente ondulati nel loro percorso. Il diametro dei calici varia da un minimo eccezionale di 2 mm. ad un massimo di 4,5. In generale il diametro è da 3 a 4 mm. La teca è fortemente inspessita arrivando talvolta sino ad aver i mm. di spessore; il lume del calice raggiunge quindi appena mm. 2,5 di larghezza. Questo inspessimento è dovuto però a sem- plice disposizione successiva di stereoplasma ed in mezzo ad esso è possibile vedere ancora il pro- lungamento dei setti sino alla parte esterna del poliperite. I setti sono in numero di 20 al massimo; in generale non oltrepassano il numero di 16. L’ alternanza dei setti di 1° con quelli di 2° ordine è abbastanza chiara, ma non così spiccata come nella forma tipica. I setti di prim’ ordine non arri- vano mai a toccarsi, ma si spingono abbastanza verso il centro ed hanno un andamento un poco ondulato specialmente alla loro terminazione. Questo carattere si rileva bene anche dalle figure dello SCHLUETER (Z. d. deut. geol. G. 1881, pag. 99, tav. XIII, fig. 2) ma non è accennato nella molto sommaria descrizione del FRECH. n sezione longitudinale si notano poche particolarità, anche perchè lo stato di conservazione del fossile non è molto buono. Pur tuttavia si distinguono una serie di vesciche addossate alla parete ed una porzione centrale con sepimenti irregolari abbastanza radi. Ciò che corrisponde a quanto è noto della forma tipica, della quale però manca sino ad oggi una bvona figura di questa sezione. Parrebbe che tra le forme prossime a questa si dovesse riportare il C. syringoporoides CHAR- LESWORTH (Op. cit., pag. 366, tav. XXXI, fig. 1) quantunque CHARLESWORTH paragoni la sua specie al C. minus e non parli affatto del C. conglomeratum. Invece, a parer mio, le somiglianze sono assai più forti con questo che non con quello. CHARLESWORTH pone come carattere principale della sua nuova specie la eccessiva piccolezza di essa, dando il diametro di 1 mm. Ma nelle figure questo dia. metro risulta invece di 2,5-5 mm. Non si sa quindi che cosa pensare delle dimensioni di questa forma. Certo è che in sezione trasversale la specie descritta da CHARLESWORTH ha molte somi- glianze con la mia. Della sezione longitudinale non parlo, perchè essa è ancora più infelice di quella trasversale. Eliminando dunque questa forma dello CHARLESWORTH non resta che il C. conglomeratum che ri- sponda in tutto all’ esemplare di Monumènz, salvo il numero dei setti e la minor regolarità dell’ alter- nanza loro. Casera Monumènz. Un blocchetto. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. ll 82 P. VINASSA DE REGNY [24] Cyathophyllum Canavarii n. f. — Tav VI [I], fig. 17. L'individuo su cui è fondata la nuova specie è irregolarmente cilindrico con rigonfiamenti irregolari e strozzature, e va assottigliandosi verso il basso, ove misura meno di 1cm. di diametro mentre verso l’ alto arriva ad oltre 17 mm. Teca abbastanza spessa, di modo che solo là dove essa è erosa si ha netta la striatura verticale. Il calice in alto è ovale e misura 17 mm. di diametro massimo. Esso sembra abbastanza pro- fondo: infatti presso l'alto i setti di 1° ordine sono lunghi appena 3 mm.; mentre un centimetro più in basso, ove il diametro è di 14 mm., i setti di 1° ordine hanno circa 6 mm. di lunghezza, arrivando così sin quasi al centro del calice stesso. In sezione trasversale si notano i setti regolarmente disposti in due ordini in numero di 28 + 28, La forma dei setti è caratteristica, somigliando essa a quella di una lente biconvessa, leggermente smerlata nei contorni, a cui segue verso il centro del corallo un prolungamento sottile dei soli setti di 1° ordine. Questo prolungamento verso la parte superiore del calice è breve; più lungo è invece Fig. 2. — Cyathophyltum Canavarii, n. sp. * 4) Sezione trasversale della parte inferiore del calice; d, sezione trasversale della parte superiore; ec, sezione longitudinale. Ingrand. x 8. nella porzione più bassa ove i setti raggiungono con questo prolungamento sin quasi il centro, come già ho detto. La forma di questo prolungamento è ondulata o ricurva più o meno fortemente. L’ aspetto di lente biconvessa è dato dal forte inspessimento dei setti stessi; il contorno esterno appare quindi festonato e tra setto e setto lo spazio intersettale è ridottissimo. Lo spessore massimo dei setti può stimarsi di oltre ?/, mm., mentre lo spazio intersettale è su per giù ?/, di mm. Questo spazio inter- settale poi è in parte riempito da traverse molto spesse anche esse e poste tutte alla stessa distanza di modo che formano come un circolo. Tra la festonatura esterna e questa serie di traverse non resta più che un piccolo spazio vuoto che si presenta in sezione come una corona di perforazioni, Nella sezione più alta del calice tutte le estremità dei setti sono libere e sporgono appuntite verso il centro; quelle dei setti di 1.° ordine presentano anche il piccolo filamento ricurvo di cui ho parlato. Nella sezione più bassa i setti di secondo ordine sono tutti compresi nello inspessimento e la loro terminazione non sporge quindi libera verso il centro. In sezione longitudinale si nota una piecola porzione vescicolare che su un diametro di 1 cm. occupa appena 3 mm. La forte calcificazione del fossile non permette di vedere la forma delle vesci- cole, che paiono però depresse allungate molto simili a quelle dell’ Amplexus Prechi CHARLESW. (Op. cit., tav. XXXI, fig. 3). Nell’interno i sepimenti son netti, radi e irregolari.‘ Cominciano coll’ essere orizzontali presso la porzione vescicolare, poi si interrompono dopo circa 1-1,5 mm. [25] P. VINASSA DE REGNY 83 Nell’ interno taluni sono continui, coneavi verso l'alto, e sopra questi altri sepimenti scendono dai lati in modo assai irregolare. In media i sepimenti principali distano tra loro di 1-1,5 mm. La nuova specie, che sembra doversi porre nel gruppo del 0. dianthus, è particolarmente somi- gliante ad un esemplare di C. dianthus dell’ alta Valentina figurato da CHARLESWORTH (0p. cit., tav. XXXI, fig. 8). Ma la forma dei setti e più ancora la forma e la disposizione delle formazioni endotecali lo tengono benissimo distinto. Cianevate, 1 es. Gen. Aspasmophyllum F. RoEm. Aspasmophyllum cfr. ligeriense BARR. sp. L’esemplare è molto piccolo, più piccolo anche che non i minori esemplari figurati dal BARRANDE; misura difatti appena 16 mm. di diametro, essendo quindi inferiore anche agli esemplari minori accennati da CHARLESWORTH (Op. cit., pag. 353, tav. XXX, fig. 1,4,5). La teca è sottile, i setti sono brevi e misurano al massimo 2,5 mm. di lunghezza. Male si distin- guono quelli di primo ordine da quelli di second’ ordine. Se ne contano 28 + 28. Essi sono molto spessi, con netta disposizione pinnata delle lamelle che li compongono. La loro terminazione è ottusa. Lo spazio libero tra setto e setto è ridotto ad una sottile fessura. Poichè l’ esemplare frammentario non permette una sezione longitudinale, mi limito a citare dubitativamente la forma, sinora rinvenuta solo nell’ Eodevonico. Da Monumènz alla Cianevate, 1 es. Gen. Endophyllum M. E. et H. Endophyllum acanthicum FRECH 1885. EndophyUum acanthicum FrEcH. Kallkgerust der Tetrorallen, pag. 929, tav. XLI, fig. 5. 1886. — —_ FrecH. Mitteldevon, pag. 87, tav. VI, fig. 1-4. Esemplare incompleto di cui non è conservato che il calice nella sua metà superiore, ma che pur tuttavia permette una sicura determinazione. Il diametro è circa 28 mm.; il numero dei setti è di 84 (42442) nettamente separati per dimensioni, essendo i setti di secoudo ordine molto brevi e sottili e talvolta così ridotti da essere appena visibili, mentre i setti di primo ordine arrivano al centro del calice senza però toccarsi. Le traverse son rare; le spine sembrano invece frequenti. Una sezione longitudinale non è pos: sibile. Ma gli accennati caratteri bastano alla determinazione. Il piccolo esemplare, pure mal conservato, descritto da CHARLESWORTH (Op. cit., pag. 369, tav. XXXII, fig. 5) pare effettivamente appartenere a questa forma. L’ End. acanthicum è specie molto diffusa, ma in generale povera di esemplari. Essa è preva- lente negli orizzonti mesodevonici. Passo di M. Croce carnico, 1 es. Endophyllum cfr. priscum v. MuENST. sp. Non posso dare una esatta determinazione di questo corallo che è rappresentato da una sola sezione trasversale, le cui somiglianze però con quella figurata dal FRECH ( Oberdevon, pag. 76, tav. VII, tig. 2; tav. X, fig. 2) sono grandissime. $4 P. VINASSA DE REGNY [26] Il corallo ha piccole dimensioni, avendo un diametro di appena 14 mm. La parete si perde nella roccia incassante e si confonde con essa; anche la porzione vescicolare è poco netta, non distin- guendosi bene che i setti, che si iniziano ad un tratto senza aderire ad alcun appoggio. I setti sono di due dimensioni e non oltrepassano il numero di 40. Sono cioè un poco meno numerosi che negli esemplari sin qui descritti. I setti di 1° ordine arrivano al centro ma non si toccano, lasciano anzi come una piccola area circolare. Taluni dei setti di 2° ordine vanno invece ad unirsi al setto vicino di 1° ordine e sembrano così biforcati come nella fig. del FRECH a pag. 77. Il tessuto vescicolare è molto sviluppato, e tra setto e setto si presenta in sezione a forma di piccoli archi colla convessità rivolta al centro, tale quale come nei già citato esemplare figurato dal FRECH. Val di Collina, calcare chiaro, 1. es. Gen. Ciysiophyllum DANA. A questo genere THomson e NICHOLSON (Chief generic types of palacozoics Corals. Ann. Mag. Nat. Hist., 4, XVII, pag. 451, XVIII, pag. 68) altri ne hanno aggiunto che tutti si distinguono per minute particolarità di poco momento. Trovo dunque giustificato quanto dice il FRECH (Oberdevon, pag. 90) che a questi « generi » attribuisce solo importanza di aggruppamenti entro al gen. Clysiophyllum. Questo ha come caratteri- stica tre zone di tessuto vescicolare; una esterna di vescicole piccole, una media di vescicole mag- giori poco inclinate, una centrale di vescicole minori per lo più rivolte un poco in alto, le quali formano in sezione trasversale una caratteristica area centrale tutta reticolata, che si distacca netta- mente dai setti che, solo per eccezione, si continuano fino in essa. Tra il materiale carnico si hanno forme che possono avvieinarsi ai Clisiofilli, ma di cui una almeno dovrebbe far parte di una nuova sezione. Infatti le tre zone vescicolari esistono, ma sono: una di vescicole maggiori esterna, una media di vescicole minori molto inclinate ed una centrale di vescicole fini anch'esse e un poco meno inclinate delle precedenti. Come si vede la diversità non è tanto piccola. Ma non può certo esser sufficiente a creare un genere nuovo, Clysiophyllum cfr. praecursor FRECH Disgraziatamente non ho di questa forma che una sezione trasversale; e per quante ricerche abbia fatte non mi è riuscito trovare un esemplare completo. Colla sezione trasversale non mi è possibile quindi indicare altro che dubitativamente Vl appar- tenenza di questo esemplare alla forma che descrisse il FRECH ( Oberdevon, pag. 91, tav. VII, fig. 1). La sezione del calice è leggermente ellittica; i due diametri misurano infatti S e rispettiva- mente 10 mm. I setti sono 30430, regolarmente alternanti, un poco più numerosi quindi che non nella forma originale. I setti si appoggiano alla teca che è ingrossata per addossamento di stereo- plasma; anche i setti sono qua e là inspessiti, tanto che si confondono uno coll’ altro. I setti di 1° e quelli di 2° ordine presentano piccole diversità nella loro lunghezza. Quelli di prim’ ordine arrivano quasi a contatto coll’ area centrale, ma nessuno penetra in essa. Quest’ area centrale netta- mente reticolata occupa uno spazio di circa 3 mm. © Niente posso dire del tessuto vescicolare interno, mancando la sezione trasversale. Ma da quanto ho accennato mi sembra manifesta la somiglianza colla forma descritta dal FRECH e che lascio nel genere Clystophyllum benchè non risponda esattamente alla descrizione del genere data da THOMSON e NICHOLSON (Ann. Mag. Nat. Hist., vol. 17, pag. 451). Calcari di Monumènz. Unico. [27] P. VINASSA DE REGNY 85 Clysiophyllum (s. 1.) 'laramellii n. f. — Tav. VJ [I], fig. 15, 16. La specie si presenta ramosa, a giudicare da qualche sezione, poiehè non ho mai trovato rami aderenti ai piccoli cilindri costituenti il materiale isolato che ho a disposizione. La teca è sottilis- sima; alla superficie esterna si vedono nette le coste settali un poco ondulate. Il calice si presenta ovale coi due diametri da 11 a 14 mm. I setti in numero di 48 son tutti uguali o quasi; in ogni modo è impossibile distinguere quelli di 1° da quelli di 2° ordine. Essi sono fortemente inspessiti nella loro prima metà e presso la parete sono a contatto. La loro lun- ghezza è in generale di 4 mm., solo alcuni si spingono sino all’ area centrale, che occupa pure uno spazio di 4 mm. nel centro ed ha un aspetto tipico di tela di ragno analoga a quella del C2. Kaiseri FRECH ( Obderdevon, pag. 92, tav. VIII, fig. 2). La sezione longitudinale è quella che distingue la forma da tutte le altre note del genere e che anzi, come ho già accennato, è diversa dai caratteri dei veri ClysiophyMllum. La porzione vescicolare esterna occupa da 2 a 3 mm. di spessore. Risponde cioè alla porzione ingrossata dei setti. Le vesci- cole sono ampie, semilunari, e perciò rade. La regione vescicolare media ha vescicole più depresse e allungate e fortemente inclinate, quasi verticali. Mentre la porzicne interna, rispondente all’ area centrale, ha vescicole sottili, depresse e poco inclinate, talvolta anzi quasi orizzontali: un poco come quelle del CI. Aciseri già ricordato. Per la particolare struttura svelata dalla sezione longitudinale la nuova forma si distingue assolutamente dalle altre. Anzi potrebbe esser considerata come una sezione a sè dei OlysiophyUum. Val di Collina, calcare chiaro. Alcuni frammenti. Gen. Amplexus Sow. Amplexus Frechi CHARLESw. var. major n. v. L’ esemplare in parte immerso nella roccia ha forma irregolarmente cilindrica con strozzature e rigonfiamenti. La teca è abbastanza grossa in modo che le striature non si avvertono se non quando la teca sia erosa. Le dimensioni sono assai maggiori di quelle degli esemplari descritti da CHARLESWORTH (Op. cit., pag. 351, tav. XXXI, fig. 3). Infatti da un diametro di circa 15 mm. si giunge sin quasi a 2 em. Questa maggior dimensione non influisce però sul numero dei setti che sono 64; su per giù lo stesso numero che ha anche l’ esemplare figurato da CHARLESWORTH con 13 mm. di diametro. I setti son lunghi al massimo 8 mm. nel calice che ha 15 mm. di diametro: sono perciò un poco più brevi, relativamente, che non nella specie tipica ove essi oltrepassano un poco la metà del raggio. Questo fatto dà quindi al mio esemplare un maggiore carattere di Amplexus. L’ alternanza neila lunghezza dei setti è assai meno spiccata nel mio che non nell’ esemplare figurato dal CHAR- LESWORTH. In sezione longitudinale si vede chiaramente che il calice era molto profondo. Si misurano difatti circa 15 mm. dall’ apertura esterna prima di trovare traccia di una formazione tabulare. Queste tabule sono rare, pianeggianti in mezzo, un poco rilevate ai lati; con tracce di tabule minori secondarie irregolari, come nella specie tipica. Le somiglianze di una sezione del mio esemplare colla fig. 3 della tav. XXXI, specialmente nella porzione rispondente ai setti, sono grandissimi. Collinetta, 1 es. 86 P. VINASSA DE REGNY [28] Amplexus Gortanii n. f. — Tav. VI [I], fig. 19-21. Individuo abbastanza grande, perchè, quantunque sia frammentario, misura circa 6 cm. di al- tezza. Il diametro varia a seconda dei vari punti da 18 a 22 mm. La forma generale può quindi con- siderarsi quasi perfettamente cilindrica. La sezione non è però circolare: infatti i due diametri di una sezione misurano rispettivamente 19 e 22 mm. Teca non molto spessa, con netti ma irregolari cingoli di accrescimento. Le coste settali non appariscono chiare, se non nei punti ove la teca è stata erosa. L’ individuo si rompe con relativa facilità in rispondenza dei sepimenti tabulari, ed allora su questi sepimenti appaiono nette le tracce incavate che vi lasciano i setti. Gli incavi son larghi, relativamente profondi e brevi. Nettissima è in queste tracce l’ alternanza dei setti più lunghi e più corti. Invece in sezione questa alternanza dei setti non è quasi percepibile. Con 18 mm. di di diametro si contano circa 40 setti filiformi, al loro termine un poco ondulati e di lunghezza che di rado oltrepassa i 3-3,5 mm. Questi setti si possono dire quasi assolutamente uguali tra loro. In sezione longitudinale nettissimi appaiono i sepimenti regolari, paralleli, perfettamente oriz- zontali nel loro percorso mediano, un poco ricurvi verso il margine. La distanza tra sepimento e sepimento è abbastanza uniforme ed è da 2,5.a 3 mm. La nuova forma ha qualche analogia coll’ Amplerus mutabilis MAURER (Op. cit., pag. 84, tav. I. fig. 11-18) che è però di dimensioni assai grandi, come nota anche il FRECH (.Mitteldevon, pag. 97) ed ha numero di setti molto maggiore e molto netto il setto principale. Anche la regolarità dei sepimenti è minore nella forma tedesca e maggiore è la distanza fra un sepimento e l’ altro. Prossimo pure è l’ A. hercinicus RoEM.; questo però è molto più piecolo della nuova forma. ed inoltre in esso i setti sono assai più numerosi e più brevi. Invece per la forma e la disposizione dei sepimenti le analogie sono maggiori. Non va passata sotto silenzio anche la somiglianza che si ha col Campophyllum turdbatum MAURER (Op. cit., pag. 98, tav. II, fig. 10) specialmente in sezione trasversale, mentre in sezione longitudi- nale l’ andamento dei sepimenti è diverso. Anche le dimensioni non rispondono affatto. È da ricor- dare che questa forma del MAURER viene dal FRECH (Mitteldevon, pag. 97) riportata all’ A. herci- nicus con dubbio. E veramente pare che le irregolarità che si notano nella disposizione dei sepimenti, e specialmente nella loro forma presso i margini, possa essere interpretata come mutazione in- dividuale. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Amplexus mutabilis MAURER — Tav. VI [I], fig. 18. 1885. Amplerus mutabilis MAURER. Op. cit., pag. 84, tav. I, fig. 11-18. 1886. _ = Frecn. Mitteldevon, pag. 97. Tre esemplari immersi nella roccia debbono riferirsi a questa specie. Una sezione trasversale potrebbe farli anche riportare ad A. ceras FRECH (Mitteldevon, pag. 99, tav. VIII, fig. 7) e più specialmente al tipo descritto e figurato dal v. PEEZ (Op. cit., pag. 228, tav. II, fig. 65). Ma la forma generale è ben diversa. Essa è difatti subcilindrica, un poco tondeggiante in basso. La sezione è ovalare, ma assai prossima al circolo, perchè i due diametri dell’ esemplare sono rispettivamente 15 e 14 mm. La teca è molto spessa, circa !/, mm. e poco scolpita. I setti sono 30 +30. nettamente alternanti; quelli di 1° ordine sono lunghi circa 2 mm.; mentre quelli di 2° or- dine oltrepassano di poco 1 mm. [29] P. VINASSA DE REGNY ST La distanza tra setto e setto è di circa !/, mm. I sepimenti tabulari sono rari e posti molto in basso. La forma è limitata al Mesodevonico, e non era stata sinora citata altro che nel Mesodevonico germanico. M. Capolago, versante meridionale, 3 esemplari. Gen. Thamnophyllum PENECKE. Il PENECKE ha descritto questo nuovo genere mettendo in risalto certi caratteri che non hanno forse grande valore, come ad esempio quello della sua forma esterna a cespuglio donde il nome di ThamnophyWlum, e quello della presenza di una « falsa parete interna >» così detta per analogia di nome con la falsa columella. Ritengo, contro la critica di taluni, che il genere possa esser mantenuto in prossimità di Am- plexus, rilevando però i caratteri interni che lo distinguono nettamente dagli Amplerus e che lo avvieinano alle Cyathophyllidae. Il PENECKE difatti lo ascrive, e per me giustamente, ai Ciatofillidi mentre lo Zittel lo elenca negli Zafrentidi. La simmetria bilaterale, che già in taluni Amplerus è po- chissimo spiccata, lo è ancor meno nei ThamnophyUum. La vera caratteristica del genere è la pre- senza di una sola serie di vescicole, piccole, sovrapposte come grani di rosario: serie che è ben distinta dalla porzione mediana, la quale ha tipici sepimenti abbastanza distanti, su per giù pa- ‘alleli, per lo più semplici, prevalentemente orizzontali come nei tipici Amplerus. La falsa parete interna di cui parla il PENECKE non è che un fenomeno di inspessimento se- condario delle pareti delle vescicole e non ha valore diagnostico. Thamnophyllum carnicum n. f. — Tav. VI [I], fig. 22-24. Un frammento di circa 2,5 em, di altezza misura un diametro di circa 2 cm. La forma è netta- mente cilindrica; la superficie è rugosa, irregolare, e non vi si vedono tracce di coste settali. La teca è inspessita per deposizione concentrica di stereoplasma. I setti sono 30 |-30 nettamente alternanti. I maggiori hanno circa 4 mm. di lunghezza, i minori non raggiungono che di rado i 2 mm. I setti sono fortemente ingrossati nella porzione parietale ed appuntiti; talora anche leggermente contorti nella porzione terminale. In generale hanno un’ appa- renza a festoni regolarmente alternanti. Le traverse sottili sono disposte in un solo ordine a circa 1 mm. di distanza dalla teca e sono anch’ esse fortemente inspessite per deposizione concentrica di stereoplasma, avendosi così una nettissima somiglianza col 7hamnophyUlum Hornesi PENECKE ( Grazer Devon, pag. 595, tav. VII, fig. 13), In sezione longitudinale si nota la porzione vescicolare quasi soffocata nel forte inspessimento esterno: si direbbe quasi che si abbia un’ unica teca con delle piccole perforazioni che sono le vesci- cole, e si può allora quasi giustificare quel nome di « falsa parete interna » dato a questa appa- renza dal PENECKE. L’interno del corallo è occupato per circa 18 mm. sui 20 dai sepimenti che hanno grande analogia con quelli degli Amplexus. Si tratta infatti di numerose tabule convesse verso il basso, ma pianeggianti nel centro; esse sono in generale parallele od anche inclinate, rami- ficate verso i lati ove risalgono con una forte curva. Se ne contano circa 10 per ogni centimetro. La sola forma che possa avvicinarsi a questa carnica è il già citato 7. Hornesi al quale corri- 88 P. VINASSA DE REGNY [30] sponde per le dimensioni ed anche per la forma dei sepimenti, come risultano dallà descrizione ma non dalla figura del PENECKE (tav. VII, fig. 14) che rappresenta una sezione più irregolare delle altre. Le differenze però son subito riconoscibili. Prima di tutto nella nuova specie i setti, che per numero corrispondono, sono assai più brevi. Nel 7. Hòrnesi infatti i setti di 1° ordine arrivano sino ad un terzo dal centro, mentre nella nuova specie non occupano nemmeno la metà del raggio. Oltre a ciò i sepimenti non hanno la forma così convessa come vetri di orologio che si avverte nella forma stiriana, ma sono nella loro porzione mediana sempre pianeggianti. Val di Collina, calcare scuro, 1 es. Gen. Zaphrentis RAF. Zaphrentis sp. ind. Un esemplare incompleto, conservato in gran parte in modello, non permette una determinazione sicura. Solo la presenza della fossetta posta in rispondenza della porzione concava del corallo mostra che si ha a che fare con una Zaphrentis. Le dimensioni son piccole; il diametro raggiunge al mas- simo i 12 mm. 1 setti sono 26+-26 regolarmente alternati coi setti di 2 ordine che sono brevi, mentre quelli di 1° arrivano al centro e son molto spiccati. Lo stato di conservazione non permette, come ho detto, una determinazione specifica esatta : permette però un ravvicinamento alla Z. Gwilleri BARROIS, specialmente all’ esemplare figurato dal FRECH (.Mitteldevon) nella tav. I, fig. 24, esemplare che, come il mio, è pure di piccole dimensioni, Dall’ Acqua nera (versante sud del M. Cogliàns) alla Cianevate, 1 es. Gen. Actynocystis M. E. Actynocystis cfr. Goldfussi M. E. e H. L’ esemplare è troppo incompleto per permettere una esatta determinazione; ma i caratteri rile- vabili sono sufficienti a stabilire la possibilità di un ravvicinamento a questa specie, che si può considerar nota in tutti i suoi particolari dopo le esaurienti considerazioni e le descrizioni del FRECH (Mitteldevon, pag. 106, con 2 fig.). i Il mio esemplare è un poco più piccolo del normale, poichè raggiunge appena i 20 mm., mentre gli esemplari minori noti hanno 25 mm. di diametro. I setti sono 30-+30, nettissimamente alter- nanti. Per questa ragione si hanno grandissime somiglianze coll’ esemplare figurato da MILNE EDWARDS e HAIME (Polyp. paléoz., tav. II, fig. 3) mentre Vl esemplare figurato dal FRECH non ha accennati i setti di 2° ordine. La forma dei setti è quella tipica della specie, cioè a fuso corto molto ingrossato nel centro, tanto che i vari setti quasi vengono a contatto tra loro. I setti di 1° ordine son lunghi circa 4 mm., quelli di 2° ordine non arrivano nemmeno alla metà. Da una sezione longitudinale non è possibile rilevare alcun carattere. Come si vede dalla descrizione risulta che il nostro esemplare risponde benessimo al Cyatà. Goldfussi (Polyp. paléoz., pag. 363) che è dal FRECH considerato come sinonimo dell’ A. Goldfussi. La specie è nota nelle masse superiori con Caleeola dell’ Eiffel. Val di Collina, calcare seuro, 1 es. [31] P. VINASSA DE REGNY 89 Gen. Phyllipsastraea. Phyllipsastraea Hennahi Lonsp. sp. — Tav. VII [II], fig. 1-3. 1885. Phyllipsastraea Hennahi ( Lonsp. sp.) FRECH. Oberdevon, pag. 59, tav. V (cum syn.). Dopo la lunga ed accurata descrizione che di questa specie ha dato il FRECH, giustificandone anche la sinonimia, non occorre entrare in altri particolari. Si tratta anche pel Devoniano carnico di esemplari grandi, espansi, irregolari, nei quali appaiono nettamente i calici, i cui centri in media sono tra loro distanti circa 1 cm., ed in cui quasi sempre si riscontrano 24 setti. Solo di radissimo i setti sono di più. Il rigonfiamento dei setti di prim’ or- dine è pochissimo spiccato; questi arrivano filiformi sin quasi al centro senza però toccarsi; talvolta accade che essi assumano una disposizione a raggi di girandola. La curvatura dei setti, che poi si continuano sino a fondersi coi setti del calice vicino, è nettissima, tanto che ogni calice ne è netta- mente individuato. Per la mancanza di un visibile inspessimento dei setti si notano somiglianze colla Ph. Kuntki FRECH (Oberdevon, pag. 62, tav. VII, fig. 4) la quale è innegabilmente molto pros: sima alla Hennahi e che probabilmente dovrà considerarsene come una semplice varietà. Questa forma in Germania è caratteristica del Neodevonico inferiore. Val di Collina, calcari chiari, 1 es.; calcari scuri, 2 es. Gen. Plasmopora M. E. e H. Plasmopora carnica n. f. — Tav. VII [II], fig. 4, 5. Un blocchetto di forma globosa irregolare immerso nella roccia presenta alla superficie erosa l'aspetto di una Favositide, irregolare per il numero grande dei tubi cenenchimatici. Ma la sezione microscopica mostra subito che si ha a che fare con una forma di Plasmopora, genere sino ad oggi ignoto nel Devoniano alpino. In sezione trasversale i calici appaiono tondeggianti ma non rotondi: ed in taluni punti si nota anzi in essi una leggera angolosità. Mancano del tutto i setti. Il diametro dei calici oscilla tra 1 e 1,5 mm. Attorno ad essi si trova l’ areola caratteristica delle Plasmopora, non però così netta come nelle specie più tipiche, ma piuttosto sul genere di quella che si nota mella Plasmopora rudis ( LINDSTROWM, Heliolitidae, tav. VII, fig. 29). In generale il cenenchima è rappresentato dai soli tubuli delle areole in quanto che solo di rado tra calice e calice si hanno più di 2 tubuli intermedi, cosa che accade anche nella già citata specie. Risulta da questo che i calici sono molto frequenti e avvicinati: essi difatti distano da 1 a 1,5 mm. ed i tubuli del cenenchima hanno appunto un diametro che si aggira attorno al mezzo millimetro. In sezione longitudinale si notano i calici muniti di tabule su per giù orizzontali ed abbastanza fitte, da 2 a 3 per ogni millimetro. I tubi cenechimatici non sono continui ma, come si nota nelle Plasmopora, si arrestano, si fondono, si biforeano assai irregolarmente. Le tabule numerose, da 3 a 4 nello spazio di un millimetro, sono ora orizzontali ora inclinate e tal- volta anche vescicolari. La forma di Plasmopora con cui questa carnica ha maggiori somiglianze è, come già ho detto, la PI, rudis LiNnDsTROM (Heliolitidac, pag. 55, tav. VII, fig. 27-31) la quale solo nelle varietà della Gozia meridionale ha dimensioni che si avvicinano a quelle della PI. carnica. Ma in qualunque modo i calici nella specie carnica son sempre minori. Anche la forma ed il contorno del calice nelle Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 12 90 P. VINASSA DE REGNY [52] due specie son diversi, avendosi però piena rispondenza nella forma, disposizione e dimensione dell’ areola. Le diversità son pure grandi nella struttura dei tubuli cenenchimatici, che nella specie carnica sono più distinti ed indipendenti e con tabule meno vesciculose, avvicinandosi per questo carattere alla PI. heliolithoides LINDSTROM (Op. cit., pag. 86, tav. VII, fig. 32,33) forma questa che si distingue però subito dalla nuova specie per il gran numero e le piccole dimensioni dei tubuli cenechimatici e per la forma e dimensioni relative dei calici. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Gen. FTeliolites DANA Heliolites porosus Gprss. sp. — Tav. VII [II], fig. 9. 1908. Heliolites porosus (GDbFSS. sp.) VIinassa. Lodin, pag. 175, tav. XXI, fig. 3 (cum symn.). Ho di questa specie alcuni esemplari dall’ apparenza esterna assai diversa. Uno, quello figurato, ha la forma di calotta sferica rotta e fortemente erosa in modo che ne risulta una grande somi- glianza coll’ esemplare figurato da MILNE EDWARDS e HAIME ( British foss. Corals) nella tavola 47, fig. 15. I calici distano tra loro da 1 a '/, mm. ed hanno un diametro di circa 1 mm. Tra calice e calice si hanno da 3 a 4 canali cenenchimatici. L’ esemplare quindi ha SIE somiglianza pei suoi caratteri con quello di Lodin da me già figurato e descritto. Un secondo esemplare globoso, composto di varie gibbosità come un grosso tartufo, ha oltre 7 em. di lunghezza. Ali’ esterno è tutto incrostato e non si vedon quindi i caratteri superficiali. Appaiono solo qua e là delle punteggiature più chiare della massa che la sezione microscopica svela esser calici maggiori immersi nel cenenchima. Questa specie, diffusa nel Mesodevonico, scene anche a livelli più bassi sino al Neosilurico superiore. i Calcare chiaro del Passo di Volaia, presso al confine, 1 es.; Capolago, 1 es.; Creta di Timau alla Raiber Stel, 1 es.; Valpùdia, 1 es. Heliolites Barrandei PENECKE var. carnicus n. v. — Tav. VII [II], fig. 6-8. Distinguo come varietà l esemplare carnico di Val di Collina a causa della maggior rarità dei calici in confronto al rieco sviluppo del tessuto cenenchimatico. I calici non oltrepassano mai il mezzo mm. di diametro; i setti in numero di 12 sono netta- mente visibili; sono però brevi e tozzi con proiungamenti spiniformi che si continuano sino al centro del calice. I canalicoli cenenchimatici hanno parete sottile: solo se la sezione è un poco obliqua possono apparire con parete inspessita. Il loro contorno è di rado nettamente poligonale; per lo più è tondeggiante. In sezione longitudinale si notano poche tabule su per giù orizzontali nei calici, e numerose tabule nei canalicoli cenenchimatici. Questi caratteri corrispondono perfettamente a quelli che ren- dono caratteristica la specie come è stata descritta e figurata oltre che dal PENECKE, dal LINDsTROM (Heliolitidae, pag. 58, tav. III, fig. S-12, 17-27). La sola differenza sta nel fatto che mentre nelle specie tipica tra calice e calice si hanno al massimo sei tubuli cenenchimatici, nella forma carnica si arriva comunemente a 20 ed anche a 30, risultando così dai 3 ai 4 mm. la distanza tra calice e calice. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. [33] i P. VINASSA DE REGNY 91 Gen. Favosites ZAwm. Sulla determinazione specifica delle forme di questo genere variano abbastanza i criteri secondo gli autori. Taluni, come il NicHoLson, hanno forse troppo aggruppato, altri come il PENECKE hanno troppo distinto. È certo che dal punto di vista zoologico parecchie specie dei paleontologi andreb- bero abolite, in quanto la variabilità nelle dimensioni dei poliperiti, nel numero degli spini settali, nel numero e nella disposizione dei pori, nel numero e nella forma delle tabule è grande. Alcuni esemplari sembrano effettivamente ben diversi da altri, tanto da far credere cne si possa trattare persino di generi diversi, come è accaduto per il genere Emmonsia, che non può distinguersi da Favosites. Ma dal punto di vista geologico e paleontologico credo preferibile tener distinto quello che non è perfettamente identico a specie nota; è perciò che alle forse già troppo numerose forme di Pavo- sites ho dovuto aggiungerne alcune altre nuove. Favosites Goldfussi p' ORB. — Tav. VI [I], fig. 25-27. 1879. Favosites gothlandica NrcHoLson. Tabulate Corals, pag. 46 (p. p.). 1904. Favosites Goldfussi (D’ OrB.) De AnGeLIS. III, Contribus. paleoz., pag. 99, tav. I, fig. 13. (?) — - var. maior FrecH in Looczy. Ost- Asien, pag. 232, tav. VIII, fig. 1. 1908. —_ = Vinassa. Lodin, pag. 177, tav. XXI, fig. 7. 1914. == = CHARLESWORTH. Op. cit., pag. 375, tav. XXXIII, fig. 5 (cum syn.). La specie è caratterizzata dalla sua forma globosa, dai poliperiti prismatici a parete sottile tutti di un solo tipo, di dimensioni molto variabili da 1 sino a 3,5 mm., dalle tabule fitte regolari e com- plete, dalla quasi assoluta mancanza di spini settali e dai pori non eccessivamente numerosi e di- sposti quasi sempre in una sola serie. Parecchi esemplari provengono dai calcari di Val di Collina. Uno di questi è un esemplare grande, alto oltre 7 cm., ma frammentario; esso è globoso massiccio. I poliperiti sono prismatici con 2,5-3 mm. di diametro. Il loro decorso è leggermente ondulato di modo che alcune aperture dei calici hanno l'aspetto di losanghe. I tubi sono tutti su per giù uguali, salvo i giovani che però presto raggiungono le dimensioni degli adulti. Parete sottile, pochissimo ondulata. Tabule complete, orizzontali, molto numerose, essendovene da 20 a 25 per ogni centimetro. I pori sono grossi, fitti, posti in una sola serie. ì Un altro esemplare è un grosso blocco, anch’ esso però incompleto, che misura 183 cm. di altezza. I tubi scorrono in ogni direzione, di modo che alla superficie si hanno porzioni con sezioni tutte a losanga presso ad altre porzioni ove i calici son tutti pentagonali ed esagonali. Pareti sottili po- chissimo ondulate. Tabule numerose, da 20 a 25 per em., regolari, orizzontali. Spini appena aceen- nati. I pori non son molto grossi e sembrano uniseriati. Un terzo esemplare ha la forma a ventaglio non molto espanso con tubi di 2,5 mm. di diametro. La parete è leggermente ingrossata. Tabule più rare che non nell’ esemplare precedente: infatti nella porzione distale se ne hanno al massimo 20 per cm. e nella prossimale appena 10. Di Forca di Canale ho pure alcuni esemplari ben conservati. Tra questi i frammenti di almeno due grossi blocchi con tubi di forma uguale a quella dei precedenti, con diametro da 2,5 a 3 mm. La parete è sottile, poco ondulata. I pori son grossi, rotondi, posti in una sola serie. Tabulè rego- lari abbastanza numerose; da 14 cioè a 18 per cm. E al solito il maggior numero si ha nella por- zione distale. 92 P. VINASSA DE REGNY [34] Un altro esemplare avendo i poliperiti a decorso molto ondulato presenta l'aspetto a losanga nelle sezioni calicinali. Il diametro dei poliperiti va da 1,5 a 2 mm. Tabule 14-15 per cm. È perciò esemplare pei suoi caratteri ben rispondente al tipo della Y. Goldfussi. Solo è da notare: che le tabule invece di essere orizzontali sono qua e là inelinate ed anche in taluni punti leggermente ricurve. Ma ciò non può bastare a tener distinto questo esemplare. Del resto anche CHARLESWORTH parla di tabule ricurve nei suoi esemplari dei dintorni di Volaia. Pure interessanti sono alcuni esemplari del Capolago. Uno ha forma massiccia con tubi irrag- gianti, poco ondulati, di modo che la forma a losanga è pochissimo spiccata. Il diametro dei tubi arriva appena al mm. La parete è sottile, abbastanza ondulata, specialmente in alcuni punti, Ta- bule regolari, non eccessivamente fitte, da 14 a 18 per cem. Pori radi, grossi, rotondi, sempre in una sola serie. i Altri due esemplari son globosi a tubi raggianti che aumentano rapidamente di numero dal basso all’ alto. Aggiungendosi così numerosi nuovi tubi ai precedenti ne deriva una forma quasi emisferica. Le pareti son sottili. I tubi essendo quasi tutti diritti, non si hanno frequenti le sezioni a losanga. Pareti assai ondulate come nell’ esemplare siluriano di Fav. gothlandica figurato da NIcHoLSON (Tab. Cor., tav. 1, fig. 1a). Diametro da 1,5 a 2 mm. Tabule orizzontali, regolari, da 10 a 14 per ogni centimetro. La sezione dei calici maggiori è perfettamente esagona o pentagona. I minori, che son relativamente più frequenti data la rapidità di accrescimento per interposizione di nuovi tubi, sono per lo più quadrangolari. Non si vedono spini. Pori radi e piccoli. Pongo in sinonimia la var. maior del FRECH, istituita su materiale chinese, ma che esisterebbe anche in Europa. Se si acecttasse questa var. maior, colla stessa ragione per il mio esemplare che ha i tubi del diametro di 1 mm. si potrebbe istituire una var. minor. Ora la dimensione dei tubi è carattere troppo variabile ed esistono troppi passaggi continui da forme con meno di 1 mm. sino a 4 mm. di diametro per poterle tenere distinte. La forma, notissima nel Mesodevonico, scende anche in livelli eodevonici. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. — M. Capolago, 4 es. — Forca di Canale, 3 es. — Forca di Lanza, 1 es. — Falde del Cogliàns al Passo Volaia, 1 es. — Creta di Timau a Pront, 1 es. Favosites fidelis BARR. —- Tav. VII [II], fig. 10-12. 1902. Favosites fidelis BARRANDE. Syst. silurien, VIII, pag. 227, tav. 83, fig. 6-10; tav. 88, fig. 1-10; tav. 89, fig. 4-16; tav. 94, fig. 1-5; tav. 105, fig. 5, 6; tav. 106, fig. 1, 2. Un grosso blocco appartiene certo a questa forma che è prossima al tipo della Fav. Goldfussi. I poliperiti hanno un diametro che solo di rado oltrepassa il millimetro e solo per eccezione rag- giungono mm. 1,5. Alla superficie le sezioni dei calici appariscono normalmente esagonali o penta- gonali; vi sono però dei punti, come quelli figurati nella mia sezione, ove la regolarità è assai minore, cosa che si nota anche negli esemplari boemi. Le sezioni calicinali che hanno minori dimen- sioni sono al solito dovute a porzioni iniziali di tubi originati per fissiparità. La parete abbastanza sottile è ondulata nel suo percorso e perforata da numerosi pori, la cui distribuzione è però irregolare. Irregolare è pure la distribuzione delle brevi spinosità settali, che in taluni punti mancano del tutto. Le tabule, in generale pianeggianti, ma spesso anche curve 0 inclinate, sono numerosissime ovunque; da 3 a 4 per ogni millimetro. Le somiglianze delle sezioni da me figurate con quelle dell’ esemplare boemo, figurato a tav. 106 nelle fig. 1, 2, sono grandissime, tanto che si potrebbe dire che esse siano tolte dallo stesso esemplare. [35] P. VINASSA DE REGNY 93 Nel bacino boemo, da cui soltanto venne sin ora citato, la specie si trova negli orizzonti neosi- lurici e devoniani E, ed F,. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Favosites cfr. Forbesi M. Ep. et H. 1902. Favosites Forbesi (M. Ep. H.) LeBEDEW. Op. cit., pag. 23, (cum syn. rossica). 1909, — — Vinassa. Fossili di Timau e dei Pal, pag. 7, fig. 1, tav. I, fig. 3 (cum syn.). Un esemplare globoso quasi peduncolato, a poliperiti raggiati, sembra riferibile a questa forma a causa delle diversità nel diametro dei tubi. I minori misurano circa mm. 1,5; i maggiori arrivano a 3 mm. Le pareti sono sottili e pochissimo ondulate. Le tabule sono assai numerose, da 16 a 18 per em. Si notano tracce di sezioni settali. I pori son poco numerosi. Lo stato di conservazione dell’ esemplare non permette però una sicurezza di determinazione. Nella Carnia questa specie fu sinora citata solo nel Neosilurico; ma essa si spinge anche nel Devoniano inferiore degli Urali e si trova pure nel Mesodevonico dell’ America. Val di Collina, calcare scuro, 1 es. Favosites polymorpha Gprss. — Tav. VIII [III], fig. 13, 14. Su questa specie si fecero parecchie confusioni; cominciò il FRECH a confondere in essa forme senza inspessimento parietale, cioè vere Favosites, con forme ad inspessimento parietale cioè Pachy- pora, genere che il FRECH non ammetteva. Oltre a ciò, per un suo errore di interpretazione, il FRECH aveva per una forma, la Fav. cer- vicornis del NICHOLSON, instituito la YMav. Nicholsoni. Ora è curioso notare a proposito di questa specie che il GuERICH la mette in sinonimia della Pachypora reticulata (Op. cit., pag. 135, 136) e aggiunge che l’autore stesso della specie, cioè il FRECH, era d’ accordo con lui per ritirarla e si esprime così: « Diese Art kann also in Uebereinstimmung mit ihrem Autor eingezogen werden ». Ma nel 1914 il CHARLESWwoRTH nel suo lavoro sui coralli di Volaia, lavoro eseguito evidente- mente sotto la direzione del FRECH, non parla più (pag. 377) della Favosites Nicholsoni del FRECH, ma pone la Pachkypora cervicornis del NICHOLSON, caratterizzata come dice il FRECH dall’ enorme ispessimento della parete, in sinonimia della Favosites polymorpha, della quale poi dice che le pareti sono sottili! La sinonimia della specie va quindi intesa nel modo seguente: 1829. Calamopora polymorpha Gorpruss. Petrefacta Germ., I, pag. 79, tav. 27, fig. 2, 9, 4. 1829. _ spongites var. ramosa GoLpruss. Petrefacta Germ., I, pag. 80, tav. 28, fig. 2. 1852. Favosites polymorpha QueNstEDT, Petref. Deutschl., pag. 642, tav. 56, fig. 46-49. 1853. — cervicornis Milne Epwarps et Harme. Brit. Foss. Corals, pag. 216, tav. 48, fig. 2. 1860. — polymorpha MiLne Epwarps. Hist. nat. Corall. pag. 251. 1860. —_ cervicornis » » » » » — pag. 256. 1883. Pachypora cristata RoemER. Lethaea palaeozoica, pag. 437 (pro parte). 1885. Favosites polymorpha Freca. Ob. Devon, pag. 103, tav. 9, fig. 1-3 (excel. syn.!). 1902. _ polymorphus LeBeDEW. Op. cit., pag. 18 (cum syn. rossica). 1914. —_ _ CHARLESWORTH. Op. cit., pag. 377, tav. XXXIII, fig. 3. (excel. syn.!). 94 P. VINASSA DE REGNY [36] In tal modo nella Fav. polymorpha si comprendono forme per lo più dendroidi ma eccezional- mente anche globose, con poliperiti tutti uguali del diametro da 0,8a 2 mm., con tabule numerose, prive di spini, con pori regolari uniseriati e con pareti sottili o appena qua e là regolarmente in- spessite, ma non mai in modo da dare al lume dei tubi presso il loro orifizio superficiale un con- torno rotondeggiante come nelle Packypora. Intesa così la forma, si nota la somiglianza esterna colla Pachypora cristata da cui però la distin! guono la mancanza di inspessimento parietale ed il notevole maggior numero delle tabule. La Fav. polymorpha così limitata non è infrequente nel Devoniano carnico. Ne ho un esemplare frammentario nettamente esteso con rami a ventaglio della larghezza di circa 21 mm. I tubi son tutti uguali tra loro e V accrescimento avviene per dicotomia delle pareti. Il loro diametro è sempre inferiore al millimetro. Trasversalmente si notano i calici nettamente esagonali, senza alcuna traccia di arrotondamento, poichè le pareti non sono affatto inspessite. Le tabule sono numerose, avendo. sene da 20 a 24 per cm. Esse son regolari, sottili, orizzontali. Nessuna traccia di spini è visibile. I pori appaiono radi. a Un secondo esemplare di Val di Collina è costituito da un grosso blocco tutto ramoso con rami disposti in tutte le direzioni e di forma svariata. In certi punti l’aspetto è massiccio irregolare, in altri è espanso a lobi. Il fossile è molto calcificato e quindi le sezioni interne sono assai mal deci- frabili. Ma talune lasciano scorgere i caratteri della parete sottile, un poco ondulata, i pori radi, ‘ le tabule invece frequenti. Il diametro dei poliperiti raggiunge appena i tre quarti di millimetro. È perciò di dimensioni minime tra quelle note di questa forma che, del resto, è nelle sue dimensioni variabilissima. 5 Questa forma non ha valore cronologico essendo diffusa in tutti gli orizzonti devoniani. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es.; M. Capolago, versante sud, 1es. Favosites Ottiliae PENECKE — Tav. VII | II], fig. 16-18. 1894. Favosites Ottiliae PenEcKE. Grazer Devon, pag. 605, tav. IX, fig. 10-12 e tav. XI, fig. 9, 10. Per quanto, come ho accennato, si debba andar guardinghi nel proporre nuovi nomi per le Favosites, sembra che la forma del PENECKE sia assolutamente giustificata. Infatti nè sulla forma esterna, nè sulla dimensione dei tubi, nè sul numero delle tabule e sulla forma delle spinosità set- tali e nemmeno sulla variazione del numero delle tabule e sulla loro forma dritta o curva, si ha da fare grande assegnamento per distinzioni superiori alla varietà. Ma il numero e la disposi- zione dei pori è carattere che ha qualche valore. Ora nella Fav. Ottiliae i pori sono così numerosi che in qualunque sezione è raro trovare un calice che non sia perforato e talvolta anche in più punti. Ne deriva quindi un aspetto a reticolato interrotto che non si nota mai nelle forme prece- denti e che il PENECKE ha benissimo posto in evidenza nelle figure 10,11 della tavola IX. Mentre questi caratteri strutturali corrispondono bene col mio esemplare non si ha però identità per altri caratteri accennati dal PENECKE. Quelli appunto che sono nelle Wavosites più variabili. Ho difatti un frammento che mostra come il corallo fosse un’ espansione laminare abbastanza estesa mentre gli esemplari del PENECKE sono o globulari o piriformi. I tubi invece di essere irraggianti. come risulta dalla figura del PENECKE (tav. XI, fig. 10) sono, in conseguenza della forma espansa del corallo, su per giù paralleli; un poco ricurvi tanto che qua e là si ha 1’ aspetto a losanga come nella F. Goldfussi. I tubi son tutti quanti uguali tra loro ed hanno un diametro che oltrepassa il mezzo millimetro. Sono quindi leggermente più grandi che non quelli descritti dal PENECKE. Gli (37] P. VINASSA DE REGNY 95 spini mancano del tutto, le pareti sono sempre sottili, mai ingrossate ed anche in sezione verticale mostrano i pori fittissimi; in taluni punti la traccia della parete in sezione ha l aspetto di una linea tratteggiata. Le tabule sono molto numerose: se ne contano da 28 a 30 per em.; corrispondono cioè al numero che risulta dalle figure del PENECKE. La specie venne citata dal PENECKE dell’ orizzonte a Barrandei e degli strati a Calceola. M. Capolago, 1 es. i Favosites volaica n. f. — Tav. VIII [III], fig. 7-9. Son costretto a proporre un nuovo nome per un tipo di Favosites che pur presentando analogie con specie già note, da esse si distingue nettamente. A prima vista pare di avere a che fare con un tipo di Fav. Golafussi a piccoli tubi; oppure, per la forma esterna, con qualche tipo di Fav. poly- morpha; ma all’ analisi microscopica si nota la presenza di tubi di due tipi come nella Fav. Fordesi. Dei due esemplari che ho potuto studiare uno ha la forma irregolare a ceppo più o meno x dendroide, V altro invece è globoso con tubi irraggianti abbastanza regolari. Questo secondo esem- plare, che è un frammento, misura circa 6 cm. di altezza per 7 di larghezza. Il primo esemplare pure frammentario ha oltre $ em. di altezza massima. Il corallo è costituito da tubi paralleli diritti, di modo che manca nelle sezioni il tipo a losanga così frequente nelle forme di 7. Goldfussi. Il diametro dei tubi di rado raggiunge nei tubi mag- giori il millimetro; è appena !/, mm. nei tubi minori. Questi tubi minori non sono da conside- rarsi V inizio dei maggiori, come è nelle Wav. Goldfussi, polymorpha ece.; ma essi si mantengono sempre più piccoli degli altri durante tutto il loro percorso. Il numero di questi tubuli minori non è però molto grande; in una sezione longitudinale se contano 3 su 15 tubi maggiori. Questa propor- zione di 1 a 5 risponde abbastanza bene anche in altre sezioni. I tubi minori si presentano in se- zione trasversale prevalentemente sotto forma di piccoli quadrati, mentre i tubi maggiori sono pen- tagonali ed esagonali. Le pareti sono abbastanza sottili, talvolta leggermente ondulate. Le tabule sono numerose, con- tandosene in un esemplare 14, nell’ altro 18 per cm. Esse sono poco regolarmente distribuite; in taluni punti cioè un poco più fitte, in altri un poco più rade. Hanno forma piana regolare; qua e là se ne hanno però delle leggermente ricurve. Il più. delle volte sono inclinate; tabule perfetta. mente orizzontali sono rare. I pori sono numerosi; non come nella Fav. Ottiliae PEN.;} ma assai più che nelle Fuv. Goldfussi e polymorpha. Sopra circa 50 sezioni di tubi che si riscontrano in '/, di emq. da 8 a 10 al massimo sono quelle le cui pareti si presentano continue, imperforate; tutte le altre hanno una o anche due perforazioni. Dalla sezione longitudinale si rileva che questi pori son posti in serie (sembra anzi in una sola serie), poiehè mentre talune pareti appaiono continue altre sono tutte interrotte come una linea tratteggiata. Nessuna traccia di spini. La nuova forma ha analogia con quelle a piccoli tubi della Fav. Goldfussi, ma da essa si di- stingue per aver tubi di due tipi o pel numero dei pori assai maggiore. Caratteri distintivi, di minor valore però, sono la mancanza di ondulazione dei tubi e la forma e disposizione delle tabule. Dalla Fav. Forbesi, che ha pure tubi di due tipi, la nuova forma si distingue per la maggior rarità dei tubi minori e per la loro maggiore irregolare disseminazione in mezzo ai tubi maggiori. Pure il numero e la disposizione dei pori, come anche la forma e la disposizione delle tabule, di- stinguono da essa la nuova specie. . Qualche analogia ha la nuova forma anche colla Fav. Ottiliae PEN.; ma in questa i pori sono assai più numerosi e i tubi son tutti della stessa dimensione. Dalla Fav. polymorpha pure la distin- 96 P. VINASSA DE REGNY [38] guono le due dimensioni dei tubi, e la presenza di numerosi pori, senza contare il carattere di minor valore, della forma e disposizione delle tabule. M. Capolago, vers. italiano, 1 es.; da Casera Monumènz alla Cianevate, 1 es. i ‘ Favosites forojuliensis n. f. — Tav. VIII [III], fig. 1-4. È una delle forme a piccoli poliperiti da porsi in gruppo con le forme seguenti e con quelle già descritte dal FRECH: Fav. dillensis, Fav. raripora, ecc. ( Oberdevon, Anhang, pag. 947 e seg.). L’ esemplare è massiccio globoide, costituito da numerosi tubi disposti parallelamente che qua e là però si incurvano ed in taluni punti alla superficie appaiono come fronde. Alla superficie, ove sboccano i calici, questi appaiono numerosi e fittissimi, su per giù tutti uguali ed a contorno poli- gonale per lo più esagono: l’ aspetto è quello di un finissimo tulle da ricamo. In sezione trasversale i poliperiti mostrano un leggero arrotondamento per inspessimento della parete, pur mantenendo la linea generale di un reticolato poligonale. Il diametro di tali tubi varia da 0,35 a 0,40 mm.; ed essendo essi fittamente disposti, nello spazio di *, di centimetro quadro si contano circa 40 sezioni. Nessuno spino, nessun setto sono visibili. Rare volte si scorge nelle pareti una soluzione di continuità che è la traccia di un poro parietale. In sezione longitudinale si nota il leggero ondulare delle pareti, il cui spessore raggiunge oltre un terzo del lume del tubo. Manca ogni traccia di spinosità ed i pori sono molto irregolarmente disposti. Si hanno punti ove due o tre pori sono ravvicinati ed altri ove la parete è continua per lunga estensione. Le tabule sono abbastanza frequenti; in media 4 per mm. Ma non sono sempre uniformemente distribuite: in taluni punti se ne hanno parecchie ammassate, in altri son più rare. La loro forma in generale è piana; solo per eccezione se ne hanno delle convesse. Per lo più esse sono orizzontali, ma talune sono anche un poco inclinate. La nuova forma si distingue nettamente dalla Fav. Goldfussi per la piccolezza dei suoi tubi, e per la sua grandissima geometrica regolarità nella disposizione dei calici. Questo carattere la distingue pure da alcuni tipi di Alveolites (ad esempio la var. minor della Alv. suborbicularis) colia quale si hanno somiglianze in sezione longitudinale. Per la piccolezza dei poliperiti si avvicina come ho detto alle forme descritte dal FRECH che son però di dimensioni ancora più ridotte. Quella di tali forme che ha poliperiti relativamente più grandi, la Fav. dillensis FRECH ( Anhang, pag. 947, fig. 1, 2) risponde su per giù per il numero di poliperiti alla nuova Fav. forojuliensis, ma se ne distingue subito per la grande irregolarità dei poligoni e per la assai maggior frequenza dei pori. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. ed uno dubbio. Favosites forojuliensis var. pinnata n. v. — Tav. VIII [IIT], fig. 5, 6. Distinguo come varietà una forma che per la regolarità e la dimensione dei poliperiti risponde alla specie, ma se ne distingue per taluni caratteri. Anzi tutto essa ha forma nettamente pinnata, simile a quella di talune Monotripidi, poichè i poliperiti verticali nella porzione assiale si piegano bruscamente quasi a 90° per sboccare nella parte superficiale. Ma questo carattere non ha certo grande valore distintivo. Piuttosto è da notare che la. parete è assai meno inspessita che nella specie, di modo clte i calici hanno un contorno ancora più nettamente poligonale, spiccatissimo. Essi son quasi tutti delle stesse dimensioni che oscillano attorno a 0,3-0,4 mm. Le tabule sono assai più numerose (4-5 per ogni mm.) e più uniformemente ed ovunque distribuite. Abbastanza [39] P. VINASSA DE REGNY 97 » numerosi sono pure i pori parietali. Caratteristica è altresì la dicotomia regolare per cui i poliperiti aumentano di numero. Questi caratteri, mentre tengono ben distinta la varietà, non mi sembrano però tali da permettere la istituzione di una nuova specie. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es.: Favosites robiniaefolia n. f. — Tav. VIII [III], fig. 10-12. Si presenta questa forma il più delle volte come un espansione foliare ovata o lanceolata, talvolta un poco rigonfia alla base, simile nel suo contorno a quello delle foglie di Robinia pseudoacacia. Le dimensioni di queste espansioni foliari sono svariate; se ne hanno talune alte poco più di 3 cm. e larghe appena 7 mm.: altre alte sino a 4-5 cm. e della larghezza di 16-17 mm. Quando appaiono erose alla superficie si notano i numerosi poliperiti sottili, filiformi, che partono dalla base, e mentre quelli centrali si spingono quasi rettilinei verso l'alto, quelli laterali si stendono curvandosi @ a destra e a sinistra verso il lembo. Ne consegue un elegante aspetto molto regolare e ben diverso da quello che presentano le altre Favosites, in generale di forma assai meno regolare. Taluni dei poliperiti sono, ondulati; altri si scindono; altri si formano a nuovo per interposi- zione di una nuova parete, cosicchè all’ esame con una lente la regolarità dell’ andamento risulta interrotta. ; I poliperiti sono assai sottili verso il loro inizio e vanno gradatamente allargandosi verso V estremità distale: questo allargamento è però graduale e non molto forte dacchè al loro inizio i poliperiti misurano circa 0,4 mm. di diametro e verso l’ estremo raggiungono solo 0,5 mm. In sezione trasversale si notano numerose sezioni di poliperiti nettamente poligonali, in gene- rale a 5-6 lati. Notevole è la diversità nelle dimensioni di essi avendosene parecchi assai più piccoli degli altri: ma tali poliperiti minori non sono che poliperiti giovani che rapidamente raggiungono le dimensioni degli altri, come dimostra una sezione longitudinale dalla quale si rileva la frequenza nella bipartizione dei poliperiti. La parete originaria sottile, rettilinea, spicca in vari punti della sezione, talvolta isolata, talvolta con aderente un poco di calcare chiaro; talvolta infine essa scompare e non resta che una sbarretta di colore biancastro; non di rado in questo caso i punti di intersezione sono allora un poco atton- dati. Un fenomeno simile certo è da riportarsi a fossilizzazione del pezzo. Credo utile però il far notare la somiglianza che assumono certe sezioni con quelle di Actinopora, che sto per descrivere. Ma si è ben lungi dall’ avere la regolarità che si nota. nell’ Actinopora. Dalla sezione trasversale risulta anche la poca frequenza dei pori, dacchè solo per eccezione si nota una soluzione di continuità nelle pareti. La sezione longitudinale mostra come la parete sia formata da due lamine: di rado si vede in essa la linea nera originaria. La parete è un poco irre- golare con qualche rigonfiamento piccolo qua e là; essa è poi tutta segnata da minute strie secure perpendicolari alla parete stessa, che potrebbero forse esser considerate come minutissime perfo- razioni riempiute, se anche questo aspetto, come è probabile, non debba ritenersi semplice fenomeno di fossilizzazione. Dei grossi pori, molto radi però, perforano questa parete. Le tabule sono rarissime, orizzontali o appena un poco ricurve. Manca ogni e qualunque traccia di denticolatura o di spini, . In un secondo esemplare di Val di Collina si ripetono tutti i caratteri sopra descritti salvo quello della parete nera interrotta. Si ha invece solo la doppia lamina ineludente un calcare più chiaro. Si nota però anche in questo esemplare nettissima la striatura della parete in senso perpen- dicolare. La mancanza della linea nera sembra stia a dimostrare che la sua presenza o mancanza è veramente da ascriversi a fenomeno di fossilizzazione. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 13 98 P..VINASSA DE REGNY [40] Nessuna delle forme note può avvicinarsi a questa carnica per il suo contorno nettamente foliare, per la regolare disposizione dei poliperiti. Se mai qualche confronto volesse farsi si potrebbe citaro la Fav. raripora FRECH ( Oberdevon, Abhang, pag. 948, fig. 3, 4) che ha pure pochi pori, le pareti un po’ irregolarmente ingrossate e la traccia scura della parete primitiva. Ma, oltre che per la forma e le disposizioni dei poliperiti, la nuova forma si distingue subito per il netto contorno dei calici e per la quasi assoluta mancanza di tabule che la fanno assomigliare alle forme mesozoiche di Lovcenipora. Morena di Givigliana (provenienza dal M. Cogliàns), calcare chiaro, vari esemplari. — Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. — M. Capolago, 1 es. Favosites italica n. f. — Tav. VII [II], fig. 13-15. La nuova specie si avvicina al tipo della Favosites polymorpha pur essendone distinta per parecchi caratteri. Essa si presenta nella superficie erosa come un groviglio di masse lobate disposte in tutte le direzioni, di modo che in taluni punti si hanno delle festonature con i poliperiti irrag- gianti regolarmente, presso a sezioni trasverse degli altri poliperiti la cui direzione è perpendicolare. Alla superficie si nota che i calici tagliati trasversalmente sono poligonali, regolari e su per giù uguali di dimensioni che di rado raggiungono 1 mm. La maggior parte hanno 0,75 mm. di diametro e per eccezione se ne notano anche di mezzo millimetro. Questi calici più piccoli isono le sezioni di giovani individui. Questi giovani si riconoscono assai bene nelle sezioni erose parallelamente all’ asse dei poliperiti, poichè di quando in quando tra i poliperiti che si irraggiano a ventaglio divergendo da un asse mediano se ne vedono altri intercalati. Oltre a questa divaricazione, assai poco spiccata del resto, dei poliperiti, si nota in essi come l’ accenno a un’ampia ondulazione. In sezione trasversale si riscontra quanto già abbiam notato alla superficie, cioè sezioni regolari per lo più esagonali in mezzo a cui se ne hanno alcune altre minori a 4 o 5 angoli. La parete è sottile, apparentemente unica, con pori rarissimi. Nessuna traccia di spini. In sezione longitudinale si nota la detta disposizione a ventaglio dei poliperiti con intercala- zione di tubi minori derivati dalla biforcazione dei precedenti. } La caratteristica della specie appare ‘subito nell’ enorme numero delle tabule. Queste sono regolari, diritte, piane, su per giù equidistanti, in numero che va da 40 a 45 per ogni centimetro. Lo spessore delle tabule è grande, quasi uguale a quello della parete. Radi pori perforano la. parete stessa. Questa nuova forma ha analogie colla Y. polymorpha dalla quale però si distingue subito per le parete sottili, il piccolissimo numero dei pori e la grande frequenza delle tabule. E questa ricchezza di tabule e la sua forma generale tengono nettamente distinta la nuova forma da tutte le altre sue congeneri. Passo di Volaia, versante sud, 1 es. Gen. Actinopora VINASSA Propongo questo nuovo genere per alcune forme di Favositidi che si distinguono dalle vere Favosites per la presenza di croci o di stelle a cinque raggi in rispondenza del punto di riunione delle varie pareti dei tubi. Tali formazioni stellate appariscono nettamente in chiaro al punto di confluenza e i raggi di esse si stendono talvolta per oltre un terzo della lunghezza delle singole pareti. Non di rado il punto centrale di tali formazioni stellari ha un aspetto più compatto come quello di un bottone. (41) P. VINASSA DE REGNY 99 Al nuovo genere appartengono sino ad oggi tre specie; una è la nuova Act. carnica che sto per descrivere, e due sono precedentemente descritte riferendole alla Favosites; la Fav. asteriscus FRECH e la Fav. proasteriscus CHARLESW. L’ Actinop. asteriscus FRECH sp. venne descritta dal FREcH nel Mesodevonico di Hwa-ling-pu nell’ Asia centrale ( FRECH in Loczy, op. cit., pag. 232, tav. VIII, fig. 2). Essa è caratterizzata dalle sopradette formazioni stellari che non si manifestano però mai nei punti di inerocio di tre sole pareti, di modo che si hanno o- croci o stelle a cinque raggi. Dalla figura risulterebbe anche che nell’interno di queste formazioni raggiate, che sono rappresentate come una piccola piastra, si hanno delle altre formazioni più stellate piccole, che spiccano più in chiaro. Si avrebbe cioè un vero e proprio inspessimento in rispondenza dell’inerocio. I tubi hanno circa 1 mm. di spessore, spini non esisteno, i pori sono rarissimi, le tavole sono sempre irregolari, incomplete, come quelle delle Emmonsia e poche di numero; circa 18-20 per cm., almeno a giudicarne dalla figura la quale forse non è molto esatta e della quale non è data la misura d’ingrandimento. Della Carnia ha fatto conoscere una seconda specie, l’ Ac. proasteriscus, il CHARLESWORTH. Da quanto si può rilevare della descrizione, risulta che la forma carnica è globosa, di grandi dimen- sioni, con tubi di 1 mm. di diametro, di rado meno, molto ondulati, con pareti sottilissime, con pochi e grandi pori, con tabule molto fitte in modo che se ne hanno 25 per cm.; ma dalla figura 1 della tav. XXXIII risulta invece che esse sono circa 70 per cm. Le formazioni stellari, che anche qui maneano nei punti ove solo tre pareti convergono, sono assai meno spiccate che non nella forma chinese. Ed infatti dalla fig. 1 della sopradetta tavola appare la loro poca visibilità. Comunque esse esistono e quindi il riferimento al nuovo genere è certo. La forma dei dintorni del Volaia si riconosce dalla precedente pei tubi molto piccoli e per le tabule complete e numerose. A queste due specie si unisce oggi la terza seguente. Actinopora carnica n. f. — Tav. IX [IV], fig. 6-8. L’ esemplare ha la forma di una grande espansione laminare a ventaglio con un’altezza di oltre 11 cm, ed una larghezza massima che doveva certo raggiungere 10 cm. I tubi irraggiando da una base abbastanza ristretta procedono arcuati all’ infuori a forma di palma. I poliperiti, specialmente nella porzione prossimale, sono un poco ondulati di modo che alla superfice appaiono, quantunque non frequenti, delle sezioni a losanga. I tubi son tutti tra loro uguali; i nuovi formatisi per biforcazione dei preesistenti si intro- mettono fra i precedenti, raggiungendo quasi subito il loro diametro che è circa 1 mm., non venendo però questo millimetro mai superato, salvo nell’ estremità esterna dei tubi. La parete è sottile, pochis- simo ondulata; in sezione longitudinale appaiono nettamente le due lamine di cui essa è formata. In sezione trasversale si notano le caratteristiche formazioni stellate o crociate di cui ho fatto parola. Dove tre sole pareti convergono non si hanno tali formazioni, o tutt'al più si manifesta come un raggio più chiaro in rispondenza dell’ una o dell’ altra parete. I pori sono relativamente frequenti, più particolarmente nella porzione distale del corallo, ove, in sezione longitudinale specialmente, è facile notare le pareti trequentemente interrotte. In sezione trasversale invece i calici perforati non si scorgono molto frequenti, ma i pori appaiono anche in questa sezione. Le tabule hanno un andamento irregolare; mancano quasi del tutto nell’ultima parte dei tubi, accu- sando così la grande profondità dei calici. Le prime tabule cominciano a notarsi a 1 cm. o poco più dell’ apertura esterna dei tubi. Esse si fanno più fitte nella porzione prossimale .del corallo ove se ne possono contare sino a 15 per centimetro. La loro forma è regolare, un poco ricurva; la loro disposizione è abbastanza regolare cosicchè si posson dire equidistanti. 100 ; P. VINASSA DE REGNY [42] Dall’ A. asteriscus, a cui risponde per dimensioni dei tubi, la nuova forma si distingue per il numero assai maggiore dei pori, per la forma e disposizione delle tabule che sono complete e per la mancanza di esse nella porzione esterna dei tubi. Con la A. proasteriscus le differenze sono ancora maggiori; non si hanno nella nuova specie le forti ondulazioni dei tubi, che sono inoltre più grandi, e forniti di un numero maggiore di pori; le tabule poi sono assai meno numerose e le formazioni stellari e crociate molto più nettamente visibili. Morena di Givigliana ( provenienza dal M. Cogliàns), calcare chiaro, 1 es. Gen. Pachypora LINnDps. Non si vuole da taluni, come il FRECH, (Ober- Devon, pag. 100) ammettere il genere, dicendo che talune Favosites come la Fav. polymorpha possono avere o no inspessimento nelle pareti. Ritengo invece che il genere debba essere accolto, facendo rilevare la caratteristica dello inspessi- mento forte della parete, specialmente verso la parte periferica esterna del corallo, in modo che le aperture calicinali, che son sempre poligonali nelle Yavosites, sono invece sempre tondeggianti nelle Pachypora. Così compreso il « genere » è facilmente distinguibile e la separazione delle forme resa più facile, cosa che è necessaria nello studio paleontologico ove i criteri debbono essere tenuti più ristretti che non in zoologia. Ammesso così il genere ben distinto anche dai generi a pareti ingrossate prossimi: Striatopora, Trachypora, Alveolites e Cocnites, restano a delimitarsi le specie tra cui ripartire le forme fossili. Anche qui furono discussioni ed errori di nomenclatura. Cominciò il NICHOLSON a dare il nome di Pachypora cristata M. Ep. H. ad una forma siluriana che nulla a che fare colla vera P. cristata BLUM. del Devoniano. Egli poi diede il nome di P. cervicornis alla specie nota col nome di P. reticulata BLAINV. Effettivamente il BLAINVILLE descrisse la P. cervicornis poche linee prima della P. reticulata e per il nudo diritto di priorità andrebbe preferito il nome di cervicornis a quello di reticulata. Ma i primi che figurarono col nome di P. cervicornis un esemplare che non era la P. cervicornis del BLAINVILLE, furono MILNE EDWARDS e HAIME, e allora, per evitar confusioni, è meglio tornare al nome di P. reticulata BLAINV. Il FRECH corresse l’errore del NicHoLsoN relativo alla P. cristata e diede la sinonimia critica di questa specie. A sua volta pero commise l’ errore di dare il nome di Fawvosites Nicholsoni alla Pach. cervicornis del NICHOLSON. Giustamente il GUERICH corresse questo errore e su tal correzione pare vi sia pieno accordo col FRECH, come già abbiamo accennato sopra. Pachypora cristata BLum. sp. — Tav. IX [IV], fig. 2. 1885. Favosites cristata (BLum.) FRECH. Oberdevon, pag. 108, tav. VII, fig. 5a, tav. XI, fig. 5,5 (cum syn.). Caratteri della specie sono: Forma allungata, pochissimo ramificata, con poliperiti uguali del diametro da 1 a 2 mm.; parete fortemente ed uniformemente inspessita; tabule rade, regolari; spini settali quasi sempre nulli: pori grossi, regolari, posti in serie. I caratteri più salienti e più facilmente riconoscibili sono dunque la forma poco ramosa e il diametro dei poliperiti che arriva a 2 mm. I miei numerosi esemplari sono per lo più allungati, non frondosi nè ramificati. Le dimensioni oscillano in lunghezza tra 17 e 33 mm. ed in larghezza tra 6 e 12 mm. Alcuni sono tozzi, misurando 17 mm. di altezza per 10 di larghezza, altri son quasi rettangolari con 33 mm. di altezza per 11 di [43] P. VINASSA DE REGNY 101 larghezza. Altri sono più slanciati. I tubi solo per eccezione hanno 1 mm. di diametro negli esemplari minori; il più delle volte sono da 1,25 a 1,6 mm. Taluni anche raggiungono i 2 mm. Le tabule sono rarissime: non si scorgono spini settali; i pori sono grossi e radi. La forma, diffusa assai sul Mesodevonico, scende anche negli orizzonti più alti dell’ Eodevonico e sale anche al Neodevonico inferiore. ; Val di Collina, calcare chiaro e cale. seuro, 15 esemplari. — Cas. Val Bertàt, 3 es. — Valpùdia, 1 es. Pachypora reticulata BLAINV. sp. 1908. Pachypora reticulata (BLAINv.) Vinassa. Lodin, pag. 178 (cum syn.). 1910. — _ Vinassa. Paluzza, pag. 18, tav. I, fig. 5. 1913. _ _ GoRrTANI. Cogliàns, pag. 21 (cum syn.). Caratteri della specie sono: Forma spianata, ramosa, talvolta con rami anastomosati a retico- lato; poliperiti uguali del diametro non mai superiore al millimetro; parete ingrossata specialmente verso la bocca; tabule rade regolari; spini settali talvolta presenti, talaltra quasi nulli; pori più o meno grandi e più o meno regolari, posti in una sola serie. I caratteri più salienti e che più facilmente distinguono questa forma dalla precedente sono dunque la forma ramosa e talvolta perfino anastomosata reticolata e il minor diametro dei tubi che non oltrepassano il millimetro. Dei numerosi esemplari carnici i più sono spianati, allungati; ma uno è reticolato, un altro è ramoso cervicorne. Questo esemplare è il maggiore completo ed ha un’ altezza di oltre 35 mm. con 12 mm. di larghezza. L’ esemplare reticolato è incompleto, ma il frammento già oltrepassa i 5 cm. di altezza ed il ramo maggiore ha 15 mm. di diametro. In questi due esemplari soltanto il diametro massimo dei tubi arriva a 1 mm. Gli altri esemplari lo hanno sempre al di sotto di 1 mm.; in taluni esemplari esso arriva appena a !/, mm. È perciò l'esemplare della Cianevate descritto dal GORTANI quello che più di tutti somiglia a questi esemplari a cellule così piccole. Questa forma ha la stessa distribuzione verticale della precedente. Val di Collina, calcare chiaro e scuro, 10 esemplari. — Cas. Collinetta, 1 es. — Monumenz, 1 es. — Valpudia, 1 es. — Cianevate, 1 es. Pachypora corallioides n. f. — Tav. VIII [III], fig. 15-18. Questa nuova forma fa parte del gruppo formato dalla Packypora crassa SCHLUET. (Eifel, pag. 114, tav. X, fig. 4-11) e della P. praecrassa GUERICH (Op. cit., pag. 136) la quale non venne però figurata, ma che è assai accuratamente descritta, La forma carnica è ramosa con rami inclinati l'uno sull’ altro di circa 60°. I rami a sezione tondeggiante hanno un diametro di 7 o 8 mm. La maggior parte hanno netta sezione circolare, taluni pochi sono ovali. Alla superficie appaiono delle piccole verrucosità appena punteggiate nel mezzo, poichè i calici sono quasi del tutto riempiti da stereoplasma. I caratteri della forma appaion quindi bene soltanto nella sezione. Risulta adunque che il corallo è formato da numerosi tubuli di circa '/, mm. che nell'asse del corallo sono verticali : questa porzione assiale occupa circa un terzo del diametro. In sezione longitudinale si vede che nel terzo esterno questi tubi mediani si piegano bruscamente sin quasi a formare un angolo retto, in modo che sboccano quasi perpendicolarmente alla superficie. Quest’ aspetto ricorda quello di parecchi Treptostomidi. Mentre la parete dei tubi nella porzione mediana è sottile, non appena 102 P. VINASSA DE REGNY 1 [44] i tubi si incurvano, ad un tratto, si nota una deposizione di steroplasma che ingrossa enormemente la parete tanto da chiudere quasi del tutto il lume del tubo. In sezione trasversale pure si nota questo carattere poichè si ha un’ area centrale a sezioni poliedriche ammassate di tubi con pareti sottili dalla quale area irraggiano i tubi ingrossati ricurvi. ; Appunto perchè l’inspessimento parietale è regolare e uniforme e resta libera una piccola porzione quasi filiforme del lume del tubo, si ha un contorno festonato che somiglia a quello di taluni Ciatofilli. E tale somiglianza è aumentata dal fatto che il lume dei tubi è regolarmente irraggiante dall’ area centrale in modo che tali linee appariscono come setti. Se si aggiunge anche ehe si hanno qua e là tracce di un’ alternanza di lunghezza e che il numero è spesso di 24, si potrà rilevare come sia forte e curiosa a prima vista la somiglianza delle sezioni di questa forma con quelle degli Esacoralli. Questa somiglianza è poi accresciuta dal fatto che le traccie dei pori che traversano assai frequentemente le pareti inspessite (se ne contano da 4 a 6 per tutta la parete ingrossata) sembrano delle traverse settali. Il più delle volte questi pori son posti alla stessa altezza nei vari tubi di modo che si formano come dei piani concentrici. Nella porzione assiale, come ho detto, la parete è sottile, un poco ondulata coi pori radi e radissime tabule. L’aecrescimento avviene per intercalazione di nuovi tubi di modo che in sezione trasversale si notano poliedri minori accanto a poliedri maggiori. Nella porzione corticale inspessita le tabule mancano del tutto. È da notarsi che in questo esemplare si manifesta nettamente il carattere « stellimicans » che ha fatto spendere tanto inchiostro allo SCHLUETER (Op. cit., pag. 156 - 142) nella sua polemica con NIicHoLson e ForD (On a new genus of devonian Corals. Ann. Mag. Nat. Hist., V, vol. 17) che sostenevano essere quell’ aspetto stellimicante un fenomeno di fossilizzazione. Nel mio esemplare questo aspetto è dato da riempimento stereoplasmatico. Questo riempimento invece di deporsi sulla parete a circoli concentrici sembra essersi deposto radialmente, di modo che invece di aversi un lume tubulare circolare si ha un vuoto a stella con raggi un poco ondulati. Ora molto probabilmente tali raggi possono corrispondere ai canali che assai di frequente, come abbiam veduto, traversano la parete ingrossata dei tubi. Avrebbe dunque ragione lo SCHLUETER di considerare che 1’ aspetto stellimicante della sua Packhitheca stellimicans non è fenomeno dovuto a fossilizzazione, ma va invece considerato come deposizione stereoplasmatica analoga a quella ora descritta nella nuova forma. Questa nuova specie è così distinta da tutte le sue congeneri che non occorre insistere su le differenze. La sola forma che abbia qualche analogia per la sua regolare struttura è la P. crassa SCHLUETER sopra citata. Essa è però molto più grande, ha la porzione assiale più piccola, i tubi relativamente assai più sottili e le pareti immensamente meno ingrossate. La P. praecrassa pur sopra citata ha tubi con forte inspessimento, ma oltre le dimensioni, presenta questo inspessimento in strati alternanti con tubi non inspessiti; quelli inspessiti poi hanno perduto interamente il loro lume non restando che i pori a fitti strati concentrici. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Gen. Striatopora HALL. Striatopora vermicularis M? Coy sp. — Tav. IX [IV], fig. 3. 1885. Striatopora vermicularis (M’ Coy) FRECH. Oberdevon, pag. 105, tav. XI, fig. 6 (cum syn.). Ù) 1902. = — LEBEDEW. Op. cit., pag. 31, tav. I, fig. 3-5 (cum syn. rossica). Questa forma è relativamente frequente in molti dei giacimenti carnici. Di rado è isolata, scol- pita fuori dalla roccia dagli agenti atmosferici; il più delle volte si rivela nelle superfici levigate [45] i P. VINASSA DE REGNY 103 dei blocchi calcarei fossiliferi e nelle sezioni. E si riconosce facilmente per le sue piccole dimen- sioni che di rado oltrepassano '/, cm. di diametro e pei minuti calici poliedrici irregolari, del dia- metro di appena ?/, mm. Questi sono nell’ area centrale assai poco inspessiti nelle pareti, mentre Vingrossamento forte si inizia quasi ad un tratto nella porzione corticale. I pori grandi sono abba- stanza numerosi; rarissime invece e talvolta anche nulle le tabule. Questa forma assai diffusa nel Devoniano è prevalente però nel Meso- e nel Neodevonico. Val di Collina, calcare chiaro, 4 es. — Monumòènz, 2 es. Striatopora vermicularis M° Coy var. volaica CHARLESW. 1914. Striatopora volaica CHarLESWORTH. Op. cit., pag. 378, tav. XXX, fig. 7, 8. CHARLESWORTH descrive come specie questa forma che a mio parere non può avere maggior valore di una varietà della St. vermicularis. Infatti i caratteri fondamentali corrispondono perfetta- mente a quelli della specie tipica, solo le dimensioni sono assai più ridotte. Si trova anche nel mio materiale mesodevonico immersa nei blocchi calcarei, ed apparisce assai bene nelle sezioni. Un ‘esemplare misura appena 3,5 mm. di diametro e le sue celle arrivano a 0,3 mm. di diametro mas- simo: ora la semplice diversità di dimensioni, rimanendo fermi tutti sugli altri caratteri che si riferiscono all’ ingrossamento, ai pori, alle tabule ece., non mi pare sufficiente a stabilire una nuova specie. Monumènz, 1 es.; Cianevate, 1 es. dubbio. Striatopora subaequalis M. Ep. et H. 1914. Striatopora subaequalis (M. Ep. H.) CHARLESWORTH. Op. cit., pag. 379, tav. XXXIV, fig. 7 (cum syn). Un poco più frequente e diffusa della Striatopora vermicularis, questa specie il più delle volte si manifesta nelle superfici levigate e nelle sezioni. Raggiunge dimensioni maggiori, poichè taluni esemplari arrivano a 8 mm. ed anche sin quasi al centimetro di diametro. Anche i tubi sono un poco più grandi e se ne hanno di quelli che raggiungono i */, di mm. I pori non son rari, le tabule invece sono un poco più numerose che non nella St. vermicularis. Questa forma, prevalente nel Mesodevonico, si trova anche nell’ Eodevonico e nel Mesodevonico. Val di Collina, calcare scuro, 3 es. — Monumènz, 1 es. Striatopora subaequalis M. Ep. et H. var. major n. v. — Tav. IX [IV], fig. 1. Dei piccoli ramoscelli che spiccano per il loro colore bianco sulle superficie più scure del cal. care presentano la caratteristica di avere i loro poliperiti nella parte terminale così inspessiti da dare forti somiglianze colla P. dilacerata PoctA (in BARRANDE, Op. cit., pag. 251, tav. 106, fig. 6, tav. 114, fig. 1). Ma effettivamente si tratta di una forma a poliperiti maggiori della Striatopora subaequalis. In generale l’ andamento dei poliperiti è regolare pinnato, ma si hanno anche casi in cui la parte terminale di essi si curva da una parte spostandosi così tutti i poliperiti verso quel lato. Nella porzione centrale la parete è sottile come in tutti i Pachiporidi; l’ inspessimento comincia in gene- rale là dove si inizia la curvatura dei poliperiti stessi. Tale inspessimento è irregolare, tanto che 104 P. VINASSA DE REGNY [46] la parete ingrossata ha in sezione un contorno qua e là rigonfio e come reticolato. Verso la super- ficie il rigonfiamento è tale da ostruire quasi completamente il lume dei poliperiti. La dimensione di questi va crescendo dal centro alla periferia. Al centro il loro diametro è di circa '/, di mm.; alla periferia si può raggiungere persino 1 mm., superando così notevolmente le dimensioni nor- mali della St. subaequalis. I pori son rari e grossi, tondeggianti; le tabule sono assai irregolarmente disposte e prevalgono nella porzione assiale del corallo. Come si rileva dalla figura, le somiglianze colla S. subaequalis sono forti specialmente coll’ esem- plare figurato dal FRECH (0b. Devon, tav. XI, fig. 7). Ma le dimensioni sono assai maggiori ed anche maggiore è l’inspessimento terminale. Val di Collina, calcare chiaro, 2 esemplari. Gen. Alveolites LAwm. Alveolites suborbicularis p' ORB. — Tav. IX [IV], fig. 4-5. 1902. Alveolites suborbicularis (D’ORB.) LeBEDEW. Op. cit., pag. 38, tav. I, fig. 6, 7 (cum sym.) Questa forma così frequente e così ripetutamente figurata e descritta non ha certo bisogno di lungo discorso. Le caratteristiche della specie sono le seguenti: Forma svariata, non però mai ramosa; il più delle volte incrostante a lamine concentriche, oppure a masse lentiformi con calici quindi sempre sboceanti da una parte sola. Calici a netta forma triangolare con lati curvi: il superiore convesso all’ esterno e maggiore; i due inferiori più piccoli e concavi verso l’ esterno. Pareti più o meno spesse ma sempre di spessore uniforme senza ingrossamenti; in generale assai robuste sino ad arrivare ad avere uno spessore che eguaglia la metà del lume del poliperite. Pori radi ed ifregolari; spinosità rare e spesso mancanti. Tabule frequenti in modo che se ne contano 3 per millimetro, ma non mai disposte a intervalli regolari. È la forma più diffusa e più frequente di tutti i « coralli » del Mesodevonico carnico. Se ne hanno blocchi di grandissima dimensione e piccoli esemplari, irregolari di forma, globosi, espansi, laminari, massicci ecc. Il più delle volte non occorrono sezioni tanto le aperture caratteristiche appaiono alla superficie. Per quanto di questa forma si trovino esemplari anche in terreni più antichi e più recenti, la diffusione principale sua è nel Mesodevonico. Val di Collina, calcare chiaro e scuro. A centinaia. — Timau — Casera Monumènz — Morena di Givigliana — Freikofel — Creta di Timau — Sasso nero — Cas. Val Bertàt — Collinetta — Valpùdia. Ovunque da 2 a 10 esemplari. Alveolites suborbicularis D’ ORB. var. minor FRECH 1885. Alveolites suborbicularis FRECH. Oberdevon, pag. 108, tav. VII, fig. 2. 1912. _ _ var. minor (FrEcH) GORTANI. Cogliàns. pag. 14, tav. I, fig. 11 a, bd. Mentre la forma tipica ha calici che raggiungono, nel loro diametro maggiore, quasi il milli- metro, nella varietà queste dimensioni arrivano appena alla metà, ma spesso sono anche un terzo. [47] P. VINASSA DE REGNY 105 Metto in sinonimia anche la forma ascritta alla specie tipica dal FRECH nel Devoniano ,supe- riore di Oberkunzendorf, perchè ha dimensioni e sottigliezza di parete che la tengono ben distinta. In tal modo anche la varietà non avrebbe alcun valore cronologico passando essa dal Mesodevonico inferiore sino al Neodevonico superiore. Val di Collina, calcare chiaro; 1 es. Alveolites cfr. irregularis Gort. Riferisco con dubbio a questa specie del Mesodevonico inferiore carnico (GORTANI, Cogliàns, pag. 14, tav. II, fig. 1) due frammenti di esemplari dei quali mi è stato possibile fare solo la sezione longitudinale. Da questa risulta la irregolarità nella forma della parete, che è ingrossata a nodosità irregolari tal quale come nell’ esemplare figurato dal GORTANI. Ma solo la sezione trasversale è quella veramente caratteristica in modo tale da non lasciar dubbi sulla determinazione della specie, e questa sezione, come ho detto, non mi è stato possibile eseguirla dato lo stato di conservazione dei due frammenti. È perciò che il riferimento è dubbio. Val di Collina, calcare seuro, 2 es. Alveolites collinensis n. f. — Tav. IX [IV], fig. 12, 13. L’esemplare è costituito da un’ ampia massa a tipo di tozzo ramo, di un’ altezza superiore agli $ em. e di una larghezza di 22 mm. Si notano i poliperiti irraggianti e rivolti verso l esterno le cui pareti appaiono di percorso ondulato e di grossezza irregolare. Questa apparenza esterna, meglio visibile sulla superficie levigata, dà subito un carattere distintivo dalla Alv. sudordicularis con cui la nuova specie per le dimensioni dei poliperiti potrebbe all’ ingrosso confonderci. Questa carattetistica irregolarità delle pareti assai meglio si nota nella sezione longitudinale. Da essa si rileva infatti Vl inspessimento irregolare ed in taluni punti molto forte della parete; si rileva pure il suo percorso ondulato irregolare; le somiglianze colla Alv. irregularis GORT. nella sezione longitudinale sono assai forti. Ma le dimensioni son diverse, essendo esse molto maggiori nella nuova specie. Difatti il diametro dei poliperiti raggiunge il millimetro e il massimo spessore della parete può arrivare al mezzo millimetro. Le tabule sono piane, semplici, assai regolarmente distribuite e numerose tanto che se ne contano due per ogni millimetro. I pori son rari; essi sono però assai ampi. In sezione trasversale le caratteristiche della specie sono ancora meglio spiccate. La forma dei calici appare ovale allungata per effetto dell’inspessimento parietale; in origine però sembra che il contorno sia quasi a losanga. Caratteristica è la traccia scura della parete primitiva a cui si addossa lo selerenchima secondario. Questa traccia però si manifesta solo ad un lato del calice ed ha una forma ondulata quasi di un accento circonflesso —A_ un poco allungato. Quando in una serie contigua queste tracce vengono a contatto, si ha come un aspetto festonato continuo. Una tal parete così arcuata ha qualche somiglianza col lunarium di aleune Ceramoporoidi. Nessuna traccia di spini si riscontra. I pori sono rarissimi. La nuova forma-se ha qualche analogia colla Alv. irregalaris GORT., limita, come ho già detto, questa somiglianza alla sola forma irregolare della parete. Più forti sono invece le somiglianze colla Alv. skalensis GUERICH ( Op. cit., pag. 149, tav. III, fig. 2) che ha appunto calici molto allungati, disposti in serie e con labbra festonate. Ma la Alv. skaZensis ha calici molto più grandi, sino a 2 mm., molto più stirati e quello che più monta possiede dei denti che la fanno aserivere al grappo delle Caliapora, ciò che non è il caso per la forma carnica. Val di Collina, caleare chiaro, 1 es.; calcare scuro, 1 es. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 14 106 P. VINASSA DE REGNY [48] Alveolites crinalis n. f. — Tav. X [V], fig. 1, 2. Il corallo ha una forma irregolare massiccia coi poliperiti sparsi per ogni direzione come dei crini al vento. Un esemplare anzi ha i suoi poliperiti arrotolati come i raggi di una girandola. Questa disposizione non era mai stata notata, e nemmeno del resto la forma a cespuglio irregolare è frequente nelle Alveolites. Le dimensioni dei poliperiti sono molto piccole, arrivandosi ad un diametro massimo di 0,3 mm., inferiore cioè anche a quello della var. minor della Alv. suborbicularis. In sezione trasversale i calici appaiono ovali, abbastanza allungati ed assai regolari. 11 forte spessore della parete dà appunto una regolarità maggiore alla forma delle sezioni. Rarissime soluzioni di continuità mostrano la presenza di radi pori relativamente grandi. Manca ogni traccia di spini. In sezione longitudinale si nota il grande spessore delle pareti che raggiunge quasi il diametro del lume dei poliperiti. Dato l'andamento irregolare ondulato delle pareti, sono frequenti le sezioni a losanga, tramezzo a quelle continue rettangolari dei poliperiti. Tutta la parete è fine- mente striata nel senso perpendicolare alla superficie della parete stessa; tali striature però non possono essere interpretate come porosità. I pori si notano ma rarissimi e sotto forma di netta interruzione della parete. Nessuna traccia di spinosità o di dentatura è visibile. Le tabule sono relativamente rare e disposte a intervalli irregolari; ove si contano più fitte se ne ha una ogni mezzo millimetro. Esse son semplici, complete, pianeggianti o al più leggermente convesse. In sezione longitudinale sono forti le somiglianze colla Alveolites simplex BARRANDE (Op. cit., pag. 267, tav. 116, fig. 2) colla quale si hanno anche rispondenti le dimensioni sia dei poliperiti sia anche della parete inspessita. Ma queste somiglianze si limitano alla sezione longitudinale. Nella sezione trasversale invece le diversità sono molto grandi; ad esempio nella differenza della forma della sezione dei tubi, ma più che altro nel tipo e nella disposizione. Ciò solo nel caso però che quello che il PoctA crede esser pori non sia altro che la striatura da me accennata nella parete. Comunque resta sempre la differenza nella sezione dei poliperiti. Val di Collina, calcare chiaro. Vari esemplari immersi nella roccia. Alveolites (Caliapora) Battersbyi M. E. — Tav. IX [IV], fig. 16, 17. 1851. Alveolites Battersbyi Milne EpwarDps et Harmr. Polyp. paléos., pag. 257. 1853. _ — MiLnE EpwaARDS et Harmr. British foss. Corals, pag. 220, tav. 49, fig. 2. 1885. — —_ MAURER. Op. cit., pag. 130, tav. IV, fig. 14-15. 1889. Caliapora —_ SCELUETER. Op. cit., pag. 95, tav. XIV, fig. 9 (cum syn.). Un non molto grosso individuo globoso misura un diametro di circa 5 em. ed un’ altezza di 35 mm. Essendo esso ricoperto dalla roccia‘non è possibile vedere i calici alla superficie: ma le sezioni sono nettissime e molto caratteristiche, Una sezione tangenziale presenta un aspetto irregolarissimo poichè i tubi sono tagliati in tutte le possibili direzioni. Se ne hanno quadrati, ovali, con pareti festonate ete. Le pareti appaiono un poco inspessite; ciò dipende anche dal fatto che esse son tagliate obliquamente. Una sezione longitudinale dà invece chiarissimi i caratteri della specie. I tubi hanno un diametro che da mezzo millimetro arriva sino a tre quarti. Di quando in quando in mezzo ad un tubo si vede comparire una parete che lo divide, dando così origine a due tubi. Questo acere- [49] P. VINASSA DE REGNY 107 scimento non è però il solo che si noti nella specie; si ha difatti anche l accrescimento per biforcazione. La parete è sottile e non di rado si nota che è formata dall’ unione di due lamine seorgendosi tra di esse come una soluzione di continuità. Numerosi spini, in generale alternanti, lunghi sino oltre la metà del diametro si partono dalla parete: poche sono le tabule complete che chiudono i tubi. Non ho mai osservato la presenza di pori. E giustamente a questo proposito il MAURER corregge MILNE EDwARDS e HAIME a proposito del loro accenno a grossi pori che sono invece soltanto porzioni di tubi tagliati dalla sezione. Nè il MAURER nè gli autori della specie pongono in vista il fatto della parete costituita da una doppia lamina, benchè l’ uno e gli altri figurino bene questo carattere, Un secondo esemplare di questa specie ha dimensioni molto maggiori. Esso si estende come una grande fronda a coda di pavone con un’altezza che può stimarsi superiore agli 8 cm. ed una larghezza massima di oltre 12 em. I tubi hanno al solito la dimensione da 0,3 a 0,7 mm. I caratteri interni sono uguali a quelli dell’ esemplare precedentemente descritto. Se una diversità si vuol notare essa è una maggior regolarità nell’ alternanza degli spini ed un numero un poco minore nelle tabule. La forma è prevalente nel Mesodevonico. Val di Collina, caleare chiaro, 2 es. Alveolites (Caliapora) julica n. f. -—— Tav. IX [IV], fig. 9-11. Ho un abbastanza grande esemplare di questa forma che si presenta come un cespuglio quasi emisferico. Il diametro maggiore dell’ esemplare completato doveva raggiungere circa 10 cm.; l’altezza è poco più di 2 em. A primo aspetto, come può rilevarsi dalla figura, si presentano somiglianze colla Alv. suborbdi- cularis del Devoniano russo figurata dal LEBEDEwW (0p. cit., tav. 1, fig. 6) avendosi la stessa dispo- sizione e lo stesso aspetto, e solo differendo le dimensioni che nel mio esemplare sono maggiori. Infatti i tubi hanno un diametro di circa 0,75 mm. che però può arrivare anche al millimetro. I tubi procedono quasi diritti, solo per eccezione qua e là sono un poco ondulati. La superficie esterna essendo ricoperta dalla roccia, non si vedono libere le aperture dei calici. In sezione trasversale si notano le pareti assai ingrossate, sino ad un quarto di mm. di spessore. La formazione della parete mediante la unione di due lamine è chiaramente visibile. Il contorno dei tubi è ovale, allungato, irregolare, e nettissimi sono i pori che assai frequentemente interrom- pono la parete. In sezione longitudinale si notano, oltre alla solita duplice parete assai spessa e leggermente ondulata, delle fittissime tabule molto sottili, irregolarmente disposte, poichè in taluni punti sono molto fitte ed in altri più rade: in media si contano 30 tabule per em. La loro forma è rego- lare; esse sono per lo più orizzontali, solo di rado un poco inelinate. È caratteristica la loro sotti- gliezza filiforme in confronto collo spessore delle parete. Invece molto grossi e tozzi sono gli spini dentiformi che in modo abbastanza irregolare sporgono dalle pareti. In alcuni punti se ne contano uno per millimetro; in altri punti mancano affatto. Grossi pori rotondi uniseriati perforano la parete e si manifestano come fori nella parete stessa quando la sezione risponda ad una parete, altrimenti come soluzioni di continuità nel decorso della traccia della parete. La loro disposizione sembra essere assai regolare. Il numero dei pori varia dai 10 ai 12 per em. La specie è benissimo distinta da tutte le altre Alveolites devoniane sino ad oggi note. Per la presenza degli spini dentiformi ha somiglianza colla Alv. Labechei ( NicHoLson, Tab. Corals, tav. VI. 108 P. VINASSA DE REGNY . [50] fig. 3a). Ma subito se ne distingue per le dimensioni assai maggiori, la parete assai più spessa, le tabule meno numerose e più che altro pei grossi pori e così numerosi come di rado si notano nel genere Alvcolites. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es., ed uno dubbio. Gen. Coenites. Coenites polonica GuERICH var, — Tav. X [V], fig. 6, 7. 1896. Coenites expansa FrECH var. polonica GuERICH. Op. cit., pag. 145, tav. V, fig. 8. Ritengo che la forma descritta e figurata dal GuERICH abbia diritto ad essere considerata come specie autonoma, dacchè assai piccole sono le somiglianze colla Coenites expansa FRECH, specie d’altronde assai male e sommariamente descritta dall’autore stesso (Mitteldevon, pag. 23 in nota). La forma si presenta nel mio materiale come un’ espansione laminare di poco più che 2 mm. di spessore con calici posti su ambi i lati dell’ espansione stessa. Tra calice e calice intercede una distanza di poco più che !/, mm. su per giù come nella forma polacca. Nel piano mediano dell’ espansione vengono a contatto due serie di poliperiti a pareti sottili che per la loro disposizione somigliano quasi a bollosità, come risulta anche dalla figura Sa del GuERICH. La porzione mediana con questi poliperiti a pareti sottili arriva ad occupare appena un mezzo millimetro dello spessore totale. A questa zona seguono le due zone laterali nelle quali i poliperiti si curvono fortemente ed assumono nelle loro pareti uno spessore grandissimo. Non mi è stato possibile eseguire una sezione trasversale: ma i caratteri di quella longitudinale sono più che sufficienti a dimostrare la identità della forma carnica con quella polacca. Quanto alla forma descritta dal FRECH questa ha intanto quattro strati di celle invece che due; ed anche la forma esattamente a ferro di cavallo, come appare dalla figura che sembra però un poco schema- tizzata dal FRECH, è diversa da quella semilunare della €. polonica. La forma venne sinora citata esclusivamente dal Mesodevonico. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Coenites carnica n. f. — Tav. X [V], fig. 3-6. Si presenta alla superficie dei blocchi calcarei erosi come una massa fittamente vermicolata, quando Vl esemplare presenti il lato esterno; mentre se si ha una frattura trasversale appaiono chiare le sezioni poligonali dei poliperiti mediani e quella allungata dei poliperiti laterali ricurvi. Nel primo caso si ha una superficie che presenta notevoli somiglianze con quella della Coenites escharoides STEIN. come la figura il v. PEETZ (Op. cit., pag. 193, tav. II, fig. Sa) che però a me sembra non essere tutt’ uno colla forma dello stesso nome figurata dallo SCHLUETER (Op. cit., tav. V, fig. 12). Questa forma renana difatti ha le sue aperture semilunari tutte disposte nello stesso senso” ed equidistanti, mentre la forma russa le ha assai più irregolarmente disseminate e disposte per ogni verso. La forma che ho a disposizione si presenta in esemplari irregolarmente ramosi a rami biforcati ; il diametro dei rami va dai 7 ai 9 mm. Nessun esemplare è completo; il maggiore dei frammenti ha 18 mm. di altezza. [51] | P. VINASSA DE REGNY 109 Le aperture semilunari sono fittissime; se ne contano da 150 per ogni emq. Il labbro rilevato può oltrepassare 1 mm. di lunghezza, ma appena raggiunge ?/, mm. di massimo spessore. L’ aspetto esterno è quindi fittamente vermicolato assumendo appunto il tipo come di una massa di minuti vermiciattoli. Le sezioni mostrano che si ha una porzione centrale da cui irraggiano divergendo dolcemente come un flabello i singoli poliperiti; la parete di essi è sottile nella parte assiale e si inspessisce poco a poco verso l’ esterno, sino a raggiungere il suo massimo verso la periferia dove si rigonfia quasi a forma di grossa clava. Non ho potuto rilevare tracce nè di spini nè di tabule nell’interno dei poliperiti. La nuova specie per la sua forma ramosa, la regolarità ed il grande numero dei poliperiti, e più che altro per la fittezza delle aperture esterne disposte in ogni direzione, si distingue benissimo da tutte le sue congeneri. La sola forma già citata del v. PrEETZ ha qualche analogia per la super- ficie esterna; ma è ben diversa per forma generale e per il moito minor numero delle aperture luniformi. Val di Collina, caleare chiaro, vari rametti. Coenites Mariae n. f. — Tav. X [VI], fig. 7-9. IL’ esemplare ha una forma a corno simile a quella del CyathophyMum cerutites. Misura un’ altezza di cm. 4 ma è incompleto. La sezione è leggermente ovale, misurando i due diametri rispettiva- mente mm. 16,5 e 13. La porzione assiale comprendente la porzione dei poliperiti senza ingrossamento parietale è pure ovale e misura nei suoi due diametri mm. 6 ed 8. I poliperiti nella porzione più strettamente assiale sono diritti, tanto che in sezione appaiono quadrangolari o pentagonali, ma questa porzione ove i poliperiti sono verticali è piccolissima; occupa appena mm. 1,5 di spessore. I poliperiti misurano un diametro di !/, di mm. Lateralmente a questa piccola porzione assiale i poliperiti si curvano nettamente a circa 90° quasi inginocchiandosi e per il breve spazio suddetto si manten- gono a pareti non molto inspessite; ma poi queste si ingrossano talmente da ridurre filiforme il lume dei poliperiti. Lo inspessimento verso la porzione periferica è abbastanza irregolare tanto che la parete in certi punti appare come nodulosa. Le tabule sono rare. Alla superficie appaiono le aperture luniformi, fittissime come è naturale data la piccolezza dei poliperiti, e disposte senza regola in tutte le direzioni, solo con un leggero accenno ad assu- mere una disposizione in serie perpendicolari all’ asse della colonia. La forma generale, le dimensioni dei poliperiti, la fittezza delle aperture e la loro irregolare disseminazione tengono questa specie ben distinta da tutte le congeneri. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Gen. Amphipora. Amphipora ramosa PHIL. sp. — Tav. IX [IV], fig. 14, 15. 1910. Amphipora ramosa (PHEILL. sp.) Vinassa. Paluzza, pag. 22, tav. I, fig. 9a, 10 (cum syn.). x Anche questa forma è troppo nota per dover ritornare a descriverla. Essa non è rara in Carnia. Ne indicai per la prima volta la presenza al Pian di Germula, oggi a questa località varie altre 110 P. VINASSA DE REGNY [52] se ne aggiungono. Magnifici esemplari affasciati, simili a ‘quelli figurati dallo SCHULZ (Op. cit., tav. XXII, fig. 1) si trovano specialmente nel calcare del versante meridionale del Germula. La forma è esclusiva del Mesodevonico. Casera Monumènz — Dossone da Val di Collina a Monumènz — M. Germula, calcare nero del versante meridionale — Pian di Germula — Val di Collina, calcare seuro. — M. Volaia sopra ceasera Ombladet — Passo di Lanza — Cas. Val Bertàt. Frequente ovunque. Gen. Syringopora GLDFSss. Syringopora carnica n. f. —— Tav. X [V], fig. 15-17. Il calcari del monte Creta bianca, generalmente privi di fossili, si presentano in certi punti verso la quota di 2000 metri pieni zeppi di un organismo vermicolare irregolarmente disseminato, e che l’ erosione atmosferica fa nettamente apparire scolpito e rilevato. Si traita di ammassi di una Syringopora che a primo aspetto rammenta grandemente la Syrin- gopora crispa Aello SCHLUETER (Op. cit., pag. 169, tav. XVI, fig. 5-7). E a prima vista, difatti, se non fosse poi la sezione microscopica, si potrebbe credere di avere a che fare con questa specie. I poliperiti si dispongono in tutte le direzioni, come nella specie dell’ Eifel, nessuno essendo paral- lelo all’ altro. Tutti sono indipendenti e spesso anche assai discosti. Se una differenza si vuol trovare si è che nella specie carnica non son rari i poliperiti che si curvano ad ampia spirale aperta. Le dimensioni del diametro variano di poco ed oscillano in generale tra i 2 ed i 2,5 mm., tal quale come nella già citata specie dello SCHLUETER. Anche la teca spessa, liscia, è identica nelle due forme. Le diversità appaiono nella sezione dei poliperiti. Si hanno cioè numerosissime tabule nella forma carnica, mentre nella forma renana le tabule sono assai poco numerose. In sezione trasversale si notano alla periferia e aderenti alla teca molti sepimenti di aspetto vescicolare formanti uno spazio anulare che delimita una porzione centrale nella quale i sepimenti sono assai più radi e più lunghi andando da un punto all altro dell'anello quasi diametralmente. Si ha cioè un tessuto di apparenza vescicolare verso la teca, mentre le tabule imbutiformi sono limitate alla porzione assiale. f Questo numero grande di sepimenti è caratteristico della nuova specie. Vi si avvicina però un poco la forma renana S. eifeliensis SCHLUETER (Op. cit., pag. 167, tav. XV) che ha pure tabule numerose; ma in essa manca il tessuto vescicolare periferico. Delle diversità colla $. crispa già ho detto. M. Creta bianca dai 2000 ai 2100 metri. Vari blocchi. Stromateporoidea Gen. Actinostroma NICH. Actinostroma elathratum NIcH. — Tav. X [V], fig. 10. 1912. Actinostroma clathratum (NicH). GORTANI. Stromatoporidi, pag. dina IV, fig. 1 (cum. syn.). Questa forma ben nota e ripetutamente citata nella Carnia uon merita ormai ulteriori descri - zioni. Riferisco alla specie tipica gli esemplari a maglie larghe regolari come quello che ho figurato [53] P. VINASSA DE REGNY 111 del Lodin nella tav. XXXI, fig. 16 e che chiamai ( Lodin, pag. 180) forma macropora. È frequente incontrare in questi esemplari le Caunopora. Un esemplare di Monumènz ne è così pieno che solo in pochi punti è possibile distinguere il reticolato regolare della specie. Questa forma va dal Neosilurico superiore al Mesodevonico. Creta di Timau alla Raiber Stel, 1 es. — Monumènz, 1 es. — Cas. Val Bertàt, 1 es. — Val pùdia, 1 es. Actinostroma clathratum NicH var. confertum Vin. — Tav. X [V], fig. 11. 1912. Actinostroma clathratum var. confertum (Vinassa ) GORTANI. Stromatoporidi, pag. 6, tav. IV, fig. 1 (cum sym.). Un blocco irregolare immerso nella roccia svela i suoi caratteri solo nella sezione. L'intreccio regolare caratteristicamente quadrato è formato da lamine e pilastri sottili delle stesse dimensioni e molto numerosi, avendosi da 5 a 6 elementi scheletrici per ogni millimetro. Si tratta quindi della varietà a maglie molto piccole e fitte che distinsi per la prima volta tra gli esemplari carnici col nome di confertum, e che il GORTANI ha di nuovo benissimo descritto e figurato. Data la facilità con cui oggi si creano nuove specie taluno potrebbe forse eredere che si potesse separare dall’ Ac. clathratum questa varietà confertum come specie a sè. Io preferisco tener riunita alla specie tipica le forme a maglie fitte, dati i forti legami ed i passaggi che esistono nei diversi individui. Morena di Givigliana (proven. dal M. Cogliàus), 1 es. Actinostroma stellatum NIcH var. italicum Gort. — Tav. XI [ VI], fig. 1, 2. 1912. Actinostroma stellatum NicH. var. italicum GORTANI. Stromatopor., pag. 7, tav. IV, fig. 2-4. Ho un frammento di cenosteo il cui diametro raggiunge circa 8 cm. a forma di un mezzo ellissoide. Le latilamine sono ondulate, assai regolarmente concentriche. La superficie esterna presenta dei piccoli mammelloni ottusi, spianati, alti più di 1 mm., sui quali non son riuscito a scoprire astrorize. In sezione longitudinale si notano maglie quadrangolari abbastanza uniformi formate dall’in- erocio dei pilastri colle lamine; gli uni e le altre sono su per giù dello stesso spessore. I pilastri sono spiccatissimi e si continuano per parecchie lamine (8-10 e talvolta anche più). Nello spazio di 1 cm. si contano da 38 a 45 pilastri e da 35 a 40 lamine. Gli spazi quadrangolari si possono quindi considerare quasi quadrati, tenuto conto che lo spessore dello scheletro, lamine e pilastri, è uguale. Le lamine hanno un decorso leggermente ondulato. La sezione trasversale che può manifestarsi anche a contatto di quella longitudinale quando si faccia il taglio di una porzione un poco grande del cenosteo dato il suo accrescimento irregolare, mostra la disposizione stellata abbastanza regolare quasi concentrica degli elementi scheletrici. Questa sezione è quella che nel mio esemplare maggiormente somiglia alla figura data dal GORTANI (tav. IV, fig. 2). I canali astrorizali .nel mio esemplare sono un poco più grandi che non nel- l'esemplare figurato da GORTANI, poichè taluni raggiungono quasi 1 mm. di diametro. } La varietà venne trovata in Carnia nel Mesodevonico inferiore; ora si vede che essa può raggiungere anche il Mesodevonico più recente. Val di Collina, calcare nero, 1 es. 112 P. VINASSA DE REGNY [54] Actinostroma bifarium NicB. — Tav. X [V], fig. 12, 14. 1908. Actinostroma bifarium (Nicn.) Vinassa. Lodin, pag. 181, tav. XXI, fig. 22. Ho un solo esemplare incompleto che è immerso nella roccia, per cui nulla posso dire delle particolarità della superficie. La forma appare subglobosa, quasi emisferica. Alla base ha una rottura. Meno nettamente che non nell’ esemplare silicizzato e benissimo scolpito di Lodin si notano i pilastri di due tipi che danno l’ impronta caratteristica a questa forma del gruppo dell’ 4. clathratum; ma questi pilastri di dimensioni diverse si notano nettissimi nelle sezioni microscopiche longitudinali. I pilastri maggiori sono assai fitti e irregolarmente disseminati. In taluni punti si ha un solo pilastro minore intermedio a due maggiori; in altri punti i pilastri minori interposti sono due od anche tre. Anche la lunghezza di tali pilastri è variabile; se ne han taluni che raggiungono appena un mm., altri arrivano ed oltrepassano i 2 mm. Nessuno mai però di tali pilastri si presenta continuo per quasi mezzo centimetro, come si nota nell’ esemplare devoniano di Teignmouth figurato dal NICHOLSON nella fig. 5 della tav. XIII. Si hanno in tutto e per tutto maggiori somiglianze coll’ esem- plare mesodevonico di Biichel, figurato nella stessa tavola nella fig. 7. Infatti anche nel mio esemplare si notano 4 lamine per mm. Un poco meno quindi che non nell’ esemplare di Lodin, ed uguale al numero che si riscontra negli esemplari mesodevonici germanici, mentre quelli inglesi hanno lamine più fitte. Ma la maggior o minor fittezza delle lamine non ha valore distintivo specifico. In sezione tangenziale pure non si notano diversità cogli esemplari figurati dal NICHOLSON; non avendosi ingrossamenti nelle apofisi dei pilastri le aperture appaiono abbastanza nettamente ango- lose e non tondeggianti. Anche questa forma va dal Neosilurico superiore al Mesodevonico. Val di Collina, calcare scuro, 1 es. Gen. Clathrodictyum NIcH. Clathrodictyum regulare RosEN. var. carnicum VIN. 1912. Clathrodictyum regulare Rosen. var. carnicum (Vinassa) GORTANI. Stromatoporidi, pag. 8, tav. IV, fig. 5 (cum syn.). i Ne ho un frammento nel quale sono assai meglio conservati i caratteri in senso tangenziale che non longitudinale, poichè le sezioni in tal senso risultano assai confuse. Permettono però sempre di riconoscere la forma delle logge, tipiche della specie, e le loro dimensioni, tipiche della varietà. Infatti si notano al massimo tre serie di logge per ogni millimetro. La superficie è nettamente punteggiata e le lamine sono facilmente scindibili luna dall'altra, tal quale come si nota nella specie figurata nella fig. 9 della tav. XVIII del NicHoLson. In sezione si notano i pilastri come punti rotondi con poche braccia irraggianti. Sembra effettivamente che la var. carnica del Ol. regulare si possa considerare come tipica del Mesodevonico. Infatti per primo la trovai insieme alla Amphipora ramosa che è caratteristica del Mesodevonico. GoRTANI l’ha rinvenuta nel Mesodevonico della Cianevate. Ora si ritrova anche nel giacimento tipicamente Mesodevonico di Val di Collina. Val di Collina, calcare scuro, 1 es. — Pian di Germula, 1. es. [55] P. VINASSA DE REGNY 113 Gen. Stromatopora GLDFSs. Stromatopora concentrica GLDFSs. — Tav. XI [VI], fig. 3-5. 1914. Stromatopora concentrica (GDFs.) GORTANI. Stromatoporidi, pag. 9, tav. IV, fig. 6-7 (cum syn.). La forma.è frequente in parecchi giacimenti carnici del Mesodevonico. Gli esemplari da me osservati mostrano più o meno la disposizione a lamine concentriche; tutte però nella sezione microscopica svelano la struttura serrata ad elementi molto spessi, che è caratteristica di questa forma, ripetutamente descritta. La maggior parte dei miei esemplari proviene dal giacimento di Val di Collina. Ne ho di questo un grosso blocco di 12 cm. di larghezza per 8 cm. di altezza, ma però incompleto. La struttura concentrica è netta; si nota però anche una ondulazione negli elementi. La superficie esterna è tutta vermicolata ma senza mammelloni. Le astrorize sono visibili qua e là; esse son piccole, di appena 4 mm, di diametro a rami sottili. In sezione si notano le fibre grossolane. I tubi zooidiali son nettissimi. Molto spiccato è il tipo vermicolare dello scheletro. Un altro grosso esemplare è concresciuto con la St. gentilis nella quale fa un ampio rivestimento laminare. La lamina appartenente alla St. concentrica è lunga 15 cm. e spessa 4,5. Nettissime sono le latilamine molto avvicinate e ondulate ampiamente, per cui anche la superficie esterna è ondu- lata, ma priva di qualunque mammellone o rilievo regolare. La superficie è però minutamente reticolata, vermicolata e come sagrinata con grande regolarità. Essendo la Str. concentrica fossiliz- zata in calcare nerastro, mentre la St. gentilis è più chiara, le particolarità anatomiche minute spiccano nettamente. In sezione tangenziale le astrorize son benissimo visibili. In sezione verticale invece non sono così nette le latilamine come nella parte erosa. Pure di Val di Collina ho altri piccoli esemplari tra cui tre si distinguono per gli elementi grossolani, in modo come non accade frequente in questa forma. Anche fibre molto grosse e vermicolatura molto serrata, sul tipo di quella dell’ esemplare figurato da GORTANI nella fig. 6, ha un esemplare piccolo di Pront. La Str. concentrica è forma che può dirsi caratteristica del Mesodevonico. Val di Collina, calcare chiaro e scuro. Frequente. — Creta di Timau a Pront, 1 es. — Val. pùdia, 1 es. Stromatopora Hiipschii BARG. — Tav. XII [VII], fig. 5- 6. 1890. Stromatopora Hiipschii (BARG.) NicHoLson. Stromatoporoids, pag. 176, fig. 20 a, tav. X, fig. 8,9; tav. XXII, fig. 3-7 (cum syn.). È forma nor rara e facilmente distinguibile per le belle astrorize che appaiono alla superficie e meglio ancora sulla superficie levigata e nelle sezioni. La forma generale è irregolarmente espansa o globoso-lobata; le dimensioni non son mai molto grandi (5-6 cm.), ma gli esemplari son tutti più o meno frammentari. Manca ogni traccia di accrescimento a latilamine essendo prevalenti i pilastri radiali: solo la disposizione delle traverse alla stessa altezza in taluni esemplari dà un accenno di accrescimento concentrico, da non confon- dere però col vero e proprio tipo di latilamina delle altre Stromatopore. La struttura è nettamente reticolata. Lo spessore delle fibre è srande, arriva facilmente ad !/, di mm. Numerosi tubi zooidiali separano i pilastri; in generale per ogni millimetro si hanno Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 15 114 P. VINASSA DE REGNY [56] 3 pilastri e 2 tubi interposti. Nei tubi zooidali le tabule sono assai rare, diversamente da quanto accade per la Str. diicheliensis, ove le tabule sono invece fittissime. In sezione tangenziale si notano, come ho detto, le frequenti astrorize ramificate. Esse non sono molto grandi misurando un diametro di circa 5 mm. I loro centri distano in media da 0,7 a 1 cem. Nessuna diversità quindi si nota tra gli esemplari earnici e quelli pure mesodevonici dell’ Inghil- terra e della Germania. Val di Collina, calcare chiaro, 3 es. Stromatopora Beuthi BARG. 1912. Stromatopora Beuthi (BAarG.) GORTANI. Stromatoporidi, pag. 12, tav. IV, fig. 18, 19 (cum syn.). Questa specie venne trovata da GORTANI nel Mesodevonico inferiore del Cogliàns in esemplari tipici, come può rilevarsi dalla descrizione e dalla figura. Nel materiale da me studiato non ho rinvenuto esemplari della specie altro che in alcune sezioni dei calcari chiari di Val di Collina. Le sezioni mostrano il tessuto grossolano e la lunghezza dei pilastri che sono caratteristiche di questa specie. Non è possibile aggiungere altri particolari dato lo stato di conservazione degli esemplari sempre immersi nella roccia. Val di Collina, calcare chiaro. Alcuni frammenti. Stromatopera Beuthi BARG. var. radiata n. fi. — Tav. XI [VI], fig. 10-12. Ho taluni esemplari facilmente riconoscibili per lo spessore delle fibre e per la continuità dei pilastri, che sono caratteri molto appariscenti della specie tipica. Ma la disposizione dei tubi ‘ zooidiali, identica a quella della St. diicheliensis var. digitata NICHOLSON ({Stromatoporoids, pag. 187, tav. XXIII, fig. 5) dà ai miei esemplari il tipo, almeno, di nuova varietà. Gli esemplari sono in generale piccoli, al massimo di 3 em. di luaghezza; di forma sono più 0 meno irregolarmente giobulosi. Non si ha traccia di struttura a latilamine, ma sibbene si scorgono delle linee concentriche assai rade, che vanno solo intese come arresti di sviluppo successivi. Alla superficie non si notano nè mammelloni nè astrorize. Lo spessore delle fibre va da un quarto sino ad un terzo di mm. e talvolta anche oltre: parecchi pilastri si biforcano e naturalmente in quei punti lo spessore è maggiore, sin quasi a raggiungere un mezzo centimetro. Facendo un taglio del fossile, sempre si nota nella sezione una parte centrale che taglia i tubi zooidiali trasversalmente; verso la periferia i tubi si curvano sinchè presso la periferia stessa la sezione diviene longitudinale ai tubi. Nei tubi zooidiali che sono molto frequenti si nota la presenza di tabule abbastanza spesse e fitte. Lo spessore delle fibre, la continuità dei pilastri, il numero grande dei tubi zooidiali abbastanza fittamente tabulati, non lascian dubbio sulla pertinenza dei miei esemplari al tipo della St. Beuthi, come è descritta dal NICHOLSON (Stromatopor., pag. 188, tav. V, fig. 12-13, tav. XXIII, fig. 8-13, tav. XXIV, fig. 1) ma la forma generale e la disposizione fascicolare raggiata degli elementi sche- letrici distinguono 18 forma carnica da quella descritta dal NICHOLSON. Val di Collina, calcare chiaro, 3 es. — Un esemplare dubbio perchè invaso tutto da Caunopora anche a Monumènz. [57] P. VINASSA DE REGNY 115 Stromatopora Cadornai n. f. — Tav. XII [VII], fig. 1-4. È il maggiore esemplare tra tutte le Stromatoporidi da me raccolte, poichè si tratta di un blocco di cm. 15 X<10X 8, e sembra anche che esso non sia che un frammento di un maggiore zooario. A. prima vista, per l’ aspetto tubolare dovuto ai lunghi pilastri che lo costitaiscono e che predominano nello scheletro, esso sembra appartenere ad un tipo di Alveolites e per le sue dimen- sioni più specialmente alla Alv. suborbdicularis così comune e così variabile nel suo aspetto esterno. Ma le sezioni microscopiche mostrano invece che si ha a che fare con una Stromatopora. Alla superficie niente si nota di speciale, poichè mancano mammelloni e rilievi ed astrorize e non si ha che un aspetto reticolato e vermicolare assai netto. La struttura a latilamine è assai poco spiccata come nella Str. Beuthi BARG. (in NICHOLSON, Stromatoporoids, pag. 183, tav. V, fig. 12-13, tav. XXIII, fig. 8-13, tav. XXIV, fig. 1) che è la specie che maggiormente somiglia a questa carnica. Invece, come si detto, predominano i pilastri radiali; questi hanno uno spessore variato; taluni arrivano sino a !/, mm. di diametro, altri raggiungono appena la metà. ‘TI pilastri si prolun- gano sino a comprendere da 10 a 15 traverse; per eccezione questo numero può arrivare a 20. Queste traverse sono fitte tanto che se ne contano da 25 a 30 per centimetro e sono abbastanza uniformemente distribuite. Nelle sezioni mai son riuscito a scoprire la presenza di veri e tipici tubi zooidiali tabulati come esistono nella Str. Beuthi quali li figura il NICHOLSON nella fig. 13 della tav. V; aspetti simili a quelli che presenta invece l’ esemplare figurato dallo stesso Autore nella fig. 11 della tav. XXIII non mancano: ma confesso che non riesco a considerare queste formazioni come veri e propri tubi zooidiali. In sezione trasversale si ha una tipica struttura stellulata simile ad un ricamo con nodo centrale, e 5 o 6,filamenti raggianti. La diversità di questi noduli sono piccole e, corrispondente- mente alla regolarità nella disseminazione dei pilastri, essi son pure abbastanza ugualmente disseminati: solo in certi punti si nota un loro maggiore ammassamento. Nel centro del nodo in taluni casi si nota un punto più scuro, quasi a forma di bottone, che è la traccia del canale assiale dei pilastri. Innegabili sono le somiglianze colla St. Beuthi a cui la nuova forma può aggregarsi, pur tenen- dosene distinta per alcuni caratteri, tra cui principalmente la maggiore predominanza dei pilastri in confronto delle lamine, la diversità delle dimensioni degli elementi di cui taluni arrivano, come si è detto, a mezzo millimetro di spessore, e finalmente la mancanza di veri e propri tubi zooidiali. Val di Collina, caleare chiaro, 1 es. Stromatopora Gentilis Gorr. var. — Tav. XII [VII], fig. 10. 1912. Stromatopora columnaris var. gentilis GORTANI. Stromatoporidi, pag. 10, tav. IV, fig. 10-11 (cum syn.). Ho un esemplare assai grande in un unico blocco che comprende, come ho già detto, anche la St. concentrica. La forma è irregolare massiccia senza rilievi speciali alla superficie, ove si notano numerose astrorize distanti tra loro in media un mezzo centimetro, su per giù come avviene nella St. Hiipschii. Anche la forma delle astrorize è uguale nelle due specie. Tra le astrorize si ha il tessuto vermicolare solito delle Stromatopore: le fibre sono abbastanza grossolane raggiungendo circa un quinto di mm. di spessore. In sezione longitudinale si notano le latilamine sottili, che spesso si bipartiseono, come è chiaramente indicato nella fig. 11 della tavola di GORTANI. Lo spazio interlaminare va da 3 a 4 mm, ; 116 P. VINASSA DE REGNY [58] è quindi un poco maggiore che non nell’ esemplare da lui figurato. Tale spazio è occupato da pilastri abbastanza regolari che limitano delle logge di diametro su per giù uguale a quello dei pilastri e che talvolta sono biforcate. In un millimetro si notano 3 pilastri e perciò due logge interposte. I tubi zooidiali sono rari e rare in essi le tabule. Caratteri questi tutti quanti rispondenti alla deserizione data dal GORTANI. ì : Questa forma che venne riferita alla Sf. columnaris come varietà ha secondo me innegabili analogie colla St. Hiipschii alla quale del resto GORTANI stesso l’ha avvicinata. La forma e la dispo- sizione delle astrorize è identica. La disposizione a latilamine invece ricorda la St. columnaris, che non ha però astrorize. La scarsità, di tnbi zooidali e il piccolo numero di tabule che essi portano è carattere distintivo tanto in confronto della Sf. Hiipschii quanto in confronto della St. columnaris tipica. Mi sembra adunque che la forma carnica meriti di esser considerata indipendente, caratte- rizzata dalla struttura a latilamine per quanto non così spiccata come nella Sf. columnaris e dai tubi zooidiali rari e con poche tabule e da numerose e tipiche astrorize. Val di Collina, calcare scuro, 1 es. Stromatopora columnaris BARR. var. carnica n. f. 1912. Stromatopora cfr. columnaris ( BARR.) GoRTANI. Stromatoporidi, pag. 9, tav. IV, fig. 8,9. Il cenosteo è di forma irregolare massiccia; la superficie delle lamine è fittamente vermicolata, Le lamine hanno la tipica struttura concentrica abbastanza regolare e nettamente visibile. La lamellosità del fossile è chiaramente indicata anche dalla relativa facilità con cui le singole lati- lamine si staccano una dall’ altra. Ogni spazio laminare ha circa 2 mm. Gi spessore; un po’ meno quindi che non la forma tipica, la quale ha 3 mm. Lo spessore della lamina compatta va da !/,a'/mm., ma la indipendenza di questa lamina compatta è meno spiccata che non nell’ esemplare boemo, poichè taluni pilastri la intaccano e passan oltre sino ad invadere lo spazio interlaminare successivo, Sta il fatto però che l'esemplare di Val di Collina è assai più prossimo alla tipica Str. columnaris (BARR. in PoctA, Syst. sil., VIII, pag. 158, tav. 18 dis, fig. 8-11) che non l'esemplare figurato da GORTANI, poichè le lamine sono in esso assai più nette. In sezione tangenziale nessuna diversità appare tra gli esemplari carnici e quelli boemi. Perciò ritengo che gli esemplari carnici possano distinguersi come varietà, caratterizzata appunto dalla minor nettezza e indipendenza delle latilamine compatte e del loro minor spessore. Minore indi- pendenza che può spingersi sino al punto degli esemplari della Cianevate figurati dal GORTANI, e di cui quello di Val di Collina rappresenta appunto uno stadio intermedio. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Stromatopora biicheliensis BARG. 1912. Stromatopora biicheliensis (BARG.) GortANI. Stromatoporidi, pag. 11, tav. IV, fig. 12, 13 (cum Sun). Ho un piccolo esemplare immerso nella roccia e di cui quindi non si possono avere altri caratteri che quelli risultanti dalla sezione. Questa è perfettamente rispondente alla descrizione ed alle figure del NICHOLSON. I pilastri sono molto allungati ed il tessuto è regolare; ha anzi maggior regolarità di quello dell’ esemplare descritto da GORTANI e perciò si avvicina più agli esemplari germanici ed inglesi. [59] P. VINASSA DE REGNY 117 Si hanno 7 tubi zooidiali con numerose tabule ogni due millimetri. Lo scheletro è abbastanza sottile, le fibre misurando da un ottavo ad un nono di millimetro di spessore; perciò il lume dei tubi zooidiali è abbastanza ampio, distinguendosi così dalla varietà seguente e dalla nuova forma Str. forojuliensis, che hanno le fibre di maggior grossezza. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Stromatopora biicheliensis BARG. var. crassa n. f. — Tav. XII [VII], fig. 7, 8. Distinguo dalla forma tipica un esemplare che vi risponde benissimo per la presenza di nume- rosi tubi zooidiali fittamente tabulati, caratteristici della specie, ma che se ne allontana per il maggior spessore delle fibre, carattere questo che la fa rassomigliare invece alla St. Hiipschii. Un esemplare è irregolarmente globoso, del diametro di circa 2 cm., un secondo è assai più espanso ma sempre di forma irregolare. Non si ha traccia aleuna di latilamine; alla superficie non si notano particolarità speciali; le astrorize sono appena accennate e si vedono solo un po’ meglio nelle sezioni microscopiche tangen- ziali. Questa mancanza di caratteri salienti, riconoscibili a prima vista, è corretta però dalla tipica struttura dello scheletro che risulta dalla semplice levigazione. Si notano difatti le fibre abbastanza grassolane che spesso sono inferiori al quarto di millimetro di spessore. I tubi zooidiali tabulati son frequentissimi; se ne contano: circa 4 per ogni millimetro. Il loro lume è assai ridotto a causa del forte spessore dei pilastri. Le tabule son frequenti; da 3 a 5 per millimetro, carattere questo peculiare della Sf. biicheliensis. Solo lo spessore dello scheletro, come ho accennato in principio, distingue la varietà. Val di Collina, calcare chiaro, 2 es. sStromatopora forojuliensis n. f. — Tav. XI [VI], fig. 6-9. La nuova forma di Stromatopora ha contorni abbastanza irregolari ma sempre di tipo ramoso o nodoso. Un grosso blocco, che oltrepassava certo i 10 cm. di massima lunghezza, è un esemplare laminare bitorzoluto, tutto formato da nodosità, da gobbe, da cordoni più o meno rilevati e diretti in ogni direzione. Taluno di questi cordoni invece di confluire col cordone vicino, separandosi da esso mediante un solco, può anche scindersi quasi come un ramo. E si hanno casi di veri e propri rami a sezione ovale più o meno schiacciata. Uno di tali rami, che però è incompleto, misura 7 em. di altezza e uno spessore massimo di 35 mm. Sempre si nota una netta tendenza alla sfoglia- tura di lamine successive, che si distaccano come croste concentriche. Alla superficie fresca si notano sagrinature vermicolari. Mancano le astrorize. Una sezione trasversale mostra le fibre grossolane molto fitte irregolari dello spessore di un sesto di mm. ed anche meno, separate da spazi circa la metà più sottili. Lo stesso carattere sche- letrico svela la sezione longitudinale. Trattandosi di esemplari ramosi, quando si tagli trasversal- mente il ramo si hanno sezioni che sono perpendicolari alle fibre nel centro della sezione, mentre alla periferia compaiono le fibre parallele alla sezione stessa, e così nella stessa sezione si hanno i due aspetti dello scheletro. Frequenti sono i tubi zooidiali con le tabule. La nuova forma entra nella parentela della Str. diicheliensis. Anche per la struttura generale e Vl aspetto ramoso forti son le somiglianze colla Str. biicheliensis var. digitata NICHOLSON ( Stromatopor., pag. 186, tav. XXIII, fig, 4, 5). Ma se ne distingue subito per il maggior spessore delle fibre e il minor lume dei tubi intermedi, pel quale carattere assai più richiama la Str. Hiipschii. Ricorderò 118 P. VINASSA DE REGNY [60] anche la somiglianza coll’esemplare figurato dal MAURER (Waldgirmes, tav. II, fig. 9) e da lui riferito con dubbio alla Str. monostiolata BARG., il quale esemplare pure ha disposizione concentrica e raggiata delle fibre. f Val di Collina, calcare chiaro, 2 es. Gen. Stromatoporelia BARG. Stromatdporella curiosa BARG. var. carnica Gorrt. — Tav. XII [VII], fig. 11. 1914. Stromatoporella curiosa var. carnica GORTANI. Stromatoporidi, pag. 13, tav. IV, fig. 14-15. Anche il mio esemplare, come quelli già descritti da GORTANI, è immerso nella roccia e quindi non posso dare indicazioni sui caratteri della superficie, che nella forma tipica è assai irregolare, con notevoli protuberanze. Ma le sezioni bastano alla determinazione della varietà, che per la sola forma interna si distingue dalla specie tipica. Il cenosteo appare come un grossolano intreccio di fibre nel quale predomina però l’andamento in senso concentrico. Dalla sezione risulta che questa concentricità non è assoluta, poichè parecchie delle lamine vanno confluendo; tal quale come si nota nell’ esemplare figurato da GORTANI (tav. IV, fig. 15). Le fibre sono grossolane come è caratteristico nella specie; in media si hanno 7 lamine per ogni 4 mm. di spessore: le dimensioni sono cioè un poco maggiori che non nell’ esemplare figurato da GORTANI. Anche si nota nel mio esemplare un sottile intervallo nelle lamine che sembra sdoppiarle. Di tal linea chiara paria il NICHOLSON (Stromatoporoids, pag. 213) e la figura nella fig. 3 della tav. XXVIII, mentre GORTANI dice non esistere nella sua forma. Non ho trovato nè tubi zooidiali nè le astrorize che sono bene sviluppate nella specie tipica, e che nemmeno GORTANI ha trovato nella sua varietà. Forse per questo complesso di caratteri si potrebbe conelu- dere per considerare la var. carnica della Stromatoporella curiosa come specie a sè. M. Germula, calcare nero, 1 es. Stromatoporella socialis NICH. 1892. Stromatoporella socialis NicHoLsoN. Stromatoporoids, pag. 206, tav. XXVI, fig. 5-7. Il cenosteo è massiccio globulare del diametro massimo di 25 mm. Tutto l’ organismo è infarcito di tubi di Caunopora che disturbano fortemente la regolarità del tessuto. Questo però in taluni punti liberi dall’ ospite è assai nettamente riconoscibile. Le maglie rettangolari nella sezione verti- cale si vedono bene, e nettissima è la continuità delle lamine leggermente ondulate. La fibra dello scheletro è abbastanza grossolana e le lamine sono ravvicinate, non però come nella varietà seguente. Si contano difatti in generale 9, di rado 10 lamine per ogni 2 mm. Numero questo che risponde perfettamente a quello degli esemplari figurati e descritti dal NICHOLSON. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Stromatoporella socialis NicH. var. conferta Gort. — Tav. XII [ VII], fig. 12. 1912. Stromatoporella socialis NICH. var. conferta GORTANI. Stromatoporidi, pag. 13, tav. IV, fig. 16, 17 (excel. syn.). La varietà differisce dalla specie tipica per avere le maglie assai più serrate. Difatti se ne con- tano da 12 a 14 nello spazio di 2 mm. Il mio esemplare è quindi perfettamente rispondente a quello deseritto da GORTANI. [61] P. VINASSA DE REGNY 119 x L’ esemplare è immerso nella roccia e non se ne vede perciò la forma esatta. Le dimensioni sono assai grandi; circa 5 cm. di larghezza massima. Anche questo esemplare è infarcito di tubi di Caunopora che disturbano la regolarità delle maglie del tessuto. Val di Collina, calcare chiaro, 1 es. Gen. Hermatostroma. Hermatostroma cfr. Sehliiteri NICH. Il solo e piccolo esemplare è fortemente calcificato talchè la sezione mostra appena qua e là delle loggie che hanno somiglianza ton quelle dello Herm. Sehliiteri. Maggiori somiglianze però si notano alla superficie esterna che è tutta scolpita a rilievi regolari, abbastanza uniformemente disseminati, incavati a cratere nel loro centro, scultura questa che ha grande analogia con quella che si nota alla superficie della specie tipica. Cosicchè un ravvicinamento a questa dell’ esemplare carnico sembra giustificato. Creta di Timau a Pront. Unico. Gen. Idiostroma WINCH. Idiostroma cfr. Roemeri NICH. Lo stato di conservazione degli esemplari che si avvicinano a questa specie, sinora ignota nel Devoniano italiano, non permettono una sicura determinazione. Si hanno difatti sezioni in gran parte calcificate nelle quali è solo possibile distinguere talune aperture tondeggianti nella porzione assiale, mentre esternamente divergono, irraggiando, alcuni tubi a pareti molto spesse. In taluni di questi tubi, ma questo in un solo esemplare un po’ meno mal conservato, è possibile scorgere anche delle tabule un poco ricurve, avvicinate abbastanza, tanto che se ne contano tre nello spazio di 1 mm. Questo aspetto ha qualche analogia colla fig. 7 della tav. IX del NicHoLson. Perciò credo di potere, sebbene con dubbio, avvicinare gli esemplari carnici alla forma mesodevonica della Germania. Val di Collina, calcare chiaro. — Monumènz. Alcuni esemplari. Gen. Stachyoides Bard. Stachyoides verticillata M’ Covy sp. — Tav. XII [ VII], fig. 13. 1892. Stachyoides verticillata M° Cor NicHoLson. Stromatoporoids, pag. 221, tav. VIII, fig. 9-14; tav. IX, fig. 5; tav. XXIX, fig. 1, 2 (cum syn.). Questa forma è tutt’ altro che rara nel giacimento di Val di Collina insieme all’ Amphipora e ad altri tipi ramosi. Si riconosce facilmente anche nelle superfici erose per la sua struttura caratteristica, ma le sezioni microscopiche ne mostrano anche meglio i caratteri. In generale la sezione dei rami è circolare, ma se ne hanno pure di ellittici; le dimensioni variano di poco e si va dai 6 agli $ mm. Nessun esemplare raggiunge il centimetro di diametro. Il tubo assiale e le sue ramificazioni laterali sono sempre nettissimi. Le maggiori somiglianze si hanno colla fig. 11 della tav. VIII del NICHOLSON, la quale rappresenta però un esemplare alquanto maggiore di quelli carnici. La struttura finamente tabulare dello scheletro si nota in qualche esemplare dei meglio conservati. Val di Collina, calcare chiaro. Frequente. 120 P. VINASSA DE REGNY 162] Treptostomidae Gen. Monoctrypa NIcH. Monotrypa carnica n. f. Un rivestimento sottile del OyattophyNum Canavarii è formato da questa specie che è Îa sola Fig. 3. Monotrypa carnica n. f. Sezione longitudinale. Ingrandimento X 8. Monotrypa sino ad oggi nota del Mesodevonico carnico. Lo spessore del rivestimento è da mm. 1,5 a mm. 1,75 e si ha su quasi tutta la superficie del corallo. Questa nuova forma si presenta con caratteri semplicissimi e pochissimo differenziati da quelli di altre Monotrypa più antiche e più recenti. Alla superficie appaiono i minuti e fitti calici poligo- nali appena appena arrotondati e tutti uguali tra loro. In sezione longitudinale gli zooeci appaiono uniformi, uguali di diametro che è piccolissimo. Infatti per ogni mm, si contano 6 zooeci. La ripro- duzione di questi avviene esclusivamente per biforcazione delle pareti. Queste sono sottili, uniformi, talvolta leggermente ondulate. Le tabule son rare, non uniformemente disseminate; si hanno zooeci ove con 2 mm. di lunghezza si trovano da 3 a 4 tabule ed altri che nello stesso spazio ne hanno una sola od anche nessuna. La disposizione degli zooeci è regolare; essi si incurvano lie- vemente facendo colla superficie da cui partono un angolo di circa 40°. Per la sua semplicità questa nuova Monotrypa può avvicinarsi alla mia M. simplicissima ( Uggwa, pag. 8, tav. I, fig. 1). Questa però ha zooeci doppi di dimensioni e pareti non ondulate. Cianevate. Unico. kr. UGOLINI IL RHINOCEROS ETRUSCUS Faro. DEL PLIOCENE DI BARGA ALANZ 2290984 [10] « Negli strati più bassi, alle Fornaci, poco sopra alle ghiaie arenacee ed alle traccie di lignite delia foce della Loppora, fu trovata anni sono e fu portata ai proprietari degli scavi della lignite suddetta, nei primi anni che vi iavoravano, parte di un cranio di Rhinoceros etruscus. Tale specie non trovata nella conca di Castelnuovo 1), attissima a far riconoscere l età del terreno come plioce- nica, si trova ora nel Museo di Pisa ». | Sono queste le parole con le quali il DE STEFANI *), in un rapporto al Ministero di Agricoltura sopra « Il lago Pliocenico e le ligniti di Barga nella valle del Serchio » pubblicato ormai da una trentina di anni, annunziava il ritrovamento dell’importantissimo fossile; del quale parmi opportuno di fare una breve descrizione. Î Le parole dell’ illustre geologo mi esonerano dal mettere qui in rilievo l importanza paleonto- logica e stratigrafica del bellissimo esemplare, ond’io, per amor di brevità, mi limiterò alla pura e semplice descrizione di questo fossile che non era stato per anco illustrato da alcuno. L’esemplare consiste dei due soli mascellari superiori con le due serie di denti quasi al completo ma con ia parte ossea talmente danneggiata che le due ossa furono dovute rimodellare in gran parte per potere assicurare ai denti di ciascun lato la loro posizione originaria. In complesso i denti conservati sono: nel mascellare di sinistra, il terzo ed il quarto premolare ed il primo e terzo molare; nel mascellare di destra, il secondo, il terzo ed il quarto premolare ed il secondo e terzo molare. Poichè fortunatamente i denti che mancano in un mascellare sono presenti nell’ altro, si pote- rono con molta approssimazione rimodellare i denti mancanti in modo che la dentatura dell’ animale fu potuta completare e riprodurre nella tavola annessa a questo studio, e dove in conseguenza i 1) DE STEFANI. Le ligniti del bacino di Castelnuovo di Garfagnana. Boll. R. Com. geol, ital., vol. XVIII. Roma, 1887. 2) Boll. R. Com. geol. ital., vol. XX, pag. 336. Roma, 1889. Palaeontographia italica, vol. X.XIV, 1918. 16 122 R. UGOLINI [2] denti Pm°s, M°s e M'd rappresentano soltanto una riproduzione approssimativa. È inutile dire che, come di solito si verifica per questa categoria di vertebrati, dei Pm!s e Pm'd manca qualsiasi traccia. Ed è anzi per questa ragione anehe che nella descrizione delle specie fossili di questo tipo vengono sempre, come del resto ho fatto io pure in altra precedente occasione, considerati e descritti come primi premolari quelli che a rigore altro non sono che i premolari del secondo posto. Le due serie di denti presentano le seguenti DIMENSIONI Lunghezza d. serie dentaria di destra... .°/....... mm, 229 Id. ANSPAZIONO CCUPALO NAME RR RO N 05 Id. id. MIL e 26 Id. O-SOrICTACNEALI AOLO SIDISLEA MIO SNO Id. ANSPAZIONOCCUPALOFALIGRME IM N TO Id. id. MS O 128, DISTANZARDMIDIMA EEE LAO PIRO SA ONE O IO AD Id. id. MO RT ARE N SARE MEO SIR AA 69 i Dentatura del mascellare destro. È la più completa perchè, come già abbiamo avuto occasione di ricordare poco fa, il solo dente che manca è il Md. I denti superstiti hanno tutti la corona profondamente consumata dall’usura, ma è evidente che questa, mentre ha interessato fortemente i premolari, ha risparmiato alquanto i molari veri tanto che il M°d è consumato pochissimo. Si può anzi affermare con una certa sicurezza che la consunzione vada nella dentatura di questo esemplare gradatamente diminuendo dall’ avanti all’ indietro. Premolare secondo (Pm?d) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Lato esterno. . . . mm. 20 Lato interno . . . . mm. 12 Lunghezza della corona Lato esterno. . . . mm. 82 Latovinterno:. . ..0. . mm. 20 Larghezza della corona Alla base anteriore mm. 36,5 All’apice anteriore mm. 31 » posteriore » 41 » posteriore > 28 Questo dente è conservato perfettamente in tutte le sue parti, ma la usura raggiunge in esso il massimo grado; perciò i tubercoli esterni non soltanto appaiono fusi insieme ma a loro volta si fondono coi tubercoli interni a formare una superficie di corrosione quasi continua, in cui la valle trasversale anteriore ha perduto completamente il suo diretto sbocco all’ esterno, mentre quello della vallecola posteriore, per quanto ancora conservato, è divenuto angustissimo e appena appena visibile. Nella grande valle trasversale anteriore sono molto visibilmente sviluppati il controspe- rone e la cresta, ma lo sperone manca affatto. [3] R. UGOLINI 123 La muraglia esterna presenta solo debolmente accennata la piccola piega accessoria. Della radice che è nascosta nell’alveolo nulla posso dire. Premolare terzo (Pm*d) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Lato esterno . . . . mm. 24 Lato interno . . . . mm. 15 Lunghezza della corona Lato esterno . . . . mm. 37,5 Lato interno . . . . mm. 31,5 Larghezza della corona Alla base anteriore mm. 51 * All’apice anteriore mm, 41 » posteriore DA A:(1D » » » 32 Il premolare terzo di destra è assai più grande del precedente ed ha la corona oltremodo con- sumata dall’usura. Anche qui i due tubercoli interni si fondono fra loro a chiudere completamente lo sbocco della grande valle anteriore, così pure sono fusi insieme i tubercoli che formano la muraglia esterna della corona: la fusione fra i due tubercoli posteriori è qui pure, come nel precedente premolare, incompleta in guisa che lo sbocco della vallecola posteriore è, per quanto ridotto, ancora sufficientemente visibile. Nella valle anteriore sono assai pronunciati la cresta ed il controsperone mentre manca qual. siasi traccia dello sperone. La piega accessoria formata dall’ispessimento della muraglia esterna all’angolo anteriore della corona è qui accentuata assai più che nel secondo premolare. Premolare quarto (Pm'd) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Lato esterno . . . . mm. 27 Lato ‘interno... .. . . mm. 18 Lunghezza della corona Lato esterno . . . . mm. 42 Lato interno . . . . mm. 34 Larghezza della corona Alia base anteriore . mm. 54,5 All’apice anteriore mm. 59 » posteriore . » 48,5 » » » 31,5 Questo premolare è in perfetto stato di conservazione ed ha la corona un po’ meno consunta dall usura che in quella dei precedenti, come ne attestano la sua maggiore altezza, la superficie di corrosione relativamente minore in confronto alla maggiore sua statura e sopratutto il fatto che i due tubercoli interni sono uniti soltanto per un istmo molto sottile e comunque angusto assai più che nei premolari precedentemente descritti. La valle trasversale anteriore, sbarrata anche qui totalmente dell'unione dei due tubercoli interni, presenta molto sviluppati la cresta ed il controsperone che è bifido; quella posteriore è 124 R. UGOLINI [4] x» aperta, per un sottile canale, e la piega accessoria della muraglia esterna è anche più sviluppata che nei denti or cra descritti. Molare secondo (M?d) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Lato esterno . . . . mm. 33,5 Lato interno . . . . mm. 17,5 Lunghezza della corona Lato esterno . . . . mm. ? Lato interno . . . . mm. di Larghezza della corona Alla base anteriore mm, 56 All’apice anteriore mm. 37 » posteriore >» 51 » » » ? In questo lato di destra il molare primo mancante fu modellato sulla forma del corrispondente omologo dell’ altro lato che per fortuna è ancora in gran parte conservato. Il molare secondo è invece conservato quasi per intero, mancando esso soltanto della parte posteriore della muraglia esterna. i In questo molare Vl usura della corona è ancor meno avanzata che nei denti che lo precedono, e ce lo dimostrano la maggiore altezza della corona medesima e sopratutto il fatto che la grande valle trasversale anteriore sbocca sul lato interno per una larghissima foce. Anche la vallecola po- steriore, nostante la rottura di una parte della muraglia e la mancanza quasi totale del tubercolo posteriore esterno, è ampia ed aperta. Inoltre è notevole lo sviluppo del controsperone, ed è quasi del tutto atrofica la cresta di eui si vede ancora un debolissimo accenno. Lo sperone al solito manca affatto, viceversa è molto sviluppata la piega accessoria che la muraglia esterna della co- rona genera nell’angolo anteriore. l Molare terzo (M*d) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Lato esterno . . . . mm. 85 Lato interno . . . . mm. 28 Lunghezza della corona. Lato esterno!) . . . mm. ? Lato interno . .. . mm. 45 Larghezza della corona Alla base anteriore mm. 51,5 All’apice anteriore mm. 80 » posteriore >. 56 » posteriore » 32 Ha la corona perfettamente conservata e la superficie di corrosione limitatissima. Questa e l’altezza della corona dimostrano che Pusura subita dal dente in questione è poco accentuata. Come tutti gli ultimi molari del genere eui Vl’ esemplare appartiene è di forma triangolare anzichè trapezoidale come lo sono i precedenti. Ciò dipende essenzialmente da che nei denti di questo ordine manca del tutto il tubercolo esterno posteriore in guisa che la collina trasversale posteriore e le muraglie esterne sono fuse insieme. 3 1) Nei M* manca un vero lato esterno ‘perchè in essi la corona è di forma triangolare anzichè trapezoidale, e la muraglia esterna fa da lato posteriore invece che da lato esterno, come è per gli altri molari. ® [SA R. UGOLINI 125 Come ben si osserva nella tavola che lo riproduce, questo dente ha fortemente incisa e profonda la valle trasversale, la quale a metà circa del suo decorso è tagliata da un controsperone assai sporgente: di contro a questo trovasi appena accennato un rudimento di sperone, e tra i due un rudimento di cresta. Sull’angolo esterno della corona è qui pure, come nel molare precedente, assai accentuata la piega accessoria. Dentatura del mascellare sinistro. La dentatura di questo lato trovasi in istato di conservazione alquanto peggiore di quella del mascellare destro causa la mancanza del Pm® e del M°. Essa oftre tuttavia il vantaggio di possedere il M!, che manca invece in quella dell’altro lato, ciò che ci permette in conseguenza di completare le nostre cognizioni sopra l’intera dentizione dell'esemplare in esame e di stabilire un più sicuro raffronto con la dentizione della specie alla quale l’esemplare stesso è stato riferito. Premolare terzo ( Pm?s) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Lato esterno . . . . mm. 23,5 Watosinterno, Van. ammi lo: Lunghezza della corona Lato esterno . . . . mm. 38 Lato interno . . . . mm. 32 Larghezza della corona Alla base anteriore mm. 50 All’ apice anteriore mm. 41 » posteriore » 47 » posteriore » 32 Salvo il colorito dello smalto, che è qui assai più seuro specialmente sulla faccia esteriore, per il resto questo dente è identico al suo corrispondente omologo del mascellare di destra. La ripro- duzione che ne è stata fatta e le dimensioni che ne sono date, sono più che sufficienti a dimostrarlo esonerandoci da qualsiasi superflua descrizione. Il premolare secondo, di cui nella configurazione complessiva del mascellare sinistro è data la riproduzione, non è altro che un modello eseguito sulla guida del premolare omologo di destra realmente e perfettamente conservato. Premolare quarto (Pm's) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Lato esterno . . . . mm. 26,5 Lato interno. . . . mm. 18 Lunghezza della corona |. Lato esterno... . . . mm. ? Lato interno . . . . mm. 84 Larghezza della corona Alla base anteriore mm. .? All’apice anteriore mm. ? » posteriore » 49 » posteriore » 31 Ha la corona alquanto danneggiata: infatti una porzione dello smalto che la riveste nella parte DI esterna anteriore è stata asportata in modo da scoprire il sottostante avorio. È per questo motivo 126 R. UGOLINI [6] che non si sono potute dare le dimensioni relative alla lunghezza della corona dal lato esterno, alla larghezza di essa alla base anteriore e quella all’apice. L'usura della corona, sebbene profonda, non ha però raggiunto la stessa intensità di quella del premolare corrispondente dell'altro lato e ne attesta il fatto che qui i due tubercoli interni appaiono ancora divisi da un sottilissimo istmo di smalto, mentre nel premolare corrispondente del lato destro gli stessi tubercoli sono ormai in via di fusione. Molare primo (M's) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Tato esterno . .. . . mm. 20,5 Lato interno . . .... mm. 15 Lunghezza della corona Lato esterno . . . . mm. ? Lato interno . . . . mm. 86 Larghezza della corona Alla base anteriore mm. È All’apice anteriore mm. ? » posteriore » 51 » posteriore >» 35 È particolarmente interessante perchè è l’unico dente che manca nel lato destro e del quale perciò nulla è stato detto sinora. Questo dente è visibilmente consumato dall’ usura assai meno dei denti che ‘lo precedono; ed è facile persuadersene considerando che esso, a differenza di quanto avviene per i premolari, presenta ancora i due tubercoli interni della corona nettamente, se non troppo profondamente, divisi dalla grande valle trasversale che decorre fra la collina anteriore e quella posteriore. In questa valle è notevole lo sviluppo del controsperone; manca invece totalmente lo sperone ed è appena accennata la cresta distaccantesi dalla muraglia. La vallecola posteriore appare qui ancora chiusa come lo è nei denti premolari. A causa della mancanza di quella parte dello smalto che riveste la faccia esterna della muraglia nel suo tratto anteriore, non si poterono determinare nè la lunghezza della corona dal lato esterno, nè la larghezza di ‘questa alla base anteriore ed all’ apice; per lo stesso motivo nulla si può dire della forma e dello sviluppo della piega accessoria, la quale ad ogni modo doveva essere per certo assai sensi- bile, ove se ne giudichi da quella esistente nel molare secondo del mascellare destro. Molare terzo (M3s) — DIMENSIONI Altezza massima della corona Lato esterno . . . . mm. 37 Lato interno: te i -im. 30 Lunghezza della corona Lato esterno . ... . mm. ? Lato interno . . . . mm. 45 Larghessa della corona Alla base anteriore mm, 52,5 All’ apice anteriore mm. 30 » posteriore > (55 » » > 31,5 Il molare secondo manca in questo lato e l'esemplare che appare al suo posto fu modellato sui caratteri di quello corrispondente del lato destro. = { [7 R. UGOLINI 12 Il terzo molare è perfettamente conservato come il suo omologo di destra, ed i rapporti delle dimensioni si corrispondono quasi esattamente. Anche in questo dente risulta limitatissimo il grado di usura della corona e conseguentemente è anche molto ristretta l’ area di corrosione di questa. Un carattere notevole per il quale il dente in esame differisce alquanto dal suo omologo di destra è questo, che non soltanto è sviluppatissimo il controsperone ma lo è anche la cresta, la quale, avanzando verso quello sino quasi a toccarlo, divide la testata della grande valle trasversale in due vallicelle anguste, profonde e molto bene distinte Vl una dall'altra. CONCLUSIONI. Dai raffronti che io ho creduto opportuno di fare per stabilire a quale delle specie fossili conosciute pel gen. Rhinoceros dovesse riferirsi Vl esemplare in esame, mi sono potuto persua- dere che le sole con le quali il confronto potesse reggersi erano il R%. Mercki JAEG. ed il Rh. etruscus FALCO. Per quanto una separazione netta e sicura di tali specie non possa farsi che sulla base della conformazione generale del cranio e particolarmente sullo sviluppo del naso e sul grado di ossifi- cazione del setto nasale, della qual cosa io ho già avuto Popportunità di occuparmi in un più ampio studio che io feci diversi anni fa sopra i rinoceronti fossili della Val di Chiana !); ed una determinazione specifica basata sui caratteri della dentatura soltanto, anche se completamente conservata come può dirsi essere quella dei” esemplare studiato, possa lasciare qualche dubbio, ciò nondimeno io credo di potere affermare che le maggiori somiglianze di questo sieno con il Ph. etruscus FALC. Un esame accurato dei denti dell’esemplare di Barga in confronto con la dentatura degli esemplari di Rh. Mercki H. JAEG. di Daxland °), di Irkutzk?) e della Val di Chiana ‘), e con quella degli esemplari di Ph. etruscus FALC. dei Musei di Bologna e di Firenze descritti e figurati dal FALCONER ?) stesso, mi ha infatti pienamente persuaso della necessità di riferire il rinoceronte or ora descritto alla seconda delle due specie. La ragione principale di questo riferimento la troviamo anzi nel fatto che, mentre nella denta- tura dell’ esemplare in istudio, come quella degli esemplari più sopra citati della specie di FALCONER, anche se relativamente giovani come appare quello del Museo di Bologna, lo sviluppo della cresta (notevole quanto quello del controsperone nei premolari) va obliterandosi gradualmente nel primo e secondo molare per ricomparire poi nel terzo ed ultimo; negli esemplari di RA. Mercki JAEG., invece, sieno essi più vecchi di età e con la dentatura fortemente consunta dall’ uso, la eresta conserva di solito il suo normale sviluppo, come lo conserva il ceontrosperone, anche nei molari. È per dato e fatto di questa caratteristica, quale si ripete nella maggior parte degli esemplari presi per confronto, che io ho creduto di rivedere nell’ esemplare di Barga un individuo della specie del FALCONER le cui somiglianze, a parte le poche differenze dovute alla maggiore usura, sono anzi e sopratutto con quell’ esemplare frammentario del Valdarno esistente nel Museo di 1) UGoLINI. IZ Rhinoceros Mercki JAEG. dei terreni quaternari della Val di Chiana. Pisa, 1906. ?) MeyER. Die diluvialen Rhinoceros - Arten. Paliontographica, Bd. XI. Cassel, 1864. 3) BranpTt. Vers. cin. Monographie d. Tichorhinen ete. Mem. Ac. Imp. S. Petersbourg, ser. VII, Bd. XXIV. S. Petersbourg, 1877. 4) FALCONER. Palacontological Memoirs and Notes, vol. IT. London, 1868. 128 R. UGOLINI [8] Firenze che il FALCONER medesimo !) già descrisse come &%. etruscus FALC. e riprodusse anche alla tav. 27, fig. 5 della sua pregevolissima monografia. Se, dunque, il rinoceronte di Barga è da riferirsi al pliocenico Kh. etruscus FALC., come io credo e come parmi possa essere dimostrato dalle corrispondenze paleontologiche, ciò è anche in pieno accordo con l’età geologica del giacimento la cui pliocenicità non soltanto è ormai comprovata dalle condizioni geologiche stesse del giacimento in questione, e sopratutto della sua posizione stra- tigrafica rispetto alle altre formazioni di non discussa età che lo accompagnano, ma anche è suf- fragata dal carattere decisamente pliocenico di altri fossili che nella conca di Barga furono già da tempo ritrovati e descritti e fra i quali ricorderò: Hystria etrusca Bosco?) Tapirus arvernensis CROIZ. et JOB. ®) Cervus pardinensis CROIZ. et JoB. 4) e sulla fede del DE STEFANI ?) Equus Stenonis CoccuHI. 1) FALCONER. Op. cit., pag. 359, tav. 27, fig. 5. London, 1868. 2) Bosco. Hystrix etrusca n. sp. Palaeont. Ital., vol. IV, pag. 141, tav. X, XI. Pisa, 1898. 3) UGoLINI. Vertebrati fossili del bacino lignitifero di Barga (Val di Serchio). Atti Soc. tosc. Sc. nat., Proc. Verb., adun. 23 marzo 1902. Pisa, 1902. ‘) UoLInI. Ibidem. Pisa, 1902. °) DE STEFANI. Le pieghe delle Alpi Apuane, pag. 50. Firenze, 1889. Pisa, R. Istituto di Geologia, giugno 1919. E. FOSSA-MANCINI CATALOGO DEI FOSSILI DELL APPENNINO CENTRALE CONSERVATI NEL MUSGO DI GEOMOGIA. DELL” UNIVERSITÀ DI PISA PARTE I. EP SVANEXSIEVA [6] DISEGNO DEL LAVORO. Nelle collezioni del Museo di Geologia dell’ Università di Pisa si trova abbondante materiale paleontologico raccolto in diverse località dell’ Appennino centrale da M. CANAVARI, L. LUDOVICI, M. MARIOTTI, R. MATTEUCCI, T. MoRENA, A. MORICONI, A. ORSINI, R. PICCININI, L. PILLA, A. SPADA- LAVINI, R. UGOLINI e da me. Una parte di questo materiale è già stata esaurientemente studiata e descritta, soprattutto per opera di M. CANAVARI, A. ID) ACHIARDI, A. FUCINI, G. MENE- GHINI, C. F. PARONA, ©. A. ZITTEL; un’altra parte è stata rapidamente osservata e determinata (talora solo genericamente e dubitativamente) e ordinata; un’altra parte infine, piccola ma non trascurabile, non è stata ancora oggetto di esame. Dovendo contribuire al nuovo ordinamento delle collezioni, reso finalmente possibile dall’ am- pliamento dei locali, ho quotidiane occasioni di studiare i fossili che non attrassero finora l’atten- zione dei paleontologi, di rivedere Je determinazioni incerte od incomplete o discutibili, e — per quanto riguarda gli esemplari già illustrati -- di verificare se le determinazioni si accordano con quelle oggi usate (cosa infrequente per quanto riguarda i generi delle Ammoniti) e se le figure pubblicate rappresentano fedelmente gli originali. Approfitto di queste favorevoli circostanze per dar principio alla compilazione di un catalogo della collezione paleontologica dell’ Appennino centrale. Il catalogo comprenderà: 1. Enumerazione di tutte le forme esistenti in Museo che risultano provenire dall’ Appennino marchigiano, umbro, laziale, abruzzese ?); possibilmente precisa indicazione della località, del raccoglitore, della relativa frequenza. 1) Per me l’ Appennino centrale è limitato, nella sua parte assiale, a settentrione dalla sella di Bocca Trabaria e a mezzogiorno dalla valle del Sangro; le sue vette estreme sono M. Nerone e M. Greco. Mi sembra che, così inteso, l'Appennino centrale presenti una notevole uniformità tanto dal punto di vista stratigrafico che da quello paleon- tologico; va forse fatti eccezione per la montagna della Maiella dove è stata notata la presenza di rocce e di fossili cretacei di tipo insolito per la regione considerata, per quanto questo fatto possa esser dovuto piuttosto ad in- sufficiente conoscenza nostra che a singolarità locali. In ogni modo, dei fossili della Maiella sarà trattato a parte. Palaeontographia italica, vol. XXIY, 1918. 17 130 E. FOSSA-MANCINI [2] 2.° Descrizione, corredata di figure, delle forme reputate nuove o singolari; brevi cenni sulle forme poco conosciute o rare nella regione considerata. 3.° Discussione delle possibili interpretazioni di forme controverse o problematiche. 4.° Precise indicazioni bibliografiche ed iconografiche e rettificazioni di nomenclatura riguar- danti le forme già illustrate. 5.° Accurate riproduzioni fotografiche di esemplari incorrettamente od incompletamente figurati in precedenti pubblicazioni. 6.° Cenni sulla natura litologica e sui rapporti geologici delle rocce fossilifere con speciale riguardo all’eteropia dei sedimenti ed alle condizioni paleobiologiche. È noto!) che lo studio geologico dell’ Appennino centrale urta ad ogni passo in due ostacoli : uno è dato dall’ eteropia dei sedimenti di uno stesso orizzonte, l’altro dalla mancanza di corrispon- denza fra l’avvicendarsi di formazioni litologicamente differenti e le ordinarie partizioni dei sistemi in piani e sottopiani. Se in questo mio lavoro seguissi l’ordinamento cronologico e tassonomico generalmente adottato in opere dello stesso genere, verrei a riunire esseri vissuti in ambienti diversissimi; ed allora chi legge non troverebbe che con difficoltà i dati che possono servire di base a quelle ricerche paleo- dietologiche o paleogeografiche che costituiscono, a mio parere, le parti più attraenti dei nostri studi. Io preferisco sacrificare VP unità sistematica, che è convenzionale, ed eseguire la partizione secondo il criterio paleodietologico, che è anche quello litologico, e che ha la sua base su fatti positivi. Il catalogo consterà di tanti capitoli separati, ognuno dei quali conterrà l enumerazione, completata come ho detto, deile forme raccolte in un dato complesso di strati di carattere litologico ben definito, più o meno esteso in potenza e superficie. Questo condurrà certamente ad uno sviluppo asimmetrico della trattazione, e renderà più laboriosa la ricerca di determinate forme e non permetterà di formarsi prontamente un’idea dell’ estensione complessiva, nel tempo e nello spazio, raggiunta da particolari tipi. Mi rendo bene conto dell’esistenza di questi difetti; ma ho la certezza che ad essi si possa rimediare con indici sistematici accurati e completi. L’opera sarà costituita da un certo numero di capitoli il cui contenuto, in generale, non corri- sponderà, come si è detto, nè a determinati piani e sottopiani, nè a determinate regioni geografiche, ma sarà imposto dalla natura dei terreni; siccome di questi, dei loro limiti e dei loro equivalenti cronologici non potrò avere sufficiente conoscenza che in seguito allo studio dei fossili, oggi appena iniziato, non sono per ora in grado di dare un sommario. Nella pubblicazione dei capitoli non seguirò un ordine metodico per più ragioni; anzitutto per il desiderio di far conoscere le faune meno note dell’ Appennino centrale, e fra queste in prima linea quelle cretacee, povere di forme e di individui, ma piene d’interesse; in secondo luogo per la convenienza di non porre mano alla redazione delle parti più estese (trias-lias e giura) prima di essermi reso conto dell’accoglienza fatta ai primi capitoli in modo da potere, approfittanao dell’ esperienza mia e dei suggerimenti e delle critiche degli altri, rendere meno imperfetta la parte 1) M. CANAVARI. La montagna del Suavicino. Bollettino del R. Comitato Geologico, vol. XI (1880) e Cenni preliminari alla memoria del Prof. G. MeneGHINI. Nuove Ammoniti dell’ Appennino centrale raccolte dal Rev. Don A. MoriconI. Memorie della Società Toscana di Scienze Naturali, vol. VI (1885); G. BonarELLI. Osser- vazioni sul Toarciano e l Aleniano dell’ Appennino centrale. Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. XII, 1393; E. Fossa- Mancini. Lias e Giura nella montagna della Rossa. Memorie della Società Toscana di Scienze Naturali, vol. XXX (1915). [3] E. FOSSA-MANCINI 131 maggiore dell’opera; finalmente per la speranza che la presente crisi tipografica non abbia a durare a lungo e che in un prossimo avvenire la pubblicazione di fascicoli di maggior mole e ricchi di illustrazioni incontri minori difficoltà. Comincerò dunque col pubblicare il catalogo dei fossili cretacei che sarà composto dei capitoli seguenti: I. Fossili neocretacei della Maiella. II. Fossili neocretacei dell’ Appennino umbro- marchigiano e aquilano. III. Fossili delle marne varicolori (ritenute albiane). IV. Fossili del calcare maiolica e dei suoi equivalenti (prevalentemente neocomiani, con qualche forma di tipo prettamente titoniano ). 1. — Fossili neocretacei della Maielia. (con una nota sulla struttura e sulle affinità dell’ Aspidiscus cristatus LAMARCK ) In questo capitolo considero i fossili cretacei della Maiella che si trovano in collezione colla chiara indicazione della loro provenienza. Aggiungo qualche parola a proposito di quelli che mi sembrano più interessanti per particolarità morfologiche o perchè rari nel nostro paese. Alcuni di questi fossili sono contenuti in tipi di roccia la cui esistenza nel gruppo della Maiella, per quanto so, non è stata ancora segnalata. La constatazione della presenza e la determinazione, sia pure approssimativa, dell'età di queste rocce può avere un certo interesse dal punto di vista della geologia regionale; può anche invitare ad un più minuto esame del terreno e condurre al rinve- nimento degli affioramenti fossiliferi. Non credo quindi inutile aggiungere una breve descrizione delle rocce, e raggruppare i fossili elencati a seconda delle affinità litologiche. Molti di questi fossili sono stati raccolti e portati nel Museo pisano nella prima metà del secolo passato da L. PILLA; qualche altro da A. SPADA - LAVINI e A. ORSINI; alcuni sono accom- pagnati da un cartellino che li dice esaminati da H. DE BLAINVILLE. Parte degli esemplari’ portano di pugno di L. PILLA, la sola indicazione « Maiella »; altri quella di « Vallelunga sopra la Maiella ». Nelle carte non ho trovato questa Vallelunga; si tratta forse della Valle di Macchia lunga, che ha origine nel fianco orientale di M. Amaro e sbocca nella valle di S. Spirito pochi chilometri a ponente di Fara S. Martino; forse di quella di Selvalunga, nel fianco occidentale della montagna, qualche chilometro a levante di Pacentro. Parrebbe più probabile potesse trattarsi della prima che sembra più praticabile e dove si ha un affioramento cretaceo più esteso e non mascherato in gran parte da detrito di falda '); ma M. CassertI ha espresso l'opinione, basata sulla conoscenza di località vicine e su considerazioni sulla tettonica della regione, che nel versante orientale delia montagna l’ incisione della massa calcarea raggiunga tutt'al più la zona più alta del Cretaceo È). Nell’ elenco indico con ( V. L.) le forme che risultano trovate a Vallelunga. 1) F. Sacco, Il gruppo della Maiella (con carta geologica). Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino. Serie II, tomo LX, 1909, M. Cassetti. Relazione preliminare sulla campagna geologica del 1912. Monti della Maiella. Bollettino del R. Comitato Geologico d’Italia, vol. XLIII, 1912, pag. 359. ?) M, Casserti. Da Avezzano a Sulmona e alla Maiella. Bollettino del R. Comitato Geologico d’Italia, vol. XXXV, 1904, pag. 370. 132 E. FOSSA-MANCINI [4] Le rocce fossilifere esaminate sono dei calcari chiari compatti, una marna grigia ed una sabbia ferruginosa. L'aspetto litologico dei diversi frammenti di calcare non essendo proprio lo stesso, sarei tentato di distinguere due o tre tipi a seconda del colore e della grana; me ne astengo perchè avendo compiuto questo studio interamente in laboratorio e non conoscendo la Maiella non so se le differenze da me notate corrispondano realmente ad una successione di facies o piuttosto nor dipendano da passaggi laterali o da accidentalità locali. 1. Fossili dei calcari chiari. N. 1,2 Ahynchonella ff. pl. ind.; frammento di lumachella (V. L.) N.3 Ahynchonella mantelliana (SowERBY) (V. L.) N.4 Ehynehonella chelussit PARONA (V. L.) N.5 Ahynchonella cfr. plicatilis (SowERBY) (V. L.) Sono riuscito, con qualche fatica, a trarre pochi esemplari determinabili che ho riferito alle forme suddette ') da una singolare lumachella di Vallelunga, singolare per essere formata quasi interamente da un solo genere di brachiopodi (alla superficie di un frammento dal peso di gr. 230 si contano più di cento Ekynchonellae 0 impronte di Rhynchonellae) e per essere le conchiglie internamente vuote ed apparentemente assai ben conservate. In realtà si prestano male ad essere studiate perchè difficili ad isolare e perchè molte di esse essendo incomplete, per lo più nella regione frontale, si compenetrano a vicenda. Sembra quindi che prima della fossilizzazione quei brachiopodi abbiano subito un trasporto da parte delle correnti o siano stati accumulati per opera delle onde. N. 6,7 Schiosia cfr. schiosensis BOEHM N. 8 Sellaea zitteli DI STEFANO N. 9 Durania cornu-pastoris (DES MOULINS) °) N. 10,11 Radsolites f. ind. N. 12 MHippurites f. ind. Sono tutti frammenti ad eccezione della Sellaea zitteli, che è quasi completa. Ho riferito alla D. cornu-pastoris una valva superiore spogliata dello strato esterno che, come quelle di S. Polo Matese *), è sensibilmente convessa e non incavata come nelle figure di A. D’ORBIGNY e di E. BAYLE. Il calcare è bianco niveo o latteo, compatto, a frattura irregolare, punteggiato talora di cristallini di calcite. N. 13 Nerinea foroiuliensis PIRONA N. 14 Nerinea ff. ind.; diversi esemplari non isolabili. Per quanto posso giudicare dalle sezioni di spira, la N. foroiuliensis, commista probabilmente a forme affini e a qualche Ptygmatis a stretto ombelico, è abbondante in una lumachella marmorea 1) Probabilmente la Terebratula pisum della Maiella menzionata da L. PiLra (Saggio comparativo dei diversi terreni che costituiscono il suolo d’ Italia, Pisa 1845; Trattato di Geologia, parte 2.8, Pisa 1847-51) è un giovane individuo di una di queste forme, ?) Dice il cartellino: « Fossile che, sec[ondo] BLAINvVILLE, mefrita] di essere studiato ». Scrittura di PiLLa. 3) C. F. PARONA. Le Rudiste e le Camacee di S. Polo Matese. Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino, serie II, tomo L, 1901, pag. 202, tav. I, fig. 5. [5] E. FOSSA-MANCINI 133 di colore grigio chiarissimo che passa localmente al ceruleo o al carnicino; questa roccia è così compatta é tenace che l'isolamento dei pochi frammenti che mi hanno reso possibile la determi- nazione mi è costato parecchio tempo e ha richiesto il sacrificio di buona parte del materiale. N. 15 Trochactaeon f. ind. (V. L.). N. 16 Metacerithium ? f. ind. Di questi gastropodi e di altri che non sono riuscito a determinare nemmeno genericamente si trovano impronte esterne in un calcare di aspetto simile alla lumachella di brachiopodi prece- dentemente descritta. 2. Fossili della marna grigia. N17 | Gryphaea vesicularis ( LAMARCK)!) ? | Dentalium ? f. ind. La Gryphaea vesicularis è rappresentata da una sola valva sinistra quasi completa che si discosta dalla forma tipica solo per essere notevolmente allungata nel senso umboventrale {diametro umboventrale 64 mm., diametro anteroposteriore forse inferiore a 50 mm.); per questo carattere si accosta alla G. vesiculosa SOWERBY. Dapprima anzi avevo determinata come tale per quanto notevolmente più grande di tutti gli individui di cui conosco figure o descrizioni; solo ultimamente l’ osservazione dei diversissimi tipi di G. wvesicularis figurati da H. WooDps ?) e dell’ individuo malgascio figurato da M. BOULE e A. THEVENIN #) mi ha indotto a riferire il mio esemplare a questa variabilissima specie e a dubi- tare della possibilità e della convenienza di separare da essa la G. vesiculosa. La roccia che riempie la valva di Gryphaea contiene, insieme con frammenti indeterminabili di molluschi, un numero considerevole di tubicini calcarei, lunghi al massimo cinque o sei millimetri, larghi forse uno, leggermente arcuati, che a prima vista sembrano piccoli scafopodi (somigliano specialmente al Dentalium acuminatum GARDNER 1878), ma che possono anche rappresentare lo scheletro di anellidi tubicoli (infatti somigliano pure assai a certe Serpulae cretacee). Mi indur- rebbe a ritenere che si tratti di scafopodi l aver sempre trovato perforate le estremità sottili, ma non ho la certezza assoluta che esse appartenessero ad individui completi; e non mi è stato possi- bile isolarne dei frammenti studiabili perchè lo strato esterno, per quanto relativamente grosso, è estremamente fragile. Evidentemente l’individuo conservato in questa collezione non è V Ostrea vesicularis che L. PILLA ‘) ha rinvenuto a Penna a Piè di Monte nella Maiella in un calcare che presenta « tutti i caratteri mineralogici della Creta bianca ». La marna è assai calcarifera (75,3%, di carbonato calcico); peso specifico 2,26. 1) Il cartellino dice: « Ostrea vesicularis ( BLAINvILLE) della creta delle falde della Maiella ». Serittura di PiLLA. ?) H. Woops. Oretaceous Lamellibranchia. Palaeontographical Society, vol. LXVI, 1912, pag. 360-374, tav. LV, fig. 4-9; vedi specialmente fig. 143 a pag. 367. 3) M. Boure e A. TarveNnIn. Fossiles de la cote orientale de Madagascar. Annales de Paléontologie, tome I, 1906, pag. 7, tav. II, fig. 3. 4) L. PILLA. Saggio comparativo dei terreni che compongono il suolo d' Italia. Pisa 1845, pag. d4. 134 E. FOSSA-MANCINI [6] 3. Fossili della sabbia ferruginosa. N. 18 Orbitolina concava (LAMARCK); 5 esemplari. N. 19-21 Orbitolina mamillata (D’ ARCHIAC); 3 esemplari. N. 22 Orbitolina conoidea GRAS; 14 esemplari. N. 23 Orbitolina boehmi PREVER; 3 esemplari. N. 24 Orbitolina paronai PREVER et ff. aff.; molti esemplari. Questi foraminiferi costituiscono buona parte della sabbia da me esaminata; predominano le O. conoidea e 0. paronai con individui molto piccoli, il cui diametro raramente supera i 2 mm. Anche le altre forme, di cui ho trovato pochi esemplari, sono rappresentate da individui relativa- mente assai piccoli; delle 0. concava la maggiore raggiunge appena 4 mm. di diametro, cioè uguaglia i più piccoli degli originali di LAMARCK *); solo una 0. mamillata arriva ad un diametro di 8 mm. Ho osservato che la superficie conica degli esemplari studiati non è calcarea, come ordinaria- mente si verifica nelle Orbditolinae *?) ma è costituita da nna sostanza che resiste bene all’azione dell’acido cloridrico anche concentrato e caldo e che invece si scioglie facilmente in una soluzione di idrato potassico. Approfittando di questa proprietà sono riuscito a distruggere lo strato vitreo superficiale ed a mettere allo scoperto le camere superiori e quelle esterne le cui pareti divisorie resistono ugualmente bene agli acidi e agli alcali. Nei foraminiferi arenacei viventi il cemento che collega i granelli di quarzo contiene, secondo NICHOLSON *), il due o il tre per cento di carbonato di calcio ed una quantità rilevante di ossido ferrico; quest’ ultima sostanza non manca nello strato esterno delle Orbitolinae della Maiella cui comunica una colorazione rossiccia che si attenua notevolmente sotto l’azione dell’acido cloridrico. Può darsi che l’originario cemento che veniva a rivestire tutta la faccia superiore delle Orbitolinae 4) sia stato, durante il processo di fossilizzazione, sostituito in parte o del tutto, ora da carbonato di calcio e ora da silice gelatinosa. Fra le Orbitolinae della Maiella, come fra quelle dei Monti d’Ocre, prevalgono le forme a base convessa, cioè quelle che mostrano una certa tendenza a ritornare ad una forma simmetrica. Se l’asimmetria loro è un carattere acquisito per specializzazione, come ha supposto DOUVILLÉ *), le Orbitolinae d’ Abruzzo cominciano a presentare caratteri regressivi; anche le piccole dimensioni potrebbero essere un segno di degenerazione precorrente l'estinzione del genere. Nella Maiella si ha il settimo giacimento primario ad Orbitolinae conosciuto in Italia: gli altri sono Col degli Schiosi, Monti d’Ocre, Monte Gargano, Termini Imerese, Torre d’Orlando e Capri; si ha pure un giacimento, secondario, a Lauriano, e un altro, di dubbia natura, a Subiaco ?). Ù) Catalogue illustré de la Collection LamARCK. Polypes fossiles (Ginevra, 1912), tav. I, fig. 6. 2) P. L. PreveR. Considerazioni sulla sottofamiglia delle “ Orbitolininae ,,. Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. XXIII (1904), pag. 474, È i ?) H. A. NicHoLson. Manual of Palaeontology, 3. edizione, vol. I (Edimburgo, 1889), pag. 112. 4) H. DouviLLÉ. Note sur la Structure des Orbitolines. Bulletin de la Societé Géologique de France, 4.° série, T. IV, (1904), pag. 660; e Quelques cas d’ adaptation. Comptes rendus des séances de 1’ Académie des Sciences, T. CLI, (1910), pag. 783. °) P.L. PREvER. Descrisione dei Foraminiferi e degli Antozoi in C. F. PARONA Fauna coralligena del Oretaceo dei Monti d’ Ocre. Memorie per servire alla descrizione della carta geologica d’Italia, vol. V, parte T, 1909, pag. 51. C. F. Parona. Notizie sulla fauna a Rudiste della pietra di Subiaco. Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. XXVII (1908), pag. 300. [7] E. FOSSA-MANCINI 135 Alveolina? f. ind. 3 esemplari. N. 25 26 Pulvinulina? f. ind. 1 esemplare. È N. Alcuni piccoli fossili che accompagnavano le Orbditolinae mostrano qualche analogia con forami- niferi dei generi Alveolina e Pulvinulina; la fossilazione non ne ha conservato la minuta struttura. N. 27, 28 Aspidiscus cristatus (LAMARCK). — Tav. XIV [I], fig. 1 e 2. Sono due individui emisferici, cavi, incompleti; conservano la muraglia ed una piccola parte, la parietale, delle produzioni endotecali; sono quelli così determinati da MENEGHINI e poi citati da SPADA- LAVINI e ORSINI !). I trattatisti posteriori a LAMAROK hanno considerato Aspidiscus come un astreide coloniale affine a Symphyllia; secondo me invece la determinazione di MENEGHINI è corretta, Aspidiscus è un fungide solitario che nelle classificazioni deve trovar posto non lontano da Stephanophyllia, e gli oggetti conosciuti sinora col nome di Aspidisceus non sono che il complesso delle delicate produzioni endotecali. inglobate e cementate da sostanze estranee accidentalmente penetrate nella cavità del corallo, di cui conservano Vl impronta °). L'esposizione della mia interpretazione e la discussione delle vedute degli autori richiedono uno sviluppo che non mi sembra in armonia col carattere di un catalogo; il lettore la troverà in appendice a questo capitolo. L'associazione di Aspidiscus e di Orbitolinae era già stata osservata in certe marne cenoma- niane dell’isola di Sémha nel golfo Arabico *), N. 29 Cidaris vesiculosa GOLDFUSS?; un radiolo. N. 30, 31 Radiolites f. ind.; 2 frammenti. I N. 32 Trochactacon crisminiensis CHOFFAT; un piccolo individuo. N. 33 Ptygmatis paeligna n. f. 4). — Tav. XIV [I], fig. 3. La P. pacligna è una nerinea di forma complessiva sensibilmente conica, leggerissimamente pupoide. Anfratti quasi piani; si nota appena una piccola depressione nella parte anteriore e un debole rigonfiamento nella parte posteriore di ogni giro. Sutura lineare, distinta. Superficie della spira liscia; solo in prossimità dell’apertura si nota qualche delicata stria di accrescimento quasi rettilinea diretta obliquamente, in modo da formare un angolo di circa 60° colla sutura. L'altezza degli anfratti supera di poco il loro diametro medio. Ultimo giro relativamente assai alto (circa un terzo della lunghezza totale); base limitata alla periferia da uno spigolo non molto acuto ma assai distinto, ed ornata nell’ultimo tratto di minute e fitte strie spirali. Becco anteriore sviluppato, con ampio canale, Ombelico stretto. 1) A. SPADA-LAvINI e A, ORsINI. Quelques observations géologiques sur les Apennins de l Italie centrale. Bulletin de la Societé Géologique de France, 2.° serie, t. XII, (1855), pag. 8 dell’ estratto. 2) Se questa mia idea è giusta, trova la sua spiegazione l’evidente simmetria raggiata dell'A. cristatus notata già da H. Milne EpwarDps e J. HarmE (Histoire naturelle des Corallaires, T. II, 1857, pag. 388) e messa in vista da G. DE ANGELIS D'Ossat (Sur une forme singuliere d’ A. cristatus. Feuille des Jeunes Naturalistes, 4.° série, 31.° année, 1901, pag. 277, 278). 3) F. KossmatH. Geologie der Inseln Sokbtra, Sémha und Abd-el-Kurì. Denkschriften der K. Akademie der Wissenschaften, vol. LXXI, parte I, 1907, pag. 36. 4) Da Paeligni, antichi abitatori della regione. 136 E. FOSSA-MANCINI [8] Apertura a contorno quasi rombico; il labro, angoloso, porta internamente una piega netta ma non molto rilevata non proprio in corrispondenza dello spigolo basale ma poco più indietro. Di fronte al labro tre pieghe: due veramente columellari ed una parietale. La piega columellare po- steriore è poco sviluppata, le altre due, che la fiancheggiano, sono robustissime e taglienti. La piega parietale e quella columellare posteriore svaniscono appena fuori dell’ apertura; la columellare anteriore si mantiene invece distinta. Conchiglia singolarmente sottile, tanto da essere traneldciao: lo spessore del labro non arriva ad un millimetro e quello della parete ombelicale, per quanto internamente tappezzato da minuti cristallini di calcite, è anche minore. Lo spessore delle pareti, l’andamento delle pieghe e l'ampiezza della cavità ombelicale si vedono bene nella radiografia del fossile (fig. 3 d)').. Un solo esemplare, mancante dei primi giri e consumato nell’ estremità anteriore, lungo 387 mm. Lunghezza probabile della conchiglia completa circa 100 mm.; larghezza massima 27 mm.; altezza dell'ultimo giro 34 mm., altezza della bocca 22 mm.; angolo al vertice 18°, angolo suturale 110°. Forme paragonabili: per la forma ‘complessiva, lombelico e l’angolosità basale Ptygmatis schiosensis (PIRONA); per la forma complessiva e per le pieghe columellari Nerinea geinitzi GOLDFUSS in GEINITZ; per la forma e disposizione delle pieghe columellari N. foroiuliensis PIRONA, N. bauga D’ORBIGNY; per la piega del labro e lo spigolo basale N. ernesti PARONA °). N. 34.36 Gastropoda ind.; frammenti di piccoli individui. . 37 Crustacea decapoda ind.; un dactilopodite. N N. 38-41 Frammenti indeterminati. Dall'analisi chimica da me eseguita la sabbia ad Orbitolinac risulta così composta: EE OI ORRORE A 00 Perdita per arroventamento . . .0. + 0.0... 00 3,96 SION ee e dee i FOOSOE RO I CA 085 TESO ARA E E O IS ai et ANZIO. RENO LO A ELA RL e E A A IEONI DE i i A AI Er) 100,41 1) Sono molto grato al prof. A. Ceci di aver concesso che nel laboratorio radiografico della clinica chirur- gica universitaria da lui diretta avesse luogo questa applicazione della radiografia alla paleontologia, e al dott. L. DURANTI di aver disposto per l’esecuzione. ?) G. A. Pirona. Nuovi fossili del terreno cretaceo del Friuli. Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, vol. XII (1884), pag. 5 e 6, tav. I, fig. 1-9, tav. II, fig. 1-5; H. B. Geinirz. Das Elbthalgebirge. Palaeontographica, vol. XX, parte I (1874), pag. 265, tav. LIII, fig..7-9; A. p'’OrBIGNY. Paléontologie Frangaise, Terrains Crétacés, T. Il (1842), pag. 91, tav. 162, fig. 1-2. ( Tentativo infelice di ricostruzione del peristoma o della sezione; la fig. 2 è assurda perchè mostra una cavità columellare chiusa, inesplicabilmente tappata anteriormente); C. F. PARONA. La fauna e del Cretaceo dei Monti d’ Ocre. Memorie per servire alla descrizione della Carta Geologica d’Italia, vol. 5, parte I (1909), pag. 216, tav. XXV, fig. 26. [9] E. FOSSA-MANCINI 137 I risultati di questa analisi, delle misure calcimetriche e della levigazione del residuo insolu- bile, mi inducono a ritenere che la composizione mineralogica, ridotta a cento, sia la seguente: SADDIZISILICOA RM I MR E S07 FAT CARE A SR LT IPA MOTI TC NR I I RE 00 Carbonati di calcio e magnesio... 422 ACQUI RSA OMO SOA N E | 100,00 La grandezza dei granelli di sabbia è assai variabile; prevalgono quelli di circa mezzo milli- metro di diametro. I campioni assoggettati ad analisi erano stati precedentemente privati di tutti i fossili ricono- scibili; la sabbia normale, costituita in gran parte da Orbitolinae interamente silicee, è a grana più grossa e darebbe all’analisi una maggiore quantità di SiO.. Il buono stato di conservazione di delicate produzioni calcaree rende inaccettabile l'ipotesi che i fossili che si trovano nella sabbia vi siano stati trasportati dalle correnti; per la medesima ragione non è da credere che la sabbia stessa rappresenti il residuo di una roccia originariamente più povera di silice; conviene quindi ritenere che le Orbitolinae, gli Aspidiscus e i gastropodi ultimamente enumerati vivessero su di un fondo sabbioso non molto lontano dalla costa; Vl abbon- danza di foraminiferi a guscio siliceo e la presenza di un nerineide a conchiglia insolitamente sottile può indurre a sunporre che quei mari fossero straordinariamente poveri di sali di calcio. I fossili esaminati sono pochi e di questi pochissimi si possono riferire a forme ben note e veramente caratteristiche; non è quindi possibile stabilire con sicurezza a quali piani e sottopiani vadano riferite le rocce fossilifere di cui ho fatto parola. La presenza della Gryphaea vesicularis, che è particolarmente frequente nella parte alta del Senoniano, permette di supporre che la marna grigia sia più recente dei calcari e corrisponda presso @ poco, alla scaglia bigia dell Appennino umbro - marchigiano; non permette però di affermarlo, essendo stata trovata questa Gryphaea in tutti i livelli del Neocretaceo ed essendo proprio nel Cenomaniano relativamente comuni le forme che si avvicinano alla G. vesiculosa, e la G. vesiculosa stessa. Credo che la fauna dei calcari chiari, che ha a comune alcune forme con quella di Col degli Schiosi, altre con quelle di S. Polo Matese e dei Monti d’Ocre, sia in parte cenomaniana, in parte turoniana. i Nella sabbia ferruginosa ho trovato qualche forma rinvenuta nei Monti d’Ocre e qualche forma di tipo più antico; verosimilmente questa sabbia non è più recente del Cenomaniano inferiore e deve costituire uno dei membri più bassi della serie fossilifera, intercalato forse nei calcari. Parlando dell’ Abruzzo aquilano, C. F. PARONA !) accenna ad una probabile trasgressione del Neocretaceo sul Giurassico superiore; con questa trasgressione, dato che esistesse realmente e si estendesse all’ Abruzzo chietino, potrebbe bene essere in rapporto un deposito clastico come la 1) C. F. ParONA. Prospetto delle varie facies e loro successione nei calcari a Rudiste dell’ Appennino, Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. XXXVIII (1918), pag. 11 dell’ estratto. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 18 1358 E. FOSSA-MANCINI [10] sabbia ad Orbitolinae, che in tal caso si troverebbe alla base, o vicinissima alla base, della serie neocretacea. Allora però essa dovrebbe essere il più profondo dei terreni che affiorano nel gruppo della Maiella; a meno che la presenza del Giura superiore non sia sfuggita ai pochi geologi che hanno percorso la regione !). Nota sulla struttura e sulle affinità dell’ Aspidiscus cristatus (LAMARCK). Tav. XIV [I], fig. 1, 2, 4-13. A. SPADA-LAVINI e A. ORSINI in una classica memoria *), inserita nell’anno 1855 nel Bollettino della Società geologica di Francia citano l Aspidiscus cristatus (dirò poi con quanta ragione) fra i pochi fossili della serie ippuritica degli Appennini; per quanto io so, gli autori posteriori, e anche quelli che hanno in modo particolare trattato del Cretaceo, o degli Appennini, o degli Aspidiscus sono concordi nel non far parola della presenza di quella specie nel nostro paese; si vede come a far conoscere un lavoro italiano qualche volta non basti nemmeno pubblicarlo in lingua straniera e in uno dei più diffusi periodici scientifici del mondo. Il materiale paleontologico e litologico raccolto nell’ Appennino centrale da SPADA, che era geologo, e da ORSINI, che era botanico e malacologo, venne da essi portato a Pisa, dove in quel tempo il primo dimorava, e donato al Museo di Geologia; ai due raccoglitori e autori della memoria si deve lo studio puramente geologico; la determinazione dei fossili si deve invece a G. MENEGHINI. Questo è noto non solo dalla tradizione del Museo, ma da esplicita dichiarazione di MENEGHINI stesso, che, morto SPADA, rivendicava generosamente la responsabilità di alcune determinazioni erronee (non specificate) che riconosceva figurare in quel lavoro *). Nella collezione raccolta da SPADA si trovano due esemplari della singolare forma che ora descriverò, accompagnati da un cartellino che dice: Aspidiscus cristatus M. Ep. An. Sc. N., XI, n. 277 (1849) La scrittura è di G. MENEGHINI. Provengono dalla Maiella. Sono riprodotti nelle fig. 1a-c e 2a-c. Sembrano due emisferi cavi, ma con maggiore approssimazione si possono considerare come due semiellissoidi di rotazione allungati, troncati secondo il piano equatoriale; i diametri ') Quando queste pagine erano già composte, G. CHECCHIA - RisPOLI (Osservazioni geologiche sul monte Gargano. Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, classe di scienze fisiche ece., vol. XXVIII, serie 5°, 2° semestre, seduta del 21 dicembre 1919) ha fatto conoscere l’esistenza di una brecciola ad Orbitolinae nella parte settentrionale del promontorio Gargano: questa brecciola si trova alla base del Cenomaniano inferiore ed è in trasgressione sui calcari con selce neocomiani. *) A. Spapa-LAvINI et A. ORSINI. Quelques observations géologiques sur les Apennins de l Italie Centrale. Bulletin de la Societé Géologique de France, 2.* serie, tomo XII, 1855. °) G. MENEGHINI. Commemorazione scientifica del conte Alessandro Spada-Lavini. Pisa, 1876. [11] : E. FOSSA-MANCINI . 139 n equatoriali misurano rispettivamente 31 e 24 millimetri, i semidiametri polari 17 e 14; sono costi- tuiti da calcare piuttosto puro per quanto colorato in giallo arancio chiaro da sali di ferro; la parete interna brilla per innumerevoli cristallini limpidissimi di calcite. La roccia che ancora li avvolgeva in parte quando ne ho cominciato lo studio è una sabbia ferruginosa mediocremente compatta che ho rimosso con pazienza a grano a grano nel duplice intento di isolare questi due esemplari e di trarre dalla sabbia alcune foraminifere ed altri minuti fossili su cui contavo per la determinazione cronologica. Le diverse forme di Orbitolina ( 0. concava, O. mamillata, O. conoidea, 0. paronai, 0. boehmi) e il piccolo Trochactacon crisminiensis trovati in quella sabbia inducono a ritenere, come si è visto sopra, che si possa trattare di un sedimento del cenomaniano inferiore. La parete ellissoidale, relativamente sottile, sembra conservata per intero; le produzioni interne, delicatissime, sono forse andate in parte distrutte e presentemente sono forse rappresentate dalla loro porzione parietale. Tanto all’esterno che all’interno si hanno due regioni nettamente distinte e cioè: 1° una zona equatoriale alta 6 mm. tanto nell’uno che nell'altro esemplare, a simmetria centrassonica indifferente; la faccia interna di questa zona è attraversata nel senso dei meridiani da un grandissimo numero di minuti solchi fittissimi, mentre la faccia esterna porta un numero ugualmente grande di sottilissime lamelle sporgenti similmente orientate; 2° una calotta polare (diametro alla base 26 e 18 mm., altezza 11 e 6 mm. rispettivamente) che presenta all’interno e all’esterno dei rilievi accentuati, di tipo diverso e che non si corrispondono, disposti con una certa regolarità e con simmetria evidentemente senaria. Osservando con cura la zona equatoriale si vede che mentre nella faccia esterna è quasi cilindrica, nella faccia interna è limitata da una superficie sferica a curvatura più forte di quella della calotta polare; per conseguenza la parte corrispondente della parete è molto più sottile all'equatore e notevolmente spessa all’ estremità verso la calotta dalla quale è inoltre distinta all’interno da un orlo sporgente a guisa di cornice, all’ esterno da un leggero avvallamento annulare. La calotta nella faccia interna presenta un certo numero di rilievi abba. stanza accentuati, per quanto non molto elevati, disposti con manifesta simmetria e in direzioni che non giacciono proprio nei piani meridiani ma fanno con essi un piccolo angolo, così che vengono ad incontrarsi e a saldarsi prima di raggiungere il polo. I rilievi sono separati da incavi notevol- mente e uniformente profondi, meno, si capisce, alle estremità; di queste la superiore, immediata- mente sottoposta alla cornice, forma una specie di nicchia ed è poco visibile. In ognuno degli ineavi si vede uno spigolo rientrante centrale e numerosissime esili costicine perpendicolari ad esso. Per vedere bene le costicine attraverso i cristallini di calcite che le ricoprono conviene mettersi in particolari condizioni di luce 0, meglio ancora, versare nella cavità qualche goccia di un’essenza di elevato indice di rifrazione. Per lo più gli ineavi hanno forma lanceolata allungata e, a causa delle costicine, somigliano a tanti fondi di barca. Il dislivello fra la cresta di un rilievo e il fondo di unincavo vicino è per lo più di due millimetri nell’ esemplare maggiore, di due milli- metri e mezzo nel minore. A breve distanza dal punto di confluenza di due rilievi radiali se ne nota spesso un terzo trasversale ai primi, e l’insieme prende allora l'aspetto della lettera A. Nell’esemplare minore, che è meglio conservato, si vede che un primo ordine di punti di confluenza si trova a circa 2 mm, sotto la cornice, un altro circa 4 o 5 mm. più in basso, un terzo in prossimità del polo. Nell’esemplare maggiore la cristallizzazione è più completa e l'andamento dei rilievi meno distinto; sembra tuttavia che l’ultima confluenza si abbia proprio al centro. Esternamente la calotta è percorsa da numerosi rilievi radiali che generalmente non giungono fino al polo e che corrispondono esattamente agli ineavi; ad occhio nudo sembrano carenati e ornati di numerosissime costicine trasversali, ma con una buona lente o meglio con un microscopio 140 ° E. FOSSA-MANCINI [12] a debole ingrandimento si vede che si ha uno spigolo rilevato centrale, assai acuto, da cui partono tante lamelle perpendicolari al suo asse e alla superficie dell’ ellissoide; per lo più nelVinserirsi al rilievo assiale le lamelle di un fianco alternano con quelle dell’altro. Si ha così una notevole somiglianza colle colline di certi Astreidi confluenti, come per es. Coeloria; ma a differenza di queste, l'andamento dei rilievi e in genere non è flessuoso. Il margine equatoriale che, come si è detto, è molto assottigliato, è evidentemente incompleto; si vede distintamente nell’ esemplare maggiore che all’ equatore la parete si infletteva bruscamente verso l’interno e che si continuava per un certo tratto come una lamina piana esilissima (di spessore inferiore a mezzo millimetro) disposta nel piano equatoriale. Questa delicatissima produ- zione è andata quasi interamente distrutta, salvo un breve orlo che sporge al massimo 3 mm. e che circonda per circa due terzi della circonferenza il margine dell'esemplare maggiore (fig. 2a, a sinistra e in alto). Questa è la descrizione oggettiva dei fossili singolari; ecco come li interpreto: Sono due coralli solitari concavi emisferici, liberi. Muraglia piuttosto sottile nella parte infe- riore, sottilissima al margine superiore dove si ripiega verso Vinterno in modo da restringere l’apertura. Calice ampio e profondo. Nell’ esemplare minore si hanno 24 setti, appartenenti a tre cieli che convergono e si fondono per lo più a coppie, così che invece di una intercalazione di nuovi setti fra quelli già esistenti sembra vedere una ripetuta dicotomia di quelli del primo ordine. Nell’ esemplare maggiore, meno ben conservato, i setti sono in numero maggiore perchè è iniziata la formazione di un quarto ordine. L'inserzione dei setti alla muraglia ha luogo solo nella parte più profonda del corallo, in quella cioè che ha forma di calotta sferica; i setti stessi sono manifesta- mente spezzati presso la loro base, così che non si può dire quanto fossero alti nè che struttura avessero; è verosimile fossero molto delicati. Mancano pali e columella. Loculi intersettali generaì- mente limitati verso il centro dall’incontro dei setti, trasversalmente interrotti da rari sinaptieuli; nell’ esemplare minore però due loculi opposti sono fusi in una specie di corridoio unico piegato al centro a formare un angolo molto otteso. Esternamente l’esile muraglia è rinforzata da un grandissimo numero di lamelle piane; nella zona equatoriale queste giacciono in piani meridiani, sono spesse circa due decimi di millimetro e sono separate da intervalli uguali o di poco minori. Nella parte inferiore della zona queste lamelle conflniscono a gruppi e dove comincia la calotta si fondono a formare delle rughe (pseudo- coste) corrispondenti esattamente ai loculi intersettali; altre lamelle sottilissime, analoghe alle prime ma trasversali vanno dalla cresta delle rughe al fondo degli avvallamenti che corrispondono alle basi dei setti e là si saldano alle lamelle delle rughe vicine (fig. 2 d). Poco evidente è la struttura della muraglia che è coperta internamente dai cristallini di calcite, esternamente dalle lamelle; in un piccolo tratto della zona equatoriale dove ho cautamente aspor- tato le lamelle, la muraglia appare come un velo calcareo perforato da microscopiche finestrelle ellittiche, allineate secondo i meridiani. Anche nella calotta sono riuscito a mettere a nudo un tratto di muraglia, ma non ho veduto le perforazioni; occorre però notare che in quella regione l’interno è completamente cristallizzato, e che è possibile che la cristallizzazione abbia cancellato la trama organica, oppure che ostacoli l’ osservazione mieroscopica delle minute perforazioni. Non c’è epiteca. Probabile posizione sistematica: famiglia Eupsammidae MILNE EDWARDS et HAIME. [13] E. FOSSA-MANCINI 141 La determinazione di questi esemplari venne fatta da G. MENEGHINI fra il 1849 (pubblicazione del tomo XI della serie 3" degli Annales des Sciences Naturelles) e il 1855 (pubblicazione della memoria di SPADA e ORSINI), quasi certamente basandosi sulla sola descrizione di MILNE EDWARDS; allora 1’ Aspidiscus cristatus sotto un nome o l’altro, era stato figurato solo nel Voyage en Barbarie di SHAW (1738), nel Tableau encyclopédique des trois règnes di LAMARCK (1816) e nelle Jcones fossilium (?) di KOENIG (1825), opere rare, almeno da noi, e che non si trovano nelle nostre biblio- teche; e allora i due esemplari di A. cristatus provenienti rispettivamente dalla Sardegna e dall’ Uruguay che si trovano oggi nel nostro Museo non vi erano ancora; infatti quello americano è stato donato dal dott. PECCHIOLI dopo il 1870 e quello di Sardegna non è menzionato da MENE- GHINI nella sua Paléontologie de V Ile de Sardaigne, pubblicata nel 1857. | I fossili determinati da MENEGHINI e citati da SPADA e ORSINI come Aspidiscus differiscono grandemente dai fossili indicati collo stesso nome da tutti gli altri autori. Nel seguito di questa mia nota per essere più breve e più chiaro chiamerò i primi Aspidiscus di MENEGHINI e gli altri Aspidiscus degli autori; e quando dirò Aspidiscus senz'altro intenderò il corallo completato secondo la mia idea. IL’ Aspidiscus cristatus degli autori è qualche cosa di molto differente. Figurato da SHAW nel 1732 come « fungus fossilis rugosus » e descritto con singolare precisione da PEYSsoNNEL nel 1744 come « polymadrèporaire è bouton » !), ebbe denominazione scientifica, Cyclolites cristata, da LAMARCK nel 1801?). Ecco la diagnosi: « C. orbiculata, superne convexa- lamellosa, carinis variis cristatis; subdecussantibus; lacuna nulla » *). Nel 1825 KOENIG in un’opera di cui non conosco con precisione nemmeno il titolo (che ho visto sempre abbreviato in « Icones fossil. ») figurava la stessa forma sotto il nome Aspidiscus shawi. Nel 18330 BLAINVILLE esprimeva l’ opinione che non si trattasse di un vero Cyelolites ma di una forma coloniale, opinione che è stata accettata da tutti gli autori posteriori. Nel 1848 MILNE EDWARDS e HAIME ne facevano un nuovo genere Cyclophyllia, ma nell’anno seguente riconoscevano la priorità del sinonimo Aspidiscus, e davano del genere una chiara descrizione ‘) che è stata ripe- tuta in quasi tutti i trattati pubblicati in seguito, non essendo stati accettati dai più gli emenda- menti restrittivi proposti nel 1884 da DUNCAN in un celebre lavoro di revisione °). Secondo l’ opinione generale l’ A. cristatus forma delle colonie libere, semiemisferiche o semi. ellissoidali; la base, piana o leggermente concava, è coperta da una robusta epiteca ornata di pieghe concentriche; la superficie calicinale, convessa, presenta delle valli divergenti separate da alte colline radiali, formate per fusione diretta delle pareti; non vi sono columelle; i caliei sono 1) In H. Mine EpwaRDS. Histoire naturelle des corallaires, tomo II (Parigi, 1857), pag. 887 in nota. 2) J. B. LAMARCK. Système des animaux sans vertèbres (1801), pag. 369. 3) J. B. LAMARCK. Histoire naturelle des animaux sans vertèbres. 2. edizione, tomo II (18836), pag. 367. 4) H. MiLne Epwarps et J. Harme. Recherches sur les polypiers. Annales des sciences Naturelles, 3.* serie, tomo XI (1849), pag. 276. 5) P. M. Duncan. A revision of the families and Genera of the Sclerodermie Zoantharia, Journal of the Linnean Society, Zoologia; vol. XVITI (1884), n.' 104-105, pag. 96. 142 E. FOSSA-MANCINI [14] bene distinti e quelli marginali, molto più sviluppati degli altri, formano un’ampia zona alla periferia della colonia. L'ordinamento delle colline segue, più o meno palesemente, le leggi della simmetria raggiata senaria. Di questa disposizione regolare fecero cenno, senza darle gran peso, MILNE EDWARDS (1849, 1857), FROMENTEL (1858-61), e i trattatisti che li copiarono. Solo nel 1901 DE ANGELIS D’OssaAT?) in seguito a studi provocati dall'esame di un esemplare di non comune perfezione, mise in evidenza l’importanza del fatto che « la forma di una colonia presentava nello scheletro generale la confi- gurazione propria di un individuo ». L'A. cristatus è stato considerato la sola specie del genere sino al 1907. In quell’anno KossmaTH distinse col nome di A. sémhae una forma affine da lui raccolta nell’isola di Sémha nel Golfo Arabico °). Colpito dalla singolare corrispondenza fra Vl’ apparentemente erronea determinazione di MENE- GHINI (che riferiva un corallo manifestamente solitario ad una forma ritenuta coloniale) e l’ impor- tante osservazione di DE ANGELIS D’OssAT (che nella ereduta colonia riconosceva caratteri propri di un individuo), mi sono messo a cercare quali reali rapporti potevano passare fra i curiosi fossili della Maiella e gli Aspidiscus degli autori ed ho finito col riportare la convinzione che sono quelli che intercedono fra il conio e la medaglia. Più che la storia delle ricerche, delle misure e dei confronti da me eseguiti, varrà, a mostrare la verosimiglianza della conclusione a cui sono giunto, la comparazione delle figure 4-7 (tolte da notissime opere) e 8 e 9 (riproduzioni fotografiche di individui conservati nel nostro Museo ) che rappresentano diversi A. cristatus degli autori, colle fis. 14 e le che rappresentano l’impronta artificiale del minore dei due A. cristatus di MENEGHINI; non volendo sacrificare il fossile non ho potuto ottenere l'impronta esatta in un sol pezzo a causa della profondità dei loculi intersettali che, come ho detto, alla periferia della calotta si spingono qualche millimetro oltre la cornice; sono stato quindi costretto a completare l’abbozzo, tratto da un’impronta totale indistinta ai margini, col ritrarre con cura le impronte parziali della regione periferica, comprendenti ciascuna pochi loculi e la parte corrispondente di zona equatoriale. In questa operazione mi sono servito della plastilina del commercio cui ho aggiunto ancora un po’ di glicerina. Non è però da credere che l’ Aspidiscus degli autori non sia altro che il puro e semplice riempimento inorganico della cavità viscerale di un corallo solitario; personalmente, e sino dal principio delle mie ricerche, ho riscontrato l’esistenza di un tessuto trabeculare in una sezione che ho praticato in un esemplare proveniente dalla Sardegna, appunto per vederne l’interna struttura; più tardi ho avuto cognizione dell’aspetto di una sezione dell'A. sémhae descritto e figurato da 1) G. pe ANGELIS D’Ossar. Sur une forme singulière d’une colonie d’ Aspidiscus cristatus.... Feuille des Jeunes Naturalistes 4.° série, 31.° année (1901), n.° 372; e anche: Il concetto di individuo negli Zoantari fossili. Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. XXIV (1905), pag. 147. 2) F. KossmatH. Geologie der Inseln Sokotra Sémha und Abel-el- Kuri. Denkschriften der K. Akademie der Wissenschaften, Math. Naturw. Klasse, vol. LXXI, parte 1.° (1907), pag. 54, tav. V, fig. 9a-c. [15] E. FOSSA-MANCINI 143 x KossMmaATH (1. c.), dove le cose si vedono meglio. L’ A. sémhae differisce dall’ A. cristatus degli autori per avere le così dette colline limitate alla regione centrale, rotondeggianti e crateriformi, anzichè estese a ricoprire la maggior parte della faccia convessa, allungate e carenate; questo vuol dire, secondo me, che nel corallo vero la calotta era, in proporzione, più piccola, che i sinapticuli erano più frequenti, e che il fossile è logoro. Ora, essendo Vl unico esemplare conosciuto spezzato appros- simativamente secondo un diametro, l’autore ha potuto osservare che « i calici centrali » (così interpreta le colline crateriformi) « germogliano dalla base a guisa di arbusti e che internamente si saldano ai setti di essa ». La fig. 10 4, presa da KossMaATH, mostra appunto l’ aspetto della sezione diametrale. Struttura del tutto analoga, per quanto meno evidente, ho trovato in un esemplare silicizzato sezionato e lustrato di una forma forse nuova di Aspidiscus (fig. 11) che mi è stato, insieme a diversi altri, cortesemente comunicato per studio dal Museo di Geologia di Firenze; fa parte della collezione raccolta in Egitto e nella costa arabica da FIGARI BEY e già in parte illu- strata da B. GRECO. A me sembra che quel tessuto trabeculare per lo più fenestrato, talora addirittura graticolato, sia identico a quello delle produzioni endetecali dei Cyelolites che sono ritenute setti (io dubito che debbano considerarsi veri setti solo quelli che corrispondono ai rilievi granulosi maggiori, e che le lamelle interposte costituiscano un tessuto intersettale di riempimento e sostegno); e anche l’anda- mento delle trabecule è analogo. Chi legge confronti le mie figure 10 dò e 11 colla fig. 1 della tav. I della memoria di E. PRATZ sulla struttura dell'apparato settale in alcuni generi caratteristici '). Nelle fig. 105 e 11, e in questa specialmente, si vede come il tessuto sia più compatto verso il centro della faccia pianeggiante e si faccia sempre più poroso a mano a mano che si approssima alla superficie convessa, precisamente come avviene nei Cyclolites e, in maniera ancora più accen- tuata, negli Eupsammidae, che hanno i setti principali perforati distintamente presso la muraglia e composti di tessuto compatto verso il centro del calice. Ritengo probabile che anche negli Aspidiscus vi siano due tipi di setti, o per meglio dire di produzioni endotecali radiali; ritengo cioè che si abbiano dei veri e propri setti in corrispondenza dei rilievi radiali della calotta che corrispondono alle così dette valli radiali del modello; fra ogni coppia di setti principali si deve interporre, secondo me, un numero rilevante di lamelle pure radiali, perforate, collegate ai veri setti e fra loro da frequenti processi trasversali. Mi sembra verosimile che queste lamelle si originino per successivi sdoppiamenti della porzione parietale dei setti principali; che i margini laterali delle lamelle e dei setti, del tutto simili, prendendo appoggio nella parte superiore della muraglia, determinino la striatura della zona equatoriale; che superior- mente le estremità delle lamelle e dei setti, pure del tutto simili, costituiscano quel sistema di fittissimi rilievi radiali della faccia pianeggiante di alcuni degli Aspidiscus degli autori. Questa ornamentazione radiale, costituita dalle estremità delle lamelle e dei setti collegate da processi trasversali, quando è presente non è ugualmente distinta in tutta la superficie pianeg- giante; c'è una zona annulare, periferica, la cui larghezza varia nei differenti esemplari esaminati da. un quarto a un terzo del raggio, che è rilevata o depressa e nella quale i rilievi radiali sono più o meno evidenti che nella regione centrale. Il differente aspetto della zona periferica può essere in rapporto coll’orlo ripiegato della muraglia, di cui ho già parlato (si confrontino le figure 2a, 95, 104 e 12). i ‘) E. Praz. Ueber die verwandtsschaftlichen Beziehungen einiger Korallengattungen. Palaeontographica, vol. XXIX (1882-83), pag. 87, tav. I (XIV), fig. 1. 144 E. FOSSA-MANCINI [16] In altri esemplari (tig. 88) invece di un’ ornamentazione radiale ia faccia pianeggiante presenta un sistema di rughe e solchi concentrici che ha fatto credere all’ esistenza di un’epiteca. Il solco più distinto si trova non lontano dalla periferia e può rappresentare l'impressione dell’orlo della lamina equatoriale annulare. Le rughe minori mi sembrano di più difficile interpretazione per quanto mi senta inclinato a vedere in esse le impronte di pieghe della parete viscerale dell'animale ; se così fosse il piccolo rilievo centrale che si osserva nella fig. 9 è potrebbe indicare l’ ampiezza del canale esofageo. Secondo me l Aspidiscus degli autori non è che il complesso delle produzioni endotecali dell’ Aspidiscus di MENEGHINI, cementato, inglobato e rinforzato da materiale fangoso introdottosi nella cavità viscerale del corallo. Il fatto che la muraglia non sia conservata che in casi eccezio- nali si spiega colla delicatezza della sua struttura e colla grandissima superficie esposta (dovuta alla presenza di innumerevoli lamelle piane normali alla superficie curva) che ne rendeva più pronta la soluzione. Il fatto che manchino i setti negli esemplari che hanno conservato la muraglia si spiega coll’essere le perforazioni più fitte e grandi presso il margine parietale; i setti quindi si sono separati dalla muraglia secondo linee di minor resistenza segnate da una specie di punteggia- tura; cioè, presso a poco, come si stacca un francobollo dagli altri stampati sullo stesso foglio. Per la formazione degli Aspidiscus degli autori si sono dovute verificare successivamente due condizioni: 1° il corallo deve essere stato riempito di fango; 2° il corallo deve essere stato ricoperto da sedimenti permeabili, in cui si è potuta effettuare la soluzione della muraglia. La prima condi- zione spiega anche come gli Aspidiscus pieni da me esaminati siano costituiti da calcari molto impuri (la silicizzazione degli esemplari raccolti da FIGARI BEY è avvenuta per sostituzione del- l’originario riempimento e del calcare delle produzioni endotecali); la seconda spiega anche come gli Aspidiscus degli autori si trovino normalmente sempre perfettamente isolati dalla roccia. Quando il riempimento non ha superato l’altezza dei setti la faccia pianeggiante mostra i piccoli rilievi lineari radiali; quando il riempimento è stato completo non si hanno rilievi radiali, ma rughe concentriche che possono far supporre che in tal caso il materiale estraneo si sia riversato nella cavità viscerale dell'animale quando esso era ancora vivente. PEYSSONNEL !) dice di aver notato in una regione relativamente ristretta (una valle presso le rovine di Suffetula, nella Tunisia meridionale) un numero immensamente grande di questi fossili a base striata concentricamente; non mi sembra inverosimile che una torbida eccezionale spintasi insolitamente al largo abbia reso al tempo stesso impossibile la vita e possibile la fossilizzazione a tutta una popolazione di coralli avvezza a vivere in acque limpide. A me sembra che, in base alle osservazioni e considerazioni precedentemente esposte, si debba dare del genere la definizione seguente: Aspidiscus KoENIG 1825 (emend.). Corallo solitario, libero, per lo più subemisferico (talora lenticolare nello stadio giovanile). Muraglia perforata. Apertura ristretta. Tre o quattro cieli di 1) In H. Ming EpwaRDS. Histoire naturelle des Corallaires, tomo II (Parigi, 1857), pag. 387 in nota. [17] E. FOSSA-MANCINI 145 setti riunentisi in prossimità dell’asse, perforati; perforazioni più distinte presso la muraglia. Lamelle trabeculari numerosissime, provenienti da sdoppiamento dei setti, interposte fra di essi. Sinapticuli più o meno frequenti. Pali e columella mancanti. Muraglia esternamente coperta di lamelle normali alla superficie curva. Rughe pseudocostali in corrispondenza dei loculi intersettali. Cenomaniano, Turoniano. — Europa meridionale, Africa settentrionale, Arabia. — 2 o 3 specie. A. cristatus (LAMARCK 1801). Cenomaniano e Turoniano. — Italia ( Maiella), Francia (Cuiseaux), Tunisia meridionale (rovine di Suffetula), Algeria (Chettabach, Batna, monti Aurès). Dimensioni minime: diametro 16 mm. altezza 6 mm. » massime: » Ii » 28» Zona equatoriale stretta; loculi intersettali raramente interrotti. A. Sémhae KossmatH 1907. Cenomaniano. — Golfo arabico (Sémha). Dimensioni: diametro 35 mm.; altezza 12 mm. Zona equatoriale molto ampia; loculi frequentemente interrotti. A.? n. f.? Cenomaniano. — Costa arabica. Dimensioni minime: diametro 19 mm. altezza 8 mm. » massime: » 41 » » co Zona equatoriale stretta; loculi frequentemente interrotti. La fig. 13, schematica, mostra, in sezione meridiana, la disposizione delle parti scheletriche in un Aspidiscus ricostruito secondo le mie idee. So bene quanto raramente sia dato al paleontologo di trarre conclusioni del tutto sicure dallo studio di avanzi scheletrici di animali di bassa organizzazione, e come talvolta la natura sembri compiacersi a copiare sè stessa in modo da trarre in inganno l'osservatore; conosco delle impronte di vertebre cave che simulano Patellae o Seurriae e delle impronte di cavità ombelicali di ammoniti che si possono scambiare per porzioni apicali di Trochi o Pleurotomariae, e diffido in generale delle corrispondenze di rilievo. Pure, nel caso particolare, la corrispondenza in forma, in grandezza e anche nei minuti particolari è così completa, che l'ipotesi che 1’ Aspidiscus degli. autori sia il nocciolo (produzioni endotecali + sostanza estranea) dell’ Aspidiscus di MENEGHINI, e che i due fossili rappresentino quindi parti differenti di uno stesso corallo, mi sembra straordinariamente verosimile. Ma se anche non fossi sfuggito a quella visione unilaterale che induce spesso in errore chi coltiva le nostre discipline, trarrei qualche soddisfazione dall'aver messo in vista una notevolissima corri- spondenza morfologica e dall'aver fatto conoscere un nuovo merito di G. MENEGHINI che primo vi ha posto mente. Istituto di Geologia dell’ Università di Pisa, agosto 1919. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 19 FAO ES ne AT feno sas D. DEL CAMPANA CONSIDERAZIONI SULLE ANTILOPI TRRZIARIR. DELLA TOSCANA Tav. XV-XIX [I-V]e Fig. 1-19 intere. INTRODUZIONE. La fauna delle Antilopi terziarie della Toscana era nota fino ad oggi per le osservazioni fatte dal WEITHOFER *), dal ForsyTH MAJOR °), dal PANTANELLI *), dal RUTIMEYER ‘) e dal RISTORI *), i quali avevano già accertata l’esistenza di diverse specie. Di queste, due sole appartengono ai depositi pliocenici del Valdarno e di Olivola, le altre furono rinvenute nei depositi del Miocene superiore della Maremma toscana, o del Senese, e vennero così distinte: Pliocene. Antilope sp. ( Val d’ Ambra — Valdarno superiore. WEITHOFER ). Palaeorye Meneghiniî RuT. (Olivola — Val di Magra. RUTIMEYER). Palaeoreas montiscaroli MAI. ( Palaeoreas torticornis AYM.) (Valdarno superiore. FORSYTH MAJOR e WEITHOFER). 1) WrITHOFER C. A. Alcune osservazioni sulla fauna delle ligniti di Casteani e Montebamboli ( Toscana ). Bollet- tino del Comitato Geologico d’Italia, Anno XIX, Vol. XIX. Roma, 1888; — Ip., Ueber die tertiaeren landsaugethiere Italiens. Jahrbuch der K. K. geol. Reichsanstalt, Bande 39, Heft 1. Wien, 1889 2) ForsrtH Mayor C. I. La faune des Vertébrés de Monte Bamboli (Maremmes de la Toscane). Atti della Società italiana di Scienze Naturali, Vol. XV. Milano, 1873; — In. Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi pliocenici e post-pliocenici della Toscana. Atti della Società toscana di Scienze Naturali residente in Pisa, Vol. I, Pisa 1875; — In. On the Mammalian fauna of the Val d’ Arno. Quarterly Journal of Geological Society of London, vol. XLI. London, 1884; — Ip. L’ ossario di Olivola in Val di Magra (Provincia di Massa-Carrara). Atti della Società toscana di Scienze Naturali. Processi verbali, vol. VII, Pisa, 1890. °) PANTANELLI D. Sugli strati miocenici del Casino ( Siena) e considerazioni sul Miocene superiore. R. Acca- demia dei Lincei. Anno CCLXXVI (1878-79). Memorie della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali, Volume III. 4) Rorimerer L. Die Kinder der Tertitir- Epoche nebst Vorstudien zu einer Natiirlichen Geschichte der Antilopen. Abhandlungen der schweizerischen paliontologischen Gesellschaft. Zurich, 1877-1878. 5) Ristori G. Osservazioni sull’ età e sulla genesi delle ligniti del Massetano ( Montebamboli, Casteani e Ribolla). Atti della Società toscana di Scienze Naturali. Memorie, vol. XV, Pisa, 1896. 148 D. DEL CAMPANA [2] Miocene superiore e medio. Gazella Haupti MAJ. (Casteani — Montebamboli — Maremma toscana. WEITHOFER). Gazella gracillima MAJ. ( Montebamboli — Maremma toscana. WEITHOFER). Palaeorya sp. (Casteani — Maremma toscana. WEITHOFER). Palaeorya Massoni MAJ. ( Casino — Prov. di Siena. ForsyTH MAJOR). Palaeorye Cordieri CHRIST. (Casino — Prov. di Siena. ForsyTH MAJOR e PANTANELLI). Ma di tutte queste specie, brevi sono le descrizioni che gli autori hanno date; scarsi i confronti destinati a metterne in evidenza i rapporti e le differenze colle forme affini; mancanti altresì, tranne che per Palaeorya Meneghinii Rut. di Olivola, e pel Palaeorya Cordieri CHRIST. del Casino, le riproduzioni del materiale fossile studiato. ; E qui cade a proposito ricordare che, oltre alle specie suddette, resti di, Antilopî furono pur citati dal FuCcINI nel Pliocene del Valdarno inferiore *). Appunto nel compiere lo studio di tali resti dovei convincermi come la fauna delle Antilopi terziarie della Toscana meritasse di venire più ampliamente illustrata, non solo per le ragioni accennate sopra, bensì ancora pel fatto che nuovi resti fossili erano andati ad aggiungersi a quelli che già si conoscevano per i lavori di alcuni specialmente degli autori ricordati sopra. Il risultato delle mie osservazioni forma appunto materia della presente memoria nella quale la fauna delle Antilopi terziarie è costituita dalle specie seguenti, cronologicamente così ripartite: Pliocene. Gazzella Fucinii sp. n. (Dianella [| Empoli] Valdarno inferiore). Gazella sp. ( Valdambra — Valdarno superiore). Palaceorye Meneghiniù Rut. (Olivola — Val di Magra). Palaeoreas montiscaroli MAJ. ( Rigiaia — Valdarno superiore). Miocene superiore e medio. Gazella Haupti MAJ. (Casteani, Montebamboli, Ribolla — Maremma toscana). Gazella gracillima MAI. (Casteani — Maremma toscana). Gazella deperdita GERV. (Casino — Prov. di Siena). Palaeorye Massoni MAI. (Casino — Prov. di Siena). Palacorya sp. (Casteani — Maremma toscana). Come resulta da questo prospetto, la fauna delle Antilopi terziarie viene, secondo le mie osser- vazioni, ad accrescersi di due specie; delle quali una pliocenica, la Gazella Pucinii, affatto nuova, Valtra, la Gazella deperdita GERV., che ha una importanza speciale dal lato stratigrafico; perchè propria del Miocene superiore o Mio-pliocene, e fino ad oggi non citata da nessun autore nei depositi italiani appartenenti al piano anzidetto *). Manca nell’ elenco delle Antilopi dato da me il Palaeorya Cordieri CHRIST. che ForsyTH MAJOR e PANTANELLI avevano incluso nella fauna miocenica del Casino. Se le mie osservazioni non sono errate, i resti attribuiti a questa specie hanno caratteristiche tali che ne consigliano piuttosto il 1) Fucini A. Il Pliocene dei dintorni di Cerreto Guidi e di Limite ed i suoi molluschi fossili. Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. X, pag. 58. Roma, 1891. 2) A proposito della Gazella deperdita deve ricordarsi come il PortIs abbia trovata questa specie nel pozzo naturale di Palombara Marcellina insieme a resti di Testudo graeca Linn., Sus Strozsi Men. (0 Sus Falconeri Lyp.), Elaphus (Cervus) issiodorensis CR. et JoB., Elaphus? sp., Bos primigenius Boy., Lepus timidus LInn., Lepus cuniculus Linn., Felis leo Linn. (Felis spelaea GoLp.). (Contribuzioni alla Storia fisica del Bacino di Roma e studi sopra l estensione da darsi al Pliocene inferiore. Vol. 2. Parti quarta e quinta, pag. 50, 84. Torino 1896). [3] D. DEL CAMPANA 149 ravvicinamento al Gen. Bos BLUM., e di tali resti tratto appunto in una appendice annessa al presente lavoro. Prima di venire alla descrizione delle singole specie da me studiate, debbo un ringraziamento al Ch.mo Prof. M. CANAVARI della R. Università di Pisa che ha messo a mia disposizione, colla sua abituale gentilezza, i resti fossili di Antilopi esistenti nel Museo di Geologia e Paleontologia di quella Università. 5 l Un ringraziamento debbo pure al Prof. A. SENNA del R. Istituto di Studî Superiori in Firenze ed al Prof. E. GIGLIO Tos della R. Università di Pavia, i quali mi hanno dato in comunicazione, per gli opportuni confronti, il materiale vivente di cui disponevano nelle importanti raccolte affidate alle loro cure, Le specie viventi di Antilopi che, grazie alla cortesia di questi Signori, io ho potuto esaminare sono le seguenti: Gen. Bubalis FRISCH. Bubalis tora GRAY. Crani n.° 1. d'?, Keren. Colonia Eritrea. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Gen. Cephalophus Ham SMITH. Cephalophus abyssinicus THoM. Crani n.° 1. Sesso sconosciuto, BoGGu (Barka) Abissinia. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Gen. Oreotragus A. SMITH. Oreotragus saltatricoides RuPP. Crani n.° 3. 1. d' Scioa. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. 2. d' Asmara. Colonia Eritrea. Id. Id. Id. 3. d' Keren. Colonia Eritrea Id. Ta Id. Gen. Madoqua OcILEy. Madoqua saltiana BLAINV. Crani n.° 2. 1. o Mai - Maitai (Bogos). Colonia Eritrea. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. = 2. 3 Masgabbh. (Assab). Colonia Eritrea Id. Id. Id. Gen. Cobus A. SMITH. Cobus onctuosus LAURILL. ( Cobus defassa Riipp.). Crani n.° 2. 1. o Setit. Colonia Eritrea. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. 2. 9 Località sconosciuta dell’ Affrica. Id. Id. Id. 150 D. DEL CAMPANA [4] Gen. Redunca Ham. SMITH. Redunca bohor. RuPP. Crani n.° 2. 1. 2. g', st Scioa. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Gen. Antilope PALL Antilope cervicapra PALL. Crani n.° 1. sg Località sconosciuta dell’ India. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Gen. Gazella LiIcHT. Gazella dorcas LINN. Crani n.° 6. 1-3 dg, d', d, Colonia Eritrea. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. 4, Sesso sconosciuto. Località sconosciuta dell’ Affrica. Museo zoologico della R. Università di Pavia. 5-6 Id. ; iuv. : Id. Id. Id. Gazella dorcas LINN.? Cranio e scheletro completo. Sesso sconosciuto. Località sconosciuta dell’ Affrica. Acquistato da N. Cimballi capotecnico del Museo di Zoologia del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Gazella Soemmeringi CRETZ. Crani n.° 2. i 1. o Bogos. Colonia Eritrea. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. 2. o Keren. Colonia Eritrea. Id. Id. Id. Gazella Soemmeringi CRETZ. Crani n.° 1. 2 ? Località sconosciuta dell’ Affrica orientale. Museo zoologico del R.° Istituto di studî supe- riori di Firenze. Gazella tilonura HEUGL. ( Gazella melanura Firz.). Crani n.° 1. d' Bogos. Colonia Eritrea. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di: Firenze. Gen. Hippotragus SUNDEV. Hippotragus equinus GEOFF. Crani n.° 1. cd Keren. Colonia Eritrea. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Hippotragus equinus GEOFF. var. Gambianus WINT. (Hippotragus koba Auct.). Crani n.° 1. gd Senegal (Gambia) Sudan Egiziano. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Gen. Tragelaphus BLAINV. Tragelaphus decula Riipp. Crani n.° 1. i o Colonia Eritrea. Museo zoologico del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Premessa questa breve introduzione, vengo allo studio delle singole specie che ho creduto più conveniente ordinare secondo la classificazione zoologica, anzichè disporle secondo l’ordine crono- logico dei terreni ne’ quali ne sono stati trovati i resti. [5] D. DEL CAMPANA 151 Ils ; Gazella Fucinii sp. n. — Tav. XV [I], fig. 4-6. La nuova specie di Gazzella pliocenica della quale sto per occuparmi è rappresentata da tre frammenti di caviglie ossee di corna, assai ben conservati. Questi furono trovati nel 1888 dal Prof. ALBERTO FUCINI nel Pliocene toscano, e più precisa- mente a Dianella presso S. Donato in Greti (Empoli — Prov. di Firenze) e vennero poi inviati in dono al Museo di Paleontologia del R.° Istituto di studî superiori di Firenze. Detti resti furono citati già, in parte, dal FUCINI, che in una sua memoria sul Pliocene dei dintorni di Cerreto Guidi ha le seguenti osservazioni !): « A. Petroio, nelle sabbie insieme coll’ Elephas e con Vl Equus e nelle medesime condizioni stratigrafiche, sono state trovate ossa di. Bos etruscus FALCONER, un grosso frammento di mascella di Balaena sp., delle corna frantumate di Cervus sp. ed un cornetto di Antilope. Altro cornetto della medesima specie di Antilope, che non è la medesima trovata nel Valdarno superiore, lho trovato io stesso a Collegonzi nelle argille superiori a quelle con Nassa gigantula Bon. ». Due dei frammenti da me studiati, uno destro (Tav. XV [I], fig. 5 a, d), l’altro sinistro (Tav. XV [I], fig. 4 a, 5), appartengono, come sopra dicevo, alla metà prossimale dell’asse osseo. Il destro porta ancora una piccola parte dell’ osso frontale; il sinistro invece è, sotto tal riguardo, assai più importante per noi, perchè la parte di frontale che vi rimane unita lascia vedere, ancora conservato, quel tratto della linea di sutura col frontale destro, che dal livello del foro sopra-orbitale, ancora visibile, va fino alla sutura parietale. È altresì visibile, subito dietro la caviglia, un tratto della sutura fronto- parietale. I caratteri dell’ orbita mancano completamente, perchè il contorno è rotto presso alla base della caviglia. Tenuto conto della posizione che il frontale presumibilmente occupava, in rapporto col parie- tale, mi sembra si possa affermare che la caviglia ossea era piuttosto spiccatamente inclinata all'indietro e anche, sebbene meno spiccatamente, all’infuori, come talora accade nelle forme appartenenti al Gen. Gazella LICHT. Nel tronco sinistro tale osservazione non può con eguale precisione, ripetersi, ma si hanno ragioni per affermare che esso si uniformasse all’ altro, anche per questo, come vi si uniforma per gli altri caratteri morfologici. Il terzo tronco è rappresentato dalla metà distale e, sebbene rotto in prossimità della punta, si presenta di notevole interesse pel nostro studio (Tav. XV [I], fig. 6 a, d). Come caratteri comuni ai tre pezzi indicati possiamo citare i seguenti. Essi sono moderatamente ricurvi e lateralmente assai compressi, senza presentare traccia alcuna di contorcimento a spirale, di ripiegamento verso l’interno e finalmente di rilievi trasversi anulari, come nelle caviglie ossee delie corna di specie congeneri talvolta si nota. Siechè sembrerebbe di poter concludere, che gli astucci ossei dovessero aver avuta forma debolmente lirata e con rilievi anulari, se pure non del tutto mancanti, certo non troppo scolpiti. Nei due frammenti prossimali un soleo, non troppo profondo ma ben visibile, recinge la base della caviglia. Questa ha altresì dei brevi solchi longitudinali, che mancano invece completamente nel terzo frammento. 1) Fucini. A. Il Pliocene dei dintorni di Uerreto-Guidi e di Limite ed i suoi molluschi fossili. 152 D. DEL CAMPANA [6] Circa il riferimento di questi resti alla grande sotto famiglia degli Antilopini e in particolare al Gen. Gazella LicHT., non esiste per me dubbio alcuno dopo i confronti eseguiti colle specie di questo genere, sia fossili che viventi. Non manca d’ altra parte nei frammenti da me studiati, a convalidarne il riferimento, neppure la presenza di quel tessuto osseo pieno, privo cioè di quelle grandi cavità che sono caratteristiche delle caviglie ossee delle corna dei Bovi e CUI servì già come un buon carattere per riferimenti consimili ad altri autori !). Per altro le caratteristiche di questa nuova forma di Gazzella pliocenica risulteranno, più che dai brevi cenni descrittivi dei resti che la rappresentano, dai confronti morfologici che andrò facendo, nella maniera più larga possibile, colle forme affini fossili delle quali è accertata sin qui l’ esistenza, e colle forme viventi dello stesso genere delle quali mi è riuscito esaminare i crani. Intanto, prima di procedere nelle nostre osservazioni, stimo utile raccogliere in una tabella le misure prese sui fossili in questione, mettendovi a lato quelle corrispondenti, prese da me, o da altri, sul maggior numero possibile di specie di Gazzelle fossili e viventi, affinchè si possa avere un'idea delle relazioni che corrono tra questa e la Gazella Fucinii sp. n. riguardo allo sviluppo delle caviglie ossee delle corna. 1) Cfr. Power A. Les Antilopes. — PaLLas. Carte Géologique de 1° Algérie. Paléontologie. Alger, 1895. — Ports A. Contribuzioni alla Storia fisica del Bacino di Roma e studi sopra V estensione da darsi al Pliocene inferiore, pag. 50. [7] D. DEL CAMPANA 153 » » » » » I » » » | » N.B. - Le misure segnate con asterisco sono NOME DELLA SPECIE E LOCALITÀ DI PROVENIENZA Gazella Fucinii sp. n. Dianella presso Empoli . mm. » > » » DA deperdita GERV. Cucuron - Provenza » > » » » » Pikermi —- Grecia . » >» » » » » Croix Rousse presso Lione (Da DÉPERET) . ; » » Palombara presso Roma (Da PoRTIS) . E Aa borbonica Dep. ex Brav. - Bourbon (Auvergne) (Da DEÉPERET) anglica New. - Norwich (Da NEWTON) porrecticornis Lyp. - Sywalik (Da Lydekker) 7 Iulieni Sten. - Perrier ( Auvergne) (Da STEHLIN) atlantiea THom. - Algeria (Da THOMAS) setifensis Pom, - Algeria (Da POMEL) . crassicornis POM. - Algeria (Da PomEL) . » » massoessilia Pom. — Algeria (Da POMEL) . » » oranensis Pom. - Algeria (Da POMEL) . atlantica Boure. non THom - Djebel - Thaya (Algeria) (Da BOURGUIGNAT) dorcas LINN » » Soemmeringi CRETZ o' - Bogos Eritrea g' - Keren » tilonura HRUGL d' - Bogo8s » DIAMETRO alla base a cm. 4 dalla base | | | | ant.-pos. | trasverso | ant.-pos. | trasverso | ant.-pos, | trasverso 32.3 19.5 30.2 | 16.4 29.4 18.8 25,8 | 146 24,5 20 26 | 20 O INR 20) 24.4 19 30 214 21.5 17.5 29 22.6 23 18.5 25 17 so a: 35 29 A PU 50 40 nu = 33.5 21.5 Sa da 40,4 29 2a = 28 — ve: fa | 23 16 15 9 38 24 1 — 40 30 - as 35 25 28 25 40 pae 30 25 | 50 = — | - 42 (30 —_ = | 2 | 28 _ _ 320000021 20 ET | 30 | 19 25 | 18 44 | 34 37 29 38 | 29 32.8 24 | 26.5 19 30 | 22 LyYPDEKKER sono state ridotte prima da pollici in misura decimale. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. a cm. 7 dalla base 13 21.5 17 20 state prese colla maggiore possibile approssimazione. Quelle tolte da 154 D. DEL CAMPANA [8] Iniziando i confronti della Gazella Pucinii sp. n. (Fig. 1, 2, 3) colle altre specie fossili congeneri '), credo inutile soffermarmi a lungo a stabilire le differenze che la tengono distinta dalla Gazella Haupti MA3J. del Miocene toscano. Noi avremo luogo fra breve di vedere ampliamente quali sieno i peculiari caratteri morfologici che distinguono questa specie così frequente nei depositi lignitiferi miocenici della Maremma grossetana, e la individualizzano tra le forme affini. Basterà dunque ricordare qui la forma lirata delle caviglie ossee delle corna, la loro sezione quasi circolare, i rilievi trasversi anulari che in quelle si notano allo stato di buona conservazione, per convincerci senz’ altro che la Gazella Haupti MAJ. è profondamente separata dalla Gazella Fucinii sp. n. del pliocene toscano. | / Î e) / / | | Sez f | \ S | \ E ISIMMO, | di o | io Î {Si ASL n= Fig. 1. È Fig. 2. 3 Fig. .9. Gazella Fucinii sp. n. (Empoli). Procedendo pertanto nelle nostre osservazioni, consideriamo in primo luogo la Gazella deper- dita GERV: che è tra le specie fossili di Gazzelle, una delle più note e più diffuse nel Miocene superiore. Due assi ossee di corno, appartenenti a questa specie, furono raccolte nel Miocene superiore di Cucuron in Provenza, e dal sig. GUERIN DE CAYLA furono, nel 1869, donate al Museo di Paleon- tologia di Firenze. Due altre, raccolte nel Miocene superiore di Pikermi in Grecia, furono donate invece al Museo dal Prof. A. GAUDRY nel 1868. In apposita tabella ho riportato le misure raccolte su queste quattro caviglie; quelle di Pikermi sono complete, le altre di Cucuron rappresentano presso a poco il terzo prossimale dell’ intero asse. Le une e le altre si differenziano a prima vista dalla Gazella Fucinii sp. n. sia per la loro sezione, lateralmente meno compressa, sia anche per la loro spiccata curvatura verso l indietro. - Questi medesimi caratteri si ripetono negli esemplari descritti e figurati dal GERvAIS°) (Fig. 4) e dal GAUDRY *), (Fig.5)i quali ci dànno anche modo di constatare come nella Gazella deperdita GERV. ') N. B. I contorni delle caviglie ossee della Gazella Fucinii sp. n. e delle altre specie ‘fossili confrontate sono stati ridotti a metà della grandezza naturale. ?) GeRrvaIs P. Zoologie et Paléontologie Francaise. Nouvèlles rechèrches sur les animaua vertébrés dont on trouve les ossements enfuis dans le sol de la France. Deuxiéme édition, pag. 140, Tav. XII, fig. 3 a, 3 b, Paris, 1859. 3) GauDRY A. Animaux fossiles du Mont Léberon, pag. 5T, tav. XI, XII. Paris, 1873. [9] D. DEL CAMPANA 155 le assi ossee delle corna fossero più brevi e più ingrossate che nella forma toscana, e mancassero, nel loro punto di attacco coi frontali, di quella strozzatura che si è già notata nella Gazella Fucinii sp. n. Conviene inoltre notare, per quello che riguarda gli esemplari di Mont Léberon illustrati dal GAUDRY, che essi presentano delle varianti piuttosto notevoli nelle sezioni dei diversi assi ossei; senza che per altro nessuna di tali varianti stabilisca alcun punto di somiglianza anche lontana colla Gazella Fucinii sp. n., ove le assi hanno gran di da sempre sezione ovale compressa. li N Il GAUDRY (op. cit.) ha figurato in grandezza naturale, dal lato N anteriore, un cranio di Gazella deperdita GeERV. il quale permette di \ stabilire un’altra differenza tra questa specie e quella che noi andiamo \ studiando; cioè il maggiore intervallo che separa le basi delle caviglie N DD ossee nel cranio della Gazella deperdita GERV. SA Il GAUDRY stabilisce, in questa specie, tale intervallo nella cifra di mm. 17; nella Gazella Fucinii sp. n., misurando lo spazio in linea retta dalla base della caviglia al margine suturale del frontale, si ot- tiene la cifra approssimativa di mm. 5; tenuto*conto che la sutura frontale si trova presso a poco a metà del tratto che separa le basi delle due caviglie ossee, ne viene ira LE che queste erano tra loro distanti per uno spazio approssimativo di dr E° mm. 10 a 12. PAT = = Ci Fig. 4. — Gazella deperdita GERV. (Cucuron — Provenza). Anche il DEPÉRET ') illustra un frammento di asse osseo di corno ) N di Gazella deperdita GERV. proveniente da Cucuron; ma non si trat- 7 POETS } tiene di troppo sui caratteri morfologici. ) DA A giudicare dalla figura eh’egli ci dà, non sembra che quel fossile AZ 7 abbia troppe somiglianze colla forma tipica del GERVAIS e coi due UO esemplari di Cucuron, ai quali alludevo sopra. Li I Occorre d’altra parte tener presente che si tratta di un fram- Fig. 5. — Gazella deperpita GERV. —mento di asse assai ridotto, quindi non è a meravigliarsi se i caratteri fonte Dbberon). della specie cui venne riferito non appaiono troppo visibili. Ho voluto estendere i confronti anche alla Gazella brevicornis WAGN.®) (Fig. 6), varietà come è noto, della Gazella deperdita GERV.*), ed ho riscontrato che la Gazella Fucinii sp. n. si trova, !) DePÉRET CH. Recherches sur la succession des Faunes des vertébrés Miocènes de la Vallée du Rhone. Archives du Museum d’histoire naturelle de Lyon. T. quatriòme, pag. 243, tav. XII, fig. 10. Lyon, 1887. ?) WaGnER. Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, vol. V, 2.* parte, pag. 397, tav. IV, fig. 6. 1848. . RorH e WAGNER. Ibid., Vol. VII, pag. 452. 1854. WacnER. Ibid., Vol. VIII, pag. 156. 1857. GauDRY A. Note sur les Antilopes trouvées à Pikermi (Gréce). Boll. d. Soc, Géologique de France, vol. 18, serie 2.8, pag. 897, tav. III, fig. 6, 7, 8. Paris, 1860-61. Ip. Animaux fossiles et Géologie de V Attique, pag. 299, tav. LVI, fig. 1, 2, 3, 4; tav. LVII. Paris, 1862. 3) Cfr. GAUDRY A. Animaur fossiles du Mont Léberon, pag. 57. Ports A. Contribuzioni alla Storia Fisica del Bacino di Roma, pag. 51. Kormos T. Der Pliozine knochenfunA bei Polydrdi. Fachsitzung der Ungarischen Geologischen Gesellschaft, am. 14, Doz. 1910, pag. 16. TRovEssART E. L. Catalogus Mammalium tam viventium quam fossilium. Nova Editio, fase. IV. Tillodontia et Ungulata. Gen, Gazella LicHt., pag. 940. Berolinii, 1898. 156 D. DEL CAMPANA [10] riguardo a questa, quasi negli stessi rapporti che colla specie del Gervais; quindi ritengo inutile il soffermarmi più a lungo in proposito. Solo mi piace notare che, come nella Gazella deperdita GERV. var. brevicornis WAGN., anche nella nostra i fori sopraorbitali sono situati alla base delle caviglie ossee; e che nella prima, del pari che nella Gazella deperdita GERV., mancano quelle infossature che si trovano nella Gazella Fucinii sp. n. sul bordo esterno del frontale, posteriormente alla caviglia ossea e presso la base di quella. Il SEGUENZA cita e figura, rinvenuta nel Miocene superiore di Gravitelli presso Messina, la parte superiore di un cranio riferibile, secondo quell’autore alla Gazella deperdita GERV. 1) (Fig. 7). La caviglia ossea del corno sinistro di detto cranio, figurata dal SEGUENZA, non si allontana troppo dalle dimensioni dalla specie alla quale venne riferita; così pure ia sezione della caviglia, invece d’essere ovale compressa come nella Gazella Fucinii sp. n. ricorda molto bene quelle di Gazella / / £ ) / VATISZL / A / / ( ) % / / Lee / 7, / o. i VA / ] f / N / | x Î n No: | | fi DA / / ] ia i o Fig. 6. — Gazella deperdita GERV. Fig. 7 -- Gazella deperdita GeRv. Fig. 8. — Gazella deper- var. brevioornis WAGN. (Attica). (Gravitelli — Messina). dita GeRv. (Palombara). deperdita GERv. di Mont Léberon e di Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. dell’ Attica. Un carattere discordante, però, si ha nell’essere la caviglia ossea di Gravitelli « poco inarcata indietro >, come già osservò il Seguenza; mentre le caviglie di Gazella deperdita GERV. si presen- tano sempre molto più ricurve verso l’ indietro. La presenza di questo carattere, che avvicina alla Gazella di Gravitelli la Gazella Pucinii sp. n., mi fa dubitare se il riferimento adottato dal Seguenza sia giusto. Non si può invero, a parer mio, invocare la leggera curvatura della caviglia di Gravi- telli, come indice di diversità di sesso o di razza, pel fatto che le caviglie di Gazella deperdita GERV., sia di Francia che di Grecia, mantengono con assai uniformità i loro caratteri. Tali osservazioni valgono anche per la Gazella capricornis RotH. et WaAGN., che il Seguenza volle includere nella sinonimia della Gazella deperdita GERV. Debbo anche ricordare, prima di passare ai confronti con altra specie fossile, un frammento di asse osseo di corno, assai importante, rinvenuto a Palombara e dal Prof. PoRrtIs riferito con dubbio alla Gazella deperdita GERV. ?) (Fig. 8). Lo studioso ora ricordato, in merito del fossile in parola, osserva, per tacer d’altro, ch’ esso 1) SeGuENZA L. fu G. I vertebrati fossili della Provincia di Messina. Parte seconda. Mammiferi e geologia del piano Pontico. Bollettino della Società geologica italiana, vol. XXI, 1902, pag. 154, tav. VI, fig. 23-25. ?) PortIs A. Contribuzioni alla Storia fisica del Bacino di Roma, pag. 50, tav. IT, fig. 8. [11] D. DEL CAMPANA . 157 ha sezione grossolanamente ellittica e si presenta ad un certo punto ricurvo verso l’indietro, come accade presso a poco nella specie del GERVAIS. Questi caratteri mancando affatto, come già si è visto, nei resti di Dianella, lasciano facilmente ritenere che la Gazella di Palombara apparteneva senza dubbio ad una specie diversa. Il prof. PoRTIS osserva altresì che la caviglia da lui illustrata, lascia vedere nei punti in cui è troncata, una tessitura ossea compatta, priva di cavità macroscopiche, e da tal carattere trae un nuovo argomento per assegnare il fossile di Palombara al gruppo degli Antilopidi; non è quindi fuor di luogo notare che identiche osservazioni si possono ripetere per le caviglie di Dianella. * Ri * Un altra specie dobbiamo prendere in considerazione ed è la Gazella capricornis WEITH. (Fig. 9), del Miocene Superiore di Maragha in Persia !). Questa forma ricorda un poco, per la curvatura delle caviglie ossee delle corna, la Gazella deper- dita GERV. Paragonata alla Gazella Fuci- DOTI nii sp. n. le differenze appaiono facilmente, MN Chi in quanto quest’ ultima ha caviglie con se- \ DN D zione lateralmente molto più compresse, meno \ x ricurve e al contrario più inclinate verso il \ l’indietro. Oltre a ciò si nota nella Gazella \ capricornis WEITH. che le caviglie divergono I verso l esterno più assai che nelìia Gazella | \ sui Pucinii sp. n, e per di più, oltrepassato di | \ poco il loro terzo prossimale, accennano a ritorcersi a spirale. Rodler e Weithofer non NES hanno dato alcuna misura in merito a queste tania caviglie ossee, ma tenuto conto delle figure Fig. 9. — Gazella capricornis WEITH. (Maraga — Persia). inserite nella loro memoria, si può affermare che la loro specie aveva dimensioni un poco più robuste della Gazella Fucinii sp. n. La Gazella capricornis WEITH. presenta inoltre visibili il foro sopraorbitale, del pari che la infossatura sul margine postero -esterno del frontale. Quanto al primo, non trovo differenze notevoli coll’ omologo già esaminato nella Gazella Fucinii sp. n., pel secondo non sono possibili i confronti per difetto di conservazione. A far meglio conoscere la Gazella Pucinii sp. n. dobbiamo considerarla anche in rapporto colle specie di Gazelle mioceniche rinvenute a Samo. Il ForsyTH MAJOR?) stabilisce su i resti fossili di Gazelle provenienti da quella località l’ esistenza, insieme alla Gazella deperdita GERV., di due altre specie non bene precisate. 1) RopLER A. et WErEITHOFER C. A. Die Wiederhauer der Fauna von Maragha. Denkschriften der Mathematisch - naturwissenschaftlichen Classe der Kaiserlichen Akademie der Wissenschaften, Bd. LVII, pag. 767 (15), tav. V, fig. 1; tav. VI, fig. 1. Wien, 1890. 2) Scurosser M. Die fossilen Cavicornia von Samos, pag. 65 e seguenti ( Beitràge cur Paliiontologie und Geologie Osterreich- Ungarns und des Orients, Band XVII. Wien, 1905). . 158 D. DEL CAMPANA [12] Lo ScHLOSSER!) dopo aver dimostrato che la Gazella deperdita GERV., tipica non esiste a Samos, attribuisce il materiale da lui studiato a due sole specie una delle quali egli descrive sotto il nuovo nome Gazella Gaudry lasciando l’altra come specie indeterminata. Ora, in confronto colle caviglie ossee delle corna della Gazella Fuci- 7% mîi sp.n., quelle di Gazella Gaudry ScHLOSS. ®) (Fig. 10) presentano è vero un grado di curvatura presso a poco identico, ma hanno invece una sezione AR So A ; lateralmente molto meno compressa, e sono percorse da scanalature longi- | li / / 2 4 tudinali molto più profonde. SCHLOSSER osserva che nella Gazella Gaudry le caviglie delle corna, oltre a curvarsi all’ indietro, si piegano un poco anche all'infuori; nella Gazella Fucinii sp. n. non pare che questo carattere esistesse ugualmente. Î Schlosser dà pure alcune dimensioni delle caviglie ossee delle corna di Gazella Gaudry le quali confrontate con quelle date per la Gazella Puci- niî sp. n., si può facilmente riconoscere che, mentre le dimensioni generali non dovevano essere molto distanti nelle due specie poste a confronto, nella RE a a Gazella Gaudry ScHLOSS. lo spessore delle caviglie ossee era maggiore. ScHLOSs. (Samos). Li ‘ . p 8g gg Osserva anche lo Schlosser che nella specie da lui studiata, la sutura dell’ osso frontale forma una debole ruga e che le corna stanno luna dall’altra piuttosto lontane. Il primo di questi caratteri non si può esattamente seguire nella Gazella Fucinii sp. n., perchè la sutura frontale è un po’ consunta; tutto però lascia ritenere che essa specie lo presentasse meno accentuato. Quanto alla distanza delle corna alla base, essa raggiungeva nella Gazella Gaudry ScHLOSS. sul davanti mm. 20; di dietro e misurata dal lato interno delle stesse i mm. 30. Tali cifre stanno in corrispondenza dei mm. 10 a 12 che pi isa rappresentano, come già abbiamo visto, la stessa misura nella Ga- i Di = SS È I { ) zella Pucinii sp. n.; la quale, quindi, si distingue altresì per avere a le caviglie ossee delle corna proporzionalmente più ravvicinate. < ox Prendiamo ora in esame l’altra forma di Gazella di Samos, indicata dallo Schlosser come semplice specie indeterminata *). \ (Fig. 11). Il maggior grado di curvatura che in questa presentano le o caviglie ossee delle corna, la distingue marcatamente dalla Gazella oi \ OLE \ Fucinii sp. .n.; la quale aveva altresì la sezione delle corna rap- presentata da un’ellisse più regolare. Quanto alle dimensioni, i dia- metri antero posteriore e trasverso, alla base delle caviglie raggiun- gono nella forma dello SCHLOSSER rispettivamente mm. 33 e mm. 22; mentre la distanza delle caviglie alla loro base è di mm. 14 anteriormente, e di mm. 26 poste riormente. Onde si può concludere che anche nelle due forme confrontate, le dimensioni non dovevano troppo distanziarsi. Fig. 11. — Gazella sp. SCHLOSS. (Samos), 1) ScHLossER M. Op. cit., pag. 66, tav. XIII (X), fig. 1-4. ?) ForsrrEA MAJOR C. I. Le Gisement ossifère de Mitylini, pag. 4. Extrait de « Samos, etude géologique, paléontologique et botanique », par C. De StEFANI, C. I. ForsytA MAJOR et W. BarBEery. Lausanne, Imprimerie GeoRrGES BRIDEL etc. 1892. °) ScHLosseR M. Op. cit., pag. 68, tav. VIII (V) fig. 7; tav. XIII (X), fig. 5, 6, 8,9. [13] D. DEL CAMPANA Possiamo aggiungere che, se la figura della Gazella in discorso data dallo ScHLOSSER, alla tav. XIII [X.], fig. 5, è esatta, il margine tra la caviglia ed il picciuolo è in quello assai irregolar- mente disposto, ciò che non si nota affatto nella Gazella Pucinii sp. n. Dal pliocene d’acqua dolce di Ain-Jourdel in Algeria, il THOMAS *) ha illustrato, sotto il nome di Gazella atlantica, la metà inferiore di una caviglia ossea di Gazella la quale porta attaccata ancora una piccola parte del frontale; merita quindi, nell’ interesse del nostro studio, che anche a tale specie estendiamo i confronti (Fig. 12). Oltre alle minori dimensioni, uno dei caratteri che maggiormente colpisce nella forma fossile affricana è il bordo anteriore della ca- viglia più ristretto del posteriore, contrariamente a ciò che si vede nella specie italiana, dove la sezione della caviglia è regolarmente ovale, perchè i bordi hanno spessore uniforme. Nella Gazella Fucinii sp. n. si ha inoltre una caviglia arcuata, sia pur leggermente, e obliqua verso l’indietro come già accennai in principio. Nella Gazella atlantica THom. il primo di questi caratteri manca; e quanto al secondo questo è molto meno accentuato. Ciò si può del resto verificare confrontando la figura data dal Thomas dalla quale si rileva che l’angolo di inclinazione della caviglia sul frontale è maggiore di quello che si osserva nella Gazella Pucinii sp. n. Altra osservazione da farsi riguarda quell’ infossatura che non Fig. 12. — Gazella atlantica THOM. (Algeria). di rado si trova nelle varie specie di Gazelle viventi, più o meno accentuata, sul margine poste- riore esterno del frontale dietro l’orbita e presso alla base della caviglia ossea. Nella Gazella atlantica THom. questa infossatura esiste, come nella forma che andiamo studiando; è però più slargata e più distanziata dalla base della caviglia. Ho voluto fermarmi di nuovo sopra tal particolare, perchè variando esso con certa regolarità nelle diverse specie di Gazelle viventi, delle quali ho avuto sott'occhio i crani, vengono ad assu- mere un certo valore anche le differenze notate in proposito tra la Gazella atlantica THoM. e la Gazella Fucinii sp. n. * * * Dalle alluvioni vulcaniche di Bourbon e della montagna di Perrier in Alvergna, provengono alcuni resti di Gazella che il BRAVARD riconobbe per specie ben distinta sotto il nome nuovo di Gazella borbonica?) (Fig. 13). 1) THomas PH. Rechèrches stratigraphiques et paléontologiques sur quelques formations d’ eau douce de V Algérie, pag. 17, tav. VII, fig. 8, 9. Mémoires de la Société géologique de France, troisiòme serie, tome troisième. Paris, 1884. ?) DePÉRET CH. Ruminants pliocènes et quaternaires d’ Auvergne. Bulletin de la Société géologique de France Troisieme sèrie, tome douzième, pag. 251, tav. VIII, fig. 1, 2. Paris, 1883 - 84. 160 D. DEL CAMPANA i [14] Il DEPÉRET, al quale si deve l'illustrazione di questa specie, ha messi in luce i caratteri delle caviglie ossee delle corna dandoci così modo di tenerla con tutta sicurezza ben distinta dalla specie di Dianella, dalla quale si ‘differenzia per avere caviglie a sezione meno regolarmente ovale e meno compressa alle due estremità del diametro antero - posteriore; e mancanti inoltre di quei solchi lon- gitudinali che si vedono numerosi, ora più, ora meno profondi sulla superficie delle caviglie ossee della Gazella Fucinii sp. n. Le dimensioni date dal Depéret e da me riportate in apposita tabella ci mostrano che la Ga- zella borbonica BRAV. aveva dimensioni maggiori della nostra; e la circostanza notata dal DEPÉRET che le caviglie ossee mantengono quasi uguali i loro diametri ad una RZ distanza di cm. 7 dalla base, permette di concludere con tutta sicurezza 0) D che le corna si allungavano nelle specie dell’ Alvergna più assai che nella specie di Dianella; dal momento che in questa i diametri diminui- scono notevolmente a soli cm. 4 dalla base. / Inoltre la porzione di cranio figurata dal DÉPÉRET permette di osser- vare che, al pari della Gazella attantica THoM. poco sopra ricordata, anche (RS la Gazella borbonica BRAV. aveva le caviglie ossee molto meno ricurve A SI >. e meno oblique verso l’ indietro che non la Gazella Fucinii sp. n.; al Fig. 13. — Gazella borbonica tempo stesso che da questa si differenziava per mancanza di solco alla Brav. (Perrier - Alvergna). »ase delle ‘caviglie, e per avere appena indicata, dietro di queste, quella infossatura che nella Gazella atlantica THOM. e nella Gazella Fu- ciniù Sp. n. appare così manifesta. Il DEPÉRET non dà la misura esatta della distanza che corre tra le basi delle caviglie ossee nella Gazella borbonica BRAV., ma si limita a dire che esse sono ravvicinate alla base e poco divergenti tra di loro; e sono queste le uniche caratteristiche che ho riscontrato identiche nella Gazella Fucinii sp. n. Il DEPÉRET ha poi nuovamente citata la Gazella borbonica BRAV. nel suo lavoro sulla fauna pliocenica del Roussillon ?), ma non ho potuto eseguire in questo caso nessun confronto essendo la specie rappresentata solo da un piccolo frammento di mandibola. Una specie colla quale non possiamo omettere i confronti è la fGazella anglica NEWT.?) del Pliocene inglese (Fig. 14). Questa, secondo le osservazioni del NEWTON, è rappresentata da due caviglie ossee di corno, e presumibilmente da una metà di tibia, rinvenuti luna e l’altro nel pliocene, di Norwich. I caratteri delle due caviglie, dati dal NEWTON e facilmente controllabili, osservando le figure da lui aggiunte alla sua memoria, sono i seguenti : 1) DepéRET CH. Les animaux pliocènes du Roussillon. Memoires de la Société Géologique de France. Paléon- tologie, pag. 89, tav. VII, fig. 9, 9a. Paris, 1890. *) Newton E. T. On the occurrence of Antilope remains in Newer Pliocene Beds in Britain, with the description of a new species Gazella anglica. Quarterly Journal of the Geological Society of London, vol. XL, pag. 280, tav. XIV. London, 1884. Ip. The vertebrata of the Pliocene Deposits of Britain. Memoirs of the Geological Survey, pag. 23, tav. III, fig. 6,a, b, c. 1891. [15] D. DEL CAMPANA 161 Le caviglie hanno superficie rugosa, sezione ovale, senza alcuna traccia di angoli e quindi di carena come si nota in quelle del Gen. Capra LINnn. Sono inoltre leggerissimamente piegate verso l’indietro e si erigono, come nella Gazella deperdita GERV., sopra una specie di picciolo, o base, avente sezione più EN ristretta della base della caviglia. \ / Questi medesimi caratteri, ricorrono, nella loro ge- / Da 5 neralità almeno, nelle caviglie ossee di Dianella, e i 16 / (00 \ possono fornire una prova di più in favore del riferi- | / i \ \ mento generico che ne abbiamo fatto. / Vi sono però alcune varianti che distinguono la a forma inglese da quella toscana e delle quali faccio qui \ menzione. } J | Anche nella forma di Dianella si nota il picciolo sottostante alla caviglia, esso è però molto più breve Nara e meno ristretto in relazione ai diametri basali della 200 IL caviglia. Ciò, del resto, si può anche desumere dalle misure che aggiungo «qui sotto, dopo aver fatto notare, per ciò che riguarda la Gazella anglica NEWT., che le misure relative alla base della caviglia, sono tolte dalla memoria stessa del NEWTON; mentre quelle relative al picciolo sono state ricavate dalle figure al naturale date dal NEwTON, misurando colla maggiore possibile approssimazione. Fig. 14. — Gazella anglica NEw. (Norwich). Gazella Fucinii sp. n. Gazella anglica NEWT. Caviglia | Diametro antero posteriore mm. 32.5 29.4 33.5 (alla base) | » trasverso » 19.5 18 21.5 Picciuolo | Diametro antero posteriore » 32 28 31.6 della caviglia | » trasverso » 18 27.5 19.5 Altra variante meritevole di essere notata è la curvatura un poco più accentuata nelle caviglie di Dianella, che in quelle della Gazella anglica NEWwT. Queste ultime si differenziano altresì pel fatto che hanno sezione ovale, anteriormente più ristretta che sul lato posteriore, mentre nella specie di Dianella la sezione delle caviglie è rego- larmente ovale e lateralmente molto più compressa; mantenendosi poi tale fino a circa il terzo superiore, nel quale i fianchi della caviglia sono quasi pianeggianti. Una delle caviglie ossee di Gazella anglica NEWT. illustrate dal NEWTON, avendo ancora attaccato l’osso frontale, permette di estendere le nostre osservazioni. Innanzi tutto nella specie inglese le caviglie erano alla loro base un poco più distanziate che nella specie italiana; infatti mentre io ho potuto stabilire in mm, 10 & 12 la distanza suddetta per la mia specie, il NEWTON la stabilisce in mm. 14 a 16. Per altro, paragonando i miei fossili colla figura data da questo autore, le caviglie ossee dovevano, nelle due forme in questione, divergere presso a poco ugualmente tra di loro. D'altra parte la Gazella anglica NEWT. aveva corna meno inclinate verso l’indietro, ed è questa, insieme alle altre già indicate più avanti, una delle diversità più meritevoli di nota. Il NEWTON osserva inoltre che nella sua specie si ha, sulla fronte, in corrispondenza del lato interno del picciolo che regge la caviglia, una profonda depressione triangolare, a modo di fossa, Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 21 162 D. DEL CAMPANA {16] nel tratto superiore della quale si apre un foro (foro sopra-orbitale) che attraversa l’osso frontale e va a sboccare direttamente nel lato interno e superiore dell’ orbita. Questa medesima fossa e questo stesso foro si notano conservati anche nella Gazella Pucinii sp. n.; ma con differenze di forma e di proporzioni assai spiccate. Infatti la fossa ha un contorno ovale, allungato e ristretto in alto; ed il foro sopra-orbitale si apre nel tratto mediano ed appare molto meno largo (mm. 3) di quello che si nota nell’ esem- plare illustrato dal NEWTON (mm. 4.5). Sotto il nuovo nome di Gazella Daviesii, HINTON ha descritto *) una caviglia ossea di corno, appartenuta a specie più piccola della Gazella anglica NEWT. avente sezione più rotonda e meno compressa, nonchè un picciòlo più lungo e più nettamente distinto dalla caviglia stessa, per mezzo di una depressione a guisa di solco (Fig. 15). Nessuno di questi caratteri morfologici ora ricordati ricorre nella Gazella Fu- es cinti sp. n.; la quale se è intermedia per dimensioni tra la Gazella anglica NEWT. e NOTA la Gazella Daviesiiù HINTON, si avvicina di preferenza, senza per altro identificarsi, \ alla prima, per l’insieme dei suoi caratteri morfologici. L’ HINTON non ha dato alcuna misura del fossile da lui studiato e non corri- \ spondendo sempre le figure in grandezza naturale ch’ egli ne ha date, ai caratteri = 3 indicati nella descrizione, mi astengo dal prendere su di quelle alcuna dimensione. ALE Anche nella Gazella Daviesiù HINTON si nota l’infossatura sul lato esterno del (Norwich). frontale, dietro la caviglia ossea. L’ HINTON osserva che detta fossa è più profonda che nella Gazella anglica NEWT.; tale differenza sembra non esistere confrontando invece la forma dell’ HINTON colla Gazela Fucinii sp. n. * * * Ai confronti sin qui fatti ritengo conveniente aggiungere i resultati di quelli istituiti tra la Gazella Fucinii sp. n. ed un’altra specie congenere del pliocene indiano. È questa la Gazella porreticornis LyDp. della quale si conoscono numerosi resti di ossa frontali e di caviglie ossee di corna, raccolta nel distretto di Potwar ?). Questa specie, come la Gazella Fucinii sp. n., presenta le caviglie ossee delle corna, lateralmente compresse, e quindi con sezione trasversale ovale. Ma la direzione che queste hanno nella specie indiana, nella quale si piegano prima verso l’infuori, poi all’indietro, non consente affatto di riunirvi la forma da noi studiata; la quale ha pure dimensioni assai minori. A chiarir meglio le differenze tra la Gazella Fucinii sp. n. e la Gazella porrecticornis LyD., possiamo aggiungere che questa presenta una grande fossa sopraorbitale a contorno piriforme, le cui estremità si estendono fin quasi alla base della caviglia ossea. 1) HinTon M. Note on Gazella Daviesiù Hinton, an Antelope from the Norwich Orag. The Geological Magazine, or Monthly Journal of Geology n. 532, Decade V, vol. V, n. X, October, 1908. London, pag. 445. 2) LyDEKKER R. A. Indian Tertiary and post tertiary vertebrata Orania of Ruminants, pag. 159 (71), tav. 25, fig. 4. Palaentologia Indica, vol. I, 8, Serie X, 3. Calcutta, 1878; In. Siwalih Mammalia Supplement, I, pag. 11. Palaeontologia Indica, Ser. X, vol. IV, Part I. 1886. [17] D. DEL CAMPANA 163 Dal deposito pliocenico di Perrier STEHLIN cita, senza figurarli, varî avanzi di Gazella ricono- sciuti da MUNIER CHALMAS come specie nuova sotto la denominazione di Gazella Julieni *). Questa specie che pei caratteri della sua dentinzione ricorda le viventi Gazella spekei BLYTH. e Gazella Pelzelni KOHL., è caratterizzata, secoudo STEHLIN, da caviglie ossee delle corna assai svi- luppate, leggermente arcuate, e meno distanziate che nella Gazella Spekei BLYrTH. Hanno altresì sezione ovale e presentano dei rilievi longitudinali piuttosto marcati. Le dimensioni delle caviglie esaminate da STEHLIN si vedono nella tabella data precedentemente alla pag. 161 [15]. Se si confrontano alcune di queste cifre con quelle date sopra per la Gazella Fucinii sp. n., si osserva che non corre tra questa e la Gazella Julieni Mun.-CH. grande disparità di dimensioni; così dai pochi caratteri morfologici indicati sopra si può anche desumere che queste due specie non differiscono troppo tra loro. Ma non avendo lo Stehlin data alcuna figura delle caviglie ossee di corna di Gazella Julieni MUN.-CH., i confronti non hanno potuto essere eseguiti con quella lar- ghezza che pur sarebbe stata necessaria. Esauriti i confronti colle specie fossili del Pliocene, conviene veder brevemente in quali rapporti di affinità la Gazella Fucinii sp. n. si trova colle forme del Quaternario. Queste ci sono note, quasi esclusivamente, per gli studî del POMEL e ne furon trovati i resti nel quaternario di Algeria, per la massima parte, ed in parte anche nel quaternario di Francia, Una sola, appartenente all'Italia, la Antilope Saglionei REG. fu illustrata dal REGALIA ®) sopra un unico Molare superiore destro rinvenuto nella Grotta dei Colombi, nell’ isola Palmaria, presso la Spezia; e dato anche che il suo riferimento al Gen. Gazella LICHT. sia giustificato #) non inte- ressa, per ragioni che facilmente si comprendono, il nostro studio. Anche la Gazella mialeti GERV. della caverna di Mialet (Gard) ‘) non può esser presa da noi in considerazione, pel fatto che tra i resti fossili che la rappresentano, non figurano le caviglie ossee delle corna. Del resto, pure tra le altre specie quaternarie, delle quali si conoscono le caviglie ossee, delle corna aleune ve ne sono che differiscono dalla forma che noi studiamo, per differenze sostanziali; quali, ad esempio, Gazella subgazella Pom *) Gazella nodicornis Pom. *) Gazella triquetricornis Pow. ?). Ritengo perciò inutile l'istituire confronti con queste specie, e prendo invece a considerare 1) SrenLIn H. G. Une Faune à Hipparion à Perrier. Bulletin de la Sociéte Géologique de France, quatrième série, tome quatrième, pag. 485. Paris, 1904. ?) ReGALIA E. Sulla fauna della Grotta dei Colombi (Is. Palmaria, Spezia). Archivio per 1’ Antropologia e l’ Etnologia, vol. XXIII. 1893. #) Trourssart E. L. Catalogus Mammalium tam viventium quam fossilium. Nova Editio. Ungulata, Fase. IV, pag. 941. 4) GeRrvaIs P. Zoologie et Palaéontologie generales. Nouvèlles rechèrches sur les animaux vertébrés vivants et: fossiles, pag. 100, tav. XVII, 1, 3. Paris, 1867-1869. 5) PoMEL A. Les Antilopes Pallas, pag. 10. Carte géologique de 1’ Algérie. Paléontologie. 1895. 6) Ip. Ibid., pag. 18. ") In. Ibid., pag. 5. 164 D. DEL CAMPANA [18] altre forme più vicine alla nostra quali sono appunto: Gazella setifensis Pom., Gazella crassicornis Pom., Gazella massoessilia Pom., Gazella oranensis Pom. Secondo le osservazioni del POMEL '), le caviglie ossee delle corna nella sua Gazella setifensis ( Fig. 16) si presentano lateralmente compresse, con sezione ellittica, non però regolare, perchè la loro superficie è esteriormente appiattita; sono inoltre fortemente curvate verso l’indietro e percorse longitudinalmente da solchi non troppo profondi. È facile, dopo ciò, apprezzare le differenze che tengono distinta questa Y specie della Gazella Fucinii sp. n.; la quale, pur avendo le caviglie lateral- mente compresse, manca della superficie esterna appiattita ed ha perciò, come abbiamo visto, sezione regolarmente ellittica. Sembra altresì, giudicando dalle figure del POMEL, che la compressione fosse nella forma quaternaria meno accentuata che nella pliocenica da noi studiata; che la curvatura verso l’indietro fosse in quella mag- giore, e che i solchi longitudinali fossero, sempre nella Gazella setifensis PoM., meno numerosi, ed an- ui che, almeno sulla faccia interna, meno profondi. \ Fig. 16. — Gazella se- Si può aggiungere, osservando la tabella delle \ tifensis Pom. misure da me date, che la Gazella. setifensis Pom., (Algeria). aveva uno sviluppo maggiore della Gazella Puci- il nii Sp. N. Anche la Gazella crassicornis Pom. (Fig. 17) offre, a prima vista, una qualche affinità colla forma pliocenica °). Se ne distingue peraltro, oltre che per le sue dimensioni, per avere caviglie ossee ingrossate, arrotondate, leggermente piatte sul lato esterno, molto convesse in avanti, arcuate o meglio piegate, piuttosto bruscamente all’indietro, subito al di sopra della loro base. tosto striata che solcata; le medesime per giunta vanno a terminar presto in una punta smussata e subconica. Vili Tali caratteri, dopo ciò che abbiamo precedentemente notato, o man- i pi cano affatto, o esagerano in più quelli che presentano le caviglie della ) Gazella Fucinii sp. n., la quale quindi rimane nettamente distinta. \ Nella Gazella massoessilia Pom. *) Fig. 18), che, al pari delle pre ) cedenti, ba dimensioni maggiori della Gazella Fucinii sp. n., le caviglie Fil: ia Lon ossee delle corna sono ben lontane dal presentare quell’ uniformità di sati tipo che la nostra specie pliocenica come molte altre Gazzelle fossili e viventi presenta In un caso infatti esse sono piuttosto allungate, leggermente arcuate all'indietro, terminate a punta e colla superficie anteriormente percorsa da strie, posteriormente da solchi In un secondo cranio invece la lunghezza delle caviglie ossee delle corna è minore, e si hanno sulla faccia posteriore dei solchi or, più or meno appariscenti. Finalmente in un terzo esemplare \ \ La superficie delle caviglie è, secondo l’ espressione del POMEL, piut \ | | 1) Pomet. Op. cit., pag. 15, tav. XIII, fig. 3, 4. 2) Pomet. Op. cit., pag. 19, tav. I, fig. 2 a 6; tav. IV, fig la 8; tav. X, fio. ?) Pomet. Op. cit., pag. 21. tav. I, fig. 1; tav. IX, fig ; tav. XIII, fig. 6. gola 12. [19] D. DEL CAMPANA 165 la base della caviglia è diritta, cilindroide, con spessore minore delle altre ed ha la superficie percorsa soltanto da strie longitudinali. Pomel attribuisce con grave dubbio queste ultime varianti a diversità di sesso, ma aggiunge che esse non si verificano in. nessuna delle specie affini viventi. Noi possiamo osservare che nella Gazella Pucinii sp. n. le caviglie sono proporzionalmente più assottigliate, meno curvate che nella forma di PoMEL, la quale per altro, astraendo dalla circostanza non trascurabile affatto delle proporzioni di- verse, è forse una di quelle che più si avvicinano alla nostra. Anche la Gazella oranensis Pom.') ( Fig. 19) ha dimensioni, come si vede dalla tabella delle misure, molto maggiori della nostra; ma, al pari della Li Gazella massoessilia Pom., è tra quelle che più le si avvicinano, senza per altro identificarsi. Tali affinità sono date dalla conformazione generale delle caviglie ossee | che ripetono in parte i caratteri della forma pliocenica, per la loro sezione | ovale, per il loro lento decrescere, terminando in una punta piuttosto acuta, e per la loro non troppo marcata curvatura verso l’addietro. —- Se non che accanto a questi caratteri, che sono nella specie nostra assai meno accen- tuati, stanno, oltre le diverse dimensioni, dif- erenze morfologiche assai notevoli quali, nei FIN ISUL (Goselta marsose. \ riguardi appunto della Gazella Pucinii sp. n., silia Pom. (Algeria). la inclinazione molto maggiore delle caviglie ossee sul frontale, la spiccata brevità del picciolo sul quale sono im- \ piantate, la loro sezione lateralmente più compressa, e finalmente la \ loro superficie percorsa da un maggior numero di scanalature più o \ \ meno accentuate. \ L \ Tra le forme quaternarie appartenenti al Gen. Gazella LICHT. me- { \ rita di esser ricordata anche la Gazella atlantica BOoURE. | Questa specie, da non confondersi affatto colla specie omonima del IRE a (0) i Pliocene, della quale abbiamo già fatta menzione, è nota per alcuni | 30) resti rinvenuti da BOURGUIGNAT, nella caverna ossifera di Djebel- Thaya Ò FOR in Algeria °). \ Le dimensioni delle caviglie ossee delle corna in questa specie non \. sono gran cosa diverse da quelle riscontrate per la Gazella Fucini sp. n. | La curvatura invece appare nella forma quaternaria un poco più ac- Fig. 19. — Gazella oranensis POM. centuata, così la sezione è in questa del tutto diversa perchè le caviglie (Rlesria): sono pianeggianti sul lato interno e più ricurve esternamente, oltre a mostrarsi solcate longitudinalmente da coste molto numerose *). 1) PomEeL. Op. cit., tav. II, fig. 1, 2. 2) BOoURGUIGNAT. Histoire du Djebel T'haya et des ossements fossiles recueillis dans la grande caverne de la Mosquèe, pag. 84, tav. X, fig. 1 a 15. Paris, 1870. °) PomeL (Op. cit. pag. 16-17) parlando della Antilope setifensis Pom. ritiene errati e incerti i criteri ed î ca- ratteri sui quali si fondò BourGvIGNAT per istituire la sua Gazella atlantica, sul valore specifico della quale non crede peraltro prudente pronunciare un giudizio. 166 D. DEL CAMPANA [20] Dopo aver veduto i rapporti nei quali si trova la Gazella Pucinii sp. n., colle Gazzelle fossili, reputo utile, a miglior conoscenza della nuova specie da me illustrata, farne noti, sia pur breve- mente, i rapporti colle poche forme viventi delle quali ho potuto esaminare i crani e che sono le seguenti : Gazella dorcas LINN. Le ragioni per le quali gli autori hanno segnalata la vicinanza morfologica delle caviglie ossee delle corna in questa specie, con quelle della Gazella deperdita GERVv. sono presso a poco le stesse che insieme ad essa, tengono la specie vivente distinta dalla Gazella Fucinii sp. n. Possiamo aggiungere a queste differenze i seguenti caratteri riscontrati nella Gazella dorcas LINN. e mancanti nella specie fossile, cioè : Una maggior distanza tra le basi delle caviglie ossee, che si mantiene costante, pei crani da me esaminati, in mm. 15.5; tendenza allo avvolgimento a spirale della estremità delle caviglie ossee; fossa sopra orbitale a contorno sabtriangolare, costantemente più profonda, più slargata e più distanziata dalla base della caviglia ossea di quello che si vede nella Gazella Fucinii sp. n. Il foro sopraorbitale si apre sempre nell’ estremità superiore della fossa, con uniformità di larghezza e di contorno; uguale costanza di caratteri si nota, ad onta delle varianti individuali, nella infossatura sul margine postero-esterno del frontale più slargata e più profonda che nella forma fossile. Gazella Soemmeringi CRETZ. Per questa specie si possono in generale ripetere le medesime os- servazioni fatte a proposito della Gazella dorcas LINN. L’avvolgimento a spirale delle caviglie si inizia, in questa che ora confrontiamo, a metà circa della loro lunghezza ed è chiaramente visibile. Come si vede anche dalla tabella delle misure delle caviglie, si tratta di forma a dimensioni più sviluppate. La distanza tra le caviglie nei due esemplari esaminati è in uno (sg Keren) di mm. 16.5, nell’ altro (ct Bogos) di mm. 17; questa citra, sotto un certo punto di vista, è in relazione colle dimensioni generali del cranio, ma ciò non toglie che, anche proporzionalmente, nella Gazella Fucinii sp. n. le caviglie non fossero alla base, più avvicinate tra loro. Manca inoltre nella Gazella Soemmeringi CRETZ. l’infossatura postero - marginale sul frontale. In conclusione si può asserire che, non ostante le affinità che legano la Gazella dorcas LINN. alla Gazella Soemmeringi CRETZ., questa è più di quella distinta dalla forma fossile, colla quale l'abbiamo messa a confronto. Gazella tilonura HEUG. La sezione delle caviglie ossee delle corna in questa specie, è un poco più vicina a quella riscontrata nella Gazella Fucinii sp. n., che nelle altre specie viventi esaminate. Ma la differenza più notevole sta nel fatto, che le caviglie della Gazella tilonura HEUG. diver- gono più assai verso l’esterno, ed invece di essere leggermente arcuate, sono diritte nella prima metà della loro lunghezza, e nel secondo tratto si ricurvano dolcemente in alto. Anche in questa specie si hanno fosse sopra orbitali triangolari e la presenza di una fossa presso al margine postero esterno del frontale, più profonda però che nella specie fossile. ‘Su altri caratteri differenziali credo inutile soffermarmi, sembrandomi che questi pochi già ac- cennati sieno più che sufficenti a farci apprezzare in quali relazioni stia la Gazella Pucinii sp. n. colla Gazella tilonura HEUG. 21] D. DEL CAMPANA 167 Le precedenti osservazioni, mentre ci convincono a ritener distinte sotto un nuovo nome spe- cifico le caviglie ossee dell’ Antilope da noi studiata, ci permettono altresì di fare delle considera- zioni che sono varie a seconda che si tengano presenti i rapporti della pliocenica Gazella Fucinii sp. n. colle specie fossili mioceniche, plioceniche e post - plioceniche. Riguardo alle prime le differenze sono ben notevoli, in quanto esse sono rappresentate da forme aventi le caviglie ossee delle corna più o meno ricurve all’ indietro sul tipo ‘di quelle che si hanno in alcune specie viventi, quali, per tacer d’altre, Gazella dorcas LINN. e Gazella Soem- meringi CRETZ.; quindi con corna sempre nettamente lirate, sebbene in grado diverso, nelle diverse specie. Le Gazzelle plioceniche, al contrario, non esclusa la Gazella Pucinii sp. n., si differenziano uni- formemente, e lo abbiamo già visto, per avere le caviglie ossee delle corna molto debolmente ri- curve; forse in nessun caso piegate colla loro estremità distale, neppur debolmente, verso l'interno. Ciò sta a dirci come in tutte queste gli astucci cornei dovevano, con molta probabilità essere debolmente lirati e moderatamente inclinati all’ indietro. Nel post-pliocene invece, i due tipi sopra descritti di caviglie ossee si ritrovano; ed a forme, quali ad es. Gazella crassicornis Pom., che ricordano marcatamente le Gazelle mioceniche, ne vanno unite altre che ricordano assai da vicino la Gazella Fucinii sp. n. e le altre specie plioceniche. Non mancano, del resto, anche tra le specie viventi, forme che ricordano molto le specie plioceniche, per i caratteri delle caviglie ossee delle corna; e tra i crani da me esaminati, i due riferiti con dubbio alla Gazella dorcas LINN. presentano appunto tali affinità. Purtroppo il materiale vivente che io ho avuto a disposizione rappresenta un numero troppo ristretto di specie, di fronte alle molte che oggi si conoscono, appartenenti al Gen. Gazella LIicHT. e delle quali resta sommamente difficile anche il procurarsi la bibliografia. Credo per altro non azzardato il ritenere che, ove si avesse modo di studiare a fondo i rapporti tra le forme estinte, specialmente terziarie e le forme viventi del Gen. Gazella LIcHT., si recherebbe un non indifferente contributo alla filogenia di queste ultime, ad onta che le specie fossili sieno non di rado rappresentate da resti assai scarsi. II Gazella sp. Sta sotto questa denominazione lata un molare inferiore destro raccolto nel 1869 nei depositi pliocenici dell’alta Val d’° Ambra (Val d’ Arno) da F. BRILLI che lo cedè al Museo di Paleontologia di Firenze. Il WEITHOFER, che ebbe modo di veder fino dal 1889 questo dente, ne ha date alcune brevi notizie, osservando, tra le altre cose, che per la sua grandezza esso è molto vicino al Palaeoreas Lindermeyeri GAUD., dal quale peraltro si differenzia per la sua corona ipselodonte !). Questo dente si trova in perfetto stato di conservazione, ha corona poco usata e porta tra i due lobi, sul lato esterno, non già un piccolo tubercolo, come osservò il WEITHOFER, ma una co- 1) WritnoreR K. A. Ueber die tertiiren Landstiugethiere Italiens, pag. 79. 168 D. DEL CAMPANA [22] lonnetta ben distinta, dipendente dal lobo anteriore. Di questa rimane attualmente poco più della parte basale; e ciò non in seguito all’uso del dente, ma a rottura sopravvenuta all’ atto della esca- vazione, forse anche della preparazione del fossile per lo studio. Ritengo utile innanzi tutto far precedere alla descrizione le misure prese sul M, in questione e sull’omologo di altre specie fossili e viventi alle quali dovremo riferirci nel corso delle osser- vazioni che andremo facendo. SS Sla Gazella ZIA i, Zjo Gazella Soemmeringi | Cervus elaphus Dama dama Capreolus capreolus | a als dorca8 | no DU I, VIN 2 $ 3 Tono CRETZ LINN. LINN. LINN. | ì E PIANTE s_ sedi | SE|_a|#<|sf | | DIMENSIONI gal 3° S| dE | | | SÈ È 28 ER o o | e) | gi o e (e) | Ci Vive a|5|33/33|zA di M, inferiore E SE SE Sa 3 | Keren Bogos Mi ceola Maremma Maremma 2 Sgl|gels BE g_ SO SE SE (Eritrea) |(Eritrea) toscana toscana DIE $ S S sels |s |38|S - - | RP| Ss (SI PSI SES) DI Ò :S S SSR ° a O 2 ° È ° È A ° | 2 ° è ° a ° a 8 3 ò FE s lo) sa & sa pa ta (i 874 5A Pi ia pal n è + pa » S_ |A _ |S [SH/$S CE A BRR REI Tata > ERG Bliaz|;gs|a IS EA st NE A E RE E Enea, E RCe Q o) A n A (o) A Uì Val A| A YI A n A UV | Mi | Ezio | | il il Il Lunghezza massima mm. |15.7|13 |14 |11 |13 |12.7|12.7|16.5|16.5|16.5|16.4/22.5|22.7|19 |15 (15 | 14.6 14.8|12.5|12.3|12.3|11.4| | Larghezza del lobo | | | Ant MT todi Yi 6.4| 6.6] 9 9 8.4| 8.5|12.8|12.8/10 8.7| 8.7| 7.7| 7.5| 6.5] 6.4| 6.2] 6.5] 8 ii ED:D | | Larghezza del lobo i DOStICRE- TI 7 6.6| 6.6| 8.6] 9 9 8.8 11.8(11.8 10/2)| 2912)| 9:51 MZ3I OZ 6.5| 6.4) 6.2| 6.4] Altezza della corona —» 19 14.5 9.610 |13.2|15 |153.5/13.5 | 14.5| 8.5| S.2|11.7|11.6| 7.7] 74) 7.8) 7.8 Ì N.B. - Il N. 2 di Dama dama Linn. segnato con asterisco ha corona ancora quasi intatta, appartenendo ad un individuo ancora molto giovane. Le misure date in questa tavola meritano alcune spiegazioni. Innanzi tutto a termini di confronto sia fossili che viventi, ho scelti nel materiale avuto a disposizione esemplari che presso a poco presentassero in M, lo stesso grado di usura che si ha in quello di Valdambra. Mancano le misure relative all’ altezza della corona in M, delle forme fossili Palaeoreas Lin- dermayeri GAUD., Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. e Gazella borbonica DEP. perchè gli autori che le banno illustrate si sono soltanto limitati a dare la lunghezza e la larghezza massima dei singoli denti, senza preoccuparsi dell’ altezza della corona; la quale non può essere presa mi- surando direttamente sulle figure. i Ho limitato al solo Gen. Gazella LicHT. le misure del M, inferiore nelle specie viventi di Antilopi, perchè, come avrò modo di riferire tra breve, solo il genere ora esaminato, mostra di avere delle relazioni, per quello che riguarda i caratteri dentari, col fossile che stiamo studiando. - Di questo prendiamo ora in esame i caratteri morfologici. La presenza di una colonnetta interlobale, ci dà modo di escludere che il dente possa avere appartenuto ai generi Ovis LINN. e Capra LINN.; sicchè esso non potrebbe essere riferito che ai Cervi o alle Antilopi, nei quali appunto ricorre il carattere in parola. {23] D. DEL CAMPANA i 169 Quanto ai primi, avendone io avuto a disposizione diverse mandibole con M, in posto e con la corona presso a poco usata come nel dente fossile, ho dovuto convincermi che quest’ ultimo non può venire riunito a quelle forme. In primo luogo queste non hanno colonnetta interlobale, ma un tubercoletto interlobale più o meno appariscente, il quale si presenta talora come dipendente dal lobo posteriore (Cervus elaphus LINN., Dama dama LINN.), talora invece dal lobo anteriore ( Capreolus capreolus LINN. ). Nel dente fossile, al contrario, si tratta, come dicevo sopra, di una vera e propria colonnetta interlobale, dipendente dal iobo anteriore, ma a questo riunita soltanto per la base. Debbo inoltre notare che tutte le specie ora ricordate hanno M, a corona proporzionatamente molto meno alta del dente fossile, la cui corona si presenta nettamente ipselodonte; carattere questo che dà al dente una conformazione meno massiccia, come si può anche rilevare dalle misure date in precedenza. Mi sembra per ciò ragionevole escludere, pel riferimento del nostro fossile, anche il Gen. Cervus LINN. coi suoi affini. Il dente di Valdambra non può dunque venire riferito che alle Antilopî, e i caratteri dif- ferenziali notati sopra coi Cervi sono, in via diretta, altrettanti argomenti in favore di questa asserzione. A convalidarla maggiormente, possiamo aggiungere che anche il modo di logorarsi di questo dente lo avvicina alle Antilopi, per il fatto che i denticoli esterni sono assai meno logorati dei den- ticoli interni, di quel che si vede nei Cervi; nei quali, per giunta, hanno sezione più compressa lateralmente, e quindi con cemento meno abbondante che nel dente di Valdambra e in quelli delle Antilopi in generale. Accertato in tal modo che il nostro M, è appartenuto ad un’ Antilope, resta a vedersi, a quale dei generi compresi sotto un tal nome possa venire avvicinato, e in quali relazioni di affinità stia coll’omologo delle specie congeneri. La cosa non si presta troppo facile pel fatto che un dente isolato, per quanto ben conservato, può offrire pochi caratteri per un.riferimento sicuro. Intanto si può cominciare dall’escludere che il dente in parola abbia appartenuto al Gen. Pa- lacoreas GAUD. *). Lo stesso carattere ipselodontico della sua corona, osservato anche dal WEITHOFER, è una prima notevole differenza; alla quale si aggiunge pur quella di una lunghezza della corona proporzionalmente maggiore che nel Palaeoreas Lindermeyerî GAUD. Non credo necessario citar qui altri generi di Antilopi estinte, poichè le differenze facendosi in quei casi anche maggiori che col Gen. Palaeoreas GAUD., non meritano di venir prese in considerazione. | Quanto alle forme di Antilopi viventi delle quali ho esaminato i erani, esse sono troppo poca cosa in confronto all’insieme della fauna, sicchè mi è impossibile di fare, in merito, una serie completa di osservazioni. Ritengo tuttavia che ii riportare anche le poche che io ho potuto compiere, servirà, non fosse altro, per abbreviare la via a chi, in seguito, potesse e volesse risolvere la questione con mezzi più adeguati dei miei. Dei diversi generi di Antilopi viventi che io ho avuto a disposizione, sono intanto da eselu- dersi, Cobus SMITH., Hyppotragus SUNDER., Tragelaphus BLAINV., nella dentinzione dei quali non ho trovato caratteri che mi permettessero di avvicinare, anche con dubbio, il dente fossile in parola. all’uno piuttosto che all’altro di essi. 1) GAUDRY A. Animauw fossiles et géologie de V Attique, pag. 290, tav. LITI. «/ È q È, p (=) , Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 22 170 D. DEL CAMPANA [24] Anche il Gen. Cervicapra BLAINV. si mostra assolutamente diverso; in questo però, almeno nei riguardi della specie Cervicapra bohor RUPP., ricorre un carattere che manca nei generi sopra indicati, e che si trova invece accennato, sebbene molto debolmente, nel dente fossile di cui ci occupiamo, e sui molari di qualche altra forma di Gazella. Si nota infatti, osservando la faccia interna del Molare di Val d’ Ambra, che il lobo anteriore porta nella metà superiore, e prima della scanalatura che lo separa dal lobo posteriore, una incre- spatura ben visibile!) che va facilmente soggetta ad attenuarsi quando la superficie masticatoria sia cominciata a formare. In Cervicapra bohor RiiPP., come accennavo sopra, l’increspatura è divenuta una colonnetta interlobale che si stacca dalla massa dentaria della corona soltanto alla sua estremità superiore, ed assume presto, in seguito all’ uso del dente, la forma di una piccola piega di smalto. Restano ora da vedersi i rapporti e le differenze del dente di Val d’ Ambra col Gen. Gazella BLAINY. Se si considerano le forme viventi, queste si distinguono perchè M,, al pari degli altri molari, ha in quelle la faccia interna più pianeggiante, al tempo stesso che sono meno accentuati i margini sporgenti, che limitano in avanti e all’indietro la faccia suddetta. Riguardo all’increspatura notata già sul lobo anteriore del dente fossile, sembra esistesse anche nelle Gazzelle viventi, ma doveva essere meno apprezzabile, dal momento ch’io la trovo lievissimamente accennata anche in molari con grado di usura presso a poco identico a quello del dente da me studiato. ; Al contrario delle forme viventi, le fossili offrono maggiori punti di contatto. Possiamo infatti notare, che la superficie interna dei loro molari ripete quello che abbiamo visto nel M, di Val d’Ambra; i lobi cioè si presentano meno pianeggianti, ossia più arrotondati, come appaiono più nettamente distinte le scanalature anteriore, mediana e posteriore. Un M, inferiore destro di Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. figurato dal GAUDRY ?°) ed un M: inferiore, pure destro, di Gazella borbonica BRAV. figurato da DÉPERET *), presentano una increspatura interna sul lobo anteriore identica, per rilievo e per posizione, a quella già notata sopra nel dente fossile in questione. Viene perciò a stabilirsi un nuovo punto di contatto tra questo ed il Gen. Gazella LICcHT. considerato nelle sue forme fossili. Nessun’altra osservazione in merito al Molare di Val d’ Ambra può farsi; ritengo tuttavia che dopo quanto ho notato sin qui, la conclusione che si può trarre è quella di tenere il fossile riunito, al Genere Gazella LicHT. in attesa che nuovi e più importanti resti, provenienti dalla località nella quale fu raccolto, ci permettano di procurarci cognizioni sicure, relativamente alla specie alla quale può essere appartenuto. 10BE Gazella Haupti MAJOR. Tav. XV [I], fig. 1-3; — Tav. XVI [II]; — Tav. XVII [III]; — Tav. XVIII [IV], fig. 1-9. Il ForsyrtH MAJOR, denominò così în schaedis la specie di Gazzella che mi accingo ad illustrare, dall Ing. CosrANTINO HAUPT che nella miniera di lignite miocenica di Casteani e Montebamboli in 1) Un carattere consimile come è noto, si ha pure nei generi Cervus Linn., Dama SWITE. e Capreolus SMITH. ma con particolari morfologici ben diversi. ?) GauDRY A. Animaux fossiles et Géologie de V Attique, pag. 229, tav. LVI, fig. 3. 3) DépereT CH. Animaur pliocénes du Roussillon, pag. 89. tav. VII, fig. 9. [25] D. DEL CAMPANA 171 Toscana, della quale era direttore, trovò buona parte dei resti attribuiti a questa specie e ne fece dono al Museo fiorentino di Geologia e Paleontologia. La Gazella Haupti MAT. è nota agli studiosi solo per alcune brevi notizie date dal WEITHOFER '), poichè il ForsyrH MAJOR si limitò a riconoscere semplicemente la nuova specie e ad imporle il nome senza pubblicarla. Prima di questo autore troviamo citati a Montebamboli dal ForsyTH MAJOR alcuni denti isolati di Antilope, esistenti nei Musei di Pisa e di Siena *); e susseguentemente al WEITHOFER, la Gazella Haupti MAJ. fu citata dal RIstoRI #) in un elenco di vertebrati di Montebamboli e di Casteani. In complesso però la specie in parola è ancora presso che sconosciuta e merita di venire ampliamente illustrata, anche pel fatto che ai primi resti raccolti dall’ Ing. HAUPT, altri se ne sono andati man mano aggiungendo, rendendoci sempre meglio nota questa forma così interessante di Gazzella miocenica. Frattanto, prima di entrare nella descrizione di questa specie, reputo conveniente riportar qui per intero le poche notizie date in proposito dal WEITHOFER 5). « Il nome di Antilope Haupti fu usato dal ForsyrH MAJOR in schaedis per avanzi di Antilopi conservati nel museo fiorentino. Esistono parecchie corna e ancora molti frammenti di mandibole e di mascelle. Le prime sono conservate molto male e in maggior parte schiacciate; sono senza tracce di creste e, da quanto se ne può indurre, pressochè in forma di lira. I denti hanno carattere ipselodonte. Vi sono ad esempio molari superiori dell’altezza di 43 mm. e della larghezza massima di 20 mm., e molari inferiori di simili dimensioni. Questo fatto è uno dei più sorprendenti e straordinari, quando si pensi all'orizzonte di questi giacimenti, il quale generalmente viene para- gonato a quello di Sansan, Simorre, Steinheim ete. ». Ecco ora l’eleneo dei resti sui quali basò il WEITHOFER le sue osservazioni, insieme agli altri che furono posteriormenie rinvenuti e depositati, come i primi, nel Museo di Geologia e Paleonto- logia in Firenze. 1. — Frammento di caviglia ossea di corno sinistro. (Tav. XV [I], fig. 3). Sebbene rotto in più parti, non è andato soggetto a compressione, ed è quindi interessante, perchè ci permette di farci un adeguato concetto della forma e sezione delle caviglie nella specie in parola. 2. — Altro frammento, pure sinistro, appartenente alla metà distale della caviglia ossea. (Ta- vola XV [I], fig. 2). ; 3. — Frammento destro della metà distale di caviglia ossea, non però appartenuto allo stesso individuo cui appartenne il precedente. 4. — Frammento distale di caviglia ossea di un corno destro. Non ha, dal punto di vista mor- fologico, altra importanza se non quella di rivelare la forma lirata delle corna nella Gazella Haupti MAJ. (Tav. XVI [II], fig. 2). I resti fin qui nominati, insieme ad altri di quali dirò più avanti, sono quelli esaminati già dal WEITHOFER e furono rinvenuti dall’ Ing. HAUPT a Casteani nel 1879. 5. — Calvaria avente ancora in posto le caviglie ossee delle corna. ') WEITHOFER C. A. Alcune osservazioni sulla fauna delle ligniti di Casteani e di Montebamboli ( Toscana ), pag. 365. Ip. Ueber die tertiîiren Landsciugethiere Italiens, pag. 62 (8). 3) ForsrrtH MAJOR C. I. La Faune des Vertèbrés de Montebamboli ( Maremmes de la ‘loscane). 3) Risrori G. Osservazioni sull’ età e sulla genesi delle ligniti del Massetano ( Montebamboli, Casteani e Ribolla). 4) WrITHOPER C. A. Alcune osservazioni sulla fauna delle ligniti di Casteani e di Montebamboli. 172 D., DEL CAMPANA [26] Non ostante il difetto di conservazione, queste presentano ancora in buona parte il loro anda- mento normale. (Tav. XV LG] fig. 1). Fu raccolta a Casteani nel 1893, dall’ Ingegner POGGIALI che ne fece dono al Museo. 6. —— Frammento di mascellare superiore sinistro, avente in posto Pm., Pm,, M, e i due denti- coli interni di M,, Pm, manca, ed anche l’alveolo ne è completamente obliterato. Un residuo di cemento che si vede ancora sul lato antero interno di Pm, mostra con tutta probabilità la posizione che aveva riguardo ad esso Pm, È noto d’altra parte che Pm, si distingue in alcuni ruminanti (Bue) per la sua forte flessione all'indietro e all’indentro. Pm, ha la corona in parte rotta, mentre Pm, è del tutto conservato. Questo frammento fu raccolto a Casteani dall’ Inge- gnere C. HAUPT nel 1879 (Tabella delle misure N. II). 7. — Pm, con M,, M, e M, superiori sinistri appartenenti ad uno stesso individuo ed ancora uniti tra di loro. I denti hanno per la massima parte le corone frantumate e possono soltanto servire ad osservazioni indirette. Raccolti come il precedente. 8. — M,, M,, M; superiori sinistri, come nel caso precedente appartenuti ad un medesimo indi- viduo ed ancora uniti tra di loro. Furono raccolti a Casteani dall’Ing. POGGIALI nel 1887 e donati al Museo (Tabella delle misure N. V). (Tav. XVII | III], fig. 4). 9. — M; superiore destro, con corona profondamente usata. Raccolto a Montebamboli dall’ Ing POGGIALI nell’anno 1893. (Tabella delle misure N. IV). (Ta- vola XVIII [IV], fig. 2). 10. — Insieme al M; ora ricordato furono trovati dall’ Ing. PoGGIALI un M, superiore sinistro e due M,; superiori, uno destro (Tav. XVIII [IV], fig. 5), l’altro sinistro. (Tav. XVII [III], fig. 7) (Tabella delle misure N. III). Questi tre denti appartengono verosimilmente ad un medesimo individuo. Ciò si desume non solo dagli identici particolari di fossilizzazione; bensì ancora dall’identico grado di usura delle corone, specie dei due molari terzi, e dalle loro dimensioni quasi uniformi. 11. — M, superiore sinistro proveniente da Tatti ‘presso Montebamboli. Fu raccolto pur questo e donato al Museo dall’ Ing. HAUPT. (Tabella delle misure, N. XI). (Tav. XVII [III], fig. 2). 12. — Frammento della regione faciale di un cranio deformato profondamente dalla compressione Sono presenti Premolari e Molari sia sul lato destro che sul sinistro. I primi peraltro, essendo in parte frantumati, in parte deformati. non si prestano a nessuna osservazione. Sul lato sinistro invece sono sufficientemente conservati Pm,, Pm, ed i Molari. In tutti la corona presentandosi profondamente usata, si può con sicurezza affermare che il pezzo appartenne ad un individuo molto vecchio. Fu raccolto nel 1892 a Montebamboli, dal Sig. ENRICO BrRCIGLI Capo-tecnico del nostro Museo, e donato alle collezioni (Tabella delle misure, n. I). (Tav. XVII [III], fig. 6). 13. — Branca sinistra di mandibola, rotta anteriormente in corrispondenza di M,. I caratteri morfologici dell’osso sono in buona parte scomparsi, in seguito alla profonda - compressione. Dei Molari resta conservato al completo soltanto M,; di M, si ha solo il lobo posteriore ed il denticolo esterno del lobo anteriore; di M, resta solo un piccolissimo frammento addossato al den- ticolo esterno anteriore di M,. Il grado di usura della corona è assai inoltrato. Il pezzo fu raccolto nel 1879 a Casteani dall’ Ing. G. HAUPT (Tabella delle misure C). (Tav. XVII [IIL], fig. 5). (6274008 D. DEL CAMPANA 173 14. — Piccolo frammento di branca destra di mandibola con M, e M; ancora in posto e ben conservati, ma con corona piuttosto usata. Fu raccolto a Montemassi dal Prof. GuELFO CAVANNA e donato al Museo nel 1887. (Tabella delle misure D). (Tav. XVI [II], fig. 7). Insieme a questo furono pure rinvenuti, fusi in parte insieme, i frammenti delle mandibole di un altro individuo, i quali per il pessimo stato di conservazione in cui si trovano, non si prestano ad essere esaminati. 15. — Branca sinistra di mandibola rotta anteriormente poco oltre la metà della barra, poste- riormente in corrispondenza del M,. Sono in posto Pm, e i tre Molari; i caratteri morfologici dell’osso sono in buona parte scomparsi, mentre si presenta migliore lo stato di conservazione dei denti. Fu raccolto nel 1893 a Casteani dall’ Ingegner PoGGIALI (Tabella delle misure A). (Tav. XVI {II], fig. 4). 16. — Frammento di branca mandibolare sinistra avente in posto Pm,, e i tre Molari assai bene conservati. Fu raccolto come il precente (Tabella delle misure B). (Tav. XVI [II], fig. 6). Altri resti, che devono essere attribuiti, come quelli precedentemente ricordati, alla Gazella Haupti MAJ., provengono dalla miniera di Ribolla, appartenente allo stesso bacino lignitifero di Casteani, Montebamboli e Montemassi. Pochi altri resti ancora provengono dalle lignite del Miocene superiore del Botro della Canonica in Val di Sterza, presso Guardistallo nel Volterrano. Essi sono conservati nelle collezioni del Museo Paleontologico della R. Università di Pisa, dal cui Direttore Prof. MARIO CANAVARI, vennero dietro mia domanda, posti a mia disposizione, con gentilezza squisita. Eccone l elenco dei resti di Ribolla: a) Frammento di caviglia ossea di corno profondamente deformato e contorto, sicchè non si può nemmeno con dubbio indicarne il lato. Sembra appartenere alla metà prossimale, e in quanto alle sue dimensioni non supera, consi- derato così com’è, quelle delle altre caviglie ossee di corna rinvenute a Casteani. (Tav. XVI [II], fig. 3). . b) Piccolo frammento della regione apicale di una seconda caviglia ossea. Non avendo subìto alterazione di sorta, all’ infuori della rottura, conserva ancora intatta la sua sezione ovale, ma alquanto rigonfiata. (Tav. XVI [II], fig. 1). c) Molare secondo superiore destro assai usato e per ciò appartenuto ad un individuo di età inoltrata ( Vedi Tabella delle misure n. VI). (Tav. XVIII [IV], fig. 1). d) Quattro Molari terzi superiori, dei quali tre destri (Tav. XVIII [IV], fig. 4, 6, 7) e uno sinistro. (Tav. XVII [III], fig. 3). Le loro dimensioni ed il loro grado di usura, diverso, sebbene non troppo inoltrato in nessuno, fa ritenere che essi abbiano appartenuto ad altrettanti distinti individui (Vedi Tabella delle misure n.i VII, VIII, IX, X). e) Parte anteriore dei due rami mandibolari di un medesimo individuo. Le ossa sono inti- mamente fuse insieme per la fortissima pressione subita, e non si prestano ad osservazioni di sorta. Sono in posto, su ambedue i rami, alcuni premolari e molari, ma per il loro stato di conserva- zione non si prestano ad essere studiati. Solo sul ramo sinistro possiamo constatare con sicurezza la presenza di Pm,, M, e M,. (Tav. XVI [II], fig. 5). f) Due articolazioni inferiori di omero Vl una destra, l’ altra sinistra. (Tav. XVIII[IV ], fig. 9). I resti del Botro della Canonica in Val di Sterza sono i seguenti: 1) Frammenti di corno i quali per la loro piccolezza non sono suscettibili di osservazioni particolari. i 174 D. DEL CAMPANA [28] 2) M, superiore destro ben conservato, sebbene alquanto usato. Tabella delle misure (E). (Tav. XVII [III], fig. 1). 3) M; superiore destro, pur esso in buono stato di conservazione. A giudicare dal grado di usura e dal modo di conservazione sembrerebbe fosse appartenuto col M, ora ricordato ad un me- desimo individuo. Tabella delle misure (E). (Tav. XVIII [ IV |, fig. 3). 4) M, inferiore -sinistro, del tutto conservato e con corona pochissimo usata. (Tav. XVIII (IV], fig. S. 5 5) Frammenti di articolazione prossimale di un omero sinistro e di una tibia sinistra; non si prestano per il loro stato di conservazione ad essere studiati. Gli ho attribuiti per altro alla Gazella Haupti MAJ. tenuto conto che furon rinvenuti insieme ai denti e che presentano, a quanto ho potuto vedere, i caratteri generali degli omologhi delle Gazelle. Dall’ elenco del materiale fossile da me avuto in esame, si vede come la Gazella Haupti MAI. sia rappresentata da abbondanti resti fossili, i quali rivelano la presenza, nelle ligniti di Casteani, Montebamboli, Montemassi e Ribolla nonchè in quelle del Volterrano di un discreto numero (12 a 17) di individui. Al numero non corrisponde sempre però il buono stato di conservazione, che è, nella generalità dei casi, come già ho fatto notare, assai scadente. Sono infatti intervenuti a deformare i resti che noi studiamo cause fisico-chimiche quali ap- punto la forte pressione degli strati superiori, il grado avanzato di carbonizzazione delle ossa e la presenza di piriti. Quest? ultima circostanza, rendendo i fossili eccessivamente friabili, fa sì che anche quei pochi pezzi che si presentano meglio conservati, facilmente si frantumino e non offrano per ciò campo ad osservazioni troppo dettagliate. Comunque, cercheremo di porre in luce nel presente studio la maggior parte possibile dei carat- teri morfologici della Gazella Haupti MAJ., per stabilirne, in seguito, i rapporti e le differenze colle specie congeneri estinte e viventi. Descrizione delle caviglie ossee delle Corna. Una delle principali differenze che separa, come già sappiamo la Gazella Haupti MAJ. dalle sue congeneri, si è quella di avere i nuclei delle corna piegati a forma di lira. Di tale carattere, che il WEITHOFER potè solo intuire dai pochi caratteri morfologici che le caviglie da lui esaminate lasciavano vedere, noi possiamo convalidare l’ esistenza esaminando la calvaria di Casteani (Tav. XV |I], fig. 1). Ad onta della compressione alla quale essa andò soggetta, crediamo di poter asserire che le caviglie, elevandosi dai frontali presentavano prima una leggera curvatura verso l’ indietro, per dirigersi poi verso l’ esterno e quindi ripiegarsi piuttosto bruscamente indentro. Con tutta probabilità, nella seconda metà distale, si aveva anche, non troppo marcato ma ben visibile, il ritorcimento a spirale della caviglia. Questo particolare risulta chiaro dall’ esame di una punta di caviglia ossea rinvenuta a Casteani (Tav. XVI [II], fig. 2) e meno peggio delle altre con- servata; nelle altre si hanno solo dei leggeri accenni, causa il difetto di conservazione, ma tali da autorizzarci a ritenere presente anche in esse, allo stato normale, il carattere in questione. Data la forma marcatamente lirata delle caviglie ossee delle corna nella Gazella Haupti MAJI., è facile altresì l’ arguire che i loro astucci cornei dovevano ripeterne i particolari in modo ancora più {29] D. DEL CAMPANA 1 175 accentuato. Specialmente doveva essere spiccata la curvatura delle loro estremità verso 1’ interno sì da confluire molto vicine luna all’ altra. Questa mia supposizione si fonda su quanto ho potuto constatare esaminando le caviglie ed i relativi astucci cornei nelle due specie viventi Gazella dorcas LINN. e Gazella Soemmeringi CRETZ. Nella prima, a caviglie semplicemente ricurve verso 1’ indietro corrispondono corna largamente lirate e con punte ricurve all’ indentro; mentre nella seconda, a caviglie non solo ricurve verso l’ indietro, ma con leggera tendenza presso l apice a ripiegarsi in dentro, corrispondono corna a forma spiccatamente lirata le cui punte sono tra loro ravvicinate molto più che nella specie prece- dentemente citata. ; Se quanto sono andato sin qui osservando si applica alla Gazella Haupti MA7., si vedrà che le conclu- sioni fatte poco sopra in merito all’ andamento delle sue corna, non sono del tutto prive di fondamento. Continuando nel nostro studio, possiamo notare come le caviglie ossee delle corna nella Gazella Haupti MAJ. fossero ancora piuttosto ravvicinate alla loro base. Tal carattere risulta abbastanza chiaro, secondo me, dalla calvaria di Casteani; nella quale la compressione, schiacciando all’ indietro, contro il cranio, le caviglie ossee, dovè piuttosto favorire il distanziamento anzichè il ravvicinamento delle loro basi. Queste, secondo le misure da me prese, sarebbero separate da una distanza di mm. 13; ed è a presumere che una tal cifra non fosse troppo lontana dal vero. Una sola delle caviglie ossee di Gazella Haupti MAI. raccolte a Casteani, non è andata soggetta a compressione, e da essa possiamo rilevare che aveva sezione sub-circolare, coll’ asse maggiore in direzione antero - posteriore (Tav. XV [I], fig. 3). Lo stesso carattere si riscontra nell’ apice di caviglia rinvenuto a Ribolla, come ho avuto occa- sione di far notare più avanti. (Tav. XVI [II], fig. 3). Della caviglia ora ricordata di Casteani ho potuto prendere le seguenti misure. Estremità distale ; Estremità prossimale: Diametro antero posteriore mm. 23 mm. 34 Diametro trasverso » 20 » — Tenuto conto che il frammento, mentre manca superiormente della punta, inferiormente è tron- cato prima assai della base, e non potendo stabilire, come di leggieri si comprende, neppure con approssimazione, a qual distanza dalla base e dalla punta si formarono le rotture, così mi è impos- sibile dare delle cifre di confronto raccolte su altre specie. Giova altresì accennare che le caviglie fossili si presentano di dimensioni non uniformi. Infatti il frammento ora citato misura da una estremità all’ altra, in linea retta, circa mm. 136; la qual cifra deve considerarsi assai inferiore alla realtà, per le ragioni ora esposte. Nella calvaria più volte ricordata, la caviglia ossea sinistra, ch’ è la meglio conservata, misura, dalla base alla estremità superiore, mm. 139. Se si ponga mente che lo schiacciamento subìto dovè senza dubbio aumentare, sia pur di poco, la lunghezza della caviglia, si vedrà che, anche tenuto conto della lunghezza che la parte apicale mancante poteva avere, la caviglia doveva nel suo complesso esser più breve di quella preceden- temente esaminata. Tali dettagli ci permettono di asserire che la Gazella Haupti MAI. aveva le corna di dimen. sioni più sviluppate delle specie colle quali V abbiamo confrontata. D'altra parte questa disparità di dimensioni, della quale non sto a moltiplicare gli esempi, mi sembra possa ragionevolmente 176 D. DEL CAMPANA [30] spiegarsi più che colla’ diversa età degli individui, ai quali appartennero i resti che andiamo esaminando, colla diversità dei sessi, attribuendo ai maschi le caviglie ossee più robuste e svilup- pate, ed alle femmine quelle più brevi e più esili. È noto infatti come ciò si verifichi appunto in varie specie di Gazelle viventi quali ad esempio Gazella dorcas LINN., Gazella Bennetti SYKES, Gazella mohr BENNET., Gazella Soemmeringi CRETZ, Gazella euchore SPARR.?) nelle quali tutte la femmina diversifica dal maschio per corna più deboli; sicchè non sembra azzardato il ritenere che la identica diversità si avesse anche nella Gazella Haupti MAI. Il frammento di caviglia ossea del quale abbiamo date le sezioni, trovandosi conservato meglio degli altri, presenta dei leggeri ingrossamenti anulari in tutta la sua lunghezza. Questi si mostrano specialmente visibili nella regione antero-esterna; ove ho potuto notarne sei, regolarmente distan- ziati tra di loro da uno spazio di circa mm. 16. Nessuna delle altre caviglie ossee di corno presenta un simile carattere, circostanza la quale trova, secondo me, la sua spiegazione nel fatto che esse sono tutte profondamente compresse. Ad ogni modo quanto abbiamo notato mi sembra sia bastevole per accertare l’ esistenza di un nuovo carattere morfologico nella Gazella Haupti MAI. Ove poi si consideri che mentre nelle Gazzelle viventi, a caviglie ossee prive dei rilevamenti anulari notati sopra, (Gazella dorcas LINN.), o con rilevamenti pochissimo accennati (Gazella Soemmeringi CRETZ., Gazella tilonura HEUGL.) corrispondono invece astucci con rilevamenti consi- mili sempre ben visibili; si può ritenere con tutta ragione che la Gazella Haupti MAI. doveva presentare un simile carattere assai più marcato che le specie viventi, tenuto conto che di questo carattere si ha un chiaro accenno anche nelle caviglie ossee. Dopo esserci fatta un’idea il più possibile completa dei caratteri morfologici delle caviglie ossee nelle corna nella Gazella Haupti MAJ. giova stabilirne i rapporti e le differenze colle specie affini fossili. Escluse pertanto tutte quelle forme che, presentando le caviglie ossee delle corna non lirate, non offrono in merito, particolari punti di contatto colla nostra, limito alle altre le mie osservazioni. Un primo termine di confronto molto vicino, noi possiamo trovarlo in una caviglia ossea figu- rata e descritta dal GAuDRY nel suo lavoro sugli Animali fossili e la Geologia dell’ Attica °). Questo resto fossile fu dal GAuDRY riunito, benchè con qualche dubbio, al Palaeoreas Linder- mayeri GAUD., non ostante che essa non mostrasse quelle creste e quella ripetuta ritorsione @ spirale, che formano appunto uno dei caratteri più salienti della specie ora citata. Le ragioni dalle quali fu mosso il GAUDRY consistevano nel fatto che le caviglie ossee riproducono sempre imperfettamente gli ornamenti degli astucci, e che la loro lunghezza, la loro torsione, il mag- giore o minor rilievo e numero delle loro creste, possono variare notevolmente in una stessa specie. Per altro i resti di caviglie ossee di Palaeoreas Lindermayeri GAUD. figurati dal GAUDRY *) unitamente alla caviglia di cui parliamo, mostrano a parer mio, colla loro rimarchevole unifermità di caratteri, che difficilmente questa potrebbe venire a quelli specificamente riunita; opinione che !) Cfr. PomeL A. Les Antilopes, pag. 8. — Brooke V. On the Antelopes of the Genus Gazella, and their distri- bution. Proceedings of the Scientific Meetings of the zoological society of London, anno 1873, pag. 535. ?) GAUDRY A. Animaux fossiles et Géologie de V Attique, pag. 292, tav. LII, fig. 5. Paris, 1862. 5) Op. cit., pag. 290, tav. LII, fig. 4, 5; tav. LIII, LIV, LV. {31] D. DEL CAMPANA 177 sembra essere condivisa anche dal WEITHOFER ') ed in forza della quale Ja caviglia ossea in questione andrebbe riunita al Gen. Gazella LicHT. anzichè al Gen. Palaeoreas GAUD. Di questa caviglia il GAuDRY non dà alcuna misura dettagliata, ma fa soltanto sapere che la figura da lui riprodotta è in proporzione di °/, del naturale; circostanza la quale ci permette di concludere che la forma di Pikermi aveva approssimativamente: dimensioni non lontane dalla Gazella Haupti MAI. Quanto ai caratteri morfologici, sebbene la caviglia di Pikermi abbia, al pari di quelle di Casteani, la sezione sub-circolare e lo stesso andamento, se ne distingue tuttavia in primo luogo per non presentare quei rilievi anulari, già da noi notati in Gazella Haupti MAJ.; in secondo luogo perchè l’ estremità distale delle caviglie si ricurva in quella meno bruscamente verso l’ interno, che nella forma della quale stiamo parlando. Una tale differenza risulta chiaramente dalle figure che io ho inserito poco sopra, e nelle quali la caviglia osssea esaminata e figurata dal GAUDRY, si vede sotto la indicazione gènerica di Gazella sp. n. da GAUDRY. Meno vicina della forma sin qui presa in esame si mostra la Gazella deperdita GERV.*) insieme alla sua varietà drevicornis GAUD. *). : La differenza consiste nel fatto che le caviglie ossee delle corna sono prive di quelli ingrossa- menti anulari già notati, e non si ripiegano mai all’ indentro, dando luogo ad una forma lirata, come le caviglie della Gazella Haupti MAI. Anche la sezione delle caviglie appare un po’diversa nelle due forme poste a raffronto, in quanto nella specie del GERVAIS queste hanno la sezione lateralmente più compressa che in quella del ForsyTH MAJOR. A differenza della specie miocenica ora citata, offre colla Gazella Haupti MAJ. maggiori punti di contatto la Gazella porrecticornis LyD. del Pliocene indiano 4) pel fatto che anche in questa le caviglie ossee delle corna avevano forma lirata. Esse per altro descrivevano una linea molto meno sinuosa che nella Gazella Haupti MAJ.; e sebbene il LYDEKKER abbia osservato che esse pure, come nella nostra specie, si curvavano verso l'interno alla loro estremità, pur tuttavia, giudicando dalle figure date da quell’ autore, sembra che un tal carattere fosse assai meno accentuato che nella Gazella Haupti MAJ.; la quale, d’ altra parte, anche in questo caso come in altri, si differenzia, come già sappiamo, per avere dei rilievi anulari alle caviglie ossee delle corna, e forse anche la sezione di queste un poco più arrotondata. i Prima di chiudere queste osservazioni possiamo ricordare un’altra specie che, per la forma lirata delle caviglie, offre forse, a preferenza di quelle citate sin qui, delle spiccate somiglianze colla Gazella Haupti MAI. {ntendo qui alludere all’ Helicophorus rotundicornis WEITH., che ha lasciato resti nel Miocene superiore di Pikermi in Grecia ”) e di Maragha in Persia °). !) WeITHOFER K. A. Beitrage sur Kenntniss der Fauna von Pilkermi bei Athen, pag 65 (289). Beitràge zur Palaeontologie Osterreich- Ungarns, B. VI. Wien, 1888. a ?) GeRrvaIs P. Op. cit.; GauDpRY A. Op. cit.; DéipeRrET C. Op. cit. #) WAGNER. Op. cit.; RoTA et WAGNER. Op. cit.; GAuDRY. Op. cit. 4) LYDEKKER. Op. cit. °) WrirHoreR K. A. Beitrage zur Kenntniss der fauna von Pikermi bei Athen. 5) RoDLER A. e WrrHorer K. A. Die Wiederkiuer Fauna von Maragha. Denkschriften des Matematisch - naturwissenschaftlichen Classe, Bd. LVII, pag. 767. Wien, 1890, Palacontographia italica, vol. XXIV, 1918. 178 D. DEL CAMPANA (32] Il WEITHOFER che attribuì questi resti ad un nuovo genere e ad una specie nuova, notò la loro vicinanza al Gruppo delle Gazzelle nel quale anche ZIrTtEL!?) li tenne inclusi. Per altro la presenza nelle caviglie ossee delle corna dell’ Helicophorus rotundicornis WrITH., di una cresta spirale facilmente apprezzabile e di um area pianeggiante che risale, pure a spirale, insieme alla cresta, lungo le corna, è tal carattere che rende impossibile il confondere questa specie colla Gazella Haupti MAI. ; Su questo carattere probabilmente fondandosi il Trouessart, ritenne di dover separare 1’ Heli- cophorus rotundicornis WEITZ. non solo dal Gen. Gazella LicHT. ma sin anco dalla sotto-famiglia delle Antilopinae, per includerlo invece prima in quella delle Cervicaprinae ®) poi nell’altra delle - Neotraginae 3). Alla differenza fondamentale notata sopra, e che modifica, come si comprende di leggieri, anche la sezione delle caviglie ossee nella specie del WEITHOFER, possiamo aggiungere che queste non presentano nessun ingrossamento trasverso anulare; e che pur essendo di forma lirata, hanno la loro punta ricurva in avanti e all’esterno, anzichè semplicemente all’interno come nella Gazella Haupti MAI. Dovrei ora passare ai confronti delle caviglie ossee della Gazella Haupti MAI. con quelle delle specie viventi avute in esame. Sfortunatamente la scarsità di queste è tale, che poche differenze nuove posson venire in luce dal confronto con esse della forma fossile, dopo quello che ho rilevato in precedenza nell’ esaminar le caviglie ossee di quest’ ultima. Basterà quindi ricordare brevemente che tanto Gazella dorcas LINN. quanto Gazella Soemmeringi CRETZ. hanno, nei maschi, caviglie non lirate, ma semplicemente, o quasi, ripiegate all'indietro e sporgenti all’ infuori, differenziandosi in tal modo marcatamente dalla Gazella Haupti MAJ.; per ciò che riguarda le femmine la differenza è anche maggiore, avendo esse corna molto più esili e molto debolmente curvate all’ indietro. Quanto alla Gazella tilonura HEUGL. le sue corna diritte e leggermente curvate in avanti, distanziano anche maggiormente quella specie dalla Gazella Haupti MAI. Dentizione della mascella superiore. Stabilite nel miglior modo che per noi si potesse le relazioni di affinità o meno che la Gazella Haupti MAJ. presenta colle altre specie del genere per i caratteri morfologici delle caviglie ossee delle corna, ci resta ora a prender visione dei caratteri morfologici del sistema dentario rappre- sentato, come già abbiamo avuto luogo di notare, soltanto da premolari e molari, sia della mascella che della mandibola. In generale i diversi autori che hanno illustrato i resti fossili di Gazzelle non si sono fermati troppo sui caratteri della dentizione; i caratteri del sistema dentario sono pel solito dati in ma- 1) ZirreL K. A. Handbuch der Palaeontologie, IV Band, pag. 417, 418. 2) Trouvrssart E. L. Catalogus Mammalium tam viventium quam fossilium.. Nova Editio (Prima completa), fase. IV. Tillodontia et Ungulata, pag. 982. Berolinii, 1898. 3) In. Ibid. Quinquennale supplementum, fase. INT. Tillodontia, Ungulata et Sirenia, pag. 721. Berolinii, 1905. {33] D. DEL CAMPANA 179 niera molto sommaria e non possono quindi servire a stabilire dei confronti in quella misura e con quella sicurezza che sarebbe a desiderarsi nel caso nostro. Dovrò dunque, nei riguardi della Gazella Haupti MAJ., riferirmi pei confronti anche alle figure che alcuni autori hanno dato delle forme fossili, ed estendermi, quanto più largamente mi sarà possibile, anche alle specie viventi. Inizierò lo studio dai Premolari e Molari superiori, dando in primo luogo le dimensioni che ho raccolto sui fossili studiati, e aggiungendo, come termini di confronto, le poche dimensioni di specie fossili affini date da alcuni autori e quelle da me raccolte sulle specie viventi avute a disposizione. Anche questa volta le misure approssimative sono controsegnate con asterisco; mentre i numeri romani indicano i diversi individui ai quali i denti esaminati hanno appartenuto o si ritiene (ciò nel caso dei fossili) che abbiano appartenuto. Dimensioni dei Premolari superiori. Gazella Haupti MAJ. Montebamboli Casteani Sinistro (I) Sinistro (II) Pm Pm Pm Pm Pm Pm 1 2 3 1 2 8 TUNEDEZZAAM ASSIDUA RETI 00 08 — - 9,850 9 Larghezza » RR PST N Ri E LO - 6,5* — - 7,3 - 8,7 AITEzza AC] ANCOLONAERET MN ROD 0:50. — - 108 MUEL7,8 Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GERV. M.te Léberon (da GAUDRY ) Pikermi (da GAUDRY) Grecia (da GAUDRY) Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Lunghezza massima . . . ... + — - 8 - 8 SA SIT OASI Larghezza » Ae agi a — - — -.- — - — -. 6- — - 7 Gazella dorcas LINN. Destre (I) Sinistro | I) Destro (II) Sinistro (II) Destro (III) Sinistro (III) Pm. Pm Pm Pm. Pm, Pm Pm. Pm, Pm Pmi Pm Pm WEm* Ema Lo male aeem 1 2 38 1 2 8 al 2 8 1 2 3 1 2 3 1 2 3 Lunghezza massima 7,5 - 7,4- 7,4 7,5-73- 74 7,2-7,2-66 7 -7,2-68 8 -7,3-7 8 - 5,8 - 6,4 Larghezza » GRIN: MT: 2 6,0 (012)- (7,30 15,5) 5:70 5:30 020-7606060 07 Altezza della corona 6,3 - 8,6 - 10,7 7,2 - 8,8 - 10,7 5,3 - 4,5 Gazella Soemmeringi CRETZ, a Keren Destro Sinistro Destro Sinistro Pm Pm Pm Pm Pm Pm Pm Pm Pm Pm Pm, Pm 1 2 8 1 2 8 1 2 8 1 2 8 Lunghezza massima . . 7,77 - 9,6 - 9,2 IT 2 MO TT 92 8 - 8,8 - 10 gh p- 29 - 10,2 Larghezza » OLII — 0-09 6,1 00-071800-09 790 - 84 - 8,5 7,6 - 8,2 - 8,2 Altezza della corona . . 8,7 - 8,7 - 11 GEO - 11 LA 019 (214,8 10,8 - 124 - — 180 D. DEL CAMPANA |34] Gazella tilonura HEUGL. Di Destro Sinistro Pm, Pm, Pm, Pm, Pm Pm Lunghezza massima 8 -AMISQRN 66 TATA 7 - 6,7 Larghezza » 63 N N 6; DS 6 - 6 - 8 Altezza della corona . 5,2 4,2 - 4 19553 MIMO OA: - 4,2 Dimensioni dei Molari superiori. Gazella Haupti MAJ. Montebamboli Casteani Sinistro (1) Sinistro (II) M, M, M, M, M, M, Lunghezza massima Haga 9 “= - 23,8 12: 0a See Larghezza del lobo anteriore. — - 10 MR1015 Lo (e ee » » posteriore — -. 10,6 10,7 78- — - — Altezza della corona — - 2 n= MnT.O, 4 Logli Casteani Destro (III) Sinistro (III) Destro (1V} Sinistro (V) M, M, M, M, M, M, M, M, M, dI, M, dI, Lunghezza massima — - — - 173 — - 16 - 17,5 — -.— - 23 12 - 18,3 - 19 Larghezza del lobo ant. — - — - 84 — - 8 8,4 = -— -. 95 - 10, .- 19,6 » » post. — - — - 7,6 — 5,9 - 8 — - — . I OT LOSS Altezza della corona — - — - 37,5 — - 36,5 - 41 — - — - 178.14 - 27 -.—- Ribolla Destro (VI) Destro ( VII) Destro (VIII) Sinistro (IX) Destro ( X) M, M, DM MENA AME MEMO Mi ME MESE DE M, Lunghezza massima MINO — — 022,8, — - — - 15,6. — - —.- 18,8 Larghezza del lobo ant. — 10 -—- — -— - 95 — - — - 108 — - — - 76 — - — - 8,7 » » post. — - 102- — ._— - — - 9 — - — -.98 ---— - 68 — - — - 75 Altezza della corona — Mg, it 278 i =1-922 Se e a osa Tatti Val di Sterza Sinistro ( XI) Destro ( XII) M, M, M, M, M, M, Lunghezza massima È — 194 - — 15 - — 22,2 Larghezza del lobo anteriore . — - 8 - — ll = NEMI LOT » » posteriore — - 65 - — 105 - — - 9,5 Altezza della corona — ©-. 384 - — 19 PRE ION) [35] Monte Léberon (da GAUDRY ) D. DEL CAMPANA Gazella deperdita GERV. Pikermi (da GAUDRTY ) 181 var. brevicornis WAGN. (da GAUDRY) M, M, M, M, M, M, M, M, M, Lunghezza massima 10 - 12 - 11 10M RILENTO TORRI. Larghezza » — -— . — --— -. = LO Gazella dorcas LINN. Destro Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro MM ICRAM ONOR NENTE M, M M M, MARMOREO IR LIL MEMO MI Larghezza massima 10,2-13,6 - 14,7 10,2-13,8 - — 9 -12 -15,3. 8,7 -11,6 - 15,2 9 -12,8-16 9 -12,4- — Larghezza del lobo anteriore. 8,8- 9 - 8 GRA MET 9,4-10 -10 96-10 ARLORIESI OSO: 2 1 ON IONE9 Larghezza del lobo posteriore . SIMILI SMIEAII O: 616030 8:29 DMS Si NO: 92- 9 - 74 9,2- 88-73 Altezza della corona 10 -10,3*- — 10,4-10,4*- — 5,6-10 -10,4 5,3-10 - — 5,6-11 -118 5,5-11,2- — Gazella Soemmeringi CRETZ. c' Keren (Eritrea) d' Bogos (Eritrea) Destro Sinistro Destro Sinistro M, M, M, M, M, M, M, M, M, M, M, M, Lunghezza massima 14,6 - 16,7 - 194 14,5 - 16,8 - 19,2 ee ento) Tod 180=9019:3 Larghezza del lobo ant. 11,8 - 12,3 - 10,6 1202 MOR1.0:7 11,2 - 10,7 - 9,8 10,8 - 11 - 10,8 Lunghezza del» post. 10,3 - 10,2 - 9,2 10,2 - 10,8 - 9 9,6 - 9,2- 8 9,5 - 9 -. 7,6 Altezza della corona 13,3 - 14* - — 134 - — - — 10,8* - 17 - — 1* -— - — Gazella tilonura HEUGL. Destro Sinistro M, M, M, M, M, M, Lunghezza massima 9 ii i 14,6 III Larghezza del lobo anteriore . 105 TR 0,2 — - 10,8 - 10,6 » » posteriore NO Se e ET — - 95 - 9 Altezza della corona . SINO: 3At= 1010;3 = — = Alcune osservazioni sulle precedenti misure ci serviranno di introduzione allo studio dei carat- teri morfologici dei denti. Nei riguardi della Gazella Haupti MAy. le dimensioni tra individuo ed individuo variano talora assai marcatamente; ciò dipende il più delle volte dalla diversa età dell’ individuo, i cui denti, in seguito ad un uso prolungato, non solo possono cambiare profondamente le dimensioni, ma possono avere assai alterati anche i caratteri morfologici, come accade appunto per tacere d’altri casi, all esemplare di Montebamboli ( Vedi Tabella delle misure n. 1). (Tav. XVII [III], fig. 6]. Il WEITHOFER sembra dare importanza al carattere ipselodonte della ‘corona e, come abbiamo visto, riporta in mm. 43 la massima altezza riscontrata nei molari superiori, ed in mm. 20 la mas- sima larghezza. 182 ; D. DEL CAMPANA [36] Queste misure non corrispondono con quelle da me raccolte e d’altra parte mi pare inutile il ricordare che il carattere ipselodonte dei denti sparisce, o almeno si attenua, coll’ età più avanzata nei diversi individui, come anche variano i caratteri della tavola masticatoria. Forse, in forza di tali considerazioni, il GAUDRY non si diffonde troppo sulle misure dei denti nella Gazella deperdita GERV. e nella Gazella brevicornis GAUD. varietà di questa medesima specie. Mancando termini di confronto abbondanti tra le specie fossili, ho creduto di non poter trala- sciare le ricerche sulle dimensioni dei premolari e molari superiori nelle specie viventi. Anche in queste però le misure relative all’ altezza della corona hanno un valore non grande, poichè, oltre alla diversa età degli individui misurati, influisce su di esse il fatto che solo una parte della corona sporge, non di rado, dall’ aveolo, sicchè non si può con sicurezza segnare la posi- zione del colletto. Si può anche osservare che le misure date sopra riconfermano le maggiori dimensioni della Gazella Haupti MAJ., in confronto alle altre specie fossili già riscontrate nell’ esaminare le caviglie ossee delle corna. Tutto ciò ci viene specialmente dimostrato dalle dimensioni dei molari e dei premolari ancora quando il grado di usura della corona non è troppo avanzato. Per ciò che riguarda in generale i caratteri morfologici dei singoli denti, avremo luogo di ve- dergli dettagliatamente tra breve. Come osservazioni generali possono valere le seguenti. Innanzi tutto le pieghe longitudinali di smalto sulla faccia esterna delle corone appaiono sempre più scolpite che nella Gazella deperdita GERV. e nella Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD.!). Inoltre, anche tenuto conto del diverso grado di usura, il cemento è nei premolari e molari della Gazella Haupti MAJ. molto meno abbondante che nelle due altre forme fossili ora ricordate. Infatti esaminando la tavola masticatoria dei premolari e molari di queste due forme, si vede che sezione dei denticoli esterni, specialmente nei molari, tende a prendere la forma di un’ ellisse coll’ asse maggiore trasversale, mentre nella Gazella Haupti MAJ. la forma della sezione è la stessa, ma coll’ asse maggiore in direzione longitudinale. Le specie viventi delle quali ho esaminato i crani si mostrano, nella massima parte dei casi, intermedie, per ciò che riguarda i caratteri in parola, tra la Gazella Haupti MAT. e le due forme di Gazelle fossili più volte ricordate. S Vengo ora a render noti i caratteri particolari dei denti. Premolari. — Di questi denti soltanto Pm; raccolto a Casteani ( Vedi Tabella delle misure n. II ) si presenta facilmente confrontabile, perchè del tutto conservato. A. parer mio, la differenza maggiore che lo tiene distinto dall’ omologo delle specie atfini, con- siste nella mancanza, o quasi, del rilievo longitudinale mediano sulla faccia esterna della corona; mentre, se teniamo conto delle figure date dal GAUDRY (Op. cit.), tal rilievo si ha nella Gazella deperdita GERV. e più notevole ancora nella Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. Sembra di poter dire a tal riguardo che anche Pm, del frammento di cranio di Montebamboli (Vedi Tabella delle misure n. I) non ostante il suo più che avanzato grado di usura, stia al Pmy di Casteani, pel carattere in questione, come il Pm; di Gazella deperdita GERV. a quello di Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. Ciò val quanto dire che il rilievo longitudinale mediano sul Pm, della Gazella Haupti MAI. andava soggetto, a varianti individuali; varianti che ho potuto riscontrare anche nelle due specie viventi delle quali ho potuto esaminare più di un cranio ( Gazella dorcas LINN. e Gazella Soemmeringi CRETZ.). 1) GAUDRY A. Animaua fossiles et Géologie de V Attique. [37] D. DEL CAMPANA 185 Non posso fare osservazioni di sorta sui Premolari esistenti in posto nel cranio di Montebam- boli, perchè lo impedisce, come ho già avuto luogo di far notare, il grado avanzatissimo di usura delle corone. Molari. — M,. Soltanto quelli di Casteani ( Vedi Tabella delle misure n.' II, V) (Tav. XVII [III], fig. 4) si prestano ad alcune osservazioni, avendo l’ omologo del cranio di Montebamboli poco sopra ricordato la corona ridotta, pel lungo uso, alla parte basale. (Vedi Tabella delle dimensioni n. I) (Tav. XVII [III], fig. 6). La faccia esterna mostra, a preferenza delle altre, conservati i caratteri morfologici. I rilievi longitudinali sono marcatamente scolpiti, e il mediano è assai più ravvicinato al poste- riore; sul quale ultimo, per la speciale posizione del dente, andava, in parte, a sovrapporsi il rilievo longitudinale anteriore di M,. Questo particolare non si nota egualmente nel M, delle due forme fossili da noi prese come termini di paragone; non possiamo però escludere che in quelle e più specialmente nella Gazella deperdita GERV. un carattere simile non si avesse. Ciò pel fatto che può essere scomparso, mancando, pel grado avanzato di usura, la parte terminale della corona; come sarebbe mancata nel caso nostro, ove il grado di usura fosse stato maggiore. Il GAUDRY, non fermandosi affatto sui caratteri morfologici dei denti, dobbiamo perciò conten- tarci di esaminar soltanto delle figure. Ora osservando la posizione di M, nel cranio di Gazella depertita GERV., figurato da quell’ autore, alla tav. XI del suo lavoro sul Monte Léberon, parrebbe che si avesse appunto un accenno al carat- tere in questione. Lo stesso non si può dire per il M,, del mascellare superiore dalla stessa specie figurato dal GAUDRY alla tav. XII dell’opera citata; e tanto meno per M, del mascellare di Gazella brevicornis GAUL. figurato dal GAUDRY nella memoria sui fossili dell’ Attica, alla tav. LVI. In questi due casi, e specialmente nel secondo, M, si trova notevolmente spostato più in dentro di M,; ciò che non succede affatto nella Gazella Haupti MAJ., dove le superfici esterne dei due denti sono allo stesso livello e quasi in continuazione l una dell’ altra. Non sarà inutile notare che gli stessi caratteri della Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GaAUD. si ripetono nelle tre specie viventi avute a disposizione; le quali ultime, a lor volta, si uni- formano alla Gazella deperdita GERV. ed alla var. drevicornis GAUD. per avere sulla faccia esterna il rilievo longitudinale ad ugual distanza dall’ anteriore e dal posteriore, ciò che non avviene, come già abbiamo veduto, nella Gazella Haupti MAI. Un altro carattere assai interessante presenta M,. Esso infatti porta sulla tavola masticatoria, unitamente a M, e M,, un’ isoletta di smalto situata tra il lobo posteriore e l’ anteriore, nel punto ove confluiscono i due denticoli interni, ma più avvicinata al lobo anteriore che al posteriore. Questa isoletta, come facilmente si comprende, non può ritenersi come il residuo di una colon- netta interlobale; credo invece di poterne spiegare la presenza agevolmente, osservando i caratteri morfologici che i molari presentano in un cranio ancor giovane di Bubalis tora GRAY (sesso? Keren). In questo cranio M, già ha formata la sua tavola masticatoria ed ha un'isoletta di smalto come M, e M, della Gazella Haupti MAI. M, invece, essendo appena uscito dall’ alveolo, ha la corona ancora intatta e mostra che il bordo libero anteriore del denticolo posteriore, prima di saldarsi col denticolo anteriore, si sdoppia come in due branche, delle quali l’esterna è più sviluppata, ed in mezzo alle quali va ad incunearsi il bordo libero posteriore del denticclo anteriore, appoggiandosi di preferenza alla branca interna. Viene così ad originarsi una vallecola stretta e profonda, la quale, allorchè la corona del molare avrà raggiunto un conveniente grado di usura, si cambierà in un’isoletta di smalto della stessa natura di quella che M, presenta. 184 D. DEL CAMPANA [3 Mi sembra dopo ciò che non sia del tutto errato il ritenere che simili osservazioni possono valere anche per M, e M, della Gazella Haupti MAJ. Sarà utile inoltre l’ osservare che nulla di tutto questo si riscontra nelle Gazelle fossili delle quali ho potuto esaminare i denti, e lo stesso si dica per quelle viventi delle quali ho avuto a disposizione i crani. Soltanto, tra le diverse Antilopi viventi esaminate, ho trovato un carattere consimile in due crani di Cervicapra bohor Riipp. (St ST Scioa), nei quali peraltro tanto M, che M; presentano, insieme al denticolo, anche una colonnetta interlobale, ben distinti però l’ una dall’altro; ed in un cranio di Antilope cervicapra PALL. (India), nel quale in M, e M, non si hanno colonnette interlobali. ; M,. I diversi esemplari di questo dente che io ho avuto a disposizione, trovandosi in buono stato di conservazione, offrono campo ad un esame più dettagliato. Nel M, di Casteani, appartenente allo stesso individuo cui appartenne il M, ora descritto (Tabella delle Misure N. V) la faccia esterna lascia vedere il rilievo longitudinale mediano, ravvi- einato, come in M, al rilievo posteriore. Nei M, isolati di Casteani e di Ribolla (Vedi Tabella delle misure N. III, VI) questo carattere è meno marcato, e lo è ancora meno nel M, di Tatti (Vedi Tabella delle dimensioni N. XI); nel quale ultimo i tre rilievi, nella metà distale della corona, si trovano quasi alla stessa distanza tra di loro. Possiamo dunque concludere che si tratta di variante individuale che non ci è dato di seguire nelle specie fossili più volte ricordate come termini di confronto; perchè M,, avendo in quelle corona molto più usata, non permette di fare in merito osservazioni di sorta. ? Le specie viventi da me avute in esame pare abbiano, sotto tal riguardo, una maggiore costanza di caratteri della Gazella Haupti MAI. 7 Sulla tavola masticatoria di M, lisoletta di smalto si presenta allungata, disposta in senso trasversale e situata al solito nel punto di confluenza dei due denticoli interni, ma più slargata verso la faccia esterna del dente. M,. i caratteri morfologici di questo dente, per quanto riguarda la superficie masticatoria, li abbiamo già visti nell’osservare i caratteri di M,. Relativamente alla faccia esterna possiamo, anche in questo caso, osservare, sebbene poco marcata, la tendenza del rilievo mediano ad avvicinarsi al rilievo posteriore. Anche la faccia posteriore offre campo ad osservazioni che non sembrano prive di interesse. Questa faccia, come è noto, tende a convertirsi nei Ruminanti in un margine spesso, più 0 meno apprezzabile a seconda dei tipi che si hanno sott’occhio. Nel M, della Gazella Haupti MAT. questo margine si continua fino quasi alla base della corona, onde se ne può concludere che, anche se si avessero denti fortemente usati, questo carattere persi. sterebbe ugualmente. lf Ho voluto insistere su tal particolare, pel fatto che tanto la Gazella deperdita GERV., quanto la sua varietà drevicornis GAUD. hanno il M, con faccia posteriore pianeggiante, e perchè risulti che un tal carattere non è in relazione coll’avanzato grado di usura che si nota nei molari di Gazella deperdita GERV. figurati dal GAUDRY. Da osservazioni fatte sulle.diverse specie viventi, relativamente al carattere in questione, rilevo che esso varia in quelle con una certa costanza; e che generalmente si trova in relazione collo sviluppo assunto dalla piega posteriore dello smalto, la quale può essere più o meno rilevata e distinta dal corpo del dente. [39] D. DEL CAMPANA 185 Ciò avvalora sempre più le differenze notate tra la Gazella Haupti MAI. da un lato, e la Gazella deperdita GERV., con la Gazella deperdita GERv. var. brevicornis GAUD., dall’ altro; e conferma, sia pure indirettamente, l’osservazione fatta già a proposito di queste due forme, che cioè i molari hanno sulla faccia esterna le pieghe dello smalto molto meno ingrossate. fGaratteri morfologici della mandibola e della sua dentizione. Dopo esserci occupati della dentizione della mascella superiore, occorre, per completare le nostre osservazioni sulla Gazella Haupti MAyJ., prender visione dei caratteri morfologici della mandibola e della sua dentizione. ’ Cominceremo coll’ esaminare la branca mandibolare sinistra rinvenuta a Casteani nel 1879 dall’ Ing. HauUPT della quale abbiamo già dato un breve cenno in principio di questo nostro studio (Vedi N. 13 Tabella delle misure C) (Tav. XVII [III], fig. 5). Un primo confronto con le mandibole di Gazella deperdita GERV. e Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. ci conferma quanto già abbiamo avuto luogo di accertare, che la Gazella Haupti MAJ. aveva dimensioni maggiori delle sue affini sopra ricordate. Il GAUDRY ( Animaua fossiles de V Attique) ha dato per l’altezza della mandibola di Gazella de- perdita GERV. var. brevicornis GAUD., in corrispondenza del M,, la cifra di mm. 20; alla quale misura, nella mandibola della Gazella Haupti MAT. che roi stiamo esaminando, fa riscontro quella di mm. 44. Non si deve eseludere che questa così notevole differenza d’altezza dei due rami mandibolari confrontati, non sia in parte causata dalla pressione alla quale andò soggetto il ramo di Casteani ; sembra però che si possa escludere ragionevolmente la differenza in più di dimensioni nella Gazella Haupti MAJ.; la quale, sotto tal punto di vista, si allontanerebbe un poco dal Gen. (razella LICHT. per avvicinarsi colla sua conformazione più robusta a qualche altra forma di Antilope quale ad esempio, salve ben inteso le varie dimensioni e proporzioni, Hippotragus equinus GEOFF. Come si comprende facilmente, queste medesime osservazioni si possono in generale ripetere per l’ angolo della mascella, rappresentato da una curva molto amplia, e per le proporzioni della branca montante del ramo in questione. Questa è troncata un poco al disotto del condilo, ma resta tuttavia visibile buona parte della curva che essa descriveva col margine posteriore. i Ho voluto misurare l’ angolo coronoide nella mandibola di Gazella Haupti MAI. mettendolo a confronto con la stessa misura ricavata in altre specie di Gazella BLAINV. e di Antilopî e ne ho redatta la seguente tabella: Gazella Haupti MAI. 92° » deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. 150° 1/, » dorcas LINN. 113° !/, » » 112° » » 112° » Soemmeringi CRETZ. 120° » » ., 122°!/, Keren » tilonura HEUGL. 121° Hippotragus equinus GEOFF. 103° 1/, » » var. gambianus WINTON (Koba Aucet.) 100° Tragelaphus decula Riipp, 100°. Queste cifre non hanno bisogno di troppe spiegazioni. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918, i 2 186 D. DEL CAMPANA [40] L'angolo coronoide della Gazella Haupti MAI. resulta il più piccolo di tutti; e anche tenuto conto del fatto che lo schiacciamento possa avere influito in qualche modo sulla posizione della branca montante, che allo stato attuale è quasi perpendicolare alla branca orizzontale, non di meno si può ritenere con sicurezza che anche allo stato normale, la inclinazione verso l’indietro della branca montante, doveva di poco essere maggiore di quello che è attualmente. Quanto alla Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD., non avendo il GAUDRY fatto in proposito nessuna osservazione, ho dovuto misurarne l'angolo coronoide sulla figura di un ramo destro di mandibola da quell’ autore figurata. La cifra, con probabilità, è molto maggiore di quella che si sarebbe ottenuta se quel ramo mandibolare fosse stato più completo; ma non avrebbe in ogni caso potuto raggiungere quelle riscontrate sulle Gazelle viventi. Le altre cifre, rappresentanti l'angolo coronoide nelle diverse specie viventi, sono state raccolte direttamente sugli esemplari avuti a disposizione. Mi sembra quindi che si possa affermare come una delle caratteristiche della Gazella Haupti MAJ. era pur quella di avere la branca ascendente molto meno inclinata verso l’ indietro che nelle specie congeneri fossili e viventi; nonchè in generale nelle Antilopi viventi. Alcune delle quali per altro ( Hippotragus equinus GEOFF., Hippotragus equinus GEOFF. var. gambianus WINT. e Tragelaphus decula Ripp.) si differenziavano un po’meno pel carattere in questione, dalla forma fossile che noi andiamo studiando. Nessuna osservazione possiamo fare sul margine superiore (alveolare) della mandibola di Gazella Haupti MAT. poichè il pezzo non ne mostra conservata che la porzione posteriore, pel solito concava, ma nel caso nostro deformata dallo schiacciamento. Il margine per altro, in corrispondenza di M,, accenna chiaramente a diventare rettilineo, come in generale si presenta nel Gen. Gazella LICHT. Il margine inferiore, al contrario, si mostra conservato per un tratto maggiore. Anche in merito ad esso non è da escludersi che la pressione in senso trasverso laterale ne abbia modificati in parte i caratteri normali; però esso doveva essere indubbiamente convesso. Questo carattere ricorre nelle diverse specie di Gazelle viventi da me osservate ed in un frammento di mandibola sinistra di Gazella deperdita GERV. figurato da GaUDRY !); manca invece del tutto nella Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. ?). Mancano nella branca mandibolare fossile in parola i caratteri della faccia esterna ed interna; ci resta quindi impossibile lo stabilire come ne variasse lo spessore e quali particolari presentas- sero le inserzioni pel massetere e la posizione dell’orificio del condotto dentale. Un secondo frammento di ramo mandibolare sinistro raccolto a Casteani (Ing. POGGIALI 1898 ) (Vedi tabella delle misure A) (Tav. XVI [II], fig. 4) essendo limitato alla branca orizzontale, offre campo di completare in proposito le osservazioni sin qui fatte. Un carattere che colpisce a prima vista è la curva descritta dal margine alveolare e che si accentua specialmente in corrispondenza di M,. Qualche cosa di simile si nota anche nelle forme congeneri sia fossili che viventi, ma in tutte queste, oltrepassato M ., il margine alveolare, andando verso l’innanzi, descrive una linea pianeg- giante. Sicchè, tenuto conto che la mandibola fossile in parola ha subìto una compressione dall’ alto in basso, ritengo che il carattere differenziale notato sopra sia da attribuirsi a cattiva conservazione. 1) Cfr. GAuDRY A. Animaux fossiles du Mont Léberon. ?) Cfr. GauDRY A. Animaux fossiles ei Géologie de | Attique. [41] D. DEL CAMPANA 187 Per ciò che riguarda il margine inferiore valgono le osservazioni già fatte in precedenza sul primo ramo di mandibola di Casteani, L’altezza della mandibola, misurata in corrispondenza del lobo posteriore di M, nel secondo ramo mandibolare di Casteani, mi ha dato la cifra di mm. 23,5, alla quale corrisponde, nel ramo precedentemente studiato, la cifra di mm. 34. Ambedue queste misure sono, per ragioni ovvie, semplicemente approssimative; ma se si pensi ehe nel primo ramo l'altezza normale è stata senza dubbio aumentata dalla pressione trasverso- laterale, mentre nel secondo è stata diminuita per la pressione manifestatasi dall’ alto in basso, la disparità di dimensioni nei due esemplari esaminati viene a farsi assai minore. Come già sappiamo, la branca mandibolare in questione porta in posto Pm, ed i Molari. Di Pm, e Pm, non si vedono tracce degli alveoli che sono completamente obliterati. Lo stesso accade in un terzo frammento di mandibola pur esso rinvenuto a Casteani (Ingegner POGGIALI, 1893) il quale innanzi a Pm; mostra un breve tratto di margine superiore ove nessuna traccia di alveolo è visibile. Uguale constatazione noi possiamo fare sul ramo mandibolare sinistro di Ribolla citato già in principio (pag. 173 | 27]). (Tav. XVI [II], fig. 5). E poichè la mancanza di Pm, e Pm, viene così riscontrata in tre individui si può dunque concludere che nella Gazella Haupti MAT. Pm, e Pm, cadevano assai per tempo, contrariamente a ciò che avviene nelle specie fossili e viventi del Gen. Gazella BLAINV. A meno che non si voglia ammettere per la Gazella Haupti MAJ. una formula dentaria diversa da quella comune alla quasi totalità delle Gazelle, e nella quale si avrebbero tre premolari alla mascella superiore, con uno solo nella inferiore. L’opinione ora espressa mi sembra possa essere ammissibile, quando si consideri che qualche cosa di identico si ha nella Gazella ( Antidorcas) euchore SPARR., la quale ha tre premolari nella mascella superiore e solo due nella inferiore *). Dobbiamo altresì notare che, sia nella fossile Gazella deperdita GERV. var brevicornis GAUD., quanto e più specialmente nelle specie viventi avute in esame, il margine alveolare della mandi- bola, si trova ad un livello più alto del margine della barra. Ora per ciò che riguarda la Gazella Haupti MAI. questa differenza di livello non si nota se si tiene sott'occhio il secondo ramo mandi- bolare esaminato e figurato alla Tav. XVI [II], fig. 4, nè si può attribuire un tal particolare a defi- cenza di conservazione. Invece il terzo frammento di ramo mandibolare sinistro ricordato poc’anzi, ed il frammento di ramo sinistro di Ribolla, pare accennino alla presenza del carattere riscontrato sopra nelle Gazelle viventi. Ciò indica, secondo me, che siamo in presenza di varianti individuali, delle quali oecorreva tuttavia tener parola. Nel secondo ramo mandibolare di Casteani, il foro mentoniero si apriva a circa mm. 10,5, di distanza dal margine anteriore di Pm, e si continuava in una doccia non molto larga, ma assai pronunziata, forse anche piuttosto prolungata, come nelle Gazelle viventi. Subito dopo l’apertura del foro mentoniero, il collo della mandibola si va slargando, per dar luogo respettivamente alla faccia inferiore e superiore della regione sinfisaria. Da tutto ciò si può facilmente dedurre che nell’ipotesi che Pm, e Pm, cadessero assai per tempo, lo spazio intermediario inferiore, o barra, era nella Gazella Haupti MAI. assai breve; poichè, se fossero presenti i primi due Premolari, il margine anteriore di Pm, corrisponderebbe, con tutta probabilità, almeno col margine posteriore del foro mentoniero. 1) BrooKE V. Op. cit. 188 D. DEL CAMPANA [42] Tali caratteri non si possono seguire nelle Gazelle fossili; ma si può affermare d'altra parte che non si ripetono nelle mandibole delle specie viventi avute a disposizione. Non mi è possibile di dare una tavola di cifre, relative alla lunghezza della barra, pel fatto che sulla mandibola fossile questa misura non si può prendere neppure con approssimazione. Serviranno tuttavia, in difetto di meglio, quelle che qui aggiungo. A. Distanza tra il bordo posteriore dell’ ultimo molare e il foro mentoniero. Gazella Haupti MAI. mm. 65 » deperdita GERV. var brevicornis GAUD. >» 78 » dorcas LINN. (I) » 77 » » » (II) » 76 » » » (GRUB » 76 » Soemmeringi CRETZ. » 105 » » » . Keren » 103 » tilonura RiipP. » 79 B. Distanza tra la tangente al margine posteriore del foro mentoniero e la tangente al margine anteriore di Pm,. Gazella Haupti MAI. mm. 10 » dorcas LINN. DI (I) » » » A (IU) » » » > 00260900 (1019) » Soemmeringi CRETZ. » 35.5 » » » » 37.2 Keren » tilonura Riipp. » 31.5 La conclusione che noi possiamo trarre da queste cifre si è quella che la barra nella Gazella Haupti MAJ. aveva un’ estensione estremamente ridotta: in confronto alle specie congeneri fossili e attualmente viventi; dalle quali perciò doveva distinguersi per un muso assai più breve. Compiuto lo studio dei pochi caratteri morfologici che le mandibole di Gazella Haupti MAT. ancora presentano conservati, ci resta a prender visione dei caratteri dentari. Pure in questo caso, gli studiosi che mi hanno preceduto nelle osservazioni sulle Gazelle fossili, non hanno che pochissimi particolari ed anche le figure, non abbondanti del resto, poco si prestano a rilevarne. Dovremo perciò tener presenti, quasi esclusivamente, le specie viventi. Faccio precedere ai coufronti alcune tabelle di misure raccolte, avvertendo che le cifre con asterisco indicano, come di consueto, che ia misura è approssimativa. Dimensioni di Pm, inferiore. Gazella Haupti MAJ. - Casteani Gazella deperdita GERV. Sinistro (A) Sinistro (B var. brevicornis GavD. (da GAUDRY Lunghezza massima Re tt ES 10 10 10 Larghezza » Prior MATERIE MSI DI 3,6 5 = AUTOZza N dellaXcOro na MR 1,7 11 = [43] D. DEL CAMPANA Gazella dorcas LINN. Destro (I) Sinistro (I) Destro (II) Sinistro (II) Lunghezza massima PRSPSSLO MEC 9 8,7 7 7,3 Larghezza » ETERO LO 4 4 4,2 4,2 Altezza della corona‘. (. +... 7,2 Y i 4 4,6 Gazella Soemmeringi CRETZ. Destro (III) 8 Destro d' Keren (Eritrea) d' Bogos (Eritrea) e) Destro Sinistro Destro Sinistro Lunghezza massima Me 012,6 12,6 13 13 Larghezza » di oto 6 60 5,5 5,4 Altezza della corona. . . . 9 8,5 10 10,3 Dimensione dei Molari inferiori. Gazella Haupti MAJ. Casteani Sinistro (A) Sinistro (B) Sinistro (C) Destro (D) M, M, M, MM M, MM, M, DINI Lunghezza massima ARE R17, ANS 12 E TA=220, — - 13,5 - 24,5. — - 15,5 - 23,5 Larghezza del lobo ant. — - 6,4 - 5,6 66- 7 - 65 —- — - 86 —- 6,8- » » med, — - —- 54 — -—.-. 65 —- —- - 9 — - — - » » post. 6,6- 6,6- 2,5 6,6 - 7 - 23 —-13,6- 48 —- 8 - Altezza della corona 5,5 - 10 - 81 LE DISEl 3 Die e — -14 - Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD, (da GAUDRY ). Lunghezza massima. Larghezza SION I e ini N Gazella dorcas LINN. Destro (I) Sinistro (I) Destro (II) M, M, Mi Mn, M, Mo M, M, M, Lunghezza massima 9,7 - 12,7 - 19 10 - 12,7 - 18,8 BAL LAT196 Larghezza del lobo ant. . . 5,5 - 6,4- 64 5,5 - 6,6- 64 DIZII6I T » » med. .. — - — - 6 — - — - 6,8 — - — - 7,7 » » POStMMSON O N66 VIT 6,3 - 6,6 - 4,3 GA 16:61-0 10 Altezza della corona ON 9 65:95 9 - 10 - 10,5 DAN 110 Montemassi Ul 189 Sinistro (III) 8,4 48 5,8 Gazella tilonura EUGL. Sinistro 84 4,8 4 Val di Sterza Sinistro (IL) Sinistro (II) M, M, 190 D. DEL CAMPANA [44] Gazella dorcas LINN. Destro (III) Sinistro (III) M, M, M, M, M, M, Lunghezza massima A I Rene a TAI NM 2) - 18,5 Oo o a MIO, Larghezza del lobo anteriore... . . +. + +. 5,9 - 6,6 - 7,2 5,0 -- 6,6 - 1,5 » » IDECIANO MIE eo NE 7,2 — - == SINNI TO) » » PPOSLOLLOLE RESI MES Ne ROSA OD 6,6 - + — - 7 - 4 ANtiazza Galla emi ola 66 gi po O i TA 102 REL0:9 Gazella Soemmeringì CRETZ. d' Keren (Eritrea) d' Bogos (Eritrea) Destro Sinistro Destro Sinistro M, M, M, M, MARANO M, M, M, M, M, M, Lunghezza massima SR -t16/51=8244 13 - 16,5 - 24 13,4 - 16,5 - 24,2 13,8 - 16,4 - 24,5 Larghezza del lobo ant. . . 7,5- 9 - 8 7,€- 9 - 8,2 7,6- 84- 7,6 T75- 86-77 » » med.. . — - — :- 8,5 —iie(= 87 — - — - 8,2 — - — - 9 » » POSTATO: DI 0:00. 84 - 9 - 6 8:31 EM 8 - 8,8- 6,5 Altezza della corona. a et (9;27- 1352-13 9,6°- 15 - 14 13. - 13,5 - 13,2 12,5 - 13,5 - 13,2 Gazella tilonura HEUGL. ey Destro Sinistro M, M, i M, M, Bi, M, ARC NOZZIONASSIMI NA N RON E LS OI IO 19. Larghezza del lobo anteriore... . +... 55. > 6,6 - 7 5A - 6,4 - 7 » DINE CIATO IT NI E CM) TE — 7 PCN —.- 7,3 » DIMDOSLELTO FO IMA e ME OO Taio 4,2 6,60 - STO = 4,5 ALTEZZA GAETA NCOLONAINIIA RA TODI orosei 4 - COMM AARITRO Prima di entrare in merito dei caratteri morfologici mi sembra opportuno di fermarmi sopra alcuni particolari che si possono rilevare dalle misure che precedono. Se teniamo presenti le misure date per i premolari e molari superiori, si vede come la Gazella Haupti MAJ., raggiunge in qualche caso, o supera anche le dimensioni non solo delle forme fossili, ma ben anche delle forme viventi colle quali Vabbiamo posta a raffronto, e tra le quali la Gazella Soemmeringi CRETZ. ha dimensioni più sviluppate. I premolari e molari inferiori della Gazella Haupti MAI. ci mostrano invece il contrario, in quanto che essi mentre da un lato superano in dimensioni le forme fossili, Gazella deperdita GERV. e Gazella deperdita GERV. var brevicornis GAUD. non che le viventi Gazella dorcas LINN. e Gazella tilonura HEUGL; restano sempre inferiori a Gazella Soemmeringi CRETZ. Se ne potrebbe quindi indurre da un lato che questa specie aveva la dentinzione proporzio- nalmente più sviluppata di Gazella Haupti MAT.; mentre, come abbiamo visto sopra, le caviglie ossee delle corna in quest’ ultima specie, superano in sviluppo quelle della Gazella Soemmeringi CRETZ. Questi particolari ci permettono di ritenere che, con molta probabilità, la specie da noi studiata, aveva dimensioni generali maggiori delle forme congeneri già note, e delle viventi Gazella dorcas [45] ; D. DEL CAMPANA 191 LINN. e Gazella tilonura HEUGL; ma per contro si distingueva dalla vivente Gazella Soemmeringi CRETZ., per avere dimensioni generali più ridotte e al tempo stesso una maggiore pesantezza di corna. Anche in proposito dei molari inferiori il WEITHOFER insiste, come già sappiamo, sul carattere ipselodonte. Ritengo che anche a questo riguardo possano valere le osservazioni fatte in merito ai molari superiori, e vengo senz’altro a dare la descrizione dei caratteri morfologici. Premolari. Come è stato detto, soltanto Pm; si trova in posto conservato. Il solco, sulla faccia esterna, si presenta piuttosto pronunziato e, da quanto ho potuto vedere in un dente a corona pochissimo consunta, si trasforma nella sua estremità superiore in una piccola insenatura, obliqua verso l'interno, che scompare presto in seguito all’ uso. Si deve con tutta probabilità a un tal particolare, se un carattere consimile non ho potuto notarlo in alcuna delle delle specie di Gazelle sia viventi che fossili da me osservate. Quanto alle due pieghe che si notano, come in tutti i Ruminanti, sulla faccia interna del dente, la più rilevata è sempre l'anteriore, la quale ha anche una maggiore estensione della piega posteriore, e dà luogo ad una vera e propria scanalatura. In un Pm; a corona quasi intatta ( pag. 173 [27], N.° 15) (vedi Tabella delle dimensioni A, Tav. XVI { II], fig. 4) la piega posteriore è appena visibile, sicchè ne eoneludo che si potevano avere, riguardo a tal carattere, delle notevoli varianti individuali. In mezzo a queste due pieghe, che allo stato normale erano forse coperte di cemento, la faccia della corona si ineurva dolceménte, sicchè il dente si mantiene sempre con corona molto compressa in senso trasverso-laterale. Simili caratteri sembrano mancare del tutto nelle forme fossili da me più volte citate; quanto alle Gazelle viventi (Gazella dorcas LINN., Gazella Soemmeringi CRETZ, Gazella tilonura HEUGL.) le due pieghe di smalto sono separate da un rilievo subcilindrico, non in tutte le specie ugualmente ben distinto dalla piega posteriore, colla quale per altro si fonde completamente ad un grado di usura piuttosto avanzato. Inoltre, a differenza di quanto si osserva nella Gazella Haupti MAJ., la piega anteriore dà luogo nelle specie viventi ad una scanalatura assai più profonda e tende a suddividersi a sua volta in due pieghe secondarie, più o meno facilmente apprezzabili, a seconda del diverso grado di usura della corona. ; Altra osservazione da farsi è questa che Pm, tende sempre, nei viventi, a sopramettersi colla sua piega di smalto posteriore interna, sulla piega di smalto anteriore di M,. i Nella Gazella Haupti MAI. questo particolare o non esisteva affatto, 0, se esisteva, doveva essere menomamente accennato. Maggiori osservazioni posson farsi sui Molari i quali si trovano in serie completa in varie delle mandibole di Gazella Haupti MAT. avute in esame. Anche le forme fossili più volte citate, si prestano, sotto tal riguardo, a confronti più estesi. Un primo carattere da notarsi nella forma da noi studiata è la mancanza in tutti i molari di colonnette interlobali. In merito a tal carattere Gazella deperdita GERV. e Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. presentano delle varianti, che io credo di non dover passare sotto silenzio. Nella prima infatti soltanto in M, e M; si ha un sempliee inizio di colonnetta; mentre nella seconda forma, le colonnette interlobali sono presenti e in certi casi ben visibili. Il GAUDRY anzi, tra le mandibole da lui attribuite alla Gazella deperdita GERV. var. brevicornis ne segnala una nelle quali le colonnette presentano nei molari, e segnatamente in M,, una altezza 192 D. DEL CAMPANA [46] singolare; ma aggiunge che la presenza di un simile carattere, accompagnato in quel dente da una struttura assai esile e dalla piccolezza dell’ ultimo lobo, non gli è sembrata carattere sufficiente per tenerla specificamente distinta. Come si vede. la Gazella Haupti MAJ. si distingue sotto tal riguardo assai nettamente dalle sue congeneri fossili, e non è privo di interesse per noi il vedere altresì in quali rapporti essa stia pel carattere in parola anche con le poche specie viventi, delle quali possiamo disporre. Di queste, soltanto Gazella Soemmeringi CRETZ. si uniforma alla nostra per mancanza di colonnette interlobali nei molari inferiori. Gazella dorcas LINN. non presenta sotto tal punto di vista, costanza di caratteri morfologici; infattti dai crani di questa specie avuti a disposizione si rileva che in due di essi la colonnetta esiste in M,, mentre in un terzo esiste in M, e in M,. Gazella tilonura HEUGL. presenta al contrario la colonnetta soltanto in M,. Relativamente alla loro faccia interna, i molari della Gazella Haupti MAI. dànno luogo, consi- derati insieme, ad una superficie ondulata, per l'alternarsi in ciascun dente di un solco assai profondo con lobi a faccia arrotondata e perchè i margini anteriore e posteriore dei singoli denti sporgono pochissimo verso l’ interno. i Questi caratteri non possiamo seguirli in Gazella deperdita GERV. e neppure in Gazella deperdita GERV. var brevicornis GAUD., perchè il GAuDpRY non dà che pochi aecenni, come già sappiamo, sulla dentizione di queste due forme. Possiamo però notare che nei molari delle specie viventi di Gazella questi caratteri, eccettuata la lievissima sporgenza verso Vinterno. dei margini dentari, anteriore e posteriore, mancano quasi affatto; sicchè i denti colle loro facce interne dànno luogo ad una superficie assai meno ondulata che nella Gazella Haupti MAI. Noto qui di passaggio, poichè mi se ne porge l'occasione, che due esemplari (c' 9 ) di Codbus defassa Riipp. ed uno di Cephalophus abyssinicus THOM. (sesso?) ricordano sotto tal punto di vista la forma fossile che andiamo studiando. Dopo queste osservazioni fatte sui Molari in generale, ben poco ci resta a dire su ciascuno di essi in particolare. Ho accennato sopra alla posizione che M, occupa relativamente a Pm,. Relativamente a M, esso presenta in uno dei rami mandibolari di Casteani ( Vedi Tabella delle misure A) (Tav. XVI [II], fig. 4) il lobo posteriore più sporgente verso l'interno del lobo anteriore dell’ attiguo molare. Peraltro in un secondo ramo mandibolare di Casteani ( Vedi Tabella delle misure B) (Tav. XVI [II], fig. 6) il quale presenta tracce di minor compressione del primo, tale sporgenza è meno mar- cata. Quindi è facile concludere che, dove esiste, è dovuta a difettosa conservazione, la quale ha fatto sì che il dente si spostasse dalla sua posizione normale. Ciò viene anche comprovato dalla circostanza, che, in merito ad un tal carattere, neppure le specie viventi da me confrontate, Gazella dorcas LINN. e Gazzella Soemmeringi CRETZ., presentano varianti individuali; trovandosi in quelle la faccia interna di M, quasi sul medesimo piano della faccia interna di M,. Riguardo ad M,, nei casi in cui la sua corona non è troppo usata, si vede che essa, anzichè essere eretta, come è nelle Gazelle viventi, tende nella Gazella Haupti MAT., a curvarsi lievemente verso l'esterno. Le forme fossili Gazella deperdita GERV. e Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. non permettono di controllare l’esistenza di un simile carattere. Questo particolare si nota ancora più accentuato nel M, della specie da noi studiata; nella quale si associa alla presenza di un terzo lobo che è sempre poco sviluppato, avuto riguardo alle dimensioni generali del dente, ed ha sezione più o meno regolare di ellisse, avente l’asse maggiore longitudinale. {AT} D. DEL CAMPANA 193 Nelle forme fossili più volte citate, almeno nella maggior parte dei casi, e giudicando, in difetto di descrizioni, dalle figure date dal GAUDRY (opere citate), sembra che M, abbia il terzo lobo proporzionalmente più sviluppato e con sezione più o meno regolarmente cilindrica. Nelle specie viventi, in generale, lo sviluppo si fa ancora maggiore, ed in certi casi (Gazella dorcas LINN.) il lobo tende inoltre a prendere sezione triangolare. Fin qui abbiamo esaminato i resti fossili di Gazella Haupti MA. riferentisi a eranio ed alla mandibola, ci resta ora, per completare il nostro studio, a dire qualche parola sugli scarsi resti degli arti anteriori rinvenuti nella miniera di Ribolla (Tav. XVIII [IV], fig. 9). Cominciamo dalle articolazioni inferiori di Omero, delle quali ho già dato notizia al principio di questo studio. Le misure da me raccolte sui due pezzi fossili avuti in esame sono date nella tabella seguente, dove ho riunite, prendendole dai lavori più volte citati del GAUDRY, le misure relative alla larghezza della faccia articolare inferiore dell’omero nelle due forme mioceniche Gazella deperdita GERV. e Gazella deperdita GERV. var brevicornis GATD. Ho pure aggiunto le dimensioni dell’articolazione inferiore dell’omero nella Gazzella dorcas Linn. raccolte sull’unico scheletro avuto in esame. | sE ta a || il ° | © ot E SU © È | ES - DIS RS) | As î 3 So DE SÈ i È 5 N Z 3 2. ca È SITE Sa s st 9 S Fas | Sa S N 3% a 5 È è £ | S è # | 3) | 5 | | | arti Sinistro | Destro | Leberon | Pikermi | Re e REA TT i | | | | | . . . . . | | Diametro trasverso massimo dell’ estremità inferiore... . . mm. |345 | 33 _ _ 020 | | | Diametro trasverso inferiore della troclea (Faccia posteriore) » | 23 3 | = ea Diametro trasverso superiore della troclea (Faccia posteriore) » 21,5 | 19* | — = — | 95 | | Diametro verticale massimo della troclea. . . . . HE SE fe _ - —: | 18 | | Diametro trasverso massimo della snperficie articolare (Faccia | ITUOLIOLE)) PA VI AI GE 33* | 33 | 22 29 23 | 17.5 | Come si ricava dalle misure precedenti, la specie fossile da noi esaminata si rivela di dimensioni maggiori, per riguardo all’omero, di quelle fossili colle quali VP abbiamo posta a raffronto. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 9 194 D. DEL CAMPANA [48] Quanto ai caratteri morfologici, ecco ciò che ne possiamo dire riferendoci pei confronti, in mancanza di descrizioni, alle figure che di quelle specie ha dato il GAUDRY ?). Confrontando colla Gazella deperdita GeRv. la troclea si presenta nella nostra specie propor- zionalmente un poco più ristretta, mentre ha il labbro interno assai più sviluppato in senso trasversale; sicchè ne consegue che il radio doveva avere in questa la metà interna della superficie articolare superiore proporzionalmente più sviluppata pur essa in senso trasversale. Al contrario il condilo è nella Gazella Haupti MAJ. più ristretto che in Gazella deperdita GERV., ciò che ci permette di ritenere come dovesse sul radio essere meno spaziosa la metà esterna della superficie articolare suddetta nella Gazella Haupti MAT. in confronto della Gazella deperdita GERV. Nella Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD., oltre a riscontrarsi gli stessi caratteri differenziali notati sopra, abbiamo anche l'articolazione inferiore dell’omero marcatamente piegata in alto verso l'interno, sicchè il condilo viene a trovarsi spostato più in basso; per conseguenza la superficie articolare superiore del radio in questa forma, anzichè disporsi secondo un piano appros- simativamente orizzontale, doveva con probabilità essere orientata secondo un piano obliquo dall'interno verso l’ esterno. Altra differenza è data dalla fossetta coronoide che, giudicando sempre dalle figure, sembra essere pochissimo accennata in Gazella deperdita GERV. var brevicornis GAUD. Relativamente ai confronti coll’unica specie vivente che ho avuto a disposizione, essi hannò anche minore importanza dei precedenti per la mancanza di un sufficiente materiale. Basterà quindi osservare come in Gazella dorcas LINN. l’articolazione inferiore dell’omero abbia il condilo proporzionalmente più ristretto, e più profonda la fossa della troclea, nel cui labbro interno va gradatamente aumentando il diametro verticale. Gazella gracillima WeITA. — Tav. XIX [VI], fig. 1-38. Intorno a questa forma miocenica che mi accingo ad illustrare, il Wx-ITHOFER che fu il primo ad osservarla, ha dato soltanto queste brevi notizie °). i a « Della nuova antilope si trovano nella collezione suddetta », cioè nel Museo paleontologico del R. Istituto di studî superiori in Firenze, « due frammenti di mandibole ed uno di mascella. Essa è molto piccola, e i denti mostrano, anche in questo caso, carattere evidentemente ipselodonte. L'altezza di un molare superiore è di mm. 145 e la larghezza massima di mm. 9. Dalla forma graziosa la denomino Antilope gracillima ». Identiche notizie vengono ripetute dal WEITHOFER, ma in forma anche più concisa, nella sua nota sui mammiferi del terziario italiano *). I frammenti ai quali allude il WEITHOFER, furono raccolti a Montebamboli nel 1362 dal Sig. NARDI che li cedè al Museo; e tanto per il loro identico modo di fossilizzazione, come per il quasi uniforme grado di usura dei denti, e per le corrispondenti misure dei molari inferiori, si può ritenere con molta probabilità che essi appartennero tutti ad un medesimo individuo. 1) Opere citate. 2) WerirHorER K. A. Alcune considerazioni sulla fauna delle ligniti di Casteani e di Montebamboli (Toscana), pag. 367. S) WemrHoreR K. A. Ueber die tertiaren Landsdugethiere Italiens. Jabrbuch del K. K. geol. Reichsanstalt, 39 Bd., pag. 62. Wien, 1889. [49] D. DEL CAMPANA i 195 I caratteri morfologici delle ossa sono completamente scomparsi, mentre i denti si trovano in ottimo stato di conservazione e rivelano, per la freschezza delle loro corone, la presenza di un individuo ancor giovine. Il frammento di mascellare superiore sinistro, porta in posto M, ed M; (Tav. XIX [V], fig.9); dei frammenti di rami mandibolari il sinistro ha in posto M, e M, (Tav. XIX [VI], fig. 7), il destro invece soltanto M, (Tav. XIX [V], fig. 8). A questi resti, già di per sè importanti, se ne aggiunge un terzo ancor più prezioso per la conoscenza della specie in questione, raccolto come i precedenti nella lignite miocenica di Monte- bamboli dal ForsyTH MAJOR nel 1890 e donato al Museo di Firenze. Esso consiste nei mascellari superiori di un individuo piuttosto avanzato in età. Le ossa si intravedono appena, perchè sono in massima parte ineluse 0 immedesimate colla lignite, i denti però ne sono isolati e si presentano assai bene conservati (Tav. XIX [V], fig. 10). La serie di destra ha i Premolari e i Molari al completo; in quella di sinistra si hanno invece solo Pm,, M, ed M, (Tav. XIX [VV], fig. 11). Questi denti hanno la corona assai usata, il che denota che Vindividuo al quale appartennero era di età piuttosto avanzata. i Molto più copiosi ed importanti, sono i resti della specie in questione che si trovano nel Museo di Pisa. Anche questi provengono da Montebamboli e debbo alla cortesia del Prof. CANAVARI l’averli potuti ottenere in comunicazione. Ecco l'elenco di tali resti. 1) Caviglia ossea di corno sinistro unita ad un piccolo frammento di osso frontale. La caviglia è in completo stato di conservazione (Tav. XIX [V], fig. 13). 2) Molare superiore (Tav. XIX [V], fig. 12). 3) Ramo destro di mandibola, anteriormente rotta presso la regione sinfisaria, posteriormente in corrispondenza di M,, che è mancante insieme a Pm,. L’osso è in assai discreto stato di conser- vazione: i denti, colla corona assai usata, rivelano la presenza di un individuo piuttosto vecchio. (Tabella delle misure C — Tav. XIX [V], fig. 3). 4) Ramo destro di mandibola rotto anteriormente in corrispondenza di Pm;, posteriormente subito dopo M,. La branca presenta evidenti tracce della pressione subìta in senso trasverso laterale, mentre i denti sono completamente conservati. Di questi sono presenti Pm, ed i Molari, che hanno, come nel precedente caso, la corona assai usata (Tabella delle misure D — Tav. XIX [Vl], fig. 5). 5) Altro frammento di ramo mandibolare destro recante in posto M,, M,, ed il lobo posteriore di M,. Il minor grado di usura dei denti, indica un individuo più giovane dei due precedenti : Anche la branca si presenta discretamente conservata (Tabelle delle misure E — Tav. XIX [V],fig.4). 6) M, e M, inferiori destri discretamente conservati (Tabelle delle misure F_— Tav. XIX V], fig. 2). 7) Ramo sinistro di mandibola con, in posto, parte di Pm,, M,, M, e M,. Appartenne ad un individuo adulto ma non troppo vecchio. I denti sono, come d’ordinario, assai conservati, non così la branca orizzontale alla quale va unita una piccolissima parte di branca montante. (Tabelle delle misure G — Tav. XIX [Vi], fig. 6). 8) Frammento di ramo mandibolare sinistro, con M, e M; in posto. Il frammento mostra di aver subìto soltanto una leggerissima pressione lungo il margine inferiore. I denti hanno la corona debolmente usata; si tratta quindi di un individuo ancora giovine (Tabelle delle misure H — Tav. XIX [V], fig. 1). 196 D. DEL CAMPANA [50] 9) Frammento di ramo sinistro di mandibola con My e M, pochissimo usati, ma in cattivo stato di conservazione. È a ritenersi che sebbene venga riunito nelle collezioni del Museo di Pisa, sotto una medesima etichetta, col Molare secondo superiore ricordato più avanti, non appartiene però con questo ad uno stesso individuo. Nel Molare superiore si ha infatti un grado d’ usura piuttosto avanzato mentre le corone dei molari inferiori si presentano abbastanza fresche. 10) Due molari terzi inferiori, uno destro l’altro sinistro. Si trovano su un frammento di lignite, ravvicinatissimi, ed hanno identico grado di usura, non esito quindi ad attribuirli ad un medesimo individuo. 11) Frammento di ramo mandibolare sinistro, con M, e M, in posto, il frammento è comple- tamente deteriorato in seguito alla fossilizzazione, in parte anche immedesimato, insieme ad altre ossa del cranio, colla lignite. Dei denti è visibile solo la faccia interna; il resto della corona che è a contatto colla roccia fossilizzante non fu potuto isolare. Nel medesimo blocco di lignite poco sotto a questo ramo mandibolare sinistro, si veggono le tracce del suo corrispondente di destra, non che del M,, che andò in gran parte perduto, forse all’atto della escavazione. 12) Estremità prossimale di metatarsale sinistro, profondamente schiacciato ed appunto perciò mancante della sua parte posteriore (Tav. XIX [V], fig. 14). L'importanza di questi’ resti è grande, perchè essi ci permettono di constatare l’esistenza di una specie che è fino ad oggi la più piccola di quante se ne conoscono allo stato fossile, e tale da avvicinarsi alle più ridotte forme di Antilopi viventi, quali ad esempio quelle appartenenti ai Gen. Cephalophus HAM. SMITH., Oreotragus A. SMITH. e Madoqua OGIL. La fauna fossile, allo stato attuale delle conoscenze non offre forme, sia negli strati del miocene che in quelli del pliocene, le quali possano specificamente esser ravvicinate alla Gazella gracillima WEITH. Una sola specie del quaternario di Algeria !), Antilope (Grimmia) leporina Pom., pur avendo caratteri morfologici ben diversi, si distanzia un po’ meno dalla nostra; però la separazione, anche sotto tal punto di vista, ne è sovente assai netta come si potrà vedere dalle tabelle inserite nella presente memoria, e nelle quali, insieme alle forme fossili, figurano anche quelle di alcune piccole Antilopi viventi. I resti enumerati ci permettono altresì di osservare come la specie cui appartennero doveva essere ben rappresentata da numerosi individui. Infatti, basandoci sullo stato di usura dei denti, e su altre circostanze che facilmente possono desumersi da quanto abbiamo osservato nell’enumerazione stessa dei resti che ci accingiamo @ studiare, si può asserire che questi appartennero, con tutta probabilità, a ben dieci o dodici esemplari. Tal circostanza ci prova il pieno sviluppo in cui si trovò la Gazella gracillima WEITH. durante il Mio- pliocene, tenuto conto che nella sola località di Montebamboli in Toscana, i resti raccolti furono sì copiosi. Inizio la illustrazione dei resti fossili di Gazella gracillima WEITH. dallo studio della caviglia ossea di corno sinistro, perchè nessuna, o quasi, importanza ha il frammento di frontale che le è annesso. . 1) PomeL A. Les antilopes, pag. 47. [51] D. DEL CAMPANA 197 La caviglia che è conservata del tutto, misura una lunghezza di mm. 46, è rettilineare e marca- tamente obliqua all’indietro ed un poco anche verso l’interno. Una cresta non molto accentuata la percorre longitudinalmente dal lato esterno, ed ai lati di questa la caviglia è pianeggiante. Sul lato interno la cresta non è presente e la superficie appare invece debolmente ma chiaramente convessa. Tanto nel lato esterno che nell’interno si notano leggerissime strie longitudinali. Non trovo tra le forme fossili di Gazella alcun termine che ricordi, neppure da lontano, per la forma delle caviglie ossee delle corna, la caviglia in discorso. Quanto alle forme viventi non posso dare ragguagli esatti, poichè non me lo permettono le pochissime specie dalle quali ho avuto a disposizione i crani. Un unico caso di somiglianza lontana colla caviglia fossile si ha in un eranio di Gazella dorcas LINN. del Museo di Pavia. La differenza peraltro si nota facilmente perchè le caviglie ossee di quest’ultima specie, sono leggermente ricurve all'indietro, hanno una lunghezza molto maggiore, e presentano dalla base sino all’ estremità una sezione quasi regolarmente ovale. Per avere qualche cosa di più vicino, non quanto a forma, ma quanto a dimensioni generali occorre cercare trai generi viventi Oreotragus A. SMITH, Madoqua OGIL. e Cephalophus HAM. SMITH, Ecco le cifre ch’io ho potuto raccogliere a questo riguardo. il n | | | = [A A | z A) fi : a (I = CA Î ISIN = | A SS de da £ NOS È g AS |A s | 7) = = | || 2 © IR 2 3 go Mes; | 3 a Sto sis #2 Pte, Saeco e | SE Pai 3 S O A SE I et [rara Ss D = 5 sa SZ SA SII RS SM | Sa Sme | Sa zz SS Sio (RS SF 2 e SR IE Sa S SR PSE iS IRRMES SA È SCO) Fio) S RRFRSI à î IRC 5 s | (S) IS | è Il DA n i Î INI CReO Wenn np Ti | Î il | | | Lunghezza totale della caviglia . . . . .mm, 46 51 53.6 43.5 44 | 42 | g g | | | | | Diametro antero posteriore alla base . . . >» | 11 11.6 L'eco AZIO: SA 922 NEO. | il il | “| T | | | | Diametro trasverso alla base . ...... >» | STR 2 12,2 10 8 | 7.6 | | | | | | | | Diametro antero posteriore a cm, 2 dalla base » gh ia 8 8 | 8.5 | | Il Diametro trasverso a em. 2 dalla base T 9 | 9 6.6 Od | 5.0 Diametro antero posteriore a cm. 3 dalla base.» 5 | 9 | 8 | DÒ 5A 5.4 | Diametro trasverso a cm. 3 dalla base. . >» 5 7 | da | 4 3.7 4 I Come si osserva dalle precedenti cifre la Madoqua saltiana BLAINV. è la forma che per le dimensioni generali delle caviglie ossee delle corna più si avvicina alla nostra. Per altro al ravvicinamento di queste due specie si oppongono i caratteri morfologici; circostanza la quale del resto vale anche per le altre forme di Antilopi viventi considerate nella precedente tabella di misure. 198 D. DEL CAMPANA [52] Quanto alla Madoqua saltiana BLAINV. le caviglie ossee delle corna sono sul lato interno schiac- ciate, anzichè rigonfie come sul lato esterno. Tal particolare dà luogo ad una cresta molto pronun- ziata che sul lato antero interno, percorre le caviglie per tutta la loro lunghezza. Non occorre ricordare che tali caratteri mancano nella Gazella gracillima WEITH. Relativamente alle specie viventi Cephalophus abyssinicus THOM. e’ Oreotragus saltatrixoides RiipP., le differenze, sebbene meno appariscenti, non sono tuttavia meno importanti, in quanto che le caviglie hanno in esse forma conica più o meno regolare. Dentizione della mascella superiore. Passo ora allo studio dei. premolari e molari superiori della Gazella gracillima WEITH., dei quali comincio col dare le dimensioni. Dimensioni dei Premolari superiori. Gazella gracillima \EITH Montebamboli (A) Destro Sinistro Pm, Pm, Pm, Pm Pm Pm Lunghezza massima co lello eo anto do e RA O 9 Aa e 452 Larghezza » IA RA TE O rag rke PALESI Aa 3,2 - 45 - DA Moi VDO) Altezza della corona SURE ARE O OTO 3 - 3 MO: 2 — - — - 3,3 Cephalophus abyssinicus THOmM. 7 (sesso sconosciuto ) Boggù (Barka - Scioa) Destro Sinistro Pm Pm Pm Pm Pm Pm 1 2 3 1 2 Ri Lunghezza massima SAVA MERANO IC RI OrI i ii O1OMEN-IIR8 0! GAME 68 7 = ESITI, Larghezza è FARSENE IO ORTI ANI E ES io ADR SIRO Altezza della corona ARR IE MERO DIRT Cron eHoi ie 6) 10 - 94 - 9 Oreotragus saltatrixoides RiiPP. lex d' Seioa i Asmara - Destro Sinistro i Destro Sinistro Pm, Pm, Pm, Pm, Pmi, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Lunghezza massima . . . 2,7 - 6,7 - 64 78-77 - 64 TANTA OO A ZIATERAM Larghezza » NO O TA 5,4 - 6° - 7,2 5A - 54 - 7 5,6 - 5,6 - 7,2 Altezza della corona . . . 5,5 - 6,8 - 6 6.4 - 6,4 - 5,5 8,5 - 6,2 - 8,2 8: 2 160;0 0-52 [53] Lunghezza massima Larghezza Altezza della corona » Lunghezza massima Larghezza del lobo anteriore » >» posteriore Altezza della corona Lunghezza massima © Larghezza del lobo anteriore posteriore Altezza della corona » » Lunghezza massima Larghezza del lobo anteriore » » posteriore Altezza della corona E. FOSSA-MANCINI Madoqua saltiana BLAINY. o) Bogos ( Eritrea) Destro o) Pm A Pm Pm, D'ASUNSSRNO - 4 SPOARCINA3 i MASIS 4,5 4 3,5 Dimensione dei Molari superiori. Gazella gracillima WEITH. Montebamboli (A) 199 Sinistro Pm Pm Pm 1 2 3 Brdhdlli oe 5 |A SU i 4,5 38 Montebamboli (B) Destro Sinistro Sinistro M M, M, M M M M M M, 1 2 3 1 2 3 1 PA 3 33) 6 Gao RO al ne SER: 5 NERA — - 6,3 - 6,3 (MRC RS — - — - 3,7 CODA Co: eee ten 8 2 2;2 ol cune, IO 3,2 - 6,6* - — — - 10 - 14,5 Cephalophus abyssinicus THOm. (Sesso sconosciuto ) Boggù (Barka - Scioa) Destro Sinistro M, M, M, M, M, M, 800 - 10 84 - 10,2 - 10 0 8 - TO = T 8 - mb - 6,5 3 TA - 7 - 5 720006 6,6 - 4,8 7 - TO 7 7 _ Ti - IT Oreotragus saltatrixoides RiiPP, o el Scioa Asmara Destro Sinistro Destro Sinistro M M M M M M M M M M M M, 1 2 3 1 2 TOR, 1 ® 3 1 È 2 3 7 -8,7-94 TI= 1872915, IT = 13: 10- 03,7 6,7 -8,5 - 9 8,7 -8,3- 7,7 88-84-75 7TD-7,6-7,2 7,3 - 8,2 - 6,6 1,71 - 6,8 - 6,2 ION UIMM=46;3 CODESTO, 6,4 - 6,6 - 5,8 SITA 5191=16;2 3,5 - 5,5 - 6,3 D'ANCNGININT DE SIGUR 200 D. DEL CAMPANA [54] Madoqua saltiana BLAINV. 1 Bogos ( Eritrea) Destro Sinistro i M, M, M, M, M, M, Lunghezza massima i i n LL i OLO INI ONICAIONO 6:02 RICO Larghezza del lobo anteriore . . . . . . + 1 OT OMMUIZINANO (NECA, DSC O: ARIE » » PDOSCOLIOLE de NN rt 45 - 44 - 3,2 46 - 4k - 34 PAT COZZA AIA TCOLO NA ER OD = RATA NM 3I6 4 Sii Sn 2 Alcune osservazioni in merito alle precedenti misure, serviranno a farci eonoscer meglio la specie fossile della quale stiamo occupandoci. Anzitutto dobbiamo rendere ragione della diversità di dimensioni che si nota nei due molari terzi superiori di Gazella gracillima WEITH. | Se si tiene conto di quanto abbiamo già accennato in riguardo alla diversa età dei due individui ai quali appartengono i due denti, ci potremo spiegare la diversità delle loro misure; le quali, tranne l’altezza della corona, sono molto minori nel secondo caso (B) ove si ha la corona quasi intatta. i Per altro, avendo io misurato la corona di questo secondo molare, ad una altezza dal colletto; presso a poco identica a quella che si ha nel primo M, (A), ho ottenuto cifre presso a poco iden- tiche a questo; sicchè la differenza tra i due molari terzi superiori di Gazella gracillima WEITH. è soltanto apparente. Nei riguardi delle specie viventi delle quali ho pur voluto riportare le misure come termini di confronto, si può notare come la forma fossile che stiamo esaminando scenda colle dimensioni generali dei denti al di sotto non solo di Oreotragus saltatrixoides RiipPp., bensì ancora della minu- scola Madoqua saltiana BLAINV. Possiamo altresì notare come varîno, anche nei singoli denti delle specie poste a raffronto, i rapporti delle diverse dimensioni, ciò che ci fa pensare ad una diversità di caratteri morfologici che le corone dei premolari e molari superiori presentano non solo tra le specie viventi citate, ma ancora, e più specialmente, tra queste e la forma fossile. Non figura nelle tabelle, come termine di confronto, alcuna specie fossile di Gazella, perchè le meno distanti, per dimensioni, sono le diverse Gazelle mioceniche delle quali mi sono già diffusa- mente occupato in precedenza. Se si confrontano le cifre già date per i molari di quelle specie con quelle di Gazella gracillima WEITH., la differenza di sviluppo non potrà non apparire notevolissima. Ho ricordato sopra l’ Antilope (Grimmia) leporina Pom. del Post - pliocene d’Algeria. Il POMEL!) dà, come diametro antero posteriore dell’alveolo del molare secondo inferiore in questa specie, la cifra di mm. 9, e indica laltezza della corona in mm. 10. _Come si vede, sebbene si abbiano nella specie del POMEL dimensioni ridotte avuto riguardo alla generalità delle Antilopi, non di meno esse sono sempre maggiori di quelie riscontrate nel m, di Gazella gracillima WEITH. 11) Op. cit. [55] D. DEL CAMPANA i 201 Veniamo ora all’esame dei caratteri morfologici ed ai confronti relativi per poterci fare un concetto sempre più adeguato del valore generico e specifico attribuito dal WEITHOFER e da me alla forma fossile in questione. Possiamo intanto escludere fin d’ora, con tutta sicurezza anche nei riguardi dei premolari e molari superiori, il ravvicinamento di essa forma ai generi Cephalophus HAM. SMITH, Oreotragus A. SMITH e Madoqua OGIL. Nei riguardi del primo, e più particolarmente in merito ai premolari, possiamo notare il diverso sviluppo dei rilievi longitudinali dello smalto. Questi, tenuto il debito conto dellè diverse dimen- sioni, appaiono più ingrossati nel Gen. Cephalophus HAM. SMITH; al tempo stesso in questo genere le sezioni di Pm, e Pm; sono presso che uguali; al contrario in Gazella gracillima WEITH. Pm, ha sezione quasi regolarmente quadrata, mentre Pm, ha sezione sub-rettangolare. Quanto ai molari, nel Gen. Cephalophus HAM. SMITH presentano più scolpiti i rilievi longitu- dinali dello smalto, e M, manca di quel piccolo tallone o lobo posteriore che invece si ha in Ga- zella gracillima WEITH. Col Gen. Oreotragus A. SMITH le differenze principali consistono nell’ essere, sul lato esterno dei premolari e molari superiori, i rilievi longitudinali dello smalto assai meno scolpiti, e quasi del tutto mancanti nei denti assai usati. I rilievi mediano ed anteriore dei molari sono inoltre semplicemente ravvicinati e non fusi insieme, al loro punto di origine, come nella miocenica Ga. zella gracillima WEITH. Anche la differenza di sviluppo tra il lobo anteriore e posteriore nei singoli molari, è un poco più accentuata in Oreotragus A. SMITH, dove i lobi vanno anche facendosi più brevi verso l’ interno, di quel che si vede nella forma fossile che stiamo illustrando. Col M, di Oreotragus A. SMITH le differenze della Gazella gracillima WEITH. vanno facendosi anche maggiori di quelle notate per gli altri due molari, in quanto che manca in questo, sul mar- gine posteriore esterno del lobo posteriore, quei rilievo longitudinale, che è invece sviluppatissimo in M, della specie fossile. Il Gen. Madoqua OGIL. si distanzia assai più del precedente da Gazella gracillima WEITH., poichè ad alcuni dei caratteri differenziali che abbiamo notati sopra nel Gen. Oreotragus A. SMITH Si ag- giungono, nella dentizione della mascella superiore, Pm, e Pm, marcatamente ristretti. Se ora, dopo avere stabilite le differenze tra la forma miocenica della quale stiamo ocecupan- doci, e i generi viventi sopra ricordati, richiamiamo a memoria quanto in precedenza abbiamo osservato in merito ai caratteri dentari delle Gazelle fossili e viventi, non ci è difficile il ricono- scere, senza bisogno di ripetere osservazioni già fatte, come Gazella graciltima WEITE. abbia con quelle delle spiccate affinità. . Accanto a queste affinità peraltro, non mancano alcuni caratteri differenziali, dei quali occorre pure tenere parola per la completa conoscenza della forma fossile in questione. Un primo carattere consiste nell’aver questa proporzionalmente molto più marcati i rilievi longitudinali di smalto sul lato esterno dei premolari superiori. Nei premolari anzi il rilievo me- diano acquista la parvenza di una piega ben scolpita, che si origina, insieme ai due rilievi anteriore e posteriore, da un rudimento di cercine il quale fiancheggia sul lato esterno la base della corona dentaria. Un simile carattere, che si ha pure, come già ho detto, sebbene un poco meno marcato, anche nei molari di Gazella gracillima WEITH. manca nelle due specie mioceniche Gazella Haupti MAI. e Gazella deperdita GERV. All’ opposto, nella miocenica Gazella deperdita GERV., var. brevicornis GAUD. e nelle Gazelle viventi, le pieghe longitudinali di smalto ricordano, specialmente nei premolari, con la loro disposizione, i caratteri della specie che stiamo studiando. Palacontographia italica, vol. XXIV, 1918. 26 202 D. DEL CAMPANA [56] Altra osservazione da farsi, a convalidare sempre meglio il riferimento di questa al genere Gazella BLAINV. è la mancanza di colonnette interlobali sul lato interno dei molari superiori ca- rattere riscontrato già in tutte le specie fossili e viventi di Gazelle da noi sin qui esaminate. Anche i caratteri della tavola masticatoria, meritano di venire, sia pur brevemente, esaminati nella Gazella gracillima WEITH. | Nei casi in cui la tavola di masticazione è formata, la sezione dei denticoli esterni, tanto nei Premolari, che nei Molari primo e secondo è, come di solito, elissoidale coll’asse maggiore disposto trasversalmente. In M, invece l’ellisse ha l’asse maggiore disposto secondo la lunghezza. Ora le forme fossili sin qui a noi note ed anche le viventi avute in esame, si uniformano ® Gazella graciltima WEITH. soltanto per ciò che riguarda i molari, mentre i premolari, avendo il denticolo esterno più compresso in senso trasverso laterale, la sezione di questo si presenta neces- sariamente coll’asse maggiore longitudinale. Le stesse osservazioni valgono presso a poco per i denticoli interni sia dei premolari che dei molari superiori, sicchè possiamo conecluderne che in Gazella gracillima WEITH. la proporzione del cemento è maggiore che in alcune altre specie congeneri, quali ad esempio la fossile Gazella Haupti MAJ. e le forme viventi avute in esame. £ Altro particolare da notarsi è la presenza in Gazella gracillima WEITH., sulla tavola masticatoria di M,, di una piccola isola di smalto, situata quasi nel centro della corona, là dove confluiscono le estremità dei due denticoli interni. ’ Questa isoletta manca in M, e M,, ma ad un grado poco più avanzato di usura, essi pure probabilmente avrebbero assunto un tal carattere come rilevo dalla conformazione e disposizione dei loro denticoli interni, e di quelli ancora dei molari secondo e terzo a corona quasi intatta, | attribuiti dal WEITHOFER alla specie in parola. Avendo già esaminata l'esistenza di un carattere consimile in M, di Gazella Hauptì MAI. le osservazioni fatte a proposito di quella possono valere anche per Gazella gracillima WEITH. Finalmente dobbiamo notare come i due molari ancora intatti, ricordati poco sopra, di questa specie abbiano le corone lievemente incurvate verso l’interno. Tal carattere non ho potuto seguirlo nelle specie viventi, per difetto di adeguati termini di confronto; delle specie fossili, soltanto Gazella Haupti MAJ. presenta M, conformato nella stessa guisa di Gazella gracillima WEITH. Caratteri morfologici della mandibola e sua dentizione. Passo ora allo studio delle mandibole, per illustrarne in seguito la dentizione. Sebbene in alcune di queste non manchino rotture e compressioni, non di meno, confrontandole con le altre meglio conservate si constata che l'alterazione subìta dalla branca mandibolare non ha in nessun caso alterato di troppo le dimensioni generali, che sono riportate nella seguente tabella. Altezza della mandibola in corrispondenza di Pm, Mo Me GazellaygraclimMaNVEITH..{(C) e E EA CS mm. 8.7 94 De » » » (COAT e de aL ro » — Lo 16 * » » » VORO Me RS AR ul a vg azo io » -_ 9.8 13.4 » » » (G). SME Pio a I SRLARO RO VERA ILE dea VCO » - 9.3 13.6 Cephalophus abyssinicus HAM. SMITH, (SCIO®). LL. » 12.5 15 18.2 {57] D. DEL CAMPANA 203 Altezza della mandibola in corrispondenza di Pm, M, Mi Oreotragus saltatrixoides Rip. (g' Scioa) . LL. e...» mm. 12. 14.7 18.2 » » » ((GAEASII ATA) Fo ANI NT » 11.5 14 17.8 » » » ((GIRKOLENI=]UV2) MRO N -- MENSO sl 10 12.5 16.8 Madoqua saltiana BLAINV. (g' Bogos). (. LL. » 7.3 88 114 » » » (GURA'SBRPE JUVE) MIO e IAN OS Co RESTO » 7 82 9 Gazella deperdita BLAINv. var. brevicornis GAUD. — Attica (Da GAUDRY) » 13 — 20 » TAGUDEGAMATOR (5) E OOO OE » 25 _ 30.2 » » DC) Re ce So Sii SILE » = _ 44 » CONCASS INN TA E PRISON TI AE » 15.5 18.2 22.5 » » » RA RS RES AG O AA CORR OBROATA ORE COSO OES. (LA » 16.6 18.5 19.5 » » DIA LI E RR E RT N gato TIT » 16.3 19.5 22.7 » SOCMMEERIACRETZIA TN II ON, » 18 6 23 28.7 » » DA ROLO TUA) HAI a » 20 24.7 30 > COLONUNOMPERE GIR OO O » 16.5 18.2 21.8 Le cifre precedenti riconfermano quanto abbiamo più volte affermato circa le relazioni nelle quali si trova, riguardo alle dimensioni, la Gazella gracillima WEITH. colle Gazelle fossili e viventi già ricordate nel corso del presente studio, nonchè colle piccole forme di Antilopi viventi del- VAffrica. Quanto ai caratteri morfologici, parrebbe che la Gazella gracillima WEITH. avesse il margine inferiore della branca orizzontale a forma scafoide; e .lo stesso si può ripetere pel margine superiore che in corrispondenza di Pm, formava una concavità non troppo leggera, e doveva continuare poi secondo una linea pianeggiante in corrispondenza della barra fino alla sinfisi mandibolare. Nei pezzi che hanno meno risentito della pressione trasversale si nota che la branca mandi- bolare era piuttosto rigonfia, specie in corrispondenza dei molari, sia sul lato esterno che sul- l’ interno. Un tal particolare, per difetto di conservazione, non si può ugualmente seguire nella (Gazella Haupti MAJ. e neppure, per difetto di dati, nella Gazella deperdita BLAINYV. Le Gazelle viventi da me avute a disposizione presentano il medesimo carattere, che è invece meno visibile nei generi Cephalophus HAM. SMITH, Oreotragus A. SMITH, Madoqua OGIL. Una delle mandibole di Gazella gracillima WEITH. ricordate sopra, (C) Tav. XIX [Vl], fig. 3 ci consente di fare qualche altra osservazione sulla parte anteriore della branca orizzontale, e più spe- cialmente in merito alla barra. î Di questa, è vero, non possiamo dare le precise dimensioni ma anche il poco che potremo dirne servirà a far conoscere sempre meglio la specie fossile in parola. Se si considera nelle specie viventi di Gazella la posizione del foro mentoniero, si nota che in alcuni casi esso corrisponde alla metà, circa, della lunghezza della barra (Gazella dorcas LINN., Gazella tilonura HEUGL.) in altri oltrepassa di poco questo punto e si avvicina di più alla sinfisi mandibolare (Gazella Soemmeringi CRETZ.). Delle altre specie di Antilopi viventi prese a confronto, Cephalophus abyssinicus THOM. è Oreotragus saltatrixvoides RiipP. hanno il foro mentoniero un poco più avvicinato alla sinfisi mandi- bolare; mentre in Madoqua saltiana BLAINvV. è a metà lunghezza della barra. Nella mandibola di Gazella graciltima WEITE. che stiamo osservando il foro mentoniero non si può vedere perchè la branca è rotta anteriormente a questo. 204 D. DEL CAMPANA [58] La parte di barra pertanto che rimane ancora ha una lunghezza di mm. 12, di modo che non sembra azzardato il ritenere ‘che allo stato normale essa misurasse una lunghezza totale approssi- mativa di mm. 24, Si consideri ora questa cifra posta a confronto nella seguente tabella colle altre ricavate suile specie viventi più volte ricordate. Dimensioni della barra. Gazella gracillima WrITA. (C) mm. 24 Cephalophus abyssinicus HAM. SMITH (Scioa) >» 32,6 Oreotragus saltatriroides Rip. (cv Scioa) 19 » » >» (dAsmara) > 19 » » > (cgQ' Keren-juv.) DINT Madoqua saltiana BLAINv. ( c' Bogos) » 16 » » » (g'juv. Assab) » 16 Gazella dorcas Linn. (I) » 37,4 » » 3 (CUD) > 41,5 » » SIA) » 40 Gazella Soemmeringi CRETZ. » 46 » » » ( Keren) » 45,5 Gazella tilonura HEUGL. » 40 Per quanto riguarda le due specie Oreotragus saltatricoides RiipPp. e Madoqua saltiana BLAINV., ove si tenga conto delle dimensioni della mandibola, si osserva facilmente;che in questi la barra assume una lunghezza proporzionalmente minore che in Gazella gracellima WEITH. Minor differenza di sviluppo si ha nelle diverse specie del Gen. Gazella LicHT. e in Cepha- lophus abyssinicus THOM. _ Ma riguardo a quest’ultimo ricorrono, oltre quelle indicate già sopra, altre differenze assai note- voli in quanto la barra di Gazella gracillima WEITH. non descrive una curva, come in Cephalophus abyssinicus THOM., ma, una linea pianeggiante, come nelle Gazelle; ed in corrispondenza di quella la mandibola si presenta, tanto in Gazella gracillima WEITH. quanto nelle specie congeneri viventi, più compressa in senso trasversale che in Cephalophus abyssinicus THOM. Data in tal modo conoscenza dei pochi caratteri ancora conservati nella mandibola di Gazella gracillima WEITE. prendiamo ad esaminarne la dentizione. Secondo il consueto faccio precedere alle osservazioni alcune tabelle di misure relative ai premolari e molari inferiori. Dimensioni dei Premolari inferiori. Gazella gracillima WxirH. — Montebamboli. Destri (C) Destri (D) Pm Pm Pm Pm Pm Pm 1 2 3 1 2 Lunghezza massima RTS SICA TONCO LO SPS PIERA - 5 7) Larghezza » PATER BRELA VANE MATTO) US — - - - 99 Altezza della corona. . . . . . ARIE RA a E ISS, SINISTRA tI MAN9i5 — - — - 3 [59] D. DEL CAMPANA 205 Cephalophus abyssinicus THOM. (Sesso sconosciuto ) Boggù (Barka - Scioa ) Destri Sinistri Pm Pm Pm Pm Pm Pm 1 2 1 2 3 Lunghezza massima mm. 6 CSM, - 15 iS NI-O 6:80 M7:3, Larghezza » » 3a - £ - 4,8 SA - 4 4,5 Altezza della corona 5 DIO: TO, - 6,4 56 - 6 - 6,8 Oreotragus saltatrixoides RiipP. ' e) Scioa Asmara Destri Sinistri Destri Sinistri Pm Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm, Pm Pm, Pm, Pm, Pm, Lunghezza massima mm. — - 8,8 - 8,6 5* - — - 8,8 CNS di RT 8 Larghezza » » — - 3,56 - 4,5 — - — - 4,2 2,7 - 3,6 - 4,6 2,5 - 8,7 - 4,8 Altezza della corona » — - 4,2 - 42 — - — -. 4 3,6 - 4,7 - 5 3,6 - 4,3 - 5 Madoqua saltiana BLAINV. ey Bogos ( Eritrea) Destri Sinistri î Pm Pm, Pm, Pm, Pm, Pm Lunghezza massima e MNIe e R e IOIO TO - 6 3,4 5,5 - 5,6 Larghezza » SIN) 2:28 2 24 - 2,8 Altezza della corona : » 3 - 4 - d 2,8 4 - 4,2 Dimensioni dei Molari inferiori. a) Gazella gracillima WEITH. — Montebamboli. Destri (B) Sinistri (B) Destri (C) Sinistri (D ) M, M, M, M, M, M, M, M, M M, M, M Lunghezza massima mm. — - - 9,8 — - 7,56- 9,9 5,5 - 63- — 55 - 7 - 12 Larghezza del lobo ant. . » — - — - 3 — -3 - 3 4 - 4&- — 4,5 - 5 - 5,3 » » med.. » — - — - 2,9 — - — - 2,8 — -— -.—- — - — - 5 » » post.. » — - — - 1,7 — - 3,7 - 1,6 46 - — - — 5 - 5,2- 83 Altezza della corona >» — - — - 10,2 — - 9 - 10,4 4,5 - 45- — 3 - 5,8- 7 206 Lunghezza massima mm. Larghezza del lobo ant. » » » med. » » » post. » Altezza della corona » Larghezza massima —. . + Larghezza del lobo anteriore » » mediano d » Altezza della corona posteriore . D. DEL CAMPANA Destri (E) Sinistri (F) M M, M, M, M, M, CRETE DA SERRUZI7A (196 — - 42- 4 — - 5,2 - 5 — - — - 4 — - — - 43 4,7- 4 - 2,8 SQ N | — - 47- 9 — - — - 8,5 Gazella gracillima WEITH. -- Montebamboli. Cephalophus abyssinicus THOm. (sesso sconosciuto ) Destri M, M, mm, 8 - 9,8 + » 5 - 5,5 » — - _ » Di 5,5 » 6,4. - 8 Oreotragus saltatrixoides RiiPP. e) Scioa | Destri Sinistri M M, M, M, M, M, Lunghezza massima mm. 7,6 -9 - 12 TO CIO IRIS Larghezza del lobo anteriore » 5,2 - 5,9 - 5 DECISO. » » mediano » —-— - 5,2 —.-— 5,2 » » posteriore » 5,5 - 5,4 - 3,8 5A - 5,4 - 3,2 Altezza della corone DORALIIIONIICO;0 3,5 -5: - 7 Lunghezza massima Larghezza del lobo anteriore » » mediano > » Altezza della corona posteriore . Madoqua saltiana BLAINV. Destri M, M, mm. 6,2 - 6,5 > SRIE 3,7 » SERRA » BHO NOE 3,6 » 3 - 4,5 [60] Destri (G) Sinistri (H) M, M, M, M, M, M, GIR AT CARNESIICNIO, lie lO na to COME 6 Lire TEMO 45 LATE EMCI T9:Q0S MAIA 5 - 66- 6 al NGSIRE Boggù (Barka - Scioa) Sinistri M, M, M, M, 12 SZ NL, SIND 5,2 DA 05 ROIO 5 LE gi Are 3 SR IR OSIO 8 Gianico PERO e) Asmara Destri Sinistri M, M, M, MM, M, SAMO 8,3 - 9,4 - 12,6 45/52 ‘5 45 52- (48 Sio da ara a oa FEO) BAM CUS IGATTT 6,2 -.6,5 - 6,6 o Bogos (Eritrea) Sinistri M, M, M, M, 7 BACO MANA 3,7 5 LS GO EST = 3:51 PSR IMRIZI6 4,6 CREO Va IS [61] i D. DEL CAMPANA 207 Inizio le mie osservazioni dai premolari inferiori, notando subito che, a differenza di quanto abbiamo visto per la Gazella Haupti MAyJ., in Gazella gracillima WEITH. questi denti sono in numero di tre, secondo la formula comune alla massima parte delle Gazelle viventi e fossili. Di Pm, si ha soltanto conservato 1’ alveolo in una delle mandibole di Gazella gracillima WeEITH. (C), perchè la corona è andata dispersa in seguito a rottura, sopraggiunta con probabilità dopo l’ escavazione. Le dimensioni quindi che noi abbiam viste nella precedente tabella riferendosi unicamente alla massima lunghezza dell’ alveolo, dànno soltanto con approssimazione la misura della massima lunghezza della corona. Il piano alveolare è obbliquo in direzione delta barra. Questo carattere risulta comune alle specie viventi di Gazelle più volte citate ed è pur esso un buon argomento pel riferimento gene- rico del fossile in parola, mentre nelle altre Antilopi viventi messe a raffronto il piano alveo- lare è sempre più o meno orizzontale. 3 Pm, si mostra in Gazella graciltima WEILH. con caratteri alquanto diversi da quelli che ha nella miocenica Gazella deperdita GERV. var. brevicornis GAUD. e nelle specie attuali di Gazelle avute in esame, Infatti esso presenta sul lato interno una piega di smalto ben scolpita la quale dà luogo ai suoi lati a due insenature assai profonde, e luna e l'altre arrivando fin presso al colletto del dente restano perciò visibili anche quando si hanno, come nel caso nostro, denti in stato di usura assai avanzato. Qualche cosa di simile ho potuto notare nel Pm, di due esemplari esaminati di Oreotragus saltatrixoides RiiPP., mentre in Cephalophus abyssinicus THOM. e Madoqua saltiana BLAINV. tal parti - colare manca. È peraltro da notare che in queste tre specie, Pm, oltre ad avere proporzioni diverse di gran - dezza è anche lateralmente più compresso; ed essendo per questo meno slargato al lato posteriore, la corona non presenta quella sezione sub-triangolare che ha in Gazella gracillima WEITH. Pm,, conservato come è noto in due mandibole (C, D), si avvicina invece per i suoi caratteri morfologici alle specie di Gazelle fossili e viventi ricordate sopra e non dà luogo ad osservazioni speciali. Anche le osservazioni-che ho potuto fare assai estese, sui molari inferiori della specie in parola offrono argomento pel riferimento di essa al Gen. Gazella LIcHT. Per ciò che si riferisce alla faccia interna di questi denti, Gazella gracillima WEITH. presenta con le forme congeneri viventi affinità maggiori di quelle riscontrate in Gazella Haupti MAI. Ho già notato infatti, a proposito di questa specie, come la superficie interna dei Molari ha poco accentuati i rilievi marginali di smalto e presenta per contrario solchi assai profondi con lobi a faccia arrotondata. Nella Gazella graciltima WEITH. i solchi, pur non mancando, sembrano proporzionalmente meno profondi, e i lobi, ad eccezione dell’ anteriore, hanno talora la faccia interna percorsa da rilievi longitudinali discretamente scolpiti; sicchè se ne può concludere che, per i caratteri della faccia interna dei molari, Gazella gracillima WEITH. è intermedia tra Gazella Haupti MAJ. e le Gazelle viventi esaminate. Relativamente alla faccia esterna dei molari, la specie in questione presenta alcune varianti meritevoli d’ esser osservate. In varie mandibole questi denti non hanno nè colonnette, nè tuber- coli interlobali. In due altre però (E., G.) M, porta, in dipendenza del lobo anteriore una co- lonnetta a base molto slargata, ma poco sviluppata in altezza. Non è il caso di trattenersi in merito a tale variante, potendo servire a stabilirne il valore le osservazioni già fatte, quando l’ abbiamo esaminata nell’illustrare la Gazella Haupti MAJ. 208 D. DEL CAMPANA % 62] Nessuna particolarità degna di nota si ha nella faccia superiore dove la tavola masticatoria è già in parte formata. Manca nel M, di Gazella gracillima WEITH. quella leggiera curvatura della corona verso l’ esterno riscontrata in Gazella Haupti MAJ., ed il terzo lobo di questo medesimo dente ha sezione di un triangolo isoseele il cui vertice corrisponde al margine posteriore del dente. In merito alle altre specie di Antilopî più volte citate in questo nostro studio sulla Gazella gracillima WEITH., Cephalophus abyssinicus THOM. presenta al pari di quella una piccola colonnetta interlobale in M,; ma tanto in questo dente, quanto negli altri due molari si hanno lobi proporzio- nalmente più slargati; ed inoltre il terzo lobo di M,, oltre ad avere un maggiore sviluppo, ha sezione sub-cilindrica anzichè triangolare. Nei molari inferiori di Oreotragus saltatrixoides Riipp. le differenze appaiono ancor più salienti; noi ci accontenteremo quindi di notare solo le principali, cioè la sezione triangolare dei lobi e la loro inclinazione verso l’indietro, la mancanza di rilievi longitudinali ben scolpiti sul lato interno, e finalmente lo sviluppo proporzionalmente maggiore e la sezione sub-cilindrica del lobo poste- riore nel M;; caratteri i quali mancano affatto nella specie in parola. Non meno spiccatamente si differenziano i molari inferiori di Madoqua saltiana BLAINV. dagli omologhi di Gazella gracillima WEITH. Molte. delle differenze notate sono le stesse di quelle già viste a proposito di Oreotragus saltatrixoides RiipP.; a queste va anche aggiunto che M, manca in Madoqua saltiana BLAINV. del terzo lobo e prende una forma completamente identica a quella di M, e M.. Gazella deperdita Gerv. — Tav. XVIII [IV], fig. 11. Sotto la incerta denominazione di Antilope cfr. Massoni MAI. sta nel Museo di Pisa una piccola caviglia ossea di corno, probabilmente sinistro, di Antilope, raccolta neila località Mulinuzzo - Castellare, presso il Casino, in provincia di Siena, attribuita, come è noto, al Miocene superiore. Il cornetto è rotto inferiormente in prossimità della. base. Tenuto conto del restringimento che esso presenta ben visibile alla distanza di circa un centi- metro dalla rottura inferiore, si può facilmente concludere che esso si inseriva sul frontale mediante un peduncolo piuttosto lungo. Un carattere consimile ricorre in varie specie di Gazelle, tra le quali come già ho fatto notare stanno la miocenica Gazella deperdita GERV. e le plioceniche Gazella Fuciniù sp. n. e Gazella anglica REW. Superiormente la rottura sembra essersi prodotta ad una certa distanza dall’apice della caviglia. Questa, inoltre, è andata soggetta nella sua parte inferiore ad uno schiacciamento, che è pero appena accennato nella parte superiore, ed in ogni modo non ha troppo alterato i caratteri morfo- logici del fossile. I quali caratteri mostrano come la caviglia aveva sezione regolarmente ovale, e, subito sopra: al peduncolo, si incurvava piuttosto notevolmente: all’ indietro. Sottilissime strie la percorrono in senso longitudinale; nè, a quanto sembra, esse variano di numero o di grossezza a seconda della loro distribuzione nella metà inferiore o superiore della caviglia. La struttura compatta del tessuto osseo, quale resta visibile dalle rotture, unitamente agli altri caratteri morfologici, toglie ogni dubbio sul riferimento della caviglia al gruppo delle Antilopî. 163] — D. DEL CAMPANA 209 Lo sviluppo peraltro di questa, di cui resta conservata una parte non certo inferiore alla metà, rivela la presenza di un animale di dimensioni non molto diverse dalle Gazelle. Infatti le cifre che ho potuto rilevare sono le seguenti: Lunghezza totale della caviglia mm. 36 Diametro antero posteriore al disopra del peduncolo » 38* Diametro traverso al disopra del peduncolo » 19* Diametro antero-posteriore alla estremità superiore » 25 Diametro trasverso alla estremità superiore È » 17,5 Le cifre segnate con asterisco sono, al solito, solo approssimative, in forza dello schiacciamento di cui ho già fatto cenno. v L’ essere stato il fossile in questione avvicinato con dubbio all’ Antilope Massoni MAI., oggi riconosciuta come appartenente al Gen. Palaeorye GAUD. ci apre la via a chiarire la questione, per noi principale, sul genere di Antilope al quale la caviglia deve essere riferita. Dal GAUDRY !) noi sappiamo che il Gen. Palaeorye GAUD. ha corna simili a quelle del Gen. 0ryrx BLAINV., ma se ne differenzia talmente per la sua dentizione, sì da formare un genere nettamente separato. Ciò premesso, non occorrono confronti dettagliati per assicurarsi che la caviglia ossea del Muli- nuzzo non può essere appartenuta a nessuna specie di Palacorye GAUD. Basta infatti confrontare la figura che ne abbiamo dato (Tav. XVIII [IV], fig. 11) colle figure di Palaeorye Pallasi GAUD., di Palaeorye parvidens GAUD., Palaeorya Cordieri CHRIST. date dal GAUDRY ?) e dal GERVAIS *) e colle figure del Gen. 0ryx BLAINV. date dagli autori, per convincersi che la caviglia ossea in questione non ha davvero lo sviluppo straordinario e la forma allungata e leggermente curva che si nota nelle caviglie di tutte quelle specie. Se poi si considera che tra i caratteri morfologici delle ca- viglie ossee delle corna di Paleorya Massoni MAI. oltre ad una leggiera curvatura verso l’indietro, vi è pure la presenza, sulla parte anteriore verso il lato interno, di una fossa, più profonda nella metà inferiore che nella superiore ‘), cade qualunque dubbio sulla possibilità che il fossile di cui ci occupiamo abbia, anche dubitativamente, a riferirsi alla specie del Major ora ricordata. Ho già accennato sopra che le dimensioni del fossile in questione richiamano alla mente il Gen. Gazella LICHT.; si può aggiungere che questo genere viene ancor meglio ricordato dall’ insieme dei caratteri morfologici che la caviglia lascia vedere anche con un esame superficiale. Quanto alla specie alla quale la caviglia ossea in parola può venir riferita, pare a me non vi sia alcun dubbio sulla sua appartenenza alla Gazella deperdita GERV. Basta, infatti, paragonare il fossile da noi preso ad esame, colla figura della caviglia ossea della specie ora citata, data dal GERVAIS?), per convincersi che esiste notevole identità di forme, non ostante lo schiacciamento in senso trasverso che la caviglia ossea del Mulinuzzo ha subìto, 1) GaupRY A. Animaux fossiles et Géologie de l° Attique, pag. 271, tav. XLVIII, fig. 1, pag. 275; tav. XLVII, figura 6. i F ?) Ip. Ibid. 3) GeRvaIs P. Zoologie et Paléontologie francaises, pag. 139, tav. VII, fig. 3, 4. 4) ForsyrA MayOR C. I. Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi Pliocenici e Post-pliocenici di Toscana, pag. 52. ) Op. cit., pag. 140, tav. XII, fig. 3, 3°. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. 210 D. DEL CAMPANA [64] come sappiamo già. D'altra parte giova tener presente che, secondo le osservazioni del GAUDRY '), la maggior parte delle caviglie ossee delle corna di Gazella deperdita GERY. sono lateralmente compresse. Questo medesimo autore nota ancora, a proposito delle caviglie della specie in parola rinvenute a Mont Léberon, che la loro direzione indica che gli astucci cornei dovevano avere forma lirata. Qualche cosa di simile si osserva pure nella caviglia che stiamo studiando anche tenuto conto dell’infiuenza che sulla sua direzione può avere avuto lo schiacciamento; ed appunto la direzione che la caviglia presenta, la fa ritenere con molta probabilità come appartenente al lato sinistro. Anche per le sue dimensioni il fossile in questione armonizza colla Gazella deperdita GERV. più di quanto possa sembrare a prima vista. Invero se si consideri che il diametro antero-posteriore, alla base, è necessariamente aumentato, sia pur di poco, in forza dello schiacciamento, mentre il diametro trasverso è invece diminuito, si vedrà che, debitamente corrette, le cifre da, me date non si discostano affatto da quelle di Gazella deperdita GERV. Ciò appare più facilmente ove si consi- derino invece i diametri antero - posteriore e trasverso presi all’ estremità superiore della caviglia in questione, in quanto che la compressione essendo ivi meno sentita, molto meno ne son rimasti alterati i diametri. Palaeoryx Meneghini: Riir. Ill RiiTIMAYER °) impose il nome di Paleorya Meneghini ad una specie di Antilope della quale potè esaminare un eranio molto incompleto proveniente da Olivola, appartenente alle collezioni del R. Istituto Geologico dell’ Università di Pisa. Il Prof. MARIO CANAVARI avendomi, con una gentilezza della quale gli sono riconoscentissimo, comunicato il fossile in questione, stimo utile il farne qui sia pur brevemente menzione. Il RiiriMEYER, a proposito dell’età del cranio di Palueorye Meneghinii, ritiene ch’ esso possa essere venuto nella breccia ossifera di Olivola da un terreno più vecchio. Egli osserva che, pel suo colore e pel suo stato di conservazione il fossile si assomiglia assai ai fossili miocenici di Pikermi, ciò che non gli parve invece di riscontrare pei denti di Suini e di Cavalli rinvenuti, al pari del cranio, nell’ossario pliocenico di Olivola. Quanto a me, avendo avuto da poi che mi occupo di Mammiferi terziari, continuamente a mano resti dell’ossario di Olivola appartenenti a buone specie plioceniche, non saprei trovare aftatto quella diversità di fossilizzazione che al RiiriMEYER apparve così notevole, e ritengo che il cranio di Palacorye Meneghinii Riir. abbia la stessa età degli altri resti fossili di mammiferi in mezzo ai quali fu rinvenuto. Non è qui il caso di entrare in minuti dettagli sulla specie e sul cranio in questione; rimando perciò il lettore alla descrizione datane già dal RiirIMEYER, e mi limito a ricordare come il cranio di Olivola per la forma e posizione del corno, per la vicinanza di questo alla sutura frontale, per il forte schiacciamento del suo profilo potè facilmente esser riconosciuto come appartenente al Gen. Palaceorye GAUD., pur distinguendosi specificamente dalle due forme, che quel genere rappresentano nel Miocene di: Pikermi. Nessuna misura del cranio il RiTIMEYER ci ha dato; il corno al punto di inserzione sul cranio ha un diametro trasverso massimo di mm. 44 ed un diametro antero posteriore di mm. 32,5. 1) GaupRY A., Animaux fossiles du Mont Léberon, pag. 59. ?) Ririmerer L., Die Rinder ete., pag. 86, tav. VII, fig. 13, 14. [65] D. DEL CAMPANA 211 Misurando in linea retta dalla sutura medio -frontale alla base interna del corno, si ha una distanza approssimativa di mm. 8,5; cosicchè se ne può concludere che le due caviglie ossee delle corna distavano l’una dall’ altra di circa mm. 18. La distanza in linea retta dalla sutura medio frontale alla base esterna del corno raggiunge mm. 5,3; onde se ne può indurre che il cranio completo doveva avere presso a poco, nella regione frontale, un diametro trasverso di mm. 106 Queste cifre che, per ragioni ovvie, sono solo approssimative, potranno tuttavia dare un'idea assai vicina alla realtà dello sviluppo che il cranio doveva aver raggiunto, poichè nel raccoglierle, ho tenuto il maggior conto possibile degli errori che il difetto di conservazione, poteva portare nella misurazione. Qualche raffronto tra le suddette misure, benchè approssimative, con quelle stesse che il GAUDRY ha dato per le sue due specie del Miocene di Pikermi, credo servirà a far meglio conoscere la specie in questione ). Per ciò che riguarda lo sviluppo delle caviglie ossee delle corna, possiamo rieordar solo il Palaeorya parvidens GAUD. le cui caviglie hanno un diametro massimo di mm. 47 ed un minimo di mm. 32; ciò che indica uno sviluppo delle corna non molto diverso dal Palaeorye Meneghinii Rim. La distanza alla base tra le caviglie ossee delle corna viene data dal Gaudry in mm. 20 per il Palaeorye Pallasi GAUD. ed in mm. 15 per il Palaeorya parvidens GAUD.; sicchè, pel ravvicina- mento spiccato delle corna, la specie pliocenica si mostra intermedia alle due specie del Miocene. Il GAUDRY aggiunge tra le misure date pel Palaeorye Pallasi GAUD. la larghezza del cranio sul punto in cui si inseriscono le corna, in mm. 170; mentre pel Palaeoryr parvidens GAUD. stabi- lisce la larghezza del cranio, tra la sommità delle orbite, in mm. 94. Queste cifre messe a paragone con quella raccolta nel cranio di Olivola (mm. 106 ) ci permettono di ritenere che pel suo sviluppo generale il cranio della specie pliocsnica è intermedio tra le due . forme del Miocene di Grecia. ll RiiriMEYER osserva inoltre, a proposito del Palaeorya Meneghinii come l'osso lacrimale assume in quella una grandezza considerevole, non solo nei riguardi delle specie del vivente Gen. Oryw BLAINV. (0rya gazella LINN., Orya beisa RiipP.) ma anche delle specie di Palacorya GAUD. di Pikermi. Riguardo a quest'ultime, solo il Palaeorya Pallasi GAUD. è figurato dal GAUDRY *) in modo da presentar visibile in gran parte l’osso in questione, il quale sembra ripetere su per giù le stesse dimensioni e gli stessi caratteri di contorno, del lacrimale di Palaeorya Meneghinii Rit. Il GAUDRY non avendoci lasciate osservazioni in proposito, conviene contentarsi di quanto si può desumere dalla figura. Sulla quale, misurando in linea retta dalla sutura fronto-lacrimale sul margine orbitario, al- l'estremità dell'osso, avrei trovato una lunghezza di mm. 57 per la regione antero-esterna del lacrimale, che è l’unica parte di quest'osso suscettibile di essere osservata. Tale misura sale pel Palaeorye Meneghinii Rim. a mm. 72, e conferma ampliamente le osser- vazioni fatte in proposito dal RiTIMEYER. 1) GAUDRY A., Animaux fossiles et Géologie de V Attique, pag. 271, pag. 277. 2) GAUDRY A., Op. cit., pag. 271, tav. XLVII, fig. 1. n 212 D. DEL CAMPANA [66] Antilope (Palaeoryx?) sp. n. — Tav. XVIII [IV], fig. 10@-c. Il WEITHOFER ') ascrisse con dubbio al genere Palaeorye GAUD. un frammento di mascellare sinistro, sul quale stanno impiantati Pm,, Pm,, M, e M.. Questi denti furono raccolti nel 1879 nelle cave di lignite a Casteani dal Sig. EMANUELE MAL- FATTI il quale ne fece dono-al Museo. Essi sono fossilizzati in quella marna indurita che incassa il banco di lignite, e nello stesso pezzo di marna dal quale sono stati isolati, si vedono ancora inelusi i premolari e molari del mascellare destro. Questi però sono in stato di conservazione così deficiente e così aderenti alla roccia fossilizzante che per quanti tentativi abbia fatti, non sono riuscito ad isolarli. I denti del mascellare sinistro banno però conservato la massima parte dei loro caratteri morfo- logici, poichè mancano solo le cuspidi esterne del lobo anteriore di ambedue i molari. Ne concludo perciò che le allusioni fatte dal WEITHOFER ?) al loro cattivo stato di conserva- zione» dipendessero unicamente dalla circostanza che quando esso gli esaminò non erano ancora stati completamente preparati per lo studio. Di tali denti il WEITHOFER osserva soltanto che hanno una tal -quale analogia con quelli di Cervus, ma la parete esterna è internamente formata come nelle Antilopî. Quanto alle dimensioni e alla forma essi si avvicinano al Palaeorya Pallasi GAUD. di Pikermi. Riguardo all’analogia coi Cervi, neppure il WEIrHOFER sembra annettervi molta importanza; nè ad altro risultato mi hanno condotto i confronti che io ho voluto rinnovare, per sempre meglio apprezzare le osservazioni di quell’ autore. Il quale, molto opportunamente, ha fatto notare la grande analogia che i denti di Casteani presentano, per i caratteri della loro faccia esterna, non già coi . denti dei Cervi, che hanno rilievi longitudinali assai pronunziati e più numerosi, ma con quelli delle Antilopi, ove detti rilievi sono assai meno scolpiti e in parte mancano, come vedremo più avanti. : Sfortunatamente pel nostro studio, delle forme ascritte al Gen. Palaeoryx GAUD. non poche sono rappresentate da resti diversi da quelli che rappresentano Vl Antilope di Casteani e non sono quindi suscettibili di confronti. Tale infatti è il caso del Palaeorya Massoni MAI., del Palacorya rotundicornis MAI. e del Palaeorye Meneghinii Riv. La prima di questa specie, come avremo presto luogo di vedere, ci è nota per alcune caviglie ossee di corna provenienti dal Miocene superiore del Casino presso Siena, e succintamente illustrate dal ForsyTH MAJOR nelle sue considerazioni #) sui Mammiferi pliocenici e post-plioce- nici della Toscana. Quanto al Palaeoryxe rotundicornis MAJ. i resti che ForsytH MAJOR ne rinvenne nel Miocene superiore di Mitylini dell’isola di Samo, non hanno ricevuto ancora da questo autore illustrazione di sorta ‘). 1) WritHOFER K. A. Alcune osservazioni sulla fauna delle ligniti di Casteani e di Montebamboli in ‘l'oscana, pag. 365. ?) Op. ctt. 8) ForsyrE MAJOR C. I. Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi pliocenici e post-pliocenici della Toscana. Atti della Società Toscana di Scienze Naturali residente in Pisa, Vol. I, pag. pag. 235, Pisa 1875. 4) ForsytH MAJOR C. I. Le gisement ossifère de Mitylini, pag. 4, (Extrait de Samos, étude palcontologique et botanique, par C. De STEFANI, C. I. ForsyrA MAJOR e W. BarBEY. Lausanne, Imprimerie Georges Bridel ete. 1892. [67] D, DEL CAMPANA 213 Finalmente il Palaeorye Meneghinii Rit. è rappresentato, come già abbiamo visto, da un cranio non troppo ben conservato e privo della dentatura. Nell’ accingermi allo studio dei resti sopra indicati, non mi' sfugge quanto osservò già il GAUDRY ‘') in merito allo scarso valore specifico che i caratteri morfologici dei denti presentano nei Ruminanti in generale e nelle Antilopi in particolare; sicchè resterebbe difficile nel caso nostro, secondo quell’ autore, il distinguere se una mascella isolata appartiene ad un Zragocerus GAUD., piuttosto che ad un Palaeoryr GAUD. Tuttavia mi sembra che la presenza o meno, di colonnette interlobali nei molari superiori ed inferiori, e lo sviluppo di esse contrariamente a quanto afferma GAUDRY, abbia un certo valore, non trascurabile anche se non grande. Tanto è vero che il GAUDRY stesso °) pone tra le differenze che separano il Gen. Palaeoryw GauD. dal Gen. Tragocerus GAUD., anche la presenza in questa, oltrechè di premolari a forma allun- gata, di molari con colonette interlobali gèneralmente più sviluppate, con pieghe longitudinali di smalto sul lato esterno, poco rilevate e nascenti subito al disopra delle radici, sicchè il colletto appare nettamente visibile. Premesso ciò, sarà utile, per lo studio dell’ Antilope di Casteani, l’indagare le relazioni di dimensioni e di forma che passano tra di esso e le diverse specie appartenenti sia al Gen. Pa- laeorye GAUD. sia al Gen. Tragocerus GAUD.; onde ci sia dato di farci un giusto concetto del fossile in questione. Intanto le relazioni di dimensioni che passano tra queste ed i generi ricordati sopra, si possono dalla seguente tabella di cifre. Dimensioni dei Premolari superiori. Antilope (Palaeoryx?) sp. n. Palaeoryx Pallasi GAUD. Palaeoryx parvidens GAUD. Casteani — Sinistri Attica (da GAUDRY) Attica (da GAUDRY) Pm Pm Pm Pm Pm Pm 2 3 - 2 3 2 3 Lunghezza massima . mm. 13,5 -. 14 186. SO () Larghezza » Le 17,2. - 184 — o — -/ 11 Altezza della corona. » 19:20 = 158 — - — — .-| Palaeoryx boodon GERV. Palaeoryx boodon GERV. Roussillon (da DEPERET) Alcoy (da DEPÉRET) Pm Pm Pm Pm 2 3 2 3 Tunghezza massimali. tt. e te Im. 19 - 17 21 - 20 Tragocerus amaltheus GAUD. Attica (da GAUDRY) M.te Léberon (da GAUDRY) Pm, Pm, Pm, Pm, EHunghezza massimali O. RI a, 16 - 13 15 - 13 Larghezza » e TO RISALE) = - 17 - - 16 1) GaupRY A. Animaux fossiles et Géologie de l Attique. Palaeoryr Pallusi Gaun., pag. 271 e seg. 2) GauDRY A. Op. cit., pag. 278 e seg. 214 D. DEL CAMPANA [68] Dimensioni dei Molari superiori. Antilope ( Palaeoryx? ) sp. n. * Casteani — Sinistri M, M, Lunghezza massima. . + 0.0... +. MM 20,6 - 24,3 Larghezza del lobo ant. . . . . . . . . >» 17,6 - 16,7 » DIMOSTRI 14,5 - 12,8 ATTOZZAN AOL A TCOLONA O RIE 15,6 - 19,4 Palaeoryx Pallasi GAUD. Attica (da GAUDRY) M, M, Tunehezza Massima e ne e e ODINO - 21 Larghezza » IR ANIA AUCR RITERRÀ - - 24 Palaeoryx parvidens GAUD. Palaeoryx boodon GERV. Attica (da GAUDRY ) Roussillon (da DEPERET) M, M, M, M, Lunghezza massima . . «.. +... . mm. 11 - 14 26 - 27 Tragocerus amaltheus GAUD. Attica (da GAUDRY } Mont. Léberon (da GAUDRY) . M M M M 1 2 1 2 ILUNEHEZzA MM ASSI AMAZON TS - 21 17 - 19 Larghezza » OT OA SIE ee AVA 20 - —_ 19 - = Nel Palacorye Pallasi GAUD.') premolari e molari hanno contorni arrotondati, mentre i molari superiori si differenziano per il loro lato esterno meno pieghettato. La presenza in questi di una colonetta interlobale sul lato interno non pare sia carattere costante, perchè mentre alcuni individui la presentano, altri due ne sono privi. Questi pochi caratteri mostrano già una qualche differenza notevole colla specie di Casteani. In questa, tanto i premolari che i molari hanno la faccia esterna pianeggiante. I premolari inoltre si presentano con corona proporzionalmente più larga e la cavità circoscritta in ciascuno di essi dai due denticoli che li compongono si presenta assai più ristretta ed allungata che nei premolari di Palacoryr Pallasi GAUD. Vero è che un tal carattere può andare soggetto a notevoli varianti, a seconda del vario grado di usura che i denti possono presentare, ma in questo caso, se la figura data dal Gaudry è esatta, come tutto consiglia a ritenere, i termini di confronto, presentando un grado di usura presso che identico, la differenza notata sopra acquista un valore particolare. i Relativamente ai molari ho già accennato alla circostanza che quelli da me studiati hanno il lato esterno pianeggiante; ciò dipende dal fatto che soltanto sul lobo anteriore si nota una piega mediana di smalto non troppo accentuata mentre il lobo posteriore ne è privo e presenta una superficie lievemente concava. ') GAUuDRY A, Animaux fossiles et Géologie de 1° Attique, pag. 271, tav. XLVII, flg. 1-5. [69] D. DEL CAMPANA 215 Nei molari di Palaeorye Pallasi GAUD. anche il lobo posteriore ha la piega mediana, sicchè in questa forma la faccia esterna di questi denti presenta cinque rialti, o pieghe discretamente rile- vate, di smalto, come si nota nel Gen. Bos LINN. e Cervus LINN. mentre nella Antilope di Casteani le pieghe sono necessariamente quattro. Riguardo alla faccia interna, esiste in M, dell’ Antilope da noi studiata una piccola colonnetta interlobale, dipendente, come in Palaeorye Pallasi GAUD., dal lobo posteriore, ma avente uno sviluppo, sia pur di poco maggiore. In M, la parte basale del lobo posteriore essendo mal conservata, non si può maggiormente controllare un tal caratterè, che ritengo pure io, come riportavo sopra dal GAuUuDRY, non debba sempre fornire buoni criteri per una classificazione sicura. In merito ai caratteri della tavola masticatoria non ho trovato speciali differenze; solo le sezioni dei denticoli tendono a prendere più nettamente che in Palaeorye Pallasi GAUD., la forma di triangolo avente l’apice rivolto verso il lato interno del dente. Questo carattere si nota di preferenza in M, e nel lobo anteriore di M,, nei quali i denticoli vanno restringendosi verso Vinterno, più di quello che si nota nella fauna ora citata del GAUDRY. Possiamo inoltre osservare che mentre in M, di Palacorya Pallasi GAUD. il lobo posteriore non si discosta molto nelle sue proporzioni di lunghezza e di larghezza dal lobo anteriore, invece nella specie di Casteani si presenta più ristretto ed allungato, facendo assumere al dente una confor- mazione del tutto diversa da quella che ha in Palacorye Pallasi GAUD. Finalmente, osservando la tabella delle misure date sopra, dobbiamo far notare, il maggiore sviluppo che i molari assumono di fronte ai premolari nella specie di Casteani; mentre in Palaeoryx Pallasi GAUD. accanto ai premolari di dimensioni superiori a quelle della specie da noi studiata, stanno dei molari che si mantengono invece inferiori ai molari di quella. Altra specie colla quale ho voluto confrontare il fossile che stiamo studiando è il Palacorya parvidens GAUD ). Questa forma, come notò già il Gaudry, si distingue dalla precedente perchè, pur avendo dimensioni generali molto minori di quella, possiede invece delle corna quasi ugualmente svilupppate. I caratteri morfologici dei denti sono brevemente accennati dal GAUDY e, come si ricava anche dalla figura datane da questo autore, non presentano notevoli varianti dal Palaeorye Pallasi GAUD. Perciò le considerazioni fatte in proposito di questa valgono pure per la seconda specie che si distingue dall’ altra di Casteani anche per le sue dimensioni assai minori. Unico carattere che l avvicina alla nostra forma è la presenza nel M, di un molto piccolo cono interlobale sulla faccia interna dipendente, come nella specie da noi studiata, dal lobo posteriore, ma proporzionalmente un poco più sviluppato. i Una terza specie alla quale ho pure estesi i confronti ètil Palaeorya boodon GERV. ampiamente illustrata da GERVAIS®) e da DEPÉRET °). 1) GauDRY A. Op. cit., pag. 276, tav. XLVIII, fig. 6, 7. 2) GeRvaIs P. Description des ossements fossiles des mammifères rapportis d’ Espagne par M. M. de VERNEUIL, CoLrome et de LorrèRre. Bulletin de la Société géologique de France, Tome Dixième, Denxiòme sèrie, Séance du 6 Decembre 1852, pag. 147, pl. V. Ip. Zoologie et Paléontologie générales, pag. 151, pl. XXXI, fig. 5, 6. 3) DEPÉRET Cu. Description géologique du Bassin tertiaire du Roussillon. Annales des Sciènces Géologique, Tome Dixseptième, pag. 202, pl. II, flg. 8, 14; pl. V, fig. 2. Ip. Les Animaur pliocènes du Roussillon, pag. 90, pl. VII, fig. 1, 8. Mémoires de la Société géologique de France. Paléontologie, Paris, 1890. 216 D. DEL CAMPANA [70] Come si può vedere dalla tabella delle misure, si tratta di una specie molto più sviluppata di quella di Casteani. Il DEPÉRET, che della prima ha dato le più importanti descrizioni, osserva a proposito di Pm, e Pm, che essi sono di forma più allungata di Pm,. Nella nostra specie, questo carattere non esiste egualmente, almeno per ciò che riguarda Pm,, il quale si assomiglia molto per la sua confor- mazione generale a Pm.. I premolari dell’ Antilope di Casteani si distinguevano inoltre perchè la cavità circoscritta in ciascuno di essi dai due denticoli interno ed esterno è assai più ristretta che nel Palacorya doodon GeERV., tenuto conto del grado di usura non molto diverso che i denti hanno nei due termini di confronto. Conseguenza diretta di tal particolare si è la diversa sezione dei denticoli nelle due forme, essendo essa più slargata in quella da noi studiata che in Palaeorye boodon GERV. Noto pure come lo smalto si presenta sagrinato, oltre che nei molari, anche nei premolari della nostra specie, carattere che in quella del GERVAIS sarebbe, secondo il DEPÉREt, eselusivo dei molari. Per ciò che concerne i premolari basta ricordare che in Palacorye boodon GERV. essi hanno sul lato esterno delle pieghe longitudinali di smalto assai più marcate, segnatamente l’anteriore e la posteriore a preferenza della mediana, per convincersi tosto della diversità delle due forme confrontate. i Nella specie in questione soltanto la piega mediana meriterebbe a tutto rigore di termini questo nome; mentre per ciò che concerne il lobo anteriore si hanno rilievi longitudinali, e nei riguardi del lobo posteriore, questo, come sappiamo già, manca di tale particolare morfologico. Come carattere differenziale più saliente della faccia interna dei molari in Palacorya boodon GERV. possiamo notare la presenza costante di una colonnetta interlobale assai sviluppata, di fronte al piccolo cono interlobale che si nota nell’ Antilope di Casteani, e presente soltanto in M,. Altre differenze si osservano sulla superficie masticatoria. Come abbiamo notato nei premolari della specie da noi studiata, anche nei molari di questa lo spazio circoscritto dai denticoli è proporzionatamente più ridotto, mentre nella loro sezione i denticoli si differenziano fra di loro perchè, in Palacorye boodon GERV. quella tende a prendere, specie in M., la forma di un’ ellisse, per la presenza, sul lato esterno dei singoli lobi, di un rilievo mediano longitudinale. Altra specie di Palacorye, colla quale non possiamo omettere i confronti è il Palaeorya Majori ScHLOSS. !) raccolto nei depositi miocenici di Samos; forma, a detta dello SCHLOSSER, molto vicina al Palaeory® Pallasi GAUD., ma da questo ben distinta per avere i denti più piccoli, il cranio proporzionalmente più grande, le corna più fortemente divergenti e più piegate verso l’ interno che nel Palaeorya Pallasi GAUD. i Osserva lo ScHLOSsER che Pm, e Pm, del Palaeorye Majori sono’ proporzionalmente lunghi e sottili, e presentano nel mezzo della loro faccia interna una profonda sinuosità. Tali caratteri mancano nei premolari del Palaeorye sp. di Casteani, i quali appaiono invece brevi e slargati, ed hanno il lato interno quasi regolarmente convesso. Sul quale lato specialmente, come anche sul lato esterno, si nota l increspatura dello smalto; inerespatura che in mancanza di. altri dettagli, giudicando dalle figure, non si ha nei premolari del Palaeorye Majori SCHLOSS. Quanto ai molari, M, e M, presentano, secondo lo SCHLOSSER, in quest’ ultima specie, sul Jato interno, una colonnetta basale, e per questo carattere ricordano il Palaeory® sp. di Casteani; mentre ') ScaLosseR M. Op. cit., fig. 38, tav. VII (IV), fig. 1-5. [71] D. DEL CAMPANA 217 a’ altra parte se ne diversificano perchè presentano sul lato esterno molto più forti i solchi e le —eoste, e portano altresì sul fondo posteriore uno sprone che manca nel Palaeorye di Casteani. Manca pure sulla tavola masticatoria di M, di Casteani quell’ isoletta di smalto che nell’omo- logo del Palaeorye Majori SCHLOSS. esiste e denota una diversa conformazione della corona allo stato giovanile. Questa diversità di conformazione si nota ancor più confrontando il M, del Palaeorye sp. di Casteani coll omologo del Palaeorya Majori ScHLOSS., in quanto che quest’ ultimo, al pari del M,, ha la corona presso a poco larga quanto lunga, mentre in M, di Casteani la lunghezza della corona supera la larghezza. Altra specie di Palaeorya raccolta nel Miocene di Samos è il Palaeorya Stiitzeli ScHLOSS., la quale col genere cui è stata riferita presenta comuni le corna lunghe e poco curve, i molari brachio- donti, ed i premolari abbastanza allungati 1). Avendo io riportato anche per questa specie, come per la precedente, le dimensioni dei premo- lari e molari superiori date dallo SCHLOSsER, non occorre mi trattenga qui a stabilire le relazioni nelle quali essa si trova, sotto questo riguardo, col Palacorya sp. di Casteani. Quanto ai rapporti morfologici, l’ essere i premolari del Palaeoryr Stiitzeli SCHLOSS. assai allun- gati, costituisce già una notevole differenza colla specie che andiamo studiando, nella quale i premolari sono brevi e larghi. Vero è che Pm; si discosta in parte dalla forma di Pm, e di Pm,, ma rimane sempre ben distinto dall’ omologo di Casteani, come si può anche rilevare chiaramente confrontando la figura data dallo SCHLOSSER °) con quella data da me (Tav. XVIII [ IV ], fig. 10 @-c). Dopo ciò ritengo inutile Vl additare altri caratteri differenziali tra i premolari del Palaeorya sp. di Casteani, e quelli del Palaeorya Stiitzeli ScHLOSS., in quanto che è ovvio che la loro pre- senza è conseguenza diretta del diverso sviluppo della corona nelle due specie confrontate. Relativamente ai molari, M, ha, sulla faccia interna, in ambedue le forme, un principio di colonnetta basale, dipendente dal lobo posteriore. Quanto a M, non si può ripetere tale osserva - zione, essendovi, come è noto, a tal riguardo nella specie di Casteani difetto di conservazione; sembra tuttavia di poter affermare che nel Palaeoryr Stiitzeli SCHLOSS. la colonnetta era meno svilup- pata. Osservando la tavola masticatoria dei molari del Palaeorye sp. di Casteani, si vede pure che il denticolo anteriore interno è meno esteso dell’ interno posteriore. Per quello che si riferisce al M, di Palaeoryx Stiitzeli SCHLOSS. può anche valere una simile osservazione, ma nel M, della stessa specie i denticoli interni assumono uno sviluppo presso che identico. Sul lato esterno dei molari, si notano in Palacorye Stiitzeli ScHLOSS. più pronunziati i rigonfia- menti mediani sopra ciascun denticolo. Come già abbiamo notato nei riguardi della specie precedente, anche nei riguardi di quella ora citata, si osserva che la sezione di M, è quasi larga, quanto lunga, mentre in M, di Casteani, la prima di queste dimensioni supera la seconda. Assai meno estesi sono i confronti con una terza specie proveniente da Samos, perchè rappre- sentata da scarsi resti; sebbene lo ScHLOSsER abbia potuto attribuirgli ad una nuova specie da esso distinta, per le sue dimensioni sviluppate, col nome di Palaeorya ingens È ). Come primo carattere differenziale tra questa e il Palaeorye sp. di Casteani, possiamo notare le pieghe ed i rigonfiamenti dello smalto sulla faccia esterna dei premolari, più pronunziate nella 1) ScHLossER M. Op. cit. pag. 41, tav. VIII (V), fig. 1, 2, 6. 2) ScHLossER M. Op. cit., tav. VIII (V), fig. 1. 3) ScHLOSSsER M. Op. cit., pag. 43, tav. VIII (V), fig. 3-5. Palacontographia italica, vol. XXIV, 1918. 2 218 D. DEL CAMPANA [72] specie di Samos, il cui Pm? ha sezione subtriangolare come si ricava dalla figura datane da ScHLOSSER !), mentre Pm, della forma che andiamo studiando, ba sezione sub-rettangolare. Parrebbe altresì, stando sempre alla figura dello SCHLOSSER, che in Palacorya ingens ScHLOSS. Pm, fosse, rispetto ad M,, situato assai più indentro, che nel Palacoryr sp. di Casteani. Pei molari, quanto al lato esterno, si hanno tra le due forme in parola le stesse diversità notate pei premolari, sebbene in Palaeoryx ingens SCHLOSS. il grado di usura delle corone sia un poco più inoltrato, pure si può stabilire che in quella specie i denticoli erano più spessi che nei molari di Casteani. In ambedue le forme, si nota sul lato interno di M,, la colonnetta interlobale; ma molto più ri- dotta in Palaeoryx ingens SCHLOSS., sicchè lo SCHLOSSER adopera la denominazione di verrucole basilari. Finalmente debbo ricordare un molare (terzo ?) superiore sinistro, attribuito dal LYDEKKER, con dubbio, al genere Palaeoryx GAUD. e proveniente dal Pliocene di Siwalik °). L'autore sopra citato nota che questo dente ricorda per i suoi caratteri, da un lato il Gen. Palacorye GAUD. dall’ altro il Gen. Tragocerus GAUD. sebbene il primo di questi vi si accosti maggiormente. All’ omologo di Casteani il molare dell’ India si avvicina non per le dimensioni che sono in questo minori, ma pel moderato sviluppo dei rilievi longitudinali di smalto sulla faccia esterna, e per la loro confluenza nel colletto; sì da dar luogo, in ambedue i casi posti a raffronto, ad un cercine imperfetto, che non resulta troppo visibile dalla figura data dal LyDEKKER, ma che appare più chiaro nel fossile da noi esaminato. Deve per altro ricordarsi, che nella specie di Casteani solo il lobo anteriore dei molari ha un leggero rigonfiamento mediano esterno, mentre nel molare indiano tal rigonfiamento esiste ben visibile in ambedue i lobi, sicchè viene ad esser cambiata notevolmente la faccia esterna. Caratteri comuni ai molari confrontati sono pure la rugosità dello smalto e 1’ esistenza di una colonnetta interlobale interna’ dipendente dal lobo posteriore; questa però nel molare di Siwalik, sì presenta assai più sviluppata che nella forma da noi studiata. Ci rimane ora, per terminare lo studio dei denti fossili in questione, di vedere in quali rapporti si trovino cogli omologhi del Gen. Tragocerus GAUD. I nostri confronti non potranno essere troppo estesi, pel fatto che di una delle due specie che rappresentano questo genere così interessante, cioè il Tragocerus Valanciennesi GAUD. *), non si cono- scono i denti. Quanto all’ altra specie, Tragocerus amaltheus GAUD. sappiamo in primo luogo dal GAUDRY ‘) che i premolari si presentano sviluppati specialmente in lunghezza, sì da sorpassare, presi insieme, la metà della lunghezza della serie dei molari. Nell’ Antilope di Casteani, questo carattere non si ba; e si può affermare che gli stessi carat- teri differenziali riscontrati sopra coi premolari di Palaeorya Pallasi GAUD., ricorrono, ma molto più accentuati, anche coi premolari di Tragocerus amaltheus GAUD. Relativamente ai molari, la presenza sulla faccia interna di quelli del Tragocerus amaltheus GAUD., sia di Grecia che di Francia, di colonnette interlobali assai più sviluppate che nei molari di 1) Scurosser M. Op. cit., tav. VIII (V), fig. 4. ?) LyDEKKER R. Indian tertiary and post-tertiary vertebrata. Rodents ei new ruminants from the Siwaliks and Synopsis of Mammalia. Ser. X, vol. III, pag. 114 (10), tav. XIII, fig. 9-10. Palaeontologia Indica. Calcutta, 1884. 3) GauDRY A. Animaux fossiles de l’ Attique, pag. 288. 4) Ip, Ibid, pag. 286. [73] D. DEL CAMPANA 219 Casteani, è un primo carattere che merita d’ esser tenuto nella dovuta considerazione, e che consiglia a tener distinti dal Gen. Tragocerus GAUD. i denti che andiamo esaminando. Altre differenze sono date dalla faccia e dalla tavola masticatoria. Relativamente alla prima, le pieghe longitudinali di smalto appaiono in 7ragocerus GAUD. sempre meglio scolpite che nei premolari di Casteani; e quanto alla seconda, Tragocerus GAUD. si differenzia dalla forma che noi studiamo per gli stessi caratteri notati già in Palaeorye boodon GERV. segnatamente per quello che riguarda lo spazio circoscritto in ciascun lobo dei due denticoli esterno ed interno. Volendo ora, esauriti i confronti, trarre le conclusioni dalle osservazioni che siano venuti facendo, sembra di poter ritenere che, non ostante le affinità morfologiche che i denti di 7rago- cerus GAUD. offrono, secondo il GAUDRY, con quei di Palaeorye GAUD., i denti di Casteani non possano venire tuttavia riuniti al primo di questi generi, ma che abbiano maggiori punti di contatto col Gen. Palacorye GAUD. al quale vennero con dubbio attribuiti dal WEITHOFER. Ed io pure, con dubbio, ho voluto mantenere un tal riferimento generico tenuto presente che, sebbene i caratteri differenziali siano emersi abbastanza spiccati dai confronti istituiti tra i premo- lari e i molari di Casteani e quelli delle diverse specie di Palaeorye GAUD. essi non hanno certo il valore che avrebbero avuto confronti eseguiti sopra caviglie ossee di corna. Per altro, a qualunque dei generi in parola possano venire attribuiti i resti studiati, mi sembra tuttavia che essi rivelino con abbastanza sicurezza, la presenza di una specie distinta da quelle che sin qui ci sono note sia di Palaeorya GAUD. che di Tragocerus GAUD.. Tale considerazione io mi sono permesso di far nota coll indicazione di specie nuova; consigliandomi la scarsezza dei resti studiati a non imporre un nuovo nome. Palaeoryx Massoni MAJ. Il ForsyrH MAJOR *) pose sotto questo nome nuovo due caviglie ossee di corna provenienti dalle ligniti del Casino e regalate dai Sig. MAsson al Museo geologico della R. Università dj Pisa. Come ho fatto per tutte le altre specie di Antilopi terziarie italiane sarebbe stato mio desiderio dijillustrare ampiamente anche questa della quale il ForsyrH MAJOR diede non molte, sebbene importanti, notizie, senza peraltro corredarle con delle buone figure. Però non ostante le ricerche accurate fatte nel Museo di Pisa i fossili in questione non furon peranco potuti rinvenire. Sicehè debbo con rincrescimento limitare il mio compito di riportar qui, dall’ esame che il MAJOR fece del suo Palaeorye Massoni, i caratteri pei quali questo studioso ritenne di dover sepa- rare specificamente le suddette caviglie dal Palacorye Cordieri CHRIST. In primo liogo nella specie nuova del MAJOR le corna dovevano essere piuttosto ravvicinate, e desumendo dallo sviluppo delle caviglie, dovevano avere dimensioni la metà, circa, più piecole del Palaeoryx Cordieri CHRIST. In una delle caviglie del Palacoryr Massoni MAI. (Aestra) il MAJOR notò, anteriormente, verso il lato interno, anzichè una cresta, come nel Palaeorye Cordieri CHRIST., una fossa abbastanza profonda nella metà inferiore e meno pronunziata nella metà superiore. ') ForsrrH MAJOR C. I. Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi pliocenici e post-pliocenici della Toscana, pag. 51. 220 D. DEI CAMPANA [74] I piani formati dai lati interni delle caviglie, convergono nel Palaeorye Massoni MAI. verso la fronte, mentre nel Palacorye Cordieri CHRIST. convergono verso la regione occipitale. Inoltre i lati. interni delle caviglie continuano, sempre secondo le osservazioni del MAJOR, ottusi nel lato anteriore e posteriore, passando prima per spigoli arrotondati. Ciò non si ha nel Palacorya Cordieri CHRIST. dove lo spigolo anteriore è molto vivo, mentre il posteriore è arroton- dato come nel Palaeorye Massoni MAI. Finalmente in quest’ ultima specie il lato posteriore delle corna dà luogo ad un piano assai ristretto, specie nella parte superiore, mentre nel Palaeoryx Cordieri CHRIST. il piano era più largo. Palaeoreas Montis Caroli Mas. — Tav. XIX [V], fig. 15. Questa specie che fu già segnalata nel Valdarno dal ForsyrH MAJOR ') e illustrata brevemente dal WEITHOFER °) non meriterebbe di venir presa nuovamente in considerazione se qualcuno di questi due autori l'avesse figurata, e se le osservazioni da essi fatte, non si prestassero, ove io non mi inganni, ad alcune rettificazioni. La caviglia ossea di corno destro che rappresenta la specie in questione, proviene, come è già noto, dal Valdarno superiore, e più precisamente dal luogo detto « La Rigiaia », a Montecarlo, presso S. Giovanni. Essa misura, in linea retta, mm. 167; tale cifra non doveva, probabilmente, essere molto al di sotto della cifra normale, poichè tutto lascia ritenere che la caviglia sia spezzata superiormente in vicinanza dell’ apice. Questa caviglia fu indicata dal Forsyra MAJOR *) nella lista dei Mammiferi fossili del Valdarno dell’anno 1883, sotto il nome di Palaeoreas Montis-Caroli dal luogo di rinvenimento, e sotto lo stesso nome la descrisse il WEITHOFER ‘“). ' Più tardi però, essendo essa al MAJOR sembrata identica col Palaeoreas torticornis AYm. figurato dal DEPÉRET *) cambiò in questo il nuovo nome specifico da lui adottato. I confronti che io pure ho voluto ripetere tra la caviglia di Monte Carlo, e quella di Palaeoreas torticornis Avm. figurate dal DEPERET), mi hanno mostrato che rapporti tra le due forme esistono, ma vi sono pure alcune differenze che non credo convenga passar sotto silenzio. Infatti i giri della spira sembrano essere nella caviglia del DEPÉRET, a giudicare dalla! figura, più serrati, al tempo stesso che le loro coste sono più nettamente scolpite, sì da formare una specie di varice col labbro lievemente piegato all’ indentro. Tutto ciò si può rilevare dalla sezione della caviglia data dal DEPÉRET. = ') ForsyrA Mayor €. I. On the Mammalian Fauna of the Val d’ Arno. Quarterly Journal of Geological Society of London, Vol. XLI, 1884, pag. 2. — In. L’ossario di Olivola in Val di Magra ( Provincia di Massa Car- rara). Atti della Società toscana di Scienze Naturali residente in Pisa. Processi verbali, vol. VII, adunanza del 2 marzo 1890. 2) Wrirnorer K. A. Ueber die tertitiren Landsaugethiere Italiens, pag. 78. 3) ForsrTA Mayor C. I. L’ossario di Olivola in Val di Magra. — Ip. On the Mammalian fauna of the Val d’ Arno. ] 4) WrIiTBHOFER K. A. Op. cit. 5) DepéreT CH. Nouvelles études sur les Ruminants pliocènes et quaternaires d’ Auvergne. Bulletin de la Société géologique de France. Troisiòme série, tome douzième, pag. 278, p. 1 VIII, fig. 4 e 5, 1884. €) Questo autore non dà alcuna misura della caviglia di Palaeoreas torticornis Aym. da lui illustrata. [75] D. DEL CAMPANA 221 La figura del DEPÉRET corrisponde, se non mi inganno, alla metà superiore; sembra per altro, che la varice sopra accennata avesse a persistere fin presso la base della caviglia. Nella caviglia del Valdarno le coste spirali sono assai più smussate, sicchè la sezione di essa rimane sempre una ellisse, sebbene molto compressa alle due estremità dell’ asse maggiore. Tutto ciò mi fa ritenere, contrariamente al parere espresso dal ForsytH MAJOR"), che non si possa identificare colla specie dell’ AyMARD il fossile che noi andiamo studiando e che si debba conservargli i’ appellativo specifico Montis-Curoli dato già dal MAJOR quando ne fece il primo esame. Relativamente al genere al quale può essere riferita la specie in questione, non tutti i pareri emessi in proposito dagli studiosi concordano tra di loro. DEPÉRET?) ascrisse al Gen. Tragelaphus BLAINV. } Antilope torticornis Aym. dell’ Alvernia, osservando ch’ essa rappresenta, secondo lui, una forma di transizione tra i Palaeoreas GAUD. del Miocene e i Tragelaphus BLAINV. viventi. Tenuto conto però che le caviglie ossee delle corna nella specie ora ricordata sono, come osservò il DEPÉRKT, prismatiche e conformate a spirale come quelle dei Palaeoreas GAUD. di Pikermi, se ne può indurre che esse sono rappresentate da una spira la quale si sviluppa attorno ad una retta divergente verso linfuori. Se poi si considera che i passi della spira sono piuttosto brevi, resta facile il ritenere che le corna dovevano presentare direzione rettilinea e divergente all’ esterno come le caviglie. Dati siffatti caratteri, non saprei come |’ Antilope torticornis AYM. potesse venire attribuita al Gen. Traghelaphus BLAINV. ove, come io stesso ho potuto osservare, al pari degli astucci cornei si hanno caviglie ossee lirate, sebbene ornate pur esse da coste spirali un po’ meno marcate ?). Contrariamente al DEPÉRET il ForsyTH MAJOR 4), dopo. aver esaminata la caviglia ossea del Valdarno che stiamo osservando, ritenne si dovesse ascrivere al Gen. Palaeoreas GAUD. attribuen- dola, come poco sopra ho fatto notare, al Palaeoreas torticornis AYM. Il Gen. Palaeoreas fu stabilito dal GAUDRY sui resti di un’ Antilope trovati nel Miocene di Pikermi, tenendo presenti i caratteri morfologici delle caviglie ossee delle corna. Ha scritto il GAUDRY, che il Palaeoreas Lindermayeri GAUD., il quale si può ritenere come la forma tipica del genere in questione, ha corna leggermente ritorte e percorse a spirale, nel senso della lunghezza, da due creste, delle quali una si parte dalla base del bordo anteriore, l’altra dalla base del bordo posteriore. Avendo sott’ occhio un’ esemplare di Palaeoreas Lindermayeri GAUD. del Miocene di Pikermi, inviato al Museo dallo stesso GAuUDRY, ho potuto constatare ancor meglio la presenza dei caratteri sopra ricordati; i quali avvicinano così bene, come ebbe a notare lo studioso ora citato, la forma Miocenica alla vivente Oreas canna GRAY. del Capo di Buona Speranza. Di quest’ ultima specie io non ho potuto esaminare direttamente nessun cranio, ma solo alcune fotografie dalle quali per altro i caratteri delle corna resultano riprodotti con sufficiente chiarezza. Da queste si rileva che le corna della Oreas canna GRAY, hanno un altro carattere a comune col Palacoreas Lindermayeri GAUD., si presentano cioè, verso la loro estremità, dolcemente ineurvate in avanti. 1) ForsyrH MayJoR C. I. L’ ossario di Olivola, pag. 71. Nota 3. ?) DepérRert CH. Nouvelles études. ?) Cfr. anche: Brooge V, On speke’s Antelopes and the allied species of the Genus Tragelaphus. Proceding of the zoological Society of London, pag. 482. London. 1871, 4) ForsytH MAJOR C. I. L’ ossario di Olivola, pag. 71. Nota 3. 222 ì D. DEL CAMPANA i [76] Ho voluto soffermarmi su questi caratteri del Gen. Palacoreas GAUD. perchè essi serviranno @ chiarire sempre meglio il valore generico della forma fossile che andiamo studiando. A questo scopo sarà utile ricordare che il RiirtMmEYER ?), parlando dell’ Antilope torticornis Avm. osserva che essa si avvicina piuttosto ai veri Strepsiceros SMITH viventi, che ai generi Oreas DESM. e Tragelaphus BLAINV., ricordando invece per i caratteri della dentizione, tanto il Gen. Trage- laphus BLAINV. quanto il Gen. Palaeoreas GAUD. tra i quali starebbe come forma di passaggio. Queste osservazioni che poterono farsi ed essere accettate come giuste a proposito della specie di AYMARD, da autori di non dubbia autorità, quali il RiriMEYER e il DEPÉRET, valgono tanto più per la caviglia di Montecarlo in Valdarno; la quale, come abbiamo visto in principio, esa- gerando, pel suo avvolgimento a spira, i caratteri della Antilope torticornis AYM., ricorda meglio ancora di questa, i viventi Strepsiceros SMITH. Frattanto, dalle considerazioni che siamo venuti facendo, emerge il fatto, secondo me. non privo di importanza, che cioè le due forme plioceniche Palacoreas torticornis AYM. dell’ Auvergne e Palaeoreas Montis - Caroli MAJ. del Valdarno si allontanano, per i caratteri delle caviglie ossee delle corna, dai veri Palaeoreas GAUD. miocenici; e mentre questi ultimi ricordano il vivente Gen. Oreas DESMAR. quelli invece lasciano intravedere i caratteri di altri generi viventi, e più specialmente, per le ragioni da me già esposte, il Gen. Strepsiceros SMITH. Per altro l’ultima parola intorno ad una questione così interessante, non può esser detta, perchè il materiale fossile di cui si dispone è troppo scarso, sicchè sarebbe azzardato lo stabilirvi sopra delle conclusioni assolute. Ad ogni modo i fatti notati lasciano ritenere con molta probabilità che le due forme plioce- niche ora ricordate, appartenenti secondo me a due diverse specie, possano, in seguito a nuovi rinvenimenti di materiale fossile, costituire un genere distinto dal Gen. Palaeoreas GAUD.; ma dal quale, tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze, non giudico prudente tenerle separate. 1) RiirimerEr L. Die Rinder der Tertiéir Epoche, pag. 85. [77] D. DEL CAMPANA 225 APPENDICE. Bos sp. cfr. Bos etruscus Farc. (Palaeoryx Cordieri MAJ. et PANT. non CHRIST.). I resti dei quali sto per occuparmi rinvenuti nelle ligniti mioceniche del Casino presso Siena, furono già oggetto di esame da parte del ForsyTH MAJOR ?) e del PANTANELLI ?) che li attribui- rono al Palaeoryx Cordieri CHRIST. Di questi due autori il primo descrive ed illustra alcuni premolari e molari superiori appar- tenuti già alla collezione privata del Dr. FEDERIGO CASTELLI di Livorno, i quali conceorderebbero completamente, secondo quello studioso, coi denti di Palacorye Cordieri CHRIST. figurati dal GERVAIS *). Inoltre il MAJOR cita un frammento di corno proveniente dalla suddetta località e da esso veduto nel Museo dei Fisiocritici in Siena il quale « per la grandezza e per la forma concorda abbastanza bene col Palaeorye Cordieri CHRIST. tale quale fu figurato dal GERVAIS“)». Il PANTANELLI, oltre ai resti indicati dal MAJOR, ne cita, figurandoli in parte, molti altri, tra i quali ricordo l estremità di un metatarso, un navicolare, un cuboide, un frammento di mascella, un astragalo, un’ estremità di tibia e parte del calcaneo. Di tutti questi resti lo studioso ora ricordato non dà alcun carattere morfologico che serva a giustificare il. loro ravvicinamento generico e specifico; e si limita ad osservare soltanto che la specie cui li ha riferiti è più grande dell’ Hipparion gracile KAUP. e del Cervus elsanus PANT., che i suoi avanzi sono molti frequenti e sono i soli che sieno stati trovati per tutto ove è stata sca- vata la lignite. Nella revisione che io ho fatta delle Antilopi terziarie, avendo avuto in comunicazione alcuni dei resti suddetti del Casino, credo utile riferire qui ciò che ho potuto osservare in proposito. Relativamente al corno, non mi sembra che esso presenti, come parve già al MAJOR, molta concordanza di forme colle caviglie ossee delle corna di Antilope Cordieri CHRIST. figurate dal GERVAIS 5). i Questo autore non fermandosi, nella descrizione della specie in parola, sui caratteri delle caviglie, bisogna tener conto, nei confronti, solo delle figure che egli ne ha date. 7 . 1) Forsrra Mayor C. I. Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi pliocenici e post- pliocenici della Toscana. Atti della Società toscana di Scienze naturali, vol. I (Estr., pag. 50), tav. I, fig. 4, 5, 7. Pisa, 1877. ?) PANTANELLI D. Sugli strati Miocenici del Casino ( Siena ) e considerazioni sul Miocene Superiore. R. Acca- demia dei Lincei, Classe di Scienze fisiche matematiche e naturali, vol. III (Estr, pag. 13), tav. V, fig. 5-11 Roma, 1869. °) GervaIs. Zoologie et Paléontologie francaises, pag. 139, tav. VII, fig. 5, 6. 4) Ip. Op. cit., pag. 189, tav. VII, fig. 3, 4. Cfr. anche ForsyrH MAJOR, Op. cit., pag 51. 5) ID. Op. cit. 224 D. DEL CAMPANA [78] Dall’ esame delle quali mi pare si desuma assai facilmente che esse avevano sempre sezione più e meno regolarmente triangolare non solo verso l’ apice, bensì ancora verso la base. Più importanti peraltro di questi confronti sono quelli che ho potuto fare direttamente con un x Fig. 1. Fig. 2. Fig. 1, 2. — Sezione delle caviglie ossee delle corna di Palaeorya Cordieri CHRIST. (Da GERVAIS). modello assai ben eseguito del eranio di Palaeorya Cordieri CHRIST. esistente nel Museo di Parigi e già citato dal MAJOR ?). Esaminando le caviglie ossee di questo cranio si nota come esse mantengono dalla base sino all’ apice la sezione più o meno nettamente triangolare, avendo i lati in- terno e posteriore piatti, mentre il lato esterno è leggermente rigonfio. Vero è che osservando una delle figure date dal PANTANELLI, rappresentante la sezione superiore della caviglia ossea del corno, sembrerebbe che questa fosse in realtà triangolare come nell’ Antilope Cor- dierì CHRIST.; ma conviene dire che quella figura non concorda affatto con quanto si vede osservando il fossile, come del resto non vi concorda la figura pure data dal PANTANELLI, che rappresenta la sezione inferiore della caviglia ossea in parola *). Tutto questo si può apprezzare ancor meglio osservando le figure che qui ag- giungo. Di queste le Fig. 1 e 2 rappresen- tano le sezioni di caviglie di Palaeorya Cordieri CHRIST. riportate dal GERVAIS in proporzione della metà, e da me riprodotte invece in grandezza naturale. Le Fig.3 e 4 rappresentano le sezioni di una delle caviglie del cranio, sopra ci- tato, del Museo di Parigi mediante calco in gesso da me fatto rilevare. Le Fig. 5 e 6 rappresentano le sezioni della caviglia del Casino disegnate e figu- rate dal PANTANELLI. Finalmente le Fig. 7 e 8 rappresentano le vere sezioni della medesima caviglia prese mediante calco in gesso che di quelle pure è stato eseguito. I confronti di queste figure tra loro Fis. 3. Fig. 4. Fig. 3, 4. — Sezione della caviglia ossea del corno di Palaeoryxa Cordieri CHRIST. tipica (Montpéllier), secondo calco in gesso su modello del Museo di Parigi. — Fig. 3. Sezione presa in vici- nanza dell’ apice. — Fig. 4. Sezione presa alla base della mettono in rilievo delle diversità tali che non hanno, secondo me, bisogno di commenti, e che mi fanno fortemente dubitare se il corno della presunta Antilope del Casino non debba essere in- vece attribuito al Gen. Bos LINN. !) ForsytH MAJOR C. I. Op. cit. 2) Cfr. PANTANELLI D. Op. cit., tav. V, fig. 7,9. 179] i D. DEL CAMPANA 225 - IM dubbio troverebbe anche una ragione di più, a parer mio, nella circostanza che il frammento di corno, per quanto possa essere incompleto, va rapidamente decrescendo dall’ alto In basso. E poichè inferiormente appare rotto, con tutta certezza, molto in vicinanza della base, così non è azzardato il dedurre che allo stato completo esso doveva esser assai I \ breve, proporzionatamente ai suoi dia- ] \ metri, come non di rado accade nel ge- | 3 \ nere Bos LINN. | \ Neppure mi sembra possa dare un ca- / | rattere sicuro il tessuto osseo della ca- % \ viglia, poichè non vi mancano cavità, se 3% | non grandi, almeno ben visibili, e che \ | talvolta ho ritrovato, ad esempio, contra- riamente a ciò che dovrebbe accadere, in caviglie ossee di Bovi fossili da me esa- minate; e, tra queste, notevoli alcune di DSS Bos etruscus FALC. del Valdarno Superiore Fig. 5. Fig. 6. qs A° SLAO Fig. 5, 6. — Sezioni della caviglia ossea del corno di Palaeoryx Tra le sezioni di caviglie ossee delle RE: i 3 . ADELE a x Rae Cordieri PANT. (non CHRIST.) del Casino (Siena), secondo disegni corna riportate sopra si vedono pure (Fig. del PANTANELLI. — Fig. 5. Sezione superiore — Fig. 6. Sezione 9, 10) quelle di Palaeorya boodon GERY., presa alla base della caviglia. tolte da DEPÉRET!) e ridotte in gran- dezza naturale. Questo ha la sua ragione nel fatto che il ForsytH MAJOR ha ritenuto che quella AN Li L.. Fig. 7. Fig. 8. Fig. 7, 8. — Sezione della caviglia ossea di corno del Palaeory®a Cordieri PANT. (non CHRIST.) del Casino (Siena). Esemplare studiato e figu- rato dal PANTANELLI. — Fig. 7. Sezione superiore. — Fig. 8. Sezione presa alla base della caviglia. pliocenici della Toscana. Si tratta, come sopra dissi, per specie fosse pei suoi caratteri dentari una delle più vicine alla specie cui appartennero i resti fossili del Ca- sino che andiamo studiando. Di questi avremo luogo di occu- parci tra poco; intanto possiamo no- tare che non ostante le varianti mor- fologiche alle quali possono andar soggette le caviglie ossee della specie ora rieordata del GERVAIS, esse non Si uniformanomai a quelle del Casino, at- tribuite al Palaeorye Cordieri CHRIST. Della dentizione del Palaeory® Cor- dieri CHRIST. il FoRsyrH MAJOR parla diffusamente nel lavoro più volte ci. tato sui mammiferi pliocenici e post- quello che riguarda le osservazioni di 1) DepéRET CH. Les animaur pliocènes du Roussillon, pag. 90, tav. VII, fig 4. » Palaeontographia italica, vol, XXIV, 1918. 226 7 D. DEL CAMPANA [80] questo studioso, di premolari e molari superiori, un tempo appartenuti alla raccolta privata del Dr. FEDERIGO CASTELLI di Livorno, ed oggi ‘conservati nel Museo Britannico di Londra. Non è il caso di riferire qui per esteso le osservazioni del MAJOR; il quale, mentre ritenne che quei denti ripetessero tutti i particolari morfologici dei denti del Palaeorye Cordieri CHRIST. figurati dal GERVAIS!), ne mise anche coscienziosamente in rilievo le analogie coi denti di Cervus LINN. e più specialmente di Bos LINN. Infatti egli afferma che i molari del Casino sono rimarchevoli per la loro somiglianza con molari del Gen. Bos LINN., dai quali un esame superficiale non riesce a distinguerli; che hanno corone cilindriformi come nei denti di Bos LINN.; che il modo di logorarsi delle corone è lo stesso che si nota nel Bos eiruscus FALC. e non è del tutto raro tra gli altri generi di Bovini °). Avendo io potuto esaminare un numero non indifferente di molari di Bos etruscus FALC. ho voluto seguire alcuni dei confronti più importanti che il MAJOR fece tra quella specie ed i molari del Casino, e mi sembra opportuno riferire quanto ho osservato. i Secondo il MAJOR la colonnetta interna : appare intaccata dalla logorazione più presto nei molari della presunta Palaeorya Cordieri { CHRIST., ma rimane più a lungo indipendente dal corpo del dente; mentre nel Gen. Bos LINN., sempre secondo il MAJOR, una volta cominciato cal il logoramento della corona, la colonnetta si Fig. 9. Fig. 10. riunirebbe ben presto col corpo del dente. Ora Fig. 9, 10. — Sezione della caviglia ossea di corno del Pa- mi sembra che il molare riprodotto dal MAJOR laeoryx boodon GERV. (Da DEPÉERET). — Fig. 9. Sezione su- alla fig. 4 della tav. 1 del suo lavoro, non periore. — Fig. 10. Sezione presso la base della caviglia. comprovi troppo una simile osservazione, men- tre presenta una eorona con usura piuttosto avanzata e la colonnetta quasi intatta. = Ove poi nella memoria del MAJOR si tengano presenti i molari riprodotti colle figure 5 e 7 (tavola citata), si può asserire che anche in Bos etruscus FALC. non mancano molari i quali, pur avendo un grado di usura assai avanzato, presentano ancora ben distinte dal corpo del dente le colonnette interlobali sebbene assai consunte. Ancora: la colonna mediana esterna nei molari del Casino sarebbe, secondo il MAJOR, più grossa che nei Bovi; ora diversi molari di Bos etruscus FALC. non presentano una diversità così spiccata. Allo stesso modo, non potrei concordare col MAJOR che nel Gen. Bos LINN. « le costole me- diane scorrenti lungo la metà anteriore e posteriore della parete esterna siano più pronunziate », e che «le due colonne esterne sul margine anteriore e posteriore del dente sieno separate da seni più profondi dalle corrispondenti coste mediane delle metà anteriore e posteriore ». Sicchè, sebbene non abbia avuto sott’ occhio i denti studiati dal MAJOR, sarei per concludere, da quanto sono venuto osservando, che manchino ad essi denti quei caratteri decisivi che ne permettono il riferimento alla specie di Antilope alla quale vennero riuniti, Denti attribuiti al Palaceorya Cordieri CHRIST. esistono pure, come si rileva dalla memoria più volte citata del PANTANELLI, nel Museo dei Fisiocritici in Siena. Questo autore asserisce anzi di 1) GervaIs P. Zoologie et Paléontologie Frangaises, pag. 128, tav. VII, fig. 3, 11. ?) ForsrtH MAJOR C. I. Op. cît., pag 47 e seg. [81] D. DEL CAMPANA 227 averne osservati diversi, mentre, a quanto pare, si riducono attualmente a pochi frammenti che non si prestano a nessuna osservazione e non offrono quindi interesse di sorta pel nostro studio. Per altro nel Museo dei Fisiocritici esistono, provenienti dal Casino, altri denti, che, secondo il MAJOR, dovrebbero essere attribuiti al Palaeorya Vordieri CHRIST. e cioè un premolare secondo ed un molare terzo inferiori sinistri, mancanti posteriormente del tallone, attribuiti dal PANTANELLI al Cervus elsanus MAT. e figurati alla tav. III (fig. 9, 10) della memoria più volte citata 1). Pure nel Museo di Paleontologia di Firenze esistono due premolari, il secondo e il terzo, ed un molare primo, inferiori, destri, attribuiti all’ Antilope in questione dal ForsyTH MAJOR che vi appose l’ etichetta, scritta di suo pugno e tuttora conservata. Una illustrazione di tutti questi denti non sarà inutile per lo studio che andiamo facendo, essendosi il FoRsyTH MAJOR occupato soltanto come è noto, dei premolari e molari superiori. Come termini di confronto sono in primo luogo da prendersi i premolari ed i molari inferiori del Palaeoryx Cordieri CHRIST. e del Palaeorye boodon GERV *). Per la prima di queste due specie, ove si osservi la figura data dal GERVAIS alla tav. 7 (fig. 7) della sua opera più volte indicata, la diversità appare manifesta. Infatti, riguardo ai premolari, essi sono lateralmente più compressi di quei del Casino, mentre le pieghe dello smalto, sulla faccia interna, si presentano, come nel Gen. Bos LINN., e più partico- larmente in Bos etruscus FALC., più numerose e più profonde, anche se si tiene nel debito conto il grado di usura nei due termini posti a raffronto. Quanto a M, del Casino, i denticoli esterni avendo, come nei Bovi, sezione ellittica, propor- zionalmente più larga che lunga, all’opposto di quanto si vede nel Palaeoryxa Cordieri CHRIST., ne viene che anche la sezione dei denticoli interni prende una forma di mezzaluna assai più netta che nella specie ricordata. S : Il M; avendo corona un po’ meno usata, presenta questi particolari meno visibili. Quanto alla colonnetta interlobale, considerato, al solito, il diverso grado di usura, si può dire che nel Palaeorye Cordieri CHRIST. essa si fondeva col lobo posteriore un poco prima che nei molari del Casino. ì Nei denti del Casino inoltre, sia premolari che molari, è visibile la sagrinatura sulla faccia esterna; questo carattere, a giudicare dalle figure date dal GERVAIS, sembra un poco meno marcato nei denti di Palacoryx Cordieri CHRIST., ma non ritengo impossibile ch’ esso dipenda dall’ età più avanzata. Relativamente al Palaeorya boodon GERV. *) i confronti relativi ai premolari inferiori rivelano presso a poco le medesime differenze riscontrate già tra i premolari inferiori del Casino e quelli di Palaeoryx Cordieri CHRIST.; onde non sembra necessario l'insistervi di troppo. In merito ai molari inferiori, oltre il diverso sviluppo che essi assumono nella forma del Casino e nel Palaeorya boodon GERV., un carattere differenziale che si apprezza facilmente, tanto nel M, che nel M, della specie del GERVAIS ora citata, è la sezione dei denticoli esterni avente, al solito, il diametro antero posteriore assai allungato, mentre il diametro trasverso è proporzionalmente più breve che nel Palaeorye Cordieri CHRIST. 1) Cfr. PANTANELLI, Op. cit. 2) GervaIs P. Description des ossements fossiles de mammifères rapportés d’ Espagne par M.M. DE VERNEUL, CoLLomB et de LorièRrE. Bulletin de la Société Géologique de France, tome Dixième, Deuxième série, pag. 158 e seg. Séance du 6 Decèmbre 1852, tav. 5. 3) GervaIs P. Op. cit. — Vedi anche le opere citate sopra del DePÉRET sul giacimento pliocenico del Roussillon. 228 D. DEL CAMPANA [82] Oltre a ciò, la colonnetta interlobale assume in M, un maggiore sviluppo, mentre manca in M,. Osserva il MAJOR '), molto opportunamente, che nei molari inferiori del Palaeorye dboodon GERV. è molto pronunziata la sagrinatura. Questo carattere si osserva pure nei molari del Casino e sembra essere in gran parte dovuto, come già feci notare, all’ età ancor giovane degli esemplari studiati sì dell'una che dell’ altra forma. Resulta pertanto da ciò che precede che anche quelle specie fossili le quali, a detta del MAJOR, presenterebbero maggiore affinità colla specie del Casino per i caratteri dei loro molari superiori non la presentano ugualmente per quelli dei premolari e molari inferiori della stessa località, che noi abbiamo esaminati; i quali si avvicinano invece di preferenza al Gen. Bos LINN. Continuando le nostre osservazioni, dobbiamo ricordare che tra le specie fossili prese in consi- derazione dal MAJOR nello studio dei molari superiori del Casino, vi sono, oltre il Palaeorya Cordieri CHRIST. e il Palacorye boodon GERV., anche il Palaeory®e Pallasi GAUD. ed il Tragocerus amaltheus ROTH. et WAGN. °). Il Palaeorya Pallasi GAUD. fu preso in considerazione per la principale ragione che, secondo il MAJOR, esisteva qualche rassomiglianza tra parecchie corna del Casino con quelle del Gen. Pa- lacorye GAUD. To ho già espresso il mio parere per quanto riguarda il Palaeorya Cordieri CHRIST.; come ho avuto luogo di esprimerlo quando mi sono occupato del Palaeorya Massoni MAI. Continuo pertanto a riferire sui confronti dentari, facendo notare come nel Palaeorye Pal- lasi GAUD. tanto i premolari che i molari inferiori sono proporzionalmente più allungati; mentre M manca della colonnetta interiobale, che è' presente, come sappiamo già, in M, del Casino. Lo stato di usura assai avanzato, che i denti di Palacoryx Pallasi GAUD. presentano, non permette confronti dettagliati, ma da quanto si può giudicare, osservando la figura data dal GAUDRY, non sembra azzardato il ritenere che dovessero esservi anche varianti morfologiche assai notevoli; tra le quali, nei molari, quella di una sezione dei denticoli esterni lateralmente più compressa e di una diversa proporzione di sviluppo, tra il lobo -anteriore ed il lobo posteriore di M,. Col Tragocerus amaltheus ROTH. et WAGN., ove si confronti solo la fig. 4 della tavola XLIX, data «dal GAUDRY nell’opera sopra citata, le differenze sono invece un poco minori; sebbene vi sia pur sempre una notevole diversità nella distribuzione e nella profondità molto maggiore delle pieghe sulla faccia interna dei premolari del Casino. Oltre a ciò la colonnetta interlobale di M, resta più a lungo separata dalla corona in 7rago- cerus amaltheus RoTH. et WAGN.; mentre il dente assume in questa specie uno sviluppo minore, riguardo ai premolari, di quello che assume nel M, del Casino. Dobbiamo ora, per completare il nostro studio, paragonare i premolari ed i molari inferiori del Casino, coi premolari e molari inferiori di alcuna delle specie viventi citate dal FoRsyTH MAJOR nella sua memoria più volte ricordata. La specie alla quale intendo alludere appartiene al Gen. Hippotragus SUNDEV. di cui, come è detto in principio di questo lavoro, ho potuto esaminare un cranio isolato ed uno scheletro completo. Il cranio è di maschio adulto proveniente da Keren (Eritrea) ed appartiene alla specie Hippotragus equinus GEOFF.; lo scheletro è di femmina pure adulta, del Sudan egiziano ed appar- tiene alla var. gambianus WinNT. ( Hippotragus koba AUOT.) della specie suddetta, e fu già citato dal ForsyTH MAJOR sotto il nome di Antilope senagalensis. 1 1) Op. ciît., pag. 51. ?) GAUDRY A. Animaux fossiles et Géologie de Vl’ Attique, pag. 271, 278. [83] D. DEL CAMPANA 229 _ Anche nel caso nostro si ripete la differenza già osservata dal MAJOR a proposito dei molari superiori, che cioè, nella forma vivente, le corone dei denti sono più alte. In merito alla sagrina- tura non trovo tra i premolari e molari inferiori del Casino e gli omologhi di Hippotragus SUNDEV., quella differenza che il MAJOR notò nei riguardi dei molari superiori. Manca ai denti del Casino il rivestimento di cemento che è invece abbondante nei denti della specie ora ricordata, ma non mi sembra questa una buona differenza, perchè la fossilizzazione può benissimo aver fatto scompa- rire un tal carattere. Vengo ora ai caratteri morfologici della corona. La differenza più notevole per i premolari sta nel fatto che quelli di Hippotragus SuNDEV. hanno sul lato interno pieghe meno profonde e delle quali la mediana e la posteriore sono costituite d’ ordinario da un’isola di smalto a contorno circolare, che persiste anche quando il dente presenta un certo grado di usura. Oltre a questo le pieghe anteriore e mediana, essendo tra loro profondamente separate, dànno alla corona una conformazione del tutto diversa da quella dei premolari di Hippotragus SUNDEV. Pei molari la differenza più notevole è data dalla costante presenza nel Gen. Hippotragus SUNDEV. di una specie di tallone anteriore sempre ben sviluppato, mentre manca nei denti del Casino al pari di ciò che si osserva nel Gen. Bos LIiNN. Come nei molari superiori del Casino, sembra che le colonnette interlobali rimangano distinte, anche nei molari inferiori da noi esaminati, un poco più a lungo dal corpo de) dente che nella forma vivente. Da quanto sono venuto sin qui osservando, i denti del Casino studiati presentano adunque le loro maggiori analogie col Gen. Bos LINN. Analogie le quali mi sono venute confermate da confronti piuttosto estesi che ho voluto fare con denti del genere suddetto appartenenti in massima parte al Bos etruscus FALC., in parte minore al Bos primigenius Boy. La prima di queste due specie è per altro quella che offre maggiori punti di contatto, sebbene i caratteri dentari vadano spesso soggetti a variazioni individuali. Per i premolari si osserva, è vero, che essi sono in buona parte più compressi lateralmente che non quei del Casino; non mancano però casi nei quali assumono una forma più breve, ed in ogni modo la distribuzione e la profon- dità delle pieghe sul lato interno, si assomigliano, come già dissi, assai spiccatamente. Anche l’ altezza della corona si mantiene in molti casi maggiore a quella dei premolari del Casino; ma tra le varianti alle quali pure questo carattere va soggetto nel Bos etruscus FALC., posson trovar posto anche quelli, ove l’ altezza della corona sia considerata in rapporto al grado di usura piuttosto avanzato. Quanto ad M, e M; del Casino le somiglianze cogli omologhi di Bos etruscus FALC. appaiono più facilmente che nei premolari. Prima di concludere queste osservazioni sui denti, debbo far cenno delle relazioni morfologiche nelle quali essi si trovano con i premolari e molari inferiori dei Cervi; genere col quale, secondo il MAJOR, i premolari superiori del Casino da lui studiati presentano varie analogie. Per i denti da me studiati, tali analogie posson trovarsi solo nella forma più raccolta dei premolari; muniti per altro sul lato interno di pieghe molto più serrate tra loro. Noto poi che in M, dei Cervi, la colonnetta interlobale resta più a lungo distinta dal corpo del dente che nell’ omologo del Casino e in quello del Bos etruseus FALC.; mentre in Mz dei Cervi la colonnetta manca, contrariamente a quanto si osserva in M, del Casino e del Bos etruscus FALCO. D. DEL CAMPANA [84] so (SE) ce) Non meno importanti dei resti sin qui studiati sono gli altri che il PANTANELLI enumera in quantità non indifferente, ma de’ quali io ho potuto esaminare solo quello che il PANTANELLI ritenne come estremità di un metatarso, e due astragali, anzichè uno, come il PANTANELLI ha seritto. Gli altri resti ricordati da questo studioso, sembra, secondo indagini da me fatte, che non sieno più oggi nel Museo dei Fisiocritici. Relativamente all’ estremità di metatarso si tratta invece della estremità distale di un meta- carpo destro. Infatti esso presenta il soleo vascolare mediano assai ristretto, come in generale nell’ osso omologo di diversi tra i più noti Ruminanti; solco che nel metatarso è invece assai più accentuato ( Bove, Pecora, Capra, Cervo) e comunica colla incavatura interarticolare della estremità distale, assai più largamente che nel metacarpale. . Paragonato il pezzo in parola con diversi metacarpali di Bos etruscus FaLC. del Pliocene Toscano, noto che i condili hanno in questa specie le stesse forme massiceie; però i condili esterni sono più sporgenti che nel metacarpale del Casino, la cui epifisi inferiore viene così a raggiungere un diametro traverso che proporzionalmente doveva senza dubbio esser più ridotto che nel Bos etruscus FALC. ; Altre varianti non merita di notare, poichè tanto le apofisi digitali sulla faccia anteriore, come le fossette che sovrastano ai condili sulla faccia posteriore, non che le dimensioni dell’ apertura del condotto interosseo, su ambedue le facce dell’ osso, vanno soggette nel Bos etruscus FALC. @ varianti individuali talora notevoli, uniformandosi in alcuni casi a quanto si osserva nel fossile che andiamo studiando. Il DEPÉRET ha figurato !) un metacarpale di Palaeorye boodon GERV. del quale osserva soltanto che è più corto e più tozzo che nel Palaeorya Pallasi GAUD. dell’ Attica. La figura del DEPÉRET essendo ridotta ad un quarto del naturale, non permette troppo estesi confronti col metacarpo del Casino; si può tuttavia notare la mancanza in quello del solco vascolare mediano e la più grosso- lana conformazione, che lo tengono distinto dal metacarpale da noi esaminato. Avendo io potuto avere, come ho detto già, a disposizione uno scheletro completo di Hippotragus equinus GEOFF. var. gambianus WINT. era naturale che a questa specie estendessi pure le osserva- zioni, perchè è tra le Antilopi viventi una di quelle che più si avvicinano, per le dimensioni, al fossile del Casino, che stiamo studiando. Questi confronti mi confermano sempre più che si tratti nel fossile anzidetto della estremità di un metacarpale, avendo il metatarsale di Hippotragus SUNDEV. il solco vascolare aperto come nel Bove; mentre nel metacarpale di quella medesima specie, il solco manca del tutto ed è rappre- sentato da una semplice linea depressa. l Quanto alle differenze tra il fossile in parola e l’ Hippotragus equinus GEOFF. var. gambianus WinNT. mi sembrano tali, nel loro insieme, che non permettono non solo di riconoscer con quello. una lontana affinità, ma fanno risorgere, a parer. mio, il dubbio già espresso circa la appartenenza del metacarpale del Casino ad una forma qualsiasi del gruppo delle Antilopi. Infatti, oltre alle differenze già notate pel solco vascolare, si osserva nella forma vivente, sulla faccia anteriore e subito sopra i condili, una infossatura assai pronunziata, che nel metacarpale 1) DepÉgET CH. Les Animaua pliocénes du Roussillon, pag. 94, tav. VII, fig. 5. [85] D. DEL CAMPANA 231 fossile è invece debolmente accennata, al tempo stesso che le apofisi digitali sono in questo meno marcate; mentre i condili e le loro creste mediane hanno contorni più smussati e quindi in complesso forme più massiccie, ricordando così più da vicino i caratteri dei Bovi. Dato lo stato incompleto del metacarpale del Casino, non è possibile aggiungere alle osserva- zioni fatte altre misure all’ infuori di quelle indicate nella tabella seguente. Esse non hanno è vero, pel nostro studio, quel valore che avrebbero avuto se il metacarpale del Casino fosse stato completo; nondimeno riconfermano le osservaziori fatte in precedenza relativa. mente alle proporzioni dei due diametri tra loro, e dimostrano come il metacarpale del Casino si avvicini, anche per le sue dimensioni, ai metacarpali del Bove pliocenico, mentre non concorda ugualmente con quelle del Palacorye boodon GERV. e dell’ Hippotragus equinus GEOFF. var. gam- bianus WINT. coi quali si è confrontato. E 7a Il | : È | [oi On | Î È BIZ] I Bos etruscus FALC. ESE EIZO | E = 2 | | | a = | ° S &|S38 E |SE|laso| (i SE OS IR | S | I PER | BR e | ©S ® ‘ SUA = Valdarno superiore IMSA aereo | 8 2 [ic] IS Sl fi S Diametro trasverso dell’epifisi superiore del metacarpale mm. 53,4 53,2 56 56,3 — | 46,7 Diametro trasverso preso tra i bordi esterni dei condili | | | È Î CRLOLDII MI ION EIN II EI I 544 55 59 (SEA ia: | | Vengo ora a prendere in esame i due astragali rinvenuti nelle ligniti del Casino, ed attribuiti dal PANTANELLI !) al Palaeoryx Cordieri CHRIST. Anche di questi, che sono in buono stato di conservazione e dei quali uno corrisponde appunto alle figure 10 e 11 date dal PANTANELLI °) ho voluto fare confronti dettagliati con ossa omologhe di Bos etruscus FALC. e della specie di Hippotragus SUNDEv. ricordata sopra. Non ho potuto farli egualmente col Palaeorye boodon GERV., perchè sebbene GERVAIS e DEPÉRET ricordino nei loro lavori sopra citati diversi astragali, figurandoli peraltro incompletamente e in proporzioni talora assai ridotte, non ne hanno però dati i caratteri morfologici, e solo il DEPÉRET si limita a dire che essi hanno i caratteri generali dei ruminanti, avvicinandosi di preferenza, per le loro proporzioni, al Bos elatus CROIZ. di Perrier. Espongo pertanto i resultati dei confronti fatti tra gli astragali del Casino e quelli del Bos etruscus FALC. e dell’ Hippotragus equinus GEOFF. var. gambianus WINT. Troclea supero -anteriore. — Il labbro interno presenta negli astragali fossili lo stesso sviluppo che nel Bos etruscus FALO. Nell’ Hippotragus SUNDEV. il labbro esterno sembra proporzionalmente più sottile, e superiormente si spinge di più verso l’ indietro, prima di formare, come negli altri termini di confronto, quel rialto che limita la troclea posteriore. 1) Op. cit. 2) Op. cit. 939 D. DEL CAMPANA [86] Il labbro interno della troclea supero-anteriore si mostra nell’ Hippotragus obliquo verso l'interno, e proporzionalmente più spesso che negli astragali di Bos etruscus FALC. e in quelli del Casino; inoltre si prolunga in quello superiormente verso l’ indietro, sì da formare una specie di orecchietta che manca in questi ultimi. L’incavatura (corrispondente all’ osso centro -cuboide) che divide, sulla faccia anteriore del. l’astragalo, la troclea superiore dalla inferiore, si espande nella forma fossile del Casino e nel Bos etruscus FALC. più assai verso il labbro interno della troclea suddetta, che nell’ Hippotragus. Troclea inferiore. — L'unica variante che ho potuto riscontrare è data dalla superficie artico- lare delle due labbra, più arrotondata nell’ Hippotragus SUNDEV., mentre nei fossili del Casino e nel Bos etruscus FALC. solo il labbro interno è rigonfio, mentre l’ esterno è pianeggiante. Troclea posteriore. — Negli astragali del Casino ed in quelli di Bos etruscus FALC. è proporzio- nalmente un poco più profonda che nell’ Hippotragus SUNDEV. Nei primi inoltre le faccette per l’ articolazione postero -superiore del cubo -scafoide hanno gli stessi contorni: nell’ Hippotragus SUNDEV. la faccetta pel cuboide si presenta meno espansa in senso trasversale e più invece verso il basso; l’ altra, per lo scafoide, è appena accennata. Nessuna variante notevole offre la faccia interna dell’ astragalo nei termini suddetti di confronto. Faccia esterna dell’ astragalo. — Nel Bos etruscus FALC. e nel fossile del Casino è, proporzional- mente, più depressa; si nota inoltre che delle facestte articolari corrispondenti all’ astragalo, la superiore prende la forma di triangolo; mentre nell’ Hippotragus SUNDEV. si espande più verso il basso. La faccetta articolare inferiore si presenta in quest’ultima specie meno estesa dall'alto al basso proporzionalmente al suo diametro traverso, della faccetta omologa degli astragali del Ca- sino e di quelli di Bos etruscus FALC. A. questi confronti aggiungo alcune misure, destinate a mostrare come, anche per il loro svi- luppo, gli astragali miocenici del Casino si trovino in relazione cogli omologhi del pliocenico Bos etruscus FALC. a differenza di quanto avviene per la specie di Antilope vivente presa come termine di paragone. ; | | Bos etruscus FALC. | Palacoryx boodon GERV. H Il i SIRIO calata | | | te 83 | | | I Ha: Il " © | © q E | Roussillon Seb | Ge Enea pi =i3 | (SE SE | 80 | da SSA |gèelaa&| Sal NRE | ie Pesto SS | Depéret n I | = | INR | | > | RS | EE va ene ta | i | | | | | | | Lunghezza assoluta dell’astragalo . . mm. 69, 68* | 70 69 | 75.5 sii e LAM MOS:£ | | Î | | Î il Î Î Ì | Il Lunghezza della troclea supero-anter. » |3 = 40.6 | 37.8 | 435 | — 2 ia | 88.2 Diametro trasverso massimo del corpo | | I | | | | | dell’'astragaloto. bia Re 444 | — | 46.4 | 442 (52 | — =. | 38.5 il o a | ‘341 | | | Diametro trasverso del corpo dell’ astra- | | i | | | | | |M oa To AT oi NI OE 1301910) 138100 9 89 0 NONO e E 44 3 0 E E SE e 0329 | . . Ì Ì Ì | Diametro antero-posteriore del collo | | | | | | | | | | dell’'astragalo e sie fe i SD 35 o o: 007,2 — | - _ — |31 | | Diametro trasverso della troclea infe- | | | | | | | | LIOLORO SI ER I. 44,3 | 45,6! 47 | 443 | 48.5 | 49 45 |42 |46 36.7 | Ì | Ì I ; N.B. - L’asterisco indica che la misura è stata presa con approssimazione. [87] D. DEL CAMPANA 233 Il risultato delle considerazioni che sono venuto facendo si intravede con facilità. Le somiglianze spiccate che i fossili presi in esame presentano col Bos estruscus FALC., non consigliano affatto, secondo me, il loro assegnamento al Palaeoryx Cordieri CHRIST. Nè mi pare possa valere come argomento contrario la scarsità* dei confronti instituiti colle Antilopi viventi, in quanto che l’ esistenza o meno delle affinità col Gen. Bos LINN. è stata stabilita in seguito ad osservazioni necessariamente minuziose; in forza delle quali sono di parere che il Palaeorye Cordieri CHRIST. manchi fino a tutt’ oggi tra le Antilopi del Terziario italiano. DISÀ DHT E » » 100. 10 db. lla. 11D. 12a. 12 D. 13. 14. 15. 16a. 16 db. - 7a. 17 Db. 18. 18 d. Spiesazione della Tavola | [XVII]. Lima Flattersi Coo. Valva destra veduta dalla superfice esterna. -- Turoniano, pag. 1 [183]. Lima Flattersi Co. Valva sinistra di un altro esemplare veduta dalla superfice esterna. —- Turo- niano, pag. 1 [188]. Avicula atra CoQ. Esemplare veduto dalla valva sinistra. — Turoniano, pag. 1 [183]. Avicula atra Coq. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Anlsocardia Hermitei Corr. Esemplare veduto dalla valva sinistra. — Turoniano, pag. 4 [186]. Anisocardia Hermitei CHorr. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Anisocardia Hermitei CHorr. var. acuta CHorr. Esemplare veduto dalla valva destra. — Turoniano, pag. 4 [186]. Anisocardia Hermitei Corr. var. acuta CHorr. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Liostrea Rouviliei Co. sp. Esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 4 [186]. Liostrea Rouvillei Coo. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Liostrea Rouvillei Coo. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 4 [186]: Liostrea Rouvillei Coo. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Liostrea Rouvillei Coo. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 4 [186]. Liostrea Rouviliei CoQ. Lo stesso esemplare veduto dalla valva superiore. i Liostrea Rouvillei Cog. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 4 [186]. Liostrea Rouvillei Co. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. - Liosirea Rouvillei Co. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag; 4 [186]. Liostrea Rouvillei CoQ. sp. Lo stesso esemplare veduto daila valva inferiore. Liostrea Rouvillei Coo. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 4 [186]. Liostrea Rouvillei Coo. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Exogyra Olisiponensis SaARPE. Esemplare veduto dalla valva inferiore. — Cenomaniano, pag. 5 [187]. Exogyra Olisipenensis StrarPE. Lo stesso esemplare veduto dalla valva superiore. 3 Exogyra Olisiponensis StARPE. Un aitro esemplare veduto dalla valva inferiore e ridotto a 2/3 della grandezza naturale. — Cenomaniano, pag. 5 [187]. i Exogyra Olisiponensis SHARPE. Un altro esemplare veduto dalla valva inferiore e ridotto a 2/8 della grandezza naturale. — Cenomaniano, pag. 5 [187]. Exogyra columba LAmK. sp. Esemplare veduto dalla valva inferiore. — Cenomaniano, pag. 7 [189]. Exogyra columba Lamxk. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 7 (189). Exogyra columba LAMK. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Exogyra columba Lamx. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 7 [189]. Exogyra columba Lamx. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Exogyra columba Lamx. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 7 [189]. Exogyra columba LAmK. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. Pa VA ERIN RENI PALAEONTOGRAPHIA INALICA,, Vol. XXIV, Tav. I B. GRECO. ana cretacea dell’ Egitto [ Tav. XVII]. E. BERCIGLI PHOT RI » » 1. — Exogyra 2a. -- Exogyra 20. — Exogyra 3a. — Exogyra 3b. — Exogyra 4. — Exogyra 5a. — Exogyra 5b. — Exogyra 6a. — Exogyra 60. — Exogyra Ta. — Exogyra 7b. — Exogyra 8a. — Exogyra 8b. — Exogyra 9. — Exogyra 10a. — Exogyra 10 db. — Exogyra lia. — Exogyra 11 0. — Exogyra Spiegazione della Tavola Il [XVII]. columba Lamx. sp. Valva inferiore veduta dalla superfice esterna. — Cenomaniano, pag. 7 [189]. columba LAMK. sp. Un’altra valva inferiore veduta dalla superfice esterna. — Cenomaniano, pag. 7 [189]. columba LAmx. sp. La stessa valva veduta dalla superfice superiore. columba Lamxk. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 7 [189]. columba LAmKk. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. columba LAMK. sp. Un’altra valva inferiore veduta dalla superfice esterna. — Cenomaniano, pag. 7 [189]. Africana LAMK. s p. Esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 9 [191]. Africana LAMK. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Africana Lamx. sp. Valva inferiore veduta dalla superfice esterna. — Cenomaniano, pag. 9 [191]. Africana LAMK. s p. La stessa valva veduta dalla superfice superiore. Delettrei Coo. sp. Esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, pag. 10 [192]. Delettrei Coo. sp Delettrei Coq. sp pag. 10 [192]. Deletirei Co. sp flabellata GoLDprF. flabellata GoLDrF. pag. 11 [193]. flabellata GoLDE. flabellata GOLDE. flabellata GOLDF. . Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. . Un altro esemplare veduto dalla valva superiore.: — Cenomaniano, . Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Esemplare veduto dalla valva inferiore. — Cenomaniano, pag. 11 [198]. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. — Cenomaniano, Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. Un altro esemplare veduto dalla valva superiore. Cenomaniano, pag. 11 [193]. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. 12a. — Pycnodonta vesicularis LAMK. sp. var. vesiculosa Sow. Esemplare veduto dalla valva superiore. — Ceno- maniano, pag. 13 [195]. { 12b. — Pycnodonta vesicularis LAMK. sp. var. vesiculosa Sow. Lo stesso esemplare veduto dalla valva inferiore. 13. — Alectryonia (Arctosirea) diluviana L. em. Woops. Frammento di una valva superiore veduto dalla super- fice esterna. — Cenomaniano, pag. 14 [196]. ; 14. — Alectryonia (Arctostrea) diluviana L. em, Woops. Frammento di una valva inferiore veduto dalla super- fice esterna. — Cenomaniano, pag. 14 [196]. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXIV, Tav. Il B. GRECO. /auna cretacea dell’ Egitto [ Tav. XVIII]. E. BERCIGLI PHOT s4 i ta su È SRI Fig. » » » » » » > >» » » » » la. ILLE Le. 1d. le. 2a. 20. 3a. i 1 Spiesazione della Tavola Ill [XIX]. Naiadina Gaudryi TH. et Peron. Esemplare veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 17 [199]. Naiadina Gaudryi TH. et PrRoN. Lo stesso esemplare veduto dalla valva sinistra. Naiadina Gaudryi TH. et Prron. Lo stesso esemplare veduto dalla regione posteriore. Naiadina Gaudryi Ta. et Peron. Valva destra dello stesso esemplare, veduto dalla superfice interna. Naiadina Gaudryi TH. et Prron. Valva sinistra dello stesso esemplare, veduta dalla superfice interna. Plicatula Numidica Coo. Esemplare veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 20 [202]. Plicatula Numidica CoQ. Lo stesso esemplare veduto dalla valva sinistra. Lima intermedia D’OrB. Valva sinistra veduta dalla superfice esterna. Per imperfezione eliotipica vi appare una costa ingrossata inesistente nell'originale, come si :può constatare nella se- guente figura 3, che esattamente ne rappresenta 1° ingrandimento. — Cenomaniano, pag. 21 [203]. Lima intermedia D’OrB. La stessa valva sinistra veduta dalla superfice esterna, rappresentata al doppio della grandezza naturale. Pecten ‘(Neithea) laevis Drovet. Frammento della valva destra veduto dalla superfice esterna. — Ce- nomaniano, pag. 22 [204]. i Pecten (Neithea) laevis Drover. Un esemplare incompleto veduto dalla valva sinistra, in parte prov- visto della conchiglia e in parte conservato in modello. — Cenomaniano, pag. 22 [204]. Pecten (Neithea) laevis DroveT. Un altro esemplare incompleto veduto dalla valva destra, in parte provvisto della conchiglia e in parte conservato in modello. — Cenomaniano, pag. 22 [204]. Pecten ( Neithea) Dutrugei Coo. sp. Valva destra veduta dalla superfice esterna. — Cenomaniano, pag. 24 [206]. 5 Pecten (Neithea) Dutrugei Coq. sp. Valva sinistra mostrante la sua superfice interna. — Cenoma- niano, pag. 24 [206]. Pecten (Neithea) Dutrugei Coo. sp. Valva destra di un esemplare giovanile veduta dalla superfice esterna. — Cenomaniano, pag. 24 [206]. Arca (Barbatia) Trigeri Co. Esemplare incompleto veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 26 [208]. Arca (Barbatia) Trigeri CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. ; Arca (Cucullaea) Favrei Coo. Esemplare giovanile veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 27 [209]. 7 Arca (Cucullaea) Favrei CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Arca (Trigonoarca) trigona Sec. Esemplare conservato in modello interno veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 28 [210]. Arca (Trigonoarca) trigona SEG. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Arca (Trigonoarca) trigona SEG. Giovane esemplare conservato in modello interno veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 28 [210]. Arca (Trigonoarca) trigona Sec. Lo stesso esemplare giovanile veduto dagli umboni. Arca (Trigonoarca) diceras Sec. Esemplare giovanile conservato in modello interno veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 29 [211]. Arca (Trigonoarca) diceras Sec. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Arca (Trigonoarca) diceras Sec. Esemplare adulto conservato in modello interno veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 29 [211]. Arca (Trigonoarca) diceras Sec. Lo stesso esemplare adulto veduto dagli umboni. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. RATA TONRO GRA RED IATIICA VON XIXIVE Tav. II B. GRECO. £auna cretacea dell’ Egitto [ Tav. ATX ]. E. BERCIGLI PHOT PASTE rale: INDI CRCZULANI PERRARIO » Spiegazione della Tavola IV [XX]. 1a. — Trigonia Ethra Co. Esemplare veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 30 [212]. 1b. — Trigonia Ethra CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 2a. — Trigonia Ethra Coq. Esemplare giovanile veduto dalla valva sinistra. — Celonatiano pag. 30 [212]. 2. — Trigonia Ethra CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. : 3a. — Trigonia Ethra Coo. Esemplare incompleto veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 30 [212]. 3 b. — Trigonia Ethra CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 4a. — Cardita Forgemoli Coq. Esemplare veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 32 [214]. 4b. — Cardita Forgemoli CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 5a. — Cardita Forgemoli Coq. Un altro esemplare veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 32 [214]. 56. — Cardita Forgemoli CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni, alquanto deformato per compressione. 6a. — Cardita Forgemoli Coo. Un altro esemplare veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 32 [214]. 6b. — Cardita Forgemoli Coo. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Ta. — Cardita Forgemoli\CoQ. Un altro esemplare, conservato in modello interno e veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 32 [214]. 7Tb. — Cardita Forgemoli CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 8a. — Crassatella pusilla Coo. Valva destra veduta dalla superfice esterna. — Cenomaniano, pag. 34 [216]. 8 b. — Crassatella pusilla Coa. La stessa valva destra veduta dall’ umbone. 9a. — Crassatella pusilla Coo. Esemplare in stadio di sviluppo più avanzato, conservato in modello interno e veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 34 [216]. 9. — Crassatella pusilla Coo. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 10. — Cardium (Protocardia) Hillanum Sow. Valva destra alquanto deformata per compressione, veduta dalla superfice esterna. — Cenomaniano, pag. 36 [218]. lla. -- Cardium (Protocardia) Pauli Coo. Esemplare conservato in modello interno e veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 37 (219). 110. — Cardium (Protocardia) Pauli Cuo. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 12a. — Cardium (Protocardia) regulare CoQ. Esemplare conservato in modello interno e veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 38 [220]. i 12 b. — Cardium (Protocardia) regulare CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 134. — Cardium (Protocardia) dilatatum Sec. Esemplare conservato in modello interno, veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 39 [221]. 135. — Cardium (Protocardia) dilatatum Sec. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 14a. — Cardium (Protocardia) dilatatum Sec. Esemplare giovanile veduto dalla valva sinistra. — Cenoma- niano, pag. 39 [221]. A 14b. — Cardium (Protocardia) dilatatum Sec. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 15a. — Cardium (Protocardia) Combei Larr. Esemplare a superfice non ben conservata veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 40 [222]. 15 d. — Cardium (Protocardia) Combei LART. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 16a. — Cardium (Protocardia) Combei Lart. Un: altro esemplare, alquanto deformato per compressione, a su- perfice ben conservata, veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 40 [222]. 165. — Cardium (Protocardia) Combei Lart. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. 17a. — Cyprina orientalis Hamr. Esemplare conservato in modello interno veduto dalla valva sinistra. — Ce- nomaniano, pag. 42 |224]. 17 b. — Cyprina orientalis HAmL. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXIV, Tav. IV. B. GRECO. Fauna cretacea dell’ Egitto E BERCIGLI PHOT. A I.GRAS CA TA AN DE È Si 120 ni AE) VOTI te rue » Spiesazione della Tavola V [XXI]. Cyprina inornata p’OrB. Esemplare conservato in modello interno veduto dalla valva sinistra. — Ce- nomaniano, pag. 44 [226]. Cyprina inornata D'’ORB. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Anisocardia aquilina CoQ. sp. Esemplare alquanto incompleto, deformato per compressione, veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 44 [226]. Anisocardia aquilina CoQ. sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Anisocardia Papieri CoQ. sp. Valva destra incompleta dal lato posteriore, veduta dalla superfice esterna. -—- Cenomaniano, pag. 46 [228]. Anisocardia Papieri CoQ. sp. La stessa valva destra veduta dalla regione anteriore. Venus Reynesi CoQ. Esemplare veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 47 [229]. Venus Reynesi Coo. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Venus Mauritanica CoQ. Esemplare conservato in. modello interno, veduto dalla valva sinistra. — Ce- nomaniano, pag. 48 [230]. Venus Mauritanica CoQ. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Dosinia Delettrei Coo. sp. Esemplare giovanile veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 49 [231]. Dosinia Delettrei CoQ. sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Dosinia Delettrei CoQ. sp. Un altro esemplare giovanile veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 49 [231]. Dosinia Delettrei CoQ. sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Dosinia Delettrei Coo. sp. Un altro esemplare giovanile veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 49 [231]. i Dosinia Delettrei CoQ. sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Dosinia Delettrei Cog. sp. Un altro esemplare giovanile veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 49 [231]. Dosinia Delettrei Coq. sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Dosinia Delettrei Coq. sp. Esemplare adulto veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 49 [231]. Dosinia Delettrei Coq. sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Anatina Jettei Coo. Esemplare incompleto conservato in modello interno, veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 50 [232]. 7 Anatina Jettei Coq. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Thracia Seguenzai n. sp. Esemplare veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 51 [283]. Thracia Seguenzai n. sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Thracia Seguenzai n. sp. Lo stesso esemplare rappresentato al doppio della grandezza naturale, ve- duto dalla valva sinistra. Per imperfezione eliotipica la figura è stata collocata alquanto pendente a sinistra. Il suo orientamento esatto è quello della figura 12 a. Thracia Seguenzai n. sp. Lo stesso esemplare rappresentato al doppio della grandezza naturale, ve- duto dagli umboni. Liopistha (Psilomya) Pervinquierei n. sp. Esemplare veduto dalla valva sinistra. — Cenomaniano, pag. 52 [234]. Liopistha (Psilomya) Pervinquierei n. sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Liopistha (Psilomya) Pervinquierei n. sp. Un altro esemplare veduto dalla valva destra. — Cenoma- niano, pag. 52 [234]. Liopistha (Psilomya) alta Rorm. sp. Esemplare conservato in modello interno ed alquanto deformato per compressione veduto dalla valva destra. — Cenomaniano, pag. 54 [236]. Liopistha (Psilomya) alta Roem, sp. Lo stesso esemplare veduto dagli umboni. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXIV, Tav. V. B. GRECO. ama cretacea dell’ Egitto [ Tav. XXI ]. E. BERCIGLI PHOT x TE - ea Cain | Spot n Spiegazione della Tavola VI [I] » Fig. 1. — Cyathophyllum tynocistis FRECH var. carnica n. Sezione longitudinale X 2. — Val di Collina, pag. 70 [12]. » 2. — Cyathophyllum heterophyllum M. Ep. H. Calice eroso. Grand. nat. — Val di Collina, pag. 71 [13]. » 36. — Cyathophyllum coespitosum GDrss. Vari esemplari in grand. nat. — Val di Collina, pag. 79 [21], > 7-9. — Cyathophyllum collinense n. f. — Val di Collina, pag. 73 [15]. Fig. 7. — Esemplare da lato. -— Grand. nat. ; » 8. — Superficie levigata trasversale. — Grand. nat. » 9. — Sezione longitudinale X 3. >» 10,11. — Cyathophyllum Gortanii n f. — Val di Collina, pag. 75 [17]. Fig. 10. — Esemplare in grand. nat. » 11. — Sezione long. X 3. È > 12-14. — Cyathophyllum conglomeratum SCHLT. sp. var. pauciseptata n. — Cas. Monumènz, pag. 81 [23]. Fig. 12. — Superf. levigata X 2. : » 13-14. — Sezioni X 3. 5 p > 15,16 -— Clysiophyllum (s. 1.) Taramellii n. f. — Val di Collina, pag. 85 [27]. Fig. 15. — Sezione longit. X 3. » 16. — Sezione trasversale X 3. £ >» 17. - Cyathophyllum Canavarii n. f. — Grand. nat. — Cianevate, pag. 82 [24]. ; SILE — Amplexus mutabilis MAURER. — Superficie trasversale levigata X 2. — Val di Collina, pag. 86 [28]. >» 19-21. — Amplexus Gortanii n. f. — Val di Collina, pag. 86 [28]. Fig. 19. — Esemplare in grand. nat. » 20. — Superf. longitudinale levigata X 2. » 21. — Superficie di rottura trasversale X 2. » 22-24. — Thamnophylium carnicum n. f. - Val di Collina, pag. 87 [29]. Fig. 22. — Esemplare in grand. nat. » 23. — Superf. trasversale levigata X 2. » 24. — Superf. longit. levigata Xx 2. > 25-27. — Favosites Goldfussi D° ORB., pag. 91 [23]. Fig. 25, 26. — Esemplari del Capolago. » 27. — Esemplare di Val di Collina EE Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXIV, Tav. VI. [ Tav. I}. VINASSA DE REGNY, Coralli mesodevonici della Carnia. : Ti TUSS î VT EVI » v Spiegazione della Tavola VII [II ] ig. 1-3. — Phyllipsastraea Hennai Lonsp. sp. —- Val di Collina, pag. S9 [31]. Fig. 1. — Esemplare visto da lato. — Grand. nat, > 2. — Esemplare visto di sopra. — Grand. nat. 3 > 3. — Sezione longitudinale x 3, 4,5. — Plasmopora carnica n. f. — Val di Collina, pag. 89 [31]. Fig. 4. — Sezione longitud. X 6. > 5. — Sezione trasvers. X 6. 6-8. — Heliolites Barrandei PENECKE var. carnica n. — Val di Collina, pag 90 [32]. Fig. 6. — Esemplare in grand. nat. >» 7. — Sezione longitud, X 5. » 8. -— Sezione trasvers. X 5. 9) — Heliolites porosus Gprss. — Volaia, pag. 90 [82]. 10-12. — Favosites fidelis BARR. — Val di Collina, pag. 92 [84]. Fig. 10. — Esemplare in grand. nat. » 11. — Sezione trasvers. X 3. >» 12. — Sezione longitud. X 3. 13-15. — Favosites italica n. f. — Volaia, pag. 98 [40]. Fig. 13. — Esemplare in grand. nat. > 14 — Sezione longitud. X 3. >» 15. — Sezione trasvers. X 8. 16-18. — Favosites Ottiliae PENECKE — Capolago, pag. 94 [36]. Fig. 16. — Esemplare in grand. nat. > IT. — Sezione longitud. x 3, » 8. — Sezione trasvers, X 3, Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXIV, Tav. VII. VINASSA DE REGNY, Coralli mesodevonici della Carnia. . [ Tav, 11}. Spiesazione della Tavola VII [III] Fig. 1-4. — Favosites forojuliensis n. f. — Val di Collina, pag. 96 [38]. Fig. 1, 2. — Esemplari in grand. nat. » 8. — Sezione trasvers. X 5. » 4 — Sezione longitud. X 5. 5, 6. — Favosites forojuliensis var. pinnata n. -- Val di Collina, pag. 96 [38]. Fig. 5. — Sezione longitud. X 5. i » 6. — Sezione trasvers. X 5. 7-9. — Favosites volaica n. f. — Capolago, pag. 95 [37]. Fig. 7. — Esemplare in grand. nat. E » 8. — Sezione trasvers. X 3. » 9. — Sezione longitud. X 3. 10-12. — Favosites robiniaefolia n. f. — Capolago, pag. 97 [39]. Fig. 10. — Esemplari erosi in grand. nat. » 11. — Sezione trasvers. X 5. » 12. — Sezione longitud. X 5. 13, 14. — Favosites polymerpha Gprss. pag. 93 [36]. Fig. 13. — Esemplare del Capolago. > 14 — Esemplare di Val di Collina. 15-18. — Pachypora corallioides n. f. — Val di Collina, pag 100 [48]. Fig. 15. — Superficie levigata in grand. nat. » 16. — Sezione trasvers. X 3. » 17, 18. — Sezioni longitud, X 3. Palaeontosraphia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALIGA. Vol. XXIV, Tav. VIII [ Tav. IM }. VINASSA DE REGNY, Coralli mesodevonici della Carnia, FIERI paese ART STADI Spiesazione della Tavola IX [IV] Fig. 1 — Striatopora subaequalis M. Ep. H. var. major n. Val di Collina, pag. 103. |45]. Sezione longitud. X 4 ) >» 2. — Pachypora cristata Bcum. sp. — Val di Collina, pag. 100 [42]. DSL — Striatopora vermicularis M° Coy sp. — Val di Collina, pag. 102 [44]. Sezione longitud. X 2. » 4,5. — Alveolites suborbicularis Lam. — Val di Collina, pag. 104 [46]. » 6-8. — Actinopora carnica n. f. — Givyigliana, pag. 99 [41]. Fio. 6. — Esemplare in grand. nat. » 7. — Sezione trasvers. X 3, » 8. — Sezione longitud. X 3. > 911. — Alveolites (Caliapora) julica n. f. — Val di Collina, pag. 107 [49]. Fig. 9. — Sezione trasvers. X 4. 7 » 10. — Sezione longitud. X 4. >» 11. — Esemplare: in grand. nat. > 12,13. — Alveolites collinensis n. f. -- Val di Collina, pag. 105 [47]. Fig. 12. — Sezione longitud. X 4. ò » 13. — Sezione trasvers. X 4 » 14,15. — Amphipora ramosa PatLL. sp., pag. 109 [51]. Fig 14. — Esemplare del Germula. - » 15. — Sezione trasvers X 4 — Val di Collina. Alveolites (Caliapora) Battersbyi M. Ep. H. — Val di Collina, pag. 106 [48]. Fig. 16. — Esemplare levigato in grand. nat. » 17. — Sezione longitud. Xx 4. x Hi H 2 È Ù Palaeontosraphia italica, vol. XXIV, 1918. 543 tato PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol, XXIV, Tav. IX. VINASSA DE REGNY, Coralli mesodevonici della Carnia, $i NEI ti (Ù o > dtt, i ui e” 'ea per LAI 1 A SORRISO ie LIRA AI ET aa Fig. » » » » Spiegazione della Tavola X [VI] 1,2. — Alveolites crinalis n. f. — Sozioni X 6 — Val di Collina, pag. 106 [48]. 3-6. — Coenites carnica n. f. — Val di Collina, pag. 108 [50]. Fig. 8. — Esemplare eroso visto di sopra in grand. nat. > 4. — Esemplare visto da lato in grand. nat. > 5. — Lo stesso X 2,5. » 6. — Sezione trasversale X 4. Ta — Coenites polonica GuerIcH var. — Val di Collina, pag. 108 [50]. Sezione longitud. X 6. 8,9. — Coenites Mariae n. f. — Val di Collina, pag. 109 [51]. Fig. 8. — Esemplare da lato X 2. >» 9 — Sezione trasvers. X 2. 10. — Actinostroma clathratum NicH. f. macropora VinAssa X.2 — Cas. Monumenz, pag. ll. — Actinostroma clathratum NicH. f. confertum Vinassa — Givigliana, pag. 111 [53]. Sezione trasvers. X 6. 12-14. — Actinostroma bifarium NicH. — Val di Collina, pag. 112 [54]. Fig. 12. — Esemplare ingrandito X 2. x » 13. — Sezione longitud. X 4. » +14. — Sezione trasvers. X 4 15-17. — Syringopora carnica n. f. — M. Creta bianca, pag, 110 [52]. Fig. 15.— Esemplari in grand. nat. > 16. -— Esemplari ingranditi X 2. » 17, — Sezioni X4, Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PI L 10 [52]. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol. XXIV, Tav. X. VINASSA DE REGNY, Coralli mesodevonici della Carnia, gR RESA » Spiesazione della Tavola XI [VI] . 1,2. -— Actinostroma stellulatum NicH. var. italicum Gorm. — Val di Collina, pag. 111 [53]. Fig. 1. — Esemplare in grand. nat. » 2. — Sezione X 4. 3-5. — Stromatopora concentrica Gprss. —- Val di Collina, pag. 113 [55]. Fig. 3. — Esemplare in grand. nat. >» 4 — Sezione longitud. X 5. » 5 —, Sezione trasvers. X 5. 6-9. — Stromatopora forojuliensis n. f. — Val di Collina, pag. 117 [59]. Fig. 6, 7. -- Esemplari in grand. nat. » 8 — Sezione trasvers. X 8. >» 9. — Sezione longitud. x 8. 10-12. — Stromatopora Beuthi BarG. var. radiata n. — Val di Collina, pag. 114 [56]. Fig. 1011. — Esemplari levigati X 2. » 12 — Sezione X 8. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol, XXIV, Tav. XI. VINASSA DE REGNY, Coralli mesodevonici della Carnia. [ Tav. VI}. 00 i su) sassi PRA AN) î St, 1a 21 » » Spiesazione della Tavola XII [VII] Sezione longitud. X 5. 11. — Stromatoporella curiosa BARG. var. carnica Gort. — M Germula, pag. 118 [60). Sezione longitud. X 8. 12. — Stromatoporella socialis Nicm. var. conferta Gort. — Val di Collina, pag. 118 [60]. Sezione X 8. 13. — Stachyoides verticillata M° Cov sp. — Val di Collina, pag. 119 [61]. «Superficie X 2. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. io. 1-4, — Stromatopora Cadornai n f. — Val di Collina, pag. 115 [57]. Fig. 1, 2. — Esemplari in grand. nat. » 3.— Sezione trasversale X 5. >» 4. — Sezione longitud. X 5. 5, 6. — Stromatopora Hipschii Barc. — Val di Collina, pag. 113 |55] Fig. 5. — Sezione longitud. X 8. >» 6. —- Sezione trasvers. X 8. 3 7,8. — Stromatopora biicheliensis Bar. var. crassa n. — Val di Collina, pag. 117 [59] Fig. 7. — Sezione longitud. X 8. > 8. — Sezione trasvers. ‘X 8. i Dì — Stromatopora concentrica Gprss. + Str. ‘entilis Gort. var. — Val di Collina, pag. 115 [57]. 10. — Stromatopora Gentilis Gorr. var. — Val di Collina, pag. 115 [57]. XXIV, Tav. XII. HIA ITALICA. Vol, PALAEONTOGRAP VII]. [ Tav. Coralli mesodevonici della Carnia. VINASSA DE REGNY Ara Dn io da n vol. XXTV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol, XXIV, Tav. XIII. /Liav SEDE]a UGOLINI, AR%inoceros etruscus Falc. di Barga. IND.GRAF CALZOLARI, FERRARICEA C.-MILANO Mg cn EST ana doi Fig. » » » » » Spiesazione della Tavola XIV [I] la-e. — Aspidicus cristatus (LAMARCK) della Maiella, esemplare minore: i a, faccia concava; b, faccia convessa; c, fianco; d, modello interno artificiale, faccia convessa; e, lo stesso di fianco. i 2a-d. — Aspidiscus cristatus (LAMARCK) della Maiella, esemplare maggiore: a, faccia concava; db, faccia convessa; c, fianco; d, pseudocoste, ingr. 2, 5. 3a-b. — Ptygmatis paeligna n. f. della Maiella: a, immagine fotografica; d, immagine radiografica. 4a-b. — Aspidiscus cristatus ( LAMARCK) di Batna, giovane individuo: a, faccia; b, di fianco. Da E. pe FROMENTEL: Paléontologie francaise, Terrain crétacé, tono VIII, Tav. 114, figure 5a e 3. Aspidiscus oristatus (LAMARCK) di Batna, visto di fianco, Da E. pe FROMENTEL: Paléontologie fran- gaise, Terrain cretacé, Tomo VIII, Tav. 114, figura 1. a | 6. — Aspidiscus cristatus (LAMARCK) dei Monti Aurès. Da F. T. Prcret: 1ruité de Paléontologie, 2% edi-, zione (1857), Tav. 105, fig. 7 e. Te — Aspidiscus cristatus (LAMARCK) ritenuto dell’ Egitto. Da F. A. QuenstEDT: Handbuch der Petrefakten- kunde, 3° edizione (1885), fig. 384 a pag. 1016. 8a-c. — Aspidiscus cristatus (LamaRCK) della Sardegna; esemplare deformato: a, faccia convessa; db, faccia pianeggiante; c, fianco. 9a-c. — Aspidiscus cristatus (LAMARCK) di Montevideo: a, faccia convessa; db, faccia pianeggiante; e; fianco. 10/a sp Aspidiscus sémhae KossmatH di Sémha: a, faccia pianeggiante; db, sezione. Da F. KossmaTtA: Geologie der Inseln Sokétra, Sémha und Abd- el- Kuri, (1907), tav. V, fig. 9b-c. 11. — Aspidiscus n. f. ? Costa arabica (Collezione FigaRI Bry, Museo di Firenze). Sezione meridiana di un grosso esemplare. 12. — Aspidiscus n. f. ? Costa arabica (Collezione FicARI Bey, Museo di Firenze). Faccia pianeggiante di altro esemplare. 13. — Sezione ideale schematica di un Aspidiscus, ricostituito secondo le idee dell'autore. NB. — Tutte le figure ad eccezione della 2d e della 13, sono della grandezza naturale. Le fig. 4a, 4b, 5 e 7 sono immagini speeculari delle originali, che appaiono illuminate dalla destra. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol, XXIV, Tav. XIV. E. FOSSA - MANCINI, Fossili dell’ Appennino centrale, I. [Tav. I ]. IND.GRAF CALZOLARI, FERRARIO A C.-MILANO Spiesazione della Tavola XV [I] Fig. 1. — Gazella Haupti May. — Cranio visto di fronte. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 172 [26]. » 2. — Gazella Haupti MAy. — Frammento, di corno sinistro, visto dal lato esterno. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 171 [25]. i » 3. — Gazella Haupti May. — Frammento di corno sinistro, visto dal lato esterno. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 171 [25]. >» 4 a,b. — Gazella Fucihii sp. n. — Frammento di corno sinistro; a visto dal lato esterno; d visto di fronte. * Dianella ( Empoli). Museo di Firenze, — pag. 151 [5]. 0 » 5 a,b. — Gazella Fucinii sp. n. — Frammento di corno destro; @ visto dal lato esterno; d visto di fronte. Dianella (Empoli). Museo di Firenze, — pag. 151 [ 5]. >» 6 a, b. — Gazella Fucinii sp. n. — Frammento distale di corno; a visto lateralmente; b visto di fronte. Dianella (Empoli) Museo di Firenze, — pag. 151 [5]. Palaeontographin italica, vol. XXIV, 1918, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXIV, Tav. XV. [ Tav. 1]. DEL CAMPANA, 4Antilopi terziarie della Toscana. NO,GRAF CALZOLARI, FERRARIO &L.-MlLali0 Spiegazione della Tavola XVI [IT] Gazella Haupti MAJOR. Fig. 1. — Frammento distale di corno, visto dal lato esterno. Ribolla. Museo di Pisa, — pag. 173 [27]. » 2. — Frammento distale di corno destro. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 171 [25]. » 3. — Frammento distale di corno. Ribolla. Museo di Pisa, — pag. 173 [27]. >» 4 a-e, — Ramo sinistro di mandibola, con Pm,, M,, M,, M;; a visto dal lato interno; bd visto dai lato su- periore; c visto dal lato esterno. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 173 [27]. DTS — Parte anteriore di due rami mandibolari. Montebamboli. Museo di Pisa, — pag. 173 [27]. >» 6 a-c. — Rano sinistro di mandibola, con Pm,, M,, M,, M,; @ visto dal lato interno; d visto dal lato esterno; e visto dal lato superiore. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 173 [27]. » 7 a-c. — Ramo destro di mandibola, con M,, M;; a visto dal lato esterno; d visto dal lato superiore; c visto dal lato interno, Montemassi. Museo di Firenze, — pag. 173 [27]. È LR Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAFONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXIV, Tav. XVI. DEL CAMPANA, Antilopi terziarie della Toscana. È [Tav IL]. IND.GRAF CALZOLARI, FEMMARIO & C=MILANO Aia SO E i Spiesazione della Tavola XVII [HI] Gazella Haupti MAJOR. Fig. 1 a-c. — M, superiore destro; a visto dal lato interno; d visto dal lato esterno; e visto dal lato inferiore. Botro Canonica. Museo di Pisa, — pag. 174 [28]. ; » 2 a-c. — M, superiore sinistro; a visto dal lato esterno; d visto dal-lato interno; e visto dal lato inferiore. Tatti. Museo di Firenze, — pag. 172 [26]. » 3 a-c. — M, superiore sinistro; a visto dal lato interno (la figura riproduce il dente capovolto); d visto dal lato esterno: e visto dal lato inferiore. Ribolla. Museo di Pisa, — pag. 173 [27]. >» 4 a,b. — M,, M,, My superiori sinistri; @ visti dal lato esterno; d visti dal lato interno. Casteani. Museo ì di Firenze, — pag. 172 [26]. j » 5a, D. — Ramo sinistro di mandibola con Ms (parte) e M, completo; @ visto dal lato esterno; b visto dal lato interno. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 172 [26]. > 6 a,b. — Frammento di cranio con Pm,, Pmy, M,, M,, M;; @ visto dal lato sinistro; d visto dal lato infe- riore. Montebamboli. Museo di Firenze, — pag. 172 [26] » Ta-c. — M, superiore sinistro; a visto dal lato esterno; d visto dal lato interno; e visto dal lato inferiore Casteani, Museo di Firenze, — pag. 172 [26] i Palaeontographia italica, vol, XXIV, 1918, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXIV, Tav. XVII. [ Tav. NI }. DEL CAMPANA, Antilopi terziarie della Toscana. IND.GRAF CALZOLARI, FERRARIO & G_- MILANO io n » » » » Spiegazione della Tavola XVIII [IV] 1 a-c. — Gazella Haupti Mays. — M, superiore destro; a visto dal lato interno; d visto dal lato esterno; c visto I nici Ci) FS Ss a-c. — 10 a-e, — Il. _ dal lato inferiore. Ribolla. Museo di Pisa, — pag: 173 [27]. Gazella Haupti May. — M,; superiore destro; visto dal lato interno; d visto dal lato esterno; c visto dal lato inferiore. Montebamboli. Museo di Firenze, — pag. 172 [26]. Gazella Haupti Mays. — M; superiore destro; « visto dal lato interno; d visto dal lato inferiore; e visto dal lato esterno. Botro Canonica. Museo di Pisa, — pag. 174 [ 28]. Gazella Haupti May. — M, superiore destro; @ visto dal lato esterno; b visto dal lato interno; e visto dal lato inferiore. Ribolla. Museo di Pisa, — pag. 173 [27]. Gazella Haupti May. — M, superiore destro; a visto dal lato interno (la figura rappresenta il dente invertito); d visto dal lato inferiore; c visto dal lato esterno. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 172 | 26]. Gazella Haupti May. — My; superiore destro; « visto dal lato interno; b visto dal lato interno; e visto dal.lato inferiore. Ribolla. Museo di Pisa, — pag. 173 [27]. Gazella Haupti May. — M; superiore destro; « visto dal lato esterno; d visto dal lato inferiore; c visto dal lato interno. Ribolla. Museo di Pisa, — pag. 173 [27]. Gazella Haupti May. — M; inferiore sinistro; a visto dal lato esterno; b visto dal lato interno; c visto dal lato superiore. Botro Canonica. Museo di Pisa, — pag. 174 [ 28 |. Gazella Haupti May. — Articolazione inferiore dell’omero sinistro; @ vista dal lato anteriore; b vista dal lato inferiore. Ribolla. Museo di Pisa, — pag. 173 [27]. Li Antilope (Palaeoryx?) sp. n. — Pm,, Pm,, M,, M,, superiori sinistri; @ visti dal lato esterno; d visti dal lato interno; e visti dal lato inferiore. Casteani. Museo di Firenze, — pag. 217 [71]. Gazella deperdita Gerv. — Frammento di corno (sinistro ?). Mulinuzzo Castellare presso Casino (Siena). Museo di Pisa, — pag. 208 [62]. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXIV, Tav. XVIII. DEL CAMPANA, 4Autilopi terziarie della Toscana, IND.GRAF CALZOLARI, FERRARIO AC-MILANO Pio. » » 1 De) a-C. A- Ga (= C. (=. ) 4-0. UW-C. a- €, a-C. a, Db. a-C. ad 0. a, D. Spiesazione della Tavola XIX [V] Gazella gracillima W-EITH. — Ramo mandibolare sinistro con M, e M,; @ visto dal lato esterno; bd visto dal lato interno; c visto dal lato superiore. Montebamboli. Museo di Pisa, — ‘pag. 195 [49]. — Ramo mandibolare destro con M, e M,; a visto dal lato esterno; b visto dal lato interno; ec visto dal lato superiore. Montebamboli. Museo di Pisa, - pag. 195 [49]. 3 -c. — Ramo mandibolare destro con Pm,, Pm, M,, M,; @ visto dal lato interno; d visto dal lato esterno; c visto dal lato superiore. Montebamboli. Museo di Pisa, — pag. 195 [49]. — Ramo mandibolare destro con parte di M,;, M,, M;; « visto dal lato esterno; D visto dal lato interno; c visto dal lato superiore. Montebamboli. Museo di Pisa, — pag. 195 [49]. — Ramo mandibolare destro con Pm,, M,, M,, M;; @ visto dal lato esterno; d visto dal lato interno; e visto dal lato superiore. Montebamboli. Museo di Pisa, — pag. 195 [49]. — Ramo mandibolare sinistro, con parte di Pm, M,, M,, M;; « visto dal lato interno; d visto dal lato esterno; c visto dal lato superiore. Montebamboli. Museo di Pisa, — pag. 195 [49]. — Frammento di ramo mandibolare sinistro con M, e M,; « visto dal lato esterno; db visto dal lato interno; c visto dal lato superiore. Montebamboli. Museo di Firenze, — pag. 195 [49]. — Frammento di ramo mandibolare destro con M;; « visto dal lato esterno; b visto dal lato interno; e visto dal lato superiore. Montebamboli. Museo di Firenze, — pag. 195 [49]. Frammento di mascellare sinistro con M, e M,; @ visto dal lato interno; bd visto dal lato interno; e visto dal [ato inferiore. Montebamboli. Museo di Firenze, — pag. 195 [49]. — Premolari e molari superiori destri; @ visti dal lato esterno; d visti dal lato inferiore. Monte: bamboli. Museo di Firenze, — pag. 195 [49]. ) — Pm,, M, e M, superiori sinistri; a visti dal lato esterno; d visti dal lato interno; e visti dal lato inferiore. Montebamboli. Museo di Firenze, — pag. 195 [49]. — M, superiore destro; « visto dal lato inferiore; d visto dal lato esterno; e visto dal Hio interno. Montebamboli. Museo di Pisa, — pag. 195 [49]. : — Corno destro con frammento di frontale; @ visto dal lato esterno ; b visto di fronte. Montebamboli. Museo di Pisa, — pag. 195 [49]. - — Estremità prossimale di metatarsale sinistro. Montebamboli. Museo di Pisa, — pag. 196 [50]. 300 Palacoreas Montis Caroli MAI. — Corno destro; @ visto dal lato esterno; b visto di fronte. Montecarlo -S. Giovanni (Valdarno). Museo di Firenze, — pag. 220 [74]. Palaeontographia italica, vol. XXIV, 1918, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXIV, Tav. XIX. DEL CAMPANA, Antilopi terziarie della Toscana, J Tav. V ]. pai KD.GRAF CALZOLARI. FERRARIO & C-MILANO A Ra PASSZIMIRE ul ERNST MAYR. LIBRARY ECO 3 2044