"A AGR TE HARVARD UNIVERSITY. TO VISBMESVAZNERNA OF TIIE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. N25) vl [Ivlo ESEEBERO SS LEG o Sa SN rognazuoni (Stresa nreRiAzIONALE hi pi La 1 Ru E} 3 i è ka I i FT Ra A 2 x x î È | » | “ I | | i il Do È x N A ‘ - i PALAFONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA PUBBLICATE PER CURA PROF. MARIO CANAVARI Museo GroLOoGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI Pisa —_—e mo VoLume V.— 1899. PISA SUCCESSORI F. 1900 SUAVITORO È Uh n Sol ia C 3a ì 4 > Pi e” f, Si ZO Ù : - È 7 , z si So OCT 2 1900 INDICE DEL VOLUME V. Tommasi A. . — La fauna dei calcari rossi e grigi del Monte Clapsavon nella Carnia occidentale (Tav. I-VII [I-VII] e Fig. 1-8 intere.) BonareLLI G. — Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale (Tav. VIMI-X [I-II] e Fig. 1-4 intere.) Bosco C. . . — I Roditori pliocenici del Valdarno superiore (Tav. XI, XII [I, 1I}) Greco B.. . — Fossili oolitici del Monte Foraporta presso Lagonegro in Basilicata (Tav. XII [1]) Aspano M. . — Contributo alla flora carbonifera della Cina (Tav. XIV-XVIII [I-V] e Fig. A, B interc.) Fucmi A.. . — Ammoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale esistenti nel Musco di Pisa (Tav. XIX-XXIV [I-VI] e Fig. 1-23 intere.) Canavari M.. — Fauna dei calcari nerastri con Cardiola ed Orthoceras di Xea S. Antonio in Sardegna (Tav. XXV, XXVI [I, II]) (Introduzione e Parte I, Ostracoda) . 187 ANNIBALE TOMMASI LA FAUNA DEI CALOARI ROSSI E GRIGI DEL MONTE CLAPSAVON NELLA CARNIA OCCIDENTALE (Tav. I-VII [I-VII] e Fig. 1-8 intere.) INTRODUZIONE Quando lo Sur ® nel 1856 dava per primo la notizia della presenza d’una fauna a cefalopodi nel calcare rosso-grigio del Monte Clapsavon, quasi nessuna eco destò quell’ annunzio nell’ambiente paleon- tologico. Da allora dovettero trascorrere presso che cinque lustri prima che alcuno fosse spinto ad esplo- rare quella località fossilifera ed a studiarne la fauna. Fu solo nel 1880 che il dott. E. v. Moysisovics ?) con una nota sul Monte Clapsavon richiamò l’at- tenzione dei geologi sulla scoperta dello Srur, e due anni dopo ®, nella sua opera “ I Cefalopodi della provincia triasica mediterranea ,, descriveva e figurava 23 specie di quel giacimento, tutte appartenenti alla classe appunto dei cefalopodi. A queste, nel 1893, il MarrANI £ aggiungeva altre 37 specie, tra le quali, oltre ai cefalopodi, veni- vano a comparire alcuni gasteropodi e lamellibranchi, qualche brachiopodo, un corallario, parecchi fora- miniferi e perfino un’ alga. Non mi è noto se lo Srur, come scoprì la fauna, abbia anche fatto bottino di materiale: certo ne raccolse il dott. Moysisovics e ne arricchì le collezioni dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. Ma per ventura il giacimento era così fertile da fornir larga messe di petrefatti anche ai due Musei dell’ Istituto tecnico di Udine e della R. Università di Pavia. Al Gabinetto di Storia naturale dell’Istituto di Udine, fin da quando ne teneva la direzione il compianto prof. Camiro MARINONI, era stata inviata una bella raccolta di fossili del Clapsavon, che, da me in buona parte determinata negli anni di mia dimora colà, i) STUR. Die geolog. Verhdlt. der Thiiler der Drau, Isel, Moll und Gail in der Umgebung von Lienz, ferner der Carnia im Venet. Gebiete. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst. Wien, 1856. 2 E. v. Moysisovies. Der Monte Clapsavon im Friaul. Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst. Wien, 1880. 3) E. v. Mossisovics. Die Cephalopoden der mediterranen Trias-Provinz. Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanst. X Bd. Wien, 1882. 4) E. MARIANI. Note paleontologiche sul Trias superiore della Carnia Occidentale. Annali del R. Istituto tecnico di Udine, serie II, anno XI, 1893. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 2 | A. TOMMASI [2] fu poi accresciuta mercè le escursioni dell’egregio collega prof. E. MARIANI, il quale, ripigliatone lo stu- dio, ne espose nel 1893 i risultati nell’opuscolo dianzi citato. Nel 1895 giungeva al Museo geologico dell'Ateneo pavese una bella raccolta di fossili del Clapsavon e nell’agosto del 1897 e nel settembre del 1898 io pure mi recava a visitare quella montagna, ripor- tandone una abbondante collezione di fossili, che ora si conservano nel Museo geologico della R. Uni- versità di Pavia. È sul materiale del Museo pavese e su quello dell’Istituto tecnico di Udine, gentil- mente prestatomi dall’egregio collega ed amico dott. AcHiLLE TELLINI, che io potei condurre a termine il presente studio. Al chiarissimo sig. prof. T. TArAamELLI, Direttore del Museo geologico dell’ Università di Pavia, al prof. A. TeLLinI ed al prof. M. Misani, Preside del R. Istituto tecnico di Udine, tornino accetti i miei più vivi ringraziamenti per la liberalità colla quale misero a mia disposizione il materiale di studio ri- spettivamente a loro affidato. Dal Museo di Geologia della R. Università di Pavia. Cenni sulla topografia e la struttura geologica del Monte Clapsavon. Nella parte forse più pittoresca della Carnia occidentale, a N-E. di Forni di Sopra, tra il Taglia- mento a S-0. ed il Lumiei a N-E., erge la bianca sua cima fino a metri 2463 sul livello marino il Monte Clapsavon. Dei due versanti il meno disagevole ed il più breve a salire è quello di Forni; l’altro, che declina verso Sauris, è nella sua parte superiore assai più aspro, molto ripido e costringe a cammino più lungo. Il Monte Lagna (metri 2133) ed il Monte Bivera (metri 2474), che sorgono rispettivamente ad 0-N-0. e ad E-N-E. del Clapsavon, si possono riguardare come le sue propaggini settentrionali: per contro il Monte Rancolin (metri 2097), ad Est di Forni di Sopra, ne è una appendice meridionale. Due torrenti, il Rio Agozza ed il Rio Marodia, solcano il piovente di Forni, mentre quello di Sauris non alimenta che qualche insignificante ruscelletto. La via, che da Forni di Sopra mena alla vetta del Clapsavon, serpeggia lunghesso il Rio Agozza, quando non si voglia preferir quell’altra che segue il corso del Rio Tolina e, girato il Monte Lagna, riesce al Clapsavon. Da Sauris, invece, si batte la mulattiera che scende al Lumiei, risale ai Casoni di Piazza e passa per la malga di Chiansavei. Queste diverse strade furono da me tenute nelle varie salite alle località fossilifere d’onde proviene la fauna studiata. Delle prime. notizie sulla geologia del Clapsavon andiamo debitori al dott. v. MoysIsovics, che ne fece oggetto della breve nota pubblicata nel 1880, e che io già ricordai. Secondo quell’autore il Monte Clap- savon non sarebbe che una scogliera corallina, un “ riff , calcareo-dolomitico, circondato su tre lati dalle “ arenarie e dalle marne di Wengen. Il Monte Lagna ed il Monte Crodon rappresenterebbero le avan- guardie, spinte verso Nord, del riff del Clapsavon, sporgenti dall’eteropico distretto delle arenarie. Sul “lato occidentale verso il rio Agozza, sull’orientale verso Chiansavei, nonchè su quello meridionale gli strati arenaceo-marnosi di Wengen si vedono distintamente adagiarsi sulla superficie della scarpa del ‘ riff in posizione ad essa parallela e come degradanti dal riff medesimo; per modo che il calcare del “ riff appare soggiacere alle arenarie di Wengen come al Plattkofel ed allo Schlern. Il calcare rosso a [3] A. TOMMASI 3I “ cefalopodi forma, secondo l’autore, soltanto i tre banchi superiori di questa serie di strati, che riveste “ il calcare corallino alla sella tra il Clapsavon ed il Lagna, e sarebbe anch'esso ricoperto dalle arenarie “ di Wangen e, di più, attraversato da lembi di tufi ,. Dalla “ Carta geologica del Friuli , pubblicata nel 1881 dal prof. T. TARAMELLI, si rileva che il Monte Clapsavon, come il Monte Bivera, il Monte Lagna ed il Monte Rancolin, sono costituiti da calcari e da dolomie infraraibliane nella loro parte più alta e che le falde sul versante di S-O. constano di schisti ed arenarie del piano di Wengen, su cui si sovrappongono più in basso, ancora verso il Tagliamento, le arenarie ed i calcari del raibliano colle dolomie cariate e le marne gessifere. Sul versante di N-E. si ripete quasi la medesima serie ma, oltrepassata la zona degli schisti e delle arenarie di Wengen, invece di veder queste ricoperte dalle roccie raibliane, si incontra una stretta ed interrotta zona di calcare del Muschelkalk, al quale susseguono gli schisti, le arenarie ed i calcari marnosi del Trias inferiore e, sotto a questi, le dolomie cariate ed i gessi del piano del calcare a Bellerophon. Il prof. TARAMELLI nella sua Carta geologica menzionata non indica nell’area del Clapsavon nessun affioramento di pietra verde: di- stingue però questa roccia con una tinta speciale (e col nome di #ufi augiticì, pietre verdi) nello spac- cato VIII della tavola annessa alla memoria “ Catalogo ragionato delle Roccie del Friuli. Roma, 1877 , ed in un altro spaccato a colori, che andava annesso alla Carta geologica inedita depositata presso l’ Ufficio provinciale di Udine. A queste notizie geologiche dei signori v. Moysisovics e TARAMELLI il ci- tato opuscolo del MARIANI recava in contributo il risultato complessivo di alcune analisi dei calcari fos- siliferi grigi e rossi del Clapsavon eseguite dall’egregio collega ed amico prof. G. Nartino nel labora- torio di Chimica del R. Istituto tecnico di Udine. Secondo quelle analisi il calcare grigiastro contiene, per ogni cento parti in peso, 1,0389 di carbonato di magnesio, mentre il resto è quasi tutto formato da carbonato di calcio con traccie di ossidi di ferro, d’ alluminio e di sostanze organiche: il calcare rosso, invece, contiene, su cento parti, 2,2293 di carbonato di magnesio, gli stessi ossidi di ferro e d'alluminio e quantità un po’ maggiore di sostanze organiche. Il MARIANI vi univa inoltre, ma senza illustrarli, due spaccati, passanti per la massa del Clapsavon, poco dissimili da quelli già ricordati, del prof. TARAMELLI. Nelle escursioni da me compiute nell’area del Clapsavon poco di nuovo osservai da aggiungere alle osservazioni dei precedenti autori: non credo però al tutto superfluo il riferire quanto vidi io stesso, che mi era proposto di rilevare sopra luogo uno spaccato di quella montagna sulla linea da Forni di Sopra a Sauris. Ecco quanto ho osservato: Tra Vico ed Andrazza le falde del Clapsavon e del Lagna sono costituite dai depositi del periodo raibliano, che si attraversano tanto risalendo il Rio Tolina, quanto rimontando il Rio Agozza. Seguendo la prima via si incontrano successivamente: a) marne gessifere — b) arenarie rossastre grossolane — c) cal- care nero bituminoso. In queste roccie del Rio Tolina il prof. MARIANI raccolse già alcuni fossili caratte- ristici, tra cui la Myophoria Kefersteini MuNst. sp. e la Hòrnesia Johannis-Austrie KLrst. Più su, a me- tri 1100 sul livello del mare, affiora: d) una dolomia grigia, indi, più in alto a circa metri 1280, là dove il Rio Tolina si divide dal Rio Tortiana, e)un calcare grigio, tinto qua e là da chiazze rossastre. A questo punto piegando ad Est per pigliare il sentiero di Val di Laur, a circa metri 1340 sul mare s° in- contrano — f) dei calcari rossi litologicamente simili a quelli fossiliferi del Clapsavon. In essi è aperta una cava e nei blocchi disseminati all’ingiro vidi qualche sezione di Arcestes, ma, assai più abbondanti, delle forme analoghe alla Evinospongia tanto comune nel calcare d’ Esino. Nessun dubbio che le roccie d), e), f) sieno da riferire al piano ladinico 0 dei calcari e delle dolomie infraraibliane del prof. TARAMELLI. Una serie più completa potei rilevarla tenendo la via del Rio Agozza. 4 A, TOMMASI [4] Anche qui alle falde della montagna, dove dal prato o dal bosco viene a mettersi allo scoperto la roccia, si scorgono i sedimenti raibliani con prevalenza dei calcari, che qua e là si presentano come vere lumachelle. Nel breve tratto tra Forni ed Andrazza sono in essi aperte, a pochi metri sulla via carrozza- bile, alcune cave. In una di esse raccolsi l’ultimo anfratto di una Chemnitzia, che, completa, doveva rag- giungere una lunghezza di poco inferiore al mezzo metro. È una di quelle forme colossali che, fino a poco fa, si ritenevano esclusive ai calcari raibliani di Dogna sulla manca del Fella. Nei blocchi dissemi- nati presso la cava Tintai scorsi anche alcuni esemplari di Dertalimm undulatum Munst. in tutto simili a quelli, che per la prima volta rinvenni a Somdogna ® in Val della Dogna. Attraversata l’area d’affioramento del raibliano, poco sotto alle case di Pantarona, a circa metri 1100, affiorano sulla destra del Rio Agozza degli schisti marnosi un po’ carboniosi a straterelli sottili e delle arenarie grossolane grigio-verdastre, subordinate in potenza agli schisti. Son queste roccie gli schisti e le arenarie del piano di Wengen, bene sviluppate anche sull’opposto versante del Clapsavon. Da questo mantello schistoso, a circa metri 200 più sopra, cioè verso i 1340 metri, sulla sinistra del Rio Agozza sì vedono sporgere i banchi di un melafiro ® verde-scuro, cui sull’altra sponda del Rio fanno riscontro gli schisti marnosi di Wengen. I banchi di melafiro hanno in questo punto uno spessore complessivo di circa metri 30 e si lasciano accompagnare allo scoperto per un tratto di quasi mezzo chilometro; ma a metri 100 più in alto, a 1446 metri, si vedono distintamente sottostare per breve tratto agli schisti marnosi. Più avanti e melafiro e schisti vengono celati dall’ fumus, finchè al principio del Pian della malga di Monte Maggiore riaffiora il melafiro più coll’aspetto di tufo che di roccia viva. Il luogo d’affioramento più elevato, che io potei constatare per questa interessante roccia, trovasi nell'ampia malga di Monte Maggiore e tocca metri 1650. È quindi una roccia cristallina che, oltre ad attestare una fase di forte attività endogena, che precedeva immediatamente la deposizione dei marnoschisti di Wengen, ha un’im- portanza ragguardevole nella costituzione del Clapsavon e dei rilievi finitimi; poichè affiora anche sul versante N-E. di questa montagna e fa eziandio capolino, più ad Est, tra gli schisti di Wengen e la dolomia infraraibliana, a ponente di Ampezzo al principio della mulattiera, che, staccandosi dalla via carrozzabile presso lo stavolo Lut, sale al passo del Monte Pura. Il dott. v. Moysisovios nella citata sua nota del 1880 ricorda appena la presenza di questa roccia ed afferma che il calcare rosso del Clapsavon, sul quale, secondo lui, si adagerebbero le arenarie di Wengen, è attraversato da lembi di tufi. Questa intrusione del melafiro o di tufi nella massa del calcare rosso non fu per vero da me osservata in alcun punto. E dal complesso delle mie osservazioni sarei indotto ad ammettere che la deposizione degli schisti marnosi di Wengen e l’erompere del melafiro ab- biano preceduto la costruzione del “ riff ,, che avrebbe trovato appunto in quegli schisti e nella roccia eruttiva che li accompagna la base, sulla quale gettare i suoi fondamenti. Sul piano della malga di Monte Maggiore sono scarsissimi gli affioramenti della roccia in posto, tanto che a circa metri 1730 saltan fuori gli spunti del calcare grigio rossastro, che più su contiene i fossili, senza che si possa constatare con quale roccia sia a contatto, se col melafiro 0 coi marnoschisti e le arenarie di Wengen. i) A. Tommasi. Rivista della Fauna raibliana del Friuli. Annali del R. Istituto tecnico di Udine, serie II, anno VIII, 1890. ? Su questa ed altre roccie cristalline della Carnia pubblicò di fresco un pregevole scritto 1’ egregio collega dott. Vico, professore di Storia naturale al R. Istituto tecnico di Melfi. L’analisi microscopica da lui fattane accertò che quella roccia verde del Clapsavon, che passava antecedentemente per fufo augitico, pietra verde è un melafiro a struttura compatta e molto alterato. [5] A. TOMMASI 5 Questo calcare, ad ogni modo, è la formazione più notevole del Clapsavon, poichè, oltre a costituire la gran massa del riff corallino, è quello che ospita la bella fauna, più innanzi illustrata. Esso posa a mio avviso sul piedestallo formatogli dalle roccie sedimentari e dalla effusiva, poco variando nella composizione chimica e molto nella tinta. Poichè è un fatto che se la sua gran massa ® leggermente dolomitica, è bianca tendente al grigio, come quella del calcare d’Esino, gli strati fossiliferi sono o rossi, con gradazioni dal rosso vi- nato al rosso-roseo, o grigi. Il che non implica che si trovino fossili ovunque il calcare si presenti o grigio o rosso: sul versante di Sauris poco sopra la malga di Chiansavei a circa metri 1600 il calcare rosso, affatto identico a quello fossilifero, affiora con notevole sviluppo e verticale ed orizzontale, ma, per quanto potei vedere, è del tutto privo d’ogni reliquia organica. I banchi fossiliferi giacciono in prossimità del crinale, tra il più alto cucuzzolo del Clapsavon ed il Monte Lagna, e, secondo il modo di vedere del dott. MoysIsovics, formano i tre banchi superiori di quella serie di strati, che andavano deponendosi sulla scarpa della scogliera corallina durante o subito appresso alla sua costruzione. La tinta o rossa o decisamente grigia è affatto sporadica, non caratteristica d’un livello piuttosto che d’un altro di quella massa calcareo-dolomitica; forma, per così esprimermi, delle chiazze e delle vene più o meno estese, distribuite colla massima irregolarità e sfumanti ai margini nel prevalente colore più chiaro. La serie riscontrata salendo da Forni al Clapsavon si ripresenta quasi identica, ma con ordine in- vertito, a chi dal crinale discenda al Lumiei diretto verso Sauris; v’ ha però questa differenza, che i se- dimenti raibliani vennero completamente abrasi sul versante N. E. del Clapsavon e la più energica ero- sione esercitata dalle meteore giunse a denudare i depositi più antichi del piano di Wengen fino ad in- cidere i terreni permiani. Infatti calando alla malga Chiansavei, prima di giungervi, a circa metri 1700 si rivedono gli schisti marnosi neri di Wengen ed il melafiro che sembra emergerne e che con notevole sviluppo passa oltre Chiansa- vei e scende fin presso al Rio d’Aven a circa metri 1600. I banchi del melafiro, poco sopra alla casera di Chiansavei, sono diretti da S-S-0. a N-N-E. ed inclinano verso 0-N-0. Dal rio d’Aven ai casoni di Piazza ed al Lumiei il bosco ed un potente mantello morenico celano la roccia in posto; ma sulla si- nistra del Lumiei alle casate si mette allo scoperto un calcare nero bianco-venato, che pei caratteri lito- logici è affatto simile a quello del Muschelkalk e si raccorda con un altro analogo affioramento, che si scorge in vicinanza della casera Giaviada ed inclina coi suoi strati verso O-N-0. A questo calcare, ol- trepassate di poco le casate, succedono degli schisti argillosi, rosso-vinati, gli schisti di Werfen, che di- retti da N-0. a S-E. inclinano verso N-N-0. Questi schisti, tra i quali scorre serrato il Lumiei dallo sbocco del rio Bernone o Tavanelli a quello del rio Bosclàv o Piscanda, presso al rio che scende da Fleckhe lasciano il posto alla dolomia cariata, della formazione del Bellerophonkalk, che affiora in più luoghi lungo il sentiero per Sauris di Sopra. Alla dolomia cariata, che forma l'ossatura dei rilievi, am- mantati da un potente rivestimento morenico, sui quali sorgono i due Sauris, il superiore e l’inferiore, sono associati i gessi, che coll’aspetto di gesso bianco più o meno saccaroide affiorano a metà strada tra i due Sauris nella località denominata Unterwàlde. Alla dolomia cariata gessifera succede poi un calcare nero a sottili venature, forse il vero calcare a Bellerophon, che seguii giù pel rio Hintermilchen e pel Rio Poch fin presso la Maina di Sauris, dove la valle corre incassata tra schisti rossi, argillosi, arieg- i) Del calcare bianco-grigio costituente il culmine più elevato del Clapsavon eseguì gentilmente un’analisi nel laboratorio di chimica del R. Istituto tecnico di Pavia, l’egregio amico e collega prof. E. Zenoni. Da essa risulta che in quel calcare entrano 97,89 °/, di Ca Co? — 1,67 °/o di Mg Co? — 0,32 di Fe? 03 ed A1° 03 — e 0,02 di Si O°. 6 A. TOMMASI [6] gianti a prima vista agli schisti di Werfen ma da ascriversi alla zona degli schisti e delle arenarie di Groden (Grodnersandstein). Tale è la successione dei terreni costituenti il Monte Clapsavon, secondo le osservazioni mie. Il se- guente spaccato compendia e traduce in forma più concreta i fatti osservati. ; È © 9) n = > ® È e to Pa s = = ho) E to = Pantarona (1100). . Osvaldo (1900). Chiansavei (1695) Sauris di sopra (1363). Le Case (1125). S T. Lumiei. NeEeeeEStTE Fic. 1. — Spaccato geologico del Monte Clapsavon. — Scala di RIE 75000 r, raibl — c.è., calcari infraraibliani — 7 7., melafiro — w, Wengen — », muschelkalk — #.è., schisti di Werfen », dolomia cariata del Bellerophonkalk Le località fossilifere. I luoghi, dai quali fu tratto il ricco materiale studiato, sono due, posti entrambi a breve distanza dalla cresta che separa i due versanti a circa metri 1000 su Forni di Sopra e metri 1900 sul livello marino. L’uno è la località detta di S. Osvaldo, sopra ed a N-E. della malga di Monte Maggiore; l’altro è il posto detto în Ciana, situato pressochè a N-N-0. di S. Osvaldo ®. In questo luogo i banchi fossiliferi formano un complesso di poco più che 10 metri di spessore e constano di un calcare o rosso o grigio con preva- lenza della prima tinta; mentre i fossili che si raccolgono in Ciana e che mi passarono per le mani pre- sentano quasi tutti un colore più cupo, rosso vinato. La roccia, in cui i fossili sono racchiusi è in gene- rale molto compatta, e più in Ciana che a S. Osvaldo; per cui quando al loro isolamento non abbia prov- visto l’erosione atmosferica, riesce malagevole l’estrarneli, massime nel caso di forme assai ornate di coste e di nodi come i Protrachyceras. Usando il metodo della calcinazione, riuscii però ad isolarne un di- screto numero, specialmente di Proarcestes, che in altro modo sarebbero andati perduti. Mediante la leviga- tura colla carta vetrata e l’intaccamento coll’ HC1 potei render visibile la linea lobale della maggior parte dei Cefalopodi. Così mi venne fatto di mettere assieme 101 specie, di cui 99 rappresentano la fauna e 2 la flora. Nella parte che segue vengono singolarmente descritte le specie. i) Nel materiale di proprietà del R. Istituto tecnico di Udine tre o quattro fossili portano sull’ etichetta indi- cata la località « sopra Giaviada ». Confesso che non so a qual posto si voglia alludere, perchè nelle adiacenze dellà malga Giaviada non solo non si raccolgono i fossili in discorso, ma non affiora nemmeno la roccia, nella quale per solito si trovano. [7] A. TOMMASI 7 DESCRIZIONE DELLE SPECIE PLANTAE Algae Gen. Diplopora ScHArHAurL em. BENECKE. Diplopora herculea Srorr. sp. — Tav. I [I], fig. 1. 1858-60. Gastrochaena herculea Stoppani A. Les pctrifications d’ Esino, pag. 81, tav. 16, fig. 11, 12. 1872. Gyroporella aequalis GiieL. Die sogen. Nulliporen und ihre Betheilung an der Zusammensetzung der Kallgesteine, Theil II, pag. 49-50, tav. D III, fig. 14a-c; DIV, fig. 1a-f, 19? Abhandl. d. k. bayr. Akad. d. Wissensch. 1895. Diplopora herculea Sropp. sp. SALomon. Geologische und palacontologische Studien ueber die Mar- molata. Palaeontographica, XLII Bd., pag. 127, tav. I, fig. 13-19. Di questa bella specie non potei trovare che un solo frammento dell’altezza di quasi mm. 25. È per- fettamente cilindrico e spezzato alle due estremità. La sua superficie esterna, d’aspetto celluloso e come spugnoso, è divisa da suture circolari poco marcate in anelli regolari contigui presentanti, dove non sono troppo intaccati dall’ erosione, delle piccole aree concave poligonali. L'altezza di questi anelli è di poco inferiore ad un millimetro. Il diametro del pezzo in esame è di mm. 9,5; lo spessore della parete è relativamente rilevante, poichè tocca mm. 1,5. Sulla sezione trasversale si presentano dei canali irraggianti, che vanno restringen- dosi verso l’ esterno. Il dott. SaLomon cita questa specie da Esino e dalla Marmolata: GimBeL dal calcare grigio-chiaro dell’ Hottinger Alpe presso Innsbruck e dal Wettersteinkalk dell’ Hochalpscharte al Zugspitze di Rohrbach. Il mio esemplare lo cavai dal calcare grigio di S. Osvaldo nel Clapsavon. Somiglia meglio che alle altre, alla fig. 13, tav. I della citata opera di SaLomox, solo ne è più grosso quasi d’un terzo e gli anelli sono più alti pressochè del doppio. M. G. Univ. Pavia 1). Diplopora annulata ScHÒarHz. 1893. Gyroporella (Diplopora) annulata Scnaraz. sp. MarIANI E. Note paleontologiche sul Trias superiore della Carnia occidentale, pag. 21. Annali del R. Istituto tecnico di Udine, serie II, anno XI, 1893. Di questa specie, trovata anche nel calcare d’ Esino, in quello di Villanova (Mondovì) e nella dolomia del Muschelkalk d’Arona, il prof. MARIANI cita alcuni frammenti nel calcare rossastro e grigiastro del Clapsavon. Nel materiale da me studiato non ne trovai nessun esemplare nè intiero nè frammentizio. 1) M. G. Univ. Pavia — leggi: Museo geologico dell’ Università di Pavia. 8 A. TOMMASI [8] ANIMALIA Foraminifera. Nell’opuscolo del prof. MARIANI, testè citato, sono elencate, accompagnate da brevi cenni descrittivi e riprodotte in una tavola (tav. I) diciasette specie di foraminifere, che l’egregio collega studiò in se- zioni microscopiche del calcare grigiastro del Clapsavon. Di esse alcune sono nuove, altre già note nei terreni del mesozoico antico. Io qui mi limito a citarle, rimandando lo studioso, che voglia esserne più ampiamente informato, al ricordato opuscolo del MARIANI. Ecco l’elenco: Cornuspira cfr. pachygyra GimBeL . . . +... MARIANI, tav. I, fig. 1 — S. Cassiano DETVWATIOMS NN OI IN —_ —_ 4 DIOR (UFODIS Td do 0 o olio oo Lola — _ 2,8 TagenaaeviSMONTASPIM I n — 8 — Paleozoico e Raibliano carnico PIA LODO SUR MIONTIRS PIRRO: TEA ONT —_ — 7 — Lias Nodosaria radicula Lin. sp... 0.0.0. _ — 9,10 — Paleozoico — attuale » ambigua Neue. var. annulata Tera. et BerTtH. — _ 11,12 — Lias » CRISTO. SD oe. olona va o = = 13,14 » OVE A Noa eo slo — — 15,16 — Lias di Nese MOANGMULINA SP NIMAIA IA Cr SSA "OE —_ —_ 17 Cristellaria Clapsavonii n. Sp... 0... — — 18 PO LY MONDRIAN TO SITI ANNI IR MICOI OI AVVIATO IE — _ 5,6 IDIISCONDINAMSP AR ATI REA O N — —_ 28, 29,30 Truncatulina lobatula WALK et JAcoB. sp... . = — 19,21 — Carbonifero — attuale SAMOTANVTLO MST SMR: TI SANITA ONTO RO a OTO _ _ 26, 27 PUOIUMIDN IO O — — 24,25 — Trias superiore 22, 23 ROCAATCIAPSACONTAN ASPORTO. _ _ Anthozoa. Fam. Astraeidae. Gen. Thecosmilia E. H. Thecosmilia badiotica Freck sp. in Vorz. — Tav. I [I], fig. 2. 1893. Cladophyllia sp. prop. C. subdichotoma Mist. sp. E. MarIaNnI. Opuse. cit., pag. 21. 1896. Thecosmilia badiotica Vorz W. Die Korallen der Schichten von St. Cassian in Sitd-Tirol. Palaeonto- graphica, XLIII Bd., pag. 26, tav. II, fig. 14-19. L’esemplare, che io figurai, era stato ravvicinato dal MarIANI alla Cladophyllia subdichotoma Mùxst. sp. ed anche da me ritenuto assai vicino a quella specie. Ma, per averne una determinazione più sicura, richiesi dell’autorevole suo parere l’egregio collega dott. GiroAccHINo DE ANGELIS, valente illustratore d’altri corallarii carnici, che con cortesia squisita mi fornì le seguenti sue osservazioni, autorizzandomi a valermene. [9] A. TOMMASI 9 “I due esemplari carnici, unici trovati al Clapsavon, appartengono alla stessa specie. Quantunque in uno di essi le teche dei polipieriti siano mirabilmente conservate, pure nell’interno non è dato rico- noscere in generale nessun carattere anatomico a causa della profonda spatizzazione. L’erosione però, “ le sezioni sottili e molto più le levigature, che ho praticato sull’esemplare mi hanno permesso di in- “ travedere con qualche relativa sicurezza parecchi caratteri anatomici interni ,. “ Non v’ha dubbio che abbiamo a fare con una forma del genere Thecosmilia E. H. per essere ce- spitosa, per la teca ricoperta da una forte epiteca, che la orna di eleganti collaretti, per i calici al- quanto irregolari, per la mancanza della columella ecc. ecc. I setti sono numerosi, forti, lateralmente granulosi; sviluppate le produzioni endotecali. Non è facile stabilire con sicurezza a quale delle nume- rose forme di questo genere debbano essere riportati gli esemplari. Però dopo l’esame accurato dei lavori di Munster ®, Stoppani >, Reuss ®, Lause £, QuensteDT °, FrecH ®, OcInvie ?, Vorz ® ed altri, sono riuscito quasi ad assicurare la nostra specie al gruppo: Thecosmilia subdichotoma Munst. sp. I no- stri esemplari infine con grande probabilità si devono riportare alla 77. badiotica battezzata in schedis dal FrecH descritta e figurata nel lavoro citato del Vorz. Corrispondono infatti abbastanza bene alle “ figure ed alla descrizione della specie. Il FRECH ne trovò i primi esemplari: indi lo stesso VoLz nella “ sola località della Forcella dei Sett-Sass (Rickthofen- Riff) ne rinvenne parecchi altri , . Località: Monte Clapsavon nel banco madreporico ®. — Esempl. 2. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine 1°, « Echinodermata. Crinoidea. Gen. Encrinus Miu. Encrinus granulosus Miinsr. — Tav. I [I], fig. 3, 34. 1841. Enerinus granulosus Miinster. Beitrige xur Petrefacten-Kunde. IV, pag. 52, tav. V, fig. 11-13 e 19. 1858-60. — — Miinsr. Stoppani. Les Pétrifications d’ Esino, pag. 123, tav. 28, fig. 5, 6. 1865. — — Miinsr. Lauper. Die Fauna der Schichten von St. Cassian, pag. 271, tav. VIII a, fig. 7-12. 1889. _ — Miinsr. voy Worrmann. Die Fauna der sogenannien Cardita und Raibler-Schi- chten, pag. 191, tav. V, fig. 8. 1) MuUnsTER. Beitrige zur Petrefactenkunde. 4.3 part., 1841. 2) StoPPANI. Fossiles de l’Azzarola. Géologie et Paléontologie des couches à Avicula contorta en Lombardie. Milano, 1860-65. 3) Reuss. Anthozoen der oberen Trias und der Kossener Schichten. 4 LauBE G. Die Fauna der Schichten v. St. Cassian. Wien, 1865-69. 5 QuensreDT. Petrefactenkunde Deutschlands. VI Theil, 1881. 9) FrEcH. Die Korallenfauna der Trias. I. Palaeontographica, Bd. XXXVII. 7) OgILvie. Die Korallenfauna der Schichten von St. Cassian, Inaugural Dissertation. 8) VoLz. Die Korallen der Schichten von St. Cassian in Sid-Tirol. Palaeontographica, Bd. XLIII. Questa è l’indicazione dell’etichetta; ma di tal banco madreporico io non riuscii a rintracciare il sito, sebbene lungo il rio Tolina abbia raccolti diversi altri corallarii. 10) G.S. n. R. Ist. tecn. Udine — leggi: Gabinetto di Storia naturale del R. Istituto tecnico di Udine. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. bo 10 A. TOMMASI [10] Ho riferito a questa specie tre frammenti dello stelo composto da vario numero d’articoli di forma discoidale e molto bassi. Essi lasciano scorgere qualche superficie d’attacco, su cui irraggiano pressochè dal centro, per raggiungere la periferia, delle costicine assai avvicinate, numerose e granulose, che si dicotomizzano a poca distanza dalla loro origine. Il margine delle faccie dei singoli articoli è poco di- stintamente crenellato. Località: A S. Osvaldo sul Clapsavon nei calcari e rossi e grigi. Il LAUBE cita questa specie da S. Cassiano e crede che esista anche nei calcari rossi di Hallstatt. Il WonRrMANN la ricorda dall’oolite a Cardita di Suntiger ad Haller Anger, e ad Haller Salzberg (Rai- bliano). Lo Stoppani la menziona dai dintori di Esino. M. G. Univ. Pavia. Encrinus nov. form. indet. — Tav, I [I], fig. 4, 4a. Un frammento dello stelo composto di sette articoli. Questi sono cilindrici, un po’ incavati nel mezzo, più larghi che alti. Non mi riuscì di vedere in alcuno le faccie articolari: la linea d’attacco degli arti- coli è leggermente dentellata. Questa forma presenta una fortissima somiglianza con quella che I’ Hauer ” figurò a tav. XXI (IV), fig. 9 del suo lavoro sui fossili raccolti nelle Alpi Venete dal FucHs e che dice proveniente dal calcare a crinoidi. Vi si notano solo queste differenze, che la forma figurata dall’ HAuER presenta dimensioni pressochè doppie e gli articoli, mentre in quella misurano nel mezzo una larghezza di mm.9 ed un’al- tezza di mm. 5, nella forma del Clapsavon danno una larghezza di mm. 3,5 ed un'altezza di mm. 2,5. Località: A S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare grigio. M. G. Univ. Pavia. Molluscoidea. Brachiopoda. Gen. Spirigera D'ORB. Spirigera marmorea Birrn. — Tav. I [I], fig. 5, 5a,b. 1890. Spirigera marmorea Bitter. Brachiopoden der alpinen Trias, pag. 42, 47, tav. XXXIII, fig. 1-13. 1895. e — Birmn. SaLoxon. Studien veder die Marmolata, pag. 96. Conchiglia a contorno ovalare, coll’apice spesso. La gran valva presenta un seno ben pronunciato, che solleva il margine frontale in una distinta linguetta e, sotto forma d’un ben marcato solco mediano, si prolunga fino all'apice. Anche sulla piccola valva esiste una linea mediana, ma è poco distinta e s° ar- resta poco prima del margine frontale. I fianchi sono ripidi, la fronte spessa, la conchiglia distintamente fibrosa. Nell’esemplare meglio conservato la piccola valva presenta lateralmente all’apice una piccola -orec- chietta ed ha il margine cardinale diritto: a questo fa talvolta riscontro nella grande valva una piccola area limitata ai lati da spigoli acuti. Il foro apiciale è troncato obliquamente all'indietro. i) F. v. HaveR. Veber die von Herrn Bergrath W. FucHs in den Venetianer Alpen gesammelten Fossilien. Denkschr. der k. k. Akad. d. Wissensch. in Wien, pag. 123, tav. XXI, fig. 9. Wien, 1851. [11] A. TOMMASI 11 Il dott. BrrrxER cita questa specie nella zona a Cer. trinodus della Schreyeralm, a Schiechlinghòhe, a Larckeck presso Berchtesgaden e nel calcare rosso a cefalopodi (Muschelkalk) di Han Bulog presso Serajevo. Località: Dal calcare rosso e grigio di S. Osvaldo sul Clapsavon ne potei estrarre quattro esemplari più o meno perfettamente conservati, che corrispondono bene per la forma alla descrizione del BirtxER ed alla fig. 8 della sua tav. XXXIII. M. G. Univ. Pavia. Gen. Rhynchonella FiscH. Rhynchonella cfr. retractifrons Birrn. — Tav. I [I], fig. 6, Ga-c. 1890. Eh. retractifrons BrrtneR. Op. cit., pag. 41, tav. 31, fig. 2-4. 1893. Terebratula sp. E. MARIANI. Opusc. cit., pag. 20, tav. II, fig. Sa-e. Conchiglia appena più larga che lunga, piuttosto rigonfia, a contorno triangolare. La piccola valva, meno tumescente della grande, già presso all'apice mostra una leggera depressione mediana, che va sempre più pronunciandosi fino a formare un seno più o meno largo al margine frontale, oltre il quale la piccola valva si incurva e si prolunga verso la valva opposta, dando luogo ad una linguetta frontale più o meno sviluppata. La grande valva è molto convessa e nella sua parte mediana rilevata in un lobo, che scende con fianchi molto inclinati verso la linea di commessura delle valve. Presso il margine fron- tale due solchi larghi ma poco profondi separano il lobo dal resto della valva. L’apice della grande valva è molto piccolo, quasi non adunco. Il guscio è distintamente fibroso e percorso da sottilissime linee d’accrescimento concentriche. Dimensioni dell’esemplare più completo. Lunghezza mm. 17 — Larghezza mm. 18 — Spessore mm. 12. Località: Nel calcare rosso e grigio di S. Osvaldo sul Clapsavon. La Eh. retractifrons descritta da BirtxER proviene da Schreyeralm e da Schiechlingh6he presso Hall- statt ed apparterrebbe con tutta probabilità alla zona a Cer. trinodosus. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Rhynchonella cfr. dilatata Surss. Il prof. MARIANI a pag. 21 del suo opuscolo citato accosta a questa specie di Surss (dell’Hallstatt) alcuni frammenti trovati nel calcare rossastro del Clapsavon. Nel materiale da me studiato non mi si presentò nessuna forma riferibile a quella specie. Rhynchonella sp. Alla stessa pagina del medesimo opuscolo il MARIANI ricorda un’ altra R/ynehonella del calcare ros- sastro del Clapsavon, caratterizzata specialmente dal presentare sulla valva perforata, unica raccolta, di- ciotto coste longitudinali nettamente distinte. Anche di questa forma a me non occorse di trovar alcun esemplare. 12 A, TOMMASI [12] Mollusca. Lamellibranchiata. Gen. Lima Bruc. Lima (Plagiostoma) cfr. subpunctata n’ OrB. Di questa specie il MARIANI a pag. 18 dell’opuscolo ricordato menziona una sola valva destra, sulle cui minutissime coste radiali mancano però le punteggiature. Anche di questa specie, caratteristica del S. Cassiano e trovata pure nel calcare della Marmolata da SaALomon e nel raibliano lombardo, io non vidi alcun esemplare. Lima cfr. subquadrata Stop. A questa specie dell’ Esino MARIANI a pag. 18 avvicina un esemplare incompleto nel calcare grigiastro. Anche questa forma m'è sconosciuta nel Clapsavon. Gen. Pecten KIEIN. Pecten (Chlamys) concentrice-striatus Horx. MARIANI (Opuse. cit., pag. 18, tav. II, fig. 2a, d, c) riferisce a questa specie dell’ Hallstatt due valve nel calcare grigiastro del Clapsavon. Nel materiale da me raccolto esiste un’ impronta incompleta d’una forma, che è assai prossima a questa specie dell’Hoòrnes e ne differisce solo per le minori dimensioni e per avere la superficie ornata da sottilissime strie irraggianti dalla regione apiciale ed appena visibili sotto certe incidenze di luce. (Vedi Tav. I, fig. 7). Località: S. Osvaldo sul Clapsavon. M. G. Univ. Pavia. Pecten tenuicostatus Horn. Di questa specie, nella quale pure non ebbi la fortuna d’imbattermi, il MARIANI ricorda (Opuse. cit., pag. 19, tav. II, fig, 3a,0) parecchie valve incomplete nel calcare rossastro. Gen. Halohia Brown. Halobia cfr. lineata Miixsr. sp. — Tav. I [I], fig. 8. 1833. Monotis lineata Mister. Gorpruss. Petrefacta Germanie pag. 140, tav. CXXI, fig. 3. 1855. — — Hòrnrs (partim). Gastropoden und Acephalen der Hallstitter Schichten. Denkschr. d. k. k. Akad. Wissensch. zu Wien, Bd. IX, pag. 51 (non tav. II, fig. 15). 1874. Halobia lineata Mist. sp. E. v. Mossisovios. Ueder die triadischen Pelecypoden Gattungen Daonella und Halobia, pag. 29, tav. III, fig. 2-4. 1893. (2) — — cfr. plicosa Moss. Mariani. Opuse. cit., pag. 20, tav. II. fig. 6. [13] A. TOMMASI 13 Due esemplari incompleti e mal conservati mi sembrano riferibili alla specie su notata, alla quale somigliano meglio che ad altra. La conchiglia è sottile, il margine cardinale rettilineo, per quel tanto che ne rimane, la superficie percorsa da numerose costelle, che incominciano presso all’apice ed irrag- giano verso i margini. Esse a breve distanza dall’apice si bisecano e corrono così bisecate fino ai mar- gini: ben marcate e spesse nella parte mediana della valva si fanno evanescenti verso i margini ante- riore e posteriore. Oltre che dalle coste radiali il guscio è ornato da pieghe concentriche d’irregolare grossezza ed irregolarmente distribuite, ma più numerose nella metà superiore della valva. Le valve sono piuttosto appiattite. i Dell’ Halobia cfr. plicosa Moss. elencata dal MARIANI (Opuse. cit., tav. II, fig. 6, pag. 20) io non in- contrai nessun esemplare e, per quanto si può giudicare dalla mal riuscita figura, dubito che la valva da lui riprodotta debba essere invece riferita alla H. lineata Munst. Località: Nel calcare rosso di S. Osvaldo sul Clapsavon. Il Mossisovics assegna a questa specie siccome sede gli strati di confine tra il Norico ed il Carnico e la cita nei calcari bianchi del Rothenkogel (am Aussee’r Salzberge) e sul Someraukogel presso Hallstatt. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Di questo genere il MARIANI nel ricordato suo opuscolo cita altre due specie: Halobia (Daonella) Lommeli Wissw. sp. (pag. 19, tav. II, fig. 5). _ — Moussoni MEeRIAN Sp. (pag. 19, 20). Di tali specie non riscontrai nessun esemplare nel materiale da me esaminato e le riporto sulla fede dell’egregio collega. Gen. Posidonomya Broxn. Posidonomya wengensis Wissx. sp. — Tav. I [I], fig. 90,0. 1893. Posidonomya wengensis Wisswx. MarIanI. Opusc. cit., pag. 19, tav. II, fig. 4a-d. Di questa specie, già descritta da MuxsTER, D’ORBIGNY, GIEBEL, STOPPANI, ALBERTI, LAUBE, PARONA, il MARIANI ricorda nel calcare del Clapsavon esemplari assai piccoli. Anche nel materiale da me rac- colto ne riscontrai due esemplari, il più completo dei quali (ridotto alla sola valva sinistra) misura una lunghezza di mm.7 ed una altezza di mm. 35,5 ed ha poco spiccate, perchè alquanto eroso, le rughe concentriche. Questa specie degli strati di Wengen, d’ Esino, di S. Cassiano sale fino a quelli del Raibl di Lombardia. Località: S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. Gen. Mysidioptera Sion. Mysidioptera Kittlii Brrrwx. — Tav. I [I], fig. 10, 100,5. 1895. Mysidioptera Kittl Birrner. Lamellibranchiaten der alpinen Trias. 1 Theil. Revision der Lamellibran- chiaten von Sant Cassian, pag. 198, tav. XXI, fig. 15. Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanstalt. Bd. XVIII, I Heft. Wien, 1895. 14 ; A. TOMMASI [14] Forma assai rigonfia ed incurvata, ad apice molto robusto ed adunco. La regione anteriore è legger- mente concava e per conseguenza il margine anteriore descrive un arco ampio ed a grande raggio. Il margine cardinale è incompleto, rettilineo per quel che ne resta: non sono conservati i margini poste- riore ed inferiore. L'area legamentare, pure incompleta, è alta, subtriangolare scalena, percorsa orizzon- talmente da strie di ineguale grossezza ma in prevalenza assai sottili, occupata nel suo terzo mediano dalla fossetta legamentare poco profonda, piana, anteriormente limitata da una linea irregolarmente on- dulata. Il guscio è conservato solo in parte e quasi ovunque eroso: solo nella regione posteriore in un angustissimo tratto di mm.7 di larghezza presenta 25 sottilissime costicine appena avvertibili ad occhio nudo, un po’ flessuose, inequidistanti, dirette nel senso radiale. La regione apiciale è liscia ad occhio nudo, ma alla lente presenta delle deboli pieghe e delle minutissime strie d’ accrescimento concentriche. In base a questi caratteri che corrispondono assai bene a quelli citati nella diagnosi del BIrTNER, ho riferita alla specie sopra notata la forma del Clapsavon, sebbene non completamente conservata. La forma descritta e figurata dal BirtNER proviene da Haliluci in Bosnia. Località: Monte Clapsavon in Ciana nel calcare rosso. — Esempl. 1. M. G. Univ. Pavia. Gen. Nucula Laxx. Nucula cfr. trigonella SropP. 1858-60. Nucula trigonella Stoppani. Op. cit., pag. 88, tav. 18, fig. 1. 1893. — cfr. trigonella Storp. MARIANI. Opusc, cit., pag. 20. Alla specie descritta dallo Stoppani fu dal MARIANI semplicemente ravvicinata una piccola Nucula del Clapsavon. L’esemplare da me trovato, e che pure accosto alla specie d’ Esino, lo identificherei senz’ altro con questa, se non mancasse di quasi tutta la parte posteriore, vietandomi così di rilevare la forma del margine anale. La forma complessiva era probabilmente trigona, la conchiglia rigonfia, più lunga che alta, ornata da strie d’accrescimento concentriche ed irregolari. La parte boccale è breve e stroncata, l’ apice molto incurvato. L'altezza della valva è di circa mm. 6. Località: S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. Gen. Megalodon. Megalodon (?) sp. Mar. A pag. 20 e nella tav. II, fig. 7a,d del citato suo lavoro MARIANI descrive e riproduce, ingrandita sei volte, una piccola valva sinistra d’una forma, che riferisce, con dubbio, al genere Megalodon. A me non occorse di trovarne nessun esemplare. Gastropoda. Gen. Loxonema Pu. Loxonema turritelliformis Kuresr. sp.? — Tav. I [I], fig. 11. 1843. Melania turritelliformis Kuiestem. Beitr., 1, pag. 189, tav. XII, fig. 22. 1894. Loronema turritelliformis Kumesr. sp. E. Kit. Die Gastropoden der Schichten von St. Cassian, III Th., pag. 151-52, tav. IV, fig. 40. [15] A. TOMMASI 15 Frammento di conchiglia turriforme, a giri poco rigonfi, non ottusangoli. La linea di massimo rigon- fiamento di ciascun giro giace presso al terzo inferiore del giro medesimo. Le suture sono abbastanza profonde. Mancano i primi giri, sono incompleti gli ultimi due ed il guscio è solo in parte conservato ed incrostato. } Il BIrTNER cita questa specie da S. Cassiano. Località: S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare grigio. M. G. Univ. Pavia. A questo gasteropodo sono da aggiungersi due altri, della stessa famiglia, elencati da MARIANI e da me non riscontrati. Sono: Chemmitzia cfr. longissima Minst. sp. (MARIANI, Opuse. cit., pag. 18): specie comune ai calcari d’ Esino ed agli strati di S. Cassiano. Ohemnitzia sp. MARIANI (Opuse. cit., pag. 18, tav. II, fig. 1). Cephalopoda. Tetrabranchiata. Nautiloidea. Orthoceratidae. Gen. Orthoceras Brrix. Orthoceras multilabiatum Hauer. — Tav. I [I], fig. 12, 13. 1888. Orthoceras multilabiatum Hauer. Die Cephalopoden der bosnischen Muschelkalkes von Han Bulog bei Serajevo. Denkschr. d. k. Akad. d. Wissensch. in Wien. Bd. LIV, I Abtheil., pag. 11, tav. II, fig. 3, 4, 5. 1896. — — Hauer. Beitrige xur Kenniniss der Cephalopoden aus der Trias von Bosnien. II. Nautileen und Ammoniten mit ceratitischen Loben aus dem Muschel- kalke von Haliluci bei Serajevo. Ibid., Bd. LXIII, pag. 239. Di questa specie potei esaminare parecchi frammenti del fragmocono e due camere d’abitazione di- scretamente conservate. In una di queste, cui aderisce buona parte del guscio, sono visibili sul guscio due strozzamenti circolari, il primo nel terzo superiore, il secondo al principio del terzo inferiore. Nel- l’altra il secondo strozzamento si trova circa a metà del pezzo. Anche i nuclei delle concamerazioni si presentano strozzati per lo più a metà della loro altezza. Dove la superficie dei nuclei è meglio conser- vata si scorge colla lente una finissima zigrinatura. L'angolo di divergenza è di 5°, il sifone centrale, la sezione del fragmocono circolare, il guscio piut- tosto grosso e provvisto di forti callosità interne in forma di cercini corrispondenti alle strozzature del nucleo. Essendo il guscio molto eroso, non lascia scorgere traccia di ornamentazione esterna. La distanza che separa i setti delle concamerazioni supera d’un terzo il loro diametro trasverso. 16 A. TOMMASI [16] Gli esemplari del Monte Clapsavon corrispondono quindi perfettamente a quelli che l’ HaveR descrisse pel Muschelkalk di Han Bulog e di Haliluci in Bosnia. Località: S. Osvaldo e (in) Ciana, nei calcari rossi. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Orthoceras campanile Moss. — Tav. II [II], fig. 1, 1a. 1882. Orthoceras campanile Moss. Die Cephalopoden der mediterranen Trias-Provinz, pag. 291, tav. XCIII, fig. 1-4, 11. 1888. —_ — Moys.? Hauer. Cephal. v. Han Bulog, pag. 11. 1895. — — Moss. Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 175. 1896. — —- Moss. Hauer. Cephal. v. Haliluci, pag. 240. Ho riferiti a questa specie due frammenti di varie dimensioni, nel maggiore dei quali l’angolo di divergenza è di 4°, nel minore, invece, di 4°,30'. In entrambi la distanza dei setti è minore del diametro della camera inferiore. Questa differenza però è più marcata nell’esemplare più grande che nel più pic- colo. Il sifone è centrale, il guscio è liscio. Il Mossisovics cita questa specie dalla Val di Cino presso Esino e negli schisti a Daonella di Corvara. (zona a Trach. Archelaus), dai calcari neri di Reutte nel Tirolo settentrionale e nel calcare rosso della Schreyer-Alp (Gosau) (zona a Cer. trinodosus). Il Saromon ne raccolse sul lato Nord della Marmolata e nel calcare del Latemar di Forno. L’HavueR menziona questa specie, però con dubbio, nel Muschelkalk di Han Bulog e la ricorda an- che in quello di Haliluci. Località: S. Osvaldo sul Clapsavon nei calcari rossi e grigi. M. G. Univ. Pavia. Orthoceras politum Kuresr. — Tav. II [II], fig. 2, 2a. 1843. Orthoceras politum A.v. Kristen. Bestrige xur geolog. Kenniniss d. dstlichen Alpen, pag. 144, tav. IX, fig. 6. 1882. _ — Kurrsr. Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 293, tav. XCII, fig. 13, 14; tav. XCIII, fig. 7,8 (cum syn.). Specie caratterizzata da un piccolo angolo di divergenza (circa 5°), da una distanza dei setti piut- tosto forte ma, come ricordano KtIpstEIN e Mossisovios, ineguale, nonchè dalla ornamentazione del guscio, che risulta di fini strie trasverse nastriformi. La distanza dei setti è sempre maggiore del diametro delle camere inferiori. Il sifone è centrale. Il Mossisovics cita questa specie dai prati di Stuor presso S. Cassiano e dal marmo rosso di Pozoritta nella Bukovina. Sul Clapsavon ne raccolse 25 esemplari. Lo StropPANI trovò questa specie nei calcari della Val del Monte e del Pizzo di Cainallo nei pressi d’ Esino. Nel materiale da me esaminato, in parte raccolto a S. Osvaldo, ne distinsi una decina d’esemplari. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. [17] A. TOMMASI 17 Orthoceras Mojsisovicsi Sarow. — Tav. II [II], fig. 3, 3a. 1895. Orthoceras Mojsisoviesi SaLomon. Studien ueber die Marmolata, pag. 175, tav. VI, fig. 1,2. Nulla ho da aggiungere alla descrizione che l’autore fece di questa bella specie da lui trovata alla Marmolata (versante Nord). I miei esemplari, purtroppo anch'essi frammentizii, corrispondono esattamente alla diagnosi ed alla figura di SaLomon per la forma, le dimensioni e l’ornamentazione. Località: Monte Clapsavon nei calcari rossi e grigi. — Esempl. 2. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Nautilidae. Gen. Pleuronautilus Moss. Pleuronautilus auriculatus Hauer. — Tav. II [II], fig. 4, 4a. 1892. Pleuronautilus auriculatus Hauer F. Beitr. xur Kenntmiss der Cephal. aus der Trias von Bosnien. 1. Neue Funde aus dem Muschelkall von Han Bulog bei Serajevo. Denkschr. der k. k. Akad. d. Wissensch. in Wien. 59 Bd., pag. 257, tav. II, fig. 1a,d. Conchiglia a giri poco involuti, poichè l’ultimo abbraccia il precedente per metà circa della sua al- tezza. Il dorso è piuttosto largo, regolarmente e dolcemente incurvato e scende verso i fianchi, dai quali è ben distinto. I fianchi sono quasi pianeggianti, ma al margine ombelicale s’inflettono in una marcata carena ottusa, dalla quale cala verso l'ombelico una parete obliqua. i La larghezza dell’ultimo giro presso la bocca, a giudicarne da quel che ne rimane, doveva essere sensibilmente superiore all’altezza. Il guscio è di discreta grossezza e conservato sulla metà posteriore dell’ultimo giro. Su questo si osservano delle pieghe radiali leggermente convesse all’avanti, brevi ma robuste, che traggono origine immediatamente dalla carena ombelicale con un piccolo nodo e si dirigono irradiando verso il dorso senza raggiungerlo e terminando in altro nodo. Le pieghe sono tondeggianti, quasi larghe quanto gli intervalli che le separano, e sul nucleo della camera d’abitazione mancano affatto mentre son molto marcate al principio dell'ultimo giro. Da qui fin quasi presso alla camera d’abitazione se ne contano 13 e si nove- rano 16 setti camerali. Questi descrivono una sella ampia e poco profonda sul dorso ed un lobo più pro- nunciato su ciascun fianco. Sul nucleo delle ultime tre camere e della camera d’abitazione si scorge a mala pena una linea normale. Nessuna traccia del sifone, nè di strie che ornassero il guscio, che è però molto eroso. DIMENSIONI Diametro . ò o 6 7 . . c 2 î 5 ci î mm. 58 Altezza dell’ ultimo giro . , 5 6 ò o o : 5 d » .33(7) Larghezza » Dios È 6 ° È : : - : 5 » 30(?) Ampiezza dell’ombelico . i o 3 ? ò ; ò Ò È » 18 Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 8 18 A. TOMMASI [18] Questa specie venne trovata per la prima volta dall’ Hauer nel Muschelkalk di Han Bulog presso Serajevo. L’esemplare del Clapsavon vi corrisponde benissimo, solo ne differisce un po’ per le pieghe, che invece di essere rettilinee sono un po’ curve. Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. Gen. Nautilus BREIN. Nautilus subcarolinus Moss. — Tav. II [II], fig. 5,6, 6a. 1882. Nautilus subcarolinus Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 287, Tav. 83, fig. 2. 1888. _ _ Hauer. Cephalop. v. Han Bulog, pag. 12, tav. III, fig. 4. 1892. _ _ — Neue Fund aus d. Muschelk. v. Han Bulog, pag. 253-54. 1896. — — — Cephal. aus d. Muschell. v. Haliluci, pag. 241, tav. II, fig. 3,4. Due esemplari discretamente conservati. Nel maggiore di essi si contano poco più di due giri, nel- l’interno dei quali la involuzione si limita alla sola parte esterna. I giri sono più alti che larghi, pre- sentano fianchi quasi pianeggianti ed una parte esterna tondeggiante. Il guscio che è qua e là conservato nell’esemplare maggiore, si mostra adorno di un doppio ordine di fitte e sottilissime strie, le une longitudinali, le altre trasversali, che incrociandosi danno luogo ad un elegante reticolato visibile solo colla lente. Le strie trasverse sono assai più marcate delle longitudinali e le une e le altre più pronunciate sui giri interni. Il sifone è molto angusto e giace assai vicino alla parte esterna. I setti che separano le concame- razioni sono tra loro piuttosto distanti e descrivono dei lobi molto spaziati sui fianchi e delle selle più strette e profonde sulla parte esterna. Nel più piccolo degli esemplari è conservata buona parte della camera d’abitazione, che raggiunge quasi la lunghezza d’un mezzo giro. DIMENSIONI I I Diametro o ò 5 0 6 mm. 69 mm. 60 Altezza dell'ultimo giro È ò 6 ” - » 33 » 31,5 Larghezza » » 6 , . : 6 . » 29 » 26? Ampiezza dell’ ombelico - . © 0 d 5 » 18 » ? Questa specie trovata dapprima da Moysisovics nella zona a Cer. trinodosus della Schreyer-Alp, fu poi rinvenuta anche dall’ HavueR nel Muschelkalk di Han Bulog e di Haliluci in Bosnia. Località: Monte Clapsavon nel calcare rossastro. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Nautilus evolutus Moss. — Tav. III [III], fig. 1,10,d. 1873. Nautilus evolutus Moysisovios. Das Gebirge um Hallstatt, pag. 16, tav. VI, fig. 1. 1882. — — -- Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 289. I giri sono ad accrescimento straordinariamente rapido e regolare e la loro sezione è pressochè cir- colare. Di essi quelli che precedono sono quasi appena toccati da quelli che seguono e l’involuzione si estende solo sulla curvatura della parte esterna. L'ombelico è profondo e perforato nel centro. [19] A. TOMMASI - 19 Il giro più interno è coperto da strie trasversali assai sottili e tra loro vicinissime, che sulla parte esterna formano un seno colla convessità rivolta all’indietro. Sui giri susseguenti queste strie scompajono più o meno sui lati; invece sulla parte esterna tanto dei giri interni quanto degli esterni oltre alle strie trasversali si presentano delle strie longitudinali parimente delicate, che con quelle si incrociano. È tale la sottigliezza di quéste strie che, massime a prima vista, il guscio appare ad occhio nudo affatto liscio. Fin qui la diagnosi del Moysisovics, che ho tradotta quasi alla lettera. Riguardo alle camere della conchiglia l’autore si limita a dire che i setti intercamerali sono come nel N. Barrandei Hau. (HAUER, Cephal. v. Hallstatt und Aussee; Haidinger®s naturwiss. Abhandl. II Bd., 1850, tav. I, fig. 4). Il mio esem- plare mi permette d’aggiungere che le camere sono pressochè tanto alte quanto larghe e scarse in nu- mero così che sull’ultimo giro, che ha un diametro massimo di mm. 81, non se ne contano che otto, compresa l’ultima incompleta. I setti, che le separano, hanno sui fianchi un andamento quasi rettilineo e descrivono sulla parte esterna una sella molto larga ma pochissimo profonda. Non potei scorgere traccia alcuna del sifone. DIMENSIONI Diametro . 5 c È o c . . 5 ” c 5 o mm. 81 Altezza dell'ultimo giro . 7 Ò ; . - è 6 7 : » 38 Larghezza » » . 0 . c È c o . - c DI Ampiezza dell’ombelico . ; 0 È ò ° o 0 > c » 20 Questa specie è ricordata dal Moysisovics anche negli strati rossi raibliani dell’ altipiano dello Schlern nel Tirolo e nel marmo rosso del Rothelstein presso Aussee. Località: Monte Clapsavon nel calcare grigio. M. G. Univ. Pavia. Nautilus cfr. longobardicus Moss. — Tav. II [II], fig. 7, 7a. 1882. Nautilus longobardicus Moysisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 2895-86, tav. 83, fig. 6. 1897. N. cfr. longobardieus Moss. De Lorenzo. Fossili del Trias medio di Lagonegro. Palaeontogr. Ital., vol. II, pag. 144, tav. XIX [V], fig. 9 e 10. Di questa forma non potei avere che un solo esemplare ridotto al semplice nucleo. L’ involuzione dei giri non va oltre alla metà altezza del giro precedente. La parte esterna è sentitamente incurvata, i fianchi sono quasi pianeggianti, il margine ombelicale segnato da una forte carena, d’onde la parete ombelicale scende erta verso il giro precedente. I setti delle concamerazioni sono tra loro molto avvi- cinati e descrivono una sella di discreta profondità sulla parte esterna, un lobo poco pronunciato sui fianchi ed una sella poco profonda sulla parte interna (?). Il punto di maggiore prominenza dei lobi è presso il margine ombelicale lungo una linea segnata da una leggerissima depressione. Nessuna traccia del sifone. DIMENSIONI Diametro . o È ; È 6 o . : , 3 : , mm. 51 Altezza dell'ultimo giro . . . " . 7 c . " È » 25 Larghezza » » . . è è . . . . . . » 26 (?) Ampiezza dell’ombelico . . , : o : 7 È : , » 14 L’esemplare del Monte Clapsavon somiglia abbastanza bene alla specie descritta e figurata dal Moy- sIsovics e da lui citata dalla Val del Monte presso Esino (zona a Track. Archelaus) e non se ne scosta 20 A, TOMMASI [20] che per l’ampiezza dell’ombelico un po’ maggiore e per l’esistenza di una depressione appena avverti- bile presso il margine ombelicale, della quale il Moysisovies non fa alcun cenno nella sua diagnosi. In base a queste tenui differenze non mi sento autorizzato a creare una specie nuova, tanto più trattandosi d'un semplice nucleo sprovvisto affatto di guscio. Di questa specie trovò due esemplari anche il dott. Dr Lorenzo nel calcare a scogliera della valle del Chiotto e di Alzo di Castello. Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. MossiIsovics a pag. 288-89 della sua citata opera del 1882 ricorda altri due Nautili del calcare rosso del Monte Clapsavon, che non figura nè descrive, ma si limita a chiamare Nautili indet. ex aff. N. gra- nulosostriati. Ammonidea. Pinacoceratidae. Gen. Pinacoceras Moss. Pinacoceras nov. form. indet. ex aff. P. Damesi Moss. 1882. Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 196. 1893. MarIanI. Opusc. cit., pag. 16. 1897. De Lorenzo. Op. cit., pag. 148. Nel materiale da me esaminato non trovai nessun Pinacoceras. Mossisovies ne cita due esemplari del Monte Clapsavon molto vicini al P. Damesi Moss. il loro cattivo stato di conservazione gli impedì di figurarli. Anche il dott. De Lorenzo avrebbe trovato un esemplare riferibile a questa forma nella scogliera calcarea delle Murge del Principe. Ceratitidae. Gen. Meekoceras Hyarr. Meekoceras Emmrichi Moss. 1882. Meekoceras Emmrichi Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 219, tav. L, fig. 4. 1893. _ — MarranI. Opusc. cit., pag. 16. La specie descritta e figurata dal Mossrsovics è fondata sopra un esemplare completo del Monte Clapsavon. Io ne raccolsi un altro ma un po’ incompleto, che somiglia assai bene alla figura sopra ci- tata: solo ne è meno rigonfio sui fianchi e forse meno stretto sul dorso. Località: Monte Clapsavon: (in) Ciana. M. G. Univ. Pavia. [21] A. TOMMASI 21 Gen. Dinarites Moss. Dinarites Misanii Moss. 1882. Dinarites Misanii Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 15, tav. XXX, fig. 11-13. 1893. — — Martani. Opuse. cit., pag. 15. 1895. — — Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 179. 1897. _ — De Lorenzo. Op. cit., pag. 146, tav. XX [VI]. Di questa specie della zona a Zrachyceras Archelaus trovata dal Moysisovics e dal SaLomon in buon numero d’esemplari nel calcare bianco della Marmolata, dal primo riscontrata anche nel calcare grigio del Kaserbachthal al Diirrenstein presso Brag nella Pusterthal, e nel calcare chiaro di Forràs-hegy presso Felsò Ors nella Selva Baconia, MARIANI cita tre esemplari nel calcare rosso del Monte Clapsavon, che corrispondono alla figura ed alla descrizione del Moysisovics ma lasciano alquanto a desiderare sotto il riguardo del loro stato di conservazione. Due esemplari della stessa specie furono raccolti dal De Lorenzo nel calcare a scogliera delle Murge del Principe. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Gen. Ceratites Haan. Ceratites Sturi Moss. 1882. Ceratites Sturi Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 44, tav. XXXIX, fig. 1. 1893. —_ — Marrani. Opuse. cit., pag. 15. Di questa specie appartenente al gruppo dei Ceratites Nudi e che ha molta somiglianza col Dina- rites Misanii nella forma, se non nelle dimensioni, il MoysIsovics trovò due esemplari nel calcare rosso alquanto argilloso del Monte Clapsavon. Gen. Arpadites Moss. Arpadites Arpadis Moss. var. carnicus mihi. — Tav. IMI [III], fig. 2, 2a. 1882. Arpadites Arpadis Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 54, tav. 25, fig. 29. L’esemplare di questa specie da me raccolto non corrisponde esattamente alla descrizione ed alla figura del MoysIsovics; tuttavia le differenze non sono tali da giustificare la creazione d’una nuova specie. Infatti l'esemplare carnico differisce da quello figurato dal Moysisovics solo per la più sentita evoluzione dei giri e principalmente per la distanza, alquanto maggiore, degli intervalli frapposti tra le coste prin- cipali. Nè vale che si osservi che nel caso mio si ha a che fare con un esemplare quasi affatto spoglio del guscio; poichè anche sul nucleo di quello figurato dal Mossisovics la distanza delle coste principali tra di loro è sentitamente minore. Per gli altri caratteri, compresi quelli della linea lobale, c’ è perfetta corrispondenza tra 1’ esemplare carnico e quello di Vòrosberény. 22 A. TOMMASI [22] DIMENSIONI Diametro ò 0 mm. 40 Altezza dell'ultimo giro . 0 0 0 0 c 6 à 6 Ò » 10 Larghezza » » de DANNO, Ampiezza dell’ombelico Questa specie è citata dal Moysisovios nei calcari grigi della Val del Monte presso Esino; a Vorò- sberény ed in altre località della Selva Bakonia in Ungheria e nella marna gialla del Vogelberg presso Idria in Carinzia (zona a Zrach. Archelaus). Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. M. G. Univ. Pavia. Tropitidae. Gen. Protrachyceras Moss. Protrachyceras doleriticum Moss. 1882. Protrachyceras doleriticum Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 103, tav. XIII, fig. 5 e tav. XXXVII, fig. 1-3. 1893. i — Marrani. Opusc. cit.. pag. 15. Il dott. Mossisovics raccolse di questa specie diversi esemplari in varie località nella zona a Track. Archelaus, come ad esempio nei pressi di Agordo, di S. Cassiano; a Prezzo ed al Dosso dei Morti nelle Giudicarie; in Val Paludina presso Schilpario; a Forrs-hegy presso Felsò Ors nella Selva Bakonia e sul Monte Clapsavon. Da qui ne ebbe due esemplari, di cui uno lo figurò nella tav. XXXVII, fig. 1 del- l’opera citata. L’esemplare da me esaminato proviene molto probabilmente dalla località di Ciana anzichè da quella di S. Osvaldo, e porta nell’etichetta l'indicazione di “ Sopra a Geveada ,. È molto incompleto ed eroso, ma la sua spettanza alla specie sopra segnata parmi indubbia specialmente in base ai caratteri della linea lobale, in cui è distinto il primo lobo laterale, che termina con tre denti, ed il secondo laterale che finisce con una stretta cuspide. : G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Protrachyceras julium Moss. 1882. Protrachyceras julium Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Proving, pag. 103, tav. XIII, fig. 3, 4, 8 e tav. XXXVII, fig. 2. 1893. — _ Mariani. Opusc. cit., pag. 15. Il Mossisovics cita questa specie nella zona a Track. Archelaus di Prezzo nelle Giudicarie e di Felsò Ors nella Selva Bakonia. Anche dal Monte Clapsavon ne ricorda due esemplari, di cui l’uno è figurato a tav. XXXVII, fig. 2 della citata sua opera. Nel materiale da me studiato trovai quattro frammenti molto incompleti, che ho creduto di riferire, sotto riserva, a questa specie. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo (3 esemplari) ed (in) Ciana (1 esemplare). M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. [23] A. TOMMASI 23 Protrachyceras Richthofeni Moss. — Tav. IMI [III], fig. 3. 1882. Protrachyceras Richthofeni Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 105, tav. XXIII, fig. 4,5 e tav. XXXVII, fig. 5. 1893. _ — MARIANI. Opusc. cit., pag. 15. Di questa specie il MoysIsovics trovò un esemplare anche nel calcare rosso del Monte Clapsavon, esemplare incompleto e piccolo, che figurò a tav. XXXVII, fig. 5 della citata sua opera. Altri ne rinvenne negli schisti neri a Daonella di Corvara e dei pressi di S. Cassiano nella zona a Track. Archelaus. Nel materiale da me esaminato ed in parte da me raccolto figurano parecchi frammenti d’individui più sviluppati di quelli riprodotti dal Moysisovics, che, pur essendo da riferire a questa specie, se ne potrebbero forse distinguere come varietà. Mentre corrispondono esattamente alla diagnosi del MoysIsovics per l’altezza dei giri, il grado di loro involuzione e pel numero, l’andamento, l’aspetto falciforme ed il modo di biforcazione delle coste sull'ultimo giro, se ne distaccano per la ornamentazione un po’ diversa di queste. Il Moysisovics dice che le coste dell’ ultimo giro sono liscie e terminanti solo sul margine om- belicale in nodi ombelicali ottusi: invece nei miei esemplari meglio conservati le coste mettono capo sulla parte esterna a nodi esterni, possiedono nodi marginali trasversalmente allungati ed, a poca distanza da questi, anche una serie di nodi laterali poco distinti ”: dai nodi marginali agli esterni le coste corrono oblique dall’indietro all’avanti. Sui giri interni si osservano delle coste quasi rettilinee, robuste, alternanti con altre più deboli, prov- viste di nodi laterali ed ombelicali e confluenti spesso due a due a questi ultimi. I miei esemplari mi permettono d’aggiungere alla descrizione del Moysisovics che la parte esterna è abbastanza larga e piuttosto pianeggiante, che i nodi esterni racchiudono un solco mediano ben spic- cato e che quelli d’un lato alternano con quelli del lato opposto. Di lobi nemmeno la traccia. DIMENSIONI Diametro . 6 c l : : ò o : c - 0 - ? Altezza dell'ultimo giro . 5 7 Ò - - - . : . mm, 35 Larghezza » . c . : 2 o : : - . 277 Ampiezza dell’ombelico . . 2 , 7 c : £ - o » 25 Il frammento maggiore, che apparteneva forse alla camera d’abitazione, presenta un’altezza di mm. 40. Località: Sul Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Protrachyceras cfr. Stiirzenbaumi Moss. 1882. Protrachyceras Stirxenbaumi Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias Provinz, pag.106, tav. XXX, fig. 15. Ravvicino a questa specie un esemplare molto eroso, che per l’ornamentazione, la linea lobale ed anche per le dimensioni corrisponde abbastanza bene alla forma descritta e figurata dal Mossisovies. Il troppo cattivo stato di sua conservazione non mi permette di figurarlo. 4) Del resto anche il Moysisovics nella diagnosi di questa specie esprime la possibilità della presenza di nodi marginali e laterali anche sull’ ultimo giro come vi esistono nel Protrace. doleriticum ed in altre forme affini. 24 A. TOMMASI : [24] Il Mossisovics trovò questa specie nella zona a Zrach. Archelaus di Forràs-hegy presso Felsò-Ors nella Selva Bakonia. Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. Protrachyceras sp. aff. Protrach. Neumayri Moss. — Tav. II [II], fig. 8,84. 1882. Protrachyceras Neumayri Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 107, tav. XIII, fig. 6 e tav. XIV, fig. 1. Frammento concamerato in gran parte privo di guscio, a lento accrescimento, a giri molto abbrac- cianti e discretamente alti. Le coste sono larghe e robuste, non molto ricurve, in prevalenza biforcate e terminanti con un nodo al margine dell’ombelico. Sono visibili quattro serie di nodi: una ombelicale, una esterna, una marginale e la quarta laterale avvicinata alla serie ombelicale. Presso i nodi ombelicali ha luogo la biforcazione delle coste. I nodi marginali ed esterni sono allungati in direzione spirale: quelli esterni d’un lato alternano con quelli del lato opposto e racchiudono un solco stretto e poco profondo. La parte esterna è piuttosto ristretta: l'ombelico discretamente largo. Lobi: Esistono un lobo mediano e due laterali. Il lobo mediano termina bidentato, il primo lobo late- rale è molto largo, alto e terminante con parecchie dentature; il secondo laterale basso, stretto e tridentato all'apice. Le selle sono a margine integro, discretamente larghe e la seconda sella laterale è tagliata dal margine ombelicale. Questa lobatura è molto simile a quella del Protrach. Neumayri Moss. riprodotta nella fig. 6, della tav. XIII sopra citata. Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. Protrachyceras clapsavonum Moss. 1882. Protrachyceras clapsavonum Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provin, pag. 107, tav. XII, fig. 7. L’autore raccolse questa specie della zona a Track. Archelaus in due differenti località, nel calcare nero schistoso ad Ha/obia (Daonella) di Prezzo nelle Giudicarie e sul Monte Clapsavon. Io non m’im- battei in una sola forma riferibile a questa specie nel materiale da me studiato. Protrachyceras nov. sp. ind. Moss. 1882. Protrachyceras nov. sp. ind. Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 109, tav. XXXIV, fig. 6. 1893. —_ sp. MARIANI. Opuse. cit., pag. 15. L'autore descrive una forma nuova, che per il forte sviluppo dei nodi ombelicali presenta affinità col Protrach. Neumayri e col Protrach. judicaricum, e per la presenza di serie laterali di nodi offre molta analogia col Protrach. bipunetatum. Il Mossisovics la rinvenne soltanto sul Clapsavon in un esemplare unico. Nel materiale da me stu- diato non ne trovai un, solo individuo. [25] A. TOMMASI 25 Protrachyceras cfr. recubariense Moss. — Tav. III [III], fig. 4, 4a. 1882. Protrachyceras recubariense Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 114, tav. VII, fig. 1. 1898. — —_ Gever. Ueb. n. Funde v. Foss. im Bereiche des Diploporenk. u. Dolomitxuges nòrdl. v. Pontafel. Verhandl. A. k. k. geol. Reichsanst., pag. 250. È un frammento ridotto quasi al semplice nucleo, che in base ai caratteri, che si possono osservare, ho creduto di ravvicinare, meglio che a qualunque altra forma, alla specie su notata. Ha con essa comuni: la presenza di nodi esterni, marginali, ombelicali e di una serie di nodi late- rali; il biforcarsi delle coste ora al margine ombelicale, ora ai nodi laterali; il possedere l’ egual numero di nodi esterni e di nodi marginali; il sommare questi e quelli più che il doppio degli ombelicali. Inoltre tutte le coste raggiungono il solco mediano della parte esterna, dove si piegano un po’ obliquamente all’avanti ed acquistano i nodi esterni. I nodi esterni d’un lato alternano con quelli del lato opposto. La linea lobale non è visibile. DIMENSIONI Diametro . ò . . o 9 ; - 5 - . 0 0 mm. 66 (circa) Altezza dell'ultimo giro . o 0 " : c 0 . . 2 » 30 Larghezza » » 3 0 5 . 0 ò . 6 3 5 » 24 Ampiezza dell’ombelico . n : o ° : - : x . » 22 Il MossIsovics cita questa specie nella zona a Track. Reitzì di Caili presso Recoaro e di Tretto presso Schio; del Monte Cislon presso Egna (Trentino) e di Prezzo nelle Giudicarie. Anche il GeyER trovò un esemplare d’una forma assai vicina a questa specie negli interstrati (Zwischenlagen) del calcare a Diplopora della cima di Brizzia a Nord di Pontafel. Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso-grigio. M. G. Univ. Pavia. Protrachyceras Gredleri Moss. 1882. Protrachyceras Gredleri Mossisovies. Die Ceph. d. medit. Trias-Prov., pag. 117, tav. XVII e XXXIV, fig. 7. 1893. _ — — Martani. Opuse. cit., pag. 15. L’esemplare figurato dal MoysIsovios a tav. XXXIV, fig. 7 dell’opera citata è uno dei sette prove- nienti appunto dal Monte Clapsavon. Nel materiale da me esaminato non riscontrai un solo individuo da poter con sicurezza riferire a quella specie. Oltre che dal Clapsavon il Moysisovics menziona questa specie dall’arenaria tufacea della Seisser- Alp (zona a Protrach. Archelaus). Protrachyceras Archelaus Lause. — Tav. IMI [III], fig. 5, 6, 6a; Tav. IV [IV], fig. 1. 1868. Ammonites Archelaus LauBe. Cephal. v. St Cassian, Sitzungsb. d. k. k. Akad. d. Wiss. Wien, pag. 539. 1869. — (Trachyceras) Archelaus Mossisovics (ex parte). Gliederung d. oberen Triasbild. d. dstl. Alpen. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 130, tav. II, fig. 1. 1869. Trachyceras Archelaus LauBE (ex parte). Fauna der Schichien v. St. Cassian. Denkschr. d. k. k. Akad. d. Wissensch. XXX Bd., pag. 74, tav. 40, fig. 1. 1882. i _ LausE. Mossisovios. Die Ceph. d. medit. Trias-Prov., pag. 118, tav. XIII, fig. 9; XVI, fig.1,2; XVIU, fig. 1,2; XIX, fig.1,2; XXIII, fig. 1; XXXI, fig. 1. 1897. Protrach. cfr. — LauBe. De Lorenzo. Op. cit., pag. 147, tav. XX ]VI], fig. 18. 4 Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 20 A. TOMMASI [26] Il Mossisovics distinse in questa specie due gruppi di forme, l’uno a coste grossolane ed a grosse spine, l’altro a coste più deboli ed a nodi e spine piccole. I due esemplari da me raccolti al Clapsavon appartengono a questa seconda varietà. Presentano fianchi discretamente rigonfi e sei linee spirali di nodi, di cui una sul margine ombelicale (nodi ombelicali), una sullo spigolo che separa i fianchi dalla parte esterna (nodi marginali), una lateralmente al solco della parte esterna (nodi esterni) e tre sui fianchi fra la serie dei nodi ombelicali e quella dei nodi marginali (nodi laterali). Le coste sono sentitamente arcuate all’innanzi e quasi tutte quelle che raggiungono il margine ombelicale sono provviste di nodo ombelicale. La biforcazione delle coste succede generalmente affatto presso al margine ombelicale: qua e là se ne osserva qualcuna bipartirsi a diversa altezza sui fianchi. Quando la bipartizione avviene in pros- simità dell’ombelico, qualche costa appare come intercalata anzichè derivante da biforcazione. I nodi esterni sono sempre i più grossi, i marginali e quelli della serie laterale più alta general mente sono più robusti degli altri laterali: nei miei esemplari sono ben marcati anche i nodi ombelicali. I nodi esterni e marginali sono allungati nel senso della spirale. I nodi del nucleo sono assai meno pro- nunciati di quelli del guscio. Il solco mediano è profondo: i nodi esterni, che lo fiancheggiano sui lati, non sono opposti ma al- terni. Il margine boccale non è conservato. Su uno degli esemplari poco meno della metà dell’ ultimo giro è occupata dalla camera d’abitazione. Lobi: Un lobo esterno, due laterali ed uno ausiliare. Il primo lobo laterale è il più alto di tutti: l'esterno ed il secondo laterale sono quasi della stessa altezza. Il lobo ausiliare scende dal margine sulla parete ombelicale. La sella esterna coincide colla linea dei nodi marginali; la seconda sella laterale con quella dei nodi ombelicali. Le selle sono integre, i lobi più stretti delle selle e semplicemente dentati alla estremità. DIMENSIONI I II Diametro . ò c a Ò ° o Ò : mm. 62 mm. 73 Altezza dell'ultimo giro . o e . c o » 26 >; Larghezza » » o . . 6 È . » 24 » 28 (circa) Ampiezza dell’ ombelico A ò 3 ; 5 3 » 16 » 18? Mossisovies ricorda questa specie negli schisti neri ad ZHalobia (Daonella) di Wengen, Corvara e S. Cassiano — nelle arenarie tufacee di Wengen, S. Cassiano, Seisser-Alp, Agordo — nei calcari neri ad Hal. (Daonella) Lommeli di Prezzo nelle Giudicarie e di Val Paludina presso Schipario — negli stessi calcari di Tratta presso Godowitsch (Carinzia) — nelle marne gialle di Vogelberg presso Idria — nel calcare co- rallino della Marmolata vicino a Fedaja — nel calcare bianco di Forris-hegy presso Felsé Òrs nella Selva Bakonia — nel calcare rosso ad Hal. Lommeli di Pozoritta in Bucovina. Un frammento riferibile a questa specie fu trovato dal De Lorenzo nel calcare a scogliera della valle del Chiotto. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 2. M. G. Univ. Pavia. Protrachyceras pseudo-Archelaus Boeckn. — Tav. IV [IV], fig. 2, 2a-c. 1873. Protrachyceras pseudo-Archelaus Borca. Die geolog. Verhiltnisse des siidliches Theiles des Bakony. Mittheil. a.d. Jahrb.d.k. ungar. geol. Anstalt, pag. 165, tav. X, fig. 15. 1882. _ — BorckH. MoysIsovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 121, tav. XIX, fig. 4, e tav. XX, fig. 2. 1893. -- - BorckH. MARIANI. Opusc. cit., pag. 15. 1897. — _ BorckxH. De LoReEnzo. Op. cit., pag. 148, tav. XX, [VI] fig. 19. [27] A. TOMMASI 27 L’esemplare che posseggo di questa specie è tutto concamerato; non rimane quindi alcuna traccia della camera d’abitazione. Si distingue dalla specie precedente per avere la parte esterna più angusta, i giri più ristretti e quindi i fianchi meno rigonfi, più numerose le serie spirali dei nodi, ma questi in generale meno pronunciati, e per una differente linea lobale. Il numero dei nodi esterni è più che doppio del numero dei nodi ombelicali in seguito al bipartirsi e talora anche al tripartirsi delle coste. La divisione delle coste avviene di rado presso il margine ombe- licale, ma per la maggior parte nell’intervallo tra le serie dei nodi laterali a varia altezza sui fianchi. Il numero complessivo delle serie spirali dei nodi è di 7. Però, in particolar modo sulla parte più pros- sima alla camera d’abitazione, è marcata la tendenza ad intercalarsi di un’altra serie di piccoli nodicini tra la 1.2 e la 2. laterale e tra l’ultima laterale e la ombelicale. I nodi non sono in generale molto grossi: gli ombelicali e gli esterni sono più robusti degli altri. L'ombelico è discretamente largo: la pa- rete ombelicale si alza a perpendicolo sul giro precedente. Lobi: Un lobo esterno, due laterali ed uno ausiliare fuori del margine ombelicale. Il lobo esterno è più basso del 1.° laterale ma più alto del 2.° laterale: la sella esterna è più larga delle altre: i lobi sono semplicemente dentati al loro apice, le selle a margine integro. DIMENSIONI Diametro c o c 7 c ò . 6 È © 0 c mm. 72 Altezza dell’ ultimo giro 6 0 : 0 2 Ù : . È » 35,5 Larghezza » » o . c . . - . c 5 » 24 Ampiezza dell’ombelico . 6 7 o 6 c d 6 . 6 DINDLO. Il frammento che MARIANI (Opuse. cit., pag. 15) determinò come Protrach. efr Archelaus parmi non essere che il penultimo giro del Protrach. pseudo- Archelaus. Oltre che dal Clapsavon Mossisovics menziona questa specie dalla Val di Cino e dalla Val del Monte presso Esino; — negli schisti neri a Daonella di Corvara; — nel calcare rosso di Szt-Antalfa (Zala) nella Selva Bakonia. DE LorENzo trovò un esemplare ed un frammento di questa specie nel calcare a scogliera della valle del Chiotto. Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 1. M. G. Univ. Pavia. Protrachyceras Capellinii nov. sp. — Tav. IV [IV], fig. 3,34, d. Forma con giri a lento accrescimento, poco involuti, a largo ombelico e coste robuste. I giri sono piuttosto alti, discretamente larghi, poco rigonfi. Ogni giro susseguente avvolge poco più d’un terzo del giro precedente. I fianchi non sono molto incurvati, la parte esterna è assai ristretta. Sui fianchi corrono delle coste in generale robuste ma di varia grossezza, che dall’ombelico vanno quasi rettilinee fino alla parte esterna, piegandosi a circa 5/4 dell’altezza dei fianchi, per dirigersi da qui un po’ oblique all’avanti a raggiungere i nodi esterni. E sul penultimo e sull'ultimo giro tra due coste più robuste e salienti se ne intercalano due o tre di diversa grossezza ma meno forti ed un po’ più basse, che dall’ombelico vanno pure alla parte esterna o indivise o biforcandosi circa a metà dell’altezza dei fianchi. Talora pare che, invece di biforcazione, trattisi di coste di terzo ordine intercalatesi tra due più grosse: in tal caso però quelle coste di terzo ordine nascono circa nel terzo inferiore dell’ altezza dei giri e corrono fino alla parte esterna. 28 A. TOMMASI [28] Sul margine ombelicale le coste formano degli inspessimenti a guisa di nodi, altri più ed altri meno salienti e terminano sulla parte esterna in nodi poco robusti ma di grossezza uniforme. Tutte le coste e le loro biforcazioni portano nodi esterni, perciò il numero di questi è maggiore di quello dei nodi ombelicali. Sul mio esemplare non potei distinguere nodi nè marginali nè laterali. La parte esterna è molto ristretta: il soleo mediano vi è appena accennato: i nodi esterni sono op- posti. La linea dei lobi mi è sconosciuta. DIMENSIONI Diametro , ò . mm. 61,5 Altezza dell'ultimo giro . . : 0 c d o . . d » 22,5 Larghezza » do l o 0 : Ò - ò È » 19,5 Ampiezza dell’ ombelico . . , 6 0 Ò ò . ò , » 22 Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. — Esempl. 1. M. G. Univ. Pavia. Amaltheidae. Gen. Sturia Moss. Sturia semiarata Moss. 1882. Sturia semiarata Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 242, tav. XLVIII, fig. 8; tav. XLIX, fig. 1,3; tav. L, fig. 2. 1893. — — Mariani, Opusc. cit., pag. 16. Tre esemplari di questa specie da me esaminati presentano un ombelico assai angusto ed una parte esterna attondata ma molto stretta. Su questa si notano alcune strie longitudinali sottili e ben rilevate. Sull’ esemplare più grande (di mm. 129 di diametro) nel terzo inferiore dei fianchi dell’ultimo giro rimane appena la traccia della striatura laterale concentrica all’ ombelico. Nessun indizio di strie d’accrescimento. La linea dei lobi corrisponde esattamente a quella figurata dal MossIsovics. DIMENSIONI I II Diametro . c o a o Ò c . mm. 129 mm. 75 (circa) Altezza dell'ultimo giro . è . : . » 78 » 43 Larghezza » » ò à à , 0 » 36 » 24 Ampiezza dell’ombelico . : 5 ò E » 4,5 » 4 (circa) L’esemplare più grande corrisponde assai bene alla fig. 1, tav. XLIX dell’opera di MossIsovics citata. L’esemplare maggiore ed il più piccolo furono da me raccolti a S. Osvaldo. Quello mediano, di pro- prietà dell’Istituto tecnico di Udine, porta sull’etichetta l’indicazione “ Sopra Geveada sul versante di Sauris ,. Il Moysisovics cita questa specie oltrechè nel Monte Clapsavon anche nel Wettersteinkalk di Tratzberg presso Jenbach nella valle dell’Inn inferiore. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. [29 i A. TOMMASI 29 Sturia Sansovinii Moss. 1882. Sturia Sansovinii Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias- Provinz, pag. 241, tav. XLIX, fig. 5-7. 1888. — -- Hauer. Cephal. v. Han Bulog, pag. 46. 1892. — — Hauer. Neue Funde aus d. Muschellk. v. Han Bulog, pag. 283, tav. X, fig. 7a, bd. Due piccoli esemplari, di cui il più grande misura mm. 38 di diametro massimo. Esso è concamerato fino al suo termine, ha i fianchi pianeggianti e la regione esterna attondata. Solo su questa, che in parte conserva ancora il guscio, sono visibili le strie longitudinali molto deboli e scarse in numero (circa una dozzina). Qua e là sui fianchi appajono evidentissime alla lente quelle rughe dell’ epidermide irregolar- mente irraggianti dall’ombelico ed anastomizzantisi, che il Moysisovics cita pei giri interni della Sf. San- sovinii e che il dott. SALomon ! osservò anche nel suo esemplare della St. forojwlensis della Marmolata. In vicinanza dell’ ombelico si nota anche quella leggera depressione ad anello, di cui pure il SALOMON fa menzione nella diagnosi della Sf. forojulensis. Dal margine ombelicale partono alcune pieghe basse e lar- ghe, che si perdono verso la metà dei fianchi e che vennero ricordate dall’ HAUER per gli esemplari gio- vani della Sf. Sansoviniù di Han Bulog, e dal SaLomon per quelli della Sf. forojulensis. L'ombelico è stretto, il margine ombelicale attondato e liscio. Lobi: La linea, non nettamente visibile in tutta la sua lunghezza, lascia scorgere bene un lobo esterno e cinque lobi ausiliari e tra quello e questi si vedono, solo in parte, due lobi laterali, di cui il primo è quasi altrettanto profondo quanto l'esterno. Nel suo complesso parmi che questa linea lobale somigli molto più a quella della Sf. Sansovinii che non a quelle della St. forojulensis e St. semiarata. DIMENSIONI Diametro 6 È . c ò : o ò . : c " mm. 28 Altezza dell’ ultimo giro . Ù . . à . 5 6 7 » 21,5 Larghezza » » . . 5 . d 3 . - o » 13,5 Ampiezza dell’ ombelico . 0 6 : 5 ò 7 . ° 5 » 3 Questa specie fu trovata dal Moysrsovics nella zona a Cer. trinodosus della Schreyer-Alp e dall’ HAUER nella stessa zona del Muschelkalk di Han Bulog. Il Torquinst la menziona negli strati di Buchenstein del Recoarese presso S. Ulderico nel Tretto. Dei due esemplari del Monte Clapsavon uno è di proprietà del Museo Geologico dell’ Università di Pavia, l’altro del Gabinetto di Storia naturale del R. Istituto tecnico di Udine. La linea lobale del se- condo corrisponde ancora meglio a quella figurata dal Moysisovics. Sturia forojulensis Moss. 1882. Sturia forojulensis Moysisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 242, tav. XLIX, fig. 2. 1893. — — Movs. MarranI. Opuse. cit., pag. 16. 1895. — — Moss. (?= St. Sansovinii Moss.) Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 192, tav. VII, fig. 16 e tav. VIII, fig. 2-4. Fino a che i caratteri della lobatura, desunti dall’esame di un ben conservato materiale della Sf. forojulensis non vengano a mettere fuori d’ogni dubbio la fusione di questa specie colla Sf. Sarsovinii, i) W. SaLomon. Studien ueber die Marmolata, pag. 192-193, tav. VIII, fig. 2d. 30 A. TOMMASI i [30] propugnata con valide ragioni dall’egregio dott. SALomon, tengo distinta dalla Sf. Sansovinii, come specie a sè, la St. forojulensis. Moysisovics ne raccolse un solo individuo nel calcare rosso del Monte Clapsavon: nel materiale da me studiato non incontrai un solo esemplare di .Sturîa, che mi sentissi nella necessità di separare dalle specie precedenti. Cyclolobidae. Gen. Procladiscites Moss. Procladiscites Griesbachi Moys. 1882. Procladiscites Griesbachi Moss. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 172, tav. XLVIII, fig. 3,4. 1888. — — Moss. Hauer. Cephal. von Han Bulog, pag. 31. 1893. — MarIanI. Opusc. cit., pag. 16. Di questa specie Mossisovics raccolse quattro esemplari sul Monte Clapsavon e l’ HAuER ne ricorda altri nel Muschelkalk di Han Bulog. Anch'io sul Clapsavon a S. Osvaldo ne trovai due esemplari discre- tamente conservati nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. Procladiscites macilentus Hauer. — Tav. III [III], fig. 7,7a,0, 8. 1892. Procladiscites macilentus Hauer. Neue Funde aus d. Muschelk. von Han Bulog, pag. 280, tav. X, fig. 2a-c. Gli esemplari di questa specie da me raccolti sono incompleti, tutti intieramente concamerati, a giri stretti ed alti, colla parte esterna stretta e regolarmente arcuata a semicerchio. Essa si sfuma lateral- mente nei fianchi senza formare spigoli di sorta. L'ombelico è di discreta larghezza. Essendo molto erosa la superficie della conchiglia, non potei rilevare alcuna stria spirale, tranne che sulla parete ombelicale d’un solo esemplare: erano invece manifeste alcune rughe sottili irraggianti dall’ombelico verso la parte esterna dell’ ultimo giro. La linea lobale somiglia perfettamente per la forma dei lobi e delle selle a quella figurata dall’au- tore della specie: però, mentre 1’ HAUER cita soltanto quattro selle ausiliarie, di cui l’ultima già è situata sulla parete ombelicale, nei miei esemplari scoperti dalla roccia fino al centro dell’ombelico se ne contano su quella parete altre due, così che il loro numero complessivo sarebbe di sei. Per le dimensioni c’è esatta corrispondenza. Dei quattro esemplari da me raccolti il maggiore misura mm. 23,5 di diametro ed il minore solo mm. 13. L’HaAuER annovera questa specie tra quelle del Muschelkalk di Han Bulog. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo ed (in) Ciana nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Fia. 2 — (5/1). [81] A. TOMMASI 31 Procladiscites Rodostoma n. sp. — Tav. IV [IV], fig. 4,44; Tav. V [V], fig. 1,1a. Conchiglia a giri larghi ed a lento accrescimento. La parte esterna è larga, leggermente convessa e forma coi fianchi uno spigolo ottuso e tondeggiante. I fianchi sono quasi pianeggianti. Il guscio è ornato da linee spirali a mala pena visibili ad occhio nudo, più sottili degli intervalli che le separano. La ca- mera d’ abitazione mi è ignota. Lobi: Il lobo esterno è quasi tanto profondo come il primo lobo laterale ed il secondo lobo laterale eguaglia, se non supera, in pro- fondità il primo. La prima sella So) laterale è più breve della sella ba esterna. Lo spigolo marginale i coincide col 1.° lobo laterale. i Esistono sette lobi ausiliari, 1’ ul- ! timo dei quali cade sul margine ombelicale. DIMENSIONI I II Diametro . o . c . o . 0 . mm. 36 mm. 30,5 Altezza dell'ultimo giro . 6 o 5 5 3 » 20 » 16 Larghezza » DINO c o c 5 c » 14 » 11 Ampiezza dell’ombelico . . . : . È PIO. PI: 2010. Questa specie rassomiglia al Pr. Griesbachi Moys., ma se ne distingue per la parte esterna convessa anzichè piatta e di conseguenza per gli spigoli marginali ottusi e tondeggianti; per la ornamentazione del guscio assai più fine e per la sella esterna che è più lunga anzichè più breve della prima sella laterale. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso e grigio. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Procladiscites Pantanelli n. sp. — Tav. IMI [III], fig. 9, 9a. Di questa specie non potei avere che un solo esemplare affatto privo del guscio. I giri sono piut- tosto stretti ed alti, la parte esterna arcuata quasi a semicerchio, abbastanza distinta dai fianchi ma non separata da alcuna carena. I fianchi sono quasi piani: l'ombelico è strettissimo, il margine ombelicale tondeggiante. Lobi: È completamente visibile la linea suturale. Il lobo esterno, il primo ed il secondo lobo late- rale hanno press’ a poco la stessa profondità: il terzo lobo laterale è un po’ meno profondo. La sella esterna è un po’ più bassa della prima sella laterale: la seconda sella laterale ancora più bassa dell’esterna. I lobi ausiliari sono sette, di cui l’ultimo coincide coll’ orlo ombelicale, ma da questo fino alla parte visibile più profonda dell’ombelico se ne contano ancora due o tre: le selle ausiliarie terminano con un solo capo tondeggiante. Fia. 4 — (5/1). 32 A. TOMMASI [82] DIMENSIONI Diametro 0 - . Ò o c . . 5 o o mm. 34 Altezza dell'ultimo giro ° Ò B o ò . 7 . » 20 Larghezza » » 0 o c a : . o Ò » 10 (circa) Ampiezza dell’ ombelico . x 5 . o ò c ; . do) Questa specie nella sua forma complessiva offre molta rassomiglianza col Pr. macilentus HAUER, ma ne differisce per essere più schiacciata, per l'ombelico molto più stretto e per la linea suturale che è af- fatto diversa. Località: Sul Monte Clapsavon nel calcare grigio. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Procladiscites? (Sturia? [Pinacoceras?]) gracilis Hauer. 1892. F. R. v. Hauer. Neue Funde aus d. Muschelk. v. Han Bulog, pag. 283, tav. X, fig. 8 a-c. IN L’esemplare da me posseduto è incompleto, misura un diametro massimo di mm.21, possiede una parte esterna piuttosto larga relativamente alle dimensioni della conchiglia ed una linea suturale diritta costituita da lobi e selle molto numerose. Queste toccano, come nell’ esemplare figurato dall’HauER, il numero di 13 e sono a terminazione monofilla. Il lobo esterno è piuttosto stretto, profondo quasi come il 1.° lobo laterale, che cade sul margine della conchiglia e supera, sebbene di poco, tutti gli altri in altezza. La sella esterna giace quasi intieramente sulla parte esterna ed è profonda circa la metà della prima sella laterale. Il primo ed il secondo lobo laterale sono parecchio più sviluppati e ramificati degli altri, che si presentano quasi semplicemente dentati. La proiezione della spirale d’involuzione del giro precedente taglia, a quel che pare, la terza sella laterale. L’umica differenza che si possa notare tra la specie di Han Bulog descritta dall’ HauER e la forma ora descritta sta nell’essere in quest’ultima più alti e ramificati il primo ed il secondo lobo laterale. Se ad onta di ciò, luna può essere identificata coll’altra, il genere cui assegnare entrambe non sarebbe nè il gen. Sturia, nè il gen. Pinacoceras, ma piuttosto il gen. Procladiscites in favore del quale parlano la debole frastagliatura della linea lobale, le selle a terminazione monofilla e la presenza di tre lobi la- terali. Disgraziatamente l'esemplare da me esaminato era in parte eroso ed in parte incrostato così che non ho potuto accertarmi se vi esistevano o no strie spirali. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. Gen. Megaphyllites Moss. Megaphyllites obolus Moss. 1882. Megaphyllites obolus Mossisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 192, tav. LITI, fig. 3-5. 1895. —_ — Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 190. Di questa specie sviluppatissima nel calcare d’ Esino, di Forno in Val di Fiemme e della Marmo- lata, rinvenuta anche nell’arenaria tufacea degli strati di Wengen del Pizzo del Corno presso Caprile e nel Wettersteinkalk di Tratzberg presso Jenbach nella Valle dell’ Inn inferiore, il Moysisovics menziona cinque esemplari anche del calcare rosso del Monte Clapsavon. Nel materiale da me studiato non ne trovai neppure un esemplare. [33] A, TOMMASI 33 Gen. Monophyllites Moss. Monophyllites wengensis Kuest. sp. — Tav. IV [IV], fig. 5, 5a. 1882. Monophyllites wengensis (KLiest.) Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 207, tav. LXXVII, fig. 10-12. 1895. = _ Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 191, tav. VII, fig. 8,9. Raccolsi di questa specie otto esemplari incompleti quasi tutti costituiti da quattro giri. Pei carat- teri esterni corrispondono bene alla descrizione del Moysisovics. La linea lobale è parzialmente visibile in un solo esemplare, che conserva un pezzo della camera d’abitazione: il lobo esterno e la maggior parte del 1.° lobo laterale dell'ultimo setto sono celati dal guscio, ma la porzione che è allo scoperto somiglia perfettamente alla fig. 12, tav. 78 di Moysisovics. Massime il 3.° lobo laterale corrisponde meglio a quello del Mon. wengensis che a quello del Mor. sphaerophyllus e le selle sono più spaziate di quelle di que- st’ ultima specie. È a lamentare che nè Moysisovics nè Sacomon abbiano date le dimensioni dell’ultimo giro del Mon. wengensis, perchè in esse potrebbe forse trovarsi un carattere differenziale più spiccato che non sia quello della linea dei lobi, per distinguere questa specie dal Mon. sphaerophyWus. Mentre nei Mon. sphae- rophyWlus figurati dal Moysisovics ed in un esemplare di esso proveniente da Haliluci e posseduto da que- sto Museo la larghezza dell’ultimo giro sta all’altezza come 64:100, invece dalla media di tre misure prese sui tre esemplari meglio conservati di Mon. wengersis del Monte Clapsavon tale rapporto risulta per questa specie di 82 :100. Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo (5 esempl.) ed (in) Ciana (3 esempl.) nel calcare rosso. Questa specie è menzionata nella zona a Zrach. Reitzi di Val Gardena ed in quella a Trac. Ar- chelaus della Val di Cino presso Esino e della Marmolata, nonchè in numerose altre località alpine ed estraalpine ricordate da MoysIsovics. M. G. Univ. Pavia. Arcestidae. Gen. Proarcestes Moss. Proarcestes subtridentinus Moss. 1859. Ammon. Johannis Austriae Stoppani. Petrif. d’ Esino, pag. 119, tav. 26, fig. 1-3. 1882. Proarcestes subtridentinus Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 156, tav. XLIII, fig. 1-3 e tav. XLIV, fig. 1-3. 1893. - _ MARIANI. Opuse. cit., pag. 16. È questa una specie comunissima nella zona a Track. Archelaus così della Selva Bakonia, come dei din- torni di Esino e del Monte Clapsavon. Anzi da questa stessa località il MoysIsovics cita una cinquantina d’ e- semplari. In maggior numero sono quelli che io potei procurarmi, assai scarsi però quelli completi. Anche negli esemplari da me esaminati mi si presentarono forme più compresse con parte esterna più stretta e forme più panciute con parte esterna più larga. Tra questi due estremi intercedono poi forme di pas- Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 5 34 A. TOMMASI [34] saggio così graduali che, se altri caratteri non soccorrono, resta ancora molto lontana la possibilità d’ una divisione in due specie rappresentate dai loro estremi. In nessun esemplare potei vedere messa completamente a nudo la linea suturale. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. Ist. tecn. Udine. Proarcestes cfr. Boeckhi Moss. 1882. Proarcestes Boeckhi Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 157, tav. XLIV, fig. 4. 1893. — aff. Boeckhi Moss. Marrani. Opusc. cit., pag. 16. 1895. — cfr. — Moss. Sanomon. Studien ueber die Marmolata, pag. 187, tav. VI, fig. 20, 21. Avvicino a questa specie alcuni esemplari del Monte Clapsavon, nessuno dei quali conserva la ca- mera d’abitazione. Il maggiore ” presenta un diametro massimo di mm. 95, il più piccolo solo di mm. 21. Si tratta per lo più di nuclei interni, su cui sono visibili in alcuni soltanto due solchi. Si conserva traccia dell’ epidermide, che è rugosa come quella del Proare. pannonicus Moss. Meglio che alle figure del Moysi- sovics gli esemplari da me osservati corrispondono a quelle della citata opera del SALOMON. Nessuno mi presentò allo scoperto la linea suturale. Moysisovics cita questa specie ad Esino, alla Marmolata, a Forno in Val di Fiemme e nella Selva Bakonia. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo. — Esempl. 12. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Proarcestes esinensis Moss. — Tav. V [V], fig. 2,2a,d. 1882. Proarcestes esinensis Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias Provina, pag. 158, Tav. XLV, fig. 1-5. Mi sono imbattuto in un solo esemplare, che mi paresse di poterlo riferire abbastanza con sicurezza alla specie sopra citata. Sebbene incompleto per mancare dei giri più esterni, pure per la forma com- plessiva, per la presenza, il numero e l’andamento dei solchi del nucleo e pei caratteri della linea su- turale corrisponde assai bene alla diagnosi ed alla descrizione del MoysIsovics. L'autore menziona questa specie in numerosissimi esemplari nel calcare d’ Esino e nel calcare rosso di Szt Antalfa nella Selva Bakonia. Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Proarcestes esinensis Moss. var. carnicus mihi. — Tav. V [V], fig. 3,3a. 1882. Proarcestes esinensis Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Proving, pag. 158, tav. XLV, fig. 1-5. 1893. _- se MarIANI. Opuse. cit., pag. 16. A questa specie tanto comune nel calcare d’ Esino riferisco, distinguendoneli come varietà, tre esem- plari, di cui due quasi completi, ma pressochè ridotti allo stato di semplici nuclei interni. Su questi nel- l'ambito d’un giro si contano tre solchi press’ a poco tra loro equidistanti, leggermente piegati all’innanzi presso il margine dei fianchi e rettilinei sulla parte esterna. ‘ Questo corrisponde perfettamente nel contorno all'Amm. Ausseanus HAUER, che lo STOPPANI figura a tav. 26, fig. 13 delle sue « Pétrifications d’ Esino » e che MoysIsovics nell'opera citata fonde col suo Proare. Boeckhi. [35] A. TOMMASI 35 I fianchi sono leggermente rigonfi e la parte esterna abbastanza spaziata. I giri, piuttosto larghi ed a bocca bassa, differiscono da quelli della forma descritta da Moysisovics, che sono invece stretti ed a bocca alta. Per questa differenza specialmente ho separato dalla tipica forma d’Esino quella del Clapsavon, distinguendonela come una varietà. Lobi: Un lobo esterno profondo triforcato presso all’estremità dei suoi due rami — due lobi late- rali alti pressochè quanto il lobo esterno — quattro lobi ausiliari fuori del margine ombelicale : un quinto coincide con questo margine. DIMENSIONI Diametro . o . . 5 o . c . . - . È mm. 59 Altezza dell’ ultimo giro . . 7 È ° . è . È c » 31 Larghezza » » : 0 a ò . : s a a o DN29, Ampiezza dell’ombelico . 0 5 o ò ò 5 0 6 à DINO, Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso e grigio. — Esempl. 3. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Proarcestes pannonicus Moss. 1882. Proarcestes pannonicus Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 159, tav. XLV, fig. 6,7. 1893. _ Bramantei Moss. MARIANI. Opusc. cit., pag. 16. Dal calcare rosso del Monte Clapsavon Mossisovics trasse quattro esemplari di questa specie. Tra i fossili da me esaminati trovai tre Proarcestes incompleti, che piuttosto che ad altra specie vanno riferiti alla sopra citata. Ne differiscono lievemente per avere l’ultimo giro un po’ più largo (= mm. 52 invece di mm. 48) relativamente al diametro della conchiglia (= mm. 60) ed un po’ più ampio l’ ombelico (= mm. 7 invece di mm. 5). Non potei vedere la linea dei lobi. Località: Monte Clapsavon “ sopra Geveada ,. Credo che a questa specie debbasi riferire anche il frammento, che MARIANI accostò all’ Arcestes Bramantei Moys. M. G. Univ. Pavia. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Proarcestes Reyeri Moss. — Tav. V [V], fig. 4, 40, 5. 1882. Proarcestes Reyeri Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 160, tav. XLV, fig. 9, 10. Per la forma complessiva, per la curvatura ad arco verso l’innanzi, che offre il solco anteriore del nucleo sulla parte esterna, per la presenza di due soltanto di questi solchi nell’ambito d’un giro e per le rughe epidermiche che dall’ombelico volgono obliquamente all'indietro sui lati per correr poi in linea retta sulla parte esterna gli esemplari del Monte Clapsavon somigliano abbastanza bene alla specie del Mossisovios sopra citata. Anche la linea suturale corrisponde con esattezza a quella figurata dal Moysr- sovics nell’opera che sopra ricordai. Tra la descrizione del Mossisovics e gli esemplari del Clapsavon sussiste solo qualche lieve diffe- renza nella rispettiva proporzione delle varie dimensioni e nel grado di curvatura del solco anteriore del nucleo, più pronunciato negli esemplari figurati dal Moysisovios provenienti dal marmo rosso del distretto di Pozoritta nella Bukovina (zona a Track. Aon). 36 A. TOMMASI [36] DIMENSIONI Esempl. più piccolo Esempl. mediano Diametro Ò 0 . c ò A ò mm. 22,5 mm. 39 Altezza dell'ultimo giro . 5 . o 0 » 11,5 » 18 Larghezza » » . ; 6 0 » 23 » 38 Ampiezza dell’ ombelico . o D . i DD, » 5 Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo e (in) Ciana nel calcare rosso. — Esempl. 12. M. G. Univ. Pavia. Proarcestes Bramantei Moss. — Tav. V [V], fig. 6, 6a. 1882. Proarcestes Bramantei Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 161, tav. XLVI, fig. 3-6. Tre esemplari, che ho riferiti a questa specie, corrispondono molto bene per le dimensioni, la forma, l’ornamentazione del guscio ed i caratteri della linea suturale alla descrizione ed alle figure del Mossi- sovics. In nessuno è conservata la bocca. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo. M. G. Univ. Pavia. Proarcestes Ombonii n. sp. — Tav. V [V], fig. 7, 7a, d. Forma globosa, depressa, più larga che alta, ridotta presso che al semplice nucleo, con qualche lembo di guscio molto eroso. Sui lembi di guscio che rimangono si nota un rilievo trasversale, probabile traccia Fra. 5 — (2,). d’un cercine. Il nucleo è tutto concamerato. La linea suturale è curva e costituita da un lobo esterno provvisto d’una ben pronunciata gobba mediana, di due lobi laterali e di tre lobi ausiliari, di cui il terzo è tagliato circa a metà dal margine ombe- licale. I lobi sono assai ramificati e dentati. Le selle, ampie, terminano arrotondate. DIMENSIONI Diametro . . a a o È a 7 . È . : Ò mm. 49 Altezza dell’ ultimo giro . : 6 È ò , di 5 5 o » 18 Larghezza » ò - . . Ò 5 © ò " c » 55 Ampiezza dell’ombelico . o 2 à ù ò ci D à . DU Questa forma somiglia assai nel suo aspetto al Proare. bdufo Moss. ed al Proare. tacitus Moss. dell’ Hall- statt. La linea suturale pel numero e la conformazione dei lobi e delle selle corrisponderebbe meglio a quella del Proarc. bicarinatus MUNST. sp. pure dell’ Hallstatt. (E. v. Moysisovios. Das Gebirge um Hall- statt, tav. 51, fig. 7 e 9, e tav. 53, fig. 32, pag. 102 e 104). Località: Sul Monte Clapsavon nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. [37] A. TOMMASI 37 Proarcestes Spallanzanii n. sp. — Tav. V [V], fig. 8,9, 94, 10. Forma a giri piuttosto stretti ed a bocca bassa, a parte esterna mediocremente larga e tondeg- giante, a fianchi discretamente rigonfi. Il guscio, in quegli esemplari nei quali è più o meno conservato, non presenta nè varici, nè sol- chi esterni, bensì delle rughe filiformi, sottili, un po’ ondulate, che irradiando dall’ombelico scorrono quasi rettilinee sui fianchi e sulla parte esterna: in qualche individuo si osservano anche delle pieghe leggere e flessuose irraggiare dall’ombelico e dirigersi verso la parte esterna senza raggiungerla. All’incontro sul nucleo si osserva qualche solco (di cui però non potei precisare il numero in un giro intiero) accennante alla presenza di varici sul- l’interno del guscio. I solchi, dove si osservano, s'incurvano un po” verso la bocca sui fianchi e corrono rettilinei sulla parte esterna. La linea dei lobi è un po’ ricurva all’avanti ed è costituita da un lobo esterno, da due lobi laterali e da tre ausiliari, di cui il terzo giace quasi per metà sul margine ombelicale. Il lobo esterno presenta una insenatura molto profonda e sovrasta in altezza a tutti gli altri, che gradatamente decrescono fino all’ultimo. I lobi non sono molto abbondantemente ramificati, le selle invece più frastagliate. Fia. 6 — (#/1). DIMENSIONI I II III Diametro . 3 5 - : . ò mm. 51 mm. 37 mm. 19 Altezza dell’ultimo giro . 0 " x » 23 » 16,5 » 10 Larghezza » » 5 : . : » 32 » 25 » 13 Ampiezza dell’ombelico È È 6 : 26 » 4,5 n n2 Questa specie somiglia abbastanza al Proare. subtridentinus Moss. ed anche al Proarc. esinensis M09s.; ma si distingue da entrambe sia pel diverso numero dei lobi ausiliari, sia per essere in essa più bassa quella parte dei giri, che corrisponderebbe alla bocca. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo ed (in) Ciana nel calcare. M. G. Univ. Pavia. Proarcestes Paronai n. sp. — Tav. VI [VI], fig. 1, 1a. Conchiglia quasi tutta concamerata, disciforme, appiattita, a giri bassi, a fianchi pressochè pianeg- gianti, colla parte esterna leggermente convessa, separata dai fianchi mercè uno spigolo molto ottuso. Il guscio manca completamente. Sul nucleo nel circuito d’un giro si notano tre solchi abbastanza pro- nunciati che, partendo dall’ombelico e dirigendosi un po’ all’avanti, descrivono dapprima un leggero arco, la cui massima curvatura coincide collo spigolo della parte esterna, indi scorrono su questa incurvandosi leggermente all'indietro. 38 A. TOMMASI [38] Lobi: La linea suturale conta un lobo esterno, due laterali e cinque ausiliari esterni al margine ombelicale: un piccolo sesto lobo si può scorgere sulla parete dell’ombelico. Il lobo esterno occupa quasi tutta la tan i parte esterna della conchiglia, è bi- partito da una insenatura abbastanza profonda e supera appena in altezza il primo lobo laterale. La sella esterna coincide collo spigolo ottuso ed è assai più frastagliata e molto più alta della prima sella laterale e delle susseguenti. Fia. 7 — (0/1). DIMENSIONI Diametro. a o 0 Ù b 0 ò . o ò . o mm. 42 Altezza dell’ultimo giro . 0 . : . - ò b 4 5 » 21 Larghezza >» » . c : . . o 3 . c . » 18 Ampiezza dell’ ombelico . o c 5 9 c . ò . ò » 4 Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 1. M. G. Univ. Pavia. Proarcestes Canavarii n. sp. — Tav. VI [VI], fig. 2, 24,d. Nell’abito esterno questa forma somiglia assai al Proare. Paronai, ma ne differisce per essere più rigonfia e per un minor numero di lobi ausiliari. I fianchi e la parte esterna sono più sentitamente in- curvati, più ottuso lo spigolo, che separa questa da quelli. Anche in questo individuo non rimane trac- cia del guscio e nell’ambito d’un giro si contano sul nucleo tre solchi, che hanno lo stesso andamento come nella specie precedente. Poco meno che metà della conchiglia è costituita dalla camera d’abitazione, che però è incompleta. Lobi: La lmea suturale è molto erosa; tuttavia vi si rileva un lobo esterno, due lobi laterali e Fia. 8 — (5/1). quattro ausiliari, di cui l’ultimo posa sul margine ombelicale. Il lobo esterno profondo quanto il primo laterale è bipartito, come nel Proarc. Paronai da una insenatura profonda: la sella esterna giace quasi per intiero sulla parte esterna per modo che in questa specie è il primo lobo laterale quello che coincide collo spigolo della conchiglia. DIMENSIONI Diametro . c 5 + o 5 : 0 o . 3 . . mm. 39 Altezza dell'ultimo giro . o 6 : x È 1 2 7 3 » 20 Larghezza » » 0 & . 3 ò © o . c 6 » 22 Ampiezza dell’ombelico . > = c c : 5 o : . >» 4 Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 1. M. G. Univ. Pavia. [39] A. TOMMASI 39 Proarcestes lupinus n. sp. — Tav. VI [VI], fig. 3,30,d. Piccola forma discretamente rigonfia a parte esterna attondata ed a fianchi sentitamente incurvati. Il guscio, in parte conservato, è sottile ed affatto liscio senza solchi nè rughe. Quanto rimane della con- chiglia è tutto concamerato laonde restano sconosciute le dimensioni dell'individuo completo. Lobi: La linea suturale conta un lobo esterno, due laterali e cinque ausiliari di cui il quinto coin- cide col margine ombelicale. I lobi sono pochissimo ramificati e le selle al minimo frastagliate. DIMENSIONI Diametro . . . . ò ò c ò o c . 0 mm. 16 Altezza dell'ultimo giro 7 6 . 6 6 5 6 0 o » 8,5 Larghezza ” Do ò 0 6 5 ò . 5 . 0 » 10 Ampiezza dell’ombelico 6 o 5 5 < a : c ò DIMARO Località: A S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare rosso. — Esempl. 1. M. G. Univ. Pavia. Aegoceratidae Neumayr (emen. Zirtet). Gen. Gymnites Moss. Gymnites incultus (Bevyr.) Moss. — Tav. VI [VI], fig. 4, 4a. 1882. Gymmites incultus (BeyR.) Mossisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 233, tav. LIV, fig. 1-3. 1888. — — (Beyr.) Hauer. Cephal. v. Han Bulog, pag. 34. L’esemplare che ho riferito a questa specie è incompleto ma concamerato fino al suo termine. La conchiglia ha giri abbraccianti fin quasi alla metà, parte esterna arrotondata e stretta, fianchi legger- mente convessi. Il margine ombelicale è tondeggiante, erta la parete dell’ombelico ma piuttosto bassa. Essendo il guscio alquanto eroso, non è visibile alcuna sorta di ornamentazione. La linea suturale, quasi intieramente allo scoperto, corrisponde bene a quella figurata dal MoysIsovios: il primo ed il secondo lobo laterale sono molto ramificati e le ramificazioni son ricche di denti: i lobi ausi- liari sommano a cinque e sono disposti su una linea assai inclinata. Il lobo esterno occupa tutta la lar- ghezza della parte esterna. DIMENSIONI Diametro . 5 * . - : ò 5 o Ò o - È mm. 74 Altezza dell'ultimo giro . a 5 c . ° x ò : 6 » 28 Larghezza » I O 5 c 2 l : . 5 . 9 » 16 Ampiezza dell’ombelico . 9 - - 7 . _ È 0 ; » 31 Quest’ esemplare presenta una forte rassomiglianza colla specie descritta dal Moysisovics e colla fig. 2° della sua tavola citata; non v'è tra i due perfetta identità, perchè l'esemplare carnico è un po’ più compresso e di conseguenza ha anche l’ ombelico un po’ meno profondo. Il Mossisovics cita questa specie nella zona a Cer. trinodosus di Reutte nel Tirolo settentrionale e nel marmo rosso della Schreyer-Alpe (Gosau). L’ Hauer la menziona tra i cefalopodi del Muschelkalk di Han Bulog. Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. 40 A. TOMMASI [40] Gymnites Palmai Moss. 1882. Gymmites Palmai Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provint, pag. 234, tav. LVII, fig. 1,2 e tav. LVIII. Riferisco con dubbio a questa specie un frammento dell’ultimo e del penultimo giro d’un grosso individuo, che completo doveva misurare circa mm. 230 di diametro. È una forma coi giri ad acerescimento lento, stretti, leggermente incurvati e colla parte esterna tondeggiante ma piuttosto angusta. Presso al margine ombelicale traggono origine delle grosse pieghe, che giungono fino alla parte esterna e tanto più s'allargano quanto più si avvicinano a questa: se ne contano otto su un tratto di mm. 150 di lunghezza. Dei lobi nessuna traccia. DIMENSIONI Diametro . 0 . a ò 0 Ò e c o . o . mm.230 Altezza dell’ ultimo giro . Ò ò 0 6 o o 6 ” 1 » 80 Larghezza » » 6 . 0 5 o E o 0 . 0 » 47 Ampiezza dell’ombelico . : . o ò 0 o 0 0 6 » 105? Di fronte all'individuo figurato dal Moysisovics a tav. LVITI l'esemplare del Clapsavon presenta una parte esterna più stretta e le pieghe dei fianchi più tozze. Mossisovics cita questa specie dalla zona a Cer. trinodosus della Schreyer-Alp (Gosau). Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. — Esempl. 2. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Gymnites Credneri Moss. 1882. Gymmnites Credneri Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 237, tav. LIX, fig. 1-3. 1893. — — Moss. Mariani. Opuse. cit., pag. 16. Ho riferito a questa specie cinque esemplari incompleti e molto erosi, che dei caratteri citati nella diagnosi del Moysisovics presentano la notevole evoluzione dei giri esterni, la tendenza della conchiglia ad assumere contorno obliquamente ellittico, l’appiattimento e l'altezza dei giri del nucleo, l’arrotonda- mento e la strettezza della parte esterna. Dei nodi che ornavano i fianchi è appena visibile qualche traccia in causa dell'avanzata erosione degli esemplari. La linea dei lobi corrisponde abbastanza esattamente pel suo andamento, pel numero e la forma dei lobi e delle selle a quella descritta e figurata dal MoysIsovics. Anche le dimensioni combinano, poichè uno degli esemplari da me esaminati è quasi eguale a quello che Moysisovics riprodusse nella tav. LIX, fig. 1. Un altro esemplare, il meno incompleto, è anche più grande, misurando un diametro massimo di mm. 175. DIMENSIONI Diametro . l . c o o c o ‘ c . _ . mm.150? Altezza dell’ ultimo giro . Ò c c . o o ° © . » 67 Larghezza » Pane: c - . È È " n o È » 28 Ampiezza dell’ombelico . 0 . . " o a . c - » 34 41 A. TOMMASI 41 [41] Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. Anche Moysisovics cita questa specie solo nel Clapsavon. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Gymnites Moelleri Moss. 1882. Gymmnites Moelleri Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 237, tav. LX, fig. 1,2. 1893. — — Marani. Opuse. cit., pag. 16. Il Moysisovics cita quattro esemplari di questa specie caratterizzata da una doppia fila di nodi ottusi e rotondi sui fianchi dei giri esterni. L'unica località da cui provennero è il Monte Clapsavon. Nel mate- riale da me raccolto a S. Osvaldo figura un esemplare incompleto, in cui è solo conservata una porzione dell’ultimo giro ma sono visibili la doppia serie di nodi e la linea lobale. M. G. Univ. Pavia. Gymnites Ecki Moss. 1882. Gymmites Ecki Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 238, tav. LX, fig. 3. 1893. = — Moss. Marrani. Opusc. cit., pag. 16. 1895. — — Moss. Saromon. Studien veber die Marmolata, pag. 191, tav. VII, fig. 10-14; tav. VAUOE bit:g ale Anche questa specie, che sulla metà dei fianchi presenta una semplice fila di nodetti un po’ allungati, fu raccolta dal suo autore nel calcare rosso del Monte Clapsavon. Io ne trovai un esemplare incompleto ma più grande di quelli figurati dal MoysIsovies e da SALomon, poichè misura un diametro massimo di mm. 120 e mm. 48 d’altezza per l’ultimo giro. Non vi si scorgono nè le strie d’accrescimento, nè la linea dei lobi. Moysisoviocs ne trovò sul Clapsavon un solo esemplare. SALomon ne raccolse 15 alla Marmolata. M. G. Univ. Pavia. Gymnites Raphaelis Zoja n. sp. — Tav. VI, fig. 5, 5a; 6, Ga. Conchiglia con giri numerosi, a lento accrescimento, abbraccianti il giro precedente solo per un terzo della sua altezza. La parte esterna è arrotondata e piuttosto stretta, i fianchi quasi pianeggianti. L’om- belico è discretamente largo e profondo, il margine ombelicale tondeggiante, la parete ombelicale quasi a perpendicolo sul giro precedente e relativamente alta. Già a cominciare dal penultimo giro si scorgono, sotto certe incidenze di luce, tanto sul guscio quanto sul nucleo delle pieghe molto larghe e basse, che partendo dal margine ombelicale scompajono verso la metà dei fianchi, come si osserva nel Gymmn. Humboldti Moss. i) Dedico questa specie alla cara memoria dell’amico e collega dott. RAaFFARLLO Zoza rapito alla scienza, ai parenti ed agli amici, insieme col fratello ALFONSO, il 26 settembre 1896 sul Monte Gridone in Val Vigezzo da una tormenta. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 6 42 A. TOMMASI [42] Lobi: La linea suturale è allo scoperto tanto presso il principio quanto presso il termine del giro più esterno. Il lobo esterno, che occupa tutta la larghezza del dorso, è alto quasi la metà del primo lobo laterale: la sella esterna è poco meno alta della prima sella laterale e appena più alta della se- conda laterale: le selle ausiliari sono semplici. Il primo lobo laterale è molto ramificato e sui rami sono numerose le dentature; è assai meno ramificato e dentellato il secondo lobo laterale: i lobi ausiliari sono quattro ed appena dentati presso l’estremità. Questa linea suturale somiglia parecchio a quella del Gymn. Humboldti Moss. ma se ne distingue specialmente per essere le selle principali più strette e re- lativamente più profonde, la sella esterna un po’ più alta della seconda laterale, non biforcate le selle ausiliari e non ramificati i lobi ausiliari. DIMENSIONI Diametro . 7 A i 4 + a ò ò 5 1 5 n mm. 83 Altezza 3 3 È o 3 7 h 7 x 7 4 5 È » 30 Larghezza 6 . 7 » 22 Ampiezza dell’ombelico . : ; : : 3 5 È 5 ; » 34 Località: Monte Clapsavon e (in) Ciana nel calcare rosso. — Esempl. 3. M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Dibranchiata. Belemnoidea. Belemnitidae BLamv. Gen. Aulacoceras Hauer. Aulacoceras Taramellii n. sp. — Tav. VII [VII], fig. 1, 1a. Fragmocono a contorno ellittico con un angolo di divergenza di circa 21° nel senso del massimo dia- metro. È ancora conservato qualche lembo di guscio, che mostra delle strie longitudinali sottilissime ap- pena avvertibili ad occhio nudo, tra loro inequidistanti, non incrociate da alcuna stria trasversale. I setti sono piuttosto vicini: la distanza che li separa è di circa mm.7 ed eguale al terzo, o poco più, del diametro della camera inferiore. Il loro andamento sulla superficie del fragmocono è quasi ret- tilineo. Il sifone è molto stretto ed affatto marginale. Questa specie somiglia all’Aul. inducens Moys., con cui l’autore identifica l’Awl. (Orthoceras) reticu- latum HAUER, che StoPPANI raccolse ad Esino (A. StoPPANI. Les Pétrifications d’ Esino, tav. 24, fig. 7, 8), ma se ne distingue per l’angolo di divergenza molto maggiore. Somiglia forse ancora di più, per la forma complessiva all’Aul. ellipticum Moys. (Moysisovics. Ueber das Belemnitiden Geschlecht Aulacoceras HAUER. Jahrb. A. k.-k. geol. Reichsanstalt, XXI Bd., 1871, pag. 55, tav. II, fig. 9), ma ne differisce principalmente per la maggior distanza dei setti (= mm.7 nella mia specie — mm. 4-5 nella specie del MoysIsovics). Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. M. G. Univ. Pavia. [43] A. TOMMASI 43 Gen. Atractites Giuwxs. (emend. Moss.). Atractites obeliscus Moss. 1882. Atractites obeliscus Moss. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 299, tav. XCIII, fig. 14. 1893. — — — Moss. Marrani. Opuse. cit., pag. 17. Il Mossisovics cita 6 esemplari di questa specie nel calcare grigio della Val di Cino presso Esino e ne menziona 5 nel calcare rosso del Monte Clapsavon. La rammenta anche nella zona a Cer. trinodosus della Schreyer-Alp presso Gosau. Nel materiale da me studiato non riscontrai alcun esemplare da potervi essere riferito con sicurezza. ?Atractites Boeckhi (Sriirz.) Moss. 1876. Orth. Boeckhi Srirzenpaua. Adatolk a Bakony Ceratites Reitzi-svint faundjanak ismeretéhex. Foldtani kòzloni, pag. 254, tav. IV, fig. 1. 1882. Atractites Boeckhi (Stirz.) Moss. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 302, tav. XCIII, fig. 12,13. 1893. _ — Moss. Marrani. Opuse. cit., pag. 17. 1895. —_ — Striirz. sp. SaLomon. Studien veber die Marmolata, pag. 196. Tre frammenti di fragmocono mi parve che si accostassero meglio a questa che ad altra specie, sia pel loro contorno ellittico, sia per l’angolo di divergenza, che nella specie descritta da MoysIsovics è di 6° nel senso del diametro maggiore e di 10° nel senso del diametro minore, mentre negli esemplari del Clapsavon è rispettivamente di 6° e di 12°. È perciò un poco differente anche il rapporto tra i due dia- metri. Questi nell’Are. Boeckhi stanno come 17:21 e negli esemplari del Clapsavon come 21,5 :23. La distanza intersettale è un po’ maggiore che negli esemplari descritti da MoysIsovIos. Dubito molto che l’Atr. Boeckhi citato da MARIANI appartenga proprio a questa specie. Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. M. G. Univ. Pavia. — G.S. n. R. Ist. tecn. Udine. Atractites ladinus SaLox. — Tav. VII [VII], fig. 2, 2a, 5, 3. 1895. Atractites ladinus W. Sacomon. Studien ueber die Marmolata, pag. 194, tav. VIII, fig. 5, 6. Ho riferito a questa specie due frammenti di fragmocono, che pel valore dell'angolo di divergenza (=149-12°), per la distanza intersettale (minore della metà del diametro più piccolo della camera pre- cedente), per la figura ellittica della sezione trasversa e per il rapporto tra il diametro maggiore ed il minore (= 9:10) concordano perfettamente colla diagnosi di SaLomon. In uno degli esemplari ho anche potuto rilevare le traccie del sifone, che, a quanto pare, non era visibile nei frammenti studiati dal- l’egregio mio collega. Esso è affatto marginale e piuttosto angusto: appena sotto al setto si allarga gra- datamente ad imbuto fino a poco più d’un terzo dell’altezza della camera, indi si restringe di nuovo per raggiungere sotto forma d’un tubetto cilindrico il setto soggiacente. La superficie degli esemplari era troppo erosa per lasciarmi scorgere qualsiasi traccia d’ornamentazione. Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. — Esempl. 2. SALOMON trovò questa specie nel versante Nord della Marmolata. M. G. Univ. Pavia. Ad A. TOMMASI [44] Atractites Bacchilidis n. sp. — Tav. VII |VII], fig. 4, 40, db. Sezione trasversale di figura subrotonda, poichè il diametro minore è di mm. 17 ed il maggiore tocca mm. 18, quindi i due diametri starebbero tra loro come 94,5 :100. La distanza intersettale è di poco minore della metà del diametro inferiore della camera precedente. Sull’ esemplare, che tocca una lun- ghezza massima di mm. 40, non si contano che cinque setti. I due angoli di divergenza differiscono poco tra di loro, essendo l’uno di 9° l’altro di 10°. Il sifone è affatto marginale. Nessuna traccia del guscio. I setti delle camere descrivono delle selle assai poco concave sulle parti dorsale e ventrale, mentre sui fianchi formano dei lobi insensibilmente convessi. Questa specie ha molta somiglianza coll’ Atr. subrotundus SALOMON (vedi: SALomoN. Op. cit., pag. 195, tav. VIII, fig. 10, 11); ma ne differisce per la minore ampiezza degli angoli di divergenza (= 9°:10° in confronto di 10°: 11°) e per la maggiore distanza intersettale, poichè, mentre nell’esemplare cui SALOMON si riferisce, su una lunghezza di mm. 36 si notano dieci setti, nel nostro su una lunghezza di mm. 40 non se ne contano che cinque. La nostra specie presenterebbe una rassomiglianza ancora maggiore coll’ Atr. tenuirostris HAUER del Muschelkalk di Han Bulog (vedi: HavER. Op. cit., pag. 6. tav. I, fig. 3, 1888), col quale sarei tentato di identificarla, se non sussistessero tra le due forme ancora delle piccole differenze nell’angolo di diver- genza e nell’altezza delle camere e se il frammento non fosse troppo incompleto per non rendere ecces- sivamente arrischiata tale identificazione. Località: Sul Monte Clapsavon nel calcare rosso. — Esempl. 1. M. G. Univ. Pavia. Atractites Isseli n. sp. — Tav. VII [VII], fig. 5, 5a, d. Fragmocono a contorno ellittico. Il diametro minore sta al maggiore come 87 :100. L'angolo di di- vergenza nel senso del diametro maggiore misura 22°,5, nel senso del diametro minore tocca 21°. La distanza intersettale è appena di mm. 5 e circa un quarto del piccolo diametro inferiore della camera precedente. I setti descrivono delle deboli selle sulla parte dorsale e ventrale e dei bassi lobi sui fianchi. L'intervallo interposto tra i setti è in apparenza bipartito da una linea di cui non mostrasi traccia sulla superficie esterna delle camere nemmeno dopo la levigatura. Il sifone è marginale: stretto, quando attraversa il setto, si allarga appena sotto di questo, raggiunge la sua massima larghezza a circa un terzo dell'altezza della camera poi si restringe di nuovo nei due terzi inferiori. Il guscio dove non è eroso è troppo incrostato per lasciar vedere alcuna sorta d’ornamentazione. Località: Monte Clapsavon “ sopra Geveada , nel calcare rosso. — Esempl. 1. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Atractites Osvaldi n. sp. — Tav. VII [VII], fig. 6. Fragmocono a contorno subcircolare con un angolo di divergenza di 12°. La distanza intersettale è di circa mm. 7 ed è minore della metà del diametro inferiore della camera precedente. Su una lunghezza di mm. 47 si contano sette camere. Le linee settali formano sulla parte dorsale e ventrale delle selle [45] A. TOMMASI 45 assai deboli e dei lobi molto leggeri sui fianchi. Il contorno diviene tanto più distintamente ellittico quanto più ci si appressa alle prime camere. Non si scorge traccia alcuna del sifone. Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 2. M. G. Univ. Pavia. Atractites sp. — Tav. VII [VII], fig. 7, 7a. Due frammenti, d’una forma molto sviluppata, che appartenevano forse allo stesso individuo. L’an- golo di divergenza è di circa 21°. La distanza intersettale è un terzo del diametro mediano della camera precedente: la figura della sezione trasversale è debolmente ellittica. Località: Sul Monte Clapsavon nel calcare rosso. — Esempl. 2. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. Segue il quadro corologico delle specie. del Muschelkalk alpino 46 A. TOMMASI [46] Z Raccolte dal Aggiunte dal Aggiunte = NOME DELLE SPECIE MOJSISOVICS | MARIANI dall'AUTORE E già note | nuove | già note! nuove | già ve nuove 1 Diplopora herculea SroPP. sp. 0 - 2 » annulata SCHAFH. + 3 Rotalia Clapsavonii Mar. + | 4 | Pulvinulina sp. MAR. + 5 | Anomalina sp. Mar. 4 6 Truncatulina lobatula WALK et JACOB sp. + T | Discorbina? sp. Mar. < 8 Polymorphina sp. MAR. + 9 | Cristellaria Clapsavonii MAR. 7 + 10 | Marginulina sp. MAR. + 11 | Nodosaria radicula Lux. + 12 » ambigua Neue. var. annulata Tare. et BERTH. + 13 » crassa MAR. Sb 14 » parva Mar. ale 15 | Lagena globosa? Mont. sp. Sio 16 » laevis MONT. Sp. + 17 | Bolivina (?) brevis MAR. 1 SE 18 Textularia sp. MAR. Dia 19 Cornuspira cfr. pachygira GimB. + 20 Thecosmilia badiotica FRECH sp. SE 21 Encrinus granulosus MUNST. L 22 » nov. form. indet. Tomm. + 23 Spirigera marmorea BITTN. ES LE 24 | ERhynchonella cfr. retractifrons BITTN. + —_ 25 » cfr. dilatata SuESS + 26 » Sp. ZI 27 Lima (Plagiostoma) subpunctata D'ORB. + À 28 » cfr. subquadrata STOPP. . + 29 Pecten (Chlamis) concentrice-striatus HORN. + 30 » fenvicostatus HORN. - d1 Halobia cfr. lineata MUNST. sp. + 32 » (Daonella) Lommelii WISSM. sp. 33 » » Moussoni MERIAN sp. 34 Posidonomya wengensis WISSM. sp. ì ì I) i H i tar] A. TOMMASI 47 del Muschelkalk di Bosnia della Schreyer-Alp pr. Hallstatt Della Zona a fasi = — = = = de a © SI ts ai =) = E Pz) = DA = = © = CS I 2 Gel = (2) #5 —T = ai = esi = 8 = _ = = TA pe ani 2 asa ns as OSS Coi . 2 \Ss|S52|S=]|3= | =S£| sa 2 = =; i Ha 2 SI = = [ [si = s i ta=] (DI 2 | Ga PSI SISSI CS) La = Adi SI Sca = = ES ci = ® (72) 5) 5 x i N = = DIO = => NOn e 200 DOO DOO mi see DO DIO) DICO DION DIO DIO DIO DIO DIOE DICO PIENO] DICO sa DICO DIO se 0 DIO DICO DIDO ‘0a eee DICO) DICO DICO) see sea 200 DIO ‘0 DICO) DICO sas DIO 200 DIO 0. sai PICO DIGO DO TICA sei DIGO PAESE | DICO se DICO DOO NO PICO DICSCI DIES DICO sea III 200 sera DICNEI DICO 00 DICSEÌ . 56 DICSO IO DICO DIGO MICNCI NO DO Do DICO DICCI . ca ‘e . Do DO DIO ‘a DIOIO . . MICA sa . Î . DIGO . | | | Î Î DIO . | . Osservazioni Aonoides Trachyceras Archelaus Trachyceras Aon Trachyceras db doo ... | Nel Trias superiore. od doo Rod Dal Carbonifero all'attuale. DAÒ D60 0.60 Dal Paleozoico all'attuale. divo dna 500 Del Lias. Bg 500 Anche nel Lias di Nese. st Io 406 Del Lias. ce = Nel Paleozoico — nel Raibliano di Carnia. SE — | Anche nel Raibliano di Lombardia. Ss | | ECO | SA e 48 A. TOMMASI [48] Z Raccolte dal Aggiunte dal Aggiunte = NOME DELLE SPECIE MOJSISOVICS | MARIANI | dal’AurORE G già note | nuove |già note | nuove | già note | nuove 35 Mysidioptera Kittli BirTx. + 36 Nucula cfr. trigonella STOPP. + 37 | Megalodon sp. Mar. SP 38 Loxonema turritelliformis KuIPST. Sp. ? + 39 Chemnitzia cfr. longissima MUNST. sp. -* 40 » sp. Mar. SP 41 | Orthoceras multilabiatum HAUER 3F 42 » campanile Mo0gs. . Sp 43 » politum Krpsr. "la 44 » Mojsisoviesi SALOM. 3} 45 | Pleuronautilus auriculatus HAUER sla 46 | Nautilus subcarolinus Moss. 3 47 » evolutus Moys. lu 48 » cfr. longobardicus Moss. il 49 Pinacoceras nov. form. indet. ex aff. P. Damesi Mogs. E 50 | Meekoceras Emmerichi Moys. + dI Dinarites Misanii Moys. + 52 Ceratites Sturi MoJs. + 55 Arpadites Arpadis Moys. var. carnicus Tomm. . i 54 Protrachyceras doleriticum Mogs. + 55 » julium M0Js. + 56 » Richthofeni Moss. . n 57 » cfr. Sturzenbaumi Mo0ys. + 58 » sp. aff. Protr. Neumayri Moss. ala 59 » clapsavonum Moys. + 60 » nov. sp. indet. Moys. + 61 » cfr. recubariense MoJs. # 62 » Gredleri Moygs. + 63 » Archelaus LAUBE + 64 » pseudo-Archelaus BOECKH + 65 » Capellinii TommM. . 5 o È D “È 66 Sturia semiarata M03s. + 67 » Sansovinii MoJs. + 68 » forojulensis Moys. SL del Muschelkalk alpino st RRDENTNET Muschelkalk di Bosnia della Schreyer-Alp Dr. Hallstatt Palaeontographia italica, vol. V, 1899. del Wettersteinkalk A. TOMMASI 49 S S = = Della Zona a = Lei = "> STE |EME|E ERRE = = 23 Eos 2 ° _-_ i i ss |S5 s3s|== = Sî| 3, |882 Osservazioni = Sy Bo DS SIA ses i S| SS |SÎ2 = G3) Ss S es è SSs Sa TE È s I | È SS 5 N & Si = —_ — O tO _ È sa YO Anche nel cale. nero sch.a Daon. di Prezzo a hi; i È n. Giudice. e di Val Palud. pr. Schilpario. 7 _ b Anche a Prezzo nelle Giudicarie. DE DE = = Anche negli schisti neri a Daon. di Corvara. , Nei pressi di Recoaro e di Tretto — al M. Ci- slon pr. Egna — a Prezzo nelle Giudicarie. = —_ Anche a Corvara nel cale. nero a Daonela. A. TOMMASI 50 = NOME DELLE SPECIE E 69 Procladiscites Griesbachi M03s. 70 » macilentus HAUER Tal » Rodostoma Tomm. 72 » Pantanellii Tomm. 73 » [Sturia? (Pinacoceras? )] gracilis HAUER T4 Megaphyllites obolus M0IS. 75 Monophyllites wengensis KLIPST. sp. 76 Proarcestes subtridentinus MogJs. 1 » cfr. Boeckhi Moys. 18 » esinensis Moys. 79 » » var. carnicus Tomm. 80 » pannonicus Moys. 81 » Reyeri Mogs. 82 » Bramantei Mo7s. 83 » Ombonii Tomm. 84 » Spallanzanii Tomm. 85 » Paronai Tomm. 86 » Canavarii Tomm. 87 » lupinus Tomm. 88 Gymnites incultus (BevRr.) M07s. 89 » Palmai Mogs 90 » Credneri Moygs. 91 » Moelleri M0JS. 92 » Ecki Moys. 93 » Raphaelis Zoja ToMmM. 94 Aulacoceras Taramellii Tomm. 95 Atractites obeliscus M0Js. 96 » Boeckhi (SrUrz.) Mogs.? . 97 » ladinus SALOM. 98 » Bacchilidis Tomm. 99 » Isseli ToMmm. 100 » Osvaldi Tomm. 101 » sp. Tomm. [50] Raccolte dal Aggiunte dal Aggiunte s MOJSISOVICS | MARIANI | dal’AUTORE = già note | nuove | già note | nuove | già note | nuove z SI + + IL { A Sc + SIA + + + ot + = 2 AIA Se su + nie 2a + — SE + ati su + IL Br Le ai ail, DE + 21 + 51 TOMMASI A. [51] ioni Osservaz (owenqiry) Saprouop SDAIRYIDAT uo7 8SDAIIRYPDA,T SHV]IYIAF SDAFIRYIPAT Della Zona a 121497 80.129fYIDAT OUPISSEI ‘9 Ip NIPISITEH IP 9EO1EO El) PIEIOLWJPH EIIIP AJEO|EI 19p QUISI ID 9JBAIEI lp USBUIM IP NES 169p NIPMUIRISI9NI9A 18) TICISIIEH "Jd djy-=49A949S CIAD BIUSOG ID MEMBUOSNA 19p 52 A. TOMMASI [52] CONCLUSIONI Come appare dall’ elenco delle specie, che ho fatto precedere, lo studio da me compiuto sulle reliquie fossili di S. Osvaldo e Ciana portò l'aggiunta di 41 forme a quelle già rese note dai lavori del dott. v. Mossisovics e del prof. E. MARIANI, elevandone a 101 il numero complessivo. Tolte le due alghe calcari, che da sole stanno a rappresentare la flora, la fauna è composta di 99 specie ripartite su 45 generi. In essa figurano i tipi dei Protozoi, dei Celenterati, degli Echinodermi, dei Molluscoidi e dei Molluschi. I Protozoi sono rappresentati dalla sola classe dei Rizopodi coll’ordine dei Foraminiferi, che conta 17 specie distribuite su 13 generi; mentre con una sola specie, della classe degli Antozoi (Polipi), si mo- stra il tipo dei Celenterati. Gli Echinodermi entrano in lista colla classe dei Crinoidi, un solo genere e due specie. I Molluscoidi figurano colla classe dei Brachiopodi assai scarsamente rappresentata da quattro specie riferite a due generi. La più bella mostra la fa il tipo dei Molluschi con 75 specie, delle quali 11 appartengono, con 7 generi, alla classe dei Lamellibranchi, 3 a quella dei Gasteropodi, e 61, ripartite su 19 generi, alla classe dei Cefalopodi. Quindi i tre quinti della fauna sono costituiti da cefalopodi: fatto codesto che in parte giustifica la denominazione di calcare rosso a cefalopodi data dallo STUR e da altri autori, dopo di lui, al calcare, in prevalenza rossastro, che racchiude quelle reliquie. È una fauna che prosperava in un mare libero, ospite di un atollo, sulla cui scarpa e nelle cui insenature si depone- vano sedimenti sottili. Delle 23 specie illustrate dal MoysIsovics 11 erano di già note; tra le 37 aggiunte dal MARIANI le note sono 23: delle 41 da me determinate già se ne conoscevano 24. Quindi su un complesso di 101 specie quelle anche prima note in altre località e spettanti ad orizzonti di già fissati sommano a 58, cioè a poco più della metà. Tuttavia questo numero mi sembra sufficiente a rendere attendibile un con- fronto della Fauna ” del Clapsavon con quella di altre località per dedurne l’età od il piano, a cuii cal- cari rosso-grigi, che la racchiudono, devono essere assegnati. La nostra fauna ha specie che si trovano anche nel Muschelkalk alpino e di Bosnia; nella fauna della Schreyer-alp presso Hallstatt; nel calcare di Wetterstein; negli strati di Wengen; nel calcare d’ Esino; in quello della Marmolata; in quello d’ Hallstatt, nel S. Cassiano; nella fauna raibliana. In fatti ha in comune le seguenti specie: — col Muschelkalk alpino (specie N. 10): Spirigera marmorea Birtn. — Ehynchonella cfr. retractifrons Birtn. — Nautilus subearolinus Moss. — Pi- nacoceras nov. form. indet. ex aff. P. Damesi Moss. — Sturia Sansovimi Moss. — Gymnites Palmai Moss. -- Gymnites incultus (Beyr.) Moss. — Proarcestes Bramantei Moss. — Atractites obeliscus Moss. — Atractites Boeckhi (Srirz.) Moss. — col Muschelkalk di Bosnia (specie N. 10): Spirigera marmorea Birtn. — Rhynchonella cfr. retractifrons Broon. — Mysidioptera Kittli Brrrn. — Ortho- ceras multilabiatum Hauer — Orthoceras campanile Moss. — Pleuronautilus auriculatus HAauER — Nautilus sub- i‘) Considerato che la flora non é rappresentata che da due sole specie, mi si permetta d’intendere col vocabolo fauna il complesso dei fossili determinati nei calcari rosso-grigi. [53] A. TOMMASI 53 carolinus Moss. — Procladiscites macilentus HauER —- Pr.? [Sturia? (Pinacoceras?)] gracilis HateR — Gymnites incultus (BeyRr.) Moss. — colla fauna della Schreyer-Alp (specie N. 9): Rhynchonella cfr. retractifrons Brrrn. — Orthoceras campanile Moss. — Nautilus subcarolinus Moss. — Sturia Sansovinii Moss. — Proarcestes Bramantei Moss. — Gymnites incultus (BeyR.) Moss. — Gymnites Palmai Moss. — Atractites obeliscus Moss. — Atractites Boeckhi (Stirz.) Moss. — colla fauna del Wettersteinkalk (specie N. 4): Diplopora herculea Store. — Halobia Lommeli Wissx. -- Sturia semiarata Moss. — Megaphyllites obolus Moss. — colla fauna degli strati di Wengen (specie N. 6). Halobia Lommeli Wissx. — Posidonomya wengensis Wissx. — Orthoceras campanile Moss. — Protrachyceras Archelaus Lause — Megaphyllites obolus Moss. — Monophyllites wengensis Krmest. sp. — colla fauna del calcare -d’Esino (specie N. 15): Diplopora herculea Stoprp. — Diplopora annulata Scaara. — Lima cfr. subquadrata Storr. — Halobia Lom- meli Wissu. — Posidonomya wengensis Wissx. — Nucula cfr. trigonella Srorr. — Chemnitzia cfr. longissima Miinst. — Orthoceras campanile Moss. — Nautilus cfr. longobardicus Moss. — Protrackyceras pseudo-Archelaus BoectkH — Megaphyllites obolus Moss. — Monophyllites wengensis Kriesr. — Prourcestes subtridentinus Moss. — Pr. esinensis Moss. — Atractites obeliseus Mo03s. — colla fauna del calcare della Marmolata (specie N. 15): Diplopora herculea Storr. — Spirigera marmorea Brrrn. — Lima (Plagiostoma) subpunetata D’ Ore. — Ha- lobia Lommeli Wissx. — Orthoceras campanile Moss. — Orthoceras Mojsisoviesi SaLom. — Dinarites Misanii Moss. — Protrachyceras Archelaus LauBe — Sturia forojuliensis Moss. — Megaphyllites obolus Moss. — Monophyl- lites wengensis Kuipst. — Proarcestes cfr. Boeckhi Moss. — Gymnates Ecki Moss. — Atractites Boeckhi (Stiirz.) Moss. — Atractites ladinus Sarom. TAG — colla fauna del calcare d’Hallstatt (specie N. 5): Pecten (Chlamys) concentrice-striatus Hòrn. — Pecten tenuicostatus Hòrx. — Halobia cfr. lineata Minst. — Halobia Lommeli Wissa. — Nautilus evolutus Moss. — colla fauna del S. Cassiano (specie N. 12). Cornuspira cfr. pachygyra Gis. — Thecosmilia badiotica Freca — Encrinus granulosus Mixst. — Lima (Plagiostoma) subpunctata v’ Ore. — Posidonomya wengensis Wissx. — Loronema turritelliformis K1mpst.? — Chemnitzia cfr. longissima Mist. — Orthoceras politum Krmrsr. — Protrachyceras doleriticum Moss. — Protra- chyceras Archelaus Lause — Protrachyceras Richthofeni Moss. — Monophyllites wengensis Krrest. — colla fauna raibliana (specie N. 6). Lagena levis Mist. — Lima (Plagiostoma) subpunetata v’ Ore. — Halobia Lommeli Wissx. — Posidono- mya wengensis Wissw. — Orthoceras campanile Moss. — Nautilus evolutus Moss. 54 A. TOMMASI [54] Dunque, com'era a prevedersi e come già da altri autori era stato affermato, la fauna del Clapsavon presenta l'affinità più prossima con quella del calcare di Esino e coll’altra del calcare della Marmolata; poichè mentre conta complessivamente 25 specie, che si trovano anche, parte nel calcare d’ Esino e parte in quello della Marmolata, novera 15 specie comuni alla fauna dell’una ed altrettante comuni alla fauna dell'altra località. Colla fauna del S. Cassiano i vincoli di parentela sono alquanto meno stretti, poichè affermati da solo 12 specie comuni, ma tuttavia significanti. Un’ affinità minore, quantunque abbastanza spiccata, passa tra la fauna del Clapsavon e quella del Muschelkalk alpino e di Bosnia: sono 10 le specie del Clapsavon, che si trovano anche nel Muschelkalk delle Alpi ed altrettante in quello di Bosnia: in complesso 16 specie, che si possono riscontrare parte nel Muschelkalk delle Alpi e parte in quello di Han Bulog e di Haliluci. Se, quindi, sono ben fondate le vedute degli autori, che vogliono scorgere nel calcare della Marmo- lata e d’Esino la parte superiore del Muschelkalk, la stessa cosa parmi che si possa e si debba ripetere pei calcari rosso-grigi fossiliferi del Clapsavon. Che se rievochiamo la divisione del Trias superiore delle Alpi meridionali seguita quasi 4 lustri or sono dal dott. v. Mossisovics nella sua opera “ Die Cephalopoden der mediterranen Trias- Provinz , secondo la quale quel membro del Trias veniva distinto in quattro zone, come sotto: / Protrachyceras Aonoides ] . Piano carnico Z, » Aon ona a » Archelaus 5 ; Lat Piano norico » Reitzi la fauna a cefalopodi del Monte Clapsavon e gli strati che la racchiudono, devono essere ascritti alla zona a Protrachyceras Archelaus, poichè essa, oltre alla specie caratteristica, offre altre 22 specie di questa zona, delle quali 21 che si trovano in essa e non in quella a Protrach. Reitzi, e 2 —il Monophyllites wen- gensiîs e l Atractites Boeckhi? — comuni alle due zone; mentre il solo Protrach. cfr. recubariense, quand’ anche corrispondesse esattamente alla forma descritta dal Moysrsovics, sarebbe specie della zona a Protrach. Reitzi. E se vogliamo seguire la ripartizione del Trias alpino esposta nel 1896 dal dott. BitTtNER, nella nota « Bemerkungen zur neuesten Nomenclatur der alpinen Trias , pag. 17, nella quale tutta la serie di strati compresa tra i Werfener-Schiefer (piano del Buntsandstein) ed il Raibliano (piano Carnico) viene asse- gnata al Muschelkalk, suddiviso poi nei due piani quello di Recoaro, l’inferiore, ed il Zadinico, il superiore, gli strati rosso-grigi fossiliferi del Clapsavon sono da ascrivere al piano Zadinico, che corrisponde poi al già piano norico di MoysIsovics. G. BONARELLI CEFALOPODI SINEMURIANI DELL’ APPENNINO CENTRALE (Tav. VIIR-X [I-II] e Fig. 1-4 interc.) L’Impresa per la costruzione del tronco Pergola-Acqualagna, della ferrovia S. Arcangelo-Fabriano, ha aperto recentemente una grande cava di pietra nella località di Ponte Alto, dentro le Foci del Burano ®, lungo il tratto dell’antica Via Flaminia che da Cantiano conduce a Cagli. Questa cava è praticata nella serie calcareo-stratificata che immediatamente sovrasta alla porzione sinemuriana del “ calcare massiccio , ed è costituita da un’alternanza di “ Marmarone , (calcare subceristallino) e di “ Corniola , (calcare più o meno bianco, compatto), avendo un medio spessore di circa una trentina di metri. L’egregio sig. ing. ToBia MoRENA .di Cantiano, appassionato raccoglitore di fossili, quanto modesto dilettante della geologia appenninica, comunicava, or non è molto, al prof. C. F. PARONA, direttore di questo Regio Museo geologico di Torino, una assai bella collezione di fossili, raccolti da alcuni cava-pietra in questi strati calcarei sovrapposti al calcare massiccio. Fin dall'estate del 1896, avendo avuto occasione di trattenermi alcuni giorni a Cantiano ®, mi era stato possibile, grazie alla cortese condiscendenza del gentilissimo sig. MoRENA, di esaminare questi fossili e già fin da questa prima, per quanto rapida cérnita, ero giunto alla conclusione che la fauna degli strati calcarei della cava di Ponte Alto dovesse riferirsi al sinemuriano superiore. Tale mia prima conclu- sione mi sembra ora confermata da un esame più accurato e dettagliato della splendida collezione MORENA, talchè viene oggi 5 in questo mio lavoro, indicata con sicurezza, per la prima volta, la presenza di for- mazioni fossilifere appartenenti al simemuriano superiore, nella serie mesozoica dell’ Appennino centrale, mentre già si conosceva, per questa regione, un orizzonte fossilifero un po’ più antico, riferibile alla parte più bassa del piano sinemuriano *. 4) Foci di Cagli — Foci di Cantiano. ? Ringrazio vivamente i cari amici: dott. G. GeRroNzI, sig. G. GIORDANI, ing. T. MoRENA, per le cortesie usa- temi in questa circostanza. 3) Un elenco preventivo delle forme di Cefalopodi da me riconosciute, tra i fossili sinemuriani di Ponte Alto, è già stato pubblicato dal MoreNA nel Boll. d. S. geol. it. 1897. Roma. 4) Intorno alla fauna del sinemuriano inferiore dell’Appennino centrale scrissero ampiamente il prof. CANAVARI (Sui foss. del Lias inf. dell’App. centrale [con Bibliogr.]. Atti Soc. tosc. Sc. nat., vol. IV, fase. 2°, gennaio 1879, Pisa; — Nuove corrispondenze tra il Lias inf. di Sicilia e quello dell’App. centr., Proc. verb. Soc. tosc. Sc. nat., Adun. 5 luglio 1891, Pisa), ed il prof. PARONA (Contr. allo st. della fauna lias. dell’App. centr., Mem. Acc. Lincei, classe di Se. fis. mat. e nat., serie 3°, vol. XV, maggio 1883, Roma). Nei loro lavori sono indicati parecchi fossili per il cal- 56 G. BONARELLI [2] Mentre pertanto mi accingo a descrivere le varie forme di Cefalopodi che fanno parte della colle- zione MoRENA, sento il dovere di porgere i miei più sentiti ringraziamenti al mio caro maestro, il prof. C. F. PARONA, che, conoscendo la mia intenzione di occuparmi con un certo dettaglio delle faune sinemu- riane dell’ Appennino centrale, volle ora affidarmi la determinazione e la illustrazione di questi Cefalopodi. Lo stesso ringraziamento rivolgo anche al sig. MoreNA, secolui rallegrandomi, chè, alla sua grande passione nel raccogliere rocce e fossili del suo paese, la geologia appenninica va ora, per mezzo mio debitrice di una bella scoperta. Asteroceras stellare (Sow.). — Tav. VIII [I], fig. 1. 1812. Amm. stellaris Sowersy. Min. Conch., I, pag. 211, tav. 93. 1830. — — Zieren. Verst. Wurtt., pag. 15, tav. II, fig. 5, 1842. — _ D’OrsIenv. Céph. jur., pag. 193, tav. 45. 1853. — — Crapuss et DewaLQque. Terr. second. Luremb., pag. 41, tav. V, fig. 2. 1858. — — Quensrenr. Jura, pag. 96, tav. 12, fig. 1. 1867. — — Duwmortier. Bass. du Rhone, II, pag. 123, tav. XXXV, fig. 3-6. 1880. Arietites stellaris TArRAMELLI. Lias prov. Venete, pag. 79, tav. VIII, fig. 3-4. 1881. — — Wricut. Lias Amm., pag. 295 (syn. ex p. emend.), tav. XXII, fig. 1-6. 1884. Amm. Brooki Quenstent. Amm. Schwéib., pag. 116 e seg. (ex p.), tav. 15, fig. 2,3; ((Caet. fig. exel.). 1884. Amm. obtusus suevicus QuensteDT. Op. cit., pag. 146, tav. 20, fig. 1. (2) 1886. Arietites stellaris Gever. Hierlatx, pag. 249, tav. III, fig. 6. (?)1886. — — De Srerani. Lias inf. ad Arieti, pag. 59, tav. IV, fig. 1-4. 1890. Astferoc. stellare Hranr. Arietidae, pag. 206 (syn. incompl. ex p. emend.), tav. IX, fig. 2-3; tav. X, fig. 12. 1896. Arietites (Asteroc.) stellaris Parona. Amm. di Saltrio, pag. 40, tav. I, fig. 4; tav. VI, fig. 1-3. non Hauer (1856), non Hersicn (1878). Esemplari n.° 1 (Coll. T. MorENA); 1 (R. Museo geol. Torino) !. L’esemplare della collezione Morena differisce alquanto dalle forme tipiche dell’ Asteroceras stellare per avere l'ombelico relativamente più ampio, la ornamentazione più numerosa, la carena più acuta. Dell’altro esemplare, che si conserva in questo R. Museo geologico di Torino è data, nelle tavole che accompagnano il presente lavoro, una riproduzione fotografica. Ho creduto opportuno di riportare qui sopra la sinonimia completa di questa forma, essendochè, a mio avviso, le sinonimie che recentemente ne pubblicarono il WRIGHT e lo HyarmT non possono conside- rarsi del tutto accettabili. Così il WRIGHT, comprende nella sua sinonimia anche l_Amm. stellaris di HAUER care massiccio di Cesi, Monte Catria, Monte Femma, Furlo, Monte Gemmo, Monte Penna, Monte Vettore, Monte Ne- rone, Penna di S. Andrea presso Cesi, Monte Sanvicino e grotte di S. Eustachio presso S. Severino-Marche. A me si concede ora la buona ventura di aggiungere ai loro elenchi la indicazione di altre località assai fos- silifere e sono le seguenti: Cava di calcare travertinoide sopra la Grotta di Frasassi presso Albacina. Vi raccolsi alcuni modelli esterni di Pseudomelania raphis Gremm. e di Cerithinella elegans GemM. nonchè un esemplare assai malconservato di Lima ed un altro di Terebratula. Valle del Rio Secco ad Est di Costacciaro, nel versante occidentale di Monte Cucco. Vi raccolsi alcuni modelli esterni di Cerithinella elegans Gemm., Cerithium Pironai GeMM. e Cerithium heterocosmum Gemm. Calcare massiccio del Monte Serrasanta, presso Gualdo Tadino. i) Aleuni degli esemplari che formano oggetto di questo mio studio e che si conservano in questo R. Museo geo- logico di Torino vennero da me raccolti. Gli altri esemplari furono assai gentilmente donati dal sig. T. MORENA. [BI G. BONARELLI 57 (Ceph. Lias n. ò. Alp., pag. 22, tav. V, fig. 1-3, 1856) la quale assai diversa è dal tipo di SoweRBY per la sua forma generale e le sue dimensioni proporzionali, nonchè per il numero assai minore di costole che ne adornano i giri. Giustamente adunque lo HyarT esclude questa figura di HauER dalla sinonimia dell’Asteroceras stellare; d’altra parte questo autore non sembra avere avuto conoscenza o memoria di tutti i lavori in cui questa forma è citata, descritta e figurata. Egli, ad es., dimentica le pubblicazioni di p’OrBIGNnY, di CHapuis e DEWALQUE, di DUMORTIER, di TARAMELLI, di HERBICH, che ne parlano alquanto diffusamente ». Io d’altra parte ho citato dubitativamente nella mia sinonimia dell’Asteroceras stellare alcune figure del Geyer e del De SrerANI. La figura di GryER si riferisce ad un esemplare che lo HyaArT crede di poter determinare come Asteroceras obtusum (Sow.). Gli esemplari figurati dal De STEFANI si distinguono alquanto dall’ Asteroceras stellare tipico per avere una ornamentazione meno robusta; presentano per questa ragione una certa somiglianza ed affinità con altri Asteroceras (impendens [Y. et B.], Collenotii [p° ORB.] ecc.) descritti da WRIGHT ?. L’Asteroceras stellare, comunissimo nel sinumeriano superiore di tutt’ Europa, e dagli autori conside- rato come caratteristico di questo piano, viene oggi per la prima volta indicato per i depositi sinemu- riani dell'Appennino centrale. Arietites Grecoi n. f. — Tav. VIII [I], fig. 20,5. cfr. 1882. Harpoc. nitescens WrIGAT (non Y, et B. !) Lias Amm., pag. 432 (excel. syn.), tav. XLIX, fig. 3, 6, 7. cfr. 1892. Cycloc. subarietiforme Furrerer. Oestring., pag. 328, tav. XI, fig. 5a. Arietites testa discoidea, compressa, bisulcato-carinata, subevoluta; anfractibus subcompressis, costatis; costis rectis, in tertio externo anfractuum lateraliter nodosis, deinde in dorso perarcuato-proversis; nodis parvis, acutis; dorso bisulcato-carinato; suleis habita ratione latis ac profundis; carina elevatiuscula; apertura subquadrato-com- pressa. Quando il FutTtERER pubblicò per la prima volta, nel 1892, la descrizione e la figura [v. sinon.] del suo Cyeloceras subarietiforme, certamente egli non aveva presente alla memoria la figura data da WRIGHT, dieci anni prima, di un esemplare d’Ammonidea determinato e descritto da questo autore [v. sinon.] come appartenente ad Harpoceras nitescens (Y. et B.); altrimenti io credo che al FurtERER non sarebbero sfug- gite le notevoli somiglianze che si possono riscontrare fra questo Harpoceras nitescens (Y. et B.) in WRIGHT, ed il suo Cycloceras subarietiforme. Infatti, esemplare figurato da WRIGHT si distingue appena dalla forma di FUTTERER per essere sprovveduto di solchi distinti ai lati della carena. Detto esemplare, provenendo dalla margaritatus-zona (Marlstone), io lo considero appunto come un derivato evolutivo del Cyeloceras sub- arietiforme il quale proviene a sua volta, per quanto afferma il FutrERER, dagli strati più bassi del Lias medio. Giova pertanto notare che le linee lobali di queste due forme, oltrechè presentarsi fra loro quasi 1) Non è questo il solo caso in cui lo HyarT, nella sua pregevole Monografia sulla Genesis of the Arietidae, non ha tenuto buon conto di numerose pubblicazioni che parlano di Arieti, oppure non ha fatto menzione di tutte le forme di Arieti che in lavori da lui altrove citati sono descritte. Così non parla dell’ Arietites obesulus T. et BL., del- l’Amm. Patti Dum., dell’Amm. Falsani Dum. ecc. ecc. ?) Lias Amm., tav. XXII A. ecc. 1881. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 8 58 G. BONARELLI [4] identiche, possiedono anche una perfetta analogia con le linee lobali degli Arieti coronarii D. Ora, al- l'esemplare di Ponte Alto che attualmente ho sott'occhio, e che ho descritto qui sopra, converrebbe per- fettamente la diagnosi data dal FurtERER per il suo Cyeloceras subarietiforme, quando alla frase “ die jederseits den Kiel begleitenden Furchen sind ziemlich sechmal, che trovo in detta diagnosi, si vo- lesse sostituire una frase che servisse appunto ad indicare l’unica rilevante differenza che mi è riuscito di riscontrare tra la figura di FurTERER e questo individuo di Ponte Alto, nel quale, ai lati della carena, si hanno due solchi molto larghi e relativamente profondi. E° mi sembra veramente una circostanza spiacevole che questo individuo si trovi in condizioni così cattive di conservazione; ciò non ostante non ho voluto rinunciare all'idea di pubblicarne una riproduzione fotografica, e ne ho fatto ritrarre il fianco meglio conservato, quantunque anche in questo le costole sieno molto erose e non vi si scorgano bene i nodi, i quali invece si vedono assai distintamente in due o tre costole sul fianco opposto. In ogni caso, tanto dalla mia diagnosi, quanto dalla figura, mi auguro che risulti ben chiara la stretta parentela che lega il gruppo del Cycloceras subarietiforme Furt. a questo mio esemplare di Ponte Alto che ne sarebbe, a mio parere, una forma ancestrale e che mantengo, purtuttavia, nel genere Arietites (sensu stricto) ?, considerando l’aspetto assolutamente arietiforme del suo dorso. Della sua linea lobale i) Confronta, a tale oggetto, la linea lobale figurata da FurTERER (op. cit. in sinonim., fig. 9c) con quelle ad es. dell’Amm. rotiformis Zieteni in QuENSTEDT (Amm. schwéb., tav. 5, fig. 1, 1883), dell’Amm. rotiformis in HAUER (Ceph. Lias n. è. Alp., tav. I, fig. 5, 1856) ecc. ecc. 2 Le forme tipiche di questo genere vengono dallo HrAarT (Genres. of t. Ariet, 1889), comprese nel gen. Coroni?- ceras ch'egli aveva creato, fin dal 1865 appunto per gli Arieti coronarii, a cominciare coll’Amm. Kridion (HeHL) che, per essere la forma più antica, e la prima descritta col nome Coroniceras, deve appunto considerarsi quale il tipo dei Coroniceras. L’Amm. Kridion Hrnt (non D'ORE.) è una forma dell’ Ettangiano superiore che nei suoi giri iniziali si presenta del tutto priva di qualsiasi ornamentazione, quindi a poco a poco, nell’ accrescimento, si provvede di un rilievo ca- renale sul dorso e di costole prima semplici quindi appuntite esternamente sui fianchi. I giri acquistano man mano una sezione subquadrato-trapezoide con dorso alquanto largo e sprovveduto di solchi; diventano pure subevoluti e così la spira viene acquistando un accrescimento relativamente poco notevole. Per queste e per altre particolari caratteristiche sembrò giustamente allo HvyATT di poter riconoscere nell’Amm. Kridion un tipo ancestrale dei veri Arieti coronarii (tipo: Amm. bisulcatus Brue.) i quali avrebbero acquistato in più, per evoluzione, due solchi più o meno profondi ai lati della carena. A mio avviso pertanto, sarebbe molto opportuno tener distinti gli Arieti coronarii, bisulcati, dal gruppo assai limitato dell’Amm. Aridion senza solchi ai lati del dorso, conservando per questo ultimo. gruppo il nome generico Coroniceras e riservando a tempo opportuno il risolvere se per gli Arieti coronarii debbasi preferire il nome gene- rico Arietites proposto dal WAAGEN fin dal 1869 ed accettato dal maggior numero degli autori (7yp.= Amm. Bu- cklandi Sow., in WAAG., 1869, Formenr. p. 247 nota), al nome generico Ammonites come vorrebbero il FISCHER (Man. de Conch., 1887) ed altri. Certo si è, che alla maniera con cui viene inteso il nome Coroniceras dallo HyATT, esso è nè più nè meno che un superfluo sinonimo di Arzetites (o di Ammonites). Nè è soltanto in questo caso che lo HyaTT ha trasgredito le consuetudini fondamentali della moderna nomenclatura sistematica. Nel 1865 (Foss. Ceph. of t. Mus. of C. 2.) egli proponeva il gen. Ophioceras per l’Amm. torus D'ORB., Johnstoni Sow. ece. ed il gen. Discoceras per il gruppo del- l’Amm. ophioides D’ OrB., Conybeari Sow. ecc. Più tardi, nel 1889 (Genes. of t. Ariet.), per le forme già da lui com- prese nel gen. Ophioceras egli stabilisce il nuovo gen. Caloceras e le forme del gen. Discoceras diventano altrettanti Vermiceras n. gen.! Non credo assolutamente che si possa seguire lo HyAaTT in questo continuo cambiamento di nomi generici. Così non mi sembra giustificato l'appunto fatto recentemente dall’ HauG (Rev. crit. de Paléozool. de M. Cossmanx; 1899, n.° 1. p. 26) al prof. PARONA, di avere cioè mantenuto (Amm. di Saltrio, pag. 31 ecc., 1897) i sud- detti nomi generici Ophioceras (HyaTT, 1868) e Discoceras AGASS. (in HyATT, 1868) invece dei nomi Caloceras e Ver- miceras (HyaTT, 1889). Il prof. PARONA si è contenuto, mi sembra, nella perfetta osservanza d’uno dei comma fonda- mentali della nomenclatura sistematica, adottando i nomi più antichi come quelli che hanno il diritto alla precedenza. [5] G. BONARELLI 59 che non mi è stato concesso di rilevare al completo, posso dire soltanto che per molti caratteri mi sem- brò quasi identica a quella data da WrIcHaT per l'esemplare di Berkeley da lui riferito all’ Ammonites multicostatus Sow. (ex p.; Lias Amm. tav. IV, non tav. III, 1878). A sua volta, questo Arietites multi- costatus (Sow.) in WRIGHT potrebbe forse venir considerato quale una forma progenitrice del mio Arie- tites Grecoi dal quale soltanto si differenzia per avere un maggior numero di costole. L° Arietites multi- costatus in WRIGHT è forma del sinemuriano inferiore. E pertanto lo schema filogenetico delle varie forme alle quali ho, per confronto, avvicinato il mio Arietites Grecoi sarebbe il seguente: Amm. (?) nitescens in WRIGHT — Charmoutiano sup. Amm. (?) subarietiformis (Furmt.) _ » inf. Arietites Grecoi n. f. — Sinemuriano sup. Arietites multicostatus in WRIGHT ex p. — » inf. A sua volta, anche l’ Ammonites arictiformis Orp.! dovrassi comprendere in questo gruppo, a lato dell’Amonites subarietiformis (FUTT.). Ho creduto opportuno di insistere su tutto ciò poi che in un prossimo lavoro avrò occasione di ri- tornare sull’argomento onde mostrare come al gruppo dell’Ammonites arietiformis OPP. (per il quale pro- porrò un nuovo nome generico), si collechino alcune forme domeriane della Sicilia e dell’Italia meridio- nale che attorno all’Harpoceras (Dumortiera) Haugi Gemm.® formano un tutto ben armonico cui si con- viene il nome generico Caravaria istituito dal GEMMELLARO ?. Arietites f. — Tav. VIII [I], fig. 3. (?) 1867. Amm. aureus Duxortier. Bass. du Rhone, II, pag. 23, tav. I, fig. 4-6. 1881. Arietites nodulosus Wricnr. Lias. Amm., pag. 288 (sub nom. subnodosus Y. et B.; exel. syn.), tav. IVAISEA 92838 cfr. 1889. Coronie. lyra Hvanr. Arietidae, pag. 179 (ex p.), tav. IV, fig. 1,3, 4; tav. V, fig. 1 (caet. fig. excl.). Esemplari n.° 1 (coll. T. MoRENA). Arietites testa discoidea, subcompressa, carinata; anfractibus subcompresso-quadratis, subevolutis, costatis; co- stis [30 circiter] rectis, externe nodosis, in dorso (post nodos) evanescentibus-proversis; dorso lato, carinato, bisul- cato, carina parum elevata; ombilico medio; apertura quadrata. DIMENSIONI Diametro . 0 ò È : 0 5 Ò È 5 5 mm.43,5 = 1 Altezza dell'ultimo giro . È ° : , c - c DERIOtDE—0N356 Spessore » Dar 7 2 ; È o . È pi L6RNE— (07367 Ampiezza dell’ombelico . o È c ò c 6 Ò » 18 = 0,414 L’esemplare di Ponte Alto sul quale è basata la soprascritta diagnosi mi lascia molto in dubbio in- torno alla sua determinazione specifica. Tale mio grave imbarazzo dipende principalmente dal fatto che i) FUTTERER. Oestringen, pag. 327 (cum syn.), 1892. 2) GEMMELLARO. Lias sup. di Taormina pag. 5, tav. I, fig. 1-3; 1885. 3 Monogr. sui foss. del Lias sup. della prov. di Palermo e di Messina, pag. 3 (cum syn.), 1885. 60 G. BONARELLI [6] in verità non saprei quale valore attribuire a tutta una serie di figure e di diagnosi (alcune delle quali probabilmente poco esatte e in ogni caso deficienti), date da varî autori i quali mi precedettero nello studio degli Arieti, di parecchi esemplari che mentre presentano fra loro numerosi caratteri comuni, talchè sarei disposto ad attribuirli ad una sola forma, (comprendendoli in un solo nome specifico), vennero peraltro indicati con altrettanti nomi distinti, e confusi, ciò che è peggio, con altre forme le quali assolutamente non hanno niente a che fare con essi. Tanto per giungere ad un qualche risultato riguardo alla determinazione specifica del mio esemplare, ripassai più volte in rassegna tutte le forme di Arietites (s. str.; tipo: Amm. Bucklandi Sow.; = gen. Co- roniceras HyATT ex. p.) finora conosciute e le sole fra queste cui per confronto mi sembrò di poter av- vicinare detto esemplare sono appunto quelle che ho citato qui sopra in sinonimia. L’Amm. aureus Dum., di cui lo Hyarmt non fa alcun cenno descrittivo nella sua “ Genesis of the Arietidae ,, mentre si limita a citarlo nel quadro genealogico degli Arieti finora riscontrati in depositi sinemuriani del Bacino del Rodano, considerandolo come sinonimo dell’Amm. bdisulcatus Brue., dal quale tanto si differenzia per il numero assai minore delle sue costole e l'accrescimento alquanto più rapido della sua spira, come pure per altri caratteri, si distingue a sua volta dall’ esemplare di Ponte Alto per avere le costole leggermente retroarcuate e molto attenuate prima di giungere ai nodi. Giova ora consi- derare che l’ esemplare di Ponte Alto è in verità di assai piccole dimensioni, rispetto a quelle dell’Amm. aureus figurato da DumorTtIER nel quale purtroppo non sono visibili i giri interni della spira perchè na- scosti da una ganga rocciosa. Potrebbe darsi che i caratteri differenziali da me riscontrati fra questi due esemplari dipendano sì, in parte, da imperfezione della figura di DumoRTIER, ma specialmente dalla loro diversa età. Quasi tutti gli Arietites conservano, per un buon tratto, nei primi giri di spira (non parlo dei giri iniziali), una ornamentazione recticostata più o meno proversa, mentre nei giri maggiori l’arcuamento delle costole si accentua gradatamente, prima o dopo, a seconda delle forme. Nulla osta pertanto che anche l’ esemplare di Ponte Alto a dimensioni uguali rispetto a quello figurato da DumormtER abbia pre- sentato le costole arcuate. Tale carattere si osserva anche nell’esemplare figurato da WRIGHT col nome di Arietites. nodulosus [v. sinon.] e descritto poi nel testo come Arietites subnodosus (Y. et B.). Questa di WrIent è la forma alla quale, più che ad ogni altra, corrisponde l’ esemplare di Ponte Alto quando si istituisca, ad egual diametro, un confronto fra loro; ed a questa io lo riferisco senz’altro, quantunque un poco se ne distingua per avere i due solchi dorsali meno larghi. L’esemplare tipico figurato da WRIGHT proviene dal si- nemuriano superiore (ovynotus-beds) di Robin Hoods Bay. Lo Hyatt ® pone Amm. subnodosus (in WRIGHT) sinonimo di Arietites bisulcatus. A questa identifica- zione io non sono propenso considerate le abbastanza notevoli differenze che agevolmente si possono ri- scontrare tra le figure tipiche di queste due forme. Sono peraltro di parere che si debba riguardare la forma di WRIGHT come appunto un derivato evolutivo dell’ Arietites bisulcatus. Ora: qual nome dare a questa forma di WriGnT? Questi la riferisce, nel testo, all’Amm. subrodosus Y. et B. (Yorks. Coast, pag. 228, 1828); quindi scrive: “ After carefully examining this fossil I have arrived at the conclusion that it is not a distinct form of Arietites, but a variety of Amaltheus Haws- kerensis Y. et B. (= spinatus Brue.), which has acquired an increased number of ribs, and converted the grooves on each side of the Keel into sulci, resemblig those of a true Arietites. Simpson says, in some specimens the radii are still closer, and the caracteristic tubercles become nearly obsolete, until it can i) Genes. of the Ariet. pag. 586. [7] G. BONARELLI 61 :scarcely be distinguished from A. geometricus PHIL. which is in fact Amm. spinatus with a notched Keel (!!). The rock in which A. subrodosus is fossilised appears to be the Marlstone of the Yorkshire coast, this species will, therefore, be noticed more in detail in the description of Amaltheus spinatus Brue. ®,. Pertanto, se 1 Amm. subnodosus Y. et B. è veramente un Amalteide come afferma lo stesso WrIGHT il quale, a quanto sembra, ne potè conoscere il tipo, allora l'esemplare da lui figurato (col nome Amm. nodulosus) deve essere riferito a tutt'altra forma essendochè indubbiamente è un Ariete. D’al- tronde il WRIGHT indica, come sinonimo di Amm. subrodosus Y.et B., Amm. obesulus Tare et BLAKE (Jorls. Lias, pag. 284, pl. VI, fig. 2, 1867) di cui lo Hyamr non fa alcun cenno nella sua “ Genesis of the Arietidae ,. Bisognerebbe poter stabilire un confronto dei tipi di tutte queste forme, vista la insuf- ficienza delle figure e delle diagnosi date dagli Autori che ne parlarono. In seguito a tal confronto si potrebbe finalmente decidere se Amm. subnodosus (in WRIGHT) ed Arietites obesulus T. et BL. sieno dav- vero la stessa cosa, lo che a dire il vero, non mi sembrerebbe, considerate le dimensioni proporzionali al tutto diverse degli esemplari tipici di queste due forme: (1 Amm. obesulus in T. et BL. è evoluto, con ombilico ampio e sezione dei giri subquadrata; l'Amm. subrodosus in WRIGHT è subevoluto con ombilico medio e sezione dei giri subcompressa). In questo caso il nome di Tare e Brake dovrebbe essere conser- vato per indicare tutte e due queste forme; mentre, in caso contrario, alla forma descritta da WRIGHT potrebbe convenire il nome modulosus col quale lo stesso WRIGHT indica, nelle tavole, la figura dell’ esem- plare che poi nel testo descrive, ripeto, come Amm. subnodosus Y. et B. Gli esemplari di Coroniceras lyra, figurati da Hyamm, che ho citato in simonimia, si distinguono dal mio esemplare di Ponte Alto per avere un accrescimento spirale meno rapido ed i solchi dorsali meno ampî. L’Amm. multicostatus brevidorsalis Quenst. (Amm. Schw., tav. VI, fig. 4-6, 1884) e Vl Amm. maulti- costatus di HAUER e di WRIGHT, indicati dallo Hyatt come sinonimi di questo suo Coroniceras lyra se ne distinguono, mi sembra, assai notevolmente per molti caratteri della loro forma e della loro ornamenta- zione; specialmente poi per il numero assai maggiore e l’aspetto diverso delle loro costole. L’ Amm. mel- ticostatus brevidorsalis Quenst. altro non è, a mio avviso, se non V Amm. Deffneri di OPPEL. A sua volta, lAmm. multicostatus di Hauer ha i giri proporzionalmente più alti che larghi, mentre negli esemplari di Coroniceras lyra figurati dallo Hyatt i giri sono subquadrati. L’Arietites bisulcatus multicostatus WRIGHT (ex p.; Lias Amm., tav. III, non tav. IV, 1878) non vedo proprio ragione perchè si debba tener distinto dall’Amm. multicostatus Sow. Arnioceras ceratitoide (Quexst.). — Tav. VIII [I], fig. 4, 5. 1849. Amm. ceratitoides QuensteDT. Ceph., pag. 239, tav. 19, fig. 15. 1852. — ceras GregeL. Vorwelt, pag. 757. 1856. — ceras Hauer. Ceph. Lias. n. ò. Alp., pag. 25 (cum syn.), tav. VI, fig. 4-6. 1856. -- difformis(Ewvrici) Haver. Ceph. Lias. n. 6. Alp., pag. 29 (ex p.), tav. VII, fig. 14 (non 11-13). 1867. — Arnouldi DuxortIer. Bass. du Rhòne, II, pag. 27, tav. V, fig. 1,2; tav. VI, fig. 1-6. 1868. Arnioc. ceratitoides Hvar. Foss. Ceph. Mus. comp. xool., pag. 74 (cum sîin.). 1868. — falcaries Hyamr. Foss. Ceph. Mus. comp. xool., pag. 74 (excel. syn.). 1879. Amm. Koessenensis (Guxs.) Revwnés. Monog., tav. VII, fig. 15 (non 16-17) [copie da Hauer (Amm. difformis Em.) 1856]. 1884. —. ceratitoides QuensreDT. Amm. Schw., pag. 105 (ex p.), tav. 13, fig. 23 (es. deform. per com- press., del calce. rosso di Adneth); (caet. fig. exel.). i) Viceversa poi il WRIGHT non parla più di questa forma in tutto il resto del suo lavoro. 62 G. BONARELLI [8] 1886. Arietites semilaevis (v. Hav.) Gever. Hierlata, pag. 249 (ex p.), tav. III, fig. 9, 17, (caet. fig. escl.) . 1886. _ ceratitoides var. densicosta De Srerani. Lias inf., pag. 58 (cum syn.), tav. IV, fig. 8,9. 1889. Arnioc. Humboldti Hvar. Arietidae, pag. 173 (cum fig.). non Armioc, ceras Hyamr (1889); non Arzetites [Arrioc.] Arnouldi? Dum. f. in Parona (1898). Esemplari n.° 2 (coll. T. MorENA); 2 (R. Museo geol., Torino). La figura tipica data da QuenstEDT, nel 1849, lascia per vero molto a desiderare, forse perchè l’o- riginale si trovava in condizioni alquanto deplorevoli di conservazione. Ciò nonostante a me sembra evidente la sua perfetta identità con le altre figure di HaueR e di GryeR che ho citato in sinonimia. La caratteristica principale degli Arnioceras tipici, per quanto riguarda la loro ornamentazione, è, se non erro, la seguente: Le costole che ne adornano i giri sono piegate bruscamente ad angolo ai lati del dorso in forma di punte rivolte in alto, quindi si prolungano in avanti sulla regione dorsale dove si attenuano più o meno rapidamente. Ora, si è verificata sovente la circostanza che gli autori abbiano figurato degli Arrioceras apparen- temente sprovveduti, forse perchè erosi o per altre cause al tutto secondarie, di angolosità sulle costole ai lati del dorso. Così non dubito che l'esemplare di Arietites ceratitoides var. densicosta fisurato e de- scritto dal prof. De STEFANI [v. sinonim.] e riferito per confronto all’ Amm. falcaries (non ceratitoides) densi- costa Quenst. (Amm. Schw., pag. 99, tav. 13, fig. 7, 1885) sia veramente, come in realtà risulta da tutti gli altri suoi caratteri, un individuo tipico di Arnioceras ceratitoide in cui il disegnatore, essendo forse l'esemplare un po’ malconservato, non ha saputo scorgere traccia alcuna di punte ai lati del dorso. Ciò premesso, è da notare che il carattere delle costole angolose-appuntite non si conserva costante nei giri maggiori di questi Arnioceras che raggiungono e superano i 100 mm. di diametro. Tale appunto è il caso dell’Arnioceras ceratitoide QUENST. Do nelle tavole (Tav. VIII [I], fig. 5) la riproduzione fotografica d’ un frammento di giro che per tutti i suoi caratteri, e della ornamentazione e della linea lobale, perfettamente corrisponde agli esemplari ti- pici di Arnioceras ceratitoide. In esso peraltro mancano le punte sulle costole, nè questo fatto sembra dovuto a cause secondarie. Si confronti ora la mia figura con le figure date dal DumoRtIER [v. sin.] del suo Amm. Arnouldi. Altra differenza fra loro io non vedo che la diversa altezza della carena, ma già sap- piamo dallo Hyatt a qual fatto riferire la notevole altezza della carena in alcuni esemplari del genere Arnioceras. Per tutti gli altri caratteri le succitate figure si corrispondono così bene che a me sembra di non errare comprendendo l’ Ammorites Arnouldi Dum. nella sinonimia dell’Arrioceras ceratitoide (QuENST.). Per quanto poi riguarda il cosidetto Arnioceras Humboldti di HyarT, osservo che la diagnosi e le figure [v. sin.] date da questo autore per codesta sua forma non mi sembrano escludere la possibilità che essa debba rientrare nella sinonimia dell’Arrioceras ceratitoide, mentre per tanti caratteri i tipi delle due forme assai bene si corrispondono. È questa la prima volta che viene citato I Arnioceras ceratitoide per i depositi sinemuriani dell’Ap- pennino centrale. È ( ceratitoide (Quensm.). Arnicceras m. f. - È — Tav. VIII [I], fig. 6. | semilaeve (Haug). 1853. Amm. multicostatus CrapuIs et DewALQUE (non Sow.). Luremb., pag. 45, tav. VI, fig. 2. 1867. — geometricus DuxortIER. Bass. du Rhòne, II, pag. 31 (ex p.; excel. syn.), tav. VII, fig. 6-8 (non 3-5). 19] G. BONARELLI 63 Esemplari n.° 1 (R. Museo geol. Torino). Caratteristico del sinemuriano superiore è un gruppo di Ammonidee del genere Arnioceras! le quali presentano fra di loro in comune parecchi caratteri che si possono riassumere nella seguente diagnosi: Arnioceras testa evoluta, discoidea, compressa, bisulcato-carinata; anfractibus compressis, libere superposttis, lateraliter converiusculis, externe (in dorso) bisulcato-carinatis, costatis; costis acutis, simplicibus, lateraliter rectis, externe elevatis-anguliferis, deinde (in dorso) proversis-evanescentibus; apertura subquadrata, vel subcompressa ; septis lateribus trilobatis. Differiscono poi queste forme, l'una dall’altra, e per il numero delle costole, e per il vario accre- scimento spirale, e per la forma diversa della sezione dei loro giri. Così pure si hanno alcune forme che, presentando un ugual numero di costole, hanno diversa la sezione dei loro giri; altre invece, mentre pre- sentano pressochè identiche le dimensioni proporzionali, differiscono tra loro per il numero vario delle costole, e, finalmente, con egual forma ed ornamentazione dei giri si hanno individui che si distinguono l’uno dall'altro per il diverso accrescimento spirale. Seguendo gli autori, attribuisco, nella determinazione specifica di queste forme, maggiore importanza al numero delle costole, considerando come più o meno secondarî gli altri caratteri distintivi. Egli è per- ciò che ho creduto di poter riferire alla medesima forma, e precisamente ad un Arnioceras intermedio tra il ceratitoide (Quenst.) ed il semilacve (HAUER) [v. pag. seg.], le due figure di DumortIER e di CHAPUIS et DEWALQUE che ho citato qui sopra in sinonimia, le quali appunto presentano, ad eguali dimensioni, un quasi egual numero di costole sopra ciascun giro. A queste figure corrisponde abbastanza bene un esemplare di Ponte Alto del quale è data una riproduzione fotografica alla Tav. VIII [I], fig. 6, del presente lavoro. La figura di CÒmapuis et DEWALQUE (v. sin.) si presenta alquanto imperfetta e non del tutto in ac- cordo con la descrizione che questi autori hanno dato dell’originale. Così, non vi si vedono sufficiente- mente distinti i due solchi ai lati della carena per i quali la sezione dei giri si presenta “ superne bi- sinuata ,. Altro difetto grave, comune del resto a tutte le figure di Ammoniti date dai suddetti autori nelle tavole che accompagnano il loro lavoro, consiste nello avere essi ricostruito idealmente, a scapito 1) Arnioceras ceratitoide (QueNsT.). Vedi sopra. — sinemuriense n. f. (= Arnioceras falcaries var.C.HyarT, Ariet., pag. 170 [ex p.], tav. II, fig. 27, 1889). _ m. f. ceratitoide (QuensT.) semilaeve (HAUER). _ semilaeve (HAUER). Vedi in seguito. — dimorphum (PAR.) (= Arnioceras ceras Hyart [non GreB.], Ariet. pag. 169 (excel. syn.), tav. II, fig. 20). 1889. — semicostatum (Y. et B.). Vedi in seguito. — semicostatum ?(Y. et B.) var. compressa n. (= Arnioceras Hartmanni HyArT [non Opp.], Ariet., pag. 167, tav. III, fig. 1, 1889), (= Amm. geometricus DUMORTIER [non OpP.], Buss. du Ehòne, II, pag. 31 (ex. p.; excel. syn.), tav. VII, fig. 3, 4,5 [non 6, 7, 8, 1867)). Con molta probalità queste forme bisulcato-carinatae derivarono polifileticamente da altre forme non bisuleate del sinemuriano inferiore, riferibili al gruppo dell’Arnioceras geometricum (OPr.). Esse vennero, quasi tutte, comprese dal QueNnsTEDT (Amm. Schw., pag. 100 et seg., 1884) nella sinonimia del suo Amm. ceratitoides. Egli è per questo che RorHuPLETZ (Vilser Alp., pag. 166-67, 1886) ed altri considerando il significato così ampio dato da QueNsTEDT al nome ceratitoides opinarono doversi ad esso preferire il nome ceras del GrepeL (Vorwelt, pag. 757, 1852) per indicare la forma alla quale invece io conservo il nome di QueNstEDT secondo il significato attribuitogli nel 1849, quando l'illustre autore descrisse per la prima volta (Cep’., pag. 239) il tipo di questa forma. 64 i G. BONARELLI [10] della verità, lo andamento e la ornamentazione dei giri interni (minori) della spira per modo che, ad esempio, nella succitata figura, che più specialmente ora mi interessa, vedonsi questi giri minori prov- veduti di una ornamentazione ben distinta, mentre è molto probabile che l'originale ne sia del tutto sprovvisto. La figura di DumortIER che pure ho citato in sinonimia rappresenta un frammento di giro avente una sezione subquadrata, mentre la sezione dei giri dell'esemplare figurato da CHAPUIS et DEWALQUE, nonchè del mio esemplare di Ponte Alto, è subcompressa. Arnioceras semilaeve (Hauer). — Tav. VIII [I], fig. 7. 1867. Amm. geometricus DumortIeRr. Bass. du Rhòne, pag. 133 (syn. emend.), tav. XXX, fig. 1,2. 1867. — multicostatus Hauer (non Sow.). Ceph. n. 6. Alp., pag. 27, tav. VII, fig. 7,8, (92, 102). 1884. — ceratitoides QuensrenTt. Amm. Schw., pag. 100 (ex p.), tav. 13, fig. 10, 11 (caet. fig. excl.). 1886. Ardetites ceras RorapLetz. Vilser Alp., pag. 166 (sine syn.), tav. XIV, fig. 14. 1886. — semilaevis (HaurR) Grver. Hierlata, pag. 249 (syn. emend.), tav. III, fig. 7 (non fig. 8,9, 17). 1886. — ceratitoides Dr Srerani. Lias inf. ad Arieti, pag. 66 (ex p.), tav. IV, fig. 6,7. ‘Esemplari n.° 1 (coll. T. MoRENA); 3 (R. Museo geol. Torino). L’ Arnioceras semilacve deve considerarsi come intermedio fra l’Arnioceras m. f. or ora descritto e l’Arnioceras semicostatum (Y. et B., in WRIGHT) di cui parlerò in seguito. Desso infatti presenta una or- namentazione non numerosa come nel primo, nè tanto rada quanto nel secondo; inoltre le sue dimensioni proporzionali hanno valori intermedi fra queste due forme. Gli esemplari di Ponte Alto che riferisco all’Arnioceras semilacve (HAUER) corrispondono perfetta- mente alle figure tipiche di GevER e di QuensreDT che ho citato in sinonimia. È la prima volta che viene indicata questa forma in depositi sinemuriani dell’Italia. Arnioceras semicostatum (Y. et B.in WrIenr). — Tav. VII [I], fig. 8. 1528. Amm. semicostatus Youxe et Brrp. Jorksh. (2. Edit.), pag. 257, tav. 12, fig. 10. 1843. — —_ Snreson. Jorksh. Lias, pag. 51 (cum syn.). 21845 — Bodleyi Berman. Murch.’s Geol. of Chelt., pag. 43 (Amm. crenata), tav. XI, fig. 74. 1855. — semucostatus Sieson. Yorlksh. Lias, (2. Edit.) pag. 93 (cum syn.). 1868. Arnioc. semicostatum Hvar. Ceph. Mus. Comp. sool., pag. 74. 1877. Arietites semicostatus Tanr et BLaxe. Yorksh. Lias, pag. 288, tav. VI, fig. 4 (sup.). 1881. — - Wricat. Lias Amm., pag. 284 (ea p.; ewcl. syn.); tav. I, fig. 4,5, (62, 8?), (non fig. 7). 1884. Amm. ceratitoides QuensteDt. Amm. Schw., pag. 101 (ex p.), tav. 13, fig. 8, 9 (caet. fig. eacl.). 1889. Arnioc. semicostatum (var. D.) Hvar. Arietidae, pag. 166 (ex p.; excel. syn.), tav. II, fig. 15. 1897. Ardetites (Arnioc.) semicostatus Parona. Saltrio, pag. 34, tav. IV, fig. 8,9. Esemplari n.° 1 (R. Museo geol. Torino); 1? (coll. T. MORENA). Non mi fu in alcun modo possibile di consultare il lavoro di Bvckmaw (BRUcK, in HyaTT), ove è de- scritto e figurato l’Ammonites Bodleyi (v. sin.), e pertanto debbo lasciare in sospeso la questione relativa i Nemmeno allo HvarT fu concessa la buona ventura di consultare questo lavoro. Egli pertanto lo cita per tre volte nella sua Monografia (Ariet., pag. 169-70, 1889) scrivendo BRUCK, invece di BUcKMAN. [11] G. BONARELLI 65 a questa forma. Ricorderò pertanto che nel 1867 il DumortIER (Bass. du Rhone, pag. 169 [cum syn.], tav. XXVIII, fig. 2, 3) descrisse e figurò, con questo nome, un esemplare di Ammonidea della oxynotus- zona di Saint Fortunat che per molti caratteri nettamente si distingue dagli Arnioceras tipici. Egli è pur troppo una circostanza deplorevole che di questo esemplare non sia stata descritta la linea lobale che senza dubbio fornisce caratteri di peculiare importanza nella distinzione generica degli Arieti. WrIGHT, dopo DUMORTIER, e più precisamente nel 1881 (Zias Amm., pag. 284), comprende l’Ammo- nites Bodleyi} Buckm. nella sinonimia dell’Arnioceras semicostatum senza peraltro giustificare questo rife- rimento e non facendo menzione alcuna della figura di DUMORTIER. Anche lo Hyatt (Arietidae, 1889) non dà alcun cenno descrittivo di questa figura. Questo autore poi considera l’Ammonites Bodleyi Buckm. come perfettamente diverso dall’Ammonites semicostatus Y. et B. e stabilisce per queste forme due diverse sinonimie ©. In ogni caso è certo che se l’esemplare di Saint Fortunat descritto da DumoRTIER è veramente da riferirsi all’Ammonites Bodleyi dovrassi allora escludere questa forma dalla sinonimia dell’ Arnioceras se- micostatum (Y, et B.) e fors’anche dal genere Arrioceras. Do una riproduzione fotografica dell’esemplare di Ponte Alto che si conserva in questo R. Museo geologico di Torino, e che riferisco ad Arrioceras semicostatum, onde meglio apparisca la sua perfetta corrispondenza con l'esemplare figurato da WRIGHT [v. sin.]. L’altro esemplare della collezione MoRENA che riferisco dubitativamente a questa forma si trova in condizioni assai deplorevoli di conservazione. Raggiunge il notevole diametro di mm. 150. Le particola- rità della sua forma e della ornamentazione del suo giro esterno sono riassunte nella seguente diagnosi: Arnioceras testa discoidea, compressa, evoluta, bisulcato-carinata, spiratissima; anfractibus numerosis, sub- compressis, lateribus subconveris, costatis; costis fortibus, habita ratione rarìis, lateraliter retro-arcuatis, externe (in dorso) arcuato-proversis, elevatis; carina altissima, subtilissima, a sulcis profundis lateraliter delimitata; aper- tura subcompressa, elliptica; septis lateribus? . i) Lo HyarT (Ariet., pag. 165, 1889) attribuisce al Sison la « paternità» di questa forma. In tale errore egli è caduto fidandosi del Morris ’s Catalogue, 1843 (2° ed., 1854) e trascurando di «risalire alle fonti » o per lo meno di tenere buon conto dei dati sinonimici che gli venivano forniti dall’ opera di WrIGHT (Lias. Amm., pag. 284, 1881) ecc. 2 Alle quali non credo di potermi sottoscrivere per le seguenti ragioni: 1.° È certo che lo Hyatt non conosceva le diagnosi e le figure date da JouNG e BirD per l’ Ammonites semi- costatus e da BUCKMAN per l’Ammonites Bodleyi. Egli adunque non possedeva i dati indispensabili per discutere del valore specifico di queste due forme. 2.° Questo autore (op. cit., pag. 165-66, 1889) riferisce ad Arnioceras semicostatum degli esemplari così distinti l’uno dall’altro per numerosi caratteri da farmi supporre che si debbano considerare come altrettante forme distinte e non come semplici varietà. Lo stesso HyATT inoltre comprende nella sinonimia dell’ Arnioceras semicostatum var. A, l’Arietites semicostatus WRIGHT (ex p., Lias Amm., tav. I, fig. 7, 1881) che non avendo indizio alcuno di vere costole devesi, a mio parere, comprendere senz’altro nella sinonimia dell’Arnioceras miserabile (QuENST.), convenendo in ciò completamente con quanto lo HyaTT aveva già scritto alla pag. 163 del suo lavoro (Ariet., 1889). 3.° Sono troppo notevoli le differenze che intercedono fra l’ Ammonites ceratitoides QueNsT. (1849) e 1’ Arietites semicostatus WRIGHT (ex p., Lias Amm. tav. I, fig.4-5, non 7, 1881) perchè, dissentendo dalla opinione già espressa dalla maggior parte degli autori io possa indurmi a seguire lo HyArT che comprende queste due forme nella me- desima sinonimia (Ariet., pag. 169, 1889) e precisamente nella sinonimia dell’Arnioceras Bodleyi (Buckm.) in HYATT, con il qual nome poi egli descrive e figura due individui di Semur che fra di loro e dalle succitate figure per molti caratteri differiscono. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 9 66 G. BONARELLI [12] Questo esemplare ricorda alquanto 1’ Ammonites Arnouldi Dum. del sinemuriano inferiore (parte sup.) di Saint Fortunat e di Saint Cyr nel bacino del Rodano. Ne differisce tuttavia per il numero alquanto minore delle sue due costole talchè la sua regione dorsale si presenta anch’ essa con un aspetto alquanto di- verso. Mentre infatti nell’Ammonites Arnouldi, data la sua ornamentazione così stipata, le porzioni dor- sali arcuato-proverse di ciascuna costola vanno a toccare la costola immediatamente seguente, invece, nell’esemplare della collezione MorENA le costole svaniscono sul dorso in corrispondenza degli orli esterni dei solchi (carene secondarie) senza appoggiarsi l’una sull'altra. Sono inoltre più ricurve sui fianchi. Essendo pertanto, dopo ripetute indagini, giunto alla conclusione che l’Ammonites Arnouldi è vera- mente un Arrioceras e per di più sinonimo dell’Armnioceras ceratitoide, penso che anche l’ esemplare testè descritto, della collezione Morena sulle cui costole non si hanno indizi di rilievi angoloso-appuntiti, sia un individuo senile di Arnioceras e precisamente, dato il numero delle sue costole, dell’ Arrioceras se- micostatum. La mancanza delle angolosità sulle costole degli Arrioceras adulti sarà in seguito una caratteristica costante degli Hidoceratidae charmoutiani, toarciani ed aleniani, i quali bene a ragione si possono con- siderare come un derivato evolutivo degli Arrioceras sinemuriani. È questa la prima volta che l’Arnioceras semicostatum (Y. et B.) viene indicato per i depositi sine- muriani dell’Italia centrale. Arnioceras dimorphum (Par.). — Tav. VIII [I], fig. 9. 1889. Armioceras ceras Hyatt (non Amm. ceras GreB.). Arietidae, pag. 169, tav. II, fig. 20. 1897. Arietites (Arnioc.) dimorphus Parona. Saltrio, pag. 35 (cum syn.), tav. IV, fig. 6. 1898. _ _ — Parona. Calcare nero, pag. 10 (cum syn.), tav. XII, fig. 3. Esemplari n.° 1 (coll. T. MoRENA). Do la figura di questo esemplare onde meglio apparisca la sua perfetta corrispondenza con le figure di HyarT e di PARONA che ho citato in sinonimia. I suoi giri sono, come negli originali di queste figure, subquadrato-depressiusculi con dorso decisamente bisulcato. Sono queste le principali caratteristiche per le quali l’Arrioceras dimorphum si distingue dall’Arnioceras geometricum (OPP.). È questa la prima volta che viene indicato 1’ Arnioceras dimorphum (PaRr.) per i depositi sinemuriani dell’Italia centrale. Tmaegoceras Paronai n. f. Esemplari n.° 1 (di Ponte Grosso, presso Ponte Alto. Coll. T. MORENA). Tmaegoceras testa discoidea, fere evoluta, inornata, bisulcato-carinata; anfractibus depressis, fere inornatis, lateribus converis, bisulcato-carinatis ; sulcis profundis; carina parum elevata; dorso lato rotundato; ombilico pro- fundo; apertura depressa; septis lateribus?. DIMENSIONI Diametro . 5 ” È . ò o 5 o 6 7 mm.46 =1 Altezza dell’ultimo giro . . ù c 0 o c a » 14,5 = 0,315 Spessore » DE : È o © . À 5 » 28, i==10}50 Ampiezza dell’ombelico . ò È 5 ? o ; . » 22,5 = 0,489 [13] G. BONARELLI 67 Riferibili al genere Timaegoceras HyAmT (1889) si conoscevano finora tre forme soltanto: 7maegoceras latesulcatum (HAUER)®, Tmaegoceras Helli (ScHArR.)® e Tmaegoceras laeve (STUR)B. Il mio Tmaegoceras Paronai si distingue dalla prima di queste tre forme per avere: minori dimen- sioni (col diametro di mm. 46 esso è provvisto, al completo, della camera definitiva d’abitazione); ultimo giro non liscio, ma adorno di pieghe arcuate poco distinte; sezione dei giri notevolmente depressa; ca- rena molto meno robusta. Si distingue pure assai nettamente dallo 7maegoceras Helli (SCHAFH.) per avere una ornamentazione molto meno accentuata, meno proversa e del tutto mancante nei giri minori della spira. Si distingue infine, e così nettamente, dallo 7maegoceras laeve (STUR), come ben si rileva da un sem- plice confronto della mia figura con quella data da GevER [v. nota] per questa forma, da far supporre che quest’ultima sia stata non troppo giustamente riferita dallo HvAmT al suo genere 7maegoceras, men- tre lo 7maegoceras Paronai presenta bene evidenti i caratteri distintivi degli 7maegoceras tipici: Fic. 1. E dato qui sopra un disegno semi-schematico dell’esemplare tipico di questa mia nuova forma. Esso venne eseguito dalla mano maestra del prof. PARONA e questa mi sembra una sicura garanzia della sua perfetta esattezza. Manca il disegno della linea lobale di cui non mi fu in alcun modo possibile di rintracciare l’andamento. E questa la prima volta che viene indicata una forma di Zmaegoceras per i depositi sinemuriani d’Italia. 1) Tmaegoceras latesulcatum (HAUER) = 1856. Amm. latesulcatus HAUER. Ceph. Lias n. è. Alp. pag. 44, tav. IX, fig. 1-3. 1879. — —_ RevnÉS. Monogr., tav. VII, fig. 9-11. 1889. T'maegoc. latesulcatum HyaATT. Ariet., pag. 125 (cum syn.). 2) Tmaegoceras Helli (ScHara.) = 1851. Amm. Helli ScaAarHAUTL. Stdbayer. Alpengeb. 1879. — — Revnés. Monogr., tav. XXX, fig. 1,2 (copia da SCHAFHAUTL). Di questa forma lo HyATT non fa menzione nella sua Monografia sugli Arieti. 3) Tmaegoceras laeve (STUR) = 1886. Arietites laevis (non Levis) [STUR m. s.] GevER. Hierlatz., pag. 252 [40], tav. III, fig. 10. 1889. Tmaegoc. levis (errore) HvaTtT. Arietidae, pag. 125 (cum syn.). 68 G. BONARELLI [14] Schlotheimia boucaultiana (0° Or8.). — Tav. VIII [I], fig. 10. 1842. Amm. Boucaultianus D’ OrBiant. Céph. jur., pag. 294, tav. 90. 1858. — betacalcis QuensreDT. Jura, pag. 98, tav. 12, fig. 7. 1879. — Boucaulti Revnfs. Monogr., tav. XLII, fig. 1-4. 1881. Aegoc. Boucaultianum Warner. Lias Amm., pag. 327, tav. XVII, fig. 1-4. 1884. Amm. betacalcis QuensreDT. Amm. Schw., pag. 164, tav. 21, fig. 27. 1889. Schlotheimia Boucaultiana Hyant. Arietidae, pag. 133 (cum syn.). 1893. —_ _ Pompecgs. Revis., pag. 91 (syn. emend.), fig. 21. 1897. —_ = Parona. Saltrio, pag. 25, tav. V, fig. 1. non DumortIeR (1867). Esemplare n.° 1 (coll. T. MORENA). Questo stupendo e ben conservato esemplare della collezione MoRrENA corrisponde perfettamente alle figure tipiche della SeMlotheimia boucaultiana. Ho pensato bene di figurarlo onde meglio apparisca questa assoluta identità. Seguendo lo Hyatt (Arietidae, 1889) escludo dalla sinonimia di questa forma 1’ Ammonites Boucaultianus in DumortIER (Bass. du Rhone, II, pag. 138, tav. XXXIX, fig. 1,2, 1867), augurandomi che a qualche ammonitologo sia presto data occasione di esaminarne l’originale e concessa così la buona ventura di risolvere una buona volta la sospesa questione del valore specifico di questo fossile assai interessante. La Schlotheimia boucaultiana (D’ ORB.) viene oggi, da me, per la prima volta indicata in depositi si- nemuriani dell’Italia centrale. Lytoceras hierlatzicum (Gever). — Tav. VIN [I], fig. 11. 1886. Lytoceras hierlatricum Gryer. Hierlatx, pag. 230, tav. II, fig. 10, 11. Esemplari n.° 1 (coll. T. MorENA); 1(R. Museo geol. Torino). Le figure date da GevER [v. sin.] degli esemplari tipici di questa sua forma si presentano invero di assai piccole dimensioni, non raggiungendo, l’ esemplare maggiore, i mm. 25 di diametro. Ad esse figure pertanto corrispondono abbastanza bene i due esemplari di Ponte Alto che riferisco a detta forma e che raggiungono un diametro di mm. 50. L’esemplare della collezione MoRENA (quello appunto del quale è data una riproduzione fotografica Tav. VIII [I], fig. 11 di questo mio lavoro), è provveduto in gran parte, e forse al completo, della camera d’abitazione la quale occupa un po’ meno dei due terzi dell’ultimo giro; ma con molta probabilità non è la camera definitiva. Infatti, l’altro esemplare (R. Museo geol. Torino) è un frammento di giro d’un individuo che certamente superava le dimensioni del primo, poichè, avendo un diametro di mm. 55 si riferisce completamente alla porzione concamerata della spira, non presentando, nemmeno in parte, la camera d’abitazione, così da far supporre che il Lytoceras Rierlatzicum allo stato adulto abbia raggiunto dimensioni assai maggiori dei 50 mm. di diametro. Non mi risulta che prima d’ora siasi constatata la presenza di questa forma in depositi sinemuriani dell’Italia. {15] G. BONARELLI 69 Lytoceras adnethicum (Haver). — Tav. IX [II], fig. 2. 1849. Amm. cfr. lineatus (gerippte Variet.) QuenstEDT. Ceph., pag. 262, tav. 19, fig. 10. 1854. — Adnethicus Hauer. Capricorn., pag. 10 (cum syn.), tav. I, fig. 3. 1856. — —_ Hauer. Ceph. Lias, n. ò. Alp., pag. 52 (cum sym... 1879. — — Revnés. Monogr., tav. XXX, fig. 9-11 (cop. da HAUER). 1898. Microc. Adnethicus Fucimi. Nuove Ammon., pag. 245 [7]. non HerBIcg (1878), non GeveRr (1886) [Aegoe.]. Esemplari n.° 2 (R. Museo geol. Torino). Non comprendo quali ragioni possano aver indotto 1’ HaueR, 1’ HERBICH, il GeyeR ed il Fucini a col- locare tra gli Aegoceratidae V Amm. adnethicus di HAaueR ® mentre il semplice esame della sua linea lo- bale mi sembra più che sufficiente a dimostrare, senz'altro, che detta forma appartiene piuttosto al ge- nere Lytoceras (s..). Egli è vero bensì che per i caratteri della sua ornamentazione potrebbe a primo aspetto venir confusa con le forme appartenenti al gruppo Aegoceratino dell’Ammonites capricornu SCHLOTE., ma purtroppo ognuno ben sa quanto fallaci, nella sistematica delle Ammonidee, sieno i caratteri che a tale scopo si possono desumere dallo esame esteriore e superficiale della loro conchiglia e tanto meno del loro modello interno. Il Lytoceras adnethicum (HAUER) è forma caratteristica del sinemuriano superiore. Ad essa riferisco due buoni esemplari di Ponte Alto, d’uno dei quali è data nelle tavole, una riproduzione fotografica. Non peranco era stato citato il Lytoceras adnethicum in depositi sinemuriani dell'Appennino centrale. Lytoceras Herbichi n. f. 1878. Aegoc. adnethieum HersicH. Sxéklerl., pag. 108 (excel. syn.). tav. XX, ©, fig. 1a,b,c. 1886. — —_ GeveR. Hierlatx, pag. 201 [49] (excel. syn.), tav. IV, fig. 2 (fig. 37). Esemplari n.° 1 (R. Museo geol. Torino). Lytoceras (gr. adnethicum) testa discoidea, compressa, fere evoluta; anfractibus rotundatis, lateribus converis, costatis; costis habita ratione numerosis ac fortibus, simplicibus, laete proversis, externe incrassatis, lateraliter (in dorso) nodosis, in dorso rectis; dorso lato, rotundato, costato, a nodis (seriebus 2) parum elevatis ae distinetis la- teraliter delimitato; apertura circulari; ombilico medio; septis lateribus bilobatis. Così in questa forma, come nel Lytoceras adnethicum precedentemente descritto (dal quale essa dif- ferisce per avere un maggior numero di costole ed un più rapido accrescimento spirale), la presenza dei nodi sulle costole, ai lati del dorso, si riscontra soltanto nei giri maggiori della spira. Sarebbe opportuno verificare se nell'originale della figura di HERBICH [v. sin.] sieno veramente con- servati ed allo scoperto i giri interni della spira, ovvero invece se, come credo, il disegno che ne ha 1 L’egregio amico dott. FuciNI riferisce senz’ altro questa forma (v. sin.) al genere Microceras HvarT. E questo è veramente il nome generico adottato finora dal maggior numero degli autori, cominciando dallo ZITTEL (Handb., II, 1886), per indicare il gruppo dell’Ammonites capricornu. Ma sappiamo oggi da HauG (Rev. crit. de paléoz. de Cossx., n. 1, pag. 26, 1899) che questo nome non può essere a ciò impiegato, « car il existait, depuis 1845, un genre Microceras HaLL dans le Bellérophontidés » . 70 G. BONARELLI [16] dato codesto autore era tutt’affatto ideale. A questo sospetto mi induce la circostanza che nelle forme appartenenti al gruppo del Lytoceras adnethicum ® i giri interni della spira si presentano tipicamente Iytoceroidi e con ornamentazione molto meno accentuata di quanto non apparisca in detta figura. Così pure ritengo che nell'originale della fig. 3 di GeyER [v. sin.] si dovrebbe ricercare lo andamento della linea lobale onde stabilire se questo esemplare debba riferirsi a qualche altro Lytoceras (non all’ Herbichi, in ogni caso, poichè ne differisce per la sezione dei giri e la ornamentazione più robusta) o meglio in- vece a qualche Aegoceratide. Oggi, per la prima volta, viene indicata Ja presenza del Lytoceras Herbichi in depositi sinemuriani dell’Italia. Lytoceras altecinctum (Haver) — Tav. VIII [I], fig. 12; Tav. IX [II], fig. 1. 1878. Lytoceras altecinctum (Hauer) HerBIcH. Sweklerl., pag. 116 (cum syn.), tav. XX, K, fig. 2. 1898. IMicroc. ovilis (Mcn. in sch.) Fucini. Nuove Amm., pag. 245 [7], tav. XX [I], fig. 2. Esemplari n.° 1 (coll. T. MorENA); 2 (R. Museo geol. Torino). Questa forma si presenta assai variabile per quel che riguarda la ornamentazione dei giri minori della sua spira, che in alcuni individui si presentano quasi esornati, in altri invece hanno costole molto robuste alcune delle quali, altre no, raggiungono le suture ombilicali. [Anche nei giri interni del Lyto- ceras adnethicum (HAUER) non tutte le costole raggiungono le suture ombelicali]. È data nelle tavole che accompagnano questa Monografia, la riproduzione fotografica di due belli esemplari di Ponte Alto che riferisco appunto al Lytoceras altecinctum (HAUER), onde meglio apparisca la loro perfetta corrispondenza con la figura data dal Fucini del Lytoceras | non Microceras!] ovilis (MGH.). Questo nome del MexEGHINI deve rientrare, per la ragione della priorità, nella sinonimia del. Lytoceras altecinctum (HAUER), fin dal 1878 descritto e figurato da HeRBICH. La figura e la diagnosi datane da questo autore si riferisce ad un frammento di spira che certamente faceva parte della camera d’abitazione (forse definitiva) d’un grosso individuo. L’esemplare descritto e figurato dal FucINI, quantunque si presenti di assai minori dimensioni, gli corrisponde abbastanza bene per la forma e la sezione dei giri nonchè per lo aspetto e lo andamento, al tutto simili, delle costole. Nei depositi smemuriani d’Italia non era ancora segnalata la presenza del Lytoceras altecinctum (HAUER). Ectocentrites Canavarii n. f. — Tav. IX [II], fig. 3. Esemplari n.° 1 (coll. T. MORENA). Ectocentrites testa discoidea, compressa, costata, fere evoluta; anfractibus rotundatis, costatis, lateribus conve- xs; costis rectis, numerosis, radiantibus, in dorso breviter interruptis; dorso lato, rotundato, costato; linea dorso- mediana imnornata, planiuscula; apertura subcirculari; ombilico medio, septis lateribus trilobatis, multum divisis. DIMENSIONI Diametro . 6 5 È ò c ò c . c 0 mm.128= 1 Altezza dell’ultimo giro . . o È . z ° ò » 48 = 0,37 Spessore » » 6 : o : . : c . » 40= 0,31 Ampiezza dell’ ombelico . c È o . 6 0 c IE DONROR99, i) A questo gruppo riferisco anche l’ Ammonites Ferstli HAuER (Capricorn., pag.13 (cumsyn.), tav. II, fig.1-3, 1854). [17] G. BONARELLI 71 È questa la prima volta che viene indicata una forma tipica di Ectocentrites in depositi più recenti dell’ettangiano, mentre le considerazioni in base alle quali il PomPECKJ ” riferisce a detto genere lAm- monites nodostrictus di QuensteDnT (Amm. Schw., pag. 264, tav. 33, fig. 20, 1885, del Lias medio di Hin- terweiler) non mi sembrano tali da giustificare abbastanza codesto riferimento. Lo stesso PomPECKJ rico- nosce che l’ Ammonites nodostrictus QueNnst. specialmente si distingue dall’ Ammonites Phillipsi Sow. (e perciò da tutti i Lytoceras articulati che appartengono al gruppo del PhiZlipsi), per essere provveduta di una ornamentazione: “ Berippung und Knotenbildung ,, che nella forma di SoweRByY non si riscontra; ma l’egregio autore dà forse troppa importanza a questo carattere che per altri Lyfoceras ha una im- portanza solamente specifica e persino individuale), quando lo invoca onde tenersi autorizzato a non col- locare l’Ammonites nodostrictus Quenst. nel genere Lytoceras (inteso nel senso ampio e comprensivo che dagli autori si è finora attribuito a questo gruppo così numeroso e il più persistente fra tutte le Am- monidee). Se, d’altra parte, ci facciamo a considerare lo andamento delle linee lobali di questo Lytoceras nodostrictus, ben differenti esse ci si mostrano da quelle dei tipici Ectocentrites, sia perchè meno frasta- gliate, sia perchè gli elementi (lobi e selle) onde sono formate si presentano meno alti, meno profondi e con basi molto più larghe. Escludendo pertanto 1° Ammonites nodostrictus, le sole forme riferibili al genere Ectocentrites e già riconosciute per tali sono: Ammonites Petersi Hauer (Ceph. Lias n. ò. Alp., pag. 65, tav. XXI, fig. 1-3, 1856). Ectocentrites italicus (Mcx.) in Canav. (Spezia, pag. 130, tav. III, fig. 21, 1888). Aegoceras Alutae HerBIcn. (Sxeklerl., pag. 117, tav. XX, L, fig. 1, 1878). tutte e tre, per quel che sembra, caratteristiche dell’ ettangiano, quantunque lo HeRrBIcH abbia citato la prima e l’ultima di queste forme promiscuamente ad altre Ammoniti, sinemuriane senza dubbio, del Monte Urmòsi nello Szekler. A queste tre forme devesi avvicinare, se non erro, l’Ammonites Roberti di HAUER (Capric., pag. 25, tav. III, fig. 1-3, 1854), la quale appunto, per i caratteri della sua ornamentazione (non altrettanto però della sua linea lobale, secondo che è stata disegnata da HAUER) sembra essere una forma derivata dai tipici Ecetocentrites e proviene dal sinemuriano superiore delle Alpi austriache e dei Carpazi ossia da for- mazioni contemporanee al calcare di Ponte Alto (Foci di Cagli - Appennino centrale) d’onde provengono l’ Ectocentrites Canavariù n. f. e gli altri Ectocentrites che mi accingo a descrivere. Il genere Ectocentrites fu istituito per la prima volta da WAHNER nel 1887 (CANAVARI, Lias inf. di Spezia, pag. 126) ed il tipo ne è Vl Ammonites Petersi HavER; alla qual forma lo stesso WAHNER ha rife- rito, in questi ultimi anni, parecchi esemplari che fra loro, per alcuni caratteri, leggermente differiscono. a) Gli esemplari tipici (WiHNER, unt. Lias, pag. 53 [264] (syn. emend.), tav. IX [LX], fig. 6, (79); tav. X [LXI], fig. 4, 1894) hanno una ornamentazione recticostata e limitata ai soli fianchi dei giri mag- giori, ove le costole si arrestano poco prima di raggiungere il dorso formando dei piccoli nodi più o meno appariscenti. 0) Altri esemplari presentano costole non rettilinee e leggermente proverse (sempre però limitate ai fianchi dei giri), e fanno passaggio verso 1° Ectocentrites Alutae HerB. (= Ectocentrites Petersi WAHNER, 1) Revis., pag. 175-178, 1896. 72 G. BONARELLI [18] (ex p.), unt. Lias, pag. 53 [264] (Sym. emend.), tav. IX [LXI] fig. 1, 2, 3, (caet. fig. excel.) 1894 ”,) in cui le costole (poco numerose nei giri minori della spira) si presentano leggerissimamente arcuato-proverse e dopo avere originato le due serie di nodi ai lati del dorso accennano a continuare, quantunque assai meno rilevate ed appariscenti, sopra la regione dorsale. c) In alcuni giovani individui (WAHNER. Op. cit., pag. 53 [264], tav. X [LX], fig. 5, 1894) è accen- nata la presenza di un rilievo carenoide nella regione dorso-mediana degli anfratti. d) Finalmente, altri esemplari provveduti di numerose costole, non rettilinee, con nodi o senza nodi (Winner, unt Lias, pag. 154 [267] (ex p.); syn. emend., tav. XX [LXII], fig. 3, 4, 1897) sembrano far passaggio alle forme proverso-costate che il WAENER comprende tutte insieme (op. cit., pag. 166 [279], tav. XXI [LXIII], fig. 1-6, 1897) nell’ Ectocentrites italicus (McH.). Se immaginiamo ora che nell’uno o nell'altro di questi gruppi maggiormente si accentuino i carat- teri che ho accennato per ciascuno di essi, verremo ad avere, in linea generale, i particolari distintivi degli Ectocentrites sinemuriani. Così 1’ Ectocentrites (?) Roberti (HAUER), recticostato, differirebbe dal tipico Ectocentrites Petersi per aver un minor numero di costole, una maggiore involuzione e i giri più compressi. A sua volta, l’ Ectocentrites Canavarii n. f., anch'esso recticostato, differisce dalla forma tipica di questo genere per avere un assai maggior numero di costole (anche nei giri interni della spira), la se- zione dei giri subcircolare e non compressa, la regione dorsale inornata soltanto in corrispondenza di una stretta area dorso-mediana ai lati della quale giungono le costole originandovi ciascuna un leggeris- simo rilievo tubercoliforme. Della linea lobale di questa mia nuova forma, che si vede bene evidente sull’esemplare tipico del quale è data una riproduzione fotografica a Tav. IX [II] fig. 3 di questo mio lavoro, dirò soltanto che in tutti i suoi caratteri essa mi sembra corrispondere perfettamente alla descrizione e alla figura data da WxirHNER per la linea lobale dell’ Ectocentrites Petersi (op. cit., tav. XX [LXII], fig. 5, 1897, “ Loben- linie des Originalexemplars v. HAUER'S ,). Ectocentrites Fucinii n. f. — Tav. X [III], fig. 2,3. Esemplari n.° 4 (coll. T. MorENA); 2 (R. Museo geol. Torino). Ectocentrites testa discoidea, compressa, pseudo-carinata, fere evoluta; anfractibus depressis, lateribus converis, costatis, strangulatis; costis rectis. radiantibus, crassis, parum elevatis, in dorso interruptis; dorso latissimo, ro- tundato, costato; linea dorso-mediana elevata, pseudo-carinata ; pseudo-carina depressissima; apertura subcircolari- depressa; ombilico amplo; septis lateribus?. DIMENSIONI Diametro c . o , c mm.124= 1 Altezza dell’ultimo giro. c 8 o ° = d È » 34 = 0,27 Spessore » » D c Ò 0 6 5 6 o » 46 = 0,37 Ampiezza dell’ombelico o c o ò È 5 È 5 » 65 = 0,52 i‘ Non è improbabile che 1’ Ectocentrites Meneghinti (E. Sism.) in Canav. [Spezia, pag. 129, tav. III, fig. 22, 23, 1888] debba piuttosto rientrare nella sinonimia dell’ Ectocentrites Alutae (HERB.) che non in quella dell’ Ectocentrites Petersi. fe: [19] G. BONARELLI 73 x L’esemplare tipico di questa mia nuova forma (v. fig. 2 a Tav. X [III])® è provveduto quasi al completo della camera definitiva d’abitazione la quale occupa tutto intero il giro esterno ed una parte del giro immediatamente seguente. Questo tratto della spira presenta, di parti DIRI colare, due strozzature bene evidenti, l'una poco distante dalla regione peristo- matica, l’altra alla metà circa del giro. Presenta inoltre, come è già indicato nella diagnosi, un rilievo carenoide molto depresso in corrispondenza della linea dorso-mediana ai lati della quale giungono le costole semplici e sprov- vedute di nodi. Di questa pseudocarena non si ha indizio alcuno negli altri 5 esemplari che pure riferisco all’ Ectocentrites Fuciniù e che, essendo di assai minori dimensioni, si trovano sprovveduti della camera d’abitazione. Concludo perciò che solamente in quest’ultima porzione di spira si ha la presenza della pseudo-carena non chè delle strozzature. I giri interni alla lor volta, i quali pur troppo non sono conservati nell’esemplare figurato, si presentano provveduti di costole numerose e sempre rettilinee (Tav. X [III], fig. 3). La linea lobale di uno degli esemplari non figurati corrisponde abbastanza bene, quantunque più frastagliata, a quella dell’ Ecetocentrites Canavarii. L’ Ectocentrites Fucinii si distingue anche, da quest’ultima forma, per avere i giri depressi. Ectocentrites (?) altiformis n. f. — Tav. IX [II], fig. 4-6. cfr. 1856. Amm. altus Hauer. Ceph. Lias. n. 6. Alp., pag. 66, tav. XX, fig. 7-9. 1879. — — Rexnés (ex p.). Monogr., tav. XXX, fig. 6-8 (copia da HavER) [non 3-5 (copie da Du- MORTIER) |. cfr. 1880. Lytoe. Forojuliense (Mca. in litt.) TAaramenLI. Lias prov. Venete, pag. 75, tav. V, fig. 1,2. non Amm. altus DuxortIER (1867). Esemplari n.° 4 (coll. T. MoRENA); 1(R. Museo geol. Torino). Ectocentrites (?) testa discoidea, compressa, fere evoluta; anfractibus compressis, lateribus converiusculis, co- statis; costis numerosis, arcuato-proversis, esterne laete nodosis, în dorso attenuatis; dorso strieto, apertura com- pressa; ombilico medio; septis lateribus trilobatis. Gli esemplari delle Foci di Cagli di cui do le figure a Tav. IX [II] di questo mio lavoro differiscono dal tipo dell’Ammonites altus descritto e figurato da HAuER [v. sin.] per essere provveduti di una orna- mentazione ben distinta formata da costole numerose, ma poco rilevate, che raggiungono, con andamento arcuato proverso, i lati del dorso dove si innalzano a formare dei tubercoli poco pronunciati. Di più i loro giri sì piegano bruscamente prima di giungere alle suture ombelicali. Per quest’ultimo carattere detti esemplari corrispondono abbastanza bene alla figura tipica del Lytoceras forojuliense Men. data dal TARAMELLI [v. sin.] nel 1880. Se ne distinguono tuttavia per la presenza dei tubercoli latero-dorsali sulle costole, i quali sembrano mancare in questa forma del MeNEGHINI. Non avrei probabilmente tenuto gran conto delle suaccennate differenze ed avrei forse. compreso, senz’ altro, nella i) Questo esemplare proviene dalla Cava Buratto a poca distanza dalla Cava di Ponte Alto e sempre nelle foci di Cagli-Cantiano. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 10 74 G. BONARELLI [20] medesima sinonimia così 1’ Amm. altus HAUER come l’Amm. (Lytoc.) forojuliensis MGH. nonchè i miei esem- plari di Ponte Alto se non avessi avuto occasione, grazie alla cortesia dell’egregio amico dott. FucInI di esaminare a Pisa alcune forme del Rosso ad Arieti di Toscana, riferibili anch’ esse al gruppo dell’ Amm. altus HAUER assai ben distinte per numerosi caratteri. Così ho potuto convincermi che 1’ Amm. altus HauER è veramente una forma inornata, non escludendo la probabilità che la sua camera d’abitazione sia provveduta di costole. Così pure la mancanza di tubercoli terminali nelle costole dell’Amm. forojuliensis McH. distingue questa forma dalle altre del gruppo. La linea lobale dell’Ammonites altus disegnata da HAUER corrisponde perfettamente a quelle degli esemplari di Ponte Alto che a questa forma riferisco per confronto. In essa si vede il lobo sifonale molto più corto del primo lobo laterale e la seconda sella laterale molto sviluppata, precisamente come avviene nei Zytoceras tipici e questi sono tali caratteri da farmi sospettare che 1° Ammonites altus non appartenga al genere Ectocentrites, o per lo meno non ne sia una forma tipica, poichè in questo genere il lobo sifonale è sempre, per quanto si desume dalle figure datene dagli autori, uguale in lunghezza al primo lobo laterale e la seconda sella è sempre molto più piccola della seconda laterale ®. D'altra parte rimane il fatto che, per lo aspetto della loro ornamentazione, gli esemplari delle Foci di Cagli si colle- gano perfettamente alla varietà d) dell’Ectocentrites Petersi (HAUER) in cui le costole si presentano nu- merose e decisamente arcuato-proverse ®. Fermamente ritengo che a definire la importante questione del valore generico dell’ Ammonites altus e forme affini sia necessario poter disporre di giovani individui di questa forma in condizioni tali di conservazione da poterne determinare con sicurezza la forma e lo andamento dei giri iniziali. Ectocentrites Morenai n. f. — Tav. X [III], fig. 1. Esemplari n.° 1 (coll. T. MoRrENA); 1 (R. Museo geol. Torino). Ectocentrites testa discoidea, compressa, fere evoluta; anfractibus compressis, lateribus parum converiuseulis; anfractibus minoribus multistriatis, 12-circiter sulcatis (sulcis et striis aliquantulum proversis); anfractu esteriore costato, (costis raris, simplicibus, lateraliter limitatis, externe nodosis); dorso anfractus exterioris inornato, a mno- dis (seriebus 2) delimitato; apertura compressa, ombilico medio; septis lateribus trilobatis. DIMENSIONI Diametro . c : . ; 0 Ò È c o 5 mm.66_ = 1 Altezza dell’ ultimo giro . ° È c . . È a » (24 |—=10,35 Spessore » » È ò x 6 È 7 6 s » 18,5 = 0,27 Ampiezza dell’ombelico . 6 ? ò 6 c 0 Ò » 23 = 0,33 Anche in questa mia nuova forma, come pure nella seguente, le linee lobali presentano il lobo sifo- nale più corto del primo lobo laterale; purtuttavia riguardo al loro riferimento generico io non credo di dover conservare alcun dubbio considerata la perfetta rassomiglianza che nei giri minori ambedue le sud- dette forme presentano con il tipo del genere Ectocentrites. i) Si confrontino a tale oggetto le line lobali delle varie forme di Ectocentrites date da HAUER (Ceph. Lias n. è., Alp., 1856), CANAVARI (Spezia, 1888), WAHNER (unt. Lias, 1894,1897) ecc. 2 V.a pag. 72 [18]. [21] G. BONARELLI 75 L’ Ectocentrites Morenai, nella ornamentazione dei giri interni, accusa una spiccata analogia con 1° Ecto- centrites ‘italicus Canav.D. Se ne distingue Fic. 3. tuttavia per avere i solchi e le strie decisa- mente recto-proversi; le strie più numerose convergenti a due a tre presso la sutura om- belicale quasi a formare dei pseudo-nodi più o meno allungati. Nell'opera del GeyER sui cefalopodi di Hierlatz (pag. 269 [57], tav. IV, fig. 17, 1886) è figurato un frammento di ammonidea che notevolmente assomiglia, per ciò che riguarda la sua ornamentazione, ai giri esteriori dei due esemplari di Ponte Alto in base ai quali è stabilita la mia diagnosi dell’ Ectocentrites Morenai. Però la sezione del frammento figu- rato da GEYER si presenta meno compressa; di più le sue costole si arrestano molto prima verso la regione dorsale esterna dei giri che non si verifichi negli individui tipici della mia nuova forma. Fic. 4. Ectocentrites Giordanii n. f. — Tav. X [III], fig. 4,5. Esemplari n.° 2 (coll. T. MorENA); 1(R. Museo geol. Torino). Ectocentrites testa discoidea, compressa, fere evoluta; anfractibus subcompressis, lateribus subplanis, costatis ; costis robustis, subrecto-proversis, externe nodosis, post nodos (in dorso) evanescentibus; modis in ultimo anfractu robustis, prominentibus; dorso subplano fere inornato; apertura subquadrato-compressa; ombilico medio; septis la- teribus trilobatis. DIMENSIONI Diametro . 5 ° . : Ù È o . È . mm.118 = 1 Altezza dell'ultimo giro . : . . 7 . , © pl 0539 Spessore » VA ) 5 i ; ; ; ; i » pe= ? Ampiezza dell’ombelico 0 c o 7 © x x " » 46 = 0,38 L’esemplare più grande dei due che ho figurato è provveduto al completo della camera d’abitazione la quale occupa poco più della metà del giro esterno e probabilmente è la camera definitiva, considerando che in questa porzione di spira si scorge una ornamentazione più robusta (a costole rade ed incrassate con tubercoli terminali molto sviluppati) alquanto diversa dalla ornamentazione dei giri interni. In codesto grosso esemplare non mi fu possibile rintracciare con esattezza il completo andamento delle suture, le quali invece assai distinte si conservano nell’ esemplare più piccolo che pure ho figurato. In queste suture si vede che il lobo sifonale è più corto del primo lobo dorsale, carattere questo che ho già riscontrato nell’ Ectocentrites Morenai precedentemente descritto; dalla qual forma peraltro 1° Ectocen= trites Giordanii perfettamente si distingue per avere una sezione dei giri alquanto diversa edi giri mi- 1) Spezia, pag. 130, tav. III, fig. 21, 1888. 76 G. BONARELLI [22] nori della spira adorni di costole meno numerose, più proverse e più robuste, limitate in parte alla re- gione dorsale-esterna dei fianchi. Un bell’esemplare di questa mia nuova forma, fu donato al prof. CanAvARI dal sig. MorENA. Esso attualmente si conserva nel Museo geologico pisano. Ectocentrites Geronzii n. f. — Tav. X [III], fig. 6. Esemplari n.° 1 (coll. T. MoreNA; “ Corgnola delle Fontaccie ,). Ectocentrites testa discoidea, compressa, subevoluta; anfractibus compressis; anfractibus minoribus fere inorna- tis-costulatis; anfractu exteriore nodoso-costato ; costis robustis, elevatis, incrassatis, proversis, lateraliter (in dorso) nodosis, in dorso attenuatis; areis dorsalibus intercostalibus laete striatis; dorso medio laete arcuato; apertura com- pressa; ombilico medio; septis lateribus trilobatis. L’esemplare tipico di questa forma presenta in gran parte conservata la camera definitiva d’abita- zione. Si distingue dagli esemplari di Ectocentrites Morenai e di Ectocentrites Giordani che ho già de- scritto per avere: maggiori dimensioni, giri interni più alti, più compressi, più involuti e provveduti di una ornamentazione molto meno appariscente; camera definitiva d’abitazione adorna di costole più rade e più robuste, in posizione alterna sopra ciascun fianco e sul dorso, per modo che le costole di ciascun lato non si incontrano nè si fondano con quelle del lato opposto, anzi svaniscono in corrispondenza della linea dorso-mediana. (Non è improbabile che questa alternanza sia dovuta ad una anomalia presentata dall’ unico esemplare di cui sono in possesso). Nautilus Araris Dum. 1869. Nautilus Araris DumortIER. Bass. du Rhone, INI, pag. 56, tav. VI, VII. 1891. - — Foorp. Cutal., II, pag. 196 (cum syn.). cfr. 1896. _ — Parona, Saltrio, pag. 14, tav. I, fig. 7. Esemplari n.° 1 (R. Museo geol. Torino) ”. In questo esemplare le suture presentano una più accentuata arcuato-retroversione di quello che non si verifichi nell’esemplare tipico di Saint Fortunat descritto e figurato da DumortiER, al contrario di quanto avviene nell’esemplare di Saltrio descritto e figurato dal prof. PaRroNA [v. sin.] in cui le suture differiscono da quelle del tipo per esser ancor meno arcuate all'indietro. Ma queste differenze hanno forse un valore puramente individuale. Come appendice a queste mie ricerche sui Cefalopodi sinemuriani di Ponte Alto desidero ora ripor- tare qui un elenco sommario dei Gasteropodi, Lamellibranchi e Brachiopodi da me riconosciuti tra i fos-. sili raccolti nella medesima località; in attesa che sia data opportunità al sig. T. MorENA di eseguire, secondo che egli ne ha mostrato intenzione, studî più ampi e dettagliati al riguardo. 4) Altri grossi e malconservati esemplari di Nautili fanno parte della collezione MoRENA. Alcuni di questi mi sembrano riferibili, con riserva, al Nautilus semistriatus D’ ORB. [23] G. BONARELLI TArd Scurriopsis altissima Gemr. (Cale. crist. di Casale e di Bell., pag. 380, tav. XXVIII, fig. 44-46; tav. XXIX, fig. 3,4, 1878). — Due belli e ben caratterizzati esemplari, uno dei quali fa parte della collezione Morena, men- tre l’altro venne appunto donato dallo stesso sig. Morena a questo R. Museo geologico di Torino, ove attual- mente si conserva. Scurria undatiruga Gem. (Op. cit., pag. 377, tav. XXVIII, fig. 51-55, 1878). — Un esemplare, perfetta- mente identico alla fig. 53,54 citata ora in sinonimia, si conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Un altro grosso bellissimo esemplare fa parte della collezione MoRENA. Pseudomelania f. f. ind. — Parecchi esemplari allo stato di frammenti specificamente indeterminabili. Col- lezione MoRENA. Scaevola liotiopsis Genm. (op. cit., pag. 343, tav. XXVII, fig. 3-6, 1878). — Un frammento di giro allo stato di modello interno. Collezione Morena. Scacvola busambrensis Gewm. (Op. cit., pag. 341, tav. XXVII, fig. 1, 2, 1878). — Un grosso, malconservato esemplare allo stato di modello interno. Collezione Morena. Cardinia f. ind. — Piccolo modello interno, troppo malconservato perchè mi sia permesso di tentarne la determinazione specifica. Collezione Morena. *4) Plagiostoma gigantea [Sow.] (Parona. Saltrio, tav. II, fig. 6, 1890). — Due esemplari di piccole dimensioni, forniti in parte del guscio e perfettamente corrispondenti alla citata figura del Parona. Collezione Morena. * Plagiostoma punetata [Sow.] (Cnap. e Dew. Luremb., tav. XXX, fig. 4, 1853). — Quattro esemplari della collezione Morena. Conservano in parte il loro guscio e corrispondono perfettamente alla citata figura di CHa- PUIS e DEWALQUE. Oxytoma sinemuriensis [p' OrB.] (Avicula in Dux. Bass. du Phone, II, pag. 68, tav. XV, fig. 8, 1867). — Un esemplare. Collezione MorENA. Chlamys Hehli (0° OrB.). — Un esemplare assai grande della collezione Morena. Differisce lievemente dagli individui tipici di questa forma per essere un po’ più allungato. Clamys Uhligi Gem. et pi BLAs. (Cale. crist. di Casale e di Bell., pag. 394, tav. XXX, fig. 8-10, 1878). — Un frammento di non dubbia determinazione. Si conserva in questo R. Museo geologico di Torino. Clamys Veneris Gem. et pi BLas. (Op. cit., pag. 396, tav. XXX, fig. 11, 12, 1878). — Una valva ed il suo modello esterno, mancanti delle orecchiette, ma di non dubbia determinazione. Si conservano in questo R. Mu- seo geologico di Torino. * Amusium Stolicxkai Gem. (Op. cit., pag. 404, tav. XXX, fig. 19, 20, 1878). — Un esemplare identico, per forma e dimensioni, alla figura del GewweLLaro. Collezione Morena. Pecten f. f. — Parecchi esemplari allo stato di frammenti indeterminabili. Collezione MorrNA. Exogira? n. f. (Ostrea cfr. chillyensis [TQ. et P.] Parona. Saltrio, pag. 10, tav. I, fig. 8, 1890). — Un esemplare della collezione Morena. Si distingue dalla Gryphaea arcuata in GoLprvss (Petr. Germ., pag. 28, tav. LXXXIV, fig. 2, 1834) per essere più larga, la regione apiciale più rigonfia, per aver l’apice più ricurvo e de- cisamente saldato al margine anteriore della valva stessa, come appunto sì verifica nelle forme tipiche di Exogyra, dalle quali peraltro questo esemplare di Ponte Alto notevolmente si distingue per la presenza di un seno late- rale ben demarcato. L'area muscolare si presenta solcata e striata. Gryphaea arcuata ? Lx. — Tre piccoli esemplari della collezione Morena. Si distinguono dagli esemplari tipici di questa forma per avere una ornamentazione più grossolana ed il seno laterale più profondo, spostato verso la linea mediana delle valve. Ostrea irregularis Minsr. in Dum. (Bass. du Rhone, II, pag. 223, tav. XLIX, fig. 1,2, 3, 1867). — Due esemplari. Collezione MoRrENA. Ostrea f. f. ind. — Parecchi esemplari e frammenti indeterminabili. 1) Devo alla cortesia del mio maestro, prof. C. F. PARONA, la determinazione degli esemplari segnati con asterisco. 78 G. BONARELLI [24] Spiriferina rostrata (Scuuoma.) auct. — Parecchi esemplari, alcuni dei quali, gentilmente donati dal sig. Mo RENA, si conservano in questo R. Museo geologico di Torino. Spiriferina angulata Orr. — Parecchi esemplari, come sopra. Spiriferina obtusa Orr. — Un piccolo malconservato esemplare, venne da me raccolto nella Cava di Ponte Alto e si conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Parecchi esemplari di questa forma fanno parte della collezione MoRrENA. * Spiriferina alpina Orr. — Parecchi esemplari, come sopra. * Spiriferina cfr. pinguis (Zrer.). — Un esemplare. Differisce dalle figure del Gryer date per questa forma (Hierlatx, tav. IX, fig. 13-16, 1889) per avere l’apice della valva perforata meno ricurvo. Venne da me raccolto alla Cava di Ponte Alto e si conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Spiriferina cantianensis Canav. — Molti esemplari. * Rhynchonella cfr. tetraedra Sow. — Moltissimi esemplari. Rhynchonella aptycha Canav. — Un solo esemplare; si conserva in questo R. Museo geologico di Torino. * Rhynchonella pisoides Zirr. — Due esemplari, come sopra. Rhynchonella variabilis Scar. — Molti esemplari. Rhynchonella Alberti Opp. — Non frequente. Rhynchonella Paoliù CAnAav. — Parecchi esemplari. * Rhynchonella cfr. retusifrons Orr. — Tre esemplari. Vennero da me raccolti alla Cava di Ponte Alto e si conservano attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Rhynchonella Mariotti Zirr. — Alcuni esemplari. Rhynchonella Mariotti Zi. var. con tre pieghe sul lobo e due nel seno. — Un esemplare, raccolto da me, sì conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Rhynchonella retroplicata Zirr. — Molti esemplari. Waldheimia cfr. mutabilis Orr. (Fucini. Monte Pisano, tav. VII, fig. 31, 1894). — Una valva brachiale. Raccolta da me alla Cava di Ponte Alto, si conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Dif- ferisce dalla figura del Fucini per essere un poco più convessa. Per tutti gli altri caratteri le corrisponde per- fettamente. Waldheimia Bonarelliv Canav. in litt. — Tre esemplari, di cui uno, il tipico, fa parte della interessante collezione Morena. Gli altri due, donati assai gentilmente dallo stesso sig. MoRrENA, si conservano ora in questo R. Museo geologico di Torino. Pygope Aspasia Mon. — Non rara nel deposito sinemuriano di Ponte Alto. Due esemplari di questa forma, raccolti da me, si conservano attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Pygope rheumatica Canav. var. depressa Canav. — Un esemplare di questa forma, determinato dal sig. Mo- RENA, fu da questi gentilmente donato al R. Museo geologico di Torino dove attualmente si conserva. * Terebratula juvavica Gey. — Una valva brachiale ben conservata. R. Museo geologico di Torino. Terebratula cerasulum Zirr. — Moltissimi esemplari. Terebratula n. f.? - piccola, stretta, alta, rigonfia, con apice voluminoso e ricurvo fornito di un ampio fo- rame. Valva brachiale poco convessa con leggera depressione sulla regione apiciale. Margine frontale rettilineo. — Un esemplare determinato dal MoreNnA come appartenente alla Terebratula punctata Sow., fu gentilmente donato al R. Museo geologico di Torino, dove si conserva. Questo mio elenco è ben lungi dal fornire una adeguata idea della ricchezza e varietà della fauna sinemuriana della Cava di Ponte Alto. È da augurarsi adunque che l’egregio sig. MorENA, usufruendo degli incoraggiamenti e degli aiuti che da parecchi paleontologi assai gentilmente gli vengono elargiti, possa ben presto mandare a termine lo importantissimo studio che da parecchio tempo egli ha cominciato sui Gasteropodi, Lamellibranchi, ‘ [25] G. BONARELLI 79 Brachiopodi ed Echinodermi del calcare sinemwmiano della Cava di Ponte Alto, i quali fanno parte della sua collezione. Allora soltanto sarà possibile agli studiosi di formarsi un criterio esatto della importanza di codesto prezioso materiale paleontologico radunato con tanto amore e diligenza, nello spazio di circa tre anni, e tenuto con tanta gelosa cura dal proprietario. Intanto ricorderò che una parte di questo materiale fu già inviata, per esame, al prof. CANAVARI. L’illustre studioso dell'Appennino centrale riconobbe, tra i fossili che facevano parte di tale invio altre forme molto interessanti che non figuravano nel materiale di cui a me fu dato disporre. Esse sono le seguenti: Cephalopoda. Atractites orthoceropsis (MGH.). Vautilus cfr. semistriatus D’ ORB. Gasteropoda. Amberleya (?) Morenai n. f. Canav. Zygopleura f. ind. Brachiopoda. Ehynchonella Paolii Canav. var. depressa. Waldheimia Morenai n. f. Canav. » cfr. Briseis Gem. » n. f. Canav. » cfr. Ciami Fuco. » n. f. Camav. » plicatissima Quensr. in Gery. Zeilleria Piaxzii Gem. » Zitteli Gemm. Terebratula punetata Sow. » cfr. Fraasi OPP. in Gem. » sphenoidalis MGx. » pectiniformis CANAV. » cfr. Taramelli Gem. » Sordelliù PAR. » cfr. rudis GEM. Waldheimia cfr. Engelhardti Orr. in Gem. » catriana n. f. CANAV. » venusta Un. Echinoidea. Cidaris rhopalophora Zrt. Cidaris filogranoides Mer. (ined.). » cfr. laevis CanAv. Diademopsis (?) f. ind. Così, per le determinazioni del prof. CanavARI, del prof. PARONA, del sig. MoRENA, e mie, la fauna del “ Marmarone , e della “ Corgnola , della Cava di Ponte Alto in Foci di Cagli, si presenta finora costituita da 90 forme (20 Ammonidee [9 delle quali vengono ora da me descritte come nuove per la scienza], 2 Nautili, 1 Atractites, 7 Gasteropodi [1 nuovo], 20 Pelecipodi [1 nuovo], 43 Brachiopodi, 4 Echinodermi). Tutte le Ammonidee (non tenendo conto delle forme nuove peculiari della località di Ponte Alto), risultano essere decisamente caratteristiche del sinemuriano superiore, per le numerose ricerche dei varî autori che ho citato volta per volta (nelle sinonimie delle forme che ho descritto) sulle condizioni stra- tigrafiche dei giacimenti italiani e stranieri (particolarmente del bacino mediterraneo) in cui si rinvennero. E siccome, tra gli elementi delle faune marine secondarie, la maggiore importanza nella determinazione cronologica dei terreni è presentata dalle Ammoniti (secondo il consenso generale dei paleontologi), 80 G. BONARELLI [26] così rimane più che certa la età sinemuriana del giacimento fossilifero della Cava di Ponte Alto ed il suo perfetto sincronismo con le seguenti formazioni liasiche della prealpe italiana, della Toscana e della Sicilia. I. Calcare grigio-marnoso di Erto, del Monte delle Fratte, di Sospirolo e dell’Al- tipiano di Campo rotondo ” nel Veneto con Lytoceras Pironai (Man.). — Erto. (Aspidoc. Pironai Mex. in litt. TarameLLI. Prov. venete, pag. 74, tav. IV, fig. 1-8, 1880. [cfr. Lytoc. articulatum (Sow.), Hermanni Guns., Winner. unt. Lias, pag. 44 (255), tav. 3, fig. 3, 1894]). Ectocentrites (?) forojuliensis (Maa.) — Erto. (Lytoc. forojuliense Mou. in litt. TaraweLLI. Prov. venete, pag. 74, tav. V, fig. 1,2, 1880). Arnioceras f. f. — Erto, Monte delle Fratte, Frane di Sospirolo, Altipiano di Campo rotondo. (Arzetites roti- formis TarameLti (non Sow.). Prov. venete, pag. 78, tav. VII, 3,4, 1880 [?= semicostatum, Y. et B., in WRIGHT]). Arnioceras (?) f. — Erto. ( Arietites Conybeari TaraweLLI (non Sow.). Prov. venete, pag. 78, tav. VIII, fig. 1,2, 1880). Asteroceras stellare (Sow.). — Erto. (Arietites stellaris TaraxeLLI. Prov. venete, pag. 79, tav. VIII, fig. 3, 4, 1880). Asteroceras obtusum (Sow.) — Erto. (Arietites obtusus TarameLni. Prov. ven., pag. 79, tav. VIII, fig. 5, 6). Microderoceras Birchi (n° OrB.). — Erto (Aegoceras Birchi TarameLLI. Prov. ven., pag. 75, tav. VI, fig. 1). Oxynoticeras f. -—- Erto. (Amaltheus Guibalianus TarAmeLLI [non D’ORB.]. Prov. venete, pag. 73, Tav. II, fig. 4,5, 1880). nonchè Gasteropodi, Pelecipodi, Echinodermi e numerosi Brachiopodi riscontrati dall’ URLIG ? nel calcare di Sospirolo con fauna a facies hierlatziana, ritenuta già, da alcuni autori, medio-liassica. Fatta in parte eccezione per Sospirolo, nulla ancora si sa di preciso intorno alle condizioni tettonico- stratigrafiche del sinemuriano superiore, delle Prealpi venete, specialmente perchè i Cefalopodi qui sopra citati vennero raccolti dal prof. TARAMELLI e da altri nelle varie località sopraindicate in mezzo a mate- riali franati, promiscuamente ad altri fossili caratteristici di terreni più recenti. II. “ Corso inferiore , ® di Botticino-Mattina, del Monte Pelado e del Poggio S. Martino tra Rez- zato e Virle, delle Cave di Mazzano ecc. nella Prealpe bresciana, con Ammoniti indeterminabili. Nelle cave abbandonate del Poggio S. Martino sopra Rezzato, ne trovai parecchi esemplari in assai cattivo stato di conservazione. “ Strati di S. Eufemia , ® con Asteroceras stellare (Sow.). La « Corna » bresciana sottostà al « Corso inferiore» e deve riferirsi al sinemuriano inferiore. 4) TARAMELLI. Prov. venete, pag. 48, 73, 74, 75 ecc., 1880. ?) Lias Brachiopodenf. 1879. 3) TARAMELLI. Prov. ven., pag. 63-70, 1880. 1 CozzAGLIo. Riviera bresciana del Lago di Garda, pag. 14, 1891. [27] G. BONARELLI 81 III. Strati calcareo-marnosi del Monte Albenza e del Monte Misma, nel Bergama- sco, con Asteroceras stellare Sow. 4). Gli strati fossiliferi di Carenno in val d’Erve contengono Ammonidee caratteristiche dell’ ettangiano ( Lias inferiore ad angulati ®). IV. Formazione calcarea-sinemuriana dei dintorni di Erba in Brianza, con Microderoceras Birchi (Sow.)®. Questa formazione stratificata si estende per tutta la regione briantea da Lecco a Como presentan- dosi molto uniforme nel suo sviluppo e nella sua natura litologica. Nella sua parte inferiore, e più precisamente nelle località di Careno, Urio Lenno, Laglio, Pognana, Monte Palancone (sponda orientale del ramo di Como), Civate (presso Valmadera) e Monte Turbiga in Vallasina si ri- scontrarono fossili riferibili al sinemuriano inferiore ‘). Anche nelle località extra-briantee d’ Alpe Loggio di Ponna in Vall’ Intelvi, del Montegeneroso, di Moltrasio e Carate-Lario sulla sponda occidentale del ramo di Como, si raccolgono, nella medesima formazione calcarea, dei fossili riferibili al sinemuriano inferiore °). V. Gli strati liassici del Baraccone di Pouriac nell’ alta valle della Stura di Cuneo sembrano rappresen- tare tutto intero jl sinemuriano giacchè i fossili indicati dal prof. Sacco % per questo piano si presentano in parte caratteristici del sinemuriano inferiore ed in parte del sinemuriano superiore. Gli « scisti lionati » dei dintorni di Spezia” sembrano, di preferenza rappresentare il cosidetto sinemuriano medio (geometricum-zona), almeno per quel che risulta dall’ esame che ho potuto fare di alcuni fossili di questa formazione della quale peraltro si hanno alcuni strati che si intercalano ai «calcari grigi con ammoniti limo- nitizzate » dell’ ettangiano superiore (zona ad angulati)®. VI. Il “ Calcare rosso ammonitifero inferiore , dei dintorni di Spezia ®, dell’ Isola d’ Elba !% e della Toscana ! con numerosi Cefalopodi, Gasteropodi, Pelecipodi e Brachiopodi che formarono argo- mento di pregevolissime pubblicazioni, fra le quali ricorderò, come quelle che, ultime venute, riassumono ed illustrano il contenuto delle precedenti, la classica monografia del prof. De STEFANI! ed il pregevole (a TARAMELLI. Prov. ven., pag. 79, 1880. 2 ParoNA. Cale. nero, pag. 17, 1898 (con bibliogr.). TARAMELLI. Prov. ven., pag. 75, 1880 (con bibliogr.). 4 PARONA. Cale. nero, pag. 4, 1898. PARONA. L.c., pag. 4, 1898. 5 PARONA. L.c., pag. 7, 1896. 7 CANAVARI. Lias. inf. di Spezia, pag. 199, 1888. 8) CANAVARI. Op. cit. CANAVARI. Op. cit. 10) DE STEFANI. Lias inf. ad arieti, pag. 26, 1886. 15) DE STEFANI. Op. cit., 1886. 12) De STEFANI. Op. cit., 1886. D Li ) Palaeontographia italica, vol. V, 1899. ll 82 G. BONARELLI [28] studio recentemente pubblicato dal Fucini ®. La fauna di Ponte Alto presenta in comune con quella del Rosso ammonitico di Toscana i seguenti cefalopodi: Asteroceras stellare (Sow.). Lytoceras altecinctum (ERB.). Armioceras ceratitoide (QueNsT.). Questo elenco peraltro è ben lungi dall’ essere completo e si attende che i preziosi materiali dei Musei di Firenze, di Pisa, di Bologna ecc. formino oggetto di altri studî e ricerche, tanto da rendere più evidente il sincronismo delle due faune. [Il «Calcare cereo » del Monte Pisano ® si presenta, per la sua fauna, riferibile in parte all’ ettangiano ed in parte al sinemuriano inferiore]. [Della stessa età sembra essere il Lias inferiore di Rossano Calabro ?)]. VII. Calcare bianco cristallino delle Montagne di Casale e di Bellampo, nella provincia di Palermo, con pochi Cefalopodi e moltissimi Gasteropodi, Pelecipodi e Brachiopodi già descritti dal prof. G. G. GemmeL- Laro #. Il nostro “ Marmarone ,, si presenta litologicamente identico a questo calcare. Giova ora notare che nessuna delle forme indicate per il Lias inferiore dell'Appennino centrale nei lavori dello ZitteL ?, del prof. PARONA e del prof. CanavaRI ® venne riscontrata nella fauna di Ponte Alto, e questo, come già dissi, per la ragione che dette forme provengono dalla parte del calcare mas- siccio che va riferita al sinemuriano inferiore presentandosi più antica del “ Marmarone ,, e della “ Cor- niola , della Cava di Ponte Alto. D'altra parte a me sembra di poter affermare che parecchi fossili raccolti nelle Foci di Cagli-Can- tiano e descritti dallo ZrtteL e dal CanAavARI come appartenenti al Lias medio (“strati a Terebratula Aspasia MGH.,) provengono invece dalle assise sinemuriane della indicata località. Tale mia affermazione è avvalorata dai seguenti indizi: Lo ZirteL descrive ® (la maggior parte come nuove): Terebratula cerasulum Zur. Ehynchonella subdecussata Minsr. n. var. Waldheimia apenninica Zinr. » Meneghini Zum. Ehynchonella retroplicata Zmr. Spiriferina rostrata Sow. » pisoides Zinr. » cfr. angulata OrP. » Mariotti Zur. « raccolte “ aus den Steinbriichen an der Strasse zwischen Cagli und Cantiano ,. Ora, la maggior parte di queste cave sono praticate appunto nelle continuazioni degli strati che formano lo affioramento di Ponte Alto con Cefalopodi sinemuriani e che immediatamente sovrastanno al “ Massiccio ,, mentre al disopra 1) Palaeontogr. italica, Pisa, 1898. ? FucINI. Cale. ceroide del Monte Pisano, 1894. 3) Greco. Lias inf. di Rossano Cal., 1893. i) Faune giures. e lias., 1878. 5) Geol. Beob. aus d. Centr. Ap., 1869. 8 Vedi nota alla prima pag. del presente lavoro. 7) Op. cit. « Mittlerer Lias ». [29] G. BONARELLI 83 di questi strati se ne hanno altri, pure calcarei e poco diversi dai primi, ma industrialmente scadenti e perciò poco utilizzati (talchè in essi non sono aperte delle cave vere e proprie), i quali indubbiamente vanno riferiti al Lias medio perchè vi si riscontrano fossili (Cefalopodi) caratteristici del Charmoutiano inferiore. Altri Brachiopodi delle suddette cave vennero comunicati dal conte Towi di Spoleto e dal prof. Mrci di Urbino al prof. CanavaRI, che li riferì ” alle seguenti forme: Spiriferina cantianensis CAnAv. Waldheimia Engelhardti OrP. » cfr. Pichleri Neux. Ehynchonella retroplicata Zur. Terebratula punctata Sow. » cfr. Meneghini Zmn. Come si vede, la maggior parte di questi Brachiopodi descritti dallo ZrrteL e dal CAnAavaRI fanno parte della fauna di Ponte Alto. Ora osservo che in parecchie altre località dell'Appennino centrale (cito fra queste “I Campi delle Monnece ,, “i Campi dell’ Acqua , nel Camerinese, “ La Rocchetta ,, presso Arcevia) affiorano strati calcarei che ritengo sincroni a quelli di Ponte Alto essendo che in essi si rin- vengono in buon numero ® i medesimi sopraindicati Brachiopodi. Sarebbe in ogni caso opportuno ese- guire ampie indagini nelle accennate località, onde risolvere tale questione. Torino, R. Museo geologico, maggio 1899. 1) Nuovi Brachiop. d. Strati a Terebr. Asp., 1881. 2) CANAVARI. Contrib. III alla conosce. degli Str. a Terebr. Asp., 1884. C. BOSCO I RODITORI PLIOCENICI DEL VALDARNO SUPERIORE * (Rave I) Questo ordine di animali costituito per la massima parte da specie di piccole dimensioni è rappre- sentato nel pliocene lacustre del Valdarno Superiore, pur così ricco delle spoglie di altri mammiferi più grossi, da un numero molto limitato di resti i quali fin qui erano rimasti in gran parte inediti, e solo di alcuni si avevano sommarie descrizioni; alcune specie poi erano conosciute unicamente perchè comprese in elenchi della fauna di quella località, ma non erano state per nulla descritte, sebbene qualche paleon- tologo avesse loro attribuito nomi specifici distinti. Ho ritenuto perciò che potesse interessare lo studio di tale ordine di mammiferi, e ne pubblico ora i risultati ?). Le specie che ho riscontrate sono otto: Castor plicidens MAJOR. Lepus valdarnensis WEITHOFER. Trogontherium Cuvieri Fiscuer. — etruscus Bosco. Arvicola pliocenicus MAJOR. =. Gi Hystrix etrusca Bosco. Lagomys sp. Escludendo le indeterminate si osserva che due sole specie, il yogortheriwm Cuvieri e la Hystrix etrusca sono comuni ad altre località; le altre sono speciali al Valdarno Superiore. Ma siccome i resti dei roditori per la loro piccolezza facilmente vanno distrutti o sfuggono all’attenzione dei soliti rac- coglitori, così abbiamo in generale solamente dei piccoli frammenti che male si prestano a confronti; non è esclusa quindi la possibilità che qualche specie del Valdarno Superiore abbia in avvenire ad essere identificata con quelle di altri giacimenti, qualora venissero alla luce esemplari più completi. È importante però il fatto che nessuna specie attualmente vivente siasi trovata nella fauna dei ro- ditori del Valdarno Superiore. 4) Ringrazio il professore CarLo De SrEFANI d’aver posto a mia disposizione il ricco materiale e la bellissima biblioteca del Museo paleontologico di Firenze, l’ Accademia Valdarnese Del Poggio in Montevarchi che mi permise lo studio del materiale del suo Museo, ed i professori ExrIco H. GiGLIoLI ed Errore REGALIA ed il sig. ENRICO BERCIGLI che mi fornirono il materiale di specie viventi che mi servi pei confronti. 2 Questa memoria avrebbe dovuto essere ultimata fin dall'anno passato; ma per circostanze speciali avendo io dovuto interrompere il lavoro, pubblicai a parte la descrizione della Hystrix etrusca, la sola pronta quando si stampò il volume IV (1898) della Palaeontographia Italica. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 12 86 C. BOSCO [2] Fam. Castoridae. Castor plicidens Mayor. — Tav. XI [I], fig. 1-3; Tav. XII [II], fig. 1. 1875. Castor plicidens Mayor. Considerazioni sulla fauna dei mammiferi pliocemici e postpliocenici di Toscana. Atti della Società toscana di scienze naturali, vol. I, pag. 40. Pisa. 1876. — Rosinae Masor. Sul livello geologico del terreno nel quale fu trovato il cranio dell’'Olmo. Archivio per l’ antropologia e l’etnografia, vol. VI, pag. 345. Firenze. Animale di statura alquanto maggiore del vivente Castor fiber Lixn., e proporzionalmente più robusto; con ossa nasali larghe anteriormente ed umite alle premascellari mediante una linea di sutura poco convessa, come mel Castor fiber europeo; mandibole con ramo ascendente della branca che prende origine più all’indietro e fa col ramo orizzontale un angolo più ottuso che nella specie vivente; incisivi molto larghi; molari assui sporgenti le cui tre pieghe interne di smalto negli individui adulti si mostrano sul piano di masticazione sotto forma di linee sinuose, suddivise in pieghettine secondarie. Di questa specie furono finora scoperti: a) Una porzione anteriore di cranio di adulto, di cui non si conosce la precisa località di rinvenimento, che è indubbiamente però il Valdarno Superiore; appartenne alla collezione dell’antico Museo di fisica e storia naturale di Firenze, ed ora trovasi nel Museo paleontologico di questa città; (Tav. XI [I], fig. 3,30). b) Una branca destra di mandibola di adulto, trovata alle Strette delle Ville presso Terranova, ed ora nel suddetto Museo; (Tav. XI [I], fig. 1, 10,15). c) Una branca sinistra di mandibola di adulto, scavata a S. Giovanni in Valdarno, ed ora appartenente al Museo dell’Accademia Valdarnese di Montevarchi; (Tav. XI [I], fig. 2,20, 20). a) Un'altra branca sinistra di mandibola, ma di giovane, proveniente dalle Strette delle Ville presso Terranova, ed ora nel Museo paleontologico di Firenze; (Tav. XII [II], fig. 1,10). La parte anteriore di cranio (Tav. XI [I], fig. 3,3) è ridotta alle ossa nasali e premascellari, ma in- complete ed assai deformate. Conserva i due incisivi, di uno dei quali, il sinistro, è però rotta l’estre- mità a scalpello. Le ossa nasali sono alquanto larghe anteriormente, e la loro sutura colle mascellari si presenta come una linea poco convessa; ambedue questi caratteri sono comuni al Castor fiber d° Europa, e lo distinguono da quello del Canadà. Gli incisivi sono molto grossi, e proporzionalmente è assai più larga che nella specie vivente la loro faccia anteriore ricoperta di smalto. In corrispondenza del maggiore sviluppo degli incisivi è la maggiore lunghezza dell’apofisi palatina delle ossa intermascellari, e la minore sua curvatura. Altre osservazioni non si possono istituire su questo frammento assai incompleto; se non che le sue dimensioni indicano che appartenne ad un individuo alquanto più grosso dei viventi castori. Della branca destra di mandibola delle Strette delle Ville presso Terranova (Tav. XI [I], fig. 1,14, (10) è troncato il ramo ascendente poco oltre il foro mandibolare; mancano perciò i processi coronoide ed angolare. [3] Cc. BOSCO 87 Tutti i molari sono in posto e bene conservati, ad eccezione di uno spigolo rotto nel premolare, e dallo stato di consumo della superficie triturante deducesi trattarsi di un individuo adulto; l’incisivo è rotto, e ne è conservata la sola parte chiusa nell’alveolo. Le dimensioni di questa branca sono alquanto maggiori di quelle che si riscontrano nel vivente C. fider. Prendendo per base» di confronto la lunghezza della serie molare si osserva che nel fossile l’altezza della branca è proporzionalmente maggiore che nel castoro vivente, mentre ne è un po’ minore lo spes- sore misurato dietro il primo molare, e che la lunghezza del diastema è uguale nelle due specie. Il ramo ascendente della branca prende origine più all'indietro, e doveva fare col ramo orizzontale un angolo più ottuso, come può rilevarsi dalla minore inclinazione del margine anteriore del processo co- ronoide, e del margine inferiore del processo angolare. La linea obliqua esterna, che si continua col margine anteriore del processo coronoide, è un po’ più rilevata che nel C. fiber, ed il processo stesso pare dovesse essere alquanto più robusto: il margine in- feriore del processo angolare presentasi assai più largo. La branca forma col diastema un angolo più ottuso e più arrotondato che nella specie vivente. Le rugosità per dare attacco al muscolo massetere sono più pronunziate, ed anche tutte le altre in- serzioni muscolari mostrano di essere state più forti. Ma la caratteristica principale di questo fossile sta nei suoi molari, provvisti come nelle altre specie del genere Castor di una piega di smalto sul lato esterno e di tre sul lato interno. Ma queste tre, invece di presentarsi sulla superficie triturante mediante linee nette, come nel C. fiber, si mostrano sotto forma di linee sinuose, spesso suddivise in numerose pieghettine secondarie, che danno al dente visto dall’alto un aspetto caratteristico che fa giudicare bene appropriato l'appellativo C. plicidens attribuito dal MAJOR a questa specie. Oltre a questa differenza principale è ancora da osservare che i molari sono più sporgenti dagli al- veoli, hanno spigoli più arrotondati, e lobo posteriore (porzione del dente che è dietro alla piega di smalto esterna) più lungo che nella specie vivente. Nel frammento di incisivo si rileva che il suo diametro antero-posteriore era nelle stesse propor- zioni, rispetto alla lunghezza della serie molare, che nel C. fiber; ma che invece era assai più larga la faccia coperta dallo smalto. Carattere questo che trova corrispondenza negli incisivi superiori di questa specie fossile. La branca sinistra di mandibola di S. Giovanni (Tav. XI [I], fig. 2, 24,20) è rotta immediatamente dietro all’ultimo molare, che rimane così in parte allo scoperto. Le dimensioni di questa branca sono leggermente maggiori di quelle della branca destra delle Strette delle Ville, di cui però ha tutti i caratteri che la fanno differire dalla specie vivente, cioè: maggiore al- tezza, minore spessore dietro al primo molare, più ottuso e più arrotondato l’angolo formato dalla branca col diastema, e maggiore obliquità del margine anteriore del processo coronoide. È però da osservare che detto margine è più affilato, e le rugosità per inserzioni muscolari meno pronunziate che nella branca destra suddetta. I molari sono tutti ottimamente conservati e dallo stato di consumo della superficie masticante si deduce trattarsi di un individuo giunto all’età adulta; essi hanno la spiccata caratteristica del Custor plicidens nel frastagliamento delle tre pieghe interne di smalto e nella maggiore sporgenza degli alveoli ; a differenza però della branca destra delle Strette delle Ville essi sono un po’ meno arrotondati, poichè hanno il lobo posteriore più compresso: e quindi è proporzionalmente maggiore il loro diametro trasver- sale in confronto dell’ antero-posteriore. 88 €. BOSCO [4] La parte scoperta dell’ultimo molare mostra le radici cortissime, e la piega esterna di smalto che dalla superficie triturante giunge fino all'origine delle radici stesse. L’incisivo è rotto in corrispondenza del margine alveolare; però la rottura della porzione posteriore della branca ne ha messo allo scoperto quanto sta sotto all'ultimo molare, e qui si osserva che mentre il diametro antero-posteriore di questo incisivo è uguale a quello della branca destra delle Strette delle Ville, il diametro trasversale, cioè la larghezza della faccia ricoperta di smalto, è ancora maggiore. La branca sinistra di mandibola delle Strette delle Ville presso Terranova (Tav. XII [II], fig. 1,10) è ridotta ai soli denti molari e ad un frammento di parte ossea nel quale trovasi ancora impiantata l'estremità posteriore dell’ incisivo. Tanto il premolare che i tre veri molari non hanno ancora la forma perfettamente prismatica, ma sono più grossi in basso che in alto; ciò prova che l’animale non aveva ancora raggiunto l’intero suo sviluppo; e che si trattasse di un individuo giovane è confermato dall'esistenza sulla superficie triturante del premolare, l’ultimo a spuntare dei denti permanenti, di alcune isolette di smalto che sono il pas- saggio intermedio dalla superficie tubercolare del dente appena uscito dall’ alveolo a quella a pieghe degli individui adulti. La superficie triturante dei tre veri molari mostra ben nette le solite pieghe di smalto, una rivolta all’esterno, e tre all’interno; ma queste pieghe sono lisce come nel C. fiber e non frastagliate. Con ogni probabilità fu la mancanza di tali frastagliamenti che indusse il MaAyoR a riferire questa branca ad una nuova specie che egli denominò Castor Rosinae; ma avendo io fatta una sezione nella parte inferiore del premolare e del primo molare, vi riscontrai il frastagliamento delle pieghe di smalto già osservato nei denti di castoro adulto del Valdarno Superiore. Non vi ha dubbio perciò che anche questo esemplare debba riferirsi al Castor plicidens, di cui pos- siamo dire che la complicazione nelle pieghe dello smalto mancava nei giovani e non compariva che nel- l'età adulta. Nè la parte ossea di questo esemplare, nè l’incisivo, permettono alcuna osservazione. MISURE Porzione anteriore di cranio. Larghezza dell'osso nasale verso l’ estremità anteriore ò È c 2 È c circa mm. 14,5 Lunghezza dell’ apofisi palatina dell’intermascellare . S - : È 0 7 È » 26,1 Diametro antero-posteriore degl’incisivi superiori 5 Ò . . o . . 6 » 9,6 » trasversale » » Ù 2 È 5 È : - o » 9,6 Mandibole. Branca destra Branca sinistra Branca sinistra di adulto di adulto di giovane delle Strette delle Ville di S, Giovanni delle Strette delle Ville Lunghezza della serie molare misurata sulla superficie triturante mm. 37 38 S1 » del diastema ” È q Ò È . circa » 25 = Altezza della branca, misurata dietro a Pr. È ) ; » 31,5 32,5 -- » » » » » M3 Ò è . . » 22,2 VE Fi Spessore della branca, misurato dietro a M! h Ò : » 19,5 20 — [5] C. BOSCO 89 Branca destra Branca sinistra Branca sinistra di adulto di adulto di giovane delle Strette delle Ville di S. Giovanni delle Strette delle Ville Diametro antero-posteriore di Pr . . 5 6 . Circa mm. 11 11 8 » trasversale » Ò o È - 6 . » —_ 9,2 Y » antero-posteriore » M! . ; 0 . o c » 9 9 8 » trasversale dn . 6 ; o " » 8,5 9,2 6,5 » antero-posteriore » M? . E : c È 5 » 9 9,5 7,9 » trasversale METIN È ; 5 ri 5 » 8,5 955) ri » antero-posteriore » M3 . o 6 0 ò 0 » 8 8,5 1805) » trasversale Dan , ; 6 ” ; » Ti to) DID » antero-posteriore » I. . 3 , È D » 10 10,5 — » trasversale FAIR GARA È O 5 : Ò » 8,7 9 _ Finora non si è avuta traccia dell’esistenza del genere Castor nei terreni anteriori ai pliocenici; in questi furono indicate le seguenti specie: Castor issiodorensis Crorz.) Di questa specie il PomeL non aveva veduto che dei molari isolati provenienti dal pliocene di alluvione pomiciosa di Perrier (Puy-de-Dòme in Francia) poco differenti da quelli del castoro vivente; le pieghe di smalto della corona erano più eguali fra di loro. Più tardi il GervaIs ? figura una branca sinistra di mandibola di questa specie e della stessa provenienza, ed avverte che nessun carattere sicuramente specifico vi ha riscontrato come differente dal C. fiber; pur tuttavia, siccome parecchie delle specie dello stesso giacimento sono realmente dif- ferenti da quelle del diluvium e dell’epoca attuale, così egli non si crede in grado di affermare che il Castor issiodorensis debba essere riunito alla specie del castoro ordinario. L’esame della figura data dal GeRvaIS convince che effettivamente il castoro pliocenico di Perrier non differisce nè per dimensioni, nè per forma dei molari, dal castoro vivente. Castor praefiber DePÉRET®. Nel bacino pliocenico del Roussillon (Francia) furono trovati un cranio, una branca di mandibola ed un femore, appartenenti ad una specie di castoro alquanto più piccola della vivente, alla quale il DePÉRET trovò alcuni punti di contatto col Chalicomys Sigeri KAuP. del mio- cene superiore. Avendo ottenuto dalla cortesia del prof. DePÉRET i modelli dei molari della specie del Roussillon, ho potuto convincermi dell'assenza della complicazione delle pieghe di smalto, il cui aspetto è si- mile a quelle della specie vivente. Castor veterior LANKESsTER #. Nel Nodule-bed (pliocene) di Suffolk in Inghilterra furono trovati alcuni denti superiori isolati di Castor che dal LANKESTER furono riferiti ad una nuova specie, ©. veterior. L’ autore riscontrò in quei denti una rassomiglianza maggiore con quelli del vivente castoro d’ Europa che con quelli del canadese, e rilevò alcune differenze nella forma delle pieghe di smalto. i) PomeL. Catalogue méthodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts dans le bassin hydrographique su- périeur de la Loire, pag. 20. Paris, 1854. ® GeERVAIS. Zoologie et paltontologie francaises, pag. 20, tav. 48, fig. 13, 134. Paris, 1859. 3) DEPERET. Les animaur pliocènes du Roussillon. Mémoires de la Société géologique de France, Paléontologie, tom. I, pag. 47, tav. IV, fig. 17, 18. Paris, 1890 e tom. VII, pag. 179, tav. XVIII, fig. 33. Paris, 1897. 4) LANKESTER. Ann. mag. Nat. Hist., serie III, vol. XIV, pag. 355. 1864. 90 Cc. BOSCO [6] Il Newron ” che ha descritto e figurato quei denti aggiunge però che le variazioni che si osservano in differenti esemplari di C. fiber gli avrebbero fatto nascere il dubbio sulla validità della nuova specie se non si fosse trovato un altro carattere distintivo che è di maggiore importanza: e cioè che due delle tre pieghe esterne di smalto dei premolari sono solamente aperte all’esterno per una corta di- stanza dalla sommità del dente, mentre nel ©. fiber queste pieghe si vedono all’esterno fin quasi alla base del dente. Non essendo conosciuto alcun premolare superiore di C. plicidens, mi manca il modo di verificare se vi si riscontri il carattere distintivo del ©. veterior. Malgrado ciò non vi può essere dubbio che i due castori differiscano fra di loro, poichè in quello inglese manca la compli- cazione delle pieghe di smalto. Castor fiber Linneo. Nello stesso Nodule-bed, ed anche nei Forest-beds, furono trovati anche alcuni resti di castoro, attribuiti al C. fiber ed illustrati dal Newton 2. Fra essi è un ramo mandibolare sinistro, con tutti i quattro molari in posto, la cui superficie triturante, come scorgesi dalla figura che l’autore ne ha data (Tav. XII, fig. 3 della Memoria: Zhe Vertebrata of the Forest-bed series ecc.) presenta delle pieghe di smalto con piccole crenulature, non così numerose come nel C. plicidens, ma molto simili a quelle di un bellissimo cranio di Castor fiber pospliocenico del Maspino (Arezzo) conservato nel Museo paleontologico di Firenze. Anche nei terreni pliocenici italiani furono trovati diversi resti di castoro, cioè: a) Alcuni denti isolati provennero dalle ligniti del bacino di Leffe in Valle Serio presso Bergamo; essi furono descritti dal Cornania 3 come €. fiber fossilis; e lo SroppPANI* ritenne non distinguibile il castoro fossile di Leffe dal castoro vivente d’ Europa. 5) Di alcuni denti, unica parte non distrutta di uno scheletro quasi intero trovato nel febbraio 1888 in un banco di lignite pliocenica del Colle d’Oro presso Terni diede notizia il TERRENZI 9° che afferma che al Gabinetto di geologia della Università di Roma furono determinati per Castor fiber. c) Dalle stesse ligniti del Colle d'Oro proviene un premolare inferiore destro, che ora trovasi nel Museo paleontologico di Firenze, al quale fu donato dall’ ing. CeLso CaPACCI. Questo dente, che dovette appartenere ad un individuo adulto, è un po’ più grosso che quelli dei castori viventi; inoltre ha il lobo anteriore un po’ più stretto del posteriore. Però in tutto il resto. come anche nell'aspetto delle pieghe di smalto sulla superficie triturante, nessuna differenza esiste dal Castor fiber. d) Nelle ligniti di Spoleto fu rinvenuta una porzione di cranio di castoro. Le ossa non poterono conser- varsi, e non rimasero che i soli molari che dal CrericI 5 furono riferiti al Castor fider. e) Nelle marne Villafranchiane di Castel S. Pietro in Sabina furono trovati alcuni denti di Castor fiber, 1 NewroNn. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 50, tav. V, fig. 13, 14, 15. London, 1891. 2) Newron. The vertebrata of the Forest-bed series of Norfolk and Suffolk, pag. 78, tav. XII, fig. 1-9. London, 1882; — NewtToN. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 49, tav. V, fig. 16. London, 1891. 3) CORNALIA. Mammifères fossiles de Lombardie, pag. 43, tav. 14, fig. 10, 11, 12, 13. Milan, 1858-71. 4) SroppanI. Corso di geologia, vol. II, pag. 670. Milano, 1873. 5) TeRrRENZI. IZ Castor fiber Lixx. trovato fossile al Colle dell’ Oro presso Terni. Rivista Scientifico-industriale, pag. 268. Firenze, 1888. 9 CLERICI. Sul ritrovamento del Castoro nelle ligniti di Spoleto. Bollettino della Società geologica italiana, vol. XIII, pag. 199. Roma, 1894. [7] C. BOSCO 91 studiati dal TuccimeI ! che non riscontrò in essi alcuna differenza dalla specie vivente, tale da auto- rizzarlo a fare del castoro di Sabina una varietà a parte. f) Accenno poi al rinvenimento in una cava di argilla (del pliocene superiore) dipendente dalla fornace Cocchi presso La Quercia in Val di Magra di un dente molare di castoro, finora non descritto, e citato dal MAJOR ?. g) Dalla stessa località della Quercia proviene un lobo posteriore del primo molare inferiore sinistro di castoro, che ora trovasi nel Museo paleontologico di Firenze. Ad eccezione di dimensioni un po’ mag- giori, non è possibile trovare in questo frammento alcuna differenza dalla corrispondente parte di Castor fiber vivente. h) Per ultimo ricordo che il Castor fu citato dal De STEFANI # nel pliocene antico delle ligniti di S. Se- condo nell'interno dell’ Umbria, per alcuni resti ora posseduti dal prof. BeLLuccr di Perugia. Non ritengo inutile di accennare qui che dal Mayor fu indicato il castoro fra i mammiferi di Oli- vola in Val di Magra; ma che però nessun resto di questo genere fu colà rinvenuto, poichè l’incisivo da lui riferito, con qualche dubbio, a Castor, e che ora trovasi nel Museo paleontologico di Firenze, è in- vece di Hystrix etrusca, ed io lo descrissi nella mia Memoria su tale specie ?). Trogontherium Cuvieri Fiscaer. — Tav. XII [II], fig. 2. 1809. Trogontherium Cuvieri Fiscner. Mémoires de la Société des Naturalistes de Moscou, vol. II, pag. 250, Tav. XXIII. 1823. Castor trogontherium Cuvier. Recherches sur les ossemens fossiles, Tom. V, part. I, pag. 60, tav. III, fig. 11, 12. Paris. 1848. Diabroticus Schmerlingi PoxeL. Archiv. des sciences de la Bibliotèque universelle, vol. IX, pag. 167. Genève. 1862. Conodontes Boisvilletti LauGrL. La faune de Suint-Prest, près Chartres (Eure-et-Loir). Bullettin de la Société géologique de France, 2° série, vol. XIX, pag. 715. Paris. Il genere 7rogontherium, esclusivamente fossile, fu fondato nel 1809 dal FriscHER su un cranio di grosso roditore rinvenuto in un deposito sabbioso presso Taganrok, non lontano dal mare d’Azof, a cui impose il nome di Zrogontherimm Cuvieri. Nella sua opera Recherches sur les ossemens fossiles il CuviER riprodusse il disegno di quel cranio, accompagnandolo da una sommaria descrizione, ed emettendo il dubbio che anzichè di un nuovo genere non si trattasse che di una nuova specie di Castor, per la quale poteva adottarsi il nome Castor trogontherium. 1) Tuccimri. Alcuni mammiferi fossili delle provincie Umbra e Romana. Memorie della Pontificia accademia dei Nuovi Lincei, vol. VII, pag. 6 dell’estratto, tav. V, fig. 2,24,3. Roma, 1891. 2) ForsyrH-Maysor. L’ossario di Olivola in Val di Magra. Processi verbali della Società toscana di scienze naturali, Adunanza 3 marzo 1890, pag. 76. Pisa. 3) Dn STEFANI. Molluschi continentali pliocenici d’Italia. Atti della Società toscana di scienze naturali. Pisa,1876- 1884, pag. 161 dell’ estratto. 4 CAPELLINI. Sul giacimento di vertebrati fossili ad Olivola nelle Alpi Apuane. Bollettino della Società geologica italiana, vol. VIII, pag. 273. Roma, 1869; — ForsyTH-MagoR. L’ossario di Olivola, ecc., pag. 75. 5) Bosco. La Hystrix etrusca. Palaeontographia italica, vol. IV (1898), pag. 142, tav. X [I], fig. 6. Pisa, 1899. 92 €. BOSCO l [8] Successivamente furono attribuiti a Zrogontheriwm Cuvieri alcuni resti di grossi roditori rinvenuti nei Forest-beds d’ Inghilterra, e negli strati pliocenici di Saint-Prest presso Chartres in Francia. È bensì vero che, dando soverchia importanza alle minime differenze nella forma dei denti e nel numero e dispo- sizione delle loro pieghe ed isole di smalto, si tentò da qualche naturalista di attribuire a generi di- versi quei resti fossili, come fecero il Power ” che ritenne quelli descritti da Owen ? e trovati nei Forest- beds essere riferibili a Diabroticus Schmerlingi; il Lavert ® che chiamò Conodontes Boivilletti il roditore di Saint-Prest; ed il Gervars #* che confermò tale determinazione, soggiungendo che dovevano riferirvisi anche i resti descritti da Owen come Zrogontherium Cwvieri. Ma nel 1882 E. T. Newton che ebbe a propria disposizione un più abbondante materiale fornito da posteriori ricerche nei Forest-beds, compilò una interessante monografia sul Zrogontherium Ouvieri ® di- mostrando l’identità specifica del fossile di Saint-Prest con quello di Taganrok e con gli altri dei Forest- beds, ed attribuendo le piccole differenze nella forma dei denti al grado più o meno avanzato di logo- ramento ). Sono quindi assai poche le località ove finora sia stato rinvenuto il 7rogortheriwm Ouvieri; ed è per- ciò interessante la constatazione della sua esistenza nel Valdarno Superiore durante l’epoca del pliocene lacustre. Infatti io riferisco a questa specie un molare isolato di grosso roditore scavato nel 1875 presso Ter- ranova, che ora fa parte delle collezioni del Museo paleontologico di Firenze (Tav. XII [II], fig. 2,20). Si tratta di un terzo molare inferiore destro, la cui forma e dimensioni sono molto simili a quelle del corrispondente dente della branca di mandibola di Trogorntheriwm Cuvieri proveniente dal Forest-bed di Kessingland e riprodotta nelle figure 1 e 12 della Tavola XI dell’opera del NewToN sopracitata. Questo dente, la cui lunghezza comprese le radici è di mm. 12,5, ha forma prismatica con sezione romboidale a lati posteriori arrotondati e spigolo anteriore smussato. Uno strato di smalto spesso uni- formemente circa 1 mm. ricopre all’ingiro tutto il dente, sul quale scorgesi una sola piega, che si trova verso l'esterno a breve distanza dallo spigolo anteriore, disposta verticalmente, discretamente profonda fra le radici ed attenuantesi sensibilmente in alto. Il piano della corona è tagliato obliquamente rispetto all’asse verticale del dente, in modo da pro- vare che questo quando era impiantato nell’alveolo. doveva essere fortemente inclinato in avanti. Sulla superficie triturante si scorgono cinque isole di smalto, di forma allungata, ed assai strette, tutte disgiunte dallo smalto esteriore, e disposte obliquamente rispetto all’asse antero-posteriore del dente; luna, corta, presso al vertice anteriore, e le altre quattro, più lunghe, che pare tendano a riunirsi a due a due su detto asse. L’avorio interposto è profondamente corroso. Le radici in numero di quattro sono disposte in corrispondenza degli spigoli del dente; la posteriore è grossa, e le altre tre piccolissime; ma tutte quattro sono assai corte. lo PomEL. Loc. cit. Owrx. A history of british fossit mammals and birds, pag. 184. London, 1846. 3) LAUGEL. Loc. cit. GervaIs. Zoologie et paléontologie générales, série I, pag. 80, tav. XV. Paris, 1867. NEWTON. The vertebrata of the Forest-bed series of Norfolk and Suffolk, pag. 65, tav. XI, fig. 1-20. London, 1882. 9 E da notare però che un altro 7rogontherium più piccolo del Cwvieri fu trovato nel pliocene d'Inghilterra, e fu descritto dal NEwTox come 7. minus nella sua opera dal titolo: The vertebrata of the pliocene deposits of Bri- tun, pag. 51, tav. V, fig. 17, 18. London, 1891. » » u [9] C. BOSCO 93 MISURE Altezza totale del dente, misurata lungo lo spigolo posteriore . 0 0 o 0 ò 5 MENO Diametro antero-posteriore . . s o . o ò ò . . . È 5 » 9,5 » trasversale " , - . o . . - c 5 c o 0 Ò » 8,2 Inclinazione del piano della corona sull’ asse verticale del dente o 6 3 ò È ò 70° Fam. Arvicolidae. Arvicola pliocenicus Mayor. — Tav. XII [II], fig. 14-16. 1889. Arvicola pliocenica Masor in WrItHoreR. Veber die terticiiren Landsiiugethiere Italiens. Jahrbuch der K. K. geol. Reichsanstalt, vol. 39, pag. 66. Vienna. Animale di dimensioni intermedie fra quelle dell’ Arvicola amphibius e dell'A. nivalis; con denti molari senza radici e prismi con spigoli salienti arrotondati, ed il primo molare inferiore con cinque prismi dal lato in- terno e quattro dal lato esterno. La prima notizia dell’esistenza dell’Arvicola nel pliocene lacustre del Valdarno Superiore fu data dal ForsyrH-Masor che comprese un’Arvicola sp. in un elenco di vertebrati di quella località ». Nel 1889 poi il WerrHOFER in un altro consimile elenco comprese l’Arvicola pliocenica MAJOR: ma per quante ricerche io abbia fatte non potei conoscere quale sia il lavoro in cui il Mayor abbia dato notizia di tale specie; e suppongo quindi che il WerrgorER la abbia nominata in base alle comunicazioni private del MasoR. Per non ingenerare confusione conservo tale nome specifico e mi accingo alla descrizione dei pochi resti pliocenici di Arvicola che si trovano nel Museo paleontologico di Firenze e che sono quelli stessi ai quali con ogni probabilità hanno inteso di riferirsi il Mayor ed il WEITHOFER, poichè attualmente non ne esistono altri nè nel suddetto Museo, nè negli altri Musei ove è raccolta la fauna fossile del Valdarno Superiore. i Tali resti consistono in un paio di incisivi superiori scavati nella località detta Le Mignaie presso Castelnuovo (Tav. XII [II], fig. 14), ed in due incisivi inferiori sinistri, un primo molare superiore sinistro (Tav. XII [II], fig. 16), un primo e un secondo molari inferiori sinistri (Tav. XII [II], fig. 15), rinvenuti tutti insieme in una piccola zolla argillosa a Poggitazzi in comune di Terranova. Incisivi superiori (Tav. XII [II], fig, 14): sono ridotti a quanto sta fuori dell’alveolo; ma nella parte conservata tutto è in buono stato, compresa anche l'estremità a scalpello. Ambedue questi denti, e specialmente la loro faccia anteriore di smalto, sono abbruniti per mine- ralizzazione. Le loro dimensioni sono uguali a quelle dei corrispondenti denti di individui non del tutto adulti di Arvicola amphibius; ma il diametro trasversale, cioè la larghezza della faccia anteriore di smalto, è pro- porzionalmente un po’ maggiore. Lo smalto è più spesso, e si presenta più uniformemente convesso che nella detta specie vivente; inoltre tutto il dente ha una curvatura elicoidale alquanto pronunziata, cosicchè le estremità a scalpello i) ForsyrH-MAJOR. On the mammalian fauna of the Valdarno. The Quarterly Journal of the geological Society, vol. XLI, pag. 2. London, 1885. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 13 94 €. BOSCO [10] dei due incisivi quando erano in posto non dovevano trovarsi sulla stessa direzione, ma dovevano for- mare fra di loro un angolo il cui vertice era disposto anteriormente sul piano mediano verticale del cranio: similmente a quanto osservasi nel vivente Arvicola (ypudaeus) glareolus. Incisivi inferiori: sono ambedue del lato sinistro, e mancanti della loro metà posteriore. Sono assai piccoli, e debbono avere appartenuto ad individui di dimensioni assai minori di quelle dell'animale a cui appartenevano i denti incisivi superiori trovati alle Mignaie; cioè assai minori degli Arvicola amphibius. Non è difficile che uno di questi denti, il maggiore, fosse dello stesso animale di cui nella piccola zolla argillosa furono estratti alcuni molari, poichè le loro dimensioni si corrisponderebbero. Questo dente ha diametri che stanno fra di loro nello stesso rapporto di quelli di A. amphibius. Ma invece l’altro incisivo che è un po’ più piccolo, è assai compresso lateralmente, avvicinandosi per tale carattere ai Mus. È da notare che in ambedue questi denti riscontrasi il carattere, già osservato negli incisivi supe- riori, di una più sentita curvatura elicoidale della faccia anteriore di smalto, e perciò di estremità a scalpello disposte in modo da formare fra di esse un angolo. Molari: Sono perfettamente prismatici, cioè senza radici, ed hanno gli spigoli salienti dei prismi più arrotondati che nell’A. amphRibius, ma un po’ meno che nell’A. novalis. È molto probabile che essendo stati estratti dalla suddetta piccola zolla argillosa appartengano tutti ad uno stesso individuo che avrebbe avuto dimensioni intermedie fra quelle di un giovane A. amphibius e quelle di un A. nivalis. Intorno ad essi è da osservare: Il 1.0 molare superiore sinistro (Tav. XII [II], fig. 16) ha tre prismi interni ed altrettanti esterni. Il 1.° inferiore sinistro (Tav. XII [II], fig. 15) ha cinque prismi dal lato interno e quattro dal lato esterno: questo dente perciò è del tipo dell’A. amphibius, dell*A. nivalis, ed, astraendo dalla man- canza di radici, dell'A. (Aypudaeus) glareolus. Il 2.° inferiore sinistro (Tav. XII [II], fig. 15) ha tre prismi interni ed altrettanti esterni; la faccia posteriore è un po’ più convessa che nell’A. amphibius. MISURE Esemplare Esemplare Altro esemplare delle Mignaie di Poggitazzi di Poggitazzi Incisivi superiori — Diametro antero-posteriore . 6 mm. 2,2 — — » — » trasversale . a . » 1,8 -- -. Incisivo inferiore sinistro — Diametro antero-posteriore . : » — 190) 1,4 5 2a » trasversale . ; ; » _ 1,8 1 1.° Molare superiore sinistro — Lunghezza . 3 5 o . » —_ 2,9 — » — Larghezza . È È 7 , ” I5Y _ » — Altezza . è - ° . » i 4,5 =: 1.° Molare inferiore sinistro — Lunghezza . . - c 5 » —_ 3 = » — Larghezza . 0 o 5 - » = 1,6 — » — Altezza 5 a Ù . Ò » —_ 4,8 — 2.° Molare inferiore sinistro — Lunghezza . 2 . , * » 2,9 -_ » — Larghezza . 5 ò " È » _ 1,4 _ » — Altezza . . . a . » i 4, 8 e [11] C. BOSCO 95 Gli Arvicola finora rinvenuti nei terreni terziari, e dei quali io abbia potuto avere qualche notizia, sono i seguenti: In Baviera. Arvicola arvalis PaLLas ®. Trovato nel calcare d’acqua dolce miocenico di Steinheim, ma non descritto. Arvicola sp. Trovato nella stessa località; alcuni frammenti di cranio e di mandibola che sono nel British museum di Londra indicano che questo animale era della statura di un A. glareolus e con lo stesso numero di angoli nel 1° molare inferiore ?). In Francia. Arvicola (?) dubia Lartet 3. Nel miocene lacustre di Sansan (Gers); è una specie molto dubbia stabilita. nel 1850 da LartET sopra un certo numero di ossa che hanno analogia col genere Arvicola; ma non fu data nessuna indicazione della forma dei denti. Arvicola robustus PomeL 4. Nel pliocene di alluvione pomiciosa di Perrier (Puy-de-Dòme); differisce dalle altre specie per la forza dell’osso mandibolare e la forma quasi triangolare del primo prisma del molare inferiore. È un po’ più grande dell'A. amphibius. In Inghilterra. Arvicola intermedius Newton. Nei Forest-beds, Weybourn Crag e Norwich Crag (Pliocene); questa specie fu descritta da Newron 5 che ne esaminò molti esemplari. Pel numero dei prismi del primo molare inferiore è del tipo dell'A. amphribius e dell'A. (Rypudaeus) glareolus; i denti sono provvisti di radici e perciò le pieghe di smalto si arrestano prima dell’origine delle radici stesse; le sue dimensioni sono intermedie fra quelle delle due specie viventi suddette, dalle quali differisce anche per caratteri di lieve importanza nella forma dei prismi e delle pieghe di smalto. Arvicola glareolus SCHREBER » @rvalis Parras ° Nei Forest-beds (Pliocene); descritte da Newron ®. ni gregalis PALLAS In Italia. Arvicola agrestis Linneo. Trovata nelle ligniti plioceniche di Leffe (Lombardia) e descritta dal CornaLIa ®. ') HoERNES. Elemente der Palaeontologie (Palaeozoologie), pag. 550. Leipzig, 1884. 2 LyDEKKER. Catalogue of the fossit mammalia in the British Museum. Parte 1°, pag. 233. London, 1885. 3 GERVAIS. Zoologie et paléontologie francaises, pag. 41. Paris, 1859. 4 PomeL. Catalogue métodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts dans le bassin de la Loire, pag. 26. Paris, 1854; — GeRvaIs. Op. cit., pag. 41. 5) NEWTON. The vertebrata of the Forest-bed series ecc., pag. 83, tav. XIII, fig. 1-13. London, 1882; — Newrox. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 53. London, 1891. 9) NewTroN. The vertebrata of the Forest-bed series ecc., pag. 82, 88,90, tav. XIV, fig. 1, 2-5, 6,7. London, 1882; — NewTON. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 52, 53. London, 1891. 7 CORNALIA. Mammifères fossiles de Lombardie, pag. 41, tav. XIV, fig. 1,2. Milan, 1858-1871. 96 €, BOSCO [12] Arvicola sp. Trovata anch'essa nelle ligniti di Leffe; è grossa e rassomigliante all’A. ampWibius, ma ha però molari provvisti di radici ®; non è stata ancora descritta. Forse alla stessa specie potrebbe riferirsi 1° Arvicola sp. (non agrestis) compresa in un elenco di mammiferi di Leffe inserito nel Corso di geologia dello STOPPANI 2). Arvicola amphibius Linneo. Nel pliocene lacustre della Sabina; se ne hanno due frammenti di branche sinistre di mandibola, uno dei quali contenente ancora i due primi molari, e l’altro il solo molare anteriore; essi furono descritti dal Tuccmmer ?). i I denti sono grossi quanto quelli di un giovanissimo A. amphibius vivente; e di questa specie hanno il numero caratteristico di prismi e spazii cementari; è da notare però che nel primo molare di ambedue gli esemplari due dei quattro spazii cementari dal lato esterno non sono lunghi quanto tutto il dente, ma scompaiono dopo breve tratto. Sarebbe interessante l’osservazione di qualche dente isolato, poichè la scomparsa di quei due spazii cementari potrebbe forse accennare all’esistenza di radici. Fam. Hiystricidae. Hystrix etrusca Bosco. 1899. Hystrix etrusca Bosco. Palaeontographia italica, vol. IV (1898), pag. 141, tav. X, XI [I, II]. Pisa. Animale di statura di un terzo superiore a quella delle maggiori specie viventi. Cranio sensibilmente convesso in alto, molto largo nella regione frontale, restringentesi sul dinanzi, e corto nella regione parietale ; mandibole robuste; inserzioni muscolari potenti; denti molari molto sporgenti sull’orlo degli alveoli, con spigoli smussati, di modo che la corona dei superiori ha sezione sub-circolare, e quella degli inferiori sub-ovale. 113 Formola dentaria comune a tutto il genere: H Prj Ma. Per la descrizione di questa specie rimando il lettore alla sopracitata mia memoria. Fam. Leporidae. Gen. Lepus Linxro. Un Lepus sp. nel pliocene lacustre del Valdarno Superiore venne per la prima volta compreso in un elenco di fossili dato dal ForsyrH-MaJoR nella sua eccellente memoria già ripetutamente citata che ha per titolo: Considerazioni sulla fauna dei mammiferi pliocenici e post-pliocenici della Toscana. Nei successivi elenchi di fossili del Valdarno venne poi sempre compreso il Lepus sp.; finchè nel 1889 il dott. Anronio WEITHOFER descrisse sommariamente un frammento di palato di Lepus che fa parte delle collezioni del Museo paleontologico di Firenze, distinguendo la specie come L. valdarnensis. i) ForsyTH-MAJOR. Remarques sur quelques mammifères post-tertiaires de l’ Italie, suivies de considérations gé- nérales sur la faune des mammifères post-terticires. Atti della Società italiana di scienze naturali, vol. XV, pag. 389. Milano, 1872. 2) SropPANI. Corso di geologia, vol. II, pag. 669. Milano, 1873.. 3) TuccmeI. Resti di Arvicola nel pliocene lacustre della Sabina [con una tavola]. Memorie della Pontificia ac- cademia dei Nuovi Lincei, Vol. IX. Roma, 1893. [13] €. BOSCO 97 Ma nessun altro resto di questo genere era stato descritto, sebbene il museo di Firenze e quello di Montevarchi ne contengano diversi. Avendoli potuti esaminare tutti mi sono convinto che debbano assegnarsi a tre, o per lo meno a due, distinte specie, che descriverò brevemente . Lepus valdarnensis WerrWorer. — Tav. XII [II], fig. 3-7. 1889. Lepus valdarnensis WeIrHOFER dott. Ann. Ueber die tertitiren Landsaugethiere Italiens. Jahrbuch der K.K. geol. Reichsanstalt, 39° Vol., pag. 55. Wien. Animale della statura approssimativa del L. timidus. COranio però con minore diametro xigomatico, palato più stretto e più lungo, muso più breve e branche mandibolari più alte; incisivi molto larghi e compressi; gl’ in- feriori alquanto più larghi dei superiori; profondi î solchi di tutti è denti. Sono da attribuirsi a questa specie i seguenti resti: a) Il frammento di cranio descritto dal WEITHOFER, scavato presso il Castello dell’ Incisa; (Tav. XII [II], fig. 3). b) Una estremità incisiva destra di cranio, scavata nella medesima località; (Tav. XII [II], fig. 4). c) Una branca sinistra di mandibola, senza indicazione precisa della località di rinvenimento; porta scritto sul cartellino: Valdarno Superiore; (Tav. XII [II], fig. 5). d) Un'altra branca sinistra di mandibola, col relativo dente incisivo, proveniente dalle Mignaie presso Castelfranco; (Tav. XII [II], fig. 6). e) Una branca destra di mandibola, scavata al Tasso. (Tav. XII [II], fig. 7). I primi tre esemplari appartengono ora al Museo paleontologico di Firenze; gli altri due a quello dell’Accademia Valdarnese in Montevarchi. x Cranio.—Il frammento 4) (Tav. XII [II], fig. 3) è ridotto al palato osseo con le due file dei molari (manca però l’ultimo molare da ambedue i lati) e con l’origine mascellare dell’arcata zigomatica. Le sue dimensioni complessive sono identiche a quelle di un L. #imidus. Il palato osseo è però al- quanto più lungo in senso antero-posteriore poichè, mentre indietro giunge fino al livello dell’ orlo ante- riore dell’alveolo di M! sul dinanzi si prolunga colla spina nasale anteriore al di là di Pr?. Le lamine orizzontali delle ossa mascellari e palatine contribuiscono in misura diversa a determinare il maggiore sviluppo in lunghezza del palato, perchè, proporzionalmente a quanto riscontrasi nel L. timidus, le se- conde sono più sviluppate; per questo carattere il L. valdarnensis si avvicina specialmente al L. variabilis ed un po’ meno anche ai L. aegyptius e mediterraneus. Il palato è però assai più stretto che nel L. fimidus, ma lo è meno che nel L. cuniculus; sì avvi- cina per ciò al L. isabellinus ed approssimativamente anche al L. variabilis ed al L. mediterraneus. La spina nasale anteriore è un po’ più larga e meno acuta che in quasi tutte le specie viventi, ad eccezione del L. cuniculus ove è invece assai più corta; il L. variabilis è la specie vivente che per tale carattere meno differisce dalla specie fossile. i) Per i confronti colle specie viventi ho avuto a mia disposizione scheletri dei seguenti Lepus: timidus, medi terraneus, variabilis, cuniculus, isabellinus, aegyptius. 98 C. BOSCO [14] La spina nasale posteriore, sebbene ottusa, è un po’ più sporgente che nel L. fimidus, ed è come nel L. aegyptius. Per effetto della minore larghezza del palato i due fori palatini posteriori sono più ravvicinati 1’ uno all’altro che nel L. tmidus. Così pure sono più stretti che nel L. timidus i fori palatini anteriori ed il canale post-palatino; e sono perciò anche più strette le corrispondenti incavature del palato osseo. Per questo carattere la specie pliocenica rassomiglia al L. aegyptius ed al L. mediterraneus. L’apofisi zigomatica del mascellare, in basso, presso alla sua radice, è più stretta che nel L. timidus; invece veduta lateralmente si presenta assai più massiccia. Essa sporge in fuori dal margine alveolare esterno quanto nel L. fimidus; ma siccome il palato è più stretto, così nella specie fossile è più corto tutto il diametro zigomatico del cranio. Della branca orizzontale dell’ arcata zigomatica è conservato un brevissimo tratto, sufficiente a mostrare la sua poca altezza verticale. L’apofisi sfeno-orbitale mostra che andava allargandosi in alto come nel L. cuniculus; la curva che la unisce alla porzione orizzontale dell’apofisi zigomatica è assai più stretta che nelle specie viventi, fra le quali le si avvicina solo il L. cumiculus. La fossetta che si osserva sulla parte anteriore dell’arcata zigomatica, e sul cui fondo si aprono due piccoli fori che comunicano colle cavità alveolari, è molto meno allungata in senso verticale che nel L. timidus. Il frammento 6) (Tav. XII [II], fig. 4) contiene parte del premascellare destro, cogli incisivi in posto. Il suo stato di fossilizzazione è identico a quello del frammento a), ed io credo che ambedue provengano dallo stesso animale poichè furono trovati nello stesso luogo e provveduti al Museo dalla stessa persona. In questo frammento osservasi che la distanza dalla estremità superiore del margine alveolare di I! a quel punto ove il margine superiore del premascellare comincia a farsi tagliente è assai minore che nel L. fimidus. Ora siccome nella maggior parte delle specie viventi questo punto corrisponde press’ a poco alla metà del corpo del premascellare, così se ne deve concludere che nel L. valdarnensis quest’osso era assai corto, e perciò corto anche il muso. Un’ altra prova dello stesso fatto si ha nella brevità della di- stanza fra il margine posteriore alveolare di I? ed il margine anteriore del foro palatino anteriore. Mandibola.— Le tre branche di mandibola c) d) e) (Tav. XII [II], fig. 5-7) sono prive del ramo ascendente e ridotte alla sola regione molare, ad eccezione della e) che conserva buona parte del dia- stema; le e) ed e) mancano però del molare posteriore. Il frammento c) non ha indicazione precisa della località ove fu rinvenuto, ma siccome è fossilizzato come i due frammenti di cranio, or ora descritti, fu provvisto al Museo dalla stessa persona, ed i suoi denti corrispondono tanto bene a quelli del cranio che sovrapponendo le due serie molari i rilievi degli uni penetrano negli incavi degli altri, così non credo di errare attribuendo questo frammento di mandi- bola e quelli di cranio ad un solo animale. Dall'esame di tutte e tre le branche di mandibola si deduce che esse sono assai più alte che nel L. timidus, e per tale carattere si avvicinano al L. variabilis ed al L. cuniculus; che il foro mentoniero è più ampio e situato più all'indietro che nel L. timidus; e che le inserzioni muscolari della faccia interna sono più sviluppate. La sinfisi, visibile in parte nell’esemplare e) è situata a minore distanza dalla serie molare che nel L. timidus; è perciò da dedurne che il diastema è più corto; ciò che sarebbe confermato anche dalla posizione del foro mentoniero più ravvicinato a Pr?. Si ha così una conferma che nel L. valdarrensis il muso era più corto che nel L. timidus. [15] C. BOSCO 99 Denti incisivi. — Gl’incisivi superiori anteriori sono assai più larghi che nel L. timidus e più compressi nel senso antero-posteriore; il solco che percorre la faccia anteriore è alquanto più profondo e divide il dente in due lobi disuguali arrotondati, dei quali però l'interno è proporzionalmente al L. fi- midus meno differente dall’esterno; per questa forma dei lobi la specie fossile si avvicina al ZL. mediterraneus. Gl’incisivi superiori posteriori sono anch’ essi meno compressi, ed in confronto cogli anteriori più piccoli che nel L. timidus. Gl’incisivi inferiori sono molto larghi, più dei superiori, ed assai compressi antero-posteriormente; sono più larghi che nelle specie viventi. Molari superiori. — Poche sono le loro differenze da quelli di L. timidus. Il Pr? ha maggior diametro antero-posteriore ed è un po’ più largo; anche il Pr? è più largo. Tutti i molari superiori, ad eccezione di Pr*, hanno la faccia anteriore più piana e la posteriore più curva, ed i due prismi dei denti, in complesso, meno disuguali fra di loro. Tutti i solchi che percorrono in senso verticale le faccie dei denti sono più profondi che nel L. fi- midus, ma un po’ meno che nel L. variabilis. Molari inferiori. — In rapporto alla larghezza trasversale hanno il diametro antero-posteriore più corto che nel L. timidus, e si avvicinano per tale carattere al L. variabilis; questo minore diametro è dovuto più specialmente al fatto che i prismi posteriori sono più compressi. Il prisma posteriore dell’ultimo molare è però più rotondo. Anche nei molari inferiori osservasi che i solchi verticali sono più profondi che nel .L. timidus e si- mili quasi a quelli del L. variabilis. MISURE Cranio. Diametro zigomatico del cranio . - - È 7 . 5 mm. 40 » antero-posteriore del palato, misurato Iunoo nasss ncdisno ; o . ò » 10,3 » » » » in corrispondenza degli incavi . . . » 8,1 Spessore del palato c È 6 ; : è 5 : : » 3,4 Diametro trasversale del santa misurato fra I Pri - - x 7 È . n - » 11,4 » » » » » Pri . . . . . . . . » 12, 5 » » » » » M? : 5 c . o 6 c 6 » 13 » antero-posteriore di I! . È î . - ° 0 È o O . È » 2 » trasversale DE 0 . ò o . È , , , : 5 » 3,5 » antero-posteriore di Pr ” - . o ; . . 7 . o . » 2,2 » trasversale DIGRCDANO : : È . - . . - . 7 5 » 3,9 » antero-posteriore di Pr? : c - . 7 . - 7 7 . 7 » 2,5 » trasversale Lo 5 x : c È . È o : Ò 6 » 5,3 » antero-posteriore di Pr! . È ” G 3 È . g ò x . ” 2,5 » trasversale DADI Te ò 6 . 6 ò ò c 0 0 - 7 » 4,9 » antero-posteriore di M* O - c i . c 0 o ò . 7 » 2,5 » trasversale » » o . 5 , . ò 6 o ; o Ò » 4,7 » antero-posteriore di M? ° È Ò } 5 a l . . o ) » 2,3 » trasversale »_» . . : è . . . . . 5 . » 4, 1 100 C. BOSCO [16] Mandibola. FRASI a Esemplare Esemplare di provenienza delle Mignaie del Tasso e) d) e) Altezza della branca, misurata dinanzi a M! 0 c : . mm. 14 19,7 13,7 Spessore » » » » 0 0 , : » 6 DIC DAT Altezza » » a 6 mm. innanzi a Pr? 6 , » = 9,2 Spessore » » » » » È È = = 6 Altezza » » a 12 mm. innanzi a Pr? ; i. De = Ta Spessore » » » » » i 3 » = es 5, 6 Diametro antero-posteriore di I. 5 : 3 0 ; ; » — 2,4 —_ » trasversale » 6 5 6 ò 6 : . » — 4 — » antero-posteriore di Pr? 5 . . 0 : : » 3,8 3,8 3,5 » trasversale » È ; ò È : . : » 3,9 3,4 3 » antero-posteriore di Pr! , È : o ; ; » 3,2 Bal QUO) » trasversale DIdAR s È £ . È 7 » 3,6 3,7 3,4 » antero-posteriore di M! : 3 È - : . » 9,1 3,1 2,19 » trasversale » . . : 5 . . : » 3,6 3,7 3,4 » antero-posteriore di M? : y . ; o 6 » 3 2,9 2,8 » trasversale » È i È 3 i È 3 » 3,5 3,6 3,3 » antero-posteriore di M3 ; 5 È , È È » — DA = » trasversale » : à , 5 È ; n » — 272 = Lunghezza totale della serie molare . : . 6 . c » — 14,8 —_ Lepus etruscus Bosco. — Tav. XII [II], fig. 8. Animale della statura di un vivente coniglio, ma con branche mandibolari più alte nel tratto ove sono impian- tati i denti molari, è cui solchi verticali sono più profondi; le inserzioni muscolari sono deboli. Un frammento di branca sinistra di mandibola di Lepus (Tav. XII [II], fig. 8), proveniente dal Tasso in Valdarno Superiore ed ora nel Museo paleontologico di Firenze, e che conserva tutti i denti molari ad eccezione dell’ultimo, è caratterizzato da dimensioni assai piccole; ma la forma decisamente prismatica dei denti esclude che abbia appartenuto ad un animale giovane. Non si può perciò assegnarlo al L. val- darnensis e neppure a qualcuna delle altre specie fossili fim qui conosciute, ma poco o punto descritte; lo riferisco quindi ad una nuova specie. Dalla lunghezza della serie molare può dedursi che il L. etruscus avesse press’ a poco le dimensioni di un L. cmrieulus 0 di un L. isabellinus. La branca è però più alta in corrispondenza di Pr!, ove esiste inferiormente una pronunziata convessità, mentre invece si presenta più bassa al dinanzi della serie mo- lare, ed un poco anche al di dietro. Come riscontrasi anche nel L. isabellinus sono alquanto arrotondate le creste che limitano in alto ed in basso la fossa masseterica, e sono poco sviluppati i rilievi della faccia interna che servono alle inserzioni muscolari. In tutti i molari il prisma posteriore ha diametro trasver- sale leggermente maggiore rispetto a quello del prisma anteriore (o mediano nel Pr?) che nelle specie viventi; il prisma anteriore di Pr? ha piana la faccia anteriore. Tutti i solchi verticali dei denti sono alquanto profondi. [17] C. BOSCO 101 MISURE Altezza della branca, misurata innanzi a M! . c 0 Ò . ò ° < . 0 TOMAS, Spessore » » » » c 5 O 6 ò » 5 Altezza della branca, misurata a 4 mm. innanzi a Pr? . ò 0 . 6 c 6 . » 6,2 Diametro antero-posteriore di Pr? . 0 0 o ò 5 . 5 ò È È c » 2,8 » trasversale , » 3 A : n 5 È o P 9 5 i 7 » 2,9 » antero-posteriore di Pr! . È o . o . o . 6 c 0 . » 2,5 » trasversale o » o 5 7 . . o : 0 o ò è È » 9,1 » antero-posteriore di M! . 7 0 Ò 6 . . ò . c : o » 2,2 » trasversale 5 » 6 o 0 0 c E : È : 5 , , » Sol » antero-posteriore di M® . a 0 B . , : : a 6 6 , » 2,2 » trasversale , » , , 1 È I ; 5 ) ; 5 1 i » 2,8 Lepus sp. — Tav. XII [II], fig. 9-13. Nel Museo paleontologico di Firenze si trovano le seguenti ossa di estremità di ZLepus, provenienti tutte dagli strati pliocenici del Valdarno Superiore: a) Un terzo metacarpale destro, scavato all’ Incisa; (Tav. XII [II], fig. 13). b) La parte inferiore di una tibia destra, di cui non è conosciuta la località precisa del rinvenimento; (Tav. XII [II], fig. 9). c) Una estremità inferiore di tibia destra, con relativi astragalo e calcagno, scavati al Tasso; (Tav. XII [II], fig. 10, 11). d) Un secondo metatarsale destro, delle Valli delle Strette; (Tav. XII [II], fig. 12). Queste ossa per dimensioni si corrispondono perfettamente fra di loro ed indicano avere apparte- nuto ad individui di statura un po’ maggiore di quella del L. mediterraneus. Essendo tali dimensioni in- termedie fra quelle del L. valdarnensis e del L. etruscus non so a quale di queste due specie ascrivere le ossa: e neppure credo che possano riferirsi al L. lacosti PomEL, contemporaneo e presso a poco della medesima statura, poichè in detta specie, stando alle misure date dal Pomer ® il piede era straordina- riamente più lungo. Per queste considerazioni descrivo a parte le suddette ossa, ma senza però attribuire loro alcun nome specifico. Terzo metacarpale destro (Tav. XII [II], fig. 13). — È massiccio; la sua diafisi è compressa nel senso antero-posteriore, e la sua faccia anteriore è convessa anzichè piana o concava come nella maggior parte delle specie viventi. Il diametro trasversale della sua estremità prossimale è, per rapporto a quello della diafisi, quasi come nel L. variabilis. Tibia (Tav. XII [II], fig. 9, 10). — La diafisi è compressa nel senso antero-posteriore, e la sua se- zione è rettangolare con spigoli netti come nel L. cumiculus. Anche la estremità distale ha forma ret- tangolare caratteristica. i) PomeL. Catalogue méthodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts dans le bassin de la Loire, pag. 44. Paris, 1854. 102 €. BOSCO [18] Delle due gole corrispondenti alla troclea dell’astragalo 1’ interna è alquanto più estesa in senso trasversale della esterna; e nel senso antero-posteriore è minore l'esterna della interna. Questo carat- tere, che è in corrispondenza colle dimensioni dei rilievi della troclea dell’astragalo, spiega come l’estre- mità distale abbia forma rettangolare, mentre invece nelle specie viventi il lato interno è alquanto più largo dell’esterno. Astragalo (Tav. XII [II], fig. 11). — Dei rilievi della troclea l'esterno è sensibilmente maggiore dell’interno, assai più di quanto riscontrasi nelle specie viventi, fra le quali il solo L. mediterraneus si avvicina per tale carattere. Calcagno. — E rotto e null'altro può osservarsi se non che, forse, la faccia superiore del processo posteriore è notevolmente stretta. Secondo metatarsale destro (Tav. XII [II], fig. 12). — È massiccio, e nella sua parte inferiore alquanto schiacciato nel senso antero-posteriore. Delle faccette articolari della sua estremità prossimale quella per lo scafoide è poco inclinata in dentro, e quella pel secondo cuneiforme molto inclinata in basso. Il processo sul quale sta la faccetta articolare per lo scafoide presenta esternamente una cresta longitudinale assai rilevata. MISURE Terzo metacarpale destro. Lunghezza . . c d c . 0 7 6 o , E mm. 26 Diametro antero- A) Hola diafisi . 1 6 5 . 0 6 5 . 7 o » 2,9 » trasversale » » : : 5 6 . . . a : ; ; » 2,8 Tibia. Diametro antero posteriore fra i malleoli . 2 b 5 5 : , 5 0 : 6 ININ'MINIGIO. » trasversale » » . c c 0 . . à ò » 13,6 » antero-posteriore a 25 mm. doi estremità distale : . : ò . 0 ? » 5,7 » trasversale » » » » 0 È . . 6 a . » 6,9 Astragalo. Lunghezza 5 È . È o d ; . 5 , 6 2 ò 7 , mm. 141 Larghezza della Dario superiore . , c $ . 3 o x 5 . 7 : G 6 » del collo . , ò o È ; L 3 1 5 . 5 5 ; » 3,9 Secondo metatarsale destro. Lunghezza 6 ò : i . : S : 5 o ; " mm. 45 Diametro antero- rato an diafisi 6 : ; c . È 6 È c = : » 3,7 » trasversale ò 7 . Ò È . , 1 ò 3 o n A 2 » 4,1 Il genere Lepus, così ricco di specie viventi, è rappresentato assai scarsamente negli strati terziari, dai quali finora furono estratti solo pochi resti. Una specie fu indicata nel miocene di Montabuzard presso Orléans in Francia ” ma, che io sappia, non venne ancora descritta. 4) GERVAIS. Patria, pag. 519. [19] C. BOSCO 103 Nel pliocene dell'Alvernia (Francia) furono trovati il L. issiodorensis CRoIzet ed il L. neschersensis Crorzet (collezioni di un Museo di Parigi) ma anch'essi non descritti !. Dello stesso pliocene il PomeL ® descrive assai succintamente un L. lacosti, scavato presso Perrier (Issoire). Le poche misure da lui date indicherebbero che questa specie aveva una statura non dissimile da quella del Zepus sp. del Valdarno Superiore, ma aveva però i piedi straordinariamente lunghi. Ciò lascerebbe forse il dubbio che le ossa misurate dal PomeL non siano tutte da attribuirsi ad una stessa specie. Il GeRVAIS 5) emette il dubbio che il L. lacosti possa essere un L. isstodorensis. Il DePérET 4 cita un Lepus aff. timidus nel pliocene del Roussillon (Francia), ma i frammenti che egli figura (una porzione di palato senza denti ed un molare isolato) sono assai incompleti e solo può dirsi che si riferiscono ad una specie della statura di una grossa lepre. Nella tavola XVIII, fig. 32 della sua memoria riproduce un femore scavato al Forte Serrat; le sue dimensioni si avvicinano a quelle del Zepus sp. del Valdarno Superiore. Un L. caniculus è incluso da R. ed A. Bert. nella loro lista dei mammiferi del Crag Superiore (pliocene) d’ Inghilterra 9, e nel Museo di geologia pratica di Londra trovansi dei resti di un Lepus che si avvicina al comune coniglio, provenienti dal Red Crag (pliocene) di Butley ®. Dalle Colline di Siwalik in India proviene un frammento di mandibola di Lepus contenente due denti molari, che si trova ora nel Museo Britannico di Londra. Fu compreso dal LyDEKKER in un elenco dei fossili di quella formazione ? e posteriormente, in un’ altra pubblicazione 5, lo stesso autore asserisce che quel frammento è insufficiente ad una determinazione specifica. Finalmente un L. ennisianus fu trovato nel miocene (John Day Beds) dell’Oregon negli Stati Uniti d'America, e descritto dal Core ®). È una specie poco più grande del L. cuniculus. Tutti questi fossili, non descritti finora, oppure descritti in modo troppo sommario, non permettono alcun confronto colle specie del Valdarno Superiore. Fam. Lagomyidae. Gen. Lagomgys. Qrm Il FaLcoNER in una sua memoria scritta nel 1857 e pubblicata nel 1868 19 cita fra i vertebrati del Valdarno Superiore un Lagomys; nel 1873 il MaJoR comprende un Lagomys sp. in una lista di fossili 4) PioTET. Traité de paltontologie, tom. I, pag. 256. Paris, 1853. 2 PomeL. Catalogue méthodique ete., pag. 44. 3 GeRvaAIS. Zoologie et paléontologie frangaises, pag. 49. Paris, 1859. 4 DEPÉRET. Les animaur pliocènes du Roussillon, pag. 59, tav. IV, fig. 36, 37. Paris, 1890. 5) Proc. Geol. Assoc., vol. II, pag. 212. 5) NEwTON. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 54. London, 1891. 7) LyDEKKER. Palaeontologia indica. Memoirs of the Geological Survey of India, serie X, vol. III, pag. 126. Cal- cutta, 1884. 5) LyDEKKER. Catalogue of the fossil mammalia in the British Museum. Part. I, pag. 262. London, 1885. 9 Cope. The vertebrata of the tertiary formations of the West. Report of the United States Geological Survey of the territories, vol. III, pag. 886, tav. LXVI, fig. 29. Washington, 1883. 10) FALCONER. On the species of Mastodon and Elephant occurring in the fossil strates in Great Britain. Palaeon- tological memoirs and notes, vol. 2, pag. 189. London, 1868. 104 €. BOSCO [20] della stessa località ®, ma poi nel 1875 lo stesso autore assicura che nessuna traccia di Lagomys trova- vasi allora nei Musei che contengono i resti del Valdarno Superiore ®). Nel 1887 il Museo paleontologico di Firenze venne in possesso di due denti molari di Lagomys sca- vati al Tasso (Valdarno Superiore) e di essi mi accingo ora a dare un cenno. Sono due molari inferiori destri mediani, lunghi in complesso circa 4 mm. cioè quanto quelli di La- gomys sardus e formati ciascuno da due prismi quasi perfettamente uguali, i cui solchi divisori interno ed esterno sono quasi ugualmente profondi. Aderente ai due denti è rimasto un piccolissimo frammento dell'osso della mandibola. I due denti sono scheggiati obbliquamente, dalla parte interna ed esterna, verso la estremità superiore. Con questi soli denti non solo non è possibile di procedere ad una determinazione specifica ma nep- pure può stabilirsi a quale dei due sottogeneri (Lagomys s. str. e Myolagus) debba essere ascritta la specie del Valdarno Superiore, poichè la differenza fra i due sottogeneri è basata, per quanto si riferisce alla mandibola, sul premolare e sull'ultimo molare che qui mancano. Ritengo però sia sufficientemente importante anche la sola prova che nella fauna pliocenica del Val- darno Superiore è da includere il genere Lagomys. Firenze, Gabinetto di geologia e paleontologia dell’Istituto di studi superiori, maggio 1899. 1) SroppanI. Corso di geologia, vol. 2, pag. 673. Milano, 1873. 2 ForsyTH-MAJOR. Considerazioni sulla fauna dei mammiferi pliocenici e post-pliocenici di Toscana. Atti della Società toscana di scienze naturali, vol. I, pag. 37. Pisa, 1875. INDICE Castor plicidens MAJOR. _ . pag. 86 [2] | Lepus valdarnensis WEITHOFER . .. pag. 97 [13] Trogontherium Cuvieri FISCHER . È » Ce Lr] » etruscus Bosco - ; ; » 100 [16] Arvicola pliocenicus MAJOR ; : » 938679008) DIMANS Pale È , . ? 3 » 101 [17] Hystrix etrusca Bosco 7 c o » 96 [129] | Lagomys sp. È ò : ° - >» 103 [19] B. GRECO FOSSILI OOLITICI DEL MONTE FORAPORTA PRESSO LAGONEGRO IN BASILICATA (Tav. XIII [I]) = In una breve comunicazione alla Società geologica italiana ” feci osservare che i calcari neri del Monte Foraporta debbono essere riferiti al Dogger inferiore e non al Lias inferiore parte superiore, come aveva già detto il De LoRrENzZO ?). Scopo adesso del presente lavoro è la descrizione particolareggiata dei fossili trovati nei suddetti calcari. Il seguente quadro comparativo tra le specie che descriverò e quelle note di altre regioni pone me- glio in evidenza l’età oolitica inferiore dei calcari del Monte Foraporta. i | | [ES&All = | pappone | | = E | = Z| Til | = | | = | = = sa Ss |s S| icni= \cel=t| = = S| Si ica Se ai = | sioeoel=Siao gl = |\SEloS ® [calls =l=s Sa = Ss |Sss=|..s — SS asj a AO = = ife= SoT|Ssir- DD —_ = © S| ‘ = NOME DELLE SPECIE |ss=|27|3%|\Ss| z| = |==|27| ALTRE LOCALITÀ 2 |(2e/s5flee/_5 È | £|83|335 E 5S_|=>|ss|s3| =| = |©4|sS = svelta lesa Ss |a es 53: ra) | 215 =S| lu |S asl “| a ee. = = |s == Ss = 2 | ine ca | 2=* = 5 | Co) | ni | | . | Brachiopoda 1| Rhynchonella Wihneri Di STEP. . o aes align) lee 9 » Ximenesi Di STEF. . ; | tali | 3| » Galatensis DI STEF. . .|+ | | [ssa 4 » Maleniana GRECO ; pi VS | i a 5 | » Arianii? GRECO . : ; ? — | —- | . 1) Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 65-70. ® De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lagonegro, pag. 309-11; — Montagne mesozoiche, pag. 58-69; — Appen- nino della Basilicata meridionale, pag. 11,12; — Appennino meridionale, pag. 52-54; — Guida geologica di Lagonegro, pag. 181-82. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 14 106 B. GRECO [2] = == = = E Ri; si Ra=] = = |a (SSLs Ea (S_ = Ul (| | E 25|°=|\5* s#| | E \3=\s= = se|ssSels5| 5| S|s5 ss È NOME DELLE SPECIE cRSg| asa | SaS) Atina roTALIA E se|3f|e=|25| & | 2|=3|33 E s|\3°|55 85 s| = 53135 ano, |es|éa| >. | aerea e |E (35 £ cia s = Es 3 | 5 cp LI 6 Ahynchonella infirma RoTHPL. ; .—-|=|=|={=|/=| =|T=| Dogger inf di Vils » lucana n. Sp. 5 . REA 8| Waldheimia Ippolitae Dr STRF. i SR = | ERE MA Lamellibranchiata 9 | Placunopsis jurensis ROBM. sp. ò .|\-|=-|=|—-j|—=-|=-j|=- | | Oolite d’ Inghilterra. 10 | Lima (Plagiostoma) semicircularis GoLpbr. | +| +| +|-|—-|-]|—-|+ 11 | ZHinnites velatus GOLDF. sp. . . -|+|+|+|-|=|-||+ 12 | Pecten (Entolium) disciformis SCHUBL. —IC|l|-{-|#+{1={|—={— 13 » » cingulatus PHILL. +|+|+|-|+|=-|-}|- 14 » (Chlamys) erpus DE GREG. e RAR = 15 | Modiola gibbosa Sow. ò È : .|-|—-|=-|-=}|-=-}|-=-}|#+|— | Oolite d'Inghilterra. — BENE E Giura bruno di Balin. 16 | Trigonia De Lorenzoi n. sp. . È Ni e e esa e Se ee Gastropoda IT| Trochus Vinassai? GRECO a : 6 2/-|]-|l-|=-|-|_-|- 18 | Nerita pygmaea Greco SER i SS REC Ea ea 19 | Neritopsis Maleniana? GrECO . pra ie 20 | Onustus supraliasinus Vac. +|+|]J+|-|-]|-|-]|- Le specie conosciute, determinate con certezza, come si vede, sono quindici. Di queste, la RRynchonella Galatensis Di StEr., degli strati con Posidonomya alpina di Sicilia ®, fu trovata anche nei calcari carni- cini della zona con Leioceras opalinum di Pietro Malena presso Rossano ? ; la RAynchonella infirma RotHPL. è specie del Dogger inferiore dei dintorni di Vils 3; la Placunopsis jurensis RoeM. era finora esclusiva della Oolite d’ Inghilterra 4); la Modiola gibbosa Sow. poi, considerata dal p’ORBIGNY 9) come specie cal- loviana, si trova anche nella Oolite d’ Inghilterra 9 e nel Giura bruno di Balin ®; recentemente è stata 4) Dr STEFANO. Monte Ucina. 2) Greco. Rossano in Calabria. 3) RoTHPLETZ. Vilser Alpen. 4 MorrIs and LyceTT. II, Bivalves. 5) pD'ORrBIGNY. Prodrome. 5 LyceTT. Supplement. Monograph of the Moll. ece. ? LAUBE. Bivalven von Balin. [3] B. GRECO 107 citata negli strati con Pos. alpina dei Sette Comuni ®, che il Parona propenderebbe a riferire al Cal- loviano piuttosto che al Batoniano. = Delle altre dodici che restano (compresa la 7. Galatensis Di StEF.), due trovano le loro corrispon- denti negli strati con Leioceras opalinum del Bacino del Rodano ®; due nella Oolite di Sardegna 8; quattro nel Dogger inferiore del Monte S. Giuliano presso Trapani #; quattro negli strati con Leioceras opalinum e Ludwigia Murchisonae del Monte Grapa 9; cinque negli strati con Leioceras opalinum del Capo S. Vi- gilio 5; e finalmente ben undici nei calcari carnicini della zona con Leioceras opalinum di Pietro Ma- lena ”. Possiamo quindi da questo rapido esame confermare, con maggiore chiarezza, quanto dissi nella nota preliminare, che cioè i calcari neri del Monte Foraporta devono essere riferiti alla Oolite inferiore, se come tale vogliamo considerare le due zone con Leioceras opalinum e con Ludwigia Murchisonae. Fra le diverse faune contemporanee essa poi è strettamente legata con quella di Pietro Malena. Anche la profondità batimetrica, in cui avvenne la deposizione calcarea del Monte Foraporta, deve essere stata presso a poco uguale a quella che si ebbe nelle vicinanze di Rossano, giacchè anche nel suddetto depo- sito la ricchezza dei Brachiopodi, la frequenza di specie di Lamellibranchi viventi attaccati agli scogli e la grande rarità delle Ammoniti stanno appunto ad indicarci vicinanza delle spiaggie e poca profondità del mare. Avvertii già nella mia nota precedente che non mi fu possibile di avere per esame quegli esemplari originali del Monte Foraporta determinati in parte dal GreyeR come specie liasiche e poi citati dal DE LoRENZzo, perchè sembra che essi siano andati perduti. Non mi è stato perciò possibile di farne con cer- tezza la revisione. Siccome però il mio materiale di studio proviene dallo stesso posto di quello che ebbe il GrYER per esame, così è naturale che gli esemplari riferiti dal GeyER a specie liasiche devono corri- spondere a quelle da me determinate come oolitiche. Quando ho ereduto molto probabile la corrispon- denza per analogia di forme, allora le ho poste in sinonimia. Devo però avvertire che fra i miei fossili non ho trovato alcun esemplare affine a queste quattro specie ricordate dal De LoRENZO: LMycehonella cfr. fissicostata Suess var. applanata Zuom., Eh. curviceps QueNnsT., Rhynchonellina cfr. alpina Par. e Te- rebratula Fotterlei Bicxa ®; quali specie oolitiche queste rappresentino non è possibile supporre. Nell'elenco dei fossili del Monte Foraporta, dato dal DE LoRENZO, si trovano undici specie determi- nate; il numero è ora aumentato un poco, fino a venti, mediante questa modesta contribuzione. È da augurarsi che nuove ricerche fatte nella suddetta località facciano ancora di più arricchire di specie la nostra fauna, che attualmente ne è piuttosto povera, per quanto assai ricca di esemplari. Se pertanto tutti i calcari neri del Monte Foraporta, che riposano in discordanza sulle dolomie bianche con Gervilleia exilis Srorp. del Trias superiore, si debbono riferire alla Oolite inferiore, bisogna conclu- dere che in questa località manchi tutta la serie liasica. Nulla posso dire circa i fossili del Lias inferiore parte superiore citati dal De Lorenzo per la regione Nizzullo ® e racchiusi in alcuni straterelli calcarei 1) PARONA. Palaeontographia italica, vol. I. DumortIER. Lias supérieur. 3) MENEGHINI. Paléontologie de Vîle de Sardaigne; — Fucini. Oolite di Sardegna. 4 Di STEFANO. Monte S. Giuliano bei Trapani; — De GREGORIO. Monte Erice. 5) Borrto-Micca. Monte Grapa; — Fucimi. Monte Grappa. 9 VacpK. S. Vigilio; — De GreGORIO. S. Vigilio; — GioLi. S. Vigilio e Monte Grappa; — Fucisi. S. Vigilio. 7) Greco. Rossano in Calabria. 8) De LoRENZO. Montagne mesozoiche, pag. 62, 63. 9° DE LoRrENZO. L. c., pag. 60. 108 B. GRECO [4] marnosi giallastri sfaldabili, che si fondono insensibilmente nella massa dei calcari neri superiori, perchè non ho fossili di questa località. Depositi appartenenti al Lias medio però sarebbero conosciuti nella Basili- cata meridionale ; mentre il Lias superiore è ben sviluppato nelle limitrofe provincie di Salerno, al Monte Bulgheria ®, e di Cosenza, nel circondario di Rossano ®, ove prende un grande sviluppo anche il Lias inferiore *.. Il deposito oolitico del Monte Foraporta, come già quello di Pietro Malena, non può somministrarci alcun dato stratigrafico in appoggio alle idee sostenute tanto dottamente dal VaceK ?, secondo le quali le due zone con Leioceras opalinum e con Ludwigia Murchisonae dovrebbero essere staccate dalla Oolite inferiore ed ascritte al Lias superiore. I calcari neri infatti riposano, come abbiamo detto, in discordanza sopra le dolomie del Trias superiore ed al Monte Cervaro, come ha rilevato il De Lorenzo 5, sono ricoperte pure in discordanza dai calcari apto-urgoniani. Mancando quindi i terreni del Lias e del Malm ci è assolutamente impossibile di rilevare in che rapporti stratigrafici stesse con essi il deposito del Dogger in parola. I fossili che passerò adesso a descrivere furono tutti estratti nel Laboratorio del nostro Istituto geo- logico, mediante il processo della semicalcinazione, da alcuni quintali di roccia fossilifera raccolti al Monte Foraporta dal prof. CANAvARI e da me. Essi fanno tutti parte delle collezioni paleontologiche del nostro ricco Museo. Pisa, Istituto geologico, maggio 1899. Abbreviazioni usate nel citare le singole opere. Agassiz. Trigonies. — Agassiz. Études critiques sur les Mollusques fossiles. Trigonies, 1° Livraison. Neuchîtel, 1840. Borro-Mrcca. Monte Grapa. — Borro-Micca. Fossili degli strati con Lioceras opalinum e Ludwigia Murchisonae della Croce di Valpore [Monte Grapa] (Boll. d. Soc. geol. ital., vol. XIT. Roma, 1893). Branco. Untere Dogger Deutsch-Lothringens. — Branco. Der Untere Dogger Deutsch-Lothringens (Sep.-Abdr. aus dem Abhandl. zur geol. Spezialkarte von Elsass-Lothringen, Bd. II, H. 1. Strassburg, 1879). CHapuis et DewaLque. Lurembourg. — CHAPUIS et DewaLQue. Description des fossiles des Terrains secondaires de la Province de Luxembourg. Liegi 1851. Cossuanw. Bathonien en France. — Cosswann. Contribution à 1’ étude de la faune de 1° étage Bathonien en France [Gastropodes] (Mém. de la Soc. géol. de France, sér. III, tom. IV. Paris, 1885). i) De Lorenzo. Appennino della Basilicata meridionale, pag. 12-15. ? Di SreFano. Monte Bulgheria; — Da Lorenzo. Appennino della Basilicata meridionale, pag. 15; — Appen- nino meridionale, pag. 52. 3 GRECO. Lias sup. nel circ. di Rossano; — Fucini. Studi geologici, pag. 35, 36. 4 Fucini. Molluschi e Brachiopodi; — Greco. Lias inf. del circ. di Rossano. 5) VACEK. S. Vigilio. $ De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 64. [5] B. GRECO 109 De GreGorIo. Monte Erice. — De GreGoRIO. Nota intorno a taluni fossili di Monte Erice di Sicilia, del piano Alpiniano De GreG. [= Giura-Lias auctorum ecc.] (Estr. d. Mem. della R. Accademia delle Scienze di Torino, ser. II, vol. XXXVII. Torino, 1886). De GreGoRrIo. S. Vigilio. — De GrEGORIO. Monographie des fossiles de S. Vigilio du sous-horizon Grappin Dr Gre6. (Annales de Géologie et de Paléontologie publiées sous la direction du marquis ANnToINE DE GregorIo, 5° Livraison. Palerme, 1886). Dr Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lagonegro. — De Lorenzo. Sulla geologia dei dintorni di Lagonegro. Nota preliminare (Estr. d. Rend. d. R. Acc. dei Lincei, cl. di Sc. fis., mat. e nat., vol. III, 1° sem., fasc. 6°. Roma, 1894). De Lorenzo. Montagne mesozoiche. — Dr Lorenzo. Le montagne mesozoiche di Lagonegro (Estr. d. Atti d. R. Acc. di Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. VI, ser. 2%, n. 15. Napoli, 1894). De Lorenzo. Appennino della Basilicata meridionale. — De Lorenzo. Osservazioni geologiche nell'Appennino della Basilicata meridionale (Estr. d. Atti d. R. Acc. di Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. VII, ser. 2°, n. 8. Napoli, 1895). De Lorenzo. Appennino meridionale. — De Lorenzo. Studi di geologia nell’Appennino meridionale (Estr. d. Atti d. R. Acc. di Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. VIII, ser. 2%, n. 7. Napoli, 1896). De Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro. — De Lorenzo. Guida geologica dei dintorni di Lagonegro in Basi- licata (Boll. d. Soc. geol. ital., vol. XVII. Roma, 1898). Di Srerano. Monte Ucina. — Di Sterano. Sui Brachiopodi della zona con Posidonomya alpina di Monte Ucina presso Galati (Estr. d. Giorn. di Sc. nat. ed econ. di Palermo, vol. XVII. Palermo, 1884). Di Srerano. Monte S. Giuliano bei Trapani. — Di SterANo. Ueber die Brachiopoden des Unteroolithes von Monte S. 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Atti d. Acc, Gioenia di Sc. nat. in Catania. Catania, 1896). 110 B. GRECO [6] GrmieLLaro. Casale e Bellampo. — GemmeLtaro. Sui fossili del calcare cristallino della Montagna di Casale e di Bellampo nella provincia di Palermo (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia, n. 8° Pa- lermo, 1872-82). GomueLLaro. Calcare a Terebratula Janitor. — GemmeLLAaro. Studi paleontologici sulla fauna del calcare a Tere- bratula Janitor del Nord di Sicilia. Palermo, 1868-76. Grver. Brachiopoden des Hierlatx. — Gever. Ueber die liasischen Brachiopoden des Hierlatz bei Hallstatt (Sep.- Abdr. aus dem Abhandlungen d. k. k. geolog. Reichsanstalt, Bd. XV, H. 1. Wien, 1889). Gioni. S. Vigilio e Monte Grappa. — Grori. Fossili della Oolite inferiore di S. Vigilio e di Monte Grappa (Atti d. Soc. tosc. di Sc. nat., Mem., vol. X. Pisa, 1888). Gorpruss. Petrefucta Germaniae. — GoLpruss. Petrefacta Germaniae, tam ea quae in Museo Universitatis Regiae Borussicae Fridericiae Wihlelmiae Rhenanae servantur. Diisseldorf, 1826-40. Greco. Oolite inf. di Rossano. — Greco. Sulla presenza della Oolite inferiore nelle vicinanze di Rossano Calabro [Nota preventiva] (Atti d. Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verbali, adun. del 3 marzo 1895). Greco. Lias sup. nel circ. di Rossano. — Greco. Il Lias superiore nel circondario di Rossano Calabro (Bull. d. Soc. geol. ital., vol. XV. Roma, 1896). i Greco. Lias nf. del cire. di Rossano. — Greco. Il Lias inferiore nel circondario di Rossano Calabro (Atti d. Soc. tosc. di Sc. nat., Memorie, vol. XII. Pisa, 1893). Greco. Rossano in Calabria. — Greco. Fauna della zona con Lioceras opalinum Rem. sp. di Rossano in Calabria (Palaeontographia italica, vol. IV. Pisa, 1899). Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta. — Greco. Sulla presenza del Dogger inferiore al Monte Foraporta presso Lagonegro (Boll. d. Soc. geol. ital., vol. XVIII. Roma, 1899). Laupr. Bivalven von Balin. — Lause. 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Montagne mesozoiche, pag. 62 (non UHLIG). 1898. —_ _ De Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag. 182 (non UxLIG). 1898. _ Wihneri Greco. Rossano in Calabria, pag. 101 [9], tav. VII [I], fig. 9-11 (cum syn.). 1899. _ — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. DIMENSIONI I II III Lunghezza . - o . 7 . mm. © mm. 8 mm. 7 Larghezza . . 7 È c : » 8 DILLO DAN LI Spessore c 5 : , . 7 » 4 6 » 6 Gli esemplari della RAynchonella Wihneri Di Ster., raccolti nella Colite inferiore del Monte S. Giuliano presso Trapani, furono dal Di STEFANO divisi in due serie: una costituita da esemplari provvisti di quattro a dieci coste forti, acute, semplici; l’altra rappresentata da conchiglie ornate da dodici a se- dici coste sottili, non acute, spesso biforcate. I dodici esemplari del Monte Foraporta, che riferisco a questa specie, appartengono tutti alla seconda serie e corrispondono a quelli rappresentati dal Di SteFANo a tav. XIV, fig. 16, e a tav. XV, fig. 6. Data la somiglianza che alcune forme della R%. Wéalneri Dr StEr., come le nostre e le corrispon- denti siciliane, presentano colla R%. fascicostata UnLIG ®, credo che a quella vada riferito 1’ esemplare ascritto dal De Lorenzo alla specie di UuHLIG. I nostri esemplari e i corrispondenti siciliani si distinguono dalla R%. fuscicostata UHLIG princi- palmente per le coste meno numerose (da dodici a sedici invece di venti), per la linea di commessura i UnLIG. Sospirolo bei Belluno, pag. 42, tav. V, fig. 1-3. 112 B. GRECO [8] non arcuata nella regione laterale e per il fatto che le coste non partono dalla regione apiciale a fasci di due, di tre, di quattro, ma sono più o meno frequentemente biforcate a varie altezze; eccezionalmente in un esemplare si osserva una costa triforcata. La Rh. Walmeri DI Ser. è frequentissima poi nei calcari carnicini della Oolite inferiore di Pietro Malena presso Rossano, ma gli esemplari di questa località, a differenza di quelli del Monte Foraporta, appartengono tutti alla serie costituita da conchiglie ornate da quattro a dieci coste, forti, acute, semplici. var. applanata n. — Tav. XIII [I], fig. 3. DIMENSIONI Lunghezza , . È ò 5 2 ò 0 o 0 0 ò mm. 7 Larghezza d ° È 6 0 6 , o 0 . o È » 6 Spessore . È O È 6 5 È 6 ò è : È ; ». 8 Questa varietà è assai vicina a quella forma della RX. Wéalneri Di StEF., rappresentata dall’autore colla fig. 6 della tav. XV. Se ne discosta per il contorno un poco più slanciato, per la minore convessità delle due valve, onde i margini resultano taglienti e per l’apice alquanto più sporgente. Essa è rappresentata nella nostra fauna da un solo esemplare. 2. Rbynchonella Ximenesi Di Ster. — Tav. XII [I], fig. 4. 1884. ARhynchonella XNimenesi Di Sterano. Monte S. Giuliano bei Trapani, pag. 3, tav. XIV, fig. 1-4. 1894. _ Cartieri De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lagonegro, pag. 310 (non OpP.). 1894. — cfr. — De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 63. 1898. — cfr. — De Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag. 182. 1898. Nimenesi Greco. Rossano in Calabria, pag. 102 [10], tav. VIII [I], fig. 14, 15 (cumsyn.). 1899. - — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. DIMENSIONI Lunghezza 7 . : . È - - È 6 ò c 5 mm. 9 Larghezza c 6 : a ” : o 5 . . D È » 10 Spessore . 5 ; : 7 . i i î ; . 5 5 DID) Appartiene a questa specie un piccolo esemplare che, salvo per le dimensioni minori, corrisponde nei suoi caratteri a quell’individuo rappresentato dal Di STEFANO colla fig. 3 della tav. XIV. La Eh. cfr. Cartieri OrP., citata dal De Lorenzo al Monte Foraporta, credo che vada riferita alla specie in esame, giudicando dal fatto che il nostro esemplare ricorda molto la %. Caroli Gem. (= RA. Cartieri Or.) ®. Da essa però gli esemplari siciliani appartenenti alla R%. Ximenesì DI STEF. ed il nostro di Basilicata si distinguono per il carattere di avere le due valve ugualmente convesse mentre nella R%. 1) GEMMELLARO. Casale e Bellampo, pag. 423, tav. XXXI, fig. 79-87; — GevER. Brachiopoden des Hierlatz, pag. 63, tav. VII, fig. 13,14; — DI STEFANO. Lias medio del Monte S. Giuliano, pag. 82. — Come fa giustamente osservare il Dr STEFANO, di questi due nomi è quello dato dal GeMmmELLARO (Ah. Caroli) che deve restare, perchè questi per il primo ne descrisse completamente e figurò gli esemplari siciliani. . [9] B. GRECO 113 Caroli (= Rh. Cartieri OPP.) la valva grande è assai meno rigonfia della piccola e quindi la conchiglia acquista un aspetto diverso da quello della R%. Ximenesi DI STEF. La specie oltrechè nel Dogger inferiore del Monte S. Giuliano presso Trapani è rappresentata anche nella fauna ad essa contemporanea di Pietro Malena. 3. Rhynchonella Galatensis Dr Srer. — Tav. XII [I], fig. 5. 1884. Rhynchonella Galatensis Dr Sterano. Monte Ucina, pag. 15, tav. I, fig. 28, 29. 1898. — _ Greco. Rossano in Calabria, pag. 100 [8]. 1899. — — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. DIMENSIONI I I Lunghezza . : Ò - ò . A È 6 mm. 10 (?) mm. 11 (?) Larghezza . , c ò 5 o . - x » 10 >» 12 Spessore , , ; 7 ; : , 3 ; » 6 306, La R’ynchonella Galatensis Di STEF. è rappresentata da due esemplari, i quali sfortunatamente hanno l’apice rotto; ma per gli altri caratteri corrispondono all’ esemplare rappresentato dal Di STEFANO colla fig. 28 della tav. I. Una lieve differenza si ha solo nel fatto che uno dei due esemplari (Tav. XIII [I], fig. 5), è un poco meno slargato, onde la sua forma non resulta decisamente subtriangolare. Oltre a questi due esemplari ne ho altri quattro che presentano quasi tutti i caratteri della R%. Galatensis Di StEF., differendone solo per essere molto meno convessi (Tav. XIII [I], fig. 6) ed io credo opportuno di riferirli a questa specie, come varietà depressa. 4. Rhynchonella:Maleniana Greco. 1898. Rrynchonella Maleniana Greco. Rossano in Calabria, pag. 104 [12], tav. VII [I], fig. 16-18. 1899. — — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. Tra le Ehynchonellae da me esaminate si osservano un esemplare completo, ma alquanto sciupato nella parte mediana della piccola valva, ed altri quattro che hanno conservato solo una delle due valve. Essi, confrontati cogli originali della Eynehonella Maleniana Greco di Pietro Malena, vi corrispondono perfettamente sia per l'aspetto generale della conchiglia, per la forma dell’apice e per la mancanza del seno e del lobo, sia per la forma ed il numero delle coste. Onde io non esito a riferirli a tale specie. Si deve però avvertire che l'esemplare completo sopra ricordato presenta dimensioni assai maggiori di tutti quelli calabresi raccolti finora. La specie era stata trovata solo nella Oolite inferiore di Pietro Malena, presso Rossano. 5. Rhynchonella Arianii? Greco. 1894. Ehynchonella cfr. Fraasi De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lagonegro, pag. 310. 1894. _ _ — De Lorenzo. Montagne mesozxoiche, pag. 63. 1898. — _ — De Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag. 182. 1898. _ Ariani Greco. Rossano in Calabria, pag. 104 [12], tav. VIII [I], fig. 19, 20. 1899. — — ?Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 15 114 B. GRECO [10] Credo che vadano riferiti a questa specie due esemplari che presentano soltanto la regione latero- frontale ed un altro che ha conservato la piccola valva. Essi, per i caratteri che si possono rilevare, corrispondono agli esemplari di Pietro Malena, discostandosene semplicemente per avere le coste un poco più numerose (ventidue invece di sedici). Il riferimento alla specie suddetta però è fatto con dubbio, specialmente per non aver potuto osservare la grande valva completa e quindi i caratteri dell’apice. Ritengo poi che la R%. cfr. Fraasì OrP., citata dal De Lorenzo al Monte Foraporta, sia da riferirsi alla specie in parola, perchè, come feci appunto rilevare ), la R%. Arianti GRECO è affine alla R%. Fraasi OrP., dalla quale è distinta in modo speciale per le coste semplici e per la regione apiciale meno svi- luppata. 6. Rhynchonella infirma RorapL. — Tav. XIII [I], fig. 7-9. 1886. Alrynchonella infirma RorapLerz. Vilser Alpen, pag. 149, tav. IX, fig. 14; tav. XI, fig. 6, 7, 10, 11. 1899. _ —- Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. DIMENSIONI I II Lunghezza . ; . 3 6 , 7 3 . mm. 15 mm. 17 Larghezza . : . 0 6 a 2 ; 6 » 17 O 18) Spessore : . ; , 5 G x ; , DINO DIRO Riferisco alla RAynchonella infirma RorHPL. otto esemplari, dei quali cinque si presentano con una sola valva, e gli altri tre sono quasi interamente conservati. Per la forma della conchiglia, per 1’ assimmetria da essi presentata, per l'andamento della linea di commessura, per l’ aspetto dell’apice e per il numero, la forma e le dimensioni delle coste, essi corri- spondono agli esemplari del Dogger inferiore di Rothen Steines presso Vils, descritti e figurati dal RoTHPLETZ. Credo bene di avvertire poi che l'esemplare da me rappresentato a Tav. XIII [I], fig. 9 appare or- nato di coste solo nel terzo inferiore della conchiglia, essendo invece liscio nella parte centrale ed api- ciale delle valve. Tale carattere è del tutto apparente, e dovuto al fatto che questo esemplare è conser- vato in modello interno. Sulla impronta invece da esso lasciata nella roccia si vede benissimo che tutte le coste arrivano ben distinte fino alla regione apiciale. Come ha fatto osservare il RorHPLETZ, grandi affinità presenta questa specie colla R%. isotypus GeMmM. del Titonico inferiore di Sicilia ?, e può certamente quest’ultima specie essere considerata come la de- rivata titoniana della nostra forma oolitica. La Ln. infirma RorHPL. era stata trovata finora solamente nel Dogger inferiore di Rothen Steines presso Vils. 7. Rbynchonella lucana n. sp. — Tav. XIII [I], fig. 10. DIMENSIONI Lunghezza : , : È 6 Ù ò ò 5 o 0 . mm. 6 Larghezza . c È 5 ò c ò c & 2 . : o 2 MU Spessore . © È d - È 3 5 4 . o è 5 » 4 ) Greco. Rossano in Calabria, pag. 105 [13]. 2) GRMMELLARO. Calcare a Terebratula Janitor, parte III, pag. 23, tav. IV, fig. 8-10; — Di STEFANO. Titonio in- feriore di Sicilia, pag. 5. [11] B. GRECO 115 Piccola conchiglia, piuttosto rigonfia, di forma subpentagonale arrotondata. Valva brachiale poco ri- curva, appianata nella sua parte centrale e sprovvista di lobo; valva perforata molto più convessa, colla massima gibbosità nella parte inferiore, da dove repentinamente si incurva, senza formare seno verso la fronte. Apice non ben conservato, ma appare piuttosto alto e provvisto di margini laterali molto lunghi; deltidio e forame non osservabili. Valve riunite ad angolo acuto; linea di commessura diritta ai fianchi e inflessa tre volte nella regione frontale, ove presenta le due concavità laterali e la convessità mediana rivolte verso la piccola valva. Superficie. fibrosa, ornata da alcune leggere, larghe ed indistinte pieghe limitate al terzo inferiore della conchiglia. Di esse se ne contano sei su ciascuna valva, ma quella della perforata sono un poco più evidenti. Le strie di accrescimento si presentano ben spiccate in modo speciale ai margini della conchiglia. Questa specie caratteristica e ben distinta dalle altre è rappresentata nella nostra fauna da un solo esemplare, quello figurato. II. Gen Waldheimia (Kixc) Dav. 1. Waldheimia Ippolitae Dr Srer. — Tav. XII [I], fig. 11-17. 1884. Zeilleria Ippolitae Di Srerano. Monte S. Giuliano bei Trapani, pag. 10, tav. XV, fig. 12, 13. 1894. Terebratula punctata (non Sow.) et var., Ter. basilica (non OrP.), Waldheimia Carapexzae (non Di Ster.) e I. sp. aff. numismalis De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lago- negro, pag. 310. 1894. — - (non Sow.) et var., Ter. basilica (non OrP.) De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 61, 62. 1898. — — (non Sow.) et var., Ter. basilica (non OrP.) De Lorenzo. Guida geologica di La- gonegro, pag. 182. 1898. Waldheimia Ippolitae Greco. Rossano in Calabria, pag. 107 [15], tav. VIII [I], fig. 26 (cum syn.). 1899. —_ — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. DIMENSIONI I II III IV Vv VAL Lunghezza mm.18 mm. 19 mm. 17 mm. 16 mm. 15 mm, 15 Larghezza » 15 DIRTI » 16 e GLI » 15 » 16 Spessore » 8 DAO) » 8 DITA [O » 6 36 La Waldheimia Ippolitae Di STEF. è la specie più frequente che si raccolga nei calcari neri del Monte Foraporta. Io ho potuto esaminarne un gran numero di esemplari e persuadermi che in questo giaci- mento essa si presenta molto variabile nella forma. Fra gli esemplari infatti, più o meno convessi, se ne hanno alcuni con contorno subpentagonale arrotondato, come quelli tipici figurati dal DI StEFANO; altri più ristretti lateralmente e di forma ovale attenuata alla fronte; altri ancora di forma subcircolare; ed altri finalmente dilatati e con linea cardinale quasi diritta. Tutte queste forme sono insieme collegate mediante graduali passaggi, onde io ritengo che facciano parte della medesima specie; tanto più poi che in tutte sono costanti i caratteri dell’apice, sottile, poco ricurvo, con margini bene spiccati, e con fo- rame piccolo. 116 B. GRECO [12] La leggera depressione, appena visibile e formante un lieve seno al margine frontale, come fu os- servata dal DI SrerANno nella valva imperforata degli esemplari adulti siciliani, si ritrova anche nei nostri di Basilicata; alcuni individui anzi presentano evidente questa sinuosità frontale della piccola valva. Credo che la Zerebratula punctata (non Sow.), colle varietà Andleri (non OPP.) ed ovatissima (non QuensT.) e la Terebratula basilica (non OPP.), citate dal De Lorenzo al Monte Foraporta, vadano riferite alla specie in esame, giudicandolo dal fatto che la W. Ippolitae Di Ster., per la sua forma variabile e non caratteristica, ricorda certamente le due specie e le due varietà suddette. Da esse però si può subito distinguere per il fatto che il setto mediano evidente ed i caratteri dell’ apice stanno ad indicare che i nostri esemplari appartengono al genere Waldheimia e non al genere Terebratula. Ritengo poi che alla W. Ippolitae Di Ster. vadano anche ascritte la W. Carapezzae (non Di STEP.) e la W. sp. aff. numismalis Lamx., che, citate in uno dei primi lavori dal DE Lorenzo (Geologia dei dintorni dì Lagonegro), furono poi tolte dagli elenchi riportati nei lavori suoi successivi. È bensì vero che alcune forme, come quelle subcircolari, della nostra W. Ippolitae Di StEF. si avvicinano molto alla W. Carapezzae Di Ster. ed alla W. sp. ind. aff. W. numismalis Lam€. del Lias inferiore di Taormina ® e del circondario di Rossano ?; sono però da queste ultime ben distinte per la diversa conformazione dell’apice, come ho potuto convincermi mediante il confronto diretto cogli esemplari liasici calabresi. La W. Ippolitae Di Ster., oltre che negli strati del Dogger inferiore del Monte S. Giuliano presso Trapani, è stata citata nei depositi contemporanei di S. Vigilio e di Pietro Malena. Lamellibranchiata. I. Gen. Placunopsis Morr. et Lyc. 1. Placunopsis jurensis Rorm. sp. 1853. Placunopsis jurensis Morris and Lycert. II, Bivalves, pag. 6, tav. I, fig. 8 (cum syn.). Riferisco a questa specie della Oolite d’ Inghilterra cinque esemplari che, salvo per le dimensioni minori, corrispondono per la forma della conchiglia e per gli ornamenti alla Placumopsis jurensis RoEm. quale è descritta e figurata da MoRRIS e LycETT. II. Gen. Lima Bruce. 1. Lima (Plagiostoma) semicircularis Gonne. 1834-40. Lima semicircularis GoLpruss. Petrefacta Germaniae, parte II, pag. 83, tav. 101, fig. 6. 1886. — _ De GregorIo. S. Vigilio, pag. 20, tav. XII, fig. 27, 31, 32. 1898. -— (Plagiostoma) semicircularis Greco. Rossano in Calabria, pag. 107 [15] (cum syn.). 1899. _ _ _ Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. i) Dr SrEFANO. Lias inferiore di Taormina, pag. 99, tav. IV, fig. 14; pag. 100, tav. IV, fig. 17. 2 Greco. Lias inferiore del circ. di Rossano, pag. 106, tav. III, fig. 2; pag. 108. [13] B. GRECO 117 Riferisco a questa specie cinque frammenti di valve più o meno incomplete, appartenenti ad esem- plari adulti e molte valve isolate di piccoli individui, quasi tutte complete, ma una sola con la conchiglia in buona parte conservata. Tutti gli esemplari corrispondono alle figure della Lima (Plagiostoma) semicireularis GoLpr., date dal GoLpruss e dal Vacek ed agli esemplari di S. Vigilio e di Pietro Malena. Il De Lorenzo non cita alcuna specie di Lima al Monte Foraporta; ne ricorda invece tre della re- gione Nizzullo ®, trovate negli straterelli sottilissimi di calcari marnosi giallastri, intorno alla cui età, liasica secondo il De LoRENZO, io nulla posso dire non avendo fossili di tale località. Di queste tre specie di Lima una, la L. (PI.) Choffati Di Ster. deve ricordare la L. (PI.) semicir- cularis GoLpr. essendo tali due specie affini fra loro. I nostri esemplari però non possono essere riferiti alla specie del Dr SteFANO 2), per la forma più semicircolare e per gli spazi intercostali più stretti delle costicine, come ho potuto convincermi confrontandoli con gli esemplari del Lias inferiore calabrese. La L.(PI.) semicireularis GoLpr. era stata citata in Italia finora a S. Vigilio ®, al Monte Grapa # ed a Pietro Malena. III. Gen. Hinnites DEFR. 1. Hinnites velatus GoLpr. sp. 1834-40. Pecten velatus Gorpruss. Petrefacta Germaniae, parte II, pag. 45, tav. 90, fig. 2. 1886. Hinnites velatus var. ingetus De GregorIo. S. Vigilio, pag. 20, tav. 13, fig. 1-6. 1894. Semipecten (Hinnites) cfr. velatus De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 63. 1898. Hinnites velatus Dr Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag. 182. 1898. — — Greco. Rossano in Calabria, pag. 109 [17], tav. VIII [I], fig. 29 (cum syn.). 1899. — — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. L’ Hinnites velatus GoLpr. è frequente nei calcari neri del Monte Foraporta, ove è rappresentato da ambedue le valve isolate. Esse, sia per la forma e sia per le caratteristiche ornamentazioni, diverse nelle due valve, corrispondono benissimo alle figure tipiche che ne danno il Gorpruss ed il VAcEK, ed agli esemplari di S. Vigilio e di Pietro Malena, coi quali le ho confrontate direttamente. Ritengo poi che il Semipecten (Hinnites) cfr. velatus GoLpr. citato dal De LorENzo al Foraporta sia identico alla specie in esame e che ad essa debba decisamente essere riferito. L’ H. velatus GoLpr. era stato finora trovato in Italia nella zona con Leioceras opalinum di S. Vigilio, del Monte Grapa e di Pietro Malena. i) De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 60. 2) DI STEFANO. Lias inferiore di Taormina, pag. 109, tav. IV, fig. 26, 27; — Fucixni. Molluschi e Brachiopodi, pag. 43; — Greco. Lias inferiore del circ. di Rossano, pag. 132. 3) VACEK. /S. Vigilio, pag. 110 [54], tav. XIX, fig. 1,2; — GroLI. 4 Borrto-Micca. Monte Grapa, pag. 173. S. Vigilio e Monte Grappa, pag. 16. 118 B, GRECO [14] IV. Gen. Pecten KLEIN. 1. Pecten (Entolium) disciformis Scniir. — Tav. XIII [I], fig. 18. 1830. Pecten disciformis Zieren. Wirttembergs, pag. 69, tav. 53, fig. 2. 1834-40. 1834-40. 1850. 1852. 1856. 1857. 1874. 1894. — corneus Goupruss, Petrefacta Germaniae, pag. 73, tav. 98, fig. 11 (non Sow.). — demissus Goupruss. L. c., pag. 74, tav. 99, fig. 2 (non Puin.). — disciformis D’ OrpiGny. Prodrome, 8° étage, n. 210, pag. 237. _ _ Crapuis et DewaALque. Luxembourg, pag. 210, tav. XXXI, fig. 2. — demissus Quensrenr. Der Jura, pag. 353, tav. 48, fig. 6,7 (non Puinn.). — disciformis MenEeGHINI. Paléontologie de 1 èle de Sardaigne, pag. 275. -- —_ DumortIER. Lias superieur, pag. 199. —_ -- PeritoLERo. Bajocien inférieur, pag. 96. Appartengono al Pecten disciformis Scnusi. due esemplari incompletamente conservati. Essi, all’in- fuori delle dimensioni più piccole, corrispondono nei loro caratteri agli esemplari di Sardegna, descritti dal MeNEGHINI ed alle figure che per questa specie danno il GoLpruss ed il QuenstEDT col nome di P. demissus PHILL. Debbo avvertire poi che anche nella Oolite inferiore di Pietro Malena si trova probabilmente la specie in esame, perchè nel materiale da studio colà raccolto esiste un frammento di Pecten liscio, che, a quanto si può osservare, presenta i caratteri del Pecten disciformis ScHùBL. Atteso però il suo incompleto stato di conservazione, non ne tenni conto. Il P. disciformis ScHUBL., citato altrove in terreni del Lias medio, del Lias superiore, e del Dogger inferiore, era stato finora trovato in Italia solo nella Oolite di Sardegna. 2. Pecten (Entolium) cingulatus Pau. — Tav. XIII [I], fig. 19-21. 1834-40. Pecten cingulatus GoLpruss. Petrefacta Germaniae, parte II, pag. 74, tav. 99, fig. 3. 1886. 1894. 1898. 1898. 1899. — leucus De Gregorio. S. Vigilio, pag. 21, tav. XIII, fig. 9. — (Pseudamussium) Hehlii De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 63 (non D’ ORB.). - — — Dr Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag.182 (non D’ORB.). — (Entolium) cingulatus Greco. Rossano in Calabria, pag. 109 [17], tav. VIII [I], fig. 30, 31 (cum syn.). = —_ — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. DIMENSIONI I II III IV Vv VI Lunghezza mm. 9 mm. 10 mm. 16 mm. 17 mm. 17 mm. 21 Larghezza DINI: » 8 » 14 » 14 » 14 » 18 Il Pecten (Entolium) cingulatus PuILL. è fra i lamellibranchi la specie più frequente che si raccolga nel nostro giacimento. Gli esemplari corrispondono perfettamente a quelli raccolti a Pietro Malena, come mi sono potuto convincere con il confronto diretto. [15] B. GRECO 119 Credo che gli esemplari riferiti dal De Lorenzo al Pecten (Pseudamussium) Hehlii v’ORB. siano iden- tici ai nostri e debbano perciò essere riferiti al P. (Ent.) cingulatus PHILL. In Italia la specie era nota a S. Vigilio, al Monte Grapa, al Monte Timilone in Sardegna” ed a Pietro Malena. 3. Pecten (Chlamys) erpus De Gres. 1886. Pecten erpus De GreGoRIO. Monte Erice, pag. 8, tav. I. fig. 11. 1898. — (Chlamys) erpus Greco. Rossano in Calabria, pag. 110 [18], tav. VIII [I], fig. 32, 33. 1899. — _ — (Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. Questa specie, fondata dal De GREGORIO su esemplari raccolti nel Dogger inferiore del Monte S. Giu- liano (Erice) e trovata poi negli strati contemporanei di Pietro Malena, non è rara al Monte Foraporta. Gli esemplari, in stato di conservazione non soddisfacente, corrispondono alla figura tipica data dal Dr GreGorIO ed agli esemplari di Pietro Malena. V. Gen. Modiola Lanxk. 1. Modiola gibbosa Sow. 1821. Modiola gibbosa Sowerey. Mineral Conchology, vol. III, pag. 19, tav. 211, fig. 2. 1895. _ — Parona. Palaeontographia italica, vol. I, pag. 27 [27] (cum syn.). 1899. _ — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. Riferisco a questa specie cinque esemplari, rappresentati da valve destre e sinistre in diverso stadio di sviluppo. Essi corrispondono a quell’esemplare del Giura bruno dei dintorni di Balin descritto e fi- gurato dal LauBE ?). Il De Lorenzo non ha trovato al Monte Foraporta alcuna Modidla; cita invece la Modiola Gemmel- laroù Dr Ster. della Regione Nizzullo, intorno alla cui età, liasica secondo il De LoRENZzo, nulla posso dire, come feci precedentemente osservare. I nostri esemplari differiscono dalla M. Gemmellaroi Di StEF. ? per la carena mediana resa più evi- dente da una sinuosità anteriore la quale comincia dall’apice poco pronunciata ed arriva ben spiccata fino al margine, e per le strie di accrescimento regolari e non a zig-zag e seghettate nei due terzi in- feriori della conchiglia, come in quella specie. La M. gibbosa Sow., citata in località extralpine in terreni oolitici e calloviani, è stata trovata in Italia negli strati con Posidonomya alpina del Monte Longara e del Monte Meleta nei Sette Comuni. i) Fucini. Oolite di Sardegna, pag. 122. 2 LAuBE. Bivalven von Balin, pag. 29, tav. II, fig. 4. 3 DI STEFANO. Lias inferiore di Taormina, pag. 120, tav. IV, fig. 22-25. 120 B. GRECO [16] VI. Gen. Trigonia Bruce. 1. Trigonia De Lorenzoi n. sp. — Tav. XIII [I], fig. 22. 1899. Trigonia aff. costata Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. DIMENSIONI I II III Lunghezza . 0 0 c . mm. 17 mm. 14 mm. ll Larghezza c . ò : o » 15 i Il » 9 Piccola Trigoria, rappresentata da una conchiglia convessa, più lunga che larga, subtrigona, con re- gione cardinale ristretta e con apici sporgenti, subterminali. Valve provviste nella parte posteriore di una carena acuta, che partendo dagli apici arriva all’angolo del margine inferiore, dividendo la conchiglia in due parti ineguali e diversamente ornate. L’anteriore, molto più sviluppata, è arrotondata e provvista di coste concentriche, acute, ben rilevate, il doppio più strette degli intervalli, le quali partendo dal mar- gine anteriore, giungono leggermente arcuate fino alla carena, ove si arrestano; la posteriore, più breve, obliquamente troncata, presentando due angolosità, una in corrispondenza del margine inferiore, un’altra all'altezza della linea cardinale, è ornata, oltre che della carena principale, di due altre carene secon- darie e di costoline radiali, che seguono l’ andamento di esse. Il margine ventrale è arrotondato. Le linee di accrescimento, per lo stato di conservazione degli esemplari non molto soddisfacente, non sono visibili. La specie ora descritta appartiene al gruppo della Trigoria costata Lam. e presenta analogie con tale specie tipica ”, molto sviluppata nella Oolite inferiore, ed anche con la Tr. praecostata Branco del Dogger inferiore della Lorena ®, con la 7. pullus Sow. della Grande Oolite d’ Inghilterra 3 e con la Tr. tenvicosta Lyc.® della Oolite inferiore pure d’ Inghilterra. Da esse però la nostra specie è ben di- stinta in modo speciale per le dimensioni costantemente minori e per la forma della conchiglia più slanciata. Le Trigonie costate, il cui massimo sviluppo avvenne nel Dogger e nel Malm, hanno i loro più an- tichi rappresentanti nei terreni del Lias superiore: 7. costellata Ac. e Tr. similis AG.9 La 7. De Lorenzoì n. sp. è rappresentata nel mio materiale da ventidue esemplari di ambedue le valve isolate, in stato di conservazione piuttosto deficiente. Gastropoda. I. Gen. Trochus L. 1. Trochus Vinassai? Greco. 1898. Trochus Vinassai Greco. Rossano in Calabria, pag. 121 [29], tav. IX [II], fig. 14. 1899. — — ? Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. i) LycetT. Fossil Trigoniae, 1875, pag. 147; 1877, tav. 29, fig. 5-8. ) Branco. Untere Dogger Deutsch-Lothringens, pag. 119, tav. VIII, fig. 4. 3) LycetT. Fossil Trigoniae, 1877, pag. 164, tav. XXXIV, fig. 7-9. 4 LycETT. L.c., 1877, pag. 160, tav. XXXIII, fig. 7-9. 5) AGASSIZ. Trigonies, pag. 50. [17] B. GRECO 121 Riferisco a questa specie un esemplare incompleto, che, per la forma della conchiglia, per l'angolo apiciale, per la presenza dell’ombelico, per l'andamento della spira, per la forma dei giri e per la loro disposizione embriciata, corrisponde al Trochus Vinassai Greco di Pietro Malena. Il riferimento però è stato fatto con un poco di dubbio perchè, essendo la superficie della conchiglia quasi del tutto asportata, non si possono osservare i delicati ornamenti caratteristici della specie. Il tipico Tr. Vinassai GRECO è stato finora trovato solamente a Pietro Malena. II. Gen. Nerita L. 1. Nerita pygmaea Greco. 1898. Nerita pygmaea Greco. Rossano in Calabria, pag. 123 [31], tav. IX [II], fig. 17. 1899. — — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. Appartiene alla Nerita pygmaea GRECO un solo esemplare che, per quanto sia leggermente deformato, corrisponde agli esemplari tipici di Pietro Malena, sia” per le dimensioni piccolissime, per la forma glo- bosa, per la spira bassissima, per l'apertura semilunare e sia per la superficie provvista solo di strie di accrescimento. Come già dissi nella descrizione della N. pygmaea GRECO, considero il genere Nerita nei limiti dati ad esso dal D’OrBIGNY ! e dal Cossmanwn ?), in modo cioè da comprendervi anche il genere Neritina. Il Cossmann osserva infatti che se è difficile separare questi due generi nel terziario, lo è molto di più nei terreni giurassici. Anche questa specie era finora esclusiva dei calcari carnicini di Pietro Malena. III. Gen. Neritopsis Gram. 1. Neritopsis Maleniana? Greco. 1898. Neritopsis Maleniana Greco. Rossano in Calabria, pag. 125 [33], tav. IX [II], fig. 21. 1899. — — ? Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. L’ultimo giro rigonfio di un gasteropodo presenta gli ornamenti della Neritopsis Maleniana GrECo. Si vedono su di esso circa sei coste spirali ben distinte e strette, tra le quali si trovano interposte una o due costoline secondarie, e poche pieghe trasversali rilevate ed allontanate fra loro. Non potendo però osservare bene la forma dell'apertura, nè l'andamento della spira è opportuno di fare con dubbio la determinazione. La N. Maleniana GrEco tipica è finora peculiare del giacimento fossilifero di Pietro Malena. 4) D’OrBIGNY. Gastropodes, pag. 229. 2) CossMann. Bathonien en France, pag. 151. 122 B. GRECO [18] IV. Gen Onustus Gray. 1. Onustus supraliasinus Vac. 1886. Onustus ‘supraliasinus Vacer. S. Vigilio, pag. 52 [108], tav. XVIII, fig. 14-16. 1886. — glincus De Gregorio. S. Vigilio, pag. 18, tav. 11, fig. 28-30. 1898. — supraliasinus Greco. Rossano in Calabria, pag. 126 [34], tav. IX [II], fig. 23 (cum syn.). 1899. _ _ Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. L’Onustus supraliasinus Vac. è rappresentato al Monte Foraporta da un frammento dell’ultimo giro. Esso per la forma, per gli ornamenti e per l'aspetto dell’ombelico è identico alla parte corrispondente della tanto caratteristica specie di VACEK, cosicchè credo certo il suo riferimento. Essa in Italia era stata trovata finora a S. Vigilio, al Monte Grapa ed a Pietro Malena. Cephalopoda. Questa classe di animali è pur troppo rappresentata assai scarsamente nel nostro materiale di studio. Ho potuto osservare soltanto due piccolissime Ammoniti le quali, appunto perciò, non permettono neanche una sicura determinazione generica. Tutte e due presentano la parte esterna carenata, ma, per la forma e l’andamento delle coste, ricordano molto più gli Harpoceras che non gli Arietites. Possiamo aggiun- gere poi che una di esse sembra corrispondere ad una forma di Harpoceras s. l. di Pietro Malena, della quale, per il cattivo stato di conservazione, non tenni parola. Credo poi che l’Arietites sp. ind., del Monte Foraporta citato dal De LoRENZO corrisponda generica- mente alle nostre suddette piccole Ammoniti della stessa località. [19] B. GRECO 123 INDICE DELLE SPECIE DESCRITTE Echinodermata . . . . RR EA AO Nan Sr mao LIAN] Brachiopoda . . VA A DO IO e o e e Ara] I. Gen. Rhynchonella FikcHnE . o - . - * o o o ILL [17] 1. Ehynchonella Wéihneri Di STEP. — (Tav. XIII [I], fig. 1, 2). . 0 - . : SAM LL [10] » » Di STEF. var. applanata n. — (Tav. XIII [I], fig. 3) c ò INI 2 [8] 2. » Ximenesi Di Star. — (Tav. XIII [I], fig. 4) . . o Ò . . » 112. [8] 3. » Galatensis Di Ster. — (Tav. XIII [I], fig. 5) . 5 ” . , , 2:13 [9] » » Di STEF. var. depressa n. — (Tav. XIII [I], fig. 6) . c . LIS E(9] 4. » Maleniana GRECO . 5 0 . 5 È . 6 . 5 ) ) IS. N 5. » Ariani? GRECO. è 6 : c È o È . o i IIS. O 6. » infirma RorHPL. — (Tav. XIII [I [I]; fig. 7-9) . c . 6 - b » 114 [10] T. » lucana n. sp. — (Tav. XIII [I], fig. 10) . - 6 . 0 . . » 114 [10] II. Gen. Waldheimia (KinG) Dav. 5 - 6 3 ° " . ò . I 6. bol 1. Waldheimia Ippolitae Dr STEP. — (Tav. XIII (I ] fig. 11-17). o . c 7 c Di able pol] Lamellibranchiata . 1 ; £ 3 ; i ; È : 3 È 7 ; » 116 [19] I. Gen. Placunopsis MoRR. et niro! c 7 - 5 o . o 5 , = 6 » 116 [12] 1. Placunopsis jurensis ROPM. sp. . ; 7 ; È ; , > : . ; » 116 [12] II. Gen. Lima Bruca. . 5 È s 7 5 . . È 5 7 » 116 [12] 1. Lima (Plagiostoma) acraiana GOLDF. . c c 6 7 c 7 5 . » 116 [12] III. Gen. Hinnites DEerR. 7 ; - 5 6 3 3 5 i È | . 3 » 117 [13] 1. Hinnites velatus GoLDP. c c o - s 5 c o - , - - » 117 [13] IV. Gen. Pecten KLEIN . - o _ . - , , c 5 » 118 [14] 1. Pecten (Entolium) discifor ‘mis etna — (Tav. XIII [I], fig. 18) . . ; © . » 118 [14] 2. » » cingulatus Parc. — (Tav. XIII [I], fig.19-21) . o 5 7 . » 118 [14] 3. » (Chiamys) erpus De GREG. ; . o È o È , ; È È PARGGLTONI [15] V. Gen. Modiola LAmxK. o . ° . È 7 7 5 : 7 - . . » 119 [15] 1. Modiola gibbosa Sow. . . 5 ° . è : È 6 ; . È 2 » 119 [15] VI. Gen. Trigonia BruG. 5 ” 5 3 " È - 6 5 » 120 [16] 1. Trigonia De Lorenzoi n. sp. — (Tav. XIII (I I fio. 22) . 7 5 - 5 - 7 » 120 [16] Gastropoda 3 3 È ; : : : ; } - P : 5 7 2 » 120 [16] I. Gen. Trochus tà Ò . 6 o . , b 5 . 5 È , 7 . » 120 [16] 1. Trochus Vinassai? GRECO . È È È - 5 : 7 5 2 . : » 120 [16] II. E Nerita L. : 5 ; » È , 7 - 7 ° ; 7 i » 121 [17] 1. Nerita pygmaea Greco, c . o ° . c - 7 : 5 - o 2 1L2I[1T] III. Gen. Neritopsis Grar. . 5 : O È c 3 5 0 È 3 - » 121 [17] 1. Neritopsis Maleniana? Go 7 * c o , * 5 2 6 . 5 » 121 [17] IV. Gen. Onustus Gray . . È , 7 5 5 ; - ; 5 È E , » 122 [18] 1. Onustus supraliasinus VAc. , 7 : 6 . - . , . , 0 » 122 [18] Cephalopoda . È . ; $ È - ; ; , È . ; i; : \ » 122 [18] MICHELE ABBADO CONTRIBUTO ALLA FLORA CARBONIFERA DELLA CINA (Tav. XIV-XVIII [I-V] e Fig. A, B interc.) Le cognizioni sulla flora fossile della Cina, finora molto incomplete, hanno ricevuto testè nuovo in- cremento grazie all'opera dei missionari italiani, e specialmente di monsignor FocoLra che raccolse nel Chansi settentrionale, dipartimento di To-jouan-fu, una ricca collezione di piante, la quale, dopo aver figurato in Torino all'Esposizione delle Missioni nel 1898, fu acquistata dal R. Museo geologico. La geologia del Chansi è trattata nella grandiosa opera China del RicatHOFEN * ; i pochi fossili vege- tali da lui quivi raccolti furono studiati da ScHENK e illustrati nel 4° volume dell’opera citata. Essi appar- tengono al dipartimento di Tsing-pu-shan, e rappresentano: Radici di Calamites Sucx., Annulariae BR., Sphe- nopteris Br., Dalacopteris ScaIme., Callipteridium WrIss, e Cordaites Une. La flora carbonifera del di- partimento di To-jouan-fu non era ancora esplorata; la collezione quivi raccolta, oltre ad alcune piante già trovate in altri dipartimenti e provincie della Cina, comprende pure felci con caratteri non mai os- servati, e, quel ch'è più, ci presenta per la prima volta tronchi di Lepidodendreae e Sigillariae, che, ad eccezione del Lepidophloios laricinus, hanno forme nuove. Le rocce che contengono questi fossili sono filladi nere, fragili, simili a quelle raccolte negli altri siti e studiate da ScHENK. Queste filladi sono ricchissime di fossili e contengono una straordinaria quan- tità di frammentini indeterminabili. Spero di fare cosa utile, portando a conoscenza degli studiosi questa preziosa collezione. Nel licen- ziare alle stampe la presente memoria sento il dovere di esprimere la mia viva riconoscenza al diret- tore del R. Museo geologico di Torino, il chiarissimo prof. C. F. ParoNA, il quale mi fu largo di consiglio, e mise a mia disposizione il materiale scientifico del Museo stesso. Filices. Gen. Sphenopteris BRoxGNIART. 1. Sphenopteris tenuis Screnx. — Tav. XIV [I], fig. 1u-e. 1893. Sphenopteris tenvis Scnenx. Pflanzen aus der Steinkohlenformation, pag. 226, tav. XXX, fig. 2, 3. (Ricarmoren. China, Bd. 4). Questa forma fu già trovata da ScHenk tra i fossili del Tshing-Pu-Shan, nel Sud-Est del Chansi. Il campione nostro rappresenta una pinna primaria di foglia. Questa pinna, a differenza di quelle del- i) Berlino, ed. DIETRICH REIMER, 1883. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 16 126 M. ABBADO [2] l'esemplare di ScHENK che sono allungato-lanceolate, si presenta con contorno ovale-lanceolato e più corta. Tuttavia le pinnule hanno gli stessi caratteri che quelle di ScHENK, e così pure le nervature, notevoli per la dicotomia dei nervuli di cui il ramo esterno va all’apice della lacinia, e l’interno al vertice del- l’insenatura. I contorni delle pinnule sono nel nostro esemplare in gran parte confusi; le nervature principali sono invece distintissime e lucide, d’aspetto consistente; così pure sono quasi sempre visibili ad occhio nudo i nervuli primarii; le loro biforcazioni e i mervuli secondarii non sono visibili che colla lente, e in alcune pinnule anche difficilmente con questo mezzo. 2. Sphenopteris orientalis n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 2. Frons tripinnata, rachi alato; pinnae primariae obliquae, triangulares; secundariae obliquae, ovato-oblongae, lanceolatae, rachibus rectis, marginatis; pinnulae obliquae, parvae, ovatae, superiores dentatae, nervis pinnatis, in- feriores 3-4 lobatae, lobis minutis, 2-8 dentatis, nervis bipinnatis. Questa forma presenta una stretta marginatura alla rachide primaria, la quale aumenta nelle rachidi secondarie e terziarie. Nell’esemplare la pinna primaria inferiore è staccata dalla rachide, ma pare da questa dipendente; essa non è conservata che per una metà, e, oltre la mancanza della cima, ha perdute le punte delle pinne secondarie. Tuttavia un attento esame comparativo fa intravedere in esse una lenta decrescenza la quale doveva dare alla pinna un contorno triangolare. Le pinne secondarie hanno contorno talora ovale, talora più stretto e bislungo, ma sempre lanceolato. Le pinnule, decorrenti e mar- ginanti la costa, sono ovali e più o meno acute, con tendenza a dividersi in lobi; quelle minori sono solo dentate. Anche i lobi portano dei denti. Le nervature sono, a seconda della grossezza delle pinnule, pin- nate o bipinnate con nervuli in gran parte difficilmente percettibili, i quali escono regolarmente ad an- golo acuto dal nervo mediano, ed hanno un andamento quasi parallelo. Questa forma ha qualche punto di contatto colla Sphenopteris Gravenhorstii Bronen. (Hist. d. Vég. Foss. pag. 191, tav. LV, fig. 3), da cui si distingue però per le pinne primarie ascendenti, mentre in questa sono deflesse, per le pinne secondarie più larghe ed ovate, per le pinnule a contorno più rego- lare, ed infine per le rachidi tutte più o meno largamente alate. Nel nostro esemplare si può osservare chiaramente il fatto notato dal BRoneNIART a proposito di Sph. Gravenhorstiù Bronen., che in generale nelle pinne delle felci paleozoiche la pinnula maggiore, cioè la prima, si trova sempre dalla parte inferiore, ossia interna, della pinna stessa. Qui difatti, essendo le pinne primarie volte a sinistra, la prima pinnula di ogni pinna secondaria nasce dalla parte destra di questa, cioè si estende verso l’interno della foglia. 3. Sphenopteris regularis n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 3. Frons bipinnata (an tripinnata?); pinnae obliquae, elongato-lanceolatae, breviter decurrentes, rachibus rectis; pinnulae ovato-lanceolatae, basi connatae et rachim late marginantes; inferiores distinetiores, 3-5 lobatae, supe- riores saepe vix distinetae, integrae, vel 2-3 dentatae; nervi inferius bipinnati, superius tantum pinnati, saepe in- distineti . Probabilmente il fossile rappresenta una pinna primaria di una foglia la quale, giudicando dalla spor- genza delle coste e dall’aspetto generale, si presenta colla pagina dorsale. Questa pinna ha rachide di- ritta, senza marginatura apparente; pinne secondarie oblique, con rachide retta e contorno bislungo lan- [BI M. ABBADO 127 ceolato, decorrenti per un tratto sulla rachide primaria e decrescenti. Può darsi che la marginatura pro- dotta da queste pinne continui verso la parte anteriore della foglia, e che quindi, affondandosi nel ter- reno, si renda invisibile. 6 Benchè siano nascoste o manchino quasi tutte le punte delle pinne secondarie, tuttavia si può in- travedere il contorno triangolare della pinna primaria. Le pinnule, accostate e saldate più o meno fra loro, assumono quasi l’aspetto di grandi lobi, e in qualche pinna costituiscono come un vero lembo at- torno alla costa mediana. Però le inferiori sono ben distinte e si dividono a loro volta in tre o cinque lobi; nelle superiori, quando esistono incisioni, i lobi hanno appena l’aspetto di denti. Nelle pinnule poco distinte questi denti non possono naturalmente presentarsi che dalla parte esterna libera. Le nervature sono tenuissime e spesso invisibili; nelle pinnule inferiori sono bipinnate, nelle superiori pinnate. Questo fossile ha molti punti di contatto col precedente, e, siccome giace sullo stesso scisto, facil- mente si potrebbe ritenere che ambedue appartenessero ad una stessa pianta. Ma un attento esame mette in rilievo varie differenze che le separano in due specie distinte. Difatti la rachide primaria (almeno per quanto si può vedere) non è alata integralmente; le pinne secondarie sono più strette ed allungate; le pinnule più appressate. Il fatto poi ch’esse sono per lungo tratto concrescenti le distingue da quelle di Sph. orientalis, sempre distanti fra loro e ristrette e cuneate alla base. Altro carattere differenziale è questo, che mentre in quest’ultima specie i lobi accennano con delle dentature ad una nuova suddivi- sione, nella specie in questione invece i lobi presentano in generale maggiore integrità e regolarità nel margine ovato-lanceolato. 4. Sphenopteris alata Srerxe. — Tav. XIV [I], fig. 4 a, d. 1828. Pecopteris alata BronenIarRT. Histoire des Végéitaux fossiles, pag. 361, tav. CXXVII. 1869. Sphenopteris alata Scaneer. Traité de Paltontologie végétale, tom. 1°, pag. 411. Di questa specie non rimangono che poche pinnule con dei frammenti di rachidi primarie e secon- darie, probabilmente appartenenti alla parte superiore d’una foglia. Le pinnule sono contratte alla base, hanno nervatura media flessuosa caratteristica e lobi quasi sempre dentati. Le nervature primarie e se- condarie dei lobi sono chiaramente visibili colla lente. 5. Sphenopteris latifolia Bronew. — Tav. XIV [I], fig. 5. 1828. Sphenopteris latifolia Bronen. Op. cit., pag. 205, tav. LVII, fig. 1-5. 1869. — — Scar. Op. cit., tom. I, pag. 399. 1883. _ — RexmauLr. Cous de Botanique fossile, 3.®° année, pag. 191. L’impronta è assai confusa, sia perchè il contorno delle pinnule è quasi tutto corroso, sia perchè la roccia nera e lucente impedisce la netta distinzione del fossile. Tuttavia è chiaramente visibile 1’ an- damento delle rachidi, e si può riconoscere abbastanza la forma generale delle pinnule. Il nostro esemplare corrisponde alla fig. 4, tav. LVII, dell’opera citata del BroneNIART, nella quale le pinnule raggiungono il massimo sviluppo, presentando molti lobi, i quali alla loro volta sono più o meno incisi nel loro contorno. La pinna inferiore destra, nascente ad angolo acuto, è subito deflessa, il che però non ci impedisce di riferire questa forma alla specie detta, essendo le altre pinne ascendenti, ed apparendo la prima come forzata da un’azione meccanica, come è dimostrato dal suo ulteriore decorso rettilineo. 128 M. ABBADO [4] 6. Sphenopteris artemisiaefolia Stern. — Tav. XIV [I], fig. 6,7. 1828. Sphenopteris artemisiaefolia Bronen. Op. cit., pag. 176, tav. XLVI, XLVII, fig. 1,2. 1869. Eremopteris artemisiaefolia Scan. Op. cit., tom. 1°, pag. 416, tav. XXX, fig. 4. 1883. Sphenopteris artemisiaefolia RenauLT. Op. cit., 3.%° année, pag. 211. Le impronte che paiono potersi riferire a questa specie sono parecchie. Però solo tre di esse pos- sono essere determinate ‘con sufficiente sicurezza, e anche queste non rappresentano che estremità di foglie e di pinne le quali in un esemplare sono in gran numero e addossate le une alle altre. Esse si accostano alle figure della tavola XLVII dell’opera citata del BRoNGNIART, e, appartenendo alla parte su- periore delle foglie, sono caratterizzate dall’incisione poco profonda delle pinne e dalla piccolezza delle pinnule ridotte all'aspetto di lobi e raramente incise. Il frammento rappresentato dalla fig. 7 (Tav. XIV [I]), è probabilmente l'estremità d’una fronda; ha costa plurinervia, dilatata, tre o quattro pinne con pinnule minute, bislunghe, quasi acute, talora dentiformi; aspetto coriaceo. I caratteri anzidetti e l'aspetto complessivo del fossile lo fanno ascrivere con bastante sicurezza alla specie detta, benchè sia molto incompleto. 7. Sphenopteris deflexa n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 8. Frons tripinnata, rachi primario lato, complanato, submarginato; pinnae primariae obliquae, rachi late alato; pinnae secundariae sexiles, distantes, deflewae, elongato-lineares; pinnulae inferius dense confertae, superius distan- tiores, obliquae, decurrentes et rachim marginantes, parvae, ovatae vel elongatae, acute lanceolatae, margine supe- riore 1-2 inciso-lobato, inferiore plerumque integro, basales paulo minores; nervi bipinnati; nervuli tenviores vali- dioribus intermiati. Benchè di questa forma non rimanga che un piccolo frammento di fronda, tuttavia vi si possono distinguere alcuni caratteri sufficienti a differenziarla dalle altre specie. La rachide primaria allargata e depressa ha aspetto rigido, legnoso, ed è strettamente marginata; le rachidi secondarie sono invece largamente alate. Le pinne secondarie stanno alquanto distanti fra loro e sono notevoli pel portamento della loro costa che, nata ad angolo acuto, si rivolge subito in basso, continuando poi il percorso in linea retta. Le pinnule sono disposte assai obliquamente, e, raramente ovali, dimostrano di solito, specialmente le superiori, una grande tendenza ad assumere una forma allun- gata ed acuminata. Altro carattere notevole è quello di essere incise quasi tutte solamente nel margine prospiciente la rachide; solo quelle più ovate hanno anche il margine esterno inciso e assumono quindi un aspetto simmetrico. Le pinnule sono inoltre decorrenti, saldate alla costa per tutta la base e con- nate fra loro, e talora un po’ ristrette superiormente. Le nervature sono bipinnate e presentano in ogni pinnula due sorta di nervuli primarii e secondarii; gli uni, meno numerosi, sono più forti e facilmente visibili; gli altri, ad essi indifferentemente frammisti, sono assai più deboli, nè si possono vedere che colla lente e con una certa inclinazione alla luce. Questi nervuli più deboli non dimostrano differenza d’origine dai più forti e si diramano regolarmente, costituendo con questi un unico sistema con dispo- sizione quasi parallela. 8. Sphenopteris sp. a. — Tav. XIV [I], fig. 9. Pinna oblongo-lanceolata, pinnatifida; pinnulae obliquae, ovatae, basi cuneatae, longe decurrentes et rachim marginantes ; inferiores 3-4 lobatae, superiores subintegrae; lobi ovati obtusi, inferiores dentati; nervi pinnularum bipinnati vel tantum pinnati. [5] i M. ABBADO 129 Questo frammento che rappresenta forse una pinna secondaria d’una foglia, è assai incompleto e non si può ascrivere con sicurezza a nessuna specie. Mancano la base e la punta della pinna la quale ha un contorno allungato lanceolato. Le pinnule sono disposte molto obliquamente, ovate e cuneate alla base, lungamente decorrenti, il che però non toglie che esse siano aderenti l’una all’ altra, giacchè l’in- senatura inferiore che ogni pinnula presenta restringendosi alla base, è occupata dalla parte espansa della pinnula sottostante. Le pinnule inferiori, più grandi e distinte delle superiori, sono 3-4 lobate; le superiori dentate e quasi intere; i lobi ovati e*ottusi sono a loro volta dentati. I nervi sono bipinnati e pinnati a seconda della grandezza delle pinnule. Questo fossile ha molta somiglianza con le pinnule inferiori e profondamente lobate di Sp. lati- folia BroneN. (op. cit., tav. LVII, fig. 4), ma ne differisce per la forma alquanto più stretta ed allungata, come anche per la disposizione più regolare delle pinnule e per il loro contatto nonostante la lunga decorrenza sulla rachide. 9. Sphenopteris sp. b. — Tav. XIV [I], fig. 10-12. Frons bipinnata (an tripinnata?), rachi primario lato, complanato, striato; pinnae distantes, rigidae, ovatae; pinnulaue ovatae, acutae, plus minus distantes et decurrentes; pagina superior nervatione bipinnata profunde sulcata. Non senza qualche dubbio riunisco in un solo gruppo tre campioni il cui stato di conservazione non ne permette una giusta e sicura determinazione. Il principale carattere comune è la solcatura profonda lasciata sulla pagina superiore delle pinne dai nervi; carattere che forse serve a indicarci nella forma in questione una specie nuova. Il frammento maggiore (fig. 11, Tav. XIV [I]) rappresenta forse una pinna primaria ed è a contatto con una rachide grande, indipendente, che forse rappresenta la rachide primaria della fronda. La rachide della pinna è schiacciata e striata longitudinalmente da pochi fasci vascolari; le pinne secondarie sono distanti, brevi, rigide, a contorno ovale; le pinnule ovato-acute distano alquanto fra loro e, decorrendo, fanno una larga marginatura alla rachide. Questi ultimi caratteri sono difficilmente ricono- scibili e rimangono perciò alquanto dubbi. La nervatura è forte, bipennata ed immersa nel parenchima in modo da lasciare una diramazione di solchi sulla pagina superiore della foglia; di questi solchi il maggiore è quello che taglia per metà, in linea retta, ciascuna pinna. Questa solcatura ricorda alla lon- tana quella delle A/ethopterideae (si veda ZirteL-ScHmmper. Traité de Paltontologie, 2.®® partie). Gli altri due esemplari sono anche più male conservati e rappresentano frammenti di pinne, con con- torni quasi totalmente irriconoscibili, cosicchè l’unico loro carattere evidente è quello della presenza di solchi in corrispondenza colle nervature. 10. Sphenopteris sp. e. — Tav. XIV [I], fig. 13. Pinna rachi subflexuoso, marginato; pinnulae minutae, obliquae, elongato-lanceolatae, 5 dentatae; nervatio pinnata, nervulis tenuibus, obliquis, subparallelis. Il frammento appartiene forse ad una pinna di forma lineare. È evidente l'andamento flessuoso della costa. Le pinnule, di cui due sole sono conservate per intero, sono disposte obliquamente, fisse per tutta la base e decorrenti; presentano cinque denti. I nervuli appena notati, uscenti ad angolo acuto dal nervo mediano, mantengono una disposizione quasi parallela. 130 M. ABBADO [6] 11. Sphenopteris sp. d. — Tav. XIV [I], fig. 14. Frons (pinma 2) rachi primario submarginato; pinnula obliqua, profunde lobata, rachi marginato; lobi 4 (2) tota basi adnati, decurrentes, ovato-rotundati, tenwissime crenulato-lobulati, nervatione bipinnata, tenui. Questo frammento non presenta che un piccolo tratto di rachide primaria e una porzione di pinnula con rachide flessuosa, marginata. Dei lobi uno solo è ben conservato; gli altri, che forse sono in numero di tre, sono più o meno rotti. L'unico i cui caratteri possano essere studiati è aderente alla rachide per tutta la base, decorrente, ovato-arrotondato e debolmente crenulato, con accenno a lobi secondari. La nervatura è tenue e bipinnata, con diramazioni secondarie appena visibili colla lente. 12. Sphenopteris sp. e. — Tav. XIV [I], fig. 15. Rachis rectus; pinnulae obliquae, basi cuncatae, clongatae et acute lanceolatae, parum decurrentes, acute in- ciso-dentatae, nervatione bipinnata. Questo frammento ha un aspetto generale rigido, simmetrico, tutto particolare che lo distingue da tutte le altre specie di Sphenopteris. Ciò è dovuto specialmente al portamento della rachide rettissima e robusta da cui nascono ad angolo acuto delle pinnule strette e lunghe, d’aspetto rigido, lanceolate ed acutissime, cuneate alla base dove sono ridotte quasi al solo picciuolo, e alquanto decorrenti. Il margine di queste pinnule a primo aspetto appare integro; ingrandito colla lente presenta delle incisioni rego- lari più o meno profonde con denti acuti che, minutissimi nella parte superiore, assumono inferiormente l’aspetto di lobi. La nervatura, visibile ad occhio nudo, è bipinnata. Gen. Pecopteris BRoNGNIART. 1. Pecopteris recta n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 160,0. Folia tripinnatifida (?); pinnae primariae elongatae, leniter decrescentes, rachi recto; pinnae secundariae obli- quae, oblongo-lineares, rachim primarium marginantes; pinnulae triangulares acutae vel obtusae, obliquae, decur- rentes ct basi connatae, nervo medio ad apicem producto vel furcato, pinnato, nervulis paucis, integris vel furcatis, parerchymate crasso immersis. Le foglie di questa forma sono probabilmente tripinnatifide, e i frammenti confusi e addossati che si trovano nel campione rappresentano forse delle pinne primarie. Queste pinne sono incomplete e man- cano di punta; però pare che esse abbiano una lunghezza considerevole e forma bislunga, giacchè le pinne secondarie appaiono decrescere lentamente. La rachide è retta ed alata. Le pinne secondarie sono oblique, bislungo-lineari, distanti, fisse per tutta la base e largamente decorrenti. Le pinnule sono oblique, fisse per tutta la base, decorrenti e connate; hanno contorno triangolare con vertice più o meno arro- tondato. Nei piccoli frammenti staccati che si osservano alla sinistra del campione le pinnule sono talora acutissime. Il nervo mediano è sempre distinto ed ha un andamento flessuoso; di rado esso giunge fino alla sommità della pinnula, giacchè spesso si biforca. I nervuli laterali, in numero di 2-3 per ogni pin- nula, sono appena visibili e talora si biforcano. La fronda ha in complesso un aspetto coriaceo. Questa forma si avvicina a parecchie specie caratterizzate dalle pinnule piccole, triangolari, e spe- cialmente a Pecopteris plumosa Bronen. (op. cit., tav. CXXII, fig. 1), da cui differisce però perchè in que- st’ultima manca la marginatura della rachide primaria, e le pinnule sono più vicine e non decorrenti. [7] M. ABBADO 131 Maggiori differenze esistono poi tra il nostro fossile e le altre figure della Pec. plumosa contenute nella stessa tavola CXXII, le quali hanno le pinnule molto più strette ed allungate, e non concordano affatto colla nostra forma. Dalle altre specie poi, affini a quella anzidetta, si distingue specialmente per la rachide primaria retta e per l’angolo acuto che fanno con essa le pinne primarie, come pure per l’aspetto generale assai regolare dell’intera fronda. Gen. Taeniopteris BRONGNIART. 1. Taeniopteris multinervis WerIss. — Tav. XIV [I], fig. 17, 18. 1869. Taeniopteris multinervis Scam. Op. cit., tom. I, pag. 600. 1883. _ — RenAULT. Op. cit., 3." année, pag. 89. 1891. — — Zinrer-Scame. Traité de Paltontologie, 2.»° partie (Paltophytologie), pag. 128. Di questa specie esistono due esemplari. Nel primo (Tav. XIV [I], fig. 17) sono bene conservati una porzione della nervatura mediana e il lato sinistro del lembo il quale si mantiene invariabilmente largo 17 mm. La larghezza della foglia intera sarebbe quindi alquanto minore di 4 cm. misurati dall’ esemplare di WrIss (Flora der jiingsten Steinkohle des Rhein-Saargeb, Tav. VI, fig. 13); tuttavia ciò non mi pare costituisca un grave ostacolo nell’ascrivere il fossile a detta specie, dato il suo aspetto generale. Le nervature secondarie sono alquanto oblique e verso il margine della foglia s’incurvano leggermente in alto come le barbe d’una penna. Nella parte inferiore del lembo sinistro si osserva una eccezionale suddivisione della nervatura la quale turba così il regolarissimo andamento generale dei nervuli. Il secondo esemplare (Tav. XIV [I], fig. 18) consta di due pezzi di fronda in parte sovrapposti, i quali corrispondono perfettamente col frammento prima descritto. Come questo essi presentano i nervuli ascendenti verso il margine del lembo. Uno dei due pezzi rappresenta l'estremità d’una fronda e si restringe verso l'apice il quale è arrotondato. Un frammento simile a questi e probabilmente appartenente alla stessa specie fu già studiato da ScHENK (Op. cit.) tra i fossili di Pònn-hsi-hu della provincia di Liau-Tung. 2. Taeniopteris tenuis n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 19. Frondes laminariaeformes, suberenulato-ondulatae, mm. 11-14 latae, basi ovatae, apicem versus decrescentes, rotundatae, margine recurvo; nervus medius dorsalis, tenuis, complanatus; nervi secundari sub angulo acuto egre- dientes, dehine plus minusve obliqui, vel orixontales, supra basim dichotomi et saepe medium versus iterum furcati, marginem versus non ascendentes, paralleli, ?|} mm. invicem distantes. Ho riunito in questa nuova specie un grande numero di frammenti i quali, benchè incompleti e con- fusi colla roccia nerissima, tuttavia, poichè s’accordano abbastanza nei pochi caratteri che si possono osservare e giacciono quasi tutti sullo stesso scisto, paiono appartenere alla stessa forma e forse anche alla stessa pianta. Le foglie di questa specie hanno tutte un aspetto molto più delicato e meno regolare che non quelle di 7. multinervis Weiss. Inoltre, benchè nessuna sia conservata per intero, tuttavia si può dedurre dal- l’andamento del contorno che la loro lunghezza non deve superare i 5 o 6 cm., e che perciò le loro di- mensioni sono minori di quelle della specie anzidetta. Esse sono bislunghe, larghe 11-14 mm., largamente 132 M. ABBADO [8] ovato-arrotondate alla base, decrescenti dalla regione mediana verso l'estremità superiore la quale è ar- rotondata. Il contorno è erenulato-ondulato 'e leggermente reflesso. Il nervo medio è dorsale, striato, poco o punto sporgente e invece depresso e debole; i nervi secondarii, più o meno forti, nascono ad an- golo acuto e tosto prendono una direzione più o meno vicina all’orizzontale, talora orizzontale affatto, senza curvarsi in alto presso al margine. Quando non assumono una posizione orizzontale, invece di es- sere rettilinei si mostrano alquanto curvati, e non è raro il caso di vedere sullo stesso lembo, ai due lati della costa mediana, i nervi assumere un andamento diverso. Essi sono dicotomi alquanto sopra la base, e spesso si biforcano un’altra volta presso alla metà del loro percorso. La distanza reciproca è in generale di * di mm. Ciò costituisce un altro carattere differenziale da 7. multinervis la quale ha i nervuli più accentuati e assai più numerosi e stipati. 3. Taeniopteris curvinervis n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 20. Frons 10 mm. lata, rachi apice evanescente, nervulis angulo acutissimo egredientibus, ascendentibus dehine recurvis, pluries furcatis, validis, distantibus. Di questa forma non rimane che un piccolo frammento di fronda, cioè un tratto di nervo mediano con una sola metà del lembo, larga 5 mm., in modo che l’intera fronda deve essere larga 1 cm. La costa va assottigliandosi verso l estremità superiore; i nervuli nascono ad angolo acutissimo ed ascendono dap- prima quasi verticalmente, quindi si curvano fortemente, accostandosi nell’ultimo tratto alla posizione orizzontale. Questi nervuli, abbastanza marcati, biforcati alquanto sopra la rachide, presentano ancora due o tre dicotomie nel loro percorso, e, benchè più serrati che nella specie precedente, tuttavia non assu- mono una posizione di contiguità come in 7. meultinervis per causa delle frequenti dicotomie; inoltre pre- sentano pure un andamento non del tutto regolare ed uniforme. Gen. Asterotheca Presi. 1. Asterotheca crassa n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 21. Pinna rachi crasso, subflexuoso; pinnulae obliquae, 9 mm. longae, alternae, elongato-lanceolatae, tota basi adfirae, confluentes et rachim late marginantes, margine ondulato, rachi valido, pinnato. Sori 8(?), biseriati, maiusculi, quinqueradiati, radiis tota longitudine dehiscentibus. Il frammento appartiene forse ad una pinna primaria e manca di base e di punta. Così pure man- cano le punte delle pinnule, meno una; ma, confrontandone le basi, si può stabilire ch’ esse devono avere tutte press’ a poco la stessa lunghezza di 9 mm. La pinna ha aspetto coriaceo; costa mediana robusta, spessa, arrotondata e quasi flessuosa. Le nervature delle pinnule sono nel loro tratto inferiore ben con- servate; non così le lamine. Una sola pinnula si presenta intera, cioè la prima di sinistra; essa è bislungo- lanceolata, con contorno ondulato, rachide spessa, flessibile, pinnata, nervuli finissimi e radi; la lamina aderisce per tutta la base alla costa principale, e confluisce sopra e sotto colle pinnule vicine marginando largamente la costa. I sori sono incompletamente conservati e non sono chiaramente visibili che sulla prima pinnula di destra. Data la lunghezza delle pinnule e la reciproca distanza dei sori, pare probabile che il numero di questi sia di 8 per pinnula, distribuiti in due serie ai lati della costa. Essi sono piuttosto grandi, quin- queradiati, con raggi deiscenti per tutta la lunghezza. [9] M. ABBADO 133 Annularieae. Gen, Annularia BRoNGNIART. Deve probabilmente considerarsi come un frammento d’Annudaria un verticillo di foglie lineari (Tav. XV [II], fig. 1) raggianti da una callosità simile a quelle che si osservano ai nodi dei tronchi delle Annularie, privo però d’ogni traccia di fusto e non conservato che per metà. L’interpretazione di questo fossile è naturalmente molto dubbia. Le Annularie paiono pure essere rappresentate da alcuni frammenti di fusti flessibili e compressi (Tav. XV [II], fig. 2). Mancando però qualsiasi traccia di nodi e di foglie, anche il significato di questi esemplari rimane incerto. Lepidodendreae. Gen. Lepidodendron BRoNcNIART. 1. Lepidodendron emarginatum n. sp. — Tav. XV [II], fig. 3. Cicatrices contigquae, longe rhomboidales, utraque extremitate longe productae, sensu opposito inflexae, caudis late confluentibus, longitudine 35 mm., latitudine marima 15 mm. metientes; pulvinulo 25 mm. longo, asimme- trice obovato, in caudam decurrente, post lapsum corticis non transverse rugoso, superne tubercoliformi et sulco brevissimo bipartito; cicatricula trapexoidali-semilunari, utroque latere non marginata, sed usque ad marginem cicatricis producta ; cicatriculis vasorum indistinetis. Il frammento non presenta cicatrici complete, ma è facile ricostruirne il tipo, osservando in una cicatrice ciò che manca nell'altra. La corteccia non è conservata, e perciò non si possono osservare che i caratteri del tronco scortecciato. Le cicatrici sono contigue, separate appena lateralmente da un leggero solco. Hanno forma romboi- dale allungata e misurano 35 mm. di lunghezza e 15 di larghezza nella parte più espansa. Le estremità, curvate in senso opposto, si allungano sopra e sotto a guisa di code le quali non svaniscono fra. le cicatrici laterali, ma confluiscono largamente colle code delle cicatrici contigue in longitudine. Possiamo quindi figurarci tanti solchi longitudinali flessuosi i quali separano delle serie longitudinali di cicatrici confluenti per le loro estremità. I cuscinetti sono largamente obovati e raggiungono più dei due terzi dell’intera cicatrice, misurando 25 mm. Essi sono asimmetrici, giacchè, appena cominciano a restringersi, subito dimostrano la tendenza a produrre una coda destroflessa. Mancano sul cuscinetto le striature trasversali. Nella parte superiore sta un breve solco che corrisponde «alla carena della corteccia; ai suoi lati si osservano due tubercoli di cui il sinistro pare maggiore del destro. La cicatricola della foglia ha forma trapezoidale cogli angoli superiori smussati, la base falcata e gli angoli inferiori lungamente decorrenti. Quindi essa presenta pure un aspetto semilunare, ma molto ri- gonfio nel tratto mediano. Questa cicatricola si estende fino ai limiti laterali della grande cicatrice, se- gnandone per un tratto il contorno, cioè non è marginata dal lembo superiore della cicatrice stessa. La cicatricola inoltre è quasi completamente piana e non vi si possono distinguere le cicatricole dei fasci vascolari. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 17 134 M. ABBADO [10] Questo frammento che nel complesso dei caratteri corrisponde pienamente al tipo Lepidodendron, pre- senta pure delle particolarità che lo fanno distinguere da tutte le altre forme conosciute e ne costitui scono una nuova specie ben delimitata e caratteristica. Tali sono soprattutto la mancanza di strie o di rughe trasversali, la larghezza della cicatricola fogliare, la brevità del solco longitudinale, e la larghezza abbastanza considerevole delle estremità delle grandi cicatrici nel punto di confluenza. 2. Lepidodendron sp. — Tav. XV [II], fig. 4. Cicatrices rhomboidales-elongatae, pulvinulo destitutae, cicatricula rotundata papillaeformi instructae. Il frammento non presenta che poche cicatrici spoglie dei cuscinetti e male conservate, cosicchè spesso i loro contorni diventano invisibili o si confondono, .e delle rughe accidentali ne mascherano ta- lora l’andamento. Con un attento esame si può riconoscere che le cicatrici hanno forma rombica allun- gata; sono lunghe 30 mm. e larghe 7 circa, diritte, con angoli laterali appena smussati ed estremità non protratte in coda, in modo che il ‘contorno si mantiene regolare, quasi geometrico. Una cicatricola in forma di papilla ovato-rotonda sporge verso i ?/, della cicatrice. Pel cattivo stato di conservazione e la mancanza di cuscinetti, è impossibile ascrivere il frammento ad una specie determinata. Gen. Lepidophloios STERNBERG. 1. Lepidophloios laricinus Srerns. — Tav. XV [II], fig. 5. 1869. Lepidophloios laricinus Scam. Op. cit., 2.®° partie, pag. 51, tav. 59, fig. 4; tav. 60, fig. 11, 12. 1882. —_ — RewnAuLT. Op. cit., 2.®° année, pag. 44, tav. 9, fig. 1, 5-8. Il frammento riferito a questa specie è assai male conservato. Difatti esso, oltre d’esser privo di corteccia la quale appare solo qua e là in minuti residui, ha pure la superficie in gran parte corrosa. Perciò, se i cuscinetti hanno quasi tutti conservato netto il contorno, le cicatrici fogliari sono scomparse, e non è più visibile che qualche cicatricola in forma di papilla posta nel centro di qualche cuscinetto o alquanto più in alto. Questa cicatricola forse rappresenta la cicatrice fogliare caduta, ma più probabil- mente corrisponde a quella prominenza mamellonare che si vede figurata nei cuscinetti sotto alle cica- trici nella fig. 40, tav. 89 dell’op. cit. di ScHIMPER, e nella fig. 6, tav. 9, dell’op. cit. del RENAULT, dove il fossile è ingrandito. I cuscinetti sono rombici e spesso quadrati, con lati retti, pianeggianti ed embriciati d’alto in basso; non presentano carena e sono notevolmente più estesi nella parte inferiore del frammento. Infatti i superiori hanno in media 5 mm. di diametro, mentre gli inferiori superano i 7 mm. Benchè manchino nel fossile molti dati caratteristici, tuttavia la sua corrispondenza colla figura 4, tav. 59 dello ScHIMPER e colle fig. 5, 6,7, tav. 9 del RenAUET, lo fa ascrivere alla specie detta. Questa interpretazione riceve poi una solida conferma dalla massima somiglianza del nostro esemplare coi fos- sili del Rio Grande do Sul (Brasile meridionale) descritti e figurati da ZrerLLer (Bull. Soc. Géol. de France, 1895) e da lui ritenuti come appartenenti appunto alla specie in questione. [11] M. ABBADO 135 2. Lepidophloios chinensis n. sp. — Tav. XV [II], fig. 6, 7. Foliorum pulvinuli transverse rhomboidales, lateribus inferioribus rotundatis, superioribus rectis, conchaefor- mes, 19.mm. circa lati, 10 alti, tumidi, medio cicatricula atque brevi sulco longitudinali notati; foliorum cicatrices transverse rhomboidales, altitudine 2 mm. metientes, latissimae (10-18 mm.) et in pulvinulos contiguos productae ; cicatricula media papillaeformis, transverse elliptica ; laterales punctiformes. Il frammento di tronco rappresentato dalla fig. 7 ha perduto in parte le cicatrici fogliari e i cuscinetti; però basta la piccola parte che ancora ne è coperta per determinare i caratteri di questa nuova forma. I cuscinetti, embriciati e sporgenti inferiormente, sono alquanto rigonfi e ricordano le valve dei la- mellibranchi. Essi hanno contorno trasversalmente romboidale, coi lati superiori rettilinei, gli inferiori arrotondati a ventaglio. Misurano 19 mm. di larghezza e 10 di altezza. Nel mezzo presentano una pro- fonda cicatrice che si prolunga sopra e sotto in un breve solco. La cicatrice fogliare ha forma di losanga e misura appena 2 mm. di altezza per 10-13 di larghezza. È notevole il fatto del suo estendersi lateralmente oltre i confini del proprio cuscinetto, generando due rialzi nei cuscinetti adiacenti. Le tre cicatricole sono situate alquanto sopra alla linea mediana della ci- catrice; la mediana ha forma di papilla elittica trasversalmente e misura in larghezza 1,5 mm.; le la- terali sono puntiformi. I cuscinetti sono in massima parte spogli dell’epidermide la quale è conservata solo nei punti più depressi e nei solchi mediani dei cuscinetti stessi. La superficie del tronco da cui sono caduti i cuscinetti presenta dei disegni trasversalmente rom- boidali con angoli laterali acuti e gli altri due arrotondati; nel mezzo dei rombi sta una cicatrice in forma di papilla, spesso coperta da un residuo del cuscinetto. È da notare il fatto che questi rombi hanno un’area alquanto minore dei cuscinetti, e ciò si comprende facilmente, giacchè questi ultimi, stando embriciati e sporgenti, possono estendere il loro margine inferiore. Anche dopo la caduta dei cuscinetti si notano nei rombi due tratti orizzontali rialzati, corrispondenti ai prolungamenti delle cicatrici fogliari dei cuscinetti contigui. Il frammento rappresentato dalla fig. 6 è privo affatto di cuscinetti, ma pei disegni della superficie concorda perfettamente colla parte del primo campione che si trova in eguali condizioni, e quindi è da considerare come appartenente alla stessa forma. Dal suo contorno partono radialmente delle foglie lunghe, lineari-lanceolate, con costa spessa e strie longitudinali, e larghe in basso 5 mm. circa. Data la loro forma e la giacitura, non è esclusa la possibilità che queste foglie appartengano alla specie in questione, ben- chè null’altra cosa ce lo possa provare. Gen, Lepidovhyllum BRoNGNIART. 1. Lepidophyllum chinense n. sp. — Tav. XV [II], fig. 8 a, d. Bracteae et basi sporangiophora obcordata-triangulari, utraque ala vix concava, angustissimae, lineares-lanceolatae. Ho considerato come brattee isolate di Lepidostrobus e indicato coll’antica denominazione di Lepi- dophyllum certi organi fogliformi i quali abbondano in alcune filladi e ricordano i Lepidofilli già descritti e fisurati dagli autori. Essi constano di due parti nettamente distinte; l’una, basale è assai estesa, cuori- forme o triangolare, col vertice più o meno arrotondato e una insenatura nella base, da cui nasce la 136 M. ABBADO [12] seconda parte più lunga, strettamente lineare acuminata. La parte basale è divisa in due lobi alquanto concavi da una leggera solcatura mediana, e presenta delle finissime strie longitudinali, visibili solo colla lente; la parte stretta è percorsa da una forte nervatura mediana e da alcune altre più deboli. Le di- mensioni di queste brattee sono variabili; in media la base misura 1 cm. nelle due direzioni; la parte lineare è lunga 2 o 3 cm. La differenza tra le brattee qui considerate e quelle già note di Lepidostrobus consiste specialmente nella grande estensione presentata dalle prime alla base e nel rapido restringersi in una parte lineare, stiliforme, mentre le altre hanno una base molto più stretta ed il lembo più largo. Però nell’aspetto generale si ha una certa concordanza specialmente riguardo alla parte terminale; d'altra parte la con- figurazione della parte basale ci indica abbastanza chiaramente il suo ufficio, e appoggia l’ interpretazione data. In ogni modo, per dissipare ogni dubbio, sono necessarie ulteriori scoperte. Sigillarieae. Gen, Sigillaria BRONGNIART. 1. Sigillaria Fogolliana n. sp. — XVI [III], fig. 1-3. Pulvinuli prominentes vel depressi, eragono-rhomboidales, margine rotundato vel anguloso, supra cicatricem sulco longitudinali mediano profunde partiti, altitudine mm. 9-10, latitudine 13-14 metientes. Cicatrices transverse rhomboidales, inferius plus minus rotundatae, superius lateribus rectis et apice profunde emarginatae, angulis la- teralibus acutis, in carinas longissimas, usque ad marginem pulvinuli decurrentes, desinentibus; altitudine 2,5- 3mm., latitudine 12 mm. circa metientes. Cicatricula media profunda, lunulata vel anguliformis; laterales pun- ctiformes. Post lapsum corticis, pulvinuli striis longitudinalibus undulatis notati; cicatrices carinis brevioribus, magna cicatricula mediana solitaria impressae. Di questa singolarissima forma esistono molti esemplari, sia come frammenti di tronco, sia come impronte del tronco stesso. I tronchi sono in parte coperti dalla corteccia, in parte scoperti; ma mentre quelli scoperti presentano chiaramente tutti i caratteri, quelli coperti non lasciano più vedere altro che dei mamelloni dalla corteccia spesso screpolata, i quali hanno perduto ogni ornamento. Delle impronte alcune, benchè senza dubbio appartengano alla forma qui studiata, non possono tuttavia essere analizzate perchè coperte da depositi minerali che si accumularono specialmente sui contorni dei cuscinetti, produ- cendo delle celle romboidali che non si possono asportare. Altre impronte invece si conservarono inalte- rate e sono coperte solo dalla corteccia del tronco. I disegni che si trovano su questa corteccia corri- spondono a quelli della superficie dei tronchi privi di corteccia. Levando la corteccia dalle impronte mi- gliori, si possono ricavare dei modelli in cera che ci mostrano chiaramente i caratteri esterni della cor- teccia i quali non possono studiarsi direttamente sui frammenti di tronco. Il primo fatto che si osserva nei vari esemplari positivi e negativi è un’ incostante sporgenza dei cuscinetti. Questo fatto potrebbe anzi farli ritenere come appartenenti a forme diverse, se non vi fossero dei campioni, i quali, presentando delle variazioni da un punto all’ altro, collegano gli altri che a prima vista paiono indipendenti. I due esemplari rappresentati dalle fig. 2, 3, (Tav. XVI [III]), specialmente il primo, ci danno i caratteri esterni del tronco. Esso possiede, come già abbiamo detto, dei cuscinetti talora assai sporgenti, talora quasi [13] M. ABBADO 137 piani. Questi ultimi possono considerarsi come divisi in due parti, l’una superiore più sporgente e com- prendente la cicatrice fogliare, l’altra quasi piana e solo un po’ rigonfia nel mezzo. La parte superiore è meglio delimitata, giacchè ha un contorno semicircolare, rialzato a gradino. Invece la parte inferiore non ha limiti proprii, ma è chiusa tra i margini superiori dei cuscinetti vicini. La depressione della parte inferiore dei cuscinetti è talora tanto notevole, che la superficie acquista l'aspetto di un campo uniforme, piano, su cui siano sparsi dei rialzi costituiti dalle parti superiori dei cuscinetti. Ma alla giusta inter- pretazione serve il confronto coi cuscinetti più sporgenti che si trovano in altri esemplari. Il contorno dei cuscinetti varia fra l’esagonale e il romboidale; la metà superiore è foggiata a se- micerchio; la metà inferiore è più irregolare, perchè limitata solo dai margini dei tre cuscinetti sotto- stanti. La forma romboidale si accentua di più nei cuscinetti rialzati;.invece nei cuscinetti pianeggianti prevale la forma esagonale. Siccome le serie longitudinali dei cuscinetti non sono esattamente perpendi- colari, ma un po’ oblique, ne viene che il lato inferiore dell’ esagono resta spostato verso sinistra e talora confuso con quello adiacente. La parte del cuscinetto soprastante alla cicatrice fogliare è più o meno stretta e talora appare come un semplice rilievo o carena circondante la cicatrice (Tav. XVI [III], fig. 3); unendosi questo rilievo con quelli dei cuscinetti vicini, determina una rete in cui sono chiusi i cuscinetti stessi, come meglio si vedrà nei tronchi privi di corteccia. Carattere notevolissimo di questa regione del cuscinetto è un solco longitudinale che la divide profondamente per metà. Questo solco, ben visibile nella fig. 2, è meno chiaro nella fig. 3 perchè quivi, essendosi assottigliata la corteccia, i caratteri sono meno appariscenti. Le dimensioni dei cuscinetti sono variabili da esemplare ad esemplare; in media la larghezza sta tra 13 e 14 mm.; l’altezza fra 9 e 10 mm. Le cicatrici fogliari, che si possono studiare con esattezza solo sul modello in cera (Tav. XVI [III], fig. 25) sono trasversalmente romboidali, più o meno arrotondate inferiormente e invece coi lati superiori rettilinei o anche concavi, racchiudenti all’apice una profonda smarginatura; gli angoli laterali si prolun- gano in una sottile carena la quale raggiunge il margine del cuscinetto. La larghezza delle cicatrici misurata dalle due estremità delle carene è in media di 12 mm.; l’altezza varia da 2,5 a 3 mm. Le cicatricole, in numero di tre, stanno d’ordinario alquanto sotto alla linea trasversale mediana della cicatrice; la media è profonda, trasversale, lunulata, 0, più spesso, foggiata ad angolo concavo in alto; le laterali sono più deboli e puntiformi. I cuscinetti privi di corteccia sono, come quelli dianzi studiati, ora molto sollevati, ora depressi, come si può osservare sui campioni positivi e negativi. I modelli in cera ricavati da questi ultimi riescono poco chiari e servono solo a stabilirne l’identità coi fossili positivi su cui possiamo osservare i caratteri del tronco senza corteccia. Esso presenta in primo luogo delle fini striature longitudinali ondulate. I cu- scinetti hanno l’aspetto uguale a quelli con corteccia. Nella fig. 1 dov’ essi sono molto depressi, la parte che circonda la cicatrice fogliare si è assottigliata tanto da somigliare ad una piccola carena o rilievo filiforme che, riunendosi con quelle vicine, costituisce una rete più netta che quella già vista sulla cor- teccia; inoltre il contorno ha maggior tendenza a farsi esagonale. Le cicatrici presentano sempre un con- torno trasversalmente romboideo, ma non hanno più le lunghe carene laterali osservate sulla corteccia. Nel mezzo sta una grande impressione cicatricolare ovale che si prolunga in alto, confondendosi col setto del cuscinetto; essa corrisponde forse a tutte e tre le cicatricole che appaiono distinte sulla superficie esterna della corteccia. Infine osserveremo che in certi esemplari (Tav. XVI [III], fig. 38) si ha un graduale e insensibile pas- saggio da punti con corteccia ad altri senza per un debole assottigliamento progressivo di questa; nei vari punti si osservano quindi i caratteri differenti testè esposti. 138 M. ABBADO [14] Se si sceglie un gruppo di quattro cuscinetti accerchiati attorno ad un punto mediano e si uniscono con quattro rette le cicatricole mediane nel modo indicato dalla fig. A, si ottiene un romboide ABCD più largo che alto. La diagonale DB rappresenta un segmento della spirale generatrice che ascende verso la sinistra della figura, e fa coll’orizzonte un angolo di 10°. La diagonale AC è un segmento della linea che riunisce una serie longitudinale di cuscinetti la quale fa colla verticale un angolo di 27°. Per conseguenza il romboide è inclinato verso destra. La diagonale DB misura circa 17 mm., la AC 9 mm.,, il lato maggiore del romboide 11 mm. e il minore 8,5 mm. Queste misure variano leggermente pei vari romboidi che si possono fare sull’ esemplare scelto (Tav. XVI [III], fig. 2), e variano anche più negli altri esemplari, giacchè il primo rappresenta la massima ; inclinazione dei romboidi; negli altri esemplari talora si avvicinano le due dimensioni dei lati, come pure quelle delle diagonali, e soprattutto le serie longitudinali dei cuscinetti si avvicinano di più alla verticale; inoltre il romboide assume una forma meno schiacciata. Esaminati così i caratteri della forma in questione, passiamo a vedere la relazione in cui essa sta colle altre forme già note di Sigilaria. Questo genere ricco di numerosissime specie, fu recentemente illustrato da WEISS e in parte da SreRrzEL nell'opera — Die Sigillarien der preussischen Steinkohlen - und Rothliegenden - Gebiete ©. — In quest'opera sono trattate separatamente le EusigiWlarie e le Subsigillarie; le prime hanno le cicatrici fogliari allineate su coste separate da solchi longitudinali; le seconde hanno le cicatrici disposte sopra una superficie pianeggiante (Leiodermarie) oppure su cuscinetti mamellonari separati da solchi obliqui incrociati e anastomizzati in rete (Cancellate). Dalle Leiodermarie alle Cancel- late corre una lunga serie di forme intermedie che segnano il passaggio dall’ un tipo all’altro. La nostra forma appartiene al gruppo delle Subsigillarie Cancellate. In alcuni esemplari il tipo can- cellato è evidente, cioè in quelli con cuscinetti molto alti; in altri si ha un avvicinamento alla forma leiodermaria in causa della depressione dei cuscinetti che non generano veri solchi, ma si delimitano sem- plicemente col rialzarsi della parte superiore. La nostra Sigillaria non corrisponde a nessuna specie nota, anzi non rientra in nessuno dei tipi in cui il WrIss divise le Subsigillarie. Difatti, in primo luogo, se in alcuni tipi esistono sui cuscinetti, oltre alla cicatrice fogliare, delle cicatricole puntiformi o trasversali, in nessuno si trova un solco longitudi- nale come nella nostra forma. Così pure non si osserva in nessun tipo quella rete filiforme che talora appare nei nostri esemplari, racchiudendo i cuscinetti. Infine è caratteristica la combinazione di una ci- catricola mediana lunulata con due laterali puntiformi. Difatti cicatricole laterali puntiformi si trovano nel tipo Bothrodendron e in qualche specie leiodermaria (es. Sig. reticulata Leso. var. fusiformis WEISS), ma non mai nelle Subcancellate e Cancellate, ed inoltre anche dove si trovano, non sono accompagnate da una cicatricola mediana lunulata; perciò la disposizione presentata dalla nostra forma le è affatto particolare. Ne consegue che non solo la nostra Sigilauria va considerata come una specie nuova, ma anche come rappresentante di un tipo distinto caratterizzato dal solco longitudinale del cuscinetto, dalla forma delle cicatricole e dall’avventizia ornamentazione reticolare del tronco. Questo tipo, presentando passaggi dalla forma Subcancellata alla Cancellata, dovrà collocarsi accanto al tipo della Siìg. mutans WrISS, in cui si hanno pure analoghe variazioni di forma. Fio. A. re ) Abhandl. zur geologischen Specialkarte von Preussen und den Thiringischen Staaten, Bd. VII, Heft 3. 1887 e Abhandi. d. K. Preussischen geol. Landesanstalt. N. F., Heft 2. 1893. [15] M. ABBADO 139 2. Sigillaria plana n. sp. — Tav. XVIII [V], fig. 3. Pulvinuli plani, transverse rhomboidales, altitudine 6,5 mm., latitudine 14 metientes, sulcis tenwissimis se- junceti; cicatrices carina filiformi marginatae, rhomboidales, marimam partem pulvinuli occupantes, superius et inferius rotundatae, angulis lateralibus acute productis; cicatricula media lunulata, laterales punctiformes. Folia linearia, sesquipedalia, complanata, angusta vel usque ad 20 mm. lata, pagina inferiore nervo prominente, superiore sulco mediano bipartita. Questa forma è rappresentata da un solo frammento di tronco accompagnato da molte foglie disperse all’intorno sopra una larga zona, le quali con tutta fiducia possono ritenersi appartenenti al tronco stesso. Come si vede dalla figura, due soli cuscinetti sono rimasti intatti; essi però bastano per darci una idea sufficiente dell’aspetto del tronco. Questo era pianeggiante, non sporgendo affatto i cuscinetti i quali ‘erano appena separati da un sottilissimo taglio che ancora si può osservare fra i due cuscinetti super- stiti. I cuscinetti sono trasversalmente romboidali, molto larghi e molto bassi, misurando 6,5 mm. di al- tezza e 14 mm. di larghezza. Gli angoli superiore ed inferiore sono arrotondati, i laterali acuminati. Le cicatrici sono appena distinte dai cuscinetti per mezzo di un rilievo marginale filiforme, ed hanno un contorno simile a quello dei cuscinetti di cui occupano quasi tutta l’area. Gli angoli superiore ed infe- riore sono arrotondati, ma quest’ultimo è più pronunziato del primo; gli angoli laterali sono assai pro- lungati ed acuti. Le cicatricole stanno verso la parte superiore della cicatrice; la media è lunulata, le laterali puntiformi. Le foglie sono lineari, lunghissime, tantochè nell’esemplare nostro non se ne può osservare la punta; sono pianeggianti, e solo alcune presentano le angolosità longitudinali proprie delle foglie di SigilZaria. Tutte però presentano una robusta costa mediana arrotondata e sporgente sulla pagina inferiore, mentre sulla pagina superiore sono in corrispondenza divise da un profondo solco. La larghezza di queste foglie è molto variabile; quelle che si vedono nella figura sono strette, ma sulla parte del campione non figu- rata se ne osservano della larghezza di 2 cm. Questa Sigillaria appartiene al gruppo delle Camcellate, ma si distingue dalle altre specie per la forma piana dei cuscinetti, per la finissima solcatura, e soprattutto per la presenza di una cicatricola lunulata fra due puntiformi: carattere quest’ultimo che la esclude da tutti i tipi considerati dal WeEISS e l’avvicina alla Sig. Fogolliana dianzi studiata. Essa non può tuttavia essere compresa nel tipo di que- sta per la discordanza di tutti gli altri caratteri principali e specialmente per la mancanza del solco lon- gitudinale del cuscinetto, proprio solo della SigilZaria precedente. La forma in questione può perciò con- siderarsi come la rappresentante di un altro tipo particolare. 3. Sigillaria polymorpha n. sp. — Tav. XVII [IV], fig. 1-4. Pulvinuli multiformes, rhomboidales, angulis rotundatis, vel transverse eragonales, duobus lateribus vertica- libus, inferne in caudam plus minus latam infra pulvinulos laterales decurrentes, sulcis profundis distineti, pla- niusculi et ad centrum depressi, paucis striis transversalibus notati, cortice delapso striis longitudinalibus ondulatis ornati, latitudine 11-14 mm., altitudine (sine cauda) 8-10 mm. metientes. Cicatrices prope marginem superiorem pulvinuli positae, rombeae, in carinas longissimas decurrentes. Cicatricula singula lunulata. Cortice delapso, cica- triculae tres vel quatuor; media inferior punctiformis, superior linearis longitudinalis; laterales lunulatae, con- fluentes, profundae, medias amplectentes. Rappresentano questa forma due frammenti di tronco e parecchie impronte. Dei due campioni posi- tivi, uno è piccolo e tutto uniforme (Tav. XVII [IV], fig. 4), il secondo è grande, e conservato dalle due 140 M. ABBADO [16] parti (Tav. XVII [IV], fig. 1, 2), e presenta notevoli graduali variazioni nella forma e disposizione dei cuscinetti. Questi due frammenti sono senza corteccia. Delle impronte alcune conservano la corteccia e danno modelli in cera corrispondenti a qualche punto dei campioni positivi, altre non ne presentano che dei residui nei punti più bassi. Spogliandole del tutto, si può ricavare il modello in cera della superficie esterna della corteccia, e studiarne i caratteri (Tav. XVII [IV], fig. 3a, 5). I cuscinetti variano alquanto nella forma. Spesso sono rombici, cogli angoli laterali e il superiore arrotondati, inferiormente prolungati fra i due cuscinetti laterali in una coda più o meno lunga e più o meno ristretta; questa coda può però mancare. I cuscinetti altre volte acquistano ai fianchi due lati disposti nel senso longitudinale, e quindi assumono una forma esagonale con orientazione inversa a quella solita nelle Sigillarie note, in cui esistono sopra e sotto due lati e ai fianchi due angoli. Nel mezzo dei cuscinetti la corteccia porta poche strie trasversali. Le cicatrici fogliari sono poste sulla parte superiore del cuscinetto; hanno forma quasi di fuso, es- sendo costituite da una piccola regione centrale romboidale prolungata ai fianchi in due lunghissime ca- rene che. secondano il margine del cuscinetto e poi si fondono con esso. Inferiormente alla cicatrice il cuscinetto presenta una leggera depressione centrale. Una breve carena unisce l’apice superiore della ci- catrice coll’ apice del cuscinetto. Esiste una sola cicatricola mediana, lunulata, profonda. I caratteri del tronco senza corteccia si possono studiare sui due frammenti positivi (Tav. XVII [IV], fig. 1,2, 4). Su di essi si notano dapprima delle strie longitudinali ondulate. Il campione piccolo presenta pochi cuscinetti uniformi, disposti in serie verticali, rombici e quasi quadrati, con angoli arrotondati, inferior- mente prolungati in una larga coda fino al cuscinetto sottostante. Giova notare che questa coda è al- quanto più depressa del cuscinetto e come separata da un debolissimo solco, in modo da apparire quasi come una regione indipendente. I solchi che separano i cuscinetti sono in quest’esemplare poco profondi. I cuscinetti sono pianeggianti fino alla metà, quindi passano insensibilmente nelle cicatrici fogliari le quali non hanno margine proprio e sopra terminano col cuscinetto, non apparendo che come rialzi carenati. Le cicatricole stanno poco sopra il centro del cuscinetto e sotto il rialzo della cicatrice, in modo che a prima vista si direbbe ch’esse stanno fuori della cicatrice fogliare. Quest’ idea che sarebbe evidentemente assurda, è contraddetta pienamente dall’altro frammento (Tav. XVII [IV], fig. 2) in cui molte cicatrici, mantenendosi più rialzate in basso, abbracciano le cicatricole. Nel caso presente bisogna perciò considerare le cicatrici, benchè non rialzate, tuttavia come estendentisi fino ad abbracciare le cicatricole. Queste constano di una profonda infossatura centrale puntiforme attorniata da un disco rialzato limitato all’esterno da un cerchio profondo. Sulla corteccia rimasta aderente ai campioni allo stato d’impronta si vedono le tracce di queste cicatricole sotto forma d’un’ area rotonda lucente. Il secondo esemplare (Tav. XVII [IV], fig. 1, 2), assai grande e conservato dalle due parti, presenta note- voli variazioni di forma nei cuscinetti. In un punto si hanno dei piccoli residui di corteccia colle striature già dette, ma questi residui non coprono più nessun cuscinetto per intero. La forma generale dei cuscinetti è alquanto più schiacciata di quella dell’esemplare precedente. Le dimensioni sono anche in generale maggiori. Nella fig. 1 vediamo che a sinistra i cuscinetti hanno una coda alquanto depressa la quale va scomparendo nei cuscinetti di destra. Inoltre in molti cuscinetti sì nota una tendenza ad acquistare ai fianchi due lati verticali e ad assumere così un contorno esagonale. Altri cuscinetti invece conservano forma spiccatamente rombica, con angoli ora arrotondati ed ora acuti. Sull altra superficie (Tav. XVII [IV], fig. 2) i cuscinetti sono in gran parte schiacciati e stirati obliquamente. I solchi sono più profondi e larghi che nell’esemplare precedente. Su questa superficie sono ben nette le cicatrici fogliari romboidee, con angoli superiore e inferiore arrotondati e angoli laterali prolungati in potenti e lunghe carene. Nel mezzo le 117] M. ABBADO 141 cicatricole laterali segnano un profondo cerchio. La mediana, probabilmente puntiforme, non è con- servata. l Sulla superficie della fig. 1 (Tav. XVII [IV]) le cicatrici sono meno chiaramente distinte e ricordano quelle dell’ esemplare precedente. Talora molto sporgenti, talora poco o punto, esse hanno il margine inferiore confuso col cuscinetto, e spesso le cicatricole paiono fuori di esse. Sovente sotto alle cicatricole si ha una depressione del cuscinetto, come già si osservava sulla corteccia. Le cicatricole presentano qui spesso una notevole modificazione. La papilla che porta la cicatricola centrale puntiforme si prolunga in alto e porta un’ altra cicatricola longitudinale. Corrispondentemente il cerchio costituito dalle due cicatricole laterali si trasforma in un elisse che abbraccia le due cicatricole mediane. Data la varia grandezza e la disposizione in serie ora oblique ora verticali dei cuscinetti, non è possibile costruire un rombo tipico che ci rappresenti le condizioni d’inserzione delle foglie. Basterà quindi osservare che i singoli rombi conservano quasi sempre una forma vicina alla quadrata e che in generale la diagonale verticale è alquanto più lunga di quella trasversale. Da quanto si potè osservare negli esemplari ascritti a questa specie, si deduce che i suoi caratteri subiscono delle variazioni considerevoli sia nella forma dei cuscinetti sia in quella delle cicatrici, sia nella costituzione delle cicatricole. La forma in questione appartiene alle Sig. Cancellate, ma si distingue nettamente da tutte le forme note. Difatti, se si osservano le Cancellate descritte da WeEISS, vi si trovano tre modi di configurazione dei cuscinetti, cioè: 1° cuscinetti con coda; 2° code raccorciate fino alla scomparsa; 3° cuscinetti tangenti sopra e sotto per i lati orizzontali i quali si vanno allargando con avvicinamento alla forma Favdaria. Nella nostra forma invece le code dei cuscinetti non hanno tendenza ad accorciarsi, ma bensì a restrin- gersi fino a scomparire come schiacciate fra i due cuscinetti laterali. In pari tempo si formano ai fianchi dei cuscinetti due lati verticali per cui essi diventano tangenti lateralmente e vengono a costituire delle serie distinte trasversali, mentre le serie longitudinali, lungi dall’accentuarsi, svaniscono sempre più, ri- manendo costituite da cuscinetti disgiunti e lontani. Questo fatto pone di fronte alle Cancellate già note un altro tipo distinto dall’ orientazione dei cuscinetti e dalla loro disposizione in serie trasversali. 4. Sigillaria oculus felis n. sp. — Tav. XVIII [V], fig. 1,2. Truneus, cortice delapso, longitudine striatus, post pulvinulorum lapsum, strits validissimis notatus. Pul- vinuli complanati, transverse eragonales, sulcis reticulatis tenuibus distineti, apicem versus cicatricula punetiformi notati, longitudine 10-12 mm., latitudine 13-14 mm. metientes. Cicatrices crateriformes, parti superiori pulvinulorum impositae, transverse rhombeae vel ellipticae, superius tenue emarginatae, angulis lateralibus in carinas productis, inferius rapide, superius leniter decrescentes ct ad marginem pulvinuli fere productae. Cicatricula media puncti- formis vel saepius linearis longitudinalis; laterales lunulatae, saepe confluentes, totam cicatricem occupantes. Di questa forma esiste un frammento di tronco alto circa 25 cm., fragilissimo, privo di corteccia. Questo frammento ha le due faccie scoperte; l’una di esse porta conservati tutti i cuscinetti; dall’altra essi sono in parte caduti ed hanno lasciato scoperto un tronco pianeggiante segnato da forti strie ret- tilinee longitudinali. Anche sui cuscinetti esistono delle striature, ma più fine e leggermente ondulate. Il tronco ha subito in parte delle alterazioni per cui in molti punti i cuscinetti appaiono deformati; perciò i caratteri specifici si possono solo desumere qua e là da alcuni tratti dove si manifestano con maggiore o minore evidenza. 142 M. ABBADO [18] I cuscinetti sono piani, esagonali, chiusi fra le maglie d’una rete di solchi poco profondi e ottusi. È notevole l’orientazione di questi esagoni simile a quella della specie precedente, cioè tale che si hanno sopra e sotto due angoli e ai fianchi due lati verticali. Mancano le code dei cuscinetti. Altro fatto poi da osservare è che il cuscinetto, i cui lati sono tutti retti, all’apice superiore è arrotondato per breve tratto e quasi rettilineo, e che in tutto il tratto superiore il suo margine si accentua, quasi assumendo la forma d’una carena la quale è accompagnata in alto da una forte depressione del solco in una breve fossa orizzontale. La superficie dei cuscinetti è piana e talora perfino concava; verso l’apice superiore sta una minuta cicatricola puntiforme che non è però sempre visibile. I due lati verticali degli esagoni sono più brevi degli altri quattro, e i cuscinetti, parecchio variabili in dimensione, misurano in media 10-12 mm. di altezza e 13-14 mm. di larghezza. Le cicatrici, simili a piccoli mamelloni, sono poste nella metà superiore dei cuscinetti, con leggera invasione nella metà sottostante; le loro falde descrivono superiormente un semicerchio rasente al mar- gine del cuscinetto, inferiormente si confondono col campo del cuscinetto stesso. L'ascesa è più rapida sul fianco inferiore che non sul superiore il quale è quindi più esteso; alla sommità sta la regione d’at- tacco della foglia, ossia la vera cicatrice, la quale ha contorno romboidale od ellittico e si prolunga ai lati in due carene ottuse che presto svaniscono nel campo sottostante. Delle tre cicatricole la media è notevole per la disposizione, giacchè, raramente puntiforme, ha per lo più l’aspetto di un setto retti- lineo verticale, mentre nelle altre Sigillarie, quando non è puntiforme, appare come un tratto trasversale. Le cicatricole laterali sono lunulate e spesso, riunendosi, determinano un circolo largo e profondo a guisa di una depressione presso al margine della cicatrice, il che dà a questa l’aspetto di cratere. La cica- trice ha pure alla lontana l’apparenza d’un occhio con pupilla longitudinale; di qui il nome specifico. Costruendo un romboide colla riunione delle cicatricole centrali di un gruppo di quattro cuscinetti, si vede che la diagonale longitudinale è più lunga della trasversale, misurando la prima 14 mm. e la seconda 13, cosicchè I il romboide, anzichè la solita forma schiacciata, assume una forma allungata. La prima diagonale fa poi colla verticale un angolo di 8°; la seconda fa coll’orizzonte 13°. I lati del romboide misurano talora tutti 9 mm.; altre volte un lato misura 9 mm. e l’altro 10. Come s°è visto, questa forma è affine alla precedente per la disposizione dei cuscinetti, cosicchè, mentre si distingue da tutte le altre Cancellate, può essere con essa riunita in uno stesso tipo. Questo tipo è dalla forma presente più spiccatamente rappresentato che non da quella prima descritta, giacchè le code dei cuscinetti sono scomparse e le serie trasversali di questi sono più chiaramente stabilite. Mentre poi la disposizione dei cuscinetti unisce le due forme in uno stesso tipo, la forma delle cicatrici le separa, e l’esistenza nella seconda d’una cicatricola mediana longitudinale ne determina una specie autonoma ben distinta dalla prima. Fia. B. Ig 5. Sigillaria sp. — Tav. XVI [III], fig. 4. Esiste un frammento di tronco privo di cuscinetti il quale ricorda i fossili altre volte compresi sotto il nome di Syringodendron STERNB., e perciò con tutta probabilità è da considerare, al pari di questi, come un resto di Sigillaria. Esso presenta numerose solcature longitudinali ondulate e finite che si succedono senza ordine nel senso longitudinale e laterale, ed oltracciò è finamente striato per tutta la [19] M. ABBADO 143 superficie. Le cicatricole dei fasci vascolari, simili a minute papille, sporgono dal fondo di piccole de- pressioni ellittiche ordinate in serie come le cicatrici fogliari nelle Subsigillarie. Queste cicatricole stanno talora su deboli rialzi che accennano ai cuscinetti, come si vede alla sinistra della figura. Il romboide che si ottiene riunendo nel solito modo quattro cicatricole è molto basso e largo, ed inclinato verso si- nistra. Naturalmente, mancando i cuscinetti, è impossibile ascrivere questo frammento ad una data specie. Foglie di Sigillaria — Tav. XVI [III], fig. 5; Tav. XVIII [V], fig. 4. In alcune filladi sono abbondantissimi i frammenti di foglie simili a quelle che stanno accanto al tronco della Sigillaria plana, e da considerare pei loro caratteri come appartenenti a Sigillarie. Esse presentano notevoli differenze nella lunghezza, come pure nel numero delle angolosità longitudinali che talora possono essere ridotte ad una sola mediana, prodotta da una forte nervatura. Gen. Stigmaria — Tav. XV [II], fig. 9. Esistono scisti arenacei grigio bruni, contenenti delle impronte nastriformi, irregolari, le quali, cor- rispondono perfettamente a quelle studiate da ScHENK (Op. cit., pag. 215, tav. XLV, fig. 1) e trovate nella provincia di Shantung, dipartimento di I-Tshin-fu, in una roccia simile a quella anzidetta. Seguendo l'esempio di ScRENK, consideriamo questi resti come radicelle di Stfigmarie. Cordaiteae. Gen. Cordaites UxnceR. Cordaites Una. e Cordaispermum Broxan. — Tav. XVI [II] fig. 6; Tav. XVIII [V], fig. 5-7. 1869. Pycnophyllum e Cardiocarpus Scan. Op. cit., 2.%° partie, pag. 190, 221. 1881. Cordaites e Cordaispermum RewaULT. Op. cit., 1."° année, pag. 81, 102. 1891. = = ZirreL-ScHimp. Op. cit., pag. 233, 241. Il genere Cordaites è rappresentato da molti frammenti di foglie, alcuni lisci, altri con fitte pieghe longitudinali dovute al processo della fossilizzazione. Le nervature sono talora chiaramente distinte. Al- cuni esemplari ne presentano 2-5 deboli fra due forti e possono con probabilità essere riferiti a Cordaites principalis GemnITz. Quello figurato nella Tav. XVIII [V], fig. 5, ha nervi finissimi di cui 2-3 più deboli fra due più forti distanti mezzo millimetro. Tanto questo, quanto altri esemplari, mancando dati suffi- cienti, non possono esser ascritti con sicurezza a nessuna forma nota. Nel fossile rappresentato dalla fig. 6, Tav. XVI [III], pare si tratti di due foglie nascenti da un tronco. Oltre alle foglie esistono pure alcuni frutti isolati appartenenti alla forma Cordaispermum BRonen. (Tav. XVIII [V], fig. 6, 7). Il loro tegumento interno, legnoso, è ben conservato; dell’esterno, carnoso, non rimangono che piccole tracce. La loro forma è ovale, più o meno acuminata superiormente. Oltre i fossili descritti, esistono alcune impronte identiche a quella della fig. 8, Tav. XVIII [V], rap- presentanti un ramo sottile da cui partono numerose foglie lineari, lunghe, senza nervature distinte. Per la loro determinazione occorrono maggiori dati. 144 M. ABBADO [20] CONCLUSIONE La presente collezione di fossili porta nuova luce sulle condizioni della Flora carbonifera della Cina, ed amplia alquanto le idee molto ristrette che finora se ne avevano. Difatti, mentre si conoscevano resti di Calamarie, Annularie, Felci, Sfenofilli e Gimnosperme, non si erano ancora trovate tracce di Sigillarie, eccezion fatta di qualche frammento di Stigmaria che po- trebbe anche riferirsi ai Lepidodendri. Questi poi non erano rappresentati che da frammentini di rami e da Lepidofilli. Ora, tra i nuovi fossili qui considerati, troviamo appunto interessantissimi resti di tronchi di Sigillaria, Lepidodendron e Lepidophloios, i quali vengono in buon punto a riempire la lacuna. Inoltre anche il numero delle felci resta accresciuto di alcune forme. La flora carbonifera del dipartimento di To-jouan-fu era finora affatto inesplorata. I pochi esemplari del Chansi provenivano da un altro dipartimento, quello di Tsò-tsh6u-fu (v. ScHENK, Op. cit.). Essi com- prendevano: Radici di Calamites, Annularia mucronata SCHENK, Sphenopteris tenuis ScHENK, Paleopteris obovata ScHENK, Callipteridium orientale ScHENK e Cordaites principalis GeINITZ; in tutto sei forme e tutte nuove, tranne la Cordaites principalis. Ora invece il To-jouan-fu ci fornisce più di 30 forme, fra cui sono pure comprese Sphenopteris tenuis ScneNKk e Cordaites principalis GeInITZ. Questa coincidenza delle due flore, e specialmente la presenza della SpRenopteris tenuis ScHENK, che finora non fu trovata in altri siti, dà buone ragioni per credere che le flore dei due dipartimenti siano identiche e lascia sperare che ul- teriori studi mettano la cosa fuori dubbio. Così possiamo affermare che le nozioni sulla flora carbonifera del Chansi hanno ricevuto testè un notevole incremento. Confrontando ora la nuova collezione colla flora complessiva già prima conosciuta della Cina, no- tiamo ancora la comunanza della Zueniopteris multinervis e delle Radicelle di Stigmaria. Gli altri fossili ci rappresentano tutti forme nuove per la China, il che non esclude però ch’essi possano in avvenire essere pure rinvenuti in altre province fuori del Chansi e che la Flora carbonifera chinese possa essere tutta omogenea. Di queste forme testè scoperte, alcune sono già note come appartenenti ad altri siti, quali Sphenopteris alata STERNB., Sph. latifolia Broxen., Sph. artemisiaefolia STERNB., Lepidophloios laricinus STERNB.; le altre sono nuove per la Paleontologia. Giova poi osservare che molti fossili, per l’imperfetto stato di conservazione, non possono indicarci della pianta altro che il genere, senza lasciarci riconoscere se sieno forme nuove o già studiate. È notevole il fatto che le SigiZZarie presentano tutte forme nuove è così pure i Lepidodendron e Lepidophloios, eccettuato il Lepidophloios laricinus, comune nelle flore carbonifere. È ciò indizio di una vera particolarità della flora cinese, e di una reale differenza fra essa e quella delle altre regioni della Terra? Qualunque risposta sarebbe prematura. Osserviamo soltanto che non impedirebbe questa ipotesi la concordanza di alcune felci e del Lepidophloios laricinus, perchè potrebbe darsi che queste ultime piante fossero cosmopolite, o almeno più diffuse, mentre poi ne esistessero altre proprie solo del territorio cinese. Ulteriori ricerche e confronti spianeranno la via alla soluzione di questo quesito. ALBERTO FUCINI AMMONITI DEL LIAS MEDIO DELL'APPENNINO CENTRALE ESISTENTI NEL MUSEO DI PISA (Tav. XIX-XXIV [I-VI] e Fig. 1-23 intere.) Le Ammoniti descritte nel presente lavoro appartengono tutte al Museo dell’ Università di Pisa e furono raccolte da lungo tempo dallo SPADA, dall’OrsInI, dal MarIorTI, dal Mei, dallo ZrmTEL, dal LupOVICI e più re- centemente dal CanavARI e da me. Alcune di esse vennero prese in esame dal MeneGHINI! in diversi suoi lavori nei quali le ritenne in parte del Lias superiore; altre furono illustrate dallo ZirtEL® nella memoria che gettò tanta luce sopra tutti i terreni secondari dell'Appennino centrale. Nell’idea di far conoscere ora tutta la ricca collezione radunata nel Museo Pisano mi sono accinto a questo lavoro, non senza una grande titubanza prima di associare il mio nome a quello dei due grandi paleontologi che mi hanno preceduto. I fossili essendo stati in gran parte raccolti senza tenere esatto conto della loro posizione lasciano talvolta sussistere delle incertezze sulla loro età precisa. A ciò ho cercato di rimediare escludendo gli esem- plari e le specie più dubbie e facendo osservazioni speciali sopra alcune di quelle esaminate. I. Gen Amaltheus Move. 1. Amaltheus spinatus Brue. — Tav. XIX [I], fig. 1, 2. 1789. Ammonites spinata BruevèRrE. Encyclopedie méthodique, I, pag. 40. 1883. Amaltheus spinatus Parona. Contributo allo studio della Fauna lassica dell'Appennino centrale. Mem. d. R. Accad. d. Lincei, vol. XV, pag. 669. 1892. Pleuroceras spinatum Bvuoxmann. Monograph on the inferior Oolite Ammonites. Palaeontogr. Society, pag. 288, tav. 49, fig. 7. 1894. _ — BoxnArELLI. Contribuzione alla conoscenza del Giura-lias. lombardo. Estr. d. Atti d. R. Accad. d. sc. di Torino, vol. XXX, pag. 9. 1895. — — BoxarELLI. Fossili domeriani della Brianza. Estratto d. rendic. d. R. Ist. lomb. di sc., serie 2.2, vol. XXVIII, pag. 6. 1896. Amaltheus spinatus Fuomi. Faunula del Lias medio di Spexia. Boll. Ad. Soc. geol. ital., vol. XV, pag. 129, tav. 11, fig. 2 (cum syn.). 1899. Amaltheus (Paltopleuroceras) spinatus BonarELLI. Le Ammoniti del rosso ammonitico descritte e figurate da G. MexEGHINI. Bull. d. Soc. mal. ital., vol. XX, pag. 209. 1) MENEGHINI in SpAaDA et OrsINI. Quelques observ. géolg. sur les Ap. de l’Italie centrale ecc. Bull. de la Soc. géol. de France, 2° sér., T. XII; — MPeNEGHINI. Monographie d. foss. du cale. rouge ammonitique ecc.;} — In. Nuove Ammoniti d. App. centr. ecc. Atti d. Soc. tosc. d. Sc. nat. Mem., vol. VI. 2 ZrrteL. Geol. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn. in BENECKE. Geogn.-palaeont. Beitriige. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 18 146 A. FUCINI [2] DIMENSIONI I II Diametro . . . ; a o . o . . mm. 39 mm. 25 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro à 0 0,36 0,40 Spessore » » » » c È 0,30 0,35 Larghezza dell’ ombelico » » 0 0 0,35 0,37 Ricoprimento della spira » » 0 . 0,05 0,06 L’esemplare più grande, specialmente per la forma degli ornamenti, corrisponde assai bene a quello della Lombardia illustrato dal MENEGHINI ! ; però è di dimensioni molto più piccole. Esso ha le coste prive all’esterno di un vero e proprio tubercolo. Il dorso non ha depressioni fra la carena ed il margine dei fianchi e rammenta la regione dorsale tettiforme di alcuni Ammoniti del tipo dell'A. Maugenesti D’ ORB.® L’esemplare più piccolo è un poco più involuto e meno compresso del precedente. Mentre esso so- miglia a questo ultimo per la forma del dorso, se ne allontana invece per le coste che nei giri interni specialmente sono rade e nodose ed hanno all’esterno i nodi assai sviluppati. i È singolare come questa specie, frequente nei depositi domeriani dell’Italia settentrionale, sia scar- samente rappresentata nell’Italia centrale e meridionale e manchi nella Sicilia. L'individuo più grande proviene dai Monti della Rossa, quello più piccolo dalla Rocchetta. Ambedue si riferiscono alla parte più elevata del Lias medio. II. Gen Phylloceras Surss. 1. Phylloceras Calais Man. — Tav. XIX [I], fig. 3. 1867-81. A. (Phyloceras) Calais MeneGnINI. Mossiles du Medolo, pag. 24, tav. III, fig. 1,2. 1896. Phylloceras Calais Fucini. Fauna del Lias medio del Monte Calvi presso Campiglia Marittima. Palaeontographia italica, vol. II, pag. 221 (cum syn.). DIMENSIONI I II Diametro . , . ù - . 6 ò c . mm. 53 mm. 303 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro ò È 0,50 0, 57 Spessore » » » » È 5 0,43 0,49 Larghezza dell’ ombelico » » . 5 0,19 0,11 Ricoprimento della spira » » È 0 0,15 0,16 Credo di potere ascrivere al PR. Calais Men. due esemplari provenienti dalla Marconessa presso Cingoli. Uno di essi presenta mediocri dimensioni, l’altro è grandissimo rispetto agli individui fino ad ora riferiti a questa specie. Il primo corrisponde perfettamente all’esemplare originale del Medolo rap- presentato dal MeNEGHINI con la fig. 2. Esso è pure tutto concamerato; ha solchi peristomatici al prin- cipio dell'ultimo giro ed ha i fianchi quasi piani che scendono repentinamente all’ombelico, dando luogo ad una specie di carena circombelicale. L'altro esemplare grandissimo, di non buona conservazione, ha tutta la forma di questa specie e non differisce dall’individuo più piccolo e da quello originale che per i caratteri inerenti alla specie stessa, quando si esamini ad un diametro più grande. Relativamente alle i) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit. ecc., pag. 66, tav. 13, fig. 5. 2 D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 254, tav. 70. [BI] A. FUCINI 147 sue dimensioni esso ha dunque l'ombelico assai più stretto e l'altezza del giro, proporzionatamente al diametro, alquanto più grande. Si può quindi ritenere che sieno confermati quei caratteri riconosciuti dal MeNEGHINI e per i quali il PR. Calais con l'accrescimento si rende sempre più involuto, restrin- gendo l'ombelico ed aumentando l’altezza del giro. I lobi non sono benissimo distinguibili in nessuno degli esemplari esaminati; però si vede che la .loro frastagliatura è assai complicata e riferibile per la forma a quella data dal MENEGRINI. Il Ph. microgonium Gewm.! è una specie vicinissima al PR. Calais Mez. Questa specie fu creata sopra esemplari del Lias medio del Medolo. Il MenEGHINI ? ed il Boxa- RELLI 3) la citano anche dei dintorni di Erba, il Secuenza 4 la rammenta fra i fossili dei dintorni di Taormina; il Sacco 5) nelle vicinanze di Spezia ed io, sempre nel Lias medio, al Monte Calvi presso Campiglia Marittima. Nel Lias inferiore il Ph. Calais è citato a Spezia dal MENEGHINI ® e dal Cana- VARI °; nel Monte Pisano da me 8° e nei dintorni di Equi dal Zaccaena ®). Nell’Appennino questa specie appartiene a quella parte del Lias medio dalla quale provennero il maggior numero dei Brachiopodi illustrati dal CANAVARI e che, a mio parere, si può ritenere non tanto alta, ma nemmeno tanto profonda. 2. Phylloceras tenuistriatum Mon. — Tav. XIX [I], fig. 5. 1868. Ammonites tenwistriatus MeneGniNI in Rarn. Die Berge von Campiglia in tosckanischen Maremma. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., XX Bd., pag. 321. 1886. Phylloceras tenuistriatum De Sterani. Lias inferiore ad Arieti dell’ Appennino settentrionale. Mem. d. Soc. tosc. d. Sc. nat., vol. VIII, pag. 51, tav. III, fig. 7-9 (cum syn.). 1896. _ —_ Fucmi. Faunula del Lias medio di Spexia, pag. 141, tav. III, fig. 4. 1896. _ —_ Fucmi. Fauna d. Lias medio del Monte Calvi ecc., pag. 226, tav. XXIV, fig. 21 (cum syn.). DIMENSIONI Diametro . . : _ È o _ È 5 : 7 3 . mm. 55 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro è o È . c 0,58 Spessore » » » » È : 5 ; È 0,24 Larghezza dell’ ombelico » » c c 7 È 6 0,08 Ricoprimento della spira » » è x 2 7 o 0,13 L’unico esemplare che io credo di potere riferire a questa specie non è benissimo conservato e non lascia vedere le fini costicine radiali caratteristiche, delle quali si ha solo un debolissimo indizio al prin- i) GemMELLARO. Sui fossili d. str. a Ter. Aspasia d. contr. Rocche rosse pr. Galati, pag. 10, tav. I, fig. 4-6. 2) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge Ammonit. — Révision systematique, pag. 196. 3) BOoNARELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 9. 4) SEGUENZA. Intorno al sistema giurassico nel territorio di Taormina, pag. 5. 5) Sacco. L’Appennino settentrionale. Boll. d. Soc. geol. ital., vol. X, pag. 743. 5) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 25. 7 CANAVARI. Contribuzione alla fauna del Lias inferiore di Spezia, pag. 48, tav. II, fig. 16. 8) Fucini. Fauna dei calcari bianchi ceroidi con Ph. cylindricum Sow. del M. Pisano, pag. 210, tav. XIII, fig. 8. 9) ZACCAGNA. Carta geologica delle Alpi Apuane. Boll. Soc. geol. ital., vol. XV, pag. 229. 148 A. FUCINI [4] cipio dell’ ultimo giro. Tuttavia ritengo buona la determinazione per la corrispondenza di tutti i carat- teri, compresi quelli della linea lobale, per quanto parzialmente rilevabile, e dopo accurato confronto con il molto materiale a mia disposizione. Mi era in verità venuto il dubbio che si trattasse della specie susseguente, cui il Ph. tenvistriatum Mon. somiglia tanto per la forma e l’andamento dei giri, ma la linea i lobale, della quale figuro la sella esterna (fig. 1) mi ha tolto d’ogni incertezza. | Questa specie che pochi anni addietro era appena conosciuta è stata citata in questi LORCA MODAIC IONAn ultimi tempi in parecchi depositi. Io l'ho rammentata nel Lias medio dei dintorni di TR Spezia ed in quello di Monte Calvi. Il Gever! col nome di PM. tenvistriatum Mex. ha mm. 45,ingrandezza descritto e figurato una forma di Ammonite del Lias medio del Schafberg che il Levi ?) SRO ritenne doversi riferire piuttosto al Ph. Partschi Stur. L'osservazione del Levi è forse giustificata dal fatto che nel Ph. tenwistriatum Mon. mancano le fini striature che accompagnano le costicine radiali e che costituiscono il carattere ornamentale del Pl. Partschi. Avendo potuto esaminare un buonissimo modello del PW. Sturì RevnÈs 3) mi sembrerebbe di potere asserire che ad esso corrisponde piuttosto quella forma illustrata dal GeyER col nome di Pl. tenui- striatum Mon. Non saprei ora precisamente se il PM. tenwistriatum del GeveR ed il Ph. Sturi del ReynÈSs possano riferirsi al Ph. Partschi StuR; certo differiscono dal PW. tenuistriatum McH. per le coste ra- diali più grossolane, meno numerose e inframettenti striature più sottili. Nel Lias medio il Ph. tenvistriatum Mor. viene citato con dubbio dal Canavari nel Colle S. An- tonio presso Tivoli e dal BonARELLI 5 nei dintorni di Como. Nel Lias inferiore si trova a Campiglia, d’onde provengono gli esemplari che servirono al MENEGHINI per costituire la specie e secondo il mio parere anche ad Hierlatz dove sarebbe descritto e figurato dal GeyeR ® col nome di Pl. costatoradia- tum STUR. L’esemplare esaminato proviene da calcari grigio-giallastri dei dintorni di Cagli ed appartiene alla vecchia collezione del Museo di Pisa. Fio, l. 3. Phylloceras Zetes D’ Or. — Tav. XIX [I], fig. 4. 1850. Ammonites Zetes D’ OrBIGNy. Prodrome, I, pag. 247. 1893. Phylloceras Zetes PowprckI. Bedtrige xu einer Revision der Ammoniten des Schwdibischen Jura, Lief. I, pag. 26 (cum syn.). 1896. = — Parona. Contribuzione alla conoscenza delle Ammoniti liasiche di Lombardia, pag. 22 (cum syn.). 1899. — — Fucini. Sopra alcune nuove Ammoniti dei calcari rossi ammonitiferi inferiori della To- scana. Palaeontographia italica, vol. IV, pag. 241. 1) Grver. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges ece., pag. 43, tav. VI, fig. 1,2. 2 Lnvi. Fossili degli strati a Terebr. Aspasia di Monte Calvi presso Campiglia. Boll. d. Soc. geol. ital., vol. pag. 267. 3) RevNbs. Essai de géologie et de paltontologie Aveyronnaises, pag. 91, tav. III, fig. 1. 4 CANAVARI. Ammoniti del Lias medio di S. Antonio (Tivoli). Atti d. Soc. tosc. d. Sc. nat. Proc. verb., vol. II, pag. 109. 5) BONARELLI. Fossilî domeriani della Brianza, pag. T. XV [5] A. FUCINI 149 DIMENSIONI I II Diametro . ò Ò o o . . . 0 . mm. 68 mm. 52 Altezza dell’ultimo giro in rapporto del diametro 0 0 0,59 0,59 Spessore » » » » È N 0,28 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » 0 0 0,10 0,09 Ricoprimento della spira » » SIG 0,13 0,13 Degli esemplari che io riferisco al PR. Zetes D’ORB. quattro provengono dai calcari grigio-cenerognoli della Rocchetta ed uno, molto piccolo e di indecisa determinazione, dai calcari bianchi spatici con Diotis Janus Meg. del Furlo. Questo ultimo è stato da me riferito a questa specie perchè, sebbene non lasci vedere niente della linea lobale, corrisponde nella forma perfettamente ai piccoli individui conosciuti del Lias medio di Spezia! e del Lias inferiore di Hierlatz ®. Gli esemplari della Rocchetta hanno dimensioni assai notevoli e mostrano tutta la loro superficie fornita di linee Ilobali. Queste, sebbene sieno alquanto corrose, pur tuttavia nel loro insieme mostrano la struttura caratteristica della specie. L’esemplare più grande da me posseduto e che figuro, per la forma dei giri corrisponde a quello rappresentato dal QuenstEDT 8) col nome di A. Reterophyllus amalthei; ha, cioè, il maggiore spessore dei giri al terzo interno della loro altezza. Per l'ampiezza dell’ombelico invece esso si riporta meglio all’esemplare di Enzesfeld illustrato dall’Hauer #, al quale poi si riferiscono tutti i miei esemplari per il grado d'involuzione, minore di quel che non si osservi nel sopracitato individuo del QuENSTEDT. Il Ph. Zetes D’ORB. è specie rappresentata frequentemente nel Lias medio, ma è notata anche nel Lias inferiore. In questa parte del Lias il GryER 5 la cita ad Hierlatz ed il Parona ® a Saltrio in una formazione che ha tante analogie con quella dei calcari rossi ammonitiferi inferiori della Toscana, ove tanto il MENEGHINI ? quanto io 8° abbiamo riconosciuto la presenza di questa specie. 4. Phylloceras frondosum Reynîs. — Tav. XIX [I], fig. 6. 1868. Ammonaites frondosus RevnÈs. Essai de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 98, tav. 5, fig. 1. 1896. Phylloceras frondosum Fuomi. Fauna del Lias medio del Monte Calvi, pag. 224, tav. XXIV, fig. 19 (cum syn.). 1897. = — PompeckI. Palacont. u. stratigr. Notixien aus Anatolien. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., Bd. XLIX, pag. 729, tav. XXIX, fig. 9. DIMENSIONI Diametro . 5 0 : 3 - o o . 0 2 È . mm. 40 Altezza dell’ultimo giro in rapporto del diametro . o . c c 0, 58 Spessore » » » » o 5 . 5 7 0,34 Larghezza dell’ ombelico » » . c c . 5 0,11 Ricoprimento della spira » » 6 o . 0 6 0,12 » Fucini. Faunula d. Lias medio di Spezia, pag. 139, tav. II, fig. 6. 2) GeveR. Lias-Cephalopoden d. Hierlatz, pag. 222, tav. I, fig. 15. 3) QUENSTEDT. Cephalopoden, pag. 100, tav. VI, fig. 1. HauER. Cephalopoden a. d. Lias ecc., pag. 56, tav. XVIII, fig. 1. 5) GrYvER. Lias-Cephalopoden d. Hierlatz, pag. 222, tav. I, fig. 15. Parona. Contrib. alla conosce. di Amm. lias. d. Lombardia, pag. 22. MENEGHINI in RaTH. Die Berge v. Campiglia in tosck. Maremme. Zeitschr. d. D, geol. Gesellsch., Bd, XX, pag. 322. FucInI. Alc. nuove Amm. d. calc. rossi ece., pag. 241. (9 CIS 150 A. FUCINI [6] Il solo esemplare che io posso riferire sicuramente a questa specie corrisponde molto bene all’ indi- viduo tipico illustrato dal Reynès. L’unica differenza notevole consiste nello svolgimento ed accrescimento più rapido della spira mostrato dal mio esemplare e che si risolve nel presentare ombelico più eccentrico e ricoprimento maggiore del penultimo giro. Uguale differenza si osserva anche in confronto con gli esemplari di Ph. frorndosum illustrati dal MeNEGHINI ® e dal PoMPECKI. La forma del Lias medio del Monte Calvi corrisponde invece per questo carattere a quella ora in studio. Ho riferito al Ph. frondosum ReyN. anche un individuo proveniente dalla Mitola. Esso è di dimen- sioni assai notevoli ma troppo mal conservato per essere sicuri del suo riferimento. L’esemplare studiato proviene dai calcari grigio-chiari di Cagli. 5. Phylloceras Meneghinii Gem. — Tav. XIX [I], fig. 7. 1867-81. A (Phylloceras) Hebertinus (non Revnds) MevneGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 30, tav. III, fig. 6. 1874. Phylloceras Meneghini GemmeLLARO. Sopra alcune faune giuresi e liassiche della Sicilia, pag. 102, tav. XII, fig. 23. 1884. — _ GrmieLLaro. Sui foss. d. str. a Ter. Aspasia d. contr. Rocche rosse pr. Galati, pag. 9, tav. II, fig. 13-17. 1895. —_ a BowarELLI. Mossili domeriani della Brianza, pag. 7. 1896. — — Fucmi. Fauna d. Lias m. del M. Calvi ecc., pag. 223, tav. 24, fig. 17, 18. (cum syn.). DIMENSIONI I I Diametro . : . d o 6 a 6 ò doing ol mm. 50 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro ò 1 0,59 0, 60 Spessore » » » » Ò É 0,41 0,44 Larghezza dell’ombelico » » ò . 0,08 0,09 Ricoprimento della spira » » . 5 0,12 0,12 Gli esemplari che io credo di potere riferire a questa specie sono tutti concamerati. Uno di essi, che ha il diametro di mm. 71, fa credere che la specie possa giungere a notevoli dimensioni. La forma della conchiglia si mantiene la stessa tanto nei giovani quanto negli individui più adulti, solo si può osservare che i giri con l’accrescimento vanno leggermente diminuendo la loro straordinaria gonfiezza. La sezione dei giri di questa specie si mantiene costantemente ovale e tale è data per tutti gli esemplari adulti fino ad ora conosciuti, solamente nei giovanissimi individui sembra che essa sia invece ellittica. Nei miei studi sulle faune di Lias medio della Toscana ho sempre riunito al Pl. Meneghinii Gemwm. gli esemplari del Medolo che il MenEGHRINI aveva riferito al Ph. Hedertinum Revn.® Il PomPECKI ® studiando quest’ ultima specie ha invece creduto che essa sia veramente rappresentata al Medolo. Per chiarire possi- i) MexEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 89, tav. XVIII, fig. 1; — In. Fossiles du Medolo, pag. 31, tav. IV, fig. 1. 2 Revnbs. Ess. de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 94, tav. 2, fig. 3. 3) PoMmPECKI. Palaeont. u. strat. Notizien aus Anatolien. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., Bd. XLIX, pag. 730. [7] A. FUCINI aUsil bilmente la questione ho ripreso in esame gli esemplari del Medolo, nonchè un modello in solfo del PW. Hebertinum Reyn. di Bosc il cui originale probabilmente si trova nel Museo di Monaco di Baviera. Questo modello ha la sezione del giro ellittica, ma un poco più larga di quella rappresentata dal Revnès per il suo esemplare tipico. Perciò esso corrisponde molto bene, anche per la fine striatura longitudinale, a quell’ individuo del Schafberg rapportato dal Gryer? al Ph. Meneghinii Gemw. e rappresentato con la fig. 4. L’esemplare di Pl. Hebertinum illustrato dal PompecKI sebbene presenti dimensioni piuttosto notevoli, ha la sezione del giro decisamente ellittica. Se dal Ph. Hebertinum Reyx. si deve tenere separato il Ph. Meneghinii Gemm. che io ho sempre rico- nosciuto estremamente vicino, le due specie non possono distinguersi che per i caratteri seguenti: La sezione dei giri nel Ph. Hebertinum sarebbe ellittica e quindi con la maggiore larghezza in corrispondenza della metà dell’altezza dei giri stessi; nel Ph. Meneghini la sezione dei giri resulterebbe invece ovale, inquantochè i fianchi hanno il massimo spessore a circa il primo terzo interno della loro altezza. La linea lobale del Ph. Hebertinum designata dal Revxès ha i lobi sempre meno profondi procedendo verso l’interno, nel Pl. Meneghinii i lobi hanno tutti la stessa profondità. Sembrerebbe poi, ma non mi resulta dal modello di Ph. Hebertinum che ho in esame, che la specie del Reyxès avesse anche l’ombelico più ampio. Gli esemplari del Medolo aventi un discreto sviluppo, compreso dunque quello non tanto fedelmente rappresentato dal MENEGHINI e che io nuovamente figuro qui di fianco, hanno la sezione dei giri decisamente ovale, negli individui piccoli prevale invece la sezione ellittica, Nessuno ha però la linea lobale come quella data dal Reyxks per la sua specie. Conclu- dendo io rimango nella persuasione che il PhyMoceras del Medolo sia da rapportarsi al Ph. Meneghinii Gemm., quando questa specie si voglia tener separata dal Pl. Hebertinum Reyn. Altrimenti riterrei necessaria la riunione delle due specie. Questa specie è caratteristica pei depositi del Lias medio. Degli esemplari esaminati tre provengono dai monti della Rocchetta ed uno dai dintorni di Cagli. 6. Phylloceras Geyeri Bon. — Tav. XIX [I], fig. 8. 21868. Ammonites Nilssoni (non HfB.) Reynîs. Essai d. géol. et de paltont. Aveyr., pag. 92, tav. I, fig. 5, (sub nom. A. Calypso). 1867-81. A.(Phylloceras) Nilssoni (non His.) MexeGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 32 (cum sym). 1867-81. — —_ Capitanei (non Car.) MeneGHINI. Ibidem, pag. 33 (cum syn.). 1893. Phylloceras sa (non Car.) Gever. Mittell. Ceph.d. Hinter-Schafb., p.35, tav. IV, fig. 1(?), 2-6. 1895. Phylloceras Geyeri BonAarELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 8. DIMENSIONI Diametro . h : . ; ° ò c , È 7 . . mm. 28 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . ò o C . 6 0,53 Spessore » » » » 5 . 2 : - c 0, 42 Larghezza dell’ombelico » » » . o È 2 - c 0,16 Ricoprimento della spira » ” o 5 . . 7 È 0,20 1) Erroneamente nel mio studio sul Lias medio del M. Calvi dissi che tale modello fu mandato al MENEGHINI dal ReyNÈs; credo invece che esso fosse inviato dal prof. ZirTEL. 2 Govor. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 43, tav. V, fig. 4. 152 A. FUCINI [8] Di questa specie ho un esemplare non molto grande, tutto concamerato, corrispondente perfettamente agli individui di uguali dimensioni del Medolo, dal MexeGHINI riferiti al P. Nissoni His. Esso ha la conchiglia discretamente rigonfia, strettamente ombelicata, molto involuta e di accrescimento non tanto rapido, inquantochè il centro della spira è situato al secondo quinto inferiore del diametro. I giri, alquanto più alti che larghi, non sono molto convessi ed hanno il maggiore spessore a circa il primo quarto interno della loro altezza. I fianchi cadono assai rapidamente alla sutura dell’ombelico, però il margine è arrotondato. La sezione dei giri resulta ovale. Sulla superficie del nostro esemplare, essendo in modello, non rimangono traccie delle fini strie radiali che ornano questa specie. Nell’ultimo giro si trovano cinque solchi non molto profondi. Questi, presso l'ombelico, fanno una curva assai sentita rivolta in dietro; fra la metà ed il terzo esterno dei fianchi ne fanno un’altra molto debole verso l’apertura; sul dorso si riuniscono poi con una curva voltata in avanti. La linea lobale ha il lobo sifonale assai profondo sorpassato solo dal primo laterale ed eguagliato dal secondo. I lobi accessori non arrivano mai alla linea radiale. La prima sella laterale trifilla è più alta di quella esterna, difilla. La seconda sella laterale e la prima accessoria sono pure difille. Le altre accessorie, via via sempre più basse delle precedenti, sono monofille. Questa specie ha una grande somiglianza con il Pl. Bicicolae Men ® al quale forse dovrà riunirsi se non resulteranno costanti i caratteri differenziali e che consistono principalmente nell’avere la specie mene- ghiniana ornamentazioni più grossolane e la prima sella laterale decisamente difilla. Quello che mi sembra inammissibile è quanto ha creduto il PomPecxI ? che cioè il Pl. Geyerìi Bon. sia eguale al Pl. Alontinum Gemm.® Questo, che appartiene al tipo del PR. Calais Mer., ha i fianchi piani, pressochè paralleli anche nei giri interni e probabilmente è privo di quelle ornamentazioni che ador- nano la conchiglia delle specie del tipo del P). Capitanei Cat. La specie presente nei giri interni ha la sezione dei giri decisamente ovale e non rettangolare ellittica come nel Ph. Alontinum. Il Ph. Nilssoni HB. ed il Ph. Capitanei Cat. sono specie certo differenti non fosse altro per la loro maggiore compressione. L’esemplare esaminato proviene dalla Marconessa. III. Gen. Rhacophyllites Zirter. 1. Rbacophyllites libertus Ger. — Tav. XX [II], fig. 1. 1869. Ammonites mimatensis (non D’ OrB.) ZitteL. Geolog. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn., pag. 134. 1884. Phylloceras libertum GexmeLLARO. Moss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 4, tav. II, fig. 1-5. 1896. Ehacophyllites libertus Fuomi. Fauna d. Lias m. del M. Calvi ecc., pag. 227, tav. XXIV, fig. 22 (cum syn.). DIMENSIONI PI: JI Diametro . : à Ò . . . È . . mm. 54 mm. 50 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ° ; 0,37 0, 36 Spessore » » » » 5 , ò 0,24 0,24 Larghezza dell’ombelico ” » : " 0 0,37 0,37 Ricoprimento della spira » » " È 6 ? 0,06 ) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ecc. pag. 98, tav. XIX, fig. 7. ?) PompPECRI. Palaeont. u. strat. Not. a. Anatolien. Loc. cit., pag. 733. 3) GEMMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 9, tav. 1, fig. 7, tav. 2, fig. 18-20. [9] A, FUCINI 153 Questa specie è molto vicina al R%. Nardii Mex. ! ed al RR. mimatensis D'ORB.® del quale si hanno nel Museo di Pisa degli esemplari con ombelico assai largo, provenienti da località francesi. Essa si trova in quasi tutti i depositi di Lias medio italiano ed anche in alcuni di quelli fuori d’Italia. Perciò è cono- sciutissima. A ciò che è stato detto sopra il R%. libertus Gemm. poco posso aggiungere con l’esame dei diversi esemplari dell'Appennino centrale, alcuni dei quali con etichetta scritta dal ZIrreL sono riferiti dal RR. mimatensis HAUER ) non D'ORE. L’esemplare maggiore che io abbia in esame è di Cesi presso Terni. Esso ha la particolarità di avere, in confronto agli altri individui, le coste più grossolane e più robuste. Tale esemplare essendo concame- rato fino alla metà dell’ultimo giro si può ritenere completo per quanto non lasci vedere i caratteri del peristoma. Altro esemplare molto bello proviene, insieme ad altri due, da Cagli ed è quello di cui fa parola il MENEGHINI 4) che lo considerò appartenente al R%. mimatensis D’ORB. In questo si osserva che almeno nel- l’ultimo giro i peristomi sono avvicinati a due a due. Altri individui provengono poi dalla Marconessa presso Cingoli, dalla Mitola, dal Monte Faito; un esemplare è del M. Corno, uno della Rocchetta, uno del Sanvi- cino ed uno molto piccolo del Furlo. Quest'ultimo esemplare è più antico degli altri appartenendo alle zone più profonde del Lias medio. 2. Rhacophyllites lariensis Mon. — Tav. XX [II], fig. 2. 1867-81. Ammonites (Phylloceras) lariensis MeneGHINI. Monogr. d. foss. du calce. rouge ammonit. ece., pag. 80, tav. XVII, fig. 1-3. 1869. _ eximius (non Hauer) Zirrer. Geol. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn., pag. 134. 1895. Rhacophyllites lariensis BonarELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 10. 1896. — — Greco. Il Lias sup. nel Circ. di Rossano, pag. 103 (cum syn.). 1896. — — Fucni. Fauna d. Lias m. del M. Calvi, pag. 227. DIMENSIONI Diametro . c . È . " - 5 È . mm. 61 mm. 70 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. , o 0, 40 0,41 Spessore » » » » " - 5 0,26? 0,30 Larghezza dell’ ombelico ” » ; 5 6 0,29 0,31 Ricoprimento della spira » » ; © ° 0,10 0,09 Alla forma tipica, come viene intesa anche dal Box4ARELLI, io attribuisco due esemplari assai grandi molto ben conservati, concamerati fino ai due terzi dell’ultimo giro. Uno, il più grande, fu raccolto nel 1890 dal CanavarI nei Monti della Rossa. Esso è fossilizzato in un calcare grigio, zonato di rosso, che si riscontra tanto nel Lias medio quanto nel Lias superiore dell’Appennino centrale. Perciò non posso escludere in modo assoluto che l'esemplare in discorso possa appartenere al Lias superiore. Nella sua forma non si scorge niente di speciale. Solo è da osservare che le coste nell’ultima porzione del giro sono sostituite da pieghe molto larghe e depresse, delle quali se ne ha una in corrispondenza di ogni varice del dorso. i) MENEGHINI. Nuovi fossili toscani, pag. 27. 2 D’OrBIGNY. Paléontologie frane., terr. jurass., t. I, pag. 344, tav. 110, fig. 4-6. 3) HAUER. Cephalopoden a. d. Lias ecc., pag. 56, tav. XVII, fig. 1-3. 4 MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 83. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 19 154 A. FUCINI [10] L’altro esemplare che crederei sicuramente del Lias medio anche per la roccia che lo costituisce, è quello del quale fa parola il MeNEGHINI nella sua Monografia e che fu raccolto al Furlo dall’Abate MARIOTTI e donato poi al MeNEGHINI dal prof. ZirteL. Esso corrisponde perfettamente all’esemplare FUT: tipico illustrato dal MENEGHINI stesso con la fig. 2, solamente è un poco più compresso. i Dal Zret fu riferito all’A. eximius HAUER. Da esso è tolta la linea lobale figurata qui accanto (fig. 3). Sebbene del Furlo, questo PIANI esemplare non appartiene alle zone più profonde del Lias medio sviluppate in quel lariensis Mon. presa luogo e che hanno dato gli altri fossili descritti di tale località. e La forma illustrata dal Gever® parrebbe, dall'esame della figura, che fosse priva dei solchi sinuosi che ornano i fianchi di questa specie, ma il GeyER avverte però della loro esistenza. ° Var. costicillata. — Tav. XX [II], fig. 3. Oltre al %. lariensis tipico io ho nel mio materiale di studio alcuni esemplari che se ne allontanano assai per avvicinarsi grandemente al 7. exìmius HAUER cui potrebbero essere anche riuniti come varietà di passaggio alla specie del MenEGHINI. Essi poi non appartengono certo alla var. Bicicolae BonaR. che dal BonarELLI e dal MENEGHINI, il quale la illustrò senza nominarla, è stata ritenuta come forma intermedia tra il Eh. lariensis ed il Eh. eximius. La mia forma, cui ho assegnato il nome di var. costicillata, presenta le seguenti dimensioni: Diametro . x c . . . 0 Ò ò È ” 7 . mm. 53 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . Ò o o 0, 40 Spessore » » » » o . 3 0 6 c 0,19 Larghezza dell’ ombelico » » à : . 0 9 o 0,30 Ricoprimento della spira » » ‘ : o Ò ò . 0,09 Questa varietà per avere la conchiglia molto compressa, ornata di coste assai sottili, evidenti anche nella parte concamerata della spira, e per avere la carena sifonale sviluppata già in questa parte, si avvi- cina molto all’ezimius e si allontana dal lariensis. Si somiglia invece a quest’ ultima specie per avere la carena, nell’ultima porzione della spira, costituita presso a poco ugualmente, con le creste allungate nel senso della carena stessa ed interrotte ogni tanto. Queste creste sono però più piccole che nel tipico RX. larien- sîs. Somiglia inoltre alla specie del MENEGHINI per il margine circombellicale assai arrotondato e non netta- mente angoloso come nel A. erimius di HAURR. Il Eh. lariensis var. Bicicolae Bon. si avvicina al tipo della specie del MENEGHINI più della mia forma, la quale differisce da esso per maggior compressione, per le coste che si trovano anche nella parte concamerata della spira, ove esiste anche .la carena sifonale. Gli esemplari di questa forma provengono dai Monti della Rossa e dal Piano dei Giugoli e sono fossilizzati in un calcare cenerognolo alquanto marnoso, simile a quello che fossilizza pure un bell’esemplare di questa stessa forma raccolto presso Bolognola dal CANAVARI. Non ho però tenuto conto di quest’ ultimo esemplare poichè sembra che esso appartenga ad un deposito ove si trova anche 1’ Harp. difrons Brue. In ogni modo la var. costicillata appartiene, secondo il mio parere, alla parte più alta del Lias medio dell'Appennino centrale. 1) Grver. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 51, tav. VII, fig. 8,9. [11] A. FUCINI 155 3. Rhacophyllites eximius Hauer. — Tav. XX [II], fig. 4. 1854. Ammonites erimius Hauer. Beitr. x. Kennin. d. Heterophyllen ecc. Sitzangsb. d. mathem.-naturw. Cl. d. Kais. Akad, d. Wiss. Wien, pag. 863, tav. XI, fig. 1-4. 1855. A. complanatus (non Brue.) MeneGHINI in Spanpa et Orsini. Quelques observ. géol. s. les Apenn. ecc., p. 29. non 1866. Ammonites eximius Zire. Geol. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn., pag. 134. 1895. Ahacophyllites erimius BonarELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 9. 1896. — — Grrco. Il Lias sup. nel Circe. di Rossano, pag. 105, tav. I, fig. 6 (cum syn.). DIMENSIONI Diametro . È 0 0 6 ò Ò 0 Ò o 0 . . mm. 49 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 5 , 6 n ò 0,41 Spessore » » » » 0 0 Ò 7 . , 0,25 Larghezza dell’ombelico » » 5 5 . ò è 6 0,27 Ricoprimento della spira » ” 0 o : o . 6 0,09 Non si potrà mai confondere questa specie con la precedente, nè con le varietà di essa a cagione della carena sifonale che nell’ R%. eximius è sottile, continua, non frangiata nè nodosa. È pure un carattere molto spiccato di questa specie la forma dell’ombelico avente le pareti oblique verso l’interno, piane od un poco concave e nettamente separate dai fianchi per una ben distinta carena. Costituisce anche un carattere differenziale fra questa specie e la forma tipica della precedente, la presenza qui di coste assai distinte anche nella parte concamerata della spira, all'infuori però dei giri più interni. Questo carattere si trova invece nella var. costicillata del Eh. lariensis Mex. L’esemplare in esame è in modello interno e concamerato fin poco oltre la metà dell’ultimo giro. Lo riferisco al R7. exvimius HauER, sebbene creda che ne sia forse una leggera variazione perchè non pre- senta affatto i solchi peristomatici che non mancano in alcuno degli esemplari in modello che io ho veduti o direttamente od illustrati dagli autori. Nel Schafberg si trovano, illustrati dal Gever®, degli esemplari alquanto meno compressi dell’ origi- nale di Hauer e del mio che a quello corrisponde assai bene. La forma calabrese descritta dal GrEco è invece più compressa di ogni altra. Il mio esemplare proviene dal Monte Faito e, creduto del Lias superiore, venne anticamente deter- minato dal MENEGHINI per l'A. complanatus Brue. Altro esemplare di determinazione un poco incerta proviene pure dal Monte Faito. IV. Gen. Lytoceras SuEss. 1. Lytoceras audax Mon. — Tav. XX [II], fig. 6. 1867-81. A. (Lytoceras) audax MexeGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 38, tav. V, fig. 6. 1896. Lytoceras audax Fucmmi. Fauna d. Lias medio del M. Calvi, pag. 230 (cum syn.). DIMENSIONI Diametro . 5 c Ò 2 c ò ò 2 . 6 7 . mm. 40 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . È . b . 2 0,34 Spessore » » » » ° Ò è . . . 0, 22 Larghezza dell’ombelico » » 1 3 È , : , 0,45 Ricoprimento della spira » » 5 : E . Ù ù 0; 00 1) GoyeRr. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 50, tav. VII, fig. 3-7. 156 A. FUCINI [12] Per gli esemplari che fino ad ora si conoscevano di questa specie, del Medolo, di Spezia e del Monte Calvi, si poteva credere quasi che essasi mantenesse in limiti di grandezza molto ristretti. Il maggiore individuo di Lyt. audax fino ad ora conosciuto era infatti quello del Medolo illustrato dall’ Hauer! col nome di A. PWil- lipsi. L’esemplare in esame mostra che la specie può acquistare dimensioni relativamente discrete. In quanto alla forma della conchiglia niente mi resta da aggiungere a quello che è stato detto fin qui; mi fermerò piuttosto a rilevare i caratteri che si sviluppano in questa specie con l’ accrescimento. Già dalle dimen- sioni comparative degli esemplari del Medolo date dal MeNEGHINI si poteva rilevare come lo spessore dei giri andasse diminuendo con l’accrescimento. Di ciò ne faceva fede anche l’individuo illustrato dall’HAUER il quale, essendo come si è detto il più grande dei conosciuti fino ad ora, presenta lo spessore dei giri rappresentato da 0,25 in rapporto al diametro, mentre nell’esemplare grande del MENEGHINI, è dato da 0,26 e nei più piccoli da 0,27 a 0,29. Naturalmente dietro queste considerazioni si trova che il campione in esame ha in rapporto al diametro uno spessore minore, rappresentato da 0,22. L'ampiezza dell’ombelico nel mio esemplare è di 0,45 in rapporto al diametro e non è raggiunta da nessun altro di quelli misurati dagli autori che hanno studiato questa specie. Non saprei dire però se questa differenza sia portata veramente dal maggiore sviluppo. A ciò non si opporrebbero in generale le misure date per vari esemplari dal MENEGHINI, ma non vi si adatta l’individuo assai grande dell’ HAUER e che mostra l'ombelico più piccolo di tutti gli altri esemplari essendo rappresentato da 0,35. Un carattere che sembra certamente dovuto all’accrescimento consiste nel numero più grande di solchi peristomatici presentati dai giri che hanno un diametro maggiore. Ad un diametro di 10 o 12 mm. tali solchi possono essere tre o quattro; decisamente quattro, restando posto quasi per un Sr quinto, si osservano nell’individuo di circa 25 mm. di diametro illustrato dall’ HAUER. vasi L’esemplare che ho in esame, osservato ad un diametro uguale a quello dell’individuo ; dell’HAUER, presenta ugualmente quattro solchi, situati precisamente in identica posizione. Ù Al diametro di 30 mm. i solchi invece sono già cinque e diventano sei a 40 mm., diametro Linea lobale del Lyt. È E : audax Mon, presa al MASSIMO offerto dal mio campione. E) La linea lobale (fig. 4), da me rilevata nell’ultima porzione del penultimo giro, si grandita 3 volte. riporta a quella disegnata dal MENEGHINI, ed insieme ad essa differisce dalla linea lobale figurata dall’ HaurR sopratutto per avere la prima sella laterale un poco più alta di quella esterna. TS È bene avvertire che l’HaveR dice nella descrizione esser così anche nel suo esemplare. La differenza quindi potrebbe non esistere che nella figura dell’ HaueR poco fedelmente i riprodotta. Al diametro di 30 mm. ho potuto rilevare anche la porzione interna della linea lobale Linea lobale del Ly. (fig. 5) non potuta osservare nè dall’HaueR nè dal MexEGHINI. In essa sono notevoli la dI prat strettezza e la profondità del lobo antisifonale, avente poco spiccate incisioni e i rami 30, ingrandita 3 laterali poco distinti e mediocremente inclinati. a Il Lyt. audax Man. è una specie molto caratteristica e punto da confondersi con altre. 2 Sono già state fatte rilevare dal MeNnEGHINI 2, dal CanavarI ® e dal Gever , le differenze che essa i) HauER. Ueber die Ammoniten aus dem sogenannten Medolo, pag. 409, tav. I, fig. 8, 9, 10 (pars) non fig. 6, 7. 2) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 38. 3) CANAVARI. Contribuzione alla fauna del Lias inferiore di Spezia. Memorie del R. Comitato geologico, vol. III, pag. 109. 4 GaveR. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 58. {13] A. FUCINI 157 presenta col Lyt. Phillipsi Sow., fra le quali le più notevoli riguardano l’accrescimento più rapido, la linea lJobale ed i solchi peristomatici più inclinati in avanti. Il Lyt. audax fu istituito dal MENEGHINI sopra una delle due forme di Lytoceras del Medolo descritte dall’HaueR ! col nome di A. Phillipsi Sow. Il MENEGRINI dette all’altra forma il nome di Lyt. Grando- nense. Il RevnÈs ? aveva già per l’avanti riconosciuto che il Lytoceras Phillipsi HaueR del Medolo non era riferibile alla specie del SowERBY e credendo che ad esso si riferisse una forma da lui incontrata a Bosc gli dette in complesso il nome di A. Gauthieri. Questo nome avrebbe avuto la precedenza, almeno per una delle specie del MENEGHINI, però avendo sott’ occhio il modello dell’ esemplare originale del ReynÈs a me sembra che esso non si riferisca tanto bene nè all’una nè all’altra delle forme del Medolo distinte dal MexEGHINI con nomi diversi. Il modello del Lyt. Gauthieri RevN. è diverso dal Lyt. Grandonense Mex. (fig. 6,7, 10 dell’HaueR) per accrescimento più rapido e per i solchi peristomatici rivolti in avanti ed è, a mio parere, diverso anche dal Lyt. audax (fig. 8,9 dell’HAUER) per i giri più rotondeggianti e per accrescimento ancora un poco più rapido. Altra specie vicina al Lyt. audax Men., e che insieme ad essa ha stretti legami di parentela col Lyt. Phillipsi Sow., è il Lyt. apertum GeyeR ®. Questo per la forma dei giri, per l'accrescimento e per la linea lobale si avvicina moltissimo al Lyt. Phillipsi Sow. dal quale differisce per l'andamento dei solchi peristomatici. Il Lyt. audax McH. è certo diverso dalla specie del GeyER per accrescimento più rapido, per i giri più appiattiti, per i solchi meno inclinati in avanti e per la linea lobale avente la prima sella laterale più alta di quella esterna. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigio-chiari del Monte Ginguno (Grotta di Frasassi) presso la Genga. 2. Lytoceras ptychophorum Caw. én schedis — Tav. XX [II], fig. 5. DIMENSIONI Diametro . È o È ; ll 2 7 7 ; b : . mm. 32 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. - . 7 " : 0,32 Spessore» » » » 5 : ° , : c 0,21 Larghezza dell’ombelico » » 0 , . ò 7 c 0, 46 Ricoprimento della spira » » È , : . : 5 0,00 Il prof. CanavaRI ha scritto questo nome nella scheda che accompagna un esemplare di Lytoceras assai caratteristico. Esso è costituito da una conchiglia largamente ombelicata, assai compressa, di accre- scimento lento e quasi completamente evoluta inquantochè il penultimo giro è appena toccato dall’ultimo. Sembra però che l’involuzione sia un poco più sensibile nei giri interni. I fianchi dei giri sono piuttosto appiattiti e si deprimono più rapidamente verso l’ombelico che verso l'esterno. Da ciò resulta che il mar- gine circombelicale è arrotondato più strettamente del margine esterno. La regione dorsale è però tut- tavia poco ampia ed arrotondata strettamente. Per quanto la superficie della conchiglia non sia benissimo conservata, a causa del continuo succedersi delle numerose concamerazioni alquanto erose, si possono rilevare assai bene alcuni ornamenti. Questi si vedono particolarmente nella prima metà dell’ ultimo giro i) HAUPR. Amm. aus dem Medolo, pag. 409, tav. I, fig. 6-10. 2) ReyvNES. Essai de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 97. 3) GeveR. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 57, tav. VIII, fig. 3-6. 158 A. FUCINI [14] e consistono in costicine radiali assai grossolane, ma poco distinte, semplici, attraversanti indecisamente il dorso con una curva leggermente rivolta in avanti. Oltre a queste costicine si possono osservare dei solchi peristomatici radiali, non molto profondi, fiancheggiati da rilievi discretamente spiccati. Di tali solchi se ne trova uno al primo terzo dell’ultimo giro ed uno alla metà. Non posso poi nè negare nè affermare che se ne abbiano ancora altri, mascherati dalla corrosione della parete di alcune concamerazioni. La sezione dell'ultimo giro, più alta assai che larga, è ovale e così si mantiene anche nei giri interni, almeno fino al diametro di 10 mm. ove l’ho potuta osservare per una rottura dell’ esemplare. La linea lobale (fig. 6) rilevata presso l’estremità dell’ultimo giro è assai semplice ed in generale so- miglia a quella della specie precedente. Il lobo sifonale resulta piuttosto ristretto, discretamente profondo e poco frastagliato ai lati. Il primo lobo laterale è invece ampio ed assai profondo, inquantochè sorpassa un poco la linea radiale e si mostra alquanto asimmetrico a cagione del suo ramo esterno più piccolo e più stretto del ramo interno. Il secondo lobo laterale appare assai poco ampio, debolmente inciso ai lati e di un I O ISCIZO circa meno profondo del primo laterale. Il lobo antisifonale si vede non rum Can, presa al diametro molto bene anche al diametro di 20 mm.; esso è certamente assai ristretto e porta dimm. 90, ingrandita? vel roche dentellature laterali, delle quali una mediana, pochissimo più profonda delle altre, rappresenta il ramo trasversale. La sella esterna e la prima laterale hanno presso a poco la medesima ampiezza e la stessa altezza. Ambedue senza essere tanto frastagliate mostrano evidentemente la loro dicotomia. Seguono dopo la seconda sella laterale e quella che precede il lobo antisifonale le quali fra tutte due sembrano formare una grande sella interna, un poco meno alta delle altre. Fra le specie di Lytoceras che possano paragonarsi al Lyt. ptychophorum CAN. io non trovo che il Lyft. loricatum Men.! del Medolo, di cui ho avuto in esame anche l'originale. Ma per quanto vicine fra loro non mi sembra che le due specie possano confondersi. Prima di tutto si osserva una differenza nella forma dei giri e per conseguenza anche nella loro sezione. Nel Lyt. loricatum Mar. i giri sono rotondi, anzi un poco più larghi che alti, ed hanno la sezione circolare. Invece nel Lyt. ptychophorum i giri sono appiattiti ai fianchi, assai più alti che larghi e presentano una sezione decisamente ovale. Nè è da cre- dersi che tale differenza possa attribuirsi a diversità di sviluppo, essendo l'individuo originale della specie del MENEGHINI assai più piccolo di quello che costituisce la specie ora esaminata. Avendo rotto il mio esemplare ho constatato che anche al diametro di 10 mm., uguale presso a poco a quello presentato dal- l'individuo del MENEGHINI, i giri vi si mantengono più alti che larghi e con sezione ovale. Oltre a questi ca- ratteri si può osservare anche che il Lyt. loricatum si accresce un poco più rapidamente. A queste differenze di forma fanno riscontro altre che si osservano nella linea lobale la quale io riconosco però essere del medesimo tipo. Fra i lobi è da osservare che il primo laterale nella specie del CANAVARI è più profondo di quello del Lyt. loricatum Mer., per quanto della medesima forma, e fra le selle colpisce sopratutto la straordinaria ampiezza di quella che ho chiamato interna in confronto alla corrispondente della specie del MENEGHINI. L’esemplare che è stato ora esaminato proviene dai calcari grigio-chiari della Faiola. Fic..9. 1) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 38, tav. V, fig, 4. {15] A. FUCINI 159 3. Lytoceras praesublineatum n. sp. — Tav. XX [II], fig. 7. DIMENSIONI Diametro . ò . 5 ò 5 7 . ; a d 0 . mm. 79 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ò - ò ò . 0, 36 Spessore» » '» » 6 5 o . . , 0,33 Larghezza dell’ombelico » » 5 d . 0 o . 0,33 Ricoprimento della spira » » ; ò ò o 0 0 0,04 Questa conchiglia ha i giri un poco più alti che larghi, appiattiti leggermente sui fianchi, arrotondati sul dorso e, più strettamente, sul margine circombelicale. L’accrescimento non è molto rapido, nè l’invo- luzione tanto grande. La superficie dell’ultimo giro, non molto ben conservata e per quanto si può arguire, è ornata da strie del tipo di quelle dei lineati. I giri più interni però presentano coste assai distinte, diritte, alquanto proverse e delle quali ad intervalli irregolari se ne hanno più sviluppate ed ingrossate leggermente sopra i fianchi. Tutte queste coste non attraversano il dorso o lo fanno in modo molto indi- stinto. Per questi caratteri i giri interni di questa specie ricordano certe Ammoniti del tipo dell’ Ecto- centrites (?) Giordani Box. L’esemplare in esame è quasi tutto concamerato, però la linea lobale (fig. 7) non è stata rilevabile che al principio dell’ultimo giro. Essa ha il lobo sifonale profondo la metà del primo laterale. Questo ha i tre rami inferiori molto irregolari e quasi ugualmente profondi. Il secondo lobo laterale sorpassa di poco la profondità di quello sifonale raggiunto DÀ appena dal semplice lobo accessorio, sopra cui cade la sutura dell’ombelico, e dal ] lobo interno. Il lobo antisifonale, il quale ha i suoi rami trasversali non molto Linea tobale del Lyt. praesubti- lunghi, sorpassa alquanto la linea radiale ed è un poco asimmetrico all'estremità. ii ai nero Le selle vanno gradatamente diminuendo di altezza dalla sella esterna fino alla sella accessoria, solo la sella interna assai sottilmente frastagliata si rialza per raggiungere quasi l'altezza della prima sella laterale. Questa specie che io credo nuova ha le maggiori somiglianze con il Lyt. sublineatum OPP. il quale però ha i giri più larghi che alti ed è di forma diversa. L’esemplare esaminato proviene dalla Marconessa. Fic. "7. 4. Lytoceras apenninicum n. sp. — Tav. XXI [III], fig. 7. DIMENSIONI Diametro . c : . d . . c . c - . . mm. 14 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. - ; . ò o 0,24 Spessore » » » » È } - o . E 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » 2 , ò ; 5 . 0, 61 Ricoprimento della spira » » , , , ° 7 È 0,00 Il numero delle Ammoniti dei calcari spatici del Furlo è così limitato che a me sembra utile il far conoscere tutte le specie che vi sono state trovate fino ad ora. E per questo io ho voluto tener conto anche i) BonARELLI. Cefalopodi sinemuriani ecc. Palaeont. italica, vol. V, pag. 10, tav. V, fig. 1. ® OppEL. Palaeont. Mittheil., pag. 142, tav. 43, fig. 4-6. 160 A. FUCINI [16] di questa, la quale, sebbene rappresentata da un solo esemplare ed anche non benissimo conservato, pure mi è apparsa interessantissima. La conchiglia è moltissimo compressa, largamente ombelicata, ed ha i giri che si accrescono in modo tanto lento che al diametro di 14 mm., presentato dall’esemplare in esame, se ne contano 5-6. Essi sono un poco più alti che larghi e per essere lievemente appianati sui fianchi e sul dorso presentano una sezione non perfettamente rotonda, ma leggerissimamente quadrangolare. Fino alla metà dell’ultimo giro non si hanno all’interno coste molto distinte sui fianchi dei giri, i quali mostrano tutt'al più qualche leggerissima increspatura. Nella metà dell’ultimo giro, occupata dalla camera di abita- zione, i fianchi sono invece ornati da pieghe abbastanza evidenti, per quanto irregolari e non molto spiccate. Esse sono situate nel mezzo dei giri e quindi svaniscono tanto all’interno quanto verso il margine dorsale dalla cui parte si allargano e si piegano in dietro. Oltre queste ornamentazioni la nostra conchiglia presenta dei solchi peristomatici assai caratteristici, dei quali se ne hanno quattro o cinque per ogni giro. Essi sono molto sottili ed un poco più distinti presso il margine ombelicale che verso l’esterno. Nella parte interna dei giri tali solchi peristomatici presentano una certa inclinazione in avanti, ma giunti sulla metà dei fianchi sì piegano in dietro e si congiungono sul dorso formando una curva pure rivolta all'indietro. Il solco che precede il peristoma ripete la forma degli altri, però è più profondo e più distinto; inoltre resulta limitato dalla parte della bocca da un cingolo che ne segue l’andamento. Il peristoma non è benissimo conservato nel contorno, tuttavia apparisce fornito di una espansione dorsale scendente late- ralmente fin verso la metà dell’altezza della bocca e depressa nella parte anteriore. La linea lobale (fig. 8) si compone del lobo sifonale piuttosto profondo, ma ristretto; del primo laterale profondo ju quanto il sifonale, molto inclinato verso l’esterno e di un secondo lobo laterale di forma IMA quadrangolare e più corto degli altri. La sella esterna è molto alta e divisa in due parti : disuguali da un lobo secondario. La parte interna è più larga ma un poco meno bassa della rai SSA parte esterna. La prima sella laterale resulta molto ampia, leggermente meno alta di quella presa al dianero ©Sterna, poco o punto incisa ai lati e diretta obliquamente all’interno. Si trova poi una di dn 8"" sella ausiliare ancora meno bassa. La linea suturale cade sopra un lobiciattolo accessorio del quale non si può vedere la forma. Il lento accrescimento, la forma del peristoma e degli ornamenti fanno essere questa specie assai diversa dalle altre conosciute da me e che le si potrebbero paragonare. Fic. 8. V. Gen. Deroceras Hyart. 1. Deroceras Gemmellaroi Levi. — Tav. XXI [III], fig. 1,2. 1884. Aegoceras submuticum (non OrreL) GemeLLaro. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 19, tav. III, SCTMONATE 1896. — Gemmellaroi Levi. Foss. d. str. a Ter. Aspasia di Monte Calvi. Bull. d. Soc. geol. it., vol. XV, pag. 270, tav. VIII, fig. 3-6. 1896. Deroceras submuticum (non OrpeL) Fuomi. Fauna del Lias m. del M. Calvi, pag. 39. DIMENSIONI I I Diametro . c ò 0 c ° 0 È a . mm. 50 mm. 47 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . - : 0, 26 0,27 Spessore » » » 5 I; ; ; 0,22 ? Larghezza dell’ombelico » » : 0, 53 0,51 Ricoprimento della spira » » : : ; 0,00 0,00 [17] A. FUCINI 161 I due esemplari assai belli che ho in esame corrispondono molto bene a quelli del Monte Calvi, esaminati da me e dal Levi, ed a quelli della Sicilia illustrati dal GeMMELLARO. Per la loro buona conservazione si vedono più spiccate le differenze che intercedono tra questa specie ed il tipico Der. submuticum OrP.! fatte rilevare già dal Levi e riconosciute in parte giuste da me. Il Der. submuticum ha le coste più numerose, più diritte, con aculei o nodi all’esterno meno robusti, i giri vi sono più compressi e l'ombelico un poco meno profondo. Io trovo che le nostre conchiglie, più che alla specie dell’ OpPEL, si avvicinano molto al Der. muticum D’ORB. ? del quale hanno presso a poco simile anche la linea lobale. La specie del p’OrBI@ny ha tuttavia le coste alquanto più numerose. Non potrei escludere però il caso che con un buon materiale di confronto si dovesse giungere ad una riunione tra la specie presente ed il Der. muticum D’ORB. Dei due esemplari, fossilizzati in un calcare grigio chiaro semicristallino della parte più profonda del Lias medio, uno proviene dalle Grotte di S. Eustachio ed uno dai Monti della Rossa. VI. Gen. Microderoceras Hyan. 1. Microderoceras cfr. Heberti Orp. — Tav. XXI [III], fig. 3. 1842. Ammonites brevispina (non Sow.) D’OrEIGnY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 272, tav. 79. 1857. -- Heberti OrpeL. Juraformation, pag. 158. L’esemplare che io avvicino al IMicr. Heberti OP. ha circa 120 mm. di diametro e quindi non è molto più piccolo dell’individuo illustrato dal p’ORBIGNY col nome di A. brevispina Sow. e che è quello sul quale l’OppreL fondò la sua specie. Le differenze maggiori che io ho creduto di rilevare fra l’esemplare in esame e quello tipico si trovano nelle ornamentazioni, giacchè l'andamento generale della conchiglia e la linea lobale sembrerebbero essere presso a poco identiche. Le coste che ornano i fianchi della mia conchiglia oltre ad essere almeno 35 nell’ultimo giro, mentre nel tipico Heberti non giungono nemmeno a 30, con- tinuano molto distinte e con i due tubercoli ben spiccati fino a tutto l’ultimo giro che per metà è occu- pato dalla camera di abitazione. Nell’individuo illustrato dal p’ORBIGNY invece oltre i 100 mm. di diametro le coste si attenuano, spariscono e la conchiglia non rimane ornata che dalle strie trasverse che si trovano anche nella parte precedente della spira. Questa specie proviene dai calcari grigi del Monte Primo dove fu recentemente raccolta dall’ Ab. Lupovici di Pioraco e da lui donata a questo Museo pisano. VII. Gen. Agassiziceras Hyamt. 1. Agassiziceras miserrimum n. sp. — Tav. XXI [III], fig. 4. DIMENSIONI I I Diametro 3 5 È 0 : ; mm. 7 mm. 7 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0,39 0,39 Spessore » » » » 0,30 0,28 Larghezza dell’ombelico > » 0,35 0,33 i) OppEL. Juraformation, pag. 158. ? D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 274, tav. 80. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 20 162 A. FUCINI [18] Fra i fossili del Furlo, mandati un tempo dal Mer al MENEGHINI, ho trovato due esemplari di una specie di Ammonite che mi è sembrato di poter ritenere nuova, per quanto molto vicina all’Ag. mi- serabile Quenst. del Lias inferiore. Tali esemplari presentano una conchiglia tutta concamerata, assai compressa, mediocremente ombelicata, ad accrescimento piuttosto lento e senza alcuno ornamento, almeno nell'ultimo giro. I giri pianeggianti sui fianchi si deprimono più rapidamente verso la sutura dell’ombelico che verso il dorso, il quale resulta angoloso ma senza traccia di carena sifonale. La sezione dei giri è ovale, ma acuta in alto. La linea lobale (fig. 9), la quale si distingue per la sua debole dentellatura, è alquanto asimmetrica; mentre però il lobo sifonale in un esemplare si trova sul fianco destro, nell’altro i esemplare è situato sul fianco sinistro. Oltre il lobo sifonale sul fianco destro, 7a ® Ron fa (AS dell’ individuo figurato, si trova il laterale poco ampio e poco profondo, giacchè non arriva a toccare la linea radiale, e dopo di esso due piccoli lobiciattoli Linea lobale dell'ig. miserrimum Fu. @Ppena distinti e pochissimo profondi. Sul fianco sinistro il primo lobo laterale presa al diametro di mm. 6, ingr non è molto ampio, ma assai profondo, arrivando a sorpassare la linea po radiale. Vengono dopo due lobiciattoli che presso a poco hanno la forma e la stessa profondità di quelli del fianco destro. Da ambedue le parti la sutura ombelicale cade sull’ultimo lobiciattolo. La sella esterna sul fianco destro resulta assai piccola, bipartita e meno alta della sella corri- spondente sul fianco sinistro. Questa è invece larga, alta e tripartita in modo che la parte interna rimane la più bassa e la più larga delle altre, la mediana un poco meno larga ma più alta dell’interna e l’esterna la meno larga e la più alta di tutte. Oltre la sella esterna sopra ogni fianco si trovano altre due selle di forma poco dissimile a quelle della parte opposta; però quelle del fianco sinistro sono più larghe delle corri- spondenti del fianco destro. La somiglianza di questa specie con l’ Ag. miserabile Quenst. !) fatta rilevare fin da principio è assai notevole. Tuttavia io credo che le due specie sieno assai bene distinte fra loro per dato e fatto dell’ac- crescimento molto diverso e che dà origine a caratteri tanto differenti. Si deve infatti all’ accrescimento più rapido che si riscontra nella mia specie se in questa l’altezza del giro raggiunge i 0, 39 del diametro mentre nell’Ag. miserabile è di soli 0, 27 e se l'ombelico è rappresentato da 0,33 a 0,35 invece di 0,55 come nella specie del QuenstEDT. Non tutte le forme di Ag. miserabile Quenst. hanno la regione dorsale acuta e quindi per tale carattere, assai spiccato nella mia specie, questa si avvicina solo a quella varietà di Ag. miserabile chiamata acutidorsale dall’Hyarr.® Anche nella linea lobale si possono rilevare notevoli differenze. Il lobo sifonale nell’Ag. miserabile è un poco più profondo e la selletta sifonale invece meno alta che nel Ag. miserrimum. In questo la sella esterna sul fianco, ove si trova il lobo sifonale, è meno alta e meno ampia della corrispondente nella specie del QuenstEDT e la sella esterna del fianco opposto, che occupa la regione dorsale, vi sì mostra grandemente diversa perchè invece di essere bipartita vi è decisamente divisa in tre parti. Credo inutile fare rilevare le differenze di questa specie con il Polymorphites peregrinus HAUG 3) = Aeg. polymorphum WrIeHT (non Quenst.) Se veramente l'individuo figurato dall’Haue, appartenendo al gen. Poly- Fic. 9. i) QuensTEDT. Der Jura, pag. 71, tav.VIII, fig. 7;— QuENSTEDT. Amm. d. Schw. Jura, pag. 106, tav. XIII, fig. 27-30. 2 HyarT. Genesis of the Arietidae ecc., pag. 162, tav. 11, fig. 4-6. 3) Haua. Ueber die Polymorphidae eine neue Ammoniten familie aus dem Lias. Neues Jahrb. f. Mineral., geol. u. Pal. 1887, pag. 114, tav. IV, fig. 5. 4) WRIGHT. Monograph on the Lias Ammonites. Palaeontographical Society, vol. XXVI, pag. 376, tav. 40, fig. 1-3. [19] A. FUCINI 163 mophites, rappresenta la forma giovanile dell’ Aeg. polimorphum WRIGHT (non Quenst.) le differenze stanno più che tutto nei caratteri generici, basati in gran parte sulla linea lobale. Nel Lias medio siciliano si trova pure il Poly. circumcrispatus Gemm.! che allo stadio giovanile, qua- lora mancasse di ornamenti, può forse avere una forma vicina a quella della mia specie. La linea lobale non molto dissimile farebbe supporre un legame abbastanza intimo fra le due specie; tuttavia sembrerebbe che la mia si distinguesse sempre per l’accrescimento più rapido e per tutti quei caratteri inerenti ad esso, nonchè per maggiore spessore della conchiglia. VIII. Gen. Cymbites NEUMArR. 1. Cymbites centriglobus Orp. — Tav. XXI [III], fig. 5, 6. 1862. Ammonites centriglobus OppeL. Palacontologische Mittheilungen, pag. 148 (cum syn.). 1863. Ammonites globosus (non ScriigLer) Scaroenpaca. Veber den Eisenstein des mattleren Lias im Nord- westlichen Deutschland ece. Zeitschrift d. D. geol. Gesell., Bd. XV, pag. 562. 1869. = — (non ScriteLer) DuxortieRr. Etudes paltontologiques sur les dépòts jurassiques du Bassin du Ehone. P. III, pag. 75, tav. XVIII, fig. 3, 4. 1885. = — Quensrenr. Amm. d. Schw. Jura, pag. 336. tav. 42, fig. 29, 30, 32-35, (36?) 1887. Agassiceras centriglobum Hauc. Ueber die Polymorphidae ecc., pag. 100. 1894. Oymbites centriglobus Pompeckt. Ueber Ammonideen mit anormaler Wohnkammer. Jahr. d. Ver. f. vaterl. Naturck. in Wiittemberg, 1894, pag. 239, tav. IV, fig. 3. 1895. Agassiceras centriglobum BonareLti. Il genere Paroniceras. Boll. d. Soc. malac. ital., vol. XIX, tav. IV, fig. 1. DIMENSIONI I II II IV Diametro . o 0 ò 6 : 0 SETA MR mm. 6 mm. 4 mm. 4 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,50 0,35 0,50 0,50 Spessore » » » » 0, 65 0,35 0,65 0,90 Larghezza dell’ombelico » » 0,25 0,32 0,22 0,20 Ricoprimento della spira » » 0,15 0,06 0,17 0,15 Come si vede dalle misure date io riferisco a questa specie, non ancora citata in Italia, degli esemplari che presentano fra loro qualche differenza. Però essi si aggruppano in due sole forme; una più ed una meno globosa. Alla forma più globosa appartengono gli individui che hanno dato la prima e l’ultima misurazione e sono quelli che a mio credere si riferiscono più strettamente alla specie dell’OpPpPeL. L'individuo più piccolo insieme ad un altro della stessa forma, non misurato, non hanno conservata la camera di abita- zione; quello più grande, rappresentato con la fig. 6 della tav. XXI [III], l’ha conservata in parte, poichè in esso l’ultima sutura è situata distante dall’apertura di un terzo di giro. Paragonando fra loro 1’ esemplare più grande e quello più piccolo si rimane colpiti dallo straordinario spessore dei giri presentato dall’ ultimo, analogamente a quello che si rileva dalle illustrazioni di questa specie, fatte dal QueNsTEDT col nome di 1) GEMMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia, pag. 24, tav. IV, fig. 11-14; tav. VII, fig. 21. 164 A. FUCINI [20] A. globosus. Anche l'ombelico relativamente più ampio che si osserva nell’esemplare più grande è un carattere inerente a questa specie e dovuto al fatto di aversi in esso conservata una parte della camera di abitazione, in corrispondenza della quale il giro, come si sa, si rende più evoluto. La superficie dell’in- dividuo maggiore è appena resa un poco irregolare da leggere ondulazioni, in quello minore essa invece si vede ornata da pieghe grossolane distinte sui fianchi e quasi evanescenti sul dorso. La linea lobale non si può rilevare con esattezza, però mi sembrerebbe alquanto diversa da quella rappresentata dal QuenstEDT ®, per avvicinarsi un poco a quella dell’ Cymb. laevigatus Sow. raffigurata dal Reynks?. Il primo lobo laterale non sarebbe più profondo di quello sifonale e la sella accessoria sarebbe meno alta delle altre. Una linea lobale presso a poco simile si osserva in esemplari di Cymb. centriglobus OPP. esistenti nel Museo di Pisa, dati come provenienti da Millau (Aveyron). La forma meno globosa che io distinguerò per ora come var. minor è quella che ha dato le misu- razioni 2.* e 3.*, le quali sembrerebbero appartenere a due specie distinte, tanta è la diversità fra loro. La uguaglianza specifica e di forma fra i due esemplari è però evidentissima, giacchè le differenze me- triche sono dovute solamente all’irregolare accrescimento del giro in corrispondenza dell’ ultima camera la quale è appunto conservata solo nell’individuo di 6 mm. di diametro. In confronto con quella superiormente descritta questa forma apparisce, come ho detto, molto meno globosa e questa è la sua principale caratteristica. Si può anche far rilevare la piccolezza delle pieghe che ornano i fianchi dell’individuo mancante della camera di abitazione in paragone a quelle assai gros- solane dell’esemplare di ugual conservazione della forma globosa. Astrazione fatta dalla sua notevole compressione, questa forma corrisponde molto bene agli esemplari più caratteristici di questa specie tanto per l'accrescimento del giro nella porzione, un poco maggiore della metà, occupata dalla camera di abitazione, tanto nell’andamento geniculato dell’ombelico, quanto nella forma rotondeggiante dell’apertura . Tutti gli esemplari di questa specie conservati nel Museo di Pisa provengono dai calcari spatici del Furlo e furono inviati al MenEGHINI dal sig. Mer. Essi appartengono alle zone più basse del Lias medio. IX. Gen Dumortieria Have. 1. Dumortieria Vernosae Zimm. 1569. Ammonites Vernosae Zirrer. Beobacht. a. d. Centr. Apenn., pag. 123, tav. 13, fig. 5. 1880. Stephanoceras Vernosae Canavari. La Montagna del Suavicino, pag. 15. 1880. _ —_ — Brach. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 5. 1887. Dumortieria Vernosie Have. Ueber die Polymorphidae ecc., pag. 126. DIMENSIONI I I Diametro . . } ; ; | . È o . mm. 50 mm. 35 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. : 7 0,29 0,29 Spessore » » » » }; n ° 0, 23 0, 25 Larghezza dell’ ombelico » » : è , 0, 48 0,50 Ricoprimento della spira » » ; 3 È 0,05 0,05 1‘ QuensTEDT. Amm. d. Schw. Jura, tav. 49, fig. 29. ?) ReyNÈs. Monogr. d. Ammonites, tav. 43, fig. 12. [21] A. FUCINI 165 Ho in esame due esemplari già determinati dallo ZitTEL, nonchè l’esemplare originale della figura data da lui. A quest’ultimo esemplare mercè un’ accurata preparazione ho potuto vedere assai bene la linea lobale (fig. 10) e scoprire il dorso ed una parte del penultimo giro. Ho potuto quindi constatare che le coste nel penultimo giro restano quasi interrotte nella regione sifonale Eco 0, da far supporre che lo sieno poi veramente del tutto nei giri più interni. I primissimi giri sembrano lisci. I solchi peristomatici, dei quali se ne hanno cinque nei giri più interni, non continuano nel penultimo e tanto meno nell’ultimo. In un esemplare molto grande, ma non benissimo conservato, proveniente dal Monte 1 lebele GI sE Nerone, sembra che vi sia sviluppata la carena sifonale e che le coste sieno interrotte originale) presa al È È diametro di mm.35, presso di essa. Non sono però certo che tale esemplare appartenga alla Dum. Ver- nosae ZITT. È notevole in questa specie il fatto, che si riscontra un poco anche nella Dum. Zitteli Have, di aversi la spira che all’interno si accresce più lentamente che nei giri ultimi. È per questa ragione che l’altezza dei giri in rapporto alla loro larghezza va aumentando con lo sviluppo della spira e mentre essa nel- l’ultimo giro è alquanto maggiore della larghezza, resulta invece minore nel penultimo giro. Nell’esemplare originale dello ZirTtEL l’ultima camera occupa almeno i due terzi dell’ ultimo giro. La linea lobale (fig. 10) vi è semplice. Il lobo sifonale resulta un poco più largo e meno profondo del primo laterale il quale ter- mina con tre lunghe punte, la mediana delle quali, più profonda delle altre, è un poco obliqua verso l’interno. Il secondo lobo laterale apparisce molto semplice profondo la metà di quello sifonale. La sella esterna molto ampia rimane bipartita poco profondamente e quasi simmetricamente da un lobo secondario assai poco profondo. La prima sella laterale più stretta della precedente è ugualmente alta ed ugualmente divisa da un lobo secondario. In un esemplare del Monte Fiori ho potuto scoprire anche la linea lobale interna 6: (fig. 11). Essa è identica a quella presentata dall’ esemplare originale dello ZITtTEL, però più sottilmente frastagliata perchè niente affatto erosa. Oltre l’ampia sella accessoria, su N in grandezza nat. Fic. 11. Linea lobale della D. cui cade la sutura, si trova un lobo interno inclinato in dentro, quindi una svelta sella Vernosae Zxrr. presa interna, alta quasi quanto la prima sella laterale che è un poco più alta di quella = 2° diametro di mm. 30, in grandezza natur. esterna, e poi un lobo antisifonale alquanto più profondo del lobo esterno e del primo laterale, di ugual profondità fra loro, e fornito da ciascun lato di un lungo ramo traversale obliquo. Gli esemplari esaminati provengono dalla Marconnessa, dal Monte dei Fiori e dal Monte Nerone. 2. Dumortieria Taramellii n. sp. — Tav. XXI [III], fig. 8. 1867-81. Ammonites Levesquei MenecnINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 49 (pars), non exempl. fig. DIMENSIONI Diametro . o : 2 ; 0 - . Ò È ò 6 . mm. 49 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . ò q 6 î 0,29 Spessore » » ; ; ; È 3 5 0,21 Larghezza dell’ ombelico » » : 0 È È , ò 0,49 Ricoprimento della spira » » ; . 5 - È . 0, 04 A questa specie si riferisce certamente quella forma descritta dal MENEGHINI come A. Levesquei a coste “ plus fortement infléchies à l’avant, plus minces et plus nombreuses ,. 166 A. FUCINI [22] La conchiglia è compressa ad accrescimento piuttosto lento e di non grande involuzione inquantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un quarto circa della sua altezza. I giri più alti che larghi hanno i fianchi debolmente convessi e più strettamente arrotondati al margine ombelicale che su quello esterno. Anche il dorso è regolarmente arrotondato e porta una carena sifonale non molto distinta, punto rilevata, pochissimo individualizzata. La sezione del giro resulta ovale ellittica. La spira manca di solchi peristomatici. I giri sono ornati da numerose coste, 64 nell’ultimo, assai evidenti, larghe quanto gli intervalli, semplici o rarissimamente accop- piate in modo indistinto presso l’ombelico. Esse sono arcuate ed inclinate assai fortemente in avanti. Il mio esemplare è tutto concamerato. Late, IRE La linea lobale (fig. 12) ha selle e lobi assai frastagliati. Il primo lobo laterale A $ alquanto più profondo di quello esterno è assai ampio inferiormente ove termina con tre grosse ramificazioni fogliettate. Il secondo lobo laterale obliquo verso l’esterno Linea lobale dela p. DON giunge a toccare la linea radiale, la quale non è raggiunta nemmeno dal lobo ausiliare, Tarametti Fvc. pesa «quasi orizzontale. La sella esterna è divisa in due parti quasi uguali le quali alla loro RA FATA "volta vengono pure bipartite. La prima sella laterale, alta quanto la precedente, svelta e ristretta, porta ramificazioni più grossolane sul lato esterno che sopra quello interno. La seconda sella laterale, molto piccola, inclina verso l’interno. La sella accessoria bassa e schiacciata riceve la sutura dell’ombelico. Le coste tanto numerose, tanto arcuate ed inclinate in avanti, nonchè la mancanza dei peristomi, distinguono la Dum. Taramellii dalla Dum. Levesquei v’ORrB.®, dalla Dum. Meneghini Zi? = A. Levesquei (pars) (non p’ORB.) McH. L'unico esemplare da me posseduto proviene dai calcari grigi della Marconessa. Nel Museo di Pisa si hanno, di questa specie, esemplari dei calcari rossi del Lias superiore. 3. Dumortieria Paronai n. sp. — Tav. XXI [III], fig. 9. DIMENSIONI Diametro . ò È 0 0 6 c c 0 6 6 ò . mm. bl Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . ° 5 . ° ° 0, 36 Spessore » » » » ò 7 . 0 c , 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » ò 7 6 . ò . 0,37 Ricoprimento della spira » » è 5 5 Ì ; ; 0,07 Questa specie è rappresentata da un individuo tutto concamerato, proveniente dalla Rocchetta. Esso ha la conchiglia assai compressa, di accrescimento non tanto lento e discretamente involuta inquantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per circa i due quinti della sua altezza. I giri assai più alti che larghi, hanno i fianchi appiattiti, debolmente convessi, che si deprimono assai rapidamente verso la sutura del- l’ombelico, producendo un margine circombelicale assai netto e spiccato. Il margine esterno è arrotondato ed il dorso rimane acuto in corrispondenza della carena sifonale assai distinta, rilevata e arrotondata. La sezione dei giri resulta ellittico-lanceolata. La spira non presenta solchi peristomatici. Essa è ornata da numerose coste, 63 nell’ ultimo giro, larghe quanto gli intervalli, più rilevate nella parte esterna dei fianchi che sopra quella interna ove si accoppiano più o meno distintamente a due od a tre, rimanendo anche 1) D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 230, tav. 60 (sub. n. solaris PHILL.). 2 Haue. Ueber die Polymorphidae ecc., pag. 128 . [23] A. FUCINI 167 N talvolta semplici. Il loro andamento è presso a poco radiale od un poco retroverso dall’ ombelico fino presso al margine esterno ove piegano assai sentitamente in avanti, per finire alla base della carena sifonale. La linea lobale (fig. 13) ha il lobo sifonale molto ampio, profondo e con una selletta assai larga. Il secondo lobo laterale, terminato poco simmetricamente in tre punte, Fio-08: raggiunge la profondità del precedente del quale è alquanto più stretto. Il secondo lobo ! laterale inclinato verso l'esterno resulta essere meno profondo dei precedenti ed anche DI, | dell’unico accessorio che non raggiunge la linea radiale e che è tanto inclinato da sembrare quasi orizzontale. La sella esterna è più alta, ampia e più ramificata della d E a : È E Linea lobale della D. prima laterale. La seconda sella laterale è inclinata verso l'interno. La sella accessoria Paronai Fuc. presa ù n se È A al diametro di mm. sopra cui cade la sutura rimane oltremodo depressa. Bia Questa specie somiglia alla Dum. radiosa SEEB.” e più specialmente a quella forma illustrata dall’ Have 2, della quale può ritenersi un vicino parente. Ma la specie del SreBAcH ha coste molto più numerose, più sottili e minute, accrescimento più rapido, maggiore involuzione nonchè linea lobale alquanto differente. X. Gen Amphiceras Gem. 1. Amphiceras? Canavarii n. sp. — Tav. XXIII [V], fig. 1. DIMENSIONI I II Diametro . - c . î . . 5 . mm. 14 mm. 9 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ° : 0,39 0, 42 Spessore » » » ” . : : 0.30 0,33 Larghezza dell’ombelico » » . . o 0,32 0,33 Ricoprimento della spira » » ò . Ò 0,06 0,05? Conchiglia di piccole dimensioni, non tanto compressa, mediocremente ombelicata ed involuta e di accrescimento forse più rapido nei giri esterni che negli interni, ove anche l’involuzione sembra essere minore. Gli anfratti, alquanto appianati sui fianchi nei giri esterni, sono arrotondati sul dorso e nei fianchi dei giri interni. Dal punto del loro maggiore spessore, situato a circa un terzo della loro altezza, essi si depri- mono assai più rapidamente verso la sutura dell’ombelico che verso l’esterno, in modo da formare un margine ombelicale arrotondato ed una regione dorsale poco ampia. Le ornamentazioni consistono in pieghe assai grossolane che si sviluppano lungo il margine ombelicale e che, dopo essersi mantenute robuste fino alla metà dei fianchi, oltre di questa si assottigliano e talvolta si bipartiscono. Con andamento generale sigmoidale giungono così indebolite sulla regione dorsale ove sì riuniscono, aumentando talora un’ altra volta in rilievo, e formando una stretta curva rivolta in avanti. I primi giri sono lisci, ed è solo al dia- metro di 4 mm. che si cominciano a vedere delle leggere increspature dei fianchi. È pure oltre questo piccolo diametro che si principiano ad osservare dei solchi peristomatici i quali, in numero di 5 o più per giro, si trovano poi per tutta la conchiglia. Talvolta, come nell’esemplare figurato, questi solchi sono poco spiccati e talvolta del tutto indistinti, confondendosi con gli intermezzi costali. Allora si rilevano solamente sul dorso perchè ivi sono scavati maggiormente. L'andamento dei solchi peristomatici ripete 4) SnpBACH. Hannov. Jura, pag. 142, tav. IX, fig. 2. 2 Haue. Ueber die Polymorphidae, pag. 140, tav. IV, fig. 7. 168 A. FUCINI [24] quello delle coste; si originano dalla sutura ombelicale e si dirigono subito, ma non tanto fortemente in avanti; sulla metà dei fianchi con un’ansa assai sentita si piegano in dietro, per volgersi ben presto di nuovo e più decisamente in avanti in prossimità del dorso. Fio. 14. La linea lobale (fig. 14) è asimmetrica e discretamente frasta- È gliata. Essa ha i lobi divisi in tre braccia in modo assai regolare e le selle irregolarmente bipartite. Il lobo sifonale è profondo i quanto i secondi lobi laterali, ma meno dei primi laterali. Di I e e O O IA questi, quello meno profondo, si trova sul fianco ove è spostato di mm. 13 circa, ingrandita 3 volte, il sifone. Il lobo antisifonale, un poco più profondo del sifonale, apparentemente terminato in quattro punte, all’altezza della linea radiale porta una incisione relativamente spiccata, la quale ricorda il braccio orizzontale del lobo antisi- fonale nei Zytoceras. Le selle, quasi tutte di una medesima altezza, sono bipartite in maniera irregolare. Naturalmente quelle del fianco ove si trova il lobo sifonale sono più strette e più svelte delle corri- spondenti del fianco opposto. L’asimmetria della linea lobale mi lascia indeciso sulla pertinenza di questa specie agli Amphiceras, però tutti gli altri caratteri di essa, nonchè la forma della conchiglia sono propri di quel genere. L’ Am- phiceras Canavariù è certo differente da ogni altra specie di questo genere oltre che per 1 asimmetria della linea lobale anche per la presenza dei solchi peristomatici e per la piccolezza della sua conchiglia. Questa specie sembra essere assai frequente nei calcari spatici del Furlo, appartenenti alle zone più profonde del Lias medio. XI. Gen. Tropidoceras Hyat. 1. Tropidoceras Flandrini Dux. — Tav. XXIII [V], fig. 2. 1869. Ammonites Flandrini DumortIER. Dépots jurass. du bass. du Rhone. P. III, pag. 72, tav. XIV, fig. 1,2. 1884. Harpoceras Flandrini GemeLLaro. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 35. —_ _ — SecuENZzA. Le roccie del Messinese, pag. 49. 1885. —_ — Hau. Monogr. der Amm.-Gatt. Harpoceras. Neues Jahrb. f. Min. Geol. u. Pal., pag. 608. 1891. Tropidoceras Flandrini Di Srrrano. IZ Lias m.d. Monte S. Giuliano. Atti d. Accad. Gioenia, vol. 17, pag. 134. ? 1891. Cycloceras Flandrini FurterER. Amm. d. Mittl. Lias v. Oestringen. Mittheil. d. Grossh. badischen geol. Landesanstalt, pag. 334. È riferibile alla forma tipica di questa specie un esemplare raccolto dal prof. CanAvARI alle Grotte di S. Eustachio presso S. Severino Marche. Esso non è molto ben conservato nè completo, inquantochè manca di più che della prima metà dell'ultimo giro; nulladimeno è perfettamente riconoscibile e benissimo carat- terizzato. Per la mancanza di gran parte di esso ultimo giro non è possibile dare con sicurezza le dimen- sioni in rapporto al diametro, il quale doveva essere di circa mm. 220. L'altezza dell’ ultimo giro raggiunge i mm. 73, lo spessore è di mm. 35 e la larghezza dell’ombelico mm. 88. L’esemplare in esame corrisponde molto bene all'individuo figurato dal DumoRTIER, oltre che per le dimensioni, anche per le ornamentazioni. Debbo però osservare a questo riguardo che la serie dei tubercoli che ornano i fianchi dei giri anzichè esser posta dalla metà dell’altezza del giro ai tre quarti di essa, è invece situata dai tre quarti ai due [25] A. FUCINI 169 terzi, restando quindi un poco più spostata all’esterno. Le pieghe poi che vanno dal tubercolo all’ombelico, lungo il cui margine s’ingrossano, sono un poco più retroverse, rimanendo la loro distribuzione alquanto irregolare. Var. semilaevis — Tav. XXII [IV], fig. 1. DIMENSIONI Diametro . . " Ò 3 a 6 ; ; 0 6 ò . mm. 119 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. 5 0 5 o 0 0, 38 Spessore » » » » 5 É 5 6 . 0 0,20 Larghezza dell’ ombelico » » 5 , ; b 6 Ò 0,33 Ricoprimento della spira » » ; ; : È ò : 0,08? Credo di poter riferire come varietà al Zrop. Flandrini Dum. un esemplare raccolto sopra l’Avellana nel Monte Catria dal prof. ZirtEL e da questi lasciato indeterminato. Esso non è di buonissima conser- vazione, però mostra evidentemente i principali caratteri della specie. La conchiglia è assai compressa, di- scretamente involuta, mediocremente ombelicata ed ha i giri molto più alti che larghi e che si accrescono in modo non tanto spiccato. Il massimo spessore dei giri si trova presso il contorno ombelicale. Di qui i fianchi si deprimono assai rapidamente verso l’interno e molto lentamente verso il margine esterno, presso il quale però la discesa aumenta un poco fino alla carena sifonale. Da ciò deriva che i fianchi si pre- sentano superiormente quasi piani ed arrotondati più strettamente in corrispondenza del margine ombe- licale che lungo il margine esterno. La sezione dei giri resulta poi ovale-ellittica. Nella prima metà del- l’ultimo giro si vedono lungo il contorno dell’ombelico delle grosse pieghe radiali, non molto rilevate nè tanto regolari, le quali s’indeboliscono verso l'esterno. Da una suddivisione indecisa di queste pieghe in due o tre hanno origine le coste che si trovano fino alla parte esterna dei fianchi. Queste coste si piegano molto in avanti e svaniscono prima di arrivare alla carena sifonale. Sulla camera di abitazione, la quale comincia circa alla metà dell'ultimo giro, non si vedono più quelle coste, forse per la non buona conservazione dell’esemplare. Anche le pieghe della metà interna dei fianchi non si vedono più; però esse nell’ultima porzione del giro vengono sostituite da rade coste sottili e perfettamente radiali, le quali terminano sulla metà dell’altezza del giro con un piccolo tubercolo. La linea lobale (fig. 15) è costituita, dal lobo sifonale, non molto profondo; Fr 15 dal primo laterale, un poco obliquo verso l’interno, circa la metà più profondo di quello sifonale la cui profondità viene raggiunta anche dai due rami laterali; dal i DL = Sia SOG secondo lobo laterale, obliquo invece verso l’esterno e che arriva alla profon- iS 5 de ant dità dalla linea radiale, e dal lobo accessorio ancora meno profondo e più Ch inclinato all’esterno. La sella esterna e la prima laterale sono bipartite asim- Linea lobale del 7r. Flandrini Dux, metricamente, ma alla stessa maniera. La seconda sella laterale termina con A ha tre ramificazioni. La sella più alta è quella esterna, cui tiene dietro la prima laterale e poi la seconda laterale. La sella accessoria, sopra cui cade la sutura dell’ombelico, resulta molto indefinita, anche perchè poco bene rilevabile. Paragonando questa forma con la precedente o con quella tipica si trova che essa mostra minore spessore di giro ed accrescimento un poco più lento. Conseguentemente anche l'ombelico vi è più largo. Nella forma tipica si hanno inoltre più fitte le coste radiali, terminate con un tubercolo, e quelle peri- feriche. In ciò dall’autore della specie viene però fatta notare una grande variabilità. La mancanza nel- Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 21 170 A. FUCINI [26] l'esemplare in esame delle coste lungo la parte periferica dell’ultima camera, per quanto non possa dirsi accertata a causa della non perfetta conservazione dell’individuo, mi ha fatto distinguere questo col nome provvisorio di var. semilaevis. Le differenze del Trop. Mandrini Dum. con il Trop. Masseanum D’ORB.* sono già state fatte rilevare dal DumortieR e dal FurteRER. Esse si risolvono principalmente nella presenza sulla metà dell’ altezza del giro dei tubercoli che terminano le coste radiali. I caratteri degli ornamenti insieme alla linea lobale fanno pensare alla parentela di questo genere con gli Hammatoceras come ha mostrato molto bene il FUTTERER. La var. densicosta distinta da FurTERER 2, del Lias medio di Oestringen ha molti punti di contatto con alcuni esemplari riferiti al Zrop. Masseanum D’ORB. e si distingue dalla forma tipica del DumoRTIER oltre che per la mancanza o quasi della serie dei tubercoli sulla metà dell'altezza dei giri, il che può dipendere dal diverso stadio di sviluppo, anche per la strettezza dell’ombelico, da paragonarsi a quella della mia varietà. Questa però in confronto a quella, oltre ad avere i nodi sui fianchi del giro ultimo ha coste periferiche assai più grossolane al principio di esso ultimo giro, la conchiglia meno compressa e la linea lobale differente. La var. obtusa del FurTERER #, mentre non ha alcuna affinità con l’ esemplare della mia varietà e con quello da me riferito al tipo, sembra diversa anche dalla forma originale per accrescimento più lento, per maggiore spessore dei giri in confronto alla loro altezza, per la regolarità e robustezza delle pieghe sui fianchi nonchè per avere questi concavi invece che debolmente convessi. Le linee lobali figurate dal FurTERER per le sue varietà si corrispondono assai bene fra loro, ma non tanto con quella del mio esemplare. È rincrescevole a questo riguardo il non conoscere la linea lobale della forma tipica che avrebbe sciolto dei dubbi sulle possibili divisioni di queste ammoniti. Nella mia var. semiaevis le selle non sono tanto profondamente divise come negli individui del FUTTERER; la seconda sella laterale è molto meglio staccata e distinta dalla prima; il lobo sospensivo, assai meno profondo del secondo laterale, inclina all’esterno anzichè all’interno, e la sella esterna è più alta della prima laterale invece che il contrario. Quest'ultima differenza però non sembrerebbe riscontrarsi con la linea lobale abbozzata dal FurtERER nella figura 6a della sua var. densicosta. Questa rara specie oltre che nel Bacino del Rodano si troverebbe ad Oestringen, rappresentata dalle due varietà del FurTERER, nell'Appennino centrale e nella Sicilia ove venne citata dal GemmMELLARO, dal SEGUENZA e dal DI STEFANO. 2. Tropidoceras Zitteli n. sp. — Tav. XXII [IV], fig. 3. DIMENSIONI Diametro . . : È . 0 ò 5 . : . d . mm. 135 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. à È ò 5 6 0, 26 Spessore » » » » . c c . - : 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » " G x . . . 0, 51 Ricoprimento della spira » » È 6 : c Ò " 0,03 i) D'OrBIGNY. Paléont. franc., terr. jurass., t: I, pag. 225, tav. 58. 2 FurTERER. Amm. d. mittl. Lias. v. Oestringen, pag. 333, tav. XII, fig. 6, 3) FuTTERER. Ibidem, pag. 335, tav. XIII, fig. 1. = [27] A. FUCINI 171 Conchiglia di dimensioni assai grandi, compressa, largamente ombelicata, di accrescimento lento e di piccola involuzione giacchè i suoi giri si ricoprono per piccolissimo tratto. I giri sono alquanto più alti che larghi, appiattiti sui fianchi, mediocremente arrotondati al margine dorsale ed a quello ombe- licale e presentano una sezione quadrato-ellittica. Il dorso largo e depresso porta una carena sifonale molto robusta, apparentemente non molto elevata, senza depressioni laterali. La spira è ornata da 35-36 coste per giro, molto grosse, semplici, depresse e larghe un poco più degli intervalli frapposti. Esse hanno un andamento radiale od un poco retroverso e si mantengono diritte dall’ombelico fino al mar- gine dorsale ove evanescendo formano una leggera curva in avanti. Sul dorso, che però non presentasi benissimo conservato, non si vedono coste più sottili, come avviene nei Zropidoceras del tipo del Trop. Masseanum D’ORB. La spira non appare perfettamente completa, tuttavia la camera di abitazione vi occupa la metà dell’ ultimo giro. EROI La linea lobale (fig. 16) molto frastagliata e caratteristica, non apparisce del 3 tutto rilevabile in alcun punto della conchiglia. Essa è stata messa insieme , De ' I I ritraendola da posti diversi. Il lobo sifonale specialmente presenta ai lati contorni confusi per la poca buona conservazione del dorso, alquanto eroso. Il primo lobo laterale assai ampio, di un quarto più profondo di quello sifonale, termina in modo non tanto simmetrico con Junghe e complicate digitazioni. Il secondo lobo Linea lobale del rr. zitteti Fvo. È Ò 3 9 presa al diametro circa di mm. 85, laterale, profondo quanto quello sifonale, inclina un poco all’esterno. Il primo lobo ARR oi 7 accessorio, per dato e fatto della sua grande obliquità verso l'esterno si accosta molto al primo lobo laterale, del quale ha la profondità un poco maggiore e viene quasi a comprendere in un'unica e grande sella la prima e la seconda sella laterale. Procedendo ancora verso la sutura dell’ om- belico si trovano altri due lobi accessori di grandissima obliquità e via via sempre più profondi. Questi segnano la maggiore profondità della linea lobale. La sella esterna è divisa per metà della sua altezza e asim- metricamente da un lobo secondario. La porzione interna di tal sella così divisa resulta più ampia, più alta e più frastagliata della porzione esterna. La prima sella laterale è alta quasi quanto quella esterna, ma molto più della seconda laterale con la quale, mercè la poca profondità del secondo lobo laterale, sembra unirsi per formare un’ unica sella laterale. Le tre selle accessorie inclinano molto verso l’interno e vanno via via divenendo più basse e più semplici. Per il carattere dei lobi accessori che complessivamente costituiscono un lobo sospensivo molto pro- fondo questa linea lobale ricorda in modo speciale quella dei Perisphinctes. Il Trop. Zitteli trova le maggiori somiglianze con il 7rop. rotundum Furt. ! del Lias medio di Oe- stringen col quale ha in comune specialmente la forma delle coste. Ma il 7rop. rotundum, che il Fur- TERER ritiene una varietà del Zrop. Massecanum D'ORB., è certo specie diversa dalla nostra per accresci- mento assai più rapido, per maggiore involuzione e soprattutto per differente forma dei giri che si ma- nifesta con una sezione diversa da essi presentata. Questa nella specie del FUTTERER è decisamente ellittica, assai più alta che larga e molto più compressa che nella mia specie. Tale differenza, più che dalla figura 36 data dal FuTTERER, apparirebbe manifesta dalla raffigurazione che si può fare della sezione dei giri dei grandi individui esaminati dal FuTTERER stesso mercè le misure date da lui, e dalla considerazione che egli ci fornisce riferendo alla sua forma quell’A. Musseanus rappresentato dal QueNnsTEDT con la fig. 8 della tav. XXXVI fra le Ammoniti del Giura svevo e che offre appunto una sezione dei giri ellittica assai allun- gata. Il Top. rotundum, per essere del tipo del 7rop. Masseanum D’ORB., mostra poi nella regione dorsale i) FurTERER. Amm. d. Mittl. Lias. v. Oestringen, pag. 330, tav. XII, fig. 3, 4. 172 A. FUCINI [28] quelle costicine, caratteristiche della specie del D’ORBIGNY, che sembrano mancare nel mio individuo. La linea lobale delle due specie è quasi identica, però nella mia il lobo sospensivo è più profondo del primo lobo laterale anzichè no. Questa bella specie fu raccolta dal Lupovici al Monte Primo. Dalla roccia che l’avvolgeva ho potuto estrarre EMynchonella aptycha CAn., Terebratula Aspasia Men. var. maior ZirteL e Leptaena sp. 3. Tropidoceras Stefanii n. sp. — Tav. XXIII [V], fig. 3. DIMENSIONI Diametro . 0 0 " . . . . . . o . .. mm. 29 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. Ò 6 . o 0 0,38 Spessore » » » » o . " 0 o . 0,23 Larghezza dell’ombelico » » SOA : 0 0 ò 0,36 Ricoprimento della spira » » 7 , 6 STRANA . 0, 06 Conchiglia di mediocri dimensioni, compressa, discretamente ombelicata e non molto involuta giacchè il penultimo giro è ricoperto solamente per un terzo della sua altezza. I giri, più alti che larghi, pre- sentano il loro maggiore spessore presso il margine ombelicale e circa al primo quarto interno della loro altezza. Da questo punto essi si deprimono assai più rapidamente verso la sutura dell’ombelico che verso l’esterno, dando luogo ad una superficie ombelicale strettamente arrotondata ed a fianchi poco convessi. Sul dorso e nei punti ove è conservato il guscio della conchiglia si vede una sottile carena poco distinta dai fianchi, dai quali non è separata da alcun solco. Quando manca il guscio, manca completamente anche la carena e il dorso resulta strettamente arrotondato. Parrebbe allora di avere a che fare con una con- chiglia di altro genere: di Amphiceras per esempio. La sezione dei giri a guscio conservato resulta lanceolata, altrimenti mostrasi ovale. I giri, all’interno e fino ad un diametro di circa 10 mm. appariscono lisci; dopo sono ornati di coste che con l'accrescimento divengono assai robuste, sufficientemente regolari ed un poco più strette degli intervalli interposti fra di esse. Nell'ultimo giro se ne contano circa ventisette. Nell’andamento sono assai falciformi. Esse si ori- ginano debolmente dall’ombelico; si dirigono in maniera molto decisa in avanti; giunte sul contorno om- belicale si ingrossano molto e facendo una curva non tanto larga si piegano in dietro; sul terzo esterno dell’altezza del giro formando una seconda curva si rivoltano in avanti e di nuovo s’indeboliscono per svanire prima di arrivare alla carena sifonale. La linea (fig. 17) lobale è assai caratteristica e resulta di un lobo sifonale i assai profondo e con selletta sifonale larga; di un primo lobo laterale più pro- MZZAY i fondo dell’altro, non tanto ampio, con lunghe dentellature nella parte più bassa; i di un secondo lobo laterale profondo quasi quanto quello sifonale e con lunghe el ia incisioni nella parte inferiore; di un lobo accessorio molto piccolo; di un lobo grandita 2 volte. interno profondo circa quanto il secondo laterale, con lunghe incisioni nella parte esterna e piccole nella interna, e di un lobo antisifonale, molto stretto, con piccole dentellature laterali e che sembrerebbe raggiungere la profondità del lobo sifonale. Le selle hanno presso a poco la stessa altezza; solo la seconda sella laterale e quella che si trova di lato al lobo antisifonale sono più basse delle altre. La sella esterna discretamente ampia è divisa in due parti disuguali da un lobo secondario che raggiunge quasi la profondità del lobo sifonale. La parte interna della sella così divisa resulta più alta e più larga della parte esterna. Anche la prima sella late- Fis, 17. [29] A. FUCINI 173 rale apparisce bipartita, ma molto leggermente. Si distingue poi la sella, sulla cui metà cade la sutura dell’ombelico. Questa sella, molto ampia, è caratterizzata dalle sue ramificazioni le quali nella parte interna sono molto sottili. La sella che precede il lobo antisifonale mostrasi assai ristretta e con piccole incisioni. Questa specie per la forma della conchiglia ha grandi somiglianze con il Zrop. calliplocum Gem. !, ma ne differisce indubbiamente per le coste che non arrivano fino alla carena sifonale e che sono più flessuose e meno numerose, nonchè per la mancanza della carena sul dorso nel modello interno, la quale si con- serva invece nella specie del GEMMELLARO, come mostra la fig. 16 data dall’insigne paleontologo siciliano. La linea lobale inoltre nel Zyrop. calliplocun Gem. non ha, come nella mia specie, la prima sella laterale alta quasi quanto l’esterna e questa non vi è divisa tanto profondamente da un lobo secondario. Vi è di più che nella specie del GemmeLLARO la regione ove si trova la sutura ombelicale è occupata da un lobo ampio mentre nel Zyop. Stefanii, vi si trova una sella larga e bene sviluppata. Il Trop. Galatense Geww. 2, del quale ho potuto esaminare nel Museo pisano un esemplare tipico, differisce ugualmente dal Zrop. Stefani per le coste diritte, meno numerose e soprattutto per avere sul dorso, anche in modello, la carena sifonale e per la linea lobale. Il 7rop. erithracum Gem. ®, del quale ho esaminato pure un esemplare tipico, ha le coste di forma uguale, sebbene più diritte, a quella della mia conchiglia. Questa però non mi è sembrata riferibile com- pletamente neanche a tale specie per il solito carattere di avere il dorso completamente liscio nel mo- dello e in special modo per la linea lobale, la quale è di tipo tutt’affatto differente. La linea lobale della specie ora esaminata rammenta quella di certi Harpoceras. L’esemplare studiato è conservato in un calcare grigio-chiaro e fu raccolto dal prof. CAnAvARI alle Grotte di S. Eustachio presso Sanseverino Marche. XII. Gen Cycloceras Hyan. 1. Cycloceras Stahli OrpreL. — Tav. XXII [IV], fig. 2. 1853. Ammonites radians OrpeL. Der Mittl. Lias Schw., pag. 51, tav. III, fig. 2. 1856. A. Stahli OppeL. Die Juraformation, pag. 168. non 1884. Harp. Stahli Haua. Nouv. Amm. du Lias sup. Boll. de la Soc. géol. de France, t. XII, 3.° sér. pag. 347, tav. XIII, fig. 1. 1885. — — Haus. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harp., pag. 603. DIMENSIONI Diametro . È o - È ò 7 ; ; 6 5 . . mm. 34 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. . 5 , 6 , 0,31 Spessore » » » » 6 È 5 È È . 0,22 Larghezza dell’ ombelico » » : o 6 1 5 ° 0,45 Ricoprimento della spira » » c 7 5 , o , 0,05 L'unico individuo che ho in esame corrisponde perfettamente all’esemplare tipico figurato dall’OPPEL del quale ho sott'occhio un buon modello in solfo. E da osservare che nelle dimensioni e nella figura i) GeMmMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 44, tav. VII, fig. 11-18. 2) GEMMELLARO. Ibidem, pag. 43, tav. VI, fig. 15-23. 3) GeMmMELLARO. Ibidem, pag. 40, tav. V, fig. 10-16. 174 A. FUCINI [30] del mio individuo non è tenuto conto di una buona porzione dell’ultima camera andata in frantumi nella preparazione. L'ultima camera dell’ esemplare così ridotto occupa dunque circa un terzo dell’ultimo giro mentre prima ne comprendeva almeno i due terzi. La conchiglia è compressa, di lento accrescimento, non molto involuta, assai largamente ombelicata ed ha, a vederla di fianco, l’aspetto dell’ Arietic. Algovianum OPP. I giri sono alquanto più alti che larghi, appiattiti sui fianchi ed arrotondati mediocremente e quasi ugual- mente tanto sul margine ombelicale quanto su quello esterno. Il dorso termina acutamente con una carena che porta ai lati quasichè insensibili depressioni longitudinali, spioventi verso i fianchi. L'ultimo giro è ornato da trenta coste semplici, assai distinte e spiccate, più strette degli intervalli frapposti, diritte ed un poco retroverse. Esse si originano molto deboli entro la superficie dell’ombelico, ma acquistano rapi- damente un grande rilievo sul contorno ombelicale. Mantengono poi costante questo rilievo fino al quarto esterno dell'altezza del giro ove s’ingrossano un poco, determinando un minutissimo ed indistinto tuber- coletto. Questo carattere non viene riprodotto tanto bene nella figura dell’ originale dell’OpPeL. Dopo tale ingrossamento le coste piegandosi in avanti svaniscono in una leggera coda. È appunto dal succedersi e dal connettersi di queste code evanescenti che si origina lungo il margine esterno un leggero rilievo che fa comparire la lieve depressione ai lati della carena dorsale. Riot: La linea lobale (fig. 18) corrisponde a quella dell’ esemplare tipico la quale nelle linee generali si vede anche nel modello; essa è però un poco meno frastagliata. Il lobo sifonale non molto ampio, discretamente profondo, ha i lati quasi paralleli ed una selletta altissima. E Il primo lobo laterale, ristretto, appena più profondo del precedente, termina in tre Stahti Ovr. presa at punte molto asimmetriche e delle quali la mediana è l’unica che sorpassa la linea diametro di mm. 35, i È È 9 A AAA radiale. Il secondo lobo laterale, di un terzo meno profondo del primo laterale, è leggermente inclinato all’esterno. Il primo lobo accessorio, un poco più profondo del precedente, ha una forte inclinazione verso l'esterno. Altre due piccole dentellature, inclinate nello stesso senso, possono dopo riguardarsi come altri lobi accessori. La sella esterna assai ampia, resulta bipartita quasi simmetricamente da un lobo secondario molto poco profondo. La prima sella laterale è alta quanto quella esterna ma più della successiva. Le due sellette accessorie sono molto rudimentali e ridotte. Sebbene tutta la linea lobale presenti una discreta frastagliatura in confronto con altre specie dello stesso genere, pure essa è meno complicata di quella della forma tipica. Ciò in verità potrebbe in parte esser dovuto al diverso stadio di sviluppo in cui essa è stata osservata. Nel mio esemplare essa è stata rilevata a soli mm. 35 di diametro. Al diverso stadio di sviluppo. si deve anche se nell’ultimo giro del mio individuo si trovano trenta, anzichè, trentacinque coste come nell’ esemplare dell’ OppeL. Assolutamente nessuna altra differenza si po- trebbe rilevare fra il tipico Cyel. Stahli OppeL ed il campione che io vi riferisco. L’Haue ha da se stesso corretto l’erroneo riferimento da lui fatto a questa specie di una forma chiamata A. Alisensis dal ReyN. ed assai vicina al Zrop. Actacon D’ORB. Questa specie viene dall’ Have giustamente avvicinata al Cyel. dinotatum OpP., il quale ha però un numero minore di coste e queste fornite anche di tubercoli situati in serie lungo il margine circombe- licale. L’Haue avverte inoltre che le due specie sono unite da termini di passaggio. L’esemplare esaminato proviene dai Monti della Rocchetta ed appartiene ai più alti orizzonti del Lias medio. i) D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 282, tav. LXI, fig. 1-3. [81] A. FUCINI 175 XI. Gen. Arieticeras Sec. Il dott. Levi! non accetta il nome generico di Arieticeras proposto dal SEGuENZA ?) per gli Harpoceras del tipo dell’Algovianum perchè il medesimo nome fu adoprato dal QuenstEDT in luogo di Arietifes. A me sembra che invece di accettare il nuovo nome di Seguenziceras fatto dal Levi, sia meglio ritenere quello di Arieticeras restringendolo alla specie del gruppo dell’Arietic. Algovianum come intese il SEGUENZA. 1. Arieticeras Algovianum Oprp. — Tav. XXIV [VI], fig. 1. ? 1845. Ammonites emaciatus CartLLO. Classificazione delle calcarie rosse Ammonitiche, pag. 35, tav. 4, fig. 2. 1856. Ammonaites radians amalthei OrpeL. Der mittl. Lias Schw., pag. 51, tav. III, fig. 1. 1862. _ Algovianus OrpeL. Palaeont. Mittheil. ecc., pag. 137 (cum syn.). 1868. — — RevnÈs. Essai de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 92, tav. II, fig. 1. ? 1868. _ Ruthenensis Revnès. Ibidem (pars), tav. II, fig. 4. 1869. — Algovianus Zire. Geol. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn., pag. 121 (pars). 1867-81. A. (Harpoceras) Algovianus MeneGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 40 (pars) non tav. X, fig. 1-2; pag. 204. 1867-81. = —_ MexecHInI. Fossiles du Medolo, pag. 8, tav. II, fig. 1,9. 1874. Harpoceras Algovianum Gexerraro. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 105, tav. XII, fig. 27-28. 1885. _ — Have. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 629. 1885. Ammonites radians crassitesta Quenstent. Amm. d. Schw. Jura, pag. 341, tav. 42, fig. 43, 45. 1889. Hildoceras Algovianum Krrian. Mission d’ Andalousie, pag. 608, tav. XXIV, fig. 7. ? 1893. Harpoceras Algovianum Gever. Maittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 5, tav. I, fig. 7.8. 1896. Harpoceras (Arietic.) Algovianum Fuori. Faunula del Lias medio di Spezia, pag. 156, tav. II fig. 12 (cum syn.). 1899. Hildoceras (Arieticeras) Algovianum BoxArELLI. Amm. d. rosso Ammonàtico ecc., pag. 205. DIMENSIONI I II Diametro . . ; . : - : o . . mm. 58 mm. 34 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. , 6 0,31 0,34 Spessore » » » » c o 7 0,20 0,19 Larghezza dell’ ombelico » » c Ò 7 0, 46 0,39 Ricoprimento della spira » » È . . 0, 03 0, 04 Due esemplari provengono dai Monti della Rossa e sono conservati in un calcare grigio cenerognolo. Io li ritengo per tipici rappresentanti della specie dell’ OppEL. La loro conchiglia è molto compressa, disere- tamente ombelicata, ad accrescimento piuttosto lento e ad ombelico poco profondo. I giri, assai più alti che larghi, hanno i fianchi così poco curvati che sembrano quasi piani; la loro sezione è ellittica, ma alquanto depressa in alto ed in basso. Nel dorso, non tanto largo, si trova la carena sifonale assai rilevata e distinta, ma non soverchiamente acuta. Da ambedue i lati di questa carena si osserva un solco dorsale, discretamente largo, non molto profondo, ma bene visibile anche perchè esso dalla parte esterna del dorso è fiancheggiato da una carena, sulla quale terminano le coste e che costituisce il margine esterno dei fianchi. 1) Levi. I Foss. d. str. a Ter. Aspasia di Monte Calvi, pag. 213. 2 SecueNnzA. I minerali della prov. d. Messina, pag. 67; — Ip. Intorno al sist. giur. di Taormina, pag. 5, 8. 176 A. FUCINI [32] Le coste che ornano i fianchi della conchiglia e delle quali se ne hanno 37-39 nell'ultimo giro, costituiscono uno dei caratteri più distinti di questa specie. In quanto riguarda il loro andamento esse sono quasi per- fettamente diritte e radiali sul mezzo dei fianchi, sul quarto esterno dell’altezza dei giri si piegano e si curvano assai fortemente in avanti, sul quarto interno invece si piegano in dietro, ma molto debolmente. Fsse sono -rade e gli spazi da loro interposti sono invece larghi, ma poco profondi. Le coste non sono tanto larghe nè tanto spiccate ed il loro rilievo non è uguale in tutto il loro decorso. Nella parte interna dei fianchi esse sono deboli, ma vanno ingrossando verso l’esterno; raggiungono la massima elevatezza al quarto esterno dell’altezza del giro, ove formano la curva rivolta in avanti; vanno poi indebolendosi alquanto fino alla carena che forma il margine esterno, sulla quale si arrestano. Nel rilievo delle coste e specialmente nel punto ove esse sono più spiccate è da osservarsi che la loro parete non scende in modo uguale nei solchi che la fiancheggiano. Anteriormente le coste scendono al solco gradatamente ed a poco a poco, posteriormente invece la discesa è assai repentina e decisa. Ne consegue che la parete costale anteriore è molto più dolcemente declive di quella posteriore la quale sembra quasi rovesciata in dietro. La linea lobale (fig. 19) ha il lobo sifonale meno profondo del primo laterale il quale è piuttosto ristretto e terminato con tre grossolane dentellature. La sella esterna, bipartita alla sommità è un Fielo: poco più alta e più larga della prima laterale che presenta una forma presso a poco rettan- i golare. Seguono poi altri due lobi ed altre due selle, piccoli e ridotti. La sella interna, NL PS poco ampia, semplicemente dentellata, raggiunge quasi l'altezza della prima laterale. Il lobo antisifonale è strettissimo ed un poco meno profondo del primo lobo laterale. Non Altri esemplari, con il guscio della conchiglia limonitizzato, provengono dal M. Ven- e E tosa, dal M. Nerone e dal M. Vettore. Quelli delle due ultime località portano la dezza naturale. _—determinazione scritta dal prof. ZrtreL. Per la forma dei giri, delle coste ed in genere di tutta la conchiglia questi esemplari corrispondono a quelli sopra esaminati dei quali hanno una conservazione peggiore. Se in essi, in confronto di questi, si vuole vedere qualche differenza morfologica si può osservare solamente che i solchi laterali alla carena sifonale vi sono un poco meno distinti, per il fatto forse che vi è meno spiccata la carena che limita il dorso dai fianchi e sulla quale ho detto arrestarsi le coste. Dopo che l’OpPEL ebbe instituita questa specie essa fu giustamente citata dal RevxÈs! che ne dette anche una buona figura. Dopo lo ZrttEL la notò nell’Appennino centrale con gli esemplari più sopra esaminati e vi riunì l’ Arietic. retrorsicosta di OpPEL®) e 1 Harp. Ruthenense Revxks. Il MENEGHINI ammise che l’ Ardetic. retrorsi- costa fosse distinto dalla specie ora in esame, alla quale poi riunì solo una parte dell’Harp. Ruthenense REYN. All’altra parte conservò il nome specifico del Rernks e vi comprese quelle forme aventi le coste spesso accoppiate presso l'ombelico in modo da ricordare VA. comersis pe BucH. Egli? citò l Harp. Ruthenense, così compreso, nel deposito del Medolo.L'Haue® riunì all’ Arietic. Algovianum V Harp. Ruthenense del RevnÈs e del MENEGHINI e con dubbio anche l' Harp. Domeriense Mon.® Il KrLian 8) posteriormente ha distinto dall’ Arsdetie. Algovianum OrP. una forma a giri più depressi, con solchi dorsali più profondi ed a coste più grosse e Linea lobale dell’Arzetic. 1) Rpynùs. Ess. de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 92, tav. II, fig. 1. 2\OppeL. Palaeont. Mittheil. ecc., pag. 139. 3) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 9, tav. XI, fig. 6, 7, 8, 10, 11, 15. 4 Haua. Monogr. di Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 629. 5) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 7, tav. I, fig. 4-6. 5) KiLian. Mission d'Andalousie, pag. 609, tav. XXV, fig. 1. [33] A. FUCINI 177 rilevate, che ha chiamato Hdoceras Bertrandi. A questa sua specie il KILIAN ha riferito una parte dell’ Arietie. obliquecostatum QuENST. (non ZIET.), 1 Arietic. Algovianum illustrato dal MENEGHINI nella Monografia citata in sinonimia, nonchè l’esemplare ritenuto per Arietic. Algovianum dal MEeNEGHINI e da questo figurato tra i fossili del Medolo con la fig. 1 della tav. II. Il GeyER più recentemente, nel lavoro citato in sinonimia, accetta la nuova specie del Kiian e la sua sinonimia, ma in quanto all’Harp. Ruthenense Mer. (non ReynÈs) non approva le vedute dell’ Have accettate anche dal KiLian ed egli riguarda l’Harp. Ruthenense, quale fu inteso dal MENEGHINI, come specie distinta dall’ Arietic. Algovianum OPP. Il BoxArELLI ® sembra ammettere le opinioni del GEYER però cita con dubbio Harp. Ruthenense fra i fossili del Medolo e non fa parola dell’ Arietic. Bertrandi del KiLian che questi crede trovarsi in quel deposito. In ultimo io °) ho ritenuta giusta la sinonimia proposta dal GeveR per 1 Ar. AZgo- vianum, ma in quanto a quell’esemplare di Arietic. Algovianum, illustrato dal MeNnEGHINI fra i fossili del Medolo alla tav. II con la fig. 1, mi è sembrato, dietro esame dell’originale, che esso fosse meglio rap- portabile alla specie dell’OpPEL che a quella del Kiran, che io credetti di dovere riunire all’Arietic. Lottii Gemm. È) Riprendendo in esame i buonissimi modelli in solfo dell’Harp. Ruthenense RevnÈs, mandati dal ZItTEL al MexEGHINI, il quale fa parola di essi a pag. 45 della sua Monografia citata in sinonimia, mi sono piena- mente convinto che essi riguardano due specie fra loro diverse come sostenne il MENEGHINI. Uno di questi modelli riguarda una forma molto vicina all’ Arietic. Algovianum, l’altro modello rappresenta una specie certa- mente diversa dall’ Arietic. Algovianum OPP. ed alla forma da esso offerta rimane secondo il concetto del MENE- GHINI ed a mio parere il nome di Harp. Euthenense. Ho poi preso in esame gli esemplari del Medolo riferiti dal MengeHINnI® all Harp. Ruthenense da lui emendato e quelli dell’ Arietie. Domeriense Mex. 5 che Have inclinerebbe a ritenere appartenenti pure alla specie dell’OppeL. A me sembra che gli esemplari riferiti dal MexEGHINI a quella forma di Harp. Ruthenense del Revxès, da lui separata dall’altra appartenente all’ Arietic. Algovianum OrP., non vi corrispondano poi troppo bene, specialmente per l’acerescimento molto più lento e per l'andamento delle coste che non sono retroverse come nel modello dell'esemplare di Bosc. Questo individuo, che io riguardo dunque come il tipo dell’Hurp. Ruthenense Revn. per la forma delle coste retroverse e che sono talvolta accoppiate presso l’ombelico, si avvicina all’Harp. Boscense ReEyN., e più all’Harp. Lavi- nianum Mor., gli esemplari del Medolo ad esso riferiti dal MENEGHINI si accostano più all’ Arietic. Algovianum, però anche in essi si hanno coste che si congiungono presso l’ombelico. Oltre che per questo ultimo carattere mi sembrerebbe che tali individui si allontanassero dall’ Arietic. Algovianum OPP. anche per l’accrescimento più lento. Le considerazioni fin qui fatte non riguardano quell’esemplare rappresentato dal MENEGHINI con la fig. 6 della tav. II, il quale per le coste molto sottili, assai flessuose e per il dorso acuto e quasi senza solchi la- terali alla carena sifonale, non mi parrebbe che potesse stare unito con gli altri individui riferiti dal ME- NEGHINI all’Harp. Ruthenense, nè al tipo di questa specie, nè all’ Arietic. Algovianum. L’ Harp. Domeriense MA. è vicinissimo agli esemplari riferiti dal MeneGHINI all’Harp. Ruthenense (escluso quello sopracitato, rappre- sentato con la fig. 6) ed io crederei che esso costituisse con questi una forma unica molto vicina all’ Arietie. Algovianmn OrP. e che forse potrebbe da questo tenersi distinta per le coste, nei giri interni specialmente, 1) BOoNARELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 14, 21. ®. Fucini. Faunula del Lias medio di Spezia, pag. 156, tav. III, fig. 12. 3) GEMMELLARO. Sopra tal. Harpoc. d. Lias sup. di Taormina, pag. 13, tav. II, fig. 3, 4. 4 MeNEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 9, tav. II, fig. 6, 7, 8, 10, 11, 15. 5) MENEGHINI. Ibidem, pag. T, tav. I, fig. 4-6. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 22 178 A. FUCINI [34] accoppiate più o meno spiccatamente presso l'ombelico. L’esemplare di Bosc, figurato dal Reynks col nome di A. Ruthenensis non saprei se sia da riferirsi all’Arietic. Algovianum OPP., come vogliono molti autori, o se veramente appartenga all’ Zarp. Ruthenense anche nel modo inteso dal MENEGHINI. In quanto all’esemplare riferito alla specie in discussione dal MeNEGHINI e da questi figurato fra i fossili del Medolo con la fig. 1 della tav. II, io seguito ancora a riguardarlo come Arietie. Algovianum, ma riconosco che per le coste assai grossolane e per i giri non tanto compressi esso è pure molto vicino all’ Ar. Bertrandi KiLran. Al Medolo però si trova tanto 1’ Arèetic. Algovianum OpP. quanto 1’ Artetie. Bertrandì KILIAN. Il MenEGHINI con la fig. 2 della tav. XXXI illustra nella sua Monografia una specie di Ammonite della Bicicola che egli dapprima riguardò come una forma di Arietic. Algovianum (pag. 42) e che poi (pag. 204) ritenne forse diversa dalla specie dell’OppeL. Così sembra veramente essere, se la figura è fatta fedelmente. L’Arietie. Algovianum illustrato dal GevER tra i fossili del Schafberg viene da me dubbiosamente messo in sinonimia di questa specie, poichè esso mi sembrerebbe un poco diverso per la mancanza o quasi dei solchi ai lati della carena sifonale e per la forma e l'andamento delle coste più sigmoidali e più retro- verse. Si tratterebbe a mio modo di vedere di una forma assai vicina all’ Arietic. dolosum, più oltre illustrato da me, ed all’ Harp. Ruthenense, come venne inteso dal MeNnEGHINI. Questo avrebbe però le coste più nume- rose, talvolta accoppiate sul contorno ombelicale ed il dorso con leggeri solchi ai lati della carena sifonale. Fra gli esemplari di questa specie citati per l’ Appennino centrale dallo ZitTEL ve ne sono di quelli molto caratteristici e quindi non tutta la citazione di ZitteL va tolta dalla sinonimia. L’Haue ® ha cre- duto invece che l’Arzetic. Algovianum (non OrpeL) ZitreL dell’ Appennino centrale dovesse riferirsi al- l’ Arietic. retrorsicosta OPP. L’Amm. emaciatus CAT. 2, certamente riferibile ad un Harpoceras, viene dall’OmBoNI 3) identificato con la specie dell’OrpeL. La figura e la descrizione data dal CatuLLO non sembrerebbero completamente dare ragione della riunione fatta dall’Omponi il quale avverte però che la figura del CATULLO è mal riprodotta. Se tale riunione fosse giusta il nome per questa specie dato dall’Opper andrebbe in sinonimia di quello di CaruLLo. Non essendo del tutto persuaso della identità delle due forme lascio per ora tale questione indecisa. L’Arietic. Algovianum OPP. è una delle specie più caratteristiche e più diffuse del Lias medio ed è dif- ficile poter condurre di esso una sinonimia esatta, specialmente delle citazioni antiche, non accompagnate dalle relative figure. Io mi sono limitato ai riferimenti che mi sono sembrati i più giusti anche perchè accompagnati da figure. L’Arietic. Algovianum OPP. però viene citato da autori numerosissimi e per mol- tissimi giacimenti in specie della parte superiore del Lias medio. In Italia esso avrebbe i suoi più antichi rappresentanti a Gozzano e nel Monte S. Giuliano presso Trapani, ove sarebbe stato respettivamente os- servato dal Parona * e dal Di STEFANO ?). Oltrechè in queste località ed in quelle indicate nei lavori portati in smonimia l’Arietic. Algovianum OPP. viene citato nell’ Italia settentrionale in Val Marianna dal Pa- i) Haue. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 630. 2) CATULLO. Class. d.cale. rosse Ammonit., pag.35, tav. 4, fig. 2. 3) OmonI. Delle Amm. d. Veneto illustr. da CATULLO, pag. 36. 4 PARONA. Revis. d. fauna lias. di Gozzano. Estr. d. R. Accad. di se. di Torino, vol. 43, pag. 11. 9) DI SteFANO. IZ Lias m. d. Monte S. Giuliano. Atti R. Accad. Gioenia, vol. 67, pag. 125. [35] A. FUCINI 179 RoNA ®, alla Bicicola ed a Ponzate dal BowareLLI ?), nell’Italia centrale a Repole ed a Vecchiano dal DE STEFANI ), presso il Candigliano (Furlo) e nelle vicinanze di Frasassi dallo ScaraBELLI *, a Papigno dal Parona ?), ai Campi dell’Acqua dal Canavari 9, a Poggio Mirteto dal Tuccrmer °; nella Sicilia 1° Arietic. Algovianum fu trovato al Castelluccio ed a Taormina dal SeGuenza ), nel Monte Bellampo dal Barpacci ®). 2. Arieticeras Bertrandi Kun. — Tav. XXIV [VI], fig. 3. 1857. Ammonites obliquecostatus (non Zreten) QuensreDT. Jura, pag. 173, tav. XXII (pars), fig. 29 non fig. 30. 1867-81. A. (Harpoceras) Algovianus MexeenmNI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 40 (pars), tav. X, fig. 1,2. = = = MexeGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 8 (pars), excl. fig. 1869. Ammonites —_ Zirrer. Geolog. Beobacht a. d. Centr. Apenn., pag. 121 (pars). 1885. Harpoceras Algovianum Have. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 629 (pars). 1889. Hildoceras Bertrandi Kuisx. Mission d’Andalousie, pag. 609, tav. XXV, fig. 1,2. 1893. Harpoceras Bertrandi Gever. Mittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 7, tav. I, fig. 9, 10. DIMENSIONI Diametro 3 . o 2 o 7 0 . mm. 49 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . : 0 c 5 3 0,31 Spessore » » » » ° 5 6 6 a ò 0,25 Larghezza dell’ombelico » » - . . . . . 0,45 » » 3 5 5 5 Ò 6 0,05 Ricoprimento della spira L’esemplare figurato della Rocchetta di 49 mm. di diametro rappresenta la forma tipica. Il grado di accrescimento è presso a poco uguale a quello dell’ Arietic. Algovianum OprEL. I giri però sono più spessi in proporzione della loro altezza; il dorso, più largo, ha la carena sifonale meno acuta e meno elevata ed i solchi ad essa laterali alquanto più distinti; l'ombelico è più profondo e le coste che ornano i fianchi dei giri molto sinuose, quasi diritte sui fianchi, piegate in avanti solo sul margine esterno, con andamento più retroverso, più larghe, circa quanto gli intervalli frapposti, più rilevate e con la loro parete posteriore poco o punto rovesciata in dietro. casi Aa n La linea lobale (fig. 20) ripete i principali caratteri di quella dell’ Arietic. mm. 45, în grandezza nat. Algovianum, però è forse un poco più semplice; la sella esterna ha altezza un poco maggiore della prima laterale, anzichè il contrario; la sella interna è più alta raggiungendo la prima sella laterale; il primo lobo laterale è forse un poco più stretto ed il secondo lobo laterale insieme a quello accessorio ed all’interno, tutti e tre molto piccoli, sono assai meno profondi. 1) ParoNA. Contrib. a. stud. d. fauna lias. di Lombardia. Estr. d. Rend. R. Ist. Lomb., serie II, vol. XII, pag. 5. ® BowaRELLI. Contr. alla conosce. d. Giura Lias lombardo, pag. 9; — In. Foss. domeriani d. Brianza, pag. 13. 3) De STEFANI. Osserv. sulle Alpi Apuane. Atti d. Soc. tose. di Sc. nat., Proc. verb., vol. II, pag. 150; — In. Quadro compar. d. terr. d. App. sett. L. c., Mem. vol. V, pag. 223. 4 ScARABELLI. La caverna di Frasassi, pag. 30. 5) PARONA. Fauna lias. d. App. centr., pag. 669. 9 CanaAvaRrI. La Montagna del Suavicino, pag. 12, 15. 7 Tuccma. Il sist. lias. di Roccantica. Boll. d. Soc. geol. it., vol. VI, pag. 138. 3) SEGUENZA. Le roccie del Messinese, pag. 68; — In. Intorno al sist. giur. nel terr. di Taormina, pag. 5, 8. 9 BaLpacci. Descr. geol. d. Sicilia, pag. DI. 180 A. FUCINI [36] Dai vari esemplari illustrati dai diversi autori si rileverebbe come questa specie con l’accrescimento vada man mano diventando sempre più compressa. L’esemplare in discussione anche al principio dell’ ultimo giro conserva tra lo spessore e l’altezza del giro il medesimo rapporto che si osserva alla fine. Questa specie fu creata dal KiLiAaN sopra esemplari della Sierra Elvira nell’Andalusia e vi fu riunito dal suo autore una parte dell'A. obliquecostatus (non ZieTEN) Quenst., lArietic. Algovianum (non OPPEL) Mex. della Lombardia ed una parte dell’Arietic. Algovianum del Medolo. Il GEYER avendo trovato questa specie fra i fossili del Schafberg accettò completamente la sinonimia proposta dal KILIan. A me! sembrò invece, nello studio sulla faunula del Lias medio di Spezia, che la figura 1 della tav. II del lavoro sui fossili del Medolo del MENEGHRINI, rappresentata come si sa con l’aiuto di due esemplari diversi, non potesse essere riferita con sicurezza all’Arietic. Bertrandi KiLtAN per avere le coste assai sinuose. Ritenni inoltre che l’ Arietie. Bertrandì corrispondesse specificatamente all’ Arietic. Lottii Gemm. Con lo studio degli esemplari di Arietic. Bertrandi e di Arietic. Lottiù Gemm. dell'Appennino centrale mi sono convinto che tale corrispondenza non è giustificata. L’Arietic. Bertrandi KiLian è diverso dall’ Arietic. Lottiù GeMM. per le coste non meno robuste, ma più numerose ed interponenti intervalli più stretti, e soprattutto per lo spessore assai maggiore dei giri; dal- l’Arietic. Algovianum si differenzia per le coste più robuste, meno sinuose, per i giri aventi uno spessore maggiore in rapporto all'altezza, nonchè per avere solchi più distinti ai lati della carena sifonale. Gli esemplari di Arietic. Algovianum (non OrPEL) Mer. della Lombardia, con ogni probabilità non giust amente attribuiti a questa specie, sono alquanto diversi dal tipo per avere i giri meno spessi in confronto alla loro altezza e coste più sinuose. Queste lievi differenze, già rilevate dal KILian, mi fanno ritenere che quelli esemplari appartengono ad una forma vicina alla specie che ho distinto col nome di Arietic. dolosum. Anche la forma del Schafberg illustrata dal GeyeR sembra avere uno spessore dei giri relativamente non tanto grande, in rapporto alla considerevole altezza dei giri, e coste assai numerose. Individui perfettamente tipici si trovano nella fauna del Medolo e fanno parte degli esemplari riferiti dal MENEGHINI all’Artetic. Algovianum OrP. Anche la specie dell’OpPEL si trova al Medolo. La forma illustrata dal MexEGHINI con la fig. 1 della tav. II si può a mio credere considerare come un passaggio fra le due specie. 5. Arieticeras retrorsicosta OrpeL. — Tav. XXIV [VI], fig. 2. 1856. Ammonites obliquecostatus (non Zieren) QuenstEDT. Jura, pag. 173 (pars), tav. XXII, fig. 30 non fig. 29. 1862. Ammonites retrorsicosta OrpeL. Palacont. Mittheil. I, pag. 139. 1867-81. Harpoceras — MexeGHINI. Monogr.d.foss. du cale. rougeamm., pag. 46, tav. X, fig.3; p. 205. » A. (Harpoceras) retrorsicosta MexeGHINI. Foss. du Medolo, pag. 11, (pars), tav. II, fig. 3? non fig. 17. E non 1885. Hildoceras retrorsicosta MeneGaINI. Nuove Amm. d. App. centr., Atti d. Soc. tosc. di Sc. nat., Mem. vol. VI, pag. 367, tav. XXI, fig. 3. 1885. Ammonites retrorsicosta Hsue. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 630. 1885. Ammonites obliquecostatus (non Zieren) QuenstEDT. Amm. d. Schw. Jura, pag. 342, tav. XLII, fig. 44. non 1886. Hildoceras retrorsicosta Secuenza. Il Lias sup. n. terr. di Taormina, pag. 22. 1893. Harpoceras retrorsicosta Gever. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 10, tav. I, fig. 14-17. 1894. Arieticeras retrorsicosta BonareLLi. Fossili domeriani della Brianza, pag. 14. 1896. Harp. (Arietic.) retrorsicosta Fuomi. Faunula del Lias m. di Spexia, pag. 158. 1899. Hild. (Arietic.) retrorsicosta BonArRELLI. Amm. d. rosso ammonitico ecc., pag. 205. i) Fucini. Faunula d. Lias m.di Spezia, pag. 156. [37] A. FUCINI 181 DIMENSIONI Diametro . 0 0 Ò . . . ò 5 . o 0 . mm. 65 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. o ò 0 o 0 0,23 Spessore» » » » È x 6 6 Ò 3 0,20 Larghezza dell’ombelico » » ; ; ” ò o o 0, 54 Ricoprimento della spira » » È hi 6 . o ò 0,03? Ho da riferire a questa specie un solo esemplare proveniente dalla Rocchetta. Esso è molto bene caratterizzato e perfettamente somigliante all'individuo di Pian d'Erba figurato dal MenEGHINI. La forma del Schafberg descritta dal GrvER presenta, forse a cagione dello sviluppo ancora non completo, un'altezza ed uno spessore di giro alquanto maggiori in rapporto al diametro. La linea lobale dell'esemplare esaminato è quella qui accanto figurata (fig. 21). Gli esemplari del Medolo riferiti a questa specie dal MENEGRINI vi appartengono solo in parte; alcuni sono riportabili indubbiamente all’ Arietie. (?) Juliae Box. ; 1 esemplare figurato con la fig. 3 della tav. II non lascia vedere bene il lobo sifonale, ma per la forma delle coste e dei giri si accosta anche esso all’ Arietie. (?) Juliae; l’individuo rappre- sentato dal MENEGHINI con la fig. 17 di quella stessa tavola, del quale il MENEGHINI fece la var. velox ®, ha le coste alquanto sinuose e si riporta, come riconobbe lo stesso MENEGHINI a quella specie da lui descritta col nome di Harp. Mercati (non HAUER.). Credo che non sia da confondersi con questa specie 1° Hidoceras retrorsicosta Sea. del Lias superiore di Sicilia, che è del tipo dell’ Hd. boreale SEEB. 4. Arieticeras Lottii Ger. Tav. XXIV [VI], fig. 4. Fic, 21. Linea lobale dell’Harp. retrorsicosta OPP. presa al diametro di mm. 47, in gran- dezza naturale. . Ammonites bisulcatus (non Brue.) MeneGHINI in Spapa e Orsini. Quelques obser. géol. s. les Apenn. de V.I- talie centr. ecc. Boll.d. Soc. géol. d. France, 2.°sér., tab. XII, pag. 29. . Ammonites algovianus Zirter. Geolog. Beobacht. aus d. Centr.-Apenn., pag. 121 (pars). . Harpoceras Lotti GexneLraro. Sopra tal. Harpoe. d. Lias sup. di Taormina, pag. 13, tav. II, fig. 3, 4. _ — Tuconri. Il sistema lias. di Roccantica, pag. 139. _ — Fucmi. Foss. liass. calabresi. Boll. d. Soc. geol. it., vol. X, pag. 91. — — Fuoni. Fumula del Lias m. di Sperxia, pag. 156 (excl. syn.). DIMENSIONI Diametro . 5 . : c È . . : , ò 7 po sare IT Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. o c . c . 0,28 Spessore 0 » » » . ; o È c ; 0,13 Larghezza dell’ ombelico » » . , . : . 7 0,50 Ricoprimento della spira » » o . . c . ” 0,00 Riferisco all’ Arietic. Lottii un bell’esemplare, per una parte impigliato nella roccia, che dal MENEGHINI fu un tempo riferito all’A. bisulcatus BRUG. e poi ?) riconosciuto appartenere ad Harpoceras del tipo del- l’Algovianum. Esso corrisponde perfettamente alla figura ed alla descrizione che il GemmeELLARO ha dato di esemplari del Lias superiore di Taormina sui quali fu fondata la specie. La conchiglia è grande, 1) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du calce. rouge ammonit. Révision systém. d. esp., pag. 205. 2 MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 45-46. 182 A. FUCINI [38] molto compressa, di accrescimento piuttosto lento, con ombelico largo, ma pochissimo profondo e con il dorso fornito di una carena alta ed acuta, fiancheggiata da due solchi distinti. I giri, alti più del doppio che larghi, sono quasi appianati ai fianchi e si deprimono un poco più rapidamente verso la sutura del- l’ombelico che verso il margine dorsale. Tuttavia il margine ombelicale resulta sempre arrotondato. Sui fianchi si trovano delle coste molto robuste e rilevate, alquanto più strette degli intervalli fra di esse interposti. Tali coste, delle quali se ne hanno 33 nell'ultimo giro, sono spiccatamente diritte ed hanno un andamento retroverso in maniera molto decisa. Esse hanno origine dalla sutura dell’ombelico, d’onde si volgono indietro ancor più fortemente di quel che esse non facciano sui fianchi; s’ingrossano dopo rapidamente e già sul margine ombelicale hanno quel grande rilievo che conservano fino al margine esterno. Qui si indeboliscono d’un tratto, fanno una piccola piegatura in avanti e svaniscono. La sezione del giro è ovale molto allun- gata. Non si può rilevare la forma della linea lobale dalle lievi traccie che di essa si vedono in qualche punto della conchiglia. Nel mio studio sulla Faunula del Lias medio di Spezia ho creduto che a questa specie dovesse riu- nirsi quella forma di Ammonite che il Kiian ® ha chiamato Hild. Bertrandi; con il bello esemplare che ho in esame mi son dovuto persuadere che la forma del KiLian è assai distinta specificamente e che l’Arietic. Lotti trova forse maggiori analogie con l’Arietic. retrorsicosta Orp.?) Tanto 1° Arietic. Bertrandi KILIAN quanto l’Arietie. retrorsicosta OrPEL si differenziano dalla specie in esame sopratutto per maggior numero di coste e per lo spessore dei giri che in essi è assai maggiore in confronto dell’altezza. Anche la forma delle coste grosse e diritte ed il modo di accrescimento della conchiglia rendono 1’ Arietic. Lottii abbastanza distinto. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi dei dintorni di Nocera nell’Umbria. Altri due esemplari meno completi ma corrispondenti a quello studiato provengono dal Gran Sasso. Uno di questi, rammentato anche dal MenEGHINI ®, fu raccolto dal Pra e determinato dal MENEGHINI per l'A. bisulcatus BrUG. GEMMELLARO istituì questa specie sopra esemplari della parte più inferiore del Lias superiore dei din- torni di Taormina in Sicilia, perciò non deve sembrare strano che essa venga citata anche nel Lias medio. Oltre che nell'Appennino centrale, ove è pure citata dal Tuccimer a Roccantica, 1° Arietic. Lottiù Gem. fu citato da me nel Lias medio di Spezia. 5. Arieticeras dolosum n. sp. — Tav. XXIV [VI], fig. 6. DIMENSIONI Diametro . ; : . : 7 È b 0 o . : . mm. 52 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . o . 6 . . 0,30 Spessore » » » » . . . . . . 0, 23 Larghezza dell’ ombelico » » 5 ; 6 , ; ” 0,48 Ricoprimento della spira » » È - a ; 3 È 0,05 Conchiglia tutta concamerata, disccidale, compressa, ad accrescimento lento, con largo ombelico e con piccola involuzione inquantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un quinto circa della sua altezza. I giri assai più alti che larghi sono leggermente convessi sui fianchi e si deprimono rotondamente tanto 1) KILIAN. Mission d’Andalousie, loc. cit., pag. 609, tav. XXV, fig. 1. 2 OppeL. Palaeont. Mittheil., pag. 139. 3) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 47. [89] A. FUCINI 183 all’interno quanto all’esterno. La loro sezione resulta quindi ellittica. Il dorso, non tanto ampio, ha una carena assai distinta ma piuttosto ottusa, fiancheggiata da solchi leggerissimi, poco profondi e poco larghi. La conchiglia è ornata da numerose coste, le quali nascono, prendendo subito notevole rilievo, sul margine dell’ombelico e lasciano lungo la sutura un piccolo spazio liscio. Altro spazio liscio vien lasciato dalle coste sul margine esterno lungo il solco che precede la carena sifonale. Nell'ultimo giro le coste sono assai più numerose (circa 40) che nel penultimo ed in questo più che nel precedente ove se ne trovano una ventina. All’interno le coste sono anche più grosse e più regolari e più diritte che nel giro esterno ove per quanto conservino una direzione spiccatamente retroversa, hanno poi un andamento al- quanto sinuoso. La linea lobale (fig. 22) non si allontana da quella delle Ammoniti deltipo dell’ Arietic. Algovianum OpP. cui anche la specie presente si riferisce. Il lobo sifonale, poco ampio, resulta quasi profondo quanto il primo laterale terminato con tre punte distinte. Il secondo lobo laterale, molto semplice, è profondo la metà del precedente. L’ampia sella esterna, Si ! bipartita simmetricamente da un piccolo lobo secondario, rimane un poco meno alta della I prima sella laterale la quale è assai più ristretta. Una seconda sella laterale, molto RN AE MU piccola e ridotta, riceve la sutura dell’ombelico. : dolosum Fuc. presa Ho detto l’Arietic. dolosum essere del tipo dell’Arietic. Algovianum OppeL!. Esso si GA Po accosta alla specie dell’OppEL per la forma generale della conchiglia e per la linea lobale, ma se ne differenzia certamente per le coste più numerose, più robuste ed evanescenti sul margine esterno, ove invece acquistano, maggiore rilievo nell’Arietic. Algovianum. Per le stesse ragioni la mia specie è pure differente dall’Arietie. Bertrandi Kiuian 3), il quale è inoltre assai meno compresso ed ha coste più gros- solane e meno numerose. Il BonARELLI *) ha dato il nome di mwulticosta ad una var. di Arietic. Algovianum che io riterrei diversa ancora dalla mia specie per la forma delle coste e del dorso. L’ Harp. Paronai Gemx.4 è certo una specie assai vicina alla mia, ma in esso le coste partono dalla linea suturale, sono meno numerose, nei giri interni più irregolari anzichè il contrario, ed interpongono spazii ben più larghi. La conchiglia è forse più compressa e la linea lobale è alquanto differente per avere la prima sella laterale assai più corta della esterna invece che l’opposto. Pure vicina alla mia specie mi sembrerebbe quell’ Ammonite del Schafberg riferita dal Gever® al- l’ Arietic. Algovianum. Essa ha il dorso con leggeri solchi ai lati della carena, coste di forma assai vicina a quella osservata nel mio esemplare, però meno retroverse, ma essa ha un accrescimento alquanto più rapido ed un’involuzione più forte inquantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un terzo almeno della sua altezza. Tale esemplare del Schafberg, come ho detto nella descrizione dell’ Arietic. Algovianum OPP., si avvicina assai all’Harp. Ruthenense ReYN. senza però corrispondervi completamente. CatULLO 5 col nome di Ammonites emaciatus ha illustrato una specie di Harpoceras che stando alla fisura sembrerebbe molto vicina a quella ora descritta, peraltro non ho creduto di ritenerla identica poichè 1) OppeL. Palaeont. Mittheil., pag. 137. 2) KILIAN. Mission d’Andalousie, pag. 609, tav. XXV, fig. 1, 2. 3) BONARBLLI. Su Toarciano e l’Aleniano nell’App. centr., pag. 8. 4) GemMmeLLARO. Sopra tal. Harpoc. d. Lias sup. di Taormina, pag. 12, tav. I, fig. 20-22. 5) GavyEeRr. Mittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 5, tav. I, fig. 7. 6 CATULLO. Class. d. cale. rosse Amm., pag. 35, tav. IV, fig. 2. 184 A. FUCINI [40] è stato avvertito dall’Omon1! che la specie di CaruLLO è mal figurata e che riguarda l’Arietic. Algovia- num Opp. Quando ciò fosse alla specie dell’OpPeL andrebbe cambiato nome avendo la precedenza il nome del CATULLO. L’esemplare studiato proviene dalle Precicchie (Sanvicino) ed è fossilizzato in un calcare chiaro grigio- giallastro. 6. Arieticeras(?) Juliae Bonar. — Tav. XXIV (VI), fig. 5. 1867-81. A. (Harpoceras) retrorsicosta (non OrP.) MeneGHINI. oss. du Medolo, pag. 11 (pars), tav. II, fig. 32, non fig. 17. 1883. Hildoceras (Lillia) cfr. Mercati MeneGHINI. Nuove Amm. d. App. centr., pag. 367, tav. XXI, fig. 4. 1883. _ retrorsicosta (non Orp.) MenecnINnI. Ibidem, pag. 371, tav. XXI, fig. 3. 1899. -- gr. fontanellense (non Gem.) BonArELLI. Amm. d. rosso Ammonitico ece., pag. 218. 1899. Hildoceras? Juline BonarELLI. Ibidem. DIMENSIONI I II Diametro . Ò o - c o . 5 0 . mm. 43 mm. 32 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ò : 0,21 0,22 Spessore » » » » . o : 0,32 0,30 Larghezza dell’ ombelico » » o 0 . 0,59 0, 56 Ricoprimento della spira » » È 6 5 0, 02 0,02 L’esemplare che il MeneGHINI attribuì all’Hi/doceras retrorsicosta OPP. forma con l’altro individuo, av- vicinato dallo stesso MexEGHINI alla Lilia Mercati HAUER, una specie che non è riferibile certo alla specie di OpPEL, e tanto meno a quella dell’HAUER. Il primo esemplare fu dal BonarELLI riferito al gruppo dell’ 77374. fontanellense Gemm.? Sopra l’altro venne da lui istituita ragionevolmente una specie nuova e chiamata Hd. Juliae. Questa specie si trova anche al Medolo ove è rappresentata da una parte delle Ammoniti riferite dal MenEGHINI all’Arietic. retrorsicosta Orp. e che io ho potuto esaminare direttamente. La conchiglia di questa specie che io ritengo doversi non sicuramente riferire al gen. Arieticeras, è compressa, di lento accrescimento e di piccola involuzione inquantochè i giri si ricoprono appena. L’om- belico resulta discretamente profondo. I giri assai più larghi che alti, depressi, hanno una sezione tra- sversalmente ellittico-rettangolare. I loro fianchi sono molto rigonfi. Il dorso larghissimo ed appiattito ha una carena sifonale molto distinta con due larghissimi ed assai profondi solchi laterali. Fino dal diametro di tre millimetri almeno i giri sono ornati da coste assai robuste, rilevate, più strette degli intervalli, delle quali nell’ultimo giro dell'esemplare più grande se ne hanno ventotto, mentre nel penultimo se ne trovano 25, come nell’ individuo più piccolo. Tali coste sui fianchi sono diritte ed alquanto retroverse; sul dorso ed entro l'ombelico inclinano un poco in avanti; sono piegate in avanti molto decisamente nella parte interna dei giri (Tav. XXIV (VI) fig. 5 d ) ove esse svaniscono presso il solco che vi è prodotto dalla carena sifonale del giro precedente. Ambedue gli individui in esame hanno la metà dell’ultimo giro non concamerata. i) OmponI. Delle Amm. d. Veneto illustr. da Cutullo, pag. 36. 2 GemveLLaro. Sopra tal. Harpoc. d. Lias sup. di Taormina, pag. 12, tav. II, fig.1,2. [41] A. FUCINI 185 La linea lobale (fig. 23), nell’esemplare avvicinato dal MexEGHINI all’Hild. Mercati, è stata da me pre- parata. Il lobo sifonale è caratteristico, profondissimo, cuneiforme, con pareti senza alcuna dentellatura e con piccola selletta sifonale. Il primo lobo laterale, profondo anche un poco meno della metà del precedente, termina come esso molto semplicemente. Il secondo È a lobo laterale ripete per la forma il primo, ma è di un terzo più profondo; ad esso è simile il lobo interno. Il lobo antisifonale, molto ristretto, con lati semplici, arriva quasi alla profondità di quello sifonale. La sella esterna e la prima laterale, questa un poco più Fio. 23. Linea lobale dell’ Arie- tic. (?) Juliae Bon. bassa di quella, hanno forma rotondeggiante e sono pochissimo dentellate. La seconda sella presa al diametro di . Ò < 5 Ò -28,i dez- laterale, su cui cade la sutura dell’ombelico, è molto bassa e semplice. La sella interna, SENIO] anche essa quasi senza dentellature, è alta quanto la prima laterale, però ha forma deci- samente triangolare. La linea Jlobale dell'esemplare piccolo riferito da MENEGHINI all’ Arietic. retrorsicosta è perfettamente identica a quella ora descritta, il che però non sembrerebbe dalla rappresentazione non molto fedele da- tane dal MENEGHINI. Fra gli esemplari del Medolo riferiti dal MENEGHINI all’Arietic. retrorsicosta OPEL ne ho trovati alcuni perfettamente riferibili alla specie in esame, altri appartengono veramente alla specie dell’OpPEL, ed altri invece, come la var. velor. Men. ®, non si riferiscono nè all’una, nè all’altra. Il lento accrescimento, la piccola involuzione, la forma delle coste e la linea lobale forniscono carat- teri più che sufficienti per distinguere la specie in esame dalla Zillia Mercati HaueR della quale non ha che una somiglianza nella forma del dorso. Che le nostre conchiglie non sieno da riferirsi all’ Arietic. retrorsicosta OPPEL è mostrato chiaramente non foss’altro dalla sezione del giro e dalla linea lobale. Anche l’Arietic. (?) micrasterias MaH.? che riterrei specificamente diverso dall’ Hild. Mercati HAUER, ha delle somiglianze con l’Arietic. (?) Juliae BonaR. Questo però ha coste molto più grossolane e meno nume- rose, accrescimento un poco meno lento, maggiore spessore dei giri, dorso più ampio, solchi ai lati della carena molto più larghi e linea lobale assai differente. Ambedue gli esemplari provengono dai monti della Rossa, non lungi dalla Rocchetta. L'individuo che io figuro e che è quello che da MexEGHINI venne riferito all’ Hi/d. Mercati HAUER è da me ritenuto certamente del Lias medio perchè fossilizzato in un calcare grigio chiaro tipico del Lias medio dell’Appennino centrale ed anche perchè è specie che assolutamente si trova al Medolo. L'altro esemplare, avvicinato dal MENEGHINI all’Arietic. retrorsicosta OpP., potrebbe forse essere più recente essendo fossilizzato in un calcare grigio chiaro zonato di rosso che si trova anche nel Lias superiore. i) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit. Révisione system. d. esp., pag. 205. 2 MENEGHINI. Foss. du Medolo, pag. 3, tav. IV, fig. 3. Palaeontographia italica, vol. V, 1899 23 M. CANAVARI FAUNA DEI CALCARI NERASTRI CON CARDIOLA ED ORTHOCERAS DI XEA SANT'ANTONIO IN SARDEGNA (Arr POS SN IU) INTRODUZIONE. I fossili del calcare bigio scuro e talora anche quasi nero di Xea Sant'Antonio nel Fluminese in Sardegna furono scoperti nell’anno 1826 dal generale ALBERTO DE LA Marmora. Ecco con quali parole, molti anni dopo (1857), egli ne dava la notizia: “ Les personnes qui ne sont pas étrangères aux études géologiques, peuvent aisément se figurer la satisfaction que nous éprouvàmes lorsqu’en 1826, en visitant pour la première fois cette localité, en compagnie de notre ami et collègue, le professeur MoRIS, et lorsqu’ après avoir vainement cherché des fossiles dans tous les terrains que nous avions parcourus précé- demment dans cette province, et que nous avons décrits ci-dessus, nous en rencontràmes enfin dans les pierres dont sont faits les murs des maisons et des enclos de ce village. C'est alors seulement que nous fiùmes tirés d’incertitude sur la classification d’un terrain dont nous avions déjà pu reconnaître l’importance géologique, à cause de sa grande extension; mais qui, inconnu alors au sol de l’Italie, sem- blait devoir aussi manquer aux îles qui en dépendent * ,,. Il ritrovamento quindi in Sardegna e nei detti calcari delle due specie caratteristiche del Siluriano, Orthoceras bohemicum BARR. e Cardiola interrupta Sow., era stato già partecipato a DE VERNEUIL, il quale lo annunziava alla Società geologica di Francia nella seduta del 4 febbraio 1850 2. Erano stati segnalati dallo stesso generale ALB. pe LA MARMORA al BARRANDE i dintorni di Flumini Maggiore “ comme ceux où il aurait pu rencontrer en Sardaigne les roches et les fossiles qui forment depuis longtemps l’objet de ses savantes études ® ,. Cosicchè il ben noto illustratore dei terreni silu- riani della Boemia visitò la nostra isola nell’anno 1844 e tra parecchi fossili raccolse nel Fluminese anche una valva isolata di un lamellibranchiato, che in seguito (1881) egli ricordò come appartenente alla Car- diola interrupta Sow. © i) ALBERT DE La MaRrMORA. Voyage en Sardaigne. Troisième partie. Description géol., tome I, pag. 49. Turin- Paris, 1857. 2 De VERNEUIL. Observations à la lettre de M. LeyMERIE sur le terrain de transition supérieur de la Haute-Ga- ronne. Boll. de la Soc. géol. de France, 2.° série, tom. VII, pag. 223. Paris, 1850. 3) ALB. pe La MaRMORA. L. c., pag. 51. 4) J. BARRANDE. Acéphalés. Et. locales et comp. Extr. du Syst. silur. du centre de la Bohème, vol. VI. Prague, 1881. 188 M. CANAVARI [2] Come è ben noto, tutti i fossili trovati in Sardegna dal gen. ALB. pe LA Marmora furono maestre- volmente illustrati dal MeNEGHINI. Questo eminente naturalista, a cui si deve il grande sviluppo che negli ultimi cinquant’anni hanno avuto in Italia gli studi geologici, parlando del giacimento fossilifero inconte- stabilmente siluriano dei calcari con Orthoceras, Cardiola e Graptolithes priodon di Xea S. Antonio, lo disse “sans contredit le plus intéressant de tous ceux qu’on a découvert jusqu’ ici dans l’île, parce qu'il trace un horizon bien défini, auquel on peut aussi subordonner les autres ® ,. Le specie o forme diverse ch'egli vi riconobbe e descrisse, accompagnandole da stupende figure, sono le seguenti: 1. Orthoceras (Cameroceras) fluminense nov. sp. 12. Orthoceras sp. ind. 2 » grande nov. Sp. IS » subeyprium nov. Sp. 3 » subconoideum nov. sp. 14. » sp. ind. 4. » simplex Desn. 15. » sp. ind. 5. » bohemicum BARR. 16. » affine nov. sp. 6 » canonicum nov. Sp. 17. Oyrtoceras sp. ind. i » sp. ind. 18. Cardium subarcuatum MuENST. 8 » submoniliforme nov. Sp. 19. » sp. ind. 9. » subtrochleatum MueNsT.? 20. Cardiola interrupta Sow. 10. » subannulare MuENST.? 21. Avicula sp. ind. Til » sp. ind. 22. Graptolithus (Monograpsus) priodon Brx. sp. Secondo gli studi del MenecHINI il calcare con Orthoceras, superiore a tutta la serie, cronologica- mente doveva porsi al principio della seconda parte del periodo siluriano, e cioè “ stratigraphiquement à la partie inférieure du Silurien supérieur (1. c., pag. 188) ,. Le ventidue specie ricordate, e i cui originali si trovano conservati nel Museo di Pisa, saranno da me nuovamente esaminate e confrontate con quelle simili recentemente trovate e con quelle nel frattempo descritte da altri autori e più particolarmente dal BarRranDE. La mia opinione intorno ad esse si troverà poi espressa nella descrizione delle singole specie, che cercherò di condurre con la massima diligenza e secondo gli attuali progressi della scienza. Parecchi anni dopo la celebre pubblicazione del gen. ALB. pe La MARMORA, la geologia dell’isola di Sardegna, sotto tanti e svariati aspetti interessante al naturalista, ebbe un nuovo impulso mercè il rile- vamento geologico-minerario dell’Iglesiente eseguito nella scala di ‘0000, tra il 1877 e il 1885, dagli ingegneri del Corpo Reale delle Miniere. I fossili che in cotesto rilevamento si andavano mano mano trovando venivano inviati a Pisa e diedero soggetto al MENEGHINI per parecchie dotte memorie. In una di queste 2, presentata all'Accademia dei Lincei nell’adunanza del 7 marzo 1880, ripete che nella parte superiore degli scisti con Orthis del Fluminese “ compariscono qua e là inclusi ammassi di calcare nerastro che, nella località di Xea Sant’ Antonio già descritta dal La MarmoRA, racchiudono la ricca serie di ortoceratiti, la Cardiola interrupta e le bellis- sime graptoliti nella rara forma di fossilizzazione che ne serba i modelli ,. Circa quattro mesi più tardi, e cioè nell'adunanza del 3 luglio 1881 della Società toscana di scienze naturali, tornò il MENEGRINI a parlare dei rari banchi di calcari che sono intercalati agli scisti siluriani i) G. MENEGHINI. Paléontologie de 1’ île de Sardaigne, nel Voyage en Sardaigne par le gen. ALB. DE LA MARMORA. Troisiéme partie, tome II, pag. 187. Turin, 1857. 2 G. MENEGHINI. Nuovi fossili siluriani di Sardegna. Atti della R. Acc. dei Lincei, serie terza. Mem. della Sez. di Se. fis., mat. e nat., vol. V, pag. 209. Roma, 1880. [3] M. CANAVARI 189 ed esclusivamente nella parte loro superiore. “ A Xea S. Antonio, egli soggiunge, quella calcaria fornì un tesoro paleontologico, già a suo tempo illustrato; 16 specie di Orthoceras, un Cyrtoceras, Cardiola interrupta Sow., Cardium subarcuatum Muxst., Monograpsus priodon BRN., cui saranno ora ad aggiungere altre specie, in conferma del posto cronologico assegnato ad essa faunula corrispondente al piano E, di BARRANDE, cioè alla base della fauna III, e quindi immediatamente successiva alla precedente e con essa collegata, come CS n’è stratigraficamente collegato il giacimento ® ,. Sulla classificazione delle formazioni stratificate antiche dell’isola di Sardegna si occupò sapientemente anche il BorNEMANN ed i suoi resultati furono esposti a Bologna nel 1881 durante il secondo congresso geologico internazionale che ebbe luogo in quella città ?. Il BoRNEMANN aveva cominciati i suoi studi geologici dell’Isola sin dal 1858 e alcune importanti nuove specie, tra le quali tre di Ostracodi appar- tenenti al genere Leyrichia, trovate negli scisti siluriani, egli descrisse ed una di esse, Beyr. reticulata n. sp., figurò nel supplemento al volume II della parte terza dell’opera più volte ricordata del generale ALB. pe LA MARMORA, pubblicato nel 1860 ®. Nella comunicazione fatta a Bologna, osserva il BoRNEMANN # per i calcari di cui io mi occupo, che l'associazione in essi del Graptolites priodon con la Cardiola interrupta e con Orthoceras presso Flumini Maggiore ne stabilisce esattamente il livello alla “ dase du calcaire inférieur E du Système de M. Bar- RANDE ,. Da ultimo poi, nel riassunto delle sue osservazioni riunisce, i calcari con Orthoceras insieme con gli scisti di Gonnesa, Masua e Flumini Maggiore, e rapporta tutto il gruppo al Siluriano medio È. Vede finalmente la luce l'interessante “ Descrizione geologica-mineraria dell’ Iglesiente , redatta dal- l’ing. G. Zoppi, nella quale sono riassunti tutti gli studi geologici eseguiti in quella contrada dagli in- i) G. MENEGHINI. Posizione relativa dei varii piani siluriani dell’ Iglesiente in Sardegna. Atti della Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., vol. II, pag. 258. Pisa, 1981. 2 Congrès géologique international. Compte rendu de la 2.®° session, Bologne 1881, pag. 221-232. Bologne, 1882. 3) La nota del BorNEMANN non essendo conosciuta dal diligente compilatore della bibliografia dei Crostacei pa- leozoici, non potè essere da lui ricordata (A. W. Voepes. A Bibliography of Palaeozoie Crustacea from 1698 to 1889. Bull. of the Un. St. Geol. Survey, No. 63. Washington, 1890). Fu bensì conosciuta da DE TROMELIN e LEBESCONTE (Observ. sur les terr. prim. du Nord du départ. d’ Ille-et-Vilaine ecc. Bull. de la Soc. géol. de France, 3.0 série, t. IV, pag. 583. Paris, 1876)i quali riferirono alcuni esemplari di una loro specie di Beyrichia precisamente alla Beyr. reticulata Borx. Il Rup. Jones che nuovamente esaminò, quegli esemplari, riconobbe però che erano vicini alla Beyr. Koedeni M ‘Cor e che non avevano alcuna affinità con la specie di Sardegna (T. Rup. Jones. On some Devonian a. Silurian Ostracoda from North America, France, and the Bosphorus. The Quart. Journ. of the Geol. Soc., vol. XLVI, No. 184, pag. 555. London, 1890). In questo stesso lavoro RuP. JoNES riproduce alla Tav. XX, fig. 140, d le figure pub- blicate dal BoRNEMANN, osservando, a pag. 549, che se la « Beyr. reticulata» nell’aspetto primitioide della fossetta om- bellicale e del solco, negli ornamenti e nella espansione del margine ventrale a guisa di frangia dovesse esser ri- ferita al genere Eurychilina ULRICH, la specie Eurych. reticulata ULR. (1889) dovrebbe cambiar nome, per lasciare lo stesso nome alla specie di BorxEMANN di data molto più antica (1860). Le altre due specie di Ostracodi raccolte in Sardegna dal Born£MANN negli scisti siluriani, nella parte supe- riore dei quali trovansi in masse amigdalari i calcari neri con Cardiola interrupta Sow. di Xea S. Antonio e di altre località, appartengono ancora al genere Beyrichia. Una fu riferita alla Beyr. simplex Jox.e l’altra fu descritta come specie indeterminata. Nello stesso supplemento il MENEGHINI, nelle note alla lettera del BoRNEMANN, ricorda che anche nel materiale da lui studiato trovò una piccola impronta simile alla Beyr. reticulata BorN., ma a superficie liscia e molto imperfetta (Supplément au second volume ece., pag. 12). 4) Congrès géologique international ece., pag. 222. 5) L. c., pag. 222. 6) L. c., pag. 232. 190 M. CANAVARI [4] gegneri del corpo reale delle Miniere e di cui si accennò superiormente ”. Il capitolo IV tratta del ter- reno siluriano e vengono nuovamente ricordati i calcari con Orthoceras interclusi nella parte superiore degli scisti siluriani, e più particolarmente quelli ricchissimi di fossili della località detta Xea S. Antonio. Nella carta geologica-mineraria dell’Iglesiente alla scala di ‘0000 rilevata dagli ingegneri TESTORE, Zopri, LAMBERT e DE FERRARI e dagli aiutanti ingegneri Fossen, LENTINI, GAMBERA e MopERNI sotto l’alta direzione scientifica del prof. MENEGHINI e accompagnante la Memoria descrittiva del ZopPI, sono segnati nel Fluminese ben 16 lembi di calcari intercalati tra gli scisti siluriani, e tra essi lembi quello ormai notissimo di Xea Sant'Antonio. Nell’ aprile del 1896 si tenne in Sardegna un’adunanza della Società geologica italiana; era mio vivo desiderio di approfittare di quella occasione per visitare l’isola e trarre larghi ammaestramenti dai col- leghi geologi che là avevano stabilito di radunarsi; le condizioni allora non buone della mia salute non mi permisero però di porre in esecuzione il mio desiderio. Il dott. FucInI, aiuto in questo Museo di Pisa e che prese parte a quella importantissima riunione, fu da me specialmente incaricato di esaminare i calcari neri con Orthoceras del Fluminese, ch'egli infatti visitò in compagnia del prof. T. TARAMELLI e guidato dal sig. Luret Carta di Flumini Maggiore. Portò a Pisa alcuni campioni del calcare nero di Xea Sant'Antonio, e constatai che non del tutto infruttuose per la scienza sarebbero state le ricerche paleon- tologiche da intraprendersi nuovamente in esso; cosicchè incaricai il sig. L. CARTA di farmene una co- piosa raccolta. Egli corrispose cortesemente alla mia domanda e nel giugno dello stesso anno mi spedì circa sette quintali della pietra fossilifera di Xea Sant'Antonio. Nell'inverno si isolarono da cotesto ma- teriale i tesori paleontologici racchiusivi, usando il processo della semicalcinazione. Poichè molti fossili sono convertiti in calcite, così il processo di preparazione non diede tutti i resultati che io mi aspet- tava; tuttavia coadiuvato pazientemente dal mio egregio assistente dott. B. GRECO, si riuscì ad isolare una fauna abbastanza numerosa e costituita da forme in gran parte nuove pel Siluriano di Sardegna, e alcune tra queste nuove anche per la scienza. Il ritrovamento poi di una microfauna di Ostracodi simile a quella siluriana di altre regioni di Eu- ropa, e che io reputo grandemente importante, m’indusse a richiedere nuovo materiale da studio al sig. Luci Carta, il quale, in due spedizioni successive, l’una verso la fine di marzo 1897, e l’altra verso i primi di maggio dell’istesso anno, mi mandò altri dodici quintali circa della roccia fossilifera. Si ebbe la fortuna di isolare da questo materiale alcuni nuovi esemplari di Cefalopodi, tra i quali un magnifico Cyrtoceras, e numerosi altri Ostracodi. Nell’adunanza del dì 7 maggio corrente anno della Società toscana di Scienze naturali ? diedi una breve nota preventiva di questi Ostracodi, con la descrizione dei quali intendo oggi dar principio allo studio dettagliato della fauna siluriana dei calcari neri con Cardiola interrupta di Xea Sant’ Antonio in Sardegna. È però mio dovere, innanzi a tutto, di ripetere ringraziamenti vivissimi ai prof. V. UHLIG di Praga e A. Krause di Gr. Lichterfelde per gli aiuti ed i consigli onde mi furono larghi nella deter- minazione di alcune specie per me dubbiose, e al prof. S. RicHIARDI e all’ing. N. PELLATI, ispettore capo del R. Corpo delle Miniere, per aver messo a mia disposizione, l’uno la sua ricchissima biblioteca e l’altro quella dell’ufficio geologico di Roma. E ringraziamenti del pari vivissimi faccio all’egregio mio assistente ed amico dott. B. GRECco, alla cui abilità e pazienza devo la preparazione di tutto il materiale di studio. Pisa, Museo geologico, dicembre 1899. 1) Memorie descrittive della Carta geologica d’ Italia., vol. IV. Roma, 1888. 2) Proc. verb., vol. XI, pag. 150-153. [5] 5 M. CANAVARI 191 DESCRIZIONE DELLE SPECIE PARTE I. — Ostracoda. I. Gen. Aparchites Rup. Jones, 1889 !.. 1. Aparchites pygmaeus n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 6. Sono stati isolati dai calcari neri di Xea S. Antonio quattro piccolissimi esemplari di Ostracodi, molto ben conservati, completamente identici nella forma e di poco differenti nella grandezza, dei quali, quello figurato, ha le seguenti dimensioni: Lunghezza . ò o - : 0 ; 6 . . . ò . mm. 0,5 Larghezza . . c x . ò 0 p 0 $ 6 . “MONA: Spessore . : 5 : i o 9 5 5 5 . . od 08) Tutti si presentano equivalvi, inequilaterali, con il contorno ventrale arrotondato ed inclinato poste- riormente e con quello dorsale diritto e un poco più corto della lunghezza delle valve. I contorni cefa- lico e caudale sono riuniti con quello dorsale ad angolo; questo appare però un poco smussato nella riu- nione anteriore. La maggiore convessità è subcentrale ed alquanto spostata nella regione posteriore. Veduta la specie dalla parte dorsale, o ventrale, ha contorno ovale-allungato (Tav. XXVI [IT], fig. 60). Sotto favorevoli incidenze di luce si vede come un sottile nastrino marginale, il quale è un poco più evidente nella riunione delle due estremità anteriore e posteriore con il margine dorsale. La commessura delle valve è acuta nelle regioni cefalica, ventrale e caudale; è meno acuta o leggermente ingrossata in quella dorsale, dove sembra vedersi una traccia indecisa di depressione mediana. Questi piccoli ostracodi hanno nella forma del contorno laterale carattere leperditioide e ricordano specie del genere Isochilina Jon. ©, dal quale però si allontanano per la mancanza del tubercolo o rilievo oculare, e per le dimensioni molto più piccole. Essi quindi trovano le maggiori analogie con specie del genere Aparchites Jon., quali, per esempio, Ap. simplex Jon., Ap. Whiteavesii Jon. ed Ap. obsoleta Jon. Da tutte però è differente per la forma più spiccatamente leperditioide, per le valve cioè più obliqua- mente inequilaterali. Tale particolarità invece la rende grandemente affine all’ Ap. semicirexlaris JoN. et H. del Siluriano superiore della Scandinavia, e più ancora a quell’esemplare dell’ Ap. leperditicides Jox. del Siluriano di Girvan figurato dal Rup. Jones nella tav. XIII, fig. 1 della sua memoria: On some Pa- lacozoic Ostracoda from the District of Girvan, Ayrshire®. Dall’ Ap. semicireularis Jon. et H. la nuova i) T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXVII. On some North-American (Cana- dian) Species. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. VI, vol. III, pag. 384. London, 1889. 2) T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoie Bivalv. Entomostraca. No. IV. Some North-American Species. L. c., ser. III, vol. I, pag. 248. London, 1858; — In. Notes ecc. No. XXVII. On some North-American (Canadian) Species. L. c., ser. VI, vol. III, pag. 383. London, 1889. 3) T. Rup. Jones a. H. B. HoLL. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. N. VI. Some silur. Species (Primitia). L. c., ser. III, vol. XVI, pag. 424, tav. XVIII, fig. 10. London, 1865. 4) The Quart. Journ. of the Geol. Society, vol. XLIX, pag. 296. London, 1893. 192 M. CANAVARI i [6] forma di Sardegna rimane diversa nella minore lunghezza del margine dorsale; dall’ Ap. leperditioides JoN., esemplare ricordato, per il contorno delle valve più obliquamente inequilaterale e per il margine poste- riore quindi più inclinato, e poi anche per la lunghezza relativamente un poco più piccola della linea dorsale. 2. Aparchites Grecoi n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 7-9. Di questa nuova forma furono isolati solamente quattro esemplari dei quali i tre figurati hanno le se- guenti dimensioni: Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Lunghezza . 3 0 . o mm. 0,95 mm. 1 mm. 1,1 Larghezza . 7 5 0 è » 0,8 » 0,8 dp Spessore . 0 : ; ” 7 » 0,68 PANMONGO, » 0,7 Piccolo ostracode bivalve, un poco inequilaterale, oblungo, con il contorno ventrale arrotondato ed avente la maggiore convessità un poco spostata posteriormente. Commessura dorsale rettilinea e alquanto più corta della lunghezza delle valve; la sua riunione con i contorni cefalico e caudale avviene sotto un angolo ottuso, meno spiccato però quello della parte anteriore. Veduto dalla regione dorsale, o ven- trale, ha forma un poco variabile, ellittico-allungata (Tav. XXVI [II], fig. 75), oppure ovale-allungata (Tav. XXVI [II] fig. 8c, 9). La superficie appare minutamente e indistintamente scabra per piccole depressioni, simili a quelle avvertite, per esempio, in alcuni esemplari dell’Ap. subovatus Jon. e dell’ Ap. leperditivides Jon ! o in altre specie di ostracodi siluriani, Nell’esemplare della fig. 7 (Tav. XXVI [II]. fi. 706) sembra poi di vedere, dalla parte della commessura dorsale e quasi nel mezzo, una debolissima depressione quale traccia del solco caratteristico delle Primitiae. L’esemplare della fig. 8 fu da me mandato in esame al prof. Krause, il quale espresse l'opinione doversi con probabilità riferire al genere Aparchites per la mancanza appunto del solco mediano, avver- tendone le somiglianze con le seguenti specie: Ap. mundulus Jown.®, Ap. simplex Jon. ed Ap. Lindstròmi Jon. ®; da tutte però diversifica nella forma più oblunga e un poco più inequilaterale. Sembrami poi che la nuova specie di Sardegna sia affine anche all’ Ap. mitis Jon. del Devoniano del Canadà #, e più an- cora, nell’andamento del contorno delle valve, all’ Ap. oblongus ULR. del gruppo Cincinnati, strati supe- riori, presso Middletown, Ohio ®, e all’Ap. Tyrrell Jon. del Cambro-siluriano di Black Island, Lak Win- nipeg (Canadà) ©. Quest'ultima specie diversifica solo per la linea dorsale un poco più lunga e per es- sere alquanto più appuntita nell’ estremità anteriore. x L’esemplare non figurato è completamente identico a quello della fig. 9 (Tav. XXVI [II]). i) T. Rup. Jones. On some Palacozoie Ostracoda from Westmoreland. The Quart. Journ. of the Geol. Soc., vol. 49, pag. 292, tav. XII, fig. 8, 10. London, 1893. 2) T. Rup. Jones. Contr. to Canadian Micro-pal. P. III. Geol. a. Nat. History of Canada, pag. 62, tav. X, fig. 12. Montreal, 1892. 3) T. Rup. Jones. Notes on the Palacozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXVIII. On some Scandinavian Species. L. c., ser. VI, vol. IV, pag. 272, tav. XV, fig. 13, 14. London, 1889. 4 T. Rup. Joxes. Contr. to Canadian Micro-pal. P. III. L. c., pag. 91, tav. XI, fig. 15. 5) E. O. ULRICH. New a. little known American Palaeozoic Ostracoda. The Journ. of the Cincinnati Soc. of Nat. History, vol. XIII, pag. 137, tav. X, fig. 10. Cincinnati, 1890. — Nella spiegazione della tavola la specie è chiamata non Ap. oblongus ma Ap. oblongatus. 6) T. Rup. Jones. Contr. to Canadian ecc. L. c., pag. 62, tav. XIII, fig. 14. [7] M. CANAVARI 193 II. Gen. Entomis RuP. Jones, 1861. 1. Entomis migrans Barr. — Tav. XXV [I], fig. 1,2. 1872. Entomis migrans BarranpDE. Syst. sil. du centre de la Bohème. Suppl. au Vol. I, pag. 514, tav. XXIV, fig. 10-14 e tav. 27, fig. 22. 1873. — — Barr. Rupert Jones. Notes on the Palacorzoice Bivalv. Entomostraca No. X. Entomis a. Entomidella. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. IV, vol. II, pag. 416. 1899. — — — Barr. Camavari. Ostracodì silur. di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 151. Questa piccola specie di ostracode nettamente caratterizzata “par sa forme et par ses ornements (BARR.),, da tutte le altre conosciute nel bacino siluriano della Boemia e nei terreni paleozoici di altre parti di Europa (Inghilterra, Germania, Belgio) e di America (Stati Uniti) è stata da me trovata anche nei calcari con Orthoceras e con Cardiola interrupta Sow. di Sardegna. Molti esemplari sono ancora parzial- mente chiusi nella roccia ed alcuni poterono del tutto essere isolati. Due di questi presentano le seguenti dimensioni : Fig. 1 Fig. 2 Lunghezza . 0 . . 0 o È o . mm. 2,10 mm. 3 Larghezza . 7 È . . . + " ; o 2 2,5 Spessore 198 15) Il contorno delle valve è reniforme e nell’esemplare maggiore alquanto più arrotondato che non nel- l'esemplare minore, cosicchè questo appare più allungato. Anche nella convessità delle valve i due esem- plari hanno qualche differenza, come si rileva dalle fig. le e 2e che li rappresentano veduti dalla parte posteriore. La maggiore convessità poi del contorno ventrale è un poco spostata anteriormente e si trova quasi in corrispondenza del termine del solco trasversale. Il contorno superiore o dorsale, dalla parte cioè della cerniera, presenta una specie di depressione o angolo rientrante meno spiccato però di quello degli esemplari descritti e figurati dal BarrANpE. Il solco trasversale (solco pleurogastrico secondo RICHTER 1), nettamente manifesto, si protende sino ai due terzi della larghezza delle valve ed è avvicinato, quantunque di poco, all’estremità cefalica. Verso la sua fine si approfonda alquanto e si allarga presentando una specie di fossetta rotonda, analogamente a ciò che fu osservato nella specie devoniana Ent. variostriata CLARKE 3) o in parecchie Primitiae siluriane, come per esempio Pr. fabulina Jon. ® e Pr. ornata Jox.® Esso poi non è perfettamente verticale, manifestando un indizio di convessità rivolta verso l'estremità caudale. I nostri esemplari essendo ben conservati e del tutto isolati, fanno vedere dal lato dorsale il principio di detto solco; esso trovasi ad un terzo della lunghezza delle valve a partire dall’estremità cefalica (Tav. XXV [I], fig. 1c, 26), precisamente come fu detto nella diagnosi del genere data dal RuP. Jones per la 1) R. RicaTER. Devonische Entom. in Thiiringen. Zeitschr. d. D. geolog. Gesellesch., vol. XXI, pag. 759. Berlin, 1879. 2) T.M. CLARKD. Ueber deutsche oberdev. Crust. Neues Jahrb. f. Min. Geol. u. Pal., vol. I, pag. 184, tav. IV, fig. 3. Stuttgart, 1884. 3) T.Rup. Jones. Note on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXI. On some Silur., Gen. a. Sp. Ann. a. Mag. of Nat. History, pag. 408, tav. XIV, fig. 2a. London, 1886. 4) Ip, L. c., pag. 411, tav. XIV, fig. 5. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 24 194 M. CANAVARI [8] prima volta nel 1861”. Piega poi sulla stessa regione dorsale all’ingiù e quindi trasversalmente sulla superficie delle valve. È probabile che la conservazione non troppo felice degli esemplari della Boemia di questa specie, non permettesse al BARRANDE di osservare le suddette particolarità da me avvertite. La commessura avviene su di un solco rettilineo, il quale dalla parte dorsale e posteriore al solco trasversale, è molto più spiccato che altrove ed è a forma di vulva molto allungata (Tav. XXV [I], fig. NCAM2ICE La superficie delle valve nei due esemplari figurati e in tutti gli altri, è ornata da costicine longitudi- nali relativamente “ très fortes pour ce petit fossile ( BARRANDE, /. c. è sy.) ,. Lo stesso BARRANDE così de- scrive la disposizione delle strie negli esemplari boemi: quelle esterne “les plus rapprochées du bord ventral et qui ne sont pas atteintes par la rainure transverse, sont concentriques au contour externe, et elles convergent vers les sommets opposés, sur chaque valve. Au contraire, les stries internes, interrompues par la rainure, sont presque verticales. Leurs extrèmités tendent donc à intersecter les stries concentriques ,,. Negli esemplari isolati di Sardegna l’andamento generale delle costicine è come quello della forma boema; nel maggiore, veduto di fianco (Tav. XXV [I], fig. 2 a,0), si contano verso la regione ventrale cinque costicine concentriche, l’ultima delle quali è quasi tangente al termine del solco trasversale e tutte convergono verso le opposte regioni cefalica e caudale. Di costicine interrotte dal solco se ne vedono in ogni lato circa dodici; le prime, quasi verticali, tendono ad intersecare le costicine concentriche, le ultime quattro o cinque vicine al margine dorsale si riuniscono secondo la curvatura del contorno con le costi- cine opposte della regione ventrale. Il carattere poi della intersecazione di dette costicine è molto più manifesto nella parte posteriore che non in quella anteriore, nella valva destra (Tav. XXV [I], fig. 20) che non in quella sinistra (Tav. XXV [I], fig. 2@). Sembra che una simile particolarità si abbia anche negli esemplari boemi, come appare nelle figure riprodotte nella grande opera del BARRANDE, se, bene inteso, il disegnatore riprodusse fedelmente la verità delle cose. Lo stesso esemplare veduto dalla regione ventrale (Tav. XXV [I], fig. 24) manifesta costicine non del tutto parallele alla commessura e legger- mente depresse in corrispondenza del solco trasversale. Sulla valva destra (parte inferiore della figura) si hanno alcune costicine bifide o quasi interpolantesi verso la metà della conchiglia. Veduto dalla parte posteriore (Tav. XXV [I], fig. 2e) si osservano ai lati le coste che s’intersecano, poi, più internamente, quelle che si riuniscono ad angolo, e infine quelle che terminano nella commessura. Nell’esemplare minore (Tav. XXV [I], fig. 10) su ambedue le valve e verso la regione caudale le costicine interrotte dal solco tendono a riunirsi all’apice sotto un angolo molto acuto e presso il solco stesso ve ne ha alcune che sono biforcate. Dalla parte posteriore (Tav. XXV [I] fig. 1) si vedono le dette coste riunite ad angolo e quelle che terminano alla commessura, come nel precedente esemplare. La diversità nella disposizione degli ornamenti non ha certo un valore specifico, presentandosi, come è stato detto anche nelle valve opposte dello stesso esemplare. La forma del contorno dei nostri esemplari, specialmente di quello minore (Tav. XXV [I], fig. 1,5), alquanto meno arrotondata degli esemplari boemi, fa sempre più avvicinare la specie in discussione alla Ent. dimidiata BArR., da cui però rimane ben distinta per le coste assai più spiccate. i) Successivamente (1873, 7. c. în syn., pag. 413, 414) lo stesso Rupert Jones diede una nuova diagnosi del ge- nere, comprendendovi anche le forme con valve ornate da strie, uniformandosi perciò a quanto aveva osservato il BARRANDE nel 1872 (2. c. în syn., pag. 513). Da ultimo una più dettagliata diagnosi fu data nella monografia « Of the British fossil Bivalved Entomostraca from the Carboniferous formations » dei prof. Rup. Jones, JAM. W. KIRKBY e Grorc® S. Brapy inserita nel vol. XXXVIII della Palaeontographical Society (1884), pag. 83, 84. [9] M. CANAVARI 195 Il BarRANpE (1. c. in syn., pag. 515) avvertì anche la grande analogia che esiste fra la descritta Ent. migrans BARR. e la specie devoniana Ent. serratostriata SANDB. sp. > Il solco mediano non perfet- tamente diritto, ma negli esemplari di Sardegna con un indizio di curvatura, aumenta tale analogia; anche la forma del contorno è nelle due specie molto vicina, quando particolarmente si paragoni la fi- gura del nostro esemplare minore (eseguita con l’aiuto della camera chiara) con quella data dal RoEMER per l’ esemplare germanico di Ecksberge ®. Il medesimo carattere degli ornamenti distingue poi la Ent. migrans BARR. anche da tutte le altre specie devoniane provviste di costicine, quali sono ad esempio Ent. tenella Ricam. sp., Ent. labyrinthica Ricum. sp., Ent. gyrata Ricut. sp. ® ed Ent. variostriata Cu. Ricordiamo da ultimo che oggi è la prima volta che 1’ Ent. migrans BARR. viene citata nei terreni siluriani al di fuori della Boemia, ove si trova nel Siluriano superiore Fe, e Fe, ed anche, secondo sempre il BARRANDE, nella cosidetta da lui colonia d’Arehiace chiusa nella zona d; del piano D. 2. Entomis Lamarmorai n. f. — Tav. XXV [I] fig. 3-5. Riunisco sotto lo stesso nome di E. Lamarmorai parecchi esemplari di piccoli Ostracodi che pur avendo Sandissima somiglianza con la specie precedentemente descritta, ne differiscono per le coste più irregolar- mente disposte, molto più sottili e perciò anche più numerose. Il prof. UrLI& che ebbe la cortesia di con- frontare uno di questi esemplari con gli originali di Ent. migrans di BARRANDE, oltre le dette differenze ne avvertì altre nel decorso e nella posizione del solco, più curvato e più spostato anteriormente nella forma italiana che non in quella boema. Se però, come io credo, gli esemplari delle fig. 1, 2 (Tav. XXV [I]) devono riferirsi alla E. migrans BARR., queste ultime differenze non esisterebbero o sarebbero molto meno sensibili. Le dimensioni degli esemplari figurati sono, con moltissima approssimazione, le seguenti: Fig. 8 Fig. 4 Fig. 5 Lunghezza . 6 5 ; 7 . mm. 3,0 mm. 3,3 mm. 3,2 Larghezza . 5 È c c 205 DIGO » 2 Spessore . ? ò 0 c o c _ — DIO Poco differiscono perciò da quelli dell’ Ent. migrans, e come questi sono assai variabili nelle propor- zioni e nella forma del contorno. Presentano anche una certa variabilità nella convessità delle valve e mentre ve ne sono alcuni più o meno arrotondati, altri invece sono alquanto compressi verso il contorno superiore o dorsale, e visti dalla parte posteriore assumono la forma espressa nella fig. 5 e (Tav. XXV [I]). Una qualche analogia, specialmente per la tenuità delle costicine, la nostra specie ha con 1’ Ent. di- midiata Barr. Infatti questa specie, secondo l’autore, ha ornamenti simili all’ Ent. migrans BARR., ma meno i) Gupo u. FRIDOLIN SANDBERGER, Die Versteinerungen des rheinischen Schichtensystems in Nassau, pag. 4, tav. I, fig. 2. Wiesbaden, 1850-1856. 2) Ap, RoEMER. Beîtr. zur geol. Kenntn. des nordw. Harzgeb., pag. 42, tav. VI, fig. 15 a. 3) R. RicaTER. Devon. Entom. in Thiringen. Zeitschr. d. D. geolog. Gesellsch., vol. XXI, pag. 768, 769, tav. XX, fig. 11-14. Berlin, 1879; — T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XIII. Entomis serrato- striata a oth. of the so-call. Cypridinen of the Dev. Sch. of Germany. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. IV, pag. 182-187, tav. XI. London, 1879. 4 J. M. CLARcKE. Veber deutsche oberdev. Crust. L. c., pag. 184, tav. IV, fig. 3. 196 M. CANAVARI [10] spiccati "; se ne distingue però per la minore gibbosità della estremità caudale e per il decorso e forma del solco decisamente curvato e leggermente spostato anteriormente. Altra specie vicina alla descritta per la irregolarità degli ornamenti e per l'andamento del solco è forse 1 Ent. migratoria Gir. degli scisti con Cardiola interrupta Sow. di Niestachow in Polonia ?. Non è possibile istituire con essa ulteriori confronti perchè dall’autore non fu figurata. La specie è molto più frequente dell’Ent. migrans BARR., e numerose valve si vedono sopra pezzi dei calcari neri di Xea S. Antonio. Non sempre fu possibile di estrarne esemplari interi e ben conservati come quello della fig. 5 (Tav. XXV [I]). 3. Entomis n. f.? — Tav. XXV [I], fig. 6. Un piccolo esemplare di Ertomis conservato solo nella sua valva destra presenta così nel contorno come negii ornamenti ed anche nel decorso del solco mediano caratteri assai spiccati. Non avendone però trovati altri simili nelricchissimo materiale studiato io non mi sento autorizzato a proporre un nome nuovo. Il margine cardinale (dorsale) è più diritto di quello delle due specie precedentemente ricordate, in avanti e indietro la conchiglia è meno arrotondata, il soleo meno curvo sul fianco e più piegato in avanti verso la regione cardinale. Le costicine, sottili, concentriche all’andamento del contorno, sono limitate in numero di quattro, verso le regioni marginali ventrale, superiore e inferiore, e nel restante la conchiglia appare liscia 0, come sembra, leggermente scabra. Verso il margine dorsale le costicine sono poco spiccate e sva- niscono prima di arrivare al solco. L'unico esemplare descritto e figurato ha queste misure: Lunghezza . . 0 à b 5 6 d . È 5 È . mm. 1,7 Larghezza . Ò ò . . . . Ò ; o Ò . ” »aginl Esso fu completamente isolato dalla roccia. 4. Entomis Meneghinii n. f. — Tav. XXV [I], fig. 7-11. Questa specie è molto frequente nei calcari neri di Xea S. Antonio; alcuni pezzi di roccia ne sono completamente ripieni. Parecchi esemplari furono bene isolati, tra i quali, quelli figurati, hanno le seguenti dimensioni approssimative : Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 Fig. 11 Lunghezza . È mino mm. 1,6 mm. 1,6 mm. 2 mm. 2,8 Larghezza . . 5 DI RIIÌ I Di >» 1,5 » 1,8 Spessore. ” , SII _ Dci DANNO » 1,8 Per la forma del contorno, la conchiglia ricorda assai la varietà meno allungata dell’ Ent. migrans BARR.; il decorso però del solco ne è assai diverso. Esso, come si vede specialmente in tutti gli esemplari figurati, piega fortemente quasi a gomito presso il margine superiore e si protende sui fianchi per oltre i due terzi della i) J.BARRANDE. Syst. su. ecc. Suppl. au vol. I, pag. 513. 2) G. Giirica. Das Palaeozoicum im polnische Mittelgebìrge. Verhand. d. russ.-kais. mineral. Gesellsch. zu St. Petersburg. Zw. S., XXXII Bd., pag. 374. St. Petersburg, 1896. [11] M. CANAVARI 197 larghezza e termina con una depressione arrotondata. Nella commessura delle valve i solchi opposti si as- sottigliano molto, e la loro riunione avviene verso la parte anteriore ad un quarto circa, od anche meno, della lunghezza totale della conchiglia; posteriormente poi la commessura delle valve presenta una depres- sione allungata a guisa di vulva (Tav. XXV [I], fig. 76, 10c, 116). Il massimo spessore cade nella parte posteriore del solco in corrispondenza della piegatura a gomito del solco stesso, dove si ha una specie di rilievo più spiccato negli esemplari di maggiore sviluppo. La superficie delle valve appare, anche ad occhio nudo, scabra per irregolari e numerose depressioni. Solo in alcuni esemplari, come è il caso per quello della fig. 9 (Tav. XXV [I]), le valve sembrano lisce, per tutti gli altri caratteri si ha corrispondenza com- pleta con quelli aventi la superficie scabra. Lo spessore del guscio, in tutti gli esemplari ove fu possibile riconoscerlo, appare abbastanza notevole proporzionatamente alla grandezza loro. L’esemplare della fig. 8 (Tav. XXV [I] ha le due valve aperte ed è di forma un poco più allun- gata degli altri. La specie, a parere anche del KrausE che ne ebbe in esame un esemplare, presenta qualche somi- glianza con l’Ent. madisonensis ULRICA del gruppo Cincinnati presso Madison, Ind. (Siluriano inferiore). Ne diversifica essenzialmente per il margine superiore o dorsale meno rettilineo, e per l'andamento del contorno così verso la parte ventrale come nelle estremità caudale e cefalica. 5. Entomis Ichnusae Can. — Tav. XXV [I], fig. 12. 1899. Entomis Ichnusae Canavari. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc, nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 151. Non sono molto certo per asserire che gli esemplari i quali riunisco adesso sotto lo stesso nome sieno da considerarsi effettivamente diversi dalla specie precedente, in associazione della quale si trovano abbondantissimi su gli stessi pezzi di calcari neri di Xea Sant'Antonio. L’esemplare figurato nella Tav. XXV [I], fig. 12 è una delle forme estreme della serie esaminata, e quindi le differenze con 1’ Ent. Meneghinii CAN. apparirebbero molto evidenti. Le sue dimensioni sono: Lunghezza. Ù n . ò 0 o ò . . - c È mm. 3 Larghezza . . o - . : o 7 . . x - ò » 2 Spessore . 5 5 ò 6 0 . È È 7 6 É 5 DIO, La forma della conchiglia più allungata e quindi l’ altezza in proporzione più piccola, la spiccata sua insenatura verso la metà del margine dorsale, l'andamento più regolare del solco, la piccola depressione dei fianchi nella parte caudale (Tav. XXV [I], fig. 124), e sopra tutto la presenza di un rilievo o tuber- colo anteriormente al solco e in vicinanza del contorno dorsale, sono altrettanti caratteri che la distin- guono molto bene dalla specie precedente. Ho osservati però parecchi esemplari che nella convessità delle valve e nella forma del contorno si confondono completamente con l’ Ent. Meneghini CAN. Come carat- tere essenziale rimarrebbe la presenza del tubercolo, ma questo talvolta è così poco sviluppato che ap- pena è dato avvertirlo. Quando il guscio manca, allora, nel modello interno restante, la protuberanza 4) E.O. ULRICH. New a. little known American Palaeozoic Ostracoda. The Journ. of the Cincinnati Soc. of Nat. History, vol. XIII, pag. 107, tav. VII, fig. 12. Cincinnati, 1890. 198 M. CANAVARI [12] appare molto più evidente. La superficie delle valve è scabra e presenta piccolissime depressioni disposte quasi a reticolo, identiche con quelle che osservansi nella specie precedente. Nella commessura dorsale, anteriormente e posteriormente alla riunione dei solchi opposti, si hanno due depressioni allungate a forma di vulva (Tav. XXV [I], fig. 120). L’ Ent. Ichmusae CAN. con protuberanza evidente ha molta somiglianza con 1’ Ent. pelagica BARR. di Konieprus. Questa specie però è molto più grande, ha tubercolo assai più sviluppato, meno marginale e tutt'altro carattere nell’ andamento del solco. Tali differenze furono anche avvertite dal prof. UnLIG che ebbe la cortesia di confrontare direttamente un esemplare di Sardegna con l’originale di Ent. pelagica Barr. (=? Ent. tuberosa Jones ) esistente nel Museo di Praga. Inoltre poi il guscio della stessa Lt. pelagica, secondo BARRANDE 2, “ paraît lisse sur tous les exemplaires et se distingue par une grande tenuité ,. Tutti gli esemplari invece dell’ Ent. IeRnusae Can. hanno superficie scabra e lo spessore delle valve è relativamente piuttosto grande. 6. Entomis Zoppii Can. — Tav. XXV [I], fig. 13. 1899. Entomis Zoppii Canavari. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 152. Questa specie è caratterizzata per la forma del contorno delle valve nel margine dorsale quasi retti- lineo od un poco depresso e nel margine ventrale curvato in modo però che la massima altezza si trova prossima all’estremità caudale la quale perciò è assai più ampia dell’opposta cefalica (Tav. XXV [I], fig. 13,0). Il solco, non molto profondo, comincia circa al quarto anteriore della lunghezza della conchi- glia (Tav. XXV [I], fig. 136) e si prolunga su ambedue le valve per i due terzi dell’altezza e gradata- mente diminuisce di lunghezza e di profondità. Il suo decorso è manifestamente arcuato con convessità posteriore ed è sempre spostato verso la regione cefalica. Il massimo spessore della conchiglia si trova posteriormente al termine del solco, dove si ha come una specie d’ingrossamento preceduto da leggera depressione; la convessità delle valve diminuisce più rapidamente verso l'estremità cefalica che non verso quella caudale, e quindi la conchiglia è molto più attenuata anteriormente, che non posteriormente (Tav. XXV [I], fig. 13c, d). La commessura dorsale delle valve presenta una depressione allungata a forma di vulva in dietro alla riunione dei solchi (Tav. XXV [I], fig. 136); la commessura presso la regione cau- dale si trova in una specie di depressione delle valve stesse. La superficie appare del tutto liscia ed il guscio relativamente non tanto sottile. L’esemplare figurato è il maggiore di quelli esaminati e riferiti alla stessa specie; le sue dimensioni sono le seguenti: Lunghezza . 3 : i Ò : ” ò È 5 . x . mm. 2,5 Larghezza . . . c 3 c o c 6 " o o pred) Spessore . . È o 3 5 E . ; , : i FLARAELNO i) T. Rup. JonES. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XVIII. Some Sp. of the Entomididae. Ann. a. Mag. of. Nat. History, ser. V, vol. XIV, pag. 391, tav. XV, fig. 1. London, 1884. 2) J. BARRANDE. Syst. silurien du centre de la Bohéme. Supplément au Vol. I, pag. 515. Prague, 1872. [13] M. CANAVARI 199 Rimanendo costante la posizione e forma del solco e l’andamento dello spessore delle valve, gli esemplari variano un poco nella forma del contorno, il quale non è sempre così spiccatamente asimme- trico nelle due estremità cefalica e caudale come nell’ esemplare figurato. La specie di Entomis che più di ogni altra si avvicina all’ Ent. Zoppi CAN. è quella del Siluriano superiore della Gozia (?) che fu figurata dall’AneELIN (fig. 10) in una tavola (Tab. A) di Ostracodi, pre- sumibilmente tutti svedesi, ch’egli poi non potè descrivere ®. La detta figura venne in seguito riprodotta dal Rue. JonEs, il quale ne diede una particolareggiata descrizione e la indicò con il nome di Ent. Aw- gelini ?. La specie di Sardegna si distingue da questa per essere di dimensioni più piccole e soprattutto per il maggior sviluppo e per la posizione del solco spostato verso la regione cefalica. Altra specie pros- sima alla descritta è l’Ent. reniformis Kotm. sp. 3, la quale però diversifica per avere un altro andamento nel decorso del solco e per essere più attenuata nella regione caudale che non in quella cefalica e per la sottile granulazione della superficie. 7. Entomis subreniformis n. f. — Tav. XXV [I], fig. 14. Piccola forma di Entomis, molto vicina alla precedente, dalla quale diversifica per il decorso meno arcuato dei solchi i quali cominciano presso la commessura, un poco beante, e poi fanno una brusca pie- gatura quasi ad angolo. Si prolungano per oltre la metà dell’altezza delle valve e con una irregolare curvatura terminano in una depressione arrotondata poco appariscente e delimitata anteriormente da pic- colissimo rilievo a guisa di tubercolo visibile solo sotto favorevoli incidenze di luce e un poco più spiccata sulla valva destra (Tav. XXV [I], fig. 14). Le valve sono regolarmente convesse e non presentano traccia di quella depressione avvertita specialmente nella metà caudale dell’ Ent. Zoppii CAN., e le due estremità anteriore e posteriore sono quasi egualmente curvate ed il contorno ventrale è quasi simmetrico. Il mas- simo spessore cade posteriormente al solco e la riunione delle valve avviene sotto un angolo più acuto nella parte posteriore che non in quella anteriore, sicchè la conchiglia veduta dalla parte dorsale (o ven- trale) (Tav. XXV [I], fig. 148) è più appuntita nella regione caudale e meno in quella cefalica. La super- ficie delle valve, anche con una lente a mano, appare ornata da minute depressioni circolari o quasi che ricordano quelle dell’ Ent. IeRnusae Can. Anche per tale carattere diversifica dunque dall’Ent. Zoppi CAN. Le dimensioni dell'esemplare figurato sono approssimativamente le seguenti: Lunghezza . È . . . ò i o . c 0 . gi ara Io) Larghezza . : c s o - o ° o 6 6 o TO Spessore . 5 . . È c © - o . " , i 52 La nuova forma ricorda poi grandemente l’ Ent. rewiformis Korm. sp. 4 del Siluriano di Wisby (Gozia) dalla quale si distingue per l'andamento del solco e per la sua depressione finale e per avere la maggiore 4) Questa tavola si trova inserita in una copia della « Palaeontologia scandinavica, auctore N. B. AnceELIN. P. I Crustacea formationis transitionis. Fasc. I et II, Holmiae, 1878 » esistente nella biblioteca del Museo geologico di Pisa. 2) T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoice Bivalv. Entomostraca. No. XVIII. Some Sp. of the Entomididae. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. XIV, pag. 395, tav. XV, fig. 14. London, 1884. 3) K. KoLmopin. Ostracoda Silurica Gotlandiae. Ofvers. af Kongl. Vetensk. Akad. Féòrhandl., vol. XXXVI, pag. 135, tav. XIX, fig. 2. Stockholm, 1897-80. — Vedi anche: T. Rup. Jones. Notes on the Palacozoic Bivalv. En- tomostraca. No. XVIII. Some Sp. ecc. L. c.; pag. 396, tav. XV, fig. 22. 4) L. KoLmopin. Ostracoda Silurica Gotlandiae. L. c., pag. 135, tav. XIX, fig. 2. 200 M. CANAVARI [14] convessità delle valve posteriormente e non anteriormente ai solchi, in modo che la conchiglia, veduta dalla parte dorsale (o ventrale), assume una forma del tutto differente. Per gli ornamenti le due specie sembrano molto somiglianti. 8. Entomis (?) amygdaloides n. f. — Tav. XXV [I], fig. 15-17. Riferisco con dubbio al genere Entomis alcuni piccoli Ostracodi che nella forma del contorno e nel modo di convessità delle valve potrebbero scambiarsi con 1’ Ent. subreniformis CAN. precedentemente de- scritta. Da questa differiscono per il margine dorsale più spiccatamente rettilineo e sopra tutto per il molto minore sviluppo del solco, ridotto ad una piccolissima incisione che si prolunga sulle valve per appena un terzo della loro altezza. Gli esemplari figurati hanno le seguenti dimensioni: Fig. 15 Fig. 16 Fig. 17 Lunghezza . 6 3 c . . mm. 1,5 mm. 1,7 mm. 2 Larghezza 0 2 . . , So ILIÌ DIS > dd Spessore . c : 5 z . ceo RR ONS DANNI: SILA Per le piccole dimensioni, per il poco sviluppo del solco e per l’andamento del margine dorsale, quasi rettilineo, la specie ha grandissima analogia col genere Primitia, al quale sarei stato propenso rife- rirla se non ne fossi stato rattenuto dalla sua notevole somiglianza con la ricordata Ent. subreniformis Can., che veramente mi sembra appartenere al genere Entomis. 9. Entomis (?) parvula n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 1,2. Tra gli ostracodi siluriani di Xea S. Antonio se ne trovano alcuni molto piccoli che appena superano la lunghezza di un millimetro e che per il solco assai ridotto presentano notevole somiglianza con 1° Ent. (?) amygdaloides CAN. I due esemplari figurati hanno le seguenti dimensioni: Fig. 1 Fig. 2 Lunghezza . : . - ò 0 dl c . mm. 0,8 mm. 1,2 Larghezza . ò c 6 È 0 o ; . DIOR) » 0,75 Spessore . ; . È . . " c È » 0,65 » 0,75 Differiscono dalla specie precedentemente descritta per la posizione del solco quasi centrale e non spostato anteriormente, e per la forma del contorno meno arrotondato nelle due estremità cefalica e caudale. L’esemplare più piccolo relativamente è alquanto più gibboso dell’ altro. Anche per questa forma rimane dubbio il riferimento al genere Entomis per le stesse considerazioni esposte nella descrizione dell’ Ent. (?) amygdaloides CAN. [15] M. CANAVARI 201 10. Entomis (?) f. ind. — Tav. XXV [I], fig. 18. E questa una piccolissima forma di Entfomis (?), benissimo conservata, che ha le seguenti dimensioni: approssimative : Larghezza . Ò o 0 . o . : . b 0 5 mm. 0,8 Lunghezza . o ò 0 0 6 . o 9 0 o 6 » 0,5 Spessore b b 0 à È c 0 0 3 5 5 ò » 0,52 La forma del contorno, veduta dai lati, è quasi identica, salvo naturalmente le dimensioni minori, a quella del grande esemplare figurato di Ent. Ichnusae Can. (Tav. XXV [I], fig. 11,0). La supposi- zione che possa essere un giovanissimo esemplare di quella specie è esclusa dal fatto che 1’ Ent. JeRnusae Can., anche negli esemplari di un millimetro o poco più di lunghezza, ha il solco sempre assai evidente e sviluppato. La forma invece in esame ha i solchi ridotti a due piccole depressioni che si seguono per circa un terzo dell’altezza delle valve; si avvicina perciò alle due precedentemente descritte: Ent. (2) subreniformis Can. ed Ent. (?) amygdaloides CAN. e quindi del pari a queste rimane incerta la sua posi- zione generica. Diversifica da ambedue per la forma più allungata delle valve e per l'andamento della curvatura nelle due estremità caudale e cefalica. Il descritto esemplare ricorda assai alcune Primitiae paleozoiche e più particolarmente la Pr. mun- dula Jon. del Siluriano superiore del Capo Bon-Ami nell'America settentrionale. Manca però ad esso il carattere del genere relativo al margine dorsale non diritto e alla riunione di esso con le due estremità anteriore e posteriore in linea curva e non in linea angolosa. Un’ altra specie, appartenente ad un genere diverso, che potrebbe citarsi a titolo di qualche con- fronto per la forma e 1’ Elpe Tyrrellii Jox. ® del Devoniano del Canadà. Questa diversifica però per la mancanza di qualunque traccia del solco, e per essere un poco più assottigliata nella parte anteriore. 11. Entomis (?) pteroides Can. — Tav. XXVI [II], fig. 3-5. 1899. Entomis pieroides CanavariI. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 151. Non sono rari nei calcari neri siluriani di Xea S. Antonio alcuni piccoli crostacei, conservati sempre in valve isolate, più o meno deficienti, sulla cui posizione sistematica io sono molto incerto. I tre esemplari figurati hanno le seguenti dimensioni: Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5 Lunghezza . : : È : . mm. 2,9 mm. 3 mm. 3,5 Larghezza . 0 7 : o o » 2,2 DIDO, » 3 Spessore. 7 . . : 5 VISO > 2,2 » 2,5 i) T. Rup. Joxes. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXVII. On some North-American (Canadian) Species. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. VI, vol. III, pag. 378, tav. XVII, fig. 1. London, 1889. 2) T. Rup. Jowxes. Contributions to Canadian Micro-pal. P. III. Geol. a. Nat. Hist. Survey of Canada, pag. 93, fig. 8. Montreal, 1891. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 25 202 M. CANAVARI [16] Altri più piccoli arrivano appena alla lunghezza di mm. 1,5. Tutte le valve si presentano non molto convesse, di forma quasi semicircolare un poco allungata e con il margine dorsale (cardinale) diritto (Tav. XXVI [II], fig. 34) o leggermente convesso (Tav. XXVI [II], fig. 4@) e un poco più corto della lunghezza totale delle valve stesse. I margini anteriore e poste- riore sono arrotondati e riuniti con quello dorsale ad angolo come avviene, per es., nel genere Leper- ditia. Il solco, simile a quello delle comuni Ertomis, è un poco spostato anteriormente ed alquanto con- vesso. Esso si prolunga per circa la metà dell'altezza della valva ed è seguito poi da una specie di depressione che arriva sino al margine ventrale. Presso il termine di tale depressione s’innalza una piccola cresta assai spiccata diretta all’indietro, un poco obliquamente al margine ventrale, e lunga circa la metà dello spazio posteriore al solco submediano. Tale cresta rapidamente si deprime e svanisce; nel suo prin- cipio il margine ventrale si protende in modo più o meno accentuato, secondo i diversi esemplari. Quando ogni valva si guarda dalla regione ventrale si presenta, tra la cresta e la linea marginale nella parte posteriore, una piccola area un poco depressa di forma subtriangolare (Tav. XXVI [II], fig. 30). Gli ornamenti di questa specie sono molto caratteristici: consistono in costicine un poco ondulose e talvolta dicotome, che seguendo l'andamento del contorno gradatamente svaniscono o sono appena discer- nibili verso la parte centrale delle valve; nella regione antero-ventrale le dette costicine sembrano arre- starsi alla sottile cresta, e ricompaiono subito dopo, bruscamente piegate all’ingiù, nella piccola area della regione caudale interposta tra la cresta stessa ed il margine, e, o scempie, o riunite irregolarmente a due a due, vanno a fondersi con le altre costicine marginali della regione ventrale. Queste, in numero di tre o quattro, possono paragonarsi a piccoli cordoncini; uno, abbastanza sviluppato, corrisponde al margine ventrale poi ne segue uno più piccolo, indi un altro grande come il primo (Tav. XXVI [II], fig. 3a, 4a, 5a). Nessuna traccia di prominenze o tubercoli è manifesta nella superficie delle valve. L'andamento rettilineo del margine dorsale avvicina la specie in discussione più al gen. Primitia che non al gen. Entomis. A questo però strettamente si collega per la presenza e forma del solco sub- mediano. Del resto è bene di avvertire che, anche secondo l'autorevole parere del Jones, il KrAUSE riferì alle Ertomis una specie siluriana, Ent. sigma KR., la quale ha margine dorsale rettilineo come nella nuova specie di Sardegna !). Per la presenza della piccola cresta 1’ Ent. (2) pteroides Can. presenta qualche analogia con alcune specie del genere Bollia, per esempio con la Bollia auricularis Jow. ®, come pure lontanamente può ri- cordare alcune Xirkbyae carbonifere ?). Una singolarissima affinità la Ent. (?) pteroides Can. presenta poi nella forma del contorno e negli ornamenti con alcuni crostacei appartenenti ad un ordine del tutto diverso a quello degli Ostracodi, e cioè alle PhyMocaridae, e più particolarmente al genere Ptychocaris Nov. Le specie però di questo ge- nere hanno le valve sempre di maggiori dimensioni, ed inoltre presentano alcuni gruppi di protuberanze che mancano completamente nella specie di Sardegna, e quindi ritengo che le somiglianze ricordate, dovute i) A. Krause. Ueber Beyrichien und verwandte Ostracoden in untersilurischen Geschieben. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., Bd. 41, pag. 12, 13, tav. I, fig. 11, 12, 13. Berlin, 1889. 2) T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXIV. On some Silurian Genera a. Species (contin.). Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. XIX, pag. 408, tav. XIII, fig. 10. London, 1887. 3) T. Rur. Jones. Id. No. XIX. On Some carboniferous Sp. of the Ostracodous Gen. Kirkbya. L. c., ser. 5, vol. 15, pag. 174. London, 1885. 4 OrTM. NovAK. Nouveau Crustacé Phyllocaride de l’étage F-f,, en Bohéme. Aus d. Sitzungsber. d. k. bòhm. Ge- sellsch. d. Wissensch. Jahrg. 1885. Prag, 1885. [17] M. CANAVARI 203 più che altro a fenomeni di ricorrenza nella forma esteriore, non possano mettere in dubbio il riferimento di essa agli Ostracodi. Può rimaner solo qualche incertezza riguardo al genere; ma in ogni modo è con il gen. Entomis che trova le maggiori corrispondenze. Se poi dalle Entomis si dovessero separare come nuovo sottogenere le forme con margine dorsale rettilineo, allora la specie descritta dovrebbe aggrup- parsi con la ricordata Ent. sigma KR. III. Gen. Kloedenia Joxes, 1886 ”. 1. Kloedenia Lovisatoi n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 13. 1899. Beyrichia (Kloedenia) sp. aff. KI. Wilckensiana Jos. CanavarIi. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 152. Assai frequente si trova nei calcari neri siluriani di Xea S. Antonio un altro piccolo Ostracode che appartiene a quel gruppo speciale considerato dapprima dal Joxes come Leyrichiae corrugatae ® e per il quale successivamente fu da lui proposto il nome generico Aloedenia. Tipo di tale gruppo è la A. W- ckensiana Jon.® A questa è assai prossima la nuova specie di Sardegna che io intitolo all’ egregio amico e collega prof. Lovisato di Cagliari. L’esemplare figurato ha le seguenti dimensioni: Lunghezza . 6 . c x 005 ò . 0 È 0 mm. 1,5 Larghezza . . 5 , , c c 5 . c c 5 i alal Spessore ò . . c 5 . . È . . - 5 » 0,75 Altri esemplari egualmente isolati e con le due valve ben conservate, hanno presso a poco le stesse dimensioni di quello figurato o ne differiscono solo di qualche decimo di millimetro in meno. La specie è equivalve, un poco inequilaterale con il margine dorsale diritto, più corto della larghezza delle valve, e con quello ventrale assai arcuato e con la maggiore convessità verso la regione caudale; anteriormente quindi le valve hanno il contorno laterale più ristretto di quello posteriore. Veduta da una delle parti, dorsale o ventrale, ha una forma ovale-allungata. I tre rilievi cefalico, centrale e caudale, sono pochissimo accentuati; i due solchi che li delimitano sono perciò poco profondi; quello precentrale è alquanto piegato in avanti ed un poco più di quello posteriore #; ambedue cominciano presso 1’ orlo marginale dorsale e si prolungano per circa la metà della larghezza delle valve. Anteriormente al piccolo lobo cefalico e presso l’angolo di riunione del contorno dorsale con quello anteriore, l’orlo marginale è meglio che altrove evidente per la presenza di una spiccata depressione a guisa di solco. Dalla parte dorsale i lobi sono nettamente visibili (Tav. XXVI [II], fig. 136), da quella ventrale sono appena indicati i rilievi ad essi corrispondenti (Tav. XXVI [II], fig. 13d). i) T. Rup. Jones. Notes on the Palacozoice Bivalv. Entomostraca. No. XX. On the genus Beyrichia a. some new Species. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. XVIII, pag. 247. London, 1886. 2) T. Rup. Joxnes. Id. No. I. Some Species of Beyrichia from the upper Silur. limest. of Scandinavia. L. c., ser. II, vol. XVI, pag. 85, 89, 90. London, 1855. 3 T. Rup. Jones. I0. No. I. Some Sp. ecc. L. c., pag. 98, tav. V, fig. 17, 18. 4 Per la nomenclatura di tali particolarità si veda: G. ReuTER. Die Beyrichien der obersilur. Diluvialgesch. Ostpreussens. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., 37 Bd., pag. 631. Berlin, 1885. 204 M. CANAVARI [18] Il prof. KraUSsE, che ebbe in esame un esemplare della specie descritta, mi fece osservare che diver- sifica specificamente dagli esemplari della XX. Waekensiana Jon., frequentissimi nel Diluvium della Ger- mania settentrionale e da lui già descritti *), oltre che nella minore grandezza, anche per il lobo mediano assai meno spiccato, per il solco mediano (precentrale) più obliquo, e per l’orlo marginale ventrale molto meno depresso, in modo che, da questa parte, le valve assumono tutt’altra apparenza. Io stesso ho po- tuto constatare queste differenze, perchè il prof. KrauUsE volle cortesemente mandarmi alcune valve ben conservate della detta Al. WWckensiana Jon. i Altre specie affini alla nuova di Sardegna sono: KI. pennsylvanica Jon. ® e KI. notata Haux ®. La prima di queste, un poco più piccola, ha il contorno differente e il lobo centrale sempre alquanto più sviluppato; la seconda, quasi della stessa grandezza, ha il margine postero-dorsale meno arrotondato ed il lobo anteriore alquanto più grande. In ogni modo è con alcuni esemplari di questa specie dei calcari con Tentaculiti del Siluriano superiore dello Stato di New-York che la A. Lovisatoi CAN. ha le più grandi analogie. Tutti gli esemplari esaminati presentano gli stessi caratteri e non è stata avvertita in essi nessuna differenza sessuale. 2. Kloedenia f. ind. — Tav. XXVI [II], fig. 14. Sopra piccoli frammenti di roccia si trovano aderenti alcune valve di un’altra A/oederia, una delle quali, la maggiore, è quella figurata ed ha le seguenti dimensioni: Lunghezza . . 6 6 5 . ò b . 6 , , mm. 1,7 Larghezza , ò Ò 6 . 0 " d È } : : dali La specie diversifica dalla precedente nel maggior sviluppo del lobo centrale, nel decorso dei solchi non obliquo ma perpendicolare alla linea dorsale, e nella presenza di un indizio di un altro solco nel lobo caudale. Per la grandezza e forma del lobo centrale e l'andamento dei solchi essa è del tutto simile alla Al. Wickensiana Jox.; in una sola delle valve conservate è visibile in parte l’orlo marginale della regione ventrale ed è molto probabile perciò che si tratti veramente di questa specie. L’indizio del solco sul lobo caudale è più manifesto in un esemplare non figurato, per essere posteriormente un poco meglio conservato. IV. Gen. Cypridina Mirns-Epw., 1837. 1. Cypridina tyrrhenica n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 10-12. 1899. Cypridina sp. aff. O. Tosterupi Mos. CanavarI. Ostracodi silur. della Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 152. i) A. Krause. Die Fauna der sogen. Beyrichien- und Choneten-Kalk des norddeutschen Diluvium. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., 29 Bd., pag. 35, tav. I, fig. 18. Berlin, 1877. ? T. Rup. Jones. Notes on the Palacozoic Bivalv. Entomostraca. No. IV. Some North American Species. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. III, vol. I, pag. 253, tav. X, fig. 16-18. London, 1858. 3) T. Rup. Jones. On some Palacozoie Ostracoda from North America, Wales a. Ireland. The Quart. Journ. of the Geol. Society, vol. XLVI, pag. 13, tav. IV, fig. 22, 23. London, 1896. [19] M. CANAVARI 205 Piccolo ostracode equivalve avente il contorno laterale di forma quasi obovale con la maggiore con- vessità nella regione ventrale anteriore; la parte posteriore più ristretta si presenta come troncata 0 subtroncata negli esemplari più grandi (Tav. XXVI [II], fig. 12), in quelli più piccoli invece alquanto arrotondata sempre però con un indizio di angolosità nella riunione di essa con il margine ventrale (Tav. XXVI [II], fig. 10, 11a,0); anteriormente sporge il piccolo apice un poco più avvicinato al margine ventrale che non al dorsale; sotto di esso manifestasi leggera depressione nella quale frammenti di roccia obliterano sempre l’apertura. Dalla parte dorsale, o ventrale, il contorno è ovale-allungato (Tav. XXVI [II], fig. 12c, d). La superficie delle valve appare indistintamente scabra forse per piccole depressioni. Questa specie è assai frequente nei calcari siluriani di Xea S. Antonio. Ne sono stati isolati parecchi esemplari incompleti rappresentati cioè da una sola valva, e dieci esemplari con le due valve riunite. L’esemplare della fig. 10, il più piccolo osservato, è un poco deficiente nella parte posteriore; quello della fig. 11 è completo, quello della fig. 12 rappresenta una valva destra delle più grandi, aderente ancora sulla roccia. Le dimensioni di essi sono le seguenti: Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12 Lunghezza. : 7 cia atm I mm. 2,5 mm. 4,5 Larghezza . . 5 . bi o alia »_2 » 3 Spessore . . . : eo SRO NT, Dino > 2,50) Il prof. Krause, che ebbe la cortesia di esaminare due esemplari della specie descritta, ne osservò la notevole somiglianza con la Cypr. Tosterupi MoB. del Siluriano della Scandinavia ”. Questa però ha la forma laterale del contorno più regolarmente arrotondata e l’apice meno avvicinato al margine ventrale. Con le altre poche specie di Cypridinae siluriane ? la nuova di Sardegna non presenta somiglianze note- voli; trova invece nella forma del contorno laterale grandi analogie con specie carbonifere dell’ Inghilterra, e più particolarmente con alcuni esemplari della Cypr. brevimentum Jox., K. et Br.) Da questa però diversifica per aver sempre il margine ventrale più spiccatamente convesso. V. Gen. Bolbozoe Barr., 1872 ‘. 1. Bolbozoe (?) bohemica Barr. — Tav. XXVI [II], fig. 15. 1872. Bolboxoe bohemica BarranpE. Syst. sil. du centre de la Boheme. Suppl. au Vol. I, pag. 502, tav. 27, fig. 14-20. 21896. Bolboxoe polonica Girica. Das Palacozoicum im polnischen Mittelgebirge. Verhandl, d. russ.-kais. mi- neral. Gesellsch. zu St. Petersburg. Ser. II, vol. XXXII, pag. 378, tav. XV, fig. 12. 1898. Cypridina (?) polonica Gir. Jones. On the foss. Cypridinidae a. some allied Ostracoda. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. VII, vol. I, pag. 339, 340, tav. XVII, fig. 16. 1899. Bolboxoe bohemica Barr. Canavari. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 152. 1) Jon. Car. MoBERG. Silurisk Posidonomyaskiffer en egend. utbildn. af Sk. bfversil. Sverig. geol. unders. Ser. C, No. 156, pag. 11, tav., fig. 4,5. Stockholm, 1895. 2) T. Rup. Jones. On the fossil Cypridinidae a. some allied Ostracoda. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. VI, vol. I, pag. 333. London, 1898. 3) T. Rup. Jones, J. W. KirkBy a. G. S. Brany. A Monogr. of the Br. foss. Bivalv. Entomostraca from the Carbon. form. Part. I, pag. 15, tav. II, fig. 17 e 18a. Palaeont. Soc., vol. XXVIII. London, 1874. 4 J. BARRANDE. Syst. silurien du centre de la Bohème. Supplément au Vol. I, pag. 500. Prague, 1872. 206 M. CANAVARI [20] Questa specie è rappresentata da parecchie valve tutte aderenti sulla roccia, delle quali la meglio conser- vata è quella figurata. La forma di esse è obovale e la loro convessità non è molto pronunciata. Nella parte anteriore o cefalica si trova la forte protuberanza gibbosa, semisferica, caratteristica, secondo Bar- RANDE, del genere, grandemente avvicinata verso il contorno che si ritiene dorsale. Questa protuberanza occupa circa un terzo della lunghezza totale delle valve; presso la sua base, e più spiccatamente verso la parte dorsale, presenta un manifesto restringimento; essa poi è separata dalla restante parte delle valve da una forte depressione concentrica, la quale però non ha un'ampiezza uniforme, ma è un poco allargata su di una piccola regione più prossima al margine ventrale che non al dorsale. In corrispondenza di questo allargamento si trova nel modello interno una specie di area tendente alla forma ellittica, che in parte rimonta anche sulla protuberanza, nella quale si vedono sottili e indecise costicine a guisa di due fasci radiali, uno diretto dal tubercolo verso la depressione, l’ altro in senso opposto, il cui numero non è determinabile esattamente. Su di un esemplare mancante della parte anteriore si contano nella serie posteriore circa 10-11 di tali costicine, molto corte, ma non tutte ugualmente lunghe. Il rilievo che de- limita posteriormente il soleo ha verso l’ estremità ventro-cefalica una piccola e ben distinta prominenza quasi simile ad uno sprone; mentre poi dalla parte dorsale la protuberanza sembra terminare con il margine, in quella anteriore alla protuberanza segue una piccola espansione la quale cessa nella metà antero-posteriore, così che si ha una specie di becco, il cui apice si riunisce poi con una linea concava alla prominenza su ricordata dell’estremità ventro-cefalica. Nella parte posteriore o caudale le valve pre- sentano una specie di lobo che, in prossimità del margine, ha sporgente una piccola e spiccatissima punta mediana, la quale si avverte in tutti gli esemplari esaminati. La parte mediana è separata dal rilievo caudale da un solco sigmoidale, inclinato verso la regione dorsale. La stessa parte mediana poi ha una leggiera depressione longitudinale non proprio centrale però, ma un poco avvicinata alla regione ventrale; essa viene così divisa in due parti ineguali, di cui quella verso il dorso è molto più grande dell’opposta ed alquanto più convessa. La superficie delle valve non è conservata bene in nessuno de’ miei esemplari, non si può dunque sapere quali ne fossero gli ornamenti, dato che esistessero. In un frammento di guscio aderente per la parte superiore nella roccia sembra di vedere una specie di punteggiatura, alla quale, sul modello interno, dovrebbe corrispondere una specie di granulazione. Dei molti esemplari esaminati, quattro, compreso quello figurato, debbono rapportarsi alla valva sinistra; essi furono cavati tutti dallo stesso pezzo di roccia; gli altri assai deficienti, cavati da un altro pezzo, rappresentano la valva destra. Le dimensioni di essi variano molto poco e la lunghezza delle valve oscilla fra gli 8 ed i 9 millimetri. L’esemplare figurato ha queste dimensioni : Lunghezza . 2 à . . a 0 : 0 È . c . mm. 9 Larghezza . a o c 3 o 5 o o È , 6 9) Spessore della sola valva . : ? - . a a 3 ò i 256) Dalla descrizione degli esemplari di Xea S.Antonio risulterebbe ch’essi diversificano da quelli di Boemia e sui quali dal BarranDE fu fondata la specie Bob. bohemica, per questi caratteri: a) Presenza dell’area di forma circolare provvista delle due serie accennate di corte e piccole costi- cine radiali in corrispondenza della espansione del solco che delimita posteriormente il lobo cefalico; b) Spiccata prominenza verso l'estremità ventro-cefalica del rilievo o lobo mediano che segue l’an- zidetto solco ; [21] M. CANAVARI 207 c) Presenza di una specie di corto apice verso la parte mediana del margine cefalico collegato in linea convessa col margine cefalo-dorsale, e in linea apparentemente concava cor quello cefalo-ventrale sino all’incontro della prominenza ricordata; d) Depressione mediana del lobo mediano. Le particolarità @), c) e forse anche d) si ritrovano del tutto identiche negli esemplari degli strati con Card. interrupta Sow. di Niestachow, Kleczanow, Zaksie e Brzezinki in Polonia, ” e servirono al GùRICH per proporre la nuova specie 500. polorica. Questo autore fece giustamente osservare che la particolarità a) non rappresenta altro che il posto di attacco dei muscoli adduttori, corrispondentemente a ciò che si osserva nelle specie viventi di Cypris; e ricordò che consimili cose si trovano in molte Cypridi- nidi, come per esempio nel genere Entomoconchus M ‘Coy ?. In conseguenza di ciò e se anche negli esem- plari boemi si constatasse la presenza dell’apice, egli aggiunge che sarebbe molto incerta la posizione del genere Bolbozoe nelle Leperditidae ®. Esso dovrebbe molto meglio porsi nelle Cypridinidae, tra le quali trova analogie, per lo sviluppo del lobo cefalico, nei generi per esempio Cypridella De Kown. e Cyprella DE Kox. Il Rup. Jones, l’eminente illustratore delle microfaune antiche di Ostracodi, prendendo in esame la specie del GùRICH, la riportò, con dubbio però, al genere Cypridina. Il prof. V. UrLIe di Praga ebbe la cortesia di mandarmi il modello in gesso di un esemplare della tipica Bolb. bohemica BARR.; da questo modello rilevo: la presenza della espansione del solco che delimita posteriormente il lobo cefalico, la qual cosa fa supporre probabilissima la presenza anche, su tale espan- sione, dell’impressione dei muscoli adduttori; la spiccata prominenza verso l’estremità ventro-cefalica del rilievo mediano e la depressione mediana del Iobo mediano. Nella parte anteriore, il modello essendo assai deficiente, non si vede l’apice: ma siccome per tutti gli altri caratteri corrisponde agli esemplari di Sar- degna così è logico il supporre che anco gli originali di Boemia ne sieno provvisti. Per tali considerazioni io ritengo che gli esemplari da me descritti sieno corrispondenti alla Bob. bohemica BARR., alla quale molto probabilmente devono pure riportarsi quelli del Siluriano di Polonia creduti dal GuùRrIcH specie diversa (Bolb. polonica). Stabilita la probabile sinonimia, rimane la questione relativa alla posizione generica della specie, se, cioè, si debba continuare a riferirla al gen. Bolbozoe o non piuttosto al gen. Cypridina, come propende- rebbe a credere Rup. Jowes. Io faccio osservare che in quasi tutti gli altri esemplari che descriverò tra poco, strettamente vicini per i caratteri esterni alle forme ascritte dal BARRANDE al genere Bolbozoe, si vedono l’area postero-ventrale nel solco posteriore al lobo cefalico, corrispondente all’impressione dei muscoli adduttori, in qualche caso anche manifesta (Tav. XXVI [II], fig. 17), ed una depressione marginale in senso trasverso antero-posteriore del lobo cefalico in relazione forse di una sottostante apertura simile a quella propria delle Cyprinidae per l’uscita delle antenne. Mentre perciò a questa famiglia dovrebbero essere riferiti i suddetti esemplari, non so se il genere Bolbozoe debba completamente cancellarsi per riportare le specie di esso al gen. Cypridina o a qualche genere affine a questo della stessa famiglia, o non piuttosto mantenersi, riunendovi tutte le forme silu- riane con lobo cefalico marginale e molto sviluppato, non esclusa quindi la £00. bohemica BARR. i) Op. cit. in sin. 2) T. Rup. Jones, J. W. Kirxey, a. G. S. Brapy. A Monogr. of the Brit. foss. Bilv. Entom. from the Carbon. form., pag. 50, tav. I, fig. 3d, 4d ece. Pal. Soc., vol. XXVIII. London, 1874. 3) Op. cit. in sin. 208 M. CANAVARI [22] 2. Bolbozoe (?) italica n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 16-18. Riunisco sotto lo stesso nome di Bob. (?) italica n. f. numerose valve di un altro piccolo Ostracode, tutte aderenti sulla roccia e più o meno incomplete. Sono caratterizzate dalla forma del contorno late- rale arrotondato-quadratico ed un poco più ristretto nella regione caudale e dalla presenza dell’ unico solco posteriore alla protuberanza cefalica. In tutte si osserva la caratteristica espansione del solco e nel- l'esemplare della fig. 17 (Tav. XXVI [II]) è pure visibile la parte inferiore dell'impronta muscolare. Risulta questa di sei piccoli rilievi costiformi, diretti un poco obliquamente all’ingiù e tra di loro quasi paralleli. La parte anteriore non è ben conservata in nessun esemplare, ma sembra in qualcheduno di scorgere traccia della sporgenza dell’apice; in tutti poi il tubercolo presso alla sua base anteriore pre- senta una depressione in direzione antero-ventrale, come si disse nella descrizione della Bob. (?) dohe- mica BARR. I tre esemplari figurati hanno le seguenti dimensioni: Fig. 16 Fig. 17 Fig. 18 Lunghezza . o . c . \ mm. 2,5 mm. 4,2 mm. 7,5 Larghezza . : 5 6 ò o Di I DINO DIDO Spessore della valva . ò , . DIRO: DIMAPLO » 2,4 La specie è molto frequente e gli esemplari oscillano nella grandezza tra i due delle fig. 16 e 17, mantenendosi più vicini a quello più piccolo; l’ esemplare della fig. 18 è unico per grandezza e differisce un poco per avere il lobo cefalico alquanto meno sviluppato. La specie è affine alla Bob. anomala BARR. ®, con la quale direttamente fu confrontata dal prof. UzLIG che ebbe in esame uno degli esemplari piccoli di Sardegna. Egli mi fece osservare che la forma boema ha una lunghezza di 8-9 millimetri, che l'originale barrandiano è più grande delle date figure, e che differisce da quella di Sardegna nel contorno laterale più ellittico e nel lobo cefalico più sviluppato e più alto. Per la forma subquadratica, un poco ristretta inferiormente, la Bol. (?) italica CAN. ricorda anche la Bolb. divisa Jon. ® del Siluriano superiore inglese; se ne distingue però per essere meno allungata, più convessa, e per il solco postcefalico assai più ampio e spiccato. 3. Bolbozoe (?) Capellini n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 19. Due esemplari, dei quali uno assai incompleto, rappresentano un’altra specie di Zo/bozoe (?) carat- terizzata per la poco convessità delle valve, e per il contorno di esse quasi semicircolare, con il lato dorsale pressochè rettilineo, e per il lobo cefalico non molto sporgente. Il solco posteriore a questo lobo è poco profondo e l'espansione di esso corrispondente all’impressione muscolare appena accennata. 1) J. BARRANDE. Syst. silurien du centre de la Bohéme. Suppl. au vol. I, pag. 501, tav. 24, fig. 27-30. Prague, 1872. 2 T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XVIII. Some Sp. of the Entomididae. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. XIV, pag. 401, tav. XV, fig. 4. London, 1884. [23] M. CANAVARI 209 L’esemplare figurato ha le seguenti misure: Lunghezza . - 6 ò G . 0 : ‘ 0 . . 6 mm. 5 Larghezza . . . 5 . 0 0 0 : 6 ò . , » 4 Spessore della valva . c o Ò : Ò E , à ò : » 2 Questa nuova specie è affine alla Bold. (?) Jonesì BARR. ®, dalla quale diversifica per lo sviluppo molto minore del lobo, e un poco anche per la forma del contorno meno ristretta nella parte caudale. 4. Bolbozoe (?) lanceolata n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 20. Un’ ultima specie di Bolbozoe (?), differente dalla precedentemente descritta, è rappresentata da al- cuni pochi esemplari, dei quali quello figurato ha le seguenti dimensioni: Lunghezza . 5 ò ò ò È . , : : Ò ò mm. 5,5 Larghezza i ò o . c 7 . 5 ò - a ò » 3 Spessore della valva. à 0 6 0 6 : ò E È Ò 5 La La forma laterale delle valve è subtriangolare allungata, con la punta nella estremità caudale. Il lobo cefalico, di diametro relativamente non grande, è assai rilevato e, secondo il solito, alquanto de- presso anteriormente all’ingiù nella direzione antero-ventrale. Il solco è poco profondo, ben manifesta però l’ espansione corrispondente all’ attacco muscolare. Nella parte mediana delle valve si presenta un indizio evidente di una piccola depressione trasversale sigmoidale, che dal lato dorsale, dove è più ma- nifesta, si dirige in quello ventrale, e lontanamente ricorda il solco che nella Bold. (?) dohemica BARR. delimita il rilievo mediano da quello caudale. Questa specie può essere paragonata solo con alcuni esemplari boemi, dal BARRANDE ritenuti forme giovanili della Bold. bohemica BARR., come per esempio con quello della tav. 27, fig. 154,0 ®; ne diversi- fica nelle dimensioni assai più grandi e nella forma più appuntita posteriormente. 4) J. BARRANDE. Syst. silurien du centre de la Bohème. Suppl. au vol. I, pag. 503, tav. 27, fig. 8 e tav. 31, fig. 4-6. Prague, 1872. 2 J. BarranDD. ,Syst. silur. ecc. L. c. INTRODUZ IONE . M. CANAVARI Descrizione delle specie Parte I. — Ostracoda I. Gen. Aparchites Rup. JoNES, 1889 1. Aparchites pygmaeus n.f. — Tav. XXVI [II], fig.6 . fig. 15-17 1,2 2. » Grecoi n.f. — Tav. XXVI [II], fig. 7-9 II. Gen. Entomis Rup. Jones, 1861. . 1. Entomis migrans Barr. — Tav. XXV [I], fig. 1,2 2. » Lamarmorai n.f. — Tav. XXV [I], fig. 3-5. 3 » n.f.? — Tav. XXV [I], fig. 6 4 » Meneghini n.f. — Tav. XXV [I], fig. 7-11 5 » Ichnusae CAN. — Tav. XXV [I], fig. 12 6. » Zoppii Can. — Tav. XXV [I], fig. 13. (0 » subreniformis n.f.— Tav. XXV [I], fig. 14. 8. Entomis (?) amygdaloides n.f. — Tav. XXV [I], 9 » » parvula n.f. — Tav. XXVI [II], fig. 10. » » f.ind. — Tav. XXV [I], fig. 18 11. » » pteroides Can. — Tav. XXVI [II], fig. 3-5 III. Gen. Kloedenia Jownes, 1886 1. Kloedenia Lovisatoi n.f. — Tav. XXVI [II], fig. 13 . 2. » f. ind. — Tav. XXVI [II], îig. 14 IV. Gen. Cypridina MiLxe-Epw., 1837 Cypridina tyrrhenica n.f. — Tav. XXVI [II], fi V. Gen. Bolbozoe BARR., 1872 1. Bolbozoe (?) bohemica Barr. — Tav. XXVI [II], fig 2. » îtalica n. f. — Tav. XXVI [II], fig. d. 4. » » » » Capellini n.f. — Tav. XXVI [II], » lanceolata n.f. — Tav. XXVI [II], S. g. 10-12 pag. 187 191 191 192 193 193 195 196 196 197 198 199 200 200 201 201 203 203 204 204 204 205 205 208 208 209 [24] fl ha Re e Si Va AAA ERRATA CORRIGE Pag. 22 [22] linea 12 — Gen. Protrachyceras Gen. Trachyceras, Sottog. Anolcites Mors. Pi 5 » 18 — Protrachyceras Anolcites È È n 14 — Protrachyceras Trachyceras o ci » 28 — Protrachyceras Anolcites Ri DI » 29 — Protrachyceras Trachyceras 2318 [29] IS 1 — Protrachyceras Anolcites > È, 5 2 — Protrachyceras Trachyceras I DA » 932 — Protrachyceras Anolcites È 5 » 8338 — Protrachyceras Trachyceras 24824) 00 5 — Protrachyceras sp. aff. Protrachyceras Anolcites sp. aff. Anolcites È n 5 6 — Protrachyceras Trachyceras î DI » 19 — Protrachyceras Anolcites D 5 n 23 — Protrachyceras Anolcites |» D ni » 24 — Protrachyceras Trachyceras 9 n n 28 — Protrachyceras Anolcites D 3) » 29 — Protrachyceras Trachyceras 9 © n 933 — Protrachy. Neumayri e col Protrach. judicaricum Anole. Neumayri e coll’Anole. judicaricus n D » 834 — Protrach. bipunctatum Trach. bipunctatum » 2727) » 80 — Protrachyceras Anolcites » 48 [48] num. 54 — Protrachyceras Anolcites n n » 58 — Protr. Anole. 5) È MRRIGLI—S0 Protrachyceras ” ” oi de Anolcites » 58 [58] linea 31 — Protrachyceras doleriticum Anolcites doleriticus 5 n n 82 — Protrachyceras Richthofeni Anolcites Richthofeni » 54 [54] , 17 — Protrachyceras Trachyceras N. B. — L’autore, avendo potuto consultare l’opera del dott. v. Mossisovics “ Die Cephalopoden der Hallstitter Kalke, II. BA. Wien, 1893 ,, soltanto dopo che la sua memoria era già stampata, si trova costretto ad aggiungere questo errata-corrige per mettere la clas- sificazione dei Trackyceras in consonanza con quella seguita nell'opera sopra citata. N R . i i RSA NII ono Geni DEA] a Retoni ai Raga uitiolmao9 Spiegazione della Tavola I [I]. Fia. 1. — Diplopora herculea StoPP. sp., — pag. 7 [7]. DO: — Thecosmilia badiotica FRECH sp., — pag. 8 [8]. » 3,34. — Encrinus granulosus MUNST., — pag. 9 [9]. » 4,44. — Encrinus 20v. form. indet. Tomwm.(Fig.4a, ingr.2 volte), — pag. 10 [10]. » 5,54,6. — Spirigera marmorea BirTN., — pag. 10 [10]. » .6,60-c. — Rhynchonella cfr. retractifrons BrrtN., — pag. 11 [11]. DIA — Pecten (Chiamys) concentrice-striatus HORN.? (ingr. 2 volte), — pag. 12 [12]. » 8. — Halobia cfr. lineata MùUnsT. sp., — pag. 12 [12]. » 9a,b. — Posidonomya cfr. wengensis Wissm. sp., (Fig. 90, ingr.2 volte), — pag. 13 [13]. » 10,100,0. — Mysidioptera Kittli Brrtx., — pag. 13 [13]. Da UD -— Loxonema turritelliformis KLIPST. sp.,? — pag. 14 [14!. DIET — Orthoceras multilabiatum HAUER, — pag. 15 [15). Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEONDOGRAPHTA TRALICA, Vol V. Tav. I TOMMASI, Z0vuna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. [Zav. 11. hon emliusiomolà =. aa Ribusdiono) Ho abi pelati raga ato Rn qa astiovilo mint D ‘ Ù si: z E Spiegazione della Tavola II [II]. Fig. 1,1a. — Orthoceras campanile MoJs., — pag. 16 [16]. » 2,2a. — Orthoceras politum KLiPsT., — pag. 16 [16]. » 3,34. — Orthoceras Mojsisovicsi SALOM., — pag. 17 [17]. » 4,40. — Pleuronautilus auriculatus HAUER, — pag. 17 [17]. » 5,6,60.— Nautilus subcarolinus MoJs., — pag. 18 [18]. » 7,7a. — Nautilus cfr. longebardicus Moys., — pag. 19 [19]. » 8,8a. — Protrachyceras sp. aff. Protr. Neumayri Moys., — pag. 24 [24]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. RATAEONIEOGRAPRBIAREDARICA Vo Vi av TOMMASI; Zauna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. [Zav. 11]. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Spiegazione della Tavola III [III]. Fic. 1,10,06. — Nautilus evolutus Moys., — pag. 18 [18]. vi2::2a! — Arpadites Arpadis Moys. var. carnicus TommM., — pag. 21 [21]. DIMIROI — Protrachyceras Richtofeni Moys., — pag. 23 [23]. » 4,40. — Protrachyceras cfr. recubariense MoJs., — pag. 25 [25]. » 5,6,64. — Protrachyceras Archelaus Lause. Vedasi anche Tav. IV, fig.1, — pag. 25 [25]. » 7,7a,b, 8. — Procladiscites macilentus HAuER. Per la linea lobale si veda la Fig. 2 a pag. 30 [30], — pag. 30 [30]. Ye — Procladiscites Pantanellii Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig. 4a pag. 31 [31], — pag. 31 [31]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAERBONTOGRAPHIA TRE GARY ia SUL Vu TOMMASI, Fauna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. [ Zan. ILL]. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Si îî b x ha ati si nf ai PIT o È pesa so naif ossi (73. U Ù bu o 40 siennpnee & A ii - gia A ri br Poeti Spiegazione della Tavola IV [IV]. Fi. 1. — Protrachyceras Archelaus Lause. Vedasi anche Tav. III [III], fig. 5,6,64,— pag. 25 [25]. » 2,2a-c. — Protrachyceras pseudo-Archelaus BoECKH, — pag. 26 [26]. » 3,34,b. — Protrachyceras Capellini Tomm., — pag. 27 [27]. >» 4,4a. _ Procladiscites Rodostoma Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig. 3 a pag. 31 [31]. Vedasi anche Tav. V [V], fig. 1,1a, — pag. 31 [31]. 5, ba. — Moncphyllites wengensis KLIPST. sp., — pag. 33 [33]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, V. T TOMMASI, Fauna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. [Zav. IV]: ‘AERRITO. sivnole psitasrbs}on9 se Tra: Sl IU lSt tica | agtenpaota > Ma alti y 16 25f0044099:— | = dei fi E MiPacrs: filo 7,8 did ant ala fate ae NS REI2ADA Spiegazione della Tavola V [VI]. Fi. 1, la. — Procladiscites Rodostoma Tomm. Vedasi anche Tav.IV [IV], fig. 4,40, — pag. 31 [31]. 2,2a,b. — Proarcestes esinensis Moss., — pag. 34 [34]. 3,94. — Proarcestes esinensis MoJs. var. carnicus Tomm., — pag. 34 [34]. 4,4a, 5. — Proarcestes Reyeri Moys., — pag. 35 [35]. 6, 6a. — Proarcestes Bramantei Moys., — pag. 36 [36]. T, tap. — Proarcestes Ombonii Tonm. Per la linea lobale si veda la Fig. 5 a pag. 36 [36], — pag. 36 [86]. » 8,9,9a, 10. — Proarcestes Spallanzanii Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig. 6 a pag. 37 [37], — pas. 37 [37]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEONTOGRAPHIA TURI AR Vi oVAOTo TOMMASI, Fauna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. [Zav. V.] ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANG se AI, Spiegazione della Tavola VI [VI]. Fia. 1, la. — Proarcestes Paronai Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig. 7 a pag. 38 [38], — pag. 37 [37]. POI; DI — Proarcestes Canavarii Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig.8 a pag. 38 [38], — pag. 38 [38]. » 3,30,d. — Proarcestes lupinus Tomm., — pag. 39 [39]. 4, 4a. — Gymnites incultus (BevRr.) E. v. MoJs., — pag. 39 [39]. » 5,54,6,64. — Gymnites Raphaelis Zoja Tomm., — pag. 41 [41]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. [Zav. VI]. lc. rossi e grigi del M. Clapsavon t ca Fauna de TOMMASI di ne. si pi na va0 è su 3 SIMBAETS Be” Spiegazione della Tavola VII [VII]. Fig.1,1a. — Aulacoceras Taramellii Tomm., — pag. 42 [42]. » 2,2a,b,3. — Atractites ladinus SALoM., — pag. 43 [43]. » 4,4a,b. — Atractites Bacchilidis Tomm., — pag. 44 [44]. » 5,5a,b. — Atractites Isseli TomM., — pag. 44 [44]. » 6. — Atractites Osvaldi Tomm., — pag. 44 [44]. CETRA — Atractites sp. Tomm., — pag. 45 [45]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899 PATAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol. V. Tav. VII TOMMASI, Founa dei culc. rossi e grigi del NM. Clapsavon. [ Zav. VIII. E “E Atei shots ngmiori chis furia Spiegazione della Tavola VIII [I]. — Asteroceras stellare (Sow.). L’esemplare originale nel Museo geologico di Torino, — pag. 56 [2]. » 2a,b. — Arietites Grecoi n. f. L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ ing. T. Morena a Cantiano, — pag. 57 [3]. Fra. 1. DI BE » 4. » 5. DI (8 » vB: » 9. » 10 DIGI » 19. — Arietites f. L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ing. T. MoreNA a Cantiano, — pag. 59 [5]. — Arnioceras ceratitoide (Quenst.). L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ ing. T. MoreNA a Cantiano, — pag. 61 [7]. Arnioceras ceratitoide (QueNnsT.). Frammento di giro. L’esempl. orig. nel Museo geolog. di Torino, — pag. 62 [8]. Arnioceras m.f. Forma intermedia tra l’Arn. ceratitoide (QuensT.) e l’Arn. semilaeve (HAuER). L’esempl. orig. nel Museo geol. di Torino, — pag. 63 [9]. Arnioceras semilaeve (HAUER). L’esempl. orig. nel Museo geologico di Torino, — pag. 64 [10]. — Arnioceras semicostatum (Y. et B.in WrIGHT). L’esempl. orig. nel Museo geol. di Torino, — pag. 64 [10]. — Arnioceras dimorphum (PaR.). L’esempl. orig. nella coll. privata dall’ ing. T. MoreNA a Cantiano, — — Schiotheimia boucauttiana (p’ORB.). L’esempl. orig. nella coll. privata dall’ing. T. MoreNA a Cantiano, — pag. 68 |14]. pag. 66 [12]. — Lytoceras hierlatzicum (GevER). L’esempl. orig. nella coll. privata dell'ing. T. MoreNA a Cantiano, — pi La pag. 68 [14]. — Lytoceras altecincium (HauER). L’esempl. orig. nel Museo geologico di Torino, — pag. 70 [16]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. RT 9 77 PATRATO NIRO G RAPE CAVO VE va VAI BONARELLI, Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale. [Zav I]. FORMA FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Spiegazione della Tavola IX [II]. Fic. 1. — Lytoceras altecinctum (HAuER). L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ ing. T. MoreNA a Cantiano, — pag. 70 [16]. » 2. — Lytoceras adnethicum (HauER). L’esempl. orig. nel Museo geol. di Torino, — pag. 69 [15]. » 3. — Ectocentrites Canavarii n. f. L’esempl. orig. nella collez. privata dell’ing. T. Morena a Cantiano, — pag. 70 [16]. » 46. - Ectocentrites (?) altiformis n. f. Gli esempl. orig. nella collezione privata dell’ ing. T. MoRENA a Cantiano, — pag. 73 [19]. Palacontagraphia italica, vol. V, 1899. PAMARONHLO GRETA RNA TICARVO VA av De BONARELLI, Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale. [ Zav. I11. FORMA FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MIL e n Spiegazione della Tavola X [III]: Fia. 1. — Ectocentrites Morenai n.f. L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ing. T. MoRENA a Cantiano, — pag. 74 [20]. 2,3. — Ectocentrites Fucini n. t. L’esempl. orig. della fig. 2 nella collezione privata dell’ing. T. MORENA e quello della fig.3 nel Museo geol. di Torino, — pag. 72 [18]. 4,5. — Ectocentrites Giordanii n. f. Gli esempl. orig. nella collezione privata dell’ing. T. MorENA a Cantiano, — pag. 75 [21]. » 6. — Ectocentrites Geronzi n. f. L’esempl. orig. nella collez. privata dell'ing. T. MoRENA, — pag. 76 [22]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEFONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V. Tav. X. BONARELLI, Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale. [Zav. ZII]. FORMA FOT, CALZOLARI & FERRARIO. MIL __ Terranova (Museo paleontologico di i pag. (86 ELE » la. — Lo stesso esemplare, visto dalla faccia interna. Id. visto dall’ alto. dell’Accademia Valdarnese di Montevarchi), — pag. 87 B JE » 2a. — Lo stesso esemplare, visto dalla faccia interna. > Da Id. | visto dall’ alto. » 5. — Castor plicidens. Porzione anteriore di cranio, vista dalla parte ua ‘dell’antico Museo di o naturale (Museo paleontologico di Firenze), — pag. E [2]. » 3a. — Lo stesso esemplare, visto dall’ innanzi. NB. Tutte le figure sono in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IVES VA Dale BOSCO, 7 roditori pliocenici del Valdarno superiore. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO ti sit: fr MELE Spiegazione della Tavola XII [II]. — Castor plicidens. Branca sinistra di mandibola di giovane individuo, veduta dalla faccia esterna, delle Strette delle Ville presso Terranova (Museo paleontologico di Firenze), — pag. 88 [4]. — Lo stesso esemplare, visto dall’alto. — Trogontherium Cuvieri. Terzo molare inferiore destro, veduto dal lato esterno, di Terranova (Museo pa- leontologico di Firenze), — pag. 91 [7]. Lo stesso esemplare, veduto dall’ alto. Lepus valdarnensis. Frammento di cranio, veduto dal basso, del Castello dell’Incisa (Museo paleontologico di Firenze), — pag. 97 [13]. Lepus valdarnensis. —— Estremità incisiva di cranio, veduta dalla parte destra, del Castello dell’ Incisa (Museo paleontologico di Firenze), — pag. 98 [14]. Lepus valdarnensis. Branca sinistra di mandibola, vista dalla faccia esterna (Museo paleontologico di Fi- renze), — pag. 98 [14]. Lepus valdarnensis. Branca sinistra di mandibola, coll’incisivo, veduta dalla taccia esterna, delle Mignaie presso Castelfranco (Museo dell’Accademia Valdarnese di Montevarchi), — pag. 98 [14]. Lepus valdarnensis. Branca destra di mandibola, veduta dalla faccia esterna, del Tasso (Museo dell’ Ac- cademia Valdarnese di Montevarchi), — pag. 98 [14]. Lepus etruscus. Branca sinistra di mandibola, veduta dalla faccia esterna, del Tasso (Museo paleontolo- gico di Firenze), — pag. 100 [16]. Lepus sp. Parte inferiore di tibia destra, veduta dalla faccia anteriore (Museo paleontologico di Firenze), — pag. 101 |17]. Lepus sp. Faccia articolare dell’ estremità inferiore di tibia destra del Tasso (Museo paleontologico di Firenze), — pag. 101 [17]. Lepus sp. Astragalo, veduto dalla faccia superiore, del Tasso ( Museo paleontologico di Firenze), — pag. 102 [18]. Lepus sp. Secondo metatarsale destro, veduto dalla faccia interna, delle Valli delle Strette ( Museo pa- leontologico di Firenze), — pag. 102 [18]. Lepus sp. Terzo metacarpale destro, veduto dalla faccia esterna, dell’ Incisa (Museo paleontologico di Fi- renze), — pag. 101 [17]. Arvicola pliocenicus. Incisivi superiori, veduti dalla faccia interna, delle Mignaie (Museo paleontologico di Firenze), — pag. 93 [9]. Arvicola pliocenicus. Primo e secondo molari inferiori sinistri, veduti dall’ alto, di Poggitazzi (Museo pa- leontologico di Firenze), — pag. 94 [10]. Arvicola pliocenicus. Primo molare superiore sinistro, veduto dal basso, di Poggitazzi (Museo paleontolo- gico di Firenze), — pag. 94 [10]. NB. Le fig. 15 e 16 sono ingrandite sette volte: tutte le altre sono in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol V, Tav. XII. BOSCO, / roditori pliocenici del Valdarno superiore. [ Zav. 17). “I 13 12 = = Ù - dt) = cl da e) NE ni 15 16 14 VAN { -< ( À À ; \ ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO S = È ì E î AMI sn SIAE BE TA RAY ini iuala n sein ps DELIO i 17 JO : RT Attenaatone cimtài *ttatadinà Jr GIA Inanioo «trai pad ne h PESI AGE sal Vatiny asi Sinziay os1t59 vira Trad ABILI 3 soleanont FIORITI INTATTI 10 RI IAN TECA Eta] nale raamizi ua A Eos aiaro dana © *aitay fn odlbrssdatt tel a Nes da i sei loronteavita” CT enmtifoggi atmisiblaW Vir E 4 n E > » 15. — Sphenopteris sp. e (ingrand.), — pag. 130 [6]. » 164. — Pecopteris recta ABB., — pag. 130 [6]. » 165. — Pinnula ingrandita, schematica. » 17,18.— Taeniopteris multinervis Wriss, — pag. 151 [7]. » 19. — Taeniopteris tenuis Asp., — pag. 131 [7]. » 20. — Taeniopteris curvinervis Arp. (ingrandita, schematica), — pag. 132 [8]. » 21. — Asterotheca crassa ABB. (ingrand.), — pag. 132 [8]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. DAT RONIOGRARETAMRAIRICARRV Ra ai 7a [ Zav. ABBADO, Contributo alla Flora carbonif. della Cina. ERRARIO. MILANC FORMA FOT. E. : (ila, stri «gig = rà teen montngiatig.) gi — (Imation gd AOT}ALT aggio = autre eunalte! 20i0fquiivaa È siansnifto eotoligabigni sii senonbio myltviugitgo.I Spiegazione della Tavola XV [II]. Fig. 1. — Annularia (Foglie), — pag. 133 [9]. » 2. — Annularia (Fusti), — pag. 133 [9]. » 3. — Lepidodendron emarginatum ABB., — pag. 133 [9]. » 4. — Lepidodendron sp. (schematico), — pag. 134 [10]. » 5. — Lepidophloios laricinus STERNB., — pag. 134 [10]. » 6,7. — Lepidophloios chinensis ABB., — pag. 135 [11]. » 8a. — Lepidophyllum chinense ABB., — pag. 135 [11]. » 80. — Schematico. » 9. — Radicelle di Stigmaria, — pag. 143 [19]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PE NIOCHALENABEATRICARVO AVI vv) ABBADO, Contributo alla Flora carbonif. della Cina. [ Zav. 11]. E. FORMA FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO iaia gi aimaliigte io do Spiegazione della Tavola XVI [III]. Fic. 1,2,3. — Sigillaria Fogolliana AgB., — pag. 136 [12]. » 2a. — Impronta fossile. » 206. — Modello in cera. DISMIZA — Sigillaria sp., — pag. 142 [18]. DINO — Foglie di Sigillaria, — pag. 143 [19]. » 6. — Cordaites, — pag. 143 [19]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PATER NIOGE ARES PATRICARRVo Va Vi) ABBADO, Contributo alla Flora carbonif. della Cina. [Zav. IT). E. FORMA FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO, MILANO tatoo nto; Spiegazione della Tavola XVII [IV]. Fig. 1-4. — Sigillaria polymorpha ABB., — pag. 139 [15]. » 1,2. — Le due superficie di uno stesso frammento. » 3a. — Impronta fossile. » 30. — Modello in cera. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. RCS RONROG RAPE. TRICARVIOE VE Tav Vi ABBADO, Contributo alla Flora carbonif. della Cina. [Zav. IV]. E. FORMA FOT ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO PB pnbiorgaia — Li Spiegazione della Tavola XVIII [V]. Fig. 1,2. — Sigillaria oculus felis AgB., — pag. 141 [17]. » 3. — Sigillaria plana ABB.; « — due cuscinetti, — pag. 139 [15]. » 4. — Foglie di Sigillaria, — pag. 143 [19]. » 5. — Cordaites, — pag. 143 [19]. » 6,7. — Cordaispermum, — pag. 143 [19]. » 8. — Fronda indeterminata, — pag. 143 [19]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAERKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XVIII. ABBADO, Contributo alla Flora carbonif, della Cina. [Zav. V]. E. FORMA FOT. ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO. MILANO Spiegazione della Tavola XIX [I]. Fia. 1a, d. — Amaltheus spinatus BruG., dei Monti della Rossa, — pag. 145 [1]. DIANO — Amaltheus spinatus Bruc., della Rocchetta, — pag. 145 [1]. » 3a,b. — Phylloceras Calais Mcn., della Marconessa, — pag. 146 [2]. » 4a,b. — Phylloceras Zetes D’ORB., della Rocchetta, — pag. 148 [4]. » 5a, b. — Phylioceras tenuistriatum Mox., di Cagli, — pag. 147 [3]. » 6a, bd. — Phylioceras frondosum Rbyn., di Cagli, — pag. 149 [5]. » Ta, 6. — Phylloceras Meneghini Gemm., di Cagli, — pag. 150 [6]. 8a, b. — Phylloceras Geyeri Bow., della Marconessa, — pag. 151 [7]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XIX. FUCINI, Ammoniti del Lias medio dell Appennino centrale. i [Zav. LD). AUCT. ET CRISTOFANI DIS. Spiegazione della Tavola XX [II]: Fic. la, d. — Rhacophylites libertus Gemm., di Cagli, — pag. 152 [8]. II — Rhacophyliites lariensis MGxH., del Furlo, — pag. 153 [9]. » 3a,b. — Rhacophylites lariensis Mcu. var. costicillata Fuc., dei Monti della Rossa, — pag. 154 [10]. » 4 — Rhacophyllites eximius HaueR, del Monte Faito, — pag. 155 [11]. » 5a, b. — Lytoceras piychophorum Caw., della Faiola, — pag. 157 [13]. » 6a-c. — Lytoceras audax MGuH., del Monte Ginguno, — pag. 155 [11]. » Ta, b. — Lytoceras praesublineatum Fuc., della Marconessa, — pag. 159 [15]. Palaeontographia italica, vol. V, 1691. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XX. FUGINI, Ammoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale. [Zav. IL | RUGANI FOT., CRISTOFANI DIS T. GALZOLARI & FERRA e aio ne, 10 Dev “ È . * be: “i È x \ i Fia. 1. DI DAMSNS. » 4a, d DE » 6a, db DMIR(a: PIMNSTDÌ » 8a, d. DIMMI IIO. Spiegazione della Tavola XXI [III]. Deroceras Gemmellaroi Levi, dei Monti della Rossa, —pag. 160 [16]. Altro esemplare della stessa specie, delle Grotte di S. Eustachio. Microderoceras cfr. Meberti OppeL, del Monte Primo, — pag. 161 [17]. Misia miserrimum Fuc., del Furlo, — pag. 161 [17]. Cymbites centriglobus Opp., del Furlo, — pag. 163 [19]. Altro esemplare della stessa specie, del Furlo, — pag. 164 [20]. Lytoceras apenninicum Fuo., del Furlo, — pag. 159 [15]. Lo stesso esemplare ingrandito due volte. Dumertieria Taramellii Fuc., della Marconessa, — pag. 165 [21]. Dumortieria Paronaî Fuc., della Rocchetta, — pag. 166 [22]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XXI. FUCINI, Ammoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale. [ Zav. IL |. RUGANI FOT., CRISTOFANI DIS FLIOT ALZOLARI & FERRARIO. MILAN FORMIGONI i is ini LAUT i Tr i | IRALITI DIR I ay nd 1 CAVIE } : balli DI VELI If eten sedili Spiegazione della Tavola X.XII [IV]. Fic. la, d. — Tropidoceras Flandrini Dum., var. semilaevis Fuc., del Monte Catria, — pag. 169 [25]. » 2a, Db. — Cycloceras Stahli OppeL, della Rocchetta, — pag. 173 [29]. » 3a, b. — Tropidoceras Zitteli Fuc., del Monte Primo, — pag. 170 [26]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XXII. FUCINI, Ammoniti del Lias medio dell'Appennino centrale. AUCT., ET CRISTOFANI DIS. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO M! ARS AO ù tia o Spiegazione della Tavola XXIII [V]. Fig. 1a-c. — Amphiceras (?) Canavarii Fuc., del Furlo, pag. 167 |23]. » 1d. — Lo stesso esemplare ingrandito due volte. » 2a,b. — Tropidoceras Flandrini Dux., delle Grotte di S. Eustachio, — pag. 168 [24]. 3a, b. — Tropidoceras Stefanii Fuc., delle Grotte di S. Eustachio, — pag. 172 [28]. Palaeontographia italica, vol. V, 1890. PALAEONTOGRAPHIA FTALICA, Vol V, Tav. XXIII. FUCINI, Ammoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale. [Zav. VV]. AUCT. ET CRISTOFANI DIS. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO veni MIBESTITOTA Ta UE TA TC n DIE] SILA Mib No di Spiegazione della Tavola XXIV [VI]. Fia. la, db. — Arieticeras Algovianum OpPEL, dei Monti della Rossa, — pag. 175 [31]. » 2a,b. — Arieticeras retrorsicosta OpPEL, della Rocchetta, — pag. 180 [36]. D IUGb — Aristiceras Bertrandi KiriAn, della Rocchetta, — pag. 179 [35]. » a,b. — Aristiceras Lottii Gemm., dei dintorni di Nocera-Umbra, — pag. 181 [37]. » Ba-d. — Arieticeras (?) Juliae Bon., dei Monti della Rossa, — pag. 184 [40]. » 6a-c. — Arieticeras dolosum Fuc., delle Precicchie, — pag. 182 [88]. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PARAEONTOGRARHTA MPALICA, Vol. Vi, Tav. XXV. FUGINI, Armoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale. [Zav. VI). RUGANI FOT., CRISTOFANI DIS. - Spiegazione della Tavola XXV [I]. Fic. 1a-e. — Entomis migrans Barr. Forma allungata. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 193 [7]. Fig. 1a, valva destra; fig. 15, valva sinistra; fig. le, lato dorsale; fig. 14, lato ventrale; fig. le, veduta dalla regione caudale. 2a-e. — Entomis migrans BARR. Forma con valve meno ellittiche e più arrotondate. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 193 [7]. ) Fig. 2a, valva destra; fig. 2, valva sinistra; fig. 2c, lato dorsale; fig. 24, lato ventrale; fig. 2e, veduta dalla regione caudale. 3. — Entomis Lamarmorai Can. Valva sinistra di forma ovale allungata. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 195 [9]. 4. — Entomis Lamarmorai Can. Valva sinistra di forma meno allungata ancora attaccata sulla roccia e non ben conservata nella parte anteriore. Ingr. circa 8 diametri, — pag. 195 [9]. ba-e. — Entomis Lamarmorai Can. Forma ellittico-allungata con valve alquanto depresse verso la regione dorsale. Ingr. circa 8 diametri, — pag. 195 [9]. Fig. 5a, valva destra; fig. 50, valva sinistra; fig. 5c, lato dorsale; fig. 54, lato ventrale; fig. 5e, veduta dalla regione caudale. 6. — Entomis n. f.? Valva destra di una forma a contorno quasi subsemicircolare e con quattro costicine limitate alle regioni marginali. Ingr. circa 10 diametri, — pag. 196 [10]. Ta-d.— Entomis Meneghinii Can. Piccolo esemplare globulare con superficie ornata da piccole depressioni. Ingr. 8 diametri, — pag. 196 [10]. : Fig. Ta, valva destra; fig. 76, valva sinistra; fig. Tec, lato dorsale; fig. 7d, lato ventrale. 8. — Entomis Meneghini Can. Esemplare con le due valve aperte di forma allungata. Ingr. circa 18 diametri, — pag. 196 [10]. 9a, b.— Entomis Meneghinii CAN. Esemplare di forma non molto allungata e con superficie delle valve apparente- mente liscia. Ingr. circa 18 diametri, — pag. 196 [10]. Fig. 9a, valva destra; fig. 9, lato dorsale. 100-d.— Entemis Meneghinii Can. Esemplare bene sviluppato, con superficie delle valve ornate da evidenti de- pressioni. Ingr. circa 11 diametri, — pag. 196 [10]. Ù Fig. 104, valva destra; fig. 10%, valva sinistra ; fig. 10c, lato dorsale; fig. 104, lato ventrale. 11a,d. — Entemis Meneghini Can. Altro esemplare un poco più grande del precedente e meno compresso nella parte anteriore. Ingr. circa 8 diametri, — pag. 196 [10]. 5 Fig. lla, valva destra; fig. 110, lato dorsale. 12a-d.— Entonis ichrusae CAN. Forma ellittico-allungata, con spiccato tubercolo marginale anteriormente al solco. Ingr. circa 8 diametri, — pag. 197 [11]. Fig. 12a, valva destra; fig. 120, valva sinistra; fig. 12c, lato dorsale; fig. 124, lato ventrale. 19a-f. — Entomis Zoppii Can. Esemplare di forma spiccatamente inequilaterale. Ingr. circa 11 diametri,— pag. 198 [12]. Fig. 1a, valva destra; fig. 135, valva sinistra; fig. 13c, lato dorsale; fig. 13d, lato ventrale; fig. 13e veduta dalla regione cefalica; fig. 137, veduta dalla regione caudale. 14a,b.— Eniemis subreniformis Can. Ingr. circa 7 diametri, — pag. 199 [13]. Fig. i4a, valva destra; fig. 145, lato dorsale. 15a, D. — Entomis (?) amygdaicices Can. Piccolo esemplare alquanto incompleto nella parte anteriore e a solchi poco manifesti. Ingr. circa 8 diametri, — pag. 200 [14]. Fig. 15a, valva destra; fig. 145, lato dorsale. 160,0. — Entomis (?) amygdalcides Can. Altro esemplare un poco più grande del precedente. Ingr. circa 10 dia- metri, — pag. 200 [14]. Fig. 16a, valva destra; fig. 160, lato dorsale. 17a-d.— Entomis (?) amygdalcides Can. Esemplare maggiore un poco meno depresso nella parte anteriore. Ingr. circa 10 diametri, — pag. 200 [14]. Fig. 17a, valva destra; fig. 17, valva sinistra ; fig. 17c, lato dorsale ; fig. 174, lato ventrale. 184-d.— Entomis (?) f. ind. Piccolissimo esemplare di forma molto allungata con solchi pochissimo evidenti. Ingr. circa 12 diametri, -- pag. 201 [15]. Fig. 180, valva destra: fig. 135, valva sinistra; fig. 18c, lato dorsale; fig. 184, lato ventrale. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEBONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XXV.” CANAVARI, Z/auna d. calc. nerastri di Xea S. Antonio in Sardegna. — Ostracoda. [Zav. 1]. 9 15 b ° © ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO AUCT. ET CRISTOFANI DIS bic AUiRe t L ES TOD AIsi, ci PR 3 = Pr E - f ’ L . = pi DI - ; Fia. la, db. — 2a, db. 3a, db. 4a, db. ba-c. 6a-c. Ta, db. 8a-c. 10. 1la-d. 12. 13a-d. 14. 1ba-c. 17a,b. 18a-c. 19a-c. 200,0. Spiegazione della Tavola XXVI [II] Entomis (?) parvula CAN. Piccolo esemplare, di forma più gibbosa. Ingr. cir&a 11 diametri, — pag. 200 [14]. Fig. la, valva destra; fig. 10, lato dorsale. 3 Entomis (?) parvula Can. Esemplare maggiore, con il contorno dorsale (o ventrale) ovale. Ingr. circa 11 diametri, — pag. 200 [14]. Fig. 2a, valva destra; fig. 20, lato dorsale. Entomis (?) pteroides Can. Esemplare un poco rotto anteriormente. Ingr. circa 10 diametri, — pag. 201 [15]. Fig. 3a, valva sinistra; fig. 36, lato ventrale. Entomis (?) pteroides Can. Esemplare un poco più grande. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 201 [15]. Fig. 4a, valva destra; fig. 4b, lato ventrale. Entomis (?) pteroides Can. Esemplare maggiore. Ingr. 8 diametri, — pag. 201 [15]. Fig. 5a, valva sinistra; fig. 50, lato dorsale; fig. bc, lato ventrale. Aparchites pygmaeus Can. Esemplare completo. Ingr. 46 diametri, — pag. 191 [5]. Fig. 6a, valva destra; fig. 60, valva sinistra; fig. 6c, lato dorsale. Aparchites Grecoi Can. Esemplare minore. Ingr. 38 diametri, — pag. 192 [6]. Fig. Ta, valva sinistra; fig. Td, lato dorsale. Aparchites Grecoi Can. Esemplare un poco più grande, con traccia delle piccole depressioni superficiali. Ingr. 36 diametri, — pag. 192 [6]. Fig. 8a, valva destra; fig. 8b, valva sinistra; fig. 8c, lato ventrale. Aparchites Grecoi Can. Altro esemplare un poco più grande del pari al precedente con traccia degli ornamenti. Ingr. circa 33 diametri, — pag. 192 [6]. Fig. 9a, valva destra; fig. 9, lato ventrale. Cypridina tyrrhenica CAN. Esemplare minore d’apparenza liscio, veduto dalla valva sinistra ed un poco sciupato posteriormente. Ingr. circa 11 diametri, — pag. 204 [18]. Cypridina tyrrhenica CAN. Esemplare ben conservato con traccia degli ornamenti. Ingr. 10 diametri, — pag. 204 [18]. Fig. ila, valva destra; fig. 11b, valva sinistra; fig. 11c, lato dorsale; fig. 114, lato ventrale. Cypridina tyrrhenica CAN. Esemplare maggiore, posteriormente subtroncato, con traccia degli ornamenti, veduto dalla valva destra. Ingr. 11 diametri, — pag. 204 [18]. Kloedenia Lovisatoi CAN. Esemplare ben conservato. Ingr. circa 10 diametri, — pag. 203 [17]. Fig. 130, valva destra; fig. 13b, valva sinistra ; fig. 13c, lato dorsale ; fig. 134, lato ventrale. Kioedenia sp. ind. aff. KI. Wilckensiana Jon. Valva destra mancante dell’orlo marginale, aderente sulla roccia, di una specie con il lobo centrale più assai sviluppato di quello della precedente KI. Lovisatoi Can. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 204 [18]. Bolbozoe (?) bohemica BARR. Esemplare conservato in parte come modello interno. Ingr. 2 diametri, — pag. 205 [19]. Fig. 15a, valva sinistra con l’ impronta muscolare evidente nella depressione postero-inferiore al lobo cefalico ; fig. 150, lato dorsale; fig. 15c, lato ventrale. Bolbozoe (?) italica CAN. Piccolo esemplare aderente in parte sulla roccia. Ingr. circa 2 diametri, — pag. 208 [22]. Fig. 160, valva destra; fig. 160, lato dorsale. Bolbozoe (?) italica CAN. Altro esemplare un poco più grande, mancante della parte posteriore. Ingr. circa 2 diametri, — pag. 208 [22]. Fig. 17a, valva sinistra con l'impronta muscolare evidente ; fig. 170, lato ventrale. Bolbozoe (?) italica Can. Esemplare maggiore. Ingr. circa 4 diametri, — pag. 208 [22]. Fig. 18a, valva sinistra; fig. 180, lato dorsale; fig. 18c, lato ventrale. Bolbozoe (?) Capellini Can. Esemplare ancora aderente sulla roccia. Ingr. circa 2 diametri, — pag. 208 [22]. Fig. 190, valva sinistra; fig. 190, lato dorsale ; fig. 19e, lato ventrale. Bolbozoe (?) lanceolata Can. Esemplare aderente sulla roccia. Ingr. circa 2 diametri, — pag. 209 [23]. Fig. 200, valva destra; fig. 20b, lato dorsale. Palaeontographia italica, vol. V, 1899. PALAEONTOGRAPHIA SPAL Wok E O SVI CANAVARI, Zuuna d. calc. nerastri di Xea S. Antonio în Sardegna. — Ostracoda. [Zav. IZ]. 13 b EAT 13a 196 19a 19b 20 h 202 & ska 7a 17b 16 a 16 b UCI. ET CRISTOFANI DIS FLIOT. CALZOLARI & FERRARIO, MILANO Vl ce: Case fn n Ps VERDE. ST “ if SI TATA Und === =